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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 3 novembre 2010 che definisce i criteri e le misure per il finanziamento di progetti dimostrativi su scala commerciale mirati alla cattura e allo stoccaggio geologico del CO2 in modo ambientalmente sicuro, nonché di progetti dimostrativi relativi a tecnologie innovative per le energie rinnovabili nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità istituito dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [notificata con il numero C(2010) 7499] (2010/670/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, vista la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (1), in particolare l’articolo 10 bis, paragrafo 8, terzo comma, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo del giugno 2008 ha invitato la Commissione a presentare quanto prima un meccanismo inteso ad incentivare investimenti degli Stati membri e del settore privato volti ad assicurare la costruzione e la messa in funzione, entro il 2015, di un massimo di 12 impianti di dimostrazione della tecnologia per la cattura e lo stoccaggio di CO2 («CCS»). (2) L’articolo 10 bis, paragrafo 8, della direttiva 2003/87/CE istituisce un meccanismo per il finanziamento di progetti dimostrativi su scala commerciale, mirati alla cattura e allo stoccaggio geologico ambientalmente sicuri di CO2 (in seguito «progetti dimostrativi CCS») e di progetti dimostrativi relativi alle tecnologie innovative per le energie rinnovabili (in seguito «progetti dimostrativi FER»). Al fine di garantire il funzionamento corretto di questo meccanismo, è necessario stabilire norme e criteri di selezione e attuazione per tali progetti, nonché i principi di base che ne derivano per la monetizzazione delle quote e per la gestione delle entrate. (3) Il 7 ottobre 2009 la Commissione ha adottato la comunicazione «Investire nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio» (2), che sottolinea il ruolo del finanziamento di cui alla presente decisione nell’attuazione del piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET) relativamente ai progetti dimostrativi necessari. (4) Il finanziamento a titolo della presente decisione è soggetto ad approvazione preventiva da parte della Commissione per ogni eventuale componente di aiuto di Stato del contributo finanziario complessivo da parte di risorse pubbliche, conformemente agli articoli 107 e 108 del trattato, al fine di garantire che il finanziamento sia circoscritto a quanto necessario per l’attuazione e l’esercizio del progetto, tenuto conto di eventuali impatti negativi sulla concorrenza. Gli Stati membri sono pertanto tenuti a notificare alla Commissione qualsiasi finanziamento che comporti aiuti di Stato, conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, per consentire il coordinamento della procedura di selezione di cui alla presente decisione con la valutazione dell’aiuto di Stato. (5) Il finanziamento stanziato nell’ambito della presente decisione non costituisce parte del bilancio generale dell’Unione europea. Esso può dunque essere abbinato a finanziamenti derivati da altri strumenti, compresi i fondi strutturali e di coesione e il programma energetico europeo per la ripresa (EEPR). Può altresì essere abbinato a finanziamenti nel quadro del meccanismo di finanziamento dei prestiti con condivisione del rischio (RSFF) istituito dall’Unione e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). (6) Al fine di evitare una concorrenza tra Stati membri per le sovvenzioni, il finanziamento nell’ambito della presente decisione deve essere fissato al 50 % dei costi pertinenti, purché l’importo totale del finanziamento nel quadro della presente decisione non superi il limite del 15 % delle quote disponibili complessive, come disposto dalla direttiva 2003/87/CE, nel qual caso il finanziamento è limitato al 15 % delle quote complessive. Tale finanziamento dovrebbe altresì essere complementare a un ingente finanziamento da parte del gestore. Per evitare di applicare un trattamento preferenziale ai progetti finanziati nell’ambito dell’EEPR, si deve dedurre dal finanziamento in virtù della presente decisione l’importo ottenuto dall’EEPR. (7) L’istituzione di un programma dimostrativo UE che promuova i migliori progetti possibili riguardanti un ampio spettro di tecnologie in zone geograficamente equilibrate sul territorio degli Stati membri, comprese le zone economiche esclusive e le piattaforme continentali, non può essere realizzato in maniera soddisfacente se i progetti sono selezionati a livello nazionale. La selezione deve dunque avvenire a livello dell’Unione. Al fine di garantire la coerenza con le procedure nazionali di selezione e finanziamento, gli Stati membri devono essere responsabili della raccolta delle domande di finanziamento dai promotori e della valutazione dei progetti sulla base dei criteri di ammissibilità stabiliti in questa decisione. Poiché i progetti finanziati dalla presente decisione saranno per la maggior parte cofinanziati dagli Stati membri, questi ultimi devono anche avere la possibilità di decidere quali progetti desiderano promuovere e quali domande intendono sottoporre alla procedura di selezione dell’Unione. La presentazione di tali domande non è destinata a sostituire la notifica di aiuto di Stato per i casi in cui il finanziamento contenga una componente di aiuto di Stato. Il ruolo degli Stati membri deve essere ulteriormente rafforzato mediante l’organizzazione di un secondo ciclo di consultazioni per confermare, ove opportuno, valori e strutture del contributo di finanziamento pubblico complessivo e sottoponendo l’elenco provvisorio di progetti selezionati al parere, anche qualitativo, del comitato sui cambiamenti climatici prima dell’adozione delle decisioni di assegnazione. (8) Alla luce dell’esperienza nella selezione e nel finanziamento di progetti, la Commissione ha richiesto la partecipazione della BEI per attuare la presente decisione. La BEI ha accettato di svolgere, su richiesta, a nome e per conto della Commissione, determinate mansioni relative alla selezione dei progetti, alla monetizzazione delle quote e alla gestione delle relative entrate. I termini e le condizioni specifici della cooperazione, compresa la remunerazione della BEI, devono essere disciplinati in un accordo tra la Commissione e la BEI, soggetto all’approvazione degli organi decisionali della BEI. La BEI deve essere rimborsata per l’esecuzione delle suddette mansioni con gli introiti generati dalla gestione delle entrate. (9) I fondi disponibili derivanti dai 300 milioni di quote devono essere assegnati attraverso due cicli di inviti a presentare proposte per consentire, da una parte, che i progetti maturi ricevano i finanziamenti già nel primo ciclo e, dall’altra parte, per garantire la possibilità di correggere eventuali squilibri tecnici o geografici nel secondo ciclo. Qualora vi sia una concorrenza insufficiente in una particolare sottocategoria di progetti nel primo ciclo, le decisioni di assegnazione in tale sottocategoria saranno posticipate al secondo ciclo per massimizzare l’impiego dei fondi disposti dalla presente decisione. (10) Il finanziamento nel quadro della presente decisione deve essere riservato a progetti che si avvalgono di tecnologie innovative rispetto allo stato dell’arte nelle sottocategorie principali di ogni tecnologia. Tali tecnologie non devono essere già disponibili su scala commerciale, ma devono essere sufficientemente avanzate per una dimostrazione su scala precommerciale. Esse devono avere ragionevoli prospettive di riuscita, considerando il fatto che i rischi tecnologici sono inevitabili; la scala di dimostrazione proposta deve essere tale che non si verifichino ulteriori problemi di rilievo in un successivo incremento di scala. Esse devono possedere un elevato potenziale di riproducibilità e offrire quindi prospettive significative per una riduzione economicamente efficace del CO2 sia a livello di Unione, sia globale. Sono pertanto ammissibili al finanziamento solo i progetti che ricadono in specifiche categorie e che soddisfano i requisiti particolari fissati nella presente decisione. (11) Al fine di assicurare la diversità tecnologica, nel primo ciclo di inviti a presentare proposte è opportuno finanziare otto progetti dimostrativi CCS (di cui almeno uno ma non più di tre progetti per ogni categoria di progetto, almeno tre con stoccaggio in giacimenti di idrocarburi e almeno tre con stoccaggio in acquiferi salini), nonché un progetto per ciascuna delle sottocategorie di progetto FER. Qualora vi fossero risorse sufficienti, dovrebbe essere possibile finanziare ulteriori progetti, mantenendo l’equilibrio tra progetti dimostrativi CCS e FER. Inoltre, per assicurare l’equilibrio geografico, devono essere finanziati almeno uno, ma non più di tre progetti per ogni Stato membro. In virtù della loro natura, i progetti destinati a interessare il territorio di diversi Stati membri non devono essere limitati da tale criterio. (12) In linea di principio, devono essere selezionati i progetti che soddisfano i requisiti di numero per categoria nella maniera più redditizia. (13) Per garantire che i progetti selezionati siano operativi come previsto e che i fondi siano impiegati efficacemente, le decisioni di assegnazione devono essere subordinate al rilascio di tutte le autorizzazioni nazionali necessarie, conformemente ai rispettivi requisiti fissati nel diritto dell’Unione europea, e le decisioni finali di investimento devono essere adottate dai promotori, entro un periodo di tempo predefinito dall’adozione delle decisioni di assegnazione. (14) Gli Stati membri devono erogare i fondi ai progetti sulla base di strumenti giuridicamente vincolanti. Come disposto dalla direttiva 2003/87/CE, le erogazioni devono avvenire con cadenza annuale, sulla base della quantità di CO2 stoccata per i progetti dimostrativi CCS e comunicata, controllata e verificata, conformemente alla direttiva 2003/87/CE, e sulla base dell’energia prodotta per i progetti FER. Qualora gli Stati membri garantiscano il rimborso di ogni finanziamento in eccesso, deve essere possibile erogare parzialmente o integralmente l’importo del finanziamento per un progetto prima che questo sia operativo. Alla luce della particolare importanza della condivisione di conoscenze nell’ambito di un programma dimostrativo, i fondi devono essere erogati solo nel caso siano soddisfatti i requisiti di condivisione delle conoscenze. (15) Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato sui cambiamenti climatici, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto La presente decisione contiene disposizioni e criteri riguardanti: 1) la selezione di progetti dimostrativi CCS su scala commerciale destinati alla cattura e allo stoccaggio di CO2 («progetti dimostrativi CCS») e di progetti dimostrativi di tecnologie innovative nell’ambito delle energie rinnovabili («progetti dimostrativi FER») di cui alla direttiva 2003/87/CE; 2) la monetizzazione delle quote di cui alla direttiva 2003/87/CE per il sostegno di progetti dimostrativi CCS e FER, nonché la gestione delle relative entrate; 3) l’erogazione delle entrate e l’attuazione di progetti dimostrativi CCS e FER. La presente decisione, ivi comprese le disposizioni relative alla monetizzazione delle quote, è applicabile fatti salvi altri atti di applicazione adottati ai sensi alla direttiva 2003/87/CE. Articolo 2 Principi 1. Le quote disponibili nella riserva per i nuovi entranti di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 8, sono pari a 300 milioni. 2. La selezione di progetti dimostrativi CCS e FER da finanziare nel quadro della presente decisione avviene in due cicli di inviti a presentare proposte organizzati dalla Commissione e destinati agli Stati membri, per l’equivalente di 200 milioni di quote per il primo ciclo di inviti a presentare proposte, e di 100 milioni di quote e della parte restante di quote del primo ciclo, per il secondo ciclo di inviti a presentare proposte. 3. Conformemente all’articolo 10 bis, paragrafo 8, quarto comma, quarta frase, della direttiva 2003/87/CE, il finanziamento nel quadro della presente decisione è pari al 50 % dei costi pertinenti. Qualora la domanda complessiva di finanziamento pubblico sia inferiore al 50 % dei costi pertinenti, essa è finanziata integralmente nell’ambito della presente decisione. Qualora il finanziamento nel quadro della presente decisione sia abbinato al finanziamento nell’ambito del programma energetico europeo per la ripresa (EEPR), l’importo ricevuto dall’EEPR sarà dedotto dal finanziamento di cui alla presente decisione. Articolo 3 Costi pertinenti 1. Ai fini dell’articolo 2, paragrafo 3, sono applicabili le disposizioni di cui ai paragrafi da 2 a 5 del presente articolo. 2. I costi pertinenti dei progetti dimostrativi CCS sono i costi di investimento sostenuti dal progetto per l’applicazione della CCS al netto del valore netto attualizzato della migliore stima dei profitti e dei costi operativi derivati dall’applicazione della CCS nei primi dieci anni di attività. 3. I costi pertinenti dei progetti dimostrativi FER sono i costi di investimento supplementari sostenuti dal progetto per l’applicazione di una tecnologia innovativa nell’ambito delle energie rinnovabili al netto del valore netto attualizzato della migliore stima dei profitti e dei costi operativi nei primi cinque anni di attività rispetto a una produzione convenzionale avente la medesima capacità in termini di produzione effettiva di energia. 4. I costi di investimento di cui ai paragrafi 2 e 3 devono coprire il costo dell’investimento in terreni, impianti e macchinari. I costi di investimento possono altresì essere afferenti a investimenti in trasferimenti di tecnologia e licenze operative di know-how (in seguito «attività immateriali»), purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) le attività immateriali possono essere considerate un elemento patrimoniale ammortizzabile; b) l’attività immateriale è acquisita a condizioni di mercato al miglior prezzo possibile; c) l’attività immateriale resta a disposizione del beneficiario per almeno cinque anni. Qualora l’attività immateriale sia ceduta prima del periodo di cinque anni di cui alla lettera c) del secondo comma, gli introiti ottenuti dalla cessione saranno dedotti dai costi pertinenti. 5. I costi e i benefici operativi netti di cui ai paragrafi 2 e 3 si fondano sulla migliore stima delle spese operative sostenute dal progetto relativamente ai costi di produzione e prendono in considerazione tutti gli eventuali benefici derivati da strumenti di sostegno anche se essi non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, nonché i costi evitati e le misure esistenti di incentivo fiscale. Articolo 4 Ruolo della BEI La Banca europea per gli investimenti (BEI) svolge le mansioni di cui alla presente decisione su richiesta, in nome e per conto della Commissione. La Commissione è responsabile nei confronti dei terzi. La BEI è rimborsata per l’esecuzione delle suddette mansioni con gli introiti generati dalla gestione delle entrate. La Commissione e la BEI concludono un accordo che stabilisce i termini e le condizioni specifici per l’esecuzione delle mansioni da parte della BEI. Articolo 5 Procedura di selezione 1. Gli inviti a presentare proposte sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. 2. Gli Stati membri raccolgono le domande di finanziamento per progetti da attuare sul territorio nazionale. Se un progetto interessa invece diversi Stati membri (in seguito «progetto transfrontaliero»), lo Stato membro che riceve la domanda di finanziamento ne informa gli altri Stati membri interessati e coopera con gli altri Stati membri al fine di raggiungere una decisione comune sulla presentazione del progetto da parte dello Stato membro che riceve la domanda di finanziamento. 3. Gli Stati membri valutano se un progetto soddisfa i requisiti di ammissibilità di cui all’articolo 6. Qualora sia il caso e se lo Stato membro promuove il progetto, esso presenta la proposta alla BEI e ne informa la Commissione. All’atto della presentazione delle domande di finanziamento, lo Stato membro fornisce, per ogni progetto, le seguenti informazioni: a) i costi pertinenti, in euro, di cui all’articolo 2, paragrafo 3; b) la domanda complessiva di finanziamento pubblico in euro, corrispondente ai costi pertinenti dai quali è dedotto il contributo del gestore a tali costi; c) la migliore stima del valore netto attuale dei benefici supplementari derivati da strumenti di sostegno calcolati conformemente all’articolo 3, paragrafo 5; d) per i progetti dimostrativi CCS, la quantità complessiva prevista di CO2 stoccata nei primi dieci anni di attività o, per i progetti dimostrativi FER, la quantità complessiva prevista di energia prodotta nei primi cinque anni di attività. Gli Stati membri sono inoltre tenuti a notificare alla Commissione qualsiasi finanziamento di progetto che comporti un aiuto di Stato, conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, per consentire il coordinamento della procedura di selezione con la valutazione dell’aiuto di Stato. 4. Sulla base delle proposte presentate ai sensi del paragrafo 3 del presente articolo, la BEI esegue una valutazione dell’efficienza finanziaria e della fattibilità tecnica dei progetti (obbligo di diligenza tecnica e finanziaria), conformemente all’articolo 7. Qualora la valutazione abbia esito positivo, la BEI formula alla Commissione raccomandazioni di assegnazione, conformemente all’articolo 8. 5. Sulla base delle raccomandazioni di cui al paragrafo 4 e previa consultazione supplementare degli Stati membri interessati per confermare, ove opportuno, il valore e la struttura del finanziamento pubblico complessivo, nonché del comitato sui cambiamenti climatici ai sensi dell’articolo 3 della decisione 1999/468/CE del Consiglio (3), la Commissione adotta le decisioni di assegnazione destinate agli Stati membri interessati menzionando l’importo in euro del finanziamento concesso ai progetti. Articolo 6 Criteri di ammissibilità 1. Un progetto è ammissibile al finanziamento se soddisfa i seguenti criteri: a) il progetto deve rientrare in una delle categorie elencate nella parte A dell’allegato I; b) il progetto deve soddisfare i requisiti fissati nella parte B dell’allegato I; c) i progetti elencati nella parte A.II dell’allegato I devono essere di natura innovativa. Le tecnologie esistenti e sperimentate non sono ammissibili. 2. Qualora uno Stato membro non sia in grado di presentare proposte di progetti che rientrano in una delle sottocategorie elencate nella parte A.II dell’allegato I e che soddisfano le relative soglie BEI conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, lo Stato membro può presentare progetti inferiori alle soglie pertinenti che sono considerati ammissibili al finanziamento in deroga al paragrafo 1. Articolo 7 Diligenza finanziaria e tecnica La BEI esegue la valutazione di diligenza di ciascun progetto presentato, conformemente alle specifiche indicate negli inviti a presentare proposte di cui all’articolo 5, paragrafo 1, che ha per oggetto almeno i seguenti aspetti: 1) campo di applicazione tecnico; 2) costi; 3) finanziamento; 4) attuazione; 5) attività; 6) impatto ambientale; 7) procedure d’appalto. Articolo 8 Selezione dei progetti 1. Si finanziano otto progetti che rientrano nella parte A.I dell’allegato I e un progetto per ciascuna sottocategoria elencata nella parte A.II dell’allegato I. Se tuttavia le risorse lo consentono, possono essere finanziati ulteriori progetti mantenendo l’equilibrio tra progetti dimostrativi CCS e FER. Qualora siano proposti non oltre due progetti per una data sottocategoria, la Commissione valuta gli eventuali impatti sulla concorrenza del numero limitato ai fini della selezione di cui alla presente decisione e può decidere, ove opportuno, di posticipare al secondo ciclo di inviti a presentare proposte le decisioni di assegnazione della sottocategoria interessata. 2. I progetti sono classificati in ordine crescente di costo per prestazione unitaria. I progetti CCS sono elencati in un unico gruppo. I progetti FER sono classificati secondo ciascuna delle sottocategorie specificate nella parte A.II dell’allegato I. Ai fini del primo comma, il costo per prestazione unitaria è calcolato come la somma degli importi di cui all’articolo 5, paragrafo 3, lettere b) e c), divisa per la quantità complessiva prevista di CO2 stoccata nei primi dieci anni di attività per i progetti dimostrativi CCS oppure per la quantità complessiva prevista di energia prodotta nei primi cinque anni di attività per i progetti dimostrativi FER. Qualora gli Stati membri interessati confermino ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, che esiste un finanziamento pubblico sufficiente per i progetti dimostrativi CCS, sono selezionati i progetti ai posti più in alto della classifica, purché siano rispettati tutti i criteri seguenti: a) siano selezionati almeno un progetto e al massimo tre per ogni categoria di progetto; b) siano selezionati almeno tre progetti con stoccaggio in giacimenti di idrocarburi; e c) siano selezionati almeno tre progetti con stoccaggio in acquiferi salini. Qualora tali criteri non siano soddisfatti, il progetto in questione non è selezionato ed è preso in considerazione il successivo progetto meglio classificato. La procedura è iterata fino alla selezione degli otto progetti. Qualora gli Stati membri interessati confermino ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, che esiste un finanziamento pubblico sufficiente per i progetti dimostrativi FER, è selezionato il progetto primo classificato di ciascuna sottocategoria. Qualora in nessuno dei cicli di inviti a presentare proposte in una o più sottocategorie vi siano progetti fattibili sotto l’aspetto finanziario e tecnico, si finanzia un numero corrispondente di progetti supplementari appartenenti ad altre sottocategorie della medesima categoria di progetto. I dettagli sono specificati negli inviti a presentare proposte di cui all’articolo 5, paragrafo 1. I progetti dimostrativi CCS selezionati costituiscono collettivamente «il gruppo CCS» e i progetti dimostrativi FER selezionati costituiscono collettivamente «il gruppo FER». 3. In deroga al paragrafo 1, ove la domanda complessiva di finanziamento nel quadro della presente decisione sia superiore ai fondi disponibili, il numero di progetti selezionati è ridotto, in modo che la domanda di finanziamento sia ridotta proporzionalmente in ciascuno dei gruppi di cui al paragrafo 2, terzo e quinto comma. Per ciascuno dei gruppi, il progetto che rappresenta il costo maggiore per prestazione unitaria è scartato per primo, seguito dal progetto che rappresenta il maggiore costo per prestazione unitaria in un’altra categoria. La procedura è ripetuta fino a quando le domande di finanziamento corrispondono ai fondi disponibili. 4. Subordinatamente alla disponibilità di proposte presentate alla BEI ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, e raccomandate dalla BEI alla Commissione ai fini delle decisioni di assegnazione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, sono selezionati almeno uno e non più di tre progetti per il medesimo Stato membro. Il primo comma non si applica tuttavia ai progetti transfrontalieri. Articolo 9 Decisioni di assegnazione Le decisioni di assegnazione sono subordinate all’ottenimento di tutte le autorizzazioni nazionali necessarie, conformemente alle relative norme del diritto dell’Unione, all’approvazione di qualsiasi aiuto di Stato da parte della Commissione relativamente a un progetto che sta per essere selezionato e all’adozione delle decisioni finali di investimento da parte dei promotori, entro 24 mesi dall’adozione delle decisioni di assegnazione. Per quanto riguarda i progetti dimostrativi CCS con stoccaggio in acquiferi salini, le decisioni di assegnazione sono subordinate all’ottenimento di tutte le autorizzazioni nazionali necessarie, conformemente alle relative norme del diritto dell’Unione, all’approvazione di qualsiasi aiuto di Stato da parte della Commissione relativamente a un progetto che sta per essere selezionato e all’adozione delle decisioni finali di investimento da parte dei promotori, entro 36 mesi dall’adozione delle decisioni di assegnazione. Le decisioni di assegnazione cessano di avere effetti giuridici se le condizioni di cui al primo o secondo comma non sono soddisfatte. Articolo 10 Monetizzazione delle quote e gestione delle entrate 1. Ai fini della monetizzazione delle quote e della gestione delle entrate che ne derivano, la Commissione agisce per conto degli Stati membri. 2. Gli Stati membri e la Commissione provvedono affinché i 300 milioni di quote di cui all’articolo 2, paragrafo 1, siano trasferiti alla BEI per la monetizzazione e la gestione delle entrate. 3. La BEI vende le quote corrispondenti a tale ciclo di inviti a presentare proposte prima che siano adottate le decisioni di assegnazione per ogni ciclo di inviti a presentare proposte di cui all’articolo 5, paragrafo 1. La BEI gestisce le entrate e le trasferisce agli Stati membri, ai fini dell’erogazione di cui all’articolo 11. Articolo 11 Erogazione delle entrate e uso delle entrate non erogate 1. Gli Stati membri versano le entrate ai promotori del progetto sulla base di strumenti giuridicamente vincolanti che stabiliscano almeno i seguenti punti: a) il progetto e il finanziamento concesso in euro; b) la data di entrata in esercizio; c) i requisiti per la condivisione delle conoscenze ai sensi dell’articolo 12; d) i requisiti relativi all’erogazione delle entrate ai sensi dei paragrafi da 2 a 6 del presente articolo; e) i requisiti per la relazione di cui all’articolo 13; f) l’informazione relativa alle condizioni di applicabilità della decisione di cui all’articolo 9. Per il primo ciclo di inviti a presentare proposte di cui all’articolo 5, paragrafo 1, l’ultima data utile di entrata in esercizio di cui alla lettera b), primo comma, del presente paragrafo è il 31 dicembre 2015, salvo che la rispettiva decisione di assegnazione sia adottata dopo il 31 dicembre 2011, nel qual caso la data di entrata in esercizio non oltrepassa quattro anni dalla data della decisione di assegnazione. 2. L’erogazione avviene con cadenza annuale. Per i progetti dimostrativi CCS, gli importi erogati corrispondono alla quantità di CO2 stoccata nell’anno di riferimento, controllata, comunicata e verificata, ai sensi degli articoli 14 e 15 della direttiva 2003/87/CE, moltiplicata per il tasso di finanziamento, e per i progetti dimostrativi FER, corrispondono alla quantità di energia prodotta moltiplicata per il tasso di finanziamento. Il tasso di finanziamento è calcolato dividendo il finanziamento concesso per il 75 % della quantità complessiva prevista di CO2 stoccata nei primi dieci anni di attività nel caso dei progetti dimostrativi CCS, oppure per il 75 % della quantità complessiva prevista di energia prodotta nei primi cinque anni di attività nel caso dei progetti dimostrativi FER. 3. L’erogazione per un dato anno avviene solamente nel caso in cui si soddisfino i requisiti di condivisione delle conoscenze per il medesimo anno. 4. Le erogazioni sono limitate al periodo di dieci anni a decorrere dalla data di cui al paragrafo 1, lettera b), nel caso di progetti dimostrativi CCS e al periodo di cinque anni a decorrere dalla stessa data nel caso di progetti dimostrativi FER. I fondi complessivi erogati non possono in nessun caso superare il finanziamento assegnato di cui al paragrafo 1, lettera a). 5. Qualora lo Stato membro in questione garantisca che il finanziamento in eccesso rispetto a quello giustificato ai sensi dei paragrafi 2, 3 e 4 è restituito alla BEI, il finanziamento parziale o integrale di un progetto può essere erogato precedentemente all’entrata in esercizio di tale progetto, conformemente alle specifiche fissate nella decisione di assegnazione. 6. Fatto salvo l’articolo 4, paragrafo 2, le entrate non erogate a progetti e gli introiti generati dalla gestione delle entrate sono impiegati per cofinanziare ulteriori progetti dimostrativi nel quadro della presente decisione fino al 31 dicembre 2015. Gli Stati membri restituiscono alla BEI tutte le entrate non erogate. Successivamente al 31 dicembre 2015, i fondi rimanenti vanno a beneficio degli Stati membri. Al termine dell’erogazione, tali fondi sono ceduti agli Stati membri, conformemente ai principi fissati dall’articolo 10 bis, paragrafo 7, della direttiva 2003/87/CE. Articolo 12 Condivisione delle conoscenze Gli Stati membri garantiscono che tutti i gestori di progetto, i membri del consorzio, i fornitori e i subappaltatori che traggono un sostanziale beneficio dal finanziamento pubblico per lo sviluppo del loro prodotto o servizio condividano le informazioni relative agli elementi dell’allegato II con altri gestori di progetto, amministrazioni pubbliche, istituti di ricerca, organizzazioni non governative e il pubblico, conformemente alle specifiche supplementari stabilite negli inviti a presentare proposte di cui all’articolo 5, paragrafo 1. Le informazioni sono condivise con cadenza annuale e riguardano tutta l’informazione generata ed elaborata in un dato anno. Articolo 13 Rendicontazione degli Stati membri Durante i periodi di cui all’articolo 11, paragrafo 4, gli Stati membri sono tenuti a trasmettere alla Commissione, entro il 31 dicembre di ogni anno, relazioni sull’attuazione dei progetti. Tali relazioni devono comprendere almeno le seguenti informazioni relative a ciascun progetto: 1) la quantità di CO2 stoccata o di energia pulita prodotta; 2) i fondi erogati; 3) eventuali problemi di rilievo nell’attuazione del progetto. Articolo 14 Relazione della Commissione Successivamente al primo ciclo di inviti a presentare proposte, la Commissione trasmette al comitato sui cambiamenti climatici una relazione sull’attuazione di tale ciclo di inviti a presentare proposte, indicando se sia necessario modificare la presente decisione al fine di garantire l’equilibrio geografico e tecnico per il secondo ciclo di inviti a presentare proposte. Articolo 15 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 3 novembre 2010. Per la Commissione Connie HEDEGAARD Membro della Commissione (1) GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32. (2) COM(2009) 519 definitivo. (3) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. ALLEGATO I CRITERI DI AMMISSIBILITÀ A. CATEGORIE DI PROGETTI I. Categorie di progetti dimostrativi CCS [con soglie di capacità minima (1) ] — Produzione di energia elettrica: precombustione 250 MW, — produzione di energia elettrica: postcombustione 250 MW, — produzione di energia elettrica: ossicombustibile 250 MW, — applicazioni industriali che impiegano a) la tecnologia CCS in raffinerie in grado di stoccare 500 chilotonnellate/anno (kt/a) di CO2 da una o più fonti interne alla raffineria; b) la tecnologia CCS nei forni da cemento in grado di stoccare 500 kt/a di CO2; c) la tecnologia CCS per i modi di produzione primaria di ferro e acciaio in grado di stoccare 500 kt/a di CO2; oppure d) la tecnologia CCS per i modi di produzione primaria di alluminio in grado di stoccare 500 kt/a di CO2. II. Categorie di progetti dimostrativi FER (con soglie di capacità minima) — Bioenergie — sottocategorie di progetti: — conversione per pirolisi di lignocellulosa in vettori bioenergetici intermedi, solidi, liquidi o semiliquidi, con una capacità di 40 kt/a, di prodotto finale, — conversione per torrefazione di lignocellulosa in vettori bioenergetici intermedi, solidi, liquidi o semiliquidi, con una capacità di 40 kt/a, di prodotto finale, — conversione per gassificazione di lignocellulosa in gas naturale di sintesi o gas di sintesi e/o in energia elettrica con una capacità di 40 milioni di metri cubi normali per anno (M Nm3/a) di prodotto finale o 100 GWh/a di elettricità, — conversione per gassificazione, anche a riscaldamento diretto, di lignocellulosa in biocarburanti o bioliquidi e/o in energia con una capacità di 15 milioni di litri per anno (Ml/a) di prodotto finale o 100 GWh/a di elettricità. La produzione di gas naturale di sintesi è esclusa da questa sottocategoria, — conversione di materie prime lignocellulosiche, per esempio liscivio nero e/o prodotti da pirolisi o torrefazione, per gassificazione in corrente fluida, in biocarburanti generici con una capacità di 40 Ml/a di prodotto finale, — conversione di lignocellulosa in elettricità con efficienza pari al 48 % con valore calorico inferiore (umidità pari a 50 %) con una capacità uguale o superiore a 40 MWe, — conversione di lignocellulosa in etanolo e alcoli superiori mediante processi chimici e biologici con una capacità di 40 Ml/a di prodotto finale, — conversione di lignocellulosa e/o rifiuti domestici in biogas, biocarburanti o bioliquidi mediante processi chimici e biologici con una capacità di 6 milioni Nm3/a di metano o 10 Ml/a di prodotto finale, — conversione di alghe e/o microrganismi in biocarburanti o bioliquidi mediante processi biologici e/o chimici con una capacità di 40 Ml/a (milioni di litri per anno) di prodotto finale. Nota: per i biocarburanti e i bioliquidi ai sensi della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) devono essere soddisfatti i criteri di sostenibilità di cui a detta direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. — Energia solare concentrata — sottocategorie di progetti: — concentratore parabolico o sistema Fresnel che impiega sali fusi o altri fluidi di scambio del calore rispettosi dell’ambiente con una capacità nominale di 30 MW, — concentratore parabolico o sistema Fresnel a generazione diretta di vapore con una capacità nominale di 30 MW. La temperatura del vapore diretto deve essere superiore a 500 °C, — sistema a torre che impiega un ciclo di vapore surriscaldato (a torri multiple o combinazione di collettori lineari e una torre) con una capacità nominale di 50 MW, — sistema a torre che impiega aria pressurizzata con una temperatura superiore a 750 °C e una turbina ibrida solare e gas con una capacità nominale di 30 MW, — impianti a concentratori parabolici con motore Stirling su larga scala con efficienza di conversione solare-elettrica superiore a 20 % e una capacità nominale di almeno 25 MW. Nota: gli impianti dimostrativi possono comprendere raffreddamento a secco, ibridazione e soluzioni (avanzate) di immagazzinamento del calore. — Energia fotovoltaica — sottocategorie di progetti: — centrali elettriche fotovoltaiche su larga scala a concentratori con una capacità di 20 MW, — centrali elettriche fotovoltaiche su larga scala a cellule multigiunzione con film di silicio sottile con una capacità di 40 MW, — centrali elettriche fotovoltaiche su larga scala a CIGS con una capacità di 40 MW. — Energia geotermica — sottocategorie di progetti: — sistemi geotermici avanzati in campi a sollecitazione di tensione con una capacità nominale di 5 MWe, — sistemi geotermici avanzati in campi a sollecitazione di compressione con una capacità nominale di 5 MWe, — sistemi geotermici avanzati in zone di rocce sedimentarie e granitiche profonde e altre strutture cristalline con una capacità nominale di 5 MWe, — sistemi geotermici avanzati in zone di calcare in profondità con una capacità nominale di 5 MWe. Nota: sono ammissibili anche le applicazioni di cogenerazione aventi la medesima soglia di produzione elettrica. — Energia eolica — sottocategorie di progetti: — impianti eolici al largo (potenza minima delle turbine 6 MW) con una capacità nominale di 40 MW, — impianti eolici al largo (potenza minima delle turbine 8 MW) con una capacità nominale di 40 MW, — impianti eolici al largo (potenza minima delle turbine 10 MW) con una capacità nominale di 40 MW, — sistemi eolici galleggianti al largo con una capacità nominale di 25 MW, — turbine eoliche a terra ottimizzate per terreni complessi (per esempio terreni ricoperti di foreste, aree montagnose) con una capacità nominale di 25 MW, — turbine eoliche a terra ottimizzate per climi freddi (compatibili con temperature inferiori a - 30 °C e importanti formazioni di ghiaccio) con una capacità nominale di 25 MW. — Energia marina — sottocategorie di progetti: — dispositivi che sfruttano il moto ondoso con una capacità nominale di 5 MW, — dispositivi che sfruttano il moto ondoso con una capacità nominale di 5 MW, — conversione dell’energia talassotermica (OTEC) con una capacità nominale di 10 MW. — Energia idroelettrica — sottocategorie di progetti: — generazione di elettricità mediante generatori superconduttori ad alta temperatura con una capacità nominale di 20 MW. — Gestione delle energie rinnovabili decentralizzate (reti intelligenti) — sottocategorie di progetti: — gestione e ottimizzazione delle energie rinnovabili per i generatori decentrati su piccola e media scala in ambiente rurale con generazione solare predominante: da 20 MW su rete a basso voltaggio + 50 MW su rete a medio voltaggio, — gestione e ottimizzazione delle energie rinnovabili per i generatori decentrati su piccola e media scala in ambiente rurale con generazione eolica predominante: da 20 MW su rete a basso voltaggio + 50 MW su rete a medio voltaggio, — gestione e ottimizzazione delle energie rinnovabili per i generatori decentrati su piccola e media scala in ambiente urbano: da 20 MW su rete a basso voltaggio + 50 MW su rete a medio voltaggio. Nota: non si esclude l’impiego di carichi attivi (sistemi di riscaldamento elettrici, pompe di calore, ecc.). B. REQUISITI DEL PROGETTO I. Requisiti comuni — Devono essere soddisfatte le soglie di capacità di cui alla parte A, — nel primo ciclo di inviti a presentare proposte i progetti devono dimostrare di poter entrare in esercizio con ragionevoli probabilità entro il 31 dicembre 2015 sempre che la decisione di assegnazione sia adottata entro il 31 dicembre 2011, — tutte le autorizzazioni nazionali afferenti al progetto devono essere disponibili e in linea con la relativa regolamentazione UE o le procedure di autorizzazione già avviate e sufficientemente avanzate da garantire che l’inizio dell’attività commerciale possa avvenire entro il 31 dicembre 2015 per la prima fase, sempre che la decisione di assegnazione sia adottata entro il 31 dicembre 2011, — il gestore del progetto deve impegnarsi in maniera vincolante a condividere le conoscenze, conformemente a quanto stabilito nell’articolo 12, — i progetti devono essere situati sul territorio degli Stati membri, nelle loro zone economiche esclusive e sulle loro piattaforme continentali. II. Progetti dimostrativi CCS — Ciascun progetto deve attuare l’intera filiera (cattura, trasporto, stoccaggio), — ciascun progetto dimostrativo deve attuare l’integrazione del calore per la componente di cattura del processo, — il tasso di cattura non deve essere inferiore all’85 % del CO2 da gas di scarico cui si applica la cattura, — ogni progetto deve contenere un capitolo di ricerca indipendente relativo alla sicurezza dei siti di stoccaggio e al miglioramento delle tecnologie di controllo, in particolare nell’ambito della migrazione della salamoia e dei relativi percorsi e impatti possibili. (1) Le soglie di potenza CCS sono espresse come produzione lorda di elettricità prima della cattura. (2) GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16. ALLEGATO II REQUISITI PER LA CONDIVISIONE DELLE CONOSCENZE A. Impostazioni e prestazioni tecniche — Affidabilità, — CO2 catturato, — prestazioni a diversi livelli, comprese differenze tra prestazioni attese ed effettive, — incremento della domanda di combustibili; domanda di elettricità, calore e raffreddamento, — elementi in entrata (input) e uscita (output) chiave e progettazione, — future tematiche di ricerca e sviluppo identificate. B. Livello dei costi — Costi di capitale e costi operativi, — totali e costi per prestazione unitaria (tonnellate di CO2 stoccato, MWh puliti prodotti). C. Gestione del progetto — Legislazione/autorizzazioni, — gestione dei soggetti coinvolti, compresa l’interazione con i governi, — pianificazione, — organizzazione del progetto. D. Impatto ambientale — Efficacia: riduzione delle emissioni di CO2 per unità di energia, — altri impatti ambientali a operazioni indisturbate. E. Salute e sicurezza — Incidenti e quasi-incidenti sopravvenuti (attività disturbate), — controllo e risoluzione dei problemi relativi alla sicurezza, — questioni inerenti alla salute in attività indisturbate. F. Prestazione del sito di stoccaggio CCS — Modelli e simulazioni (sviluppo di colonna di CO2 — fronte d’urto), — precedenti risultati concordanti e adeguamenti (su valutazione: normale entro un campo di deviazione o irregolarità rilevanti che richiedono correttivi), — comportamento della salamoia spostata dall’immissione di CO2.
Programma NER 300: aumentare le tecnologie a bassa emissione di CO2 QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione relativa al NER 300* stabilisce le norme e le condizioni in base alle quali l’Unione europea (Unione) finanzia progetti dimostrativi innovativi a basse emissioni di carbonio per catturare e stoccare geologicamente i gas di anidride carbonica (CO2). Essi sono noti come progetti di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e progetti a fonte energetica rinnovabile (FER). La decisione è stata modificata due volte:La decisione (UE) 2015/191 della Commissione ha esteso i limiti temporali della decisione finale di investimento e della data di avviamento a causa della crisi economica (si vedano l’articolo 9 e l’articolo 11, paragrafo 1); La decisione (UE) 2017/2172 della Commissione ha permesso ai fondi non erogati da NER 300 di essere incanalati in altri strumenti finanziari (InnovFin EDP e gli strumenti di debito del Meccanismo per collegare l’Europa). PUNTI CHIAVE I progetti CCS ammissibili riguardano la produzione di energia e svariate applicazioni industriali, come le raffinerie e la produzione di ferro e acciaio. I progetti FER ammissibili riguardano la bioenergia, l’energia solare, il fotovoltaico, il geotermico, l’eolico, l’energia marina, l’energia idroelettrica (energia elettrica generata da acqua in movimento) e le reti intelligenti (reti energetiche modernizzate che controllano automaticamente i flussi di energia). Un primo ciclo di inviti a presentare proposte, avviato a dicembre 2012, ha messo a disposizione 1,1 miliardo di euro a 20 progetti di energia rinnovabile. Questi progetti dovevano prendere avvio a dicembre 2016, una scadenza che è stata estesa a dicembre 2019, comprendendo un periodo di tolleranza di un anno, dalla decisione (UE) 2015/191. Un secondo ciclo, organizzato a luglio 2014, ha concesso 1 miliardo di euro a 18 progetti FER e a un progetto CCS. Originariamente, tali progetti dovevano prendere avvio entro il 30 giugno 2018, ma la scadenza è stata estesa a giugno 2021 dalla decisione (UE) 2015/191, comprendendo un periodo di tolleranza di un anno. A causa della pandemia di COVID-19, le date di inizio delle attività sono state estese ulteriormente a livello di singolo progetto, e l’ultima di esse sarà a luglio 2022. Non sono in programma ulteriori inviti a presentare proposte nell’ambito di NER 300. La Commissione europea sta ora concentrando l’attenzione sui progetti che sono già stati selezionati per ricevere finanziamenti e ne sta monitorando i progressi. Entro il 15 luglio di ogni anno, i paesi membri dell’UE devono presentare una relazione alla Commissione sullo stato di attuazione dei progetti in corso. Questa relazione deve contenere informazioni sulla quantità di CO2 stoccata o di energia pulita prodotta e sull’erogazione del finanziamento, nonché dettagli su qualsiasi questione di importanza significativa. I fondi non spesi dei progetti ritirati nell’ambito del secondo bando NER 300 sono incanalati nel Fondo per l’innovazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 5 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Programma NER 300 (Commissione Europea). Fondo per l’innovazione (Commissione europea). TERMINI CHIAVE NER 300: il programma è stato così chiamato perché è finanziato dalla vendita di 300 milioni di quote di emissione (diritti di emettere una tonnellata di CO2) della riserva per i nuovi entranti del sistema di scambio di quote di emissione dell’Unione. Il programma sovvenziona l’installazione di tecnologie FER e CCS innovative. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2010/670/UE della Commissione, del 3 novembre 2010, che definisce i criteri e le misure per il finanziamento di progetti dimostrativi su scala commerciale mirati alla cattura e allo stoccaggio geologico del CO2 in modo ambientalmente sicuro, nonché di progetti dimostrativi relativi a tecnologie innovative per le energie rinnovabili nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità istituito dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 6.11.2010, pag. 39). Le successive modifiche alla decisione 2010/670/UE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento delegato (UE) 2019/856 della Commissione, del 26 febbraio 2019, che integra la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il funzionamento del fondo per l’innovazione (GU L 140 del 28.5.2019, pag. 6). Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la Direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32). Si veda la versione consolidata.
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Regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 123 del 27/04/2004 pag. 0018 - 0024 Regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissionedel 7 aprile 2004relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE(Testo rilevante ai fini del SEE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,visto l'accordo sullo Spazio economico europeo,visto il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato(1), in particolare l'articolo 33,sentito il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti,considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio attribuisce alla Commissione il potere di disciplinare determinati aspetti dei procedimenti per l'applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato. È necessario stabilire le norme relative all'avvio dei procedimenti da parte della Commissione, nonché al trattamento delle denunce e all'audizione dei degli interessati.(2) Ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003, i giudici nazionali non possono prendere decisioni che potrebbero essere in contrasto con decisioni previste dalla Commissione nello stesso caso. Ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 6, di detto regolamento, l'avvio del procedimento per l'adozione di una decisione a norma del capitolo III del regolamento (CE) n. 1/2003 da parte della Commissione priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza a decidere nella fattispecie. A questo riguardo, è opportuno che i giudici e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri siano informati dell'avvio del procedimento da parte della Commissione. La Commissione deve quindi essere in grado di rendere pubblica la propria decisione di avvio del procedimento.(3) Prima di assumere le dichiarazioni orali di persone fisiche o giuridiche che acconsentono ad essere sentite, la Commissione deve informare tali persone della base giuridica del colloquio e della natura facoltativa dello stesso. Tali persone devono inoltre essere informate delle finalità del colloquio e delle registrazioni che ne potranno essere fatte. Al fine di garantire l'accuratezza delle dichiarazioni, le persone sentite devono avere la possibilità di correggere quanto riportato nelle registrazioni. Le informazioni assunte attraverso dichiarazioni orali, che vengano comunicate ai sensi dell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 1/2003, non devono essere utilizzate al fine di imporre sanzioni a persone fisiche solo se non sono soddisfatte le condizioni previste dallo stesso articolo.(4) Ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1/2003 la Commissione può irrogare ammende alle imprese e associazioni di imprese quando esse non rettificano, entro il termine stabilito dalla Commissione, una risposta inesatta, incompleta o fuorviante data da un membro del personale a domande rivolte nel corso degli accertamenti. È pertanto necessario fornire alle imprese interessate le registrazioni dei chiarimenti forniti e istituire una procedura che consenta alle imprese di aggiungere eventuali rettifiche, modificazioni o integrazioni a quanto riferito da un membro del personale non autorizzato a dare spiegazioni a nome dell'impresa. I chiarimenti forniti da membri del personale devono permanere nel fascicolo della Commissione nella forma in cui sono stati registrati nel corso dell'accertamento.(5) Le denunce costituiscono una fonte essenziale di informazioni per l'accertamento delle violazioni delle norme in materia di concorrenza. È quindi opportuno definire procedure chiare ed efficienti per il trattamento delle denunce presentate alla Commissione.(6) Per essere ammissibile ai sensi dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003, la denuncia deve contenere determinate informazioni specifiche.(7) È necessario predisporre un modulo allo scopo di assistere i denuncianti nella corretta presentazione dei fatti alla Commissione. La comunicazione delle informazioni prescritte da tale modulo deve costituire una condizione indispensabile perché la denuncia possa considerarsi presentata ai sensi dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003.(8) Le persone fisiche o giuridiche che hanno scelto di presentare denuncia devono avere la possibilità di compartecipare strettamente al procedimento avviato dalla Commissione per l'accertamento della sussistenza della violazione. Tuttavia, esse non devono poter accedere a segreti aziendali o ad altre informazioni riservate appartenenti ad altri soggetti partecipanti al procedimento.(9) I denuncianti devono avere la possibilità di presentare osservazioni quando la Commissione ritiene che non vi siano motivi sufficienti per agire a seguito della denuncia. La Commissione, quando respinge una denuncia per il motivo che un'autorità garante della concorrenza di uno Stato membro si sta occupando o si è già occupata del caso, deve informare il denunciante di quale autorità si tratti.(10) Allo scopo di salvaguardare i diritti della difesa delle imprese, la Commissione deve attribuire alle parti interessate il diritto di essere sentite prima di prendere una decisione.(11) Deve inoltre essere prevista l'audizione di soggetti che non hanno presentato una denuncia ai sensi dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003 e non sono destinatari della comunicazione degli addebiti, ma che possono tuttavia dimostrare di avere un interesse sufficiente. In linea generale, le associazioni dei consumatori che chiedono di essere sentite devono essere considerate come aventi un interesse sufficiente quando i procedimenti riguardano prodotti o servizi utilizzati dal consumatore finale o prodotti o servizi che confluiscono direttamente in tali prodotti o servizi. Quando lo ritenga utile ai fini del procedimento, la Commissione deve inoltre essere in grado di invitare altri soggetti a presentare osservazioni scritte e assistere all'audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti. All'occorrenza essa deve poter invitare tali persone ad esprimersi nel corso dell'audizione.(12) Allo scopo di migliorare l'efficienza delle audizioni, il consigliere-auditore deve poter consentire alle parti interessate, ai denuncianti, ai terzi invitati all'audizione, ai servizi della Commissione e alle autorità degli Stati membri di rivolgere domande nel corso dell'audizione.(13) Nei casi in cui consente l'accesso al fascicolo, la Commissione deve garantire la tutela dei segreti aziendali e delle altre informazioni riservate. La categoria delle "altre informazioni riservate" comprende informazioni non rientranti nell'ambito dei segreti aziendali, che possono essere considerate riservate in quanto la loro diffusione potrebbe arrecare un grave pregiudizio ad imprese o persone. La Commissione deve poter chiedere alle imprese o associazioni di imprese che hanno presentato documenti o dichiarazioni di precisare quali informazioni siano da considerarsi riservate.(14) Quando i segreti aziendali o le altre informazioni riservate sono elementi necessari per dimostrare la sussistenza della violazione, la Commissione deve valutare per ogni singolo documento se la necessità della divulgazione sia superiore al danno che potrebbe derivarne.(15) Nell'interesse della certezza del diritto è necessario stabilire un termine minimo per le comunicazioni previste dal presente regolamento.(16) Il presente regolamento sostituisce il regolamento della Commissione (CE) n. 2842/98, del 22 dicembre 1988, relativo alle audizioni in taluni procedimenti a norma dell'articolo 85 e 86 del trattato CE(2), che deve quindi essere abrogato.(17) Il presente regolamento allinea le norme procedurali relative al settore dei trasporti alle norme di procedura generali vigenti negli altri settori. Il regolamento (CE) n. 2843/98 della Commissione, del 22 dicembre 1998, relativo alla forma, al contenuto e alle altre modalità delle domande e delle notificazioni di cui ai regolamenti (CEE) n. 1017/68, (CEE) n. 4056/86 e (CEE) n. 3975/87 del Consiglio, recanti applicazione delle regole di concorrenza al settore dei trasporti(3), deve quindi essere abrogato.(18) Il regolamento (CE) n. 1/2003 abolisce il sistema di notificazione e autorizzazione. Il regolamento (CE) n. 3385/94 della Commissione, del 21 dicembre 1994, relativo alla forma, al contenuto e alle altre modalità delle domande e delle notificazioni presentate in forza del regolamento (CE) n. 17 del Consiglio(4) deve quindi essere abrogato,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO I CAMPO DI APPLICAZIONEArticolo 1Oggetto e campo d'applicazioneIl presente regolamento si applica ai procedimenti svolti dalla Commissione in applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato.CAPO II AVVIO DEL PROCEDIMENTOArticolo 2Avvio del procedimento1. La Commissione può decidere di avviare il procedimento per l'adozione di una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento (CE) n. 1/2003 in qualsiasi momento, ma non dopo la data in cui ha espresso la valutazione preliminare di cui all'articolo 9, paragrafo 1, di detto regolamento o ha emesso la comunicazione degli addebiti né dopo la data della pubblicazione della comunicazione di cui all'articolo 27, paragrafo 4, dello stesso.2. La Commissione può rendere pubblico l'avvio del procedimento secondo modalità che ritiene appropriate, dopo averne informato le parti interessate.3. La Commissione può esercitare i poteri di indagine a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003 prima dell'avvio del procedimento.4. La Commissione può respingere le denunce di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003 senza avviare il procedimento.CAPO III INDAGINI EFFETTUATE DALLA COMMISSIONEArticolo 3Potere di assumere dichiarazioni1. Quando la Commissione sente una persona con il consenso di quest'ultima, ai sensi dell'articolo 19 del regolamento (CE) n. 1/2003, essa deve, all'inizio del colloquio, indicare la base giuridica e la finalità dello stesso e ricordarne la natura facoltativa. Essa informa inoltre la persona sentita qualora intenda effettuare una registrazione del colloquio.2. Il colloquio può svolgersi con qualsiasi mezzo, inclusi il telefono e le vie elettroniche.3. La Commissione può registrare in qualsiasi forma le dichiarazioni rese dalle persone sentite. Una copia dell'eventuale registrazione viene messa a disposizione della persona sentita per l'approvazione. All'occorrenza la Commissione può stabilire il termine entro il quale la persona sentita può comunicare eventuali correzioni da apportare alla dichiarazione resa.Articolo 4Domande rivolte oralmente nel corso degli accertamenti1. I chiarimenti ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 2, lettera e), del regolamento (CE) n. 1/2003, richiesti da funzionari o da altre persone autorizzate dalla Commissione ai rappresentanti o ai membri del personale di imprese o associazioni di imprese, possono essere registrati in qualsiasi forma.2. Copia della registrazione effettuata ai sensi del paragrafo 1 viene messa a disposizione dell'impresa o dell'associazione di imprese successivamente all'accertamento.3. Nei casi in cui siano state chieste informazioni ad un membro del personale di un'impresa o di una associazione di imprese che non sia o non sia stato autorizzato dall'impresa o dalla associazione di imprese a fornire chiarimenti a nome delle stesse, la Commissione stabilisce il termine entro il quale l'impresa o l'associazione di imprese può comunicare alla Commissione le eventuali rettifiche, modificazioni o integrazioni da apportare ai chiarimenti forniti dal membro del personale. Tali rettifiche, modificazioni o integrazioni vengono aggiunte ai chiarimenti registrati ai sensi del paragrafo 1.CAPO IV TRATTAMENTO DELLE DENUNCEArticolo 5Ammissibilità delle denunce1. Le persone fisiche e giuridiche devono dimostrare di avere un interesse legittimo alla presentazione della denuncia di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003.Tale denuncia deve contenere le informazioni prescritte dal modulo C riportato nell'allegato. La Commissione può dispensare il denunciante dall'osservanza di tale obbligo per una parte delle informazioni, anche documentali, prescritte dal modulo.2. Alla Commissione devono essere presentate tre copie su carta, nonché, se possibile, una copia elettronica della denuncia. Il denunciante deve presentare inoltre una versione non riservata della denuncia qualora dichiari che talune parti di essa sono da considerarsi riservate.3. Le denunce devono essere presentate in una delle lingue ufficiali della Comunità.Articolo 6Partecipazione dei denuncianti al procedimento1. La Commissione, quando invia una comunicazione degli addebiti in merito ad una questione sulla quale ha ricevuto una denuncia, fornisce al denunciante una copia della versione non riservata della comunicazione e fissa il termine entro cui questi può presentare osservazioni scritte.2. All'occorrenza la Commissione può consentire ai denuncianti di esprimersi nel corso dell'audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti, qualora essi lo richiedano nelle loro osservazioni scritte.Articolo 7Rigetto delle denunce1. Quando la Commissione ritiene che, sulla base delle informazioni in suo possesso, non sussistano motivi sufficienti per agire a seguito della denuncia, informa il denunciante dei relativi motivi e stabilisce il termine entro il quale questi può presentare osservazioni scritte. La Commissione non è tenuta a tener conto delle osservazioni scritte pervenute oltre la scadenza di tale termine.2. Se il denunciante presenta osservazioni scritte entro il termine fissato dalla Commissione e tali osservazioni non inducono ad una diversa valutazione del caso, la Commissione respinge la denuncia con decisione.3. Se il denunciante non presenta osservazioni entro il termine fissato dalla Commissione, la denuncia si considera ritirata.Articolo 8Accesso alle informazioni1. Quando la Commissione ha informato il denunciante che essa intende respingere la denuncia a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, il denunciante può chiedere accesso ai documenti sui quali si fonda la valutazione provvisoria della Commissione. Al denunciante non può tuttavia essere conferito l'accesso ai segreti aziendali o alle altre informazioni riservate appartenenti ad altri soggetti che partecipano al procedimento.2. Il denunciante può usare i documenti cui ha avuto accesso nell'ambito del procedimento svolto dalla Commissione ai sensi degli articoli 81 e 82 unicamente nei procedimenti giudiziari o amministrativi intesi all'applicazione di tali articoli.Articolo 9Rigetto di denunce ai sensi dell'articolo 13 del regolamento (CE) n. 1/2003Qualora respinga una denuncia ai sensi dell'articolo 13 del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione comunica senza indugio al denunciante quale sia l'autorità nazionale garante della concorrenza che sta esaminando o ha esaminato il caso in questione.CAPO V ESERCIZIO DEL DIRITTO AD ESSERE SENTITIArticolo 10Comunicazione degli addebiti e risposte delle parti1. La Commissione informa per iscritto le parti interessate sugli addebiti mossi nei loro confronti. La comunicazione degli addebiti è notificata ad ognuna di esse.2. Nella comunicazione degli addebiti alle parti interessate la Commissione stabilisce il termine entro il quale le stesse possono presentare osservazioni scritte. La Commissione non è tenuta a tener conto delle osservazioni scritte pervenute oltre la scadenza di tale termine.3. Nelle loro osservazioni scritte le parti possono esporre tutti i fatti loro noti che siano rilevanti per la difesa contro gli addebiti mossi dalla Commissione. Esse allegano gli eventuali documenti idonei a comprovare i fatti esposti. Alla Commissione devono essere presentati un originale su carta e una copia elettronica o, se non viene fornita una copia elettronica, 28 copie su carta della denuncia e dei documenti allegati. Le parti possono proporre che la Commissione senta le persone in grado di confermare i fatti esposti nelle osservazioni.Articolo 11Diritto ad essere sentiti1. La Commissione offre alle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti la possibilità di essere sentite prima della consultazione del comitato consultivo di cui all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003.2. Nelle sue decisioni la Commissione esamina solo gli addebiti rispetto ai quali le parti di cui al paragrafo 1 hanno avuto la possibilità di esprimersi.Articolo 12Diritto all'audizioneLa Commissione offre alle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti la possibilità di sviluppare gli argomenti nel corso dell'audizione, sempre che esse lo richiedano nelle osservazioni scritte.Articolo 13Audizione di terzi1. Alle persone fisiche o giuridiche non contemplate negli articoli 5 e 11 che chiedano di essere sentite e dimostrino di avervi un interesse sufficiente, la Commissione comunica per iscritto la natura e l'oggetto del procedimento e assegna un termine per la presentazione delle osservazioni scritte.2. All'occorrenza la Commissione può invitare i soggetti di cui al paragrafo 1 a sviluppare gli argomenti nel corso dell'audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti, sempre che essi lo richiedano nelle osservazioni scritte.3. La Commissione può invitare eventuali altre persone a presentare osservazioni scritte e ad assistere all'audizione delle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti. La Commissione può inoltre invitare tali persone ad esprimersi nel corso dell'audizione.Articolo 14Svolgimento delle audizioni1. Le audizioni vengono condotte in piena indipendenza da un consigliere-auditore.2. La Commissione invita le persone che devono essere sentite a partecipare all'audizione alla data da essa fissata.3. La Commissione invita le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri a prendere parte all'audizione. Essa può inoltre invitare anche funzionari di altre autorità degli Stati membri.4. Le persone invitate a partecipare devono comparire di persona o essere rappresentate da rappresentanti legali o statutari. Le imprese e associazioni di imprese possono inoltre essere rappresentate da un rappresentante debitamente delegato, scelto fra il personale permanente.5. Le persone sentite dalla Commissione possono essere assistite da consulenti legali o da altre persone qualificate ammesse dal consigliere-auditore.6. Le audizioni non sono pubbliche. Ogni persona può essere sentita separatamente o in presenza di altre persone invitate a partecipare, tenuto conto dell'interesse legittimo delle imprese alla protezione dei segreti aziendali e delle altre informazioni riservate.7. Il consigliere-auditore può autorizzare le parti destinatarie della comunicazione degli addebiti, i denuncianti, i terzi invitati all'audizione, i servizi della Commissione e le autorità degli Stati membri a porre domande nel corso dell'audizione.8. Le dichiarazioni rese da ciascuna persona vengono registrate. Dietro richiesta, la registrazione dell'audizione è messa a disposizione delle persone che hanno partecipato all'audizione. Deve tenersi debitamente conto dell'interesse legittimo dei partecipanti alla tutela dei segreti aziendali e delle altre informazioni riservate.CAPO VI ACCESSO AL FASCICOLO E TRATTAMENTO DELLE INFORMAZIONI RISERVATEArticolo 15Accesso al fascicolo e uso dei documenti1. Su richiesta, la Commissione conferisce l'accesso al fascicolo alle parti destinatarie della comunicazione degli addebiti. L'accesso è conferito dopo la notifica della comunicazione degli addebiti.2. Dal diritto di accesso al fascicolo sono esclusi i segreti aziendali, le altre informazioni riservate e i documenti interni della Commissione o delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. È parimenti esclusa la corrispondenza, contenuta nel fascicolo, fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri oppure fra queste ultime.3. Nessuna disposizione del presente regolamento osta a che la Commissione riveli e usi le informazioni necessarie a dimostrare la violazione degli articoli 81 e 82 del trattato.4. I documenti ottenuti accedendo al fascicolo ai sensi del presente articolo possono essere usati solo nell'ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi intesi all'applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato.Articolo 16Individuazione e tutela delle informazioni riservate1. Le informazioni, anche documentali, non possono essere comunicate o rese accessibili dalla Commissione se contengono segreti aziendali o altre informazioni riservate.2. Chiunque comunichi osservazioni ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, dell'articolo 7, paragrafo 1, dell'articolo 10, paragrafo 2, dell'articolo 13, paragrafo 1, e dell'articolo 3 del presente regolamento o comunichi successivamente ulteriori informazioni alla Commissione nel corso dello stesso procedimento, deve indicare chiaramente le informazioni che ritiene riservate e fornire una versione distinta e non riservata entro il termine stabilito dalla Commissione per la presentazione delle osservazioni.3. Fermo restando il paragrafo 2 del presente articolo, la Commissione può chiedere alle imprese e associazioni di imprese, che producono documenti o dichiarazioni ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003, di individuare i documenti o le parti di documenti che a loro avviso contengono segreti aziendali o altre informazioni riservate ad esse appartenenti e di indicare le imprese riguardo alle quali tali documenti devono essere considerati riservati. La Commissione può altresì chiedere alle imprese o associazioni di imprese di individuare l'eventuale parte della comunicazione degli addebiti, dell'esposizione sommaria dei fatti ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 o della decisione adottata dalla Commissione che, a loro avviso, contiene segreti aziendali.La Commissione può stabilire il termine entro il quale le imprese e associazioni di imprese devono:a) motivare la loro richiesta di riservatezza relativamente ai singoli documenti o parti di documento e alle singole dichiarazioni o parti di dichiarazione;b) fornire alla Commissione una versione non riservata dei documenti o delle dichiarazioni, nella quale i passaggi riservati siano omessi;c) fornire una descrizione succinta di ogni parte omessa.4. Se delle imprese o associazioni di imprese non si conformano ai paragrafi 2 e 3, la Commissione può presumere che i documenti o dichiarazioni in questione non contengano informazioni riservate.CAPO VII DISPOSIZIONI E GENERALI E FINALIArticolo 17Termini1. Nello stabilire i termini di cui all'articolo 3, paragrafo 3, all'articolo 4, paragrafo 3, all'articolo 6, paragrafo 1, all'articolo 7, paragrafo 1, all'articolo 10, paragrafo 2, e all'articolo 16, paragrafo 3, la Commissione tiene conto sia del tempo necessario per la preparazione della comunicazione sia dell'urgenza del caso.2. I termini di cui all'articolo 6, paragrafo 1, all'articolo 7, paragrafo 1, e all'articolo 10, paragrafo 2 non possono essere inferiori a quattro settimane. Nei procedimenti avviati al fine di adottare misure provvisorie ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1/2003, i termini possono tuttavia essere ridotti ad una settimana.3. I termini di cui all'articolo 3, paragrafo 3, all'articolo 4, paragrafo 3, e all'articolo 16, paragrafo 3, non possono essere inferiori a due settimane.4. All'occorrenza i termini possono essere prorogati su richiesta motivata presentata prima della loro scadenza.Articolo 18Regolamenti abrogatiI regolamenti (CEE) n. 2842/98, (CEE) n. 2843/98 e (CEE) n. 3385/94 sono abrogati.I riferimenti ai regolamenti abrogati s'intendono fatti al presente regolamento.Articolo 19Disposizioni transitorieGli atti procedurali compiuti ai sensi dei regolamenti (CEE) n. 2842/98 e (CEE) n. 2843/98 restano efficaci ai fini dell'applicazione del presente regolamento.Articolo 20Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il 1o maggio 2004.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, il 7 aprile 2004.Per la CommissioneMario MontiMembro della Commissione(1) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 411/2004 (GU L 68 del 6.3.2004, pag. 1).(2) GU L 354 del 30.12.1998, pag. 18.(3) GU L 354 del 30.12.1998, pag. 22.(4) GU L 377 del 31.12.1994, pag. 28.ALLEGATOMODELLO CDenuncia ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003,I. Informazioni concernenti il denunciante e l'impresa o associazione di imprese che danno adito alla denuncia1. Identificare in modo esauriente la persona giuridica o fisica che presenta la denuncia. Se il denunciante è un'impresa, indicare il gruppo al quale fa capo e descrivere sommariamente la natura e l'ambito delle sue attività. Indicare il nominativo di una persona di contatto (con numero telefonico, indirizzo postale e e-mail) a cui rivolgersi per informazioni complementari.2. Identificare l'impresa o l'associazione di imprese di cui viene denunciato il comportamento, fornendo quando ciò sia possibile, tutte le informazioni disponibili anche sul gruppo a cui essa/esse fanno capo e la natura e l'ambito delle attività svolte dalle stesse. Indicare la posizione del denunciante rispetto all'impresa o associazione di imprese denunciate (per esempio: cliente, concorrente).II. Descrizione della presunta infrazione e prove3. Esporre in modo dettagliato i fatti che configurano, secondo il denunciante, un'infrazione all'articolo 81 o 82 del trattato CE e/o all'articolo 53 o 54 dell'accordo SEE. Indicare in particolare la natura dei prodotti (beni o servizi) interessati dalla presunta infrazione e spiegare, se necessario, le relazioni commerciali riguardanti tali prodotti. Fornire tutte le informazioni disponibili sugli accordi o sulle pratiche delle imprese o delle associazioni di imprese a cui si riferisce la denuncia. Indicare, per quanto possibile, le posizioni di mercato relative delle imprese interessate dalla denuncia.4. Presentare tutta la documentazione di cui si dispone relativa a o direttamente connessa con i fatti esposti nella denuncia (per esempio, testi di accordi, verbali di trattative o riunioni, condizioni di operazioni, documenti d'affari, circolari, corrispondenza, appunti di conversazioni telefoniche ...). Indicare nominativo e indirizzo delle persone in grado di confermare i fatti esposti nella denuncia e, in particolare, di persone che hanno subito un pregiudizio a causa della presunta infrazione. Presentare statistiche o altri dati relativi ai fatti esposti, in particolare quando indicano sviluppi avvenuti sul mercato (per esempio informazioni relative ai prezzi e all'andamento dei prezzi, ad ostacoli posti all'ingresso sul mercato di nuovi fornitori, ecc.).5. Indicare qual è, secondo il denunciante, l'ambito geografico della presunta infrazione e spiegare, se non risulta ovvio, in che misura il commercio tra Stati membri o tra la Comunità e uno o più Stati EFTA, parti contraenti dell'accordo SEE, può essere pregiudicato dal comportamento denunciato.III. Decisione che si chiede alla Commissione di prendere e legittimo interesse6. Spiegare qual è, secondo il denunciante, la decisione che la Commissione dovrebbe prendere o in che modo essa dovrebbe intervenire a seguito della denuncia.7. Esporre i motivi per i quali il denunciante ritiene di avere un legittimo interesse ai sensi dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003. Spiegare in particolare come il comportamento denunciato danneggi il denunciante e come, a suo giudizio, un intervento della Commissione potrebbe far cessare il presunto pregiudizio.IV. Procedimenti in corso presso autorità nazionali garanti della concorrenza o giurisdizioni nazionali8. Fornire informazioni esaurienti su eventuali esposti presentati, sul medesimo oggetto o oggetti strettamente connessi, ad un'altra autorità garante della concorrenza e indicare se è stata intentata una causa dinanzi ad una giurisdizione nazionale. In caso affermativo, specificare quale sia l'organo amministrativo o giudiziario al quale ci si è rivolti e indicare gli elementi sottoposti al suo giudizio.Dichiarare che le informazioni contenute nel presente modello e nei suoi allegati sono complete e veritiere.Data e firma
Bandi di gara all’interno dell’UE — svolgimento di gare pubbliche gestite dalla Commissione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento definisce le attività di competenza della Commissione europea per far fronte alle sfide poste dai cartelli* e alle pratiche anticoncorrenziali. Stabilisce le procedure da porre in essere durante le investigazioni relative ad accuse di comportamento anti-concorrenziale. Ai sensi degli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (che modificano gli articoli 81 e 82 del trattato che istituisce la Comunità europea) i cartelli e gli abusi di posizione dominante sono considerati illegali. PUNTI CHIAVE La Commissione ha la facoltà di:avviare un’indagine in qualsiasi momento e rendere pubblica la sua decisione di farlo; ascoltare individui e interrogare i dipendenti della società durante lo svolgimento di ispezioni; determinare i termini e le condizioni in base ai quali ricompensa le società oggetto di indagine per la loro cooperazione; decidere se dare seguito o respingere eventuali reclami ricevuti in relazione a comportamenti illegali. Nell’ avviare un’indagine, la Commissione:emette comunicazioni relative alle accuse contestate alle società interessate, dando alle stesse l’opportunità di rispondere per iscritto; può fissare un limite di tempo entro il quale le società possono decidere se porre in essere eventuali trattative risolutive*; conferisce alle società il diritto di esporre le proprie motivazioni nel corso di un’audizione orale privata presieduta da un Consigliere indipendente; concede alle società l’accesso alle prove e ai documenti utilizzati a loro carico, a meno che detti reperti non contengano segreti commerciali, informazioni riservate o documenti interni della Commissione o nazionali. Il programma di clemenza della Commissione offre:immunità dalle sanzioni pecuniarie per una società che presenta per la prima volta prove dell’esistenza di un cartello; ammende ridotte per le società che successivamente forniscono ulteriori prove sostanziali della presunta attività illecita. Chiunque può presentare un reclamo alla Commissione in merito a comportamenti illeciti. A tal fine, si richiede di:dimostrare di avere un interesse legittimo alla questione in corso; fornire dettagli completi in merito alla propria identità e attività; precisare i dettagli del presunto comportamento, presentando prove adeguate. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 1o maggio 2004. CONTESTO GENERALE Per proteggere sia i consumatori che le imprese, le norme dell’UE bandiscono i cartelli che fissano i prezzi o spartiscono i mercati tra i concorrenti (articolo 101 del TFUE). Ciò mira anche a impedire alle imprese di abusare della loro posizione dominante in un mercato definendo prezzi non equi o limitando la produzione (articolo 102 del TFUE). Per ulteriori informazioni, consultare:Procedure relative ad accordi anti-concorrenziali (Articolo 101 del TFEU) (Commissione europea). PAROLE CHIAVE Cartello: un gruppo di due o più imprese che cercano di limitare la concorrenza mediante la fissazione dei prezzi, la limitazione dell’offerta o altre pratiche restrittive miranti al controllo dei prezzi di vendita. Trattativa risolutiva: procedura in cui una società riconosce di far parte di un cartello, e, pertanto, la sua responsabilità in merito. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento della Commissione (CE) n. 773/2004, del 7 aprile 2004, relativa allo svolgimento dei lavori da parte della Commissione ai sensi degli articoli 81 e 82 del trattato CE (GU L 123 del 27.4.2004, pag. 18). Le successive modifiche al Regolamento (CE) n. 773/2004 sono state incorporate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentario. DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza - Politiche dell’Unione e azioni interne — Titolo VII — Norme comuni in materia di concorsi, tassazione e ravvicinamento delle legislazioni — Ravvicinamento delle legislazioni — Capitolo 1 — Regole sulla concorrenza — Sezione 1 — Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (già articolo 81 del trattato istitutivo della Comunità europea (TEC)) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 88). Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche dell’Unione e azioni interne — Titolo VII — Norme comuni in materia di concorsi, tassazione e ravvicinamento delle legislazioni — Ravvicinamento delle legislazioni — Capitolo 1 — Regole sulla concorrenza — Sezione 1 — Regole applicabili alle imprese — Articolo 102 (già articolo 82 del trattato istitutivo della Comunità europea (TEC)) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 89). Regolamento del Consiglio (CE) n. 1419/2006, del 25 settembre 2006, che abroga il Regolamento (CEE) n. 4056/86 che stabilisce le modalità di applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato sui trasporti marittimi e modifica il Regolamento (CE) n. 1/2003 per quanto riguarda l’estensione del suo campo di applicazione al trasporto di cabotaggio e i servizi tramp (a richiesta o charter) internazionali (GU L 269 del 28.9.2006, pag. 1). Regolamento del Consiglio (CE) n. 1/2003, del 16 dicembre 2002, sull’attuazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1). Fare riferimento alla versione consolidata.
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Convenzione sulla base dell'articolo K.3, paragrafo 2, lettera c) del trattato sull'Unione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea Gazzetta ufficiale n. C 195 del 25/06/1997 pag. 0002 - 0011 CONVENZIONE sulla base dell'articolo K.3, paragrafo 2, lettera c) del trattato sull'Unione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europeaLE ALTE PARTI CONTRAENTI della presente convenzione, Stati membri dell'Unione europea,FACENDO RIFERIMENTO all'atto del Consiglio dell'Unione europea del 26 maggio 1997,CONSIDERANDO che gli Stati membri ritengono il miglioramento della cooperazione giudiziaria nella lotta contro la corruzione una questione di interesse comune che rientra nella cooperazione istituita dal titolo VI del trattato;CONSIDERANDO che il Consiglio, con l'atto del 27 settembre 1996, ha stabilito un protocollo che riguarda in particolare la lotta contro gli atti di corruzione nei quali sono coinvolti funzionari sia nazionali che comunitari e che ledono o possono ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee;CONSIDERANDO che, ai fini del miglioramento della cooperazione giudiziaria in materia penale fra gli Stati membri, occorre andare oltre il suddetto protocollo e stabilire una convenzione che riguardi tutti gli atti di corruzione nei quali sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o funzionari degli Stati membri in genere;INTENZIONATE ad assicurare un'applicazione coerente ed efficace della presente convenzione in tutto il territorio dell'Unione europea,HANNO CONVENUTO LE SEGUENTI DISPOSIZIONI:Articolo 1 DefinizioniAi fini della presente convenzione si intende per:a) «funzionario»: qualsiasi funzionario sia «comunitario» che «nazionale», ivi compreso qualsiasi funzionario nazionale di un altro Stato membro;b) «funzionario comunitario»:- qualsiasi persona che rivesta la qualifica di funzionario o di agente assunto per contratto ai sensi dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee;- qualsiasi persona comandata dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o organismo privato presso le Comunità europee, che vi eserciti funzioni corrispondenti a quelle esercitate dai funzionari o dagli altri agenti delle Comunità europee.Sono assimilati ai funzionari comunitari i membri e il personale degli organismi costituiti secondo i trattati che istituiscono le Comunità europee cui non si applica lo statuto delle Comunità europee o il regime applicabile agli altri agenti;c) «funzionario nazionale»: il «funzionario» o il «pubblico ufficiale» secondo quanto definito nel diritto nazionale dello Stato membro in cui la persona in questione ai fini dell'applicazione del diritto penale di tale Stato membro.Tuttavia, nel caso di procedimenti giudiziari che coinvolgono un funzionario di uno Stato membro avviati da un altro Stato membro, quest'ultimo ha l'obbligo di applicare la definizione di «funzionario nazionale» soltanto nella misura in cui tale definizione è compatibile con il suo diritto interno.Articolo 2 Corruzione passiva1. Ai fini della presente convenzione vi è corruzione passiva quando il funzionario deliberatamente, direttamente o tramite un intermediario, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell'esercizio di queste, in violazione dei suoi doveri di ufficio.2. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie ad assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali.Articolo 3 Corruzione attiva1. Ai fini della presente convenzione vi è corruzione attiva quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un intermediario, un vantaggio di qualsivoglia natura ad un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell'esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d'ufficio.2. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie ad assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali.Articolo 4 Assimilazione1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché ai sensi del diritto penale nazionale le descrizioni agli illeciti di cui agli articoli 2 e 3, commessi da ministri del governo, dai membri eletti del Parlamento, dai membri degli organi giudiziari supremi o dai membri della Corte dei conti nell'esercizio delle rispettive funzioni, o nei loro confronti, siano applicate allo stesso modo ai casi in cui gli illeciti sono commessi da membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee rispettivamente nell'esercizio delle loro funzioni, o nei loro confronti.2. Qualora uno Stato membro abbia adottato norme speciali per atti o omissioni di cui i ministri del suo governo devono rispondere per la particolare posizione politica che occupano nello Stato, il paragrafo 1 può non applicarsi a tali norme, a condizione che lo Stato membro assicuri che i membri della Commissione delle Comunità europee sono essi pure soggetti alle norme penali di attuazione degli articoli 2 e 3.3. I paragrafi 1 e 2 fanno salve le disposizioni applicabili in ciascuno Stato membro per quanto attiene alla procedura penale e alla determinazione degli organi giudiziari competenti.4. La presente convenzione si applica nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, dello statuto della Corte di giustizia, nonché dei testi adottati in applicazione delle stesse per quanto attiene alla soppressione delle immunità.Articolo 5 Sanzioni1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 2 e 3, nonché la complicità e l'istigazione relativa a tali condotte siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive comprendenti, almeno nei casi gravi, pene privative della libertà che possono comportare l'estradizione.2. Il paragrafo 1 lascia impregiudicato l'esercizio, da parte delle autorità competenti, dei poteri disciplinari nei confronti dei funzionari nazionali o dei funzionari comunitari. Nella determinazione della sanzione penale da infliggere, gli organi giudiziari nazionali possono prendere in considerazione, secondo i principi del loro diritto interno, qualsiasi sanzione disciplinare già inflitta alla stessa persona per lo stesso comportamento.Articolo 6 Responsabilità penale dei dirigenti delle impreseCiascuno Stato membro prende le misure necessarie per consentire che i dirigenti delle imprese ovvero qualsiasi persona che esercitino poteri decisionali o di controllo in seno ad un'impresa possano rispondere penalmente, secondo i principi stabiliti dal diritto nazionale, per gli atti di corruzione di cui all'articolo 3, commessi da persona soggetta alla loro autorità e per conto dell'impresa.Articolo 7 Competenza1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per stabilire la propria competenza sugli illeciti che ha stabilito in ottemperanza agli obblighi derivanti dagli articoli 2, 3 e 4 nei casi in cui:a) l'illecito è commesso, in tutto o in parte, nel suo territorio,b) l'autore dell'illecito è un suo cittadino o un suo funzionario,c) l'illecito è commesso nei confronti di una delle persone di cui all'articolo 1, o di uno dei membri delle istituzioni delle Comunità europee di cui all'articolo 4, paragrafo 1, che è al contempo suo cittadino,d) l'autore dell'illecito è un funzionario comunitario al sevizio di un'istituzione delle Comunità europee o di un organismo costituito secondo i trattati che istituiscono le Comunità europee, e che ha sede nello Stato membro interessato.2. Ciascuno Stato membro può dichiarare, all'atto della notifica di cui all'articolo 13, paragrafo 2, che non applica o che applica solo in particolari casi o condizioni una o più norme di competenza di cui al paragrafo 1, lettere b), c) e d).Articolo 8 Estradizione ed azione penale1. Ciascuno Stato membro che, secondo la propria legislazione, non estrada i propri cittadini, prende le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale per gli illeciti che ha stabilito in virtù degli obblighi derivanti dagli articoli 2, 3 e 4, qualora siano stati commessi da suoi cittadini fuori del proprio territorio.2. Ciascuno Stato membro sottopone, qualora uno dei propri cittadini sia presunto colpevole di aver commesso in un altro Stato membro un illecito stabilito in virtù degli obblighi derivanti dagli articoli 2, 3 o 4 e non estradi tale persona verso tale altro Stato membro unicamente a cagione della nazionalità, la questione alle proprie autorità competenti ai fini dell'azione penale, se ne ricorrono i presupposti. Per consentire lo svolgimento dell'azione penale i fascicoli, i documenti informativi e gli atti e oggetti prodotti riguardanti l'illecito sono inoltrati secondo le modalità previste all'articolo 6 della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957. Lo Stato membro richiedente è informato dell'azione penale avviata e del suo esito.3. Ai fini del presente articolo, l'espressione «cittadino» di uno Stato membro è interpretata in conformità di qualsiasi dichiarazione fatta da quest'ultimo ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera b) della convenzione europea di estradizione e del paragrafo 1, lettera c) del medesimo articolo.Articolo 9 Cooperazione1. Se una procedura relativa a un illecito stabilito in virtù degli obblighi scaturenti dagli articoli 2, 3 e 4 riguarda almeno due Stati membri, questi cooperano fattivamente all'inchiesta, ai procedimenti giudiziari e all'esecuzione della pena comminata, per esempio per mezzo dell'assistenza giudiziaria, dell'estradizione, del trasferimento dei procedimenti o dell'esecuzione delle sentenze pronunciate in un altro Stato membro.2. Qualora più Stati membri abbiano la competenza giurisdizionale per un illecito e ciascuno di essi abbia la possibilità di definire un procedimento relativo ad un illecito sulla base degli stessi fatti, gli Stati membri interessati collaborano per decidere quale di essi debba perseguire l'autore o gli autori con l'obiettivo di concentrare, se possibile, le azioni in un unico Stato membro.Articolo 10 Ne bis in idem1. Gli Stati membri applicano, nel loro diritto penale nazionale, il principio «ne bis in idem», in virtù del quale la persona che sia stata giudicata con provvedimento definitivo in uno Stato membro non può essere perseguita in un altro Stato membro per gli stessi fatti, purché la pena eventualmente comminata sia stata eseguita, sia in fase di esecuzione o non possa essere più eseguita ai sensi della legislazione dello Stato che ha pronunciato la condanna.2. All'atto della notificazione di cui all'articolo 13, paragrafo 2, ciascuno Stato membro può dichiarare di non essere vincolato dal paragrafo 1 del presente articolo in uno o più dei casi seguenti:a) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono avvenuti sul proprio territorio, in tutto o in parte. In quest'ultimo caso questa eccezione non si applica se i fatti sono avvenuti in parte sul territorio dello Stato membro nel quale la sentenza è stata pronunciata;b) quando i fatti oggetto della sentenza straniera costituiscono un illecito contro la sicurezza o contro altri interessi egualmente essenziali di quello Stato membro;c) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono stati commessi da un funzionario di quello Stato membro in violazione dei doveri del suo ufficio.3. Se in uno Stato membro è avviato un nuovo procedimento penale contro una persona che è stata giudicata con sentenza definitiva per i medesimi fatti in un altro Stato membro, ogni periodo di privazione della libertà scontato sul territorio di ques'ultimo Stato membro per quei fatti dovrà essere detratto dalla pena che sarà eventualmente inflitta. Si terrà altresì conto, nella misura consentita dalla legge nazionale, delle pene diverse da quelle privative della libertà che sono state inflitte.4. Le eccezioni che possono costituire oggetto di una dichiarazione ai sensi del paragrafo 2 non si applicano quando lo Stato membro di cui si tratta ha, per gli stessi fatti, richiesto l'azione penale all'altro Stato membro o concesso l'estradizione della persona in questione.5. Rimangono salvi gli accordi bilaterali o multilaterali conclusi tra gli Stati membri in materia e le pertinenti dichiarazioni.Articolo 11 Disposizioni interneNessuna disposizione della presente convenzione osta a che gli Stati membri adottino disposizioni di diritto interno ulteriori rispetto agli obblighi da questa derivanti.Articolo 12 Corte di giustizia1. Qualsiasi controversia tra gli Stati membri in merito all'interpretazione o all'applicazione della presente convenzione che essi non abbiano potuto risolvere bilateralmente deve essere esaminata, in una prima fase, in sede di Consiglio secondo la procedura di cui al titolo VI del trattato sull'Unione europea, al fine di giungere ad una soluzione. Se non si è potuto trovare una soluzione entro sei mesi, la controversia può essere sottoposta alla Corte di giustizia delle Comunità europee da una delle parti della controversia.2. Qualsiasi controversia tra uno o più Stati membri e la Commissione delle Comunità europee riguardante l'articolo 1 ad eccezione della lettera c), o gli articoli 2, 3 e 4, nella misura in cui riguarda una questione di diritto comunitario o gli interessi finanziari della Comunità, o coinvolge membri o funzionari delle istituzioni comunitari o degli organismi costituiti secondo i trattati che istituiscono le Comunità europee, che non si è potuto risolvere mediante negoziati, può essere sottoposta alla Corte di giustizia da una delle parti della controversia.3. Qualsiasi autorità giudiziaria di uno Stato membro ha facoltà di chiedere alla Corte di pronunciarsi, in via pregiudiziale, su una questione riguardante l'interpretazione degli articoli de 1 a 4 e da 12 a 16 sollevata in un giudizio dinanzi ad essa che coinvolge membri o funzionari delle Comunità europee o degli organismi costituiti secondo i trattati che istituiscono le Comunità europee, che agiscano nell'esercizio delle loro funzioni, quando ritenga che una decisione su questo punto sia necessaria per pronunciare la sentenza.4. La competenza della Corte di giustizia di cui al paragrafo 3 è soggetta all'accettazione da parte dello Stato membro interessato, in una dichiarazione a tal fine fatta al momento della notificazione di cui all'articolo 13, paragrafo 2 o in qualsiasi momento successivo.5. Uno Stato membro che fa la dichiarazione di cui al paragrafo 4 può limitare la facoltà di chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale ai propri giudiziari contro le cui decisioni non si può proporre impugnazione a norma del diritto nazionale.6. Si applicano lo statuto della Corte di giustizia delle Comunità europee e il suo regolamento interno. Secondo tale statuto, qualsiasi Stato membro, o la Commissione, sia che abbia fatto sia che non abbia fatto la dichiarazione di cui al paragrafo 4, ha il diritto di presentare memorie o osservazioni iscritte alla Corte di giustizia nelle cause che le vengono sottoposte a norma del paragrafo 3.Articolo 13 Entrata in vigore1. La presente convenzione è sottoposta all'adozione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali.2. Gli Stati membri notificano al Segratario generale del Consiglio dell'Unione europea il compimento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali per l'adozione della presente convenzione.3. La presente convenzione entra in vigore novanta giorni dopo la notifica di cui al paragrafo 2 da parte dello Stato membro dell'Unione europea che procede per ultimo da detta formalità.4. Fino al momento dell'entrata in vigore della presente convenzione, ogni Stato membro può, all'atto della notifica di cui al paragrafo 2 o in qualsiasi momento successivo, dichiarare che la convenzione, ad eccezione dell'articolo 12, si applica nei propri confronti nei rapporti con gli Stati membri che avranno fatto la medesima dichiarazione. La presente convenzione diventa applicabile nei confronti dello Stato membro che ha fatto tale dichiarazione il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di novanta giorni dalla data del deposito di tale dichiarazione.5. Uno Stato membro che non abbia formulato alcuna dichiarazione di cui al paragrafo 4 può applicare la convenzione con altri Stati membri contraenti sulla base di accordi bilaterali.Articolo 14 Adesione di nuovi Stati membri1. La presente convenzione è aperta all'adesione di ogni Stato che diventi membro dell'Unione europea.2. Fa fede il testo della convenzione nella lingua dello Stato aderente, stabilito dal Consiglio dell'Unione europea.3. Gli strumenti d'adesione sono depositati presso il depositario.4. La presente convenzione entra in vigore nei confronti di ogni Stato che vi aderisca novanta giorni dopo la data di deposito del suo strumento d'adesione ovvero alla data dell'entrata in vigore della presente convenzione, se questa non è ancora entrata in vigore al momento dello scadere di detto periodo di novanta giorni.5. Qualora la presente convenzione non sia ancora entrata in vigore al momento del deposito dello strumento d'adesione, si applica agli Stati aderenti l'articolo 13, paragrafo 4.Articolo 15 Riserve1. Non è ammessa alcuna riserva, ad eccezione di quelle previste dagli articoli 7, paragrafo 2 e 10, paragrafo 2.2. Lo Stato membro che abbia formulato una riserva può ritirarla in qualsiasi momento in tutto o in parte, notificandolo al depositario. Il ritiro prende effetto alla data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo 16 Depositario1. Il Segretario generale del Consiglio dell'Unione europea è depositario della presente convenzione.2. Il depositario pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee lo stato delle adozioni e delle adesioni, le dichiarazioni e le riserve nonché qualsiasi altra notificazione relativa alla presente convenzione.En fe de lo cual, los plenipotenciarios abajo firmantes suscriben el presente Convenio.Hecho en Bruselas, el veintiséis de mayo de mil novecientos noventa y siete, en un ejemplar único en lenguas alemana, danesa, española, finesa, francesa, griega, inglesa, irlandesa, italiana, neerlandesa, portuguesa y sueca, siendo cada uno de estos textos igualmente auténtico, que será depositado en los archivos de la Secretaría General del Consejo de la Unión Europea.Til bekræftelse heraf har undertegnede befuldmægtigede underskrevet denne konvention.Udfærdiget i Bruxelles, den seksogtyvende maj nitten hundrede og syvoghalvfems, i ét eksemplar på dansk, engelsk, finsk, fransk, græsk, irsk, italiensk, nederlandsk, portugisisk, spansk, svensk og tysk, hvilke tekster alle har samme gyldighed, og deponeret i arkiverne i Generalsekretariatet for Rådet for Den Europæiske Union.Zu Urkund dessen haben die Bevollmächtigten ihre Unterschriften unter dieses Übereinkommen gesetzt.Geschehen zu Brüssel am sechsundzwanzigsten Mai neunzehnhundertsiebenundneunzig in einer Urschrift in dänischer, deutscher, englischer, finnischer, französischer, griechischer, irischer, italienischer, niederländischer, portugiesischer, schwedischer und spanischer Sprache, wobei jeder Wortlaut gleichermaßen verbindlich ist; die Urschrift wird im Archiv des Generalsekretariats des Rates der Europäischen Union hinterlegt.Óå ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãñÜöïíôåò ðëçñåîïýóéïé Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò êÜôù áðü ôçí ðáñïýóá óýìâáóç.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò åßêïóé Ýîé ÌáÀïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá åðôÜ, óå Ýíá ìüíï áíôßôõðï, óôçí áããëéêÞ, ãáëëéêÞ, ãåñìáíéêÞ, äáíéêÞ, åëëçíéêÞ, éñëáíäéêÞ, éóðáíéêÞ, ïëëáíäéêÞ, ðïñôïãáëéêÞ, óïõçäéêÞ êáé öéíëáíäéêÞ ãëþóóá, üëá äå ôá êåßìåíá åßíáé åîßóïõ áõèåíôéêÜ 7 êáôáôíèåôáé óôá áñ÷åßá ôçò ÃåíéêÞò Ãñáììáôåßáò ôïõ Óõìâïõëßïõ ôçò ÅõñùðáúêÞò ¸íùóçò.In witness whereof, the undersigned Plenipotentiaries have hereunto set their hand.Done at Brussels, on the twenty-sixth day of May in the year one thousand nine hundred and ninety-seven in a single original, in the Danish, Dutch, English, Finnish, French, German, Greek, Irish, Italian, Portuguese, Spanish and Swedish languages, each text being equally authentic, such original remaining deposited in the archives of the General Secretariat of the Council of the European Union.En foi de quoi, les plénipotentiaires ont apposé leurs signatures au bas de la présente convention.Fait à Bruxelles, le vingt-six mai mil neuf cent quatre-vingt-dix-sept, en un exemplaire unique, en langues allemande, anglaise, danoise, espagnole, finnoise, française, grecque, irlandaise, italienne, néerlandaise, portugaise et suédoise, tous ces textes faisant également foi, exemplaire qui est déposé dans les archives du Secrétariat général du Conseil de l'Union européenne.Dá fhianú sin, chuir na Lánchumhachtaigh thíos-sínithe a lámh leis an gCoibhinsiún seo.Arna dhéanamh sa Bhruiséil, ar an séú lá is fiche de Bhealtaine sa bhliain míle naoi gcéad nócha a seacht i scríbhinn bhunaidh amháin, sa Bhéarla, sa Danmhairgis, san Fhionlainnis, sa Fhraincis, sa Ghaeilge, sa Ghearmáinis, sa Ghréigis, san Iodáilis, san Ollainnis, sa Phortaingéilis, sa Spáinnis agus sa tSualainnis agus comhúdarás ag na téacsanna i ngach ceann de na teangacha sin; déanfar an scríbhinn bhunaidh sin a thaisceadh i gcartlann Ardrúnaíocht Chomhairle on Aontais Eorpaigh.In fede di che, i plenipotenziari hanno apposto le loro firme in calce alla presente convenzione.Fatto a Bruxelles, addì ventisei maggio millenovecentonovantasette, in un esemplare unico nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, irlandese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascuna di esse facente ugualmente fede, che è depositato negli archivi del Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea.Ten blijke waarvan de ondergetekende gevolmachtigden hun handtekening onder deze overeenkomst hebben gesteld.Gedaan te Brussel, de zesentwintigste mei negentienhonderd zevenennegentig, opgesteld in één exemplaar in de Deense, de Duitse, de Engelse, de Finse, de Franse, de Griekse, de Ierse, de Italiaanse, de Nederlandse, de Portugese, de Spaanse en de Zweedse taal, zijnde alle teksten gelijkelijk authentiek, dat wordt nedergelegd in het archief van het Secretariaat-generaal van de Raad van de Europese Unie.Em fé do que, os plenipotenciários abaixo assinados apuseram as suas assinaturas no final da presente convenção.Feito em Bruxelas, em vinte e seis de Maio de mil novecentos e noventa e sete, em exemplar único, nas línguas alemã, dinamarquesa, espanhola, finlandesa, francesa, grega, inglesa, irlandesa, italiana, neerlandesa, portuguesa e sueca, fazendo igualmente fé todos os textos, depositado nos arquivos do secretariado-geral do Conselho da União Europeia.Tämän vakuudeksi alla mainitut täysivaltaiset edustajat ovat allekirjoittaneet tämän yleissopimuksen.Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäkuudentena päivänä toukokuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäseitsemän yhtenä ainoana kappaleena englannin, espanjan, hollannin, iirin, italian, kreikan, portugalin, ranskan, ruotsin, saksan, suomen ja tanskan kielellä, ja jokainen näistä teksteistä on yhtä todistusvoimainen; tämä kappale talletetaan Euroopan unionin neuvoston pääsihteeristön arkistoon.Till bevis på detta har undertecknade befullmäktigade undertecknat denna konvention.Utfärdad i Bryssel den tjugosjätte maj nittonhundranittiosju i ett enda original på danska, engelska, finländska, franska, grekiska, irländska, italienska, nederländska, portugisiska, spanska, svenska och tyska, vilka samtliga texter är lika giltiga. Originalen skall deponeras i arkiven hos generalsekretariatet för Europeiska unionens råd.Pour le gouvernement du royaume de BelgiqueVoor de regering van het Koninkrijk BelgiëFür die Regierung des Königreichs Belgien>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>For regeringen for Kongeriget Danmark>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Für die Regierung der Bundesrepublik Deutschland>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Ãéá ôçí ÊõâÝñíçóç ôçò ÅëëçíéêÞò Äçìïêñáôíáò>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Por el Gobierno del Reino de España>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Pour le gouvernement de la République française>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Thar ceann Rialtas na hÉireannFor the Government of Ireland>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Per il governo della Repubblica italiana>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Pour le gouvernement du grand-duché de Luxembourg>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Voor de regering van het Koninkrijk der Nederlanden>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Für die Regierung der Republik Österreich>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Pelo Governo da República Portuguesa>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Suomen hallituksen puolestaPå finska regeringens vägnar>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>På svenska regeringens vägnar>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>For the Government of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>
Convenzione sulla lotta alla corruzione dei funzionari pubblici QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELL’ATTO? La convenzione:punta ad assicurare che ciascuno Stato membro adotti le misure necessarie a criminalizzare la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari pubblici*;è stata progettata per combattere la corruzione in cui sono coinvolti funzionari europei* o funzionari nazionali* dei paesi dell’UE e per rafforzare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in tale lotta. L’atto segna l’accordo del Consiglio a stabilire la convenzione. PUNTI CHIAVE In base alla convenzione, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie a criminalizzare la corruzione attiva* e la corruzione passiva* dei funzionari pubblici. La complicità e l’istigazione relative a tali forme di corruzione sono disciplinate dalla convenzione. Le sanzioni penali devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Inoltre, gli Stati membri devono consentire che i dirigenti delle imprese ovvero qualsiasi persona che eserciti poteri decisionali o di controllo in seno a un’impresa, possano rispondere penalmente per gli atti di corruzione attiva commessi da persona soggetta alla loro autorità che agisce per conto dell’impresa. Ciascun paese dell’UE deve stabilire la propria giurisdizione sui reati, conformemente agli obblighi derivanti dalla presente convenzione, quando:il reato viene commesso sul proprio territorio, in tutto o in parte;l’autore del reato è un cittadino di quello Stato o uno dei suoi funzionari;l reato è commesso contro funzionari dell’UE o nazionali o contro un membro delle istituzioni dell’UE, che è anche uno dei suoi cittadini;l’autore del reato è un funzionario dell’UE che lavora per un’istituzione, un’agenzia o un organo dell’UE che ha la propria sede principale nel paese dell’UE in questione. Se una procedura relativa a un illecito stabilito in virtù degli obblighi scaturenti dalla convenzione riguarda almeno due Stati membri, questi cooperano all’inchiesta, ai procedimenti giudiziari e all’esecuzione della pena comminata. I paesi dell’UE applicano il principio in base al quale nessuna azione legale può essere condotta due volte per lo stesso reato (noto anche come principio ne bis in idem), tuttavia sono possibili eccezioni a tale principio. Gli Stati membri possono adottare disposizioni di diritto interno ulteriori rispetto agli obblighi derivanti dalla convenzione. Qualsiasi controversia tra gli Stati membri in merito all’interpretazione o all’applicazione della convenzione che essi non abbiano potuto risolvere bilateralmente deve essere esaminata in sede di Consiglio secondo la procedura di cui al titolo VI del trattato sull’Unione europea. Se il Consiglio non trova una soluzione entro sei mesi, una delle parti può sottoporre la controversia alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Tale Corte ha inoltre giurisdizione nelle controversie tra uno Stato membro e la Commissione europea. DATA DI ENTRATA IN VIGORE La convenzione è entrata in vigore il 28 settembre 2005 e tutti gli Stati membri vi hanno aderito. CONTESTO La criminalizzazione della corruzione attiva e passiva è stata disciplinata da numerosi strumenti internazionali ed europei negli ultimi due decenni. A livello internazionaleLa criminalizzazione della corruzione attiva e passiva è regolata dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC), che è un trattato internazionale di portata universale. È entrata in vigore il 14 dicembre 2005. Entro dicembre 2014, tutti i paesi dell’UE avevano ratificato l’UNCAC e l’UE stessa ne è divenuta parte contraente nel 2008 (decisione 2008/801/CE). La convenzione dell’Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali (in vigore dal 1999) stabilisce norme giuridicamente vincolanti per criminalizzare la corruzione di funzionari pubblici stranieri nelle transazioni commerciali internazionali e prevede una serie di misure correlate che le rendono effettive. Si concentra sul «lato dell’offerta» della corruzione internazionale. A livello europeoLa convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione in vigore dal 2002) è anche uno strumento ambizioso volto alla criminalizzazione coordinata delle pratiche corrotte. Prevede inoltre misure complementari di diritto penale e una migliore cooperazione internazionale nel perseguimento dei reati di corruzione. Nota: Sebbene la maggior parte dei singoli Stati membri sia parte in queste ultime convenzioni (la Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali e la Convenzione penale sulla corruzione), l’UE in sé non è parte. Per maggiori informazioni, consultare:Corruzione (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Funzionario pubblico: qualsiasi funzionario europeo o nazionale, incluso qualsiasi funzionario nazionale di un altro Stato membro. Funzionario europeo: qualsiasi persona che sia un funzionario o altro dipendente a contratto ai sensi dello Statuto dei funzionari dell’UE, nonché qualsiasi persona distaccata presso l’UE dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato che svolge funzioni equivalente a quelle svolte da funzionari dell’UE o altri agenti. Funzionario nazionale: funzionario o funzionario pubblico come definito dalla legislazione nazionale del paese dell’UE in cui la persona in questione svolge tale funzione ai fini dell’applicazione del diritto penale di tale paese dell’UE. Corruzione attiva: quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un intermediario, un vantaggio di qualsivoglia natura a un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d’ufficio. Corruzione passiva: quando il funzionario deliberatamente, direttamente o tramite un intermediario, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in violazione dei suoi doveri di ufficio. DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione sulla base dell’articolo K.3, paragrafo 2, lettera c) del trattato sull’Unione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (GU C 195 del 25.6.1997, pag. 2). Atto del Consiglio del 26 maggio 1997 che stabilisce, sulla base dell’articolo K.3, paragrafo 2, lettera c) del trattato sull’Unione europea la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (GU C 195 del 25.6.1997, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29). Decisione (UE) 2016/63 del Consiglio, del 15 gennaio 2016, concernente l’adesione della Croazia alla convenzione sulla base dell’articolo K.3, paragrafo 2, lettera c), del trattato sull’Unione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (GU L 14 del 21.1.2016, pag. 23). Decisione del Consiglio 2008/801/CE, del 25 settembre 2008, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (GU L 287 del 29.10.2008, pag. 1). Decisione del Consiglio 2007/751/CE, dell’8 novembre 2007, concernente l’adesione della Bulgaria e della Romania alla convenzione sulla base dell’articolo K.3, paragrafo 2, lettera c), del trattato sull’Unione europea relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (GU L 304 del 22.11.2007, pag. 34). Decisione 2003/642/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’applicazione a Gibilterra della convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (GU L 226 del 10.9.2003, pag. 27). Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54). Relazione esplicativa della convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (Testo approvato dal Consiglio il 3 dicembre 1998) (GU C 391 del 15.12.1998, pag. 1). Atto del Consiglio, del 27 settembre 1996, che stabilisce un protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 313 del 23.10.1996, pag. 1). Atto del Consiglio, del 26 luglio 1995, che stabilisce la convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 316 del 27.11.1995, pag. 48).
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese Gazzetta ufficiale n. L 006 del 11/01/2000 pag. 0040 - 0045 ACCORDOdi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cineseLA COMUNITÀ EUROPEA in seguito denominata "la Comunità",da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE,dall'altra,in seguito denominati "le parti",VISTO l'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese stipulato nel 1985,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per lo sviluppo economico e sociale delle parti;CONSIDERATA la cooperazione scientifica e tecnologica in atto tra la Comunità e la Cina;CONSIDERATO che la Comunità europea e la Cina stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche, incluse attività di dimostrazione, in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di ampliare e rafforzare le attività di cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERATO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica si colloca nel contesto della cooperazione globale tra la Cina e la Comunità,CONVENGONO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca congiunta", ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione attuata con o senza il finanziamento di una delle parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che della Cina e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle parti, che attuino programmi di ricerca scientifica. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice e ai partecipanti al progetto;e) "partecipante" o "organismo di ricerca", qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o qualunque altro soggetto giuridico o impresa avente sede nella Comunità o in Cina, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) l'accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese dalle parti;c) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può avere per oggetto tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, in seguito denominate "RST", comprese nella prima azione del programma quadro e descritte all'articolo 130 G del trattato che istituisce la Comunità europea nonché tutte le attività di RST analoghe intraprese in Cina nei corrispondenti settori scientifici e tecnologici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione della Cina, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Modalità delle attività di cooperazionea) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:- partecipazione di organismi di ricerca cinesi a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti cinesi intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle norme e alle procedure applicabili in ciascuna delle parti;- collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST delle parti;- visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico;- organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività;- azioni concertate;- scambi o condivisione di attrezzature e materiali;- scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo;- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo e ritenuta conforme alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST sono attuati dopo che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Il coordinamento e la promozione delle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono di competenza del Ministero della scienza e della tecnologia, per conto della Cina, e dei servizi della Commissione delle Comunità europee in veste di organi esecutivi delle parti, per conto della Comunità.b) Gli organi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nel campo della RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un numero pari di rappresentanti per ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l'altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all'articolo 4 nonché le attività eventualmente intraprese a titolo di cooperazione nel campo della RST ai fini dello sviluppo;2) indica anno per anno, tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell'articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) propone ai sensi dell'articolo 5, lettera b), secondo trattino, ai ricercatori di entrambe le parti le collaborazioni nei progetti da loro attuati che possono essere reciprocamente vantaggiose e complementari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, lettera b), settimo trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione coerenti con i principi stabiliti dal presente accordo;6) esamina l'efficienza e l'applicazione dell'accordo;7) compila ogni anno una relazione destinata alle parti sullo stato della cooperazione intrapresa in virtù del presente accordo, sul livello raggiunto dalla stessa e sui suoi risultati. Tale relazione è inviata alla Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica del 1985 tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese.d) Il comitato direttivo si riunisce normalmente una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione della Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese del 1985, nelle date concordate tra le parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità e in Cina. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.e) I costi del comitato direttivo e le spese effettuate a suo nome sono a carico della parte a cui i membri si riferiscono. I costi diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno direttamente connessi con le riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, delle politiche e dei programmi applicabili nelle parti. I costi sostenuti dai partecipanti alle attività di cooperazione non possono comportare trasferimenti di fondi da una parte all'altra.b) Qualora determinati programmi di cooperazione di una parte prevedano il finanziamento di partecipanti dell'altra parte, qualsiasi sovvenzione, contributo finanziario o di altro tipo erogato da una parte ai partecipanti dell'altra parte a favore di tali attività deve essere esentato da imposte, tasse e dazi doganali conformemente alla legge applicabile nel territorio di ciascuna parte.Articolo 8Circolazione del personale e delle apparecchiatureCiascuna delle parti adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle leggi vigenti nel territorio di ciascuna parte, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal territorio del personale, del materiale, delle informazioni e delle apparecchiature impiegati in attività di cooperazione individuate dalle parti in conformità del presente accordo.Articolo 9Divulgazione e utilizzazione di informazioniPer quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nel contesto della partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Cina, che partecipano a progetti comunitari di RST, sono tenuti ad osservare le norme sulla diffusione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell'allegato al presente accordo.Per quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nell'ambito della partecipazione ad attività di cooperazione, gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità, che partecipano a progetti cinesi di RST, hanno gli stessi diritti ed obblighi spettanti agli organismi di ricerca cinesi, fermo restando l'obbligo di osservare le disposizioni dell'allegato al presente accordo.L'allegato sulla proprietà intellettuale forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Ambito d'applicazione territorialeIl presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio della Repubblica popolare cinese, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio atmosferico, o in territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato su accordo delle parti (proroga tacita) dopo una valutazione effettuata nel penultimo anno di ogni quinquennio.c) L'accordo può essere consensualmente modificato dalle parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione dell'accordo.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati la validità e la durata dei contratti stipulati nel suo contesto, nonché i diritti e gli obblighi attribuiti a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sarà composta consensualmente tra le parti.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, ciascun testo facente ugualmente fede.Per il Consiglio dell'Unione europea>PIC FILE= "L_2000006IT.004201.EPS">Per il Governo della Repubblica popolare cinese>PIC FILE= "L_2000006IT.004202.EPS">ALLEGATOPROPRIETÀ INTELLETTUALEI diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in virtù del presente accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. ApplicabilitàIl presente allegato si applica alla ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le parti.II. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Agli effetti del presente allegato, la definizione di "proprietà intellettuale" è quella data dall'articolo 2, lettera c), dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle parti e ai partecipanti. Ciascuna delle parti provvede affinché l'altra parte e i partecipanti dell'altra parte ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma del presente allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle norme e procedure previste dall'ordinamento di ciascuna parte.3. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi che devono essere riportati nei contratti conclusi in base al presente accordo:a) protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale. Ciascuna parte si impegna a notificare all'altra e/o ad assicurare che i propri partecipanti notifichino alle proprie controparti entro un termine ragionevole qualunque diritto di proprietà intellettuale sorto nel contesto del presente accordo e a provvedere tempestivamente alla protezione di tale diritto.b) Sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti.c) Trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti.d) Protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia che determina la titolarità e l'uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell'ambito della ricerca congiunta. Il piano di gestione della tecnologia deve essere approvato dal dipartimento o agenzia che eroga i fondi della parte finanziatrice della ricerca, prima della conclusione dei contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo, ai quali deve essere allegato. Il piano di gestione della tecnologia deve essere elaborato nell'osservanza della legislazione vigente in ciascuna delle parti, tenendo conto delle finalità della ricerca congiunta, del relativo finanziamento e degli altri contributi delle parti e dei partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o per campi di applicazione, del trasferimento di dati, beni o servizi soggetti a controlli di esportazione, dei requisiti prescritti dalle leggi applicabili e di ogni altro fattore che i partecipanti ritengano rilevante. Il piano di gestione della tecnologia definisce anche i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale per quanto riguarda le ricerche condotte da ricercatori ospiti (cioè ricercatori che non provengono dalle parti né sono partecipanti).Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti al fine di regolare l'attuazione della ricerca congiunta ed i rispettivi diritti ed obblighi.Normalmente, per quanto riguarda la proprietà intellettuale il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: la titolarità, la tutela e l'oggetto dei diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, di sfruttamento e di divulgazione, inclusa la pubblicazione in comune, i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le.procedure di composizione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può definire anche il regime delle informazioni preliminari o di base, delle licenze e degli elaborati.5. Se nel corso della ricerca congiunta sono ottenute informazioni o sorgono diritti di proprietà intellettuale non contemplati dal piano di gestione della tecnologia, la titolarità di tali informazioni o diritti è attribuita, con il consenso di entrambe le parti, in conformità dei principi stabiliti dal piano di gestione della tecnologia. In caso di disaccordo, la titolarità di tali informazioni o diritti spetta in comune a tutti i partecipanti alla ricerca congiunta che ha dato origine alle informazioni o ai diritti. Ciascun partecipante a cui si applica la presente disposizione ha diritto di sfruttare economicamente tali informazioni e diritti di proprietà intellettuale senza limiti geografici.6. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all'altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in virtù del presente accordo.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui opererà il presente accordo, ciascuna parte fa il possibile per assicurare che i diritti acquistati in base al presente accordo e ai contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo da promuovere i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo e ii) l'adozione e l'applicazione di norme tecniche internazionali.8. La cessazione o la denuncia dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti a norma del presente allegato.III. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica la disciplina della convenzione di Berna (atto di Parigi 1971). II diritto d'autore può avere per oggetto soltanto espressioni e non idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali. Le limitazioni o le deroghe ai diritti di esclusiva sono ammesse solo in casi speciali e non possono impedire il normale sfruttamento dell'opera né pregiudicare la posizione del titolare del diritto.Salvo diverse disposizioni del piano di gestione della tecnologia e quanto previsto alla sezione II, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Fermo restando tale principio generale, si applicano le seguenti disposizioni:1) In caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un organismo pubblico di una parte di riviste, articoli, relazioni o libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video o software, che siano frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.2) Le parti assicurano che le opere di letteratura scientifica frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti abbiano la più ampia diffusione possibile.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Deve inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.IV. Invenzioni, scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologiciLe invenzioni, le scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologici creati nell'ambito di attività di cooperazione svolte direttamente dalle parti sono di proprietà delle parti stesse, salvo diverso accordo tra le parti.V. Informazioni esclusiveA. Informazioni esclusive documentali1. Ciascuna delle parti e, se del caso, le agenzie e i partecipanti di questa devono indicare quanto prima possibile, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni esclusive che esse intendono mantenere segrete con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono,b) valore economico effettivo o potenziale delle informazioni in virtù della loro segretezza,c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che esse devono essere state oggetto delle precauzioni richieste dalle circostanze e poste in essere dal loro legittimo detentore per mantenerne la segretezza.Le parti e i loro partecipanti possono convenire in taluni casi che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo devono essere tenute segrete.2. Ciascuna parte identifica o assicura che i propri partecipanti identifichino chiaramente le informazioni esclusive, per esempio mediante apposito timbro o menzione. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceve informazioni esclusive ai sensi dell'accordo si impegna ad osservare l'obbligo del segreto. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni esclusive comunicate a norma dell'accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a propri funzionari e dipendenti e ad altri dipartimenti ed agenzie che le fanno capo, specificamente autorizzati ai fini della ricerca congiunta in corso, sempreché la rivelazione delle informazioni esclusive avvenga in base ad un contratto in cui è fatto obbligo di mantenerle segrete ed esse siano riconoscibili come tali, nella maniera sopra indicata.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni esclusive, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del punto 3. Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesto ed ottenuto il consenso scritto per una più ampia divulgazione delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale consenso nei limiti consentiti dalla propria legislazione e dalle proprie politiche.B. Informazioni esclusive non documentaliAlle informazioni esclusive non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti congiunti, le parti ed i loro partecipanti applicano le disposizioni previste dal presente accordo per le informazioni documentali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione e la Cina QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione tra la Comunità europea, oggi Unione Europea (Unione), e Cina, mirando al supporto, allo sviluppo e all’agevolazione della ricerca cooperative e attività di sviluppo nei settori della scienza e della tecnologia di interesse comune. Con decisione, il Consiglio dell’Unione Europea approvò la conclusione dell’accordo a nome della Comunità europea. PUNTI CHIAVE Le attività svolte secondo l’accordo sono basate su un numero di principi:vantaggio reciproco; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione L’accordo copre tutte le aree di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione. Attività Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:la partecipazione degli enti di ricerca cinesi nella ricerca, nello sviluppo tecnologico e la dimostrazione di progetti sotto il programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione, e la reciproca partecipazione degli enti di ricerca in l’Unione; gli sforzi di ricerca, di sviluppo tecnologico e progetti dimostrativi; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; l’organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, convegni e laboratori, e partecipazione degli esperti in queste attività; azioni concertate; lo scambio e la condivisione di materiali e attrezzature; lo scambio di informazioni sulle pratiche, leggi, norme e programmi relative alla cooperazione secondo questo accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è stato firmato il 22 dicembre 1998 ed è entrato in vigore il 14 dicembre 1999 per un periodo iniziale di 5 anni. È stato rinnovato dopo la valutazione nel corso del quarto anno di ogni periodo successivo di cinque anni. È stato rinnovato tacitamento recentemente nel 2019 per un periodo addizionale di 5 anni. CONTESTO La cooperazione tra Cina e l’Unione sono rafforzate nel 2012 con la firma di una dichiarazione comune istituendo un dialogo di cooperazione e innovazione di alto livello tra EU-Cina. Relazioni tra l’Unione e la Cina sono più ampiamente governate dal 2013 UE-Cina 2020 agenda strategica per cooperazione. Per ulteriori informazioni, si veda:Cina e l’Unione Europea (Servizio di azione esterna dell’Unione europea)Per ulteriori informazioni sulla cooperazione di ricerca e innovazione con la Cina, vedi:Cina (Commissione Europea) DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione del consiglio 2000/16/CE, del 2 dicembre 1999, concludendo l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 39). Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 40). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2).
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza (Testo rilevante ai fini del SEE) (2014/135/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) Obiettivo della presente raccomandazione è garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale. Un altro obiettivo è dare una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono. (2) Le norme nazionali in materia di insolvenza variano notevolmente quanto alla gamma di procedure di cui possono avvalersi i debitori in difficoltà finanziaria per ristrutturare la loro impresa. Alcuni Stati membri prevedono poche procedure e la ristrutturazione è possibile solo in una fase relativamente tardiva, nell’ambito della procedura formale d’insolvenza. Altri Stati membri invece permettono la ristrutturazione in una fase precoce ma le procedure a disposizione sono meno efficaci di quanto potrebbero oppure impongono adempimenti in misura variabile, specie per quanto riguarda l’uso di procedure stragiudiziali. (3) Analogamente, le norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori, in particolare ammettendoli al beneficio della liberazione dai debiti contratti nel corso delle attività, variano quanto alla durata dei tempi di riabilitazione e alle condizioni del beneficio. (4) La disparità tra i quadri nazionali in materia di ristrutturazione e la diversità delle norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori onesti sono causa di costi aggiuntivi e fonte di incertezza nella valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; frammentano le condizioni di accesso al credito e danno luogo a tassi di recupero del credito diversi; impediscono ai gruppi transfrontalieri di imprese di elaborare e adottare piani di ristrutturazione coerenti. Più in generale, possono costituire un disincentivo per le imprese che intendono stabilirsi in Stati membri diversi. (5) Il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio (1) disciplina esclusivamente questioni relative alla competenza, al riconoscimento, all’esecuzione, alla legge applicabile e alla cooperazione nelle procedure d’insolvenza transfrontaliere. La proposta di modifica del regolamento, presentata dalla Commissione (2), estende il campo di applicazione del regolamento alle procedure di prevenzione che promuovono il salvataggio del debitore economicamente valido e danno una seconda opportunità agli imprenditori. Tuttavia, la modifica proposta non affronta le disparità esistenti tra le procedure nazionali di prevenzione. (6) Il 15 novembre 2011 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (3) sulle procedure d’insolvenza, contenente raccomandazioni per l’armonizzazione di aspetti specifici delle legislazioni nazionali in materia di insolvenza, comprese le condizioni per l’elaborazione, l’impatto e i contenuti dei piani di risanamento. (7) Con la comunicazione «L’Atto per il mercato unico II (4)» del 3 ottobre 2012, la Commissione propone l’azione chiave volta a «modernizzare le norme UE in materia di insolvenza per facilitare la sopravvivenza delle imprese e offrire una seconda possibilità agli imprenditori», annunciando a tal fine che esaminerà le modalità per accrescere l’efficienza del diritto fallimentare nazionale, in modo da creare condizioni di parità per le imprese, gli imprenditori e i privati cittadini nell’ambito del mercato interno. (8) Nella comunicazione «Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza (5)» del 12 dicembre 2012, la Commissione evidenzia i settori in cui le divergenze tra diritti fallimentari nazionali rischiano di ostacolare la creazione di un quadro giuridico efficiente nel mercato interno, e osserva che, ponendo tutti i diritti fallimentari nazionali sullo stesso piano, crescerà la fiducia di società, imprenditori e privati negli ordinamenti degli altri Stati membri e migliorerà l’accesso al credito che a sua volta fungerà da incentivo agli investimenti. (9) Il 9 gennaio 2013 la Commissione ha adottato il piano d’azione imprenditorialità 2020 (6) in cui, tra l’altro, invita gli Stati membri a ridurre nei limiti del possibile il tempo di riabilitazione e di estinzione del debito nel caso di un imprenditore onesto che ha fatto bancarotta, portandolo a un massimo di tre anni entro il 2013, e a offrire servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, di consulenza per evitare i fallimenti e di sostegno alle PMI per ristrutturarsi e rilanciarsi. (10) Vari Stati membri stanno rivedendo il proprio diritto fallimentare per migliorare il quadro per il salvataggio delle imprese e la seconda opportunità per gli imprenditori. Pertanto è opportuno incentivare la coerenza di questa e di eventuali altre future iniziative nazionali così da rafforzare il funzionamento del mercato interno. (11) È necessario incoraggiare una maggiore coerenza tra i quadri nazionali in materia di insolvenza onde ridurre le divergenze e le inefficienze che ostacolano la ristrutturazione precoce di imprese sane in difficoltà finanziaria e promuovere la possibilità per gli imprenditori onesti di ottenere una seconda opportunità, riducendo con ciò i costi di ristrutturazione a carico di debitori e creditori. Grazie a una maggiore coerenza ed efficienza delle norme fallimentari nazionali, si massimizzeranno i rendimenti per tutti i tipi di creditori e investitori, e si incoraggeranno gli investimenti transfrontalieri. Una maggiore coerenza faciliterà anche la ristrutturazione di gruppi di imprese, indipendentemente dal luogo dell’Unione in cui sono situate le imprese del gruppo. (12) Inoltre, eliminando gli ostacoli all’efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria si contribuisce alla salvaguardia dei posti di lavoro, con effetti positivi sull’economia in generale. Essendo più facile per gli imprenditori ottenere una seconda opportunità, aumenterà anche l’incidenza del lavoro autonomo negli Stati membri. Inoltre, la presenza di quadri efficaci in materia di insolvenza permetterà di valutare meglio i rischi connessi alle decisioni di concessione e assunzione di prestiti e favorirà l’adeguamento delle imprese eccessivamente indebitate, minimizzando i costi economici e sociali insiti nel processo di riduzione dell’indebitamento. (13) A trarre vantaggio da un approccio più coerente a livello dell’Unione saranno anche le piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse necessarie per sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle procedure di ristrutturazione più efficienti di alcuni Stati membri. (14) Anche le autorità fiscali hanno interesse a che esista un quadro efficace in materia di ristrutturazione delle imprese sane. Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate per la raccolta e il recupero del gettito fiscale nel rispetto dei principi generali di equità fiscale, e adottare misure efficaci nei casi di frode, evasione o altro illecito. (15) È opportuno escludere dal campo di applicazione della presente raccomandazione le imprese assicuratrici, gli enti creditizi, le imprese di investimento, gli organismi d’investimento collettivo, le controparti centrali, i depositari centrali di titoli e altri istituti finanziari soggetti a quadri speciali di risanamento e risoluzione delle crisi in cui le autorità di vigilanza nazionali godono di ampi poteri di intervento. Sebbene la presente raccomandazione non includa nel suo campo di applicazione il sovraindebitamento dei consumatori e il loro fallimento, gli Stati membri sono invitati a valutare la possibilità di applicarne i principi anche ai consumatori, giacché alcuni possono essere rilevanti anche per i consumatori. (16) Un quadro di ristrutturazione dovrebbe permettere ai debitori di far fronte alle difficoltà finanziarie in una fase precoce, evitando così l’insolvenza e proseguendo le attività. Tuttavia, onde evitare potenziali rischi di abuso della procedura, è necessario che le difficoltà finanziarie del debitore comportino con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di ristrutturazione sia tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività dell’impresa. (17) Per promuovere l’efficienza e ridurre ritardi e costi, i quadri nazionali di ristrutturazione preventiva dovrebbero contemplare procedure flessibili che limitino l’intervento del giudice ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e terzi eventuali. Ad esempio, per evitare costi inutili e rispecchiare l’intervento precoce della procedura, al debitore dovrebbe, in linea di principio, essere lasciato il controllo delle sue attività, e la nomina di un Mediatore o un supervisore non dovrebbe essere obbligatoria, bensì decisa caso per caso. (18) Il debitore dovrebbe poter chiedere al giudice di sospendere le azioni esecutive individuali e la procedura di insolvenza di cui i creditori abbiano chiesto l’avvio, nei casi in cui tali azioni possano ripercuotersi negativamente sui negoziati e ostacolare le prospettive di ristrutturazione della sua impresa. Tuttavia, per bilanciare i diritti del debitore con quelli dei creditori, e tenuto conto dell’esperienza maturata con le recenti riforme degli Stati membri, la sospensione dovrebbe essere disposta inizialmente per un periodo non superiore a quattro mesi. (19) L’omologazione giudiziaria del piano di ristrutturazione è necessaria per garantire che la limitazione dei diritti dei creditori sia proporzionata ai benefici della ristrutturazione e che i creditori abbiano accesso a un ricorso effettivo, in piena conformità con la libertà d’impresa e il diritto di proprietà sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto il giudice dovrebbe respingere il piano di ristrutturazione se è probabile che il tentativo di ristrutturazione limiti i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione dell’impresa del debitore. (20) Gli effetti del fallimento, in particolare la stigmatizzazione sociale, le conseguenze giuridiche e l’incapacità di far fronte ai propri debiti sono un forte deterrente per gli imprenditori che intendono avviare un’attività o ottenere una seconda opportunità, anche se è dimostrato che gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo la seconda volta. È opportuno pertanto adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: I. OBIETTIVO E OGGETTO 1) La presente raccomandazione ha il duplice obiettivo di incoraggiare gli Stati membri a istituire un quadro giuridico che consenta la ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà finanziaria e di dare una seconda opportunità agli imprenditori onesti, promuovendo l’imprenditoria, gli investimenti e l’occupazione e contribuendo a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno. 2) Riducendo tali ostacoli, la raccomandazione mira in particolare a: a) diminuire i costi della valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; b) aumentare i tassi di recupero del credito; c) eliminare le difficoltà di ristrutturazione dei gruppi transfrontalieri di imprese. 3) La presente raccomandazione contempla norme minime in materia di: a) quadri di ristrutturazione preventiva, e b) liberazione dai debiti degli imprenditori falliti. 4) Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate ed efficaci a garanzia del recupero delle imposte, in particolare nei casi di frode, evasione o altro illecito. II. DEFINIZIONI 5) Ai fini della presente raccomandazione, si intende per: a) «debitore», la persona fisica o giuridica che versa in difficoltà finanziaria e per la quale sussiste una probabilità di insolvenza; b) «ristrutturazione», la modifica della composizione, delle condizioni o della struttura delle attività e delle passività del debitore, o una combinazione di questi elementi, diretta a consentire la prosecuzione, in tutto o in parte, dell’attività del debitore; c) «sospensione delle azioni esecutive individuali», ordine con cui il giudice sospende il diritto di un creditore di far valere un credito nei confronti del debitore; d) «giudice», l’organo, anche non giurisdizionale, competente in materia di procedure di prevenzione cui gli Stati membri hanno conferito poteri giurisdizionali e le cui decisioni possono formare oggetto di ricorso o riesame dinanzi a un’autorità giudiziaria. III. QUADRO DI RISTRUTTURAZIONE PREVENTIVA A. Disponibilità di un quadro di ristrutturazione preventiva 6) Il debitore dovrebbe avere accesso a un quadro che gli consenta di ristrutturare la propria impresa al fine di evitare l’insolvenza. Tale quadro dovrebbe constare dei seguenti elementi: a) il debitore dovrebbe poter procedere alla ristrutturazione in una fase precoce, non appena sia evidente che sussiste probabilità di insolvenza; b) il debitore dovrebbe mantenere il controllo della gestione corrente dell’impresa; c) il debitore dovrebbe poter chiedere la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali; d) il piano di ristrutturazione adottato dai creditori che rappresentano la maggioranza prescritta dal diritto nazionale dovrebbe essere vincolante per tutti i creditori, a condizione che sia stato omologato dal giudice; e) i nuovi finanziamenti necessari per attuare il piano di ristrutturazione non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori. 7) La procedura di ristrutturazione non dovrebbe essere lunga né costosa e dovrebbe essere flessibile in modo che se ne possano eseguire più fasi senza l’intervento del giudice. Il ricorso al giudice dovrebbe limitarsi ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare i diritti dei creditori e terzi eventuali. B. Agevolare i negoziati sui piani di ristrutturazione Nomina di un Mediatore o supervisore 8) Il debitore dovrebbe poter avviare il processo di ristrutturazione dell’impresa senza dover iniziare ufficialmente un’azione in giudizio. 9) Il giudice non dovrebbe nominare obbligatoriamente un Mediatore o un supervisore, bensì dovrebbe decidere di volta in volta se tale nomina è necessaria: a) nel caso del Mediatore, per assistere il debitore e i creditori nel condurre a buon fine i negoziati sul piano di ristrutturazione; b) nel caso del supervisore, per sorvegliare l’attività del debitore e dei creditori e prendere le misure necessarie per tutelare i legittimi interessi di uno o più creditori o terzi eventuali. Sospensione delle azioni esecutive individuali e della procedura di insolvenza 10) Il debitore dovrebbe avere il diritto di chiedere al giudice di disporre la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali (di seguito «sospensione») proposte dai creditori, anche titolari di un privilegio o di una garanzia, che potrebbero altrimenti ostacolare il piano di ristrutturazione. La sospensione non dovrebbe interferire con l’esecuzione dei contratti in corso. 11) Negli Stati membri che subordinano la concessione della sospensione a determinate condizioni, il debitore dovrebbe poter ottenere la sospensione in ogni caso quando: a) i creditori che rappresentano una parte significativa dei crediti potenzialmente interessati dal piano di ristrutturazione sono favorevoli ai negoziati per l’adozione di un piano di ristrutturazione, e b) il piano di ristrutturazione ha ragionevoli prospettive di essere attuato e di impedire l’insolvenza del debitore. 12) Se previsti dal diritto nazionale, dovrebbero essere sospesi per la durata della sospensione anche l’obbligo del debitore di presentare istanza di fallimento e le domande dei creditori di aprire la procedura di insolvenza contro il debitore, presentate dopo la concessione della sospensione. 13) La durata della sospensione dovrebbe garantire un giusto equilibrio tra interessi del debitore e dei creditori, in particolare i creditori titolari di una garanzia. La durata della sospensione dovrebbe quindi essere stabilita in funzione della complessità delle misure di ristrutturazione previste e non dovrebbe essere superiore a quattro mesi. Gli Stati membri possono autorizzare il rinnovo del termine, purché siano dimostrati i progressi dei negoziati sul piano di ristrutturazione. La durata totale della sospensione non può essere superiore a 12 mesi. 14) Quando non è più necessaria per facilitare l’adozione del piano di ristrutturazione, la sospensione dovrebbe essere revocata. C. Piano di ristrutturazione Contenuto del piano di ristrutturazione 15) Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa omologare il piano di ristrutturazione senza indugi e, in linea di principio, con procedura scritta. Essi dovrebbero stabilire disposizioni chiare e specifiche sul contenuto del piano di ristrutturazione. Il piano di ristrutturazione dovrebbe a sua volta contenere una descrizione dettagliata dei seguenti elementi: a) l’identificazione chiara e completa dei creditori che saranno interessati dal piano; b) gli effetti della ristrutturazione proposta su singoli crediti o categorie di crediti; c) la posizione dei creditori interessati in merito al piano di ristrutturazione; d) se del caso, le condizioni per i nuovi finanziamenti, e e) la capacità del piano di impedire l’insolvenza del debitore e garantire la redditività dell’impresa. Adozione del piano di ristrutturazione 16) Al fine di aumentare le prospettive di ristrutturazione e quindi il numero di imprese sane oggetto di salvataggio, i creditori interessati dovrebbero poter adottare il piano di ristrutturazione che siano titolari o meno di una garanzia. 17) Creditori con interessi diversi dovrebbero essere trattati in classi distinte in funzione di tali interessi. Sarebbe quanto meno opportuno distinguere tra classi di creditori titolari di una garanzia e di creditori privi di garanzia. 18) Ad adottare il piano di ristrutturazione dovrebbero essere i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti di ciascuna classe, prescritta dal diritto nazionale. Qualora le classi di creditori siano più di due, gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di mantenere o introdurre disposizioni che consentano al giudice di omologare il piano di ristrutturazione sostenuto dalla maggioranza di tali classi, tenuto conto in particolare della consistenza dei crediti di ciascuna. 19) I creditori dovrebbero godere di condizioni di parità indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Pertanto, qualora il diritto nazionale imponga una procedura di voto formale, i creditori dovrebbero, in linea di principio, essere autorizzati a votare con mezzi di comunicazione a distanza, ad esempio con lettera raccomandata o tecnologie elettroniche sicure. 20) Per rendere più efficace l’adozione del piano di ristrutturazione, gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che possano adottarlo soltanto determinati creditori o determinati tipi o classi di creditori, a condizione che gli altri creditori non siano coinvolti. Omologazione del piano di ristrutturazione 21) Onde evitare che il piano di ristrutturazione abbia ripercussioni indebite sui diritti dei creditori, e nell’interesse della certezza del diritto, il piano di ristrutturazione che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti o preveda nuovi finanziamenti dovrebbe essere vincolante solo se omologato dal giudice. 22) Le condizioni di omologazione del piano di ristrutturazione dovrebbero essere chiaramente definite dal diritto degli Stati membri e comportare quanto meno le seguenti garanzie: a) il piano di ristrutturazione è stato adottato in condizioni che garantiscano la tutela dei legittimi interessi dei creditori; b) il piano di ristrutturazione è stato notificato a tutti i creditori potenzialmente coinvolti; c) il piano di ristrutturazione non limita i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione, se l’impresa del debitore fosse liquidata o venduta in regime di continuità aziendale, a seconda del caso; d) qualsiasi nuovo finanziamento previsto dal piano di ristrutturazione è necessario per attuare il piano e non arreca indebito pregiudizio agli interessi dei creditori dissenzienti. 23) Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa respingere il piano di ristrutturazione che manifestamente non ha nessuna prospettiva di impedire l’insolvenza del debitore né di garantire la redditività dell’impresa, ad esempio perché non prevede i nuovi finanziamenti necessari per proseguire le attività. Diritti dei creditori 24) Tutti i creditori potenzialmente interessati dal piano di ristrutturazione dovrebbero essere informati dei suoi contenuti e godere del diritto di opporsi e proporre ricorso contro il piano di ristrutturazione. Tuttavia, nell’interesse dei creditori favorevoli al piano, sarebbe opportuno che, in linea di principio, il ricorso non ne sospenda l’attuazione. Effetti del piano di ristrutturazione 25) Il piano di ristrutturazione adottato all’unanimità dei creditori interessati dovrebbe essere vincolante per la totalità di tali creditori. 26) Il piano di ristrutturazione omologato dal giudice dovrebbe essere vincolante per il singolo creditore interessato e identificato dal piano. D. Tutela dei nuovi finanziamenti 27) I nuovi finanziamenti, compresi i nuovi prestiti, la vendita di determinate attività a opera del debitore e la conversione in capitale dei debiti, concordati nel piano di ristrutturazione e approvati dal giudice non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori. 28) I contributori dei nuovi finanziamenti concordati nel piano di ristrutturazione omologato dovrebbero essere esonerati dalla responsabilità civile e penale relativa al processo di ristrutturazione. 29) Alle norme sulla tutela dei nuovi finanziamenti dovrebbe potersi derogare in caso di successivo accertamento di frode in relazione ai nuovi finanziamenti. IV. SECONDA OPPORTUNITÀ AGLI IMPRENDITORI Termini di riabilitazione 30) Sarebbe opportuno limitare gli effetti negativi del fallimento sull’imprenditore per dare a questi una seconda opportunità. L’imprenditore dovrebbe essere ammesso al beneficio della liberazione integrale dai debiti oggetto del fallimento dopo massimo tre anni a decorrere: a) nel caso di una procedura conclusasi con la liquidazione delle attività del debitore, dalla data in cui il giudice ha deciso sulla domanda di apertura della procedura di fallimento; b) nel caso di una procedura che comprenda un piano di ammortamento, dalla data in cui è iniziata l’attuazione di tale piano. 31) Alla scadenza del termine di riabilitazione, l’imprenditore dovrebbe essere liberato dai debiti senza che ciò comporti, in linea di principio, l’obbligo di rivolgersi nuovamente al giudice. 32) L’ammissione al beneficio della liberazione integrale dai debiti dopo poco tempo non è opportuna in tutti i casi. Gli Stati membri dovrebbero pertanto poter mantenere o introdurre disposizioni più rigorose se necessario per: a) dissuadere gli imprenditori che hanno agito in modo disonesto o in mala fede, prima o dopo l’apertura della procedura fallimentare; b) dissuadere gli imprenditori che non aderiscono al piano di ammortamento o ad altro obbligo giuridico a tutela degli interessi dei creditori, oppure c) tutelare i mezzi di sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia, consentendo all’imprenditore di conservare alcune attività. 33) Gli Stati membri possono escludere dalla liberazione alcune categorie specifiche di debiti, quali quelli derivanti da responsabilità extracontrattuale. V. CONTROLLO E COMUNICAZIONI 34) Gli Stati membri sono invitati ad attuare i principi di cui alla presente raccomandazione entro il 14 marzo 2015. 35) Gli Stati membri sono invitati a raccogliere statistiche annuali affidabili sul numero di procedure di ristrutturazione preventiva aperte, sulla loro durata, sulle dimensioni dei debitori interessati e sull’esito delle procedure aperte, e a comunicare tali informazioni alla Commissione su base annuale, per la prima volta entro il 14 marzo 2015. 36) La Commissione valuterà l’attuazione della presente raccomandazione negli Stati membri entro il 14 settembre 2015. La Commissione ne valuterà l’impatto sul salvataggio delle imprese in difficoltà finanziaria e sulla seconda opportunità conferita agli imprenditori onesti; ne valuterà l’interazione con altre procedure d’insolvenza in altri settori, come i termini di riabilitazione delle persone fisiche che non esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e l’impatto sul funzionamento del mercato interno e sulle piccole e medie imprese e sulla competitività dell’economia dell’Unione. La Commissione valuterà inoltre se sia opportuno proporre ulteriori misure per consolidare e rafforzare l’approccio cui si informa la presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 12 marzo 2014 Per la Commissione Viviane REDING Vicepresidente (1) Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1). (2) COM(2012) 744 final. (3) Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2011 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle procedure d’insolvenza nel contesto del diritto societario dell’UE [P7_TA (2011) 0484]. (4) COM(2012) 573 final. (5) COM(2012) 742 final. (6) COM(2012) 795 final.
Nuovo approccio dell’UE nella gestione del fallimento delle imprese e dell’insolvenza Ogni anno circa 200 000 imprese nei paesi dell’Unione europea (UE) falliscono e 1,7 milioni di persone perdono il proprio posto di lavoro. La nuova raccomandazione segna uno spostamento verso la ristrutturazione preventiva delle imprese sane per consentire loro di rimanere in attività e tutelare i posti di lavoro, consentendo al contempo ai creditori di recuperare il più possibile dal loro investimento. Essa intende anche garantire agli imprenditori falliti una seconda possibilità. ATTO Raccomandazione 2014/135/UE della Commissione su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza. SINTESI L’atteggiamento europeo nei confronti dell’insolvenza delle imprese è in continua evoluzione, con la riforma del diritto vigente nell’Unione europea relativo alle insolvenze transfrontaliere già in corso. Questa nuova raccomandazione della Commissione europea, tuttavia, mira a fornire un quadro comune per le norme nazionali in materia di insolvenza. Il quadro consentirebbe ai debitori di: ristrutturare la propria impresa non appena l’insolvenza diventi evidente; mantenere il controllo della gestione corrente della loro impresa; richiedere una sospensione temporanea delle azioni esecutive presentate dai creditori, se tali azioni dovessero ostacolare le prospettive di un piano di ristrutturazione. La durata della sospensione dovrebbe dipendere dalla complessità della ristrutturazione prevista ed essere concessa per non più di quattro mesi inizialmente e per non più di 12 mesi in totale; richiedere l’omologazione giudiziaria di un piano di ristrutturazione che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti. I creditori sarebbero vincolati da qualsiasi piano che abbia ottenuto un’omologazione giudiziaria. La raccomandazione elenca il contenuto dei piani di ristrutturazione e i requisiti per l’omologazione giudiziaria; ottenere più facilmente nuovi finanziamenti per un piano di ristrutturazione se il giudice ha dichiarato che i nuovi finanziamenti sono esenti da azioni di nullità. La procedura di ristrutturazione mira ad essere rapida, non costosa e dovrebbe permettere di procedere nelle sue fasi senza l’intervento di un giudice. Potrebbe essere nominato un mediatore o un supervisore per assistere ai negoziati tra il debitore e i creditori. Seconda opportunità In seguito a prove convincenti che gli imprenditori onesti che ottengono una seconda possibilità dopo il fallimento hanno più successo nella loro nuova impresa, la Commissione si è convinta a fornire agli imprenditori un nuovo inizio dopo il fallimento. Gli imprenditori dovrebbero essere ammessi al beneficio della liberazione integrale dai propri debitidopo massimo 3 anni a decorrere dalla data di decisione del giudice di apertura della procedura fallimentare o dalla data di inizio di un piano di ammortamento. Tuttavia, la raccomandazione riconosce che la liberazione integrale non è opportuna in tutti i casi e i paesi dell’UE possono introdurre leggi più severe per scoraggiare gli imprenditori disonesti o coloro che non rispettano i loro obblighi giuridici nei confronti dei creditori. Possono inoltre essere contemplate leggi nazionali per la tutela dei mezzi di sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia che consentono all’imprenditore di conservare alcune attività. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Raccomandazione 2014/135/UE 3.4.2014 - GU L 74 del 14.3.2014 ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo: Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza [COM(2012) 742 final del 12.12.2012, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio relativo alle procedure d’insolvenza [COM(2012) 744 final del 12.12.2012, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 9 marzo 2011 relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (2011/213/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 186, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), punto v), vista la proposta della Commissione europea, vista l’approvazione del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) La Commissione ha negoziato, a nome della Comunità europea, un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica con il governo del Giappone. (2) Tale accordo è stato firmato dai rappresentanti delle parti il 30 novembre 2009 a Bruxelles fatta salva la sua conclusione in una data successiva. (3) In conseguenza dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito ed è succeduta alla Comunità europea. (4) È opportuno concludere l’accordo a nome dell’Unione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica è approvato a nome dell’Unione. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione. Articolo 2 La Commissione adotta la posizione che l’Unione deve tenere in seno al comitato misto istituito dall’articolo 6, paragrafo 1, dell’accordo in merito alle modifiche dell’accordo a norma dell’articolo 13, paragrafo 5, del medesimo. Articolo 3 Il presidente del Consiglio provvede, a nome dell’Unione, a effettuare la notifica di cui all’articolo 13, paragrafo 1, dell’accordo nonché la notifica seguente al governo del Giappone: «In conseguenza dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito ed è succeduta alla Comunità europea e da tale data esercita tutti i diritti e assume tutti gli obblighi della Comunità europea. Pertanto, i riferimenti alla “Comunità europea” nel testo dell’accordo si intendono fatti, ove opportuno, all’“Unione europea”.» Articolo 4 La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione. Fatto a Bruxelles, addì 9 marzo 2011. Per il Consiglio Il presidente CSÉFALVAY Z. ACCORDO tra la Comunità europea e il governo del Giappone di cooperazione nel settore scientifico e tecnologico LA COMUNITÀ EUROPEA (la «Comunità») e IL GOVERNO DEL GIAPPONE; DESIDERANDO promuovere ulteriormente le relazioni strette ed amichevoli esistenti tra il Giappone e la Comunità ed essendo consapevoli del rapido sviluppo della conoscenza scientifica e del suo contributo positivo nella promozione della cooperazione bilaterale ed internazionale; DESIDERANDO ampliare l’ambito della cooperazione scientifica e tecnologica in alcuni settori di interesse comune mediante la creazione di un partenariato fruttuoso avente fini pacifici e per il loro reciproco beneficio; RILEVANDO che tale cooperazione e l’applicazione dei relativi risultati contribuiranno allo sviluppo economico e sociale del Giappone e della Comunità; DESIDERANDO stabilire un quadro ufficiale per l’attuazione delle attività di cooperazione globali che rafforzeranno la cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano, nell’ambito del presente accordo, attività di cooperazione nei settori scientifici e tecnologici per fini pacifici. 2. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo si svolgono sulla base dei seguenti principi: a) contributi e vantaggi reciproci ed equi; b) accesso reciproco ai programmi e ai progetti di ricerca e sviluppo e alle agevolazioni per i ricercatori in visita; c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo; d) promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale del Giappone e della Comunità. Articolo 2 1. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo consistono di attività di cooperazione dirette e indirette. 2. Ai fini del presente accordo: a) per «le parti», si intendono il governo del Giappone e la Comunità; b) per «attività di cooperazione dirette», si intendono le attività di cooperazione tra le parti o le loro agenzie; c) per «attività di cooperazione indirette», si intendono attività di cooperazione tra persone del Giappone e della Comunità svolte nell’ambito di programmi e progetti di ricerca e sviluppo; d) per «programmi e progetti di ricerca e sviluppo», si intendono il programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico gestito dalla Comunità o programmi di ricerca e sviluppo dotati di un sistema di finanziamento concorrenziale gestiti dal governo del Giappone, dalle sue agenzie o da istituzioni ufficiali; e) per «persone», si intendono: i) nel caso del Giappone, qualsiasi cittadino giapponese o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale del Giappone; e ii) per quanto riguarda la Comunità, qualsiasi cittadino degli Stati membri della Comunità o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità dei diritti nazionali degli Stati membri della Comunità o del diritto comunitario; f) per «agenzie», si intendono: i) nel caso del Giappone, le agenzie pubbliche del Giappone; e ii) per quanto riguarda la Comunità, la Commissione europea; g) per «istituzioni ufficiali», si intendono le istituzioni ufficiali i cui bilanci e piani operativi sono approvati dai ministeri competenti del governo del Giappone, e i cui programmi e progetti di ricerca e sviluppo dotati di un sistema di finanziamento concorrenziale sono inclusi, con il loro assenso, nei programmi e progetti di attività di cooperazione indirette; h) per «diritti di proprietà intellettuale» si intende la definizione data a «proprietà intellettuale» dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967. Articolo 3 1. Le attività di cooperazione dirette possono assumere le forme seguenti: a) riunioni di vario tipo, come le riunioni di esperti, al fine di esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere proficuamente effettuati in cooperazione; b) scambio di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo; c) visite e scambi di scienziati, personale tecnico e altri esperti su argomenti generali o specifici; d) attuazione di attività di cooperazione di altro tipo individuate, proposte e decise nell’ambito del comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica di cui all’articolo 6 del presente accordo. 2. Ai fini dello sviluppo di attività di cooperazione indirette, qualsiasi soggetto di una parte può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca e sviluppo condotti dall’altra parte, dalle sue agenzie e le istituzioni ufficiali, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’altra parte, fatti salvi gli allegati I e II del presente accordo. Articolo 4 I dettagli e le procedure di ciascuna attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo possono essere stabilite tra le parti, le loro agenzie o istituzioni ufficiali impegnate in questa attività di cooperazione. Articolo 5 Per quanto riguarda le attività di cooperazione dirette previste dal presente accordo, ogni parte o le sue agenzie possono autorizzare, se necessario, con l’assenso dell’altra parte o delle sue agenzie, la partecipazione di ricercatori e di organismi di tutta la comunità di ricerca, compreso il settore privato. Articolo 6 1. Per garantire l’efficace attuazione del presente accordo, le parti istituiscono un comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica («il comitato misto»). Il comitato misto è copresieduto da funzionari del ministero degli affari esteri del Giappone e della Commissione europea. 2. Il comitato misto espleta le seguenti funzioni: a) scambio di idee e di informazioni su questioni di politica scientifica e tecnologica; b) individuazione, proposta e decisione sulle attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo; c) esame e discussione dei risultati delle attività di cooperazione svolte nell’ambito del presente accordo; d) consulenza e incoraggiamento delle parti per quanto concerne l’attuazione del presente accordo; e) valutazione periodica dell’accesso reciproco ai programmi e ai progetti di ricerca e sviluppo e modalità per i ricercatori in visita ed esame delle misure concrete per migliorare l’accesso a garantire l’efficacia del principio di reciprocità di cui all’articolo 1 del presente accordo. 3. Le decisioni del comitato misto sono adottate per mutuo consenso. 4. Le date delle riunioni del comitato sono stabilite di comune accordo. Il comitato si riunisce preferibilmente almeno ogni due anni. 5. Il governo del Giappone e la Comunità ospitano alternativamente la riunione del comitato misto, se non altrimenti concordato. 6. Per la riunione del comitato misto, le spese di viaggio e soggiorno dei partecipanti sono a carico della parte a cui fanno riferimento. Eventuali altri costi connessi al comitato misto sono a carico della parte ospitante. 7. Il comitato misto stabilisce il proprio regolamento interno. 8. Al di fuori delle sue sessioni, il comitato misto può adottare decisioni mediante canali diplomatici. Articolo 7 L’attuazione del presente accordo è soggetta alla disponibilità di finanziamenti adeguati e alle disposizioni legislative e regolamentari di ciascuna delle parti. Articolo 8 1. Le informazioni scientifiche e tecnologiche di natura non proprietaria derivanti dalle attività di cooperazione dirette possono essere messe a disposizione del pubblico da una o dall’altra parte attraverso i canali abituali, conformemente alle normali procedure delle agenzie partecipanti. 2. Ai diritti di proprietà intellettuali e alle informazioni riservate generati, introdotti o ottenuti nel corso delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo si applicano le disposizioni contenute nell’allegato II del presente accordo. Articolo 9 Ciascuna delle parti si adopera, nei limiti della propria legislazione e normativa, per dare alle persone che conducono attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo, tutte le agevolazioni possibili al fine di facilitare gli spostamenti e i soggiorni dei ricercatori che partecipano a queste attività di cooperazione nonché ad agevolare l’entrata e l’uscita dal proprio territorio di materiali, dati e attrezzature destinati ad essere utilizzati nell’ambito di dette attività di cooperazione. Articolo 10 Le disposizioni del presente accordo fanno salvi i diritti e gli obblighi delle parti derivanti da accordi esistenti e futuri di cooperazione tra le parti o tra il governo del Giappone e il governo di uno Stato membro della Comunità. Articolo 11 Tutte le questioni o le controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti. Articolo 12 Gli allegati I e II del presente accordo costituiscono parte integrante dello stesso accordo. Articolo 13 1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si scambiano note diplomatiche con cui si informano reciprocamente che le rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore sono state espletate. 2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni e resta in vigore, salvo denuncia di una delle parti alla fine del periodo quinquennale o in qualsiasi momento successivo, mediante preavviso scritto di sei mesi dato all’altra parte. 3. La denuncia del presente accordo non incide sulle attività di cooperazione condotte ai sensi del presente accordo e non portate a compimento al momento della denuncia del medesimo, nonché i diritti e gli obblighi specifici che ne sono derivati, conformemente all’attuazione dell’allegato II del presente accordo. 4. Ciascuna parte può valutare l’impatto del presente accordo e le attività previste dallo stesso ogni cinque anni, e la parte che lo fa informa l’altra parte dei risultati della valutazione. Ogni parte si adopererà per agevolare la valutazione effettuata dall’altra parte. 5. Il presente accordo può essere modificato con il comune accordo delle parti mediante scambio di note diplomatiche. Le modifiche entrano in vigore secondo le modalità di cui al paragrafo 1, salvo diversa decisione delle parti. Il presente accordo e gli allegati I e II dello stesso sono redatti in duplice originale nelle lingue, bulgara ceca, danese estone, finnica, francese, greca inglese, italiana lettone lituana maltese olandese polacca portoghese, rumena slovacca, slovena spagnola, svedese, tedesca,ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede. In caso di divergenza d'interpretazione, le versioni inglese e giapponese prevalgono sulle altre versioni linguistiche. IN FEDE DI CHE i sottoscritti debitamente autorizzati a tal fine rispettivamente dalla Comunità europea e dal governo del Giappone hanno firmato il presente accordo. Fatto a Bruxelles addì trenta novembre 2009. Per la Comunità europea Per il Governo del Giappone ALLEGATO I MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI PERSONE A PROGRAMMI E PROGETTI DI RICERCA E SVILUPPO I. Se, nell’ambito del presente accordo, una parte, le sue agenzie o istituzioni ufficiali concludono un contratto con una persona dell’altra parte per programmi e progetti di ricerca e sviluppo, l’altra parte, su richiesta, si adopera al fine di fornire loro ogni assistenza possibile e ragionevole che può essere necessaria o utile all’altra parte, alle sue agenzie o istituzioni ufficiali per facilitare l’adeguata esecuzione dei suddetto contratto. II. Le persone del Giappone possono partecipare al programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico gestito dalla Comunità. Tale partecipazione avviene nel rispetto delle regole di partecipazione, diffusione e attuazione del programma quadro. III. Le persone della Comunità possono partecipare a programmi e progetti di ricerca e sviluppo dotati del sistema di finanziamento concorrenziale gestiti dal governo del Giappone, delle sue agenzie o istituzioni ufficiali, in settori scientifici o tecnologici analoghi a quelli del programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico. Tale partecipazione di persone della Comunità rispetta le disposizioni legislative e regolamentari del Giappone e le pertinenti regole di partecipazione, diffusione e attuazione dello specifico programma o progetto. ALLEGATO II DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE E INFORMAZIONI RISERVATE I. Diritti di proprietà intellettuale delle parti nell’ambito di attività di cooperazione dirette 1. Ai diritti di proprietà intellettuale risultanti da attività di cooperazione dirette, ad eccezione dei diritti di autore e dei diritti connessi di cui al punto 3 qui di seguito, si applicano le regole riportate qui di seguito: a) I diritti di proprietà intellettuale sono di proprietà della parte o delle sue agenzie che generano la proprietà intellettuale. Quando la proprietà è stata generata congiuntamente, le parti o le loro agenzie si consultano per determinare la proprietà o la ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale, tenendo conto della quota rispettiva del lavoro delle parti o delle loro agenzie. b) La parte o le sue agenzie che possiedono i diritti di proprietà intellettuale accordano all’altra parte o alle sue agenzie una licenza per utilizzare questi diritti per l’esecuzione di eventuali attività di cooperazione dirette, nella misura in cui è necessario per consentire all’altra parte o alle sue agenzie di svolgere i propri lavori per il progetto specifico nell’ambito del presente accordo. Nel caso di brevetti o modelli di utilità, questa licenza è concessa a titolo gratuito. La concessione di una licenza di utilizzo di diritti di proprietà intellettuale di cui al presente comma è disciplinata dalle disposizioni legislative e regolamentari applicabili di ogni parte e dalle condizioni che le parti o le loro agenzie devono convenire prima dell’inizio del progetto. 2. La parte o le sue agenzie che possiedono i diritti di proprietà intellettuale introdotti nel corso di attività di cooperazione dirette accordano all’altra parte o alle sue agenzie una licenza di uso di tali diritti per l’esecuzione di eventuali attività di cooperazione dirette, nella misura in cui ciò è necessario per consentire all’altra parte o alle sue agenzie di svolgere i propri lavori per il progetto specifico nell’ambito del presente accordo. La concessione di una licenza di utilizzo di diritti di proprietà intellettuale di cui al presente paragrafo è disciplinata dalle disposizioni legislative e regolamentari applicabili di ogni parte e dalle condizioni che le parti o le loro agenzie devono convenire prima dell’inizio del progetto. 3. Ai diritti di autore e ai diritti connessi delle parti o delle loro agenzie si applicano le seguenti regole: a) In caso di pubblicazione ad opera di una parte o delle sue agenzie di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni, libri, opere audiovisive e dispositivi di memorizzazione digitale, che siano frutto di attività di cooperazione dirette, tale parte si impegnerà al massimo per ottenere, per l’altra parte, una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi che prevedano una tutela del diritto di autore, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere. b) Tutti gli esemplari destinati al pubblico di un’opera tutelata da diritto d’autore di cui alle disposizioni della lettera a) recano i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Contengono inoltre una menzione chiara e visibile del sostegno cooperativo delle parti. II. Informazioni riservate nelle attività di cooperazione dirette Alle informazioni riservate delle parti o delle loro agenzie si applicano le seguenti regole: 1. All’atto di comunicare all’altra parte le informazioni necessarie per lo svolgimento di attività di cooperazione dirette, ciascuna parte stabilisce quali siano le informazioni riservate che non desidera divulgare. 2. La parte o le sue agenzie che ricevono dette informazioni, può comunicare sotto la propria responsabilità queste informazioni riservate a proprie agenzie o a persone assunte tramite tali agenzie, qualora ciò sia necessario per consentire a tali agenzie o alle persone in questione di svolgere il loro lavoro ai fini del progetto specifico nell’ambito di tale accordo. 3. Previo consenso scritto della parte o delle sue agenzie che forniscono le informazioni riservate, l’altra parte o le sue agenzie possono divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del precedente paragrafo 2. Le parti o le loro agenzie cooperano all’elaborazione di procedure per chiedere e ottenere il consenso scritto preventivo per questa diffusione più ampia e ciascuna delle parti concede tale approvazione nella misura consentita dalle sue leggi e dai suoi regolamenti. 4. Le informazioni fornite nel corso di seminari e riunioni, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato e l’uso di attrezzature nel quadro del presente accordo sono considerate riservate quando i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali o privilegiate sono stati informati del loro carattere confidenziale al momento della trasmissione, a norma del paragrafo 1 di cui sopra, e le informazioni sono state trattate a norma dei precedenti paragrafi 2 e 3. 5. Se una delle parti si rende conto che non sarà in grado, oppure potrà ragionevolmente non essere in grado, di rispettare le restrizioni e le condizioni di divulgazione di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, essa ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato. III. Diritti di proprietà intellettuale delle persone nelle attività di cooperazione indirette Ciascuna delle parti garantisce che i diritti di proprietà intellettuale delle persone dell’altra parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dalla prima parte, dalle sue agenzie o da istituzioni ufficiali, nonché i diritti e obblighi connessi derivanti da tale partecipazione, siano coerenti con le convenzioni internazionali pertinenti vincolanti per il governo del Giappone e la Comunità e i suoi Stati membri, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971 della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma del 14 luglio 1967 della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Giappone QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici a fini pacifici. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:contributi e vantaggi reciproci ed equi; accesso reciproco a programmi, progetti e strutture di ricerca e sviluppo per i ricercatori in visita; scambio tempestivo delle informazioni; promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale dell’UE e del Giappone.Cooperazione L’accordo contempla due forme di attività di cooperazione:attività di cooperazione dirette tra le parti, tra cui ad esempio:riunioni di espertiper discutere e scambiare informazioni sugli aspetti scientifici e tecnologici di argomenti generali o specifici eper individuare progetti e programmi di ricerca e sviluppo che possano essere utilmente intrapresi in cooperazionescambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppovisite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specificialtre forme di attività di cooperazione decise dal Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica; attività di cooperazione indirette: qualsiasi persona* di una parte può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca e sviluppo condotti dall’altra parte (o dalle sue agenzie e istituzioni ufficiali), in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’altra parte, fatti salvi gli allegati I e II dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 29 marzo 2011 per un periodo iniziale di cinque anni. Successivamente, esso resta in vigore salvo denuncia di una delle parti. CONTESTO L’accordo di partenariato economico UE-Giappone (entrato in vigore il 1 febbraio 2019) e l’accordo di partenariato strategico UE-Giappone (in gran parte provvisoriamente applicabile dal 1 febbraio 2019) rappresentano un rafforzamento significativo del partenariato tra l’UE e il Giappone. Per ulteriori informazioni consultare:Il Giappone e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Giappone, consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Giappone (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Giappone (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Persona:nel caso del Giappone, qualsiasi cittadino giapponese o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale del Giapponenel caso dell’UE, qualsiasi cittadino dei paesi dell’UE o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto comunitario o dei diritti nazionali dei paesi dell’UE DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone di cooperazione nel settore scientifico e tecnologico (GU L 90 del 6.4.2011, pag. 2). Decisione 2011/213/UE del Consiglio, del 9 marzo 2011, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 90 del 6.4.2011, pag. 1).
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Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa Gazzetta ufficiale n. L 205 del 17/08/1993 pag. 0024 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 51 pag. 0186 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 51 pag. 0186 DIRETTIVA 93/51/CEE DELLA COMMISSIONE del 24 giugno 1993 che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essaLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 77/93/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (1), modificata da ultimo dalla direttiva 93/19/CEE del Consiglio (2), in particolare l'articolo 6, paragrafo 7, primo e secondo trattino, considerando che l'applicazione del regime fitosanitario comunitario alla Comunità quale zona senza frontiere interne comporta il riconoscimento di « zone protette » istituite per determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci nei confronti di uno o più organismi nocivi; considerando che a norma della direttiva 77/93/CEE, a decorrere dal 1o giugno 1993, i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II non possono essere introdotti in una determinata zona protetta e non possono esservi spostati se su di essi, sul loro imballaggio o sui veicoli che li trasportano non è apposto un passaporto delle piante valido per tale zona, rilasciato ufficialmente in conformità all'articolo 10, paragrafo 1 della stessa direttiva; che tali disposizioni non si applicano qualora siano soddisfatte determinate garanzie per il trasporto di vegetali, prodotti vegetali e altre voci attraverso una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi; che tali disposizioni possono essere rispettate con condizioni meno rigorose di quelle previste all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva summenzionata per i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa; considerando che, in mancanza di garanzie ovunque accettate, queste devono essere fissate tenendo conto delle particolari condizioni in cui tali spostamenti sono effettuati, onde garantire una sufficiente sicurezza sul piano fitosanitario; considerando che le misure previste dalla presente direttiva sono conformi al parere del comitato fitosanitario permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 2 quando i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE, non originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) della direttiva 77/93/CEE, vengono spostati attraverso la zona di cui trattasi per essere avviati verso una destinazione finale al di fuori di detta zona e senza un passaporto delle piante valido per la medesima. 2. Devono essere rispettate le condizioni seguenti: a) l'imballaggio utilizzato o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci di cui al paragrafo 1 devono essere puliti, esenti dagli organismi di cui al paragrafo 1 e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi; b) subito dopo il condizionamento, l'imballaggio o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci in parola devono essere sigillati secondo rigorose norme fitosanitarie in modo da garantire che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta interessata e che l'identità resti immutata, nonché in modo da rispondere alle esigenze degli organismi ufficiali responsabili di cui alla direttiva 77/93/CEE; l'imballaggio o il veicolo devono restare sigillati durante tutto il trasporto attraverso la zona protetta considerata; c) i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci menzionati nel paragrafo 1 devono essere accompagnati da un documento normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti suddetti provengono dall'esterno della zona protetta considerata e che la loro destinazione finale si trova al di fuori di detta zona. 3. Qualora nel corso di un controllo ufficiale predisposto a norma dell'articolo 11, paragrafo 7 della direttiva 77/93/CEE ed eseguito all'interno della zona considerata si constati che i requisiti di cui all'articolo 1, paragrafo 2 non sono soddisfatti, si prendono immediatamente - se del caso - le seguenti misure ufficiali, fatte salve le misure da adottare se i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci non soddisfano le condizioni fissate dalla direttiva 77/93/CEE: - sigillatura dell'imballaggio, - trasporto sotto controllo ufficiale dei vegetali, dei prodotti vegetali e delle altre voci verso una destinazione al di fuori della zona protetta considerata. Articolo 2 1. Gli Stati membri stabiliscono di applicare condizioni meno rigorose ai vegetali, ai prodotti vegetali e alle altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi e spostati all'interno di tale zona. 2. Ai fini del paragrafo 1 si può applicare la seguente condizione meno rigorosa: i controlli ufficiali di cui all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva 77/93/CEE possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nella direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette della Comunità (3). Articolo 3 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro la data stabilita all'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 91/683/CEE del Consiglio (4). Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione le disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 24 giugno 1993. Per la Commissione René STEICHEN Membro della Commissione (1) GU n. L 26 del 31. 1. 1977, pag. 20. (2) GU n. L 96 del 22. 4. 1993, pag. 33. (3) GU n. L 250 del 29. 8. 1992, pag. 37. (4) GU n. L 376 del 31. 12. 1991, pag. 29.
Trasporto di determinati vegetali e prodotti vegetali attraverso zone protette QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Intende integrare le norme sulla salute dei vegetali (attualmente contenute nella direttiva 2000/29/CE) volte a proteggerli dall’introduzione nelle zone protette* designate dell’UE di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, contro la loro diffusione. Questi organismi comprendono insetti, nematodi (un verme dell’ampio phylum Nematoda, come i vermi cilindrici e le trichine) e batteri. La direttiva consente ai paesi dell’UE di permettere lo spostamento di determinati vegetali all’interno di o attraverso zone protette senza la necessità di un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta, purché siano soddisfatte alcune condizioni specifiche. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE possono richiedere la designazione di protezione speciale da organismi nocivi per tutto o parte del loro territorio. Una zona protetta viene definita in relazione a un particolare organismo nocivo. Le norme generali stabiliscono che i vegetali, i prodotti vegetali o altre voci (ad esempio certi tipi di legno o di terreno) potenzialmente portatori di organismi nocivi concernenti talune zone protette, quando vengono introdotti in tale zona o spostati all’interno di essa, devono essere accompagnati da un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta. Tuttavia, per quanto riguarda lo spostamento attraverso una zona protetta di vegetali, prodotti vegetali o altre voci non originari di tale zona, la direttiva 93/51/CEE prevede le seguenti condizioni:l’imballaggio e i veicoli utilizzati per trasportare i vegetali devono essere puliti ed esenti dagli organismi interessati e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi;subito dopo l’imballaggio e il carico, l’imballaggio o il veicolo utilizzati devono essere sigillati in modo che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta e devono restare sigillati durante il trasporto;i prodotti vegetali devono essere accompagnati da un documento, normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti provengono dall’esterno della zona protetta e che la loro destinazione si trova al di fuori della stessa. Qualora venga eseguito un controllo ufficiale e si constati che le suddette condizioni non sono state soddisfatte, l’imballaggio viene sigillato e i prodotti vegetali vengono trasportati, sotto controllo ufficiale, al di fuori della zona protetta. Condizioni simili si applicano ai prodotti vegetali originari di una determinata zona protetta e spostati all’interno della stessa. Tuttavia, i controlli ufficiali possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nelle norme dettagliate sulle modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento delle zone protette (direttiva 92/70/CEE). Queste indagini dettagliate vengono svolte annualmente e comprendono il prelievo di campioni di vegetali, prodotti vegetali e substrato di coltivazione nelle zone in questione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 24 luglio 1993 e doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1° giugno 1993 (la data indicata nella direttiva 91/683/CEE del Consiglio, un atto che è stato successivamente abrogato e sostituito dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio). CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Zone protette (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Zona protetta: designata in base alla sussistenza del pericolo che un particolare organismo nocivo possa diffondersi grazie a condizioni ambientali favorevoli. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all’interno di essa (GU L 205 del 17.8.1993, pag. 24). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che modifica i regolamenti (UE) n. 228/2013, (UE) n. 652/2014 e (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga le direttive 69/464/CEE, 74/647/CEE, 93/85/CEE, 98/57/CE, 2000/29/CE, 2006/91/CE e 2007/33/CE del Consiglio (GU L 317 del 23.11.2016, pag. 4). Regolamento (CE) n. 690/2008 della Commissione, del 4 luglio 2008, relativo al riconoscimento di zone protette esposte a particolari rischi in campo fitosanitario nella Comunità (rifusione) (GU L 193 del 22.7.2008, pag. 1). Le successive modifiche alla direttiva 2000/29/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (GU L 169 del 10.7.2000, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette nella Comunità (GU L 250 del 29.8.1992, pag. 37).
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REGOLAMENTO (UE) N. 1008/2010 DELLA COMMISSIONE del 9 novembre 2010 relativo ai requisiti per l'omologazione dei tergicristalli e dei lavacristalli di alcuni veicoli a motore e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 78/318/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1977, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai tergicristallo e ai lavacristallo dei veicoli a motore (3). Le prescrizioni stabilite in tale direttiva vanno riportate nel presente regolamento e, se necessario, modificate per adeguarle all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il campo di applicazione del presente regolamento deve corrispondere a quello della direttiva 78/318/CEE ed essere pertanto limitato ai veicoli della categoria M1. (4) Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa le norme fondamentali sui requisiti per l'omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda i tergicristalli e i lavacristalli, nonché dei lavacristalli come entità tecniche separate. È pertanto necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici relativi a tale omologazione. (5) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico - Veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore della categoria M1, definiti nell'allegato II della direttiva 2007/46/CE, muniti di parabrezza, nonché ai lavacristalli destinati a essere installati su veicoli a motore della categoria M1. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «tipo di veicolo per quanto riguarda i tergicristalli e i lavacristalli», i veicoli che non presentano tra loro differenze relativamente ai seguenti elementi essenziali: caratteristiche del tergicristallo e del lavacristallo o forma, dimensioni e caratteristiche del parabrezza e del suo montaggio; 2) «tipo di lavacristallo», un gruppo di lavacristalli che non presenta differenze relativamente ai seguenti elementi essenziali: funzionamento della pompa, materiali utilizzati, capacità del serbatoio, numero di ugelli, dimensioni, spessore delle pareti o forma del lavacristallo; 3) «motore», un motore a combustione alimentato da carburante liquido o gassoso; 4) «tergicristallo», l'insieme costituito da un dispositivo atto a detergere la superficie esterna del parabrezza e dagli accessori e comandi necessari per azionare e fermare il dispositivo stesso; 5) «raggio d'azione del tergicristallo», le superfici del parabrezza sulle quali agiscono le spazzole del tergicristallo in condizioni di normale funzionamento di quest'ultimo; 6) «funzionamento a intermittenza del tergicristallo», una modalità di funzionamento automatico discontinuo del tergicristallo, in base alla quale al termine di ogni ciclo completo i bracci del tergicristallo si fermano in una posizione di riposo stabilita; 7) «lavacristallo», l'insieme costituito dai dispositivi che servono a immagazzinare, convogliare e spruzzare un liquido sulla superficie esterna del parabrezza e dai comandi necessari per azionare e fermare il dispositivo stesso; 8) «comando del lavacristallo», il dispositivo per l'attivazione e la disattivazione manuali del lavacristallo; 9) «pompa del lavacristallo», il dispositivo atto a convogliare il liquido dal serbatoio del lavacristallo alla superficie esterna del parabrezza; 10) «ugello», il dispositivo che serve a dirigere il liquido sul parabrezza; 11) «sistema completamente innescato», il sistema, normalmente attivato per un lasso di tempo, nel quale il liquido è stato convogliato attraverso la pompa e i tubi per poi fuoriuscire dagli ugelli; 12) «superficie detersa», la superficie precedentemente sporca che, una volta completamente asciutta, non presenta tracce di gocce e sporco residuo; 13) «zona di visibilità A», la zona di prova A, definita al punto 2.2. dell'allegato 18 del regolamento UNECE n. 43 (4); 14) «zona di visibilità B», la zona di prova ridotta B, definita al punto 2.4. dell'allegato 18 del regolamento UNECE n. 43, senza esclusione della zona definita al punto 2.4.1. del medesimo allegato; 15) «angolo di progetto di inclinazione del tronco», l'angolo tra una retta verticale passante per il punto «R» o punto di riferimento del sedile e l'asse del tronco in una posizione corrispondente alla posizione di progetto dello schienale dichiarata dal costruttore del veicolo; 16) «punto R» o «punto di riferimento del sedile», il punto di progetto definito dal costruttore del veicolo per ciascun posto a sedere in relazione al sistema di riferimento tridimensionale; 17) «sistema di riferimento tridimensionale», il reticolo di riferimento composto da un piano verticale longitudinale X-Z, da un piano orizzontale X-Y e da un piano verticale trasversale Y-Z, secondo quanto previsto dall'allegato III, appendice 2, del presente regolamento; 18) «punti di riferimento principali», i fori, le superfici, i marchi o altri segni di identificazione sulla carrozzeria o sul telaio del veicolo, dei quali il costruttore del veicolo precisa le coordinate X, Y e Z nel reticolo di riferimento tridimensionale; 19) «interruttore generale del veicolo», il dispositivo mediante il quale l'elettronica di bordo è attivata passando dallo stato di spegnimento, proprio del veicolo parcheggiato senza conducente a bordo, a quello di normale operatività. Articolo 3 Omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i tergicristalli e i lavacristalli 1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta all'autorità di omologazione la domanda di omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i tergicristalli e i lavacristalli. 2. La domanda è redatta secondo il modello di cui alla scheda informativa dell'allegato I, parte 1. 3. Se i requisiti pertinenti di cui all'allegato III del presente regolamento sono soddisfatti, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione conformemente al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può attribuire lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE redatto secondo il modello di cui all'allegato I, parte 2. Articolo 4 Omologazione CE di lavacristalli come entità tecniche separate 1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta all'autorità di omologazione CE la domanda di omologazione CE di entità tecniche separate per un tipo di lavacristalli. La domanda è redatta secondo il modello di cui alla scheda informativa dell'allegato II, parte 1. 2. Se i requisiti pertinenti di cui all'allegato III del presente regolamento sono soddisfatti, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE per entità tecniche separate e attribuisce un numero di omologazione conformemente al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può attribuire lo stesso numero a un altro tipo di entità tecnica. 3. Ai fini del paragrafo 2 l'autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE redatto secondo il modello di cui all'allegato II, parte 2. Articolo 5 Marchio di omologazione CE per entità tecniche separate Ogni entità tecnica separata conforme a un tipo per il quale è stata rilasciata l'omologazione CE per entità tecniche separate a norma del presente regolamento reca un marchio di omologazione CE per entità tecniche separate, quale descritto nell'allegato II, parte 3. Articolo 6 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 78/318/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e l'entrata in servizio dei veicoli e delle entità tecniche separate omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a rilasciare l'estensione dell'omologazione di tali veicoli e di tali entità tecniche separate a norma della direttiva 78/318/CEE. Articolo 7 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 81 del 28.3.1978, pag. 49. (4) GU L 230 del 31.8.2010, pag.119. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i tergicristalli e i lavacristalli PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all'omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i tergicristalli e i lavacristalli. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono dotati di comandi elettronici, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 3. PROPULSORE (3) 3.2. Motore a combustione interna 3.2.1.8. Potenza netta massima (4): … kW a … giri/min–1 (dichiarata dal costruttore) 3.2.5. Impianto elettrico 3.2.5.1. Tensione nominale: …V, terminale a massa positivo/negativo (5) 3.2.5.2. Generatore 3.2.5.2.1. Tipo … 3.2.5.2.2. Potenza nominale: … VA 3.3. Motore elettrico 3.3.1.1. Massima potenza oraria: …kW 3.3.1.2. Tensione di esercizio: … V 3.3.2. Batteria 3.3.2.3. Capacità: … Ah (Ampère/ora) 3.4. Motore o combinazione di propulsori 3.4.1. Veicolo ibrido elettrico: sì/no (5) 3.4.2. Categoria di veicolo ibrido elettrico: a ricarica esterna/non esterna (5) 3.4.4. Descrizione del dispositivo di accumulo dell'energia (batteria, condensatore, volano/generatore) 3.4.4.5. Energia: … (per batteria: tensione e capacità Ah in 2 h; condensatore: J, …) 3.4.4.6. Caricabatterie: a bordo/esterno/nessuno (5) 4. TRASMISSIONE (6) 4.7. Velocità massima di progetto del veicolo (in km/h) (7): … 9. CARROZZERIA 9.2. Materiali e modalità di costruzione: … 9.4. Campo di visibilità 9.4.1. Dati sufficientemente dettagliati che permettano di identificare rapidamente i punti di riferimento principali e di verificare la posizione di ciascuno di essi rispetto agli altri e al punto R: … 9.5. Parabrezza e altri finestrini 9.5.1. Parabrezza 9.5.1.1. Materiali impiegati: … 9.5.1.2. Metodo di montaggio: … 9.5.1.3. Angolo di inclinazione: … 9.5.1.4. Numeri di omologazione: … 9.5.1.5. Accessori del parabrezza e posizione in cui sono montati, con breve descrizione dei relativi componenti elettrici/elettronici: … 9.6. Tergicristallo 9.6.1. Descrizione tecnica dettagliata (con fotografie o disegni): … 9.7. Lavacristallo 9.7.1. Descrizione tecnica dettagliata (con fotografie o disegni) o numero di omologazione, se si tratta di lavacristallo omologato come entità tecnica separata: … 9.8. Dispositivi di sbrinamento e disappannamento 9.8.2. Consumo elettrico massimo: … kW 9.10. Allestimento interno 9.10.3. Sedili 9.10.3.5. Coordinate o schema del punto R 9.10.3.5.1. Sedile del conducente: … 9.10.3.6. Angolo di progetto di inclinazione del tronco 9.10.3.6.1. Sedile del conducente: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (8) — estensione dell'omologazione CE (8) — rifiuto dell'omologazione CE (8) — revoca dell'omologazione CE (8) di un tipo di veicolo per quanto riguarda i tergicristalli e i lavacristalli visto il regolamento (UE) n. 1008/2010, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (8) Numero di omologazione CE:. … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (9): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (10): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : fascicolo di omologazione. verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, componente o entità tecnica oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono rappresentati nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni di cui all'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. (3) Se un veicolo può essere alimentato a benzina, a carburante diesel, ecc., o anche in combinazione con un altro carburante, le voci vanno ripetute.Nel caso di motori e sistemi non convenzionali, il costruttore deve fornire dettagli equivalenti a quelli specificati. (4) Determinata in base alle prescrizioni della direttiva 80/1269/CEE del Consiglio (GU L 375 del 31.12.1980, pag. 46). (5) Cancellare la dicitura non pertinente. (6) I dati richiesti devono essere forniti per tutte le varianti eventualmente previste. (7) Per i rimorchi, velocità massima ammessa dal costruttore. (8) Cancellare la dicitura non pertinente. (9) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, componente o entità tecnica oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono rappresentati nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??). (10) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione del funzionamento del tergicristallo e del lavacristallo: … 1.3. Descrizione dettagliata del tergicristallo (numero e lunghezza delle spazzole, dimensioni dei bracci del tergicristallo, ecc.): … 1.4. Descrizione dettagliata del lavacristallo (numero di ugelli, numero di orifizi per ugello, pompa del lavacristallo, serbatoio del liquido, flessibili e loro raccordi alla pompa del lavacristallo e agli ugelli, ecc.) … 1.5. Capacità del serbatoio del liquido (in litri): … 1.6. Velocità massima di progetto del veicolo (in km/h): … 2. Lato di guida: a destra/a sinistra (1) 3. Assetto speculare per guida a destra/a sinistra: sì/no (1) 4. Spoiler aerodinamico montato sul braccio del tergicristallo/sulla spazzola del tergicristallo (1) lato conducente/al centro/lato passeggero… (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare le voci non pertinenti. ALLEGATO II Documenti amministrativi per l'omologazione CE di lavacristalli come entità tecniche separate PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all'omologazione CE di lavacristalli come entità tecniche separate. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono dotati di funzioni a controllo elettronico, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sull'entità tecnica separata (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.7. Posizione e metodo di apposizione del marchio di omologazione CE per entità tecniche separate: … 0.8. Nome e indirizzo degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 9.7. Lavacristallo 9.7.1. Descrizione tecnica dettagliata (con fotografie o disegni): … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (2) — estensione dell'omologazione CE (2) — rifiuto dell'omologazione CE (2) — revoca dell'omologazione CE (2) di un tipo di lavacristallo come entità tecnica separata visto il regolamento (UE) n. 1008/2010, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (2) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sull'entità tecnica separata (3): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.7. Posizione e metodo di apposizione del marchio di omologazione CE: … 0.8. Nome e indirizzo degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : fascicolo di omologazione. verbale di prova Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari 1.1. Breve descrizione del tipo di entità tecnica separata … 1.2. Descrizione dettagliata del lavacristallo 1.2.1. Numero di ugelli: … 1.2.2. Numero di orifizi per ugello: … 1.2.3. Descrizione dei flessibili e dei loro raccordi alla pompa e agli ugelli: … 1.2.4. Descrizione della pompa del lavacristallo: … 1.2.5. Capacità del serbatoio del liquido (in litri): … 2. Per guida: a destra/a sinistra (4) 3. Qualsiasi parte del lavacristallo può essere alloggiata nel vano motore: sì/no (4) 4. Entità tecnica separata: universale/specifica per un veicolo (4) 5. Osservazioni: … 6. Elenco dei tipi di veicoli per i quali l'entità tecnica separata è stata omologata (se del caso): … PARTE 3 Marchio di omologazione CE per entità tecniche separate 1. Il marchio di omologazione CE per entità tecniche separate comprende: 1.1. un rettangolo all'interno del quale è iscritta la lettera «e» minuscola, seguita dal numero distintivo dello Stato membro che ha rilasciato l'omologazione CE dell'entità tecnica separata: 1 per la Germania 2 per la Francia 3 per l'Italia 4 per i Paesi Bassi 5 per la Svezia 6 per il Belgio 7 per l'Ungheria 8 per la Repubblica ceca 9 per la Spagna 11 per il Regno Unito 12 per l'Austria 13 per il Lussemburgo 17 per la Finlandia 18 per la Danimarca 19 per la Romania 20 per la Polonia 21 per il Portogallo 23 per la Grecia 24 per l'Irlanda 26 per la Slovenia 27 per la Slovacchia 29 per l'Estonia 32 per la Lettonia 34 per la Bulgaria 36 per la Lituania 49 per Cipro 50 per Malta 1.2. in prossimità del rettangolo, il «numero dell'omologazione di base» che figura nella sezione 4 del numero di omologazione, preceduto dalle due cifre indicanti il numero progressivo attribuito al presente regolamento o alla sua ultima modifica tecnica di rilievo. L'attuale numero progressivo è «00». 2. Il marchio di omologazione CE per unità tecniche separate è apposto sul serbatoio che contiene il liquido del lavacristallo in modo da essere indelebile e risultare chiaramente leggibile anche quando il dispositivo è montato su un veicolo. 3. La figura 1 mostra un esempio di marchio di omologazione CE per entità tecniche separate. Figura 1 Esempio di marchio di omologazione CE per entità tecniche separate Nota esplicativa Legenda L'omologazione CE per entità tecniche separate è stata rilasciata dai Paesi Bassi, con attribuzione del numero «0046». Le prime due cifre «00» indicano che l'entità tecnica separata è stata omologata a norma del presente regolamento. (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, componente o entità tecnica oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono rappresentati nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??). (2) Cancellare la dicitura non pertinente. (3) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, componente o entità tecnica oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono rappresentati nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??). (4) Cancellare le voci non pertinenti. ALLEGATO III Requisiti dei tergicristalli e lavacristalli 1. REQUISITI PARTICOLARI 1.1. Tergicristallo 1.1.1. Ogni veicolo deve essere dotato di almeno un tergicristallo in grado di funzionare con l'interruttore generale del veicolo attivato, senza alcun altro intervento da parte del conducente se non quello di accensione (in posizione ON) del comando che serve ad attivare e disattivare il tergicristallo stesso. 1.1.1.1. Il tergicristallo deve essere composto da uno o più bracci dotati di spazzole facilmente sostituibili. 1.1.2. Il raggio d'azione del tergicristallo deve coprire almeno il 98 % della zona di visibilità A, determinata come indicato nell'appendice 3 del presente allegato. 1.1.3. Il raggio d'azione del tergicristallo deve coprire almeno l'80 % della zona di visibilità B, determinata come indicato nell'appendice 3 del presente allegato. 1.1.4. Il raggio d'azione del tergicristallo deve soddisfare i requisiti di cui ai punti 1.1.2. e 1.1.3. quando il tergicristallo funziona a una frequenza di battuta corrispondente a quella indicata al punto 1.1.5.1. e deve essere sottoposto a prova nelle condizioni descritte nei punti da 2.1.10. a 2.1.10.3. del presente allegato. 1.1.5. Il tergicristallo deve avere almeno due frequenze di battuta: 1.1.5.1. una frequenza non inferiore a 10 e non superiore a 55 cicli al minuto; 1.1.5.2. una frequenza non inferiore a 45 cicli completi al minuto; 1.1.5.3. la differenza tra la frequenza massima di battuta e una delle frequenze più basse deve essere pari ad almeno 15 cicli al minuto; 1.1.5.4. è ammesso il ricorso al funzionamento a intermittenza del tergicristallo per soddisfare i requisiti dei punti da 1.1.5.1. a 1.1.5.3. del presente allegato. 1.1.6. Le frequenze di cui ai punti da 1.1.5. a 1.1.5.3. devono essere provate nelle condizioni descritte ai punti da 2.1.1. a 2.1.6 e al punto 2.1.8. del presente allegato. 1.1.7. Quando il tergicristallo viene arrestato spegnendone il comando (posizione OFF), i bracci del tergicristallo e le spazzole devono tornare nella posizione di riposo. 1.1.8. Il tergicristallo deve essere in grado di resistere a uno stallo per almeno 15 secondi. È consentito l'impiego di dispositivi automatici di protezione del circuito a condizione che l'eventuale riavvio non comporti alcuna operazione su comandi diversi da quelli del tergicristallo. 1.1.9. La capacità del tergicristallo di resistere a uno stallo, richiamata al punto 1.1.8. deve essere provata nelle condizioni descritte al punto 2.1.7. del presente allegato; 1.1.10. Se la posizione di riposo dei bracci del tergicristallo o delle spazzole non è al di fuori della zona di visibilità B, determinata come indicato nell'appendice 3 del presente allegato, deve essere possibile spostare manualmente i bracci del tergicristallo in modo da allontanarli dal parabrezza e consentire la pulizia manuale di quest'ultimo. 1.1.11. Il tergicristallo deve poter funzionare per due minuti su un parabrezza asciutto a una temperatura ambiente di – 18 °C senza alterazioni del funzionamento. 1.1.12. Il funzionamento del tergicristallo a una temperatura di – 18 °C deve essere provato nelle condizioni descritte al punto 2.1.11. del presente allegato; 1.1.13. Il tergicristallo, funzionante alla frequenza massima, deve continuare a soddisfare i requisiti di cui al punto 1.1.2. del presente allegato senza alcuna alterazione della sua efficienza quando la velocità relativa all'aria del veicolo è pari all'80 % della velocità massima del veicolo o a 160 km/h. se inferiore. La zona di visibilità A del parabrezza deve essere preparata secondo quanto descritto ai punti 2.1.8. e 2.1.9. del presente allegato. Gli effetti aerodinamici associati alle dimensioni e alla forma del parabrezza, dei bracci del tergicristallo e delle spazzole del tergicristallo devono essere verificati a queste condizioni, tenendo conto anche del punto 2.1.9.1. Durante la prova le spazzole del tergicristallo devono restare a contatto del parabrezza e non è ammessa alcun perdita di aderenza dal parabrezza. Le spazzole del tergicristallo devono restare a completo contatto con la superficie descritta al punto 1.1.2. durante ogni ciclo completo e non è ammesso alcuna perdita parziale di aderenza nel movimento di corsa verso l'alto né in quello verso il basso. 1.2. Lavacristallo 1.2.1. Ogni veicolo deve essere dotato di un lavacristallo in grado di funzionare con l'interruttore generale del veicolo attivato e di resistere al carico e alle pressioni che si producono quando gli ugelli sono ostruiti e il lavacristallo viene messo in funzione conformemente alla procedura descritta ai punti da 2.2.1.1. a 2.2.1.1.2 del presente allegato. 1.2.2. Il funzionamento del lavacristallo non deve risentire dell'esposizione ai cicli di temperatura di cui ai punti da 2.2.1. a 2.2.5. del presente allegato. 1.2.3. Il lavacristallo deve essere in grado di spruzzare il liquido sulla superficie bersaglio del parabrezza senza alcuna fuoriuscita del liquido, alcun distacco dei tubi o malfunzionamento degli ugelli in condizioni normali di utilizzazione a temperature ambiente comprese tra – 18 °C e + 80 °C. Inoltre l'ostruzione degli ugelli non deve determinare fuoriuscite di liquido né il distacco dei tubi. 1.2.4. In presenza delle condizioni descritte ai punti da 2.2.6. a 2.2.6.4 del presente allegato il lavacristallo deve essere in grado di erogare una quantità di liquido sufficiente a lavare il 60 % della zona di visibilità, A determinata come indicato nell'appendice 3 del presente allegato. 1.2.5. Il lavacristallo deve poter essere azionato manualmente mediante un proprio comando. L'attivazione e disattivazione del lavacristallo possono anche essere coordinate e associate ad altri dispositivi del veicolo. 1.2.6. La capacità del serbatoio del liquido non deve essere inferiore a 1 litro. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. Condizioni di prova del tergicristallo 2.1.1. Salvo diversa indicazione le prove descritte di seguito devono essere eseguite alle condizioni di cui ai punti da 2.1.2. a 2.1.5. 2.1.2. La temperatura ambiente deve essere compresa tra 5 °C e 40 °C. 2.1.3. Il parabrezza deve essere mantenuto costantemente bagnato. 2.1.4. In caso di tergicristallo elettrico, vanno rispettate le seguenti condizioni supplementari: 2.1.4.1. tutte le batterie devono essere completamente cariche all'inizio della prova; 2.1.4.2. l'eventuale motore deve girare a un regime che non superi il 30 % del regime di potenza massima. Tuttavia, ove per specifiche strategie di controllo del motore – come ad esempio nel caso dei veicoli ibridi elettrici – risulti dimostrato che questa condizione non può essere realizzata, va definito uno scenario realistico che tenga conto del regime del motore e della totale o intermittente assenza di un motore acceso in condizioni di guida normali. Se il tergicristallo è in grado di soddisfare i requisiti a motore spento, non occorre accendere il motore; 2.1.4.3. i proiettori a fascio anabbagliante devono essere accesi; 2.1.4.4. tutti i dispositivi di riscaldamento, ventilazione, sbrinamento e disappannamento (indipendentemente dalla loro ubicazione nel veicolo) devono funzionare al regime corrispondente al consumo elettrico massimo. 2.1.5. I tergicristalli ad aria compressa o a depressione devono poter funzionare in maniera continua alle frequenze di battuta previste, qualunque siano il regime e il carico del motore o i livelli di carica minima e massima della batteria indicati dal costruttore per il normale funzionamento. 2.1.6. Le frequenze di battuta del tergicristallo devono essere conformi ai requisiti di cui ai punti da 1.1.5. a 1.1.5.3. del presente allegato dopo 20 minuti di funzionamento preliminare su un tergicristallo bagnato. 2.1.7. I requisiti di cui al punto 1.1.8. del presente allegato devono essere soddisfatti quando si immobilizzano i bracci del tergicristallo in posizione corrispondente a metà del ciclo per un periodo ininterrotto di 15 secondi, con il comando del tergicristallo regolato sulla frequenza massima di battuta. 2.1.8. La superficie esterna del parabrezza deve essere sgrassata a fondo con alcool denaturato o altro prodotto sgrassante equivalente. Non appena la superficie è asciutta vi si deve applicare una soluzione di ammoniaca in concentrazione non inferiore al 3 % e non superiore al 10 %. Si deve di nuovo lasciar asciugare la superficie, strofinandola quindi con uno panno di cotone asciutto. 2.1.9. Sulla superficie esterna del parabrezza si deve applicare uno strato uniforme di miscela di prova (che abbia le specifiche di cui all'appendice 4 del presente allegato) che va fatto asciugare; 2.1.9.1. una volta preparata la superficie esterna del parabrezza secondo quanto indicato ai punti 2.1.8. e 2.1.9., il lavacristallo può essere utilizzato in tutte le prove previste. 2.1.10. Il raggio d'azione del tergicristallo, quale previsto al punto 1.1.4. del presente allegato, va determinato come segue: 2.1.10.1. la superficie esterna del parabrezza deve essere preparata secondo quanto illustrato ai punti 2.1.8. e 2.1.9.; 2.1.10.2. per verificare il rispetto dei requisiti di cui ai punti 1.1.2. e 1.1.3. del presente allegato, si deve attivare il tergicristallo tenendo conto del punto 2.1.9.1. e se ne deve tracciare il raggio d'azione confrontando quest'ultimo con il contorno delle zone di visibilità A e B, determinate come indicato nell'appendice 3 del presente allegato; 2.1.10.3. il servizio tecnico può ammettere una procedura di prova alternativa (ad es., prova virtuale) per la verifica del rispetto dei requisiti di cui ai punti 1.1.2. e 1.1.3. del presente allegato. 2.1.11. I requisiti del punto 1.1.11. devono essere soddisfati a una temperatura ambiente di – 18 ± 3 °C alla quale il veicolo sia stato tenuto per almeno quattro ore. Il veicolo deve essere preparato a funzionare alle condizioni descritte ai punti da 2.1.4 a 2.1.5. Durante il test il tergicristallo deve funzionare normalmente ma alla frequenza massima di battuta. Non occorre verificare il raggio d'azione del tergicristallo. 2.2. Condizioni di prova del lavacristallo 2.2.1. Prova n. 1: il lavacristallo deve essere riempito di acqua, completamente innescato e posto a una temperatura ambiente di 20 °C ± 2 °C per almeno quattro ore. L'acqua deve essere stabilizzata a questa temperatura; 2.2.1.1. tutti gli orifizi degli ugelli devono essere ostruiti e il comando del lavacristallo deve essere azionato per sei volte in un minuto, ogni volta per almeno tre secondi; 2.2.1.1.1. se il lavacristallo è azionato dalla forza muscolare del conducente, la forza applicata deve essere compresa tra 11,0 e 13,5 daN nel caso di una pompa manuale ed essere compresa tra 40,0 e 44,5 daN nel caso di una pompa a pedale; 2.2.1.1.2. nel caso di pompe elettriche, la tensione di prova deve essere almeno alla pari tensione nominale senza superare quest'ultima di più di 2 volt; 2.2.1.2. il funzionamento del lavacristallo, al termine della prova, deve rispondere ai requisiti di cui al punto 1.2.3. del presente allegato. 2.2.2. Prova n. 2: il lavacristallo deve essere riempito di acqua, completamente innescato e posto a una temperatura ambiente di – 18 °C ± 3 °C per almeno quattro ore. L'acqua non deve essere stabilizzata a questa temperatura; 2.2.2.1. si deve azionare il comando del lavacristallo per sei volte in un minuto, ogni volta per almeno tre secondi, secondo quanto descritto ai punti 2.2.1.1.1. e 2.2.1.1.2. Il lavacristallo deve essere quindi posto a una temperatura ambiente di 20 °C ± 2 °C fino al completo scioglimento del ghiaccio. L'acqua non deve essere stabilizzata a questa temperatura. Si verifica quindi il funzionamento del lavacristallo azionandolo conformemente a quanto descritto ai punti da 2.2.1.1. a 2.2.1.2. 2.2.3. Prova n. 3: prova di esposizione alle basse temperature 2.2.3.1. Il lavacristallo deve essere riempito di acqua, completamente innescato e posto a una temperatura ambiente di – 18 °C ± 3 °C per almeno quattro ore, in modo che tutta l'acqua del lavacristallo sia gelata. Il lavacristallo deve quindi essere posto a una temperatura ambiente di 20 °C ± 2 °C fino al completo scioglimento del ghiaccio, ma comunque mai per più di quattro ore. Questo ciclo di gelo-disgelo deve essere ripetuto sei volte. Infine, una volta che il lavacristallo sia stato posto a una temperatura ambiente di 20 °C ± 2 °C e il ghiaccio si sia completamente sciolto senza che l'acqua sia stata necessariamente stabilizzata a questa temperatura, si deve verificare il funzionamento del lavacristallo azionandolo conformemente a quanto descritto ai punti da 2.2.1.1. a 2.2.1.2; 2.2.3.2. il lavacristallo deve essere riempito e innescato completamente con un liquido da lavacristallo per basse temperature formato da una soluzione al 50 % di metanolo o di alcool isopropilico in acqua di una durezza non superiore a 205 mg Ca/l. Il lavacristallo deve essere posto a una temperatura ambiente di – 18 °C ± 3 °C per almeno quattro ore. Il liquido non deve essere stabilizzato a questa temperatura. Si deve quindi verificare il funzionamento del lavacristallo azionandolo conformemente a quanto descritto ai punti da 2.2.1.1. a 2.2.1.2. 2.2.4. Prova n. 4: prova di esposizione alle alte temperature 2.2.4.1. Se una parte del lavacristallo è alloggiata nel vano motore, il lavacristallo deve essere riempito di acqua, innescato completamente e posto a una temperatura ambiente di 80 °C ± 3 °C per almeno otto ore. L'acqua non deve essere stabilizzata a questa temperatura. Si deve quindi verificare il funzionamento del lavacristallo azionandolo conformemente a quanto descritto ai punti da 2.2.1.1. a 2.2.1.2.; 2.2.4.2. se nessuna parte del lavacristallo è alloggiata nel vano motore, il lavacristallo deve essere riempito di acqua, innescato completamente e posto a una temperatura ambiente di 80 °C ± 3 °C per almeno otto ore. L'acqua non deve essere stabilizzata a questa temperatura. Il lavacristallo viene poi posto a una temperatura ambiente di 20 °C ± 2 °C. Una volta stabilizzata la temperatura dell'acqua, si deve verificare il funzionamento del lavacristallo azionandolo conformemente a quanto descritto ai punti da 2.2.1.1. a 2.2.1.2. Il lavacristallo deve poi essere riempito di acqua, completamente innescato e posto a una temperatura ambiente di 60 °C ± 3 °C per almeno otto ore. L'acqua non deve essere stabilizzata a questa temperatura. Si deve quindi verificare il funzionamento del lavacristallo azionandolo conformemente a quanto descritto ai punti da 2.2.1.1. a 2.2.1.2. In alternativa il costruttore può chiedere che la prova del lavacristallo venga effettuata alle condizioni descritte al punto 2.2.4.1. 2.2.5. Lo stesso lavacristallo deve essere sottoposto in sequenza alle prove del lavacristallo descritte ai punti da 2.2.1 a 2.2.4.2. Il lavacristallo può essere sottoposto a prova così come installato sul tipo di veicolo per il quale viene richiesta l'omologazione CE oppure separatamente. Nel caso in cui l'omologazione CE riguardi un'unità tecnica separata, il lavacristallo deve essere sottoposto a prova separatamente. 2.2.6. Prova n. 5: prova dell'efficacia del lavacristallo 2.2.6.1. Il lavacristallo deve essere riempito di acqua e innescato completamente. A veicolo fermo e senza rilevanti effetti vento, gli ugelli del lavacristallo possono, se regolabili, essere diretti verso la zona bersaglio della superficie esterna del parabrezza; 2.2.6.2. la superficie esterna del parabrezza deve essere preparata secondo quanto illustrato ai punti 2.1.8. e 2.1.9. del presente allegato; 2.2.6.3. il lavacristallo deve essere attivato secondo le istruzioni del costruttore, tenendo conto dei punti 2.2.1.1.1. e 2.2.1.1.2. del presente allegato. La durata totale della prova non deve superare 10 cicli completi di funzionamento automatico del tergicristallo alla frequenza massima di battuta; 2.2.6.4. per verificare il rispetto dei requisiti di cui al punto 1.2.4. del presente allegato, si deve tracciare il contorno della superficie detersa e confrontarlo con il contorno della zona di visibilità A, determinata come indicato nell'appendice 3 del presente allegato. Non occorre tracciare i suddetti contorni se il rispetto dei requisiti risulta chiaramente evidente all'osservatore. 2.2.7. Le prove di cui ai punti da 2.2.6. a 2.2.6.4. devono essere sempre effettuate sul tipo di veicolo per il quale è richiesta l'omologazione CE, anche nel caso in cui sul veicolo venga installata un'unità tecnica separata omologata. Appendice 1 Metodo per verificare il punto R o punto di riferimento del sedile Il punto R o punto di riferimento del sedile è determinato in base alle disposizioni di cui all'allegato 3 del regolamento UNECE n. 17 (1). (1) GU L 373 del 27.12.2006, pag. 1. Appendice 2 Metodo per determinare i punti di riferimento principali nel sistema di riferimento tridimensionale I rapporti dimensionali tra i punti di riferimento principali sui disegni e la loro posizione sul veicolo reale vengono stabiliti in base alle disposizioni cui all'allegato 4 del regolamento UNECE n. 125 (1). (1) GU L 200 del 31.7.2010, pag. 38. Appendice 3 Metodo per determinare le zone di visibilità sui parabrezza dei veicoli Le zone di visibilità A e B sono determinate in base alle disposizioni di cui all'allegato 18 del regolamento UNECE n. 43. Appendice 4 Specifiche della miscela per le prove dei tergicristalli e dei lavacristalli 1. La miscela di prova di cui al punto 2.1.9. dell'allegato III deve avere la seguente composizione: 1.1. acqua di durezza inferiore a 205 mg (Ca)/l: 92,5 % in volume; 1.2. soluzione acquosa satura di sale (cloruro di sodio): 5,0 % in volume; 1.3. polvere, secondo le specifiche di cui ai punti da 1.3.1. a 1.3.2.6: 2,5 % in volume. 1.3.1. Specifiche relative alla composizione della polvere di prova 1.3.1.1. 68 ± 1 % SiO2 in massa 1.3.1.2. 4 ± 1 % Fe2O3 in massa 1.3.1.3. 16 ± 1 % Al2O3 in massa 1.3.1.4. 3 ± 1 % CaO in massa 1.3.1.5. 1,0 ± 0,5 % MgO in massa 1.3.1.6. 4 ± 1 % alcali in massa 1.3.1.7. 2,5 ± 0,5 % perdita al fuoco in massa 1.3.2. Specifiche relative alla distribuzione dimensionale delle particelle nella polvere grossolana 1.3.2.1. 12 ± 2 % di particelle di dimensioni comprese tra 0 e 5 μm 1.3.2.2. 12 ± 3 % di particelle di dimensioni comprese tra 5 e 10 μm 1.3.2.3. 14 ± 3 % di particelle di dimensioni comprese tra 10 e 20 μm 1.3.2.4. 23 ± 3 % di particelle di dimensioni comprese tra 20 e 40 μm 1.3.2.5. 30 ± 3 % di particelle di dimensioni comprese tra 40 e 80 μm 1.3.2.6. 9 ± 3 % di particelle di dimensioni comprese tra 80 e 200 μm
Tergicristalli e lavacristalli delle automobili QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso stabilisce le norme relative all'omologazione dei tergicristalli* e dei lavacristalli* dei veicoli a motore; Il suo scopo consiste nell'adattare i requisiti attuali agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche. PUNTI CHIAVE Il presente regolamento fissa i requisiti per l’omologazione dei veicoli a motore per quanto concerne i tergicristalli e i lavacristalli. Esso rientra nel quadro dell’attuazione del regolamento (CE) n. 661/2009 relativo ai requisiti per l'omologazione della sicurezza generale dei veicoli a motore. Tipo di veicolo interessato Il presente regolamento si applica alla categoria di veicoli M1, vale a dire ai veicoli progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente. Requisiti relativi ai tergicristalli e ai lavacristalli del parabrezza I costruttori sono tenuti ad equipaggiare i veicoli a motore di: tergicristalli composti da bracci dotati di spazzole. Il tergicristallo deve avere almeno 2 frequenze di battuta. Il raggio d’azione del tergicristallo deve coprire almeno il 98% della zona di visibilità A e l’80% della zona di visibilità B (tali zone di visibilità sono definite nei paragrafi 2.2 e 2.4 rispettivamente dell'Allegato 18 del regolamento UNECE n. 43); lavacristalli in grado di spruzzare il liquido sulla superficie bersaglio del parabrezza senza alcuna fuoriuscita del liquido, alcun distacco dei tubi o malfunzionamento degli ugelli. Questo dispositivo deve essere in grado di erogare una quantità di liquido sufficiente a lavare il 60% della zona di visibilità. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per testare il materiale. Disposizioni relative all’omologazione UE Il costruttore del veicolo deve presentare una domanda di omologazione UE all’autorità competente e ha 2 possibilità: presentare una domanda di omologazione UE di un veicolo per quanto concerne i tergicristalli e i lavacristalli, oppure presentare una domanda di omologazione UE di entità tecniche separate per un tipo di lavacristalli. La domanda UE deve contenere le informazioni seguenti: la marca del veicolo e il tipo di veicolo; la descrizione tecnica dettagliata del tergicristalli e del lavacristalli del parabrezza; la descrizione del metodo di funzionamento dei tergicristalli e dei lavacristalli. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai tergicristalli e ai lavacristalli del parabrezza, essa rilascia l’omologazione UE e attribuisce un numero di omologazione in linea con la direttiva 2007/46/CE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dal 30 novembre 2010. * TERMINI CHIAVE Tergicristallo: un dispositivo atto a detergere la superficie esterna del parabrezza. Lavacristallo: l'insieme dei dispositivi che servono a immagazzinare, convogliare e spruzzare un liquido sulla superficie esterna del parabrezza. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1008/2010 della Commissione, del 9 novembre 2010, relativo ai requisiti per l’omologazione dei tergicristalli e dei lavacristalli di alcuni veicoli a motore e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 292 del 10.11.2010, pag. 2-20) Modifiche successive al regolamento (UE) n. 1008/2010 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che stabilisce un quadro per l'approvazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1-160) Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1-24) Si veda la versione consolidata.
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32009L0022
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DIRETTIVA 2009/22/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela dei consumatori (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, a fini di chiarezza e razionalizzazione procedere alla sua codificazione. (2) Alcune direttive, il cui elenco figura all’allegato I alla presente direttiva, stabiliscono regole in materia di tutela degli interessi dei consumatori. (3) I meccanismi attualmente esistenti per assicurare il rispetto di tali direttive a livello sia nazionale che comunitario non sempre consentono di porre termine tempestivamente alle violazioni che ledono gli interessi collettivi dei consumatori. Per interessi collettivi si intendono gli interessi che non sono la mera somma degli interessi di singoli lesi da una violazione. Ciò non pregiudica i ricorsi e le azioni individuali proposti da privati lesi da una violazione. (4) Al fine di far cessare pratiche illecite in base alle disposizioni nazionali applicabili, l’efficacia delle misure nazionali che recepiscono le direttive di cui trattasi, inclusi i provvedimenti di tutela che vanno oltre il livello prescritto dalle direttive stesse, purché siano compatibili con il trattato e autorizzati da tali direttive, può essere ostacolata allorché tali pratiche producono effetti in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno origine. (5) Tali difficoltà possono nuocere al corretto funzionamento del mercato interno, in quanto basta trasferire il luogo d’origine di una pratica illecita per essere al riparo da qualsiasi forma di applicazione della legge. Ciò costituisce una distorsione della concorrenza. (6) Queste stesse difficoltà sono tali da intaccare la fiducia dei consumatori nel mercato interno e possono limitare la portata dell’azione delle organizzazioni rappresentative degli interessi collettivi dei consumatori o degli organismi pubblici indipendenti preposti alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori lesi da pratiche che violano il diritto comunitario. (7) Pratiche del genere travalicano spesso le frontiere tra gli Stati membri. È quindi necessario e urgente ravvicinare in una certa misura le disposizioni nazionali che consentono di far cessare dette pratiche illecite, a prescindere dallo Stato membro in cui la pratica illecita ha prodotto i suoi effetti. Per quanto riguarda la giurisdizione, l’azione prevista non osta all’applicazione delle regole del diritto internazionale privato e delle convenzioni in vigore tra gli Stati membri, nel rispetto tuttavia degli obblighi generali imposti agli Stati membri dal trattato, in particolare quelli connessi al corretto funzionamento del mercato interno. (8) L’obiettivo dell’iniziativa prevista può essere realizzato soltanto dalla Comunità. Spetta quindi ad essa agire. (9) L’articolo 5, terzo comma, del trattato impone al legislatore comunitario di non andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato. A norma di tale articolo, è importante tenere conto delle peculiarità dei sistemi giuridici nazionali, nei limiti del possibile, accordando agli Stati membri la possibilità di scegliere tra diverse alternative aventi effetti equivalenti. Gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative competenti a pronunciarsi sui ricorsi o le azioni previsti dalla presente direttiva hanno il diritto di esaminare gli effetti delle decisioni precedenti. (10) Una di tali alternative dovrebbe prevedere che uno o più organismi pubblici indipendenti specificamente preposti alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori esercitino i diritti di ricorso e di azione contemplati dalla presente direttiva. Un’altra possibilità consisterebbe nel permettere l’esercizio di tali diritti alle organizzazioni destinate a tutelare gli interessi collettivi dei consumatori secondo i criteri stabiliti dalla legislazione nazionale. (11) Gli Stati membri dovrebbero disporre della facoltà di scegliere una delle due alternative ovvero di combinarle, nel designare a livello nazionale gli organismi e/o le organizzazioni legittimati ai fini della presente direttiva. (12) Ai fini della lotta alle violazioni intracomunitarie, il principio del riconoscimento reciproco dovrebbe essere applicato a tali organismi e organizzazioni. Gli Stati membri, su richiesta dei rispettivi enti nazionali, dovrebbero comunicare alla Commissione la denominazione e lo scopo degli enti nazionali legittimati a promuovere ricorsi o azioni nei rispettivi paesi, a norma della presente direttiva. (13) È compito della Commissione provvedere a pubblicare l’elenco di questi enti legittimati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Salvo pubblicazione di una dichiarazione contraria, si presume che un ente qualificato, il cui nome figuri in tale elenco, sia abilitato ad agire. (14) Gli Stati membri dovrebbero poter prevedere un obbligo di consultazione preliminare a carico della parte che intende chiedere un provvedimento inibitorio, onde consentire alla parte convenuta di porre termine alla violazione contestata. Gli Stati membri dovrebbero poter esigere che tale consultazione preliminare avvenga di concerto con un organismo pubblico indipendente da essi designato. (15) Qualora gli Stati membri abbiano stabilito che è necessaria una consultazione preliminare, occorre definire un termine massimo di due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, termine oltre il quale, ove non cessi la violazione, la parte richiedente ha il diritto di adire senza indugio l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa competente. (16) È opportuno che la Commissione riferisca in merito al funzionamento della presente direttiva e, in particolare, sul suo ambito di applicazione e sullo svolgimento della consultazione preliminare. (17) L’applicazione della presente direttiva fa salva l’applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza. (18) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive elencate nell’allegato II, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ambito d’applicazione 1. La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative ai provvedimenti inibitori di cui all’articolo 2, volti a tutelare gli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle direttive elencate nell’allegato I, onde garantire il corretto funzionamento del mercato interno. 2. Ai fini della presente direttiva, per violazione si intende qualsiasi atto contrario alle disposizioni delle direttive elencate nell’allegato I, quali recepite negli ordinamenti nazionali degli Stati membri, che leda gli interessi collettivi di cui al paragrafo 1. Articolo 2 Azioni inibitorie 1. Gli Stati membri designano gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative competenti a deliberare su ricorsi o azioni proposti dagli enti legittimati ai sensi dell’articolo 3, onde: a) ordinare con la debita sollecitudine e, se del caso, con procedimento d’urgenza, la cessazione o l’interdizione di qualsiasi violazione; b) disporre, se del caso, provvedimenti quali la pubblicazione, integrale o parziale, della decisione, in una forma ritenuta consona e/o la pubblicazione di una dichiarazione rettificativa al fine di eliminare gli effetti perduranti della violazione; c) nella misura in cui l’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato lo permetta, condannare la parte soccombente a versare al Tesoro pubblico o ad altro beneficiario designato o previsto dalla legislazione nazionale, in caso di mancata esecuzione della decisione entro il termine fissato dagli organi giurisdizionali o dalle autorità amministrative, un importo determinato per ciascun giorno di ritardo o qualsiasi altro importo previsto dalla legislazione nazionale, al fine di garantire l’esecuzione delle decisioni. 2. La presente direttiva non osta all’applicazione delle regole di diritto internazionale privato sulla legge applicabile vale a dire, di norma, la legge dello Stato membro in cui ha origine la violazione o la legge dello Stato membro in cui la violazione produce i suoi effetti. Articolo 3 Enti legittimati a proporre ricorsi e azioni Ai fini della presente direttiva, per «ente legittimato» si intende qualsiasi organismo o organizzazione, debitamente costituito secondo la legislazione di uno Stato membro, che ha un legittimo interesse a far rispettare le disposizioni di cui all’articolo 1 e in particolare: a) uno o più organismi pubblici indipendenti, specificamente preposti alla tutela degli interessi di cui all’articolo 1, negli Stati membri in cui esistono simili organismi; e/o b) le organizzazioni aventi lo scopo di tutelare gli interessi di cui all’articolo 1, secondo i criteri stabiliti dal loro diritto nazionale. Articolo 4 Violazioni intracomunitarie 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che, in caso di violazione avente origine nel proprio territorio, ogni ente legittimato di un altro Stato membro, qualora gli interessi che esso tutela risultino lesi da detta violazione, possa adire l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa di cui all’articolo 2, previa presentazione dell’elenco di cui al paragrafo 3 del presente articolo. Gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative riconoscono che gli enti figuranti su tale elenco sono abilitati ad agire, fermo restando il loro diritto di valutare se, nel caso di specie, l’azione intentata risulti giustificata. 2. Ai fini della lotta alle violazioni intracomunitarie, e fatti salvi i diritti riconosciuti dalla legislazione nazionale ad altri enti, gli Stati membri, su richiesta dei loro enti legittimati, comunicano alla Commissione che detti enti sono legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione la denominazione e lo scopo di tali enti nazionali legittimati. 3. La Commissione redige l’elenco degli enti legittimati di cui al paragrafo 2, con l’indicazione del loro scopo. Tale elenco è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea; le modifiche apportate a tale elenco sono pubblicate senza indugio; è pubblicato ogni sei mesi un elenco aggiornato. Articolo 5 Consultazione preliminare 1. Gli Stati membri possono prevedere o lasciare in vigore disposizioni in base alle quali la parte che intende proporre ricorso o intentare un’azione inibitoria possa farlo unicamente dopo aver cercato di porre termine alla violazione di concerto con la parte convenuta oppure con la parte convenuta e con un ente legittimato a norma dell’articolo 3, lettera a) dello Stato membro in cui viene proposto il ricorso o intentata l’azione. Spetta allo Stato membro decidere se la parte che intende proporre ricorso o intentare un’azione debba consultare o no l’ente legittimato. Qualora non venga posto termine alla violazione entro le due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, la parte interessata può presentare senza indugio un ricorso o intentare un’azione per provvedimento inibitorio. 2. Le modalità di consultazione preliminare decise dagli Stati membri sono notificate alla Commissione, che le pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 6 Relazioni 1. Ogni tre anni e per la prima volta entro il 2 luglio 2003, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva. 2. Nella prima relazione, la Commissione esamina in particolare: a) l’ambito di applicazione della presente direttiva in relazione alla tutela degli interessi collettivi delle persone che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o una professione liberale; b) l’ambito di applicazione della presente direttiva come definito dalle direttive elencate nell’allegato I; c) il ruolo svolto dalla consultazione preliminare di cui all’articolo 5, al fine di tutelare efficacemente i consumatori. Se del caso, la relazione è corredata di proposte di modifica della presente direttiva. Articolo 7 Disposizioni relative a una più ampia legittimazione ad agire La presente direttiva non osta al mantenimento in vigore o all’adozione da parte degli Stati membri di norme che conferiscano sul piano nazionale una più ampia legittimazione ad agire agli enti abilitati nonché a qualsiasi altro interessato. Articolo 8 Attuazione Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 Abrogazione La direttiva 98/27/CE modificata dalle direttive di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive elencate nell’allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato III. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il 29 dicembre 2009. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 161 del 13.7.2007, pag. 39. (2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2007 (GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 73) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51. (4) Cfr. allegato II, parte A. ALLEGATO I ELENCO DELLE DIRETTIVE DI CUI ALL’ARTICOLO 1 (1) 1. Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372 del 31.12.1985, pag. 31). 2. Direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU L 42 del 12.2.1987, pag. 48) (2). 3. Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive: articoli da 10 a 21 (GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23). 4. Direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente viaggi, vacanze e circuiti «tutto compreso» (GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59). 5. Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29). 6. Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda i contratti negoziati a distanza (GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19). 7. Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12). 8. Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1). 9. Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano: articoli da 86 a 100 (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67). 10. Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16). 11. Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22). 12. Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36). 13. Direttiva 2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di cambio (GU L 33 del 3.2.2009, pag. 10). (1) Le direttive di cui ai punti 5, 6, 9 e 11 contengono disposizioni specifiche in materia di ricorsi e azioni per provvedimenti inibitori. (2) Detta direttiva è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori (GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66), con effetto dal 12 maggio 2010. ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata e relative modifiche (di cui all’articolo 9) Direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51). Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12). limitatamente all’articolo 10 Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1). limitatamente all’articolo 18, paragrafo 2 Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16). limitatamente all’articolo 19 Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22). limitatamente all’articolo 16, paragrafo 1 Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36). limitatamente all’articolo 42 PARTE B Termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione (di cui all’articolo 9) Direttive Termine di recepimento Data di applicazione 98/27/CE 1o gennaio 2001 — 1999/44/CE 1o gennaio 2002 — 2000/31/CE 16 gennaio 2002 — 2002/65/CE 9 ottobre 2004 — 2005/29/CE 12 giugno 2007 12 dicembre 2007 2006/123/CE 28 dicembre 2009 — ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 98/27/CE Presente direttiva Articoli da 1 a 5 Articoli da 1 a 5 Articolo 6, paragrafo 1 Articolo 6, paragrafo 1 Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, primo trattino Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, terzo trattino Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera c) Articolo 6, paragrafo 2, secondo comma Articolo 6, paragrafo 2, secondo comma Articolo 7 Articolo 7 Articolo 8, paragrafo 1 — Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 9 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11 Allegato Allegato I — Allegato II — Allegato III
Provvedimenti inibitori a tutela degli interessi collettivi dei consumatori (fino al 2023) QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Tale direttiva introduce le normative dell’Unione Europea (Unione) per assicurare che gli inibitori siano abbastanza effettivi per terminare violazioni le quali nocive agli interessi comuni dei consumatori. La direttiva sarà abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2020/1828 (si veda la sintesi) a partire dal 25 giugno 2023. PUNTI CHIAVE Gli inibitori mirano a terminare o vietare violazioni che siano contrari agli interessi comuni dei consumatori. l’allineamento della legislazione come concordato con la direttiva permette che questi inibitori siano più effettivi e inoltre abilita il mercato interno dell’Unione per il funzionamento regolare. Le violazioni interessate includono quelle relative al credito al consumopacchetto turistico, clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori contratti a distanza e pratiche commerciali sleali. L’intera lista delle direttive interessate possono essere trovate nell’Allegato I della Direttiva 2009/22/CE. Il ricorso ai provvedimenti inibitori può condurre a:La cessazione o vietare una violazione, secondo un riepilogo di procedura* appropriata;l’eliminazione di effetti continui di una violazione, particolarmente attraverso la pubblicazione della decisione;la condanna degli imputati di ottemperare ad una decisione mediante la richiesta di pagamento di una sanzione. Gli enti competenti a proporre ricorsi e azioni a norma devono avere un interesse legittimo nell’assicurare che l’interesse comune dei consumatori e lo svolgimento regolare del mercato interno siano stati rispettati. Questo è il caso, in particolare, per gli enti pubblici indipendenti responsabili per la protezione dell’interesse comune dei consumatori o per la protezione delle organizzazione del consumatore. Una lista di enti competenti potrebbero ricorrere ad azione in caso di violazioniall’interno dell’Unione è stabilito dalla Commissione europea e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Per una lista di enti competenti che devono essere in grado di agire in caso di violazioni all’interno dell’Unione, vedi qui.Gli Stati membri dell’Unione può decidere, nel caso in cui un’azione deve essere apportata, se ci dovrebbe essere una consultazione preventiva tra le due parti, in presenza o non di un ente competente proveniente da quel paese. Qualora non venga posto termine alla violazione entro le due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, il provvedimento inibitorio può essere intentato immediatamente. Uno studio sull’applicazione della direttiva 2009/22/CE è stato effettuato nel 2011 ed è stato utilizzato per la preparazione di una relazione della Commissione pubblicata nel 2012. La direttiva è stata valutata nel 2017 all’interno del ‘controllo di qualità’ del consumatore e della legge sul marketing dell’Unione.Abrogazione La direttiva 2009/22/CE sarà abrogata e sostituita dalla Direttiva (UE) 2020/1828 dal 25 giugno 2023. Quest’ultima è stata adottata seguendo l’iniziativa del «nuovo accordo per i consumatori» della Commissione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 29 dicembre 2009. La direttiva 2009/22/CE ha codificato e sostituito la direttiva 98/27/CE e successive modifiche. La direttiva originale 98/27/CE è dovuta diventare legge negli Stati membri dal 2001. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Inibitori (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Riepilogo procedure. Una procedura speciale abilita il tribunale arbitrale a rifiutare dichiarazione abusive e inammissibili allo stadio preliminare di un procedimento arbitrale. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (Versione codificata) Testo rilevante ai fini del SEE (GU L 110 del 1.5.2009, pag. 30). Le successive modifiche alla direttiva 2009/22/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione sul ‘controllo di qualità’ del consumatore e della legge sul marketing del 25 maggio 2017 [SWD (2017) finale 209]. Relazione della Commissione al parlamento europeo e al consiglio concernente l’applicazione della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori [COM(2012) finale 635, 6.11.2012]. Raccomandazione della Commissione 2013/396/UE dell’ 11 giugno 2013, relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (GU L 201 del 26.7.2013, pag. 60). Notifica della Commissione concernente l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (versione codificata della direttiva 98/27/CE), riguardante gli enti legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2 di tale direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE) (GU L 361 del 30.9.2016, pag. 1). Rettifica della notifica della Commissione concernente l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (versione codificata della direttiva 98/27/CE), riguardante gli enti legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2 di tale direttiva (GU L 6 del 6.10.2016, pag. 6).
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Direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0016 - 0021 DIRETTIVA 98/59/CE DEL CONSIGLIO del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettiviIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),(1) considerando che, a fini di razionalità e chiarezza, occorre procedere alla codificazione della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (3);(2) considerando che occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nella Comunità;(3) considerando che, nonostante un'evoluzione convergente, sussistono differenze tra le disposizioni in vigore negli Stati membri della Comunità per quanto riguarda le modalità e la procedura dei licenziamenti collettivi e le misure che possono attenuare per i lavoratori le conseguenze di tali licenziamenti;(4) considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato interno;(5) considerando che la risoluzione del Consiglio del 21 gennaio 1974 relativa ad un programma di azione sociale (4) ha previsto una direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda i licenziamenti collettivi;(6) considerando che nella carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo, si dichiara in particolare al punto 7, primo comma, prima frase, e secondo comma, al punto 17, primo comma, e al punto 18, terzo trattino:«7. La realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea (. . .).Tale miglioramento deve consentire, dove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti.(. . .)17. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.(. . .)18. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare nei casi seguenti:(- . . .)(- . . .)- in occasione di procedure di licenziamenti collettivi;(- . . .)»;(7) considerando che è quindi necessario promuovere tale ravvicinamento nel progresso, ai sensi dell'articolo 117 del trattato;(8) considerando che, per calcolare il numero di licenziamenti previsti nella definizione di licenziamenti collettivi ai sensi della presente direttiva occorre assimilare ai licenziamenti altre forme di cessazione del contratto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro, purché i licenziamenti siano almeno cinque;(9) considerando che occorre prevedere che la presente direttiva sia applicabile in linea di massima anche ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione della attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria;(10) considerando che occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di prevedere che i rappresentanti dei lavoratori possano ricorrere ad esperti a motivo della complessità tecnica delle materie che potrebbero formare oggetto di informazione e consultazione;(11) considerando che occorre garantire l'adempimento degli obblighi del datore di lavoro in materia di informazione, consultazione e comunicazione indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli;(12) considerando che occorre che gli Stati membri provvedano a che i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per adempiere agli obblighi previsti dalla presente direttiva;(13) considerando che la presente direttiva deve lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:SEZIONE I Definizione e campo di applicazione Articolo 1 1. Ai fini dell'applicazione della presente direttiva:a) per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:i) per un periodo di 30 giorni:- almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;- almeno pari al 10 % del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;- almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;ii) oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;b) per rappresentanti dei lavoratori si intendono i rappresentanti dei lavoratori previsti dal diritto o dalla pratica in vigore negli Stati membri.Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.2. La presente direttiva non si applica:a) ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell'espletamento del compito previsto nei suddetti contratti;b) ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico (o, negli Stati membri in cui tale nozione è sconosciuta, degli enti equivalenti);c) agli equipaggi di navi marittime.SEZIONE II Informazione e consultazione Articolo 2 1. Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.2. Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.Gli Stati membri possono disporre che i rappresentanti dei lavoratori possano far ricorso ad esperti in conformità delle legislazioni e/o prassi nazionali.3. Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:a) fornire loro tutte le informazioni utili eb) comunicare loro, comunque, per iscritto:i) le ragioni del progetto di licenziamento,ii) il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare,iii) il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati,iv) il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti,v) i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro,vi) il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.Il datore di lavoro deve trasmettere all'autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v).4. Gli obblighi di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono applicabili indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi di informazione, consultazione e notifica previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto dei mezzi di difesa del datore di lavoro basati sul fatto che l'impresa che ha preso la decisione determinante il licenziamento collettivo non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.SEZIONE III Procedura di licenziamento collettivo Articolo 3 1. Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all'autorità pubblica competente.Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere che in caso di un progetto di licenziamento collettivo determinato dalla cessazione delle attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria, il datore di lavoro debba notificarlo per iscritto all'autorità pubblica competente soltanto dietro richiesta di quest'ultima.La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all'articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s'effettueranno i licenziamenti.2. Il datore di lavoro deve trasmettere ai rappresentanti dei lavoratori copia della notifica prevista al paragrafo 1.I rappresentanti dei lavoratori possono presentare le loro eventuali osservazioni all'autorità pubblica competente.Articolo 4 1. I licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all'autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all'articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di ridurre il termine fissato al primo comma.2. L'autorità pubblica competente si avvale del termine di cui al paragrafo 1 per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati.3. Se il termine iniziale fissato nel paragrafo 1 è inferiore a 60 giorni, gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di prorogare il termine iniziale fino a 60 giorni dalla notifica, quando esista il rischio che i problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati non possano essere risolti entro il termine iniziale.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente più ampie facoltà di proroga.Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l'hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale previsto al paragrafo 1.4. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il presente articolo ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione delle attività di uno stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria.SEZIONE IV Disposizioni finali Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l'applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente direttiva.Articolo 7 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano o hanno già adottato nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8 1. Le direttive che figurano all'allegato I, parte A, sono abrogate, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione che figurano all'allegato I, parte B.2. I riferimenti fatti alle direttive abrogate si devono intendere come fatti alla presente direttiva e devono essere letti secondo la tavola di concordanza che figura all'allegato II.Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 luglio 1998.Per il ConsiglioIl presidenteW. MOLTERER(1) GU C 210 del 6. 7. 1998.(2) GU C 158 del 26. 5. 1997, pag. 11.(3) GU L 48 del 22. 2. 1975, pag. 29. Direttiva modificata dalla direttiva 92/56/CEE (GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 3).(4) GU C 13 del 12. 2. 1974, pag. 1.ALLEGATO I PARTE A Direttive abrogate (previste all'articolo 8) Direttiva 75/129/CEE del Consiglio e la seguente modifica:Direttiva 92/56/CEE del Consiglio.PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (previsti all'articolo 8) >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II >SPAZIO PER TABELLA>
Licenziamenti collettivi: informazione e consultazione del personale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Obbliga i datori di lavoro a informare e consultare i rappresentanti del personale in caso di licenziamento collettivo*. Specifica i punti da trattare nell’ambito di tali consultazioni nonché le informazioni che i datori di lavoro devono fornire. Essa stabilisce inoltre le norme procedurali di licenziamento collettivo. PUNTI CHIAVE La direttiva non si applica: ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti; ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico. Inoltre, i diritti dei lavoratori in presenza di un passaggio di proprietà dell’impresa oppure di insolvenza da parte dell’azienda sono disciplinati da altre leggi dell’Unione europea (UE). Consultazioni I datori di lavoro che prevedono di effettuare licenziamenti collettivi devono tenere consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori in tempo utile al fine di giungere ad un accordo. Nelle consultazioni devono almeno essere esaminate le possibilità di: evitare o ridurre i licenziamenti collettivi; attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. Il comitato aziendale europeo migliora i diritti dei lavoratori per quanto riguarda l’informazione e la consultazione transnazionale con le aziende che operano in tutta l’UE. Informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro I paesi dell’UE possono attuare misure che consentono ai rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ai servizi di esperti in conformità con i regolamenti nazionali. Il datore di lavoro deve fornire ai rappresentanti dei lavoratori tutte le informazioni utili durante lo svolgimento delle consultazioni e comunicare loro in forma scritta quanto segue: i motivi del licenziamento; il periodo nel corso del quale si effettueranno i licenziamenti; il numero e le categorie di lavoratori abitualmente occupati; il numero e le categorie di lavoratori che dovranno essere licenziati; i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare; il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento (laddove applicabile). Procedura di licenziamento collettivo Il datore di lavoro deve attenersi alla seguente procedura: Notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente. La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni tenute, fatta eccezione per il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento. Qualora i lavoratori coinvolti siano i membri dell’equipaggio di una nave marittima, il datore di lavoro invierà la notifica all’autorità competente dello Stato di cui la nave batte bandiera. Trasmettere una copia della notifica ai rappresentanti dei lavoratori, i quali potranno inviare i loro commenti all’autorità pubblica competente. I licenziamenti collettivi avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica; l’autorità pubblica competente si avvarrà di questo termine per cercare soluzioni. I paesi dell’UE possono conferire all’autorità pubblica la facoltà di ridurre tale periodo o di estenderlo a 60 giorni dalla notifica, nel caso in cui i problemi non risultino risolvibili entro il periodo iniziale, nonché accordare più ampie facoltà di proroga. Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l’hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 1o settembre 1998. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: «Coinvolgimento dei lavoratori: licenziamenti collettivi» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Licenziamento collettivo: la situazione in cui un datore di lavoro decide di licenziare un gruppo di lavoratori. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16-21) Le successive modifiche alla direttiva 98/59/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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Risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione, riuniti in sede di Consiglio, del 6 dicembre 1990, concernente la rete EURYDICE di informazione sull'istruzione nella Comunità europea Gazzetta ufficiale n. C 329 del 31/12/1990 pag. 0023 - 0024 RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI DELL'ISTRUZIONE, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 6 dicembre 1990 concernente la rete EURYDICE di informazione sull'istruzione nella Comunità europea (90/C 329/08) IL CONSIGLIO ED I MINISTRI DELL'ISTRUZIONE RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO, con riferimento alla risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio, del 9 febbraio 1976, contenente un programma d'azione nel settore dell'istruzione (1), oltre che alla relazione generale del comitato dell'istruzione, approvato quanto al merito dal Consiglio e dai ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio, nella sessione del 27 giugno 1980, concernente la definizione di una rete d'informazione sull'istruzione, denominata EURYDICE, oltre che, per la fase iniziale, i destinatari, i temi prioritari e la struttura di funzionamento della rete; con riferimento a numerose risoluzioni del Parlamento europeo, ed in particolare a quella dell'11 marzo 1982 (2) concernente l'istituzione della rete EURYDICE; considerando che il processo di integrazione politica, economica e sociale della Comunità europea ha come conseguenza un aumento quantitativo e qualitativo dei bisogni d'informazione sui sistemi di istruzione e formazione e su problemi specifici relativi allo sviluppo dei sistemi di insegnamento e che la rete EURYDICE è parte di un insieme di fonti pubbliche e private di informazione in materia di istruzione nella Comunità; considerando che nelle conclusioni del 6 ottobre 1989 (3), il Consiglio e i ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio hanno convenuto di sviluppare la cooperazione in materia di istruzione nella prospettiva del 1993 e che hanno riconosciuto la validità della rete EURYDICE in quanto strumento di questa cooperazione, da ultimo nelle conclusioni del 31 maggio 1990 (4) riguardanti le riunioni degli alti funzionari; considerando che la risoluzione del Consiglio del 22 gennaio 1990 prevede lo sviluppo di un programma che ha per obiettivo la realizzazione di reti transeuropee, delle quali la rete EURYDICE può essere considerata un elemento; congratulandosi per le misure prese dalla Commissione per sviluppare la cooperazione con organizzazioni internazionali in questo settore, e soprattutto con il Consiglio d'Europa per la coproduzione del Thesaurus europeo dell'istruzione; prendendo atto del rapporto della Commissione sui dieci anni di attività di EURYDICE, che mette in rilievo il bisogno di definire meglio e di sviluppare la rete d'informazione sull'istruzione nella Comunità europea, ADOTTANO LA PRESENTE RISOLUZIONE: 1. Per intensificare e migliorare la cooperazione in materia di istruzione fra gli Stati membri e la Comunità, oltre che facilitare la preparazione di iniziative a livello nazionale e comunitario, risulta necessario rafforzare e sviluppare la rete EURYDICE come strumento principale d'informazione sulle strutture, i sistemi, gli sviluppi nazionali e comunitari nel campo dell'istruzione. La rete è costituita da un'unità europea e da unità negli Stati membri ed è concepita come un sistema che permette lo scambio reciproco di informazioni a carattere documentario. 2.Lo sviluppo della rete EURYDICE dovrà contribuire a: a) migliorare innanzitutto la procedura del dispositivo domande/risposte destinato a fornire rapidamente un'informazione affidabile alle autorità responsabili ai livelli nazionali e comunitario; b)facilitare poi l'elaborazione di analisi comparative, rapporti e sintesi su temi prioritari comuni, definiti soprattutto all'interno del comitato dell'istruzione e nelle riunioni regolari degli alti funzionari; c)diversificare anche la diffusione dei prodotti disponibili nell'ambito della rete, collaborando con altri enti pubblici e privati. 3.Nei limiti costituzionali e finanziari e nell'ambito delle loro politiche e strutture specifiche, gli Stati membri e la Commissione sono invitati, nello spirito del principio di sussidiarietà, a promuovere le attività seguenti: a) rendere più coerente ed efficace il processo di raccolta e di trattamento documentario delle informazioni utilizzando pienamente le nuove tecnologie; b)rendere più accessibili le diverse fonti di informazioni specializzate, favorendo la cooperazione fra le unità della rete e le strutture e servizi di informazione sull'istruzione e la formazione, ai livelli nazionali e a quello comunitario; c)procedere ad una revisione dei metodi di lavoro al fine di garantire una maggiore efficacia ed efficienza. 4.Le unità degli Stati membri dovranno essere messe in condizione di svolgere un duplice ruolo: da una parte, fornire alla rete europea le informazioni relative allo sviluppo del proprio sistema di insegnamento; d'altra parte, servire da relais di diffusione dell'informazione a livello nazionale sull'evoluzione dei sistemi e delle politiche dell'insegnamento degli Stati membri e delle attività comunitarie concernenti la cooperazione in materia di istruzione. 5.Al fine di assicurare un'informazione più coerente sulle attività comunitarie, le unità degli Stati membri, dovranno essere in collegamento con i responsabili nazionali delle attività comunitarie in materia di istruzione e formazione. 6.Affinché possano svolgere le proprie funzioni in una rete europea attiva, le unità degli Stati membri dovranno prendere misure adeguate per quanto riguarda il personale e la sua formazione, nonché le attrezzature. 7.La Commissione è invitata a rinforzare il ruolo di dinamizzazione e coordinazione dell'unità europea EURYDICE negli scambi di informazione all'interno della rete, soprattutto attraverso l'alimentazione delle banche dati della rete, e favorendo l'elaborazione e la diffusione delle informazioni. 8.L'unità europea, con il concorso delle unità degli Stati membri, dovrà sviluppare un sistema di informazione automatizzato in materia di istruzione e facilitare l'accesso delle unità alle altre banche dati comunitarie. 9.L'unità europea, con il concorso delle unità degli Stati membri, dovrà contribuire a diffondere l'informazione sulle attività comunitarie in materia di istruzione e formazione, segnatamente in cooperazione con il Centro per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP) e con la rete della Comunità europea e dei centri nazionali di informazione per il riconoscimento accademico (NARIC). 10.L'unità europea dovrà fornire l'assistenza tecnica alla preparazione ed al seguito delle riunioni degli alti funzionari, con il concorso delle Unità degli Stati membri. 11.La Commissione è invitata a proseguire la propria cooperazione con le organizzazioni internazionali che svolgono attività in questo settore, ed in particolare con il Consiglio d'Europa e l'OCSE, associando la rete EURYDICE in questa cooperazione. 12.La Commissione è invitata a rinforzare i legami con il programma esistente di visite di studio per specialisti dell'educazione (ARION), il cui obiettivo è del pari lo scambio di informazioni fra i sistemi di insegnamento, associando EURYDICE alla preparazione delle visite ed all'utilizzazione dell'informazione acquisita attraverso tali visite. 13.La Commissione è invitata a presentare al Consiglio una relazione sull'andamento dei lavori concernente in particolare le attività descritte nel paragrafo 3 in merito allo scambio di informazioni in materia di istruzione. (1) GU n. C 38 del 19. 2. 1976. (2) GU n. C 87 del 5. 4. 1982. (3) GU n. C 277 del 31. 10. 1989. (4) GU n. C 162 del 31. 5. 1990.
Eurydice: la rete europea dedicata alle informazioni sulle politiche e i sistemi d'istruzione QUAL È LO SCOPO DELLA RISOLUZIONE? Essa intende rafforzare e sviluppare la rete Eurydice, che offre informazioni sulle strutture, i sistemi e gli sviluppi nel campo dell'istruzione a livello nazionale ed europeo. PUNTI CHIAVE La rete Eurydice rappresenta una vastissima fonte di informazioni comparabili sui sistemi d’istruzione e sulle politiche educative in Europa e fornisce un'ampia gamma di analisi comparative su vari aspetti dei sistemi d'istruzione. La rete supporta la cooperazione europea nei settori dell'istruzione e dell'apprendimento permanente quando essa sia basata su elementi concreti. Attualmente, la rete comprende 42 unità nazionali in tutti e 38 i paesi partecipanti al Programma Erasmus+. Le informazioni fornite dalle unità di Eurydice comprendono dati relativi a documenti ufficiali, quali leggi, decreti, regolamenti e raccomandazioni. Tali informazioni vengono combinate dall'unità centrale di Eurydice (con sede a Bruxelles) con altre fonti di dati, come i dati statistici provenienti dall'Eurostat, dalla base di dati dell'UOE (una base di dati congiunta di Unesco, OCSE ed Eurostat) ed i risultati delle indagini internazionali sull'istruzione, allo scopo di produrre le relazioni finali. Mediante il suo lavoro, Eurydice intende promuovere la comprensione, la cooperazione, la fiducia e la mobilità a livello europeo e internazionale. La rete è composta da unità presenti nei paesi europei ed è coordinata dall'Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA) dell'UE. Tutte le pubblicazioni di Eurydice sono disponibili gratuitamente sul sito Internet di Eurydice o in formato cartaceo su richiesta. CONTESTO Per ulteriori informazioni su Eurydice, consultare: «Benvenuti su Eurydice» sul sito Internet dell'EACEA DOCUMENTO PRINCIPALE Risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione, riuniti in sede di Consiglio, del 6 dicembre 1990 concernente la rete Eurydice di informazione sull'istruzione nella Comunità europea (GU C 329 del 31.12.1990, pag. 23.24) ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 50-73)
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32014L0062
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DIRETTIVA 2014/62/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 83, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) L'euro, in quanto moneta unica condivisa dagli Stati membri della zona euro, è diventato un elemento importante dell'economia dell'Unione e della vita quotidiana dei suoi cittadini. Tuttavia, da quando è stato introdotto nel 2002, poiché è una valuta che continua a essere nel mirino di gruppi della criminalità organizzata attivi nel settore della falsificazione monetaria, la sua contraffazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di EUR. È nell'interesse dell'Unione nel suo complesso contrastare e reprimere le attività che possono compromettere l'autenticità dell'euro mediante falsificazione. HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione dell'euro e di altre valute. Essa introduce anche disposizioni comuni per rafforzare la lotta avverso tali reati, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione nella lotta alla falsificazione. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: a) «valuta»: le banconote e le monete metalliche la cui circolazione sia legalmente autorizzata, comprese le banconote e le monete metalliche la cui immissione in circolazione è legalmente autorizzata ai sensi del regolamento (CE) n. 974/98; b) «persona giuridica»: soggetto avente personalità giuridica in forza del diritto applicabile, a eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 3 Reati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che costituiscano reato le condotte seguenti, se compiute intenzionalmente: a) contraffazione o alterazione fraudolenta di monete, qualunque ne sia il modo; b) immissione in circolazione fraudolenta di monete falsificate; c) importazione, esportazione, trasporto, ricettazione o procacciamento di monete falsificate, riconosciute tali, per la loro immissione in circolazione; d) fabbricazione fraudolenta, ricettazione, procacciamento o possesso di: i) strumenti, oggetti, programmi informatici e dati nonché ogni altro mezzo che per loro natura sono particolarmente atti alla contraffazione o all'alterazione di monete; o ii) elementi di sicurezza quali ologrammi, filigrane o altri componenti della valuta che servono ad assicurarne la protezione contro la falsificazione. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano punibili anche per quanto riguarda banconote o monete metalliche fabbricate usando strumenti o materiali legali in violazione dei diritti o delle condizioni a cui le autorità competenti possono emettere banconote o monete metalliche. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui ai paragrafi 1 e 2 siano punibili anche per quanto riguarda banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale. Articolo 4 Induzione, favoreggiamento, concorso e tentativo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che l'induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione ai reati di cui all'articolo 3 siano punibili come reati. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che il tentativo di commettere i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c), all'articolo 3, paragrafi 2 o 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) e c), sia punibile come reato. Articolo 5 Sanzioni per le persone fisiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 3 e 4 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), siano punibili con una sanzione massima che preveda la reclusione. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno otto anni. 4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno cinque anni. 5. Per quanto riguarda il reato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive diverse da quelle di cui al paragrafo 4 del presente articolo, tra cui multe e reclusione, qualora la valuta falsificata sia stata ricevuta senza sapere che era falsa ma fatta poi circolare anche se riconosciuta tale. Articolo 6 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all'interno della persona giuridica, basata: a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure c) sul potere di esercitare il controllo all'interno della persona giuridica. 2. Gli Stati membri assicurano che una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude l'azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 7 Sanzioni per le persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che la persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell'articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre sanzioni, quali: a) l'esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici; b) l'interdizione temporanea o permanente dall'esercizio di un'attività d'impresa; c) l'assoggettamento a vigilanza giudiziaria; d) la liquidazione giudiziaria; e) la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato. Articolo 8 Competenza giurisdizionale 1. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 quando: a) il reato è stato commesso in tutto o in parte nel proprio territorio; o b) l'autore del reato sia un proprio cittadino. 2. Ogni Stato membro la cui valuta è l'euro adotta le misure necessarie per definire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi al di fuori del proprio territorio, almeno nella misura in cui riguardino l'euro e quando: a) l'autore del reato si trova nel territorio di tale Stato membro e non sia estradato; o b) le banconote o le monete metalliche in euro falsificate connesse con il reato sono state rinvenute nel territorio di tale Stato membro. Ai fini dell'azione penale avverso i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, qualora si riferiscano all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), nonché a induzione, favoreggiamento e concorso, e tentativo di commettere tali reati, ogni Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che la propria competenza giurisdizionale non sia subordinata alla condizione che gli atti costituiscano reato nel luogo in cui sono stati commessi. Articolo 9 Strumenti di indagine Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone, le unità o i servizi preposti alle indagini o all'azione penale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 dispongano di efficaci strumenti di indagine, come quelli usati per le indagini riguardanti la criminalità organizzata o altre forme gravi di criminalità. Articolo 10 Obbligo di trasmettere le banconote e le monete metalliche in euro falsificate per l'analisi e il rinvenimento dei falsi Gli Stati membri assicurano che durante il procedimento penale sia consentito senza indugio, da parte del centro nazionale di analisi e del centro nazionale di analisi delle monete metalliche, l'esame di banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ai fini dell'analisi e dell'individuazione e rinvenimento degli altri falsi. Le autorità competenti trasmettono senza indugio i necessari campioni al più tardi una volta raggiunta una decisione definitiva riguardo al procedimento penale. Articolo 11 Statistiche Gli Stati membri, almeno ogni due anni, trasmettono alla Commissione dati concernenti il numero di reati di cui agli articoli 3 e 4 e il numero di persone perseguite e condannate per i reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 12 Presentazione di relazioni da parte della Commissione e riesame Entro il 23 maggio 2019, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva. La relazione valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. La relazione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa. Articolo 13 Sostituzione della decisione quadro 2000/383/GAI La decisione quadro 2000/383/GAI è sostituita dalla presente direttiva per quanto riguarda gli Stati membri vincolati da quest'ultima, fatti salvi gli obblighi di tali Stati membri relativi al termine per il recepimento della decisione quadro 2000/383/GAI nell'ordinamento nazionale. Per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, i riferimenti alla decisione quadro 2000/383/GAI si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 14 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 maggio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 15 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 16 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 179 del 25.6.2013, pag. 9. (2) GU C 271 del 19.9.2013, pag. 42. (3) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014. (4) Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1). (5) Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). (6) Regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11). (7) Società delle Nazioni, raccolta dei trattati (1931) n. 2623, pag. 372. (8) Decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1).
Sanzioni penali contro la falsificazione monetaria Secondo la Banca centrale europea, dall’introduzione della moneta unica nel 2002, la falsificazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di euro all’economia dell’Unione europea (UE). È stata adottata una nuova legge per proteggere l’euro e le altre valute dalla falsificazione. ATTO Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio. SINTESI La nuova direttiva dell’UE stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione monetaria. Essa introduce disposizioni comuni per combattere la falsificazione, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione tra i paesi dell’UE nella lotta alla falsificazione. Reati I paesi dell’UE devono introdurre misure per garantire che ogni fabbricazione, ricezione, procacciamento o possesso di strumenti, oggetti, programmi informatici ed elementi per la sicurezza (quali ologrammi o filigrane), se intenzionalmente fraudolenti, siano punibili. La condotta intenzionale dovrebbe essere punibile anche in relazione a banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale, come dovrebbero esserlo l’induzione, il favoreggiamento e il concorso . Sanzioni individuali (persone fisiche) Le sanzioni introdotte devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Inoltre, devono prevedere la reclusione. Il termine massimo per la pena di reclusione (da 5 a 8 anni, a seconda dei casi) deve essere applicato almeno alle forme più gravi del reato di falsificazione. Benché far circolare intenzionalmente la valuta falsificata ricevuta in buona fede, rappresenti una condotta punibile con sanzioni, tra cui le multe, si ritiene opportuno prevedere la reclusione come sanzione massima stabilita dalla legge nazionale degli Stati membri dell’UE. Responsabilità e sanzioni per le entità giuridiche I paesi dell’UE devono assicurare che le entità giuridiche (ad esempio le aziende e le associazioni) possano rispondere in relazione ai reati in alternativa ai singoli (persone fisiche) e applicare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive alle persone giuridiche. La gamma delle sanzioni applicate deve essere stabilita, comprendendo l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici, l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa, l’assoggettamento a vigilanza giudiziaria. Analisi e rinvenimento di banconote e monete metalliche falsificate in euro I paesi dell’UE devono garantire che i propri centri nazionali di analisi e i propri centri nazionali di analisi delle monete metalliche possano esaminare banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ed essere disponibili per i procedimenti penali in corso ai fini del rinvenimento di ulteriori falsi. Applicazione L’Irlanda ha aderito alla presente direttiva. La Danimarca e il Regno Unito (1), tuttavia, non sono vincolati dalla stessa. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/62/UE 22.5.2014 23.5.2016 GU L 151 del 21.5.2014
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32013R1311
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REGOLAMENTO (UE, EURATOM) N. 1311/2013 DEL CONSIGLIO del 2 dicembre 2013 che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 312, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 106 bis, vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando conformemente a una procedura legislativa speciale, considerando quanto segue: (1) I massimali annui degli stanziamenti per impegni per categoria di spesa e i massimali annui degli stanziamenti per pagamenti stabiliti dal presente regolamento devono rispettare i massimali fissati per gli impegni e le risorse proprie nella decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio (1). (2) Tenuto conto della necessità di un adeguato livello di prevedibilità per la preparazione e l’attuazione degli investimenti a medio termine, la durata del quadro finanziario pluriennale (QFP) deve essere fissata a sette anni a partire dal 1o gennaio 2014. Si procederà ad un riesame entro il 2016, dopo le elezioni del Parlamento europeo. Ciò consentirà alle istituzioni, incluso il Parlamento europeo eletto nel 2014, di valutare nuovamente le priorità. I risultati di tale riesame devono essere presi in considerazione in qualsiasi eventuale revisione del presente regolamento per i restanti anni del QFP. Tale procedura sarà in seguito denominata "riesame-revisione". (3) Nel contesto del riesame/della revisione intermedia del QFP, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione convengono di esaminare congiuntamente, prima che la Commissione presenti le sue proposte, la durata più appropriata per il QPF successivo, al fine di raggiungere il giusto equilibrio tra i rispettivi mandati dei membri della Commissione e del Parlamento europeo, e la necessità di stabilità per i cicli di programmazione e la prevedibilità degli investimenti. (4) Dovrebbe essere applicata una flessibilità specifica e al livello massimo possibile per permettere all'Unione di adempiere ai suoi obblighi in conformità dell'articolo 323 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). (5) I seguenti strumenti specifici per consentire all'Unione di rispondere a particolari circostanze impreviste o per consentire il finanziamento di spese chiaramente identificate che non potrebbero essere finanziate all'interno dei massimali disponibili di una o più rubriche a norma del quadro finanziario, facilitando così la procedura di bilancio: la riserva per aiuti d'urgenza, il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, lo strumento di flessibilità, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il margine per imprevisti, la flessibilità specifica per la lotta alla disoccupazione giovanile e il rafforzamento della ricerca nonché il margine globale per gli impegni per la crescita e l'occupazione, in particolare l'occupazione giovanile. È pertanto opportuno adottare disposizioni specifiche che prevedano la possibilità di iscrivere in bilancio stanziamenti di impegno oltre i limiti dei massimali fissati dal QFP ove sia necessario ricorrere a strumenti speciali. (6) Se è necessario attivare le garanzie prestate dal bilancio generale dell'Unione per i prestiti concessi a titolo del meccanismo di sostegno delle bilance dei pagamenti o del meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria di cui, rispettivamente, al regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio (2) e al regolamento (CE) n. 407/2010 del Consiglio (3), l'importo necessario deve essere attivato oltre i limiti degli stanziamenti di impegno e di pagamento del QFP nel rispetto del massimale delle risorse proprie. (7) Il QFP dev'essere fissato a prezzi 2011. Devono inoltre essere stabilite le regole di adeguamento tecnico del QFP per ricalcolare i massimali e i margini disponibili. (8) Il QFP non deve tener conto delle voci di bilancio finanziate da entrate con destinazione specifica, ai sensi del regolamento (UE, Euratom) n. 966/20112 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) ("regolamento finanziario"). (9) Potrà essere necessario rivedere il presente regolamento in caso di circostanze impreviste che non possono essere gestite entro il limite dei massimali fissati dal QFP. In tali circostanze è pertanto necessario prevedere la revisione del QFP. (10) Occorre disciplinare altre situazioni che potrebbero richiedere l'adeguamento o la revisione del QFP. Tali adeguamenti o revisioni potrebbero essere connessi all'esecuzione del bilancio, alle misure che collegano l'efficacia dei finanziamenti alla corretta gestione economica, alla revisione dei trattati, agli allargamenti, alla riunificazione di Cipro o all'adozione tardiva di nuove norme che disciplinano determinati settori politici. (11) Le dotazioni nazionali relative alla politica di coesione vengono fissate sulla base dei dati statistici e delle previsioni utilizzate per l'aggiornamento del luglio 2012 della proposta della Commissione relativa al presente regolamento. In considerazione delle difficoltà di previsione e dell'impatto per gli Stati membri soggetti a livellamento e per tenere conto della situazione particolarmente difficile degli Stati membri colpiti dalla crisi, nel 2016 la Commissione riesaminerà le dotazioni complessive di tutti gli Stati membri nell'ambito dell'obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" della politica di coesione per il periodo 2017-2020. (12) È necessario stabilire le norme generali in materia di cooperazione interistituzionale nel corso della procedura di bilancio. (13) Sono inoltre necessarie disposizioni specifiche per gestire i grandi progetti infrastrutturali la cui durata è decisamente superiore a quella fissata per il QFP. Devono essere fissati importi massimi per i contributi a tali progetti a carico del bilancio generale dell'Unione garantendo così che non incidano su altri progetti finanziati da tale bilancio. (14) È opportuno che la Commissione presenti una proposta relativa al nuovo quadro finanziario pluriennale prima del 1o gennaio 2018, onde consentire alle istituzioni di adottarla con sufficiente anticipo rispetto all'inizio del quadro finanziario pluriennale successivo. Il presente regolamento dovrebbe continuare ad essere applicato qualora un nuovo quadro finanziario non venga adottato prima del termine del periodo di validità del QFP di cui al presente regolamento. (15) Il Comitato economico e sociale nonché il Comitato delle regioni sono stati consultati e hanno adottato pareri (5), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I Disposizioni generali Articolo 1 Quadro finanziario pluriennale Il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 ("QFP") è stabilito in allegato. Articolo 2 Riesame/revisione intermedia del QFP Entro la fine del 2016 la Commissione presenta un riesame del funzionamento del QFP, tenendo pienamente conto della situazione economica in quel momento nonché delle proiezioni macroeconomiche più aggiornate. Tale riesame obbligatorio è, se del caso, accompagnato da una proposta legislativa di revisione del presente regolamento in conformità delle procedure stabilite nel TFUE. Fatto salvo l'articolo 7 del presente regolamento, le dotazioni nazionali preassegnate non sono ridotte nell'ambito di tale revisione. Articolo 3 Rispetto dei massimali del QFP 1. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, nel corso di ciascuna procedura di bilancio e durante l'esecuzione del bilancio dell'esercizio interessato, rispettano i massimali annui di spesa stabiliti dal QFP. Il sottomassimale per la rubrica 2, di cui all'allegato, è stabilito lasciando impregiudicata la flessibilità tra i due pilastri della politica agricola comune (PAC). Il massimale adeguato da applicare al pilastro I della PAC a seguito dei trasferimenti tra il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e i pagamenti diretti è fissato nel pertinente atto giuridico e il QFP è conseguentemente adeguato ai sensi dell'adeguamento tecnico previsto all'articolo 6, paragrafo 1 del presente regolamento. 2. Gli strumenti speciali di cui agli articoli da 9 a 15 garantiscono la flessibilità del QFP e devono essere fissati al fine di consentire il corretto svolgimento della procedura di bilancio. Possono essere iscritti in bilancio stanziamenti di impegno oltre i limiti dei massimali fissati dal QFP per le pertinenti rubriche ove risulti necessario l'utilizzo delle risorse a titolo della riserva per gli aiuti d'urgenza, del Fondo di solidarietà dell'Unione europea, dello strumento di flessibilità, del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, del margine per imprevisti, della flessibilità specifica per la lotta alla disoccupazione giovanile e il rafforzamento della ricerca nonché del margine globale per gli impegni per la crescita e l'occupazione, in particolare l'occupazione giovanile, conformemente al regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio (6), al regolamento (CE) n. 1927/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) e all'accordo interistituzionale fra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione (8). 3. Qualora sia necessario attivare una garanzia per un prestito coperto dal bilancio generale dell'Unione ai sensi del regolamento (CE) n. 332/2002 o del regolamento (UE) n. 407/2010, tale garanzia viene attivata oltre i limiti dei massimali stabiliti dal quadro finanziario. Articolo 4 Rispetto del massimale delle risorse proprie 1. Per ognuno degli esercizi coperti dal QFP, il totale degli stanziamenti di pagamento necessari, previo adeguamento annuale e tenuto conto degli adattamenti e revisioni intervenuti, nonché l'applicazione dell'articolo 3, paragrafi 2 e 3, non può portare a un tasso di versamento delle risorse proprie superiore al massimale fissato per le medesime risorse in conformità della decisione 2007/436/CE, Euratom. 2. Ove necessario, i massimali del QFP sono ridotti attraverso una revisione per garantire il rispetto del massimale delle risorse proprie stabilito dalla decisione 2007/436/CE, Euratom. Articolo 5 Margine globale per i pagamenti 1. Ogni anno, a partire dal 2015, nel quadro dell'adeguamento tecnico di cui all'articolo 4, la Commissione adegua verso l'alto il massimale di pagamento per gli anni 2015-2020 di un importo equivalente alla differenza tra i pagamenti eseguiti e il massimale di pagamento dell'anno n-1 del QFP. 2. Gli adeguamenti annuali non superano i seguenti importi massimi (a prezzi 2011) per il periodo 2018-2020 rispetto al massimale di pagamento originario degli anni in questione: 2018: 7 miliardi di EUR 2019: 9 miliardi di EUR 2020: 10 miliardi di EUR. 3. L'eventuale adeguamento verso l'alto è interamente compensato da una corrispondente riduzione del massimale di pagamento dell'anno n-1. Articolo 6 Adeguamenti tecnici 1. Ogni anno, la Commissione, prima della procedura di bilancio dell'esercizio n+1, effettua i seguenti adeguamenti tecnici del QFP: a) rivalutazione ai prezzi dell'anno n+1 dei massimali e degli importi globali degli stanziamenti di impegno e degli stanziamenti di pagamento; b) calcolo del margine residuo disponibile sotto il massimale delle risorse proprie stabilito in conformità della decisione 2007/436/CE, Euratom; c) calcolo dell'importo assoluto del margine per imprevisti definito all'articolo 13; d) calcolo del margine globale per i pagamenti previsto all'articolo 5; e) calcolo del margine globale per gli impegni previsto all'articolo 14; 2. La Commissione effettua gli adeguamenti tecnici di cui al paragrafo 1 sulla base di un deflatore fisso del 2 % annuo. 3. La Commissione comunica i risultati degli adeguamenti tecnici di cui al paragrafo 1 e le sottostanti previsioni economiche al Parlamento europeo e al Consiglio. 4. Fatti salvi gli articoli 7 e 8, per l'esercizio considerato non sono effettuati ulteriori adeguamenti tecnici né nel corso dell'esercizio, né, a titolo di correzioni a posteriori, nel corso degli esercizi successivi. Articolo 7 Adeguamento delle dotazioni per la politica di coesione 1. Per tenere conto della situazione particolarmente difficile degli Stati membri colpiti dalla crisi, nel 2016 la Commissione riesamina, congiuntamente all' adeguamento tecnico per l'anno 2017, le assegnazioni totali di tutti gli Stati membri nel quadro dell'obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" della politica di coesione per gli anni dal 2017 al 2020, applicando il metodo di assegnazione definito nel pertinente atto di base sulla base delle statistiche più recenti disponibili in quel momento e della comparazione, per gli Stati membri soggetti a livellamento, tra il PIL nazionale cumulato osservato per gli anni 2014 e 2015 e il PIL nazionale cumulato stimato nel 2012. Adegua dette assegnazioni totali ogniqualvolta si verifichi una divergenza cumulativa superiore a +/- 5 %. 2. Gli adeguamenti richiesti sono ripartiti in percentuali uguali sugli anni 2017-2020 e i corrispondenti massimali del QFP sono modificati di conseguenza. Anche i massimali di pagamento sono modificati di conseguenza per garantire un andamento ordinato rispetto agli stanziamenti di impegno. 3. Nel suo adeguamento tecnico per l'anno 2017, a seguito del riesame intermedio dell'ammissibilità degli Stati membri al Fondo di coesione di cui all'articolo 90, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (9), nel caso uno Stato membro diventi ammissibile al Fondo di coesione o perda l'ammissibilità esistente, la Commissione aggiunge o sottrae gli importi risultanti ai/dai fondi assegnati allo Stato membro per gli anni dal 2017 al 2020. 4. Gli adeguamenti richiesti risultanti dal paragrafo 3 sono ripartiti in percentuali uguali sugli anni 2017-2020 e i corrispondenti massimali del QFP sono modificati di conseguenza. Anche i massimali di pagamento sono modificati di conseguenza per garantire un andamento ordinato rispetto agli stanziamenti di impegno. 5. L'effetto netto totale, positivo o negativo, degli adeguamenti di cui ai paragrafi 1 e 3 non supera i 4 miliardi di EUR. Articolo 8 Adeguamenti relativi alle misure che collegano l'efficacia dei finanziamenti alla corretta gestione economica In caso di ritiro da parte della Commissione della sospensione degli impegni di bilancio per il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale o il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca nel contesto delle misure che collegano l'efficacia dei finanziamenti alla corretta gestione economica, la Commissione nel rispetto del pertinente atto di base, riporta gli impegni sospesi agli anni successivi. Gli impegni sospesi dell’anno non possono essere reiscritti oltre l’anno n+3. CAPO 2 Strumenti speciali Articolo 9 Riserva per gli aiuti d'urgenza 1. La riserva per gli aiuti d'urgenza è destinata a consentire una risposta rapida alle esigenze di aiuto specifiche dei paesi terzi a seguito di eventi che non potevano essere previsti al momento della formazione del bilancio, in primo luogo per effettuare interventi umanitari ma anche, eventualmente, a fini di gestione civile delle crisi e protezione civile e in situazioni particolarmente difficili dovute alla pressione dei flussi migratori alle frontiere esterne dell'Unione. 2. L'importo annuo della riserva è fissato a 280 milioni di EUR (a prezzi 2011) e può essere utilizzato fino all'anno n+1 conformemente al regolamento finanziario. La riserva è iscritta nel bilancio generale dell'Unione a titolo di stanziamento accantonato. La quota dell'importo annuo derivante dall'esercizio precedente viene utilizzata per prima. Tale quota dell'importo annuale dell'anno n non utilizzata nell'anno n+1 viene annullata. Articolo 10 Fondo di solidarietà dell'Unione europea 1. Il Fondo di solidarietà dell'Unione europea è destinato a consentire un'assistenza finanziaria in caso di catastrofi gravi sul territorio di uno Stato membro o di un paese candidato, come definito nell'atto di base pertinente. È fissato un massimale dell'importo annuo disponibile per tale Fondo pari a 500 milioni di EUR (a prezzi 2011). Il 1o ottobre di ciascun anno almeno un quarto dell'importo annuo deve essere ancora disponibile per far fronte al fabbisogno che può presentarsi entro la fine di tale anno. La quota dell'importo annuale non iscritta a bilancio può essere utilizzata fino all'anno n+1. La quota dell'importo annuo derivante dall'esercizio precedente viene utilizzata per prima. Tale quota dell'importo annuale dell'anno n non utilizzata nell'anno n+1 viene annullata. 2. In casi eccezionali, se le residue risorse finanziarie del Fondo di solidarietà dell'Unione europea disponibili per l'esercizio in cui si verifica la catastrofe, quali definite nell'atto di base pertinente, non sono sufficienti a coprire l'importo dell'intervento ritenuto necessario dal Parlamento europeo e dal Consiglio, la Commissione può proporre di finanziare la differenza attingendo dagli stanziamenti annuali messi a disposizione per l'esercizio successivo. Articolo 11 Strumento di flessibilità 1. Lo strumento di flessibilità è destinato a permettere il finanziamento, per un dato esercizio ed entro il limite degli importi indicati, di spese chiaramente identificate che non potrebbero essere finanziate all'interno dei massimali disponibili di una o più altre rubriche. Per lo strumento di flessibilità è fissato un massimale annuo disponibile pari a 471 milioni di EUR (a prezzi 2011). 2. La quota dell'importo annuo dello strumento di flessibilità non utilizzata, può essere utilizzata fino all'anno n+3. La quota dell'importo annuo derivante dagli esercizi precedenti viene utilizzata in primo luogo, in ordine cronologico. Tale quota dell'importo annuale dell'anno n non utilizzata nell'anno n+3 viene annullata. Articolo 12 Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione 1. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, i cui obiettivi e campo di applicazione sono definiti nel regolamento (CE) n. 1927/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, non supera un importo annuo massimo di 150 milioni di EUR (a prezzi 2011). 2. Gli stanziamenti per il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione sono iscritti nel bilancio generale dell'Unione a titolo di stanziamento accantonato. Articolo 13 Margine per imprevisti 1. Un margine per imprevisti che può arrivare fino allo 0,03 % del reddito nazionale lordo dell'Unione è costituito al di fuori dei massimali del QFP, come strumento di ultima istanza per reagire a circostanze impreviste. Può essere mobilizzato soltanto in relazione ad un bilancio annuale o rettificativo. 2. Il ricorso al margine per imprevisti non supera, in un dato esercizio, l'importo massimo previsto nell'adeguamento tecnico annuale del QFP, ed è coerente con il massimale delle risorse proprie. 3. Gli importi resi disponibili mediante la mobilizzazione del margine per imprevisti sono detratti integralmente dai margini in una o più rubriche del QFP per l'esercizio in corso o gli esercizi futuri. 4. Gli importi detratti non sono ulteriormente mobilizzati nel contesto del QFP. Il ricorso al margine per imprevisti non comporta un superamento dei massimali totali degli stanziamenti d'impegno e di pagamento contenuti nel QFP per l'esercizio in corso e gli esercizi futuri. Articolo 14 Margine globale per gli impegni per la crescita e l'occupazione, in particolare l'occupazione giovanile 1. Margini ancora disponibili al di sotto dei massimali del QFP per gli stanziamenti di impegno per gli anni 2014-2017 costituiscono un margine globale del QFP per gli impegni, da rendere disponibili al di là dei massimali stabiliti dal QFP per gli anni dal 2016 al 2020 per obiettivi politici specifici relativi alla crescita e all'occupazione, in particolare l'occupazione giovanile. 2. Ogni anno, nel quadro dell'adeguamento tecnico di cui all'articolo 6, la Commissione calcola l'importo disponibile. Il margine globale del QFP o una parte dello stesso può essere mobilizzato dal Parlamento europeo e dal Consiglio nel quadro della procedura di bilancio ai sensi dell'articolo 314 del TFUE. Articolo 15 Flessibilità specifica per la lotta alla disoccupazione giovanile e il rafforzamento della ricerca Fino a 2 543 milioni di EUR (a prezzi 2011) possono essere anticipati nel 2014 e nel 2015, nel quadro della procedura annuale di bilancio, per obiettivi politici specifici relativi alla disoccupazione giovanile, alla ricerca, in particolare ERASMUS per l'apprendistato, e alle piccole e medie imprese. Tale importo è detratto integralmente dagli stanziamenti all'interno e/o fra rubriche al fine di mantenere invariato il totale dei massimali annui per il periodo 2014-2020 e la dotazione totale di ciascuna rubrica o sottorubrica nel periodo in questione. Articolo 16 Contributo al finanziamento di grandi progetti 1. Un importo massimo di 6 300 milioni di EUR (a prezzi 2011) è a disposizione dei programmi europei di navigazione satellitare (EGNOS e Galileo) dal bilancio generale dell'Unione per il periodo 2014-2020. 2. Un importo massimo di 2 707 milioni di EUR (a prezzi 2011) è a disposizione del progetto di reattore sperimentale termonucleare internazionale (ITER) dal bilancio generale dell'Unione per il periodo 2014-2020. 3. Un importo massimo di 3 786 milioni di EUR (a prezzi 2011) è a disposizione del Copernicus (programma europeo di osservazione della terra) a titolo dal bilancio generale dell'Unione per il periodo 2014-2020. CAPO 3 Revisione Articolo 17 Revisione del QFP 1. Fatti salvi l'articolo 4, paragrafo 2, gli articoli da 18 a 22 e l'articolo 25, il QFP può essere riveduto in caso di situazioni non previste in origine, nel rispetto del massimale delle risorse proprie stabilito in conformità della decisione 2007/436/CE, Euratom. 2. In linea di principio, l'eventuale proposta di revisione del QFP ai sensi del paragrafo 1 è presentata e adottata prima che abbia inizio la procedura di bilancio per l'esercizio o per il primo degli esercizi oggetto della revisione in questione. 3. L'eventuale proposta di revisione del QFP ai sensi del paragrafo 1 esamina le possibilità di una ridistribuzione delle spese fra i programmi previsti nella rubrica oggetto della revisione, in particolare in base alle prospettive di sottoesecuzione degli stanziamenti. L'obiettivo dovrebbe essere quello di costituire, sotto il massimale della rubrica interessata, un importo significativo sia in valore assoluto sia in percentuale della nuova spesa prevista. 4. L'eventuale revisione del QFP ai sensi del paragrafo 1 tiene conto delle possibilità di compensare l'aumento del massimale di una rubrica con la riduzione del massimale di un'altra rubrica. 5. L'eventuale revisione del QFP ai sensi del paragrafo 1 garantisce il mantenimento di una relazione ordinata tra impegni e pagamenti. Articolo 18 Revisione relativa all'esecuzione Unitamente alla comunicazione dei risultati degli adeguamenti tecnici del QFP, la Commissione sottopone al Parlamento europeo e al Consiglio le proposte di revisione dell'importo totale degli stanziamenti di pagamento che essa ritiene necessarie, tenuto conto dell'esecuzione, per garantire una sana gestione dei massimali dei pagamenti annuali e, in particolare, il loro andamento ordinato rispetto agli stanziamenti di impegno. Il Parlamento europeo e il Consiglio decidono su tali proposte prima del 1o maggio dell'anno n. Articolo 19 Revisione a seguito di nuove norme o programmi per i Fondi strutturali, il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, il Fondo Asilo e migrazione e il Fondo per la Sicurezza interna 1. Qualora le nuove norme o i nuovi programmi in regime di gestione concorrente per i Fondi strutturali, il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, il Fondo Asilo e migrazione e il Fondo per la Sicurezza interna vengano adottati dopo il 1o gennaio 2014, il QFP viene riveduto al fine di trasferire agli anni successivi, oltre i corrispondenti massimali di spesa, le assegnazioni non utilizzate nel 2014. 2. La revisione relativa al trasferimento delle assegnazioni non utilizzate per l'esercizio 2014 viene adottata entro il 1o maggio 2015. Articolo 20 Revisione del QFP in caso di revisione dei trattati Qualora si proceda fra il 2014 e il 2020 a una revisione dei trattati con implicazioni di bilancio, il QFP è riveduto di conseguenza. Articolo 21 Revisione del QFP in caso di allargamento dell'Unione Qualora vi sia una o molteplici adesioni all'Unione fra il 2014 e il 2020, il QFP è riveduto per tener conto delle conseguenti spese necessarie. Articolo 22 Revisione del QFP nel caso della riunificazione di Cipro Nel caso di un'eventuale riunificazione di Cipro fra il 2014 e il 2020, il QFP è riveduto per tener conto della soluzione globale della questione di Cipro nonché delle necessità finanziarie supplementari derivanti dalla riunificazione. Articolo 23 Cooperazione interistituzionale nell’ambito della procedura di bilancio Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione (di seguito, "le istituzioni") adottano le misure necessarie per agevolare la procedura annuale di bilancio. Le istituzioni cooperano lealmente nel corso dell'intera procedura al fine di conciliare le rispettive posizioni. Le istituzioni, in tutte le fasi della procedura, cooperano tramite opportuni contatti interistituzionali al fine di seguire l'andamento dei lavori e analizzare il grado di convergenza. Le istituzioni vigilano affinché i rispettivi calendari di lavoro siano per quanto possibile coordinati, per consentire lo svolgimento coerente e convergente dei lavori che conducono all'adozione definitiva del bilancio generale dell'Unione. Possono essere svolte consultazioni a tre in tutte le fasi della procedura e ai vari livelli di rappresentanza, in funzione della natura del dibattito previsto. Ciascuna istituzione designa, conformemente al proprio regolamento interno, i rispettivi partecipanti a ciascuna riunione, ne stabilisce il mandato negoziale e comunica tempestivamente alle altre istituzioni le disposizioni pratiche per le riunioni. Articolo 24 Unità del bilancio Tutte le spese e le entrate dell'Unione e dell'Euratom sono incluse nel bilancio generale dell'Unione in conformità dell'articolo 7 del regolamento finanziario, comprese le spese derivanti da decisioni pertinenti prese all'unanimità dal Consiglio, previa consultazione del Parlamento europeo, nel quadro dell'articolo 332 del TFUE. Articolo 25 Transizione verso il prossimo quadro finanziario pluriennale Anteriormente al 1o gennaio 2018, la Commissione presenta una proposta relativa al nuovo quadro finanziario pluriennale. Se il regolamento del Consiglio che fissa il nuovo quadro finanziario pluriennale non è adottato anteriormente al 31 dicembre 2020, i massimali e le altre disposizioni corrispondenti all'ultimo anno coperto dal QFP continuano ad applicarsi fino all'adozione del regolamento che fissa il nuovo quadro finanziario. Qualora, dopo il 2020, un nuovo Stato membro aderisca all'Unione, il quadro finanziario esteso è riveduto, se necessario, al fine di tenere conto l'adesione. Articolo 26 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2014. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 2 dicembre 2013 Per il Consiglio Il presidente E. GUSTAS (1) Decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 163 del 23.6.2007, pag. 17). (2) Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1). (3) Regolamento (CE) n. 407/2010 del Consiglio, dell'11 marzo 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pag. 1). (4) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/20112 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1). (5) Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 (GU C 229 del 31.7.2012, pag. 32); parere del Comitato delle regioni «Il nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2013» (GU C 391 del 18.12.2012, pag. 31). (6) Regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, dell'11 novembre 2002, che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (GU L 311 del 14.11.2002, pag. 3). (7) Regolamento (CE) n. 1927/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (GU L 406 del 30.12.2006, pag. 1). (8) Accordo interistituzionale fra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione del 2 dicembre 2013 sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria (GU C 373 del 20.12.2013, pag. 1). (9) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca compresi nel quadro strategico comune e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (Cfr. pag. 320 della presente Gazzetta ufficiale). ALLEGATO I QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE (UE-28) (milioni di EUR - prezzi 2011) STANZIAMENTI DI IMPEGNO 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 Totale 2014-2020 1. Crescita intelligente ed inclusiva 60 283 61 725 62 771 64 238 65 528 67 214 69 004 450 763 1a: Competitività per la crescita e l'occupazione 15 605 16 321 16 726 17 693 18 490 19 700 21 079 125 614 1b: Coesione economica, sociale e territoriale 44 678 45 404 46 045 46 545 47 038 47 514 47 925 325 149 2. Crescita sostenibile: risorse naturali 55 883 55 060 54 261 53 448 52 466 51 503 50 558 373 179 di cui: spese connesse al mercato e pagamenti diretti 41 585 40 989 40 421 39 837 39 079 38 335 37 605 277 851 3. Sicurezza e cittadinanza 2 053 2 075 2 154 2 232 2 312 2 391 2 469 15 686 4. Ruolo mondiale dell'Europa 7 854 8 083 8 281 8 375 8 553 8 764 8 794 58 704 5. Amministrazione 8 218 8 385 8 589 8 807 9 007 9 206 9 417 61 629 di cui: spesa amministrativa delle istituzioni 6 649 6 791 6 955 7 110 7 278 7 425 7 590 49 798 6. Compensazioni 27 0 0 0 0 0 0 27 TOTALE STANZIAMENTI DI IMPEGNO 134 318 135 328 136 056 137 100 137 866 139 078 140 242 959 988 in percentuale dell'RNL 1,03 % 1,02 % 1,00 % 1,00 % 0,99 % 0,98 % 0,98 % 1,00 % TOTALE STANZIAMENTI DI PAGAMENTO 128 030 131 095 131 046 126 777 129 778 130 893 130 781 908 400 in percentuale dell'RNL 0,98 % 0,98 % 0,97 % 0,92 % 0,93 % 0,93 % 0,91 % 0,95 % Margine disponibile 0,25 % 0,25 % 0,26 % 0,31 % 0,30 % 0,30 % 0,32 % 0,28 % Massimale delle risorse proprie in percentuale dell'RNL 1,23 % 1,23 % 1,23 % 1,23 % 1,23 % 1,23 % 1,23 % 1,23 %
Bilancio pluriennale UE (2014-2020) CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Il regolamento prevede massimali (importo massimo) annuali che possono essere spesi dall’UE per ciascuna categoria di spesa nel periodo 2014-2020. PUNTI CHIAVE L’Unione europea ha adottato il piano settennale per il periodo 2014-2020 nel dicembre 2013. Il quadro finanziario pluriennale (QFP) prevede 960 miliardi di euro di impegni (promessa legale di fornire finanziamenti, assumendo che siano soddisfatte determinate condizioni) e 908,4 miliardi di euro di pagamenti (trasferimenti effettivi a beneficiari) nel periodo di 7 anni, espressi a prezzi costanti dell’anno 2011.Il regolamento QFP prevede massimali (importi massimi) per ciascuna categoria di spesa dell’UE nel corso di tale periodo. Questi devono essere rispettati in fase di accordo per i bilanci annuali dell’UE.Il QFP 2014-2020 è suddiviso in rubriche come segue. Rubrica 1 — Crescita intelligente e inclusiva: 450,763 miliardi di euro (di cui 325,149 miliardi di euro per la coesione economica, sociale e territoriale); Rubrica 2 — Crescita sostenibile: risorse naturali: 373,179 miliardi di euro. Rubrica 3 — Sicurezza e cittadinanza: 15,686 miliardi di euro. Rubrica 4 — Ruolo mondiale dell’Europa: 58,704 miliardi di euro. Rubrica 5 — Amministrazione: 61,629 miliardi di euro. Uno dei temi centrali del QFP 2014-2020 è crescita e occupazione. La sottorubrica 1a «competitività» è aumentata di oltre il 37 % rispetto al precedente QFP 2007-2013, riflettendo l’importanza di questa priorità politica. Tuttavia, il nuovo QFP è più piccolo rispetto al suo predecessore, dato che molti paesi dell’Unione europea devono affrontare pressioni di bilancio sul fronte interno. Il regolamento QFP prevede anche strumenti speciali che consentiranno all’UE di reagire a particolari circostanze impreviste. Può inoltre consentire il finanziamento di spese chiaramente identificate che non potrebbero essere finanziate all’interno dei massimali disponibili di una o più rubriche. Tali strumenti sono: la riserva per gli aiuti d’urgenza (utilizzata per finanziare, ad esempio, gli aiuti umanitari e la gestione civile delle crisi); il Fondo di solidarietà dell’Unione europea; lo strumento di flessibilità; il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione; il margine per imprevisti (uno strumento di ultima istanza per reagire a circostanze impreviste). È stato inoltre concordato un accordo interistituzionale (AII) sulla disciplina di bilancio, la cooperazione in materia di bilancio e la sana gestione finanziaria tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione. Tale accordo dovrebbe razionalizzare la procedura annuale di bilancio e integrare il regolamento QFP. Riallocazione degli impegni inutilizzati del 2014 Il regolamento del QFP prevede che, nel caso dell’adozione di programmi a gestione congiunta dei fondi strutturali e di coesione, del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, del Fondo Asilo, migrazione e integrazione e del Fondo per la sicurezza interna dopo l’1.1.2014, il QFP dovrebbe essere rivisto per redistribuire negli anni successivi gli importi inutilizzati nel 2014.Di conseguenza, il QFP è stato rivisto in modo da consentire il trasferimento degli impegni inutilizzati del 2014: 16,5 miliardi di euro nel 2015, 4,5 miliardi di euro nel 2016 e 0,1 miliardi di euro nel 2017. Ciò è stato causato dall’adozione tardiva di 300 dei 645 programmi dell’UE in aree coperte dai fondi dell’UE summenzionati.La revisione del QFP dell’UE mantiene invariati i massimali della spesa totale e non prevede la spesa di denaro aggiuntivo. Riesame Entro il 2016, il quadro finanziario pluriennale dovrà essere riesaminato per consentire al Parlamento europeo (eletto nel 2014), al Consiglio e alla Commissione (nominata nel 2014) di rivalutare le priorità per i restanti anni del quadro finanziario. Tale valutazione sarà eseguita alla luce della situazione economica del momento nonché delle più recenti proiezioni macroeconomiche. Successivamente al riesame intermedio, il Regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 è stato modificato dal Regolamento (UE, Euratom) n. 2017/1123 nel 2017. Il quadro finanziario pluriennale (QFP) riveduto aumenta di 6,01 miliardi di EUR le risorse destinate alle principali priorità dell’UE per gli anni 2017-2020: 2,08 miliardi di euro contribuiranno a stimolare la crescita e l’occupazione attraverso una serie di programmi altamente efficaci, quali l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (+1,2 miliardi di euro), Orizzonte 2020 (+200 milioni di euro) ed Erasmus+ (+100 milioni di euro) 2,55 miliardi di euro saranno disponibili per affrontare la questione della migrazione nonché rafforzare la sicurezza e i controlli alle frontiere esterne; 1,39 miliardi di euro saranno disponibili per affrontare le cause profonde della migrazione. Ogni anno, prima della procedura annuale di bilancio per l’anno successivo, la Commissione apporta una modifica tecnica al quadro finanziario pluriennale in linea con i movimenti del reddito nazionale lordo e dei prezzi dell’UE. I risultati di tale modifica per il 2018 sono stati inizialmente comunicati al Parlamento europeo e al Consiglio nel maggio 2017. Tuttavia, tali risultati sono stati successivamente rivisti per tenere conto della modifica del 2017 al Regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 e sono stati comunicati al Parlamento europeo e al Consiglio in settembre 2017. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 1 gennaio 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: Quadro finanziario pluriennale (Commissione europea) Quadro finanziario pluriennale (Consiglio) DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE, Euratom) n. 1311/2013 del Consiglio, del 2 dicembre 2013, che definisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 884). Le successive modifiche al Regolamento (UE Euratom) n. 1311/2013 sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Adeguamento tecnico del quadro finanziario per il 2018 all’evoluzione dell’RNL (SEC 2010) (articolo 6 del regolamento n. 1311/2013 del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2014-2020) che aggiorna e sostituisce la comunicazione COM(2017)220 final, (COM(2017) 473 final del 15.9.2017). Accordo interistituzionale, del 2 dicembre 2013, tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria (GU C 373, 20.12.2013, pag. 1).
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REGOLAMENTO (CE) N. 1922/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2006 che istituisce un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 13, paragrafo 2, e 141, paragrafo 3, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) L'uguaglianza tra uomini e donne è un principio fondamentale dell'Unione europea. La carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, agli articoli 21 e 23, vieta ogni discriminazione fondata sul sesso e dispone che la parità tra gli uomini e le donne deve essere assicurata in tutti i campi. (2) L'articolo 2 del trattato stabilisce che la parità tra uomini e donne è uno dei compiti fondamentali della Comunità. Analogamente l'articolo 3, paragrafo 2, del trattato stabilisce che la Comunità mira ad eliminare le ineguaglianze e a promuovere la parità tra uomini e donne in tutte le sue attività, garantendo in tal modo l'integrazione della dimensione dell'uguaglianza tra uomini e donne in tutte le politiche della Comunità. (3) L'articolo 13 del trattato conferisce al Consiglio il potere di prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate, tra l'altro, sul sesso in tutti gli ambiti di competenza della Comunità. (4) Il principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego è iscritto nell'articolo 141 del trattato ed è già in vigore un quadro legislativo completo sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di accesso all'occupazione e di condizioni di lavoro, compresa la parità delle retribuzioni. (5) Secondo la prima relazione annuale della Commissione al Consiglio europeo di primavera del 2004 sull'uguaglianza tra uomini e donne, divari significativi tra i sessi permangono nella maggior parte dei campi d'intervento; la disuguaglianza tra uomini e donne è un fenomeno a più dimensioni, che va affrontato con una combinazione complessiva di misure politiche ed occorre un impegno maggiore per raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona. (6) Il Consiglio europeo di Nizza del 7-9 dicembre 2000 ha chiesto di «Sviluppare la consapevolezza, la messa in comune delle risorse e lo scambio di esperienze, in particolare tramite la creazione di un Istituto europeo del genere». (7) Secondo lo studio di fattibilità (3) eseguito per la Commissione, ad un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere spetta manifestamente il ruolo di svolgere alcuni dei compiti che non vengono attualmente affrontati dalle istituzioni esistenti, in particolare nei campi del coordinamento, della centralizzazione e della diffusione dei dati delle ricerche e delle informazioni, della costituzione di reti, della crescente visibilità dell'uguaglianza tra uomini e donne e della prospettiva di genere, nonché dello sviluppo di strumenti per migliorare l'integrazione dell'uguaglianza di genere in tutte le politiche della Comunità. (8) Nella sua risoluzione del 10 marzo 2004 sulle politiche dell'Unione europea sulla parità di genere (4) il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di accelerare gli sforzi tesi alla creazione di un Istituto. (9) Il Consiglio «occupazione, politica sociale, salute e consumatori» dell'1-2 giugno 2004 e il Consiglio europeo del 17-18 giugno 2004 si sono espressi a favore dell'istituzione di un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere. Il Consiglio europeo ha chiesto alla Commissione di presentare una proposta specifica. (10) La raccolta, l'analisi e la diffusione di informazioni e dati obiettivi, attendibili e comparabili sull'uguaglianza tra uomini e donne, la progettazione di strumenti adeguati per eliminare tutte le forme di discriminazione sulla base del genere e integrare la dimensione di genere in tutte le politiche, la promozione del dialogo tra le parti interessate e una maggior sensibilizzazione dei cittadini europei sono necessari per consentire alla Comunità di promuovere e attuare efficacemente la politica dell'uguaglianza di genere, in particolare nell'Unione allargata. È pertanto opportuno costituire un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere che assista le istituzioni della Comunità e gli Stati membri nello svolgimento di questi compiti. (11) L'uguaglianza tra uomini e donne non può essere conseguita esclusivamente attraverso una politica antidiscriminatoria, ma richiede misure volte alla promozione di una coesistenza armoniosa e di una partecipazione equilibrata di uomini e donne nella società; l'Istituto dovrebbe contribuire al raggiungimento di tale obiettivo. (12) Data l'importanza di eliminare gli stereotipi di genere in tutte le sfere della società europea e di veicolare esempi positivi che donne e uomini possano seguire, l'Istituto dovrebbe intraprendere azioni anche in tale settore. (13) La cooperazione con le autorità competenti degli Stati membri e con gli organismi statistici competenti, in particolare Eurostat, è essenziale per promuovere la raccolta di dati comparabili e attendibili a livello europeo. Poiché le informazioni sull'uguaglianza tra uomini e donne concernono la Comunità a tutti i livelli — locale, regionale, nazionale e comunitario — le autorità degli Stati membri potrebbero servirsi di tali informazioni al fine di formulare politiche e provvedimenti a livello locale, regionale e nazionale, nella propria sfera di competenza. (14) Per evitare duplicazioni e garantire il migliore impiego possibile delle risorse, l'Istituto dovrebbe lavorare a stretto contatto sia con i programmi che con gli organismi della Comunità, in particolare con la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (5), con l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (6), con il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (7) e con l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (8). (15) L'Istituto dovrebbe promuovere la cooperazione e il dialogo con le organizzazioni non governative e gli enti attivi nel settore delle pari opportunità, i centri di ricerca, le parti sociali nonché gli altri enti affini che operano attivamente per conseguire l'uguaglianza a livello nazionale ed europeo e nei paesi terzi. A fini di maggiore efficienza è opportuno che l'Istituto istituisca e coordini una rete elettronica europea sull'uguaglianza di genere con tali enti ed esperti degli Stati membri. (16) Per garantire l'equilibrio necessario tra gli Stati membri e la continuità dei membri del consiglio di amministrazione, per ciascun mandato i rappresentanti del Consiglio sono nominati, a partire dal 2007, secondo l'ordine di rotazione delle Presidenze del Consiglio stesso. (17) A norma dell'articolo 3, paragrafo 2 del trattato, è opportuno promuovere una partecipazione equilibrata di uomini e donne alla composizione del Consiglio di amministrazione. (18) L'Istituto dovrebbe avere la massima autonomia nell'adempimento dei propri compiti. (19) L'Istituto dovrebbe applicare la legislazione comunitaria pertinente sia all'accesso del pubblico ai documenti di cui al regolamento (CE) n. 1049/2001 (9) che alla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali, di cui al regolamento (CE) n. 45/2001 (10). (20) Si applica all'Istituto il regolamento (CE, Euratom) n. 2343/2002 della Commissione del 19 novembre 2002, che reca regolamento finanziario quadro degli organismi di cui all'articolo 185 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (11). (21) In materia di responsabilità contrattuale dell'Istituto, che è disciplinata dal diritto applicabile ai contratti da esso conclusi, la competenza a giudicare spetta alla Corte di giustizia in forza di una clausola compromissoria contenuta nel contratto. Dovrebbe altresì spettare alla Corte di giustizia la competenza a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni derivanti dalla responsabilità extracontrattuale dell'Istituto. (22) È opportuno effettuare una valutazione esterna indipendente per accertare l'impatto dell'Istituto, l'eventuale necessità di modificarne o estenderne i compiti e le scadenze di ulteriori revisioni analoghe. (23) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, cioè sostenere e rafforzare la promozione dell'uguaglianza di genere, compresa l'integrazione di genere in tutte le politiche comunitarie e le politiche nazionali che ne derivano, nonché la lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso, e sensibilizzare i cittadini dell'UE in materia di uguaglianza di genere, fornendo assistenza tecnica alle istituzioni della Comunità e alle autorità degli Stati membri, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni dell'azione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (24) L'articolo 13, paragrafo 2 del trattato conferisce il potere di adottare provvedimenti comunitari per sostenere e promuovere l'obiettivo di combattere le discriminazioni fondate sul sesso al di fuori dell'ambiente di lavoro. L'articolo 141, paragrafo 3 del trattato è la base giuridica specifica delle misure intese ad assicurare l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego. Il combinato disposto dell'articolo 13, paragrafo 2 e dell'articolo 141, paragrafo 3 fornisce pertanto un'adeguata base giuridica per l'adozione del presente regolamento, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Istituzione dell'Istituto È istituito un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (in seguito denominato «l'Istituto»). Articolo 2 Obiettivi Gli obiettivi generali dell'Istituto sono sostenere e rafforzare la promozione dell'uguaglianza di genere, compresa l'integrazione di genere in tutte le politiche comunitarie e le politiche nazionali che ne derivano, nonché la lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso, e sensibilizzare i cittadini dell'UE in materia di uguaglianza di genere, fornendo assistenza tecnica alle istituzioni della Comunità, in particolare la Commissione, e alle autorità degli Stati membri, come stabilito dall'articolo 3. Articolo 3 Compiti 1. Per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 2 l'Istituto: a) raccoglie, analizza e diffonde informazioni obiettive, comparabili e attendibili pertinenti all'uguaglianza di genere, compresi i risultati delle ricerche e le migliori pratiche che gli vengono comunicati dagli Stati membri, dalle istituzioni della Comunità, dai centri di ricerca, da enti nazionali per le pari opportunità, da organizzazioni non governative, dalle parti sociali, da paesi terzi e da organizzazioni internazionali interessati e suggerisce ulteriori settori di ricerca; b) appresta metodi per migliorare l'obiettività, la comparabilità e l'attendibilità dei dati a livello europeo, definendo criteri atti a migliorare la coerenza delle informazioni e a tenere conto delle questioni di genere nella raccolta dei dati; c) appresta, analizza, valuta e diffonde strumenti metodologici a sostegno dell'integrazione dell'uguaglianza di genere in tutte le politiche della Comunità e nelle politiche nazionali che ne derivano e a sostegno dell'integrazione della dimensione di genere in tutte le istituzioni e gli organi comunitari; d) conduce indagini sulla situazione dell'uguaglianza di genere in Europa; e) istituisce e coordina una Rete europea sull'uguaglianza di genere, con la partecipazione di centri, organismi, organizzazioni ed esperti impegnati nel settore delle problematiche dell'uguaglianza di genere e dell'integrazione della dimensione di genere, con l'obiettivo di sostenere e incoraggiare la ricerca, ottimizzare l'uso delle risorse disponibili e promuovere lo scambio e la diffusione di informazioni; f) organizza riunioni ad hoc di esperti a sostegno del lavoro di ricerca dell'Istituto, promuove lo scambio di informazioni tra ricercatori e promuove l'integrazione della prospettiva di genere nella loro ricerca; g) per sensibilizzare i cittadini dell'UE in materia di uguaglianza di genere, organizza, insieme alle pertinenti parti in causa, conferenze, campagne e riunioni a livello europeo e presenta risultati e conclusioni di tali iniziative alla Commissione; h) diffonde informazioni su esempi positivi di ruoli non conformi agli stereotipi per le donne e gli uomini di ogni estrazione sociale, presenta i suoi risultati e iniziative volte a pubblicizzare e valorizzare tali esempi di successo; i) sviluppa il dialogo e la cooperazione con organizzazioni non governative ed enti operanti nel settore delle pari opportunità, università ed esperti, centri di ricerca, parti sociali ed organismi affini che cercano attivamente di conseguire la parità a livello nazionale ed europeo; j) costituisce un fondo di documentazione accessibile al pubblico; k) mette a disposizione delle organizzazioni pubbliche e private informazioni sull'integrazione della dimensione di genere; l) fornisce informazioni alle Istituzioni comunitarie sull'uguaglianza di genere e sull'integrazione della dimensione di genere nei paesi in fase di adesione e in quelli candidati; 2. L'Istituto pubblica una relazione annuale sulle proprie attività. Articolo 4 Ambiti di attività e metodi di lavoro 1. L'Istituto adempie ai propri compiti nel quadro delle competenze della Comunità, conformemente agli obiettivi fissati e agli ambiti prioritari individuati nel suo programma annuale, tenendo debito conto delle risorse di bilancio a sua disposizione. 2. Il programma di lavoro dell'Istituto è conforme alle priorità della Comunità nel campo dell'uguaglianza di genere e al programma di lavoro della Commissione, compreso il suo lavoro statistico e di ricerca. 3. Al fine di evitare duplicazioni e per garantire il miglior uso possibile delle risorse, nello svolgimento delle proprie attività l'Istituto tiene conto delle informazioni esistenti di qualsiasi provenienza ed in particolare del lavoro già svolto dalle istituzioni della Comunità e da altre istituzioni, da enti e organizzazioni nazionali e internazionali competenti e opera a stretto contatto con i pertinenti servizi della Commissione, compreso Eurostat. L'Istituto garantisce un coordinamento adeguato con tutte le agenzie comunitarie e gli organismi dell'Unione pertinenti, da definirsi, se del caso, in un memorandum d'intesa. 4. L'Istituto garantisce che le informazioni diffuse risultino comprensibili agli utenti finali. 5. L'Istituto può instaurare rapporti contrattuali, in particolare stipulare contratti d'appalto, con altre organizzazioni, affinché eseguano compiti che esso intenda affidare loro. Articolo 5 Personalità e capacità giuridica L'Istituto è dotato di personalità giuridica. In ciascuno degli Stati membri esso ha la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dai rispettivi ordinamenti. In particolare esso può acquistare o alienare beni mobili ed immobili e stare in giudizio. Articolo 6 Indipendenza dell'Istituto L'Istituto svolge le proprie attività indipendentemente, nel pubblico interesse. Articolo 7 Accesso ai documenti 1. Ai documenti in possesso dell'Istituto si applica il regolamento (CE) n. 1049/2001. 2. Entro sei mesi dall'istituzione dell'Istituto, il Consiglio di amministrazione adotta disposizioni per l'attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001. 3. Le decisioni adottate dall'Istituto ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1049/2001 possono costituire oggetto di denuncia al mediatore o di azione giudiziaria dinanzi alla Corte di giustizia, alle condizioni di cui rispettivamente agli articoli 195 e 230 del trattato. 4. Il trattamento dei dati da parte dell'Istituto è disciplinato dal regolamento (CE) n. 45/2001. Articolo 8 Cooperazione con le organizzazioni a livello nazionale ed europeo, le organizzazioni internazionali e i paesi terzi 1. Per l'adempimento dei propri compiti l'Istituto collabora con organizzazioni ed esperti degli Stati membri, come gli enti per le pari opportunità, i centri di ricerca, le università, le organizzazioni non governative e le parti sociali, nonché con le pertinenti organizzazioni a livello europeo o internazionale e con i paesi terzi. 2. Qualora si renda necessario concludere accordi con organizzazioni internazionali o paesi terzi affinché l'Istituto adempia con efficienza ai propri compiti, la Comunità conclude tali accordi con le organizzazioni internazionali o i paesi terzi nell'interesse dell'Istituto conformemente alla procedura di cui all'articolo 300 del trattato. Questa disposizione non osta a una cooperazione ad hoc con tali organizzazioni o con i paesi terzi. Articolo 9 Composizione dell'Istituto L'Istituto si compone di: a) un consiglio di amministrazione; b) un forum di esperti; c) un direttore e del personale alle sue dipendenze. Articolo 10 Consiglio di amministrazione 1. Il consiglio di amministrazione si compone di: a) diciotto rappresentanti nominati dal Consiglio in base ad una proposta di ciascuno Stato membro interessato; b) un membro in rappresentanza della Commissione, nominato dalla Commissione; 2. I membri del consiglio di amministrazione sono selezionati in modo da garantire i massimi livelli di competenza e un'ampia serie di capacità pertinenti e transdisciplinari in materia di uguaglianza di genere. Nel consiglio di amministrazione il Consiglio e la Commissione mirano a realizzare una rappresentanza equilibrata di uomini e donne. I supplenti, che rappresentano i membri in loro assenza, sono nominati secondo la stessa procedura. L'elenco dei membri e dei supplenti del consiglio di amministrazione è pubblicato dal Consiglio nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, sul sito web dall'Istituto e sul altri siti Web pertinenti. 3. Il mandato dei membri è di tre anni. Per ciascun mandato i membri nominati dal Consiglio rappresentano diciotto Stati membri secondo l'ordine di rotazione delle Presidenze con un membro designato da ciascuno Stato membro interessato. 4. Il consiglio di amministrazione elegge un presidente e un vicepresidente con mandato di tre anni. 5. Ogni membro del consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 1, lettera a) o b) o, in sua assenza, il o la supplente, dispone di un voto. 6. Il consiglio di amministrazione adotta le decisioni necessarie al funzionamento dell'Istituto. In particolare: a) adotta, sulla base di un progetto del direttore ai sensi dell'articolo 12, previa consultazione della Commissione, il programma di lavoro annuale e il programma di lavoro a medio termine, per un periodo triennale, in funzione del bilancio e delle risorse disponibili; in caso di necessità, i programmi possono essere riveduti; il primo programma di lavoro annuale è adottato entro i nove mesi successivi alla nomina del direttore; b) adotta la relazione annuale, di cui all'articolo 3, paragrafo 2, nella quale i risultati conseguiti vengono specificamente confrontati con gli obiettivi del programma di lavoro annuale; la relazione viene trasmessa entro il 15 giugno al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, alla Corte dei conti, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni ed è pubblicata sul sito web dell'Istituto; c) esercita l'autorità disciplinare sul direttore e lo nomina o lo revoca ai sensi dell'articolo 12; d) adotta il progetto di bilancio e il bilancio definitivo annuali dell'Istituto. 7. Il consiglio di amministrazione adotta il regolamento interno dell'Istituto sulla base di una proposta del direttore, previa consultazione con la Commissione. 8. Le decisioni del consiglio di amministrazione sono adottate a maggioranza dei membri. Il presidente esprime il voto decisivo. Nei casi di cui al paragrafo 6 e all'articolo 12, paragrafo 1, le decisioni sono adottate alla maggioranza dei due terzi dei membri. 9. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno sulla base di una proposta del direttore, previa consultazione con la Commissione. 10. Il presidente convoca il consiglio di amministrazione almeno una volta l'anno. Egli convoca riunioni supplementari di propria iniziativa o su richiesta di almeno un terzo dei membri del consiglio di amministrazione. 11. L'Istituto trasmette ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio (in prosieguo: l'«autorità di bilancio») tutte le informazioni pertinenti all'esito delle procedure di valutazione. 12. I direttori della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale e dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali possono essere, se del caso, invitati ad assistere alle riunioni del consiglio di amministrazione come osservatori, in modo da coordinare i rispettivi programmi di lavoro in materia di integrazione della dimensione di genere. Articolo 11 Forum di esperti 1. Il forum di esperti si compone di membri di enti specializzati in materia di uguaglianza di genere, in ragione di un rappresentante designato da ciascun Stato membro, due rappresentanti di altre organizzazioni specializzate in questioni di uguaglianza di genere designati dal Parlamento europeo, nonché di tre membri designati dalla Commissione per rappresentare le parti interessate a livello europeo, ciascuno in rappresentanza di una delle seguenti: a) un'organizzazione non governativa pertinente a livello comunitario, con un interesse legittimo a contribuire alla lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso e alla promozione dell'uguaglianza di genere; b) le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario; c) le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario. Nel forum di esperti gli Stati membri e la Commissione mirano a realizzare una rappresentanza equilibrata di uomini e donne. I membri possono essere sostituti da supplenti che sono nominati contestualmente. 2. I membri del forum di esperti non possono appartenere al consiglio di amministrazione. 3. Il forum di esperti assiste il direttore nel garantire l'eccellenza e l'indipendenza delle attività dell'Istituto. 4. Il forum di esperti costituisce un meccanismo di scambio di informazioni sui temi dell'uguaglianza di genere e di messa in comune di conoscenze. Garantisce una stretta collaborazione tra l'Istituto e gli enti competenti negli Stati membri. 5. Il forum di esperti è presieduto dal direttore o, in sua assenza, da un supplente proveniente dall'Istituto. Si riunisce regolarmente, almeno una volta l'anno, su invito del direttore o a richiesta di almeno un terzo dei suoi membri. Le sue modalità di funzionamento vengono precisate nel regolamento interno dell'Istituto e rese pubbliche. 6. Ai lavori del forum di esperti partecipano rappresentanti dei servizi della Commissione. 7. L'Istituto fornisce al forum di esperti il necessario sostegno tecnico e logistico nonché il servizio di segreteria per le sue riunioni. 8. Il direttore può invitare esperti o rappresentanti di pertinenti settori economici, datori di lavoro, sindacati, enti professionali o di ricerca, o organizzazioni non governative, con esperienza riconosciuta in materie attinenti alle attività dell'Istituto, a collaborare a compiti specifici e a partecipare alle afferenti attività del forum di esperti. Articolo 12 Direttore 1. A capo dell'Istituto il consiglio di amministrazione nomina il direttore, sulla base di un elenco di candidati proposto dalla Commissione dopo un concorso generale, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e altrove di un invito a manifestare interesse. Prima della nomina, il candidato prescelto dal consiglio di amministrazione è invitato a rendere una dichiarazione dinanzi alla commissione o alle commissioni competenti del Parlamento europeo e a rispondere alle domande dei membri di tali commissioni. 2. Il mandato del direttore è di 5 anni. Su proposta della Commissione e previa valutazione, il mandato può essere prorogato una sola volta per un massimo di 5 anni. Nella valutazione la Commissione esamina in particolare: a) i risultati ottenuti durante il primo mandato e il modo in cui sono stati ottenuti; b) i compiti e le necessità dell'Istituto per gli anni successivi. 3. Al direttore, sotto la supervisione del consiglio di amministrazione, competono: a) l'adempimento dei compiti di cui all'articolo 3; b) l'elaborazione e l'esecuzione dei programmi di attività annuale e a medio termine dell'Istituto; c) la preparazione delle riunioni del consiglio di amministrazione e del forum di esperti; d) la redazione e la pubblicazione della relazione annuale di cui all'articolo 3, paragrafo 2; e) tutte le questioni riguardanti il personale, in particolare l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 13, paragrafo 3; f) le questioni riguardanti l'amministrazione corrente; e g) l'applicazione di efficaci procedure di sorveglianza e valutazione dei risultati dell'Istituto rapportati ai suoi obiettivi, sulla base di standard riconosciuti a livello professionale. Il direttore riferisce annualmente al consiglio di amministrazione sui risultati del sistema di sorveglianza. 4. Il direttore rende conto della gestione delle proprie attività al consiglio di amministrazione e assiste alle sue riunioni senza diritto di voto. Può anche essere invitato dal Parlamento europeo a riferire nel quadro di un'audizione su questioni significative legate alle attività dell'Istituto. 5. Il direttore è il rappresentante legale dell'Istituto. Articolo 13 Personale 1. Al personale dell'Istituto si applicano lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee definito dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 (12) e le regole adottate congiuntamente dalle istituzioni delle Comunità europee per l'applicazione di detti statuto e regime. 2. Il consiglio di amministrazione, di concerto con la Commissione, adotta le necessarie disposizioni di esecuzione, secondo le modalità di cui all'articolo 110 dello statuto dei funzionari. Il consiglio di amministrazione può adottare disposizioni che consentano di assumere esperti nazionali distaccati dagli Stati membri presso l'Istituto. 3. L'Istituto esercita nei confronti del proprio personale i poteri conferiti all'autorità che ha il potere di nomina. Articolo 14 Redazione del bilancio 1. Tutte le entrate e le spese dell'Istituto formano oggetto di previsioni per ciascun esercizio finanziario, che coincide con l'anno civile, e sono iscritte nel bilancio dell'Istituto. 2. Le entrate e le spese iscritte nel bilancio dell'Istituto sono in pareggio. 3. Fatte salve altre risorse, le entrate dell'Istituto comprendono: a) un contributo della Comunità iscritto nel bilancio generale dell'Unione europea (sezione «Commissione»); b) pagamenti ricevuti come corrispettivo di servizi resi; c) gli eventuali contributi finanziari delle organizzazioni o dei paesi terzi di cui all'articolo 8; d) gli eventuali contributi volontari degli Stati membri. 4. Le spese dell'Istituto comprendono le retribuzioni del personale, le spese amministrative e di infrastruttura e le spese di esercizio. 5. Ogni anno il consiglio di amministrazione, sulla base di un progetto elaborato dal direttore, presenta lo stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Istituto per l'esercizio successivo. Entro il 31 marzo il consiglio di amministrazione trasmette alla Commissione lo stato di previsione, accompagnato da un progetto di tabella dell'organico. 6. La Commissione trasmette lo stato di previsione all'autorità di bilancio insieme al progetto preliminare di bilancio generale dell'Unione europea. 7. Sulla base dello stato di previsione, la Commissione iscrive nel progetto preliminare di bilancio generale dell'Unione europea le stime che ritiene necessarie per quanto concerne la tabella dell'organico e l'importo del contributo a carico del bilancio generale. Essa trasmette le stime all'autorità di bilancio ai sensi dell'articolo 272 del trattato. 8. L'autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti a titolo del contributo destinato all'Istituto e adotta la tabella dell'organico dell'Istituto. 9. Il consiglio d'amministrazione adotta il bilancio dell'Istituto. Esso diventa definitivo dopo l'adozione definitiva del bilancio generale dell'Unione europea. Se del caso, esso viene adeguato di conseguenza. 10. Il consiglio di amministrazione comunica quanto prima all'autorità di bilancio l'intenzione di realizzare qualsiasi progetto che possa avere incidenze finanziarie significative sul finanziamento del bilancio, in particolare i progetti di natura immobiliare, quali l'affitto o l'acquisto di edifici. Esso ne informa la Commissione. Qualora un ramo dell'autorità di bilancio abbia comunicato che intende emettere un parere, trasmette quest'ultimo al consiglio di amministrazione entro il termine di sei settimane a decorrere dalla notifica del progetto. Articolo 15 Esecuzione del bilancio 1. Il direttore cura l'esecuzione del bilancio dell'Istituto. 2. Entro il 1o marzo successivo alla chiusura dell'esercizio finanziario, il contabile dell'Istituto comunica i conti provvisori, insieme alla relazione sulla gestione finanziaria e di bilancio dell'esercizio, al contabile della Commissione, il quale procede al consolidamento dei conti provvisori delle istituzioni e degli organismi decentrati ai sensi dell'articolo 128 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002. 3. Entro il 31 marzo successivo alla chiusura dell'esercizio finanziario, il contabile della Commissione trasmette i conti provvisori dell'Istituto, insieme alla relazione di cui al paragrafo 2, alla Corte dei conti. La relazione viene trasmessa anche al Parlamento europeo e al Consiglio. 4. Al ricevimento delle osservazioni formulate dalla Corte dei conti in merito ai conti provvisori dell'Istituto, ai sensi dell'articolo 129 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002, il direttore redige, sotto la propria responsabilità, i conti definitivi dell'Istituto e li trasmette al consiglio di amministrazione affinché formuli un parere. 5. Il consiglio d'amministrazione esprime un parere sui conti definitivi dell'Istituto. 6. Entro il 1o luglio successivo alla chiusura dell'esercizio finanziario, il direttore trasmette i conti definitivi, accompagnati dal parere del consiglio d'amministrazione, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e alla Corte dei conti. 7. I conti definitivi vengono pubblicati. 8. Entro il 30 settembre, il direttore invia alla Corte dei conti una risposta alle osservazioni da essa formulate. Trasmette tale risposta anche al consiglio di amministrazione. 9. Il direttore presenta al Parlamento europeo, su richiesta di quest'ultimo e a norma dall'articolo 146, paragrafo 3 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002, tutte le informazioni necessarie al corretto svolgimento della procedura di discarico per l'esercizio in oggetto. 10. Entro il 30 aprile dell'anno n + 2, il Parlamento europeo, su raccomandazione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, dà discarico al direttore dell'esecuzione del bilancio dell'esercizio n. 11. Il regolamento finanziario applicabile all'Istituto è adottato dal consiglio di amministrazione, previa consultazione della Commissione. Può discostarsi dal regolamento (CE, Euratom) n. 2343/2002 solo se lo richiedono le esigenze specifiche di funzionamento dell'Istituto e previo accordo della Commissione. Articolo 16 Lingue 1. All'Istituto si applicano le disposizioni di cui al regolamento n. 1 del 15 aprile 1958 che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (13). 2. I servizi di traduzione necessari per il funzionamento dell'Istituto sono forniti, in linea di principio, dal Centro di traduzione degli organismi dell'Unione europea istituito dal regolamento (CE) n. 2965/94 del Consiglio (14). Articolo 17 Privilegi e immunità All'Istituto si applica il protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee. Articolo 18 Responsabilità 1. La responsabilità contrattuale dell'Istituto è disciplinata dalla legge applicabile al contratto di cui trattasi. La Corte di giustizia è competente a giudicare in forza di una clausola compromissoria contenuta in ogni contratto stipulato dall'Istituto. 2. In materia di responsabilità extra contrattuale, sulla base dei principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri, l'Istituto risarcisce i danni cagionati da esso stesso o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni. La Corte di giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento di tali danni. Articolo 19 Partecipazione di paesi terzi 1. Alle attività dell'Istituto possono partecipare i paesi che hanno concluso con la Comunità europea accordi a norma dei quali hanno adottato e applicano la normativa comunitaria nel campo disciplinato dal presente regolamento. 2. Vengono adottate misure nel quadro delle pertinenti disposizioni di tali accordi per specificare in particolare la natura, la portata e le modalità di partecipazione di tali paesi ai lavori dell'Istituto, comprese prescrizioni relative alla partecipazione alle iniziative dell'Istituto, ai contributi finanziari e al personale. In materia di personale, tali accordi sono in ogni caso conformi allo statuto dei funzionari delle Comunità europee e al regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee. Articolo 20 Valutazione 1. Entro il 18 gennaio 2010, l'Istituto commissiona una valutazione esterna indipendente dei propri risultati sulla base del mandato formulato dal consiglio di amministrazione di concerto con la Commissione. La valutazione concerne l'efficacia dell'Istituto nel promuovere l'uguaglianza di genere e comprende un'analisi degli effetti sinergici. Essa affronta in particolare l'eventuale necessità di modificare o estendere i compiti dell'Istituto e le relative conseguenze finanziarie di tale modifica o estensione. Tale valutazione esamina inoltre l'adeguatezza della struttura di gestione nell'adempimento dei compiti dell'Istituto. La valutazione tiene conto dei pareri delle parti in causa a livello sia comunitario che nazionale. 2. Il consiglio di amministrazione, di concerto con la Commissione, decide le scadenze delle valutazioni future, tenendo conto dei risultati contenuti nella relazione di valutazione di cui al paragrafo 1. Articolo 21 Clausola di revisione Il consiglio di amministrazione esamina le conclusioni della valutazione di cui all'articolo 20 e rivolge alla Commissione le raccomandazioni ritenute necessarie concernenti le modifiche da apportare all'Istituto, alle sue prassi di lavoro e al suo mandato. La Commissione trasmette la relazione di valutazione e le raccomandazioni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, e le rende pubbliche. Dopo aver esaminato la relazione di valutazione e le raccomandazioni, la Commissione può presentare le eventuali proposte relative al presente regolamento che ritenga necessarie. Articolo 22 Controllo amministrativo L'operato dell'Istituto è sottoposto al controllo del mediatore, ai sensi delle disposizioni dell'articolo 195 del trattato. Articolo 23 Inizio dell'attività dell'Istituto L'Istituto diventa operativo il prima possibile e comunque entro 19 gennaio 2008. Articolo 24 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2006. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J. KORKEAOJA (1) GU C 24 del 31.1.2006, pag. 29. (2) Parere del Parlamento europeo del 14 marzo 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 18 settembre 2006 (GU C 295 E del 5.12.2006, pag. 57) e posizione del Parlamento europeo del 14 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 19 dicembre 2006. (3) Studio di fattibilità della Commissione europea per un istituto europeo del genere (realizzato da PLS Ramboll Management, DK, 2002). (4) GU C 102 E del 28.4.2004, pag. 638. (5) Regolamento (CEE) n. 1365/75 del Consiglio, del 26 maggio 1975, concernente l'istituzione di una Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (GU L 139 del 30.5.1975, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1111/2005 (GU L 184 del 15.7.2005, pag. 1). (6) Regolamento (CE) n. 2062/94 del Consiglio, del 18 luglio 1994, relativo all'istituzione di un'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (GU L 216 del 20.8.1994, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1112/2005 (GU L 184 del 15.7.2005, pag. 5). (7) Regolamento (CEE) n. 337/75 del Consiglio, del 10 febbraio 1975, relativo all'istituzione di un Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (GU L 39 del 13.2.1975, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2051/2004 (GU L 355 del 1o.12.2004, pag. 1). (8) Gli Stati membri, riuniti nell'ambito del Consiglio europeo del dicembre 2003, hanno chiesto alla Commissione di elaborare una proposta di agenzia per i diritti umani tramite l'estensione del mandato dell'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia. (9) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). (10) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). (11) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 72. (12) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 (GU L 124 del 27.4.2004, pag. 1). (13) GU 17 del 6.10.1958, pag. 385. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 920/2005 (GU L 156 del 18.6.2005, pag. 3). (14) Regolamento (CE) n. 2965/94 del Consiglio, del 28 novembre 1994, relativo all'istituzione di un Centro di traduzione degli organismi dell'Unione europea (GU L 314 del 7.12.1994, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 920/2005.
Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento istituisce l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) che aiuta le istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri dell’Unione europea a integrare il principio di uguaglianza di genere nelle proprie politiche e a lottare contro la discriminazione fondata sul sesso. PUNTI CHIAVE Gli obiettivi dell’EIGE L’Istituto fornisce alle istituzioni dell’Unione europea (Unione) e agli Stati membri le proprie competenze tecniche per contribuire:alla promozione e al rafforzamento dell’uguaglianza di genere; all’inclusione dell’integrazione di genere in tutte le politiche dell’Unione nelle politiche nazionali che ne derivano; alla lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso; alla sensibilizzazione di cittadine e cittadini dell’Unione in merito all’uguaglianza di genere e all’esigenza di affrontare la violenza contro le donne.L’attività di EIGEL’Istituto basa la propria attività su dati oggettivi, affidabili e comparabili a livello europeo. È responsabile della raccolta, dell’analisi e della diffusione delle informazioni relative all’uguaglianza di genere. Si occupa di sviluppare:metodi per migliorare l’obiettività, la comparabilità e l’attendibilità dei dati a livello europeo, definendo criteri atti a migliorare la coerenza delle informazioni e a tenere conto delle questioni di genere nella raccolta dei dati;il dialogo e la cooperazione con organizzazioni non governative e gli enti attivi nel settore delle pari opportunità, università ed esperti, centri di ricerca, parti sociali e altri organismi affini che operano attivamente per conseguire la parità a livello nazionale ed europeo. Sviluppa, analizza, valuta e diffonde strumenti metodologici a sostegno dell’integrazione di genere in tutte le politiche dell’Unione e nazionali. Conduce indagini sulla situazione dell’uguaglianza di genere in Europa. Organizza riunioni di esperti a sostegno del lavoro di ricerca dell’Istituto, incoraggia lo scambio di informazioni tra ricercatori e ricercatrici e promuove l’integrazione della prospettiva di genere nella loro ricerca. Diffonde informazioni su esempi positivi di ruoli non conformi agli stereotipi per le donne e gli uomini di ogni estrazione sociale, presenta i suoi risultati e le sue iniziative volte a pubblicizzare e valorizzare tali esempi di successo. Per sensibilizzare cittadine e cittadini dell’Unione in materia di uguaglianza di genere, organizza conferenze, campagne e riunioni a livello europeo e costituisce un fondo di documentazione accessibile al pubblico.FunzionamentoL’Istituto conduce le proprie attività in maniera autonoma e trasparente. È governato da un consiglio di amministrazione, presieduto da un direttore e assistito da un forum di esperti. La sua sede è a Vilnius (Lituania). In particolare, l’EIGE lavora a stretto contatto con la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (si veda la sintesi), l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (si veda la sintesi), il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (si veda la sintesi) e l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (si veda la sintesi).BilancioOgni anno, l’istituto elabora uno stato di previsione di tutte le entrate e le spese, che devono risultare in pareggio. Lo stato di previsione, che deve comprendere un progetto di tabella dell’organico è trasmesso dal consiglio di amministrazione alla Commissione europea al più tardi entro il 31 maggio. In seguito, lo stato di previsione è trasmesso all’autorità di bilancio dell’Unione (composta dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea), insieme al progetto preliminare di bilancio dell’Unione. Sulla base dello stato di previsione, la Commissione inserisce nel progetto preliminare di bilancio generale dell’Unione europea le previsioni che essa ritiene necessarie relativamente alla tabella dell’organico e all’importo della sovvenzione a carico del bilancio generale dell’Unione, che in seguito presenta all’autorità di bilancio. In conformità del quadro finanziario pluriennale per il periodo interessato, l’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti a titolo della sovvenzione annuale provenienti dal bilancio generale dell’Unione e adotta la tabella dell’organico. Il bilancio dell’EIGE è adottato dal relativo consiglio di amministrazione e diventa definitivo in seguito all’adozione definitiva del bilancio dell’Unione. Se del caso, si procede agli opportuni adeguamenti. Le ulteriori fonti di entrate dell’EIGE possono comprendere pagamenti ricevuti per servizi prestati, qualsiasi contributo finanziario da parte di organizzazioni internazionali o di paesi terzi nonché qualsiasi contributo volontario proveniente dagli Stati membri. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 19 gennaio 2007. CONTESTO L’uguaglianza di genere costituisce un diritto fondamentale previsto dal trattato di Lisbona, nonché un settore strategico prioritario dell’Unione. Ciononostante, occorrono ulteriori progressi per raggiungere una reale uguaglianza di genere nella vita professionale e nella vita privata. In tal senso, l’EIGE svolge un ruolo importante mettendo a disposizione le competenze richieste per sostenere l’elaborazione di politiche in materia di uguaglianza di genere in tutta l’Unione. Per ulteriori informazioni, si veda:Il nostro lavoro (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1922/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 9). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1922/2006 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2019/126 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, che istituisce l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), e che abroga il regolamento (CE) n. 2062/94 del Consiglio (GU L 30 del 31.1.2019, pag. 58). Regolamento (UE) 2019/127 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 gennaio 2019 che istituisce la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) e che abroga il regolamento (CEE) n. 1365/75 del Consiglio (GU L 30 del 31.1.2019, pag. 74). Regolamento (UE) 2019/128 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, che istituisce un Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop), e che abroga il regolamento (CEE) n. 337/75 del Consiglio (GU L 30 del 31.1.2019, pag. 90). Regolamento (CE) n. 168/2007 del Consiglio, del 15 febbraio 2007, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (GU L 53 del 22.2.2007, pag. 1).
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 22 gennaio 2014 sui principi minimi applicabili alla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume (2014/70/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) Gli Stati membri hanno il diritto di determinare le condizioni per lo sfruttamento delle loro risorse energetiche purché rispettino la necessità di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente. (2) Allo stato attuale dello sviluppo tecnologico, la ricerca e la produzione di idrocarburi, tra cui il gas di scisto, richiedono il ricorso combinato alla fratturazione idraulica ad elevato volume e alla perforazione direzionale (soprattutto orizzontale) su una scala e ad un’intensità per le quali esiste un’esperienza molto limitata nell’Unione. La tecnica di fratturazione idraulica solleva problemi specifici, in particolare per la salute umana e l’ambiente. (3) Nelle sua risoluzione del 21 novembre 2012 il Parlamento europeo ha preso atto dei significativi benefici potenziali della produzione di gas e olio di scisto, e ha invitato la Commissione a istituire un quadro a livello dell’Unione per la ricerca e l’estrazione di combustibili fossili non convenzionali, al fine di garantire l’applicazione di disposizioni armonizzate per la tutela della salute umana e dell’ambiente in tutti gli Stati membri. (4) Nelle sue conclusioni del 22 maggio 2013 il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di diversificare l’approvvigionamento energetico dell’Europa e sviluppare risorse energetiche interne per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, ridurre la dipendenza energetica esterna dell’Unione e stimolare la crescita economica. Il Consiglio ha preso atto dell’intenzione della Commissione di valutare un ricorso più sistematico alle fonti di energia interne ai fini del loro sfruttamento sicuro, sostenibile e efficace sotto il profilo dei costi, rispettando nel contempo le scelte degli Stati membri in materia di mix energetico. (5) Nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'esplorazione e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nella UE (1), la Commissione ha evidenziato le potenziali nuove opportunità e sfide legate all’estrazione di idrocarburi non convenzionali nell’Unione, nonché i principali elementi ritenuti indispensabili per garantire la sicurezza di questa tecnica. Nella comunicazione si giunge alla conclusione che occorre una raccomandazione che stabilisca principi minimi che sostengano gli Stati membri nella ricerca e produzione di gas naturale dalle formazioni di scisto e garantiscano la tutela del clima e dell’ambiente, l’uso efficiente delle risorse e l’informazione del pubblico. (6) A livello internazionale, l’Agenzia internazionale dell’energia ha elaborato delle raccomandazioni per lo sviluppo sicuro del gas non convenzionale. Queste «regole d’oro» riguardano quadri regolamentari solidi e adeguati, un’attenta selezione dei siti, una corretta pianificazione del progetto, un’adeguata caratterizzazione dei rischi nel sottosuolo, norme rigorose per la progettazione dei pozzi, la trasparenza delle operazioni e il controllo dei relativi impatti, una corretta gestione delle acque e dei rifiuti, la riduzione delle emissioni atmosferiche e dei gas a effetto serra. (7) Alle attività di ricerca e produzione degli idrocarburi che prevedono la fratturazione idraulica ad elevato volume si applicano sia la legislazione generale che quella ambientale. In particolare la direttiva 89/391/CEE del Consiglio (2) concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro; la direttiva 92/91/CEE del Consiglio (3) che stabilisce disposizioni sull’estrazione per trivellazione fissa prescrizioni minime per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione; la direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stabilisce che occorre rilasciare le autorizzazioni in maniera non discriminatoria; la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) che istituisce il quadro in materia di acque impone ai gestori di ottenere l’autorizzazione per il prelievo dell’acqua e vieta lo scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee; la direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), recante disposizioni sulla valutazione ambientale strategica, impone la valutazione di piani e programmi nei settori dell’energia, dell’industria, della gestione dei rifiuti, della gestione delle risorse idriche, dei trasporti o della destinazione dei suoli; la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), recante disposizioni sulla responsabilità ambientale, si applica alle attività professionali che comprendono la gestione dei rifiuti e dei prelievi di acqua; la direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8), che stabilisce disposizioni in materia di rifiuti di estrazione, disciplina la gestione dei rifiuti superficiali e sotterranei derivanti dalla ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume; la direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), che stabilisce disposizioni sulle acque sotterranee, impone agli Stati membri di mettere in atto misure che prevengono o limitano l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee; il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (10), concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), e il regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), concernente la messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi, si applicano all’utilizzo di sostanze chimiche e biocidi che possono essere impiegati per la fratturazione; la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (12), che istituisce il quadro di riferimento per i rifiuti, fissa le condizioni applicabili al riutilizzo dei fluidi che emergono in superficie a seguito della fratturazione idraulica ad alto volume e nel corso della produzione; il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (13) relativo ad un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e la decisione 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14) concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra fino al 2020 si applicano alle emissioni fuggitive di metano; la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (15), che stabilisce disposizioni in materia di emissioni industriali, si applica agli impianti nei quali si svolgono le attività di cui all’allegato I della direttiva in questione; la direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (16), che stabilisce disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale, prevede l’esecuzione di una valutazione di impatto ambientale per i progetti che comportano l’estrazione di petrolio e gas naturale a fini commerciali se il quantitativo estratto è superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e 500 000 m3 al giorno per il gas naturale e uno screening per i progetti di trivellazioni in profondità e gli impianti di superficie per l’estrazione di petrolio e gas; la direttiva 96/82/CE del Consiglio (17), sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose e, a decorrere dal 1o giugno 2015, la direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (18) impongono ai gestori degli impianti in cui sono presenti sostanze pericolose al di sopra delle soglie stabilite nell’allegato I delle direttive in questione di adottare tutte le misure necessarie per prevenire incidenti rilevanti e limitarne le conseguenze per la salute umana e l’ambiente. Ciò si applica, tra l’altro, alle operazioni di preparazione chimica o termica e al relativo deposito nel quadro dello sfruttamento di minerali in miniere e cave, nonché allo stoccaggio di gas in siti sotterranei terrestri. (8) La legislazione ambientale dell’Unione è stata però elaborata in un periodo in cui in Europa non si faceva ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume. Pertanto, alcuni aspetti ambientali connessi con la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante questa tecnica non sono trattati in modo adeguato nella legislazione vigente dell’Unione, in particolare per quanto concerne la pianificazione strategica, la valutazione dei rischi sotterranei, l’integrità dei pozzi, il monitoraggio delle condizioni iniziali e la sorveglianza operativa, la cattura delle emissioni di metano e la divulgazione di informazioni sulle sostanze chimiche utilizzate in ogni singolo pozzo. (9) Occorre pertanto stabilire i principi minimi di cui gli Stati membri dovrebbero tenere conto nell’applicazione o nell’adeguamento della loro regolamentazione riguardante le attività che comportano la fratturazione idraulica ad elevato volume. Un insieme di regole creerebbe condizioni eque per i gestori e migliorerebbe la fiducia degli investitori ed il funzionamento del mercato unico dell’energia. Regole chiare e trasparenti dovrebbero anche contribuire a rassicurare i cittadini, ed eventualmente attenuare la loro opposizione allo sviluppo del gas di scisto. Questo insieme di regole non implica che gli Stati membri siano tenuti a svolgere attività di ricerca o sfruttamento ricorrendo alla fratturazione idraulica ad elevato volume se non lo desiderano né che sia loro impedito di mantenere o adottare misure più specifiche adatte alle circostanze nazionali, regionali o locali. (10) Nell’Unione non abbiamo esperienza in materia di autorizzazioni per la produzione di idrocarburi con fratturazione idraulica ad elevato volume e possiamo vantare solo un’esperienza limitata in materia di autorizzazioni per la ricerca. Pertanto, è necessario monitorare l’applicazione della legislazione dell’Unione e della presente raccomandazione negli Stati membri. Potrebbe essere necessario aggiornare la presente raccomandazione o elaborare disposizioni giuridicamente vincolanti, in funzione dei progressi tecnici o dell’esigenza di far fronte a rischi e impatti legati alla ricerca e alla produzione di idrocarburi utilizzando tecniche diverse dalla fratturazione idraulica ad elevato volume, a problemi imprevisti nell’applicazione della normativa dell’Unione o nella ricerca e produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume in operazioni offshore. (11) Da qui nasce l’esigenza, in questa fase, della presente raccomandazione che stabilisce principi minimi applicabili, come base comune, alla ricerca o alla produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume. Questa raccomandazione integra la normativa vigente dell’Unione applicabile ai progetti che prevedono la fratturazione idraulica ad elevato volume e dovrebbe essere attuata dagli Stati membri entro 6 mesi. (12) La presente raccomandazione rispetta i diritti e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto alla vita e il diritto all’integrità della persona, la libertà di espressione e di informazione, la libertà d’impresa, il diritto di proprietà, e l’elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. La presente raccomandazione deve essere attuata conformemente a detti diritti e principi, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: 1. SCOPO E OGGETTO 1.1. La presente raccomandazione stabilisce i principi minimi necessari per aiutare gli Stati membri che intendono effettuare attività di ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume, garantendo nel contempo la tutela del clima e dell’ambiente, l’utilizzo efficiente delle risorse e l’informazione del pubblico. 1.2. Nell’applicare o adattare le loro disposizioni di attuazione della legislazione dell’Unione alle esigenze e alle peculiarità della ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume, gli Stati membri sono incoraggiati ad applicare questi principi che riguardano la pianificazione, la valutazione degli impianti, le autorizzazioni, le prestazioni operative e ambientali, la chiusura degli impianti, la partecipazione del pubblico e la diffusione delle informazioni. 2. DEFINIZIONI Ai fini della presente raccomandazione si intende per: a) «fratturazione idraulica ad elevato volume», l’iniezione di un volume di acqua pari o superiore a 1 000 m3 di acqua per fase di fratturazione o pari o superiore a 10 000 m3 di acqua per l’intero processo di fratturazione in un pozzo; b) «impianto», qualsiasi struttura, anche sotterranea, destinata alla ricerca o produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume. 3. PIANIFICAZIONE STRATEGICA E VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE 3.1. Prima di concedere autorizzazioni di ricerca e/o produzione di idrocarburi che possono comportare il ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume, gli Stati membri dovrebbero effettuare una valutazione ambientale strategica per prevenire, gestire e ridurre gli impatti e i relativi rischi per la salute umana e l’ambiente. Questa valutazione dovrebbe essere effettuata sulla base delle prescrizioni della direttiva 2001/42/CE. 3.2. Gli Stati membri dovrebbero stabilire regole chiare sulle eventuali restrizioni delle attività, ad esempio in aree protette, sismiche o soggette ad inondazioni e sulle distanze minime da rispettare tra le operazioni autorizzate e le aree residenziali e di protezione delle acque. Dovrebbero inoltre stabilire limiti minimi di profondità tra l’area destinata alla fratturazione e le acque sotterranee. 3.3. Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che sia effettuata una valutazione dell’impatto ambientale sulla base delle prescrizioni della direttiva 2011/92/UE. 3.4. Gli Stati membri dovrebbero offrire al pubblico interessato l’opportunità di partecipare per tempo ed in maniera efficace all’elaborazione della strategia di cui al punto 3.1 e alla valutazione d’impatto di cui al punto 3.3. 4. AUTORIZZAZIONI DI RICERCA E PRODUZIONE Gli Stati membri dovrebbero garantire che le condizioni e le procedure per l’ottenimento di autorizzazioni conformemente alla legislazione applicabile dell’Unione siano pienamente coordinate qualora: a) esistano più autorità competenti per le autorizzazioni necessarie; b) siano coinvolti più gestori; c) occorrano più autorizzazioni per una fase specifica del progetto; d) occorrano più autorizzazioni ai sensi della legislazione nazionale o dell’Unione. 5. SELEZIONE DEL SITO DI RICERCA E DI PRODUZIONE 5.1. Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che la formazione geologica di un sito sia adatta alla ricerca o alla produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume. Essi dovrebbero provvedere affinché i gestori effettuino una caratterizzazione e una valutazione dei rischi del potenziale sito e dell’area circostante sia in superficie che a livello sotterraneo. 5.2. La valutazione dei rischi dovrebbe basarsi su una quantità di dati sufficiente per consentire la caratterizzazione dell’area di ricerca e di produzione potenziale e l’individuazione di tutte le potenziali vie di esposizione. Ciò permetterebbe di valutare il rischio di fuoriuscite o di migrazione dei fluidi di perforazione, dei fluidi di fratturazione idraulica, di materiali allo stato naturale, di idrocarburi e di gas provenienti dal pozzo o dalla formazione contenente idrocarburi nonché il rischio di sismicità indotta. 5.3. La valutazione dei rischi dovrebbe: a) basarsi sulle migliori tecniche disponibili e tener conto dei risultati dello scambio di informazioni, organizzato dai servizi della Commissione, tra gli Stati membri, le industrie interessate e le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente; b) anticipare l’evoluzione del comportamento della formazione di roccia, degli strati geologici che separano il serbatoio dalle acque sotterranee e dai pozzi esistenti o di altre strutture antropiche esposti alle elevate pressioni da iniezione utilizzate nella fratturazione idraulica ad elevato volume e i volumi di fluidi iniettati; c) rispettare una distanza minima di separazione verticale tra la zona destinata alla fratturazione e le acque sotterranee; d) essere aggiornata durante le operazioni ogniqualvolta siano rilevati nuovi dati. 5.4. Un sito dovrebbe essere selezionato solo se dalla valutazione del rischio effettuata conformemente ai punti 5.1, 5.2 e 5.3 risulta che la fratturazione idraulica ad elevato volume non comporterà uno scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee e non causerà alcun danno ad altre attività che avvengono nelle vicinanze dell’impianto. 6. STUDIO DI RIFERIMENTO 6.1. Prima dell’inizio delle operazioni di fratturazione idraulica ad alto volume, gli Stati membri provvedono affinché: a) l’operatore determini lo stato ecologico (situazione di partenza) del sito dell’impianto, delle superfici e dell’area sotterranea circostanti potenzialmente interessate dalle attività; b) la situazione di riferimento sia adeguatamente descritta e comunicata all’autorità competente prima dell’inizio delle operazioni. 6.2. Occorre stabilire valori di riferimento per: a) la qualità e le caratteristiche delle acque di superficie e sotterranee; b) la qualità dell’acqua nei punti di prelievo dell’acqua potabile; c) la qualità dell’aria; d) le caratteristiche del suolo; e) la presenza di metano e di altri composti organici volatili; f) la sismicità; g) la destinazione d’uso del suolo; h) la biodiversità; i) lo stato dell’infrastruttura e degli edifici; j) i pozzi esistenti e le strutture in disuso. 7. PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DELL’IMPIANTO Gli Stati membri provvedono affinché l’impianto sia costruito in modo da evitare perdite in superficie e versamenti nel suolo, nell’acqua o nell’aria. 8. INFRASTRUTTURE DI UNA ZONA DI PRODUZIONE Gli Stati membri provvedono affinché: a) i gestori o gruppi di gestori adottino un approccio integrato nello sviluppo di una zona di produzione al fine di prevenire e ridurre gli impatti e i rischi per l’ambiente e la salute, sia per i lavoratori che per il pubblico in generale; b) prima dell’avvio della produzione siano stabilite prescrizioni adeguate per quanto riguarda l’impianto. Se la finalità primaria di un impianto è la produzione di petrolio avvalendosi della fratturazione idraulica ad elevato volume sarà necessario installare un’infrastruttura specifica che catturi e trasporti il gas naturale associato. 9. PRESCRIZIONI OPERATIVE 9.1. Gli Stati membri provvedono affinché i gestori utilizzino le migliori tecniche disponibili, tenendo conto dei risultati dello scambio di informazioni (organizzato dalla Commissione) tra gli Stati membri, le industrie interessate e le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente nonché le buone pratiche in uso nell’industria per prevenire, gestire e ridurre gli impatti e i rischi associati ai progetti di ricerca e produzione di idrocarburi. 9.2. Gli Stati membri provvedono affinché i gestori: a) sviluppino piani di gestione idrica specifici per il progetto al fine di assicurare che l’acqua sia utilizzata in modo efficace per l’intera durata del progetto. I gestori dovrebbero garantire la tracciabilità dei flussi di acqua. Il piano di gestione delle risorse idriche dovrebbe tener conto delle variazioni stagionali della disponibilità di acqua e si dovrebbe evitare di utilizzare fonti idriche soggette a pressioni; b) mettano a punto piani di gestione dei trasporti per ridurre al minimo le emissioni atmosferiche in generale e l’impatto sulle comunità e la biodiversità locali in particolare; c) catturino i gas ai fini di un utilizzo successivo, minimizzino la combustione in torcia ed evitino il rilascio in atmosfera (venting). In particolare, i gestori dovrebbero predisporre misure volte a garantire che le emissioni atmosferiche nella fase di ricerca e produzione siano attenuate dalla cattura dei gas e dal loro successivo utilizzo. Il rilascio in atmosfera del metano e di altri inquinanti atmosferici dovrebbe avvenire solo in circostanze operative del tutto eccezionali per ragioni di sicurezza; d) effettuino il processo di fratturazione ad elevato volume in maniera controllata, con una adeguata gestione della pressione al fine di limitare le fratture nelle rocce-serbatoio ed evitare la sismicità indotta; e) garantiscano l’integrità dei pozzi nella progettazione e costruzione e mediante prove di integrità. I risultati delle prove di integrità dovrebbero essere esaminati da terzi indipendenti e qualificati per garantire l’efficienza operativa dei pozzi e la loro sicurezza sotto il profilo ambientale e sanitario in tutte le fasi di sviluppo del progetto e dopo la chiusura dei pozzi; f) elaborino piani di gestione dei rischi e definiscano le misure necessarie per prevenire e/o attenuare gli impatti e le misure correttive per farvi fronte; g) interrompano le operazioni e adottino rapidamente le azioni correttive necessarie qualora sorga un problema di integrità in un pozzo o vengano accidentalmente riversati degli inquinanti nelle acque sotterranee; h) riferiscano immediatamente all’autorità competente in caso di incidenti o inconvenienti che pregiudichino la salute pubblica o l’ambiente. La relazione dovrebbe menzionare le cause dell’incidente o dell’inconveniente, le sue conseguenze e i provvedimenti adottati per porvi rimedio. Lo studio di riferimento di cui ai punti 6.1 e 6.2 dovrebbero essere utilizzato come riferimento. 9.3. Gli Stati membri dovrebbero promuovere l’uso responsabile delle risorse idriche nella fratturazione idraulica ad elevato volume. 10. UTILIZZO DI SOSTANZE CHIMICHE E DI ACQUA NELLA FRATTURAZIONE IDRAULICA AD ELEVATO VOLUME 10.1. Gli Stati membri provvedono affinché: a) i fabbricanti, gli importatori e gli utilizzatori a valle delle sostanze chimiche utilizzate nella fratturazione idraulica, facciano riferimento alla «fratturazione idraulica» quando adempiono i propri obblighi a norma del regolamento (CE) n. 1907/2006; b) l’utilizzo di sostanze chimiche nella fratturazione idraulica ad elevato volume sia ridotto al minimo; c) nella scelta delle sostanze chimiche da utilizzare si tenga conto della capacità di trattare i fluidi che emergono in superficie dopo la fratturazione idraulica ad alto volume. 10.2. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare i gestori ad utilizzare tecniche di fratturazione che consentono di ridurre al minimo il consumo di acqua e i flussi di rifiuti e a non utilizzare sostanze chimiche pericolose, laddove tecnicamente fattibile e auspicabile dal punto di vista della salute umana, della protezione ambientale e dei cambiamenti climatici. 11. PRESCRIZIONI IN MATERIA DI MONITORAGGIO 11.1. Gli Stati membri provvedono affinché il gestore controlli periodicamente l’impianto e le aree in superficie e sotterranee circostanti potenzialmente interessate dalle operazioni durante la fase di ricerca e produzione e, in particolare, prima, durante e dopo la fratturazione idraulica a elevato volume. 11.2. Lo studio di riferimento di cui ai punti 6.1 e 6.2 dovrebbero essere utilizzato come riferimento per il monitoraggio successivo. 11.3. Oltre ai parametri ambientali determinati nello studio di riferimento, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il gestore controlli i parametri operativi seguenti: a) la composizione esatta del fluido di fratturazione utilizzato per ciascun pozzo; b) il volume d’acqua utilizzato per la fratturazione di ciascun pozzo; c) la pressione applicata durante la fratturazione ad elevato volume; d) i fluidi che emergono in superficie a seguito della fratturazione idraulica ad elevato volume: percentuale di riflusso, volumi, caratteristiche, quantità riutilizzate e/o trattate per ciascun pozzo; e) le emissioni atmosferiche di metano, di altri composti organici volatili e di altri gas che potrebbero avere effetti nocivi sulla salute umana e/o l’ambiente. 11.4. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i gestori controllino gli impatti della fratturazione idraulica ad alto volume sull’integrità dei pozzi e delle altre strutture antropiche nelle aree in superficie e sotterranee circostanti potenzialmente interessate dalle operazioni. 11.5. Gli Stati membri dovrebbero garantire che i risultati del monitoraggio siano comunicati alle autorità competenti. 12. RESPONSABILITÀ AMBIENTALE E GARANZIA FINANZIARIA 12.1. Gli Stati membri dovrebbero applicare le disposizioni sulla responsabilità ambientale a tutte le attività che si svolgono nel sito di un impianto, ivi comprese quelle che attualmente non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/35/CE. 12.2. Gli Stati membri devono provvedere affinché il gestore fornisca una garanzia finanziaria o di altro tipo che copra le disposizioni relative all’autorizzazione e i potenziali rischi in termini di danni ambientali prima dell’avvio delle operazioni di fratturazione idraulica ad elevato volume. 13. CAPACITÀ AMMINISTRATIVA 13.1. Gli Stati membri provvedono affinché le autorità nazionali dispongano delle risorse umane e finanziarie adeguate per l’esercizio delle loro funzioni. 13.2. Gli Stati membri provvedono affinché si evitino conflitti di interessi tra le funzioni normative delle autorità competenti e le loro funzioni attinenti allo sviluppo economico delle risorse. 14. OBBLIGHI LEGATI ALLA CHIUSURA Gli Stati membri provvedono affinché sia effettuata un’indagine dopo ogni chiusura di impianto per confrontare lo stato ecologico del sito in cui si trova l’impianto, la sua superficie circostante e l’area sotterranea potenzialmente interessate dalle attività rispetto alla situazione precedente all’avvio delle operazioni come indicato nello studio di riferimento. 15. DIFFUSIONE DELLE INFORMAZIONI Gli Stati membri provvedono affinché: a) il gestore diffonda informazioni sulle sostanze chimiche e i volumi d’acqua che intendeva utilizzare e che sono stati poi effettivamente utilizzati per la fratturazione idraulica ad alto volume di ciascun pozzo. Tali informazioni dovrebbero includere il nome e il numero CAS (Chemical Abstracts Service) di tutte le sostanze, una scheda di dati di sicurezza, se disponibile, e la concentrazione massima della sostanza nel fluido di fratturazione; b) le autorità competenti pubblichino le seguenti informazioni su un sito Internet accessibile al pubblico entro 6 mesi dalla data di pubblicazione della presente raccomandazione e ad intervalli non superiori a 12 mesi: i) il numero di pozzi completati e di progetti previsti che comportano il ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume; ii) il numero di autorizzazioni concesse, i nomi dei gestori coinvolti e le condizioni inerenti alle autorizzazioni; iii) lo studio di base effettuato a norma dei punti 6.1 e 6.2 e i risultati del monitoraggio di cui ai punti 11.1, 11.2 e 11.3, lettere da b) a e); c) le autorità competenti informino rapidamente il pubblico sui punti seguenti: i) incidenti e inconvenienti di cui al punto 9.2, lettera f); ii) i risultati delle ispezioni, le inadempienze e le relative sanzioni. 16. RIESAME 16.1. Gli Stati membri che hanno scelto di cercare o sfruttare idrocarburi ricorrendo alla fratturazione idraulica ad elevato volume sono invitati a conformarsi ai principi minimi enunciati nella presente raccomandazione entro il 28 luglio 2014 e a informare ogni anno la Commissione circa le misure messe in atto in risposta alla presente raccomandazione; tale comunicazione deve avvenire, per la prima volta, entro dicembre 2014. 16.2. La Commissione monitorerà da vicino l’applicazione della raccomandazione, confrontando la situazione negli Stati membri nell’ambito di un quadro comparativo pubblico. 16.3. La Commissione riesaminerà l’efficacia della raccomandazione 18 mesi dopo la sua pubblicazione. 16.4. Il riesame comprenderà una valutazione dell’applicazione della raccomandazione, il monitoraggio dello scambio di informazioni sulle BAT e dell’applicazione dei documenti di riferimento sulle BAT pertinenti, nonché l’eventuale necessità di aggiornare le disposizioni della raccomandazione. La Commissione deciderà sull’eventuale necessità di presentare proposte legislative contenenti disposizioni giuridicamente vincolanti per quanto concerne la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume. Fatto a Bruxelles, il 22 gennaio 2014 Per la Commissione Janez POTOČNIK Membro della Commissione (1) COM(2014) 23. (2) Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1). (3) Direttiva 92/91/CEE del Consiglio, del 3 novembre 1992, relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione [undicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE] (GU L 348 del 28.11.1992, pag. 9). (4) Direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (GU L 164 del 30.6.1994, pag. 3); (5) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1). (6) Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30). (7) Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56). (8) Direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE (GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 15). (9) Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 19). (10) Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1). (11) Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU L 167 del 27.6.2012, pag. 1). (12) Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3). (13) Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell’Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 13). (14) Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136). (15) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17). (16) Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 26 del 28.1.2012, pag. 1). (17) Direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (GU L 10 del 14.1.1987, pag. 13). (18) Direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 96/82/CE del Consiglio (GU L 197 del 24.7.2012, pag. 1).
Fracking: principi minimi per la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume I rischi associati al fracking hanno indotto la Commissione europea a lanciare l'iniziativa sul gas di scisto, che comprende una raccomandazione sulle garanzie minime. ATTO Raccomandazione 2014/70 /UE della Commissione, del 22 gennaio 2014, sui principi minimi applicabili alla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume. SINTESI Che cos'è il fracking? Il gas di scisto è intrappolato all'interno di strutture rocciose, che devono essere fratturate per estrarre il gas. Il processo utilizzato a questo scopo è la fratturazione idraulica o fracking. Consiste nel fratturare la roccia inserendo un alto volume di acqua, sabbia o sostanze chimiche in un pozzo. Poiché l'Europa ha una limitata esperienza di fracking, sussistono preoccupazioni sulla sicurezza e l'ambiente, dal momento che i rischi connessi con le risorse di gas di scisto potrebbero estendersi oltre i confini. Raccomandazione della Commissione In risposta a tali preoccupazioni, nel gennaio 2014, la Commissione ha emesso una raccomandazione volta a garantire che i paesi dell'Unione europea (UE) che svolgono operazioni di fracking attuino adeguate misure di tutela ambientale e di precauzione. Ciò dovrebbe contribuire a migliorare la trasparenza per i cittadini, a stabilire un quadro più chiaro per gli investitori e a creare una parità di condizioni in materia di regolamentazione del settore. Comunicazione Un'altra componente dell'iniziativa sul gas di scisto della Commissione è la sua comunicazione sul fracking. Essa esamina i potenziali benefici del fracking in termini di sicurezza energetica, competitività e introiti. Si occupa anche delle sfide ambientali in materia di acque, inquinamento atmosferico e destinazione d'uso del suolo. Una valutazione d'impatto ha esaminato gli impatti socio-economici e ambientali delle varie opzioni politiche. Responsabilità In base alla legislazione dell'UE in vigore, la raccomandazione definisce le responsabilità dei paesi dell'UE che effettuano operazioni di fracking. Queste includono: pianificazione strategica per il futuro e valutazione di impatto ambientale prima di concedere licenze; controllo della qualità dell'aria, dell'acqua e del suolo prima di avviare la fratturazione; cattura dei gas per controllare le emissioni atmosferiche; garanzia di trasparenza al pubblico informando su qualsiasi prodotto chimico utilizzato; garanzia sulle migliori pratiche come criterio per tutto il processo di perforazione. Prossimi passi I principi della raccomandazione devono essere applicati entro 6 mesi nei paesi che effettuano operazioni di fracking. Dal dicembre 2014, essi dovrebbero riferire annualmente alla Commissione le misure messe in atto. La Commissione monitorerà le misure e riesaminerà l'efficacia della raccomandazione entro 18 mesi dalla sua pubblicazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Raccomandazione 2014/70/UE della Commissione - - GU L 39 dell'8.2.2014 ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nell'UE [COM(2014) 23 final/2 del 17.3.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
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32009L0024
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DIRETTIVA 2009/24/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il contenuto della direttiva 91/250/CEE del Consiglio, del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (3), è stato modificato (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Per creare programmi per elaboratore è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarli a un costo minimo rispetto a quello necessario per crearli autonomamente. (3) I programmi per elaboratore hanno un ruolo sempre più importante in una vasta gamma di industrie e, di conseguenza, si può affermare che la tecnologia dei programmi per elaboratore riveste una fondamentale importanza per lo sviluppo industriale della Comunità. (4) Alcune differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore conferita dalle leggi degli Stati membri hanno effetti diretti e negativi sul funzionamento del mercato interno dei programmi per elaboratore. (5) È necessario eliminare le differenze esistenti che producono tali effetti e impedire che ne sorgano di nuove, mentre non occorre eliminare, o impedire che sorgano, quelle differenze che non pregiudicano in misura sostanziale il funzionamento del mercato interno. (6) La disciplina giuridica comunitaria della tutela dei programmi per elaboratore può quindi limitarsi, in una prima fase, a stabilire che gli Stati membri sono tenuti ad attribuire ai programmi per elaboratore la tutela riconosciuta dalle leggi sul diritto di autore alle opere letterarie, nonché a determinare i soggetti e gli oggetti tutelati, i diritti esclusivi dei quali i soggetti tutelati devono potersi avvalere per autorizzare o vietare determinati atti, e la durata della tutela medesima. (7) Ai sensi della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» indica programmi in qualsiasi forma, compresi quelli incorporati nell'hardware; questo termine comprende anche i lavori preparatori di progettazione per realizzare un programma, a condizione che siano di natura tale da consentire la realizzazione di un programma per elaboratore in una fase successiva. (8) Per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare se un programma per elaboratore costituisca o meno un'opera originale, non dovrebbero essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma. (9) La Comunità è pienamente impegnata nella promozione della normalizzazione internazionale. (10) I programmi per elaboratore svolgono la funzione di comunicare e operare con altri componenti di un sistema informatico e con gli utenti; a tale scopo è necessaria un'interconnessione e un'interazione logica e, ove opportuno, materiale per consentire a tutti i componenti software e hardware di operare con altri software e hardware e con gli utenti in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare. Le parti del programma che assicurano tale interconnessione e interazione fra gli elementi del software e dell'hardware sono generalmente denominate «interfacce». Tale interconnessione e interazione funzionale è generalmente denominata «interoperabilità»; l'interoperabilità può essere definita come la capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate. (11) Per dissipare ogni dubbio, occorre precisare che solo l'espressione di un programma per elaboratore è oggetto di tutela e che le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. Conformemente a detto principio del diritto d'autore, le idee e i principi che sono alla base della logica, degli algoritmi e dei linguaggi di programmazione non sono tutelati a norma della presente direttiva. Conformemente alla legislazione e alla giurisprudenza degli Stati membri, nonché alle convenzioni internazionali sul diritto d'autore, l'espressione di tali idee e principi deve essere tutelata dal diritto d'autore. (12) Ai fini della presente direttiva, per «locazione» s'intende il mettere a disposizione per l'utilizzazione, per un periodo limitato e per fini di lucro, un programma per elaboratore o una copia dello stesso; tale termine non comprende il prestito pubblico, che esula pertanto dagli obiettivi della presente direttiva. (13) I diritti esclusivi dell'autore di impedire la riproduzione non autorizzata della sua opera dovrebbero essere oggetto di un'eccezione di portata limitata nel caso di un programma per elaboratore, al fine di consentire la riproduzione tecnicamente necessaria all'uso di tale programma da parte del legittimo acquirente; ciò significa che il contratto non può vietare gli atti di caricamento e di svolgimento necessari per l'utilizzazione di una copia di un programma legittimamente acquisita e l'atto di correzione dei suoi errori. In assenza di clausole contrattuali specifiche, in particolare nel caso di vendita di una copia di un programma, il legittimo acquirente di detta copia può eseguire qualsiasi altro atto necessario per l'utilizzazione di detta copia, conformemente allo scopo previsto della stessa. (14) A una persona avente il diritto di utilizzare un programma per elaboratore non si deve impedire di eseguire gli atti necessari per osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, a condizione che tali atti non costituiscano una violazione del diritto d'autore sul programma stesso. (15) La riproduzione, la traduzione, l'adattamento o la trasformazione non autorizzati della forma del codice in cui è stata messa a disposizione una copia di un programma per elaboratore costituiscono una violazione dei diritti esclusivi dell'autore. Possono comunque sussistere circostanze in cui tale riproduzione del codice e la traduzione della sua forma sono indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma creato autonomamente. Si deve pertanto ritenere che, solo in tali limitate circostanze l'esecuzione degli atti di riproduzione e traduzione della forma del codice, da parte o per conto di una persona avente il diritto di usare una copia del programma, è legittima e compatibile con una prassi corretta e pertanto essa non richiede l'autorizzazione del titolare del diritto. Uno degli obiettivi di tale eccezione è di consentire l'interconnessione di tutti gli elementi di un sistema informatico, compresi quelli di fabbricanti differenti, perché possano funzionare insieme. L'applicazione della suddetta eccezione ai diritti esclusivi dell'autore non deve arrecare pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entrare in conflitto con il normale impiego del programma. (16) La tutela dei programmi per elaboratore a norma delle leggi sul diritto d'autore non deve pregiudicare l'applicazione, in casi opportuni, di altre forme di tutela; tuttavia qualsiasi disposizione contrattuale non conforme alle disposizioni della presente direttiva riguardanti la decompilazione o alle eccezioni di cui alla presente direttiva relative alla possibilità di fare una copia di riserva o all’osservazione, studio o sperimentazione del funzionamento di un programma dovrebbe essere considerata nulla. (17) Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato se un fornitore in posizione dominante rifiuta di mettere a disposizione l'informazione necessaria all'interoperatività, quale definita nella presente direttiva. (18) Le disposizioni della presente direttiva non ostano a specifiche norme del diritto comunitario già in vigore per quanto riguarda la pubblicazione delle interfacce nel settore delle telecomunicazioni né a decisioni del Consiglio relative alla normalizzazione nel campo delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni. (19) La presente direttiva non pregiudica le deroghe previste dalle normative nazionali, in virtù della convenzione di Berna, riguardo ai punti non contemplati dalla direttiva. (20) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto della tutela 1. Conformemente alle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri tutelano i programmi per elaboratore, mediante diritto d'autore, come opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. Ai fini della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» comprende il materiale preparatorio per la progettazione di un programma. 2. La tutela ai sensi della presente direttiva si applica a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore. Le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma per elaboratore, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. 3. Un programma per elaboratore è tutelato se originale, ossia se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore. Per determinare il diritto alla tutela non sono presi in considerazione altri criteri. 4. Le disposizioni della presente direttiva si applicano anche ai programmi creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi tutti gli atti conclusi e i diritti acquisiti prima di quella data. Articolo 2 Titolarità dei programmi 1. L'autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione degli Stati membri lo permetta, la persona giuridica designata da tale legislazione come titolare del diritto. Qualora la legislazione di uno Stato membro riconosca le opere collettive, la persona considerata creatrice dell'opera dalla legislazione di tale Stato ne è ritenuto l'autore. 2. Allorché un programma per elaboratore è creato congiuntamente da un gruppo di persone fisiche, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. 3. Qualora i programmi siano creati da un lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell'esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato, salvo disposizioni contrattuali contrarie. Articolo 3 Beneficiari della tutela La tutela è riconosciuta a tutte le persone fisiche o giuridiche aventi i requisiti previsti dalla legislazione nazionale sul diritto di autore applicata alle opere letterarie. Articolo 4 Attività riservate 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6, i diritti esclusivi del titolare, ai sensi dell'articolo 2, comprendono il diritto di effettuare o autorizzare: a) la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale di un programma per elaboratore con qualsivoglia mezzo, in qualsivoglia forma. Nella misura in cui operazioni come il caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore richiedono una riproduzione, tali operazioni devono essere sottoposte ad autorizzazione da parte del titolare del diritto; b) la traduzione, l'adattamento, l'adeguamento e ogni altra modifica di un programma per elaboratore e la riproduzione del programma che ne risulti, fatti salvi i diritti della persona che modifica il programma; c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale e di copie dello stesso. 2. La prima vendita della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di distribuzione della copia all'interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l'ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso. Articolo 5 Deroghe relative alle attività riservate 1. Salvo disposizioni contrattuali specifiche, non sono soggetti all'autorizzazione del titolare del diritto gli atti indicati nell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), allorché tali atti sono necessari per un uso del programma per elaboratore conforme alla sua destinazione, da parte del legittimo acquirente, nonché per la correzione di errori. 2. Il contratto non può impedire che una persona abilitata a usare il programma faccia una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. 3. La persona che ha il diritto di utilizzare una copia di un programma può, senza chiederne l'autorizzazione al titolare del diritto, osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato ogni elemento del programma, quando essa effettua le operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma che ha il diritto di effettuare. Articolo 6 Decompilazione 1. Per gli atti di riproduzione del codice e di traduzione della sua forma ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), non è necessaria l'autorizzazione del titolare dei diritti qualora l'esecuzione di tali atti al fine di modificare la forma del codice sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma per elaboratore creato autonomamente, purché sussistano le seguenti condizioni: a) tali atti siano eseguiti dal licenziatario o da un'altra persona che abbia il diritto di utilizzare una copia del programma o, per loro conto, da una persona abilitata a tal fine; b) le informazioni necessarie per ottenere l'interoperabilità non siano già facilmente e rapidamente accessibili alle persone indicate alla lettera a); e c) gli atti in questione siano limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l'interoperabilità. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 non consentono che le informazioni ottenute in virtù della sua applicazione: a) siano utilizzate a fini diversi dalla realizzazione dell'interoperabilità del programma creato autonomamente; b) siano comunicate a terzi, fatta salva la necessità di consentire l'interoperabilità del programma creato autonomamente; c) siano utilizzate per lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di un programma sostanzialmente simile nella sua espressione, o per ogni altro atto che violi il diritto di autore. 3. Conformemente alla convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche, le disposizioni del presente articolo non possono essere interpretate in modo da consentire che la loro applicazione arrechi indebitamente pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entri in conflitto con il normale impiego del programma. Articolo 7 Misure speciali di tutela 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 4, 5 e 6, gli Stati membri stabiliscono, conformemente alle legislazioni nazionali, appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: a) ogni atto di messa in circolazione di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; b) la detenzione a scopo commerciale di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; c) ogni atto di messa in circolazione, o la detenzione a scopo commerciale, di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l'elusione di dispositivi tecnici eventualmente applicati a protezione di un programma. 2. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro, conformemente alla legislazione dello Stato membro interessato. 3. Gli Stati membri possono prevedere il sequestro di qualsiasi mezzo contemplato dal paragrafo 1, lettera c). Articolo 8 Applicazione continuata di altre disposizioni giuridiche Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione di altre eventuali disposizioni giuridiche come quelle in materia di diritti brevettuali, marchi commerciali, concorrenza sleale, segreto industriale, tutela dei prodotti che incorporano semiconduttori, nonché in materia di diritto contrattuale. Qualsiasi disposizione contrattuale non conforme all'articolo 6 o alle eccezioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2 e 3 è nulla. Articolo 9 Comunicazione Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 10 Abrogazione La direttiva 91/250/CEE, modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 204 del 9.8.2008, pag. 24. (2) Parere del Parlamento europeo del 17 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42. (4) Cfr. allegato I, parte A. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e relativa modifica (di cui all’articolo 10) Direttiva 91/250/CEE del Consiglio (GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42) Direttiva 93/98/CEE del Consiglio (GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9) limitatamente all’articolo 11, paragrafo 1 PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (di cui all’articolo 10) Direttiva Termine di attuazione 91/250/CEE 31 dicembre 1992 93/98/CEE 30 giugno 1995 ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 91/250/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 2, paragrafo 1, prima frase Articolo 2, paragrafo 1, primo comma Articolo 2, paragrafo 1, seconda frase Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 4, lettera a) Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) Articolo 4, lettera b) Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) Articolo 4, lettera c), prima frase Articolo 4, paragrafo 1, lettera c) Articolo 4, lettera c), seconda frase Articolo 4, paragrafo 2 Articoli 5, 6 e 7 Articoli 5, 6 e 7 Articolo 9, paragrafo 1, prima frase Articolo 8, primo comma Articolo 9, paragrafo 1, seconda frase Articolo 8, secondo comma Articolo 9, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 4 Articolo 10, paragrafo 1 — Articolo 10, paragrafo 2 Articolo 9 — Articolo 10 — Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 — Allegato I — Allegato II
Tutela giuridica dei programmi per elaboratore QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a chiarire ed eliminare le differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore nei diversi paesi dell’Unione europea (UE), onde contribuire al buon funzionamento del mercato interno. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE sono tenuti a tutelare i programmi per elaboratore mediante il diritto d’autore. Questi programmi devono essere protetti come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. I programmi per elaboratore comprendono il materiale preparatorio per la loro progettazione. Ambito di applicazione La tutela ai sensi della presente direttiva si applica: a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore, ma non alle idee e ai principi su cui si basa un programma per elaboratore o qualsiasi elemento in esso contenuto; a un programma per elaboratore originale in quanto risultato della creazione intellettuale dell’autore; ai programmi per elaboratore creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi gli eventuali atti conclusi e i diritti acquisiti anteriormente a tale data. Titolarità L’autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione nazionale lo permetta, una persona giuridica, ovvero una società o altra entità giuridica. Allorché un programma è creato congiuntamente da un gruppo di persone, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. Qualora il programma sia creato da un lavoratore dipendente nell’ambito delle sue mansioni su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell’esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato. Diritti esclusivi del titolare Il titolare dei diritti di un programma per elaboratore può effettuare o autorizzare: la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma; la traduzione, l’adattamento, l’adeguamento e ogni altra modifica del programma; la distribuzione del programma. Limitazioni ai diritti esclusivi del titolare (senza bisogno di previa autorizzazione del titolare dei diritti) Un legittimo acquirente di un programma può riprodurre, tradurre, adattare, organizzare o modificare il programma, nella misura in cui ciò sia necessario per utilizzare il programma in conformità alla sua destinazione. La persona che ha il diritto di utilizzare un programma per elaboratore può farne una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. Detta persona può altresì osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato qualsiasi elemento del programma. Decompilazione * La previa autorizzazione del titolare dei diritti non è necessaria qualora la riproduzione del codice o la traduzione della sua forma sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità * con altri programmi di un nuovo programma per elaboratore. Si applicano le seguenti condizioni: tali atti sono eseguiti dal licenziatario o da un’altra persona che ha il diritto di utilizzare una copia del programma; le informazioni necessarie per ottenere l’interoperabilità non sono già facilmente e rapidamente accessibili; gli atti in questione sono limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l’interoperabilità. Misure speciali di tutela I paesi dell’UE stabiliscono appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: messa in circolazione di una copia illecita di un programma per elaboratore; detenzione a scopo commerciale di una copia del programma; messa in circolazione a scopo commerciale di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l’elusione di dispositivi tecnici a protezione del programma. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro conformemente alle disposizioni nazionali dei paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 25 maggio 2009. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992, ossia la data indicata nella direttiva 91/250/CEE, codificata dalla direttiva 2009/24/CE. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: Tutela dei programmi per elaboratore. * TERMINI CHIAVE Decompilazione: la conversione del codice di programma in un linguaggio di programmazione di livello superiore che può essere letto da un essere umano. Interoperabilità: la capacità di un sistema o di un prodotto di lavorare con altri sistemi o prodotti senza la necessità di ulteriori interventi da parte del consumatore. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (versione codificata) (GU L 111 del 5.5.2009, pag. 16-22)
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DECISIONE DEL GARANTE EUROPEO DELLA PROTEZIONE DEI DATI del 15 maggio 2020 di adozione del regolamento interno del GEPD IL GARANTE EUROPEO DELLA PROTEZIONE DEI DATI visto il regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (1), e in particolare l’articolo 57, paragrafo 1, lettera q), considerando quanto segue: (1) L’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali e l’articolo 16 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabiliscono che il rispetto delle norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale che le riguardano è soggetto al controllo di un’autorità indipendente. (2) Il regolamento (UE) 2018/1725 stabilisce l’istituzione di un’autorità indipendente, denominata Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), incaricata di garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, segnatamente del diritto alla protezione dei dati, riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione. (3) Il regolamento (UE) 2018/1725 stabilisce inoltre gli obblighi e le competenze del GEPD, nonché la sua nomina. (4) Il regolamento (UE) 2018/1725 stabilisce altresì che il Garante europeo della protezione dei dati sia assistito da un segretariato e prescrive una serie di disposizioni riguardanti il personale e le questioni di bilancio. (5) Altre disposizioni del diritto dell’Unione stabiliscono altresì funzioni e competenze del GEPD, segnatamente il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), il regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), il regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e il regolamento (UE) 2017/1939 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). (6) sentito il comitato del personale del GEPD, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: TITOLO I MISSIONE, DEFINIZIONI, PRINCIPI GUIDA E ORGANIZZAZIONE CAPITOLO I Missione e definizioni Articolo 1 Il GEPD Il GEPD agisce ai sensi delle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1725, di ogni altro pertinente atto giuridico dell’Unione e della presente decisione, e applica le priorità strategiche stabilite dal Garante europeo della protezione dei dati. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione si applicano le seguenti definizioni: a) «il regolamento»: il regolamento (UE) 2018/1725; b) «RGPD»: il regolamento (UE) 2016/679; c) «istituzione»: un’istituzione, un organismo, un ufficio o un’agenzia dell’Unione soggetta/o al regolamento o a ogni altro atto giuridico dell’Unione che stabilisce funzioni e competenze del Garante europeo della protezione dei dati; d) «GEPD»: il Garante europeo della protezione dei dati quale organismo dell’Unione; e) «Garante europeo della protezione dei dati»: il Garante europeo della protezione dei dati nominato dal Parlamento europeo e dal Consiglio ai sensi dell’articolo 53 del regolamento; f) «EDPB»: il comitato europeo per la protezione dei dati quale organismo dell’Unione istituito dall’articolo 68, paragrafo 1, del RGPD; g) «segretariato dell’EDPB»: il segretariato dell’EDPB istituito dall’articolo 75 del RGPD. CAPITOLO II Principi guida Articolo 3 Buona governance, integrità e buona condotta amministrativa 1. Il GEPD opera nell’interesse del pubblico in qualità di esperto, nonché in qualità di organismo indipendente, affidabile, proattivo e autorevole nel settore della protezione della vita privata e dei dati personali. 2. Il GEPD agisce in conformità del quadro etico del GEPD. Articolo 4 Responsabilità per il proprio operato e trasparenza 1. Il GEPD pubblica periodicamente le proprie priorità strategiche e una relazione annuale. 2. Il GEPD, in quanto titolare del trattamento dei dati, dà l’esempio nel rispetto del diritto applicabile sulla protezione dei dati personali. 3. Il GEPD interagisce in modo aperto e trasparente con i mezzi di comunicazione e le parti interessate e illustra le proprie attività al pubblico in un linguaggio chiaro. Articolo 5 Efficienza ed efficacia 1. Il GEPD utilizza mezzi amministrativi e tecnici all’avanguardia per massimizzare l’efficienza e l’efficacia nell’espletamento delle proprie funzioni, ivi incluse la comunicazione interna e l’appropriata delega delle funzioni. 2. Il GEPD adotta meccanismi e strumenti appropriati per assicurare il massimo livello di gestione della qualità, come norme di controllo interno, un processo di gestione dei rischi e la relazione annuale sulle attività. Articolo 6 Cooperazione Il GEPD promuove la cooperazione tra le autorità di controllo della protezione dei dati nonché con ogni altra autorità pubblica le cui attività possano avere un impatto sulla protezione della vita privata e dei dati personali. CAPITOLO III Organizzazione Articolo 7 Ruolo del Garante europeo della protezione dei dati Il Garante europeo della protezione dei dati decide le priorità strategiche del GEPD e adotta i documenti strategici corrispondenti alle funzioni e alle competenze del GEPD. Articolo 8 Segretariato del GEPD Il Garante europeo della protezione dei dati determina la struttura organizzativa del segretariato del GEPD. Fatto salvo il protocollo di intesa tra il GEPD e l’EDPB del 25 maggio 2018, in particolare con riguardo al segretariato dell’EDPB, la struttura riflette le priorità strategiche stabilite dal Garante europeo della protezione dei dati. Articolo 9 Il direttore e l’autorità investita del potere di nomina 1. Fatto salvo il protocollo di intesa tra il GEPD e l’EDPB del 25 maggio 2018, in particolare il punto VI, paragrafo 5, il direttore esercita i poteri conferiti all’autorità investita del potere di nomina a norma dell’articolo 2 dello statuto dei funzionari dell’Unione europea di cui al regolamento del Consiglio (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 (7) e quelli conferiti all’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione a norma dell’articolo 6 del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea di cui al regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68, nonché tutti gli altri relativi poteri derivanti da altre decisioni amministrative sia interne al GEPD, sia di carattere interistituzionale, salvo disposizioni diverse previste dalla decisione del Garante europeo della protezione dei dati relativa all’esercizio dei poteri conferiti all’autorità investita del potere di nomina e all’autorità abilitata a sottoscrivere i contratti di assunzione. 2. Il direttore può delegare l’esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 al funzionario responsabile della gestione delle risorse umane. 3. Il direttore è il responsabile delle segnalazioni per il responsabile della protezione dei dati, il responsabile della sicurezza a livello locale, il responsabile della sicurezza delle informazioni a livello locale, il responsabile della trasparenza, il responsabile del servizio giuridico, il responsabile dell’etica e il coordinatore dei controlli interni per i compiti relativi a tali funzioni. 4. Il direttore assiste il Garante europeo della protezione dei dati per assicurare la coerenza e il coordinamento complessivo del GEPD e in ogni altro compito che gli/le è stato delegato dal Garante europeo della protezione dei dati. 5. Il direttore può adottare le decisioni del GEPD sull’applicazione delle restrizioni basate sulle norme interne del GEPD che danno attuazione all’articolo 25 del regolamento. Articolo 10 Riunione di gestione 1. La riunione di gestione comprende il Garante europeo della protezione dei dati, il direttore e i capi unità e capi settore e assicura la supervisione strategica del lavoro del GEPD. 2. Qualora la riunione di gestione riguardi questioni relative alle risorse umane, al bilancio, ad aspetti finanziari o amministrativi rilevanti per l’EDPB o per il segretariato dell’EDPB, vi partecipa anche il responsabile del segretariato dell’EDPB. 3. La riunione di gestione è presieduta dal Garante europeo della protezione dei dati o, qualora questi non possa partecipare alla riunione, dal direttore. Di regola, la riunione di gestione si tiene una volta alla settimana. 4. Il direttore assicura il corretto funzionamento del segretariato della riunione di gestione. 5. Le riunioni non sono pubbliche. Le discussioni hanno carattere riservato. Articolo 11 Delega di funzioni e supplenza 1. Il Garante europeo della protezione dei dati può delegare al direttore, ove appropriato e in conformità del regolamento, la competenza per l’adozione e la firma di decisioni legalmente vincolanti, di cui sia già stato definito il contenuto sostanziale dal Garante europeo della protezione dei dati. 2. Il Garante europeo della protezione dei dati può altresì delegare, ove appropriato e in conformità del regolamento, al direttore o al capo unità o capo settore interessati, la competenza per l’adozione e la firma di altri documenti. 3. Ove le competenze siano state delegate al direttore ai sensi dei paragrafi 1 o 2, il direttore può subdelegarle al capo unità o al capo settore interessati. 4. Ove il Garante europeo della protezione dei dati abbia un impedimento o il suo posto sia vacante e nessun Garante europeo della protezione dei dati sia stato nominato, il direttore, ove appropriato e in conformità del regolamento, espleta le funzioni e i doveri del Garante europeo della protezione dei dati che sono necessari e urgenti al fine di assicurare la continuità operativa. 5. Ove il direttore abbia un impedimento o il suo posto sia vacante e non sia stato designato alcun funzionario dal Garante europeo della protezione dei dati, le funzioni del direttore sono esercitate dal capo unità o capo settore con il grado più elevato o, a parità di grado, dal capo unità o capo settore con la maggiore anzianità nel grado o, in caso di pari anzianità, da quello più vecchio. 6. Se non vi è alcun capo unità o capo settore disponibile a esercitare i doveri del direttore come specificato ai sensi del paragrafo 5 e nessun funzionario è stato designato dal Garante europeo della protezione dei dati, la supplenza viene esercitata dal funzionario con il grado più elevato o, a parità di grado, dal funzionario con la maggiore anzianità nel grado, o in caso di pari anzianità, da quello più vecchio. 7. Ove qualsiasi altro superiore gerarchico abbia un impedimento e nessun funzionario sia stato designato dal Garante europeo della protezione dei dati, il direttore designa un funzionario, di concerto con il Garante europeo della protezione dei dati. In assenza di siffatta designazione da parte del direttore, la supplenza viene esercitata dal funzionario dell’unità o del settore interessati di grado più elevato o, a parità di grado, dal funzionario con la maggiore anzianità nel grado o, in caso di pari anzianità, da quello più vecchio. 8. I paragrafi da 1 a 7 si applicano fatte salve le norme sulle deleghe relative ai poteri attribuiti all’autorità investita del potere di nomina o a quelli in materia finanziaria di cui agli articoli 9 e 12. Articolo 12 Ordinatore e contabile 1. Il Garante europeo della protezione dei dati delega le competenze dell’ordinatore al direttore ai sensi della carta delle funzioni e delle responsabilità in materia di bilancio e amministrazione del GEPD stabilita in conformità dell’articolo 72, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). 2. In materia di questioni di bilancio relative all’EDPB, l’ordinatore esercita la propria funzione in conformità del protocollo di intesa tra il GEPD e l’EDPB. 3. La funzione di contabile del GEPD è espletata dal contabile della Commissione a norma della decisione del Garante europeo della protezione dei dati del 1o marzo 2017 (9). TITOLO II MONITORAGGIO E ACCERTAMENTO DELL’APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO Articolo 13 Monitoraggio e accertamento dell’applicazione del regolamento Il GEPD assicura l’efficace protezione dei diritti e delle libertà degli individui tramite il monitoraggio e l’applicazione del regolamento e di ogni altro atto giuridico dell’Unione che stabilisce funzioni e competenze del Garante europeo della protezione dei dati. A tal fine, nell’esercizio dei poteri investigativi, correttivi, consultivi e di autorizzazione, il GEPD può condurre visite di verifica dell’ottemperanza, indagini, visite bimestrali, consultazioni informali o facilitare la composizione amichevole dei contenziosi. Articolo 14 Trasparenza delle risposte a consultazioni da parte di istituzioni sul loro trattamento di dati personali e a richieste di autorizzazioni Il GEPD può pubblicare le risposte a consultazioni da parte di istituzioni sul loro trattamento di dati personali in forma integrale o parziale, tenendo conto dei requisiti di riservatezza e di sicurezza delle informazioni applicabili. Le decisioni di autorizzazione sono pubblicate tenendo conto dei requisiti di riservatezza e di sicurezza delle informazioni applicabili. Articolo 15 Responsabili della protezione dei dati notificati dalle istituzioni 1. Il GEPD tiene un registro delle nomine di responsabili della protezione dei dati notificate al GEPD dalle istituzioni ai sensi del regolamento. 2. L’elenco aggiornato dei responsabili della protezione dei dati delle istituzioni è pubblicato sul sito web del GEPD. 3. Il GEPD fornisce orientamenti ai responsabili della protezione dei dati, in particolare partecipando alle riunioni organizzate dalla rete dei responsabili della protezione dei dati delle istituzioni. Articolo 16 Gestione dei reclami 1. Il GEPD non tratta i reclami anonimi. 2. Il GEPD tratta i reclami trasmessi in forma scritta, anche elettronica, in qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione e contenenti i dettagli necessari a comprendere il reclamo. 3. Qualora sia stato presentato al Mediatore europeo un reclamo riguardante le medesime circostanze di fatto, il GEPD ne esamina l’ammissibilità alla luce delle disposizioni del protocollo di intesa concluso tra il GEPD e il Mediatore europeo. 4. Il GEPD decide come gestire un reclamo tenendo in considerazione: a) la natura e gravità delle presunte violazioni delle norme sulla protezione dei dati; b) la rilevanza del danno che uno o più interessati hanno o possono aver subito a causa della violazione; c) la potenziale importanza generale del caso, anche in relazione agli altri interessi pubblici e privati coinvolti; d) la probabilità di accertare che la violazione denunciata sia stata realmente commessa; e) la data esatta in cui gli eventi contestati si sono verificati, in cui la condotta in questione ha smesso di produrre effetti, in cui gli effetti sono stati rimossi o in cui è stata fornita una garanzia adeguata di detta rimozione. 5. Ove appropriato, il GEPD facilita una composizione amichevole del reclamo. 6. Il GEPD sospende l’indagine di un reclamo qualora sia pendente una sentenza di un tribunale o una decisione di un altro organo giudiziario o amministrativo sulla medesima questione. 7. Il GEPD divulga l’identità del reclamante solo nella misura necessaria al corretto svolgimento dell’indagine. Il GEPD non divulga alcun documento relativo al reclamo, salvo stralci o sintesi anonimizzati della decisione finale, a meno che l’interessato acconsenta a detta divulgazione. 8. Se reso necessario dalle circostanze del reclamo, il GEPD coopera con le autorità di sorveglianza competenti, incluse le competenti autorità di controllo nazionali che agiscono nell’ambito delle rispettive competenze. Articolo 17 Esito dei reclami 1. Il GEPD comunica quanto prima al reclamante l’esito di un reclamo, nonché il provvedimento adottato. 2. Qualora un reclamo sia giudicato inammissibile o il suo esame sia cessato, il GEPD, se del caso, consiglia all’autore del reclamo di rivolgersi a un’altra autorità competente. 3. Il GEPD può decidere di interrompere un’indagine su richiesta del reclamante. Ciò non impedisce al GEPD di indagare ulteriormente la questione oggetto del reclamo. 4. Il GEPD può chiudere un’indagine nel caso in cui il reclamante non abbia fornito le informazioni richieste. Il GEPD informa poi il reclamante di tale decisione. Articolo 18 Revisione di reclami e ricorsi giurisdizionali 1. Se il GEPD emette una decisione su un reclamo, il reclamante o l’istituzione interessata può richiedere al GEPD di rivedere la decisione. Una tale richiesta può essere effettuata entro un mese dalla decisione. Il GEPD procede alla revisione della decisione ove il reclamante o l’istituzione presentino nuovi elementi di fatto o argomenti giuridici. 2. Una volta emessa la decisione su un reclamo, il GEPD informa il reclamante e l’istituzione interessata circa il loro diritto sia di richiedere una revisione della decisione, sia di impugnare la decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 263 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. 3. Se, a seguito di una richiesta di revisione della decisione su un reclamo, il GEPD emette una nuova decisione rivista, il GEPD informa il reclamante e l’istituzione interessata che possono impugnare la nuova decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 263 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Articolo 19 Notifica di una violazione di dati personali al GEPD da parte di istituzioni 1. Il GEPD fornisce una piattaforma sicura per la notifica di violazioni di dati personali da parte di un’istituzione e applica le misure di sicurezza per lo scambio di informazioni in materia di violazioni di dati personali. 2. Alla ricezione della notifica il GEPD ne dà conferma all’istituzione interessata. TITOLO III CONSULTAZIONE LEGISLATIVA, MONITORAGGIO DI TECNOLOGIE, PROGETTI DI RICERCA, PROCEDIMENTI GIUDIZIARI Articolo 20 Consultazione legislativa 1. In risposta a richieste della Commissione ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento, il GEPD formula pareri o commenti formali. 2. I pareri sono pubblicati sul sito web del GEPD in tedesco, inglese e francese. Le sintesi dei pareri sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (serie C). I commenti formali sono pubblicati sul sito web del GEPD. 3. Il GEPD può rifiutare di rispondere a una consultazione qualora non siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 42 del regolamento, incluso ove non vi sia impatto sulla protezione dei diritti e delle libertà di individui con riguardo alla protezione dei dati. 4. Qualora, nonostante i migliori sforzi, non sia possibile formulare un parere congiunto del GEPD e dell’EDPB ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento entro la scadenza prevista, il GEPD può formulare un parere sulla medesima questione. 5. Qualora la Commissione accorci una scadenza applicabile a una consultazione legislativa ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 3, del regolamento, il GEPD si adopera per rispettare la scadenza prevista per quanto ragionevole e possibile, tenendo conto in particolare della complessità della questione in oggetto, della lunghezza della documentazione e della completezza delle informazioni fornite dalla Commissione. Articolo 21 Monitoraggio delle tecnologie Il GEPD, monitorando l’evoluzione delle tecnologie di informazione e comunicazione nella misura in cui hanno un impatto sulla protezione di dati personali, promuove la consapevolezza e consiglia in particolare in merito ai principi della protezione dei dati fin dalla progettazione («by design») e della protezione dei dati per impostazione predefinita («by default»). Articolo 22 Progetti di ricerca Il GEPD può contribuire ai programmi quadro dell’Unione e partecipare ai comitati consultivi di progetti di ricerca. Articolo 23 Azione contro istituzioni per violazione del regolamento Il GEPD può riferire la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea in caso di inosservanza del regolamento da parte di un’istituzione, in particolare ove il GEPD non sia stato consultato nei casi previsti dall’articolo 42, paragrafo 1, del regolamento e in caso di mancata effettiva attuazione dell’azione di esecuzione adottata dal GEPD ai sensi dell’articolo 58 del regolamento. Articolo 24 Intervento del GEPD in cause dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea 1. Il GEPD può intervenire in cause dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 4, del regolamento, dell’articolo 43, paragrafo 3, lettera i), del regolamento (UE) 2016/794, dell’articolo 85, paragrafo 3, lettera g), del regolamento (UE) 2017/1939, e dell’articolo 40, paragrafo 3, lettera g), del regolamento (UE) 2018/1727. 2. Nel decidere se presentare istanza di intervento o se accettare un invito della Corte di giustizia dell’Unione europea a intervenire, il GEPD può tenere in considerazione in particolare: a. se il GEPD sia stato direttamente coinvolto nei fatti della controversia nell’esercizio delle sue funzioni di controllo; b. se la controversia sollevi questioni di protezione dei dati che sono di per sé sostanziali o decisive per il suo esito; e c. se vi sia la probabilità che l’intervento del GEPD incida sull’esito del procedimento. TITOLO IV COOPERAZIONE CON AUTORITÀ DI CONTROLLO NAZIONALI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Articolo 25 GEPD in qualità di membro del comitato europeo per la protezione dei dati In qualità di membro dell’EDPB, il GEPD mira a promuovere la prospettiva dell’Unione e in particolare i valori condivisi di cui all’articolo 2 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Articolo 26 Cooperazione con autorità di controllo nazionali ai sensi dell’articolo 61 del regolamento 1. Il GEPD coopera con le autorità di controllo nazionali e con l’autorità comune di controllo istituita dall’articolo 25 della decisione del Consiglio 2009/917/GAI (10) al fine di, in particolare: a) scambiare tutte le informazioni pertinenti, incluse le migliori prassi, nonché le informazioni relative a richieste di esercizio di poteri di monitoraggio, indagine ed esecuzione da parte di autorità di controllo nazionali competenti; b) sviluppare e mantenere contatti con i membri e il personale pertinenti delle autorità di controllo nazionali. 2. Ove rilevante, il GEPD partecipa alla mutua assistenza e a operazioni congiunte con le autorità di controllo nazionali, nell’ambito delle rispettive competenze quali stabilite dal regolamento, dal RGPD e da altri atti pertinenti del diritto dell’Unione. 3. Il GEPD può partecipare dietro invito a un’indagine di un’autorità di controllo o invitare un’autorità di controllo a partecipare a un’indagine in conformità delle norme legali e procedurali applicabili alla parte che rivolge l’invito. Articolo 27 Cooperazione internazionale 1. Il GEPD promuove le migliori prassi, la convergenza e le sinergie in materia di protezione dei dati personali tra l’Unione europea e i paesi terzi e le organizzazioni internazionali, ivi incluso tramite la partecipazione in pertinenti reti ed eventi regionali e internazionali. 2. Ove appropriato, il GEPD partecipa alla mutua assistenza in azioni di indagine e di esecuzione condotte da autorità di controllo di paesi terzi o organizzazioni internazionali. TITOLO V DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 28 Consultazione con il comitato del personale 1. Il comitato del personale, che rappresenta il personale del GEPD, incluso il segretariato dell’EDPB, viene tempestivamente consultato su progetti di decisioni relative all’applicazione dello statuto dei funzionari dell’Unione europea e delle condizioni di impiego di altri agenti dell’Unione europea di cui al regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 e può essere consultato su qualsiasi altra questione di interesse generale riguardante il personale. Il comitato del personale è informato di tutte le questioni che riguardano l’esercizio delle sue funzioni ed emette i propri pareri entro 10 giorni lavorativi a decorrere dalla data in cui è stato consultato. 2. Il comitato del personale contribuisce al buon funzionamento del GEPD, incluso del segretariato dell’EDPB, formulando proposte su questioni organizzative e condizioni di lavoro. 3. Il comitato del personale è composto di tre membri e di tre supplenti ed è eletto per un periodo di due anni da tutto il personale del GEPD, incluso il segretariato dell’EDPB. Articolo 29 Responsabile della protezione dei dati 1. Il GEPD nomina un responsabile della protezione dei dati (RPD). 2. L’RPD è consultato, in particolare, quando il GEPD in qualità di titolare del trattamento intende applicare una restrizione basata sulle norme interne in applicazione dell’articolo 25 del regolamento. 3. In conformità del punto IV, paragrafo 2, punto viii), del protocollo di intesa tra il GEPD e l’EDPB, quest’ultimo ha un RPD distinto. In conformità del punto IV, paragrafo 4, del protocollo di intesa tra il GEPD e l’EDPB, gli RPD del GEPD e dell’EDPB si incontrano regolarmente per accertarsi che le loro decisioni restino coerenti. Articolo 30 Accesso pubblico a documenti e responsabile della trasparenza del GEPD Il GEPD designa un responsabile della trasparenza per assicurare il rispetto del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), fatto salvo il trattamento del pubblico accesso a richieste di documenti da parte del segretariato dell’EDPB in conformità del punto IV, paragrafo 2, punto iii), del protocollo di intesa tra il GEPD e l’EDPB. Articolo 31 Lingue 1. Il GEPD rispetta il principio del multilinguismo, poiché la diversità culturale e linguistica è uno dei cardini e dei punti di forza dell’Unione europea. Il GEPD mira a trovare un equilibrio tra il principio del multilinguismo e l’obbligo di assicurare una solida gestione finanziaria e un risparmio per il bilancio dell’Unione europea, facendo quindi un uso pragmatico delle sue limitate risorse. 2. Il GEPD risponde a chiunque lo interpelli in una delle lingue ufficiali dell’Unione europea, in merito a una questione che ricade nella sua sfera di competenza, nella stessa lingua utilizzata dal richiedente. Tutti i reclami, le richieste di informazioni e ogni altra richiesta possono essere inviati al GEPD in una qualsiasi delle lingue ufficiali dell’Unione europea e la risposta viene fornita nella stessa lingua. 3. Il sito web del GEPD è disponibile in tedesco, inglese e francese. I documenti strategici del GEPD, quali la strategia per il mandato del Garante europeo della protezione dei dati, sono pubblicati in tedesco, inglese e francese. Articolo 32 Servizi di supporto Il GEPD può stipulare accordi di cooperazione o accordi sul livello dei servizi con altre istituzioni e può partecipare a gare d’appalto interistituzionali sfocianti in contratti quadro con terzi per la fornitura di servizi di supporto al GEPD e all’EDPB. Il GEPD può altresì firmare contratti con prestatori di servizi esterni in conformità delle regole sugli appalti applicabili alle istituzioni. Articolo 33 Autenticazione delle decisioni 1. L’autenticazione delle decisioni del GEPD avviene mediante firma del Garante europeo della protezione dei dati o del direttore come previsto nella presente decisione. La firma può essere autografa o elettronica. 2. In caso di delega o supplenza ai sensi dell’articolo 11, l’autenticazione delle decisioni avviene mediante firma della persona a cui è stata delegata la competenza o del supplente. La firma può essere autografa o elettronica. Articolo 34 Lavoro da remoto nel GEPD e documenti elettronici 1. Con decisione del Garante europeo della protezione dei dati, il GEPD può adottare un sistema di lavoro da remoto per la totalità o una parte del suo personale. Tale decisione è comunicata al personale e pubblicata sui siti web del GEPD e dell’EDPB. 2. Con decisione del Garante europeo della protezione dei dati, il GEPD può determinare le condizioni di validità dei documenti elettronici, delle procedure elettroniche e dei mezzi di trasmissione elettronica di documenti per le finalità del GEPD. Tale decisione è comunicata al personale e pubblicata sul sito web del GEPD. 3. Il presidente dell’EDPB è consultato quando tali decisioni riguardano il segretariato dell’EDPB. Articolo 35 Norme per il calcolo di periodi di tempo, date e termini Per il calcolo di periodi di tempo, date e termini il GEPD applica le norme previste dal regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio (12). TITOLO VI DISPOSIZIONI FINALI Articolo 36 Misure complementari Il Garante europeo della protezione dei dati può specificare ulteriormente le disposizioni della presente decisione adottando regole di attuazione e misure complementari relative al funzionamento del GEPD. Articolo 37 Abrogazione della decisione 2013/504/UE del Garante europeo della protezione dei dati La decisione 2013/504/UE del Garante europeo della protezione dei dati (13) è abrogata e sostituita dalla presente decisione. Articolo 38 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2020 Per il GEPD Wojciech Rafał WIEWIÓROWSKI Garante europeo della protezione dei dati (1) GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39. (2) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). (3) Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 89). (4) Regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI (GU L 135 del 24.5.2016, pag. 53). (5) Regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 138). (6) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). (7) Regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione (regime applicabile agli altri agenti) (GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1). (8) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014, e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). (9) Decisione del Garante europeo della protezione (GEPD) del 1o marzo 2017 sulla nomina del contabile della Commissione europea quale contabile del GEPD. (10) Decisione 2009/917/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sull’uso dell’informatica nel settore doganale (GU L 323 del 10.12.2009, pag. 20). (11) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). (12) Regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio, del 3 giugno 1971, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (GU L 124 dell’8.6.1971, pag. 1). (13) Decisione 2013/504/UE del Garante europeo della protezione dei dati, del 17 dicembre 2012, sull’adozione del regolamento interno (GU L 273 del 15.10.2013, pag. 41).
Regolamento del Garante europeo della protezione dei dati QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO INTERNO? Sostituisce il precedente regolamento interno per il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) stabilito nella decisione 2013/504/UE, che abroga. Stabilisce i principi guida del GEPD, insieme alle regole sui processi decisionali interni, l’organizzazione e il funzionamento del segretariato, la pianificazione, l’amministrazione interna e l’apertura e la trasparenza dell’istituzione. PUNTI CHIAVE Il ruolo del GEDP è stabilito nel regolamento (UE) 2018/1725 (si veda la sintesi). Il nuovo regolamento tiene in considerazione le modifiche apportate alla legislazione in materia di protezione dei dati dell’Unione, in particolare:il regolamento (UE) 2016/679, il regolamento generale sulla protezione dei dati (si veda la sintesi); la direttiva (UE) 2016/680 sulla protezione dei dati da parte delle autorità di polizia e di giustizia penale (si veda la sintesi); il regolamento (UE) 2018/1727 su Eurojust (si veda la sintesi); il regolamento (UE) 2018/1241 sull’ETIAS (si veda la sintesi); il regolamento (UE) 2017/1939 sulla procura europea (si veda la sintesi); il regolamento (UE) 2016/794 sull’Europol (si veda la sintesi).Principi guida Il regolamento prevede che il GEPD segua una serie di principi guida che riguardano:buon governo, integrità e buona condotta amministrativa: il GEDP deve agire nell’interesse del pubblico in qualità di esperto, nonché di organismo indipendente, affidabile, proattivo e autorevole nel campo della privacy e della protezione dei dati personali; responsabilità e trasparenza; efficienza ed efficacia; collaborazione.Il ruolo del garante I compiti del garante includono:decidere le priorità strategiche del GEPD; adottare documenti strategici corrispondenti ai compiti e ai poteri del GEPD; prendere decisioni in merito alla struttura organizzativa del segretariato del GEPD, riflettendo le priorità strategiche.Monitoraggio della protezione dei datiIl GEPD deve garantire una protezione efficace dei diritti e delle libertà delle persone attraverso il monitoraggio e l’applicazione del regolamento (UE) 2018/1725 e di qualsiasi altra normativa dell’Unione che stabilisca compiti e poteri per il GEPD. Nell’espletamento dei suoi poteri investigativi, correttivi, autorizzativi e consultivi, il GEPD può effettuare visite di conformità, indagini, visite bimestrali e consultazioni informali o favorire la composizione amichevole dei reclami.ReclamiIl GEPD gestisce i reclami scritti tenendo conto di una serie di fattori, tra cui:la natura e la gravità delle presunte violazioni;l’importanza del danno subito;la potenziale importanza complessiva del caso. Il GEPD deve informare il denunciante il prima possibile. Il denunciante o l’istituzione interessata può chiedere al GEPD di riesaminare la sua decisione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? É in vigore dal 27 giugno 2020. CONTESTO L’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali stabilisce che ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni. L’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali stabilisce che tutti hanno diritto alla protezione dei dati personali. L’articolo 16 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea sviluppa ulteriormente tale diritto. Questo articolo costituisce la base legale per qualsiasi legislazione dell’Unione in materia di protezione dei dati. Per ulteriori informazioni consultare:La protezione dei dati nell’Unione (Commissione europea)Il Garante europeo della protezione dei dati. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione del Garante europeo della protezione dei dati, del 15 maggio 2020, di adozione del regolamento interno del GEPD (GU L 204 del 26.6.2020, pag. 49). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 138). Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39). Regolamento (UE) 2018/1241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 settembre 2018, recante modifica del regolamento (UE) 2016/794 ai fini dell’istituzione di un sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (ETIAS) (GU L 236 del 19.9.2018, pag. 72). Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Parte prima – Principi – Titolo II – Disposizioni di applicazione generale – Articolo 16 (ex articolo 286 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 55). Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Titolo II – Libertà – Articolo 8 – Protezione dei dati di carattere personale (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 395). Regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI (GU L 135 del 24.5.2016, pag. 53). Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2016/679 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 89). Si veda la versione consolidata.
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32013R0020
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REGOLAMENTO (UE) N. 20/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 gennaio 2013 recante attuazione della clausola bilaterale di salvaguardia e del meccanismo di stabilizzazione per le banane previsti dall'accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America centrale, dall'altra IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Il 23 aprile 2007 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati con alcuni paesi dell'America centrale («America centrale») per un accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America centrale, dall'altra («accordo»), a nome dell'Unione e dei suoi Stati membri. (2) Tali negoziati si sono conclusi e l'accordo è stato firmato il 29 giugno 2012, ha ricevuto il consenso del Parlamento europeo l'11 dicembre 2012 e deve applicarsi come previsto all'articolo 353 dell'accordo. (3) È necessario fissare le procedure più appropriate per garantire l'applicazione efficace di alcune disposizioni dell'accordo riguardanti la clausola bilaterale di salvaguardia e l'applicazione del meccanismo di stabilizzazione per le banane che è stato convenuto con l'America centrale. (4) È inoltre necessario adottare idonei meccanismi di salvaguardia al fine di evitare gravi pregiudizi al settore dell'Unione per la coltura delle banane che riveste grande importanza per i produttori agricoli di numerose regioni ultraperiferiche dell'Unione. La scarsa capacità di diversificazione di tali regioni, quale conseguenza delle loro caratteristiche naturali, rende particolarmente sensibile il settore della banane. È quindi indispensabile prevedere meccanismi efficaci nei confronti delle importazioni preferenziali provenienti dai paesi terzi interessati, al fine di assicurare il mantenimento dell'attività di produzione delle banane dell'Unione nelle migliori condizioni possibili, in quanto costituisce un settore d'occupazione fondamentale in talune zone, soprattutto nelle regioni ultraperiferiche. (5) È opportuno definire i termini «grave pregiudizio», «minaccia di grave pregiudizio» e «periodo transitorio» di cui agli articoli 104 e 105 dell'accordo. (6) Le misure di salvaguardia dovrebbero essere prese in considerazione solo se il prodotto in questione è importato nell'Unione in quantitativi così aumentati, in termini assoluti o rispetto alla produzione dell'Unione, e in condizioni tali da provocare, o minacciare di provocare, un grave pregiudizio ai produttori dell'Unione di prodotti simili o direttamente concorrenti, come stabilito dall'articolo 104 dell'accordo. (7) Dovrebbero essere disponibili disposizioni di salvaguardia specifiche nel caso in cui il prodotto in questione sia importato in quantitativi talmente aumentati e in condizioni tali da provocare, o minacciare di provocare, un grave deterioramento della situazione economica di una delle regioni ultraperiferiche di cui all'articolo 349 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). (8) Le misure di salvaguardia dovrebbero assumere una delle forme di cui all'articolo 104, paragrafo 2, dell'accordo. (9) Il compito di dare seguito all'accordo e di effettuarne la revisione, di condurre inchieste, e se necessario, di imporre misure di salvaguardia, dovrebbe essere svolto nel modo più trasparente possibile. (10) La Commissione dovrebbe presentare una relazione annuale al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione dell'accordo e sull'applicazione delle misure di salvaguardia e del meccanismo di stabilizzazione per le banane. (11) Le sfide in America centrale in materia di diritti umani, sociali, lavorativi e ambientali in relazione ai prodotti provenienti da tale regione esigono uno stretto dialogo fra la Commissione e le organizzazioni della società civile dell'Unione. (12) È opportuno sottolineare l'importanza del rispetto delle norme internazionali del lavoro elaborate e controllate dall'Organizzazione internazionale del lavoro. (13) La Commissione dovrebbe controllare il rispetto da parte dell'America centrale delle norme sociali e ambientali di cui alla parte IV, titolo VIII, dell'accordo. (14) È opportuno definire disposizioni dettagliate in materia di avvio dei procedimenti. La Commissione dovrebbe ottenere dagli Stati membri le informazioni, comprendenti le prove disponibili, su ogni tendenza nelle importazioni che possa rendere necessaria l'applicazione di misure di salvaguardia. (15) L'affidabilità delle statistiche relative a tutte le importazioni dall'America centrale nell'Unione è quindi fondamentale per appurare se sono soddisfatte le condizioni per l'applicazione delle misure di salvaguardia. (16) In alcuni casi, un incremento delle importazioni concentrato in una o più regioni ultraperiferiche dell'Unione o in uno o più Stati membri può provocare o minacciare di provocare un grave deterioramento o un grave pregiudizio della loro situazione economica. Nel caso in cui si registri un aumento delle importazioni, concentrato in una o più regioni ultraperiferiche dell'Unione o in uno o più Stati membri, la Commissione dovrebbe essere in grado di introdurre misure di vigilanza preventiva. (17) Se emergono sufficienti elementi di prova prima facie sufficienti per giustificare l'avvio di un procedimento, la Commissione dovrebbe pubblicare un avviso nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 111, paragrafo 3, dell'accordo. (18) Dovrebbero essere previste disposizioni dettagliate sull'avvio di inchieste, sull'accesso alle informazioni raccolte e sulla relativa verifica da parte delle parti interessate, sulle audizioni delle parti interessate coinvolte, nonché sulla possibilità per tali parti di presentare le proprie osservazioni come previsto all'articolo 111, paragrafo 3, dell'accordo. (19) La Commissione dovrebbe notificare per iscritto all'America centrale l'avvio di un'inchiesta e comunicarne le conclusioni al comitato di associazione, come previsto all'articolo 116 dell'accordo. (20) È altresì necessario fissare, a norma dell'articolo 112 dell'accordo, i termini per l'avvio di un'inchiesta e per l'adozione di decisioni circa l'opportunità o meno di adottare misure di salvaguardia, in modo che tali decisioni siano prese rapidamente, al fine di aumentare la certezza del diritto per gli operatori economici interessati. (21) L'applicazione di tutte le misure di salvaguardia dovrebbe essere preceduta da un'inchiesta, salva la possibilità per la Commissione di adottare misure di salvaguardia provvisorie nelle circostanze critiche di cui all'articolo 106 dell'accordo. (22) Un attento monitoraggio dovrebbe facilitare la tempestiva assunzione di decisioni relative all'eventuale avvio di un'inchiesta o l'imposizione di misure. La Commissione dovrebbe pertanto monitorare regolarmente le importazioni di banane a decorrere dalla data di applicazione dell'accordo. Il monitoraggio dovrebbe essere esteso ad altri settori su richiesta debitamente motivata. (23) Dovrebbe esistere la possibilità di sospendere rapidamente, per un periodo massimo di tre mesi, i dazi doganali preferenziali qualora le importazioni superino un determinato volume limite annuale. La decisione di applicare o meno il meccanismo di stabilizzazione per le banane dovrebbe tenere conto della stabilità del mercato delle banane dell'Unione. (24) Le misure di salvaguardia dovrebbero essere applicate solo nei limiti e per il tempo necessari a prevenire un grave pregiudizio e ad agevolare l'adeguamento. È opportuno definire la durata massima delle misure di salvaguardia e fissare disposizioni specifiche per la proroga e il riesame di tali misure, secondo quanto stabilito dall'articolo 105 dell'accordo. (25) La Commissione dovrebbe avviare consultazioni con il paese dell'America centrale interessato dalle misure. (26) L'applicazione della clausola di salvaguardia bilaterale e del meccanismo di stabilizzazione per le banane previsti dall'accordo necessita di condizioni uniformi per l'adozione di misure di salvaguardia provvisorie e definitive, per l'imposizione di misure di vigilanza preventiva, per la conclusione di un'inchiesta senza l'applicazione di misure e per la sospensione temporanea del dazio doganale preferenziale, fissato nel quadro del meccanismo di stabilizzazione per le banane, convenuto con l'America centrale. Al fine di assicurare condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, tali misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (2). (27) Per l'adozione di misure di vigilanza e di misure di salvaguardia provvisorie, dati gli effetti di dette misure e la loro logica sequenziale rispetto all'adozione di misure di salvaguardia definitive, si dovrebbe fare ricorso alla procedura di consultazione. Nel caso in cui un ritardo nell'imposizione delle misure di salvaguardia provvisorie provocasse un danno difficile da riparare la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili. (28) Date la natura e la durata relativamente breve delle misure previste nel quadro del meccanismo di stabilizzazione per le banane e al fine di evitare un impatto negativo sulla situazione del mercato delle banane dell'Unione, la Commissione dovrebbe inoltre adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili per sospendere temporaneamente il dazio doganale preferenziale istituito in virtù del meccanismo di stabilizzazione per le banane o per stabilire che tale sospensione temporanea non è appropriata. In caso di applicazione di tali atti di esecuzione immediatamente applicabili, si dovrebbe fare ricorso alla procedura di consultazione. (29) La Commissione dovrebbe utilizzare in modo attento ed efficace il meccanismo di stabilizzazione per le banane al fine di evitare una minaccia di grave deterioramento un grave deterioramento per i produttori delle regioni ultraperiferiche dell'Unione. Dal 1o gennaio 2020 resta applicabile il meccanismo di salvaguardia bilaterale generale, che comprende le disposizioni speciali per le regioni ultraperiferiche. (30) Ai fini dell'adozione delle disposizioni di attuazione necessarie per l'applicazione delle norme di cui all'appendice 2A dell'allegato II (definizione della nozione di «prodotti originari» e metodi di cooperazione amministrativa) e all'appendice 2 dell'allegato I (soppressione dei dazi doganali) dell'accordo, è opportuno applicare l'articolo 247 bis del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (3). (31) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo a prodotti originari dell'Unione o dell'America centrale, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPITOLO I DISPOSIZIONI DI SALVAGUARDIA Articolo 1 Definizioni Ai sensi del presente regolamento si intende per: a) «prodotto», una merce originaria dell'Unione o di un paese dell'America centrale. Un prodotto oggetto di un'inchiesta può interessare una o più linee tariffarie o, a seconda di specifiche circostanze del mercato, un loro sottosegmento oppure una segmentazione di prodotto comunemente applicata nell'industria dell'Unione; b) «parti interessate», le parti interessate dalle importazioni del prodotto in questione; c) «industria dell'Unione», il complesso dei produttori dell'Unione di prodotti simili, o direttamente concorrenti, operanti nel territorio dell'Unione, i produttori dell'Unione la cui produzione complessiva di prodotti simili o direttamente concorrenti rappresenti una quota rilevante della produzione totale dell'Unione di tali prodotti o, qualora il prodotto simile o direttamente concorrente sia solo uno tra i vari prodotti dei produttori dell'Unione, le attività specifiche volte alla produzione del prodotto simile o direttamente concorrente; d) «grave pregiudizio», un deterioramento generale significativo; e) «minaccia di grave pregiudizio», l'evidente imminenza di un grave pregiudizio; f) «grave deterioramento», perturbazioni significative in un settore o un'industria dell'Unione; g) «minaccia di grave deterioramento», l'evidente imminenza di perturbazioni significative; h) «periodo transitorio», dieci anni a decorrere dalla data di applicazione dell'accordo per un prodotto la cui tabella di soppressione dei dazi per la parte UE, di cui all'allegato I (soppressione dei dazi doganali) dell'accordo («tabella di soppressione dei dazi») preveda un periodo per la soppressione dei dazi inferiore a dieci anni o il periodo di soppressione dei dazi, maggiorato di tre anni, per un prodotto la cui tabella di soppressione dei dazi preveda un periodo per la soppressione dei dazi di dieci o più anni; i) «paese dell'America centrale», il Costa Rica, El Salvador, il Guatemala, l'Honduras, il Nicaragua e Panama. L'accertamento dell'esistenza della minaccia di un grave pregiudizio, ai sensi del primo comma, lettera e), si basa su fatti verificabili e non su una semplice asserzione, una congettura o una remota possibilità. Al fine di stabilire l'esistenza di una minaccia di grave pregiudizio si tiene conto, tra l'altro, di previsioni, stime e analisi effettuate sulla base dei fattori di cui all'articolo 5, paragrafo 5. Articolo 2 Principi 1. Una misura di salvaguardia può essere imposta conformemente al presente regolamento se un prodotto originario di un paese dell'America centrale, per effetto della riduzione o della soppressione dei dazi doganali su tale prodotto, è importato nell'Unione in quantitativi così aumentati, in termini assoluti o rispetto alla produzione dell'Unione, e in condizioni tali da provocare, o minacciare di provocare, un grave pregiudizio all'industria dell'Unione. 2. Una misura di salvaguardia può assumere una delle forme seguenti: a) sospensione di una ulteriore riduzione dell'aliquota del dazio doganale sul prodotto interessato prevista dalla tabella di soppressione dei dazi; b) aumento dell'aliquota del dazio doganale sul prodotto interessato fino a un livello che non superi quello corrispondente alla più bassa delle seguenti aliquote: — l'aliquota del dazio doganale di nazione più favorita («NPF») applicata al prodotto interessato, in vigore al momento dell'adozione della misura; o — l'aliquota di NPF applicata al prodotto interessato dal giorno immediatamente precedente l'entrata in vigore dell'accordo. 3. Una misura di salvaguardia non si applica entro i limiti dei contingenti tariffari preferenziali esenti da dazio concessi ai sensi dell'accordo. Articolo 3 Monitoraggio 1. La Commissione provvede a monitorare l'andamento delle statistiche sulle importazioni di banane da paesi dell'America centrale. A tal fine, essa coopera e procede a scambi periodici di dati con gli Stati membri e l'industria dell'Unione. 2. Su richiesta debitamente motivata da parte delle industrie interessate, la Commissione può prendere in considerazione l'estensione della portata del monitoraggio ad altri settori. 3. La Commissione presenta una relazione annuale di monitoraggio al Parlamento europeo e al Consiglio relativa alle statistiche aggiornate sulle importazioni di banane da paesi dell'America centrale e ai settori cui è stato esteso il monitoraggio. 4. La Commissione controlla il rispetto da parte dei paesi dell'America centrale delle norme sociali e ambientali stabilite nella parte IV, titolo VIII, dell'accordo. Articolo 4 Avvio dei procedimenti 1. Un procedimento è avviato su domanda di uno Stato membro, di una persona giuridica o di un'associazione priva di personalità giuridica che agisce a nome dell'industria dell'Unione o su iniziativa della Commissione se quest'ultima ritiene che esistano sufficienti elementi di prova prima facie, accertati in base ai fattori di cui all'articolo 5, paragrafo 5, che giustifichino l'avvio di tale procedimento. 2. La domanda di avvio di un procedimento contiene elementi di prova indicanti che le condizioni per applicare la misura di salvaguardia, di cui all'articolo 2, paragrafo 1, sono soddisfatte. In generale, la domanda contiene inoltre le seguenti informazioni: il tasso e l'entità dell'incremento delle importazioni del prodotto in questione, in termini assoluti e relativi, la quota del mercato interno assorbita da tale incremento, le variazioni intervenute nei livelli di vendita, produzione, produttività, utilizzazione della capacità produttiva, perdite e profitti e occupazione. 3. Un procedimento può inoltre essere avviato qualora emerga un picco di importazioni concentrato in uno o più Stati membri, o regioni ultraperiferiche, purché esistano sufficienti elementi di prova prima facie che sono soddisfatte le condizioni per l'avvio conformemente all'articolo 5, paragrafo 5. 4. Uno Stato membro informa la Commissione se l'andamento delle importazioni da un paese dell'America centrale sembra rendere necessario il ricorso a misure di salvaguardia. Tali informazioni includono gli elementi di prova disponibili conformemente all'articolo 5, paragrafo 5. 5. La Commissione fornisce tali informazioni agli Stati membri qualora riceva una richiesta di avviare un procedimento o qualora consideri appropriato l'avvio di un procedimento di propria iniziativa a norma del paragrafo 1. 6. Se sussistono sufficienti elementi di prova prima facie conformemente all'articolo 5, paragrafo 5, per giustificare l'avvio di un procedimento, la Commissione avvia il procedimento e pubblica il relativo avviso nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. L'avvio avviene entro un mese dal ricevimento della richiesta o delle informazioni da parte della Commissione ai sensi del paragrafo 1. 7. L'avviso di cui al paragrafo 6: a) riassume le informazioni ricevute e richiede che ogni informazione pertinente sia comunicata alla Commissione; b) stabilisce il termine entro il quale le parti interessate possono rendere note le proprie osservazioni per iscritto e fornire informazioni, se tali osservazioni e informazioni devono essere prese in considerazione durante il procedimento; c) stabilisce il termine entro il quale le parti interessate possono chiedere di essere ascoltate dalla Commissione conformemente all'articolo 5, paragrafo 9. Articolo 5 Inchieste 1. In seguito all'avvio del procedimento, la Commissione avvia l'inchiesta. Il periodo fissato al paragrafo 3 decorre a partire dalla data in cui la decisione di avviare l'inchiesta è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. 2. La Commissione può chiedere agli Stati membri di fornire informazioni e gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie a dar seguito a tale richiesta. Se le informazioni presentano un interesse generale e non sono riservate ai sensi dell'articolo 12, esse sono aggiunte ai fascicoli non riservati secondo quanto previsto al paragrafo 8 del presente articolo. 3. Per quanto possibile, l'inchiesta è conclusa entro sei mesi dal suo avvio. Tale termine può essere prorogato di altri tre mesi in circostanze eccezionali, quali un numero insolitamente elevato di parti interessate o situazioni di mercato complesse. La Commissione notifica la proroga a tutte le parti interessate e ne illustra i motivi. 4. La Commissione raccoglie tutte le informazioni che ritiene necessarie per stabilire se sussistono le condizioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, e, ove opportuno, procede alla verifica di tali informazioni. 5. Nel corso dell'inchiesta la Commissione valuta tutti i fattori pertinenti di natura oggettiva e quantificabile che incidono sulla situazione dell'industria dell'Unione, esaminando in particolare il tasso e l'entità dell'incremento delle importazioni del prodotto in questione, in termini assoluti e relativi, la quota del mercato interno assorbita dall'aumento delle importazioni e le variazioni nei livelli di vendita, produzione, produttività, utilizzazione della capacità produttiva, perdite e profitti e occupazione. Tale lista non è esaustiva e anche altri fattori pertinenti possono essere presi in considerazione dalla Commissione per stabilire l'esistenza di un grave pregiudizio o la minaccia di un grave pregiudizio quali scorte, prezzi, rendimenti dei capitali investiti, flussi di liquidità e altri fattori che provocano, possono aver provocato un grave pregiudizio o minacciano di provocare un grave pregiudizio all'industria dell'Unione. 6. Le parti interessate che hanno presentato informazioni a norma dell'articolo 4, paragrafo 7, lettera b), e i rappresentanti del paese interessato dell'America centrale possono esaminare, su domanda scritta, tutte le informazioni messe a disposizione della Commissione nel quadro dell'inchiesta, eccetto i documenti interni preparati dalle autorità dell'Unione o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la presentazione del loro caso, non siano riservate ai sensi dell'articolo 12 e siano usate dalla Commissione nell'ambito dell'inchiesta. Le parti interessate che hanno presentato informazioni possono comunicare alla Commissione le proprie osservazioni in merito alle suddette informazioni. La Commissione prende in considerazione tali osservazioni se esse sono suffragate da sufficienti elementi di prova prima facie. 7. La Commissione assicura che tutti i dati e le statistiche utilizzati ai fini dell'inchiesta siano disponibili, comprensibili, trasparenti e verificabili. 8. Non appena il quadro tecnico è posto in essere, la Commissione garantisce un accesso online protetto da password al fascicolo non riservato da essa gestito, attraverso il quale diffonde tutte le informazioni pertinenti e non riservate ai sensi dell'articolo 12. Alle parti interessate, agli Stati membri e al Parlamento europeo è garantito l'accesso a tale piattaforma online. 9. La Commissione sente le parti interessate, in particolare qualora ne abbiano fatto richiesta scritta entro il termine fissato nell'avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, dimostrando che i risultati dell'inchiesta potrebbero avere un'incidenza su di esse e che esistono motivi particolari per essere ascoltate. La Commissione sente nuovamente le parti interessate se ne sussistono particolari motivi. 10. Qualora le informazioni non siano fornite nei termini stabiliti dalla Commissione o se lo svolgimento dell'inchiesta è gravemente ostacolato, la Commissione può formulare conclusioni basate sui fatti disponibili. Se scopre che una parte interessata o un terzo le hanno fornito informazioni false o ingannevoli, la Commissione non tiene conto di tali informazioni e può avvalersi dei fatti disponibili. 11. La Commissione notifica per iscritto al paese dell'America centrale interessato l'avvio di un'inchiesta. Articolo 6 Misure di vigilanza preventiva 1. La Commissione può adottare misure di vigilanza preventiva relative alle importazioni da un paese dell'America centrale qualora: a) l'andamento delle importazioni di un prodotto è tale da poter condurre a una delle situazioni di cui agli articoli 2 e 4; o b) si registri un picco di importazioni di banane concentrato in uno o più Stati membri o in una o più regioni ultraperiferiche dell'Unione. 2. La Commissione adotta misure di vigilanza preventiva secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 14, paragrafo 2. 3. Le misure di vigilanza preventiva hanno una durata limitata. Salvo disposizioni contrarie, la loro validità cessa alla fine del secondo semestre successivo a quello nel quale sono state introdotte. Articolo 7 Imposizione di misure di salvaguardia provvisorie 1. Si applicano misure di salvaguardia provvisorie in circostanze critiche, in cui un ritardo causerebbe danni difficili da riparare, quando sulla base dei fattori di cui all'articolo 5, paragrafo 5, si è determinata in via preliminare l'esistenza di sufficienti elementi di prova prima facie che le importazioni di un prodotto originario di un paese dell'America centrale sono aumentate a seguito della riduzione o della soppressione un dazio doganale conformemente alla tabella di soppressione dei dazi, e che tali importazioni provocano o minacciano di provocare un grave pregiudizio all'industria dell'Unione. La Commissione adotta misure di salvaguardia provvisorie secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Per imperativi motivi di urgenza, incluso il caso di cui al paragrafo 2 del presente articolo, la Commissione adotta misure di salvaguardia provvisorie immediatamente applicabili secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 4. 2. Se uno Stato membro chiede l'intervento immediato della Commissione e se sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 1, la Commissione adotta una decisione entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento della richiesta. 3. Le misure di salvaguardia provvisorie non si applicano per più di 200 giorni civili. 4. Qualora le misure di salvaguardia provvisorie fossero abrogate perché dall'inchiesta risulta che non sono soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, i dazi riscossi in applicazione di tali misure di salvaguardia provvisorie sono automaticamente rimborsati. 5. Le misure di salvaguardia provvisorie si applicano a tutti i prodotti immessi in libera pratica dalla data di entrata in vigore di tali misure. Tuttavia, tali misure non pregiudicano l'immissione in libera pratica dei prodotti già avviati verso l'Unione, qualora non sia possibile mutare la destinazione di detti prodotti. Articolo 8 Chiusura delle inchieste e procedimenti senza adozione di misure 1. Se dalla constatazione definitiva dei fatti risulta che non sono soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, la Commissione adotta una decisione di chiusura dell'inchiesta e del procedimento secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 14, paragrafo 3. 2. Tenendo in debito conto la protezione delle informazioni riservate ai sensi dell'articolo 12, la Commissione pubblica una relazione in cui illustra i risultati e le conclusioni motivate a cui è pervenuta in merito a tutte le questioni pertinenti di fatto e di diritto. Articolo 9 Imposizione di misure di salvaguardia definitive 1. Se dalla constatazione definitiva dei fatti risulta che sono soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, la Commissione sottopone la questione all'esame del comitato di associazione conformemente all'articolo 116 dell'accordo. Se il comitato di associazione non ha formulato alcuna raccomandazione o se non si perviene a soluzioni soddisfacenti entro trenta giorni da tale rinvio, la Commissione può adottare una decisione che impone misure definitive di salvaguardia secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 14, paragrafo 3. 2. Tenendo in debito conto la protezione delle informazioni riservate ai sensi dell'articolo 12, la Commissione pubblica una relazione contenente una sintesi dei dati di fatto e le considerazioni pertinenti alla decisione. Articolo 10 Durata e riesame delle misure di salvaguardia 1. Una misura di salvaguardia resta in vigore solo per il tempo necessario a impedire o a porre rimedio al grave pregiudizio per l'industria dell'Unione e per agevolare l'adeguamento. Tale periodo non supera due anni, salvo non sia prorogato a norma del paragrafo 3. 2. Una misura di salvaguardia resta in vigore, in attesa dell'esito del riesame di cui al paragrafo 3, durante ogni periodo di proroga. 3. La durata iniziale di una misura di salvaguardia può essere eccezionalmente prorogata di due anni al massimo, purché la misura di salvaguardia continui a essere necessaria per impedire o porre rimedio a un grave pregiudizio per l'industria dell'Unione e purché esistano elementi di prova che l'adeguamento dell'industria dell'Unione è in corso. 4. Ogni proroga a norma del paragrafo 3 del presente articolo è preceduta da un'inchiesta, su domanda di uno Stato membro, di una persona giuridica o di un'associazione priva di personalità giuridica che agisce a nome dell'industria dell'Unione, o su iniziativa della Commissione se esistono sufficienti elementi di prova prima facie del fatto che sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 3 del presente articolo, sulla base dei fattori di cui all'articolo 5, paragrafo 5. 5. L'avvio di un'inchiesta è pubblicato conformemente all'articolo 4, paragrafi 6 e 7. L'inchiesta e tutte le decisioni relative a una proroga a norma del paragrafo 3 del presente articolo sono soggette agli articoli 5, 8 e 9. 6. La durata totale di una misura di salvaguardia non può superare i quattro anni, ivi incluse eventuali misure di salvaguardia provvisorie. 7. Una misura di salvaguardia non è applicata oltre la scadenza del periodo transitorio se non previo consenso del paese dell'America centrale interessato. 8. Nessuna misura di salvaguardia è applicata all'importazione di un prodotto già in precedenza assoggettato a una misura di tale tipo, salvo non sia trascorso un periodo di tempo pari alla metà del periodo di applicazione della misura di salvaguardia durante il periodo immediatamente precedente. Articolo 11 Regioni ultraperiferiche dell'Unione Se un prodotto originario di un paese dell'America centrale è importato in quantitativi così aumentati e in condizioni tali da provocare o da minacciare di provocare un grave deterioramento della situazione economica di una o più regioni ultraperiferiche dell'Unione di cui all'articolo 349 TFUE, può essere imposta una misura di salvaguardia conformemente al presente capo. Articolo 12 Riservatezza 1. Le informazioni ricevute a norma del presente regolamento non possono essere usate che per lo scopo per il quale sono state richieste. 2. Nessuna informazione di carattere riservato e nessuna formazione fornita in via riservata e ricevuta a norma del presente regolamento è divulgata senza il consenso espresso della parte che ha fornito tale informazione. 3. Ogni richiesta di trattamento riservato indica i motivi per i quali l'informazione è riservata. Tuttavia, se chi ha fornito l'informazione richiede che essa non sia resa pubblica o divulgata, interamente o in forma di riassunto, e tale richiesta è ingiustificata, l'informazione in questione può non essere presa in considerazione. 4. Un'informazione è comunque considerata riservata se la sua divulgazione può avere conseguenze significativamente negative per il soggetto che l'ha fornita o per la fonte di tale informazione. 5. I paragrafi da 1 a 4 non impediscono alle autorità dell'Unione di fare riferimento a informazioni generali e, in particolare, ai motivi su cui si basano le decisioni adottate in forza del presente regolamento. Tali autorità, tuttavia, tengono conto del legittimo interesse delle persone fisiche e giuridiche alla non divulgazione dei loro segreti d'impresa. Articolo 13 Relazione 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale sull'applicazione, l'attuazione e il rispetto degli obblighi della parte IV dell'accordo e del presente regolamento. 2. La relazione comprende informazioni sull'applicazione delle misure provvisorie e definitive, delle misure di vigilanza preventiva e delle misure di vigilanza e di salvaguardia regionale nonché sulla chiusura delle inchieste e sui procedimenti senza adozione di misure. 3. La relazione comprende informazioni sulle attività dei vari organi responsabili del controllo dell'attuazione dell'accordo, anche con riguardo al rispetto degli obblighi di cui al titolo VIII della parte IV dell'accordo, e sulle attività con i gruppi consultivi della società civile. 4. La relazione presenta una sintesi delle statistiche e dell'evoluzione degli scambi commerciali con i paesi dell'America Centrale e comprende statistiche aggiornate sulle importazioni di banane dai paesi dell'America Centrale. 5. Il Parlamento europeo può, entro un mese dall'invio della relazione della Commissione, invitare quest'ultima a una riunione ad hoc della propria commissione competente per presentare e illustrare eventuali questioni connesse all'attuazione del presente regolamento. 6. La Commissione rende pubblica la relazione entro tre mesi dalla sua presentazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Articolo 14 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (4) («comitato»). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 4. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con il suo articolo 4. 5. Il comitato può esaminare questioni relative all'applicazione del presente regolamento sollevate dalla Commissione o su richiesta di uno Stato membro. Gli Stati membri possono richiedere informazioni e scambiare opinioni in seno al comitato o direttamente con la Commissione. CAPITOLO II MECCANISMO DI STABILIZZAZIONE PER LE BANANE Articolo 15 Meccanismo di stabilizzazione per le banane 1. Alle banane originarie dell'America centrale che rientrano nella rubrica 0803 00 19 della nomenclatura combinata (banane fresche, esclusa frutta del plantano) ed elencate alla categoria «ST» della tabella di soppressione dei dazi, si applica un meccanismo di stabilizzazione fino al 31 dicembre 2019. 2. Per importazioni di prodotti di cui al paragrafo 1 è fissato uno specifico volume limite annuale delle importazioni, indicato nella tabella all'allegato. L'importazione dei prodotti di cui al paragrafo 1 all'aliquota del dazio doganale preferenziale è subordinata, oltre che all'esibizione del certificato di origine di cui all'allegato II (definizione della nozione di «prodotti originari» e metodi della cooperazione amministrativa) dell'accordo, alla presentazione di un titolo d'esportazione emesso dalle autorità competenti della paese dell'America centrale da cui i prodotti sono esportati. Una volta raggiunto il volume limite per un paese dell'America centrale durante il corrispondente anno civile, la Commissione, secondo la procedura d'urgenza di cui all'articolo 14, paragrafo 4, adotta un atto di esecuzione mediante il quale può sospendere temporaneamente il dazio doganale preferenziale, applicato ai prodotti di origine corrispondente durante lo stesso anno per un periodo di tempo che non è superiore a tre mesi e non si estende al di là della fine dell'anno civile o decidere che tale sospensione non è appropriata. 3. Nel decidere se debbano essere applicate delle misure a norma del paragrafo 2, la Commissione tiene in considerazione l'impatto delle importazioni in questione sulla situazione del mercato delle banane dell'Unione. Tale esame comprende fattori quali: l'effetto delle importazioni in questione sul livello dei prezzi dell'Unione, lo sviluppo delle importazioni da altre fonti, la stabilità complessiva del mercato dell'Unione. 4. Se la Commissione decide di sospendere il dazio doganale preferenziale applicabile, essa applica l'aliquota più bassa tra quella di base del dazio doganale e quella NPF in vigore nel momento in cui è presa tale decisione. 5. Se la Commissione applica le decisioni di cui ai paragrafi 2 e 4, essa avvia immediatamente consultazioni con il paese o i paesi dell'America centrale interessati per analizzare e valutare la situazione sulla base dei dati di fatto disponibili. 6. L'applicazione del meccanismo di stabilizzazione per le banane di cui al presente capo non pregiudica l'applicazione delle misure definite al capo I. Tuttavia, le misure adottate a norma delle disposizioni di entrambi i capi non si applicano contemporaneamente. 7. Le misure di cui ai paragrafi 2 e 4 sono applicabili solo durante il periodo che termina il 31 dicembre 2019. CAPITOLO III NORME DI ATTUAZIONE Articolo 16 Norme di attuazione La disposizione applicabile ai fini dell'adozione delle norme di attuazione necessarie per l'applicazione delle norme contenute nell'appendice 2A dell'allegato II (definizione della nozione di «prodotti originari» e metodi di cooperazione amministrativa) e nell'appendice 2 dell'allegato I (soppressione dei dazi doganali) dell'accordo è l'articolo 247 bis del regolamento (CEE) n. 2913/92. CAPITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 17 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dalla data di applicazione dell'accordo prevista all'articolo 353 del medesimo. Un avviso in cui è specificata la data di applicazione dell'accordo è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 15 gennaio 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente L. CREIGHTON (1) Posizione del Parlamento europeo dell'11 dicembre 2012 (non ancora pubblicata sulla Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 dicembre 2012. (2) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13. (3) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. (4) GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1. ALLEGATO Tabella relativa al volume limite delle importazioni ai fini dell'applicazione del meccanismo di stabilizzazione per le banane previsto all'appendice 3 dell'allegato I dell'accordo Anno Volume limite delle importazioni, in tonnellate Costa Rica Panama Honduras Guatemala Nicaragua El Salvador Fino al 31 dicembre 2010 1 025 000 375 000 50 000 50 000 10 000 2 000 1.1-31.12.2011 1 076 250 393 750 52 500 52 500 10 500 2 100 1.1-31.12.2012 1 127 500 412 500 55 000 55 000 11 000 2 200 1.1-31.12.2013 1 178 750 431 250 57 500 57 500 11 500 2 300 1.1-31.12.2014 1 230 000 450 000 60 000 60 000 12 000 2 400 1.1-31.12.2015 1 281 250 468 750 62 500 62 500 12 500 2 500 1.1-31.12.2016 1 332 500 487 500 65 000 65 000 13 000 2 600 1.1-31.12.2017 1 383 750 506 250 67 500 67 500 13 500 2 700 1.1-31.12.2018 1 435 000 525 000 70 000 70 000 14 000 2 800 1.1-31.12.2019 1 486 250 543 750 72 500 72 500 14 500 2 900 1.1.2020 e successivamente Non applicabile Non applicabile Non applicabile Non applicabile Non applicabile Non applicabile DICHIARAZIONE DELLA COMMISSIONE La Commissione accoglie con favore l'accordo in prima lettura tra il Parlamento europeo e il Consiglio sul regolamento (UE) n. 20/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, recante attuazione della clausola bilaterale di salvaguardia e del meccanismo di stabilizzazione per le banane previsti dall'accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America centrale, dall'altra (1). Come previsto dal regolamento (UE) n. 20/2013 la Commissione presenterà una relazione annuale al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione della parte IV dell'accordo e sarà pronta a discutere con la competente commissione del Parlamento europeo in merito a tutte le questioni derivanti dall'attuazione della parte IV dell'accordo. La Commissione attribuirà importanza particolare all'efficace attuazione degli impegni in materia di commercio e sviluppo sostenibile contemplati nell'accordo, tenendo conto delle informazioni specifiche fornite dagli organi di controllo competenti delle convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro e degli accordi multilaterali elencati alla parte IV, titolo VIII, dell'accordo. In questo contesto, la Commissione richiederà anche i pareri dei pertinenti gruppi consultivi della società civile. Dopo la scadenza del meccanismo di stabilizzazione per le banane il 31 dicembre 2019, la Commissione valuterà la situazione del mercato delle banane dell'Unione e la situazione dei produttori di banane dell'Unione. La Commissione riferirà le proprie conclusioni al Parlamento europeo e al Consiglio accludendo una valutazione preliminare del funzionamento del «Programme d'Options Spécifiques à l'Éloignement et l'Insularité» (POSEI) nel preservare la produzione di banane nell'Unione. (1) Cfr. pag. 13 della presente Gazzetta ufficiale. DICHIARAZIONE COMUNE Il Parlamento europeo e la Commissione concordano sull'importanza di una stretta collaborazione nel controllo dell'attuazione dell'accordo e del regolamento (UE) n. 20/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, recante attuazione della clausola bilaterale di salvaguardia e del meccanismo di stabilizzazione per le banane previsti dall'accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America centrale, dall'altra (1). A tal fine convengono quanto segue: — su richiesta della competente commissione del Parlamento europeo, la Commissione europea riferisce a quest'ultimo in merito a eventuali preoccupazioni specifiche relative all'attuazione da parte dei paesi dell'America centrale degli impegni in materia di commercio e sviluppo sostenibile, — qualora il Parlamento europeo adotti una raccomandazione ai fini dell'avvio di un'inchiesta di salvaguardia, la Commissione esaminerà attentamente il rispetto delle condizioni a norma del regolamento (UE) n. 20/2013 per l'avvio d'ufficio dell'inchiesta. Ove la Commissione ritenga che le condizioni non siano soddisfatte, essa presenterà una relazione alla competente commissione del Parlamento europeo comprendente tutti i fattori rilevanti per l'avvio di tale inchiesta. (1) Cfr. pag. 13 della presente Gazzetta ufficiale.
Accordo di associazione tra l’Unione europea e l’America centrale QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO, DELLE DECISIONI E DEL REGOLAMENTO? Gli obiettivi dell’accordo comprendono:rafforzare e consolidare i rapporti tra le parti attraverso un’associazione fondata su tre parti fondamentali dell’accordo tra loro interdipendenti; sviluppare un partenariato politico privilegiato fondato su valori, principi e obiettivi comuni, in particolare sul rispetto e sulla promozione della democrazia e dei diritti umani, dello sviluppo sostenibile, del buon governo e dello Stato di diritto; promuovere la cooperazione biregionale tra l’UE e l’America centrale in tutti i settori di interesse comune; espandere e diversificare le relazioni commerciali biregionali delle parti conformemente all’accordo con l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e al presente accordo; rafforzare e approfondire l’integrazione regionale nei settori di interesse comune; rafforzare le relazioni di buon vicinato e i principi della risoluzione pacifica delle controversie; mantenere e sviluppare il livello di buon governo e delle norme sociali e ambientali; favorire maggiori scambi commerciali e investimenti tra le parti.La decisione del Consiglio conclude l’accordo a nome dell’UE. La decisione n. 5/2014 stabilisce le indicazioni geografiche dei prodotti che hanno origine nelle due parti. Il regolamento crea meccanismi di salvaguardia per prevenire gravi pregiudizi nel settore della coltivazione delle banane nelle regioni ultraperiferiche dell’UE. PUNTI CHIAVE L’accordo è strutturato su tre elementi: 1. Dialogo politico Gli obiettivi del dialogo politico tra le due parti sono:l’istituzione di un partenariato politico privilegiato; la difesa di valori, principi e obiettivi comuni attraverso la loro promozione a livello internazionale, soprattutto nell’ambito delle Nazioni Unite (ONU); il rafforzamento dell’Organizzazione dell’ONU quale fulcro del sistema multilaterale, in modo da consentire a tale organizzazione di affrontare efficacemente le sfide globali; consentire un ampio scambio di opinioni, posizioni e informazioni nella prospettiva di iniziative congiunte a livello internazionale; la cooperazione nell’ambito della politica estera e di sicurezza, con l’obiettivo di coordinare le posizioni delle parti e assumere iniziative congiunte di reciproco interesse nelle pertinenti sedi internazionali.Tale dialogo può riguardare tutti i temi di reciproco interesse a livello regionale o internazionale, e vengono tuttavia menzionate una serie di tematiche specifiche quali:disarmo; lotta al terrorismo; migrazione; ambiente.2. Cooperazione L’accordo attribuisce la priorità alla cooperazione mirata al raggiungimento dei seguenti obiettivi:rafforzare la pace e la sicurezza; rafforzare le istituzioni democratiche, il buon governo e la piena applicazione dello Stato di diritto, la parità di genere, la non discriminazione sotto ogni forma, la diversità culturale, il pluralismo, la promozione e il rispetto dei diritti umani, le libertà fondamentali, la trasparenza e la partecipazione dei cittadini; contribuire alla coesione sociale; promuovere la crescita economica così da favorire lo sviluppo sostenibile; approfondire il processo di integrazione regionale dell’America centrale; rafforzare le capacità di produzione e di gestione e migliorare la competitività.3. Relazioni commerciali Gli obiettivi di questo elemento sono:espandere e diversificare le relazioni commerciali; favorire gli scambi di merci; la liberalizzazione degli scambi di servizi, conformemente all’articolo V dell’Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS); la promozione dell’integrazione economica regionale nell’ambito delle procedure doganali, dei regolamenti tecnici e delle misure sanitarie e fitosanitarie; lo sviluppo di un ambiente favorevole ad un aumento dei flussi di investimento; la graduale ed effettiva apertura reciproca dei mercati degli appalti pubblici delle parti; un’adeguata ed efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale; la promozione di una concorrenza libera e senza distorsioni nei rapporti economici e commerciali; l’istituzione di un meccanismo di risoluzione delle controversie efficace, equo e prevedibile; la promozione degli scambi e degli investimenti internazionali tra le parti.L’accordo contiene una serie di misure per raggiungere questi obiettivi, in particolare:fornisce un accesso al mercato migliorato in modo sostanziale per le esportazioni dell’UE in America centrale attraverso:l’eliminazione delle tariffe sui manufatti, i prodotti della pesca e dell’agricoltura;la rimozione degli ostacoli agli scambi di merci;migliorando l’accesso al mercato degli appalti pubblici, dei servizi e degli investimenti; stabilisce condizioni di parità attraverso regole comuni in settori quali:proprietà intellettuale e indicazioni geografiche;concorrenza e aiuti di Stato.risoluzione delle controversie; rafforza l’integrazione regionale attraverso l’introduzione di misure quali:un documento amministrativo unico per le dichiarazioni doganali;un dazio all’importazione unico per la regione; stabilisce un accordo per lo sviluppo sostenibile studiato per:promuovere lo sviluppo economico attraverso gli scambi commerciali;gestire l’interrelazione tra gli scambi commerciali e la politica sociale e ambientale;incoraggiare e promuovere gli scambi commerciali e i programmi di marketing basati su criteri di sostenibilità. QUANDO ENTRANO IN VIGORE L’ACCORDO, LE DECISIONI E IL REGOLAMENTO? La parte dell’accordo riguardante gli scambi è stata applicata provvisoriamente dal:1o agosto 2013 con Honduras, Nicaragua e Panama;1o ottobre 2013 con Costa Rica e El Salvador; e1o dicembre 2013 con il Guatemala. La decisione del Consiglio è entrata in vigore il 25 giugno 2012, il regolamento il 22 gennaio 2013 e la decisione n. 5/2014 il 5 agosto 2015. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:America centrale (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2012/734/UE del Consiglio, del 25 giugno 2012, relativa alla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra, e all’applicazione provvisoria della parte IV dell’accordo relativa al commercio (GU L 346 del 15.12.2012, pag. 1). Accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (GU L 346 del 15.12.2012, pag. 3). Decisione n. 5/2014 del Consiglio di associazione UE-America centrale, del 7 novembre 2014, relativa alle indicazioni geografiche da includere nell’allegato XVIII dell’accordo [2015/1219] (GU L 196 del 24.7.2015, pag. 59). Regolamento (UE) n. 20/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, recante attuazione della clausola bilaterale di salvaguardia e del meccanismo di stabilizzazione per le banane previsti dall’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (GU L 17 del 19.1.2013, pag. 13). Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 20/2013 sono state integrate nell’atto originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Avviso concernente l’applicazione provvisoria della parte IV («Commercio») dell’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (Guatemala) (GU L 315, del 26.11.2013, pag. 1). Avviso concernente l’applicazione provvisoria della parte IV («Commercio») dell’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (Costa Rica) (GU L 257, del 28.9.2013, pag. 1) Avviso concernente l’applicazione provvisoria della parte IV («Commercio») dell’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (El Salvador) (GU L 257, del 28.9.2013, pag. 1) Avviso concernente l’applicazione provvisoria della parte IV («Commercio») dell’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (Costa Rica) (GU L 204, del 31.7.2013, pag. 1). Avviso concernente l’applicazione provvisoria della parte IV («Commercio») dell’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (Panama) (GU L 204, del 31.7.2013, pag. 1). Avviso concernente l’applicazione provvisoria della parte IV («Commercio») dell’accordo che istituisce un’associazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’America centrale, dall’altra (Costa Rica) (GU L 204, del 31.7.2013, pag.1)
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32004L0081
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DIRETTIVA 2004/81/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, primo comma, punto 3, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3), previa consultazione del Comitato delle regioni, considerando quanto segue: (1) Elaborare una politica comune dell'immigrazione, comprendente la definizione delle condizioni d'ingresso e di soggiorno degli stranieri e misure di lotta contro l'immigrazione clandestina, è un elemento costitutivo dell'obiettivo dell'Unione europea di attuare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. (2) Nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo ha espresso la propria determinazione a combattere alla radice l'immigrazione illegale, in particolare contrastando coloro che si dedicano alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento economico dei migranti, ed ha raccomandato agli Stati membri d'incentrare i loro sforzi sull'individuazione e lo smantellamento delle reti criminali, provvedendo al tempo stesso a garantire i diritti delle vittime. (3) A riprova del carattere sempre più preoccupante di questo fenomeno a livello internazionale, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale, corredata da un protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, e da un protocollo per controllare il traffico di migranti via terra, via mare e via aria. La Comunità ed i quindici Stati membri li hanno firmati nel dicembre 2000. (4) L'attuazione della presente direttiva non incide sulla protezione prevista per i rifugiati, per i beneficiari di una protezione sussidiaria e per chi chiede protezione internazionale a norma del diritto internazionale riguardante i rifugiati, né sugli altri strumenti relativi ai diritti umani. (5) La presente direttiva non incide su altre disposizioni relative alla protezione delle vittime, dei testimoni o di persone particolarmente vulnerabili, né lede le prerogative degli Stati membri in materia di concessione del diritto di soggiorno per motivi umanitari o di altro tipo. (6) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e si attiene ai principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. (7) Gli Stati membri dovrebbero applicare la presente direttiva senza discriminazioni fondate su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credenze, opinioni politiche od ogni altra opinione, appartenenza ad una minoranza nazionale, condizioni economiche, nascita, disabilità, età od orientamento sessuale. (8) Si dovrebbe ricordare che, a livello europeo, al fine di intensificare la prevenzione e la lotta contro tali reati sono state adottate la direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali (4) e la decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla tratta degli esseri umani (5). (9) La presente direttiva prevede un titolo di soggiorno destinato alle vittime della tratta di esseri umani o, qualora uno Stato membro decida di ampliare il campo di applicazione della presente direttiva, ai cittadini di paesi terzi che sono stati coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale per i quali il titolo di soggiorno abbia carattere d'incitamento sufficiente perché essi cooperino con le autorità competenti, pur subordinandolo a determinate condizioni, per evitare gli abusi. (10) A tale scopo, è necessario stabilire i criteri per il rilascio del titolo di soggiorno, le condizioni di soggiorno e i motivi di non rinnovo o di ritiro. Ai sensi della presente direttiva il diritto al soggiorno è subordinato al rispetto di determinate condizioni e ha carattere provvisorio. (11) È necessario informare i cittadini in questione di paesi terzi, che è possibile ottenere tale titolo di soggiorno e che essi dispongono di un periodo di riflessione. Tale periodo dovrebbe metterli in grado di decidere con cognizione di causa se vogliano o no cooperare con le autorità di polizia e con le autorità inquirenti e giudiziarie — tenendo conto dei rischi che corrono — cosicché la loro cooperazione sia libera e, quindi, più efficace. (12) In considerazione della loro vulnerabilità, ai cittadini in questione di paesi terzi dovrebbe essere concessa l'assistenza prevista dalla presente direttiva. Tale assistenza dovrebbe consentire loro di ristabilirsi e di sottrarsi all'influenza degli autori dei reati. Le cure mediche da prestare al cittadino di un paese terzo contemplato dalla presente direttiva comprendono anche, se del caso, un'assistenza psicoterapeutica. (13) Le autorità competenti devono prendere una decisione sul rilascio del titolo di soggiorno valido almeno sei mesi o sul suo rinnovo. Esse dovrebbero valutare se le pertinenti condizioni sono state soddisfatte. (14) La presente direttiva dovrebbe applicarsi senza pregiudizio delle attività svolte dalle autorità competenti in tutte le fasi delle pertinenti procedure nazionali, e in particolare allorché indagano sui reati in questione. (15) Gli Stati membri dovrebbero valutare la possibilità di autorizzare il soggiorno per altri motivi, in funzione delle rispettive legislazioni nazionali, ai cittadini di paesi terzi che possono rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva ma che non sono, o non sono più in possesso dei requisiti in essa stabiliti, ai loro familiari o alle persone trattate come familiari. (16) Per consentire ai cittadini in questione di paesi terzi di rendersi indipendenti e di non ricadere nella rete criminale, i beneficiari del titolo di soggiorno dovrebbero essere autorizzati, alle condizioni stabilite dalla presente direttiva, ad avere accesso al mercato del lavoro, alla formazione professionale e all'istruzione. Nell'autorizzare l'accesso dei beneficiari del titolo di soggiorno alla formazione professionale e all'istruzione, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione la durata probabile del soggiorno. (17) La partecipazione dei cittadini di paesi terzi interessati a programmi e regimi già esistenti o da prevedere dovrebbe contribuire alla ripresa di una vita sociale normale. (18) Se i cittadini dei paesi terzi interessati presentano domanda per ottenere un titolo di soggiorno di un'altra categoria, gli Stati membri dovrebbero prendere una decisione in base al diritto ordinario riguardante gli stranieri. Nell'esaminare la suddetta domanda, gli Stati membri dovrebbero tener conto del fatto che i cittadini in questione di paesi terzi hanno ottenuto il titolo di soggiorno a norma della presente direttiva. (19) Gli Stati membri dovrebbero fornire alla Commissione, per quanto riguarda l'applicazione della presente direttiva, le informazioni che ha individuato nell'ambito delle attività svolte con riferimento alla raccolta e al trattamento di dati statistici riguardanti materie che rientrano nel settore della giustizia e degli affari interni. (20) Poiché lo scopo di istituire un titolo di soggiorno per i cittadini in questione di paesi terzi che cooperino alla lotta contro la tratta di esseri umani, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può, dunque, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (21) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e fatto salvo l'articolo 4 del suddetto protocollo, il Regno Unito e l'Irlanda non partecipano all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non sono vincolati da essa, né sono soggetti alla sua applicazione. (22) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto Oggetto della presente direttiva è definire le condizioni per rilasciare titoli di soggiorno di limitata durata, collegata alla lunghezza delle relative procedure nazionali, ai cittadini di paesi terzi, i quali cooperino alla lotta contro la tratta di esseri umani o contro il favoreggiamento dell'immigrazione illegale. Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva: a) per «cittadino di paese terzo» s'intende ogni persona non avente la cittadinanza dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del trattato; b) «favoreggiamento dell'immigrazione illegale» abbraccia casi quali quelli di cui agli articoli 1 e 2 della direttiva 2002/90/CE del Consiglio; c) «tratta di esseri umani» abbraccia casi quali quelli di cui agli articoli 1, 2 e 3 della decisione quadro 2002/629/GAI; d) per «misura di esecuzione di una decisione di allontanamento» s'intende ogni provvedimento adottato da uno Stato membro per attuare la decisione presa dalle autorità competenti nella quale è ordinato l'allontanamento di un cittadino di paese terzo; e) per «titolo di soggiorno» s'intende ogni autorizzazione rilasciata da uno Stato membro, che consente al cittadino di un paese terzo, che soddisfi le condizioni fissate dalla presente direttiva, di risiedere legalmente sul suo territorio; f) per «minori non accompagnati» s'intendono i cittadini di paesi terzi di età inferiore ai diciotto anni, che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per essi in base alla legge o agli usi, finché una tale persona non ne assuma effettivamente la custodia, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio dello Stato membro. Articolo 3 Campo di applicazione 1. Gli Stati membri applicano la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi che sono o sono stati vittime di reati collegati alla tratta degli esseri umani, anche se sono entrati illegalmente nel territorio degli Stati membri. 2. Gli Stati membri possono applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi che sono stati coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale. 3. La presente direttiva si applica ai cittadini in questione di paesi terzi che hanno raggiunto la maggiore età fissata nell'ordinamento giuridico dello Stato membro interessato. Gli Stati membri possono in via di deroga decidere di applicare la presente direttiva ai minorenni in base alle condizioni definite nel rispettivo ordinamento giuridico. Articolo 4 Disposizioni più favorevoli La presente direttiva non preclude agli Stati membri la facoltà di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli per le persone cui si applica la presente direttiva. CAPO II PROCEDURA DI RILASCIO DEL TITOLO DI SOGGIORNO Articolo 5 Informazione del cittadino di un paese terzo interessato Quando le autorità competenti degli Stati membri ritengono che un cittadino di un paese terzo possa rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva, esse informano questa persona delle possibilità offerte a norma della presente direttiva. Gli Stati membri hanno la facoltà di decidere che tale informazione possa anche essere fornita da un'organizzazione non governativa o da un'associazione specificamente designata dallo Stato membro interessato. Articolo 6 Periodo di riflessione 1. Gli Stati membri garantiscono che al cittadino di un paese terzo sia concesso un periodo di riflessione per consentirgli di riprendersi e sottrarsi all'influenza degli autori dei reati, affinché possa decidere consapevolmente se voglia cooperare con le autorità competenti. La durata e la decorrenza del periodo di cui al comma precedente vengono stabilite conformemente alla legislazione nazionale. 2. Durante il periodo di riflessione, e nell'attesa della decisione delle autorità competenti è accordato al cittadino di un paese terzo l'accesso al trattamento previsto all'articolo 7 e non può essere eseguita nessuna misura di allontanamento decisa a suo riguardo. 3. Il periodo di riflessione non conferisce un diritto di soggiorno in base alla presente direttiva. 4. Lo Stato membro interessato può porre fine in qualsiasi momento al periodo di riflessione se le autorità competenti hanno accertato che l'interessato ha attivamente, volontariamente e di propria iniziativa ristabilito un legame con gli autori dei reati di cui all'articolo 2, lettere b) e c), oppure per motivi attinenti alla pubblica sicurezza e alla salvaguardia della sicurezza nazionale. Articolo 7 Trattamento concesso prima del rilascio del titolo di soggiorno 1. Gli Stati membri assicurano che al cittadino in questione, di un paese terzo, privo delle risorse sufficienti siano garantiti un livello di vita in grado di permettergli la sussistenza e l'accesso a cure mediche urgenti. Gli Stati membri tengono conto delle esigenze particolari delle persone più vulnerabili, compresa, se del caso e se prevista dalla legislazione nazionale, un'assistenza psicologica. 2. Gli Stati membri, nell'applicare la presente direttiva, tengono nel debito conto le esigenze di sicurezza e di protezione del cittadino di un paese terzo interessato, conformemente alla legislazione nazionale. 3. Gli Stati membri assicurano, se del caso, un'assistenza linguistica al cittadino in questione, di un paese terzo. 4. Gli Stati membri possono fornire al cittadino in questione, di un paese terzo, un'assistenza legale gratuita se previsto e alle condizioni stabilite dall'ordinamento giuridico nazionale. Articolo 8 Rilascio e rinnovo del titolo di soggiorno 1. Una volta trascorso il periodo di riflessione, o ancora prima se le autorità competenti ritengono che il cittadino in questione, di un paese terzo, abbia già soddisfatto i criteri fissati alla lettera b), gli Stati membri valutano: a) l'opportunità presentata dalla proroga del suo soggiorno sul territorio nazionale ai fini delle indagini o del procedimento giudiziario; e b) l'esistenza di una chiara volontà di cooperazione manifestata dall'interessato; e c) la rottura di ogni legame con i presunti autori dei fatti che potrebbero configurarsi come uno dei reati menzionati all'articolo 2, lettere b) e c). 2. Ai fini del rilascio del titolo di soggiorno e fatti salvi i motivi attinenti alla pubblica sicurezza e alla salvaguardia della sicurezza nazionale, si richiede l'adempimento delle condizioni enumerate al paragrafo 1. 3. Fatte salve le disposizioni relative al ritiro di cui all'articolo 14, il titolo di soggiorno è valido almeno sei mesi. Esso viene rinnovato se continuano ad essere soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo. CAPO III TRATTAMENTO DEI BENEFICIARI DEL TITOLO DI SOGGIORNO Articolo 9 Trattamento concesso dopo il rilascio del titolo di soggiorno 1. Gli Stati membri assicurano che al beneficiario del titolo di soggiorno che non disponga di risorse sufficienti sia perlomeno concesso lo stesso trattamento previsto all'articolo 7. 2. Gli Stati membri forniscono le necessarie cure mediche o altra assistenza al cittadino in questione di un paese terzo che non disponga di risorse sufficienti e con particolari esigenze, come le donne incinte, i disabili, le vittime di violenza sessuale o di altre forme di violenza e, nell'ipotesi che essi si avvalgano della facoltà conferita dall'articolo 3, paragrafo 3, i minorenni. Articolo 10 Minorenni Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà conferita dall'articolo 3, paragrafo 3, si applicano le seguenti disposizioni: a) nell'applicare la presente direttiva, gli Stati membri prendono in debita considerazione l'interesse superiore del minorenne. Essi provvedono ad adeguare il procedimento in considerazione dell'età e del grado di maturità del minorenne. In particolare, gli Stati membri possono prolungare la durata del periodo di riflessione, se ritengono che tale misura sia nell'interesse del minorenne; b) gli Stati membri accordano al minorenne l'accesso al sistema scolastico alle medesime condizioni dei propri cittadini. Gli Stati membri possono stabilire che tale accesso sia limitato al sistema scolastico pubblico; c) se il cittadino di un paese terzo è un minorenne non accompagnato, gli Stati membri adottano le misure necessarie per stabilirne l'identità e la nazionalità e accertare che effettivamente non sia accompagnato. Essi fanno tutto il possibile per rintracciarne al più presto la famiglia e adottano con la massima sollecitudine le misure necessarie per assicurarne la rappresentanza legale, se necessario anche nell'ambito del procedimento penale, in base al loro ordinamento giuridico. Articolo 11 Lavoro, formazione professionale e istruzione 1. Gli Stati membri definiscono le norme secondo le quali il beneficiario del titolo di soggiorno è autorizzato ad avere accesso al mercato del lavoro, alla formazione professionale e all'istruzione. Tale accesso è limitato alla durata del titolo di soggiorno. 2. Le condizioni e le procedure di autorizzazione all'accesso al mercato del lavoro, alla formazione professionale e all'istruzione sono determinate, conformemente alla legislazione nazionale, dalle autorità competenti. Articolo 12 Programmi o regimi per i cittadini di paesi terzi interessati 1. Ai cittadini in questione di paesi terzi è concesso l'accesso a programmi o regimi esistenti, previsti dagli Stati membri o da organizzazioni o associazioni non governative che hanno accordi specifici con gli Stati membri, aventi come prospettiva la ripresa di una vita sociale normale, compresi, eventualmente, corsi intesi a migliorare la loro capacità professionale, oppure la preparazione al ritorno assistito nel paese di origine. Gli Stati membri possono prevedere programmi specifici per i cittadini in questione di paesi terzi. 2. Se uno Stato membro decide di istituire e attuare i programmi o i regimi di cui al paragrafo 1, può vincolare il rilascio o il rinnovo del titolo di soggiorno alla partecipazione a tali programmi o regimi. CAPO IV NON RINNOVO E RITIRO Articolo 13 Non rinnovo 1. Il titolo di soggiorno rilasciato a norma della presente direttiva non è rinnovato se non risultano più soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2, o se una decisione adottata dalle autorità competenti ha posto fine al relativo procedimento. 2. Allo scadere del titolo di soggiorno rilasciato a norma della presente direttiva, si applica il diritto ordinario riguardante gli stranieri. Articolo 14 Ritiro Il titolo di soggiorno è soggetto a ritiro in qualsiasi momento se non sono più soddisfatte le condizioni del rilascio. In particolare, il titolo di soggiorno può essere ritirato nei seguenti casi: a) se il beneficiario ha ristabilito attivamente, volontariamente e di propria iniziativa, un legame con i presunti autori dei fatti configurati come reati; oppure b) se l'autorità competente ritiene la cooperazione della vittima fraudolenta o la sua denuncia fraudolenta o infondata; oppure c) per motivi attinenti alla pubblica sicurezza e alla salvaguardia della sicurezza nazionale; oppure d) se la vittima cessa di cooperare; oppure e) se le autorità competenti decidono di archiviare il caso. CAPO V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Clausola di salvaguardia La presente direttiva si applica senza pregiudizio delle disposizioni nazionali relative alla protezione delle vittime e dei testimoni. Articolo 16 Relazione 1. Entro il 6 agosto 2008 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri e propone, eventualmente, le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni opportuna informazione per la stesura di tale relazione. 2. Dopo la presentazione della relazione di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, almeno ogni tre anni, una relazione sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri. Articolo 17 Recepimento Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 6 agosto 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 18 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 19 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004. Per il Consiglio Il presidente M. McDOWELL (1) GU C 126 E del 28.5.2002, pag. 393. (2) Parere espresso il 5 dicembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 221 del 17.9.2002, pag. 80. (4) GU L 328 del 5.12.2002, pag. 17. (5) GU L 203 dell'1.8.2002, pag. 1.
Titolo di soggiorno per le vittime della tratta di esseri umani I titoli di soggiorno di durata temporanea possono essere rilasciati ai cittadini di paesi terzi che sono vittime della tratta di esseri umani o (facoltativamente) coinvolti in un'azione di immigrazione illegale. Si auspica che ciò li incoraggi a collaborare con le autorità competenti pur garantendo loro adeguata protezione. ATTO Direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti. SINTESI I titoli di soggiorno di durata temporanea possono essere rilasciati ai cittadini di paesi terzi che sono vittime della tratta di esseri umani o (facoltativamente) coinvolti in un'azione di immigrazione illegale. Si auspica che ciò li incoraggi a collaborare con le autorità competenti pur garantendo loro adeguata protezione. CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva stabilisce la procedura per il rilascio e il rinnovo del titolo di soggiorno, le condizioni per il mancato rinnovo o il ritiro, nonché il trattamento delle vittime prima e dopo la concessione del titolo. PUNTI CHIAVE La direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi indipendentemente dal loro ingresso illegale nell'Unione europea (UE). I titoli possono essere concessi a coloro che hanno raggiunto la maggiore età nel rispettivo paese dell'UE e si possono applicare ai minori, alle condizioni stabilite dalla legislazione nazionale. Le persone interessate devono essere informate delle possibilità offerte a norma della presente direttiva da parte delle autorità competenti del paese dell'UE. Ai cittadini di paesi terzi è concesso un periodo di riflessione per consentire loro di riprendersi e sottrarsi all'influenza degli autori dei reati. Questo permette loro di decidere consapevolmente sull'opportunità di collaborare con le autorità inquirenti. Durante tale periodo, i cittadini di paesi terzi in questione devono: non essere oggetto di alcun provvedimento di espulsione; se necessario, essere aiutati per garantire loro adeguate condizioni di vita e l'accesso a cure mediche urgenti e, se del caso, all'assistenza psicologica; avere accesso ai servizi di traduzione ed interpretariato, se del caso; avere accesso all'assistenza legale gratuita, se prevista dall'ordinamento giuridico nazionale. Le autorità competenti devono valutare se: la presenza della vittima può aiutare le indagini; la vittima ha mostrato una chiara volontà di cooperare; la vittima ha rotto ogni legame con i presunti autori dei reati indicati. Qualora siano soddisfatte le tre condizioni di cui sopra, sarà rilasciato un titolo di soggiorno temporaneo rinnovabile valido almeno sei mesi. Il titolo può essere rinnovato se le relative condizioni continuano a essere soddisfatte. Esso garantisce al beneficiario del titolo l'accesso al mercato del lavoro, alla formazione professionale e all'istruzione, alle condizioni stabilite nella legislazione nazionale. Il titolo di soggiorno non sarà rinnovato se non risultano più soddisfatte le condizioni della presente direttiva o se il relativo procedimento è stato chiuso. Esso può anche essere ritirato per varie ragioni, ad esempio se la vittima ristabilisce contatti con i presunti autori dei reati o se cessa di cooperare o quando il procedimento è archiviato. I paesi dell'UE sono liberi di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli per i beneficiari della presente direttiva. Mentre la raccolta di dati su vari aspetti di questa direttiva deve ancora essere migliorata, le due relazioni della Commissione sull'applicazione della direttiva nel 2010 e nel 2014 hanno riscontrato che la possibilità di rilasciare titoli in cambio della cooperazione con le autorità potrebbe essere non sufficientemente utilizzata dai paesi dell'UE. CONTESTO La direttiva deve essere letta unitamente alla direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime. Quest'ultima fornisce un quadro giuridico orizzontale per i cittadini sia comunitari che dei paesi terzi e ha rafforzato la maggior parte delle disposizioni della direttiva 2004/81/CE, compreso il quadro di protezione e di assistenza per i minori. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 2004/81/CE 6.8.2004 5.8.2006 GU L 261 del 6.8.2004, pag. 19-23 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, sull'applicazione della direttiva 2004/81/CE riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti [COM(2010) 493 def. del 15.10.2010]. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, sull'applicazione della direttiva 2004/81/CE riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti [COM(2014) 635 final del 17.10.2014].
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Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. C 218 del 13/09/2003 pag. 0001 - 0004 Decisione del Consigliodel 22 luglio 2003che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro(2003/C 218/01)(Testo rilevante ai fini del SEE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 202,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro,considerando quanto segue:(1) La protezione contro gli infortuni e le malattie professionali fa parte degli obiettivi del trattato.(2) La trasformazione profonda dei metodi di produzione in tutti i settori dell'economia e la diffusione di tecniche e materie pericolose hanno fatto sorgere nuovi problemi per quanto concerne la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.(3) Occorrerebbe prevedere un organismo permanente con il compito di assistere la Commissione nella preparazione e nell'esecuzione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché di facilitare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.(4) Con le decisioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e il 10 maggio 1957, è stato creato un organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, il cui mandato è stato definito dalla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957 relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile(1) e le cui competenze sono state estese in virtù della decisione 74/326/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974(2).(5) Peraltro, la decisione 74/325/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974, che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro(3), aveva anch'essa istituito un analogo organismo permanente competente per l'insieme delle attività economiche, ad esclusione delle industrie estrattive e del settore della protezione sanitaria dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.(6) Gli importanti cambiamenti che si sono verificati nel corso degli ultimi anni nel mondo del lavoro e che hanno interessato la costruzione europea, soprattutto attraverso l'inserimento di un protocollo sociale nel trattato di Amsterdam, nonché le nuove prospettive che si aprono in virtù del processo di allargamento in corso impongono un riesame critico e costruttivo delle esperienze di concertazione e degli organismi costituiti a tal fine nelle Comunità.(7) Nella comunicazione relativa ad un programma comunitario nel settore della sicurezza, dell'igiene e della tutela della salute sul luogo di lavoro (1996-2000), la Commissione aveva sottolineato l'esigenza di una razionalizzazione del funzionamento dei due comitati consultivi, in particolare il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro e l'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, da conseguire mediante una loro fusione, la riduzione del numero dei membri e la creazione di un segretariato unico.(8) La comunicazione della Commissione "Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006" constata del resto che l'efficace attuazione del diritto comunitario richiede una stretta cooperazione tra la Commissione e le amministrazioni degli Stati membri e che tale cooperazione potrebbe risultare più efficace e più semplice se i due comitati consultivi venissero fusi in un unico comitato consultivo.(9) Risulta opportuno mantenere la struttura del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, apportando nel contempo gli adeguamenti necessari a migliorarne il funzionamento e definendone chiaramente la natura orizzontale delle sue competenze per contemplare tutti i campi di attività pubblici e privati conformemente alla normativa comunitaria sulla salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Risulta altresì opportuno conservare le competenze e l'esperienza acquisita dall'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, mediante l'istituzione di gruppi di lavoro permanenti a carattere settoriale nell'ambito del citato comitato consultivo.(10) Tale riforma dovrebbe essere inserita in una nuova decisione che istituisca un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro quale unica istanza consultiva ed abroghi la decisione 74/325/CEE.(11) Dovrebbero inoltre essere abrogate le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, la decisione relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e la decisione 74/326/CEE,DECIDE:Articolo 1È istituito un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (in seguito denominato "comitato").Articolo 21. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nella preparazione, nell'esecuzione e nella valutazione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro.Tale compito riguarda i settori di attività pubblici e privati.2. In particolare, il comitato ha il compito di:a) procedere, sulla base delle informazioni messe a sua disposizione, a scambi di opinioni e di esperienze riguardo alle regolamentazioni esistenti o prospettate;b) contribuire all'elaborazione di un'impostazione comune dei problemi inerenti ai settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché alla scelta delle priorità comunitarie e delle misure necessarie alla loro realizzazione;c) richiamare l'attenzione della Commissione sui settori in cui appaiano necessarie l'acquisizione di nuove conoscenze e l'attuazione di adeguate azioni di formazione e di ricerca;d) definire, nell'ambito dei programmi di azione comunitaria:- i criteri e gli obiettivi della lotta contro i rischi di infortuni sul lavoro e i pericoli per la salute nell'azienda;- i metodi che consentano alle aziende e al loro personale di valutare e migliorare il livello di protezione;e) contribuire, unitamente all'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, ad informare le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro in merito alle azioni comunitarie, per facilitarne la cooperazione e favorirne le iniziative volte allo scambio delle esperienze acquisite e alla definizione di codici di buona prassi;f) esprimere un parere sulle proposte di iniziative comunitarie che abbiano un impatto sulla sicurezza e sulla salute sul luogo di lavoro;g) esprimere un parere sul programma annuale e sul programma modulato su quattro anni dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.3. Ai fini dello svolgimento di tali compiti il comitato collabora con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici, soprattutto attraverso lo scambio di informazioni.Articolo 31. Il comitato è composto di tre membri titolari per Stato membro; ciascuno Stato membro dispone di un rappresentante delle amministrazioni nazionali, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Per ogni membro titolare possono essere nominati due membri supplenti.Fatto salvo l'articolo 6, paragrafo 3, il membro supplente assiste alle riunioni del comitato soltanto in caso di impedimento del membro titolare che sostituisce.3. I membri titolari e i supplenti sono nominati dal Consiglio. Gli Stati membri, quando presentano l'elenco dei candidati al Consiglio, si adoperano per garantire che la composizione del comitato rispecchi imparzialmente i vari settori economici interessati e la proporzione di uomini e donne nella popolazione attiva.4. L'elenco dei membri titolari e supplenti è pubblicato dal Consiglio, a titolo informativo, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 41. La durata del mandato dei membri titolari e dei membri supplenti è di tre anni. Il mandato è rinnovabile.2. Al termine del mandato i membri titolari ed i membri supplenti rimangono in carica sino a quando non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato.3. Il mandato cessa prima del termine del periodo triennale in caso di dimissioni o quando lo Stato membro interessato notifichi che è stato posto fine al mandato.Il membro è sostituito per la restante durata del mandato secondo la procedura di cui all'articolo 3.Articolo 51. All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse di cui fanno parte rispettivamente i rappresentanti delle amministrazioni nazionali, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce.3. Ciascun gruppo d'interesse designa un coordinatore che partecipa alle riunioni del comitato, dell'ufficio di presidenza e del gruppo d'interesse.4. Per l'organizzazione dei lavori del comitato viene creato un ufficio di presidenza, composto di due rappresentanti della Commissione, nonché del portavoce e del coordinatore di ciascun gruppo d'interesse.Articolo 61. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale o, in caso di impedimento e a titolo eccezionale, da uno dei direttori della medesima direzione generale da lui designato. Il presidente non partecipa al voto.2. Il comitato si riunisce, su convocazione del presidente, per iniziativa di quest'ultimo o su richiesta di almeno un terzo dei membri.3. Il presidente può, di propria iniziativa, invitare al massimo due esperti a partecipare alle riunioni del comitato.Ogni gruppo d'interesse del comitato può farsi assistere al massimo da due esperti, a condizione che il presidente venga informato almeno tre giorni prima della riunione del comitato.4. Il comitato può istituire gruppi di lavoro presieduti da un suo membro o da un membro supplente. Ciascun gruppo di lavoro è composto di quattro esperti per gruppo d'interesse.Nell'ambito del comitato è istituito un gruppo di lavoro permanente, composto da cinque esperti per ogni gruppo di interesse, con il compito di trattare, su base regolare, questioni relative al settore minerario e alle industrie estrattive.I presidenti di questi gruppi presentano i risultati dei propri lavori, sotto forma di relazioni, nel corso di una riunione del comitato.5. I rappresentanti dei servizi interessati della Commissione partecipano alle riunioni del comitato e dei gruppi di lavoro. Il segretariato è assicurato dai servizi della Commissione.6. Alle riunioni del comitato possono assistere in qualità di osservatori:- il direttore dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;- il direttore della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro;- un rappresentante per ciascun gruppo d'interesse degli Stati membri dello Spazio economico europeo.7. Previo parere motivato dell'ufficio di presidenza il presidente può autorizzare altri osservatori ad assistere alle riunioni del comitato.Articolo 71. Le deliberazioni del comitato sono valide quando sono presenti due terzi dei membri. Solo i membri del comitato partecipano al voto.2. I pareri del comitato devono essere motivati. Essi sono adottati a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Sono accompagnati da una nota scritta da cui risultino le opinioni formulate dalla minoranza, quando quest'ultima lo richieda.3. Il comitato si dota di procedure decisionali accelerate per le quali si applicano mutatis mutandis le condizioni stabilite nei paragrafi 1 e 2.Articolo 8Su parere della Commissione il comitato adotta il regolamento interno che detta le modalità pratiche del proprio funzionamento, in particolare quelle concernenti le procedure decisionali accelerate e i meccanismi di cooperazione con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici. Il regolamento interno è trasmesso a titolo informativo al Parlamento europeo e al Consiglio; quest'ultimo ha altresì il diritto di avocazione.Articolo 9Fatto salvo l'articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui siano venuti a conoscenza attraverso l'attività del comitato o dei gruppi di lavoro, ogniqualvolta la Commissione li informi che il parere richiesto o il quesito posto verte su una materia di carattere riservato. In tal caso, solo i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione possono presenziare alle riunioni.Articolo 10Le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e 10 maggio 1957, la decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957, relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e le decisioni 74/325/CEE e 74/326/CEE sono abrogate.Articolo 11La presente decisione entra in vigore il 1o gennaio 2004.Fatto a Bruxelles, addì 22 luglio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Alemanno(1) GU 57 del 31.8.1957, pag. 487. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(2) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 18. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(3) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 15. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.
Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (ACSH) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, un organo consultivo tripartito, il cui compito è quello di assistere la Commissione europea nella preparazione e attuazione delle decisioni adottate nel campo della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro e di agevolare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro. PUNTI CHIAVE Il comitato, istituito per semplificare il processo di consultazione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, copre tutti i settori pubblici e privati dell'economia. I suoi compiti principali sono: fornire pareri sulle iniziative dell'Unione europea (EU) in materia di sicurezza e salute (nuova normativa, programmi UE, ecc.); contribuire in modo proattivo a identificare le priorità a livello UE e a definire strategie politiche pertinenti; favorire lo scambio di vedute e di esperienze (interfaccia tra il livello nazionale e UE). Il comitato è composto da tre membri, uno per ciascun paese dell'UE: un rappresentante delle amministrazioni nazionali, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, nominati dal Consiglio per un periodo di tre anni. All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce e un coordinatore. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale. Si riunisce due volte all'anno in una seduta plenaria. La Commissione (la direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione) fornisce servizi di segreteria per il comitato. Il modus operandi del comitato è disciplinato dal suo regolamento interno (RI), che il comitato ha adottato il 18 novembre 2004 sulla base di un parere favorevole della Commissione. Il RI definisce inoltre le procedure decisionali da seguire per l'adozione di qualsiasi posizione ufficiale da parte del comitato. Tra le possibili procedure vi sono: la procedura decisionale ordinaria, applicata in occasione delle riunioni plenarie. In questo contesto, un parere o una decisione possono: essere adottati all'unanimità, quando i portavoce dei tre gruppi di interesse sono in completo accordo sulla questione in discussione, essere adottati a maggioranza assoluta dei voti, se non si raggiunge un accordo unanime; la procedura decisionale accelerata, applicata con procedura scritta (è richiesta la maggioranza assoluta). I pareri adottati dal comitato non sono vincolanti per la Commissione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 1o gennaio 2004. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Salute e sicurezza sul lavoro - Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro» sul sito della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (2003/C 218/01) (GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1–4) DOCUMENTI CORRELATI Parere della Commissione sul progetto di regolamento interno del Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (COM(2004) 756 def.del 17.11.2004)
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DECISIONE QUADRO 2008/913/GAI DEL CONSIGLIO del 28 novembre 2008 sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 29 e 31, nonché l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il razzismo e la xenofobia costituiscono violazioni dirette dei principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto, principi sui quali l’Unione europea è fondata e che sono comuni agli Stati membri. (2) Il piano d’azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (2), le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2000 sulla posizione dell’Unione europea nella Conferenza mondiale contro il razzismo e sull’attuale situazione nell’Unione (3) e la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’aggiornamento semestrale del quadro di controllo per l’esame dei progressi compiuti nella creazione di uno spazio di «libertà, sicurezza e giustizia» nell’Unione europea (secondo semestre 2000) sollecitano un’azione in questo campo. Nel programma dell’Aia del 4 e 5 novembre 2004, il Consiglio ricorda il suo risoluto impegno a contrastare ogni forma di razzismo, di antisemitismo e di xenofobia espresso dal Consiglio europeo nel dicembre 2003. (3) All’azione comune 96/443/GAI, del 15 luglio 1996, del Consiglio nell’ambito dell’azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia (4), dovrebbe far seguito una nuova azione legislativa che soddisfi la necessità di ravvicinare maggiormente le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e di superare gli ostacoli che si frappongono a un’efficace cooperazione giudiziaria, dovuti principalmente alle divergenze fra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. (4) In base alla valutazione dell’azione comune 96/443/GAI e ai lavori svolti in altre sedi internazionali, quali il Consiglio d’Europa, in materia di cooperazione giudiziaria sussistono ancora alcune difficoltà; occorre pertanto ravvicinare ulteriormente il diritto penale degli Stati membri per garantire l’efficace applicazione di una normativa chiara ed esaustiva per lottare contro il razzismo e la xenofobia. (5) Il razzismo e la xenofobia costituiscono una minaccia per i gruppi di persone che sono bersaglio di tale comportamento. È necessario definire nei confronti di tale fenomeno un’impostazione penale che sia comune all’Unione europea, per fare in modo che gli stessi comportamenti costituiscano reati in tutti gli Stati membri e che siano previste pene efficaci, proporzionate e dissuasive per le persone fisiche e giuridiche che hanno commesso simili reati o ne sono responsabili. (6) Gli Stati membri riconoscono che la lotta contro il razzismo e la xenofobia richiede vari tipi di misure in un quadro globale e non può essere limitata alle questioni penali. La presente decisione quadro si limita a combattere forme di razzismo e xenofobia particolarmente gravi mediante il diritto penale. Poiché le tradizioni culturali e giuridiche degli Stati membri sono in parte diverse, in particolare in questo campo, non è attualmente possibile una piena armonizzazione delle norme penali. (7) Nella presente decisione quadro, «ascendenza» dovrebbe essere intesa come riferita principalmente a persone o gruppi di persone che hanno tra i loro ascendenti persone che potrebbero essere individuate in base a determinate caratteristiche (quali la razza o il colore), la totalità delle quali non necessariamente sussiste tuttora. Ciononostante, in conseguenza della suddetta ascendenza tali persone o gruppi di persone possono essere oggetto di odio o violenza. (8) «Religione» dovrebbe essere intesa come riferita in senso ampio a persone definite in riferimento alle loro convinzioni religiose o al loro credo. (9) «Odio» dovrebbe essere inteso come riferito all’odio basato sulla razza, il colore, la religione, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica. (10) La presente decisione quadro non impedisce a uno Stato membro di adottare nella propria legislazione nazionale disposizioni che estendano l’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d), a reati commessi contro un gruppo di persone definite secondo criteri diversi da razza, colore, religione, ascendenza o origine nazionale o etnica, quali lo status sociale o le convinzioni politiche. (11) Occorrerebbe fare in modo che le indagini e le azioni penali relative ai reati di stampo razzista e xenofobo non siano subordinate a denunce o accuse da parte delle vittime, che spesso sono particolarmente vulnerabili e riluttanti a intentare un’azione giudiziaria. (12) L’armonizzazione del diritto penale dovrebbe permettere di combattere più efficacemente i reati di stampo razzista e xenofobo, promuovendo una piena ed effettiva cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. Il Consiglio dovrebbe tenere conto delle eventuali difficoltà esistenti in questo settore al momento del riesame della presente decisione quadro, al fine di valutare se siano necessarie ulteriori misure in proposito. (13) Poiché l’obiettivo della presente decisione quadro, vale a dire di rendere i reati di stampo razzista e xenofobo passibili in tutti gli Stati membri almeno di un livello minimo di sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive, non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri, in quanto le norme devono essere comuni e compatibili, e può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione europea, quest’ultima può intervenire, in base al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea; in ottemperanza al principio di proporzionalità sancito in quest’ultimo articolo, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. (14) La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, segnatamente dagli articoli 10 e 11, e iscritti nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare nei capitoli II e VI. (15) Considerazioni relative alla libertà di associazione e di espressione, in particolare della libertà di stampa e della libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, hanno dato luogo, nel diritto nazionale di molti Stati membri, a garanzie procedurali e a norme particolari concernenti la determinazione o la limitazione della responsabilità. (16) L’azione comune 96/443/GAI dovrebbe essere abrogata, dato che, con l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (5), nonché della presente decisione quadro, essa risulta superata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Reati di stampo razzista o xenofobo 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili: a) l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica; b) la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; c) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro; d) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro. 2. Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere di rendere punibili soltanto i comportamenti atti a turbare l’ordine pubblico o che sono minacciosi, offensivi o ingiuriosi. 3. Ai fini del paragrafo 1, il riferimento alla religione è diretto a comprendere almeno i comportamenti usati come pretesto per compiere atti contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica. 4. All’atto dell’adozione della presente decisione quadro o in un momento successivo, uno Stato membro può fare una dichiarazione secondo cui renderà punibili la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di cui al paragrafo 1, lettere c) e/o d), solo qualora tali crimini siano stati accertati da una decisione passata in giudicato di un organo giurisdizionale nazionale di detto Stato membro e/o di un tribunale internazionale, oppure esclusivamente da una decisione passata in giudicato di un tribunale internazionale. Articolo 2 Istigazione e complicità 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile l’istigazione ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d). 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile la complicità nel porre in essere i comportamenti di cui all’articolo 1. Articolo 3 Sanzioni penali 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 siano resi punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui all’articolo 1 siano resi punibili con sanzioni penali che prevedono la reclusione per una durata massima compresa almeno tra uno e tre anni. Articolo 4 Motivazione razzista e xenofoba Per i reati diversi da quelli di cui agli articoli 1 e 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la motivazione razzista e xenofoba sia considerata una circostanza aggravante o, in alternativa, affinché tale motivazione possa essere presa in considerazione dal giudice all’atto della determinazione della pena. Articolo 5 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 posti in essere a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che agisca a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica e abbia una posizione direttiva in seno alla persona giuridica, in base: a) alla legittimazione a rappresentare la persona giuridica; b) alla capacità di prendere decisioni per conto della persona giuridica; c) alla capacità di esercitare la vigilanza in seno alla persona giuridica. 2. A prescindere dai casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile qualora l’omessa direzione o vigilanza da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 a vantaggio della persona giuridica in questione, a opera di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che siano autori o complici di uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2. 4. Per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità che abbia tale status in forza del diritto nazionale applicabile, a eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dell’autorità statale e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 6 Sanzioni nei confronti di persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprese ammende penali o non ed eventuali altre sanzioni quali: a) esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche; b) interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale; c) collocamento sotto sorveglianza giudiziaria; d) provvedimento di liquidazione giudiziaria. 2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 7 Norme costituzionali e principi fondamentali 1. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea, tra cui la libertà di espressione e di associazione, non è modificato per effetto della presente decisione quadro. 2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di imporre agli Stati membri di prendere misure che siano in contrasto con i principi fondamentali riguardanti la libertà di associazione e la libertà di espressione, in particolare la libertà di stampa e la libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, quali risultano dalle tradizioni costituzionali o dalle norme che disciplinano i diritti e le responsabilità della stampa o di altri mezzi di comunicazione, nonché le relative garanzie procedurali, quando tali norme riguardano la determinazione o la limitazione della responsabilità. Articolo 8 Avvio delle indagini o dell’azione penale Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le indagini sui comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 o la relativa azione penale non siano subordinate a una denuncia o un’accusa a opera della vittima del comportamento, quanto meno nei casi più gravi, qualora il comportamento sia stato posto in essere sul suo territorio. Articolo 9 Competenza giurisdizionale 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale in relazione ai comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 qualora essi siano stati posti in essere: a) interamente o in parte sul suo territorio; o b) da uno dei suoi cittadini; o c) a vantaggio di una persona giuridica avente la sede sociale sul suo territorio. 2. Nello stabilire la propria competenza giurisdizionale ai sensi del paragrafo 1, lettera a), ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che essa si estenda ai casi in cui il comportamento è posto in essere mediante un sistema di informazione e: a) l’autore pone in essere il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio, a prescindere dal fatto che il comportamento implichi o no l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio; b) il comportamento implica l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio, a prescindere dal fatto che l’autore ponga in essere o no il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio. 3. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in casi o circostanze specifici la regola sulla competenza giurisdizionale di cui al paragrafo 1, lettere b) e c). Articolo 10 Attuazione e riesame 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 28 novembre 2010. 2. Entro tale data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni dal Consiglio e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina, entro il 28 novembre 2013, in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro. 3. Anteriormente al 28 novembre 2013, il Consiglio riesamina la presente decisione quadro. In preparazione di tale riesame, il Consiglio chiede agli Stati membri se abbiano incontrato difficoltà nell’ambito della cooperazione giudiziaria riguardo ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1. Il Consiglio può inoltre chiedere all’Eurojust di riferire in una relazione se le differenze tra le legislazioni nazionali abbiano dato luogo a problemi nella cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in tale settore. Articolo 11 Abrogazione dell’azione comune 96/443/GAI L’azione comune 96/443/GAI è abrogata. Articolo 12 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 13 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) Parere del 29 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1. (3) GU C 146 del 17.5.2001, pag. 110. (4) GU L 185 del 24.7.1996, pag. 5. (5) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.
Decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale L’obiettivo di questa decisione quadro è quella di far sì che talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive in tutta l'Unione europea (UE). Essa mira inoltre a migliorare e favorire la cooperazione giudiziaria in questo campo. ATTO Decisione quadro 2008/913/GAI, del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale. SINTESI La presente decisione quadro, che fa seguito all'azione comune 96/443/GAI, prevede il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari dei paesi dell'UE per quanto riguarda i reati ispirati a talune manifestazioni di razzismo e xenofobia. Talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia devono costituire un reato in tutti i paesi dell'UE ed essere passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. La presente decisione quadro si applica ad ogni reato commesso: sul territorio dell'Unione europea (UE), anche tramite un sistema di informazione; da un cittadino di un paese dell'UE o per conto di una persona giuridica avente sede in un paese dell'UE. A tale riguardo, la decisione quadro propone criteri per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche. « Discorsi di incitamento all'odio » Sono considerati punibili, in quanto reati penali, determinati atti commessi, quali: pubblico incitamento alla violenza o all'odio rivolto contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito sulla base della razza, del colore, la religione, l’ascendenza, la religione o il credo o l’origine nazionale o etnica; il reato di cui sopra commesso mediante diffusione e distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana in pubblico dei crimini di genocidio o contro l'umanità, i crimini di guerra, quali sono definiti nello Statuto della Corte penale internazionale (articoli 6, 7 e 8) e i crimini di cui all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro. Saranno passibili di sanzione anche l'incitamento o la partecipazione nel commettere gli atti suddetti. Riguardo a tali reati, i paesi dell'UE dovranno stabilire: sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive; pene detentive della durata massima di almeno un anno. Per quanto riguarda le persone giuridiche, le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive, e devono comprendere ammende penali e non penali. Inoltre le persone giuridiche possono essere sanzionate mediante: l' esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche; l'interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale; il collocamento sotto sorveglianza giudiziaria; il provvedimento di liquidazione giudiziaria. L'avvio delle indagini o dell'azione legale per reati di razzismo e xenofobia non deve essere subordinato a una denuncia o un'accusa a opera della vittima. «Reati ispirati dall'odio» In ogni caso, la motivazione razzista o xenofoba deve essere considerata circostanza aggravante o, in alternativa, il tribunale deve poter considerare tale motivazione nel decidere quale sanzione infliggere. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione quadro 2008/913/GAI 6.12.2008 28.11.2010 GU L 328 del 6.12.2008 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale [ COM(2014) 27 def. del 27.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La relazione evidenzia il fatto che diversi paesi dell'UE non hanno recepito integralmente e/o correttamente tutte le disposizioni della decisione quadro, in particolare quelle sui reati di negazione, apologia o minimizzazione grossolana di determinati crimini internazionali. La maggior parte dei paesi dell'UE prevede disposizioni che considerano reato l'istigazione pubblica alla violenza di stampo razzista e xenofobo o all'odio, ma diversi fra loro non recepiscono in pieno i reati previsti dalla decisione quadro. Si riscontrano inoltre alcune lacune anche per quanto riguarda l'approccio adottato nei confronti della motivazione razzista e xenofoba dei reati, la responsabilità delle persone giuridiche e la giurisdizione. Nel corso del 2014 la Commissione sta tenendo dialoghi bilaterali con i paesi dell'UE al fine di garantire il pieno e corretto recepimento della decisione.
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Direttiva 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto Gazzetta ufficiale n. L 080 del 23/03/2002 pag. 0035 - 0039 Direttiva 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consigliodell'11 marzo 2002concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasportoIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71 e l'articolo 137, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 16 gennaio 2002,considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada(4) fissa le norme comuni relative ai tempi di guida e di riposo dei conducenti. Esso non ha per oggetto gli altri aspetti dell'orario di lavoro per il settore dell'autotrasporto.(2) La direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro(5), consente di adottare prescrizioni più specifiche in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. Tenuto conto del suo carattere settoriale le disposizioni della presente direttiva prevalgono sulla direttiva 93/104/CE, in applicazione dell'articolo 14 di quest'ultima.(3) Malgrado attive negoziazioni tra le parti sociali non si è raggiunta un'intesa per i lavoratori mobili del settore dell'autotrasporto.(4) È quindi necessario prevedere un insieme di prescrizioni più specifiche relative all'orario di lavoro per i trasporti su strada, miranti ad assicurare la sicurezza dei trasporti nonché la salute e la sicurezza delle persone interessate.(5) Poiché gli scopi dell'azione prevista non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione prevista, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nel suddetto articolo.(6) Il campo di applicazione della presente direttiva comprende soltanto i lavoratori mobili alle dipendenze di un'impresa di trasporto stabilita in uno Stato membro che partecipano ad operazioni mobili di autotrasporto disciplinate dal regolamento (CEE) n. 3820/85 ovvero, in difetto, dall'accordo europeo relativo alle prestazioni lavorative degli equipaggi dei veicoli addetti ai trasporti internazionali su strada (AETR).(7) Va precisato che i lavoratori mobili esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva diversi dagli autotrasportatori autonomi beneficiano di un grado minimo di tutela previsto dalla direttiva 93/104/CE. Tale tutela di base comprende le vigenti norme in materia di riposo sufficiente, di durata massima media settimanale della prestazione di lavoro, di ferie annuali, nonché talune disposizioni fondamentali applicabili ai lavoratori notturni, in particolare gli esami medici.(8) Dato che gli autotrasportatori autonomi sono inclusi nel campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 3820/85, ma esclusi dal campo di applicazione della direttiva 93/104/CE, è opportuno escluderli provvisoriamente dal campo di applicazione della presente direttiva in conformità delle disposizioni dell'articolo 2, paragrafo 1.(9) Le definizioni di cui alla presente direttiva non devono costituire un precedente per altre normative comunitarie relative all'orario di lavoro.(10) Al fine di migliorare la sicurezza stradale, impedire distorsioni di concorrenza e tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori mobili oggetto della presente direttiva, questi ultimi dovrebbero sapere con precisione, da un lato, quali siano i periodi dedicati ad operazioni di autotrasporto che sono considerati orario di lavoro e, dall'altro, quali siano quelli che ne sono esclusi e che sono considerati come riposi intermedi, come periodi di riposo o tempi di disponibilità. Questi lavoratori dovrebbero aver diritto a riposi minimi giornalieri e settimanali, nonché ad adeguati riposi intermedi. È altresì necessario stabilire il limite massimo dell'orario di lavoro settimanale.(11) Dalla ricerca emerge che di notte l'organismo umano è più sensibile ai fattori di disturbo dell'ambiente circostante e a talune forme di organizzazione del lavoro particolarmente faticose, e che periodi prolungati di lavoro notturno possono nuocere alla salute dei lavoratori e compromettere la loro sicurezza, nonché la sicurezza stradale in generale.(12) È pertanto necessario limitare la durata della prestazione di lavoro notturno e prevedere che i conducenti professionisti che prestano lavoro notturno siano adeguatamente compensati per la loro attività e non siano svantaggiati in termini di opportunità di formazione.(13) È opportuno che i datori di lavoro conservino documentazione dei casi di superamento della durata massima media settimanale della prestazione di lavoro applicabile ai lavoratori mobili.(14) Occorre poter continuare ad applicare le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3820/85 concernenti il tempo di guida per i trasporti internazionali e nazionali di viaggiatori, diversi dai servizi di linea.(15) È opportuno che la Commissione controlli l'applicazione della presente direttiva e segua l'evoluzione del settore nei vari Stati membri, nonché sottoponga al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione sull'applicazione della normativa, nonché sulle conseguenze delle disposizioni relative al lavoro notturno.(16) È necessario prevedere la possibilità di deroghe a talune disposizioni, applicabili a seconda dei casi dagli Stati membri o dalle parti sociali. In presenza di tali deroghe i lavoratori interessati dovrebbero in generale poter beneficiare di equivalenti periodi di riposo compensativo,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ScopoScopo della presente direttiva è stabilire prescrizioni minime in materia di organizzazione dell'orario di lavoro per migliorare la tutela della salute e della sicurezza delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, per migliorare la sicurezza stradale e ravvicinare maggiormente le condizioni di concorrenza.Articolo 2Campo di applicazione1. La presente direttiva si applica ai lavoratori mobili alle dipendenze di imprese stabilite in uno Stato membro che partecipano ad attività di autotrasporto contemplate dal regolamento (CEE) n. 3820/85 oppure, in difetto, dall'accordo AETR.Senza pregiudizio delle disposizioni del comma seguente, la presente direttiva si applica agli autotrasportatori autonomi a decorrere dal 23 marzo 2009.Al più tardi due anni prima di tale data la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Tale relazione analizza le conseguenze dell'esclusione degli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione della direttiva sulla sicurezza stradale, sulle condizioni di concorrenza, sulla struttura della professione nonché sugli aspetti sociali. Le circostanze, in ogni Stato membro, relative alla struttura dell'industria dei trasporti e all'ambiente di lavoro della professione del trasporto su strada saranno prese in considerazione. Sulla base di questa relazione la Commissione presenterà una proposta intesa, a seconda del caso:- a stabilire le modalità di inclusione degli autotrasportatori autonomi nel campo di applicazione della direttiva per quanto attiene a talune categorie di autotrasportatori autonomi che non partecipano ad attività di autotrasporto in altri Stati membri e che sono soggetti a vincoli locali per motivi oggettivi, quali la posizione periferica, le lunghe distanze interne e un ambiente concorrenziale particolare, oppure- a non includere gli autotrasportatori autonomi nel campo di applicazione della direttiva.2. Ai lavoratori mobili esclusi dal campo d'applicazione della presente direttiva si applica la direttiva 93/104/CE.3. Laddove la presente direttiva contiene prescrizioni più specifiche per i lavoratori mobili che effettuano operazioni di autotrasporto, essa prevale sulle pertinenti disposizioni della direttiva 93/104/CE ai sensi del suo articolo 14.4. La presente direttiva integra le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3820/85 e, ove necessario, dell'accordo AETR, che prevalgono su quelle della presente direttiva.Articolo 3DefinizioniAi sensi della presente direttiva si intende per:a) orario di lavoro:1) nel caso dei lavoratori mobili: ogni periodo compreso fra l'inizio e la fine del lavoro durante il quale il lavoratore mobile è sul posto di lavoro, a disposizione del datore di lavoro ed esercita le sue funzioni o attività, ossia:- il tempo dedicato a tutte le operazioni di autotrasporto. In particolare tali operazioni comprendono:i) la guida;ii) il carico e lo scarico;iii) la supervisione della salita o discesa di passeggeri dal veicolo;iv) la pulizia e la manutenzione tecnica del veicolo;v) ogni altra operazione volta a garantire la sicurezza del veicolo, del carico e dei passeggeri o ad adempiere gli obblighi legali o regolamentari direttamente legati al trasporto specifico in corso, incluse la sorveglianza delle operazioni di carico e scarico, le formalità amministrative di polizia, di dogana, di immigrazione ecc.;- i periodi di tempo durante i quali il lavoratore mobile non può disporre liberamente del proprio tempo e deve rimanere sul posto di lavoro, pronto a svolgere il suo lavoro normale, occupato in compiti connessi all'attività di servizio, in particolare i periodi di attesa per carico e scarico, qualora non se ne conosca in anticipo la durata probabile, vale a dire o prima della partenza o poco prima dell'inizio effettivo del periodo considerato, oppure conformemente alle condizioni generali negoziate fra le parti sociali e/o definite dalla normativa degli Stati membri;2) nel caso degli autotrasportatori autonomi, questa stessa definizione si applica al periodo compreso fra l'inizio e la fine del lavoro durante il quale l'autotrasportatore autonomo è sul posto di lavoro, a disposizione del cliente ed esercita le sue funzioni o attività, ad eccezione delle mansioni amministrative generali non direttamente legate al trasporto specifico in corso.Sono esclusi dal computo dell'orario di lavoro i riposi intermedi di cui all'articolo 5, i periodi di riposo di cui all'articolo 6 e, fatte salve le clausole di indennizzazione o limitazione di tali periodi previste dalla normativa nazionale degli Stati membri o dai contratti di categoria, i tempi di disponibilità di cui alla lettera b) del presente articolo;b) tempi di disponibilità:- i periodi diversi dai riposi intermedi e dai periodi di riposo, durante i quali il lavoratore mobile, pur non dovendo rimanere sul posto di lavoro, deve tenersi a disposizione per rispondere ad eventuali chiamate con le quali gli si chiede di iniziare o riprendere la guida o di eseguire altri lavori. In particolare, sono considerati tempi di disponibilità i periodi durante i quali il lavoratore mobile accompagna un veicolo trasportato a bordo di una nave traghetto o di un treno e i periodi di attesa alle frontiere e quelli dovuti a divieti di circolazione.Tali periodi e la loro probabile durata devono essere comunicati al lavoratore mobile con preavviso, vale a dire o prima della partenza o poco prima dell'inizio effettivo del periodo considerato, oppure secondo le condizioni generali negoziate fra le parti sociali e/o definite dalla normativa degli Stati membri;- per i lavoratori mobili che guidano in squadre, il tempo trascorso a fianco del conducente o in una cuccetta durante la marcia del veicolo;c) posto di lavoro:- il luogo in cui si trova lo stabilimento principale dell'impresa per la quale il lavoratore mobile svolge determinate mansioni, nonché i suoi vari stabilimenti secondari, a prescindere dal fatto che la loro ubicazione corrisponda o meno alla sede sociale o allo stabilimento principale dell'impresa,- il veicolo usato dalla persona che effettua operazioni mobili di autotrasporto per lo svolgimento delle sue mansioni,- qualsiasi altro luogo in cui sono svolte attività connesse con l'esecuzione del trasporto;d) "lavoratore mobile": un lavoratore facente parte del personale che effettua spostamenti, compresi i tirocinanti e gli apprendisti, che è al servizio di un'impresa che effettua autotrasporto di passeggeri o di merci per conto proprio o di terzi;e) "autotrasportatore autonomo": una persona la cui attività professionale principale consiste nel trasporto su strada di passeggeri o merci dietro remunerazione ai sensi della legislazione comunitaria, in virtù di una licenza comunitaria o di un'altra autorizzazione professionale ad effettuare il suddetto trasporto, che è abilitata a lavorare per conto proprio e che non è legata ad un datore di lavoro da un contratto di lavoro o da un altro rapporto di lavoro di tipo gerarchico, che è libera di organizzare le attività in questione, il cui reddito dipende direttamente dagli utili realizzati e che è libera di intrattenere, individualmente o attraverso una cooperazione tra autotrasportatori autonomi, relazioni commerciali con più clienti.Ai fini della presente direttiva, gli autotrasportatori che non rispondono a tali criteri sono soggetti agli stessi obblighi e beneficiano degli stessi diritti previsti per i lavoratori mobili dalla presente direttiva;f) "persona che effettua operazioni mobili di autotrasporto": un lavoratore mobile o un autotrasportatore autonomo che effettua tali operazioni;g) "settimana": il periodo compreso fra le ore 00.00 del lunedì e le ore 24.00 della domenica;h) "notte": un periodo di almeno quattro ore consecutive, secondo la definizione della legislazione nazionale tra le ore 0.00 e le ore 7.00;i) "lavoro notturno": ogni prestazione espletata durante la notte.Articolo 4Durata massima settimanale della prestazione di lavoroGli Stati membri provvedono affinché:a) la durata media della settimana lavorativa non superi le quarantotto ore. La durata massima della settimana lavorativa può essere estesa a sessanta ore solo se su un periodo di quattro mesi la media delle ore di lavoro non supera il limite di quarantotto ore settimanali. L'articolo 6, paragrafo 1, quarto e quinto comma, del regolamento (CEE) n. 3820/85 e, se del caso, l'articolo 6, paragrafo 1, quarto comma dell'accordo AETR, prevalgono sulle disposizioni della presente direttiva, purché il personale interessato non superi la media di quarantotto ore di lavoro settimanali su un periodo di quattro mesi;b) la durata della prestazione lavorativa per conto di più datori di lavoro sia pari alla somma di tutte le ore di lavoro effettuate. Il datore di lavoro chiede per iscritto al lavoratore mobile il numero di ore di lavoro prestate ad un altro datore di lavoro. Il lavoratore mobile fornisce tali informazioni per iscritto.Articolo 5Riposi intermedi1. Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie affinché, fermo restando il livello di tutela previsto dal regolamento (CEE) n. 3820/85 ovvero, in difetto, dall'accordo AETR, le persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, senza pregiudizio dell'articolo 2, paragrafo 1, non lavorino in nessun caso per più di sei ore consecutive senza un riposo intermedio. L'orario di lavoro deve essere interrotto da riposi intermedi di almeno trenta minuti se il totale delle ore di lavoro è compreso fra sei e nove ore, di almeno quarantacinque minuti se supera le nove ore.2. I riposi intermedi possono essere suddivisi in periodi non inferiori a quindici minuti ciascuno.Articolo 6Periodi di riposoAi fini della presente direttiva, gli apprendisti e i tirocinanti sono soggetti, per quanto riguarda i periodi di riposo, alle stesse disposizioni di cui beneficiano gli altri lavoratori mobili, in applicazione del regolamento (CEE) n. 3820/85 ovvero, in difetto, dell'accordo AETR.Articolo 7Lavoro notturno1. Gli Stati membri provvedono affinché:- qualora sia svolto lavoro notturno l'orario di lavoro giornaliero non superi le dieci ore per ciascun periodo di ventiquattro ore,- il lavoro notturno sia indennizzato conformemente alla normativa nazionale, ai contratti collettivi, agli accordi tra parti sociali ovvero alle consuetudini nazionali, sempreché il metodo di indennizzazione prescelto sia tale da non compromettere la sicurezza stradale.2. Entro il 23 marzo 2007 la Commissione valuta, nell'ambito della relazione elaborata a norma dell'articolo 13, paragrafo 2, le conseguenze delle disposizioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. La Commissione correda eventualmente la relazione di opportune proposte.3. La Commissione presenterà una proposta di direttiva contenente le disposizioni relative alla formazione dei conducenti professionisti, compresi quelli che prestano lavoro notturno, e i principi generali di tale formazione.Articolo 8Deroghe1. È possibile, per ragioni oggettive o tecniche o riguardanti l'organizzazione del lavoro, derogare agli articoli 4 e 7 per mezzo di accordi collettivi o accordi tra le parti sociali ovvero, qualora ciò non sia possibile, con disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, previa consultazione dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati e previo tentativo di incoraggiare il dialogo sociale in tutte le forme idonee.2. La deroga all'articolo 4 non può in nessun caso estendere oltre i sei mesi il periodo di riferimento per calcolare la settimana lavorativa media di quarantotto ore al massimo.Articolo 9Informazione e registriGli Stati membri provvedono affinché:a) i lavoratori mobili siano informati delle pertinenti disposizioni nazionali, del regolamento interno dell'impresa e degli accordi tra parti sociali, in particolare dei contratti collettivi e degli eventuali contratti aziendali stipulati sulla base della presente direttiva, senza pregiudizio della direttiva 91/533/CEE del Consiglio, del 14 ottobre 1991, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro(6);b) senza pregiudizio dell'articolo 2, paragrafo 1, l'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto sia registrato. I registri sono conservati per almeno due anni dopo la fine del periodo coperto. I datori di lavoro sono responsabili della registrazione dell'orario di lavoro dei lavoratori mobili. Se il lavoratore lo richiede, il datore di lavoro rilascia copia della registrazione delle ore prestate.Articolo 10Disposizioni più favorevoliLa presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di adottare disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla tutela della sicurezza e della salute delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, o di promuovere o consentire l'applicazione di contratti collettivi o di altri accordi stipulati tra le parti sociali che risultino più favorevoli per la tutela della sicurezza e della salute di tali lavoratori. L'attuazione della presente direttiva non costituisce una giustificazione per il regresso del livello generale di protezione dei lavoratori di cui all'articolo 2, paragrafo 1.Articolo 11SanzioniGli Stati membri decidono un regime di sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in virtù della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l'esecuzione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 12Negoziati con paesi terziPer applicare ai lavoratori mobili alle dipendenze di imprese stabilite in un paese terzo una normativa equivalente a quella prevista dalla presente direttiva, la Comunità avvierà negoziati con i paesi terzi interessati non appena la presente direttiva sarà entrata in vigore.Articolo 13Relazione1. Ogni due anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione della presente direttiva, indicando la posizione delle parti sociali in proposito. La relazione deve pervenire alla Commissione entro il 30 settembre successivo alla fine del biennio cui essa si riferisce. Il biennio coincide con quello di cui all'articolo 16, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 3820/85.2. Ogni due anni la Commissione elabora una relazione sull'attuazione della presente direttiva da parte degli Stati membri e sull'evoluzione del settore. Essa comunica la relazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni.Articolo 14Disposizioni finali1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 marzo 2005 ovvero provvedono affinché entro tale data le parti sociali abbiano stabilito consensualmente le disposizioni necessarie, fermo restando che gli Stati membri hanno l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie che permettano loro di essere in qualsiasi momento in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi hanno adottato o adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.3. Gli Stati membri provvedono a che speditori, caricatori, spedizionieri, capifila, subappaltatori e imprese che occupano lavoratori mobili rispettino le disposizioni pertinenti della presente direttiva.Articolo 15Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 16DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 11 marzo 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué i Camps(1) GU C 43 del 17.2.1999, pag. 4.(2) GU C 138 del 18.5.1999, pag. 33.(3) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 1999 (GU C 219 del 30.7.1999, pag. 235), confermato il 6 maggio 1999 (GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 270), posizione comune del Consiglio del 23 marzo 2001 (GU C 142 del 15.5.2001, pag. 24) e decisione del Parlamento europeo del 14 giugno 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2002 e decisione del Consiglio del 18 febbraio 2002.(4) GU L 370 del 31.12.1985, pag. 1.(5) GU L 307 del 13.12.1993, pag. 18. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 195 dell'1.8.2000, pag. 41).(6) GU L 288 del 18.10.1991, pag. 32.
Trasporto stradale: norme dell’UE sull’organizzazione dell’orario di lavoro dei conducenti professionali QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Definisce norme minime per l’organizzazione dell’orario di lavoro dei conducenti a completamento del regolamento (CE) 561/2006, che stabilisce norme comuni sui periodi di guida e i periodi di riposo dei conducenti. PUNTI CHIAVE Le norme della direttiva si applicano a tutti i «lavoratori mobili» in servizio in un’azienda che ha sede in un paese dell’UE al fine di svolgere attività di trasporto stradale. Si applica anche agli autotrasportatori autonomi. «L’orario di lavoro» comprende:la guida; il carico e lo scarico; la supervisione della salita o discesa di passeggeri dal veicolo; la pulizia e la manutenzione tecnica del veicolo; ogni altra operazione volta a garantire la sicurezza del veicolo, del carico e dei passeggeri o ad adempiere gli obblighi legali o direttamente legati al trasporto specifico in corso (come le formalità doganali); qualsiasi altro momento in cui il conducente è considerato in servizio.La durata massima della settimana lavorativa è fissata a quarantotto ore; tuttavia può essere estesa a sessanta ore solo se su un periodo di quattro mesi la media delle ore di lavoro non supera il limite di quarantotto ore settimanali. I conducenti non devono lavorare più di sei ore consecutive senza un riposo intermedio. Tali interruzioni devono avere una durata non inferiore a trenta minuti, se un conducente lavora tra sei e nove ore in un giorno. Tale disposizione si aggiunge alle disposizioni del regolamento (CE) n. 561/2006, che stabilisce un limite massimo di 4,5 ore di guida senza interruzione o riposo. Le disposizioni del regolamento (CE) n. 561/2006 in materia di riposo sono mantenute dalla presente direttiva. I conducenti hanno diritto a riposi giornalieri e settimanali. In caso di turno di notte, l’orario di lavoro giornaliero non deve superare le dieci ore per ciascun periodo di ventiquattro ore. Una relazione della Commissione del 2014 ha analizzato l’attuazione della direttiva e del regolamento nel 2011-2012, rilevando alcuni miglioramenti nell’applicazione della normativa. Tuttavia, l’incompletezza e l’incoerenza delle relazioni presentate dai paesi dell’UE hanno impedito un’analisi approfondita degli effetti sulla sicurezza stradale o sulla salute e la sicurezza dei conducenti. La Commissione europea ha annunciato che avrebbe avviato una valutazione globale del funzionamento delle disposizioni sociali nel settore dei trasporti su strada. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 23 marzo 2002. Doveva essere recepita nei paesi dell’UE entro il 23 marzo 2005. CONTESTO Una proposta della Commissione del 2008 di modifica della direttiva per escludere gli autotrasportatori autonomi e per migliorarne l’applicazione è stata respinta dal Parlamento europeo. La direttiva inizialmente riguardava soltanto i lavoratori mobili alle dipendenze di una ditta di trasporti. Da marzo 2009 interessa tutti i conducenti che rientrano nel campo di applicazione del regolamento sui tempi di guida, le interruzioni e i periodi di riposo. Per maggiori informazioni consultare:Tempo di guida e periodi di riposo (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (GU L 80 del 23.3.2002, pag. 35). DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione nel biennio 2011-2012 del regolamento (CE) n. 561/2006 relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e della direttiva 2002/15/CE concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (27a relazione della Commissione sull’attuazione delle disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada) [COM(2014) 709 final del 21.11.2014]. Regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 del Consiglio e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio (GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 561/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32003R1830
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Regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE Gazzetta ufficiale n. L 268 del 18/10/2003 pag. 0024 - 0028 Regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 22 settembre 2003concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CEIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) La direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati(5), obbliga gli Stati membri ad adottare misure per garantire la tracciabilità e l'etichettatura degli organismi geneticamente modificati (OGM) autorizzati, in tutte le fasi della loro immissione in commercio.(2) Eventuali differenze tra disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali in materia di tracciabilità ed etichettatura degli OGM in quanto prodotti o contenuti nei prodotti e in materia di tracciabilità degli alimenti e dei mangimi ottenuti da OGM potrebbero ostacolarne la libera circolazione, creando condizioni di concorrenza distorta e sleale. L'armonizzazione del quadro normativo comunitario in materia di tracciabilità ed etichettatura degli OGM dovrebbe contribuire al funzionamento efficace del mercato interno. La direttiva 2001/18/CE dovrebbe essere modificata di conseguenza.(3) L'introduzione di prescrizioni in materia di tracciabilità degli OGM dovrebbe facilitare sia il ritiro di prodotti dal mercato, qualora si constatino imprevisti effetti nocivi per la salute umana o degli animali oppure per l'ambiente, compresi gli ecosistemi, sia il monitoraggio inteso ad esaminare i potenziali effetti soprattutto sull'ambiente. La tracciabilità dovrebbe agevolare anche l'attuazione di misure di gestione del rischio, conformemente al principio di precauzione.(4) È opportuno stabilire requisiti in materia di tracciabilità degli alimenti e dei mangimi ottenuti da OGM per agevolarne un'accurata etichettatura, conformemente al disposto del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati(6), in modo da assicurare ad operatori e consumatori un'informazione accurata che permetta loro di esercitare un'effettiva libertà di scelta nonché il controllo e la verifica delle diciture apposte sulle etichette. È opportuno prevedere requisiti simili sia per gli alimenti che per i mangimi ottenuti da OGM per evitare di interrompere la continuità delle informazioni qualora l'uso finale dei prodotti sia modificato.(5) La trasmissione e la conservazione dell'informazione che i prodotti contengono o sono costituiti da OGM, nonché i codici esclusivi assegnati a detti OGM, in tutte le fasi della loro immissione in commercio, sono fondamentali ai fini della tracciabilità e dell'etichettatura degli OGM stessi. I codici possono essere utilizzati per accedere alle informazioni specifiche sugli OGM contenute in un registro e per agevolarne l'identificazione, la rilevazione e il monitoraggio, in conformità della direttiva 2001/18/CE.(6) La trasmissione e la conservazione dell'informazione che determinati alimenti e mangimi sono stati ottenuti da OGM sono anche fondamentali ai fini della tracciabilità di prodotti ottenuti da OGM.(7) La normativa comunitaria riguardante gli OGM usati come mangimi o in essi contenuti dovrebbe applicarsi anche ai mangimi per animali non destinati alla produzione di alimenti.(8) Dovrebbero essere messi a punto orientamenti sui metodi di campionamento e di rilevazione per favorire un approccio coordinato in materia di controlli e di ispezioni e per garantire agli operatori la certezza del diritto. Occorrerebbe tener conto dei registri contenenti le informazioni sulle modificazioni genetiche negli OGM istituiti dalla Commissione ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 2, della direttiva 2001/18/CE e dell'articolo 29 del regolamento (CE) n. 1829/2003.(9) Gli Stati membri dovrebbero prevedere norme relative a sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento.(10) La presenza di tracce di OGM nei prodotti può essere accidentale o tecnicamente inevitabile. Tale presenza non dovrebbe pertanto far scattare automaticamente l'applicazione dei requisiti in materia di etichettatura e tracciabilità. È pertanto necessario fissare soglie per la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di materiale che sia costituito, contenga o sia ottenuto da OGM, sia qualora l'immissione in commercio di siffatti OGM sia autorizzata nella Comunità, sia qualora la loro presenza accidentale o tecnicamente inevitabile sia tollerata ai sensi dell'articolo 47 del regolamento (CE) n. 1829/2003. È altresì opportuno stabilire che, qualora il livello combinato della presenza accidentale o tecnicamente inevitabile del materiale summenzionato in un alimento o un mangime o in uno dei loro componenti sia più alto di tale soglia prevista per l'etichettatura, tale presenza sia indicata conformemente alle disposizioni del presente regolamento e siano adottate norme dettagliate di applicazione dello stesso.(11) È necessario garantire che il consumatore riceva un'informazione completa e attendibile relativamente agli OGM e ai prodotti, agli alimenti e ai mangimi da essi ottenuti, onde consentirgli di operare una scelta informata.(12) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(13) Prima di poter applicare le disposizioni in materia di tracciabilità e di etichettatura occorrerebbe definire i sistemi di determinazione e assegnazione degli identificatori unici degli OGM.(14) Occorre che la Commissione sottoponga al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento e, segnatamente, sull'efficacia delle regole in materia di tracciabilità e di etichettatura.(15) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettiviIl presente regolamento istituisce un quadro normativo per la tracciabilità dei prodotti contenenti organismi geneticamente modificati (OGM) o da essi costituiti e degli alimenti e mangimi ottenuti da OGM, allo scopo di facilitare un'accurata etichettatura, il monitoraggio degli effetti sull'ambiente e, se del caso, sulla salute, nonché l'attuazione delle misure adeguate di gestione dei rischi, compreso, se necessario, il ritiro dei prodotti.Articolo 2Campo d'applicazione1. Il presente regolamento si applica, in tutte le fasi della loro immissione in commercio:a) ai prodotti contenenti OGM o da essi costituiti, immessi in commercio in conformità del diritto comunitario;b) agli alimenti ottenuti da OGM, immessi in commercio in conformità del diritto comunitario;c) ai mangimi ottenuti da OGM, immessi in commercio in conformità del diritto comunitario.2. Il presente regolamento non si applica ai medicinali per uso umano e veterinario autorizzati ai sensi del regolamento (CEE) n. 2309/93(8).Articolo 3DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:1) "organismo geneticamente modificato" o "OGM", un organismo geneticamente modificato così come definito all'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2001/18/CE, ad esclusione degli organismi ottenuti mediante le tecniche di modificazione genetica elencate nell'allegato IB della stessa direttiva;2) "ottenuto da OGM", derivato interamente o parzialmente da OGM, ma non contenente OGM o da essi costituito;3) "tracciabilità", la capacità di rintracciare OGM e prodotti ottenuti da OGM in tutte le fasi dell'immissione in commercio attraverso la catena di produzione e di distribuzione;4) "identificatore unico", un semplice codice numerico o alfanumerico volto a identificare un OGM, sulla base dell'evento di trasformazione autorizzato mediante il quale è stato sviluppato e a permettere il recupero dei dati specifici pertinenti a quell'OGM;5) "operatore", la persona fisica o giuridica che immette in commercio un prodotto, nonché la persona fisica o giuridica cui è fornito un prodotto immesso in commercio nella Comunità, proveniente da uno Stato membro o da un paese terzo, in qualunque fase della catena di produzione e distribuzione, ad esclusione del consumatore finale;6) "consumatore finale", il consumatore ultimo che non utilizza il prodotto come elemento di una qualsiasi operazione o attività commerciale;7) "alimento", un alimento quale definito all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002(9);8) "ingrediente", un ingrediente ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2000/13/CE(10);9) "mangimi", i mangimi quali definiti all'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 178/2002;10) "immissione in commercio", l'immissione in commercio quale definita nella legislazione comunitaria specifica in base alla quale il prodotto è stato autorizzato; in altri casi quale definita all'articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2001/18/CE;11) "prima fase dell'immissione in commercio di un prodotto", la prima transazione, nella catena di produzione e distribuzione, a seguito della quale un prodotto è messo a disposizione di terzi;12) "prodotto preconfezionato", ogni singolo articolo messo in vendita consistente in un prodotto e nella confezione in cui tale prodotto è stato condizionato prima di essere posto in vendita, contenente il prodotto sia completamente sia soltanto in parte, a condizione che il contenuto non possa essere alterato senza aprire o modificare l'imballaggio.Articolo 4Disposizioni in materia di tracciabilità ed etichettatura dei prodotti contenenti OGM o da essi costituitiA. TRACCIABILITÀ1. Nella prima fase dell'immissione in commercio di un prodotto contenente OGM o da essi costituito, comprese le merci sfuse, gli operatori assicurano la trasmissione per iscritto all'operatore che riceve il prodotto delle seguenti informazioni:a) indicazione che il prodotto contiene OGM o è da essi costituito;b) indicazione degli identificatori unici assegnati ai sensi dell'articolo 8 a detti OGM.2. In tutte le fasi successive dell'immissione in commercio dei prodotti di cui al paragrafo 1, gli operatori assicurano la trasmissione per iscritto agli operatori che ricevono detti prodotti di tutte le informazioni loro pervenute conformemente al paragrafo 1.3. Nel caso dei prodotti contenenti miscele di OGM o da esse costituiti destinati all'uso diretto ed esclusivo come alimento o mangime, o destinati alla trasformazione, le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera b), possono essere sostituite da una dichiarazione relativa all'uso del prodotto da parte dell'operatore, corredata di un elenco degli identificatori unici per tutti gli OGM usati per costituire la miscela.4. Fatto salvo il disposto dell'articolo 6, gli operatori predispongono sistemi e procedure standardizzate che consentano di conservare le informazioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 e di identificare, per un periodo di cinque anni dopo ciascuna transazione, l'operatore che ha messo a disposizione e quello che ha ricevuto i prodotti di cui al paragrafo 1.5. I paragrafi da 1 a 4 lasciano impregiudicati altri requisiti specifici previsti dalla normativa comunitaria.B. ETICHETTATURA6. Per i prodotti contenenti OGM o da essi costituiti gli operatori provvedono:a) per i prodotti preconfezionati contenenti OGM o da essi costituiti, a far figurare sull'etichetta la seguente dicitura "Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati" o "Questo prodotto contiene [nome dell'organismo (degli organismi)] geneticamente modificato(a)".b) per i prodotti non preconfezionati offerti al consumatore finale, a far figurare sul prodotto, o in connessione con l'esposizione dello stesso, la seguente dicitura: "Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati", o "Questo prodotto contiene [nome dell'organismo (degli organismi)] geneticamente modificato(a)".Il presente paragrafo lascia impregiudicati altri requisiti specifici previsti dalla normativa comunitaria.C. DEROGHE7. I paragrafi da 1 a 6 non si applicano alle tracce di OGM presenti in prodotti in proporzione non superiore alle soglie stabilite in conformità dell'articolo 21, paragrafi 2 o 3, della direttiva 2001/18/CE e in altra legislazione comunitaria specifica, purché tali tracce di OGM siano accidentali o tecnicamente inevitabili.8. I paragrafi da 1 a 6 non si applicano alle tracce di OGM in prodotti destinati all'uso diretto come alimenti o mangimi, o destinati alla trasformazione, presenti in proporzione non superiore alle soglie stabilite per tali OGM in conformità degli articoli 12, 24 o 47 del regolamento (CE) n. 1829/2003, purché tali tracce di OGM siano accidentali o tecnicamente inevitabili.Articolo 5Disposizioni in materia di tracciabilità dei prodotti per alimenti o mangimi ottenuti da OGM1. Gli operatori che immettono in commercio prodotti ottenuti da OGM sono tenuti a trasmettere per iscritto all'operatore che li riceve le seguenti informazioni:a) indicazione di ciascuno degli ingredienti dell'alimento ottenuti da OGM;b) indicazione di ciascuna delle materie prime o degli additivi del mangime ottenuti da OGM;c) nel caso di prodotti privi di elenco degli ingredienti, indicazione del fatto che il prodotto è stato ottenuto da OGM.2. Fatto salvo il disposto dell'articolo 6, gli operatori predispongono sistemi e procedure standardizzate che consentano di conservare le informazioni di cui al paragrafo 1 e di identificare, per un periodo di cinque anni dopo ciascuna transazione, gli operatori che hanno messo a disposizione e quelli che hanno ricevuto i prodotti di cui al paragrafo 1.3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicati altri requisiti specifici previsti dalla normativa comunitaria.4. I paragrafi 1, 2 e 3 non si applicano alle tracce di OGM in prodotti per alimenti e mangimi ottenuti da OGM presenti in proporzione non superiore alle soglie stabilite per tali OGM in conformità degli articoli 12, 24 o 47 del regolamento (CE) n. 1829/2003 purché tali tracce di OGM siano accidentali o tecnicamente inevitabili.Articolo 6Deroghe1. Nei casi in cui la normativa comunitaria prevede sistemi particolari di identificazione, per esempio la numerazione dei lotti o delle partite dei prodotti preconfezionati, gli operatori non sono tenuti a conservare le informazioni di cui all'articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3, e all'articolo 5, paragrafo 1, a condizione che tali informazioni e i numeri dei lotti e delle partite figurino chiaramente sulla confezione e che i dati su tali numeri siano conservati per il periodo indicato all'articolo 4, paragrafo 4, e all'articolo 5, paragrafo 2.2. Il paragrafo 1 non si applica alla prima fase dell'immissione in commercio di un prodotto né alla produzione primaria o al riconfezionamento di un prodotto.Articolo 7Modifica della direttiva 2001/18/CELa direttiva 2001/18/CE è modificata come segue:1) all'articolo 4, il paragrafo 6 è soppresso;2) all'articolo 21 è aggiunto il seguente paragrafo:"3. Per i prodotti destinati ad essere trasformati direttamente, le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano alle tracce di OGM autorizzati presenti in proporzione non superiore allo 0,9 % o a soglie inferiori stabilite in conformità delle disposizioni dell'articolo 30, paragrafo 2, purché tali tracce siano accidentali o tecnicamente inevitabili."Articolo 8Identificatori uniciConformemente alla procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, la Commissione:a) prima di procedere all'applicazione degli articoli da 1 a 7 predispone un sistema di determinazione e di assegnazione di identificatori unici per gli OGM;b) procede, se del caso, ad adeguamenti del sistema di cui alla lettera a).In tale contesto si tiene conto degli sviluppi sopravvenuti nelle sedi internazionali.Articolo 9Misure di ispezione e controllo1. Gli Stati membri garantiscono che le ispezioni e altre misure di controllo, compresi i controlli a campione e le analisi (qualitative e quantitative) eventualmente necessari, siano attuate per garantire il rispetto del presente regolamento. Le misure di ispezione e controllo possono comprendere altresì ispezioni e controlli riguardo alla detenzione di un prodotto.2. Prima di procedere all'applicazione degli articoli da 1 a 7, la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 3, elabora e pubblica una serie di orientamenti tecnici sui metodi di campionamento e di analisi, al fine di facilitare un approccio coordinato per l'applicazione del paragrafo 1 del presente articolo. Nell'elaborare i suddetti orientamenti tecnici la Commissione tiene conto del lavoro svolto dalle autorità nazionali competenti, dal comitato di cui all'articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 e dal Laboratorio comunitario di riferimento istituito ai sensi del regolamento (CE) n. 1829/2003.3. Per sostenere gli Stati membri nell'adempimento dei compiti ad essi incombenti ai sensi dei paragrafi 1 e 2, la Commissione assicura che a livello della Comunità sia istituito un registro centrale contenente tutte le informazioni sequenziali e i materiali di riferimento disponibili per gli OGM che possono essere immessi nella Comunità. Le autorità competenti degli Stati membri hanno accesso al registro. Il registro comprende altresì, se disponibili, informazioni corrispondenti sugli OGM non autorizzati nell'Unione europea.Articolo 10Comitato1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 30 della direttiva 2001/18/CE.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.4. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 11SanzioniGli Stati membri determinano le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione del presente regolamento e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 18 aprile 2004 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive.Articolo 12Clausola di revisioneEntro il 18 ottobre 2005 la Commissione invia al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento, in particolare riguardo all'articolo 4, paragrafo 3, e, se del caso, presenta una proposta.Articolo 13Entrata in vigore1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.2. Gli articoli da 1 a 7 e l'articolo 9, paragrafo 1, si applicano con efficacia a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea della misura di cui all'articolo 8, lettera a).Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 settembre 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteR. Buttiglione(1) GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 327 e GU C 331 E del 31.12.2002, pag. 308.(2) GU C 125 del 27.5.2002, pag. 69.(3) GU C 278 del 14.11.2002, pag. 31.(4) Parere del Parlamento europeo del 3 luglio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 17 marzo 2003 (GU C 113 E del 13.5.2003, pag. 21), decisione del Parlamento europeo del 2 luglio 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 22 luglio 2003.(5) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione del Consiglio 2002/811/CE (GU L 280 del 18.10.2002, pag. 27).(6) Cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) Regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l'autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un'Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214 del 24.8.1993, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 807/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).(9) Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1).(10) Direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/101/CE della Commissione (GU L 310 del 28.11.2001, pag. 19).
Organismi geneticamente modificati — Tracciabilità ed etichettatura SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce norme per garantire che i prodotti contenenti OGM* nonché gli alimenti e i mangimi da essi derivati, possano essere tracciati in tutte le fasi della catena di produzione e di distribuzione. Le norme riguardano l’etichettatura, il monitoraggio dei rischi ambientali e sanitari, e la possibilità di ritirare i prodotti, se necessario. PUNTI CHIAVE Tracciabilità La tracciabilità (la capacità di rintracciare OGM e prodotti ottenuti da OGM in tutte le fasi della catena di produzione e di distribuzione) è la chiave per fornire ai consumatori e al commercio alimentare le informazioni e le garanzie sui prodotti alimentari e sui mangimi derivati da OGM. Essa consente loro di fare scelte informate sulla base di un’etichettatura accurata. I venditori devono rispondere a tre requisiti principali: informare per iscritto gli acquirenti commerciali in merito al fatto che un prodotto contiene OGM (o fornire una dichiarazione relativa all’uso per i prodotti destinati agli alimenti o ai mangimi per animali); comunicare gli identificatori unici assegnati a ciascun OGM in base al regolamento; (per alimenti e mangimi) identificare ogni ingrediente derivato da OGM, se esiste un elenco degli ingredienti. Queste informazioni dovrebbero essere fornite in ogni fase della catena di produzione e distribuzione e conservate per cinque anni. Etichettatura La confezione destinata al consumatore finale o i prodotti preconfezionati contenenti OGM dovrebbero riportare la dicitura: «Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati [o i nomi degli organismi]». Ispezione e controlli I paesi dell’UE devono effettuare ispezioni, verifiche e controlli a campione, al fine di garantire il rispetto delle norme in materia di etichettatura degli OGM. Ogni paese deve anche imporre sanzioni efficaci per le violazioni. I prodotti possono essere ritirati se hanno effetti negativi imprevisti per la salute o per l’ambiente. Le autorità nazionali possono consultare gli orientamenti tecnici pubblicati dalla Commissione europea. La Commissione stila un registro centrale contenente i materiali di riferimento disponibili per gli OGM, utilizzandolo per individuare gli OGM autorizzati nell’UE nonché le informazioni sugli OGM non autorizzati. Deroghe Un prodotto può contenere tracce di OGM (al di sotto dello 0,9 %), se ciò è tecnicamente inevitabile. Il regolamento non si applica ai prodotti medicinali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 7 novembre 2003. CONTESTO Per ulteriori informazioni si veda Tracciabilità ed etichettatura — Norme dell’UE. TERMINE CHIAVE * Organismi geneticamente modificati: piante o animali allevati per raggiungere una maggiore resa o resistere alle malattie, attraverso la modificazione del loro patrimonio cellulare e genetico. ATTO Regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE (GU L 268 del 18.10.2003, pagg. 24-28). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1830/2003 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio — Dichiarazione della Commissione (GU L 106 del 17.4.2001, pagg. 1-39). Si veda la versione consolidata. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Revisione del processo decisionale in tema di organismi geneticamente modificati (OGM) [COM(2015) 176 final del 22.4.2015]
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32008L0122
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DIRETTIVA 2008/122/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 14 gennaio 2009 sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Dall’adozione della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili (3), il settore della multiproprietà si è sviluppato e nuovi prodotti per le vacanze di tipo analogo hanno fatto la loro comparsa sul mercato. Questi nuovi prodotti per le vacanze e alcune transazioni commerciali connesse con la multiproprietà, come i contratti di rivendita e i contratti di scambio, non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 94/47/CE. Inoltre, l’esperienza acquisita con l’applicazione della direttiva 94/47/CE ha dimostrato che alcuni aspetti già disciplinati dalla direttiva hanno bisogno di essere aggiornati o chiariti, al fine di prevenire lo sviluppo di prodotti volti ad eludere la presente direttiva. (2) Le lacune normative esistenti creano rilevanti distorsioni della concorrenza e causano gravi problemi per i consumatori, ostacolando il normale funzionamento del mercato interno. La direttiva 94/47/CE dovrebbe essere pertanto sostituita da una nuova direttiva aggiornata. Poiché il turismo svolge un ruolo sempre più importante nelle economie degli Stati membri, è opportuno incoraggiare la crescita e la produttività delle industrie della multiproprietà e dei prodotti per le vacanze di lungo termine mediante l’adozione di talune norme comuni. (3) Per rafforzare la certezza del diritto e consentire ai consumatori e alle imprese di godere pienamente dei vantaggi del mercato interno, è necessario che le leggi degli Stati membri in questo settore siano ulteriormente ravvicinate. Dovrebbero pertanto essere pienamente armonizzati taluni aspetti relativi alla commercializzazione, vendita e rivendita di multiproprietà e di prodotti per le vacanze di lungo termine nonché dello scambio dei diritti derivanti dai contratti di multiproprietà. Agli Stati membri non dovrebbe essere consentito di mantenere o introdurre nelle normative nazionali disposizioni diverse da quelle previste dalla presente direttiva. Laddove tali disposizioni armonizzate non esistono, gli Stati membri dovrebbero rimanere liberi di mantenere o introdurre normative nazionali conformi al diritto comunitario. Gli Stati membri, per esempio, dovrebbero poter mantenere o introdurre disposizioni relative agli effetti dell’esercizio del diritto di recesso in rapporti giuridici che non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva o disposizioni in virtù delle quali tra un consumatore e un operatore che fornisce una multiproprietà o un prodotto per le vacanze di lungo termine non possono aver luogo né accordi né pagamenti fintantoché il consumatore non abbia firmato un contratto di credito per finanziare l’acquisto di tali servizi. (4) La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata l’applicazione da parte degli Stati membri, conformemente al diritto comunitario, delle disposizioni della presente direttiva a settori che esulano dall’ambito di applicazione della stessa. Di conseguenza, gli Stati membri potrebbero mantenere o introdurre una normativa nazionale corrispondente alla presente direttiva o a talune delle sue disposizioni in materia di transazioni commerciali che non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (5) È opportuno definire chiaramente i diversi contratti disciplinati dalla presente direttiva in modo tale da impedire l’elusione delle sue disposizioni. (6) Ai fini della presente direttiva, le prenotazioni multiple di alloggi, incluse le stanze d’albergo, non dovrebbero essere intese come contratti di multiproprietà, in quanto non implicano altri diritti e obblighi rispetto a quelli risultanti da prenotazioni separate. Né i normali contratti di locazione dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione dei contratti di multiproprietà, giacché si riferiscono a un unico periodo continuativo di occupazione e non a periodi multipli. (7) Ai fini della presente direttiva, non dovrebbero essere intesi come contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine i normali sistemi di fidelizzazione che prevedono sconti sui futuri soggiorni negli alberghi di una catena, poiché la partecipazione al sistema non è ottenuta a titolo oneroso o il corrispettivo versato dal consumatore non è principalmente volto ad ottenere sconti o altri benefici su un alloggio. (8) La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicate le disposizioni della direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (4). (9) La direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (5), proibisce le pratiche commerciali ingannevoli, aggressive e le altre pratiche sleali delle imprese nei confronti dei consumatori. Data la natura dei prodotti e delle pratiche commerciali relative alla multiproprietà, ai prodotti per le vacanze di lungo termine, alla rivendita e allo scambio, è opportuno adottare disposizioni più dettagliate e specifiche riguardo agli obblighi di informazione e alle iniziative di vendita. Ai consumatori dovrebbe essere reso chiaro lo scopo commerciale degli inviti alle iniziative di vendita. È opportuno che le disposizioni riguardanti le informazioni precontrattuali e il contratto siano chiarite e aggiornate. Per dare ai consumatori la possibilità di conoscere le informazioni prima della conclusione del contratto, queste dovrebbero essere fornite tramite mezzi che siano loro facilmente accessibili in quel momento. (10) I consumatori dovrebbero avere il diritto, che gli operatori non dovrebbero negare, di ricevere le informazioni precontrattuali e il contratto in una lingua di loro scelta e ad essi nota. Inoltre, per facilitare la sottoscrizione e l’esecuzione del contratto, si dovrebbe permettere agli Stati membri di decidere che siano fornite ai consumatori ulteriori versioni linguistiche del contratto. (11) Al fine di consentire ai consumatori di comprendere appieno i propri diritti e le proprie obbligazioni in base al contratto, dovrebbe essere concesso loro un termine entro il quale possono recedere dal contratto senza indicarne le ragioni e senza sostenere alcuna spesa. Attualmente, la durata di questo periodo varia da uno Stato membro all’altro e l’esperienza insegna che il periodo previsto dalla direttiva 94/47/CE non è sufficientemente lungo. Tale periodo dovrebbe pertanto essere esteso al fine di ottenere un livello elevato di tutela dei consumatori e maggiore chiarezza per consumatori e operatori. La lunghezza del periodo, le modalità e gli effetti dell’esercizio del diritto di recesso dovrebbero essere armonizzati. (12) I consumatori dovrebbero disporre di mezzi di ricorso efficaci nel caso in cui gli operatori non si conformino alle disposizioni relative alle informazioni precontrattuali o al contratto, in particolare quelle che stabiliscono che il contratto includa tutte le informazioni necessarie e che il consumatore riceva copia del contratto all’atto della conclusione. Oltre ai mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale, i consumatori dovrebbero beneficiare di una proroga del periodo di recesso qualora le informazioni non siano state fornite dagli operatori. Il diritto di recesso dovrebbe rimanere azionabile senza alcuna spesa durante tale periodo di proroga, indipendentemente dai servizi di cui i consumatori possano aver beneficiato. La scadenza del periodo di recesso non preclude ai consumatori la possibilità di esperire mezzi di ricorso ai sensi del diritto nazionale per violazione degli obblighi d’informativa. (13) Al computo dei periodi previsti dalla presente direttiva è opportuno applicare il regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio, del 3 giugno 1971, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (6). (14) Il divieto di versare acconti agli operatori o a terzi prima dello spirare del termine per l’esercizio del diritto di recesso dovrebbe essere chiarito, al fine di migliorare la tutela dei consumatori. Per i contratti di rivendita, il divieto di versare acconti dovrebbe applicarsi fino al momento in cui la vendita abbia effettivamente luogo o sia stata altrimenti posta fine al contratto di rivendita, ma gli Stati membri dovrebbero restare liberi di regolamentare la possibilità e le modalità dei pagamenti finali agli intermediari nel caso in cui sia posta fine al contratto di rivendita. (15) Per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine, nel prezzo da pagare nel contesto di scadenze scaglionate di pagamento si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di adeguare dopo il primo anno gli importi successivi, al fine di assicurare che sia mantenuto il valore reale di quei pagamenti rateali, ad esempio per tenere conto dell’inflazione. (16) In caso di recesso del consumatore da un contratto in cui il prezzo è interamente o parzialmente coperto da un credito concessogli dall’operatore o da un terzo in base ad un accordo fra il terzo e l’operatore, il contratto di credito dovrebbe essere risolto senza alcuna spesa per il consumatore. Lo stesso dovrebbe valere per i contratti relativi ad altri servizi correlati forniti dall’operatore o da un terzo in base ad un accordo tra tale terzo e l’operatore. (17) I consumatori non dovrebbero essere privati della tutela garantita dalla presente direttiva quando la legge applicabile al contratto è la legge di uno Stato membro. La legge applicabile al contratto dovrebbe essere determinata in conformità delle norme comunitarie in materia di diritto internazionale privato, in particolare del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (7). In virtù di tale regolamento può essere applicabile la legge di un paese terzo, in particolare allorché i consumatori vengano avvicinati dagli operatori mentre sono in vacanza in un paese diverso dal loro paese di residenza. Dal momento che tali prassi commerciali sono correnti nel settore contemplato dalla presente direttiva e che i contratti sono stipulati per importi di rilevante entità, dovrebbe essere prevista una salvaguardia supplementare per assicurare che, in determinate situazioni specifiche, in particolare qualora i giudici di uno Stato membro siano competenti relativamente al contratto, il consumatore non sia privato della tutela garantita dalla presente direttiva. Questo concetto riflette le particolari esigenze di tutela del consumatore derivanti dalla complessità, dalla natura a lungo termine e dalla rilevanza finanziaria tipiche dei contratti rientranti nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (18) La competenza giurisdizionale dei giudici nei procedimenti che vertono su materie contemplate dalla presente direttiva dovrebbe essere determinata in conformità del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (8). (19) Al fine di assicurare la piena efficacia della tutela concessa ai consumatori a norma della presente direttiva, in particolare per quanto concerne il rispetto da parte degli operatori degli obblighi di informazione sia in fase precontrattuale che contrattuale, è necessario che gli Stati membri introducano sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per le violazioni della presente direttiva. (20) Occorre garantire che le persone o le organizzazioni che, in base alle normative nazionali, hanno un interesse legittimo nel settore dispongano dei mezzi giuridici per avviare procedimenti contro le violazioni della presente direttiva. (21) È necessario che siano elaborate procedure di ricorso adeguate ed efficaci negli Stati membri per risolvere le controversie fra i consumatori e gli operatori. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare l’istituzione di enti pubblici o privati per la risoluzione extragiudiziale delle controversie. (22) Gli Stati membri dovrebbero garantire una reale informazione dei consumatori in merito alle disposizioni nazionali di recepimento della presente direttiva e incoraggiare gli operatori e i responsabili dei codici a fornire ai consumatori informazioni sui propri codici di condotta in tale settore. Al fine di conseguire un elevato livello di tutela dei consumatori, le organizzazioni dei consumatori potrebbero essere informate e coinvolte nell’elaborazione di codici di condotta. (23) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno e conseguire un elevato livello comune di tutela dei consumatori in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (24) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (25) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (9), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Scopo e ambito di applicazione 1. La presente direttiva ha lo scopo di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e conseguire un elevato livello di tutela dei consumatori mediante il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri per quanto riguarda taluni aspetti della commercializzazione, vendita e rivendita di multiproprietà e di prodotti per le vacanze di lungo termine nonché ai contratti di scambio. 2. La presente direttiva si applica alle transazioni commerciali da operatore a consumatore. Essa lascia impregiudicate le disposizioni nazionali: a) che prevedono rimedi giuridici generali del diritto dei contratti; b) relative alla registrazione di beni immobili o mobili e al trasferimento di beni immobili; c) relative alle condizioni di stabilimento o ai regimi di autorizzazione o alle norme sulla concessione di autorizzazioni; e d) relative alla determinazione della natura giuridica dei diritti che sono oggetto dei contratti contemplati dalla presente direttiva. Articolo 2 Definizioni 1. Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «contratto di multiproprietà»: un contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di godimento su uno o più alloggi per il pernottamento per più di un periodo di occupazione; b) «contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine»: un contratto di durata superiore a un anno ai sensi del quale un consumatore acquisisce a titolo oneroso essenzialmente il diritto di ottenere sconti o altri vantaggi relativamente ad un alloggio, separatamente o unitamente al viaggio o ad altri servizi; c) «contratto di rivendita»: un contratto ai sensi del quale un operatore assiste a titolo oneroso un consumatore nella vendita o nell’acquisto di una multiproprietà o di un prodotto per le vacanze di lungo termine; d) «contratto di scambio»: un contratto ai sensi del quale un consumatore partecipa a titolo oneroso a un sistema di scambio che gli consente l’accesso all’alloggio per il pernottamento o ad altri servizi in cambio della concessione ad altri dell’accesso temporaneo ai vantaggi che risultano dai diritti derivanti dal suo contratto di multiproprietà; e) «operatore»: una persona fisica o giuridica che agisce per i fini connessi alla sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, nonché chiunque agisca in nome o per conto di un operatore; f) «consumatore»: qualsiasi persona fisica che agisca a fini che non rientrano nella sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; g) «contratto accessorio»: un contratto ai sensi del quale il consumatore acquista servizi connessi a un contratto di multiproprietà o a un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine e forniti dall’operatore o da un terzo sulla base di un accordo tra il terzo e l’operatore; h) «supporto durevole»: qualsiasi strumento che permetta al consumatore o all’operatore di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere utilizzate per riferimento futuro per un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate; i) «codice di condotta»: un accordo o un insieme di regole che non è imposto dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro e che definisce il comportamento degli operatori che si impegnano a rispettare tale codice in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori d’attività specifici; j) «responsabile del codice»: qualsiasi soggetto, compresi un operatore o un gruppo di operatori, responsabile dell’elaborazione e della revisione di un codice di condotta e/o del controllo dell’osservanza del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo. 2. Nel calcolo della durata di un contratto di multiproprietà o di un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, quale definito al paragrafo 1, rispettivamente alle lettere a) e b), si tiene conto di qualunque disposizione del contratto che ne consenta il rinnovo tacito o la proroga. Articolo 3 Pubblicità 1. Gli Stati membri garantiscono che ogni pubblicità specifichi la possibilità di ottenere le informazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, e indichi dove ottenerle. 2. Se un contratto di multiproprietà, un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine o un contratto di rivendita o di scambio viene offerto al consumatore in persona nell’ambito di una promozione o di un’iniziativa di vendita, l’operatore indica chiaramente nell’invito lo scopo commerciale e la natura dell’evento. 3. Le informazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, sono a disposizione del consumatore in qualsiasi momento durante l’evento. 4. Una multiproprietà o un prodotto per le vacanze di lungo termine non sono commercializzati o venduti come investimenti. Articolo 4 Informazioni precontrattuali 1. In tempo utile prima che il consumatore sia vincolato da un contratto o da un’offerta, l’operatore fornisce al consumatore, in maniera chiara e comprensibile, informazioni accurate e sufficienti, secondo le seguenti modalità: a) nel caso di un contratto di multiproprietà, tramite il formulario informativo di cui all’allegato I e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario; b) nel caso di un contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, tramite il formulario informativo di cui all’allegato II e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario; c) nel caso di un contratto di rivendita, tramite il formulario informativo di cui all’allegato III e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario; d) nel caso di un contratto di scambio, tramite il formulario informativo di cui all’allegato IV e le informazioni elencate nella parte 3 di detto formulario. 2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite a titolo gratuito dall’operatore su carta o altro supporto durevole facilmente accessibile al consumatore. 3. Gli Stati membri garantiscono che le informazioni di cui al paragrafo 1 siano redatte nella lingua o in una delle lingue dello Stato membro in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a scelta di quest’ultimo, purché si tratti di una lingua ufficiale della Comunità. Articolo 5 Il contratto di multiproprietà, relativo a prodotti per le vacanze di lungo termine, di rivendita e di scambio 1. Gli Stati membri garantiscono che il contratto sia redatto per iscritto, su carta o altro supporto durevole, e nella lingua o in una delle lingue dello Stato membro in cui il consumatore risiede oppure di cui è cittadino, a scelta di quest’ultimo, purché si tratti di una lingua ufficiale della Comunità. Tuttavia, lo Stato membro in cui risiede il consumatore può chiedere in aggiunta che: a) in ogni caso il contratto sia fornito al consumatore nella lingua o in una delle lingue di tale Stato membro, purché si tratti di una lingua ufficiale della Comunità; b) nel caso di un contratto di multiproprietà relativo a un bene immobile specifico, l’operatore fornisca al consumatore una traduzione conforme del contratto nella lingua o in una delle lingue dello Stato membro in cui è situato l’immobile, purché si tratti di una lingua ufficiale della Comunità. Lo Stato membro sul cui territorio l’operatore effettua le sue attività di vendita può chiedere che, in ogni caso, il contratto sia fornito al consumatore nella sua lingua o in una delle sue lingue, purché si tratti di una lingua ufficiale della Comunità. 2. Le informazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, formano parte integrante del contratto e non possono essere modificate salvo qualora vi sia l’accordo esplicito delle parti oppure qualora le modifiche siano causate da circostanze eccezionali e imprevedibili, indipendenti dall’operatore, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate neanche con la dovuta diligenza. Tali modifiche sono comunicate al consumatore su carta o altro supporto durevole a lui facilmente accessibile, prima della conclusione del contratto. Il contratto indica espressamente tali modifiche. 3. Oltre alle informazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, il contratto include: a) l’identità, il luogo di residenza e la firma di ciascuna delle parti; nonché b) la data e il luogo di conclusione del contratto. 4. Prima della conclusione del contratto, l’operatore attira esplicitamente l’attenzione del consumatore sull’esistenza del diritto di recesso, sulla durata del periodo di recesso di cui all’articolo 6 e sul divieto di versare acconti durante il periodo di recesso di cui all’articolo 9. Le clausole contrattuali corrispondenti vengono firmate separatamente dal consumatore. Il contratto include un formulario di recesso separato, come riportato nell’allegato V, inteso ad agevolare l’esercizio del diritto di recesso in conformità dell’articolo 6. 5. Il consumatore riceve una copia o più copie del contratto all’atto della sua conclusione. Articolo 6 Diritto di recesso 1. Oltre ai mezzi di ricorso a disposizione del consumatore ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri garantiscono che al consumatore sia concesso un periodo di quattordici giorni di calendario per recedere, senza indicarne le ragioni, dal contratto di multiproprietà, dal contratto relativo a prodotti per le vacanze di lungo termine e dal contratto di rivendita o di scambio. 2. Il periodo di recesso si calcola: a) dal giorno della conclusione del contratto o di qualsiasi contratto preliminare vincolante; o b) dal giorno in cui il consumatore riceve il contratto o qualsiasi contratto preliminare vincolante, se posteriore alla data di cui alla lettera a). 3. Il periodo di recesso scade: a) dopo un anno e quattordici giorni di calendario a decorrere dalla data di cui al paragrafo 2 del presente articolo se il formulario di recesso separato previsto all’articolo 5, paragrafo 4, non è stato compilato dall’operatore e consegnato al consumatore per iscritto, su carta o altro supporto durevole; b) dopo tre mesi e quattordici giorni di calendario a partire dalla data di cui al paragrafo 2 del presente articolo se le informazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, incluso il formulario informativo applicabile di cui agli allegati da I a IV, non sono state fornite al consumatore per iscritto, su carta o altro supporto durevole. Inoltre gli Stati membri prevedono sanzioni appropriate ai sensi dell’articolo 15, in particolare nel caso in cui, alla scadenza del periodo di recesso, l’operatore non abbia ottemperato agli obblighi di informativa previsti dalla presente direttiva. 4. Se il formulario di recesso separato previsto all’articolo 5, paragrafo 4, è stato compilato dall’operatore e consegnato al consumatore per iscritto, su carta o altro supporto durevole, entro un anno dalla data di cui al paragrafo 2 del presente articolo, il periodo di recesso inizia a decorrere dal giorno in cui il consumatore riceve tale formulario. Analogamente, se le informazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, incluso il formulario informativo applicabile di cui agli allegati da I a IV, sono state fornite al consumatore per iscritto, su carta o altro supporto durevole, entro tre mesi dal giorno di cui al paragrafo 2 del presente articolo, il periodo di recesso inizia a decorrere dal giorno in cui il consumatore riceve tali informazioni. 5. Nel caso in cui il contratto di scambio sia offerto al consumatore congiuntamente e contestualmente al contratto di multiproprietà, ai due contratti si applica un unico periodo di recesso conformemente al paragrafo 1. Il periodo di recesso per i due contratti è calcolato secondo le disposizioni del paragrafo 2 quali applicabili al contratto di multiproprietà. Articolo 7 Modalità di esercizio del diritto di recesso Ove il consumatore intenda esercitare il diritto di recesso, entro la scadenza dello stesso periodo di recesso notifica all’operatore, su carta o altro supporto durevole, la propria decisione di recedere. Il consumatore può utilizzare il formulario di recesso di cui all’allegato V fornito dall’operatore a norma dell’articolo 5, paragrafo 4. Il termine è rispettato se la comunicazione è inviata prima della scadenza del periodo di recesso. Articolo 8 Effetti dell’esercizio del diritto di recesso 1. L’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore pone fine all’obbligo delle parti di eseguire il contratto. 2. Se esercita il diritto di recesso, il consumatore non sostiene alcuna spesa né è debitore del valore corrispondente all’eventuale servizio reso prima del recesso. Articolo 9 Acconti 1. Gli Stati membri garantiscono che per i contratti di multiproprietà, relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine e di scambio sia vietato qualunque versamento di danaro a titolo di acconto, prestazione di garanzie, l’accantonamento di denaro sotto forma di deposito bancario, il riconoscimento esplicito di debito od ogni altro onere da parte di un consumatore a favore dell’operatore o di un terzo prima della fine del periodo di recesso in conformità dell’articolo 6. 2. Gli Stati membri garantiscono che per i contratti di rivendita sia vietata qualunque forma di versamento di danaro a titolo di acconto, prestazione di garanzie, l’accantonamento di denaro sotto forma di deposito bancario, il riconoscimento esplicito del debito od ogni altro onere da parte di un consumatore a favore dell’operatore o di un terzo prima che la vendita abbia effettivamente luogo o che sia posta fine in altro modo al contratto di rivendita. Articolo 10 Disposizioni specifiche concernenti i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine 1. Per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine, il pagamento è effettuato secondo scadenze scaglionate. È vietato qualsiasi pagamento del prezzo specificato nel contratto che non sia conforme al piano di pagamento scaglionato. I pagamenti, comprese le quote di affiliazione, sono ripartiti in rate annuali, ciascuna di pari valore. L’operatore invia una richiesta scritta di pagamento, su carta o altro supporto durevole, almeno quattordici giorni di calendario prima di ciascuna data di esigibilità. 2. A partire dal secondo pagamento rateale, il consumatore può porre fine al contratto senza incorrere in penali dando preavviso all’operatore entro quattordici giorni di calendario dalla ricezione della richiesta di pagamento per ciascuna rata. Tale diritto non incide sul diritto di risolvere il contratto ai sensi della normativa nazionale in vigore. Articolo 11 Risoluzione dei contratti accessori 1. Gli Stati membri garantiscono che l’esercizio da parte del consumatore del diritto di recesso dal contratto di multiproprietà o dal contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine comporti automaticamente e senza alcuna spesa per il consumatore la risoluzione di tutti i contratti di scambio ad esso accessori e di qualsiasi altro contratto accessorio. 2. Fatto salvo l’articolo 15 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori (10), se il prezzo è interamente o parzialmente coperto da un credito concesso al consumatore dall’operatore o da un terzo in base a un accordo fra il terzo e l’operatore, il contratto di credito è risolto senza costi per il consumatore qualora il consumatore eserciti il diritto di recesso dal contratto di multiproprietà, dal contratto relativo a prodotti per le vacanze di lungo termine, o dal contratto di rivendita o di scambio. 3. Gli Stati membri stabiliscono norme dettagliate per la risoluzione di tali contratti. Articolo 12 Carattere imperativo della direttiva e applicazione in casi internazionali 1. Gli Stati membri garantiscono che, ove la legge applicabile al contratto sia quella di uno Stato membro, i consumatori non possano rinunciare ai diritti conferiti loro dalla presente direttiva. 2. Ove la legge applicabile sia quella di un paese terzo, i consumatori non possono essere privati della tutela garantita dalla presente direttiva come applicata nello Stato membro del foro se: — uno qualsiasi dei beni immobili interessati è situato sul territorio di uno Stato membro; o — nel caso di un contratto non direttamente collegato a beni immobili, l’operatore svolge attività commerciali o professionali in uno Stato membro o dirige tali attività, con qualsiasi mezzo, verso uno Stato membro e il contratto rientra nell’ambito di dette attività. Articolo 13 Ricorso giudiziario e amministrativo 1. Gli Stati membri vigilano affinché, nell’interesse dei consumatori, siano previsti mezzi adeguati ed efficaci per assicurare il rispetto della presente direttiva da parte degli operatori. 2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni in base alle quali uno o più dei seguenti organismi, determinati dalla legislazione nazionale, hanno facoltà di adire, secondo il diritto nazionale, i giudici o gli enti amministrativi competenti per l’applicazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva: a) autorità ed enti pubblici o loro rappresentanti; b) organizzazioni di consumatori aventi un interesse legittimo a proteggere i consumatori; c) associazioni di categoria aventi un interesse legittimo ad agire. Articolo 14 Informazioni per i consumatori e ricorso extragiudiziale 1. Gli Stati membri adottano le misure appropriate per informare i consumatori delle leggi nazionali di attuazione della presente direttiva e se del caso incoraggiano gli operatori e i responsabili dei codici a informare i consumatori dei propri codici di condotta. La Commissione incoraggia l’elaborazione a livello comunitario, in particolare da parte di organismi, organizzazioni e associazioni professionali, di codici di condotta volti ad agevolare l’applicazione della presente direttiva in conformità del diritto comunitario. Essa incoraggia altresì gli operatori e le rispettive organizzazioni professionali a informare i consumatori in merito a tali codici eventualmente ricorrendo anche a un contrassegno specifico. 2. Gli Stati membri incoraggiano l’elaborazione di procedure adeguate ed efficaci di reclamo e di ricorso extragiudiziali per la risoluzione delle controversie in materia di consumo nel quadro della presente direttiva ed esortano, se del caso, gli operatori e le rispettive organizzazioni professionali a informare i consumatori dell’esistenza di tali procedure. Articolo 15 Sanzioni 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano comminate sanzioni appropriate qualora l’operatore non rispetti le disposizioni nazionali adottate in conformità della presente direttiva. 2. Tali sanzioni sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 16 Attuazione 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 23 febbraio 2011, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 23 febbraio 2011. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 17 Riesame Entro il 23 febbraio 2014, la Commissione riesamina la presente direttiva e riferisce in merito al Parlamento europeo e al Consiglio. Se necessario, essa avanza nuove proposte per adeguare la direttiva agli sviluppi intervenuti nel settore. La Commissione può chiedere informazioni agli Stati membri e alle autorità nazionali di regolamentazione. Articolo 18 Abrogazione La direttiva 94/47/CE è abrogata. I riferimenti alla direttiva abrogata s’intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato VI. Articolo 19 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 20 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 14 gennaio 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente A. VONDRA (1) GU C 44 del 16.2.2008, pag. 27. (2) Parere del Parlamento europeo del 22 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 18 dicembre 2008. (3) GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83. (4) GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59. (5) GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22. (6) GU L 124 dell’8.6.1971, pag. 1. (7) GU L 177 del 4.7.2008, pag. 6. (8) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. (9) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (10) GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66. ALLEGATO I FORMULARIO INFORMATIVO PER I CONTRATTI DI MULTIPROPRIETÀ ALLEGATO II FORMULARIO INFORMATIVO PER I CONTRATTI RELATIVI A PRODOTTI PER LE VACANZE DI LUNGO TERMINE ALLEGATO III FORMULARIO INFORMATIVO PER I CONTRATTI DI RIVENDITA ALLEGATO IV FORMULARIO INFORMATIVO PER I CONTRATTI DI SCAMBIO ALLEGATO V FORMULARIO SEPARATO PER FACILITARE IL DIRITTO DI RECESSO ALLEGATO VI TAVOLA DI CONCORDANZA TRA LE DISPOSIZIONI DELLA PRESENTE DIRETTIVA E LA DIRETTIVA 94/47/CE Direttiva 94/47/CE Presente direttiva Articolo 1, primo comma Articolo 1, paragrafo 1, e articolo 1, paragrafo 2, primo comma Articolo 1, secondo comma — Articolo 1, terzo comma Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) — Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) (nuova) — Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) (nuova) — Articolo 2, paragrafo 1, lettera d) (nuova) Articolo 2, secondo trattino — Articolo 2, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera e) Articolo 2, quarto trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera f) — Articolo 2, paragrafo 1, lettera g) (nuova) — Articolo 2, paragrafo 1, lettera h) (nuova) — Articolo 2, paragrafo 1, lettera i) (nuova) — Articolo 2, paragrafo 1, lettera j) (nuova) — Articolo 2, paragrafo 2 (nuovo) Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 3 Articolo 3, paragrafo 1 — Articolo 3, paragrafo 2 (nuovo) — Articolo 3, paragrafo 3 (nuovo) — Articolo 3, paragrafo 4 (nuovo) Articolo 4, primo trattino Articolo 5, paragrafo 1, primo comma, e articolo 5, paragrafo 2, primo comma Articolo 4, secondo trattino Articolo 4, paragrafo 3, e articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 4, paragrafo 2 (nuovo) — Articolo 5, paragrafo 4 (nuovo) — Articolo 5, paragrafo 5 (nuovo) Articolo 5, paragrafo 1, alinea Articolo 6, paragrafo 1 Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino Articolo 6, paragrafi 1 e 2 Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 6, paragrafi 3 e 4 Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 6, paragrafo 3 — Articolo 6, paragrafo 5 (nuovo) Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 7 — Articolo 8, paragrafo 1 (nuovo) Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 5, paragrafo 4 Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 6 Articolo 9, paragrafo 1 — Articolo 9, paragrafo 2 (nuovo) — Articolo 10, paragrafo 1 (nuovo) — Articolo 10, paragrafo 2 (nuovo) — Articolo 11, paragrafo 1 (nuovo) Articolo 7, primo comma Articolo 11, paragrafo 2 Articolo 7, secondo comma Articolo 11, paragrafo 3 Articolo 8 Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 9 Articolo 12, paragrafo 2 Articolo 10 Articoli 13 e 15 Articolo 11 — — Articolo 14, paragrafo 1 (nuovo) — Articolo 14, paragrafo 2 (nuovo) Articolo 12 Articolo 16 — Articolo 17 (nuovo) — Articolo 18 (nuovo) — Articolo 19 (nuovo) Articolo 13 Articolo 20 Allegato Allegato I Allegato, lettera a) Articolo 5, paragrafo 3, lettera a), e allegato I, parte 1, primo riquadro Allegato, lettera b) Allegato I, parte 1, terzo riquadro, e allegato I, parte 3, punto 1, primo trattino Allegato, lettera c) Allegato I, parte 1, secondo riquadro, e allegato I, parte 3, punto 2, primo trattino Allegato, lettera d), paragrafo 1 Allegato I, parte 3, punto 3, primo trattino Allegato, lettera d), paragrafo 2 Allegato I, parte 1, quarto riquadro, e allegato I, parte 3, punto 3, secondo trattino Allegato, lettera d), paragrafo 3 Allegato I, parte 3, punto 3, terzo trattino Allegato, lettera d), paragrafo 4 Allegato I, parte 3, punto 3, primo trattino Allegato, lettera d), paragrafo 5 Allegato I, parte 3, punto 3, quarto trattino Allegato, lettera e) Allegato I, parte 1, sesto riquadro, e allegato I, parte 3, punto 2, secondo trattino Allegato, lettera f) Allegato I, parte 1, sesto riquadro, e allegato I, parte 3, punto 2, terzo trattino Allegato, lettera g) Allegato I, parte 3, punto 6, primo trattino Allegato, lettera h) Allegato I, parte 1, quarto riquadro Allegato, lettera i) Allegato I, parte 1, quinto e sesto riquadro, e allegato I, parte 3, punto 4, primo trattino Allegato, lettera j) Allegato I, parte 2, terzo trattino Allegato, lettera k) Allegato I, parte 2, settimo riquadro, e allegato I, parte 3, punto 6, secondo trattino Allegato, lettera l) Allegato I, parte 2, primo e terzo trattino, allegato I, parte 3, punto 5, primo trattino, e allegato V (nuovo) Allegato, lettera m) Articolo 5, paragrafo 3, lettera b) — Allegato I, parte 1, ottavo riquadro (nuovo) — Allegato I, parte 2, secondo trattino (nuovo) — Allegato I, parte 2, quarto trattino (nuovo) — Allegato I, parte 3, punto 1, secondo trattino (nuovo) — Allegato I, parte 3, punto 4, secondo trattino (nuovo) — Allegato I, parte 3, punto 5, secondo trattino (nuovo) — Allegato I, parte 3, punto 6, terzo trattino (nuovo) — Allegato I, parte 3, punto 6, quarto trattino (nuovo) — Allegati da II a V (nuovi)
Tutela dei consumatori in materia di contratti di multiproprietà e contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La direttiva rafforza la tutela dei consumatori in caso di contratti di vendita, rivendita* e scambio* di prodotti di multiproprietà* e prodotti per le vacanze di lungo termine*. Il settore si è effettivamente evoluto e nuovi prodotti per le vacanze non contemplati dalla legislazione precedente hanno fatto la loro comparsa sul mercato. Questa direttiva aggiorna e chiarisce le norme in materia di tutela dei consumatori e contribuisce al corretto funzionamento del mercato interno. Stabilisce norme sulla pubblicità, sulle informazioni precontrattuali e contrattuali, sul diritto di recesso e il divieto di pagamenti anticipati durante il periodo di recesso. PUNTI CHIAVE Informazioni chiare In tempo utile, prima che il consumatore sia vincolato da un eventuale contratto, l’operatore deve fornire informazioni chiare, accurate e sufficienti, gratuitamente, mediante un formulario informativo, in una lingua ufficiale dello Stato membro dell’Unione europea (Unione) del consumatore. Il formulario informativo (come da modelli allegati alla direttiva) deve in particolare includere informazioni sul prodotto (nel caso di un contratto di multiproprietà, di un contratto relativo a prodotti per le vacanze di lungo termine o di un contratto di scambio) o sul servizio (nel caso di un contratto di rivendita), sui diritti del consumatore e su tutti i costi da sostenere. Deve indicare l’esistenza del diritto di recesso e le condizioni alle quali può essere esercitato. Tali informazioni sono parte integrante del contratto. Eventuali pubblicità devono indicare dove si possono ottenere le suddette informazioni. Inoltre, la multiproprietà o i prodotti per le vacanze di lungo termine non devono essere commercializzati come investimenti Nel caso di promozione o di iniziativa di vendita:l’invito deve indicare chiaramente lo scopo commerciale dell’iniziativa; il pacchetto di informazioni deve essere a disposizione del consumatore in qualsiasi momento nel corso dell’evento.Diritto di recesso Prima della conclusione del contratto, l’operatore è tenuto ad attirare esplicitamente l’attenzione del consumatore sull’esistenza del diritto di recesso, sulla durata del periodo di recesso e sul divieto di versare acconti durante tale periodo. Tali clausole vengono firmate separatamente. Il contratto deve includere un formulario di recesso separato, inteso ad agevolare l’esercizio del diritto di recesso dal contratto. Il consumatore ha il diritto di recesso, senza indicarne le ragioni, entro 14 giorni a partire dalla firma o dal ricevimento del contratto. Questo periodo di riflessione viene esteso di tre mesi qualora il pacchetto di informazioni non sia stato fornito al consumatore, o di un ulteriore anno qualora non sia stato fornito il formulario di recesso. Se il consumatore esercita il diritto di recesso, qualsiasi altro contratto collegato al contratto principale è automaticamente risolto senza alcuna spesa aggiuntiva. Pagamento Il pagamento anticipato, la fornitura di garanzie o l’imputazione di riconoscimento di debito a favore dell’operatore o di terzi non può avvenire prima della fine del termine di recesso. Per quanto concerne i contratti di rivendita, non deve essere corrisposto nessun pagamento anticipato all’operatore prima che la vendita abbia effettivamente avuto luogo. I pagamenti dovuti nel quadro di contratti di vacanze di lungo termine sono ripartiti in rate annuali di pari valore. A partire dal secondo pagamento rateale, il consumatore può porre fine al contratto senza incorrere in penali dandone preavviso entro 14 giorni dalla ricezione della richiesta di pagamento. Provvedimenti risarcitori Gli Stati membri devono informare i consumatori delle possibilità di ricorso (risarcimento) stabilite dalle disposizioni nazionali e incoraggiare procedure di risoluzione extragiudiziali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 23 febbraio 2009 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 23 febbraio 2011. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva sulla multiproprietà (Commissione europea) Viaggi «tutto compreso» e multiproprietà: informazioni sulle politiche (Commissione europea) Multiproprietà e altri contratti per le vacanze di lungo termine nell’Unione (Your Europe) TERMINI CHIAVE Contratto di rivendita: un contratto in base al quale un operatore è pagato per assistere un consumatore a vendere o comprare una multiproprietà o un prodotto per le vacanze di lungo termine. Contratto di scambio: un contratto con il quale un consumatore entra in un sistema di scambio che permette di scambiare temporaneamente i benefici derivanti da un contratto di multiproprietà con un altro consumatore. Contratto di multiproprietà: un contratto di durata superiore a un anno tramite il quale un consumatore acquista il diritto di utilizzare un alloggio in più di un’occasione, di solito per una o due settimane ogni anno. Contratto relativo ai prodotti per le vacanze di lungo termine: un contratto di una durata superiore a un anno che dà al consumatore il diritto a sconti per l’alloggio o prestazioni correlate, a volte in combinazione con viaggi o altri servizi. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio (GU L 33 del 3.2.2009, pag. 10).
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32018R1807
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REGOLAMENTO (UE) 2018/1807 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 14 novembre 2018 relativo a un quadro applicabile alla libera circolazione dei dati non personali nell'Unione europea (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) L'economia si sta velocemente digitalizzando. Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione non costituiscono più un settore a sé stante, bensì sono la base stessa di tutti i sistemi economici e delle società innovativi e moderni. I dati elettronici sono al centro di tali sistemi e, quando sono analizzati o utilizzati in associazione a servizi e prodotti, possono generare un ingente valore. Allo stesso tempo, il rapido sviluppo dell'economia dei dati e di tecnologie emergenti come l'intelligenza artificiale, i prodotti e i servizi relativi all'Internet degli oggetti, i sistemi autonomi e la tecnologia 5G sollevano nuove questioni giuridiche relative all'accesso ai dati e al loro riutilizzo, alla responsabilità, all'etica e alla solidarietà. Si dovrebbe considerare l'opportunità di lavorare in materia di responsabilità, segnatamente attraverso l'impiego di codici di autoregolamentazione e altre migliori prassi, tenendo conto delle raccomandazioni, delle decisioni e delle azioni adottate senza interazione umana lungo l'intera catena del valore del trattamento dei dati. Tali lavori potrebbero anche contemplare meccanismi appropriati per determinare la responsabilità, per trasferire la responsabilità tra servizi che cooperano, per l'assicurazione e per l'audit. (2) Le catene del valore dei dati sono il risultato di diverse attività relative ai dati: la creazione e la raccolta; l'aggregazione e l'organizzazione; il trattamento; l'analisi, la commercializzazione e la distribuzione; l'utilizzo e il riutilizzo. Il funzionamento efficace ed efficiente del trattamento di dati costituisce un elemento fondamentale di qualsiasi catena del valore dei dati. Eppure, tale trattamento di dati efficace ed efficiente e l'evoluzione dell'economia dei dati nell'Unione sono compromessi principalmente da due tipi di ostacoli relativi alla mobilità dei dati e al mercato interno: gli obblighi in materia di localizzazione dei dati posti in essere dalle autorità degli Stati membri e pratiche di «vendor lock-in» nel settore privato. (3) La libertà di stabilimento e la libertà di fornire servizi in virtù del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) si applicano ai servizi di trattamento di dati. Tuttavia, la prestazione di tali servizi è ostacolata – ove non impedita – da alcune disposizioni nazionali, regionali o locali che impongono obblighi di localizzazione dei dati in un determinato territorio. (4) Tali ostacoli alla libera circolazione dei servizi di trattamento di dati e al diritto di stabilimento dei fornitori di servizi di trattamento di dati discendono da disposizioni contenute nelle legislazioni degli Stati membri che impongono obblighi di localizzazione dei dati a fini di trattamento di dati in una determinata area geografica o territorio. Altre norme o pratiche amministrative hanno un effetto equivalente quando introducono requisiti specifici che rendono più difficile trattare dati al di fuori di un determinato territorio o area geografica all'interno dell'Unione, ad esempio l'obbligo di utilizzare dispositivi tecnologici che siano certificati o omologati in un determinato Stato membro. L'incertezza giuridica circa la portata degli obblighi – giustificati o ingiustificati – di localizzazione dei dati limita ulteriormente le scelte disponibili agli operatori del mercato e del settore pubblico per quanto riguarda la localizzazione dei dati trattati. Il presente regolamento non limita in alcun modo la libertà delle imprese di stipulare contratti che stabiliscano dove devono essere localizzati i dati. Il presente regolamento è inteso unicamente a salvaguardare tale libertà garantendo che il luogo stabilito possa trovarsi ovunque nell'Unione. (5) Allo stesso tempo, la mobilità dei dati all'interno dell'Unione è anche ostacolata da restrizioni relative al settore privato, quali aspetti giuridici, contrattuali e tecnici che ostacolano o impediscono agli utenti di servizi di trattamento di dati di trasferire i propri dati da un fornitore di servizi a un altro o di ritrasferirli verso i propri sistemi informatici, non da ultimo al termine del loro contratto con il fornitore di servizi. (6) La combinazione di tali ostacoli ha determinato una mancanza di concorrenza tra i fornitori di servizi cloud nell'Unione, diversi problemi di «vendor lock-in» e gravi carenze in termini di mobilità dei dati. Analogamente, le politiche di localizzazione dei dati hanno compromesso la capacità delle aziende di ricerca e sviluppo di agevolare la collaborazione tra imprese, università e altre organizzazioni di ricerca allo scopo di sostenere l'innovazione. (7) Un unico insieme di regole per tutti i partecipanti al mercato costituisce un elemento essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno, affinché siano garantite la certezza del diritto e la parità di condizioni all'interno dell'Unione. Al fine di rimuovere gli ostacoli agli scambi ed evitare distorsioni della concorrenza derivanti da divergenti normative nazionali, nonché per prevenire il probabile insorgere di ulteriori ostacoli e distorsioni significative, è necessario adottare norme uniformi applicabili in tutti gli Stati membri. (8) Il quadro giuridico relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento di dati personali, al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali nelle comunicazioni elettroniche, e segnatamente il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), nonché le direttive (UE) 2016/680 (4) e 2002/58/CE (5) del Parlamento europeo e del Consiglio, non sono pregiudicati dal presente regolamento. (9) L'espansione dell'Internet degli oggetti, l'intelligenza artificiale e l'apprendimento automatico rappresentano fonti importanti di dati non personali, ad esempio a seguito del loro utilizzo in processi automatizzati di produzione industriale. Fra gli esempi specifici di dati non personali figurano gli insiemi di dati aggregati e anonimizzati usati per l'analisi dei megadati, i dati sull'agricoltura di precisione che possono contribuire a monitorare e ottimizzare l'uso di pesticidi e acqua, o i dati sulle esigenze di manutenzione delle macchine industriali. Se i progressi tecnologici consentono di trasformare dati anonimizzati in dati personali, tali dati sono trattati come dati personali e si applica di conseguenza il regolamento (UE) 2016/679. (10) A norma del regolamento (UE) 2016/679, gli Stati membri non possono limitare o vietare la libera circolazione dei dati personali all'interno dell'Unione per motivi attinenti alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento di dati personali. Il presente regolamento sancisce il medesimo principio di libera circolazione all'interno dell'Unione per i dati non personali, tranne nei casi in cui una limitazione o un divieto sono giustificati per motivi di sicurezza pubblica. Il regolamento (UE) 2016/679 e il presente regolamento forniscono un insieme coerente di norme che disciplinano la libera circolazione di diversi tipi di dati. Inoltre, il presente regolamento non impone l'obbligo di archiviare separatamente i diversi tipi di dati. (11) Per istituire un quadro applicabile alla libera circolazione dei dati non personali nell'Unione e creare il fondamento per lo sviluppo dell'economia dei dati e il rafforzamento della competitività dell'industria dell'Unione, è necessario stabilire regole giuridiche chiare, complete e prevedibili per il trattamento di dati diversi dai dati personali nel mercato interno. Un approccio basato sui principi che preveda la cooperazione tra gli Stati membri e l'autoregolamentazione dovrebbe garantire un quadro normativo sufficientemente flessibile da poter tener conto dell'evoluzione delle esigenze degli utenti, dei fornitori di servizi e delle autorità nazionali nell'Unione. Onde evitare il rischio di sovrapposizioni con i meccanismi esistenti e, di conseguenza, oneri maggiori sia per gli Stati membri che per le imprese, è opportuno non introdurre norme tecniche dettagliate. (12) Il presente regolamento non dovrebbe pregiudicare il trattamento di dati, nella misura in cui questo è effettuato nell'ambito di un'attività che non è disciplinata dal diritto dell'Unione. In particolare, è opportuno rammentare che a norma dell'articolo 4 del trattato sull'Unione europea (TUE), la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro. (13) La libera circolazione dei dati nell'Unione svolgerà un ruolo importante nel raggiungere una crescita e un'innovazione basate sui dati. Come le imprese e i consumatori, anche le autorità pubbliche e gli organismi di diritto pubblico degli Stati membri traggono beneficio da una maggiore libertà di scelta per quanto riguarda i fornitori di servizi basati sui dati, da prezzi più competitivi e da una maggiore efficienza nella prestazione di servizi ai cittadini. Considerata la grande quantità di dati che le autorità e gli organismi di diritto pubblico gestiscono, è estremamente importante che essi diano l'esempio avvalendosi di servizi di trattamento dei dati e si astengano dall'applicare restrizioni alla localizzazione dei dati quando utilizzano i servizi di trattamento dei dati. Pertanto, le autorità e gli organismi di diritto pubblico dovrebbero essere contemplati dal presente regolamento. A tale riguardo, il principio della libera circolazione dei dati non personali di cui al presente regolamento dovrebbe applicarsi inoltre alle prassi amministrative generali e coerenti e ad altri requisiti di localizzazione dei dati nel settore degli appalti pubblici, fatta salva la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6). (14) Come la direttiva 2014/24/UE, il presente regolamento fa salve le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'organizzazione interna degli Stati membri che assegnano tra autorità pubbliche e organismi di diritto pubblico poteri e responsabilità in materia di trattamento dei dati senza remunerazione contrattuale di soggetti privati nonché le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che regolano l'esercizio di tali poteri e responsabilità. Mentre le autorità pubbliche e gli organismi di diritto pubblico sono incoraggiate a considerare i vantaggi economici e di altro tipo dell'esternalizzazione a fornitori esterni di servizi, essi potrebbero avere ragioni legittime per scegliere l'autofornitura di servizi o l'internalizzazione. Di conseguenza, il presente regolamento non obbliga in alcun modo gli Stati membri a subappaltare o esternalizzare la fornitura di servizi che essi intendono fornire direttamente o organizzare con mezzi diversi dagli appalti pubblici. (15) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi alle persone fisiche o giuridiche che forniscono servizi di trattamento di dati a utenti residenti o stabiliti nell'Unione, comprese quelle che forniscono servizi di trattamento di dati nell'Unione senza esservi stabilite. Il presente regolamento non dovrebbe pertanto applicarsi ai servizi di trattamento di dati svolti al di fuori dell'Unione e ai requisiti di localizzazione relativi a tali dati. (16) Il presente regolamento non stabilisce norme relative alla determinazione della legge applicabile in materia commerciale e lascia pertanto impregiudicato il regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). In particolare, nella misura in cui la legge applicabile a un contratto non è stata scelta a norma di tale regolamento, il contratto di prestazione di servizi è disciplinato, in linea di principio, dalla legge del paese in cui il prestatore di servizi ha la residenza abituale. (17) Il presente regolamento dovrebbe intendere i trattamenti di dati nell'accezione più ampia possibile, indipendentemente dal tipo di sistema della tecnologia dell'informazione utilizzato e sia che tali operazioni siano effettuate nei locali dell'utente o siano esternalizzate ad un fornitore di servizi. Esso dovrebbe contemplare il trattamento di dati a diversi livelli di intensità, dall'archiviazione (Infrastructure-as-a-Service - IaaS) al trattamento di dati su piattaforme (Platform-as-a-Service - PaaS) o in applicazioni (Software-as-a-Service - SaaS). (18) Gli obblighi di localizzazione dei dati costituiscono un chiaro ostacolo alla libera prestazione di servizi di trattamento di dati in tutta l'Unione e al mercato interno. In quanto tali, dovrebbero essere vietati tranne quando siano giustificati da motivi di pubblica sicurezza, ai sensi del diritto dell'Unione, in particolare ai sensi dell'articolo 52 TFUE, e soddisfino il principio di proporzionalità sancito dall'articolo 5 TUE. Al fine di dare concreta attuazione al principio della libera circolazione transfrontaliera dei dati non personali, assicurare la rapida rimozione degli obblighi di localizzazione dei dati esistenti e consentire, per motivi operativi, il trattamento di dati in più località distribuite nel territorio dell'Unione, e atteso che il presente regolamento prevede misure per garantire la disponibilità dei dati ai fini del controllo di regolamentazione, è opportuno che gli Stati membri possano invocare unicamente la sicurezza pubblica come giustificazione per gli obblighi di localizzazione dei dati. (19) La nozione di «pubblica sicurezza» ai sensi dell'articolo 52 TFUE, nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia, riguarda la sicurezza sia interna che esterna di uno Stato membro, come pure le questioni di incolumità pubblica, in particolare al fine di agevolare le indagini, l'accertamento e il perseguimento di reati. Presuppone l'esistenza di una minaccia reale e sufficientemente grave a uno degli interessi fondamentali della società, quale il pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali nonché all'incolumità della popolazione, come il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli, o ancora il pregiudizio agli interessi militari. Conformemente al principio di proporzionalità, gli obblighi di localizzazione dei dati giustificati da motivi imperativi di pubblica sicurezza dovrebbero essere adatti al raggiungimento dell'obiettivo perseguito e limitarsi a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. (20) Per garantire l'efficace applicazione del principio della libera circolazione transfrontaliera di dati non personali ed evitare l'insorgere di nuovi ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno, è opportuno che gli Stati membri comunichino immediatamente alla Commissione qualsiasi progetto di atto che introduca un nuovo obbligo di localizzazione dei dati o ne modifichi uno esistente. Tali progetti di atto dovrebbero essere presentati e valutati conformemente alla direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). (21) Inoltre, onde eliminare le potenziali barriere esistenti è opportuno che gli Stati membri procedano, nel corso di un periodo transitorio di 24 mesi a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, al riesame delle vigenti disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di carattere generale che stabiliscono gli obblighi di localizzazione dei dati e che comunichino alla Commissione tutti gli obblighi di localizzazione dei dati che ritengono conformi al presente regolamento, corredandoli della giustificazione. Ciò dovrebbe consentire alla Commissione di esaminare la conformità di tutti i rimanenti obblighi di localizzazione dei dati. È opportuno attribuire alla Commissione la facoltà, ove opportuno, di presentare osservazioni allo Stato membro in questione. Tali osservazioni potrebbero contemplare la raccomandazione di modificare o abrogare l'obbligo di localizzazione dei dati. (22) L'obbligo di comunicare alla Commissione gli obblighi vigenti di localizzazione dei dati e i relativi progetti di atti, stabilito dal presente regolamento, dovrebbe applicarsi agli obblighi regolamentari di localizzazione dei dati e ai progetti di atti di natura generale, ma non alle decisioni rivolte a una persona fisica o giuridica specifica. (23) Al fine di garantire la trasparenza degli obblighi di localizzazione dei dati negli Stati membri stabiliti in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di natura generale per le persone fisiche e giuridiche, quali fornitori di servizi e utenti di servizi di trattamento di dati, gli Stati membri dovrebbero pubblicare le informazioni relative a tali obblighi in un portale unico nazionale on line d'informazione, che sarà aggiornato periodicamente. In alternativa gli Stati membri dovrebbero fornire tali informazioni aggiornate in merito a tali obblighi presso un portale informazioni centralizzato istituito da un altro atto dell'Unione. Per informare adeguatamente le persone fisiche e giuridiche sugli obblighi di localizzazione dei dati in tutta l'Unione, è opportuno che gli Stati membri comunichino alla Commissione l'indirizzo di detti portali unici d'informazione. La Commissione dovrebbe pubblicare tali informazioni sul suo sito web insieme a un elenco consolidato, aggiornato periodicamente, di tutti gli obblighi di localizzazione dei dati in vigore negli Stati membri, comprendente informazioni sintetiche su detti obblighi. (24) Gli obblighi di localizzazione dei dati derivano spesso dalla mancanza di fiducia nelle operazioni transfrontaliere di trattamento di dati, dovuta alla presunta indisponibilità dei dati alle autorità competenti degli Stati membri per l'esercizio delle loro funzioni, quali l'ispezione e l'audit nell'ambito di un controllo regolamentare o di vigilanza. Tale mancanza di fiducia non può essere superata soltanto con la nullità delle clausole contrattuali che vietano l'accesso legittimo ai dati da parte delle autorità competenti per l'esercizio delle loro funzioni ufficiali. Pertanto, il presente regolamento dovrebbe precisare chiaramente che esso non pregiudica la facoltà delle autorità competenti di chiedere od ottenere l'accesso ai dati conformemente al diritto dell'Unione o nazionale, e che tale accesso non può essere rifiutato alle autorità competenti per il fatto che i dati sono trattati in un altro Stato membro. Le autorità competenti potrebbero imporre requisiti funzionali a sostegno dell'accesso ai dati, come ad esempio l'obbligo di conservare le descrizioni del sistema nello Stato membro interessato. (25) Le persone fisiche o giuridiche che sono tenute a fornire dati alle autorità competenti possono conformarsi a tali obblighi fornendo e garantendo alle autorità competenti l'accesso elettronico effettivo e tempestivo ai dati, indipendentemente dallo Stato membro nel cui territorio i dati sono trattati. Tale accesso può essere garantito da clausole e condizioni contrattuali stipulate tra la persona fisica o giuridica soggetta all'obbligo di garantire l'accesso e il fornitore di servizi. (26) Quando una persona fisica o giuridica è soggetta a un obbligo di fornire i dati e non vi ottempera, l'autorità competente dovrebbe poter chiedere assistenza alle autorità competenti di altri Stati membri. In tali casi, è opportuno che le autorità competenti utilizzino gli specifici strumenti di cooperazione previsti dal diritto dell'Unione o a norma di accordi internazionali, ad esempio, a seconda della materia trattata, rispettivamente nel settore della cooperazione di polizia, penale o civile o amministrativa: la decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio (9), la direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (10), la Convenzione sulla criminalità informatica del Consiglio d'Europa (11), il regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio (12), la direttiva 2006/112/CE del Consiglio (13) e il regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio (14). In mancanza di tali meccanismi specifici di cooperazione, le autorità competenti dovrebbero cooperare tra loro in modo da fornire l'accesso ai dati richiesti per il tramite dei punti di contatto unici designati. (27) Se una richiesta di assistenza comporta che l'autorità richiesta ottenga l'accesso a tutti i locali di una persona fisica o giuridica, compresi tutti gli strumenti e dispositivi di trattamento di dati, tale accesso deve essere conforme al diritto dell'Unione o alle norme procedurali nazionali, compreso l'eventuale obbligo di ottenere una previa autorizzazione giudiziaria. (28) Il presente regolamento non dovrebbe consentire agli utilizzatori di tentare di eludere l'applicazione del diritto nazionale. È pertanto opportuno adottare disposizioni affinché gli Stati membri impongano sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive agli utenti che impediscono alle autorità competenti di accedere ai propri dati, necessari alle autorità competenti per l'esercizio delle loro funzioni ufficiali a norma del diritto dell'Unione e nazionale. In casi urgenti, qualora un utente abusi del proprio diritto, gli Stati membri dovrebbero poter imporre misure provvisorie rigorosamente proporzionate. Eventuali misure provvisorie che richiedano la rilocalizzazione dei dati per un periodo superiore a 180 giorni dopo la rilocalizzazione si discosterebbero dal principio della libera circolazione dei dati per un periodo significativo e dovrebbero pertanto essere comunicate alla Commissione ai fini dell'esame della loro compatibilità con il diritto dell'Unione. (29) La portabilità dei dati senza impedimenti è uno degli elementi fondamentali che agevolano la scelta degli utenti e stimolano la concorrenza effettiva nei mercati dei servizi di trattamento di dati. Inoltre le difficoltà reali o percepite relative alla portabilità transfrontaliera dei dati compromettono la fiducia degli utenti professionali nelle offerte transfrontaliere, e di conseguenza, la loro fiducia nel mercato interno. Mentre i consumatori singoli traggono vantaggi dal vigente diritto dell'Unione, essa non facilita gli utenti che intendono cambiare fornitore di servizi nell'ambito della loro attività imprenditoriale o professionale. Anche l'adozione di requisiti tecnici coerenti in tutta l'Unione, per quanto riguarda l'armonizzazione tecnica, il riconoscimento reciproco o l'armonizzazione volontaria, contribuisce allo sviluppo di un mercato interno competitivo per i servizi di trattamento dati. (30) Perché possano trarre pienamente vantaggio dall'ambiente concorrenziale, è opportuno che gli utenti professionali siano in grado di compiere scelte informate e di confrontare facilmente i singoli elementi dei servizi di trattamento di dati offerti nel mercato interno, anche sotto il profilo delle clausole e condizioni contrattuali di portabilità dei dati al termine del contratto. Per mantenere il passo con la potenziale innovazione del mercato e tener conto dell'esperienza e delle competenze dei fornitori di servizi e degli utenti professionali di servizi di trattamento di dati, le informazioni dettagliate e i requisiti operativi per la portabilità dei dati dovrebbero essere definiti dagli operatori del mercato mediante autoregolamentazione, incoraggiati, agevolati e controllati dalla Commissione, in forma di codici di condotta dell'Unione che potrebbero contemplare clausole e condizioni contrattuali tipo. (31) Per essere efficaci e facilitare il cambio tra fornitori di servizi e la portabilità dei dati, tali codici di condotta dovrebbero essere esaustivi e riguardare almeno gli aspetti fondamentali che sono importanti durante il processo di portabilità dei dati, quali le procedure per e il luogo in cui è effettuato il backup dei dati, i formati e i supporti dei dati disponibili, la configurazione informatica e la larghezza minima di banda della rete richieste, il tempo necessario per avviare la procedura di trasferimento dei dati e il periodo in cui i dati saranno disponibili per il trasferimento, nonché le garanzie di accesso ai dati in caso di fallimento del fornitore di servizi. I codici di condotta dovrebbero altresì chiarire che le pratiche di «vendor lock-in» non sono pratiche commerciali accettabili, prevedere tecnologie che incrementino la fiducia ed essere periodicamente aggiornati per restare al passo con gli sviluppi tecnologici. La Commissione dovrebbe garantire che tutte le parti interessate, incluse le associazioni di piccole e medie imprese (PMI) e le start-up, gli utenti e i fornitori di servizi cloud siano consultate durante tutte le fasi del processo. La Commissione dovrebbe valutare l'elaborazione e l'efficacia dell'attuazione di tali codici di condotta. (32) Quando un'autorità competente di uno Stato membro chiede l'assistenza di un altro Stato membro per avere accesso ai dati sulla base del presente regolamento, dovrebbe presentare al punto di contatto unico di quest'ultimo, per il tramite del punto di contatto unico designato, una richiesta debitamente giustificata, che dovrebbe contenere una illustrazione scritta dei motivi e delle basi giuridiche per accedere ai dati. Il punto di contatto unico designato dallo Stato membro a cui è richiesta l'assistenza dovrebbe facilitare la trasmissione della richiesta all'autorità competente nello Stato membro richiesto. Onde garantire una cooperazione efficace, l'autorità richiesta dovrebbe fornire tempestivamente l'assistenza richiesta o fornire informazioni sulle difficoltà incontrate nel soddisfare tale richiesta di assistenza o sui motivi del rifiuto di tale richiesta. (33) Rafforzare la fiducia nella sicurezza del trattamento transfrontaliero dei dati dovrebbe ridurre la tendenza degli operatori del mercato e del settore pubblico a servirsi della localizzazione dei dati come sostituto della sicurezza dei dati. Dovrebbe inoltre migliorare la certezza del diritto per le imprese circa il rispetto degli obblighi di sicurezza applicabili in caso di esternalizzazione delle loro attività di trattamento di dati a fornitori di servizi, inclusi i fornitori in altri Stati membri. (34) I requisiti di sicurezza connessi al trattamento di dati che sono applicati in modo giustificato e proporzionato sulla base del diritto dell'Unione o del diritto nazionale nel rispetto del diritto dell'Unione nello Stato membro di residenza o di stabilimento delle persone fisiche o giuridiche i cui dati sono interessati dovrebbero continuare ad applicarsi al trattamento di dati in un altro Stato membro. Tali persone fisiche o giuridiche dovrebbero poter soddisfare tali requisiti direttamente o attraverso clausole contrattuali stabilite nei contratti con i fornitori di servizi. (35) I requisiti di sicurezza stabiliti a livello nazionale dovrebbero essere necessari e proporzionati ai rischi che corre la sicurezza del trattamento di dati nell'ambito di applicazione del diritto nazionale in cui tali requisiti sono stabiliti. (36) La direttiva (UE) 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio (15) prevede misure giuridiche per rafforzare il livello generale della sicurezza informatica dell'Unione. I servizi di trattamento di dati costituiscono uno dei servizi digitali contemplati da tale direttiva. In base a tale direttiva, gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché i fornitori di servizi digitali identifichino e adottino misure tecniche e organizzative adeguate e proporzionate alla gestione dei rischi posti alla sicurezza della rete e dei sistemi informativi che utilizzano. Tali misure sono intese a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio esistente e dovrebbero tenere conto della sicurezza dei sistemi e degli impianti, del trattamento degli incidenti, della gestione della continuità operativa, del monitoraggio, degli audit e test e della conformità con le norme internazionali. Questi elementi devono essere ulteriormente specificati dalla Commissione mediante atti di esecuzione in base a tale direttiva. (37) È opportuno che la Commissione presenti una relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente regolamento, in particolare per valutare la necessità di modificarle in funzione dell'evoluzione delle tecnologie o del mercato. Tale relazione dovrebbe in particolare valutare il presente regolamento, in particolare per quanto riguarda la sua applicazione agli insiemi di dati composti sia da dati personali che da dati non personali, nonché l'attuazione dell'eccezione relativa ai motivi di pubblica sicurezza. Prima che il presente regolamento inizi ad applicarsi, la Commissione dovrebbe inoltre pubblicare orientamenti informativi su come gestire gli insiemi di dati composti sia da dati personali che da dati non personali, affinché le società, tra cui le PMI, comprendano meglio l'interazione tra il presente regolamento e il regolamento (UE) 2016/679 e garantiscano il rispetto di entrambi. (38) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dovrebbe essere interpretato e applicato conformemente a tali diritti e principi, principalmente il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, la libertà d'espressione e di informazione e la libertà d'impresa. (39) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, segnatamente garantire la libera circolazione dei dati diversi dai dati personali nell'Unione, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento mira a garantire la libera circolazione dei dati diversi dai dati personali all'interno dell'Unione stabilendo disposizioni relative agli obblighi di localizzazione dei dati, alla messa a disposizione dei dati alle autorità competenti e alla portabilità dei dati per gli utenti professionali. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. Il presente regolamento si applica alle attività di trattamento di dati elettronici diversi dai dati personali nell'Unione che: a) sono fornite come servizio ad utenti residenti o stabiliti nell'Unione, indipendentemente dal fatto che il fornitore di servizi sia o non sia stabilito nell'Unione, o b) sono effettuate da una persona fisica o giuridica residente o stabilito nell'Unione per le proprie esigenze. 2. Nel caso di un insieme di dati composto sia da dati personali che da dati non personali, il presente regolamento si applica alla parte dell'insieme contenente i dati non personali. Qualora i dati personali e non personali all'interno di un insieme di dati siano indissolubilmente legati, il presente regolamento lascia impregiudicata l'applicazione del regolamento (UE) 2016/679. 3. Il presente regolamento non si applica alle attività che non rientrano nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione. Il presente regolamento fa salve le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'organizzazione interna degli Stati membri che attribuiscono tra autorità pubbliche e organismi di diritto pubblico quali definiti all'articolo 2, paragrafo 1, punto 4 della direttiva 2014/24/UE poteri e responsabilità in materia di trattamento dei dati, senza remunerazione contrattuale di soggetti privati, nonché le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che prevedono l'esercizio di tali poteri e responsabilità. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «dati»: i dati diversi dai dati personali definiti all'articolo 4, punto 1, del regolamento (UE) 2016/679; 2) «trattamento»: qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute su dati o insiemi di dati in formato elettronico, con o senza l'ausilio di strumenti automatizzati, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l'adattamento o la modifica, il reperimento, la consultazione, l'uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, l'allineamento o l'interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione; 3) «progetto di atto»: un testo redatto con l'obiettivo di farlo adottare come legge, regolamento o disposizione amministrativa di carattere generale; il testo si trova ancora in fase di preparazione e può ancora essere oggetto di modifiche sostanziali; 4) «fornitore di servizi»: una persona fisica o giuridica che fornisce servizi di trattamento di dati; 5) «obbligo di localizzazione dei dati»: qualsiasi obbligo, divieto, condizione, limite o altro requisito, previsto dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro o risultante dalle prassi amministrative generali e coerenti in uno Stato membro e negli organismi di diritto pubblico, anche nell'ambito degli appalti pubblici, fatta salva la direttiva 2014/24/UE, che impone di effettuare il trattamento di dati nel territorio di un determinato Stato membro o che ostacola il trattamento di dati in un altro Stato membro; 6) «autorità competente»: un'autorità di uno Stato membro o qualsiasi altro ente autorizzato, in virtù del diritto nazionale, a esercitare una funzione pubblica o a esercitare i pubblici poteri, che ha la facoltà di ottenere accesso ai dati trattati da una persona fisica o giuridica ai fini dell'esercizio delle sue funzioni ufficiali, come previsto dal diritto dell'Unione o nazionale; 7) «utente»: una persona fisica o giuridica, compreso un'autorità pubblica e un organismo di diritto pubblico, che utilizza o richiede servizi di trattamento di dati; 8) «utente professionale»: una persona fisica o giuridica, compreso un'autorità pubblica e un organismo di diritto pubblico, che utilizza o richiede servizi di trattamento di dati per fini connessi alla sua attività commerciale, industriale, artigianale, professionale o a una sua funzione. Articolo 4 Libera circolazione dei dati all'interno dell'Unione 1. Gli obblighi di localizzazione di dati sono vietati a meno che siano giustificati da motivi di sicurezza pubblica nel rispetto del principio di proporzionalità. Il primo comma del presente paragrafo fa salvo il paragrafo 3 e gli obblighi di localizzazione dei dati stabiliti sulla base del diritto vigente dell'Unione. 2. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione qualsiasi progetto di atto che introduca un nuovo obbligo di localizzazione di dati o apporti modifiche a un vigente obbligo di localizzazione dei dati, in conformità con le procedure stabilite agli articoli 5, 6 e 7 della direttiva (UE) 2015/1535. 3. Entro il 30 maggio 2021, gli Stati membri provvedono a abrogare qualsiasi obbligo di localizzazione dei dati vigente stabilito da una legge, da un regolamento o da una disposizione amministrativa di carattere generale che non sia conforme al paragrafo 1 del presente articolo. Entro il 30 maggio 2021, se uno Stato membro ritiene che una vigente misura contenente un obbligo di localizzazione dei dati sia conforme al paragrafo 1 del presente articolo e possa pertanto rimanere in vigore, esso comunica tale misura alla Commissione, giustificandone il mantenimento in vigore. Fatto salvo l'articolo 258 TFUE, la Commissione, entro un termine di sei mesi dalla data di ricevimento della comunicazione, esamina la conformità della misura con il paragrafo 1 del presente articolo e, se del caso, presenta osservazioni allo Stato membro interessato, ove necessario, con la raccomandazione di modificare o abrogare la misura. 4. Gli Stati membri rendono pubbliche informazioni dettagliate sugli obblighi di localizzazione dei dati stabiliti da una legge, da un regolamento o da una disposizione amministrativa di carattere generale e applicabili nel loro territorio mediante un portale unico nazionale on line che tengono aggiornato oppure forniscono informazioni aggiornate circa tali obblighi di localizzazione dei dati a un punto informativo centrale istituito da un altro atto dell'Unione. 5. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l'indirizzo del loro portale unico di informazioni di cui al paragrafo 4. La Commissione pubblica tali indirizzi sul proprio sito web, insieme a un elenco consolidato e periodicamente aggiornato di tutti gli obblighi di localizzazione dei dati di cui al paragrafo 4, comprese informazioni sintetiche su tali obblighi. Articolo 5 Messa a disposizione di dati alle autorità competenti 1. Il presente regolamento non pregiudica la facoltà delle autorità competenti di chiedere od ottenere l'accesso a dati ai fini dell'esercizio delle loro funzioni ufficiali conformemente al diritto dell'Unione o nazionale. L'accesso ai dati da parte delle autorità competenti non può essere rifiutato per il fatto che i dati sono trattati in un altro Stato membro. 2. Qualora, dopo avere richiesto l'accesso ai dati di un utente, un'autorità competente non ottenga tale accesso e qualora non esista un meccanismo specifico di cooperazione in base al diritto dell'Unione o ad accordi internazionali per lo scambio di dati tra autorità competenti di diversi Stati membri, detta autorità competente può chiedere l'assistenza di un'autorità competente in un altro Stato membro secondo la procedura di cui all'articolo 7. 3. Se una richiesta di assistenza implica che l'autorità richiesta ottenga l'accesso a tutti i locali di una persona fisica o giuridica, compresi tutti gli strumenti e dispositivi di trattamento di dati, tale accesso deve essere conforme al diritto dell'Unione o alle norme procedurali a livello nazionale. 4. Gli Stati membri possono imporre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per il mancato rispetto di un obbligo di fornire dati conformemente al diritto nazionale e dell'Unione. Qualora un utente abusi del proprio diritto, uno Stato membro può imporre a tale utente misure provvisorie rigorosamente proporzionate, ove giustificato dall'urgenza di accedere ai dati e tenendo conto degli interessi delle parti interessate. Se una misura provvisoria prevede la rilocalizzazione dei dati per un periodo superiore a 180 giorni dalla rilocalizzazione, la Commissione ne è informata entro tale periodo di 180 giorni. La Commissione esamina la misura e la sua compatibilità con il diritto dell'Unione nel più breve tempo possibile e, se del caso, adotta le misure necessarie. La Commissione scambia informazioni circa le esperienze in tal senso con i punti di contatto unici degli Stati membri di cui all'articolo 7. Articolo 6 Portabilità dei dati 1. La Commissione incoraggia e facilita l'elaborazione di codici di condotta di autoregolamentazione a livello dell'Unione («codici di condotta»), al fine di contribuire a un'economia dei dati competitiva basata sui principi della trasparenza e dell'interoperabilità e nell'ambito della quale si tenga debitamente conto degli standard aperti, contemplando, tra l'altro, gli aspetti seguenti: a) le migliori prassi per agevolare il cambio di fornitore di servizi e la portabilità dei dati in un formato strutturato, di uso comune e leggibile elettronicamente, anche in formati standard aperti ove necessario o richiesto dal fornitore di servizi che riceve i dati; b) gli obblighi d'informazione minimi per garantire che gli utenti professionali ricevano informazioni sufficientemente dettagliate, chiare e trasparenti prima della conclusione di un contratto di trattamento di dati, per quanto riguarda le procedure e i requisiti tecnici, i tempi e gli oneri applicati nel caso in cui un utente professionale intenda cambiare fornitore di servizi o ritrasferire i dati nei propri sistemi informatici; c) gli approcci in materia di sistemi di certificazione che agevolano il confronto di prodotti e servizi di trattamento dei dati per gli utenti professionali, tenendo conto delle norme consolidate a livello nazionale o internazionale che agevolano la comparabilità di tali prodotti e servizi. Tali approcci possono includere, tra l'altro, la gestione della qualità, la gestione della sicurezza delle informazioni, la gestione della continuità operativa e la gestione ambientale. d) tabelle di marcia in materia di comunicazione, con un approccio multidisciplinare volto a sensibilizzare i portatori di interessi a proposito dei codici di condotta. 2. La Commissione provvede affinché i codici di condotta siano elaborati in stretta cooperazione con tutti i portatori di interesse, tra cui le associazioni di PMI e start-up, gli utenti e i fornitori di servizi cloud. 3. La Commissione incoraggia i fornitori di servizi a completare lo sviluppo dei codici di condotta entro il 29 novembre 2019 e a dare loro effettiva attuazione entro il 29 maggio 2020. Articolo 7 Procedura di cooperazione tra le autorità 1. Ciascuno Stato membro designa un punto di contatto unico che funge da collegamento con i punti di contatto unici degli altri Stati membri e la Commissione per quanto riguarda l'applicazione del presente regolamento. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i punti di contatto unici designati e le eventuali successive modifiche. 2. Quando l'autorità competente di uno Stato membro chiede a norma dell'articolo 5, paragrafo 2, l'assistenza di un altro Stato membro per ottenere accesso ai dati, essa inoltra una richiesta debitamente giustificata al punto di contatto unico di quest'ultimo Stato membro. Tale richiesta deve essere corredata di una illustrazione scritta dei motivi e delle basi giuridiche per accedere ai dati. 3. Il punto di contatto unico individua l'autorità competente del proprio Stato membro e le trasmette la richiesta ricevuta a norma del paragrafo 2. 4. L'autorità competente interessata che riceve la richiesta è tenuta, tempestivamente ed entro un termine proporzionato all'urgenza della richiesta, a fornire una risposta in cui comunica i dati richiesti o informa l'autorità competente richiedente che non ritiene siano state soddisfatte le condizioni per chiedere assistenza a norma del presente regolamento. 5. Tutte le informazioni scambiate nell'ambito dell'assistenza richiesta e fornita a norma dell'articolo 5, paragrafo 2, sono utilizzate solo in relazione alla questione per cui sono state richieste. 6. I punti di contatto unici forniscono agli utenti informazioni generali sul presente regolamento, anche in merito ai codici di condotta. Articolo 8 Valutazione e orientamenti 1. Entro il 29 novembre 2022 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione in cui valuta l'attuazione del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda: a) l'applicazione del presente regolamento, in particolare agli insiemi di dati composti sia da dati personali che da dati non personali, in considerazione degli sviluppi del mercato e dei progressi tecnologici suscettibili di ampliare le possibilità di de-anonimizzazione dei dati; b) l'applicazione da parte degli Stati membri dell'articolo 4, paragrafo 1, in particolare l'eccezione relativa ai motivi di pubblica sicurezza; nonché c) l'elaborazione e l'effettiva attuazione dei codici di condotta e l'effettiva messa a disposizione delle informazioni da parte dei fornitori di servizi. 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione tutte le informazioni necessarie per preparare la relazione di cui al paragrafo 1. 3. Entro il 29 maggio 2019 la Commissione pubblica orientamenti informativi sull'interazione tra il presente regolamento e il regolamento (UE) 2016/679, in particolare per quanto concerne gli insiemi di dati composti sia da dati personali che da dati non personali. Articolo 9 Disposizioni finali Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento si applica a decorrere da sei mesi dopo la sua pubblicazione. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 14 novembre 2018 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio La presidente K. EDTSTADLER (1) GU C 227 del 28.6.2018, pag. 78. (2) Posizione del Parlamento europeo del 4 ottobre 2018 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 novembre 2018. (3) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). (4) Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 89). (5) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento di dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37). (6) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65). (7) Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177 del 4.7.2008, pag. 6). (8) Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (GU L 241 del 17.9.2015, pag. 1). (9) Decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell'Unione europea incaricate dell'applicazione della legge (GU L 386 del 29.12.2006, pag. 89). (10) Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale (GU L 130 dell'1.5.2014, pag. 1). (11) Convenzione sulla criminalità informatica del Consiglio d'Europa, STCE n. 185. (12) Regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale (GU L 174 del 27.6.2001, pag. 1). (13) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1). (14) Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (GU L 268 del 12.10.2010, pag. 1). (15) Direttiva (UE) 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (GU L 194 del 19.7.2016, pag. 1).
Libera circolazione dei dati non personali nell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso mira a garantire che i dati elettronici, fatta eccezione per i dati personali, possano essere trattati liberamente in tutta l’UE. Vieta le restrizioni sui luoghi in cui i dati possono essere archiviati o elaborati. PUNTI CHIAVE Il regolamento si applica al trattamento di dati non personali* che viene:fornito come servizio agli utenti che vivono nell’UE; condotta da un individuo, società o organizzazione nell’UE per le proprie esigenze. Il regolamento vieta le misure note come obblighi di localizzazione*, limitando il trattamento dei dati a un territorio specifico dell’UE, tranne che per motivi di pubblica sicurezza. Gli Stati membri devono:informare immediatamente la Commissione europea di eventuali nuovi potenziali obblighi di localizzazione dei dati; entro il 30 maggio 2021, abrogare qualsiasi obbligo di localizzazione dei dati non giustificato o darne notifica alla Commissione se lo ritiene giustificato; istituire un portale unico nazionale on line d’informazione contenente tutti gli obblighi di localizzazione aggiornati; designare un punto di contatto unico che funga da collegamento e collabori con le controparti negli altri Stati membri e la Commissione per quanto riguarda le richieste di assistenza. Le autorità pubbliche possono richiedere l’accesso ai dati situati in un altro paese dell’UE, o conservati o trattati nel cloud, e necessari per l’esercizio delle loro funzioni ufficiali. La Commissione deve:pubblicare collegamenti ai singoli punti di informazione online sul proprio sito Web e aggiornare regolarmente un elenco consolidato degli obblighi di localizzazione; entro il 29 maggio 2019, pubblicare orientamenti sull’interazione tra il presente regolamento e il regolamento (UE) 2016/679 sul trattamento e il trasferimento dei dati personali, e soprattutto gli insiemi di dati composti sia da dati personali che da dati non personali. entro il 29 novembre 2022 presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’attuazione del presente regolamento. La Commissione incoraggia l’elaborazione di codici di condotta di autoregolamentazione a livello dell’Unione. Essi dovrebbero:essere sviluppati in stretta collaborazione con le parti interessate, quali le associazioni di piccole e medie imprese, le start-up, gli utenti e i fornitori di servizi cloud; essere completati entro il 29 novembre 2019 affinché possano essere attuati entro il 29 maggio 2020; riguardarele migliori prassi per agevolare il cambio di fornitore di servizi e la portabilità dei dati*gli obblighi d’informazione minimi per gli utenti professionali prima della conclusione di un contratto di trattamento di datii sistemi di certificazione che agevolano il confronto di prodotti e servizi di trattamento dei dati per gli utenti professionalila comunicazione volta a sensibilizzare riguardo ai codici di condotta. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Esso si applica dal 18 giugno 2019. Come menzionato nella sintesi, vi sono scadenze specifiche nel regolamento che devono essere rispettate, come l’abrogazione, entro il 30 maggio 2021, di eventuali obblighi di localizzazione ingiustificati. CONTESTO Le nuove regole sono studiate per rendere più semplice la gestione transfrontaliera delle attività commerciali nell’UE e creare un mercato unico per i servizi di archiviazione e trattamento dei dati, come il cloud computing. La possibilità di scegliere un fornitore di servizi di dati ovunque nell’UE dovrebbe portare a servizi innovativi basati sui dati e a prezzi più competitivi per le imprese, i consumatori e le amministrazioni pubbliche. Con un contesto normativo favorevole, si stima che l’economia dei dati possa valere il 4% del PIL (prodotto interno lordo) dell’UE entro il 2020. Per ulteriori informazioni, si consulti:Libera circolazione dei dati non personali (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Dati non personali: qualsiasi informazione non collegata a una persona identificata o identificabile, ovvero qualsiasi dato diverso dai dati personali definiti all’articolo 4, punto 1 del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Obblighi di localizzazione: qualsiasi misura legale o amministrativa che dichiari che il trattamento dei dati deve svolgersi in uno specifico territorio dell’UE. Portabilità dei dati: trasferimento dei dati da un fornitore di servizi a un altro o ritorno ai server di un’azienda. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2018/1807 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, relativo a un quadro applicabile alla libera circolazione dei dati non personali nell’Unione europea (GU L 303 del 28.11.2018, pag. 59). DOCUMENTO CORRELATO Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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Accordo di cooperazione e di assistenza tra la Corte penale internazionale e l'Unione europea Gazzetta ufficiale n. L 115 del 28/04/2006 pag. 0050 - 0056 Accordodi cooperazione e di assistenza tra la Corte penale internazionale e l'Unione europeaLA CORTE PENALE INTERNAZIONALEin seguito denominata "la Corte"da un lato, eL’UNIONE EUROPEAin seguito denominata "l’UE", rappresentata dalla presidenza del Consiglio dell’Unione europea,dall’altro,in seguito denominate "le parti",CONSIDERANDO la fondamentale importanza e la priorità che si devono attribuire al consolidamento dello stato di diritto ed al rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario, nonché al mantenimento della pace ed al rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite e come stabilito all’articolo 11 del trattato sull’Unione europea;OSSERVANDO che i principi dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, nonché quelli che ne disciplinano il funzionamento, sono pienamente in linea con i principi e gli obiettivi dell’Unione europea;SOTTOLINEANDO l’importanza dell’amministrazione della giustizia in conformità dello stato di diritto e dell’imparzialità procedurale con particolare riferimento ai diritti dell’imputato previsti dallo statuto di Roma;RILEVANDO il ruolo speciale delle vittime e dei testimoni nei procedimenti dinanzi alla Corte e la necessità di misure specifiche volte a garantirne la sicurezza e l’effettiva partecipazione in conformità dello statuto di Roma;RICORDANDO che la strategia europea in materia di sicurezza, adottata dal Consiglio europeo del 12 dicembre 2003, sostiene un ordine internazionale basato su un multilateralismo effettivo;TENENDO PRESENTE la posizione comune 2003/444/PESC del Consiglio, del 16 giugno 2003, sulla Corte penale internazionale nonché il piano d’azione del Consiglio per il seguito di detta posizione comune e in particolare il ruolo essenziale della Corte penale internazionale al fine di prevenire e contenere i gravi reati che rientrano nella sua giurisdizione;CONSIDERANDO che l’Unione europea è impegnata a sostenere l’efficace funzionamento della Corte penale internazionale e a ottenerne il sostegno universale promuovendo la massima partecipazione possibile allo statuto di Roma;RICORDANDO CHE il presente accordo deve essere subordinato e collegato allo statuto di Roma della Corte penale internazionale e alle norme in materia di procedura e di prova;RICORDANDO CHE l’articolo 87, paragrafo 6, dello statuto di Roma prevede che la Corte può chiedere informazioni o documenti a ogni organizzazione intergovernativa e che essa può inoltre sollecitare altre forme di cooperazione e di assistenza di cui abbia convenuto con tale organizzazione e che sono conformi alle competenze o al mandato di quest’ultima;RICORDANDO CHE il presente accordo contempla termini di cooperazione e di assistenza tra la Corte penale internazionale e l’Unione europea e non tra la Corte penale internazionale e gli Stati membri dell’Unione europea;CONSIDERANDO CHE, a tal fine, la Corte penale internazionale e l’Unione europea dovrebbero concordare i termini di cooperazione e assistenza in aggiunta alla posizione comune 2003/444/PESC e al piano d’azione dell’UE che dà seguito a tale posizione comune,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Scopo dell’accordoIl presente accordo, cui aderiscono l’Unione europea ("UE") e la Corte penale internazionale ("la Corte") a titolo delle disposizioni del trattato sull’Unione europea ("trattato UE") e dello statuto di Roma della Corte penale internazionale ("lo statuto") rispettivamente, definisce i termini di cooperazione e assistenza fra l’UE e la Corte.Articolo 2Definizioni1. Ai fini del presente accordo, per "UE" si intende il Consiglio dell’Unione europea (in seguito denominato "Consiglio"), il segretario generale/alto rappresentante e il segretariato generale del Consiglio, e la Commissione delle Comunità europee (in seguito denominata "Commissione europea"). Per "UE" non si intendono gli Stati membri singolarmente.2. Ai fini del presente accordo, per "Corte" si intende:a) presidenza;b) sezione degli appelli, sezione di primo grado e sezione preliminare;c) ufficio del procuratore;d) cancelleria;e) segretariato dell’assemblea degli Stati parte.Articolo 3Accordi con gli Stati membri1. Il presente accordo, compreso qualsiasi altro accordo o intesa concluso a titolo dell’articolo 11, non si applica a richieste di informazioni della Corte relative a informazioni diverse da documenti dell’UE, comprese le informazioni classificate UE provenienti da uno Stato membro. In siffatte circostanze, qualsiasi richiesta viene rivolta direttamente allo Stato membro interessato.2. L’articolo 73 dello statuto di Roma si applica, mutatis mutandis, alle richieste avanzate dalla Corte all’UE nell’ambito del presente accordo.Articolo 4Obbligo di cooperazione e assistenzaL’UE e la Corte concordano che, nella prospettiva di facilitare l’effettivo espletamento delle loro rispettive responsabilità, esse coopereranno strettamente, laddove appropriato, e si consulteranno reciprocamente su questioni di comune interesse, in conformità delle disposizioni del presente accordo, nella piena osservanza delle rispettive disposizioni del trattato UE e dello statuto. Per agevolare il suddetto obbligo di cooperazione e assistenza le parti convengono di stabilire adeguati contatti regolari fra la Corte e il corrispondente UE per la Corte.Articolo 5Partecipazione alle riunioniL’UE può invitare la Corte a partecipare a riunioni e conferenze organizzate sotto i suoi auspici in cui sono discusse questioni che presentano un interesse per la Corte affinché quest’ultima offra assistenza per le questioni di sua competenza.Articolo 6Promozione dei valori su cui si fonda lo statutoL’UE e la Corte cooperano, laddove opportuno, adottando iniziative per promuovere la diffusione dei principi, dei valori e delle disposizioni dello statuto e degli strumenti correlati.Articolo 7Scambio di informazioni1. Nella massima misura possibile e praticabile, l’UE e la Corte assicurano il regolare scambio di informazioni e documenti di interesse reciproco, in conformità dello statuto e delle norme in materia di procedura e di prova.2. Tenendo in debito conto le proprie responsabilità e competenze nell’ambito del trattato UE, l’UE si impegna a cooperare con la Corte e a fornire alla Corte le informazioni o documenti in suo possesso che la Corte può richiedere a titolo dell’articolo 87, paragrafo 6, dello statuto.3. L’UE può, di propria iniziativa e in conformità del trattato UE, fornire informazioni o documenti che possono essere attinenti ai lavori della Corte.4. In conformità dello statuto e delle norme in materia di procedura e di prova, il cancelliere della Corte fornisce informazioni e documentazione relative a cause, procedure orali, sentenze e ordinanze della Corte che possono rivestire un interesse per l’UE.Articolo 8Protezione della sicurezzaQualora la cooperazione, inclusa la divulgazione di informazioni o documenti, prevista dal presente accordo metta in pericolo la sicurezza del personale dell’UE in servizio o in quiescenza o comprometta altrimenti la sicurezza o l’appropriato svolgimento di qualsiasi operazione o attività dell’UE, la Corte può ordinare, in particolare su richiesta dell’UE, adeguate misure di protezione.Articolo 9Informazioni classificateLe disposizioni concernenti la comunicazione di informazioni classificate UE da parte dell’UE a un organo della Corte sono riportate nell’allegato del presente accordo, che ne costituisce parte integrante.Articolo 10Testimonianza del personale dell’Unione europea1. Qualora la Corte richieda la testimonianza di un funzionario o altro agente dell’UE, l’UE si impegna a cooperare pienamente con la Corte e, ove necessario e tenuto debitamente conto delle sue responsabilità e competenze ai sensi del trattato UE e delle pertinenti norme che ne discendono, ad adottare tutte le misure necessarie per consentire alla Corte di ascoltare la testimonianza della persona, in particolare revocando l’obbligo di riservatezza che incombe a detta persona.2. In riferimento all’articolo 8, le parti riconoscono che possono essere necessarie misure di protezione qualora un funzionario o altro agente sia chiamato a testimoniare dinanzi alla Corte.3. Fatti salvi lo statuto e le norme in materia di procedura e di prova, l’UE è autorizzata a nominare un rappresentante per assistere qualsiasi funzionario o altro agente dell’UE che si presenti come testimone dinanzi alla Corte.Articolo 11Cooperazione fra l’Unione europea e il procuratore1. Nel pieno rispetto del trattato UE:i) l’UE si impegna a cooperare con il procuratore, in conformità dello statuto e delle norme in materia di procedura e di prova, fornendo le informazioni supplementari detenute dall’UE che questi dovesse richiedere;ii) l’UE si impegna a cooperare con il procuratore, in conformità dell’articolo 54, paragrafo 3, lettera c), dello statuto;iii) l’UE, in conformità dell’articolo 54, paragrafo 3, lettera d), dello statuto, conclude ogni intesa o accordo che non sia contrario allo statuto, che può essere necessario per facilitare la cooperazione dell’UE con il procuratore.2. Il procuratore rivolge richieste di informazione per iscritto al segretario generale/alto rappresentante. Il segretario generale/alto rappresentante fornisce una risposta scritta entro un mese.3. L’UE e il procuratore possono convenire che l’UE fornisca documenti o informazioni al procuratore in via confidenziale al solo scopo di ottenere nuovi elementi di prova e che i documenti o le informazioni in questione non siano divulgati a altri organi della Corte o a terze parti in nessuna fase del procedimento o in seguito, senza il consenso dell’UE. Le norme relative alle informazioni classificate di cui all’articolo 9 sono d’applicazione.Articolo 12Privilegi e immunitàSe la Corte chiede di esercitare la propria giurisdizione nei confronti di una persona che si presume essere penalmente responsabile di un crimine nell’ambito della giurisdizione della Corte e se tale persona gode, a titolo delle pertinenti norme di diritto internazionale, di privilegi e immunità, la pertinente istituzione dell’UE si impegna a cooperare pienamente con la Corte e, tenuto debitamente conto delle sue responsabilità e competenze ai sensi del trattato UE e delle pertinenti norme che ne discendono, ad adottare tutte le misure necessarie per consentire alla Corte di esercitare la propria giurisdizione, in particolare revocando tali privilegi e immunità in conformità di tutte le pertinenti norme di diritto internazionale.Articolo 13Regime del personaleIn conformità dell’articolo 44, paragrafo 4, dello statuto, l’UE e la Corte concordano di determinare, caso per caso, in quali circostanze eccezionali la Corte può impiegare del personale messo gratuitamente a disposizione dall’UE, per aiutare qualsiasi organo della Corte nei suoi lavori.Articolo 14Servizi e struttureSu richiesta della Corte l’UE fornisce, per i fini della Corte e salvo disponibilità, le strutture e i servizi che possano risultare necessari, incluso, se del caso, il sostegno sul campo. I termini e le condizioni secondo cui tali strutture, servizi e sostegno dell’UE possono essere forniti sono, se del caso, oggetto di intese supplementari preliminari.Articolo 15FormazioneL’UE si adopera per sostenere, adeguatamente e in consultazione con la Corte, la messa a punto di programmi di formazione e assistenza destinati a giudici, procuratori, funzionari e consulenti nell’ambito delle attività attinenti alla Corte.Articolo 16Corrispondenza1. Ai fini del presente accordo:a) per quanto riguarda l’UE:tutta la corrispondenza è inviata al Consiglio al seguente indirizzo:Consiglio dell’Unione europeaChief Registry OfficerRue de la Loi/Wetstraat, 175B-1048 Bruxelles.Tutta la corrispondenza è inoltrata dal Chief Registry Officer del Consiglio agli Stati membri e alla Commissione europea, e al corrispondente UE per la Corte, fatto salvo il paragrafo 2;b) per quanto riguarda la Corte penale internazionale:tutta la corrispondenza è inviata alla cancelleria o al procuratore, laddove opportuno.2. In via eccezionale, la corrispondenza proveniente da una parte e accessibile soltanto a funzionari, organi o servizi competenti specifici di quella parte, può, per ragioni operative, essere indirizzata ed essere accessibile soltanto a funzionari, organi o servizi competenti specifici dell’altra parte, specificamente indicati come destinatari, tenendo conto delle loro competenze e conformemente al principio della necessità di sapere. Per quanto riguarda l’Unione europea, questa corrispondenza è inviata tramite il Chief Registry Officer del Consiglio.Articolo 17Attuazione1. L’ufficio del procuratore e la cancelleria della Corte e i segretari generali del Consiglio e della Commissione europea vigilano sull’attuazione del presente accordo nell’ambito delle rispettive competenze.2. La Corte e l’UE possono concludere le intese che ritengono opportune ai fini dell’attuazione del presente accordo.Articolo 18Composizione delle controversieTutte le controversie fra l’UE e la Corte derivanti dall’interpretazione o dall’applicazione del presente accordo sono affrontate mediante consultazioni fra le parti.Articolo 19Entrata in vigore e revisione1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del primo mese dopo che le parti lo hanno firmato.2. Il presente accordo può essere riveduto nella prospettiva di eventuali modifiche su richiesta di una delle parti. Viene riveduto non oltre cinque anni dopo la sua entrata in vigore.3. Qualsiasi modifica del presente accordo viene effettuata unicamente per iscritto e di comune accordo tra le parti.Articolo 20Denuncia dell’accordoUna parte può denunciare il presente accordo con notifica di denuncia per iscritto data all’altra parte. Tale denuncia prende effetto sei mesi dopo il ricevimento della notifica dall’altra parte, ma non riguarda gli obblighi già contratti conformemente alle disposizioni del presente accordo. In particolare, tutte le informazioni classificate, fornite o scambiate ai sensi del presente accordo continuano ad essere protette conformemente alle disposizioni in esso contenute.IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, rispettivamente debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente accordo.Hecho en Luxemburgo, el diez de abril de dos mil seis.V Lucemburku dne desátého dubna dva tisíce šest.Udfærdiget i Luxembourg den tiende april to tusind og seks.Geschehen zu Luxemburg am zehnten April zweitausendsechs.Kahe tuhande kuuenda aasta aprillikuu kümnendal päeval Luxembourgis.Έγινε στο Λουξεμβούργο, στις δέκα Απριλίου δύο χιλιάδες έξι.Done at Luxembourg on the tenth day of April in the year two thousand and six.Fait à Luxembourg, le dix avril deux mille six.Fatto a Lussemburgo, addì dieci aprile duemilase.Luksemburgā, divtūkstoš sestā gada desmitajā aprīlī.Priimta du tūkstančiai šeštų metų balandžio dešimtą dieną Liuksemburge.Kelt Luxembourgban, a kettőezer hatodik év április tizedik napján.Magħmul fil-Lussemburgu, fl-għaxra jum ta' April tas-sena elfejn u sitta.Gedaan te Luxemburg, de tiende april tweeduizend zes.Sporządzono w Luksemburgu dnia dziesiątego kwietnia roku dwutysięcznego szóstego.Feito no Luxemburgo, em dez de Abril de dois mil e seis.V Luxemburgu dňa desiateho apríla dvetisícšesť.V Luxembourgu, desetega aprila leta dva tisoč šest.Tehty Luxemburgissa kymmenentenä päivänä huhtikuuta vuonna kaksituhattakuusi.Som skedde i Luxemburg den tionde april tjugohundrasex.Por la Unión EuropeaZa Evropskou uniiFor Den Europæiske UnionFür die Europäische UnionEuroopa Liidu nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΈνωοηFor the European UnionPour l'Union européennePer l'Unione europeaEiropas Savienības vārdāEuropos Sąjungos varduAz Európai Unió részérőlGħall-Unjoni EwropeaVoor de Europese UnieW imieniu Unii EuropejskiejPela União EuropeiaZa Európsku úniuZa Evropsko unijoEuroopan unionin puolestaFör Europeiska unionen+++++ TIFF +++++Por la Corte Penal InternacionalZa Mezinárodní trestní soudFor Den Internationale StraffedomstolFür den Europäischen StrafgerichtshofRahvusvahelise Kriminaalkohtu nimelΓια to Διεθνές Ποινικό ΔικαστήριοFor the International Criminal CourtPour la Cour Pénale InternationalePer la Corte Penale InternazionaleStarptautiskās Krimināltiesas vārdāTarptautinio baudžiamojo teismo varduA Nemzetközi Büntetőbíróság részérőlGħall-Qorti Kriminali InternazzjonaliVoor het Internationaal StrafhofW imieniu Międzynarodowego Trybunału KarnegoPelo Tribunal Penal InternacionalZa Medzinárodný trestný súdZa Mednarodno Kazensko SodiščeKansainvälisen rikostuomioistuimen puolestaFör Internationella brottmålsdomstolen+++++ TIFF +++++--------------------------------------------------ALLEGATO1. Qualora informazioni classificate dell’UE fossero richieste da un organo della Corte ai sensi dell’articolo 34 dello statuto, esse potranno essere rilasciate unicamente in conformità delle norme di sicurezza del Consiglio [1].Ai fini del presente accordo, per informazioni classificate si intende qualunque informazione (ossia conoscenze che possono essere comunicate in qualunque forma) o qualsiasi materiale destinato ad essere protetto dalla divulgazione non autorizzata e che è stato designato a tal fine con una classificazione di sicurezza (in seguito denominate "informazioni classificate").In particolare:i) la Corte assicura che le informazioni classificate dell’UE che le vengono rilasciate mantengono la classificazione di sicurezza loro attribuita dall’UE e tutela le informazioni suddette a un livello di protezione equivalente a quello previsto dalle norme di sicurezza del Consiglio. A questo riguardo, la Corte assicura che essa fornirà la protezione richiesta dall’UE in conformità con le regole, le misure e le procedure da definire a titolo del paragrafo 4;ii) la Corte non utilizza le informazioni riservate rilasciate dall’UE per fini diversi da quelli per i quali esse le sono state rilasciate;iii) la Corte non rivela le informazioni e i documenti suddetti a terze parti senza la preliminare approvazione scritta dell’UE, in conformità del principio dell’approvazione della fonte da cui emanano, quale definito nelle norme di sicurezza del Consiglio;iv) la Corte assicura che l’accesso alle informazioni classificate dell’UE che le vengono rilasciate è autorizzato soltanto a persone che hanno bisogno di venirne a conoscenza;v) la Corte assicura che tutte le persone che, nel compimento delle loro funzioni ufficiali, debbono avere accesso oppure le cui funzioni o mansioni possono consentire l’accesso a informazioni classificate come CONFIDENTIEL UE e a un livello superiore, siano in possesso di un appropriato nulla osta di sicurezza prima di essere autorizzate ad accedere alle informazioni suddette, in conformità di modalità da definire in base a criteri oggettivi a titolo del paragrafo 4;vi) la Corte assicura che, prima di ottenere l’accesso alle informazioni classificate dell’UE, tutti coloro che chiedono l’accesso alle informazioni classificate suddette vengano informati in merito ai requisiti delle norme protettive di sicurezza pertinenti alla classificazione delle informazioni cui accedono e vi si conformino;vii) tenendo conto del loro livello di classificazione, le informazioni classificate dell’UE vengono trasmesse alla Corte per mezzo di valigia diplomatica, di servizi postali militari, di servizi postali securizzati, telecomunicazioni securizzate o consegna personale. La Corte notifica in anticipo al segretariato generale del Consiglio dell’UE il nome e l’indirizzo dell’organismo responsabile della sicurezza delle informazioni classificate e gli indirizzi precisi cui le informazioni debbono essere trasmesse e assicura che i destinatari godano del nulla osta di sicurezza;viii) la Corte assicura che tutti i locali, le aree, gli edifici, gli uffici, le stanze, i sistemi di comunicazione e informazione e simili in cui le informazioni classificate dell’UE vengono conservate e/o manipolate siano protetti da adeguate misure materiali di protezione, in conformità delle modalità da definire a titolo del paragrafo 4;ix) la Corte assicura che i documenti classificati UE che le vengono rilasciati, al momento del ricevimento vengano registrati in un registro speciale. La Corte assicura che il numero e la diffusione delle copie di documenti classificati dell’UE che le vengono rilasciati effettuate dall’organismo ricevente, vengano registrati nel suddetto registro speciale. La Corte notifica all’UE la data di restituzione all’UE dei succitati documenti o fornisce una certificazione della loro avvenuta distruzione;x) la Corte notifica al segretariato generale del Consiglio dell’UE ogni caso di compromissione di informazioni classificate dell’UE che le vengono rilasciate. In siffatti casi, la Corte avvia investigazioni e prende adeguate misure per evitare il riprodursi di tali fatti, in conformità delle modalità da definire a titolo del paragrafo 4.2. Nell’attuazione del paragrafo 1 di cui sopra non sarà possibile alcun rilascio generico a meno che non vengano stabilite e concordate procedure fra le parti per quanto riguarda determinate categorie di informazioni.3. Le informazioni classificate UE possono essere declassate o declassificate in conformità delle norme di sicurezza del Consiglio prima di essere rilasciate alla Corte. I documenti classificati UE contenenti informazioni nazionali classificate possono essere consultati unicamente da personale della Corte in possesso di un appropriato nulla osta di sicurezza oppure declassati o declassificati e rilasciati alla Corte con l’espressa approvazione scritta della fonte da cui emanano.4. Per l’attuazione del presente accordo si definiscono modalità di sicurezza fra le tre autorità designate in appresso, al fine di stabilire standard sulla reciproca protezione di sicurezza per informazioni classificate contemplate dal presente accordo:a) l’ufficio di sicurezza della Corte è responsabile dell’elaborazione delle modalità in materia di sicurezza per la protezione e la tutela delle informazioni classificate fornite alla Corte nel quadro del presente accordo;b) l’ufficio di sicurezza del segretariato generale del Consiglio, sotto la direzione e a nome del segretario generale del Consiglio, che agisce a nome del Consiglio e sotto la sua autorità, è responsabile dell’elaborazione delle modalità in materia di sicurezza per la protezione e la salvaguardia delle informazioni classificate fornite all’UE ai sensi del presente accordo;c) la direzione Sicurezza della Commissione europea, che agisce a nome della Commissione europea e sotto la sua autorità, è responsabile dell’elaborazione delle modalità in materia di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate fornite o scambiate ai sensi del presente accordo all’interno della Commissione europea e dei suoi locali;d) per l’UE tali standard sono soggetti all’approvazione del comitato per la sicurezza del Consiglio.5. Le parti si prestano reciproca assistenza per quanto riguarda la sicurezza delle informazioni classificate contemplate nel presente accordo e le questioni di interesse comune. Le autorità definite al paragrafo 4 svolgono consultazioni e ispezioni reciproche sulla sicurezza per valutare l’efficacia delle modalità in materia di sicurezza che rientrano nelle rispettive competenze stabilite ai sensi del paragrafo 4.6. Le parti si dotano di una organizzazione di sicurezza e di programmi di sicurezza fondati su principi di base e standard minimi di sicurezza che sono attuati nei sistemi di sicurezza delle parti, da istituire ai sensi del paragrafo 4, per assicurare che alle informazioni classificate, contemplate dal presente accordo, sia applicato un livello di protezione equivalente.7. Prima della fornitura iniziale di informazioni classificate contemplate nel presente accordo, le autorità responsabili della sicurezza di cui al paragrafo 4 devono aver convenuto che la parte ricevente è in grado di proteggere e salvaguardare le informazioni classificate contemplate nel presente accordo in maniera conforme alle modalità da definire ai sensi del paragrafo 4.8. Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano la possibilità per l’UE di mettere a disposizione della Corte informazioni classificate al livello più alto a condizione che la Corte garantisca un livello di protezione equivalente a quello previsto dalle norme di sicurezza del Consiglio.[1] Decisione 2001/264/CE del Consiglio, del 19 marzo 2001, che adotta le norme di sicurezza del Consiglio (GU L 101 dell’11.4.2001, pag. 1).--------------------------------------------------
Accordo tra l’Unione e la Corte penale internazionale (CPI) QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI E DELL’ACCORDO? Con la decisione 2006/313/PESC, l’accordo tra la CPI e l’Unione europea (Unione) sulla cooperazione e l’assistenza è stato approvato a nome dell’Unione. L’accordo definisce i termini della cooperazione e dell’assistenza tra l’Unione e la CPI. L’accordo vincola l’Unione e non i singoli Stati che ne fanno parte. La decisione 2011/168/PESC persegue l’obiettivo di promuovere un appoggio universale allo statuto di Roma, che è il trattato che istituisce la CPI per preservare l’integrità dello statuto di Roma, sostenere l’indipendenza della CPI e il suo effettivo ed efficace funzionamento, nonché sostenere la cooperazione con la CPI e l’attuazione del principio di complementarità*. La decisione 2011/168/PESC abroga la posizione comune 2003/444/PESC. PUNTI CHIAVE Il Consiglio dell’Unione e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sono responsabili del coordinamento delle misure adottate dall’Unione e dai paesi dell’Unione per l’attuazione degli articoli da 2 a 5 della decisione 2011/168/PESC, in particolare sulle tre questioni seguenti: Promuovere un appoggio universaleL’Unione e i paesi dell’Unione contribuiscono all’obiettivo della più ampia partecipazione possibile allo statuto di Roma sollevando la questione nei negoziati e nei dialoghi politici con i paesi terzi o con le organizzazioni regionali e/o attraverso l’adozione di iniziative che promuovono i valori, i principi e le regole dello Statuto di Roma. L’Unione e i paesi dell’Union cooperano con gli Stati interessati, le istituzioni internazionali e le organizzazioni non governative per promuovere un appoggio universale. Gli Stati membri condividono la loro esperienza in merito all’attuazione dello statuto con gli Stati interessati. Inoltre, l’Unione e i paesi dell’Unione contribuiscono al lavoro legislativo necessario per la partecipazione e l’attuazione dello statuto di Roma da parte di paesi terzi.Garantire l’indipendenza della CPI Per garantire l’indipendenza della CPI, L’Unione e i paesi dell’Unione:incoraggiano gli altri paesi a versare il proprio contributo al bilancio della CPI; incoraggiano l’adesione e la ratifica dell’accordo sui privilegi e le immunità della CPI; sostengono la messa a punto di programmi di formazione e assistenza destinati a giudici, procuratori, funzionari e consulenti nell’ambito delle attività attinenti alla CPI.Sostenere un funzionamento efficaceL’Unione e i paesi dell’Unione seguono da vicino gli sviluppi riguardanti la cooperazione con la CPI. L’Unione e i suoi paesi possono concludere intese o accordi specifici per sostenere il funzionamento efficace della CPI. È il caso dell’accordo tra l’Unione e la CPI sulla cooperazione e l’assistenza. L’Unione e i paesi dell’Unione agiscono per garantire la piena cooperazione dei paesi terzi con la CPI, compresa la rapida esecuzione dei mandati di arresto. La risposta dell’Unione del 2013 alla mancata cooperazione con la CPI da parte dei paesi terzi si concentra sulle modalità con cui l’Unione e i paesi dell’Unione dovrebbero gestire tale mancata cooperazione.Piano di azione Il piano d’azione per dare seguito alla presente decisione 2011/168/CE si concentra su:il coordinamento delle attività dell’Unione per realizzare gli obiettivi della decisione, l’universalità e l’integrità dello statuto di Roma, l’indipendenza della CPI, la cooperazione con la CPI, e l’attuazione del principio di complementarietà. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1o maggio 2006. CONTESTO La CPI è la prima e unica corte penale internazionale permanente al mondo e ha sede all’Aia, nei Paesi Bassi. La CPI indaga e, ove giustificato, interroga le persone accusate dei più gravi crimini che rappresentano una preoccupazione per la comunità internazionale: il genocidio*, crimini di guerra*, crimini contro l’umanità* e i crimini di aggressione*. È istituito e regolato dallo Statuto di Roma, entrato in vigore il 1 luglio 2002, ed è stato ratificato da tutti i paesi dell’Unione.Dichiarazione dell’alta rappresentante Federica Mogherini, a nome dell’Unione, in occasione della Giornata della giustizia penale internazionale, 17 luglio 2019 — comunicato stampa (Consiglio dell’Unione europea). TERMINI CHIAVE Complementarietà: in questo contesto, è il principio per il quale la CPI viene considerata come una corte di ultima istanza, il che significa che dovrebbe indagare e perseguire solo qualora le corti nazionali abbiano fallito. Genocidio: insieme di atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Crimini di guerra: atti che violano la legge e le consuetudini applicabili nei conflitti armati (ad esempio le Convenzioni di Ginevra). Alcuni esempi comprendono il maltrattamento dei prigionieri di guerra, l’uccisione degli ostaggi o la distruzione deliberata di città e centri abitati. Crimini contro l’umanità: atti commessi nell’ambito di un attacco diffuso o sistematico diretto contro qualsiasi popolazione civile con la consapevolezza dell’attacco. Crimine di aggressione: la pianificazione, la preparazione, l’inizio o l’esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l’azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che, per suo carattere, gravità e portata, costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2006/313/PESC del 10 aprile 2006 relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza tra la Corte penale internazionale e l’Unione europea (GU L 115 del 28.4.2006, pag. 49). Accordo di cooperazione e di assistenza tra la Corte penale internazionale e l’Unione europea (GU L 115 del 28.4.2006, pag. 50). Decisione 2011/168/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, sulla Corte penale internazionale e che abroga la posizione comune 2003/444/PESC (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 56).
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DIRETTIVA 2001/113/CE DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2001 relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all'alimentazione umana IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando quanto segue: (1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto unicamente dei requisiti fondamentali cui devono rispondere i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni elaborate dal Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993. (2) La direttiva 79/693/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti le confetture, gelatine e marmellate di frutta nonché la crema di marroni (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti detti prodotti potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune. (3) Con detta direttiva si è mirato quindi a fissare definizioni e norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità. (4) La direttiva 79/693/CEE dovrebbe essere adeguata alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti, agli edulcoranti e agli altri additivi autorizzati e, per motivi di chiarezza, dovrebbe essere rifusa in un nuovo testo al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di immissione in commercio delle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni. (5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbero applicarsi fatte salve alcune condizioni. (6) Onde tener conto delle diverse tradizioni nazionali esistenti nella fabbricazione delle confetture, gelatine e marmellate, nonché della crema di marroni, è opportuno mantenere le disposizioni nazionali esistenti che autorizzano l'immissione in commercio dei prodotti che presentano un tenore ridotto di zucchero. (7) Secondo i principi di sussidiari età e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo. (8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Essa non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. Articolo 2 La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle condizioni in appresso: 1) Le denominazioni di vendita previste dall'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Tuttavia le denominazioni di cui all'allegato I possono essere utilizzate a titolo complementare e conformemente agli usi per designare altri prodotti che non possono essere confusi con i prodotti definiti nell'allegato I. 2) La denominazione di vendita è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l'indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura «frutti misti», da un'indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. 3) L'etichettatura indica il contenuto di frutta mediante la dicitura «… grammi di frutta per 100 grammi» di prodotto finito, se del caso previa detrazione del peso dell'acqua utilizzata per la preparazione degli estratti acquosi. 4) L'etichettatura indica il tenore totale di zuccheri mediante la dicitura «zuccheri … grammi per 100 grammi»; la cifra indicata rappresenta il valore rifratto metrico del prodotto finito, determinato a 20 °C, con una tolleranza di ± 3 gradi rifratto metrici. Tuttavia, tale indicazione non deve essere riportata allorché un'informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell'etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE (7). 5) Le indicazioni di cui al punto 3 e al punto 4, primo comma, figurano, a caratteri chiaramente leggibili, nello stesso campo visivo della denominazione di vendita. 6) Allorché il tenore residuo di anidride solforosa è superiore a 10 mg/kg, la sua presenza deve essere menzionata nell'elenco degli ingredienti in deroga all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2000/13/CE. Articolo 3 Per i prodotti di cui all'allegato I, gli Stati membri si astengono dall'adottare disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Articolo 4 Fatte salve la direttiva 89/107/CEE (8) o le disposizioni adottate ai fini della sua attuazione, per la fabbricazione dei prodotti definiti nell'allegato I possono essere utilizzati soltanto gli ingredienti di cui all'allegato II e le materie prime conformi all'allegato III. Articolo 5 Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2: — gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari, — gli adeguamenti al progresso tecnico. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in seguito denominato «il comitato») istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE (9). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 7 La direttiva 79/693/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 12 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni sono applicate in modo da: — autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato I se rispondono alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003, — vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2004. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, ma etichettati anteriormente al 12 luglio 2004 in conformità della direttiva 79/693/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. La procedura da seguire per il riferimento è adottata dagli Stati membri. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001. Per il Consiglio Il Presidente C. PICQUÉ (1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 27. (2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95. (3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20. (4) GU L 205 del 13.8.1979, pag. 5. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 88/593/CEE (GU L 318 del 25.11.1988, pag. 44). (5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40. (8) GU L 40 dell'11.12.1989, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 94/34/CE (GU L 237 del 10.9.1994, pag. 1). (9) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9. ALLEGATO I DENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI I. DEFINIZIONI — La «confettura» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri, polpa e/o purea di una o più specie di frutta e acqua. Per gli agrumi, tuttavia, la confettura può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. La quantità di polpa e/o purea utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 350 g in generale, — 250 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 150 g per lo zenzero, — 160 g per il pomo di acagiù, — 60 g per il frutto di granadiglia. — La «confettura extra» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri e di polpa non concentrata di una o più specie di frutta e acqua. Tuttavia, la confettura extra di cinorrodi e la confettura extra senza semi di lamponi, more, ribes neri, mirtilli e ribes rossi può essere ottenuta parzialmente o totalmente dalla purea non concentrata di queste specie di frutta. Per gli agrumi, la confettura extra può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere impiegati per la produzione di confetture extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. La quantità di polpa utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 450 g in generale, — 350 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 250 g per lo zenzero, — 230 g per il pomo di acagiù, — 80 g per il frutto di granadiglia. — La «gelatina» è la mescolanza, sufficientemente gelificata, di zuccheri e del succo e/o estratto acquoso di una o più specie di frutta. La quantità di succo e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. — Tuttavia, nel caso della «gelatina extra», la quantità di succo di frutta e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura extra. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere utilizzati per la produzione della gelatina extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. — La «marmellata» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di acqua, zuccheri e di uno o più dei seguenti prodotti, ottenuti a partire da agrumi: polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorze. La quantità di agrumi impiegata nella fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a 200 g, di cui almeno 75 g ottenuti dall'endocarpo. — La denominazione «marmellata-gelatina» designa il prodotto esente totalmente da sostanze insolubili, salvo eventualmente esigue quantità di scorza finemente tagliata. — La «crema di marroni» è la mescolanza, portata alla consistenza appropriata, di acqua, zuccheri e non meno di 380 g di purea di marroni (di Castanea Sativa) per 1 000 g di prodotto finito. II. I prodotti definiti nella parte I devono presentare un tenore di sostanza secca solubile, determinata al rifrattometro, uguale o superiore al 60 %, eccettuati i prodotti nei quali gli zuccheri sono stati totalmente o parzialmente sostituiti da edulcoranti. Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE, gli Stati membri possono, tuttavia, autorizzare, per tener conto di taluni casi particolari, le denominazioni riservate per i prodotti definiti nella parte I, che presentano un tenore di sostanza secca solubile inferiore al 60 %. III. In caso di mescolanza, i tenori minimi fissati nella parte I, per le diverse specie di frutta sono ridotti in proporzione alle percentuali impiegate. ALLEGATO II Ai prodotti definiti nell'allegato I possono essere addizionati i seguente ingredienti: — miele, come definito nella direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa al miele (1): in tutti i prodotti in cui sostituisce totalmente o parzialmente gli zuccheri, — succo di frutta: solo nella confettura, — succo di agrumi: nei prodotti ottenuti da altri frutti: solo nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — succo di piccoli frutti rossi: solo nella confettura e confettura extra prodotte con cinorrodi, fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi, prugne e rabarbaro, — succo di barbabietole rosse: solo nella confettura e gelatina prodotte con fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi e prugne, — oli essenziali di agrumi: solo nelle marmellate e nelle marmellate-gelatine, — oli e grassi commestibili in quanto agenti antischiumogeni: in tutti i prodotti, — pectina liquida: in tutti i prodotti, — scorze di agrumi: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — foglie di Pelargonium odoratissimum: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, quando sono ottenute da cotogne, — sostanze alcoliche, vino e vino liquoroso, noci, erbe aromatiche, spezie, vaniglia ed estratti di vaniglia: in tutti i prodotti, — vanillina: in tutti i prodotti. (1) Vedi pagina 47 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO III A. DEFINIZIONI Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni. 1) Frutto: — freschi, sani, esenti da qualsiasi alterazione, non privati di alcuno dei suoi componenti essenziali, giunti al grado di maturazione adeguato, dopo pulitura, mondatura e spuntatura, — sono equiparati alla frutta, ai fini della presente direttiva, i pomodori, le parti commestibili dei fusti del rabarbaro, le carote, le patate dolci, i cetrioli, le zucche, i meloni e le angurie, — il termine «zenzero» designa le radici commestibili dello zenzero, conservate o fresche. Lo zenzero può essere essiccato o conservato nello sciroppo. 2) Polpa (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, eventualmente sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile può essere tagliata in pezzi o schiacciata, ma non ridotta in purea. 3) Purea (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, se necessario sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile è ridotta in purea mediante setacciatura o altro procedimento simile. 4) Estratto acquoso (di frutta): si intende l'estratto acquoso di frutta che, fatte salve le perdite inevitabili dovute alle buone pratiche di fabbricazione, contiene tutti i costituenti solubili nell'acqua della frutta utilizzata. 5) Zuccheri Sono autorizzati: 1) gli zuccheri definiti nella direttiva 2001/111/CE (1); 2) lo sciroppo di fruttosio; 3) gli zuccheri estratti dalla frutta; 4) lo zucchero bruno. B. TRATTAMENTO DELLE MATERIE PRIME 1. I prodotti definiti nella parte A, punti da 1 a 4, possono subire i trattamenti seguenti: — trattamenti mediante il calore o il freddo, — liofilizzazione, — concentrazione, sempreché vi si prestino tecnicamente, — eccettuate le materie prime utilizzate per la fabbricazione di prodotti «extra»: uso di anidride solforosa (E 220) o di sali (E 221, E 222, E 223, E 224, E 226 e E 227) come ausilio per la fabbricazione, purché il tenore massimo di anidride solforosa fissato nella direttiva 95/2/CE non sia superato nei prodotti definiti nell'allegato I, parte I (Definizioni). 2. Le albicocche e le prugne destinate alla fabbricazione di confettura possono anche subire trattamenti di disidratazione diversi dalla liofilizzazione. 3. Le scorze di agrumi possono essere conservate in salamoia. (1) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale.
Marmellate e confetture La composizione e l’etichettatura delle confetture e della crema di marroni sono soggette a norme specifiche per quanto concerne il contenuto di frutta e zucchero, il tenore residuo di anidride solforosa e altri additivi. ATTO Direttiva 2001/113/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all’alimentazione umana [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La presente direttiva si applica alla confettura, alla confettura extra, alla gelatina, alla gelatina extra, alla marmellata, alla marmellata-gelatina e alla crema di marroni. La direttiva non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. I prodotti in questione sono definiti in base alla loro composizione per favorire un utilizzo commerciale corretto e non ingannevole delle loro denominazioni. La denominazione è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati, in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l’indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura frutti misti, da un’indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. Inoltre, l’etichettatura delle confetture, delle gelatine, delle marmellate e della crema di marroni deve riportare: il tenore di frutta per 100 grammi di prodotto; il tenore totale di zucchero allorché nessuna informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell’etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE; il tenore residuo di anidride solforosa se è superiore a 10 mg/kg. L’allegato II della direttiva stabilisce una lista degli additivi autorizzati come il miele, lo zucchero, i succhi di frutta e alcune sostanze alcoliche. Gli Stati membri non possono ostacolare la commercializzazione dei prodotti conformi alle disposizioni della presente direttiva. Contesto La presente direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari. Essa tiene conto della direttiva sull’etichettatura e pubblicità dei prodotti alimentari. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/113/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/84/CE 12.7.2004 - GU L 219 del 19.6.2004 Regolamento (CE) n. 1182/2007 6.11.2007 - GU L 273 del 17.10.2007 Le modifiche e correzioni successive della direttiva 2001/113/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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Direttiva 2002/8/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie Gazzetta ufficiale n. L 026 del 31/01/2003 pag. 0041 - 0047 Direttiva 2002/8/CE del Consigliodel 27 gennaio 2003intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversieIL CONSIGLIO DELL' UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c) e l'articolo 67,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) L'Unione europea si è prefissa l'obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'ambito del quale è garantita la libera circolazione delle persone. Per realizzare gradualmente tale spazio la Comunità deve adottare tra l'altro le misure relative alla cooperazione giudiziaria in materia civile con implicazioni transfrontaliere, necessarie per il corretto funzionamento del mercato interno.(2) L'articolo 65, lettera c), del trattato cita, fra le misure da adottare a tal fine, quelle che mirano all'eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri.(3) Il Consiglio europeo, riunito a Tampere il 15 ed il 16 ottobre 1999, ha invitato il Consiglio a stabilire norme minime che garantiscano un livello adeguato di patrocinio a spese dello Stato nelle cause transnazionali in tutta l'Unione.(4) Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950. Le materie contemplate dalla presente direttiva sono trattate nel rispetto di detta convenzione e in particolare del principio di eguaglianza delle parti in una controversia.(5) La presente direttiva mira a promuovere l'applicazione del principio secondo il quale il patrocinio a spese dello Stato nelle controversie transfrontaliere deve essere concesso a tutti coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Il diritto generalmente riconosciuto di avere accesso alla giustizia è anche ribadito all'articolo 47, terzo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.(6) Né la mancanza di risorse di una parte in giudizio, attore o convenuto, né le difficoltà derivanti dal carattere transfrontaliero di una controversia dovrebbero costituire ostacoli ad un accesso effettivo alla giustizia.(7) Poiché gli scopi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà enunciato all'articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza del principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(8) La presente direttiva è intesa in primo luogo a garantire un livello adeguato di patrocinio a spese dello Stato nelle controversie transfrontaliere definendo al riguardo talune norme minime comuni. Una direttiva del Consiglio è lo strumento legislativo più idoneo per conseguire tale obiettivo.(9) Le disposizioni della presente direttiva si applicano alle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale.(10) Ciascuna parte in una controversia in materia civile o commerciale che rientra nel campo d'applicazione della presente direttiva deve avere la possibilità di far valere i suoi diritti in giudizio anche se la sua situazione finanziaria non le consente di sostenere le spese processuali. Il patrocinio a spese dello Stato è ritenuto adeguato quando permette al beneficiario un accesso effettivo alla giustizia alle condizioni stabilite dalla presente direttiva.(11) Il patrocinio a spese dello Stato dovrebbe includere la consulenza legale nella fase precontenziosa al fine di giungere ad una soluzione prima di intentare un'azione legale, l'assistenza legale per adire un tribunale, la rappresentanza in sede di giudizio, l'esonero totale o parziale dalle spese processuali.(12) La legge nazionale dello Stato membro del foro o in cui si chiede l'esecuzione delle decisioni può prevedere che nelle spese processuali siano incluse le spese della parte avversa poste a carico del beneficiario del patrocinio a spese dello Stato.(13) Tutti i cittadini dell'Unione, a prescindere dal loro luogo di domicilio o dimora abituale nel territorio di uno Stato membro, devono poter beneficiare del patrocinio a spese dello Stato nelle controversie transfrontaliere se soddisfano le condizioni previste dalla presente direttiva. Lo stesso vale per i cittadini di paesi terzi regolarmente e abitualmente soggiornanti nel territorio di uno Stato membro.(14) È opportuno che gli Stati membri siano lasciati liberi di stabilire il limite al di sopra del quale si presume che una persona sia in grado di sostenere le spese processuali, alle condizioni previste dalla presente direttiva. Detti limiti devono essere definiti alla luce di vari fattori obiettivi, quali il reddito, il patrimonio o la situazione familiare.(15) L'obiettivo della presente direttiva non potrebbe tuttavia essere conseguito se i richiedenti il patrocinio a spese dello Stato non avessero la facoltà di dimostrare che non sono in grado di sostenere le spese processuali anche se dispongono di risorse superiori al limite stabilito dallo Stato membro del foro. Le autorità dello Stato membro del foro, all'atto di valutare se il patrocinio a spese dello Stato deve essere concesso su tale base, tengono conto delle informazioni sul soddisfacimento o meno, da parte del richiedente, dei criteri di idoneità al finanziamento nello Stato membro di domicilio o di dimora abituale.(16) Gli altri meccanismi che permettono in casi specifici l'accesso effettivo alla giustizia non sono una forma di patrocinio a spese dello Stato. Si può tuttavia presumere che la persona che può far ricorso a tali mezzi possa sostenere le spese processuali nonostante la sua situazione finanziaria sfavorevole.(17) Occorre che gli Stati membri abbiano facoltà di respingere le domande di patrocinio a spese dello Stato relative ad azioni giudiziarie manifestamente infondate o per motivi connessi al merito della causa purché sia fornita la consulenza legale nella fase precontenziosa e sia garantito l'accesso alla giustizia. Nel prendere una decisione sul merito di una domanda gli Stati membri possono respingere le richieste di patrocinio a spese dello Stato qualora il richiedente chieda il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver subito perdite materiali o finanziarie o la domanda riguardi una pretesa derivante direttamente dall'attività autonoma o commerciale del richiedente.(18) La complessità e le differenze dei sistemi giuridici degli Stati membri, così come i costi derivanti dal carattere transfrontaliero delle controversie, non dovrebbero ostacolare l'accesso alla giustizia. Occorre pertanto che il patrocinio a spese dello Stato copra le spese direttamente collegate al carattere transfrontaliero di una controversia.(19) Nel considerare se la presenza fisica di una persona sia richiesta in aula i giudici di uno Stato membro dovrebbero valutare i vantaggi delle possibilità offerte dal regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale(4).(20) Se concesso, il patrocinio a spese dello Stato deve coprire l'intero procedimento, comprese le spese sostenute affinché una sentenza sia dichiarata esecutiva o sia eseguita; il beneficiario dovrebbe continuare a ricevere tale patrocinio anche se una sentenza a lui favorevole è impugnata oppure se egli propone ricorso, purché le condizioni relative alle risorse finanziarie e al merito della controversia continuino ad essere soddisfatte.(21) Il patrocinio a spese dello Stato dev'essere concesso alle stesse condizioni, che si tratti di procedimenti giudiziari tradizionali o di procedimenti stragiudiziali, quali la mediazione, quando il ricorso a questi ultimi sia imposto per legge o ordinato dall'organo giurisdizionale.(22) Il patrocinio a spese dello Stato è concesso per l'esecuzione di atti autentici in un altro Stato membro alle condizioni stabilite nella presente direttiva.(23) Poiché il patrocinio a spese dello Stato è accordato dallo Stato membro del foro o in cui si chiede l'esecuzione della sentenza, tranne che per la consulenza legale di un avvocato locale nella fase precontenziosa quando il richiedente il patrocinio a spese dello Stato non ha eletto domicilio o non ha la dimora abituale nello Stato membro del foro, questo deve applicare la propria legislazione, nel rispetto dei principi della presente direttiva.(24) È opportuno che il patrocinio a spese dello Stato sia concesso o rifiutato dall'autorità competente dello Stato membro del foro o di esecuzione della sentenza. Ciò è il caso sia quando il tribunale giudica nel merito che quando deve prima decidere se è competente o meno.(25) La cooperazione giudiziaria in materia civile tra gli Stati membri dovrebbe essere organizzata in modo da favorire l'informazione del pubblico e degli operatori del diritto, nonché semplificare e rendere più rapida la trasmissione delle richieste di patrocinio a spese dello Stato da uno Stato membro all'altro.(26) I meccanismi di comunicazione e di trasmissione previsti dalla direttiva sono desunti direttamente da quelli istituiti dall'accordo europeo sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria gratuita, firmato a Strasburgo il 27 gennaio 1970. Occorre fissare un termine, non previsto dall'accordo del 1977, per la trasmissione delle domande di patrocinio a spese dello Stato. Fissare un termine relativamente breve contribuirebbe al buon funzionamento della giustizia.(27) Occorre che i dati trasmessi in forza della presente direttiva godano di un regime di tutela. Poiché si applicano la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati(5), e la direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni(6), non si rendono necessarie disposizioni specifiche sulla protezione dei dati nella presente direttiva.(28) La messa a punto di un formulario uniforme per le domande di patrocinio a spese dello Stato e per la loro trasmissione nei casi di controversie transfrontaliere dovrebbe rendere più facili e rapide le procedure.(29) Inoltre, tali formulari nonché i formulari di richiesta nazionali dovrebbero essere messi a disposizione a livello europeo attraverso il sistema di informazione della rete giudiziaria europea, istituita ai sensi della decisione 2001/470/CE(7).(30) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in conformità della decisione del Consiglio 1999/468/CE, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8).(31) È opportuno precisare che l'introduzione di norme minime nelle controversie transfrontaliere non osta all'applicazione, da parte degli Stati membri, di disposizioni più favorevoli ai richiedenti il patrocinio a spese dello Stato o ai beneficiari di detto patrocinio.(32) L'accordo del 1997 e il protocollo addizionale all'accordo europeo sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria gratuita, firmato a Mosca nel 2001 rimangono applicabili alle relazioni tra gli Stati membri e i paesi terzi parti dell'accordo del 1977 o protocollo. Le disposizioni della presente direttiva prevalgono tuttavia su quelle dell'accordo del 1997 e dei protocolli per quanto riguarda le relazioni tra gli Stati membri.(33) Il Regno Unito e l'Irlanda, in virtù dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione della presente direttiva.(34) La Danimarca, conformemente agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e non è pertanto vincolata dalla stessa né la applica,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPITOLO ICAMPO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONIArticolo 1Obiettivi e campo di applicazione1. La presente direttiva è intesa a migliorare l'accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato nelle suddette controversie.2. Essa si applica nelle controversie trasfrontaliere in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale. Essa non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale e amministrativa.3. Nella presente direttiva per "Stato membro" si intendono gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.Articolo 2Controversie transfrontaliere1. Ai fini della presente direttiva, per controversia transfrontaliera si intende una controversia in cui la parte che chiede il patrocinio a spese dello Stato ai sensi della presente direttiva è domiciliata o dimora abitualmente in uno Stato membro diverso da quello del foro o in cui la sentenza deve essere eseguita.2. Lo Stato membro in cui una parte è domiciliata è determinato conformemente all'articolo 59 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale(9).3. La data di riferimento per stabilire se esiste controversia transfrontaliera è la data di presentazione della domanda, in conformità della presente direttiva.CAPITOLO IIDIRITTO AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATOArticolo 3Diritto al patrocinio a spese dello Stato1. La persona fisica, che sia parte in una controversia ai sensi della presente direttiva, ha diritto a un patrocinio adeguato a spese dello Stato che le garantisca un accesso effettivo alla giustizia in conformità delle condizioni stabilite dalla presente direttiva.2. Il patrocinio a spese dello Stato è considerato adeguato se garantisce:a) la consulenza legale nella fase precontenziosa al fine di giungere a una soluzione prima di intentare un'azione legale;b) l'assistenza legale e la rappresentanza in sede di giudizio, nonché l'esonero totale o parziale dalle spese processuali, comprese le spese previste all'articolo 7 e gli onorari delle persone incaricate dal giudice di compiere atti durante il procedimento.Qualora il beneficiario perda la causa in uno Stato membro in cui la parte soccombente deve rimborsare le spese sostenute dalla parte avversa, il patrocinio a spese dello Stato copre le spese sostenute dalla parte avversa se esso copre tali spese nei casi in cui il beneficiario è domiciliato o dimora abitualmente nello Stato membro del foro.3. Gli Stati membri non sono obbligati a fornire l'assistenza legale o la rappresentanza in sede di giudizio nei procedimenti intesi specificamente a dare alle parti la possibilità di stare personalmente in giudizio, eccetto quando l'organo giurisdizionale o qualsiasi altra autorità competente decida altrimenti per assicurare l'eguaglianza delle parti o alla luce della complessità della controversia.4. Gli Stati membri possono chiedere ai beneficiari del patrocinio a spese dello Stato di corrispondere un contributo ragionevole a copertura delle spese processuali tenuto conto delle condizioni previste all'articolo 5.5. Gli Stati membri possono prevedere che l'autorità competente abbia la facoltà di decidere che il beneficiario del patrocinio a spese dello Stato è tenuto al rimborso, parziale o totale, delle spese sostenute se la sua situazione finanziaria è migliorata sensibilmente oppure se la decisione di concedere il patrocinio a spese dello Stato è stata presa sulla base di informazioni inesatte fornite dal beneficiario.Articolo 4Non discriminazioneGli Stati membri concedono il patrocinio a spese dello Stato, senza discriminazioni, ai cittadini dell'Unione e ai cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti in uno degli Stati membri.CAPITOLO IIICONDIZIONI E ENTITÀ DEL PATROCINIO A SPESE DELLO STATOArticolo 5Condizioni relative alle risorse finanziarie1. Gli Stati membri concedono il patrocinio a spese dello Stato alle persone di cui all'articolo 3, paragrafo 1, le quali sono parzialmente o totalmente incapaci di sostenere le spese processuali di cui all'articolo 3, paragrafo 2, a motivo della loro situazione economica, al fine di assicurare loro un accesso effettivo alla giustizia.2. La situazione economica di una persona è valutata dall'autorità competente dello Stato membro del foro tenendo conto di diversi elementi oggettivi, quali il reddito, il patrimonio o la situazione familiare, compresa la valutazione delle risorse delle persone a carico del richiedente.3. Gli Stati membri possono fissare dei limiti al di sopra dei quali si presume che il richiedente il patrocinio a spese dello Stato possa sostenere, parzialmente o totalmente, le spese processuali di cui all'articolo 3, paragrafo 2. Tali limiti sono determinati in base ai criteri di cui al paragrafo 2 del presente articolo.4. I limiti fissati secondo il paragrafo 3 del presente articolo non ostano a che il patrocinio a spese dello Stato sia accordato al richiedente che supera il limite se egli dimostra di non poter sostenere le spese processuali di cui all'articolo 3, paragrafo 2, a causa della differenza del costo della vita tra lo Stato membro del domicilio o della dimora abituale e quello del foro.5. Il patrocinio a spese dello Stato non deve necessariamente essere concesso al richiedente che possa nella fattispecie disporre di un accesso effettivo ad altri meccanismi che coprono le spese processuali di cui all'articolo 3, paragrafo 2.Articolo 6Condizioni legate al merito della controversia1. Gli Stati membri possono disporre che le domande di patrocinio a spese dello Stato relative ad un'azione giudiziaria che appaia manifestamente infondata possano essere respinte dalle autorità competenti.2. Se è fornita consulenza legale nella fase precontenziosa, il beneficio del successivo patrocinio a spese dello Stato può essere rifiutato o soppresso per motivi connessi al merito della causa, purché sia garantito l'accesso alla giustizia.3. Nel prendere una decisione sul merito di una domanda e fatto salvo l'articolo 5, gli Stati membri valutano l'importanza del caso specifico per il richiedente ma possono anche tener conto della natura della causa quando il richiedente chieda il risarcimento dei danni alla sua reputazione senza aver sofferto perdite materiali o finanziarie o quando la domanda riguardi una pretesa derivante direttamente dall'attività autonoma o commerciale del richiedente.Articolo 7Spese derivanti dal carattere transfrontaliero della controversiaIl patrocinio a spese dello Stato concesso dallo Stato membro del foro copre le seguenti spese direttamente collegate al carattere transfrontaliero della controversia:a) spese di interpretazione;b) spese di traduzione dei documenti necessari per la soluzione della controversia richiesti dal giudice o dall'autorità competente e presentati dal beneficiario; ec) spese di viaggio a carico del richiedente, quando la presenza fisica in aula delle persone che debbono esporre il caso è richiesta a norma di legge o dal giudice di detto Stato membro e il giudice decide che non esiste un'altra possibilità per sentire tali persone in modo appropriato.Articolo 8Costi assunti dallo Stato membro in cui il richiedente è domiciliato o dimora abitualmenteLo Stato membro in cui il richiedente il patrocinio a spese dello Stato è domiciliato o dimora abitualmente concede il patrocinio a spese dello Stato di cui all'articolo 3, paragrafo 2, necessario a coprire:a) le spese per l'assistenza di un avvocato locale o di qualsiasi altra persona abilitata dalla legge a fornire consulenza legale, sostenute in tale Stato membro finché la domanda di patrocinio a spese dello Stato non sia pervenuta, ai sensi della presente direttiva, nello Stato membro del foro;b) la traduzione della domanda e dei necessari documenti giustificativi al momento della presentazione della domanda alle autorità di tale Stato membro.Articolo 9Continuità del patrocinio a spese dello Stato1. Il patrocinio a spese dello Stato è mantenuto, totalmente o parzialmente, anche per le spese sostenute affinché la sentenza sia eseguita nello Stato membro del foro.2. Il beneficiario del patrocinio a spese dello Stato nello Stato membro del foro riceve il patrocinio previsto dalla legislazione dello Stato membro in cui viene chiesto che la sentenza sia eseguita o dichiarata esecutiva.3. Fatti salvi gli articoli 5 e 6, il patrocinio a spese dello Stato rimane disponibile qualora sia proposta impugnazione da parte del beneficiario o contro quest'ultimo.4. Gli Stati membri possono disporre che si proceda ad un nuovo esame della domanda di patrocinio a spese dello Stato in qualunque fase del procedimento, per i motivi citati all'articolo 3, paragrafi 3 e 5 e agli articoli 5 e 6, inclusi i procedimenti di cui ai paragrafi da 1 a 3 del presente articolo.Articolo 10Procedimenti stragiudizialiIl patrocinio a spese dello Stato è altresì esteso ai procedimenti stragiudiziali, alle condizioni previste dalla presente direttiva, qualora l'uso di tali mezzi sia richiesto dalla legge ovvero qualora il giudice vi abbia rinviato le parti in causa.Articolo 11Atti autenticiIl patrocinio a spese dello Stato è concesso per l'esecuzione di atti autentici in un altro Stato membro alle condizioni definite nella presente direttiva.CAPITOLO IVPROCEDURAArticolo 12Autorità che accorda il patrocinio a spese dello StatoIl patrocinio a spese dello Stato è accordato o rifiutato dall'autorità competente dello Stato membro del foro, fatto salvo l'articolo 8.Articolo 13Presentazione e trasmissione delle domande di patrocinio a spese dello Stato1. Le domande di patrocinio a spese dello Stato possono essere presentate:a) all'autorità competente dello Stato membro in cui il richiedente è domiciliato o dimora abitualmente (autorità di trasmissione); oppureb) all'autorità competente dello Stato membro del foro o in cui la decisione deve essere eseguita (autorità di ricezione).2. Le domande di patrocinio a spese dello Stato sono compilate e i documenti giustificativi sono tradotti:a) nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro dell'autorità di ricezione competente che corrisponde a una delle lingue delle istituzioni della Comunità; oppureb) in un'altra lingua che detto Stato membro abbia indicato di poter accettare in conformità dell'articolo 14, paragrafo 3.3. Le autorità di trasmissione competenti possono decidere di rigettare la richiesta di trasmissione di una domanda qualora sia manifesto:a) che essa è infondata, ob) che essa esula dal campo di applicazione della presente direttiva.A tali decisioni si applicano le condizioni di cui all'articolo 15, paragrafi 2 e 3.4. L'autorità di trasmissione competente assiste il richiedente provvedendo affinché la domanda sia corredata di tutti i documenti giustificativi che a sua conoscenza sono richiesti affinché la domanda possa essere trattata. Lo assiste inoltre fornendo qualsiasi traduzione necessaria dei documenti giustificativi, in conformità dell'articolo 8, lettera b).L'autorità di trasmissione competente trasmette la domanda all'autorità di ricezione competente dell'altro Stato membro nel termine di 15 giorni a decorrere dalla data di ricezione della domanda debitamente compilata in una delle lingue di cui al paragrafo 2 e dei relativi documenti giustificativi, tradotti, ove necessario, in una di tali lingue.5. I documenti trasmessi ai sensi della presente direttiva sono dispensati dall'autenticazione o da qualsiasi formalità equivalente.6. Gli Stati membri non possono richiedere alcun pagamento per i servizi di cui al paragrafo 4. Gli Stati membri in cui il richiedente il patrocinio a spese dello Stato è domiciliato o dimora abitualmente possono prevedere che il richiedente rimborsi le spese di traduzione sostenute dall'autorità di trasmissione competente se la domanda di patrocinio a spese dello Stato è respinta dall'autorità competente.Articolo 14Autorità competenti e lingue1. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti a trasmettere ("autorità di trasmissione") e a ricevere ("autorità di ricezione") la domanda.2. Ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione le seguenti informazioni:- i nominativi e gli indirizzi delle competenti autorità di ricezione o trasmissione di cui al paragrafo 1,- la rispettiva competenza territoriale,- i mezzi a disposizione per la ricezione delle richieste, e- le lingue che possono essere usate per la compilazione della domanda.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione quali sono le lingue ufficiali delle istituzioni della Comunità europea, diverse dalla o dalle proprie, che l'autorità di ricezione competente è disposta ad accettare per la compilazione delle domande di patrocinio a spese dello Stato ad essa trasmesse, in conformità della presente direttiva.4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le informazioni di cui ai paragrafi 2 e 3 entro il 30 novembre 2004. Le eventuali modifiche successive di tali informazioni sono notificate alla Commissione almeno due mesi prima dell'entrata in vigore della modifica nello Stato membro in questione.5. Le informazioni di cui ai paragrafi 2 e 3 sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 15Trattamento delle domande1. Le autorità nazionali competenti a statuire sulle domande di patrocinio a spese dello Stato provvedono affinché il richiedente sia pienamente informato del trattamento della domanda.2. Le decisioni sono essere motivate qualora le domande siano respinte in tutto o in parte.3. Gli Stati membri garantiscono la possibilità di riesame o ricorso contro la decisione di rigetto della domanda di patrocinio a spese dello Stato. Gli Stati membri possono prevedere un'esclusione per i casi in cui la domanda di patrocinio a spese dello Stato è respinta da un organo giurisdizionale, contro la cui decisione sulla fondatezza della pretesa il diritto nazionale non prevede ricorso giurisdizionale, o da una corte d'appello.4. Qualora siano di natura amministrativa, i ricorsi contro una decisione di rifiuto o soppressione del patrocinio a spese dello Stato in virtù dell'articolo 6 sono sempre sottoposti in ultima istanza a riesame giudiziario.Articolo 16Formulario uniforme1. Al fine di facilitare la trasmissione, è approntato un formulario uniforme per le domande di patrocinio a spese dello Stato e per la loro trasmissione, in conformità della procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2.2. Il formulario uniforme per la trasmissione delle domande di patrocinio a spese dello Stato è approntato al più tardi il 30 maggio 2003.Il formulario uniforme per le domande di patrocinio a spese dello Stato è approntato al più tardi entro il 30 novembre 2004.CAPITOLO VDISPOSIZIONI FINALIArticolo 17Comitato1. La Commissione è assistita da un comitato.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 18InformazioneLe autorità nazionali competenti collaborano al fine di assicurare l'informazione del pubblico e degli operatori del diritto riguardo ai diversi sistemi di patrocinio a spese dello Stato, in particolare tramite la rete giudiziaria europea istituita ai sensi della decisione 2001/470/CE.Articolo 19Disposizioni più favorevoliLe disposizioni della presente direttiva non ostano a che gli Stati membri prevedano disposizioni più favorevoli per i richiedenti il patrocinio a spese dello Stato e per i beneficiari dello stesso.Articolo 20Nesso con altri strumentiNei rapporti tra gli Stati membri e in relazione alle materie alle quali essa si applica, la presente direttiva prevale sulle disposizioni contenute in accordi bilaterali o multilaterali conclusi dagli Stati membri, compresi:a) l'accordo europeo sulla trasmissione delle richieste d'assistenza giudiziaria firmato a Strasburgo il 27 gennaio 1977, modificato dal protocollo addizionale all'accordo europeo sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria, firmato a Mosca nel 2001;b) la convenzione dell'Aia del 25 ottobre 1980 intesa a facilitare l'accesso internazionale alla giustizia.Articolo 21Recepimento nella legislazione nazionale1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 30 novembre 2004, fatto salvo l'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), che è recepito nella legislazione nazionale entro il 30 maggio 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 22Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore alla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 23DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 27 gennaio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Papandreou(1) GU C 103 E del 30.4.2002, pag. 368.(2) Parere reso il 25 settembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 221 del 17.9.2002, pag. 64.(4) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 1.(5) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.(6) GU L 24 del 30.1.1998, pag. 1.(7) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1496/2002 della Commissione (GU L 225 del 22.8.2002, pag. 13).
Patrocinio a spese dello Stato in materia civile e commerciale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa ha lo scopo di: migliorare l’accesso alla giustizia nelle cause civili transfrontaliere; stabilire regole a livello dell’Unione europea (UE) per il patrocinio a spese dello Stato; assicurarsi che le persone che non possono permettersi assistenza legale abbiano accesso alla stessa; incoraggiare la cooperazione tra i paesi dell’UE in materia di patrocinio a spese dello Stato. PUNTI CHIAVE La direttiva riguarda tutte le materie civili, comprese: le imprese, l’occupazione, la protezione dei consumatori. La direttiva concede alle persone che non possono permettersi una rappresentanza legale il diritto al patrocinio a spese dello Stato. È indirizzata ai cittadini dell’UE e ai cittadini di paesi extra UE che vivono nell’Unione. Il patrocinio a spese dello Stato può includere: consulenza legale; assistenza legale e rappresentanza in sede di giudizio; esonero dalle spese processuali; esonero da alcune spese in caso di cause internazionali (ad esempio spese di interpretazione, di traduzione e di viaggio). Inoltre, la direttiva introduce norme in materia di trattamento delle domande. Le autorità nazionali devono: assicurarsi che i candidati siano a conoscenza delle modalità di trattamento delle domande; motivare le ragioni per cui una domanda viene respinta; permettere ai candidati di presentare ricorso in caso di rifiuto. Per accelerare la procedura di domanda, i paesi dell’UE devono fornire alla Commissione europea un elenco di: autorità che possono inviare e ricevere le domande; lingue in cui possono essere presentate le domande. Formulario uniforme per le domande Decisione 2004/844/CE della Commissione, che adotta un formulario per le domande di patrocinio a spese dello Stato. Decisione 2005/630/CE della Commissione, che adotta un formulario per la trasmissione delle domande di patrocinio a spese dello Stato tra i paesi dell’UE. I paesi dell’UE devono garantire che il pubblico e gli ambienti professionali vengano informati attraverso la rete giudiziaria europea. I paesi dell’UE possono concedere, qualora lo desiderino, accordi più generosi ai richiedenti il patrocinio a spese dello Stato. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 31 gennaio 2003. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella legislazione nazionale entro il 30 novembre 2004. La direttiva non si applica in Danimarca. CONTESTO Nel 2000, la Commissione europea ha pubblicato un libro verde sull’assistenza giudiziaria in materia civile, per fare il punto sulle difficoltà incontrate dalle parti coinvolte in controversie transfrontaliere e proporre soluzioni. L’iniziativa della Commissione era tanto più necessaria in quanto le convenzioni esistenti in materia (l’accordo di Strasburgo del 1977 sulla trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria e la Convenzione dell’Aia intesa a facilitare l’accesso internazionale alla giustizia, firmata nel 1980) non erano state ratificate da tutti i paesi dell’UE. Per maggiori informazioni, consultare: «Patrocinio a spese dello Stato», sul portale e-Justice. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2002/8/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie (GU L 26 del 31.1.2003, pagg. 41-47) Successive modifiche e correzioni alla direttiva 2003/8/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Decisione 2004/844/CE della Commissione, del 9 novembre 2004, che adotta un formulario per le domande di patrocinio a spese dello Stato, in applicazione della direttiva 2002/8/CE del Consiglio intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie (GU L 365 del 10.12.2004, pagg. 27-34) Decisione 2005/630/CE della Commissione, del 26 agosto 2005, che adotta un formulario per la trasmissione delle domande di patrocinio a spese dello Stato, in applicazione della direttiva 2003/8/CE del Consiglio (GU L 225 del 31.8.2005, pagg. 23-27)
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32010D0336
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DECISIONE 2010/336/PESC DEL CONSIGLIO del 14 giugno 2010 relativa alle attività dell’UE a sostegno del trattato sul commercio di armi nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 26, paragrafo 2, e l’articolo 31, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) Il 12 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato la strategia europea in materia di sicurezza, che sollecitava la creazione di un ordine internazionale basato su un multilateralismo efficace. La strategia europea in materia di sicurezza riconosce la Carta delle Nazioni Unite (ONU) come quadro fondamentale per le relazioni internazionali. Rafforzare l’ONU e dotarla dei mezzi necessari per assolvere alla sua responsabilità e agire con efficacia rappresenta una priorità dell’Unione europea. (2) Il 6 dicembre 2006 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 61/89 dal titolo «Verso l’elaborazione di un trattato sul commercio di armi: stabilire norme internazionali comuni per l’importazione, l’esportazione e il trasbordo di armi leggere e di piccolo calibro». (3) Nelle conclusioni dell’11 dicembre 2006, il Consiglio dell’Unione europea ha espresso soddisfazione per l’avvio formale del processo di elaborazione di un trattato internazionale sul commercio di armi («ATT») giuridicamente vincolante e si è compiaciuto del fatto che una netta maggioranza di Stati membri dell’ONU, compresi tutti gli Stati membri dell’UE, abbia appoggiato la risoluzione 61/89 dell’Assemblea generale dell’ONU. Il Consiglio ha ribadito che l’Unione e gli Stati membri svolgeranno un ruolo attivo in tale processo e ha sottolineato l’importanza della cooperazione, in tale processo, con altri Stati e organizzazioni regionali. (4) Il segretario generale dell’ONU ha istituito un gruppo di esperti governativi («GGE»), costituito da 28 membri, per proseguire l’esame di un eventuale ATT. Il GGE si è riunito ripetutamente nel corso del 2008 e ha concluso che è necessario un ulteriore esame e che occorrerebbe operare, con un approccio graduale, aperto e trasparente, nell’ambito dell’ONU. Il GGE ha incoraggiato gli Stati che sono in grado di fornire assistenza a fornirla, su richiesta, agli Stati che ne hanno bisogno. (5) Nelle conclusioni del 10 dicembre 2007 il Consiglio ha accolto con favore l’istituzione di un GGE dell’ONU e ha espresso la ferma convinzione che uno strumento esauriente, giuridicamente vincolante, coerente con le attuali responsabilità degli Stati ai sensi del diritto internazionale pertinente, che stabilisca norme internazionali comuni per l’importazione, l’esportazione e il trasferimento di armi convenzionali costituirebbe un contributo fondamentale per contrastare la proliferazione indesiderabile e irresponsabile delle armi convenzionali. (6) L’Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo (UNIDIR) ha sostenuto tale processo avviando uno studio in due parti che consistono in due analisi approfondite dei pareri degli Stati membri dell’ONU sulla fattibilità, la portata e il progetto di parametri di un ATT. Le analisi elaborate nel dicembre 2007 e nel gennaio 2008 hanno costituito un contributo utile per il GGE. (7) Il 24 dicembre 2008 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 63/240 dal titolo «Verso l’elaborazione di un trattato sul commercio di armi: stabilire norme internazionali comuni per l’importazione, l’esportazione e il trasbordo di armi leggere e di piccolo calibro», istituendo un gruppo di lavoro a composizione aperta allo scopo di esaminare ulteriormente gli elementi della relazione del GGE su cui si potrebbe sviluppare un consenso in vista della loro inclusione in un trattato finale giuridicamente vincolante in materia di importazione, esportazione e trasferimento di armi convenzionali. Il gruppo di lavoro a composizione aperta si è riunito due volte nel 2009 e ha presentato all’Assemblea generale dell’ONU una relazione in cui si rilevava che il problema del commercio non regolamentato di armi convenzionali e il loro dirottamento verso il mercato illegale dovrebbe essere affrontato attraverso azioni a livello internazionale. (8) In base alle succitate conclusioni del Consiglio, l’Unione ha deciso di sostenere il processo ATT, aprendo il dibattito per includere Stati non membri del GGE e altri attori quali la società civile e l’industria, per sviluppare la comprensione della questione e per contribuire ai lavori del gruppo di lavoro a composizione aperta. A tal fine, il 19 gennaio 2009 il Consiglio ha adottato la decisione 2009/42/PESC (1) a supporto delle attività dell’Unione volta a promuovere tra paesi terzi l’elaborazione di un trattato sul commercio di armi, nell’ambito della strategia di sicurezza europea. (9) Nell’ambito dell’attuazione della decisione 2009/42/PESC l’UNIDIR, in qualità di agenzia incaricata dell’attuazione della decisione, ha organizzato, tra febbraio 2009 e febbraio 2010, sei seminari regionali, un evento collaterale ed eventi di apertura e di chiusura. Tali attività hanno permesso ai soggetti interessati, compresi i rappresentanti della società civile, dell’industria e dei paesi che non hanno partecipato al GGE, di prendere parte alle discussioni aperte e informali in merito ad un ATT. L’attuazione della decisione 2009/42/PESC ha inoltre offerto la possibilità di integrare gli approcci nazionali e regionali al processo internazionale in corso e di contribuire a individuare la portata e le implicazioni di un trattato sul commercio di armi convenzionali. (10) Il 2 dicembre 2009 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 64/48 dal titolo «Trattato per il commercio di armi» con cui si è deciso di convocare la conferenza dell’ONU sull’ATT nel 2012 al fine di elaborare uno strumento giuridicamente vincolante che stabilisca su norme internazionali comuni quanto più possibile elevate per il trasferimento di armi convenzionali. La risoluzione ha inoltre stabilito che le restanti sessioni del gruppo di lavoro a composizione aperta sono considerate riunioni del comitato preparatorio della conferenza dell’ONU. (11) Tenuto conto delle attività della decisione 2009/42/PESC che scadrà a maggio 2010, della preparazione necessaria per garantire il buon esito della conferenza dell’ONU sull’ATT prevista nel 2012 e della raccomandazione formulata nella risoluzione 64/48 al fine di assicurare una partecipazione alla conferenza efficace e quanto più estesa possibile, l’Unione dovrebbe sostenere il processo preparatorio in vista della conferenza dell’ONU per assicurare che sia il più possibile inclusiva e in grado di presentare raccomandazioni concrete relative agli elementi del futuro ATT. Il sostegno da parte dell’Unione al processo ATT dovrebbe includere misure a favore dei sistemi nazionali di controllo all’importazione e all’esportazione nei paesi terzi che sarebbero tenuti ad applicare il futuro ATT, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. Al fine di sostenere il trattato sul commercio delle armi («ATT») l’Unione intraprende attività con i seguenti obiettivi: — sostenere il processo preparatorio in vista della conferenza dell’ONU sull’ATT al fine di garantire che sia il più possibile inclusiva e in grado di presentare raccomandazioni concrete relative agli elementi del futuro ATT, — incoraggiare gli Stati membri dell’ONU a sviluppare e migliorare competenze nazionali e regionali per attuare controlli efficaci sul trasferimento di armi, al fine di assicurare che il futuro ATT, quando entrerà in vigore, sia quanto più possibile efficace. 2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1, l’Unione prende le seguenti misure: — organizzazione di sette seminari regionali, un evento di apertura e un evento conclusivo, fino a tre eventi collaterali e la diffusione dei risultati. Una descrizione particolareggiata del progetto di cui sopra figura nell’allegato. Articolo 2 1. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) è responsabile dell’attuazione della presente decisione. 2. L’attuazione dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è affidata all’Istituto dell’ONU per la ricerca sul disarmo (UNIDIR). 3. L’UNIDIR svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR. A tal fine l’AR stabilisce le necessarie modalità con l’UNIDIR. Articolo 3 1. L’importo di riferimento finanziario per l’esecuzione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è pari a 1 520 000 EUR. 2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite in conformità delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell’Unione. 3. La Commissione europea vigila sulla corretta gestione delle spese di cui al paragrafo 1. A tal fine, conclude un accordo di finanziamento con l’UNIDIR. L’accordo prevede che l’UNIDIR assicuri la visibilità del contributo dell’Unione corrispondente alla sua entità. 4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 il più presto possibile dopo l’entrata in vigore della presente decisione. Informa il Consiglio di tutte le difficoltà per pervenirvi e della data di conclusione dell’accordo di finanziamento. Articolo 4 L’AR riferisce al Consiglio sull’attuazione della presente decisione sulla scorta di relazioni periodiche in seguito all’organizzazione di ciascun seminario regionale, del seminario di apertura e di quello finale, come anche degli eventi collaterali. Le relazioni saranno stilate dall’UNIDIR e costituiscono la base della valutazione effettuata dal Consiglio. La Commissione trasmette informazioni sugli aspetti finanziari dell’attuazione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2. Articolo 5 1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. 2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la conclusione dell’accordo di finanziamento di cui all’articolo 3, paragrafo 3, o sei mesi dopo la data di entrata in vigore se l’accordo di finanziamento non è concluso entro tale termine. Fatto a Lussemburgo, addì 14 giugno 2010. Per il Consiglio La presidente C. ASHTON (1) GU L 17 del 22.1.2009, pag. 39. ALLEGATO 1. Obiettivo L’obiettivo generale della presente decisione è sostenere il processo preparatorio in vista della conferenza dell’ONU sull’ATT per garantire che sia quanto più possibile inclusiva e in grado di presentare raccomandazioni concrete relative agli elementi del futuro ATT e incoraggiare gli Stati membri dell’ONU a sviluppare e migliorare competenze nazionali e regionali per attuare controlli efficaci sull’esportazione e sul trasferimento di armi. 2. Descrizione del progetto 2.1. Obiettivo del progetto Il progetto è inteso a conseguire i seguenti obiettivi specifici: a) sostenere il processo preparatorio in vista della conferenza dell’ONU sull’ATT, anche attraverso: i) una maggiore sensibilizzazione, conoscenza e comprensione del processo ATT tra gli Stati membri dell’ONU, la società civile e i rappresentanti dell’industria; ii) la promozione di una partecipazione inclusiva, attiva ed efficace del maggior numero possibile degli Stati membri dell’ONU al comitato preparatorio che si terrà nel 2010-2011; iii) l’identificazione e la formulazione di proposte concrete sul contenuto di un ATT, quanto più completi possibile in termini di prospettive, parametri e implicazioni; iv) la promozione tra i paesi terzi delle norme più elevate possibili in materia di ATT, anche in base a strumenti ed esperienze regionali. v) il sostegno per la preparazione della conferenza del 2012 potenziando le capacità di negoziato dei partecipanti; b) sostenere i paesi terzi nei loro sforzi intesi a elaborare, migliorare e attuare opportunamente i sistemi di controllo dell’esportazione e del trasferimento, anche attraverso: i) l’assistenza per la creazione e l’attuazione dei sistemi di licenza; ii) l’aiuto per migliorare il rispetto e l’applicazione delle misure di controllo nazionali che attuano un futuro ATT, compresi i controlli alle frontiere e la sorveglianza sulle esportazioni e sui trasferimenti di armi; iii) il sostegno per l’elaborazione di relazioni nazionali e regionali sulle esportazioni e importazioni di armi al fine di favorire la trasparenza e la responsabilità nell’esportazione di armi; iv) il sostegno per una maggiore trasparenza e responsabilità nel commercio di armi attraverso la partecipazione al registro delle armi convenzionali dell’ONU (UNROCA); v) l’assistenza agli sforzi nazionali volti ad identificare e rintracciare armi leggere e di piccolo calibro (SALW). 2.2. Risultati dei progetti L’attuazione del progetto si tradurrà in: a) una maggiore sensibilizzazione, conoscenza e comprensione del processo ATT da parte degli Stati membri dell’ONU; b) un’ampia e più intensa partecipazione degli Stati membri dell’ONU al comitato preparatorio che sarà indetto nel 2010-2011, anche attraverso la formulazione di proposte concrete sul contenuto di un ATT che dovrebbe tener conto delle prospettive più globali e delle norme più elevate possibili; c) una maggiore sensibilizzazione dei paesi terzi alla struttura e al funzionamento dei sistemi di controllo dell’esportazione relativi alle armi convenzionali, anche attraverso un sostegno inteso a migliorare il rispetto e l’applicazione delle misure di controllo nazionali che attuano un futuro ATT, compresi i controlli alle frontiere e la sorveglianza sulle esportazioni e sui trasferimenti di armi; d) un miglioramento della registrazione delle armi e della relativa contabilità, anche mediante la marcatura, il rintracciamento e la trasmissione dei dati nazionali all’UNROCA, nonché un potenziamento delle capacità nazionali per quanto riguarda i controlli delle esportazioni tra gli stati partecipanti. 2.3. Descrizione delle attività Il progetto prevede l’organizzazione di sette seminari regionali, un evento di apertura e un evento conclusivo, fino a tre eventi collaterali e la diffusione dei risultati. I seminari regionali si terranno nell’arco di tre giorni in un luogo da determinare nelle regioni obiettivo. 2.3.1. Struttura dei seminari regionali I seminari comprenderanno le presentazioni e discussioni seguenti: Prima parte [1o GIORNO e 2o GIORNO (prima metà)]: a) quadro generale dell’ATT, antefatti, possibili ambiti e parametri, ecc.; b) opinioni nazionali e regionali sull’ATT, compresa la presentazione del punto di vista dell’Unione sull’ATT; c) altri aspetti dell’ATT, tra cui le misure di trasparenza e di assistenza; d) formulazione di raccomandazioni per i lavori relativi alle sessioni del comitato preparatorio. Seconda parte [2o GIORNO (seconda metà) e 3o GIORNO] a) presentazione del sistema nazionale e regionale volto a controllare il commercio di armi convenzionali, compresa la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (1); b) aspetti della creazione e attuazione dei sistemi di licenza, tra cui l’aspetto giuridico e amministrativo; c) aspetti relativi al rispetto e all’applicazione delle misure di controllo nazionali che attuano un futuro ATT, compresi i controlli alle frontiere e la sorveglianza delle esportazioni e dei trasferimenti di armi; d) aspetti della registrazione delle armi e della relativa contabilità, tra cui le relazioni nazionali e regionali sulle esportazioni e sui trasferimenti di armi; e) ruolo e funzionamento dell’UNROCA, compresa l’assistenza per la trasmissione delle relazioni nazionali al registro; f) strumenti internazionali e nazionali riguardanti la marcatura e il rintracciamento di SALW e assistenza per la relativa applicazione. Le tre giornate di seminari comprenderanno sessioni di gruppi di lavoro relative ad aspetti specifici di un ATT. 2.3.2. Partecipanti ai seminari I partecipanti a questi seminari regionali includono: a) personale diplomatico e di difesa militare proveniente dai paesi delle regioni interessate, in particolare le autorità competenti per le politiche nazionali nei confronti dell’ATT, compresi i delegati nazionali che partecipano comitato preparatorio dell’ATT; b) personale tecnico e incaricato dell’applicazione della legge proveniente dai paesi delle regioni interessate, in particolare le autorità preposte ai controlli dell’esportazione, funzionari dei servizi doganali e funzionari incaricati dell’applicazione della legge (due partecipanti per paese); c) rappresentanti delle organizzazioni internazionali e regionali, degli organismi non governativi (ONG) regionali, dei gruppi di riflessione e dell’industria locale/regionale; d) rappresentanti dell’UNIDIR e dell’Ufficio per gli affari del disarmo (UNODA; sezione per le armi convenzionali e sezione regionale, compresi i centri regionali, se del caso); e) tecnici nazionali ed internazionali esperti in controlli delle esportazioni di armi convenzionali, tra cui esperti dell’Unione e rappresentanti dell’industria. In funzione delle dimensioni delle regioni è prevista la partecipazione di 45-80 persone a ciascun seminario. Un esponente diplomatico o militare per ogni stato invitato parteciperà alla prima parte di ciascun seminario; invece alla seconda parte del seminario parteciperanno un funzionario tecnico e un funzionario preposto all’applicazione della legge per ciascuno Stato invitato. La selezione dei paesi che saranno invitati a ciascun seminario e dei partecipanti sarà effettuata dall’AR in consultazione con gli organi competenti del Consiglio, sulla base di una proposta presentata dall’UNIDIR. Occorre garantire che al seminario partecipino esperti dell’Unione di livello adeguato, in termini di competenza sia tecnica sia politica. 2.3.3. Contributo: componente ricerca È necessaria una forte componente ricerca al fine di garantire un contributo basato su informazioni esaurienti, concreto e tempestivo al processo ONU. L’UNIDIR commissionerà ad istituti di ricerca competenti o a singoli esperti fino a 12 documenti di ricerca di fondo, che si incentreranno su alcuni importanti aspetti chiave del progetto e dei seminari regionali. L’UNIDIR proporrà all’AR un elenco ristretto di possibili istituti di ricerca o di singoli esperti che abbiano una solida esperienza su questioni specifiche relative ad un ATT. L’AR selezionerà quelli più idonei sulla base dell’elenco ristretto e delle consultazioni con gli organi competenti del Consiglio. 2.3.4. Distribuzione regionale dei seminari I seminari regionali si terranno secondo i raggruppamenti seguenti: a) un seminario per le Americhe e i Caraibi; b) un seminario per il Medio Oriente; c) un seminario per l’Africa centrale, settentrionale e occidentale; d) un seminario per l’Africa orientale e meridionale; e) un seminario per l’Asia orientale e il Pacifico; f) un seminario per l’Asia meridionale e centrale; g) un seminario per la regione dell’Europa ampliata. I possibili luoghi in cui si propone di tenere i seminari sono: a) Buenos Aires o Rio de Janeiro per l’America latina e i Caraibi; b) Cairo o Beirut per il Medio Oriente; c) Rabat o Accra per l’Africa centrale, settentrionale e occidentale; d) Nairobi o Johannesburg per l’Africa orientale e meridionale; e) Giacarta o Beijing per l’Asia orientale e il Pacifico; f) New Delhi o Astana per l’Asia meridionale ecentrale; g) Mosca o Belgrado per la regione dell’Europa ampliata. Le sedi definitive saranno determinate in modo da ottimizzare le risorse e minimizzare l’impronta di carbonio e in base all’assistenza disponibile a livello locale. L’UNIDIR proporrà raccomandazioni motivate sulle sedi che l’AR valuterà e avvallerà, in consultazione con gli organi competenti del Consiglio. 2.3.5. Eventi di apertura e di chiusura Un giorno sarà dedicato all’evento di apertura per presentare gli obiettivi del progetto alla comunità internazionale e per cercare contributi della società civile, di ricercatori e ONG al fine di garantire il sostegno al progetto. Sarà organizzato un evento conclusivo della durata di un giorno per presentare i risultati del progetto. Le sedi definitive di tali eventi saranno determinate secondo la procedura prevista per la scelta delle sedi dei seminari regionali. L’evento di apertura potrebbe tenersi ai margini del comitato preparatorio previsto per luglio 2010, a seconda della data di adozione della presente decisione. 2.3.6. Eventi collaterali Sarà organizzato un primo evento collaterale ai margini del primo comitato (65a sessione dell’Assemblea generale dell’ONU) nell’ottobre 2010 per sensibilizzare maggiormente al progetto i soggetti interessati convenuti a New York e per discutere alcuni elementi concreti e sostanziali pertinenti al processo ATT. Un secondo evento collaterale avrà luogo nella quarta sessione della riunione del comitato preparatorio dell’ATT che si terrà a New York nel 2011 per presentare ai soggetti interessati convenuti a New York i risultati aggiornati del progetto. Un terzo evento collaterale si svolgerà ai margini del primo comitato (66a sessione dell’Assemblea generale dell’ONU) nell’ottobre 2011 per presentare ai soggetti interessati convenuti a New York i risultati aggiornati del progetto. 2.4. Risultati — Diffusione RELAZIONI-PUBBLICAZIONE A conclusione di ciascun seminario ed evento sarà elaborata una breve relazione di sintesi sulle discussioni e sulle raccomandazioni e idee avanzate in merito a un ATT e sugli altri aspetti tecnici esaminati. Le relazioni in questione, in inglese, saranno accessibili on line e su supporto elettronico a fini di diffusione. In occasione del seminario conclusivo sarà elaborato e sottoposto alle osservazioni un progetto della relazione finale in cui si analizzeranno le relazioni di sintesi delle sette riunioni regionali e degli altri eventi compresi nel progetto. La relazione finale sarà accessibile on line e su supporto elettronico a fini di diffusione. Una pubblicazione che riassumerà la relazione finale sarà disponibile on line e su supporto cartaceo. 3. Durata Il periodo di attuazione del progetto è di 24 mesi dopo la conclusione dell’accordo di finanziamento di cui all’articolo 3, paragrafo 3. 4. Beneficiari I beneficiari di questo progetto saranno gli Stati membri dell’ONU, con particolare attenzione alle autorità statali responsabili delle politiche nazionali riguardanti l’ATT, alle autorità preposte ai controlli dell’esportazione, nonché ai funzionari doganali e incaricati dell’applicazione della legge, che necessitano di rafforzare le proprie competenze al fine di garantire un commercio delle armi responsabile e di prevenire la proliferazione irresponsabile delle armi convenzionali nel quadro di un futuro ATT. La selezione degli specifici beneficiari degli Stati sarà effettuata sulla base di un elenco ristretto di beneficiari proposto dall’UNIDIR e che l’AR valuterà e avvallerà, in consultazione con gli organi competenti del Consiglio. 5. Ente incaricato dell’attuazione L’attuazione tecnica della presente decisione sarà affidata all’UNIDIR. L’UNIDIR svolgerà i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR. L’UNIDIR coopera con l’UNODA e i membri dell’ufficio di presidenza del comitato preparatorio per la conferenza dell’ONU su un ATT. L’UNIDIR coopera, se del caso, con istituzioni quali le organizzazioni regionali, i gruppi di riflessione, le ONG e l’industria. L’UNIDIR assicurerà una visibilità del contributo dell’Unione adeguata alla sua entità. (1) GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99.
Regolamentazione del commercio di armi L'Unione europea intende contribuire al miglioramento della regolamentazione del commercio internazionale di armi. L'obiettivo è di partecipare all'elaborazione di un trattato sul commercio di armi e di migliorare i sistemi di controllo di questo tipo di commercio. ATTO Decisione 2010/336/PESC del Consiglio, del 14 giugno 2010, relativa alle attività dell'Unione europea a sostegno del trattato sul commercio di armi nell'ambito della strategia europea in materia di sicurezza [Gazzetta ufficiale L 152 del 18.6.2010]. SINTESI La presente decisione descrive il progetto elaborato dall'Unione europea (UE) al fine di migliorare la regolamentazione del commercio di armi. Tale progetto dovrebbe permettere un migliore controllo dell'importazione, l'esportazione e il trasferimento di armi convenzionali. Il progetto si pone due obiettivi: sostenere il processo preparatorio in vista dell'elaborazione di un trattato sul commercio di armi in seno alle Nazioni Unite (EN); migliorare i sistemi di controllo del commercio di armi tra i paesi membri delle Nazioni Unite. Il progetto presentato dal Consiglio consiste nell'organizzazione di seminari internazionali. Tali seminari raggrupperanno rappresentanti politici ed esperti in materia di commercio di armi. Essi risulteranno nello scambio di punti di vista e nella formulazione di proposte concrete. Seminari internazionali I seminari saranno organizzati in diverse regioni del mondo, si svolgeranno nell'arco di più giorni e raccoglieranno vari tipi di partecipanti: personale diplomatico e di difesa militare proveniente dai paesi delle regioni interessate; rappresentanti delle Nazioni Unite; rappresentanti di organizzazioni internazionali e di organismi non governativi; personale tecnico e incaricato dell’applicazione della legge specializzato nel commercio di armi (autorità di controllo alle frontiere; esperti nazionali e internazionali rappresentanti dell'industria). L'organizzazione dei seminari sarà affidata all'Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo (Unidir). L'Unidir svolgerà tuttavia i suoi compiti sotto la responsabilità dell'alto rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Inoltre, l'alto rappresentante riferirà regolarmente al Consiglio sull'attuazione della presente decisione. L'importo di riferimento finanziario per l’attuazione della presente decisione è pari a 1 520 000 euro. Trattato sul commercio di armi I seminari avranno l'obiettivo di avviare l'elaborazione di un trattato internazionale sul commercio di armi. Tale trattato è in fase di elaborazione in seno alle Nazioni Unite. Esso sarà giuridicamente vincolante per i paesi signatari. Il trattato stabilirà in particolare delle norme internazionali per l'importazione, l'esportazione e il trasferimento di armi. I seminari organizzati dall'UE avranno quindi l'obiettivo di far progredire i negoziati tra i paesi interessati a partecipare al trattato. Tali seminari permetteranno in particolare di fare il punto della situazione internazionale in materia di commercio di armi. Essi avranno l'obiettivo di promuovere la partecipazione del maggior numero possibile di paesi membri delle Nazioni Unite. I seminari permetteranno inoltre di formulare proposte concrete sul contenuto del futuro trattato sul commercio di armi. Controllo internazionale del commercio di armi I seminari organizzati dall'UE dovranno conseguire un secondo obiettivo: contribuire all'attuazione di sistemi di controllo efficaci e uniformi tra i paesi partecipanti. I seminari dovranno pertanto: contribuire alla creazione e attuazione di un sistema di concessione di licenze per il commercio di armi; migliorare il controllo alle frontiere e la sorveglianza sui trasferimenti di armi; favorire la trasparenza del commercio di armi attraverso la partecipazione al registro delle armi convenzionali delle Nazioni Unite; contribuire agli sforzi nazionali volti ad identificare e rintracciare armi leggere e di piccolo calibro. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2010/336/PESC 14.6.2010 - GU L 152 del 18.6.2010 ATTI COLLEGATI Decisione 2013/269/PESC del Consiglio, del 27 maggio 2013 che autorizza gli Stati membri a firmare il trattato sul commercio di armi nell’interesse dell’Unione europea. Con la presente decisione, si esortano gli Stati membri a firmare il trattato sul commercio di armi in occasione della cerimonia solenne - tenutasi a New York il 3 giugno 2013 - o comunque appena possibile dopo tale data.
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REGOLAMENTO (UE) 2016/1952 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 ottobre 2016 relativo alle statistiche europee sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica e che abroga la direttiva 2008/92/CE (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 338, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) La competitività, la sostenibilità e la sicurezza energetica sono gli obiettivi globali di un’Unione dell’energia resiliente, con politiche lungimiranti in materia di cambiamenti climatici. (2) Per poter delineare la politica dell’Unione dell’energia e monitorare i mercati dell’energia degli Stati membri sono necessari dati sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica applicati ai clienti finali che siano di qualità elevata, comparabili, aggiornati, affidabili e armonizzati. (3) Il presente regolamento è volto a creare un quadro comune per la compilazione di statistiche europee atte a sostenere le politiche energetiche, in particolare in vista della creazione di un mercato interno dell’energia pienamente integrato per i clienti. Al fine di migliorare l’integrazione del mercato dovrebbe essere garantita una maggiore trasparenza relativamente a costi e prezzi dell’energia e al livello di sostegno pubblico. Il presente regolamento non implica alcuna armonizzazione della struttura dei prezzi o degli oneri negli Stati membri. (4) A oggi la direttiva 2008/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) ha fornito un quadro comune per la produzione, la trasmissione e la diffusione di statistiche comparabili sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica applicati ai clienti industriali nell’Unione. (5) La raccolta di dati sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica applicati ai clienti finali nel settore domestico è stata finora effettuata sulla base di un accordo volontario. (6) La crescente complessità del mercato interno dell’energia rende sempre più difficile ottenere dati attendibili e aggiornati sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica in assenza di un obbligo giuridicamente vincolante di fornire tali dati, in particolare per il settore domestico. (7) Al fine di garantire la trasmissione di dati sui prezzi che siano di elevata qualità per il settore domestico e per il settore non domestico, la raccolta di entrambe le categorie di dati dovrebbe essere disciplinata da un atto legislativo. (8) Nella maggior parte degli Stati membri sono disponibili dati sui sistemi di trasmissione presso le autorità di regolamentazione dell’energia. Tuttavia i costi di distribuzione richiedono un numero molto maggiore di compilatori di dati e la trasmissione di questi ultimi è considerata più difficile in alcuni Stati membri. Data l’importanza dei costi di distribuzione e la necessità di trasparenza in questa materia, è opportuno che la raccolta dei dati sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica avvenga secondo le prassi consolidate nel sistema statistico europeo. (9) Il sistema delle fasce di consumo utilizzato dalla Commissione (Eurostat) nelle sue pubblicazioni relative ai prezzi dovrebbe garantire la trasparenza del mercato e l’ampia diffusione di dati non riservati sui prezzi, consentendo il calcolo di dati aggregati europei. (10) Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) costituisce il quadro di riferimento per le statistiche europee. Tale regolamento stabilisce che le statistiche debbano essere raccolte in conformità dei principi di imparzialità, trasparenza, affidabilità, obiettività, indipendenza professionale e favorevole rapporto costi-benefici, nella piena tutela del segreto statistico. (11) Gli Stati membri dovrebbero elaborare i dati sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica utilizzando le fonti e i metodi più appropriati per fornire le informazioni richieste. (12) I dati sui prezzi applicati ai clienti finali di gas naturale ed energia elettrica dovrebbero consentire il confronto con i prezzi di altri prodotti energetici. (13) Le informazioni sulla raccolta dei dati relativi ai prezzi e sulla qualità dei dati dovrebbero essere fornite nell’ambito di una procedura standard di trasmissione. (14) Dati dettagliati sulla disaggregazione delle fasce di consumo e le rispettive quote di mercato costituiscono una parte essenziale delle statistiche sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica. (15) L’analisi dei prezzi può essere effettuata solo se gli Stati membri mettono a disposizione statistiche ufficiali di alta qualità sulle diverse componenti e sottocomponenti dei prezzi di gas naturale ed energia elettrica. Una metodologia aggiornata per la disaggregazione dettagliata delle varie componenti e sottocomponenti dei prezzi di gas naturale ed energia elettrica applicati ai clienti finali consentirà di analizzare l’impatto di diversi aspetti sul prezzo finale. (16) I dati forniti alla Commissione (Eurostat) sui prezzi e sulle condizioni di vendita ai clienti finali e la ripartizione dei clienti finali per ciascuna fascia di consumo dovrebbero includere tutte le informazioni necessarie per consentire alla Commissione di decidere in merito alle misure o proposte più adatte in materia di politica energetica. (17) Una buona conoscenza delle imposte, dei canoni, dei tributi e degli oneri applicati in ciascuno Stato membro è essenziale al fine di garantire la trasparenza dei prezzi. È stata riconosciuta l’importanza di una disaggregazione dei dati relativi ai costi pertinenti alla rete, alle imposte, ai canoni, ai tributi e agli oneri. (18) È opportuno esonerare dall’obbligo di trasmettere i dati relativi ai prezzi del gas naturale applicati ai clienti finali civili gli Stati membri in cui il consumo di gas naturale è ridotto rispetto al consumo finale energetico delle famiglie. (19) Al fine di migliorare l’attendibilità dei dati, la Commissione (Eurostat), in collaborazione con gli Stati membri, dovrebbe valutare e, se necessario, migliorare la metodologia per la raccolta e l’elaborazione dei dati in maniera precisa, in conformità del quadro di governance per le statistiche. Per questo motivo dovrebbero essere regolarmente compilate relazioni sulla qualità ed effettuate valutazioni della qualità dei dati relativi ai prezzi. (20) Su richiesta motivata di uno Stato membro, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a concedere deroghe a tale Stato membro relativamente a obblighi specifici per i quali l’applicazione del presente regolamento al sistema statistico nazionale dello stesso Stato membro richieda notevoli adeguamenti o possa causare un onere aggiuntivo rilevante a carico dei rispondenti. (21) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione relativamente al formato e alle modalità di trasmissione dei dati, ai criteri volti ad assicurare la qualità tecnica per quanto riguarda il contenuto delle relazioni standard sulla qualità e alla concessione di deroghe. È opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). (22) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la definizione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche europee sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire conformemente al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (23) È pertanto opportuno abrogare la direttiva 2008/92/CE. (24) Il comitato del sistema statistico europeo è stato consultato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento definisce un quadro comune per lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee comparabili sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica per i clienti civili e i clienti finali non civili nell’Unione. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: 1) i termini «autoproduttori», «consumo finale energetico» e «famiglia» hanno lo stesso significato loro attribuito nell’allegato A del regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (5); 2) i termini «trasmissione», «distribuzione», «cliente», «cliente finale», «cliente civile», «cliente non civile» e «fornitura» hanno lo stesso significato loro attribuito nell’articolo 2 della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), laddove utilizzati in relazione all’energia elettrica; 3) i termini «trasporto», «distribuzione», «fornitura», «cliente», «cliente civile», «cliente non civile» e «cliente finale» hanno lo stesso significato loro attribuito nell’articolo 2 della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), laddove utilizzati in relazione al gas naturale; 4) per «componente pertinente alla rete» si intende la combinazione dei costi relativi alla rete di trasporto e di distribuzione come stabilito al punto 6 dell’allegato I e al punto 5 dell’allegato II. Articolo 3 Fonti dei dati Gli Stati membri elaborano i dati sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica e sulle loro componenti e sottocomponenti concernenti i costi pertinenti alla rete, le imposte, i canoni, i tributi e gli oneri, nonché sui volumi di consumo, conformemente agli allegati I e II. Sono utilizzate una o più delle seguenti fonti, dopo aver tenuto conto dei principi di riduzione degli oneri a carico dei rispondenti e di semplificazione amministrativa: a) indagini statistiche; b) fonti amministrative; c) altre fonti che applicano metodi di stima statistica. Articolo 4 Copertura 1. Gli Stati membri provvedono affinché il sistema di raccolta e compilazione dei dati conformemente agli allegati I e II fornisca dati di elevata qualità, comprensibili e comparabili che siano rappresentativi dei prezzi e del consumo di gas naturale ed energia elettrica. 2. Gli Stati membri non sono tenuti a trasmettere i dati sui prezzi del gas naturale applicati ai clienti civili se il consumo di gas naturale nel settore domestico è inferiore all’1,5 % del consumo finale energetico nel settore domestico. 3. Almeno ogni tre anni, la Commissione (Eurostat) verifica quali Stati membri non sono tenuti a trasmettere i dati ai sensi del paragrafo 2. Articolo 5 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati come specificato negli allegati I e II. 2. La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono il formato e le modalità di trasmissione dei dati di cui agli allegati I e II. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 10, paragrafo 2. 3. Gli Stati membri trasmettono statistiche alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del periodo di riferimento pertinente. Articolo 6 Periodi di riferimento e frequenza della trasmissione 1. I periodi di riferimento per i dati specificati negli allegati I e II sono annuali (da gennaio a dicembre) o semestrali (da gennaio a giugno e da luglio a dicembre). I primi periodi di riferimento cominciano nel 2017. 2. La frequenza di trasmissione è: a) annuale (per il periodo da gennaio a dicembre) per i dati di cui al punto 6, lettera a), e al punto 7 dell’allegato I e al punto 5, lettera a), e al punto 6 dell’allegato II; b) semestrale (per i periodi da gennaio a giugno e da luglio a dicembre) per i dati di cui al punto 6, lettera b), dell’allegato I e al punto 5, lettera b), dell’allegato II. Articolo 7 Assicurazione della qualità 1. Gli Stati membri garantiscono la qualità dei dati forniti conformemente al presente regolamento. A tal fine si applicano i criteri di qualità standard stabiliti all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. 2. Gli Stati membri informano immediatamente la Commissione (Eurostat) in merito a qualsiasi modifica riguardante la metodologia o altre modifiche che possano avere un impatto significativo sulle statistiche dei prezzi di gas naturale ed energia elettrica, e in ogni caso non oltre un mese dall’introduzione della modifica. 3. Ogni tre anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una relazione standard sulla qualità dei dati conforme ai criteri di qualità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. Tali relazioni comprendono informazioni sull’ambito di applicazione e la raccolta dei dati, i criteri di calcolo, la metodologia e le fonti di dati utilizzate ed eventuali modifiche al riguardo. 4. La Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati forniti e utilizza tale valutazione come pure un’analisi delle relazioni sulla qualità di cui al paragrafo 3 per elaborare e pubblicare una relazione sulla qualità delle statistiche europee oggetto del presente regolamento. 5. La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire le prescrizioni volte ad assicurare la qualità tecnica per quanto riguarda il contenuto delle relazioni sulla qualità di cui al paragrafo 3 del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Articolo 8 Diffusione La Commissione (Eurostat) diffonde le statistiche dei prezzi di gas naturale ed energia elettrica entro cinque mesi a decorrere dalla fine di ciascun periodo di riferimento. Articolo 9 Deroghe 1. La Commissione può concedere deroghe mediante atti di esecuzione in relazione a obblighi specifici per i quali l’applicazione del presente regolamento al sistema statistico nazionale di uno Stato membro richieda notevoli adeguamenti o possa causare un onere aggiuntivo rilevante a carico dei rispondenti. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 10, paragrafo 2. 2. Ai fini del paragrafo 1, lo Stato membro interessato presenta alla Commissione una richiesta debitamente motivata entro l’8 agosto 2017. 3. Le deroghe concesse a norma del paragrafo 1 restano in vigore per il periodo di tempo più breve possibile e in ogni caso per un massimo di tre anni. 4. Uno Stato membro cui sia stata concessa una deroga a norma del paragrafo 1 applica le disposizioni pertinenti della direttiva 2008/92/CE per la durata della deroga. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 11 Abrogazione della direttiva 2008/92/CE 1. La direttiva 2008/92/CE è abrogata con effetto a decorrere dal 1o marzo 2017. 2. Fermo restando il paragrafo 1, la direttiva 2008/92/CE continua ad applicarsi alle condizioni stabilite all’articolo 9 del presente regolamento. 3. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti al presente regolamento. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 26 ottobre 2016 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente I. LESAY (1) Posizione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 ottobre 2016. (2) Direttiva 2008/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, concernente una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica (GU L 298 del 7.11.2008, pag. 9). (3) Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164). (4) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (5) Regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo alle statistiche dell'energia (GU L 304 del 14.11.2008, pag. 1). (6) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211 del 14.8.2009, pag. 55). (7) Direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (GU L 211 del 14.8.2009, pag. 94). ALLEGATO I PREZZI DEL GAS NATURALE Il presente allegato definisce la metodologia per la raccolta e la compilazione dei dati statistici sui prezzi del gas naturale applicati ai clienti civili e ai clienti finali non civili. 1. Prezzi Per prezzi si intendono i prezzi applicati ai clienti civili e ai clienti finali non civili che acquistano per uso proprio gas naturale distribuito attraverso la rete primaria. 2. Gas naturale Per gas naturale si intendono gas naturale e altri combustibili gassosi miscelati con gas naturale nella rete di trasporto e di distribuzione, come il biogas. Sono esclusi altri combustibili gassosi distribuiti attraverso reti dedicate senza essere miscelati con gas naturale (ad esempio gas di officina, gas di cokeria, gas di altoforno e biogas). 3. Unità con obbligo di trasmettere dati I dati comprendono tutti i clienti civili e i clienti finali non civili che fanno uso di gas naturale, ma escludono i clienti che utilizzano il gas naturale solo per: — la produzione di energia elettrica in centrali elettriche o in centrali di cogenerazione, o — usi non energetici (ad es. impiego nell’industria chimica). 4. Unità di misura Per prezzi si intendono i prezzi medi nazionali applicati ai clienti civili e ai clienti finali non civili. I prezzi sono espressi in valuta nazionale per gigajoule (GJ). L’unità di energia utilizzata è misurata in base al potere calorifico superiore (PCS). I prezzi sono ponderati in funzione della quota di mercato delle imprese di fornitura di gas naturale per ciascuna fascia di consumo. Qualora non sia possibile calcolare i prezzi medi ponderati, può essere fornita la media aritmetica dei prezzi. In entrambi i casi, i dati comprendono una quota rappresentativa del mercato nazionale. 5. Fasce di consumo I prezzi sono basati su un sistema di fasce standard di consumo annuo di gas naturale. a) Per i clienti civili si applicano le seguenti fasce di consumo: Fascia di consumo Consumo annuo di gas naturale (GJ) Minimo Massimo Fascia D1 < 20 Fascia D2 ≥ 20 < 200 Fascia D3 ≥ 200 b) Per i clienti finali non civili si applicano le seguenti fasce di consumo: Fascia di consumo Consumo annuo di gas naturale (GJ) Minimo Massimo Fascia I1 < 1 000 Fascia I2 ≥ 1 000 < 10 000 Fascia I3 ≥ 10 000 < 100 000 Fascia I4 ≥ 100 000 < 1 000 000 Fascia I5 ≥ 1 000 000 < 4 000 000 Fascia I6 ≥ 4 000 000 6. Grado di dettaglio I prezzi sono comprensivi di tutti i costi caricati: oneri per l’uso della rete e costo dell’energia consumata, al netto di eventuali sconti o premi e maggiorati di altre eventuali spese (ad esempio affitto del contatore, oneri fissi). Sono escluse le spese iniziali di allacciamento. Devono essere trasmessi dati dettagliati conformemente a quanto specificato di seguito. a) Livello di dettaglio richiesto per componenti e sottocomponenti I prezzi sono suddivisi in tre componenti principali e in sottocomponenti separate. Il prezzo finale al cliente per fascia di consumo di gas naturale corrisponde alla somma delle tre componenti principali: la componente relativa a energia e approvvigionamento, la componente pertinente alla rete (trasporto e distribuzione) e la componente relativa a imposte, canoni, tributi e oneri. Componente e sottocomponente Descrizione Energia e approvvigionamento Questa componente include il prezzo del gas naturale come materia prima pagato dal fornitore, oppure il prezzo del gas naturale al punto di entrata nel sistema di trasporto, compresi, se del caso, i seguenti costi per i consumatori finali: le spese di magazzinaggio e i costi legati alla vendita del gas naturale ai clienti finali. Rete Il prezzo pertinente alla rete comprende i seguenti costi per i consumatori finali: tariffe di trasporto e distribuzione, perdite legate al trasporto e alla distribuzione, costi per l’uso della rete, costi dei servizi post vendita, costi di manutenzione, costi per l’affitto dei contatori e per la misurazione. Sottocomponente La componente pertinente alla rete è suddivisa in costi relativi alla rete di trasporto e di distribuzione per i consumatori finali, come segue: 1. Quota relativa media dei costi di trasporto per i clienti civili e quota relativa media dei costi di trasporto per i clienti finali non civili espresse in percentuale del totale dei costi di rete. 2. Quota relativa media dei costi di distribuzione per i clienti civili e quota relativa media dei costi di distribuzione per i clienti finali non civili espresse in percentuale del totale dei costi di rete. Imposte, canoni, tributi e oneri Questa componente è la somma di tutte le sottocomponenti (imposte, canoni, tributi e oneri) elencate qui di seguito. Sottocomponente Le seguenti sottocomponenti sono trasmesse come singoli elementi per ciascuna fascia di consumo di cui al punto 5. 1. Imposta sul valore aggiunto quale definita nella direttiva 2006/112/CE del Consiglio (1). 2. Imposte, canoni, tributi o oneri legati alla promozione delle fonti di energia rinnovabili, l’efficienza energetica e la cogenerazione. 3. Imposte, canoni, tributi o oneri relativi a stock strategici, meccanismi di pagamento sulla base della capacità e sicurezza energetica; imposte sulla distribuzione del gas naturale; costi non recuperabili e prelievi per il finanziamento delle autorità di regolamentazione dell’energia o degli operatori di mercato e dei gestori dei sistemi. 4. Imposte, canoni, tributi o oneri relativi alla qualità dell’aria e ad altri fini ambientali; imposte sulle emissioni di CO2 o di altri gas a effetto serra. 5. Imposte, canoni, tributi o oneri che non rientrano in nessuna delle precedenti quattro categorie: sovvenzioni per il teleriscaldamento, oneri fiscali locali o regionali, addizionali di conguaglio per le isole; canoni di concessione di licenze o corrispettivi per l’occupazione di terreni e immobili di proprietà pubblica o privata da parte della rete o di altri dispositivi. b) Livello di dettaglio in base alla tassazione I prezzi sono ripartiti tra i seguenti tre livelli: Livello Descrizione Prezzi al netto di imposte, canoni, tributi e oneri Questo livello di prezzo comprende solo la componente relativa a energia e approvvigionamento e la componente pertinente alla rete. Prezzi al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre imposte recuperabili Questo livello di prezzo comprende la componente relativa a energia e approvvigionamento, la componente pertinente alla rete nonché imposte, canoni, tributi e oneri considerati non recuperabili per i clienti finali non civili. Per i clienti civili questo livello di prezzo comprende la componente relativa all’energia e la componente pertinente alla rete nonché imposte, canoni, tributi e oneri, esclusa l’IVA. Prezzi comprensivi di tutte le imposte Questo livello di prezzo comprende la componente relativa a energia e approvvigionamento, la componente pertinente alla rete nonché le imposte, i canoni, i tributi e gli oneri recuperabili e non recuperabili, inclusa l’IVA. 7. Volumi di consumo Gli Stati membri trasmettono informazioni sulla quota relativa di consumo del gas naturale in ciascuna fascia di consumo in base al volume totale a cui si riferiscono i prezzi. I volumi di consumo annuo per ogni fascia di consumo sono trasmessi una volta all’anno assieme ai dati sui prezzi per il secondo semestre. I dati non devono avere più di due anni. (1) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1). ALLEGATO II PREZZI DELL’ENERGIA ELETTRICA Il presente allegato definisce la metodologia per la raccolta e la compilazione dei dati statistici sui prezzi dell’energia elettrica applicati ai clienti civili e ai clienti finali non civili. 1. Prezzi Per prezzi si intendono i prezzi praticati ai clienti civili e ai clienti finali non civili che acquistano energia elettrica per uso proprio. 2. Unità con obbligo di trasmettere dati I dati comprendono tutti i clienti civili e i clienti finali non civili che fanno uso di energia elettrica, mentre sono esclusi dall’obbligo di trasmissione i dati relativi all’energia elettrica generata e quindi consumata da autoproduttori. 3. Unità di misura Per prezzi si intendono i prezzi medi nazionali applicati ai clienti civili e ai clienti finali non civili. I prezzi sono espressi in valuta nazionale per chilowattora (kWh). I prezzi sono ponderati in funzione della quota di mercato delle imprese di fornitura di energia elettrica per ciascuna fascia di consumo. Qualora non sia possibile calcolare i prezzi medi ponderati, può essere fornita la media aritmetica dei prezzi. In entrambi i casi, i dati comprendono una quota rappresentativa del mercato nazionale. 4. Fasce di consumo I prezzi sono basati su un sistema di fasce di consumo annuo di energia elettrica standard. a) Per i clienti civili si applicano le seguenti fasce di consumo: Fascia di consumo Consumo annuo di energia elettrica (kWh) Minimo Massimo Fascia DA < 1 000 Fascia DB ≥ 1 000 < 2 500 Fascia DC ≥ 2 500 < 5 000 Fascia DD ≥ 5 000 < 15 000 Fascia DE ≥ 15 000 b) Per i clienti finali non civili si applicano le seguenti fasce di consumo: Fascia di consumo Consumo annuo di energia elettrica (MWh) Minimo Massimo Fascia IA < 20 Fascia IB ≥ 20 < 500 Fascia IC ≥ 500 < 2 000 Fascia ID ≥ 2 000 < 20 000 Fascia IE ≥ 20 000 < 70 000 Fascia IF ≥ 70 000 < 150 000 Fascia IG ≥ 150 000 5. Grado di dettaglio I prezzi sono comprensivi di tutti i costi caricati: oneri per l’uso della rete e costo dell’energia consumata, al netto di eventuali premi o sconti e maggiorati di altre eventuali spese (ad esempio affitto del contatore, oneri fissi). Sono escluse le spese iniziali di allacciamento. Devono essere trasmessi dati dettagliati conformemente a quanto specificato di seguito. a) Livello di dettaglio richiesto per componenti e sottocomponenti I prezzi sono suddivisi in tre componenti principali e in sottocomponenti separate. Il prezzo finale al cliente per fascia di consumo di energia elettrica corrisponde alla somma delle tre componenti principali: la componente relativa a energia e approvvigionamento, la componente pertinente alla rete (trasmissione e distribuzione) e la componente relativa a imposte, canoni, tributi e oneri. Componente e sottocomponente Descrizione Energia e approvvigionamento Questa componente comprende i seguenti costi per i consumatori finali: produzione, aggregazione, bilanciamento, costo dell’energia fornita, servizi alla clientela, gestione post vendita e altri costi di approvvigionamento. Rete Il prezzo pertinente alla rete comprende i seguenti costi per i consumatori finali: tariffe di trasmissione e distribuzione, perdite legate alla trasmissione e alla distribuzione, costi per l’uso della rete, costi dei servizi post vendita, costi di manutenzione, costi per l’affitto dei contatori e per la misurazione. Sottocomponente La componente pertinente alla rete è suddivisa in costi relativi alla rete di trasmissione e di distribuzione per i consumatori finali, come segue: 1. Quota relativa media dei costi di trasmissione per i clienti civili e quota relativa media dei costi di trasmissione per i clienti finali non civili espresse in percentuale del totale dei costi di rete. 2. Quota relativa media dei costi di distribuzione per i clienti civili e quota relativa media dei costi di distribuzione per i clienti finali non civili espresse in percentuale del totale dei costi di rete. Imposte, canoni, tributi e oneri Questa componente è la somma di tutte le sottocomponenti (imposte, canoni, tributi e oneri) elencate di seguito. Sottocomponente Le seguenti sottocomponenti sono trasmesse come singoli elementi per ciascuna fascia di consumo di cui al punto 4. 1. Imposta sul valore aggiunto come definita nella direttiva 2006/112/CE. 2. Imposte, canoni, tributi o oneri legati alla promozione delle fonti di energia rinnovabili, l’efficienza energetica e la cogenerazione. 3. Imposte, canoni, tributi o oneri relativi a meccanismi di pagamento sulla base della capacità, sicurezza energetica e adeguatezza della capacità di produzione; imposte sulla ristrutturazione dell’industria carboniera; imposte sulla distribuzione dell’energia elettrica; costi non recuperabili e prelievi per il finanziamento delle autorità di regolamentazione dell’energia o degli operatori di mercato e dei gestori dei sistemi. 4. Imposte, canoni, tributi o oneri relativi alla qualità dell’aria e ad altri fini ambientali; imposte sulle emissioni di CO2 o di altri gas a effetto serra. 5. Imposte, canoni, tributi o oneri relativi al settore nucleare, compreso lo smantellamento delle centrali nucleari, le ispezioni e altri diritti legati agli impianti nucleari. 6. Imposte, canoni, tributi o oneri che non rientrano in nessuna delle precedenti cinque categorie: sovvenzioni per il teleriscaldamento, oneri fiscali locali o regionali, addizionali di conguaglio per le isole; canoni di concessione di licenze o corrispettivi per l’occupazione di terreni e immobili di proprietà pubblica o privata da parte della rete o di altri dispositivi. b) Livello di dettaglio in base alla tassazione I prezzi sono ripartiti tra i seguenti tre livelli: Livello Descrizione Prezzi al netto di imposte, canoni, tributi e oneri Questo livello di prezzo comprende solo la componente relativa a energia e approvvigionamento e la componente pertinente alla rete. Prezzi al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre imposte recuperabili Questo livello di prezzo comprende la componente relativa a energia e approvvigionamento, la componente pertinente alla rete nonché imposte, canoni, tributi e oneri considerati non recuperabili per i clienti finali non civili. Per i clienti civili questo livello di prezzo comprende la componente relativa all’energia e la componente pertinente alla rete nonché imposte, canoni, tributi e oneri, esclusa l’IVA. Prezzi comprensivi di tutte le imposte Questo livello di prezzo comprende la componente relativa a energia e approvvigionamento, la componente pertinente alla rete nonché le imposte, i canoni, i tributi e gli oneri recuperabili e non recuperabili, inclusa l’IVA. 6. Volumi di consumo Gli Stati membri trasmettono informazioni sulla quota relativa di consumo dell’energia elettrica in ciascuna fascia di consumo in base al volume totale a cui si riferiscono i prezzi. Il volume di consumo annuo per ogni fascia di consumo è trasmesso una volta all’anno assieme ai dati sui prezzi per il secondo semestre. I dati non devono avere più di due anni.
Statistiche europee sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce un sistema comune per sviluppare, produrre e diffondere statistiche europee comparabili su prezzi di gas naturale ed energia elettrica per i clienti finali non civili e i clienti civili nell’UE. Abroga e sostituisce la direttiva 2008/92/CE. PUNTI CHIAVE Fonti dei dati, copertura e trasmissione I paesi dell’UE elaborano i dati su:volumi di consumo; prezzi e le loro componenti e sottocomponenti concernenti:energia e costi di fornitura;costi pertinenti alla rete;imposte;tasse;tributi e oneri. La raccolta dei dati potrà essere effettuata da una delle seguenti fonti:indagini statistiche; fonti amministrative; altri fonti che applicano metodi di stima statistica. I paesi dell’UE devono aver tenuto conto nella raccolta dei dati dei principi di riduzione degli oneri a carico dei rispondenti e di semplificazione amministrativa. La raccolta deve essere effettuata conformemente alla metodologia descritta nell’Allegato I (prezzi del gas naturale) e Allegato II (prezzi dell’energia elettrica). I dati raccolti devono essere trasmessi alla Commissione (Eurostat) annualmente oppure ogni due anni. I paesi dell’UE non sono tenuti a trasmettere i dati sui prezzi del gas naturale applicati ai clienti civili se il consumo di gas naturale nel settore domestico è inferiore all’1,5 % del consumo finale energetico nel settore domestico. Assicurazione della qualità e relazioni Ogni tre anni, i paesi dell’UE trasmettono a Eurostat una relazione standard sulla qualità dei dati conforme ai criteri di qualità stabiliti nel regolamento (CE) n. 223/2009 ­ Statistiche europee — e nel regolamento di esecuzione (UE) 2019/803. Eurostat in seguito valuta la qualità dei dati forniti e utilizza tale valutazione come pure un’analisi delle relazioni sulla qualità per elaborare e pubblicare una relazione sulla qualità delle statistiche europee oggetto del presente regolamento. Il Comitato La Commissione (Eurostat) è assistita e informata dal comitato del sistema statistico europeo, un comitato formato dai rappresentanti dei paesi dell’UE e presieduto dalla Commissione. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 7 dicembre 2016. CONTESTO E’ necessario che i dati forniti sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica applicati agli utenti finali siano di alta qualità, comparabili, aggiornati, attendibili ed armonizzati al fine di delineare una politica energetica dell’Unione e per monitorare i mercati dell’energia dei paesi dell’UE. Fino alla data d’entrata in vigore di cui questo regolamento, i dati dei prezzi di gas naturale ed energia elettrica applicati ai consumatori finali nel settore domestico erano raccolti sulla base d’un accordo volontario. Per maggiori informazioni, consultare:Energia — panoramica (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 2016/1952 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativo alle statistiche europee sui prezzi di gas naturale ed energia elettrica e che abroga la direttiva 2008/92/CE (GU L 311 del 17.11.2016, pag.1). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2019/803 della Commissione, del 17 maggio 2019, relativo ai requisiti tecnici riguardanti il contenuto delle relazioni sulla qualità delle statistiche europee sui prezzi del gas naturale e dell’energia elettrica a norma del regolamento (UE) 2016/1952 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 132 del 20.5.2019, pag. 23). Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il Regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il Regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la Decisione 89/382/CEE Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 223/2009 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo alle statistiche dell’energia (GU L 304 del 14.11.2008, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (UE) N. 229/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 marzo 2013 recante misure specifiche nel settore dell'agricoltura a favore delle isole minori del Mar Egeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1405/2006 del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 42, primo comma, e l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1405/2006 (3) del Consiglio ha previsto misure specifiche nel settore dell'agricoltura per ovviare alle difficoltà causate dalla particolare situazione geografica delle isole minori del Mar Egeo. Tali misure sono state attuate mediante un programma di sostegno che costituisce uno strumento indispensabile per l'approvvigionamento di prodotti agricoli in tali isole e per il sostegno della produzione agricola locale. In vista della necessità di aggiornare le misure in vigore, anche in seguito all'entrata in vigore del trattato di Lisbona, è necessario abrogare il regolamento (CE) n. 1405/2006 e sostituirlo con un nuovo regolamento. (2) È necessario precisare gli obiettivi fondamentali che il regime a favore delle isole minori del Mar Egeo contribuirà a realizzare. (3) È inoltre necessario precisare il contenuto del programma di sostegno per le isole minori del Mar Egeo («programma di sostegno») che, in applicazione del principio di sussidiarietà, la Grecia dovrebbe elaborare al livello geografico più adeguato e sottoporre alla Commissione per approvazione. (4) Per conseguire in maniera più efficace gli obiettivi del regime a favore delle isole minori del Mar Egeo, il programma di sostegno dovrebbe includere misure che garantiscano l'approvvigionamento di prodotti agricoli nonché la conservazione e lo sviluppo delle produzioni agricole locali. Occorre armonizzare il livello di programmazione e rendere sistematico l'approccio di partenariato tra la Commissione e la Grecia. La Commissione dovrebbe adottare procedure e indicatori che garantiscano la corretta attuazione e un adeguato controllo del programma. (5) In applicazione del principio di sussidiarietà e in una prospettiva di flessibilità, i due principi su cui si basa l'approccio in materia di programmazione adottato per il regime a favore delle isole minori del Mar Egeo, le autorità designate dalla Grecia possono proporre modifiche del programma in modo da adattarlo alla realtà di queste isole. A tal fine è opportuno incoraggiare una partecipazione più significativa delle autorità locali e regionali competenti e delle altre parti interessate. Nella stessa prospettiva, la procedura per modificare i programmi dovrebbe essere adeguata al livello pertinente per ciascun tipo di modifica. (6) La particolare situazione geografica di alcune fra le isole minori del Mar Egeo impone costi aggiuntivi di trasporto per l'approvvigionamento di prodotti essenziali al consumo umano, alla trasformazione o in quanto fattori di produzione agricoli. Una serie di fattori oggettivi connessi all'insularità e alla distanza dai mercati impongono inoltre agli operatori economici e ai produttori di tali isole del Mar Egeo vincoli supplementari che ne ostacolano pesantemente le attività. In alcuni casi, operatori e produttori sono soggetti a una «doppia insularità», consistente nella circostanza che l'approvvigionamento avviene attraverso altre isole. Tali svantaggi possono essere mitigati riducendo il prezzo dei suddetti prodotti essenziali. È dunque opportuno instaurare un regime specifico di approvvigionamento al fine di garantire l'approvvigionamento delle isole minori del Mar Egeo e per compensare i costi aggiuntivi dovuti all'insularità, alle dimensioni ridotte e alla distanza dai mercati. (7) I problemi che caratterizzano le isole minori dell'Egeo sono accentuati dalle dimensioni ridotte delle isole. Per garantire l'efficacia delle misure proposte, è opportuno che queste si applichino a tutte le isole dell'Egeo eccetto Creta e Evia. (8) Per realizzare l'obiettivo di ridurre i prezzi nelle isole minori del Mar Egeo, minimizzando i costi aggiuntivi dovuti all'insularità, alle dimensioni ridotte e alla distanza dai mercati salvaguardando nel contempo la competitività dei prodotti dell'Unione, è opportuno concedere aiuti per la fornitura di prodotti dell'Unione alle isole minori del Mar Egeo. Tali aiuti dovrebbero tenere conto dei costi aggiuntivi di trasporto verso le isole minori del Mar Egeo e, nel caso di fattori di produzione agricoli e di prodotti destinati alla trasformazione, dei costi aggiuntivi connessi all'insularità, alle dimensioni ridotte e alla distanza dai mercati. (9) Al fine di evitare speculazioni che danneggerebbero gli utilizzatori finali nelle isole minori del Mar Egeo, occorre precisare che soltanto i prodotti che rispondono a criteri di qualità sanitaria, di equità e di commerciabilità possono beneficiare del regime specifico di approvvigionamento. (10) Poiché i quantitativi soggetti al regime specifico di approvvigionamento sono limitati alle esigenze di approvvigionamento delle isole minori del Mar Egeo, tale regime non dovrebbe nuocere al corretto funzionamento del mercato interno. Inoltre, i vantaggi economici del regime specifico di approvvigionamento non dovrebbero determinare distorsioni degli scambi commerciali per i prodotti interessati. È opportuno, pertanto, vietare la spedizione o l'esportazione di questi prodotti dalle isole minori del Mar Egeo. Tuttavia, è opportuno autorizzare la spedizione o l'esportazione di tali prodotti allorché il vantaggio economico derivante dal regime specifico di approvvigionamento è rimborsato. (11) Per quanto riguarda i prodotti trasformati, è opportuno autorizzare gli scambi commerciali fra le isole minori del Mar Egeo e ridurre i costi di trasporto relativi a tali prodotti, in modo da consentire il commercio tra tali isole. È opportuno inoltre tener conto delle correnti di scambi commerciali nell'ambito del commercio regionale nonché delle esportazioni e delle spedizioni tradizionali con il resto dell'Unione o con i paesi terzi e autorizzare l'esportazione dei prodotti trasformati corrispondenti ai flussi di scambi commerciali tradizionali. (12) Al fine di realizzare gli obiettivi del regime specifico di approvvigionamento, i vantaggi economici del regime dovrebbero riflettersi sui costi di produzione e ridurre i prezzi fino allo stadio dell’utilizzatore finale. Essi dovrebbero essere pertanto concessi solo a condizione che abbiano una ripercussione reale ed è opportuno che siano effettuati adeguati controlli. (13) È opportuno stabilire norme per il funzionamento del regime, in particolare per quanto riguarda la messa a punto di un registro degli operatori e di un sistema di titoli ispirato ai titoli di cui all'articolo 161 del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (4). (14) La politica dell'Unione a sostegno delle produzioni locali nelle isole minori del Mar Egeo, istituita dal regolamento (CE) n. 1405/2006, ha interessato una molteplicità di prodotti e di misure che ne hanno favorito la produzione, la commercializzazione o la trasformazione. Tali misure si sono dimostrate efficaci e hanno consentito il mantenimento e lo sviluppo delle attività agricole. L'Unione dovrebbe continuare a sostenere dette produzioni, che rappresentano un fattore essenziale per l'equilibrio ambientale, sociale ed economico delle isole minori del Mar Egeo. L'esperienza ha dimostrato che, al pari della politica di sviluppo rurale, un più stretto partenariato con le autorità locali può consentire di affrontare in modo più mirato le problematiche specifiche delle isole interessate. È quindi opportuno continuare a sostenere le produzioni locali attraverso un programma di sostegno, elaborato per la prima volta dal regolamento (CE) n. 1405/2006. A tal riguardo, è opportuno porre l'accento sulla conservazione del patrimonio agricolo tradizionale e delle caratteristiche tradizionali dei metodi di produzione e dei prodotti locali e biologici. (15) È opportuno stabilire gli elementi minimi che dovrebbero essere forniti nel programma di sostegno per definire le misure a favore delle produzioni agricole locali, tra cui in particolare la descrizione della situazione, della strategia proposta, degli obiettivi e delle misure. È opportuno inoltre precisare i principi intesi a garantire la coerenza di tali misure con le altre politiche dell'Unione, al fine di evitare eventuali incompatibilità e la sovrapposizione degli aiuti. (16) Ai fini dell'applicazione del presente regolamento, è opportuno che il programma di sostegno possa prevedere anche misure destinate a finanziare studi, progetti dimostrativi, corsi di formazione e servizi di assistenza tecnica. (17) È opportuno incoraggiare i produttori agricoli delle isole minori del Mar Egeo a fornire prodotti di qualità e a favorire la commercializzazione di tali prodotti. (18) La prassi costante della Commissione di non autorizzare aiuti di Stato alla produzione, trasformazione, commercializzazione e trasporto dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (il «trattato») può essere derogata al fine di ovviare alle difficoltà specifiche della produzione agricola delle isole minori del Mar Egeo, dovute all’insularità, alle dimensioni ridotte, al terreno montagnoso, al clima, alla dipendenza economica da un numero limitato di prodotti e alla distanza dai mercati. (19) L'attuazione del presente regolamento non dovrebbe pregiudicare il livello del sostegno specifico di cui hanno beneficiato finora le isole minori del Mar Egeo. Per l'attuazione delle misure necessarie, la Grecia dovrebbe disporre di fondi equivalenti agli aiuti già concessi dall'Unione ai sensi del regolamento (CE) n. 1405/2006. (20) Dal 2007 in poi, il fabbisogno in prodotti essenziali è aumentato nelle isole minori del Mar Egeo a causa dell'incremento del patrimonio zootecnico e della pressione demografica. È opportuno perciò aumentare la quota di bilancio che la Grecia dovrebbe poter utilizzare per il regime specifico di approvvigionamento delle isole minori del Mar Egeo. (21) Per consentire alla Grecia di valutare tutti gli elementi relativi all'attuazione del programma di sostegno per l'anno precedente e di presentare alla Commissione una relazione di valutazione annuale esauriente, è opportuno rinviare la data di presentazione di tale relazione dal 30 giugno al 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento. (22) La Commissione dovrebbe essere tenuta a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2016 e successivamente ogni cinque anni, una relazione generale sull’impatto delle misure adottate per dare applicazione al presente regolamento, corredata, se del caso, di idonee raccomandazioni. (23) Al fine di garantire il corretto funzionamento del regime introdotto dal presente regolamento, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato, riguardo all'integrazione o alla modifica di taluni elementi non essenziali del presente regolamento. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio. (24) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del programma nelle isole minori del Mar Egeo con altri regimi simili ed evitare distorsioni della concorrenza o discriminazioni tra gli operatori, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (5). (25) Al fine di consentire la tempestiva applicazione delle misure previste, il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I OGGETTO E OBIETTIVI Articolo 1 Oggetto 1. Il presente regolamento istituisce misure specifiche nel settore agricolo intese a ovviare alle difficoltà causate dall'insularità, dalle dimensioni ridotte e dalla distanza dai mercati delle isole minori del Mar Egeo («isole minori»). 2. Ai fini del presente regolamento, per «isole minori» si intendono tutte le isole del Mar Egeo, eccetto le isole di Creta e di Evia. Articolo 2 Obiettivi 1. Le misure specifiche di cui all'articolo 1 contribuiscono alla realizzazione dei seguenti obiettivi: a) garantire alle isole minori l'approvvigionamento di prodotti essenziali al consumo umano o alla trasformazione o in quanto fattori di produzione agricoli, mitigando i costi aggiuntivi dovuti alla loro insularità, alla superficie ridotta e alla distanza dai mercati; b) preservare e sviluppare l'attività agricola delle isole minori, in particolare la produzione, la trasformazione, la commercializzazione e il trasporto dei prodotti locali, sia primari che trasformati. 2. Gli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono attuati tramite le misure di cui ai capi III, IV e V. CAPO II PROGRAMMA DI SOSTEGNO Articolo 3 Definizione del programma di sostegno 1. Le misure di cui all'articolo 1 sono definite mediante un programma di sostegno, che include: a) un regime specifico di approvvigionamento di cui al capo III; e b) misure specifiche a favore delle produzioni agricole locali di cui al capo IV. 2. Il programma di sostegno è stabilito al livello territoriale geografico giudicato più adeguato dalla Grecia. Esso è elaborato dalle competenti autorità locali e regionali designate dalla Grecia che, previa consultazione delle autorità locali e regionali e delle organizzazioni competenti al livello regionale appropriato, lo trasmette alla Commissione per approvazione conformemente all'articolo 6. Articolo 4 Compatibilità e coerenza 1. Le misure adottate nell'ambito del programma di sostegno sono conformi al diritto dell'Unione. Tali misure sono coerenti con le altre politiche dell'Unione e con le misure adottate in virtù di dette politiche. 2. Le misure adottate nell'ambito del programma di sostegno devono essere coerenti con quelle poste in essere nel quadro delle altre componenti della politica agricola comune, in particolare le organizzazioni comuni di mercato, lo sviluppo rurale, la qualità dei prodotti, il benessere degli animali e la tutela dell'ambiente. Più precisamente, nessuna misura ai sensi del presente regolamento è finanziata: a) a titolo di sostegno integrativo dei regimi di premi o di aiuti istituiti nell'ambito di un'organizzazione comune di mercato, tranne in circostanze eccezionali debitamente giustificate in base a criteri oggettivi; b) a titolo di sostegno per progetti di ricerca, misure destinate a sostenere progetti di ricerca o misure ammissibili al finanziamento dell'Unione a norma della decisione 2009/470/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa a talune spese nel settore veterinario (6); c) a titolo di sostegno alle misure che rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (7). Articolo 5 Contenuto del programma di sostegno Il programma di sostegno comporta: a) un calendario di attuazione delle misure e un prospetto finanziario generale indicativo annuo che riassuma le risorse da mobilitare; b) una giustificazione della compatibilità e della coerenza tra le diverse misure del programma e i criteri e gli indicatori quantitativi per la sorveglianza e la valutazione; c) le disposizioni adottate a garanzia di un'attuazione efficace e corretta del programma, anche in materia di pubblicità, controllo e valutazione, nonché la definizione degli indicatori quantificati per la valutazione del programma; d) la designazione delle autorità e degli organismi competenti per l'attuazione del programma, nonché la designazione, ai livelli pertinenti, delle autorità o degli organismi associati e dei partner socio-economici e i risultati delle consultazioni effettuate. Articolo 6 Approvazione e modifiche del programma 1. Il programma di sostegno è istituito dal regolamento (CE) n. 1405/2006 ed è finanziato nel quadro della dotazione finanziaria di cui all'articolo 18, paragrafi 2 e 3. Il programma comprende un bilancio previsionale di approvvigionamento con l'elenco dei prodotti, i relativi quantitativi e gli importi dell'aiuto per l'approvvigionamento in provenienza dall'Unione, nonché un progetto di programma di sostegno a favore delle produzioni locali. 2. In funzione della valutazione annua dell’esecuzione delle misure incluse nel programma di sostegno, la Grecia può sottoporre alla Commissione proposte debitamente motivate per la modifica di tali misure nell'ambito della dotazione finanziaria di cui all'articolo 18, paragrafi 2 e 3, al fine di adeguarle alle esigenze delle isole minori e alla strategia proposta. La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono le procedure intese a valutare se le modifiche proposte sono conformi al diritto dell'Unione e a decidere in merito alla loro approvazione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. 3. Le procedure stabilite dagli atti di esecuzione di cui al paragrafo 2 possono tenere conto dei seguenti elementi: la rilevanza delle modifiche proposte dalla Grecia con riferimento all'introduzione di nuove misure, se le modifiche al bilancio stanziato alle misure sono sostanziali, le variazioni nelle quantità e nel livello degli aiuti per i prodotti di cui ai bilanci previsionali per l'approvvigionamento e le eventuali modifiche dei codici e delle descrizioni di cui al regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica e alla tariffa doganale comune (8). 4. Gli atti di esecuzione di cui al paragrafo 2 stabiliscono altresì, per ciascuna procedura, la frequenza con la quale devono essere presentate le richieste di modifica e i termini entro i quali devono essere attuate le modifiche approvate. Articolo 7 Sorveglianza e accompagnamento La Grecia procede alle verifiche del caso mediante controlli amministrativi e in loco. La Commissione adotta atti di esecuzione relativi ai requisiti minimi dei controlli che la Grecia deve applicare. La Commissione adotta inoltre atti di esecuzione concernenti le procedure e gli indicatori materiali e finanziari per garantire un'efficace sorveglianza dell'attuazione del programma. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. CAPO III REGIME SPECIFICO DI APPROVVIGIONAMENTO Articolo 8 Bilancio previsionale di approvvigionamento 1. È istituito un regime specifico di approvvigionamento per i prodotti agricoli dell'Unione di cui all'allegato I del trattato («prodotti agricoli»), essenziali nelle isole minori per il consumo umano, la fabbricazione di altri prodotti o in quanto fattori di produzione agricoli. 2. La Grecia elabora, al livello geografico ritenuto più adeguato, un bilancio previsionale di approvvigionamento inteso a quantificare il fabbisogno annuo di approvvigionamento delle isole minori per quanto riguarda i prodotti agricoli. La valutazione del fabbisogno delle industrie di condizionamento o di trasformazione dei prodotti destinati al mercato locale, spediti verso il resto dell'Unione o esportati verso paesi terzi nell'ambito del commercio regionale ai sensi dell'articolo 13, paragrafi 2 e 3, o del commercio tradizionale, può essere oggetto di un bilancio previsionale distinto. Articolo 9 Funzionamento del regime specifico di approvvigionamento 1. È concesso un aiuto per la fornitura di prodotti agricoli alle isole minori. L'importo dell'aiuto è fissato, per ciascun tipo di prodotto, tenendo conto dei costi supplementari di commercializzazione dei prodotti nelle isole minori, calcolati a partire dai porti della Grecia continentale dai quali vengono effettuati gli approvvigionamenti abituali, nonché a partire dai porti delle isole di transito o di carico dei prodotti verso le isole di destinazione finale. Nel caso dei mezzi di produzione o dei prodotti agricoli destinati alla trasformazione, la determinazione dell'aiuto tiene conto dei costi aggiuntivi associati all'insularità, alla superficie ridotta e alla distanza dai mercati. 2. Soltanto i prodotti agricoli che rispondono a criteri di qualità sanitaria, di equità e di commerciabilità beneficiano del regime specifico di approvvigionamento. Articolo 10 Attuazione Il regime specifico di approvvigionamento si applica in modo tale da tenere conto in particolare: a) dei fabbisogni specifici delle isole minori e di precisi requisiti qualitativi; b) dei flussi degli scambi commerciali tradizionali con i porti della Grecia continentale e fra le isole del Mar Egeo; c) delle implicazioni economiche degli aiuti previsti; d) se del caso, della necessità di garantire che lo sviluppo delle produzioni locali non sia ostacolato. Articolo 11 Titoli 1. Il beneficio dell'aiuto di cui all'articolo 9, paragrafo 1, è concesso su presentazione di un titolo. I titoli sono rilasciati unicamente agli operatori iscritti in un registro tenuto dalle competenti autorità. I titoli non sono trasferibili. 2. All'atto della domanda di un titolo non è richiesta alcuna cauzione. Tuttavia, se necessario alla corretta applicazione del presente regolamento, l'autorità competente può richiedere che sia costituita una cauzione pari all'importo del beneficio di cui all'articolo 12. In tali casi, si applica l'articolo 34, paragrafi 1, 4, 5, 6, 7 e 8, del regolamento (CE) n. 376/2008 della Commissione, del 23 aprile 2008, che stabilisce le modalità comuni d'applicazione del regime dei titoli d'importazione, di esportazione e di fissazione anticipata relativi ai prodotti agricoli (9). Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 21 per determinare le condizioni per l'iscrizione degli operatori nel registro e per assicurare il pieno esercizio da parte degli operatori dei loro diritti a partecipare al regime specifico di approvvigionamento. 3. La Commissione adotta atti di esecuzione riguardo alle misure necessarie per garantire l'applicazione uniforme del presente articolo da parte della Grecia con riguardo in particolare all’attuazione del regime di titoli e agli impegni assunti dagli operatori al momento della registrazione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. Articolo 12 Ripercussione del vantaggio 1. Il beneficio del regime specifico d'approvvigionamento che scaturisce dalla concessione dell'aiuto è subordinato alla ripercussione effettiva del vantaggio economico fino all'utilizzatore finale il quale, a seconda dei casi, può essere il consumatore se si tratta di prodotti destinati al consumo diretto, l'ultimo trasformatore o il confezionatore se si tratta di prodotti destinati alle industrie di trasformazione o di condizionamento, oppure l'agricoltore se si tratta di prodotti destinati all'alimentazione animale o di fattori di produzione agricoli. Il vantaggio di cui al primo comma è pari all'importo dell'aiuto. 2. Per garantire l'applicazione uniforme del paragrafo 1, la Commissione adotta atti di esecuzione riguardo all'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 e, in particolare, alle condizioni per il controllo, da parte dello Stato membro, dell'effettiva ripercussione del vantaggio fino all'utilizzatore finale. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. Articolo 13 Esportazione verso paesi terzi e spedizione verso il resto dell'Unione 1. La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono i requisiti in base ai quali i prodotti ammessi al regime specifico di approvvigionamento possono essere esportati verso paesi terzi o spediti verso il resto dell'Unione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. Tali requisiti comprendono, in particolare, il rimborso degli aiuti percepiti nell’ambito del regime specifico di approvvigionamento. L'esportazione verso i paesi terzi di prodotti che beneficiano del regime specifico di approvvigionamento non è subordinata alla presentazione di un titolo. 2. Il paragrafo 1, primo comma, non si applica ai prodotti trasformati nelle isole minori a partire da prodotti agricoli che hanno beneficiato del regime specifico di approvvigionamento, i quali: a) sono esportati verso i paesi terzi o spediti verso il resto dell'Unione, entro i limiti dei quantitativi corrispondenti alle spedizioni tradizionali e alle esportazioni tradizionali; b) sono esportati verso i paesi terzi nell'ambito del commercio regionale conformemente alle destinazioni e alle disposizioni dettagliate determinate dalla Commissione; c) sono spediti tra le isole minori. L'esportazione verso paesi terzi dei prodotti di cui al primo comma, lettere a) e b), non è subordinata alla presentazione di un titolo. Non è concessa alcuna restituzione per i prodotti esportati di cui al primo comma, lettere a) e b). La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono i limiti dei quantitativi di prodotti di cui alla lettera a) e le disposizioni dettagliate di cui al lettera b). Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. 3. Le operazioni di trasformazione che possono dar luogo a esportazioni commerciali tradizionali o a spedizioni tradizionali soddisfano, mutatis mutandis, le condizioni di trasformazione applicabili nell'ambito del controllo doganale di cui alla pertinente legislazione dell'Unione, a eccezione di tutte le forme comuni di manipolazione. Articolo 14 Controlli e sanzioni 1. In occasione della loro introduzione nelle isole minori nonché della loro esportazione o della loro spedizione da dette isole, i prodotti agricoli oggetto del regime specifico di approvvigionamento sono sottoposti a controlli amministrativi. La Commissione adotta atti di esecuzione riguardo ai requisiti minimi dei controlli che la Grecia deve applicare. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. 2. Fatta eccezione per i casi di forza maggiore o di condizioni climatiche eccezionali, in caso di mancato rispetto da parte di un operatore di cui all'articolo 11 degli impegni assunti a norma di detto articolo, l'autorità competente, fatte salve le eventuali sanzioni applicabili in virtù del diritto nazionale: a) recupera il vantaggio concesso all'operatore; b) sospende temporaneamente o revoca la registrazione dell’operatore, a seconda della gravità dell’inadempienza. 3. Fatta eccezione per i casi di forza maggiore o di condizioni climatiche eccezionali, qualora gli operatori di cui all'articolo 11 non procedano alla registrazione prevista, il diritto di richiedere titoli è sospeso dall'autorità competente per un periodo di 60 giorni a decorrere dalla scadenza di tale titolo. Dopo il periodo di sospensione, il rilascio dei titoli successivi è subordinato alla costituzione di una cauzione di importo pari all'entità del beneficio da concedere nel corso di un periodo che deve essere determinato dall'autorità competente. L'autorità competente adotta le misure necessarie per la riutilizzazione dei quantitativi di prodotti resi disponibili a seguito della mancata o parziale esecuzione o dall'annullamento dei titoli rilasciati ovvero dal recupero del beneficio. CAPO IV MISURE A FAVORE DELLE PRODUZIONI AGRICOLE LOCALI Articolo 15 Misure 1. Il programma di sostegno contiene le misure necessarie per garantire la continuità e lo sviluppo delle produzioni agricole locali nelle isole minori, che rientrano nell'ambito della terza parte, titolo III, del trattato. 2. La parte del programma che comprende le misure a favore delle produzioni agricole locali comporta almeno i seguenti elementi: a) una descrizione quantificata della situazione relativa alla produzione agricola in oggetto, alla luce delle risultanze delle valutazioni disponibili, che evidenzi le disparità, le lacune, il potenziale di sviluppo e le risorse finanziarie mobilitate; b) una descrizione della strategia proposta, con indicazione delle priorità selezionate e degli obiettivi generali e operativi quantificati, nonché una valutazione dell'impatto previsto sotto il profilo economico, ambientale e sociale, tra l'altro in termini di occupazione; c) una descrizione delle misure previste, in particolare i regimi di aiuto per la loro attuazione nonché eventuali informazioni sulle necessità in materia di studi, progetti dimostrativi, azioni di formazione e assistenza tecnica connessi alla preparazione, all'applicazione o all'adeguamento delle misure in questione; d) un elenco degli aiuti che costituiscono pagamenti diretti ai sensi dell'articolo 2, lettera d), del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori (10); e) l'importo dell'aiuto stabilito per ciascuna misura e l'importo previsionale per ciascuna azione al fine di conseguire uno o più degli obiettivi previsti dal programma. 3. La Commissione adotta atti di esecuzione riguardo ai requisiti per il pagamento degli aiuti di cui al paragrafo 2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. 4. Il programma può includere misure di sostegno alla produzione, alla trasformazione, alla commercializzazione e al trasporto di prodotti agricoli primari e trasformati delle isole minori. Ogni misura può includere varie azioni. Per ogni azione il programma definisce almeno i seguenti elementi: a) i beneficiari; b) le condizioni di ammissibilità; c) l'importo unitario dell'aiuto. Per sostenere la commercializzazione e il trasporto dei prodotti primari e trasformati al di fuori della loro regione di produzione, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 21 riguardo alle condizioni per la determinazione dell'importo dell'aiuto concesso e, se del caso, riguardo alle condizioni per la determinazione dei quantitativi dei prodotti oggetto di tale aiuto. Articolo 16 Controlli e pagamenti indebiti 1. I controlli delle misure di cui al presente capo sono effettuati mediante controlli amministrativi e controlli in loco. 2. In caso di pagamento indebito, il beneficiario interessato ha l'obbligo di rimborsare gli importi in questione. Si applica mutatis mutandis l'articolo 80 del regolamento (CE) n. 1122/2009 della Commissione, del 30 novembre 2009, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio per quanto riguarda la condizionalità, la modulazione e il sistema integrato di gestione e di controllo nell’ambito dei regimi di sostegno diretto agli agricoltori di cui al medesimo regolamento e modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda la condizionalità nell’ambito del regime di sostegno per il settore vitivinicolo (11). CAPO V MISURE D’ACCOMPAGNAMENTO Articolo 17 Aiuti di Stato 1. Per i prodotti agricoli di cui all'allegato I del trattato, ai quali si applicano gli articoli 107, 108 e 109 dello stesso, la Commissione può autorizzare, a norma dell'articolo 108 del trattato, nei settori della produzione, della trasformazione, della commercializzazione e del trasporto di tali prodotti, aiuti al funzionamento volti a ovviare alle difficoltà specifiche della produzione agricola nelle isole minori, dovute all'insularità, alla superficie ridotta, al terreno montagnoso e al clima, alla dipendenza economica da un esiguo numero di prodotti e alla loro distanza dai mercati. 2. La Grecia può concedere un finanziamento integrativo per l'attuazione del programma di sostegno. In tal caso, la Grecia notifica detto aiuto di Stato alla Commissione e la Commissione può approvarlo a norma del presente regolamento, come parte integrante del programma di sostegno. L'aiuto così notificato è considerato notificato ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, prima frase, del trattato. 3. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2 del presente articolo e in deroga all'articolo 180 del regolamento (CE) n. 1234/2007 e all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1184/2006 del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativo all'applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (12), gli articoli 107, 108 e 109 del trattato non si applicano ai pagamenti erogati dalla Grecia conformemente al presente regolamento, in applicazione dei capi III e IV del presente regolamento. CAPO VI DISPOSIZIONI FINANZIARIE Articolo 18 Risorse finanziarie 1. Le misure previste dal presente regolamento costituiscono interventi destinati a regolarizzare i mercati agricoli ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune (13). 2. L'Unione finanzia le misure di cui ai capi III e IV per un importo annuo massimo pari a 23,93 milioni di EUR. 3. La dotazione assegnata annualmente per finanziare il regime specifico di approvvigionamento di cui al capo III non deve essere superiore a 7,11 milioni di EUR. La Commissione adotta atti di esecuzione con cui stabilisce i requisiti in base ai quali la Grecia può modificare la destinazione delle risorse assegnate ogni anno ai diversi prodotti che beneficiano del regime specifico di approvvigionamento. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 22, paragrafo 2. 4. La Commissione adotta atti delegati conformemente all'articolo 21 riguardo alle condizioni per la determinazione dell'importo massimo annuo che può essere assegnato alle misure intese a finanziare studi, progetti dimostrativi, formazione e assistenza tecnica, a condizione che tale stanziamento sia ragionevole e proporzionato. CAPO VII DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI Articolo 19 Misure nazionali La Grecia adotta le misure necessarie a garantire il rispetto del presente regolamento, in particolare in materia d controlli e di sanzioni amministrative, e ne informa la Commissione. Articolo 20 Comunicazioni e relazioni 1. Entro il 15 febbraio di ogni anno la Grecia comunica alla Commissione quali stanziamenti a sua disposizione intende impegnare per attuare, l'anno successivo, il bilancio previsionale di approvvigionamento e le misure a favore della produzione agricola locale inclusa nel programma di sostegno. 2. Entro il 30 settembre di ogni anno la Grecia presenta alla Commissione una relazione sull'attuazione, nel corso dell'anno precedente, delle misure previste dal presente regolamento. 3. Entro il 31 dicembre 2016 e in seguito ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione generale che illustri l’impatto delle azioni realizzate in esecuzione del presente regolamento, eventualmente corredata di opportune proposte. Articolo 21 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 11, paragrafo 2, all'articolo 15, paragrafo 4, e all'articolo 18, paragrafo 4, è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 21 marzo 2013. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è prorogata tacitamente per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all'articolo 11, paragrafo 2, all'articolo 15, paragrafo 4, e all'articolo 18, paragrafo 4, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 5. Gli atti delegati adottati ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 2, dell'articolo 15, paragrafo 4, e dell'articolo 18, paragrafo 4, entrano in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui essi sono stati loro notificati o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 22 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato di gestione dei pagamenti diretti istituito dall'articolo 141 del regolamento (CE) n. 73/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 23 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 1405/2006 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e sono letti secondo la tavola di concordanza che figura in allegato. Articolo 24 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 13 marzo 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente L. CREIGHTON (1) GU C 132 del 3.5.2011, pag. 82. (2) Posizione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 febbraio 2013. (3) GU L 265 del 26.9.2006, pag. 1. (4) GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1. (5) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13. (6) GU L 155 del 18.6.2009, pag. 30. (7) GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1. (8) GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1. (9) GU L 114 del 26.4.2008, pag. 3. (10) GU L 30 del 31.1.2009, pag. 16. (11) GU L 316 del 2.12.2009, pag. 65. (12) GU L 214 del 4.8.2006, pag. 7. (13) GU L 209 dell'11.8.2005, pag. 1. ALLEGATO Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1405/2006 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 3 Articolo 8 Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 9, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 10 Articolo 4, paragrafo 3 Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 5 Articolo 13 Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 15, paragrafo 1 Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 8 Articolo 4 Articolo 9, lettere a) e b) Articolo 15, paragrafo 2 Articolo 9, lettere c), d), e) ed f) Articolo 5 Articolo 10 Articolo 7, secondo comma Articolo 11 Articolo 17 Articolo 12 Articolo 18 Articolo 13 Articolo 6, paragrafo 1 Articolo 14, lettera a) Articolo 6, paragrafi da 2 e 4 Articolo 14, lettera b) Articolo 7, primo comma e articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, e paragrafi 2 e 3 Articolo 16 Articolo 19 Articolo 17 Articolo 20 Articolo 18 Articolo 23 Articolo 21 Articolo 24
Agricoltori delle isole del Mar Egeo: sostegno dell’Unione europea L’Unione europea (UE) ha norme speciali per sostenere l’agricoltura nelle isole minori del Mar Egeo condizionate da fattori geografici ed economici. ATTO Regolamento (UE) n. 229/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 marzo 2013, recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle isole minori del Mar Egeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1405/2006 del Consiglio. SINTESI L’Unione europea (UE) ha norme speciali per sostenere l’agricoltura nelle isole minori del Mar Egeo condizionate da fattori geografici ed economici. CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Consente azioni speciali atte a mitigare le difficoltà affrontate da tali isole a causa della loro posizione remota. Ha due obiettivi: 1.garantire a tali isole minori l’approvvigionamento di prodotti essenziali al consumo umano o alla trasformazione, o in quanto fattori di produzione agricoli, mitigando i costi dovuti all’isolamento; 2.garantire, sul lungo periodo, la continuità e lo sviluppo della produzione locale. PUNTI CHIAVE Gestione e dotazione finanziaria La Grecia decide il livello geografico adeguato a cui elaborare il programma e lo sottopone alla Commissione per l’approvazione. Ogni anno è reso disponibile un importo di 23,93 milioni di euro (di cui non più di 7,11 milioni di euro possono essere usati per finanziare il regime speciale di approvvigionamento) proveniente dal bilancio dell’UE, come stabilito dall’articolo 18, paragrafi 2 e 3, del regolamento. Regime specifico di approvvigionamento Qualora venga concordato, è autorizzato a condizione che l’impatto del beneficio economico si ripercuota effettivamente fino all’utilizzatore finale il quale, a seconda dei casi, può essere il consumatore se si tratta di prodotti destinati al consumo diretto, l’ultimo trasformatore o il confezionatore se si tratta di prodotti destinati alle industrie di trasformazione o di condizionamento, oppure l’agricoltore se si tratta di prodotti destinati all’alimentazione animale o di fattori di produzione agricoli. Il vantaggio è pari all’importo dell’aiuto. L’autorità responsabile può richiedere una garanzia pari all’importo del vantaggio da assegnare. Misure per sostenere i prodotti agricoli locali Il programma può comprendere misure a sostegno della produzione, della trasformazione o della vendita di prodotti agricoli nelle isole minori del Mar Egeo. Ogni misura può comprendere una serie di azioni. Per ogni azione il programma deve definire almeno i beneficiari, le condizioni di ammissibilità e l’importo unitario dell’aiuto assegnato per tale azione. Controlli e sanzioni I prodotti soggetti a regime specifico di approvvigionamento sono controllati all’ingresso delle isole minori del Mar Egeo, nonché quando vengono esportati o spediti. Qualora non vengano rispettate le norme, le autorità possono ritirare il vantaggio assegnato agli operatori (ossia agricoltori e società agricole) e sospendere temporaneamente/revocare la registrazione di tali operatori. Le misure a sostegno dei prodotti agricoli locali sono verificate con controlli amministrativi e in loco. In caso di pagamenti errati, il beneficiario interessato è obbligato a rimborsare l’importo in questione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO? A decorrere dal 21 marzo 2013. Il regolamento (UE) n. 229/2013 abroga il regolamento (CE) n. 1405/2006. Per ulteriori informazioni consultare i programmi POSEI e le misure specifiche a favore delle isole minori del Mar Egeo sul sito Internet della Commissione europea RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 229/2013 21.3.2013 - GU L 78 del 20.3.2013, pag. 41-50
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REGOLAMENTO (UE, Euratom) 2020/2092 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 2020 relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare l’articolo 106 bis, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Corte dei conti (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, sanciti dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE). Come ricordato all’articolo 2 TUE, questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. (2) Nelle conclusioni del 21 luglio 2020 il Consiglio europeo ha affermato che gli interessi finanziari dell’Unione devono essere tutelati in conformità dei principi generali sanciti nei trattati, in particolare i valori di cui all’articolo 2 TUE. Ha inoltre sottolineato l’importanza della tutela degli interessi finanziari dell’Unione e l’importanza del rispetto dello Stato di diritto. (3) Lo Stato di diritto impone che tutti i pubblici poteri agiscano entro i limiti fissati dalla legge, in linea con i valori della democrazia e nel rispetto dei diritti fondamentali quali stabiliti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta») e negli altri strumenti applicabili, sotto il controllo di organi giurisdizionali indipendenti e imparziali. Esso esige, in particolare, che i principi di legalità (3) che sottendono un processo legislativo trasparente, responsabile, democratico e pluralistico; certezza del diritto (4); divieto di arbitrarietà del potere esecutivo (5); tutela giurisdizionale effettiva, compreso l’accesso alla giustizia, da parte di organi giurisdizionali indipendenti e imparziali (6); e separazione dei poteri (7) debbano essere rispettati (8). (4) I criteri di adesione, definiti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 e rafforzati dal Consiglio europeo di Madrid del 1995, rappresentano le condizioni fondamentali che un paese candidato deve soddisfare per diventare uno Stato membro dell’Unione. Oggi tali criteri sono sanciti nell’articolo 49 TUE. (5) Quando un paese candidato diventa uno Stato membro, aderisce a una costruzione giuridica che poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, così come precisato all’articolo 2 TUE. Questa premessa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto al riconoscimento di tali valori e, pertanto, al rispetto del diritto dell’Unione che li attua (9). Le leggi e le prassi degli Stati membri dovrebbero continuare a rispettare i valori comuni sui quali l’Unione si fonda. (6) Sebbene non esista una gerarchia tra i valori dell’Unione, il rispetto dello Stato di diritto è essenziale per la tutela degli altri valori fondamentali su cui si fonda l’Unione, quali la libertà, la democrazia, l’uguaglianza e il rispetto dei diritti umani. Il rispetto dello Stato di diritto è intrinsecamente connesso al rispetto della democrazia e dei diritti fondamentali. L’uno non può esistere senza gli altri, e viceversa. (7) Quando gli Stati membri eseguono il bilancio dell’Unione, comprese le risorse assegnate attraverso lo strumento dell’Unione europea per la ripresa istituito a norma del regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio (10), nonché mediante prestiti e altri strumenti garantiti dal bilancio dell’Unione, indipendentemente dal metodo di esecuzione che utilizzano, il rispetto dello Stato di diritto è un presupposto essenziale per il rispetto dei principi di una sana gestione finanziaria, sanciti nell’articolo 317 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). (8) Gli Stati membri possono garantire una sana gestione finanziaria solo se le loro autorità pubbliche agiscono in conformità della legge, se i casi di frode, inclusi i casi di frode fiscale, evasione fiscale, corruzione, conflitto di interessi o altre violazioni del diritto, sono effettivamente perseguiti dai servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale, e se le decisioni arbitrarie o illegittime delle autorità pubbliche, comprese le autorità di contrasto, possono essere soggette a un effettivo controllo giurisdizionale da parte di organi giurisdizionali indipendenti e della Corte di giustizia dell’Unione europea. (9) L’indipendenza e l’imparzialità della magistratura andrebbero sempre garantite e i servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale dovrebbero essere in grado di svolgere correttamente la loro funzione. La magistratura e i servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale dovrebbero disporre di risorse umane e finanziarie sufficienti e di procedure che consentano loro di agire in modo efficace e rispettando pienamente il diritto a un processo equo, compreso il rispetto dei diritti della difesa. Le sentenze definitive dovrebbero trovare effettiva esecuzione. Tali condizioni sono richieste come garanzia minima avverso decisioni illegittime e arbitrarie delle autorità pubbliche che possano ledere gli interessi finanziari dell’Unione. (10) L’indipendenza della magistratura presuppone in particolare che, sia a norma delle disposizioni pertinenti quanto nella pratica, l’organo giurisdizionale interessato possa svolgere le sue funzioni giurisdizionali in piena autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcun altro organo e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, restando pertanto al riparo da interventi o pressioni dall’esterno tali da compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e da influenzare le loro decisioni. Le garanzie di indipendenza e di imparzialità richiedono l’esistenza di disposizioni, specialmente per quanto riguarda la composizione dell’organo nonché la nomina, la durata delle funzioni, le cause di ricusazione e revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. (11) Il rispetto dello Stato di diritto è essenziale non solo per i cittadini dell’Unione ma anche per le iniziative imprenditoriali, l’innovazione, gli investimenti, la coesione economica, sociale e territoriale e il corretto funzionamento del mercato interno, i quali prosperano al massimo se è in vigore un quadro giuridico e istituzionale solido. (12) L’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto di cui all’articolo 2 TUE, impone agli Stati membri di prevedere una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, compresi quelli relativi all’esecuzione del bilancio dell’Unione. L’esistenza stessa di un effettivo controllo giurisdizionale destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione è intrinseca a uno Stato di diritto e presuppone l’esistenza di organi giurisdizionali indipendenti (11). Preservare l’indipendenza di detti organi è di primaria importanza, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta (12). Ciò vale segnatamente per il controllo giurisdizionale della regolarità degli atti, dei contratti o di altri strumenti che generano spese o debiti pubblici, in particolare nell’ambito di procedure di appalto pubblico ove è parimenti possibile adire detti organi. (13) Vi è pertanto una chiara correlazione tra il rispetto dello Stato di diritto e l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione in conformità dei principi di sana gestione finanziaria. (14) L’Unione ha messo a punto una serie di strumenti e processi che promuovono lo Stato di diritto e la sua applicazione, compresi il sostegno finanziario alle organizzazioni della società civile, il meccanismo europeo per lo Stato di diritto e il quadro di valutazione UE della giustizia, e garantiscono una risposta efficace da parte delle istituzioni dell’Unione alle violazioni dello Stato di diritto attraverso procedure di infrazione e la procedura di cui all’articolo 7 TUE. Il meccanismo previsto nel presente regolamento integra tali strumenti proteggendo il bilancio dell’Unione da violazioni dei principi dello Stato di diritto che ne compromettono la sana gestione finanziaria o incidono sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione. (15) Le violazioni dei principi dello Stato di diritto, in particolare quelli che si ripercuotono sul corretto funzionamento delle autorità pubbliche e sull’effettivo controllo giurisdizionale, possono nuocere gravemente agli interessi finanziari dell’Unione. Ciò è vero per le singole violazioni dei principi dello Stato di diritto ma ancor più per le violazioni diffuse o dovute a pratiche od omissioni ricorrenti da parte delle autorità pubbliche oppure a misure generali adottate da tali autorità. (16) L’individuazione di violazioni dei principi dello Stato di diritto richiede una valutazione qualitativa approfondita da parte della Commissione. Tale valutazione dovrebbe essere oggettiva, imparziale ed equa e dovrebbe tenere conto delle pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili e da enti riconosciuti, comprese le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, le relazioni della Corte dei conti, la relazione sullo Stato di diritto e il quadro di valutazione UE della giustizia elaborati annualmente dalla Commissione, le relazioni dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e della Procura europea (EPPO), se del caso, e le conclusioni e raccomandazioni delle organizzazioni e reti internazionali pertinenti, compresi gli organi del Consiglio d’Europa come il gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) del Consiglio d’Europa e la Commissione di Venezia, in particolare il suo elenco di criteri per la valutazione dello Stato di diritto, e le reti europee delle Corti supreme e dei Consigli di giustizia. Allo scopo di predisporre una valutazione qualitativa approfondita la Commissione potrebbe consultare, ove necessario, l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali e la Commissione di Venezia. (17) Le misure a norma del presente regolamento sono necessarie in particolare nei casi in cui le altre procedure previste dalla legislazione dell’Unione non consentano una protezione più efficace del bilancio dell’Unione. La legislazione finanziaria dell’Unione e la normativa settoriale e finanziaria applicabile prevedono varie possibilità al fine di proteggere il bilancio dell’Unione, tra cui interruzioni, sospensioni o rettifiche finanziarie connesse a irregolarità o gravi carenze nei sistemi di gestione e di controllo. È opportuno stabilire le misure da adottare in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto e la procedura da seguire per la loro adozione. Tali misure dovrebbero comprendere la sospensione dei pagamenti e degli impegni, la sospensione dell’erogazione dei versamenti o il rimborso anticipato dei prestiti, la riduzione dei finanziamenti nell’ambito degli impegni esistenti e il divieto di assumere nuovi impegni con i destinatari o concludere nuovi accordi su prestiti o altri strumenti garantiti dal bilancio dell’Unione. (18) Nel determinare le misure da adottare è opportuno applicare il principio di proporzionalità, in particolare tenendo conto della gravità della situazione, del tempo trascorso dal verificarsi della condotta in questione, della durata e ricorrenza della condotta, dell’intenzione, del grado di collaborazione dello Stato membro interessato nel porre fine alle violazioni dei principi dello Stato di diritto e degli effetti sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o degli interessi finanziari dell’Unione. (19) È fondamentale che i legittimi interessi dei destinatari finali e dei beneficiari siano adeguatamente tutelati nel caso in cui siano adottate misure in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto. Nel valutare l’adozione di misure, la Commissione dovrebbe tener conto del loro potenziale impatto sui destinatari finali e sui beneficiari. Tenendo conto del fatto che in regime di gestione concorrente i pagamenti effettuati dalla Commissione a favore degli Stati membri sono giuridicamente indipendenti dai pagamenti effettuati dalle autorità nazionali a favore dei beneficiari, le opportune misure adottate a norma del presente regolamento non dovrebbero essere considerate incidere sulla disponibilità di finanziamenti per i pagamenti a favore dei beneficiari secondo i termini di pagamento stabiliti dalla normativa settoriale e finanziaria applicabile. Le decisioni adottate a norma del presente regolamento e gli obblighi nei confronti dei destinatari finali o dei beneficiari ivi stabiliti fanno parte del diritto applicabile dell’Unione per quanto riguarda l’esecuzione dei finanziamenti in regime di gestione concorrente. Gli Stati membri interessati dalle misure dovrebbero riferire periodicamente alla Commissione in merito al rispetto dei loro obblighi nei confronti dei destinatari finali o dei beneficiari. Le relazioni sul rispetto degli obblighi di pagamento nei confronti dei beneficiari stabiliti nella normativa settoriale e finanziaria applicabile dovrebbero consentire alla Commissione di verificare che le decisioni adottate a norma del presente regolamento non incidano in alcun modo, direttamente o indirettamente, sui pagamenti da effettuare a norma della normativa settoriale e finanziaria applicabile. Per rafforzare la tutela dei destinatari finali o dei beneficiari, la Commissione dovrebbe fornire informazioni e orientamenti attraverso un sito web o un portale Internet, unitamente a strumenti adeguati per informare la Commissione delle eventuali violazioni dell’obbligo giuridico in capo ai soggetti pubblici e agli Stati membri di continuare a effettuare pagamenti dopo l’adozione di misure a norma del presente regolamento. La Commissione dovrebbe dare seguito a tali informazioni per verificare se sono state rispettate le norme applicabili, in particolare l’articolo 63, l’articolo 68, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 98 del regolamento (UE) 2020/… del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo Plus, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e norme finanziarie per tali e per il Fondo Asilo e migrazione, Fondo sicurezza interna e strumento per la gestione delle frontiere e i visti (13). Se del caso, al fine di garantire che qualsiasi importo dovuto da soggetti pubblici o Stati membri sia effettivamente versato ai destinatari finali o ai beneficiari, la Commissione dovrebbe recuperare i pagamenti effettuati o, a seconda dei casi, procedere a una rettifica finanziaria riducendo il sostegno dell’Unione a un programma in linea con la normativa settoriale e finanziaria applicabile. (20) Al fine di garantire condizioni uniformi per l’attuazione del presente regolamento e data l’importanza degli effetti finanziari delle misure adottate a norma dello stesso, è opportuno attribuire competenze di esecuzione al Consiglio, che dovrebbe deliberare su proposta della Commissione. (21) Prima di proporre l’adozione di misure a norma del presente regolamento, la Commissione dovrebbe informare lo Stato membro interessato dei motivi per cui ritiene possibile che vi siano violazioni dei principi dello Stato di diritto. La Commissione dovrebbe informare senza ritardo il Parlamento europeo e il Consiglio in merito a qualsiasi notifica di questo tipo e al contenuto della stessa. Lo Stato membro interessato dovrebbe essere autorizzato a presentare osservazioni. La Commissione dovrebbe tenere conto delle osservazioni presentate. (22) Nel fissare i termini a norma del presente regolamento per lo Stato membro interessato, la Commissione dovrebbe tenere conto, in particolare, della quantità di informazioni fornite e richieste, della complessità dei fatti pertinenti e della loro valutazione, nonché della capacità amministrativa dello Stato membro interessato. (23) Dopo aver analizzato le osservazioni dello Stato membro interessato, la Commissione, qualora ritenga che siano soddisfatte le condizioni per l’adozione di misure, dovrebbe presentare al Consiglio una proposta per l’adozione di opportune misure. Il Consiglio dovrebbe deliberare in merito alla proposta della Commissione di adottare opportune misure mediante una decisione di esecuzione entro il termine di un mese, che può essere eccezionalmente prorogato al massimo di altri due mesi. Al fine di garantire che il Consiglio adotti la decisione entro tali termini, la Commissione dovrebbe esercitare nel modo più adeguato i suoi diritti a norma dell’articolo 237 TFUE e del regolamento interno del Consiglio (14). (24) Dopo l’adozione di eventuali misure a norma del presente regolamento, la Commissione dovrebbe monitorare periodicamente la situazione nello Stato membro interessato. La Commissione dovrebbe riesaminare la situazione nel momento in cui lo Stato membro interessato adotta nuove misure correttive o in ogni caso al più tardi un anno dopo l’adozione delle misure. (25) Il Consiglio, agendo su proposta della Commissione, dovrebbe revocare le misure che hanno un effetto sospensivo, qualora alla situazione che ha portato all’imposizione di tali misure sia stato posto rimedio in misura sufficiente. (26) La procedura di adozione e revoca delle misure dovrebbe rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e parità di trattamento degli Stati membri e dovrebbe essere condotta secondo un approccio imparziale e basato su elementi di prova. Qualora, in via eccezionale, lo Stato membro interessato ritenga che sussistano gravi violazioni di detti principi, esso può chiedere al presidente del Consiglio europeo di rinviare la questione alla successiva riunione del Consiglio europeo. In tali circostanze eccezionali, è opportuno non adottare decisioni relative alle misure fino a quando il Consiglio europeo non abbia discusso tale questione. Di norma tale procedura richiede non più di tre mesi a partire dal momento in cui la Commissione presenta la sua proposta al Consiglio. (27) La Commissione dovrebbe informare il Parlamento europeo in merito a tutte le misure proposte, adottate e revocate a norma del presente regolamento. (28) La Commissione dovrebbe riferire al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’applicazione del presente regolamento. Quando riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio, la Commissione dovrebbe considerare, oltre all’efficacia delle misure adottate, l’efficacia complessiva della procedura di cui al presente regolamento e la complementarità del presente strumento con altri strumenti. (29) Il presente regolamento non dovrebbe incidere sulla competenza della EPPO o sugli obblighi degli Stati membri che non partecipano alla cooperazione rafforzata istituita dal regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio (15), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «Stato di diritto»: il valore dell’Unione sancito nell’articolo 2 TUE. In esso rientrano i principi di legalità, in base alla quale il processo legislativo deve essere trasparente, responsabile, democratico e pluralistico; certezza del diritto; divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; tutela giurisdizionale effettiva, compreso l’accesso alla giustizia, da parte di organi giurisdizionali indipendenti e imparziali, anche per quanto riguarda i diritti fondamentali; separazione dei poteri; non-discriminazione e uguaglianza di fronte alla legge. Lo Stato di diritto è da intendersi alla luce degli altri valori e principi dell’Unione sanciti nell’articolo 2 TUE; b) «soggetto pubblico»: un’autorità pubblica a qualsiasi livello di governo, comprese le autorità nazionali, regionali e locali, nonché le organizzazioni degli Stati membri ai sensi dell’articolo 2, punto 42, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (16) («regolamento finanziario»). Articolo 3 Violazioni dei principi dello Stato di diritto Ai fini del presente regolamento, possono essere indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto: a) le minacce all’indipendenza della magistratura; b) l’omessa prevenzione, rettifica o sanzione delle decisioni arbitrarie o illegittime assunte da autorità pubbliche, incluse le autorità di contrasto, la mancata assegnazione di risorse finanziarie e umane a scapito del loro corretto funzionamento o il fatto di non garantire l’assenza di conflitti di interesse; c) la limitazione della disponibilità e dell’efficacia dei mezzi di ricorso, per esempio attraverso norme procedurali restrittive e la mancata esecuzione delle sentenze o la limitazione dell’efficacia delle indagini, delle azioni penali o delle sanzioni per violazioni del diritto. Articolo 4 Condizioni per l’adozione di misure 1. Sono adottate opportune misure qualora siano accertate, ai sensi dell’articolo 6, violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. 2. Ai fini del presente regolamento, una violazione dei principi dello Stato di diritto interessa uno o più dei seguenti aspetti: a) il corretto funzionamento delle autorità che eseguono il bilancio dell’Unione, compresi i prestiti e altri strumenti garantiti dal bilancio dell’Unione, in particolare nell’ambito delle procedure di appalto pubblico o di concessione di sovvenzioni; b) il corretto funzionamento delle autorità preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari, nonché il corretto funzionamento di sistemi efficaci e trasparenti di gestione e responsabilità finanziarie; c) il corretto funzionamento dei servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale nelle indagini e nel perseguimento delle frodi, comprese le frodi fiscali, della corruzione o di altre violazioni del diritto dell’Unione che riguardano l’esecuzione del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione; d) l’effettivo controllo giurisdizionale, da parte di organi giurisdizionali indipendenti, delle azioni od omissioni compiute dalle autorità di cui alle lettere a), b) e c); e) la prevenzione e la sanzione delle frodi, comprese le frodi fiscali, della corruzione o di altre violazioni del diritto dell’Unione che riguardano l’esecuzione del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari, nonché l’imposizione di sanzioni effettive e dissuasive nei confronti di destinatari da parte degli organi giurisdizionali nazionali o delle autorità amministrative; f) il recupero dei fondi indebitamente versati; g) l’effettiva e tempestiva collaborazione con l’OLAF e, se lo Stato membro interessato vi aderisce, con la EPPO ai sensi degli atti dell’Unione applicabili e conformemente al principio di sincera cooperazione; h) altre situazioni o condotta di autorità rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. Articolo 5 Misure di protezione del bilancio dell’Unione 1. Purché siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 4 del presente regolamento, possono essere adottate una o più delle seguenti opportune misure secondo la procedura di cui all’articolo 6 del presente regolamento: a) quando la Commissione esegue il bilancio dell’Unione in regime di gestione diretta o indiretta a norma dell’articolo 62, paragrafo 1, lettere a) e c), del regolamento finanziario, e il destinatario è un soggetto pubblico: i) sospensione dei pagamenti o dell’esecuzione dell’impegno giuridico o risoluzione dell’impegno giuridico a norma dell’articolo 131, paragrafo 3, del regolamento finanziario; ii) divieto di assumere nuovi impegni giuridici; iii) sospensione totale o parziale dell’erogazione dei versamenti o rimborso anticipato dei prestiti garantiti dal bilancio dell’Unione; iv) sospensione o riduzione del vantaggio economico nell’ambito di uno strumento garantito dal bilancio dell’Unione; v) divieto di concludere nuovi accordi su prestiti o altri strumenti garantiti dal bilancio dell’Unione; b) quando la Commissione esegue il bilancio dell’Unione in regime di gestione concorrente con gli Stati membri ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 1, lettera b), del regolamento finanziario: i) sospensione dell’approvazione di uno o più programmi o una modifica di detta sospensione; ii) sospensione degli impegni; iii) riduzione degli impegni, anche attraverso rettifiche finanziarie o storni verso altri programmi di spesa; iv) riduzione dei prefinanziamenti; v) interruzione dei termini di pagamento; vi) sospensione dei pagamenti. 2. Salvo se altrimenti disposto nella decisione che adotta le misure, l’imposizione di opportune misure non pregiudica gli obblighi per i soggetti pubblici di cui al paragrafo 1, lettera a), o per gli Stati membri di cui al paragrafo 1, lettera b), di attuare il programma o il fondo interessati dalla misura e, in particolare, i loro obblighi nei confronti dei destinatari finali o dei beneficiari, compreso l’obbligo di effettuare i pagamenti a norma del presente regolamento e della normativa settoriale o finanziaria applicabile. Nell’esecuzione dei fondi dell’Unione in regime di gestione concorrente, gli Stati membri interessati dalle misure adottate a norma del presente regolamento riferiscono alla Commissione in merito al rispetto di tali obblighi ogni tre mesi a decorrere dall’adozione di tali misure. La Commissione verifica se è stato rispettato il diritto applicabile e, se necessario, adotta tutte le opportune misure per proteggere il bilancio dell’Unione, in conformità della normativa settoriale e finanziaria. 3. Le misure adottate sono proporzionate. Esse sono determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. La natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sono tenute in debita considerazione. Le misure riguardano, per quanto possibile, le azioni dell’Unione interessate dalle violazioni. 4. La Commissione fornisce informazioni e orientamenti a beneficio dei destinatari finali o dei beneficiari circa gli obblighi degli Stati membri di cui al paragrafo 2 attraverso un sito web o un portale internet. La Commissione fornisce altresì su detto sito web o portale internet gli strumenti adeguati per consentire ai destinatari finali o ai beneficiari di informare la Commissione in merito a qualsiasi violazione di tali obblighi che, secondo detti destinatari finali o beneficiari, li riguarda direttamente. Il presente paragrafo si applica in modo da garantire la protezione delle persone che segnalano le violazioni del diritto dell’Unione, in linea con i principi stabiliti dalla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (17). Le informazioni fornite dai destinatari finali o dai beneficiari in conformità del presente paragrafo sono corredate della prova che il destinatario o beneficiario finale interessato ha presentato una denuncia formale alla pertinente autorità dello Stato membro interessato. 5. Sulla base delle informazioni fornite dai destinatari finali o dai beneficiari in conformità del paragrafo 4 del presente articolo, la Commissione si adopera al massimo per garantire che qualsiasi importo dovuto da soggetti pubblici o Stati membri di cui al paragrafo 2 del presente articolo sia effettivamente versato ai destinatari finali o ai beneficiari, in particolare a norma dell’articolo 63, dell’articolo 68, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 98 del regolamento (UE) 2020/... del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo Plus, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e norme finanziarie per tali e per il Fondo Asilo e migrazione, Fondo sicurezza interna e strumento per la gestione delle frontiere e i visti. Articolo 6 Procedura 1. Se conclude che vi sono motivi fondati per ritenere che le condizioni di cui all’articolo 4 siano soddisfatte, la Commissione, a meno che non ritenga che altre procedure previste dalla legislazione dell’Unione le consentano di proteggere più efficacemente il bilancio dell’Unione, trasmette allo Stato membro interessato una notifica scritta in cui espone gli elementi di fatto e i motivi specifici sui quali ha fondato la propria conclusione. La Commissione informa senza ritardo il Parlamento europeo e il Consiglio di tale notifica e del contenuto della stessa. 2. Alla luce delle informazioni ricevute a norma del paragrafo 1, il Parlamento europeo può invitare la Commissione a un dialogo strutturato sulle sue conclusioni. 3. Nel valutare se le condizioni di cui all’articolo 4 sono soddisfatte, la Commissione tiene conto delle pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili, comprese le decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e altri enti riconosciuti. 4. La Commissione può richiedere tutte le informazioni supplementari che ritiene necessarie per effettuare la valutazione di cui al paragrafo 3, sia prima sia dopo aver trasmesso la notifica scritta di cui al paragrafo 1. 5. Lo Stato membro interessato fornisce le informazioni necessarie e può formulare osservazioni sulle conclusioni contenute nella notifica di cui al paragrafo 1 entro un termine stabilito dalla Commissione, che dev’essere di almeno un mese e non superiore a tre mesi dalla data di notifica delle conclusioni. Nelle sue osservazioni lo Stato membro può proporre l’adozione di misure correttive per tener conto delle conclusioni che figurano nella notifica della Commissione. 6. Al momento di decidere se presentare una proposta di una decisione di esecuzione sulle opportune misure, la Commissione tiene conto delle informazioni ricevute e delle eventuali osservazioni formulate dallo Stato membro interessato, nonché dell’adeguatezza delle misure correttive proposte. La Commissione effettua la sua valutazione entro un termine indicativo di un mese a decorrere dal ricevimento di qualsiasi informazione da parte dello Stato membro interessato o delle sue osservazioni oppure, qualora non riceva informazioni o osservazioni, dalla scadenza del termine fissato conformemente al paragrafo 5 e, in ogni caso, entro un termine ragionevole. 7. Qualora la Commissione intenda formulare una proposta ai sensi del paragrafo 9, prima di farlo offre allo Stato membro la possibilità di presentare le proprie osservazioni, in particolare sulla proporzionalità delle misure previste, entro un mese. 8. Nel valutare la proporzionalità delle misure da imporre la Commissione tiene conto delle informazioni e degli orientamenti di cui al paragrafo 3. 9. Se la Commissione ritiene che le condizioni di cui all’articolo 4 siano soddisfatte e che le eventuali misure correttive proposte dallo Stato membro ai sensi del paragrafo 5 non tengano adeguatamente conto delle conclusioni contenute nella sua notifica, essa presenta al Consiglio una proposta di una decisione di esecuzione sulle opportune misure entro un mese dal ricevimento delle osservazioni dello Stato membro o, in assenza di osservazioni, senza indebito ritardo e in ogni caso entro un mese dal termine stabilito al paragrafo 7. La proposta espone i motivi specifici e gli elementi di prova su cui la Commissione ha fondato la propria conclusione. 10. Il Consiglio adotta la decisione di esecuzione di cui al paragrafo 9 del presente articolo entro un mese dal ricevimento della proposta della Commissione. Se si verificano circostanze eccezionali, il periodo per l’adozione di tale decisione di esecuzione può essere prorogato di due mesi al massimo. Al fine di garantire una decisione tempestiva, la Commissione esercita, qualora lo ritenga opportuno, i suoi diritti a norma dell’articolo 237 TFUE. 11. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può modificare la proposta della Commissione e adottare il testo modificato mediante una decisione di esecuzione. Articolo 7 Revoca delle misure 1. In qualsiasi momento lo Stato membro interessato può adottare nuove misure correttive e presentare alla Commissione una notifica scritta comprensiva di elementi di prova per dimostrare che le condizioni di cui all’articolo 4 non sono più soddisfatte. 2. Su richiesta dello Stato membro interessato o di propria iniziativa e al più tardi un anno dopo l’adozione delle misure da parte del Consiglio, la Commissione riesamina la situazione nello Stato membro interessato, tenendo conto di tutti gli elementi di prova presentati dallo Stato membro interessato, nonché dell’adeguatezza delle eventuali nuove misure correttive adottate dallo Stato membro interessato. Se ritiene che le condizioni di cui all’articolo 4 non siano più soddisfatte, la Commissione presenta al Consiglio una proposta di decisione di esecuzione relativa alla revoca delle misure adottate. Se ritiene che la situazione che ha portato all’adozione delle misure sia stata parzialmente risolta, la Commissione presenta al Consiglio una proposta di decisione di esecuzione relativa all’adeguamento delle misure adottate. Se ritiene che la situazione che ha portato all’adozione delle misure non sia stata risolta, la Commissione indirizza allo Stato membro interessato una decisione motivata e ne informa il Consiglio. Quando lo Stato membro interessato presenta una notifica scritta ai sensi del paragrafo 1, la Commissione presenta la sua proposta o adotta la sua decisione entro un mese dal ricevimento di tale notifica. Tale periodo può essere prorogato in circostanze debitamente giustificate, nel qual caso la Commissione informa senza ritardo lo Stato membro interessato dei motivi della proroga. Si applica per analogia la procedura di cui all’articolo 6, paragrafi 3, 4, 5, 6, 9, 10 e 11, a seconda dei casi. 3. Qualora siano revocate le misure relative alla sospensione dell’approvazione di uno o più programmi o alle modifiche di detta sospensione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), punto i), o alla sospensione degli impegni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), punto ii), gli importi corrispondenti agli impegni sospesi sono iscritti nel bilancio dell’Unione fatto salvo l’articolo 5 del regolamento (UE, Euratom) 2020/2093 del Consiglio (18). Gli impegni sospesi dell’anno n non possono essere iscritti in bilancio oltre l’anno n+2. Articolo 8 Informazioni al Parlamento europeo La Commissione informa immediatamente il Parlamento europeo di tutte le misure proposte, adottate o revocate a norma degli articoli 5, 6 e 7. Articolo 9 Relazioni La Commissione riferisce entro il 12 gennaio 2024 al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’applicazione del presente regolamento, in particolare relativamente all’efficacia delle misure adottate. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2021. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 16 dicembre 2020 Per il Parlamento europeo Il presidente D. M. SASSOLI Per il Consiglio Il presidente M. ROTH (1) GU C 291 del 17.8.2018, pag. 1. (2) Posizione del Parlamento europeo del 4 aprile 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 14 dicembre 2020. Posizione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2020 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) Sentenza della Corte di giustizia del 29 aprile 2004, CAS Succhi di Frutta, C-496/99 P, ECLI:EU:C:2004:236, punto 63. (4) Sentenza della Corte di giustizia del 12 novembre 1981, Amministrazione delle finanze dello Stato/Srl Meridionale Industria Salumi e altri, Ditta Italo Orlandi & Figlio e Ditta Vincenzo Divella/Amministrazione delle finanze dello Stato, cause riunite da 212 a 217/80, ECLI:EU:C:1981:270, punto 10. (5) Sentenza della Corte di giustizia del 21 settembre 1989, Hoechst, cause riunite 46/87 e 227/88, ECLI:EU:C:1989:337, punto 19. (6) Sentenza della Corte di giustizia del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses/Tribunal de Contas, C-64/16, ECLI:EU:C:2018:117, punti 31 e 40-41; sentenza della Corte di giustizia del 25 luglio 2018, LM, C-216/18 PPU, ECLI:EU:C:2018:586, punti 63-67. (7) Sentenza della Corte di giustizia del 10 novembre 2016, Kovalkovas, C-477/16, ECLI:EU:C:2016:861, paragrafo 36; sentenza della Corte di giustizia del 10 novembre 2016, PPU Poltorak, C-452/16, ECLI:EU:C:2016:858, paragrafo 35; e sentenza della Corte di giustizia del 22 dicembre 2010, DEB, C-279/09, ECLI:EU:C:2010:811, paragrafo 58. (8) Comunicazione della Commissione «Un nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo Stato di diritto», COM(2014) 158 final, allegato I. (9) Parere 2/13, EU:C:2014:2454, punto 168. (10) Regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, che istituisce uno strumento dell’Unione europea per il sostegno alla ripresa dell’economia dopo la crisi COVID-19 (cfr. pag. 23 della presente Gazzetta ufficiale). (11) Causa C-64/16, punti 32-36. (12) Causa C-64/16, punti 40-41. (13) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale. (14) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35). (15) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). (16) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). (17) Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17. (18) Regolamento (UE, Euratom) del Consiglio 2020/2093, del 17 dicembre 2020, che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per gli anni dal 2021 al 2027 (cfr. pag. 11 della presente Gazzetta ufficiale).
Protezione del bilancio dell’Unione europea — Stato di diritto QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Intende proteggere il bilancio dell’Unione europea (UE) e le risorse del NextGenerationEU da violazioni dei principi dello Stato di diritto* da parte di un paese dell’Unione che abbiano effetti negativi sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o degli interessi finanziari dell’Unione. Sulla base del regolamento, i pagamenti effettuati dal bilancio dell’Unione possono essere interrotti, ridotti, terminati o sospesi. Nuovi impegni possono essere vietati. PUNTI CHIAVE Violazione dei principi dello Stato di diritto Ai fini del presente regolamento, possono essere indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto:le minacce all’indipendenza della magistratura; l’omessa prevenzione, rettifica o sanzione delle decisioni arbitrarie o illegittime assunte da autorità pubbliche, incluse le autorità di contrasto, la mancata assegnazione di risorse finanziarie e umane a scapito del loro corretto funzionamento o il fatto di non garantire l’assenza di conflitti di interesse; la limitazione della disponibilità e dell’efficacia dei mezzi di ricorso, per esempio attraverso norme procedurali restrittive e la mancata esecuzione delle sentenze o la limitazione dell’efficacia delle indagini, delle azioni penali o delle sanzioni per violazioni del diritto.Condizioni per l’adozione di misure Sono adottate opportune misure qualora siano accertate violazioni dei principi dello Stato di diritto in un paese dell’Unione che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Questo include le risorse assegnate attraverso lo strumento dell’Unione europea per la ripresa istituito a norma del regolamento (UE) 2020/2094 (si veda la sintesi) per il sostegno alla ripresa dell’economia dopo la crisi COVID-19. Le violazioni potrebbero riguardare uno o più dei seguenti punti:il corretto espletamento delle funzioni di:autorità che rendono esecutivo il bilancio dell’Unione, in particolare nell’ambito delle procedure di appalto pubblico o di concessione di sovvenzioni;autorità preposte al controllo, alla sorveglianza e alla revisione finanziaria, nonché il corretto funzionamento di sistemi efficaci e trasparenti di gestione e responsabilità finanziarie,servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale nel perseguimento delle frodi, comprese le frodi fiscali, della corruzione o di altre violazioni del diritto dell’Unione che riguardano l’esecuzione del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione; l’effettivo controllo giurisdizionale, da parte di organi giurisdizionali indipendenti, delle azioni od omissioni compiute dalle autorità in relazione a quanto sopra menzionato; la prevenzione e la sanzione delle frodi, comprese le frodi fiscali, della corruzione o di altre violazioni del diritto dell’Unione che riguardano il bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari, nonché l’imposizione di sanzioni effettive e dissuasive; il recupero dei fondi indebitamente versati; la collaborazione con l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e, ove applicabile, con la Procura europea (EPPO); altre situazioni o condotta di autorità rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari.Misure di protezione del bilancio dell’Unione Purché siano rispettate le condizioni sopra menzionate e il destinatario sia un soggetto pubblico, l’Unione può:sospendere i pagamenti o terminare il suo impegno giuridico; vietare di assumere nuovi impegni giuridici; sospendere o ridurre l’erogazione dei versamenti o il rimborso anticipato dei prestiti garantiti dal bilancio dell’Unione; sospendere o ridurre il vantaggio economico garantito dal bilancio dell’Unione; vietare la conclusione di nuovi accordi su prestiti o altri strumenti garantiti dal bilancio dell’Unione.Quando la Commissione europea rende esecutivo il bilancio dell’Unione in regime di gestione concorrente con i paesi dell’Unione, l’Unione può:sospendere l’approvazione dei programmi; sospendere o ridurre impegni, anche attraverso rettifiche finanziarie o storni verso altri programmi di spesa; ridurre prefinanziamenti; interrompere termini di pagamento; sospendere pagamenti.Le misure adottate devono essere proporzionate. Esse devono essere determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale delle violazioni sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. La natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni devono essere tenute in debita considerazione. Il regolamento garantisce che i beneficiari dei fondi non siano pregiudicati dall’adozione di misure. Se non espressamente disposto, l’imposizione delle misure non deve pregiudicare gli obblighi dei paesi dell’Unione compreso l’obbligo di effettuare i pagamenti ai destinatari finali o ai beneficiari, La Commissione si adopera al massimo per garantire che quest’obbligo sia rispettato in conformità delle disposizioni pertinenti sulla gestione dei fondi. Adozione e revoca delle misure Se la Commissione ritiene che le condizioni per l’adozione di misure sono soddisfatte e che il paese dell’Unione coinvolto non ha adottato i provvedimenti del caso, dovrà presentare al Consiglio una proposta di adozione delle misure. Il Consiglio dovrà deliberare a maggioranza qualificata. Se la Commissione ritiene che le condizioni per l’adozione di misure non sono più soddisfatte, può presentare al Consiglio una proposta per la revoca delle misure. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato a partire dal 1o gennaio 2021. TERMINI CHIAVE Stato di diritto: il valore dell’Unione sancito nell’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (si veda la sintesi), che sottende un processo legislativo trasparente, responsabile, democratico e pluralistico; certezza del diritto; divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; tutela giurisdizionale effettiva, compreso l’accesso alla giustizia, da parte di organi giurisdizionali indipendenti e imparziali; separazione dei poteri; e uguaglianza di fronte alla legge. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione (GU L 433I del 22.12.2020, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, che istituisce uno strumento dell’Unione europea per il sostegno alla ripresa dell’economia dopo la crisi COVID-19 (GU L 433I del 22.12.2020, pag. 23). Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). Le successive modifiche al Regolamento (UE) 2017/1939 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Titolo VI — Giustizia — Articolo 47 — Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 403). Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte sesta — Disposizioni istituzionali e finanziarie — Titolo II — Disposizioni finanziarie — Capo 4 — Esecuzione del bilancio e scarico — Articolo 317 (ex articolo 274, TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 186). Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo I — Disposizioni comuni — Articolo 2 (GU C 202, del 7.6.2016, pag. 17). Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea — Titolo I — Disposizioni comuni — Articolo 7 (ex articolo 7 TEU) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 19). Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1 dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 5 ottobre 2006 sull’adesione della Comunità alla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (2006/719/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, e paragrafo 3, secondo comma, vista la proposta della Commissione, visto il parere conforme del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) La finalità della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (HCCH) è lavorare all’unificazione progressiva delle norme di diritto internazionale privato. L’HCCH ha già adottato un numero cospicuo di convenzioni nei diversi settori del diritto internazionale privato. (2) Dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, la Comunità è competente ad adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presentino implicazioni transfrontaliere, per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno. La Comunità ha esercitato questa sua competenza adottando una serie di strumenti, molti dei quali coincidono in tutto o in parte con i settori di attività dell’HCCH. (3) È essenziale che la Comunità acquisisca uno status conforme al suo nuovo ruolo di grande attore internazionale nel settore della cooperazione giudiziaria civile e che possa esercitare le sue competenze esterne partecipando come membro titolare ai negoziati delle convenzioni dell’HCCH nei settori di sua competenza. (4) Con decisione del 28 novembre 2002, il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare le condizioni e le modalità di adesione della Comunità all’HCCH. (5) Con lettera comune della Commissione e della presidenza all’HCCH, del 19 dicembre 2002, la Comunità ha presentato domanda di adesione all’HCCH, e ha chiesto l’avvio dei negoziati. (6) Nell’aprile 2004 una commissione speciale Affari generali e politica dell’HCCH si è unanimemente pronunciata a favore, in linea di principio, dell’adesione della Comunità all’HCCH e ha stabilito criteri e procedure sulle modalità di tale adesione. (7) Nel giugno 2005 la conferenza diplomatica dell’HCCH ha approvato per consenso la modifica dello statuto dell’HCCH affinché possa aderire un’organizzazione regionale di integrazione economica, quindi gli Stati membri dell’HCCH sono stati invitati a votare gli emendamenti, se possibile entro nove mesi. (8) Le modifiche dello statuto entreranno in vigore decorsi tre mesi da quando il segretario generale dell’HCCH avrà informato i membri che è stata raggiunta la maggioranza di due terzi necessaria per modificare lo statuto. Poco dopo l’entrata in vigore delle modifiche, una riunione straordinaria del Consiglio Affari generali e politica deciderà ufficialmente l’ammissione della Comunità alla conferenza dell’HCCH. (9) L’esito dei negoziati sulla revisione dello statuto dell’HCCH è soddisfacente, considerati gli interessi della Comunità. (10) L’articolo 2A dello statuto dell’HCCH conferisce alla Comunità il diritto di diventare membro dell’HCCH come organizzazione regionale di integrazione economica. (11) È opportuno che la Comunità aderisca all’HCCH. (12) Ai sensi dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione della presente decisione. (13) Ai sensi degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente decisione, non è da essa vincolata né è soggetta alla sua applicazione, DECIDE: Articolo unico 1. La Comunità aderisce alla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (HCCH) con la dichiarazione di accettazione dello statuto dell’HCCH, di cui all’allegato I, non appena quest’ultima abbia adottato la decisione ufficiale di ammettere la Comunità in qualità di membro. 2. La Comunità deposita inoltre una dichiarazione di competenza specificante le materie per le quali i suoi Stati membri le hanno trasferito competenze, figurante nell’allegato II, e una dichiarazione su certi aspetti relativi all’HCCH, figurante nell’allegato III. 3. Il presidente del Consiglio è autorizzato a esperire tutte le procedure necessarie per dare effetto ai paragrafi 1 e 2. 4. Il testo dello statuto figura all’allegato IV della presente decisione. 5. Nella presente decisione per «Stato membro» si intendono gli Stati membri eccetto la Danimarca. Fatto a Lussemburgo, addì 5 ottobre 2006. Per il Consiglio Il presidente K. RAJAMÄKI (1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale. ALLEGATO I Strumento di adesione all’HCCH J.H.A. VAN LOON Segretario generale Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato Scheveningseweg 6 2517 THE HAGUE Egregio signore, mi pregio di informarLa che la Comunità europea ha deciso di aderire alla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato. La prego pertanto di ricevere il presente strumento con il quale la Comunità accetta lo statuto della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato a norma del suo articolo 2A. Allego una dichiarazione della Comunità europea specificante le materie per le quali i suoi Stati membri le hanno trasferito competenze, e una dichiarazione su certi aspetti relativi alla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato. La Comunità europea accetta formalmente e senza riserve gli obblighi derivanti dalla qualità di membro della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato di cui allo statuto, e si impegna solennemente a soddisfare gli obblighi in vigore all’atto dell’adesione. Voglia gradire i sensi della mia più alta stima. Il presidente del Consiglio dell’Unione europea ALLEGATO II Dichiarazione di competenza della Comunità specificante le materie per le quali i suoi Stati membri le hanno trasferito competenze 1. La presente dichiarazione è presentata a norma dell’articolo 2A, paragrafo 3, dello statuto della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato e specifica le materie per le quali gli Stati membri della Comunità europea le hanno trasferito competenze. 2. La Comunità è competente ad adottare misure generali e specifiche in materia di diritto internazionale privato in vari settori nei suoi Stati membri. In ordine alle materie di competenza della conferenza dell’Aia, la Comunità europea è competente ad adottare, a norma del titolo IV del trattato CE, misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presentino implicazioni transfrontaliere, per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno [articolo 61, lettera c), e articolo 65 del trattato CE]. Tali misure comprendono: a) il miglioramento e la semplificazione del sistema per la notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali, della cooperazione nell’assunzione dei mezzi di prova, del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali; b) la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale; c) l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri. 3. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. L’azione della Comunità si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi. 4. Inoltre, la Comunità è competente in altri settori potenzialmente disciplinati da convenzioni dell’HCCH, come il mercato interno (articolo 95 del trattato CE) o la protezione dei consumatori (articolo 153 del trattato CE). 5. La Comunità ha esercitato tale competenza adottando una serie di strumenti a norma dell’articolo 61, lettera c), del trattato CE: — il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, — il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale, — il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, — il regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale, — la direttiva 2003/8/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello Stato in tali controversie, — il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, — il regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati. Disposizioni di diritto internazionale privato si possono trovare in altri testi legislativi comunitari, specie in relazione alla protezione dei consumatori, al settore assicurativo, ai servizi finanziari e alla proprietà intellettuale. Così, le direttive comunitarie interessate dalla convenzione dell’Aia sulla legge applicabile ad alcuni diritti su strumenti finanziari detenuti presso un intermediario sono state adottate in base all’articolo 95 del trattato CE. 6. Sebbene il trattato CE non contenga riferimenti espliciti alla competenza esterna, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee discende che le richiamate disposizioni del trattato CE costituiscono la base giuridica appropriata non soltanto per atti comunitari interni ma anche per accordi internazionali conclusi dalla Comunità. La Comunità ha facoltà di stipulare accordi internazionali in tutti i casi in cui i poteri inerenti alla competenza interna siano stati già esercitati al fine di adottare provvedimenti destinati all’attuazione delle politiche comuni, come quelle citate sopra, o se l’accordo internazionale è necessario al raggiungimento di uno degli obiettivi della Comunità (1). La competenza esterna della Comunità è esclusiva nella misura in cui l’accordo internazionale incide su norme interne comuni o ne altera la portata (2). Se questo è il caso, non compete agli Stati membri bensì alla Comunità contrarre obblighi con paesi terzi o organizzazioni internazionali. Un accordo internazionale può essere in tutto o soltanto in parte di competenza esclusiva della Comunità. 7. Gli strumenti comunitari sono vincolanti, di norma, per tutti gli Stati membri. In relazione al titolo IV del trattato CE che costituisce la base giuridica della cooperazione giudiziaria in materia civile, per la Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito si applica un regime speciale. Nessuna misura adottata a norma del titolo IV del trattato CE è vincolante o applicabile in Danimarca. Il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione degli strumenti giuridici ai sensi del titolo IV del trattato CE se ne informano il Consiglio. Entrambi gli Stati membri hanno deciso di partecipare a tutte le misure di cui al punto 5. 8. L’estensione della competenza che gli Stati membri hanno trasferito alla Comunità a norma del trattato CE è, per sua natura, soggetta a continua evoluzione. La Comunità e i suoi Stati membri provvederanno affinché sia notificata senza indugio al segretario generale dell’HCCH qualunque modifica delle competenze comunitarie, come prescritto all’articolo 2A, paragrafo 4, dello statuto. (1) Parere 1/76 della Corte, Racc. 1977, pag. 741; parere 2/91, Racc. 1993, pag. I-1061; causa 22/70 («AETS»), Commissione/Consiglio, Racc. 1971, pag. 263; causa C-467/98 (cosiddetta «open skies»), Commissione/Danimarca, Racc. 2002, pag. I-9519. (2) Causa 22/70 («AETS»), Commissione/Consiglio; causa C-467/98 (cosiddetta «open skies»), Commissione/Danimarca. ALLEGATO III Dichiarazione della Comunità europea su certi aspetti relativi alla conferenza dell’HCCH La Comunità provvede a esaminare se sia nel suo interesse aderire alle convenzioni dell’Aia esistenti che sono di competenza comunitaria. Sussistendo tale interesse, la Comunità europea, in cooperazione con l’HCCH, farà il possibile per superare le difficoltà risultanti dall’assenza di una clausola che sancisca l’adesione a quelle convenzioni di un’organizzazione regionale di integrazione economica. La Comunità provvede inoltre a rendere possibile la partecipazione di rappresentanti dell’Ufficio permanente dell’HCCH alle riunioni di esperti organizzate dalla Commissione delle Comunità europee, in cui si discutano materie di interesse per l’HCCH. ALLEGATO IV STATUTE OF THE HAGUE CONFERENCE ON PRIVATE INTERNATIONAL LAW The Governments of the countries hereinafter specified: the Federal Republic of Germany, Austria, Belgium, Denmark, Spain, Finland, France, Italy, Japan, Luxembourg, Norway, the Netherlands, Portugal, the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, Sweden and Switzerland; In view of the permanent character of the Hague Conference on Private International Law; Desiring to stress that character; Having, to that end, deemed it desirable to provide the Conference with a Statute; Have agreed upon the following provisions: Article 1 The purpose of the Hague Conference is to work for the progressive unification of the rules of private international law. Article 2 Members of the Hague Conference on Private International Law are the States which have already participated in one or more Sessions of the Conference and which accept the present Statute. Any other State, the participation of which is from a juridical point of view of importance for the work of the Conference, may become a Member. The admission of new Member States shall be decided upon by the Governments of the participating States, upon the proposal of one or more of them, by a majority of the votes cast, within a period of six months from the date on which that proposal is submitted to the Governments. The admission shall become effective upon the acceptance of the present Statute by the State concerned. Article 2A 1. The Member States may, at a meeting concerning General Affairs and Policy where the majority of Member States is present, by a majority of the votes cast, decide to admit also as a Member any Regional Economic Integration Organisation which has submitted an application for membership to the Secretary General. References to Members under this Statute shall include such Member Organisations, except as otherwise expressly provided. The admission shall become effective upon the acceptance of the Statute by the Regional Economic Integration Organisation concerned. 2. To be eligible to apply for membership of the Conference, a Regional Economic Integration Organisation must be one constituted solely by sovereign States to which its Member States have transferred competence over a range of matters within the purview of the Conference, including the authority to make decisions binding on its Member States in respect of those matters. 3. Each Regional Economic Integration Organisation applying for membership shall, at the time of such application, submit a declaration of competence specifying the matters in respect of which competence has been transferred to it by its Member States. 4. Each Member Organisation and its Member States shall ensure that any change regarding the competence of the Member Organisation or in its membership shall be notified to the Secretary General, who shall circulate such information to the other Members of the Conference. 5. Member States of the Member Organisation shall be presumed to retain competence over all matters in respect of which transfers of competence have not been specifically declared or notified. 6. Any Member of the Conference may request the Member Organisation and its Member States to provide information as to whether the Member Organisation has competence in respect of any specific question which is before the Conference. The Member Organisation and its Member States shall ensure that this information is provided on such request. 7. The Member Organisation shall exercise membership rights on an alternative basis with its Member States that are Members of the Conference, in the areas of their respective competences. 8. The Member Organisation may exercise on matters within its competence, in any meetings of the Conference in which it is entitled to participate, a number of votes equal to the number of its Member States which have transferred competence to the Member Organisation in respect of the matter in question, and which are entitled to vote in and have registered for such meetings. Whenever the Member Organisation exercises its right to vote its Member States shall not exercise theirs, and conversely. 9. ‘Regional Economic Integration Organisation’ means an international organisation that is constituted solely by sovereign States, and to which its Member States have transferred competence over a range of matters, including the authority to make decisions binding on its Member States in respect of those matters. Article 3 1. The Council on General Affairs and Policy (hereafter the Council), composed of all Members, has charge of the operation of the Conference. Meetings of the Council shall, in principle, be held annually. 2. The Council ensures such operation through a Permanent Bureau the activities of which it directs. 3. The Council shall examine all proposals intended to be placed on the agenda of the Conference. It shall be free to determine the action to be taken on such proposals. 4. The Netherlands Standing Government Committee, instituted by Royal Decree of February 20 1897 with a view to promoting the codification of private international law, shall, after consultation with the Members of the Conference, determine the date of the Diplomatic Sessions. 5. The Standing Government Committee shall address itself to the Government of the Netherlands for the convocation of the Members. The Chair of the Standing Government Committee presides over the Sessions of the Conference. 6. The Ordinary Sessions of the Conference shall, in principle, be held every four years. 7. If necessary, the Council may, after consultation with the Standing Government Committee, request the Government of the Netherlands to convene the Conference in Extraordinary Session. 8. The Council may consult the Standing Government Committee on any other matter relevant to the Conference. Article 4 1. The Permanent Bureau shall have its seat at The Hague. It shall be composed of a Secretary General and four Secretaries who shall be appointed by the Government of the Netherlands upon presentation by the Standing Government Committee. 2. The Secretary General and the Secretaries must possess appropriate legal knowledge and practical experience. In their appointment account shall also be taken of diversity of geographic representation and of legal expertise. 3. The number of Secretaries may be increased after consultation with the Council and in accordance with Article 9. Article 5 Under the direction of the Council, the Permanent Bureau shall be charged with: (a) the preparation and organisation of the Sessions of the Hague Conference and the meetings of the Council and of any Special Commissions; (b) the work of the Secretariat of the Sessions and meetings envisaged above; (c) all the tasks which are included in the activity of a secretariat. Article 6 1. With a view to facilitating communication between the Members of the Conference and the Permanent Bureau, the Government of each of the Member States shall designate a national organ and each Member Organisation a contact organ. 2. The Permanent Bureau may correspond with all the organs so designated and with the competent international organisations. Article 7 1. The Sessions and, in the interval between Sessions, the Council, may set up Special Commissions to prepare draft Conventions or to study all questions of private international law which come within the purpose of the Conference. 2. The Sessions, Council and Special Commissions shall, to the furthest extent possible, operate on the basis of consensus. Article 8 1. The budgeted costs of the Conference shall be apportioned among the Member States of the Conference. 2. A Member Organisation shall not be required to contribute in addition to its Member States to the annual budget of the Conference, but shall pay a sum to be determined by the Conference, in consultation with the Member Organisation, to cover additional administrative expenses arising out of its membership. 3. In any case, travelling and living expenses of the delegates to the Council and the Special Commissions shall be payable by the Members represented. Article 9 1. The budget of the Conference shall be submitted each year to the Council of Diplomatic Representatives at The Hague for approval. 2. These Representatives shall also apportion among the Member States the expenses which are charged in that budget to the latter. 3. The Diplomatic Representatives shall meet for such purposes under the chairmanship of the Minister of Foreign Affairs of the Kingdom of the Netherlands. Article 10 1. The expenses resulting from the Ordinary and Extraordinary Sessions of the Conference shall be borne by the Government of the Netherlands. 2. In any case, the travelling and living expenses of the delegates shall be payable by the respective Members. Article 11 (French text only) Les usages de la Conférence continuent à être en vigueur pour tout ce qui n'est pas contraire au présent Statut ou aux Règlements. Article 12 1. Amendments to the present Statute must be adopted by consensus of the Member States present at a meeting concerning General Affairs and Policy. 2. Such amendments shall enter into force, for all Members, three months after they are approved by two thirds of the Member States in accordance with their respective internal procedures, but not earlier than nine months from the date of their adoption. 3. The meeting referred to in paragraph 1 may change by consensus the periods of time referred to in paragraph 2. Article 13 To provide for their execution, the provisions of the present Statute will be complemented by Regulations. The Regulations shall be established by the Permanent Bureau and submitted to a Diplomatic Session, the Council of Diplomatic Representatives or the Council on General Affairs and Policy for approval. Article 14 1. The present Statute shall be submitted for acceptance to the Governments of States which participated in one or more Sessions of the Conference. It shall enter into force as soon as it is accepted by the majority of the States represented at the Seventh Session. 2. The statement of acceptance shall be deposited with the Netherlands Government, which shall make it known to the Governments referred to in the first paragraph of this Article. 3. The Netherlands Government shall, in the case of the admission of a new Member, inform all Members of the statement of acceptance of that new Member. Article 15 1. Each Member may denounce the present Statute after a period of five years from the date of its entry into force under the terms of Article 14(1). 2. Notice of the denunciation shall be given to the Ministry of Foreign Affairs of the Kingdom of the Netherlands at least six months before the expiration of the budgetary year of the Conference, and shall become effective at the expiration of the said year, but only with respect to the Member which has given notice thereof. The English and French texts of this Statute, as amended on …….. 200..., are equally authentic. STATUT DE LA CONFÉRENCE DE LA HAYE DE DROIT INTERNATIONAL PRIVÉ Les gouvernements des pays ci-après énumérés: la République fédérale d'Allemagne, l'Autriche, la Belgique, le Danemark, l'Espagne, la Finlande, la France, l'Italie, le Japon, le Luxembourg, la Norvège, les Pays-Bas, le Portugal, le Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d'Irlande du Nord, la Suède et la Suisse; considérant le caractère permanent de la Conférence de La Haye de droit international privé; désirant accentuer ce caractère; ayant, à cette fin, estimé souhaitable de doter la Conférence d'un statut; sont convenus des dispositions suivantes: Article premier La Conférence de La Haye a pour but de travailler à l'unification progressive des règles de droit international privé. Article 2 Sont membres de la Conférence de La Haye de droit international privé les États qui ont déjà participé à une ou plusieurs sessions de la Conférence et qui acceptent le présent statut. Peuvent devenir membres tous autres États dont la participation présente un intérêt de nature juridique pour les travaux de la conférence. L'admission de nouveaux États membres est décidée par les gouvernements des États participants, sur proposition de l'un ou de plusieurs d'entre eux, à la majorité des voix émises, dans un délai de six mois, à dater du jour où les gouvernements ont été saisis de cette proposition. L'admission devient définitive du fait de l'acceptation du présent statut par l'État intéressé. Article 2A 1. Les États membres de la Conférence peuvent, lors d'une réunion relative aux affaires générales et à la politique rassemblant la majorité d'entre eux, à la majorité des voix émises, décider d'admettre également comme membre toute organisation régionale d'intégration économique qui a soumis une demande d'admission au secrétaire général. Toute référence faite dans le présent statut aux membres comprend ces organisations membres, sauf dispositions contraires. L'admission ne devient définitive qu'après l'acceptation du statut par l'organisation régionale d'intégration économique concernée. 2. Pour pouvoir demander son admission à la Conférence en qualité de membre, une organisation régionale d'intégration économique doit être composée uniquement d'États souverains, et doit posséder des compétences transférées par ses États membres pour un éventail de questions qui sont du ressort de la conférence, y compris le pouvoir de prendre des décisions sur ces questions engageant ses États membres. 3. Chaque organisation régionale d'intégration économique qui dépose une demande d'admission présente, en même temps que sa demande, une déclaration de compétence précisant les questions pour lesquelles ses États membres lui ont transféré compétence. 4. Une organisation membre et ses États membres doivent s'assurer que toute modification relative à la compétence ou à la composition d'une organisation membre est notifiée au secrétaire général, lequel diffuse cette information aux autres membres de la Conférence. 5. Les États membres d'une organisation membre sont réputés conserver leurs compétences sur toute question pour laquelle des transferts de compétence n'ont pas été spécifiquement déclarés ou notifiés. 6. Tout membre de la Conférence peut demander à l'organisation membre et ses États membres de fournir des informations quant à la compétence de l'organisation membre à l'égard de toute question spécifique dont la Conférence est saisie. L'organisation membre et ses États membres doivent s'assurer que ces informations sont fournies en réponse à une telle demande. 7. L'organisation membre exerce les droits liés à sa qualité de membre en alternance avec ses États membres qui sont membres de la conférence, dans leurs domaines de compétence respectifs. 8. L'organisation membre peut disposer, pour les questions relevant de sa compétence, dans toute réunion de la Conférence à laquelle elle est habilitée à participer, d'un nombre de voix égal au nombre de ses États membres qui lui ont transféré compétence sur la matière en question, et qui sont habilités à voter lors de cette réunion et se sont enregistrés pour celle-ci. Lorsque l'organisation membre exerce son droit de vote, ses États membres n'exercent pas le leur, et inversement. 9. «Organisation régionale d'intégration économique» signifie une organisation internationale composée uniquement d'États souverains et qui possède des compétences transférées par ses États membres pour un éventail de questions, y compris le pouvoir de prendre des décisions engageant ses États membres sur ces questions. Article 3 1. Le fonctionnement de la Conférence est assuré par le conseil sur les affaires générales et la politique (ci-après: le conseil), composé de tous les membres. Les réunions du conseil se tiennent en principe tous les ans. 2. Le conseil assure ce fonctionnement par l'intermédiaire d'un bureau permanent dont il dirige les activités. 3. Le conseil examine toutes les propositions destinées à être mises à l'ordre du jour de la conférence. Il est libre d'apprécier la suite à donner à ces propositions. 4. La commission d'État néerlandaise, instituée par décret royal du 20 février 1897 en vue de promouvoir la codification du droit international privé, fixe, après consultation des membres de la conférence, la date des sessions diplomatiques. 5. La commission d'État s'adresse au gouvernement des Pays-Bas pour la convocation des membres. Le président de la commission d'État préside les sessions de la Conférence. 6. Les sessions ordinaires de la Conférence auront lieu, en principe, tous les quatre ans. 7. En cas de besoin, le conseil peut, après consultation de la commission d'État, prier le gouvernement des Pays-Bas de réunir la Conférence en session extraordinaire. 8. Le conseil peut consulter la commission d'État sur toute autre question intéressant la conférence. Article 4 1. Le bureau permanent a son siège à La Haye. Il est composé d'un secrétaire général et de quatre secrétaires qui sont nommés par le gouvernement des Pays-Bas sur présentation de la commission d'État. 2. Le secrétaire général et les secrétaires devront posséder des connaissances juridiques et une expérience pratique appropriées. La diversité de la représentation géographique et de l'expertise juridique seront également prises en compte dans leur nomination. 3. Le nombre des secrétaires peut être augmenté après consultation du conseil et conformément à l'article 9. Article 5 Sous la direction du conseil, le bureau permanent est chargé: a) de la préparation et de l'organisation des sessions de la Conférence de La Haye, ainsi que des réunions du conseil et des commissions spéciales; b) des travaux du secrétariat des sessions et des réunions ci-dessus prévues; c) de toutes les tâches qui rentrent dans l'activité d'un secrétariat. Article 6 1. En vue de faciliter les communications entre les membres de la Conférence et le bureau permanent, le gouvernement de chacun des États membres doit désigner un organe national, et chaque organisation membre un organe de liaison. 2. Le bureau permanent peut correspondre avec tous les organes ainsi désignés, et avec les organisations internationales compétentes. Article 7 1. Les sessions, et dans l'intervalle des sessions, le conseil, peuvent instituer des commissions spéciales, en vue d'élaborer des projets de convention ou d'étudier toutes questions de droit international privé rentrant dans le but de la conférence. 2. Les sessions, le conseil et les commissions spéciales fonctionnent, dans toute la mesure du possible, sur la base du consensus. Article 8 1. Les coûts prévus au budget annuel de la Conférence sont répartis entre les États membres de la conférence. 2. Une organisation membre n'est pas tenue de contribuer au budget annuel de la conférence, en plus de ses États membres, mais verse une somme, déterminée par la Conférence en concertation avec l'organisation membre, afin de couvrir les dépenses administratives additionnelles découlant de son statut de membre. 3. Dans tous les cas, les indemnités de déplacement et de séjour des délégués au conseil et aux commissions spéciales sont à la charge des membres représentés. Article 9 1. Le budget de la Conférence est soumis, chaque année, à l'approbation du conseil des représentants diplomatiques des États membres à La Haye. 2. Ces représentants fixent également la répartition, entre les États membres, des dépenses mises par ce budget à la charge de ces derniers. 3. Les représentants diplomatiques se réunissent, à ces fins, sous la présidence du ministre des affaires étrangères du Royaume des Pays-Bas. Article 10 1. Les dépenses, résultant des sessions ordinaires et extraordinaires de la conférence, sont prises en charge par le gouvernement des Pays-Bas. 2. En tout cas, les indemnités de déplacement et de séjour des délégués sont à la charge des membres respectifs. Article 11 Les usages de la Conférence continuent à être en vigueur pour tout ce qui n'est pas contraire au présent statut ou au règlement. Article 12 1. Les modifications au présent statut doivent être adoptées par consensus des États membres présents lors d'une réunion sur les affaires générales et la politique. 2. Ces modifications doivent entrer en vigueur, pour tous les membres, trois mois après leur approbation, conformément à leurs procédures internes respectives, par les deux tiers des États membres, mais pas avant un délai de neuf mois suivant la date de leur adoption. 3. La réunion mentionnée au paragraphe premier peut, par consensus, modifier les délais mentionnés au paragraphe 2. Article 13 Les dispositions du présent statut seront complétées par des règlements, en vue d'en assurer l'exécution. Ces règlements seront établis par le bureau permanent et soumis à l'approbation d'une session diplomatique, du conseil des représentants diplomatiques ou du conseil sur les affaires générales et la politique. Article 14 1. Le présent statut sera soumis à l'acceptation des gouvernements des États ayant participé à une ou plusieurs sessions de la conférence. Il entrera en vigueur dès qu'il sera accepté par la majorité des États représentés à la septième session. 2. La déclaration d'acceptation sera déposée auprès du gouvernement néerlandais, qui en donnera connaissance aux gouvernements visés au premier alinéa de cet article. 3. Le gouvernement néerlandais notifie, en cas d'admission d'un nouveau membre, la déclaration d'acceptation de ce nouveau membre à tous les membres. Article 15 1. Chaque membre pourra dénoncer le présent statut après une période de cinq ans à partir de la date de son entrée en vigueur aux termes de l'article 14, premier alinéa. 2. La dénonciation devra être notifiée au ministère des affaires étrangères du Royaume des Pays-Bas, au moins six mois avant l'expiration de l'année budgétaire de la conférence, et produira son effet à l'expiration de ladite année, mais uniquement à l'égard du membre qui l'aura notifiée. Les textes français et anglais du statut, tel que modifié le ………… 200…, font également foi.
Il coinvolgimento dell’UE negli sforzi per la unificazione delle norme in relazione al diritto internazionale privato QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa ha consentito alla Comunità europea (oggi Unione europea) di aderire alla Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (HCCH)*. La finalità della HCCH è lavorare all’unificazione progressiva delle norme di diritto internazionale privato* nei paesi partecipanti. PUNTI CHIAVE L’UE partecipa alla HCCH in qualità di membro a pieno titolo. La decisione non è vincolante per la Danimarca, che ha scelto di avvalersi del diritto di opting out per le aree della libertà, della sicurezza e della giustizia e che partecipa di propria iniziativa. L’UE ha depositato una dichiarazione di competenza (Allegato II), specificante le materie per le quali i suoi Stati membri (ad eccezione della Danimarca) le hanno trasferito competenze. Si tratta di misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presentino implicazioni transfrontaliere, per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno. Inoltre, l’UE ha competenze esterne, alcune delle quali sono esclusive, come definito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Queste competenze comprendono ad esempio le convenzioni della HCCH nell’ambito della competenza giurisdizionale, del riconoscimento e dell’esecuzione delle sentenze in materia civile o commerciale. In un’altra dichiarazione (allegato III), la Comunità europea ha provveduto a esaminare se sia nel suo interesse aderire alle convenzioni dell’Aia esistenti che sono di competenza comunitaria. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? L’Unione europea è membro dell’HCCH dal 3 aprile 2007. CONTESTO Il 28 novembre 2002, il Consiglio ha autorizzato la Commissione europea a negoziare le condizioni e le modalità di adesione all’HCCH. Lo statuto dell’HCCH è stato emendato affinché l’UE, un’organizzazione regionale di integrazione economica, possa aderire. Nel giugno 2005 la conferenza diplomatica dell’HCCH ha approvato per consenso la modifica dello statuto. In seguito al successo dei suoi negoziati con l’HCCH, la Commissione ha raccomandato al Consiglio di adottare la presente decisione sull’adesione della Comunità europea (oggi Unione europea) all’HCCH. Il Parlamento europeo ha dato il proprio assenso nel settembre 2006. 82 paesi oltre all’UE sono membri dell’HCCH. TERMINI CHIAVE La Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato: è un’organizzazione intergovernativa internazionale che lavora all’unificazione progressiva delle norme di diritto internazionale privato nei paesi partecipanti. Essa elabora strumenti giuridici multilaterali (compresi strumenti non vincolanti) e fornisce il follow-up necessario. Diritto internazionale privato: noto anche come conflitto di leggi, si compone di una serie di disposizioni di diritto processuale che determina quale ordinamento giuridico prevalga e quale legge di quale Stato si applichi in una particolare controversia. Tali disposizioni si applicano quando una controversia legale contiene un elemento internazionale, as esempio un contratto stipulato tra parti aventi sede in diversi Stati. ATTO PRINCIPALE Decisione del Consiglio 2006/719/CE, del 5 ottobre 2006, sull’adesione della Comunità alla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (GU L 297, del 26.10.2006, pagg. 1-14)
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32009R0662
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REGOLAMENTO (CE) N. 662/2009 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 luglio 2009 che istituisce una procedura per la negoziazione e la conclusione di accordi tra Stati membri e paesi terzi su particolari materie concernenti la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), l’articolo 65 e l’articolo 67, paragrafo 5, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) La parte terza, titolo IV del trattato costituisce la base giuridica per l’adozione degli atti normativi comunitari nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile. (2) La cooperazione giudiziaria in materia civile tra gli Stati membri e i paesi terzi è tradizionalmente disciplinata da accordi tra gli Stati membri e i paesi terzi. Detti accordi, esistenti in gran numero, spesso riflettono legami speciali fra uno Stato membro e un paese terzo e sono destinati a fornire un quadro giuridico adeguato per soddisfare esigenze specifiche delle parti interessate. (3) L’articolo 307 del trattato esige che gli Stati membri ricorrano a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità tra l’acquis comunitario e gli accordi internazionali conclusi tra Stati membri e paesi terzi. Tale obbligo può comportare la rinegoziazione di detti accordi. (4) Al fine di prevedere un quadro giuridico adeguato per soddisfare le esigenze specifiche di un dato Stato membro nelle sue relazioni con un paese terzo, può inoltre sussistere la necessità manifesta di concludere nuovi accordi con paesi terzi in relazione a settori della giustizia civile che rientrano nell’ambito di applicazione della parte terza, titolo IV del trattato. (5) Nel parere 1/03 del 7 febbraio 2006 sulla conclusione della nuova convenzione di Lugano la Corte di giustizia delle Comunità europee ha confermato che la Comunità ha acquisito la competenza esclusiva a concludere un accordo internazionale come la convenzione di Lugano con i paesi terzi in materie che incidono sulle norme stabilite nel regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2) (Bruxelles I). (6) Spetta alla Comunità concludere, ai sensi dell’articolo 300 del trattato, accordi tra la Comunità e un paese terzo riguardanti materie che rientrano nell’ambito della competenza esclusiva della Comunità. (7) L’articolo 10 del trattato esige che gli Stati membri facilitino la Comunità nell’adempimento dei propri compiti e si astengano da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato. Questo dovere di leale collaborazione è di applicazione generale e non dipende dal carattere esclusivo o meno della competenza della Comunità. (8) Riguardo agli accordi con paesi terzi su questioni specifiche di giustizia civile che rientrano nell’ambito della competenza esclusiva della Comunità, è opportuno istituire una procedura coerente e trasparente per autorizzare uno Stato membro a modificare un accordo esistente o a negoziare e concludere un nuovo accordo, segnatamente quando la Comunità non ha manifestato l’intenzione di esercitare la competenza esterna per concludere un accordo tramite un mandato di negoziazione già esistente o previsto. Tale procedura non dovrebbe pregiudicare la competenza esclusiva della Comunità e le disposizioni degli articoli 300 e 307 del trattato. Essa dovrebbe essere considerata una misura eccezionale e dovrebbe avere un ambito di applicazione e una durata limitati. (9) Il presente regolamento non dovrebbe applicarsi qualora la Comunità abbia già concluso con il paese terzo interessato un accordo avente ad oggetto la stessa materia. Due accordi dovrebbero essere considerati accordi aventi ad oggetto la stessa materia solo se e nella misura in cui essi disciplinano nel merito le stesse questioni giuridiche specifiche. Le disposizioni che si limitano ad affermare l’intenzione generale di cooperare su tali questioni non dovrebbero essere considerate disposizioni aventi ad oggetto la stessa materia. (10) In circostanze eccezionali, taluni accordi regionali conclusi tra alcuni Stati membri e alcuni paesi terzi, ad esempio due o tre, intesi a risolvere situazioni locali e non aperti all’adesione di altri Stati, dovrebbero parimenti rientrare nell’ambito d’applicazione del presente regolamento. (11) Al fine di garantire che un accordo previsto da uno Stato membro non comprometta l’efficacia del diritto comunitario e non pregiudichi il corretto funzionamento del sistema istituito da tale diritto o che non pregiudichi la politica delle relazioni esterne della Comunità da quest’ultima definita, lo Stato membro in questione dovrebbe essere tenuto a notificare alla Commissione le sue intenzioni in vista dell’ottenimento di un’autorizzazione per avviare o proseguire i negoziati formali su un accordo come pure per concludere un accordo. Tale notifica dovrebbe essere effettuata con lettera o per via elettronica. Essa dovrebbe contenere tutte le informazioni e la documentazione pertinenti per consentire alla Commissione di valutare l’impatto atteso dell’esito dei negoziati sul diritto comunitario. (12) Sarebbe opportuno valutare se la Comunità ha un interesse sufficiente a concludere un accordo bilaterale con il paese terzo interessato o, se del caso, a sostituire un accordo bilaterale esistente tra uno Stato membro e un paese terzo con un accordo comunitario. A tal fine, tutti gli Stati membri dovrebbero essere informati di qualsiasi notifica ricevuta dalla Commissione riguardante un accordo previsto da uno Stato membro affinché possano manifestare interesse ad aderire all’iniziativa dello Stato membro notificante. Se da questo scambio di informazioni dovesse emergere un interesse sufficiente della Comunità, la Commissione dovrebbe valutare l’eventualità di proporre un mandato di negoziazione ai fini della conclusione di un accordo tra la Comunità e il paese terzo interessato. (13) Se la Commissione chiede ad uno Stato membro informazioni supplementari al fine di valutare se tale Stato membro debba essere autorizzato ad avviare negoziati con un paese terzo, tale richiesta non dovrebbe incidere sui termini entro i quali la Commissione deve adottare una decisione motivata sulla domanda dello Stato membro in questione. (14) Nell’autorizzare l’avvio di negoziati formali, la Commissione dovrebbe, se necessario, poter proporre direttive di negoziato o chiedere che nell’accordo previsto siano inserite clausole particolari. La Commissione dovrebbe essere tenuta pienamente al corrente in tutte le varie fasi dei negoziati per quanto riguarda materie che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento e dovrebbe essere ammessa a partecipare ai negoziati in qualità di osservatore in relazione a tali materie. (15) All’atto della notifica alla Commissione dell’intenzione di avviare negoziati con un paese terzo, gli Stati membri dovrebbero avere l’obbligo di informare la Commissione solo degli elementi pertinenti per la valutazione che quest’ultima deve effettuare. L’autorizzazione da parte della Commissione e le eventuali direttive di negoziato o, a seconda dei casi, il rifiuto da parte della Commissione dovrebbero riguardare unicamente le materie che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento. (16) Tutti gli Stati membri dovrebbero essere informati di qualsiasi notifica alla Commissione riguardante accordi previsti o negoziati e di qualsiasi decisione motivata presa dalla Commissione ai sensi del presente regolamento. Dette informazioni dovrebbero tuttavia rispettare pienamente eventuali requisiti di riservatezza. (17) Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovrebbero provvedere affinché le informazioni indicate come riservate siano trattate in conformità del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (3). (18) Qualora la Commissione, in base alla sua valutazione, non intenda autorizzare l’avvio di negoziati formali o la conclusione di un accordo negoziato, essa dovrebbe fornire un parere allo Stato membro interessato prima di formulare la sua decisione motivata. In caso di rifiuto di autorizzare la conclusione di un accordo negoziato, il parere dovrebbe essere trasmesso anche al Parlamento europeo e al Consiglio. (19) Al fine di garantire che l’accordo negoziato non costituisca un ostacolo all’attuazione della politica esterna della Comunità di cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, l’accordo dovrebbe contemplare una clausola di denuncia totale o parziale, nell’eventualità in cui sia concluso tra la Comunità o la Comunità e i suoi Stati membri, da un lato, e il medesimo paese terzo, dall’altro, un accordo successivo avente ad oggetto la stessa materia, oppure una clausola che consenta la sostituzione diretta delle pertinenti disposizioni dell’accordo con le disposizioni di detto accordo successivo. (20) È opportuno prevedere disposizioni transitorie applicabili nei casi in cui, al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento, uno Stato membro abbia già avviato negoziati per un accordo con un paese terzo o li abbia già conclusi, ma non abbia ancora espresso il proprio consenso ad essere vincolato dall’accordo. (21) Per garantire che sia stata acquisita sufficiente esperienza nell’applicazione del presente regolamento, la Commissione dovrebbe presentare una relazione su tale applicazione non prima di otto anni dall’adozione del presente regolamento. In tale relazione la Commissione, nell’esercizio delle sue prerogative, dovrebbe confermare la natura temporanea del presente regolamento oppure esaminare l’opportunità di sostituirlo con un nuovo regolamento avente ad oggetto la stessa materia o che includa anche materie particolari rientranti nella competenza esclusiva della Comunità e disciplinate da altri strumenti comunitari come quelli di cui al considerando 5. (22) Qualora la relazione presentata dalla Commissione confermi la natura temporanea del presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero essere ancora in condizione, dopo la presentazione della relazione, di notificare alla Commissione i negoziati in corso o già annunciati, al fine di ottenere un’autorizzazione ad avviare negoziati formali. (23) In ottemperanza al principio di proporzionalità di cui all’articolo 5 del trattato, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento del suo obiettivo. (24) A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, tali Stati membri hanno notificato che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione del presente regolamento. (25) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento istituisce una procedura diretta ad autorizzare uno Stato membro a modificare un accordo esistente o a negoziare e concludere un nuovo accordo con un paese terzo, nel rispetto delle condizioni stabilite dal presente regolamento. Tale procedura non pregiudica le rispettive competenze della Comunità e degli Stati membri. 2. Il presente regolamento si applica agli accordi riguardanti particolari materie e rientranti, in tutto o in parte, nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (4) e del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) (5). 3. Il presente regolamento non si applica se la Comunità ha già concluso un accordo avente ad oggetto la stessa materia con il paese terzo interessato. Articolo 2 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento, per «accordo» si intende: a) un accordo bilaterale tra uno Stato membro e un paese terzo; b) un accordo regionale concluso tra un numero limitato di Stati membri e un numero limitato di paesi terzi confinanti con tali Stati membri che è inteso a risolvere situazioni locali e non è aperto all’adesione di altri Stati. 2. Nel contesto degli accordi regionali di cui al paragrafo 1, lettera b), ogni riferimento nel presente regolamento ad uno Stato membro o a un paese terzo si intende rispettivamente come riferimento agli Stati membri o ai paesi terzi interessati. Articolo 3 Notifica alla Commissione 1. Lo Stato membro che intende avviare negoziati al fine di modificare un accordo esistente o concluderne uno nuovo rientrante nell’ambito di applicazione del presente regolamento notifica per iscritto alla Commissione la sua intenzione il più presto possibile prima dell’avvio previsto dei negoziati formali. 2. Alla notifica è acclusa, se del caso, una copia dell’accordo esistente, del progetto di accordo o del progetto di proposta e ogni altro documento pertinente. Lo Stato membro indica l’oggetto dei negoziati e precisa gli aspetti da trattare nell’accordo previsto ovvero le disposizioni dell’accordo esistente da modificare. Lo Stato membro può fornire altre informazioni supplementari. Articolo 4 Valutazione della Commissione 1. Ricevuta la notifica di cui all’articolo 3, la Commissione valuta se lo Stato membro può avviare negoziati formali. 2. Nell’ambito di tale valutazione, la Commissione stabilisce anzitutto se sia specificamente previsto nei ventiquattro mesi successivi un pertinente mandato di negoziazione ai fini della conclusione di un accordo comunitario con il paese terzo interessato. In caso negativo, la Commissione valuta se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) lo Stato membro interessato ha fornito informazioni con cui rende noto di avere un interesse specifico a concludere l’accordo, a motivo dei rapporti economici, geografici, culturali, storici, sociali o politici che lo legano al paese terzo interessato; b) sulla scorta delle informazioni fornite dallo Stato membro, l’accordo previsto non sembra rendere inefficace il diritto comunitario, né pregiudicare il corretto funzionamento del sistema istituito da tale diritto; e c) l’accordo previsto non pregiudicherebbe l’oggetto e la finalità della politica delle relazioni esterne della Comunità, da quest’ultima definita. 3. Se le informazioni fornite dallo Stato membro non sono sufficienti ai fini della valutazione, la Commissione può richiedere informazioni supplementari. Articolo 5 Autorizzazione ad avviare negoziati formali 1. Se l’accordo previsto soddisfa le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, la Commissione, entro novanta giorni dal ricevimento della notifica di cui all’articolo 3, adotta una decisione motivata in merito alla domanda dello Stato membro autorizzandolo ad avviare i negoziati formali relativi a tale accordo. Se necessario, la Commissione può proporre direttive di negoziato e chiedere che nell’accordo previsto siano inserite clausole particolari. 2. L’accordo previsto contempla una clausola che prevede: a) la denuncia totale o parziale dell’accordo nell’eventualità in cui sia concluso tra la Comunità o la Comunità ed i suoi Stati membri, da un lato, e il medesimo paese terzo, dall’altro, un accordo successivo avente ad oggetto la stessa materia; o b) la sostituzione diretta delle pertinenti disposizioni dell’accordo con le disposizioni di un accordo successivo avente ad oggetto la stessa materia concluso tra la Comunità o la Comunità ed i suoi Stati membri, da un lato, e il medesimo paese terzo, dall’altro. La clausola di cui al primo comma, lettera a), dovrebbe essere formulata secondo il modello seguente: «(nome/i dello Stato membro o degli Stati membri) denuncia/denunciano il presente accordo, in tutto o in parte, se e quando la Comunità europea o la Comunità europea ed i suoi Stati membri concludono un accordo con (nome/i del paese terzo o dei paesi terzi) concernente le stesse questioni di giustizia civile disciplinate dal presente accordo». La clausola di cui al primo comma, lettera b), dovrebbe essere formulata secondo il modello seguente: «Il presente accordo o alcune disposizioni del presente accordo cessa/cessano di essere applicabile/i relativamente alle questioni disciplinate da un accordo tra la Comunità europea o la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da un lato, e (nome/i del paese terzo o dei paesi terzi), dall’altro, alla data di entrata in vigore di tale accordo». Articolo 6 Rifiuto di autorizzare l’avvio di negoziati formali 1. Se, in base alla valutazione di cui all’articolo 4, la Commissione non intende autorizzare l’avvio di negoziati formali sull’accordo previsto, essa fornisce un parere allo Stato membro interessato entro novanta giorni dal ricevimento della notifica di cui all’articolo 3. 2. Entro trenta giorni dal ricevimento del parere della Commissione, lo Stato membro interessato può chiedere alla Commissione di avviare una discussione con essa al fine di pervenire ad una soluzione. 3. Se lo Stato membro interessato non chiede alla Commissione di avviare una discussione entro il termine stabilito al paragrafo 2, la Commissione adotta una decisione motivata in merito alla domanda dello Stato membro entro centotrenta giorni dal ricevimento della notifica di cui all’articolo 3. 4. Nell’eventualità della discussione di cui al paragrafo 2, la Commissione adotta una decisione motivata in merito alla domanda dello Stato membro entro trenta giorni dalla chiusura della discussione. Articolo 7 Partecipazione della Commissione ai negoziati La Commissione può partecipare ai negoziati tra lo Stato membro e il paese terzo in qualità di osservatore per quanto attiene alle materie che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento. Se la Commissione non partecipa in qualità di osservatore, essa è tenuta al corrente dei progressi e dei risultati nelle varie fasi dei negoziati. Articolo 8 Autorizzazione a concludere l’accordo 1. Prima di firmare un accordo negoziato, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione l’esito dei negoziati e le trasmette il testo dell’accordo. 2. Al ricevimento di tale notifica, la Commissione valuta se l’accordo negoziato: a) soddisfa la condizione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b); b) soddisfa la condizione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettera c), qualora sussistano nuove ed eccezionali circostanze in relazione a detta condizione; e c) rispetta il requisito di cui all’articolo 5, paragrafo 2. 3. Se l’accordo negoziato rispetta le condizioni e i requisiti di cui al paragrafo 2, la Commissione, entro novanta giorni dal ricevimento della notifica di cui al paragrafo 1, adotta una decisione motivata in merito alla domanda dello Stato membro autorizzandolo a concludere tale accordo. Articolo 9 Rifiuto di autorizzare la conclusione dell’accordo 1. Se, in base alla valutazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2, la Commissione non intende autorizzare la conclusione dell’accordo negoziato, essa fornisce un parere allo Stato membro interessato, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio entro novanta giorni dal ricevimento della notifica di cui all’articolo 8, paragrafo 1. 2. Entro trenta giorni dal ricevimento del parere della Commissione, lo Stato membro interessato può chiedere alla Commissione di avviare una discussione con essa al fine di pervenire ad una soluzione. 3. Se lo Stato membro interessato non chiede alla Commissione di avviare una discussione entro il termine stabilito al paragrafo 2, la Commissione adotta una decisione motivata in merito alla domanda dello Stato membro entro centotrenta giorni dal ricevimento della notifica di cui all’articolo 8, paragrafo 1. 4. Nell’eventualità della discussione di cui al paragrafo 2, la Commissione adotta una decisione motivata in merito alla domanda dello Stato membro entro trenta giorni dalla chiusura della discussione. 5. La Commissione notifica la sua decisione al Parlamento europeo e al Consiglio entro trenta giorni dall’adozione della stessa. Articolo 10 Riservatezza Nel fornire alla Commissione le informazioni di cui all’articolo 3, all’articolo 4, paragrafo 3, e all’articolo 8, lo Stato membro può indicare se determinate informazioni debbano considerarsi riservate e se le informazioni fornite possano essere condivise con altri Stati membri. Articolo 11 Informazione agli Stati membri Fatti salvi i requisiti di riservatezza, la Commissione invia agli Stati membri le notifiche ricevute ai sensi degli articoli 3 e 8 e, se necessario, la documentazione di accompagnamento nonché tutte le sue decisioni motivate ai sensi degli articoli 5, 6, 8 e 9. Articolo 12 Disposizioni transitorie 1. Se, al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento, uno Stato membro ha già avviato i negoziati per un accordo con un paese terzo, si applicano gli articoli da 3 a 11. Se la fase dei negoziati lo consente, la Commissione può proporre direttive di negoziato o chiedere l’inserimento di clausole particolari, in conformità rispettivamente dell’articolo 5, paragrafo 1, secondo comma e dell’articolo 5, paragrafo 2. 2. Se, al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento, uno Stato membro ha già portato a termine i negoziati ma non ha ancora concluso l’accordo, si applicano l’articolo 3, l’articolo 8, paragrafi da 2 a 4, e l’articolo 9. Articolo 13 Riesame 1. Non prima del 13 luglio 2017, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’applicazione del presente regolamento. 2. Tale relazione: a) conferma l’opportunità che il presente regolamento scada alla data fissata conformemente all’articolo 14, paragrafo 1; o b) raccomanda che a decorrere da tale data il presente regolamento sia sostituito da un nuovo regolamento. 3. Se la relazione raccomanda la sostituzione del presente regolamento come indicato al paragrafo 2, lettera b), essa è corredata di un’appropriata proposta legislativa. Articolo 14 Scadenza 1. Il presente regolamento scade tre anni dopo la presentazione della relazione della Commissione di cui all’articolo 13. Il periodo di tre anni di cui al primo comma inizia a decorrere il primo giorno del mese che segue la presentazione della relazione al Parlamento europeo oppure al Consiglio, se successiva. 2. Nonostante la scadenza del presente regolamento alla data stabilita ai sensi del paragrafo 1, tutti i negoziati in corso a tale data, avviati da uno Stato membro ai sensi del presente regolamento possono continuare ed essere completati in conformità del presente regolamento. Articolo 15 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 13 luglio 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente E. ERLANDSSON (1) Parere del Parlamento europeo del 7 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 7 luglio 2009. (2) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. (3) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. (4) GU L 177 del 4.7.2008, pag. 6. (5) GU L 199 del 31.7.2007, pag. 40.
Cooperazione giudiziaria civile e accordi con paesi non membri dell’UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso punta a garantire la coerenza nell’azione esterna dell’UE un’area che rientra attualmente nell’ambito della competenza esclusiva dell’UE. Esso stabilisce una procedura per autorizzare uno Stato membro a modificare un accordo esistente o a negoziare e concludere un nuovo accordo con un paese terzo su questioni specifiche concernenti la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali*. La procedura è soggetta a limitazioni rigorose e deve essere considerata eccezionale. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione: il regolamento si applica ad accordi riguardanti questioni che rientrano, in tutto o in parte, nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) e del regolamento (CE) n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II). Notifica: Lo Stato membro che intende avviare negoziati al fine di modificare un accordo esistente o concluderne uno nuovo rientrante nell’ambito di applicazione del presente regolamento notifica per iscritto alla Commissione europea la sua intenzione il più presto possibile prima dell’avvio previsto dei negoziati formali. Riservatezza: la Commissione tratterà come riservate le informazioni comunicate dall Stato membro, se ciò viene richiesto. Valutazione: la Commissione:stabilisce anzitutto se sia specificamente previsto nei ventiquattro mesi successivi un pertinente mandato di negoziazione ai fini della conclusione di un accordo comunitario con il paese terzo interessato; in caso negativo, la Commissione valuta che vi sia un interesse specifico e autentico da parte dello Stato membro a concludere l’accordo e che l’accordo previsto non renda inefficace il diritto comunitario e che non pregiudichi l’oggetto e la finalità della politica delle relazioni esterne dell’UE; se necessario, la Commissione richiede ulteriori informazioni. Autorizzazione ad avviare negoziati: Se l’accordo previsto soddisfa le condizioni, la Commissione autorizza lo Stato membro ad avviare i negoziati formali relativi a tale accordo. La Commissione può proporre direttive di negoziato e chiedere che nell’accordo previsto siano inserite clausole particolari. Partecipazione: la Commissione può partecipare ai negoziati tra lo Stato membro e il paese terzo in qualità di osservatore, se non partecipa essa è tenuta al corrente dei progressi e dei risultati. Clausole dell’accordo: se viene autorizzato, l’accordo deve in ogni caso prevedereuna clausola di denuncia totale o parziale, nell’eventualità in cui sia concluso tra lo Stato membro e il medesimo paese terzo un accordo successivo avente ad oggetto la stessa materia, una clausola che consenta la sostituzione diretta delle pertinenti disposizioni dell’accordo con le disposizioni di detto accordo successivo. Autorizzazione a concludere l’accordo: prima di firmare l’accordo negoziato, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione l’esito dei negoziati e le trasmette il testo dell’accordo, per ottenere l’autorizzazione alla conclusione dopo aver verificato che l’accordo negoziato rispetta le condizioni. Rifiuto: il regolamento definisce la procedura e le conseguenze del rifiuto della Commissione ad autorizzare il negoziato o la conclusione dell’accordo. Riesame e scadenza Il regolamento scade tre anni dopo la presentazione da parte della Commissione, non prima del 7 luglio 2017, di una relazione sulla sua applicazione. In tale relazione la Commissione deve indicare se raccomanda che il regolamento alla sua scadenza venga sostituito da un nuovo regolamento. Tutti i negoziati in corso alla data di scadenza del regolamento possono continuare. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 20 agosto 2009. CONTESTO Il presente regolamento va visto nel contesto delle competenze esterne esclusive dell’UE per tali aree del diritto civile. Prima dell’adozione dei relativi regolamenti interni dell’UE (Roma I e Roma II), gli Stati membri concludevano accordi con paesi terzi in questa area. Come parte dell’approccio dell’UE alla cooperazione giudiziaria e agli accordi con paesi terzi in materia civile, il presente regolamento si affianca al regolamento (CE) n. 664/2009 concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, in materia di responsabilità genitoriale e di obbligazioni alimentari entrato in vigore alla stessa data e basato su una procedura simile. Per ulteriori informazioni, consultare:Questioni di natura civile e commerciale (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Obbligazione extracontrattuale: quando a un soggetto responsabile di una perdita subita da un altro soggetto al di fuori dell’esecuzione di un contratto, ad esempio in caso di fatto illecito o indebito arricchimento, viene richiesto di compensare la perdita. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 662/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce una procedura per la negoziazione e la conclusione di accordi tra Stati membri e paesi terzi su particolari materie concernenti la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 25). I successivi emendamenti al Regolamento (CE) n. 662/2009 sono stati incorporati nel documento originale. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 664/2009 del Consiglio, del 7 luglio 2009, che istituisce una procedura per la negoziazione e la conclusione di accordi tra Stati membri e paesi terzi riguardanti la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, in materia di responsabilità genitoriale e di obbligazioni alimentari, e la legge applicabile in materia di obbligazioni alimentari (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 46). Consultare la versione consolidata. Regolamento (CE) n.593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177 del 4.7.2008, pag. 6). Consultare la versione consolidata. Regolamento (CE) n.864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma I) (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 40).
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DIRETTIVA 2009/15/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo, 80 paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle Regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, alla luce del testo comune approvato dal comitato di conciliazione il 3 febbraio 2009 (3), considerando quanto segue: (1) La direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (4),ha subito diverse e sostanziali modifiche. In occasione di nuove modifiche è opportuno, per un'esigenza di chiarezza, procedere alla rifusione. (2) In considerazione della natura delle disposizioni della direttiva 94/57/CE, appare opportuno procedere alla rifusione delle sue disposizioni in due diversi atti giuridici comunitari, vale a dire una direttiva ed un regolamento. (3) Nella risoluzione dell'8 giugno 1993 per una politica comune della sicurezza dei mari, il Consiglio si è prefisso l'obiettivo di allontanare dalle acque comunitarie tutte le navi non conformi alle norme e ha dato la priorità a iniziative comunitarie intese a garantire l'attuazione efficace ed uniforme delle norme internazionali mediante la definizione di norme comuni per le società di classificazione. (4) È possibile migliorare la sicurezza e la prevenzione dell'inquinamento in mare applicando rigorosamente le convenzioni, i codici e le risoluzioni internazionali, perseguendo nel contempo l'obiettivo della libera prestazione dei servizi. (5) Il controllo della conformità delle navi alle norme internazionali uniformi in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento in mare spetta agli Stati di bandiera e di approdo. (6) Gli Stati membri sono responsabili del rilascio di certificati internazionali in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento a norma di convenzioni quali la convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 1o novembre 1974 (SOLAS 74), la convenzione internazionale sulla linea di carico del 5 aprile 1966 e la convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento del mare causato da navi del 2 novembre 1973 (MARPOL), nonché dell'attuazione delle suddette convenzioni. (7) Secondo dette convenzioni tutti gli Stati membri possono in varia misura autorizzare organismi riconosciuti per la certificazione della conformità e possono delegare il rilascio dei pertinenti certificati di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento. (8) A livello mondiale numerosi organismi riconosciuti dalle parti contraenti dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) non sono in grado di applicare adeguatamente le norme, né sono sufficientemente attendibili quando operano a nome dei governi nazionali, dato che non dispongono di adeguate ed affidabili strutture e competenze necessarie per svolgere i compiti loro affidati a livello professionale. (9) Conformemente alla convenzione SOLAS 74, capitolo II-1, Parte A-1, regola 3-1, gli Stati membri hanno la responsabilità di assicurare che la progettazione, la costruzione e la manutenzione delle navi battenti la loro bandiera rispettino i requisiti strutturali, meccanici ed elettrici degli organismi riconosciuti dalle amministrazioni. Tali organismi pertanto elaborano ed attuano norme per la progettazione, la costruzione, la manutenzione e l'ispezione delle navi e hanno la responsabilità di ispezionare le navi per conto degli Stati di bandiera e di certificare che tali navi rispettino le prescrizioni delle convenzioni internazionali per il rilascio dei certificati pertinenti. Affinché possano svolgere tale compito in modo soddisfacente, gli organismi devono essere assolutamente indipendenti e devono avere una competenza tecnica estremamente elevata e una rigorosa gestione della qualità. (10) Le organizzazioni dedite alle ispezioni delle navi e ai controlli rivestono un ruolo importante nella normativa comunitaria in materia di sicurezza marittima. (11) È opportuno che gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi siano in grado di offrire i loro servizi in tutta la Comunità e competere fra loro, dando al tempo stesso uguali livelli di sicurezza e di tutela dell'ambiente. È, pertanto, opportuno fissare ed applicare uniformemente in tutta la Comunità le norme professionali necessarie per le loro attività. (12) Il rilascio del certificato di sicurezza radiofonica per navi da carico può essere affidato a organismi privati che dispongono di sufficiente esperienza e di personale qualificato. (13) Uno Stato membro può limitare il numero degli organismi riconosciuti da esso autorizzati in base alle sue esigenze, motivate in modo oggettivo e trasparente, sotto il controllo esercitato dalla Commissione secondo una procedura di comitato. (14) La presente direttiva dovrebbe garantire la libera prestazione dei servizi nella Comunità. Di conseguenza la Comunità dovrebbe accordarsi con i paesi terzi nei quali hanno sede alcuni organismi riconosciuti al fine di garantire una parità di trattamento nei confronti degli organismi riconosciuti situati nella Comunità. (15) È necessaria una rigorosa partecipazione dei governi nazionali alle visite di controllo delle navi e al rilascio dei certificati pertinenti affinché le norme internazionali in materia di sicurezza siano applicate correttamente, anche qualora lo Stato membro affidi ad organismi riconosciuti esterni alla propria organizzazione il compito di adempiere gli obblighi di legge. È pertanto opportuno stabilire uno stretto rapporto funzionale tra governi e organismi riconosciuti da essi autorizzati, prevedendo che questi ultimi abbiano una rappresentanza locale nel territorio dello Stato membro per conto del quale svolgono i loro compiti. (16) Quando un organismo riconosciuto, i suoi ispettori o il suo personale tecnico provvedono al rilascio dei certificati obbligatori per conto dell'amministrazione, gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità di permettere loro, per quanto concerne tali attività delegate, di essere soggetti a garanzie giuridiche commisurate e ad una protezione giurisdizionale, incluso l'esercizio di adeguate azioni di difesa, eccezion fatta per l'immunità, prerogativa che può essere invocata dai soli Stati membri, quale inseparabile diritto di sovranità che come tale non può essere delegato. (17) La divergenza dei regimi di responsabilità finanziaria tra gli organismi riconosciuti che operano a nome degli Stati membri ostacolerebbe l'attuazione corretta della presente direttiva. Per contribuire a risolvere il problema è opportuno, a livello comunitario, ottenere un grado di armonizzazione, a livello comunitario della responsabilità derivante da un qualsiasi sinistro marittimo causato da un organismo riconosciuto, stabilita da un organo giurisdizionale, compresa la composizione di controversie attraverso procedure arbitrali. (18) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (19) In particolare la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare la presente direttiva al fine di integrarla con le successive modifiche delle convenzioni, dei protocolli, dei codici e delle risoluzioni internazionali ad essa attinenti. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (20) È opportuno che gli Stati membri abbiano comunque la possibilità di sospendere o revocare l'autorizzazione accordata ad un organismo riconosciuto, informando tuttavia la Commissione e gli altri Stati membri delle decisioni prese e precisandone i motivi. (21) Gli Stati membri dovrebbero valutare periodicamente le prestazioni degli organismi riconosciuti operanti per loro conto e comunicare alla Commissione e a tutti gli altri Stati membri informazioni particolareggiate in merito. (22) Gli Stati membri, in qualità di Stati di approdo, devono migliorare le condizioni di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento nelle acque comunitarie mediante l'ispezione prioritaria di navi con certificati di organismi che non soddisfano i criteri comuni, garantendo che le navi battenti bandiera di un paese terzo non abbiano un trattamento più favorevole. (23) Attualmente non esistono norme internazionali uniformi alle quali debbano conformarsi tutte le navi nella fase di costruzione e nell'intero periodo in cui sono in servizio per quanto riguarda lo scafo, i macchinari e gli impianti elettrici e di controllo. Dette norme possono essere fissate secondo i regolamenti degli organismi riconosciuti o le norme equivalenti che le amministrazioni nazionali devono decidere secondo la procedura di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che stabilisce una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (6). (24) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire stabilire le misure che devono essere adottate gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi che operano nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, vista l'entità dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (25) L'obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono modifiche sostanziali della direttiva 94/57/CE. L'obbligo di recepire le disposizioni rimaste immutate nella sostanza deriva dalla direttiva in questione. (26) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B. (27) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento. (28) Le misure che devono adottare gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi figurano nel regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo (rifusione) (8), HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le misure che devono adottare gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi per conformarsi alle convenzioni internazionali sulla sicurezza in mare e sulla prevenzione dell'inquinamento marino pur perseguendo l'obiettivo della libera prestazione di servizi. Ciò comprende lo sviluppo e l'applicazione dei requisiti di sicurezza per lo scafo, per i macchinari e per gli impianti elettrici e di controllo delle navi che rientrano nell'ambito di applicazione delle convenzioni internazionali. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, si intende per: a) «nave»: qualsiasi nave che rientri nell'ambito di applicazione delle convenzioni internazionali; b) «nave battente bandiera di uno Stato membro»: una nave registrata in uno Stato membro e battente bandiera di uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo. Le navi che non corrispondono a questa definizione sono equiparate alle navi battenti bandiera di un paese terzo; c) «ispezioni e controlli»: ispezioni e controlli che sono obbligatori in forza delle convenzioni internazionali; d) «convenzioni internazionali»: la convenzione internazionale del 1o novembre 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 74) ad eccezione del capo XI-2 del relativo allegato, la convenzione internazionale del 5 aprile 1966 sulla linea di carico e la convenzione internazionale del 2 novembre 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL), con i relativi protocolli ed emendamenti e i codici aventi valore vincolante in tutti gli Stati membri nelle loro versioni aggiornate; e) «organismo»: un soggetto giuridico, le sue controllate e qualsiasi altro soggetto sotto il suo controllo che, congiuntamente o separatamente, svolgono compiti che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva; f) «controllo»: ai fini del punto e): i diritti, i contratti o ogni altro mezzo, giuridico o di fatto che, separatamente o in combinazione tra di loro, conferiscono la possibilità di esercitare un'influenza decisiva su un soggetto giuridico oppure consentono a tale soggetto di svolgere i compiti che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva; g) «organismo riconosciuto»: qualsiasi organismo riconosciuto a norma del regolamento (CE) n. 391/2009; h) «autorizzazione»: l'atto con cui uno Stato membro autorizza o delega un organismo riconosciuto; i) «certificato statutario»: il certificato rilasciato da uno Stato di bandiera oppure per suo conto conformemente alle convenzioni internazionali; j) «norme e procedure»: le prescrizioni fissate da un organismo riconosciuto per la progettazione, la costruzione, l'equipaggiamento, la manutenzione e il controllo tecnico delle navi; k) «certificato di classe»: il documento rilasciato da un organismo riconosciuto che certifica l'idoneità delle navi a determinati impieghi o servizi secondo le norme e le procedure fissate e rese pubbliche dall'organismo stesso; l) «certificato di sicurezza radio per navi da carico»: il certificato introdotto dal protocollo del 1988 che modifica la SOLAS, adottato dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO). Articolo 3 1. Gli Stati membri, nell'esercizio delle responsabilità e nell'adempimento degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali, si adoperano affinché le loro amministrazioni competenti diano adeguata esecuzione alle relative norme, in particolare riguardo alle ispezioni e al controllo delle navi e al rilascio dei certificati statutari, nonché dei certificati di esenzione a norma delle convenzioni internazionali. Gli Stati membri operano secondo le pertinenti disposizioni dell'allegato e dell'appendice della risoluzione IMO A.847 (20) relativa agli orientamenti per assistere gli Stati di bandiera nell'attuazione degli strumenti IMO. 2. Lo Stato membro che, ai sensi del paragrafo 1, decide, per le navi battenti la propria bandiera: i) di autorizzare determinati organismi ad eseguire, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli relativi ai certificati statutari, compresi quelli necessari per valutare la conformità alle norme di cui all'articolo 11, paragrafo 2 e, se del caso, a rilasciare o rinnovare i relativi certificati; ovvero ii) di affidare ad organismi, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli di cui al punto i); affida questi incarichi unicamente ad organismi riconosciuti. Il primo rilascio del certificato di esenzione è comunque soggetto all'approvazione dell'amministrazione competente. Tuttavia, per quanto riguarda il certificato di sicurezza radiofonica per navi da carico, detti compiti possono essere affidati ad un ente privato riconosciuto da un'amministrazione competente e avente competenze adeguate e personale qualificato per effettuare, per conto di tale amministrazione, accertamenti specifici di sicurezza in materia di radiocomunicazioni. 3. Il presente articolo non si applica alla certificazione di apparecchiature navali specifiche. Articolo 4 1. Gli Stati membri, quando agiscono in applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, non devono, in linea di massima, rifiutare di autorizzare un organismo riconosciuto a svolgere dette funzioni, salve le disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo e degli articoli 5 e 9. Possono tuttavia, in funzione delle loro esigenze qualora vi siano motivi obiettivi e trasparenti, limitare il numero degli organismi da essi autorizzati. Su richiesta di uno Stato membro, la Commissione adotta le misure appropriate secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2, per garantire la corretta applicazione del primo comma del presente paragrafo riguardo al rifiuto delle autorizzazioni e dell'articolo 8 riguardo ai casi in cui le autorizzazioni sono sospese o ritirate. 2. Per autorizzare un organismo riconosciuto situato in un paese terzo a svolgere per intero o in parte i compiti indicati nell'articolo 3, gli Stati membri possono chiedere allo Stato terzo interessato di accordare un trattamento reciproco agli organismi riconosciuti con sede nella Comunità. Inoltre, la Comunità può esigere che lo Stato terzo nel quale ha sede l'organismo riconosciuto accordi un trattamento reciproco agli organismi riconosciuti con sede nella Comunità. Articolo 5 1. Gli Stati membri che prendano una decisione come illustrato nell'articolo 3, paragrafo 2, instaurano un rapporto funzionale tra l'amministrazione nazionale competente e gli organismi che agiscono per loro conto. 2. Il rapporto funzionale è disciplinato da un patto scritto formale e non discriminatorio o da un atto giuridico equivalente che definisca gli specifici compiti e le funzioni dell'organismo e contenga quantomeno: a) le disposizioni dell'appendice II della risoluzione IMO A.739 (18) relativa agli orientamenti in materia di autorizzazione degli organismi che operano per conto dell'amministrazione, ispirandosi nel contempo all'allegato, alle appendici e altri elementi dei documenti IMO MSC/Circular 710 e MEPC/Circular 307 sul modello di accordo per il rilascio di autorizzazioni a favore di organismi che operano per conto dell'amministrazione; b) le seguenti disposizioni in materia di responsabilità finanziaria: i) qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di indennizzare le parti lese, in caso di perdite o danni materiali, lesioni personali o morte di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione volontaria ovvero da una colpa grave dell'organismo riconosciuto, dei suoi servizi, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto a un indennizzo da parte dell'organismo riconosciuto nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le perdite, i danni materiali, le lesioni o la morte siano dovuti all'organismo riconosciuto; ii) qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di risarcire le parti lese, in caso di lesioni personali o morte di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione negligente o imprudente dell'organismo riconosciuto, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto ad un indennizzo, da parte dell'organismo riconosciuto, nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le lesioni personali o la morte siano dovute all'organismo riconosciuto; gli Stati membri possono limitare l'importo massimo dovuto dall'organismo riconosciuto, che tuttavia non può essere inferiore a 4 milioni di EUR; iii) qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di risarcire le parti lese, in caso di perdite o danni materiali di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione negligente o imprudente dell'organismo riconosciuto, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto ad un indennizzo, da parte dell'organismo riconosciuto, nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le lesioni personali o la morte siano dovute all'organismo riconosciuto; gli Stati membri possono limitare l'importo massimo dovuto dall'organismo riconosciuto, che tuttavia non può essere inferiore a 2 milioni di EUR; c) disposizioni relative ad un controllo periodico ad opera dell'amministrazione o di un ente imparziale esterno designato da quest'ultima sui compiti che gli organismi svolgono per suo conto come stabilito all'articolo 9, paragrafo 1; d) disposizioni relative alla possibilità di approfondite ispezioni a campione delle navi; e) disposizioni per la comunicazione obbligatoria delle informazioni essenziali sulla propria flotta classificata e su modifiche, sospensioni e ritiri della classe. 3. L'accordo o l'intesa giuridica equivalente può stabilire il requisito che l'organismo riconosciuto abbia una rappresentanza locale nel territorio dello Stato membro per conto del quale svolge i compiti di cui all'articolo 3. Una rappresentanza locale con personalità giuridica conformemente alle leggi dello Stato membro e soggetta alla competenza delle sue giurisdizioni nazionali può soddisfare siffatto requisito. 4. I singoli Stati membri forniscono alla Commissione informazioni precise sul rapporto funzionale instaurato ai sensi del presente articolo. La Commissione ne informa successivamente gli altri Stati membri. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS), istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 7 1. La presente direttiva può essere modificata, senza che ne risulti esteso l'ambito d'applicazione, per: a) integrare, ai fini della presente direttiva, le modifiche, successivamente entrate in vigore, delle convenzioni, dei protocolli, dei codici e delle risoluzioni internazionali di cui all’articolo 2, lettera d), all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 2; b) modificare gli importi di cui ai punti ii) e iii) dell'articolo 5, paragrafo 2, lettera b). Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 3. 2. Dopo l'adozione di nuovi strumenti o protocolli delle convenzioni internazionali di cui all'articolo 2, lettera d), il Consiglio, su proposta della Commissione, decide, tenuto conto delle procedure parlamentari degli Stati membri nonché delle pertinenti procedure seguite nell'ambito dell'IMO, in merito alle modalità dettagliate di ratifica di questi nuovi strumenti o protocolli e vigila a che siano applicati uniformemente e simultaneamente negli Stati membri. Le modifiche degli strumenti internazionali di cui all'articolo 2, lettera d), e all'articolo 5, possono essere escluse dall'ambito di applicazione della presente direttiva in forza dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002. Articolo 8 In deroga ai criteri minimi specificati nell'allegato I del regolamento (CE) n. 391/2009, quando uno Stato membro considera che l'organismo riconosciuto non possa più essere autorizzato a svolgere per suo conto i compiti indicati all'articolo 3, può sospendere o revocare tale autorizzazione. In tal caso lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri della propria decisione e indica gli elementi che l'hanno motivata. Articolo 9 1. Ciascuno Stato membro deve accertarsi che gli organismi riconosciuti che agiscono per suo conto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, svolgano efficacemente le funzioni specificate in detto articolo con soddisfazione dell'amministrazione competente. 2. Al fine di effettuare il controllo di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro, almeno ogni due anni, controlla gli organismi riconosciuti delegati e trasmette agli altri Stati membri ed alla Commissione una relazione sui risultati di tali verifiche al più tardi entro il 31 marzo dell'anno successivo all'anno in cui vengono effettuate. Articolo 10 Nell'esercizio dei loro diritti e nell'adempimento degli obblighi in materia di ispezione quali Stati di approdo, gli Stati membri comunicano alla Commissione ed agli altri Stati membri se hanno accertato il rilascio di certificati statutari validi da parte di organismi riconosciuti operanti per conto di uno Stato di bandiera a navi non conformi ai requisiti pertinenti delle convenzioni internazionali, oppure nel caso di eventuali difetti di navi aventi un certificato di classe valido, relativi ad elementi oggetto del certificato, e ne informano lo Stato di bandiera interessato. Solo i casi di navi che rappresentano una minaccia grave per la sicurezza e per l'ambiente o che rivelano un comportamento particolarmente negligente da parte degli organismi riconosciuti sono soggetti all'obbligo di informazione di cui al presente articolo. L'organismo riconosciuto è informato in merito al caso in questione al momento dell'ispezione iniziale di modo che esso possa adottare immediatamente appropriate misure di follow-up. Articolo 11 1. Gli Stati membri si assicurano che le navi battenti la loro bandiera siano progettate, costruite, equipaggiate e mantenute in efficienza conformemente alle relative norme e procedure in materia di scafo, macchinari e impianti elettrici e di controllo fissati da un organismo riconosciuto. 2. Uno Stato membro può decidere di valersi di norme da esso ritenute equivalenti alle norme e alle procedure di un organismo riconosciuto purché le notifichi immediatamente alla Commissione, secondo la procedura di regolamentazione di cui alla direttiva 98/34/CE e agli altri Stati membri e purché gli altri Stati membri o la Commissione non abbiano obiezioni al riguardo e le norme non risultino, secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della presente direttiva, non essere equivalenti. 3. Gli Stati membri cooperano con gli organismi riconosciuti da essi autorizzati nello sviluppo delle norme e delle procedure degli organismi stessi. Essi consultano gli organismi riconosciuti ai fini di un'interpretazione coerente delle convenzioni internazionali. Articolo 12 La Commissione informa ogni due anni il Parlamento europeo e il Consiglio in merito ai progressi compiuti nell'attuazione della presente direttiva negli Stati membri. Articolo 13 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Esse contengono inoltre una dichiarazione in base alla quale i riferimenti fatti, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative esistenti, alle direttive abrogate dalla presente direttiva s'intendono fatti alla presente direttiva. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 14 La direttiva 94/57/CE, come modificata dalle direttive elencate nell'allegato I, parte A, è abrogata con effetto dal 17 giugno 2009, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini per il recepimento nell'ordinamento nazionale delle direttive indicate nell'allegato I, parte B. I riferimenti alle direttive abrogate si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di corrispondenza di cui all'allegato II. Articolo 15 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 16 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195. (2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38. (3) Parere del Parlamento europeo del 25 aprile 2007 (GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 633), posizione comune del Consiglio del 6 giugno 2008 (GU C 184 E del 22.7.2008, pag. 11), posizione del Parlamento europeo del 24 settembre 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale), decisione del Consiglio del 26 febbraio 2009 e risoluzione legislativa del Parlamento europeo dell'11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20. (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (6) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. (7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (8) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale. (9) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e sue successive modifiche (menzionate all'articolo 14) Direttiva 94/57/CE del Consiglio GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20 Direttiva 97/58/CE della Commissione GU L 274 del 7.10.1997, pag. 8 Direttiva 2001/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio GU L 19 del 22.1.2002, pag. 9 Direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53 PARTE B Elenco dei termini per il recepimento nell'ordinamento nazionale (menzionati all'articolo 14) Direttiva Termine per il recepimento 94/57/CE 31 dicembre 1995 97/58/CE 30 settembre 1998 2001/105/CE 22 luglio 2003 2002/84/CE 23 novembre 2003 ALLEGATO II Tavola di corrispondenza Direttiva 94/57/CE La presente direttiva Regolamento (CE) n. 391/2009 Articolo 1 Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, lettera a) Articolo 2, lettera a) Articolo 2, lettera a) Articolo 2, lettera b) Articolo 2, lettera b) — Articolo 2, lettera c) Articolo 2, lettera c) — Articolo 2, lettera d) Articolo 2, lettera d) Articolo 2, lettera b) Articolo 2, lettera e) Articolo 2, lettera e) Articolo 2, lettera c) — Articolo 2, lettera f) Articolo 2, lettera d) Articolo 2, lettera f) Articolo 2, lettera g) Articolo 2, lettera e) Articolo 2, lettera g) Articolo 2, lettera h) Articolo 2, lettera f) Articolo 2, lettera h) Articolo 2, lettera i) Articolo 2, lettera g) Articolo 2, lettera i) Articolo 2, lettera k) Articolo 2, lettera i) — Articolo 2, lettera j) Articolo 2, lettera h) Articolo 2, lettera j) Articolo 2, lettera l) — Articolo 2, lettera k) — Articolo 2, lettera j) Articolo 3 Articolo 3 — Articolo 4, paragrafo 1, prima frase — Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1, seconda frase — Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 1, terza frase — — Articolo 4, paragrafo 1, quarta frase — Articolo 4, paragrafo 1 — — Articolo 3, paragrafo 3 — — Articolo 4, paragrafi 2, 3 e 4 — — Articolo 5 — — Articolo 6 — — Articolo 7 Articolo 5, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 4, paragrafo 2 — Articolo 6, paragrafi 1, 2, 3 e 4 Articolo 5, paragrafi 1, 2, 3 e 4 — Articolo 6, paragrafo 5 — — Articolo 7 Articolo 6 Articolo 12 Articolo 8, paragrafo 1, primo trattino Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a) — Articolo 8, paragrafo 1, secondo trattino — Articolo 13, paragrafo 1 Articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b) — — Articolo 7, paragrafo 1 secondo comma Articolo 13, paragrafo 1, secondo comma Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 7, paragrafo 2 — Articolo 8, paragrafo 2, secondo comma — Articolo 13, paragrafo 2 Articolo 9, paragrafo 1 — — Articolo 9, paragrafo 2 — — Articolo 10, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 8 — Articolo 10, paragrafo 1, lettere a), b), c), e paragrafi 2, 3 e 4 — — Articolo 11, paragrafi 1 e 2 Articolo 9, paragrafi 1 e 2 — Articolo 11, paragrafi 3 e 4 — Articolo 8, paragrafi 1 e 2 Articolo 12 Articolo 10 — Articolo 13 — — Articolo 14 Articolo 11, paragrafi 1 e 2 — — Articolo 11, paragrafo 3 — — Articolo 12 — — — Articolo 9 Articolo 15, paragrafo 1 — — — — Articolo 10, paragrafi 1 e 2 Articolo 15, paragrafo 2 — Articolo 10, paragrafo 3 Articolo 15, paragrafo 3 — Articolo 10, paragrafo 4 Articolo 15, paragrafo 4 — Articolo 10, paragrafo 5 Articolo 15, paragrafo 5 — Articolo 10, paragrafo 6, primo, secondo, terzo e quinto comma — — Articolo 10, paragrafo 6, quarto comma Articolo 16 Articolo 13 — Articolo 17 Articolo 16 — — Articolo 14 — — Articolo 15 — — — Articolo 11 — — Articolo 14 — — Articolo 15 — — Articolo 16 — — Articolo 17 — — Articolo 18 — — Articolo 19 Allegato — Allegato I — Allegato I — — Allegato II Allegato II
Sicurezza marittima: disposizioni e norme per le ispezioni delle navi e le attività delle amministrazioni marittime QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce le norme e le condizioni in base alle quali un paese dell’Unione europea (l’Unione), in quanto Stato di bandiera, può autorizzare un organismo riconosciuto * al fine di eseguire ispezioni e certificazioni statutarie per suo conto. PUNTI CHIAVE Autorizzazione degli organismi riconosciuti I paesi dell’Unione devono garantire che le proprie amministrazioni mettano in atto le pertinenti convenzioni internazionali * per quanto concerne l’ispezione e la certificazione delle navi battenti la propria bandiera. Un paese dell’Unione può autorizzare gli organismi a eseguire, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli relativi all’emissione e al rinnovo dei certificati statutari * delle navi. Può affidare questi incarichi unicamente a organismi riconosciuti. Il rilascio dei certificati di sicurezza radiofonica per navi da carico può tuttavia essere affidato a organismi privati riconosciuti che dispongono di sufficiente esperienza e di personale qualificato. Un paese dell’Unione non deve rifiutarsi di autorizzare un organismo riconosciuto. Esso può tuttavia decidere di limitare il numero degli organismi da autorizzare sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori. Le organizzazioni site in paesi terzi possono essere riconosciute a livello dell’Unione e conseguentemente autorizzate dalle amministrazioni dei paesi dell’Unione. In questi casi, possono essere richiesti accordi reciproci di autorizzazione. Rapporti funzionali Quando un paese dell’Unione autorizza un organismo riconosciuto, crea un «rapporto funzionale» con esso. Tale rapporto è disciplinato da un contratto contenente clausole relative alla responsabilità finanziaria, al controllo periodico degli incarichi, alla possibilità di effettuare approfondite ispezioni a campione delle navi e alla comunicazione obbligatoria delle informazioni legate alla classe (la «classe» è un gruppo di navi aventi la medesima struttura). È possibile che sia richiesto agli organismi autorizzati di avere una rappresentanza locale presso il paese interessato. I paesi dell’Unione devono informare la Commissione europea in merito ai rapporti funzionali che instaurano. Un paese dell’Unione potrebbe dover sospendere o revocare l’autorizzazione a un organismo riconosciuto se ritiene che l’organismo non soddisfi più le condizioni per l’adempimento dei suoi obblighi. Monitoraggio I paesi dell’Unione devono garantire che gli organismi riconosciuti che operano per loro conto svolgano gli incarichi in modo efficiente. Devono pertanto monitorarli ogni due anni e comunicare i risultati delle attività di monitoraggio ai paesi dell’Unione e alla Commissione. Quando esegue il monitoraggio delle navi quale Stato di approdo, ogni paese dell’Unione dovrà informare la Commissione e gli altri paesi dell’Unione qualora: una nave in possesso di certificato statutario valido non risulti conforme ai requisiti pertinenti delle convenzioni internazionali; una nave in possesso di un certificato di classe * valido risulti carente in relazione agli elementi oggetto del certificato. Il paese dell’Unione è tenuto a segnalare esclusivamente i casi di navi che rappresentano una minaccia grave per la sicurezza e per l’ambiente o che rivelano un comportamento particolarmente negligente da parte degli organismi riconosciuti. Gli organismi devono essere informati in merito, affinché possano adottare le misure correttive necessarie. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 17 giugno 2009 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 17 giugno 2011. CONTESTO Questa direttiva è stata adottata parallelamente al regolamento (CE) n. 391/2009 relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi. Tali strumenti abrogano la direttiva 94/57/CE. Il regolamento crea un sistema di autorizzazione a livello dell’Unione, che è un prerequisito per qualsiasi organismo che deve essere autorizzato da un paese dell’Unione nel contesto della direttiva 2009/15/CE. Per maggiori informazioni, si consulti: Azioni dell’Unione riguardanti la protezione ambientale e la sicurezza (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Organismo riconosciuto: un organismo riconosciuto in conformità con il regolamento (CE) n. 391/2009 relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (consultare la sezione Contesto). Convenzioni internazionali: la Convenzione internazionale sulla salvaguardia della vita umana in mare del 1° novembre 1974 (SOLAS 74) eccetto il capitolo XI-2 del relativo allegato, la Convenzione internazionale sulla linea di carico del 5 aprile 1966, la Convenzione internazionale sulla prevenzione dell’inquinamento causato da navi del 2 novembre 1973 (MARPOL), insieme ai protocolli, alle modifiche e ai corrispondenti codici di carattere obbligatorio in tutti i paesi dell’Unione, fatta eccezione per i paragrafi 16.1, 18.1 e 19 della parte 2 del Codice per l’attuazione degli strumenti IMO e per le sezioni 1.1, 1.3, 3.9.3.1, 3.9.3.2 e 3.9.3.3 della parte 2 del Codice IMO per gli organismi riconosciuti nella versione aggiornata. Certificato statutario: un certificato rilasciato da o per conto di uno Stato di bandiera conformemente alle convenzioni internazionali. Certificato di classe: un certificato attestante l’adeguatezza di una nave per un uso o servizio particolare in conformità alle norme e alle procedure stabilite da un organismo riconosciuto. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47). Le successive modifiche alla direttiva 2009/15/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 11). Si veda la versione consolidata.
13,198
405
31986R4057
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Regolamento (CEE) n. 4057/86 del Consiglio del 22 dicembre 1986 relativo alle pratiche tariffarie sleali nei trasporti marittimi Gazzetta ufficiale n. L 378 del 31/12/1986 pag. 0014 - 0020 REGOLAMENTO (CEE) N. 4057/86 DEL CONSIGLIOdel 22 dicembre 1986relativo alle pratiche tariffarie sleali nei trasporti marittimiIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, visto il progetto di regolamento presentato dalla Commis-sione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che ci sono motivi per ritenere, in base, tra l'altro, al sistema di informazione di cui alla decisione 78/774/CEE (3), che la partecipazione competitiva degli armatori comunitari alla navigazione internazionale di linea è ostacolata da talune pratiche sleali messe in atto da compagnie di navigazione di paesi terzi; considerando che, data la struttura del settore dei trasporti marittimi comunitari, conviene che il presente regolamento si applichi anche ai cittadini degli Stati membri stabiliti al di fuori della Comunità e alle compagnie di navigazione stabilite al di fuori della Comunità e controllate da cittadini di uno Stato membro, se le loro navi sono registrate in questo Stato membro conformemente alla sua legislazione; considerando che dette pratiche sleali consistono nell'applicazione costante ai trasporti di talune merci selezionate di tassi di nolo che sono inferiori al nolo più basso praticato per le stesse merci da armatori stabiliti e rappresentativi; considerando che tali pratiche possono esistere grazie ai vantaggi non commerciali concessi da un paese che non è membro della Comunità; considerando che la Comunità dovrebbe essere in grado di intraprendere un'azione volta a difendersi dagli effetti di dette pratiche tariffarie; considerando che non esistono regole internazionali riconosciute che definiscano in che consista un prezzo sleale nel campo dei trasporti marittimi; considerando che occorre quindi prevedere, per stabilire l'esistenza di pratiche tariffarie sleali, un metodo di calcoloappropriato; che per calcolare il «tasso di nolo normale» occorre invece tener conto dei tassi di nolo comparabili effettivamente applicati dalle compagnie stabilite e rappresentative che operano nell'ambito o al di fuori delle conferenze o altrimenti di un tasso calcolato basati sui costi di compagnie comparabili più un ragionevole margine di profitto; considerando che è opportuno stabilire fattori appropriati per la determinazione del pregiudizio; considerando che è necessario stabilire procedure che consentano, a chiunque agisca per conto del settore dei trasporti marittimi comunitari che si ritenga leso o minacciato da pratiche tariffarie sleali, di formulare una denuncia; che è opportuno precisare che, in caso di ritiro di una denuncia, la procedura può, ma non deve necessariamente, essere interrotta; considerando che è opportuno instaurare una cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione, sia per quanto riguarda le informazioni relative all'esistenza di pratiche tariffarie sleali nonché del pregiudizio che ne risulta, sia per quanto riguarda il successivo esame del problema a livello comunitario; che, a tal fine, è opportuno prevedere consultazioni nell'ambito di un comitato consultivo; considerando che è opportuno definire chiaramente le norme procedurali da seguire durante un'inchiesta, in particolare i diritti e gli obblighi delle autorità comunitarie e delle parti interessate, nonché le circostanze nelle quali le parti interessate possono accedere alle informazioni e possono chiedere di essere informate sui fatti e motivi essenziali in base ai quali si prevede di raccomandare misure definitive; considerando che, per scoraggiare pratiche tariffarie sleali senza tuttavia impedire, restringere o distorcere la concorrenza in materia di prezzi da parte delle linee non conferenziate, purché svolgano le loro attività su una base leale e commerciale, è opportuno - nei casi in cui dalla constatazione definitiva dei fatti risulti l'esistenza di una pratica tariffaria sleale e di un pregiudizio - prevedere la possibi-lità di imporre dazi compensativi per motivi specifici; considerando che è indispensabile stabilire norme comuni per l'applicazione di detti dazi compensativi, al fine di assicurarne la riscossione esatta ed uniforme; che dette norme, considerata la natura di tali dazi, possono differire da quelle normalmente applicabili alla riscossione di normali dazi all'importazione; considerando che è necessario stabilire procedure aperte ed eque in caso di riesame delle misure adottate e di riapertura di un'inchiesta qualora le circostanze lo richiedano; considerando che è opportuno elaborare procedure adeguate per esaminare le domande di rimborso dei dazi compensa-tivi, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1ObiettivoIl presente regolamento stabilisce la procedura da seguire al fine di rispondere alle pratiche tariffarie sleali di taluni armatori di paesi terzi che operano nel campo dei trasporti marittimi internazionali di linea, le quali provocano gravi perturbazioni nella struttura del traffico su una determinata rotta da, verso o all'interno della Comunità e danneggiano o rischiano di danneggiare gravemente gli armatori comunitari che operano su tale rotta e gli interessi della Comunità. Articolo 2Per contrapporsi alle pratiche tariffarie sleali di cui all'articolo 1, all'origine di un pregiudizio rilevante, la Comunità può imporre un dazio compensativo. La minaccia di pregiudizio rilevante può unicamente dar luogo ad un esame ai sensi dell'articolo 4. Articolo 3Ai fini del presente regolamento: a)per «armatori di paesi terzi» si intendono le compagnie di navigazione mercantile di linea eccetto quelle di cui alla lettera d); b)per «pratiche tariffarie sleali» si intende l'applicazione costante, su una determinata rotta di navigazione da, verso o all'interno della Comunità, per alcune merci selezionate o per tutte le merci, di tassi di nolo inferiori ai tassi di nolo normali praticati durante un periodo di almeno sei mesi, quando detti tassi di nolo inferiori sonopossibili in quanto l'armatore in questione beneficia di vantaggi non commerciali concessi da uno Stato membro della Comunità; c)il normale tasso di nolo viene stabilito prendendo in considerazione: Ii)il tasso comparabile effettivamente praticato nell'ambito dei normali traffici marittimi per il medesimo servizio sulla stessa rotta o su una rotta comparabile da compagnie serie e rappresentative che non godano dei vantaggi di cui alla lettera b); ii)o altrimenti il tasso derivato, ottenuto sommando al costo a carico di una compagnia paragonabile che non usufruisce dei vantaggi di cui alla lettera b) un ragionevole margine di utile. Tale costo viene calco-lato tenendo conto di tutti i costi, sia fissi che variabili, sostenuti nell'ambito dei normali traffici marittimi, più un congruo importo per le spese generali; d)per «armatori comunitari» si intendono: - tutte le compagnie di navigazione mercantile stabilite ai sensi del trattato in uno Stato membro della Comunità; - cittadini di Stati membri stabiliti fuori della Comunità e compagnie di navigazione mercantile stabilite al di fuori della Comunità e controllate da cittadini di uno Stato membro, se le loro navi sono registrate in uno Stato membro in conformità con la legislazione di quest'ultimo. Articolo 4Valutazione del pregiudizio1. L'esame del pregiudizio deve comprendere i seguenti fattori: a) i tassi di nolo offerti dai concorrenti degli armatori comunitari sulla rotta marittima in questione, in particolare per stabilire se siano stati inferiori in misura rilevante al tasso di nolo normale offerto dagli armatori comunitari, tenuto conto del livello del servizio offerto da tutte le compagnie interessate; b) conseguenti ripercussioni sulle compagnie di navigazione della Comunità quali risultano dalle tendenze di fattori economici quali: - viaggi, - sfruttamento delle capacità, - noleggio, - quota di mercato, - tassi di nolo (ossia il calo dei tassi di nolo o la prevenzione dei rialzi dei noli che normalmente avrebbero avuto luogo), - profitti, - rendimento del capitale, - investimenti, - occupazione. Quando una minaccia di pregiudizio viene segnalata, la Commissione può anche esaminare se sia prevedibile chiaramente che una situazione particolare possa trasformarsi in pregiudizio reale. A tal riguardo si può anche tener conto di fattori, quali: a) l'aumento del tonnellaggio impiegato sulla rotta dove la concorrenza contro gli armatori della Comunità viene esercitata; b) la capacità, nel paese degli armatori stranieri, già esistente o suscettibile di divenire operativa in un avve-nire previsibile, e la probabilità che il tonnellaggio risultante da tale capacità sarà usato nella rotta di cui al punto a). 3. I pregiudizi causati da altri fattori che, individualmente o in combinazione tra di loro, contribuiscono ad esercitare un'influenza sfavorevole sugli armatori della Comunità, non devono essere imputati alle pratiche in questione. Articolo 5Denuncia1. Ogni persona fisica o giuridica, nonché ogni associazione non avente personalità giuridica che agisce a nome dell'industria marittima della Comunità che si ritengono lesi o minacciati da pratiche tariffarie sleali, può introdurre una denuncia per iscritto. 2. La denuncia deve contenere sufficienti elementi di prova relativi all'esistenza della pratica tariffaria sleale e al pregiudizio che ne deriva. 3. La denuncia può essere introdotta presso la Commissione o presso uno Stato membro che la trasmette alla Commissione. La Commissione invia agli Stati membri copia di ogni denuncia da essa ricevuta. 4. La denuncia può essere ritirata, nel qual caso la procedura può essere interrotta, a meno che tale interruzione sia contraria all'interesse della Comunità. 5. Quando si constata, previa consultazione, che la denuncia non fornisce elementi di prova sufficienti per giustificare l'avvio di un'inchiesta, il ricorrente viene debitamente informato. 6. Quando, in mancanza di una denuncia, uno Stato membro è in possesso di elementi di prova sufficienti in relazione sia a pratiche tariffarie sleali sia a un pregiudizio che ne risulta per gli armatori della Comunità, esso li comunica immediatamente alla Commissione. Articolo 6Consultazioni1. Le consultazioni previste dal presente regolamento si effettuano in seno ad un comitato consultivo composto di rappresentanti di ogni Stato membro e presieduto da un rappresentante della Commissione. Le consultazioni si effettuano immediatamente sia su domanda di uno Stato membro, sia su iniziativa della Commissione. 2. Il comitato si riunisce su convocazione del suo presidente. Quest'ultimo comunica agli Stati membri, nel più breve tempo possibile, tutti gli elementi d'informazione utili. 3. Qualora se ne ravvisi la necessità, si può procedere alle consultazioni mediante procedura scritta; in tal caso laCommissione informa gli Stati membri, i quali, entro un termine fissato, possono esprimere il loro parere o chiedere una consultazione orale. 4. Le consultazioni vertono segnatamente: a) sull'esistenza delle pratiche tariffarie sleali nonché sulla loro importanza; b) sull'esistenza e sull'entità del pregiudizio; c) sul nesso di causalità tra le pratiche tariffarie sleali ed il pregiudizio; d) sulle misure che, nel caso specifico, sono idonee a prevenire o a rimediare l'effetto del pregiudizio causato dalle pratiche tariffarie sleali nonché sulle modalità di applicazione di tali misure. Articolo 7Apertura e svolgimento dell'inchiesta1. Se, al termine della consultazione, risulta che gli elementi di prova sono sufficienti per giustificare l'inizio della procedura, la Commissione deve immediatamente: a)annunciare l'inizio della procedura con avviso nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee; tale avviso dovrà indicare l'armatore straniero interessato e il suo paese d'origine, fornire un sunto delle informazioni ricevute e precisare che tutte le informazioni pertinenti dovranno essere comunicate alla Commissione la quale stabilisce il termine entro il quale le parti interessate possono comunicare per iscritto le loro osservazioni e richiedere di essere ascoltate dalla Commissione conformemente al paragrafo 5; b)informare debitamente gli armatori, i caricatori e gli spedizionieri che la Commissione considera interessati nonché i ricorrenti; c)iniziare l'inchiesta a livello comunitario, in collaborazione con gli Stati membri; tale inchiesta verterà tanto sulle pratiche tariffarie sleali quanto sul pregiudizio che ne deriva e si svolgerà conformemente alle disposizioni dei paragrafi da 2 a 8; l'inchiesta sulle pratiche tariffarie sleali riguarda di norma un periodo non inferiore a 6 mesi che precede immediatamente l'inizio della procedura. 2. a)La Commissione, se del caso, ricerca tutte le informazioni ritenute necessarie e fa in modo di verificarle assieme agli armatori, agli agenti, ai caricatori, agli spedizionieri, alle conferenze, alle associazioni e alle organizzazioni, purché le imprese o le organizzazioni interessate diano il loro assenso. b)Se del caso la Commissione svolge, previa consultazione, inchieste in paesi terzi, subordinandole all'accordo delle imprese interessate e all'assenza di opposizione da parte del governo del paese in questione ilquale sarà stato ufficialmente informato. La Commissione può essere assistita da agenti degli Stati membri che lo abbiano richiesto. 3. a)La Commissione può richiedere agli Stati membri: - di fornirle informazioni; - di procedere a qualsiasi verifica e controllo necessari, segnatamente presso i caricatori, gli spedizionieri, gli armatori della Comunità ed i loro agenti; - di procedere alle inchieste in paesi terzi, che però sono subordinate all'accordo delle imprese interessate e all'assenza di opposizione da parte del governo, ufficialmente informato, del paese considerato. b)Gli Stati membri adottano le misure necessarie per dar seguito alle richieste della Commissione. Essi comunicano a quest'ultima le informazioni richieste, nonché il risultato delle verifiche, dei controlli o delle inchieste effettuati. c)Qualora dette informazioni siano d'interesse generale o qualora uno Stato membro ne abbia richiesto la trasmissione, la Commissione le invia agli Stati membri purché non si tratti di informazioni riservate, nel qual caso sarà trasmessa una sintesi non riservata. d)Agenti della Commissione possono, a richiesta di quest'ultima o di uno Stato membro, assistere gli agenti degli Stati membri nell'adempimento delle loro funzioni. 4. a)La Commissione offre al ricorrente, ai caricatori ed agli armatori notoriamente interessati la possibilità di prendere conoscenza di tutte le informazioni ad essa fornite dalle parti interessate all'inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità della Comunità o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi dell'articolo 8 e siano utilizzate dalla Commissione nell'inchiesta. Gli interessati presentano a tal fine una domanda scritta alla Commissione, indicando le informazioni desiderate. b)Gli armatori in merito ai quali viene effettuata l'inchiesta e il ricorrente possono chiedere di essere informati dei principali fatti e considerazioni sulla cui base si prevede di raccomandare l'imposizione di dazi compensativi. c)iii)Una domanda di informazioni conforme al punto b) deve- essere presentata per iscritto alla Commis-sione, - indicare i singoli punti su cui si desiderano informazioni. iii)Le informazioni possono essere fornite oralmente, oppure per iscritto, a seconda che la Commis-sione lo ritenga opportuno. Esse non pregiudicano ogni eventuale decisione successiva da parte del Consiglio. Le informazioni riservate ricevono un trattamento conforme all'articolo 8. iii)Le informazioni devono normalmente essere fornite non oltre quindici giorni prima della presentazione di qualsiasi proposta di azione definitiva, in applicazione dell'articolo 12, da parte della Commissione. Le rimostranze successive alle informazioni vengono prese in considerazione soltanto se vengono ricevute entro un periodo fissato caso per caso dalla Commissione che tiene debito conto dell'urgenza della questione, ma che in ogni caso non potrà essere inferiore a dieci giorni. 5. La Commissione può sentire le parti interessate. Queste ultime devono essere sentite, quando lo richiedano per iscritto, nel termine fissato dall'avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, quando dimostrino di essere parti interessate, che l'esito della procedura potrebbe riguardarle e che esistono particolari motivi per essere sentite oralmente. 6. Inoltre, a richiesta, la Commissione dà alle parti direttamente interessate l'occasione di incontrarsi per permettere il confronto delle tesi opposte e delle eventuali confutazioni. Nell'offrire tale occasione, essa tiene conto della necessità di salvaguardare il carattere riservato delle informazioni, nonché della convenienza delle parti. Nessuna parte è tenuta ad assistere ad un incontro e la sua assenza non è pregiudizievole per la sua causa. 7. a) Il presente articolo non impedisce al Consiglio di prendere misure tempestivamente. b) Qualora una parte interessata rifiuti l'accesso alle necessarie informazioni, o non le fornisca entro un ragionevole arco di tempo o ostacoli gravamente l'indagine, possono essere elaborate conclusioni, affermative o negative, in base ai dati di fatto disponibili. 8. Una procedura relativa a pratiche tariffarie sleali non pone ostacolo alle operazioni di sdoganamento delle merci a cui si applicano i noli in questione. 9. a) Un'inchiesta è conclusa sia per chiusura della stessa sia per inizio di un'azione conformemente all'artico-lo 11. Di norma, la procedura deve essere chiusa entro un anno dalla sua apertura. b) Una procedura è conclusa sia per chiusura dell'inchiesta senza imposizione di dazi e senza accettazione di impegni, sia allo scadere o alla revoca di tali dazi, sia alla cessazione degli impegni in conformità degli articolo 14 o 15. Articolo 8Trattamento riservato1. Le informazioni ricevute in applicazione del presente regolamento possono essere utilizzate soltanto per lo scopo per il quale esse sono state richieste. 2. a) Il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, nonché i loro agenti, sono tenuti a non divulgare, salvo esplicita autorizzazione della parte che le ha fornite, le informazioni ricevute in applicazione del presente regolamento per le quali la parte che le ha fornite ha chiesto il trattamento riservato. b) Qualsiasi richiesta di trattamento riservato deve indicare il motivo per il quale l'informazione è riservata ed essere accompagnata da un riassunto di carattere non riservato oppure dall'indicazione dei motivi per i quali non è possibile riassumere l'informazione in questione. 3. L'informazione è di norma considerata riservata se la sua eventuale pubblicazione minaccia di avere conseguenze negative per chi ha fornito tale informazione o ne costituisce la fonte. 4. Tuttavia, quando si ritiene che una domanda intesa ad ottenere un trattamento riservato non è giustificata e quando colui che ha fornito le informazioni non vuole pubblicarle, né autorizzarne la pubblicazione in termini generici o sotto forma di riassunto, può non essere tenuto conto di tali informazioni. Tali informazioni possono inoltre essere disattese quando la domanda è giustificata ma chi fornisce le informazioni non è disposto a fornire un riassunto non riservato qualora sia possibile riassumere le informazioni in questione. 5. Il presente articolo non osta alla pubblicazione di informazioni generali da parte della Comunità ed in particolare dei motivi che hanno giustificato le decisioni prese in forza del presente regolamento, o alla pubblicazione degli elementi di prova su cui si è fondata la Comunità, nella misura in cui ciò sia necessario per spiegare i suddetti motivi nella procedura legale. Tale pubblicazione deve tener conto del legittimo interesse delle parti in causa a non vedere divulgati i loro segreti commerciali. Articolo 9Conclusione della procedura qualora non siano necessarie misure di difesa1. La procedura è chiusa quando, dopo le consultazioni, non si ritiene necessario adottare alcuna misura di difesa e quando non è stata espressa alcuna obiezione a tal riguardo in seno al comitato consultivo di cui all'articolo 6, paragra-fo 1. In tutti gli altri casi, la Commissione sottoponeimmediatamente al Consiglio una relazione sull'esito delle consultazioni e propone di porre termine alla procedura. La procedura è chiusa se nel termine di un mese il Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, non ha deciso diversamente. 2. La Commissione informa le parti notoriamente interessate e da notizia della conclusione con un avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee che riporta le sue conclusioni essenziali nonché un riassunto dei motivi di tali conclusioni. Articolo 10Impegni1. Se nello svolgimento di un'inchiesta vengono assunti determinati impegni che la Commissione, previa consultazione, ritiene accettabili, l'inchiesta può essere interrotta senza l'imposizione di dazi compensativi. Fatte salve circostanze eccezionali, gli impegni non possono essere assunti oltre il termine del periodo durante il quale possono essere presentate le rimostranze in virtù dell'artico-lo 7, paragrafo 4, lettera c), punto iii). La conclusione dell'inchiesta viene decisa conformemente alla procedura di cui all'articolo 9, paragrafo 1, e viene debitamente notificata nonché pubblicata conformemente all'articolo 9, paragra-fo 2. 2. Gli impegni di cui al paragrafo 1 sono quelli in base a cui i tassi di nolo vengono riveduti sino a che la Commissione ritene che la pratica tariffaria sleale o i suoi effetti negativi siano eliminati. 3. Gli impegni possono essere proposti dalla Commissione, ma il fatto che essi non vengano assunti oppure che venga declinato un invito a sottoscriverne non deve pregiudicare la valutazione del caso. Tuttavia, la persistenza di tali pratiche tariffarie sleali può essere ritenuta un indizio del fatto che la minaccia di pregiudizio presenta maggiori probabilità di concretarsi. 4. Quando l'impegno è stato accettato, l'inchiesta sul pregiudizio sarà nondimeno completata se la Commissione, previa consultazione, decide in questo senso, oppure se ne viene fatta richiesta dagli armatori comunitari interessati. In tal caso, se la Commissione, previa consultazione, conclude che non esiste un pregiudizio, l'impegno diventa automaticamente caduco. Tuttavia, se la determinazione dell'assenza di pregiudizio è dovuta soprattutto all'estistenza di un impegno, la Commissione può esigere che detto impegno venga mantenuto. 5. La Commissione può richiedere alle parti che hanno assunto un impegno di fornire informazioni periodiche inerenti all'adempimento di siffatti impegni e di consentire il controllo dei relativi dati. L'inosservanza di questo obbligo verrà considerata come una violazione dell'impegno assunto. Articolo 11Dazi compensativiQualora risulti da un'indagine che vi è una pratica tariffaria sleale, che ne risulta un pregiudizio e che gli interssi della Comunità richiedono un'azione comunitaria, la Commissione propone al Consiglio, in seguito alla consultazione prevista all'articolo 6, di instaurare un dazio compensativo. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, prende una decisione entro un periodo di due mesi. Articolo 12Deliberando sui dazi compensativi il Consiglio tiene altresì debitamente conto delle considerazioni di politica del commercio estero, nonché degli interessi portuali e delle considerazioni di politica marittima degli Stati membri interes-sati. Articolo 13Disposizioni generali sui dazi1. I dazi compensativi vengono imposti agli armatori stranieri interessati mediante regolamento. 2. Detto regolamento precisa in particolare l'importo e il tipo del dazio imposto, la merce o le merci trasportate, il nome e il paese d'origine dell'armatore straniero interessato e la relativa motivazione sulla quale il regolamento è basato. 3. L'importo dei dazi non può eccedere la differenza tra il nolo effettivamente praticato e il nolo normale di cui all'articolo 3, lettera c). Tale importo dovrebbe essere inferiore se un dazio inferiore risultasse sufficiente ad eliminare il pregiudizio. 4. a) I dazi non devono essere imposti né aumentati con effetto retroattivo e si applicano ai trasporti di merci che, dopo l'entrata in vigore di detti dazi sono caricate o scaricate in un porto comunitario. b) Tuttavia, qualora il Consiglio stabilisca che c'è stataviolazione o ritiro di un impegno, possono essereimposti, su proposta della Commissione, dazi compensativi al trasporto di merci che sono state caricate o scaricate in un porto della Comunità non oltre novanta giorni precedenti la data di applicazione di questi dazi, eccettuato il fatto che, in caso di violazione o ritiro di un impegno, detta imposizione retroattiva non si applica al trasporto di merci che sono state caricate o scaricate in un porto della Comunità prima della violazione o del ritiro. Questi dazi possono essere calcolati sulla base dei fatti accertati prima dell'accettazione dell'impegno. 5. I dazi sono riscossi dagli Stati membri secondo la forma, l'aliquota e gli altri elementi fissati al momento della loro instaurazione e a prescindere dai dazi doganali, dalle tasse e altre imposizioni normalmente esigibili all'importazione delle merci trasportate. 6. L'autorizzazione a caricare o a scaricare merci in un porto della Comunità può essere subordinata alla fornitura di una garanzia per l'importo di un dazio compensativo. Articolo 14Riesame1. I regolamenti che impongono dazi compensativi, nonché le decisioni di accettare impegni, sono subordinati ad un riesame per la totalità o in parte, purché giustificato. Detto riesame può avvenire sia a richiesta di uno Stato membro, sia su iniziativa della Commissione. Si procede al riesame anche nel caso in cui una parte interessata lo esiga e dimostri che le circostanze sono mutate apportando prove sufficienti da giustificare la necessità di detto riesame, purché sia trascorso almeno un anno dalla conclusione dell'inchiesta. Le richieste in tal senso devono essere trasmesse alla Commissione che ne informa gli Stati membri. 2. Se, previa consultazione, risulta che il riesame è giustificato l'inchiesta verrà riaperta in conformità dell'articolo 7, sempreché le circostanze lo richiedano. La riapertura dell'inchiesta non influisce di per sé sulle misure in vigore. 3. Se giustificato da detto riesame, effettuato anche senza riaprire l'inchiesta, le misure sono modificate, prorogate o abrogate dall'istituzione comunitaria competente per la loro introduzione. Articolo 151. Fatto salvo il paragrafo 2, i dazi compensativi e gli impegni divengono caduchi dopo cinque anni a decorrere dalla data in cui sono entrati in vigore o in cui sono stati da ultimo modificati o confermati. 2. Di norma la Commissione previa consultazione ed entro sei mesi prima del termine del periodo di cinque anni, pubblica sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso dell'imminente scadenza delle misure in questione ed informa gli armatori comunitari notoriamente interessati. Nell'avviso è indicato il periodo cui le parti interessate possono esprimere il loro parere per iscritto e possono chiedere udienza alla Commissione in conformità dell'articolo 7, paragrafo 5. Qualora una parte interessata dimostri che la cessazione della misura in oggetto causerebbe nuovamente pregiudizio o minaccia di pregiudizio, la Commissione procede ad un riesame della misura stessa che resterà in vigore in attesa dell'esito del suddetto riesame. Qualora i dazi compensativi e gli impegni decadano in virtù del presente articolo, la Commissione pubblica un avviso in tal senso nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 16Restituzione1. Quando l'armatore interessato può dimostrare che il dazio riscosso supera la differenza tra il tasso nolo praticato e il tasso nolo normale di cui all'articolo 3, lettera c), l'importo del dazio che supera la differenza viene restituito. 2. Per ottenere il rimborso di cui al paragrafo 1, l'armatore straniero interessato può presentare una richiesta alla Commissione. La richiesta viene presentata per il tramite dello Stato membro nel cui porto le merci trasportate sono state caricate o scaricate, entro tre mesi dalla data in cui l'ammontare dei dazi compensativi da riscoutere è stato debitamente stabilito dalle autorità competenti. Lo Stato membro trasmette al più presto la richiesta alla Commissione, accompagnata o meno da un parere sulla sua fondatezza. La Commissione informa immediatamente gli altri Stati membri ed esprime il suo parere al riguardo. Qualora gli Stati membri approvino il parere espresso dalla Commissione o non presentino obiezioni entro un mese, la Commissione può decidere in conformità del parere suddetto. In tutti gli altri casi, la Commissione, previa consultazione, decide se e in quale misura si debba dar seguito alla richiesta. Articolo 17Disposizione finaleIl presente regolamento non osta all'applicazione di qualsiasi norma speciale stabilita da accordi conclusi tra la Comunità e paesi terzi. Articolo 18Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il 1g luglio 1987. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 22 dicembre 1986. Per il ConsiglioIl PresidenteG. SHAW(1) GU n. C 255 del 15. 10. 1986, pag. 169. (2) GU n. C 344 del 31. 12. 1985, pag. 31. (3) GU n. L 258 del 21. 9. 1978, pag. 35.
Trasporto marittimo — Fornitura di servizi, concorrenza, pratiche tariffarie sleali e accesso al traffico transoceanico QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? Essi mirano a organizzare il trasporto marittimo in conformità con i principi di base del diritto comunitario in materia di fornitura di servizi, concorrenza e libero accesso al mercato nel settore del trasporto marittimo. PUNTI CHIAVE Libera prestazione dei servizi Il regolamento n. 4055/86: consente ai cittadini dei paesi dell’Unione europea (UE) (e alle compagnie di navigazione dei paesi extra UE che impiegano navi registrate in un paese dell’UE e controllate da cittadini dell’UE), il diritto di trasportare passeggeri o merci via mare fra un porto di un paese dell’UE e un porto o un impianto offshore di un altro paese dell’UE o di un paese extra-UE; richiede che eventuali restrizioni nazionali che riservano il trasporto di merci alle navi battenti bandiera nazionale siano gradualmente eliminate o adeguate, e vieta l’introduzione di nuove restrizioni; stabilisce una procedura per i casi in cui le compagnie di trasporto marittimo di un paese dell’UE non hanno l’effettiva possibilità di trasportare merci da e verso uno specifico paese dell’UE; estende i benefici del regolamento ai cittadini di paesi extra-UE residenti nell’UE. Il regolamento (CEE) n. 3577/92 si occupa specificatamente della libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo all’interno dei paesi dell’UE («cabotaggio marittimo»*). Pratiche tariffarie sleali nei trasporti marittimi Il regolamento n. 4057/86: autorizza l’UE ad applicare dazi compensativi per proteggere gli armatori nei paesi dell’UE da pratiche tariffarie sleali da parte degli armatori stranieri. Tali dazi compensativi possono essere imposti in seguito a indagine da cui risulti che il pregiudizio è stato causato da prezzi sleali e che gli interessi dell’UE rendono necessario l’intervento; per quanto riguarda la valutazione del pregiudizio, stabilisce i fattori o indicatori appropriati da prendere in considerazione, ad esempio una riduzione della quota di mercato o dei profitti dell’armatore, o l’effetto sull’occupazione; stabilisce una procedura per le denunce, le consultazioni e le conseguenti inchieste. Libero accesso ai traffici transoceanici Il regolamento n. 4058/86: si applica quando un’azione da parte di un paese extra-UE o dei suoi agenti ostacola il libero accesso al trasporto di linea, di merci alla rinfusa o ad altro tipo di trasporti da parte di compagnie di navigazione dei paesi dell’UE o da parte di navi registrate in un paese dell’UE (eccetto quando siano state adottate misure in conformità della convenzione delle Nazioni Unite relativa al codice di comportamento per le conferenze marittime); consente un’azione coordinata da parte dell’UE in seguito a richiesta avanzata da un paese dell’UE alla Commissione europea. Tale azione potrebbe includere rimostranze diplomatiche nei confronti dei paesi extra-UE e contromisure dirette alle compagnie di navigazione coinvolte; consente che una simile azione coordinata possa essere intrapresa su richiesta di un altro paese appartenente all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici con cui è stato concluso un reciproco accordo. Norme sulla concorrenza Le norme generali sulla concorrenza nell’UE di cui al regolamento (CE) n. 1/2003 si applicano anche al settore del trasporto marittimo. Tuttavia, conformemente al regolamento (CE) n. 246/2009 del Consiglio, la Commissione può fare delle eccezioni per taluni tipi di cooperazione fra le compagnie di navigazione di linea* (consorzi*). La Commissione ha pertanto adottato il regolamento (CE) n. 906/2009, che consente queste eccezioni e l’ha esteso fino al 25 aprile 2020 mediante il regolamento (UE) n. 697/2014. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio è in vigore dal 1o gennaio 1987. I regolamenti (CEE) n. 4057/86 e 4058/86 sono in vigore dal 1o luglio 1987. Il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio è in vigore dal 1o maggio 2004. Il regolamento (CE) n. 246/2009 del Consiglio è in vigore dal 14 aprile 2009. Il regolamento (CE) n. 906/2009 della Commissione è in vigore dal 26 aprile 2010. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: «Mercato interno — Accesso libero al traffico transoceanico» sul sito Internet della Commissione europea * TERMINI CHIAVE Cabotaggio: quando una compagnia di navigazione registrata in un paese dell’UE effettua un trasporto nazionale in un altro paese dell’UE. Navigazione di linea: trasporto regolare di merci su una o più rotte tra i porti, in date e orari precedentemente pubblicizzati, e disponibili a qualsiasi utente pagante, anche se su base occasionale. Consorzi: accordi (o insiemi di accordi) tra due o più vettori di navigazione che forniscono servizi di trasporto marittimo di linea internazionali esclusivamente per il trasporto marittimo relativo a uno o più traffici. Il loro scopo è quello di fornire un servizio di trasporto marittimo congiunto, migliore del servizio che ciascuno dei suoi membri avrebbe potuto offrire individualmente (cioè senza il consorzio). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU L 378 del 31.12.1986, pagg. 1-3) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 4055/86 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 4057/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativo alle pratiche tariffarie sleali nei trasporti marittimi (GU L 378 del 31.12.1986, pagg. 14-20) Regolamento (CEE) n. 4058/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, concernente un’azione coordinata intesa a salvaguardare il libero accesso ai trasporti marittimi nei traffici transoceanici (GU L 378 del 31.12.1986, pagg. 21-23) Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002 concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pagg. 1-25) Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 246/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009 relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate tra compagnie di trasporto marittimo di linea (consorzi) (versione consolidata) (GU L 79 del 25.3.2009, pagg. 1-4) Regolamento (CE) n. 906/2009 della Commissione, del 28 settembre 2009, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate tra compagnie di trasporto marittimo di linea (consorzi) (GU L 256 del 29.9.2009, pagg. 31-34) Si veda la versione consolidata.
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32008R0453
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REGOLAMENTO (CE) N. 453/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2008 relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere della Banca centrale europea (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) L’8 dicembre 2003 il Consiglio ha approvato l’elaborazione e la pubblicazione di un indicatore strutturale dei posti di lavoro vacanti. (2) Il piano d’azione relativo alle esigenze statistiche dell’UME, approvato dal Consiglio il 29 settembre 2000, e le successive relazioni sullo stato di attuazione di tale piano indicavano come prioritaria l’elaborazione di una base giuridica per le statistiche sui posti di lavoro vacanti. (3) Il comitato per l’occupazione, istituito dalla decisione 2000/98/CE del Consiglio (4), ha convenuto sulla necessità di istituire un indicatore dei posti di lavoro vacanti per controllare la strategia europea per l’occupazione stabilita dalla decisione 2005/600/CE del Consiglio, del 12 luglio 2005, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (5). (4) La decisione n. 1672/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale — Progress (6), predispone il finanziamento delle azioni interessate, tra cui, come ivi specificato, quelle intese a migliorare la comprensione della situazione e delle prospettive dell’occupazione, in particolare mediante analisi e studi e l’elaborazione di statistiche e indicatori comuni nel quadro della strategia europea per l’occupazione. (5) Nel quadro della strategia europea per l’occupazione la Commissione necessita di dati sui posti di lavoro vacanti ripartiti, tra l’altro, per attività economica al fine di controllare e analizzare il livello e la struttura della domanda di lavoro. (6) La Commissione e la Banca centrale europea necessitano di dati trimestrali rapidamente disponibili sui posti di lavoro vacanti al fine di controllare le variazioni congiunturali riguardanti tali posti di lavoro. I dati sui posti di lavoro vacanti destagionalizzati facilitano l’interpretazione delle variazioni trimestrali. (7) I dati forniti sui posti di lavoro vacanti dovrebbero essere pertinenti ed esaurienti, accurati e completi, tempestivi, coerenti, comparabili e facilmente accessibili per gli utilizzatori. (8) I vantaggi di una rilevazione di dati completi a livello comunitario su tutti i segmenti dell’economia dovrebbero essere vagliati a fronte delle possibilità di trasmetterli che hanno, in particolare, le piccole e medie imprese e degli oneri di risposta su di esse gravanti. (9) Si dovrebbe compiere uno sforzo particolare per includere quanto prima nelle statistiche tutti i dati riguardanti le unità con meno di dieci dipendenti. (10) Per determinare l’ambito delle statistiche da compilare e il livello di dettaglio richiesto per singola attività economica, è necessario applicare la più recente versione vigente della classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE). (11) In sede di produzione e diffusione delle statistiche comunitarie di cui al presente regolamento, le autorità statistiche nazionali e l’autorità statistica comunitaria dovrebbero tenere in considerazione i principi sanciti dal codice delle statistiche europee, che è stato adottato il 24 febbraio 2005 dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio (7) e accluso alla raccomandazione della Commissione relativa all’indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria. (12) È importante che i dati siano condivisi con le parti sociali a livello nazionale ed europeo e che le parti sociali siano informate in merito all’applicazione del presente regolamento. Gli Stati membri dovrebbero inoltre compiere uno sforzo particolare per garantire che i servizi di orientamento scolastico e gli enti di formazione professionale ricevano i dati in parola. (13) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (8) costituisce il quadro normativo di riferimento per l’elaborazione di statistiche comunitarie e si applica di conseguenza all’elaborazione di statistiche sui posti di lavoro vacanti. (14) Le misure necessarie per l’attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9). (15) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire determinati concetti, di stabilire determinati formati, date e termini, di fissare le condizioni per studi di fattibilità e di adottare misure conformemente ai risultati di tali studi. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (16) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, ossia l’elaborazione di statistiche comunitarie sui posti di lavoro vacanti, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (17) Il Comitato del programma statistico è stato consultato in conformità dell’articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento definisce gli obblighi in materia di elaborazione periodica di statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità. 2. Gli Stati membri presentano alla Commissione (Eurostat) i dati sui posti di lavoro vacanti riguardo almeno alle imprese con uno o più dipendenti. Fatto salvo il paragrafo 3, i dati si estendono all’insieme delle attività economiche definite nella versione vigente della classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE), ad eccezione delle attività di datore di lavoro svolte da famiglie e convivenze e delle attività di organizzazioni e di organismi extraterritoriali. La copertura delle attività in agricoltura, silvicoltura e pesca, come definite nella versione attuale della NACE, è facoltativa. Gli Stati membri che lo desiderino forniscono dati relativi a tali settori in conformità del presente regolamento. In considerazione della crescente importanza dei servizi di assistenza alla persona (servizi di assistenza residenziale e assistenza sociale non residenziale) per la creazione di posti di lavoro, gli Stati membri sono altresì invitati a trasmettere, su base facoltativa, i dati relativi ai posti vacanti in tali servizi. I dati sono ripartiti per attività economica, a livello di sezioni della versione della NACE in vigore. 3. Nell’ambito di applicazione del presente regolamento la copertura delle seguenti attività: amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, istruzione, sanità e assistenza sociale, attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, e attività di organizzazioni associative, riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa e altre attività di servizi personali, quali definite nella versione della NACE in vigore, nonché la copertura delle imprese con meno di dieci dipendenti, sono determinate sulla base degli studi di fattibilità di cui all’articolo 7. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «posto di lavoro vacante» un posto di lavoro retribuito nuovo o libero o in procinto di diventarlo: a) per il quale il datore di lavoro cerca attivamente un candidato adatto al di fuori dell’impresa interessata ed è disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo, e b) che il datore di lavoro intende occupare immediatamente o entro uno specifico periodo di tempo. I concetti di «ricerca attiva di un candidato adatto» e di «specifico periodo di tempo» sono definiti secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Le statistiche fornite distinguono, a titolo facoltativo, i posti vacanti per posti a durata determinata da quelli per posti permanenti; 2) «posto occupato» un posto retribuito in seno all’organizzazione al quale un dipendente è stato assegnato; 3) «metadati» le spiegazioni necessarie all’interpretazione dei cambiamenti apportati ai dati in seguito a modifiche di natura metodologica o tecnica; 4) «dati retrospettivi» i dati storici che rispondono alle specifiche indicate nell’articolo 1. Articolo 3 Date di riferimento e caratteristiche tecniche 1. Gli Stati membri elaborano i dati trimestrali con riguardo a determinate date di riferimento fissate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. 2. Gli Stati membri trasmettono i dati sui posti occupati al fine di standardizzare i dati sui posti vacanti a fini comparativi. 3. Gli Stati membri devono applicare ai dati trimestrali relativi ai posti vacanti le procedure di destagionalizzazione. Tali procedure sono determinate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3. Articolo 4 Fonti 1. Gli Stati membri elaborano i dati tramite indagini sulle imprese. Possono essere utilizzate altre fonti, ad esempio fonti amministrative, se soddisfano i criteri di qualità di cui all’articolo 6. Sono precisate le fonti di tutti i dati forniti. 2. Gli Stati membri possono integrare le fonti di cui al paragrafo 1 tramite procedure affidabili di stima statistica. 3. La Commissione (Eurostat) può istituire e coordinare piani di campionamento comunitari per produrre stime comunitarie laddove i piani di campionamento nazionali non soddisfino le prescrizioni comunitarie in materia di rilevazione dei dati trimestrali. I dettagli riguardo a tali piani, alla loro approvazione e alla loro attuazione sono determinati secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3. Gli Stati membri possono partecipare a piani di campionamento comunitari quando tali piani consentano di ridurre in maniera sostanziale i costi dei sistemi statistici o l’onere per le imprese che l’osservanza delle prescrizioni comunitarie comporta. Articolo 5 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati e metadati nel formato e nei termini di trasmissione stabiliti secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Anche la data del primo trimestre di riferimento è determinata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Contemporaneamente sono trasmessi anche eventuali dati riveduti relativi ai trimestri precedenti. 2. Gli Stati membri trasmettono anche i dati retrospettivi almeno per i quattro trimestri precedenti al trimestre per il quale i dati devono essere forniti nella prima consegna di dati. I totali sono comunicati al più tardi alla data della prima consegna e le disaggregazioni non oltre un anno dopo. Se necessario, i dati retrospettivi possono essere basati sulle «migliori stime». Articolo 6 Valutazione della qualità 1. Ai fini del presente regolamento, la valutazione della qualità dei dati trasmessi comprende i criteri seguenti: — «pertinenza»: il grado in cui le statistiche rispondono alle esigenze attuali e potenziali degli utenti, — «accuratezza»: la vicinanza fra le stime e i valori reali non noti, — «tempestività» e «puntualità»: l’intervallo di tempo che intercorre fra la disponibilità dei dati e l’evento o fenomeno da essi descritto, — «accessibilità» e «chiarezza»: le condizioni e le modalità con cui gli utenti possono ottenere, utilizzare e interpretare i dati, — «comparabilità»: la misurazione dell’impatto delle differenze tra i concetti di statistica applicata e gli strumenti e le procedure di misurazione, quando le statistiche si comparano per aree geografiche, ambiti settoriali o periodi di tempo, — «coerenza»: la possibilità di combinare i dati in modo attendibile secondo modalità differenti e per usi diversi. 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) relazioni sulla qualità dei dati trasmessi. 3. Nel quadro dell’applicazione dei criteri di valutazione della qualità di cui al paragrafo 1 ai dati trattati dal presente regolamento, le modalità, la struttura e la periodicità delle relazioni sulla qualità sono definite secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3. La Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati forniti. Articolo 7 Studi di fattibilità 1. La Commissione (Eurostat) stabilisce le condizioni per la realizzazione di una serie di studi di fattibilità secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Tali studi sono condotti dagli Stati membri che incontrano difficoltà nel fornire dati per: a) le imprese con meno di dieci dipendenti; e/o b) le seguenti attività: i) amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria; ii) istruzione; iii) sanità e assistenza sociale; iv) attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; v) attività di organizzazioni associative, riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa e altre attività di servizi personali. 2. Gli Stati membri che intraprendono studi di fattibilità presentano ciascuno una relazione sui risultati di tali studi entro dodici mesi dall’entrata in vigore delle misure di attuazione della Commissione di cui al paragrafo 1. 3. Non appena possibile dopo che i risultati degli studi di fattibilità sono resi disponibili, la Commissione, di concerto con gli Stati membri ed entro un periodo di tempo ragionevole, adotta misure secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. 4. Le misure adottate sulla base dei risultati degli studi di fattibilità rispettano il principio del rapporto costi/benefici, definito all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 322/97, che prevede anche la riduzione al minimo dell’onere che grava sui rispondenti, e tengono conto dei problemi iniziali di attuazione. Articolo 8 Finanziamento 1. Per i primi tre anni della rilevazione dei dati gli Stati membri possono beneficiare di un contributo finanziario della Comunità per le spese di esecuzione delle attività pertinenti. 2. L’importo degli stanziamenti destinati annualmente per il contributo finanziario di cui al paragrafo 1 è stabilito nel quadro della procedura di bilancio annuale. 3. L’autorità di bilancio assegna gli stanziamenti disponibili per ciascun anno. 4. Possono essere presi in considerazione ulteriori finanziamenti per i lavori di attuazione in relazione alle misure adottate a seguito dei risultati degli studi di fattibilità. Articolo 9 Comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 10 Relazione sull’applicazione Entro il 24 giugno 2010 e successivamente ogni tre anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione valuta la qualità delle statistiche fornite dagli Stati membri, nonché la qualità degli aggregati europei, e rileva i punti suscettibili di miglioramento. Preferibilmente entro un anno dalla pubblicazione della relazione triennale di cui al primo comma, gli Stati membri precisano come intendono affrontare i punti suscettibili di miglioramento segnalati nella relazione della Commissione. Nel contempo, gli Stati membri riferiscono in merito allo stato di attuazione delle raccomandazioni precedenti. Articolo 11 Pubblicazione di dati statistici Le statistiche fornite dagli Stati membri e un’analisi delle stesse sono pubblicate trimestralmente sul sito Internet della Commissione (Eurostat). La Commissione (Eurostat) provvede affinché il maggior numero possibile di cittadini europei abbia accesso alle statistiche e alle analisi, in particolare attraverso il portale EURES. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. LENARČIČ (1) GU C 175 del 27.7.2007, pag. 11. (2) GU C 86 del 20.4.2007, pag. 1. (3) Parere del Parlamento europeo del 15 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 29 febbraio 2008. (4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21. (5) GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21. (6) GU L 315 del 15.11.2006, pag. 1. (7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (8) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
Statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce i requisiti per la produzione regolare trimestrale di statistiche sui posti di lavoro vacanti* nell’Unione europea (UE). Tali dati trimestrali sono destinati ad analisi a breve termine della congiuntura economica (ossia il monitoraggio delle fluttuazioni nelle attività economiche in una data economia durante un certo periodo di tempo). PUNTI CHIAVE Dal 2010, ciascun paese dell’UE deve presentare alla Commissione europea (Eurostat) i dati sui posti di lavoro vacanti relativi alle aziende con uno o più dipendenti. I paesi dell’UE devono trasmettere tali dati ripartiti per attività economica, entro 70 giorni dalla fine del relativo trimestre. Ambito di applicazione I dati riguardano tutte le attività economiche definite in base al sistema comune di classificazione delle attività economiche nell’Unione europea NACE* in vigore, tranne le attività a conduzione familiare e le attività delle organizzazioni e degli organismi all’estero. Anche se la presentazione di dati relativi ad attività in agricoltura,silvicoltura e pesca , come definito dal NACE in vigore, è facoltativa, i paesi dell’UE che desiderano fornire dati relativi a tali settori devono farlo ai sensi del presente regolamento. Considerando l’importanza crescente dei servizi di assistenza alla persona (servizi di assistenza residenziale e servizi di assistenza sociale non residenziale) per la creazione di posti di lavoro, ai paesi dell’UE viene inoltre richiesto di trasmettere, a titolo facoltativo, dati sui posti di lavoro vacanti in tali campi. I dati devono essere ripartiti per attività economica ai sensi del NACE in vigore a livello di sezione. I dati sono raccolti nei paesi dell’UE, in Norvegia, in Svizzera e nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Date di riferimento e specifiche I paesi dell’UE devono compilare i dati trimestrali facendo riferimento a determinate date di riferimento stabilite dal comitato del sistema statistico europeo, composto da esperti nazionali, che assiste ed è presieduto dalla Commissione europea. I paesi devono inoltre fornire dati relativi ai posti occupati al fine di standardizzare i dati sui posti di lavoro vacanti a fini comparativi e devono applicare la destagionalizzazione dei dati trimestrali sui posti di lavoro vacanti. Trasmissione dei dati I paesi dell’UE devono trasmettere i dati a Eurostat in un formato ed entro i termini stabiliti dal comitato del sistema statistico europeo. Valutazione della qualità Quando riceve i dati dai paesi dell’UE, Eurostat ne controlla la completezza e l’adeguatezza. Finanziamento I paesi dell’UE hanno potuto ricevere finanziamenti comunitari per i primi tre anni di raccolta dei dati come contributo per i costi del lavoro necessario. Relazioni Ogni tre anni, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento, che valuta la qualità delle statistiche fornite dai paesi dell’UE e quella degli aggregati europei, oltre a individuare potenziali aree di miglioramento. Atti di esecuzione Il regolamento (CE) n. 1062/2008 stabilisce le procedure di destagionalizzazione dei dati e le relazioni sulla qualità. Il regolamento (CE) n. 19/2009 definisce un posto di lavoro vacante, le date di riferimento per la raccolta dei dati, le specifiche per la trasmissione dei dati e gli studi di fattibilità. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 24 giugno 2008. CONTESTO Le politiche dell’UE nel campo dei posti di lavoro vacanti puntano a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro cercando di abbinare meglio domanda e offerta. EURES, il portale europeo per la mobilità lavorativa, cerca di rendere più semplice l’incontro fra chi cerca lavoro e i datori di lavoro. Per ulteriori informazioni, si veda: Statistiche sui posti di lavoro vacanti sul sito Internet di Eurostat * TERMINI CHIAVE Posto di lavoro vacante: un posto di lavoro retribuito appena creato, non occupato o che sta per diventare vacante. Classificazione NACE: dal francese Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne (classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee). Ne sono state redatte varie versioni a partire dal 1970. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità (GU L 145 del 4.6.2008, pag. 234-237) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1062/2008 della Commissione, del 28 ottobre 2008, recante attuazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità per quanto riguarda le procedure di destagionalizzazione e le relazioni sulla qualità (GU L 285 del 29.10.2008, pag. 3-8) Regolamento (CE) n. 19/2009 della Commissione, del 13 gennaio 2009, recante attuazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità per quanto riguarda la definizione di posto di lavoro vacante, le date di riferimento per la rilevazione dei dati, le disposizioni in merito alla trasmissione dei dati e studi di fattibilità (GU L 9 del 14.1.2009, pag. 3-6) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità , COM(2016) 449 final dell’8.7.2016
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REGOLAMENTO (UE) 2015/476 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo ai provvedimenti che l'Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Con regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (3) Con regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (4) Nel quadro dell'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio («OMC»), è stata raggiunta un'intesa sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie («Dispute Settlement Understanding– DSU»). Ai sensi della DSU, è stato istituito l'organo di conciliazione («Dispute Settlement Body — DSB»). (5) Al fine di consentire all'Unione, ove lo ritenga opportuno, di conformare una misura adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009 alle raccomandazioni e decisioni contenute in una relazione adottata dal DSB, è opportuno introdurre disposizioni specifiche. (6) Al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB, la Commissione può ritenere opportuno abrogare o modificare le misure adottate in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009, o adottare qualsiasi altra misura speciale al riguardo, anche nei confronti di quelle misure che non abbiano formato oggetto di un procedimento di risoluzione delle controversie nel quadro della DSU. Inoltre, la Commissione dovrebbe, se del caso, poter sospendere o riesaminare tali misure. (7) Il ricorso alla DSU non è soggetto a limiti temporali. Le raccomandazioni contenute nelle relazioni adottate dal DSB non hanno un effetto retroattivo. Di conseguenza, è opportuno specificare che, salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento avrà effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa, e, quindi, non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. (8) L'attuazione del presente regolamento richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure a seguito di una relazione adottata dal DSB in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Tali misure dovrebbero essere adottate in conformità del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). (9) È opportuno ricorrere alla procedura consultiva per la sospensione delle misure per un periodo di tempo limitato, dati gli effetti di tali misure, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Ogniqualvolta il DSB adotta una relazione riguardante una misura dell'Unione adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009, del regolamento (CE) n. 597/2009 o del presente regolamento («misura contestata»), la Commissione può prendere uno o più dei seguenti provvedimenti, a seconda di quale ritenga più appropriato, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 4, paragrafo 3: a) abrogare o modificare la misura contestata; o b) adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata date le circostanze per rendere l'Unione conforme alle raccomandazioni e decisioni contenute nella relazione. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 2 1. La Commissione può inoltre, qualora lo ritenga opportuno, adottare qualsiasi provvedimento previsto dall'articolo 1, paragrafo 1, al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB in merito a una misura non contestata. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura non contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura non contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 3 Salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento ha effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa e non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. Articolo 4 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 5 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009. Articolo 6 Il regolamento (CE) n. 1515/2001 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio, del 23 luglio 2001, relativo ai provvedimenti che la Comunità può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). (4) Si veda l'allegato I. (5) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (7) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). ALLEGATO I Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 7 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1515/2001 Presente regolamento Articoli 1, 2 e 3 Articoli 1, 2 e 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 3 ter Articolo 5 — Articolo 6 Articolo 4 Articolo 7 — Allegato I — Allegato II
Adattare le misure di difesa degli scambi dell'Unione europea facendo seguito a una decisione dell'OMC QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Abroga il regolamento (CE) n. 1515/2001 relativo ai provvedimenti che possono essere presi dall’Unione europea (UE) a seguito di una relazione adottata dall’organo di conciliazione (DSB) dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Consente all’UE, se del caso, di prendere un provvedimento ai sensi del regolamento (CE) n. 1225/2009 (provvedimenti anti-dumping*) o del regolamento (CE) n. 597/2009 (provvedimenti antisovvenzioni*), in linea con una relazione dell’organo di conciliazione dell’OMC. PUNTI CHIAVE Nello specifico, la Commissione europea può: abrogare o modificare la misura contestata; o adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata, date le circostanze, per essere conforme alla relazione dell’OMC; se del caso, sospendere o riesaminare tali misure. Le misure adottate ai sensi del presente regolamento generalmente hanno effetto a partire dalla data di entrata in vigore delle stesse. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Si applica dal 16 aprile 2015. CONTESTO Qualora il governo di un membro dell’OMC ritenga che un altro membro stia violando un accordo o un impegno preso in seno all’organizzazione, la controversia è rinviata all’organo di conciliazione dell’OMC. * TERMINI CHIAVE Provvedimenti anti-dumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero prodotti esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale. Provvediment antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione (che rendono nulli gli effetti negativi delle sovvenzioni), imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/476 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo ai provvedimenti che l’Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall’organo di conciliazione dell’OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 6-10)
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 20 febbraio 2006 relativa agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013) (2006/144/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno dello sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (1), in particolare l’articolo 9, paragrafo 2, prima frase, vista la proposta dalla Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (2), considerato quanto segue: (1) L’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1698/2005 prevede l’adozione, a livello comunitario, di orientamenti strategici in materia di sviluppo rurale per il periodo di programmazione che va dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, allo scopo di fissare le priorità dello sviluppo rurale. (2) Gli orientamenti strategici dovrebbero riflettere il ruolo multifunzionale che l’attività agricola svolge in termini di ricchezza e diversità dei paesaggi, di prodotti alimentari e di retaggio culturale e naturale. (3) Tali orientamenti strategici dovrebbero individuare i settori di interesse per la realizzazione delle priorità comunitarie, in particolare in relazione agli obiettivi di sostenibilità di Göteborg e alla strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l’occupazione, fissati rispettivamente dal Consiglio europeo di Göteborg (15 e 16 giugno 2001) e di Salonicco (20 e 21 giugno 2003). (4) Sulla base degli orientamenti strategici, ciascuno Stato membro dovrebbe elaborare la propria strategia nazionale di sviluppo rurale, che costituirà il quadro di riferimento per la preparazione dei programmi di sviluppo rurale, DECIDE: Articolo unico Gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013) figuranti in allegato, sono adottati. Fatto a Bruxelles, addì 20 febbraio 2006. Per il Consiglio Il presidente J. PRÖLL (1) GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1. (2) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale. ALLEGATO Orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013) 1. INTRODUZIONE Il nuovo regolamento (CE) n. 1698/2005 definisce le finalità e il campo di applicazione del sostegno erogato dal FEASR. Gli orientamenti strategici individuano in questo contesto i settori di interesse per la realizzazione delle priorità comunitarie, in particolare in relazione agli obiettivi di sostenibilità fissati dal Consiglio europeo di Göteborg e alla luce della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l’occupazione. Gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale serviranno a: — individuare e definire di comune accordo i settori in cui l’erogazione del sostegno UE a favore dello sviluppo rurale crea il maggior valore aggiunto a livello UE, — correlarsi alle principali priorità dell’Unione (Lisbona, Göteborg) e dar loro un’attuazione concreta nella politica dello sviluppo rurale, — garantire la coerenza con le altre politiche dell’Unione, in particolare con le politiche della coesione e dell’ambiente, — accompagnare l’attuazione della nuova politica agricola comune (PAC) orientata al mercato e la necessaria ristrutturazione sia nei nuovi che nei vecchi Stati membri. 2. LO SVILUPPO RURALE E GLI OBIETTIVI COMUNITARI GENERALI 2.1. La PAC e lo sviluppo rurale L’agricoltura continua ad essere la principale utilizzatrice dei terreni rurali e a costituire un fattore determinante per la qualità dello spazio rurale e dell’ambiente. Con il recente allargamento dell’Unione europea l’importanza e la pertinenza della PAC e dello sviluppo rurale sono indubbiamente aumentate. Senza i due pilastri della PAC, vale a dire le politiche di mercato e di sviluppo rurale, molte zone rurali dell’Europa dovrebbero affrontare problemi economici, sociali e ambientali sempre più gravi. Il modello agricolo europeo riflette il ruolo multifunzionale che l’attività agricola svolge in termini di ricchezza e diversità dei paesaggi, di prodotti alimentari e di retaggio culturale e naturale (1). I principi guida della PAC, ossia il mercato e le politiche di sviluppo rurale, sono stati enunciati dal Consiglio europeo di Göteborg (15 e 16 giugno 2001). In base alle sue conclusioni, una forte crescita economica deve andare di pari passo con un utilizzo sostenibile delle risorse naturali e una produzione di rifiuti che siano sostenibili, salvaguardando la biodiversità, preservando gli ecosistemi ed evitando la desertificazione. Per far fronte a queste sfide la PAC e il suo sviluppo futuro dovrebbero contribuire, tra gli obiettivi, a realizzare uno sviluppo sostenibile ponendo maggiore enfasi sulla promozione di prodotti sani e di qualità elevata, di metodi produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale, incluse la produzione biologica, le materie prime rinnovabili e la tutela della biodiversità. Tali principi guida sono stati confermati nelle conclusioni sulla strategia di Lisbona del Consiglio europeo di Salonicco (20 e 21 giugno 2003). La nuova PAC e lo sviluppo rurale possono dare un contributo determinante alla competitività e allo sviluppo sostenibile nei prossimi anni. 2.2. Verso un’agricoltura sostenibile: le riforme della PAC del 2003 e del 2004 Le riforme della PAC del 2003 e del 2004 rappresentano due tappe fondamentali sulla via del miglioramento della competitività e dello sviluppo sostenibile dell’attività agricola nell’Unione europea e tracciano il quadro di riferimento delle riforme future. Le riforme successive hanno contribuito alla competitività dell’agricoltura europea riducendo le garanzie di sostegno dei prezzi e incoraggiando l'adeguamento strutturale. L’introduzione dei pagamenti diretti disaccoppiati incoraggia i produttori a reagire ai segnali del mercato conseguenti alla domanda dei consumatori, anziché a contare su incentivi legati alla quantità. Le norme della condizionalità, che includono gli aspetti ambientali, la sicurezza alimentare, la salute e il benessere degli animali, rafforzano la fiducia dei consumatori e la sostenibilità ambientale dell’attività agricola. 2.3. Sviluppo rurale 2007-2013 La futura politica dello sviluppo rurale si incentra su tre aree principali: l’economia della produzione agroalimentare, l’ambiente e l’economia rurale e la popolazione nelle zone rurali. La nuova generazione di strategie e programmi di sviluppo rurale sarà imperniata intorno a quattro assi: asse 1: miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale; asse 2: miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale; asse 3: qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale; asse 4: Leader. L’asse 1 comprende tutta una serie di misure mirate al capitale umano e fisico nei settori agroalimentare e forestale (promozione del trasferimento di conoscenze e innovazione) e alla produzione di qualità. L’asse 2 contempla misure mirate alla protezione e al rafforzamento delle risorse naturali, alla preservazione dell’attività agricola e dei sistemi forestali ad elevata valenza naturale, nonché dei paesaggi culturali delle zone rurali europee. L'asse 3 intende sviluppare le infrastrutture locali e il capitale umano nelle zone rurali per migliorare le condizioni della crescita e della creazione di posti di lavoro in tutti i settori e inoltre la diversificazione delle attività economiche. L'asse 4 basato sull’esperienza Leader apre possibilità di governance innovativa, basata su un approccio locale allo sviluppo rurale partecipativo. 2.4. Raccogliere le sfide Le zone rurali sono caratterizzate da situazioni affatto diverse tra loro, come lo spopolamento che colpisce le zone più isolate e il declino delle aree periurbane che risentono della crescente pressione esercitata dai centri urbani. Secondo la definizione dell’OCSE, basata sulla densità di popolazione, le zone rurali (2) rappresentano il 92 % del territorio dell’UE. Inoltre il 19 % della popolazione vive in zone prevalentemente rurali e il 37 % in zone significativamente rurali. Queste zone producono il 45 % del valore aggiunto lordo (VAL) dell’UE e forniscono il 53 % dei posti di lavoro, ma tendono ad essere in ritardo per una serie di indicatori socioeconomici rispetto alle zone non rurali, inclusi gli indicatori strutturali. Nelle zone rurali il reddito pro capite è circa di un terzo più basso (3), con tassi di attività femminile anch’essi inferiori, il settore dei servizi è meno sviluppato, l’istruzione superiore è generalmente meno diffusa ed una percentuale inferiore di famiglie ha accesso ad Internet in banda larga. In alcune regioni rurali i problemi più acuti sono quelli della lontananza e della perifericità. Questi svantaggi tendono ad essere acuiti nelle regioni prevalentemente rurali, benché la situazione generale a livello UE presenti notevoli variazioni da Stato membro a Stato membro. Un problema che colpisce particolarmente le donne e i giovani nelle aree rurali più remote è quello della mancanza di opportunità, di contatti e di infrastrutture formative. L'allargamento ha ridisegnato la cartina dell'agricoltura europea. Nei vecchi Stati membri l’agricoltura rappresenta il 2 % del PIL, nei nuovi Stati membri il 3 % e oltre il 10 % in Romania e in Bulgaria. Nei nuovi Stati membri la quota di occupazione nel settore dell’agricoltura è di tre volte superiore (12 %) rispetto ai vecchi Stati membri (4 %), mentre in Bulgaria e in Romania è molto più elevata. Il settore agricolo e agroalimentare europeo rappresentano insieme una porzione considerevole dell’economia dell’UE, con 15 milioni di posti di lavoro (8,3 % dell’occupazione totale) e il 4,4 % del PIL. L'UE è il primo produttore mondiale di prodotti alimentari (comprese le bevande), con una produzione complessiva stimata a 675 miliardi di EUR, ma si tratta di un settore che permane altamente polarizzato e frammentato in termini di dimensioni, con grandi opportunità, ma anche grossi rischi per le aziende. Il settore forestale e le attività connesse alla silvicoltura danno lavoro a 3,4 milioni di persone circa, con una cifra d’affari pari a 350 miliardi di EUR, ma attualmente si sfrutta solo il 60 % dell’accrescimento forestale annuo. L’agricoltura e la silvicoltura rappresentano il 77 % dell’utilizzazione del territorio nell’UE. Negli ultimi anni l’efficacia ambientale dell’agricoltura in termini di preservazione e rafforzamento delle risorse naturali è stata disomogenea. Per quanto riguarda la qualità dell’acqua, dal 1990 ad oggi l’eccesso totale di azoto è leggermente diminuito nella maggior parte dei vecchi Stati membri, anche se alcuni paesi e regioni sono ancora sottoposti alla pressione di una notevole lisciviazione delle sostanze nutritive. In molte zone persistono problemi quali le emissioni di ammoniaca, l’eutrofizzazione, il degrado dei terreni e la perdita di biodiversità. Va detto però anche che una porzione crescente di terreni agricoli viene destinata alla produzione biologica (5,4 milioni di ettari nell'UE) e alle risorse rinnovabili (si stimano a 1,4 milioni di ettari quelli adibiti alla produzione di energia nel 2004 a 0,3 milioni di ettari quelli che hanno fruito del premio alle colture energetiche e a 0,6 milioni di ettari quelli su terreni ritirati dalla produzione). Le tendenze a lungo termine del cambiamento climatico avranno un influsso sempre più determinante sui modelli di attività agricola e silvicola. La tutela della biodiversità ha compiuto progressi grazie all’attuazione di Natura 2000, che ha permesso di designare circa il 12-13 % della superficie agricola e forestale. I sistemi di conduzione agricola ad elevata valenza naturale hanno un ruolo di prim’ordine nella preservazione della biodiversità e degli habitat, così come nella protezione dell’ambiente e della qualità dei suoli. Nella maggior parte degli Stati membri questo tipo di gestione agricola occupa dal 10 % al 30 % della superficie agricola, mentre in alcune zone l’abbandono dell’agricoltura potrebbe comportare gravi rischi ambientali. Nei prossimi anni le zone rurali dovranno quindi fare i conti con i problemi legati alla crescita, all’occupazione e alla sostenibilità. Ma non vanno dimenticate le opportunità concrete che offrono, in termini di potenziale di crescita in nuovi settori come il turismo e le attività ricreative in ambiente rurale, né l’attrattiva che esercitano come posto dove stabilirsi per vivere e lavorare, né infine il loro ruolo di serbatoio di risorse naturali e ad elevata valenza paesaggistica. Il settore agroalimentare deve cogliere le opportunità che gli vengono offerte dai nuovi approcci, dalle nuove tecnologie e dall’innovazione per adeguarsi alla mutata domanda del mercato, sia a livello europeo che a livello globale. Più di ogni cosa saranno gli investimenti nelle risorse chiave costituite dal capitale umano a permettere alle zone rurali e al settore agroalimentare di guardare al futuro con fiducia. In occasione del rilancio della strategia di Lisbona, il Consiglio europeo ha riaffermato che essa si colloca nel contesto più ampio dello sviluppo sostenibile secondo cui occorre soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri (4). Il nuovo periodo di programmazione rappresenta un’opportunità unica per rifocalizzare sulla crescita, sull’occupazione e sulla sostenibilità il sostegno erogato dal FEASR, del tutto in linea con la Dichiarazione sui principi guida dello sviluppo sostenibile (5) e il nuovo programma d'azione di Lisbona, che intende destinare le risorse a migliorare l’attrattiva dell’Europa come luogo in cui investire e lavorare, a stimolare la conoscenza e l’innovazione al servizio della crescita e a creare nuovi e migliori posti di lavoro. La politica dello sviluppo rurale deve aiutare le zone rurali a raggiungere questi obiettivi nel periodo 2007-2013. Per questo è necessario un approccio più strategico alla competitività, alla creazione di posti di lavoro e all’innovazione nelle zone rurali e una governance migliore dell’attuazione dei programmi. Nei settori agricolo e forestale occorre puntare maggiormente su investimenti lungimiranti nel capitale umano, nella conoscenza e nei capitali, cercando nuove strade per conseguire servizi ambientali vantaggiosi per tutti e per creare posti di lavoro migliori e più numerosi attraverso la diversificazione, con particolare riguardo per le donne e i giovani. Aiutando le zone rurali dell’UE ad esprimere appieno la loro attrattiva potenziale di luogo dove investire, vivere e lavorare, la politica dello sviluppo rurale può fare la sua parte nel processo di sviluppo sostenibile del territorio europeo. 3. INDIVIDUARE LE PRIORITÀ DELLO SVILUPPO RURALE COMUNITARIO NEL PERIODO DI PROGRAMMAZIONE 2007-2013 Tra gli obiettivi fissati dal regolamento (CE) n. 1698/2005, gli orientamenti strategici di seguito riportati individuano le priorità comunitarie conformemente al suo articolo 9. Gli orientamenti sono destinati ad integrare le principali priorità politiche definite nelle conclusioni dei Consigli europei di Göteborg e Lisbona. Per ogni serie di priorità sono presentate azioni chiave illustrative. Sulla base di tali orientamenti strategici gli Stati membri elaboreranno la propria strategia nazionale quale quadro di riferimento per l’elaborazione dei programmi di sviluppo rurale. Le risorse che saranno destinate alle priorità comunitarie dello sviluppo rurale (nei limiti regolamentari minimi di finanziamento per ogni asse) dipenderanno dalla situazione particolare, dai punti di forza e di debolezza e dalle possibilità dei settori compresi nel programma. Ogni priorità comunitaria, con il suo contributo agli obiettivi di Lisbona e di Göteborg, dovrà riflettersi, a livello di Stato membro, nel piano strategico nazionale e nei programmi di sviluppo rurale. In molti casi ci saranno priorità nazionali o regionali per problemi specifici legati alla catena agroalimentare, oppure alla situazione ambientale, climatica e geografica dell’agricoltura e delle foreste. Le zone rurali dovranno probabilmente far fronte anche ad altri problemi specifici, come la pressione periurbana, la disoccupazione, la lontananza o la bassa densità di popolazione. 3.1. Miglioramento della competitività dei settori agricolo e forestale Orientamento strategico comunitario I settori europei dell’agricoltura, della silvicoltura e della trasformazione alimentare hanno un forte potenziale di ulteriore sviluppo di prodotti di alta qualità e di elevato valore aggiunto, rispondenti alla domanda crescente e diversificata dei consumatori europei e dei mercati mondiali. Le risorse destinate all'asse 1 dovrebbero contribuire a creare un settore agroalimentare europeo forte e dinamico, incentrato sulle priorità del trasferimento delle conoscenze, della modernizzazione, dell’innovazione e della qualità nella catena alimentare e sui settori prioritari degli investimenti nel capitale umano e naturale. Per concretizzare tali priorità gli Stati membri sono incoraggiati a sostenere azioni chiave. Tali azioni chiave potrebbero comprendere: i) la ristrutturazione e la modernizzazione del settore agricolo, che continuano a svolgere un ruolo importante nello sviluppo di molte zone rurali, in particolare nei nuovi Stati membri. L’allargamento ha ridisegnato la cartina dell’agricoltura europea, cosicché la riuscita dell’adeguamento del settore dell’agricoltura può essere la chiave per migliorare la competitività e la sostenibilità ambientale del settore agricolo e per rafforzare l’occupazione e la crescita del resto dell’economia. Ciò comprende la promozione di un adeguamento anticipato ai cambiamenti del settore agricolo nell’ambito della ristrutturazione nonché la modernizzazione e lo sviluppo di un approccio proattivo alla formazione e alla riconversione degli addetti dell’agricoltura, con particolare attenzione per le competenze trasferibili; ii) migliorare l’integrazione nella catena agroalimentare. Il settore alimentare europeo è uno dei più competitivi e innovativi del mondo, ma deve fare i conti con la crescente concorrenza a livello globale. L’economia rurale presenta ampie potenzialità che le consentono di creare e commercializzare nuovi prodotti, di conservare nelle zone rurali maggiori ricchezze attraverso i sistemi di qualità e di migliorare l’immagine dei prodotti europei oltre i confini dell’Europa. Il ricorso ai servizi di consulenza e di assistenza per ottemperare ai requisiti comunitari contribuirà al successo di questo processo di integrazione. Un settore agricolo orientato al mercato consentirà di consolidare ulteriormente la posizione di principale datore di lavoro e importante motore di crescita economica del settore agroalimentare europeo; iii) agevolare l’innovazione e l’accesso alla ricerca e sviluppo (R&S). L’innovazione è sempre più importante per i settori europei dell’agricoltura, dell’agroalimentare e della silvicoltura. Rispetto alle grandi aziende agroalimentari europee che spesso sono all’avanguardia in fatto di nuove tendenze, l’introduzione di nuovi prodotti e procedimenti potrebbe contribuire in misura significativa a migliorare i risultati di aziende agricole ed industrie di trasformazione più piccole. In particolare nuove forme di cooperazione potrebbero agevolare l’accesso alla R&S, all’innovazione e alle azioni realizzate nell’ambito del settimo programma quadro (6); iv) incoraggiare l’adozione e la diffusione delle tecnologie di informazione e comunicazione (TIC). È indubbio il ritardo dell’intero settore agroalimentare nell’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in particolare nel caso delle piccole imprese. L’adozione delle applicazioni del commercio elettronico permane bassa se si eccettuano le grandi multinazionali e il loro principali fornitori. Il Fondo per lo sviluppo rurale dovrebbe pertanto completare le future iniziative della Commissione, come l’iniziativa i2010, nel campo del commercio elettronico (con particolare riguardo alle piccole e medie imprese), dell’acquisizione di competenze digitali (e-skills) e dell’apprendimento in linea (e-learning); v) stimolare un’imprenditorialità dinamica. Le riforme recenti hanno conferito all’agricoltura europea un orientamento al mercato che apre nuove opportunità alle aziende agricole, ma la realizzazione di questo potenziale economico dipenderà dallo sviluppo di competenze strategiche e organizzative. Incoraggiare l'accesso alla professione ai giovani agricoltori può svolgere un ruolo importante a tale riguardo; vi) sviluppo di nuovi sbocchi per i prodotti agricoli e silvicoli. Nuovi sbocchi possono significare maggiore valore aggiunto, in particolare per i prodotti di qualità. Sostenere gli investimenti e la formazione nel campo della produzione per fini non alimentari, nell’ambito dello sviluppo rurale, può completare le misure adottate dal primo pilastro con la creazione di nuovi sbocchi innovativi per la produzione o promuovendo lo sviluppo di materiali energetici rinnovabili, di biocarburanti e di capacità di trasformazione; vii) migliorare le prestazioni ambientali dell’agricoltura e della silvicoltura. La sostenibilità a lungo termine dipenderà dalla capacità del settore di produrre nel rispetto di rigorose norme ambientali i prodotti che i consumatori vogliono comprare. Anche gli investimenti destinati a migliorare tali prestazioni ambientali possono sfociare in una maggiore efficienza della produzione, creando benefici reciproci a vantaggio di tutti; Per promuovere il rinnovo generazionale nel settore agricolo si possono prendere in esame associazioni di misure, tra quelle contemplate dall’asse 1, adattandole alle esigenze dei giovani agricoltori. 3.2. Migliorare l’ambiente e le zone di campagna Orientamento strategico comunitario Per tutelare e rafforzare le risorse naturali dell’UE e i paesaggi nelle zone rurali, le risorse destinate all’asse 2 dovrebbero contribuire in tre aree prioritarie a livello comunitario: la biodiversità e la preservazione e lo sviluppo dell’attività agricola e di sistemi forestali ad elevata valenza naturale e dei paesaggi agrari tradizionali; il regime delle acque e il cambiamento climatico. Le misure contemplate dall’asse 2 dovranno servire al conseguimento di questi obiettivi ambientali e all’attuazione della rete agricola e forestale Natura 2000, al mantenimento dell’impegno assunto a Göteborg di invertire il declino della biodiversità entro il 2010, agli obiettivi della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (7), e a quelli del protocollo di Kyoto per la mitigazione del cambiamento climatico. Per concretizzare tali priorità gli Stati membri sono incoraggiati a sostenere azioni chiave. Tali azioni chiave potrebbero comprendere: i) promuovere servizi ambientali e pratiche agricole e zootecniche rispettose degli animali. I cittadini europei si aspettano che gli agricoltori rispettino una serie di norme obbligatorie, ma molti ritengono anche che sia opportuno ricompensare gli agricoltori che sottoscrivono impegni più ampi, procurando servizi che il mercato non sarebbe in grado di offrire da solo, in particolare se tali servizi riguardano risorse specifiche particolarmente importanti nell'ambito dell'agricoltura e della silvicoltura, come l’acqua e il suolo; ii) conservare il paesaggio agricolo e le foreste. In Europa gran parte del prezioso ambiente rurale è stato plasmato dall’agricoltura. Pratiche di gestione sostenibile del territorio possono aiutare a ridurre i rischi connessi all'abbandono, alla desertificazione e agli incendi forestali, in particolare nelle zone svantaggiate. Pratiche agricole appropriate permettono di conservare i paesaggi e gli habitat, come le zone umide, le praterie e i pascoli di montagna. In molte regioni si tratta di un cospicuo patrimonio culturale e naturale, grazie al quale le zone rurali esercitano una forte attrattiva come luoghi in cui vivere e lavorare; iii) combattere il cambiamento climatico. L’agricoltura e la silvicoltura si trovano in prima fila nel processo di sviluppo di energie rinnovabili e di materie prime per la filiera bioenergetica. Pratiche agricole e silvicole appropriate possono contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla salvaguardia dell’effetto di deposito di carbonio, svolto dalle foreste, e delle sostanze organiche nella composizione del terreno e possono inoltre agevolare l'adeguamento all'impatto dei cambiamenti climatici; iv) consolidare il contributo dell’agricoltura biologica. L’agricoltura biologica rappresenta un approccio globale all’agricoltura sostenibile per cui è opportuno rafforzare il suo contributo agli obiettivi di tutela dell’ambiente e del benessere degli animali; v) incoraggiare le iniziative ambientali/economiche che procurano benefici reciproci. La produzione di beni ambientali, in particolare attraverso le misure agroambientali, può rafforzare l’identità delle zone rurali e dei loro prodotti alimentari e costituire la base per la crescita e l’occupazione generate dal turismo e dalla ricettività sviluppata nelle zone rurali, in particolare se legata alla diversificazione delle attività nel turismo, nell’artigianato, nella formazione o nel comparto non alimentare; vi) promuovere l’equilibrio territoriale. I programmi di sviluppo rurale possono dare un contributo di prim’ordine all’attrattiva delle zone rurali e contribuire a mantenere un equilibrio sostenibile tra zone urbane e zone rurali nell’ambito di un’economia competitiva e basata sulla conoscenza. Combinate con altri assi del programma, le misure di gestione territoriale possono dare un contributo positivo alla distribuzione nello spazio dell’attività economica e alla coesione territoriale. 3.3. Migliorare la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione dell'economia rurale Orientamento strategico comunitario Le risorse destinate alla diversificazione dell’economia rurale e alla qualità della vita nelle zone rurali nell’ambito dell'asse 3 dovrebbero contribuire alla priorità assoluta rappresentata dalla creazione di posti di lavoro e delle condizioni per la crescita. Le varie misure disponibili dell’asse 3 dovrebbero essere sfruttate in particolare per promuovere lo sviluppo delle capacità, l’acquisizione di competenze e l’organizzazione mirata allo sviluppo di strategie locali oltre che alla conservazione dell’attrattiva delle zone rurali per le generazioni future. Nel promuovere la formazione, l’informazione e l’imprenditorialità occorre tener conto in particolare delle esigenze delle donne, dei giovani e dei lavoratori anziani. Per concretizzare tali priorità gli Stati membri sono incoraggiati a sostenere azioni chiave. Tali azioni chiave potrebbero comprendere: i) incrementare i tassi di attività e di occupazione nell’economia rurale globalmente. La diversificazione è necessaria per la crescita, l’occupazione e lo sviluppo sostenibile nelle zone rurali e contribuisce a migliorare l’equilibrio territoriale, in termini economici e sociali. Il turismo, l’artigianato e l’offerta di attività ricreative nelle zone rurali sono tutti settori in crescita in molte regioni e offrono potenzialità per la diversificazione dello sfruttamento all'infuori dell'agricoltura e lo sviluppo di microimprese nel contesto più ampio dell’economia rurale; ii) incoraggiare l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro. In molte zone rurali strutture di assistenza all'infanzia inadeguate creano barriere specifiche. Le iniziative locali miranti a sviluppare servizi per l’infanzia possono migliorare le opportunità di accesso delle donne al mercato del lavoro. Si pensi ad esempio alla creazione di infrastrutture per la custodia dei bambini, eventualmente combinate ad iniziative volte a incoraggiare la creazione di piccole imprese connesse alle attività rurali e ai servizi locali; iii) ridare slancio ai paesi. Iniziative integrate che combinino diversificazione, creazione di imprese, investimenti nel patrimonio culturale, infrastrutture per i servizi locali e rinnovamento possono contribuire a migliorare sia le prospettive economiche che la qualità della vita; iv) sviluppare le microimprese e l’artigianato sfruttando competenze tradizionali o introducendo competenze nuove, in particolare attraverso l’acquisto di attrezzature, la formazione e l’accompagnamento, per aiutare a promuovere l’imprenditorialità e a sviluppare il tessuto economico; v) insegnare ai giovani le competenze necessarie alla diversificazione dell'economia locale può andare incontro alla domanda di turismo, di attività ricreative, di servizi ambientali, di pratiche rurali tradizionali e di prodotti di qualità; vi) incoraggiare l’adozione e la diffusione delle TIC. L’adozione e la diffusione delle TIC è fondamentale per la diversificazione nelle zone rurali, come ai fini dello sviluppo locale è indispensabile disporre di servizi locali e promuovere la e-inclusione. Attraverso iniziative TIC nei paesi, che combinano la disponibilità, nell’ambito di strutture comunitarie, di attrezzature informatiche e di attrezzature per la messa in rete e per lo sviluppo delle competenze digitali, si possono realizzare economie di scala. Si tratta di iniziative in grado di agevolare decisamente l’adozione di attrezzature informatiche e il ricorso al commercio elettronico da parte delle aziende agricole e delle imprese rurali. Occorre sfruttare pienamente le possibilità offerte dalle comunicazioni via Internet e dalla banda larga, ad esempio nell’ambito di programmi regionali finanziati dei Fondi strutturali, per superare gli svantaggi legati alla posizione geografica; vii) sviluppare l’offerta e l’uso innovativo di fonti di energia rinnovabili per contribuire a creare nuovi sbocchi per i prodotti agricoli e silvicoli, ad offrire servizi locali e a diversificare l’economia rurale; viii) incoraggiare lo sviluppo del turismo. Il turismo è un importante motore di crescita in molte zone rurali e può mettere a frutto il patrimonio culturale e naturale. Un maggior ricorso alle TIC nel campo del turismo, ad esempio per prenotazioni, pubblicità, marketing e per l’ideazione dei servizi e delle attività ricreative può contribuire ad aumentare il numero di visitatori e la lunghezza dei soggiorni specialmente se vengono offerti collegamenti con strutture più piccole e si incoraggia l’agriturismo; ix) ammodernare l’infrastruttura locale, in particolare nei nuovi Stati membri. Nei prossimi anni saranno realizzati cospicui investimenti nelle principali infrastrutture delle telecomunicazioni, dei trasporti, dell’energia e dell’acqua. I Fondi strutturali offriranno un contributo ingente che spazia dalle reti transeuropee allo sviluppo di connessioni con le imprese o con i parchi scientifici. Per il pieno successo dell’effetto moltiplicatore in termini di posti di lavoro e di crescita, l’infrastruttura locale su piccola scala, finanziata nell’ambito dei programmi di sviluppo rurale, avrà un ruolo centrale nel collegare i suddetti ingenti investimenti alle strategie locali di diversificazione e sviluppo del potenziale agricolo e agroalimentare. 3.4. Costruire la capacità locale di occupazione e diversificazione Orientamento strategico comunitario Le risorse destinate all’asse 4 (Leader) dovrebbero contribuire a conseguire le priorità degli assi 1 e 2 e soprattutto dell’asse 3, ma sono anche determinanti per la priorità orizzontale del miglioramento della governance e per la mobilitazione del potenziale di sviluppo endogeno delle zone rurali. Il sostegno nell’ambito dell’asse 4 offre la possibilità, nel contesto della costruzione di una strategia di sviluppo locale guidata dalla Comunità e basata sui bisogni e sui punti di forza locali, di combinare tutti e tre gli obiettivi, ossia la competitività, la tutela dell’ambiente e la qualità della vita attraverso la diversificazione. Grazie ad approcci integrati che coinvolgono gli agricoltori, gli addetti alla silvicoltura e gli altri attori rurali sarà possibile salvaguardare e migliorare il patrimonio culturale e naturale locale, aumentare la presa di coscienza e promuovere gli investimenti nelle specialità alimentari, nel turismo e nelle risorse ed energie rinnovabili. Per concretizzare tali priorità gli Stati membri sono incoraggiati a sostenere azioni chiave. Tali azioni chiave potrebbero in particolare essere volte a: i) rafforzare le capacità di partenariati locali, l’animazione e l’acquisizione di competenze per mobilitare il potenziale locale; ii) promuovere il partenariato pubblico-privato. L’iniziativa Leader continuerà a svolgere un ruolo trainante nel suscitare approcci innovativi allo sviluppo rurale e nell’incoraggiare la collaborazione tra settore pubblico e settore privato; iii) promuovere la cooperazione e l’innovazione. Le iniziative locali come Leader e la promozione della diversificazione possono avere un ruolo centrale nel mettere le persone in contatto con nuove idee e nuovi approcci, nell’incoraggiare l’innovazione e l’imprenditorialità e promuovere l’inclusione e l’offerta di servizi locali. Le comunità in linea possono contribuire alla diffusione delle conoscenze, allo scambio di buone pratiche e all’innovazione relativa ai prodotti e ai servizi rurali; iv) migliorare la governance locale. L’iniziativa Leader può contribuire a sviluppare approcci innovativi per collegare tra loro l’agricoltura, la silvicoltura e l’economia locale contribuendo alla diversificazione dell’attività economica e rafforzando il tessuto socioeconomico delle zone rurali. 3.5. Assicurare la coerenza della programmazione Orientamento strategico comunitario Nel definire le strategie nazionali, gli Stati membri dovrebbero garantire la massima sinergia tra gli assi e all’interno di ogni asse, evitando potenziali contraddizioni. Se del caso, possono sviluppare approcci integrati. Essi potranno anche riflettere su come tener conto di altre strategie attuate a livello UE, come il piano di azione per l’agricoltura biologica, sull'impegno a fare un maggior uso delle fonti di energia rinnovabili (8), sulla necessità di elaborare una strategia dell'UE a medio e a lungo termine per lottare contro i cambiamenti climatici (9) e sulla necessità di anticiparne gli effetti probabili sull’attività agricola e silvicola, sulla strategia forestale dell’Unione europea e sul piano d'azione per le foreste (che possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi della sostenibilità e nel contempo della crescita e dell’occupazione) e sulle priorità stabilite nel sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente istituito dalla decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10), in particolare quelle caratterizzate dall'esigenza di strategie ambientali tematiche (protezione del terreno, protezione e conservazione dell'ambiente marino, uso sostenibile dei pesticidi, inquinamento dell'aria, ambiente urbano, uso sostenibile delle risorse e riciclaggio dei rifiuti). Per migliorare la governance e l’attuazione delle politiche disponiamo di numerosi strumenti a livello dell’UE e degli Stati membri. Si può fare ricorso all’assistenza tecnica per costruire reti a livello europeo e nazionale per lo sviluppo rurale con la funzione di piattaforma di scambio di buone pratiche e di esperienze su tutti gli aspetti dell’ideazione, della gestione e dell’attuazione delle politiche tra le parti interessate. Per garantire il coinvolgimento tempestivo di tutti i vari attori sarà opportuno che nella preparazione delle strategie nazionali si prevedano attività di informazione e pubblicità da sviluppare per le fasi successive dell’attuazione. 3.6. Complementarità tra strumenti comunitari Orientamento strategico comunitario Occorre sviluppare le sinergie tra le politiche strutturali, la politica dell’occupazione e la politica dello sviluppo rurale. In questo contesto gli Stati membri hanno il compito di garantire la complementarità e la coerenza tra le azioni che saranno finanziate dal Fondo europeo di sviluppo regionale, dal Fondo di coesione, dal Fondo sociale europeo, dal Fondo europeo per la pesca e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale in un dato territorio o in un dato settore di attività. I maggiori principi guida per tracciare una linea di demarcazione e i meccanismi di coordinamento tra le azioni finanziate dai vari Fondi dovrebbero essere definiti a livello del quadro strategico di riferimento nazionale e del piano strategico nazionale. Per gli investimenti nelle infrastrutture, un principio guida potrebbe essere quello dell’ampiezza dell’intervento. Ad esempio, per gli investimenti nel settore dei trasporti o in altre infrastrutture a livello dello Stato membro, regione o subregione sarebbe opportuno utilizzare gli strumenti della politica di coesione, mentre a livello squisitamente locale si dovrebbero usare i servizi di base previsti dall’asse 3 garantendo il nesso tra i livelli locale e regionale. Per quanto riguarda lo sviluppo del capitale umano, i finanziamenti nell’ambito dello sviluppo rurale dovrebbero essere destinati agli agricoltori e agli attori economici coinvolti nella diversificazione dell’economia rurale. La popolazione delle zone rurali potrebbe beneficiare del sostegno nell’ambito di un approccio integrato bottom-up. Le azioni in questi campi dovrebbero essere attuate compatibilmente con gli obiettivi della strategia europea dell’occupazione fissati negli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione coerentemente con le azioni attuate dai programmi nazionali di riforma nell’ambito del processo di Lisbona. Il programma di lavoro «Istruzione e formazione 2010» mira al conseguimento degli obiettivi di Lisbona sul piano dell’istruzione e della formazione. Al centro del programma troviamo l’apprendimento permanente, che si applica a tutti i livelli e a tutti i tipi di istruzione e formazione, compresi il settore agricolo, agroalimentare e forestale. 4. IL SISTEMA DI RENDICONTAZIONE Il regolamento (CE) n. 1688/2005 prevede la sorveglianza strategica delle strategie nazionali e comunitarie. Grazie ad un quadro comune per la sorveglianza e la valutazione stabilito in collaborazione con gli Stati membri sarà possibile procedere ad una rendicontazione regolare dei progressi realizzati. Il quadro individuerà un numero limitato di indicatori comuni ed una metodologia comune. Esso sarà completato da indicatori specifici al programma che diano conto delle sue caratteristiche tematiche. Una serie di indicatori comuni permetterà di aggregare le realizzazioni, i risultati e gli impatti a livello comunitario e contribuirà a valutare i progressi compiuti nella realizzazione delle priorità comunitarie. Gli indicatori di base definiti all’inizio del periodo di programmazione permetteranno di valutare la situazione di partenza e costituiranno la base per l’elaborazione della strategia di programma. L’attività di valutazione sarà permanente e comprenderà per ogni programma una valutazione ex ante, in itinere ed ex post, nonché altre attività di valutazione ritenute utili per migliorare la gestione e l’impatto del programma. Tali attività saranno affiancate da studi tematici e valutazioni di sintesi a livello comunitario, nonché dalle attività della rete europea dello sviluppo rurale che fungerà da piattaforma di scambio e di costruzione di capacità di valutazione negli Stati membri. Lo scambio di buone pratiche e la condivisione dei risultati della valutazione possono contribuire in maniera decisiva all’efficacia dello sviluppo rurale. A questo riguardo, la rete europea dovrebbe avere un ruolo centrale nell’agevolare i contatti. (1) Conclusioni dei Consigli europei di Lussemburgo (12 e 13 dicembre 1997), Berlino (24 e 25 marzo 1999) e Bruxelles (24 e 25 ottobre 2002). (2) La definizione dell’OCSE si basa sulla percentuale di popolazione che vive in comuni rurali (ossia con meno di 150 abitanti per km2) in una data regione NUTS III. Cfr. Valutazione di impatto estesa SEC(2004) 931. Questa è la sola definizione di zone rurali riconosciuta a livello internazionale. Tuttavia, in certi casi essa non tiene del tutto conto della popolazione che vive in zone rurali a più elevata densità di popolazione, in particolare nelle zone periurbane. Nel contesto di questi orientamenti viene utilizzata esclusivamente a fini statistici e descrittivi. (3) Misurato in PIL a parità di potere d'acquisto. (4) Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles (22 e 23 marzo 2005). (5) Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles (16 e 17 giugno 2005). (6) In questo contesto sarebbe opportuno tener conto anche dell’attività del comitato permanente per la ricerca agricola. (7) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1. Direttiva modifica dalla decisione n. 2455/2001/CE (GU L 331 del 15.12.2001, pag. 1). (8) Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles (25 e 26 marzo 2004). (9) Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles (22 e 23 marzo 2005). (10) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.
Orientamenti strategici dell’Unione europea per lo sviluppo rurale Con tali orientamenti strategici, il Consiglio individua, nell'ambito del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) le priorità dell'Unione europea (UE). Lo scopo perseguito è quello di garantire la coerenza dello sviluppo rurale con le altre politiche europee, in particolare con le politiche di coesione e dell'ambiente, e di accompagnare l'attuazione della politica agricola comune (PAC) e la ristrutturazione effettuata da quest'ultima. ATTO Decisione 2006/144/CE del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativa agli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale (periodo di programmazione 2007-2013) [Cfr atti modificativi]. SINTESI Le regioni rurali rappresentano il 92 % del territorio dell'Unione europea (UE). Tali regioni producono il 45 % del valore aggiunto dell'UE e il 53 % dell'occupazione. Malgrado la grande varietà di situazioni, esse presentano in generale un reddito pro-capite inferiore di circa un terzo rispetto alla media europea, con un basso tasso di occupazione delle donne e un settore dei servizi meno sviluppato. Nei prossimi anni le zone rurali dovranno quindi fare i conti con i problemi legati alla crescita, all'occupazione e allo sviluppo sostenibile. Il nuovo periodo di programmazione dà l'opportunità di riorientare il sostegno del nuovo Fondo per lo sviluppo rurale su tali obiettivi. Per far fronte a tali sfide sono necessari interventi settoriali e territoriali. Lo sviluppo rurale e gli obiettivi generali dell’Unione La politica di sviluppo rurale futuro è incentrata su tre settori fondamentali: l'economia agroalimentare, l'ambiente e la popolazione rurale. Le strategie e i programmi futuri si articoleranno su quattro assi, vale a dire: l'asse "competitività agricola, alimentare e forestale", che ha come obiettivo il capitale umano e fisico; l'asse "gestione dello spazio e dell'ambiente" che contempla misure mirate alla protezione e al rafforzamento delle risorse naturali, alla preservazione dell'attività agricola e dei sistemi forestali, nonché dei paesaggi tradizionali delle zone rurali europee; l'asse "qualità della vita e diversificazione nell'economia rurale" che contribuisce a sviluppare i territori rurali attraverso la promozione dei servizi alla popolazione, le microimprese, il turismo rurale e la valorizzazione del patrimonio culturale; l'asse "Leader" che introduce alcune possibilità di governance innovatrici per mezzo di strategie d'azione locale. Le priorità dell’UE per il periodo di programmazione dello sviluppo rurale 2007-2013 Il Consiglio indica quali sono le priorità strategiche dell’UE, specificando per ciascuna di esse azioni chiave indicative. Le priorità europee saranno integrate nei piani strategici nazionali degli Stati membri e nei programmi di sviluppo rurale. Priorità 1: Miglioramento della competitività del settore agricolo e del settore forestale L’obiettivo è rendere più dinamico il settore agroalimentare europeo. L’UE intende in particolare favorire il trasferimento delle conoscenze, promuovere l’innovazione e rafforzare gli investimenti nel capitale fisico e umano. In tale ambito, le azioni fondamentali potrebbero essere: la ristrutturazione e la modernizzazione del settore dell'agricoltura; una migliore integrazione nella catena agroalimentare; l'agevolazione dell'innovazione e dell'accesso alla ricerca e allo sviluppo (R&S); l'incoraggiamento dell'adozione e della diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), in particolare per le piccole imprese; l'incentivo ad uno spirito di impresa dinamico, che sfrutti le possibilità offerte dalle recenti riforme che hanno creato per l'agricoltura europea un contesto orientato al mercato; la creazione di nuovi sbocchi per i prodotti agricoli e forestali, come lo sviluppo delle materie energetiche rinnovabili, dei biocarburanti e delle capacità di trasformazione; il miglioramento delle prestazioni ambientali delle aziende agricole e forestali. Priorità 2: Miglioramento dell'ambiente e del paesaggio Le risorse assegnate all'asse 2 devono contribuire a proteggere le risorse naturali e i paesaggi delle zone rurali dell’UE, in particolare per quanto riguarda la biodiversità, la conservazione dei sistemi ad elevata valenza naturale, le risorse idriche e il cambiamento climatico. L’Unione incoraggia soprattutto: la promozione dei servizi ambientali e delle pratiche agricole rispettose degli animali; la conservazione dei paesaggi coltivati e delle foreste; la lotta contro il cambiamento climatico, tenendo conto che l'agricoltura e la silvicoltura hanno un grande ruolo nello sviluppo delle fonti di energia e dei materiali rinnovabili per gli impianti di bioenergia; l'agricoltura biologica, in quanto approccio globale dell'agricoltura sostenibile; le iniziative economiche/ambientali come la fornitura di prodotti ambientali, in particolare connesse alla diversificazione nei settori del turismo, dell'artigianato, della formazione o del settore non alimentare; il mantenimento di un equilibrio sostenibile tra zone urbane e zone rurali per contribuire positivamente alla ripartizione dell'attività economica nel territorio e alla coesione territoriale. Priorità 3: Miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e promozione della diversificazione dell'economia rurale L’UE intende favorire l’occupazione e migliorare le condizioni di crescita nelle zone rurali. In tale ambito, le azioni chiave potrebbero riguardare: lo sviluppo dell'attività economica e dei tassi di occupazione nell'ambito dell'economia rurale in senso lato e la creazione di un miglior equilibrio territoriale, sia sul piano economico che sul piano sociale (turismo, artigianato e fornitura di strutture d'accoglienza); l'incentivazione dell'accesso delle donne al mercato del lavoro con la creazione di strutture di custodia dei bambini; la rinascita dei villaggi con iniziative integrate che riuniscono diversificazione, creazione d'imprese, investimenti nel patrimonio culturale, infrastrutture a favore dei servizi locali e rinnovamento; lo sviluppo delle microimprese e dell'artigianato basandosi sulle conoscenze tradizionali o apportando nuove competenze per contribuire a promuovere lo spirito d'impresa e a sviluppare il tessuto economico; la formazione dei giovani perché acquisiscano le competenze necessarie alla diversificazione dell'economia locale; la promozione dell'adozione e della diffusione dei TIC, la cui utilizzazione permetterebbe inoltre di ottenere economie di scala agevolando l'adozione dell'informatica da parte delle aziende agricole locali e delle imprese rurali nonché la pratica del commercio elettronico; lo sviluppo dell'offerta e l'uso innovativo di fonti di energie rinnovabili per contribuire a creare nuovi sbocchi per i prodotti agricoli e forestali, per offrire servizi locali e diversificare l'economia rurale; la promozione del turismo; la modernizzazione delle infrastrutture locali (principali infrastrutture di telecomunicazioni, di trasporto, di energia e del settore delle risorse idriche), in particolare nei nuovi Stati membri. Priorità 4: Costruire la capacità locale di occupazione e la diversificazione Le risorse destinate all'asse Leader dovrebbero servire a migliorare la governance e la mobilitazione del potenziale di sviluppo endogeno delle zone rurali. Si tratta di un approccio orizzontale che combina i tre obiettivi - competitività, ambiente e qualità della vita/diversificazione. In tale ambito, le azioni fondamentali potrebbero essere: costituire una capacità di partenariati locali, l'animazione e l'acquisizione di competenze che potrebbe contribuire a mobilitare il potenziale locale; promuovere il partenariato pubblico- privato; promuovere la cooperazione e l'innovazione, incoraggiando lo spirito d'impresa e promuovendo la partecipazione di tutti e la fornitura di servizi locali; migliorare la governance locale sviluppando i collegamenti tra l'agricoltura, la silvicoltura e l'economia locale. Priorità 5: Garantire la coerenza della programmazione In occasione dell'elaborazione dei piani nazionali, gli Stati membri sono tenuti a ottimizzare le sinergie tra gli assi e ad evitare eventuali contraddizioni. L’UE offre inoltre un quadro per migliorare la governance e l’attuazione delle politiche, in particolare attraverso la creazione di reti europee e nazionali. Tali reti favoriscono ad esempio lo scambio di buone pratiche e di competenze per quanto concerne l’elaborazione e la gestione delle politiche rurali. Priorità 6: Complementarità tra strumenti europei Per garantire la sinergia tra le politiche strutturali, le politiche dell'occupazione e le politiche dello sviluppo rurale, gli Stati membri sono chiamati a garantire la complementarità e la coerenza delle azioni che devono essere finanziate dal FESR, dal Fondo di coesione, dal FSE e dal FEP su un dato territorio e un dato settore di attività. La linea di demarcazione e i meccanismi di coordinamento tra le azioni finanziate dai rispettivi Fondi sono definiti nel piano strategico nazionale. Raccogliere le nuove sfide La presente decisione è stata modificata nel 2009 allo scopo di integrare negli orientamenti strategici le nuove sfide cui deve far fronte l’Unione: la lotta ai cambiamenti climatici; la promozione delle energie rinnovabili; la gestione delle risorse idriche; la protezione della biodiversità; la ristrutturazione del settore lattiero-caseario. Questi obiettivi hanno una dimensione trasversale e possono quindi essere integrati nelle priorità dei piani strategici nazionali degli Stati membri. A titolo d’esempio, l’UE incoraggia gli Stati membri a: integrare queste problematiche nelle strategie locali di sviluppo delle zone rurali; sostenere l’innovazione in questi settori; adottare misure agro ambientali e forestali per il rafforzamento della biodiversità; sostenere i progetti locali in materia di energie rinnovabili; sostenere gli investimenti negli impianti che consentono di risparmiare energia e acqua. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2006/144/CE del Consiglio 20.2.2006 - GU L 55, 25.2.2006 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/61/CE del Consiglio 19.1.2009 - GU L 30, 31.1.2009 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) [Gazzetta ufficiale L 277 del 21.10.2005] Tale regolamento istituisce uno strumento unico di finanziamento della politica di sviluppo rurale: il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).
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32018L1673
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DIRETTIVA (UE) 2018/1673 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 ottobre 2018 sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 83, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo e la criminalità organizzata ad esso legati restano problemi significativi a livello di Unione, il che danneggia l’integrità, la stabilità e la reputazione del settore finanziario e costituisce una minaccia per il mercato interno e la sicurezza interna dell’Unione. Al fine di affrontare tali problemi e integrare e rafforzare l’applicazione della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la presente direttiva mira a contrastare il riciclaggio mediante il diritto penale, consentendo una cooperazione transfrontaliera fra le autorità competenti più efficiente e più rapida. (2) Adottare misure esclusivamente a livello nazionale o anche di Unione, in assenza di coordinamento e di cooperazione internazionali, avrebbe effetti molto limitati. Di conseguenza, le misure adottate dall’Unione ai fini della lotta contro il riciclaggio dovrebbero essere compatibili con le altre iniziative intraprese nelle sedi internazionali e quanto meno altrettanto rigorose. (3) L’azione dell’Unione dovrebbe continuare ad avere particolare considerazione delle raccomandazioni del gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) e degli strumenti di altre organizzazioni e di altri organismi internazionali attivi nella lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. I pertinenti atti giuridici dell’Unione dovrebbero, ove necessario, essere ulteriormente allineati agli standard internazionali in materia di lotta contro il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo e la proliferazione delle armi di distruzione di massa adottati dal GAFI nel febbraio 2012 («raccomandazioni riviste del GAFI»). In qualità di firmataria della Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, l’Unione dovrebbe recepire le prescrizioni di tale convenzione nel proprio ordinamento giuridico. (4) La decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio (3) stabilisce dei requisiti relativi alla configurazione del riciclaggio come reato. Tuttavia, tale decisione quadro non è esaustiva e l’attuale configurazione del riciclaggio come reato non è sufficientemente coerente per contrastare efficacemente tale reato in tutta l’Unione e comporta lacune nell’esecuzione e a ostacoli alla cooperazione fra le autorità competenti nei vari Stati membri. (5) La definizione delle attività criminose che costituiscono reati-presupposto del riciclaggio dovrebbe essere sufficientemente uniforme in tutti gli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che tutti i reati punibili con una pena detentiva ai sensi della presente direttiva siano considerati reati-presupposto del riciclaggio. Inoltre, nella misura in cui l’applicazione di tali soglie per le sanzioni non lo preveda già, gli Stati membri dovrebbero includere una gamma di reati nell’ambito di ciascuna delle categorie di reati elencate nella presente direttiva. In tal caso gli Stati membri dovrebbero poter decidere in che modo delimitare la gamma di reati all’interno di ogni categoria. Qualora una categoria di reati, come il terrorismo o i reati ambientali, comprenda i reati definiti negli atti giuridici dell’Unione, la presente direttiva dovrebbe far riferimento a tali atti giuridici. Gli Stati membri dovrebbero, tuttavia, qualificare qualsiasi reato di cui a tali atti giuridici quale reato-presupposto del riciclaggio. Qualsiasi coinvolgimento perseguibile nella perpetrazione di un reato-presupposto qualificato come reato conformemente al diritto nazionale dovrebbe essere altresì considerato un’attività criminosa ai fini della presente direttiva. Nei casi in cui il diritto dell’Unione autorizza gli Stati membri a prevedere sanzioni diverse dalle sanzioni penali, la presente direttiva non dovrebbe obbligare gli Stati membri a classificare i reati in tali casi come reati-presupposto ai fini della direttiva stessa. (6) L’uso delle valute virtuali presenta nuovi rischi e sfide nella prospettiva della lotta al riciclaggio. Gli Stati membri dovrebbero garantire che tali rischi siano affrontati in modo adeguato. (7) In considerazione delle ripercussioni, per la sfera pubblica e per l’integrità delle istituzioni pubbliche, dei reati di riciclaggio commessi da titolari di cariche pubbliche, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di considerare la possibilità di introdurre nei propri quadri nazionali sanzioni più severe per i titolari di cariche pubbliche, in conformità con le rispettive tradizioni giuridiche. (8) I reati fiscali connessi alle imposte dirette e indirette dovrebbero rientrare nella definizione di attività criminosa, in linea con le raccomandazioni riviste del GAFI. Considerato che in ciascuno Stato membro reati fiscali diversi possono costituire un’attività criminosa punibile mediante le sanzioni di cui alla presente direttiva, è possibile che le definizioni di reati fiscali previste dal diritto nazionale divergano. Lo scopo della presente direttiva, tuttavia, non è di armonizzare le definizioni di reati fiscali nel diritto nazionale. (9) Nei procedimenti penali per riciclaggio gli Stati membri dovrebbero prestarsi la massima assistenza reciproca e garantire uno scambio di informazioni efficace e tempestivo, conformemente al diritto nazionale e al quadro giuridico dell’Unione in vigore. Le differenze tra le definizioni di reato-presupposto del diritto nazionale non dovrebbero ostacolare la cooperazione internazionale nei procedimenti penali per riciclaggio. È opportuno rafforzare la cooperazione con i paesi terzi, in particolare incoraggiando e sostenendo l’introduzione di misure e meccanismi efficaci per contrastare il riciclaggio e garantendo una migliore cooperazione internazionale in questo settore. (10) La presente direttiva non si applica al riciclaggio riguardante beni provenienti da reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione, che è disciplinato dalle norme specifiche di cui alla direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Ciò non pregiudica la possibilità per gli Stati membri di recepire la presente direttiva e la direttiva (UE) 2017/0371 mediante un unico quadro globale a livello nazionale. Ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), gli Stati membri sono tenuti ad adottare, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari. (11) Gli Stati membri dovrebbero assicurare che taluni tipi di attività di riciclaggio siano perseguibili anche quando sono commessi dall’autore dell’attività criminosa che ha generato i beni («autoriciclaggio»). In tali casi, laddove l’attività di riciclaggio non si limiti alla mera detenzione o utilizzazione di beni, ma ne implichi anche il trasferimento, la conversione, l’occultamento o la dissimulazione, da cui derivi un danno supplementare oltre a quello già causato dall’attività criminosa, ad esempio mettendo in circolazione beni derivanti da un’attività criminosa e, così facendo, occultandone l’origine illecita, tale attività di riciclaggio dovrebbe essere perseguibile. (12) Affinché le misure di diritto penale siano efficaci contro il riciclaggio, la condanna dovrebbe essere possibile senza che sia necessario determinare con precisione da quale attività criminosa provengano i beni o che, per tale condotta criminosa, esista una condanna precedente o simultanea, tenendo conto di tutte le circostanze e gli elementi di prova pertinenti. Dovrebbe essere possibile per gli Stati membri, in linea con i rispettivi ordinamenti nazionali, garantire questo aspetto con mezzi diversi dalla legislazione. Il perseguimento penale del riciclaggio non dovrebbe inoltre essere ostacolato dal fatto che l’attività criminosa sia stata posta in essere in un altro Stato membro o in un paese terzo, fatte salve le condizioni di cui alla presente direttiva. (13) La presente direttiva è volta a qualificare come reato il riciclaggio qualora sia commesso intenzionalmente e con la consapevolezza che i beni derivano da un’attività criminosa. In tale contesto, la presente direttiva non dovrebbe distinguere tra situazioni in cui il bene deriva direttamente dall’attività criminosa e situazioni in cui deriva indirettamente dall’attività criminosa, in linea con l’ampia definizione di «provento» di cui alla direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). In ciascun caso, all’atto di valutare se i beni derivano da un’attività criminosa e se la persona ne era consapevole, dovrebbero essere prese in considerazione le specifiche circostanze del caso, ad esempio il fatto che il valore dei beni è sproporzionato rispetto al reddito legittimo dell’imputato e la contiguità temporale tra attività criminosa e acquisizione dei beni. L’esistenza dell’intenzione e della consapevolezza può essere dedotta da circostanze materiali oggettive. Poiché la presente direttiva prevede norme minime relative alla definizione dei reati e alle sanzioni in materia di riciclaggio, gli Stati membri sono liberi di adottare o mantenere norme di diritto penale più severe in tale ambito. Gli Stati membri dovrebbero poter stabilire, ad esempio, che il riciclaggio commesso con leggerezza o per negligenza grave costituisce reato. I riferimenti al riciclaggio commesso per negligenza contenuti nella presente direttiva dovrebbero essere considerati come tali dagli Stati membri in cui tale condotta è qualificata come reato. (14) Come deterrente contro il riciclaggio in tutta l’Unione, gli Stati membri dovrebbero garantire che questo sia punibile con una pena detentiva massima non inferiore a quattro anni. Tale obbligo non pregiudica l’individualizzazione e l’applicazione delle sanzioni e l’esecuzione delle sentenze in funzione delle circostanze concrete di ogni singolo caso. Gli Stati membri dovrebbero altresì prevedere sanzioni o misure aggiuntive, quali sanzioni pecuniarie, l’esclusione temporanea o permanente dall’accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni, l’interdizione temporanea dall’esercizio di un’attività commerciale o il divieto temporaneo di candidarsi a cariche elettive o pubbliche. Tale obbligo lascia impregiudicata la facoltà dell’organo giurisdizionale di decidere se applicare o meno sanzioni o misure aggiuntive, tenendo conto di tutte le circostanze della singola fattispecie. (15) Anche se non vi è un obbligo di aumentare la pena, gli Stati membri dovrebbero assicurare che l’organo giurisdizionale abbia la facoltà di tenere conto delle circostanze aggravanti di cui alla presente direttiva all’atto di giudicare gli autori del reato. Resta a discrezione dell’organo giurisdizionale valutare l’aumento di pena dovuto alle specifiche circostanze aggravanti, tenendo conto di tutti gli altri elementi fattuali della singola fattispecie. Gli Stati membri non dovrebbero avere l’obbligo di prevedere tali circostanze aggravanti allorché, nel diritto nazionale, i reati ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio (6) o i reati commessi da una persona fisica che agisce in quanto soggetto obbligato nell’esercizio della sua attività professionale sono punibili come reato distinto e possono comportare sanzioni più severe. (16) Il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi di reato rimuovono gli incentivi finanziari che sono il motore dei reati. La direttiva 2014/42/UE stabilisce norme minime in relazione al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi di reato in materia penale. Tale direttiva stabilisce altresì che la Commissione presenti al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua attuazione, formulando opportune proposte, ove necessario. Gli Stati membri dovrebbero come minimo garantire il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi di reato in tutti i casi previsti dalla direttiva 2014/42/UE. Gli Stati membri dovrebbero altresì prendere seriamente in considerazione la possibilità di consentire la confisca in tutti i casi in cui non sia possibile avviare o concludere il procedimento penale, tra l’altro in ragione del decesso dell’autore del reato. Come richiesto dal Parlamento europeo e dal Consiglio nella dichiarazione di accompagnamento della direttiva 2014/42/UE, la Commissione presenterà una relazione in cui saranno analizzati la fattibilità e i possibili vantaggi dell’introduzione di ulteriori norme comuni per la confisca di beni provenienti da attività criminose, incluso il caso di assenza di una condanna nei confronti di una o più persone specifiche per tali attività. Detta analisi terrà conto delle differenze tra le tradizioni giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. (17) Considerata la mobilità degli autori dei reati e dei proventi derivanti dalle attività criminose, così come la complessità delle indagini transfrontaliere necessarie per contrastare il riciclaggio, tutti gli Stati membri dovrebbero stabilire la propria competenza giurisdizionale per consentire alle autorità competenti di indagare su tali attività e avviare azioni penali. Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che la loro competenza giurisdizionale includa le situazioni in cui un reato è commesso per mezzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione dal loro territorio, indipendentemente dal fatto che tali tecnologie siano basate o meno sul loro territorio. (18) Ai sensi della decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio (7) e della decisione 2002/187/GAI del Consiglio (8), le autorità competenti di due o più Stati membri che conducono procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona devono, con l’assistenza di Eurojust, effettuare consultazioni dirette reciproche, in particolare per garantire che siano perseguiti tutti i reati di cui alla presente direttiva. (19) Per garantire il buon esito delle indagini e dell’azione penale avverso i reati di riciclaggio, è opportuno che i responsabili dell’indagine o dell’azione penale avverso tali reati abbiano la possibilità di ricorrere a strumenti di indagine efficaci, come quelli usati nella lotta contro la criminalità organizzata o altri reati gravi. È così opportuno garantire la disponibilità di un organico sufficiente, di misure di formazione mirate, di risorse e di una capacità tecnologica aggiornata. Il ricorso a tali strumenti, conformemente al diritto nazionale, dovrebbe essere mirato e tenere conto del principio di proporzionalità nonché della natura e della gravità dei reati oggetto d’indagine e dovrebbe rispettare il diritto alla protezione dei dati personali. (20) La presente direttiva sostituisce alcune disposizioni della decisione quadro 2001/500/GAI per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva. (21) La presente direttiva rispetta i principi sanciti dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE), i diritti e le libertà fondamentali e i principi riconosciuti, nello specifico, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, inclusi quelli di cui ai titoli II, III, V e VI che comprendono, tra l’altro, il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, i principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, tra cui l’esigenza di precisione, chiarezza e prevedibilità del diritto penale, la presunzione d’innocenza, così come i diritti degli indagati e degli imputati ad avere accesso a un difensore, il diritto di non autoincriminarsi e il diritto a un processo equo. Occorre attuare la presente direttiva conformemente a tali diritti e principi, tenendo conto anche della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e degli altri obblighi di diritto internazionale in materia di diritti umani. (22) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire assoggettare il riciclaggio a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in tutti gli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti della presente direttiva, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 TUE. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (23) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, il Regno Unito e l’Irlanda non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione. (24) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. La decisione quadro 2001/500/GAI continua a essere vincolante e applicabile alla Danimarca, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. La presente direttiva stabilisce norme minime relative alla definizione dei reati e alle sanzioni in materia di riciclaggio. 2. La presente direttiva non si applica al riciclaggio riguardante beni derivanti da reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, che è soggetto alle norme specifiche stabilite dalla direttiva (UE) 2017/1371. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: 1) «attività criminosa» : qualsiasi tipo di coinvolgimento criminale nella commissione di un qualsiasi reato punibile, conformemente al diritto nazionale, con una pena detentiva o con una misura privativa della libertà di durata massima superiore a un anno ovvero, per gli Stati membri il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, di un qualsiasi reato punibile con una pena detentiva o con una misura privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi. In ogni caso, i reati che rientrano nelle categorie seguenti sono considerati un’attività criminosa: a) partecipazione a un gruppo criminale organizzato e al racket, compreso qualsiasi reato di cui alla decisione quadro 2008/841/GAI; b) terrorismo, compreso qualsiasi reato di cui alla direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio (9); c) tratta di esseri umani e traffico di migranti, compreso qualsiasi reato di cui alla direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e alla decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio (11); d) sfruttamento sessuale, compreso qualsiasi reato di cui alla direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12); e) traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, compreso qualsiasi reato di cui alla decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio (13); f) traffico illecito di armi; g) traffico illecito di beni rubati e altri beni; h) corruzione, compreso qualsiasi reato di cui alla convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (14) e alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio (15); i) frode, compreso qualsiasi reato di cui alla decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio (16); j) falsificazione di moneta, compreso qualsiasi reato di cui alla direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (17); k) contraffazione e pirateria di prodotti; l) reati ambientali, compreso qualsiasi reato di cui alla direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (18) o alla direttiva 2009/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (19); m) omicidio, lesioni fisiche gravi; n) rapimento, sequestro di persona e presa di ostaggi; o) rapina o furto; p) contrabbando; q) reati fiscali relativi a imposte dirette e indirette, conformemente al diritto nazionale; r) estorsione; s) contraffazione; t) pirateria; u) abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, compreso qualsiasi reato di cui alla direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (20); v) criminalità informatica, compreso qualsiasi reato di cui alla direttiva 2013/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (21); 2) «beni»: i beni di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, tangibili o intangibili, e i documenti o gli strumenti giuridici in qualsiasi forma, compresa quella elettronica o digitale, che attestano il diritto di proprietà o altri diritti sui beni medesimi; 3) «persona giuridica»: soggetto avente personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 3 Reati di riciclaggio 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le condotte seguenti, qualora poste in atto intenzionalmente, siano punibili come reati: a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo nella consapevolezza che i beni provengono da un’attività criminosa, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche della propria condotta; b) l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, della provenienza, dell’ubicazione, della disposizione, del movimento, della proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi nella consapevolezza che i beni provengono da un’attività criminosa; c) l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni nella consapevolezza, al momento della loro ricezione, che i beni provengono da un’attività criminosa. 2. Gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per garantire che le condotte di cui al paragrafo 1 siano punibili come reato se l’autore sospettava o avrebbe dovuto essere a conoscenza che i beni provenivano da un’attività criminosa. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che: a) l’esistenza di una condanna precedente o simultanea per l’attività criminosa da cui provengono i beni non sia un requisito essenziale per una condanna per i reati di cui ai paragrafi 1 e 2; b) una condanna per i reati di cui ai paragrafi 1 e 2 sia possibile qualora si accerti che i beni provengono da un’attività criminosa, senza che sia necessario determinare tutti gli elementi fattuali o tutte le circostanze relative a tale attività criminosa, compresa l’identità dell’autore; c) i reati di cui ai paragrafi 1 e 2 si estendano ai beni provenienti da una condotta che ha avuto luogo nel territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo, qualora tale condotta costituisca un’attività criminosa se posta in atto nel territorio nazionale. 4. Nel caso di cui al paragrafo 3, lettera c), del presente articolo, gli Stati membri possono altresì esigere che la condotta in questione costituisca reato ai sensi del diritto nazionale dell’altro Stato membro o del paese terzo in cui la condotta è posta in atto, tranne nel caso in cui tale condotta rientri fra i reati di cui all’articolo 2, punto 1), lettere da a) ad e) e h), e definiti dal diritto applicabile dell’Unione. 5. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la condotta di cui al paragrafo 1, lettere a) e b), sia punibile come reato qualora sia posta in atto da persone che hanno commesso l’attività criminosa da cui provengono i beni o che vi hanno partecipato. Articolo 4 Concorso, istigazione e tentativo Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il concorso, l’istigazione e il tentativo in relazione a uno dei reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, siano punibili come reati. Articolo 5 Sanzioni per le persone fisiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli 3 e 4 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, siano punibili con una pena detentiva massima non inferiore a quattro anni. 3. Gli Stati membri adottano altresì le misure necessarie affinché le persone fisiche che hanno commesso i reati di cui agli articoli 3 e 4 siano, se del caso, sottoposte a sanzioni o misure addizionali. Articolo 6 Circostanze aggravanti 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, in relazione ai reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, e all’articolo 4, le circostanze seguenti siano considerate aggravanti: a) il reato è stato commesso nell’ambito di un’organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI; o b) l’autore del reato è un soggetto obbligato ai sensi dell’articolo 2 della direttiva (UE) 2015/849, e ha commesso il reato nell’esercizio della sua attività professionale. 2. Gli Stati membri possono stabilire che, in relazione ai reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, e all’articolo 4, le circostanze seguenti siano considerate aggravanti: a) i beni riciclati hanno un valore considerevole; o b) i beni riciclati provengono da uno dei reati di cui all’articolo 2, punto 1), lettere da a) ad e) e h). Articolo 7 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili per i reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, e all’articolo 4 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica e detenga una posizione dirigenziale in seno alla persona giuridica stessa, su qualsiasi delle seguenti basi: a) un potere di rappresentanza della persona giuridica; b) la facoltà di adottare decisioni per conto della persona giuridica; o c) la facoltà di esercitare il controllo in seno alla persona giuridica. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili qualora la carenza di sorveglianza o controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione di uno dei reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, e all’articolo 4 a vantaggio di tale persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non preclude la possibilità di avviare procedimenti penali nei confronti delle persone fisiche che sono autori, istigatori o complici di uno dei reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, e all’articolo 4. Articolo 8 Sanzioni applicabili alle persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile a norma dell’articolo 7 sia punibile con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendano sanzioni pecuniarie penali o non penali e che possano comprendere altre sanzioni, quali: a) esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico; b) esclusione temporanea o permanente dall’accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni; c) interdizione temporanea o permanente di esercitare un’attività commerciale; d) assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; e) provvedimenti giudiziari di liquidazione; f) chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato. Articolo 9 Confisca Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che, se del caso, le loro autorità competenti congelino o confischino, in conformità della direttiva 2014/42/UE, i proventi derivati dall’atto di commettere o di contribuire alla commissione di uno dei reati di cui alla presente direttiva e i beni strumentali utilizzati o destinati a essere utilizzati a tal fine. Articolo 10 Giurisdizione 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 nei seguenti casi: a) il reato è commesso, anche solo parzialmente, nel suo territorio; b) l’autore del reato è un suo cittadino. 2. Uno Stato membro informa la Commissione in merito alla decisione di estendere la propria giurisdizione ai reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi al di fuori del suo territorio quando: a) l’autore del reato risiede abitualmente nel suo territorio; b) il reato è commesso a vantaggio di una persona giuridica stabilita nel suo territorio. 3. Se un reato di cui agli articoli 3 e 4 rientra nella giurisdizione di più Stati membri, ciascuno dei quali sia legittimato a esercitare l’azione penale in relazione ai medesimi fatti, gli Stati membri in questione collaborano per stabilire quale di essi perseguirà l’autore del reato, al fine di accentrare l’azione penale in un unico Stato membro. Si deve tenere conto dei seguenti fattori: a) il territorio dello Stato membro in cui è stato commesso il reato; b) la cittadinanza o la residenza dell’autore del reato; c) il paese d’origine della vittima o delle vittime; e d) il territorio in cui è stato rinvenuto l’autore del reato. Se del caso, e conformemente all’articolo 12 della decisione quadro 2009/948/GAI, la questione è deferita a Eurojust. Articolo 11 Strumenti investigativi Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone, le unità o i servizi incaricati delle indagini o dell’azione penale per i reati di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 5, e all’articolo 4 dispongano di strumenti di indagine efficaci, quali quelli utilizzati nella lotta contro la criminalità organizzata o altre forme gravi di criminalità. Articolo 12 Sostituzione di talune disposizioni della decisione quadro 2001/500/GAI L’articolo 1, lettera b), e l’articolo 2 della decisione quadro 2001/500/GAI sono sostituiti in relazione agli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, fatti salvi gli obblighi di tali Stati membri relativi ai termini per il recepimento della decisione quadro nel diritto nazionale. In relazione agli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, i riferimenti alle disposizioni della decisione quadro 2001/500/GAI di cui al primo comma si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 13 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 dicembre 2020. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 14 Relazione Entro il 3 dicembre 2022, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta in quale misura gli Stati membri abbiano adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Entro il 3 dicembre 2023, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta il valore aggiunto della presente direttiva per quanto riguarda la lotta al riciclaggio, come anche il suo impatto sui diritti e le libertà fondamentali. Sulla base di tale relazione, la Commissione presenta, se necessario, una proposta legislativa volta a modificare la presente direttiva. La Commissione tiene conto delle informazioni fornite dagli Stati membri. Articolo 15 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 16 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 23 ottobre 2018 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio Il presidente K. EDTSTADLER (1) Posizione del Parlamento europeo del 12 settembre 2018 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’11 ottobre 2018. (2) Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 73). (3) Decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato (GU L 182 del 5.7.2001, pag. 1). (4) Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29). (5) Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 39). (6) Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell’11.11.2008, pag. 42). (7) Decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali (GU L 328 del 15.12.2009, pag. 42). (8) Decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1). (9) Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6). (10) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1). (11) Decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU L 328 del 5.12.2002, pag. 1). (12) Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1). (13) Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti (GU L 335 dell’11.11.2004, pag. 8). (14) Atto del Consiglio del 26 maggio 1997 che stabilisce, sulla base dell’articolo K.3, paragrafo 2, lettera c) del trattato sull’Unione europea la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (GU C 195 del 25.6.1997, pag. 1). (15) Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54). (16) Decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti (GU L 149 del 2.6.2001, pag. 1). (17) Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1). (18) Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente (GU L 328 del 6.12.2008, pag. 28). (19) Direttiva 2009/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni (GU L 280 del 27.10.2009, pag. 52). (20) Direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato) (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 179). (21) Direttiva 2013/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 agosto 2013, relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione e che sostituisce la decisione quadro 2005/222/GAI del Consiglio (GU L 218 del 14.8.2013, pag. 8).
Lotta al riciclaggio mediante il diritto penale QUAL È L’OBIETTIVO DI QUESTA DIRETTIVA? Essa definisce le attività criminose e le sanzioni nell’ambito del riciclaggio di denaro allo scopo di:agevolare la cooperazione di polizia e giudiziaria tra gli Stati membri dell’Unione europea (Unione);evitare che i criminali possano approfittare di ordinamenti giuridici più favorevoli. Essa è volta a qualificare come reato il riciclaggio di denaro qualora sia commesso intenzionalmente e con la consapevolezza che i beni* derivano da un’attività criminosa. Essa consente inoltre agli Stati membri di considerare reato il riciclaggio di denaro se l’autore sospettava o avrebbe dovuto essere a conoscenza che i beni provenivano da un’attività criminosa. PUNTI CHIAVE Attività criminoseLe seguenti attività, qualora attuate intenzionalmente, sono considerate attività criminose:trasferimento o conversione di beni (di qualsiasi tipo), effettuati nella consapevolezza che provengono da un’attività criminosa, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche della propria condotta;occultamento o dissimulazione della reale natura, della provenienza, dell’ubicazione, della disposizione, del movimento, della proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi nella consapevolezza che i beni provengono da un’attività criminosa;acquisto, detenzione o utilizzazione di beni nella consapevolezza, al momento della loro ricezione, che provengono da un’attività criminosa;concorso, istigazione e tentativo in relazione a tali reati.Attività criminose (o «reati-presupposto»)Ai sensi della presente direttiva, le condotte seguenti sono considerate attività criminose, ovvero relative a reati di riciclaggio di denaro:qualsiasi tipo di coinvolgimento criminale nella commissione di un qualsiasi reato punibile, conformemente al diritto nazionale, con la carcerazione o una pena detentiva di durata minima superiore ai sei mesi o di una durata massima di oltre un anno;per quanto riguarda i reati che non rientrano nelle categorie sopraindicate, i reati che rientrano in un elenco di 22 categorie designate di reati, compresi i reati definiti dalla legislazione dell’Unione individuati dalla presente direttiva.Fattori supplementariI reati si estendono ai beni provenienti da un’attività che ha avuto luogo nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione o di un paese terzo, dove sarebbe considerata un’attività criminosa se fosse avvenuta nel territorio nazionale. Gli Stati membri devono garantire che le persone che hanno commesso l’attività criminosa o che vi hanno partecipato vengano punite. I fattori supplementari comprendono:la responsabilità penale si estende anche agli autori che riciclano i proventi derivanti dalla propria attività criminosa («autoriciclaggio»);l’esistenza di una condanna precedente o simultanea per l’attività criminosa da cui provengono i beni non è un requisito essenziale per una condanna per i reati di riciclaggio di denaro;la possibilità di condannare senza che sia necessario determinare tutti gli elementi fattuali relativi all’attività criminosa, compresa l’identità dell’autore.Circostanze aggravanti che rendono più gravi i reatiEsse comprendono i casi in cui:il reato è stato commesso nell’ambito di un’organizzazione criminale come definito nella decisione quadro 2008/841/GAI;l’autore ha commesso il reato nell’esercizio delle proprie attività professionali nel ruolo di «soggetto obbligato» come definito nell’articolo 2 della direttiva (UE) 2015/849 (si veda la sintesi). Gli Stati membri possono inoltre decidere di ritenere le seguenti quali circostanze aggravanti:i beni riciclati hanno un valore considerevole;i beni riciclati provengono da reati di partecipazione al racket, terrorismo, tratta di esseri umani, traffico di stupefacenti o corruzione.Pene e sanzioniLe sanzioni penali devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri devono imporre una pena detentiva massima non inferiore a quattro anni e, se del caso, applicare sanzioni o misure supplementari, comprese le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili, quali ad esempio:esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche;esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici, comprese procedure di gara, sovvenzioni e concessioni;interdizione all’esercizio di un’attività commerciale;sorveglianza giudiziaria;provvedimenti giudiziari di liquidazione;chiusura dei locali usati per commettere il reato;congelamento o confisca dei beni in questione.Pacchetto legislativoLa direttiva fa parte di un pacchetto legislativo che comprende il regolamento (UE) 2018/1672 sui controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione, integra e rafforza l’applicazione della direttiva (UE) 2015/849 sulla prevenzione dell’abuso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.Strumenti investigativi e cooperazioneGli Stati membri devono garantire che strumenti investigativi efficaci, come quelli utilizzati nella lotta alla criminalità organizzata o altri reati gravi, siano a disposizione dei responsabili delle indagini o della persecuzione dei reati. La direttiva rimuove inoltre gli ostacoli alla cooperazione giudiziaria e di polizia tra gli Stati membri chiarendo quale paese detiene la competenza, e in che modo i paesi cooperano, nonché come coinvolgere Eurojust.Riciclaggio di denaro che lede gli interessi finanziari dell’UnioneLa direttiva (UE) 2017/1371 stabilisce le norme in materia di attività criminose e sanzioni penali per combattere la frode e altre attività illecite che ledono gli interessi finanziari dell’Unione (si veda la sintesi). Tra tali attività figura il riciclaggio di denaro. L’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 che istituisce la Procura europea (EPPO) (si veda la sintesi), le conferisce poteri in merito alle attività criminose che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stabiliti nella direttiva (UE) 2017/1371. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 2 dicembre 2018 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 3 dicembre 2020. CONTESTO La direttiva è inoltre associata alla legislazione relativa:alla lotta contro la frode; alla lotta contro il terrorismo; alla prevenzione dell’abuso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo; alle sanzioni penali contro la falsificazione monetaria; al congelamento e alla confisca dei proventi da reato. TERMINI CHIAVE Beni: beni di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, tangibili o intangibili, e i documenti o gli strumenti giuridici in qualsiasi forma, compresa quella elettronica o digitale, che attestano il diritto di proprietà o altri diritti sui beni medesimi. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale (GU L 284 del 12.11.2018, pag. 22). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 138). Regolamento (UE) 2018/1672 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione o in uscita dall’Unione e che abroga il regolamento (CE) n. 1889/2005 (GU L 284 del 12.11.2018, pag. 6). Le modifiche successive al regolamento (UE) 2018/1672 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29). Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6). Si veda la versione consolidata. Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 73). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1). Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 39). Si veda la versione consolidata. Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell’11.11.2008, pag. 42).
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 4 novembre 2008 relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (2009/102/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con decisione 2009/103/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco all’Ungheria. (2) Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti l’Ungheria deve far fronte ad un fabbisogno di finanziamento esterno importante per il 2008 e il 2009 stimato in circa 20 miliardi di EUR, dato che a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e finanziario potrebbero registrare un importante deterioramento, con un accelerazione dei flussi netti in uscita dei portafogli di capitali. (3) È opportuno fornire all’Ungheria un sostegno comunitario fino a 6,5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che è stato istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. È opportuno che tale assistenza sia fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale di 10,5 miliardi di DSP (circa 12,5 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 novembre 2008. Anche la Banca mondiale ha accettato di fornire all’Ungheria un prestito di 1 miliardo di EUR. (4) È opportuno che l’assistenza sia gestita dalla Commissione, la quale, previa consultazione del CEF, dovrebbe convenire con le autorità ungheresi le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario. Tali condizioni dovrebbero essere fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie dovrebbero essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (5) È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Ungheria ed in questo modo contribuire all’attuazione del programma di politica economica del governo nell'ambito delle attuali condizioni economiche e finanziarie, DECIDE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione dell’Ungheria un prestito di medio termine per un importo massimo di 6,5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di cinque anni. 2. Questo sostegno finanziario della Comunità copre un periodo di due anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. La Commissione gestisce l'assistenza in modo coerente con gli impegni dell’Ungheria e con le raccomandazioni del Consiglio, in particolare nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme, del programma di convergenza e della procedura relativa ai disavanzi eccessivi. 2. La Commissione concorda con le autorità ungheresi, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare l’assistenza finanziaria come previsto all’articolo 3, paragrafo 4. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Le condizioni finanziarie devono essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 3. La Commissione, in collaborazione con il CEF, verifica periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o la ristrutturazione delle condizioni finanziarie. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione il sostegno finanziario comunitario all’Ungheria in un massimo di cinque quote, la cui entità è fissata nel memorandum d’intesa. 2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa, nonché sulla base della proposta del Parlamento ungherese di modifiche legislative del progetto preliminare del bilancio 2009, che mira a raggiungere un deficit del 2,6 % del PIL e che comprende le misure di previsione degli obiettivi di bilancio. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione, dopo aver ottenuto il parere del CEF, decide in merito allo svincolo delle quote successive. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo ungherese rafforzato dall'accordo dell’FMI e incluso altresì nel prossimo programma di convergenza dell’Ungheria ed in particolare nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa. Tali condizioni politiche dovrebbero includere, tra l'altro: a) i progressi nel risanamento di bilancio previsto dal governo nell'ambito del nuovo programma che è in linea con la raccomandazione del Consiglio a titolo della procedura per i disavanzi eccessivi del 10 ottobre 2006, nonché con il parere del Consiglio del novembre 2007 relativo all’aggiornamento del programma di convergenza, con particolare riguardo agli obiettivi in materia di disavanzo per il 2009; b) misure specifiche di controllo della spesa sottostanti il programmato processo di risanamento; c) progressi nel processo di riforma della governance di bilancio attraverso il rafforzamento del quadro istituzionale e l'introduzione a medio termine di norme fiscali sulla falsariga del progetto preliminare attualmente in discussione dinanzi al Parlamento ungherese; d) riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario e miglioramento della capacità delle autorità di affrontare efficacemente questioni relative alla solvibilità e alla liquidità; e e) altre riforme strutturali sostenute nel contesto della strategia di Lisbona, come il rafforzamento degli incentivi a lavorare al fine di sostenere l’occupazione e contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine. La Repubblica di Ungheria è destinataria della presente decisione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 4 novembre 2008. Per il Consiglio Il presidente A. VONDRA (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.
Sostegno finanziario all’Ungheria QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito un sostegno finanziario all’Ungheria tra il 2008 e il 2010, sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002 che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel novembre 2008, l’UE ha stabilito che l’Ungheria avrebbe dovuto ricevere 20 miliardi di EUR per il periodo 2008-2009. Il finanziamento è stato erogato da: UE: 6,5 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti; Fondo monetario internazionale (FMI): circa 12,5 miliardi di euro; Banca mondiale: 1 miliardo di euro. In cambio dei prestiti, l’Ungheria ha accettato di fare progressi: nel consolidamento fiscale* e nel controllo delle spese; nella riforma della governance di bilancio; nella stabilità dei prezzi; nella stabilità del settore bancario; nelle riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario; in varie riforme strutturali. Complessivamente l’Ungheria ha ricevuto 5,5 miliardi di euro dall’UE e 8,7 miliardi di euro dall’FMI. Non ha richiesto il sostegno della Banca mondiale. Con la fine del programma nel novembre 2010, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese. La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che l’Ungheria aveva rimborsato più del 70 % del prestito dell’UE. Nel novembre 2011, l’Ungheria ha chiesto una seconda tornata di aiuti finanziari all’UE ma alla fine non si sono rivelati necessari perché il paese è stato in grado di finanziarsi da solo sui mercati internazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 5 novembre 2008. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. L’Ungheria ha avanzato una prima richiesta di assistenza nell’ottobre 2008 in seguito a gravi turbolenze sui mercati e alle difficoltà del governo a rifinanziare il proprio debito. Per ulteriori informazioni, consultare: «Assistenza per la bilancia dei pagamenti all’Ungheria» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Consolidamento fiscale: il processo di riduzione del disavanzo pubblico e dell’accumulo del debito. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/102/CE del Consiglio, del 4 novembre 2008, relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (GU L 37 del 6.2.2009, pagg. 5-6) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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DECISIONE 2014/486/PESC DEL CONSIGLIO del 22 luglio 2014 relativa alla missione consultiva dell'Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 14 aprile 2014 il Consiglio ha manifestato la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, sostegno della polizia e stato di diritto, nonché ad elaborare un quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina, che esamini tutte le opzioni, anche attraverso un'eventuale missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). (2) L'8 maggio 2014 il ministro degli esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale esprime interesse per lo schieramento di una missione in ambito PSDC in Ucraina. (3) Il 12 maggio 2014 il Consiglio ha ribadito la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, ha salutato con favore il quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina e ha affidato al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il compito di preparare un concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale missione civile in ambito PSDC. Ha inoltre sottolineato l'importanza del coordinamento e della complementarità con l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e altri soggetti internazionali. (4) Il 23 giugno 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle riforme del settore della sicurezza civile. (5) L'11 luglio 2014, il ministro degli Esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'AR nella quale accetta lo schieramento di una missione in ambito CSDP. (6) L'EUAM Ucraina sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L'Unione conduce una missione consultiva per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) per assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, compresa polizia e stato di diritto. Articolo 2 Mandato 1. A sostegno degli impegni assunti dall'Ucraina per le riforme del settore della sicurezza, la missione civile in ambito PSDC senza compiti esecutivi offre ai competenti organi ucraini tutoraggio e consulenza per elaborare rinnovate strategie in materia di sicurezza e mettere quindi in atto opportuni sforzi di riforma globali e coerenti, al fine di: — creare un quadro concettuale per la pianificazione e l'attuazione di riforme che porti a servizi di sicurezza sostenibili in grado di garantire lo stato di diritto, in modo tale da contribuire a rafforzarne la legittimità e accrescere la fiducia dell'opinione pubblica, nel pieno rispetto dei diritti umani e coerentemente con il processo di riforma costituzionale, — riorganizzare e ristrutturare i servizi di sicurezza in modo da ripristinare il controllo e la responsabilità su di essi. Al fine di raggiungere i suoi obiettivi, l'EUAM Ucraina opera secondo i parametri definiti nel concetto di gestione della crisi (CMC) approvato dal Consiglio il 23 giugno 2014 e nei documenti del piano operativo. 2. Nell'ambito del proprio mandato iniziale la missione presta assistenza nel processo operativo della riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la rapida preparazione e attuazione delle misure di riforma. Articolo 3 Catena di comando e struttura 1. L'EUAM Ucraina dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi. 2. Il comando dell'EUAM Ucraina è situato a Kiev. 3. L'EUAM Ucraina è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione. Articolo 4 Pianificazione e avvio dell'EUAM Ucraina 1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina, non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale. 2. Il nucleo avanzato dell'EUAM Ucraina ha il compito di preparare l'installazione della missione dal punto di vista logistico, infrastrutturale e della sicurezza, nonché fornire gli elementi necessari alla preparazione dei documenti del piano operativo e della seconda scheda finanziaria. Articolo 5 Comandante civile dell'operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina. La CPCC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUAM Ucraina. 2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina. 3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale. 6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo. 2. Il capomissione rappresenta l'EUAM Ucraina per quanto di sua competenza. Il capomissione può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUAM Ucraina, sotto la sua responsabilità generale. 3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUAM Ucraina, anche per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione della missione. 4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE. Articolo 7 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUAM Ucraina. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma del TUE. Tale autorizzazione include in particolare la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e modificare il concetto delle operazioni (CONOPS) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUAM Ucraina restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni che rientrano nelle loro rispettive aree di competenza. Articolo 8 Personale 1. Il personale dell'EUAM Ucraina è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere. 2. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 3. L'EUAM Ucraina può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUAM Ucraina e i membri del personale interessati. Articolo 9 Status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale Lo status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUAM Ucraina, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUAM Ucraina, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dall'Ucraina, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUAM Ucraina. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUAM Ucraina hanno diritti ed obblighi identici a quelli degli Stati membri, in termini di gestione quotidiana della missione EUAM Ucraina. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUAM Ucraina. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUAM Ucraina a norma dell'articolo 5. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUAM Ucraina e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUAM Ucraina, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE. 3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE. 4. In materia di sicurezza il personale dell'EUAM Ucraina riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di schieramento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento nel teatro delle operazioni, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (1). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l'EUAM Ucraina. Articolo 13 Disposizioni giuridiche L'EUAM Ucraina ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione. Articolo 14 Disposizioni finanziarie 1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUAM Ucraina fino al 30 novembre 2014 è pari a 2 680 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. La partecipazione di persone fisiche e giuridiche all'aggiudicazione di contratti d'appalto da parte dell'EUAM Ucraina è aperta senza limitazioni. Inoltre, non si applica alcuna regola di origine per i beni acquistati dall'EUAM Ucraina. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUAM Ucraina. 3. L'EUAM Ucraina è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine la missione EUAM Ucraina firma un accordo con la Commissione. 4. Fatte salve le disposizioni sullo status dell'EUAM Ucraina e del suo personale, l'EUAM Ucraina è competente per eventuali richieste di indennizzo e obblighi derivanti dall'attuazione del mandato, fatta eccezione per eventuali richieste di indennizzo in relazione a una colpa grave del capomissione, di cui quest'ultimo si assume la responsabilità. 5. L'attuazione delle disposizioni finanziarie non pregiudica la catena di comando di cui agli articoli 4, 5 e 6 e i requisiti operativi dell'EUAM Ucraina, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre. 6. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3. Articolo 15 Cellula di progetto 1. L'EUAM Ucraina dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUAM Ucraina agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all'EUAM Ucraina e a sostegno dei suoi obiettivi. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUAM Ucraina è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUAM Ucraina, se il progetto è: — è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione, o — è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione. L'EUAM Ucraina conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati. Né l'Unione né l'AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a disposizione da tali Stati. 3. I contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi sono soggetti ad accettazione da parte del CPS. Articolo 16 Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione 1. L'AR garantisce la coerenza nell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Ucraina al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Ucraina. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Kiev impartisce al capo della missione EUAM Ucraina direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUAM Ucraina e il capo delegazione a Kiev procedono a consultazioni. 3. È instaurata una cooperazione tra l'EUAM Ucraina e la missione dell'UE di assistenza alle frontiere per i valichi Moldova/Ucraina (EUBAM Moldova/Ucraina). 4. Inoltre, è opportuno ricercare una cooperazione sistematica, un coordinamento e una complementarietà con le attività di altri partner internazionali, in particolare con l'OSCE, al fine di garantire un'azione efficace. Articolo 17 Comunicazione di informazioni 1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUAM Ucraina, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUAM Ucraina, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 del regolamento interno del Consiglio (2). 4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione e/o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE. Articolo 18 Revisione strategica Il mandato iniziale dell'EUAM Ucraina ha una durata di due anni. Una revisione strategica è effettuata un anno dopo l'avvio della missione. Articolo 19 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione. Essa si applica per un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUAM Ucraina. Fatto a Bruxelles, il 22 luglio 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio del 1o dicembre 2009 relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Autorizza una missione consultiva dell’UE per assistere l’Ucraina nella riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la polizia e lo stato di diritto. PUNTI CHIAVE Mandato L’EUAM Ucraina è una missione civile di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) che offre tutoraggio e consulenza agli organi ucraini competenti al fine di:fornire consulenza strategica sulla riforma del settore della sicurezza civile per sviluppare strategie nel settore della sicurezza civile; sostenere l’attuazione delle riforme con consulenze pratiche, formazione e progetti; fornire cooperazione e coordinamento per assicurare che gli sforzi di riforma siano concertati con gli attori ucraini e internazionali.Priorità L’EUAM ha 5 priorità:gestione delle risorse umane; indagine giudiziaria; ordine pubblico; polizia di prossimità; chiarimento delle competenze.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante dell’operazione civile (CivOpCdr). Egli:comanda e controlla la missione sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza;riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è:responsabile dell’EUAM Ucraina in loco e ne esercita il comando e il controllo;direttamente responsabile nei confronti del COC e agisce secondo le sue istruzioni;si coordina con la delegazione dell’UE in Ucraina per garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Ucraina. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 1° dicembre 2014. La validità della decisione è stata estesa fino al 31 maggio 2024. CONTESTO EUAM Ucraina (Servizio europeo per l’azione esterna) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2014/486/PESC del Consiglio, del 22 luglio 2014, relativa alla missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (GU L 217 del 23.7.2014, pag. 42). Le successive modifiche alla decisione 2014/486/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (PESC) 2019/992 del comitato politico e di sicurezza, del 4 giugno 2019, relativa alla nomina del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM Ucraina/1/2019) (GU L 160 del 18.6.2019, pag. 24). Decisione (PESC) 2018/1662 del comitato politico e di sicurezza, del 25 ottobre 2018, che proroga il mandato del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM UCRAINA/1/2018) (GU L 278 dell’ 8.11.2018, pag. 18).
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REGOLAMENTO (CE) N. 450/2009 DELLA COMMISSIONE del 29 maggio 2009 concernente i materiali attivi e intelligenti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, lettere h), i), l), m) ed n), previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1935/2004 stabilisce che i materiali e oggetti attivi e intelligenti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (di seguito denominati «materiali e oggetti attivi e intelligenti») rientrano nel suo ambito di applicazione. Di conseguenza, l’insieme delle sue disposizioni riguardanti materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari si applicano anche ai materiali e articoli attivi e intelligenti. Si applicano inoltre ai medesimi anche altre misure comunitarie, quali la direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001 relativa alla sicurezza generale dei prodotti (2) e le sue misure d’esecuzione, nonché la direttiva 87/357/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori (3). (2) Il regolamento (CE) n. 1935/2004 stabilisce i principi generali destinati ad eliminare le differenze tra le legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda i materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. L’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento prevede la possibilità di adottare misure specifiche per alcuni gruppi di materiali e oggetti e descrive in modo particolareggiato la procedura da seguire per autorizzare sostanze a livello comunitario, quando una misura specifica preveda un elenco di sostanze autorizzate. (3) Alcune regole applicabili ai materiali e oggetti attivi e intelligenti sono stabilite nel regolamento (CE) n. 1935/2004. Tale regolamento prevede in particolare, per le sostanze attive rilasciate, l’osservanza delle disposizioni comunitarie e nazionali sui prodotti alimentari e l’etichettatura. È opportuno definire regole specifiche in una misura specifica. (4) Il presente regolamento costituisce una misura specifica ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1935/2004. Esso deve definire le norme specifiche per i materiali e oggetti attivi e intelligenti in aggiunta alle norme generali stabilite nel regolamento (CE) n. 1935/2004 per garantirne l’impiego in condizioni di sicurezza. (5) Esistono numerosi tipi di materiali e oggetti attivi e intelligenti. Le sostanze che svolgono la funzione attiva e/o intelligente possono trovarsi in un contenitore separato, ad esempio in un sacchetto di carta, o essere direttamente incorporate nel materiale di imballaggio, ad esempio nella plastica di una bottiglia di plastica. Queste sostanze che consentono ai materiali e oggetti di esercitare una funzione attiva e/o intelligente («i componenti») devono essere valutate conformemente al presente regolamento. Le parti passive, come il contenitore, l’imballaggio in cui il contenitore è posto e il materiale di imballaggio nel quale la sostanza è incorporata, devono essere disciplinate dalle disposizioni comunitarie o nazionali specifiche applicabili ai materiali e oggetti in questione. (6) I materiali e oggetti attivi e intelligenti possono essere composti di uno o più strati o parti di vari tipi di materiali (plastica, carta, cartoni, rivestimenti, vernici, ecc.). In alcuni casi i requisiti relativi a questi materiali sono pienamente armonizzati a livello comunitario, in altri casi solo parzialmente o affatto. Le regole stabilite nel presente regolamento devono lasciare impregiudicate le disposizioni comunitarie o nazionali relative a tali materiali. (7) È opportuno valutare la sostanza o, eventualmente, la combinazione di sostanze che costituiscono i componenti al fine di garantire la loro sicurezza e il rispetto dei requisiti stabiliti dal regolamento (CE) n. 1935/2004. In alcuni casi può risultare necessario valutare e autorizzare una combinazione di sostanze, quando la funzione attiva o intelligente implica interazioni tra varie sostanze che portano a un miglioramento della funzione o alla produzione di nuove sostanze svolgenti la funzione attiva e intelligente. (8) Il regolamento (CE) n. 1935/2004 stabilisce che, quando misure specifiche comprendono un elenco di sostanze autorizzate nella Comunità per la fabbricazione di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, la sicurezza di queste sostanze deve essere oggetto di una previa valutazione. (9) È opportuno che la persona interessata all’immissione sul mercato di materiali e oggetti attivi e intelligenti o di componenti, vale a dire il richiedente, fornisca tutte le informazioni necessarie alla valutazione della sicurezza della sostanza o, se necessario, della combinazione di sostanze che formano il componente. (10) La valutazione della sicurezza della sostanza o della combinazione di sostanze che formano un componente deve essere effettuata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (di seguito denominata «l’Autorità»), dopo la presentazione di una domanda valida a norma degli articoli 9 e 10 del regolamento (CE) n. 1935/2004. Affinché il richiedente sia informato sui dati da fornire per la valutazione della sicurezza, l’Autorità deve pubblicare orientamenti particolareggiati relativi all’elaborazione e alla presentazione della domanda. Per permettere di controllare la corretta applicazione di eventuali restrizioni, è necessario che il richiedente presenti un metodo analitico adeguato per l’individuazione e la quantificazione delle sostanze. L’Autorità deve valutare se il metodo analitico è tale da garantire l’osservanza di eventuali restrizioni. (11) È opportuno che la valutazione della sicurezza di una sostanza specifica o di una combinazione di sostanze sia seguita da una decisione di gestione dei rischi volta a determinare se è opportuno procedere all’iscrizione nell’elenco comunitario delle sostanze la cui utilizzazione è autorizzata in componenti attivi e intelligenti (l’elenco comunitario). Tale decisione deve essere adottata conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1935/2004, che garantisce una stretta collaborazione tra la Commissione e gli Stati membri. (12) L’elenco comunitario deve comprendere l’identità, le condizioni di utilizzazione, le restrizioni e/o specificazioni della sostanza o della combinazione di sostanze ed eventualmente del componente o del materiale o dell’oggetto cui sono aggiunte o incorporate. L’identità di una sostanza deve comprendere almeno la denominazione e, se sono disponibili e necessari, i numeri CAS, le dimensioni delle particelle, la composizione o altre specificazioni. (13) I materiali e oggetti attivi possono contenere deliberatamente sostanze destinate a essere rilasciate nei prodotti alimentari. Considerando che queste sostanze sono aggiunte ai prodotti alimentari intenzionalmente, esse devono essere utilizzate solo nelle condizioni previste dalle disposizioni comunitarie o nazionali che ne disciplinano l’impiego nei prodotti alimentari. Se le disposizioni comunitarie o nazionali prevedono l’autorizzazione della sostanza, la sostanza e la sua utilizzazione devono soddisfare i requisiti dell’autorizzazione posti dalla specifica normativa alimentare, ad esempio la normativa sugli additivi alimentari. Additivi ed enzimi alimentari potrebbero anche essere innestati o immobilizzati sul materiale ed esercitare una funzione tecnologica nei prodotti alimentari. Queste applicazioni sono soggette alla normativa sugli additivi ed enzimi alimentari e devono quindi essere trattate nello stesso modo delle sostanze attive rilasciate. (14) I sistemi di imballaggio intelligenti forniscono all’utente informazioni sulle condizioni dei prodotti alimentari e non devono rilasciare i loro elementi costitutivi in tali prodotti. I sistemi intelligenti possono essere posizionati sulla superficie esterna dell’imballaggio e possono essere separati dai prodotti alimentari da una barriera funzionale, vale a dire una barriera situata all’interno dei materiali o oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e tale da impedire la migrazione di sostanze verso i prodotti alimentari. Dietro la barriera funzionale può essere consentito l’impiego di sostanze non autorizzate, purché rispondenti a determinati parametri e a condizione che la migrazione resti al di sotto di un determinato limite di rilevabilità. Tenendo conto dei prodotti alimentari per lattanti e altre persone particolarmente sensibili nonché delle difficoltà delle analisi necessarie, in cui appare ampia la tolleranza analitica, è opportuno stabilire un limite massimo di 0,01 mg/kg nei prodotti alimentari per la migrazione di sostanze non autorizzate attraverso la barriera funzionale. Le nuove tecnologie che producono sostanze in forme di dimensioni particellari (ad esempio le nanoparticelle), le quali presentano proprietà chimiche e fisiche significativamente diverse dalle forme di dimensioni maggiori, devono essere valutate caso per caso in riferimento ai rischi, sino a che non si disponga di ulteriori informazioni in merito. Di conseguenza, il concetto di barriera funzionale non deve applicarsi a tali nuove tecnologie. (15) È possibile che la misura comunitaria specifica relativa alla parte passiva del materiale attivo o intelligente stabilisca requisiti relativi all’inerzia del materiale, ad esempio un limite di migrazione globale applicabile ai materiali di plastica. Se un componente attivo rilasciante, incorporato in un materiale o oggetto destinato a venire a contatto con prodotti alimentari, è disciplinato da una misura comunitaria specifica, vi è il rischio che il limite di migrazione globale sia superato a causa del rilascio della sostanza attiva. Considerando che la funzione attiva non è una caratteristica inerente al materiale passivo, la quantità di sostanza attiva rilasciata non deve essere presa in considerazione nel calcolo della migrazione globale. (16) L’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1935/2004 stabilisce che i materiali e oggetti attivi e intelligenti già messi a contatto con prodotti alimentari devono essere etichettati in modo adeguato al fine di consentire al consumatore di individuare le parti non commestibili. L’uniformità delle informazioni fornite appare indispensabile per prevenire qualsiasi confusione del consumatore. Di conseguenza, se i materiali e oggetti attivi e intelligenti o alcune parti di tali materiali e oggetti danno l’impressione di essere commestibili, essi devono recare una particolare dicitura e, ove tecnicamente possibile un particolare simbolo. (17) L’articolo 16 del regolamento (CE) n. 1935/2004 stabilisce che i materiali e oggetti devono essere accompagnati da una dichiarazione scritta da cui risulti la conformità alle norme vigenti. In base all’articolo 5, paragrafo 1, lettere h) ed i) di tale regolamento, al fine di rafforzare il coordinamento e la responsabilità dei fornitori in ciascuna fase della fabbricazione, le persone responsabili devono documentare la conformità alle norme vigenti in una dichiarazione di conformità messa a disposizione dei loro clienti. Inoltre, in ciascuna fase della fabbricazione, la documentazione che è alla base della dichiarazione di conformità deve essere tenuta a disposizione delle autorità competenti per l’applicazione della normativa. (18) L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) prescrive all’operatore del settore alimentare di verificare che i prodotti alimentari siano conformi alle disposizioni della normativa alimentare. L’articolo 15, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (CE) n. 1935/2004 stabilisce che i materiali e oggetti attivi non ancora messi a contatto con prodotti alimentari al momento della loro commercializzazione devono essere accompagnati da informazioni sull’utilizzazione o sulle utilizzazioni consentite, nonché da altre informazioni pertinenti, quale il nome e la quantità massima di sostanze rilasciate dal componente attivo, in modo tale da consentire agli operatori del settore alimentare che utilizzano tali materiali e oggetti di conformarsi alle eventuali altre disposizioni comunitarie ovvero, in loro mancanza, alle disposizioni nazionali sui prodotti alimentari, comprese le disposizioni relative all’etichettatura di tali prodotti. A tale scopo, facendo salve le norme sulla riservatezza, gli operatori del settore alimentare devono avere accesso alle informazioni pertinenti, in modo tale da consentire loro di garantire che la migrazione o il rilascio intenzionale nei prodotti alimentari di sostanze provenienti da materiali e oggetti attivi e intelligenti siano conformi alle specificazioni e alle restrizioni stabilite nelle disposizioni comunitarie o nazionali sui prodotti alimentari. (19) Considerando che diversi materiali ed oggetti attivi e intelligenti sono già disponibili sul mercato negli Stati membri, è opportuno garantire il passaggio graduale a una procedura di autorizzazione comunitaria, in modo che il mercato preesistente di tali materiali e oggetti non risulti perturbato. Il richiedente deve disporre di un periodo di tempo sufficiente ai fini della comunicazione delle informazioni necessarie alla valutazione della sicurezza della sostanza o della combinazione di sostanze che costituiscono il componente. Per tali motivi è opportuno prevedere un periodo di 18 mesi al termine del quale i richiedenti dovranno aver presentato le informazioni relative ai materiali e oggetti attivi e intelligenti. Durante tale periodo di 18 mesi deve inoltre essere possibile presentare domanda di autorizzazione per nuove sostanze o combinazioni di sostanze. (20) L’Autorità deve valutare quanto prima tutte le domande valide relative a sostanze preesistenti e a nuove sostanze costitutive di componenti, presentate entro i termini e conformemente ai suoi orientamenti durante il primo periodo di presentazione delle domande. (21) Una volta conclusa la valutazione relativa alla sicurezza di tutte le sostanze per le quali sono state presentate domande valide conformemente agli orientamenti dell’Autorità durante il periodo iniziale di 18 mesi, la Commissione deve redigere un elenco comunitario delle sostanze autorizzate. Per garantire condizioni eque e paritarie a tutti i richiedenti, è opportuno che l’elaborazione di tale elenco comunitario sia effettuata in un’unica fase. (22) È opportuno che le disposizioni relative alla dichiarazione di conformità e le disposizioni specifiche in materia di etichettatura siano applicate solo dopo il decorso di sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento affinché gli operatori economici dispongano di un periodo di tempo sufficiente per l’adeguamento alle nuove regole. (23) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce norme specifiche per la commercializzazione di materiali e oggetti attivi e intelligenti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Tali norme specifiche lasciano impregiudicata l’applicazione delle disposizioni comunitarie o nazionali sui materiali e oggetti ai quali sono aggiunti o incorporati componenti attivi o intelligenti. Articolo 2 Campo d’applicazione Il presente regolamento si applica ai materiali e oggetti attivi e intelligenti immessi sul mercato nella Comunità. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni: a) per «materiali e oggetti attivi» si intendono materiali e oggetti destinati a prolungare la conservabilità o mantenere o migliorare le condizioni dei prodotti alimentari imballati. Essi sono concepiti in modo da incorporare deliberatamente componenti che rilasciano sostanze nel prodotto alimentare imballato o nel suo ambiente, o le assorbono dagli stessi; b) per «materiali e oggetti intelligenti» si intendono materiali e oggetti che controllano le condizioni del prodotto alimentare imballato o del suo ambiente; c) per «componente» si intende la sostanza singola o la combinazione di varie sostanze che svolgono la funzione attiva e/o intelligente del materiale od oggetto, compresi i prodotti della reazione in situ di tali sostanze; la definizione non comprende le parti passive, come il materiale al quale le sostanze sono aggiunte o incorporate; d) per «barriera funzionale» si intende la barriera costituita da uno o più strati di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, in grado di garantire che il materiale o l’oggetto finito sia conforme all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004 e al presente regolamento; e) per «materiali e oggetti attivi rilascianti» si intendono i materiali e oggetti attivi i quali, per concezione, incorporano deliberatamente componenti che rilasciano sostanze nei o sui prodotti alimentari imballati o nell’ambiente dei prodotti alimentari; f) per «sostanze attive rilasciate» si intendono le sostanze destinate ad essere rilasciate dai materiali e oggetti attivi rilascianti nei o sui prodotti alimentari imballati o nell’ambiente dei prodotti alimentari e che svolgono una funzione in tali prodotti. Articolo 4 Immissione sul mercato di materiali e oggetti attivi e intelligenti I materiali e oggetti attivi e intelligenti possono essere immessi sul mercato solamente se sono: a) adeguati ed efficaci per l’uso al quale sono destinati; b) conformi ai requisiti generali di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004; c) conformi ai requisiti particolari di cui all’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1935/2004; d) conformi ai requisiti relativi all’etichettatura di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (CE) n. 1935/2004; e) conformi ai requisiti relativi alla composizione di cui al capo II del presente regolamento. f) conformi ai requisiti relativi all’etichettatura e alla dichiarazione di cui ai capi III e IV del presente regolamento. CAPO II COMPOSIZIONE SEZIONE 1 Elenco comunitario delle sostanze autorizzate Articolo 5 Elenco comunitario delle sostanze che possono essere utilizzate nei componenti attivi intelligenti 1. Nei componenti di materiali ed oggetti attivi ed intelligenti possono essere utilizzate soltanto sostanze incluse nell’elenco comunitario delle sostanze autorizzate (di seguito «l’elenco comunitario»). 2. In deroga al paragrafo 1, le seguenti sostanze possono essere utilizzate nei componenti di materiali e oggetti attivi ed intelligenti senza essere incluse nell’elenco comunitario: a) le sostanze attive rilasciate che siano conformi all’articolo 9; b) le sostanze che rientrano nel campo di applicazione di disposizioni comunitarie o nazionali sui prodotti alimentari, incorporate o aggiunte a materiali e oggetti attivi mediante tecniche come l’innesto o l’immobilizzazione affinché svolgano una funzione tecnologica nei prodotti alimentari, purché siano conformi all’articolo 9; c) le sostanze utilizzate in componenti che non sono a contatto diretto con i prodotti alimentari o con l’ambiente dei prodotti alimentari e sono separati da questi prodotti da una barriera funzionale, purché siano conformi all’articolo 10 e non appartengano a nessuna delle seguenti categorie: i) sostanze classificate come «mutagene», «cancerogene», o «tossiche per la riproduzione» secondo i criteri indicati ai punti 3.5, 3.6 e 3.7 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (5); ii) sostanze prodotte deliberatamente in forme di dimensioni particellari che presentano proprietà fisiche e chimiche funzionali significativamente diverse da quelle delle forme di maggiori dimensioni. Articolo 6 Condizioni per l’iscrizione delle sostanze nell’elenco comunitario Per essere iscritte nell’elenco comunitario, le sostanze che costituiscono componenti di materiali e oggetti attivi e intelligenti devono essere conformi all’articolo 3 e, se del caso, all’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1935/2004 nelle condizioni di impiego previste per il materiale od oggetto attivo o intelligente di cui trattasi. Articolo 7 Contenuto dell’elenco comunitario L’elenco comunitario specifica: a) l’identità della o delle sostanze; b) la funzione della o delle sostanze; c) il numero di riferimento; d) se necessario, le condizioni d’utilizzazione della o delle sostanze o del componente; e) se necessario, le restrizioni e/o le specificazioni d’utilizzazione della o delle sostanze; f) se necessario, le condizioni d’utilizzazione del materiale o dell’oggetto al quale la sostanza o il componente sono aggiunti o nel quale la sostanza o il componente sono incorporati. Articolo 8 Redazione dell’elenco comunitario 1. L’elenco comunitario è redatto sulla base di domande presentate conformemente all’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 2. Le domande sono presentate entro 18 mesi dalla pubblicazione degli orientamenti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (di seguito: «l’Autorità») relativi alla valutazione della sicurezza delle sostanze utilizzate nei materiali e oggetti attivi e intelligenti. L’Autorità pubblica tali orientamenti entro 6 mesi dalla pubblicazione del presente regolamento. 3. La Commissione mette a disposizione del pubblico un registro di tutte le sostanze per le quali sono state presentate domande valide a norma del paragrafo 2. 4. L’elenco comunitario è adottato dalla Commissione secondo la procedura di cui agli articoli 10 e 11 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 5. Se l’Autorità chiede informazioni complementari e il richiedente non fornisce i dati richiesti entro il termine stabilito, l’Autorità si astiene dal valutare la sostanza ai fini dell’eventuale iscrizione nell’elenco comunitario, poiché la domanda non può essere considerata valida. 6. La Commissione adotta l’elenco comunitario dopo che l’Autorità ha espresso il suo parere su tutte le sostanze iscritte nel registro per le quali sono state presentate domande valide a norma dei paragrafi 2 e 5. 7. L’aggiunta di nuove sostanze all’elenco comunitario è soggetta alla procedura di cui agli articoli 9, 10 e 11 del regolamento (CE) n. 1935/2004. SEZIONE 2 Utilizzazione delle sostanze che non devono essere iscritte nell’elenco comunitario Articolo 9 Sostanze di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b) 1. Le sostanze attive rilasciate, di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), del presente regolamento, e le sostanze incorporate o aggiunte mediante tecniche come l’innesto o l’immobilizzazione, di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del presente regolamento, devono essere utilizzate nel pieno rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali sui prodotti alimentari e devono essere conformi al regolamento (CE) n. 1935/2004 e, all’occorrenza, alle sue misure di esecuzione. 2. La quantità di sostanza attiva rilasciata non è computata nel valore della migrazione globale misurata ove, nell’ambito di misure comunitarie specifiche, è fissato un limite di migrazione globale per il materiale o oggetto destinato a venire a contatto con i prodotti alimentari nel quale il componente è incorporato. 3. Fatto salvo l’articolo 4, paragrafi 1 e 3, del regolamento (CE) n. 1935/2004, la quantità di sostanza attiva rilasciata di cui al paragrafo 2 può superare il limite specifico stabilito per sostanza stessa in misure comunitarie o nazionali sui materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari nei quali il componente è incorporato, purché sia conforme alle disposizioni comunitarie sui prodotti alimentari ovvero, in mancanza di disposizioni comunitarie, alle disposizioni nazionali sui prodotti alimentari. Articolo 10 Sostanze di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera c) 1. La migrazione nei prodotti alimentari delle sostanze provenienti da componenti che non sono a contatto diretto con tali prodotti o con l’ambiente di tali prodotti, di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera c), del presente regolamento, non deve superare i 0,01 mg/kg misurati con certezza statistica mediante un metodo di analisi conforme all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). 2. Il limite fissato al paragrafo 1 è sempre espresso come concentrazione nei prodotti alimentari. Esso si applica a gruppi di sostanze nell’ipotesi di sostanze strutturalmente e tossicologicamente collegate, in particolare nel caso di isomeri o di sostanze aventi lo stesso gruppo funzionale, e comprende gli eventuali trasferimenti indesiderati. CAPO III ETICHETTATURA Articolo 11 Norme aggiuntive in materia di etichettatura 1. Qualora diano l’impressione d’essere commestibili, i materiali e oggetti attivi e intelligenti o le parti di essi devono recare, affinché il consumatore possa individuare le parti non commestibili: a) la dicitura «NON MANGIARE»; e b) quando sia tecnicamente possibile, il simbolo riprodotto nell’allegato I. 2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 devono essere ben visibili, chiaramente leggibili e indelebili. Devono essere stampate in caratteri di almeno 3 mm e devono essere conformi all’articolo 15 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 3. Le sostanze attive rilasciate sono considerate ingredienti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7) e sono soggette alle disposizioni di tale direttiva. CAPO IV DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ E DOCUMENTAZIONE Articolo 12 Dichiarazione di conformità 1. Nelle fasi di commercializzazione diverse dalla vendita al consumatore finale, i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, siano o no a contatto con prodotti alimentari, nonché i componenti destinati alla fabbricazione di tali materiali e oggetti e le sostanze destinate alla fabbricazione dei componenti sono accompagnati da una dichiarazione scritta conformemente all’articolo 16 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 2. La dichiarazione di cui al paragrafo 1 è redatta dall’operatore commerciale e contiene le informazioni previste nell’allegato II. Articolo 13 Documentazione L’operatore commerciale mette a disposizione delle autorità competenti nazionali, su loro richiesta, un’adeguata documentazione dalla quale risulta che i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, nonché i componenti destinati alla fabbricazione di tali materiali e oggetti, sono conformi al presente regolamento. La documentazione contiene informazioni concernenti l’adeguatezza e l’efficacia dei materiali e oggetti attivi e intelligenti, le condizioni e i risultati delle prove, dei calcoli o delle altre analisi, nonché le prove della sicurezza o la dimostrazione logica della conformità. CAPO V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 14 Entrata in vigore e applicazione Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’articolo 4, lettera e), e l’articolo 5 si applicano a decorrere dalla data di applicazione dell’elenco comunitario. Sino a tale data rimangono applicabili le disposizioni nazionali sulla composizione dei materiali e oggetti attivi e intelligenti, fatti salvi l’articolo 4, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1935/2004 e gli articoli 9 e 10 del presente regolamento. L’articolo 4, lettera f), l’articolo 11, paragrafi 1 e 2, e il capo IV si applicano a decorrere dal 19 dicembre 2009. Sino a tale data rimangono applicabili le disposizioni nazionali sull’etichettatura e sulla dichiarazione di conformità, fatti salvi l’articolo 4, paragrafi 5 e 6 del regolamento (CE) n. 1935/2004 e l’articolo 11 paragrafo 3 del presente regolamento. L’immissione sul mercato di materiali e oggetti che siano stati etichettati a norma dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1935/2004 prima della data di applicazione dell’articolo 11, paragrafi 1 e 2, del presente regolamento, è autorizzata sino all’esaurimento delle scorte. Fino alla data d’applicazione dell’elenco comunitario, le sostanze attive rilasciate devono essere autorizzate ed utilizzate nel pieno rispetto della normativa comunitaria riguardante i prodotti alimentari e devono essere conformi al regolamento (CE) n. 1935/2004 nonché, se del caso, alle sue misure di esecuzione. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno Stato membro. Fatto a Bruxelles, il 29 maggio 2009. Per la Commissione Androulla VASSILIOU Membro della Commissione (1) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4. (2) GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4. (3) GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 49. (4) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (5) GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1. (6) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (7) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. ALLEGATO I SIMBOLO ALLEGATO II DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ La dichiarazione scritta di cui all’articolo 12 comprende le seguenti informazioni: 1. l’identità e l’indirizzo dell’operatore commerciale che redige la dichiarazione di conformità; 2. l’identità e l’indirizzo dell’operatore commerciale che fabbrica o importa i materiali e oggetti attivi e intelligenti, i componenti destinati alla fabbricazione di tali materiali e oggetti o le sostanze destinate alla fabbricazione dei componenti; 3. l’identità dei materiali e oggetti attivi e intelligenti, dei componenti destinati alla fabbricazione di tali materiali e oggetti o delle sostanze destinate alla fabbricazione di tali componenti; 4. la data della dichiarazione; 5. l’attestazione che il materiale o l’oggetto attivo o intelligente è conforme al presente regolamento, al regolamento (CE) n. 1935/2004 e alle vigenti misure specifiche; 6. adeguate informazioni relative alle sostanze che costituiscono i componenti e sono oggetto di restrizioni in base a disposizioni comunitarie o nazionali sui prodotti alimentari e al presente regolamento; ove opportuno, i criteri di purezza specifici previsti dalla normativa comunitaria sui prodotti alimentari e il nome e la quantità delle sostanze rilasciate dal componente attivo, in modo che gli operatori commerciali a valle del processo produttivo possano garantire la conformità dei prodotti a tali restrizioni; 7. informazioni adeguate concernenti l’idoneità e l’efficacia del materiale o dell’oggetto attivo o intelligente; 8. le specificazioni relative all’utilizzazione del componente, quali: i) il gruppo o i gruppi di materiali e oggetti ai quali il componente può essere aggiunto o incorporato; ii) le condizioni d’utilizzazione da rispettare per ottenere l’effetto voluto. 9. Le specificazioni relative all’utilizzazione del materiale o dell’oggetto, quali: i) il tipo o i tipi di prodotti alimentari destinati ad essere messi a contatto con il materiale o l’oggetto; ii) la durata e la temperatura del trattamento e dell’immagazzinamento a contatto con i prodotti alimentari; iii) il rapporto tra la superficie a contatto con i prodotti alimentari e il volume utilizzato per determinare la conformità del materiale o dell’oggetto. 10. Quando viene utilizzata una barriera funzionale, l’attestazione che il materiale o l’oggetto attivo o intelligente è conforme all’articolo 10 del presente regolamento. La dichiarazione scritta deve consentire di individuare facilmente i materiali e oggetti attivi e intelligenti, le componenti o la sostanza per i quali è redatta e deve essere rinnovata quando modifiche sostanziali della produzione comportano cambiamenti della migrazione o quando sono disponibili nuovi dati scientifici.
Materiali e oggetti attivi e intelligenti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso cerca di stabilire regole specifiche per materiali e oggetti attivi* e intelligenti*, che integrano quelle definite nel regolamento (UE) n. 1935/2004, il regolamento generale su materiali e oggetti destinati a entrare in contatto con i prodotti alimentari. Stabilisce requisiti specifici per la commercializzazione di questi materiali e oggetti e stabilisce la procedura per la loro autorizzazione a livello dell’UE. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Il regolamento si applica a materiali e oggetti attivi o intelligenti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari immessi sul mercato dell’UE. Norme specifiche per la commercializzazione di materiali e oggetti attivi e intelligenti I materiali e oggetti attivi e intelligenti:devono essere adeguati ed efficaci per l’uso al quale sono destinati; non devono cedere ai prodotti alimentari componenti* in quantità tali da rappresentare un pericolo per la salute umana e da comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari o un’alterazione dei loro caratteri organolettici; non devono trarre in inganno il consumatore attraverso la loro etichettatura, presentazione e pubblicità. Tali norme specifiche lasciano impregiudicata l’applicazione delle disposizioni dell’UE o delle norme nazionali sui materiali e oggetti ai quali sono aggiunti o incorporati componenti attivi o intelligenti. Tali materiali possono essere soggetti ad altre normative specifiche, come il regolamento (UE) n. 10/2011 sui materiali in plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. ComposizioneDopo l’entrata in vigore del regolamento, nei componenti di materiali e oggetti attivi e intelligenti possono essere utilizzate soltanto sostanze incluse nell’elenco dell’UE delle sostanze autorizzate. Entrerà pienamente in vigore dopo che la Commissione europea pubblicherà un elenco di sostanze che possono essere utilizzate nella produzione di componenti attivi e intelligenti. Le seguenti sostanze possono essere utilizzate nei componenti di materiali e oggetti attivi ed intelligenti senza essere incluse nell’elenco comunitario:sostanze attive rilasciate, aggiunte o incorporate mediante tecniche come l’innesto o l’immobilizzazione, utilizzate nel pieno rispetto delle disposizioni dell’UE e le norme nazionali applicabili (ad es. le legislazioni sugli additivi alimentari e sugli enzimi alimentari);sostanze utilizzate in componenti che non sono a contatto diretto con i prodotti alimentari o con l’ambiente dei prodotti alimentari; separate dai prodotti alimentari tramite una barriera funzionale, sostanze che non sono sostanze classificate come mutagene, cancerogene, o tossiche per la riproduzione, né sostanze prodotte deliberatamente in forme di dimensioni particellari che presentano proprietà fisiche e chimiche funzionali significativamente diverse da quelle delle forme di maggiori dimensioni. Domande di autorizzazione delle sostanze che formano i componenti di materiali e oggetti attivi e intelligentiLe domande di autorizzazione delle sostanze che formano i componenti di materiali e oggetti attivi e intelligenti vanno presentate all’autorità competente di uno Stato membro, accompagnate da una documentazione tecnica contenente le informazioni riportate negli orientamenti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) relativi alla valutazione della sicurezza delle sostanze. Lo Stato membro trasmette la domanda a EFSA che ha il compito di valutare se la sostanza risponde alle condizioni di cui sopra. Elenco comunitario delle sostanze autorizzate Per essere inserite nell’elenco dell’Unione, le sostanze che formano i componenti di materiali e oggetti attivi e intelligenti devono rispondere ai requisiti applicabili a detti prodotti (si veda sopra). La Commissione deve adottare l’elenco comunitario dopo che l’EFSA ha espresso il suo parere sulle sostanze per cui è stata presentata una domanda di autorizzazione di immissione sul mercato. L’elenco dell’Unione specifica:l’identità della o delle sostanze; la funzione della o delle sostanze; il numero d’identificazione; se necessario, le condizioni d’utilizzazione della o delle sostanze o del componente. Etichettatura I materiali e oggetti attivi e intelligenti:già messi a contatto con prodotti alimentari devono essere etichettati in modo adeguato al fine di consentire al consumatore di individuare le parti non commestibili. In tal caso devono recare in etichetta la dicitura «NON MANGIARE» e (se possibile) il simbolo riprodotto nell’allegato I; devono essere etichettati in modo tale che sia chiaro che sono attivi e/o intelligenti. Le sostanze attive rilasciate sono considerate ingredienti ai sensi del regolamento (UE) n. 1169/2011 sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Imballaggio Si noti inoltre che il regolamento (CE) n. 1935/2004 relativo all’imballaggio sicuro degli alimenti contiene alcune norme direttamente applicabili ai materiali attivi e intelligenti, comprese le definizioni e i requisiti di etichettatura. Esso autorizza l’impiego di imballaggi attivi e intelligenti, che possono prolungare la conservabilità dei prodotti alimentari o dare informazioni sulla loro freschezza, purché non ne alterino la composizione. Dichiarazione di conformitàNelle fasi di commercializzazione diverse dalla vendita al consumatore finale, gli operatori commerciali devono rilasciare una dichiarazione scritta contenente le informazioni previste nell’allegato II del regolamento sui materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, siano essi a contatto con prodotti alimentari o no. Tale dichiarazione deve essere rilasciata anche per i componenti destinati alla fabbricazione di tali materiali e oggetti o le sostanze destinate alla fabbricazione dei componenti. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 19 dicembre 2009. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Sostanze attive e intelligenti per il confezionamento (EFSA) Materiale a contatto con gli alimenti (Commissione europea). Orientamenti dell’UE sul Regolamento (CE) n. 450/2009 della Commissione, del 29 maggio 2009, concernente i materiali attivi e intelligenti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Materiali e oggetti attivi: materiali e oggetti destinati a prolungare la conservabilità o mantenere o migliorare le condizioni dei prodotti alimentari imballati. Essi sono concepiti in modo da incorporare deliberatamente componenti che rilasciano sostanze nel prodotto alimentare imballato o nel suo ambiente. Materiali e oggetti intelligenti: materiali e oggetti che controllano le condizioni del prodotto alimentare imballato o del suo ambiente. Componente: la sostanza singola o la combinazione di varie sostanze che svolgono la funzione attiva e/o intelligente del materiale od oggetto, compresi i prodotti della reazione in situ di tali sostanze; la definizione non comprende le parti passive, come il materiale al quale le sostanze sono aggiunte o incorporate. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 450/2009 della Commissione, del 29 maggio 2009, riguardante i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 135 del 30.5.2009, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18). Successive modifiche al regolamento (UE) n. 1169/2011 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) n. 10/2011 della Commissione, del 14 gennaio 2011, riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 12 del 15.1.2011, pag. 1). Consultare la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE (GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4). Consultare la versione consolidata.
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Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza in materia doganale tra la Comunità europea e il Canada Gazzetta ufficiale n. L 007 del 13/01/1998 pag. 0038 - 0045 ACCORDO di cooperazione e di reciproca assistenza in materia doganale tra la Comunità europea e il CanadaLA COMUNITÀ EUROPEA E IL GOVERNO DEL CANADAin appresso denominati «parti contraenti»,BASANDOSI sulle relazioni privilegiate stabilite dall'accordo quadro sulla cooperazione economica e commerciale tra le Comunità europee e il Canada, sottoscritto a Ottawa il 6 luglio 1976;TENENDO CONTO della dichiarazione del 22 novembre 1990 sulle relazioni CE-Canada;RICONOSCENDO la dichiarazione comune sulle relazioni tra l'Unione europea e il Canada, sottoscritta a Ottawa il 17 dicembre 1996;CONSIDERANDO che le attività che violano la legislazione doganale ledono gli interessi economici, fiscali, sociali, culturali e commerciali di entrambe le parti contraenti;RITENENDO che, per raggiungere tale obiettivo, è necessario impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale al massimo livello possibile, tra l'altro in materia di semplificazione e armonizzazione delle procedure doganali;CONSIDERANDO l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri percepiti all'importazione o all'esportazione e di garantire la debita applicazione dei divieti, delle limitazioni e dei controlli;RICONOSCENDO la necessità di una cooperazione internazionale in materia di applicazione ed attuazione delle rispettive normative doganali;PERSUASE che la cooperazione tra le autorità doganali renderà più efficaci gli interventi contro le attività che violano la legislazione doganale;TENENDO CONTO degli strumenti pertinenti del Consiglio di cooperazione doganale, in particolare la raccomandazione sull'assistenza amministrativa reciproca del 5 dicembre 1953;TENENDO CONTO INOLTRE delle convenzioni internazionali che contengono divieti, restrizioni e misure particolari di controllo concernenti determinate merci;HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo si intende per:1) «autorità doganali»:- nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e delle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea;- in Canada, i servizi competenti del Department of National Revenue (Ministero del reddito nazionale);2) «legislazione doganale»:- per la Comunità europea, le disposizioni adottate dalla Comunità europea che disciplinano l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci, nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo;- per il Canada, le disposizioni legali e normative concernenti l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci, nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo, la cui gestione e applicazione sono specificamente attribuite alle autorità doganali, come pure tutti i regolamenti adottati dalle autorità doganali nell'ambito dei poteri attribuitigli;3) «operazione che viola la legislazione doganale»: tutte le violazioni o i tentativi di violazione della legislazione doganale;4) «informazioni»: tutti i dati, i documenti, le relazioni e loro copie certificate o autenticate, o altre comunicazioni, compresi dati elaborati o analizzati al fine di rivelare un'infrazione alla legislazione doganale;5) «persona»: qualsiasi persona fisica o giuridica;6) «dati personali»: tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;7) «autorità doganale interpellata»: l'autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza in materia doganale;8) «autorità doganale richiedente»: l'autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza in materia doganale.TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 2 Portata della cooperazione 1. Le parti contraenti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale sulla base più ampia possibile.2. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale copre tutti gli aspetti relativi all'applicazione della legislazione doganale.Articolo 3 Assistenza tecnica a paesi terzi Le parti contraenti possono, se del caso, scambiare informazioni su azioni intraprese o da intraprendere insieme a paesi terzi in materia di assistenza tecnica nel settore delle dogane, al fine di migliorare tale assistenza.Articolo 4 Semplificazione e armonizzazione Le parti contraenti convengono di ricercare la semplificazione e l'armonizzazione delle procedure doganali, tenendo conto del lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali in tale ambito. Le parti contraenti convengono inoltre di esaminare le modalità di risoluzione di eventuali difficoltà in materia doganale che potessero sorgere tra di esse.Articolo 5 Scambi di personale Le autorità doganali possono procedere a scambi di personale quando ciò risulti vantaggioso per ambo le parti, per aumentare la comprensione reciproca in materia di tecniche, procedure, e sistemi computerizzati doganali.Articolo 6 Computerizzazione Le parti contraenti cooperano nella computerizzazione delle procedure e formalità doganali, al fine di facilitare gli scambi commerciali tra di esse.TITOLO III ASSISTENZA RECIPROCA Articolo 7 Portata dell'assistenza 1. Le autorità doganali si prestano reciproca assistenza, di propria iniziativa o su richiesta, fornendo tutte le opportune informazioni nell'ottica di garantire la corretta applicazione della legislazione doganale, e la prevenzione, investigazione e repressione delle operazioni che violano la legislazione doganale.2. L'assistenza fornita in applicazione del presente titolo da ciascuna parte contraente è prestata in conformità delle disposizioni delle rispettive leggi, norme e altri strumenti legali, e nei limiti delle competenze delle rispettive autorità doganali e delle risorse disponibili.3. Il presente titolo si applica esclusivamente all'assistenza reciproca in campo amministrativo tra le parti contraenti; le disposizioni del presente titolo non conferiscono ad alcun privato il diritto di ottenere informazioni o di ottenere, sopprimere o escludere prove o di impedire l'esecuzione di una domanda.4. Le disposizioni del presente titolo non pregiudicano l'applicazione delle norme che regolano l'assistenza reciproca in materia penale, né si applicano alle informazioni ottenute nell'ambito di poteri esercitati su richiesta dell'autorità giudiziaria, a meno che tale informazione sia stata preventivamente autorizzata da detta autorità giudiziaria consultata a tal fine, per casi specifici.Articolo 8 Informazioni su metodi, sviluppi e operazioni 1. Entrambe le autorità doganali comunicano, su richiesta o di propria iniziativa, tutte le informazioni di cui dispongono per quanto concerne:a) nuove tecniche di applicazione delle disposizioni doganali, di provata efficacia;b) nuovi orientamenti, metodi di modalità di violazione della legislazione doganale.2. Su richiesta o di propria iniziativa, le autorità doganali si informano reciprocamente in merito ad operazioni, completate o previste, che costituiscono o possono costituire una violazione della legislazione doganale nel territorio dell'altra parte contraente.Articolo 9 Assistenza su richiesta 1. Su richiesta, l'autorità interpellata comunica all'autorità richiedente informazioni concernenti la legislazione doganale, e le procedure applicabili a tale parte contraente nell'ambito di richieste che violano detta legislazione.2. Su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata le comunica:a) se le merci importate nel territorio della parte contraente richiedente sono state correttamente esportate dal territorio della parte contraente interpellata precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle merci;b) se le merci esportate dal territorio della parte contraente richiedente sono state correttamente importate nel territorio della parte contraente interpellata precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle merci.3. Su domanda, e conformemente alle disposizioni specifiche dell'articolo 13, l'autorità interpellata fornisce informazioni e sottopone a rigorosa sorveglianza:a) le persone delle quali l'autorità richiedente sappia o sospetti che abbiano violato la normativa doganale;b) le merci che, durante il trasporto o il magazzinaggio, potrebbero avere formato oggetto, secondo l'autorità richiedente, di operazioni contrarie alla legislazione doganale;c) i mezzi di trasporto per i quali l'autorità richiedente sospetti che siano stati utilizzati in operazioni contrarie alla legislazione doganale;d) i locali per i quali l'autorità richiedente sospetti che siano stati utilizzati in operazioni contrarie alla legislazione doganale.Articolo 10 Assistenza spontanea In casi di particolare gravità, suscettibili di pregiudicare l'economia, la salute pubblica, la pubblica sicurezza o altri interessi essenziali dell'altra parte contraente, le autorità doganali forniscono, quando possibile, tali informazioni di propria iniziativa.Articolo 11 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità doganale interpellata comunica le informazioni appropriate all'autorità doganale richiedente sotto forma di documenti, copie autenticate di documenti, relazioni o loro versioni elettroniche. Tutte le informazioni necessarie all'interpretazione o all'utilizzo di tali informazioni vengono trasmesse allo stesso tempo.2. Gli originali dei documenti e degli altri materiali possono essere richiesti soltanto qualora le copie si rivelassero insufficienti. Su specifica richiesta, copie di pratiche, di documenti e di altri materiali vengono debitamente autenticate.3. Gli originali delle pratiche, dei documenti o di altri materiali trasmessi devono essere restituiti con la massima sollecitudine; i diritti dell'autorità richiedente o di eventuali terzi in merito a tali originali rimangono inalterati.Articolo 12 Esperti e testimoni 1. Su richiesta dell'autorità doganale dell'altra parte contraente, l'autorità doganale di una parte contraente può autorizzare propri dipendenti a comparire in qualità di esperti o di testimoni in azioni giudiziarie o amministrative nel territorio dell'altra parte contraente e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possano occorrere nel procedimento.2. Quando compaiono in azioni giudiziarie o amministrative nelle circostanze di cui al paragrafo 1, gli esperti e i testimoni godono della piena protezione prevista dalle leggi della parte contraente richiedente in materia di testimonianze di natura privilegiata o confidenziale la cui divulgazione può essere soggetta a restrizioni ai sensi di tale legge.3. Le domande presentate conformemente al paragrafo 1 devono specificamente indicare su quale argomento e a quale titolo o qualifica il funzionario sarà interrogato.Articolo 13 Presentazione delle domande 1. Le domande inoltrate conformemente al presente titolo sono presentate per iscritto, accompagnate da tutti i documenti ritenuti utili. Qualora l'urgenza della situazione lo richieda, possono essere accettate domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto. Le domande scritte possono essere presentate in una forma elettronica che ne permetta la stampa su carta.2. Le domande presentate conformemente al paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni:a) l'autorità richiedente;b) la misura richiesta;c) l'oggetto e il motivo della domanda;d) le leggi, le norme e gli altri elementi giuridici in questione;e) informazioni il più possibile esatte e complete sulle persone oggetto di indagine;f) una sintesi dei fatti e delle indagini già svolte, compresa l'indicazione delle autorità doganali interessate al momento della richiesta.3. Nel rispondere ad una richiesta, l'autorità interpellata si impegna a seguire una determinata procedura, a meno che tale procedura sia incompatibile con le disposizioni legali e amministrative della parte contraente interpellata.4. Le informazioni di cui al presente titolo sono comunicate unicamente a funzionari specificamente designati a tal fine da ciascuna autorità doganale. Le rispettive autorità doganali si scambiano elenchi di funzionari specificamente designati, ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 3.5. Le domande sono presentate in una delle lingue ufficiali dell'autorità doganale interpellata o in una lingua concordata con detta autorità.6. Se la domanda non risponde ai requisiti stabiliti, l'autorità interpellata può chiederne la correzione o il completamento. Eventualmente, possono essere prese misure provvisorie.Articolo 14 Adempimento delle domande 1. Qualora l'autorità interpellata non disponga delle informazioni richieste, conformemente alla propria legislazione essa:a) avvia indagini per ottenere tali informazioni, oppure;b) trasmette senza indugio la richiesta all'ente appropriato, oppure;c) indica le autorità competenti del caso.2. Le indagini di cui al paragrafo 1 possono comprendere la verbalizzazione di dichiarazioni di testimoni ed esperti, come pure delle persone dalle quali si chiede l'informazione in relazione ad una violazione della legislazione doganale.Articolo 15 Compiti dei funzionari 1. Su richiesta scritta, previa autorizzazione dell'autorità interpellata, e alle condizioni stabilite da quest'ultima, nell'ambito delle indagini concernenti una violazione della legislazione doganale, funzionari espressamente designati dall'autorità richiedente possono presenziare alle indagini condotte dall'autorità interpellata nel territorio della parte contraente interpellata e di pertinenza dell'autorità richiedente.2. Quando funzionari dell'autorità richiedente sono presenti nel territorio dell'altra parte contraente nelle circostanze descritte nel paragrafo 1 essi devono, in qualsiasi momento, poter dimostrare la propria qualifica.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, ottenere dagli uffici dell'autorità interpellata o di un'altra autorità di cui questa è responsabile, informazioni concernenti le violazioni della legislazione doganale che occorrono all'autorità doganale richiedente ai fini del presente titolo.Articolo 16 Riservatezza delle informazioni 1. Tutte le informazioni comunicate ai sensi del presente titolo sono di natura riservata e soggette almeno al medesimo livello di protezione e confidenzialità previsto per lo stesso tipo di informazioni dalle leggi applicabili nel territorio della parte contraente che li riceve.2. Le informazioni ottenute possono essere utilizzate solo ai fini del presente titolo e possono essere destinate ad altri scopi da una delle parti contraenti solo previa autorizzazione scritta dell'autorità doganale che le ha fornite, con tutte le restrizioni stabilite da detta autorità.3. Il paragrafo 2 non osta all'uso delle informazioni in azioni giudiziarie o amministrative promosse a seguito della mancata osservanza della legislazione doganale. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni promossi dinanzi a un tribunale, le parti contraenti possono utilizzare le informazioni ottenute conformemente alle disposizioni del presente titolo. Di tale uso si dà notizia in anticipo mediante notifica all'autorità competente che ha fornito le informazioni.4. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve s'impegna a tutelarli in misura perlomeno equivalente a quella applicabile a quel caso specifico nella parte contraente che li fornisce.5. La divulgazione di informazioni tra autorità doganali di una parte contraente è limitata ai casi di effettiva necessità. Qualora informazioni debbano essere divulgate ai sensi del presente paragrafo, la parte contraente fornitrice delle informazioni viene preventivamente informata di tale intenzione.Articolo 17 Deroghe all'obbligo di fornire assistenza 1. Le parti contraenti possono rifiutarsi dal prestare l'assistenza prevista, come pure subordinarla a talune condizioni e requisiti, qualora una delle parti ritenga che la prestazione dell'assistenza possa pregiudicare la sovranità di uno Stato membro della Comunità o del Canada, o rischi di pregiudicare la sicurezza, l'ordine pubblico o altri interessi essenziali (segnatamente nei casi di cui all'articolo 16, paragrafo 4) o che violi un segreto industriale, commerciale o professionale, oppure che sia incompatibile con l'ordinamento giuridico della parte contraente interpellata.2. Quando l'autorità richiedente solleciti un'assistenza che non sarebbe in grado di fornirle se le venisse richiesto dall'autorità doganale dell'altra parte contraente, fa presente tale circostanza nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità doganale interpellata decidere come rispondere a detta domanda.3. L'autorità interpellata può decidere di ritardare l'assistenza se ritiene che tale assistenza possa interferire con un'inchiesta, azione giudiziaria o processo in corso. In tal caso, l'autorità interpellata procede a consultazioni con l'autorità richiedente per determinare se l'assistenza possa essere prestata nei termini o alle condizioni auspicate dall'autorità richiedente.4. Qualora non sia possibile soddisfare una domanda di assistenza, l'autorità doganale richiedente viene avvertita senza indugio e informata dei motivi del rifiuto o del rinvio.Articolo 18 Spese 1. Le autorità doganali rinunciano a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute in virtù del presente titolo.2. Qualora il soddisfacimento della domanda comporti spese ragguardevoli e straordinarie le parti contraenti si consultano per determinare i termini e le condizioni di attuazione della domanda e le modalità di suddivisione delle spese.TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 19 Attuazione dell'accordo 1. La gestione del presente accordo è affidata ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri e alle autorità doganali del Canada.2. Le autorità doganali prendono misure affinché i rispettivi funzionari responsabili delle indagini o della repressione delle violazioni della legislazione doganale mantengano tra di loro contatti personali e diretti.3. Le autorità doganali decidono in merito alle misure dettagliate necessarie a facilitare l'applicazione del presente accordo.4. Le autorità doganali si sforzano di risolvere i problemi o i dubbi che potessero sorgere dall'interpretazione o applicazione del presente accordo.Articolo 20 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti delle autorità doganali delle parti contraenti. Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale provvede tra l'altro ad assicurare il buon funzionamento del presente accordo e ad esaminare tutte le questioni relative alla sua applicazione. In tale ambito, il comitato misto di cooperazione doganale:a) prende le misure necessarie alla cooperazione doganale, in conformità degli obiettivi del presente accordo, e all'ampliamento del presente accordo nella prospettiva di aumentare il livello della cooperazione doganale e di completarlo in specifici settori o campi;b) scambia opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale comprese le misure future e le relative risorse;c) in generale, raccomanda soluzioni per il raggiungimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione adotta il proprio regolamento interno.Articolo 21 Obblighi imposti da altre convenzioni 1. Tenendo conto delle competenze rispettive della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo:- non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali;- vanno considerate un complemento agli accordi di cooperazione e di reciproca assistenza in materia doganale già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri dell'Unione europea e il Canada;- non pregiudicano le disposizioni in materia di comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ritenuta necessaria ottenuta nell'ambito del presente accordo, che possa essere di interesse per la Comunità.2. Fatto salvo il paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle degli accordi bilaterali di cooperazione e reciproca assistenza in materia doganale già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri dell'Unione europea e il Canada, se le disposizioni di questi ultimi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano reciprocamente per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto istituito dall'articolo 20.Articolo 22 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite, e, dall'altra, al territorio del Canada, alle condizioni stabilite dal diritto canadese.Articolo 23 Sviluppi futuri La parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo, al fine di aumentare il livello della cooperazione doganale, e completarlo, in conformità delle rispettive legislazioni doganali, mediante accordi in settori o campi specifici.Articolo 24 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Il presente accordo ha durata illimitata. Tuttavia, ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento, mediante notifica per via diplomatica.3. L'accordo cessa di essere in vigore un mese dopo la data della notifica all'altra parte contraente. Le attività in corso al momento della fine dell'accordo saranno, comunque, completate in conformità delle disposizioni del presente accordo.EN FE DE LO CUAL, los abajo firmantes, debidamente autorizados, suscriben el presente Acuerdo.TIL BEKRÆFTELSE HERAF har undertegnede, der er behørigt beføjede hertil, undertegnet denne aftale.ZU URKUND DESSEN haben die hierzu gehörig befugten Unterzeichneten ihre Unterschrift unter dieses Abkommen gesetzt.ÓÅ ÐÉÓÔÙÓÇ ÔÙÍ ÁÍÙÔÅÑÙ, ïé õðïãåãñáììÝíïé ðëçñåîïýóéïé Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò êÜôù áðü ôçí ðáñïýóá óõìöùíßá.IN WITNESS whereof the undersigned, being duly authorised thereto, have signed this Agreement.EN FOI DE QUOI les soussignés, dûment autorisés, ont signé le présent accord.IN FEDE di che i sottoscritti, debitamente autorizzati, hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.TEN BLIJKE WAARVAN de ondergetekenden, daartoe naar behoren gemachtigd, deze overeenkomst hebben ondertekend.EM FÉ DO QUE, os abaixo-assinados, devidamente autorizados para o efeito, apuseram as suas assinaturas no presente acordo.TÄMÄN VAKUUDEKSI allekirjoittaneet asianmukaisesti valtuutetut edustajat ovat allekirjoittaneet tämän sopimuksen.TILL BEVIS HÄRPÅ har undertecknade undertecknat detta avtal.Hecho en Ottawa, el cuatro de diciembre de mil novecientos noventa y siete, en doble ejemplar en lenguas alemana, danesa, española, finesa, francesa, griega, inglesa, italiana, neerlandesa, portuguesa y sueca, siendo cada uno de estos textos igualmente auténtico.Udfærdiget i Ottawa den fjerde december nitten hundrede og syvoghalvfems i to eksemplarer på dansk, engelsk, finsk, fransk, græsk, italiensk, nederlandsk, portugisisk, spansk, svensk og tysk, idet hver af disse tekster har samme gyldighed.Geschehen zu Ottawa am vierten Dezember neunzehnhundertsiebenundneunzig in zwei Urschriften in dänischer, deutscher, englischer, finnischer, französischer, griechischer, italienischer, niederländischer, portugiesischer, schwedischer und spanischer Sprache, wobei jeder Wortlaut gleichermaßen verbindlich ist.Ç ðáñïýóá óõìöùíßá Ýãéíå óôçí ÏôÜâá, óôéò ôÝóóåñéò Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá åðôÜ, óå äýï áíôßôõðá óôçí áããëéêÞ, ãáëëéêÞ, ãåñìáíéêÞ, äáíéêÞ, åëëçíéêÞ, éóðáíéêÞ, éôáëéêÞ, ïëëáíäéêÞ, ðïñôïãáëéêÞ, óïõçäéêÞ êáé öéíëáíäéêÞ ãëþóóá 7 üëá ôá êåßìåíá åßíáé åîßóïõ áõèåíôéêÜ.Done at Ottawa on the fourth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-seven, in two copies in the Danish, Dutch, English, Finnish, French, German, Greek, Italian, Portuguese, Spanish and Swedish languages, each text being equally authentic.Fait à Ottawa, le quatre décembre mil neuf cent quatre-vingt-dix-sept, en double exemplaire en langues allemande, anglaise, danoise, espagnole, finlandaise, française, grecque, italienne, néerlandaise, portugaise et suédoise, chaque texte faisant également foi.Fatto a Ottawa, addì quattro dicembre millenovecentonovantasette. Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, tutti i testi facenti ugualmente fede.Gedaan te Ottawa, de vierde december negentienhonderd zevenennegentig in twee exemplaren in de Deense, de Duitse, de Engelse, de Finse, de Franse, de Griekse, de Italiaanse, de Nederlandse, de Portugese, de Spaanse en de Zweedse taal, zijnde alle teksten gelijkelijk authentiek.Feito em Otava, em quatro de Dezembro de mil novecentos e noventa e sete, em duplo exemplar, nas línguas alemã, dinamarquesa, espanhola, finlandesa, francesa, grega, inglesa, italiana, neerlandesa portuguesa e sueca, fazendo igualmente fé todos os textos.Tehty Ottawassa neljäntenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäseitsemän kahtena kappaleena englannin, espanjan, hollannin, italian, kreikan, portugalin, ranskan, ruotsin, saksan, suomen ja tanskan kielillä kaikkien tekstien ollessa yhtä todistusvoimaiset.Som skedde i Ottawa den fjärde december nittonhundranittiosju i två exemplar på danska, engelska, finska, franska, grekiska, italienska, nederländska, portugisiska, spanska, svenska och tyska, vilka samtliga texter är lika giltiga.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of CanadaPour le gouvernement du Canada>RIFERIMENTO A UN FILM>
Accordi di cooperazione doganale con il Canada QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DEGLI ACCORDI? La decisione 98/18/EC punta a migliorare la cooperazione tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. L’accordo tra UE e Canada sulle questioni doganali prevede che le parti si impegnino ad aumentare il livello di cooperazione doganale, in particolare semplificando e armonizzando le loro procedure. La Decisione 2014/941/UE punta a estendere l’accordo originale sulle questioni doganali per mezzo di un nuovo accordo sulla sicurezza della catena logistica. PUNTI CHIAVE Accordo di cooperazione in materia doganale tra l’UE e il Canada Cooperazione doganale Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale:semplificando e armonizzando le loro procedure doganali; esaminando i mezzi per risolvere i problemi legati alla dogana; attraverso scambi di personale; Informatizzando le procedure e le formalità di dogana. Assistenza amministrativa reciproca Le parti si impegnano a darsi assistenza reciproca, su richiesta o di propria iniziativa. Esse condividono tutte le informazioni appropriate che contribuiscono a garantire la corretta applicazione della legislazione doganale e la prevenzione e la lotta contro qualsiasi violazione di tale legislazione. Per raggiungere questo obiettivo, esse si informano reciprocamente riguardo a nuove tecniche di applicazione delle leggi doganali e nuove tendenze e mezzi per commettere violazioni della legislazione doganale. Le autorità doganali si comunicano reciprocamente anche informazioni sulle operazioni, completate o previste, che sembrano costituire una violazione della legislazione doganale nel territorio dell’altra parte contraente. Assistenza su richiesta L’autorità interpellata* informa l’autorità richiedente* riguardo alla legislazione doganale e alle procedure applicabili sul suo territorio e pertinenti alle richieste relative a una violazione della legislazione doganale. Tali informazioni possono riferirsi alla regolarità delle procedure di esportazione e importazione tra le due parti contraenti e alle procedure doganali applicate. L’accordo prevede anche una sorveglianza speciale delle persone che hanno commesso una violazione della legislazione doganale o che sono sospettate di averlo fatto. Tale sorveglianza può essere applicata anche alle merci che generano traffico illecito e al trasporto e ai locali utilizzati a questo scopo. Assistenza spontanea Una delle due parti può fornire informazioni di propria iniziativa in casi gravi che potrebbero comportare un danno sostanziale per l’economia, la salute pubblica, la sicurezza pubblica o qualsiasi altro interesse vitale dell’altra parte contraente. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenzaLe richieste devono essere presentate per iscritto, ad eccezione dei casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto. Le richieste devono contenere:i dati dell’autorità doganale richiedente;la misura richiesta;l’oggetto e il motivo della richiesta;la legislazione interessata; ei dettagli delle persone oggetto dell’indagine. La parte interpellata può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. L’obbligo di fornire assistenza può essere rinviato anche nel caso in cui interferisca con un’indagine, un’azione legale o un procedimento in corso. L’accordo contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. L’accordo prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che provvede al buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. Cooperazione doganale in materia di sicurezza della catena logisticaAi sensi della decisione 2014/941 / UE, la cooperazione doganale tra le parti è stata estesa per garantire la sicurezza della catena logistica. Con l’accordo, l’UE e il Canada hanno cercato di rendere sicura la catena logistica e allo stesso tempo di facilitare il commercio legittimo. Gli aspetti coperti dall’accordo comprendono:stabilire norme minime per le tecniche di gestione del rischio;orientarsi verso un riconoscimento reciproco delle tecniche di gestione del rischio, delle norme in materia di rischio, dei controlli di sicurezza, della sicurezza della catena logistica e dei programmi di partenariato commerciale, ivi comprese misure equivalenti di facilitazione degli scambi;scambiare informazioni sulla sicurezza della catena logistica e sulla gestione del rischio soggette agli obblighi in materia di riservatezza delle informazioni e di protezione dei dati personali;Introdurre un’interfaccia per lo scambio di dati, compresi i dati rilevati prima dell’arrivo e prima della partenza delle merci;elaborare una strategia che consenta alle autorità doganali di cooperare nell’ambito delle ispezioni dei carichi; A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI E GLI ACCORDI? La decisione 98/18/UE si applica dal 27 novembre 1997. L’accordo è entrato in vigore il 1° gennaio 1998. La decisione 2014/94/UE si applica dal 27 giugno 2013. L’accordo sulla sicurezza della catena logistica è entrato in vigore il 1° novembre 2013. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Cooperazione doganale tra UE e Canada (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: nell’UE comprende tutte le norme che disciplinano l’importazione, l’esportazione, il transito di merci e il loro vincolo a qualsiasi regime doganale, incluse le misure di divieto, restrizione e controllo. In Canada, il termine ha una definizione più ampia. Esso include tutte le norme statutarie e regolamentari del settore, la cui amministrazione ed applicazione sono demandate specificatamente all’autorità doganale, cioè alle sezioni competenti dei dipartimenti delle entrate nazionali, nonché i regolamenti adottati dall’autorità doganale in base ai suoi poteri di regolamentazione. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una richiesta di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una richiesta di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 98/18/CE del Consiglio, del 27 novembre 1997, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e il Canada (GU L 7 del 13.1.1998, pag. 37). Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza in materia doganale tra la Comunità europea e il Canada (GU L 7 del 13.1.1998, pag. 38). Decisione 2014/941/CE del Consiglio, del 27 giugno 2013, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione doganale tra l’Unione europea e il Canada per quanto riguarda le questioni inerenti alla sicurezza della catena logistica (GU L 367 del 23.12.2014, pag. 8). Accordo di cooperazione doganale tra l’Unione europea e il Canada per quanto riguarda le questioni inerenti alla sicurezza della catena logistica (GU L 367 del 23.12.2014, pag. 10).
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32011L0096
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DIRETTIVA 2011/96/UE DEL CONSIGLIO del 30 novembre 2011 concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (rifusione) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 115, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), deliberando conformemente alla procedura legislativa speciale, considerando quanto segue: (1) La direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (3), ha subito numerose e sostanziali modificazioni (4). Poiché essa deve ora essere nuovamente modificata, è opportuno provvedere, per ragioni di razionalità e chiarezza, alla sua rifusione. (2) Alla luce della sentenza della Corte di giustizia del 6 maggio 2008 in merito alla causa C-133/06 (5), occorre riformulare l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 90/435/CEE, chiarendo che le regole di cui a dette disposizioni sono adottate dal Consiglio conformemente alla procedura prevista dal trattato. È inoltre opportuno aggiornare gli allegati a tale direttiva. (3) La presente direttiva intende esentare dalle ritenute alla fonte i dividendi e altre distribuzioni di utili pagati dalle società figlie alle proprie società madri ed eliminare la doppia imposizione su tali redditi a livello di società madre. (4) I raggruppamenti di società di Stati membri diversi possono essere necessari per creare nell’Unione condizioni analoghe a quelle di un mercato interno e per assicurare così il buon funzionamento del mercato interno. Queste operazioni non dovrebbero essere intralciate da particolari restrizioni, svantaggi e distorsioni derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri. Occorre quindi prevedere per questi raggruppamenti norme fiscali che siano neutre nei riguardi della concorrenza al fine di permettere alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato interno, di accrescere la loro produttività e di rafforzare la loro posizione concorrenziale sul piano internazionale. (5) I raggruppamenti in questione possono risolversi nella creazione di gruppi di società madri e figlie. (6) Prima dell’entrata in vigore della direttiva 90/435/CEE, le disposizioni fiscali che disciplinavano le relazioni tra società madri e società figlie di Stati membri diversi variavano sensibilmente da uno Stato membro all’altro ed erano, in generale, meno favorevoli di quelle applicabili alle relazioni tra società madri e società figlie di uno stesso Stato membro. La cooperazione tra società di Stati membri diversi veniva perciò penalizzata rispetto alla cooperazione tra società di uno stesso Stato membro. Occorreva eliminare questa penalizzazione instaurando un regime comune e facilitare in tal modo il raggruppamento di società a livello dell’Unione. (7) Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti, lo Stato membro della società deve astenersi dal sottoporre tali utili a imposizione, oppure sottoporli a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte di detti utili. (8) Per garantire la neutralità fiscale, è inoltre opportuno esentare da ritenuta alla fonte, salvo in taluni casi particolari, gli utili conferiti da una società figlia alla propria società madre. (9) La corresponsione degli utili a una stabile organizzazione della società madre come pure la percezione degli utili da parte della stessa dovrebbe dar luogo al medesimo trattamento applicabile tra una società figlia e la società madre. Dovrebbe essere contemplato il caso in cui una società madre e la propria società figlia sono nel medesimo Stato membro e la stabile organizzazione è in un altro Stato membro. D’altro canto, pare che le situazioni in cui una stabile organizzazione e una società figlia sono situate nel medesimo Stato membro possono, salva l’applicazione dei principi del trattato, essere trattate sulla base del diritto interno dello Stato membro interessato. (10) In relazione al trattamento delle stabili organizzazioni, gli Stati membri possono avere necessità di determinare le condizioni e gli strumenti giuridici atti a tutelare il gettito tributario nazionale ed evitare che siano aggirate le norme di diritto interno, in conformità dei principi del trattato e tenendo conto delle regole tributarie internazionalmente accettate. (11) Quando gruppi societari sono organizzati in catene di società e gli utili sono distribuiti attraverso la catena di affiliate alla società madre, la doppia imposizione dovrebbe essere eliminata per mezzo di esenzione o di credito d’imposta. Nel caso di credito d’imposta, la società madre dovrebbe poter dedurre le imposte pagate da qualsiasi società affiliata della catena, a condizione che siano rispettati i requisiti della presente direttiva. (12) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati nell’allegato II, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Ogni Stato membro applica la presente direttiva: a) alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri; b) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali; c) alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlie di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata la stabile organizzazione; d) alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie. 2. La presente direttiva non pregiudica l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi. Articolo 2 Ai fini dell’applicazione della presente direttiva si intende per: a) «società di uno Stato membro» qualsiasi società: i) che abbia una delle forme enumerate nell’allegato I, parte A; ii) che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato membro e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori dell’Unione; iii) che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato I, parte B, o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate; b) «stabile organizzazione» una sede fissa di affari situata in uno Stato membro, attraverso la quale una società di un altro Stato membro esercita in tutto o in parte la sua attività, per quanto gli utili di quella sede di affari siano soggetti a imposta nello Stato membro nel quale essa è situata ai sensi del pertinente trattato fiscale bilaterale o, in assenza di un siffatto trattato, ai sensi del diritto interno. Articolo 3 1. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva: a) la qualità di società madre è riconosciuta: i) almeno a una società di uno Stato membro che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 2 e che detenga una partecipazione minima del 10 % nel capitale di una società di un altro Stato membro che soddisfi le medesime condizioni; ii) alle stesse condizioni, ad una società di uno Stato membro che detenga nel capitale di una società dello stesso Stato membro una partecipazione minima del 10 %, parzialmente o totalmente attraverso una stabile organizzazione della prima società situata in un altro Stato membro; b) «società figlia» la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione indicata alla lettera a). 2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri hanno la facoltà: a) di sostituire, mediante accordo bilaterale, il criterio di partecipazione al capitale con quello dei diritti di voto; b) di non applicare la presente direttiva a quelle società di tale Stato membro che non conservino, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, una partecipazione che dia diritto alla qualità di società madre o alle società nelle quali una società di un altro Stato membro non conservi, per un periodo ininterrotto di almeno due anni, siffatta partecipazione. Articolo 4 1. Quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione: a) si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione; o b) li sottopongono a imposizione, autorizzando però detta società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata ricadano nelle definizioni di cui all’articolo 2 e soddisfino i requisiti di cui all’articolo 3 entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta. 2. La presente direttiva non impedisce in alcun modo allo Stato membro della società madre di considerare una società figlia trasparente ai fini fiscali, in base alla valutazione da parte di detto Stato membro delle caratteristiche giuridiche di tale società figlia, derivanti dalla legislazione in base alla quale la stessa è costituita e di sottoporre pertanto a imposizione la quota della società madre degli utili della società figlia se e quando tali utili sussistono. In questo caso lo Stato membro della società madre si astiene dal sottoporre a imposizione gli utili distribuiti della società figlia. Quando verifica la quota detenuta dalla società madre degli utili prodotti dalla sua società figlia, lo Stato membro della società madre esenta detti utili oppure autorizza la società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa alla quota degli utili detenuta dalla società madre e pagata dalla propria società figlia o da una sua sub-affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub-affiliata ricadano nelle definizioni di cui all’articolo 2 e soddisfino i requisiti di cui all’articolo 3, entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta. 3. Ogni Stato membro ha la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre. In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5 % degli utili distribuiti dalla società figlia. 4. I paragrafi 1 e 2 si applicano fino alla data dell’effettiva entrata in vigore di un sistema comune d’imposta sulle società. 5. Il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta a tempo debito le disposizioni applicabili a decorrere dalla data dell’entrata in vigore effettiva di un sistema comune d’imposta sulle società. Articolo 5 Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte. Articolo 6 Lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia. Articolo 7 1. L’espressione «ritenuta alla fonte» utilizzata nella presente direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell’imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre. 2. La presente direttiva lascia impregiudicata l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi. Articolo 8 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 La direttiva 90/435/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all’allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 10 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 30 novembre 2011 Per il Consiglio Il presidente J. VINCENT-ROSTOWSKI (1) Parere espresso il 4 maggio 2011 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 107 del 6.4.2011, pag. 73. (3) GU L 225 del 20.8.1990, pag. 6. (4) Cfr. allegato II, parte A. (5) Racc. 2008, pag. I-03189. ALLEGATO I PARTE A Elenco delle società di cui all’articolo 2, lettera a), punto i) a) Le società registrate a norma del regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, relativo allo statuto della Società europea (SE) (1) e della direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (2) e le società cooperative registrate a norma del regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativo allo statuto della Società cooperativa europea (SCE) (3) e della direttiva 2003/72/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, che completa lo statuto della società cooperativa europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (4); b) le società di diritto belga denominate «société anonyme»/«naamloze vennootschap», «société en commandite par actions»/«commanditaire vennootschap op aandelen», «société privée à responsabilité limitée»/«besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid», «société coopérative à responsabilité limitée»/«coöperatieve vennootschap met beperkte aansprakelijkheid», «société coopérative à responsabilité illimitée»/«coöperatieve vennootschap met onbeperkte aansprakelijkheid», «société en nom collectif»/«vennootschap onder firma», «société en commandite simple»/«gewone commanditaire vennootschap», le imprese pubbliche che hanno adottato una delle forme giuridiche summenzionate e altre società costituite in conformità della legislazione belga e soggette all’imposta belga sulle società; c) le società di diritto bulgaro denominate «събирателно дружество», «командитно дружество», «дружество с ограничена отговорност», «акционерно дружество», «командитно дружество с акции», «неперсонифицирано дружество», «кооперации», «кооперативни съюзи», «държавни предприятия» costituite in conformità della legislazione bulgara e dedite ad attività commerciali; d) le società di diritto ceco denominate: «akciová společnost», «společnost s ručením omezeným»; e) le società di diritto danese denominate «aktieselskab» e «anpartsselskab». Altre società soggette ad imposizione ai sensi della legge sull’imposizione delle società, nella misura in cui il loro reddito imponibile è calcolato e tassato conformemente alle disposizioni fiscali generali applicabili alle «aktieselskaber»; f) le società di diritto tedesco denominate «Aktiengesellschaft», «Kommanditgesellschaft auf Aktien», «Gesellschaft mit beschränkter Haftung», «Versicherungsverein auf Gegenseitigkeit», «Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaft», «Betriebe gewerblicher Art von juristischen Personen des öffentlichen Rechts», e altre società costituite in conformità della legislazione tedesca e soggette all’imposta tedesca sulle società; g) le società di diritto estone denominate: «täisühing», «usaldusühing», «osaühing», «aktsiaselts», «tulundusühistu»; h) le società registrate o costituite a norma del diritto irlandese, gli enti registrati sotto il regime dell’«Industrial and Provident Societies Act», le «building societies» registrate sotto il regime dei «Building Societies ACTS» e le «trustee savings banks» ai sensi del «Trustee Savings Banks Act» del 1989; i) le società di diritto greco denominate «ανώνυμη εταιρεία», «εταιρεία περιορισμένης ευθύνης (Ε.Π.Ε.)» e altre società costituite in conformità della legislazione greca e soggette all’imposta greca sulle società; j) le società di diritto spagnolo denominate «sociedad anónima», «sociedad comanditaria por acciones», «sociedad de responsabilidad limitada», enti di diritto pubblico che operano in regime di diritto privato e altre entità soggette all’imposta spagnola sulle società («Impuesto sobre sociedades»); k) le società di diritto francese denominate «société anonyme», «société en commandite par actions», «société à responsabilité limitée», «sociétés par actions simplifiées», «sociétés d’assurances mutuelles», «caisses d’épargne et de prévoyance», «sociétés civiles» che sono soggette automaticamente all’imposta sulle società, «coopératives», «unions de coopératives» e istituti e imprese pubblici di carattere industriale e commerciale e altre società costituite in conformità della legislazione francese e soggette all’imposta francese sulle società; l) le società di diritto italiano denominate «società per azioni», «società in accomandita per azioni», «società a responsabilità limitata», «società cooperative», «società di mutua assicurazione», nonché gli enti pubblici e privati la cui attività è totalmente o principalmente commerciale; m) in diritto cipriota: «εταιρείες» così come definite nella legge relativa all’imposta sul reddito; n) le società di diritto lettone denominate: «akciju sabiedrība», «sabiedrība ar ierobežotu atbildību»; o) le società di diritto lituano dotate di personalità giuridica; p) le società di diritto lussemburghese denominate «société anonyme», «société en commandite par actions», «société à responsabilité limitée», «société coopérative», «société coopérative organisée comme une société anonyme», «association d’assurances mutuelles», «association d’épargne-pension», «entreprise de nature commerciale, industrielle ou minière de l’Etat, des communes, des syndicats de communes, des établissements publics et des autres personnes morales de droit public» e altre società costituite in conformità della legislazione lussemburghese e soggette all’imposta lussemburghese sulle società; q) le società di diritto ungherese denominate: «közkereseti társaság», «betéti társaság», «közös vállalat», «korlátolt felelősségű társaság», «részvénytársaság», «egyesülés», «szövetkezet»; r) le società di diritto maltese denominate: «Kumpaniji tà Responsabilità Limitata», «Soċjetajiet en commandite lil-kapital tagħhom maqsum f’azzjonijiet»; s) le società di diritto olandese denominate «naamloze vennootschap», «besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid», «Open commanditaire vennootschap», «Coöperatie», «onderlinge waarborgmaatschappij», «Fonds voor gemene rekening», «vereniging op coöperatieve grondslag», «vereniging welke op onderlinge grondslag als verzekeraar of kredietinstelling optreedt» e altre società costituite in conformità della legislazione olandese e soggette all’imposta olandese sulle società; t) le società di diritto austriaco denominate «Aktiengesellschaft», «Gesellschaft mit beschränkter Haftung», «Versicherungsvereine auf Gegenseitigkeit», «Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften», «Betriebe gewerblicher Art von Körperschaften des öffentlichen Rechts», «Sparkassen» e altre società costituite in conformità della legislazione austriaca e soggette all’imposta austriaca sulle società; u) le società di diritto polacco denominate: «spółka akcyjna», «spółka z ograniczoną odpowiedzialnością»; v) le società commerciali o le società di diritto civile aventi forma commerciale e le cooperative e le imprese pubbliche registrate a norma del diritto portoghese; w) le società di diritto rumeno denominate: «societăți pe acțiuni», «societăți în comandită pe acțiuni», «societăți curăspundere limitată»; x) le società di diritto sloveno denominate: «delniška družba», «komanditna družba», «družba z omejeno odgovornostjo»; y) le società di diritto slovacco denominate: «akciová spoločnosť», «spoločnosť s ručením obmedzeným», «komanditná spoločnosť»; z) le società di diritto finlandese denominate «osakeyhtiö/aktiebolag», «osuuskunta/andelslag», «säästöpankki/sparbank» e «vakuutusyhtiö/försäkringsbolag»; aa) le società di diritto svedese denominate «aktiebolag», «försäkringsaktiebolag», «ekonomiska föreningar», «sparbanker», «ömsesidiga försäkringsbolag», «försäkringsföreningar»; ab) le società registrate a norma del diritto del Regno Unito. PARTE B Elenco delle imposte di cui all’articolo 2, lettera a), punto iii) — impôt des sociétés/vennootschapsbelasting in Belgio, — корпоративен данък in Bulgaria, — daň z příjmů právnických osob nella Repubblica ceca, — selskabsskat in Danimarca, — Körperschaftssteuer in Germania, — tulumaks in Estonia, — corporation tax in Irlanda, — φόρος εισοδήματος νομικών προσώπων κερδοσκοπικού χαρακτήρα in Grecia, — impuesto sobre sociedades in Spagna, — impôt sur les sociétés in Francia, — imposta sul reddito delle società in Italia, — φόρος εισοδήματος in Cipro, — uzņēmumu ienākuma nodoklis in Lettonia, — pelno mokestis in Lituania, — impôt sur le revenu des collectivités in Lussemburgo, — társasági adó, osztalékadó in Ungheria, — taxxa fuq l-income in Malta, — vennootschapsbelasting nei Paesi Bassi, — Körperschaftssteuer in Austria, — podatek dochodowy od osób prawnych in Polonia, — imposto sobre o rendimento das pessoas colectivas in Portogallo, — impozit pe profit in Romania, — davek od dobička pravnih oseb in Slovenia, — daň z príjmov právnických osôb in Slovacchia, — yhteisöjen tulovero/inkomstskatten för samfund in Finlandia, — statlig inkomstskatt in Svezia, — corporation tax nel Regno Unito. (1) GU L 294 del 10.11.2001, pag. 1. (2) GU L 294 del 10.11.2001, pag. 22. (3) GU L 207 del 18.8.2003, pag. 1. (4) GU L 207 del 18.8.2003, pag. 25. ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle modificazioni successive (di cui all’articolo 9) Direttiva 90/435/CEE del Consiglio (GU L 225 del 20.8.1990, pag. 6). Atto di adesione del 1994, allegato I, punto XI.B.I.3 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 196). Direttiva 2003/123/CE del Consiglio (GU L 7 del 13.1.2004, pag. 41). Atto di adesione del 2003, allegato II, punto 9.8 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 555). Direttiva 2006/98/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 129). Allegato, limitatamente al punto 7 PARTE B Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale (di cui all’articolo 9) Direttiva Termine di recepimento 90/435/CEE 31 dicembre 1991 2003/123/CE 1o gennaio 2005 2006/98/CE 1o gennaio 2007 ALLEGATO III Tavola di concordanza Direttiva 90/435/CE Presente direttiva Articolo 1, primo paragrafo, primo, secondo, terzo e quarto trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a d) Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 2, primo paragrafo, prima parte dell’alinea Articolo 2, alinea Articolo 2, primo paragrafo, seconda parte dell’alinea Articolo 2, lettera a), alinea Articolo 2, primo paragrafo, lettera a) Articolo 2, lettera a), punto i) Articolo 2, primo paragrafo, lettera b) Articolo 2, lettera a), punto ii) Articolo 2, primo paragrafo, lettera c), alinea del primo comma e secondo comma Articolo 2, lettera a), punto iii) Articolo 2, primo paragrafo, lettera c), primo comma, dal primo al ventisettesimo trattino Allegato I, parte B, dal primo al ventisettesimo trattino Articolo 2, secondo paragrafo Articolo 2, lettera b) Articolo 3, primo paragrafo, alinea Articolo 3, paragrafo 1, alinea Articolo 3, primo paragrafo, lettera a), parole iniziali Articolo 3, primo paragrafo, lettera a), alinea Articolo 3, primo paragrafo, lettera a), primo comma, parole finali Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto i) Articolo 3, primo paragrafo, lettera a), secondo comma Articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto ii) Articolo 3, primo paragrafo, lettera a), terzo comma — Articolo 3, primo paragrafo, lettera a), quarto comma — Articolo 3, primo paragrafo, lettera b) Articolo 3, primo paragrafo, lettera b) Articolo 3, secondo paragrafo, primo e secondo trattino Articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b) Articolo 4, primo paragrafo, primo e secondo trattino Articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b) Articolo 4, primo paragrafo bis Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, secondo paragrafo, prima frase Articolo 4, paragrafo 3, primo comma Articolo 4, secondo paragrafo, seconda frase Articolo 4, paragrafo 3, secondo comma Articolo 4, paragrafo 3, primo comma Articolo 4, paragrafo 4 Articolo 4, paragrafo 3, secondo comma Articolo 4, paragrafo 5 Articoli 5, 6 e 7 Articoli 5, 6 e 7 Articolo 8, primo paragrafo — Articolo 8, secondo paragrafo Articolo 8 __ Articolo 9 __ Articolo 10 Articolo 9 Articolo 11 Allegato Allegato I, parte A __ Allegato II __ Allegato III
Regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi dell’Unione europea QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La direttiva, detta anche direttiva sulle società madri e figlie, intende esentare dalle ritenute alla fonte i dividendi e altre distribuzioni di utili pagati dalle società figlie alle proprie società madri ed eliminare la doppia imposizione su tali redditi a livello di società madre. Si tratta di un regime comune progettato per facilitare il raggruppamento di imprese in tutta l’Unione europea (Unione), al fine di garantire un funzionamento efficace del mercato interno. PUNTI CHIAVE Tipi di società interessateLe società interessate sono le società per azioni, le società a responsabilità limitata, alcune cooperative, le società di mutua assicurazione, le casse di risparmio, i fondi, le società europee e le società cooperative europee. Queste società non devono avere il domicilio fiscale al di fuori dell’Unione e devono essere soggette all’imposta sulle società, senza la possibilità di opzione e senza esserne esentate. La condizione di società madre è riconosciuta a una società di uno Stato membro dell’Unione che detenga una partecipazione minima del 10 % nel capitale di una società di un altro Stato membro.Ricezione degli utiliUna società madre o una stabile organizzazione ha la possibilità di ricevere utili, anche al di fuori del periodo di liquidazione. In questo caso, lo Stato membro della società madre o della stabile organizzazione deve astenersi dal sottoporre tali utili a imposizione o li deve sottoporre a imposizione, autorizzando però detta società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub-affiliata. Nel tentativo di evitare che le imprese transfrontaliere programmino i loro pagamenti all’interno del gruppo, al fine di beneficiare della doppia non imposizione, lo Stato membro della società madre o della stabile organizzazione deve tassare gli utili ricevuti, nella misura in cui questi utili sono deducibili dalla società figlia. Gli Stati membri mantengono la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione ed eventuali minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre. Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte. Allo stesso modo, lo Stato membro da cui dipende la società madre non può riscuotere ritenute alla fonte sugli utili che questa società riceve dalla sua società figlia. Tuttavia, questa norma non riguarda il pagamento anticipato o preliminare dell’imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre.Norma antiabuso La direttiva di modifica (UE) 2015/121 incorpora le norme antiabuso nella direttiva 2011/96/UE per prevenire l’uso improprio in termini di evasione fiscale, frode fiscale o pratiche abusive. Tali norme sono concepite per assolvere allo scopo specifico di intervenire su un regime o una serie di regimi che non sono autentici, ovvero, che non rispecchiano la realtà economica. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva 2011/96/CE è in vigore dal 18 gennaio 2012 e doveva diventare legge negli Stati membri entro tale data. La direttiva di modifica (UE) 2015/121 è in vigore dal 17 febbraio 2015 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 31 dicembre 2015. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Società madri e figlie nell’Unione europea (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (rifusione) (GU L 345 del 29.12.2011, pag. 8). Le modifiche successive alla direttiva 2011/96/UE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32014D0219
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DECISIONE 2014/219/PESC DEL CONSIGLIO del 15 aprile 2014 relativa alla missione dell'Unione europea in ambito PSDC in Mali (EUCAP Sahel Mali) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 21 marzo 2012 il Consiglio ha accolto favorevolmente la strategia dell'Unione europea per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel («strategia dell'UE per il Sahel»), sottolineando che l'Unione ha un interesse di lunga data nel ridurre l'insicurezza e migliorare lo sviluppo della regione del Sahel. (2) Il 16 luglio 2012 il Consiglio, con decisione 2012/392/PESC (1) ha avviato la missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) EUCAP Sahel Niger che contribuisce alla formazione e alla consulenza delle forze di sicurezza interne in Niger e rafforza il coordinamento regionale con il Mali e la Mauritania nel settore della sicurezza. (3) Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha espresso preoccupazione per il peggioramento della situazione in Mali e per i suoi effetti negativi sulla pace e la stabilità regionali e internazionali. Per proseguire l'attuazione della strategia dell'UE per il Sahel, il Consiglio ha invitato l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e la Commissione ad avanzare proposte concrete in vista della rapida attuazione di tutte le azioni in materia di governance, sicurezza, sviluppo e risoluzione dei conflitti a favore del nord del Mali previste dalla strategia dell'UE per il Sahel. (4) Il 18 febbraio 2013 il Consiglio, con decisione 2013/87/PESC (2) ha avviato una missione militare di formazione della forze armate maliane (EUTM Mali), intesa a fornire consulenza e formazione a favore delle forze armate maliane sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali. (5) Il 27 maggio 2013 il Consiglio ha ribadito la sua disponibilità ad esaminare, in particolare nel quadro della PSDC, le opzioni per un sostegno urgente alle autorità maliane nel settore della sicurezza interna e della giustizia, anche in materia di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. (6) Il 20 febbraio 2014 la Repubblica del Mali ha inviato all'Unione una lettera d'invito ai fini dell'invio di una missione civile dell'Unione a sostegno delle forze di sicurezza del Mali. (7) Il 17 marzo 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle forze di sicurezza interna del Mali. (8) L'EUCAP Sahel Mali sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati nell'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L'Unione stabilisce una missione civile in Mali (EUCAP Sahel Mali) a sostegno delle forze di sicurezza interna (FSI) (polizia, gendarmeria e guardia nazionale) maliane. Articolo 2 Obiettivo e compiti 1. Obiettivo dell'EUCAP Sahel Mali è consentire alle autorità maliane di ripristinare e mantenere l'ordine costituzionale e democratico nonché le condizioni per una pace duratura in Mali e ristabilire e mantenere l'autorità e la legittimità dello Stato su tutto il territorio maliano attraverso un'efficace ristrutturazione della sua amministrazione. 2. In sostegno alla dinamica maliana di restaurazione dell'autorità dello Stato, in stretto coordinamento con gli altri attori internazionali, in particolare la MINUSMA, l'EUCAP Sahel Mali assiste e consiglia le FSI nell'attuazione della riforma della sicurezza stabilita dal nuovo governo, nella prospettiva di: — migliorare la loro efficacia operativa, — ristabilire le loro rispettive catene gerarchiche; — rafforzare il ruolo delle autorità amministrative e giudiziarie per quanto riguarda la direzione e il controllo delle loro missioni, e — agevolare un loro nuovo dispiegamento nel nord del paese. 3. Al fine di raggiungere il suo obiettivo, l'EUCAP Sahel Mali opera secondo le linee operative strategiche definite nel concetto di gestione della crisi approvato dal Consiglio il 17 marzo 2014 e sviluppate nei documenti di pianificazione operativa approvati dal Consiglio. Articolo 3 Catena di comando e struttura 1. L'EUCAP Sahel Mali dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi. 2. Il comando dell'EUCAP Sahel Mali è situato a Bamako. Articolo 4 Pianificazione e avvio dell'EUCAP Sahel Mali 1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUCAP Sahel Mali non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale. 2. Il nucleo avanzato dell'EUCAP Sahel Mali ha il compito di preparare l'installazione dell'EUCAP Sahel Mali dal punto di vista logistico e infrastrutturale, stabilire i contatti con gli interlocutori maliani, in particolare il governo e le autorità centrali, per effettuare con loro valutazioni prospettiche dell'attuazione degli obiettivi dell'EUCAP Sahel Mali, iniziare a definire il quadro della cooperazione e del coordinamento con i partner internazionali, in particolare la MINUSMA, e fornire gli elementi necessari alla preparazione del concetto operativo (CONOPS), del piano operativo (OPLAN) e della seconda scheda finanziaria. Articolo 5 Comandante civile dell'operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CCPC) dell'EUCAP Sahel Mali è il comandante civile dell'EUCAP Sahel Mali. La CCPC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUCAP Sahel Mali. 2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUCAP Sahel Mali. 3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale. 6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità dell'EUCAP Sahel Mali ed esercita il comando e il controllo a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo. 2. Il capomissione rappresenta l'EUCAP Sahel Mali nella sua zona di azione. Può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUCAP Sahel Mali, sotto la sua responsabilità generale. 3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUCAP Sahel Mali, compreso per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione dell'EUCAP Sahel Mali. 4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE. 5. Il capomissione assicura un'adeguata visibilità dell'EUCAP Sahel Mali. Articolo 7 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUCAP Sahel Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e rivedere il CONOPS e l'OPLAN. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUCAP Sahel Mali restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza. Articolo 8 Personale 1. Il personale dell'EUCAP Sahel Mali è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere. 2. Lo Stato membro, l'istituzione dell'Unione o il SEAE, rispettivamente, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 3. L'EUCAP Sahel Mali può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUCAP Sahel Mali e i membri del personale interessati. Articolo 9 Status dell'EUCAP Sahel Mali e del relativo personale Lo status dell'EUCAP Sahel Mali e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUCAP Sahel Mali, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 del TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUCAP Sahel Mali, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dal Mali, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUCAP Sahel Mali. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUCAP Sahel Mali hanno diritti ed obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell'EUCAP Sahel Mali, a quelli degli Stati membri. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUCAP Sahel Mali. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUCAP Sahel Mali a norma dell'articolo 5. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUCAP Sahel Mali e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUCAP Sahel Mali, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE. 3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE. 4. Il personale dell'EUCAP Sahel Mali riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di dispiegamento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (3). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l'EUCAP Sahel Mali. Articolo 13 Disposizioni giuridiche L'EUCAP Sahel Mali ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione. Articolo 14 Disposizioni finanziarie 1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUCAP Sahel Mali per i primi nove mesi successivi all'entrata in vigore della presente decisione è pari a 5 500 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. Le gare d'appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi e dello Stato ospitante. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUCAP Sahel Mali. 3. L'EUCAP Sahel Mali è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine l'EUCAP Sahel Mali firma un accordo con la Commissione. 4. Le disposizioni finanziarie prendono in considerazione la catena di comando di cui agli articoli 3, 5 e 6 e le esigenze operative dell'EUCAP Sahel Mali, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre. 5. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3. Articolo 15 Cellula di progetto 1. L'EUCAP Sahel Mali dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUCAP Sahel Mali coordina, agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi al mandato dell'EUCAP Sahel Mali e a sostegno dei suoi obiettivi. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUCAP Sahel Mali è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUCAP Sahel Mali nei due seguenti casi: — il progetto è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione; o — il progetto è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione. L'EUCAP Sahel Mali conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati. Né l'Unione né AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati membri contributori per atti od omissioni del capomissione nell'utilizzo dei fondi di tali Stati. 3. Il CPS approva l'accettazione dei contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi. Articolo 16 Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione 1. L'AR garantisce la coerenza dell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell'Unione. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Mali al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Mali. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Bamako, in stretto coordinamento con il rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sahel (RSUE per il Sahel), impartisce al capomissione civile direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUCAP Sahel Mali, il capo delegazione a Bamako e l'RSUE per il Sahel si consultano reciprocamente. 3. E' instaurata una cooperazione tra il capo della missione EUCAP Sahel Mali, il comandante della missione EUTM Mali, il capo della missione EUCAP (Sahel) Niger e il capo della missione EUBAM Libia. 4. Inoltre, l'EUCAP Sahel Mali coordina e armonizza le sue azioni nell'ambito della riforma della sicurezza con la MINUSMA e con gli altri partner internazionali. Articolo 17 Comunicazione di informazioni 1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUCAP Sahel Mali, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTREINT» prodotte ai fini dell'EUCAP Sahel Mali, in conformità alla decisione 2013/488/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUCAP Sahel Mali, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUCAP Sahel Mali, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (4). 4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE. Articolo 18 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione. Essa si applica sino alla scadenza di un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUCAP Sahel Mali. Fatto a Lussemburgo, il 15 aprile 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Decisione 2012/392/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell'Unione europea in ambito PSDC in Niger (EUCAP Sahel Niger) (GU L 187 del 17.7.2012, pag. 48). (2) Decisione 2013/87/PESC del Consiglio, del 18 febbraio 2013, relativa all'avvio della missione militare dell'Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 46 del 19.2.2013, pag. 27). (3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (4) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Il Mali e il Sahel: verso il raggiungimento della stabilità nella regione QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa mira a ripristinare l’ordine e le condizioni per una pace duratura in Mali e nella regione del Sahel. PUNTI CHIAVE G5 SahelNel 2014, Burkina-Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger hanno istituito il gruppo G5 Sahel per promuovere una stretta cooperazione nella regione e rispondere alle principali sfide che questi paesi devono affrontare, tra le quali il terrorismo e la criminalità organizzata transnazionale.Strategia dell’Unione europeaLa politica dell’Unione europea (l’Unione) nella regione si basa sulla Strategia per il Sahel adottata nel 2011, che:riguarda la diplomazia, la cooperazione a lungo termine, il sostegno ai diritti umani, gli sforzi per la stabilizzazione, la costruzione della resilienza, la sicurezza nelle migrazioni e i bisogni umanitari;viene attuata attraverso il piano d’azione regionale dell’Unione per il Sahel 2015-2020. L’Unione ha fornito supporto finanziario per la creazione della forza congiunta del G5 Sahel che comprende truppe di tutti e cinque i paesi e opera in ciascuno di essi. L’Unione è membro dell’Alleanza per il Sahel, creata e sottoscritta dall’Unione, dalla Francia e dalla Germania nel luglio 2017, la quale:mira a fornire aiuti rapidamente e con maggiore efficienza in tutta la regione;attualmente conta 12 membri: Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito, l’Unione, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), la Banca africana di sviluppo e la Banca mondiale.EUCAP MaliLa decisione fornisce le basi legali per la missione civile dell’Unione per la politica di sicurezza e di difesa comune nel Mali (EUCAP Sahel Mali). Essa mira a sostenere il governo del Mali a restaurare e mantenere il controllo del proprio territorio fornendo consulenze, formazione e attrezzature per il ripristino della sicurezza interna e la riforma del settore della sicurezza. La missione è iniziata nel 2015 e si protrae fino al 2021. La decisione è stata modificata più volte per aumentare il sostegno finanziario, per la creazione di una cellula consultiva e di coordinamento regionale e per autorizzare l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a rilasciare alcune informazioni riservate a Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera dell’Unione. EUCAP Mali è integrato da un’operazione militare, la missione di formazione dell’Unione nel Mali (EUTM) che fornisce consulenza sulla ristrutturazione delle forze armate maliane. Il suo mandato dura fino a maggio 2020. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 15 gennaio 2015. La validità della decisione è stata estesa fino al 14 gennaio 2021. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:La collaborazione dell’Unione con i paesi del G5 Sahel (Servizio europeo per l’azione esterna dell’Unione europea) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2014/219/PESC del Consiglio, del 15 aprile 2014, relativa alla missione dell’Unione europea in ambito PSDC in Mali (EUCAP Sahel Mali) (GU L 113 del 16.4.2014, pag. 21). Le successive modifiche alla decisione 2014/219/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2013/87/PESC del Consiglio, del 18 febbraio 2013, relativa all’avvio della missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 46 del 19.2.2013, pag. 27).
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32001R1936
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REGOLAMENTO (CE) N. 1936/2001 DEL CONSIGLIO del 27 settembre 2001 che stabilisce alcune misure di controllo applicabili alle attività di pesca di taluni stock di grandi migratori IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) La Comunità europea è dal 14 novembre 1997 parte contraente della convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (3), qui di seguito denominata «convenzione ICCAT». (2) La convenzione ICCAT prevede un quadro di cooperazione regionale in materia di conservazione e di gestione delle risorse di tonnidi e specie affini dell'oceano Atlantico e dei mari adiacenti, mediante la creazione di una Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico, qui di seguito denominata «ICCAT», e l'adozione di raccomandazioni in materia di conservazione e di gestione nella zona della convenzione, che diventano vincolanti per le parti contraenti. (3) L'ICCAT ha adottato numerose raccomandazioni che stabiliscono obblighi in materia di controlli e di sorveglianza, in particolare per quanto concerne la raccolta e la trasmissione di dati statistici, le ispezioni in porto, la sorveglianza delle navi via satellite, l'osservazione delle navi ed i trasbordi, il controllo di navi di parti non contraenti e di navi prive di nazionalità. Queste raccomandazioni sono diventate vincolanti per la Comunità, che deve pertanto attuarle. (4) Alcuni di questi obblighi sono stati recepiti dal regolamento (CE) n. 1351/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, che stabilisce talune misure di controllo per garantire il rispetto delle misure adottate dall'ICCAT (4) e dall'articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2742/1999 del Consiglio, del 17 dicembre 1999, che stabilisce, per il 2000, le possibilità di pesca e le condizioni ad esse associati per alcuni stock o gruppi di stock ittici, applicabili nelle acque comunitarie e, per le navi comunitarie, in altre acque dove sono imposti limiti di cattura e che modifica il regolamento (CE) n. 66/98 (5). Per ragioni di chiarezza è opportuno raggruppare queste misure in un unico regolamento che abroga e sostituisce il precedente regolamento. (5) Ai fini della ricerca scientifica è opportuno imporre ai comandanti dei pescherecci comunitari il rispetto degli obblighi previsti dal «Manuale operativo per le statistiche ed il campionamento dei tonnidi e delle specie affini nell'oceano Atlantico» edito dall'ICCAT. (6) La Comunità ha approvato l'accordo che istituisce la Commissione per il tonno dell'oceano Indiano (6) in appresso denominata «IOTC». Tale accordo fornisce un utile strumento per rafforzare la cooperazione internazionale ai fini della conservazione e dello sfruttamento razionale dei tonni e delle specie affini dell'oceano Indiano mediante la creazione della Commissione per il tonno dell'oceano Indiano e l'adozione di raccomandazioni in materia di conservazione e di gestione nella zona di competenza dell'IOTC, che diventano vincolanti per le parti contraenti. La Comunità dovrebbe applicare le misure di controllo adottate dall'IOTC. (7) L'IOTC ha adottato una raccomandazione che prevede la registrazione e lo scambio delle informazioni relative al tonno tropicale. Tale raccomandazione è vincolante per la Comunità e occorre pertanto attuarla. (8) La Comunità ha interessi di pesca nel Pacifico orientale ed ha avviato la procedura per aderire alla Commissione interamericana per il tonno tropicale, in appresso denominata «IATTC». In attesa dell'adesione e in ottemperanza all'obbligo di cooperazione derivante dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare dovrebbe applicare le misure di controllo adottate dall'IATTC. (9) La Comunità, che ha firmato l'accordo relativo al programma internazionale per la conservazione dei delfini (7), ha deciso, con la decisione 1999/386/CE (8), di applicarlo provvisoriamente in attesa della sua approvazione. Occorre pertanto che la Comunità applichi le disposizioni di controllo previste dall'accordo. (10) Gli Stati membri dovrebbero intraprendere le azioni necessarie ad assicurare l'osservanza delle misure di controllo previste dall'IOTC, dalla IATTC e dall'accordo relativo al programma internazionale per la conservazione dei delfini. (11) Il regolamento (CEE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993, che istituisce un regime di controllo applicabile nell'ambito della politica comune della pesca (9), si applica a tutte le attività di pesca e a tutte le attività connesse esercitate sul territorio e nelle acque marittime sotto la sovranità o la giurisdizione degli Stati membri, nonché a tutte le attività esercitate da pescherecci comunitari operanti nelle acque di paesi terzi o in alto mare, fatte salve le disposizioni contenute negli accordi di pesca conclusi dalla Comunità con paesi terzi o nelle convenzioni internazionali di cui la Comunità è parte. (12) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (10), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce misure di controllo e d'ispezione delle attività di pesca relative agli stock di grandi migratori della specie di cui all'allegato I del presente regolamento e si applica ai pescherecci battenti bandiera degli Stati membri immatricolati nella Comunità, in appresso denominati «pescherecci comunitari» operanti in una delle zone di cui all'articolo 2. Articolo 2 Zone Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni di zone marittime: a) Zona 1 Tutte le acque dell'oceano Atlantico e dei mari adiacenti comprese nella zona della convenzione ICCAT, quale definita all'articolo I della stessa. b) Zona 2 Tutte le acque dell'oceano Indiano comprese nella zona di competenza definita all'articolo II dell'accordo che istituisce l'IOTC. c) Zona 3 Tutte le acque del Pacifico orientale comprese nella zona definita all'articolo III dell'accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «fermo»: la salita a bordo di un peschereccio all'interno di una zona di competenza di un'organizzazione da parte di uno o più ispettori autorizzati a fini di ispezione; b) «trasbordo»: lo scarico di un quantitativo qualsiasi di pesci grandi migratori e/o di prodotti di tali pesci da un peschereccio su un'altra nave in mare o in un porto, senza che tali prodotti siano stati registrati da uno Stato di approdo come sbarcati; c) «sbarco»: lo scarico di un quantitativo qualsiasi di pesci grandi migratori e/o di prodotti di tali pesci da un peschereccio in un porto o a terra; d) «infrazione»: qualsiasi atto o omissione presunti da parte di un peschereccio, annotati in un rapporto di ispezione, per i quali esistono seri motivi di sospettare che siano avvenuti in violazione delle disposizioni del presente regolamento o di qualsiasi altro regolamento che recepisce una raccomandazione adottata da un'organizzazione regionale per una delle zone di cui all'articolo 2; e) «nave di una parte non contraente»: nave osservata e identificata mentre esercita attività di pesca in una delle zone di cui all'articolo 2 e che batte bandiera di uno Stato che non è parte contraente della pertinente organizzazione regionale; f) «nave priva di nazionalità»: nave per la quale sussistono motivi sufficienti per ritenere che non abbia nazionalità. CAPITOLO I MISURE DI CONTROLLO E DI ISPEZIONE APPLICABILI NELLA ZONA 1 Sezione 1 Misure di controllo Articolo 4 Campionamento delle catture 1. Il campionamento delle catture è effettuato conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 1543/2000, del 29 giugno 2000, che istituisce un quadro comunitario per la raccolta e la gestione dei dati essenziali all'attuazione della politica comune della pesca (11) nonché ai requisiti del Manuale operativo per le statistiche e il campionamento dei tonnidi e delle specie affini nell'oceano Atlantico (3a edizione, ICCAT, 1990). 2. Le modalità di attuazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Articolo 5 Notifica delle catture 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione che a sua volta li trasmetterà al Segretariato esecutivo dell'ICCAT i dati annuali nominali relativi alle catture (compito I quale definito dall'ICCAT) per le specie di cui all'allegato II. Al fine di ottemperare alle disposizioni dell'ICCAT gli Stati membri trasmettono i dati alla Commissione entro: il 1o marzo dell'anno successivo: la stima provvisoria relativa all'anno intero, il 15 aprile dell'anno successivo: la stima definitiva. 2. Anteriormente al 31 luglio di ogni anno gli Stati membri trasmettono al Segretariato esecutivo dell'ICCAT, garantendo l'accesso informatico alla Commissione i seguenti dati (compito II quale definito dall'ICCAT): a) i dati relativi alle catture e allo sforzo di pesca dell'anno precedente, con una ripartizione spazio-temporale particolareggiata; b) i dati disponibili relativi alle catture della pesca sportiva delle specie di cui all'allegato I. 3. Le modalità di attuazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Articolo 6 Informazioni sulle catture di squali 1. Gli Stati membri trasmettono tutti i dati disponibili sulle catture e il commercio di squali al Segretariato esecutivo dell'ICCAT e ne garantiscono l'accesso informatico alla Commissione. 2. Le modalità di attuazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Articolo 7 Catture non dichiarate In caso di importazioni di prodotti congelati di tonno rosso e di tonno obeso pescati da pescherecci palangresari aventi una lunghezza fuori tutto di oltre 24 m, ogni Stato membro raccoglie ed esamina su richiesta della Commissione, tutti i dati disponibili relativi alle importazioni e qualsiasi informazione connessa come ad esempio il nome delle navi, l'immatricolazione e il nome dell'armatore, le specie catturate, il relativo peso nonché la zona di pesca e il luogo di esportazione. Articolo 8 Osservazione delle navi 1. Per osservazione si intende, ai sensi del presente articolo, qualsiasi osservazione effettuata da una nave o da un aereo di uno Stato membro o dalle autorità competenti di uno Stato membro responsabili delle ispezioni in mare: — di una nave priva di nazionalità verosimilmente impegnata nella pesca di specie di cui all'allegato I, oppure — di una nave battente bandiera di un'altra parte contraente verosimilmente impegnata in attività di pesca in contravvenzione alle misure di conservazione dell'ICCAT, oppure — di una nave battente bandiera di parti, entità, o entità di pesca non contraenti verosimilmente impegnata in attività di pesca in contravvenzione alle misure di conservazione dell'ICCAT. 2. L'osservazione è trascritta in una scheda d'osservazione standard e contiene, se possibile, tutte le informazioni ivi previste. La scheda può essere eventualmente corredata delle fotografie della nave osservata. 3. Le schede di osservazione sono trasmesse immediatamente all'autorità competente dello Stato membro dell'osservatore. Tale Stato membro le comunica senza indugio alla Commissione che informa lo Stato di bandiera della nave osservata. La Commissione trasmette immediatamente tali schede al Segretariato esecutivo dell'ICCAT. 4. Lo Stato membro che riceve dall'autorità competente di una parte contraente osservazioni relative alle attività di una nave che batte la sua bandiera, notifica immediatamente alla Commissione tali osservazioni, nonché tutte le pertinenti informazioni. La Commissione notifica tempestivamente tali informazioni al Segretariato esecutivo, affinché vengano esaminate dal comitato di applicazione. 5. I comandanti dei pescherecci comunitari trasmettono alle proprie autorità nazionali qualsiasi informazione relativa a navi che si presume stiano pescando il tonno obeso nella zona della convenzione e che non figurano nell'elenco stabilito dal Segretariato esecutivo dell'ICCAT. Gli Stati membri notificano quanto prima tali osservazioni alla Commissione, che ne informa il Segretariato esecutivo dell'ICCAT. 6. Le modalità di attuazione del presente articolo riguardo al formato e ai requisiti della scheda di osservazione di cui al paragrafo 2 sono adottate secondo la procedura all'articolo 24, paragrafo 2. Articolo 9 Relazione annuale 1. Anteriormente al 15 giugno di ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione la relazione annuale secondo il formato adottato dall'ICCAT che comprende: a) le informazioni sull'attuazione del sistema di sorveglianza via satellite e, b), una «tabella di dichiarazione ICCAT» per ogni attività di pesca, corredata di osservazioni relative, tra l'altro, al superamento dei margini di tolleranza stabiliti dall'ICCAT per le taglie minime di alcune specie e le misure adottate o da adottare. Gli Stati membri forniscono inoltre indicazioni sulla regolamentazione della pesca sportiva delle specie di cui all'allegato I e trasmettono tutte le informazioni relative alle operazioni di trasbordo che hanno interessato le loro navi nell'anno precedente. 2. Le modalità di attuazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Sezione 2 Procedure d'ispezione in porto Articolo 10 Principi generali 1. Gli Stati membri designano, per le ispezioni nei loro porti, ispettori incaricati di sorvegliare e di ispezionare le operazioni di trasbordo e di sbarco delle specie di cui all'allegato I. 2. Gli Stati membri garantiscono che le ispezioni si svolgano secondo modalità non discriminatorie e conformemente alle disposizioni emanate dall'ICCAT per le ispezioni in porto. 3. Lo Stato di approdo può, tra l'altro, ispezionare i documenti, gli attrezzi da pesca e le catture a bordo dei pescherecci qualora detti pescherecci si trovino volontariamente nei suoi porti o nei suoi terminali al largo. Articolo 11 Ispettori 1. Gli Stati membri rilasciano uno speciale documento di identificazione ad ogni ispettore ICCAT, che deve averlo con sé e presentarlo prima di procedere all'ispezione. I dettagli di tale documento sono stabiliti secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Gli Stati membri notificano l'elenco dei propri ispettori alla Commissione, che lo trasmette al Segretariato esecutivo dell'ICCAT. 2. Gli Stati membri si assicurano che gli ispettori dell'ICCAT svolgano le loro mansioni conformemente alle norme stabilite nelle disposizioni emanate dall'ICCAT per le ispezioni in porto. Gli ispettori agiscono sotto il controllo operativo delle proprie autorità competenti, alle quali debbono rispondere delle proprie azioni. Articolo 12 Procedure di ispezione 1. Gli Stati membri si assicurano che i loro ispettori ICCAT: — eseguano le ispezioni in modo da perturbare al minimo le attività della nave, e da evitare qualsiasi deterioramento della qualità del pesce, — redigano un rapporto di ispezione conformemente alle modalità stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 24, paragrafo 2, e lo trasmettano alle rispettive autorità. 2. Gli ispettori hanno la facoltà di esaminare tutte le zone, i ponti e i locali della nave, le catture (trasformate o meno), gli attrezzi, le attrezzature nonché tutti i documenti considerati necessari per verificare il rispetto delle misure di conservazione adottate dall'ICCAT, compreso il giornale di bordo e le polizze di carico nel caso di navi madre o di navi da trasporto. 3. Gli ispettori firmano il rapporto in presenza del comandante della nave, che ha il diritto di annotarvi o di farvi annotare tutte le informazioni che ritiene pertinenti, apponendovi poi la propria firma. L'ispettore indica nel giornale di bordo che è stata effettuata un'ispezione. Articolo 13 Obblighi del comandante della nave durante l'ispezione Il comandante di una nave comunitaria: a) non si oppone alle ispezioni effettuate nei porti nazionali e esteri da ispettori autorizzati, non tenta di intimidirli o di ostacolarli nell'esercizio delle loro funzioni e ne garantisce la sicurezza; b) collabora all'ispezione della nave condotta secondo le procedure stabilite dal presente regolamento, fornendo il proprio contributo a tal fine; c) fornisce all'ispettore i mezzi necessari per procedere all'esame delle zone, dei ponti, dei locali della nave, delle catture (trasformate o meno), degli attrezzi, delle attrezzature e di tutta la documentazione, compreso il registro di pesca e la polizza di carico. Articolo 14 Procedure in caso di infrazione 1. Se ha seri motivi di ritenere che un peschereccio abbia svolto un'attività contraria alle misure di conservazione adottate dall'ICCAT, l'ispettore ICCAT: a) annota l'infrazione nel rapporto di ispezione; b) adotta tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e la conservazione degli elementi di prova; c) trasmette immediatamente il rapporto di ispezione alle proprie autorità. 2. Lo Stato membro che esegue l'ispezione invia immediatamente l'originale del rapporto di ispezione alla Commissione, che lo trasmette senza indugio alle autorità competenti dello Stato di bandiera della nave ispezionata, con copia al Segretariato esecutivo dell'ICCAT. Articolo 15 Provvedimenti adottati a seguito di infrazioni 1. Qualora riceva da una parte contraente dell'ICCAT o da un altro Stato membro la notifica di un'infrazione commessa da una nave che batte la sua bandiera, lo Stato membro agisce rapidamente, secondo la sua legislazione nazionale, al fine di ottenere ed esaminare le prove e condurre le indagini necessarie e, se, possibile, di ispezionare la nave. 2. Gli Stati membri designano le autorità competenti per ricevere le prove delle infrazioni e ne comunicano alla Commissione nome, indirizzo e altri elementi utili. 3. Lo Stato membro di bandiera notifica alla Commissione, che le trasmette al Segretariato esecutivo dell'ICCAT, le sanzioni e le misure adottate nei confronti della nave interessata. Articolo 16 Trattamento dei rapporti d'ispezione 1. Ciascuno Stato membro attribuisce ai rapporti redatti dagli ispettori ICCAT di altri Stati membri e di altre parti contraenti lo stesso valore di quelli redatti dai propri ispettori. 2. Ciascuno Stato membro coopera con le parti contraenti interessate facilitando, nel rispetto della legislazione nazionale, i procedimenti giudiziari o di altro tipo conseguenti ad un rapporto presentato da un ispettore ICCAT conformemente alle disposizioni emanate dall'ICCAT per le ispezioni in porto. Sezione 3 Misure specifiche applicabili alle navi prive di nazionalità e navi di parti non contraenti Articolo 17 Trasbordi 1. Ai pescherecci comunitari è fatto divieto di ricevere trasbordi di pesci delle specie di cui all'allegato I da navi prive di nazionalità o battenti bandiera di una parte non contraente che non abbia lo status di parte, entità o entità di pesca cooperante. 2. L'elenco delle parti, entità o entità di pesca cooperanti stabilito dall'ICCAT è pubblicato dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (serie C). 3. Anteriormente al 15 settembre di ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione le informazioni relative ai trasbordi di pesce delle specie di cui all'allegato I realizzati nell'anno precedente tra navi battenti la loro bandiera e navi battenti bandiera di una parte non contraente che abbia lo status di parte, entità o entità di pesca cooperante. La Commissione trasmette tali informazioni al Segretariato esecutivo dell'ICCAT. Articolo 18 Misure di controllo delle attività di pesca 1. Le autorità competenti di uno Stato membro che hanno fermato e/o ispezionato una nave priva di nazionalità comunicano immediatamente alla Commissione i risultati dell'ispezione nonché le eventuali misure adottate conformemente al diritto internazionale. La Commissione trasmette tali informazioni quanto prima al Segretariato esecutivo dell'ICCAT. 2. Gli Stati membri provvedono affinché una nave priva di nazionalità o una nave di una parte non contraente che entra in un porto designato ai sensi dell'articolo 28 sexies, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2847/93 venga ispezionata dalle autorità nazionali competenti. Lo sbarco e il trasbordo delle catture della nave in questione è vietato fino al momento in cui l'ispezione è conclusa. 3. Se risulta dall'ispezione che la nave ha a bordo risorse che sono oggetto di una raccomandazione in vigore dell'ICCAT, lo Stato membro interessato ne vieta lo sbarco e il trasbordo. 4. Il divieto di cui al paragrafo 3 non si applica qualora il comandante della nave ispezionata o il suo rappresentante fornisca alle autorità competenti dello Stato membro interessato la prova convincente che: a) le risorse detenute a bordo sono state catturate al di fuori della zona in questione; oppure b) le risorse detenute a bordo sono state catturate senza contravvenire alle vigenti misure di conservazione. Articolo 19 Cittadini degli Stati membri Ciascuno Stato membro si adopera, nel rispetto della propria legislazione nazionale, per scoraggiare i propri cittadini dall'associarsi ad attività di parti non contraenti che compromettano l'attuazione delle misure di conservazione e di gestione dell'ICCAT. CAPITOLO II MISURE DI CONTROLLO E DI SORVEGLIANZA APPLICABILI NELLA ZONA 2 Articolo 20 Principi generali Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le navi battenti la sua bandiera rispettino le misure applicabili nella zona. Articolo 21 Osservazioni 1. I comandanti dei pescherecci comunitari autorizzati a pescare nella zona comunicano alle rispettive autorità nazionali l'osservazione di navi di parti non contraenti che si presume peschino o che pescano effettivamente il tonno obeso, il tonno albacora e il tonnetto striato nella zona. 2. Gli Stati membri trasmettono quanto prima questa informazione alla Commissione, che la invia successivamente alla IOTC. CAPITOLO III MISURE DI CONTROLLO E DI SORVEGLIANZA APPLICABILI NELLA ZONA 3 Articolo 22 Principi generali Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le navi battenti la sua bandiera rispettino le misure IATTC recepite nel diritto comunitario e le misure applicabili dell'accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini. CAPITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 23 Le misure necessarie all'attuazione dell'articolo 4, paragrafo 2, dell'articolo 5, paragrafo 3, dell'articolo 6, paragrafo 2, dell'articolo 8, paragrafo 6 e dell'articolo 9, paragrafo 2, sono adottate conformemente alla procedura di gestione di cui all'articolo 24, paragrafo 2. Articolo 24 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 17 del regolamento (CEE) n. 3760/92 del Consiglio. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 25 1. Il regolamento (CE) n. 1351/1999 è abrogato. 2. L'articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2742/1999 è abrogato. 3. I riferimenti al suddetto regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tabella di concordanza che figura nell'allegato III. Articolo 26 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 27 settembre 2001. Per il Consiglio Il Presidente R. LANDUYT (1) GU C 62 E del 27.2.2001, pag. 79. (2) Parere espresso il 28 febbraio 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 162 del 18.6.1986, pag. 34. (4) GU L 162 del 26.6.1999, pag. 6. (5) GU L 341 del 31.12.1999, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2765/2000 (GU L 321 del 19.12.2000, pag. 5). (6) GU L 236 del 5.10.1995, pag. 24. (7) GU L 132 del 27.5.1999, pag. 1. (8) GU L 147 del 12.6.1999, pag. 23. (9) GU L 261 del 20.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2846/98 (GU L 358 del 31.12.1998, pag. 5). (10) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (11) GU L 176 del 15.7.2000, pag. 1. ALLEGATO I ELENCO DELLE SPECIE CONTEMPLATE NEL PRESENTE REGOLAMENTO — Tonno bianco o alalunga: Thunnus alalunga — Tonno rosso: Thunnus thynnus — Tonno obeso: Thunnus obesus — Tonnetto striato: Katsuwonus pelamis — Palamita: Sarda sarda — Tonno albacora: Thunnus albacares — Tonno pinna nera: Thunnus atlanticus — Tonnetti: Euthynnus spp. — Tonno: Thunnus maccoyii — Tombarelli: Auxis spp. — Pesce castagna: Brama rayi — Aguglie imperiali o marlin: Tetrapturus spp.; Makaira spp. — Pesci vela: Istiophorus spp. — Pesce spada: Xiphias gladius — Costardelle: Scomberesox spp.; Cololabis spp. — Lampuga, corifena: Coryphaena hippurus; Coryphaena equiselis — Squali: Hexanchus griseus; Cetorhinus maximus; Alopiidae; Rhincodon typus; Carcharhinidae; Sphyrnidae; Isuridae; Lamnidae — Cetacei (balene e focene): Physeteridae; Belaenopteridae; Balenidae; Eschrichtiidae; Monodontidae; Ziphiidae; Delphinidae. ALLEGATO II ELENCO DELLE SPECIE SOGGETTE A COMUNICAZIONE ALL'ICCAT Denominazione latina Denominazione comune Thunnus thynnus Tonno rosso Thunnus maccoyii Tonno Thunnus albacares Tonno albacora Thunnus alalunga Tonno bianco o alalunga Thunnus obesus Tonno obeso Thunnus atlanticus Tonno pinna nera Euthynnus alletteratus Tonnetto Katsuwonus pelamis Tonnetto striato Sarda sarda Palamita Auxis thazard Tombarello Orcynopsis unicolor Palamita bianca Acanthocybium solandri Maccarello striato Scomberomorus maculatus Sgombro reale Scomberomorus cavalla Sgombro reale Istiophorus albicans Pesce vela Makaira indica Marlin nero Makaira nigricans Marlin azzurro Tetrapturus albidus Marlin bianco Xiphias gladius Pesce spada Tetrapturus pfluegeri Aguglia imperiale Scomberomorus tritor Sgombro reale Scomberomorus regalis Sgombro reale Auxis rochei Tombarello Scomberomorus brasiliensis Sgombro reale ALLEGATO III TABELLA DI CONCORDANZA Regolamento (CE) n. 1351/1999 Il presente regolamento Articoli 1, 2 e 3 Articolo 8 Articolo 4 Articolo 18 Articolo 5 Articolo 17
Conservazione di taluni stock di grandi migratori QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Mira a specificare le misure di controllo e ispezione che si applicano alla pesca di determinati pesci e mammiferi grandi migratori elencati nell’allegato I del regolamento. Le principali specie interessate sono:tonni; pesci spada; squali; balene; e focene. PUNTI CHIAVE Il presente regolamento si applica ai pescherecci battenti bandiera degli Stati membri immatricolati nell’UE, che operano in una delle zone seguenti:Zona 1: tutte le acque dell’Oceano Atlantico e dei mari adiacenti comprese nella zona della convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (convenzione ICCAT)*. Questa convenzione ha permesso di creare un’organizzazione per la pesca di cui la Comunità è divenuta membro nel 1997: la Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT); Zona 2: tutte le acque dell’Oceano Indiano previste dalla Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano (IOTC)*; Zona 3: tutte le acque del Pacifico orientale comprese nella zona definita dall’accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini. MISURE DI CONTROLLO E DI ISPEZIONE APPLICABILI NELLA ZONA 1 Il regolamento (CE) n. 1936/2001 è stato più volte modificato, da ultimo con il regolamento (UE) 2017/2107. Il regolamento del 2017 ha abrogato parti del regolamento (CE) n. 1936/2001 per tener conto delle varie modifiche adottate nelle raccomandazioni ICCAT dal 2008. Ingrasso del tonno rosso Un registro delle aziende di ingrasso* di tonno rosso fu introdotto nel 2004. Un paese dell’UE deve comunicare alla Commissione europea le aziende di ingrasso soggette alla sua giurisdizione che autorizza ad effettuare ingrasso di tonno rosso catturato nella zona della convenzione ICCAT. Le aziende di ingrasso non registrate non possono effettuare ingrasso di tonno rosso catturato nella zona della convenzione. Quando il tonno rosso viene trasferito da un peschereccio comunitario a una nave di trasporto in vista dell’ingrasso, i capitani delle due navi sono tenuti a registrare una serie di dati nei rispettivi giornali di bordo (le quantità di tonno rosso trasferite, la zona di cattura, la data e la posizione in cui è avvenuto il trasferimento ecc.). I paesi dell’UE devono:registrare le quantità di tonno rosso messe in gabbia da navi battenti la loro bandiera; comunicare alla Commissione i dati relativi alle quantità di tonno rosso catturate e messe in gabbia dalle navi battenti la loro bandiera nonché quelli relativi all’esportazione e all’importazione dei tonni rossi catturati e destinati all’ingrasso; adottare le misure necessarie per garantire che le aziende di ingrasso di tonno rosso soggette alla loro giurisdizione presentino alle competenti autorità una dichiarazione di messa in gabbia e siano iscritte al registro; adottare le misure necessarie per garantire che le aziende di ingrasso presentino ogni anno a loro una dichiarazione di commercializzazione per il tonno rosso ingrassato e, sulla base di tali informazioni, informino la Commissione dei quantitativi di tonno rosso ingabbiati e dei quantitativi commercializzati durante l’anno precedente. MISURE DI CONTROLLO E DI ISPEZIONE APPLICABILI NELLA ZONA 2Ogni paese dell’UE deve:adottare le misure necessarie per garantire che le navi battenti la sua bandiera rispettino le misure applicabili nella zona;comunicare alla Commissione l’elenco delle navi battenti la sua bandiera e immatricolate nel suo territorio, di lunghezza fuori tutto superiore a 24 metri, autorizzate a pescare tonnidi e specie affini nella zona dell’IOTC. La Commissione trasmette queste informazioni al segretariato esecutivo dell’IOTC;adottare le misure necessarie per garantire che solo le navi registrate effettuino attività di pesca. I pescherecci registrati nella lista IOTC che pescano con palangari* devono ottenere l’autorizzazione dalle autorità competenti del paese di bandiera dell’UE prima di effettuare le procedure di trasbordo* nella zona di pesca dell’IOTC. Gli attrezzi da pesca delle navi UE autorizzate a pescare nella zona IOTC devono recare contrassegni speciali. I paesi dell’UE devono:trasmettere al segretariato dell’IOTC varie statistiche sulle catture e sullo sforzo di pesca dei grandi migratori;creare una banca dati informatica contenente le informazioni relative alle statistiche richieste, garantendo l’accesso alla Commissione;designare per le ispezioni dei loro porti ispettori incaricati di sorvegliare e di ispezionare le operazioni di trasbordo e di sbarco delle specie di cui all’allegato I;rilasciare un documento identificativo speciale ad ogni ispettore. Il capitano della nave deve collaborare durante l’ispezione della nave fornendo i mezzi per esaminare le zone, le attrezzature e i documenti. Se vi è una seria ragione per ritenere che una nave da pesca abbia violato le misure di conservazione dell’IOTC, l’ispettore prende nota dell’infrazione nel rapporto di ispezione. Deve garantire la custodia delle prove e inviare il rapporto di ispezione alla sua autorità. Lo Stato membro che ha ricevuto la notifica di un’infrazione commessa da una nave che batte la sua bandiera deve agire rapidamente al fine di ottenere ed esaminare le prove, condurre le indagini necessarie ed ispezionare la nave. In seguito comunica alla Commissione le sanzioni e le misure adottate nei confronti della nave interessata. A sua volta, la Commissione informa il segretariato esecutivo dell’IOTC. Ai pescherecci dell’UE è vietato ricevere trasbordi di pesci delle specie elencate nell’allegato I da navi apolidi* o quelli che battono la bandiera di un paese che non è una parte cooperante. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione i risultati delle ispezioni eventuali di navi prive di nazionalità e le necessarie misure che essi hanno adottato in conformità del diritto internazionale. MISURE DI CONTROLLO E DI ISPEZIONE APPLICABILI NELLA ZONA 3 Ogni paese dell’UE deve adottare le misure necessarie per garantire che le navi battenti la propria bandiera rispettino le misure della Commissione interamericana per i tonnidi tropicali incorporate nella legislazione dell’UE e le pertinenti misure di accordo del programma internazionale per la conservazione dei delfini. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 23 ottobre 2001. CONTESTO La Comunità europea partecipa ad organizzazioni regionali per la pesca (ORP) che stabiliscono un quadro di cooperazione in materia di conservazione e gestione degli stock di pesci grandi migratori. In qualità di parte contraente, la Comunità è tenuta ad applicare le misure di controllo e di sorveglianza derivanti dalle raccomandazioni adottate da tali ORP. TERMINI CHIAVE Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (Convenzione ICCAT): questa convenzione ha istituito la Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT). Le raccomandazioni adottate da quest’ultima in materia di conservazione e gestione nella zona della convenzione sono vincolanti per le parti contraenti. Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano: questa Commissione lavora per rafforzare la cooperazione internazionale allo scopo di conservare e utilizzare razionalmente il tonno e le specie affini nell’Oceano Indiano e nelle aree adiacenti. Essa adotta raccomandazioni vincolanti per le parti contraenti. Ingrasso: si tratta dell’allevamento di individui in gabbie per aumentarne il peso o il tenore in grasso ai fini della commercializzazione. Palangari: un metodo di pesca commerciale che fa uso di lunghi cavi con degli ami innescati fissati ad intervalli come attrezzi da pesca. Trasbordo: il trasferimento di una cattura da un peschereccio più piccolo ad uno più grande che a sua volta lo incorpora in un lotto di spedizione più grande. Navi apolidi: navi per le quali esistono fondati motivi di sospettare che siano prive di nazionalità. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1936/2001 del Consiglio, del 27 settembre 2001, che stabilisce alcune misure di controllo applicabili alle attività di pesca di taluni stock di grandi migratori (GU L 263 del 3.10.2001, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1936/2001 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/1004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce un quadro dell’Unione per la raccolta, la gestione e l’uso di dati nel settore della pesca e un sostegno alla consulenza scientifica relativa alla politica comune della pesca e che abroga il regolamento (CE) n. 199/2008 del Consiglio (GU L 157 del 20.6.2017, pag. 1). Regolamento (CE) n. 1224/2009, del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 847/96, (CE) n. 2371/2002, (CE) n. 811/2004, (CE) n. 768/2005, (CE) n. 2115/2005, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007, (CE) n. 676/2007, (CE) n. 1098/2007, (CE) n. 1300/2008, (CE) n. 1342/2008 e che abroga i regolamenti (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1627/94 e (CE) n. 1966/2006 (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 1). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, che modifica i regolamenti (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1936/2001 e (CE) n. 601/2004 e che abroga i regolamenti (CE) n. 1093/94 e (CE) n. 1447/1999 (GU L 286 del 29.10.2008, pag. 1). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1984/2003 del Consiglio, dell’8 aprile 2003, che istituisce nella Comunità un regime di registrazione statistica del commercio relativo al tonno rosso, al pesce spada e al tonno obeso (GU L 295 del 13.11.2003, pag. 1). Cfr. la versione consolidata.
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32010R1218
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REGOLAMENTO (UE) N. 1218/2010 DELLA COMMISSIONE del 14 dicembre 2010 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate (1), pubblicato il progetto del presente regolamento, sentito il parere del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2821/71 conferisce alla Commissione il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (*1) a categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e aventi per oggetto la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per realizzare la specializzazione stessa. (2) Il regolamento (CE) n. 2658/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi di specializzazione (2) definisce le categorie di accordi di specializzazione che la Commissione ha considerato rispondenti, in linea di principio, alle condizioni stabilite nell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva acquisita nell’applicazione di tale regolamento — la cui scadenza è prevista il 31 dicembre 2010 — e di altre esperienze maturate successivamente all'adozione medesimo, è opportuno adottare un nuovo regolamento di esenzione per categoria. (3) Il presente regolamento deve soddisfare la duplice esigenza di assicurare l’efficace tutela della concorrenza e di offrire alle imprese la necessaria certezza del diritto. Nel perseguire tali obiettivi occorre tenere conto della necessità di semplificare per quanto possibile la vigilanza amministrativa e il quadro legislativo. Al di sotto di un certo livello di potere di mercato si può in genere presumere, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, che gli effetti positivi degli accordi di specializzazione prevalgano sugli eventuali effetti negativi per la concorrenza. (4) Ai fini dell’applicazione mediante regolamento dell’articolo 101 paragrafo 3, del trattato non è necessario definire gli accordi rientranti nel campo di applicazione del paragrafo 1 dello stesso articolo. Nella valutazione individuale degli accordi di cui all'articolo 101 paragrafo 1 del trattato si deve tenere conto di diversi fattori ed in particolare della struttura del mercato rilevante. (5) Il beneficio dell’esenzione stabilito mediante il presente regolamento deve essere limitato agli accordi che si possano, con sufficiente certezza, presumere conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. (6) Gli accordi di specializzazione della produzione hanno maggiori possibilità di migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti quando le parti possiedono competenze, beni o attività complementari in quanto, concentrando la loro attività di fabbricazione su determinati prodotti, possono operare in modo più razionale e offrire i prodotti a prezzi ridotti. Lo stesso vale in linea generale per gli accordi di specializzazione relativi alla preparazione di servizi. È ragionevole presumere che, in presenza di una concorrenza effettiva, gli utilizzatori beneficeranno di una congrua parte dei vantaggi che ne derivano. (7) Tali vantaggi possono discendere dagli accordi in base ai quali una parte rinuncia parzialmente o totalmente, a favore di un’altra, a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi («specializzazione unilaterale»), dagli accordi in base ai quali ciascuna parte rinuncia, parzialmente o totalmente, a favore di un’altra, a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi («specializzazione reciproca») e dagli accordi in base ai quali le parti si impegnano a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi in comune («produzione comune»). Nel contesto del presente regolamento, i concetti di specializzazione unilaterale e reciproca non presuppongono che parti riducano la propria capacità ma è sufficiente che riducano i propri volumi di produzione. Il concetto di produzione comune non presuppone che le parti riducano la loro produzione individuale al di fuori dell’ambito d'applicazione dell'accordo di produzione comune. (8) La natura degli accordi di specializzazione unilaterali e reciproci presuppone che le parti operino nel medesimo settore merceologico. Non è necessario che esse operino nel medesimo settore geografico. L’applicazione del presente regolamento ad accordi di specializzazione unilaterale e reciproca deve essere pertanto limitata alle situazioni in cui le parti operano negli stessi settori merceologici. Accordi di produzione in comune possono essere conclusi tra soggetti che operano già nel medesimo settore merceologico ma anche soggetti che desiderano entrare in un determinato settore merceologico mediante la conclusione dell’accordo. Gli accordi di produzione comune devono quindi essere inclusi nel campo d’applicazione del presente regolamento indipendentemente dal fatto che le parti operino già nello stesso settore merceologico. (9) Affinché i benefici della specializzazione vengano conseguiti senza che una delle parti abbandoni completamente il mercato a valle della produzione, gli accordi di specializzazione unilaterale e reciproca devono essere inclusi nell’ambito del presente regolamento solo qualora prevedano obblighi di fornitura e di acquisto o la distribuzione in comune. Gli obblighi di fornitura e di acquisto possono, ma non devono, avere carattere esclusivo. (10) Qualora la quota delle parti sul mercato rilevante dei prodotti oggetto dell'accordo di specializzazione non superi un determinato limite, si può presumere che gli accordi determinino di norma vantaggi economici in termini di economie di scala o di diversificazione, ovvero di migliori tecnologie produttive, e riservino agli utilizzatori una congrua parte di tali vantaggi. Tuttavia, qualora i prodotti fabbricati nell’ambito dell'accordo di specializzazione siano prodotti intermedi che una o più parti utilizzano, totalmente o parzialmente, per la fabbricazione di determinati prodotti a valle da esse successivamente venduti sul mercato, l’esenzione di cui al presente regolamento deve essere subordinata altresì alla condizione che la quota detenuta dalle parti sul mercato rilevante dei prodotti a valle non superi un determinato limite. In tal caso, prendendo in considerazione soltanto la quota di mercato delle parti a livello del prodotto intermedio non si terrebbe conto del rischio potenziale di esclusione dal mercato o di aumento dei prezzi dei fattori di produzione cui sarebbero esposti i concorrenti a livello dei prodotti a valle. Comunque, nemmeno in caso di superamento delle quote di mercato massime stabilite nel presente regolamento o di inadempimento di altre condizioni poste dal medesimo si deve presumere che gli accordi di specializzazione ricadano sotto il disposto dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. (11) Il presente regolamento non deve esentare accordi che contengano restrizioni non indispensabili per il conseguimento degli effetti positivi prodotti dagli accordi di specializzazione. In linea generale, accordi recanti determinati tipi di gravi restrizioni della concorrenza, relative alla fissazione dei prezzi praticati nei confronti di terzi, alla limitazione della produzione o delle vendite ed alla ripartizione di mercati o clienti devono essere esclusi dal beneficio della esenzione indipendentemente dalla quota di mercato detenuta dalle parti. (12) La quota massima di mercato, l’esclusione di taluni accordi dall’esenzione e le condizioni previste dal presente regolamento garantiscono in linea di massima che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentano ai partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione ad una parte considerevole dei prodotti o dei servizi in questione. (13) La Commissione può revocare il beneficio del presente regolamento, a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (3), qualora constati che, in un caso determinato, un accordo esentato a norma del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. (14) A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza dello Stato membro può revocare il beneficio del presente regolamento nel territorio dello Stato membro stesso o in una parte di esso quando ritenga, in un caso particolare, che un accordo esentato ai sensi del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio medesimo o in una parte di esso, sempreché tale territorio si configuri come un settore geografico distinto. (15) Il beneficio del presente regolamento può essere revocato a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare qualora i mercati rilevanti siano molto concentrati e la concorrenza già scarsa a causa di posizioni individuali occupate da altri operatori economici del settore o di legami esistenti tra altri operatori economici per effetto di accordi paralleli di specializzazione. (16) Al fine di facilitare la conclusione di accordi di specializzazione, che possono avere per le parti incidenze di ordine strutturale, il periodo di vigenza del presente regolamento deve essere fissato in dodici anni, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) per «accordo di specializzazione» s'intende un accordo di specializzazione unilaterale, un accordo di specializzazione reciproca o un accordo di produzione in comune; b) per «accordo di specializzazione unilaterale» s'intende qualsiasi accordo tra due soggetti operanti nello stesso settore merceologico, in forza del quale una parte si obbliga a cessare interamente o parzialmente la fabbricazione di determinati prodotti o ad astenersi dalla fabbricazione di determinati prodotti e ad acquistarli dall’altra parte, la quale si impegna a fabbricare e fornire i prodotti in questione; c) per «accordo di specializzazione reciproca» s'intende qualsiasi accordo tra due o più soggetti operanti nello stesso settore merceologico, in forza del quale due o più parti si obbligano reciprocamente a cessare interamente o parzialmente la fabbricazione di prodotti distinti e ad acquistarli dalle controparti le quali si impegnano a fabbricare e fornire i prodotti questione stessi; o d) per «accordo di produzione comune» s'intende qualsiasi accordo in forza del quale due o più parti convengono di fabbricare in comune determinati prodotti; e) per «accordo» s'intende qualsiasi accordo, decisione di associazioni d'imprese o pratica concordata; f) per «prodotto» s'intende qualsiasi bene o servizio, inclusi sia i beni o servizi intermedi che i beni o servizi finali, ad eccezione dei servizi di distribuzione e locazione; g) per «produzione» o «fabbricazione» s'intende la produzione di beni o la preparazione di servizi, anche nell'ambito della subfornitura; h) per «preparazione di servizi» s'intendono le attività a monte della prestazione di servizi ai clienti; i) per «mercato rilevante» s'intende il settore merceologico e geografico rilevante cui appartengono i prodotti di specializzazione nonché, qualora i prodotti di specializzazione siano prodotti intermedi utilizzati internamente da una o più parti, in modo totale o parziale, per la fabbricazione di prodotti a valle, anche il settore merceologico e geografico rilevante cui appartengono i prodotti a valle; j) per «prodotti di specializzazione» s'intendono i prodotti fabbricati in base ad un accordo di specializzazione; k) per «prodotti a valle» s'intendono i prodotti fabbricati da una o più parti utilizzando prodotti di specializzazione, e venduti dalle parti stesse sul mercato; l) per «impresa concorrente» s'intende qualsiasi concorrente effettivo o potenziale; m) per «concorrente effettivo» s'intende qualsiasi impresa che operi sullo stesso mercato rilevante; n) per «concorrente potenziale» s'intende qualsiasi impresa che, secondo quanto può presumersi in base a considerazioni realistiche e non a una semplice possibilità teorica, è disposta, in assenza dell'accordo di specializzazione e sul presupposto di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, ad effettuare entro un termine non superiore a tre anni gli investimenti supplementari necessari o altre spese di conversione necessarie al fine di penetrare sul mercato interessato; o) per «obbligo di fornitura esclusiva» s'intende l’obbligo di astenersi dal fornire il prodotto di specializzazione ad imprese concorrenti non partecipanti all’accordo; p) per «obbligo di acquisto esclusivo»s'intende l’obbligo di acquistare il prodotto di specializzazione esclusivamente presso una parte dell'accordo; q) per «distribuzione comune» si intende: i) la distribuzione dei prodotti effettuata dalle parti attraverso un gruppo, un organismo o un’impresa comuni; o ii) la distribuzione dei prodotti effettuata dalle parti mediante designazione di un terzo quale distributore, su base esclusiva o meno, purché questi non sia un’impresa concorrente; r) per «distribuzione» s'intende la distribuzione comprendente la vendita di beni e la prestazione di servizi. 2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa» e «parte» includono le imprese collegate. Per «imprese collegate» si intendono: a) le imprese nelle quali una parte dell’accordo di specializzazione detiene, direttamente o indirettamente: i) il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o ii) il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o iii) il diritto di gestire gli affari dell’impresa; b) le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo di specializzazione i diritti o poteri di cui alla lettera a); c) le imprese nei confronti delle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o poteri di cui alla lettera a); d) le imprese nelle quali una parte dell’accordo di specializzazione e una o più imprese di cui alle lettere a), b) o c), ovvero due o più di queste ultime imprese, detengono congiuntamente i diritti o poteri di cui alla lettera a); e) le imprese nelle quali i diritti o poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente: i) dalle parti dell’accordo di specializzazione o dalle imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d); o ii) da una o più parti dell’accordo di specializzazione, o da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d), e una o più imprese terze. Articolo 2 Esenzione 1. L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è dichiarato inapplicabile agli accordi di specializzazione conformemente al paragrafo 3 dello stesso articolo e alle condizioni stabilite dal presente regolamento. Tale esenzione si applica nella misura in cui gli accordi di specializzazione contengano restrizioni della concorrenza rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. 2. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi di specializzazione contenenti disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà immateriale a favore di una o più parti, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale di tali accordi, ma siano direttamente collegate e necessarie all'esecuzione degli stessi. 3. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi di specializzazione con i quali: a) le parti assumono obblighi di acquisto esclusivo o di fornitura esclusiva; o b) le parti convengono di non vendere in modo indipendente i prodotti fabbricati nel contesto dell’accordo di specializzazione, ma di effettuarne la distribuzione in comune. Articolo 3 Quota massima di mercato L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 % su alcun mercato rilevante. Articolo 4 Restrizioni fondamentali L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi di specializzazione che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno segue per oggetto quanto segue: a) la fissazione dei prezzi in caso di vendita di prodotti a terzi, ad eccezione della fissazione dei prezzi praticati nei confronti di clienti diretti nell'ambito della distribuzione comune; b) la limitazione della produzione o delle vendite, ad eccezione: i) delle disposizioni relative alle quantità di prodotti concordate nel contesto di accordi di specializzazione unilaterale o reciproca o relative alla fissazione della capacità e del volume di produzione nell'ambito di accordi di produzione comune; e ii) della fissazione di obiettivi di vendita nell'ambito della distribuzione comune; c) la ripartizione di mercati o clienti. Articolo 5 Applicazione della quota massima di mercato Ai fini dell’applicazione della quota massima di mercato di cui all’articolo 3, si applicano le norme seguenti: a) la quota di mercato è calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato; qualora non siano disponibili tali dati, la quota di mercato può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato; b) la quota di mercato è calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente; c) la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera e), è ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che possiedono i diritti o poteri elencati alla lettera a) dello stesso secondo comma; d) se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 3 non è superiore al 20 %, ma successivamente supera tale limite senza tuttavia eccedere il 25 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui il limite del 20 % è stato superato per la prima volta; e) se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 3 non è superiore al 20 %, ma successivamente supera il 25 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi per tutto l’anno civile successivo all’anno in cui il limite del 25 % è stato superato per la prima volta; f) i benefici di cui alle lettere d) ed e) non possono essere cumulati in modo tale che il risultante periodo superi i due anni civili. Articolo 6 Periodo transitorio Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica durante il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2012 agli accordi già in vigore al 31 dicembre 2010 che non rispondono alle condizioni di esenzione di cui al presente regolamento ma soddisfano quelle di cui al regolamento (CE) n. 2658/2000. Articolo 7 Periodo di vigenza Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 2011. Esso scade il 31 dicembre 2022. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 14 dicembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46. (*1) A decorrere dal 1o dicembre 2009, l'articolo 81 del trattato CE è diventato l' articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»). Tali due articoli sono sostanzialmente identici. Ai fini del presente regolamento, i riferimenti all’articolo 101 del TFUE si intendono fatti, se del caso, all’articolo 81 del trattato CE. Il TFUE ha inoltre introdotto talune modifiche terminologiche, come la sostituzione di «Comunità» con «Unione» e «mercato comune» con «mercato interno». Nel presente regolamento sarà usata costantemente la terminologia del TFUE. (2) GU L 304 del 5.12.2000, pag. 3. (3) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
Esenzione per accordi di specializzazione Il presente regolamento prevede un’esenzione per categoria e, attraverso tale esenzione, si propone di garantire una protezione efficace della concorrenza e offrire la necessaria certezza del diritto per le parti che contraggono accordi di specializzazione. ATTO Regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione. SINTESI L’articolo 101, paragrafo 1 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) non è applicabile agli accordi di specializzazione * (compresi gli accordi di produzione comune), purché l’accordo non preveda restrizioni fondamentali della concorrenza e la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 %. L’esenzione prevista dal regolamento (CEE) n. 2821/71 si estende anche agli accordi di specializzazione che contengono disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale di tali accordi, ma siano invece direttamente collegate e necessarie all’esecuzione degli stessi. Inoltre, il presente regolamento prevede un’esenzione laddove le parti assumano obblighi di acquisto esclusivo o di fornitura esclusiva dei prodotti che fabbricano nel contesto dell’accordo di specializzazione o di produzione comune. La quota di mercato è calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato; qualora non siano disponibili tali dati, la quota di mercato detenuta dalle parti può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili. Se, dopo un certo periodo, la quota di mercato supera la soglia del 20 % senza tuttavia eccedere il 25 %, l’esenzione continua ad applicarsi per due anni. Tuttavia, se la quota di mercato supera il 25 %, l’esenzione si applica per tutto l’anno successivo. Restrizioni fondamentali L’esenzione non si applica agli accordi di specializzazione che, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto: la fissazione dei prezzi; la limitazione della produzione o delle vendite; la ripartizione di mercati o clienti. Termini chiave dell'atto Accordo di specializzazione: Riferimenti Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (UE) n. 1218/2010 1.1.2011 – 31.12.2022 - GU L 335, 18.12.2010
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DIRETTIVA 2009/35/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 78/25/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione. (2) Ogni legislazione relativa ai medicinali deve porsi come obiettivo primario la tutela della salute pubblica. Tuttavia, tale scopo deve essere conseguito con mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell'industria farmaceutica né gli scambi di medicinali in seno alla Comunità. (3) La direttiva 94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1994, sulle sostanze coloranti destinate a essere utilizzate nei prodotti alimentari (5), ha stabilito un elenco unico delle sostanze coloranti di cui è autorizzato l'impiego nei prodotti alimentari, ma continuano a sussistere disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali. (4) Tali disparità contribuiscono a ostacolare gli scambi di medicinali in seno alla Comunità, nonché quelli delle sostanze che possono essere aggiunte a tali prodotti ai fini della loro colorazione. Simili disparità hanno pertanto un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno. (5) L'esperienza ha dimostrato che non è giustificato, per motivi di salute, il divieto di ricorrere, nella preparazione dei medicinali, a coloranti il cui impiego è autorizzato per la colorazione dei prodotti alimentari e che occorre pertanto far riferimento, per i medicinali, all’allegato I della direttiva 94/36/CE così come all’allegato della direttiva 95/45/CE della Commissione, del 26 luglio 1995, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per le sostanze coloranti per uso alimentare (6). (6) Tuttavia occorre evitare, per quanto possibile, perturbazioni di ordine tecnologico ed economico quando negli alimenti e nei medicinali è vietato l'impiego di una sostanza colorante per motivi di tutela della salute pubblica. A tal fine, dovrebbe essere prevista una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore delle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione. (7) Le misure necessarie per l'esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7). (8) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare il periodo limitato d'utilizzazione per alcuni medicinali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (9) I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri. (10) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario, definiti all’articolo 1 della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (8), e all'articolo 1 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (9), gli Stati membri autorizzano soltanto le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE. Articolo 2 Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie a garantire che le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE soddisfino le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti specifici di cui all'allegato della direttiva 95/45/CE. Articolo 3 I metodi di analisi necessari per il controllo dei requisiti di purezza generali e specifici, adottati ai sensi della prima direttiva 81/712/CEE della Commissione, del 28 luglio 1981, che fissa metodi d'analisi comunitari per il controllo dei criteri di purezza di taluni additivi alimentari (10), sono applicabili anche nell'ambito della presente direttiva. Articolo 4 Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l'immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall'allegato I della direttiva 94/36/CE, questa disposizione si applica anche ai medicinali. Per quanto riguarda i medicinali, tuttavia, il periodo limitato di utilizzazione può essere modificato dalla Commissione. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Articolo 5 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 6 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 La direttiva 78/25/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 8 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 9 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 41. (2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18. (4) Cfr. allegato I, parte A. (5) GU L 237 del 10.9.1994, pag. 13. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16). (6) GU L 226 del 22.9.1995, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008. (7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (8) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1. (9) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. (10) GU L 257 del 10.9.1981, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 7) Direttiva 78/25/CEE del Consiglio (GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18) Atto di adesione del 1979, allegato I, sezione X, punto D (GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108) Direttiva 81/464/CEE del Consiglio (GU L 183 del 4.7.1981, pag. 33) Atto di adesione del 1985, allegato I, sezione IX, punto C (GU L 302 del 15.11.1985, pag. 217) Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36) limitatamente all’allegato III, punto 25 PARTE B Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale (di cui all’articolo 7) Direttive Termine di recepimento 78/25/CEE 15 giugno 1979 (1) 81/464/CEE 30 settembre 1981 (1) In base all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 78/25/CEE: «2. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare, fino al termine di quattro anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, l'immissione in commercio sul suo territorio di medicinali contenenti sostanze coloranti che non rispondono alle prescrizioni della direttiva, purché esse siano state autorizzate anteriormente all'adozione di quest'ultima». ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 78/25/CEE Presente direttiva Articolo 1, primo comma Articolo 1 Articolo 1, secondo comma — Articoli 2 e 3 Articoli 2 e 3 Articolo 4, prima frase Articolo 4, primo paragrafo Articolo 4, seconda frase, prima parte Articolo 4, secondo paragrafo Articolo 4, seconda frase, seconda parte Articolo 4, terzo paragrafo Articolo 5, paragrafo 1, e articolo 6, paragrafi 1 e 2 Articolo 5 Articolo 6, paragrafo 3 — Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3 — Articolo 7, paragrafo 4 Articolo 6 — Articolo 7 — Articolo 8 Articolo 8 Articolo 9 — Allegato I — Allegato II
Colorazione dei medicinali (rifusione) Di fronte al sussistere di disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali, la Commissione europea ha ritenuto necessario attuare una rifusione della direttiva 78/25/CEE. È importante non ostacolare lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi di medicinali in seno alla Comunità. ATTO Direttiva 2009/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE). SINTESI La presente direttiva riguarda le specifiche relative alla colorazione dei medicinali. Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario possono essere utilizzate soltanto le sostanze di cui all’allegato I della direttiva 94/36/CE. Le sostanze di cui all’allegato I devono soddisfare le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti di purezza specifici di cui all’allegato I della direttiva 95/45/CE. I metodi di analisi necessari per il controllo di tali requisiti sono disciplinati dalla direttiva 81/712/CEE. Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall’allegato I della direttiva 94/36/CE, questo periodo di utilizzazione supplementare si applica anche ai medicinali. La Commissione ha tuttavia facoltà di modificare la durata di detto periodo. La Commissione è assistita da un comitato per adattare le direttive ai progressi della tecnica. Il comitato è composto da rappresentanti degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione. La presente direttiva abroga la direttiva 78/25/CEE. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/35/CE 20.5.2009 - GU L 109 del 30.4.2009
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Regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati Gazzetta ufficiale n. L 143 del 30/04/2004 pag. 0015 - 0039 Regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 21 aprile 2004che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestatiIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 61, lettera c), e 67, paragrafo 5, secondo trattino,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) La Comunità si prefigge l'obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. A tal fine, la Comunità adotta, tra l'altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.(2) Il 3 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato un piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (piano d'azione di Vienna)(4).(3) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha approvato il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie quale fondamento per la creazione di un autentico spazio giudiziario.(4) Il 30 novembre 2000 il Consiglio ha adottato un programma di misure relative all'attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale(5). Il programma prevede, per la prima fase, la soppressione dell'exequatur, ovvero l'istituzione di un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati.(5) La nozione di "credito non contestato" dovrebbe comprendere tutte le situazioni in cui un creditore, tenuto conto dell'assenza accertata di contestazione da parte del debitore in ordine alla natura o all'entità del debito, ha ottenuto o una decisione giudiziaria contro quel debitore o un documento avente efficacia esecutiva che richieda l'esplicito consenso del debitore stesso, sia esso una transazione giudiziaria o un atto pubblico.(6) L'assenza di contestazioni da parte del debitore come descritta all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), può assumere la forma di mancata comparizione in un'udienza davanti al giudice o mancata osservanza dell'invito di un giudice a notificare l'intenzione di difendere la propria causa per iscritto.(7) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati e alle decisioni pronunciate in seguito a impugnazioni di decisioni giudiziarie, transazioni giudiziarie e atti pubblici, certificati come titoli esecutivi europei.(8) Nelle sue conclusioni di Tampere, il Consiglio Europeo ha ritenuto che l'accesso all'esecuzione in uno Stato membro diverso da quello in cui è pronunciata la decisione giudiziaria dovrebbe essere reso più celere e semplice, sopprimendo qualsiasi procedura intermedia necessaria per l'esecuzione nello Stato membro dove si chiede l'esecuzione. La decisione giudiziaria certificata titolo esecutivo europeo dal giudice d'origine dovrebbe essere trattata, ai fini dell'esecuzione, come se fosse stata pronunciata nello Stato membro dove si chiede l'esecuzione. Nel Regno Unito, ad esempio, la registrazione di una decisione giudiziaria straniera certificata seguirà pertanto le medesime regole della registrazione di una decisione giudiziaria pronunciata in altra sede nel Regno Unito e non implicherà un riesame nel merito della decisione giudiziaria straniera. I regimi in materia di esecuzione delle decisioni giudiziarie dovrebbero continuare a essere disciplinati dal diritto interno.(9) Tale procedura dovrebbe presentare notevoli vantaggi rispetto alla procedura d'exequatur prevista dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale(6), in quanto rende superfluo il benestare del sistema giudiziario del secondo Stato membro, con i ritardi e i costi che ne conseguono.(10) Nel caso di una decisione relativa a un credito non contestato resa in uno Stato membro nei confronti di un debitore contumace, la soppressione di qualsiasi controllo nello Stato membro dell'esecuzione è intrinsecamente legata e subordinata all'esistenza di garanzie sufficienti del rispetto dei diritti della difesa.(11) Il presente regolamento mira a promuovere i diritti fondamentali e tiene conto dei principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Intende garantire in particolare il pieno rispetto del diritto a un processo equo, in linea con l'articolo 47 della Carta.(12) Dovrebbero pertanto essere fissate norme procedurali minime per i procedimenti giudiziari che sfociano nella decisione, per garantire che il debitore abbia conoscenza in tempo utile ed in modo tale da potersi difendere, da una parte, dell'esistenza dell'azione giudiziaria promossa nei suoi confronti, nonché degli adempimenti necessari per poter partecipare attivamente al procedimento al fine di contestare il credito e, dall'altra, delle conseguenze della sua mancata partecipazione.(13) Di fronte alle diversità che esistono tra gli Stati membri relativamente alle norme di procedura civile, e in particolare quelle relative alla notificazione di documenti, è necessario che tali norme minime siano definite in modo specifico e dettagliato. In particolare, qualsiasi forma di notificazione basata su una fictio iuris in ordine all'osservanza di tali norme minime non può essere considerata sufficiente al fine della certificazione di una decisione come titolo esecutivo europeo.(14) Tutti i metodi di notificazione elencati agli articoli 13 e 14 sono caratterizzati sia dall'assoluta certezza (articolo 13), sia da un grado assai elevato di verosimiglianza (articolo 14) che il documento notificato è pervenuto al destinatario. Nella seconda ipotesi, una decisione giudiziaria dovrebbe essere certificata come titolo esecutivo europeo soltanto se lo Stato membro d'origine dispone di un meccanismo appropriato che consenta al debitore di chiedere il riesame completo della decisione giudiziaria alle condizioni stabilite all'articolo 19, nei casi eccezionali in cui, malgrado l'osservanza dell'articolo 14, il documento non sia pervenuto al destinatario.(15) La notificazione a mani di persone diverse dal debitore stesso a norma dell'articolo 14, paragrafo 1, lettere a) e b) dovrebbe essere considerata come rispondente ai requisiti di cui a tali norme soltanto se le suddette persone hanno effettivamente accettato/ricevuto il documento in questione.(16) L'articolo 15 dovrebbe applicarsi alle situazioni nelle quali il debitore non può stare in giudizio personalmente, come nel caso di una persona giuridica, e alle situazioni nelle quali un rappresentante è indicato dalla legge, nonché a quelle nelle quali il debitore ha autorizzato un'altra persona, in particolare un legale, a rappresentarlo nello specifico procedimento in corso.(17) Il giudice competente per la verifica dell'integrale osservanza delle norme procedurali minime dovrebbe, in caso affermativo, rilasciare un certificato standard di titolo esecutivo europeo dal quale risulti con chiarezza tale controllo e il suo risultato.(18) La reciproca fiducia nell'amministrazione della giustizia negli Stati membri giustifica che la sussistenza dei requisiti richiesti per il rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo sia accertata dal giudice di uno Stato membro al fine di rendere la decisione esecutiva in tutti gli altri Stati membri senza che sia necessario il controllo giurisdizionale della corretta applicazione delle norme minime procedurali nello Stato membro dell'esecuzione.(19) Il presente regolamento non comporta un obbligo per gli Stati membri di adeguare gli ordinamenti nazionali alle norme minime procedurali. Esso offre un incentivo in tal senso, agevolando l'accesso a una più efficiente e rapida esecuzione delle decisioni giudiziarie in un altro Stato membro solo a condizione che siano rispettate tali norme minime.(20) Il creditore dovrebbe poter scegliere tra la presentazione della domanda per ottenere la certificazione di titolo esecutivo europeo ed il sistema di riconoscimento e esecuzione previsto dal regolamento (CE) n. 44/2001 o da altri atti comunitari.(21) Quando un documento deve essere inviato da uno Stato membro a un altro per essere ivi notificato, il presente regolamento, in particolare le norme in materia di notificazione dovrebbero applicarsi assieme al regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale(7), in particolare l'articolo 14, in collegamento con le dichiarazioni degli Stati membri ai sensi dell'articolo 23 di detto regolamento.(22) Poiché gli scopi del presente regolamento non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti dell'intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(23) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8).(24) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l'Irlanda hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione e all'applicazione del presente regolamento.(25) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente regolamento e di conseguenza non è da esso vincolata né è soggetta alla sua applicazione.(26) Conformemente all'articolo 67, paragrafo 5, secondo trattino del trattato, la procedura di codecisione è applicabile dal 1o febbraio 2003 per le misure stabilite nel presente regolamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO IOGGETTO, CAMPO D'APPLICAZIONE E DEFINIZIONIArticolo 1OggettoIl presente regolamento istituisce un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati al fine di consentire, grazie alla definizione di norme minime, la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici in tutti gli Stati membri senza che siano necessari, nello Stato membro dell'esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l'esecuzione.Articolo 2Campo d'applicazione1. Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa o la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell'esercizio di pubblici poteri (acta jure imperii).2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:a) lo stato o la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni;b) i fallimenti, i concordati e le procedure affini;c) la sicurezza sociale;d) l'arbitrato.3. Nel presente regolamento per "Stato membro" si intende qualsiasi Stato membro ad eccezione della Danimarca.Articolo 3Titoli esecutivi da certificare come titolo esecutivo europeo1. Il presente regolamento si applica alle decisioni giudiziarie, alle transazioni giudiziarie e agli atti pubblici relativi a crediti non contestati.Un credito si considera "non contestato" se:a) il debitore l'ha espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o mediante una transazione approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario; ob) il debitore non l'ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in conformità delle relative procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine; oc) il debitore non è comparso o non si è fatto rappresentare in un'udienza relativa a un determinato credito pur avendo contestato inizialmente il credito stesso nel corso del procedimento, sempre che tale comportamento equivalga a un'ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato membro d'origine, od) il debitore l'ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico;2. Il presente regolamento si applica inoltre alle decisioni pronunciate a seguito dell'impugnazione di decisioni giudiziarie, transazioni giudiziarie o atti pubblici certificati come titoli esecutivi europei.Articolo 4DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:1. "decisione giudiziaria": a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, quale ad esempio decreto, ordinanza, sentenza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del cancelliere;2. "credito": un credito relativo al pagamento di uno specifico importo di denaro esigibile o la cui data di esigibilità è indicata nella decisione giudiziaria, nella transazione o nell'atto pubblico;3. "atto pubblico":a) qualsiasi documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico e la cui autenticità:i) riguardi la firma e il contenuto, eii) sia stata attestata da un'autorità pubblica o da altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato membro di origine,ob) qualsiasi convenzione in materia di obbligazioni alimentari conclusa davanti alle autorità amministrative o da queste autenticata;4. "Stato membro d'origine": lo Stato membro in cui la decisione giudiziaria è stata resa, la transazione giudiziaria è stata approvata o conclusa, l'atto pubblico è stato redatto o registrato, e tali atti sono stati certificati come titolo esecutivo europeo;5. "Stato membro dell'esecuzione": lo Stato membro in cui viene chiesta l'esecuzione della decisione giudiziaria, della transazione giudiziaria o dell'atto pubblico certificati come titolo esecutivo europeo;6. "giudice d'origine": il giudice o organo giurisdizionale incaricato del procedimento nel momento in cui ricorrono le condizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c);7. in Svezia, nei procedimenti sommari relativi ad ingiunzioni di pagamento (betalningsföreläggande), il termine "giudice" comprende l'autorità pubblica svedese per l'esecuzione forzata (kronofogdemyndighet).CAPO IITITOLO ESECUTIVO EUROPEOArticolo 5Abolizione dell'exequaturLa decisione giudiziaria che sia stata certificata come titolo esecutivo europeo nello Stato membro d'origine è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento.Articolo 6Requisiti per la certificazione come titolo esecutivo europeo1. Una decisione giudiziaria relativa ad un credito non contestato pronunciata in uno Stato membro è certificata, su istanza presentata in qualunque momento al giudice di origine, come titolo esecutivo europeo se:a) la decisione è esecutiva nello Stato membro d'origine, eb) la decisione non è in conflitto con le norme in materia di competenza giurisdizionale di cui al capo II, sezioni 3 e 6 del regolamento (CE) n. 44/2001, ec) il procedimento giudiziario svoltosi nello Stato membro d'origine è conforme ai requisiti di cui al capo III, allorché un credito è considerato non contestato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) o c), ed) la decisione giudiziaria è pronunciata nello Stato membro del domicilio del debitore ai sensi dell'articolo 59 del regolamento (CE) n. 44/2001, allorché:- un credito sia considerato non contestato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) o c) del presente regolamento, e- si riferisca ad un contratto concluso da una persona, il consumatore, per una finalità che può essere considerata estranea al suo mestiere o alla sua professione, e- il debitore sia il consumatore.2. Allorché una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo non è più esecutiva o la sua esecutività è stata sospesa o limitata, viene rilasciato, su istanza presentata in qualunque momento al giudice d'origine, un certificato comprovante la non esecutività o la limitazione dell'esecutività utilizzando il modello di cui all'allegato IV.3. Fatto salvo l'articolo 12, paragrafo 2, allorché viene pronunciata una decisione a seguito dell'impugnazione di una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, viene rilasciato, su istanza presentata in qualunque momento, un certificato sostitutivo utilizzando il modello di cui all'allegato V, se la suddetta decisione riguardante l'impugnazione è esecutiva nello Stato membro d'origine.Articolo 7Spese relative ai procedimenti giudiziariUna decisione giudiziaria che ha efficacia esecutiva per quanto riguarda l'importo delle spese riguardanti i procedimenti giudiziari, compresi i tassi d'interesse, è certificata come titolo esecutivo europeo anche nei confronti di tali spese, a meno che il debitore abbia espressamente contestato di essere tenuto al pagamento di tali spese nel corso del procedimento, secondo la legislazione dello Stato membro d'origine.Articolo 8Titolo esecutivo europeo parzialeSe solo alcune parti della decisione giudiziaria sono conformi ai requisiti del presente regolamento, è rilasciato per tali parti un certificato di titolo esecutivo europeo parziale.Articolo 9Rilascio del certificato di titolo esecutivo europeo1. Il certificato di titolo esecutivo europeo è rilasciato utilizzando il modello contenuto nell'allegato I.2. Il certificato di titolo esecutivo europeo è compilato nella lingua della decisione giudiziaria.Articolo 10Rettifica o revoca del certificato di titolo esecutivo europeo1. Il certificato di titolo esecutivo europeo, su istanza presentata al giudice d'origine, vienea) rettificato se, a causa di un errore materiale, vi è divergenza tra la decisione giudiziaria e il certificato;b) revocato se risulta manifestamente concesso per errore, tenuto conto dei requisiti stabiliti nel presente regolamento.2. La legislazione dello Stato membro d'origine si applica alla rettifica e alla revoca del certificato di titolo esecutivo europeo.3. Una richiesta di rettifica o revoca di un certificato di titolo esecutivo europeo può essere presentata utilizzando il modello di cui all'allegato VI.4. Il rilascio di un certificato di titolo esecutivo europeo non è soggetto ad alcun mezzo di impugnazione.Articolo 11Effetto del certificato di titolo esecutivo europeoIl certificato di titolo esecutivo europeo ha effetto soltanto nei limiti dell'esecutività della decisione giudiziaria.CAPO IIINORME MINIME PER I PROCEDIMENTI RELATIVI AI CREDITI NON CONTESTATIArticolo 12Campo di applicazione delle norme minime1. La decisione giudiziaria relativa ad un credito non contestato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) o c), può essere certificata come titolo esecutivo europeo solo se il procedimento giudiziario nello Stato membro d'origine è conforme ai requisiti procedurali stabiliti dal presente Capo.2. I medesimi requisiti si applicano al rilascio di un certificato di titolo esecutivo europeo o di un certificato sostitutivo ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3 relativo ad una decisione che fa seguito all'impugnazione di un'altra decisione giudiziaria se, all'atto di detta decisione, ricorrono le condizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) o c).Articolo 13Notificazione con prova di ricevimento da parte del debitore1. La domanda giudiziale o un atto equivalente può essere stato notificato al debitore secondo una delle seguenti forme:a) notificazione in mani proprie, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata e sottoscritta dal debitore,b) notificazione in mani proprie, attestata da un documento firmato dalla persona competente che ha provveduto alla notificazione, in cui si dichiara che il debitore ha ricevuto il documento o ha rifiutato di riceverlo senza alcuna giustificazione legale e con l'indicazione della data della notificazione,c) notificazione a mezzo posta, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore,d) notificazione con mezzi elettronici, in particolare mediante telecopia o posta elettronica, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore.2. Qualsiasi citazione a comparire in udienza può essere stata notificata al debitore in conformità del paragrafo 1 o oralmente in una precedente udienza riguardante lo stesso credito e iscritta nel processo verbale di detta udienza.Articolo 14Notificazione senza prova di ricevimento da parte del debitore1. La notificazione della domanda giudiziale o dell'atto equivalente e delle citazioni a comparire in udienza al debitore può anche essere stata effettuata secondo una delle seguenti forme:a) notificazione a mani proprie, presso l'indirizzo personale del debitore, a persona con esso convivente o che lavori come dipendente nell'abitazione del debitore;b) se il debitore è un lavoratore autonomo, o una persona giuridica, notificazione in mani proprie nei suoi "locali commerciali" a una persona alle dipendenze del debitore;c) deposito del documento nella cassetta delle lettere del debitore;d) deposito del documento presso un ufficio postale o un'autorità pubblica competente e relativa comunicazione scritta depositata nella cassetta delle lettere del debitore, purché dalla comunicazione scritta risulti chiaramente la natura giudiziaria del documento o il fatto che tale comunicazione ha l'efficacia legale della notificazione e che determina la decorrenza dei termini ai fini del calcolo della loro scadenza;e) notificazione a mezzo posta senza avviso di ricevimento conformemente al paragrafo 3, laddove il debitore è domiciliato nello Stato membro di origine;f) notificazione con mezzi elettronici attestata da conferma automatica della trasmissione, a condizione che il debitore abbia preventivamente accettato in modo esplicito questo metodo di notificazione.2. Ai fini del presente regolamento la notificazione di cui al paragrafo 1 non è ammissibile se l'indirizzo del debitore non è conosciuto con certezza.3. La notificazione, ai sensi del paragrafo 1, lettere da a) a d), è attestata da:a) un documento, sottoscritto dalla persona competente che ha provveduto alla notificazione, che certifica quanto segue:i) la forma di notificazione;ii) la data in cui è stata effettuata;iii) se la notificazione è stata effettuata a persona diversa dal debitore, il nome di questa persona e il suo legame con il debitore stesso,ob) una dichiarazione di ricevimento sottoscritta dalla persona cui è stata effettuata la notificazione, ai fini del paragrafo 1, lettere a) e b).Articolo 15Notificazione ai rappresentanti del debitoreLa notificazione ai sensi dell'articolo 13 o dell'articolo 14 può anche essere stata effettuata ad un rappresentante del debitore.Articolo 16Informazioni al debitore riguardo al creditoAl fine di garantire la debita informazione del debitore riguardo al credito, nella domanda giudiziale o nell'atto equivalente devono essere stati indicati:a) il nome e l'indirizzo delle parti;b) l'importo del credito;c) se è richiesto il pagamento di interessi, il tasso d'interesse e il periodo per il quale sono richiesti, salvo che la legislazione dello Stato membro d'origine preveda un interesse legale che si aggiunga automaticamente al capitale;d) una dichiarazione riguardante le motivazioni della domanda.Articolo 17Informazione del debitore riguardo agli adempimenti procedurali necessari per contestare il creditoNella domanda giudiziale, nell'atto equivalente, nelle eventuali citazioni a comparire all'udienza o in un atto contestuale deve essere stato indicato con chiarezza quanto segue:a) i requisiti procedurali per contestare il credito, compresi il termine per contestare il credito per iscritto o, se del caso, il termine fissato per l'udienza, il nome e l'indirizzo dell'istituzione alla quale, a seconda dei casi, deve essere data una risposta o dinanzi alla quale si richiede di comparire e se vi sia l'obbligo di essere rappresentati da un avvocato;b) le conseguenze della mancanza di un'eccezione o della mancata comparizione, in particolare, se del caso, la possibilità che sia pronunciata o resa esecutiva una decisione giudiziaria contro il debitore e la responsabilità delle spese connesse al procedimento giudiziario.Articolo 18Sanatoria dell'inosservanza delle norme minime1. L'inosservanza, nel procedimento svoltosi nello Stato membro d'origine, dei requisiti procedurali di cui agli articoli da 13 a 17 è sanata e la decisione giudiziaria può essere certificata come titolo esecutivo europeo se:a) la decisione è stata notificata al debitore secondo le norme di cui agli articoli 13 o 14; eb) il debitore ha avuto la possibilità di ricorrere contro la decisione per mezzo di un riesame completo ed è stato debitamente informato con la decisione o con un atto ad essa contestuale delle norme procedurali per proporre tale ricorso, compreso il nome e l'indirizzo dell'istituzione alla quale deve essere proposto e, se del caso, il termine previsto; ec) il debitore non ha impugnato la decisione di cui trattasi conformemente ai relativi requisiti procedurali.2. L'inosservanza, nel procedimento svoltosi nello Stato membro d'origine, dei requisiti procedurali di cui agli articoli 13 o 14 è sanata se il comportamento del debitore nel corso del procedimento giudiziario dimostra che questi ha ricevuto il documento da notificare personalmente ed in tempo utile per potersi difendere.Articolo 19Norme minime per il riesame in casi eccezionali1. Oltre ai requisiti di cui agli articoli da 13 a 18, una decisione giudiziaria può essere certificata come titolo esecutivo europeo solo se il debitore, conformemente alla legislazione dello Stato membro di origine, è legittimato a chiedere il riesame della decisione nel caso in cui:a) i) la domanda giudiziale o un atto equivalente o, se del caso, le citazioni a comparire in udienza siano stati notificati secondo una delle forme previste all'articolo 14, eii) la notificazione non sia stata effettuata in tempo utile a consentirgli di presentare le proprie difese, per ragioni a lui non imputabili,ob) il debitore non abbia avuto la possibilità di contestare il credito a causa di situazioni di forza maggiore o di circostanze eccezionali per ragioni a lui non imputabili,purché in entrambi i casi agisca tempestivamente.2. Il presente articolo non pregiudica la possibilità per gli Stati membri di consentire l'accesso al riesame di una decisione giudiziaria a condizioni più vantaggiose di quelle indicate al paragrafo 1.CAPO IVESECUZIONEArticolo 20Procedimento di esecuzione1. Fatte salve le disposizioni del presente capo, i procedimenti di esecuzione sono disciplinati dalla legge dello Stato membro dell'esecuzione.Una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo è eseguita alle stesse condizioni di una decisione giudiziaria pronunciata nello Stato membro dell'esecuzione.2. Il creditore è tenuto a fornire alle autorità competenti dell'esecuzione nello Stato membro dell'esecuzione:a) una copia della decisione che presenti le condizioni di autenticità prescritte, eb) una copia del certificato di titolo esecutivo europeo che presenti le condizioni di autenticità prescritte, ec) se del caso, una trascrizione del certificato di titolo esecutivo europeo o una traduzione del certificato di titolo esecutivo europeo nella lingua ufficiale dello Stato membro dell'esecuzione oppure, ove tale Stato abbia più lingue ufficiali, nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dei procedimenti giudiziari del luogo in cui viene chiesta l'esecuzione, conformemente al diritto dello Stato membro in questione, o in un'altra lingua che lo Stato membro dell'esecuzione abbia dichiarato di accettare. Ciascuno Stato membro può indicare la lingua o le lingue ufficiali delle istituzioni della Comunità europea, diversa/diverse dalla sua o dalle sue, nelle quali ammette la compilazione del certificato. La traduzione è autenticata da una persona a tal fine abilitata in uno degli Stati membri.3. Alla parte che in uno Stato membro chieda l'esecuzione di una decisione certificata come titolo esecutivo europeo in un altro Stato membro non possono essere richiesti cauzioni, garanzie o depositi, comunque siano denominati, a causa della qualità di straniero/a o per difetto di domicilio o residenza nello Stato membro dell'esecuzione.Articolo 21Rifiuto dell'esecuzione1. Su richiesta del debitore l'esecuzione è rifiutata dal giudice competente dello Stato membro dell'esecuzione se la decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo è incompatibile con una decisione anteriore pronunciata in uno Stato membro o in un paese terzo, a condizione che:a) la decisione anteriore riguardi una causa avente lo stesso oggetto e le stesse parti, eb) la decisione anteriore sia stata pronunciata nello Stato membro dell'esecuzione o soddisfi le condizioni necessarie per il suo riconoscimento nello Stato membro dell'esecuzione, ec) il debitore non abbia fatto valere e non abbia avuto la possibilità di far valere l'incompatibilità nel procedimento svoltosi nello Stato membro d'origine.2. In nessun caso la decisione o la sua certificazione come titolo esecutivo europeo può formare oggetto di un riesame del merito nello Stato membro dell'esecuzione.Articolo 22Accordi con paesi terziIl presente regolamento lascia impregiudicati gli accordi anteriori all'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 44/2001 con i quali gli Stati membri si siano impegnati, ai sensi dell'articolo 59 della convenzione di Bruxelles concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, a non riconoscere una decisione emessa, in particolare in un altro Stato contraente della convenzione, contro un convenuto che aveva il proprio domicilio o la propria residenza abituale in un paese terzo, qualora la decisione sia stata fondata, in un caso previsto all'articolo 4 della convenzione, soltanto sulle norme in materia di competenza di cui all'articolo 3, secondo comma, della convenzione stessa.Articolo 23Sospensione o limitazione dell'esecuzioneSe il debitore ha- impugnato una decisione giudiziaria certificata come titolo esecutivo europeo, anche con domanda di riesame ai sensi dell'articolo 19, o- chiesto la rettifica o la revoca di un certificato di titolo esecutivo europeo a norma dell'articolo 10,il giudice o l'autorità competente dello Stato membro dell'esecuzione può, su istanza del debitore,a) limitare il procedimento di esecuzione ai provvedimenti conservativi, ob) subordinare l'esecuzione alla costituzione di una cauzione di cui determina l'importo, oc) in circostanze eccezionali sospendere il procedimento di esecuzione.CAPO VTRANSAZIONI GIUDIZIARIE E ATTI PUBBLICIArticolo 24Transazioni giudiziarie1. Le transazioni aventi ad oggetto crediti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, approvate dal giudice o concluse dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario ed aventi efficacia esecutiva nello Stato membro in cui sono state approvate o concluse, su richiesta presentata al giudice che le ha approvate o dinanzi al quale sono state concluse, sono certificate come titoli esecutivi europei, utilizzando il modello riportato nell'allegato II.2. La transazione certificata come titolo esecutivo europeo nello Stato membro di origine è eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi alla sua esecutività.3. Si applicano, per quanto occorra, le disposizioni del capo II, ad eccezione dell'articolo 5, dell'articolo, 6, paragrafo 1 e dell'articolo 9, paragrafo 1, e le disposizioni del capo IV, ad eccezione dell'articolo 21, paragrafo 1 e dell'articolo 22.Articolo 25Atti pubblici1. Gli atti pubblici aventi ad oggetto crediti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, dotati di efficacia esecutiva in uno Stato membro, su richiesta presentata all'autorità designata dallo Stato membro d'origine, sono certificati come titoli esecutivi europei, utilizzando il modello riportato nell'allegato III.2. Un atto pubblico certificato come titolo esecutivo europeo nello Stato membro di origine è eseguito negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi alla sua esecutività.3. Si applicano, per quanto occorra, le disposizioni del capo II, ad eccezione dell'articolo 5, dell'articolo 6, paragrafo 1 e dell'articolo 9, paragrafo 1, e le disposizioni del capo IV, ad eccezione dell'articolo 21, paragrafo 1 e dell'articolo 22.CAPO VIDISPOSIZIONE TRANSITORIAArticolo 26Disposizione transitoriaIl presente regolamento si applica solo alle decisioni giudiziarie rese, alle transazioni giudiziarie approvate o concluse e agli atti pubblici redatti o registrati posteriormente alla sua entrata in vigore.CAPO VIIRELAZIONI CON GLI ALTRI ATTI COMUNITARIArticolo 27Relazioni con il regolamento (CE) n. 44/2001Il presente regolamento non pregiudica la possibilità di chiedere il riconoscimento e l'esecuzione conformemente al regolamento (CE) n. 44/2001 di una decisione giudiziaria, di una transazione giudiziaria o di un atto pubblico relativi a un credito non contestato.Articolo 28Relazioni con il regolamento (CE) n. 1348/2000Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione del regolamento (CE) n. 1348/2000.CAPO VIIIDISPOSIZIONI GENERALI E FINALIArticolo 29Informazioni sul procedimento e sulle autorità di esecuzioneGli Stati membri collaborano nel fornire ai cittadini ed agli ambienti professionali le informazioni riguardantia) i metodi e i procedimenti di esecuzione negli Stati membri eb) le autorità competenti per l'esecuzione negli Stati membriin particolare attraverso la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita con decisione 2001/470/CE del Consiglio(9).Articolo 30Informazioni relative ai rimedi giuridici, alle lingue ed alle autorità1. Gli Stati membri comunicano alla Commissionea) la procedura di rettifica e di revoca di cui all'articolo 10, paragrafo 2, e di riesame di cui all'articolo 19, paragrafo 1;b) le lingue ammesse ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 2, lettera c);c) gli elenchi delle autorità di cui all'articolo 25;ed ogni conseguente modifica.2. La Commissione rende le informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1 accessibili a tutti mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e con ogni altro mezzo appropriato.Articolo 31Modifiche agli allegatiLe eventuali modifiche dei modelli di certificato contenuti negli allegati sono adottate con la procedura consultiva di cui all'articolo 32, paragrafo 2.Articolo 32Comitato1. La Commissione è assistita dal comitato previsto all'articolo 75 del regolamento (CE) n. 44/2001.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenuto conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 33Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il 21 gennaio 2005.Esso si applica a partire dal 21 ottobre 2005, ad eccezione degli articoli 30, 31 e 32, che si applicano dal 21 gennaio 2005.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Strasburgo, addì 21 aprile 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 203 E del 27.8.2002, pag. 86..(2) GU C 85 del 8.4.2003, pag. 1.(3) Parere del Parlamento europeo dell'8 aprile 2003 (GU C 64 E del 12.3.2004, pag.79), posizione comune del Consiglio del 6.2.2004 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 30.3.2004 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.(5) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 1.(6) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1496/2002 della Commissione (GU L 225 del 22.8.2002, pag. 13).(7) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 37.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25.ALLEGATO ICERTIFICATO DI TITOLO ESECUTIVO EUROPEO - DECISIONE GIUDIZIARIA>PIC FILE= "L_2004143IT.002502.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.002601.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.002701.TIF">ALLEGATO IICERTIFICATO DI TITOLO ESECUTIVO EUROPEO - TRANSAZIONE GIUDIZIARIA>PIC FILE= "L_2004143IT.002802.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.002901.TIF">ALLEGATO IIICERTIFICATO DI TITOLO ESECUTIVO EUROPEO - ATTO PUBBLICO>PIC FILE= "L_2004143IT.003002.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.003101.TIF">ALLEGATO IVCERTIFICATO COMPROVANTE LA NON ESECUTIVITÀ O LA LIMITAZIONE DELLA FORZA ESECUTIVA (articolo 6, paragrafo 2)>PIC FILE= "L_2004143IT.003202.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.003301.TIF">ALLEGATO VCERTIFICATO SOSTITUTIVO DEL TITOLO ESECUTIVO EUROPEO A SEGUITO DI IMPUGNAZIONE (articolo 6, paragrafo 3)>PIC FILE= "L_2004143IT.003402.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.003501.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.003601.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.003701.TIF">ALLEGATO VIDOMANDA DI RETTIFICA O DI REVOCADEL CERTIFICATO DI TITOLO ESECUTIVO EUROPEO (Articolo 10, paragrafo 3)>PIC FILE= "L_2004143IT.003802.TIF">>PIC FILE= "L_2004143IT.003901.TIF">
Crediti non contestati: titolo esecutivo europeo QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento crea un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati dai loro debitori. Mediante il titolo esecutivo, le decisioni giudiziarie, le transazioni giudiziarie e gli atti pubblici relativi a crediti non contestati, possano essere riconosciuti ed eseguiti automaticamente, in un altro paese dell'UE, senza procedimento intermedio. PUNTI CHIAVE Ambito Il regolamento si applica in materia civile e commerciale e non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa. È applicabile in tutti i paesi dell'UE a eccezione della Danimarca. Un credito si considera non contestato se: il debitore l'ha espressamente riconosciuto mediante una dichiarazione o mediante una transazione approvata dal giudice o conclusa dinanzi al giudice nel corso di un procedimento giudiziario; o il debitore non l'ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario; o il debitore non è comparso o non si è fatto rappresentare in un'udienza relativa a un determinato credito pur avendo contestato inizialmente il credito stesso nel corso del procedimento; o il debitore l'ha espressamente riconosciuto in un atto pubblico. Titolo esecutivo europeo La decisione relativa a un credito non contestato è certificata come titolo esecutivo europeo dal paese dell'UE che ha pronunciato la decisione (paese d'origine). La certificazione avviene in base a un certificato standard. Se la certificazione riguarda solo parte della decisione, si parlerà allora di «titolo esecutivo parziale». Norme minime Affinché la decisione relativa a un credito non contestato possa essere certificata come titolo esecutivo europeo, il procedimento giudiziario nel paese dell'UE d'origine deve essere conforme a certi requisiti. Affinché una decisione giudiziaria possa essere certificata come titolo esecutivo europeo sono ammessi soltanto i metodi di notificazione previsti dal regolamento. Inoltre, l'atto introduttivo del giudizio deve indicare con precisione: il debito (dati personali delle parti, importo, sussistenza di interessi e per quale periodo, ecc.); i requisiti procedurali per contestare il credito (termine per contestare il credito, conseguenze della mancanza di un'eccezione, ecc.). infine, il paese dell'UE di origine deve prevedere la possibilità di riesaminare la decisione in casi eccezionali. Esecuzione Il diritto applicabile alla procedura di esecuzione è quello del paese dell'UE in cui viene richiesta l'esecuzione della decisione (paese di esecuzione). Il creditore è tenuto a fornire alle autorità competenti dell'esecuzione: una copia della decisione; una copia del certificato di titolo esecutivo europeo; se del caso, una trascrizione del certificato di titolo esecutivo europeo o una sua traduzione nella lingua ufficiale del paese dell'UE dell'esecuzione oppure in un'altra lingua che abbia dichiarato di accettare. Non possono essere richiesti cauzioni, garanzie o depositi a causa della qualità di straniero/a o per difetto di domicilio o residenza nel paese di esecuzione. Il giudice competente nel paese dell'UE dell'esecuzione può, a certe condizioni, rifiutare l'esecuzione se la decisione giudiziaria certificata è incompatibile con una decisione anteriore pronunciata in un paese dell'UE o in un paese terzo. In certi casi, può anche sospendere o limitare il procedimento di esecuzione. Disposizioni generali e finali Per agevolare l'accesso al procedimento d'esecuzione, i paesi dell'UE s'impegnano a fornire ai cittadini e agli ambienti professionali le informazioni rilevanti, in particolare, attraverso la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. Il creditore resta libero di chiedere il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione giudiziaria conformemente alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1215/2012. Inoltre, il regolamento lascia impregiudicata l'applicazione del regolamento (CE) n. 1393/2007 relativo alla notificazione e comunicazione degli atti giudiziari ed extragiudiziali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 21 ottobre 2005. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni sul sito Internet della Commissione europea DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 805/2004, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 15–39) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 805/2004 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente uno scopo documentale.
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32020R1998
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REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO (EU) 2020/1998 del 7 dicembre 2020 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 215, vista la decisione (PESC) 2020/1999 del Consiglio del 7 dicembre 2020 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani (1) vista la proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) Il 7 dicembre 2020 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2020/1999, che istituisce un quadro relativo a misure restrittive mirate per contrastare gravi violazioni e abusi dei diritti umani nel mondo. Tale decisione prevede il congelamento di fondi e risorse economiche e il divieto di mettere fondi e risorse economiche a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi responsabili o sostenitori di gravi violazioni o abusi dei diritti umani, o comunque coinvolti in tali atti, e delle persone fisiche e giuridiche, delle entità o degli organismi associati alle persone fisiche e giuridiche, alle entità o agli organismi in questione. Le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi oggetto di misure restrittive sono elencati nell’allegato della decisione (PESC) 2020/1999. Tale decisione sottolinea l’importanza del diritto internazionale dei diritti umani e dell’interazione fra tale diritto e il diritto internazionale umanitario nel valutare l’opportunità di applicare misure restrittive mirate. (2) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto a un ricorso effettivo, i diritti della difesa e il diritto alla protezione dei dati personali. Il presente regolamento dovrebbe essere applicato conformemente a tali diritti. (3) Al fine di assicurare coerenza con la redazione, la modifica e la revisione dell’allegato della decisione (PESC) 2020/1999, è opportuno che il potere di redigere e modificare l’elenco di cui all’allegato I del presente regolamento sia esercitato dal Consiglio. (4) Ai fini dell’attuazione del presente regolamento e per garantire la massima certezza giuridica all’interno dell’Unione, è opportuno pubblicare i nomi e gli altri dati pertinenti relativi a persone fisiche e giuridiche, entità e organismi i cui fondi e le cui risorse economiche devono essere congelati a norma del presente regolamento. Qualsiasi trattamento di dati personali deve essere conforme ai regolamenti (UE) 2016/679 (2) e (UE) 2018/1725 (3) del Parlamento europeo e del Consiglio. (5) Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e comunicarsi ogni altra informazione pertinente in loro possesso relativa al presente regolamento. (6) Gli Stati membri dovrebbero stabilire norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e garantirne l’attuazione. Le sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: a) «richiesta»: qualsiasi richiesta, sotto forma contenziosa o meno, presentata anteriormente o posteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento, derivante da un contratto o da un’operazione o a essi collegata, e in particolare: i) una richiesta volta a ottenere l’adempimento di un obbligo derivante da un contratto o da un’operazione o a essi collegata; ii) una richiesta volta a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma; iii) una richiesta di compensazione relativa a un contratto o a un’operazione; iv) una domanda riconvenzionale; v) una richiesta volta a ottenere, anche mediante exequatur, il riconoscimento o l’esecuzione di una sentenza, di un lodo arbitrale o di una decisione equivalente, indipendentemente dal luogo in cui sono stati pronunziati; b) «contratto o transazione»: qualsiasi transazione, indipendentemente dalla sua forma e dal diritto a essa applicabile, che comprenda uno o più contratti o obblighi analoghi stipulati fra le stesse parti o fra parti diverse; a tal fine il termine «contratto» include qualsiasi forma di garanzia, in particolare una garanzia o controgaranzia finanziaria, e qualsiasi credito, anche giuridicamente indipendente, nonché qualsiasi clausola annessa derivante da siffatta transazione o ad essa correlata; c) «autorità competenti»: le autorità competenti degli Stati membri i cui siti web sono elencati nell’allegato II; d) «risorse economiche»: le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che potrebbero essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi; e) «congelamento di risorse economiche»: il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso la vendita, la locazione e le ipoteche; f) «congelamento di fondi»: il divieto di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso a essi così da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura, la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consente l’uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio; g) «fondi»: tutte le attività e i benefici finanziari di qualsiasi natura, compresi, tra gli altri: i) contanti, assegni, cambiali, vaglia postali e altri strumenti di pagamento; ii) depositi presso istituti finanziari o altre entità, saldi sui conti, debiti e obblighi; iii) titoli negoziati a livello pubblico e privato e prestiti obbligazionari, comprese le azioni, i certificati azionari, le obbligazioni, i pagherò, i warrant, le obbligazioni ipotecarie e i contratti finanziari derivati; iv) interessi, dividendi o altri redditi generati dalle attività; v) credito, diritto di compensazione, garanzie, fideiussioni o altri impegni finanziari; vi) lettere di credito, polizze di carico e atti di cessione; vii) documenti da cui risulti un interesse riguardante capitali o risorse finanziarie; h) «territorio dell’Unione»: i territori degli Stati membri cui si applica il trattato sull’Unione europea (TUE), alle condizioni ivi stabilite, compreso lo spazio aereo. Articolo 2 1. Il presente regolamento si applica: a) al genocidio; b) ai crimini contro l’umanità; c) alle gravi violazioni o ai gravi abusi dei diritti umani seguenti: i) tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti; ii) schiavitù; iii) esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie; iv) sparizione forzata di persone; v) arresti o detenzioni arbitrari; d) altre violazioni o altri abusi dei diritti umani, compresi, tra gli altri, quelli riportati di seguito, nella misura in cui tali violazioni o abusi sono diffusi, sistematici o comunque motivo di seria preoccupazione per quanto concerne gli obiettivi di politica estera e di sicurezza comune stabiliti all’articolo 21 TUE: i) tratta di esseri umani, nonché abusi dei diritti umani di cui al presente articolo da parte dei trafficanti di migranti; ii) violenza sessuale e di genere; iii) violazioni o abusi della libertà di riunione pacifica e di associazione, iv) violazioni o abusi della libertà di opinione e di espressione, v) violazioni o abusi della libertà di religione o di credo. 2. Ai fini dell’applicazione del paragrafo 1, si dovrebbe tener conto del diritto internazionale consuetudinario e di strumenti di diritto internazionale ampiamente accettati quali: a) il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici; b) il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali; c) la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio; d) la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; e) la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale; (f) la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna; g) la Convenzione sui diritti del fanciullo; h) la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate; i) la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità; j) il protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini; k) lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale; l) la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. 3. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi possono comprendere: a) soggetti statali; b) altri soggetti che esercitino un controllo o un’autorità effettivi su un territorio; c) altri soggetti non statali, alle condizioni stabilite all’articolo 1, paragrafo 4, della decisione (PESC) 2020/1999. Articolo 3 1. Sono congelati tutti i fondi e tutte le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati all’allegato I. 2. Nessun fondo o risorsa economica è messo, direttamente o indirettamente, a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi di cui all’allegato I o destinato a loro vantaggio. 3. Nell’allegato I figurano i seguenti soggetti, identificati dal Consiglio a norma dell’articolo 3 della decisione (PESC) 2020/1999. a) persone fisiche o giuridiche, entità od organismi responsabili degli atti di cui all’articolo 2, paragrafo 1; b) persone fisiche o giuridiche, entità od organismi che forniscono sostegno finanziario, tecnico o materiale per gli atti di cui all’articolo 2, paragrafo 1, o che sono altrimenti coinvolti in tali atti, anche pianificandoli, dirigendoli, ordinandoli, assistendoli, preparandoli, agevolandoli o incoraggiandoli; c) persone fisiche o giuridiche, entità od organismi associati alle persone fisiche o giuridiche, alle entità o agli organismi di cui alle lettere a) e b). Articolo 4 1. In deroga all’articolo 3, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver accertato che i fondi o le risorse economiche in questione sono: a) necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato I e dei familiari a carico di tali persone fisiche, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, canoni di locazione o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenza di servizi pubblici; b) destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli o al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali; c) destinati esclusivamente al pagamento di diritti o di spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati; d) necessari per coprire spese straordinarie, purché l’autorità competente interessata abbia notificato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione, almeno due settimane prima dell’autorizzazione, i motivi per i quali ritiene che debba essere concessa un’autorizzazione specifica, oppure e) pagabili su o da un conto di una missione diplomatica o consolare o di un’organizzazione internazionale che gode di immunità in conformità del diritto internazionale, nella misura in cui tali pagamenti servono per scopi ufficiali della missione diplomatica o consolare o dell’organizzazione internazionale. 2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di tutte le autorizzazioni rilasciate a norma del paragrafo 1 entro due settimane dal rilascio dell’autorizzazione. Articolo 5 1. In deroga all’articolo 3, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare che taluni fondi o risorse economiche congelati siano svincolati o messi a disposizione, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver stabilito che la fornitura di tali fondi o risorse economiche è necessaria per scopi umanitari, come prestare o facilitare la prestazione di assistenza, comprese forniture mediche, cibo o trasferimento di operatori umanitari e relativa assistenza, o per evacuazioni. 2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di tutte le autorizzazioni rilasciate a norma del paragrafo 1 entro quattro settimane dal rilascio dell’autorizzazione. Articolo 6 1. In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati a condizione che: a) i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell’inserimento della persona fisica o giuridica, dell’entità o dell’organismo di cui all’articolo 3 nell’elenco figurante nell’allegato I, di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell’Unione o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, prima o dopo tale data; b) i fondi o le risorse economiche siano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o riconosciuti validi dalla stessa, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei creditori; c) la decisione non vada a favore di una persona fisica o giuridica, di un’entità o di un organismo elencati nell’allegato I e d) il riconoscimento della decisione non sia contrario all’ordine pubblico nello Stato membro interessato. 2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di tutte le autorizzazioni rilasciate a norma del paragrafo 1 entro due settimane dal rilascio dell’autorizzazione. Articolo 7 1. In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, e purché un pagamento da parte di una persona fisica o giuridica, di un’entità o di un organismo di cui all’allegato I sia dovuto in forza di un contratto o di un accordo concluso o di un’obbligazione sorta per la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo in questione prima della data di inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità od organismo nell’allegato I, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, alle condizioni che ritengono appropriate, lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati purché l’autorità competente interessata abbia accertato che: a) i fondi o le risorse economiche saranno usati per un pagamento da una persona fisica o giuridica, da un’entità o da un organismo di cui all’allegato I; e b) il pagamento non viola l’articolo 3, paragrafo 2. 2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di tutte le autorizzazioni rilasciate a norma del paragrafo 1 entro due settimane dal rilascio dell’autorizzazione. Articolo 8 1. L’articolo 3, paragrafo 2, non osta a che gli enti finanziari o creditizi accreditino sui conti congelati fondi trasferiti da terzi verso i conti di una persona fisica o giuridica, di un’entità o di un organismo che figura nell’elenco, purché tali versamenti siano anch’essi congelati. L’ente finanziario o creditizio informa senza indugio l’autorità competente pertinente in merito a tali operazioni. 2. L’articolo 3, paragrafo 2, non si applica al versamento sui conti congelati di: a) interessi o altri profitti dovuti su detti conti; b) pagamenti dovuti nell’ambito di contratti e accordi conclusi o di obbligazioni sorte anteriormente alla data in cui la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo di cui all’articolo 3 sono stati inseriti nell’allegato I, oppure c) pagamenti dovuti nell’ambito di decisioni giudiziarie, amministrative o arbitrali emesse in uno Stato membro o esecutive nello Stato membro interessato, purché tali interessi, altri profitti e pagamenti continuino a essere soggetti alle misure di cui all’articolo 3, paragrafo 1. Articolo 9 1. Fatte salve le norme applicabili in materia di relazioni, riservatezza e segreto professionale, le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi sono tenuti a: a) fornire immediatamente qualsiasi informazione atta a facilitare il rispetto del presente regolamento, quali le informazioni relative ai conti e agli importi congelati a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, all’autorità competente dello Stato membro in cui risiedono o sono situati e a trasmettere tali informazioni, direttamente o attraverso lo Stato membro, alla Commissione; b) collaborare con l’autorità competente alla verifica delle informazioni di cui alla lettera a). 2. Le ulteriori informazioni ricevute direttamente dalla Commissione sono messe a disposizione degli Stati membri. 3. Le informazioni fornite o ricevute ai sensi del presente articolo sono utilizzate unicamente per gli scopi per i quali sono state fornite o ricevute. Articolo 10 È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l’obiettivo o il risultato di eludere le misure di cui all’articolo 3. Articolo 11 1. Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo che lo attua, né per i suoi dirigenti o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza. 2. Le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se questi non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento. Articolo 12 1. Non è soddisfatta alcuna richiesta in relazione a contratti o transazioni sulla cui esecuzione abbiano inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite dal presente regolamento, comprese le richieste di indennizzo o le richieste analoghe, per esempio richieste di compensazione o richieste nell’ambito di una garanzia, in particolare quelle volte a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare di una garanzia o controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da: a) persone fisiche o giuridiche, entità od organismi elencati nell’allegato I; b) qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo che agisca per tramite o per conto di una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo di cui alla lettera a). 2. In ogni procedura volta al soddisfacimento di una richiesta, l’onere della prova che il soddisfacimento della richiesta non è vietato dal paragrafo 1 incombe alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo che richiede il soddisfacimento di tale richiesta. 3. Il presente articolo lascia impregiudicato il diritto delle persone fisiche o giuridiche, delle entità e degli organismi di cui al paragrafo 1 al controllo giurisdizionale della legittimità dell’inadempimento degli obblighi contrattuali a norma del presente regolamento. Articolo 13 1. La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente delle misure adottate a norma del presente regolamento e condividono tutte le altre informazioni pertinenti in loro possesso attinenti al presente regolamento, in particolare quelle riguardanti: a) i fondi congelati a norma dell’articolo 3 e le autorizzazioni rilasciate a norma degli articoli 4, 5, 6 e 7; b) i problemi di violazione e di applicazione delle norme e le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali nazionali. 2. Ciascuno Stato membro comunica immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione tutte le altre informazioni pertinenti in suo possesso tali da pregiudicare l’effettiva attuazione del presente regolamento. Articolo 14 1. Qualora decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un’entità o a un organismo le misure di cui all’articolo 3, il Consiglio modifica di conseguenza l’allegato I. 2. Il Consiglio comunica la decisione di cui al paragrafo 1, compresi i motivi dell’inserimento nell’elenco, alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo interessati direttamente, se l’indirizzo è noto, o attraverso la pubblicazione di un avviso, offrendo a tale persona fisica o giuridica, entità od organismo la possibilità di presentare osservazioni. 3. Qualora siano formulate osservazioni o siano presentate nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina le decisioni di cui al paragrafo 1 e informa di conseguenza la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo interessati. 4. L’elenco di cui all’allegato I è riesaminato periodicamente e almeno ogni 12 mesi. 5. Alla Commissione è conferito il potere di modificare l’allegato II in base alle informazioni fornite dagli Stati membri. Articolo 15 1. Nell’allegato I sono indicati i motivi dell’inserimento nell’elenco delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi interessati. 2. Nell’allegato I figurano, ove disponibili, le informazioni necessarie per identificare le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi interessati. Per le persone fisiche, tali informazioni possono includere: i nomi e gli pseudonimi, la data e il luogo di nascita, la cittadinanza, il numero del passaporto e della carta d’identità, il genere, l’indirizzo, se noto, e la funzione o la professione; Per le persone giuridiche, le entità o gli organismi, tali informazioni possono includere le denominazioni, la data e il luogo di registrazione, il numero di registrazione e la sede di attività. Articolo 16 1. Gli Stati membri stabiliscono norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione le norme di cui al paragrafo 1 dopo l’entrata in vigore del presente regolamento e la informano di ogni eventuale successiva modifica. Articolo 17 1. Il Consiglio, la Commissione e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («alto rappresentante») trattano i dati personali per svolgere i propri compiti a norma del presente regolamento. Tali compiti comprendono: a) per quanto riguarda il Consiglio, la preparazione e l’introduzione delle modifiche nell’allegato I; b) per quanto riguarda l’alto rappresentante, la preparazione delle modifiche nell’allegato I; c) per quanto riguarda la Commissione: i) l’inclusione del contenuto dell’allegato I nell’elenco elettronico consolidato delle persone, dei gruppi e delle entità oggetto di sanzioni finanziarie dell’Unione e nella mappa interattiva delle sanzioni, entrambi pubblicamente disponibili; ii) il trattamento delle informazioni relative all’impatto delle misure previste dal presente regolamento, come il valore dei fondi congelati e le informazioni sulle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti. 2. Il Consiglio, la Commissione e l’alto rappresentante possono trattare, se del caso, i dati pertinenti relativi a reati commessi da persone fisiche figuranti nell’elenco e alle condanne penali di tali persone o alle misure di sicurezza riguardanti tali persone solo nella misura necessaria alla preparazione dell’allegato I. 3. Ai fini del presente regolamento, il Consiglio, il servizio della Commissione indicato nell’allegato II del presente regolamento e l’alto rappresentante sono designati come «titolare del trattamento» ai sensi dell’articolo 3, punto 8), del regolamento (UE) 2018/1725, per garantire che le persone fisiche interessate possano esercitare i loro diritti a norma del regolamento (UE) 2018/1725. Articolo 18 1. Gli Stati membri designano le autorità competenti di cui al presente regolamento e le identificano sui siti web elencati nell’allegato II. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le eventuali modifiche degli indirizzi dei loro siti web elencati nell’allegato II. 2. Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione le proprie autorità competenti, compresi gli estremi delle stesse, dopo l’entrata in vigore del presente regolamento e la informano di ogni eventuale successiva modifica. 3. Laddove il presente regolamento imponga di notificare, informare o comunicare in altro modo con la Commissione, l’indirizzo e gli altri estremi da usare per dette comunicazioni sono quelli indicati nell’allegato II. Articolo 19 Il presente regolamento si applica: a) nel territorio dell’Unione, compreso il suo spazio aereo; b) a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro; c) a qualsiasi persona fisica cittadina di uno Stato membro che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione; d) a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro; e) a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all’interno dell’Unione. Articolo 20 Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 7 dicembre 2020 Per il Consiglio Il presidente J. BORRELL FONTELLES (1) Cfr. pag. 13 della presente Gazzetta ufficiale. (2) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). (3) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39). ALLEGATO I Elenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all’articolo 3 A. Persone fisiche B. Persone giuridiche, entità e organismi ALLEGATO II Siti web contenenti informazioni sulle autorità competenti e indirizzo per le notifiche alla Commissione BELGIO https://diplomatie.belgium.be/nl/Beleid/beleidsthemas/vrede_en_veiligheid/sancties https://diplomatie.belgium.be/fr/politique/themes_politiques/paix_et_securite/sanctions https://diplomatie.belgium.be/en/policy/policy_areas/peace_and_security/sanctions BULGARIA https://www.mfa.bg/en/101 REPUBBLICA CECA www.financnianalytickyurad.cz/mezinarodni-sankce.html DANIMARCA http://um.dk/da/Udenrigspolitik/folkeretten/sanktioner/ GERMANIA http://www.bmwi.de/DE/Themen/Aussenwirtschaft/aussenwirtschaftsrecht,did=404888.html ESTONIA http://www.vm.ee/est/kat_622/ IRLANDA http://www.dfa.ie/home/index.aspx?id=28519 GRECIA http://www.mfa.gr/en/foreign-policy/global-issues/international-sanctions.html SPAGNA http://www.exteriores.gob.es/Portal/en/PoliticaExteriorCooperacion/GlobalizacionOportunidadesRiesgos/Paginas/SancionesInternacionales.aspx FRANCIA http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/autorites-sanctions/ CROAZIA http://www.mvep.hr/sankcije ITALIA https://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/politica_europea/misure_deroghe CIPRO http://www.mfa.gov.cy/mfa/mfa2016.nsf/mfa35_en/mfa35_en?OpenDocument LETTONIA http://www.mfa.gov.lv/en/security/4539 LITUANIA http://www.urm.lt/sanctions LUSSEMBURGO https://maee.gouvernement.lu/fr/directions-du-ministere/affaires-europeennes/mesures-restrictives.html UNGHERIA https://kormany.hu/kulgazdasagi-es-kulugyminiszterium/ensz-eu-szankcios-tajekoztato MALTA https://foreignandeu.gov.mt/en/Government/SMB/Pages/SMB-Home.aspx PAESI BASSI https://www.rijksoverheid.nl/onderwerpen/internationale-sancties AUSTRIA http://www.bmeia.gv.at/view.php3?f_id=12750&LNG=en&version= POLONIA https://www.gov.pl/web/dyplomacja PORTOGALLO http://www.portugal.gov.pt/pt/ministerios/mne/quero-saber-mais/sobre-o-ministerio/medidas-restritivas/medidas-restritivas.aspx ROMANIA http://www.mae.ro/node/1548 SLOVENIA http://www.mzz.gov.si/si/omejevalni_ukrepi SLOVACCHIA https://www.mzv.sk/europske_zalezitosti/europske_politiky-sankcie_eu FINLANDIA http://formin.finland.fi/kvyhteistyo/pakotteet SVEZIA http://www.ud.se/sanktioner Indirizzo per le notifiche alla Commissione europea: Commissione europea Direzione generale della Stabilità finanziaria, dei servizi finanziari e dell’Unione dei mercati dei capitali (DG FISMA) Rue de Spa 2 1049 Bruxelles, Belgio E-mail: relex-sanctions@ec.europa.eu Tel.
Misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DECISIONE E DEL REGOLAMENTO? Essi stabiliscono un regime globale di sanzioni dell’Unione europea (Unione) in materia di gravi violazioni e abusi dei diritti umani. Il regolamento (UE) 2020/1998 è stato applicato in modo automatico e uniforme a tutti gli Stati membri dell’Unione alla sua entrata in vigore, senza richiedere il recepimento nel diritto nazionale. È stato modificato dai regolamenti di esecuzione (UE) 2021/371 del 2 marzo 2021 e (UE) 2021/478 del 22 marzo 2021. PUNTI CHIAVE Il regime globale di sanzioni dell’Unione in materia di diritti umani fornisce all’Unione una base giuridica per contrastare persone, imprese e organismi, compresi coloro che sono e coloro che non sono associati ai governi nazionali (organismi statali e non statali), responsabili, coinvolti o associati a gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo, a prescindere da dove si siano verificati. Ambito di applicazione Il regime globale di sanzioni dell’Unione in materia di diritti umani riguarda una serie di abusi dei diritti umani, quali:genocidio; crimini contro l’umanità; tortura e pene e altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti; schiavitù; esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie; la sparizione coatta di persone e arresti o detenzioni di natura arbitraria.Il regime di sanzioni contempla altresì atti che sono diffusi, sistematici o che destano grave preoccupazione in relazione agli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune (PESC), stabiliti nell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea, tra cui figurano:la tratta di esseri umani; gli abusi dei diritti umani da parte dei trafficanti di migranti; la violenza sessuale e la violenza di genere; violazioni e abusi delle libertà:di riunione pacifica e di associazione;di opinione e di espressione;di culto e di credo.Sanzioni e deroghe Le misure restrittive comprenderanno un divieto di viaggio per le persone e il congelamento dei fondi per persone ed entità. Inoltre, alle persone e alle entità nell’Unione sarà vietato rendere disponibili fondi a coloro presenti sull’elenco, sia direttamente che indirettamente. Gli Stati membri possono concedere deroghe alle misure quando il viaggio è giustificato per:esigenze umanitarie urgenti; partecipare a riunioni intergovernative o a riunioni promosse o ospitate dall’Unione; situazioni in cui l’ingresso o il transito sono necessari per partecipare a un procedimento giudiziario.Modifica dell’elenco L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli Stati membri possono proporre modifiche all’elenco. Le modifiche sono decise dal Consiglio dell’Unione europea e annunciate pubblicamente. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E IL REGOLAMENTO? Essi sono entrati in vigore l’8 dicembre 2020. CONTESTO Il regime globale di sanzioni dell’Unione in materia di diritti umani faceva parte degli impegni per far fronte a gravi violazioni e abusi dei diritti umani esposti nel piano d’azione dell’Unione per i diritti umani e la democrazia 2020–2024. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (PESC) 2020/1999 del Consiglio del 7 dicembre 2020 relativa a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani (GU L 410 del 7.12.2020, pag. 13). Le successive modifiche alla decisione (PESC) 2020/1999 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) 2020/1998 del Consiglio del 7 dicembre 2020 relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani (GU L 410I del 7.12.2020, pag. 1). Si veda la versione consolidata. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — Piano d’azione dell’Unione per i diritti umani e la democrazia 2020-2024 [JOIN(2020) 5 final del 25.3.2020]. Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo IV — Misure restrittive — articolo 215 (ex articolo 301 del TCE) (GU C 202, del 7.6.2016, pag. 144).
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32001R1338
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Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione Gazzetta ufficiale n. L 181 del 04/07/2001 pag. 0006 - 0010 Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consigliodel 28 giugno 2001che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazioneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 123, paragrafo 4, terza frase,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro(4) dispone che, a decorrere dal 1o gennaio 2002, la Banca centrale europea (BCE) e le Banche centrali nazionali (BCN) degli Stati membri partecipanti immettano in circolazione banconote denominate in euro e che gli Stati membri partecipanti emettano monete metalliche denominate in euro. È dunque necessario adottare rapidamente un sistema di protezione dell'euro dalla falsificazione, di modo che possa essere operativo prima dell'immissione in circolazione delle banconote e delle monete metalliche in euro.(2) Il meccanismo creato dall'atto del Consiglio, del 26 luglio 1995, che stabilisce la convenzione che istituisce un ufficio di polizia europeo (convenzione Europol)(5) e dalla decisione del Consiglio, del 29 aprile 1999, che estende il mandato dell'Europol alla lotta contro la falsificazione di monete e di altri mezzi di pagamento(6) è ideato per lottare contro la falsificazione in generale.(3) Nella decisione quadro del 29 maggio 2000 relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro(7), il Consiglio ha preso provvedimenti per assicurare che l'euro sia tutelato in modo adeguato per mezzo di efficaci misure di diritto penale.(4) Le misure da adottare in relazione alla protezione dell'euro dalla falsificazione riguardano la Comunità per le sue competenze attinenti alla moneta unica. La protezione giuridica dell'euro non può essere assicurata in modo soddisfacente soltanto dai singoli Stati membri, dato che le banconote e le monete in euro saranno messe in circolazione oltre i confini territoriali degli Stati membri partecipanti. Occorre pertanto adottare una normativa comunitaria che definisca talune misure necessarie alla circolazione delle banconote e delle monete in euro in condizioni atte ad assicurarne la protezione globale, effettiva ed omogenea da attività che possano pregiudicarne la credibilità e prendere così le misure adeguate affinché tutto sia predisposto in tempo utile anteriormente al 1o gennaio 2002.(5) È necessario definire o riprendere, ai fini dell'applicazione del presente regolamento, le definizioni esistenti di taluni concetti, quali segnatamente le attività di falsificazione dell'euro, i dati tecnici e statistici nonché le autorità nazionali competenti per le ricerche dirette a raccogliere e analizzare i dati relativi alle attività di falsificazione, compresi gli uffici centrali previsti dall'articolo 12 della convenzione di Ginevra.(6) Occorre assicurare che i dati tecnici e statistici relativi alle banconote false e alle monete false in euro, e per quanto possibile alle banconote non autorizzate, raccolti dalle autorità nazionali competenti, siano comunicati alla BCE consentendo alle autorità nazionali competenti così come, in funzione delle sue competenze, alla Commissione, di accedervi. Occorre inoltre prevedere che l'Europol vi avrà accesso in base ad un accordo tra quest'ultimo e la BCE.(7) Conformemente all'indirizzo della BCE, il Centro di analisi della contraffazione (CAC), istituito e gestito sotto l'egida di detta BCE(8), centralizza la classificazione e l'analisi dei dati tecnici relativi alle banconote false.(8) Il quadro tecnico per il trattamento delle monete false in euro, approvato dal Consiglio il 28 febbraio 2000, fa riferimento alla raccolta sistematica da parte della BCE di informazioni tecniche relative alla contraffazione dell'euro, l'istituzione - a livello europeo - di un Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) per l'analisi tecnica e la classificazione delle monete metalliche false denominate in euro e, a livello nazionale, dei Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC).(9) L'istituzione del CTSE è prevista a titolo temporaneo quale entità amministrativa separata ed indipendente nell'ambito della Zecca di Parigi, sulla base di uno scambio di lettere in data 28 febbraio e 9 giugno 2000 tra il Presidente del Consiglio e il Ministro delle finanze francese. I compiti di tale Centro devono essere definiti dal presente regolamento. Al momento opportuno il Consiglio deciderà in merito al futuro status e alla sede permanente del CTSE.(10) Occorre prevedere che le banconote false denominate in euro siano trasmesse per identificazione ai centri nazionali di analisi - CNA. Le monete metalliche false devono essere trasmesse ai CNAC.(11) È necessario prevedere che gli enti creditizi, nonché gli altri istituti che gestiscono e distribuiscono al pubblico banconote e monete a titolo professionale, compresi quelli la cui attività consiste nel cambio di banconote e di monete, quali i cambiavalute, siano obbligati a ritirare dalla circolazione e trasmettere alle autorità nazionali competenti le banconote e le monete in euro riguardo alle quali hanno la certezza o sufficiente motivo di ritenere che siano false. Inoltre risulta necessario prevedere che gli Stati membri prendano disposizioni al fine di infliggere sanzioni che ritengono appropriate in caso di mancata osservanza dei rispettivi obblighi da parte degli enti summenzionati.(12) Occorre organizzare una cooperazione stretta e regolare tra le autorità nazionali competenti, la Commissione e la BCE per assicurare una protezione effettiva ed omogenea dell'euro, in particolare per quanto concerne gli scambi d'informazione ad eccezione dei dati a carattere personale, la cooperazione e la mutua assistenza tra le autorità comunitarie e nazionali, il sostegno scientifico e la formazione professionale. A tal fine la Commissione, lasciando impregiudicato il ruolo affidato alla BCE in materia di protezione dell'euro dalla falsificazione, proseguirà regolarmente, in seno ad un Comitato consultivo competente, le consultazioni con i principali operatori della lotta alla falsificazione dell'euro (in particolare la BCE, il CTSE, Europol e Interpol) per migliorare le condizioni della protezione globale dell'euro sulla base di iniziative legislative dirette a rafforzare la prevenzione e la lotta alla falsificazione.(13) Per garantire uno scambio di dati aggiornati, completi e comparabili, occorre prevedere la centralizzazione a livello nazionale delle informazioni strategiche ed operative, così come degli obblighi di comunicazione dei dati. A tal fine, occorre far sì che gli Stati membri adottino le misure necessarie per consentire agli Uffici centrali di svolgere le rispettive missioni conformemente alla convenzione di Ginevra al fine di assicurare lo scambio d'informazioni tra tali Uffici e le unità nazionali dell'Europol.(14) La complementarità delle missioni dei vari partner comunitari, con la collaborazione che l'Europol è in grado di offrire conformemente alla summenzionata decisione del Consiglio del 29 aprile 1999, deve consentire di riunire l'insieme degli strumenti indispensabili per salvaguardare l'euro dalle conseguenze nefaste delle attività illecite di falsificazione. L'Europol esercita le sue funzioni fatte salve le competenze della Comunità europea. È compito dell'Europol e della Comunità europea, nel rigoroso rispetto delle rispettive competenze, stabilire le forme di cooperazione che consentano loro di esercitare le rispettive funzioni il più efficacemente possibile. Occorre, a tal fine, privilegiare l'organizzazione di una cooperazione stretta e regolare, fondata su accordi appropriati che dovranno essere conclusi tra l'Europol e la BCE da un lato, e tra l'Europol e la Commissione, dall'altro, conformemente alle disposizioni pertinenti contenute nella convenzione Europol.(15) Occorre, per quanto riguarda l'utilizzo dell'euro nei paesi terzi come valuta per transazioni internazionali, prevedere una cooperazione strutturata che coinvolga tutti gli operatori competenti per i casi di falsificazione nei paesi terzi.(16) Le misure di cui al presente regolamento non pregiudicano la competenza degli Stati membri nell'applicazione del diritto penale nazionale ai fini della protezione dell'euro dalla falsificazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO 1SCOPO E DEFINIZIONIArticolo 1Scopo1. Scopo del presente regolamento è stabilire talune misure necessarie per la circolazione delle banconote e monete in euro a condizioni tali da garantirne la protezione contro le attività di falsificazione.2. Ai fini dell'applicazione del presente regolamento, per "falsificazione" s'intendono le seguenti attività:a) tutti i fatti fraudolenti consistenti nella fabbricazione o alterazione di banconote o di monete in euro, indipendentemente dal mezzo impiegato;b) l'immissione in circolazione fraudolenta di banconote false o di monete false in euro;c) il fatto fraudolento di importare, esportare, trasportare, ricevere o procurarsi banconote false o monete false in euro, per metterle in circolazione ed essendo a conoscenza che sono false;d) il fatto fraudolento di fabbricare, ricevere, procurarsi o possedere- strumenti, oggetti, programmi informatici e qualsiasi altro procedimento destinati, per la loro stessa natura, alla fabbricazione di banconote false o di monete false in euro o all'alterazione delle banconote e delle monete in euroo- ologrammi o altri elementi aventi lo scopo di proteggere le banconote e le monete in euro dalla falsificazione.3. Il presente regolamento si applica fatta salva l'applicazione del diritto penale nazionale per la protezione dell'euro contro la falsificazione.Articolo 2DefinizioniAi sensi del presente regolamento, si intende per:a) "banconote false" oppure "monete false", le banconote o le monete in euro o che hanno l'apparenza di banconote o di monete in euro e che sono oggetto di una fabbricazione o alterazione fraudolenta;b) "autorità nazionali competenti", le autorità designate dagli Stati membri al fine di:- individuare le banconote false e le monete false,- raccogliere e analizzare i dati tecnici e statistici relativi alle banconote false, segnatamente le banche centrali nazionali o gli altri organismi autorizzati,- raccogliere e analizzare i dati tecnici e statistici relativi alle monete false, segnatamente le Zecche nazionali, le banche centrali nazionali o gli altri organismi autorizzati,- raccogliere i dati sulla falsificazione dell'euro e analizzarli, in particolar modo gli Uffici centrali nazionali di cui all'articolo 12 della convenzione di Ginevra;c) "enti creditizi", gli enti creditizi di cui all'articolo 1, paragrafo 1, primo capoverso, della direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio(9);d) "dati tecnici e statistici", i dati che consentono di identificare banconote false o monete false (descrizione tecnica del tipo di falso), così come i dati relativi al numero di banconote e monete false a seconda della loro provenienza, segnatamente geografica;e) "convenzione di Ginevra", la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, firmata a Ginevra il 20 aprile 1929(10);f) "convenzione Europol", la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia(11).CAPO 2DATI TECNICI E STATISTICIArticolo 3Raccolta e accesso1. I dati tecnici e statistici relativi alle banconote e monete false scoperte negli Stati membri sono raccolti e classificati dalle autorità nazionali competenti e comunicati alla Banca centrale europea, dove sono elaborati e conservati.2. La Banca centrale europea raccoglie e conserva i dati tecnici e statistici relativi alle banconote false o alle monete false scoperte nei paesi terzi.3. Le autorità nazionali competenti e, in funzione delle sue responsabilità, la Commissione hanno accesso ai dati tecnici e statistici della Banca centrale europea. L'Europol vi ha accesso a norma di un accordo tra l'Europol stesso e la Banca centrale europea, conformemente alle disposizioni pertinenti della convenzione Europol e alle disposizioni adottate sulla base di quest'ultima.Articolo 4Obbligo di trasmissione delle banconote false ai fini della loro identificazione1. Gli Stati membri istituiscono o designano, d'intesa con la Banca centrale europea, un Centro nazionale di analisi (CNA) secondo la legislazione e le prassi nazionali.2. Le autorità nazionali competenti permettono l'esame da parte del CNA delle banconote sospettate di essere false e trasmettono senza indugio, ai fini di analisi e identificazione, gli esemplari necessari chiesti dal CNA di ogni tipo di banconota sospettata di essere falsa, nonché i dati tecnici e statistici di cui dispongono. Il CNA trasmette alla Banca centrale europea qualsiasi nuovo tipo di banconota sospettata di essere falsa, corrispondente ai criteri stabiliti da quest'ultima.3. Le disposizioni del paragrafo 2 saranno applicate in modo tale da non impedire l'utilizzazione e la conservazione delle banconote sospettate di essere false come elementi di prova nell'ambito di procedimenti penali.4. La Banca centrale europea comunica il risultato finale pertinente della sua analisi e della sua classificazione di qualsiasi nuovo tipo di banconota falsa alle autorità nazionali competenti e, in funzione delle sue responsabilità, alla Commissione. La Banca centrale europea comunica tale risultato all'Europol, conformemente all'accordo di cui all'articolo 3, paragrafo 3.Articolo 5Obbligo di trasmissione delle monete false ai fini della loro identificazione1. Gli Stati membri istituiscono o designano un Centro nazionale di analisi delle monete (CNAC) conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali.2. Le autorità nazionali competenti permettono l'esame da parte del CNAC delle monete sospettate di essere false e trasmettono senza indugio, ai fini di analisi e identificazione, gli esemplari necessari chiesti dal CNAC di ogni tipo di moneta sospettata di essere falsa assieme ai dati tecnici e statistici di cui dispongono. Il CNAC trasmette al Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) qualsiasi nuovo tipo di moneta sospettata di essere falsa corrispondente ai criteri stabiliti da quest'ultimo. A tale scopo, la Banca centrale europea mette a disposizione dei CNAC i dati tecnici e statistici relativi alle monete false in euro di cui dispone.3. Le disposizioni del paragrafo 2 saranno applicate in modo tale da non impedire l'utilizzazione e la conservazione delle monete sospettate di essere false come elementi di prova nell'ambito di procedimenti penali.4. Il CTSE analizza e classifica qualsiasi nuovo tipo di moneta falsa in euro. A tale scopo il CTSE ha accesso ai dati tecnici e statistici conservati presso la BCE e riguardanti le monete false in euro. Il CTSE comunica il risultato finale pertinente di tale analisi alle autorità nazionali competenti nonché, in funzione delle rispettive responsabilità, alla Commissione e alla Banca centrale europea. La Banca centrale europea comunica tale risultato all'Europol, conformemente all'accordo di cui all'articolo 3, paragrafo 3.CAPO 3OBBLIGHI E SANZIONIArticolo 6Obblighi degli enti creditizi1. Gli enti creditizi, nonché gli altri istituti che gestiscono e distribuiscono al pubblico banconote e monete a titolo professionale, compresi quelli la cui attività consiste nel cambio di banconote o di monete di valute nazionali diverse, ad esempio i cambiavalute, hanno l'obbligo di ritirare dalla circolazione tutte le banconote e le monete in euro che hanno ricevuto e riguardo alle quali hanno la certezza o sufficiente motivo di ritenere che siano false e le trasmettono senza indugio alle autorità nazionali competenti.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che gli enti di cui al paragrafo 1 che non adempiono gli obblighi previsti a detto paragrafo siano passibili di sanzioni di carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo.3. Gli Stati membri adottano, anteriormente al 1o gennaio 2002, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per l'applicazione del presente articolo e le comunicano immediatamente alla Commissione e alla Banca centrale europea.CAPO 4COOPERAZIONE E RECIPROCA ASSISTENZAArticolo 7Cooperazione per la protezione dell'euro dalla falsificazione1. Per garantire un'efficace protezione dell'euro dalla falsificazione, gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea cooperano tra di loro e con l'Europol conformemente alla convenzione Europol e alle disposizioni adottate sulla base della stessa. A tal fine la Commissione e la Banca centrale europea negozieranno per concludere in tempo utile un accordo con l'Europol.2. In particolare, le autorità nazionali competenti, la Commissione e la Banca centrale europea nell'esercizio delle loro rispettive funzioni, cooperano attraverso:- lo scambio di informazioni sulla prevenzione della falsificazione e la lotta contro l'immissione in circolazione di banconote e monete false,- l'informazione regolare sull'impatto della falsificazione ai fini dell'analisi strategica,- l'assistenza reciproca nell'ambito della prevenzione della falsificazione e della lotta contro l'immissione in circolazione di banconote e monete false, che comprende segnatamente il supporto scientifico e la formazione con l'apporto logistico degli Stati membri.3. Nel quadro dell'assistenza reciproca, gli uffici centrali nazionali di cui all'articolo 12 della convenzione di Ginevra e la Banca centrale europea e, se necessario, la Commissione, nell'ambito delle rispettive competenze e fatti salvi i compiti dell'Europol, prevedono un sistema di messaggistica concernente i dati tecnici (allarme rapido).Articolo 8Centralizzazione delle informazioni a livello nazionale1. Gli Stati membri assicurano che le informazioni raccolte a livello nazionale in relazione a casi di falsificazione siano comunicate, a partire dalla prima constatazione, all'Ufficio centrale nazionale per essere trasmesse all'Europol tramite l'unità nazionale dell'Europol.2. Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie per garantire lo scambio di informazioni tra l'Ufficio centrale nazionale e l'unità nazionale dell'Europol.Articolo 9Relazioni esterne1. La Commissione e gli Stati membri cooperano con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali in stretta concertazione con la Banca centrale europea. La cooperazione comprende, conformemente alle disposizioni degli accordi di cooperazione, di associazione e di preadesione relative alla prevenzione delle attività illecite, l'assistenza necessaria per prevenire e lottare contro la falsificazione dell'euro.2. Il Consiglio provvede ad includere negli accordi di cooperazione, di associazione e di preadesione tra la Comunità europea e i paesi terzi disposizioni che consentono l'attuazione dell'articolo 3, paragrafo 2.CAPO 5DISPOSIZIONI FINALIArticolo 10Autorità nazionali competenti1. Gli Stati membri comunicano alla Banca centrale europea e alla Commissione l'elenco delle autorità nazionali competenti di cui all'articolo 2, lettera b).2. Questi elenchi vengono pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Banconote non autorizzatePer quanto possibile, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 7, 8 e 9 si applicano alle banconote in euro fabbricate usando attrezzature o materiali legali, ma in violazione delle disposizioni in virtù delle quali le autorità competenti possono emettere moneta, ovvero immesse in circolazione in violazione delle condizioni alle quali le autorità competenti possono immettere in circolazione moneta e senza l'accordo di tali autorità.Articolo 12ApplicabilitàGli articoli da 1 a 11 producono i loro effetti negli Stati membri che hanno adottato l'euro quale moneta unica.Articolo 13Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso è applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2002. Esso è tuttavia applicabile fin dalla pubblicazione alle banconote ed alle monete che non sono ancora state emesse, ma che sono destinate ad esserlo.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Rosengren(1) GU C 337 E del 28.11.2000, pag. 264.(2) Parere del 3 maggio 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 19 del 20.1.2001, pag. 18.(4) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2596/2000 (GU L 300 del 29.11.2000, pag. 2).(5) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 1.(6) GU C 149 del 28.5.1999, pag. 16 e rettifica GU C 229 del 12.8.1999, pag. 14.(7) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1.(8) Indirizzo della Banca centrale europea, del 26 agosto 1998, relativo a talune disposizioni sulle banconote in euro, recante le modifiche apportate il 26 agosto 1999 (GU L 258 del 5.10.1999, pag. 32).(9) GU L 126 del 26.5.2000, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 2000/28/CE (GU L 275 del 27.10.2000, pag. 37).(10) Società delle Nazioni, raccolta dei trattati N. 2623 (1931), pag. 372.(11) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2.
Sistema di protezione dell’euro contro la falsificazione QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce un sistema che consente ai paesi dell’Unione europea (UE) di raccogliere e scambiare informazioni sulle banconote e monete false, fra di loro, con la Banca centrale europea (BCE), la Commissione europea, l'Europol e i paesi terzi, se del caso. PUNTI CHIAVE Ambito Il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio estende l’ambito del regolamento ai paesi dell’UE fuori dall’area dell’euro. Principali caratteristiche del sistema per la protezione dell’euro la sistematica trasmissione dei dati tecnici relativi alle banconote e alle monete false da parte delle autorità dei paesi dell’UE (segnatamente le banche centrali nazionali) alla BCE; la BCE è responsabile della loro conservazione ed elaborazione; le autorità dei paesi dell’UE devono consentire al proprio Centro nazionale di analisi di esaminare le banconote sospette e al proprio Centro nazionale di analisi delle monete di esaminare le monete sospette. Questi organismi devono inviare tutti i nuovi tipi di banconote sospette alla BCE e tutti i nuovi tipi di monete sospette al Centro tecnico-scientifico europeo(CTSE); gli enti creditizi, nonché gli altri fornitori di servizi di pagamento e altre istituzioni che elaborano e distribuiscono banconote e monete al pubblico hanno determinati obblighi. I paesi dell’UE devono prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili agli enti che non adempiono ai loro obblighi; la cooperazione (tra l'altro tramite il programma Pericle, istituito nel quadro del regolamento (UE) n. 331/2014) fra le competenti autorità dei paesi dell’UE (segnatamente gli uffici centrali nazionali stabiliti ai sensi della Convenzione internazionale per la repressione del falso nummario), la BCE, la Commissione e l’ Europol; la centralizzazione delle informazioni sui casi di falsificazione dell’euro a livello nazionale e la loro trasmissione a Europol; la cooperazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali (compreso Interpol). I paesi dell’UE devono comunicare l’elenco delle autorità che designano come competenti per l’identificazione delle banconote e monete false alla Commissione e alla BCE. La Commissione europea ha istituito il gruppo di esperti contro la falsificazione dell'euro per: assistere nell'elaborazione di proposte di atti giuridici o iniziative politiche relative alla falsificazione di bancononete e monete; cooperare strettamente con la Commissione, i paesi dell'UE, il CTSE, la BCE e l'Europol; scambiare informazioni e stabilire buone prassi per prevenire e contrastare la falsificazone nonché analizzarne l'impatto; consigliare la Commissione in merito all'esecuzione del regolamento (CE) n. 1338/2001 e del programma Pericle. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dall'1 gennaio 2002. Tuttavia, dal 4 luglio 2001 è stato applicato a bancononte e monete che non erano ancora state emesse ma che erano destinate ad esserlo. CONTESTO Introdotto prima dell’introduzione dell’euro nel 2002, il regolamento (CE) n. 1338/2001 mira a proteggere le banconote e le monete in euro contro la falsificazione. Il regolamento integra una serie di decisioni adottate precedentemente: sulla creazione dei Centri nazionali di analisi; sulla creazione del Centro di analisi della contraffazione; sulla raccolta di informazioni tecniche relative alla contraffazione dell’euro da parte della BCE e del CTSE responsabile dell’analisi delle monete in euro; sull’introduzione di sanzioni penali contro la falsificazione dell’euro. Per maggiori informazioni consultare: Normativa e altre misure contro la falsificazione dell’euro sul sito Internet della Commissione europea; Protezione dell’euro sul sito Internet della Banca centrale europea; Misure antifalsificazione sul sito Internet della Banca centrale europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie per la protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6-10) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1338/2001 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che estende gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che stabilisce le misure necessarie per la protezione dell'euro contro la falsificazione per gli Stati membri che non hanno adottato l'euro come moneta unica (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11) Si veda la versione consolidata Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell’euro dalla falsificazione (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1-2) Decisione 2001/912/CEdella Banca centrale europea, dell’8 novembre 2001, su alcune condizioni riguardanti l’accesso al sistema di monitoraggio delle contraffazioni (SMC) (BCE/2001/11) (GU L 337 del 20.12.2001, pag. 49-51) Decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44) Decisione 2010/597/UEdella Banca centrale europea, del 16 settembre 2010, relativa al controllo dell’autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo (BCE/2010/14) (GU L 267 del 9.10.2010, pag. 1-20) Si veda la versione consolidata Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1-5) Decisione 2013/211/UEdella Banca centrale europea, del 19 aprile 2013, relativa a tagli, specifiche, riproduzioni, sostituzione e ritiro delle banconote in euro (BCE/2013/10) (GU L 118 del 30.4.2013, pag. 37-42) Regolamento (UE) n. 331/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle 2020») e che abroga le decisioni del Consiglio 2001/923/CE, 2001/924/CE, 2006/75/CE, 2006/76/CE, 2006/849/CE e 2006/850/CE (GU L 103 del 5.4.2014, pag. 1-9) Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1-8) Accordo tra l’Ufficio europeo di polizia (Europol) e la Banca centrale europea (BCE) (GU C 123 del 17.4.2015, pag. 1-5) Decisione della Commissione, del 12 febbraio 2016, che istituisce il gruppo di esperti contro la falsificazione dell'euro (GU C 58 del 13.2.2016, pag. 5-7)
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32011R0019
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REGOLAMENTO (UE) N. 19/2011 DELLA COMMISSIONE dell'11 gennaio 2011 relativo ai requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore e per il numero di identificazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento particolare ai fini della procedura di omologazione prevista dalla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 76/114/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle targhette ed alle iscrizioni regolamentari nonché alla loro posizione e modo di fissaggio per i veicoli a motore e i loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche. (3) Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa le disposizioni fondamentali riguardanti i requisiti di omologazione dei veicoli in relazione ai sistemi di identificazione dei veicoli. È quindi necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici per l’omologazione. (4) In assenza di una normativa armonizzata sulla massa massima ammissibile a pieno carico o sulla massa massima ammissibile su ciascun asse o gruppo di assi dei veicoli pesanti, la direttiva 97/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 1997, concernente le masse e le dimensioni di alcune categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi e che modifica la direttiva 70/156/CEE (4), prevede la determinazione delle masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione ai fini dell’immatricolazione, della messa in circolazione o dell’uso di veicoli pesanti nel territorio di uno Stato membro. È pertanto opportuno includere le masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione nel modello di targhetta regolamentare del costruttore. Per motivi di sicurezza sulla strada è inoltre opportuno includere la massa massima ammissibile su ciascun gruppo di assi. (5) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica ai veicoli complete e incompleti appartenenti alle categorie M, N e O. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: 1) «targhetta regolamentare del costruttore»: una targhetta o etichetta, apposta dal costruttore su un veicolo che indica le caratteristiche tecniche principali necessarie per l’identificazione del veicolo e fornisce alle autorità competenti le informazioni pertinenti relative alle masse massime ammissibili a pieno carico; 2) «numero di identificazione del veicolo» (VIN): il codice alfanumerico assegnato ad un veicolo dal costruttore in modo da garantire l’identificazione corretta di ogni veicolo; 3) «tipo di veicolo»: un insieme di veicoli come definiti nell’allegato II, parte B della direttiva 2007/46/CE. Articolo 3 Disposizioni relative all’omologazione CE di un tipo di veicolo per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il numero di identificazione del veicolo 1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all’autorità di omologazione la domanda di omologazione di un tipo di veicolo per quanto riguarda la configurazione e la posizione della targhetta regolamentare del costruttore nonché la composizione e la posizione del numero di identificazione del veicolo. 2. La domanda è redatta secondo il modello di cui alla scheda informativa dell’allegato III, parte A. 3. Se l’autorità di omologazione o il servizio tecnico lo ritiene necessario, ai fini dell’ispezione il costruttore mette a disposizione un veicolo rappresentativo del tipo da omologare. 4. Se i requisiti pertinenti di cui agli allegati I e II del presente regolamento sono soddisfatti, l’autorità di omologazione rilascia l’omologazione conformemente al sistema di numerazione di cui all’allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 5. Ai fini del paragrafo 4 l’autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all’allegato III, parte B. Articolo 4 Validità ed estensione delle omologazioni CE rilasciate a norma della direttiva 76/114/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l’estensione dell’omologazione a norma della direttiva n. 76/114/CEE. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il 1o febbraio 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l’11 gennaio 2011. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 1. (4) GU L 233 del 25.8.1997, pag. 1. ALLEGATO I PRESCRIZIONI TECNICHE PARTE A Targhetta regolamentare del costruttore 1. Disposizioni generali 1.1. Ogni veicolo è munito della targhetta regolamentare del costruttore descritta nella presente sezione. 1.2. La targhetta regolamentare del costruttore viene affissa dal costruttore del veicolo o dal suo rappresentante. 1.3. La targhetta regolamentare del costruttore è costituita o da: a) una placca rettangolare di metallo; o b) un’etichetta rettangolare autoadesiva. 1.4. Le placche di metallo sono fissate con rivetti. 1.5. L’etichetta deve essere in grado di evidenziare eventuali manomissioni o frodi e autodistruggersi qualora si tenti di rimuoverla. 2. Informazioni da indicare sulla targhetta regolamentare del costruttore 2.1. Le seguenti informazioni sono stampate in modo indelebile sulla targhetta del costruttore nell’ordine indicato: a) nome del costruttore; b) numero di omologazione del veicolo intero; c) numero di identificazione del veicolo; d) massa massima tecnicamente ammissibile a pieno carico; e) massa massima tecnicamente ammissibile del veicolo combinato; f) massa massima tecnicamente ammissibile su ciascun asse, da quello anteriore a quello posteriore. 2.2. L’altezza dei caratteri è di almeno 4 mm. 3. Disposizioni specifiche 3.1. Rimorchi 3.1.1. Per i rimorchi è indicato il carico verticale statico tecnicamente ammissibile sul punto di aggancio. 3.1.2. Il punto di aggancio è considerato il primo asse ed è numerato «0». 3.1.3. Il primo asse è numerato «1», il secondo «2» e così via, seguito da un trattino. 3.1.4. È omessa la massa del veicolo combinato di cui al punto 2.1, lettera e). 3.2. Tutti i veicoli pesanti 3.2.1. Per quanto riguarda i veicoli di categoria N3, O3 o O4, è indicata anche la massa massima tecnicamente ammissibile sul gruppo di assi. La voce corrispondente al «gruppo di assi» è identificata con la lettera «T». 3.2.2. Per quanto riguarda i veicoli di categoria M3, N3, O3 o O4, il costruttore può indicare sulla targhetta regolamentare del costruttore la massa massima ammissibile a pieno carico per l’immatricolazione/circolazione. 3.2.2.1. In tal caso è suddivisa in due colonne la parte della targhette dove sono indicate le masse: le masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione sono indicate nella colonna di sinistra e le masse massime tecnicamente ammissibili a pieno carico sono indicate nella colonna a destra. 3.2.2.2. Il codice del paese in cui è prevista l’immatricolazione del veicolo è indicato come titolo della colonna a sinistra. Il codice deve essere conforme alla norma ISO 3166-1: 2006. 3.2.3. Le prescrizioni di cui al punto 3.2.1 non si applicano: a) quando la massa massima tecnicamente ammissibile sul gruppo di assi è la somma della massa massima tecnicamente ammissibile su ciascun asse che compone quel gruppo di assi; e b) quando la lettera «T» è aggiunta come suffisso alla massa massima su ciascun asse che compone quel gruppo di assi; c) quando si applicano le disposizioni di cui al punto 3.2.2, la massa massima ammissibile per l’immatricolazione/circolazione sul gruppo di assi è la somma della massa massima ammissibile per l’immatricolazione/circolazione su ciascun asse che compone il gruppo di assi. 4. Altre informazioni 4.1. Il costruttore può apporre indicazioni supplementari sotto o accanto a quelle prescritte, esteriormente al rettangolo chiaramente delimitato nel quale devono essere contenute unicamente le informazioni prescritte dalle sezioni 2 e 3. 5. Modello della targhetta regolamentare del costruttore 5.1. Esempi dei vari modelli possibili della targhetta regolamentare del costruttore sono indicate nell’appendice del presente allegato. 5.2. I dati indicati sui modelli sono fittizi. PARTE B Numero di identificazione del veicolo (VIN) 1. Disposizioni generali 1.1. Il VIN è apposto su ogni veicolo. 1.2. Il VIN è unico e attribuito in modo inequivocabile ad un veicolo particolare. 1.3. Il VIN è apposto al momento in cui il telaio o il veicolo lascia la linea di produzione. 1.4. Il costruttore garantisce la rintracciabilità del veicolo mediante il VIN per un periodo di 30 anni. 1.5. Al momento dell’omologazione non deve essere necessario verificare l’esistenza di misure prese dal costruttore per garantire la rintracciabilità del veicolo di cui al punto 1.4. 2. Composizione del VIN 2.1. Il VIN consta di tre sezioni: a) il codice WMI (world manufacturer identifier); b) il codice VDS (vehicle descriptor section); c) il codice VIS (vehicle indicator section). 2.2. Il WMI consiste in un codice assegnato al costruttore del veicolo per consentirne l’identificazione. 2.2.1. Il codice comprende tre caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe, che sono assegnate dall’autorità competente del paese in cui è stabilito il costruttore. 2.2.2. L’autorità competente agisce in accordo con l’organizzazione internazionale di cui alla norma ISO 3780: 2009 «Road vehicles — World manufacturer identifier (WMI) code». 2.2.3. Se la produzione globale del costruttore è inferiore a cinquecento veicoli all’anno, il terzo carattere è sempre «9». Per l’identificazione di detto costruttore, l’autorità competente di cui al punto 2.2.1 assegna anche il terzo, il quarto ed il quinto carattere del VIS. 2.3. Il VDS consta di sei caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe, che servono ad indicare le caratteristiche generali del veicolo. Se il costruttore non usa uno o più dei sei caratteri, gli spazi inutilizzati sono compilati con caratteri alfanumerici scelti a discrezione del costruttore in modo che il numero totale di caratteri prescritti sia uguale a sei. 2.4. Il VIS consta di otto caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe; gli ultimi quattro caratteri consistono solo di cifre. Esso fornisce, insieme al WMI e al VDS, una chiara identificazione di un veicolo particolare. In tutti gli spazi non utilizzati va inserita la cifra zero in modo da ottenere il numero completo prescritto di otto caratteri. 2.5. L’altezza dei caratteri del VIN apposto sul telaio è di almeno 7 mm. 2.6. Non sono ammessi spazi tra i caratteri. 2.7. Non è consentito l’uso delle lettere «I», «O» o «Q». 2.8. L’inizio e la fine del VIN sono delimitati da un simbolo scelto dal costruttore; il simbolo non deve essere né una lettera romana maiuscola né una cifra araba. 2.8.1. Si può derogare a tale disposizione se il VIN è apposto su un unica riga. 2.8.2. Se il VIN è apposto su due righe, la disposizione è applicabile a ciascuna riga. Appendice Modello di targhetta regolamentare del costruttore 1. MODELLO A per i veicoli di categoria M1 o N1 STELLA AUTO SpA e3*2007/46*0004 ZFS159000AZ000055 1 850 kg 3 290 kg 1-1 100 kg 2-880 kg Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria M1 omologato in Italia 2. MODELLO B per veicoli di categoria M o N, diversi dalle categorie M1 o N1 MAYER NUTZFAHRZEUGE GmbH e1*2007/46*0345 WMN22500A00980520 (DE) 17 990 kg 17 990 kg 40 000 kg 44 000 kg 1-7 100 kg 1-7 100 kg 2-11 500 kg 2-11 500 kg T.-kg T.-kg Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria N3 omologato in Germania Nota: la colonna a sinistra è opzionale 3. MODELLO C per i veicoli di categoria O1 o O2 JEAN HORSE TRAILERS Ltd e11*2007/46*0085 SARHT000BC0000023 1 500 kg 0-100 kg 1-850 kg 2-850 kg Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria O2 omologato nel Regno Unito 4. MODELLO D per i veicoli di categoria O diversi dalle categorie O1 o O2 REMORQUES HENSCHLER SA e6*2007/46*0098 YA9EBS37009000005 (BE) 34 000 kg 37 000 kg 0-8 000 kg 0-8 000 kg 1-9 000 kg 1-10 000 kg 2-9 000 kg 2-10 000 kg 3-9 000 kg 3-10 000 kg T. 27 000 kg T. 30 000 kg Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un semirimorchio di categoria O4 omologato in Belgio Nota: la colonna a sinistra è opzionale ALLEGATO II PRESCRIZIONI PER LA POSIZIONE SUL VEICOLO PARTE A Targhetta regolamentare del costruttore 1. La targhetta regolamentare del costruttore è fissata solidamente in un punto ben visibile e facilmente accessibile. 2. La posizione è scelta in modo che la targhetta sia fissata su una parte non soggetta a sostituzione durante l’uso del veicolo. PARTE B Numero di identificazione del veicolo (VIN) 1. Il VIN è indicato su un’unica riga. 1.1. Se per motivi tecnici, quale la mancanza di spazio, il VIN non può essere apposto su un’unica riga, l’autorità nazionale può, su richiesta del costruttore, consentire l’indicazione del VIN su due righe. In tal caso, le sezioni di cui al punto 2.1 dell’allegato I, parte B, non possono essere interrotte. 2. Il VIN è apposto mediante punzonatura o martellamento meccanico sul telaio o su una struttura simile. 3. Possono essere utilizzate anche le tecniche che dimostrano di offrire lo stesso livello di protezione contro la manomissione o la falsificazione del martellamento meccanico. 4. Il VIN deve essere apposto in una posizione chiaramente visibile e accessibile. La posizione deve essere scelta in modo da evitare che il VIN sia cancellato o alterato. 5. Il VIN deve essere posizionato sul lato destro del veicolo. ALLEGATO III PARTE A Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore e del suo rimorchio per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il VIN. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi d’identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.6. Collocazione e metodo di applicazione delle targhe regolamentari del costruttore: … 0.6.1. Sul telaio (3): … 0.6.2. Sulla carrozzeria (3): … 0.7. Posizione del VIN: … 0.7.1. Sul telaio (3): … 0.7.2. Sulla carrozzeria (3): … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale rappresentante del costruttore:… 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 9. CARROZZERIA 9.17. Targhetta regolamentare del costruttore e VIN 9.17.1. Fotografie e/o disegni della posizione delle targhette regolamentari del costruttore, delle iscrizioni e del VIN: … 9.17.2. Fotografie e/o disegni della targhetta regolamentare del costruttore e iscrizioni (esempio completo di dimensioni): … 9.17.3. Fotografie e/o disegni del VIN (esempio completo di dimensioni): … 9.17.4. Dichiarazione di conformità del costruttore relativa alle prescrizioni di cui all’allegato I, parte B, punto 2.2 del regolamento (UE) n. 19/2011 9.17.5. Descrizione dettagliata della composizione del VIN: … Note esplicative PARTE B Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (4) — estensione dell’omologazione CE (4) — rifiuto dell’omologazione CE (4) — revoca dell’omologazione CE (4) di un tipo di veicolo per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il numero di identificazione del veicolo in riferimento al regolamento (UE) n. …/…, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (4) Numero di omologazione CE: … Motivo dell’estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (5):… 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (6): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale rappresentante del costruttore:… SEZIONE II 1. Ulteriori informazioni (se necessarie): cfr. Addendum 2. Servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: … 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova. (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. (3) Cancellare la dicitura inutile. (4) Cancellare la dicitura non pertinente. (5) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (per esempio ABC??123??). (6) Conformemente alle definizioni dell’allegato II, parte A. Addendum alla scheda di omologazione CE n. … Non pertinente.
Targhetta regolamentare del costruttore e numero di identificazione dei veicoli a motore QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso stabilisce i requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore* e per il numero di identificazione dei veicoli a motore*. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per la sicurezza dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. In seguito all’abrogazione della direttiva 76/114/CEE con il regolamento (CE) 661/2009, esso adatta le norme tecniche contenute in tale direttiva a quelle della direttiva 2007/46/CE sulla omologazione UE dei veicoli. PUNTI CHIAVE Tipi di veicoli interessati Il regolamento si applica alle categorie di veicoli M, N e O, ossia:ai veicoli a motore concepiti e costruiti per il trasporto dei passeggeri e con almeno quattro ruote; ai veicoli a motore concepiti e costruiti per il trasporto delle merci e con almeno quattro ruote; ai rimorchi (compresi i semirimorchi). Requisiti per la targhetta regolamentare del costruttore Ogni veicolo deve essere munito di una targhetta regolamentare costituita da uno dei seguenti elementi (a discrezione del costruttore):una placca rettangolare di metallo; o un’etichetta rettangolare autoadesiva. La targhetta regolamentare del costruttore deve contenere determinate informazioni, fra le quali:il nome del costruttore; il numero di omologazione del veicolo; il numero di identificazione del veicolo; le masse a pieno carico tecnicamente ammissibili. Il regolamento (UE) n. 249/2012 modifica il regolamento (UE) n. 19/2011 introducendo la possibilità per i costruttori di veicoli di utilizzare etichette autoadesive nella realizzazione delle targhette regolamentari. Prescrizioni relative al numero di identificazione del veicolo (VIN) Il costruttore è tenuto ad apporre un VIN su ogni veicolo e a garantirne la rintracciabilità per un periodo di 30 anni. Il VIN contiene:il codice WMI (world manufacturer identifier); il codice VDS (vehicle descriptor section); il codice VIS (vehicle indicator section). Esso deve essere apposto in una posizione chiaramente visibile e accessibile Deve essere impresso in modo da non poter essere alterato in condizioni d’uso normali del veicolo. Disposizioni relative all’omologazione CE Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve contenere determinate informazioni, quali:il tipo di veicolo e la marca; la collocazione e il metodo di applicazione della targhetta regolamentare del costruttore; la posizione del VIN. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo risponda a tutti i requisiti relativi alla targhetta regolamentare del costruttore e al numero di identificazione del veicolo, essa deve concedere l’omologazione UE e rilasciare un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 1o febbraio 2011. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Targhetta regolamentare del costruttore: una targhetta o etichetta, apposta dal costruttore su un veicolo che indica le caratteristiche tecniche principali necessarie per l’identificazione del veicolo e fornisce alle autorità competenti le informazioni pertinenti relative alle masse massime ammissibili a pieno carico. Numero di identificazione del veicolo (VIN): il codice alfanumerico assegnato ad un veicolo dal costruttore in modo da garantire l’identificazione corretta di ogni veicolo. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 19/2011 della Commissione, dell’11 gennaio 2011, relativo ai requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore e per il numero di identificazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 8 del 12.1.2011, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 19/2011 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Consultare la versione consolidata. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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32019R0856
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2019/856 DELLA COMMISSIONE del 26 febbraio 2019 che integra la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il funzionamento del fondo per l'innovazione (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, vista la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (1), in particolare l'articolo 10 bis, paragrafo 8, quarto comma, considerando quanto segue: (1) È opportuno stabilire norme dettagliate in merito al funzionamento del fondo per l'innovazione, tenendo conto degli insegnamenti tratti dal programma NER300 istituito ai sensi della direttiva 2003/87/CE ed attuato sulla base della decisione 2010/670/UE della Commissione (2); in particolare è opportuno tener conto delle conclusioni della Corte dei conti (3). (2) Dati la minore redditività e i maggiori rischi tecnologici dei progetti ammissibili rispetto alle tecnologie convenzionali, una buona parte del finanziamento nell'ambito del fondo per l'innovazione dovrebbe essere erogata sotto forma di sovvenzioni. È opportuno pertanto stabilire norme dettagliate sull'erogazione delle sovvenzioni. (3) Poiché i rischi e la redditività dei progetti ammissibili possono variare tra i settori e le attività di detti progetti e possono anche mutare nel tempo, è opportuno che una parte del sostegno del fondo per l'innovazione sia fornito tramite contributi ad operazioni di finanziamento misto nell'ambito dello strumento di sostegno agli investimenti dell'Unione, nonché sotto altre forme di cui al regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio («regolamento finanziario») (4). (4) È opportuno considerare costi pertinenti ai fini del finanziamento nell'ambito del fondo per l'innovazione la differenza tra i costi complessivi di un progetto ammissibile e i costi complessivi di un progetto analogo che impiega una tecnologia convenzionale. Tuttavia, al fine di evitare oneri amministrativi eccessivi per i progetti su piccola scala e tener conto delle particolari difficoltà che incontrano nell'ottenere finanziamenti, i costi pertinenti di un progetto su piccola scala dovrebbero corrispondere alla spesa complessiva in conto capitale di detto progetto. (5) Al fine di garantire la rapida disponibilità di adeguate risorse finanziarie a favore dei progetti ammissibili, l'erogazione delle sovvenzioni dovrebbe basarsi sul raggiungimento di determinate tappe principali. Per tutti i progetti, le tappe principali dovrebbero comprendere la chiusura finanziaria e l'entrata in esercizio. Poiché alcuni progetti potrebbero aver bisogno di ricevere il finanziamento in un diverso momento nel corso del tempo, è opportuno prevedere la possibilità di stabilire ulteriori tappe principali nella documentazione contrattuale. (6) Al fine di aumentare le probabilità di successo dei progetti dovrebbe essere prevista la possibilità di erogare una parte della sovvenzione prima dell'entrata in esercizio del progetto. L'erogazione delle sovvenzioni dovrebbe iniziare, in linea di principio, alla chiusura finanziaria e continuare nel corso dello sviluppo e della realizzazione del progetto. (7) La maggior parte del sostegno fornito nell'ambito del fondo per l'innovazione dovrebbe essere subordinato alla prevenzione accertata di emissioni di gas a effetto serra. Pertanto, ove la prevenzione di emissioni di gas a effetto serra risulti essere significativamente inferiore a quanto previsto, ciò dovrebbe comportare la riduzione e il recupero dell'importo del finanziamento subordinato a tale prevenzione. Il meccanismo di riduzione e recupero del finanziamento dovrebbe tuttavia essere sufficientemente flessibile da tenere conto della natura innovativa dei progetti finanziati dal fondo per l'innovazione. (8) Le sovvenzioni erogate nell'ambito del fondo per l'innovazione dovrebbero essere assegnate in seguito ad una procedura di gara, tramite inviti a presentare proposte. Al fine di ridurre gli oneri amministrativi per i promotori dei progetti, dovrebbe essere istituita una procedura di presentazione delle domande in due fasi, che preveda la manifestazione di interesse e la domanda completa. (9) I progetti per i quali è chiesto il sostegno del fondo per l'innovazione dovrebbero essere valutati sulla base di criteri qualitativi e quantitativi. La combinazione di tali criteri dovrebbe garantire una valutazione completa del progetto in termini di potenziale tecnologico e commerciale. Per garantire una selezione giusta e meritocratica, i progetti dovrebbero essere selezionati sulla base degli stessi criteri di selezione, ma dovrebbero essere valutati e classificati dapprima rispetto ad altri progetti nello stesso settore e, successivamente, rispetto a progetti in altri settori. (10) I progetti la cui pianificazione, modello di business e struttura finanziaria e giuridica risultano non sufficientemente maturi, in particolare in quanto potrebbero non beneficiare del sostegno da parte degli Stati membri interessati o non disporre delle autorizzazioni nazionali necessarie, non dovrebbero essere selezionati per il sostegno del fondo per l'innovazione. Detti progetti, però, potrebbero essere promettenti. Pertanto, occorre prevedere la possibilità di fornire assistenza per il loro ulteriore sviluppo. L'assistenza allo sviluppo dei progetti dovrebbe favorire, in particolare, i progetti su piccola scala e i progetti negli Stati membri con i livelli di reddito più bassi al fine di contribuire a conseguire una distribuzione geograficamente equilibrata del sostegno del fondo per l'innovazione. (11) È importante garantire una distribuzione geograficamente equilibrata del sostegno del fondo per l'innovazione. Per evitare una situazione in cui alcuni Stati membri non siano sufficientemente rappresentati, è opportuno prevedere la possibilità di stabilire ulteriori criteri di selezione destinati a conseguire detto equilibrio geografico in un secondo invito o negli inviti a presentare proposte successivi. (12) La Commissione dovrebbe garantire l'attuazione del fondo per l'innovazione. Dovrebbe tuttavia beneficiare della possibilità di delegare ad organi esecutivi alcune attività di attuazione, quali l'organizzazione dell'invito a presentare proposte, la preselezione dei progetti o la gestione contrattuale delle sovvenzioni. (13) Le entrate del fondo per l'innovazione, comprese quelle derivanti dalle quote monetizzate sulla piattaforma d'asta comune a norma del regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione (5), dovrebbero essere gestite in conformità con gli obiettivi della direttiva 2003/87/CE. Pertanto, è opportuno che la Commissione esegua direttamente tale compito e che sia autorizzata a delegarlo alla Banca europea per gli investimenti. (14) La Commissione dovrebbe applicare regole diverse in funzione della modalità di attuazione del fondo per l'innovazione. Ove il fondo per l'innovazione sia attuato in regime di gestione diretta, le disposizioni del presente regolamento dovrebbero essere pienamente in linea con le disposizioni del regolamento finanziario. (15) Gli Stati membri dovrebbero avere un ruolo importante nell'attuazione del fondo per l'innovazione. In particolare, la Commissione dovrebbe consultare gli Stati membri in merito alle decisioni attuative chiave nonché allo sviluppo del fondo per l'innovazione. (16) Il fondo per l'innovazione dovrebbe essere attuato secondo i principi di sana gestione finanziaria stabiliti nel regolamento finanziario. (17) È necessario prevedere un sistema chiaro di comunicazione, rendicontabilità e controllo finanziario affinché la Commissione riceva informazioni complete e puntuali sull'avanzamento dei progetti finanziati dal fondo per l'innovazione, i soggetti preposti alla gestione del fondo per l'innovazione applichino i principi di sana gestione finanziaria e gli Stati membri siano informati prontamente in merito all'attuazione del fondo per l'innovazione, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I Disposizioni generali Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce norme dettagliate che integrano la direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda: a) gli obiettivi operativi del fondo per l'innovazione istituito dall'articolo 10 bis, paragrafo 8, della direttiva 2003/87/CE; b) le forme di sostegno previste nell'ambito del fondo per l'innovazione; c) la procedura di presentazione delle domande per ottenere il sostegno del fondo per l'innovazione; d) la procedura e i criteri per la selezione dei progetti nell'ambito del fondo per l'innovazione; e) l'erogazione del sostegno del fondo per l'innovazione; f) la governance del fondo per l'innovazione; g) la comunicazione, il monitoraggio, la valutazione, il controllo e la pubblicità concernenti il funzionamento del fondo per l'innovazione. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: 1) «chiusura finanziaria»: il momento nel ciclo di sviluppo del progetto in cui sono stati sottoscritti tutti gli accordi progettuali e di finanziamento e sono state soddisfatte tutte le condizioni in essi previste; 2) «entrata in esercizio»: il momento nel ciclo di sviluppo del progetto in cui sono stati testati tutti gli elementi e i sistemi richiesti per funzionamento del progetto e sono state avviate attività che determinano la prevenzione effettiva di emissioni di gas a effetto serra; 3) «progetto su piccola scala»: un progetto la cui spesa complessiva in conto capitale non supera 7 500 000 EUR. Articolo 3 Obiettivi operativi Il fondo per l'innovazione persegue i seguenti obiettivi operativi: a) sostenere progetti dimostrativi di tecnologie, processi o prodotti altamente innovativi, che siano sufficientemente maturi e presentino un elevato potenziale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra; b) offrire un sostegno finanziario adeguato alle esigenze di mercato e ai profili di rischio dei progetti ammissibili, attraendo nel contempo risorse pubbliche e private aggiuntive; c) provvedere a che le sue entrate siano gestite in conformità con gli obiettivi della direttiva 2003/87/CE. Articolo 4 Forme di sostegno del fondo per l'innovazione Il sostegno fornito dal fondo per l'innovazione al progetto può assumere le seguenti forme: a) sovvenzioni; b) contributi ad operazioni di finanziamento misto nell'ambito dello strumento di sostegno agli investimenti dell'Unione; c) ove necessario per raggiungere gli obiettivi della direttiva 2003/87/CE, qualsiasi altra forma di finanziamento prevista dal regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 («regolamento finanziario»), in particolare premi e appalti. CAPO II Disposizioni specifiche applicabili alle sovvenzioni Articolo 5 Costi pertinenti 1. Ai fini dell'articolo 10 bis, paragrafo 8, terzo comma, quarta frase, della direttiva 2003/87/CE, i costi pertinenti sono i costi supplementari sostenuti dal promotore del progetto in conseguenza dell'applicazione della tecnologia innovativa per la riduzione o prevenzione di emissioni di gas a effetto serra. I costi pertinenti sono calcolati come la differenza tra la miglior stima della spesa complessiva in conto capitale, del valore attuale netto dei costi operativi e degli utili nei 10 anni dall'entrata in esercizio del progetto e il risultato dello stesso calcolo per una produzione convenzionale avente la medesima capacità in termini di produzione effettiva del prodotto finale in questione. Qualora la produzione convenzionale di cui al primo comma non esista, i costi pertinenti sono la miglior stima della spesa complessiva in conto capitale e del valore attuale netto dei costi operativi e degli utili nei 10 anni dall'entrata in esercizio del progetto. 2. I costi pertinenti di un progetto su piccola scala sono la spesa complessiva in conto capitale del progetto. Articolo 6 Erogazione delle sovvenzioni 1. Il sostegno del fondo per l'innovazione, ove fornito sotto forma di sovvenzione, è erogato al raggiungimento di tappe principali prestabilite. 2. Per tutti i progetti le tappe di cui al paragrafo 1 sono basate sul ciclo di sviluppo del progetto e sono almeno le seguenti: a) chiusura finanziaria; b) entrata in esercizio. 3. Alla luce della tecnologia impiegata e delle circostanze specifiche del settore o dei settori in cui essa è impiegata, nei documenti contrattuali possono essere stabilite ulteriori tappe specifiche. 4. Fino al 40 % dell'importo totale del sostegno del fondo per l'innovazione a favore di un determinato progetto, compresa l'assistenza per lo sviluppo, è erogato alla chiusura finanziaria oppure al raggiungimento di una specifica tappa che precede la chiusura finanziaria, ove sia stata stabilita a norma del paragrafo 3. 5. Nella misura in cui l'importo totale del sostegno del fondo per l'innovazione a favore di un determinato progetto non sia stato erogato a norma del paragrafo 4, l'erogazione avviene successivamente alla chiusura finanziaria. Il sostegno può essere erogato parzialmente prima dell'entrata in esercizio e in frazioni annue dopo l'entrata in esercizio. 6. Ai fini dei paragrafi 4 e 5 l'importo totale del sostegno del fondo per l'innovazione fornito ad un determinato progetto comprende l'importo del sostegno del fondo per l'innovazione fornito a detto progetto sotto forma di assistenza allo sviluppo dello stesso a norma dell'articolo 13. Articolo 7 Disposizioni generali in materia di recuperi 1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nella realizzazione delle attività finanziate a norma del presente regolamento, gli interessi finanziari del fondo per l'innovazione siano tutelati mediante l'applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero delle somme indebitamente versate e, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie effettive, proporzionate e dissuasive. 2. I recuperi sono effettuati conformemente al regolamento finanziario. 3. Le ragioni del recupero e le procedure di recupero sono precisate ulteriormente nella documentazione contrattuale. Articolo 8 Disposizioni particolari in materia di recuperi 1. L'importo del sostegno del fondo per l'innovazione erogato a norma dell'articolo 6, paragrafo 5, successivamente alla chiusura finanziaria è subordinato alla prevenzione di emissioni di gas a effetto serra accertata sulla base di relazioni annuali trasmesse dal promotore del progetto per un periodo che va da 3 a 10 anni dall'entrata in esercizio. La relazione annuale finale presentata dal promotore del progetto comprende la quantità totale di emissioni di gas a effetto serra evitate durante l'intero periodo di riferimento. 2. Ove la quantità totale di emissioni di gas a effetto serra evitate durante l'intero periodo di riferimento sia inferiore al 75 % della quantità totale di emissioni di gas a effetto serra che si prevedeva di evitare, l'importo versato o da versare al promotore del progetto a norma dell'articolo 6, paragrafo 5, è recuperato o ridotto in misura proporzionale. 3. Ove il progetto non entri in esercizio entro il termine prestabilito o il promotore del progetto non sia in grado di comprovare un'effettiva prevenzione delle emissioni di gas a effetto serra, l'importo versato successivamente alla chiusura finanziaria a norma dell'articolo 6, paragrafo 5, è recuperato integralmente. 4. Nel caso in cui si verifichino le situazioni di cui ai paragrafi 2 e 3 a causa di circostanze straordinarie che sfuggono al controllo del promotore del progetto e questi dimostri il potenziale del progetto di prevenire le emissioni di gas a effetto serra in misura superiore alla quantità indicata nella relazione, o il promotore del progetto dimostri che il progetto può ottenere benefici significativi in termini di innovazione a basse emissioni di carbonio, la Commissione può decidere di non applicare i meccanismi di recupero di cui ai paragrafi 2 e 3. 5. La ragione del recupero e le procedure di recupero sono precisate ulteriormente nella documentazione contrattuale. 6. Le disposizioni di cui ai paragrafi 3 e 4 lasciano impregiudicate le disposizioni generali in materia di recuperi di cui all'articolo 7. Articolo 9 Inviti a presentare proposte 1. I promotori dei progetti sono invitati a presentare domanda per il sostegno del fondo per l'innovazione tramite inviti aperti a presentare proposte pubblicati dalla Commissione. Prima di adottare la decisione concernente la pubblicazione di un invito a presentare proposte, la Commissione consulta gli Stati membri in relazione al progetto di decisione. 2. La decisione della Commissione concernente la pubblicazione dell'invito a presentare proposte contiene almeno quanto segue: a) l'importo totale del sostegno del fondo per l'innovazione disponibile per l'invito; b) l'importo massimo del sostegno del fondo per l'innovazione disponibile per l'assistenza allo sviluppo del progetto; c) i tipi di progetti o settori mirati; d) una descrizione della procedura di presentazione delle domande ed un elenco dettagliato delle informazioni e della documentazione da presentare in ciascuna fase della procedura di presentazione delle domande; e) informazioni dettagliate sulla procedura di selezione, compresa la metodologia di valutazione e classificazione; f) nel caso siano applicate procedure specifiche di presentazione delle domande e di selezione a norma dell'articolo 10, paragrafo 4, e dell'articolo 12, paragrafo 6, per progetti su piccola scala, le regole di tali procedure specifiche; g) ove la Commissione riservi ai progetti su piccola scala una parte dell'importo totale del sostegno del fondo per l'innovazione disponibile per l'invito, l'ammontare di tale parte; h) ove siano applicati ulteriori criteri di selezione volti a conseguire una distribuzione geograficamente equilibrata del sostegno del fondo per l'innovazione a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, l'indicazione di detti criteri. Articolo 10 Procedura di presentazione delle domande 1. L'organo esecutivo raccoglie le domande e organizza la relativa procedura di presentazione in due fasi successive: a) la manifestazione di interesse; b) la domanda completa. 2. Nella fase della manifestazione di interesse il promotore del progetto è tenuto a presentare una descrizione delle caratteristiche chiave del progetto in linea con i requisiti stabiliti nel relativo invito a presentare proposte, compresa una descrizione dell'efficacia, del livello di innovazione e della maturità del progetto a norma dell'articolo 11, paragrafo 1, lettere a), b) e c). 3. Nella fase di presentazione della domanda completa il promotore del progetto è tenuto a presentare una descrizione dettagliata del progetto e tutta la documentazione giustificativa, compreso il piano di condivisione delle conoscenze. 4. È possibile applicare una procedura semplificata di presentazione delle domande per i progetti su piccola scala. Articolo 11 Criteri di selezione 1. La selezione dei progetti per il sostegno del fondo per l'innovazione si basa sui seguenti criteri: a) efficacia in termini di potenziale di prevenzione delle emissioni di gas a effetto serra, ove applicabile, rispetto ai parametri di riferimento di cui all'articolo 10 bis, paragrafo 2, della direttiva 2003/87/CE; b) livello di innovazione dei progetti rispetto allo stato dell'arte; c) maturità dei progetti in termini di pianificazione, modello di business, struttura finanziaria e giuridica e possibilità di raggiungere la chiusura finanziaria entro un periodo di tempo predefinito non superiore a quattro anni dalla decisione di assegnazione; d) potenziale tecnico e di mercato di una vasta applicazione e riproducibilità o di futuri abbattimenti dei costi; e) efficienza a livello dei costi pertinenti del progetto, dedotto qualsiasi contributo del promotore del progetto a tali costi, divisi per la quantità complessiva di emissioni di gas a effetto serra che si prevede di evitare, di energia che si prevede di produrre o stoccare o di CO2 che si prevede di stoccare nei primi 10 anni di funzionamento. 2. Ai fini della selezione dei progetti possono essere applicati ulteriori criteri volti a conseguire una distribuzione geograficamente equilibrata del sostegno del fondo per l'innovazione. Articolo 12 Procedura di selezione 1. Sulla base delle domande pervenute nella fase della manifestazione di interesse, l'organo esecutivo valuta l'ammissibilità di ciascun progetto a norma dell'articolo 10 bis, paragrafo 8, della direttiva 2003/87/CE. L'organo esecutivo procede quindi alla selezione dei progetti ammissibili a norma dei paragrafi 2 e 3. 2. Sulla base delle domande pervenute nella fase della manifestazione di interesse, l'organo esecutivo predispone un elenco dei progetti che soddisfano i criteri di selezione di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettere a), b) e c), e invita i relativi promotori a presentare una domanda completa. Ove concluda che il progetto soddisfa i criteri di selezione di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettere a) e b), ma non il criterio di cui alla medesima disposizione, lettera c), l'organo esecutivo valuta se il progetto abbia il potenziale di soddisfare tutti i criteri di selezione qualora sia ulteriormente sviluppato. Se il progetto presenta tale potenziale, l'organo esecutivo può assegnare al progetto assistenza per lo sviluppo oppure, ove tale compito sia svolto dalla Commissione, può proporre alla Commissione di assegnare tale assistenza al progetto. 3. Sulla base della domanda completa pervenuta a norma del paragrafo 2 l'organo esecutivo procede alla valutazione e alla classificazione dei progetti sulla base di tutti i criteri di selezione di cui all'articolo 11. Ai fini della valutazione l'organo esecutivo raffronta i progetti sia con altri progetti nello stesso settore sia con progetti in altri settori e predispone un elenco dei progetti preselezionati. 4. L'elenco dei progetti preselezionati di cui al paragrafo 3 e, ove applicabile, la proposta di cui al paragrafo 2, secondo comma, sono comunicati alla Commissione e comprendono almeno quanto segue: a) una conferma del rispetto dei criteri di ammissibilità e selezione; b) dettagli sulla valutazione e classificazione dei progetti; c) i costi complessivi dei progetti e i costi pertinenti di cui all'articolo 5, in euro; d) l'importo del sostegno del fondo per l'innovazione richiesto, in euro, e) la quantità prevista di emissioni di gas a effetto serra evitate; f) la quantità prevista di energia prodotta o stoccata; g) la quantità prevista di CO2 stoccato; h) informazioni sulla forma giuridica del sostegno del fondo per l'innovazione richiesta dal promotore del progetto. 5. Sulla base di quanto comunicato a norma del paragrafo 4, la Commissione, dopo aver consultato gli Stati membri a norma dell'articolo 21, paragrafo 2, adotta la decisione di assegnazione che indica il sostegno assegnato ai progetti selezionati e, ove opportuno, predispone un elenco di riserva. 6. È possibile applicare una specifica procedura di selezione per i progetti su piccola scala. Articolo 13 Assistenza allo sviluppo del progetto 1. La Commissione, dopo aver consultato gli Stati membri a norma dell'articolo 21, paragrafo 2, lettera c), stabilisce l'importo massimo del sostegno del fondo per l'innovazione disponibile per l'assistenza allo sviluppo del progetto. 2. L'assistenza allo sviluppo del progetto è attribuita dalla Commissione o dall'organo esecutivo a norma dell'articolo 12, paragrafo 2, sotto forma di sovvenzione. 3. Le seguenti attività possono essere finanziate sotto forma di assistenza per lo sviluppo del progetto: a) miglioramento e sviluppo della documentazione progettuale, o di componenti dell'architettura progettuale, allo scopo di garantire la sufficiente maturità del progetto; b) valutazione della fattibilità del progetto, compresi studi tecnici ed economici; c) consulenza sulla struttura finanziaria e giuridica del progetto; d) sviluppo delle capacità del promotore del progetto. 4. Ai fini dell'assistenza per lo sviluppo del progetto i costi pertinenti sono tutti i costi associati allo sviluppo del progetto. Il fondo per l'innovazione può finanziare fino al 100 % dei costi pertinenti. CAPO III Disposizioni specifiche applicabili alle forme di sostegno del fondo per l'innovazione diverse dalle sovvenzioni Articolo 14 Sostegno del fondo per l'innovazione tramite contributi ad operazioni di finanziamento misto nell'ambito dello strumento di sostegno agli investimenti dell'Unione 1. Ove la Commissione decida di erogare il sostegno del fondo per l'innovazione tramite contributi ad operazioni di finanziamento misto nell'ambito dello strumento di sostegno agli investimenti dell'Unione, il sostegno del fondo per l'innovazione è attuato in conformità con le regole applicabili allo strumento di sostegno agli investimenti dell'Unione. L'ammissibilità dei progetti è comunque valutata a norma dell'articolo 10 bis, paragrafo 8, della direttiva 2003/87/CE. 2. La Commissione, dopo aver consultato gli Stati membri, adotta una decisione che specifica se il contributo ad operazioni di finanziamento misto assuma la forma di un sostegno non rimborsabile o di un sostegno rimborsabile o entrambe le forme, e che specifica l'importo del sostegno del fondo per l'innovazione disponibile per l'erogazione tramite lo strumento di sostegno agli investimenti dell'Unione. Articolo 15 Sostegno del fondo per l'innovazione in altra forma prevista dal regolamento finanziario 1. Ove decida di erogare il sostegno del fondo per l'innovazione in una forma prevista dal regolamento finanziario diversa dalle sovvenzioni, la Commissione, dopo aver consultato gli Stati membri, adotta una decisione che specifica l'importo del sostegno del fondo per l'innovazione disponibile per l'erogazione in detta forma e le regole applicabili alla domanda di sostegno, alla selezione dei progetti e all'erogazione del sostegno. 2. I progetti destinatari del sostegno del fondo per l'innovazione a norma del presente articolo rispettano le norme dell'Unione in materia di aiuti di Stato. Capo IV Governance Articolo 16 Attuazione del fondo per l'innovazione 1. La Commissione attua il fondo per l'innovazione in regime di gestione diretta a norma delle relative disposizioni degli articoli da 125 a 153 del regolamento finanziario oppure in regime di gestione indiretta tramite gli organismi di cui all'articolo 62, paragrafo 1, lettera c), del regolamento finanziario. 2. I costi sostenuti per le attività di attuazione del fondo per l'innovazione, compresi i costi amministrativi e gestionali, sono finanziati dal fondo per l'innovazione. Articolo 17 Designazione degli organi esecutivi 1. Ove decida di delegare alcuni compiti relativi all'attuazione del fondo per l'innovazione ad un organo esecutivo, la Commissione adotta una decisione relativa alla designazione di detto organo esecutivo. La Commissione e l'organo esecutivo designato concludono un accordo che stabilisce i termini e le condizioni specifici per l'adempimento dei compiti da parte dell'organo esecutivo. 2. Ove attui il fondo per l'innovazione in regime di gestione diretta e decida di delegare alcune attività di attuazione ad un organo esecutivo, la Commissione designa organo esecutivo un'agenzia esecutiva. 3. Ove attui il fondo per l'innovazione in regime di gestione indiretta, la Commissione designa organo esecutivo un organismo di cui all'articolo 62, paragrafo 1, lettera c), del regolamento finanziario. 4. Nella misura in cui non siano delegati ad un organo esecutivo, i compiti relativi all'attuazione del fondo per l'innovazione sono svolti dalla Commissione. Articolo 18 Mansioni dell'organo esecutivo L'organo esecutivo designato a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, può essere incaricato della gestione complessiva dell'invito a presentare proposte, dell'erogazione del sostegno del fondo per l'innovazione e del monitoraggio dell'attuazione dei progetti selezionati. A tal fine, all'organo esecutivo possono essere assegnati i seguenti compiti: a) organizzazione dell'invito a presentare proposte; b) organizzazione della procedura di presentazione delle domande, compresa la raccolta delle domande e l'analisi di tutti i documenti giustificativi; c) organizzazione della selezione dei progetti, comprese la valutazione dei progetti o la valutazione di dovuta diligenza e la classificazione dei progetti; d) consulenza alla Commissione sui progetti ai quali assegnare il sostegno del fondo per l'innovazione e sui progetti da includere nell'elenco di riserva; e) assegnazione o prestazione di assistenza per lo sviluppo del progetto; f) sottoscrizione delle convenzioni di sovvenzione e di altri contratti in funzione della forma del sostegno del fondo per l'innovazione; g) predisposizione e gestione della documentazione contrattuale relativa ai progetti finanziati; h) verifica del rispetto delle condizioni del finanziamento e erogazione delle entrate del fondo per l'innovazione ai promotori dei progetti; i) monitoraggio dell'attuazione dei progetti; j) comunicazione con i promotori dei progetti; k) rendicontazione alla Commissione, anche in materia di orientamento generale per l'ulteriore sviluppo del fondo per l'innovazione; l) informativa finanziaria; m) azioni di informazione, comunicazione e promozione, compresa la produzione di materiali promozionali e lo sviluppo del logo del fondo per l'innovazione; n) gestione della condivisione delle conoscenze; o) sostegno agli Stati membri per le loro attività di promozione del fondo per l'innovazione e di comunicazione coi promotori dei progetti. p) qualsiasi altro compito relativo all'attuazione del fondo per l'innovazione. Articolo 19 Disposizioni specifiche applicabili all'attuazione del fondo per l'innovazione in regime di gestione diretta 1. Ove la Commissione designi organo esecutivo un'agenzia esecutiva a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, la decisione della Commissione in tal senso è subordinata all'esito dell'analisi costi-benefici di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 58/2003 del Consiglio (6) e l'accordo di cui all'articolo 17, paragrafo 1, secondo comma, assume la forma di atto di delega a norma del regolamento (CE) n. 58/2003. 2. Ove gli importi erogati in regime di gestione diretta siano recuperati a norma degli articoli 7 e 8, gli importi recuperati costituiscono entrate con destinazione specifica a norma dell'articolo 21 del regolamento finanziario e sono destinati a finanziare le operazioni del fondo per l'innovazione. 3. Per tutti i compiti di attuazione svolti dalla Commissione, anche tramite un'agenzia esecutiva, le entrate del fondo per l'innovazione costituiscono entrate con destinazione specifica esterne ai sensi dell'articolo 21, paragrafi 1 e 5, del regolamento finanziario. Dette entrate con destinazione specifica coprono anche tutti i costi amministrativi per l'attuazione del fondo per l'innovazione. La Commissione può utilizzare al massimo il 5 % della dotazione del fondo per l'innovazione per coprire i propri costi di gestione. 4. Il progetto che ha beneficiato del sostegno del fondo per l'innovazione può essere finanziato anche da un altro programma dell'Unione, ivi compresi i fondi in gestione concorrente, purché i contributi non riguardino gli stessi costi. Il finanziamento cumulativo non supera l'importo totale dei costi ammissibili del progetto e il sostegno nell'ambito dei vari programmi dell'Unione è calcolato su base proporzionale. Articolo 20 Gestione delle entrate del fondo per l'innovazione 1. La Commissione provvede a che le quote destinate al fondo per l'innovazione siano vendute all'asta secondo i principi e le modalità di cui all'articolo 10, paragrafo 4, della direttiva 2003/87/CE e gestisce le entrate del fondo per l'innovazione in conformità con gli obiettivi della medesima direttiva. 2. La Commissione provvede a che le entrate di cui al paragrafo 1 siano trasferite tempestivamente all'organo esecutivo per il finanziamento dei costi delle attività di attuazione e per l'erogazione ai progetti selezionati. 3. La Commissione può delegare la monetizzazione delle quote e la gestione delle entrate del fondo per l'innovazione alla Banca europea per gli investimenti (BEI). Ai fini della delega la Commissione e la BEI concludono un accordo che stabilisce i termini e le condizioni specifici per l'esecuzione dei compiti relativi alla gestione delle entrate del fondo per l'innovazione da parte della BEI. 4. Fatte salve le disposizioni della direttiva 2003/87/CE, le entrate residue del fondo per l'innovazione al termine del periodo di ammissibilità dei progetti finanziati sono utilizzate per finanziare nuovi progetti che soddisfano i criteri di ammissibilità di cui all'articolo 10 bis, paragrafo 8, della direttiva 2003/87/CE fino a che tutte le entrate sono spese per obiettivi del fondo per l'innovazione. I nuovi progetti sono selezionati tramite nuovi inviti a presentare proposte a norma dell'articolo 9 o sono finanziati a norma dell'articolo 14 o 15. Articolo 21 Ruolo degli Stati membri 1. Nell'attuazione del fondo per l'innovazione la Commissione consulta gli Stati membri ed è assistita da essi. 2. Gli Stati membri sono consultati in merito ai seguenti aspetti: a) l'elenco dei progetti preselezionati, compreso l'elenco di riserva, e l'elenco dei progetti proposti per l'assistenza allo sviluppo del progetto a norma dell'articolo 12, paragrafo 2, prima dell'assegnazione del sostegno; b) i progetti di decisioni della Commissione di cui all'articolo 9, paragrafo 1, all'articolo 14, paragrafo 2, e all'articolo 15, paragrafo 1; c) l'importo massimo del sostegno del fondo per l'innovazione da rendere disponibile per l'assistenza allo sviluppo del progetto. 3. Ove richiesto dalla Commissione, gli Stati membri forniscono consulenza e assistono la Commissione: a) nel delineare gli orientamenti generali del fondo per l'innovazione; b) nell'affrontare problemi esistenti o emergenti in relazione all'attuazione dei progetti; c) nell'affrontare qualsiasi altra questione relativa all'attuazione dei progetti. 4. La Commissione riferisce agli Stati membri sull'andamento dell'attuazione del presente regolamento, in particolare sull'attuazione delle decisioni di assegnazione di cui all'articolo 12, paragrafo 5. Articolo 22 Ruolo dei portatori di interessi La Commissione può coinvolgere i portatori di interessi nelle discussioni relative all'attuazione del fondo per l'innovazione, anche in ordine alle questioni di cui all'articolo 21, paragrafo 3. CAPO V Monitoraggio, rendicontazione e valutazione Articolo 23 Monitoraggio e rendicontazione 1. L'organo esecutivo monitora il funzionamento del fondo per l'innovazione, compresi gli importi del relativo sostegno erogato. 2. Affinché i dati per il monitoraggio di cui al paragrafo 1 e i relativi esiti siano raccolti in modo efficace, efficiente e puntuale, possono essere imposti ai promotori dei progetti requisiti di rendicontazione proporzionati. Le relazioni dei promotori dei progetti comprendono le informazioni sulle azioni di condivisione delle conoscenze intraprese ai sensi dell'articolo 27. 3. L'organo esecutivo riferisce periodicamente alla Commissione sullo svolgimento delle mansioni assegnategli. 4. L'organo esecutivo riferisce alla Commissione sull'intero ciclo di erogazione del sostegno, informandola in particolare in merito all'organizzazione degli inviti a presentare proposte e alla firma dei contratti con i promotori dei progetti. 5. Successivamente a ciascun invito a presentare proposte la Commissione riferisce agli Stati membri sulla relativa attuazione. 6. La Commissione riferisce ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio sull'andamento dell'attuazione del fondo per l'innovazione. 7. Gli organi esecutivi diversi dalle agenzie esecutive e i soggetti cui è stata delegata la gestione delle entrate del fondo per l'innovazione a norma dell'articolo 20, paragrafo 3, trasmettono alla Commissione quanto segue: a) entro il 15 febbraio, i rendiconti finanziari non sottoposti ad audit relativi all'esercizio precedente, che inizia il 1o gennaio e termina il 31 dicembre, in relazione alle attività ad essi delegate; b) entro il 15 marzo dell'anno di trasmissione dei rendiconti finanziari non sottoposti ad audit, i rendiconti finanziari sottoposti ad audit relativi all'esercizio precedente, che inizia il 1o gennaio e termina il 31 dicembre, in relazione alle attività ad essi delegate. La Commissione predispone i conti annuali del fondo per l'innovazione per ciascun esercizio, che inizia il 1o gennaio e termina il 31 dicembre, sulla base dei rendiconti finanziari forniti a norma del primo comma. Detti conti sono sottoposti a un audit esterno indipendente. I rendiconti finanziari e i conti previsti nel presente paragrafo sono compilati nel rispetto delle norme contabili di cui all'articolo 80 del regolamento finanziario. Articolo 24 Valutazione 1. Nel 2025, e successivamente ogni cinque anni, la Commissione effettua una valutazione del funzionamento del fondo per l'innovazione. La valutazione si incentra, tra l'altro, sulle sinergie tra il fondo per l'innovazione e gli altri programmi pertinenti dell'Unione nonché sulla procedura di erogazione del sostegno del fondo per l'innovazione. 2. Sulla base degli esiti delle valutazioni di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta ove opportuno proposte atte a far sì che il fondo per l'innovazione progredisca verso il raggiungimento degli obiettivi di cui alla direttiva 2003/87/CE e all'articolo 3 del presente regolamento. 3. Al termine dell'attuazione del fondo per l'innovazione, ma non oltre il 2035, la Commissione effettua una valutazione finale del funzionamento del fondo per l'innovazione. 4. La Commissione pubblica gli esiti delle valutazioni effettuate a norma dei paragrafi 1, 2 e 3. CAPO VI Audit, pubblicità e condivisione delle conoscenze Articolo 25 Audit 1. Gli audit sull'utilizzo del sostegno del fondo per l'innovazione eseguiti da revisori esterni indipendenti, anche diversi da quelli incaricati dalle istituzioni o dagli organi dell'Unione, costituiscono la base della garanzia globale di cui all'articolo 26. 2. La persona o il soggetto che riceve il sostegno del fondo per l'innovazione accetta per iscritto di concedere i diritti necessari e l'accesso previsti all'articolo 129 del regolamento finanziario. Articolo 26 Riconoscimento reciproco degli audit Fatte salve le possibilità esistenti di effettuare altri audit, qualora un revisore indipendente abbia realizzato sui rendiconti finanziari e sulle relazioni che illustrano l'utilizzo di un contributo dell'Unione un audit fondato sui principi di audit riconosciuti a livello internazionale che fornisce una ragionevole garanzia di affidabilità, tale audit costituisce la base della garanzia globale, come ulteriormente specificato, ove opportuno, nella normativa settoriale, purché siano sufficientemente comprovate l'indipendenza e la competenza del revisore. La relazione del revisore indipendente e la relativa documentazione di audit sono messe a disposizione, su richiesta, del Parlamento europeo, della Commissione, della Corte dei conti e delle autorità di audit degli Stati membri. Articolo 27 Comunicazione, condivisione delle conoscenze e pubblicità 1. I promotori dei progetti pubblicano sui propri siti web, in modo proattivo e sistematico, informazioni relative ai progetti finanziati a norma del presente regolamento. Tali informazioni comprendono un riferimento esplicito al sostegno ricevuto dal fondo per l'innovazione. 2. I promotori dei progetti provvedono a divulgare a molteplici platee, in particolare i media e il grande pubblico, informazioni coerenti, efficaci e mirate sul sostegno ricevuto dal fondo per l'innovazione. 3. Il logo del fondo per l'innovazione o altri elementi promozionali richiesti nella documentazione contrattuale sono utilizzati per tutte le attività di comunicazione e condivisione delle conoscenze e compaiono su bacheche collocate in punti strategici visibili al pubblico. 4. I promotori dei progetti forniscono, nel piano di condivisione delle conoscenze trasmesso a norma dell'articolo 10, paragrafo 3, informazioni dettagliate sulle azioni programmate a norma dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo. 5. L'organo esecutivo svolge attività di informazione, comunicazione e promozione relative al sostegno del fondo per l'innovazione e agli esiti conseguiti. L'organo esecutivo organizza seminari o workshop specifici o, ove appropriato, altri tipi di attività per facilitare lo scambio di esperienze, conoscenze e migliori pratiche relative alla progettazione, elaborazione e attuazione di progetti nonché all'efficacia del finanziamento fornito nell'ambito dell'assistenza per lo sviluppo dei progetti. CAPO VII Disposizioni finali Articolo 28 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 26 febbraio 2019 Per la Commissione Il presidente Jean-Claude JUNCKER (1) GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32. (2) Decisione 2010/670/UE della Commissione, del 3 novembre 2010, che definisce i criteri e le misure per il finanziamento di progetti dimostrativi su scala commerciale mirati alla cattura e allo stoccaggio geologico del CO2 in modo ambientalmente sicuro, nonché di progetti dimostrativi relativi a tecnologie innovative per le energie rinnovabili nell'ambito del sistema di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità istituito dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 6.11.2010, pag. 39). (3) Relazione speciale n. 24/2018 del 5 settembre 2018: Dimostrazione delle tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio e delle fonti rinnovabili innovative su scala commerciale nell'UE: i progressi attesi non sono stati realizzati negli ultimi dieci anni, disponibile sul sito della Corte dei conti: https://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR18_24/SR_CCS_IT.pdf (4) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193, del 30.7.2018, pag. 1). (5) Regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione, del 12 novembre 2010, relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita all'asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 302 del 18.11.2010, pag. 1). (6) Regolamento (CE) n. 58/2003 del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che definisce lo statuto delle agenzie esecutive incaricate dello svolgimento di alcuni compiti relativi alla gestione dei programmi comunitari (GU L 11 del 16.1.2003, pag. 1).
Sistema di scambio di quote di emissioni: norme del Fondo per l’innovazione QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il Fondo per l’innovazione introdotto dalla direttiva 2003/87/CE è destinato a sostenere iniziative innovative nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS)*, una delle pietre angolari su cui si fonda la politica dell’Unione per contrastare i cambiamenti climatici riducendo le emissioni di gas a effetto serra. Il presente regolamento stabilisce norme dettagliate sul funzionamento del fondo. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce norme dettagliate per il Fondo per l’innovazione, tra cui:obiettivi operativi; forme di sostegno fornito; procedura di presentazione delle domande; modalità di selezione dei progetti; modalità di gestione del fondo; rendicontazione, monitoraggio, valutazione, controllo e pubblicità.Obiettivi e forme di sostegno Il fondo fornisce sostegno finanziario a progetti dimostrativi di tecnologie, processi o prodotti altamente innovativi con un potenziale significativo di riduzione delle emissioni di gas serra e che, nel contempo, attraggono risorse pubbliche e private aggiuntive. Il sostegno sarà erogato sotto forma di sovvenzioni o combinando le sovvenzioni UE con strumenti finanziari nell’ambito dello strumento unificato di sostegno agli investimenti (InvestEU), che sostituisce l’attuale Fondo europeo per gli investimenti strategici per il periodo 2021-2027. Il finanziamento può anche assumere qualsiasi altra forma prevista dal regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 (il «regolamento finanziario»), in particolare premi e appalti. Candidatura e selezione I candidati sono invitati a presentare domanda di sostegno finanziario per i progetti ammissibili a seguito di un invito a presentare proposte pubblicato dalla Commissione europea previa consultazione con i paesi dell’Unione. I progetti sono selezionati in base a criteri che comprendono:potenziale di prevenzione delle emissioni di gas a effetto serra; livello di innovazione dei progetti rispetto allo stato dell’arte; maturità dei progetti in termini di pianificazione, modello di business, struttura finanziaria e giuridica e possibilità di raggiungere la chiusura finanziaria entro un periodo di tempo predefinito non superiore a quattro anni; potenziale tecnico e di mercato di una vasta applicazione o di futuri abbattimenti dei costi; efficienza in termini di costi del progetto sulla base di una formula di bilanciamento dei costi rispetto alle emissioni di gas serra evitate, all’energia generata o alla CO2 stoccata (cattura e stoccaggio del carbonio) nei primi 10 anni di funzionamento.Governance e amministrazione La Commissione gestisce direttamente il funzionamento del Fondo, tranne nei casi in cui sono delegati organi esecutivi. I paesi dell’Unione sono consultati in merito ai progetti selezionati prima della decisione di assegnazione. Le entità beneficiarie pubblicano sui loro siti web informazioni sui progetti sostenuti a norma del presente regolamento, compreso un riferimento esplicito al sostegno del Fondo per l’innovazione ricevuto, e provvedono a divulgare a molteplici platee, in particolare i media e il grande pubblico, informazioni coerenti, efficaci e mirate sul sostegno ricevuto dal Fondo per l’innovazione. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Si applica dal 17 giugno 2019. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Fondo per l’innovazione (Commissione europea) InvestEU (Commissione europea) Sistema di scambio delle quote di emissione (EU ETS) (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (EU ETS): il primo e di gran lunga il più grande sistema internazionale per il commercio delle quote di emissione di gas a effetto serra; interessa quasi 11 000 centrali elettriche e impianti di produzione nell’Unione, in Islanda, Norvegia e Liechtenstein, nonché le attività di aviazione. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) 2019/856 della Commissione, del 26 febbraio 2019, che integra la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il funzionamento del fondo per l’innovazione (GU L 140 del 28.5.2019, pag. 6). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). Decisione 2010/670/UE della Commissione, del 3 novembre 2010, che definisce i criteri e le misure per il finanziamento di progetti dimostrativi su scala commerciale mirati alla cattura e allo stoccaggio geologico del CO2 in modo ambientalmente sicuro, nonché di progetti dimostrativi relativi a tecnologie innovative per le energie rinnovabili nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità istituito dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 6.11.2010, pag. 39). Le successive modifiche alla decisione 2010/670/UE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 114). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la Direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32). Si veda la versione consolidata.
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TRADUZIONE ACCORDO tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP SOMALIA) L’UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «UE», da una parte, e LA REPUBBLICA FEDERALE DI SOMALIA, in seguito denominata «Stato ospitante», dall’altra, in seguito insieme denominate «Parti», TENUTO CONTO: — della lettera datata 11 gennaio 2013 inviata dal primo ministro del governo federale della Repubblica di Somalia all’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, — della decisione 2012/389/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia) (1), — che il presente accordo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi delle parti derivanti da accordi internazionali e da altri strumenti che istituiscono tribunali internazionali, compreso lo Statuto della Corte penale internazionale, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Ambito d’applicazione e definizioni 1. Il presente accordo si applica alla missione per lo sviluppo delle capacità dell’Unione europea in Somalia (EUCAP Somalia) e al suo personale. 2. Il presente accordo si applica esclusivamente nel territorio dello Stato ospitante. 3. Ai fini del presente accordo, valgono le seguenti definizioni: a) «EUCAP Somalia» o «missione»: la missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia), istituita dalla decisione 2012/389/PESC del Consiglio dell’Unione europea, compresi componenti, unità, quartier generale e personale della stessa dispiegati nel territorio dello Stato ospitante e assegnati all’EUCAP Somalia; b) «capomissione»: il capomissione dell’EUCAP Somalia nominato dal Consiglio dell’Unione europea; c) «Unione europea» o «UE»: gli organi permanenti dell’UE, nonché il relativo personale; d) «Stato d’origine»: lo Stato membro dell’UE o il paese terzo che ha distaccato personale presso la missione; e) «personale dell’EUCAP Somalia»: il capomissione, il personale distaccato dagli Stati membri dell’UE, dal servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), dalle istituzioni dell’UE e dai paesi terzi invitati dall’UE a partecipare all’EUCAP Somalia, nonché il personale internazionale assunto su base contrattuale dall’EUCAP Somalia, incaricato di preparare, sostenere e attuare la missione e il personale che viaggia su richiesta di uno Stato d’origine, un’istituzione dell’UE o il SEAE nel quadro della missione, esclusi i fornitori commerciali e il personale assunto in loco; f) «quartier generale»: il quartier generale dell’EUCAP Somalia a Mogadiscio; g) «locali»: tutti gli edifici, le strutture, le installazioni e i terreni richiesti per lo svolgimento delle attività della missione, nonché per l’alloggio del personale dell’EUCAP Somalia; h) «personale assunto in loco»: il personale che ha la cittadinanza dello Stato ospitante o che vi risiede in modo permanente; i) «corrispondenza ufficiale»: tutta la corrispondenza relativa all’EUCAP Somalia e alle sue funzioni; j) «fornitore»: la persona che fornisce all’EUCAP Somalia beni o servizi in relazione alle attività della missione; k) «mezzi dell’EUCAP Somalia»: le attrezzature, compresi i mezzi di trasporto, e i beni di consumo necessari all’EUCAP Somalia. Articolo 2 Disposizioni generali 1. L’EUCAP Somalia e il relativo personale rispettano le disposizioni legislative e regolamentari dello Stato ospitante e si astengono dal compiere qualsiasi azione o attività incompatibile con gli obiettivi dell’EUCAP Somalia. 2. L’EUCAP Somalia è autonoma per quanto riguarda l’esecuzione delle sue funzioni nell’ambito del presente accordo. Lo Stato ospitante rispetta il carattere unitario e internazionale dell’EUCAP Somalia. 3. Il capomissione informa periodicamente il governo dello Stato ospitante del numero dei membri del personale dell’EUCAP Somalia presenti nel territorio dello Stato ospitante. Articolo 3 Identificazione 1. Il personale dell’EUCAP Somalia è munito di, e identificato da, una tessera di riconoscimento della missione che ha l’obbligo di portare in permanenza. Alle autorità competenti dello Stato ospitante è fornito un facsimile della tessera di riconoscimento della missione. 2. I veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia recano contrassegni d’identificazione o targhe o entrambi, distintivi dell’EUCAP Somalia, se le condizioni di sicurezza lo consentono. I facsimile di tali contrassegni e targhe sono forniti alle autorità competenti dello Stato ospitante. 3. L’EUCAP Somalia è autorizzata a esporre la bandiera dell’UE presso il quartier generale e altrove, da sola o assieme alla bandiera dello Stato ospitante, a seconda della decisione del capomissione. Le bandiere nazionali o insegne dei contingenti nazionali che costituiscono l’EUCAP Somalia possono essere esposte sui locali, sui veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto, e sulle uniformi dell’EUCAP Somalia, su decisione del capomissione. Articolo 4 Attraversamento delle frontiere e circolazione nel territorio dello Stato ospitante 1. Il personale, i mezzi, i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia attraversano le frontiere della parte ospitante ai valichi di frontiera ufficiali, nei porti marittimi e attraverso i corridoi aerei internazionali. 2. Lo Stato ospitante facilita l’ingresso nel suo territorio e l’uscita dallo stesso del personale, dei mezzi, dei veicoli e di tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia. Fatto salvo il controllo dei passaporti all’atto dell’ingresso nel territorio dello Stato ospitante e dell’uscita dallo stesso, il personale dell’EUCAP Somalia, in possesso della tessera di riconoscimento della missione o della prova provvisoria della partecipazione all’EUCAP Somalia, non è soggetto alle disposizioni regolamentari in materia di controlli e procedure doganali, visti e immigrazione, né a qualsiasi forma di ispezione dei servizi per l’immigrazione nel territorio dello Stato ospitante. 3. Il personale dell’EUCAP Somalia è esonerato dall’applicazione delle disposizioni regolamentari dello Stato ospitante in materia di registrazione e controllo degli stranieri, ma non acquisisce il diritto alla residenza o al domicilio permanenti nel territorio dello Stato ospitante. 4. I mezzi, i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia in ingresso, in transito o in uscita dal territorio dello Stato ospitante a supporto della missione sono esonerati dalla produzione di inventari e di altra documentazione doganale nonché da ogni ispezione. 5. I veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto utilizzati a sostegno dell’EUCAP Somalia non sono soggetti agli obblighi locali di immatricolazione e autorizzazione. Restano applicabili le norme e i regolamenti internazionali pertinenti. Se necessario, sono conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19. 6. Il personale dell’EUCAP Somalia è autorizzato alla guida di veicoli, al governo di mezzi navali e al pilotaggio di aeromobili e di tutti gli altri mezzi di trasporto nel territorio dello Stato ospitante purché sia in possesso, rispettivamente, di una patente di guida, di un certificato di comandante o di una licenza di pilota nazionale o internazionale in corso di validità. Lo Stato ospitante accetta come validi, senza sottoporli a tasse o diritti, le patenti e i permessi di guida detenuti dal personale dell’EUCAP Somalia. 7. L’EUCAP Somalia e il relativo personale, nonché i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto, le attrezzature e le forniture possono spostarsi liberamente e senza restrizioni attraverso il territorio dello Stato ospitante, compresi il mare territoriale e il suo spazio aereo. Se necessario, possono essere conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19. 8. Ai fini del viaggio in adempimento delle proprie mansioni ufficiali, il personale e il personale assunto in loco dall’EUCAP Somalia sono autorizzati a utilizzare strade, ponti, traghetti, aeroporti e porti pubblici senza il pagamento di dazi doganali, tariffe, pedaggi, tasse o altri oneri. L’EUCAP Somalia non è esonerata dal pagamento di ragionevoli oneri per servizi richiesti e ricevuti, alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato ospitante. Articolo 5 Privilegi e immunità dell’EUCAP Somalia concessi dallo Stato ospitante 1. I locali dell’EUCAP Somalia sono inviolabili. Non è consentito agli agenti dello Stato ospitante di penetrarvi, tranne che con il consenso del capomissione. 2. I locali dell’EUCAP Somalia, il loro mobilio e gli altri mezzi che vi si trovano, nonché i mezzi di trasporto, non possono essere oggetto di perquisizione, requisizione, sequestro o altro provvedimento esecutivo. 3. L’EUCAP Somalia, i suoi beni e mezzi, ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell’immunità giurisdizionale di ogni genere. 4. Gli archivi e i documenti dell’EUCAP Somalia sono inviolabili in ogni tempo e ovunque essi si trovino. 5. La corrispondenza ufficiale dell’EUCAP Somalia è inviolabile. 6. L’EUCAP Somalia, nonché i suoi fornitori di merci o servizi, sono esonerati dal pagamento di qualsiasi imposta e tassa, nazionale, regionale e comunale e di ogni onere di natura analoga per quanto riguarda le merci acquistate e importate, i servizi forniti e i locali utilizzati dall’EUCAP Somalia ai fini della missione stessa. L’EUCAP Somalia non è esonerata dal pagamento di imposte, tasse o oneri percepiti in remunerazione di servizi resi. 7. Per gli articoli richiesti ai fini dell’EUCAP Somalia lo Stato ospitante consente l’ingresso e concede per questi articoli l’esenzione dal pagamento di dazi doganali, tariffe, pedaggi, tasse e oneri analoghi, diversi dagli oneri per l’immagazzinamento, il trasporto e altri servizi prestati. Articolo 6 Privilegi e immunità del personale dell’EUCAP Somalia concessi dallo Stato ospitante 1. Il personale dell’EUCAP Somalia non è soggetto ad alcuna forma di arresto o di detenzione. 2. I documenti, la corrispondenza e i mezzi del personale dell’EUCAP Somalia godono dell’inviolabilità, salvo in caso di provvedimenti esecutivi consentiti ai sensi del paragrafo 7. 3. Lo Stato ospitante, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, fornisce al personale dell’EUCAP Somalia una carta d’identità diplomatica. 4. Il personale dell’EUCAP Somalia gode dell’immunità dalla giurisdizione penale dello Stato ospitante in ogni circostanza. Lo Stato d’origine o l’istituzione UE interessata, secondo i casi, può rinunciare all’immunità dalla giurisdizione penale per il personale dell’EUCAP Somalia. Tale rinuncia deve sempre essere una rinuncia espressa. 5. I membri del personale dell’EUCAP Somalia godono dell’immunità dalla giurisdizione civile e amministrativa dello Stato ospitante per quanto concerne le parole pronunciate o scritte e tutti gli atti da essi compiuti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. Il capomissione e l’autorità competente dello Stato d’origine o l’istituzione UE sono immediatamente informati di ogni procedimento civile avviato nei confronti di un membro del personale dell’EUCAP Somalia dinanzi a un giudice dello Stato ospitante. Prima dell’avvio del procedimento dinanzi al giudice, il capomissione e l’autorità competente dello Stato d’origine o l’istituzione UE certificano al suddetto giudice se l’atto in questione è stato compiuto dal membro del personale dell’EUCAP Somalia nell’esercizio delle sue funzioni ufficiali. Se l’atto è stato compiuto nell’esercizio di funzioni ufficiali, il procedimento non è avviato e si applica l’articolo 16. Se l’atto non è stato compiuto nell’esercizio di funzioni ufficiali, il procedimento può essere avviato. La certificazione da parte del capomissione e dell’autorità competente dello Stato d’origine o dell’istituzione UE è vincolante per la giurisdizione dello Stato ospitante che non può contestarla. Il membro del personale dell’EUCAP Somalia che avvia un procedimento non ha più il diritto di invocare l’immunità dalla giurisdizione nei confronti di ogni controricorso direttamente collegato all’azione in giudizio principale. 6. Il personale dell’EUCAP Somalia non è tenuto all’obbligo di rendere testimonianza. 7. Nessun provvedimento esecutivo può essere preso nei confronti di un membro del personale dell’EUCAP Somalia, salvo quando a suo carico è avviato un procedimento civile non connesso con le sue funzioni ufficiali. I beni dei membri del personale dell’EUCAP Somalia, certificati dal capomissione come necessari per l’esercizio delle loro funzioni ufficiali, non possono essere oggetto di sequestro in esecuzione di una sentenza, decisione o ordine. Nei procedimenti civili, i membri del personale dell’EUCAP Somalia non sono soggetti ad alcuna limitazione della libertà personale o a ogni altra misura restrittiva. 8. L’immunità di un membro del personale dell’EUCAP Somalia dalla giurisdizione dello Stato ospitante non lo esenta dalla giurisdizione dello Stato d’origine. 9. Il personale dell’EUCAP Somalia è esentato, per quanto riguarda le prestazioni rese per conto dell’EUCAP Somalia, dalle norme di sicurezza sociale in vigore nello Stato ospitante. 10. Sulle retribuzioni e sugli emolumenti loro versati dall’EUCAP Somalia o dagli Stati d’origine, nonché su ogni entrata percepita al di fuori dello Stato ospitante, i membri del personale dell’EUCAP Somalia sono esenti da qualunque forma di imposizione nello Stato ospitante. 11. Lo Stato ospitante, in base alle disposizioni legislative e regolamentari che può adottare, concede l’ingresso di oggetti destinati all’uso personale di membri del personale dell’EUCAP Somalia e l’esenzione dal pagamento di dazi doganali, tasse e altri oneri connessi, diversi dagli oneri per l’immagazzinamento, il trasporto e altri servizi analoghi, in relazione a tali oggetti. Lo Stato ospitante autorizza altresì l’esportazione di tali oggetti. L’acquisto di beni e servizi sul mercato interno da parte del personale dell’EUCAP Somalia è esentato dal pagamento dell’IVA e delle imposte in conformità delle leggi dello Stato ospitante. 12. I membri del personale dell’EUCAP Somalia sono esenti dall’ispezione del loro bagaglio personale, a meno che non sussistano fondati motivi di ritenere che detto bagaglio contenga oggetti non destinati a uso personale, oppure oggetti la cui importazione o esportazione sia proibita dalla legislazione o soggetta alle norme di quarantena dello Stato ospitante. L’ispezione di detto bagaglio personale avviene solo alla presenza del membro del personale dell’EUCAP Somalia interessato o di un rappresentante autorizzato dell’EUCAP Somalia. Articolo 7 Personale assunto in loco Il personale assunto in loco gode dei privilegi e delle immunità a esso riconosciuti dallo Stato ospitante. Tuttavia lo Stato ospitante esercita la propria giurisdizione su detto personale in maniera da non interferire indebitamente con lo svolgimento delle funzioni dell’EUCAP Somalia. Articolo 8 Giurisdizione penale Le autorità competenti dello Stato d’origine hanno il diritto di esercitare nel territorio dello Stato ospitante i poteri di giurisdizione penale e disciplinare loro conferiti dalla legge dello Stato d’origine sui membri del personale dell’EUCAP Somalia. Articolo 9 Sicurezza 1. Lo Stato ospitante, tramite mezzi propri, assume la piena responsabilità della sicurezza del personale dell’EUCAP Somalia. 2. Ai fini del paragrafo 1, lo Stato ospitante adotta tutte le misure necessarie per la protezione, l’incolumità e la sicurezza dell’EUCAP Somalia e del relativo personale. Eventuali disposizioni specifiche, proposte dallo Stato ospitante, sono convenute con il capomissione prima di essere attuate. Lo Stato ospitante consente e sostiene gratuitamente le attività connesse all’evacuazione medica del personale dell’EUCAP Somalia. Se necessario, sono conclusi accordi supplementari ai sensi dell’articolo 19. 3. Il personale dell’EUCAP Somalia è autorizzato, previa decisione del capomissione, a portare armi leggere e munizioni. 4. L’EUCAP Somalia è autorizzata a tale proposito ad adottare, nel territorio dello Stato ospitante, tutte le misure necessarie, compreso l’impiego della forza necessaria e commisurata, per proteggere il personale, i locali, i veicoli e i mezzi dell’EUCAP Somalia da atti che potrebbero mettere in pericolo la vita dei membri del personale dell’EUCAP Somalia o causare loro danni fisici e, ove necessario, per proteggere simultaneamente altre persone che fanno fronte alla stessa minaccia, nelle immediate vicinanze della missione, da atti che metterebbero in pericolo la vita di tali persone o che potrebbero causare loro gravi danni fisici. 5. L’elenco del personale dell’EUCAP Somalia designato e autorizzato dal capomissione a portare armi da fuoco e munizioni, compreso il trasporto di tali armi, è comunicato alle competenti autorità dello Stato ospitante. Le autorità competenti dello Stato ospitante provvedono a fornire licenze di trasporto e di porto d’armi a tale personale dell’EUCAP Somalia specificamente designato e autorizzato. Articolo 10 Uniformi 1. Il personale dell’EUCAP Somalia indossa uniformi nazionali o abiti civili con segni distintivi di identificazione della missione stessa. 2. L’uso dell’uniforme è soggetto a norme emanate dal capomissione. Articolo 11 Cooperazione e accesso all’informazione 1. Lo Stato ospitante offre piena cooperazione e sostegno all’EUCAP Somalia e al relativo personale. 2. Se richiesto e se necessario per il compimento della missione, lo Stato ospitante fornisce al personale dell’EUCAP Somalia effettivo accesso a: a) locali, siti e veicoli ufficiali sotto il controllo dello Stato ospitante, che sono rilevanti per l’espletamento del mandato dell’EUCAP Somalia; b) documenti, materiali e informazioni sotto il controllo dello Stato ospitante, nella misura in cui sono necessari per l’espletamento del mandato dell’EUCAP Somalia. Se necessario ai fini del presente comma, sono conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19. 3. Il capomissione e lo Stato ospitante si consultano regolarmente e adottano opportune misure per assicurare contatti stretti e reciproci a ogni livello appropriato. Lo Stato ospitante può nominare un ufficiale di collegamento presso l’EUCAP Somalia. Articolo 12 Supporto dello Stato ospitante e contratti 1. Lo Stato ospitante assiste, su richiesta, l’EUCAP Somalia a trovare locali adeguati. 2. Se necessari e disponibili, lo Stato ospitante mette a disposizione a titolo gratuito i locali di sua proprietà o di proprietà di enti privati, nella misura in cui i locali in questione siano richiesti per lo svolgimento delle attività amministrative e operative dell’EUCAP Somalia. 3. Lo Stato ospitante, nei limiti dei mezzi e delle capacità di cui dispone, asseconda la preparazione, la costituzione, l’esecuzione e il supporto della missione, anche per quanto riguarda i locali comuni e le attrezzature destinati agli esperti dell’EUCAP Somalia. 4. Lo Stato ospitante presta assistenza e supporto all’EUCAP Somalia alle stesse condizioni previste per i propri cittadini. 5. L’EUCAP Somalia ha la capacità giuridica necessaria, a norma delle disposizioni legislative e regolamentari dello Stato ospitante, per lo svolgimento della sua missione e, in particolare, per aprire conti bancari, acquisire o alienare mezzi e per essere parte di procedimenti giudiziari. 6. La legislazione applicabile ai contratti conclusi dall’EUCAP Somalia nello Stato ospitante è determinata dalle pertinenti disposizioni in detti contratti. 7. I contratti conclusi dall’EUCAP Somalia possono stipulare che la procedura di composizione delle controversie, di cui all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, è applicabile alle controversie derivanti dall’attuazione di detto contratto. 8. Lo Stato ospitante agevola l’attuazione dei contratti conclusi dall’EUCAP Somalia con gli enti commerciali ai fini della missione. Articolo 13 Modifiche dei locali 1. L’EUCAP Somalia è autorizzata a costruire, variare o modificare in altro modo i locali in funzione delle necessità operative. 2. Lo Stato ospitante non richiede alcun indennizzo dall’EUCAP Somalia in relazione a tali costruzioni, variazioni o modifiche dei locali. Articolo 14 Decesso di membri del personale dell’EUCAP Somalia 1. Il capomissione ha il diritto di provvedere, adottando le disposizioni necessarie, al rimpatrio delle salme dei membri del personale dell’EUCAP Somalia, nonché dei loro effetti personali. 2. Sulla salma del personale dell’EUCAP Somalia non possono essere praticate autopsie senza il consenso dello Stato d’origine interessato e la presenza di un rappresentante dell’EUCAP Somalia o un rappresentante dello Stato d’origine interessato o di entrambi. 3. Lo Stato ospitante e l’EUCAP Somalia si prestano la massima cooperazione possibile ai fini di un tempestivo rimpatrio delle salme dei membri del personale dell’EUCAP Somalia. Articolo 15 Comunicazioni 1. L’EUCAP Somalia può installare e far funzionare stazioni radio trasmittenti e riceventi e sistemi satellitari. Essa coopera con le autorità competenti dello Stato ospitante per evitare conflitti quanto all’utilizzazione delle frequenze idonee. L’accesso allo spettro di frequenze è concesso dallo Stato ospitante a titolo gratuito. 2. L’EUCAP Somalia ha diritto a comunicazioni illimitate via radio (incluse radio satellitari, mobili e portatili), telefono, telegrafo, fax e altri mezzi, e gode del diritto di installare le apparecchiature necessarie al mantenimento di tali comunicazioni all’interno dei locali dell’EUCAP Somalia e tra questi, inclusa la posa di cavi e linee di terra, ai fini dell’EUCAP Somalia. 3. All’interno dei suoi locali l’EUCAP Somalia può prendere le disposizioni necessarie per l’inoltro della corrispondenza postale indirizzata all’EUCAP Somalia o al suo personale, o da essi spedita. Articolo 16 Richieste di indennizzo in seguito a decesso, lesioni, danni o perdite 1. L’EUCAP Somalia e il relativo personale non sono responsabili per i danni e le perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche, inerenti alle esigenze operative o causati da attività relative a disordini civili o alla protezione dell’EUCAP Somalia. 2. Al fine di giungere a una composizione amichevole, le richieste di indennizzo in caso di danni o perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche non contemplati dal paragrafo 1, nonché le richieste di indennizzo in caso di decesso o lesioni alle persone e le richieste di indennizzo in caso di danni o perdite riguardanti beni dell’EUCAP Somalia, sono trasmesse all’EUCAP Somalia tramite le autorità competenti dello Stato ospitante, in relazione alle richieste di indennizzo presentate da persone fisiche o giuridiche dello Stato ospitante, e alle autorità competenti dello Stato ospitante, in relazione alle richieste di indennizzo presentate dall’EUCAP Somalia. 3. Se non è possibile giungere a una composizione amichevole, le richieste di indennizzo sono presentate a una commissione per le richieste di indennizzo composta pariteticamente di rappresentanti dell’EUCAP Somalia e di rappresentanti dello Stato ospitante. La decisione sulle richieste di indennizzo è presa di comune accordo. 4. La controversia, se non può essere composta nell’ambito della commissione per le richieste di indennizzo, è composta per via diplomatica tra lo Stato ospitante e i rappresentanti dell’UE, per le richieste di indennizzo di un importo massimo pari a 40 000 EUR. Per le richieste di indennizzo superiori al suddetto importo, la controversia è sottoposta a un collegio arbitrale, le cui decisioni sono vincolanti. 5. Il collegio arbitrale di cui al paragrafo 4 è composto di tre arbitri, di cui uno nominato dallo Stato ospitante, uno dall’EUCAP Somalia e il terzo congiuntamente dallo Stato ospitante e dall’EUCAP Somalia. Se entro due mesi una delle parti non ha nominato un arbitro oppure se lo Stato ospitante e l’EUCAP Somalia non hanno raggiunto un accordo sulla nomina del terzo arbitro, l’arbitro in questione è nominato dal presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea. 6. L’EUCAP Somalia e le autorità amministrative dello Stato ospitante concludono un accordo amministrativo inteso a definire il mandato della commissione per le richieste di indennizzo e del collegio arbitrale, le procedure applicabili all’interno di tali organi e le condizioni cui è soggetta la presentazione delle richieste di indennizzo. Articolo 17 Collegamenti e controversie 1. Tutte le questioni relative all’applicazione del presente accordo sono esaminate congiuntamente da rappresentanti dell’EUCAP Somalia e delle competenti autorità dello Stato ospitante. 2. Se non si giunge a una composizione, le controversie connesse all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo sono composte dallo Stato ospitante e dai rappresentanti dell’UE esclusivamente per via diplomatica. Articolo 18 Disposizioni varie 1. Il governo dello Stato ospitante è responsabile dell’attuazione e del rispetto da parte delle sue autorità locali competenti dei privilegi, delle immunità e dei diritti dell’EUCAP Somalia e del relativo personale, come contemplato dal presente accordo. 2. Nessuna disposizione del presente accordo è intesa o può essere interpretata come una deroga ai diritti di cui godono, ai sensi di altri accordi, uno Stato membro dell’UE o qualsiasi altro Stato che contribuisce all’EUCAP Somalia. Articolo 19 Modalità di attuazione Ai fini dell’attuazione del presente accordo, le questioni operative, amministrative e tecniche possono essere oggetto di accordi separati conclusi tra il capomissione e le autorità amministrative dello Stato ospitante. Articolo 20 Entrata in vigore e cessazione 1. Il presente accordo entra in vigore il giorno della sua firma e resta in vigore fino alla data di partenza dell’ultimo membro del personale dell’EUCAP Somalia, secondo quanto notificato dalla missione stessa. 2. In deroga al paragrafo 1, si considera che le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 8, all’articolo 5, paragrafi 1, 2, 3, 6 e 7, all’articolo 6, paragrafi 1, 3, 4, 6, 8, 9 e 10 e agli articoli 13 e 16 sono state applicate dalla data in cui il primo membro del personale dell’EUCAP Somalia è stato schierato, qualora detta data sia anteriore a quella di entrata in vigore del presente accordo. 3. Il presente accordo può essere oggetto di modifica o cessazione con un accordo scritto tra le parti. 4. La cessazione del presente accordo non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti dall’esecuzione dell’accordo stesso prima della cessazione. Fatto a Mogadiscio, l’11 gennaio 2020, in duplice copia, in lingua inglese Per l’Unione europea Per la Repubblica federale di Somalia (1) GU UE L 187 del 17.7.2012, pag. 40.
Accordo tra l’Unione europea e la Somalia sulla missione dell’UE in Somalia (EUCAP Somalia) QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo definisce lo status e le condizioni operative della missione e del personale dell’Unione europea (Unione) per lo sviluppo delle capacità, rafforzando la capacità della Somalia di applicare il diritto civile marittimo. La decisione dà all’Unione l’approvazione formale dell’accordo. PUNTI CHIAVE L’accordo stabilisce quanto segue.La missione e il suo personale:rispettano le disposizioni legislative e regolamentari della Somalia;Sono identificabili da tessere di riconoscimento, contrassegni d’identificazione o targhe dei veicoli e dalla bandiera dell’Unione;entrano ed escono dallo Stato ospitante ai valichi di frontiera senza impedimenti;possono spostarsi liberamente all’interno del paese;godono di vari privilegi e immunità, quali l’esenzione dalla tassazione e dalle ispezioni dei loro bagagli personali e l’immunità dalla giurisdizione del paese nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali;rimangono soggetti alla giurisdizione penale e ai poteri disciplinari dello Stato di origine;sono autorizzati, previa decisione del capomissione, a portare armi leggere e munizioni;possono impiegare la forza necessaria e commisurata per proteggere il personale, i locali, i veicoli e i mezzi dai pericoli;indossano uniformi nazionali o abiti civili con segni distintivi di identificazione di EUCAP Somalia;non sono responsabili per i danni e le perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche, inerenti alle esigenze operative o causati da attività relative a disordini civili. La Somalia;assume la piena responsabilità della sicurezza del personale dell’EUCAP.offre alla missione e ai suoi membri piena cooperazione e sostegno, compreso l’accesso ai locali, veicoli e alle informazioni all’EUCAP Somalia e al relativo personale;su richiesta, assiste la missione nel trovare locali adeguati messi a disposizione a titolo gratuito;concede l’accesso gratuito alle frequenze radio;agevola l’attuazione da parte della missione dei contratti commerciali conclusi;è responsabile dell’attuazione e del rispetto da parte delle sue autorità locali dei privilegi, delle immunità e dei diritti della missione e del relativo personale. EUCAP Somalia è autorizzata a:costruire o modificare i locali in funzione delle necessità operative, senza corrispondere alcun indennizzo;installare e far funzionare stazioni radio e sistemi satellitari con diritti di comunicazione illimitati. Le richieste di indennizzo per decesso, lesioni, danni o perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche sono presentate a una commissione per le richieste di indennizzo e, se la controversia non può essere composta per via amichevole, viene sottoposta a un collegio arbitrale. Il capomissione è responsabile del rimpatrio delle salme dei membri di EUCAP Somalia e dei loro effetti personali. Eventuali controversie connesse all’applicazione dell’accordo sono gestite dalla missione e dalle autorità nazionali competenti e, ove necessario, risolte diplomaticamente a un livello superiore. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore l’11 gennaio 2020. CONTESTO EUCAP Somalia ha sostituito EUCAP Nestor (avviata nel luglio 2012 per sviluppare la capacità marittime regionali nel Corno d’Africa) nel dicembre 2016. Il suo specifico ambito di competenza è quello di aiutare il paese ad applicare il diritto marittimo con maggiore efficacia e a combattere la pirateria. Il mandato della missione è valido fino al 31 dicembre 2021. La sua dotazione finanziaria è di 66,1 milioni di EUR per il periodo che va dall’1o gennaio 2019 al 31 dicembre 2020. EUCAP Somalia fa parte di una strategia generale dell’Unione per il paese. Essa riguarda la diplomazia e il supporto allo sviluppo degli aiuti umanitari e all’applicazione delle leggi. La strategia comprende due missioni militari:Eunavfor operazione Atalanta per combattere la pirateria costiera; eEUTM Somalia per fornire consulenza e formazione militare, politica e strategica. Per ulteriori informazioni consultare:EUCAP Somalia (Servizio europeo per l’azione esterna) DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP SOMALIA) (GU L 34 del 6.2.2020, pag. 5). Decisione (PESC) 2020/155 del Consiglio, del 24 ottobre 2019, relativa alla firma e alla conclusione, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia) (GU L 34 del 6.2.2020, pag. 3). DOCUMENTI COLLEGATI Decisione 2012/389/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità marittime regionali nel Corno d’Africa (EUCAP NESTOR) (GU L 187 del 17.7.2012, pag. 40). Le successive modifiche alla decisione 2012/389/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32015R0479
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REGOLAMENTO (UE) 2015/479 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo a un regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (3) ha subito modifiche sostanziali (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) La politica commerciale comune dovrebbe essere basata su principi uniformi. (3) È quindi opportuno instaurare un regime comune applicabile alle esportazioni dell'Unione. (4) In tutti gli Stati membri le esportazioni sono quasi totalmente liberalizzate. In tali condizioni è possibile prendere in considerazione, sul piano unionale, il principio secondo cui le esportazioni destinate ai paesi terzi non sono soggette ad alcuna restrizione quantitativa, fatte salve le deroghe previste dal presente regolamento e le misure che gli Stati membri possono adottare conformemente al trattato. (5) La Commissione dovrebbe essere informata quando, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, uno Stato membro ritenga che possano essere necessarie misure di salvaguardia. (6) È essenziale, a livello unionale, segnatamente sulla base delle suddette informazioni, procedere all'esame delle condizioni delle esportazioni, della loro evoluzione e dei vari elementi della situazione economica e commerciale nonché, ove occorra, delle misure da adottare. (7) Può essere necessario esercitare un controllo di talune esportazioni o istituire, a titolo di precauzione, misure conservative, intese a far fronte a pratiche imprevedibili. (8) Le misure di salvaguardia rese necessarie dagli interessi dell'Unione dovrebbero essere adottate nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti. (9) Appare necessario consentire agli Stati membri vincolati da impegni internazionali che prevedano, in caso di difficoltà di approvvigionamento reali o potenziali, un meccanismo di ripartizione dei prodotti petroliferi tra le parti contraenti, di adempiere ai conseguenti obblighi nei confronti dei paesi terzi, fatte salve le disposizioni unionali adottate al medesimo scopo. Tale autorizzazione dovrebbe essere applicata fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, di misure appropriate a seguito di impegni assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri. (10) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i prodotti, sia industriali che agricoli. Esso dovrebbe essere applicato a titolo complementare con gli atti relativi all'organizzazione comune dei mercati agricoli nonché con gli atti specifici adottati a sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. È tuttavia opportuno evitare che le disposizioni del presente regolamento si sovrappongano a quelle di detti atti e in particolare alle clausole di salvaguardia in essi previste. (11) L'esecuzione del presente regolamento esige condizioni uniformi per l'adozione delle misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I PRINCIPIO FONDAMENTALE Articolo 1 Le esportazioni dell'Unione verso i paesi terzi sono libere, vale a dire non soggette a restrizioni quantitative, ad eccezione di quelle applicate conformemente al presente regolamento. CAPO II PROCEDURA UNIONALE DI INFORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE Articolo 2 Quando uno Stato membro, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, ritiene che potrebbero essere necessarie misure di salvaguardia ai sensi del capo III, ne dà comunicazione alla Commissione, che provvede ad informare gli altri Stati membri. Articolo 3 1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dal regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l'articolo 5 dello stesso. Articolo 4 La Commissione può chiedere agli Stati membri di fornirle dati statistici sull'evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale e di controllarne a tal fine le esportazioni, conformemente alle legislazioni nazionali e secondo modalità da essa indicate. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per dar seguito alle domande della Commissione e le comunicano i dati richiesti. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. CAPO III MISURE DI SALVAGUARDIA Articolo 5 1. Al fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali o al fine di porvi rimedio e quando gli interessi dell'Unione richiedono un'azione immediata, la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa e tenendo conto della natura dei prodotti e delle altre particolarità delle transazioni in causa, può subordinare l'esportazione di un prodotto alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione da concedere secondo le modalità e nei limiti che essa definisce secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o, in casi di urgenza, conformemente all'articolo 3, paragrafo 3. 2. Le misure adottate sono comunicate al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri; esse sono di immediata applicazione. 3. Le misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell'Unione. Esse non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell'Unione. 4. Qualora l'intervento della Commissione sia stato richiesto da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia ai sensi del paragrafo 1 entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data alla quale ha ricevuto la richiesta. 5. In caso di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo, la Commissione, entro dodici giorni lavorativi a decorrere dalla data di entrata in vigore della misura da essa adottata, decide l'eventuale adozione delle misure appropriate a norma dell'articolo 6. La misura si intende revocata se, entro sei settimane dalla data dell'entrata in vigore, non sono state adottate misure. Articolo 6 1. Quando lo esigano gli interessi dell'Unione, la Commissione, che delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, adotta le misure appropriate: a) per prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali e per porvi rimedio; b) per permettere l'esecuzione degli impegni internazionali contratti dall'Unione o da tutti i suoi Stati membri, segnatamente in materia di commercio di prodotti di base. 2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere limitate a determinate destinazioni e alle esportazioni da determinate regioni dell'Unione. Esse non interessano i prodotti avviati verso la frontiera dell'Unione. 3. Quando sono instaurate restrizioni quantitative all'esportazione, si tiene conto in particolare: a) da un lato, del volume dei contratti stipulati a condizioni normali prima dell'entrata in vigore di una misura di salvaguardia a norma del presente capo, e che lo Stato membro interessato ha notificato alla Commissione conformemente alle sue disposizioni interne; e b) dall'altro, del fatto che la realizzazione dello scopo perseguito con l'instaurazione delle restrizioni quantitative non deve essere compromessa. Articolo 7 1. Durante il periodo d'applicazione di qualsiasi misura di cui agli articoli 5 e 6, la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa: a) valutare gli effetti della misura; b) verificare se sia necessario mantenere in vigore il provvedimento. Se la Commissione ritiene che l'applicazione della misura sia ancora necessaria ne informa gli Stati membri. 2. Quando la Commissione ritiene necessaria la revoca o la modifica delle misure di cui agli articoli 5 e 6, essa delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2. CAPO IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Articolo 8 Per i prodotti di cui all'allegato I fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, delle misure idonee derivanti dagli impegni internazionali assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri, fatte salve le regole adottate in materia dall'Unione, questi sono autorizzati ad applicare i meccanismi di crisi relativi a un obbligo di ripartizione nei confronti dei paesi terzi, conformemente agli impegni internazionali da essi assunti anteriormente all'entrata in vigore del presente regolamento. Gli Stati membri informano la Commissione delle misure che intendono adottare. Le misure adottate sono comunicate dalla Commissione al Consiglio e agli altri Stati membri. Articolo 9 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 10 Fatte salve altre disposizioni dell'Unione, il presente regolamento non osta all'adozione o all'applicazione, da parte degli Stati membri, di restrizioni quantitative all'esportazione giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Articolo 11 Il presente regolamento non osta all'applicazione degli atti relativi alle organizzazioni comuni dei mercati agricoli nonché degli atti specifici adottati ai sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Esso si applica a titolo complementare. Tuttavia, le disposizioni dell'articolo 5 del presente regolamento non sono applicabili ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda la possibilità di applicare restrizioni quantitative all'esportazione. L'articolo 4 non è applicabile ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda l'esibizione di un certificato o di un altro titolo di esportazione. Articolo 12 Il regolamento (CE) n. 1061/2009 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell'allegato III. Articolo 13 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). (4) Si veda l'allegato II. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (Cfr. pagina 16 della presente Gazzetta ufficiale). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). ALLEGATO I Prodotti di cui all'articolo 8 Codice NC Designazione delle merci 2709 00 Oli greggi di petrolio o di minerali bituminosi 2710 Oli di petrolio o di minerali bituminosi, diversi dagli oli greggi; preparazioni non nominate né comprese altrove, contenenti, in peso, il 70 % o più di oli di petrolio o di minerali bituminosi e delle quali tali oli costituiscono il componente base; oli usati: da 2710 11 11 a 2710 11 90 Oli leggeri da 2710 19 11 a 2710 19 29 Oli medi da 2710 19 31 a 2710 19 99 Oli pesanti, esclusi gli oli di lubrificazione per l'orologeria e simili, presentati in piccoli recipienti contenenti fino a 250 g netti di olio 2711 Gas di petrolio e altri idrocarburi gassosi: – liquefatti: 2711 12 – – Propano: – – – Propano di purezza uguale o superiore al 99 % – – – altro 2711 13 – – Butani: – allo stato gassoso: ex 2711 29 00 – – altri: – – – propano – – – butani ALLEGATO II Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 21 dell'allegato ALLEGATO III Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1061/2009 Il presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 4 Articolo 3 Articolo 5 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 9 bis Articolo 9 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 Articolo 12 Articolo 13 Articolo 13 Allegato I Allegato I Allegato II Allegato II Allegato III Allegato III
Un regime europeo comune applicabile alle esportazioni QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Sancisce il principio fondamentale secondo cui l’esportazione di prodotti dai paesi dell’Unione europea verso altri paesi non è soggetta a restrizioni quantitative. Stabilisce anche le regole relative a una procedura per l’adozione di misure di salvaguardia. PUNTI CHIAVE Il regolamento si applica a tutti i prodotti, sia industriali sia agricoli. Misure di salvaguardiaAl fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali, la Commissione europea può subordinare l’esportazione di un prodotto alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione. Queste misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell’UE. Tuttavia, non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell’Unione. Ad esempio, come nel contesto dell’epidemia di Covid-19, il regolamento di esecuzione (UE) 2020/402, per un periodo di tempo limitato, ha richiesto che alcuni dispositivi di protezione individuale, originari o meno dell’Unione, fossero autorizzati dalle autorità competenti dei paesi dell’UE per l’esportazione al di fuori dell’Unione, ad eccezione dei paesi dell’Associazione europea di libero scambio, dei territori dipendenti dalle catene di approvvigionamento dell’Unione (ad esempio Andorra) e di alcuni territori d’oltremare. Il provvedimento cercava di garantire la disponibilità di dispositivi di protezione individuale nei paesi dell’UE per prevenire la diffusione della Covid-19. L’atto di esecuzione ha stabilito la procedura per richiedere l’autorizzazione e il suo allegato I elenca i prodotti che necessitano di autorizzazione (occhiali e visiere protettive, guanti, indumenti protettivi, dispositivi di protezione del naso e della bocca e schermi facciali). La Commissione deve adottare qualsiasi misura di salvaguardia resa necessaria dagli interessi dell’Unione nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti (per esempio, derivante dall’appartenenza dell’UE all’Organizzazione mondiale del commercio).Informazioni e consultazioneSe un paese dell’UE ritiene possano essere necessarie misure di salvaguardia a seguito di un’eccezionale evoluzione del mercato, deve darne comunicazione alla Commissione, la quale provvede a informare gli altri paesi dell’UE. La Commissione può chiedere ai paesi dell’UE di fornirle dati statistici sull’evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale.Attuazione Il Comitato per le misure di salvaguardia, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE e istituito dal regolamento (UE) 2015/478 relativo al regime comune applicabile alle importazioni, assiste la Commissione nell’attuazione del regolamento. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 16 aprile 2015. Abroga il regolamento (CE) n. 1061/2009 con effetto immediato. CONTESTO Il regolamento codifica il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Fa parte della politica commerciale comune dell’Unione, che si basa su principi uniformi per tutti i paesi dell’UE. Per ulteriori informazioni consultare:Esportazioni dall’UE (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/479 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 34). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2020/402 della Commissione, del 14 marzo 2020, che subordina l’esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione (GU L 77I del 15.3.2020, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2020/402 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha solo valore documentale. Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 16).
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Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 208 del 05/08/2002 pag. 0001 - 0009 Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 giugno 2002che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Nella Comunità sono stati adottati numerosi atti normativi volti a migliorare la sicurezza ed a prevenire l'inquinamento nei trasporti marittimi. Per risultare efficaci tali disposizioni devono essere correttamente ed uniformemente applicate in tutto il territorio comunitario. Ciò garantirà parità di condizioni, facendo sì che la concorrenza subisca minori distorsioni risultanti dall'esistenza di vantaggi economici per le navi non conformi agli standard, con beneficio dei soggetti marittimi coscienziosi.(2) Alcuni dei compiti attualmente svolti a livello comunitario o nazionale potrebbero essere eseguiti da un organismo specializzato di esperti. Di fatto, vi è la necessità di un sostegno tecnico e scientifico e di solide competenze di alto livello per dare corretta applicazione alla legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima e prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi, per monitorare tale applicazione e per valutare l'efficacia delle misure in vigore. Occorre pertanto costituire un'Agenzia europea per la sicurezza marittima ("l'Agenzia"), nel quadro delle esistenti strutture istituzionali comunitarie e dell'attuale equilibrio tra i poteri.(3) L'Agenzia dovrebbe rappresentare, in termini generali, l'organismo tecnico in grado di fornire alla Comunità i mezzi necessari per intervenire efficacemente al fine di migliorare la sicurezza marittima nel suo complesso e le regole di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi. L'Agenzia dovrebbe assistere la Commissione nel costante processo di aggiornamento e sviluppo della legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima e prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi, e dovrebbe fornire il sostegno necessario per assicurare che tale legislazione trovi applicazione in tutto il territorio comunitario in maniera efficace e convergente, assistendo la Commissione nello svolgere i compiti attribuiti a quest'ultima dalla vigente e futura legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima e prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi.(4) Per realizzare adeguatamente gli obiettivi per i quali l'Agenzia è istituita, è opportuno che essa svolga una serie di altri importanti compiti destinati a migliorare la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi nelle acque degli Stati membri. In tal senso, l'Agenzia dovrebbe collaborare con gli Stati membri per organizzare idonee attività di formazione sulle questioni del controllo dello Stato di approdo e di bandiera e per fornire assistenza tecnica per l'attuazione della legislazione comunitaria. Essa dovrebbe favorire la cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione, come previsto dalla direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d'informazione e che abroga la direttiva 93/75/CEE del Consiglio(5), in particolare sviluppando e rendendo operativi i sistemi di informazione necessari ai fini degli obiettivi di tale direttiva e nelle attività di indagine su gravi incidenti marittimi. Essa dovrebbe fornire alla Commissione ed agli Stati membri informazioni e dati oggettivi, attendibili e comparabili sulla sicurezza marittima e sulla prevenzione dell'inquinamento causato da navi, tali da permettere loro di avviare le iniziative necessarie per migliorare le misure in vigore e per valutarne l'efficacia. Essa dovrebbe mettere le conoscenze comunitarie in materia di sicurezza marittima a disposizione degli Stati candidati all'adesione. Essa dovrebbe essere aperta alla partecipazione di tali Stati e di altri paesi terzi che hanno concluso accordi con la Comunità, qualora questi adottino ed attuino la legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi.(5) L'Agenzia dovrebbe promuovere una più efficace cooperazione fra gli Stati membri e dovrebbe sviluppare e diffondere le migliori pratiche nella Comunità, contribuendo in tal modo a migliorare il sistema generale di sicurezza marittima nella Comunità e a ridurre il rischio di incidenti marittimi, di inquinamento marino e di perdita di vite umane in mare.(6) Per svolgere correttamente i compiti assegnati all'Agenzia, è opportuno che il suo personale effettui visite presso gli Stati membri per monitorare nel suo complesso il funzionamento del sistema comunitario di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi. Dette visite dovrebbero svolgersi conformemente ad un orientamento che dovrà essere definito dal consiglio d'amministrazione dell'Agenzia e dovrebbero essere agevolate dalle autorità degli Stati membri.(7) L'Agenzia dovrebbe applicare la pertinente legislazione comunitaria in materia di accesso del pubblico ai documenti e di protezione delle persone rispetto al trattamento dei dati personali. Essa dovrebbe fornire al pubblico e a qualsiasi parte interessata informazioni oggettive, affidabili e facilmente comprensibili in merito alla propria attività.(8) In materia di responsabilità contrattuale dell'Agenzia, che è disciplinata dal diritto applicabile ai contratti da essa conclusi, dovrebbe essere competente a giudicare la Corte di giustizia conformemente alla clausola compromissoria contenuta nel contratto. La Corte di giustizia dovrebbe anche essere competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni derivanti da responsabilità extracontrattuale dell'Agenzia.(9) Per garantire un efficace adempimento delle funzioni dell'Agenzia, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero essere rappresentati in un consiglio di amministrazione dotato dei necessari poteri di predisporre il bilancio, verificarne l'esecuzione, adottare l'appropriato regolamento finanziario, fissare procedure di lavoro trasparenti per l'adozione delle deliberazioni dell'Agenzia, approvare il suo programma di lavoro, esaminare richieste di assistenza tecnica da parte degli Stati membri, definire un orientamento per le visite negli Stati membri e nominare il direttore esecutivo. Tenendo conto della missione e dei compiti altamente tecnici e scientifici dell'Agenzia, è opportuno che il consiglio di amministrazione si componga di un rappresentante di ogni Stato membro e quattro rappresentanti della Commissione, membri con un alto livello di competenza. Ad ulteriore garanzia del massimo livello di competenza e di esperienza all'interno del consiglio di amministrazione, e al fine di coinvolgere i settori maggiormente interessati nei compiti dell'Agenzia, la Commissione dovrebbe nominare professionisti indipendenti di detti settori in qualità di membri del consiglio di amministrazione senza diritto di voto, in base al loro merito personale e alla loro esperienza nel campo della sicurezza marittima e della prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi, e non in quanto rappresentanti di particolari organizzazioni professionali.(10) Per il corretto funzionamento dell'Agenzia è necessario che il suo direttore esecutivo sia nominato in base al merito e a documentate capacità amministrative e gestionali, nonché in ragione della competenza ed esperienza in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato da navi, e che adempia ai propri compiti con totale indipendenza e flessibilità per l'organizzazione del funzionamento interno dell'Agenzia. A tal fine egli dovrebbe predisporre e porre in essere tutti i passi necessari per assicurare che il programma di lavoro dell'Agenzia sia adeguatamente realizzato, preparare ogni anno un progetto di relazione generale da presentare al consiglio di amministrazione, fornire una stima delle entrate e delle spese dell'Agenzia e dare esecuzione al bilancio.(11) Per garantire all'Agenzia piena autonomia ed indipendenza, è necessario dotarla di un bilancio autonomo le cui entrate sono essenzialmente costituite da contributi della Comunità.(12) Negli ultimi anni, con la creazione di nuove agenzie decentrate, l'autorità di bilancio ha cercato di migliorare la trasparenza e il controllo sulla gestione dei fondi comunitari ad esse attribuiti, in particolare per quanto concerne l'iscrizione in bilancio dei diritti, il controllo finanziario, il potere di scarico, i contributi al regime pensionistico e la procedura di bilancio interna (codice di condotta). Analogamente, il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall'ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)(6), dovrebbe applicarsi senza restrizioni all'Agenzia, che dovrebbe pure essere soggetta all'applicazione dell'accordo interistituzionale del 25 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione delle Comunità europee relativo alle indagini interne svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)(7).(13) Entro cinque anni dalla data in cui l'Agenzia ha assunto le proprie funzioni, il consiglio di amministrazione dovrebbe commissionare una valutazione indipendente esterna al fine di valutare l'impatto del presente regolamento, dell'Agenzia e dei suoi metodi di lavoro nel garantire un elevato livello di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO IOBIETTIVI E COMPITIArticolo 1Obiettivi1. Il presente regolamento istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza marittima ("l'Agenzia"), al fine di assicurare un livello elevato, efficace ed uniforme di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi nella Comunità.2. L'Agenzia fornisce agli Stati membri e alla Commissione l'assistenza tecnica e scientifica necessaria, nonché le capacità di alto livello, per coadiuvarli nel dare corretta applicazione, nel settore della sicurezza marittima e della prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi, alla legislazione comunitaria, nel monitorare tale applicazione e nel valutare l'efficacia delle misure in vigore.Articolo 2CompitiPer assicurare che gli obiettivi indicati all'articolo 1 siano realizzati in modo appropriato, l'Agenzia svolge i seguenti compiti:a) assiste la Commissione, se del caso, nei lavori preparatori per aggiornare e sviluppare la legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi, con particolare riguardo all'evoluzione della relativa normativa internazionale. Tale compito comprende l'analisi di progetti di ricerca realizzati nel settore della sicurezza marittima e della prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi;b) assiste la Commissione nell'efficace attuazione, in tutto il territorio comunitario, della legislazione comunitaria sulla sicurezza marittima e sulla prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi. In particolare, l'Agenzia:i) controlla nel suo insieme il funzionamento del regime comunitario di controllo dello Stato di approdo, compresa l'eventuale effettuazione di visite presso gli Stati membri, e suggerisce alla Commissione qualsiasi possibile miglioramento in tale settore;ii) fornisce alla Commissione l'assistenza tecnica necessaria per partecipare ai lavori degli organismi tecnici del memorandum d'intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato di approdo;iii) assiste la Commissione nella realizzazione di qualsiasi altro compito assegnato a quest'ultima per effetto della vigente e futura legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi, in particolare la legislazione relativa alle società di classificazione, alla sicurezza delle navi passeggeri, nonché quella relativa alla sicurezza, alla formazione, al rilascio dei brevetti e alla guardia degli equipaggi delle navi;c) collabora con gli Stati membri per:i) organizzare, se del caso, le opportune iniziative di formazione nelle materie di competenza dello Stato di approdo o dello Stato di bandiera;ii) sviluppare soluzioni tecniche e fornire assistenza tecnica per l'attuazione della legislazione comunitaria;d) facilita la cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione nel settore contemplato dalla direttiva 2002/59/CE. In particolare, essa:i) promuove la cooperazione tra Stati rivieraschi nelle aree di navigazione interessate nei settori cui si applica tale direttiva;ii) sviluppa e rende operativi i sistemi d'informazione necessari al raggiungimento degli obiettivi di cui a tale direttiva;e) facilita la cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione nell'elaborazione, tenendo nel debito conto le differenze tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, di una metodologia comune di indagine sugli incidenti marittimi conformemente ai principi riconosciuti a livello internazionale, nel sostegno agli Stati membri nelle attività legate alle indagini relative a gravi incidenti marittimi e nell'analisi dei rapporti esistenti sugli accertamenti relativi ad incidenti;f) fornisce alla Commissione ed agli Stati membri informazioni e dati oggettivi, attendibili e comparabili sulla sicurezza marittima e sull'inquinamento marino causato dalle navi, per consentire loro di adottare le misure necessarie per migliorare la sicurezza marittima e la prevenzione di tale inquinamento e di valutare l'efficacia delle misure in vigore. Rientrano in tali compiti la rilevazione, registrazione e valutazione di dati tecnici nel campo della sicurezza marittima e del traffico marittimo nonché nel campo dell'inquinamento marino, sia accidentale che intenzionale, la sistematica utilizzazione delle banche dati esistenti, compreso il reciproco scambio di dati e, se del caso, la realizzazione di banche dati complementari. Sulla base dei dati raccolti l'Agenzia assiste la Commissione nella pubblicazione semestrale delle informazioni relative alle navi cui è stato rifiutato l'accesso ai porti comunitari in applicazione della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo)(8). L'Agenzia assisterà inoltre la Commissione e gli Stati membri nelle attività volte a facilitare l'identificazione delle navi che procedono a scarichi illeciti in acqua e l'applicazione delle relative sanzioni;g) nel corso di negoziati con Stati candidati all'adesione l'Agenzia può fornire l'assistenza tecnica per l'attuazione della legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi. Tale compito è svolto in coordinamento con i programmi di cooperazione regionale esistenti e comprende, se del caso, l'organizzazione di attività di formazione in materia.Articolo 3Visite presso gli Stati membri1. Per lo svolgimento dei compiti che le sono assegnati, l'Agenzia può effettuare visite presso gli Stati membri conformemente all'orientamento definito dal consiglio di amministrazione. Le autorità nazionali degli Stati membri facilitano il lavoro del personale dell'Agenzia.2. L'Agenzia informa della visita prevista lo Stato membro interessato, comunicando l'identità dei funzionari cui ha dato mandato e la data di inizio della visita stessa. I funzionari dell'Agenzia incaricati delle visite le effettuano dietro presentazione di una deliberazione del direttore esecutivo dell'Agenzia, dalla quale risultano l'oggetto e lo scopo della missione.3. A conclusione di ciascuna visita, l'Agenzia redige una relazione e la trasmette alla Commissione e allo Stato membro interessato.Articolo 4Trasparenza e protezione delle informazioni1. Per l'esame delle domande di accesso ai documenti in suo possesso l'Agenzia applica i principi enunciati nel regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione(9).2. L'Agenzia può comunicare informazioni di propria iniziativa nell'ambito dei settori contemplati dal suo mandato. In particolare fa sì che il pubblico e qualsiasi altra parte interessata possano disporre rapidamente di informazioni obiettive, affidabili e facilmente comprensibili riguardanti la sua attività.3. Il consiglio di amministrazione stabilisce la normativa interna necessaria per l'applicazione dei paragrafi 1 e 2.4. Le informazioni raccolte dalla Commissione e dall'Agenzia in conformità del presente regolamento sono soggette alle disposizioni del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati(10).CAPITOLO IISTRUTTURA INTERNA E FUNZIONAMENTOArticolo 5Status giuridico, centri regionali1. L'Agenzia è un organismo della Comunità dotato di personalità giuridica.2. In ciascuno degli Stati membri, l'Agenzia ha la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle rispettive legislazioni nazionali. In particolare, può acquistare o alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio.3. Su richiesta della Commissione, il consiglio di amministrazione può decidere, previo accordo degli Stati membri interessati, di istituire i centri regionali necessari per svolgere i compiti legati al monitoraggio sulla navigazione e sul traffico marittimo, come previsto dalla direttiva 2002/59/CE.4. L'Agenzia è rappresentata dal suo direttore esecutivo.Articolo 6Personale1. Al personale dell'Agenzia si applicano lo statuto dei funzionari delle Comunità europee, il regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee e le regole adottate congiuntamente dalle istituzioni delle Comunità europee per l'applicazione di detti statuto e regime. Il consiglio di amministrazione, previo accordo della Commissione, ne stabilisce le necessarie modalità d'applicazione.2. Fatto salvo il disposto dell'articolo 16, l'Agenzia esercita nei confronti del proprio personale i poteri conferiti dallo statuto dei funzionari delle Comunità europee e dal regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee all'autorità che ha il potere di nomina.3. Il personale dell'Agenzia è composto da funzionari, effettivi o distaccati dalla Commissione o dagli Stati membri, a titolo temporaneo, e da altri agenti assunti dall'Agenzia per quanto necessario all'adempimento dei suoi compiti.Articolo 7Privilegi e immunitàAll'Agenzia e al suo personale si applica il protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee.Articolo 8Responsabilità1. La responsabilità contrattuale dell'Agenzia è disciplinata dal diritto applicabile al contratto di cui trattasi.2. La Corte di giustizia è competente a giudicare in virtù di eventuali clausole compromissorie contenute nei contratti stipulati dall'Agenzia.3. In materia di responsabilità extracontrattuale, l'Agenzia risarcisce, conformemente ai principi generali comuni al diritto degli Stati membri, i danni causati dai suoi servizi o dai suoi agenti nell'esercizio delle loro funzioni.4. La Corte di giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui al paragrafo 3.5. La responsabilità personale degli agenti verso l'Agenzia è disciplinata dalle disposizioni dello statuto del personale o del regime ad essi applicabile.Articolo 9Lingue1. All'Agenzia si applicano le disposizioni previste nel regolamento n. 1 del 15 aprile 1958 che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea(11).2. I servizi di traduzione necessari per il funzionamento dell'Agenzia sono forniti dal Centro di traduzione degli organismi dell'Unione europea.Articolo 10Istituzione e poteri del consiglio di amministrazione1. È istituito un consiglio di amministrazione.2. Il consiglio di amministrazione:a) nomina il direttore esecutivo in applicazione dell'articolo 16;b) adotta entro il 30 aprile di ogni anno la relazione generale dell'Agenzia per l'anno precedente e la trasmette agli Stati membri, al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione;c) nell'ambito della preparazione del programma di lavoro, esamina richieste di assistenza tecnica da parte degli Stati membri, di cui all'articolo 2, lettera c), punto ii);d) adotta entro il 31 ottobre di ogni anno, tenuto conto del parere della Commissione, il programma di lavoro dell'Agenzia per l'anno seguente e lo trasmette agli Stati membri, al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione.Tale programma di lavoro è adottato nel rispetto della procedura annuale di bilancio della Comunità. Qualora la Commissione si esprima, entro 15 giorni dalla data dell'adozione del programma di lavoro, a sfavore di tale programma, il consiglio di amministrazione lo riesamina e lo adotta, possibilmente in versione modificata entro un termine di due mesi, in seconda lettura o con votazione a maggioranza di due terzi, compresi i rappresentanti della Commissione, o all'unanimità dei rappresentanti degli Stati membri;e) adotta il bilancio definitivo dell'Agenzia prima dell'inizio dell'esercizio finanziario e, se del caso, vi opera i necessari aggiustamenti in funzione del contributo della Comunità e di qualsiasi altra entrata dell'Agenzia;f) fissa le procedure per l'assunzione delle deliberazioni del direttore esecutivo;g) definisce un orientamento relativo alle visite da effettuare a norma dell'articolo 3;h) esercita le proprie funzioni in materia di bilancio dell'Agenzia in applicazione degli articoli 18, 19 e 21;i) esercita l'autorità disciplinare sul direttore esecutivo e sui capi unità in virtù dell'articolo 15, paragrafo 3;j) adotta il proprio regolamento interno.Articolo 11Composizione del consiglio di amministrazione1. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante di ogni Stato membro e da quattro rappresentanti della Commissione, nonché da quattro professionisti dei settori maggiormente interessati, designati dalla Commissione, non aventi diritto di voto.I membri del Consiglio sono nominati in base al grado di esperienza maturata nel settore e alla loro competenza nel campo della sicurezza marittima e della prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi.2. Ogni Stato membro e la Commissione nominano i rispettivi membri del Consiglio di amministrazione nonché un supplente per rappresentarli in caso di assenza.3. La durata del mandato è di cinque anni. Il mandato può essere rinnovato una sola volta.4. Se del caso, la partecipazione di rappresentanti di paesi terzi e le condizioni ad essa relative sono definite negli accordi di cui all'articolo 17, paragrafo 2.Articolo 12Presidenza del consiglio di amministrazione1. Il consiglio di amministrazione elegge fra i suoi membri un presidente e un vicepresidente. Il vicepresidente sostituisce d'ufficio il presidente in caso di impedimento di quest'ultimo.2. Il mandato del presidente e del vicepresidente ha durata di tre anni e termina quando essi cessano di far parte del consiglio di amministrazione. Tale mandato è rinnovabile una sola volta.Articolo 13Riunioni1. Il consiglio di amministrazione si riunisce su convocazione del presidente.2. Il direttore esecutivo dell'Agenzia partecipa alle deliberazioni.3. Il consiglio di amministrazione tiene una riunione ordinaria due volte all'anno. Esso si riunisce inoltre su iniziativa del presidente o su richiesta della Commissione o di un terzo degli Stati membri.4. Qualora si ponga una questione di riservatezza o di conflitto di interessi, il consiglio di amministrazione può decidere di esaminare punti specifici dell'ordine del giorno in assenza dei membri designati in qualità di professionisti dei settori maggiormente interessati. Norme dettagliate per l'applicazione della presente disposizione possono essere fissate nel regolamento interno.5. Il consiglio di amministrazione può invitare ad assistere alle proprie riunioni come osservatore qualsiasi persona il cui parere possa presentare interesse.6. I membri del consiglio di amministrazione possono, nel rispetto delle disposizioni del regolamento interno, essere assistiti da consiglieri o esperti.7. L'Agenzia svolge le funzioni di segretariato del consiglio di amministrazione.Articolo 14Votazioni1. Il consiglio di amministrazione prende le sue decisioni a maggioranza di due terzi di tutti i membri aventi diritto di voto.2. Ogni membro dispone di un voto. Il direttore esecutivo dell'Agenzia non ha diritto di voto.In assenza di un membro, il suo supplente è legittimato ad esercitare il diritto di voto.3. Il regolamento interno stabilisce le disposizioni di voto più dettagliate, in particolare le condizioni in cui un membro può agire per conto di un altro.Articolo 15Funzioni e poteri del direttore esecutivo1. L'Agenzia è diretta dal direttore esecutivo, che è completamente indipendente nell'espletamento delle sue funzioni ferme restando le rispettive competenze della Commissione e del consiglio di amministrazione.2. Il direttore esecutivo ha le funzioni e i poteri seguenti:a) elabora il programma di lavoro e lo presenta al consiglio di amministrazione, previa consultazione della Commissione. Adotta le misure necessarie per darvi attuazione. Risponde a tutte le richieste di assistenza avanzate dalla Commissione o da uno Stato membro, conformemente all'articolo 10, paragrafo 2, lettera c);b) decide dell'esecuzione delle visite di cui all'articolo 3, previa consultazione della Commissione e seguendo l'orientamento definito dal Consiglio di amministrazione in conformità dell'articolo 10, paragrafo 2, lettera g);c) adotta tutte le misure necessarie, emanando in particolare istruzioni amministrative interne e pubblicando avvisi, per assicurare il corretto funzionamento dell'Agenzia conformemente al presente regolamento;d) predispone un efficace sistema di monitoraggio per valutare i risultati dell'Agenzia rispetto agli obiettivi operativi. Su tale base, elabora ogni anno un progetto di relazione generale che sottopone al consiglio di amministrazione. Egli predispone un regolare sistema di controllo conforme a criteri professionali riconosciuti;e) esercita nei confronti del personale i poteri previsti dall'articolo 6, paragrafo 2;f) elabora una stima delle entrate e delle spese dell'Agenzia conformemente all'articolo 18 ed esegue il bilancio conformemente al disposto dell'articolo 19.3. Il direttore esecutivo può essere coadiuvato da uno o più capi unità, uno dei quali lo sostituisce in caso di assenza o impedimento.Articolo 16Nomina del direttore esecutivo1. Il direttore esecutivo dell'Agenzia è nominato dal consiglio di amministrazione in base al merito e alle provate capacità in campo amministrativo e gestionale, nonché alla competenza ed esperienza in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi. Il consiglio di amministrazione prende la decisione con la maggioranza dei quattro quinti di tutti i membri aventi diritto di voto. La Commissione può proporre uno o più candidati.Il potere di revoca di tale nomina spetta al consiglio di amministrazione, secondo la stessa procedura.2. Il mandato del direttore esecutivo è di cinque anni ed è rinnovabile una sola volta.Articolo 17Partecipazione di paesi terzi1. La partecipazione all'Agenzia è aperta ai paesi terzi che hanno concluso con la Comunità europea accordi in virtù dei quali hanno adottato ed applicano il diritto comunitario nel settore della sicurezza marittima e della prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi.2. Nel rispetto delle pertinenti disposizioni di tali accordi, saranno elaborate intese nelle quali verranno fra l'altro specificate natura e portata delle regole dettagliate che disciplinano la partecipazione dei paesi in questione ai lavori dell'Agenzia, comprese le disposizioni in materia finanziaria e di personale.CAPITOLO IIIDISPOSIZIONI FINANZIARIEArticolo 18Bilancio1. Le entrate dell'Agenzia sono costituite da:a) un contributo della Comunità;b) eventuali contributi di qualsiasi paese terzo che partecipi ai lavori dell'Agenzia conformemente all'articolo 17;c) corrispettivi di pubblicazioni, corsi di formazione e/o altri servizi forniti dall'Agenzia.2. Le spese dell'Agenzia comprendono spese di personale, amministrative, di infrastruttura e di esercizio.3. Il direttore esecutivo elabora una stima delle entrate e delle spese dell'Agenzia per l'esercizio finanziario successivo e la trasmette al consiglio di amministrazione insieme ad una tabella dell'organico.4. Entrate e spese devono essere in pareggio.5. Entro il 30 aprile di ogni anno al più tardi, il consiglio di amministrazione adotta il progetto di bilancio, corredato del programma di lavoro preliminare, e li trasmette alla Commissione e ai paesi terzi che partecipano ai lavori dell'Agenzia conformemente all'articolo 17.In base al progetto di bilancio, la Commissione forma stime corrispondenti nel progetto preliminare di bilancio generale dell'Unione europea, che sottopone al Consiglio ai sensi dell'articolo 272 del trattato. Deve essere rispettato il massimale delle prospettive finanziarie della Comunità approvate per gli anni a venire.6. Dopo l'adozione del bilancio generale dell'Unione europea, il consiglio di amministrazione adotta il bilancio dell'Agenzia e il programma di lavoro definitivo, apportando gli eventuali aggiustamenti necessari per adeguarli al contributo della Comunità, e li trasmette senza indugio alla Commissione, all'autorità di bilancio e ai paesi terzi che partecipano ai lavori dell'Agenzia.Articolo 19Esecuzione e controllo del bilancio1. Il direttore esecutivo dà esecuzione al bilancio dell'Agenzia.2. Il controllo degli impegni e dei pagamenti di tutte le spese nonché il controllo dell'esistenza e della riscossione di tutte le entrate dell'Agenzia sono effettuati dal controllore finanziario della Commissione.3. Entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno, il direttore esecutivo sottopone alla Commissione, al consiglio di amministrazione e alla Corte dei conti la contabilità dettagliata di tutte le entrate e di tutte le spese relative all'esercizio precedente.La Corte dei conti esamina tale contabilità conformemente all'articolo 248 del trattato e pubblica ogni anno una relazione sulle attività dell'Agenzia.4. Il Parlamento europeo, su raccomandazione del consiglio di amministrazione, dà scarico dell'esecuzione del bilancio al direttore esecutivo dell'Agenzia.Articolo 20Lotta antifrode1. Nella lotta contro la frode, la corruzione ed altre attività illegali si applicano all'Agenzia, senza limitazioni, le disposizioni del regolamento (CE) n. 1073/1999.2. L'Agenzia aderisce all'accordo interistituzionale del 25 maggio 1999, relativo alle indagini interne dell'OLAF, e adotta immediatamente le appropriate disposizioni applicabili a tutto il suo personale.3. Le decisioni in materia di finanziamento, nonché gli accordi e gli strumenti di esecuzione che ne conseguono, prevedono espressamente la possibilità che la Corte dei conti e l'OLAF effettuino, se del caso, controlli sul posto sui beneficiari delle risorse dell'Agenzia nonché sugli agenti responsabili della loro allocazione.Articolo 21Disposizioni finanziarieIl consiglio di amministrazione, previo accordo della Commissione e parere della Corte dei conti, adotta il regolamento finanziario dell'Agenzia. Tale regolamento finanziario specifica in particolare la procedura da seguire per l'elaborazione e l'esecuzione del bilancio dell'Agenzia, conformemente all'articolo 142 del regolamento finanziario del 21 dicembre 1977 applicabile al bilancio generale delle Comunità europee(12).CAPITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 22Valutazione1. Entro cinque anni dalla data in cui l'Agenzia ha assunto le proprie funzioni, il consiglio di amministrazione commissiona una valutazione esterna indipendente sull'attuazione del presente regolamento. La Commissione mette a disposizione dell'Agenzia ogni informazione che quest'ultima giudichi pertinente per tale valutazione.2. La valutazione è volta a stabilire quale impatto il presente regolamento, l'Agenzia ed i suoi metodi di lavoro hanno avuto nel garantire un elevato livello di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi. Il consiglio di amministrazione stabilisce, in accordo con la Commissione, precisi termini di riferimento, previa consultazione delle parti interessate.3. La valutazione è comunicata al consiglio di amministrazione che presenta alla Commissione raccomandazioni in merito alle modifiche da apportare al presente regolamento, all'Agenzia ed ai suoi metodi di lavoro. Sia i risultati della valutazione che le raccomandazioni sono trasmessi dalla Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio e sono pubblicati.Articolo 23Inizio dell'attività dell'AgenziaL'Agenzia è operativa entro 12 mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento.Articolo 24Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 27 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteM. Arias Cañete(1) GU C 120 E del 24.4.2001, pag. 83, eGU C 103 E del 30.4.2002, pag. 184.(2) GU C 221del 7.8.2001, pag. 64.(3) GU C 357 del 14.12.2001, pag. 1.(4) Parere del Parlamento europeo del 14 giugno 2001 (GU C 53 E del 28.2.2002, pag. 312), posizione comune del Consiglio del 7 marzo 2002 (GU C 119 E del 22.5.2002, pag. 27) e decisione del Parlamento europeo del 12 giugno 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 25 giugno 2002.(5) Cfr. pagina 10 della presente Gazzetta ufficiale.(6) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.(7) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 15.(8) GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/106/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 19 del 22.1.2002, pag. 17).(9) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.(10) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.(11) GU C 17 del 6.10.1958, pag. 385/58. Regolamento modificato da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(12) GU L 356 del 31.12.1977, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, CECA, Euratom) n. 762/2001 (GU L 111 del 20.4.2001, pag. 1).
Sicurezza marittima: Agenzia europea per la sicurezza marittima QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento istituisce l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA), che cerca di assicurare un livello elevato, efficace e uniforme di sicurezza marittima nell’Unione europea (EU) e che ha sede a Lisbona. L’EMSA si adopera inoltre per prevenire l’inquinamento e a intervenire in caso di inquinamento causato dalle navi o dagli impianti per l’estrazione di gas e idrocarburi e fornisce assistenza tecnica alla Commissione europea e agli Stati membri dell’Unione europea (UE) in merito allo sviluppo, l’applicazione e la valutazione delle leggi UE in materia di sicurezza marittima e inquinamento. PUNTI CHIAVE L’EMSA svolge attività principali e supplementari. Le attività principali sono:assistenza nei lavori preparatori per aggiornare e sviluppare la legislazione pertinente dell’UE; visite e ispezioni negli Stati membri volte a garantire un’attuazione efficace degli atti normativi vincolanti dell’UE; attività di formazione e di assistenza tecnica per le amministrazioni nazionali; supporto delle azioni di intervento in caso di inquinamento causato da navi o impianti per l’estrazione di gas e idrocarburi (l’EMSA offre assistenza operativa solo se richiesta da parte del paese colpito).L’EMSA gestisce inoltre il Centro dell’Unione europea di dati d’identificazione e verifica delle navi a grande distanza e il sistema UE per lo scambio di dati marittimi (SafeSeaNet). L’Agenzia è in grado di fornire un supporto operativo nelle indagini in presenza di lesioni gravi o decessi. Attività supplementari L’EMSA avvierà tali attività solo laddove queste forniscano un notevole valore aggiunto, evitando una duplicazione degli sforzi nel rispetto dei diritti e dei doveri degli Stati membri. Tali attività riguardano le questioni ambientali, il programma europeo di monitoraggio della terra (ora Copernicus) e le vie navigabili interne. Visite e ispezioni dell’EMSA L’EMSA visita gli Stati membri per assistere la Commissione e le amministrazioni nazionali per:Verificare se le disposizioni dell’UE vengono attuate in maniera efficace; Garantire un elevato e uniforme livello di sicurezza. L’Agenzia esegue le ispezioni insieme alle società di classificazione e nei paesi terzi per quanto riguarda la formazione e la certificazione dei lavoratori marittimi.StrutturaL’EMSA è un organismo dell’UE dotato di personalità giuridica. Il suo personale è composto da funzionari assunti dall’Agenzia, funzionari dell’UE e agenti statali degli Stati membri temporaneamente distaccati o assegnati all’Agenzia. È guidata da un direttore esecutivo completamente indipendente nello svolgimento delle sue mansioni. Il suo consiglio di amministrazione comprende i rappresentanti della Commissione europea e gli Stati membri, tutti dotati di diritto di voto. Esso include anche i rappresentanti di Norvegia e Islanda e quattro professionisti di altrettanti settori marittimi; nessuno di essi detiene il diritto di voto. Il mandato dura cinque anni e può essere rinnovato una sola volta.Relazioni tra l’EMSA e la guardia di frontiera e costiera europeaIl regolamento (UE) 2016/1624, successivamente sostituito e abrogato dal regolamento (UE) 2019/1896 (si veda la sintesi), ha istituito una guardia di frontiera e costiera europea per garantire l’attuazione efficace della gestione integrata delle frontiere esterne dell’UE, nonché di quelle dei paesi associati Schengen (Islanda, Norvegia e Svizzera). Il regolamento (UE) 2016/1625 modifica il regolamento (CE) n. 1406/2002 per rafforzare la cooperazione tra l’EMSA, l’Agenzia della guardia di frontiera e costiera europea, l’Agenzia europea di controllo della pesca (istituita dal regolamento (UE) 2019/473) e le autorità nazionali che svolgono funzioni di guardia costiera, per aumentare la consapevolezza della situazione marittima e per sostenere un’azione coerente ed efficiente in termini di costi. Ciò comporta:condivisione delle informazioni disponibili nei sistemi di segnalazione delle navi e in altri sistemi informativi;fornitura di servizi di sorveglianza e comunicazione;sviluppo di capacità e definizione delle migliori pratiche, formazione e scambio di personale;condivisione di informazioni e cooperazione sulle funzioni di guardia costiera, anche attraverso l’analisi delle sfide operative e dei rischi emergenti nel settore marittimo;condivisione della capacità pianificando e implementando operazioni multifunzionali e condividendo risorse e altre capacità. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 25 agosto 2002. CONTESTO Due incidenti, ossia i disastri dell’Erika nel 1999 e della Prestige nel 2002, hanno provocato un grave sversamento di petrolio nelle acque europee. Entrambi hanno causato gravi danni ambientali ed economici alle coste francesi e spagnole. Questi eventi hanno portato alla creazione dell’EMSA nel 2003, volta a fare sì che l’Europa sia preparata ad affrontare perdite di petrolio su vasta scala. Per ulteriori informazioni, si veda:I capi dell’EMSA e di Frontex si incontrano per discutere la cooperazione sulle funzioni della guardia costiera europea — redazione (EMSA). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1406/2002 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2019/1896 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2019, relativo alla guardia di frontiera e costiera europea e che abroga i regolamenti (UE) n. 1052/2013 e (UE) 2016/1624 (GU L 295 del 14.11.2019, pag. 1). Regolamento (UE) 2019/473 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, sull’Agenzia europea di controllo della pesca (GU L 83 del 25.3.2019, pag. 18). Direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 57). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni, anche penali, per violazioni (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 11). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione e che abroga la direttiva 93/75/CEE (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 10). Si veda la versione consolidata.
12,905
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32019L0789
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DIRETTIVA (UE) 2019/789 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 aprile 2019 che stabilisce norme relative all'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici e che modifica la direttiva 93/83/CEE del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 53, paragrafo 1, e l'articolo 62, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Al fine di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, è necessario fornire una più ampia diffusione negli Stati membri dei programmi televisivi e radiofonici che hanno origine in altri Stati membri, a vantaggio degli utenti di tutta l'Unione, facilitando la concessione di licenze di diritto d'autore e di diritti connessi per opere e altro materiale protetto contenuti nelle trasmissioni di determinati tipi di programmi televisivi e radiofonici. I programmi televisivi e radiofonici sono strumenti importanti di promozione della diversità culturale e linguistica, della coesione sociale e di un maggiore accesso alle informazioni. (2) Lo sviluppo delle tecnologie digitali e di Internet ha trasformato la distribuzione dei programmi televisivi e radiofonici e l'accesso agli stessi. Gli utenti si aspettano sempre più frequentemente di accedere ai programmi televisivi e radiofonici, tanto in diretta quanto su richiesta, attraverso i canali tradizionali come la trasmissione via satellite o via cavo e anche mediante servizi online. Gli organismi di diffusione radiotelevisiva offrono pertanto sempre più spesso, oltre alle proprie trasmissioni di programmi radiofonici e televisivi, servizi online accessori a tali trasmissioni, come i servizi in simulcast e catch-up. Gli operatori di servizi di ritrasmissione, che aggregano le trasmissioni di programmi radiofonici e televisivi in pacchetti e li forniscono agli utenti contemporaneamente alla diffusione iniziale di quelle trasmissioni, in una versione inalterata e integrale, utilizzano varie tecniche di ritrasmissione, quali il cavo, il satellite, il digitale terrestre, le reti mobili o IP a circuito chiuso, nonché l'Internet aperta. Inoltre, gli operatori che distribuiscono programmi televisivi e radiofonici agli utenti dispongono di diversi mezzi per ottenere segnali che trasportano i programmi degli organismi di diffusione radiotelevisiva, anche tramite l'immissione diretta. Da parte degli utenti vi è una crescente richiesta di accesso alle trasmissioni televisive e ai programmi radiofonici non solo provenienti dal proprio Stato membro ma anche di altri Stati membri. Tali utenti includono le persone appartenenti a minoranze linguistiche nell'Unione e le persone che vivono in uno Stato membro diverso da quello di origine. (3) Gli organismi di diffusione radiotelevisiva trasmettono quotidianamente molte ore di programmi televisivi e radiofonici. Tali programmi contengono vari contenuti, ad esempio opere audiovisive, musicali, letterarie o grafiche protette dal diritto d'autore o da diritti connessi, o entrambe, a norma del diritto dell'Unione. Ciò si traduce in un processo complesso di acquisizione dell'insieme dei diritti da un gran numero di titolari di diritti e per varie categorie di opere e di altro materiale protetto. Spesso i diritti devono essere acquisiti in tempi brevi, in particolare quando si preparano programmi quali notiziari e rubriche di attualità. Al fine di rendere disponibili i propri servizi online al di là delle frontiere, gli organismi di diffusione radiotelevisiva devono disporre dei diritti necessari per le opere e altro materiale protetto per tutti i pertinenti territori, il che rende ancora più complessa l'acquisizione di tali insieme diritti. (4) Gli operatori di servizi di ritrasmissione tipicamente offrono molteplici programmi che comprendono un gran numero di opere e altro materiale protetto e dispongono di un brevissimo lasso di tempo per l'ottenimento delle licenze necessarie e, di conseguenza, sono gravati da oneri considerevoli per quanto riguarda l'acquisizione dei diritti. Gli autori, i produttori e gli altri titolari dei diritti rischiano inoltre che le loro opere e altro materiale protetto siano sfruttati senza l'autorizzazione o il pagamento di una congrua remunerazione. Tale remunerazione per la ritrasmissione delle loro opere e di altro materiale protetto è importante per garantire che vi sia un'offerta di contenuti diversificata, che è anche nell'interesse dei consumatori. (5) I diritti sulle opere e su altro materiale protetto sono armonizzati tra l'altro dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3) e dalla direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), che garantiscono un livello di protezione elevato ai titolari dei diritti. (6) La direttiva 93/83/CEE del Consiglio (5) facilita la trasmissione transfrontaliera via satellite e la ritrasmissione via cavo di programmi televisivi e radiofonici da altri Stati membri. Tuttavia, le disposizioni di tale direttiva sulle trasmissioni di organismi di diffusione radiotelevisiva si applicano unicamente alle trasmissioni via satellite e, pertanto, non si applicano ai servizi online accessori alle trasmissioni. Inoltre, le disposizioni relative alle ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici da altri Stati membri si applicano unicamente alle ritrasmissioni simultanee, invariate ed integrali, via cavo o con sistemi a microonde e non comprendono le ritrasmissioni per mezzo di altre tecnologie. (7) Coerentemente, la fornitura transfrontaliera dei servizi online accessori alla diffusione radiotelevisiva e alla ritrasmissione di programmi televisivi e radiofonici originari di altri Stati membri dovrebbe essere agevolata adeguando il quadro giuridico sull'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi pertinenti per tali attività. Tale adeguamento dovrebbe tener conto del finanziamento e della produzione dei contenuti creativi e, in particolare, delle opere audiovisive. (8) La presente direttiva dovrebbe disciplinare i servizi online accessori offerti da un organismo di diffusione radiotelevisiva che ha una relazione chiaramente subordinata rispetto alle trasmissioni degli organismi di diffusione radiotelevisiva. Tali servizi comprendono i servizi che danno accesso a programmi televisivi e radiofonici in maniera rigorosamente lineare, contemporaneamente alla trasmissione, e i servizi che danno accesso, entro un determinato periodo di tempo dopo la trasmissione, a programmi televisivi e radiofonici che sono stati precedentemente trasmessi dall'organismo di diffusione radiotelevisiva, i cosiddetti servizi di catch-up. Inoltre, i servizi online accessori che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva comprendono servizi che danno accesso a materiale che arricchisce o amplia in altro modo programmi radiofonici e televisivi trasmessi dall'organismo di diffusione radiotelevisiva, anche mediante la visione anticipata, l'ampliamento, l'integrazione o la valutazione dei contenuti del programma in questione. La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai servizi online accessori forniti agli utenti dagli organismi di diffusione radiotelevisiva insieme al servizio di diffusione radiotelevisiva. La presente direttiva dovrebbe essere applicata anche ai servizi online accessori che, pur avendo una relazione chiaramente subordinata rispetto alla trasmissione, sono accessibili agli utenti separatamente dal servizio di diffusione radiotelevisiva, senza che gli utenti debbano ottenere in via preliminare l'accesso al servizio di diffusione radiotelevisiva, ad esempio sottoscrivendo un abbonamento. Ciò non pregiudica la libertà degli organismi di diffusione radiotelevisiva di offrire tali servizi online accessori gratuitamente o a pagamento. La fornitura dell'accesso a opere individuali o ad altro materiale protetto che sono stati integrati in un programma televisivo o radiofonico, o a opere o ad altro materiale protetto che non hanno una relazione con un programma trasmesso dall'organismo di diffusione radiotelevisiva, come i servizi che danno accesso a singole opere musicali o audiovisive, album musicali o video, ad esempio i servizi di video su richiesta, non dovrebbero rientrare tra i servizi contemplati dalla presente direttiva. (9) Al fine di facilitare l'acquisizione dei diritti per la fornitura di servizi online accessori a livello transfrontaliero, è necessario prevedere l'istituzione del principio del paese d'origine per quanto riguarda l'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi relativamente alle azioni che hanno luogo nel corso della fornitura, dell'accesso o dell'uso di un servizio online accessorio. Tale principio dovrebbe comprendere l'acquisizione di tutti i diritti necessari per consentire agli organismi di diffusione radiotelevisiva di comunicare al pubblico o mettere a disposizione del pubblico i propri programmi quando forniscono servizi online accessori, compresa l'acquisizione dei diritti d'autore e dei diritti connessi alle opere o ad altro materiale protetto utilizzati nei programmi, ad esempio i diritti sui fonogrammi o i diritti di esecuzione. Il principio del paese d'origine dovrebbe applicarsi esclusivamente al rapporto tra i titolari dei diritti (o le entità che rappresentano i titolari dei diritti, come gli organismi di gestione collettiva) e gli organismi di diffusione radiotelevisiva e unicamente ai fini della fornitura, dell'accesso o dell'uso di un servizio online accessorio. Il principio del paese d'origine non dovrebbe applicarsi né ad alcuna successiva comunicazione al pubblico né alla messa a disposizione del pubblico di opere o ad altro materiale protetto, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa accedervi dal luogo e nel momento da esso scelti, né alla successiva riproduzione di opere o ad altro materiale protetto contenuta nel servizio online accessorio. (10) Date le specificità dei meccanismi di finanziamento e di concessione di licenze per talune opere audiovisive, che sono spesso basati su licenze territoriali esclusive, è opportuno, per quanto riguarda i programmi televisivi, limitare il campo di applicazione del principio del paese d'origine stabilito nella presente direttiva a determinate tipologie di programmi. Tali tipologie di programmi dovrebbero includere i programmi d'informazione e di attualità come pure i programmi di produzione propria di un organismo di diffusione radiotelevisiva, che sono finanziati esclusivamente da quest'ultimo, anche laddove i finanziamenti utilizzati dall'organismo di diffusione radiotelevisiva per i programmi di produzione propria provengano da fondi pubblici. Ai fini della presente direttiva, per programmi di produzione propria degli organismi di diffusione radiotelevisiva si intendono le produzioni realizzate da un organismo di diffusione radiotelevisiva con l'impiego di risorse proprie, ma ad eccezione delle produzioni commissionate dall'organismo di diffusione radiotelevisiva a produttori che sono indipendenti da esso e delle coproduzioni. Per gli stessi motivi, il principio del paese d'origine non dovrebbe applicarsi alla trasmissione televisiva di eventi sportivi in conformità della presente direttiva. Il principio del paese d'origine dovrebbe applicarsi solamente quando i programmi sono utilizzati dall'organismo di diffusione radiotelevisiva nei propri servizi online accessori. Esso non dovrebbe applicarsi alla concessione da parte di un organismo di diffusione radiotelevisiva di licenze per i programmi di produzione propria a terzi, inclusi altri organismi di diffusione radiotelevisiva. Il principio del paese d'origine non dovrebbe pregiudicare la libertà dei titolari dei diritti e degli organismi di diffusione radiotelevisiva di concordare, in conformità del diritto dell'Unione, limitazioni, anche territoriali, allo sfruttamento dei loro diritti. (11) Il principio del paese d'origine stabilito dalla presente direttiva non dovrebbe imporre agli organismi di diffusione radiotelevisiva l'obbligo di comunicare o mettere a disposizione del pubblico programmi nell'ambito dei loro servizi online accessori, o di fornire tali servizi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui hanno la loro sede principale. (12) Poiché la fornitura, l'accesso o l'uso di un servizio online accessorio sono considerati, ai sensi della presente direttiva, come avvenuti esclusivamente nello Stato membro in cui l'organismo di diffusione radiotelevisiva ha la sua sede principale, mentre, di fatto, il servizio online accessorio può essere fornito a livello transfrontaliero ad altri Stati membri, è necessario garantire che, nel fissare l'importo del pagamento da versare per i diritti in questione, le parti tengano conto di tutti gli aspetti del servizio online accessorio, quali le caratteristiche del servizio, inclusa la durata della disponibilità online dei programmi compresi nel servizio, il pubblico - incluso il pubblico dello Stato membro in cui l'organismo di diffusione radiotelevisiva ha la sua sede principale e il pubblico di altri Stati membri in cui il servizio online accessorio è impiegato e utilizzato - e le versioni linguistiche fornite. Tuttavia, dovrebbe continuare a essere possibile utilizzare metodi specifici per calcolare l'importo del pagamento per i diritti soggetti al principio del paese d'origine, come il metodo basato sugli introiti dell'organismo di diffusione radiotelevisiva generati dal servizio online, che sono utilizzati in particolare dagli organismi di diffusione radiotelevisiva. (13) Nel rispetto del principio della libertà contrattuale resta possibile limitare lo sfruttamento dei diritti interessati dal principio del paese d'origine stabilito dalla presente direttiva, purché tale limitazione sia conforme al diritto dell'Unione. (14) Gli operatori di servizi di ritrasmissione possono utilizzare varie tecnologie quando ritrasmettono simultaneamente, in maniera invariata e integrale, a destinazione del pubblico di uno Stato membro, una trasmissione iniziale di un altro Stato membro di programmi televisivi o radiofonici. I segnali che trasportano di programmi possono essere ottenuti dagli operatori di servizi di ritrasmissione dagli gli organismi di diffusione radiotelevisiva che, a loro volta trasmettono tali segnali al pubblico, con modalità diverse, ad esempio captando i segnali trasmessi dagli organismi di diffusione radiotelevisiva o ricevendo i segnali direttamente da essi attraverso il processo tecnico di immissione diretta. Tali servizi degli operatori possono essere offerti via satellite, in digitale terrestre, tramite reti IP a circuito chiuso o mobile, e reti analoghe o attraverso servizi di accesso a Internet quali definiti nel regolamento (UE) 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Gli operatori di servizi di ritrasmissione che utilizzano tali tecnologie per la ritrasmissione dovrebbero pertanto rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva e beneficiare del meccanismo che introduce la gestione collettiva obbligatoria dei diritti. Al fine di prevedere sufficienti garanzie contro l'uso non autorizzato di opere e di altro materiale protetto, che è particolarmente importante nel caso di servizi a pagamento, i servizi di ritrasmissione offerti attraverso i servizi di accesso a Internet dovrebbero essere inclusi nell'ambito di applicazione della presente direttiva solamente quando tali servizi di ritrasmissione sono forniti in un ambiente in cui solamente gli utenti autorizzati possono accedere alla ritrasmissione e il livello di sicurezza del contenuto garantito è comparabile al livello di sicurezza per il contenuto trasmesso attraverso le reti gestite, quali le reti via cavo o le reti IP a circuito chiuso, in cui il contenuto ritrasmesso è criptato. Tali requisiti dovrebbero essere praticabili e adeguati. (15) Per ritrasmettere le trasmissioni iniziali di programmi televisivi e radiofonici, gli operatori dei servizi di ritrasmissione devono ottenere l'autorizzazione dai titolari del diritto esclusivo di comunicazione al pubblico di opere o ad altro materiale protetto. Al fine di fornire certezza giuridica agli operatori di servizi di ritrasmissione e al fine di superare le disparità delle normative nazionali per quanto riguarda tali servizi di ritrasmissione, dovrebbero essere applicate norme simili a quelle che si applicano alla ritrasmissione via cavo come definite nella direttiva 93/83/CEE. Le norme previste dalla presente direttiva prevedono l'obbligo di esercitare il diritto di concedere o negare l'autorizzazione a un operatore di un servizio di ritrasmissione tramite un organismo di gestione collettiva. Tali norme lasciano impregiudicato il diritto di concedere o negare l'autorizzazione e ne regolano esclusivamente l'esercizio. I titolari dei diritti dovrebbero ricevere una congrua remunerazione per la ritrasmissione delle loro opere e di altro materiale protetto. Nel determinare condizioni ragionevoli per la concessione della licenza, compresi i diritti di licenza, per una ritrasmissione in conformità della direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), si dovrebbe, tra l'altro, tener conto del valore economico dell'utilizzo dei diritti negoziati, compreso il valore attribuito ai mezzi di ritrasmissione. Ciò non dovrebbe pregiudicare l'esercizio collettivo del diritto al pagamento di un'adeguata e unica remunerazione per gli artisti e i produttori di fonogrammi per la comunicazione al pubblico di fonogrammi commerciali, come previsto dall'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115/CE e dalla direttiva 2014/26/UE e, in particolare, le disposizioni di tale direttiva relative ai diritti dei titolari dei diritti per quanto riguarda la scelta di un organismo di gestione collettiva. (16) La presente direttiva dovrebbe consentire la conclusione di accordi tra un organismo di gestione collettiva e gli operatori di servizi di ritrasmissione, per i diritti che sono soggetti alla gestione collettiva obbligatoria in conformità della presente direttiva, da estendere ai diritti dei titolari che non sono rappresentati da tale organismo di gestione collettiva, senza che tali titolari dei diritti possano escludere le loro opere o altro materiale protetto dall'applicazione di tale meccanismo. Nel caso in cui vi sia più di un organismo di gestione collettiva che gestisce i diritti della categoria interessata per il suo territorio, dovrebbe spettare allo Stato membro, per il cui territorio l'operatore di un servizio di ritrasmissione cerca di acquisire i diritti di ritrasmissione, determinare quale organismo o quali organismi di gestione collettiva hanno il diritto di concedere o negare l'autorizzazione alla ritrasmissione. (17) I diritti detenuti dagli stessi organismi di diffusione radiotelevisiva in relazione alle loro trasmissioni, compresi i diritti sul contenuto dei programmi, dovrebbero non dovrebbero essere soggetti dalla gestione collettiva obbligatoria dei diritti applicabile alle ritrasmissioni. Gli operatori di servizi di ritrasmissione e gli organismi di diffusione radiotelevisiva in genere intrattengono relazioni commerciali; di conseguenza, l'identità degli organismi di diffusione radiotelevisiva è nota agli operatori di servizi di ritrasmissione. Pertanto l'acquisizione dei diritti presso gli organismi di diffusione radiotelevisiva è relativamente semplice per tali operatori. Di conseguenza, al fine di ottenere le licenze necessarie dagli organismi di diffusione radiotelevisiva, gli operatori di servizi di ritrasmissione non devono far fronte agli stessi oneri cui sono soggetti per ottenere le licenze dai titolari dei diritti di opere e di altro materiale protetto inclusi nei programmi televisivi e radiofonici che ritrasmettono. Non sussiste dunque la necessità di semplificare il processo di concessione delle licenze per quanto riguarda i diritti detenuti dagli organismi di diffusione radiotelevisiva. È tuttavia necessario garantire che, quando gli organismi di diffusione radiotelevisiva e gli operatori di servizi di ritrasmissione avviano trattative, tali trattative siano condotte in buona fede per quanto riguarda la concessione di licenze per i diritti per le ritrasmissioni contemplate dalla presente direttiva. La direttiva 2014/26/UE prevede norme simili che si applicano agli organismi di gestione collettiva. (18) Le norme previste dalla presente direttiva relative ai diritti di ritrasmissione esercitati dagli organismi di diffusione radiotelevisiva in relazione alle proprie trasmissioni non dovrebbero limitare la scelta dei titolari dei diritti di trasferire i loro diritti a un organismo di diffusione radiotelevisiva o a un organismo di gestione collettiva e quindi consentire loro di avere una partecipazione diretta alla remunerazione versata dall'operatore di un servizio di ritrasmissione. (19) Gli Stati membri dovrebbero poter applicare le norme sulla ritrasmissione stabilite dalla presente direttiva e dalla direttiva 93/83/CEE alle situazioni in cui sia la trasmissione iniziale che la ritrasmissione hanno luogo nel loro territorio. (20) Al fine di garantire la certezza giuridica e di mantenere un elevato livello di tutela dei titolari dei diritti, è opportuno prevedere che, quando gli organismi di diffusione radiotelevisiva trasmettono i loro segnali portatori di programmi per immissione diretta esclusivamente ai distributori di segnali, senza trasmettere direttamente i loro programmi al pubblico, e i distributori di segnali inviano tali segnali portatori di programmi ai loro utenti per consentire loro di guardare o ascoltare i programmi, si considera che vi sia un unico atto di comunicazione al pubblico a cui partecipano sia gli organismi di diffusione radiotelevisiva che i distributori di segnali con i rispettivi contributi. Gli organismi di diffusione radiotelevisiva e i distributori di segnali dovrebbero pertanto ottenere l'autorizzazione dei titolari dei diritti per il loro contributo specifico all'unico atto di comunicazione al pubblico. La partecipazione di un organismo di diffusione radiotelevisiva e di un distributore di segnale a tale unico atto di comunicazione al pubblico non dovrebbe comportare la responsabilità solidale dell'organismo di diffusione radiotelevisiva e del distributore di segnali per tale atto di comunicazione al pubblico. Gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di stabilire a livello nazionale i meccanismi per ottenere l'autorizzazione per tale unico atto di comunicazione al pubblico, compresi i relativi pagamenti da effettuare ai titolari dei diritti interessati, tenendo conto del rispettivo sfruttamento delle opere e di altro materiale protetto da parte degli organismi di diffusione radiotelevisiva e dei distributori di segnali relativi all'unico atto di comunicazione al pubblico. I distributori di segnali devono farsi carico, analogamente agli operatori di servizi di ritrasmissione, di un onere significativo per l'acquisizione dei diritti, ad eccezione dei diritti detenuti dagli organismi di diffusione radiotelevisiva. Gli Stati membri dovrebbero essere pertanto autorizzati a prevedere che anche i distributori di segnali beneficino di un meccanismo di gestione collettiva obbligatoria dei diritti per le loro trasmissioni allo stesso modo e nella stessa misura degli operatori di servizi di ritrasmissione per le ritrasmissioni disciplinate dalla direttiva 93/83/CEE e dalla presente direttiva. Ove i distributori di segnali si limitino a fornire agli organismi di diffusione radiotelevisiva i mezzi tecnici, ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, per garantire la ricezione della trasmissione o migliorarne e la ricezione, i distributori di segnali non dovrebbero essere considerati come partecipanti a un atto di comunicazione al pubblico. (21) Quando gli organismi di diffusione radiotelevisiva trasmettono direttamente al pubblico i loro segnali portatori di programmi, compiendo così un atto di trasmissione iniziale, e contemporaneamente trasmettono tali segnali ad altri organismi attraverso il processo tecnico di immissione diretta, ad esempio per garantire la qualità dei segnali a fini di ritrasmissione, le trasmissioni da parte di tali altri organismi costituiscono un atto di comunicazione al pubblico distinto da quello effettuato dall'organismo di diffusione radiotelevisiva. In tali situazioni dovrebbero applicarsi le norme sulle ritrasmissioni previste dalla presente direttiva e dalla direttiva 93/83/CEE, come modificata dalla presente direttiva. (22) Per garantire un'efficiente gestione collettiva dei diritti e un'accurata distribuzione dei proventi raccolti nell'ambito del meccanismo obbligatorio di gestione collettiva introdotto dalla presente direttiva, è importante che gli organismi di gestione collettiva tengano un adeguato registro dei membri, delle licenze e dell'uso delle opere e di altro materiale protetto, conformemente agli obblighi di trasparenza di cui alla direttiva 2014/26/UE. (23) Al fine di impedire l'elusione dell'applicazione del principio del paese di origine mediante la proroga degli accordi esistenti relativamente all'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi rilevanti per la fornitura di un servizio online accessorio nonché per l'accesso o l'uso di tale servizio, è necessario applicare il principio del paese di origine anche agli accordi esistenti, ma prevedendo un periodo di transizione. Durante tale periodo di transizione il principio non dovrebbe applicarsi a tali accordi esistenti, così fornendo il tempo necessario per adeguarli, se necessario, conformemente alla presente direttiva. È altresì necessario prevedere un periodo transitorio per consentire agli organismi di diffusione radiotelevisiva, ai distributori di segnali e ai titolari dei diritti di adeguarsi alle nuove norme sullo sfruttamento delle opere e di altro materiale protetto mediante l'immissione diretta stabilite dalle disposizioni della presente direttiva in materia di trasmissione di programmi mediante immissione diretta. (24) In linea con i principi di una migliore regolamentazione, sarebbe opportuno effettuare un riesame della presente direttiva, incluse le sue disposizioni sull'immissione diretta, dopo un certo periodo dall'entrata in vigore della direttiva al fine di valutare, tra l'altro, i suoi benefici per i consumatori dell'Unione, il suo impatto sull'industria creativa nell'Unione e sul livello degli investimenti in nuovi contenuti, e quindi anche a vantaggio di una maggiore diversità culturale nell'Unione. (25) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Anche ove la presente direttiva possa interferire con l'esercizio dei diritti da parte dei titolari, nella misura in cui la gestione collettiva obbligatoria è attuata per l'esercizio del diritto di comunicazione al pubblico per quanto riguarda i servizi di ritrasmissione, è necessario imporre l'applicazione della gestione collettiva obbligatoria in modo mirato e limitarla a servizi specifici. (26) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire la promozione della fornitura transfrontaliera di servizi online accessori per determinati tipi di programmi e l'agevolazione della ritrasmissione di programmi televisivi e radiofonici provenienti da altri Stati membri, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma possono invece, a motivo della loro portata e dei loro effetti, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. Per quanto concerne la fornitura transfrontaliera di servizi online accessori, la presente direttiva non obbliga gli organismi di diffusione radiotelevisiva a fornire tali servizi a livello transfrontaliero. Essa non obbliga gli operatori di servizi di ritrasmissione a includere nei propri servizi programmi televisivi o radiofonici provenienti da altri Stati membri. La presente direttiva riguarda solo l'esercizio di taluni diritti di ritrasmissione nella misura necessaria a semplificare la concessione di licenze di diritto d'autore e diritti connessi per tali servizi e per quanto riguarda i programmi televisivi e radiofonici provenienti da altri Stati membri. (27) Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (8), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi giustificati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi costitutivi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I Disposizioni generali Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce norme intese a migliorare l'accesso transfrontaliero a un maggior numero di programmi televisivi e radiofonici, facilitando l'acquisizione dei diritti per la fornitura di servizi online che sono accessori alle trasmissioni di alcuni tipi di programmi televisivi e radiofonici, e per la ritrasmissione di programmi televisivi e radiofonici. Essa stabilisce inoltre norme per la trasmissione di programmi televisivi e radiofonici attraverso il processo di immissione diretta. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «servizio online accessorio», un servizio online che consiste nella fornitura al pubblico, da parte di un organismo di diffusione radiotelevisiva o sotto il suo controllo e la sua responsabilità, di programmi televisivi o radiofonici contemporaneamente alla loro trasmissione o per un determinato periodo di tempo dopo la loro trasmissione da parte dell'organismo di diffusione radiotelevisiva, nonché di qualsiasi materiale che riveste carattere accessorio rispetto a tale trasmissione; 2) «ritrasmissione», qualsiasi ritrasmissione simultanea, invariata ed integrale, diversa dalla ritrasmissione via cavo quale definita nella direttiva 93/83/CEE, destinata al pubblico di una emissione primaria di un altro Stato membro, di programmi televisivi o radiofonici destinati al pubblico, purché tale trasmissione iniziale sia effettuata su filo o via etere, inclusa la trasmissione via satellite ma non online, a condizione che: a) la ritrasmissione sia effettuata da un soggetto diverso dall'organismo di diffusione radiotelevisiva che ha effettuato la trasmissione iniziale o sotto il cui controllo e responsabilità tale trasmissione iniziale è stata effettuata, indipendentemente dal modo in cui il soggetto che effettua la ritrasmissione ottiene i segnali che trasportano i programmi dall'organismo di diffusione radiotelevisiva ai fini della ritrasmissione, e b) se la ritrasmissione sia effettuata su un servizio di accesso a Internet, quale definito all'articolo 2, secondo comma, punto 2) del regolamento (UE) 2015/2120, essa sia effettuata in un ambiente gestito; 3) «ambiente gestito», un ambiente in cui un operatore di servizi di ritrasmissione fornisce un servizio di ritrasmissione sicura agli utenti autorizzati; 4) «immissione diretta», un processo tecnico mediante il quale un organismo di diffusione radiotelevisiva trasmette i propri segnali che trasportano i programmi a un organismo diverso dagli organismi di diffusione radiotelevisiva, in modo tale che i segnali che trasportano i programmi non siano accessibili al pubblico durante la trasmissione. CAPO II Servizi online accessori degli organismi di diffusione radiotelevisiva Articolo 3 Applicazione del principio del «paese d'origine» ai servizi online accessori 1. Le azioni di comunicazione al pubblico di opere o ad altri materiali protetti, su filo o senza filo e di messa a disposizione del pubblico di opere o ad altri materiali protetti, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa accedere ad esse dal luogo e nel momento da esso scelti, che hanno luogo quando vengono forniti al pubblico: a) programmi radiofonici, e b) programmi televisivi che sono: i) programmi d'informazione e di attualità, oppure ii) programmi di produzione propria che sono finanziati interamente dall'organismo di diffusione radiotelevisiva, nell'ambito di un servizio online accessorio che è fornito da un organismo di diffusione radiotelevisiva o sotto il suo controllo e la sua responsabilità, nonché gli atti di riproduzione di opere o ad altri materiali protetti necessarie per la fornitura, l'accesso o l'utilizzo di tale servizio online per gli stessi programmi sono, nell'ambito dell'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi pertinenti per tali azioni, considerate come aventi luogo esclusivamente nello Stato membro in cui si trova la sede principale dell'organismo di diffusione radiotelevisiva. La lettera b) del primo comma non si applica alle trasmissioni di eventi sportivi e alle opere e altro materiale protetto in esse inclusi. 2. Gli Stati membri provvedono affinché, nel fissare l'importo del pagamento da effettuare per i diritti soggetti al principio del paese d'origine quale stabilito al paragrafo 1, le parti contraenti tengano conto di tutti gli aspetti del servizio online accessorio quali le caratteristiche del servizio, inclusa la durata della disponibilità online dei programmi forniti nell'ambito di tale servizio, il pubblico e le versioni linguistiche fornite. Il primo comma non impedisce di calcolare l'importo del pagamento da effettuare sulla base dei ricavi dell'organismo di diffusione radiotelevisiva. 3. Il principio del paese d'origine di cui al paragrafo 1 fa salva la libertà contrattuale dei titolari del diritto e degli organismi di diffusione radiotelevisiva di concordare, in conformità del diritto dell'Unione, di limitare lo sfruttamento di tali diritti, compresi quelli previsti dalla direttiva 2001/29/CE. CAPO III Ritrasmissione di programmi televisivi e radiofonici Articolo 4 Esercizio, da parte di titolari dei diritti diversi dagli organismi di diffusione radiotelevisiva, dei diritti sulla ritrasmissione 1. Gli atti di ritrasmissione dei programmi sono autorizzati dai titolari del diritto esclusivo di comunicazione al pubblico. Gli Stati membri provvedono affinché i titolari del diritto d'autore e dei diritti connessi diversi dagli organismi di diffusione radiotelevisiva possano esercitare il proprio diritto di concedere o rifiutare l'autorizzazione per una ritrasmissione esclusivamente attraverso un organismo di gestione collettiva. 2. Qualora il titolare del diritto non abbia trasferito la gestione del diritto di cui al paragrafo 1, secondo comma, a un organismo di gestione collettiva, si considera che il diritto di concedere o di rifiutare l'autorizzazione per una ritrasmissione a nome del titolare del diritto spetti all'organismo di gestione collettiva che gestisce i diritti della stessa categoria per il territorio dello Stato membro per il quale l'operatore di un servizio di ritrasmissione intende acquisire i diritti di ritrasmissione. Tuttavia, nel caso in cui più organismi di gestione collettiva gestiscano i diritti della categoria suddetta per il territorio dello Stato membro in questione, spetta allo Stato membro per il cui territorio l'operatore di un servizio di ritrasmissione cerca di acquisire i diritti per una ritrasmissione decidere quale o quali tra gli organismi di gestione collettiva abbiano il diritto di concedere o rifiutare l'autorizzazione per una ritrasmissione. 3. Gli Stati membri provvedono affinché il titolare di un diritto abbia gli stessi diritti e obblighi, derivanti da un accordo tra un operatore di un servizio di ritrasmissione e l'organismo o gli organismi di gestione collettiva che agiscono in conformità del paragrafo 2, dei titolari dei diritti che hanno conferito l'incarico a detto organismo o a detti organismi di gestione collettiva. Gli Stati membri provvedono inoltre affinché tale titolare di un diritto sia in grado di far valere tali diritti entro un termine, fissato dallo Stato membro interessato, non inferiore a tre anni dalla data della ritrasmissione che comprende la sua opera o altro materiale protetto. Articolo 5 Esercizio, da parte degli organismi di diffusione radiotelevisiva, dei diritti sulla ritrasmissione 1. Gli Stati membri provvedono affinché l'articolo 4 non si applichi ai diritti sulla ritrasmissione esercitati dagli organismi di diffusione radiotelevisiva nei confronti delle loro trasmissioni, indipendentemente dal fatto che tali diritti appartengano direttamente o siano stati trasferiti a tali organismi da altri titolari di diritti d'autore. 2. Gli Stati membri dispongono che, qualora gli organismi di diffusione radiotelevisiva e gli operatori dei servizi di ritrasmissione avviino trattative per l'autorizzazione alla ritrasmissione in conformità della presente direttiva, tali trattative siano condotte in buona fede. Articolo 6 Mediazione Gli Stati membri provvedono affinché sia possibile far ricorso all'assistenza di uno o più mediatori come previsto all'articolo 11 della direttiva 93/83/CEE qualora non sia stato concluso alcun accordo tra l'organismo di gestione collettiva e l'operatore di un servizio di ritrasmissione o tra l'operatore di un servizio di ritrasmissione e l'organismo di diffusione radiotelevisiva in merito all'autorizzazione per la ritrasmissione di programmi. Articolo 7 Ritrasmissione di una trasmissione iniziale proveniente dallo stesso Stato membro Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni del presente capo e del capo III della direttiva 93/83/CEE si applichino alle situazioni in cui sia la trasmissione iniziale che la ritrasmissione hanno luogo nel loro territorio. CAPO IV Trasmissione di programmi attraverso immissione diretta Articolo 8 Trasmissione di programmi mediante immissione diretta 1. Quando un organismo di diffusione radiotelevisiva trasmette mediante immissione diretta i propri segnali che trasportano i programmi a un distributore di segnali senza che l'organismo di radiodiffusione stesso trasmetta simultaneamente tali segnali che trasportano i programmi direttamente al pubblico, e il distributore di segnali trasmette tali segnali che trasportano i programmi al pubblico, si considera che l'organismo di diffusione radiotelevisiva e il distributore di segnali partecipino a un unico atto di comunicazione al pubblico rispetto al quale essi ottengono l'autorizzazione dei titolari dei diritti. Gli Stati membri possono stabilire le modalità per ottenere l'autorizzazione dai titolari dei diritti. 2. Gli Stati membri possono provvedere affinché gli articoli 4, 5 e 6 della presente direttiva si applichino mutatis mutandis all'esercizio, da parte dei titolari del diritto, del diritto di concedere o negare l'autorizzazione ai distributori di segnali per una trasmissione di cui al paragrafo 1, effettuata con uno dei metodi tecnici di cui all'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 93/83/CEE o all'articolo 2, punto 2), della presente direttiva. CAPO V Disposizioni finali Articolo 9 Modifiche della direttiva 93/83/CEE All'articolo 1 della direttiva 93/83/EEC, il paragrafo 3 è sostituito dal seguente: «3. Ai fini della presente direttiva, «ritrasmissione via cavo» è la ritrasmissione simultanea, invariata ed integrale, tramite un sistema di ridistribuzione via cavo o a frequenze molto elevate, destinata al pubblico, di un'emissione primaria senza filo o su filo proveniente da un altro Stato membro, su onde hertziane o via satellite, di programmi radiofonici o televisivi destinati ad essere captati dal pubblico, indipendentemente dal modo in cui l'operatore di un servizio di ritrasmissione via cavo ottiene dall'organismo di diffusione radiotelevisiva i segnali portatori di programmi a fini di ritrasmissione.». Articolo 10 Riesame 1. Entro il 7 giugno 2025 la Commissione effettua un riesame della direttiva e presenta una relazione sulle principali conclusioni al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. La relazione è pubblicata ed è messa a disposizione del pubblico sul sito web della Commissione. 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione tempestivamente le informazioni pertinenti e necessarie per preparare la relazione di cui al paragrafo 1. Articolo 11 Disposizioni transitorie Gli accordi sull'esercizio del diritto d'autore e dei diritti connessi relativi agli atti di comunicazione al pubblico di opere o d altro materiale protetto, su filo o senza filo, e la messa a disposizione del pubblico di opere o d altro materiale protetto, su filo o senza filo, in maniera tale che ciascuno possa accedere ad esse dal luogo e nel momento da esso scelti, che hanno luogo nel corso della fornitura di un servizio online accessorio nonché per le azioni di riproduzione necessarie per la fornitura, l'accesso o l'uso di tale servizio online, che sono in vigore il 7 giugno 2021, sono soggetti all'articolo 3 a decorrere dal 7 giugno 2023 se scadono dopo tale data. Le autorizzazioni ottenute per gli atti di comunicazione al pubblico di cui all'articolo 8 che sono in vigore al 7 giugno 2021 sono soggette all'articolo 8 a decorrere dal 7 giugno 2025 se scadono dopo tale data. Articolo 12 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 7 giugno 2021. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 14 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 17 aprile 2019 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio Il presidente G. CIAMBA (1) GU C 125 del 21.4.2017, pag. 27. (2) Posizione del Parlamento europeo del 28 marzo 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 aprile 2019. (3) Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10). (4) Direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 28). (5) Direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248 del 6.10.1993, pag. 15). (6) Regolamento (UE) 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che stabilisce misure riguardanti l'accesso a un'Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (UE) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all'interno dell'Unione (GU L 310 del 26.11.2015, pag. 1). (7) Direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno (GU L 84 del 20.3.2014, pag. 72). (8) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
Diritto d’autore — Trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Essa mira a migliorare l’accesso transfrontaliero a programmi televisivi e radiofonici nel mercato unico dell’Unione, facilitando l’acquisizione del diritto d’autore e dei diritti connessi * per taluni servizi online di organismi di diffusione radiotelevisiva e per la ritrasmissione * di programmi televisivi o radiofonici con mezzi diversi dalla ritrasmissione via cavo. Contiene inoltre regole per i programmi trasmessi attraverso il processo di immissione diretta *. PUNTI CHIAVE Principio del «paese d’origine» * per taluni servizi online forniti dagli organismi di diffusione radiotelevisivaGli organismi di diffusione di programmi radiofonici e televisivi offrono, oltre alle forme tradizionali di diffusione radiotelevisiva, servizi di trasmissione simultanea via internet (simulcast) e la possibilità di vedere o ascoltare un programma entro un determinato periodo di tempo (catch-up). La direttiva prevede che, per includere determinati programmi nei loro servizi online disponibili a livello transfrontaliero, le emittenti devono ottenere l’autorizzazione dai titolari dei diritti delle opere e di altri materiali contenuti in tali programmi per lo Stato membro in cui hanno la loro sede principale. Tale principio del «paese di origine» (già utilizzato per le trasmissioni via satellite nella direttiva 93/83/CEE) si applica a tutti i programmi radiofonici e a determinati tipi di programmi televisivi:programmi d’informazione e di attualità (tranne gli eventi sportivi e altro materiale protetto in essi contenuti); eprogrammi di produzione propria che sono finanziati interamente dall’organismo di diffusione radiotelevisiva. Gli accordi esistenti rimangono invariati per quattro anni dall’entrata in vigore della direttiva (fino al 7 giugno 2023).Gestione collettiva obbligatoria dei diritti di ritrasmissione di programmi radiofonici e televisivi con mezzi diversi da quelli via cavoLa direttiva facilita inoltre l’acquisizione dell’autorizzazione dai titolari diritti d’autore e diritti connessi per la ritrasmissione di programmi televisivi o radiofonici da altri Stati membri. I titolari dei diritti possono esercitare il loro diritto di autorizzare o negare l’autorizzazione per tali ritrasmissioni solo tramite un organismo di gestione collettiva *, tranne che per i diritti che sono già detenuti dagli organismi di diffusione radiotelevisiva. Ciò si applica alla ritrasmissione simultanea, invariata e integrale, diversa dalla ritrasmissione via cavo, compresa la rete internet aperta (ma solo quando la ritrasmissione su internet aperta avviene in un ambiente sicuro e verso un gruppo di utenti autorizzati). Le ritrasmissioni via cavo sono disciplinate dalla direttiva 93/83/CEE. Gli Stati membri provvedono affinché sia disponibile la mediazione per assistere le parti nella concessione di licenze per i servizi di ritrasmissione. Gli Stati membri sono inoltre esplicitamente autorizzati ad applicare le regole sopra descritte quando le trasmissioni e le ritrasmissioni avvengono nel loro territorio.Immissione direttaLa direttiva stabilisce norme che regolano l’uso di opere protette o altro materiale mediante «immissione diretta», vale a dire la tecnica con cui un organismo di diffusione radiotelevisiva trasmette i propri segnali ai distributori attraverso una linea privata, in modo tale che quei segnali non possano essere ricevuti dal pubblico durante tale trasmissione e, successivamente, il distributore offre al pubblico i relativi programmi. Quando viene utilizzata l’immissione diretta e non vi è alcuna trasmissione parallela degli stessi programmi da parte dell’organismo di diffusione radiotelevisiva, si ritiene che l’organismo di diffusione e il distributore di segnali partecipino a un unico atto di comunicazione al pubblico. Ciò significa che entrambe le parti devono ottenere l’autorizzazione per la rispettiva partecipazione a tale attività. Gli accordi esistenti rimangono invariati per sei anni dall’entrata in vigore della direttiva (fino al 7 giugno 2025). DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? Essa è in vigore dal 6 giugno 2019 e diventerà legge nei paesi dell’Unione entro il 7 giugno 2021. CONTESTO Si veda anche:Modernizzazione delle norme UE sul diritto d’autore (Commissione europea) L’UE determinata a migliorare l’accesso transfrontaliero ai contenuti online — Comunicato stampa (Consiglio dell’Unione europea). TERMINI CHIAVE Diritti connessi: diritti concessi ad artisti, produttori e emittenti (distinti dai diritti d’autore) che consentono ai titolari dei diritti di controllare l’uso delle loro opere e di altri materiali protetti e di essere remunerati per il loro uso. Ritrasmissione: nel contesto della direttiva (UE) 2019/789, la concessione di licenze di diritti quando i programmi radiofonici e televisivi sono ritrasmessi da altri canali radiofonici e televisivi, ma anche su Internet (trasmissioni parallele/servizi in simulcast o catch-up quando i consumatori possono visualizzare/ascoltare i programmi in un momento successivo a quello della trasmissione originale). Immissione diretta: un processo tecnico mediante il quale un organismo di diffusione radiotelevisiva trasmette i propri segnali che trasportano i programmi a un distributore, in modo tale che i segnali non siano accessibili al pubblico durante la trasmissione. Principio del paese d’origine: le emittenti devono acquisire il diritto d’autore solo nel loro Stato membro di stabilimento (cioè il paese di origine) al fine di rendere disponibili programmi radio, notizie televisive e attualità, nonché le loro produzioni interamente finanziate, online in tutti i paesi dell’Unione. Organismi di gestione collettiva: organismi che riscuotono, gestiscono e distribuiscono i guadagni derivanti dallo sfruttamento dei diritti affidati loro dai titolari dei diritti. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva (UE) 2019/789 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che stabilisce norme relative all’esercizio del diritto d’autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici e che modifica la direttiva 93/83/CEE del Consiglio (GU L 130 del 17.5.2019, pag. 82). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (GU L 248 del 6.10.1993, pag. 15). Le successive modifiche alla direttiva 93/83/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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ACCORDO in forma di scambio di lettere tra l'Unione europea e il Regno di Norvegia relativo al cumulo di origine tra l'Unione europea, la Confederazione svizzera, il Regno di Norvegia e la Repubblica di Turchia nel quadro del sistema di preferenze generalizzate A. Lettera dell'Unione Signora, 1. L'Unione europea («Unione») e il Regno di Norvegia («Norvegia») in quanto parti del presente accordo, riconoscono che, ai fini del sistema di preferenze generalizzate («SPG»), entrambe le parti applicano norme di origine analoghe in base ai seguenti principi generali: a) definizione della nozione di «prodotti originari» in base agli stessi criteri; b) disposizioni sul cumulo di origine regionale; c) disposizioni per applicare il cumulo a materiali originari, ai sensi delle rispettive norme di origine dell'SPG, dell'Unione, della Svizzera, della Norvegia o della Turchia; d) disposizioni per una tolleranza generale per i materiali non originari; e) disposizioni per la non modificazione di prodotti del paese beneficiario; f) disposizioni per il rilascio o la compilazione di prove di origine sostitutive; g) obbligo di cooperazione amministrativa con le autorità competenti dei paesi beneficiari in materia di prove di origine. 2. L'Unione e la Norvegia riconoscono che i materiali originari, ai sensi delle rispettive norme di origine dell'SPG, dell'Unione, della Svizzera, della Norvegia o della Turchia vengono a essere considerati originari di un paese beneficiario del regime SPG di una delle parti se, in tale paese beneficiario, sono sottoposti a lavorazioni o trasformazioni che vadano oltre le operazioni considerate di lavorazione o trasformazione insufficiente a conferire il carattere di prodotti originari. Il presente comma si applica a materiali originari della Svizzera e della Turchia, subordinatamente al completamento delle condizioni stabilite rispettivamente ai paragrafi 15 e 16. Le autorità doganali degli Stati membri dell'Unione e della Norvegia si prestano reciprocamente un'adeguata cooperazione amministrativa, in particolare ai fini della verifica successiva delle prove di origine per i materiali di cui al primo comma. Si applicano le disposizioni in materia di cooperazione amministrativa stabilite nel protocollo n. 3 dell'accordo del 14 maggio 1973 tra la Comunità economica europea e il Regno di Norvegia. Il presente paragrafo non si applica ai prodotti di cui ai capitoli da 1 a 24 del sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci, adottato dall'organizzazione istituita dalla convenzione che crea un Consiglio di cooperazione doganale, conclusa a Bruxelles il 15 dicembre 1950. 3. L'Unione e la Norvegia si impegnano ad accettare le prove di origine sostitutive sotto forma di certificati di origine sostitutivi, modulo A, («certificati sostitutivi») rilasciati dalle autorità doganali dell'altra parte e le attestazioni di origine sostitutive redatte dai rispeditori dell'altra parte, registrate a tal fine. Ciascuna parte può valutare l'ammissibilità al trattamento preferenziale di prodotti oggetto di prove di origine sostitutive in conformità alla propria legislazione. 4. Ciascuna delle parti provvede affinché siano rispettate le seguenti condizioni prima dell'emissione o della redazione di una prova di origine sostitutiva: a) le prove di origine sostitutive possono essere rilasciate o redatte soltanto se le prove di origine iniziali sono state emesse o redatte in conformità alla legislazione applicabile nell'Unione o in Norvegia; b) soltanto nel caso in cui i prodotti non siano stati immessi in libera pratica sul territorio di una parte contraente, la prova di origine o la prova di origine sostitutiva può essere sostituita da una o più prove di origine sostitutive al fine di inviare tutti o alcuni prodotti oggetto della prova di origine iniziale da una parte all'altra; c) i prodotti sono rimasti sotto controllo doganale sul territorio della parte rispeditrice e non sono stati in alcun modo modificati, trasformati o sottoposti a operazioni diverse da quelle necessarie a conservarli nel loro stato («principio della non modificazione»); d) ove i prodotti abbiano acquisito il carattere originario a seguito di una deroga alle norme di origine concessa da una parte, le prove di origine sostitutive non sono rilasciate o redatte se i prodotti sono rispediti all'altra parte; e) le prove di origine sostitutive possono essere rilasciate dalle autorità doganali o redatte dai rispeditori se i prodotti da rispedire nel territorio dell'altra parte hanno acquisito il carattere originario mediante cumulo regionale; f) le prove di origine sostitutive possono essere rilasciate dalle autorità doganali o redatte dai rispeditori se i prodotti da rispedire nel territorio dell'altra parte non hanno ricevuto alcun trattamento preferenziale dalla parte rispeditrice. 5. Ai fini delparagrafo 4, lettera c), si applica quanto segue. a) qualora sussistessero motivi di dubbio per quanto riguarda il rispetto del principio di non modificazione, le autorità doganali della parte di destinazione finale possono chiedere al dichiarante di fornire prove del rispetto di tale principio che possono essere presentate sotto qualsiasi forma; b) su richiesta del rispeditore, le autorità doganali della parte rispeditrice certificano che i prodotti sono rimasti sotto controllo doganale durante la permanenza sul territorio della parte in questione e che le autorità doganali non hanno concesso alcuna autorizzazione per modificarli, trasformarli in alcun modo o sottoporli a operazioni diverse da quelle necessarie a conservarli nel loro stato durante il magazzinaggio sul territorio della parte; c) qualora la prova sostitutiva sia costituita da un certificato sostitutivo, le autorità doganali della parte di destinazione finale non richiedono un certificato di assenza di manipolazione per il periodo in cui i prodotti si sono trovati sul territorio dell'altra parte. 6. Ciascuna delle parti provvede affinché: a) qualora le prove di origine sostitutive corrispondano alle prove di origine iniziali rilasciate o redatte in un paese beneficiario del regime SPG dell'Unione e di quello della Norvegia, le autorità doganali dello Stato membro dell'Unione e della Norvegia si prestano reciprocamente un'adeguata cooperazione amministrativa ai fini della verifica successiva di tali prove di origine sostitutive. Su richiesta della parte di destinazione finale, le autorità doganali della parte rispeditrice avviano e monitorano la procedura di verifica successiva delle corrispondenti prove di origine iniziale; b) qualora le prove di origine sostitutive corrispondano alle prove di origine iniziali rilasciate o redatte in un paese esclusivamente beneficiario di un regime SPG della parte di destinazione finale, la parte dovrà svolgere la procedura di verifica successiva delle prove di origine iniziali in collaborazione con il paese beneficiario. Le prove di origine iniziali corrispondenti alle prove di origine sostitutive oggetto di verifica o, se del caso, le copie delle prove di origine iniziali corrispondenti alle prove di origine sostitutive oggetto di verifica sono trasmesse dalle autorità doganali della parte rispeditrice alle autorità doganali della parte di destinazione finale al fine di consentire loro di svolgere la procedura di verifica successiva. 7. Ciascuna delle parti provvede affinché: a) in ciascun certificato sostitutivo sia indicato nella casella in alto a destra il nome del paese intermedio di rispedizione in cui è rilasciato; b) la casella n. 4 rechi la dicitura «replacement certificate» o «certificat de replacement», nonché la data di rilascio del certificato di origine iniziale, modulo A, e il suo numero di serie; c) la casella n. 1 rechi il nome del rispeditore; d) la casella n. 2 rechi possibilmente il nome del destinatario finale; e) le caselle da n. 3 a n. 9 riportino tutti i dati contenuti nel certificato iniziale e relativi ai prodotti rispediti; f) la casella n. 10 riporti possibilmente i riferimenti alla fattura del rispeditore; g) la casella n. 11 rechi il visto dell'autorità doganale che ha rilasciato il certificato sostitutivo. Tale autorità è responsabile unicamente del rilascio del certificato sostitutivo. La casella n. 12 riporta i dati del certificato di origine iniziale, modulo A, riguardanti il paese di origine e il paese di destinazione finale. Il rispeditore appone la propria firma nella casella n. 12 del certificato di origine. Il rispeditore che firmi la casella n. 12 in buona fede non è ritenuto responsabile dell'esattezza dei dati inseriti nel certificato di origine iniziale, modulo A; h) l'autorità doganale a cui è chiesto il rilascio del certificato sostitutivo annoti sul certificato di origine iniziale, modulo A, il peso, i numeri e la natura dei prodotti rispediti, indicandovi i numeri di serie di ogni certificato sostitutivo corrispondente. Essa conserva la domanda di certificato sostitutivo e il certificato di origine iniziale, modulo A, per almeno tre anni; i) i certificati di origine sostitutivi siano redatti in inglese o francese. 8. Ciascuna delle parti provvede affinché: a) il rispeditore indichi i seguenti dati in ciascuna attestazione di origine sostitutiva: 1) tutti i dati corrispondenti ai prodotti rispediti contenuti nella prova di origine iniziale; 2) la data di redazione della prova di origine iniziale; 3) i dati della prova di origine iniziale, comprese, se del caso, le informazioni sul cumulo applicato alle merci oggetto dell'attestazione di origine; 4) il nome, l'indirizzo e numero di esportatore registrato del rispeditore; 5) il nome e l'indirizzo del destinatario nell'Unione o in Norvegia; 6) la data e il luogo di redazione dell'attestazione di origine o di rilascio del certificato di origine; b) ciascuna attestazione di origine sostitutiva rechi la dicitura «replacement statement» o «attestation de replacement»; c) le attestazioni di origine sostitutive siano redatte da rispeditori registrati nel sistema elettronico di autocertificazione dell'origine dagli esportatori, vale a dire il sistema degli esportatori registrati (REX), indipendentemente dal valore dei prodotti originari contenuti nella spedizione iniziale; d) in caso di sostituzione di una prova di origine, il rispeditore indichi i seguenti dati nella prova di origine iniziale: 1) la data di compilazione delle attestazioni di origine sostitutive e le quantità di merci oggetto delle attestazioni di origine sostitutive; 2) il nome e l'indirizzo del rispeditore; 3) il nome e l'indirizzo dei destinatari nell'Unione o in Norvegia; e) l'attestazione di origine iniziale rechi la dicitura «replaced» o «remplacée»; f) un'attestazione di origine sostitutiva sia valida per dodici mesi dalla data in cui è stata compilata dall'esportatore; g) le attestazioni di origine sostitutive siano redatte in inglese o francese. 9. Il rispeditore conserva le prove di origine iniziali e le copie delle prove di origine sostitutive per almeno tre anni dalla fine dell'anno civile in cui sono state rilasciate o redatte le prove di origine sostitutive. 10. Le parti convengono di ripartire i costi del sistema REX conformemente alle modalità di cooperazione che stabiliranno le autorità competenti delle parti. 11. Qualsiasi divergenza tra le parti derivante dall'interpretazione o dall'applicazione dell'accordo sarà risolta unicamente mediante negoziato bilaterale tra le parti stesse. Se le differenze sono suscettibili di incidere sugli interessi della Svizzera e/o della Turchia, tali paesi sono consultati. 12. Le parti possono modificare il presente accordo in forma scritta in qualsiasi momento. Entrambe le parti avviano consultazioni in merito a eventuali modifiche al presente accordo su richiesta di una delle parti. Se le modifiche sono suscettibili di incidere sugli interessi della Svizzera e/o della Turchia, tali paesi sono consultati. Le modifiche entreranno in vigore a una data stabilita di comune accordo dopo che entrambe le parti si sono comunicate il completamento dei rispettivi obblighi interni. 13. In caso di seri dubbi in merito al corretto funzionamento del presente accordo, ciascuna parte ne può sospendere l'applicazione a condizione che ne abbia data comunicazione all'altra parte per iscritto con tre mesi di anticipo. 14. Il presente accordo può essere denunciato da ciascuna delle parti a condizione che l'altra parte ne riceva comunicazione per iscritto con tre mesi di anticipo. 15. Il primo comma del paragrafo 2 si applica ai materiali originari della Svizzera soltanto nel caso in cui le parti abbiano concluso un accordo analogo con la Svizzera e si siano comunicate reciprocamente il soddisfacimento di tale condizione. 16. Il primo comma del paragrafo 2 si applica ai materiali originari della Turchia (1) soltanto nel caso in cui le parti abbiano concluso un accordo analogo con la Turchia e si siano comunicate reciprocamente il soddisfacimento di tale condizione. 17. A decorrere dalla data di entrata in vigore di un accordo tra la Norvegia e la Turchia conformemente al primo comma del paragrafo 2 del presente accordo e a condizione di reciprocità da parte della Turchia, ciascuna delle parti può prevedere che le prove di origine sostitutive per i prodotti che incorporano materiali originari della Turchia che sono stati trattati nell'ambito del cumulo bilaterale in paesi beneficiari dell'SPG possano essere rilasciate o redatte sul territorio delle parti. 18. Il presente accordo entra in vigore a una data stabilita di comune accordo dopo che l'Unione e la Norvegia si sono comunicate reciprocamente di aver completato le procedure interne di adozione richieste. A decorrere da tale data esso sostituisce l'accordo in forma di scambio di lettere tra la Comunità e ciascuno dei paesi dell'EFTA che concedono preferenze tariffarie nel quadro del sistema di preferenze generalizzate (Norvegia e Svizzera) che prevede che le merci in cui è incorporato un elemento di origine norvegese o svizzera siano trattate al momento dell'immissione sul territorio doganale della Comunità come merci in cui è incorporato un elemento di origine comunitaria firmato il 29 gennaio 2001 (2). La prego di confermarmi che il Suo governo è d'accordo su quanto precede. Mi pregio di proporre che, se quanto precede è accettabile per il Suo governo, la presente lettera e la Sua conferma costituiscano insieme un accordo tra l'Unione europea e il Regno di Norvegia. Voglia accettare, Signora, l'espressione della mia profonda stima. Съставено в Брюксел на Hecho en Bruselas, el V Bruselu dne Udfærdiget i Bruxelles, den Geschehen zu Brüssel am Brüssel, Έγινε στις Βρυξέλλες, στις Done at Brussels, Fait à Bruxelles, le Sastavljeno u Bruxellesu Fatto a Bruxelles, addì Briselē, Priimta Briuselyje, Kelt Brüsszelben, Magħmul fi Brussell, Gedaan te Brussel, Sporządzono w Brukseli, dnia Feito em Bruxelas, Întocmit la Bruxelles, V Bruseli V Bruslju, Tehty Brysselissä Utfärdat i Bryssel den Utferdiget i Brussel, За Европейския съюз Рог la Unión Europea Za Evropskou unii For Den Europæiske Union Für die Europäische Union Euroopa Liidu nimel Για την Ευρωπαϊκή Ένωση For the European Union Pour l'Union européenne Za Europsku uniju Per l'Unione europea Eiropas Savienības vārdā – Europos Sąjungos vardu Az Európai Unió részéről Għall-Unjoni Ewropea Voor de Europese Unie W imieniu Unii Europejskiej Pela União Europeia Pentru Uniunea Europeană Za Európsku úniu Za Evropsko unijo Euroopan unionin puolesta För Europeiska unionen For Den europeiske union B. Lettera del Regno di Norvegia Signora, mi pregio comunicarLe di aver ricevuto la Sua lettera in data odierna così redatta: «1. L'Unione europea («Unione») e il Regno di Norvegia («Norvegia») in quanto parti del presente accordo riconoscono che, ai fini del sistema di preferenze generalizzate («SPG»), entrambe le parti applicano norme di origine analoghe in base ai seguenti principi generali: a) definizione della nozione di «prodotti originari» in base agli stessi criteri; b) disposizioni sul cumulo di origine regionale; c) disposizioni per applicare il cumulo a materiali originari, ai sensi delle rispettive norme di origine dell'SPG, dell'Unione, della Svizzera, della Norvegia o della Turchia; d) disposizioni per una tolleranza generale per i materiali non originari; e) disposizioni per la non modificazione di prodotti del paese beneficiario; f) disposizioni per il rilascio o la compilazione di prove di origine sostitutive; g) obbligo di cooperazione amministrativa con le autorità competenti dei paesi beneficiari in materia di prove di origine. 2. L'Unione e la Norvegia riconoscono che i materiali originari, ai sensi delle rispettive norme di origine dell'SPG, dell'Unione, dellaSvizzera, della Norvegia o della Turchia vengono a essere considerati originari di un paese beneficiario del regime SPG di una delle parti se, in tale paese beneficiario, sono sottoposti a lavorazioni o trasformazioni che vadano oltre le operazioni considerate di lavorazione o trasformazione insufficiente a conferire il carattere di prodotti originari. Il presente comma si applica a materiali originari della Svizzera e della Turchia, subordinatamente al completamento delle condizioni stabilite rispettivamente ai paragrafi 15 e 16. Le autorità doganali degli Stati membri dell'Unione e della Norvegia si prestano reciprocamente un'adeguata cooperazione amministrativa, in particolare ai fini della verifica successiva delle prove di origine per i materiali di cui al primo comma. Si applicano le disposizioni in materia di cooperazione amministrativa stabilite nel protocollo n. 3 dell'accordo del 14 maggio 1973 tra la Comunità economica europea e il Regno di Norvegia. Il presente paragrafo non si applica ai prodotti di cui ai capitoli da 1 a 24 del sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci, adottato dall'organizzazione istituita dalla convenzione che crea un Consiglio di cooperazione doganale, conclusa a Bruxelles il 15 dicembre 1950. 3. L'Unione e la Norvegia si impegnano ad accettare le prove di origine sostitutive sotto forma di certificati di origine sostitutivi, modulo A, (i «certificati sostitutivi») rilasciati dalle autorità doganali dell'altra parte e le attestazioni di origine sostitutive redatte dai rispeditori dell'altra parte, registrate a tal fine. Ciascuna parte può valutare l'ammissibilità al trattamento preferenziale di prodotti oggetto di prove di origine sostitutive in conformità alla propria legislazione. 4. Ciascuna delle parti provvede affinché siano rispettate le seguenti condizioni prima dell'emissione o della redazione di una prova di origine sostitutiva: a) le prove di origine sostitutive possono essere rilasciate o redatte soltanto se le prove di origine iniziali sono state emesse o redatte in conformità alla legislazione applicabile nell'Unione o in Norvegia; b) soltanto nel caso in cui i prodotti non siano stati immessi in libera pratica sul territorio di una parte contraente, la prova di origine o la prova di origine sostitutiva può essere sostituita da una o più prove di origine sostitutive al fine di inviare tutti o alcuni prodotti oggetto della prova di origine iniziale da una parte all'altra; c) i prodotti sono rimasti sotto controllo doganale sul territorio della parte rispeditrice e non sono stati in alcun modo modificati, trasformati o sottoposti a operazioni diverse da quelle necessarie a conservarli nel loro stato («principio della non modificazione»); d) ove i prodotti abbiano acquisito il carattere originario a seguito di una deroga alle norme di origine concessa da una parte, le prove di origine sostitutive non sono rilasciate o redatte se i prodotti sono rispediti all'altra parte; e) le prove di origine sostitutive possono essere rilasciate dalle autorità doganali o redatte dai rispeditori se i prodotti da rispedire nel territorio dell'altra parte hanno acquisito il carattere originario mediante cumulo regionale; f) le prove di origine sostitutive possono essere rilasciate dalle autorità doganali o redatte dai rispeditori se i prodotti da rispedire nel territorio dell'altra parte non hanno ricevuto alcun trattamento preferenziale dalla parte rispeditrice. 5. Ai fini delparagrafo 4, lettera c), si applica quanto segue. a) qualora sussistessero motivi di dubbio per quanto riguarda il rispetto del principio di non modificazione, le autorità doganali della parte di destinazione finale possono chiedere al dichiarante di fornire prove del rispetto di tale principio che possono essere presentate sotto qualsiasi forma; b) su richiesta del rispeditore, le autorità doganali della parte rispeditrice certificano che i prodotti sono rimasti sotto controllo doganale durante la permanenza sul territorio della parte in questione e che le autorità doganali non hanno concesso alcuna autorizzazione per modificarli, trasformarli in alcun modo o sottoporli a operazioni diverse da quelle necessarie a conservarli nel loro stato durante il magazzinaggio sul territorio della parte; c) qualora la prova sostitutiva sia costituita da un certificato sostitutivo, le autorità doganali della parte di destinazione finale non richiedono un certificato di assenza di manipolazione per il periodo in cui i prodotti si sono trovati sul territorio dell'altra parte. 6. Ciascuna delle parti provvede affinché: a) qualora le prove di origine sostitutive corrispondano alle prove di origine iniziali rilasciate o redatte in un paese beneficiario del regime SPG dell'Unione e di quello della Norvegia, le autorità doganali dello Stato membro dell'Unione e della Norvegia si prestano reciprocamente un'adeguata cooperazione amministrativa ai fini della verifica successiva di tali prove di origine sostitutive. Su richiesta della parte di destinazione finale, le autorità doganali della parte rispeditrice avviano e monitorano la procedura di verifica successiva delle corrispondenti prove di origine iniziale; b) qualora le prove di origine sostitutive corrispondano alle prove di origine iniziali rilasciate o redatte in un paese esclusivamente beneficiario di un regime SPG della parte di destinazione finale, la parte dovrà svolgere la procedura di verifica successiva delle prove di origine iniziali in collaborazione con il paese beneficiario. Le prove di origine iniziali corrispondenti alle prove di origine sostitutive oggetto di verifica o, se del caso, le copie delle prove di origine iniziali corrispondenti alle prove di origine sostitutive oggetto di verifica sono trasmesse dalle autorità doganali della parte rispeditrice alle autorità doganali della parte di destinazione finale al fine di consentire loro di svolgere la procedura di verifica successiva. 7. Ciascuna delle parti provvede affinché: a) in ciascun certificato sostitutivo sia indicato nella casella in alto a destra il nome del paese intermedio di rispedizione in cui è rilasciato; b) la casella n. 4 rechi la dicitura «replacement certificate» o «certificat de replacement», nonché la data di rilascio del certificato di origine iniziale, modulo A, e il suo numero di serie; c) la casella n. 1 rechi il nome del rispeditore; d) la casella n. 2 rechi possibilmente il nome del destinatario finale; e) le caselle da n. 3 a n. 9 riportino tutti i dati contenuti nel certificato iniziale e relativi ai prodotti rispediti; f) la casella n. 10 riporti possibilmente i riferimenti alla fattura del rispeditore; g) la casella n. 11 rechi il visto dell'autorità doganale che ha rilasciato il certificato sostitutivo. Tale autorità è responsabile unicamente del rilascio del certificato sostitutivo. La casella n. 12 riporta i dati del certificato di origine iniziale, modulo A, riguardanti il paese di origine e il paese di destinazione finale. Il rispeditore appone la propria firma nella casella n. 12 del certificato di origine. Il rispeditore che firmi la casella n. 12 in buona fede non è ritenuto responsabile dell'esattezza dei dati inseriti nel certificato di origine iniziale, modulo A; h) l'autorità doganale a cui è chiesto il rilascio del certificato sostitutivo annoti sul certificato di origine iniziale, modulo A, il peso, i numeri e la natura dei prodotti rispediti, indicandovi i numeri di serie di ogni certificato sostitutivo corrispondente. Essa conserva la domanda di certificato sostitutivo e il certificato di origine iniziale, modulo A, per almeno tre anni; i) i certificati di origine sostitutivi siano in inglese o francese. 8. Ciascuna delle parti provvede affinché: a) il rispeditore indichi i seguenti dati in ciascuna attestazione di origine sostitutiva: 1) tutti i dati corrispondenti ai prodotti rispediti contenuti nella prova di origine iniziale; 2) la data di redazione della prova di origine iniziale; 3) i dati della prova di origine iniziale, comprese, se del caso, le informazioni sul cumulo applicato alle merci oggetto dell'attestazione di origine; 4) il nome, l'indirizzo e numero di esportatore registrato del rispeditore; 5) il nome e l'indirizzo del destinatario nell'Unione o in Norvegia; 6) la data e il luogo di redazione dell'attestazione di origine o di rilascio del certificato di origine; b) ciascuna attestazione di origine sostitutiva rechi la dicitura «replacement statement» o «attestation de replacement»; c) le attestazioni di origine sostitutive siano redatte da rispeditori registrati nel sistema elettronico di autocertificazione dell'origine dagli esportatori, vale a dire il sistema degli esportatori registrati (REX), indipendentemente dal valore dei prodotti originari contenuti nella spedizione iniziale; d) in caso di sostituzione di una prova di origine, il rispeditore indichi i seguenti dati nella prova di origine iniziale: 1) la data di compilazione delle attestazioni di origine sostitutive e le quantità di merci oggetto delle attestazioni di origine sostitutive; 2) il nome e l'indirizzo del rispeditore; 3) il nome e l'indirizzo dei destinatari nell'Unione o in Norvegia; e) l'attestazione di origine iniziale rechi la dicitura «replaced» o «remplacée»; f) un'attestazione di origine sostitutiva sia valida per dodici mesi dalla data in cui è stata compilata dall'esportatore; g) le attestazioni di origine sostitutive siano redatte in inglese o francese. 9. Il rispeditore conserva le prove di origine iniziali e le copie delle prove di origine sostitutive per almeno tre anni dalla fine dell'anno civile in cui sono state rilasciate o redatte le prove di origine sostitutive. 10. Le parti convengono di ripartire i costi del sistema REX conformemente alle modalità di cooperazione che stabiliranno le autorità competenti delle parti. 11. Qualsiasi divergenza tra le parti derivante dall'interpretazione o dall'applicazione dell'accordo sarà risolta unicamente mediante negoziato bilaterale tra le parti stesse. Se le differenze sono suscettibili di incidere sugli interessi della Svizzera e/o della Turchia, tali paesi sono consultati. 12. Le parti possono modificare il presente accordo in forma scritta in qualsiasi momento. Entrambe le parti avviano consultazioni in merito a eventuali modifiche al presente accordo su richiesta di una delle parti. Se le modifiche sono suscettibili di incidere sugli interessi della Svizzera e/o della Turchia, tali paesi sono consultati. Le modifiche entreranno in vigore a una data stabilita di comune accordo dopo che entrambe le parti si sono comunicate il completamento dei rispettivi obblighi interni. 13. In caso di seri dubbi in merito al corretto funzionamento del presente accordo, ciascuna parte ne può sospendere l'applicazione a condizione che ne abbia data comunicazione all'altra parte per iscritto con tre mesi di anticipo. 14. Il presente accordo può essere denunciato da ciascuna delle parti a condizione che l'altra parte ne riceva comunicazione per iscritto con tre mesi di anticipo. 15. Il primo comma del paragrafo 2 si applica ai materiali originari della Svizzera soltanto nel caso in cui le parti abbiano concluso un accordo analogo con la Svizzera e si siano comunicate reciprocamente il soddisfacimento di tale condizione. 16. Il primo comma del paragrafo 2 si applica ai materiali originari della Turchia (3) soltanto nel caso in cui le parti abbiano concluso un accordo analogo con la Turchia e si siano comunicate reciprocamente il soddisfacimento di tale condizione. 17. A decorrere dalla data di entrata in vigore di un accordo tra la Norvegia e la Turchia conformemente al primo comma del paragrafo 2 del presente accordo e a condizione di reciprocità da parte della Turchia, ciascuna delle parti può prevedere che le prove di origine sostitutive per i prodotti che incorporano materiali originari della Turchia che sono stati trattati nell'ambito del cumulo bilaterale in paesi beneficiari dell'SPG possano essere rilasciate o redatte sul territorio delle parti. 18. Il presente accordo entra in vigore a una data stabilita di comune accordo dopo che l'Unione e la Norvegia si sono comunicate reciprocamente di aver completato le procedure interne di adozione richieste. A decorrere da tale data esso sostituisce l'accordo in forma di scambio di lettere tra la Comunità e ciascuno dei paesi dell'EFTA che concedono preferenze tariffarie nel quadro del sistema di preferenze generalizzate (Norvegia e Svizzera) che prevede che le merci in cui è incorporato un elemento di origine norvegese o svizzera siano trattate al momento dell'immissione sul territorio doganale della Comunità come merci in cui è incorporato un elemento di origine comunitaria firmato il 29 gennaio 2001 (4). La prego di confermarmi che il Suo governo è d'accordo su quanto precede. Mi pregio di proporre che, se quanto precede è accettabile per il Suo governo, la presente lettera e la Sua conferma costituiscano insieme un accordo tra l'Unione europea e il Regno di Norvegia». Posso confermarLe l'accordo del mio governo sul contenuto di questa lettera. Voglia accettare, Signora, l'espressione della mia profonda stima. Utferdiget i Brussel, Съставено в Брюксел на Hecho en Bruselas, el V Bruselu dne Udfærdiget i Bruxelles, den Geschehen zu Brüssel am Brüssel, Έγινε στις Βρυξέλλες, στις Done at Brussels, Fait à Bruxelles, le Sastavljeno u Bruxellesu Fatto a Bruxelles, addì Briselē, Priimta Briuselyje, Kelt Brüsszelben, Magħmul fi Brussell, Gedaan te Brussel, Sporządzono w Brukseli, dnia Feito em Bruxelas, Întocmit la Bruxelles, V Bruseli V Bruslju, Tehty Brysselissä Utfärdat i Bryssel den For Kongeriket Norge За Кралство Норвегия Por el Reino de Noruega Za Norské království For Kongeriget Norge Für das Königreich Norwegen Norra Kuningriigi nimel Για το Βασίλειο της Νορβηγίας For the Kingdom of Norway Pour le Royaume de Norvège Za Kraljevinu Norvešku Per il Regno di Norvegia Norvēģijas Karalistes vārdā – Norvegijos Karalystės vardu A Norvég Királyság részéről Ghar-Renju tan-Norveġja Voor het Koninkrijk Noorwegen W imieniu Królestwa Norwegii Pelo Reino da Noruega Pentru Regatul Norvegiei Za Nórske kráľovstvo Za Kraljevino Norveško Norjan kuningaskunnan puolesta För Konungariket Norge (1) L'Unione ha soddisfatto la presente condizione con la pubblicazione dell'avviso della Commissione a norma dell'articolo 85 del regolamento (CEE) n. 2454/93 recante applicazione delle disposizioni del codice doganale comunitario che estende alla Turchia il sistema di cumulo bilaterale istituito dal suddetto articolo (GU C 134 del 15.4.2016, pag. 1). (2) GU L 38 dell'8.2.2001, pag. 25. (3) L'Unione ha soddisfatto la presente condizione con la pubblicazione dell'avviso della Commissione a norma dell'articolo 85 del regolamento (CEE) n. 2454/93 recante applicazione delle disposizioni del codice doganale comunitario che estende alla Turchia il sistema di cumulo bilaterale istituito dal suddetto articolo (GU C 134 del 15.4.2016, pag. 1). (4) GU L 38 dell'8.2.2001, pag. 25.
Accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia sull’applicazione di norme di origine analoghe QUAL È L’OBIETTIVO DELL’ACCORDO? Mira ad accrescere l’efficacia del sistema di preferenze generalizzate e quindi a facilitare gli scambi con i paesi in via di sviluppo garantendo che l’Unione europea (Unione) e la Norvegia applichino norme di origine analoghe per le importazioni di merci dall’Unione, dalla Svizzera, dalla Norvegia e dalla Turchia. PUNTI CHIAVE Sistema di preferenze generalizzate (SPG)Il sistema SPG è un sistema di preferenze tariffarie concesse ai paesi in via di sviluppo («paesi beneficiari»). Per i paesi meno sviluppati, i dazi sono stati rimossgi per la quasi totalità delle loro esportazioni. L’Unione e la Norvegia (insieme alla Svizzera e alla Turchia) hanno SPG molto simili che possono quindi essere collegati.Norme di originePer beneficiare delle tariffe preferenziali, è necessario dimostrare che i prodotti provengono da un paese beneficiario. L’origine si riferisce al luogo in cui un prodotto viene realizzato o fabbricato, non al luogo da cui viene spedito.Cumulo Il «cumulo» descrive il sistema che consente ai prodotti originari del paese A di essere ulteriormente trasformati o aggiunti ai prodotti originari del paese B, come se fossero originari del paese B. Il prodotto risultante avrebbe l’origine del paese B. Può essere applicato solo tra paesi che operano con norme di origine identiche. Accordo tra l’Unione e la NorvegiaIn base al «cumulo esteso» dell’SPG dell’Unione, i materiali originari della Norvegia, della Svizzera o della Turchia che subiscono più di un’operazione minima in un paese beneficiario sono considerati originari di tale paese beneficiario e possono beneficiare di preferenze quando vengono importati nell’Unione, in Norvegia, in Svizzera o in Turchia. L’accordo prevede che l’Unione e la Norvegia abbiano norme di origine analoghe basate sui seguenti principi:definizione della nozione di «prodotti originari» in base agli stessi criteri;disposizioni sul cumulo regionale* dell’origine;disposizioni per applicare il cumulo a materiali originari, ai sensi delle rispettive norme di origine dell’SPG, dell’Unione, della Svizzera, della Norvegia o della Turchia;disposizioni per una tolleranza generale per i materiali non originari;disposizioni per la non modificazione di prodotti del paese beneficiario;disposizioni per il rilascio o la compilazione di prove di origine sostitutive;obbligo di cooperazione amministrativa con le autorità competenti dei paesi beneficiari in materia di prove di origine. Questo accordo sostituisce un analogo accordo reciproco tra la Comunità europea e ciascuno dei paesi dell’Associazione europea di libero scambio che hanno concesso preferenze tariffarie nell’ambito dell’SPG, per merci originarie della Norvegia o della Svizzera. DATA DI ENTRATA IN VIGORE È entrato in vigore il 1 febbraio 2019. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Sistema di preferenze generalizzate (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Cumulo regionale. Operazione tra i paesi di uno dei gruppi regionali di paesi beneficiari riconosciuti dall’SPG dell’Unione in cui i materiali originari di un paese del gruppo che sono successivamente lavorati o trasformati in un altro paese beneficiario dello stesso gruppo sono considerati originari di quest’ultimo paese. Il cumulo è possibile anche tra i singoli paesi dei gruppi di cumulo I III, su richiesta e a determinate condizioni. DOCUMENTO PRINCIPALE Accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia relativo al cumulo di origine tra l’Unione europea, la Confederazione svizzera, il Regno di Norvegia e la Repubblica di Turchia nel quadro del sistema di preferenze generalizzate (GU L 24 del 28.1.2019, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Avviso riguardante l’entrata in vigore dell’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia relativo al cumulo di origine tra l’Unione europea, la Confederazione svizzera, il Regno di Norvegia e la Repubblica di Turchia nel quadro del sistema di preferenze generalizzate (GU L 27 del 31.1.2019, pag. 1).
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Direttiva 96/22/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, concernente il divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agoniste nelle produzioni animali e che abroga le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE Gazzetta ufficiale n. L 125 del 23/05/1996 pag. 0003 - 0009 DIRETTIVA 96/22/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 1996 concernente il divieto d'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze â-agoniste nelle produzioni animali e che abroga le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEEIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),(1) considerando che la direttiva 81/602/CEE (4) vieta talune sostanze ad azione ormonica e le sostanze ad azione tireostatica e che la direttiva 88/146/CEE (5) vieta l'utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica nelle produzioni animali, ammettendo tuttavia certe deroghe;(2) considerando che la direttiva 88/299/CEE del Consiglio (6) fissa le condizioni di applicazione delle deroghe al divieto degli scambi di certe categorie di animali di cui all'articolo 7 della direttiva 88/146/CEE nonché delle loro carni;(3) considerando che talune sostanze ad effetto tireostatico o ad effetto estrogeno, androgeno o gestageno, a causa dei loro residui che permangono nelle carni e in altri prodotti di origine animale, possono essere pericolose per i consumatori e possono anche compromettere la qualità dei prodotti alimentari di origine animale;(4) considerando che nuove sostanze ad azione anabolizzante quali i â-agonisti sono utilizzate in modo illecito nell'allevamento allo scopo di stimolare la crescita e la produttività degli animali;(5) considerando che dai risultati dell'indagine condotta dalla Commissione dal 1990 al 1992 negli Stati membri risulta che le sostanze â-agoniste sono ampiamente disponibili negli ambienti dell'allevamento, favorendo così loro usi illeciti;(6) considerando che l'uso improprio delle sostanze â-agoniste può presentare un grave pericolo per la salute umana; che nell'interesse dei consumatori occorre vietarne la detenzione, la somministrazione agli animali di tutte le specie e la commercializzazione a tal fine; che occorre, inoltre, vietare la detenzione, la somministrazione agli animali di qualsiasi specie e la commercializzazione degli stilbeni e dei tireostatici nonché disciplinare l'uso delle altre sostanze;(7) considerando tuttavia che può essere autorizzata la somministrazione per scopi terapeutici ben definiti di medicinali a base di sostanze â-agoniste, per talune categorie di bovini, di equidi e per gli animali da compagnia;(8) considerando d'altronde che è necessario garantire a tutti i consumatori le stesse condizioni di approvvigionamento di carni e di prodotti alimentari derivati, pur offrendo loro i prodotti più rispondenti alle loro preoccupazioni e attese; che, tenuto conto delle sensibilità dei consumatori, le possibilità di smercio dei prodotti di cui trattasi potranno soltanto essere migliorate;(9) considerando che occorre mantenere il divieto dell'utilizzazione delle sostanze ad azione ormonica per fini di ingrasso; che la somministrazione di talune sostanze, pur potendo essere autorizzata per scopi terapeutici o zootecnici, deve essere strettamente controllata al fine di evitare usi ad altri fini;(10) considerando che manca un'armonizzazione dei periodi di sospensione a livello comunitario e che esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, in particolare, riguardo ai medicinali veterinari autorizzati contenenti sostanze ormonali o â-agoniste; che occorre, pertanto, a fini di armonizzazione, fissare periodi di sospensione massimi per detti medicinali;(11) considerando inoltre che gli animali vivi trattati per scopi terapeutici o zootecnici con tali sostanze nonché le carni da essi provenienti non possono, in linea di massima, essere oggetto di scambi, dati i rischi che ne risulterebbero per l'efficacia del controllo dell'intero regime; che tuttavia si potranno prevedere deroghe, sotto certe condizioni, a tale divieto per quanto concerne gli scambi intracomunitari e l'importazione da paesi terzi di animali destinati alla riproduzione e di animali riproduttori a fine carriera;(12) considerando che tali deroghe possono essere autorizzate qualora vengano fornite garanzie sufficienti per evitare distorsioni degli scambi; che tali garanzie devono riguardare i prodotti utilizzabili, le condizioni d'uso degli stessi ed il controllo di dette condizioni, in particolare l'osservanza del periodo di sospensione necessario;(13) considerando che occorre garantire il controllo efficace dell'applicazione delle disposizioni derivanti dalla presente direttiva;(14) considerando che occorre abrogare le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE;(15) considerando che per lottare efficacemente in tutti gli Stati membri contro l'uso illecito dei fattori di crescita e di produttività nell'allevamento, l'azione da svolgere al riguardo deve essere organizzata a livello comunitario;(16) considerando che, il 18 gennaio 1996, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione e il Consiglio a continuare ad opporsi all'importazione nella Comunità di carni trattate con ormoni; che ha chiesto che venga mantenuto il divieto totale dell'impiego di fattori di crescita nell'allevamento e ha invitato a tal fine il Consiglio a adottare prontamente la proposta della Commissione sulla quale esso ha formulato il suo parere il 19 aprile 1994,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Ai fini della presente direttiva valgono le definizioni di carni e prodotti a base di carni di cui alle direttive 64/433/CEE (7), 71/118/CEE (8), 77/99/CEE (9), 91/495/CEE (10), le definizioni dei prodotti dell'acquacoltura di cui alla direttiva 91/493/CEE (11), nonché le definizioni dei medicinali veterinari ai sensi delle direttive 81/851/CEE (12) e 81/852/CEE (13).2. Inoltre, si intende per:a) «animali da azienda»: gli animali domestici delle specie bovina, suina, ovina, caprina ed equina nonché i volatili da cortile e i conigli domestici, come pure gli animali selvatici delle specie citate e i ruminanti selvatici, qualora siano stati allevati in un'azienda;b) «trattamento terapeutico»: la somministrazione - in applicazione dell'articolo 4 della presente direttiva - ad un singolo animale da azienda di una delle sostanze autorizzate allo scopo di trattare, previo esame dell'animale da parte di un veterinario, una disfunzione della fecondità, inclusa l'interruzione di una gravidanza indesiderata, e, per quanto riguarda le sostanze â-agoniste, in vista dell'induzione della tocolisi nelle vacche al momento del parto nonché del trattamento delle disfunzioni respiratorie e dell'induzione della tocolisi negli equidi allevati a fini diversi dalla produzione di carni;c) «trattamento zootecnico»: la somministrazione:i) ad un singolo animale da azienda di una delle sostanze autorizzate in applicazione dell'articolo 5 della presente direttiva, ai fini della sincronizzazione del ciclo estrale e della preparazione delle donatrici e delle ricettrici per l'impianto di embrioni, previo esame dell'animale in oggetto da parte di un veterinario ovvero, conformemente all'articolo 5, secondo comma, sotto la sua responsabilità;ii) agli animali d'acquacoltura, ad un gruppo di riproduttori, a scopo di inversione sessuale, su prescrizione di un veterinario e sotto la sua responsabilità;d) «trattamento illecito»: l'utilizzazione di sostanze o prodotti non autorizzati ovvero l'utilizzazione di sostanze o prodotti autorizzati dalla normativa comunitaria a fini o condizioni diversi da quelli previsti dalla normativa comunitaria.Articolo 2Gli Stati membri provvedono a vietare:a) l'immissione sul mercato di stilbeni, derivati di stilbeni, loro sali ed esteri nonché di tireostatici al fine di somministrarli ad animali di qualsiasi specie;b) l'immissione sul mercato di sostanze â-agoniste al fine di somministrarle ad animali le cui carni e i cui prodotti sono destinati al consumo umano a fini diversi da quelli previsti dall'articolo 4, punto 2.Articolo 3Gli Stati membri provvedono a vietare:a) la somministrazione, mediante qualsiasi metodo, ad un animale d'azienda e agli animali d'acquacoltura, di sostanze ad azione tireostatica, estrogena, androgena o gestagena, nonché di sostanze â-agoniste;b) la detenzione, in un'azienda, eccetto sotto controllo ufficiale, di animali di cui alla lettera a), nonché l'immissione sul mercato o la macellazione per il consumo umano degli animali d'azienda e degli animali d'acquacoltura che contengono le sostanze di cui alla lettera a), ovvero in cui si sia constatata la presenza di tali sostanze, salvo che venga provato che detti animali sono stati trattati conformemente agli articoli 4 o 5;c) l'immissione sul mercato per il consumo umano degli animali d'acquacoltura cui sono state somministrate sostanze di cui alla lettera a), nonché i prodotti trasformati provenienti da detti animali;d) l'immissione sul mercato delle carni degli animali di cui alla lettera b);e) la trasformazione delle carni di cui alla lettera d).Articolo 4In deroga agli articoli 2 e 3, gli Stati membri possono autorizzare:1) la somministrazione ad animali d'azienda, a scopo terapeutico, di estradiolo 17 â, testosterone, progesterone o di derivati che si trasformano facilmente nel composto iniziale per idrolisi, dopo assorbimento nel luogo d'applicazione. I medicinali veterinari utilizzati per fini terapeutici debbono soddisfare alle prescrizioni di commercializzazione previste dalla direttiva 81/851/CEE e possono essere somministrati solo da un veterinario mediante iniezione o per il trattamento di una disfunzione ovarica mediante spirali vaginali, ad eccezione degli impianti, ad animali da azienda chiaramente individuati. Il trattamento degli animali individuati è registrato dal veterinario responsabile il quale annota su un registro, che potrà essere quello prescritto dalla direttiva 81/851/CEE, almeno le seguenti informazioni:- natura del trattamento,- natura dei prodotti autorizzati,- data del trattamento,- identificazione degli animali trattati.Questo registro dovrà essere messo a disposizione dell'autorità competente, su sua richiesta;2. la somministrazione a scopi terapeutici di medicinali veterinari autorizzati contenenti:i) trembolone allilico da somministrare per via orale ovvero le sostanze â-agoniste a equidi o ad animali da compagnia, sempreché siano utilizzati conformemente alle indicazioni del fabbricante;ii) le sostanze â-agoniste, sotto forma di un'iniezione per l'induzione della tocolisi nelle vacche al momento del parto.Tale somministrazione deve essere effettuata da un veterinario o, nel caso di medicinali veterinari di cui al punto i), sotto sua diretta responsabilità; il trattamento deve essere registrato dal veterinario responsabile, il quale dovrà precisare almeno le informazioni di cui al punto 1.È tuttavia vietata la detenzione da parte del titolare dell'azienda di medicinali veterinari contenenti delle sostanze â-agoniste che possono essere utilizzate per indurre la tocolisi.Fatto salvo il primo comma del punto 2 ii), il trattamento terapeutico è comunque vietato per gli animali da produzione, inclusi gli animali da riproduzione a fine carriera.Articolo 5In deroga all'articolo 3, lettera a) e fatto salvo l'articolo 2, gli Stati membri possono autorizzare la somministrazione ad animali da azienda, per fini di trattamento zootecnico, di medicinali veterinari ad azione estrogena, androgena o gestagena autorizzati conformemente alle direttive 81/851/CEE e 81/852/CEE. Tale somministrazione deve essere effettuata da un veterinario ad un animale chiaramente identificato; il trattamento deve essere registrato dal veterinario responsabile conformemente all'articolo 4, punto 1.Gli Stati membri possono tuttavia ammettere che la sincronizzazione del ciclo estrale e la preparazione delle donatrici e delle ricettrici per l'impianto di embrioni non siano effettuate dal veterinario, ma sotto sua responsabilità.Per quanto concerne i prodotti d'acquacoltura, gli avannotti possono essere trattati a scopo di inversione sessuale durante i primi tre mesi di vita con medicinali veterinari ad azione androgena autorizzati conformemente alle direttive 81/851/CEE e 81/852/CEE.Nei casi previsti nel presente articolo il veterinario compila una prescrizione non rinnovabile in cui sono precisati il trattamento previsto e la quantità di prodotto necessaria e procede alla registrazione dei prodotti prescritti.Il trattamento zootecnico è tuttavia vietato per gli animali da produzione nonché per gli animali da riproduzione a fine carriera durante il periodo di ingrasso.Articolo 61. I prodotti ormonali e le sostanze â-agoniste autorizzati ad essere somministrati ad animali da azienda, conformemente agli articoli 4 e 5 devono essere conformi alle disposizioni delle direttive 81/851/CEE e 81/852/CEE.2. Non possono tuttavia essere autorizzati conformemente al paragrafo 1:a) i seguenti prodotti ormonali:i) i prodotti che agiscono mediante un effetto deposito;ii) i prodotti il cui periodo di sospensione è superiore a 15 giorni dopo la fine del trattamento;iii) i prodotti:- autorizzati in base a norme antecedenti alla modifica apportata dal regolamento (CEE) n. 2309/93 (14);- le cui condizioni d'uso non sono note;- per i quali non esistono reagenti né esiste il materiale necessario per i metodi d'analisi per l'individuazione dei residui eccedenti i limiti consentiti;b) i medicinali veterinari contenenti â-agonisti il cui periodo di sospensione è superiore a 28 giorni dopo la fine del trattamento.Articolo 71. In vista degli scambi, gli Stati membri possono autorizzare l'immissione sul mercato di animali destinati alla riproduzione o di animali riproduttori a fine carriera che nel corso di quest'ultima sono stati oggetto di uno dei trattamenti di cui agli articoli 4 e 5, ovvero l'apposizione della stampigliatura comunitaria sulle carni provenienti da detti animali qualora siano state rispettate le condizioni di cui agli articoli 4 e 5 e i periodi di sospensione minimi di cui all'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), punto ii) o lettera b) o i termini di sospensione previsti nell'autorizzazione di immissione sul mercato.Tuttavia, gli scambi di cavalli di gran pregio, in particolare cavalli da corsa, da competizione, da circo o equidi destinati alla riproduzione o ad esposizioni, ivi inclusi gli equidi registrati, cui sono stati somministrati medicinali veterinari contenenti trembolone allilico o sostanze â-agoniste per i fini di cui all'articolo 4, possono aver luogo prima della fine del periodo di sospensione purché siano soddisfatte le condizioni di somministrazione e purché la natura e la data del trattamento siano indicate sul certificato o sul passaporto che accompagna detti animali.2. Le carni o i prodotti provenienti da animali cui sono state somministrate sostanze ad azione estrogena, androgena o gestagena ovvero sostanze â-agoniste, conformemente alle disposizioni derogatorie della presente direttiva, possono essere immessi sul mercato per il consumo umano solo se gli animali in questione sono stati trattati con medicinali veterinari che rispettano le prescrizioni dell'articolo 6 e se è stato rispettato, prima della loro macellazione, il periodo di sospensione previsto.Articolo 8Gli Stati membri provvedono affinché:1) la detenzione delle sostanze di cui agli articoli 2 e 3, lettera a) sia limitata alle persone autorizzate dalla legislazione nazionale, conformemente all'articolo 1 della direttiva 90/676/CEE (15), per quanto riguarda l'importazione, la fabbricazione, il magazzinaggio, la distribuzione, la vendita e l'utilizzazione;2) oltre ai controlli previsti dalle direttive che disciplinano l'immissione sul mercato dei vari prodotti di cui trattasi, i controlli ufficiali previsti all'articolo 11 della direttiva 96/23/CE (16) siano effettuati senza preavviso dalle autorità nazionali competenti per accertare:a) la detenzione o la presenza di sostanze o prodotti vietati conformemente all'articolo 2 che siano destinati ad essere somministrati ad animali per fini di ingrasso;b) il trattamento illecito degli animali;c) il mancato rispetto dei periodi di sospensione di cui all'articolo 6;d) il mancato rispetto delle restrizioni previste agli articoli 4 e 5 per l'uso di determinate sostanze o determinati prodotti;3) la ricerca:a) della presenza delle sostanze di cui al punto 1 negli animali, nelle acque di abbeveraggio e in tutti i luoghi in cui gli animali sono allevati o tenuti;b) della presenza di residui delle suddette sostanze negli animali vivi, nei loro escrementi e liquidi biologici, nei loro tessuti e nei prodotti animali;sia effettuata secondo le disposizioni degli allegati III e IV della direttiva 96/23/CE;4) qualora i controlli previsti ai punti 2 e 3:a) rivelino la presenza di sostanze o prodotti il cui uso o la cui detenzione sono vietati, ovvero la presenza di residui di sostanze la cui somministrazione costituisce un trattamento illecito, tali sostanze o prodotti siano sequestrati, mentre gli animali eventualmente trattati o le loro carni siano posti sotto controllo ufficiale fino a quando siano prese le sanzioni necessarie;b) rivelino il mancato rispetto delle prescrizioni di cui al punto 2, lettere b) e c), l'autorità competente adotti le misure appropriate, in funzione della gravità dell'infrazione accertata.Articolo 9Fatta salva la direttiva 81/851/CEE, le imprese che acquistano o producono sostanze ad azione tireostatica, estrogena, androgena o gestagena o sostanze â-agoniste e le imprese autorizzate a qualsiasi titolo a smerciare dette sostanze, nonché quelle che acquistano o fabbricano prodotti farmaceutici e medicinali veterinari a partire da dette sostanze devono conservare un registro su cui si debbono annotare, in ordine cronologico, le quantità prodotte o acquistate e quelle cedute o utilizzate per la produzione di prodotti farmaceutici e medicinali veterinari e coloro a cui le hanno cedute o da cui le hanno acquistate.Le informazioni di cui al primo comma devono essere messe a disposizione della competente autorità su sua richiesta e, in caso di informazioni computerizzate, devono essere stampate.Articolo 10Qualora dall'esito dei controlli effettuati in uno Stato membro risulti il non rispetto delle prescrizioni della presente direttiva nel paese d'origine degli animali o dei prodotti, l'autorità competente di tale Stato membro si avvale delle disposizioni della direttiva 89/608/CEE del Consiglio, del 21 novembre 1989, relativa alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle legislazioni veterinaria e zootecnica (17).Articolo 111. Negli elenchi di paesi previsti dalla legislazione comunitaria in provenienza dai quali gli Stati membri sono autorizzati ad importare animali da azienda o d'acquacoltura ovvero carni o prodotti ottenuti da tali animali non possono figurare paesi terzi la cui legislazione autorizza l'immissione sul mercato e la somministrazione di stilbeni, derivati di stilbeni, loro sali ed esteri nonché di tireostatici destinati ad essere somministrati agli animali di qualsiasi specie.2. Gli Stati membri provvedono inoltre a vietare l'importazione da paesi terzi che figurano in uno degli elenchi di cui al paragrafo 1:a) di animali da azienda o d'acquacolturai) cui siano stati somministrati, per qualsiasi via o metodo, prodotti o sostanze di cui all'articolo 2, lettera a);ii) cui siano stati somministrati sostanze o prodotti di cui all'articolo 3, lettera a), salvo che tale somministrazione sia effettuata nel rispetto delle disposizioni e prescrizioni previste dagli articoli 4, 5 e 7 e nel rispetto dei periodi di sospensione ammessi nelle raccomandazioni internazionali;b) delle carni o dei prodotti ottenuti da animali la cui importazione è vietata conformemente alla lettera a).3. Tuttavia, gli animali destinati alla riproduzione, gli animali riproduttori a fine carriera, o le loro carni, in provenienza da paesi terzi, possono essere importati purché presentino garanzie almeno equivalenti a quelle fissate dalla presente direttiva o definite secondo la procedura di cui all'articolo 33 della direttiva 96/23/CE, ciò ai fini dell'applicazione del capo V della direttiva.4. Le importazioni provenienti da paesi terzi sono soggette ai controlli previsti dall'articolo 4, paragrafo 2, lettera c) della direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (18), e all'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 90/675/CEE del Consiglio, del 10 dicembre 1990, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per i prodotti che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (19).Articolo 12Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può adottare le misure transitorie necessarie all'attuazione del regime previsto dalla presente direttiva.Articolo 131. Le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE sono abrogate a partire dal 1° luglio 1997.2. I riferimenti fatti alle direttive abrogate si considerano come fatti alla presente direttiva ed essi devono essere letti secondo la tabella di concordanza figurante nell'allegato.Articolo 141. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, comprese eventuali sanzioni, necessarie per conformarsi alla presente direttiva il 1° luglio 1997 e, per quanto concernente le sostanze â-agoniste, entro e non oltre il 1° luglio 1997. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.3. In attesa dell'applicazione delle disposizioni previste dalla presente direttiva per le sostanze â-agoniste, continuano ad applicarsi le norme nazionali in materia, nell'osservanza delle disposizioni generali del trattato.Articolo 15La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 16Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteW. LUCHETTI(1) GU n. C 302 del 9. 11. 1993, pag. 8, e GU n. C 222 del 10. 8. 1994, pag. 16.(2) GU n. C 128 del 9. 5. 1994, pag. 107.(3) GU n. C 52 del 19. 2. 1994, pag. 30.(4) GU n. L 222 del 7. 8. 1981, pag. 32. Direttiva modificata dalla direttiva 85/358/CEE (GU n. L 191 del 23. 7. 1985, pag. 46).(5) GU n. L 70 del 16. 3. 1988, pag. 16. Direttiva modificata dall'atto di adesione del 1994.(6) GU n. L 128 del 21. 5. 1988, pag. 36.(7) GU n. 121 del 29. 7. 1964, pag. 2012/64. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/23/CE (GU n. L 243 dell'11. 10. 1995, pag. 7).(8) GU n. L 55 dell'8. 3. 1971, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(9) GU n. L 26 del 31. 1. 1977, pag. 85. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/68/CE (GU n. L 332 del 30. 12. 1995, pag. 10).(10) GU n. L 268 del 24. 9. 1991, pag. 41. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(11) GU n. L 268 del 24. 9. 1991, pag. 15. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/71/CE (GU n. L 332 del 30. 12. 1995, p. 40).(12) GU n. L 317 del 6. 11. 1981, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/40/CEE (GU n. L 214 del 24. 8. 1993, pag. 31).(13) GU n. L 317 del 6. 11. 1981, pag. 16. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/40/CEE (GU n. L 214 del 24. 8. 1993, pag. 31).(14) GU n. L 214 del 24. 8. 1993, pag. 1.(15) GU n. L 373 del 31. 12. 1990, pag. 15.(16) Cfr. pag. 10 della presente Gazzetta ufficiale.(17) GU n. L 351 del 2. 12. 1989, pag. 34.(18) GU n. L 268 del 24. 9. 1991, pag. 56. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 95/157/CE della Commissione (GU n. L 103 del 6. 5. 1995, pag. 40).(19) GU n. L 373 del 31. 12. 1990, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/52/CE (GU n. L 265 dell'8. 11. 1995, pag. 16).ALLEGATO >SPAZIO PER TABELLA>
Divieto di somministrazione di ormoni (e altre sostanze) nelle produzioni animali QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Essa punta a tutelare la salute dei consumatori e preservare la qualità dei prodotti alimentari controllando l’utilizzo di ormoni negli animali. PUNTI CHIAVE Sostanze La direttiva vieta la somministrazione di talune sostanze agli animali da azienda per stimolarne la crescita. Le sostanze, elencate nell’Allegato II, sono:i tireostatici*;gli stilbeni, i derivati di stilbeni, loro sali ed esteri;l’estradiolo-17ß e suoi derivati esterificati;le sostanze ß -agoniste* (possibili deroghe in talune circostanze).L’Allegato III alla direttiva contiene inoltre un elenco di sostanze temporaneamente vietate tra le quali le sostanze ad azione estrogena* (diverse dall’estradiolo-17ßa e suoi derivati esterificati), androgena* o gestagena* (possibili deroghe). Direttiva 2003/74/CE che modifica la direttiva 96/22/CE confermando il divieto di utilizzazione di ormoni stimolanti della crescita negli animali. Inoltre, la direttiva limita in modo sostanziale le circostanze nelle quali è consentita la somministrazione di estradiolo 17-ß per scopi diversi dalla produzione di animali produttori di alimenti Direttiva 2008/97/CE che modifica la direttiva 96/22/CE e limita l’ambito di applicazione della direttiva 96/22/CE ai soli animali produttori di alimenti. Poiché l’estradiolo-17ß non è indispensabile per la produzione di animali produttori di alimenti (in quanto sono disponibili alternative) e a causa dei suoi potenziali rischi per la salute umana, viene stabilito il divieto totale di utilizzare l’estradiolo-17ß per gli animali produttori di alimenti. Pertanto le deroghe temporanee disposte per l’utilizzo di estradiolo-17ß non vengono rinnovate. Divieto La direttiva vieta:l’immissione sul mercato delle sostanze di cui sopra per la somministrazione a qualsiasi animale le cui carni o prodotti sono destinati al consumo umano (a parte le eccezioni terapeutiche e zootecniche*);l’immissione sul mercato e la macellazione di animali contenenti tali sostanze o residui di tali sostanze;l’immissione sul mercato di carni o di prodotti di origine animale, contenenti tali sostanze o residui di tali sostanze;la detenzione in un’azienda di tali sostanze.Deroghe Le sostanze ad azione ormonica, tireostatica e ß-agoniste non possono essere somministrate ad animali di azienda. Tuttavia, queste sostanze possono essere utilizzate per fini terapeutici o zootecnici, purché il loro uso sia controllato. Importazioni L’importazione di animali o di carne o di prodotti animali provenienti da paesi terzi che consentono la somministrazione di tali sostanze per stimolare la crescita è vietata nell’Unione europea. Tuttavia, il divieto dell’UE non si applica nel caso in cui questi paesi siano in grado di offrire una garanzia equivalente per le esportazioni quali il sistema di allevamento separato. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal 23 maggio 1996. I paesi dell’UE avevano l’obbligo di incorporarla nella legislazione nazionale entro il martedì 1 luglio 1997. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Gli ormoni nella carne (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Tireostatici: farmaci che riducono (o stabilizzano) la produzione di ormoni tiroidei. Estrogeni: ormoni che promuovono la formazione dei caratteri sessuali secondari femminili (ad esempio la muscolatura e il peso sono più leggeri nelle vacche rispetto ai tori) ed esercitano effetti sistemici quali la crescita e la maturazione delle ossa lunghe e stimolano l’estro (un periodo di ricettività sessuale con cadenza regolare) nelle femmine dei mammiferi. Androgeni: ormoni che controllano la formazione e il mantenimento delle caratteristiche maschili. Gestageni: ormoni che producono effetti progestazionali (cioè che favoriscono la gestazione) nell’utero. Zootecnia: la tecnologia che si occupa dell’allevamento degli animali (allevamento selettivo e sfruttamento di animali domestici). Sostanze ß-agoniste: farmaci che rilassano i muscoli (ad esempio durante il parto) stimolando i ß-adrenocettori. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 96/22/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, concernente il divieto d’utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agoniste nelle produzioni animali e che abroga le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE (GU L 125, 23.5.1996, pag. 3). Le successive modifiche alla direttiva 96/22/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre, 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU L 311, 28.11.2001, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 262 del 17/10/2000 pag. 0021 - 0045 Direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 18 settembre 2000relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro(settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 137, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(2),considerando quanto segue:(1) La direttiva 90/679/CEE del Consiglio, del 26 novembre 1990, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro [settima direttiva particolare, ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE(3)] ha subito diverse e sostanziali modificazioni(4). È opportuno, a fini di chiarezza e razionalità, procedere alla codificazione della direttiva 90/679/CEE.(2) L'osservanza delle prescrizioni minime atte a garantire un migliore livello di sicurezza e di salute per quanto concerne la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro costituisce un'esigenza inderogabile per assicurare la sicurezza e la salute dei lavoratori.(3) La presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro(5). Pertanto le disposizioni di detta direttiva si applicano pienamente al settore dell'esposizione dei lavoratori agli agenti biologici, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva.(4) Una più precisa conoscenza dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti biologici nell'ambito del lavoro può essere ottenuta tramite la tenuta di registri e di cartelle.(5) L'elenco e la classificazione degli agenti biologici devono essere regolarmente esaminati ed aggiornati in base alle nuove scoperte scientifiche.(6) Per alcuni agenti biologici è opportuno prevedere indicazioni complementari alla loro classificazione.(7) I datori di lavoro devono adeguarsi ai nuovi sviluppi tecnologici al fine di migliorare la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori.(8) Devono essere prese misure preventive per garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori esposti agli agenti biologici.(9) La presente direttiva costituisce un elemento concreto nel quadro della razionalizzazione della dimensione sociale del mercato interno.(10) A norma della decisione 74/325/CEE del Consiglio(6), il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro deve essere consultato dalla Commissione per l'elaborazione di proposte in tale settore. Esso è stato consultato per l'elaborazione delle proposte relative alle direttive del Consiglio inserite nella presente codificazione.(11) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato VIII, parte B,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Oggetto1. La presente direttiva ha per oggetto la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare per la loro sicurezza e la loro salute dall'esposizione agli agenti biologici durante il lavoro, ivi compresa la prevenzione di tali rischi.Essa fissa le prescrizioni minime particolari in questo settore.2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano integralmente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più rigorose e/o specifiche contenute nella presente direttiva.3. La presente direttiva si applica fatte salve le disposizioni della direttiva 90/219/CEE del Consiglio(7) e della direttiva 90/220/CEE del Consiglio(8).Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:a) "agente biologico": qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o tossicità;b) "microrganismo": qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o di trasferire materiale genetico;c) "coltura cellulare": il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.Gli agenti biologici sono suddivisi in quattro gruppi di rischio, a seconda del livello di rischio di infezione:1) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;2) agente biologico del gruppo 2: agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;3) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;4) agente biologico del gruppo 4: un agente che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.Articolo 3Campo di applicazione - Individuazione e valutazione dei rischi1. La presente direttiva si applica alle attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti biologici a causa della loro attività professionale.2. Per qualsiasi attività che possa comportare un rischio di esposizione ad agenti biologici, si deve determinare la natura, il grado e la durata dell'esposizione dei lavoratori, in modo da poter valutare i rischi per la salute o la sicurezza dei lavoratori e determinare le misure da adottare.Per i lavori che comportano un'esposizione a diversi gruppi di agenti biologici, i rischi sono valutati in base al pericolo presentato da tutti gli agenti biologici pericolosi presenti.Tale valutazione viene rinnovata periodicamente e comunque ogniqualvolta si verifichi un cambiamento di condizioni che possa influire sull'esposizione dei lavoratori agli agenti biologici.Il datore di lavoro fornisce alle autorità competenti, dietro loro richiesta, gli elementi utilizzati per tale valutazione.3. Si procede alla valutazione di cui al paragrafo 2 sulla base di tutte le informazioni disponibili, compreso quanto segue:a) la classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana, conformemente all'articolo 18;b) le raccomandazioni emananti da un'autorità competente, che segnalano la necessità di controllare l'agente biologico per proteggere la salute dei lavoratori qualora questi siano o possano essere esposti a tali agenti a causa della loro attività lavorativa;c) le informazioni sulle malattie che possono essere contratte a causa dell'attività lavorativa svolta;d) i potenziali effetti allergenici o tossicogenici derivanti dall'attività lavorativa svolta;e) la conoscenza di una patologia da cui sia affetto un lavoratore e che sia da porre in relazione diretta con la sua attività lavorativa.Articolo 4Applicazione dei vari articoli riguardo alla valutazione dei rischi1. Gli articoli da 5 a 17 e l'articolo 19 non si applicano se i risultati della valutazione di cui all'articolo 3, dimostrano che l'esposizione e/o l'esposizione potenziale avvengono rispetto a un agente biologico del gruppo 1 senza rischio identificabile per la salute dei lavoratori.Si deve tuttavia rispettare il punto 1 dell'allegato VI.2. Se i risultati della valutazione di cui all'articolo 3 dimostrano che l'attività non comporta la deliberata intenzione di lavorare con agenti biologici o di utilizzarli, ma può implicare l'esposizione dei lavoratori a detti agenti, come nel caso delle attività il cui elenco indicativo figura nell'allegato I, le disposizioni degli articoli 5, 7, 8, 10, 11, 12, 13 e 14 si applicano a meno che, in base ai risultati della valutazione di cui all'articolo 3, esse risultassero non necessarie.CAPO IIOBBLIGHI DEI DATORI DI LAVOROArticolo 5SostituzioneIl datore di lavoro evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi se il tipo di attività lavorativa lo consente, sostituendoli con agenti biologici che, nelle condizioni in cui vengono utilizzati, non siano nocivi o siano meno nocivi per la salute dei lavoratori, in base alle conoscenze attuali.Articolo 6Riduzione dei rischi1. Se i risultati della valutazione di cui all'articolo 3, rivelano un rischio per la salute o la sicurezza dei lavoratori, l'esposizione di questi ultimi deve essere evitata.2. Ove ciò non sia tecnicamente fattibile, tenendo presente l'attività lavorativa e la valutazione del rischio di cui all'articolo 3, l'esposizione deve essere ridotta al livello più basso necessario per proteggere adeguatamente la salute e sicurezza dei lavoratori interessati, in particolare tramite le seguenti misure da applicare alla luce dei risultati della valutazione di cui all'articolo 3:a) limitazione al minimo del numero dei lavoratori esposti o potenzialmente esposti;b) progettazione dei processi lavorativi e uso di misure tecniche al fine di evitare o di minimizzare l'emissione di agenti biologici sul luogo di lavoro;c) misure collettive di protezione e/o misure di protezione individuale, qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;d) misure igieniche compatibili con l'obiettivo di prevenire o ridurre il trasferimento o la propagazione accidentale di un agente biologico al di fuori del luogo di lavoro;e) uso del segnale di rischio biologico, descritto nell'allegato II, e di altri segnali di avvertimento appropriati;f) elaborazione di procedure di emergenza per affrontare incidenti riguardanti agenti biologici;g) ove necessario o tecnicamente realizzabile, verifica della presenza, al di fuori del contenimento fisico primario, di agenti biologici utilizzati sul lavoro;h) mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti, da parte dei lavoratori, in condizioni di sicurezza, compreso l'impiego di contenitori sicuri e identificabili, eventualmente dopo trattamento adeguato;i) accordi per la manipolazione ed il trasporto di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro in condizioni di sicurezza.Articolo 7Informazioni da fornire all'autorità competente1. Se dai risultati della valutazione di cui all'articolo 3 si evince un rischio per la salute o la sicurezza dei lavoratori, il datore di lavoro mette a disposizione dell'autorità competente, che ne faccia richiesta, appropriate informazioni riguardanti quanto segue:a) i risultati della valutazione;b) le attività durante il cui svolgimento i lavoratori sono stati esposti o potenzialmente esposti ad agenti biologici;c) il numero dei lavoratori esposti;d) il nome e le competenze della persona responsabile della sicurezza e dell'igiene sul luogo di lavoro;e) le misure preventive e di protezione adottate, compresi i metodi e le procedure di lavoro;f) il programma d'emergenza per la protezione dei lavoratori contro l'esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o 4 che derivi da un difetto nel contenimento fisico.2. Il datore di lavoro informa immediatamente l'autorità competente di qualsiasi infortunio o incidente che possa aver provocato la fuoriuscita di un agente biologico e che possa causare infezioni e/o malattie gravi in soggetti umani.3. L'elenco di cui all'articolo 11 e la cartella sanitaria di cui all'articolo 14 sono messi a disposizione delle autorità competenti qualora l'impresa cessi l'attività, conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali.Articolo 8Misure igieniche e di protezione individuale1. Per tutte le attività che comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, dovuto ad un'attività lavorativa con agenti biologici, il datore di lavoro adotta misure appropriate atte a garantire quanto segue:a) che i lavoratori non mangino o bevano nelle aree di lavoro in cui esiste un rischio di contaminazione ad opera di agenti biologici;b) che i lavoratori siano dotati di adeguati indumenti protettivi o di altri adeguati indumenti speciali;c) che siano messi a disposizione dei lavoratori servizi igienici appropriati ed adeguati, nonché eventualmente colliri e/o antisettici per la pelle;d) che i necessari equipaggiamenti protettivi siano:- correttamente riposti in un luogo ben determinato,- controllati e puliti se possibile prima e, comunque, dopo ogni utilizzazione,- riparati o sostituiti prima dell'uso ulteriore, se difettosi;e) che vengano definite procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana o animale.2. Gli indumenti di lavoro e l'attrezzatura di protezione individuale, compresi gli indumenti protettivi di cui al paragrafo 1, che possono essere contaminati da agenti biologici, devono essere tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro e, prima di passare alle misure di cui al secondo comma, riposti separatamente dagli altri indumenti.Il datore di lavoro deve accertarsi che tali indumenti e l'attrezzatura di protezione individuale vengano disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.3. Il costo delle misure adottate in applicazione dei paragrafi 1 e 2 non può essere posto a carico dei lavoratori.Articolo 9Informazione e formazione dei lavoratori1. Il datore di lavoro adotta le misure idonee affinché i lavoratori e/o i loro rappresentanti nell'impresa o nello stabilimento ricevano una formazione sufficiente e adeguata, in base a tutte le informazioni disponibili, segnatamente sotto forma di ragguagli e di istruzioni, riguardo a quanto segue:a) i rischi potenziali per la salute;b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;c) le prescrizioni in materia di igiene;d) la necessità di indossare e impiegare equipaggiamenti e indumenti protettivi;e) le misure che i lavoratori devono adottare in caso di infortunio e per prevenirlo.2. La formazione deve:a) essere fornita all'inizio di un lavoro che comporti un contatto con agenti biologici;b) essere adattata all'evoluzione dei rischi e all'insorgenza di nuovi rischi ec) e essere periodicamente ripetuta, se necessario.Articolo 10Informazione dei lavoratori in casi particolari1. Il datore di lavoro fornisce sul luogo di lavoro istruzioni scritte e, se del caso, cartelli riguardanti almeno la procedura da seguire nei casi seguenti:a) infortunio o incidente grave, relativo alla manipolazione di un agente biologico;b) manipolazione di un agente biologico del gruppo 4.2. I lavoratori segnalano immediatamente qualsiasi infortunio o incidente relativo alla manipolazione di agenti biologici alla persona responsabile del lavoro o alla persona responsabile della sicurezza e dell'igiene sul luogo di lavoro.3. Il datore di lavoro informa immediatamente i lavoratori e/o i loro rappresentanti di qualsiasi incidente o infortunio che possa aver causato la fuoriuscita di un agente biologico e che potrebbe provocare gravi infezioni e/o malattie.Inoltre, in caso di infortuni o incidenti gravi, il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori e/o i loro rappresentanti nell'impresa o nello stabilimento delle loro cause e delle misure adottate o da adottare per porre rimedio alla situazione.4. Ogni lavoratore ha accesso alle informazioni contenute nell'elenco di cui all'articolo 11, che lo riguardano personalmente.5. I lavoratori e/o i loro rappresentanti nell'impresa o nello stabilimento hanno accesso alle informazioni anonime e collettive.6. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori e/o ai loro rappresentanti, che ne facciano richiesta, le informazioni previste all'articolo 7, paragrafo 1.Articolo 11Elenco dei lavoratori esposti1. Il datore di lavoro tiene un elenco dei lavoratori esposti ad agenti biologici del gruppo 3 e/o del gruppo 4 da cui risulti il tipo di lavoro svolto e, ove possibile, l'agente biologico cui i lavoratori sono stati esposti e, secondo i casi, un registro dei casi di esposizione, degli infortuni e degli incidenti.2. L'elenco di cui al paragrafo 1 viene conservato per almeno 10 anni dopo la fine dell'esposizione, conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali.L'elenco viene conservato per un periodo più lungo, fino a quarant'anni dopo l'ultima esposizione conosciuta, nel caso di esposizioni che possono dare luogo alle infezioni seguenti:a) da agenti biologici dei quali è noto che possono provocare infezioni persistenti o latenti;b) che, in base alle conoscenze attuali, non sono diagnosticabili fintantoché non si sia sviluppata la malattia molti anni dopo;c) che hanno periodi di incubazione particolarmente lunghi prima che si sviluppi la malattia;d) che danno luogo a malattia con recrudescenza periodica per lungo tempo, nonostante le cure, oppuree) che possono avere gravi sequele a lungo termine.3. Il medico di cui all'articolo 14 e/o l'autorità competente per la salute e la sicurezza sul luogo del lavoro, nonché qualsiasi altra persona responsabile della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, hanno accesso all'elenco di cui al paragrafo 1.Articolo 12Consultazione e partecipazione dei lavoratoriPer le materie contemplate dalla presente direttiva, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti hanno luogo conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE.Articolo 13Notificazione all'autorità competente1. L'autorità competente riceve preventiva notificazione dell'uso per la prima volta di quanto segue:a) degli agenti biologici del gruppo 2;b) degli agenti biologici del gruppo 3;c) degli agenti biologici del gruppo 4.La notificazione viene eseguita almeno trenta giorni prima dell'inizio dei lavori.Salvo il disposto del paragrafo 2, viene inoltre notificato preventivamente l'uso, per la prima volta, di ogni successivo agente biologico del gruppo 4, e di qualsiasi nuovo agente biologico del gruppo 3 se lo stesso datore di lavoro classifica provvisoriamente tale agente biologico.2. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4 procedono soltanto ad una notificazione iniziale della loro intenzione.3. Una nuova notificazione viene eseguita qualora si verifichino sostanziali cambiamenti importanti per la salute e per la sicurezza sul lavoro e per i processi e/o i procedimenti che rendano sorpassata la notificazione.4. La notificazione di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 contiene quanto segue:a) il nome e l'indirizzo dell'impresa e/o dello stabilimento;b) il nome e la qualifica della persona responsabile della sicurezza e dell'igiene sul luogo di lavoro;c) il risultato della valutazione di cui all'articolo 3;d) la specie dell'agente biologico;e) le misure di protezione e di prevenzione contemplate.CAPO IIIDISPOSIZIONI VARIEArticolo 14Sorveglianza sanitaria1. Gli Stati membri adottano, conformemente alle legislazioni e alle prassi nazionali, disposizioni atte a garantire l'adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori per la cui sicurezza o salute sussista un rischio sulla base dei risultati della valutazione di cui all'articolo 3.2. Le disposizioni previste al paragrafo 1 sono tali da consentire a ogni lavoratore di formare oggetto, se del caso, di un'adeguata sorveglianza sanitaria:a) prima dell'esposizione;b) successivamente, a intervalli regolari.Dette disposizioni sono tali da permettere l'applicazione diretta delle misure individuali di igiene e di igiene del lavoro.3. La valutazione di cui all'articolo 3 dovrebbe consentire di individuare i lavoratori per i quali possono essere necessarie misure speciali di protezione.Se del caso, dovranno essere resi disponibili vaccini efficaci per i lavoratori che non siano già immuni all'agente biologico al quale sono o possono essere esposti.Quando il datore di lavoro mette a disposizione dei vaccini, essi dovrebbero tener conto del codice di condotta raccomandato di cui all'allegato VII.Qualora un lavoratore risulti soffrire di un'infezione e/o di malattia imputabili ad una esposizione, il medico o l'autorità responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori propone tale sorveglianza agli altri lavoratori che siano stati esposti in modo analogo.In questo caso, si procede ad una nuova valutazione del rischio di esposizione in conformità dell'articolo 3.4. Qualora sia assicurata la sorveglianza sanitaria, va tenuta una cartella sanitaria individuale per almeno dieci anni dopo la fine dell'esposizione, conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali.Nei casi speciali di cui all'articolo 11, paragrafo 2, secondo comma, va tenuta una cartella sanitaria individuale per un periodo più lungo, fino a quarant'anni dopo la fine dell'ultima esposizione conosciuta.5. Il medico o l'autorità responsabile della sorveglianza sanitaria propone tutte le misure di protezione o di prevenzione utili per i singoli lavoratori.6. Ai lavoratori vengono forniti informazioni e consigli sulla sorveglianza sanitaria alla quale potrebbero essere sottoposti dopo la fine dell'esposizione.7. Conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali:a) i lavoratori hanno accesso alle cartelle della sorveglianza sanitaria ad essi relative, eb) i lavoratori interessati o il datore di lavoro possono chiedere un riesame dei risultati della sorveglianza sanitaria.8. Alcune raccomandazioni pratiche in materia di sorveglianza sanitaria dei lavoratori figurano nell'allegato IV.9. Tutti i casi di malattie o decesso che, conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali, si ritiene risultino da un'esposizione professionale ad agenti biologici sono notificati all'autorità competente.Articolo 15Servizi sanitari e veterinari diversi dai laboratori diagnostici1. Ai fini della valutazione di cui all'articolo 3 dovrebbe essere prestata particolare attenzione a quanto segue:a) alle incertezze riguardo alla presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui;b) al rischio costituito dagli agenti biologici presenti o che potrebbero essere presenti nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui;c) al rischio derivante dalla natura dell'attività lavorativa.2. Nei servizi sanitari e veterinari vengono adottate misure per assicurare in modo appropriato la tutela sanitaria e la sicurezza dei lavoratori interessati.Le misure da adottare comportano in particolare quanto segue:a) la determinazione degli opportuni processi di decontaminazione e disinfezione;b) l'applicazione di processi che consentano di manipolare ed eliminare senza rischi i rifiuti contaminati.3. Nei servizi d'isolamento che ospitano pazienti o animali contaminati o che potrebbero essere contaminati da agenti biologici dei gruppi 3 o 4, le misure di contenimento vengono scelte tra quelle che figurano nell'allegato V, colonna A, per ridurre al minimo il rischio di infezione.Articolo 16Misure speciali per i processi industriali, i laboratori e gli stabulari1. Nei laboratori, compresi i laboratori diagnostici, e nei locali destinati agli animali da laboratorio, deliberatamente contaminati da agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 o che sono o potrebbero essere portatori di tali agenti, vengono adottate le seguenti misure:a) i laboratori che svolgono lavori che implicano la manipolazione di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, di sviluppo, didattici o diagnostici, fissano le misure di contenimento in conformità dell'allegato V, al fine di rendere minimo il rischio di infezione;b) a seguito della valutazione di cui all'articolo 3, vengono stabilite misure in conformità dell'allegato V, previa fissazione del livello di contenimento fisico richiesto per gli agenti biologici in funzione del grado di rischio.Le attività che comportano la manipolazione di un agente biologico sono svolte come segue:- soltanto in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, per gli agenti biologici del gruppo 2,- soltanto in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, per gli agenti biologici del gruppo 3,- soltanto in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, per gli agenti biologici del gruppo 4;c) i laboratori che manipolano materie nelle quali è incerta la presenza di agenti biologici che possono causare patologie nell'uomo, ma che non hanno l'obiettivo di lavorare con agenti biologici in quanto tali (ossia di coltivarli o concentrarli), dovrebbero adottare almeno il secondo livello di contenimento. Il terzo e il quarto livello di contenimento debbono essere utilizzati, se del caso, qualora sia nota o se ne sospetti la necessità, tranne se gli orientamenti forniti dalle autorità nazionali competenti indicano che, in taluni casi, un livello di contenimento meno elevato è adeguato.2. Per quanto riguarda i processi industriali che impiegano agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4, vengono adottate le seguenti misure:a) I principi in materia di contenimento di cui al paragrafo 1, lettera b), secondo comma, dovrebbero applicarsi anche ai processi industriali, sulla base delle misure concrete e degli opportuni procedimenti di cui all'allegato VI;b) in funzione della valutazione del rischio connesso all'impiego di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4, le autorità competenti possono decidere le misure appropriate per l'impiego industriale di questi agenti biologici.3. Per tutte le attività contemplate dai paragrafi 1 e 2 per le quali non sia stato possibile procedere alla valutazione definitiva di un agente biologico, ma per le quali può sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori a causa dell'impiego previsto, le attività lavorative possono essere svolte soltanto in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento.Articolo 17Utilizzazione dei datiI risultati dell'utilizzazione dei dati, in base alle informazioni di cui all'articolo 14, paragrafo 9, da parte delle autorità nazionali competenti, sono tenuti a disposizione della Commissione.Articolo 18Classificazione degli agenti biologici1. La classificazione comunitaria viene effettuata sulla base delle definizioni che figurano all'articolo 2, secondo comma, punti 2, 3 e 4 (gruppi 2, 3 e 4).2. In attesa di una classificazione comunitaria, gli Stati membri effettuano una classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un rischio per la salute umana sulla base delle definizioni che figurano all'articolo 2, secondo comma, punti 2, 3 e 4 (gruppi 2, 3 e 4).3. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di valutazione non possa essere attribuito in modo inequivocabile a uno dei gruppi di cui all'articolo 2, secondo comma, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le varie possibilità.Articolo 19AllegatiGli adattamenti di ordine strettamente tecnico degli allegati in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative o specifiche internazionali e delle scoperte nel settore degli agenti biologici, sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE.Articolo 20Comunicazioni alla CommissioneGli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni di diritto nazionale che adottano nella materia disciplinata dalla presente direttiva.Articolo 21AbrogazioneLa direttiva 90/679/CEE, come modificata dalle direttive figuranti all'allegato VIII, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini d'attuazione di cui all'allegato VIII, parte B.I riferimenti alla direttiva abrogata s'intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato IX.Articolo 22Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 23DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 18 settembre 2000.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteH. Védrine(1) GU C 75 del 15.3.2000, pag. 15.(2) Parere del Parlamento europeo del 13 giugno 2000 (non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 17 luglio 2000.(3) GU L 374 del 31.12.1990, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/65/CE della Commissione (GU L 335 del 6.12.1997, pag. 17).(4) Cfr. allegato VIII, parte A.(5) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.(6) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 15. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(7) Direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (GU L 117 dell'8.5.1990, pag. 1). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/81/CE (GU L 330 del 5.12.1998, pag. 13).(8) Direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (GU L 117 dell'8.5.1990, pag. 15). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/35/CE (GU L 169 del 27.6.1997, pag. 72).ALLEGATO IELENCO ORIENTATIVO DEI TIPI DI ATTIVITÀ PROFESSIONALE(Articolo 4, paragrafo 2)1. Attività in industrie alimentari.2. Attività nell'agricoltura.3. Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale.4. Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e postmortem.5. Attività nei laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica.6. Attività in impianti di smaltimento rifiuti.7. Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.ALLEGATO IISEGNALE DI RISCHIO BIOLOGICO[Articolo 6, paragrafo 2, lettera e)]>PIC FILE= "L_2000262IT.002803.EPS">ALLEGATO IIICLASSIFICAZIONE COMUNITARIA(Articolo 2, secondo comma e articolo 18)INTRODUZIONE1. Conformemente al campo d'applicazione della direttiva, devono essere inclusi nella classificazione unicamente gli agenti di cui è noto che possono provocare malattie infettive in soggetti umani.Eventualmente vengono aggiunti indicatori del rischio tossico e allergenico di questi agenti.Non sono stati presi in considerazione gli agenti patogeni di animali e piante di cui è noto che non hanno effetto sull'uomo.In sede di compilazione di questo elenco di agenti biologici classificati, non si è tenuto conto dei microrganismi geneticamente modificati.2. La classificazione degli agenti biologici si basa sull'effetto esercitato dagli stessi su lavoratori sani.Non si tiene conto in modo specifico dei particolari effetti sui lavoratori la cui sensibilità potrebbe essere modificata da una o da varie altre cause quali malattia preesistente, uso di medicinali, immunità compromessa, stato di gravidanza o allattamento.Il rischio supplementare per tali lavoratori dovrebbe essere considerato come parte della valutazione del rischio contemplata dalla direttiva.Le misure di prevenzione tecnica che saranno istituite nel quadro di alcuni processi industriali, di alcuni lavori di laboratorio o di certe attività svolte in locali ospitanti animali che implicano o possono implicare un'esposizione dei lavoratori ad agenti biologici dei gruppi 3 o 4, dovranno essere conformi all'articolo 16 della direttiva.3. Gli agenti biologici che non sono stati classificati nei gruppi 2, 3 e 4 dell'elenco non sono implicitamente inseriti nel gruppo 1.Per gli agenti di cui è nota per numerose specie la patogenicità nell'uomo, l'elenco comprende le specie più frequentemente implicate nelle malattie e un riferimento di carattere più generale indica che altre specie appartenenti allo stesso genere possono incidere sulla salute dell'uomo.Quando un intero genere è menzionato nell'elenco degli agenti biologici, è implicito che i ceppi e le specie definiti non patogeni sono esclusi dalla classificazione.4. Quando un ceppo è attenuato o ha perso geni notoriamente virulenti, il contenimento richiesto dalla classificazione del ceppo parentale non deve necessariamente essere applicato, salvo valutazione appropriata del rischio potenziale da esso rappresentato sul luogo di lavoro.Ad esempio quando tale ceppo deve essere utilizzato come prodotto o componente di un prodotto per uso profilattico o terapeutico.5. La nomenclatura degli agenti utilizzata per la classificazione riflette e rispetta i più recenti accordi internazionali sulla tassonomia e sulla nomenclatura degli agenti in vigore al momento della sua elaborazione.6. L'elenco di agenti biologici classificati riflette lo stato delle conoscenze al momento in cui è stato concepito.Esso è aggiornato non appena non riflette più lo stato delle conoscenze.7. Gli Stati membri provvedono a che tutti i virus che sono già stati isolati nell'uomo e non sono ancora stati valutati e classificati nel presente allegato figurino, come minimo nel gruppo 2, salvo il caso in cui gli Stati membri abbiano la prova che non possono provocare malattie nell'uomo.8. Taluni agenti biologici classificati nel gruppo 3 e indicati con due asterischi nell'elenco allegato possono costituire per i lavoratori un rischio d'infezione limitato perché normalmente non sono veicolati dall'aria.Gli Stati membri valutano le misure di contenimento da applicare a tali agenti biologici tenendo conto della natura delle attività specifiche in questione e della qualità dell'agente biologico interessato, per determinare se in circostanze particolari è possibile rinunciare a talune di queste misure.9. Gli imperativi che derivano in materia, di contenimento dalla classificazione dei parassiti si applicano unicamente ai vari stadi del ciclo del parassita che possono essere infettivi per l'uomo, sul luogo di lavoro.10. L'elenco contiene d'altronde indicazioni distinte per gli agenti biologici che possono provocare reazioni allergiche o tossiche, per i casi in cui è disponibile un vaccino efficace o per i casi in cui appare opportuno conservare per più di dieci anni l'elenco dei lavoratori che vi sono esposti.Tutte le indicazioni sono sistematizzate in note così formulate:A: Possibili effetti allergici.D: L'elenco dei lavoratori esposti all'agente biologico deve essere conservato per più di dieci anni dalla fine dell'ultima esposizione nota.T: Produzione di tossine.V: Vaccino efficace disponibile.Le vaccinazioni preventive dovrebbero essere effettuate tenendo conto del codice di condotta figurante nell'allegato VII.BATTERIe organismi similiNB:Per gli agenti che figurano nel presente elenco la menzione "spp" si riferisce alle altre specie riconosciute patogene per l'uomo.>SPAZIO PER TABELLA>VIRUS>SPAZIO PER TABELLA>PARASSITI>SPAZIO PER TABELLA>FUNGHI>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IVRACCOMANDAZIONI PRATICHE PER LA SORVEGLIANZA SANITARIA DEI LAVORATORI(Articolo 14, paragrafo 8)1. Il medico e/o l'autorità responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti biologici devono essere al corrente delle condizioni e delle circostanze dell'esposizione di ciascun lavoratore.2. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori va effettuata in conformità dei principi e della prassi della medicina del lavoro; essa comprende almeno le seguenti misure:- tenuta della documentazione relativa ai precedenti sanitari e professionali del lavoratore,- una valutazione personale dello stato di salute dei lavoratori,- ove necessario, il controllo biologico e l'accertamento degli effetti precoci e reversibili.Per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria si decidono le eventuali altre analisi da effettuare, alla luce delle più recenti conoscenze disponibili in materia di medicina del lavoro.ALLEGATO VSPECIFICHE SULLE MISURE DI CONTENIMENTO E SUI LIVELLI DI CONTENIMENTO[Articolo 15, paragrafo 3 e articolo 16, paragrafo 1, lettere a) e b)]Nota preliminare:Le misure contenute in questo allegato debbono essere applicate in base alla natura delle attività, la valutazione del rischio per i lavoratori e la natura dell'agente biologico di cui trattasi.>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO VISPECIFICHE PER PROCESSI INDUSTRIALI[Articolo 4, paragrafo 1, e articolo 16, paragrafo 2, lettera a)]Agenti biologici del gruppo 1Per le attività con agenti biologici del gruppo 1, compresi i vaccini spenti si osserveranno i principi di una buona sicurezza ed igiene professionali.Agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4Può risultare opportuno selezionare ed abbinare specifiche di contenimento da diverse categorie tra quelle sottoindicate, in base ad una valutazione di rischio connessa con un particolare processo o parte di esso.>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO VIICODICE DI CONDOTTA RACCOMANDATO PER LA VACCINAZIONE(Articolo 14, paragrafo 3)1. Qualora la valutazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, riscontri un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini efficaci, i datori di lavoro dovrebbero offrire la vaccinazione ai lavoratori.2. La vaccinazione dovrebbe aver luogo conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.I lavoratori dovrebbero essere informati circa vantaggi e inconvenienti sia della vaccinazione sia della non vaccinazione.3. La vaccinazione offerta ai lavoratori non deve comportare oneri finanziari per questi ultimi.4. Può essere redatto un certificato di vaccinazione, che è rilasciato al lavoratore interessato e, se lo richiedono, alle autorità competenti.ALLEGATO VIIIPARTE ADirettiva abrogata e modificazioni successive(articolo 21)Direttiva 90/679/CEE del Consiglio (GU L 374 del 31.12.1990, pag. 1).Direttiva 93/88/CEE del Consiglio (GU L 268 del 29.10.1993, pag. 71).Direttiva 95/30/CE della Commissione (GU L 155 del 6.7.1995, pag. 41).Direttiva 97/59/CE della Commissione (GU L 282 del 15.10.1997, pag. 33).Direttiva 97/65/CE della Commissione (GU L 335 del 6.12.1997, pag. 17).PARTE BElenco dei termini d'attuazione in diritto nazionale(articolo 21)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IXTAVOLA DI CONCORDANZA>SPAZIO PER TABELLA>
Protezione dei lavoratori contro l’esposizione ad agenti biologici QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce le norme relative alla valutazione e alla limitazione dei rischi nei casi in cui tale esposizione non può essere evitata. PUNTI CHIAVE La presente direttiva protegge la salute e la sicurezza dei lavoratori esposti ad agenti biologici* (ad esempio, microrganismi* o colture cellulari*) nell’ambito della loro attività professionale. Gli agenti biologici sono suddivisi in quattro gruppi, a seconda del livello di rischio di infezione:il gruppo 1 comprende gli agenti che non rischiano di causare malattie in soggetti umani; il gruppo 2 riguarda gli agenti che possono causare malattie nei soggetti umani ma hanno una scarsa probabilità di propagarsi nella comunità, e per i quali è disponibile un trattamento efficace; il gruppo 3 comprende gli agenti che possono causare malattie nei soggetti umani e costituire un rischio di propagazione nella comunità, benché sia possibile prevenire o curare la malattia; il gruppo 4 riguarda gli agenti che possono causare gravi malattie nei soggetti umani. Presentano un alto rischio di diffusione nella comunità e non esiste un trattamento efficace.Valutazione dei rischi Va condotta una valutazione dei rischi per qualsiasi attività professionale che possa esporre i lavoratori ad agenti biologici. Si deve determinare la natura, il grado e la durata dell’esposizione in modo da determinare le misure profilattiche da adottare.Il datore di lavoro deve collaborare alla valutazione periodica dei rischi. Obblighi dei datori di lavoro Ove l’attività lo permetta, il datore di lavoro deve sostituire gli agenti pericolosi con agenti poco o non pericolosi, tenendo conto delle loro condizioni di utilizzo e del livello delle conoscenze scientifiche. Inoltre, in caso di rischio per la sicurezza o per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro deve impegnarsi a ridurre tale rischio a un livello sufficientemente basso. Egli può:limitare al minimo il numero di lavoratori esposti; adottare misure tecniche per controllare l’emissione di agenti biologici sul luogo di lavoro; adottare misure di protezione collettive e/o individuali; adottare misure igieniche per prevenire o ridurre il trasferimento accidentale al di fuori del luogo di lavoro; installare segnali di rischio biologico; elaborare procedure di emergenza per affrontare gli incidenti; predisporre la raccolta, l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti; prevedere condizioni di manipolazione e di trasporto sicuro degli agenti biologici.Il datore di lavoro tiene un elenco dei lavoratori esposti ad agenti del gruppo 3 e/o 4. L’elenco può essere conservato fino a 40 anni in determinati casi. Inoltre, egli deve informare l’autorità nazionale competente della prima utilizzazione degli agenti del gruppo 2, 3, 4. Infine, il datore di lavoro deve assicurarsi che i lavoratori e/o i loro rappresentanti siano sufficientemente informati e formati, riguardo a:i rischi potenziali per la salute; le precauzioni per evitare l’esposizione; le norme igieniche; l’impiego di equipaggiamenti e di indumenti protettivi; le misure previste in caso di infortunio.In caso di infortunio o incidente, il datore di lavoro deve informare al più presto i lavoratori e/o i loro rappresentanti delle cause, dei rischi e delle misure da adottare. Sorveglianza sanitaria I paesi dell’UE devono adottare disposizioni per garantire la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, prima e dopo l’esposizione ad agenti biologici. Modifiche Gli allegati della direttiva 2000/54/CE sono stati sostanzialmente aggiornati dalla direttiva di modifica (UE) 2019/1833 che modifica gli allegati I, III, V e VI della direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli adattamenti di ordine strettamente tecnico. La direttiva di modifica (UE) 2020/739 aggiunge il SARS-CoV-2 all’elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell’uomo e modifica di conseguenza l’allegato III della direttiva 2000/54/CE. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 6 novembre 2000. TERMINI CHIAVE Agente biologico: qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o tossicità. Microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o di trasferire materiale genetico. Coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 262 del 17.10.2000, pag. 21). Le modifiche successive alla direttiva 2000/54/CE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva (UE) 2020/739 della Commissione, del 3 giugno 2020, che modifica l’allegato III della direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’inserimento del SARS-CoV-2 nell’elenco degli agenti biologici di cui è noto che possono causare malattie infettive nell’uomo e che modifica la direttiva (UE) 2019/1833 della Commissione (GU L 175 del 4.6.2020, pag. 11). Direttiva (UE) 2019/1833 della Commissione, del 24 ottobre 2019, che modifica gli allegati I, III, V e VI della direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli adattamenti di ordine strettamente tecnico (GU L 279 del 31.10.2019, pag. 54). Direttiva 2010/32/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario (GU L 134 dell’1.6.2010, pag. 66). Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
13,921
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31989L0108
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Direttiva 89/108/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0034 - 0037 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana (89/108/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che la fabbricazione e lo smercio dei prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, in appresso denominati «alimenti surgelati», rivestono un'importanza sempre maggiore nella Comunità: considerando che le differenze fra le legislazioni nazionali riguardanti gli alimenti surgelati ne ostacolano la libera circolazione; che dette differenze possono creare condizioni di concorrenza ineguali e pertanto incidere direttamente sull'instaurazione e suI funzionamento del mercato comune; considerando che, di conseguenza, è necessario ravvicinare dette legislazioni; considerando che a tale scopo occorre dare alla legislazione comunitaria il campo d'applicazione più vasto possibile, che si estenda a tutti i surgelati per l'alimentazione umana e includa non soltanto i prodotti destinati a essere forniti tali e quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, ma anche quelli che subiranno trasformazioni o entreranno a far parte di successive preparazioni; considerando tuttavia che questa regolamentazione non deve applicarsi a prodotti che non siano presentati in commercio come alimenti surgelati; considerando che in ogni caso è opportuno stabilire i criteri generali cui deve essere conforme qualsiasi alimento surgelato; considerando che in seguito potranno essere emanate all'occorrenza, per taluni gruppi di alimenti surgelati, disposizioni speciali a complemento dei criteri generali, secondo la procedura applicabile a ciascuno di questi gruppi; considerando che il surgelamento mira a conservare le caratteristiche intrinseche degli alimenti mediante un processo di congelamento rapido e che é necessario raggiungere in tutti i punti del prodotto una temperatura pari o inferiore a -18 oC; considerando che ad una temperatura di - 18 oC qualsiasi attività microbiologica in grado di alterare la qualità di un prodotto alimentare è sospesa e che ne deriva la necessità di mantenere almeno questa temperatura, sia pure con una certa tolleranza tecnicamente inevitabile, durante l'immagazzinamento e la distribuzione degli alimenti surgelati prima della loro immissione sul mercato per il consumatore finale; considerando che taluni aumenti della temperatura sono inevitabili per motivi tecnici e che quindi possono essere tollerati a condizione che non nuocciano alla qualità dei prodotti, cosa questa che può essere garantita se si osservano le buone prassi di conservazione e di distribuzione, tenuto conto in particolare del livello di rotazione delle scorte; considerando che le prestazioni di alcuni impianti tecnici attualmente utilizzati per la distribuzione locale degli alimenti surgelati non sono tali da garantire sempre il rispetto integrale dei limiti di temperatura imposti dalla presente direttiva e che si deve pertanto prevedere un regime transitorio che consenta di ammortizzare normalmente il materiale esistente; considerando che la presente direttiva può limitarsi ad enunciare gli obiettivi da raggiungere per quanto riguarda tanto l'attrezzatura utilizzata per l'operazione di surgelamento, quanto le temperature da rispettare nelle installazioni e nelle attrezzature di immagazzinamento, di manipolazione, di trasporto e di distribuzione; considerando che è compito degli Stati membri di garantire, mediante controlli ufficiali, che il materiale utilizzato sia tale da soddisfare questi obiettivi; considerando che siffatto controllo rende inutile qualsiasi sistema di accertamento ufficiale negli scambi commercial: considerando che è opportuno prevedere la possibilità di utilizzare fluidi criogeni, il che implica il loro contatto diretto con gli alimenti surgelati; che, pertanto, detti fluidi debbono essere sufficientemente inerti per non cedere agli alimenti un quantitativo di costituenti che possa presentare un pericolo per la salute umana, modificare in modo inaccettabile la composizione degli alimenti od alterare le loro caratteristiche organolettiche; considerando che per conseguire questo obiettivo occorre definire l'elenco delle sostanze in questione e fissarne i criteri di purezza nonché le condizioni di impiego; considerando che gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe sono soggetti, per quanto riguarda l'etichettatura, alle norme istituite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura, la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale e la relativa pubblicità (3), modificata da ultimo dalla direttiva 86/197/CEE (4); che la presente direttiva deve pertanto limitarsi a prescrivere le diciture specifiche per gli alimenti surgelati; considerando che al fine di agevolare gli scambi è opportuno fissare anche le norme sull'etichettatura degli alimenti surgelati non destinati ad essere venduti tal quali al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe; considerando che per semplificare ed accelerare la procedura, è opportuno affidare alla Commissione l'adozione di misure esecutive di carattere tecnico; considerando che, in tutti i casi per i quali il Consiglio conferisce alla Commissione competenze per l'esecuzione di norme stabilite nel settore dei prodotti alimentari, occorre fissare una procedura che instauri una stretta cooperazione . tra gli Stati membri e la Commissione irt sede di comitato permanente per i prodotti alimentari, istituito dalla decisione 69/414/CEE del Consiglio (5), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva riguarda i prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, denominati qui di seguito «alimenti surgelati». 2. Ai sensi della presente direttiva, si intendono per «alimenti surgelati» i prodotti alimentari: - che sono stati sottoposti ad un processo speciale di congelamento, detto «surgelamento», che permette di superare con la rapidità necessaria in funzione della natura del prodotto la zona di cristallizzazione massima del prodotto e di far sì che la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti - dopo la stabilizzazione termica - sia mantenuta ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18oCe - che sono commercializzati in modo che risulti che hanno questa caratteristica. I gelati non sono considerati alimenti surgelati ai sensi della presente direttiva. 3. L'applicazione della presente direttiva lascia impregiudicate Ie disposizioni comunitarie derivanti: a) da una organizzazione comune dei mercati nei settori dell'agricoltura e della pesca; b) dall'igiene veterinaria. Articolo 2 Solo i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2 possono avere le denominazioni previste agli articoli 8 e 9. Articolo 3 1. Le materie prime usate per la fabbricazione degli alimenti surgelati devono essere di qualità sana, leale e commerciale e possedere il necessario grado di freschezza. 2. La preparazione dei prodotti da trattare e l'operazione di surgelamento devono essere effettuate senza indiigio mediante attrezzature tecniche idonee a ridurre al minimo le modifiche chimiche, biochimiche e microbiologiche. Articolo 4 I mezzi criogeni il cui uso a contatto diretto con i surgelati è autorizzato, ad esclusione di tutti gli altri, sono i seguenti: - aria, - azoto, - anidride carbonica. In deroga al primo comma, gli Stati membri possono mantenere sino al 31 dicembre 1992 le legislazioni nazionali che autorizzano l'utilizzazione del diclorodifluormetano (R 12). I criteri di purezza cui tali mezzi criogeni devono rispondere sono fissati, se del caso, secondo la procedura prevista all'articolo 12. Articolo 5 1. La temperatura degli alimenti surgelati deve essere stabile e mantenuta, in tutti i punti del prodotto, a -18 oC o meno, con eventuali brevi fluttuazioni verso l'alto di 3 oC al massimo durante il trasporto. 2. Tuttavia, entro i limiti delle buone prassi di conservazione e di distribuzione, durante la distribuzione locale e negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale sono ammesse tolleranze della temperatura del prodotto, alle condizioni seguenti: a) tali tolleranze non devono superare i 3oC: b) esse possono tuttavia raggiungere i 6oC negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, se ed in quanto gli Stati membri lo decidano. In questo caso gli Stati membri scelgono la temperatura in base alla rotazione delle scorte o dei prodotti nel commercio al dettaglio e informano la Commissione sulle misure prese e sui motivi che le giustificano. La Commissione riesaminerà la tolleranza prevista dalla presente lettera sulla scorta delle innovazioni tecniche e, se del caso, presenterà al Consiglio, entro il 31 dicembre 1992, proposte in merito. 3. Durante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri possono, per la distribuzione locale, autorizzare tolleranze fino a 6 oC. Articolo 6 1. Gli Stati membri: a) si assicurano che gli impianti usati per il surgelamento, l'immagazzinamento, il trasporto, la distribuzione locale e gli armadi e i banconi frigoriferi di vendita siano tali da garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla presente direttiva; b) effettuano un controllo ufficiale mediante sondaggio delle temperature degli alimenti surgelati. 2. Gli Stati membri si astengono dall'esigere che, in vista o all'atto della commercializzazione degli alimenti surgelati, il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1 sia attestato da un certificato ufficiale. Articolo 7 Gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere condizionati dal fabbricante oppure dal condizionatore negli imballaggi preliminari appropriati atti a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche o di altro genere e dalla disseccazione. Articolo 8 1. La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti contemplati dalla presente direttiva e destinati tal quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, alle seguenti condizioni: a) la denominazione di vendita è completata dalla o dalle seguenti menzioni: - in spagnolo «ultracongelado» o «congelado rapidamente», - in danese «dybfrossen», - in tedesco «tiefgefroren» o «Tiefkuehlkost» o «tiefgekuehlt» o «gefrostet», - in greco «baqeíaw katácyjhw» o «taxeíaw yperkatecygména», - in inglese «quick-frozen», - in francese «surgelé», - in italiano «surgelato», - in neerlandese «diepvries», - in portoghese «ultracongelado»; b) l'indicazione della data di conservazione minima deve essere corredata dell'indicazione del periodo in cui i surgelati possono essere immagazzinati presso il destinatario e dell'indicazione della temperatura di conservazione e/o dell'attrezzatura richiesta per la conservazione; c) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare un'indicazione che permetta di individuare la partita; d) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare una chiara avvertenza del tipo «non ricongelare dopo scongelamento». Articolo 9 1. L'etichettatura dei prodotti definiti nell'articolo 1, paragrafo 2 e non destinati ad essere forniti al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe comporta soltanto le diciture obbligatorie seguenti: a) la denominazione di vendita completata conformemente all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a); b) il contenuto netto espresso in unità di massa; c) una dicitura che consenta di individuare la partita; d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del produttore o del confezionatore oppure di un rivenditore stabilito all'interno della Comunità. 2. Le indicazioni di cui al paragrafo 1 figurano sull'imballaggio, sul recipiente o sulla confezione o su un'etichetta ivi apposta. 3. II presente articolo lascia impregiudicate eventuali disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di metrologia. Articolo 10 Gli Stati membri non possono, per ragioni riguardanti le caratteristiche di fabbricazione, la confezione o letichettatu- ra, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, conformi alla presente direttiva e alle misure prese per la sua applicazione. Articolo 11 Le modalità relative al prelievo di campioni, al controllo delle temperature degli alimenti surgelati ed al controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e delle attrezzature di immagazzinamento e di conservazione sono determinate secondo la procedura prevista all'articolo 12, prima dello scadere di un termine di ventiquattro mesi a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Articolo 12 1. Ove si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente per i prodotti alimentari è chiamato a pronunciarsi dal suo presidente, su iniziativa di quest'ultimo oppure su richiesta del rappresentante di uno Stato membro. 2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da attuare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto nel termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del problema in esame. II comitato si pronuncia alla maggioranza qualificata prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato. II presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure proposte quando sono conformi al parere del comitato. b) Quando le misure proposte non sono conformi al parere del comitato, oppure in mancanza di detto parere, la Commissione presenta immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. II Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se allo scadere di un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui è stato adito il Consiglio non ha adottato misure, la Commissione adotta le misure proposte. Anrticolo 13 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Dette misure devono: - permettere, al più tardi diciotto mesi dopo la notifica (6) della direttiva, il commercio di prodotti conformi alla presente direttiva; - vietare, al più tardi ventiquattro mesi dopo la notifica della direttiva, il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva. 2. per quanto riguarda gli armadi e i banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, gli Stati membri possono, diirante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, mantenere le legislazioni esistenti al momento dell'applicazione della presente direttiva. In tal caso gli Stati membri ne informano la Commissione precisando i motivi che giustificano la loro decisione. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988. Per il Consiglio Il Presidente V. PAPANDREOU (1) GU n. C 175 del 15. 7. 1985, pag. 296 e GU n. C 12 del l6. 1. 1989. (2) GU n. C 104 del 25. 4. 1985, pag. 17.(3) GU n. L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1 (4) GU n. L 144 del 29. 5. 1986, pag. 38. (5) GU n. L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.(6) La presente direttiva è stata notificata agli Stati membri il 10 gennaio 1989.
Alimenti surgelati QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce norme a livello UE che disciplinano il congelamento rapido, l’imballaggio, l’etichettatura e l’ispezione dei prodotti alimentari surgelati. PUNTI CHIAVE Processo di congelamento rapidoGli alimenti surgelati sono quelli sottoposti al processo di «surgelamento», in cui la zona di temperatura di massima cristallizzazione viene superata il più rapidamente possibile e il prodotto viene quindi mantenuto (dopo la stabilizzazione termica) a una temperatura di -18 °C o inferiore. Il congelamento rapido deve essere effettuato senza indugio, mediante attrezzature tecniche idonee, con materie prime di qualità sana, leale e commerciale. Solo aria, azoto e anidride carbonica che soddisfano specifici criteri di purezza possono essere utilizzati come mezzi criogeni (cioè a temperature molto basse). La Commissione europea stabilisce i criteri di purezza. Deviazioni dalla temperatura di -18 °C per gli alimenti surgelati sono consentite durante il trasporto e la distribuzione locale e negli espositori al dettaglio. In tali casi le fluttuazioni verso l’alto non devono superare i 3 °C.Imballaggio dei prodottiGli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere imballati in un preconfezionamento atto a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche e dalla disseccazione. L’etichettatura degli alimenti surgelati deve includere la denominazione di vendita, l’indicazione «surgelato» e l’identificazione della partita. Le altre informazioni obbligatorie variano in base al consumatore previsto per il prodotto.Consumatori finali, ristoranti, ospedali, mense: data di conservazione minima, indicazione del periodo durante il quale i surgelati possono essere conservati presso l’acquirente, indicazione della temperatura di conservazione e dell’attrezzatura richiesta per la conservazione.Altre: il contenuto netto e l’identità del produttore, confezionatore o rivenditore.Controlli ufficialiGli Stati membri devono garantire che le apparecchiature utilizzate per gli alimenti surgelati siano conformi alla direttiva e devono effettuare controlli ufficiali casuali sulla temperatura del prodotto.Alla Commissione è conferito il potere di adottare misure dettagliate per il campionamento e il monitoraggio della temperatura nei modi di trasporto, deposito e conservazione. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 10 gennaio 1989 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 10 luglio 1990 per il commercio di prodotti conformi alla direttiva. Gli Stati membri dovevano vietare il commercio di prodotti non conformi alla direttiva entro il 10 gennaio 1991. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/108/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 34). Le successive modifiche alla direttiva 89/108/CEE sono state incorporate nell’atto originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 37/2005 della Commissione, del 12 gennaio 2005, sul controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e nei locali di immagazzinamento e di conservazione degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 10 del 13.1.2005, pag. 18). Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/2/CEE della Commissione, del 13 gennaio 1992, che fissa le modalità di campionamento e il metodo comunitario di analisi per il controllo delle temperature degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 34 dell’11.2.1992, pag. 30).
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REGOLAMENTO (CE) N. 1466/97 DEL CONSIGLIO del 7 luglio 1997 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 103, paragrafo 5, vista la proposta della Commissione (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (2), (1) considerando che il Patto di stabilità e crescita si fonda sull'obiettivo dell'equilibrio delle finanze pubbliche quale strumento per rafforzare le condizioni favorevoli alla stabilità dei prezzi e ad una crescita vigorosa, sostenibile e promotrice di occupazione; (2) considerando che il Patto di stabilità e crescita è costituito dal presente regolamento, volto a rafforzare la sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché la sorveglianza e il coordinamento delle politiche economiche, dal regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio (3), volto ad accelerare e chiarire le modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi e dalla risoluzione del Consiglio europeo del 17 giugno 1997 sul Patto di stabilità e crescita (4) nella quale, in conformità dell'articolo D del trattato sull'Unione europea, sono enunciati orientamenti politici fermi ai fini di un'attuazione rigorosa e tempestiva del Patto di stabilità e crescita, e in particolare dell'adesione all'obiettivo a medio termine consistente nel raggiungimento di un saldo del bilancio vicino al pareggio o positivo, al cui perseguimento tutti gli Stati membri si sono impegnati, nonché ai fini dell'adozione di misure di bilancio correttive che essi ritengono necessarie per conseguire gli obiettivi dei loro programmi di stabilità o di convergenza ogniqualvolta dispongano di informazioni che indichino una significativa divergenza effettiva o prevista rispetto all'obiettivo di bilancio a medio termine; (3) considerando che nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) gli 'Stati membri sono chiaramente vincolati dal trattato, ai sensi dell'articolo 104 C del trattato, ad evitare disavanzi pubblici eccessivi; che, conformemente al punto 5 del protocollo n. 11 su taluni disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord del trattato, l'articolo 104 C, paragrafo 1 non si applica al Regno Unito se questo non partecipa alla terza fase; che l'obbligo di cui all'articolo 109 E, paragrafo 4 di cercare di evitare disavanzi eccessivi continuerà ad applicarsi al Regno Unito; (4) considerando che il perseguimento dell'obiettivo a medio termine consistente nel raggiungimento di un saldo del bilancio vicino al pareggio o positivo permetterà agli Stati membri di affrontare le normali fluttuazioni cicliche mantenendo il disavanzo pubblico entro il valore di riferimento del 3 % del PIL; (5) considerando che è opportuno integrare la procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103, paragrafi 3 e 4 con una procedura di allarme preventivo che consenta al Consiglio di avvertire tempestivamente uno Stato membro della necessità di adottare le necessarie misure di bilancio correttive per evitare che il disavanzo pubblico diventi eccessivo; (6) considerando che la procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103, paragrafi 3 e 4 dovrebbe inoltre continuare ad esercitarsi su ogni aspetto dell'evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità nonché sulla coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima di cui all'articolo 103, paragrafo 2; che, ai fini del controllo di tale evoluzione, è opportuno presentare informazioni sotto forma di programmi di stabilità e di programmi di convergenza; (7) considerando che è opportuno sfruttare l'utile esperienza maturata con i programmi di convergenza nelle prime due fasi dell'Unione economica e monetaria; (8) considerando che gli Stati membri che adotteranno la moneta unica, denominati nel prosieguo «Stati membri partecipanti» avranno raggiunto, a norma dell'articolo 109 J, un alto grado dì convergenza sostenibile e, in particolare, una situazione sosteni-bile della finanza pubblica; che in detti Stati membri è necessario mantenere posizioni di bilancio equilibrate per sostenere la stabilità dei prezzi e per rafforzare le condizioni favorevoli di una crescita sostenuta della produzione e dell'occupazione; che è necessario che gli Stati membri partecipanti presentino programmi a medio termine, denominati nel prosieguo «programmi di stabilità»; che è necessario definire i principali contenuti di tali programmi; (9) considerando che gli Stati membri che non adotteranno la moneta unica, denominati nel prosieguo «Stati membri non partecipanti», dovranno perseguire politiche volte a raggiungere un alto grado di convergenza sostenibile; che è necessario che tali Stati membri presentino programmi a medio termine, denominati nel prosieguo «programmi di convergenza»; che è necessario definire i principali contenuti di tali programmi di convergenza; (10) considerando che nella risoluzione del 17 giugno 1997 sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'Unione economica e monetaria il Consiglio europeo ha enunciato orientamenti politici fermi in base ai quali sarà istituito un nuovo meccanismo di cambio nella terza fase dell'UEM denominato nel prosieguo «ERMI»; che le valute degli Stati membri non partecipanti che aderiranno all'ERM2 avranno una parità centrale rispetto all'euro, costituendo in tal modo un punto di riferimento per la valutazione dell'adeguatezza delle loro politiche; che TERM2 aiuterà a proteggere tali Stati membri e gli Stati membri aderenti all'euro da pressioni ingiustificate sui mercati valu-tari; che, per consentire un'adeguata sorveglianza in sede di Consiglio, gli Stati membri non partecipanti che non aderiranno all'ERM2 presenteranno tuttavia, nei loro programmi di convergenza, politiche orientate alla stabilità, evitando disallineamenti del tasso di cambio reale e fluttuazioni eccessive del tasso di cambio nominale; (11) considerando che la duratura convergenza dei dati economici fondamentali costituisce una condizione indispensabile per la stabilità sostenibile dei cambi; (12) considerando che occorre stabilire un calendario per la presentazione dei programmi di stabilità e dei programmi di convergenza e dei relativi aggiornamenti; (13) considerando che, nell'interesse della trasparenza e di un dibattito pubblico informato, è necessario che gli Stati membri rendano pubblici i rispettivi programmi di stabilità e di convergenza; (14) considerando che il Consiglio, nell'esaminare e controllare i programmi di stabilità e i programmi di convergenza, in particolare il loro obiettivo di bilancio a medio termine o il percorso di avvicinamento a tale obiettivo, deve tener conto delle pertinenti caratteristiche cicliche strutturali dell'economia di ciascuno Stato membro; (15) considerando che in tale contesto occorre rivolgere particolare attenzione alle divergenze significative delle posizioni di bilancio rispetto all'obiettivo di un saldo prossimo al pareggio o attivo; che è opportuno che il Consiglio allerti tempestivamente gli Stati membri al fine di evitare che il disavanzo pubblico dei medesimi diventi eccessivo; che, in caso di persistente scostamento, è opportuno che il Consiglio rafforzi la propria raccomandazione e la renda pubblica; che per gli Stati membri non partecipanti il Consiglio ha la facoltà di presentare raccomandazioni sulle azioni da intraprendere per attuare i rispettivi programmi di convergenza; (16) considerando che tanto i programmi di stabilità quanto i programmi di convergenza rispettano le condizioni di convergenza economica di cui all'articolo 104 C del trattato, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: SEZIONE 1 OBIETTIVO E DEFINIZIONI Articolo 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative al contenuto, alla presentazione, all'esame e alla sorveglianza dei programmi di stabilità e dei programmi di convergenza nell'ambito della sorveglianza multilaterale che deve essere esercitata dal Consiglio per prevenire tempestivamente il determinarsi di disavanzi pubblici eccessivi e promuovere la sorveglianza e il coordinamento delle politiche economiche. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si intendono per «Stati membri partecipanti» gli Stati membri che hanno adottato la moneta unica conformemente al trattato e per «Stati membri non partecipanti» quelli che non hanno adottato la moneta unica. SEZIONE 2 PROGRAMMI DI STABILITÀ Articolo 3 1. Ciascuno Stato membro partecipante presenta al Consiglio e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini dell'esercizio periodico della sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103 del trattato nella forma di un programma di stabilità, che costituisce una base essenziale per la stabilità dei prezzi e per una crescita vigorosa, sostenibile e favorevole alla creazione di posti di lavoro. Il programma di stabilità contiene le seguenti informazioni: a) l'obiettivo a medio termine di una situazione di bilancio della pubblica amministrazione, con un saldo prossimo al pareggio o in attivo e il percorso di avvicinamento a tale obiettivo nonché l'andamento previsto del rapporto debito pubblico/PIL; b) le principali ipotesi sul previsto andamento dell'economia, nonché sulle altre principali variabili economi-che rilevanti per la realizzazione del programma di stabilità, quali le spese per investimenti pubblici, la crescita reale del PIL, l'occupazione e l'inflazione; c) la descrizione dei provvedimenti di bilancio e delle altre misure di politica economica adottati o proposti per conseguire gli obiettivi del programma nonché, per le misure più importanti della manovra di bilancio, una stima dei loro effetti quantitativi sui conti pubblici; d) l'analisi delle ripercussioni di eventuali modifiche delle principali ipotesi economiche sulla posizione di bilancio e sul debito. 3. Le informazioni concernenti l'evoluzione del rapporto tra il saldo di bilancio della pubblica amministrazione e PIL come pure del rapporto tra debito pubblico e PIL nonché delle principali ipotesi economiche di cui al paragrafo 2, lettere a) e b) sono espresse su base annua ed includono, oltre all'anno in corso e a quello precedente, almeno i tre anni successivi. Articolo 4 1. I programmi di stabilità sono presentati prima del 1o marzo 1999. Successivamente sono presentati programmi aggiornati ogni anno. Gli Stati membri che abbiano adottato la moneta unica in un momento successivo presentano il loro programma di stabilità entro sei mesi dalla decisione del Consiglio relativa alla loro partecipazione alla moneta unica. 2. Gli Stati membri rendono pubblici i programmi di stabilità ed i programmi aggiornati. Articolo 5 1. Sulla base della valutazione della Commissione e del comitato di cui all'articolo 109 C del trattato, il Consiglio esamina, nell'ambito della sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103, se l'obiettivo di bilancio a medio termine di ciascun programma di stabilità preveda un margine di manovra per evitare il determinarsi di un disavanzo eccessivo, se le ipotesi economiche sulle quali il programma è fondato siano realistiche e se le misure adottate e/o proposte siano adeguate per la realizzazione del percorso prospettato di avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine. Il Consiglio esamina inoltre se il programma di stabilità faciliti un più stretto coordinamento delle politiche economiche e se le politiche economiche dello Stato membro interessato siano coerenti con gli indirizzi di massima per le politiche economiche. 2. Il Consiglio procede all'esame di ciascuno dei programmi di stabilità di cui al paragrafo 1 entro al massimo due mesi dalla presentazione del programma. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e previa consultazione del comitato di cui all'articolo 109 C, formula un parere sul programma. Se, conformemente all'articolo 103, ritiene che gli obiettivi e i contenuti del programma debbano essere rafforzati, il Consiglio invita, nel suo parere, lo Stato membro interessato ad adeguare il suo programma. 3. I programmi di stabilità aggiornati sono esaminati dal comitato di cui all'articolo 109 C sulla base della valutazione della Commissione; se necessario i programmi aggiornati possono essere esaminati anche dal Consiglio secondo la procedura di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo. Articolo 6 1. Nell'ambito della sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103, paragrafo 3, il Consiglio verifica l'applicazione dei programmi di stabilità, fondandosi sulle informazioni fornite dagli Stati membri partecipanti e sulle valutazioni della Commissione e del comitato di cui all'articolo 109 C, in particolare allo scopo di individuare scostamenti sensibili, in atto o prevedibili, della posizione di bilancio rispetto all'obiettivo a medio termine o al percorso di avvicinamento a tale obiettivo definito nel programma per il saldo di bilancio della pubblica amministrazione. 2. Qualora individui uno scostamento sensibile della posizione di bilancio dall'obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, il Consiglio, allo scopo di prevenire tempestivamente il determinarsi di un disavanzo eccessivo, rivolge allo Stato membro interessato una raccomandazione, a norma dell'articolo 103, paragrafo 4, perché adotti le necessarie misure di aggiustamento del bilancio. 3. Qualora ritenga, nell'esercizio della successiva sorveglianza, che lo scostamento della posizione di bilancio dall'obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo persista o si aggravi, il Consiglio rivolge allo Stato membro interessato, a norma dell'articolo 103, paragrafo 4, una raccomandazione perché adotti prontamente misure correttive e può, come previsto da tale articolo, rendere pubblica la propria raccomandazione. SEZIONE 3 PROGRAMMI DI CONVERGENZA Articolo 7 1. Ciascuno Stato membro non partecipante presenta al Consiglio e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini dell'esercizio periodico della sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103 nella forma di un programma di convergenza, che costituisce una base essenziale per la stabilità dei prezzi e per una crescita vigorosa, sostenibile e favorevole alla creazione di posti di lavoro. 2. Il programma di convergenza contiene le seguenti informazioni, in particolare le variabili relative ai criteri di convergenza: a) l'obiettivo a medio termine di una situazione di bilancio della pubblica amministrazione, con un saldo prossimo al pareggio o in attivo e il percorso di avvicinamento a tale obiettivo; l'andamento previsto dal rapporto debito pubblico/PIL; gli obiettivi a medio termine di politica monetaria; le relazioni tra tali obiettivi e la stabilità dei prezzi e dei cambi; b) le principali ipotesi sul previsto andamento dell'economia, nonché sulle altre principali variabili economi-che rilevanti per la realizzazione del programma di convergenza, quali le spese per investimenti pubblici, la crescita reale del PIL, l'occupazione e l'inflazione; c) la descrizione dei provvedimenti di bilancio e delle altre misure di politica economica adottati o proposti per conseguire gli obiettivi del programma nonché, per le misure più importanti della manovra di bilancio, una stima dei loro effetti quantitativi sui conti pubblici; d) l'analisi delle ripercussioni di eventuali modifiche delle principali ipotesi economiche sulla posizione di bilancio e sul debito. 3. Le informazioni concernenti l'evoluzione del rapporto tra il saldo di bilancio della pubblica amministrazione e PIL come pure del rapporto tra debito pubblico e PIL nonché le principali ipotesi economiche di cui al paragrafo 2, lettere a) e b) sono espresse su base annua e includono, oltre all'anno in corso e a quello precedente, almeno i tre anni successivi. Articolo 8 1. I programmi di convergenza sono presentati prima del 1o marzo 1999. Successivamente sono presentati programmi aggiornati ogni anno. 2. Gli Stati membri rendono pubblici i programmi di convergenza ed i programmi aggiornati. Articolo 9 1. Sulla base della valutazione della Commissione e del comitato di cui all'articolo 109 C del trattato, il Consiglio esamina, nell'ambito della sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103, se l'obiettivo di bilancio a medio termine di ciascun programma di convergenza preveda un margine di manovra per evitare il determinarsi di un disavanzo eccessivo, se le ipotesi economiche sulle quali il programma è fondato siano realistiche e se le misure adottate e/o proposte siano adeguate per la realizzazione del percorso prospettato di avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine e per conseguire una convergenza durevole. Il Consiglio esamina inoltre se il programma di convergenza faciliti un più stretto coordinamento delle politiche economiche e se le politiche economiche dello Stato membro interessato siano coerenti con gli indirizzi di massima per le politiche economiche. 2. Il Consiglio procede all'esame di ciascuno dei programmi di convergenza di cui al paragrafo 1 entro al massimo due mesi dalla presentazione del programma. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e previa consultazione del comitato di cui all'articolo 109 C, formula un parere sul programma. Se, conformemente all'articolo 103, ritiene che gli obiettivi e i contenuti del programma debbano essere rafforzati, il Consiglio, nel suo parere, invita lo Stato membro interessato ad adeguare il suo programma. 3. I programmi di convergenza aggiornati sono esaminati dal comitato di cui all'articolo 109 C sulla base della valutazione della Commissione; se necessario i programmi aggiornati possono essere esaminati anche dal Consiglio secondo la procedura di cui ai precedenti paragrafi 1 e 2 del presente articolo. Articolo 10 1. Nell'ambito della sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 103, paragrafo 3, il Consiglio verifica l'applicazione dei programmi di convergenza, fondandosi sulle informazioni fornite dagli Stati membri non partecipanti conformemente all'articolo 7, paragrafo 2, lettera a), e sulle valutazioni della Commissione e del comitato di cui all'articolo 109 C del trattato, in particolare allo scopo di individuare scostamenti sensibili, in atto o prevedibili, della posizione di bilancio rispetto all'obiettivo a medio termine o al percorso di avvicinamento a tale obiettivo definitivo nel programma per il saldo di bilancio della pubblica amministrazione. Inoltre il Consiglio verifica le politiche economiche degli Stati membri non partecipanti alla luce degli obiettivi del programma di convergenza, al fine di garantire che tali politiche siano compatibili con la stabilità e di evitare quindi disallineamenti del tasso di cambio reale e fluttuazioni eccessive del tasso di cambio nominale. 2. Qualora individui uno scostamento sensibile della posizione di bilancio dall'obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, il Consiglio, allo scopo di prevenire tempestivamente il determinarsi di un disavanzo eccessivo, rivolge allo Stato membro interessato una raccomandazione, a norma dell'articolo 103, paragrafo 4, perché adotti le necessarie misure di aggiustamento del bilancio. 3. Qualora ritenga, nell'esercizio della successiva sorveglianza, che lo scostamento della posizione di bilancio dall'obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo persista o si aggravi, il Consiglio rivolge allo Stato membro interessato, a norma dell'articolo 103, paragrafo 4, una raccomandazione perché adotti prontamente misure correttive e può, come previsto da tale articolo, rendere pubblica la propria raccomandazione. SEZIONE 4 DISPOSIZIONI COMUNI Articolo 11 Nell'ambito della sorveglianza multilaterale descritta nel presente regolamento, il Consiglio effettua la valutazione globale di cui all'articolo 103, paragrafo 3. Articolo 12 Conformemente all'articolo 103, paragrafo 4, secondo comma, nel riferire al Parlamento europeo il presidente del Consiglio e la Commissione comunicano anche i risultati della sorveglianza multilaterale svolta nel quadro del presente regolamento. Articolo 13 Il presente regolamento entra in vigore il 1o luglio 1998. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 7 luglio 1997. Per il Consiglio Il Presidente J.-C. JUNCKER (1) GU n. C 368 del 6. 12. 1996, pag. 9. (2) Parere del Parlamento europeo del 28 novembre 1996 (GU n. C 380 del 16. 12. 1996, pag. 28), posizione comune del Consiglio del 14 aprile 1997 (GU n. C 146 del 30. 5. 1997, pag. 26) e decisione del Parlamento europeo del 29 maggio 1997 (GU n. C 182 del 16. 6. 1997). (3) Vedi pagina 6 della presente Gazzetta ufficiale. (4) GU n. C 236 del 2. 8. 1997, pag. 1.
Sorveglianza delle politiche di bilancio QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Introduce la parte preventiva del patto di stabilità e di crescita. Tali misure preventive sono pensate per assicurare la disciplina di bilancio necessaria per l’efficace funzionamento dell’Unione europea (UE). Concerne non solo i paesi dell’UE che hanno adottato la moneta unica, ma anche quelli che ancora non vi partecipano. PUNTI CHIAVE Lo scopo del regolamento è quello di sorvegliare e coordinare le politiche di bilancio dei paesi dell’UE quale misura preventiva per assicurare la disciplina di bilancio all’interno dell’UE. Per fare ciò, prevede un semestre europeo all’inizio di ogni anno per aiutare i paesi dell’UE ad attuare politiche di bilancio sane. I paesi dell’UE sottopongono alla Commissione europea programmi di stabilità (per i paesi che hanno adottato l’euro) e programmi di convergenza (per i paesi non facenti parte dell’area dell’euro) in cui adottano un obiettivo di bilancio a medio termine. Tali programmi sono valutati dalla Commissione e sono oggetto di raccomandazioni del Consiglio, specifiche per ogni paese. Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche Il Semestre europeo è un periodo di sei mesi nel corso del quale vengono esaminate le politiche di bilancio dei paesi dell’UE. All’inizio del semestre, il Consiglio individua le principali sfide economiche dell’UE e fornisce ai paesi dell’UE direttive strategiche sulle politiche da seguire. Successivamente e in base a tali direttive, i paesi dell’UE stabiliscono: i loro programmi di stabilità o di convergenza ai sensi del presente regolamento; i loro programmi di riforma nazionali, conformemente agli orientamenti di massima per le politiche economiche e gli orientamenti per le politiche occupazionali. Al termine del semestre europeo e in seguito alla valutazione di tali programmi, il Consiglio fornisce alcune raccomandazioni a ciascun paese dell’UE. In base alla valutazione della Commissione, il Consiglio fa conoscere la sua opinione prima che i paesi dell’UE stabiliscano i propri bilanci definitivi per l’anno seguente. Obiettivi di bilancio a medio termine Ogni paese dell’UE fissa un obiettivo di disavanzo a medio termine per la posizione di bilancio, definito in termini strutturali. Questo obiettivo varia da un paese dell’UE all’altro: tanto più rigoroso quanto più elevati saranno i livelli del debito e il costo stimato di invecchiamento della popolazione. Per i paesi dell’UE che hanno adottato l’euro e per i paesi che partecipano al meccanismo di cambio (ERM II), l’obiettivo si colloca oltre il - 1 % del PIL e il pareggio o l’attivo. I paesi dell’UE possono rivedere il proprio obiettivo se procedono a una grande riforma strutturale oppure ogni tre anni, in occasione della pubblicazione delle proiezioni che consentono di aggiornare il costo stimato dell’invecchiamento della popolazione. La sorveglianza multilaterale: i programmi di stabilità e di convergenza I programmi di stabilità e di convergenza costituiscono la base della sorveglianza multilaterale esercitata dal Consiglio dell’UE. La sorveglianza, prevista dall’articolo 121 del trattato sul funzionamento dell’UE, deve prevenire tempestivamente disavanzi pubblici eccessivi e promuovere il coordinamento delle politiche economiche. Ogni paese dell’UE trasmette un programma di stabilità (per i paesi che hanno adottato l’euro) o di convergenza (per i paesi che non fanno parte dell’area dell’euro) al Consiglio dell’UE e alla Commissione. I programmi di stabilità o di convergenza comprendono: l’obiettivo di bilancio a medio termine e gli aggiustamenti previsti per il conseguimento dell’obiettivo; il rapporto tra il saldo di bilancio della pubblica amministrazione e PIL, la probabile evoluzione del rapporto tra debito pubblico e PIL, la crescita prevista per la spesa pubblica, la crescita delle entrate pubbliche a politiche invariate, nonché una stima delle misure discrezionali programmate in materia di entrate; informazioni sulle passività implicite legate all’invecchiamento e sulle passività contingenti, come le garanzie pubbliche, il cui impatto può avere vaste ripercussioni sui conti pubblici; dati sulla coerenza del programma con gli indirizzi di massima di politica economica e il programma nazionale di riforma; le principali ipotesi sulle prospettive economiche che possono influenzare la realizzazione dei programmi di stabilità e di convergenza (crescita, occupazione, inflazione e altre variabili di rilievo); la valutazione e l’analisi particolareggiata dei provvedimenti di bilancio e delle altre misure di politica economica adottati o previsti rilevanti per conseguire l’obiettivo del programma; l’analisi delle ripercussioni di eventuali modifiche delle principali ipotesi economiche sulla posizione di bilancio e sul debito; qualora si verifichi, i motivi di qualsiasi deviazione rispetto agli aggiustamenti previsti necessari per conseguire l’obiettivo di bilancio a medio termine. Inoltre, i programmi di convergenza devono indicare la relazione tra questi obiettivi e la stabilità dei prezzi e dei tassi di cambio, nonché gli obiettivi a medio termine della politica monetaria. L’esame dei programmi di stabilità e di convergenza Sulla base delle valutazioni della Commissione e del comitato economico e finanziario, il Consiglio esamina gli obiettivi di bilancio a medio termine presentati dai paesi nei loro programmi. In particolare verifica: se l’obiettivo si basi su ipotesi economiche realistiche; se le misure adottate o previste sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di bilancio; se, nel valutare gli aggiustamenti previsti, il paese interessato proceda a migliorare annualmente il saldo di bilancio, tenuto conto delle variazioni congiunturali; se la crescita annuale della spesa pubblica del paese interessato non è troppo alta, ovvero se non supera un tasso di riferimento a medio termine. Nelle sue valutazioni, il Consiglio tiene conto dell’attuazione di grandi riforme strutturali, per esempio la riforma delle pensioni. Il Consiglio procede all’esame del programma nei tre mesi successivi alla presentazione. Su raccomandazione della Commissione e previa consultazione del comitato economico e finanziario, il Consiglio esprime il suo parere sul programma e può chiedere al paese in questione di modificarlo se ritiene che sia necessario rafforzarne gli obiettivi e il contenuto. Evitare un disavanzo eccessivo: meccanismo di allarme preventivo Nel quadro della sorveglianza multilaterale, il Consiglio segue l’attuazione dei programmi di stabilità e di convergenza in base alle informazioni fornite dai paesi dell’UE e alle valutazioni effettuate dalla Commissione e dal comitato economico e finanziario. Se quindi la Commissione constata uno scostamento significativo rispetto all’obiettivo di bilancio a medio termine o agli aggiustamenti previsti verso l’obiettivo, rivolge un avvertimento al paese interessato per evitare il un disavanzo eccessivo («meccanismo di allarme preventivo», articolo 121, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’UE). Inoltre, le raccomandazioni adottate dal Consiglio possono essere rese pubbliche. Orientamento della Commissione europea Nel 2015 una comunicazione della Commissione ha chiarito come intende applicare le regole del patto di stabilità e di crescita per rafforzare il legame tra riforme strutturali, investimenti e responsabilità fiscali per stimolare la creazione di posti di lavoro e la crescita nell’UE. Questa guida ha avuto tre obiettivi principali: incoraggiare l’effettiva attuazione delle riforme strutturali; promuovere gli investimenti, in particolare nel contesto del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici, elemento centrale del piano d’investimento per l’Europa proposto dalla Commissione; riflettere meglio la situazione economica di ciascuno dei paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 1 luglio 1998. CONTESTO Secondo le nome stabilite nel patto di stabilità e crescita, i paesi dell’UE devono quindi adottare delle politiche di bilancio sane al fine di evitare l’apparire di disavanzi pubblici eccessivi che potrebbero mettere in pericolo la stabilità economica e finanziaria dell’UE. Nel 2011 il patto di stabilità e di crescita è stato oggetto di riforma. Le nuove misure adottate costituiscono una tappa importante per garantire la disciplina di bilancio, favorire la stabilità dell’UE e prevenire una nuova crisi. Il patto raggruppa pertanto, ad oggi, sei atti legislativi (noti come il «Six Pack») che sono entrati in vigore il 13 dicembre 2011 e due ulteriori atti («Two Pack») entrati in vigore il 30 maggio 2013: il regolamento (UE) n. 1173/2011 relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro; il regolamento (UE) n. 1174/2011 sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro; il regolamento (UE) n. 1175/2011 che modifica il presente regolamento sulle procedure di sorveglianza delle posizioni di bilancio; il regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici; il regolamento (UE) n. 1177/2011 che modifica la procedura per i disavanzi eccessivi; la direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri. il regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria; il regolamento (UE) n 473/2013 sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro Per maggiori informazioni, si veda: «Patto di stabilità e di crescita» (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209, 2.8.1997, pag. 1–5) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1466/97 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro (GU L 306, 23.11.2011, pag. 1–7) Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1174/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011 sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro (GU L 306, 23.11.2011, pag. 8–11) Regolamento (EU) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306, 23.11.2011, pag. 25–32) Regolamento (EU) n. 1177/2011 del Consiglio, dell’8 novembre 2011 che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 306, 23.11.2011, pag. 33–40) Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011 relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306, 23.11.2011, pag. 41–47) Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140, 27.5.2013, pag. 1–10) Regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro (GU L 140, 27.5.2013, pag. 11–23) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del patto di stabilità e crescita (COM(2015) 12 final, 13.1.2015)
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Protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti — Protocollo sui trasporti Gazzetta ufficiale n. L 323 del 08/12/2007 pag. 0015 - 0022 20001031Protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasportiProtocollo sui trasportiLA REPUBBLICA D’AUSTRIA,LA REPUBBLICA FRANCESE,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA ITALIANA,IL PRINCIPATO DEL LIECHTENSTEIN,IL PRINCIPATO DI MONACO,LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,LA CONFEDERAZIONE SVIZZERA,nonchéLA COMUNITÀ EUROPEA,in conformità con il loro mandato derivante dalla convenzione per la protezione delle Alpi (convenzione delle Alpi) del 7 novembre 1991, di assicurare una politica globale di protezione e di sviluppo sostenibile del territorio alpino;in attuazione dei loro impegni di cui all’articolo 2, commi 2 e 3 della convenzione delle Alpi;consapevoli che il territorio alpino comprende un’area caratterizzata da ecosistemi e paesaggi particolarmente sensibili o da condizioni geografiche e topografiche tali da accentuare l’inquinamento e l’impatto acustico oppure un’area caratterizzata dalla presenza di risorse naturali o culturali uniche;consapevoli che in assenza di adeguati provvedimenti, a causa della progressiva integrazione dei mercati, dello sviluppo sociale ed economico e delle esigenze legate alle attività del tempo libero, il traffico e l’impatto ambientale che ne consegue sono destinati ad aumentare;convinti che la popolazione locale debba essere posta in condizione di determinare essa stessa le prospettive del proprio sviluppo sociale, culturale ed economico, nonché di concorrere alla sua realizzazione nel quadro istituzionale vigente;consapevoli che i trasporti non sono privi di ripercussioni sull’ambiente e che l’impatto ambientale dovuto ai trasporti provoca un crescente carico e rischi ecologici, per la salute e per la sicurezza, i quali richiedono un’azione congiunta;consapevoli che il trasporto di merci pericolose richiede interventi più incisivi al fine di garantire la sicurezza;consapevoli che sia l’esigenza di rendere trasparenti le connessioni tra trasporti, ambiente, salute e sviluppo economico, sia quella di rendere palese la necessità di ridurre l’impatto ambientale richiedono attività organiche di monitoraggio, ricerca, informazione ed orientamento;consapevoli che nel territorio alpino una politica dei trasporti orientata ai principi di sostenibilità non è di interesse per la sola popolazione alpina ma anche per quella extraalpina e che è inoltre indispensabile per la conservazione delle Alpi come spazio vitale, naturale ed economico;consapevoli che da un lato le infrastrutture di trasporto non sono in parte sufficientemente sfruttate e che dall’altro non vengono adeguatamente promossi i sistemi di trasporto più ecologici, quali rotaia, navigazione e sistemi combinati, e neppure la compatibilità e l’operatività transnazionali dei vari mezzi di trasporto, e che è pertanto necessario ottimizzarli, rafforzando le reti di trasporto all’interno e all’esterno delle Alpi;consapevoli che le scelte pianificatorie e di politica economica operate all’interno ed all’esterno delle Alpi sono della massima importanza per lo sviluppo dei trasporti nel territorio alpino;adoperandosi per dare un contributo decisivo allo sviluppo sostenibile e al miglioramento della qualità della vita attraverso un contenimento del volume di traffico, attraverso una gestione ecocompatibile dei trasporti e attraverso l’incremento dell’efficacia e dell’efficienza dei sistemi di trasporto esistenti;convinti della necessità di conciliare gli interessi economici, le esigenze sociali e quelle ecologiche;nel rispetto degli accordi bilaterali e multilaterali stipulati tra le parti contraenti e la Comunità europea, in particolare nel settore dei trasporti;convinti che determinati problemi possono essere risolti soltanto sul piano transfrontaliero e richiedono misure comuni degli Stati alpini,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:CAPITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Finalità1. Le parti contraenti si impegnano ad attuare una politica sostenibile dei trasporti tesa a:a) ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico intraalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l’uomo, la fauna e la flora e il loro habitat, tra l’altro attuando un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti, in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato;b) contribuire allo sviluppo sostenibile dello spazio vitale e delle attività economiche, come premesse fondamentali per l’esistenza stessa delle popolazioni residenti nel territorio alpino per mezzo di una politica dei trasporti organica e concertata tra le parti contraenti che coinvolga tutti i vettori;c) contribuire a ridurre o a limitare per quanto possibile l’impatto che possa compromettere il ruolo e le risorse del territorio alpino nonché la conservazione dei suoi paesaggi naturali e culturali, la cui importanza si estende oltre i suoi confini, e che possa mettere a repentaglio la preservazione di questo territorio ancora fondamentalmente intatto;d) garantire il traffico intraalpino e transalpino incrementando l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di trasporto e favorendo i vettori meno inquinanti e con minore consumo di risorse ad un costo economicamente sopportabile;e) garantire condizioni di concorrenza equilibrate tra i singoli vettori.2. Le parti contraenti si impegnano a sviluppare il settore dei trasporti tenendo conto dei principi di precauzione, prevenzione e causalità.Articolo 2DefinizioniAi sensi del presente Protocollo, si intende per:"traffico/trasporto transalpino": traffico/trasporto con origine e destinazione all’esterno del territorio alpino;"traffico/trasporto intraalpino": traffico/trasporto con origine e destinazione all’interno del territorio alpino (traffico/trasporto interno) incluso il traffico/trasporto con origine o destinazione nel territorio alpino;"impatto e rischi tollerabili": impatto e rischi da definirsi nell’ambito di procedimenti di valutazione dell’impatto ambientale e di analisi dei rischi con lo scopo di fermare l’ulteriore aumento dell’impatto e dei rischi e di ridurli, qualora necessario, tramite provvedimenti appropriati sia nel caso di nuove costruzioni sia per le infrastrutture esistenti con notevole impatto sul territorio;"costi esterni": voci di costo per le quali un utente di un bene o di un servizio (ad esempio infrastruttura) non sostiene un esborso. Essi comprendono l’uso dell’infrastruttura se esso è gratuito, i danni, l’inquinamento, anche acustico, i costi sanitari occasionati dall’uso dei trasporti e dagli incidenti;"grandi costruzioni o trasformazioni sostanziali o potenziamento delle infrastrutture di trasporto esistenti": progetti infrastrutturali suscettibili di provocare impatto che in base alla normativa sulla VIA o in base a disposizioni contenute in accordi internazionali sono soggetti a procedimenti di valutazione dell’impatto ambientale;"strade di grande comunicazione": tutte le autostrade e le strade a più corsie, prive di intersezioni a raso, che per i loro effetti in termini di traffico sono assimilabili alle autostrade;"obiettivi di qualità ambientale": obiettivi che descrivono lo stato auspicato dell’ambiente tenendo conto delle interdipendenze ecosistemiche. Essi indicano in termini materiali, spaziali e temporali le qualità, all’occorrenza aggiornabili, dei beni meritevoli di essere protetti;"standard di qualità ambientale": norme concrete che permettono di raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale; esse determinano gli obiettivi applicabili a determinati parametri, i procedimenti di misurazione o le condizioni quadro;"indicatori ambientali": gli indicatori ambientali misurano o valutano lo stato dell’impatto ambientale e indicano le tendenze di sviluppo;"principio di precauzione": è il principio secondo il quale gli interventi volti a evitare, gestire o ridurre gli effetti gravi o irreversibili sulla salute e sull’ambiente non possono essere rinviati, con la motivazione che la ricerca scientifica non abbia ancora dimostrato, in modo rigoroso, l’esistenza di un rapporto di causa-effetto fra da un lato le sostanze contemplate e dall’altro la loro potenziale nocività per la salute e l’ambiente;"principio di causalità": inclusa l’imputazione degli effetti indotti è il principio in virtù del quale i costi relativi alla prevenzione, alla gestione e alla riduzione dell’inquinamento, nonché al ripristino ambientale, sono a carico di chi inquina. Chi inquina è tenuto, per quanto possibile, a sopportare la totalità del costo dell’impatto che i trasporti causano sulla salute e sull’ambiente;"verifica di opportunità": procedimento di valutazione da realizzare in conformità al diritto nazionale in occasione della progettazione di grandi infrastrutture o della trasformazione sostanziale o del potenziamento di quelle esistenti e teso a verificarne la necessità e gli effetti in termini di politica dei trasporti, nonché di impatto ecologico, economico e socioculturale.Articolo 3Trasporti sostenibili e mobilità1. Al fine di sviluppare i trasporti in condizioni di sostenibilità, le parti contraenti, adottando una politica ambientale e dei trasporti concertata e tesa alla riduzione dell’impatto e dei rischi dovuti ai trasporti, si impegnano a:a) tener conto delle esigenze dell’ambiente in modo tale da:aa) ridurre il consumo delle risorse ad un punto tale da non superare, per quanto possibile, la capacità naturale di rigenerazione;bb) ridurre l’emissione di sostanze nocive ad un punto tale da non superare la capacità di carico delle risorse ambientali interessate;cc) limitare le immissioni nell’ambiente ad un punto tale da evitare ripercussioni sulle strutture ecologiche e sui cicli naturali;b) tener conto delle esigenze della società in modo tale da:aa) garantire l’accessibilità alle persone, ai posti di lavoro, ai beni e ai servizi in modo efficiente, rispettoso dell’ambiente, facendo uso parsimonioso di energia e spazio, nonché garantire un sufficiente approvvigionamento di base;bb) non compromettere la salute dell’uomo e ridurre il rischio di calamità naturali, nonché il numero e la gravità degli incidenti;c) tener conto delle esigenze dell’economia in modo tale da:aa) incrementare l’autofinanziabilità del settore dei trasporti e internizzare i costi esterni;bb) promuovere lo sfruttamento ottimale delle potenzialità dell’infrastruttura esistente;cc) salvaguardare i posti di lavoro nelle aziende e imprese competitive che operano nei vari settori economici;d) adottare interventi più incisivi nella lotta all’inquinamento acustico considerando la particolarità della topografia alpina.2. In conformità con la normativa nazionale ed internazionale vigente nell’ambito dei trasporti, le parti contraenti si impegnano a sviluppare orientamenti, strategie e misure di carattere nazionale, regionale e locale, finalizzati a:a) tenere conto delle differenti condizioni ambientali, economiche e socioculturali, nonché della diversità delle esigenze;b) limitare l’accentuarsi dell’impatto dovuto ai trasporti, adottando una combinazione di strumenti economici e di interventi di pianificazione territoriale e dei trasporti.Articolo 4Considerazione delle finalità nelle altre politiche1. Le parti contraenti si impegnano a tener conto delle finalità stabilite dal presente protocollo anche nell’ambito delle loro altre politiche.2. Le parti contraenti si impegnano a verificare preventivamente e a posteriori gli effetti che altre politiche, strategie e programmi producono sul settore dei trasporti.Articolo 5Partecipazione degli enti territoriali1. Le parti contraenti promuovono la collaborazione internazionale tra le istituzioni competenti, al fine di individuare le migliori soluzioni concertate e coordinate a livello transfrontaliero.2. Ciascuna parte contraente determina nel quadro istituzionale vigente il livello più idoneo al coordinamento e alla collaborazione tra le istituzioni e gli enti territoriali direttamente interessati al fine di promuovere una responsabilità solidale e, in particolare, di valorizzare e di sviluppare le sinergie potenziali nell’attuazione della politica dei trasporti, nonché delle misure conseguenti.3. Nel rispetto delle loro competenze nel quadro istituzionale vigente, gli enti territoriali direttamente interessati partecipano ai diversi stadi di preparazione e attuazione delle relative politiche e misure.Articolo 6Misure rafforzate di protezione a livello nazionaleFatto salvo quanto disposto negli accordi internazionali vigenti, le parti contraenti possono adottare misure rafforzate di protezione che vanno al di là di quelle previste dal presente protocollo, tese alla tutela dell’ambiente alpino ecologicamente sensibile, quando lo richiedano determinate condizioni dell’ambiente o motivi di salute pubblica e di sicurezza o esigenze di protezione ambientale.CAPITOLO IIMISURE SPECIFICHEA) STRATEGIE, PROGRAMMI, PROGETTIArticolo 7Strategia generale della politica dei trasporti1. Nell’interesse della sostenibilità le parti contraenti si impegnano ad attuare una gestione razionale e sicura dei trasporti nel contesto di una rete di trasporti integrata, coordinata e transfrontaliera tesa a:a) coordinare i vettori, i mezzi e i tipi di trasporto e favorire l’intermodalità;b) sfruttare nel modo migliore i sistemi e le infrastrutture di trasporto esistenti nel territorio alpino, tra l’altro con l’impiego della telematica, e imputare a coloro che li causano i costi infrastrutturali ed esterni, differenziandoli a seconda dell’impatto causato;c) incidere, tramite interventi di assetto del territorio e strutturali, a favore del trasferimento dei servizi di trasporto di persone e merci su quel vettore che di volta in volta risulti il più rispettoso dell’ambiente, nonché sui sistemi intermodali di trasporto;d) valorizzare e sfruttare i potenziali di riduzione del volume di traffico.2. Le parti contraenti si impegnano a realizzare, nel miglior modo possibile, gli interventi necessari a:a) proteggere le vie di trasporto contro i rischi naturali;b) proteggere l’uomo e l’ambiente nelle aree soggette a particolare impatto dovuto ai trasporti;c) raggiungere una graduale riduzione delle emissioni di sostanze nocive e delle emissioni sonore per tutti i vettori anche sulla base delle migliori tecnologie disponibili;d) incrementare la sicurezza dei trasporti.Articolo 8Valutazione di progetti e procedura di consultazione interstatale1. Nel caso di grandi costruzioni, trasformazioni sostanziali o potenziamento delle infrastrutture di trasporto esistenti, le parti contraenti si impegnano a realizzare verifiche di opportunità, valutazioni dell’impatto ambientale e analisi dei rischi e a tener conto dei relativi risultati ai fini degli obiettivi del presente protocollo.2. I progetti di realizzazione di infrastrutture di trasporto nel territorio alpino vanno coordinati e concertati. Nel caso di progetti aventi un significativo impatto transfrontaliero, ogni parte contraente si impegna a realizzare consultazioni preventive con le parti contraenti interessate, al più tardi nel momento in cui siano disponibili i risultati delle verifiche. Queste disposizioni non pregiudicano il diritto di ogni parte contraente di procedere alla costruzione di quelle infrastrutture dei trasporti la cui realizzazione è decisa nell’ambito del proprio ordinamento giuridico o la cui necessità è accertata per legge al momento dell’approvazione del presente protocollo.3. Le parti contraenti sostengono una maggiore presa in considerazione della componente trasporti nella gestione ambientale delle imprese site nei loro paesi.B) MISURE TECNICHEArticolo 9Trasporti pubbliciPer preservare e migliorare in modo sostenibile la struttura insediativa ed economica, nonché la vocazione ricreativa e turistica del territorio alpino, le parti contraenti si impegnano a promuovere l’istituzione e il potenziamento di sistemi di trasporto pubblico ecocompatibili e orientati agli utenti.Articolo 10Trasporto su rotaia e navigazione1. Al fine di sfruttare la particolare idoneità della ferrovia per soddisfare la domanda di trasporto a lunga distanza e al fine di un migliore sfruttamento della rete ferroviaria per la valorizzazione economica e turistica del territorio alpino, le parti contraenti, nell’ambito delle loro competenze, sostengono:a) il miglioramento dell’infrastruttura ferroviaria tramite la costruzione e lo sviluppo di grandi assi transalpini, inclusi i relativi raccordi e adeguati terminali;b) l’ulteriore ottimizzazione gestionale e l’ammodernamento della ferrovia, in particolare per i trasporti transfrontalieri;c) i provvedimenti tesi a trasferire sulla rotaia in particolare il trasporto merci a lunga distanza, nonché ad armonizzare maggiormente la tariffazione per l’utilizzo delle infrastrutture di trasporto;d) i sistemi di trasporto intermodali, nonché l’ulteriore sviluppo della ferrovia;e) il maggiore utilizzo della ferrovia e la creazione di sinergie orientate all’utenza nel trasporto passeggeri a lunga distanza, regionale e locale.2. Le parti contraenti sostengono gli sforzi tesi al maggiore utilizzo delle potenzialità della navigazione al fine di ridurre la quota di transito terrestre del trasporto merci.Articolo 11Trasporto su strada1. Le parti contraenti si astengono dalla costruzione di nuove strade di grande comunicazione per il trasporto transalpino.2. Dei progetti stradali di grande comunicazione per il trasporto intraalpino possono essere realizzati solo a condizione che:a) gli obiettivi stabiliti all’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della convenzione delle alpi possano essere raggiunti tramite appropriati interventi di precauzione o di compensazione realizzati in base ai risultati di una valutazione dell’impatto ambientale; eb) le esigenze di capacità di trasporto non possano essere soddisfatte né tramite un migliore sfruttamento delle capacità stradali e ferroviarie esistenti, né potenziando o costruendo infrastrutture ferroviarie e di navigazione, né migliorando il trasporto combinato o adottando altri interventi di organizzazione dei trasporti; ec) dalla verifica di opportunità risulti che il progetto è economico, che i rischi sono controllabili e che l’esito della valutazione dell’impatto ambientale è positivo;d) si tenga conto dei piani/programmi di assetto territoriale e dello sviluppo sostenibile.3. Dato che le condizioni geografiche e la struttura insediativa del territorio alpino non permettono dovunque un efficiente servizio da parte dai trasporti pubblici, le parti contraenti riconoscono tuttavia la necessità di creare e mantenere un livello sufficiente di infrastrutture di trasporto che garantiscano il funzionamento del trasporto individuale nelle aree periferiche.Articolo 12Trasporto aereo1. Senza esigerlo dalle altre regioni, le parti contraenti si impegnano a ridurre, per quanto possibile, l’impatto ambientale e acustico prodotto dal traffico aereo. Tenuto conto degli obiettivi del presente protocollo esse si adoperano affinché venga limitato, e all’occorrenza vietato, il lancio da aeromobili all’esterno degli aerodromi. Ai fini della protezione della fauna selvatica, le parti contraenti adottano misure adeguate per limitare in termini di spazio e tempo il traffico aereo non motorizzato nel tempo libero.2. Le parti contraenti si impegnano a migliorare il sistema di trasporti pubblici che collega gli aeroporti siti nelle vicinanze delle Alpi con le diverse regioni alpine per poter far fronte alla domanda di trasporto aereo senza aumentare la pressione sull’ambiente. In tale contesto le parti contraenti convengono di limitare, nella misura del possibile, la costruzione ed il potenziamento significativo degli aeroporti esistenti nel territorio alpino.Articolo 13Impianti turistici1. Le parti contraenti si impegnano a valutare gli effetti prodotti sul settore dei trasporti da nuove installazioni turistiche, tenendo conto degli obiettivi del presente protocollo, e ad adottare, all’occorrenza, provvedimenti di precauzione e di compensazione atti al raggiungimento delle finalità del presente protocollo o degli altri protocolli. A tale proposito va data la precedenza ai trasporti pubblici.2. Le parti contraenti sostengono la creazione e la conservazione di zone a bassa intensità di traffico o vietate al traffico, nonché l’istituzione di località turistiche vietate al traffico e tutte le misure atte a favorire l’accesso e il soggiorno dei turisti senza automobili.Articolo 14Verità dei costiAl fine di influire sulla ripartizione modale dei trasporti per mezzo di una migliore considerazione dei costi reali dei differenti vettori, le parti contraenti convengono di applicare il principio di causalità e sostengono l’applicazione di un sistema di calcolo che permetta l’individuazione dei costi d’infrastruttura e di quelli esterni. L’obiettivo è quello di introdurre progressivamente sistemi di tassazione che permettano di coprire in modo equo questi costi reali e che:a) favoriscano il ricorso ai vettori e ai mezzi di trasporto più rispettosi dell’ambiente;b) portino ad un’utilizzazione più equilibrata delle infrastrutture di trasporto;c) offrano incentivi che permettano una riduzione dell’impatto ecologico e socioeconomico tramite provvedimenti strutturali e territoriali che incidano sui trasporti.C) MONITORAGGIO E CONTROLLOArticolo 15Offerta e utilizzazione delle infrastrutture di trasporto1. Le parti contraenti si impegnano a registrare e aggiornare periodicamente, seguendo uno schema unitario, lo stato attuale, l’evoluzione e lo sfruttamento ovvero il miglioramento dell’infrastruttura e dei sistemi di trasporto ad alta capacità, nonché la riduzione dell’impatto ambientale in un apposito documento di riferimento.2. Sulla base di tale documento di riferimento le parti contraenti verificano in quale misura i vari provvedimenti attuativi contribuiscano al raggiungimento e all’ulteriore sviluppo degli obiettivi della convenzione delle Alpi e in particolare del presente protocollo.Articolo 16Obiettivi di qualità ambientale, standard ed indicatori1. Le parti contraenti stabiliscono e adottano obiettivi di qualità ambientale tesi al raggiungimento della sostenibilità dei trasporti.2. Le parti contraenti convengono sulla necessità di disporre di standard ed indicatori adeguati alle condizioni specifiche del territorio alpino.3. L’applicazione di tali standard e di tali indicatori è finalizzata a quantificare l’evoluzione dell’impatto sull’ambiente e sulla salute provocato dai trasporti.CAPITOLO IIICOORDINAMENTO, RICERCA, FORMAZIONE E INFORMAZIONEArticolo 17Coordinamento ed informazioneLe parti contraenti convengono di realizzare, all’occorrenza, degli incontri allo scopo di:a) verificare gli effetti degli interventi realizzati in base al presente protocollo;b) consultarsi prima di prendere decisioni importanti per il settore dei trasporti che abbiano effetti sugli altri Stati contraenti;c) promuovere lo scambio di informazioni ai fini dell’attuazione del presente protocollo ricorrendo in particolare ai sistemi di informazione esistenti;d) informarsi prima di prendere importanti decisioni in materia di politica dei trasporti al fine di integrarle in una politica di assetto territoriale transfrontaliera e armonizzata.Articolo 18Ricerca e osservazione1. Le parti contraenti promuovono ed armonizzano in stretta cooperazione la ricerca e l’osservazione sistematica in merito alle interazioni fra trasporti ed ambiente nel territorio alpino, nonché a specifici sviluppi sul piano tecnologico atti ad incrementare l’economicità dei sistemi di trasporto rispettosi dell’ambiente.2. Nel corso della verifica dell’attuazione del presente protocollo va tenuto debitamente conto dei risultati delle attività congiunte di ricerca e osservazione, in particolare in funzione dell’elaborazione di metodi e criteri che permettano di descrivere uno sviluppo sostenibile dei trasporti.3. Le parti contraenti provvedono affinché i risultati delle ricerche condotte a livello nazionale e dell’osservazione sistematica siano raccolti in un sistema comune di osservazione e informazione permanenti e resi accessibili al pubblico nel quadro istituzionale vigente.4. Le parti contraenti sostengono i progetti pilota operativi tesi all’attuazione di programmi e tecnologie sostenibili per il settore dei trasporti.5. Le parti contraenti sostengono le analisi sull’applicabilità dei metodi di valutazione ambientale strategica e intermodale.Articolo 19Formazione ed informazione dell’opinione pubblicaLe parti contraenti promuovono la formazione e l’aggiornamento, nonché l’informazione dell’opinione pubblica in relazione agli obiettivi, alle misure e all’attuazione del presente protocollo.CAPITOLO IVCONTROLLO E VALUTAZIONEArticolo 20AttuazioneLe parti contraenti si impegnano a garantire l’attuazione del presente protocollo mediante misure adeguate nel quadro istituzionale vigente.Articolo 21Controllo del rispetto degli obblighi1. Le parti contraenti presentano regolarmente al comitato permanente un resoconto sulle misure adottate in base al presente protocollo. Nel resoconto è indicata l’efficacia delle misure adottate. La conferenza delle Alpi stabilisce la periodicità dei resoconti.2. Il comitato permanente esamina i resoconti al fine di verificare se le parti contraenti hanno assolto gli obblighi derivanti dal presente protocollo. Esso può chiedere anche ulteriori informazioni alle parti contraenti interessate o assumere informazioni da altre fonti.3. Il comitato permanente redige un resoconto per la conferenza delle Alpi sul rispetto da parte delle parti contraenti degli obblighi derivanti dal presente protocollo.4. La conferenza delle Alpi prende atto di questo resoconto. Qualora essa constati un mancato adempimento degli obblighi, può adottare raccomandazioni.Articolo 22Valutazione dell’efficacia delle disposizioni1. Le parti contraenti esaminano e valutano, ad intervalli regolari, l’efficacia delle disposizioni contenute nel presente protocollo. Per quanto necessario al conseguimento degli obiettivi del presente protocollo, esse prendono in considerazione la possibilità di adottare modifiche appropriate del protocollo medesimo.2. A questa valutazione partecipano gli enti territoriali, nel quadro istituzionale vigente. Possono essere sentite le organizzazioni non governative attive nel campo specifico.CAPITOLO VDISPOSIZIONI FINALIArticolo 23Corrispondenza tra la convenzione delle Alpi e il protocollo1. Il presente protocollo costituisce un protocollo della convenzione delle Alpi ai sensi dell’articolo 2 e degli altri articoli pertinenti della stessa convenzione.2. Possono divenire parti contraenti del presente protocollo esclusivamente le parti contraenti della convenzione delle Alpi. Ogni denuncia della convenzione delle Alpi vale anche come denuncia del presente protocollo.3. Quando la conferenza delle Alpi delibera su questioni concernenti il presente protocollo, solo le parti contraenti dello stesso protocollo hanno diritto di voto in merito.Articolo 24Firma e ratifica1. Il presente protocollo è depositato per la firma da parte degli Stati firmatari della convenzione delle Alpi e della Comunità europea il 31 ottobre 2000 nonché a partire dal 6 novembre 2000 presso la Repubblica d’Austria quale depositario.2. Il presente protocollo entra in vigore per le parti contraenti che hanno espresso il proprio consenso ad essere vincolate dallo stesso protocollo, tre mesi dopo il giorno in cui tre Stati avranno depositato il loro strumento di ratifica, accettazione o approvazione.3. Per le parti contraenti che esprimeranno successivamente il proprio consenso ad essere vincolate dal presente protocollo, esso entrerà in vigore tre mesi dopo il giorno del deposito dello strumento di ratifica, accettazione o approvazione. In seguito all’entrata in vigore di un emendamento del presente protocollo, ogni nuova parte contraente del protocollo medesimo diventa parte contraente del protocollo così emendato.Articolo 25NotificheIn merito al presente protocollo il depositario notifica a ciascuno Stato nominato nel preambolo e alla Comunità europea:a) ciascun atto di firma;b) ciascun deposito di uno strumento di ratifica, accettazione o approvazione;c) ciascuna data di entrata in vigore del presente protocollo;d) ciascuna dichiarazione rilasciata da una parte contraente o firmataria;e) ciascuna denuncia notificata da una parte contraente, con la data della sua efficacia.In fede di ciò, il presente protocollo è stato sottoscritto dai firmatari debitamente autorizzati.Fatto a Lucerna, il 31 ottobre 2000, in lingua francese, italiana, slovena e tedesca, laddove ciascuno dei quattro testi fa egualmente fede, in un originale depositato presso l’Archivio di Stato della Repubblica d’Austria. Il depositario trasmette copie certificate alle parti firmatarie.Per la Repubblica d’Austria,per la Repubblica Francese,per la Repubblica Federale di Germania,per la Repubblica Italiana,per il Principato del Liechtenstein,per il Principato di Monaco,per la Repubblica di Slovenia,per la Confederazione Svizzera,per la Comunità europea.--------------------------------------------------
Il protocollo sui trasporti della convenzione alpina QUAL È LO SCOPO DEL PROTOCOLLO E DELLE DECISIONI? La convenzione sulla tutela delle Alpi (si veda la sintesi) è un accordo-quadro per la tutela e lo sviluppo sostenibile della regione alpina, finalizzato a preservare e a proteggere le Alpi (sotto il profilo ambientale, economico e sociale) attraverso l’applicazione dei principi di prevenzione, cooperazione tra i membri della convenzione e del principio «chi inquina paga». Tra i vari protocolli vi è il Protocollo sui trasporti, qui sintetizzato. La firma del protocollo da parte dell’UE ha l’obiettivo di inviare un segnale politico a tutte le parti, invitandole a firmare e a ratificare questo strumento. Con le decisioni del Consiglio 2007/799/CE e 2013/332/UE, l’Unione europea (UE ha firmato e concluso il Protocollo sui trasporti.) PUNTI CHIAVE Scopi Il protocollo è destinato a:ridurre gli inconvenienti e i pericoli che caratterizzano il trasporto intra-alpino; contribuire allo sviluppo degli habitat e degli spazi economici attraverso una politica dei trasporti armonizzata tra i diversi paesi e integrata a livello dei vari modi di trasporto (su strada, ferrovia ecc.); contribuire a ridurre i pericoli per la biodiversità della zona alpina e per il patrimonio naturale e culturale che la caratterizza; garantire la mobilità a costi economici accettabili grazie ad una maggiore efficacia e sostenibilità dei sistemi di trasporto.Nella gestione del territorio alpino le parti contraenti del protocollo s’impegnano pertanto a tener conto dei rischi e degli inconvenienti legati alla mobilità, come l’inquinamento (acustico o chimico) e la sicurezza delle persone e dei beni. Parallelamente, i firmatari sono tenuti a:incrementare la redditività del settore dei trasporti; ottimizzare l’utilizzo delle infrastrutture esistenti; tener conto della problematica dei trasporti quando valutano e danno attuazione ad altre politiche; far partecipare le collettività del territorio al processo decisionale.Misure e strategie specifiche Il Protocollo sui trasporti definisce anche varie misure e strategie specifiche, volte a incentivare una gestione razionale e sicura dei trasporti alla luce dei seguenti principi:coordinamento efficace tra i vari modi e mezzi di trasporto; ricorso all’intermodalità; trasferimento del traffico verso modalità di trasporto più compatibili con l’ambiente; protezione delle vie di comunicazione contro i rischi naturali; tutela delle persone e dell’ambiente; riduzione progressiva delle emissioni di sostanze nocive e delle emissioni sonore; realizzazione e sviluppo di trasporti pubblici efficaci e adatti all’ambiente alpino; realizzazione di studi d’impatto per i progetti previsti e consultazione degli interessati.Il protocollo definisce inoltre principi specifici per i vari modi di trasporto:rafforzamento del trasporto ferroviario puntando a migliorare le infrastrutture, ottimizzarne l’utilizzo e incentivare il ricorso all’intermodalità per il trasporto merci; utilizzo sostenuto delle capacità di navigazione fluviale e marittima; per il trasporto su strada, i firmatari si impegnano a evitare di costruire strade ad alta percorrenza. È tuttavia prevista la possibilità di realizzare progetti che abbiano un impatto ambientale minimo. massima riduzione possibile degli inconvenienti causati dal trasporto aereo. Occorre limitare anche le attività svolte a fini ricreativi con velivoli senza motore.Gli elementi contenuti nel protocollo vengono tenuti in considerazione nelle decisioni relative ai progetti di infrastrutture nella regione alpina. Ad esempio, l’articolo 11, paragrafo 1 del Protocollo sui trasporti, dice che «Le parti contraenti si astengono dalla costruzione di nuove strade di grande comunicazione per il trasporto transalpino.» — e questo spiega in qualche misura il motivo per cui l’UE stia attualmente finanziando i tunnel ferroviari attraverso le Alpi. Il principio «chi inquina paga» Le parti contraenti sono anche invitate ad applicare il principio «chi inquina paga» e a determinare un sistema di calcolo che consenta di tener conto dei costi ambientali nella valutazione del costo complessivo delle infrastrutture. I firmatari devono riferire periodicamente al comitato permanente sui provvedimenti adottati a titolo del protocollo. Il comitato, a sua volta, stila una relazione sulla loro conformità ad esso. DATA DI ENTRATA IN VIGORE Il protocollo è entrato in vigore il 25 settembre 2013. CONTESTO Il 14 maggio 1991 il Consiglio aveva autorizzato la Commissione a partecipare ai negoziati per la stesura della convenzione alpina e dei relativi protocolli. Il protocollo sui trasporti è stato aperto alla firma delle parti contraenti in occasione della riunione a livello ministeriale della convenzione alpina tenutasi a Lucerna il 30 e il 31 ottobre 2000. Il Consiglio ha firmato il protocollo sui trasporti della convenzione il 12 dicembre 2006. La decisione è stata corredata di una dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione riguardante l’interpretazione del protocollo. Oltre all’UE, alla convenzione alpina hanno aderito anche la Germania, la Francia, l’Italia, il Liechtenstein, il Principato di Monaco, l’Austria, la Svizzera e la Slovenia. DOCUMENTI PRINCIPALI Protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti - Protocollo sui trasporti (GU L 323 dell’8.12.2007, pag. 15). Decisione 2007/799/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2006, relativa alla firma, a nome della Comunità, del protocollo di attuazione della convenzione alpina nel settore dei trasporti (protocollo sui trasporti) (GU L 323 dell’8.12.2007, pag. 13). Decisione 2013/332/UE del Consiglio, del 10 giugno 2013, sulla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti (Protocollo sui trasporti) (GU L 177 del 28.6.2013, pag. 13). DOCUMENTI CORRELATI Informazione relativa all’entrata in vigore del protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti (protocollo sui trasporti) (GU L 206 del 2.8.2013, pag. 1).
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32010R0672
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REGOLAMENTO (UE) N. 672/2010 DELLA COMMISSIONE del 27 luglio 2010 relativo ai requisiti di omologazione dei dispositivi di sbrinamento e disappannamento del parabrezza di alcuni veicoli a motore e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 78/317/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1977, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di sbrinamento e di disappannamento delle superfici vetrate dei veicoli a motore (3). È opportuno riportare nel presente regolamento i requisiti stabiliti nella suddetta direttiva e, ove necessario, modificarli per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche, in particolare per tener conto delle caratteristiche specifiche dei veicoli ibridi ed elettrici. (3) Il campo di applicazione del presente regolamento corrisponde a quello della direttiva 78/317/CEE ed è pertanto limitato ai veicoli della categoria M1. (4) Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa le norme fondamentali sui requisiti di omologazione dei dispositivi di sbrinamento e disappannamento del parabrezza dei veicoli a motore. È quindi necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici relativi a tale omologazione. (5) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico — Veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore della categoria M1, definiti nell’allegato II della direttiva 2007/46/CE, muniti di parabrezza. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: 1) «tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza»: i veicoli che non presentano tra loro differenze relativamente ai seguenti elementi essenziali: caratteristiche dei dispositivi di sbrinamento e di disappannamento, forme e sistemazioni esterne e interne che, all’interno del campo di visibilità anteriore a 180° del conducente, possono influire sulla visibilità, forma, dimensioni, spessore e caratteristiche del parabrezza e del suo montaggio, numero massimo di posti a sedere; 2) «motore»: un motore a combustione alimentato da carburante liquido o gassoso; 3) «dispositivo di sbrinamento»: il dispositivo destinato a eliminare la brina o il ghiaccio sulla superficie esterna del parabrezza; 4) «zona sbrinata»: la zona del parabrezza che presenta una superficie esterna asciutta o ricoperta da brina sciolta o parzialmente sciolta, che può essere rimossa mediante il tergicristallo; 5) «dispositivo di disappannamento»: il dispositivo destinato a eliminare il vapore sulla superficie interna del parabrezza; 6) «vapore»: lo strato di condensa sulla faccia interna delle superfici vetrate del parabrezza; 7) «zona disappannata»: la zona del parabrezza, in precedenza coperta da vapore, che presenta una superficie interna asciutta senza gocce o tracce d’acqua; 8) «zona di visibilità A»: la zona di prova A, definita al paragrafo 2.2 dell’allegato 18 del regolamento UN-ECE n. 43 (4); 9) «zona di visibilità B»: la zona ridotta di prova B, definita al paragrafo 2.4 dell’allegato 18 del regolamento UN-ECE n. 43, senza esclusione della zona definita al paragrafo 2.4.1. del medesimo allegato; 10) «angolo di progetto di inclinazione del tronco»: l’angolo tra una retta verticale passante per il punto «R» o punto di riferimento del sedile e l’asse del tronco in una posizione corrispondente alla posizione di progetto dello schienale dichiarata dal costruttore del veicolo; 11) «punto R» o «punto di riferimento del sedile»: il punto di progetto definito dal costruttore del veicolo per ciascun posto a sedere in relazione al sistema di riferimento tridimensionale; 12) «sistema di riferimento tridimensionale»: il reticolo di riferimento composto da un piano verticale longitudinale X-Z, da un piano orizzontale X-Y e da un piano verticale trasversale Y-Z, secondo quanto previsto dall’allegato II, appendice 2; 13) «punti di riferimento principali»: i fori, le superfici, i marchi o altri segni di identificazione sulla carrozzeria o sul telaio del veicolo, dei quali il costruttore del veicolo precisa le coordinate X, Y e Z nel reticolo di riferimento tridimensionale; 14) «interruttore generale del veicolo»: il dispositivo mediante il quale l’elettronica di bordo è attivata passando dallo stato di spegnimento, proprio del veicolo parcheggiato senza conducente a bordo, a quello di normale operatività. Articolo 3 Disposizioni relative all’omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza 1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta alle autorità competenti in materia di omologazione la domanda di omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza. 2. La domanda è redatta secondo il modello di cui alla scheda informativa dell’allegato I, parte 1. 3. Se i requisiti pertinenti di cui all’allegato II sono soddisfatti, l’autorità di omologazione rilascia l’omologazione CE e attribuisce il numero di omologazione conformemente al sistema di numerazione di cui all’allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l’autorità di omologazione rilascia il certificato di omologazione CE conformemente al modello di cui all’allegato I, parte 2. Articolo 4 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 78/317/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a rilasciare l’estensione dell’omologazione di quei veicoli a norma della direttiva 78/317/CEE. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 27 luglio 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 81 del 28.3.1978, pag. 27. (4) Non ancora pubblicato. La pubblicazione avverrà entro agosto 2010. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l’omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. Eventuali disegni devono essere forniti in scala adeguata e con sufficienti dettagli in formato A4 o in fogli piegati in detto formato. Le eventuali fotografie devono fornire sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le entità tecniche di cui al presente allegato sono dotati di funzioni a controllo elettronico, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo … 0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (1): … 0.3.1. Sede della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo del rappresentante del costruttore (se disponibile): … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 1.6. Posizione e disposizione del motore: … 1.8. Lato di guida: a sinistra/a destra (3). 3. PROPULSORE (4) 3.1. Costruttore del motore: … 3.1.1. Codice motore del costruttore (apposto sul motore, o altri mezzi di identificazione): … 3.2. Motore a combustione interna 3.2.1. Caratteristiche del motore 3.2.1.1. Principio di funzionamento: accensione comandata/accensione spontanea (3) Ciclo: quattro tempi/due tempi/rotativo (3) 3.2.1.2. Numero e disposizione dei cilindri: … 3.2.1.3. Cilindrata (5): …cm3 3.2.1.6. Regime minimo normale (6): … giri/min–1 3.2.1.8. Potenza netta massima (7): … kW a … giri/min–1 (dichiarata dal costruttore) 3.2.2. Carburante 3.2.2.1. Veicoli commerciali leggeri: diesel/benzina/GPL/GN o biometano/etanolo (E85)/ biodiesel/idrogeno (3) (8) 3.2.5. Impianto elettrico 3.2.5.1. Tensione nominale: …V, terminale a massa positivo/negativo (3) 3.2.5.2. Generatore 3.2.5.2.1. Tipo: … 3.2.5.2.2. Potenza nominale: …VA 3.2.7. Sistema di raffreddamento: a liquido/ad aria (3) 3.2.7.1. Impostazione nominale del meccanismo di controllo della temperatura del motore: … 3.2.7.2. Liquido 3.2.7.2.1. Natura del liquido: … 3.2.7.2.2. Pompa/e di circolazione: sì/no (3) 3.2.7.2.3. Caratteristiche: … o 3.2.7.2.3.1. Marca/Marche: … 3.2.7.2.3.2. Tipo/i: … 3.2.7.2.4. Rapporto/i di trasmissione: … 3.2.7.2.5. Descrizione della ventola e del suo meccanismo di azionamento: … 3.2.7.3. Aria 3.2.7.3.1. Ventola: sì/no (3) 3.2.7.3.2. Caratteristiche: … o 3.2.7.3.2.1. Marca/Marche: … 3.2.7.3.2.2. Tipo/i: … 3.3. Motore elettrico 3.3.1. Tipo (avvolgimento, eccitazione): … 3.3.1.1. Massima potenza oraria: …kW 3.3.1.2. Tensione di esercizio: …V 3.3.2. Batteria 3.3.2.1. Numero di elementi: … 3.3.2.2. Massa: … kg 3.3.2.3. Capacità: … Ah (Ampère/ora) 3.3.2.4. Posizione: … 3.4. Motore o combinazione di propulsori 3.4.1. Veicolo ibrido elettrico: sì/no (3) 3.4.2. Categoria di veicolo ibrido elettrico: a ricarica esterna/non a ricarica esterna (3) 3.4.3. Commutatore della modalità di funzionamento: sì/no (3) 3.4.3.1. Modalità selezionabili 3.4.3.1.1. Esclusivamente elettrica: sì/no (3) 3.4.3.1.2. Esclusivamente termica: sì/no (3) 3.4.3.1.3. Modalità ibride: sì/no (3) (in caso affermativo, descrivere brevemente): … 3.4.4. Descrizione del dispositivo di accumulo dell’energia (batteria, condensatore, volano/generatore) 3.4.4.1. Marca/Marche: … 3.4.4.2. Tipo/tipi: … 3.4.4.3. Numero di identificazione: … 3.4.4.4. Tipo di coppia elettrochimica: … 3.4.4.5. Energia: … (per batteria: tensione e capacità Ah in 2 h;per condensatore: J, …) 3.4.4.6. Caricabatterie: a bordo/esterno/nessuno (3) 3.6. Temperature ammesse dal costruttore 3.6.1. Sistema di raffreddamento 3.6.1.1. Raffreddamento a liquido, temperatura massima all’uscita: … K 3.6.1.2. Raffreddamento ad aria 3.6.1.2.1. Punto di riferimento: … 3.6.1.2.2. Temperatura massima in corrispondenza del punto di riferimento: …K 3.6.2. Temperatura massima all’uscita dello scambiatore di calore intermedio: …K 3.6.3. Temperatura massima dei gas di scarico nel punto del/i tubo/i di scarico adiacente/i alla/e flangia/flange esterna/e del collettore di scarico o del turbocompressore: … K 9. CARROZZERIA 9.1. Tipo di carrozzeria, secondo i codici di cui all’allegato II, parte C, della direttiva 2007/46/CE: … 9.2. Materiali e modalità di costruzione: … 9.3. Porte di accesso, serrature e cerniere 9.3.1. Configurazione e numero delle porte: … 9.4. Campo di visibilità 9.4.1. Dati sufficientemente dettagliati che permettano di identificare rapidamente i punti di riferimento principali e di verificare la posizione di ciascuno di essi rispetto agli altri e al punto R: … 9.4.2. Disegno/i o fotografia/e che mostrino la posizione dei componenti all’interno del campo di visibilità anteriore a 180° … 9.5. Parabrezza e altri finestrini 9.5.1. Parabrezza 9.5.1.1. Materiali impiegati: … 9.5.1.2. Metodo di montaggio: … 9.5.1.3. Angolo di inclinazione: … 9.5.1.4. Numero/i di omologazione: … 9.5.1.5. Accessori del parabrezza e posizione in cui sono montati, con breve descrizione dei relativi componenti elettrici/elettronici: … 9.6. Tergicristallo del parabrezza 9.6.1. Descrizione tecnica dettagliata (con fotografie o disegni): … 9.7. Lavacristallo del parabrezza 9.7.1. Descrizione tecnica dettagliata (con fotografie o disegni) o, se omologato come entità tecnica, numero di omologazione: … 9.8. Dispositivi di sbrinamento e disappannamento 9.8.1. Descrizione tecnica dettagliata (con fotografie o disegni): … 9.8.2. Consumo elettrico massimo: … kW 9.10. Allestimento interno 9.10.1. Protezione interna degli occupanti 9.10.1.1. Disegni o fotografie che illustrino la posizione delle sezioni o viste allegate: … 9.10.1.3. Fotografie, disegni e/o un disegno esploso degli allestimenti interni, che illustrino le parti interne dell’abitacolo e i materiali impiegati (esclusi i retrovisori interni), la disposizione dei comandi, il tetto e il tetto apribile, lo schienale, i sedili e la parte posteriore dei sedili: … 9.10.3. Sedili 9.10.3.1. Numero di posti a sedere (9): … 9.10.3.1.1. Posizione e disposizione: … 9.10.3.5. Coordinate o schema del punto R 9.10.3.5.1. Sedile del conducente: … 9.10.3.6. Angolo di progetto di inclinazione del tronco 9.10.3.6.1. Sedile del conducente: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) SCHEDA DI OMOLOGAZIONE CE Comunicazione riguardante — l’omologazione CE (10) — l’estensione dell’omologazione CE (10) — il rifiuto dell’omologazione CE (10) — la revoca dell’omologazione CE (10) di un tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza visto il regolamento (UE) n. 672/2010, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (10) Numero di omologazione CE: … Motivo dell’estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (11): … 0.3.1. Sede della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (12): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo del rappresentante del costruttore (se disponibile): … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dello svolgimento delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, componente o entità tecnica oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono rappresentati nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni di cui all’allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. (3) Cancellare la dicitura non pertinente. (4) Se un veicolo può essere alimentato a benzina, a diesel, ecc., o anche in combinazione con un altro carburante, le voci vanno ripetute. Nel caso di motori e sistemi non convenzionali, il costruttore deve fornire dettagli equivalenti a quelli specificati. (5) Questo valore va calcolato con π = 3,1416 e arrotondato al cm3 più prossimo. (6) Indicare le tolleranze. (7) Determinata in base alle prescrizioni della direttiva 80/1269/CEE del Consiglio (GU L 375 del 31.12.1980, pag. 46). (8) I veicoli che possono essere alimentati sia a benzina che a gas, ma il cui sistema a benzina è destinato a essere utilizzato solo in caso di emergenza o per l’avviamento e il cui serbatoio della benzina ha una capacità non superiore a 15 litri, sono considerati, ai fini della prova, veicoli che possono essere alimentati solo a gas. (9) Il numero di posti a sedere da indicare è quello relativo al veicolo in marcia. Si può indicare un intervallo in caso di disposizione modulabile. (10) Cancellare la dicitura non pertinente. (11) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, componente o entità tecnica oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono rappresentati nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??). (12) Secondo le definizioni di cui all’allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum alla scheda di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo per quanto riguarda la struttura, le dimensioni, le linee e i materiali: … 1.2. Descrizione dei dispositivi di sbrinamento e di disappannamento: … 1.3. Descrizione delle finiture o degli accessori interni suscettibili di incidere sulle prove: … 1.4. Numero massimo di posti a sedere: … 1.5. Caratteristiche del parabrezza: … spessore dei componenti (mm):… 1.6. Tensione nominale dell’impianto elettrico (V): … 2. Lato di guida: a sinistra/a destra (1) 3. Propulsore: ad accensione comandata/ad accensione spontanea/ibrido elettrico/ … (1) 4. Temperatura prova di sbrinamento: – 8 °C/– 18 °C (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Requisiti relativi ai dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza 1. REQUISITI PARTICOLARI 1.1. Sbrinamento del parabrezza 1.1.1. Ogni veicolo deve essere dotato di un dispositivo che consenta di eliminare la brina e il ghiaccio dalla superficie vetrata esterna del parabrezza. Il dispositivo di sbrinamento del parabrezza deve essere tale da garantire una visibilità sufficiente attraverso il parabrezza alle basse temperature. 1.1.2. L’efficienza del dispositivo deve essere verificata rilevando a intervalli regolari la superficie sbrinata del parabrezza previo avviamento, dopo la permanenza del veicolo in una camera fredda per un certo tempo. 1.1.3. Per la verifica dei requisiti di cui ai punti 1.1.1 e 1.1.2 va utilizzato il metodo descritto al punto 2.1 del presente allegato. 1.1.4. Devono risultare soddisfatti i seguenti requisiti: 1.1.4.1. trascorsi 20 minuti dall’inizio della prova, la zona di visibilità A, definita conformemente all’allegato II, appendice 3, deve essere sbrinata all’80 %; 1.1.4.2. trascorsi 25 minuti dall’inizio della prova, la zona sbrinata del parabrezza, lato passeggero, deve essere corrispondente a quella indicata al punto 1.1.4.1 per il lato conducente; 1.1.4.3. trascorsi 40 minuti dall’inizio della prova, la zona di visibilità B, definita conformemente all’allegato II, appendice 3, deve essere sbrinata al 95 %. 1.2. Disappannamento del parabrezza 1.2.1. Ogni veicolo deve essere dotato di un dispositivo che consenta di eliminare il vapore dalla superficie vetrata interna del parabrezza. 1.2.2. Il dispositivo di disappannamento deve essere tale da consentire di ripristinare la visibilità attraverso il parabrezza che risulti appannato dal vapore. L’efficienza del dispositivo deve essere verificata mediante la procedura descritta al punto 2.2 del presente allegato. 1.2.3. Devono risultare soddisfatti i seguenti requisiti: 1.2.3.1. la zona di visibilità A, definita conformemente all’allegato II, appendice 3, deve risultare disappannata al 90 % in 10 minuti; 1.2.3.2. la zona di visibilità B, definita conformemente all’allegato II, appendice 3, deve risultare disappannata all’80 % in 10 minuti. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. Sbrinamento del parabrezza 2.1.1. La prova è eseguita a una temperatura di – 8 ± 2 °C o – 18 ± 3 °C, a scelta del costruttore. 2.1.2. La prova è effettuata in una camera fredda di dimensioni tali da poter contenere l’intero veicolo e dotata di attrezzature atte a mantenere una delle temperature indicate al punto 2.1.1 per tutta la durata della prova e a far circolare aria fredda. La camera fredda è preventivamente mantenuta a una temperatura pari o inferiore a quella stabilita per la prova per almeno 24 ore prima che inizi il periodo di esposizione del veicolo al freddo. 2.1.3. Prima della prova si procede alla completa sgrassatura delle superfici interna ed esterna del parabrezza mediante alcool denaturato o un prodotto sgrassante equivalente. Non appena la superficie è asciutta, viene applicata una soluzione di ammoniaca in concentrazione non inferiore al 3 % e non superiore al 10 %. Si fa nuovamente asciugare la superficie, strofinandola quindi con uno panno di cotone asciutto. 2.1.4. Il veicolo deve essere tenuto a motore spento alla temperatura di prova per almeno 10 ore prima dell’inizio della prova. 2.1.4.1. La durata di questo periodo può essere ridotta ove sia possibile verificare che la temperatura del liquido refrigerante del motore e quella del lubrificante si sono stabilizzate alla temperatura di prova. 2.1.5. Dopo il periodo di esposizione di cui al punto 2.1.4, su tutta la superficie esterna del parabrezza viene applicato uno strato uniforme di ghiaccio di 0,044 g/cm2 mediante una pistola ad acqua con un getto a pressione di 3,5 bar ± 0,2 bar. 2.1.5.1. L’ugello della pistola, regolato in modo da ottenere il getto più largo e più potente possibile, deve essere tenuto perpendicolarmente alla superficie vetrata, a una distanza di 200-250 mm da quest’ultima ed essere diretto in modo da formare uno strato uniforme di ghiaccio su tutto il parabrezza. 2.1.5.1.1. Per rispettare le prescrizioni del punto 2.1.5 si può utilizzare una pistola ad acqua con ugello di 1,7 mm di diametro e portata di 0,395 l/minuto, che da una distanza di 200 mm dalla superficie vetrata possa produrre un getto a ventaglio di 300 mm di diametro su quest’ultima. È ammesso qualsiasi altro apparecchio che permetta di rispettare queste prescrizioni. 2.1.6. Dopo la formazione dello strato di ghiaccio sul parabrezza, il veicolo è mantenuto nella camera fredda per un ulteriore periodo di durata non inferiore a 30 minuti e non superiore a 40 minuti. 2.1.7. Trascorso il periodo di cui al punto 2.1.6, uno o due osservatori salgono a bordo del veicolo; poi l’interruttore generale del veicolo può essere acceso e il motore può essere messo in moto, se necessario dall’esterno. Il periodo della prova ha inizio dall’attivazione dell’interruttore generale del veicolo. 2.1.7.1. Se il veicolo è munito di un motore, nei primi cinque minuti del periodo di prova il regime del motore può essere regolato sulla base di quanto raccomandato dal costruttore per il riscaldamento del motore in caso di avviamento alle basse temperature. 2.1.7.2. Negli ultimi 35 minuti del periodo di prova (o per tutta la durata della prova in caso non si proceda al riscaldamento del motore per 5 minuti): 2.1.7.2.1. l’eventuale motore deve girare a un regime che non superi il 50 % del regime di potenza massima. Tuttavia, ove per specifiche strategie di controllo del motore — come ad esempio nel caso dei veicoli ibridi elettrici — risulti dimostrato che questa condizione non può essere realizzata, va definito uno scenario realistico corrispondente alla peggiore delle ipotesi. Questo scenario deve tener conto dei diversi regimi del motore, della totale o intermittente assenza di un motore acceso in condizioni di guida normali a temperatura ambiente rispettivamente di - 8 °C o - 18 °C, a seconda della temperatura indicata dal costruttore come temperatura di prova. Se il dispositivo può soddisfare i requisiti relativi allo sbrinamento senza motore acceso, non occorre accendere il motore. 2.1.7.3. Tutte le batterie devono essere completamente cariche all’inizio della prova. 2.1.7.4. Durante la prova la tensione ai morsetti del dispositivo di sbrinamento non deve superare il 20 % della tensione nominale dell’impianto. 2.1.7.5. La temperatura della camera di prova deve essere misurata al centro del parabrezza, in un punto non particolarmente influenzato dal calore emanato dal veicolo in prova. 2.1.7.6. La componente orizzontale della velocità dell’aria di raffreddamento della camera di prova, misurata immediatamente prima della prova, sul piano mediano del veicolo in un punto situato 300 mm anteriormente alla base del parabrezza e a metà tra la base e la sommità di quest’ultimo deve essere la più debole possibile, e comunque inferiore a 8 km/h. 2.1.7.7. Ove presenti, il cofano, il tetto, tutte le porte, i finestrini e le bocchette di aerazione, ad eccezione delle prese e uscite d’aria dell’impianto di riscaldamento e di ventilazione, devono essere tenuti chiusi; se il costruttore lo richiede, uno o due finestrini possono essere lasciati aperti per un’altezza massima di 25 mm. 2.1.7.8. I comandi del dispositivo di sbrinamento del veicolo devono essere regolati secondo quanto raccomandato dal costruttore del veicolo per la temperatura di prova. 2.1.7.9. Nel corso della prova è ammesso l’uso del tergicristallo, a condizione che ciò sia possibile senza alcun intervento manuale salvo l’azionamento del comando all’interno del veicolo. 2.1.8. Ogni cinque minuti dall’inizio della prova l’osservatore o gli osservatori rilevano il contorno della zona sbrinata sulla superficie interna del parabrezza. 2.1.9. Al termine della prova, prendono nota del contorno della zona sbrinata, rilevato sulla superficie interna del parabrezza secondo quanto prescritto al punto 2.1.8, in modo da individuare le zone di visibilità A e B del parabrezza. 2.2. Disappannamento del parabrezza 2.2.1. Prima della prova si procede alla completa sgrassatura delle superfici interna del parabrezza mediante alcool denaturato o un prodotto sgrassante equivalente. Non appena la superficie è asciutta, viene applicata una soluzione di ammoniaca in concentrazione non inferiore al 3 % e non superiore al 10 %. Si fa nuovamente asciugare la superficie, strofinandola quindi con uno panno di cotone asciutto. 2.2.2. La prova deve essere effettuata in una camera climatica di dimensioni tali da poter contenere l’intero veicolo e attrezzata per generare e mantenere una temperatura di prova di – 3 ± 1 °C per tutta la durata della prova. 2.2.2.1. La temperatura della camera di prova deve essere misurata al centro del parabrezza, in un punto non particolarmente influenzato dal calore emanato dal veicolo in prova. 2.2.2.2. La componente orizzontale della velocità dell’aria di raffreddamento della camera di prova, misurata immediatamente prima della prova, sul piano mediano del veicolo in un punto situato 300 mm anteriormente alla base del parabrezza e a metà tra la base e la sommità di quest’ultimo deve essere la più debole possibile, e comunque inferiore a 8 km/h. 2.2.2.3. Ove presenti, il cofano, il tetto, tutte le porte, i finestrini e le bocchette di aerazione, ad eccezione delle prese e uscite d’aria dell’impianto di riscaldamento e di ventilazione, devono essere tenuti chiusi; se il costruttore lo richiede, uno o due finestrini possono essere lasciati aperti per un’altezza massima di 25 mm fin dall’inizio della prova di disappannamento. 2.2.3. Il vapore va prodotto mediante il generatore di vapore descritto nell’allegato II, appendice 4. Il generatore deve contenere acqua sufficiente alla produzione di almeno 70 ± 5 g/h di vapore per ogni posto a sedere previsto dal costruttore, a una temperatura ambiente di – 3 °C. 2.2.4. La superficie interna del parabrezza deve essere pulita secondo quanto indicato al punto 2.2.1 dopo che il veicolo è stato collocato nella camera ambientale. La temperatura ambiente dell’aria deve essere abbassata e stabilizzata a – 3 ± 1 °C. Il veicolo deve essere tenuto a motore spento alla temperatura di prova per almeno 10 ore prima dell’inizio della prova. La durata di questo periodo può essere ridotta ove sia possibile verificare che la temperatura del liquido refrigerante del motore e quella del lubrificante si sono stabilizzate alla temperatura di prova. 2.2.5. Il generatore di vapore è sistemato in modo che le bocche di uscita si trovino sul piano longitudinale mediano del veicolo, a un’altezza di 580 ± 80 mm al di sopra del punto «R» o punto di riferimento del sedile relativo al sedile del conducente. Il generatore viene di norma collocato immediatamente alle spalle degli schienali dei sedili anteriori, regolati secondo la posizione di progetto dichiarata dal costruttore, con gli schienali regolati in base all’angolo di progetto di inclinazione del tronco. Se ciò risulta impossibile in ragione del modo in cui il veicolo è progettato, il generatore va sistemato davanti agli schienali, nella posizione comoda più vicina a quella sopra descritta. 2.2.6. Una volta che il generatore è in funzione da cinque minuti all’interno del veicolo, uno o due osservatori prendono velocemente posto sui sedili anteriori aprendo le porte per un tempo totale non superiore agli 8 secondi e a quel punto il flusso del generatore è ridotto di 70 ± 5 g/h per osservatore. 2.2.7. Trascorso un minuto dall’ingresso dell’osservatore o degli osservatori a bordo del veicolo, l’interruttore generale del veicolo può essere acceso e il motore può essere messo in moto, se necessario dall’esterno. Il periodo della prova ha inizio dall’attivazione dell’interruttore generale del veicolo. 2.2.7.1. Il motore, se il veicolo ne è munito, deve girare a un regime che non superi il 50 % del regime di potenza massima. Tuttavia, ove per specifiche strategie di controllo del motore — come ad esempio nel caso dei veicoli ibridi elettrici — risulti dimostrato che questa condizione non può essere realizzata, va definito uno scenario realistico corrispondente alla peggiore delle ipotesi. Questo scenario deve tener conto dei diversi regimi del motore, della totale o intermittente assenza di un motore acceso in condizioni di guida normali a una temperatura ambiente di – 1 °C. Se il dispositivo può soddisfare i requisiti relativi al disappannamento senza motore acceso, non occorre accendere il motore. 2.2.7.2. I comandi del dispositivo di disappannamento del veicolo devono essere regolati secondo quanto raccomandato dal costruttore del veicolo per la temperatura di prova. 2.2.7.3. Tutte le batterie devono essere completamente cariche all’inizio della prova. 2.2.7.4. La tensione ai morsetti del dispositivo di disappannamento non deve superare il 20 % della tensione nominale dell’impianto. 2.2.8. Alla fine della prova, va rilevato e annotato il contorno della zona di disappannamento in modo da individuare le zone di visibilità A e B del parabrezza. Appendice 1 Metodo per verificare il punto R o punto di riferimento del sedile Il punto R o punto di riferimento del sedile è determinato in base alle disposizioni di cui all’allegato 3 del regolamento UN-ECE n. 17 (1). (1) GU L 373 del 27.12.2006, pag. 1. Appendice 2 Metodo per determinare i punti di riferimento principali nel sistema di riferimento tridimensionale I rapporti dimensionali tra i punti di riferimento principali sui disegni e la loro posizione sul veicolo reale vengono stabiliti in base alle disposizioni cui all’allegato 4 del regolamento UN-ECE n. 125 (1). (1) Non ancora pubblicato. La pubblicazione avverrà entro agosto 2010. Appendice 3 Metodo per determinare le zone di visibilità sui parabrezza dei veicoli Le zone di visibilità A e B sono determinate in base alle disposizioni di cui all’allegato 18 del regolamento UN-ECE n. 43. Appendice 4 Requisiti relativi al generatore di vapore 1. CARATTERISTICHE 1.1. Il generatore di vapore utilizzato nella prova deve possedere le seguenti caratteristiche generali: 1.1.1. il contenitore dell’acqua deve avere una capacità di almeno 2,25 litri; 1.1.2. la dispersione di calore al punto di ebollizione non deve superare 75 W a una temperatura ambiente di – 3 ± 1 °C. 1.1.3. il ventilatore deve avere una portata compresa tra 0,07 e 0,10 m3/min alla pressione statica di 0,5 mbar; 1.1.4. all’estremità superiore del generatore devono essere presenti sei orifizi di uscita del vapore distribuiti uniformemente lungo il perimetro (cfr. fig. 1); 1.1.5. il generatore di vapore deve calibrato a – 3 ± 1 °C con regolazione del flusso ad intervalli di 70 ± 5 g/h sino a un massimo di «n» volte questo valore, ove «n» indica il numero massimo di posti a sedere previsti dal costruttore. Figura 1 Schema del generatore di vapore 1.2. Le parti indicate devono, per dimensioni e materiali, presentare le seguenti caratteristiche. 1.2.1. Ugello 1.2.1.1. Dimensioni: 1.2.1.1.1. lunghezza: 100 mm 1.2.1.1.2. diametro interno: 15 mm 1.2.1.2. Materiale: 1.2.1.2.1. ottone 1.2.2. Camera di dispersione 1.2.2.1. Dimensioni: 1.2.2.1.1. diametro esterno del tubo: 75 mm 1.2.2.1.2. spessore delle pareti: 0,38 mm 1.2.2.1.3. lunghezza: 115 mm 1.2.2.1.4. sei orifizi del diametro di 6,3 mm distribuiti uniformemente a 25 mm dal fondo della camera di dispersione 1.2.2.2. Materiale: 1.2.2.2.1. ottone
Dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza dei veicoli a motore QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Definisce i requisiti di omologazione UE per lo sbrinamento* e disappannamento del parabrezza* dei veicoli a motore della categoria M1. Tale categoria comprende i veicoli che dispongono di un massimo di nove posti a sedere. Attua il regolamento (CE) n. 661/2009: omologazione di veicoli a motore e rimorchi. PUNTI CHIAVE Requisiti relativi ai sistemi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza Tutti i veicoli della categoria M1 devono essere equipaggiati di:un dispositivo che permette di eliminare la brina e il ghiaccio sulla superficie esterna del parabrezza. Il conducente del veicolo deve avere una visibilità sufficiente attraverso il parabrezza alle basse temperature. un dispositivo che permette di eliminare il vapore sulla superficie interna del parabrezza. Per garantire l’efficacia dei dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza, devono essere effettuate delle prove sul veicolo a una temperatura di -8 °C o -18 °C per sciogliere il ghiaccio formatosi sulla superficie esterna del parabrezza, e a una temperatura di -3 °C per il disappannamento del vapore formatosi sulla superficie interna del parabrezza. Norme per l’omologazione UE Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. Tale domanda deve contenere determinate informazioni, in particolare:la marca e il tipo di veicolo; le caratteristiche del dispositivo di sbrinamento e di disappannamento sul pannello di visualizzazione; le caratteristiche del motore del veicolo che fornisce il calore al sistema. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai dispositivi di sbrinamento e di disappannamento del parabrezza, essa concede l’omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione conformemente alla direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Viene applicato dal 17 agosto 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Dispositivo di sbrinamento: dispositivo destinato a eliminare la brina o il ghiaccio sulla superficie esterna del parabrezza. Dispositivo di disappannamento: dispositivo destinato a eliminare il vapore sulla superficie interna del parabrezza. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 672/2010 della Commissione, del 27 luglio 2010, relativo ai requisiti di omologazione dei dispositivi di sbrinamento e disappannamento del parabrezza di alcuni veicoli a motore e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 196 del 28.7.2010, pag. 5). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
13,219
183
32004D0919
false
DECISIONE DEL CONSIGLIO del 22 dicembre 2004 relativa alla lotta contro la criminalità connessa con veicoli e avente implicazioni transfrontaliere (2004/919/CE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettera a) e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l'iniziativa del Regno dei Paesi Bassi, visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Si stima che annualmente siano commessi 1,2 milioni di furti di autovetture negli Stati membri dell'Unione europea. (2) Tali furti comportano un danno considerevole, valutabile in almeno 15 miliardi di EUR l'anno. (3) Gran parte di tali veicoli, secondo le stime il 30-40 %, vengono rubati dalla criminalità organizzata, che li modifica e li esporta verso altri Stati all'interno e all'esterno dell'Unione europea. (4) Oltre ad un danno materiale, ne deriva anche un grave danno per il senso di giustizia e di sicurezza dei cittadini. La criminalità connessa con i veicoli può accompagnarsi a forme gravi di violenza. (5) Ciò rende più difficile il raggiungimento dell'obiettivo, previsto dall'articolo 29 del trattato, di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. (6) Il Consiglio ha adottato la risoluzione del 27 maggio 1999, sulla lotta contro la criminalità organizzata internazionale con interventi estesi a determinate rotte (1). (7) La criminalità connessa con i veicoli può inoltre avere collegamenti, a livello internazionale, con altre forme di criminalità quali il traffico di stupefacenti o di armi e la tratta degli esseri umani. (8) La lotta alla criminalità connessa con i veicoli è di competenza delle autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge. Al fine di affrontare gli aspetti transfrontalieri di questa forma di criminalità è tuttavia necessario e opportuno pervenire ad un approccio comune nel cui ambito — se possibile e necessario — gli Stati membri dovrebbero cooperare con le autorità incaricate dell'applicazione della legge degli Stati membri. (9) Rivestono particolare importanza la cooperazione tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge e gli uffici della motorizzazione nonché la comunicazione di informazioni alle parti interessate. (10) Anche la cooperazione con l'Europol è importante, visto che quest'ultima è in grado di fornire analisi e relazioni in materia. (11) L'Accademia europea di polizia offre ai servizi di polizia degli Stati membri, nel quadro della rete elettronica europea di formazione della polizia (European Police Learning Network — EPLN), una funzione di libreria riguardante la criminalità connessa con i veicoli per accedere a informazioni e a conoscenze specialistiche. L'EPLN offre inoltre la possibilità di scambiare conoscenze ed esperienze attraverso la funzione di discussione. (12) L'aumento del numero di Stati membri aderenti al trattato relativo a un sistema europeo d'informazione sui veicoli e le patenti di guida (EUCARIS) del 29 giugno 2000 rafforzerà la lotta contro la criminalità connessa con i veicoli. (13) Dovrà essere adottata una serie di misure specifiche per poter lottare efficacemente contro la criminalità connessa con i veicoli avente dimensione internazionale, DECIDE: Articolo 1 Definizione Ai fini dell'applicazione della presente decisione si intende per: 1) «veicolo»: qualsiasi veicolo a motore, rimorchio e roulotte quali definiti nelle disposizioni relative al sistema d'informazione Schengen (SIS). 2) «autorità nazionali competenti»: qualsiasi autorità nazionale designata dallo Stato membro ai fini della presente decisione che può includere, se del caso, la polizia, i servizi doganali, le guardie di frontiera e le autorità giudiziarie. Articolo 2 Obiettivo 1. Obiettivo della presente decisione è realizzare una migliore cooperazione all'interno dell'Unione europea finalizzata alla prevenzione e alla lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli. 2. Particolare attenzione è prestata al collegamento tra il furto di veicoli e il loro commercio illecito, da un lato, e forme di criminalità organizzata quali il traffico di stupefacenti, di armi e la tratta degli esseri umani, dall'altro. Articolo 3 Cooperazione tra le autorità nazionali competenti 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie, conformemente alla legislazione nazionale, per rafforzare la cooperazione reciproca tra le autorità nazionali competenti, al fine di combattere contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli, tra l'altro attraverso accordi di cooperazione. 2. Particolare attenzione è prestata alla cooperazione con riferimento al controllo delle esportazioni, tenuto conto delle rispettive competenze degli Stati membri. Articolo 4 Cooperazione tra le autorità competenti e il settore privato 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per organizzare consultazioni periodiche, se del caso, tra le autorità nazionali competenti, conformemente alla legislazione nazionale, alle quali possono partecipare rappresentanti del settore privato (quali i gestori di registri privati di veicoli scomparsi, il settore assicurativo e quello automobilistico) al fine di coordinare le informazioni e le attività di ciascuno in questo settore. 2. Gli Stati membri agevolano, conformemente alla legislazione nazionale, le procedure da seguire per il rapido rimpatrio di un veicolo dissequestrato dalle autorità nazionali competenti. Articolo 5 Punti di contatto in materia di criminalità connessa con i veicoli 1. Entro il 30 marzo 2005, gli Stati membri designano, all'interno delle autorità incaricate dell'applicazione della legge, un punto di contatto responsabile della lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli. 2. Gli Stati membri autorizzano i punti di contatto a scambiare esperienze, conoscenze specialistiche ed informazioni generali e tecniche sulla criminalità connessa con i veicoli, in base alla legislazione applicabile in vigore. Lo scambio di informazioni si estende ai metodi e alle migliori pratiche in materia di prevenzione della criminalità connessa con i veicoli. Tali scambi non comprendono lo scambio di dati a carattere personale. 3. Le informazioni riguardanti i punti di contatto nazionali designati, comprese le successive modifiche, sono comunicate al Segretariato generale del Consiglio che le pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 6 Segnalazione di veicoli rubati e di carte di circolazione 1. Le autorità competenti degli Stati membri provvedono, ogni qualvolta sia stato denunciato il furto di un veicolo, a inserire immediatamente una segnalazione per il veicolo in questione nel SIS conformemente alla legislazione nazionale e, se possibile, nell'apposita base dati relativa ai veicoli rubati dell'Interpol. 2. Lo Stato membro che ha effettuato la segnalazione nell'archivio di ricerca procede immediatamente, conformemente alla legislazione nazionale, al ritiro di detta segnalazione non appena viene meno il motivo della medesima. 3. Le autorità competenti degli Stati membri provvedono, in seguito alla denuncia di furto di carte di circolazione, a segnalarlo immediatamente nel SIS, conformemente alla legislazione nazionale. Articolo 7 Immatricolazione 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le sue autorità competenti adottino le misure necessarie per prevenire l'uso fraudolento e il furto di documenti di immatricolazione di veicoli. 2. Gli uffici nazionali della motorizzazione sono informati dalle autorità incaricate dell'applicazione della legge del fatto che un veicolo in fase di immatricolazione risulta rubato. L'accesso a tal fine alla base dati ha luogo nel debito rispetto del diritto comunitario. Articolo 8 Prevenzione dell'uso fraudolento di carte di circolazione 1. Al fine di prevenire l'uso fraudolento di carte di circolazione, ciascuno Stato membro provvede affinché, conformemente alla legislazione nazionale, le autorità competenti adottino le misure necessarie per ritirare la carta di circolazione del proprietario o del possessore del veicolo dopo che quest'ultimo ha subito gravi danni in seguito ad una collisione (perdita totale). 2. Si procede inoltre al ritiro, conformemente alla legislazione nazionale se nel corso di un controllo da parte dell'autorità incaricata dell'applicazione della legge sorge il sospetto che siano state alterate le caratteristiche d'identità del veicolo, quale il numero d'identificazione del veicolo. 3. La carta di circolazione è restituita solo previo controllo e verifica positiva dell'identità del veicolo e conformemente alla legislazione nazionale. Articolo 9 Europol Ciascuno Stato membro provvede affinché le autorità incaricate dell'applicazione della legge informano l'Europol, ove necessario, sui responsabili di atti di criminalità connessa con i veicoli, nell'ambito del mandato e della missione di Europol. Articolo 10 Formazione e sviluppo di competenze specialistiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli istituti nazionali responsabili della formazione delle pertinenti autorità incaricate dell'applicazione della legge promuovano nel loro piano di studi se del caso in collaborazione con l'Accademia europea di polizia, la formazione specialistica nel settore della prevenzione e dell'investigazione dei furti di veicoli. L'Europol può contribuire a tale formazione nell'ambito della sua sfera di competenze. Articolo 11 Riunione dei punti di contatto e relazione annuale al Consiglio I punti di contatto competenti per la criminalità connessa con i veicoli si riuniscono almeno una volta all'anno sotto la presidenza dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. L'Europol è invitata a partecipare a tali riunioni. La presidenza presenta al Consiglio una relazione sui progressi compiuti riguardo alla pertinente cooperazione pratica tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge. Articolo 12 Clausola di riesame Il Consiglio riesamina l'attuazione della presente decisione il 30 dicembre 2007 Articolo 13 Presa di effetto La presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Per gli Stati membri in cui le disposizioni dell'acquis di Schengen relative al SIS non siano ancora entrate in vigore, gli obblighi derivanti dalla presente decisione connessi con il SIS hanno effetto alla data in cui tali disposizioni saranno applicate, come specificato nella decisione del Consiglio adottata a tal fine in conformità delle procedure applicabili. Fatto a Bruxelles, addì 22 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente C. VEERMAN (1) GU C 162 del 9.6.1999, pag. 1.
Lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa ai veicoli QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa istituisce un approccio comune per combattere la criminalità connessa con i veicoli che coinvolge più Stati membri. Punta a migliorare la cooperazione tra gli Stati membri e le loro rispettive autorità nazionali competenti. PUNTI CHIAVE La decisione richiede agli Stati membri di:rafforzare la cooperazione reciproca tra le autorità nazionali competenti; agevolare le procedure da seguire per il rapido rimpatrio di un veicolo dissequestrato dalle autorità nazionali competenti; designare un punto di contatto responsabile della lotta contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli; e, ogni qualvolta sia stato denunciato il furto di un veicolo, entrare nell’area della banca dati del sistema di informazione Schengen (SIS) che contiene le informazioni sull’immatricolazione del veicolo e, se possibile, nell’apposita base dati relativa ai veicoli rubati dell’Interpol. La decisione tiene conto del significativo collegamento tra la criminalità connessa con i veicoli e altre forme di criminalità organizzata, quali il traffico di stupefacenti o di armi e la tratta degli esseri umani. Cooperazione I paesi dell’UE sono tenuti ad adottare le misure necessarie a realizzare una migliore cooperazione:tra le autorità nazionali competenti, al fine di combattere contro la criminalità transfrontaliera connessa con i veicoli; tra le autorità competenti e i rappresentanti del settore privato (quali i gestori di registri privati di veicoli scomparsi, il settore assicurativo e quello automobilistico) al fine di coordinare le informazioni e le attività di ciascuno in questo settore. gli Stati membri sono inoltre tenuti a prestare particolare attenzione al controllo delle esportazioni e ad agevolare il rapido rimpatrio dei veicoli dissequestrati. Scambio di informazioniGli Stati membri sono tenuti a designare punti di contatto nazionali per lo scambio di informazioni sulla criminalità connessa con i veicoli — ciò ha portato alla creazione di un rete di punti di contatto nazionali (CARPOL). Lo scambio di informazioni si estende ai metodi e alle migliori pratiche in materia di prevenzione della criminalità connessa con i veicoli, ma esclude lo scambio di dati personali. Dovrebbero essere inseriti regolarmente nel SIS avvisi di segnalazione per il furto di veicoli e dei certificati di immatricolazione e, se possibile, nella base dati relativa ai veicoli rubati dell’Interpol. Le autorità nazionali competenti provvedono a tenere informato Europol sugli autori dei reati connessi con i veicoli. Certificati di immatricolazione del veicolo Gli Stati membri sono tenuti a prevenire l’uso fraudolento e il furto di documenti di immatricolazione di veicoli. Pertanto, le autorità competenti devono:informare gli uffici nazionali della motorizzazione del fatto che un veicolo in fase di immatricolazione risulta rubato; ritirano la carta di circolazione se un veicolo ha subito gravi danni (perdita totale). Il Consiglio raccomanda inoltre che:venga eseguito un controllo del certificato di immatricolazione in caso di dubbi sull’identificazione del veicolo; le pertinenti autorità incaricate dell’applicazione della legge ricevano una formazione specialistica dall’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto nel settore della prevenzione e dell’investigazione dei furti di veicoli. ValutazioneLa decisione è stata riesaminata due volte nel 2008 e nel 2016. Il riesame più recente ha rilevato che CARPOL ha aggiunto professionalità e rafforzato la rete dei punti di contatto nazionali e che a lungo termine è necessario mantenere CARPOL. Una valutazione completa della politica della sicurezza dell’UE del 2017 ha rilevato che gli obiettivi e i meccanismi stabiliti nella decisione soddisfano ancora le esigenze attuali. La valutazione rileva inoltre che Europol sostiene attivamente CARPOL, organizzando riunioni e sostenendo squadre investigative comuni sul furto di auto di lusso o sul traffico di stupefacenti. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata dal 30 dicembre 2004. CONTESTO Sistema informativo europeo sulle patenti di guida e sui veicoli (Eucaris). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2004/919/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2004, relativa alla lotta contro la criminalità connessa con veicoli e avente implicazioni transfrontaliere (GU L 389 del 30.12.2004, pag. 28). DOCUMENTO CORRELATO Documento di lavoro dei servizi della Commissione valutazione globale della politica della sicurezza — Accompagna il documento di Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio — Nona relazione sui progressi verso un’autentica ed efficace Unione per la sicurezza [SWD(2017) 278 final del 26.7.2017].
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Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici Gazzetta ufficiale n. L 094 del 09/04/1999 pag. 0024 - 0026 DIRETTIVA 1999/22/CE DEL CONSIGLIOdel 29 marzo 1999relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologiciIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),considerando che il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio(3), richiede che sia dimostrata la disponibilità di adeguati impianti per la sistemazione e il mantenimento di esemplari viventi di un gran numero di specie prima che ne sia permessa l'importazione nella Comunità; che esso vieta inoltre l'esposizione al pubblico per scopi commerciali delle specie elencate nell'allegato A, salvo deroga specifica accordata per fini didattici, di ricerca o di allevamento;considerando che la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici(4), e la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(5), vietano la cattura, il possesso e il commercio di un gran numero di specie, ma ammettono deroghe per motivi specifici, ad esempio per fini didattici e di ricerca, di ripopolamento, di reintroduzione e di allevamento;considerando che la corretta applicazione della normativa comunitaria presente e futura sulla conservazione della fauna selvatica e l'esigenza che i giardini zoologici svolgano adeguatamente il loro importante ruolo nell'ambito della conservazione delle specie, dell'istruzione pubblica e/o della ricerca scientifica rendono necessaria una base comune per la normativa degli Stati membri in merito al rilascio di licenze e all'ispezione dei giardini zoologici, alla custodia degli animali in dette strutture, alla formazione del personale e all'istruzione dei visitatori;considerando che occorre un'azione sul piano comunitario affinché i giardini zoologici, in tutta la Comunità, contribuiscano alla salvaguardia della biodiversità, seguono gli obblighi di adottare misure per la conservazion ex situ assunti a norma dell'articolo 9 della convenzione sulla diversità biologica;considerando che numerose organizzazioni, quali l'Associazione europea dei giardini zoologici e degli acquari, hanno elaborato orientamenti per il mantenimento e la sistemazione degli animali nei giardini zoologici che potrebbero servire, se del caso, per l'elaborazione e l'adozione di norme nazionali,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ObiettiviLa presente direttiva ha lo scopo di proteggere la fauna selvatica e di salvaguardare la biodiversità prevedendo che gli Stati membri adottino misure in materia di licenze e ispezioni dei giardini zoologici nella Comunità, potenziando così il ruolo dei giardini zoologici in fatto di conservazione della biodiversità.Articolo 2DefinizioneAi fini della presente direttiva, per giardino zoologico si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l'anno, animali vivi di specie selvatiche ad esclusione dei circhi, dei negozi di animali da compagnia e dei complessi che gli Stati membri non assoggettano ai requisiti della presente direttiva per il fatto che non espongono un numero significativo di animali o di specie e che tale esenzione non compromette gli obiettivi della presente direttiva.Articolo 3Requisiti applicabili ai giardini zoologiciGli Stati membri adottano misure, a norma degli articoli 4, 5, 6 e 7 volte a garantire che tutti i giardini zoologici attuino le seguenti misure di conservazione:- partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie e/o ad azioni di formazione nelle pertinenti tecniche di conservazione e/o a scambi di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l'allevamento in cattività, il ripopolamento o la reintroduzione di specie nella vita selvatica;- promuovere l'istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali;- sistemare gli animali in condizioni volte a soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie, in particolare provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie e mantenere un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione;- impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall'esterno;- tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico, per le singole specie.Articolo 4Licenze e ispezioni1. Gli Stati membri adottano misure per il rilascio di licenze e l'ispezione dei giardini zoologici, esistenti e di futura creazione, al fine di garantire il rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3.2. Tutti i giardini zoologici devono disporre di una licenza entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva ovvero, nel caso dei giardini zoologici nuovi, prima dell'apertura al pubblico.3. Ciascuna licenza contiene condizioni volte a far osservare i requisiti di cui all'articolo 3. Il rispetto delle condizioni è soggetto a sorveglianza, tra l'altro mediante ispezioni regolari; vengono adottate misure appropriate volte a garantire tale rispetto.4. Prima di concedere, negare, prorogare o modificare sensibilmente una licenza, viene svolta dalle autorità competenti degli Stati membri un'ispezione al fine di accertare se siano state rispettate o no le condizioni della licenza, sia quelle già esistenti che quelle proposte.5. Se il giardino zoologico non ha una licenza a norma della presente direttiva o le condizioni della licenza non sono rispettate, il giardino zoologico o parte di esso:a) viene chiuso al pubblico dall'autorità competente; e/ob) si conforma ai requisiti imposti dall'autorità competente per garantire che le condizioni della licenza siano rispettate.In caso di mancata conformità a tali requisiti entro un termine appropriato non superiore a due anni stabilito dall'autorità competente, quest'ultima revoca o modifica la licenza e chiude il giardino zoologico o parte di esso.Articolo 5I requisiti per il rilascio della licenza di cui all'articolo 4 non si applicano quando uno Stato membro può dimostrare, con prova considerata soddisfacente dalla Commissione, che l'obiettivo della presente direttiva, definito nell'articolo 1, e che i requisiti applicabili ai giardini zoologici, stabiliti nell'articolo 3, sono realizzati e costantemente rispettati mediante un sistema di regolamentazione e registrazione. Un tale sistema dovrebbe, tra l'altro, contenere disposizioni relative all'ispezione ed alla chiusura dei giardini zoologici equivalenti a quelle di cui ai paragrafi 4 e 5 dell'articolo 4.Articolo 6Chiusura di giardini zoologiciNel caso in cui un giardino zoologico o parte di essi sia chiuso, l'autorità competente accerta che gli animali interessati vengano trattati o rimossi in condizioni che lo Stato membro reputa appropriata e conformi alle finalità e alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 7Autorità competentiGli Stati membri designano le autorità competenti ai fini della presente direttiva.Articolo 8SanzioniGli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di infrazione alle disposizioni nazionali adottate in base alla presente direttiva. Le sanzioni stabilite sono efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 9 aprile 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 10Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, il 29 marzo 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteF. MÜNTEFERING(1) GU C 204 del 15.7.1996, pag. 63.(2) Parere del Parlamento europeo del 29 gennaio 1998 (GU C 56 del 23.2.1998, pag. 34). Posizione comune del Consiglio del 20 luglio 1998 (GU C 364 del 25.11.1998, pag. 9) e decisione del Parlamento europeo del 10 febbraio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2307/97 della Commissione (GU L 325 del 27.11.1997, pag. 1).(4) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/49/CE della Commissione (GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).(5) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/62/CE della Commissione (GU L 305 dell'8.11.1997, pag. 42).
Il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Promuove la protezione e la conservazione delle specie animali selvatiche rafforzando il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità. Prevede specifiche norme per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici, al fine di assicurare che essi rispettino le misure di conservazione e di protezione necessarie. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Per «giardino zoologico» si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti animali vivi di specie selvatiche, a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l’anno. I circhi e i negozi di animali da compagnia sono esclusi dalla direttiva. I paesi dell’UE possono anche esentare taluni complessi dalla direttiva, qualora non espongano un numero significativo di animali o specie al pubblico e qualora tale esenzione non comprometta gli obiettivi della direttiva. Condizioni La direttiva impone ai paesi dell’UE di adottare misure relative al rilascio di licenze e allo svolgimento di ispezioni regolari nei giardini zoologici, al fine di verificare che le condizioni richieste per il loro rilascio siano soddisfatte. Per ottenere una licenza di esercizio, i giardini zoologici devono: partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie, uno scambio di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l’allevamento in cattività (ripopolamento o reintroduzione di specie nella vita selvatica ecc.); promuovere l’istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali; sistemare gli animali in condizioni in grado di soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie: provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie; mantenendo un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione; impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche (ad esempio, specie esotiche invasive) per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall’esterno; tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico per le singole specie. Licenze e ispezione I paesi dell’UE devono adottare misure per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici al fine di garantire il rispetto delle misure per la conservazione richieste. Tutti i giardini zoologici devono essere in possesso di una licenza. Ciascuna licenza deve contenere le condizioni volte a far osservare le misure necessarie di conservazione e protezione. Le autorità competenti dei paesi dell’UE devono svolgere un’ispezione prima di concedere, negare, prorogare o modificare sostanzialmente una licenza. Se il giardino zoologico non rispetta anche solo parzialmente i requisiti legali, l’autorità competente dovrà chiudere al pubblico il giardino zoologico o la parte di esso non conforme. In caso di parziale o totale chiusura di un giardino zoologico, gli animali interessati devono essere trattati o rimossi in condizioni che il paese dell’UE interessato ritiene appropriate e compatibili con le disposizioni della direttiva. Buone pratiche Nel 2015, la Commissione europea ha pubblicato il documento sulle buone pratiche della direttiva europea sui giardini zoologici. Lo scopo è di aiutare i paesi dell’UE a rispettare maggiormente i requisiti della direttiva, attraverso la condivisione di esperienze e buone pratiche. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 9 aprile 1999. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 9 aprile 2002. ATTO Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici (GU L 94 del 9.4.1999, pag. 24-26)
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DIRETTIVA 2007/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2007 concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, paragrafo 1, lettera c), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Molti incidenti si verificano perché i conducenti di veicoli commerciali pesanti non si accorgono della presenza di altri utenti stradali nelle immediate vicinanze o a fianco del proprio veicolo. Questi incidenti avvengono spesso in corrispondenza di incroci, confluenze e rotatorie allorché il conducente, cambiando direzione, non si rende conto della presenza di altri utenti stradali negli angoli ciechi della zona immediatamente circostante il veicolo. Si calcola che circa 400 persone muoiano ogni anno in Europa in tali circostanze, trattandosi, nella maggior parte dei casi, di utenti stradali vulnerabili quali ciclisti, motociclisti e pedoni. (2) Nel libro bianco del 12 settembre 2001, dal titolo «La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte», la Commissione ha stabilito l’obiettivo di dimezzare il numero di vittime in incidenti stradali nell'Unione europea entro il 2010. Nel terzo programma d’azione sulla sicurezza stradale la Commissione ha assunto l’impegno di studiare la possibilità di installare nei veicoli commerciali pesanti già in circolazione dispositivi per la visione indiretta al fine di ridurre gli angoli ciechi, contribuendo in tal modo a ridurre il numero di vittime in incidenti stradali. (3) Il gruppo di alto livello CARS 21, nella tabella di marcia da applicare nell’arco di dieci anni contenuta nella relazione finale riguardante un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo (A Competitive Automotive Regulatory System for the 21st century), raccomandava un approccio integrato in materia di sicurezza stradale, fondato in particolare sull'introduzione obbligatoria di nuovi dispositivi di sicurezza, quali gli specchi volti a ridurre gli angoli ciechi dei veicoli commerciali pesanti. (4) I dispositivi per la visione indiretta, quali gli specchi grandangolari e di accostamento, le telecamere, gli schermi o altri dispositivi omologati per la visione indiretta migliorano il campo di visibilità del conducente ed aumentano la sicurezza dei veicoli. (5) La direttiva 2003/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei dispositivi per la visione indiretta e dei veicoli muniti di tali dispositivi, presenta un notevole potenziale di riduzione del numero delle vittime, ma riguarda soltanto i veicoli di nuova immatricolazione. (6) I veicoli già in circolazione non sono pertanto soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva 2003/97/CE. Si calcola che non vi sarà una completa sostituzione di tali veicoli prima del 2023. (7) Per contribuire a ridurre il numero di incidenti stradali mortali o gravi causati da tali veicoli e nei quali sono coinvolti utenti stradali vulnerabili, occorre nel frattempo provvedere a che nei veicoli di cui trattasi siano installati a posteriori dispositivi perfezionati per la visione indiretta. (8) Nei veicoli già in circolazione dovrebbero essere installati specchi che riducano gli angoli ciechi laterali e siano nel contempo conformi alle prescrizioni tecniche della direttiva 2003/97/CE. Ciò è tecnicamente praticabile per la maggior parte dei veicoli in causa. (9) È tuttavia adeguato e proporzionato prevedere esenzioni e deroghe per i veicoli con rimanente durata di vita breve, per i veicoli dotati di specchi laterali il cui campo di visibilità è solo minimamente inferiore a quello previsto dalla direttiva 2003/97/CE e per i veicoli in cui l'installazione di specchi conformi a detta direttiva non sia economicamente sostenibile. (10) Gli automezzi appartenenti alle categorie N2 e N3 originariamente immatricolati e/o omologati e/o messi in servizio prima del 1o gennaio 2000 e che circolano principalmente per il loro interesse storico non dovrebbero essere soggetti alle norme e alle procedure contenute nella presente direttiva. (11) Per gli automezzi pesanti ai quali non si può imporre di adeguarsi interamente ai requisiti della presente direttiva per motivi tecnici e/o economici, le autorità competenti dovrebbero autorizzare e approvare soluzioni alternative. In questi casi gli Stati membri dovrebbero comunicare gli elenchi delle soluzioni tecniche consentite e approvate alla Commissione, la quale a sua volta dovrebbe metterli a disposizione di tutti gli Stati membri. (12) Per consentire al mercato di far fronte a una forte domanda di specchi durante un breve lasso di tempo, è opportuno prevedere un periodo transitorio. (13) I veicoli commerciali pesanti sui quali, prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE, sono stati installati a posteriori dispositivi per la visione indiretta che coprono ampiamente il campo di visibilità richiesto dalla suddetta direttiva dovrebbero essere esentati dagli obblighi della presente direttiva. (14) L'equipaggiamento dei veicoli già in circolazione dovrebbe essere accompagnato da misure adeguate volte a sensibilizzare sui pericoli legati all'esistenza di angoli ciechi nei veicoli commerciali pesanti, comprese attività di informazione rivolte agli utenti stradali vulnerabili sul corretto uso e posizionamento dei dispositivi per la visione indiretta. (15) Anche i veicoli diversi da quelli interessati dalla presente direttiva, quali i veicoli commerciali leggeri e gli autobus, che non dispongono di dispositivi adeguati per la visione indiretta sono coinvolti in incidenti dovuti agli angoli ciechi. La legislazione comunitaria sui requisiti di sicurezza attiva e passiva dovrebbe pertanto essere sottoposta a un riesame costante per migliorare e promuovere la sicurezza stradale. (16) Al fine di disporre di un'analisi più completa e di una futura strategia per la riduzione del numero di incidenti dovuti agli angoli ciechi, la Commissione, sulla base della decisione 93/704/CE del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (4), e di altri atti comunitari pertinenti, tra cui la decisione n. 2367/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul programma statistico comunitario 2003-2007 (5), dovrebbe raccogliere dagli Stati membri i dati attinenti e procedere ad una loro adeguata elaborazione. (17) La direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativa al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (6), dispone che sui veicoli a motore utilizzati per il trasporto di merci con una massa autorizzata massima superiore a 3,5 tonnellate debbano essere effettuati controlli tecnici periodici almeno su base annua. I veicoli commerciali pesanti dovrebbero, tra l'altro, installare specchi retrovisori che siano conformi ai requisiti della presente direttiva al fine di passare il controllo tecnico. I certificati di controllo tecnico rilasciati dagli Stati membri per i veicoli immatricolati nei rispettivi territori sono reciprocamente riconosciuti ai fini della libera circolazione dei veicoli sulle strade degli Stati membri. (18) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, ossia l’equipaggiamento a posteriori dei veicoli già in circolazione nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (19) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza fra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce obblighi per l'installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli delle categorie N2 e N3 di cui all'allegato II, punto 2, sezione A, della direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (8), che sono immatricolati nella Comunità. Articolo 2 1. La presente direttiva si applica ai veicoli di categoria N2 e N3 che non sono omologati o non sono omologati come singoli veicoli ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 2. La presente direttiva non si applica: a) ai veicoli di categoria N2 e N3 immatricolati prima del 1o gennaio 2000; b) ai veicoli di categoria N2 che abbiano una massa autorizzata totale massima che non supera le 7,5 tonnellate, nei quali è impossibile installare uno specchio di categoria V in modo tale da garantire il rispetto delle seguenti condizioni: i) nessuna parte dello specchio è situata a meno di 2 m (può applicarsi una tolleranza di +10 cm) dal suolo, indipendentemente dalla posizione in cui è regolato lo specchio, quando il veicolo si trova in condizioni di carico pari al peso totale tecnicamente ammissibile; e ii) lo specchio è completamente visibile dal posto di guida; c) ai veicoli di categoria N2 e N3 che sono soggetti a misure nazionali che sono entrate in vigore prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE e impongono il montaggio, dal lato del passeggero, di altri dispositivi per la visione indiretta che coprono almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo degli specchi di categoria IV e V definiti nella suddetta direttiva. Articolo 3 1. A decorrere dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009 gli Stati membri prescrivono che in tutti i veicoli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, siano installati, dal lato del passeggero, specchi grandangolari e di accostamento conformi a quanto rispettivamente prescritto per gli specchi di categoria IV e V dalla direttiva 2003/97/CE. 2. In deroga al paragrafo 1, le prescrizioni della presente direttiva sono ritenute rispettate se i veicoli sono dotati, dal lato del passeggero, di specchi grandangolari e di accostamento la cui combinazione di campi di visibilità copre almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e almeno l'85 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 3. I veicoli di cui all'articolo 2 che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi ai criteri di cui al paragrafo 1 o 2 del presente articolo possono essere dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta, purché la combinazione di tali dispositivi copra non meno del 95 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e non meno dell'85 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un elenco di soluzioni tecniche conformi alle disposizioni del presente articolo. La Commissione mette a disposizione del pubblico di tutti gli Stati membri tali informazioni notificate mediante il suo sito web o qualsiasi altro mezzo appropriato. Articolo 4 1. La conformità ai criteri di cui all'articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3, è determinata in base alla prova fornita da uno Stato membro conformemente all'articolo 3 della direttiva 96/96/CE. 2. La Commissione, assistita dai comitati di cui all'articolo 8 della direttiva 96/96/CE e all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE, nell'ambito dei rispettivi mandati, adotta le misure appropriate per garantire che i dispositivi di cui all'articolo 3 della presente direttiva siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada in accordo con i requisiti fissati dalla presente direttiva. Dette misure devono essere prese non oltre il 6 agosto 2008. Articolo 5 Entro il 6 agosto 2011 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva, unitamente a uno studio sugli incidenti dovuti agli angoli ciechi che riguardi tutti i veicoli e tutti i costi sostenuti, al fine di migliorare la sicurezza stradale. Sulla base di un'analisi costi-benefici più completa, la relazione della Commissione è accompagnata, se del caso, da una proposta relativa alla revisione della legislazione vigente. Articolo 6 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 agosto 2008. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) Parere del 14 marzo 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 giugno 2007. (3) GU L 25 del 29.1.2004, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). (4) GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 787/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 12). (6) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (8) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/37/CE (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 60).
Installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La presente direttiva stabilisce obblighi per l’installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli destinati a trasportare merci con un peso superiore alle 3,5 tonnellate e immatricolati dopo il 1 gennaio 2000. Ciò viene richiesto principalmente per migliorare la sicurezza di altri utenti della strada quali pedoni, ciclisti e motociclisti, che si trovano ad essere particolarmente esposti ai pericoli derivanti dall’angolo cieco che gli autocarri hanno dal lato del passeggero. PUNTI CHIAVE A partire dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009, su tutti i veicoli commerciali pesanti circolanti nell’Unione europea destinati a trasportare un carico superiore alle 3,5 tonnellate (categorie N2 e N3) devono venire installati a posteriori dal lato del passeggero specchi di classe IV (grandangolari) e di classe V (di accostamento). La direttiva è una misura temporanea che si applica a veicoli immatricolati dopo il 1 gennaio 2000 ed è rivolta a migliorare il campo di visione indiretta per i veicoli non interessati dalle norme stabilite nel Regolamento (CE) n. 661/2009. La direttiva non si applica direttamente, ma stabilisce che i governi degli stati membri introducano una legge che renda obbligatori tali specchi. EccezioniLe prescrizioni della direttiva sono da ritenersi già rispettate per i veicoli che siano già stati dotati dal lato del passeggero di specchi che coprano almeno il 95 % del campo di visione di uno specchio di categoria IV, a livello del suolo, e almeno l’85 % del campo di visione di uno specchio di classe V. I veicoli che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi a questi criteri, possono venire dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta come ad es. videocamere, purché la combinazione di tali dispositivi soddisfi i requisiti. Non sono inclusi nella direttiva i veicoli autorizzati a trasportare un carico massimo di 7,5 tonnellate, nei quali sia impossibile installare uno specchio di categoria V a più di 2 m dal suolo, quando il veicolo si trova in condizioni di carico massimo, oppure lo specchio non sia completamente visibile dal posto di guida. Sono esenti inoltre i veicoli che siano soggetti a misure nazionali con prescrizioni minime simili entrate in vigore prima che la presente direttiva venisse recepita nella legislazione nazionale. I paesi membri devono comunicare alla Commissione europea una lista di soluzioni tecniche, che deve quindi rendere pubbliche tali informazioni. È responsabilità della Commissione, tramite i comitati competenti, garantire che i dispositivi siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 3 agosto 2007. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 6 agosto 2008. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:«Specchi per l’angolo morto» (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2007/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità (GU L 184 del 14.7.2007, pagg. 25-28) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE. (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 51-128). Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pagg. 1-24) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (2009/705/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando quanto segue: (1) Nell'ambito della protezione dei consumatori di cui all'articolo 153 del trattato, è opportuno che la Commissione consulti i consumatori sui problemi riguardanti la tutela dei loro interessi a livello comunitario. (2) Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un Gruppo consultivo creato a questo scopo da decisioni consecutive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE della Commissione, del 9 ottobre 2003, che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (1). (3) Le attività del Gruppo su un lungo periodo mettono in evidenza la necessità di migliorarne l'efficienza, la rappresentatività e la trasparenza; di conseguenza occorre chiarire le disposizioni relative alla creazione di sottogruppi e all'adozione dei pareri del Gruppo comprendendo le migliori pratiche sviluppate nel corso degli ultimi anni. (4) A tale proposito è opportuno rivedere la procedura di nomina dei membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori e prevedere per i membri del gruppo ulteriori obblighi per la presentazione di relazioni al fine di aumentare la partecipazione delle organizzazioni nazionali dei consumatori alle attività del Gruppo stesso. (5) È importante assicurare che il Gruppo e i suoi membri partecipino attivamente ed efficacemente affinché il punto di vista dei consumatori sia parte integrante delle ampie deliberazioni tra le parti in causa che attualmente costituiscono la norma per la consultazione in Europa. (6) Per motivi di protezione dei dati è opportuno che l'elaborazione dei dati personali dei membri del Gruppo sia sottoposta alla normativa comunitaria in materia di tutela delle persone per quanto riguarda l'elaborazione dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organi comunitari, DECIDE: Articolo 1 Il Gruppo consultivo europeo dei consumatori Viene istituito un Gruppo consultivo europeo dei consumatori, di seguito «il Gruppo». Articolo 2 Compiti 1. Il Gruppo può essere consultato dalla Commissione su tutte le questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello comunitario. 2. Il Gruppo: a) costituisce la sede di ampie discussioni sulle questioni riguardati gli interessi dei consumatori; b) elabora il contributo del punto di vista dei consumatori in altri fori e partecipa, quando richiesto, ai gruppi che la Commissione consulta sulle questioni riguardanti la politica europea dei consumatori; c) fornisce pareri alla Commissione quando delinea politiche e attività che hanno un effetto sui consumatori; d) può emettere un parere sulle questioni comunitarie relative ai consumatori; e) informa la Commissione sugli sviluppi della politica relativa ai consumatori negli Stati membri; f) costituisce una fonte di informazioni e una cassa di risonanza dell'azione comunitaria per le organizzazioni nazionali. Articolo 3 Costituzione 1. Il Gruppo sarà composto da: a) un membro rappresentante le organizzazioni nazionali dei consumatori di ciascuno Stato membro; b) un membro proveniente da ciascuna organizzazione europea dei consumatori. 2. Le organizzazioni nazionali dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera a), devono essere rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e attive a livello nazionale. 3. Le organizzazioni europee dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera b), devono soddisfare una delle due seguenti serie di criteri; esse devono: a) essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e i) avere come obiettivi e attività primari la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori nella Comunità; ii) aver ricevuto il mandato di rappresentare gli interessi dei consumatori a livello comunitario dalle organizzazioni nazionali di consumatori in almeno la metà degli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello regionale o nazionale; e iii) aver fornito alla Commissione una documentazione soddisfacente della loro appartenenza, regolamentazioni interne e fondi di finanziamento; oppure b) essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e i) avere come obiettivo e attività di rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; nonché ii) aver ricevuto mandato in almeno due terzi degli Stati membri per rappresentare gli interessi di consumatori a livello comunitario tramite: — enti rappresentativi, in accordo con le regolamentazioni nazionali, di organizzazioni nazionali dei consumatori negli Stati membri, oppure — in assenza di tali enti, di organizzazioni nazionali di consumatori negli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni e le prassi nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello nazionale. 4. Nell'allegato si trova un elenco indicativo delle organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui al paragrafo 3. Articolo 4 Designazione 1. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati in conformità dei paragrafi 2 e 3. 2. Ogni Stato membro propone un elenco di tre candidati tramite gli enti nazionali rappresentanti le organizzazioni dei consumatori istituite dagli Stati membri, laddove esse esistono, o tramite le autorità nazionali competenti. I candidati fanno parte delle organizzazioni dei consumatori nazionali più rappresentative in base alle norme o alle pratiche nazionali. 3. La Commissione nomina un membro titolare e un supplente per Stato membro in conformità dei seguenti criteri: a) i candidati devono avere un'ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori; b) i candidati che non sono stati in precedenza membri di tale gruppo saranno considerati prioritari; c) equilibrio tra uomini e donne. 4. I membri del gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori. 5. I supplenti sostituiscono automaticamente i titolari quando questi sono assenti. 6. La Commissione pubblicherà l'elenco dei membri titolari e dei supplenti nel sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori e nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I nominativi dei membri titolari e dei supplenti sono raccolti, trattati e pubblicati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Articolo 5 Durata del mandato 1. Il mandato dei membri titolari e dei supplenti è triennale e rinnovabile in accordo con la procedura fissata dall'articolo 4. 2. Alle fine del periodo di tre anni, i membri e i supplenti rimangono in carica fino a che non si sia trovato un sostituto o fino a quando il loro mandato non sia rinnovato. 3. Il mandato dei membri scade prima della fine del periodo triennale a) in caso di dimissioni, pensionamento o morte; b) nel caso in cui l'ente nazionale o le autorità che li hanno presentati come candidati richiedano la loro sostituzione; c) nel caso in cui la Commissione richieda la sostituzione di membri o supplenti che non sono più in grado di contribuire in modo efficace o che non soddisfano gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 6. 4. I membri titolari e i supplenti sono sostituiti per il resto del periodo di tre anni ai sensi della procedura fissata dall'articolo 4. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, nel caso in cui un solo membro titolare o un supplente che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori debba essere sostituito, gli enti nazionali o le autorità propongono due nuovi candidati e tra questi la Commissione ne nomina uno in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3. Articolo 6 Associati ed esperti 1. Su proposta della Commissione, il Gruppo può invitare rappresentanti di altre organizzazioni aventi come loro principali obiettivi la promozione degli interessi dei consumatori e attive in questo campo a livello europeo, ad associarsi ai lavori. 2. Il Gruppo può invitare qualsiasi persona che abbia un'esperienza particolare su un determinato punto dell'ordine del giorno a partecipare ai lavori in qualità di esperto. Articolo 7 Funzionamento 1. La Commissione a) determina la forma e il calendario in base al quale il Gruppo si riunisce; b) presiede le riunioni del Gruppo; c) fornisce servizi di segretariato e organizza le attività del Gruppo. 2. Possono essere istituiti sottogruppi al fine di esaminare questioni specifiche nel quadro di un mandato stabilito dal Gruppo stesso. Tali gruppi vanno sciolti non appena abbiano adempiuto il proprio mandato. 3. Il Gruppo può emettere pareri su richiesta della Commissione o su proposta di un membro con l'accordo della Commissione. Quando richiede un parere la Commissione può fissare un termine entro cui questo va emesso. Per ogni parere il Gruppo può nominare uno o più relatori tra i suoi membri. Il relatore avrà la responsabilità generale della presentazione del parere. 4. IL Gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione. 5. La Commissione pubblica sul sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori, nella lingua originale del documento interessato, ogni riassunto, conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro del Gruppo. 6. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori informano e consultano le associazioni che essi rappresentano nel Gruppo. Ciascun membro istituisce meccanismi di notifica efficaci per informare sistematicamente tutte le organizzazioni nazionali di consumatori sul lavoro del Gruppo, e presenta i reciproci punti di vista. 7. Ogni membro del Gruppo presenta alla Commissione entro il 1o marzo una relazione sulle attività svolte nell'anno precedente in conformità degli obblighi previsti al paragrafo 6. Il contenuto di tale relazione sarà definito ulteriormente nel regolamento interno. Articolo 8 Riservatezza Senza pregiudizio dell'articolo 287 del trattato, i membri e i supplenti del Gruppo non divulgheranno le informazioni ottenute durante il loro lavoro in seno al Gruppo o ai gruppi di lavoro dello stesso quando la Commissione li informa che il parere richiesto o la questione sollevata è di natura riservata. Articolo 9 Spese di riunione 1. La Commissione rimborsa le spese di viaggio ed eventualmente di soggiorno sostenute da membri ed esperti per le attività del Gruppo, secondo le proprie norme sul rimborso spese degli esperti esterni. 2. I membri non sono retribuiti per le funzioni esercitate. 3. Le spese di riunione sono rimborsate entro i limiti del bilancio annuale assegnato al Gruppo dal competente servizio della Commissione. Articolo 10 Abrogazione La decisione 2003/709/CE è abrogata. Fatto a Bruxelles, il 14 settembre 2009. Per la Commissione Meglena KUNEVA Membro della Commissione (1) GU L 258 del 10.10.2003, pag. 35. (2) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. ALLEGATO Organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 3: — BEUC — Ufficio europeo delle unioni di consumatori, — ANEC — Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori nella standardizzazione.
Gruppo consultivo per i consumatori europei QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Crea il gruppo consultivo europeo dei consumatori, sede di discussione sulle questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello dell'Unione europea (UE). Essa abroga e spiega le disposizioni della decisione 2003/709/CE. Attraverso le esperienze acquisite, mira a rafforzare l'efficacia, la rappresentatività e l'apertura del gruppo. PUNTI CHIAVE Il gruppo può essere consultato su tutte le questioni a livello UE legate agli interessi dei consumatori. Esso emette pareri e consiglia la Commissione europea. Costituisce inoltre la piattaforma di scambio di informazioni tra le organizzazioni rappresentate e informa le organizzazioni nazionali sulle attività UE. Composizione Il gruppo è costituito da: un rappresentante delle organizzazioni nazionali dei consumatori per ciascun paese dell'UE; un rappresentante di ciascuna organizzazione europea dei consumatori (BEUC e ANEC). Sono presenti due membri associati (Eurocoop e Coface) e due osservatori (Islanda e Norvegia). Le organizzazioni europee dei consumatori rispondono a molteplici criteri. Devono essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale. Inoltre esse devono: avere come attività primaria la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori; rappresentare i consumatori di almeno la metà dei paesi dell'UE; essere in grado di fornire alla Commissione i dati della loro appartenenza, la loro regolamentazione interna e i loro fondi di finanziamento. Oppure: rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; aver ricevuto mandato in almeno due terzi dei paesi dell'UE per rappresentare gli interessi dei consumatori a livello UE. Designazione e mandato dei membri Questo gruppo è composto da 30 membri nominati per tre anni. Il loro mandato è rinnovabile. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati a seguito della proposta di candidati presentata dalle amministrazioni nazionali. La Commissione nomina un membro titolare e un membro supplente per paese dell'UE, basandosi su una serie di criteri: i candidati devono possedere un’ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori a livello comunitario; i candidati che non sono stati in precedenza membri del gruppo sono considerati prioritari; l’equilibrio tra uomini e donne dovrà essere assicurato all’interno del gruppo. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori. Nell’interesse delle discussioni, la Commissione può invitare dei membri associati o degli esperti membri di organizzazioni non rappresentate all’interno del Gruppo. Funzionamento La Commissione stabilisce il calendario delle riunioni del gruppo. Presiede il gruppo e fornisce servizi di segretariato. Il gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione. Il gruppo può decidere di istituire dei sottogruppi temporanei al fine di esaminare specifiche questioni. Esistono attualmente 2 sottogruppi: energia; mercato unico digitale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 14 settembre 2009. CONTESTO L’Unione Europea (UE) garantisce un elevato livello di protezione ai consumatori, un’esigenza presente nell’elaborazione delle sue politiche e delle sue azioni. In questo contesto, prima di qualsiasi progetto inerente ai consumatori, la Commissione consulta le organizzazioni dei consumatori rappresentate all’interno del Gruppo consultivo dei consumatori. Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un gruppo consultivo dei consumatori creato da decisioni successive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE. Per ulteriori informazioni si consulti: Il gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG) sul sito internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/705/CE della Commissione del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (GU L 244 del 16.9.2009, pag. 21–24). DOCUMENTI CORRELATI Decisione della Commissione, del 18 agosto 2016 relativa alla nomina dei membri del gruppo consultivo europeo dei consumatori e dei loro supplenti (C/2016/5417) (GU C 306 del 23.8.2016, pag. 4-5)
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Direttiva 86/278/CEE del Consiglio del 12 giugno 1986 concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura Gazzetta ufficiale n. L 181 del 04/07/1986 pag. 0006 - 0012 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 7 pag. 0127 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 7 pag. 0127 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 12 giugno 1986 concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (86/278/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 100 e 235,vista la proposta della Commissione[1],[1] GU n. C 264 dell'8.10.1982, pag.3, e GU n. C 154 del 14.6.1984, pag. 6.visto il parere del Parlamento europeo[2],[2] GU n. C 77 del 19.3.1984, pag. 136.visto il parere del Comitato economico e sociale[3],[3] GU n. C 90 del 5.4.1983, pag. 27.considerando che la presente direttiva è intesa a disciplinare l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo, incoraggiando nel contempo la corretta utilizzazione di questi fanghi;considerando che disparità tra le disposizioni dei vari Stati membri in materia di utilizzazione di detti fanghi in agricoltura potrebbero avere un'incidenza sul funzionamento del mercato comune; che è perciò necessario procedere in questo campo al ravvicinamento delle legislazioni previsto all'articolo 100 del trattato;considerando che i fanghi di depurazione utilizzati nel quadro delle attività agricole non rientrano nel campo d'applicazione della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti[4];[4] GU n. C 194 del 25.7.1975, pag. 39.considerando che le misure previste nella direttiva 78/319/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1978, relativo ai rifiuti tossici e nocivi[5], si applicano anche ai fanghi di depurazione, ove questi contengano o siano stati contaminati dalle sostanze o materie elencate nell'allegato della direttiva, di natura, in quantità o in concentrazioni tali da presentare un pericolo per la salute dell'uomo o per l'ambiente;[5] GU n° L 84 del 31.3.1978, p. 43.considerando che è opportuno prevedere un regime speciale che garantisca la protezione dell'uomo, degli animali, dei vegetali e dell'ambiente contro gli effetti nocivi dell'utilizzazione incontrollata dei fanghi;considerando che la presente direttiva è inoltre intesa a stabilire alcune prime misure comunitarie nel quadro della protezione del suolo;considerando che i fanghi possono avere delle utilizzazioni agronomiche e che, pertanto, è giustificato incoraggiarne la valorizzazione in agricoltura, a condizione che vengano utilizzati correttamente; che l'applicazione dei fanghi non deve nuocere alla qualità del suolo e della produzione agricola;considerando che certi metalli pesanti possono essere tossici per le piante e/o per l'uomo per la loro presenza nei raccolti e che occorre stabilire valori limite vincolanti per questi elementi nel suolo;considerando che occorre vietare l'utilizzazione dei fanghi quando la concentrazione nel suolo di tali metalli supera detti valori limite;considerando inoltre che occorre evitare che tali valori limite vengano superati a seguito dell'utilizzazione dei fanghi; che, a tal fine, occorre limitare l'immissione di metalli pesanti nel suolo coltivato, stabilendo i quantitativi massimi di immissione annua, di fanghi, avendo cura di non superare i valori limite di concentrazione di questi metalli nei fanghi utilizzati, oppure avendo cura che non vengano superati valori limite per i quantitativi di metalli pesanti che possono essere immessi nel suolo nell'arco medio di dieci anni;considerando che i fanghi devono essere trattati prima di essere utilizzati in agricoltura; che tuttavia gli Stati membri possono autorizzare, sotto certe condizioni, l'utilizzazione di fanghi non trattati, senza rischio per la salute dell'uomo e degli animali, qualora vengano iniettati o interrati nel suolo;considerando che va rispettato un certo lasso di tempo tra l'utilizzazione dei fanghi e la messa a pascolo dei prati, il raccolto dei foraggi o di talune colture che si trovano normalmente a diretto contatto col suolo e vengono consumate crude; che l'utilizzazione dei fanghi deve essere vietata su orticolture e frutticolture durante il periodo vegetativo, ad eccezione delle colture di alberi da frutto;considerando che, in conformità delle direttive 75/440/CEE[6] e 80/68/CEE[7], l'utilizzazione dei fanghi deve effettuarsi in modo da assicurare la protezione del suolo e delle acque superficiali e sotterranee;[6] GU n° L 194 del 25.7.1975, p. 26.[7] GU n° L 20 de 26.1.1980, p. 43. considerando che è necessario a tal fine controllare la qualità dei fanghi e del suolo su cui vengono utilizzati, effettuando analisi alcuni risultati delle quali devono essere comunicati agli utilizzatori;considerando che è necessario che talune informazioni essenziali siano conservate per garantire una migliore conoscenza dell'utilizzazione dei fanghi in agricoltura; che tali informazioni siano trasmesse in relazioni periodiche alla Commissione; che la Commissione, tenuto conto di tali relazioni, presenterà se necessario proposte per garantire una maggiore protezione del suolo e dell'ambiente;considerando che i fanghi provenienti da impianti di depurazione di piccole dimensioni che trattano essenzialmente acque di rifiuto di origine domestica presentano rischi limitati per la salute dell'uomo, degli animali, dei vegetali e per l'ambiente e che pertanto occorre esentare questi fanghi da alcuni degli obblighi previsti in materia di informazione ed analisi;considerando che agli Stati membri deve essere data la possibilità di adottare disposizioni più severe di quelle previste dalle presente direttiva; che occorre che tali disposizioni siano comunicate alla Commissione;considerando che il progresso tecnico e scientifico può rendere necessario un rapido adeguamento di alcune delle disposizioni contenute nella presente direttiva; che, per facilitare l'attuazione dei provvedimenti a tal fine necessari, è opportuno prevedere una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione; che detta cooperazione deve essere realizzata in seno ad un comitato per l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico;considerando che il trattato non ha previsto i poteri d'azione a tal uopo richiesti, diversi da quelli dell'articolo 235,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva è intesa a disciplinare l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo, incoraggiando nel contempo la corretta utilizzazione di questi fanghi.Articolo 2Ai sensi della presente direttiva, si intendono per:a)«fanghi»:i)i fanghi residui provenienti dagli impianti di depurazione di acque reflue domestiche o urbane e da altri impianti di depurazione delle acque reflue che presentano una composizione analoga a quella delle acque reflue domestiche e urbane;ii)i fanghi residui delle fosse settiche e di altri dispositivi analoghi per il trattamento delle acque reflue;iii)i fanghi residui provenienti da impianti di depurazione diversi da quelli di cui ai punti i) e ii);b)«fanghi trattati»:i fanghi sottoposti a trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentescibile e gli inconvenienti sanitari della loro utilizzazione;c)«agricoltura»:qualsiasi tipo di coltivazione a scopo commerciale e alimentare, nonché zootecnico;d)«utilizzazione»:lo spandimento dei fanghi sul suolo o qualsiasi altra applicazione dei fanghi sul suolo e nel suolo.Articolo 31. I fanghi di cui all'articolo 2, lettera a), punto i), possono essere utilizzati in agricoltura solo conformemente alla presente direttiva.2. Fatte salve le direttive 75/442/CEE e 78/319/CEE:-i fanghi di cui all'articolo 2, lettera a), punto ii), possono essere utilizzati in agricoltura nel rispetto delle condizioni che lo Stato membro interessato può ritenere necessarie per garantire la tutela delle salute dell'uomo e dell'ambiente;-i fanghi di cui all'articolo 2, lettera a), punto iii), possono essere utilizzati in agricoltura solo se la loro utilizzazione è regolamentata dallo Stato membro interessato.Articolo 4Gli allegati I A, I B e I C della presente direttiva forniscono i valori per le concentrazioni ammissibili di metalli pesanti nei suoli che ricevono i fanghi, per le concentrazioni di metalli pesanti nei fanghi e per le quantità massime annue di tali metalli pesanti immesse nei terreni a destinazione agricola.Articolo 5Fatto salvo l'articolo 12,1) gli Stati membri vietano l'utilizzazione dei fanghi qualora la consentrazione di uno o più metalli pesanti nel suolo superi i valori limite da essi fissati in conformità dell'allegato I A e prendono le misure necessarie per accertarsi che tali valori limite non vengano superati a motivo dell'impiego di fanghi;2) gli Stati membri disciplinano l'utilizzazione dei fanghi in modo tale che l'accumulazione dei metalli pesanti nel suolo non provochi un superamento dei valori limite di cui al punto 1. A tal fine essi applicano l'una o l'altra procedura du cui alle lettere a) e b):a) gli Stati membri fissano i quantitativi massimi di fanghi espressi in tonnellate di materia secca che possono essere immessi nel suolo per unità di superficie e all'anno, rispettando,per la concentrazione di metalli pesanti nei fanghi, i valori limite da loro fissati in conformità dell'allegato I B; oppureb) gli Stati membri curano che vengano rispettati i valori limite dei quantitativi di metalli immessi nel suolo per unità di superficie e per unità di tempo, quali figurano nell'allegato I C.Articolo 6Fatto salvo l'articolo 7,a) i fanghi devono essere trattati prima di essere utilizzati in agricoltura. Gli Stati membri possono tuttavia autorizzare, secondo le condizioni da essi definite, l'utilizzazione di fanghi non trattati in caso di iniezione o di interramento nel suolo;b) i produttori di fanghi di depurazione forniscono regolarmente agli utilizzatori tutte le informazioni di cui all'allegato II A.Articolo 7Gli Stati membri vietano l'utilizzazione dei fanghi o la consegna dei fanghi per la loro utilizzazione:a)sui pascoli o sulle colture foraggere, qualora su detti terreni si proceda al pascolo o alla raccolta del foraggio prima che sia trascorso un certo periodo. Questo periodo, fissato dagli Stati membri, tenendo tra l'altro conto della loro situazione geografica e/o climatica, non può comunque essere inferiore a tre settimane;b)sui terreni destinati all'orticoltura e alla frutticoltura, durante il periodo vegetativo, salve le colture di alberi da frutto;c)sui terreni destinati all'orticoltura e alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto col terreno e sono normalmente consumati crudi, nei dieci mesi precedenti il raccolto e durante il raccolto stesso.Articolo 8L'utilizzazione dei fanghi è effettuata secondo le regole seguenti:-l'utilizzazione deve tener conto del fabbisogno di sostanze nutritive delle piante, senza compromettere la qualità del suolo e delle acque superficiali o sotterranee;-in caso di utilizzazione di fanghi su terreni il cui pH è inferiore a 6, gli Stati membri tengono conto dell'aumentata mobilità dei metalli pesanti e del loro maggiore assorbimento da parte delle piante e diminuiscono, se del caso, i valori limite fissati in conformità dell'alle- gato I A.Articolo 9I fanghi e i terreni su cui vengono utilizzati sono analizzati secondo lo schema di cui agli allegati II A e II B.I metodi di riferimento di campionatura e di analisi sono indicati nell'allegato II C.Articolo 101. Gli Stati membri provvedono a che vengano tenuti aggiornati i registri in cui sono annotati:a) i quantitativi di fango prodotto e quelli forniti per usi agricoli;b) la composizione e le caratteristiche dei fanghi, rispetto ai parametri di cui all'allegato II A;c) il tipo di trattamento impiegato, conformemente all'articolo 2, lettera b);d) i nomi e gli indirizzi dei destinatari dei fanghi e i luoghi di utilizzazione dei fanghi.2. Questi registri sono tenuti a disposizione delle autorità competenti e servono per redigere la relazione di sintesi di cui all'articolo 17.3. I metodi di trattamento e i risultati delle analisi vengono comunicati, a richiesta, alle autorità competenti.Articolo 11Gli Stati membri possono esentare dall'articolo 6, let- tera b), e dall'articolo 10, paragrafo 1, lettere b), c) e d), e paragrafo 2, i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione delle acque reflue aventi una capacità di trattamento inferiore a 300 kg D805 al giorno - corrispondente a 5 000 equivalenti persone - e destinati essenzialmente al trattamento delle acque reflue domestiche.Articolo 12Gli Stati membri, qualora le condizioni lo richiedano, possono adottare misure più severe di quelle previste nella presente direttiva.Qualsiasi decisione al riguardo sarà immediatamente comunicata alla Commissione, conformemente agli accordi esistenti.Articolo 13L'adeguamento al progresso tecnico e scientifico, in conformità della procedura di cui all'articolo 15, riguarda gli allegati della direttiva, esclusi i parametri e i valori di cui agli allegati I A, I B e I C, tutti gli elementi che possono influire sulla valutazione di tali valori, nonché i parametri di cui agli allegati II A e II B.Articolo 14È istituito un comitato per l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico, qui di seguito chiamato il « comitato », composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.2. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno.Articolo 151. Qualora si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato è adito dal presidente, ad iniziativa di questo ultimo oppure a richiesta del rappresentante di uno Stato membro.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato esprime il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può stabilire in funzione dell'urgenza delle questioni. Esso si pronuncia alla maggioranza di cinquantaquattro voti; ai voti degli Stati membri è attribuita la ponderazione stabilita dall'articolo 148, paragrafo 2, del trattato. Il presidente non partecipa al voto.3. a) La Commissione adotta le misure prospettate, se sono conformi al parere del comitato.b) Quando dette misure non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta sulle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.c) Se, allo scadere di un periodo di tre mesi dal momento in cui il Consiglio è stato adito, questo non ha deliberato, le misure proposte sono adottate dalla Commissione.Articolo 161. Gli Stati membri mettono in vigore le disposzioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di tre anni a decorrere dalla sua notifica.Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 17Gli Stati membri redigono ogni quattro anni, e per la prima volta cinque anni dopo la notifica della presente direttiva, una relazione riassuntiva sull'utilizzazione dei fanghi in agricoltura, in cui saranno specificati i quantitativi di fanghi utilizzati, i criteri seguiti e le difficoltà incontrate e trasmettono tale relazione alla Commissione che pubblica le informazioni in essa contenute. In base a tale relazione, la Commissione presenta, se del caso, appropriate proposte per aumentare la protezione del suolo e dell'ambiente.Articolo 18Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a lussemburgo, addì 12 giugno 1986.Per il ConsiglioIl PresidenteP. WINSEMIUSALLEGATO I A>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO I B>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO I C>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II AANALISI DEI FANGHI1. I fanghi devono essere analizzati, di norma, almeno ogni sei mesi. Qualora intervengano dei cambiamenti nella qualità delle acque trattata, la frequenza delle analisi deve aumentata. Se nel corso di un anno I risultati delle analisi non presentano variazioni significative, I fanghi devono essere analizzati almeno ogni dodici mesi.2. Nel caso fi fanghi provenienti dagli impianti di depurazione di cui all'articolo 11, ove I fanghi non siano stati analizzati nel corso dei dodici mesi che precedono l'applicazione, in ogni Stato membro, della presenta direttiva, sarà necessaria effettuare un'analisi entro un termine do dodici mesi dopo l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi provennienti da detti impianti. Gli Stati membri stabiliscono la frequenza delle analisi sucessive in base ai risultati della prima analisi, agli eventuali cambiamenti intervenuti nella natura delle acque reflue trattate e ad ogni altro elemento pertinente.3. Fatto salvo il punto 4, le analisi devono vertere sui seguenti parametri:- sostanza secca, sostanza organica- pH;- azoto e fosforo;- cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio, cromo.4. Per il rame, lo zinco e il cromo, allorché sia stato dimostrato, in modo soddisfacente per la competente autorità dello Stato membro, che tali metalli non sono presenti solo in quantità trascurabile nelle acque reflue trattate dall'impianto di depurazione, gli Stati membri decidono circa la frequenza delle analisi da effettuare.ALLEGATO II BANALISI DEI SUOLI1.Prima di qualsiasi utilizzazione dei fanghi, salvo quelli provenienti dagli impianti di depurazione di cui all'articolo 11, gli Stati membri devono accertarsi che la concentrazione di metalli pesanti nei terreni non superi i valori limite fissati conformemente all'allegato I A. A tal fine, gli Stati membri decidono quali siano le analisi da effettuare tenendo conto dei dati scientifici disponibili sulle caratteristiche dei terreni e sulla loro omogeneità.2.Gli Stati membri stabiliscono la frequenza delle successive analisi, tenendo conto delle concentrazioni di metalli nei terreni prima dell'impiego di fanghi, del quantitativo e della composizione dei fanghi utilizzati, nonché di qualsiasi altro elemento pertinente.3.Le analisi devono vertere sui seguenti parametri :-pH-cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio, cromo.ALLEGATO II CMETODI DI CAMPIONAMENTO E DI ANALISI1.Campionamento del suoloI campioni rappresentativi dei suoli sottoposti ad analisi devono di norma essere costituiti riunendo 25 carote prelevate su una superficie inferiore o uguale a 5 ettari coltivata in modo omogeneo.I prelievi si effettuano ad una profondità di 25 cm, salvo se lo spessore dello strato arabile è inferiore a tale valore, senza che in questo caso la profondità di campionatura risulti inferiore a 10 cm.2. Campionamento dei fanghiI campioni dei fanghi sono prelevati dopo trattamento ma prima della consegna all'azienda e devono essere rappresentativi della produzione dei fanghi.3. Metodo di analisiPer i metalli pesanti, l'analisi è effettuata dopo una forte digestione acida. Il metodo di riferimento per l'analisi è quello della spettrometria ad assorbimento atomico. Per ciascun metallo il limite di rilevamento non deve essere superiore al 10 % del relativo valore limite.
Utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La presente direttiva disciplina l’utilizzazione dei fanghi di depurazione* come concime in modo da evitare effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute umana, tenendo conto del fabbisogno di sostanze nutritive delle piante, senza compromettere la qualità del suolo e delle acque superficiali o sotterranee. A tal fine, essa stabilisce i valori limite per le concentrazioni consentite nel terreno per sette metalli pesanti che possono essere tossici per le piante e per l’uomo:cadmio,rame,nichel,piombo,zinco,mercurio,cromo. Essa vieta l’utilizzazione dei fanghi di depurazione quando la concentrazione nel suolo di tali metalli supera detti valori limite. Nel 2018, la direttiva è stata modificata dalla decisione (UE) 2018/853 relativamente alle norme procedurali per l’elaborazione delle relazioni in materia ambientale. Nel 2019, la direttiva è stata modificata dal regolamento (UE) 2019/1010 che armonizza gli obblighi di comunicazione nella normativa in materia di ambiente. PUNTI CHIAVE I valori limite specifici sono elencati negli allegati della direttiva.Allegato I A — metalli pesanti nel suolo,Allegato I B — metalli pesanti nei fanghi,Allegato I C — quantità massime annue di metalli pesanti che possono essere immesse nel suolo. Solitamente, i fanghi devono essere trattati* prima di essere utilizzati in agricoltura. Tuttavia, in alcuni paesi dell’Unione europea (Unione), gli agricoltori possono essere autorizzati a utilizzare fanghi non trattati se iniettati o interrati nel suolo. In determinate situazioni, i fanghi non possono essere utilizzati in agricoltura:sui pascoli in cui pascolano gli animali o dedicati alla raccolta del foraggio prima che sia trascorso un periodo non inferiore a tre settimane,sui terreni destinati all’orticoltura e alla frutticoltura durante il periodo vegetativo. Tale regola non si applica alle colture di alberi da frutto,sui terreni destinati all’orticoltura e alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto col terreno e vengono consumati crudi. Questo divieto si applica per dieci mesi prima del raccolto e durante il raccolto stesso. La responsabilità di garantire che l’uso dei fanghi da parte degli agricoltori non superi i limiti di legge spetta alle autorità nazionali, che devono campionare e analizzare i fanghi e il suolo su cui vengono utilizzati e tenere registri aggiornati su:i quantitativi di fango prodotto e quelli forniti per usi agricoli,la composizione e le caratteristiche dei fanghi,il tipo di trattamento impiegato,dove e da chi vengono utilizzati i fanghi. In seguito all’adozione del regolamento (UE) 2019/1010, dal 1o gennaio 2022, i paesi dell’Unione devono inoltre redigere relazioni contenenti qualsiasi altra informazione relativa al recepimento e all’attuazione della direttiva, che trasmettono alla Commissione europea. Devono inoltre trasmettere le informazioni registrate in tali registri in modo tale che i dati digitali si riferiscano a una posizione o area geografica specifica I paesi dell’Unione sono tenuti a inviare informazioni alla Commissione ogni tre anni sull’attuazione della presente direttiva, sotto forma di una relazione settoriale che coprirà anche altre direttive pertinenti, sulla base del questionario definito nella decisione 94/741/CE della Commissione. La decisione (UE) 2018/853 prevede che tali relazioni settoriali vengano redatte sulla base di un questionario o di uno schema elaborato dalla Commissione sotto forma di atti di esecuzione. La relazione è inviata alla Commissione entro nove mesi dalla fine del periodo di tre anni da essa contemplato Il regolamento (UE) 2019/1010, le cui modifiche alla direttiva si applicano a partire dall’1o gennaio 2022, semplifica il processo di redazione delle relazioni. Esso cerca inoltre di garantire che i paesi dell’Unione siano più trasparenti riguardo alle informazioni che forniscono e che il pubblico possa accedere alle informazioni quanto più rapidamente possibile. I registri di cui sopra devono essere messi a disposizione e facilmente accessibili al pubblico, per ogni anno civile, entro otto mesi dalla fine dell’anno civile di riferimento, e devono inoltre essere presentati alla Commissione. La Commissione pubblica una relazione periodica sull’utilizzo dei fanghi in agricoltura nell’Unione, in cui sono raccolte le informazioni trasmesse dai singoli paesi su questo argomento. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 18 giugno 1986, con l’obbligo di essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 18 giugno 1989. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Fanghi di depurazione (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Fanghi di depurazione: fanghi provenienti dagli impianti di depurazione di acque reflue domestiche o urbane e da altri impianti di depurazione simili. Fanghi trattati: fanghi sottoposti a trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentescibile (riducendo i rischi per la salute). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (GU L 181 del 4.7.1986, pag. 6). Le successive modifiche alla direttiva 86/278/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2019/1010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, che armonizza gli obblighi di comunicazione nella normativa in materia di ambiente e modifica i regolamenti (CE) n. 166/2006 e (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/49/CE, 2004/35/CE, 2007/2/CE, 2009/147/CE e 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 338/97 e (CE) n. 2173/2005 del Consiglio e la direttiva 86/278/CEE del Consiglio (GU L 170 del 25.6.2019, pag. 115).
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32006R1921
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REGOLAMENTO (CE) N. 1921/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006 relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio, del 21 maggio 1991, relativo alla trasmissione di dati sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri (2), prescrive la trasmissione da parte di questi ultimi di dati sulle quantità e sui prezzi medi dei prodotti della pesca sbarcati nei rispettivi porti. (2) L'esperienza ha dimostrato che la trasmissione in forza della normativa comunitaria di dati con cadenza annuale anziché mensile non comporterebbe conseguenze negative per le analisi del mercato dei prodotti della pesca e per le altre analisi economiche. (3) Le analisi trarrebbero un miglioramento da una disaggregazione dei dati secondo lo Stato di cui battono bandiera le navi da pesca che effettuano gli sbarchi. (4) Il regolamento (CEE) n. 1382/91 prescrive un limite nella misura in cui le tecniche di campionamento sono consentite se la rilevazione e l'elaborazione dei dati comportano oneri eccessivi per talune autorità nazionali. Allo scopo di migliorare e di semplificare il sistema di trasmissione dei dati, è opportuno sostituire detto regolamento con un nuovo strumento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 1382/91 dovrebbe essere abrogato. (5) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire l'istituzione di un quadro giuridico per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (6) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (3), fissa un quadro di riferimento per le statistiche nel settore della pesca. In particolare impone il rispetto dei principi di imparzialità, affidabilità, pertinenza, rapporto costi/benefici, segreto statistico e trasparenza. (7) È importante garantire l'applicazione uniforme del presente regolamento e adottare a tal fine una procedura comunitaria che consenta di definirne le modalità d'applicazione secondo un calendario appropriato e di procedere agli adeguamenti tecnici necessari. (8) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (9) Poiché i dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca costituiscono uno strumento essenziale per la gestione della politica comune della pesca, è opportuno prevedere la possibilità di far ricorso alla procedura di gestione di cui alla decisione 1999/468/CE onde concedere periodi transitori agli Stati membri per l'attuazione del presente regolamento e deroghe che permettano loro di escludere dati statistici relativi ad un particolare settore dell'industria della pesca dai dati statistici nazionali presentati. (10) D'altro lato, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire le condizioni in base alle quali dovrebbero essere adeguati tecnicamente gli allegati. Queste misure di portata generale e concepite per modificare gli elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «navi da pesca della Comunità», le navi da pesca che battono bandiera di uno Stato membro e che sono registrate nella Comunità; 2) «navi da pesca dell'EFTA», le navi da pesca che battono bandiera di un paese dell'EFTA o che sono registrate in un paese dell'EFTA; 3) «valore unitario»: a) il valore alla prima vendita dei prodotti della pesca sbarcato (in valuta nazionale) diviso per quantità sbarcata (in tonnellate), o b) per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata in valuta nazionale stimato utilizzando un metodo appropriato. Articolo 2 Obblighi degli Stati membri 1. Ogni anno ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione i dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio da navi da pesca della Comunità e dell'EFTA (in seguito denominati «dati statistici»). 2. Ai fini del presente regolamento si intendono sbarcati sul territorio dello Stato membro dichiarante i seguenti prodotti della pesca: a) prodotti sbarcati nei porti nazionali da pescherecci o da altre componenti della flotta di pesca in seno alla Comunità; b) i prodotti sbarcati da navi da pesca dello Stato membro dichiarante in porti non comunitari, per i quali è emesso il documento T2M riportato nell'allegato 43 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (5). Articolo 3 Compilazione dei dati statistici 1. I dati statistici riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno alla Comunità. 2. È ammesso il ricorso a tecniche di campionamento in quei casi in cui, in considerazione delle caratteristiche strutturali di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro, la rilevazione esaustiva di dati comporterebbe difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto. Articolo 4 Dati statistici I dati statistici si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari dei prodotti della pesca sbarcati nell'anno civile di riferimento. Le variabili per le quali sono da trasmettere dati statistici, le loro definizioni e le nomenclature pertinenti sono precisate negli allegati II, III e IV. Articolo 5 Trasmissione dei dati statistici Gli Stati membri trasmettono i dati statistici alla Commissione su base annua conformemente al formato specificato nell'allegato I e utilizzando i codici precisati negli allegati II, III e IV. I dati statistici vanno trasmessi entro i sei mesi successivi alla fine dell'anno di riferimento. Articolo 6 Metodologia 1. Entro il 19 gennaio 2008 ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione una relazione metodologica dettagliata in cui descrive le modalità di rilevazione dei dati e di compilazione delle statistiche. La relazione illustra in dettaglio le eventuali tecniche di campionamento e contiene una valutazione della qualità delle stime risultanti. 2. La Commissione esamina le relazioni e presenta le sue conclusioni al competente gruppo di lavoro del comitato permanente di statistica agraria (in seguito denominato il «comitato»), istituito dall'articolo 1 della decisione 72/279/CEE del Consiglio (6). 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione ogni modifica delle informazioni fornite a norma del paragrafo 1 entro tre mesi dal momento in cui essa è stata apportata e ragguagliano inoltre la Commissione in merito a qualsiasi cambiamento significativo dei metodi di rilevazione utilizzati. Articolo 7 Periodi di transizione Per l'attuazione del presente regolamento possono essere accordati agli Stati membri, secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, periodi di transizione di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla sua entrata in vigore. Articolo 8 Deroghe 1. Qualora l'inclusione nelle statistiche di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro comporti difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto, allo Stato membro in questione può essere accordata una deroga secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, consentendogli di escludere i dati statistici riguardanti tale comparto dai dati statistici nazionali trasmessi. 2. Quando chiede una deroga a norma del paragrafo 1, uno Stato membro, per motivare la sua richiesta, trasmette alla Commissione una relazione sui problemi incontrati nell'applicazione del presente regolamento al complesso degli sbarchi sul proprio territorio. Articolo 9 Aggiornamento degli allegati Le misure relative all'adeguamento tecnico degli allegati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 11, paragrafo 3. Articolo 10 Valutazione Entro il 19 gennaio 2010, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione sui dati statistici definiti in applicazione del presente regolamento e, in particolare, sulla loro pertinenza e qualità. Tale relazione procede, inoltre, ad un'analisi costi — benefici del sistema istituito per la raccolta e l'elaborazione dei dati statistici ed indica le migliori prassi che consentano di ridurre l'onere di lavoro per gli Stati membri e di accrescere l'utilità e la qualità di tali dati statistici. Articolo 11 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 12 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 1382/91 è abrogato. Articolo 13 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2006 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORREL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J.-E. ENESTAM (1) Parere del Parlamento europeo del 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 14 novembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 133 del 28.5.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (3) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (5) GU L 253 dell'11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 402/2006 (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 35). (6) GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1. ALLEGATO I FORMATO DEI DATI STATISTICI TRASMESSI Formato del file di dati statistici I dati statistici vanno trasmessi in un file in cui ciascun record include i campi sottoindicati. Tali campi sono separati da una virgola («,»). Campo Nota Allegato Anno di riferimento 4 cifre (ad esempio, 2003) Paese dichiarante Codice alfabetico a tre caratteri Allegato II Specie o gruppi di specie Codice internazionale alfabetico a tre caratteri (1) - Stato di bandiera Codice alfabetico a tre caratteri Allegato II Presentazione Allegato III Uso previsto Allegato IV Quantità Tonnellate sbarcate (arrotondate a una cifra decimale) Valore unitario Valuta nazionale per tonnellata Le quantità sbarcate inferiori a 50 chili vanno registrate come«0,0». (1) Per l’elenco completo dei codici internazionali alfabetici a tre caratteri delle specie si veda il file ASFIS della FAO (http://www.fao.org/fi/statist/fisoft/asfis/asfis.asp). ALLEGATO II ELENCO DEI CODICI DEI PAESI Stato Codice Belgio BEL Repubblica ceca CZE Danimarca DNK Germania DEU Estonia EST Grecia GRC Spagna ESP Francia FRA Irlanda IRL Italia ITA Cipro CYP Lettonia LVA Lituania LTU Lussemburgo LUX Ungheria HUN Malta MLT Paesi Bassi NLD Austria AUT Polonia POL Portogallo PRT Slovenia SVN Slovacchia SVK Finlandia FIN Svezia SWE Regno Unito GBR Islanda ISL Norvegia NOR Altro OTH ALLEGATO III ELENCO DEI CODICI DI PRESENTAZIONE Parte A Elenco Presentazione Codice Fresco (non specificato) 10 Fresco (intero) 11 Fresco (eviscerato) 12 Fresco (code) 13 Fresco (filetti) 14 Fresco (eviscerato e decapitato) 16 Fresco (vivo) 18 Fresco (altro) 19 Congelato (non specificato) 20 Congelato (intero) 21 Congelato (eviscerato) 22 Congelato (code) 23 Congelato (filetti) 24 Congelato (non a filetti) 25 Congelato (eviscerato e decapitato) 26 Congelato (pulito) 27 Congelato (non pulito) 28 Congelato (altro) 29 Salato (non specificato) 30 Salato (intero) 31 Salato (eviscerato) 32 Salato (filetti) 34 Salato (eviscerato e decapitato) 36 Salato (altro) 39 Affumicato 40 Cotto 50 Cotto (congelato e confezionato) 60 Essiccato (non specificato) 70 Essiccato (intero) 71 Essiccato (eviscerato) 72 Essiccato (filetti) 74 Essiccato (eviscerato e decapitato) 76 Essiccato (spellato) 77 Essiccato (altro) 79 Intero (non specificato) 91 Chele 80 Uova 85 Presentazione non nota 99 Parte B Note 1. Filetti: i pezzi di carne tagliati parallelamente alla spina dorsale di un pesce; consistono nella parte laterale destra o sinistra del pesce, purché ne siano state ritirate la testa, le interiora, le pinne (dorsale, anale, caudale, ventrale, pettorale) e le spine (vertebre o spina dorsale larga, spine ventrali o costali, bronchiali o staffe, ecc.), e le due parti laterali non siano collegate, per esempio, per la schiena o lo stomaco del pesce. 2. Pesce intero: pesce non eviscerato. 3. Pulito: termine riferito ai calamari privati di tentacoli, testa e interiora. 4. Pesce congelato: pesce trattato mediante congelazione in modo da conservarne inalterata la qualità, attraverso l'abbassamento a -18 oC o oltre e il mantenimento a -18 oC o oltre della temperatura media. 5. Pesce fresco: pesce che non è stato messo in conserva, né affumicato o congelato, né ha subito alcun trattamento, a parte la refrigerazione. Tale tipo di pesce è generalmente presentato intero o eviscerato, 6. Pesce salato: pesce, spesso eviscerato e decapitato, conservato sotto sale o in salamoia. ALLEGATO IV ELENCO DEI CODICI PER L'USO PREVISTO DEI PRODOTTI DELLA PESCA Parte A Elenco Destinazione Codice Natura delle trasmissioni Consumo umano 1 Obbligatoria Impieghi industriali 2 Obbligatoria Ritirato dal mercato 3 Facoltativa Esca 4 Facoltativa Mangimi per animali 5 Facoltativa Cascami 6 Facoltativa Uso previsto non noto 9 Facoltativa Parte B Note 1. Consumo umano: tutti i prodotti della pesca venduti inizialmente per il consumo umano o sbarcati per conto terzi per essere destinati al consumo umano. Sono escluse le quantità di prodotti originariamente destinati al consumo umano che, al momento della prima vendita, a causa delle condizioni di mercato, di regolamenti sanitari o di altri motivi analoghi, siano stati ritirati dal mercato sul quale erano destinati al consumo umano. 2. Impieghi industriali: tutti i prodotti della pesca specificamente sbarcati per essere trasformati in farine e in olio destinati al consumo animale, nonché le quantità di prodotti che, sebbene originariamente destinati al consumo umano, non sono più venduti a tal fine al momento della prima vendita. 3. Ritirato dal mercato: le quantità inizialmente destinate al consumo umano ma che, al momento della prima vendita, sono ritirate dal mercato a causa di condizioni del mercato, di regolamenti sanitari o di motivi analoghi. 4. Esca: le quantità di pesce fresco destinate ad essere utilizzate come esca nel quadro di altre attività di pesca. Un esempio è costituito dall'esca utilizzata nella pesca al tonno con lenze e canne. 5. Mangimi per animali: le quantità di pesce fresco destinate all'alimentazione diretta degli animali. Ne sono escluse le quantità destinate alla trasformazione in farina o in olio di pesce. 6. Cascami: i pesci o le parti di pesce che, a causa del loro stato, devono essere distrutti prima dello sbarco. 7. Uso previsto non noto: le quantità di pesce che non rientrano in alcuna delle suddette categorie.
Statistiche sugli sbarchi di prodotti della pesca QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Intende garantire un metodo uniforme a livello europeo per la raccolta e la compilazione di dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sui territori nazionali. Tali statistiche sono un importante strumento per la politica comune della pesca, che ha istituito limiti di cattura ai fini della sostenibilità e per contribuire a garantire il mantenimento a lungo termine delle risorse ittiche. Abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91. PUNTI CHIAVE Ogni anno, ciascun paese dell’UE deve presentare alla Commissione europea (Eurostat) i dati sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio tramite navi registrate in (o che battono bandiera di) un paese dell’UE o dell’EFTA. I dati riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno all’UE. I dati si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari* dei prodotti della pesca sbarcati nell’anno civile. Il formato, le variabili e i codici per la trasmissione dei dati sono indicati negli allegati del regolamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso si applica dal 19 gennaio 2007. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Pesca — panoramica (Eurostat). TERMINI CHIAVE Valore unitario: il valore della vendita dei prodotti della pesca diviso per la quantità o, per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata, stimato utilizzando un metodo appropriato. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1921/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca nei paesi dell’UE e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1921/2006 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha solo valore documentario. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22). Si veda la versione consolidata. Decisione 72/279/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1972, che istituisce un Comitato permanente di statistica agraria (GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1).
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32008R0181
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REGOLAMENTO (CE) N. 181/2008 DELLA COMMISSIONE del 28 febbraio 2008 che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (1), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione, del 16 aprile 1999, che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) In virtù dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, la Commissione fissa le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di regolazione della capacità delle flotte comunitarie definita da detto regolamento. (3) È opportuno mantenere i tassi di contributi speciali e dei tonnellaggi equivalenti fissati dal regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio (4) e dal regolamento (CEE) n. 1102/89 della Commissione (5), che si sono dimostrati efficaci. (4) Per far agire la solidarietà finanziaria tra i fondi della navigazione interna, è opportuno che la Commissione, di concerto con le autorità dei fondi, proceda, all'inizio di ogni anno, alla contabilizzazione delle risorse disponibili nel fondo di riserva e alla perequazione dei conti in caso di una nuova azione di risanamento. (5) Le misure previste dal presente regolamento sono state discusse con gli Stati membri interessati e le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello comunitario, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento determina l'aliquota dei contributi speciali di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Articolo 2 Contributi speciali 1. L'importo dei contributi speciali per i vari tipi e categorie di battelli si situa in una forcella che va dal 70 % al 115 % delle seguenti aliquote: a) battelli da carico secco: i) automotori: 120 EUR/t; ii) Chiatte a spinta: 60 EUR/t; iii) Chiatte rimorchiate: 43 EUR/t; b) navi cisterna: i) automotori: 216 EUR/t; ii) chiatte a spinta: 108 EUR/t; iii) chiatte rimorchiate: 39 EUR/t; c) spintori: 180 EUR/kilowatt con aumento lineare fino a 240 EUR/kilowatt per una forza motrice pari o superiore a 1 000 kW. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, le aliquote massime dei contributi speciali di cui al paragrafo 1 sono ridotte del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 450 a 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali sono ridotte dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 tonnellate. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %; fino ai battelli di portata lorda superiore a 1 650 t restano pari al 115 %. Articolo 3 Tonnellaggio equivalente 1. Quando un proprietario mette in servizio un battello di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 718/1999 e presenta alla demolizione un altro tipo di attrezzature fluviali, il tonnellaggio equivalente da prendere in considerazione è determinato, nell'ambito di ciascuna delle due specie di battelli in appresso indicate, in base ai seguenti coefficienti di valutazione: a) battelli da carico secco: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,36; b) navi cisterna: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,18. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, i coefficienti di cui al paragrafo 1 sono ridotti del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 650 a 450 t, detti coefficienti sono ridotti dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 t. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, i coefficienti subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %. Articolo 4 Coefficienti del regime «Vecchio per nuovo» L'entrata in servizio dei battelli è subordinata alla condizione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/1999: 1) trattandosi di battelli da carico secco il coefficiente è fissato a 0:1 (rapporto fra il tonnellaggio vecchio e quello nuovo); 2) trattandosi di navi cisterna il coefficiente è fissato a 0:1; 3) trattandosi di spintori, il coefficiente è fissato a 0:1. Articolo 5 Solidarietà finanziaria 1. Per contabilizzare le risorse disponibili nel fondo di riserva e per attuare la solidarietà finanziaria fra i conti dei diversi fondi di cui all'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 718/1999, all'inizio di ogni anno ciascun fondo comunica alla Commissione le seguenti informazioni: a) le entrate del fondo nel corso dell'anno precedente (Rdn) purché queste siano destinate al versamento dei premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999; b) gli obblighi finanziari assunti dal fondo nel corso dell'anno precedente e relativi ai premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pn); c) le rimanenze in data 1o gennaio dell'anno precedente, provenienti dalle entrate destinate al versamento dei premi di demolizione o da misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Sn). 2. La Commissione determina, in collaborazione con le autorità dei fondi e in base ai dati di cui al paragrafo 1: a) l'importo totale degli obblighi finanziari assunti da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente per il versamento di premi di demolizione o per misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pt); b) l'importo totale delle entrate realizzate da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente (Rdt); c) la somma dei disavanzi di tutti i fondi al 1o gennaio dell'anno precedente (St); d) gli impegni annui normalizzati (Pnn) dei singoli fondi, calcolati secondo la seguente formula: Pnn = (Pt/(Rdt + St)) × (Rdn + Sn); e) per ciascun fondo, la differenza fra gli impegni annui (Pn) e gli impegni annui normalizzati (Pnn); f) gli importi che ciascun fondo i cui impegni annui siano inferiori agli impegni annui normalizzati (Pn < Pnn) versa a un fondo i cui impegni annui siano superiori agli impegni annui normalizzati (Pn > Pnn). 3. Anteriormente al 1o marzo dell'anno in corso ogni fondo versa agli altri fondi gli importi di cui al la lettera f) del paragrafo 2. Articolo 6 Consultazioni Per tutte le questioni concernenti la politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie e le modifiche del presente regolamento, la Commissione si avvale del parere di un gruppo composto di esperti delle organizzazioni professionali che rappresentano il settore della navigazione interna a livello comunitario e degli Stati membri interessati. Il gruppo è denominato «Gruppo di esperti — Politica di regolazione delle capacità e di promozione delle flotte comunitarie». Articolo 7 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 805/1999 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1. (2) GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 411/2003 (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18). (3) Cfr. allegato I. (4) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 25. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 742/98 della Commissione (GU L 103 del 3.4.1998, pag. 3). (5) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 30. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 812/1999 (GU L 103 del 20.4.1999, pag. 5). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione (GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64) Regolamento (CE) n. 1532/2000 della Commissione (GU L 175 del 14.7.2000, pag. 74) Regolamento (CE) n. 997/2001 della Commissione (GU L 139 del 23.5.2001, pag. 11) Regolamento (CE) n. 336/2002 della Commissione (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 11) Regolamento (CE) n. 411/2003 della Commissione (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18) ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 805/1999 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 2, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 3 — Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera a) Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera b) Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, primo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera a) Articolo 5, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera b) Articolo 5, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, quarto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera d) Articolo 5, paragrafo 2, quinto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera e) Articolo 5, paragrafo 2, sesto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera f) Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7 — — Articolo 7 — Articolo 8 — Allegato I — Allegato II
Norme volte a promuovere il trasporto per via navigabile nell’Unione europea QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI? Insieme al regolamento (CE) n. 181/2008 e al regolamento (UE) n. 546/2014, il regolamento (CE) n. 718/1999 stabilisce le norme di regolazione delle capacità delle flotte dell’Unione europea (Unione). I regolamenti intendono incoraggiare lo sviluppo di un trasporto per via navigabile sostenibile e competitivo nell’Unione. PUNTI CHIAVE Regolamento (CE) n. 718/1999Il regolamento riguarda le navi che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per le navi che operano sul Danubio o adibite esclusivamente al magazzinaggio di merci o al dragaggio. I paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio superiore a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione, sono tenuti a istituire un fondo di navigazione interna (con fondi di riserva separati per battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*). Questi fondi dovevano essere amministrati dalle autorità nazionali e dovevano essere utilizzati in due situazioni:nel caso di «grave turbativa del mercato» nel mercato dei trasporti per via navigabile (ai sensi della direttiva 96/75/CE);se richiesti unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile. Fino all’inizio del 2014, questi fondi di riserva non erano mai stati utilizzati. Il regolamento in origine conteneva un regime «vecchio per nuovo» secondo il quale i proprietari che volevano introdurre un nuovo battello nella flotta dovevano demolire il tonnellaggio del battello precedente oppure versare un contributo. Questa regola fu eliminata dal regolamento (CE) n. 411/2003 [abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione — si veda di seguito] e poteva essere ripristinata, accompagnata o meno da misure di risanamento strutturale, solo nel caso di grave turbativa del mercato, come definita nella direttiva 96/75/CE.Regolamento (CE) n. 181/2008 Il regolamento (CE) n. 181/2008 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento di esecuzione (CE) n. 718/1999. Determina l’aliquota dei contributi speciali di cui al regolamento (CE) n. 718/1999 (articolo 7), i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l’esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 Ai sensi del regolamento (UE) n. 546/2014, l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999 è stato esteso. Tali provvedimenti includono:facilitare (ad esempio fornendo informazioni) ai trasportatori per via navigabile che si ritirano dall’attività il conseguimento del pensionamento anticipato oppure la riqualificazione in un’altra attività economica; organizzare corsi di formazione o di riqualificazione professionale per i lavoratori che lasciano l’attività; migliorare le competenze di navigazione interna e le conoscenze logistiche per salvaguardare lo sviluppo e il futuro della professione; promuovere il raggruppamento dei battellieri-artigiani in cooperative e rafforzare le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello dell’Unione; incoraggiare l’adeguamento tecnico dei battelli per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza; stimolare l’innovazione per quanto riguarda i battelli e il miglioramento delle loro prestazioni ambientali; promuovere l’uso dei fondi di riserva nonché di strumenti finanziari quali Orizzonte 2020 e il meccanismo per collegare l’Europa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CE) n. 718/1999 è in vigore dal 29 aprile 1999. Il regolamento (CE) n. 181/2008 è in vigore dal 20 marzo 2008. Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 è in vigore dal 18 giugno 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea). PAROLE CHIAVE Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali). Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio). Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8). Regolamento (UE) n. 546/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 163 del 29.5.2014, pag. 15). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12). Si veda la versione consolidata.
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Regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio del 9 marzo 1999 relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro Gazzetta ufficiale n. L 063 del 12/03/1999 pag. 0006 - 0010 REGOLAMENTO (CE) N. 530/1999 DEL CONSIGLIO del 9 marzo 1999 relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 213,visto il progetto di regolamento presentano dalla Commissione,considerando che, per assolvere i compiti che le sono affidati, la Commissione dovrebbe disporre di informazioni sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla distribuzione delle retribuzioni negli Stati membri;considerando che lo sviluppo della Comunità e il funzionamento del mercato interno accrescono la necessità di dati comparabili sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni, in particolare come strumento per analizzare i progressi compiuti verso la coesione economica e sociale e per stabilire confronti attendibili e pertinenti tra gli Stati membri e le regioni della Comunità;considerando che il metodo migliore per valutare la situazione per quanto riguarda il costo del lavoro e le retribuzioni consiste nell'elaborare statistiche comunitarie utilizzando metodi e definizioni armonizzate, come è già avvenuto in precedenti occasioni, da ultimo nel 1996 per le statistiche sul livello e sulla struttura del costo del lavoro, in applicazione del regolamento (CE) n. 23/97 (1), e nel 1995 per le statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni, in applicazione del regolamento (CE) n. 2744/95 (2);considerando che le statistiche devono essere aggiornate regolarmente per riflettere i cambiamenti che si verificano nella struttura delle forze di lavoro, nella ripartizione delle retribuzioni e nella composizione della spesa delle imprese per i salari e i relativi contributi a carico dei datori di lavoro;considerando che, a norma del regolamento (CE) n. 2223/96 (3), il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità europea (SEC-95) costituisce il termine di riferimento cui le norme, le definizioni e le pratiche contabili degli Stati membri devono conformarsi per rispondere alle esigenze della Comunità; che a questo scopo è necessario disporre di fonti statistiche complete, affidabili e comparabili a livello nazionale e regionale; che i livelli di disaggregazione da applicare alle variabili sono limitati a quanto necessario per garantire la comparabilità con le statistiche precedenti e la compatibilità con i requisiti contabili nazionali;considerando che la Banca centrale europea (BCE) deve disporre di informazioni sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni per valutare l'andamento delle economie degli Stati membri nell'ambito di una politica monetaria europea unica;considerando che informazioni statistiche in questo campo sono disponibili solo in alcuni Stati membri e che quindi non possono essere effettuati raffronti validi; che occorre pertanto produrre statistiche comunitarie ed elaborare i dati sulla base di definizioni comuni e secondo metodi uniformi, tenendo conto delle norme adottate dalle organizzazioni internazionali pertinenti;considerando che attualmente non tutti gli Stati membri raccolgono dati completi nelle sezioni M (Istruzione), N (Sanità e altri servizi sociali) e O (Altri servizi pubblici, sociali e personali); che è quindi opportuno decidere sul loro eventuale inserimento nel campo d'applicazione del presente regolamento alla luce di una relazione che la Commissione deve presentare sulla base di studi pilota sulla fattibilità di una raccolta di dati completi in detti settori;considerando che, benché si debba pienamente riconoscere quanto sia importante disporre di dati completi concernenti tutti i segmenti dell'economia, si dovrebbero nel contempo considerare le possibilità di segnalazione e l'onere della risposta in settori specifici, segnatamente per quanto concerne le piccole e medie imprese (PMI); che è quindi opportuno che la Commissione proceda a studi pilota sulla fattibilità della raccolta di dati completi a partire da unità statistiche con meno di dieci dipendenti e che il Consiglio prenda una decisione al riguardo basandosi su una relazione che la Commissione presenterà entro quattro anni dall'entrata in vigore del presente regolamento; che l'utilizzazione di documentazione amministrativa può nel frattempo essere utile e dovrebbe essere incoraggiata;considerando che, secondo il principio della sussidiarietà, la definizione di norme statistiche comuni che consentano di produrre informazioni omogenee è un'azione che può essere intrapresa efficacemente soltanto a livello comunitario; che tali norme saranno applicate in ogni Stato membro sotto l'autorità di organismi e di istituzioni preposti alla compilazione di statistiche comunitarie;considerando che appare opportuno prevedere eccezioni per alcuni Stati membri, in modo da tener conto delle particolari difficoltà tecniche incontrate da tali Stati nella raccolta di alcuni tipi di informazioni, purché la qualità delle informazioni statistiche non ne risenta;considerando che alla produzione di statistiche comunitarie specifiche si applicano le disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4);considerando che il comitato del programma statistico, istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (5), è stato consultato ai sensi dell'articolo 3 di detta decisione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Disposizioni generali Le autorità nazionali ed Eurostat producono statistiche comunitarie sul livello e sulla composizione del costo del lavoro e sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni dei lavoratori relativamente ai settori di attività economica di cui all'articolo 3.Articolo 2 Periodo di riferimento 1. Le statistiche sul livello e sulla composizione del costo del lavoro sono prodotte per l'anno civile 2000 e in seguito ogni quattro anni.2. Le statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni sono prodotte per l'anno civile 2002 e per un mese rappresentativo di tale anno e in seguito ogni quattro anni.Articolo 3 Campo di applicazione 1. Le statistiche hanno per oggetto tutte le attività economiche comprese nelle sezioni C (Estrazione di minerali), D (Attività manifatturiere), E (Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua), F (Costruzioni), G (Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa), H (Albergi e ristoranti), I (Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni), J (Intermediazione monetaria e finanziaria), K (Attività immobiliari, noleggio, attività professionali e imprenditoriali), M (Istruzione), N (Sanità e altri servizi sociali) e O (Altri servizi pubblici, sociali e personali) della classificazione delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE Rev. 1), istituita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (6).2. L'inserimento delle attività economiche definite nelle sezioni M (Istruzione), N (Sanità e altri servizi sociali) e O (Altri servizi pubblici, sociali e personali) della NACE Rev. 1 nel campo di applicazione del presente regolamento è facoltativo per gli anni di riferimento 2000 e 2002. Esso può essere reso facoltativo anche per gli anni successivi secondo la procedura di cui all'articolo 12, tenuto conto dei risultati di studi pilota in questo campo, in particolare degli studi effettuati nel quadro del regolamento (CE, Euratom) n. 58/97 del Consiglio, del 20 dicembre 1996, relativo alle statistiche strutturali delle imprese (7).Articolo 4 Entro quattro anni dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione, tenendo conto del parere del comitato del programma statistico, elabora una relazione, sulla base dei risultati degli studi pilota in particolare sulla base delle attuali fonti nel settore delle unità statistiche con meno di dieci dipendenti, e la presenta al Consiglio. La relazione valuta l'applicazione delle disposizioni del presente regolamento per quanto concerne le unità con meno di dieci dipendenti. La relazione pondera l'importanza di disporre di dati completi rispetto alle possibilità di segnalazione e all'onere della risposta. Successivamente a questa relazione la Commissione può, se necessario, presentare al Consiglio opportune proposte di modifica del presente regolamento.Articolo 5 Unità statistiche La compilazione delle statistiche si basa sulle unità locali e sulle imprese, quali definite nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e analisi del sistema produttivo nella Comunità (8).Articolo 6 Caratteristiche dell'informazione richiesta 1. Nel caso delle statistiche sul livello e sulla composizione del costo del lavoro, sono fornite informazioni almeno:a) sulle seguenti caratteristiche relative all'unità locale:- regione (al livello NUTS 1);- dimensione dell'impresa cui appartiene l'unità locale (secondo la classificazione: 10-49, 50-249, 250-499, 500-999, 1 000 o più dipendenti);- attività economica (al livello di divisione della NACE Rev. 1);b) sulle seguenti variabili:- costo del lavoro annuale complessivo, distinguendo retribuzioni (scomposte in retribuzioni dirette e premi, versamenti a piani di risparmio dei dipendenti, emolumenti per giornate non lavorate e corresponsioni in natura), contributi sociali a carico del datore di lavoro (scomposti in contributi sociali reali e figurativi), spese per la formazione professionale, altre spese e imposte nonché sovvenzioni direttamente collegate al costo del lavoro;- numero medio annuale di dipendenti, distinguendo dipendenti a tempo pieno, dipendenti a tempo parziale e apprendisti;- numero annuale di ore lavorate e numero annuale di ore retribuite, distinguendo in ciascun caso dipendenti a tempo pieno, dipendenti a tempo parziale e apprendisti.2. Nel caso delle statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni, sono fornite informazioni almeno:a) sulle seguenti caratteristiche relative all'unità locale da cui dipendono i lavoratori compresi nel campione:- regione (al livello NUTS 1),- dimensione dell'impresa a cui appartiene l'unità locale (secondo la classificazione: 10-49, 50-249, 250-499, 500-999, 1 000 o più dipendenti),- attività economica (al livello di divisione della NACE Rev. 1),- forma del controllo economico e finanziario, ai sensi della direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (9),- tipo di contratto collettivo di lavoro in vigore;b) sulle seguenti caratteristiche relative a ciascun lavoratore dipendente compreso nel campione:- sesso,- età,- professione, secondo la classificazione internazionale tipo delle professioni,- livello massimo di istruzione e di formazione raggiunto,- anzianità di servizio nell'impresa,- tempo pieno o tempo parziale,- tipo di contratto di lavoro;c) sui seguenti elementi delle retribuzioni:- retribuzione lorda per un mese rappresentativo (distinguendo la retribuzione delle ore di lavoro straordinario le maggiorazioni per il lavoro a turno),- retribuzione lorda annuale nell'anno di riferimento (distinguendo i premi e le gratifiche occasionali),- tempo di lavoro (numero di ore retribuite nel mese di riferimento o in un mese lavorativo tipo, numero di ore di lavoro straordinario retribuite nel mese e numero di giorni di ferie nell'anno).Articolo 7 Raccolta dei dati 1. Le indagini sono effettuate dalle autorità nazionali competenti, che stabiliscono i metodi appropriati per la raccolta delle informazioni, tenendo conto degli oneri che la partecipazione all'indagine comporta, in particolare per le PMI.2. I datori di lavoro e le altre persone tenute a fornire informazioni rispondono ai questionari in modo completo ed entro i termini fissati. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti per evitare l'inadempimento dell'obbligo di fornire le informazioni di cui all'articolo 6.3. Per ridurre l'onere gravante sulle imprese, in particolare sulle PMI, le indagini possono non essere effettuate se le autorità nazionali dispongono di informazioni provenienti da altre fonti appropriate o se sono in grado di produrre stime dei dati necessari utilizzando metodi di stima statistica qualora alcune o tutte le caratteristiche non siano state osservate per tutte le unità per le quali devono essere compilate le statistiche.Articolo 8 Elaborazione dei risultati Le autorità nazionali elaborano le risposte ai questionari di cui all'articolo 7, paragrafo 2 o le informazioni provenienti da altre fonti di cui all'articolo 7, paragrafo 3, in modo da ottenere risultati comparabili.Articolo 9 Trasmissione dei risultati I risultati sono trasmessi a Eurostat entro un periodo di 18 mesi decorrente dal termine dell'anno di riferimento.Articolo 10 Qualità 1. Le autorità nazionali garantiscono che i risultati riflettano la situazione reale della popolazione complessiva delle unità, con un grado sufficiente di rappresentatività.2. Dopo ogni periodo di riferimento, le autorità nazionali inviano ad Eurostat, dietro sua richiesta, una relazione contenente tutte le informazioni pertinenti relative all'applicazione del regolamento negli Stati membri interessati, per consentire la valutazione della qualità delle statistiche.Articolo 11 Disposizioni di attuazione Le disposizioni necessarie per l'attuazione del presente regolamento, comprese quelle destinate a tener conto dei cambiamenti economici e tecnici, in particolarei) il trattamento delle attività economiche comprese nelle sezioni M, N e O della NACE Rev. 1 (articolo 3, paragrafo 2),ii) la definizione e la scomposizione dei dati da fornire (articolo 6),iii) il formato tecnico appropriato per la trasmissione dei risultati (articolo 9),iv) i criteri di valutazione della qualità (articolo 10),v) le deroghe, in casi debitamente giustificati, rispettivamente per gli anni 2004 e 2006 (articolo 13, paragrafo 2),sono stabilite per ciascun periodo di riferimento almeno nove mesi prima del suo inizio, secondo la procedura di cui all'articolo 12.Articolo 12 Procedura 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, qui di seguito designato come «il comitato».2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato CE per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da adottare. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 13 Deroghe 1. Le deroghe alle disposizioni degli articoli 2, 3 e 6 per gli anni di riferimento 2000 e 2002 sono stabilite nell'allegato.2. Per gli anni 2004 e 2006, rispettivamente, possono essere decise deroghe agli articoli 3 e 6 nella misura in cui sia necessario apportare adattamenti fondamentali al sistema statistico nazionale, in conformità della procedura di cui all'articolo 12.Articolo 14 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 9 marzo 1999.Per il ConsiglioIl presidenteW. RIESTER(1) GU L 6 del 10. 1. 1997, pag. 1.(2) GU L 287 del 30. 11. 1995, pag. 3.(3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 448/98 (GU L 58 del 27.2.1998, pag. 1).(4) GU L 52 del 22. 2. 1997, pag. 1.(5) GU L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47.(6) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CEE) n. 761/93 (GU L 83 del 3.4.1993, pag. 1).(7) GU L 14 del 17. 1. 1997, pag. 1.(8) GU L 76 del 30. 3. 1993, pag. 1.(9) GU L 195 del 29.7.1980, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/84/CEE (GU L 254 del 12.10.1993, pag. 16).ALLEGATO DEROGHE I. Deroghe all'articolo 2 1. Germania: le prime statistiche sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni previste dal presente regolamento sono prodotte per l'anno di riferimento 2001 anziché per il 2002. Le statistiche successive sulla struttura e sulla ripartizione delle retribuzioni sono prodotte per l'anno di riferimento 2006 e in seguito ogni quattro anni.2. Francia, Germania, Irlanda, Svezia e Regno Unito: le statistiche per gli anni di riferimento 2000 e 2002 possono riferirsi all'esercizio finanziario che più si avvicina a detti anni civili, ma senza che ciò comporti una modifica dei termini per la trasmissione di cui all'articolo 9.II. Deroghe all'articolo 3 1. Germania: le attività economiche comprese nelle sezioni H (Alberghi e ristoranti), I (Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni) e K (Attività immobiliari, noleggio, attività professionali e imprenditoriali) della NACE Rev. 1 sono facoltative per gli anni di riferimento 2000 e 2001.2. Irlanda: le attività economiche comprese nella sezione H (Alberghi e ristoranti) sono facoltative per l'anno di riferimento 2000.3. Irlanda: le attività economiche comprese nella sezione I (Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni), nella divisione 67 della sessione J e nella sezione K (Attività immobiliari, noleggio, attività professionali e imprenditoriali) della NACE Rev. 1 sono facoltative per l'anno di riferimento 2002.III. Deroghe all'articolo 6 1. Austria, Belgio, Italia e Paesi Bassi: per gli anni di riferimento 2000 e 2002, le caratteristiche di cui all'articolo 6 possono riferirsi all'impresa anziché all'unità locale.2. Italia: per l'anno di riferimento 2000 le caratteristiche di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b) - versamenti a piani di risparmio dei dipendenti, altre spese e imposte nonché sovvenzioni ricevute dal datore di lavoro - sono facoltative.
Statistiche sulle retribuzioni e il costo del lavoro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso mira ad assistere l'UE nella formulazione delle sue politiche in base a statistiche affidabili e comparabili di tutta l'UE, per tutte le regioni e per tutti i settori economici e sociali. A tal fine, il regolamento (CE) n. 530/199 stabilisce quali siano le autorità dei dati statistici in tutta l'Europa che devono raccogliere tali dati e in che modo. PUNTI CHIAVE Le autorità nazionali dei paesi dell'UE ed Eurostat cooperano per produrre statistiche europee finalizzate a comparare il costo del lavoro e le retribuzioni. Infatti, ogni quattro anni Eurostat pubblica dati e analisi alternando l'argomento ogni due anni, ad es.: nel 2014 - retribuzioni nel 2016 - costo del lavoro nel 2018 - retribuzioni, ecc. Tali analisi sono utilizzati per sviluppare le politiche dell'UE destinate alle imprese e ai lavoratori, nonché per valutare la crescita dell'UE e la sua coesione sociale ed economica. Tipi di informazioni raccolte Costo del lavoro In relazione al livello e alla composizione del costo del lavoro, le informazioni devono consentire di elaborare statistiche riguardanti: l’impresa o l’unità produttiva da cui dipendono i lavoratori e, in particolare, la regione di ubicazione, la dimensione e il settore di attività; il costo del lavoro annuale complessivo (retribuzioni, contributi sociali, spese per la formazione professionale, ecc.); il numero medio annuale di dipendenti, compresi i lavoratori a tempo parziale e gli apprendisti; il numero annuale di ore lavorate e retribuite. Retribuzioni In relazione alla struttura e alla ripartizione delle retribuzioni, le informazioni da raccogliere devono comprendere dati riguardanti: l’impresa o l’unità locale da cui dipendono i lavoratori e, in particolare, elementi quali il tipo di controllo economico e finanziario, il tipo di contratto collettivo applicato nell’impresa, ecc.; i lavoratori (sesso, età, professione, livello di formazione, anzianità di servizio, tempo pieno o tempo parziale, tipo di contratto); la retribuzione lorda e il numero di ore pagate. Raccolta dei dati ed elaborazione dei risultati Le rilevanti autorità nazionali stabiliscono i metodi appropriati per la raccolta delle informazioni e vigilano affinché i datori di lavoro rispettino l’obbligo di fornire informazioni entro i termini prescritti. Tuttavia, le indagini condotte presso le imprese sono facoltative in presenza di altre fonti appropriate che consentano di produrre stime precise. Le autorità nazionali devono elaborare le risposte in modo uniforme, per consentire la comparabilità delle indagini. Tali risultati sono trasmessi a Eurostat entro un periodo di 18 mesi decorrente dal termine dell’anno di riferimento. I dettagli su come debbano essere raccolti i dati e il formato in cui debbano essere trasmessi a Eurostat sono delineati in due documenti attuativi (regolamenti CE n. 1726/1999 e 1916/2000). Qualità Le autorità nazionali devono garantire che i loro risultati offrano una rappresentazione precisa della situazione del proprio paese. In seguito a ogni periodo di riferimento, essi invieranno una relazione a Eurostat sull'attuazione del regolamento nel loro paese in modo che Eurostat possa valutare la qualità dei dati. Il contenuto e i criteri di valutazione della relazione sono stabiliti nel Regolamento (CE) n. 698/2006. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1o aprile 1999. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti: «Retribuzioni e costo del lavoro» sul sito internet di Eurostat DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio del 9 marzo 1999 relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro (GU L 63 del 12.3.1999, pag. 6–10) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 530/1999 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1726/1999 della Commissione del 27 luglio 1999 recante applicazione del regolamento n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro, per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sul costo del lavoro (GU L 203 del 3.8.1999, pag. 28-40) Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1916/2000 della Commissione, dell’8 settembre 2000, recante attuazione del regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzione e del costo del lavoro per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sulla struttura delle retribuzioni (GU L 229 del 9.9.2000, pag. 3-13). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 698/2006 del 5 maggio 2006 che attua il regolamento (CE) n. 530/1999 del consiglio per quanto concerne la valutazione della qualità delle statistiche sul costo del lavoro e sulla struttura delle retribuzioni (GU L 121 del 6.5.2006, pag. 30-35) Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio Gazzetta ufficiale n. L 177 del 06/07/2002 pag. 0013 - 0020 edizione speciale in lingua ceca capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua estone capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua ungherese capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua lituana capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua lettone capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua maltese capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua polacca capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua slovacca capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 edizione speciale in lingua slovena capitolo 05 tomo 04 pag. 235 - 241 Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 25 giugno 2002sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 137, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione [1], presentata previa consultazione del Comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro,visto il parere del Comitato economico e sociale [2],previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [3], visto il progetto comune approvato dal Comitato di conciliazione l'8 aprile 2002,considerando quanto segue:(1) In base al trattato il Consiglio può adottare, mediante direttive, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento, in particolare dell'ambiente di lavoro, al fine di garantire un miglior livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori. È necessario che le direttive summenzionate evitino di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.(2) La comunicazione della Commissione sul suo programma d'azione per l'attuazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori prevede la definizione di prescrizioni minime di sanità e di sicurezza relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici. Nel settembre 1990 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione su questo programma d'azione [4] che invita in particolare la Commissione a elaborare una direttiva specifica nel campo dei rischi legati al rumore e alle vibrazioni nonché a qualsiasi altro agente fisico sul luogo di lavoro.(3) È necessario, come primo passo, introdurre misure di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle vibrazioni, a causa degli effetti di queste sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, segnatamente i disturbi muscolo-scheletrici, neurologici e vascolari. Tali misure mirano non solo ad assicurare la salute e la sicurezza di ciascun lavoratore considerato individualmente ma anche a creare per tutti i lavoratori della Comunità una piattaforma minima di protezione che eviti le possibili distorsioni di concorrenza.(4) La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime, il che lascia agli Stati membri la facoltà di mantenere o di adottare disposizioni più favorevoli in materia di protezione dei lavoratori, segnatamente la fissazione di valori inferiori per il valore giornaliero che fa scattare l'azione o il valore limite giornaliero d'esposizione alle vibrazioni. L'attuazione della presente direttiva non può giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente in ciascun Stato membro.(5) È necessario che un sistema di protezione contro le vibrazioni si limiti a definire, senza entrare inutilmente nel dettaglio, gli obiettivi da raggiungere, i principi da rispettare e le grandezze fondamentali da utilizzare onde consentire agli Stati membri di applicare le prescrizioni minime in modo equivalente.(6) La riduzione dell'esposizione alle vibrazioni è realizzata in maniera più efficace attraverso l'applicazione di provvedimenti di prevenzione fin dalla progettazione dei posti e dei luoghi di lavoro, nonché attraverso la scelta delle attrezzature, dei procedimenti e dei metodi di lavoro, allo scopo di ridurre in via prioritaria i rischi alla fonte. Disposizioni relative alle attrezzature e ai metodi di lavoro contribuiscono quindi alla protezione dei lavoratori che ne fanno uso.(7) È necessario che i datori di lavoro si adeguino ai progressi tecnici e alle conoscenze scientifiche per quanto riguarda i rischi derivanti dall'esposizione alle vibrazioni, in vista del miglioramento della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.(8) Per i settori della navigazione marittima e aerea, nell'attuale stato della tecnica, non è possibile rispettare in tutti i casi i valori limite di esposizione relativi alle vibrazioni trasmesse al corpo intero. Vanno pertanto previste possibilità di deroga debitamente giustificate.(9) Poiché la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro [5], quest'ultima si applica al settore dell'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni, fatte salve disposizioni più rigorose e/o specifiche contenute nella presente direttiva.(10) La presente direttiva costituisce un elemento concreto nel quadro della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno.(11) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [6],HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:SEZIONE IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Obiettivo e ambito di applicazione1. La presente direttiva, che è la sedicesima direttiva particolare a norma dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, fissa le prescrizioni minime in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dall'esposizione a vibrazioni meccaniche.2. Le prescrizioni della presente direttiva si applicano alle attività in cui i lavoratori sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche durante il lavoro.3. La direttiva 89/391/CEE si applica integralmente al settore definito nel paragrafo 1, salve le disposizioni più rigorose e/o specifiche contenute nella presente direttiva.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:a) "vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio": le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;b) "vibrazioni trasmesse al corpo intero": le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide.Articolo 3Valori limite di esposizione e valori di esposizione che fanno scattare l'azione1. Per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:a) il valore limite giornaliero di esposizione normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 5 m/s2;b) il valore giornaliero di esposizione che fa scattare l'azione normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 2,5 m/s2.L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato, parte A, punto 1.2. Per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:a) il valore limite giornaliero di esposizione normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 1,15 m/s2 oppure, a seconda della scelta dello Stato membro, a un valore della dose di vibrazioni di 21 m/s1,75;b) il valore giornaliero di esposizione che fa scattare l'azione normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 0,5 m/s2, oppure, a seconda della scelta dello Stato membro, a un valore della dose di vibrazioni di 9,1 m/s1,75.L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo intero è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato parte B, punto 1.SEZIONE IIOBBLIGO DEI DATORI DI LAVOROArticolo 4Identificazione e valutazione dei rischi1. Nell'assolvere gli obblighi definiti all'articolo 6, paragrafo 3, e all'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro valuta e, se del caso, misura i livelli di vibrazioni meccaniche cui i lavoratori sono esposti. La misurazione è effettuata conformemente al punto 2, rispettivamente della parte A o B dell'allegato della presente direttiva.2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche può essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro particolari e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature in particolari condizioni di uso, incluse le informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature. Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata.3. La valutazione e la misurazione di cui al paragrafo 1 devono essere programmate ed effettuate a intervalli idonei da servizi competenti tenendo conto, segnatamente, delle disposizioni relative alle competenze richieste (persone o servizi) di cui all'articolo 7 della direttiva 89/391/CEE. I dati ottenuti dalla valutazione e/o dalla misurazione del livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche vengono conservati in forma idonea a consentirne la successiva consultazione.4. A norma dell'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi:a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a vibrazioni intermittenti e a urti ripetuti;b) i valori limite di esposizione e i valori di esposizione che fanno scattare l'azione specificati nell'articolo 3 della presente direttiva;c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori a rischio particolarmente esposti;d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di lavoro a norma delle pertinenti direttive comunitarie in materia;f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero al di là delle ore lavorative, sotto la responsabilità del datore di lavoro;h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature;i) per quanto possibile, informazioni adeguate ottenute dalla sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate.5. Il datore di lavoro deve essere in possesso di una valutazione dei rischi a norma dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/391/CEE e precisare quali misure devono essere adottate a norma degli articoli 5 e 6 della presente direttiva. La valutazione dei rischi è riportata su un supporto appropriato, conformemente alle legislazioni e alle prassi nazionali; può includere una giustificazione del datore di lavoro che la natura e l'entità dei rischi connessi con le vibrazioni meccaniche rendono non necessaria una valutazione maggiormente dettagliata dei rischi. La valutazione dei rischi è costantemente aggiornata, in particolare se vi sono stati notevoli mutamenti in seguito ai quali essa potrebbe risultare superata, oppure quando i risultati della sorveglianza sanitaria lo rendono necessario.Articolo 5Disposizioni miranti a escludere o a ridurre l'esposizione1. Tenendo conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall'esposizione alle vibrazioni meccaniche sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo.La riduzione di tali rischi si basa sui principi generali di prevenzione di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 89/391/CEE.2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 4, quando i valori di esposizione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b), sono superati, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure tecniche e/o organizzative, volte a ridurre al minimo l'esposizione alle vibrazioni meccaniche e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare:a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni meccaniche;b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei principi ergonomici e producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, per esempio sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie che riducano la vibrazione trasmessa al sistema braccio-mano;d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul luogo di lavoro;e) la progettazione e l'assetto dei luoghi e dei posti di lavoro;f) l'adeguata informazione e formazione per insegnare ai lavoratori ad utilizzare correttamente e in modo sicuro le attrezzature di lavoro, riducendo così al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;g) la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione;h) orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di riposo;i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione dal freddo e dall'umidità.3. In ogni caso i lavoratori non sono esposti a valori superiori al valore limite di esposizione.Allorché, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione delle disposizioni di cui alla presente direttiva, il valore limite di esposizione è stato superato, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto del valore limite di esposizione; esso individua le cause del superamento del valore limite di esposizione e adatta di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.4. A norma dell'articolo 15 della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori a rischio particolarmente esposti.Articolo 6Informazione e formazione dei lavoratoriFatti salvi gli articoli 10 e 12 della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche sul luogo di lavoro e/o i loro rappresentanti ricevano informazioni e una formazione in relazione al risultato della valutazione dei rischi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, della presente direttiva, con particolare riguardoa) alle misure adottate in applicazione della presente direttiva volte a eliminare o a ridurre al minimo i rischi derivanti dalle vibrazioni meccaniche;b) ai valori limite di esposizione e ai valori di esposizione che fanno scattare l'azione;c) ai risultati delle valutazioni e misurazioni delle vibrazioni meccaniche effettuate in applicazione dell'articolo 4 della presente direttiva e alle potenziali lesioni derivanti dalle attrezzature di lavoro utilizzate;d) all'utilità e ai mezzi impiegati per individuare e segnalare sintomi di lesioni;e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria;f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo l'esposizione a vibrazioni meccaniche.Articolo 7Consultazione e partecipazione dei lavoratoriLa consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti hanno luogo a norma dell'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE sulle materie oggetto della presente direttiva.SEZIONE IIIDISPOSIZIONI VARIEArticolo 8Sorveglianza sanitaria1. Fatto salvo l'articolo 14 della direttiva 89/391/CEE, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire l'adeguata sorveglianza sanitaria, dei lavoratori in relazione all'esito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, della presente direttiva allorché ne risulti un rischio per la loro salute. Dette misure, compresi i requisiti specificati per la documentazione medica e la relativa disponibilità, sono introdotte in base alle legislazioni e/o prassi nazionali.La sorveglianza sanitaria, i cui risultati sono considerati ai fini dell'applicazione di misure preventive sullo specifico luogo di lavoro, è tesa alla prevenzione e alla diagnosi precoce di ogni danno connesso all'esposizione a vibrazioni meccaniche. Tale sorveglianza è appropriata quando:- l'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni è tale da rendere possibile l'individuazione di un nesso tra l'esposizione in questione e una malattia identificabile o a effetti nocivi per la salute,- è probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle particolari condizioni di lavoro del lavoratore,- esistono tecniche sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti nocivi per la salute.In ogni caso i lavoratori esposti ad un livello di vibrazioni meccaniche superiore ai valori di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b), hanno diritto ad essere sottoposti a sorveglianza sanitaria adeguata.2. Gli Stati membri prendono le misure atte a garantire che per ciascun lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria a norma del paragrafo 1 sia tenuta e aggiornata una documentazione sanitaria individuale. La documentazione sanitaria contiene un sommario dei risultati della sorveglianza sanitaria effettuata. Essa è conservata in una forma idonea, che ne consenta la successiva consultazione, nel rispetto del segreto medico.Su richiesta è fornita alle autorità competenti copia della documentazione appropriata. Il singolo lavoratore ha accesso, su richiesta, alla documentazione sanitaria che lo riguarda personalmente.3. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli che un lavoratore soffre di una malattia o affezione identificabile che un medico o uno specialista di medicina del lavoro attribuisce all'esposizione a vibrazioni meccaniche sul luogo di lavoro:a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al lavoratore i risultati che lo riguardano personalmente. Egli riceve in particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui dovrà sottoporsi nel periodo successivo all'esposizione;b) il datore di lavoro è informato di tutti i dati significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto medico;c) il datore di lavoro:- sottopone a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma dell'articolo 4,- sottopone a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi a norma dell'articolo 5,- tiene conto del parere dello specialista di medicina del lavoro o di altra persona adeguatamente qualificata, ovvero dell'autorità competente, nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio a norma dell'articolo 5, compresa la possibilità di assegnare il lavoratore ad attività alternative che non comportano rischio di ulteriore esposizione,- organizza una sorveglianza sanitaria continua e prende misure affinché sia riesaminato lo stato di salute di tutti gli altri lavoratori che hanno subito un'esposizione simile. In tali casi il medico competente o lo specialista di medicina del lavoro, ovvero l'autorità competente, può proporre che i soggetti esposti siano sottoposti a esame medico.Articolo 9Periodo transitorioPer quanto riguarda l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5, paragrafo 3, gli Stati membri, previa consultazione delle due parti dell'industria conformemente alla legislazione o alla prassi nazionale, hanno la facoltà di prevedere un periodo transitorio massimo di 5 anni a decorrere dal 6 luglio 2005 allorché sono utilizzate attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007 e che, tenuto conto dei più recenti progressi tecnici e/o dell'applicazione delle misure organizzative, non consentono di rispettare i valori limite di esposizione. Quanto alle attrezzature utilizzate nei settori agricolo e forestale gli Stati membri possono allungare di 4 anni il periodo transitorio massimo.Articolo 10Deroghe1. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri, per i settori della navigazione marittima e aerea, in circostanze debitamente giustificate, possono derogare all'articolo 5, paragrafo 3, per quanto riguarda le vibrazioni trasmesse al corpo intero, qualora, tenuto conto dello stato della tecnica e delle caratteristiche specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare i valori limite d'esposizione nonostante l'applicazione di misure tecniche e/o organizzative.2. Nel caso di attività lavorative in cui l'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche è abitualmente inferiore ai valori di esposizione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b), ma varia sensibilmente da un momento all'altro e può occasionalmente superare il valore limite di esposizione, gli Stati membri possono altresì concedere deroghe all'articolo 5, paragrafo 3. Tuttavia, il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di 40 ore deve restare inferiore al valore limite di esposizione ed elementi probanti devono dimostrare che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui è sottoposto il lavoratore sono inferiori a quelli derivanti da un livello di esposizione corrispondente al valore limite.3. Le deroghe di cui ai paragrafi 1 e 2 sono concesse dagli Stati membri in seguito alla consultazione delle parti sociali conformemente alle legislazioni e prassi nazionali. Tali deroghe sono subordinate a condizioni che garantiscano, tenuto conto delle circostanze particolari, che saranno ridotti al minimo i rischi che ne risultano e che i lavoratori interessati beneficeranno di un controllo sanitario rafforzato. Le deroghe in questione costituiscono oggetto di un riesame ogni quattro anni e sono revocate non appena siano scomparse le circostanze che le hanno giustificate.4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni quattro anni un prospetto delle deroghe di cui ai paragrafi 1 e 2, indicando le circostanze e i motivi precisi che li inducono a concedere tali deroghe.Articolo 11Modifiche tecnicheLe modifiche di carattere strettamente tecnico dell'allegato, a causa:a) dell'adozione di direttive in materia di armonizzazione tecnica e di normalizzazione riguardanti la progettazione, la costruzione, la fabbricazione o la realizzazione di attrezzature e/o di luoghi di lavoro;b) del progresso tecnico, dell'evoluzione delle norme o specifiche europee armonizzate più appropriate e delle nuove scoperte relative alle vibrazioni meccaniche,sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 12Comitato1. La Commissione è assistita dal comitato di cui all'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 89/391/CEE.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.SEZIONE IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 13RelazioneOgni cinque anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'applicazione pratica della presente direttiva, indicando le considerazioni espresse dalle due parti dell'industria. La relazione contiene una descrizione delle migliori prassi volte a prevenire le vibrazioni nocive per la salute e delle modalità alternative in tema di organizzazione del lavoro, nonché delle azioni intraprese dagli Stati membri in favore della circolazione delle conoscenze su dette prassi.Sulla base di tali relazioni la Commissione effettua una valutazione complessiva dell'attuazione della direttiva, anche sulla scorta della ricerca e delle informazioni scientifiche, e informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il Comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela sul luogo di lavoro anche in merito alle eventuali proposte di modifica.Articolo 14Recepimento1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi includono inoltre un elenco, contenente i motivi dettagliati, delle disposizioni transitorie che gli Stati membri hanno adottato a norma dell'articolo 9.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno già adottate o che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 15Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 16DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Matas I Palou[1] GU C 77 del 18.3.1993, pag. 12 eGU C 230 del 19.8.1994, pag. 3.[2] GU C 249 del 13.9.1993, pag. 28.[3] Parere del Parlamento europeo del 20 aprile 1994 (GU C 128 del 9.5.1994, pag. 146), confermato il 16 settembre 1999 (GU C 54 del 25.2.2000, pag. 75), posizione comune del Consiglio del 25 giugno 2001 (GU C 301 del 26.10.2001, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Parlamento europeo del 25 aprile 2002 e decisione del Consiglio del 21 maggio 2002.[4] GU C 260 del 15.10.1990, pag. 167.[5] GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.[6] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.--------------------------------------------------ALLEGATOA. VIBRAZIONI TRASMESSE AL SISTEMA MANO-BRACCIO1. Valutazione dell'esposizioneLa valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio si basa principalmente sul calcolo del valore dell'esposizione giornaliera normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, A (8), calcolato come radice quadrata della somma dei quadrati (valore totale) dei valori quadratici medi delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi ortogonali (ahwx, ahwy, ahwz) conformemente ai capitoli 4 e 5 e all'allegato A della norma ISO 5349-1 (2001).La valutazione del livello di esposizione può essere effettuata grazie a una stima basata sulle informazioni relative al livello di emissione delle attrezzature di lavoro utilizzate, fornite dai fabbricanti di tali materiali e grazie all'osservazione delle specifiche pratiche di lavoro, oppure attraverso una misurazione.2. MisurazioneQualora si proceda alla misurazione, conformemente all'articolo 4, paragrafo 1:a) i metodi utilizzati possono includere la campionatura, che deve essere rappresentativa dell'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche considerate; i metodi e le apparecchiature utilizzati devono essere adattati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche da misurare, ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione, conformemente alla norma ISO 5349-2 (2001);b) nel caso di attrezzature che devono essere tenute con entrambe le mani, la misurazione è eseguita su ogni mano. L'esposizione è determinata facendo riferimento al più alto dei due valori; deve essere inoltre fornita l'informazione relativa all'altra mano.3. InterferenzeLe disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 4, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori.4. Rischi indirettiLe disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 4, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono sulla stabilità delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni.5. Attrezzature di protezione individualeAttrezzature di protezione individuale contro le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio possono contribuire al programma di misure di cui all'articolo 5, paragrafo 2.B. VIBRAZIONI TRASMESSE AL CORPO INTERO1. Valutazione dell'esposizioneLa valutazione del livello di esposizione alle vibrazioni si basa principalmente sul calcolo dell'esposizione giornaliera A (8) espressa come l'accelerazione continua equivalente su 8 ore, calcolata come il più alto dei valori quadratici medi o il più alto dei valori della dose di vibrazioni (VDV) delle accelerazioni ponderate in frequenza, determinati sui tre assi ortogonali (1,4awx, 1,4awy awz per un lavoratore seduto o in piedi), conformemente ai capitoli 5, 6 e 7, all'allegato A e all'allegato B della norma ISO 2631-1 (1997).La valutazione del livello di esposizione può essere effettuata grazie ad una stima basata sulle informazioni relative al livello di emissione delle attrezzature di lavoro utilizzate, fornite dai fabbricanti di tali materiali e grazie all'osservazione delle specifiche pratiche di lavoro, oppure attraverso una misurazione.Gli Stati membri hanno la facoltà, per quanto riguarda la navigazione marittima, di prendere in considerazione solo le vibrazioni di frequenza superiore a 1 Hz.2. MisurazioneQualora si proceda alla misurazione, conformemente all'articolo 4, paragrafo 1, i metodi utilizzati possono includere la campionatura, che dovrà essere rappresentativa dell'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche considerate. I metodi utilizzati devono essere adattati alle particolari caratteristiche delle vibrazioni meccaniche da misurare, ai fattori ambientali e alle caratteristiche dell'apparecchio di misurazione.3. InterferenzeLe disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 4, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche ostacolano il corretto uso manuale dei comandi o la lettura degli indicatori.4. Rischi indirettiLe disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 4, lettera d), si applicano in particolare nei casi in cui le vibrazioni meccaniche incidono sulla stabilità delle strutture o sulla buona tenuta delle giunzioni.5. Estensione dell'esposizioneLe disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 4, lettera g), si applicano in particolare nei casi in cui, data la natura dell'attività svolta, un lavoratore utilizza locali di riposo e ricreazione sotto la responsabilità del datore di lavoro; tranne nei casi di forza maggiore, l'esposizione del corpo intero alle vibrazioni in tali locali deve presentare un livello di esposizione compatibile con le funzioni e condizioni di utilizzazione di tali locali.--------------------------------------------------Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo e del ConsiglioIl Parlamento europeo e il Consiglio ribadiscono il loro impegno a proseguire l'esame della proposta della Commissione concernente gli altri agenti fisici (campi acustici udibili, campi elettrici, campi magnetici e loro combinazioni). Tenuto conto tuttavia delle difficoltà tecniche inerenti agli altri agenti fisici, è stata accordata priorità alle vibrazioni. Il Parlamento europeo e il Consiglio riconoscono nondimeno la necessità di adottare quanto prima possibile direttive concernenti gli altri agenti fisici contemplati nella proposta della Commissione.--------------------------------------------------
Esposizione alle vibrazioni meccaniche QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa mira a garantire la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori dai rischi legati alle vibrazioni meccaniche. Stabilisce norme minime di sicurezza e salute obbligatorie. I Paesi dell’UE hanno la facoltà di rendere tali misure ancora più severe, se lo desiderano. La direttiva completa anche la direttiva 89/391/CEE relativa all’introduzione di misure volte a promuovere il miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori. PUNTI CHIAVE I datori di lavoro si fanno carico di:valutare e, se necessario, quantificare i livelli di vibrazione meccanica a cui sono esposti i lavoratori; tenere presente il potenziale impatto fisico che i macchinari potrebbero avere a seconda delle pratiche di lavoro, del tipo di attrezzatura e delle condizioni d’uso; impiegare mezzi e metodi appropriati per quantificare l’impatto delle vibrazioni; assicurare che le persone competenti eseguano le valutazioni e le misurazioni ad «intervalli adeguati»; tenere un registro dei risultati per eventuali consultazioni future; nel valutare il rischio, prestare particolare attenzione a determinati fattori, e in particolare:livello, tipo e durata dell’esposizione,possibili effetti indiretti,informazioni fornite dal produttore dell’apparecchiatura,l’esistenza di attrezzature sostitutive, mantenere aggiornata la valutazione del rischio, identificare le misure necessarie per ridurre i rischi; introdurre le modifiche tecniche e organizzative in caso di superamento dei limiti di vibrazione. Questi comprendono:altri metodi di lavoro o attrezzature idoneamente progettate,installazione di sedili e maniglie su attrezzature per ridurre la pressione sul corpo o sulle braccia dell’operatoreprogrammi di manutenzione,revisione sulla progettazione e configurazione dei luoghi e delle postazioni di lavoro,limiti alla durata e intensità dell’esposizione alle vibrazioni,attuazione di piani di lavoro e periodi di riposo appropriati,fornitura di indumenti adeguati per proteggere i lavoratori esposti dal freddo e dall’umidità; divulgazione di informazioni e formazione pertinenti al personale. Tra le informazioni rilevanti si annoverano:misure adottate per eliminare i rischi o ridurli al minimo,dettagli sui limiti di esposizione,risultati delle attività di valutazione e misurazione,possibili rischi di lesioni e in che modo gli stessi devono essere rilevati e segnalati,pratiche di lavoro sicure,consultazione regolare e partecipazione del personale e/o dei loro rappresentanti. I Paesi dell’UE devono mettere in atto misure per garantire l’adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori, in particolare quando:è possibile stabilire un legame tra le vibrazioni e una patologia identificabile o effetti nocivi per la salute; esiste la probabilità che la patologia o gli effetti avversi siano dovuti a specifiche condizioni di lavoro; tecniche collaudate possono essere utilizzate per diagnosticare una patologia o eventuali impatti sulla salute. Quando un medico ritiene che un lavoratore abbia una patologia identificabile o sia in cattive condizioni di salute a causa di esposizioni alle vibrazioni:il lavoratore viene informato su un’eventuale sorveglianza sanitaria che potrebbe rendersi necessaria, il datore di lavoro viene informato e deve adoperarsi per eliminare o ridurre i rischi identificati. I Paesi dell’UE possono esentare il trasporto marittimo e aereo dalla direttiva a condizione che siano soddisfatte determinati requisiti. La direttiva stabilisce diverse azioni in base a determinati valori di esposizione, a seconda che le vibrazioni influenzino il braccio o la mano di un operatore oppure il corpo intero, nel corso di una tipica giornata lavorativa di 8 ore. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 6 luglio 2002, con l’obbligo per i Paesi dell’UE di varare le relative leggi entro il 6 luglio 2005. CONTESTO GENERALE Se non attentamente monitorato, l’uso frequente di macchinari che emettono vibrazioni eccessive nel posto di lavoro può danneggiare muscoli, ossa, respirazione e persino il cervello di chiunque ne è esposto. La legislazione crea un equilibrio tra la protezione degli operatori, piuttosto che imporre oneri amministrativi, finanziari e legali inutili alle piccole e medie imprese. Per ulteriori informazioni, fare riferimento a:Salute e sicurezza sul lavoro (Commissione europea) Direttiva 2002/44/CE — vibrazioni (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da agenti fisici (vibrazioni) (sedicesima Direttiva individuale ai sensi dell’articolo 16(1) della Direttiva 89/391/CEE) - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio GU L 177 del 6.7.2002, pag. 13). Gli emendamenti e le modifiche successive della direttiva 2002/44/CE sono state integrate nel testo originale. Questa versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1). Modifiche successive alla direttiva 89/391/CEE sono state integrate nel testo originale. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
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Direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES - Allegato : Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale Gazzetta ufficiale n. L 014 del 20/01/1998 pag. 0009 - 0014 DIRETTIVA 97/81/CE DEL CONSIGLIO del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CESIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto l'accordo sulla politica sociale allegato al protocollo (n. 14) sulla politica sociale del trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 4, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,(1) considerando che, sulla base del protocollo (n. 14) sulla politica sociale, gli Stati membri, ad eccezione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (qui di seguito denominati «Stati membri»), desiderosi di attuare la Carta sociale del 1989 hanno convenuto un accordo sulla politica sociale;(2) considerando che le parti sociali, in forza dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, possono richiedere congiuntamente che gli accordi a livello comunitario siano attuati in base a una decisione del Consiglio, su proposta della Commissione;(3) considerando che il punto 7 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce tra l'altro che «la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale processo avverrà mediante il ravvicinamento di tali condizioni, soprattutto per quanto riguarda le forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro temporaneo e il lavoro stagionale»;(4) considerando che il Consiglio non ha deliberato sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le distorsioni di concorrenza (1), né sulla modifica a tale proposta (2), né sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le condizioni di lavoro (3);(5) considerando che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità di provvedimenti per promuovere l'occupazione e la parità di opportunità tra donne e uomini e hanno richiamato l'esigenza di adottare misure volte ad incrementare l'intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un'organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività;(6) considerando che la Commissione, in ottemperanza all'articolo 3 paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione comunitaria relativa alla flessibilità dell'orario di lavoro e alla sicurezza dei lavoratori;(7) considerando che la Commissione, convinta a seguito di tale consultazione che un'azione comunitaria era opportuna, ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta in questione, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3 di detto accordo;(8) considerando che le organizzazioni intercategoriali a carattere generale [Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), Centro europeo dell'impresa pubblica (CCEP), Confederazione europea dei sindacati (CES)] hanno informato la Commissione, con lettera congiunta del 19 giugno 1996, che intendevano avviare il procedimento previsto all'articolo 4 dell'accordo sulla politica sociale; che esse hanno chiesto alla Commissione, con lettera congiunta del 12 marzo 1997, un periodo supplementare di tre mesi; che la Commissione ha concesso tale periodo;(9) considerando che il 6 giugno 1997 dette organizzazioni intercategoriali hanno concluso un accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e che esse hanno trasmesso alla Commissione la loro domanda congiunta affinché sia data attuazione a tale accordo quadro, conformemente all'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;(10) considerando che il Consiglio, nella sua risoluzione del 6 dicembre 1994 relativa ad alcune prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla convergenza economica e sociale dell'Unione (4), ha invitato le parti sociali a sfruttare le possibilità di concludere convenzioni, in quanto sono di norma più vicine alla realtà sociale e ai problemi sociali;(11) considerando che le parti firmatarie hanno inteso concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo parziale enunciante i principi generali e le prescrizioni minime in materia di lavoro a tempo parziale; che esse hanno espresso la volontà di stabilire un quadro generale per l'eliminazione delle discriminazioni verso i lavoratori a tempo parziale e di contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale su basi accettabili sia ai datori di lavoro che ai lavoratori;(12) considerando che le parti sociali hanno voluto attribuire particolare attenzione al lavoro a tempo parziale, pur dichiarando di voler di esaminare l'esigenza di accordi analoghi per altre forme di lavoro;(13) considerando che nelle conclusioni del Consiglio europeo di Amsterdam i Capi di Stato e di governo dell'Unione europea si sono vivamente rallegrati dell'accordo concluso dalle parti sociali in materia di lavoro a tempo parziale;(14) considerando che l'atto appropriato per l'attuazione dell'accordo quadro è costituito dalla direttiva del Consiglio ai sensi dell'articolo 189 del trattato; che tale atto vincola gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi;(15) considerando che gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere meglio realizzati a livello comunitario, ai sensi dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità enunciati nell'articolo 3 B del trattato; che la presente direttiva non eccede quanto è necessario per raggiungere tali obiettivi;(16) considerando che, per quanto riguarda i termini impiegati nell'accordo quadro e non precisamente definiti in materia specifica, la presente direttiva lascia agli Stati membri il compito di definirli in conformità del diritto e/o delle prassi nazionali, come nel caso di altre direttive adottate in materia sociale che adoperano termini simili, a condizione che le definizioni rispettino il contenuto dell'accordo quadro;(17) considerando che la Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva del Consiglio, conformemente alle proprie comunicazioni del 14 dicembre 1993 sull'attuazione del protocollo sulla politica sociale e del 18 settembre 1996 sull'andamento e sul futuro del dialogo sociale a livello comunitario, tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ciascuna clausola dell'accordo quadro;(18) considerando che la Commissione ha elaborato la propria proposta di direttiva in ottemperanza all'articolo 2, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, il quale prevede che la legislazione in campo sociale «evita d'imporre obblighi amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese»;(19) considerando che la Commissione, in linea con la sua comunicazione del 14 dicembre 1993 riguardante l'attuazione del protocollo (n. 14) sulla politica sociale, ha informato il Parlamento europeo sottoponendogli il testo della sua proposta di direttiva contenente l'accordo quadro;(20) considerando che la Commissione ha inoltre informato il Comitato economico e sociale;(21) considerando che la clausola 6, paragrafo 1 dell'accordo quadro dispone che gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli;(22) considerando che la clausola 6, paragrafo 2 dell'accordo quadro dispone che l'attuazione della presente direttiva non può giustificare alcun regresso rispetto alla situazione vigente in ciascuno Stato membro;(23) considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori riconosce l'importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze;(24) considerando che l'articolo F, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea afferma che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario;(25) considerando che gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, su loro richiesta congiunta, l'attuazione della presente direttiva a condizione che essi prendano tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prestabiliti dalla stessa;(26) considerando che l'attuazione dell'accordo quadro concorre alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 1 dell'accordo sulla politica sociale,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva è intesa ad attuare l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6 giugno 1997 tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (UNICE, CEEP e CES) riportato nell'allegato.Articolo 2 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 20 gennaio 2000 o procurano che entro tale data le parti sociali mettano in atto le disposizioni necessarie mediante accordi; gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Gli Stati membri possono fruire di un periodo supplementare non superiore ad un anno, ove sia necessario in considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione mediante contratto collettivo.Essi devono informare immediatamente la Commissione di tali circostanze.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi hanno adottato o adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 3 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 15 dicembre 1997.Per il ConsiglioIl presidenteJ.-C. JUNCKER(1) GU C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 6.(2) GU C 305 del 5. 12. 1990, pag. 8.(3) GU C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 4.(4) GU C 368 del 23. 12. 1994, pag. 6.ALLEGATO UNIONE DELLE CONFEDERAZIONI DELL'INDUSTRIA E DEI DATORI DI LAVORO DELL'EUROPA CONFEDERAZIONE EUROPEA DEI SINDACATI CENTRO EUROPEO DELLE IMPRESE A PARTECIPAZIONE STATALE ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO PARZIALE PreamboloIl presente accordo quadro è un contributo alla strategia globale europea per l'occupazione. Il lavoro a tempo parziale ha avuto, negli ultimi anni, importanti effetti sull'occupazione. Pertanto, le parti firmatarie del presente accordo hanno dedicato un'attenzione particolare a questa forma di lavoro. Le parti hanno intenzione di prendere in considerazione la necessità di ricercare accordi analoghi per altre forme di lavoro flessibili.Riconoscendo la diversità delle situazioni nei diversi Stati membri e riconoscendo che il lavoro a tempo parziale è caratteristico dell'occupazione in certi settori ed attività, il presente accordo enuncia principi generali e prescrizioni minime relative al part-time. Esso rappresenta la volontà delle parti sociali di definire un quadro generale per l'eliminazione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e per contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale, su basi che siano accettabili sia per i datori di lavoro, sia per i lavoratori.Il presente accordo riguarda le condizioni di lavoro dei lavoratori a tempo parziale, riconoscendo che le questioni relative ai regimi legali di sicurezza sociale rinviano alle decisioni degli Stati membri. Nel quadro del principio di non-discriminazione, le parti firmatarie hanno tenuto conto della dichiarazione sull'occupazione del Consiglio europeo di Dublino del dicembre 1996, dichiarazione nella quale il Consiglio sottolineava, tra l'altro, la necessità di rendere i sistemi di sicurezza sociale più favorevoli all'occupazione, sviluppando «sistemi di protezione sociale capaci di adattarsi ai nuovi modelli di lavoro e di offrire una tutela sociale appropriata alle persone assunte nel quadro di queste nuove forme di lavoro». Le parti firmatarie ritengono che tale dichiarazione debba essere resa operativa.La CES, l'UNICE e il CEEP chiedono alla Commissione di sottomettere il presente accordo quadro al Consiglio, affinché questi, mediante una decisione, renda vincolanti queste prescrizioni negli Stati membri che hanno aderito all'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo sulla politica sociale annesso al trattato che istituisce la Comunità europea.Le parti firmatarie del presente accordo domandano che la Commissione, nella sua proposta finalizzata all'attuazione del presente accordo, chieda agli Stati membri che adottino le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla decisione del Consiglio al più tardi due anni dopo l'adozione della decisione o di assicurarsi (1) che le parti sociali mettano in essere le disposizioni necessarie attraverso un accordo prima della fine del periodo indicato. Gli Stati membri possono, per tener conto, se necessario, di difficoltà particolari o di un'attuazione mediante contratto collettivo, disporre al massimo di un anno supplementare per conformarsi alla presente disposizione.Senza pregiudizio per il ruolo dei tribunali nazionali e della Corte di giustizia, le parti firmatarie del presente accordo chiedono che ogni questione relativa all'interpretazione del presente accordo a livello europeo venga rimessa in primo luogo a loro da parte della Commissione perché possano fornire il loro parere.Considerazioni generali1. Visto l'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla politica sociale annesso al trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 3, paragrafo 4 e l'articolo 4, paragrafo 2;2. considerando che l'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale prevede che gli accordi conclusi a livello comunitario siano messi in atto, su richiesta congiunta delle parti firmatarie, attraverso una decisione del Consiglio su proposta della Commissione;3. considerando che la Commissione, nel suo secondo documento di consultazione sulla flessibilità dell'orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori ha annunciato la sua intenzione di proporre una misura comunitaria giuridicamente vincolante;4. considerando che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità di promuovere l'occupazione e le pari opportunità tra donne e uomini e hanno auspicato l'assunzione di misure che abbiano come obiettivo un «aumento dell'intensità occupazionale della crescita, in particolare attraverso un'organizzazione del lavoro più flessibile che risponda tanto agli auspici dei lavoratori quanto alle esigenze della concorrenza»;5. considerando che le parti firmatarie del presente accordo attribuiscono importanza alle misure che facilitino l'accesso al tempo parziale per uomini e donne che si preparano alla pensione, che vogliono conciliare vita professionale e familiare e approfittare delle possibilità di istruzione e formazione per migliorare le loro competenze e le loro carriere, nell'interesse reciproco di datori di lavoro e lavoratori e secondo modalità che favoriscano lo sviluppo delle imprese;6. considerando che il presente accordo rinvia agli Stati membri e alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione di tali principi generali, delle prescrizioni minime e delle disposizioni ivi contenute, al fine di tener conto della situazione in ogni Stato membro;7. considerando che il presente accordo prende in conto la necessità di rispondere alle esigenze della politica sociale, di favorire la competitività dell'economia della Comunità e di evitare l'imposizione di vincoli amministrativi, finanziari e giuridici che impediscano la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese;8. considerando che le parti sociali si trovano nella posizione migliore per trovare soluzioni corrispondenti ai bisogni dei datori di lavoro e dei lavoratori e che, di conseguenza, deve essere loro assegnato un ruolo centrale nell'attuazione e nell'applicazione del presente accordo,LE PARTI FIRMATARIE HANNO CONCLUSO IL PRESENTE ACCORDO:Clausola 1: OggettoIl presente accordo quadro ha per oggetto:a) di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;b) di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori.Clausola 2: Campo di applicazione1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge, contratto collettivo o in base alle prassi in vigore in ogni Stato membro.2. Gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali, e/o le parti sociali a livello appropriato conformemente alle prassi nazionali relative alle relazioni industriali, possono, per ragioni obiettive, escludere totalmente o parzialmente dalle disposizioni del presente accordo i lavoratori a tempo parziale che lavorano su base occasionale. Queste esclusioni dovrebbero essere riesaminate periodicamente al fine di stabilire se le ragioni obiettive che le hanno determinate rimangono valide.Clausola 3: DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:1) «lavoratore a tempo parziale», il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile;2) «lavoratore a tempo pieno comparabile», il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l'anzianità e le qualifiche/competenze.Qualora non esistesse nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento, il paragone si effettuerebbe con riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza di contratto collettivo applicabile, conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali.Clausola 4: Principio di non-discriminazione1. Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.2. Dove opportuno, si applica il principio «pro rata temporis».3. Le modalità di applicazione della presente clausola sono definite dagli Stati membri e/o dalle parti sociali, tenuto conto della legislazione europea e delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali.4. Quando ragioni obiettive lo giustificano, gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali, e/o le parti sociali possono, se del caso, subordinare l'accesso a condizioni di impiego particolari ad un periodo di anzianità, ad una durata del lavoro o a condizioni salariali. I criteri di accesso dei lavoratori a tempo parziale a condizioni di impiego particolari dovrebbero essere riesaminati periodicamente tenendo conto del principio di non-discriminazione previsto alla clausola 4.1.Clausola 5: Possibilità di lavoro a tempo parziale1. Nel quadro della clausola 1 del presente accordo e del principio di non-discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno:a) gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge o alle prassi nazionali, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli;b) le parti sociali, agendo nel quadro delle loro competenze a delle procedure previste nei contratti collettivi, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli.2. Il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale, o viceversa, non dovrebbe, in quanto tale, costituire motivo valido per il licenziamento, senza pregiudizio per la possibilità di procedere, conformemente alle leggi, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali, a licenziamenti per altre ragioni, come quelle che possono risultare da necessità di funzionamento dello stabilimento considerato.3. Per quanto possibile, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione:a) le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale che si renda disponibile nello stabilimento;b) le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo parziale ad un lavoro a tempo pieno o di aumento dell'orario, se tale opportunità si presenta;c) la diffusione in tempo utile di informazioni sui posti a tempo parziale e a tempo pieno disponibili nello stabilimento, in modo da facilitare il trasferimento da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale e viceversa;d) le misure finalizzate a facilitare l'accesso al lavoro a tempo parziale a tutti i livelli dell'impresa, ivi comprese le posizioni qualificate e con responsabilità direzionali, e nei casi appropriati, le misure finalizzate a facilitare l'accesso dei lavoratori a tempo parziale alla formazione professionale per favorire carriera e mobilità professionale;e) la diffusione, agli organismi esistenti rappresentanti i lavoratori, di informazioni adeguate sul lavoro a tempo parziale nell'impresa.Clausola 6: Disposizioni per l'attuazione1. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli rispetto a quelle previste nel presente accordo.2. L'attuazione delle disposizioni del presente accordo non costituisce giustificazione valida per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori nell'ambito coperto dal presente accordo e ciò senza pregiudizio per il diritto degli Stati membri e/o le parti sociali di sviluppare, tenuto conto dell'evoluzione della situazione, disposizioni legislative, normative o contrattuali differenti, e senza pregiudizio per l'applicazione della clausola 5.1 purché il principio di non-discriminazione contemplato alla clausola 4.1 sia rispettato.3. Il presente accordo non reca pregiudizio al diritto delle parti sociali di concludere, a livello appropriato, ivi compreso il livello europeo, contratti che adattino e/o integrino le sue disposizioni in modo da tener conto dei bisogni specifici delle parti sociali interessate.4. Il presente accordo non reca pregiudizio alle disposizioni comunitarie più specifiche, in particolare a quelle relative alla parità di trattamento o alle pari opportunità uomo/donna.5. La prevenzione e la composizione di controversie e ricorsi che derivino dall'applicazione del presente accordo saranno affrontate conformemente alla legge, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali.6. Se una delle parti ne fa richiesta, le parti firmatarie rivedranno il presente accordo cinque anni dopo la data della decisione del Consiglio.(1) Ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 4 dell'accordo sulla politica sociale del trattato che istituisce la Comunità europea.
Lavoro a tempo parziale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Si propone di attuare l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concordato tra datori di lavoro e sindacati (le parti sociali) dell’Unione europea (UE). L’accordo si propone di eliminare la discriminazione ingiustificata dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale. Mira inoltre a contribuire allo sviluppo di lavoro a tempo parziale su base volontaria e consente ai dipendenti e ai datori di lavoro di organizzare l’orario di lavoro in modo da adattarsi alle esigenze di entrambe le parti. PUNTI CHIAVE A chi si applica? Si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge in ogni paese dell’UE. Chi lavora solo su base occasionale può essere escluso per ragioni oggettive, previa consultazione tra il paese dell’UE interessato e le sue parti sociali. Non discriminazione I lavoratori a tempo parziale non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive. Condizioni di impiego particolari possono essere subordinate ad un periodo di anzianità, ad una durata del lavoro o a condizioni salariali, a seguito di una consultazione tra i paesi dell’UE e le parti sociali. Accesso al lavoro a tempo parziale I paesi dell'UE e le parti sociali dovrebbero identificare, rivedere e, se del caso, eliminare qualsiasi ostacolo di natura giuridica o amministrativa che possa ridurre le possibilità di lavoro a tempo parziale. Il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale o viceversa non dovrebbe costituire motivo valido per il suo licenziamento. Il ruolo dei datori di lavoro I datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione interamente: le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale che si renda disponibile; le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo parziale ad un lavoro a tempo pieno o di aumento dell’orario, se tale opportunità si presenta; la diffusione in tempo utile di informazioni sui posti a tempo parziale e a tempo pieno; le misure finalizzate a facilitare l’accesso al lavoro a tempo parziale a tutti i livelli dell’impresa; la diffusione, agli organismi esistenti rappresentanti i lavoratori, di informazioni adeguate sul lavoro a tempo parziale nell’impresa. Attuazione I paesi dell’UE o le parti sociali possono introdurre norme più favorevoli di quelle previste nell’accordo. Tuttavia, l’attuazione dell’accordo non è un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori a tempo parziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? E in vigore dal 20 gennaio 1998. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 20 gennaio 2000. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare la pagina relativa alle condizioni di lavoro e al avoro a tempo parziale sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES - Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (GU L 14 del 20.1.1998, pag. 9-14) Modifiche successive alla direttiva 97/81/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Misure nazionali di attuazione Relazione dei servizi della Commissione sull’attuazione della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 17 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES, 21.1.2003 Questa relazione è integrata da due studi: Relazione della Commissione - Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia) (2007) Relazioni (sintesi esecutive) sull’attuazione della direttiva 1997/81/CE in Bulgaria e in Romania (2009)
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REGOLAMENTO (UE) 2021/840 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 maggio 2021 che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria per il periodo 2021-2027 (programma «Pericles IV») e che abroga il regolamento (UE) n. 331/2014 IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 133, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) L’Unione e gli Stati membri si prefiggono l’obiettivo di stabilire le misure necessarie per l’utilizzo dell’euro come moneta unica. Tali misure comprendono la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria e le relative frodi, al fine di garantire l’efficienza dell’economia dell’Unione e assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche. (2) Il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio (3) prevede scambi d’informazione, cooperazione e reciproca assistenza, definendo un quadro armonizzato per la protezione dell’euro. Gli effetti di tale regolamento sono stati estesi dal regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio (4) agli Stati membri che non hanno adottato l’euro come moneta unica, in modo da fornire un livello di protezione equivalente per l’euro in tutta l’Unione. (3) Le azioni finalizzate a promuovere lo scambio di informazioni e di personale, l’assistenza tecnica e scientifica e la formazione specializzata contribuiscono sensibilmente a migliorare la protezione della moneta unica dell’Unione contro la contraffazione monetaria e le relative frodi e quindi a conseguire un livello elevato e uniforme di tutela in tutta l’Unione, dimostrando nel contempo la capacità dell’Unione di combattere le forme gravi di criminalità organizzata. Tali azioni potrebbero inoltre contribuire ad affrontare le sfide comuni per la lotta contro la criminalità organizzata, compreso il riciclaggio di denaro. (4) Un programma per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria contribuisce alla sensibilizzazione dei cittadini dell’Unione, aumentandone la fiducia in tale valuta e migliorando la protezione dell’euro, in particolare mediante una costante diffusione dei risultati delle azioni sostenute da tale programma. (5) Una solida protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria è una componente chiave di un’economia dell’Unione sicura e competitiva ed è direttamente connessa con l’obiettivo dell’Unione di migliorare l’efficienza del funzionamento dell’Unione economica e monetaria. (6) In passato il sostegno a tali azioni mediante le decisioni 2001/923/CE (5) e 2001/924/CE (6) del Consiglio, che sono state successivamente modificate ed estese dalle decisioni 2006/75/CE (7), 2006/76/CE (8), 2006/849/CE (9) e 2006/850/CE del Consiglio (10) e dal regolamento (UE) n. 331/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), ha permesso di rafforzare le azioni dell’Unione e degli Stati membri nel campo della protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria. Gli obiettivi del programma per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria per i periodi precedenti sono stati conseguiti con successo. (7) Nel 2017 la Commissione ha effettuato una valutazione intermedia del programma d’azione pluriennale istituito dal regolamento (UE) n. 331/2014 (programma «Pericle 2020»), sostenuta da una relazione indipendente. La relazione era generalmente positiva riguardo al programma Pericle 2020, ma esprimeva preoccupazione per il numero limitato di autorità competenti che presentavano richiesta di attuare azioni nell’ambito del programma Pericle 2020 e per la qualità degli indicatori chiave di performance utilizzati per misurare i risultati del programma Pericle 2020. Nella sua comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla valutazione intermedia del programma Pericle 2020 e nella sua valutazione ex ante sotto forma di documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la sua proposta, la Commissione, tenendo conto delle conclusioni e delle raccomandazioni della valutazione intermedia, è giunta alla conclusione che sia opportuno sostenere la prosecuzione del programma Pericle 2020 oltre il 2020, dati il suo valore aggiunto dell’Unione, il suo impatto a lungo termine e la sostenibilità delle sue azioni, nonché il suo contributo alla lotta alla criminalità organizzata. (8) La valutazione intermedia consiglia di proseguire le azioni finanziate nell’ambito del programma Pericle 2020, affrontando la necessità di semplificare la presentazione delle domande, incoraggiare la differenziazione dei beneficiari e la massima partecipazione delle autorità competenti di vari paesi alle attività del programma Pericle 2020, continuare a concentrarsi sulle minacce di contraffazione monetaria emergenti e ricorrenti e razionalizzare gli indicatori chiave di performance. (9) Sono stati rilevati centri di contraffazione monetaria in paesi terzi e la contraffazione dell’euro sta acquisendo una crescente dimensione internazionale. Le attività di sviluppo delle capacità e di formazione che coinvolgono le autorità competenti di paesi terzi dovrebbero pertanto essere considerate essenziali per il conseguimento di un’efficace protezione dell’euro e ulteriormente incoraggiate nel contesto della prosecuzione del programma Pericle 2020. (10) Dovrebbe essere adottato un nuovo programma per il periodo 2021-2027 (programma «Pericles IV»). È opportuno garantire che il programma Pericles IV sia coerente e complementare rispetto ad altri programmi e azioni pertinenti. Ai fini della valutazione delle esigenze in materia di protezione dell’euro, la Commissione dovrebbe quindi svolgere tutte le consultazioni necessarie presso le principali parti interessate, in particolare le autorità nazionali competenti designate dagli Stati membri, la Banca centrale europea (BCE) ed Europol, all’interno del comitato di cui al regolamento (CE) n. 1338/2001, in particolare per quanto riguarda gli scambi, l’assistenza e la formazione, ai fini dell’applicazione del programma Pericles IV. Inoltre, nell’attuazione del programma Pericles IV la Commissione dovrebbe basarsi sulla vasta esperienza della BCE in relazione allo svolgimento di attività di formazione e alla comunicazione di informazioni sulle banconote in euro contraffatte. (11) Al presente regolamento si applicano le regole finanziarie orizzontali adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio in base all’articolo 322 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Tali regole sono stabilite nel regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (12) («regolamento finanziario»), e in particolare definiscono le modalità relative alla formazione e all’esecuzione del bilancio attraverso sovvenzioni, appalti, premi, esecuzione indiretta e organizzano il controllo della responsabilità degli agenti finanziari. Le regole adottate in base all’articolo 322 TFUE comprendono anche un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione. (12) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, vale a dire favorire la cooperazione tra Stati membri e tra questi e la Commissione per proteggere l’euro contro la contraffazione monetaria, senza tuttavia interferire con le responsabilità degli Stati membri e utilizzando le risorse in modo più efficiente di quanto essi avrebbero fatto a livello nazionale, fornire un sostegno agli Stati membri nella protezione collettiva dell’euro e incentivare l’utilizzo di strutture comuni europee per migliorare la cooperazione e lo scambio tempestivo ed esauriente di informazioni fra le autorità competenti, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (13) Il programma Pericles IV dovrebbe essere attuato conformemente al quadro finanziario pluriennale di cui al regolamento (UE, Euratom) 2020/2093 del Consiglio (13). (14) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del programma Pericles IV dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. La Commissione dovrebbe adottare programmi di lavoro annuali che definiscano le priorità, la ripartizione della dotazione di bilancio e i criteri di valutazione per le sovvenzioni alle azioni. I programmi di lavoro annuali dovrebbero indicare i casi eccezionali e debitamente motivati nei quali un aumento del tasso di cofinanziamento è necessario per dotare gli Stati membri di una maggiore flessibilità economica, affinché possano realizzare e completare in modo soddisfacente i progetti di protezione e salvaguardia dell’euro. (15) Il presente regolamento stabilisce una dotazione finanziaria per il programma Pericles IV che deve costituire, per il Parlamento europeo e il Consiglio, l’importo di riferimento privilegiato nel corso della procedura annuale di bilancio, ai sensi del punto 18 dell’accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020 (14). (16) Per garantire un’efficace valutazione dei progressi del programma Pericles IV nel conseguire i suoi obiettivi, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE al fine di modificare l’allegato per quanto riguarda gli indicatori ove considerato necessario ai fini della valutazione, nonché di integrare il presente regolamento con disposizioni relative all’istituzione di un quadro di sorveglianza e di valutazione. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016 (15). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati. (17) In conformità del regolamento finanziario, del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (16) e dei regolamenti (CE, Euratom) n. 2988/95 (17), (Euratom, CE) n. 2185/96 (18) e (UE) 2017/1939 (19) del Consiglio, gli interessi finanziari dell’Unione devono essere tutelati attraverso misure proporzionate, tra cui misure relative alla prevenzione, all’individuazione, alla rettifica e all’indagine delle irregolarità, comprese le frodi, al recupero dei fondi perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, all’irrogazione di sanzioni amministrative. In particolare, in conformità dei regolamenti (Euratom, CE) n. 2185/96 e (UE, Euratom) n. 883/2013, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha il potere di effettuare indagini amministrative, inclusi controlli e verifiche sul posto, per accertare eventuali frodi, casi di corruzione o altre attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione. La Procura europea (EPPO) ha il potere, a norma del regolamento (UE) 2017/1939, di indagare e perseguire i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione secondo quanto disposto dalla direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio (20). In conformità del regolamento finanziario, ogni persona o entità che riceve fondi dell’Unione deve cooperare pienamente alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione, concedere i diritti necessari e l’accesso di cui hanno bisogno la Commissione, l’OLAF, la Corte dei conti e, rispetto a quegli Stati membri che partecipano a una cooperazione rafforzata ai sensi del regolamento (UE) 2017/1939, l’EPPO, e garantire che i terzi coinvolti nell’esecuzione dei fondi dell’Unione concedano diritti equivalenti. (18) La Commissione dovrebbe presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione intermedia di valutazione sull’attuazione del programma Pericles IV e una relazione finale di valutazione sul conseguimento dei suoi obiettivi. In conformità dei punti 22 e 23 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016, è opportuno che il programma Pericles IV sia valutato in base a informazioni raccolte in forza di specifiche prescrizioni in materia di monitoraggio, evitando al contempo oneri amministrativi, in particolare a carico degli Stati membri, e l’eccesso di regolamentazione. È opportuno che tali prescrizioni includano, se del caso, indicatori misurabili che fungano da base per valutare gli effetti del programma Pericles IV sul terreno. (19) È pertanto opportuno abrogare il regolamento (UE) n. 331/2014. (20) Al fine di garantire la continuità del sostegno fornito nel pertinente settore e di consentire l’attuazione a decorrere dall’inizio del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027, il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore con urgenza e applicarsi, con effetto retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2021, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Capo I Disposizioni generali Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento istituisce un programma d’azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericles IV») per il periodo dal 1o gennaio 2021 al 31 dicembre 2027. Esso stabilisce gli obiettivi del programma Pericles IV, il bilancio per il periodo 2021-2027, le forme di finanziamento dell’Unione e le regole di erogazione dei finanziamenti. Articolo 2 Obiettivi del programma 1. L’obiettivo generale del programma Pericles IV è prevenire e combattere la contraffazione monetaria e le relative frodi e preservare l’integrità delle banconote e delle monete in euro, rafforzando così la fiducia dei cittadini e delle imprese nell’autenticità di tali banconote e monete, accrescendo in tal modo la fiducia nell’economia dell’Unione e assicurando al contempo la sostenibilità delle finanze pubbliche. 2. L’obiettivo specifico del programma Pericles IV è proteggere le banconote e le monete in euro contro la contraffazione monetaria e le relative frodi, sostenendo e integrando le iniziative avviate dagli Stati membri e assistendo le competenti autorità nazionali e dell’Unione nei loro sforzi per sviluppare, tra di loro e con la Commissione, una stretta e regolare cooperazione e uno scambio delle migliori prassi, coinvolgendo anche, se del caso, i paesi terzi e le organizzazioni internazionali. Articolo 3 Bilancio 1. La dotazione finanziaria per l’attuazione del programma Pericles IV per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2021 e il 31 dicembre 2027 è fissata a 6 193 284 EUR a prezzi correnti. 2. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dal Parlamento europeo e dal Consiglio entro i limiti del quadro finanziario pluriennale. 3. L’importo di cui al paragrafo 1 può essere usato per l’assistenza tecnica e amministrativa finalizzata all’attuazione del programma Pericles IV, ad esempio per attività di preparazione, sorveglianza, controllo, audit e valutazione, anche riguardanti i sistemi informatici istituzionali. Articolo 4 Attuazione e forme di finanziamento dell’Unione 1. Il programma Pericles IV è attuato in regime di gestione diretta conformemente al regolamento finanziario. 2. Il programma Pericles IV è attuato dalla Commissione in collaborazione con gli Stati membri, mediante regolari consultazioni nelle varie fasi di attuazione del programma Pericles IV, assicurando la coerenza ed evitando inutili duplicazioni con le pertinenti misure intraprese da altri organi competenti, in particolare la BCE ed Europol. A tal fine, nell’elaborazione dei programmi di lavoro a norma dell’articolo 10, la Commissione tiene conto delle attività esistenti e pianificate della BCE e di Europol contro la contraffazione monetaria e le relative frodi. 3. Il sostegno finanziario a titolo del programma Pericles IV per le azioni ammissibili di cui all’articolo 6 è erogato sotto forma di sovvenzioni o appalti pubblici. Articolo 5 Azioni comuni 1. Le azioni previste dal programma Pericles IV possono essere organizzate congiuntamente dalla Commissione e da altri partner aventi le competenze richieste, quali: a) le banche centrali nazionali e la BCE; b) i Centri di analisi nazionali e i Centri nazionali di analisi delle monete; c) il Centro tecnico-scientifico europeo e le zecche; d) Europol, Eurojust e Interpol; e) gli uffici centrali nazionali per la lotta contro la contraffazione monetaria di cui all’articolo 12 della Convenzione internazionale per la repressione del falso nummario firmata a Ginevra il 20 aprile 1929 (21), nonché gli altri servizi specializzati nella prevenzione, individuazione e contrasto della contraffazione monetaria; f) le strutture specializzate in materia di tecnica di reprografia e di autentificazione, gli stampatori e incisori; g) organismi diversi da quelli di cui alle lettere da a) a f) in possesso di conoscenze tecniche particolari, inclusi, se del caso, organismi di paesi terzi e, in particolare, di paesi in via di adesione e di paesi candidati; e h) gli enti privati che abbiano sviluppato e dimostrato conoscenze tecniche e le squadre specializzate nell’individuazione di banconote e monete contraffatte. 2. Quando le azioni ammissibili sono organizzate congiuntamente dalla Commissione e da BCE, Eurojust, Europol o Interpol, le spese relative all’organizzazione sono ripartite tra loro. Ciascuno di essi, in ogni caso, si fa carico delle spese di viaggio e di soggiorno dei propri partecipanti. Capo II Ammissibilità Articolo 6 Azioni ammissibili 1. Nel rispetto delle condizioni stabilite dai programmi di lavoro annuali di cui all’articolo 10, il programma Pericles IV fornisce sostegno finanziario alle seguenti azioni: a) lo scambio e la diffusione di informazioni, in particolare attraverso l’organizzazione di laboratori, riunioni e seminari, tra cui la formazione, tirocini mirati e scambi di personale delle autorità nazionali competenti e altre azioni analoghe. Lo scambio di informazioni verte, tra l’altro, su quanto segue: — le migliori prassi per prevenire la contraffazione monetaria e le frodi relative all’euro; — le metodologie di controllo e di analisi dell’impatto economico e finanziario della contraffazione monetaria; — il funzionamento delle banche dati e dei sistemi di allarme rapido; — l’utilizzo di strumenti di individuazione, anche attraverso applicazioni informatiche; — i metodi d’inchiesta e di indagine; — l’assistenza scientifica, incluso il monitoraggio dei nuovi sviluppi; — la protezione dell’euro all’esterno dell’Unione; — azioni di ricerca; — la messa a disposizione di competenze operative specialistiche; b) l’assistenza tecnica, scientifica e operativa che risulti necessaria nell’ambito del programma Pericles IV, in particolare: — qualsiasi misura adeguata che consenta di costituire a livello di Unione strumenti pedagogici, quali manuali della legislazione dell’Unione, bollettini d’informazione, manuali pratici, glossari e lessici, banche dati, in particolare in materia di assistenza scientifica o sorveglianza tecnologica, o applicazioni informatiche di supporto quali i software; — la realizzazione di studi pertinenti aventi un interesse pluridisciplinare e transnazionale, compresa la ricerca su caratteristiche di sicurezza innovative; — sviluppo di strumenti e metodi di sostegno tecnico alle azioni di individuazione a livello di Unione; — assistenza per la cooperazione nelle operazioni che coinvolgono almeno due paesi quando essa non possa essere fornita da altri programmi delle istituzioni e degli organismi dell’Unione; c) l’acquisto delle attrezzature che saranno utilizzate dalle autorità specializzate nella lotta alla contraffazione monetaria di paesi terzi per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2. 2. Il programma Pericles IV tiene conto degli aspetti transnazionali e pluridisciplinari della lotta contro la contraffazione monetaria ed è rivolto ai seguenti gruppi di partecipanti: a) il personale delle agenzie competenti nell’individuazione e nella lotta contro la contraffazione monetaria (in particolare le forze di polizia, le autorità doganali e le amministrazioni finanziarie in funzione delle varie competenze sul piano nazionale); b) il personale dei servizi di informazione; c) i rappresentanti delle banche centrali nazionali, delle zecche, delle banche commerciali e degli altri intermediari finanziari, in particolare per quanto riguarda gli obblighi degli istituti finanziari; d) i magistrati, gli avvocati e i membri dell’ordine giudiziario specializzati in questo settore; e) qualsiasi altro gruppo di specialisti interessato, quali le camere di commercio e dell’industria o qualsiasi struttura in grado di raggiungere piccole e medie imprese, commercianti e corrieri. 3. I gruppi di cui al paragrafo 2 possono includere partecipanti di paesi terzi. Capo III Sovvenzioni Articolo 7 Sovvenzioni 1. Le sovvenzioni a titolo del programma Pericles IV sono attribuite e gestite conformemente al titolo VIII del regolamento finanziario. 2. Per le azioni attuate tramite sovvenzioni, l’acquisto di attrezzature non costituisce l’unica componente della convenzione di sovvenzione. Articolo 8 Tassi di cofinanziamento Il tasso di cofinanziamento per le sovvenzioni concesse a titolo del programma Pericles IV non supera il 75 % dei costi ammissibili. In casi eccezionali e debitamente giustificati, definiti nei programmi di lavoro annuali di cui all’articolo 10, il tasso di cofinanziamento non supera il 90 % dei costi ammissibili. Articolo 9 Soggetti ammissibili I soggetti ammissibili al finanziamento a titolo del programma Pericles IV sono le autorità nazionali competenti ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1338/2001. Capo IV Programmazione, sorveglianza e valutazione Articolo 10 Programmi di lavoro 1. Ai fini dell’attuazione del programma Pericles IV, la Commissione adotta i programmi di lavoro di cui all’articolo 110 del regolamento finanziario. 2. Per le sovvenzioni, in aggiunta agli obblighi di cui all’articolo 110 del regolamento finanziario, il programma di lavoro specifica i criteri principali di selezione e attribuzione e il tasso massimo possibile di cofinanziamento. Articolo 11 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 12, paragrafo 2, è conferita alla Commissione a decorrere dal 1o gennaio 2021 fino al 31 dicembre 2027. 3. La delega di potere di cui all’articolo 12, paragrafo 2, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Prima dell’adozione dell’atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016. 5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 6. L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di tre mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di tre mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 12 Sorveglianza 1. Gli indicatori da utilizzare per rendere conto dei progressi del programma Pericles IV nel conseguire l’obiettivo specifico di cui all’articolo 2 figurano nell’allegato. 2. Per garantire un’efficace valutazione dei progressi del programma Pericles IV nel conseguire i suoi obiettivi, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 11 al fine di modificare l’allegato per quanto riguarda gli indicatori ove considerato necessario ai fini della valutazione, nonché di integrare il presente regolamento con disposizioni relative all’istituzione di un quadro di sorveglianza e di valutazione. 3. La Commissione presenta una relazione annuale al Parlamento europeo, al Consiglio e alla BCE in merito ai risultati del programma Pericles IV, tenendo conto degli indicatori quantitativi e qualitativi di cui all’allegato. 4. I paesi partecipanti e gli altri beneficiari trasmettono alla Commissione tutti i dati e le informazioni necessari per consentire la sorveglianza e la valutazione del programma Pericles IV. Articolo 13 Valutazione 1. Una valutazione intermedia indipendente del programma Pericles IV va effettuata non appena siano disponibili informazioni sufficienti sulla sua attuazione e comunque non oltre quattro anni dall’inizio della sua attuazione. 2. La Commissione effettua una valutazione finale del programma Pericles IV al termine della sua attuazione e comunque non oltre due anni dalla fine del periodo di cui all’articolo 1. 3. La Commissione comunica le conclusioni delle valutazioni, corredate delle proprie osservazioni, al Parlamento europeo, al Consiglio e alla BCE. Capo V Disposizioni transitorie e finali Articolo 14 Informazione, comunicazione e visibilità 1. I destinatari dei finanziamenti dell’Unione rendono nota l’origine degli stessi e ne garantiscono la visibilità, in particolare quando promuovono le azioni e i relativi risultati, fornendo informazioni mirate coerenti, efficaci e proporzionate a destinatari diversi, compresi i media e il pubblico. 2. La Commissione realizza azioni di informazione e comunicazione sul programma Pericles IV, sulle azioni svolte a titolo del programma Pericles IV e sui risultati ottenuti. 3. Le risorse finanziarie destinate al programma Pericles IV contribuiscono anche alla comunicazione istituzionale delle priorità politiche dell’Unione nella misura in cui tali priorità si riferiscono agli obiettivi di cui all’articolo 2. Articolo 15 Abrogazione Il regolamento (UE) n. 331/2014 è abrogato a decorrere dal 1o gennaio 2021. Articolo 16 Disposizioni transitorie 1. Il presente regolamento non pregiudica il proseguimento o la modifica delle azioni avviate ai sensi del regolamento (UE) n. 331/2014, che continua ad applicarsi a tali azioni fino alla loro chiusura. 2. La dotazione finanziaria del programma Pericles IV può anche coprire le spese di assistenza tecnica e amministrativa necessarie per assicurare la transizione tra il programma Pericles IV e le misure adottate ai sensi del regolamento (UE) n. 331/2014. Articolo 17 Entrata in vigore e applicazione Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2021. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 20 maggio 2021 Per il Parlamento europeo Il presidente D. M. SASSOLI Per il Consiglio Il presidente A. P. ZACARIAS (1) GU C 378 del 19.10.2018, pag. 2. (2) Posizione del Parlamento europeo del 13 febbraio 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 13 aprile 2021 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 18 maggio 2021 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce le misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). (4) Regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l’euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11). (5) Decisione 2001/923/CE del Consiglio, del 17 dicembre 2001, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») (GU L 339 del 21.12.2001, pag. 50). (6) Decisione 2001/924/CE del Consiglio, del 17 dicembre 2001, che estende gli effetti della decisione che istituisce un programma d’azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») agli Stati membri che non hanno adottato l’euro come moneta unica (GU L 339 del 21.12.2001, pag. 55). (7) Decisione 2006/75/CE del Consiglio, del 30 gennaio 2006, che modifica e proroga la decisione 2001/923/CE che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») (GU L 36 dell’8.2.2006, pag. 40). (8) Decisione 2006/76/CE del Consiglio, del 30 gennaio 2006, che estende agli Stati membri non partecipanti l’applicazione della decisione 2006/75/CE che modifica ed estende la decisione 2001/923/CE che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») (GU L 36 dell’8.2.2006, pag. 42). (9) Decisione 2006/849/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006, che modifica e proroga la decisione 2001/923/CE che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») (GU L 330 del 28.11.2006, pag. 28). (10) Decisione 2006/850/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006, che estende agli Stati membri non partecipanti l’applicazione della decisione 2006/849/CE che modifica ed estende la decisione 2001/923/CE che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») (GU L 330 del 28.11.2006, pag. 30). (11) Regolamento (UE) n. 331/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle 2020») e che abroga le decisioni del Consiglio 2001/923/CE, 2001/924/CE, 2006/75/CE, 2006/76/CE, 2006/849/CE e 2006/850/CE (GU L 103 del 5.4.2014, pag. 1). (12) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). (13) Regolamento (UE, Euratom) 2020/2093 del Consiglio, del 17 dicembre 2020, che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 (GU L 433 I del 22.12.2020, pag. 11). (14) Accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria, nonché su nuove risorse proprie, compresa una tabella di marcia per l’introduzione di nuove risorse proprie (GU L 433 I del 22.12.2020, pag. 28). (15) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1. (16) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1). (17) Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1). (18) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2). (19) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). (20) Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29). (21) Società delle Nazioni, raccolta dei trattati N. 2623 (1931), pag. 372. ALLEGATO INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DEL PROGRAMMA PERICLES IV Il programma Pericles IV sarà sottoposto a un’attenta sorveglianza sulla base di un insieme di indicatori destinati a valutare la misura in cui, con oneri e costi amministrativi ridotti al minimo, l’obiettivo generale e gli obiettivi specifici del programma Pericles IV sono stati conseguiti. A tale scopo, sono raccolti dati in riferimento ai seguenti indicatori fondamentali: a) il numero di euro contraffatti scoperti; b) il numero di laboratori illegali smantellati; c) il numero di autorità competenti che fanno richiesta di partecipare al programma Pericles IV; d) il tasso di soddisfazione dei partecipanti alle azioni finanziate dal programma Pericles IV; e e) il riscontro dato dai partecipanti che hanno già preso parte a precedenti azioni Pericle in merito all’impatto del programma Pericles IV sulle loro attività nel settore della protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria. Le informazioni e i dati per gli indicatori chiave di performance devono essere raccolti annualmente dalla Commissione e dai beneficiari del programma Pericles IV nel modo seguente: — la Commissione raccoglie i dati relativi al numero di banconote e monete in euro contraffatte; — la Commissione raccoglie i dati relativi al numero di laboratori illegali smantellati; — la Commissione raccoglie i dati relativi al numero di autorità competenti che fanno richiesta di partecipare al programma Pericles IV; — la Commissione e i beneficiari del programma Pericles IV raccolgono i dati relativi al tasso di soddisfazione dei partecipanti alle azioni finanziate dal programma Pericles IV; — la Commissione e i beneficiari del programma Pericles IV raccolgono i dati relativi al riscontro dato dai partecipanti che hanno già preso parte a precedenti azioni Pericle in merito all’impatto del programma Pericles IV sulle loro attività nel settore della protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria.
Lotta alla contraffazione dell’euro (Pericles IV) QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Esso istituisce un programma di scambio, assistenza e formazione (Pericles IV) per la protezione dell’euro contro la contraffazione, in vigore per la durata del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 dell’Unione europea (Unione), che stabilisce:gli obiettivi generali e specifici del programma; l’importo, i moduli e le norme per il finanziamento dell’Unione. PUNTI CHIAVE Gli obiettivi generali della legislazione intendono:prevenire e combattere la contraffazione e le frodi correlate; preservare l’integrità di banconote e monete in euro.Gli obiettivi specifici del programma intendono proteggere banconote e monete in euro dalla contraffazione mediante:il sostegno e l’integrazione delle misure nazionali; l’aiuto alle autorità nazionali e unionali volto alla creazione di una cooperazione stretta e allo scambio reciproco di migliori pratiche, nonché con la Commissione europea e, ove appropriato, con paesi terzi e organizzazioni internazionali.Il bilancio settennale per l’attuazione del programma ammonta a 6 193 284 euro ai prezzi correnti, e può essere utilizzato per:la fornitura di assistenza tecnica e amministrativa, tra cui attività di preparazione, monitoraggio, controllo, audit e valutazione e sistemi informatici istituzionali; il finanziamento di sovvenzioni fino al 75 % e, in casi eccezionali, fino al 90 % dei costi ammissibili di progetti proposti dalle autorità nazionali; l’attuazione di azioni appaltate della Commissione* a integrazione dei progetti proposti dalle autorità nazionali.La Commissione:attua il programma in stretta collaborazione con gli Stati membri dell’Unione, garantendo la coerenza ed evitando la duplicazione inutile delle attività da parte della Banca centrale europea (BCE) e dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto; può organizzare attività congiunte con i partner con competenze pertinenti, quali:banche centrali nazionali e la BCE;centri nazionali di analisi e centri nazionali di analisi delle monete;il Centro tecnico-scientifico europeo e le zecche;l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale e l’Interpol;gli uffici centrali nazionali per la lotta contro la contraffazione monetaria e altre agenzie specializzate, comprese quelli nei paesi terzi, e organismi privati provvisti delle conoscenze tecniche richieste.Le seguenti attività sono ammissibili al finanziamento:diverse forme di formazione, scambio di informazioni e divulgazione, in particolare in ambiti quali migliori pratiche, metodologia, banche dati operative, ricerca e assistenza scientifica e tecniche di analisi e di indagine; assistenza tecnica, scientifica e operativa, in particolare per le risorse didattiche dell’Unione, studi multidisciplinari e transnazionali, assistenza tecnica e cooperazione riguardante almeno due paesi; acquisto di attrezzature per autorità specializzate nella lotta contro la contraffazione in paesi terzi.Il programma punta alla partecipazione di:agenzie, ovvero forze di polizia, uffici doganali e amministrazioni finanziarie, per il rilevamento e la lotta alla contraffazione; servizi segreti; banche nazionali centrali e commerciali, zecche e altri istituti finanziari; magistrati e giuristi specializzati; gruppi specializzati, quali camere di commercio e industria e organizzazioni che rappresentano piccole e medie imprese, rivenditori e società di servizi e trasporto valori.La Commissione:adotta programmi di lavoro; presenta informazioni annuali al Parlamento europeo, al Consiglio e alla BCE relative ai risultati derivanti dal programma, sulla base delle informazioni provenienti dai paesi partecipanti e dai beneficiari e di indicatori quantitativi e qualitativi elencati nell’allegato, tra cui l’individuazione di valuta in euro contraffatta e lo smantellamento di officine illegali; fornisce una valutazione finale al Parlamento europeo, al Consiglio e alla BCE entro due anni dal completamento del programma, in seguito a una valutazione intermedia indipendente eseguita entro quattro anni dal suo avvio; può adottare atti delegati.La legislazione richiede che:i destinatari dei finanziamenti dell’Unione ne rendano nota l’origine e forniscano informazioni efficaci e mirate sulle azioni e sui risultati a destinatari diversi che spaziano dagli organi di informazione al pubblico; la Commissione svolge campagne di informazione e comunicazione sul programma.La legislazione abroga il regolamento (UE) n. 331/2014 dal 1o gennaio 2021 (si veda la sintesi). Tuttavia, tutte le azioni avviate nell’ambito del regolamento (UE) n. 331/2014 continueranno ad attuarsi fino al loro termine. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1o gennaio 2021. CONTESTO Il regolamento è concepito per il rafforzamento della fiducia del pubblico e delle imprese nell’autenticità di banconote e monete in euro. Ciò migliora la fiducia nell’economia dell’Unione e garantisce la sostenibilità delle finanze pubbliche. Per maggiori informazioni, si veda:Il programma Pericles IV (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Azioni appaltate della Commissione: azioni appaltate con l’obiettivo di promuovere gli scambi di informazioni e personale, l’assistenza tecnica e scientifica e la formazione specializzata per tutelare la moneta unica dell’Unione contro la contraffazione e frodi correlate. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2021/840 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2021, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell’euro contro la contraffazione monetaria per il periodo 2021-2027 (programma «Pericles IV») e che abroga il regolamento (UE) n. 331/2014 (GU L 186 del 27.5.2021, pag. 1).
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RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO del 27 novembre 2009 su un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018) 2009/C 311/01 IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, RICORDANDO la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa al quadro di cooperazione europea in materia di gioventù (1), che comprende l'applicazione del metodo di coordinamento aperto e l'integrazione delle questioni relative ai giovani nelle altre politiche, e il Patto europeo per la gioventù adottato dal Consiglio europeo del marzo 2005 (2) come uno degli strumenti che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona per la crescita e l'occupazione; l'Agenda sociale rinnovata, nella quale ai giovani e ai bambini è attribuita una delle priorità principali (3); e TENENDO PRESENTI le conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, dell'11 maggio 2009, sulla valutazione dell'attuale quadro di cooperazione europea in materia di gioventù e sulle future prospettive del quadro rinnovato (4), ACCOGLIE FAVOREVOLMENTE la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo Una strategia dell'Unione europea per investire nei giovani e conferire loro maggiori responsabilità. Un metodo aperto di coordinamento rinnovato per affrontare le sfide e le prospettive della gioventù (5), RICONOSCE quanto segue: 1. I giovani, donne e uomini, svolgono un ruolo cruciale nel raccogliere le numerose sfide e opportunità socioeconomiche, demografiche, culturali, ambientali e tecnologiche cui l'Unione europea e i suoi cittadini devono far fronte attualmente e negli anni a venire. La promozione dell'integrazione sociale e professionale dei giovani è, assieme alla promozione della realizzazione personale, della coesione sociale e della cittadinanza attiva, una delle componenti essenziali per il conseguimento degli obiettivi della strategia per la crescita e l'occupazione che l'Europa ha definito a Lisbona. 2. La relazione dell'UE sulla gioventù del 2009 (6) mostra che, sebbene le condizioni di vita della maggior parte dei giovani europei siano oggi buone, si pongono ancora sfide riguardanti la disoccupazione giovanile, la non partecipazione dei giovani all'istruzione e alla formazione, la povertà tra i giovani, i bassi livelli di partecipazione e di rappresentanza dei giovani nell'ambito del processo democratico e vari problemi sanitari. Le flessioni dell'economia, come quella iniziata nel 2008, hanno in linea di massima un notevole impatto negativo sui giovani e gli effetti rischiano di essere a lungo termine. 3. L'attuale quadro di cooperazione europea in materia di gioventù si è dimostrato per gli Stati membri una piattaforma preziosa in cui trattare le tematiche giovanili, mentre il metodo di coordinamento aperto, l'integrazione delle questioni relative ai giovani nelle altre politiche ed iniziative quali il Patto europeo per la gioventù (7) hanno facilitato l'applicazione di un approccio flessibile consono al settore, nel rispetto delle competenze degli Stati membri e del principio di sussidiarietà. 4. Un quadro rinnovato che preveda per il prossimo decennio una strategia di cooperazione europea in materia di gioventù, basato sui progressi compiuti e sull'esperienza maturata finora, sempre nel rispetto della competenza degli Stati membri in materia di politiche giovanili, migliorerebbe ulteriormente l'efficienza e l'efficacia di tale cooperazione e offrirebbe benefici maggiori ai giovani nell'Unione europea, specialmente nell'ambito della strategia di Lisbona per il periodo successivo al 2010. 5. È essenziale mettere i giovani in condizione di sfruttare al meglio le loro potenzialità. A tal fine occorre non soltanto investire nei giovani, attivando maggiori risorse per sviluppare i settori politici che influiscono sulla loro vita quotidiana e migliorano il loro benessere, ma anche emanciparli promuovendone l'autonomia e le potenzialità al fine di contribuire allo sviluppo sostenibile della società e alla realizzazione dei valori e obiettivi europei. È altresì necessaria una cooperazione più stretta fra le politiche giovanili e i settori politici pertinenti, in particolare l'istruzione, l'occupazione, l'inclusione sociale, la cultura e la sanità, CONVIENE PERTANTO quanto segue: 1. nel periodo fino al 2018 incluso, la cooperazione europea in materia di gioventù perseguirà gli obiettivi generali seguenti: i) creare per tutti i giovani, all'insegna della parità, maggiori opportunità nell'istruzione e nel mercato del lavoro; ii) promuovere fra tutti i giovani la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e la solidarietà. 2. Questi i principali settori d'intervento in cui iscrivere le iniziative (per i particolari cfr. Allegato I): — Istruzione e formazione — Occupazione e imprenditorialità — Salute e benessere — Partecipazione — Attività di volontariato — Inclusione sociale — I giovani nel mondo — Creatività e cultura 3. Nel pieno rispetto della competenza degli Stati membri sulle politiche giovanili e data la volontarietà della cooperazione europea in materia di gioventù, il conseguimento dei due obiettivi globali correlati implica un approccio duplice, articolato nello sviluppo e nella promozione: i) di iniziative specifiche nel campo dei giovani, ossia politiche ed azioni rivolte specificamente a loro in settori quali l'apprendimento non formale, la partecipazione e il volontariato, l'animazione socioeducativa, la mobilità e l'informazione; e ii) di iniziative d'integrazione, ossia iniziative che s'iscrivono in un approccio trasversale nel quale si tiene conto delle tematiche inerenti ai giovani nell'elaborare, attuare e valutare le politiche ed azioni in altri settori che hanno ripercussioni considerevoli sulla vita dei giovani. Ispirandosi all'esempio del Patto europeo per la gioventù, si dovrebbe continuare ad integrare la dimensione giovanile sia nella strategia di Lisbona per il periodo successivo al 2010 e nell'Agenda sociale rinnovata sia nei pertinenti programmi e strategie dell'UE, quali il nuovo quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione, gli orientamenti in materia di occupazione, la strategia sanitaria e l'Agenda per la cultura. SOTTOLINEA quanto segue: 1. la cooperazione europea sulle politiche della gioventù dovrebbe essere saldamente ancorata al sistema internazionale dei diritti umani. Si dovrebbero osservare alcuni principi guida in tutte le politiche ed attività rivolte ai giovani, ossia: a) promuovere il principio della parità di genere e combattere la discriminazione in qualsiasi forma, rispettando i diritti e osservando i principi riconosciuti tra l'altro agli articoli 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea; b) tener presenti le possibili differenze fra i giovani in termini di condizioni di vita, bisogni, aspirazioni, interessi e atteggiamenti, dipendenti da vari fattori, riservando attenzione particolare ai giovani che, per motivi diversi, potrebbero godere di minori opportunità; c) riconoscere che ciascun giovane rappresenta una risorsa per la società e affermare il diritto dei giovani di partecipare all'elaborazione delle politiche che hanno ripercussioni sulla loro vita, mediante un dialogo strutturato costante con i giovani e le organizzazioni giovanili. CONVIENE INOLTRE quanto segue: 1. nel periodo fino al 2018, la cooperazione europea in materia di gioventù dovrebbe essere attuata mediante un metodo di coordinamento aperto rinnovato sulla base degli obiettivi generali, dell'approccio duplice e dei principali settori d'intervento delineati sopra. 2. La cooperazione europea in materia di gioventù dovrebbe fondarsi su dati certi e concreti ed essere pertinente e concreta. Dovrebbe produrre risultati chiari e visibili che dovrebbero essere presentati, riesaminati e diffusi periodicamente e in modo strutturato, creando così la base per una valutazione e uno sviluppo continui. 3. Il successo del metodo di coordinamento aperto in materia di gioventù dipende dalla volontà politica degli Stati membri e dall'efficacia dei metodi di lavoro a livello nazionale e dell'UE. In quest'ottica, la cooperazione europea dovrebbe seguire metodi di lavoro basati sugli elementi seguenti: i) cicli di lavoro: il periodo fino al 2018 sarà diviso in una serie di cicli triennali, il primo dei quali coprirà il triennio 2010-2012; ii) priorità: in ciascun ciclo si sceglieranno alcune priorità per la cooperazione europea che contribuiscano ai settori d'intervento individuati in questo quadro. Le priorità saranno adottate dal Consiglio sulla base della pertinente relazione comune del Consiglio e della Commissione, come delineato qui di seguito, e in cooperazione con i rappresentanti dei due trii di presidenza che copriranno il ciclo di lavoro in questione. Tali priorità di cooperazione europea saranno concepite per consentire la cooperazione tra tutti gli Stati membri oppure una più stretta cooperazione tra un numero più limitato di Stati membri (cluster), in funzione delle priorità nazionali. Le priorità per la prima parte del primo ciclo dei lavori di questo nuovo quadro sono illustrate nell'allegato II. Le priorità per la seconda parte di tale ciclo saranno presentate e adottate dal Consiglio a una data successiva; iii) strumenti di attuazione: un'attuazione efficace del quadro di cooperazione presuppone strumenti sia nel campo specifico dei giovani sia in altri settori politici collegati. Gli strumenti nel campo specifico dei giovani sono illustrati nelle seguenti lettere da a) a g). Essi dovrebbero fungere da supporto all'approccio duplice, ossia sia per l'attuazione di iniziative specifiche nel campo dei giovani sia per la promozione della trasversalità ai fini dell'integrazione della dimensione giovanile negli altri settori politici collegati.Ai fini di quest'opera d'integrazione gli strumenti dovrebbero servire di base per il dialogo con gli altri settori politici e il loro sostegno, affinché questi possano integrare la dimensione giovanile ogniqualvolta pertinente. a) Acquisizione di conoscenze e politiche giovanili fondate su dati certi e concreti: le politiche giovanili dovrebbero fondarsi su dati certi e concreti. Occorre acquisire una conoscenza e una migliore comprensione delle condizioni di vita, dei valori e degli atteggiamenti dei giovani, che va poi condivisa con gli altri settori politici pertinenti al fine di permettere la tempestiva adozione di misure appropriate. Si possono promuovere tali conoscenze, tra l'altro, sostenendo il Centro europeo di conoscenze sulle politiche della gioventù e i suoi corrispondenti, la capacità analitica pan-UE (Eurydice), la ricerca sui giovani, gli studi, i sondaggi speciali sulla gioventù europea e le reti di ricercatori. La relazione dell'UE sulla gioventù sarà inoltre un contributo essenziale all'elaborazione di politiche fondate su dati certi e concreti. Si dovrebbe promuovere la cooperazione tra autorità pertinenti, ricercatori nel settore della gioventù, giovani e organizzazioni giovanili nonché coloro che sono attivi nell'animazione socioeducativa; b) apprendimento reciproco: l'apprendimento reciproco è un elemento fondamentale in tale quadro di cooperazione. Esso dà la possibilità di identificare e imparare dalle buone pratiche nei vari Stati membri. L'apprendimento reciproco sarà attuato tramite mezzi come attività di apprendimento tra pari, conferenze e seminari, consessi o gruppi di esperti ad alto livello, nonché mediante studi e analisi e reti a base web, con il coinvolgimento delle pertinenti parti interessate. L'oggetto di tali attività dovrebbe essere strettamente legato alle priorità stabilite per i rispettivi cicli di lavoro triennali. Tutte queste iniziative dovrebbero essere sviluppate in funzione di obiettivi chiari e sulla base di mandati, scadenzari e risultati previsti ben definiti, proposti dalla Commissione in cooperazione con gli Stati membri. Occorre proseguire il dialogo politico con i paesi terzi e la cooperazione con organizzazioni internazionali, quali il Consiglio d'Europa, l'OCSE (8) e le Nazioni Unite, per disporre di una base di riferimento e di una fonte d'ispirazione; c) relazioni sull'andamento dei lavori: la relazione dell'Unione Europea sulla gioventù dovrebbe essere redatta dalla Commissione al termine di ciascun ciclo di lavoro, e, quindi, per la prima volta nel nuovo quadro nel 2012. La relazione dell'UE sulla gioventù comprende due parti: una relazione comune del Consiglio e della Commissione (parte politica) e documenti giustificativi (parte statistica e analitica). La relazione dell'UE sulla gioventù valuterà i progressi compiuti sia verso il conseguimento degli obiettivi generali del quadro sia per quanto riguarda le priorità stabilite per l'ultimo ciclo di lavoro e identificherà le buone pratiche. La relazione dell'UE sulla gioventù dovrebbe basarsi sia sulle relazioni nazionali elaborate dagli Stati membri in materia di gioventù e in altri settori politici pertinenti sia su altre informazioni e dati statistici disponibili. Occorre evitare qualsiasi sovrapposizione delle iniziative. La relazione dell'UE sulla gioventù dovrebbe inoltre servire da base per stabilire le priorità per il ciclo successivo; d) divulgazione dei risultati: per migliorare la visibilità e l'impatto della cooperazione a titolo di tale quadro a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, i risultati della cooperazione dovrebbero essere ampiamente divulgati a tutte le parti interessate e, se del caso, discussi a livello di direttori generali o di ministri; e) controllo del processo: per promuovere l'ottenimento dei risultati attraverso il metodo di coordinamento aperto, nonché l'appropriazione del metodo a livello sia nazionale che dell'UE, gli Stati membri e la Commissione collaboreranno strettamente per orientare, portare avanti e valutare il processo e i suoi risultati. In questo contesto si dovrebbe operare in base agli indicatori esistenti che si applicano alla situazione dei giovani in settori quali l'istruzione, l'occupazione, la salute, l'inclusione sociale e si dovrebbero proporre, ove opportuno, eventuali nuovi indicatori da sottoporre all'esame del Consiglio; f) consultazioni e dialogo strutturato con i giovani e organizzazioni giovanili: occorre proseguire e sviluppare il dialogo strutturato con i giovani e le organizzazioni giovanili: si tratta infatti di una sede di riflessione comune permanente sulle priorità, l'attuazione e la valutazione della cooperazione europea in materia di gioventù. I temi dovrebbero essere conformi agli obiettivi globali della cooperazione europea in materia di gioventù e alle priorità di ciascun ciclo di lavoro. Ai fini della continuità e del follow-up, occorre stabilire per ciascun ciclo di dialogo obiettivi chiari e procedure realistiche. Il dialogo dovrebbe essere quanto più inclusivo possibile, andrebbe sviluppato a livello locale, regionale, nazionale e dell'UE e dovrebbe includere i ricercatori nel settore della gioventù e le persone che sono attive nell'animazione socioeducativa. Occorre sostenere il dialogo strutturato con i giovani e con le organizzazioni giovanili anche in altri settori politici. L'attuazione del dialogo strutturato è ulteriormente definita nell'allegato III; g) mobilitazione dei programmi e fondi dell'UE: si dovrebbero sfruttare adeguatamente i fondi dell'UE a disposizione, come i fondi strutturali, e i programmi pertinenti, ad esempio i programmi Gioventù in azione, Apprendimento permanente, Cultura, Progresso, Media, Erasmus giovani imprenditori, Competitività e innovazione nonché i pertinenti fondi e programmi dell'UE nei settori delle relazioni esterne e della cooperazione allo sviluppo. 4. In ciascun ciclo triennale si dovrebbero, per quanto possibile, sfruttare gli strumenti ai fini delle priorità. 5. A titolo di tale quadro di cooperazione occorre considerare il sostegno all'animazione socioeducativa e la sua promozione come questioni trasversali. L'animazione socioeducativa è un termine di ampia portata che copre una vasta gamma di attività di natura sociale, culturale, legate all'istruzione o alla politica svolte dai giovani, con i giovani e per i giovani. Sempre di più, tali attività comprendono lo sport e i servizi per i giovani. L'animazione socioeducativa appartiene al settore dell'educazione extrascolastica, comprende specifiche attività ricreative organizzate da professionisti o da operatori ed animatori socioeducativi volontari e si basa su processi di apprendimento non formale e sulla partecipazione volontaria. In questo quadro di cooperazione si dovrebbero esaminare e discutere ulteriormente i modi in cui l'animazione socioeducativa può concorrere al conseguimento degli obiettivi generali individuati sopra e si dovrebbe vagliare come la si possa sostenere e se ne possa riconoscere il valore aggiunto per il contributo economico e sociale. Tra le questioni da discutere vi sono: una formazione appropriata per gli operatori e gli animatori socioeducativi, il riconoscimento delle loro competenze mediante gli strumenti europei appropriati, il sostegno alla loro mobilità e la promozione di servizi e impostazioni innovativi per il loro lavoro. 6. Il Consiglio può rivedere il quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù e può apportargli gli adeguamenti necessari alla luce di eventuali nuovi sviluppi importanti in Europa, in particolare alla luce delle decisioni prese sulla strategia di Lisbona per il periodo successivo al 2010. INVITA PERTANTO GLI STATI MEMBRI a: 1. Collaborare, con il sostegno della Commissione e avvalendosi del metodo di coordinamento aperto delineato nella presente risoluzione, per rafforzare la cooperazione europea in materia di gioventù nel periodo fino al 2018 in base agli obiettivi generali, ai settori d'intervento, all'approccio duplice, ai principi e agli strumenti di attuazione illustrati sopra, nonché alle priorità convenute per ciascun ciclo di lavoro. 2. Adottare a livello nazionale, in funzione delle priorità nazionali, misure che contribuiscano al conseguimento degli obiettivi generali delineati nel quadro rinnovato e valutare se, nell'elaborare politiche nazionali in materia di gioventù e in altri settori politici correlati, si possa trarre ispirazione dall'apprendimento reciproco a livello UE, INVITA LA COMMISSIONE a: 1. Collaborare con gli Stati membri e sostenerli, durante il periodo fino al 2018, nella cooperazione a titolo del presente quadro in base agli obiettivi generali, ai settori d'intervento, all'approccio duplice, ai principi e agli strumenti di attuazione illustrati sopra, nonché alle priorità convenute per ciascun ciclo di lavoro. 2. Esaminare, in particolare attraverso la relazione dell'UE sulla gioventù, il grado di realizzazione degli obiettivi generali del presente quadro. In questo contesto s'invita la Commissione a istituire un gruppo di lavoro che discuta, in consultazione con i pertinenti settori politici, dei dati disponibili sulla situazione dei giovani e dell'eventuale necessità di elaborare indicatori in settori in cui non ne esistono o in cui non sia visibile alcuna dimensione giovanile. I risultati di questi lavori e le proposte di potenziali nuovi indicatori dovrebbero essere sottoposti all'esame del Consiglio entro dicembre 2010. 3. Proporre un quadro flessibile per attività di apprendimento tra pari e avviare studi utili per gli obiettivi e le priorità generali, come pure riferire regolarmente al Consiglio su questa gamma di attività. 4. Elaborare nel 2017, in associazione con gli Stati membri, una relazione finale di valutazione che copra questo quadro di cooperazione. Il Consiglio dovrebbe discutere la relazione di valutazione finale nel 2018. (1) GU C 168 del 13.7.2002, pag. 2. (2) 7619/1/05. (3) 11517/08. (4) 9169/09. (5) 9008/09. (6) 9008/09 ADD 4. (7) 7619/05: Allegato I delle conclusioni del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005. (8) Andrebbe garantito a tutti gli Stati membri il diritto di partecipare a tali lavori. ALLEGATO I OBIETTIVI PER I GIOVANI E POSSIBILI INIZIATIVE DEGLI STATI MEMBRI E DELLA COMMISSIONE Molti dei settori d'intervento elencati nel punto 2 della precedente parte «CONVIENE PERTANTO quanto segue» e precisati qui di seguito hanno chiaramente obiettivi generali e priorità propri, sono illustrati in strategie e quadri di cooperazione separati e affrontati nei rispettivi metodi di coordinamento aperti. Occorre tuttavia adoperarsi affinché la dimensione giovanile continui ad essere tenuta adeguatamente presente in ciascun settore In quest'ottica il presente allegato propone sia una serie di iniziative da attuare in tutti i settori (parte A) sia una serie di obiettivi specifici ai giovani (parte B) tesi a precisare la dimensione giovanile in ciascuno dei settori d'intervento elencati, corredate di un elenco non completo di possibili iniziative che gli Stati membri e/o la Commissione possono lanciare nella rispettiva sfera di competenza, fatto salvo il principio di sussidiarietà. a) Iniziative generali In tutti i settori d'intervento individuati si dovrebbero prendere in considerazione le iniziative generali seguenti: — sviluppare e rafforzare la cooperazione fra i responsabili politici nei rispettivi settori d'intervento e i responsabili delle politiche giovanili, fra l'altro mediante un dialogo rafforzato e la condivisione di conoscenze ed esperienze, — promuovere e sostenere il coinvolgimento e la partecipazione dei giovani e delle organizzazioni giovanili nell'elaborazione, attuazione e valutazione delle politiche, — offrire servizi di orientamento e di consulenza di qualità, — migliorare l'accesso ad informazioni di qualità per i giovani e divulgare le informazioni attraverso tutti i canali possibili a livello locale, regionale e nazionale oltre che tramite organizzazioni a livello europeo come Eurodesk, ERYICA e EYCA e altre reti europee, — rafforzare la cooperazione con le autorità regionali e locali, — sostenere il miglioramento delle conoscenze sulla situazione dei giovani, ad esempio sostenendo la ricerca in materia, le reti di ricerca, gli studi specifici, ecc., — sostenere lo sviluppo dell'animazione socioeducativa e riconoscerne il valore, — sfruttare efficacemente tutti i fondi e programmi dell'UE a disposizione e facilitarne l'accesso ai giovani, — sostenere l'elaborazione di programmi e progetti sperimentali per provare idee nuove e innovative e scambiare buone prassi, — riconoscere il valore della cooperazione bilaterale e multilaterale per la cooperazione europea in materia di politiche giovanili, — includere, se del caso, una dimensione di politica per l'infanzia, tenendo presente i suoi diritti, la sua protezione e il fatto che la vita e le prospettive future dei giovani sono determinate in larga misura dalle opportunità, dal sostegno e dalla protezione ricevuti durante l'infanzia. b) Obiettivi per i giovani e possibili iniziative in ciascun settore d'intervento ISTRUZIONE E FORMAZIONE Obiettivo: sostenere il pari accesso dei giovani ad un'istruzione e formazione di qualità a tutti i livelli, nonché a possibilità di apprendimento permanente. Promuovere e riconoscere l'apprendimento non formale per i giovani a complemento dell'istruzione formale e migliorare i collegamenti fra le due tipologie. Agevolare e sostenere i giovani nella transizione dall'istruzione/formazione al mercato del lavoro e ridurre la dispersione scolastica. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Sostenere lo sviluppo dell'animazione socioeducativa e altre possibilità di apprendimento non formale come uno strumento tra gli altri per lottare contro la dispersione scolastica — Sfruttare pienamente l'insieme degli strumenti disponibili a livello dell'UE per la trasparenza e la validazione delle competenze e il riconoscimento delle qualifiche (1) — Promuovere la mobilità di tutti i giovani nel quadro delle loro attività di apprendimento — Lottare contro gli stereotipi di genere e altri stereotipi mediante l'istruzione formale e l'apprendimento non formale — Ricorrere all'istruzione formale e all'apprendimento non formale per promuovere la coesione e la conoscenza tra i diversi gruppi, promuovere pari opportunità e ridurre il divario tra i risultati conseguiti — Sviluppare le strutture partecipative nel sistema educativo e la cooperazione tra le scuole, le famiglie e le comunità locali — Stimolare l'istruzione formale e l'apprendimento non formale a sostegno dell'innovazione, della creatività e dell'imprenditorialità dei giovani — Sensibilizzare un pubblico più ampio all'importanza dei risultati dell'apprendimento non formale La Commissione svilupperà ulteriormente l'Europass in quanto strumento europeo per la trasparenza delle competenze, inclusi gli strumenti per l'autovalutazione delle competenze e la registrazione delle competenze da parte di terzi, quali le organizzazioni promotrici di Europass-Mobility. OCCUPAZIONE E IMPRENDITORIALITÀ Obiettivo: sostenere l'integrazione dei giovani, come dipendenti o come imprenditori, nel mercato del lavoro. Agevolare e sostenere la transizione dall'istruzione/formazione o dalla disoccupazione/inattività al mercato del lavoro. Migliorare le possibilità di conciliare vita professionale e vita familiare. Nel contesto della strategia di Lisbona per il periodo successivo al 2010, occorre garantire una dimensione giovanile e proseguire le attività svolte conformemente agli obiettivi generali del Patto europeo per la gioventù. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Investire maggiormente e meglio nella formazione dei giovani al fine di dotarli delle competenze adatte a soddisfare la domanda del mercato del lavoro; a breve termine, equilibrare meglio le competenze offerte e le esigenze del mercato del lavoro e, a lungo termine, prevedere meglio le competenze necessarie — Tener presente la situazione specifica dei giovani nell'elaborazione delle strategie di flessicurezza — Incoraggiare per i giovani le aperture professionali e di formazione professionale al di là delle frontiere nazionali — Definire misure a breve termine nei piani di rilancio per promuovere l'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, nonché misure strutturali che tengano conto dei giovani — Sviluppare servizi d'orientamento e di consulenza professionale — Ridurre gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'UE — Promuovere tirocini e periodi di apprendistato di qualità per facilitare l'ingresso e l'avanzamento nel mercato del lavoro — Migliorare le strutture di custodia dei bambini e promuovere la corresponsabilità dei partner al fine di facilitare la conciliazione fra vita professionale e vita privata dei giovani, sia donne che uomini — Sostenere l'imprenditorialità dei giovani tra l'altro mediante la formazione all'imprenditorialità, il sostegno ai fondi di assistenza all'avvio di imprese e programmi di tutoraggio, e incoraggiare il riconoscimento delle imprese create dagli studenti («junior enterprise») — Sostenere lo sviluppo di strutture e reti europee al fine di promuovere l'imprenditorialità giovanile — Promuovere l'imprenditorialità nel settore dello sviluppo sostenibile SALUTE E BENESSERE Obiettivo: sostenere la salute e il benessere dei giovani, soprattutto promuovendo la salute psichica e sessuale, l'attività sportiva, l'attività fisica e stili di vita sani, nonché la prevenzione e il trattamento delle lesioni, dei disturbi alimentari, delle dipendenze e dell'abuso di sostanze nocive. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Dare seguito alla risoluzione del Consiglio relativa alla salute e al benessere dei giovani (2) e incoraggiare la buona condizione fisica e l'attività fisica seguendo le linee d'azione raccomandate dall'UE in materia di attività fisica (3) — Nelle attività volte a promuovere la salute e il benessere dei giovani occorre tener conto del fatto che la salute è uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l'assenza di malattia o infermità — Incoraggiare uno stile di vita sano nei giovani mediante l'educazione fisica, l'educazione alimentare, l'attività fisica e la collaborazione tra scuole, operatori socioeducativi, professionisti della salute e organizzazioni sportive — Sottolineare il ruolo svolto dallo sport in quanto attività che favorisce il lavoro di gruppo, l'apprendimento interculturale, la parità di condizioni e il senso di responsabilità — Migliorare la conoscenza e la consapevolezza degli operatori ed animatori socioeducativi nei confronti delle questioni sanitarie — Mobilitare tutte le parti interessate a livello locale per individuare i giovani a rischio e aiutarli e, se necessario, indirizzarli verso altri servizi — Incoraggiare l'educazione alla salute tra pari — Promuovere la protezione dei bambini e dei giovani, soprattutto per quanto riguarda le competenze in materia di nuovi mezzi di comunicazione, e tutelarli da determinati pericoli derivanti dall'uso di nuovi media, riconoscendo anche nel contempo i vantaggi e le opportunità che i nuovi media possono offrire ai giovani, ad esempio dando seguito alle conclusioni del Consiglio, del 21 maggio 2008 e del 27 novembre 2009, relative all'alfabetizzazione mediatica nell'ambiente digitale — Facilitare l'accesso alle strutture sanitarie esistenti rendendole più accoglienti PARTECIPAZIONE Obiettivo: Sostenere la partecipazione dei giovani alla democrazia rappresentativa e alla società civile a tutti i livelli e nella società in generale. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Sviluppare meccanismi di dialogo con i giovani e la partecipazione dei giovani all'elaborazione delle politiche nazionali in materia di gioventù — Favorire l'uso di orientamenti già disponibili, o il loro sviluppo, in materia di partecipazione, di informazione e di consultazione dei giovani al fine di garantire la qualità di queste attività — Sostenere sul piano politico e finanziario, le organizzazioni giovanili e i consigli locali e nazionali della gioventù e promuovere il riconoscimento dell'importante ruolo che essi svolgono in democrazia — Promuovere la partecipazione di un numero maggiore di giovani di provenienza diversa alla democrazia rappresentativa, alle organizzazioni giovanili e ad altre organizzazioni della società civile — Fare un uso efficace delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per ampliare e approfondire la partecipazione dei giovani — Sostenere varie forme di «apprendimento della partecipazione» sin dalla più tenera età, mediante l'istruzione formale e l'apprendimento non formale — Aumentare ulteriormente le occasioni di discussione tra le istituzioni pubbliche e i giovani La Commissione riesaminerà il Portale europeo della gioventù e incoraggerà le attività di sensibilizzazione dirette ai giovani. ATTIVITÀ DI VOLONTARIATO Obiettivo: Sostenere le attività di volontariato dei giovani riconoscendone maggiormente il valore in quanto forma importante di apprendimento non formale. Eliminare gli ostacoli alle attività di volontariato e promuovere la mobilità dei giovani al di là delle frontiere nazionali. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Promuovere il riconoscimento delle competenze acquisite grazie ad attività di volontariato, mediante strumenti come l'Europass e lo Youthpass e gli strumenti finanziati dagli Stati membri — Attuare la raccomandazione del Consiglio relativa alla mobilità dei giovani volontari in Europa (4) — Sensibilizzare al valore del volontariato anche attraverso processi tra pari — Promuovere la tutela dei giovani volontari e la qualità nel volontariato — Coinvolgere i giovani e le organizzazioni giovanili nella pianificazione, definizione e valutazione del futuro Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011) — Promuovere la solidarietà intergenerazionale attraverso il volontariato INCLUSIONE SOCIALE Obiettivo: Prevenire l'esclusione sociale e la povertà dei giovani ed impedirne la trasmissione da una generazione all'altra e rafforzare la reciproca solidarietà tra la società e i giovani. Promuovere pari opportunità per tutti e combattere la discriminazione in qualsiasi forma. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Sfruttare pienamente le possibilità offerte dall'animazione socioeducativa e dai centri giovanili come strumento di inclusione — Impostare ad un approccio trasversale le iniziative per migliorare la solidarietà e la coesione comunitaria e ridurre l'esclusione sociale dei giovani, affrontando ad esempio le interconnessioni tra l'istruzione giovanile, l'occupazione e l'inclusione sociale dei giovani — Sostenere la sensibilizzazione di tutti i giovani alla dimensione interculturale, rafforzare le competenze interculturali e combattere i pregiudizi — Sostenere le attività di informazione e istruzione dei giovani per quanto attiene ai loro diritti — Affrontare il problema dei senzatetto, degli alloggi in generale e dell'esclusione finanziaria — Promuovere l'accesso a servizi di qualità, ad esempio i trasporti, l'inclusione digitale, la salute e i servizi sociali — Promuovere strutture di sostegno specifiche per le giovani famiglie — Coinvolgere i giovani e le organizzazioni giovanili nella pianificazione, definizione e valutazione dell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale (2010) I GIOVANI NEL MONDO Obiettivo: Sostenere la partecipazione e il contributo dei giovani ai processi globali di elaborazione, attuazione e valutazione delle politiche (su temi come i cambiamenti climatici, gli obiettivi di sviluppo del millennio dell'ONU, i diritti umani, ecc.), nonché la cooperazione dei giovani con le regioni extraeuropee. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Sensibilizzare i giovani ai temi globali come lo sviluppo sostenibile e i diritti umani — Offrire ai giovani opportunità per scambiare opinioni con i responsabili delle politiche su temi globali (ad esempio tramite la partecipazione a riunioni internazionali, piattaforme/forum virtuali ecc.) — Incoraggiare la comprensione reciproca tra i giovani di tutto il mondo mediante il dialogo e il ricorso ad azioni di sostegno come corsi di formazione professionale, scambi e riunioni — Incoraggiare i giovani a partecipare al volontariato naturalistico nonché a modi di consumo e di produzione più ecologici (riciclaggio, risparmio energetico, veicoli ibridi, ecc.) — Promuovere le opportunità imprenditoriali, occupazionali, educative e di volontariato in ambito extraeuropeo — Promuovere la cooperazione con le persone che sono attive nell'animazione socioeducativa di diversi continenti, nonché gli scambi fra le stesse — Incoraggiare i giovani a partecipare ad attività di cooperazione allo sviluppo nel loro paese di residenza o all'estero CREATIVITÀ E CULTURA Obiettivo: Sostenere la creatività e la capacità d'innovazione dei giovani mediante un migliore accesso e migliore partecipazione alla cultura e alle espressioni culturali fin dall'infanzia, promuovendo così lo sviluppo personale e rafforzando le capacità d'apprendimento, le competenze interculturali, la comprensione e il rispetto della diversità culturale e lo sviluppo di competenze nuove e flessibili funzionali a futuri sbocchi professionali. Iniziative degli Stati membri e della Commissione nella rispettiva sfera di competenza — Sostenere lo sviluppo della creatività tra i giovani dando seguito alle conclusioni del Consiglio sulla promozione di una generazione creativa: Sviluppare la creatività e la capacità d'innovazione dei bambini e dei giovani mediante l'espressione culturale e un accesso più diffuso alla cultura (5) — Ampliare l'accesso di qualità alla cultura e agli strumenti creativi, in particolare quelli che implicano l'utilizzo di nuove tecnologie, e aumentare le occasioni per i giovani di vivere la cultura e di esprimere e sviluppare la loro creatività in ambito scolastico o extrascolastico — Facilitare l'accesso alle nuove tecnologie in modo da dare alla creatività e alla capacità d'innovazione dei giovani la possibilità di esprimersi e risvegliare l'interesse per la cultura, le arti e le scienze — Garantire l'accesso ad ambienti in cui i giovani possano sviluppare la loro creatività e i loro interessi trascorrendovi proficuamente il tempo libero — Facilitare sinergie a lungo termine tra politiche e programmi nel campo della cultura, dell'istruzione, della salute, dell'inclusione sociale, dei media, dell'occupazione e della gioventù al fine di promuovere la creatività e la capacità d'innovazione dei giovani — Promuovere corsi di formazione specializzati per gli operatori socioeducativi in materia di cultura, nuovi mezzi di comunicazione e competenze interculturali — Promuovere partenariati tra il settore della cultura e i settori creativi, le organizzazioni giovanili e gli operatori socioeducativi — Facilitare e sostenere lo sviluppo del talento e delle capacità imprenditoriali dei giovani al fine di potenziarne l'occupabilità e le opportunità lavorative future — Promuovere la conoscenza dei giovani della cultura e del patrimonio culturale degli Stati membri dell'UE, ricorrendo anche alle nuove tecnologie (1) Trasparenza e validazione delle competenze sono garantite da strumenti come l'Europass, il CEC o l'ECVET, il riconoscimento delle qualifiche dalla direttiva 2005/36/CE. (2) GU C 319 del 13.12.2008, pag. 1. (3) Azioni politiche raccomandate nel quadro del sostegno di un'attività fisica favorevole alla salute, 2008. (4) GU C 319 del 13.12.2008, pag. 8. (5) 14453/09. ALLEGATO II PRIORITA' DELLA COOPERAZIONE EUROPEA IN MATERIA DI GIOVENTU' PER IL PERIODO COMPRESO TRA IL 1o GENNAIO 2010 E IL 30 GIUGNO 2011 Priorità generale — Occupazione giovanile La priorità tematica generale della cooperazione europea in materia di gioventù per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2010 e 30 giugno 2011 sarà l'occupazione giovanile. In questi 18 mesi, la tematica verrà discussa nel quadro del dialogo strutturato. Priorità specifiche dovrebbero, in tutto o in parte, contribuire alla priorità tematica generale. 1o gennaio 2010-30 giugno 2010 — Inclusione sociale Nella prima metà del 2010 saranno evidenziati i seguenti punti: — Rafforzamento del Patto europeo per la gioventù nel contesto della strategia di Lisbona per il periodo successivo al 2010 — Inclusione sociale dei giovani con minori opportunità — Il ruolo delle autorità locali e regioni nella politica giovanile — Cooperazione con i paesi dell'America latina 1o luglio 2010-30 dicembre 2010 — Animazione socioeducativa Nella seconda metà del 2010 saranno evidenziati i seguenti punti: — Animazione socioeducativa e accessibilità all'animazione e alle attività socioeducative per i bambini e i giovani più poveri — Accesso dei giovani alla cultura 1o gennaio 2011-30 giugno 2011 — Partecipazione Nella prima metà del 2011 saranno evidenziati i seguenti punti: — Cittadinanza e partecipazione dei giovani, con particolare attenzione alla partecipazione sociale, economica, culturale e politica e ai diritti umani — Attività di volontariato dei giovani e loro contributo allo sviluppo delle comunità locali ALLEGATO III ATTUAZIONE DEL DIALOGO STRUTTURATO I principi guida generali del dialogo strutturato con i giovani e le loro organizzazioni sono definiti al punto 3 iii), lettera f) della parte introdotta da «CONVIENE INOLTRE quanto segue». Nel presente allegato, è ulteriormente sviluppata l'attuazione del dialogo strutturato a livello nazionale e di UE. Il dialogo strutturato dovrebbe basarsi su cicli di lavoro di 18 mesi, ciascuno incentrato su una tematica generale corrispondente alle priorità generali della cooperazione europea per il periodo di 18 mesi in questione. Per il suo mandato, ciascuna presidenza può inoltre scegliere una tematica prioritaria specifica, connessa alla tematica generale. Il dialogo strutturato dovrebbe includere consultazioni con i giovani e le relative organizzazioni a tutti i livelli negli Stati membri, nonché in occasione delle conferenze sulla gioventù organizzate a livello dell'UE dai paesi di presidenza e durante la settimana europea della gioventù. Allo scopo di migliorare l'attuazione del dialogo strutturato, nell'ambito delle rispettive competenze e tenendo debitamente conto del principio di sussidiarietà: — Si invita la Commissione a convocare un comitato direttivo europeo per ciascun periodo di 18 mesi composto tra l'altro da rappresentanti dei ministeri della gioventù dei paesi del trio di presidenza, dei consigli nazionali della gioventù e delle agenzie nazionali per la gioventù nel programma d'azione, nonché da rappresentanti della Commissione europea e del Forum europeo della gioventù. In caso saranno consultati ricercatori nel settore della gioventù e operatori socioeducativi. Il comitato direttivo europeo assicura il coordinamento generale del dialogo strutturato. Creerà una struttura di sostegno composta di formatori e mediatori di apprendimento che possano offrire supporto metodologico e continuità all'organizzazione del dialogo strutturato a livello di UE. — Si invitano gli Stati membri ad appoggiare la creazione di un piccolo gruppo di lavoro nazionale. Detto gruppo può, in caso, usare le strutture esistenti ed essere composto, tra l'altro, da rappresentanti dei ministeri della gioventù, consigli nazionali della gioventù, consigli locali e regionali della gioventù, organizzazioni giovanili, persone impegnate in attività socioeducative, giovani di diverse provenienze e ricercatori nel settore della gioventù. Si incoraggiano gli Stati membri, ogniqualvolta sia possibile, a dare un ruolo di primo piano ai consigli nazionali della gioventù in detti gruppi. I gruppi nazionali avrebbero il compito di assicurare il processo partecipativo negli Stati membri. — Si invitano Commissione e Stati membri, con la collaborazione di tutte le parti interessate, a seguire costantemente il dialogo strutturato, nonché a raccogliere e divulgare buone prassi.
La cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018) QUAL È LO SCOPO DELLA RISOLUZIONE? La risoluzione definisce un quadro rinnovato di cooperazione tra Stati membri in materia di gioventù per il periodo 2010-2018. Fa seguito a un primo quadro adottato nel 2002 per il periodo 2002-2009. PUNTI CHIAVE L’obiettivo principale di questo quadro rinnovato o Strategia dell’UE per la gioventù è quello di migliorare l’efficienza della cooperazione e delle azioni già messe in atto e offrire maggiori benefici ai giovani dell’UE.Questa strategia ha principalmente due obiettivi:offrire maggiori e pari opportunità ai giovani nell’istruzione e nel mercato del lavoro; incoraggiare i giovani a partecipare attivamente alla società. Tali obiettivi devono essere raggiunti promuovendo il dialogo tra i giovani e i responsabili politici, al fine di accrescere la cittadinanza attiva, favorire l’integrazione sociale e garantire l’inclusione dei giovani nell’elaborazione delle politiche dell’UE. A tal fine si incoraggiano iniziative specifiche rivolte ai giovani e iniziative d’integrazione in otto campi specifici:istruzione e formazione; occupazione e imprenditorialità; salute e benessere; partecipazione dei giovani nel processo democratico dell’UE e nella società, nel contesto di uno specifico dialogo strutturato dell’UE; attività di volontariato; inclusione sociale; i giovani nel mondo con azioni volte ad aiutare i giovani a impegnarsi al di fuori dell’UE o a essere più coinvolti in settori quali il cambiamento climatico, la cooperazione internazionale e i diritti umani; creatività e cultura. Ruolo dei paesi dell’UE e della CommissioneLa Commissione europea e i paesi dell’UE sono chiamati ad adottare misure che contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi della strategia per la gioventù. Le azioni in questi campi devono essere applicate attraverso un metodo di coordinamento aperto. che richiede un impegno politico da parte dei paesi dell’UE e metodi di lavoro specifici.I principali strumenti di attuazione della strategia dell’UE per la gioventù sono:l’apprendimento reciproco tra i paesi dell’Unione europea, un’attenzione ai dati certi, il monitoraggio e la stesura di relazioni, il dialogo con i giovani e la mobilitazione di programmi comunitari come il programma Erasmus+. La strategia europea per la gioventù incoraggia anche una debita considerazione delle questioni giovanili in altri settori che incidono sulla vita dei giovani: l’occupazione giovanile (compreso il programma Garanzia per i giovani) e l’inclusione sociale (piattaforma dell’UE contro la povertà e l’emarginazione). CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Portale per i giovani (Commissione europea) Strategia dell’UE per la gioventù (Commissione europea) Relazione europea sulla gioventù (Commissione europea) DOCUMENTO PRINCIPALE Risoluzione del Consiglio, del 27 novembre 2009, su un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018) (GU C 311, 19.12.2009, pagg. 1-11). DOCUMENTI COLLEGATI Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, su un piano di lavoro dell’Unione europea per la gioventù per il 2016-2018 (GU C 417 del 15.12.2015, pagg. 1-9) Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 20 maggio 2014 sulla panoramica del processo di dialogo strutturato, compresa l’inclusione sociale dei giovani (GU C 183 del 14.6.2014, pagg. 1-4)Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 20 maggio 2014 su un piano di lavoro dell’Unione europea per la gioventù per il 2014-2015 (GU C 183 del 14.6.2014, pagg. 5-11)
13,889
802
32015L0413
false
DIRETTIVA (UE) 2015/413 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 91, paragrafo 1, lettera c), vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il miglioramento della sicurezza stradale è un obiettivo primario della politica dei trasporti dell'Unione. L'Unione attua una politica tesa a migliorare la sicurezza stradale con l'obiettivo di ridurre il numero delle vittime, dei feriti e dei danni materiali. Un elemento importante di tale politica è l'applicazione coerente delle sanzioni per le infrazioni commesse nell'Unione che mettono in grave pericolo la sicurezza stradale. (2) Tuttavia, vista la mancanza di procedure adeguate e nonostante le possibilità esistenti nell'ambito della decisione 2008/615/GAI del Consiglio (3) e della decisione 2008/616/GAI del Consiglio (4) (in seguito «le decisioni di Prüm»), spesso le sanzioni pecuniarie previste per determinati tipi di infrazioni stradali non sono applicate se le infrazioni sono commesse con un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui l'infrazione è stata commessa. La presente direttiva mira ad assicurare che anche in tali casi sia garantita l'efficacia delle indagini relative alle infrazioni in materia di sicurezza stradale. (3) Nella comunicazione del 20 luglio 2010 dal titolo «Verso uno spazio europeo della sicurezza stradale: orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale», la Commissione ha sottolineato che l'applicazione della normativa stradale si conferma un elemento chiave per la creazione di condizioni favorevoli alla riduzione sostanziale del numero di morti e feriti. Nelle sue conclusioni del 2 dicembre 2010 in materia di sicurezza stradale, il Consiglio ha chiesto di esaminare la necessità di un maggior rigore nell'applicazione del codice della strada da parte degli Stati membri e, se del caso, a livello di Unione. Esso ha invitato la Commissione a esaminare le possibilità di armonizzare i codici della strada a livello dell'Unione, ove opportuno, e di adottare ulteriori misure volte ad agevolare l'applicazione transfrontaliera delle sanzioni per le infrazioni stradali, in particolare quelle connesse a incidenti stradali gravi. (4) Il 19 marzo 2008 la Commissione ha adottato una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio intesa ad agevolare l'applicazione transfrontaliera della normativa in materia di sicurezza stradale, sulla base dell'articolo 71, paragrafo 1, lettera c), inerente ai trasporti del trattato che istituisce la Comunità europea [ora articolo 91 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)]. La direttiva 2011/82/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) è stata tuttavia adottata sulla base dell'articolo 87, paragrafo 2, TFUE. La sentenza della Corte di giustizia del 6 maggio 2014 nella causa C-43/12 (6) ha annullato la direttiva 2011/82/UE, in quanto essa non poteva essere validamente adottata sulla base dell'articolo 87, paragrafo 2, TFUE. La sentenza ha disposto il mantenimento degli effetti della direttiva 2011/82/UE fino all'entrata in vigore di una nuova direttiva basata sull'articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE entro un periodo di tempo ragionevole — che non deve superare 12 mesi dalla data di pronuncia della sentenza. È opportuno pertanto adottare una nuova direttiva sulla base di detto articolo. (5) È opportuno incoraggiare una maggiore convergenza delle misure di controllo tra gli Stati membri e, a tale proposito, la Commissione dovrebbe valutare la necessità di definire norme comuni per le apparecchiature automatiche di controllo per la sicurezza stradale. (6) È opportuno sensibilizzare i cittadini dell'Unione in merito alle normative in materia di sicurezza stradale in vigore nei vari Stati membri e in merito all'attuazione della presente direttiva, in particolare attraverso appropriate misure volte a garantire la diffusione di informazioni sufficienti sulle conseguenze del mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza stradale quando si viaggia in un Stato membro diverso dallo Stato membro d'immatricolazione. (7) Per migliorare la sicurezza stradale in tutta l'Unione e assicurare pari condizioni di trattamento ai conducenti, in particolare ai trasgressori residenti e non residenti, è opportuno che l'applicazione delle sanzioni sia facilitata indipendentemente dallo Stato membro di immatricolazione del veicolo. A tal fine, si dovrebbe utilizzare un sistema di scambio transfrontaliero di informazioni per talune specifiche infrazioni in materia di sicurezza stradale, a prescindere dalla loro natura civile o penale ai sensi del diritto dello Stato membro interessato, che consenta allo Stato membro in cui è stata commessa l'infrazione di accedere ai dati di immatricolazione dei veicoli dello Stato membro d'immatricolazione. (8) Uno scambio transfrontaliero più efficace dei dati di immatricolazione dei veicoli, che semplifichi l'identificazione delle persone sospettate di aver commesso un'infrazione in materia di sicurezza stradale, potrebbe accrescere l'effetto deterrente e indurre alla prudenza il conducente di un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro dell'infrazione, permettendo di ridurre in tal modo il numero di vittime dovute agli incidenti stradali. (9) Le infrazioni in materia di sicurezza stradale contemplate dalla presente direttiva non sono soggette a un trattamento uniforme negli Stati membri. Alcuni Stati membri le qualificano, nel diritto nazionale, come illeciti «amministrativi», mentre altri come illeciti «penali». La presente direttiva dovrebbe applicarsi indipendentemente dalla qualifica di tali infrazioni ai sensi del diritto nazionale. (10) Gli Stati membri dovrebbero concedersi reciprocamente il diritto di accesso ai rispettivi dati di immatricolazione dei veicoli per migliorare lo scambio di informazioni e per rendere più rapide le procedure in vigore. A tal fine, nella presente direttiva dovrebbero essere incluse, per quanto possibile, le disposizioni relative alle specifiche tecniche e alla disponibilità dello scambio automatizzato di dati contenute nelle decisioni di Prüm. (11) La decisione 2008/616/GAI specifica le caratteristiche di sicurezza delle applicazioni software esistenti e i relativi requisiti tecnici per lo scambio dei dati di immatricolazione dei veicoli. Fatta salva l'applicabilità generale della suddetta decisione, tali caratteristiche di sicurezza e requisiti tecnici dovrebbero, per motivi di efficienza regolamentare e pratica, essere utilizzati ai fini della presente direttiva. (12) Le applicazioni informatiche esistenti dovrebbero costituire la base per lo scambio di dati a norma della presente direttiva e agevolare nel contempo la presentazione di relazioni alla Commissione da parte degli Stati membri. Tali applicazioni dovrebbero permettere lo scambio rapido, sicuro e riservato di particolari dati di immatricolazione dei veicoli tra gli Stati membri. È opportuno sfruttare l'applicazione informatica del sistema europeo d'informazione sui veicoli e le patenti di guida (Eucaris), che è obbligatoria per gli Stati membri a norma delle decisioni di Prüm per quanto riguarda i dati di immatricolazione dei veicoli. La Commissione dovrebbe valutare e redigere una relazione sul funzionamento delle applicazioni informatiche utilizzate ai fini della presente direttiva. (13) L'ambito d'applicazione di tali applicazioni informatiche dovrebbe essere limitato ai processi usati nello scambio di informazioni tra i punti di contatto nazionali negli Stati membri. Le procedure e i processi automatizzati nei quali le informazioni sono destinate a essere utilizzate esulano dall'ambito di tali applicazioni. (14) La strategia di gestione delle informazioni per la sicurezza interna dell'UE mira a trovare le soluzioni più semplici, più facilmente reperibili e vantaggiose in termini di costi per lo scambio di informazioni. (15) Gli Stati membri dovrebbero poter contattare il proprietario, l'intestatario del veicolo o la persona altrimenti identificata sospettata di aver commesso infrazioni in materia di sicurezza stradale per informare la persona interessata delle procedure applicabili e delle conseguenze giuridiche secondo il diritto dello Stato membro dell'infrazione. In tale contesto, gli Stati membri dovrebbero prevedere di inviare le informazioni relative alle infrazioni in materia di sicurezza stradale nella lingua dei documenti d'immatricolazione o nella lingua con maggiore probabilità compresa dalla persona interessata, onde assicurare che la persona in questione capisca chiaramente le informazioni a essa comunicate. Gli Stati membri dovrebbero applicare le procedure appropriate, atte a garantire che sia informato soltanto il diretto interessato e non terzi. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero utilizzare modalità di dettaglio analoghe a quelle adottate quando indagano su siffatte infrazioni, ivi compresi strumenti quali il plico raccomandato, se del caso. Tale persona potrà in tal modo reagire adeguatamente alla lettera d'informazione, in particolare chiedendo ulteriori informazioni, pagando la multa o esercitando i propri diritti della difesa, specialmente in caso di errore nell'identificazione. Ulteriori procedure sono contemplate dagli strumenti giuridici vigenti, fra cui gli strumenti di mutua assistenza e di reciproco riconoscimento, ad esempio la decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio (7). (16) Gli Stati membri dovrebbero fornire traduzioni equivalenti in relazione alla lettera d'informazione inviata dallo Stato membro dell'infrazione, come previsto dalla direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8). (17) Al fine di perseguire una politica di sicurezza stradale volta a un livello elevato di protezione per tutti gli utenti della strada nell'Unione e tenendo conto dell'estrema diversità delle situazioni all'interno di quest'ultima, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi, fatte salve politiche e normative più restrittive, per assicurare una maggiore convergenza dei codici della strada e della loro applicazione tra gli Stati membri. Nel quadro della sua relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva, la Commissione dovrebbe esaminare la necessità di definire norme comuni al fine di stabilire metodi, prassi e standard minimi comparabili a livello di Unione, tenendo conto della cooperazione internazionale e degli accordi esistenti in materia di sicurezza stradale, in particolare della Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale dell'8 novembre 1968. (18) Nella relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva da parte degli Stati membri la Commissione dovrebbe esaminare l'esigenza di criteri comuni per le procedure di follow-up applicate dagli Stati Membri in caso di mancato pagamento di una pena pecuniaria, conformemente alla legislazione e alle procedure degli Stati membri. In tale relazione la Commissione dovrebbe affrontare questioni quali le procedure tra le autorità competenti degli Stati membri per la trasmissione della decisione finale di irrogare una sanzione e/o una pena pecuniaria, nonché il riconoscimento e l'applicazione della decisione finale. (19) Nel preparare la revisione della presente direttiva, è opportuno che la Commissione consulti tutti i pertinenti soggetti interessati, quali le autorità o gli organismi competenti per l'applicazione della normativa in materia di circolazione stradale, le associazioni delle vittime e altre organizzazioni non governative operanti nel settore della sicurezza stradale. (20) Una più stretta cooperazione tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge dovrebbe andare di pari passo con il rispetto dei diritti fondamentali, in particolare il diritto al rispetto della riservatezza e alla protezione dei dati personali, garantito da disposizioni speciali relative alla protezione dei dati. Tali disposizioni dovrebbero tenere conto in particolare della natura specifica dell'accesso online transfrontaliero a banche dati. Occorre che le applicazioni informatiche da sviluppare consentano che lo scambio di informazioni avvenga in condizioni di sicurezza e garantiscano la riservatezza dei dati trasmessi. I dati raccolti a norma della presente direttiva non dovrebbero essere utilizzati per scopi diversi da quelli previsti dalla presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero rispettare gli obblighi relativi alle condizioni di utilizzo e di conservazione temporanea dei dati. (21) Il trattamento dei dati personali previsto dalla presente direttiva è appropriato per raggiungere i legittimi obiettivi da essa perseguiti in materia di sicurezza stradale, vale a dire garantire un elevato livello di protezione a tutti gli utenti della strada nell'Unione agevolando lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale e l'applicazione delle sanzioni e non va al di là di quanto è appropriato e necessario per raggiungere tali obiettivi. (22) I dati relativi all'identificazione di un trasgressore sono dati personali. La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9) dovrebbe applicarsi alle attività di trattamento svolte in applicazione della presente direttiva. Fatti salvi i requisiti procedurali previsti per le opposizioni e i ricorsi giurisdizionali degli Stati membri interessati, il soggetto interessato dovrebbe essere informato di conseguenza, al momento della notifica dell'infrazione, del diritto di accesso e del diritto di rettifica e di cancellazione dei dati personali, nonché del periodo massimo previsto per legge per la conservazione dei dati. In tale ambito, il soggetto interessato dovrebbe altresì avere il diritto di ottenere la rettifica dei dati personali inesatti o la cancellazione immediata dei dati registrati indebitamente. (23) Nell'ambito delle decisioni di Prüm, il trattamento dei dati di immatricolazione dei veicoli contenenti dati personali è soggetto alle disposizioni specifiche sulla protezione dei dati di cui alla decisione 2008/615/GAI. A tal fine, gli Stati membri hanno la possibilità di applicare tali disposizioni specifiche ai dati personali che sono trattati anche ai fini della presente direttiva, purché garantiscano che il trattamento dei dati relativi all'insieme delle infrazioni disciplinate dalla presente direttiva rispetti le disposizioni nazionali di attuazione della direttiva 95/46/CE. (24) I paesi terzi dovrebbero poter partecipare allo scambio di dati di immatricolazione dei veicoli, a condizione che abbiano concluso un accordo con l'Unione a tal fine. Tale accordo dovrebbe comprendere le necessarie disposizioni sulla protezione dei dati. (25) La presente direttiva difende i diritti e i principi fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, compresi il rispetto della vita privata e familiare, la protezione dei dati di carattere personale, il diritto a un giudice imparziale, la presunzione di innocenza e i diritti della difesa. (26) Al fine di conseguire l'obiettivo dello scambio di informazioni tra gli Stati membri attraverso mezzi interoperabili, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE, allo scopo di tenere conto delle pertinenti modifiche delle decisioni di Prüm o allorché previsto dagli atti giuridici dell'Unione direttamente attinenti all'aggiornamento dell'allegato I. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio. (27) La Commissione dovrebbe analizzare l'applicazione della presente direttiva nell'ottica di individuare ulteriori misure efficaci ed efficienti volte a migliorare la sicurezza stradale. Fatti salvi gli obblighi in materia di recepimento della presente direttiva, la Danimarca, l'Irlanda e il Regno Unito dovrebbero inoltre, se del caso, collaborare con la Commissione nello svolgimento di tale attività per assicurare relazioni tempestive e complete in materia. (28) Poiché, qualora l'infrazione sia commessa con un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui essa è stata commessa, l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire assicurare un elevato livello di protezione a tutti gli utenti della strada nell'Unione agevolando lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione in questione, può piuttosto essere conseguito meglio a livello dell'Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (29) Dato che la Danimarca, l'Irlanda e il Regno Unito non erano soggetti alla direttiva 2011/82/UE e non dovevano quindi recepirla, è opportuno concedere a tali Stati membri un periodo di tempo supplementare sufficiente per farlo. (30) Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato a norma dell'articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e ha espresso un parere il 3 ottobre 2014, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Obiettivo La presente direttiva mira ad assicurare un elevato livello di protezione a tutti gli utenti della strada nell'Unione agevolando lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale e l'applicazione di sanzioni, qualora tali infrazioni siano commesse con un veicolo immatricolato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui è stata commessa l'infrazione. Articolo 2 Ambito di applicazione La direttiva si applica alle seguenti infrazioni in materia di sicurezza stradale: a) eccesso di velocità; b) mancato uso della cintura di sicurezza; c) mancato arresto davanti a un semaforo rosso; d) guida in stato di ebbrezza; e) guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti; f) mancato uso del casco protettivo; g) circolazione su una corsia vietata; h) uso illecito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «veicolo», ogni veicolo azionato da un motore, compresi i motocicli, che è destinato normalmente al trasporto su strada di persone o di merci; b) «Stato membro dell'infrazione», lo Stato membro in cui l'infrazione è stata commessa; c) «Stato membro d'immatricolazione», lo Stato membro in cui è immatricolato il veicolo con cui l'infrazione è stata commessa; d) «eccesso di velocità», il superamento dei limiti di velocità in vigore nello Stato membro dell'infrazione per il tipo di strada o il tipo di veicolo in questione; e) «mancato uso della cintura di sicurezza», il mancato rispetto dell'obbligo di indossare la cintura di sicurezza o un dispositivo di ritenuta per bambini a norma della direttiva 91/671/CEE del Consiglio (11) e del diritto dello Stato membro dell'infrazione; f) «mancato arresto davanti a un semaforo rosso», il transito con semaforo rosso o con qualsiasi altro segnale pertinente di arresto, come definito nella legislazione dello Stato membro dell'infrazione; g) «guida in stato di ebbrezza», la guida in stato di alterazione dovuta all'alcol, come definita nella legislazione dello Stato membro dell'infrazione; h) «guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti», la guida in stato di alterazione per uso di sostanze stupefacenti o di altre sostanze con effetto analogo, come definita nella legislazione dello Stato membro dell'infrazione; i) «mancato uso del casco protettivo», il mancato rispetto dell'obbligo di indossare il casco protettivo, come definito nella legislazione dello Stato membro dell'infrazione; j) «circolazione su una corsia vietata», l'uso illecito di una corsia della strada, quale una corsia di emergenza, una corsia preferenziale per il trasporto pubblico o una corsia provvisoriamente chiusa per motivi di congestione o di lavori stradali, come definito nella legislazione dello Stato membro dell'infrazione; k) «uso illecito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida», l'uso illecito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida, come definito nel diritto dello Stato membro dell'infrazione; l) «punto di contatto nazionale», un'autorità competente designata per lo scambio dei dati di immatricolazione dei veicoli; m) «ricerca automatizzata», la procedura di accesso online per la consultazione delle banche dati di uno, più di uno o tutti gli Stati membri o i paesi partecipanti; n) «intestatario del veicolo», la persona a cui nome è immatricolato il veicolo, come definita nella legislazione dello Stato membro di immatricolazione. Articolo 4 Procedura per lo scambio di informazioni fra Stati membri 1. Per le indagini relative alle infrazioni in materia di sicurezza stradale di cui all'articolo 2, lo Stato membro autorizza i punti di contatto nazionali degli altri Stati membri di cui al paragrafo 2 del presente articolo ad accedere ai seguenti dati nazionali di immatricolazione dei veicoli con la facoltà di procedere a ricerche automatizzate sui: a) dati relativi ai veicoli; e b) dati relativi ai proprietari o agli intestatari del veicolo. Gli elementi dei dati di cui alle lettere a) e b) che sono necessari per procedere a una ricerca rispettano l'allegato I. 2. Ai fini dello scambio dei dati di cui al paragrafo 1, ogni Stato membro designa un punto di contatto nazionale. Le competenze dei punti di contatto nazionali sono disciplinate dal diritto applicabile dello Stato membro interessato. 3. Nel condurre una ricerca in forma di richiesta presentata il punto di contatto nazionale dello Stato membro dell'infrazione utilizza un numero completo di immatricolazione. Tali ricerche sono effettuate nel rispetto delle procedure descritte nel capo 3 dell'allegato della decisione 2008/616/GAI, a eccezione del punto 1 del capo 3 dell'allegato della decisione 2008/616/GAI, per il quale si applica l'allegato I della presente direttiva. Lo Stato membro dell'infrazione utilizza, a norma della presente direttiva, i dati ottenuti per stabilire la responsabilità personale per le infrazioni in materia di sicurezza stradale di cui all'articolo 2 della presente direttiva. 4. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che lo scambio di informazioni sia effettuato con mezzi elettronici interoperabili, senza scambio di dati provenienti da altre banche dati non utilizzati ai fini della presente direttiva. Gli Stati membri assicurano che tale scambio di informazioni avvenga in modo sicuro ed efficiente sotto il profilo dei costi. Gli Stati membri garantiscono la sicurezza e la protezione dei dati trasmessi, utilizzando per quanto possibile applicazioni informatiche esistenti, come quella indicata all'articolo 15 della decisione 2008/616/GAI e versioni modificate di tali applicazioni informatiche, conformemente all'allegato I della presente direttiva e al capo 3, punti 2 e 3, dell'allegato della decisione 2008/616/GAI. Le versioni modificate delle applicazioni informatiche prevedono tanto la modalità di scambio on-line in tempo reale quanto la modalità di scambio per gruppo, la quale consente lo scambio di richieste o risposte multiple in un unico messaggio. 5. Ciascuno Stato membro si fa carico delle spese da esso sostenute per la gestione, l'utilizzo e la manutenzione delle applicazioni informatiche di cui al paragrafo 4. Articolo 5 Lettera d'informazione sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale 1. Lo Stato membro dell'infrazione decide se avviare o meno procedimenti di follow-up relativamente alle infrazioni in materia di sicurezza stradale elencate all'articolo 2. Qualora lo Stato membro dell'infrazione decida di avviare siffatti procedimenti, esso ne informa di conseguenza, ai sensi del diritto nazionale, il proprietario, l'intestatario del veicolo o la persona altrimenti identificata sospettata di aver commesso l'infrazione in materia di sicurezza stradale. Tali informazioni comprendono, conformemente al diritto nazionale, le conseguenze giuridiche dell'infrazione nel territorio dello Stato membro dell'infrazione a norma del diritto di tale Stato membro. 2. Quando invia la lettera d'informazione al proprietario, all'intestatario del veicolo o alla persona altrimenti identificata sospettata di aver commesso l'infrazione in materia di sicurezza stradale, lo Stato membro dell'infrazione include, conformemente al proprio diritto, ogni informazione pertinente, in particolare la natura dell'infrazione in materia di sicurezza stradale, il luogo, la data e l'ora dell'infrazione, il titolo della normativa nazionale violata e la sanzione e, ove opportuno, i dati riguardanti il dispositivo usato per rilevare l'infrazione. A tal fine, lo Stato membro dell'infrazione può utilizzare il modello riportato nell'allegato II. 3. Lo Stato membro dell'infrazione che decida di avviare procedimenti di follow-up relativamente alle infrazioni in materia di sicurezza stradale elencate all'articolo 2 invia, al fine di assicurare il rispetto dei diritti fondamentali, la lettera d'informazione nella lingua del documento d'immatricolazione del veicolo, se disponibile, o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di immatricolazione. Articolo 6 Relazione degli Stati membri alla Commissione Ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione una relazione esaustiva entro il 6 maggio 2016 e in seguito ogni due anni. La relazione esaustiva indica il numero di consultazioni automatizzate effettuate dallo Stato membro dell'infrazione destinate al punto nazionale di contatto dello Stato membro di immatricolazione a seguito delle infrazioni commesse nel suo territorio, unitamente al tipo di infrazioni per cui sono state inviate le richieste e al numero di richieste fallite. La relazione esaustiva include altresì una descrizione della situazione a livello nazionale per quanto riguarda il seguito dato alle infrazioni in materia di sicurezza stradale, in base alla percentuale di tali infrazioni cui hanno fatto seguito lettere d'informazione. Articolo 7 Protezione dei dati 1. Le disposizioni in materia di protezione dei dati stabilite dalla direttiva 95/46/CE si applicano ai dati personali trattati nell'ambito della presente direttiva. 2. In particolare, ciascuno Stato membro garantisce che i dati personali trattati ai sensi della presente direttiva siano rettificati entro un periodo di tempo adeguato se inesatti o cancellati o bloccati allorché non più necessari, conformemente agli articoli 6 e 12 della direttiva 95/46/CE, e garantisce che sia stabilito un termine per la conservazione dei dati, conformemente all'articolo 6 di detta direttiva. Gli Stati membri garantiscono che tutti i dati personali trattati a norma della presente direttiva siano utilizzati unicamente ai fini dell'obiettivo stabilito all'articolo 1 della presente direttiva e che i soggetti interessati godano di diritti d'informazione, di accesso, di rettifica, cancellazione e blocco, di compensazione e di ricorso giurisdizionale identici a quelli previsti dal diritto nazionale in attuazione delle pertinenti disposizioni della direttiva 95/46/CE. 3. Qualunque soggetto interessato ha il diritto di ottenere informazioni in merito a quali dati personali registrati nello Stato membro d'immatricolazione sono stati trasmessi allo Stato membro dell'infrazione, tra cui la data della richiesta e l'autorità competente dello Stato membro dell'infrazione. Articolo 8 Informazioni destinate agli utenti della strada nell'Unione 1. La Commissione mette a disposizione sul proprio sito web una sintesi in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione delle norme vigenti negli Stati membri che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva. Gli Stati membri forniscono alla Commissione informazioni su tali norme. 2. Gli Stati membri forniscono agli utenti della strada le necessarie informazioni sulle norme vigenti sul loro territorio e sulle misure di attuazione della presente direttiva in collaborazione con, tra gli altri organismi, enti addetti alla sicurezza stradale, organizzazioni non governative operanti nel settore della sicurezza stradale e club automobilistici. Articolo 9 Atti delegati Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 10 che aggiornino l'allegato I alla luce del progresso tecnico, allo scopo di tener conto delle pertinenti modifiche delle decisioni di Prüm o allorché ciò sia previsto da atti giuridici dell'Unione direttamente attinenti all'aggiornamento dell'allegato I. Articolo 10 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 9 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 13 marzo 2015. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all'articolo 9 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e consulti esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare tali atti delegati. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 9 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 11 Revisione della direttiva Fatto salvo il disposto dell'articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, la Commissione presenta, entro il 7 novembre 2016, al Parlamento europeo e al Consiglio, una relazione sull'applicazione della presente direttiva da parte degli Stati membri. Nella relazione la Commissione si concentra in particolare e, se del caso, formula proposte volte a contemplare i seguenti aspetti: — una valutazione dell'eventuale necessità di aggiungere all'ambito di applicazione della presente direttiva altre infrazioni in materia di sicurezza stradale, — una valutazione dell'efficacia della presente direttiva sulla riduzione del numero di vittime della strada nell'Unione, — una valutazione della necessità di definire norme comuni per le apparecchiature e per le procedure automatiche di controllo. In tale contesto, la Commissione è invitata a elaborare a livello di Unione orientamenti in materia di sicurezza stradale nel quadro della politica comune dei trasporti, al fine di garantire una maggiore convergenza dell'applicazione della normativa stradale da parte degli Stati membri attraverso metodi e prassi comparabili. Tali orientamenti possono contemplare almeno le infrazioni elencate nell'articolo 2, lettere da a) a d), — una valutazione della necessità di rafforzare l'applicazione delle sanzioni relative alle infrazioni in materia di sicurezza stradale e proporre criteri comuni riguardo alle procedure di follow-up in caso di mancato pagamento di una pena pecuniaria, nel quadro di tutte le politiche dell'Unione in materia, tra cui la politica comune dei trasporti, — la possibilità di armonizzare i codici della strada, ove opportuno, — una valutazione delle applicazioni informatiche di cui all'articolo 4, paragrafo 4, al fine di garantire una corretta attuazione della presente direttiva nonché uno scambio efficiente, rapido, sicuro e riservato di particolari dati di immatricolazione dei veicoli. Articolo 12 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 maggio 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. In deroga al primo comma, il Regno di Danimarca, l'Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord possono posporre il termine di cui al primo comma fino al 6 maggio 2017. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il quarto giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 14 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) GU C 12 del 15.1.2015, pag. 115. (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Decisione 2008/615/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera (GU L 210 del 6.8.2008, pag. 1). (4) Decisione 2008/616/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, relativa all'attuazione della decisione 2008/615/GAI sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera (GU L 210 del 6.8.2008, pag. 12). (5) Direttiva 2011/82/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (GU L 288 del 5.11.2011, pag. 1). (6) Sentenza nella causa Commissione/Parlamento e Consiglio, C-43/12, UE:C:2014:298. (7) Decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie (GU L 76 del 22.3.2005, pag. 16). (8) Direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (GU L 280 del 26.10.2010, pag. 1). (9) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). (10) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). (11) Direttiva 91/671/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, relativa all'uso obbligatorio delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini nei veicoli (GU L 373 del 31.12.1991, pag. 26). ALLEGATO I Elementi dei dati necessari a effettuare la ricerca di cui all'articolo 4, paragrafo 1 Elemento O/F (1) Note Dati relativi al veicolo O Stato membro di immatricolazione O Numero di immatricolazione O [A (2)] Dati relativi all'infrazione O Stato membro dell'infrazione O Data di riferimento dell'infrazione O Ora di riferimento dell'infrazione O Scopo della consultazione O Codice del tipo di infrazione per le infrazioni elencate all'articolo 2 1) = eccesso di velocità 2) = guida in stato di ebbrezza 3) = mancato uso della cintura di sicurezza 4) = mancato arresto davanti a un semaforo rosso 5) = circolazione su una corsia vietata 10) = guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti 11) = mancato uso del casco protettivo 12) = uso illecito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida Elementi dei dati forniti in seguito alla ricerca effettuata a norma dell'articolo 4, paragrafo 1 Parte I. Dati relativi ai veicoli Elemento O/F (3) Note Numero di immatricolazione O Numero di telaio/VIN O Stato membro di immatricolazione O Marca O [D.1 (4)] ad es. Ford, Opel, Renault Modello commerciale del veicolo O (D.3) ad es. Focus, Astra, Megane Codice categoria UE O (J) ciclomotori, moto, auto ecc. Parte II. Dati relativi ai proprietari o agli intestatari dei veicoli Elemento O/F (5) Note Dati relativi agli intestatari del veicolo [C.1 (6)] I dati si riferiscono all'intestatario della carta di circolazione interessata. Cognome (ragione sociale) degli intestatari della carta di circolazione O (C.1.1) Si utilizzano campi separati per il cognome, i titoli ecc. e il nome è comunicato in un formato stampabile. Nome O (C.1.2) Si utilizzano campi separati per i nomi e le iniziali e il nome è comunicato in un formato stampabile. Indirizzo O (C.1.3) Si utilizzano campi separati per la via, il numero civico, il codice postale, il luogo di residenza, il paese di residenza ecc. e l'indirizzo è comunicato in un formato stampabile. Sesso F Maschio, femmina Data di nascita O Entità giuridica O Persona fisica, associazione, società, azienda ecc. Luogo di nascita F Numero di identificazione F Identificativo unico per la persona o la società. Dati relativi ai proprietari del veicolo (C.2) I dati si riferiscono al proprietario del veicolo. Cognome (ragione sociale) dei proprietari O (C.2.1) Nome O (C.2.2) Indirizzo O (C.2.3) Sesso F Maschio, femmina Data di nascita O Entità giuridica O Persona fisica, associazione, società, azienda ecc. Luogo di nascita F Numero di identificazione F Identificativo unico per la persona o la società. In caso di veicoli rottamati, di veicoli o numeri di targa rubati o di immatricolazioni scadute, non si forniscono informazioni sul proprietario/intestatario. Al loro posto, si trasmette il messaggio «Informazioni non comunicate». (1) O = obbligatorio quando disponibile nel registro nazionale; F = facoltativo. (2) Codice armonizzato, cfr. la direttiva 1999/37/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli (GU L 138 dell'1.6.1999, pag. 57). (3) O = obbligatorio quando disponibile nel registro nazionale; F = facoltativo. (4) Codice armonizzato, cfr. la direttiva 1999/37/CE. (5) O = obbligatorio quando disponibile nel registro nazionale; F = facoltativo. (6) Codice armonizzato, cfr. la direttiva 1999/37/CE. ALLEGATO II Testo di immagine MODELLO PER LA LETTERA D'INFORMAZIONE di cui all'articolo 5 [Copertina] [Nome, indirizzo e numero di telefono del mittente] [Nome e indirizzo del destinatario] LETTERA D'INFORMAZIONE riguardante un'infrazione in materia di sicurezza stradale commessa in [nome dello Stato membro dell'infrazione] Testo di immagine Pagina 2 Il un'infrazione in materia di sicurezza stradale commessa con il veicolo [data] con numero di immatricolazione marca modello è stata rilevata da [nome dell'organismo responsabile] [Opzione 1] (1) Lei è registrato come intestatario della carta di circolazione del veicolo summenzionato. [Opzione 2] (1) L'intestatario della carta di circolazione del veicolo summenzionato ha indicato che Lei stava guidando il veicolo quando l'infrazione in materia di sicurezza stradale è stata commessa. Gli estremi dell'infrazione sono descritti alla pagina 3 di seguito. L'importo della pena pecuniaria applicabile a questa infrazione è pari a EUR/valuta nazionale. La scadenza per il pagamento è fissata al Se non intende pagare la pena pecuniaria, Le consigliamo di compilare il modulo di risposta allegato (pagina 4) e di inviarlo all'indirizzo indicato. La presente lettera è trattata a norma della legislazione nazionale di [nome dello Stato membro dell'infrazione]. Testo di immagine Pagina 3 Estremi dell'infrazione (a) Dati riguardanti il veicolo con cui l'infrazione è stata commessa: Numero di immatricolazione: Stato membro di immatricolazione: Marca e modello: (b) Dati riguardanti l'infrazione: Luogo, data e ora in cui è stata commessa l'infrazione: Natura e qualificazione giuridica dell'infrazione: eccesso di velocità, mancato uso della cintura di sicurezza, mancato arresto davanti a un semaforo rosso, guida in stato di ebbrezza, guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti, mancato uso del casco protettivo, circolazione su una corsia vietata, uso illecito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida (1) Descrizione dettagliata dell'infrazione: Estremi delle pertinenti disposizioni di legge: Descrizione o riferimento alla prova dell'infrazione: Testo di immagine (c) Dati riguardanti il dispositivo utilizzato per rilevare l'infrazione (2): Tipo di dispositivo per rilevare l'eccesso di velocità, il mancato uso della cintura di sicurezza, il mancato arresto davanti a un semaforo rosso, la guida in stato di ebbrezza, la guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti, il mancato uso del casco protettivo, la circolazione su una corsia vietata, l'uso illecito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida (1): Specifica del dispositivo: Numero identificativo del dispositivo: Data di validità dell'ultima calibratura: (d) Risultato dell'utilizzo del dispositivo: [l'esempio riguarda l'eccesso di velocità; saranno aggiunte altre infrazioni:] Velocità massima: Velocità misurata: Velocità misurata corretta per tenere conto del margine di errore: (1) Cancellare se non pertinente. (2) Non pertinenti se non sono stati utilizzati dispositivi. Testo di immagine Pagina 4 Modulo di risposta (si prega di compilare il modulo in stampatello) A. Identità del conducente: — Cognome e nome: — Data e luogo di nascita: — Patente n: rilasciata il: (data): a: (luogo): — Indirizzo: B. Elenco delle domande: 1. Il veicolo, marca , numero di immatricolazione , è immatricolato a suo nome? sì/no (1) In caso di risposta negativa, il titolare del certificato di immatricolazione è: (cognome, nome, indirizzo) 2. Riconosce di aver commesso l'infrazione rilevata? sì/no (1) 3. In caso di risposta negativa, si prega di illustrarne i motivi: Si prega di inviare il modulo compilato entro 60 giorni dalla data della presente lettera d'informazione all'autorità seguente: all'indirizzo seguente: INFORMAZIONE Il presente caso sarà esaminato dall'autorità competente di [nome dello Stato membro dell'infrazione] Se non viene avviato un procedimento, Lei sarà informato entro 60 giorni dal ricevimento del modulo di risposta. (1) Cancellare se non pertinente. Testo di immagine Se viene avviato un procedimento, si applica la procedura seguente: [da completare a cura dello Stato membro dell'infrazione — indicare quale procedura sarà seguita, fornendo informazioni sulla possibilità di ricorso contro la decisione di avviare un procedimento e sulla relativa procedura. Le informazioni comprendono in ogni caso: il nome e l'indirizzo dell'autorità incaricata di avviare il procedimento; il termine per il pagamento; il nome e l'indirizzo dell'organismo al quale presentare ricorso; i termini per la presentazione del ricorso]. La presente lettera non comporta, in quanto tale, conseguenze giuridiche.
Infrazioni stradali: condividere le informazioni tra i vari paesi SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce regole volte a ridurre l’impunità dei conducenti stranieri che commettono infrazioni stradali pericolose, agevolando il compito delle autorità di polizia dei vari paesi dell’Unione europea (UE) per quanto concerne la condivisione delle informazioni tesa a identificare i trasgressori. PUNTI CHIAVE La direttiva si applica alle seguenti infrazioni: eccesso di velocità; mancato uso della cintura di sicurezza; mancato arresto davanti a un semaforo rosso; guida in stato di ebbrezza; guida sotto l’influsso di sostanze stupefacenti; mancato uso del casco protettivo; circolazione su una corsia vietata (ad es. quella riservata agli autobus); uso illecito di telefono cellulare o di altri dispositivi di comunicazione durante la guida. Ciascun paese deve fornire l’accesso ai dati di immatricolazione dei veicoli nazionali ai paesi che indagano su infrazioni commesse sulle loro strade, affinché possano identificare i veicoli e i loro proprietari o utenti. Qualora il paese nel quale ha avuto luogo l’infrazione decida di intraprendere ulteriori azioni, dovrà notificare il presunto trasgressore e informarlo delle conseguenze legali a mezzo di una lettera indicante: la natura dell’infrazione; il luogo, la data e l’ora; la legge violata e la sanzione; (laddove appropriato) il dispositivo impiegato per rilevare l’infrazione. Per verificare l’applicazione di tali disposizioni, ogni paese deve inviare una relazione alla Commissione entro maggio 2016 e ogni due anni dopo tale data, fornendo dettagli relativi alle ricerche effettuate e al numero di lettere di notifica successivamente inviate. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA QUESTA DIRETTIVA? È entrata in vigore il 17 marzo 2015. Doveva essere recepita nella legislazione nazionale entro il 6 maggio 2015. Questo termine è stato rinviato al 6 maggio 2017 per Danimarca, Irlanda e Regno Unito (1). CONTESTO La direttiva precedente su questo tema, ossia la direttiva 2011/82/UE, è stata annullata dalla Corte di giustizia dell’UE nel 2014 in quanto basata su un fondamento giuridico errato. ATTO Direttiva (UE) 2015/413 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale (GU L 68 del 13.3.2015, pagg. 9-25)
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DECISIONE QUADRO 2004/757/GAI DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2004 riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 31, lettera e), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) Il traffico illecito di stupefacenti rappresenta una minaccia per la salute, la sicurezza e la qualità di vita dei cittadini dell'Unione europea, oltre che per l'economia legale, la stabilità e la sicurezza degli Stati membri. (2) La necessità di un intervento legislativo nel settore della lotta contro il traffico illecito di stupefacenti è stata riconosciuta, in particolare, dal piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (3) adottato durante il Consiglio «Giustizia e affari interni» di Vienna, del 3 dicembre 1998, dalle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere tenutosi il 15 e 16 ottobre 1999, in particolare al punto 48, dalla strategia antidroga dell'Unione europea (2000-2004) approvata dal Consiglio europeo tenutosi a Helsinki dal 10 al 12 dicembre 1999, nonché dal piano d'azione dell'Unione europea in materia di lotta contro la droga (2000-2004) approvato in occasione del Consiglio europeo tenutosi a Santa Maria da Feira il 19 e 20 giugno 2000. (3) È necessario adottare norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati di traffico illecito di stupefacenti e precursori, che consentano l’attuazione di una comune strategia, a livello dell’Unione europea, intesa a combattere tale traffico. (4) In virtù del principio di sussidiarietà, l'azione dell'Unione europea dovrebbe vertere sulle forme più gravi di reati in materia di stupefacenti. L'esclusione di talune condotte relative al consumo personale dal campo di applicazione della presente decisione quadro non rappresenta un orientamento del Consiglio sul modo in cui gli Stati membri dovrebbero trattare questi altri casi nella loro legislazione nazionale. (5) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprendenti pene privative della libertà. Per stabilire l'entità della pena, si dovrebbe tener conto degli elementi di fatto quali i quantitativi e la natura degli stupefacenti oggetto di traffico e l'eventuale commissione del reato nell'ambito di un'organizzazione criminale. (6) Si dovrebbe consentire agli Stati membri di prevedere sanzioni ridotte per l’ipotesi in cui l'autore dell'illecito abbia fornito alle autorità competenti informazioni utili. (7) È necessario prendere misure che rendano possibile la confisca dei proventi degli illeciti contemplati dalla presente decisione quadro. (8) È opportuno provvedere a garantire che le persone giuridiche possano essere considerate responsabili degli illeciti di cui alla presente decisione quadro, commessi per loro conto. (9) L’efficacia dell’azione svolta per lottare contro il traffico illecito di stupefacenti dipende in modo essenziale dal ravvicinamento delle misure nazionali adottate in attuazione della presente decisione quadro, DECIDE: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione quadro si intende per: 1) «stupefacenti»: tutte le sostanze contemplate dalle seguenti convenzioni delle Nazioni Unite: a) la convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 (quale modificata dal protocollo del 1972); b) la convenzione di Vienna sulle sostanze psicotrope del 1971. Tale termine comprende altresì le sostanze poste sotto controllo nell'ambito dell'azione comune 97/396/GAI del 16 giugno 1997, riguardante lo scambio di informazioni, la valutazione dei rischi e il controllo delle nuove droghe sintetiche (4); 2) «precursori»: le sostanze classificate nella legislazione comunitaria che attua gli obblighi derivanti dall'articolo 12 della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 20 dicembre 1988; 3) «persona giuridica»: qualsiasi ente che abbia personalità giuridica in forza del diritto nazionale applicabile ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 2 Reati connessi al traffico illecito di stupefacenti e di precursori 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché siano punite le seguenti condotte intenzionali allorché non autorizzate: a) la produzione, la fabbricazione, l'estrazione, la preparazione, l'offerta, la commercializzazione, la distribuzione, la vendita, la consegna a qualsiasi condizione, la mediazione, la spedizione, la spedizione in transito, il trasporto, l'importazione o l'esportazione di stupefacenti; b) la coltura del papavero da oppio, della pianta di coca o della pianta della cannabis; c) la detenzione o l'acquisto di stupefacenti allo scopo di porre in essere una delle attività di cui alla lettera a); d) la fabbricazione, il trasporto, la distribuzione di precursori, quando la persona che compie tali atti sia a conoscenza del fatto che essi saranno utilizzati per la produzione o la fabbricazione illecite di stupefacenti. 2. Sono escluse dal campo di applicazione della presente decisione quadro le condotte descritte al paragrafo 1, se tenute dai loro autori soltanto ai fini del loro consumo personale quale definito dalle rispettive legislazioni nazionali. Articolo 3 Istigazione, complicità e tentativo 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché siano qualificati come reato l'istigazione, la complicità o il tentativo di commettere uno dei reati di cui all'articolo 2. 2. Uno Stato membro può prevedere che esulino dalla responsabilità penale il tentativo di offerta o di preparazione di stupefacenti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), nonché il tentativo di detenzione di stupefacenti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c). Articolo 4 Sanzioni 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui agli articoli 2 e 3 siano soggetti a pene detentive effettive, proporzionate e dissuasive. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui all'articolo 2 siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni. 2. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 5 e 10 anni in presenza di ciascuna delle seguenti circostanze: a) il reato implica grandi quantitativi di stupefacenti; b) il reato o implica la fornitura degli stupefacenti più dannosi per la salute, oppure ha determinato gravi danni alla salute di più persone. 3. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui al paragrafo 2 siano soggetti a pene detentive della durata massima di almeno dieci anni, qualora il reato sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale ai sensi dell'azione comune 98/733/GAI del 21 dicembre 1998, relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea (5). 4. Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera d), siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 5 e 10 anni, qualora il reato sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale ai sensi dell'azione comune 98/733/GAI e i precursori siano destinati ad essere utilizzati nella produzione o per la produzione di stupefacenti alle condizioni di cui al paragrafo 2, lettere a) o b). 5. Fatti salvi i diritti delle vittime o di altri terzi in buona fede, ciascuno Stato membro prende i provvedimenti necessari per consentire la confisca di sostanze oggetto di reati di cui agli articoli 2 e 3, di strumenti utilizzati o destinati a essere utilizzati per la commissione di tali reati e dei proventi derivanti da tali reati o la confisca di beni il cui valore corrisponde a quello di detti proventi, sostanze o strumenti. I termini «confisca», «strumenti», «proventi» e «beni» hanno lo stesso significato attribuito loro all'articolo 1 della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato. Articolo 5 Circostanze particolari In deroga all'articolo 4, ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie affinché le pene di cui all'articolo 4 possano essere ridotte nel caso in cui l'autore del reato: a) rinunci all'attività criminosa nell'ambito del traffico di stupefacenti e di precursori, e b) fornisca alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere con altri mezzi e che sono loro utili per: i) prevenire o attenuare gli effetti del reato, ii) individuare o consegnare alla giustizia i complici nel reato, iii) acquisire elementi di prova, o iv) prevenire la commissione di altri reati di cui agli articoli 2 e 3. Articolo 6 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le persone giuridiche possano essere considerate responsabili di uno dei reati di cui agli articoli 2 e 3, allorché siano commessi, per loro conto, individualmente o in qualità di componenti di un loro organo, da soggetti che vi esercitino un ruolo direttivo e che abbiano il potere di: a) rappresentare le persone giuridiche o b) prendere decisioni a nome delle persone giuridiche o c) esercitare controlli in seno alle persone giuridiche. 2. Fatti salvi i casi di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro provvede affinché le persone giuridiche possano essere considerate responsabili nei casi in cui il mancato esercizio di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione di uno dei reati di cui agli articoli 2 e 3, a favore della suddetta persona giuridica, ad opera di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche prevista dai paragrafi 1 e 2 non esclude l'esercizio dell'azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autrici, istigatrici o complici di uno dei reati di cui agli articoli 2 e 3. Articolo 7 Sanzioni applicabili alle persone giuridiche 1. Gli Stati membri provvedono affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, sia punibile con sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive che comprendono sanzioni pecuniarie penali e non penali e, eventualmente, altre sanzioni quali: a) l’esclusione dal godimento di un beneficio fiscale o non fiscale ovvero di sussidi pubblici; b) l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un'attività commerciale; c) l'assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; d) provvedimenti giudiziari di scioglimento; e) la chiusura temporanea o permanente delle sedi usate per commettere il reato; f) ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5, la confisca di sostanze oggetto di reati di cui agli articoli 2 e 3, di strumenti utilizzati o destinati a essere utilizzati per la commissione di tali reati e dei proventi derivanti da tali reati o la confisca di beni il cui valore corrisponde a quello di detti proventi, sostanze o strumenti. 2. Ciascuno Stato membro provvede affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, sia punibile con sanzioni o misure effettive, proporzionate e dissuasive. Articolo 8 Giurisdizione ed esercizio dell'azione penale 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 2 e 3 laddove: a) il reato sia commesso anche solo parzialmente sul suo territorio; b) l'autore del reato sia un suo cittadino; oppure c) il reato sia commesso a beneficio di una persona giuridica che ha la sua sede nel territorio di tale Stato membro. 2. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in situazioni o circostanze specifiche le regole di giurisdizione di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), purché il reato sia commesso al di fuori del suo territorio. 3. Lo Stato membro che, secondo il suo ordinamento giuridico, non autorizza l'estradizione dei propri cittadini adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 2 e 3 ed eventualmente a perseguirli, qualora siano commessi da suoi cittadini al di fuori del suo territorio. 4. Gli Stati membri che decidessero di avvalersi della facoltà di cui al paragrafo 2 ne informano il Segretariato generale del Consiglio e la Commissione, indicando, in tal caso, le situazioni e le circostanze specifiche alle quali si applica tale decisione. Articolo 9 Attuazione e relazioni 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 12 maggio 2006. 2. Gli Stati membri trasmettono al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione, entro il termine di cui al paragrafo 1, il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi loro imposti dalla presente decisione quadro. La Commissione, entro il 12 maggio 2009, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della decisione quadro, compresi i suoi effetti sulla cooperazione giudiziaria in materia di traffico illecito di stupefacenti. A seguito di tale relazione, il Consiglio valuta entro 6 mesi dopo la presentazione di tale relazione se gli Stati membri hanno adottato le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro. Articolo 10 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Lussemburgo, addì 25 ottobre 2004. Per il Consiglio Il presidente R. VERDONK (1) GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 172. (2) Parere reso il 9 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella GU). (3) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1. (4) GU L 167 del 25.6.1997, pag. 1. (5) GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1.
Reati e sanzioni applicabili — traffico di stupefacenti QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Il suo scopo è di combattere il traffico di sostanze stupefacenti in modo da limitarne la reperibilità e il consumo (definiti nei «Punti chiave» a seguire). Stabilisce le regole da rispettare e le sanzioni minime applicabili nei Paesi dell’UE. Offre una lista degli atti perseguibili relativi al traffico di stupefacenti e obbliga i Paesi dell’UE a prendere provvedimenti contro coloro che sono coinvolti in tali attività. La Decisione Quadro è stata modificata dalla Direttiva (UE) 2017/2103 al fine di ridurre la disponibilità di nuove sostanze psicoattive* introducendo gli strumenti per intraprendere azioni più efficaci a livello dell’UE. L’emendamento diventa pienamente efficace a partire dal 23 novembre 2018. PUNTI CHIAVE Reati La decisione quadro impone a ciascun Paese dell’UE di adottare le misure necessarie per sanzionare tutti gli atti intenzionali relativi al traffico di stupefacenti e dei cosiddetti precursori di droghe*. Ai sensi della Decisione si dice stupefacente qualsiasi «sostanza» elencata nella Convenzione Unica sugli stupefacenti delle Nazioni Unite del 1961, come modificata dal Protocollo del 1972, o dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971. Una volta che la modifica della Decisione Quadro diventa effettiva nel novembre 2018, la definizione includerà anche tutte le sostanze elencate nell’allegato alla Decisione modificata. Gli atti legati al traffico di droga comprendono produzione, fabbricazione, estrazione, vendita, trasporto, importazione ed esportazione. Vengono presi in considerazione anche il possesso e l’acquisto in vista di attività legate al traffico di stupefacenti, così come la produzione, il trasporto e la distribuzione di precursori. L’incitamento al traffico di stupefacenti, l’assistenza e il favoreggiamento di tale attività e tentativi di traffico illecito sono considerati reati. Tuttavia, la presente decisione quadro non riguarda le attività relative al traffico di sostanze stupefacenti per consumo personale. Inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanze stupefacenti» (applicabile a partire dal 23 novembre 2018) La Direttiva (UE) 2017/2103 introduce una procedura per l’inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanza stupefacente». Alla Commissione europea è conferito il potere di adottare atti delegati per aggiungere nuove sostanze psicoattive all’elenco contenuto nell’allegato. Ciò sostituirà l’attuale procedura di elencazione di nuove sostanze psicoattive tramite la decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio ai sensi della decisione 2005/387/GAI del Consiglio. Nel valutare se aggiungere una nuova sostanza all’elenco, la Commissione deve determinare se:portata o modelli di impiego della sostanza oltre che la sua reperibilità e il suo potenziale di smercio all’interno dell’UE sono significativi; e il danno alla salute portato dal suo consumo è letale a causa dellasua tossicità acuta o cronica edel suo potenziale rischio di abuso o di assuefazione. Inoltre, la Commissione deve valutare se il danno sociale causato dalla nuova sostanza psicoattiva agli individui e alla società è grave e se le attività criminali, inclusa la criminalità organizzata, associate alla nuova sostanza psicoattiva sono sistematiche, comportano significativi profitti illeciti o potrebbero richiedere sforzi notevoli di natura economica. Per sostenere il processo decisionale della Commissione, l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT) si fa carico di preparare una relazione di valutazione del rischio che affronterà tutti questi elementi. Parallelamente all’adozione della direttiva (UE) 2017/2103, l’UE ha adottato il regolamento (UE) 2017/2101 che modifica il regolamento (CE) nr. 1920/2006 sulla condivisione delle informazioni e un sistema di allarme rapido e procedure di valutazione dei rischi per le nuove sostanze psicoattive. Il Regolamento diventerà pienamente efficace il 23 novembre 2018. Responsabilità delle persone giuridiche I Paesi dell’UE devono adottare misure per garantire che le persone giuridiche (ad esempio, le imprese) possano essere considerate responsabili dei reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti e di precursori, nonché a favoreggiamento, incitamento, e istigazione, oltre che tentativi fatti in tal riguardo. Il concetto di persone giuridiche qui applicato non include Paesi ed enti pubblici nell’esercizio dei loro poteri o organizzazioni pubbliche internazionali. Un’organizzazione è responsabile se il reato è commesso da un individuo che ricopre un incarico esecutivo all’interno di tale organizzazione. È inoltre ritenuta responsabile per eventuali carenze nella supervisione o nel controllo. Tuttavia, la responsabilità delle persone giuridiche non esclude eventuali procedimenti penali contro individui (persone fisiche). Sanzioni I Paesi dell’UE devono farsi carico di adottare le misure necessarie per garantire che i reati siano soggetti a sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Se un reato è commesso anche solo parzialmente nel territorio di un Paese dell’Unione europea, tal Paese deve adottare misure, a condizione che l’autore del reato sia un suo cittadino o che il reato sia commesso per conto di una persona giuridica che ha sede nel proprio territorio. Le sanzioni massime per i reati di traffico di sostanze stupefacenti devono includere come minimo tra 1 e 3 anni di reclusione. Tuttavia, le pene massime devono essere aumentate ad almeno 5-10 anni di reclusione nei casi in cui il reato:riguarda grandi quantitativi di sostanze stupefacenti; implica la fornitura degli stupefacenti più dannosi per la salute; è commesso all’interno di un’organizzazione criminale. I Paesi dell’UE devono inoltre adottare le misure necessarie per confiscare sostanze che sono oggetto di reati. Tuttavia, le sanzioni possono essere ridotte se l’autore del reato rinuncia alle sue attività illegali e fornisce informazioni alle autorità amministrative o legali che aiuteranno a identificare altri criminali. Le sanzioni per le persone giuridiche devono includere ammende per reati penali e non. Possono anche essere imposte altre sanzioni, incluso il collocamento dello stabilimento sotto controllo giudiziario o la sua chiusura temporanea o definitiva. DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è stata applicata da venerdì, 12 novembre 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:La risposta dell’UE alle sostanze stupefacenti (Commissione europea). PAROLE CHIAVE Nuova sostanza psicoattiva: una sostanza allo stato puro o in forma di preparato non contemplata dalla Convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, o dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1971 sulle sostanze psicotrope, che può presentare rischi sanitari o sociali simili a quelli posti dalle sostanze coperte da tali convenzioni. Precursore: qualsiasi sostanza elencata nella legislazione dell’UE che dà esecuzione agli obblighi derivanti dall’articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 20 dicembre 1988. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, recante disposizioni minime sugli elementi costitutivi degli atti penali e delle sanzioni nel settore del traffico illecito di stupefacenti (GU L 335 dell’ 11.11.2004, pagg. 8-11) Le modifiche successive alla Decisione Quadro 2004/757/GAI sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio, del 15 novembre 2017, relativa a misure di controllo sul N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) (GU L 306, 22.11.2017, pagg. 19-20) Direttiva (UE) 2017/2103 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica la Decisione Quadro 2004/757/GAI del Consiglio al fine di includere nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanza stupefacente» e che abroga la Decisione 2005/387/GAI del Consiglio (GU L 305, 21.11.2017, pagg. 12-18) Regolamento (EU) 2017/2101 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica il regolamento (CE) nr. 1920/2006 per quanto riguarda lo scambio di informazioni e un sistema di allarme rapido e una procedura di valutazione dei rischi per le nuove sostanze psicoattive (GU L 305, 21.11.2017, pagg. 1-7) Regolamento (CE) n. 1920/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo all’istituzione di un Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (rifusione) (GU L 376, 27.12.2006, pagg. 1-13)
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Direttiva 2005/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2005 sull’omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda la loro riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Ai sensi della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso (3) vanno fissate norme adeguate che permettano la commercializzazione dei veicoli omologati delle categorie M1 e N1 solo se sia riutilizzabile e/o riciclabile almeno l’85 % della loro massa e se sia riutilizzabile e/o recuperabile almeno il 95 % della loro massa. (2) La riutilizzabilità dei componenti, la riciclabilità e la recuperabilità dei materiali rappresentano una parte sostanziale della strategia comunitaria per la gestione dei rifiuti. I costruttori di autoveicoli e i loro fornitori dovrebbero essere tenuti a integrare tali aspetti già nelle primissime fasi dello sviluppo di nuovi veicoli, allo scopo di agevolarne il trattamento allorché vanno fuori uso. (3) La presente direttiva costituisce una direttiva particolare nel quadro del sistema di omologazione comunitaria per veicoli completi stabilito dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (4). (4) Il sistema di omologazione per veicoli completi è attualmente obbligatorio per i veicoli appartenenti alla categoria M1 e sarà prossimamente esteso ai veicoli di tutte le categorie. Occorre dunque inserire nel sistema di omologazione per veicoli completi le norme relative alla riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità dei veicoli. (5) È pertanto necessario prendere disposizioni dato che i veicoli della categoria N1 non rientrano ancora nel sistema dell’omologazione per veicoli completi. (6) Il costruttore deve fornire all’autorità di omologazione tutte le pertinenti informazioni tecniche sui materiali di fabbricazione e le rispettive masse per permettere di verificare i calcoli del costruttore in base alla norma ISO 22628: 2002. (7) All’atto dell’omologazione si possono convalidare correttamente i calcoli del costruttore solo se questi ha attuato disposizioni e procedure che gli consentano di gestire tutte le informazioni ricevute dai fornitori. Prima di rilasciare una qualsiasi omologazione, l’organo competente deve valutare in via preliminare tali disposizioni e procedure e rilasciare un certificato attestante la loro correttezza. (8) La pertinenza delle variabili che entrano nel calcolo delle percentuali di riciclabilità e recuperabilità va valutata alla luce del trattamento dei veicoli fuori uso. Il costruttore dovrebbe attenersi dunque a una strategia per il trattamento dei veicoli fuori uso e descriverla in dettaglio all’organo competente. Tale strategia dovrebbe basarsi su tecnologie collaudate, disponibili o in via di sviluppo all’atto della domanda di omologazione del veicolo. (9) I veicoli speciali sono destinati a funzioni particolari e richiedono allestimenti specifici della carrozzeria che non sono del tutto sotto il controllo del costruttore. Le quote di riciclabilità e recuperabilità non possono perciò essere calcolate correttamente. A tali veicoli non vanno dunque applicati i requisiti relativi al calcolo. (10) I veicoli incompleti sono una parte notevole dei veicoli N1. Il costruttore del veicolo di base non può calcolare le quote di riciclabilità e recuperabilità dei veicoli completati perché i dati sulle fasi di costruzione successive gli sono ignoti quando progetta il veicolo di base. Alla presente direttiva si conformerà perciò il solo veicolo di base. (11) Le quote di mercato di veicoli prodotti in piccola serie sono marginali e i vantaggi per l’ambiente, se si conformano alla presente direttiva, sono scarsi. È pertanto opportuno che siano esclusi da talune norme della presente direttiva. (12) Ai sensi della direttiva 2000/53/CE, per motivi di sicurezza stradale e di tutela dell’ambiente, va impedita la riutilizzazione di taluni componenti tolti ai veicoli fuori uso. Ciò si limiterà alla riutilizzazione di componenti nella costruzione di veicoli nuovi. (13) Quanto stabilito dalla presente direttiva imporrà ai costruttori di fornire nuovi dati in merito all’omologazione e ciò si deve riflettere nella direttiva 70/156/CEE, che fissa l’elenco completo dei dati da presentare per l’omologazione. Tale direttiva va perciò modificata di conseguenza. (14) Le misure necessarie per l’adeguamento al progresso tecnico e scientifico della presente direttiva andrebbero adottate dalla Commissione ai sensi della procedura di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 70/156/CEE. (15) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente dei veicoli fuori uso facendo sì che essi siano fin dall’inizio concepiti per facilitarne il riuso, il riciclo e il recupero, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, per le sue dimensioni, può essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. In ottemperanza al principio di proporzionalità, enunciato nello stesso articolo, la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. (16) Conformemente al paragrafo 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (5), gli Stati membri saranno incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Scopo La presente direttiva stabilisce le disposizioni amministrative e tecniche per l’omologazione di veicoli di cui all’articolo 2, per garantire che loro componenti e materiali possano essere riutilizzati, riciclati e recuperati nelle percentuali minime precisate all’allegato I. Essa fissa provvedimenti particolari atti a garantire che il riuso di componenti non comprometta la sicurezza o dia luogo a rischi ambientali. Articolo 2 Campo d’applicazione La presente direttiva si applica ai veicoli delle categorie M1 ed N1, definiti nell’allegato II, sezione A, della direttiva 70/156/CEE e ai componenti nuovi o riutilizzati di tali veicoli. Articolo 3 Esenzioni Senza pregiudicare quanto previsto all’articolo 7, la presente direttiva non si applica: a) ai veicoli speciali definiti nell’allegato II, sezione A, punto 5, della direttiva 70/156/CEE; b) ai veicoli costruiti in più fasi della categoria N1, se il veicolo di base è conforme alla presente direttiva; c) ai veicoli prodotti in piccola serie di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 70/156/CEE. Articolo 4 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: 1. «veicolo» significa un veicolo a motore; 2. «componente» significa qualsiasi parte, o gruppo assemblato di parti, incluso in un veicolo al momento della sua produzione ed indica anche i componenti e le unità tecniche distinti definiti all’articolo 2 della direttiva 70/156/CEE; 3. «tipo di veicolo» significa il tipo di un veicolo definito nella sezione B, punti 1 e 3, dell’allegato II alla direttiva 70/156/CEE; 4. «veicolo fuori uso» indica un veicolo definito all’articolo 2, punto 2), della direttiva 2000/53/CE; 5. «veicolo di riferimento» indica la versione di un tipo di veicolo che l’autorità di omologazione, previa consultazione del costruttore e conformemente ai criteri di cui all’allegato I, ritiene essere la più problematica a fini di riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità; 6. «veicolo costruito in più fasi» indica un veicolo prodotto con un processo di costruzione in più fasi; 7. «veicolo di base» indica un veicolo definito all’articolo 2, quarto trattino, della direttiva 70/156/CEE, usato nella fase iniziale di una costruzione in più fasi; 8. «costruzione in più fasi» indica il processo con cui un veicolo è prodotto in più fasi aggiungendo componenti a un veicolo di base o modificando tali componenti; 9. «riuso» indica la riutilizzazione definita all’articolo 2, punto 6), della direttiva 2000/53/CE; 10. «riciclo» indica il riciclaggio definito nell’articolo 2, punto 7), prima frase, della direttiva 2000/53/CE; 11. «recupero di energia» indica il recupero di energia definito nell’articolo 2, punto 7), seconda frase, della direttiva 2000/53/CE; 12. «recupero» indica il recupero definito nell’articolo 2, punto 8), della direttiva 2000/53/CE; 13. «riutilizzabilità» indica il potenziale di riuso di componenti tolti a veicoli fuori uso; 14. «riciclabilità» indica il potenziale di riciclo di componenti o materiali tolti a veicoli fuori uso; 15. «recuperabilità» indica il potenziale di recupero di componenti o materiali tolti a veicoli fuori uso; 16. «quota di riciclabilità di un veicolo (Rcyc)» indica la percentuale della massa di un veicolo nuovo, potenzialmente riutilizzabile e riciclabile; 17. «quota di recuperabilità di un veicolo (Rcov)» indica la percentuale della massa di un veicolo nuovo, potenzialmente riutilizzabile e recuperabile; 18. «strategia» significa progetto su vasta scala consistente in azioni coordinate e accorgimenti tecnici relativi alla demolizione, frantumazione o simili, al riciclo e recupero di materiali per fissare le quote di riciclabilità e recuperabilità previste di un veicolo già al momento del suo progetto; 19. «massa» significa la massa del veicolo in ordine di marcia definito nell’allegato I, punto 2.6, della direttiva 70/156/CEE, escluso il conducente, la cui massa è data in 75 kg; 20. «organo competente» indica l’ente, ad esempio un servizio tecnico o altro organo esistente, incaricato da uno Stato membro di effettuare una valutazione preliminare del costruttore e rilasciare un certificato di conformità, nel rispetto delle disposizioni della presente direttiva. L’organo competente può essere l’autorità di omologazione, purché la sua competenza in materia sia opportunamente documentata. Articolo 5 Norme di omologazione 1. Gli Stati membri rilasciano, a seconda del caso, l’omologazione CE o nazionale, riguardo alla riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità, solo ai tipi di veicolo che rispondono ai requisiti della presente direttiva. 2. Ai fini del paragrafo 1, il costruttore fornisce all’autorità di omologazione le informazioni tecniche dettagliate necessarie ai calcoli e ai controlli di cui all’allegato I, riguardanti la natura dei materiali usati nella costruzione del veicolo e dei suoi componenti. Se tali informazioni sono coperte da diritti di proprietà intellettuale o costituiscono tecnologia specifica del costruttore o dei suoi fornitori, il costruttore o i suoi fornitori forniscono informazioni sufficienti per effettuare correttamente tali calcoli. 3. Ai fini della domanda di omologazione CE del veicolo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE, gli Stati membri fanno sì che, in materia di riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità, il costruttore usi il modello di documento informativo di cui all’allegato II della presente direttiva. 4. Per il rilascio di un’omologazione CE ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 70/156/CEE, l’autorità di omologazione fa uso del modello di certificato d’omologazione CE di cui all’allegato III. Articolo 6 Valutazione preliminare del costruttore 1. Gli Stati membri non rilasciano alcuna omologazione senza prima accertarsi che il costruttore abbia attuato disposizioni e procedure, ai sensi dell’allegato IV, punto 3, per gestire correttamente gli aspetti di riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità di cui alla presente direttiva. Una volta effettuata questa valutazione preliminare, si rilascerà al costruttore un certificato di conformità all’allegato IV («certificato di conformità»). 2. Nell’ambito della valutazione preliminare del costruttore, gli Stati membri assicurano che i materiali impiegati per la costruzione di un tipo di veicolo siano conformi alle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/53/CE. La Commissione, ai sensi della procedura di cui all’articolo 9, definisce le norme dettagliate richieste per la verifica della conformità con il presente disposto. 3. Ai fini del paragrafo 1, il costruttore deve raccomandare una strategia finalizzata alla demolizione, al riuso di componenti, al riciclaggio e al recupero dei materiali. Essa si fonda su tecnologie collaudate, disponibili o in via di sviluppo all’atto della domanda di omologazione. 4. Gli Stati membri nominano un organo competente, ai sensi dell’allegato IV, punto 2, che effettua la valutazione preliminare del costruttore e rilascia il certificato di conformità. 5. Il certificato di conformità, corredato di un’adeguata documentazione, descrive la strategia raccomandata dal costruttore. L’organo competente fa uso del modello di cui all’appendice dell’allegato IV. 6. Il certificato di conformità è valido per almeno due anni a decorrere dalla data del suo rilascio, prima che vengano effettuati nuovi controlli. 7. Il costruttore informa l’organo competente di qualsiasi cambiamento significativo che influisca sulla pertinenza del certificato di conformità. L’organo competente, consultato il costruttore, decide se siano necessari nuovi controlli. 8. Alla fine del periodo di validità del certificato di conformità, l’organo competente rilascia un nuovo certificato di conformità o ne estende la validità per altri due anni. L’organo competente rilascia un nuovo certificato se sono stati portati alla sua attenzione cambiamenti significativi. Articolo 7 Riutilizzazione dei componenti I componenti di cui all’allegato V: a) non vanno considerati riutilizzabili ai fini del calcolo della quota di riciclabilità e di recuperabilità; b) non vanno riutilizzati nella costruzione di veicoli di cui alla direttiva 70/156/CEE. Articolo 8 Modifiche alla direttiva 70/156/CEE La direttiva 70/156/CEE viene modificata ai sensi dell’allegato VI della presente direttiva. Articolo 9 Modifiche Le modifiche apportate alla presente direttiva, necessarie ad adeguarla al progresso tecnico e scientifico, sono adottate dalla Commissione ai sensi della procedura di regolamentazione di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 70/156/CEE. Articolo 10 Date di entrata in vigore dell’omologazione 1. Con effetto dal 15 dicembre 2006, gli Stati membri, nei confronti di un tipo di veicolo che soddisfa i requisiti della presente direttiva, non possono: a) rifiutare il rilascio dell’omologazione CE o nazionale; b) proibire l’immatricolazione, la vendita o l’entrata in funzione di nuovi veicoli. 2. Con effetto dal 15 dicembre 2008, gli Stati membri, nei confronti di un tipo di veicolo che non soddisfa i requisiti della presente direttiva, devono: a) rifiutare il rilascio dell’omologazione della CE; b) rifiutare il rilascio dell’omologazione nazionale. 3. Con effetto dal 15 luglio 2010, gli Stati membri devono, se non sono rispettati i requisiti della presente direttiva: a) considerare i certificati di idoneità che accompagnano i nuovi veicoli come non più validi ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE; b) rifiutare l’immatricolazione, la vendita o l’entrata in funzione di nuovi veicoli, salvo i casi in cui si applica l’articolo 8, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 70/156/CEE. 4. L’articolo 7 si applica a decorrere dal 15 dicembre 2006. Articolo 11 Attuazione 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 15 dicembre 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 15dicembre 2006. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni della normativa nazionale, da essi adottata nella materia oggetto della presente direttiva. Articolo 12 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 13 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 26 ottobre 2005. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente D. ALEXANDER (1) GU C 74 del 23.3.2005, pag. 15. (2) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 ottobre 2005. (3) GU L 269 del 21.10.2000, pag. 34. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 2005/673/CE del Consiglio (GU L 254 del 30.9.2005, pag. 69). (4) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/49/CE della Commissione (GU L 194 del 26.7.2005, pag. 12). (5) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. ALLEGATO ELENCO DEGLI ALLEGATI Allegato I: Requisiti Allegato II: Documento informativo per l’omologazione CE dei veicoli Allegato III: Modello del certificato di omologazione CE Allegato IV: Valutazione preliminare del costruttore Appendice: modello del certificato di conformità Allegato V: Componenti considerati non riutilizzabili Allegato VI: Modifiche alla direttiva 70/156/CEE ALLEGATO I REQUISITI 1. I veicoli appartenenti alla categoria M1 e quelli appartenenti alla categoria N1 saranno costruiti per essere: — riutilizzabili e/o riciclabili per almeno l’85 % della loro massa, e — riutilizzabili e/o recuperabili per almeno il 95 % della loro massa, come stabilito dalle procedure di cui al presente allegato. 2. Ai fini dell’omologazione, il costruttore presenterà un modulo di presentazione dei dati debitamente compilato, redatto ai sensi dell’allegato A della norma ISO 22628: 2002, comprendente la ripartizione di materiali. Ad esso allegherà un elenco dei componenti smontati, dichiarato dal costruttore riguardo alla fase di demolizione e al processo che raccomanda per il loro trattamento. 3. Per l’applicazione dei punti 1 e 2, il costruttore dimostrerà all’autorità di omologazione che i veicoli di riferimento rispettano i requisiti. Si usa il metodo di calcolo prescritto nell’allegato B della norma ISO 22628: 2002. Tuttavia, il costruttore deve poter dimostrare che qualsiasi versione nell’ambito del tipo di veicolo soddisfa i requisiti della presente direttiva. 4. Ai fini della scelta dei veicoli di riferimento, si terrà conto dei seguenti criteri: — tipo di carrozzeria, — livelli di allestimento disponibili (1), — accessori facoltativi disponibili (1), montabili sotto la responsabilità del costruttore. 5. Se l’autorità di omologazione e il costruttore non riescono a convenire sulla versione più problematica di un tipo di veicolo ai fini della riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità, si sceglie un veicolo di riferimento: a) per ogni «tipo di carrozzeria» definita nell’allegato II, sezione C, punto 1, della direttiva 70/156/CEE, nel caso di veicoli M1; b) per ogni «tipo di carrozzeria», cioè furgone, telaio cabinato, pick-up ecc., nel caso di veicoli N1. 6. Ai fini del calcolo, i pneumatici si considerano riciclabili. 7. Le masse vanno espresse in kg con una cifra decimale. Le quote vanno calcolate in percentuale con una cifra decimale e arrotondate come segue: a) se la cifra dopo la virgola è tra 0 e 4, il totale è arrotondato all’unità inferiore; b) se la cifra dopo la virgola è tra 5 e 9, il totale è arrotondato all’unità superiore. 8. Per controllare i calcoli di cui al presente allegato, l’autorità di omologazione si accerterà che il modulo di presentazione dei dati (di cui al punto 2) sia coerente con la strategia raccomandata citata dal certificato di conformità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della presente direttiva. 9. Per controllare i materiali e le masse dei componenti, il costruttore metterà a disposizione veicoli e componenti considerati necessari dall’autorità di omologazione. (1) Come rivestimenti in pelle, impianto radiofonico, condizionamento d’aria, cerchioni in lega, ecc. ALLEGATO II DOCUMENTO INFORMATIVO PER L’OMOLOGAZIONE CE DEL VEICOLO ai sensi dell’allegato I della direttiva 70/156/CEE del Consiglio (1), relativo all’omologazione CE di un veicolo riguardo alla sua riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità Le seguenti informazioni vanno eventualmente fornite in triplice copia e devono includere un indice. Tutti i disegni saranno in una scala adeguata e sufficientemente dettagliati in formato A4 o su fogli piegati in formato A4. Eventuali fotografie devono essere sufficientemente particolareggiate. 0. ASPETTI GENERALI 0.1. Marca (ragione sociale del costruttore):… 0.2. Tipo:… 0.2.0.1. Telaio:… 0.2.1. Eventuale denominazione commerciale:… 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo(b):… 0.3.1. Posizione di tale marcatura:… 0.4. Categoria del veicolo(c):… 0.5. Nome e indirizzo del costruttore:… 0.8. Indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di assemblaggio:… 1. CARATTERISTICHE GENERALI DI COSTRUZIONE DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo:… 1.2. Disegno con le dimensioni dell’intero veicolo:… 1.3. Numero di assi e di ruote:… 1.3.1. Numero e posizione degli assi con ruote doppie:… 1.3.3. Assi motori (numero, posizione, interconnessione): 1.7. Cabina di guida (avanzata o normale)(z):… 3. MOTORE(q) [per i veicoli con motore a benzina, a gasolio, ecc., o anche in combinazione con un altro combustibile, ripetere questa voce (+)] 3.1. Costruttore:… 3.2. Motore a combustione interna 3.2.1. Caratteristiche 3.2.1.1. Principio di funzionamento: accensione comandata/accensione a compressione, quattro tempi/due tempi (1) 3.2.1.2. Numero e disposizione dei cilindri:… 3.2.1.3. Cilindrata(s):… cm3 3.2.2. Combustibile: gasolio/benzina/GPL/GN/etanolo (1):… 4. TRASMISSIONE(v) 4.2. Tipo (meccanica, idraulica, elettrica, ecc.):… 4.5. Cambio 4.5.1. Tipo [manuale/automatica/variazione continua (CVT)] (1) 4.9. Bloccaggio del differenziale: sì/no/facoltativo (1) 9. CARROZZERIA 9.1. Tipo di carrozzeria:… 9.3.1. Numero e configurazione delle porte:… 9.10.3. Sedili 9.10.3.1. Numero:… 15. RIUTILIZZABILITÀ, RICICLABILITÀ E RECUPERABILITÀ 15.1. Versione cui appartiene il veicolo del riferimento:… 15.2. Massa del veicolo di riferimento con carrozzeria o massa del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio se il costruttore non installa la carrozzeria e/o il dispositivo di aggancio (compresi liquidi, strumenti, ruota di scorta, se di serie), senza conducente:… 15.3. Masse dei materiali del veicolo del riferimento 15.3.1. Massa del materiale considerato nella fase di pretrattamento(##):… 15.3.2. Massa del materiale considerato nella fase di demolizione(##):… 15.3.3. Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto riciclabile(##):… 15.3.4. Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto energia recuperabile(##):… 15.3.5. Ripartizione dei materiali(##):… 15.3.6. Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o riciclabili:… 15.3.7. Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o recuperabili:… 15.4. Percentuali 15.4.1. Percentuale di riciclabilità «Rcyc( %)»:… 15.4.2. Percentuale di recuperabilità «Rcov( %)»:… (1) I numeri delle voci e le note di questo documento informativo corrispondono a quelle elencate nell’allegato I della direttiva 70/156/CEE. Le voci non pertinenti ai fini della presente direttiva sono omesse. ALLEGATO III MODELLO DI CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Formato massimo: A4 (210 x 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Timbro dell’autorità di omologazione CE Comunicazione riguardante: — omologazione CE (1) di un tipo di veicolo — estensione dell’omologazione CE (1) — rifiuto dell’omologazione CE (1) ai sensi della direttiva 2005/64/CE Numero di omologazione CE: Motivo dell’estensione: SEZIONE I 0.1. Marca (ragione sociale del costruttore):… 0.2. Tipo:… 0.2.1. Denominazione/i commerciale/i (2) :… 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo:… 0.3.1. Posizione della marcatura:… 0.4. Categoria del veicolo (3) :… 0.5. Nome e indirizzo del costruttore:… 0.8. Nome/i e indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di assemblaggio:… [...] SEZIONE II 1. Informazioni supplementari:… Percentuale/i di riciclabilità del/dei veicolo/i di riferimento:… Percentuale/i di recuperabilità del/dei veicolo/i di riferimento:… 2. Servizio tecnico che effettua le prove:… 3. Data della relazione di prova:… 4. Riferimento della relazione di prova:… 5. Eventuali osservazioni:… 6. Allegati: indice e documentazione informativa 7. Il veicolo rispetta/non rispetta (1) i requisiti tecnici della presente direttiva:… … (Luogo) (Firma) (Data) Allegati: Documentazione informativa. (1) Cancellare le menzioni inutili. (2) Se non disponibile al momento del rilascio dell'omologazione CE, completare questa voce almeno quando il veicolo sarà presentato sul mercato. (3) Definita nell'allegato II, sezione A, della direttiva 70/156/CEE. ALLEGATO IV VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL COSTRUTTORE 1. Scopo del presente allegato Il presente allegato descrive la valutazione preliminare che l’organo competente effettua per accertare che il costruttore abbia messo in atto le necessarie disposizioni e procedure. 2. Organo competente L’organo competente deve soddisfare la norma EN 45012: 1989 o Guide ISO/IEC 62: 1996 sui criteri generali per gli enti di certificazione che rilasciano un certificato di qualità nei confronti di sistemi di gestione attuati dal costruttore. 3. Controlli che l’organo competente deve eseguire 3.1. L’organo competente si accerta che il costruttore abbia provveduto a: a) raccogliere dati pertinenti dall’intera catena di fornitura, come natura e massa di tutti i materiali usati nella costruzione dei veicoli, in modo da eseguire i calcoli prescritti dalla presente direttiva; b) avere a sua disposizione tutti gli altri dati pertinenti del veicolo richiesti dal calcolo, come il volume dei fluidi, ecc.; c) controllare adeguatamente le informazioni ricevute dai fornitori; d) gestire la ripartizione dei materiali; e) eseguire il calcolo delle quote di riciclabilità e recuperabilità ai sensi di ISO 22628: 2002; f) contrassegnare i componenti fatti di polimeri ed elastomeri ai sensi della decisione 2003/138/CE della Commissione, del 27 febbraio 2003, che stabilisce norme di codifica dei componenti e dei materiali per i veicoli a norma della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (1); g) verificare che nessun componente di cui all’allegato V sia riusato nella costruzione di nuovi veicoli. 3.2. Il costruttore fornirà all’organo competente ogni informazione pertinente, in forma documentaria. In particolare, riciclaggio e recupero dei materiali vanno debitamente documentati. (1) GU L 53 del 28.2.2003, pag. 58. Appendice dell’allegato IV MODELLO DEL CERTIFICATO DI CONFORMITÀ ALLEGATO V COMPONENTI RITENUTI NON RIUTILIZZABILI 1. Introduzione Il presente allegato riguarda i componenti di veicoli appartenenti alle categorie M1 ed N1 che non devono essere riutilizzati nella costruzione di nuovi veicoli. 2. Elenco dei componenti — Tutti gli air-bag (1), cioè i cuscini, gli attuatori pirotecnici, le unità di controllo e i sensori elettronici, — i gruppi automatici, o non automatici, delle cinture di sicurezza, cioè corregge, ganci, avvolgitori, attuatori pirotecnici, — sedili (solo se sono incorporati nel sedile ancoraggi delle cinture di sicurezza e/o gli air-bag), — bloccasterzi agenti sulla colonna dello sterzo, — immobilizzatori compresi transponder e unità di controllo elettroniche, — sistemi di post-trattamento delle emissioni (ad esempio, marmitte catalitiche, filtri antiparticolato), — silenziatori del tubo di scarico. (1) Quando l’air-bag è inserito dentro il volante, il volante stesso. ALLEGATO VI MODIFICHE ALLA DIRETTIVA 70/156/CEE La direttiva 70/156/CEE è modificata come segue: 1) all’allegato I vanno aggiunti i seguenti punti: «15. RIUTILIZZABILITÀ, RICICLABILITÀ E RECUPERABILITÀ 15.1. Versione cui appartiene il veicolo del riferimento: 15.2. Massa del veicolo di riferimento con carrozzeria o massa del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio se il costruttore non installa la carrozzeria e/o il dispositivo di aggancio (compresi liquidi, strumenti, ruota di scorta, se di serie), senza conducente: 15.3. Massa dei materiali del veicolo del riferimento 15.3.1. Massa del materiale considerato nella fase di pretrattamento (1): 15.3.2. Massa del materiale considerato nella fase di demolizione (1): 15.3.3. Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto riciclabile (1): 15.3.4. Massa del materiale considerato nella fase di trattamento dei residui non metallici, ritenuto energia recuperabile (1): 15.3.5. Ripartizione dei materiali (1): 15.3.6. Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o riciclabili: 15.3.7. Massa totale dei materiali riutilizzabili e/o recuperabili: 15.4. Percentuali 15.4.1. Percentuale di riciclabilità “Rcyc( %)”: 15.4.2. Percentuale di recuperabilità “Rcov( %)”: 2) all’allegato IV, sezione I, viene aggiunto il punto seguente: «Oggetto Numero della direttiva Riferimento della Gazzetta ufficiale Applicabilità M1 M2 M3 N1 N2 N3 O1 O2 O3 O4 59. “Riciclabilità” 2005/64/CE L 310, 25 novembre 2005, pag. 10 X — — X — — » 3) l’allegato XI viene modificato come segue: a) all’appendice 1, viene aggiunto il punto seguente: «Voce Soggetto Numero della direttiva M1 ≤ 2 500 (1) kg M1 > 2 500 (1) kg M2 M3 59 “Riciclabilità” 2005/64/CE N/A N/A — —» b) all’appendice 2, viene aggiunto il punto seguente: «Voce Soggetto Numero della direttiva M1 M2 M3 N1 N2 N3 O1 O2 O3 O4 59 “Riciclabilità” 2005/64/CE N/A — — N/A — — — — — —» c) all’appendice 3, viene aggiunto il punto seguente: «Voce Soggetto Numero della direttiva M2 M3 N1 N2 N3 O1 O2 O3 O4 59 “Riciclabilità” 2005/64/CE — — N/A — — — — — —» (1) Concetti definiti alla norma ISO 22628: 2002.»;
Riutilizzo, riciclo e recupero di componenti e materiali dei veicoli I produttori devono progettare i veicoli in maniera tale che sia possibile riutilizzare, riciclare o recuperare soglie minime di componenti e materiali quando il veicolo giungerà al termine del proprio ciclo di vita. L’obiettivo è quello di ridurre gli scarti prodotti dai cosiddetti veicoli fuori uso. ATTO Direttiva 2005/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, sull’omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda la loro riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce norme amministrative e tecniche volte a far sì che i componenti e i materiali dei veicoli possano essere riutilizzati, riciclati e recuperati quanto più possibile. Intende garantire che i componenti riutilizzati non risultino rischiosi per la sicurezza o per l’ambiente. PUNTI CHIAVE Questa normativa dell’Unione europea (UE) si applica ai modelli nuovi e a quelli già in produzione di autovetture, giardinette, monovolume e veicoli commerciali leggeri (ad esempio furgoni). I veicoli nuovi possono essere venduti nell’UE solo se è riutilizzabile e/o riciclabile almeno l’85 % della loro massa, oppure se è riutilizzabile e/o recuperabile almeno il 95 % della loro massa. I produttori devono approntare strategie volte a gestire adeguatamente i requisiti di riusabilità, riciclabilità e recuperabilità della normativa. Se le autorità nazionali considereranno soddisfacenti tali strategie, il produttore riceverà un certificato di conformità valido per almeno due anni. Il riutilizzo di determinati componenti, come ad esempio airbag, cinture di sicurezza e bloccasterzi è vietato; questi componenti non possono essere usati su veicoli nuovi poiché possono presentare rischi legati alla sicurezza e all’ambiente. La normativa non si applica ai veicoli speciali, quali ad esempio veicoli blindati e ambulanze, o ai veicoli prodotti in piccola serie, ossia meno di 500 veicoli di una famiglia di tipi venduti ogni anno in ciascun paese dell’UE. Una normativa separata stabilisce le misure volte a limitare gli scarti prodotti dai veicoli fuori uso e dai loro componenti e garantisce che, laddove possibile, questi saranno riutilizzati, riciclati o recuperati. CONTESTO Ogni anno i veicoli fuori uso creano tra gli 8 e i 9 milioni di tonnellate di rifiuti nell’UE. Per maggiori informazioni, consultare la pagina dedicata ai veicoli fuori uso sul sito web della Commissione europea. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2005/64/CE 15.12.2005 15.12.2006 GU L 310 del 25.11.2005, pag. 10-27 Atti modificatori Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2009/1/CE 3.2.2009 - GU L 9 del 14.1.2009, pag. 31-32
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DECISIONE (UE) 2015/772 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2015 che istituisce il comitato per l'occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 150, visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) L'articolo 5 del trattato stabilisce che l'Unione debba prendere misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri al fine di accrescerne l'efficacia con lo sviluppo di una strategia coordinata per l'occupazione. (2) Il titolo IX della parte terza del trattato stabilisce le procedure attraverso le quali gli Stati membri e l'Unione dovrebbero adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici. (3) Nell'adempimento dei suoi compiti, tra i quali rientrano l'attività di consulenza e il contributo ai lavori del Consiglio e della Commissione, il comitato per l'occupazione («comitato») dovrebbe contribuire a far sì che la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforme economiche siano formulati e attuati in modo coerente e reciprocamente vantaggioso. (4) Il comitato dovrebbe collaborare strettamente con le parti sociali, in particolare con quelle rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione istituito dalla decisione 2003/174/CE del Consiglio (1). (5) Nelle conclusioni del 27 e 28 giugno 2013 il Consiglio europeo ha affermato che la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria dovrebbe essere rafforzata. Innanzitutto è importante monitorare meglio e prendere in considerazione la situazione sociale e del mercato del lavoro in seno all'Unione economica e monetaria, in particolare utilizzando gli opportuni indicatori sociali e dell'occupazione nell'ambito del semestre europeo. È altresì importante assicurare un migliore coordinamento delle politiche occupazionali e sociali pur rispettando pienamente le competenze nazionali. (6) Nelle conclusioni del 24 e 25 ottobre 2013 il Consiglio europeo ha stabilito che il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali sarà ulteriormente potenziato secondo le procedure esistenti, pur nel pieno rispetto delle competenze nazionali. Il Consiglio europeo ritiene che ciò richieda maggiore impegno per rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, al fine di assicurare la coerenza di tali politiche in linea con i comuni obiettivi. (7) È opportuno che la presente decisione rispecchi lo sviluppo del semestre europeo e il ruolo del comitato stesso in tale processo. In particolare, il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (2) prevede che il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale debbano essere consultati nell'ambito del semestre europeo laddove opportuno. Inoltre, il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) stabilisce che gli esami approfonditi debbano tenere conto, ove opportuno, delle raccomandazioni o degli inviti rivolti dal Consiglio agli Stati membri. Esso prevede inoltre che un piano d'azione correttivo per ogni Stato membro per il quale sia stata avviata una procedura per gli squilibri eccessivi debba tenere conto dell'impatto economico e sociale delle azioni politiche e debba essere coerente con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti in materia di occupazione. (8) È opportuno che il comitato e gli organi dell'Unione impegnati nel coordinamento delle politiche sociali ed economiche, in particolare il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica e il comitato per la protezione sociale, operino in stretta collaborazione. Se del caso e ove convenuto di comune accordo tra i comitati interessati, la cooperazione del comitato con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica può includere l'organizzazione di riunioni congiunte, in particolare nel contesto dei rispettivi ruoli dei comitati nell'ambito del semestre europeo. (9) Per adempiere efficacemente al mandato conferito dal trattato e consentire la necessaria flessibilità per adattarsi al calendario delle attività del comitato, in particolare nell'ambito del ciclo del semestre europeo, le disposizioni in materia di governance riguardo al funzionamento del comitato dovrebbero essere riesaminate al fine di assicurare efficienza e continuità. (10) È opportuno abrogare la decisione 2000/98/CE del Consiglio (4), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Istituzione È istituito un comitato per l'occupazione («comitato») a carattere consultivo per promuovere il coordinamento in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro fra gli Stati membri, nel pieno rispetto del trattato e tenendo debitamente conto delle competenze delle istituzioni e degli organi dell'Unione Articolo 2 Compiti 1. I compiti del comitato sono i seguenti: a) seguire la situazione dell'occupazione e le politiche in materia di occupazione negli Stati membri e nell'Unione; b) fatto salvo l'articolo 240 del trattato, formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa e contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio di cui all'articolo 148 del trattato. 2. Ai fini del paragrafo 1, il comitato si adopera, in particolare, per: a) promuovere la presa in considerazione dell'obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione; b) contribuire alla procedura di adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza tra gli orientamenti in materia di occupazione e tali indirizzi di massima e contribuire alle sinergie tra la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente; c) partecipare attivamente al dialogo macroeconomico a livello dell'Unione; d) contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell'ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; e) promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra gli Stati membri e con la Commissione. 3. Ogni anno, il comitato adotta un programma di lavoro, tenendo conto delle priorità strategiche del Consiglio e della Commissione. Il programma di lavoro è trasmesso al Consiglio. 4. Il comitato può far ricorso a esperti esterni qualora ciò risulti appropriato per lo svolgimento dei suoi lavori. Articolo 3 Composizione 1. Ciascuno Stato membro e la Commissione nominano due membri titolari del comitato. Possono del pari nominare due membri supplenti. 2. I membri titolari del comitato e i membri supplenti sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro negli Stati membri. 3. Gli Stati membri e la Commissione si adoperano con ogni mezzo per raggiungere un equilibrio di genere nella composizione del comitato. Articolo 4 Funzionamento 1. Il comitato elegge fra i membri nominati dagli Stati membri il suo presidente, che resta in carica per un periodo di due anni. Il presidente può essere rieletto una sola volta per un ulteriore periodo di due anni. In casi debitamente giustificati, il comitato può decidere di prorogare il mandato del presidente per un periodo massimo di otto mesi al fine di garantire l'efficienza e la continuità del suo lavoro. Il presidente può rimanere in carica per un periodo totale di quattro anni e otto mesi. 2. Il presidente è assistito da quattro vicepresidenti, dei quali due sono eletti dal comitato tra i suoi membri per un periodo di due anni, rinnovabile una volta. Il terzo vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che in quel momento detiene la presidenza del Consiglio. Il quarto vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che succederà alla presidenza. 3. Il presidente delega il suo diritto di voto al suo supplente. 4. Le riunioni del comitato sono convocate dal presidente, di sua iniziativa o su richiesta della maggioranza dei membri del comitato. 5. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno. 6. Le spese sono rimborsate secondo le norme amministrative in vigore. 7. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato. La Commissione nomina segretario un membro del suo personale, il quale agisce, insieme al personale che lo coadiuva, su istruzioni del comitato quando assiste quest'ultimo nello svolgimento dei suoi compiti. Il segretario cura i contatti con il segretariato generale del Consiglio per l'organizzazione delle riunioni. 8. Il comitato lavora, ove opportuno, in cooperazione con altri organi e comitati pertinenti, che trattano questioni di politica sociale ed economica, quali il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato dell'istruzione e il consiglio di direzione della rete europea di servizi pubblici per l'impiego. Articolo 5 Gruppi di lavoro 1. Il comitato può commissionare lo studio di questioni specifiche ai propri membri supplenti oppure può istituire a tal fine gruppi di lavoro. La presidenza di un tale gruppo di lavoro è assunta da uno dei vicepresidenti del comitato, da un membro titolare o da un membro supplente del comitato, da un funzionario della Commissione o da un membro del gruppo di lavoro stesso nominato dal comitato. 2. La Commissione fornisce ai gruppi di lavoro il sostegno analitico e organizzativo adeguato. 3. I gruppi di lavoro possono far ricorso all'aiuto di esperti. 4. Il comitato può parimenti istituire con altri comitati o organi gruppi di lavoro congiunti, le cui norme di funzionamento sono determinate congiuntamente. Articolo 6 Consultazione delle parti sociali Nell'adempimento del proprio mandato il comitato consulta le parti sociali. In tale contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione. Articolo 7 Disposizioni transitorie Il mandato dei membri eletti conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE prosegue fino al termine del periodo stabilito conformemente all'articolo 4 della presente decisione. La data d'inizio di tale periodo è considerata la data dell'elezione avvenuta conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE. Articolo 8 Abrogazione La decisione 2000/98/CE è abrogata a decorrere dalla data della prima riunione del comitato successiva all'entrata in vigore della presente decisione. La riunione ha luogo entro quattro mesi dalla data di adozione della presente decisione. Articolo 9 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2015 Per il Consiglio Il presidente J. DŪKLAVS (1) Decisione 2003/174/CE del Consiglio, del 6 marzo 2003, che istituisce un Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione (GU L 70 del 14.3.2003, pag. 31). (2) Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1). (3) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25). (4) Decisione del Consiglio, del 24 gennaio 2000, che istituisce il comitato per l'occupazione (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21).
Comitato per l’occupazione Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). ATTO Decisione (UE) 2015/772 del Consiglio, dell’11 maggio 2015, che istituisce il comitato per l’occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE SINTESI Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). CHE COSA FA LA DECISIONE? Essa stabilisce i compiti del comitato per l’occupazione, che deve contribuire alla procedura che ha portato all’adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza di tali politiche con gli orientamenti sull’occupazione. Il Comitato deve contribuire anche alle sinergie tra la strategia europea per l’occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente. Essa stabilisce altresì le norme riguardanti la composizione, il funzionamento e i gruppi di lavoro del Comitato. PUNTI CHIAVE I compiti del Comitato sono i seguenti: seguire la situazione dell’occupazione e le politiche in materia di occupazione nei paesi dell’UE; contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio sulla stesura degli indirizzi di massima che i paesi dell’UE devono tener conto nelle loro politiche occupazionali; formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa. Nello svolgimento di tali compiti, il Comitato deve tenere presente l’obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione delle politiche dell’UE. Deve altresì cercare di: contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell’ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra i paesi dell’UE e con la Commissione. Esso adotta un programma di lavoro ogni anno e invia una copia alla Commissione. Ciascun paese dell’UE e la Commissione nominano due membri del comitato. Tali membri sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro. I membri eleggono un presidente e quattro vicepresidenti. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato e designa un membro del personale con funzioni di segretario. Nell’esercizio delle sue funzioni, il comitato deve consultare le parti sociali. In questo contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione. Il Comitato opera in stretta collaborazione con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica. Ciò può includere l’organizzazione di riunioni congiunte nel contesto del semestre europeo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? A decorrere dal 15 maggio 2015. CONTESTO Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (titolo IX) stabilisce le procedure attraverso le quali i paesi dell’UE dovrebbero lavorare insieme per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare per la promozione di una forza lavoro qualificata, adeguatamente formata e adattabile per rispondere ai mutamenti economici. La creazione di un comitato per l’occupazione consultivo è inscritta in questo contesto. La presente decisione sostituisce la precedente decisione 2000/98/CE che istituiva il comitato per l’occupazione, al fine di tener conto degli sviluppi del semestre europeo e del ruolo del Comitato in questo processo. Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sul comitato per l’occupazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione (UE) 2015/772 15.5.2015 - GU L 121 del 14.5.2015, pag. 12-15 ATTI COLLEGATI Raccomandazione di Raccomandazione del Consiglio relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione [COM (2015) 99 final del 2.3.2015]
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Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva Gazzetta ufficiale n. L 211 del 22/07/1989 pag. 0004 - 0005 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0088 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0088 *****REGOLAMENTO (CEE) N. 2219/89 DEL CONSIGLIO del 18 luglio 1989 relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 113, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo, considerando che la Commissione deve essere informata di ogni incidente nucleare o di livelli insolitamente elevati di radioattività in virtù della decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d'informazioni in caso di emergenza radioattiva (2) o in virtù della convenzione del 26 settembre 1986 sulla rapida notificazione di un incidente nucleare; considerando il regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio, del 22 dicembre 1987, che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali in caso di livelli anormali di radioattività a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva (3), modificato da ultimo dal regolamento (Euratom) n. 2218/89 (4); considerando che tali livelli massimi ammissibili fissati dal regolamento precitato tengono debitamente conto dei più recenti pareri scientifici attualmente disponibili a livello internazionale e riflettono l'esigenza di evitare divergenze nelle prassi normative internazionali; considerando che la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 22 dicembre 1987, adottata in occasione dell'approvazione del regolamento (Euratom) n. 3954/87, prevede l'adozione di un regolamento specifico in materia d'esportazione dei prodotti alimentari; considerando che dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altra situazione d'emergenza radiologica non è accettabile permettere l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione superi i livelli massimi ammissibili applicabili ai prodotti destinati al consumo nella Comunità e che è difficile in tali circostanze particolari trattare su un piano pratico in modo differente i prodotti in funzione della loro destinazione finale; considerando che le disposizioni in materia di esportazione debbono riferirsi anche agli alimenti per gli animali, giacché tali prodotti, per motivi di salute pubblica, costituiscono l'oggetto del regolamento (Euratom) n. 3954/87; considerando che è opportuno quindi precisare le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva e applicare a tali prodotti i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva fissati dal regolamento (Euratom) n. 3954/87, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento fissa le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva che possa causare una contaminazione radioattiva grave dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali. 2. Ai fini del presente regolamento, per prodotti alimentari si intendono i prodotti destinati all'alimentazione umana, sia direttamente sia dopo trasformazione, e per « alimenti per gli animali » i prodotti destinati esclusivamente all'alimentazione animale. Articolo 2 I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali, la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili resi applicabili in virtù delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento (Euratom) n. 3954/87, non possono essere esportati. Articolo 3 Gli Stati membri procedono a controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili di cui all'articolo 2. Articolo 4 Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento, in particolare i casi di superamento dei livelli massimi ammissibili. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Articolo 5 Le modalità di applicazione del presente regolamento sono stabilite in conformità della procedura prevista all'articolo 7 del regolamento (Euratom) n. 3954/87. A tal fine è istituito un comitato ad hoc. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 luglio 1989. Per il Consiglio Il Presidente R. DUMAS (1) GU n. C 214 del 16. 8. 1988, pag. 31. (2) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 76. (3) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 11. (4) Vedi pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.
Regime d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare Il presente regolamento è volto a impedire l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione ecceda i livelli massimi ammissibili nella Comunità dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. ATTO Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. SINTESI I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili, resi applicabili sul mercato interno in virtù del regolamento (EURATOM) n. 3954/87, non possono essere esportati. Gli Stati membri garantiscono controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili. Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CEE) n. 2219/1989 25.7.1989 - GU L 211 del 22.7.1989 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 733/2008 del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativo alle condizioni d'importazione di prodotti agricoli originari dei paesi terzi a seguito dell'incidente verificatosi nella centrale nucleare di Cernobil [Gazzetta ufficiale L 201 del 30.7.2008].
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ACCORDO del 16 marzo 2006 tra la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'unione economica e monetaria (2006/C 73/08) LA BANCA CENTRALE EUROPEA (BCE) E LE BANCHE CENTRALI NAZIONALI DEGLI STATI MEMBRI CHE AL 16 MARZO 2006 NON APPARTENGONO ALL'AREA DELL'EURO (DI SEGUITO «BCN NON APPARTENENTI ALL'AREA DELL'EURO»), Considerando quanto segue: (1) L'accordo del 1o settembre 1998 tra la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (1) (di seguito «accordo del 1o settembre 1998») è stato modificato tre volte. L'introduzione di un nuovo criterio per le controparti idonee ad effettuare interventi ai margini direttamente con la BCE richiederebbe un'ulteriore modifica all'allegato I dell'accordo del 1o settembre 1998. Pertanto, a fini di chiarezza e trasparenza, l'accordo del 1o settembre 1998 dovrebbe essere sostituito da un nuovo accordo. (2) Il Consiglio europeo, nella sua risoluzione del 16 giugno 1997 (di seguito «risoluzione»), ha deciso di istituire un meccanismo di cambio (di seguito «AEC II») all'avvio della terza fase dell'Unione economica e monetaria il 1o gennaio 1999. (3) Ai sensi della Risoluzione, — AEC II sostituisce il Sistema monetario europeo; — un contesto economico stabile è necessario per il corretto funzionamento del mercato unico e per il conseguimento di più elevati livelli di investimenti, crescita ed occupazione ed è quindi a vantaggio di tutti gli Stati membri. Il mercato unico non deve essere compromesso da disallineamenti dei tassi di cambio reali né da eccessive fluttuazioni dei tassi di cambio nominali tra l'euro e le altre valute dell'UE, che costituirebbero un ostacolo per i flussi commerciali tra gli Stati membri. Inoltre, ai sensi dell'articolo 124 del Trattato che istituisce la Comunità Europea, ogni Stato membro ha l'obbligo di considerare la propria politica del cambio come una questione di interesse comune; — l'AEC II contribuisce a garantire che gli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro ma partecipanti all'AEC II (di seguito «Stati membri partecipanti non appartenenti all'area dell'euro») orientino le rispettive politiche verso la stabilità e promuovano la convergenza, aiutandoli così nei loro sforzi per l'adozione dell'euro; — la partecipazione all'AEC II è facoltativa per gli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro. Tuttavia, si prevede che gli Stati membri con deroga vi aderiscano. Uno Stato membro che non partecipasse sin dall'inizio all'AEC II potrà farlo successivamente; — il funzionamento dell'AEC II fa salvo l'obiettivo primario della BCE e delle BCN non appartenenti all'area dell'euro, che consiste nel mantenimento della stabilità dei prezzi; — per la valuta di ciascuno degli Stati membri partecipanti non appartenenti all'area dell'euro (di seguito «valuta partecipante non appartenente all'area dell'euro») è definita una parità centrale rispetto all'euro; — vi è una banda di oscillazione standard di ±15 % rispetto alle parità centrali; — sarebbe necessario garantire che ogni aggiustamento delle parità centrali sia effettuato con tempestività, al fine di evitare disallineamenti rilevanti. Pertanto, tutti i partecipanti all'accordo comune sulle parità centrali, BCE compresa, hanno il diritto di avviare una procedura di trattamento confidenziale volta al riesame delle parità centrali; — l'intervento ai margini è in linea di massima automatico e illimitato, con disponibilità di finanziamento a brevissimo termine. Tuttavia, la BCE e le BCN non appartenenti all'area dell'euro ma partecipanti all'AEC II (di seguito «BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro») potrebbero sospendere l'intervento se quest'ultimo fosse in conflitto con il loro obiettivo primario della stabilità dei prezzi. Nel decidere, esse terrebbero in debito conto tutti i fattori rilevanti e, in particolare, la necessità di salvaguardare la stabilità dei prezzi e un credibile funzionamento dell'AEC II; — la cooperazione in materia di politica di cambio potrà essere rafforzata ulteriormente consentendo, per esempio, legami di cambio più stretti tra l'euro e le valute partecipanti non appartenenti all'area dell'euro, se e nella misura in cui questi risultino adeguati alla luce dei progressi verso la convergenza. (4) L'intervento dovrebbe essere utilizzato come strumento di supporto unitamente ad altre misure, tra cui l'adozione di politiche monetarie e fiscali appropriate, favorevoli alla convergenza economica e alla stabilità dei cambi. Vi è la possibilità di effettuare un intervento intramarginale coordinato, deciso di comune accordo tra la BCE e la rispettiva BCN partecipante non appartenente all'area dell'euro, congiuntamente ad altre adeguate misure di politica economica adottate da quest'ultima, fra cui l'utilizzo flessibile dei tassi d'interesse. (5) E' necessario consentire una sufficiente flessibilità, soprattutto per potersi adeguare ai vari gradi, ritmi e strategie di convergenza economica degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro. (6) Il presente Accordo non preclude la creazione, su base bilaterale, di ulteriori bande di oscillazione e la conclusione di accordi di intervento tra Stati membri non appartenenti all'area dell'euro. HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: I. PARITÀ CENTRALI E BANDE DI OSCILLAZIONE Articolo 1 Parità centrali bilaterali e tassi d'intervento tra l'euro e le valute partecipanti non appartenenti all'area dell'euro 1.1. Le parti del presente accordo rendono note al mercato, in un comunicato congiunto, le parità centrali bilaterali, e ogni cambiamento loro apportato, tra le valute partecipanti non appartenenti all'area dell'euro e l'euro stesso, stabilite in base alla procedura comune definita al paragrafo 2.3 della Risoluzione. 1.2. In conformità delle bande di oscillazione fissate in base ai paragrafi 2.1, 2.3 e 2.4 della Risoluzione, la BCE e ciascuna BCN partecipante non appartenente all'area dell'euro stabiliscono di comune accordo i tassi bilaterali massimo e minimo tra l'euro e le valute partecipanti non appartenenti all'area dell'euro, per gli interventi automatici. La BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro comunicano congiuntamente tali tassi al mercato, che saranno quotati in base alla convenzione di cui all'allegato I. II. INTERVENTI Articolo 2 Disposizioni generali 2.1. L'intervento sarà in linea di massima effettuato in euro e nelle valute partecipanti non appartenenti all'area dell'euro. La BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro dovranno comunicarsi a vicenda le informazioni su tutti gli interventi in cambi destinati a tutelare la coesione dell'AEC II. 2.2. La BCE e le BCN non appartenenti all'area dell'euro si comunicheranno inoltre a vicenda ogni altro intervento in cambi. Articolo 3 Intervento ai margini 3.1. L'intervento ai margini sarà in linea di massima automatico e illimitato. Tuttavia, la BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro potranno sospendere l'intervento automatico se questo dovesse entrare in conflitto con il loro obiettivo primario, ossia la salvaguardia della stabilità dei prezzi. 3.2. Nel decidere se sospendere l'intervento, la BCE o una BCN partecipante non appartenente all'area dell'euro dovrà inoltre tenere in debito conto ogni altro fattore rilevante, ivi compresa la credibilità del funzionamento dell'AEC II. La BCE e/o la BCN partecipante interessata non appartenente all'area dell'euro dovranno fondare ogni decisione su elementi fattuali e, in tale contesto, prendere in considerazione anche eventuali conclusioni raggiunte da altri organi competenti. La BCE e/o la BCN partecipante interessata non appartenente all'area dell'euro dovranno comunicare l'intenzione di sospendere l'intervento, con il massimo anticipo possibile e in modo strettamente confidenziale, alle altre autorità monetarie interessate e alle autorità monetarie di tutti gli altri Stati membri partecipanti non appartenenti all'area dell'euro. 3.3. In caso di intervento ai margini, sarà applicata una procedura di payment after payment, come riportato nell'allegato 1. Articolo 4 Interventi coordinati intramarginali La BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro possono decidere di coordinare interventi intramarginali coordinati. Articolo 5 Procedure d'intervento e altre operazioni 5.1. Il previo consenso della BCN non appartenente all'area dell'euro che emette la valuta di intervento è richiesto ogni qualvolta un'altra banca centrale del Sistema europeo di banche centrali intenda utilizzare la valuta della prima in quantità che eccedono i limiti preventivamente concordati rispetto a tutti gli interventi non obbligatori, compreso l'intervento unilaterale intramarginale. 5.2. Una BCN non appartenente all'area dell'euro, ogniqualvolta abbia utilizzato l'euro in quantità che eccedono i limiti preventivamente concordati rispetto a tutti gli interventi non obbligatori, compreso l'intervento unilaterale intramarginale, dà comunicazione immediata alla BCE. 5.3. Prima di condurre operazioni diverse dall'intervento, che riguardino almeno una valuta che non rienti fra quelle appartenenti all'area dell'euro o l'euro e che eccedano i limiti preventivamente concordati, la parte che intende condurre tali operazioni ne dà previa notifica alla banca centrale, o alle banche centrali, in questione. In tali situazioni, le banche centrali interessate concordano un approccio comune che riduca al minimo le possibili conseguenze, prevedendo eventualmente il regolamento dell'operazione, in tutto o in parte, direttamente tra banche centrali. III. LINEA DI CREDITO DI BREVISSIMO TERMINE Articolo 6 Disposizioni generali 6.1. Per gli interventi in euro e nelle valute partecipanti non appartenenti all'area dell'euro, la BCE e ciascuna delle BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro apriranno reciprocamente linee di credito a brevissimo termine. La scadenza iniziale delle operazioni di finanziamento a brevissimo termine è di tre mesi. 6.2. Le operazioni di finanziamento effettuate mediante tali linee di credito prenderanno la forma di vendite e acquisti a pronti delle valute partecipanti, generando posizioni di credito e debito corrispondenti, denominate nella valuta della banca centrale creditrice, tra la BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro. La data di valuta delle operazioni di finanziamento coinciderà con la data di valuta dell'intervento sul mercato. La BCE registra tutte le transazioni effettuate nell'ambito di tali linee di credito. Articolo 7 Finanziamento dell'intervento ai margini 7.1. La linea di credito a brevissimo termine è in via di principio disponibile automaticamente e senza limite d'importo per il finanziamento di interventi nelle valute partecipanti ai margini. 7.2. La banca centrale debitrice deve utilizzare in modo appropriato le proprie riserve in valuta estera prima di ricorrere a questo strumento. 7.3. La BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro potranno sospendere il finanziamento automatico se questo dovesse entrare in conflitto con il loro obiettivo primario, che è la salvaguardia della stabilità dei prezzi. La sospensione del finanziamento automatico è soggetta alle disposizioni dell'articolo 3.2 del presente accordo. Articolo 8 Finanziamento dell'intervento intramarginale Ai fini dell'intervento intramarginale, il finanziamento a brevissimo termine può essere reso disponibile, in accordo con la banca centrale che emette la valuta d'intervento, alle seguenti condizioni: (a) l'importo cumulativo del finanziamento messo a disposizione della banca centrale debitrice non deve superare il limite massimo previsto per quest'ultima, riportato nell'allegato II; (b) la banca centrale debitrice deve utilizzare in modo appropriato le proprie riserve in valuta estera prima di ricorrere a questo strumento. Articolo 9 Remunerazione 9.1. I saldi delle operazioni di finanziamento a brevissimo termine saranno remunerati al tasso rappresentativo a tre mesi della valuta della banca centrale creditrice, rilevato sul mercato monetario domestico il giorno dell'operazione di finanziamento iniziale; oppure, in caso di rinnovo ai sensi degli articoli 10 e 11 del presente accordo, al tasso rappresentativo a tre mesi nella valuta della banca centrale creditrice, rilevato sul mercato monetario due giorni lavorativi precedenti alla data di scadenza dell'operazione di finanziamento da rinnovare. 9.2. Gli interessi maturati saranno corrisposti nella valuta della banca centrale creditrice alla data di scadenza dell'operazione iniziale di finanziamento, oppure, se del caso, alla data di liquidazione anticipata di un saldo debitore. In caso di rinnovo del finanziamento ai sensi degli articoli 10 e 11 del presente accordo, gli interessi saranno capitalizzati alla fine di ciascun trimestre e corrisposti alla data di rimborso finale del debito. 9.3. Ai fini dell'articolo 9.1 del presente accordo, ciascuna BCN partecipante non appartenente all'area dell'euro deve comunicare alla BCE il tasso rappresentativo a tre mesi rilevato sul proprio mercato monetario domestico. La BCE utilizzerà un tasso rappresentativo a tre mesi in euro, rilevato sul mercato monetario interno, e lo comunicherà alle BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro. Articolo 10 Rinnovo automatico Su richiesta della banca centrale debitrice, la scadenza iniziale di un'operazione di finanziamento può essere estesa per un ulteriore periodo di tre mesi. Tuttavia: (a) la scadenza iniziale può essere estesa automaticamente una sola volta e per un massimo di tre mesi; (b) l'importo totale del debito risultante dall'applicazione del presente articolo non può mai superare il limite previsto per la banca centrale debitrice, riportato nell'allegato II, che fissa i limiti per ciascuna banca centrale. Articolo 11 Rinnovo mediante accordo reciproco 11.1. I debiti che superino i limiti riportati nell'allegato II possono essere rinnovati una volta sola per tre mesi, previo accordo della banca centrale creditrice. 11.2. I crediti già rinnovati automaticamente per tre mesi possono essere rinnovati nuovamente per altri tre mesi, previo accordo della banca centrale creditrice. Articolo 12 Rimborsi anticipati Tutti i saldi debitori registrati ai sensi degli articoli 6, 10 e 11 del presente accordo possono essere liquidati in anticipo, in qualsiasi momento, su richiesta della banca centrale debitrice. Articolo 13 Compensazione delle posizioni di credito e debito reciproche Le posizioni di credito e debito reciproche tra la BCE e una BCN partecipante non appartenente all'area dell'euro, derivanti da operazioni contemplate agli articoli da 6 a 12 del presente accordo, possono essere oggetto di compensazione, previo accordo tra le due parti interessate. Articolo 14 Mezzi di regolamento 14.1. Allo scadere di un'operazione di finanziamento, o in caso di rimborso anticipato, il pagamento sarà effettuato in linea di principio mediante attività denominate nella valuta della banca centrale creditrice. 14.2. La presente disposizione non pregiudica altre forme di regolamento concordate tra banche centrali creditrici e debitrici. IV. PIU' STRETTA COOPERAZIONE FRA I TASSI DI CAMBIO Articolo 15 Più stretta cooperazione fra i tassi di cambio 15.1. La cooperazione nel settore della politica dei cambi tra le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro e la BCE può essere ulteriormente rafforzata; in particolare, legami più stretti in materia di tassi di cambio possono essere concordati caso per caso, su iniziativa dello Stato membro partecipante interessato non appartenente all'area dell'euro. 15.2. A richiesta dello Stato membro partecipante interessato non appartenente all'area dell'euro, possono essere fissate, caso per caso, bande di oscillazione più strette di quella standard, formalmente convenute e sostenute, in linea di principio, tramite ricorso all'intervento e al finanziamento, conformemente alla procedura di cui al paragrafo 2.4 della Risoluzione. 15.3. Altri tipi di tegimi di cambio più stretti, di carattere informale, possono inoltre essere costituiti fra la BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro. V. MONITORAGGIO DEL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA Articolo 16 Compiti del Consiglio generale della BCE 16.1. Il Consiglio generale della BCE sorveglierà il funzionamento dell'AEC II ed assicurerà il coordinamento delle politiche monetarie e dei cambi, nonché la gestione dei meccanismi d'intervento e di finanziamento definiti nel presente accordo. Dovrà sorvegliare da vicino e in maniera continuativa la sostenibilità dei rapporti di cambio bilaterali tra ciascuna valuta partecipante non appartenente all'area dell'euro e l'euro stesso. 16.2. Il Consiglio generale della BCE riesaminerà periodicamente lo stato di attuazione del presente accordo alla luce dell'esperienza acquisita. Articolo 17 Riesame delle parità centrali e della partecipazione a bande di oscillazione più strette 17.1. Tutte le parti dell'accordo comune concluso ai sensi del paragrafo 2.3 della Risoluzione, compresa la BCE, avranno il diritto di avviare una procedura di trattamento confidenziale volta alla riconsiderazione delle parità centrali. 17.2. Nel caso di bande di oscillazione più strette del normale, concordate formalmente, tutte le parti che hanno concordemente adottato una decisione ai sensi del paragrafo 2.4 della Risoluzione, compresa la BCE, avranno il diritto di avviare una procedura di trattamento confidenziale tesa alla verifica dell'adeguatezza della partecipazione della rispettiva valuta a tale fascia ristretta. VI. MANCATA PARTECIPAZIONE Articolo 18 Applicabilità Le disposizioni degli articoli 1, 2.1, 3, 4, da 6 a 15 e 17 del presente accordo non si applicano alle BCN non appartenenti all'area dell'euro che non partecipano all'AEC II. Articolo 19 Cooperazione nell'ambito della concertazione Le BCN non appartenenti all'area dell'euro che non partecipano all'AEC II cooperano con la BCE e le BCN partecipanti non appartenenti all'area dell'euro, nell'ambito della concertazione e/o di altri scambi di informazioni necessarie al corretto funzionamento dell'AEC II. VII. DISPOSIZIONI FINALI Articolo 20 Disposizioni finali 20.1. Il presente accordo entra in vigore il 1o aprile 2006. 20.2. L'accordo del 1o settembre 1998 è abrogato con effetto dal 1o aprile 2006. Ogni riferimento relativo all'accordo abrogato è da considerarsi relativo al presente accordo. 20.3. Il presente accordo è redatto in inglese ed è debitamente sottoscritto dalle parti. La BCE, che è tenuta a conservare l'accordo originale, invia una copia dell'accordo conforme all'originale a tutte le BCN, appartenenti e non appartenenti all'area dell'euro. Il presente accordo è tradotto in tutte le altre lingue ufficiali della Comunità e pubblicato nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Francoforte sul Meno, il 16 marzo 2006. A nome e per conto della Banca centrale europea A nome e per conto della Česká národní banka A nome e per conto della Danmarks Nationalbank A nome e per conto della Eesti Pank A nome e per conto della Central Bank of Cyprus A nome e per conto della Latvijas Banka A nome e per conto della Lietuvos bankas A nome e per conto della Magyar Nemzeti Bank A nome e per conto della Bank Ċentrali ta' Malta/Central Bank of Malta A nome e per conto della Narodowy Bank Polski A nome e per conto della Banka Slovenije A nome e per conto della Národná banka Slovenska A nome e per conto della Sveriges Riksbank A nome e per conto della The Bank of England (1) GU C 345 del 13.11.1998, pag. 6. Accordo come da ultimo modificato dall'accordo del 16 settembre 2004 (GU C 281 del 18.11.2004, pag. 3). ALLEGATO I CONVENZIONE PER LA QUOTAZIONE DI VALUTE PARTECIPANTI ALL'AEC II E LA PROCEDURA DEL PAGAMENTO DOPO PAGAMENTO APPLICABILE AI CASI DI INTERVENTO AI MARGINI A. Convenzione per la quotazione Per tutte le valute degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro e partecipanti all'AEC II, la parità centrale bilaterale nei confronti dell'euro sarà quotata utilizzando l'euro come valuta base. Il tasso di cambio sarà espresso come valore di 1 euro utilizzando sei cifre significative per tutte le valute. La medesima convenzione sarà applicata per la quotazione dei tassi d'intervento massimo e minimo nei confronti dell'euro per le valute degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro e partecipanti all'AEC II. I tassi d'intervento saranno determinati aggiungendo o sottraendo l'ampiezza della banda concordata, espressa in termini percentuali, alle parità centrali bilaterali. I tassi risultanti saranno arrotondati a sei cifre significative. B. Procedura del pagamento dopo pagamento In caso di intervento ai margini, sia la BCE che le BCN appartenenti all'area dell'euro applicheranno la procedura del pagamento dopo pagamento. Le BCN non appartenenti all'area dell'euro ma partecipanti all'AEC II applicano tale procedura quando agiscono in veste di corrispondenti delle BCN appartenenti all'area dell'euro e della BCE, conformemente al presente allegato; le BCN non appartenenti all'area dell'euro e partecipanti all'AEC II possono, se lo desiderano, applicare la medesima procedura del pagamento dopo pagamento quando regolano interventi ai margini effettuati per conto proprio. (i) Principi generali — La procedura del pagamento dopo pagamento viene applicata qualora vi siano interventi ai margini, nell'ambito dell'AEC II, tra l'euro e le valute degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro e partecipanti all'AEC II. — Per essere ammesse a partecipare agli interventi ai margini nell'ambito dell'AEC II, le controparti devono detenere un conto presso la BCN interessata. Esse devono altresì possedere indirizzi S.W.I.F.T. e/o scambiare codici telex autenticati con la BCN interessata o con la BCE. — Le controparti idonee ad effettuare un intervento ai margini nell'AEC II possono anche effettuare tale intervento direttamente con la BCE, sempre che esse abbiano lo status di controaprti idonee ad eseguire operazioni di cambio con la BCE ai sensi dell'Indirizzo BCE/2000/1 del 3 febbraio 2000 relativo alla gestione delle attività di riserva in valuta della Banca centrale europea da parte delle banche centrali nazionali e alla documentazione legale concernente le operazioni aventi per oggetto le attività di riserva in valuta della Banca centrale europea (1). — Le BCN non appartenenti all'area dell'euro e partecipanti all'AEC II agiscono in veste di corrispondenti delle BCN appartenenti all'area dell'euro e della BCE. — Quando si verifica un intervento ai margini, la BCN interessata o la BCE effettuano il pagamento relativo ad una data transazione solo dopo aver ricevuto conferma da parte del proprio corrispondente che l'importo dovuto è stato accreditato sul proprio conto. Le controparti sono tenute ad effettuare il versamento entro la scadenza convenuta per consentire alle BCN o alla BCE di adempiere ai propri obblighi di pagamento. Di conseguenza, le controparti devono effettuare il versamento prima della data di scadenza prefissata. (ii) Scadenza per il ricevimento dei fondi da parte delle controparti Le controparti pagano gli importi derivanti dagli interventi al più tardi entro le ore 13:00, ora della BCE (CET), della data di valuta. (1) GU L 207 del 17.8.2000, pag. 24. Indirizzo come da ultimo modificato dall'Indirizzo BCE/2005/15 (GU L 345 del 28.12.2005, pag. 33). ALLEGATO II LIMITI MASSIMI PER L'ACCESSO ALLA LINEA DI CREDITO DI BREVISSIMO TERMINE DI CUI AGLI ARTICOLI 8, 10 E 11 DELL'ACCORDO FRA BANCHE CENTRALI con effetto dal 1o maggio 2004 (in milioni di euro) Banche centrali aderenti al presente accordo Limiti massimi (1) Česká národní banka 700 Danmarks Nationalbank 730 Eesti Pank 300 Central Bank of Cyprus 290 Latvijas Banka 340 Lietuvos bankas 390 Magyar Nemzeti Bank 680 Bank Ċentrali ta' Malta/Central Bank of Malta 270 Narodowy Bank Polski 1 830 Banka Slovenije 350 Národná banka Slovenska 470 Sveriges Riksbank 990 Bank of England 4 660 Banca centrale europea nessuno BCN appartenenti all'area dell'euro Limiti massimi Nationale Bank van België/Banque Nationale de Belgique nessuno Deutsche Bundesbank nessuno Bank of Greece nessuno Banco de España nessuno Banque de France nessuno Central Bank and Financial Services Authority of Ireland nessuno Banca d'Italia nessuno Banque centrale du Luxembourg nessuno De Nederlandsche Bank nessuno Oesterreichische Nationalbank nessuno Banco de Portugal nessuno Suomen Pankki nessuno (1) Gli importi riportati sono puramente indicativi per le banche centrali che non partecipano all'AEC II.
Meccanismo di cambio tra l’euro e le altre valute nazionali partecipanti QUAL È LO SCOPO DELLA RISOLUZIONE E DELL’ACCORDO? La risoluzione mirava ad istituire un sistema tra gli Stati membri dell’Unione europea (Unione) appartenenti all’area dell’euro e quelli non appartenenti all’area dell’euro che garantisse la stabilità dei tassi di cambio tra le loro differenti valute all’inizio della terza fase dell’unione economica e monetaria il 1 gennaio 1999. L’accordo del 2006 (accordo tra banche centrali sull’AEC II) si basava sulla risoluzione: inoltre, abrogava e sostituiva un accordo simile raggiunto nel 1998. Istituiva un meccanismo di cambio (AEC II) stabile, a sostituzione del sistema monetario europeo originario, tra l’euro e le valute nazionali degli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro (Stati membri che non adottano l’euro) ma partecipanti all’accordo. Attualmente, l’AEC II comprende le valute di Bulgaria, Danimarca e Croazia. Lo scopo della risoluzione e dell’accordo del 2006 consiste nell’evitare eccessive oscillazioni dei tassi di cambio che perturberebbero il mercato unico. L’accordo di modifica del 2020 tiene conto del recesso del Regno Unito dall’Unione. A decorrere dal 1 febbraio 2020, la Bank of England (Banca d’Inghilterra) non è più parte dell’accordo tra le banche centrali sull’AEC II. L’allegato II dell’accordo ««Limiti massimi per l’accesso alla linea di credito di brevissimo termine» di cui agli articoli 8, 10 e 11 dell’accordo tra le banche centrali sull’AEC II» è stato sostituito per rispecchiare tale uscita. PUNTI CHIAVE L’accordo del 2006:conferma che la partecipazione all’AEC II è volontaria per gli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro con un’opzione di non partecipazione alla moneta unica; tuttavia, aggiunge che sono tenuti a partecipare;prevede una parità centrale, concordata dalla BCE e dalla banca centrale nazionale competente, tra l’euro e ciascuna valuta nazionale partecipante, per cui è consentita un’oscillazione del 15 % in entrambe le direzioni;prevede l’intervento automatico e illimitato da parte della BCE e della banca centrale nazionale in caso di superamento del limite del 15 %;stabilisce procedure dettagliate:per la partecipazione di una banca centrale nazionale appartenente all’area dell’euro a un intervento;per le linee di credito a brevissimo termine tra la BCE e una banca centrale nazionale non appartenente all’area dell’euro;per il rimborso dei saldi delle operazioni di finanziamento a brevissimo termine;per la proroga/l’ampliamento di un’operazione di finanziamento;per una cooperazione più stretta nel settore dei tassi di cambio tra la BCE e le banche centrali nazionali non appartenenti all’area dell’euro;per il monitoraggio dell’intero sistema dell’AEC II;per eventuali modifiche delle parità centrali e dei limiti di oscillazione del 15 %. L’accordo del 2006 deve essere modificato in momento nel quale una nuova banca centrale nazionale partecipa o esce dal sistema. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA RISOLUZIONE E L’ACCORDO? La risoluzione si applica dal 16 giugno 1997. L’accordo del 2006 si applica dal 1 aprile 2006. L’accordo del 2020 modifica l’accordo tra banche centrali sull’AEC II con effetto dal 1 febbraio 2020. CONTESTO La convergenza dei risultati economici di base è essenziale per mantenere un tasso di cambio stabile. È necessario un contesto economico stabile per il corretto funzionamento del mercato unico e per promuovere maggiori investimenti, crescita e occupazione. Il meccanismo di cambio fornisce agli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro un riferimento per condurre politiche economiche equilibrate (sane), consentendo loro di prepararsi all’adozione dell’euro. DOCUMENTI PRINCIPALI Risoluzione del Consiglio europeo sull’istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell’unione economica e monetaria Amsterdam, il 16 giugno 1997 (GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5). Accordo, del 16 marzo 2006, tra la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell’unione economica e monetaria (GU C 73 del 25.3.2006, pag. 21). Accordo del 22 gennaio 2020 tra la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro che modifica l’accordo del 16 marzo 2006 tra la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell’unione economica e monetaria (GU C 32I dell’1.2.2020, pag. 1). Le modifiche dell’accordo del 2006 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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DIRETTIVA 2014/57/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 aprile 2014 relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 83, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) Un mercato finanziario integrato ed efficiente e una maggiore fiducia degli investitori richiedono un mercato integro. Il regolare funzionamento dei mercati mobiliari e la fiducia del pubblico nei mercati costituiscono fattori essenziali di crescita e di benessere economico. Gli abusi di mercato ledono l’integrità dei mercati finanziari e compromettono la fiducia del pubblico nei valori mobiliari, negli strumenti derivati e negli indici di riferimento (benchmarks). (2) La direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) ha completato e aggiornato il quadro giuridico dell’Unione a tutela dell’integrità del mercato. Ha altresì imposto agli Stati membri l’obbligo di garantire che le autorità competenti dispongano del potere necessario per identificare gli abusi di mercato e svolgere le relative indagini. Fatto salvo il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali, la direttiva 2003/6/CE impone agli Stati membri anche l’obbligo di provvedere affinché possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili delle violazioni delle disposizioni nazionali di attuazione di tale direttiva. (3) La relazione del 25 febbraio 2009 del gruppo di esperti ad alto livello sulla vigilanza finanziaria nell’Unione europea, presieduto da Jacques de Larosière (il «gruppo de Larosière»), raccomandava che un quadro solido in materia prudenziale e di condotta negli affari per il settore finanziario deve basarsi su regimi di vigilanza e sanzionatori forti. A tal fine il gruppo de Larosière riteneva che le autorità di vigilanza dovessero essere dotate dei poteri necessari per intervenire e che dovessero esservi regimi sanzionatori uniformi, severi e dissuasivi per tutti i reati finanziari, sanzioni che dovrebbero essere attuate efficacemente, al fine di preservare l’integrità del mercato. Il gruppo de Larosière concludeva che i regimi sanzionatori degli Stati membri sono in genere deboli ed eterogenei. (4) Per funzionare correttamente il quadro legislativo relativo agli abusi di mercato deve essere attuato efficacemente. Da una valutazione dei regimi nazionali delle sanzioni amministrative effettuata a norma della direttiva 2003/6/CE è emerso che non tutte le autorità nazionali competenti disponevano dei poteri necessari per rispondere agli abusi di mercato con le sanzioni appropriate. In particolare, non tutti gli Stati membri prevedevano sanzioni amministrative pecuniarie per l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato e il livello delle sanzioni variava considerevolmente da uno Stato membro all’altro. È pertanto necessario un nuovo atto legislativo al fine di garantire norme minime comuni nell’Unione. (5) L’adozione di sanzioni amministrative da parte degli Stati membri si è finora rivelata insufficiente a garantire il rispetto delle norme intese a prevenire e combattere gli abusi di mercato. (6) È essenziale rafforzare il rispetto delle norme sugli abusi di mercato istituendo sanzioni penali, che dimostrino una forma più forte di disapprovazione sociale rispetto alle sanzioni amministrative. Introducendo sanzioni penali almeno per le forme gravi di abusi di mercato, si stabiliscono confini chiari per i tipi di comportamenti che sono ritenuti particolarmente inaccettabili e si trasmette al pubblico e ai potenziali contravventori il messaggio che tali comportamenti sono considerati molto seriamente dalle autorità competenti. (7) Non tutti gli Stati membri hanno previsto sanzioni penali per alcune forme di violazioni gravi della normativa nazionale di attuazione della direttiva 2003/6/CE. Approcci differenti degli Stati membri recano pregiudizio all’uniformità delle condizioni operative nel mercato interno e possono fornire un incentivo ad attuare abusi di mercato negli Stati membri che non prevedono sanzioni penali per tali reati. Inoltre, finora non è stato stabilito a livello dell’Unione quale condotta sia da considerare una violazione grave delle norme sugli abusi di mercato. È pertanto opportuno stabilire norme minime con riguardo alla definizione di reati commessi da persone fisiche, sulla responsabilità delle persone giuridiche e sulle relative sanzioni. L’adozione di norme minime comuni renderebbe inoltre possibile ricorrere a metodi più efficaci di indagine e consentirebbe una cooperazione più efficace a livello nazionale e tra Stati membri. Alla luce della crisi finanziaria, è evidente che la manipolazione del mercato può comportare danni significativi per la vita di milioni di persone. Lo scandalo del Libor, relativo a un grave caso di manipolazione di un indice di riferimento (benchmark), ha dimostrato che problemi e carenze importanti si ripercuotono seriamente sulla fiducia nei mercati e possono determinare perdite consistenti per gli investitori, nonché distorsioni dell’economia reale. L’assenza di un regime comune di sanzioni penali nell’Unione offre l’opportunità agli autori di abusi di mercato di approfittare dei regimi meno rigorosi in alcuni Stati membri. L’irrogazione di sanzioni penali per gli abusi di mercato avrà un effetto dissuasivo maggiore sui potenziali contravventori. (8) L’introduzione, da parte di tutti gli Stati membri, di sanzioni penali almeno per i reati gravi di abusi di mercato è pertanto essenziale per garantire l’attuazione efficace della politica dell’Unione in materia. (9) Per armonizzare l’ambito di applicazione della presente direttiva con quello del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), è opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva le negoziazioni di azioni proprie effettuate nell’ambito di programmi di riacquisto di azioni proprie e le negoziazioni di valori mobiliari o strumenti collegati per la stabilizzazione di valori mobiliari; operazioni, ordini o condotte nell’ambito della politica monetaria, della politica dei cambi o nella gestione del debito pubblico; attività relative alle quote di emissioni intraprese nell’ambito della politica climatica dell’Unione; e attività intraprese nell’ambito della politica agricola comune e della politica comune della pesca dell’Unione. (10) Agli Stati membri dovrebbe essere imposto di considerare come reati almeno i casi gravi di abuso di informazioni privilegiate, di manipolazione del mercato e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate, quando sono commessi dolosamente. (11) Ai fini della presente direttiva, l’abuso di informazioni privilegiate e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate dovrebbero essere considerati gravi in casi come quelli in cui è di livello elevato l’impatto sull’integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ritratto ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato ovvero il valore complessivo degli strumenti finanziari negoziati. Altre circostanze di cui si potrebbe tenere conto sono, per esempio, quelle in cui un reato sia stato commesso nell’ambito di un’organizzazione criminale o in cui la persona abbia già commesso in passato reati di questo genere. (12) Ai fini della presente direttiva, la manipolazione del mercato dovrebbe essere considerata grave in casi come quelli in cui è di livello elevato l’impatto sull’integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ritratto ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato, dell’alterazione del valore dello strumento finanziario o del contratto a pronti su merci ovvero l’ammontare dei fondi utilizzati in origine oppure quando la manipolazione è commessa da soggetti impiegati o che lavorano all’interno del settore finanziario ovvero presso un’autorità di vigilanza o di regolamentazione. (13) Poiché il tentativo di abuso di informazioni privilegiate o di manipolazione del mercato ha ripercussioni negative sui mercati finanziari e sulla fiducia degli investitori in tali mercati, è opportuno che anche tali condotte siano punibili come reati. (14) La presente direttiva dovrebbe obbligare gli Stati membri a prevedere, nei rispettivi ordinamenti nazionali, sanzioni penali per l’abuso di informazioni privilegiate, la manipolazione di mercato e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate cui la presente direttiva si applica. La presente direttiva non dovrebbe creare obblighi concernenti l’applicazione di tali sanzioni o di qualsiasi altra misura repressiva in relazione a casi concreti. (15) La presente direttiva dovrebbe inoltre richiedere che gli Stati membri prevedano che anche l’induzione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione dei reati possano essere punibili. (16) Affinché le sanzioni previste per i reati di cui alla presente direttiva siano effettive e dissuasive, è opportuno che la presente direttiva preveda un livello minimo per la pena detentiva massima. (17) La presente direttiva dovrebbe essere applicata tenendo conto del quadro normativo stabilito dal regolamento (UE) n. 596/2014 e delle relative misure applicative. (18) Per garantire l’attuazione efficace della politica europea intesa ad assicurare l’integrità dei mercati finanziari stabilita nel regolamento (UE) n. 596/2014, è opportuno che gli Stati membri estendano alle persone giuridiche la responsabilità in relazione ai reati previsti nella presente direttiva attraverso l’irrogazione di sanzioni penali o non penali o altre misure che siano effettive, proporzionate e dissuasive, ad esempio quelle previste nel regolamento (UE) n. 596/2014. Tali sanzioni o altre misure possono comprendere la pubblicazione di una decisione finale su una sanzione che includa l’identità della persona giuridica responsabile, tenendo conto dei diritti fondamentali, del principio di proporzionalità e dei rischi per la stabilità dei mercati finanziari e per le indagini in corso. È opportuno che gli Stati membri, se del caso e qualora il diritto nazionale preveda la responsabilità penale delle persone giuridiche, estendano tale responsabilità penale, conformemente al diritto nazionale, ai reati previsti dalla presente direttiva. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare la possibilità per gli Stati membri di pubblicare decisioni finali in materia di responsabilità o sanzioni. (19) Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che le autorità preposte all’applicazione della legge, le autorità giudiziarie e le altre autorità competenti preposte alle indagini o al perseguimento dei reati previsti dalla presente direttiva dispongano della capacità di ricorrere a strumenti investigativi efficaci. Tenuto conto, tra l’altro, del principio di proporzionalità, il ricorso a tali strumenti conformemente al diritto nazionale dovrebbe essere commisurato alla natura e alla gravità dei reati oggetto d’indagine. (20) Poiché la presente direttiva prevede norme minime, gli Stati membri sono liberi di adottare o mantenere norme di diritto penale più severe in materia di abusi di mercato. (21) Gli Stati membri possono, ad esempio, stabilire che la manipolazione del mercato commessa con grave colpa o negligenza costituisca reato. (22) Gli obblighi previsti nella presente direttiva di prevedere negli ordinamenti nazionali pene per le persone fisiche e sanzioni per le persone giuridiche non esonerano gli Stati membri dall’obbligo di contemplare in tali ordinamenti nazionali sanzioni amministrative e altre misure per le violazioni previste nel regolamento (UE) n. 596/2014, salvo che gli Stati membri non abbiano deciso, conformemente al regolamento (UE) n. 596/2014, di prevedere per tali violazioni unicamente sanzioni penali nel loro ordinamento nazionale. (23) L’ambito di applicazione della presente direttiva è determinato in modo tale da integrare e garantire l’effettiva attuazione del regolamento (UE) n. 596/2014. Mentre le condotte illecite commesse con dolo dovrebbero essere punite conformemente alla presente direttiva, almeno nei casi gravi, le sanzioni per le violazioni del regolamento (UE) n. 596/2014 non richiedono che sia comprovato il dolo o che gli illeciti siano qualificati come gravi. Nell’applicare la normativa nazionale di recepimento della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire che l’irrogazione di sanzioni penali per i reati ai sensi dalla presente direttiva e di sanzioni amministrative ai sensi del regolamento (UE) n. 596/2014 non violi il principio del ne bis in idem. (24) Fatte salve le norme generali del diritto penale nazionale in materia di applicazione ed esecuzione delle sentenze in considerazione delle circostanze concrete di ogni singolo caso, l’irrogazione delle sanzioni penali dovrebbe essere proporzionata, tenendo conto dei profitti ritratti o delle perdite evitate dalle persone giudicate responsabili, nonché del danno cagionato dal reato a terzi e, ove possibile, di quello cagionato al funzionamento dei mercati o all’economia in generale. (25) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire garantire all’interno dell’Unione l’esistenza di sanzioni penali almeno per le condotte più gravi di abuso di mercato, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti della presente direttiva, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (26) L’aumento delle attività transfrontaliere richiede una cooperazione efficiente ed efficace tra le autorità nazionali competenti per le indagini e il perseguimento dei reati di abuso di mercato. L’organizzazione e le competenze delle autorità nazionali nei diversi Stati membri non dovrebbero costituire un ostacolo per la loro cooperazione. (27) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la Carta), quali riconosciuti nel TUE. In particolare, dovrebbe essere applicata con il dovuto rispetto del diritto alla protezione dei dati di carattere personale (articolo 8), della libertà di espressione e di informazione (articolo 11), della libertà d’impresa (articolo 16), del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (articolo 47), della presunzione di innocenza e dei diritti della difesa (articolo 48), dei principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene (articolo 49) e del diritto di non essere giudicato o punito due volte in procedimenti penali e per lo stesso reato (articolo 50). (28) Nell’attuare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire il rispetto dei diritti procedurali degli indagati o imputati in procedimenti penali. Gli obblighi gravanti su di loro ai sensi della presente direttiva lasciano impregiudicati gli obblighi previsti dal diritto dell’Unione in materia di diritti procedurali nei procedimenti penali. La presente direttiva non è in alcun modo intesa a limitare la libertà di stampa o la libertà di espressione dei mezzi di comunicazione nella misura in cui sono garantiti nell’Unione e negli Stati membri, in particolare dall’articolo 11 della Carta e da altre disposizioni pertinenti. Ciò dovrebbe essere messo in rilievo, in particolare, per quanto riguarda la comunicazione di informazioni privilegiate conformemente alle disposizioni su tale comunicazione contenute nella presente direttiva. (29) Fatto salvo l’articolo 4 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il Regno Unito non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione. (30) A norma degli articoli 1, 2, 3 e 4 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, l’Irlanda ha notificato che intende partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva. (31) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. (32) Il Garante europeo della protezione dei dati ha espresso un parere il 10 febbraio 2012 (6), HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. La presente direttiva stabilisce le norme minime per le sanzioni penali applicabili all’abuso di informazioni privilegiate, alla comunicazione illecita di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, al fine di assicurare l’integrità dei mercati finanziari all’interno dell’Unione e di rafforzare la protezione degli investitori e la fiducia in tali mercati. 2. La presente direttiva si applica: a) agli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato; b) agli strumenti finanziari negoziati su un sistema multilaterale di negoziazione (MTF), ammessi alla negoziazione su un MTF o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione al MTF; c) agli strumenti finanziari negoziati su un sistema organizzato di negoziazione (OTF); d) agli strumenti finanziari non contemplati dalle lettere a), b) o c), il cui prezzo o valore dipende dal prezzo o dal valore di uno strumento finanziario di cui alle suddette lettere, ovvero ha un effetto su di essi, compresi, ma non in via esclusiva, i credit default swap e i contratti differenziali. La presente direttiva si applica anche alle condotte o alle operazioni, comprese le offerte, relative ad aste o a piattaforme d’asta autorizzate come un mercato regolamentato di quote di emissioni o di altri prodotti oggetto d’asta correlati, anche quando i prodotti oggetto d’asta non sono strumenti finanziari, ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione (7). Fatte salve le disposizioni specifiche relative alle offerte presentate nell’ambito di un’asta, le disposizioni della presente direttiva che fanno riferimento a ordini di compravendita si applicano a tali offerte. 3. La presente direttiva non si applica: a) alle negoziazioni di azioni proprie nell’ambito di programmi di riacquisto di azioni proprie, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3, del regolamento (UE) n. 596/2014; b) alle negoziazioni di valori mobiliari o strumenti collegati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento (UE) n 596/2014 per la stabilizzazione di valori mobiliari, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 4 e 5, di tale regolamento; c) alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate nell’ambito della politica monetaria, della politica dei cambi o nella gestione del debito pubblico conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 596/2014, alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, di tale regolamento, alle attività nell’ambito della politica climatica dell’Unione conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, di detto regolamento o alle attività nell’ambito della politica agricola comune o della politica comune della pesca dell’Unione, conformemente all’articolo 6, paragrafo 4, di detto regolamento. 4. L’articolo 5 si applica anche: a) ai contratti a pronti su merci che non sono prodotti energetici all’ingrosso, quando l’operazione, l’ordine di compravendita o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore di uno strumento finanziario di cui al paragrafo 2 del presente articolo; b) ai tipi di strumenti finanziari, compresi i contratti derivati o gli strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito, se l’operazione, l’ordine di compravendita, l’offerta o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore di un contratto a pronti su merci, qualora il prezzo o il valore dipenda dal prezzo o dal valore di tali strumenti finanziari; c) a condotte attinenti a indici di riferimento (benchmark). 5. La presente direttiva si applica a qualsiasi operazione, ordine o altra condotta relativi agli strumenti finanziari di cui ai paragrafi 2 e 4, indipendentemente dal fatto che tale operazione, ordine o condotta avvenga in una sede di negoziazione (trading venue). Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: 1) «strumento finanziario»: lo strumento finanziario quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 15), della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8); 2) «contratto a pronti su merci»: un contratto a pronti su merci quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 15), del regolamento (UE) n. 596/2014; 3) «programma di riacquisto di azioni proprie»: la negoziazione di azioni proprie ai sensi degli articoli da 21 a 27 della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9); 4) «informazione privilegiata»: l’informazione contemplata dall’articolo 7, paragrafi da 1 a 4, del regolamento (UE) n. 596/2014; 5) «quota di emissione»: la quota di emissione quale definita nell’allegato I, sezione C, punto 11), della direttiva 2014/65/UE; 6) «indice di riferimento (benchmark)»: l’indice di riferimento (benchmark) quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 29), del regolamento (UE) n. 596/2014; 7) «prassi di mercato ammessa»: una specifica prassi di mercato ammessa dall’autorità competente di uno Stato membro conformemente all’articolo 13 del regolamento (UE) n. 596/2014; 8) «stabilizzazione»: la stabilizzazione quale definita nell’articolo 3, paragrafo 2), lettera d), del regolamento (UE) n. 596/2014; 9) «mercato regolamentato»: il mercato regolamentato quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 21), della direttiva 2014/65/UE; 10) «sistema multilaterale di negoziazione» o «MTF»: il sistema multilaterale di negoziazione quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 22), della direttiva 2014/65/UE; 11) «sistema organizzato di negoziazione» o «OTF»: il sistema organizzato di negoziazione quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 23), della direttiva 2014/65/UE; 12) «sede di negoziazione (trading venue)»: la sede di negoziazione (trading venue) quale definita nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 24), della direttiva 2014/65/UE; 13) «prodotto energetico all’ingrosso»: il prodotto energetico all’ingrosso quale definito nell’articolo 2, punto 4), del regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10); 14) «emittente»: l’emittente quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 21), del regolamento (UE) n. 596/2014. Articolo 3 Abuso di informazioni privilegiate, raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’abuso di informazioni privilegiate, la raccomandazione o l’induzione di altri alla commissione di un abuso di informazioni privilegiate di cui ai paragrafi da 2 a 8, costituiscano reati, almeno nei casi gravi e allorquando siano commessi con dolo. 2. Ai fini della presente direttiva, si ha abuso di informazioni privilegiate quando una persona in possesso di informazioni privilegiate utilizza tali informazioni acquisendo o cedendo, per conto proprio o per conto di terzi, direttamente o indirettamente, gli strumenti finanziari cui tali informazioni si riferiscono. 3. Il presente articolo si applica a chiunque possieda informazioni privilegiate: a) in quanto membro di organi amministrativi, di direzione o di controllo dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni; b) in ragione della sua partecipazione al capitale dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni; c) in quanto avente accesso a tali informazioni nell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione ovvero di una funzione o ufficio; oppure d) in ragione del suo coinvolgimento in attività delittuose. Il presente articolo si applica anche a chiunque abbia ottenuto informazioni privilegiate anche in ragione di circostanze diverse da quelle indicate al primo comma e sia a conoscenza del carattere privilegiato di tali informazioni. 4. È considerato abuso di informazioni privilegiate anche l’utilizzo di informazioni privilegiate tramite annullamento o modifica di un ordine concernente uno strumento finanziario al quale le informazioni si riferiscono quando tale ordine è stato inoltrato prima che la persona interessata entrasse in possesso di dette informazioni privilegiate. 5. In relazione alle aste di quote di emissioni o di altri prodotti correlati che si tengono ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010, l’utilizzo di informazioni privilegiate di cui al paragrafo 4 del presente articolo si configura anche quando una persona presenta, modifica o ritira un’offerta per conto proprio o per conto di terzi. 6. Ai fini della presente direttiva, raccomandare ad altri di commettere un abuso di informazioni privilegiate ovvero indurre altri a commettere un abuso di informazioni privilegiate si configura allorché una persona possiede tali informazioni e: a) raccomanda, sulla base di tali informazioni, ad altri di acquisire o cedere strumenti finanziari cui le informazioni si riferiscono o induce altri a compiere tale acquisizione o cessione; oppure b) raccomanda, sulla base di tali informazioni, ad altri di annullare o modificare un ordine concernente uno strumento finanziario cui le informazioni si riferiscono o induce altri a compiere tale annullamento o modifica. 7. L’utilizzo della raccomandazione o dell’induzione di cui al paragrafo 6 costituisce abuso di informazioni privilegiate quando la persona che sfrutta la raccomandazione o l’induzione è a conoscenza del fatto che queste si basano su informazioni privilegiate. 8. Ai fini del presente articolo, dalla mera circostanza che una persona possieda o abbia posseduto informazioni privilegiate non dovrà farsi discendere la conseguenza che tale persona abbia usato tali informazioni e abbia in questo modo commesso un abuso di informazioni privilegiate attraverso operazioni di acquisizione o cessione, quando la sua condotta può qualificarsi come legittima ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (UE) n. 596/2014. Articolo 4 Comunicazione illecita di informazioni privilegiate 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la comunicazione illecita di informazioni privilegiate di cui ai paragrafi da 2 a 5 costituisca reato, almeno nei casi gravi e se commessa con dolo. 2. Ai fini della presente direttiva, costituisce comunicazione illecita di informazioni privilegiate la condotta con la quale una persona in possesso di informazioni privilegiate comunica tali informazioni a qualsiasi altra persona, al di fuori del normale esercizio di un lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio, ovvero al di fuori dei casi in cui la comunicazione può qualificarsi come sondaggio di mercato effettuato ai sensi dell’articolo 11, paragrafi da 1 a 8, del regolamento (UE) n. 596/2014. 3. Il presente articolo si applica a chiunque possieda informazioni privilegiate in ragione delle situazioni o delle circostanze di cui all’articolo 3, paragrafo 3. 4. Ai fini della presente direttiva, raccomandare o indurre altri ad abusare di informazioni privilegiate ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, costituisce comunicazione illecita di informazioni privilegiate ai sensi del presente articolo, quando la persona che raccomanda o induce altri al compimento dell’abuso è a conoscenza del fatto che la raccomandazione o l’induzione si basano su informazioni privilegiate. 5. Il presente articolo deve essere applicato compatibilmente con l’esigenza di tutelare la libertà di stampa e la libertà di espressione. Articolo 5 Manipolazione del mercato 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la manipolazione del mercato di cui al paragrafo 2 costituisca reato, almeno nei casi gravi e se commessa con dolo. 2. Ai fini della presente direttiva, costituiscono manipolazione del mercato le seguenti condotte: a) conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o qualsiasi altra condotta che; i) fornisce segnali falsi o fuorvianti relativi all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato; o ii) fissa il prezzo di uno o più strumenti finanziari, o di un contratto a pronti su merci collegato, a un livello anomalo o artificiale; salvo che le ragioni per le quali la persona ha posto in essere l’operazione o inoltrato un ordine di compravendita siano legittime e che tali operazioni o ordini di compravendita siano conformi alle prassi di mercato ammesse nella sede di negoziazione interessata; b) conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o il compimento di qualsiasi altra attività o condotta che, attraverso l’uso di artifizi o di ogni altro tipo di inganno o espediente, incide sul prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato; c) divulgazione di informazioni, attraverso i media, incluso Internet, o con qualsiasi altro mezzo, che forniscono segnali falsi o fuorvianti riguardo all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato, o che assicurano il prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato a un livello anomalo o artificiale, quando ne consegue vantaggio o profitto per colui che ha divulgato le informazioni ovvero per altri; o d) trasmissione di informazioni false o fuorvianti, o comunicazione di dati falsi o fuorvianti ovvero ogni altra condotta che manipola il calcolo di un indice di riferimento (benchmark). Articolo 6 Induzione, favoreggiamento e concorso e tentativo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione a reati di cui all’articolo 3, paragrafi da 2 a 5, e agli articoli 4 e 5, siano punibili come reati. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il tentativo di commettere uno dei reati di cui all’articolo 3, paragrafi da 2 a 5 e paragrafo 7, e all’articolo 5 sia punibile come reato. 3. Si applica mutatis mutandis l’articolo 3, paragrafo 8. Articolo 7 Sanzioni penali per le persone fisiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli da 3 a 6 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli 3 e 5 siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima non inferiore ad anni quattro. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il reato di cui all’articolo 4 sia punibile con la pena della reclusione per una durata massima non inferiore ad anni due. Articolo 8 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli da 3 a 6 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all’interno della persona giuridica, in virtù: a) del potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure c) dell’esercizio del controllo all’interno della persona giuridica. 2. Gli Stati membri adottano altresì le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli da 3 a 6 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l’esercizio dell’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli da 3 a 6. Articolo 9 Sanzioni per le persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la persona giuridica ritenuta responsabile in relazione a un reato ai sensi dell’articolo 8 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale e possono comprendere altre sanzioni quali: a) l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici; b) l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività d’impresa; c) l’assoggettamento a controllo giudiziario; d) provvedimenti giudiziari di liquidazione; e) la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato. Articolo 10 Competenza giurisdizionale 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a stabilire la propria competenza per un reato di cui agli articoli da 3 a 6 commesso: a) in tutto o in parte nel loro territorio; oppure b) da un loro cittadino, quanto meno nei casi in cui l’atto costituisce un reato nel luogo in cui è stato commesso. 2. Uno Stato membro informa la Commissione qualora decida di stabilire la propria competenza anche per i reati di cui agli articoli da 3 a 6 anche quando siano commessi al di fuori del suo territorio e nella ipotesi in cui: a) l’autore del reato risiede abitualmente nel suo territorio; oppure b) il reato sia commesso a vantaggio di una persona giuridica che ha sede nel suo territorio. Articolo 11 Formazione Fatta salva l’indipendenza dell’autorità giudiziaria e le differenze nella sua organizzazione all’interno dell’Unione, gli Stati membri impongono ai soggetti responsabili della formazione di giudici, procuratori, forze di polizia, personale giudiziario e personale delle autorità competenti coinvolti nei procedimenti penali e nelle indagini di provvedere a una formazione adeguata riguardo agli obiettivi della presente direttiva. Articolo 12 Relazione Entro il 4 luglio 2018, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sul funzionamento della presente direttiva e, se del caso, sulla necessità di modificarla, anche con riguardo all’interpretazione dei casi gravi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 1, al livello delle sanzioni introdotte dagli Stati membri e alla effettiva misura in cui gli elementi opzionali di cui alla presente direttiva sono stati adottati. La relazione della Commissione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa. Articolo 13 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 luglio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 3 luglio 2016 con riserva dell’entrata in vigore del regolamento (UE) n 596/2014. Le disposizioni adottate dagli Stato membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 14 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 161 del 7.6.2012, pag. 3. (2) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 64. (3) Posizione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 aprile 2014. (4) Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) (GU L 96 del 12.4.2003, pag. 16). (5) Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (abusi di mercato) e che modifica la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive della Commissione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE (cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale). (6) GU C 177 del 20.6.2012, pag. 1. (7) Regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione, del 12 novembre 2010, relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita all’asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 302 del 18.11.2010, pag. 1). (8) Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa a mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2011/61/UE e la direttiva 2002/92/CE (cfr. pagina 349 della presente Gazzetta ufficiale). (9) Direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 74). (10) Regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, concernente l’integrità e la trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso (GU L 326 dell’8.12.2011, pag. 1).
Sanzioni penali in caso di abusi di mercato La presente normativa dell'Unione europea ha lo scopo di migliorare l'integrità dei mercati finanziari europei. ATTO Direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato). SINTESI Gli abusi che hanno luogo sui mercati finanziari, per esempio quando i partecipanti al mercato diffondono informazioni false sui prezzi dei prodotti finanziari, possono essere molto dannosi per i consumatori, gli investitori e l'economia nel complesso. La presente legge stabilisce sanzioni penali per gli abusi di mercato più gravi,commessi intenzionalmente. Le nuove norme dovrebbero essere applicabili entro e non oltre il mese di luglio 2016, in tutti i paesi dell'UE. PUNTI CHIAVE 1. Sanzioni per le persone fisiche - Condanne alla reclusione Secondo le nuove norme, l'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato, le due principali forme di abuso di mercato, sono punibili con una pena massima di reclusione di almeno quattro anni. La manipolazione del mercato consiste nel manipolare artificiosamente i prezzi dei prodotti finanziari. Per esempio, ciò può succedere quando un soggetto diffonde informazioni false sulla fornitura, la domanda o il prezzo di un prodotto finanziario. L'abuso di informazioni privilegiate avviene quando un soggetto commercia un prodotto finanziario con accesso a «informazioni privilegiate». Si tratta di informazioni riservate riguardanti il prodotto finanziario commerciato o la società che lo ha immesso sul mercato. L'accesso a questo tipo di informazioni dà al soggetto un vantaggio iniquo. Anche la comunicazione illecita di«informazioni privilegiate» è considerata come un reato, punibile con una pena massima di reclusione di almeno due anni. Ciò avviene quando un soggetto comunica «informazioni privilegiate» ad altre persone, salvo tale comunicazione avvenga nel regolare esercizio della sua professione. 2. Sanzioni per le persone giuridiche (società ritenute responsabili) Le norme prevedono che le società ritenute responsabili di reati di abuso di mercato siano soggette a sanzioni pecuniarie, penali o non penali. Possono essere applicate altre sanzioni, come l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa. Il regolamento (UE) n. 596/2014, adottato unitamente a queste nuove norme inasprisce le sanzioni amministrative che possono altresì essere imposte per abusi di mercato. Esso rafforza inoltre i poteri investigativi degli organismi nazionali di regolamentazione per rilevare gli abusi sui mercati finanziari. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 2014/57/UE 2.7.2014 3.7.2016 GU L 173 del 12.6.2014 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione (GU L 173 del 12.6.2014).
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DIRETTIVA 2009/21/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) La sicurezza dei trasporti marittimi comunitari e dei cittadini che li utilizzano e la protezione dell’ambiente dovrebbero essere garantiti in via permanente. (2) Con riferimento al trasporto marittimo internazionale, l’adozione di varie convenzioni, di cui l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) è depositaria, ha consentito di istituire un quadro generale di regole che migliora la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente contro l’inquinamento provocato dalle navi. (3) A norma delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare (UNCLOS) e delle convenzioni di cui è depositaria l’IMO (convenzioni IMO), rientra fra le responsabilità degli Stati che sono parti di questi strumenti adottare norme legislative e regolamentari e adottare tutti gli altri provvedimenti necessari per dare piena e completa attuazione a detti strumenti affinché, dal punto di vista della sicurezza della vita in mare e della protezione dell’ambiente marino, le navi siano idonee al servizio cui sono destinate ed equipaggiate con personale marittimo competente. (4) Occorre tenere nella dovuta considerazione la convenzione sul lavoro marittimo, adottata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel 2006, che disciplina anche gli obblighi connessi allo Stato di bandiera. (5) Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano all’unanimità l’importanza dell’applicazione delle convenzioni internazionali relative agli obblighi degli Stati di bandiera al fine di migliorare la sicurezza marittima e di contribuire alla prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi. (6) L’attuazione delle procedure raccomandate dall’IMO nella circolare MSC/Circ. 1140/MEPC/Circ. 424 del 20 dicembre 2004 sul trasferimento delle navi fra Stati dovrebbe rafforzare le disposizioni delle convenzioni IMO e della normativa comunitaria sulla sicurezza marittima relative al cambiamento di bandiera e migliorare la trasparenza dei rapporti fra gli Stati di bandiera, a tutto vantaggio della sicurezza marittima. (7) La disponibilità di informazioni sulle navi battenti la bandiera di uno Stato membro e sulle navi che sono state cancellate dal registro di uno Stato membro dovrebbe migliorare la trasparenza delle prestazioni di una flotta di qualità elevata e contribuire a monitorare meglio il rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera, nonché ad assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni. (8) Per aiutare gli Stati membri a migliorare ulteriormente i loro risultati in quanto Stati di bandiera, le loro amministrazioni dovrebbero essere sottoposte periodicamente ad audit. (9) Una certificazione di qualità delle procedure amministrative in conformità delle norme dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) o di norme equivalenti dovrebbe ulteriormente assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni. (10) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (11) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica dei trasporti marittimi, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva ha lo scopo di: a) assicurare che gli Stati membri ottemperino con efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera; e b) migliorare la sicurezza e prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. 2. La presente direttiva lascia impregiudicata la normativa marittima comunitaria elencata all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) (5), nonché la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST) (6). Articolo 2 Ambito di applicazione La presente direttiva si applica all’amministrazione dello Stato membro di cui la nave batte bandiera. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti: a) «nave» una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato; b) «amministrazione» le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera; c) «organismo riconosciuto» un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (rifusione) (7); d) «certificati» i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO; e) «audit IMO» un audit condotto in conformità delle disposizioni della risoluzione A.974(24) adottata dall’assemblea dell’IMO il 1o dicembre 2005. Articolo 4 Condizioni per consentire l’esercizio di una nave al momento della concessione del diritto di battere bandiera di uno Stato membro 1. Prima di consentire l’esercizio di una nave cui è stato concesso il diritto di battere la sua bandiera, lo Stato membro interessato adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare che la nave in questione ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave con ogni mezzo ragionevole. Se necessario, consulta l’amministrazione del precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza da questo individuati e rimasti irrisolti. 2. Quando un altro Stato di bandiera richiede informazioni su una nave che ha in precedenza battuto bandiera di uno Stato membro, quest’ultimo fornisce tempestivamente allo Stato di bandiera richiedente i dettagli riguardanti anomalie irrisolte e ogni altra pertinente informazione connessa alla sicurezza. Articolo 5 Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende, secondo le procedure da essa stabilite a tal fine, a che la nave sia resa conforme alle pertinenti convenzioni IMO. Articolo 6 Misure di accompagnamento Gli Stati membri assicurano che almeno le seguenti informazioni concernenti le navi battenti la loro bandiera siano prontamente accessibili ai fini della presente direttiva: a) estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.); b) date delle visite di controllo, comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari, e date degli audit; c) identificazione degli organismi riconosciuti coinvolti nella certificazione e nella classificazione della nave; d) identificazione dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo e date delle ispezioni; e) risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo (deficienze: sì o no, fermi: sì o no); f) informazioni sui sinistri marittimi; g) identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione negli ultimi dodici mesi. Articolo 7 Procedura di audit dello Stato di bandiera Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni, subordinatamente a una risposta positiva dell’IMO ad una tempestiva richiesta dello Stato membro interessato, e pubblicano i risultati dell’audit in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Il presente articolo cessa di avere vigore al più tardi il 17 giugno 2017, o prima di tale data, come stabilito dalla Commissione secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, se è entrato in vigore un sistema obbligatorio di audit degli Stati membri dell’IMO. Articolo 8 Sistema di gestione della qualità e valutazione interna 1. Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro sviluppa, attua e mantiene un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Tale sistema è certificato conformemente alle norme di qualità internazionali applicabili. 2. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d’approdo (MOU di Parigi) presentano alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione individua e analizza le ragioni principali della mancata conformità che ha condotto ai fermi e alle deficienze all’origine dell’iscrizione nelle liste nera o grigia. Articolo 9 Relazioni Con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Tale relazione contiene una valutazione dei risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall’articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi. Articolo 11 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 12 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 13 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195. (2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38. (3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 140), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 13) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (5) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1. (6) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33. (7) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale.
Rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera La presente direttiva ha lo scopo di assicurare che gli Stati membri dell'Unione europea ottemperino con più efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera. Mira inoltre a rafforzare la sicurezza marittima e a prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. ATTO Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera. SINTESI La presente direttiva istituisce un quadro giuridico volto a migliorare i risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera. Ambito di applicazione La presente direttiva si applica all’amministrazione * dello Stato membro di cui la nave * batte bandiera. Autorizzazione di esercizio delle navi battenti bandiera di uno Stato membro Ciascuno Stato membro deve verificare, prima del rilascio dell’autorizzazione di esercizio, che una nave autorizzata a battere la sua bandiera ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave. Se necessario, consulta il precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza irrisolti. In tal caso, lo Stato membro consultato deve fornire tempestivamente i dettagli richiesti. Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende le procedure stabilite a che la nave sia resa conforme alle convenzioni dell’IMO (Organizzazione marittima internazionale) (EN). Misure di accompagnamento Gli Stati membri assicurano che le seguenti informazioni siano prontamente accessibili e disponibili: estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.); date delle visite di controllo (comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari) e date degli audit; identificazione degli organismi riconosciuti * coinvolti nella certificazione * e nella classificazione della nave, nonché dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo; risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo e, se del caso, informazioni su deficienze e fermi o sui sinistri marittimi; identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione. Procedura di audit dello Stato di bandiera Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni. I risultati dell’audit vengono pubblicati in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Questa disposizione resta in applicazione sino all’entrata in vigore di un sistema obbligatorio dell’IMO. Gestione della qualità e valutazione interna Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro deve avere sviluppato un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi (MOU di Parigi), devono presentare alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera. Questa relazione deve pervenire alla Commissione entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione deve presentare le ragioni che hanno condotto ai fermi e all’iscrizione nelle liste nera o grigia. Relazioni La Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio, con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Procedura di comitato La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS). Contesto La presente direttiva risponde alla necessità di un trasporto marittimo più sicuro e più rispettoso dell’ambiente. Si basa sul quadro giuridico sviluppato a livello internazionale dall’IMO nel settore della sicurezza marittima e della protezione dell’ambiente contro l’inquinamento marittimo. Termini chiave dell’atto «nave», una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato; «amministrazione», le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera; «organismo riconosciuto», un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 «certificati», i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/21/CE 29.5.2009 17.6.2009 GU L 131 del 28.5.2009
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 12 febbraio 2008 relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato per l’adesione con la Croazia e che abroga la decisione 2006/145/CE (2008/119/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all’istituzione di partenariati europei nell’ambito del processo di stabilizzazione e di associazione (1), in particolare l’articolo 2, vista la proposta della Commissione, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 ha approvato l’introduzione dei partenariati quali strumenti utili per dare contenuti concreti alla prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali. (2) Il regolamento (CE) n. 533/2004 stabilisce che il Consiglio decida i principi, le priorità e le condizioni da inserire nei partenariati nonché qualsiasi successivo adeguamento. A norma del regolamento, inoltre, il controllo dei partenariati di adesione è assicurato nell’ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente le relazioni annuali. (3) A seguito del partenariato europeo del 2004, il 20 febbraio 2006 il Consiglio ha adottato il primo partenariato per l’adesione con la Croazia (2). (4) Il 3 ottobre 2005 gli Stati membri hanno avviato i negoziati con la Croazia per l’adesione del paese all’Unione europea. Lo stato di avanzamento dei negoziati dipenderà dai progressi compiuti dalla Croazia nei preparativi per l’adesione, progressi che saranno misurati, tra l’altro, in relazione all’attuazione degli obiettivi del partenariato per l’adesione; quest’ultima sarà verificata periodicamente. (5) Nella comunicazione sulla strategia di allargamento e sulle sfide principali per il periodo 2006-2007, la Commissione indicava che i partenariati sarebbero stati aggiornati alla fine del 2007. (6) Il regolamento (CE) n. 1085/2006 che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (3), adottato dal Consiglio il 17 luglio 2006, costituisce il nuovo quadro per l’assistenza preadesione. (7) È pertanto opportuno adottare un partenariato per l’adesione riveduto che costituisca un aggiornamento dell’attuale partenariato, per definire nuove priorità da conseguire ulteriormente sulla base dei risultati illustrati nella relazione periodica del 2007 sui preparativi realizzati dalla Croazia per una maggiore integrazione nell’Unione europea. (8) Al fine di prepararsi all’adesione, la Croazia deve mettere a punto un programma che indichi la tabella di marcia e le misure specifiche con cui conseguire le priorità stabilite dal partenariato per l’adesione. (9) La decisione 2006/145/CE dovrebbe essere abrogata, DECIDE: Articolo 1 In conformità dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 533/2004, i principi, le priorità e le condizioni contenuti nel partenariato per l’adesione con la Croazia sono definiti nell’allegato della presente decisione. Articolo 2 L’attuazione del partenariato per l’adesione è valutata e monitorata tramite i meccanismi istituiti nell’ambito del processo di stabilizzazione e di associazione, nonché dal Consiglio sulla base delle relazioni annuali presentate dalla Commissione. Articolo 3 La decisione 2006/145/CE è abrogata. Articolo 4 La presente decisione ha effetto il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 12 febbraio 2008. Per il Consiglio Il presidente A. BAJUK (1) GU L 86 del 24.3.2004, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 269/2006 (GU L 47 del 17.2.2006, pag. 7). (2) Decisione 2006/145/CE del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato per l’adesione con la Croazia (GU L 55 del 25.2.2006, pag. 30). (3) GU L 210 del 31.7.2006, pag. 82. ALLEGATO PARTENARIATO PER L’ADESIONE 2007 CON LA CROAZIA 1. INTRODUZIONE Il partenariato per l’adesione riveduto proposto aggiorna il primo partenariato sulla base dei risultati illustrati nella relazione della Commissione del 2007 sui progressi compiuti dalla Croazia. Individua le nuove priorità d’azione e quelle rimanenti. Le nuove priorità sono adattate alle esigenze specifiche del paese e al suo specifico stadio di preparazione e saranno aggiornate secondo necessità. La Croazia deve mettere a punto un programma che indichi la tabella di marcia e le misure specifiche con cui realizzare le priorità stabilite dal partenariato per l’adesione. Il partenariato per l’adesione fornisce inoltre l’orientamento per l’assistenza finanziaria da erogare al paese. 2. PRINCIPI Il processo di stabilizzazione e di associazione rimane il quadro generale entro cui si inscrive il percorso europeo dei paesi dei Balcani occidentali fino alla loro futura adesione. Le principali priorità identificate per la Croazia riguardano la sua capacità di soddisfare i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 e le condizioni associate al processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente quelle definite dal Consiglio nelle conclusioni del 29 aprile 1997 e del 21-22 giugno 1999, nella dichiarazione finale del vertice di Zagabria del 24 novembre 2000 e nell’Agenda di Salonicco, nonché le condizioni del quadro di negoziazione adottato dal Consiglio il 3 ottobre 2005. 3. PRIORITÀ Le priorità elencate nel presente partenariato per l’adesione sono state selezionate sulla base dell’ipotesi realistica che la Croazia riesca ad attuarle o a conseguire risultati sostanziali nei prossimi anni. Le priorità riguardano tanto la legislazione quanto l’attuazione di quest’ultima. Vista la necessità di definire delle priorità, altri compiti che la Croazia deve indubbiamente svolgere potrebbero diventare le priorità di un futuro partenariato, anche in funzione dei progressi che il paese compirà. Tra le priorità è stata individuata una serie di priorità fondamentali che vengono illustrate all’inizio della sezione seguente. Le priorità fondamentali non sono elencate per ordine di importanza. Priorità fondamentali — Garantire la piena e corretta attuazione degli impegni sottoscritti nel quadro dell’accordo di stabilizzazione e di associazione — Aggiornare e attuare la strategia e il piano di azione per la riforma giudiziaria — Adottare ed attuare rapidamente un quadro strategico per la riforma della pubblica amministrazione — Aggiornare e accelerare l’attuazione del programma anticorruzione e dei piani d’azione connessi; prendere iniziative più coordinate e propositive per la prevenzione, l’individuazione e la lotta efficace alla corruzione, segnatamente quella ad alto livello — Applicare la legge costituzionale sulle minoranze nazionali, in particolare le disposizioni che garantiscono la rappresentanza proporzionale delle minoranze sul mercato del lavoro. Prendere misure di più ampia portata per combattere la discriminazione nel settore pubblico — Portare a termine il processo di rientro dei profughi; risolvere definitivamente tutti i problemi di fornitura di alloggi agli ex titolari di diritti di occupazione/locazione; completare il processo di ricostruzione e di recupero delle proprietà e offrire nuovamente la possibilità di presentare domanda di convalida — Proseguire gli sforzi intesi alla riconciliazione fra i cittadini della regione — Impegnarsi per la risoluzione definitiva delle questioni bilaterali rimaste in sospeso (1), in particolare le vertenze frontaliere con la Slovenia, la Serbia, il Montenegro e la Bosnia-Erzegovina e risolvere la questione della zona ecologica e di pesca protetta — Mantenere una piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Iugoslavia e garantire l’integrità dei procedimenti nazionali contro i crimini di guerra — Migliorare il contesto imprenditoriale e il potenziale di crescita economica, in particolare riducendo le sovvenzioni, ristrutturando le grandi imprese in perdita e aumentando l’efficienza della spesa pubblica. Criteri politici Democrazia e Stato di diritto Pubblica amministrazione — Dare piena attuazione alle misure di riforma della pubblica amministrazione in materia di procedure amministrative, assunzioni, promozioni, formazione e assenza di politicizzazione; migliorare la gestione delle risorse umane in diversi settori della pubblica amministrazione. Sistema giudiziario — Ridurre considerevolmente l’arretrato giudiziario nei tribunali e garantire una durata accettabile dei procedimenti — Razionalizzare l’organizzazione dei tribunali, segnatamente grazie all’introduzione di moderni sistemi informatici — Adottare regole aperte, eque e trasparenti in materia di assunzioni, valutazione, promozioni e provvedimenti disciplinari nel settore giudiziario e incentivare la professionalità mediante corsi di formazione di livello elevato, sostenuti da un adeguato finanziamento dell’Accademia giudiziaria, anche in diritto comunitario — Adottare misure per assicurare la piena e corretta esecuzione delle sentenze. Politica di lotta alla corruzione — Continuare il lavoro di redazione e attuazione di codici di condotta/deontologici per funzionari e rappresentanti eletti nonché l’elaborazione di programmi di azione finalizzati alla prevenzione della corruzione presso i pertinenti organismi incaricati dell’applicazione della legge (polizia di frontiera, forze dell’ordine, dogane, magistratura) e altre istituzioni e organismi del settore pubblico; affrontare congiuntamente la corruzione connessa agli appalti pubblici. Creare delle unità di esperti nella lotta contro la corruzione all’interno dei servizi maggiormente interessati, instaurando un adeguato meccanismo di coordinamento fra di esse, e garantire loro formazione e risorse sufficienti — Prendere misure per garantire un’applicazione uniforme del quadro normativo in materia di lotta alla corruzione, anche attraverso l’uso di statistiche adeguate. Garantire il rispetto delle norme stabilite dagli strumenti internazionali adottando le adeguate misure legislative e amministrative — Adottare misure concrete per sensibilizzare maggiormente la popolazione al fatto che la corruzione costituisce un grave reato — Garantire una cooperazione piena delle autorità statali con l’Ufficio per la prevenzione della corruzione e della criminalità organizzata. Diritti umani e tutela delle minoranze — Garantire l’accesso alla giustizia e al gratuito patrocinio e rendere disponibili le relative risorse finanziarie — Promuovere il rispetto e la tutela delle minoranze in conformità del diritto internazionale e delle migliori prassi degli Stati membri dell’UE — Incoraggiare la tolleranza nei confronti delle minoranze serbe e Rom e prendere provvedimenti per proteggere le persone appartenenti a minoranze da minacce o atti di discriminazione, ostilità o violenza — Proseguire l’attuazione della strategia e del programma di azione per la tutela e l’integrazione della popolazione Rom e garantire la disponibilità delle risorse necessarie a tal fine, specialmente in materia di occupazione, istruzione e alloggi — Adottare e attuare una strategia globale di lotta alla discriminazione. Questioni regionali e obblighi in campo internazionale — Rispettare pienamente l’accordo del 4 giugno 2004 concernente la Zona ecologica e di pesca protetta di cui alle conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2004 e al quadro di negoziazione e non applicare agli Stati membri dell’UE alcun aspetto della zona fino a quando non si sarà trovato un accordo comune nello spirito dell’UE — Garantire l’integrità dei procedimenti contro i crimini di guerra, segnatamente ponendo fine alle discriminazioni etniche nei confronti della popolazione serba, comprese l’applicazione di uno standard uniforme di responsabilità penale e una maggiore sicurezza per testimoni e informatori — Garantire un coordinamento e una cooperazione adeguati tra tutte le autorità competenti, a livello centrale e locale, in materia di rientro dei profughi — Registrare progressi nel risolvere insieme ai paesi limitrofi tutte le questioni riguardanti la perdita dei diritti di occupazione/locazione — Creare le condizioni socioeconomiche necessarie per agevolare il reinserimento dei profughi e la loro accettazione da parte delle comunità locali di destinazione, segnatamente tramite programmi di sviluppo regionale nelle aree interessate — Contribuire a rafforzare la cooperazione regionale, sostenendo tra l’altro la transizione dal patto di stabilità a un quadro di cooperazione più regionalizzato e l’applicazione efficace dell’accordo centroeuropeo di libero scambio (CEFTA). — Dare piena attuazione agli accordi già conclusi con i paesi limitrofi, segnatamente in materia di lotta alla criminalità organizzata, gestione delle frontiere e riammissione, cooperazione transfrontaliera e cooperazione giudiziaria e di polizia, anche in relazione ai crimini di guerra, e concludere gli accordi rimasti in sospeso. Criteri economici — Continuare ad attuare politiche oculate in materia fiscale, monetaria e finanziaria onde sostenere la stabilità macroeconomica, segnatamente il contenimento dell’inflazione a livelli bassi, la stabilità cambiaria e un’ulteriore riduzione del rapporto spesa pubblica/PIL, disavanzo pubblico/PIL e debito pubblico/PIL — Proseguire le riforme istituzionali in materia di finanze pubbliche onde migliorare la trasparenza finanziaria, rendere più efficiente e trasparente la gestione del debito pubblico e completare il previsto adeguamento delle relazioni di bilancio ai principi ESA 95 — Proseguire l’attuazione della riforma globale del sistema di assistenza sanitaria onde evitare l’accumulo di arretrati di pagamento nel sistema sanitario e migliorare l’efficienza della spesa sanitaria. Proseguire la riforma della previdenza sociale. Garantire la sostenibilità finanziaria del primo pilastro del regime pensionistico tramite riforme parametriche ad hoc — Continuare a facilitare l’accesso delle nuove imprese al mercato riducendo i tempi, le procedure e i costi connessi alla creazione di un’impresa. Migliorare le procedure fallimentari per accelerare l’uscita dal mercato — Migliorare il quadro istituzionale per le privatizzazione onde accelerare considerevolmente la privatizzazione delle imprese incluse nel portafoglio del Fondo statale per la privatizzazione. Proseguire la ristrutturazione delle imprese statali in perdita e del sistema ferroviario onde ridurre l’importo delle sovvenzioni al settore delle imprese in percentuale del PIL — Migliorare le strutture di incentivazione e la flessibilità sul mercato del lavoro per aumentare i tassi di partecipazione e di occupazione. Capacità di assumersi gli obblighi che comporta l’adesione Capitolo 1: Libera circolazione delle merci — Adottare e applicare una legislazione quadro orizzontale per completare le infrastrutture necessarie e garantire la separazione dei compiti tra le diverse funzioni (regolamentazione, standardizzazione, accreditamento, metrologia, valutazione della conformità e vigilanza del mercato) — Adottare e attuare una strategia globale per il recepimento e l’applicazione della legislazione comunitaria a livello delle organizzazioni orizzontali pertinenti (standardizzazione, accreditamento, metrologia e vigilanza del mercato) e nei singoli settori; rafforzare la capacità amministrativa — Adottare e attuare un piano d’azione per la conformità con gli articoli 28-30 del trattato CE, compresa l’introduzione delle clausole di riconoscimento reciproco — Proseguire l’adozione degli standard europei. Proseguire i preparativi verso la conformità con i criteri di adesione relativi agli organismi di standardizzazione — Portare a termine il recepimento delle direttive «nuovo approccio» e «vecchio approccio», in particolare riguardo ai prodotti farmaceutici. Capitolo 2: Libera circolazione dei lavoratori — Eliminare qualsiasi misura discriminatoria nei confronti dei lavoratori migranti dell’UE e dei cittadini dell’UE — Potenziare le strutture amministrative responsabili del coordinamento dei regimi previdenziali. Capitolo 3: Diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi — Completare l’allineamento legislativo con l’acquis sul riconoscimento delle qualifiche professionali dei cittadini UE e modificare la legislazione vigente onde abrogare i requisiti rimanenti applicati ai prestatori di servizi dell’UE per quanto riguarda la nazionalità, la lingua, lo stabilimento o le licenze commerciali; eliminare gli altri ostacoli amministrativi e tecnici al diritto di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi e assicurare un trattamento equo delle domande di licenze commerciali, incluse le licenze edilizie. Capitolo 4: Libera circolazione dei capitali — Completare la realizzazione di un meccanismo efficace di lotta contro il riciclaggio del denaro, garantendo in particolare che gli organismi preposti all’applicazione siano pienamente operativi, provvisti di risorse adeguate e agiscano in effettivo coordinamento con gli enti nazionali e internazionali loro omologhi — Registrare ulteriori progressi per quanto riguarda l’eliminazione delle ultime restrizioni alla circolazione dei capitali; abolire tutte le restrizioni all’acquisto di beni immobili da parte di cittadini dell’UE, in conformità dell’ASA, e accelerare il trattamento di tutte le domande di autorizzazione per l’acquisto di beni immobili già presentate da cittadini dell’UE. Capitolo 5: Appalti pubblici — Incaricare un organismo competente in materia di appalti di garantire una politica coerente e trasparente e di guidarne l’attuazione in tutti i settori connessi agli appalti pubblici — Adottare e attuare una strategia globale, fissando calendari e tappe principali, per l’allineamento legislativo e lo sviluppo delle capacità in tutti i settori degli appalti pubblici (contratti, concessioni, partenariati pubblico-privato) nonché per le procedure e gli organi di ricorso. Potenziare i meccanismi di applicazione degli organi di ricorso. Capitolo 6: Diritto societario — Allineare la legge sulle società con l’acquis e completare l’allineamento con la direttiva sulle offerte pubbliche di acquisizione — Allineare con l’acquis la legislazione in materia di contabilità e revisione contabile. Rafforzare il quadro istituzionale pertinente. Capitolo 7: Legislazione in materia di proprietà intellettuale — Completare l’allineamento con l’acquis riguardante il diritto d’autore e i diritti connessi e garantire l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale rafforzando la capacità amministrativa degli organi competenti — Raggiungere risultati soddisfacenti in termini di indagini e azioni giudiziarie riguardanti i casi di pirateria e contraffazione. Capitolo 8: Politica di concorrenza — Adottare un programma nazionale di ristrutturazione per il settore siderurgico che garantisca la sua redditività e il rispetto delle norme UE in materia di aiuti di Stato. Adottare piani di ristrutturazione individuali per ciascuno dei cantieri in difficoltà e integrare tali piani in un programma nazionale di ristrutturazione, in linea con le norme UE in materia di aiuti di Stato — Portare a termine l’allineamento legislativo con le norme UE in materia di aiuti di Stato riguardanti gli incentivi fiscali e allineare tutti gli altri regimi di aiuti di Stato classificati nell’inventario degli aiuti di Stato come incompatibili con le norme UE. Adottare la carta degli aiuti a finalità regionale — Adottare le misure legislative necessarie per un controllo antitrust efficace, specie per quanto riguarda il calcolo delle ammende e il controllo giudiziario. Capitolo 9: Servizi finanziari — Portare a termine il recepimento dell’acquis riguardante le licenze bancarie, i requisiti patrimoniali, gli istituti di moneta elettronica, i conglomerati finanziari, il risanamento e la liquidazione, i conti bancari, i conti delle succursali e i sistemi di garanzia dei depositi — Portare a termine l’allineamento legislativo in materia di margini di solvibilità, vigilanza nel settore assicurativo, intermediazione assicurativa e riassicurativa, infrastruttura del mercato finanziario, mercati degli investimenti e dei valori mobiliari — Istituire un sistema di indennizzo degli investitori in linea con l’acquis. Comprovare l’applicazione dei requisiti prudenziali. Capitolo 10: Società dell’informazione e media — Completare l’allineamento con l’acquis in materia di comunicazioni elettroniche, commercio elettronico, firme elettroniche, media elettronici e sicurezza dell’informazione nonché con la direttiva Televisione senza frontiere — Garantire una capacità amministrativa sufficiente per applicare l’acquis, segnatamente in materia di comunicazioni elettroniche, e dimostrare l’adempimento degli obblighi per quanto riguarda gli operatori con un significativo potere di mercato e i diritti dei nuovi entranti sul mercato delle comunicazioni elettroniche, compresi i diritti di passaggio, coubicazione e condivisione di strutture — Portare a termine la prevista revisione della legislazione sui media audiovisivi attraverso una pubblica consultazione, onde garantire l’indipendenza normativa e tutelarsi da ingerenze politiche indebite. Capitolo 11: Agricoltura e sviluppo rurale — Potenziare le strutture e le capacità amministrative necessarie all’attuazione di politiche di sviluppo rurale e del mercato, comprese la raccolta e l’elaborazione di dati agricoli — Istituire un catasto viticolo conforme agli standard dell’UE — Continuare i preparativi per l’istituzione di organismi pagatori efficienti e finanziariamente affidabili per la gestione e il controllo dei fondi agricoli, conformemente ai requisiti comunitari e ai principi internazionali di revisione contabile. Capitolo 12: Sicurezza alimentare e politica veterinaria e fitosanitaria — Migliorare in misura sostanziale l’allineamento legislativo in materia veterinaria, fitosanitaria e di sicurezza alimentare e potenziare le necessarie strutture di attuazione, compresi i servizi di ispezione e controllo — Instaurare regimi conformi nei settori veterinario, fitosanitario e della sicurezza alimentare, compreso un sistema di identificazione degli animali e di registrazione dei loro movimenti, il trattamento dei sottoprodotti di origine animale, il potenziamento degli stabilimenti agroalimentari, il benessere degli animali e i programmi di lotta alle loro malattie, il controllo degli animali e dei prodotti di origine animale ai posti d’ispezione frontalieri, i controlli fitosanitari, l’autorizzazione dei prodotti fitosanitari e il controllo dei loro residui, la qualità delle sementi e dei materiali di propagazione vegetale. Capitolo 13: Pesca — Potenziare le strutture amministrative, in particolare,quelle incaricate delle ispezioni nel campo della politica della pesca, e migliorare la raccolta dei dati concernenti le catture e gli sbarchi — Portare a termine il registro informatizzato dei pescherecci e predisporre un sistema di monitoraggio via satellite delle imbarcazioni. Capitolo 14: Politica dei trasporti — Portare a termine l’allineamento con l’acquis UE e rafforzare la capacità amministrativa nel settore dei trasporti stradali (anche mediante l’uso dei tachigrafi digitali), aerei, marittimi e fluviali, specie per quanto concerne la sicurezza della navigazione e i servizi di informazione fluviale — Adottare la normativa di attuazione per il trasporto ferroviario, con particolare riguardo alle disposizioni relative all’interoperabilità e all’assegnazione indipendente della capacità. Pubblicare una versione definitiva del prospetto informativo della rete — Attuare la prima fase transitoria dell’accordo sullo Spazio aereo comune europeo e procedere alla ratifica. Capitolo 15: Energia — Adempiere gli obblighi sanciti dal trattato che istituisce la Comunità dell’energia — Potenziare la capacità amministrativa e portare a termine l’allineamento all’acquis comunitario nel campo della sicurezza dell’approvvigionamento, dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili, del mercato interno dell’energia (elettricità e gas) e dell’energia nucleare e assicurare un livello elevato di sicurezza nucleare e di radioprotezione. Capitolo 16: Fiscalità — Accelerare l’allineamento all’acquis della legislazione fiscale, includendo in particolare le zone franche nell’ambito dell’applicazione territoriale del regime IVA, abolendo le aliquote zero dell’IVA in vigore e la tassazione discriminatoria delle sigarette e armonizzando ulteriormente il sistema delle accise — Potenziare in misura significativa la capacità di applicazione dell’amministrazione fiscale e doganale, in particolare per quanto riguarda le funzioni di riscossione e di controllo e lo sviluppo dei necessari sistemi informatici; continuare ad adoperarsi per l’istituzione di un servizio delle accise funzionante e provvisto di un organico adeguato; snellire le procedure e rafforzare i controlli per perseguire efficacemente le frodi fiscali — Impegnarsi a rispettare i principi del codice di condotta in materia di tassazione delle imprese e assicurare la conformità delle nuove misure fiscali a tali principi. Capitolo 17: Politica economica e monetaria — Allineare il quadro normativo onde garantire la totale indipendenza della Banca centrale, assicurare l’allineamento per quanto riguarda il divieto di accesso privilegiato del settore pubblico alle istituzioni finanziarie e consentire la piena integrazione della Banca centrale nel Sistema europeo delle banche centrali. Capitolo 18: Statistiche — Potenziare la capacità amministrativa dell’Istituto statistico, riformarne gli uffici regionali e migliorare il coordinamento con gli altri enti incaricati di elaborare statistiche ufficiali nel paese — Continuare a sviluppare le statistiche agricole, macroeconomiche e relative alle imprese. Capitolo 19: Politica sociale e occupazione — Continuare l’opera di allineamento all’acquis comunitario e potenziare le relative strutture amministrative e di attuazione, in particolare gli ispettorati del lavoro, in collaborazione con le parti sociali — Attuare efficacemente il memorandum congiunto sull’inclusione sociale e, una volta adottato, il documento comune di valutazione riguardante le priorità per l’occupazione. Capitolo 20: Politica industriale e delle imprese — Attuare una politica industriale concreta e globale, con particolare attenzione alla ristrutturazione dei settori e delle imprese chiave in perdita, comprese la siderurgia e la cantieristica. Capitolo 21: Reti transeuropee — Potenziare le interconnessioni con i paesi limitrofi nei settori del gas e dell’elettricità. Capitolo 22: Politica regionale e coordinamento degli strumenti strutturali — Adottare e iniziare ad attuare un piano d’azione comprendente obiettivi ben definiti, con il relativo calendario, onde soddisfare i requisiti normativi e operativi della politica comunitaria di coesione, compreso il rafforzamento della capacità a livello centrale, regionale e locale — Stabilire una chiara separazione delle competenze e rafforzare la capacità delle autorità/strutture di attuazione designate, comprese le autorità locali, migliorando il coordinamento fra di esse — Adottare una legge sullo sviluppo regionale — Rafforzare la capacità in materia di programmazione, preparazione dei progetti, monitoraggio, valutazione, gestione e controllo finanziario, segnatamente a livello dei ministeri competenti, onde attuare i programmi preadesione dell’UE per preparare l’attuazione della politica di coesione comunitaria. Capitolo 23: Diritti giudiziari e fondamentali — Continuare ad applicare la legge nazionale sulla protezione dei dati personali in linea con l’acquis e garantire un monitoraggio e un’attuazione adeguati — Per le altre priorità, si veda la sezione Criteri politici. Capitolo 24: Giustizia, libertà e sicurezza — Completare la revisione della legislazione di base per allinearla all’acquis di Schengen e aumentare gli investimenti a livello locale in apparecchiature informatiche e ulteriore formazione per la polizia — Continuare a preparare l’applicazione dell’acquis di Schengen potenziando l’organico e migliorando la formazione delle guardie di frontiera, aumentando gli investimenti nelle apparecchiature, compresa l’estensione del Sistema informatico per la gestione delle frontiere nazionali, e garantirne la compatibilità con la seconda generazione del Sistema d’Informazione Schengen (SIS II). Migliorare la capacità amministrativa e di applicazione della polizia di frontiera intensificando la cooperazione fra agenzie — Proseguire l’allineamento con la politica dell’UE in materia di visti, compresi l’introduzione di identificatori biometrici nei documenti di viaggio e i preparativi per il Sistema di informazione sui visti — Adottare il diritto derivato necessario per l’attuazione della legge sull’asilo e della legge sugli stranieri — Garantire la compatibilità della legislazione con l’acquis sulla cooperazione giudiziaria in materia civile e penale e rafforzare la capacità della magistratura di applicare l’acquis. Capitolo 25: Scienza e ricerca — Garantire una capacità adeguata per attuare i progetti di ricerca finanziati dall’UE — Continuare a prendere provvedimenti per agevolare l’integrazione nello Spazio europeo della ricerca. Capitolo 26: Istruzione e cultura — Garantire una capacità sufficiente per la gestione dei programmi Apprendimento permanente e Gioventù in azione — Allinearsi con l’acquis sulla non discriminazione tra cittadini dell’UE e della Croazia per quanto concerne l’accesso all’istruzione, nonché con la direttiva sull’istruzione dei figli di lavoratori migranti. Capitolo 27: Ambiente — Continuare l’opera di recepimento e di applicazione dell’acquis comunitario, in particolare per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, la qualità delle acque e dell’aria, la protezione della natura e la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento — Adottare e attuare, in modo ben coordinato, un piano globale onde disporre della capacità amministrativa e delle risorse finanziarie necessarie per applicare l’acquis ambientale — Potenziare gli investimenti in infrastrutture ambientali, con particolare riguardo alla raccolta e al trattamento delle acque di scarico, all’approvvigionamento di acqua potabile e alla gestione dei rifiuti — Iniziare ad applicare il protocollo di Kyoto — Assicurare l’integrazione dei requisiti in materia di tutela ambientale nella definizione e nell’attuazione delle altre politiche settoriali e promuovere lo sviluppo sostenibile. Capitolo 28: Salute e tutela dei consumatori — Proseguire l’allineamento con l’acquis sui consumatori e sulla salute, anche per quanto riguarda il sangue, i tessuti, le cellule e il tabacco, predisporre strutture amministrative ad hoc e garantire una capacità di applicazione sufficiente — Sviluppare presso le comunità servizi alternativi al ricovero in istituto per problemi di salute mentale e stanziare mezzi finanziari sufficienti per l’assistenza psichiatrica. Capitolo 29: Unione doganale — Continuare ad adottare la legislazione sui settori da allineare ulteriormente, specie per quanto riguarda le norme di origine non preferenziale e l’applicazione di diritti — Applicare le norme doganali in modo coerente e omogeneo in tutti gli uffici doganali, specie per quanto riguarda il trattamento delle dichiarazioni, l’origine, le procedure semplificate, la contraffazione e la selettività dei controlli; garantire in tutti gli uffici l’applicazione di procedure moderne e coerenti per l’analisi dei rischi — Sulla base di una strategia globale e coerente, compiere progressi sufficienti nello sviluppo di tutti i sistemi di interconnettività informatica. Capitolo 30: Relazioni esterne — Prepararsi ad allineare tutti gli accordi internazionali pertinenti con paesi terzi e rafforzare la capacità amministrativa e di controllo per quanto riguarda la politica commerciale comune. Capitolo 31: Politica estera, di sicurezza e di difesa — Rafforzare l’applicazione della normativa sul controllo delle armi e migliorare ulteriormente la capacità per la piena attuazione della politica estera e di sicurezza comune e della politica europea di sicurezza e di difesa. Capitolo 32: Controllo finanziario — Adottare e applicare la legislazione sul controllo finanziario pubblico interno e le politiche connesse garantendo una capacità di attuazione adeguata — Salvaguardare l’indipendenza funzionale e finanziaria dell’Istituto statale per la revisione dei conti attraverso la modifica delle disposizioni costituzionali o norme nazionali di effetto equivalente, l’adozione e l’attuazione della necessaria normativa di accompagnamento — Allineare il codice penale con l’acquis sulla tutela degli interessi finanziari dell’UE, con la convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari e con i suoi protocolli — Istituire un servizio di coordinamento efficace ed efficiente per garantire l’adempimento degli obblighi derivanti dall’articolo 280, paragrafo 3, del trattato CE e l’applicazione dell’acquis relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione, in particolare l’obbligo di assistere i controllori della Commissione — Prendere misure legislative e amministrative per conformarsi all’acquis sulla protezione dell’euro contro la falsificazione. Capitolo 33: Disposizioni finanziarie e di bilancio — Aumentare la capacità amministrativa e definire norme procedurali per svolgere correttamente, a decorrere dall’adesione, le funzioni di calcolo, previsione, riscossione, pagamento, controllo e trasmissione di relazioni all’UE in materia di risorse proprie. 4. PROGRAMMAZIONE L’assistenza comunitaria sarà fornita mediante lo strumento di preadesione (IPA) e, per i programmi adottati prima del 2007, il regolamento (CE) n. 2666/2000 del 5 dicembre 2000 relativo all'assistenza all'Albania, alla Bosnia-Erzegovina, alla Croazia, alla Repubblica federale di Jugoslavia e all'ex Repubblica jugoslava di Macedonia (regolamento CARDS) (2). Pertanto, la presente decisione non avrà alcuna incidenza finanziaria. Gli accordi di finanziamento costituiscono la base giuridica per l’attuazione dei programmi concreti. La Croazia può inoltre accedere a finanziamenti nel quadro di programmi plurinazionali e orizzontali. 5. CONDIZIONI L’assistenza ai paesi dei Balcani occidentali è subordinata alla realizzazione di ulteriori progressi in materia di conformità ai criteri di Copenaghen e ai requisiti dell’accordo di stabilizzazione e di associazione, come pure di progressi nel conseguimento delle specifiche priorità del presente partenariato per l’adesione. Qualora tali condizioni non dovessero essere rispettate, il Consiglio potrebbe adottare misure adeguate ai sensi dell’articolo 21 del regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio o, nel caso dei programmi pre-2007, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 2666/2000. L’assistenza è subordinata inoltre alle condizioni definite dal Consiglio nelle conclusioni del 29 aprile 1997, in particolare per quanto riguarda l’impegno dei beneficiari ad attuare riforme democratiche, economiche e istituzionali. Condizioni specifiche figurano anche nei singoli programmi annuali. Le decisioni di finanziamento saranno seguite dalla firma di un accordo di finanziamento con la Croazia. 6. MONITORAGGIO L’attuazione del partenariato per l’adesione è monitorata nell’ambito del processo di stabilizzazione e di associazione, anche attraverso le relazioni annuali presentate dalla Commissione, durante i dialoghi politici ed economici e sulla base delle informazioni fornite alla conferenza di adesione. (1) Alcuni Stati membri hanno sottolineato in questo contesto l’importanza di accelerare il processo di restituzione delle proprietà, in linea con le pertinenti sentenze della Corte costituzionale croata. (2) GU L 306 del 7.12.2000, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2112/2005 (GU L 344 del 27.12.2005, pag. 23).
Partenariato per l'adesione della Croazia Il partenariato per l'adesione intende aiutare le autorità croate a soddisfare i criteri di adesione, in primo luogo i criteri politici (o criteri di Copenaghen). Esso espone in maniera dettagliata i principi e le aree prioritarie della preparazione del paese all'adesione, in particolare l'attuazione dell' acquis , e costituisce il quadro di riferimento per la programmazione dell'aiuto di preadesione finanziato dai fondi comunitari. ATTO Decisione 2006/145/CE del Consiglio, del 20 febbraio 2006, relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato per l'adesione con la Croazia e che abroga la decisione 2004/648/CE. SINTESI Il partenariato per l'adesione della Croazia costituisce lo strumento principale destinato ad orientare le autorità croate nella preparazione all'adesione all'Unione europea (UE) dall'avvio dei negoziati il 3 ottobre 2005. Il partenariato per l'adesione è uno strumento della strategia di preadesione nell'ambito del processo di adesione di un nuovo Stato membro. OBIETTIVO Obiettivo del partenariato per l'adesione è integrare in un quadro giuridico unico: le aree prioritarie in cui intraprendere le riforme in vista della preparazione all'adesione all'UE; le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione di queste priorità; i principi e le condizioni che disciplinano la realizzazione del partenariato. Il Consiglio dell'Unione europea adotta il partenariato per l'adesione e le modifiche succesive a maggioranza qualificata, sulla base di una proposta della Commissione. Prima dell'attuale partenariato per l'adesione, nel 2004 la Croazia ha beneficiato di un partenariato europeo. I partenariati europei sono rivolti ai paesi dei Balcani occidentali, mentre i partenariati per l'adesione riguardano i paesi candidati. I partenariati europei e i partenariati per l'adesione rispondono a logiche e strutture simili; i primi, istituiti in seguito al Consiglio europeo di Salonicco del 2003, sono in effetti ricalcati sui secondi. I partenariati sono strumenti flessibili, atti ad evolvere in funzione dei progressi compiuti dai paesi destinatari e della prosecuzione degli sforzi in vista della preparazione all'adesione. A questo scopo, le diverse priorità identificate dai partenariati sono definite in base al parere della Commissione sulla domanda d'adesione e sono modificate, se necessario, in base alle relazioni della Commissione, la quale valuta in particolare l'attuazione del partenariato. Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati nel partenariato per l'adesione, la Croazia adotta un programma nazionale per l'adozione dell'acquis comunitario (PNAA) in cui illustra le modalità e il calendario relativi all'attuazione del partenariato. Inoltre, il monitoraggio dell'attuazione del partenariato è assicurato nell'ambito dell'accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA) tra l'UE e la Croazia e dei relativi organi. LE PRIORITÀ Il partenariato per l'adesione fissa come priorità alcuni obiettivi realistici e realizzabili per il paese destinatario. A questo fine viene fatta una distinzione tra priorità a breve termine, che dovrebbero essere realizzate in uno o due anni, e priorità a medio termine, che dovrebbero essere realizzate in tre o quattro anni. Le priorità riguardano innanzitutto i criteri politici, economici e l'acquis, ma possono ugualmente comprendere obiettivi particolari sulla base delle caratteristiche specifiche del paese interessato. Il partenariato per l'adesione della Croazia determina pertanto le priorità che riguardano: i criteri politici concernenti la democrazia e lo Stato di diritto (pubblica amministrazione, sistema giudiziario, politica di lotta alla corruzione), i diritti umani e la tutela delle minoranze; le questioni regionali e gli obblighi in campo internazionale, in particolare il rientro dei profughi, i crimini di guerra e le questioni frontaliere e bilaterali; i criteri economici, che comportano politiche macroeconomiche oculate, nonché una politica di risanamento dei conti pubblici, di consolidamento e di stabilità. Sono inoltre necessari la riforma strutturale delle finanze pubbliche, la privatizzazione, il miglioramento del contesto in cui operano le imprese, la riforma agraria e la compilazione di statistiche macroeconomiche; la capacità di assumersi gli obblighi che comporta l'adesione, cioè gli obblighi che derivano dall'acquis. L'acquis rappresenta l'insieme delle politiche e degli atti originari e derivati dell'UE. Inoltre, tra le priorità a breve termine, il partenariato per l'adesione della Croazia comprende priorità essenziali, che riguardano la riforma del sistema giudiziario, la prevenzione e la lotta alla corruzione, la piena attuazione della legge costituzionale sulle minoranze nazionali, soprattutto per quanto riguarda la loro rappresentanza proporzionale, il rientro dei profughi, la riconciliazione delle popolazioni della regione, la cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia, la risoluzione delle questioni bilaterali, in particolare le vertenze frontaliere, con i paesi limitrofi, la piena e corretta attuazione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione. Le priorità identificate dal presente partenariato costituiscono la base delle valutazioni future della Commissione. La Commissione europea elabora periodicamente relazioni sui progressi compiuti dalla Croazia con riguardo alle priorità fissate dal partenariato per l'adesione e alle aree di ulteriore intervento. Per ulteriori informazioni, consultare: Adozione dell'acquis comunitario. QUADRO FINANZIARIO La Croazia riceve assistenza finanziaria a titolo dello strumento di assistenza preadesione (IPA) per il periodo 2007-2013. L'IPA è lo strumento unico per i paesi candidati e i paesi candidati potenziali, che sostituisce gli strumenti di cui la Croazia ha usufruito nel periodo 2007-2013 (strumenti di preadesione Phare, ISPA, SAPARD e CARDS a favore dei Balcani occidentali). Il partenariato per l'adesione della Croazia funge da riferimento per stabilire i diversi settori a cui assegnare i fondi (in funzione delle priorità individuate). Il quadro giuridico dell'assistenza finanziaria, tuttavia, è costituito dalle decisioni che istituiscono i vari strumenti finanziari e dai documenti di programmazione. L'assistenza comunitaria è inoltre subordinata al rispetto degli elementi essenziali che disciplinano le relazioni bilaterali fra la Croazia e l'UE, segnatamente la realizzazione delle riforme. La Croazia deve rispettare non solo l'ASA, ma anche i criteri di Copenaghen e le priorità definite dal partenariato. Qualora tali requisiti non siano soddisfatti, il Consiglio può sospendere l'assistenza finanziaria. Per ulteriori informazioni sull'assistenza destinata alla Croazia a titolo dell'IPA si prega di consultare: il quadro finanziario indicativo pluriennale (MIFF), in cui sono indicati gli importi che la Commissione propone di assegnare a ciascun paese beneficiario dell'IPA nel periodo 2008 - 2010 (compreso il 2007); il documento indicativo di pianificazione pluriennale 2007 - 2009 [EN] che individua, basandosi sul MIFF, i diversi settori a cui saranno destinati i fondi. La Croazia beneficia infine dei finanziamenti della Banca europea per gli investimenti (BEI) (DE), (EN), (FR), principalmente nell'ambito del meccanismo preadesione (DE), (EN), (FR). I finanziamenti sono concessi dalla BEI sotto forma di aiuti non rimborsabili e di prestiti. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2006/145/CE 28.2.2006 - GU L 55 del 25.2.2006 ATTI COLLEGATI Parere della Commissione, del 20 aprile 2004, sulla domanda di adesione della Croazia all'Unione europea [COM(2004) 257 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale]. Conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e 17 dicembre 2004. Il Consiglio europeo ha deciso che l'Unione europea avrebbe avviato i negoziati di adesione nel marzo 2005, purché la Croazia collaborasse pienamente con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia. Sulla base di questo presupposto, l'avvio dei negoziati è stato rinviato ad ottobre 2005 su parere del Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia. RELAZIONI BILATERALI Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Croazia, dall'altra [Gazzetta ufficiale L 26 del 28.1.2005]. ASSISTENZA FINANZIARIA Regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) [Gazzetta ufficiale L 210 del 31.7.2006]. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dell'8 novembre 2006 - Strumento di assistenza preadesione (IPA) Quadro finanziario indicativo pluriennale 2008-2010 [COM(2006) 672 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Documento indicativo di pianificazione pluriennale 2007 - 2009 per la Croazia [EN ]. VALUTAZIONE Relazione della Commissione [COM(2006) 649 def. - SEC(2006) 1385 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Relazione della Commissione [COM(2005) 561 def. - SEC(2005) 1424 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
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97/827/GAI: Azione comune del 5 dicembre 1997 adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata Gazzetta ufficiale n. L 344 del 15/12/1997 pag. 0007 - 0009 AZIONE COMUNE del 5 dicembre 1997 adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (97/827/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista la relazione del Gruppo ad alto livello sulla criminalità organizzata, approvata dal Consiglio europeo di Amsterdam il 16/17 giugno 1997, in particolare la raccomandazione n. 15 del piano di azione,viste le conclusioni del Consiglio sulla suddetta relazione,vista l'esperienza acquisita nell'ambito del Gruppo di azione finanziaria internazionale in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro,vista la decisione del Consiglio del 26 giugno 1997, relativa al regime applicabile agli esperti nazionali distaccati presso il Segretariato generale del Consiglio nel quadro dell'attuazione del programma di intensificazione della lotta alla criminalità organizzata,considerando la necessità di migliorare l'attuazione a livello nazionale degli strumenti adottati nel quadro dell'Unione e in altra sede, in particolare per lottare contro la criminalità organizzata;considerando che il compito dell'attuazione incombe innanzitutto a ciascuno Stato membro e che nel contesto della loro concertazione in seno all'Unione europea, gli Stati membri svolgono un'azione di reciproco incoraggiamento per migliorare gli strumenti di cooperazione sottoscritti a livello internazionale;considerando che è peraltro utile istituire un meccanismo che, sulla scia di questa concertazione permetta agli Stati membri di valutare, su una base di eguaglianza e di reciproca fiducia, l'attuazione da parte di ciascuno Stato membro degli strumenti di cooperazione destinati alla lotta contro la criminalità organizzata internazionale;esaminato il punto di vista del Parlamento europeo (1), a seguito di una consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 Oggetto 1. Fatte salve le competenze della Comunità, è istituito, in base alle modalità definite in appresso, un meccanismo di valutazione a pari livello dell'applicazione e dell'attuazione sul piano nazionale degli atti e strumenti dell'Unione e degli altri atti e strumenti internazionali in materia penale, della legislazione, delle politiche e delle prassi che ne derivano sul piano nazionale e delle azioni di cooperazione internazionale seguite in materia di lotta contro la criminalità organizzata negli Stati membri.2. Ciascuno Stato membro si impegna affinché le proprie autorità nazionali collaborino pienamente con i gruppi di valutazione istituiti nel quadro della presente azione comune, ai fini della sua applicazione, nel rispetto delle norme giuridiche e deontologiche applicabili a livello nazionale.Articolo 2 Temi di valutazione 1. Per ogni ciclo di valutazione, il tema preciso, nonché l'ordine degli Stati membri da valutare, almeno cinque all'anno, sono definiti, su proposta della presidenza, dai membri del gruppo di lavoro pluridisciplinare sulla lotta contro la criminalità organizzata (GMD).2. La valutazione è preparata dalla presidenza del Consiglio, assistita dal Segretariato generale del Consiglio. La Commissione è pienamente associata ai lavori.3. Il primo ciclo di valutazione inizia al più tardi tre mesi dopo l'entrata in vigore della presente azione comune.Articolo 3 Designazione degli esperti 1. Ciascuno Stato membro comunica al Segretariato generale del Consiglio, su iniziativa della presidenza, il nome di un massimo di tre esperti che abbiano, per quanto riguarda il tema di valutazione, un'esperienza approfondita in materia di lotta contro la criminalità organizzata, in particolare nell'ambito di un servizio incaricato dell'applicazione delle leggi quale polizia, dogana, l'autorità giudiziaria o altra pubblica autorità, e che siano disposti a partecipare ad almeno un ciclo di valutazione.2. La presidenza elabora l'elenco degli esperti designati dagli Stati membri e la trasmette ai membri del GMD.Articolo 4 Gruppo di valutazione Sulla base dell'elenco di cui all'articolo 3, paragrafo 2, la presidenza costituisce un gruppo di tre esperti per ciascuno Stato membro da sottoporre a valutazione, avendo cura che non siano cittadini dello Stato in questione. II nome degli esperti prescelti è comunicato al GMD. Essi formano il gruppo di valutazione. In funzione dei temi da valutare, la Commissione può assistere ai lavori dei gruppi di esperti. In tutti i suoi compiti il gruppo di valutazione è assistito dal Segretariato generale del Consiglio.Articolo 5 Elaborazione del questionario La presidenza, assistita dal Segretariato generale del Consiglio, elabora un questionario, che serve per la valutazione di tutti gli Stati membri, nel quadro del tema preciso definito conformemente all'articolo 2, paragrafo 1 e lo sottopone per approvazione al GMD. Tale questionario è diretto a raccogliere tutte le informazioni utili per poter procedere alla valutazione. Lo Stato membro valutato provvede a rispondere al questionario entro il termine prescritto e nel modo più completo possibile accludendo, se necessario, tutte le disposizioni giuridiche e i dati tecnici e pratici necessari.Articolo 6 Visita in loco Dopo aver ricevuto la risposta al questionario, il gruppo di valutazione si reca nello Stato membro valutato per incontrarvi le autorità politiche, amministrative, di polizia, doganali o giudiziarie, o qualsiasi altro organo pertinente, secondo un programma di visite stabilito dallo Stato membro visitato, che tiene conto delle richieste formulate dal gruppo di valutazione.Articolo 7 Elaborazione del progetto di relazione Entro un mese dalla visita di cui all'articolo 6, il gruppo di valutazione elabora un progetto di relazione e lo invia, per parere, allo Stato membro valutato. Qualora lo ritenga necessario, essa adegua la propria relazione in funzione delle osservazioni che le sono inviate dallo Stato membro valutato.Articolo 8 Discussione e adozione della relazione 1. La presidenza trasmette, in via riservata, il progetto di relazione ai membri del GMD, corredato delle osservazioni dello Stato membro valutato delle quali il gruppo di valutazione non avesse eventualmente tenuto conto.2. La riunione del GMD inizia con una presentazione del progetto di relazione da parte dei membri del gruppo di valutazione. Il rappresentante dello Stato membro valutato fornisce in seguito tutti i commenti, le informazioni o i chiarimenti che ritenga necessari. Il GMD discute successivamente il progetto di relazione e adotta le proprie conclusioni per consensus.3. La presidenza informa il Consiglio una volta all'anno del risultato dei cicli di valutazione. Il Consiglio, qualora lo ritenga necessario, può trasmettere raccomandazioni allo Stato membro interessato, invitandolo a comunicargli i progressi compiuti entro il termine da esso fissato.4. Nel rispetto dell'articolo 9, paragrafo 2, la presidenza informa ogni anno il Parlamento europeo dell'attuazione del meccanismo di valutazione.5. Al termine di un ciclo completo di valutazione il Consiglio adotta le misure adeguate.Articolo 9 Riservatezza 1. I gruppi di esperti della valutazione sono tenuti a rispettare la riservatezza di tutte le informazioni raccolte nell'ambito della loro missione. A tal fine gli Stati membri devono controllare che i loro esperti designati a norma dell'articolo 3 dispongano, all'occorrenza, di un livello adeguato di sicurezza.2. La relazione elaborata nel quadro della presente azione comune è riservata. Tuttavia, lo Stato membro valutato, può, sotto la propria responsabilità, rendere pubblica la relazione. Qualora volesse pubblicare degli estratti, deve ottenere l'accordo del Consiglio.Articolo 10 Valutazione del meccanismo Entro la fine del primo ciclo di valutazione di tutti gli Stati membri, il Consiglio esamina le modalità e il campo di applicazione del meccanismo e adegua, se del caso, la presente azione comune.Articolo 11 Entrata in vigore La presente azione comune entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Articolo 12 Pubblicazione nella Gazzetta ufficiale La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 5 dicembre 1997.Per il ConsiglioIl PresidenteM. FISCHBACH(1) Parere espresso il 20 novembre 1997 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
Valutazione a pari livello delle misure dei paesi dell’Unione europea per la lotta alla criminalità organizzata Un’azione comune dell’Unione europea (UE) introduce un meccanismo che consente lo svolgimento di valutazioni a pari livello dei sistemi giuridici dei paesi dell’Unione in relazione alle varie misure contro la criminalità organizzata. ATTO Azione comune 97/827/GAI, del 5 dicembre 1997, adottata dal Consiglio sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell’applicazione e dell’attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata. SINTESI PUNTI CHIAVE La valutazione è preparata dalla presidenza del Consiglio, che lavora a fianco del Segretariato generale del Consiglio e della Commissione europea. Ogni paese dell’UE deve individuare da uno a tre esperti con esperienza nelle materie da valutare (ossia polizia, dogana, autorità giudiziaria) e comunicarne i nomi alla presidenza del Consiglio. Successivamente la presidenza del Consiglio sceglie tre esperti dall’elenco di nomi affinché conducano la valutazione di un paese dell’UE, garantendo al tempo stesso che i tre esperti in questione non siano cittadini del paese dell’Unione sottoposto a valutazione. Ogni ciclo di valutazioni si concentra su un tema specifico concordato dai paesi dell’UE, che si accordano inoltre sull’ordine dei paesi da valutare e sul questionario sulla base del quale il gruppo di valutazione deve condurre il proprio lavoro in ogni paese dell’Unione. Lo scopo è raccogliere tutte le informazioni utili alla conduzione della valutazione. In seguito al completamento del questionario, il gruppo di valutazione visita il paese dell’UE in questione e incontra le parti interessate (ad esempio autorità politiche, amministrative, di polizia, della dogana e giudiziarie). Ogni paese dell’UE deve garantire che le proprie autorità collaborino pienamente con i gruppi di valutazione istituiti ai sensi della presente azione comune. Il progetto di relazione è inviato al paese dell’UE interessato per un parere entro un mese dalla visita. Una volta accettate ed eseguite eventuali modifiche, la presidenza del Consiglio trasmette il progetto di relazione ai membri del consiglio competente per ulteriori considerazioni e per l’adozione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Azione comune 97/827/GAI 15.12.1997 - GU L 344 del 15.12.1997, pag. 7-9 ATTI COLLEGATI Decisione 2002/996/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, che istituisce un meccanismo di valutazione dei sistemi giuridici e della loro attuazione a livello nazionale nella lotta contro il terrorismo (GU L 349 del 24.12.2002, pag. 1-3).
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REGOLAMENTO (CE) N. 2182/2004 DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 2004 relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 123, paragrafo 4, terza frase, vista la proposta della Commissione, visto il parere della Banca centrale europea (1), considerando quanto segue: (1) Il 1o gennaio 1999 l’euro è diventato la moneta legale degli Stati membri partecipanti ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 974/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (2), e dei paesi terzi che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, ossia Monaco, San Marino e Città del Vaticano. (2) Il regolamento (CE) n. 975/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (3), ha definito le caratteristiche essenziali delle monete metalliche in euro. Queste ultime, dopo l’introduzione nel gennaio 2002, sono in circolazione in tutta l’area dell’euro come moneta legale unica in forma metallica. (3) Nella raccomandazione 2002/664/CE della Commissione, del 19 agosto 2002, relativa a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (4), si suggerivano determinate caratteristiche estetiche da evitare nella vendita, nella produzione, nello stoccaggio, nell’importazione e nella distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, di medaglie e gettoni di dimensioni analoghe a quelle delle monete metalliche in euro. (4) La comunicazione della Commissione, del 23 luglio 1997, relativa all’uso del simbolo euro, ha stabilito il simbolo «€» e ha invitato gli utilizzatori della moneta ad usare il simbolo per indicare gli importi monetari denominati in euro. (5) La comunicazione della Commissione, del 22 ottobre 2001, concernente la tutela dei diritti d’autore relativi ai disegni della faccia comune delle monete in euro (5), ha definito le disposizioni da applicare per quanto riguarda la riproduzione dei disegni della faccia comune delle monete metalliche in euro. (6) Le caratteristiche estetiche delle monete euro sono state pubblicate dalla Commissione il 28 dicembre 2001 (6). (7) I cittadini potrebbero essere portati a credere che medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent», il simbolo euro, ovvero un disegno simile a quello figurante sulla faccia comune o su una qualsiasi di quelle nazionali delle monete metalliche in euro, abbiano corso legale in qualunque Stato membro che ha adottato l’euro come moneta unica, ovvero in un paese terzo partecipante. (8) Si registra un rischio sempre crescente che medaglie e gettoni di dimensioni e proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro possano essere usati illegalmente al posto delle monete metalliche in euro. (9) È pertanto opportuno che medaglie e gettoni aventi caratteristiche estetiche, dimensioni o proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro non siano vendute, fabbricate, importate o distribuite a fini di vendita o a altri fini commerciali. (10) Spetta a ciascuno Stato membro introdurre sanzioni applicabili alle violazioni, al fine di conseguire una protezione equivalente dell'euro nei confronti di medaglie e gettoni simili in tutta la Comunità, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «euro»: la moneta legale degli Stati membri partecipanti quali definiti nell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 974/98 e dei paesi terzi partecipanti che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, in seguito denominati «paesi terzi partecipanti»; b) «simbolo euro»: il simbolo che rappresenta l’euro «€», come raffigurato e descritto nell’allegato I; c) «medaglie e gettoni»: gli oggetti metallici, diversi dai tondelli destinati alla coniazione delle monete, aventi la parvenza e/o le caratteristiche tecniche di una moneta, ma non emessi in base a disposizioni legislative nazionali o dei paesi terzi partecipanti o in base ad altre disposizioni estere e che non costituiscono pertanto né uno strumento legale di pagamento né sono provvisti di corso legale; d) «oro», «argento» e «platino»: le leghe contenenti oro, argento e platino con purezza in millesimi di peso di almeno 375, 500 e 850 rispettivamente. La presente definizione non riguarda le convenzioni sulla punzonatura applicabili negli Stati membri; e) «Centro tecnico-scientifico europeo» (in seguito denominato «CTSE»): l’ente istituito dalla decisione della Commissione del 29 ottobre 2004; f) «banda di riferimento»: rientra nel significato attribuitovi nella sezione 1 dell'allegato II. Articolo 2 Disposizioni protettive In base agli articoli 3 e 4, la produzione e la vendita di medaglie e gettoni, nonché la relativa importazione e distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, sono vietate nelle seguenti circostanze: a) quando i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro sono impressi sulla superficie; oppure b) quando le loro dimensioni rientrano nella banda di riferimento; oppure c) quando un disegno, figurante sulla superficie di medaglie e gettoni, è simile ad uno qualsiasi dei disegni nazionali del diritto o al rovescio comune delle monete metalliche in euro, oppure è identico o simile al disegno del bordo della moneta da 2 euro. Articolo 3 Eccezioni 1. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale quando le relative dimensioni non rientrano nella banda di riferimento. 2. Non devono essere vietati medaglie e gettoni di dimensioni rientranti nella banda di riferimento quando: a) al centro degli oggetti vi è un foro superiore a 6 millimetri, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, fermo restando il rispetto dei requisiti di cui alla lettera c, punto ii); oppure b) sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure c) soddisfano le seguenti condizioni: i) i valori combinati di diametro e altezza del bordo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 2 dell’allegato II; e ii) i valori combinati di diametro e proprietà del metallo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 3 dell’allegato II. Articolo 4 Deroghe autorizzate 1. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro in condizioni di utilizzo controllate ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di uno Stato membro deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni, che devono recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». 2. La Commissione è competente a dichiarare la «similitudine» di un disegno ai sensi della definizione di cui all'articolo 2, lettera c). Articolo 5 Medaglie e gettoni esistenti Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento che non soddisfano i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 possono continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, che costituisce un termine ultimo, a meno che non possano essere utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili negli Stati membri e comunicati al CTSE. Articolo 6 Sanzioni 1. Gli Stati membri definiscono le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano entro il 1o luglio 2005 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per l’applicazione del presente articolo. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 7 Applicabilità Il presente regolamento si applica negli Stati membri partecipanti quali definiti nel regolamento (CE) n. 974/98. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente H. HOOGERVORST (1) GU C 134 del 12.5.2004, pag. 11. (2) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2596/2000 (GU L 300 del 29.11.2000, pag. 2). (3) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 423/1999 (GU L 52 del 27.2.1999, pag. 2). (4) GU L 225 del 22.8.2002, pag. 34. (5) GU C 318 del 13.11.2001, pag. 3. (6) GU C 373 del 28.12.2001, pag. 1. ALLEGATO I RAFFIGURAZIONE DEL SIMBOLO EURO DI CUI ALL’ARTICOLO 1 ALLEGATO II 1. Definizione della banda di riferimento di cui all’articolo 1 a) La banda di riferimento relativa alle dimensioni di medaglie e gettoni è costituita dall’insieme delle combinazioni dei valori per diametro e dei valori per altezza del bordo compresi rispettivamente nel margine di riferimento per diametro e nel margine di riferimento per altezza del bordo. b) Il margine di riferimento per diametro è quello compreso tra 19,00 millimetri e 28,00 millimetri. c) Il margine di riferimento per altezza del bordo è quello compreso tra il 7,00 % e il 12,00 % di ciascun valore rientrante nel margine di riferimento per diametro. 2. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto i) Margini definiti Diametro (mm) Altezza del bordo (mm) 1. 19,45-20,05 1,63-2,23 2. 21,95-22,55 1,84-2,44 3. 22,95-23,55 2,03-2,63 4. 23,95-24,55 2,08-2,68 5. 25,45-26,05 1,90-2,50 3. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto ii) Diametro (mm) Proprietà del metallo 1. 19,00-21,94 Conduttività elettrica compresa tra 14,00 e 18,00 % IACS 2. 21,95-24,55 Conduttività elettrica compresa tra: — 14,00 e 18,00 % IACS; oppure — 4,50 e 6,50 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 3. 24,56-26,05 Conduttività elettrica compresa tra: — 15,00 e 18,00 % IACS; oppure — 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. 26,06-28,00 Conduttività elettrica compresa tra 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. Rappresentazione grafica Il seguente grafico fornisce un’illustrazione indicativa delle definizioni riportate nel presente allegato:
Medaglie e gettoni che assomigliano alle monete dell'euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce condizioni uniformi per la produzione di medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, al fine di proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode. Definisce l'uso dei termini relativi all'euro, da una parte, e il grado di somiglianza tecnica fra medaglie/gettoni e monete metalliche in euro, dall'altra. PUNTI CHIAVE Il regolamento è finalizzato a proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode derivato da oggetti metallici, come le medaglie o i gettoni, che hanno una forte somiglianza con le monete dell'euro. Non solo tali medaglie o gettoni possono essere confusi con quelle aventi corso legale (e quindi accettati qualora vengano offerti come pagamento come le monete metalliche o le banconote), ma possono anche essere utilizzati illegalmente al posto delle monete in euro. Ai fini del regolamento, le medaglie e i gettoni sono definiti come oggetti metallici che hanno l'aspetto e/o le proprietà tecniche delle monete metalliche in euro, ma che non sono emessi ai sensi di misure legislative nazionali o di paesi terzi partecipanti né da altre misure legislative straniere e che perciò non costituiscono mezzi legali di pagamento né hanno corso legale. Il regolamento vieta la produzione, la vendita, l'importazione e la distribuzione (a fini di vendita o ad altri fini commerciali) di medaglie e gettoni aventi caratteristiche o proprietà estetiche simili alla moneta unica. Le medaglie e i gettoni non devono recare impressi i termini «euro» o «euro cent»; il simbolo euro sulla loro superficie. Inoltre non possono recare impresso un disegno simile a quello riprodotto sulle monete dell'euro, i simboli rappresentanti la sovranità dei paesi dell'Unione europea (UE), le forme e i disegni dei bordi delle monete in euro o il simbolo dell'euro. In ultimo, le medaglie e i gettoni non devono avere le stesse dimensioni delle monete in euro. La Commissione europea preciserà se un oggetto metallico può essere considerato una medaglia o un gettone e se rientra nel divieto del presente regolamento. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale, quando le relative dimensioni sono sufficientemente diverse dalle monete in euro e quando non rappresentino un disegno simile ai disegni e ai simboli di cui sopra. Se però la loro dimensione è simile, devono o possedere al loro centro un foro, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, oppure sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di un paese dell'UE deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni. Se la medaglia o il gettone possiede anche un associato valore nominale, dovrà recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». I valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete in euro, l'unica coniatura avente corso legale nella zona euro, sono definiti nel regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio. Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, potevano continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, purché non fossero utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili nei paesi dell'UE e comunicati al Centro tecnico-scientifico europeo. Il presente regolamento si applica in tutti i paesi dell'UE che hanno introdotto l'euro nel 2002 (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna). Il suo ambito è stato esteso dal regolamento (CE) n. 2183/2004, modificato dal regolamento (CE) n. 47/2009, ai paesi dell'UE che non hanno ancora introdotto l'euro. I paesi dell'UE dovevano stabilire e attuare le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni del regolamento entro il 1o luglio 2005. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 21 dicembre 2004. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2182/2004 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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32007R1393
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REGOLAMENTO (CE) N. 1393/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 novembre 2007 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale («notificazione o comunicazione degli atti») e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), e l’articolo 67, paragrafo 5, secondo trattino, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) L’Unione europea si è prefissa l’obiettivo di conservare e di sviluppare al suo interno uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. Al fine di realizzare tale spazio, la Comunità adotta, tra l’altro, nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, i provvedimenti necessari per il buon funzionamento del mercato interno. (2) Il buon funzionamento del mercato interno presuppone che fra gli Stati membri sia migliorata ed accelerata la trasmissione, a fini di notificazione e di comunicazione, degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale. (3) Con un atto del 26 maggio 1997 (3) il Consiglio ha stabilito la convenzione relativa alla notificazione negli Stati membri dell’Unione europea di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale, raccomandandone agli Stati membri l’adozione secondo le rispettive norme costituzionali. Tale convenzione non è entrata in vigore. È opportuno salvaguardare la continuità dei risultati conseguiti nell’ambito dei negoziati per la conclusione della convenzione. (4) Il 29 maggio 2000 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1348/2000 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (4). Il contenuto di tale regolamento si basa sostanzialmente sulla convenzione. (5) Il 1o ottobre 2004 la Commissione ha adottato una relazione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1348/2000. La relazione giunge alla conclusione che l’applicazione del regolamento (CE) n. 1348/2000, sin dalla sua entrata in vigore nel 2001, ha nel complesso migliorato e accelerato la trasmissione e la notificazione o comunicazione degli atti fra gli Stati membri, ma che l’applicazione di alcune sue disposizioni non è pienamente soddisfacente. (6) L’efficacia e la rapidità dei procedimenti giudiziari in materia civile esigono che la trasmissione degli atti giudiziari ed extragiudiziali avvenga in modo diretto e con mezzi rapidi tra gli organi locali designati dagli Stati membri. Gli Stati membri possono indicare che intendono designare un unico organo mittente o ricevente ovvero un unico organo incaricato delle due funzioni per un periodo di cinque anni. La designazione può tuttavia essere rinnovata ogni cinque anni. (7) La rapidità della trasmissione giustifica l’uso di qualsiasi mezzo appropriato, purché risultino osservate talune condizioni di leggibilità e fedeltà del documento ricevuto. La sicurezza della trasmissione postula che l’atto da trasmettere sia accompagnato da un modulo standard, da compilarsi nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali del luogo in cui avviene la notificazione o la comunicazione o in un’altra lingua ammessa dallo Stato richiesto. (8) È opportuno che il presente regolamento non si applichi alla notificazione o alla comunicazione di un atto al rappresentante autorizzato della parte nello Stato membro in cui si sta svolgendo il procedimento, indipendentemente dal luogo di residenza di detta parte. (9) È opportuno che la notificazione o la comunicazione sia effettuata nel più breve tempo possibile, e comunque entro un mese dalla data in cui la domanda perviene all’organo ricevente. (10) Per garantire l’efficacia del presente regolamento, la facoltà di rifiutare la notificazione o la comunicazione degli atti dovrebbe essere limitata a situazioni eccezionali. (11) Per agevolare la trasmissione e la notificazione o la comunicazione degli atti fra gli Stati membri, è opportuno usare i moduli standard contenuti negli allegati del presente regolamento. (12) Con apposito modulo standard, l’organo ricevente dovrebbe informare il destinatario per iscritto che può rifiutare di ricevere l’atto da notificare o da comunicare al momento stesso della notificazione o della comunicazione, oppure inviando l’atto all’organo ricevente entro una settimana, qualora non sia redatto in una lingua compresa dal destinatario o nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali del luogo di notificazione o di comunicazione. Tale norma dovrebbe applicarsi anche alle notificazioni o comunicazioni successive, dopo che il destinatario abbia esercitato la facoltà di rifiuto. Le norme sul rifiuto dovrebbero applicarsi anche alle notificazioni e comunicazioni effettuate tramite gli agenti diplomatici o consolari e i servizi postali e alle notificazioni e comunicazioni dirette. È opportuno prevedere la possibilità di ovviare al rifiuto del destinatario di ricevere un atto attraverso la notificazione o la comunicazione della traduzione dell’atto stesso. (13) La rapidità della trasmissione giustifica che la notificazione o la comunicazione avvenga nei giorni consecutivi alla ricezione dell’atto. Tuttavia, nei casi in cui non fosse possibile effettuare la notificazione o la comunicazione entro il termine di un mese, l’organo ricevente dovrebbe informare l’organo mittente. La scadenza di tale termine non implica che la domanda sia rispedita all’organo mittente, purché risulti possibile effettuare la notificazione o la comunicazione entro un termine ragionevole. (14) L’organo ricevente dovrebbe continuare a prendere tutte le misure necessarie per notificare o comunicare l’atto anche quando non sia stato possibile effettuare la notificazione o la comunicazione entro il termine di un mese, ad esempio perché il convenuto è stato assente da casa per vacanze o dalla sede di lavoro per motivi professionali. Comunque, per evitare che l’organo ricevente sia obbligato senza limiti di tempo a prendere le necessarie misure per notificare o comunicare l’atto, l’organo mittente dovrebbe essere in grado di indicare nel modulo standard un termine, scaduto il quale la notificazione o la comunicazione non è più richiesta. (15) A causa delle differenze esistenti fra le norme di procedura dei singoli Stati membri, il fatto rilevante per la determinazione della data della notificazione o della comunicazione può variare da uno Stato membro all’altro. Tenuto conto di tale situazione e delle difficoltà che possono eventualmente sorgere, occorre che il presente regolamento preveda un sistema in cui la data della notificazione o della comunicazione è fissata dalla legge dello Stato membro richiesto. Tuttavia, qualora a norma della legge di uno Stato membro un atto vada notificato o comunicato entro un dato termine, la data da prendere in considerazione nei confronti del richiedente dovrebbe essere quella fissata dalla legge dello Stato membro in questione. Tale sistema di duplice data esiste solo in un numero limitato di Stati membri. È opportuno che gli Stati membri che lo applicano ne informino la Commissione, la quale dovrebbe pubblicare tale informazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e renderla disponibile nell’ambito della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita dalla decisione 2001/470/CE del Consiglio (5). (16) Per agevolare l’accesso alla giustizia, le spese derivanti dal ricorso ad un ufficiale giudiziario o alla persona competente in virtù della legge dello Stato membro richiesto dovrebbero corrispondere a un diritto forfettario unico, il cui importo sia fissato preventivamente da quello Stato membro nel rispetto dei principi di proporzionalità e di non discriminazione. L’obbligo di un diritto forfettario unico non dovrebbe precludere la possibilità per gli Stati membri di fissare diritti diversi a seconda del tipo di notificazione o di comunicazione, purché siano rispettati i principi sopra enunciati. (17) Ciascuno Stato membro dovrebbe avere la facoltà di notificare o comunicare atti alle persone residenti in un altro Stato membro direttamente tramite i servizi postali, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente. (18) Chiunque abbia un interesse in un procedimento giudiziario dovrebbe poter notificare o comunicare atti direttamente tramite gli ufficiali giudiziari, i funzionari o altre persone responsabili dello Stato membro richiesto, sempre che questo tipo di notificazione o di comunicazione diretta sia ammessa dalla legge di quello Stato membro. (19) È opportuno che la Commissione predisponga un manuale contenente informazioni utili alla corretta applicazione del presente regolamento, da rendere disponibile nell’ambito della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero fare il possibile per garantire informazioni aggiornate e complete, specie per quanto riguarda i dati per contattare gli organi riceventi e mittenti. (20) Per il calcolo dei tempi e termini di cui al presente regolamento, si dovrebbe applicare il regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio, del 3 giugno 1971, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (6). (21) Le misure necessarie per l’esecuzione del presente regolamento dovrebbero essere adottate in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7). (22) In particolare, la Commissione ha il potere di aggiornare i moduli standard che figurano negli allegati o di introdurvi modifiche tecniche. Tali misure di portata generale e intese a modificare o sopprimere elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (23) Il presente regolamento prevale sulle norme contenute negli accordi o intese bilaterali o multilaterali aventi lo stesso campo d’applicazione conclusi dagli Stati membri e, in particolare, sul protocollo allegato alla convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (8) e sulla convenzione dell’Aia, del 15 novembre 1965 (9), nelle relazioni fra gli Stati membri che ne sono parti. Il presente regolamento non osta a che gli Stati membri mantengano o concludano accordi o intese volti ad accelerare o a semplificare la trasmissione degli atti, sempre che siano compatibili con le sue disposizioni. (24) È opportuno che i dati trasmessi in forza del presente regolamento godano di un regime di tutela adeguato. Tale materia rientra nel campo d’applicazione della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (10), e della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (11). (25) Entro il 1o giugno 2011, e successivamente ogni cinque anni, è opportuno che la Commissione esamini l’applicazione del presente regolamento e proponga le modifiche eventualmente necessarie. (26) Poiché gli obiettivi del presente regolamento non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti dell’azione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (27) Affinché lo strumento sia di più facile accesso e lettura, è opportuno abrogare il regolamento (CE) n. 1348/2000. (28) A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione e all’applicazione del presente regolamento. (29) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento e non è vincolata da esso, né è soggetta alla sua applicazione, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Ambito di applicazione 1. Il presente regolamento si applica, in materia civile e commerciale, quando un atto giudiziario o extragiudiziale deve essere trasmesso in un altro Stato membro per essere notificato o comunicato al suo destinatario. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa, né la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici poteri («acta iure imperii»). 2. Il presente regolamento non si applica quando non è noto il recapito della persona alla quale deve essere notificato o comunicato l’atto. 3. Ai fini del presente regolamento per «Stato membro» si intende ogni Stato membro eccetto la Danimarca. Articolo 2 Organi mittenti e riceventi 1. Ciascuno Stato membro designa i pubblici ufficiali, le autorità o altri soggetti, di seguito denominati «organi mittenti», competenti per trasmettere gli atti giudiziari o extragiudiziali che devono essere notificati o comunicati in un altro Stato membro. 2. Ciascuno Stato membro designa i pubblici ufficiali, le autorità o altri soggetti, di seguito denominati «organi riceventi», competenti per ricevere gli atti giudiziari o extragiudiziali provenienti da un altro Stato membro. 3. Ciascuno Stato membro può designare un unico organo mittente e un unico organo ricevente ovvero un unico organo incaricato delle due funzioni. Gli Stati federali, gli Stati nei quali siano in vigore più sistemi giuridici o gli Stati che abbiano unità territoriali autonome possono designare più organi. La designazione è valida per un periodo di cinque anni e può essere rinnovata ogni cinque anni. 4. Ciascuno Stato membro fornisce alla Commissione le seguenti informazioni: a) i nominativi e gli indirizzi degli organi riceventi di cui ai paragrafi 2 e 3; b) la rispettiva competenza territoriale; c) i mezzi a loro disposizione per la ricezione degli atti; d) le lingue che possono essere usate per la compilazione del modulo standard che figura nell’allegato I. Gli Stati membri notificano alla Commissione le eventuali modifiche di tali informazioni. Articolo 3 Autorità centrale Ciascuno Stato membro designa un’autorità centrale incaricata: a) di fornire informazioni agli organi mittenti; b) di ricercare soluzioni in caso di difficoltà durante la trasmissione di atti ai fini della notificazione o della comunicazione; c) di trasmettere in casi eccezionali, su richiesta di un organo mittente, una domanda di notificazione o di comunicazione al competente organo ricevente. Gli Stati federali, gli Stati nei quali siano in vigore più sistemi giuridici o gli Stati che abbiano unità territoriali autonome possono designare più autorità centrali. CAPO II ATTI GIUDIZIARI Sezione 1 Trasmissione e notificazione o comunicazione degli atti giudiziari Articolo 4 Trasmissione degli atti 1. Gli atti giudiziari sono trasmessi direttamente e nel più breve tempo possibile tra gli organi designati a norma dell’articolo 2. 2. La trasmissione di atti, domande, attestati, ricevute, certificati e di qualsiasi altro documento tra gli organi mittenti e riceventi può essere effettuata con qualsiasi mezzo appropriato, a condizione che il contenuto del documento ricevuto sia fedele e conforme a quello del documento spedito e che tutte le indicazioni in esso contenute siano facilmente comprensibili. 3. L’atto da trasmettere è corredato di una domanda redatta usando il modulo standard che figura nell’allegato I. Il modulo è compilato nella lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o, se quest’ultimo ha più lingue ufficiali, nella lingua o in una delle lingue ufficiali del luogo in cui l’atto deve essere notificato o comunicato ovvero in un’altra lingua che lo Stato membro abbia dichiarato di poter accettare. Ogni Stato membro indica la lingua o le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea, diverse dalla sua o dalle sue, nelle quali accetta che sia compilato il modulo. 4. Gli atti e tutti i documenti trasmessi sono esonerati dalla legalizzazione o da altre formalità equivalenti. 5. L’organo mittente, quando desidera che gli venga restituito un esemplare dell’atto corredato del certificato di cui all’articolo 10, trasmette l’atto da notificare o da comunicare in due esemplari. Articolo 5 Traduzione dell’atto 1. Il richiedente è informato dall’organo mittente a cui consegna l’atto per la trasmissione che il destinatario può rifiutare di ricevere l’atto se non è compilato in una delle lingue di cui all’articolo 8. 2. Il richiedente sostiene le eventuali spese di traduzione prima della trasmissione dell’atto, fatta salva un’eventuale decisione successiva del giudice o dell’autorità competente sull’addebito di tale spesa. Articolo 6 Ricezione dell’atto da parte dell’organo ricevente 1. Alla ricezione dell’atto l’organo ricevente trasmette al più presto, con i mezzi più rapidi e comunque entro sette giorni dalla ricezione, una ricevuta all’organo mittente, usando il modulo standard che figura nell’allegato I. 2. Se non può dar seguito alla domanda di notificazione o di comunicazione a causa dello stato delle informazioni o dei documenti trasmessi, l’organo ricevente si mette in contatto il più rapidamente possibile con l’organo mittente per ottenere le informazioni o i documenti mancanti. 3. Se la domanda di notificazione o di comunicazione esula in maniera manifesta dal campo di applicazione del presente regolamento o se il mancato rispetto di requisiti di forma prescritti rende impossibile la notificazione o la comunicazione, la domanda e i documenti trasmessi vengono restituiti all’organo mittente non appena ricevuti, unitamente all’avviso di restituzione contenuto nel modulo standard che figura nell’allegato I. 4. L’organo ricevente che ha ricevuto un atto per la cui notificazione o comunicazione non ha competenza territoriale lo ritrasmette, unitamente alla domanda, all’organo ricevente territorialmente competente del medesimo Stato membro se la domanda soddisfa le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 3, e ne informa l’organo mittente usando il modulo standard che figura nell’allegato I. L’organo ricevente territorialmente competente informa l’organo mittente del ricevimento dell’atto, secondo le disposizioni del paragrafo 1. Articolo 7 Notificazione o comunicazione dell’atto 1. L’organo ricevente procede o fa procedere alla notificazione o alla comunicazione dell’atto secondo la legge dello Stato membro richiesto, oppure secondo una modalità particolare richiesta dall’organo mittente, purché tale modalità sia compatibile con la legge di quello Stato membro. 2. L’organo ricevente prende tutte le misure necessarie per notificare o comunicare l’atto nel più breve tempo possibile, e comunque entro un mese dalla ricezione. Ove non sia stato possibile procedere alla notificazione o alla comunicazione entro un mese dalla ricezione, l’organo ricevente: a) ne informa immediatamente l’organo mittente usando il certificato contenuto nel modulo standard che figura nell’allegato I, compilato secondo il disposto dell’articolo 10, paragrafo 2; e b) continua ad adottare tutte le misure necessarie per la notificazione o la comunicazione, salvo diversa indicazione dell’organo mittente, quando la notificazione o la comunicazione sembra possibile entro un termine ragionevole. Articolo 8 Rifiuto di ricevere l’atto 1. L’organo ricevente informa il destinatario, utilizzando il modulo standard che figura nell’allegato II, della sua facoltà di rifiutare di ricevere l’atto da notificare o comunicare al momento stesso della notificazione o della comunicazione, oppure inviando l’atto all’organo ricevente entro una settimana qualora non sia redatto o accompagnato da una traduzione in una delle seguenti lingue: a) una lingua compresa dal destinatario; oppure b) la lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o, se lo Stato membro ha più lingue ufficiali, la lingua o una delle lingue ufficiali del luogo in cui deve essere eseguita la notificazione o la comunicazione. 2. Se l’organo ricevente è informato del fatto che il destinatario rifiuta di ricevere l’atto a norma del paragrafo 1, ne informa immediatamente l’organo mittente usando il certificato di cui all’articolo 10 e gli restituisce la domanda e i documenti di cui si chiede la traduzione. 3. Ove il destinatario abbia rifiutato di ricevere l’atto a norma del paragrafo 1, è possibile ovviare a tale rifiuto notificando o comunicando al destinatario l’atto accompagnato da una traduzione in una delle lingue di cui al paragrafo 1, conformemente alle disposizioni del presente regolamento. In questo caso, la data di notificazione o di comunicazione dell’atto è quella in cui l’atto accompagnato dalla traduzione è notificato o comunicato in conformità della legge dello Stato membro richiesto. Tuttavia, qualora a norma della legge di uno Stato membro un atto vada notificato o comunicato entro un dato termine, la data da prendere in considerazione nei confronti del richiedente è quella di notificazione o di comunicazione dell’atto originale, determinata conformemente all’articolo 9, paragrafo 2. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano alle modalità di trasmissione e di notificazione o di comunicazione di atti giudiziari previsti alla sezione 2. 5. Ai fini del paragrafo 1, gli agenti diplomatici o consolari, quando la notificazione o la comunicazione è effettuata in conformità dell’articolo 13, o l’autorità o il soggetto, quando la notificazione o la comunicazione è effettuata in conformità dell’articolo 14, informano il destinatario della sua facoltà di rifiutare di ricevere l’atto e che qualsiasi atto rifiutato deve essere inviato rispettivamente a quegli agenti o a quella autorità o soggetto. Articolo 9 Data della notificazione o della comunicazione 1. Fatto salvo il disposto dell’articolo 8, la data della notificazione o della comunicazione, effettuata a norma dell’articolo 7, è quella in cui l’atto è stato notificato o comunicato secondo la legge dello Stato membro richiesto. 2. Se tuttavia, a norma della legge di uno Stato membro, un atto deve essere notificato o comunicato entro un dato termine, la data da prendere in considerazione nei confronti del richiedente è quella fissata dalla legge di quello Stato membro. 3. I paragrafi 1 e 2 si applicano alle modalità di trasmissione e di notificazione o di comunicazione di atti giudiziari previste alla sezione 2. Articolo 10 Certificato e copia dell’atto notificato o comunicato 1. Quando le formalità relative alla notificazione o alla comunicazione dell’atto sono state espletate, è inoltrato all’organo mittente un certificato del loro espletamento, redatto utilizzando il modulo standard di cui all’allegato I. Ove si applichi l’articolo 4, paragrafo 5, il certificato è corredato di una copia dell’atto notificato o comunicato. 2. Il certificato è compilato nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro mittente o in un’altra lingua che detto Stato abbia dichiarato di poter accettare. Ciascuno Stato membro indica la o le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea, diverse dalla sua o dalle sue, nelle quali accetta che sia compilato il modulo. Articolo 11 Spese di notificazione o di comunicazione 1. La notificazione o la comunicazione degli atti giudiziari provenienti da un altro Stato membro non può dar luogo al pagamento o al rimborso di tasse o spese per i servizi dello Stato membro richiesto. 2. Il richiedente è tuttavia tenuto a pagare o rimborsare le spese derivanti: a) dall’intervento di un ufficiale giudiziario o di un soggetto competente secondo la legge dello Stato membro richiesto; b) dal ricorso a una particolare forma di notificazione o comunicazione. Le spese derivanti dall’intervento di un ufficiale giudiziario o di un soggetto competente in base alla legge dello Stato membro richiesto corrispondono a un diritto forfettario unico, il cui importo è fissato preventivamente da quello Stato membro nel rispetto dei principi di proporzionalità e di non discriminazione. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l’importo del diritto forfettario unico. Sezione 2 Altri mezzi di trasmissione e notificazione o comunicazione di atti giudiziari Articolo 12 Trasmissione per via consolare o diplomatica Ciascuno Stato membro ha la facoltà, in circostanze eccezionali, di ricorrere alla via consolare o diplomatica per trasmettere atti giudiziari a scopo di notificazione o comunicazione agli organi e alle autorità di un altro Stato membro designati a norma degli articoli 2 o 3. Articolo 13 Notificazione o comunicazione tramite agenti diplomatici o consolari 1. Ciascuno Stato membro ha la facoltà di procedere direttamente, senza coercizione, tramite i propri agenti diplomatici o consolari, alla notificazione o alla comunicazione di atti giudiziari a persone residenti in un altro Stato membro. 2. Ciascuno Stato membro può comunicare, a norma dell’articolo 23, paragrafo 1, di opporsi all’uso di tale facoltà sul suo territorio, salvo che gli atti debbano essere notificati o comunicati a cittadini dello Stato membro d’origine. Articolo 14 Notificazione o comunicazione tramite i servizi postali Ciascuno Stato membro ha facoltà di notificare o comunicare atti giudiziari alle persone residenti in un altro Stato membro direttamente tramite i servizi postali, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente. Articolo 15 Notificazione o comunicazione diretta Chiunque abbia un interesse in un procedimento giudiziario può notificare o comunicare atti direttamente tramite gli ufficiali giudiziari, i funzionari o altre persone competenti dello Stato membro richiesto, sempre che questo tipo di notificazione o di comunicazione diretta sia ammessa dalla legge di quello Stato membro. CAPO III ATTI EXTRAGIUDIZIALI Articolo 16 Trasmissione Gli atti extragiudiziali possono essere trasmessi ai fini della notificazione o della comunicazione in un altro Stato membro, a norma delle disposizioni del presente regolamento. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 17 Misure d’applicazione Le misure intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento inerenti all’aggiornamento o alla modifica tecnica dei moduli standard di cui agli allegati I e II sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 18, paragrafo 2. Articolo 18 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 19 Mancata comparizione del convenuto 1. Quando un atto di citazione o un atto equivalente sia stato trasmesso ad un altro Stato membro per la notificazione o la comunicazione, secondo le disposizioni del presente regolamento, ed il convenuto non compaia, il giudice non decide fintantoché non si abbia la prova: a) che l’atto è stato notificato o comunicato, secondo le forme prescritte dalla legge dello Stato membro richiesto per la notificazione o la comunicazione degli atti nell’ambito di procedimenti nazionali, a persone che si trovano sul suo territorio; oppure b) che l’atto è stato effettivamente consegnato al convenuto o nella sua residenza abituale secondo un’altra procedura prevista dal presente regolamento, e che, in ciascuna di tali eventualità, sia la notificazione o comunicazione sia la consegna hanno avuto luogo in tempo utile affinché il convenuto abbia avuto la possibilità di difendersi. 2. Ciascuno Stato membro ha la facoltà di comunicare, a norma dell’articolo 23, paragrafo 1, che i propri giudici, nonostante le disposizioni del paragrafo 1, e benché non sia pervenuto alcun certificato di avvenuta notificazione o comunicazione o consegna, possono decidere se sussistono le seguenti condizioni: a) l’atto è stato trasmesso secondo uno dei modi previsti dal presente regolamento; b) dalla data di trasmissione dell’atto è trascorso un termine di almeno sei mesi, che il giudice ritiene adeguato nel caso di specie; c) non è stato ottenuto alcun certificato malgrado tutta la diligenza usata presso le autorità o gli organi competenti dello Stato richiesto. 3. I paragrafi 1 e 2 non ostano a che il giudice adotti, in caso d’urgenza, provvedimenti provvisori o cautelari. 4. Quando un atto di citazione o un atto equivalente sia stato trasmesso ad un altro Stato membro per la notificazione o la comunicazione secondo le disposizioni del presente regolamento, e una decisione sia stata emessa nei confronti di un convenuto non comparso, il giudice ha la facoltà di rimuovere la preclusione derivante per il convenuto dallo scadere del termine di impugnazione, se sussistono le seguenti condizioni: a) il convenuto, in assenza di colpa a lui imputabile, non ha avuto conoscenza dell’atto in tempo utile per difendersi o della decisione per impugnarla; e b) i motivi di impugnazione del convenuto non sembrano del tutto privi di fondamento. La richiesta di rimuovere la preclusione deve essere presentata entro un termine ragionevole a decorrere dal momento in cui il convenuto ha avuto conoscenza della decisione. Ciascuno Stato membro ha la facoltà di comunicare, a norma dell’articolo 23, paragrafo 1, che tale domanda è inammissibile se è presentata dopo la scadenza di un termine che indicherà nella propria comunicazione, purché tale termine non sia inferiore ad un anno a decorrere dalla pronuncia della decisione. 5. Il paragrafo 4 non si applica alle decisioni che riguardano lo stato o la capacità delle persone. Articolo 20 Rapporto con accordi o intese di cui sono parti gli Stati membri 1. Per le materie rientranti nel suo campo di applicazione, il presente regolamento prevale sulle disposizioni contenute negli accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali conclusi dagli Stati membri, in particolare l’articolo IV del protocollo allegato alla convenzione di Bruxelles del 1968 e la convenzione dell’Aia del 15 novembre 1965. 2. Il presente regolamento non osta a che singoli Stati membri concludano o lascino in vigore accordi o intese con esso compatibili volti ad accelerare o a semplificare ulteriormente la trasmissione degli atti. 3. Gli Stati membri inviano alla Commissione: a) copia degli accordi o intese di cui al paragrafo 2 conclusi tra gli Stati membri nonché progetti di tali accordi o intese che intendono concludere; e b) qualsiasi denuncia o modifica di tali accordi o intese. Articolo 21 Gratuito patrocinio Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione, nelle relazioni tra gli Stati membri che sono parti di tali convenzioni, dell’articolo 23 della convenzione concernente la procedura civile, del 17 luglio 1905, dell’articolo 24 della convenzione concernente la procedura civile, del 1o marzo 1954, e dell’articolo 13 della convenzione volta a facilitare l’accesso internazionale alla giustizia, del 25 ottobre 1980. Articolo 22 Tutela delle informazioni trasmesse 1. Le informazioni, in particolare i dati personali, trasmesse ai sensi del presente regolamento possono essere utilizzate dall’organo ricevente soltanto per lo scopo per il quale sono state trasmesse. 2. Gli organi riceventi assicurano la riservatezza di tali informazioni secondo la legge dello Stato membro richiesto. 3. I paragrafi 1 e 2 non pregiudicano le norme nazionali che attribuiscono agli interessati il diritto di essere informati sull’uso delle informazioni trasmesse ai sensi del presente regolamento. 4. Il presente regolamento non pregiudica l’applicazione delle direttive 95/46/CE e 2002/58/CE. Articolo 23 Comunicazione e pubblicazione 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le informazioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 10, 11, 13, 15 e 19. Gli Stati membri comunicano alla Commissione se, in conformità della legge nazionale, un documento deve essere notificato o comunicato entro un dato termine, come indicato all’articolo 8, paragrafo 3, e all’articolo 9, paragrafo 2. 2. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea le informazioni comunicate a norma del paragrafo 1, eccetto gli indirizzi e altri estremi degli organi riceventi e mittenti e delle autorità centrali, e la rispettiva competenza territoriale. 3. La Commissione elabora e aggiorna a intervalli regolari un manuale contenente le informazioni di cui al paragrafo 1, da rendere disponibile elettronicamente, specie attraverso la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. Articolo 24 Riesame Entro il 1o giugno 2011, e successivamente ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’applicazione del presente regolamento, con particolare riguardo all’efficacia degli organi designati a norma dell’articolo 2 e all’applicazione pratica dell’articolo 3, lettera c), e dell’articolo 9. Tale relazione è eventualmente corredata di proposte intese ad adeguare il presente regolamento all’evolversi dei sistemi di notificazione. Articolo 25 Abrogazione 1. Il regolamento (CE) n. 1348/2000 è abrogato a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento. 2. I riferimenti al regolamento (CE) n. 1348/2000 si intendono fatti al presente regolamento secondo la tabella di corrispondenza di cui all’allegato III. Articolo 26 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica dal 13 novembre 2008, ad eccezione dell’articolo 23 che si applica dal 13 agosto 2008. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Strasburgo, addì 13 novembre 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) GU C 88 dell’11.4.2006, pag. 7. (2) Parere del Parlamento europeo del 4 luglio 2006 (GU C 303 E del 13.12.2006, pag. 69), posizione comune del Consiglio del 28 giugno 2007 (GU C 193 E del 21.8.2007, pag. 13) e posizione del Parlamento europeo del 24 ottobre 2007. (3) GU C 261 del 27.8.1997, pag. 1. Lo stesso giorno in cui è stata stilata la convenzione, il Consiglio ha preso atto della relazione esplicativa sulla convenzione, che figura a pag. 26 della Gazzetta ufficiale summenzionata. (4) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 37. (5) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25. (6) GU L 124 dell’8.6.1971, pag. 1. (7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (8) Convenzione di Bruxelles, del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 299 del 31.12.1972, pag. 32; versione consolidata nella GU C 27 del 26.1.1998, pag. 1). (9) Convenzione dell’Aia del 15 novembre 1965 sulla notifica di atti giudiziari e extragiudiziari in materia civile e commerciale. (10) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (11) GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 2006/24/CE (GU L 105 del 13.4.2006, pag. 54). ALLEGATO I ALLEGATO II ALLEGATO III TABELLA DI CORRISPONDENZA Regolamento (CE) n. 1348/2000 Presente regolamento Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1, paragrafo 1, prima frase — Articolo 1, paragrafo 1, seconda frase Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 2 — Articolo 1, paragrafo 3 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 7, paragrafo 2, prima frase Articolo 7, paragrafo 2, prima frase Articolo 7, paragrafo 2, seconda frase Articolo 7, paragrafo 2, seconda frase (frase introduttiva), e articolo 7, paragrafo 2, lettera a) — Articolo 7, paragrafo 2, lettera b) Articolo 7, paragrafo 2, terza frase — Articolo 8, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 8, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 8, paragrafo 1, lettera a) Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) Articolo 8, paragrafo 1, lettera a) Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 2 — Articolo 8, paragrafi da 3 a 5 Articolo 9, paragrafi 1 e 2 Articolo 9, paragrafi 1 e 2 Articolo 9, paragrafo 3 — — Articolo 9, paragrafo 3 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11, paragrafo 1 Articolo 11, paragrafo 1 Articolo 11, paragrafo 2 Articolo 11, paragrafo 2, primo comma — Articolo 11, paragrafo 2, secondo comma Articolo 12 Articolo 12 Articolo 13 Articolo 13 Articolo 14, paragrafo 1 Articolo 14 Articolo 14, paragrafo 2 — Articolo 15, paragrafo 1 Articolo 15 Articolo 15, paragrafo 2 — Articolo 16 Articolo 16 Articolo 17, frase introduttiva Articolo 17 Articolo 17, lettere da a) a c) — Articolo 18, paragrafi 1 e 2 Articolo 18, paragrafi 1 e 2 Articolo 18, paragrafo 3 — Articolo 19 Articolo 19 Articolo 20 Articolo 20 Articolo 21 Articolo 21 Articolo 22 Articolo 22 Articolo 23, paragrafo 1 Articolo 23, paragrafo 1, prima frase — Articolo 23, paragrafo 1, seconda frase Articolo 23, paragrafo 2 Articolo 23, paragrafo 2 — Articolo 23, paragrafo 3 Articolo 24 Articolo 24 Articolo 25 — — Articolo 25 — Articolo 26 Allegato Allegato I — Allegato II — Allegato III
Trasmissione di atti giudiziari ed extragiudiziali tra i paesi dell’Unione (fino al 2022) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso intende mettere in atto una procedura di trasmissione sicura e standardizzata per atti giudiziali* ed extragiudiziali* in questioni di materia civile o commerciale tra parti situate in diversi paesi dell’Unione europea (UE). Il regolamento (UE) n. 1393/2007 viene abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 2020/1784 (si veda la sintesi) a partire dal 1° luglio 2022. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazioneIl presente regolamento si applica, in materia civile e commerciale, quando un atto giudiziario o extragiudiziale deve essere trasmesso in un altro paese dell'UE per essere notificato o comunicato. Non si applica a:la materia fiscale,la materia doganalela materia amministrativa néla responsabilità statuale per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri. Il regolamento non si applica quando è ignoto il recapito della persona alla quale l’atto deve essere notificato o comunicato.Migliorare la notificazione e la comunicazione (trasmissione) degli atti giudiziari ed extragiudiziali Il regolamento introduce:una norma secondo cui l’organo ricevente deve prendere tutte le misure necessarie per notificare o comunicare l’atto nel più breve tempo possibile, e comunque entro un mese dalla sua ricezione; un modulo standard per informare il destinatario che può rifiutare di ricevere l’atto da notificare o comunicare al momento stesso della notificazione o della comunicazione, oppure inviando l’atto all’organo ricevente entro una settimana; una norma secondo cui le spese derivanti dall’intervento di un ufficiale giudiziario o di un soggetto competente in base alla legge del paese dell'UE richiesto devono corrispondere a un diritto forfettario unico, il cui importo è fissato preventivamente dal paese dell'UE richiesto nel rispetto dei principi di proporzionalità e di non discriminazione; condizioni uniformi per le notificazioni e le comunicazioni tramite i servizi postali (lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o mezzo equivalente).Organi dei paesi dell’UE preposti alla trasmissione degli attiI paesi dell’Unione nominano gli organi responsabili di trasmettere e ricevere atti. I paesi dell'Unione devono comunicare alla Commissione europea le loro denominazioni e i rispettivi indirizzi, la loro competenza territoriale, le lingue ammesse e i mezzi per la ricezione degli atti. Ogni paese dell’Unione dispone inoltre di un’autorità centrale responsabile di fornire informazioni agli organi, risolvere eventuali difficoltà e, in casi eccezionali, trasmettere le domande di notificazione o comunicazione dell’organo mittente all’organo ricevente competente. Uno stato federale, in cui sono in vigore più sistemi giuridici o che ha unità territoriali autonome può designare più organi o autorità centrali. La designazione è valida per 5 anni e può essere rinnovata ogni 5 anni.Accelerare la notificazione e la comunicazione degli atti giudiziari ed extragiudizialiIl richiedente consegna l'atto all’organo mittente e sopporta le eventuali spese di traduzione prima della trasmissione dell’atto. L'organo mittente è tenuto a informarlo del fatto che il destinatario può rifiutare di ricevere un atto che non sia compilato in una lingua di sua comprensione o nella lingua ufficiale del paese dell'UE in cui deve essere effettuata la notificazione o la comunicazione. Gli atti devono essere trasmessi direttamente e nel più breve tempo possibile tra gli organi, ricorrendo a qualsiasi mezzo appropriato, purché siano leggibili e fedeli all’originale. Devono essere corredati di una domanda redatta usando il modulo standard allegato al regolamento, compilata in una delle lingue ammesse indicate dai paesi dell’Unione. Gli atti sono esonerati dalla legalizzazione o da altre formalità equivalenti. L’organo ricevente deve trasmettere entro 7 giorni una ricevuta. Qualora manchino informazioni, deve mettersi in contatto quanto prima con l’organo mittente.Notificare o comunicare gli atti a norma della legge del paese dell’Unione ricevente entro un mese dalla ricezioneL’organo ricevente procede o fa procedere alla notificazione o alla comunicazione dell’atto entro un mese dalla sua ricezione. In caso di impossibilità, deve informarne l’organo mittente e continuare ad adoperarsi per notificare o comunicare l'atto. La notificazione o la comunicazione va effettuata secondo la legge del paese dell'UE richiesto, oppure secondo una modalità particolare richiesta dall’organo mittente, purché tale modalità sia compatibile con la legge di quello Stato. Una volta effettuata la notificazione o la comunicazione, deve essere inoltrato all’organo mittente un certificato, compilato in una lingua ammessa dal paese dell’Unione mittente, attestante l’espletamento delle formalità relative alla notificazione o alla comunicazione. La data della notificazione o della comunicazione sarà quella in cui l’atto è stato notificato o comunicato secondo la legge del paese dell’Unione richiesto, salvo che l’atto debba essere notificato o comunicato entro un dato termine ai sensi della legge di tale paese. La notificazione o la comunicazione non può dar luogo a spese o tasse nel paese dell’Unione richiesto, a meno che sia stata effettuata in una forma particolare o sia intervenuto un ufficiale giudiziario in quel paese. In tal caso le spese sono a carico del richiedente. I paesi dell’Unione devono fissare preventivamente un diritto forfettario e comunicarne l’importo alla Commissione. Gli atti possono essere notificati o comunicati anche direttamente a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno oppure tramite gli ufficiali giudiziari, i funzionari o altre persone competenti del paese dell’Unione richiesto, sempre che questo tipo di notificazione o di comunicazione sia ammessa dal paese in questione. In circostanze eccezionali, gli atti possono essere trasmessi agli organi di un altro paese dell’Unione per via consolare o diplomatica.Informare il destinatario del diritto di rifiutare l’atto da notificare o comunicareL'organo ricevente informa il destinatario del fatto che può rifiutare di ricevere un atto che non sia redatto in una lingua di sua comprensione o nella lingua ufficiale del paese dell'UE in cui deve essere notificato o comunicato. Il rifiuto deve essere espresso al momento stesso della notificazione o della comunicazione, oppure inviando l’atto all’organo ricevente entro una settimana. Se l'atto da notificare o comunicare è un atto di citazione (ordinanza di comparizione in un tribunale) o un atto equivalente e il convenuto non compare in giudizio, il giudice non può decidere fintantoché non sia stato accertato che l’atto è stato notificato o comunicato secondo le forme prescritte dalla legge del paese dell’Unione richiesto, che l’atto è stato consegnato e che il convenuto ha avuto tempo sufficiente per presentare le proprie difese. Tuttavia, qualora l’atto sia stato trasmesso secondo uno dei modi previsti dal regolamento e siano trascorsi più di 6 mesi senza che sia stato ottenuto alcun certificato malgrado tutta la diligenza usata dalle autorità competenti del paese dell'UE richiesto, il giudice può emettere sentenza. Se il convenuto non ha avuto conoscenza dell’atto in tempo utile per comparire in giudizio, può presentare un'istanza di rimessione in termini entro un lasso di tempo ragionevole a decorrere dal momento in cui ha avuto conoscenza della decisione. La Commissione elaborerà e aggiornerà a intervalli regolari un manuale contenente le informazioni fornite dai paesi dell’Unione. Entro il 2011, e successivamente ogni cinque anni, essa dovrà presentare una relazione sull’applicazione del regolamento, con particolare riguardo all’efficacia degli organi.Abrogazione Il regolamento (CE) n. 1393/2007 è abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2020/1784 a decorrere dal 1° luglio 2022. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso è stato applicato a partire dal 13 novembre 2008, fatta eccezione per l’articolo 23 (sulla comunicazione e pubblicazione di alcune informazioni dei paesi dell’Unione) che è stato applicato a partire dal 13 agosto 2008. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Trasmissione dei documenti (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Atto giudiziale: un documento giuridico emesso nell’ambito di procedimenti giudiziari in materia civile o commerciale (ad esempio un atto di citazione o una decisione) che debbano essere notificati ad una parte. Atto extragiudiziale: un documento giuridico che viene notificato ma si trova all'esterno del fascicolo (ad esempio, una fattura o una notifica di sfratto). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (notificazione o comunicazione degli atti) e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio (GU L 324 del 10.12.2007, pag. 79). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1393/2007 del Consiglio sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32008L0063
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DIRETTIVA 2008/63/CE DELLA COMMISSIONE del 20 giugno 2008 relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 86, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) La direttiva 88/301/CEE della Commissione, del 16 maggio 1988, relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni (1), è stata modificata in modo sostanziale (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) In tutti gli Stati membri le telecomunicazioni erano oggetto in tutto o in parte del monopolio detenuto dallo Stato e in genere da questo delegato, mediante concessione di diritti speciali o esclusivi a uno o più organismi incaricati della realizzazione e dell'esercizio della rete, nonché la fornitura dei servizi ad essa afferenti. Tali diritti spesso riguardavano non solo la fornitura di servizi di uso della rete, ma anche la messa a disposizione per gli utenti di apparecchiature terminali allacciabili alla rete. Nel corso degli ultimi decenni il settore delle telecomunicazioni ha registrato un'evoluzione considerevole per quanto riguarda le caratteristiche tecniche della rete e in particolare per quanto riguarda l'apparecchiatura terminale. (3) L'evoluzione delle tecniche e dell'economia ha indotto gli Stati a rivedere il sistema dei diritti speciali o esclusivi nel settore delle telecomunicazioni; in particolare la rapida moltiplicazione dei vari tipi di apparecchiature terminali e la molteplice utilizzazione dei medesimi richiedono che gli utenti possano effettuare una libera scelta tra i medesimi per beneficiare integralmente dei progressi tecnologici nel settore. (4) L'esistenza di diritti esclusivi ha per effetto di restringere la libera circolazione delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni sia per quanto riguarda l'importazione e la commercializzazione di tali apparecchiature, comprese le apparecchiature via satellite, in quanto taluni prodotti non vengono commercializzati, sia per quanto concerne l'allacciamento, l'installazione o la manutenzione in quanto, tenendo conto delle caratteristiche del mercato, in particolare della diversità e della natura tecnica dei prodotti, un gestore in regime di monopolio non ha alcun incentivo a fornire detti servizi in relazione a prodotti che non ha commercializzato o importato né ad allineare i propri prezzi sui costi poiché non esiste alcun pericolo di concorrenza da parte di nuovi gestori. Tenendo conto del fatto che nella maggior parte dei mercati delle apparecchiature esiste in genere un'ampia gamma di apparecchiature terminali di telecomunicazioni, qualsiasi diritto speciale che direttamente o indirettamente limiti il numero di imprese autorizzate ad importare, commercializzare, allacciare, installare e provvedere alla manutenzione di detti apparati, rischia di produrre effetti aventi la stessa natura della concessione di diritti esclusivi. Tali diritti esclusivi essenziali costituiscono misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative contrarie all'articolo 28 del trattato. Di conseguenza, è necessario abolire tutti i diritti esclusivi che ancora esistono in relazione all'importazione, all'immissione in commercio, all'allacciamento, all'installazione e alla manutenzione delle apparecchiature terminali delle telecomunicazioni per collegamenti via satellite nonché i diritti che hanno effetti della stessa natura ossia tutti i diritti speciali, ad eccezione di quelli costituiti da vantaggi legali o regolamentari per una o più imprese che influiscono esclusivamente sulla capacità delle altre imprese di impegnarsi in una delle attività soprammenzionate nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. (5) L'esercizio di questi diritti speciali o esclusivi relativi alle apparecchiature terminali è tale da sfavorire in pratica le apparecchiature provenienti da altri Stati membri, in particolare impedendo agli utenti di scegliere liberamente le apparecchiature di cui hanno bisogno in funzione del prezzo e della qualità, a prescindere dalla loro provenienza. L'esercizio di questi diritti è quindi incompatibile con l'articolo 31 del trattato in tutti gli Stati membri. (6) I servizi afferenti all'allacciamento e alla manutenzione delle apparecchiature terminali sono uno degli elementi essenziali al momento dell'acquisto o della locazione di tali apparecchiature. Il mantenimento in essere di diritti esclusivi nel settore equivarrebbe al mantenimento dei diritti esclusi di commercializzazione. Occorre dunque sopprimere tali diritti affinché l'abolizione dei diritti esclusivi di importazione e di commercializzazione abbia un effetto reale. (7) La manutenzione delle apparecchiature terminali costituisce un servizio ai sensi dell'articolo 50 del trattato. Pertanto la prestazione di quest'ultimo servizio, il quale è sotto il profilo commerciale indissociabile dalla commercializzazione delle predette apparecchiature terminali, deve essere resa libera in conformità con l’articolo 49 del trattato, in particolare quando il servizio è eseguito da personale qualificato. (8) Nel mercato continuano a manifestarsi infrazioni alle regole di concorrenza del trattato. Inoltre lo sviluppo degli scambi ne risulta pregiudicato in misura contraria all'interesse della Comunità. Una maggiore intensità di concorrenza sul mercato delle apparecchiature terminali è subordinata alla trasparenza delle specifiche tecniche che consentono la libera circolazione dei terminali, pur nel rispetto delle esigenze essenziali menzionate nella direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazioni e il reciproco riconoscimento della loro conformità (3). La trasparenza comporta necessariamente la pubblicazione delle specifiche tecniche. (9) I diritti speciali o esclusivi d’importazione e di commercializzazione delle apparecchiature determinano una situazione contraria allo scopo dell'articolo 3, lettera g), del trattato, a norma del quale è prevista la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno e a fortiori che la concorrenza non sia eliminata. Gli Stati membri sono tenuti in forza dell'articolo 10 del trattato ad astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato, tra cui quelli definiti all'articolo 3, lettera g). Di conseguenza tali diritti esclusivi vanno considerati incompatibili con l'articolo 82 del trattato in correlazione con l'articolo 3 e la concessione o il mantenimento in essere da parte dello Stato dei diritti in questione costituisce una misura vietata ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 1, del trattato. (10) Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale. Quindi gli Stati membri debbono assicurarsi che dette caratteristiche siano pubblicate e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente. (11) Per poter commercializzare le apparecchiature terminali è necessario che i produttori sappiano a quali specifiche tecniche devono rispondere i loro prodotti. Gli Stati membri devono quindi determinare e pubblicare le specifiche che essi devono notificare in fase di progetto alla Commissione conformemente alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (4). Dette specifiche possono essere estese ai prodotti importati dagli altri Stati membri solo nella misura in cui sono necessarie per garantire il rispetto di esigenze essenziali legittime rispetto al diritto comunitario, quali precisate all'articolo 3 della direttiva 1999/5/CE. Comunque gli Stati membri debbono rispettare le disposizioni degli articoli 28 e 30 del trattato per cui lo Stato membro importatore è tenuto ad ammettere sul suo territorio un’apparecchiatura terminale legalmente fabbricata e commercializzata in un altro Stato membro. (12) Per garantire un’applicazione trasparente, obiettiva e non discriminatoria delle specifiche tecniche, il controllo della loro applicazione non può essere affidato ad uno degli operatori concorrenti sul mercato delle apparecchiature terminali, visto l'evidente conflitto di interessi. Occorre pertanto prevedere che gli Stati membri affidino il controllo a un ente indipendente da chi ha in esercizio la rete e da qualsiasi altro concorrente sul mercato in questione. (13) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all’allegato II, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ai sensi della presente direttiva si intendono per: 1) «apparecchiature terminali»: a) le apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni; in entrambi i casi di allacciamento, diretto o indiretto, esso può essere realizzato via cavo, fibra ottica o via elettromagnetica; un allacciamento è indiretto se l’apparecchiatura è interposta fra il terminale e l’interfaccia della rete pubblica; b) le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite; 2) «apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite»: le apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio; 3) «imprese»: gli enti pubblici o privati ai quali lo Stato concede diritti speciali o esclusivi di importazione, di commercializzazione, di allacciamento, di installazione e/o di manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; 4) «diritti speciali»: i diritti concessi da uno Stato membro a un numero limitato di imprese, mediante qualsiasi atto legislativo, regolamentare o amministrativo che, all'interno di una determinata area geografica: a) limita a due o più il numero di dette imprese, non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione; o b) designa, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti; o c) conferisce a ciascuna impresa, non conformandosi ai criteri di cui alle lettere a) e b), vantaggi legali o regolamentari che influiscono sostanzialmente sulla capacità di qualsiasi altra impresa di importare, immettere in commercio, allacciare, installare e/o provvedere alla manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazioni nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. Articolo 2 Gli Stati membri che hanno concesso alle imprese diritti speciali o esclusivi provvedono alla soppressione di tutti i diritti esclusivi nonché dei diritti speciali i quali: a) limitano a due o più il numero delle imprese non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione, o b) designano, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti. Essi comunicano alla Commissione le misure adottate e i progetti presentati a tal fine. Articolo 3 Gli Stati membri provvedono affinché gli operatori economici abbiano il diritto di importare, di commercializzare, di allacciare e di installare le apparecchiature terminali quali definite all'articolo 1 e di provvedere alla loro manutenzione. Tuttavia essi hanno facoltà a) per le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione quando le apparecchiature non siano conformi alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE oppure, in assenza di tali regolamentazioni, quando tali apparecchiature non soddisfano i requisiti essenziali indicati nell'articolo 3 della suddetta direttiva; in assenza di regole tecniche comuni o di condizioni di regolamentazione armonizzate, le norme nazionali devono essere proporzionate ai suddetti requisiti essenziali e devono essere notificate alla Commissione nell'osservanza delle disposizioni della direttiva 98/34/CE; b) per le apparecchiature terminali, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni quando tali apparecchiature non rispondono alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE o, in assenza di tali regolamentazioni, non soddisfino i requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 3 di tale direttiva; c) di esigere dagli operatori economici un'idonea qualificazione tecnica per l'allacciamento, l'installazione e la manutenzione di apparecchiature terminali, qualificazione accertata in base a criteri oggettivi non discriminatori e resi pubblici. Articolo 4 Gli Stati membri vigilano affinché le nuove interfacce della rete pubblica siano accessibili all'utenza e le loro caratteristiche materiali siano pubblicate dagli operatori delle reti pubbliche di telecomunicazioni. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono alla formulazione e alla pubblicazione di qualsiasi specifica delle apparecchiature terminali destinate a essere allacciate direttamente o indirettamente alla rete pubblica. Gli Stati membri notificano alla Commissione dette specifiche in fase di progetto, in conformità della direttiva 98/34/CE. Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché il controllo dell’applicazione delle specifiche di cui all’articolo 5 sia svolto da un ente indipendente dalle imprese pubbliche e private che offrono beni o servizi nel settore delle telecomunicazioni. Articolo 7 Gli Stati membri trasmettono alla fine di ogni anno una relazione che consenta alla Commissione di constatare se le disposizioni degli articoli 2, 3, 4 e 6 sono rispettate. Un modello di relazione figura all'allegato I. Articolo 8 La direttiva 88/301/CEE, modificata dalle direttive di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 20 giugno 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73. Direttiva modificata dalla direttiva 94/46/CE (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15). (2) Cfr. allegato II, parte A. (3) GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (4) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). ALLEGATO I Modello di relazione di cui all'articolo 7 Attuazione delle disposizioni dell'articolo 2 Apparecchiature terminali per i quali la legislazione ha subito modifiche o è in corso di modificazione. Per apparecchiatura terminale: — data di adozione del provvedimento, o — data di presentazione del progetto, o — data di entrata in vigore del provvedimento. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 3 — apparecchiature terminali il cui allacciamento o installazione è soggetto a limitazioni, — qualificazioni tecniche richieste con indicazione della relativa pubblicazione. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 4 — indicazione degli estremi di pubblicazione delle caratteristiche, — numero d’interfacce di rete pubblica esistenti, — numero d’interfacce di rete pubblica modificate. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 6 — designazione dell'ente (degli enti) indipendente(i). ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata e relativa modificazione (di cui all'articolo 8) Direttiva 88/301/CEE della Commissione (GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73) Direttiva 94/46/CE della Commissione (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15) PARTE B Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale (di cui all'articolo 8) Direttiva Termine di attuazione 88/301/CEE — 94/46/CE 8 agosto 1995 ALLEGATO III Tavola di concordanza Direttiva 88/301/CEE Presente direttiva Articolo 1, alinea Articolo 1, alinea Articolo 1, primo trattino, prima e seconda frase Articolo 1, punto 1), lettera a) Articolo 1, primo trattino, ultima frase Articolo 1, punto 1), lettera b) Articolo 1, secondo trattino Articolo 1, punto 3) Articolo 1, terzo trattino, alinea Articolo 1, punto 4), alinea Articolo 1, terzo trattino, primo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera a) Articolo 1, terzo trattino, secondo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera b) Articolo 1, terzo trattino, terzo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera c) Articolo 1, quarto trattino Articolo 1, punto 2) Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3, primo comma Articolo 3, primo comma Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, primo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera a) Articolo 3, secondo comma, secondo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera b) Articolo 3, secondo comma, terzo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera c) Articolo 4, primo comma Articolo 4 Articolo 4, secondo comma — Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2, prima frase Articolo 5, primo comma Articolo 5, paragrafo 2, seconda frase Articolo 5, secondo comma Articolo 6 Articolo 6 Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 7 Articolo 10 — — Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 11 Articolo 10 Allegato I — Allegato II Allegato I — Allegato II — Allegato III
Eque condizioni di mercato per apparecchi telefonici e altre apparecchiature di comunicazione QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa è volta ad aprire alla concorrenza i mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni*; essa intende inoltre migliorare le informazioni a disposizione dei consumatori sulle diverse apparecchiature per permettere agli utenti di trarre beneficio dai progressi tecnologici ed effettuare scelte informate da consumatori. PUNTI CHIAVE I paesi dell'UE non possono concedere diritti speciali o esclusivi in materia di importazione, commercializzazione, allacciamento, installazione o manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; i paesi dell'UE non possono rifiutare l'allacciamento delle apparecchiature terminali alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione delle apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite* nel proprio paese, a meno che tali apparecchiature non soddisfino determinati requisiti essenziali; a partire dal 13 giugno 2016, i requisiti in materia di sicurezza e compatibilità elettromagnetica per le apparecchiature terminali radio sono definiti nella direttiva 2014/53/UE (ed eventuali atti delegati adottati in risposta alla presente direttiva) che prevede un periodo di transizione di 1 anno; I requisiti di sicurezza per le apparecchiature terminali sulla rete fissa (non-radio), a seconda delle caratteristiche, sono stabiliti nella direttiva sulla bassa tensione (2014/35/UE). Qualora l'apparecchiatura abbia una tensione nominale compresa tra 50 e 1000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua, i requisiti relativi alla compatibilità elettromagnetica sono stabiliti nella direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (2014/30/UE); Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale (direttamente o indirettamente). I paesi dell'UE devono assicurarsi che gli operatori pubblichino dette caratteristiche e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente; Gli organismi incaricati di controllare l'applicazione delle specifiche, designati dai paesi dell'Unione europea, devono essere indipendenti da organizzazioni pubbliche o private che offrono beni e/o servizi nel settore delle telecomunicazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La presente direttiva è in vigore dall'11 luglio 2008. I paesi dell'UE hanno dovuto integrarla nel diritto nazionale entro l'8 agosto 1995, la data indicata nella direttiva 88/301/CEE, codificata dalla direttiva 2008/63/CE*. CONTESTO La presente direttiva ha rappresentato la prima fase di una politica di liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni che ha portato alla completa liberalizzazione di questi mercati il 1o gennaio 1998. * TERMINI CHIAVE Apparecchiature terminali: apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni. Le apparecchiature delle stazioni terrestri sono incluse in questa categoria. Apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite: apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere («trasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio Codificazione: un nuovo atto giuridico che sostituisce un altro atto che è stato modificato in maniera sostanziale. Il nuovo atto preserva le norme contenute nell'atto in corso di codificazione e pertanto tratta rapidamente il processo decisionale mediante una procedura accelerata. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/63/CE della Commissione, del 20 giugno 2008, relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (versione codificata) (GU L 162 del 21.6.2008, pag. 20-26) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle norme degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 79-106) Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357–374) Direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE (GU L 153 del 22.5.2014, pag. 62-106)
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Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 1998 concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli Gazzetta ufficiale n. L 166 del 11/06/1998 pag. 0045 - 0050 DIRETTIVA 98/26/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 19 maggio 1998 concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoliIL PARLAMENTO EUROPEO ED IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere dell'Istituto monetario europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (4),(1) considerando, da una parte, che il rapporto Lamfalussy del 1990 ai governatori delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei Dieci ha messo in evidenza i rilevanti rischi sistemici insiti nei sistemi di pagamento che operano sulla base di una pluralità di forme giuridiche in materia di netting dei pagamenti, in particolare di netting multilaterale; che la riduzione dei rischi giuridici connessi con la partecipazione a sistemi con regolamento lordo in tempo reale è di importanza capitale, dato il crescente sviluppo di tali sistemi;(2) considerando che è altresì della massima importanza ridurre il rischio connesso con la partecipazione ai sistemi di regolamento titoli, in specie se vi è una relazione stretta tra questi e i sistemi di pagamento;(3) considerando che la presente direttiva mira a contribuire al funzionamento efficiente ed economico degli accordi di pagamento transfrontaliero e degli accordi di regolamento titoli nella Comunità, ciò che rafforza la libertà di movimento dei capitali nel mercato interno; che essa si inserisce pertanto nella scia dei progressi compiuti verso il completamento del mercato interno, con particolare riguardo alla libertà di prestare servizi e alla liberalizzazione dei movimenti di capitali, in vista della realizzazione dell'Unione economica e monetaria;(4) considerando che conviene che la normativa degli Stati membri sia tesa a ridurre il più possibile turbative al sistema derivanti dalla procedura d'insolvenza nei confronti di uno dei partecipanti a tale sistema;(5) considerando che una proposta di direttiva in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi, presentata nel 1985 e modificata l'8 febbraio 1988, è ancora all'esame del Consiglio; che la convenzione relativa alle procedure d'insolvenza redatta il 23 novembre 1995 dagli Stati membri riuniti in sede di Consiglio esclude espressamente le imprese assicuratrici, gli enti creditizi e le imprese d'investimento;(6) considerando che la presente direttiva intende abbracciare i sistemi di pagamento e i sistemi di regolamento titoli sia transfrontalieri sia nazionali; che essa è applicabile ai sistemi comunitari e alla garanzia in titoli costituita in relazione alla partecipazione a tali sistemi dai partecipanti stessi, stabiliti nella Comunità o in paesi terzi;(7) considerando che gli Stati membri possono applicare le disposizioni della presente direttiva ai rispettivi enti nazionali che partecipano direttamente ai sistemi di paesi terzi e alla garanzia in titoli fornita in relazione alla partecipazione a detti sistemi;(8) considerando che gli Stati membri dovrebbero poter designare come sistema che rientra nel campo d'applicazione della direttiva quello la cui attività principale è il regolamento titoli, anche se esso tratta, entro certi limiti, strumenti derivati su merci;(9) considerando che la riduzione del rischio sistemico richiede in particolar modo la definitività del regolamento e l'esigibilità della garanzia in titoli; che la garanzia in titoli comprende tutti gli elementi forniti da un partecipante al sistema di pagamento e/o sistema di regolamento titoli agli altri partecipanti, a garanzia dei diritti e degli obblighi relativi al sistema in questione, compresi le operazioni pronti contro termine, i privilegi legali e i trasferimenti fiduciari; che la definizione di «garanzia in titoli» della presente direttiva non incide sulle disposizioni della legislazione nazionale circa il tipo di garanzia in titoli che può essere usato;(10) considerando che la presente direttiva, applicandosi alla garanzia in titoli fornita in relazione alle operazioni delle banche centrali degli Stati membri connesse alle loro funzioni di banca centrale, incluse le operazioni di politica monetaria, è di ausilio per l'Istituto monetario europeo (IME) nel suo compito di promuovere l'efficienza dei pagamenti transfrontalieri al fine di preparare la terza fase dell'Unione economica e monetaria e contribuisce pertanto allo sviluppo del necessario quadro normativo nel quale la futura Banca centrale europea potrà condurre la propria attività;(11) considerando che gli ordini di trasferimento e il netting dovrebbero essere giuridicamente vincolanti nelle giurisdizioni di tutti gli Stati membri e opponibili ai terzi;(12) considerando che le regole sul carattere definitivo del netting non dovrebbero impedire che i sistemi, prima del netting, verifichino se gli ordini immessi nel sistema ottemperano alle regole del sistema stesso, permettendo che si effettui il regolamento di detto sistema;(13) considerando che la presente direttiva non dovrebbe impedire in alcun modo a un partecipante o a un terzo di far valere qualsiasi diritto o credito risultante dall'operazione sottostante che la legge possa riconoscergli ai fini di ricupero o di restituzione in relazione a un ordine di trasferimento immesso in un sistema, ad esempio nel caso di frode o di errore tecnico, purché ciò non porti al ricalcolo del netting o alla revoca dell'ordine di trasferimento immesso nel sistema;(14) considerando che è necessario garantire che gli ordini di trasferimento non possano venire revocati dal momento definito dalle regole del sistema;(15) considerando che è necessario che uno Stato membro notifichi immediatamente agli altri Stati membri l'apertura di procedure di insolvenza nei confronti di uno dei partecipanti al sistema;(16) considerando che una procedura d'insolvenza non dovrebbe avere effetto retroattivo sui diritti e gli obblighi dei partecipanti a un sistema;(17) considerando che la presente direttiva mira inoltre a determinare, nel caso di una procedura d'insolvenza relativa a un partecipante a un sistema, quale legge fallimentare sia applicabile in merito ai diritti e agli obblighi di detto partecipante in relazione alla sua partecipazione a un sistema;(18) considerando che la garanzia in titoli deve essere isolata dagli effetti dell'applicazione della legge fallimentare al partecipante insolvente;(19) considerando che le disposizioni dell'articolo 9, paragrafo 2 devono applicarsi soltanto a un libro contabile, conto o sistema di deposito accentrato che provino l'esistenza di diritti di proprietà su tali titoli o del diritto di consegnarli o trasferirli;(20) considerando che le disposizioni dell'articolo 9, paragrafo 2 sono dirette ad assicurare che qualora il partecipante, la banca centrale di uno Stato membro o la futura Banca centrale europea abbiano una garanzia in titoli valida ed effettiva, come stabilito dalla legge dello Stato membro nel quale è situato il corrispondente libro contabile, conto o sistema di deposito accentrato, la validità ed opponibilità di tale garanzia nei confronti del sistema (e del relativo operatore) e di qualsiasi altra persona che rivendichi diritti direttamente o indirettamente tramite il sistema dovrebbero essere determinate unicamente in base alla legge di detto Stato membro;(21) considerando che le disposizioni dell'articolo 9, paragrafo 2 non sono dirette a pregiudicare l'applicazione e gli effetti della legge dello Stato membro a norma della quale i titoli sono costituiti in garanzia o della legge dello Stato dove i titoli possono essere altrimenti situati (compresa, senza limitazioni, la normativa riguardante la creazione, la proprietà o il trasferimento di tali titoli o dei diritti su di essi) né devono essere interpretate nel senso che tale garanzia sia direttamente opponibile o possa essere riconosciuta in qualunque Stato membro a prescindere da quanto prescrive la legge di detto Stato membro;(22) considerando che è opportuno che gli Stati membri si adoperino per stabilire sufficienti collegamenti tra tutti i sistemi di regolamento titoli contemplati dalla presente direttiva allo scopo di promuovere la massima trasparenza e la certezza giuridica delle operazioni relative a titoli trasferibili;(23) considerando che l'adozione della presente direttiva costituisce la modalità più appropriata per la realizzazione degli obiettivi summenzionati e non va al di là di quanto è necessario per la loro realizzazione,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DlRETTlVA:SEZlONE I CAMPO D'APPLICAZIONE E DEFINIZIONI Articolo 1 Le disposizioni della presente direttiva si applicano:a) ad ogni sistema definito all'articolo 2, lettera a), disciplinato dalla legge di uno Stato membro e che opera in una valuta qualsiasi, in ecu o nelle diverse valute che il sistema converte l'una nell'altra;b) ad ogni partecipante a tale sistema;c) alla garanzia in titoli fornita in relazione- alla partecipazione a un sistema ovvero- a operazioni delle banche centrali degli Stati membri, connesse con le loro funzioni di banca centrale.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) «sistema»: un accordo formale- fra tre o più partecipanti, senza contare un eventuale agente di regolamento, un'eventuale controparte centrale, un'eventuale stanza di compensazione o un eventuale partecipante indiretto, con regole comuni e accordi standardizzati per l'esecuzione di ordini di trasferimento tra i partecipanti,- disciplinato dalla legge di uno Stato membro scelta dai partecipanti; i partecipanti, comunque, possono solo optare per la legge dello Stato membro nel quale almeno uno di essi ha la propria sede sociale, e- designato, fatti salvi altri requisiti più rigorosi di applicazione generale imposti dalla legislazione nazionale, come sistema e notificato alla Commissione dallo Stato membro di cui si applica la legge, dopo che lo Stato membro stesso ne abbia accertato la conformità alle regole dello stesso.Fatti salvi i requisiti di cui al primo comma uno Stato membro può designare come sistema un accordo formale consistente nell'esecuzione di ordini di trasferimento come definiti nel secondo trattino della lettera i) nonché nell'esecuzione, entro certi limiti, di ordini relativi ad altri strumenti finanziari, qualora esso ritenga giustificata sotto il profilo del rischio sistemico tale designazione.Inoltre, uno Stato membro, vagliando caso per caso, può designare come sistema un accordo formale tra due partecipanti, senza contare un eventuale agente di regolamento, un'eventuale controparte centrale, un'eventuale stanza di compensazione o un eventuale partecipante indiretto, qualora ritenga giustificata sotto il profilo del rischio sistemico tale designazione;b) «ente»:- un ente creditizio come definito all'articolo 1, primo trattino della direttiva 77/780/CEE (5), inclusi gli enti elencati all'articolo 2, paragrafo 2 di tale direttiva, o- un'impresa d'investimento come definita all'articolo 1, punto 2 della direttiva 93/22/CEE (6), esclusi gli enti elencati all'articolo 2, paragrafo 2, lettere a) - k) di tale direttiva, o- le autorità pubbliche e le imprese assistite da garanzia pubblica, o- qualsiasi impresa la cui sede sociale sia situata al di fuori della Comunità e che eserciti funzioni analoghe a quelle degli enti creditizi o delle imprese d'investimento comunitari di cui al primo e secondo trattino,che partecipi a un sistema assumendo la responsabilità di adempiere gli obblighi finanziari derivanti da ordini di trasferimento nell'ambito di tale sistema.Allorché un sistema è vigilato secondo la legislazione nazionale e il sistema esegue soltanto ordini di trasferimento come definiti nel secondo trattino della lettera i), nonché i pagamenti derivanti da tali ordini, uno Stato membro può decidere di considerare ente le imprese che partecipino a tale sistema, assumendo la responsabilità di adempiere gli obblighi finanziari derivanti da ordini di trasferimento nell'ambito di tale sistema, quando almeno tre dei partecipanti rientrino nelle categorie di cui al precedente comma e la decisione sia giustificata sotto il profilo del rischio sistemico;c) «controparte centrale»: il soggetto interposto tra gli enti di un sistema che funge da controparte esclusiva di detti enti riguardo ai loro ordini di trasferimento;d) «agente di regolamento»: il soggetto che fornisce conti di regolamento agli enti e/o alle controparti centrali che partecipano ai sistemi attraverso i quali sono regolati gli ordini di trasferimento all'interno di tali sistemi e che, all'occorrenza, concede credito a tali enti e/o controparti centrali a fini di regolamento;e) «stanza di compensazione»: il centro responsabile del calcolo delle posizioni nette degli enti, di un'eventuale controparte centrale e/o di un eventuale agente di regolamento;f) «partecipante»: un ente, una controparte centrale, una stanza di compensazione o un agente di regolamento.Secondo le regole del sistema, lo stesso partecipante può fungere da controparte centrale, stanza di compensazione o agente di regolamento o assolvere tutti o in parte questi compiti.Uno Stato membro può decidere, ai fini della presente direttiva, che un partecipante indiretto sia considerato partecipante qualora ritengano giustificata sotto il profilo del rischio sistemico tale decisione e a condizione che il partecipante indiretto sia conosciuto dal sistema.g) «partecipante indiretto»: l'ente creditizio di cui al primo trattino dell'articolo 1 della lettera b), avente un rapporto contrattuale con un ente partecipante al sistema, il quale esegua ordini di trasferimento come definiti al primo trattino della lettera i), così da consentire al suddetto ente creditizio di trasmettere ordini di trasferimento attraverso il sistema;h) «titoli»: tutti gli strumenti di cui alla sezione B dell'allegato della direttiva 93/22/CEE;i) «ordine di trasferimento»:- ogni istruzione da parte di un partecipante di mettere a disposizione di un beneficiario una somma di denaro attraverso una scrittura sui conti di un ente creditizio, di una banca centrale o di un agente di regolamento ovvero ogni istruzione che determini l'assunzione o l'adempimento di un obbligo di pagamento, in base alle regole di tale sistema, ovvero- ogni istruzione da parte di un partecipante di trasferire la titolarità o i diritti su uno o più titoli attraverso una scrittura in un libro contabile o altro;j) «procedura d'insolvenza»: una procedura concorsuale prevista dalla legge di uno Stato membro o di un paese terzo per liquidare un partecipante o riorganizzarlo, tale da comportare la sospensione dei trasferimenti o dei pagamenti o l'imposizione di limiti all'attività;k) «netting»: la conversione in un'unica posizione a debito o a credito dei crediti o dei debiti risultanti da ordini di trasferimento che uno o più partecipanti hanno nei confronti di uno o più altri partecipanti per effetto della quale può essere richiesto o dovuto soltanto il saldo netto;l) «conto di regolamento»: conto presso una banca centrale, un agente di regolamento o una controparte centrale usato per detenere fondi e titoli o per regolare operazioni tra i partecipanti a un sistema;m) «garanzia in titoli»: tutte le attività realizzabili, fornite sotto forma di pegno (compreso il contante sotto forma di pegno), di operazioni pronti contro termine o contratti simili ovvero al fine di garantire diritti e obblighi che potrebbero sorgere in relazione a un sistema, ovvero fornite alle banche centrali degli Stati membri o alla futura Banca centrale europea.SEZIONE II NETTING E ORDINI DI TRASFERIMENTO Articolo 3 1. Gli ordini di trasferimento e il netting sono legalmente vincolanti e, in caso di apertura di una procedura d'insolvenza nei confronti di un partecipante, sono opponibili ai terzi, purché gli ordini di trasferimento siano stati immessi in un sistema prima del momento di apertura della procedura d'insolvenza a norma dell'articolo 6, paragrafo 1.Qualora, eccezionalmente, gli ordini di trasferimento siano immessi in un sistema dopo il momento di apertura della procedura d'insolvenza e siano eseguiti il giorno stesso dell'apertura, essi sono legalmente vincolanti e opponibili ai terzi soltanto qualora, dopo il momento del regolamento, l'agente di regolamento, la controparte centrale oppure la stanza di compensazione dimostrino che non erano né avrebbero dovuto essere a conoscenza dell'apertura della procedura d'insolvenza.2. Le leggi, i regolamenti, le regole o le prassi sull'inefficacia o dei contratti e delle operazioni conclusi anteriormente al momento di apertura della procedura d'insolvenza a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, non comportano il ricalcolo del netting.3. Il momento in cui un ordine di trasferimento è immesso in un sistema è stabilito dalle regole di tale sistema. Qualora la legge nazionale che disciplina il sistema stabilisca le condizioni relative al momento di immissione, le regole del sistema devono essere conformi a tali condizioni.Articolo 4 Gli Stati membri possono disporre che l'apertura di una procedura d'insolvenza nei confronti di un partecipante non impedisca che i fondi o i titoli disponibili sul conto di regolamento di detto partecipante siano adoperati per adempiere gli obblighi di tale partecipante nel sistema nel giorno di apertura della procedura. Inoltre gli Stati membri possono disporre che una facilitazione di credito del partecipante riguardante il sistema possa essere utilizzata a fronte di una garanzia in titoli in essere e disponibile per soddisfare gli obblighi di tale partecipante verso il sistema.Articolo 5 Un ordine di trasferimento non può essere revocato da un partecipante a un sistema né da un terzo dopo lo scadere del termine stabilito dalle regole di tale sistema.SEZIONE III DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA PROCEDURA D'INSOLVENZA Articolo 6 1. Ai fini della presente direttiva per momento di apertura della procedura d'insolvenza si intende il momento in cui l'autorità giudiziaria o amministrativa ha emesso tale decisione.2. Quando prende una decisione a norma del paragrafo 1, la competente autorità giudiziaria o amministrativa notifica immediatamente la decisione alle autorità competenti designate dal suo Stato membro.3. Lo Stato membro di cui al paragrafo 2 notifica immediatamente agli altri Stati membri.Articolo 7 Una procedura d'insolvenza non ha effetto retroattivo sui diritti e sugli obblighi di un partecipante inseriti da o connessi con la sua partecipazione ad un sistema prima del momento di apertura della procedura stessa a norma dell'articolo 6, paragrafo 1.Articolo 8 Nel caso in cui sia aperta una procedura d'insolvenza nei confronti di un partecipante a un sistema, i diritti e gli obblighi derivanti dalla partecipazione stessa a tale sistema, o ad essa connessi, sono stabiliti in base alle regole che disciplinano detto sistema.SEZlONE IV ISOLAMENTO DEI DIRITTI DEL DETENTORE DI UNA GARANZIA IN TlTOLI DAGLI EFFETTI DELL'INSOLVENZA DEL DATORE Articolo 9 1. I diritti- di un partecipante alla garanzia in titoli fornitagli in relazione ad un sistema e- delle banche centrali degli Stati membri o della futura Banca centrale europea ad una garanzia in titoli loro fornita,non sono pregiudicati dall'apertura di una procedura d'insolvenza nei confronti del partecipante o della controparte di banche centrali degli Stati membri o della futura Banca centrale europea che hanno fornito la garanzia in titoli. La garanzia può essere realizzata al fine di soddisfare tali diritti.2. Nei casi in cui i titoli (compresi i diritti sui titoli) sono forniti come garanzia a partecipanti e/o alle banche centrali degli Stati membri o alla futura Banca centrale europea di cui al paragrafo 1 e il loro diritto (o il diritto di un intestatario, agente o terzo che agiscono per conto di costoro) sui titoli è legalmente registrato in un libro contabile, conto o sistema di deposito accentrato situato in uno Stato membro, la determinazione dei diritti di tali enti come detentori dei titoli costituiti in garanzia è disciplinata dalla legge di detto Stato membro.SEZIONE V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 10 Gli Stati membri designano i sistemi da includere nel campo d'applicazione della presente direttiva e li notificano alla Commissione; essi informano la Commissione circa le autorità designate a norma dell'articolo 6, paragrafo 2.Il sistema comunica allo Stato membro la cui legge è applicabile i partecipanti al sistema, compresi eventuali partecipanti indiretti, nonché qualsiasi cambiamento successivo.In aggiunta alla comunicazione di cui al secondo comma gli Stati membri possono sottoporre i sistemi soggetti alla loro giurisdizione a un controllo o a una autorizzazione.Chiunque abbia un interesse giuridicamente tutelato può chiedere a un ente informazioni sui sistemi cui esso partecipa nonché sulle regole fondamentali che disciplinano il funzionamento di tali sistemi.Articolo 11 1. Gli Stati membri fanno entrare in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro l'11 dicembre 1999. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative nazionali, che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. In tale comunicazione essi presentano una tabella indicante le disposizioni nazionali già in vigore o appositamente emanate, in corrispondenza di ciascun articolo della presente direttiva.Articolo 12 Entro tre anni dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in merito all'applicazione della presente direttiva, corredandola, se del caso, delle opportune proposte per la sua modifica.Articolo 13 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 19 maggio 1998.Per il Parlamento europeoil PresidenteJ.M. GIL-ROBLESPer il Consiglioil PresidenteG. BROWN(1) GU C 207 del 18. 7. 1996, pag. 13, e GU C 259 del 26. 8. 1997, pag. 6.(2) Parere espresso il 21 novembre 1996.(3) GU C 56 del 24. 2. 1997, pag. 1.(4) Parere del Parlamento europeo del 9 aprile 1997 (GU C 132 del 28. 4. 1997, pag. 74), posizione comune del Consiglio del 13 ottobre 1997 (GU C 375 del 10. 12. 1997, pag. 34) e decisione del Parlamento europeo del 29 gennaio 1998 (GU C 56 del 23. 2. 1998). Decisione del Consiglio del 27 aprile 1998.(5) Prima direttiva 77/780/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio (GU L 322 del 17. 12. 1977, pag. 30). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/13/CE (GU L 66 del 16. 3. 1996, pag. 15).(6) Direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (GU L 141 dell'11. 6. 1993, pag. 271. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/9/CE (GU L 84 del 26. 3. 1997, pag. 22).
Carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli I trasferimenti e i pagamenti di prodotti finanziari devono essere regolamentati per evitare rischi notevoli, in particolare quelli legati all’insolvenza dei partecipanti alla transazione. La presente normativa dell’Unione europea (UE) stabilisce norme volte a ridurre al minimo tali rischi. ATTO Direttiva 98/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli. SINTESI I trasferimenti e i pagamenti di prodotti finanziari devono essere regolamentati per evitare rischi notevoli, in particolare quelli legati all’insolvenza dei partecipanti alla transazione. La presente normativa dell’Unione europea (UE) stabilisce norme volte a ridurre al minimo tali rischi. CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Garantisce che gli ordini di trasferimento e pagamento di prodotti finanziari possano essere finalizzati, principalmente limitando i problemi dovuti all’insolvenza di un partecipante. Tali partecipanti possono essere: istituti finanziari, come le banche; operatori di sistemi, come depositi titoli accentrati. PUNTI CHIAVE Gli ordini di trasferimento sono irrevocabili Gli ordini di trasferimento di prodotti finanziari sono vincolanti da contratto. Tale clausola si applica inoltre a qualsiasi netting di pagamento associato, situazioni in cui le posizioni di debito sono bilanciate fra i partecipanti. Le norme si applicano anche quando un partecipante è soggetto a procedure di insolvenza, purché l’ordine di trasferimento fosse in atto prima dell’inizio delle procedure. Le norme possono inoltre essere applicabili fino alle 24 ore successive, per coprire situazioni in cui le transazioni sono state immesse in un sistema in un momento in cui la registrazione non è disponibile, per esempio durante la notte. Norme uniformi La direttiva mira a garantire che siano applicate norme uniformi laddove siano operativi sistemi di pagamento e di regolamento titoli multipli, a partire dal momento in cui le transazioni vengono immesse in un sistema al fine di evitare difficoltà derivanti da regolamenti incompatibili. Garanzie nelle situazioni di insolvenza L’esistenza di procedure di insolvenza nei confronti di un partecipante non ha effetto retroattivo sui diritti e sugli obblighi di altri partecipanti, né sull’accesso di questi ultimi alle normali garanzie finanziarie insite in una transazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È entrata in vigore originariamente nel 1998, ma è stata modificata diverse volte. Per ulteriori informazioni, si veda la pagina sui servizi finanziari e l’unione dei mercati dei capitali del sito Internet della Commissione europea. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 98/26/UE 11.6.1998 11.12.1999 GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 45-50 Atti modificatori Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2009/44/CE 30.6.2009 30.12.2010 GU L 146 del 10.6.2009, pag. 37-43 Direttiva 2010/78/UE 4.1.2011 31.12.2011 GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120-161 Regolamento (UE) n. 648/2012 16.8.2012 - GU L 201 del 27.7.2012, pag. 1-59 Regolamento (UE) n. 909/2014 17.9.2014 - GU L 257 del 28.8.2014, pag. 1-72 Successive modifiche e correzioni alla direttiva 98/26/CE sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata è a solo scopo di riferimento.
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32010R1009
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REGOLAMENTO (UE) N. 1009/2010 DELLA COMMISSIONE del 9 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione per i parafanghi di taluni veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 78/549/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1978, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai parafanghi dei veicoli a motore (3). Le prescrizioni stabilite in tale direttiva vanno riportate nel presente regolamento e, se necessario, modificate per adeguarle all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il campo di applicazione del presente regolamento deve corrispondere a quello della direttiva 78/549/CEE ed essere pertanto limitato ai veicoli della categoria M1. (4) Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa disposizioni di base relativamente alle prescrizioni di omologazione di taluni veicoli a motore con riferimento ai parafanghi. È quindi necessario stabilire le procedure, le prove e le prescrizioni specifiche relative a tale omologazione. (5) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore della categoria M1, definiti nell'allegato II della direttiva 2007/46/CE. Articolo 2 Definizioni Agli effetti del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: 1) «tipo di veicolo relativamente ai parafanghi»: I veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda le caratteristiche dei parafanghi o le dimensioni minime e massime dei pneumatici e delle ruote idonei al montaggio, tenuto conto delle coperture dei pneumatici, delle dimensioni dei cerchioni e delle campanature delle ruote applicabili; 2) «copertura del pneumatico»: la larghezza di sezione massima e il diametro esterno di un pneumatico, tolleranze comprese, ammessi e specificati secondo la sua omologazione; 3) «dispositivo di trazione sulla neve»: una catena da neve o un altro dispositivo equivalente in grado di esercitare trazione sulla neve, idoneo ad essere montato sulla combinazione pneumatico/ruota del veicolo e diverso da un pneumatico da neve, un pneumatico invernale, un pneumatico per tutte le stagioni o qualsiasi altro pneumatico considerato singolarmente. Articolo 3 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i parafanghi 1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta alle autorità di omologazione la domanda di omologazione CE per un veicolo relativamente ai parafanghi. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se le prescrizioni pertinenti riportate nell'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in conformità al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia il certificato di omologazione CE conforme al modello figurante nell'allegato I, parte 2. Articolo 4 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 78/549/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli in conformità alla direttiva 78/549/CEE. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 168 del 26.6.1978, pag. 45. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i parafanghi PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i parafanghi. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (1) … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello stabilimento o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 1.3. Numero di assi e di ruote: … 1.3.1. Numero e posizione degli assi a ruote gemelle: … 1.3.2. Number and position of steered axles: … 1.3.3. Assi motore (numero, posizione, interconnessione): … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.3. Carreggiata/e e larghezza/e degli assi 2.3.1. Carreggiata di ciascun asse sterzante (5): … 2.3.2. Carreggiata di tutti gli altri assi (5) … 2.3.3. Larghezza dell'asse posteriore più largo: … 2.3.4. Larghezza dell'asse posteriore più largo: … 2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo 2.4.1. Per i telai non carrozzati 2.4.1.2. Larghezza (6): …. 2.4.1.3. Altezza (in ordine di marcia) (7) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.4.2. Per i telai carrozzati 2.4.2.2. Larghezza (6): … 2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (7) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.6. Massa in ordine di marcia Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (8) (massima e minima per ogni variante) … 6. SOSPENSIONE 6.2.1. Regolazione del livello: sì/no/facoltativa (9) 6.6. Pneumatici e ruote 6.6.1. Combinazioni pneumatico/ruota: (a) per i pneumatici indicare la designazione della misura; (b) per le ruote, indicare le dimensioni del cerchione e i dati della campanatura 6.6.1.1. Assi 6.6.1.1.1. Asse 1: … 6.6.1.1.2. Asse 2: … ecc. 6.6.4. Descrizione dei dispositivi di trazione sulla neve e delle combinazioni pneumatico/ruota sugli assi anteriore e/o posteriore adatti al tipo di veicolo, raccomandati dal costruttore: … 9.16. Parafanghi 9.16.1. Breve descrizione del tipo di veicolo per quanto riguarda i parafanghi: … 9.16.2. Disegni dettagliati dei parafanghi e loro posizione sul veicolo con indicazione delle dimensioni di cui alla figura 1 dell'allegato II del presente regolamento e tenendo conto delle condizioni estreme delle combinazioni pneumatico/ruota: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Comunicazione concernente: — l'omologazione CE (10) — l'estensione dell'omologazione CE (10) — il rifiuto dell'omologazione CE (10) — la revoca dell'omologazione CE (10) di un tipo di veicolo per quanto riguarda i parafanghi a norma del regolamento (UE) n. 1009/2010 modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (10) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (11): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (12): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello stabilimento o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicolo, di componente o di unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) (g4) Termine n. 6.5. (6) (g7) Termine n. 6.2. (7) (g8) Termine n. 6.3. (8) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell’accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell’occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90 % e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100 % della capacità indicata dal costruttore. (9) Cancellare la dicitura non pertinente. (10) Cancellare la dicitura non pertinente. (11) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicolo, di componente o di unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (12) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione dei parafanghi: … 1.3. Combinazioni pneumatico/ruota (comprese le dimensioni del pneumatico, le dimensioni del cerchione e la campanatura della ruota): … 1.4. Descrizione del tipo di dispositivo/i di trazione sulla neve che potrebbe/potrebbero essere usato/i: … 1.5. Combinazioni pneumatico/ruota (comprese le dimensioni del pneumatico, le dimensioni del cerchione e la campanatura della ruota) da utilizzarsi con il/i dispositivo/i di trazione sulla neve: … 2. Assi a trazione permanente: asse 1/asse 2/… (1) 3. Altezza delle sospensioni regolabile: sì/no (1) 4. Parafanghi amovibili/fissi (1) interamente/parzialmente (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare le voci non pertinenti. ALLEGATO II Prescrizioni applicabili ai parafanghi 1. PRESCRIZIONI GENERALI 1.1. Il veicolo a motore deve essere munito di un parafango per ciascuna ruota. 1.2. Il parafango può essere costituito da elementi della carrozzeria o essere montato separatamente e deve essere progettato in modo da proteggere gli utenti della strada, nella misura del possibile, dalle proiezioni di sassi, fango, ghiaccio, neve e acqua e da ridurre i rischi di contatto con le ruote in movimento. 2. PRESCRIZIONI PARTICOLARI 2.1. I parafanghi devono soddisfare le seguenti prescrizioni con la massa del veicolo adeguata alla massa dichiarata dal costruttore in ordine di marcia con un passeggero aggiunto sulla prima fila di sedili e le ruote sterzanti parallele all'asse longitudinale del veicolo. 2.1.1. Nel settore formato dai piani radiali costituenti un angolo di 30° davanti e di 50° dietro il centro delle ruote (si veda la Figura 1), la larghezza totale (q) del parafango deve essere sufficiente almeno a coprire la larghezza totale del pneumatico (b) tenendo conto della copertura del pneumatico e delle condizioni estreme delle combinazioni pneumatico/ruota specificate dal costruttore. In caso di ruote gemelle, si deve tener conto delle coperture dei pneumatici e della larghezza totale dei due pneumatici (t). 2.1.1.1. Ai fini della determinazione delle larghezze di cui al paragrafo 2.1.1. non si deve tener conto dell'etichettatura (marcatura) e delle decorazioni, dei cordoli o dei risalti di protezione sui fianchi dei pneumatici. 2.1.2. La parte posteriore dei parafanghi non deve terminare oltre un piano orizzontale situato 150 mm al di sopra dell'asse di rotazione delle ruote, inoltre: 2.1.2.1. in caso di ruote singole, l'intersezione del bordo del parafango con il piano orizzontale, come definito nel paragrafo 2.1.2. (punto A della figura 1), deve trovarsi all'esterno del piano longitudinale mediano del pneumatico. 2.1.2.2. In caso di ruote gemelle, l'intersezione del bordo del parafango con il piano orizzontale, come definito nel paragrafo 2.1.2. (punto A della Figura 1), alla ruota esterna, deve trovarsi all'esterno del piano longitudinale mediano del pneumatico più esterno. 2.1.3. Il profilo e la collocazione di ciascun parafango devono permettere la massima vicinanza al pneumatico. In particolare, entro i limiti del settore formato dai piani radiali di cui al punto 2.1.1., si devono rispettare le seguenti prescrizioni: 2.1.3.1. la profondità (p) della cavità situata sul piano assiale verticale del pneumatico, misurata dai bordi esterni e interni del parafango sul piano verticale longitudinale passante per il centro del pneumatico all'interno del parafango, deve essere di almeno 30 mm. Tale profondità (p) può ridursi progressivamente a 0 verso i piani radiali di cui al punto 2.1.1. 2.1.3.2. La distanza (c) tra i bordi inferiori dei parafanghi e l'asse passante per il centro di rotazione delle ruote non deve superare due volte r, dove il raggio (r) è il raggio statico del pneumatico. 2.1.4. Nel caso di veicoli ad assetto regolabile, le condizioni di cui sopra devono essere soddisfatte quando il veicolo si trova nella normale posizione di marcia prescritta dal costruttore. 2.2. I parafanghi possono essere costituiti da più elementi purché, una volta montati, non esistano fessure tra i singoli elementi o all'interno di questi. 2.3. I parafanghi devono essere solidamente fissati. Possono tuttavia essere amovibili interamente o parzialmente. 3. UTILIZZO DI DISPOSITIVI DI TRAZIONE SULLA NEVE 3.1. Nel caso di veicoli muniti soltanto di due ruote motrici, il costruttore deve certificare che il veicolo è costruito in modo da permettere l'utilizzo di almeno un tipo di dispositivo di trazione sulla neve su almeno una delle combinazioni pneumatico/ruota ammesse per l'asse motore del veicolo. Il dispositivo di trazione sulla neve e le combinazioni pneumatico/ruota adatti al tipo di veicolo devono essere specificati dal costruttore al punto 6.6.4. della scheda informativa. 3.2. Nel caso di veicoli con quattro ruote motrici, compresi i veicoli in cui gli assi motore possono essere disinnestati manualmente o automaticamente, il costruttore deve certificare che il veicolo è costruito in modo da permettere l'utilizzo di almeno un tipo di dispositivo di trazione sulla neve su almeno una delle combinazioni pneumatico/ruota ammesse per l'asse motore non disinnestabile del veicolo. Il dispositivo di trazione sulla neve e le combinazioni pneumatico/ruota adatti al tipo di veicolo devono essere specificati dal costruttore al punto 6.6.4. della scheda informativa. 3.3. Il costruttore del veicolo deve indicare nel libretto di istruzioni le informazioni pertinenti sull'uso corretto dei dispositivi di trazione sulla neve specificati nella lingua ufficiale o in almeno una delle lingue ufficiali del paese dove il veicolo è messo in vendita. Figura 1 Disegno del parafango
Parafanghi di veicoli a motore QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce le norme concernenti i parafanghi. Il suo scopo consiste nell’adattare i requisiti attuali agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa i requisiti di omologazione dei veicoli a motore in relazione ai parafanghi. Fa parte dell’attuazione del regolamento (CE) 661/2009 per la sicurezza dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Tipo di veicolo interessato Il presente regolamento si applica alla categoria di veicoli M1, vale a dire ai veicoli progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente. Prescrizioni applicabili ai parafanghiI produttori devono dotare di parafango ciascuna ruota dei veicoli. Il parafango può essere costituito da elementi della carrozzeria o essere montato separatamente, per proteggere gli utenti dalle proiezioni di sassi, fango, ghiaccio, neve e acqua. Il presente regolamento definisce anche prescrizioni specifiche, che riguardano in particolare:la massa del veicolo;la larghezza totale del parafango;il profilo e la collocazione del parafango. I produttori devono inoltre progettare il veicolo in modo che l’utente possa utilizzare un dispositivo di trazione sulla neve*. Norme per l’omologazione UE Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il numero di assi e di ruote; i disegni dettagliati dei parafanghi. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai dispositivi riguardanti i parafanghi, rilascerà l’omologazione UE e attribuirà un numero di omologazione in conformità alla direttiva 2007/46/CE per l’omologazione UE dei veicoli. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 30 novembre 2010. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Dispositivo di trazione sulla neve: catena da neve o altro dispositivo equivalente in grado di esercitare trazione sulla neve, idoneo a essere montato sulla combinazione pneumatico/ruota del veicolo. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1009/2010 della Commissione, del 9 novembre 2010, relativo ai requisiti di omologazione per i parafanghi di taluni veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 292 del 10.11.2010, pag. 21). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi Gazzetta ufficiale n. L 224 del 18/08/1990 pag. 0060 - 0061 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 33 pag. 0178 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 33 pag. 0178 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 26 giugno 1990 relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (90/428/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 42 e 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che gli equini figurano in quanto animali vivi nell'elenco di prodotti contenuti nell'allegato II del trattato; considerando che, per favorire uno sviluppo razionale della produzione di equini e l'aumento della produttività del settore, occorre stabilire a livello comunitario norme in materia di scambi intracomunitari di equini destinati a concorsi; considerando che l'allevamento dei cavalli, e in particolare dei cavalli da corsa, rientra generalmente nell'ambito delle attività agricole; che esso costituisce una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola; considerando che nella Comunità esistono disparità tra le norme che disciplinano l'accesso ai concorsi; che tali disparità possono costituire un ostacolo per gli scambi intracomunitari; considerando che gli scambi di equini destinati a concorsi e la partecipazione a tali concorsi possono essere compromessi dalle disparità esistenti nelle regolamentazioni concernenti la destinazione di una percentuale dell'importo delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dell'allevamento negli Stati membri; che l'instaurazione di un libero accesso ai concorsi presuppone l'armonizzazione di dette regolamentazioni; considerando che, in attesa di questa armonizzazione, conviene, soprattutto per mantenere ed incrementare la produttività nel settore, autorizzare gli Stati membri a riservare una percentuale delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dei loro allevamenti; che occorre tuttavia fissare un massimale per questa percentuale; considerando che è opportuno adottare le misure di applicazione in taluni settori di carattere tecnico; che è necessario, per l'attuazione delle misure previste, definire una procedura che instauri una cooperazione stretta ed efficace fra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato zootecnico permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, sono applicabili le definizioni contenute nell'articolo 2 della direttiva 90/427/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa alle norme zootecniche e genealogiche che disciplinano gli scambi intracomunitari di equini (4). Inoltre, si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura. Articolo 3 1. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fra equini registrati nello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini registrati in un altro Stato membro. 2. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni tra equini originari dello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini originari di un altro Stato membro. Articolo 4 1. Il disposto dell'articolo 3 concerne, in particolare: a) i criteri e in particolare i limiti, minimi o massimi, per l'iscrizione al concorso, b) la valutazione durante il concorso, c) le vincite o i proventi inerenti al concorso. 2. Tuttavia, - gli obblighi di cui all'articolo 3 lasciano impregiudicata la facoltà di organizzare: a) concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza; b) concorsi regionali, ai fini di una selezione degli equini; c) manifestazioni di carattere storico o tradizionale. Lo Stato membro che intende avvalersi di tale facoltà, ne informa preventivamente e in maniera generale, la Commissione; - gli Stati membri sono autorizzati a riservare, per ciascun concorso o tipo di concorso, tramite organismi ufficialmente abilitati o riconosciuti a tal fine, una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi di cui al paragrafo 1, lettera c) per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento. Tale percentuale non dovrà superare il 30 % nel 1991, il 25 % nel 1992 e il 20 % dal 1993. I criteri per la distribuzione di tali fondi nello Stato membro interessato vengono comunicati alla Commissione e agli altri Stati membri nell'ambito del comitato zootecnico permanente. Anteriormente al 31 dicembre 1992, il Consiglio riesaminerà le condizioni di applicazione di queste disposizioni in base ad una relazione della Commissione che tenga conto dei progressi di armonizzazione realizzati sull'insieme dei problemi sollevati dalle condizioni di allevamento dei cavalli da concorso, corredata di proposte appropriate sulle quali il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata. 3. Le modalità generali di applicazione del presente articolo sono stabilite secondo la procedura indicata all'articolo 6. Articolo 5 1. In attesa delle decisioni da adottare a norma dell'articolo 4 della direttiva 90/427/CEE, nell'ipotesi in cui venga negata l'iscrizione a un concorso ad un equino registrato in uno Stato membro, i motivi del diniego devono essere comunicati per iscritto al proprietario o al suo mandatario. 2. Nel caso contemplato dal paragrafo 1, il proprietario o il suo mandatario ha il diritto di ottenere il parere di un esperto, alle condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 89/662/CEE (5) che sono applicabili mutatis mutandis. 3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione del presente articolo, secondo la procedura prevista all'articolo 6. Articolo 6 Nel caso in cui si fa riferimento alla procedura prevista al presente articolo, il Comitato zootecnico permanente, istituito con la decisione 77/505/CEE (6), delibera conformemente alle regole fissate nell'articolo 11 della direttiva 88/661/CEE (7). Articolo 7 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 1g luglio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 26 giugno 1990. Per il Consiglio Il Presidente M. O'KENNEDY (1) GU n. C 327 del 30. 12. 1989, pag. 61. (2) GU n. C 149 del 18. 6. 1990. (3) GU n. C 62 del 12. 3. 1990, pag. 46.(4) Vedi pagina 55 della presente Gazzetta ufficiale.(5) GU n. L 395 del 30. 12. 1989, pag. 13. (6) GU n. L 206 del 12. 8. 1977, pag. 11. (7) GU n. L 382 del 31. 12. 1988, pag. 16.
Norme sugli scambi di cavalli e asini destinati ai concorsi QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva stabilisce le norme relative agli scambi intracomunitari di equini, ovvero gli animali domestici delle specie equine (cavallo) o asinine (asino), o delle razze incrociate (muli e bardotti), destinati ai concorsi. Tali norme sono volte a superare gli ostacoli esistenti negli scambi di equini eliminando le disparità fra i paesi dell'UE per quanto riguarda le condizioni di partecipazione nei concorsi. PUNTI CHIAVE La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi nell'ambito dell'Unione europea (UE). Il tipo di concorso Si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura. La partecipazione ai concorsi Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fondate sul luogo di origine o di registrazione degli equini nell'UE. In altre parole, tutti gli equini dei paesi dell'UE vanno trattati alla stessa maniera per quanto riguarda: i criteri d'iscrizione al concorso; la valutazione durante il concorso; le vincite o i proventi inerenti al concorso. Tuttavia, tale obbligo lascia impregiudicata la facoltà di organizzare: concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza; concorsi regionali, ai fini di una selezione; manifestazioni di carattere storico o tradizionale. I paesi dell'UE sono autorizzati a riservare una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento nel paese in cui il concorso si svolge. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 17 luglio 1990. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o luglio 1991. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: «Informazione per gli Stati membri» sul sito Internet della Commissione europea DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (GU L 224 del 18.8.1990, pag. 60-61) Le successive modifiche alla direttiva 90/428/CEE sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Decisione 92/216/CEE della Commissione, del 26 marzo 1992, relativa alla raccolta di dati riguardanti i concorsi di equini di cui all'articolo 4, paragrafo 2 della direttiva 90/428/EEC (GU L 104 del 22.4.1992, pag. 77) Si veda la versione consolidata.
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TRADUZIONE ACCORDO DI COOPERAZIONE tra l'Unione europea e l'Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA) relativo allo sviluppo della navigazione satellitare e alla fornitura dei servizi associati nella zona di competenza di ASECNA a beneficio dell'aviazione civile L'UNIONE EUROPEA, di seguito denominata «Unione», da una parte, e L'AGENZIA PER LA SICUREZZA DELLA NAVIGAZIONE AEREA IN AFRICA E MADAGASCAR (Agence pour la Sécurité de la Navigation Aérienne en Afrique et à Madagascar), di seguito denominata «ASECNA», dall'altra, di seguito denominate congiuntamente «le parti», CONSIDERANDO il crescente sviluppo delle applicazioni dei sistemi globali di navigazione satellitare nell'Unione, in Africa e in altre regioni del mondo, in particolare nel settore dell'aviazione civile, CONSIDERANDO che ASECNA si occupa principalmente della fornitura dei servizi di navigazione aerea negli spazi aerei sotto la sua responsabilità, dell'organizzazione di tali spazi, della pubblicazione di informazioni aeronautiche, della previsione e della trasmissione delle informazioni nel campo della meteorologia aeronautica, RICONOSCENDO l'importanza dei programmi di navigazione satellitare dell'Unione, Galileo e Sistema europeo di navigazione satellitare (EGNOS), progettati specificamente per usi civili, i benefici connessi alla loro attuazione e l'interesse di ASECNA per i servizi di navigazione satellitare, RICONOSCENDO che il sistema EGNOS, un'infrastruttura regionale che si concentra principalmente sull'Europa e che controlla e corregge i segnali aperti emessi dai sistemi globali di navigazione satellitare offrendo in particolare una maggiore precisione e una funzione di integrità, fornisce servizi specialmente adatti alle esigenze dell'aviazione civile, CONSIDERANDO che i servizi basati sulla tecnologia del sistema EGNOS potrebbero tecnicamente essere estesi a tutto il continente africano nella misura in cui sarebbero già presenti sinergie fra le infrastrutture di terra sotto la responsabilità delle parti e i transponder del sistema EGNOS sono installati su satelliti posizionati in orbite geostazionarie in corrispondenza dell'Africa, CONSIDERANDO la risoluzione del Consiglio «Spazio» dell'Unione, dal titolo «Sfide globali: sfruttare appieno i sistemi spaziali europei», adottata il 25 novembre 2010, che invita la Commissione europea a collaborare con la Commissione dell'Unione africana al fine di potenziare i mezzi disponibili e di definire le modalità di attuazione in Africa di una infrastruttura simile a quella del programma EGNOS, CONSIDERANDO la comunicazione della Commissione europea del 26 aprile 2007 sulla politica spaziale europea, che attribuisce una particolare importanza alla cooperazione dell'Europa con l'Africa nel settore spaziale, e la comunicazione della Commissione del 4 aprile 2011 dal titolo «Verso una strategia spaziale dell'Unione europea al servizio dei cittadini», che sottolinea la volontà dell'Unione di mettere la sua esperienza e le sue infrastrutture al servizio dell'Africa e di rafforzare la cooperazione con questo continente, CONSIDERANDO la risoluzione n. 2005 CM 44-11 del 7 luglio 2005 del comitato dei ministri di ASECNA riguardante l'attuazione dei sistemi globali di navigazione satellitare (GNSS) all'interno di ASECNA, che sollecita in particolare il sostegno delle istanze europee per avvalersi di EGNOS o Galileo per le esigenze operative dell'Agenzia, CONSIDERANDO la risoluzione n. 2011 CA 120-18 del 7 luglio 2011 del consiglio di amministrazione di ASECNA riguardante l'effettiva partecipazione dell'Agenzia al dispiegamento di EGNOS/Galileo nella regione Africa e Oceano indiano, che autorizza in particolare il direttore generale a proseguire a tal fine le iniziative presso le istanze europee adeguate, CONSIDERANDO che nell'ambito dell'attuazione di tale risoluzione ASECNA ha sviluppato un programma SBAS-ASECNA in vista della fornitura di servizi SBAS basati sulla tecnologia del sistema EGNOS nella sua zona di competenza, CONSIDERANDO che una cooperazione a lungo termine tra l'Unione e ASECNA nel settore della navigazione satellitare s'inserisce nel quadro generale del partenariato strategico tra l'Unione e l'Africa, poiché la tabella di marcia adottata al quarto vertice UE-Africa tenutosi a Bruxelles il 2 e 3 aprile 2014, allo scopo di definire la cooperazione fra i due continenti per il periodo 2014-2017, prevede di destinare risorse umane e finanziarie stabili e sufficienti al dispiegamento di infrastrutture di navigazione satellitare basate su EGNOS e di istituire sistemi di governance e di finanziamento per le spese di investimento e le spese operative di EGNOS in Africa per i paesi interessati, CONSIDERANDO che. in applicazione di questo partenariato strategico tra l'Unione e l'Africa, è già in corso una collaborazione tra ASECNA e l'Unione nell'ambito del programma di supporto al settore del trasporto aereo e ai servizi satellitari in Africa, finanziato dal 10o Fondo europeo di sviluppo, e del programma panafricano di supporto a EGNOS in Africa, finanziato dallo strumento di cooperazione allo sviluppo, in particolare attraverso l'istituzione dell'ufficio comune di gestione di programma (JPO) EGNOS-Africa, CONSIDERANDO il comune interesse per una cooperazione a lungo termine tra l'Unione e ASECNA in materia di sviluppo della navigazione satellitare a beneficio dell'aviazione civile e desiderose di definire formalmente tale cooperazione, CONSIDERANDO la necessità di garantire un eccellente livello di protezione dei servizi di navigazione satellitare nei territori delle parti, CONSIDERANDO che l'Unione ha istituito le proprie agenzie per ricevere assistenza in alcuni settori specifici, in particolare l'Agenzia del GNSS europeo per i programmi europei di navigazione satellitare e l'Agenzia europea per la sicurezza aerea in materia di aviazione civile, e che l'esercizio del sistema EGNOS nel periodo 2014-2021 è stato oggetto di un accordo di delega tra l'Unione e l'Agenzia del GNSS europeo, RICONOSCENDO che il regolamento (UE) n. 1285/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo all'attuazione e all'esercizio dei sistemi europei di radionavigazione via satellite (1) stabilisce che l'Unione è proprietaria di tutti i beni materiali e immateriali creati o messi a punto nell'ambito dei programmi Galileo ed EGNOS, che l'Unione può stipulare accordi con paesi terzi e organizzazioni internazionali nel quadro di tali programmi e che il costo di un'eventuale estensione della copertura del sistema EGNOS al di fuori dell'Europa non sarebbe finanziato dalle risorse di bilancio stanziate a titolo di tale regolamento, CONSIDERANDO il regolamento (UE) n. 912/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, che istituisce l'Agenzia del GNSS europeo (2), RICONOSCENDO l'interesse a coordinare gli approcci in materia di normalizzazione e certificazione e su tutte le questioni riguardanti i sistemi e i servizi di navigazione satellitare in seno agli organismi internazionali di normalizzazione e certificazione, in particolare per promuovere un uso ampio e innovativo dei servizi Galileo, EGNOS e SBAS-ASECNA in quanto norma globale di radionavigazione e temporizzazione nel settore dell'aviazione civile HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: PARTE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Obiettivi 1. Gli obiettivi del presente accordo sono sviluppare la navigazione satellitare e fornire i servizi associati nella zona di competenza di ASECNA a beneficio dell'aviazione civile, consentendole di avvalersi dei programmi europei di navigazione satellitare. Il presente accordo rientra nel quadro della promozione, sul continente africano, dei servizi basati su tali programmi europei di navigazione satellitare. 2. La forma e le condizioni della cooperazione fra le parti per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono stabilite dal presente accordo. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo si intende per: 1) «GNSS» o «sistema globale di navigazione satellitare», un'infrastruttura costituita da una costellazione di satelliti e da una rete di centri e di stazioni di terra che permette, grazie all'emissione di segnali radio, di fornire sull'insieme del globo terrestre un servizio di misurazione del tempo e di geolocalizzazione molto preciso agli utenti che dispongono di un ricevitore adeguato; 2) «sistemi di navigazione satellitare europei», il sistema globale di navigazione satellitare istituito nell'ambito del programma Galileo e il sistema EGNOS, che sono di proprietà dell'Unione; 3) «zona di competenza di ASECNA», la zona geografica in cui ASECNA fornisce servizi di navigazione aerea, che non corrisponde necessariamente allo spazio aereo dei suoi Stati membri; 4) European Geostationary Navigation Overlay Service (servizio europeo di copertura per la navigazione geostazionaria) o «EGNOS», un'infrastruttura regionale del sistema di navigazione satellitare che controlla e corregge i segnali aperti emessi dai sistemi globali di navigazione satellitare, principalmente GPS e Galileo, consentendo agli utenti di tali sistemi globali di ottenere migliori prestazioni in termini di precisione e di integrità. EGNOS comprende stazioni di terra e transponder installati su satelliti geostazionari. Le stazioni di terra sono costituite da un centro di ingegneria, da centri di controllo della missione, da stazioni RIMS, da stazioni NLES, da un centro di servizi e da un server EDAS. La copertura regionale di EGNOS si concentra prioritariamente sul territorio degli Stati membri dell'Unione europea geograficamente ubicati in Europa; 5) «SBAS-ASECNA», il sistema di navigazione satellitare di ASECNA che controlla e corregge i segnali aperti emessi dai sistemi globali di navigazione satellitare, principalmente GPS e Galileo, consentendo agli utenti di tali sistemi globali di ottenere migliori prestazioni, in particolare in termini di precisione e di integrità. SBAS-ASECNA è di proprietà di ASECNA e comprende un'infrastruttura di terra e diversi transponder installati su satelliti geostazionari. L'infrastruttura di terra sarà costituita in particolare da stazioni RIMS, da uno o più centri di controllo della missione e da stazioni NLES. La copertura di SBAS-ASECNA si concentra prioritariamente sulla zona di competenza di ASECNA. Per «sistema SBAS-ASECNA» si intende sia la versione iniziale del sistema che tutte le sue evoluzioni successive, compresa la doppia frequenza e la multi costellazione. L'attuazione di tale sistema comprende in particolare le fasi di definizione e progettazione, sviluppo e dispiegamento, accreditamento e certificazione, ed è seguita dalla fase di esercizio; 6) «zona coperta da EGNOS» o «zona coperta da SBAS-ASECNA», la zona in cui è possibile ricevere i segnali emessi dal sistema in questione (ad esempio l'impronta dei satelliti geostazionari); 7) «zona di servizio SBAS-ASECNA», l'area all'interno della zona coperta da SBAS-ASECNA in cui il sistema SBAS-ASECNA fornisce un servizio conforme ai requisiti definiti da ASECNA secondo le norme e procedure raccomandate (SARP) dell'ICAO ed è responsabile delle operazioni approvate corrispondenti; 8) «zona di servizio SOL di EGNOS», l'area all'interno della zona coperta da EGNOS in cui il sistema EGNOS fornisce un servizio conforme alle norme e procedure raccomandate (SARP) dell'ICAO ed è responsabile delle operazioni approvate corrispondenti; 9) «stazioni RIMS», le stazioni appartenenti ai sistemi EGNOS o SBAS-ASECNA che hanno il compito di raccogliere in tempo reale i dati di geolocalizzazione derivanti dai segnali emessi dai sistemi globali di navigazione satellitare; 10) «stazioni NLES», le stazioni appartenenti ai sistemi EGNOS o SBAS-ASECNA che inviano ai transponder installati su satelliti geostazionari i dati corretti che consentono ai ricevitori GNSS situati nella zona coperta dall'uno o dall'altro dei due sistemi di apportare le correzioni adeguate alla loro geolocalizzazione; 11) «Galileo», un sistema civile autonomo europeo a copertura mondiale di navigazione satellitare e temporizzazione, sotto controllo civile, per la prestazione di servizi GNSS progettato e sviluppato dall'Unione, dall'Agenzia spaziale europea e dai rispettivi Stati membri. L'esercizio di Galileo può essere trasferito a privati. Galileo intende offrire un servizio aperto, un servizio commerciale, un servizio pubblico regolamentato e un servizio di ricerca e salvataggio, nonché contribuire ai servizi di monitoraggio dell'integrità destinati agli utenti di applicazioni per la salvaguardia della vita umana; 12) «interoperabilità», l'attitudine di due o più sistemi di navigazione satellitare e dei servizi da essi forniti a essere utilizzati insieme per offrire all'utente migliori prestazioni rispetto a quelle che si otterrebbero usando unicamente un solo sistema; 13) «proprietà intellettuale», il significato corrispondente alla definizione di cui all'articolo 2, punto viii), della convenzione istitutiva dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, sottoscritta a Stoccolma il 14 luglio 1967; 14) «informazione classificata», un'informazione, sotto qualsiasi forma, che deve essere protetta da una divulgazione non autorizzata che potrebbe arrecare un pregiudizio, di vario grado, a interessi fondamentali, come la sicurezza nazionale, delle parti o di uno Stato membro. La classificazione delle informazioni è indicata da un contrassegno di classificazione. Un'informazione di questo tipo è classificata dalle parti conformemente alla normativa e alla regolamentazione applicabili e deve essere protetta per impedirne l'eventuale perdita di riservatezza, integrità e disponibilità. Articolo 3 Principi della cooperazione Le parti svolgono le attività di cooperazione contemplate dal presente accordo nel rispetto dei seguenti principi: 1) reciproco vantaggio basato su un equilibrio generale dei diritti e degli obblighi, compresi i contributi e l'accesso a tutti i servizi; 2) possibilità reciproca di partecipare ad attività di cooperazione nell'ambito dei programmi di navigazione satellitare dell'Unione e di ASECNA; 3) scambio tempestivo di tutte le informazioni utili per l'attuazione del presente accordo; 4) protezione adeguata ed efficace dei diritti di proprietà intellettuale. Articolo 4 Agenzie dell'Unione L'Unione può affidare all'Agenzia del GNSS europeo o all'Agenzia europea per la sicurezza aerea l'esecuzione, in tutto o in parte, dei compiti di cui al presente accordo. In tal caso essa rimane responsabile nei confronti di ASECNA circa la buona e completa esecuzione degli obblighi che le incombono in applicazione del presente accordo. Articolo 5 Rapporti con i terzi L'Unione agevola e sostiene ogni iniziativa di collaborazione o di partenariato tra ASECNA e le altre entità coinvolte nei programmi europei di navigazione satellitare EGNOS e Galileo, in particolare l'Agenzia spaziale europea, a condizione che tali iniziative siano in grado di favorire lo sviluppo di ASECNA e di consentirle di fornire servizi di navigazione satellitare basati su questi due programmi. PARTE II DISPOSIZIONI SULLA COOPERAZIONE Articolo 6 Attività di cooperazione 1. Le attività di cooperazione di cui al presente accordo si riferiscono principalmente a quelle finalizzate all'attuazione e all'esercizio del sistema SBAS-ASECNA, basato sulla tecnologia del sistema EGNOS. Tali attività riguardano anche l'uso in Africa del sistema istituito nel quadro del programma Galileo, lo spettro radio, le norme, la certificazione e le organizzazioni internazionali, la sicurezza, la ricerca e lo sviluppo, le risorse umane, la comunicazione e la visibilità, gli scambi di personale e la promozione sul continente africano dei servizi di navigazione satellitare. Le parti possono modificare il presente elenco di attività conformemente all'articolo 34 del presente accordo. 2. Il presente accordo non pregiudica l'autonomia istituzionale dell'Unione per quanto concerne la regolamentazione dei programmi europei di navigazione satellitare, né la struttura istituita dall'Unione stessa per l'esercizio di tali programmi. Il presente accordo lascia altresì impregiudicate le misure di regolamentazione che danno attuazione a impegni di non proliferazione, controllo delle esportazioni e controlli di trasferimenti immateriali di tecnologia, né pregiudica le misure di sicurezza nazionale. 3. Il presente accordo non pregiudica l'autonomia istituzionale di ASECNA. 4. Fatte salve le rispettive normative, le parti promuovono per quanto possibile le attività di cooperazione condotte a norma del presente accordo. SOTTOPARTE I Articolo 7 Attuazione e esercizio del sistema SBAS-ASECNA 1. L'Unione assiste ASECNA nell'attuazione e nell'esercizio del sistema SBAS-ASECNA. Oltre alle disposizioni specifiche di cui agli articoli da 8 a 16, l'Unione si impegna in via generale ad agevolare l'attuazione e l'esercizio del sistema SBAS-ASECNA, in particolare mettendo gratuitamente a disposizione di ASECNA ogni informazione utile, fornendo consulenza in materia di gestione dei programmi e sul piano tecnico e organizzativo, e contribuendo alle valutazioni e al monitoraggio del programma SBAS-ASECNA. 2. Qualora siano realizzate interconnessioni tra i sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA, ciascuna parte è responsabile delle modifiche del proprio sistema e si fa carico dei relativi costi di investimento e di gestione. Ciascuna parte comunica all'altra le informazioni necessarie e collabora alle modifiche del sistema di quest'ultima. È avviato un processo che prevede un impegno sulle prestazioni e il monitoraggio delle stesse, stabilendo i rispettivi obblighi. Articolo 8 Definizione e progettazione del sistema SBAS-ASECNA L'Unione assiste ASECNA nella definizione e nella progettazione del sistema SBAS-ASECNA, in particolare per quanto riguarda l'architettura del sistema, i siti di ubicazione dell'infrastruttura di terra e il concetto operativo. Studi condotti a tal fine preciseranno le interconnessioni tra i sistemi SBAS-ASECNA e EGNOS. Articolo 9 Sviluppo e dispiegamento delle stazioni RIMS L'Unione assiste ASECNA nello sviluppo e nel dispiegamento delle stazioni RIMS del sistema SBAS-ASECNA, in particolare per quanto riguarda le attrezzature, le procedure operative, la qualificazione degli operatori e la convalida dei siti di ubicazione dell'infrastruttura di terra, anche mediante la definizione e la verifica dei requisiti di sicurezza. Per ottimizzare le prestazioni e le zone di servizio dei sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA, le parti coordinano l'installazione delle rispettive stazioni RIMS, in particolare di quelle situate nelle zone limitrofe comuni ai due sistemi, in modo che tali stazioni siano distribuite senza soluzione di continuità e possano funzionare in sinergia grazie allo scambio dei dati generati da tali stazioni RIMS, nel rispetto dei requisiti di sicurezza previsti dalle norme applicabili a ciascuna parte. Articolo 10 Sviluppo e dispiegamento dei centri di controllo L'Unione assiste ASECNA nello sviluppo e nel dispiegamento dei centri di controllo del sistema SBAS-ASECNA, in particolare per quanto riguarda le attrezzature, le procedure operative, la qualificazione degli operatori e la convalida dei siti di ubicazione dell'infrastruttura di terra, anche mediante la definizione e la verifica dei requisiti di sicurezza. Articolo 11 Sviluppo e dispiegamento delle stazioni NLES e dei transponder L'Unione assiste ASECNA nello sviluppo e nel dispiegamento dei servizi di diffusione di dati basati sui transponder del sistema SBAS-ASECNA installati su satelliti geostazionari e sulle stazioni terrestri di trasmissione dati associate. L'Unione assiste inoltre ASECNA nelle procedure e pratiche necessarie a ottenere i codici PNR indispensabili all'esercizio del sistema SBAS-ASECNA, altrimenti impossibile. Articolo 12 Accreditamento e certificazione del sistema SBAS-ASECNA L'Unione assiste ASECNA, su sua richiesta, per: — la certificazione del sistema SBAS-ASECNA; — l'accreditamento della sicurezza del sistema SBAS-ASECNA, compresi i siti di ubicazione dell'infrastruttura di terra; — la certificazione dei servizi forniti dal sistema SBAS-ASECNA. Su richiesta di ASECNA l'Unione può fornire assistenza anche per lo sviluppo della metodologia e dei processi intesi a: — approvare le procedure, connesse al sistema SBAS-ASECNA, di decollo, volo e atterraggio degli aeromobili, prima che siano pubblicate sui mezzi di Pubblicazione di Informazioni Aeronautiche; — certificare le attrezzature a bordo degli aeromobili destinate alla ricezione e al trattamento dei segnali di navigazione satellitare e accreditare gli operatori aerei e gli equipaggi. Articolo 13 Esercizio del sistema SBAS-ASECNA 1. L'Unione assiste ASECNA nell'esercizio del sistema SBAS-ASECNA. Per quanto riguarda la preparazione dell'avvio dell'esercizio, l'Unione assiste ASECNA in particolare per: — l'attuazione del sistema di governance della fornitura dei servizi, — l'adeguamento, a beneficio del sistema SBAS-ASECNA, delle procedure operative e della documentazione di formazione del sistema EGNOS, — l'attuazione di un sistema di gestione integrato dedicato alla fornitura dei servizi, riguardante in particolare la qualità, la sicurezza e l'ambiente, — l'analisi e l'attuazione dei sistemi di subappalto, — la formazione degli addetti, — la dichiarazione dei servizi. L'Unione assiste inoltre ASECNA nella risoluzione dei problemi di esercizio successivi alla dichiarazione dei servizi, in particolare attraverso la messa a disposizione di procedure e strumenti di analisi delle prestazioni, il sostegno alla formazione e la presenza di personale nei siti per un periodo iniziale. L'Unione fornisce inoltre un sostegno ad ASECNA per la messa in servizio delle evoluzioni del sistema in esercizio. 2. Le parti si prestano assistenza reciproca per incoraggiare l'adozione, da parte degli utenti, dei servizi forniti dai sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA e per agevolare lo sviluppo dei relativi mercati. Articolo 14 Zone di servizio Le definizioni della zona di servizio SOL di EGNOS e della zona di servizio SBAS-ASECNA sono concordate tra le parti per evitare qualsiasi difficoltà nell'esercizio, in particolare in materia di interoperabilità e di responsabilità. Le parti si adoperano per trovare soluzioni comuni a tale riguardo. Nel caso in cui la zona di servizio SOL di EGNOS comprenda una parte della zona sotto la responsabilità di ASECNA o la zona di servizio SBAS-ASECNA comprenda una parte del territorio degli Stati membri dell'Unione europea, si realizza un processo di coinvolgimento delle parti e di monitoraggio delle prestazioni, che stabilisce i rispettivi obblighi. Nel caso in cui la zona di servizio SOL di EGNOS e la zona di servizio SBAS-ASECNA comprendano un territorio situato al di fuori del territorio degli Stati membri dell'Unione europea e della zona sotto la responsabilità di ASECNA - o si sovrappongano con un sistema diverso da EGNOS e SBAS-ASECNA - le parti si informano reciprocamente e coordinano le pratiche presso le autorità del territorio o dei territori interessati per garantire che i problemi che si pongono, in particolare in materia di interoperabilità e di responsabilità, siano oggetto di soluzioni comuni. Articolo 15 Appalti pubblici 1. L'Unione assiste ASECNA, su sua richiesta, nella preparazione del fascicolo di gara e nell'analisi delle offerte nel quadro dell'aggiudicazione degli appalti relativi all'attuazione e all'esercizio del sistema SBAS-ASECNA. 2. Fatto salvo l'articolo XXIII dell'accordo sugli appalti pubblici concluso nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio (articolo III dell'accordo riveduto), gli enti pubblici e le imprese dei paesi membri dell'Unione europea hanno il diritto di partecipare alle gare d'appalto relative all'attuazione e all'esercizio del sistema SBAS-ASECNA, a meno che non esista un conflitto di interesse. 3. Le acquisizioni relative all'attuazione e all'esercizio dei sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA possono essere oggetto di appalti congiunti dell'Unione e di ASECNA secondo gli interessi di ciascuna delle parti, in particolare in materia di stazioni di terra e transponder. Articolo 16 Diritti di proprietà intellettuale 1. Ciascuna parte mette gratuitamente a disposizione dell'altra parte tutti i diritti di proprietà intellettuale sulle opere o sulle invenzioni di sua proprietà che sono utili all'attuazione e all'esercizio dei sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA. Il presente accordo vale come licenza per l'uso tali diritti. Se una delle parti crea o genera nuovi diritti di proprietà intellettuale basati sui diritti di proprietà intellettuale che l'altra parte le ha messo a disposizione, quest'ultima riceve la proprietà dei nuovi diritti di proprietà intellettuale creati o generati e concede gratuitamente alla parte che li ha creati o generati una licenza per l'uso di questi nuovi diritti. Tuttavia la parte che è proprietaria di tali nuovi diritti può concedere la licenza a terzi solo previo accordo esplicito dell'altra parte. Le condizioni di esercizio della licenza di cui al primo e secondo comma sono stabilite ai paragrafi 2 e 3. 2. La licenza d'uso di cui al primo comma del paragrafo 1 è personale, non esclusiva e non trasmissibile, fatte salve le disposizioni di cui al secondo comma del paragrafo 1. Essa comprende, a seconda dei casi, il diritto di utilizzare, di far utilizzare, di modificare, di riprodurre e di fabbricare, esclusivamente ai fini dell'attuazione e dell'esercizio dei sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA. Una parte può mettere a disposizione di terzi o commercializzare i diritti di proprietà intellettuale che l'altra parte le ha messo a disposizione in applicazione del primo comma del paragrafo 1 solamente con il consenso esplicito di quest'ultima, a meno che tale messa a disposizione di terzi non avvenga nel quadro degli appalti pubblici o dei contratti conclusi dall'una o dall'altra parte per l'attuazione e l'esercizio del sistema EGNOS, del sistema istituito nel quadro del programma Galileo e del sistema SBAS-ASECNA. 3. Ciascuna parte tiene aggiornato un registro dei diritti di proprietà intellettuale che mette a disposizione dell'altra parte in applicazione del primo comma del paragrafo 1 e gliene trasmette una copia. Per ciascun diritto di proprietà intellettuale messo a disposizione, il registro precisa in particolare: — l'oggetto del diritto, come un'invenzione, un software, una banca dati, ecc.; — la natura del diritto, come un diritto d'autore, un brevetto, ecc.; — il diritto di utilizzo concesso, come il diritto di riprodurre, di adattare, di fabbricare, ecc.; — il territorio per cui il diritto è messo a disposizione; — la durata della messa a disposizione. 4. Ciascuna parte che concede all'altra parte una licenza d'uso in applicazione del primo comma del paragrafo 1 può revocarla qualora accerti il mancato rispetto delle condizioni di esercizio di cui ai paragrafi 2 e 3. 5. Le parti accordano e garantiscono una protezione adeguata ed efficace dei diritti di proprietà intellettuale nei campi e nei settori connessi all'attuazione e all'esercizio dei sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA, conformemente alle norme internazionali più rigorose stabilite dall'Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), ivi compresi mezzi efficaci per garantirne l'osservanza. SOTTOPARTE II ALTRE ATTIVITÀ Articolo 17 Galileo 1. Le parti cooperano per la promozione e l'uso del sistema istituito nel continente africano nel quadro del programma Galileo, in particolare per lo sviluppo di applicazioni e l'uso di servizi basati su tale sistema, soprattutto nel campo della misura del tempo, della navigazione, della sorveglianza, della ricerca e del salvataggio, e per evidenziare i vantaggi delle applicazioni e dei servizi basati su tale sistema. 2. ASECNA si astiene da qualsiasi azione o iniziativa che possa ledere gli interessi dell'Unione in materia di diritti di proprietà intellettuale connessi al programma Galileo. Articolo 18 Spettro radio 1. Le parti cooperano e si assistono reciprocamente per quanto riguarda lo spettro delle radiofrequenze gestito dall'Unione internazionale delle telecomunicazioni (di seguito «UIT»), in particolare per la protezione delle bande di frequenza per i servizi di navigazione satellitare e le comunicazioni aeronautiche. 2. Le parti si scambiano informazioni e si assistono reciprocamente per quanto riguarda la ripartizione e l'assegnazione di frequenze da parte dell'UIT. Esse promuovono e tutelano le assegnazioni di frequenze adeguate per i sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA, nonché per il sistema istituito nel quadro del programma Galileo, allo scopo di assicurare l'accessibilità dei servizi offerti da tali sistemi nell'Unione e in Africa. 3. Al fine di proteggere lo spettro radio assegnato alla radionavigazione da interferenze quali segnali di disturbo, intenzionali o meno, e il mascheramento, le parti si adoperano per individuare le fonti di interferenza e cercano soluzioni reciprocamente accettabili. 4. Nessuna disposizione del presente accordo può essere interpretata come deroga alle disposizioni vigenti dell'UIT, in particolare quelle relative al regolamento sulle radiocomunicazioni dell'UIT. Articolo 19 Norme, certificazione e organizzazioni internazionali 1. Le parti si adoperano per adottare un approccio comune in materia di normalizzazione e su tutte le questioni riguardanti i sistemi di navigazione satellitare trattate nell'ambito di organizzazioni e associazioni internazionali, in particolare l'Organizzazione dell'aviazione civile internazionale, l'associazione «Radio Technical Commission for aeronautics» (RTCA - Commissione tecnica per le radio aeronautiche) e l'Organizzazione europea delle apparecchiature dell'aviazione civile («EUROCAE»), e da associazioni o gruppi attivi nel settore della normalizzazione. 2. Le parti sostengono congiuntamente lo sviluppo di norme di navigazione satellitare in seno alle organizzazioni internazionali, in particolare le norme e le procedure raccomandate dell'ICAO (SARP) e le specifiche delle prestazioni operative minime della RTCA e dell'EUROCAE (MOPS). In questo contesto esse sostengono congiuntamente il riconoscimento delle norme Galileo, EGNOS e SBAS-ASECNA da parte di tali organizzazioni internazionali e si impegnano a promuoverne l'applicazione su scala mondiale, con particolare attenzione all'interoperabilità con altri sistemi di navigazione satellitare. Articolo 20 Sicurezza Al fine di proteggere i sistemi di navigazione satellitare europei e il sistema SBAS-ASECNA contro le minacce e gli atti dolosi, come i segnali di disturbo intenzionali e il mascheramento, le parti adottano tutte le misure praticabili, in particolare in materia di controllo e di non proliferazione delle tecnologie, per garantire la continuità e la sicurezza dei servizi di navigazione satellitare, così come delle infrastrutture e dei beni essenziali corrispondenti, fatto salvo l'articolo 6, paragrafo 2. Articolo 21 Ricerca e sviluppo Le parti si adoperano per condurre attività congiunte di ricerca e sviluppo in materia di navigazione satellitare, in particolare al fine di sviluppare e programmare i futuri sviluppi tecnologici dei sistemi di navigazione satellitare. Ciascuna parte promuove la partecipazione dell'altra parte ai propri programmi di ricerca e sviluppo. L'Unione facilita l'accesso di ASECNA ai fondi dei suoi programmi quadro di ricerca e sviluppo. Articolo 22 Risorse umane In base alla propria esperienza, l'Unione fornisce ad ASECNA tutte le informazioni utili per la gestione del capitale umano necessario all'attuazione del programma SBAS-ASECNA. L'Unione assiste ASECNA nella creazione dei posti di lavoro e nello sviluppo delle competenze necessari all'attuazione e all'esercizio del sistema SBAS-ASECNA. L'Unione incoraggia tutte le iniziative di collaborazione e di partenariato tra ASECNA e i soggetti coinvolti nel rafforzamento delle capacità nei settori relativi ai programmi europei di navigazione satellitare e agevola l'accesso di ASECNA ai fondi dei programmi europei di formazione. Potranno essere condotte attività comuni di formazione per rispondere alle esigenze di attuazione ed esercizio dei sistemi EGNOS e SBAS-ASECNA, nonché del sistema istituito nel quadro del programma Galileo, e di preparazione dei loro sviluppi tecnologici. Articolo 23 Comunicazione e visibilità Le parti si adoperano per condurre attività congiunte di comunicazione e di promozione dei rispettivi programmi di navigazione satellitare. L'Unione assiste ASECNA nella definizione e nell'attuazione delle strategie di comunicazione rivolte sia alle entità interessate dall'attuazione e dall'esercizio del sistema SBAS-ASECNA sia al grande pubblico. Articolo 24 Scambi di personale Le parti procedono a scambi di personale nell'ambito delle attività di cooperazione di cui al presente accordo. Articolo 25 Promozione della navigazione satellitare nel continente africano Le parti si assistono reciprocamente per promuovere la navigazione satellitare nel continente africano e si consultano ogniqualvolta necessario per concordare le azioni comuni da attuare in materia. Le parti incoraggiano in particolare le iniziative che possono favorire l'adozione della navigazione satellitare da parte degli utenti e lo sviluppo dei mercati connessi a questa tecnologia. PARTE III DISPOSIZIONI FINANZIARIE Articolo 26 Finanziamento 1. ASECNA finanzia l'attuazione e l'esercizio del sistema SBAS-ASECNA con risorse proprie, aiuti o sovvenzioni, in particolare quelli specificati al paragrafo 3, prestiti contratti presso istituti finanziari o con qualsiasi altro mezzo di finanziamento, fatte salve le disposizioni di cui al paragrafo 2. 2. L'attuazione e l'esercizio del sistema SBAS-ASECNA non possono in nessun caso essere finanziati dai contributi di bilancio previsti per i sistemi europei di navigazione satellitare e contemplati al capo II del regolamento (UE) n. 1285/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2013. 3. Per l'attuazione e l'esercizio del sistema SBAS-ASECNA, l'Unione favorisce l'accesso di ASECNA ai fondi destinati alla cooperazione e allo sviluppo di cui può beneficiare, sia per i programmi in corso sia per quelli futuri. I programmi in corso sono il programma panafricano previsto dall'articolo 9 e dall'allegato III del regolamento (UE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (DCI) per il periodo 2014-2020, e i programmi del Fondo fiduciario UE-Africa per le infrastrutture di cui alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 13 luglio 2006 - Promuovere le interconnessioni in Africa: il partenariato UE-Africa per le infrastrutture COM(2006) 376 def. PARTE IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 27 Responsabilità giuridica 1. Non essendo proprietaria dei sistemi di navigazione satellitare europei, ASECNA non ha responsabilità derivanti dalla proprietà di tali sistemi. Non essendo proprietaria del sistema SBAS-ASECNA, l'Unione non ha responsabilità derivanti dalla proprietà di tale sistema. 2. Nessuna delle parti può essere ritenuta responsabile dei danni causati dall'altra parte nell'utilizzo delle tecnologie di cui al presente accordo, né garantisce il buon funzionamento di tali tecnologie. Articolo 28 Scambio di informazioni classificate Le parti procedono allo scambio di informazioni classificate solo se hanno concluso un accordo a tal fine. Esse si adoperano per istituire un quadro giuridico completo e coerente che permetta la conclusione di un siffatto accordo. Articolo 29 Comitato misto 1. È istituito un comitato misto denominato «comitato GNSS UE/ASECNA», composto di rappresentanti delle parti e responsabile della gestione e della corretta applicazione del presente accordo. A tal fine esso prende decisioni nei casi previsti dal presente accordo; tali decisioni sono attuate dalle parti conformemente alle rispettive norme e adottate di comune accordo. Il comitato misto formula anche raccomandazioni per le questioni per cui non ha potere decisionale. Il comitato misto definisce le condizioni e le modalità non specificate nel presente accordo. 2. Il comitato misto stabilisce il proprio regolamento interno, che contiene, tra l'altro, le modalità di convocazione delle riunioni, di designazione del presidente, di definizione del suo mandato e dei contatti tra le parti. 3. Il comitato misto si riunisce quando e ove necessario. L'Unione o ASECNA possono chiedere la convocazione di una riunione. Il comitato misto si riunisce entro 15 giorni dalla richiesta. 4. Il comitato misto può decidere di costituire gruppi di lavoro o gruppi di esperti che giudichi adatti ad assisterlo nello svolgimento dei propri compiti. 5. Il comitato misto può decidere di modificare l'allegato I. Articolo 30 Consultazioni 1. Al fine di garantire la corretta attuazione del presente accordo, le parti procedono a regolari scambi di informazioni e, su richiesta di una di esse, si riuniscono in sede di comitato misto. 2. Le parti si consultano prontamente, su richiesta di una di esse, in merito a qualsiasi questione derivante dall'interpretazione o dall'applicazione del presente accordo. 3. Le parti si tengono regolarmente informate e si garantiscono una visibilità reciproca sulla gestione e l'evoluzione dei loro programmi di navigazione satellitare. Qualora una parte intenda adottare una decisione che possa incidere sul o sui sistemi di navigazione satellitare dell'altra parte, quest'ultima viene preventivamente consultata per consentirle di formulare un parere non vincolante. Fatti salvi i requisiti di riservatezza stabiliti dalle norme applicabili alle parti, ciascuna parte accetta la partecipazione ai propri gruppi di lavoro, organi e comitati di gestione, di un rappresentante dell'altra parte in qualità di osservatore. Articolo 31 Misure di salvaguardia 1. Previa consultazione in sede di comitato misto, ciascuna parte può prendere opportune misure di salvaguardia, compresa la sospensione di una o più attività di cooperazione, se ritiene che non sia più garantito un grado equivalente di controlli sulle esportazioni o di sicurezza tra le parti. Nel caso in cui un eventuale ritardo rischi di compromettere il buon funzionamento dei sistemi di navigazione satellitare o del sistema SBAS-ASECNA, possono essere prese misure cautelari provvisorie senza consultazione preliminare, purché immediatamente dopo l'adozione di dette misure siano avviate delle consultazioni. 2. La portata e la durata delle misure di cui al paragrafo 1 sono limitate a quanto è necessario per risolvere la situazione e garantire un giusto equilibrio tra i diritti e gli obblighi discendenti dal presente accordo. L'altra parte può chiedere al comitato misto di procedere a consultazioni in merito alla proporzionalità di tali misure. Qualora non fosse possibile risolvere tale controversia entro sei mesi, la controversia può essere sottoposta da una delle parti ad arbitrato vincolante secondo la procedura di cui all'allegato I. In tale sede non si possono dirimere questioni di interpretazione delle disposizioni del presente accordo che siano identiche alle corrispondenti disposizioni del diritto dell'Unione. Articolo 32 Composizione delle controversie Fatto salvo l'articolo 31, eventuali controversie inerenti all'interpretazione o all'applicazione del presente accordo sono composte mediante consultazione in sede di comitato misto. In mancanza di composizione delle controversie entro un termine di tre mesi dalla data di trasmissione al comitato misto si fa ricorso alla procedura di arbitrato di cui all'allegato I. Articolo 33 Allegati Gli allegati del presente accordo ne costituiscono parte integrante. Articolo 34 Revisione Il presente accordo può essere modificato e ampliato in qualunque momento mediante clausola aggiuntiva firmata tra le parti, nel rispetto delle rispettive procedure interne. Articolo 35 Denuncia 1. L'Unione o ASECNA possono denunciare il presente accordo notificando tale decisione all'altra parte. Il presente accordo cessa di essere applicabile sei mesi dopo il ricevimento della notifica. 2. La denuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata di eventuali disposizioni sostanziali concordate nell'ambito dell'esecuzione di detto accordo, né i diritti e gli obblighi specifici in materia di proprietà intellettuale stabiliti nell'ambito dell'accordo. In particolare, una parte che ha concesso all'altra una licenza d'uso conserva, dopo la denuncia dell'accordo, il diritto di revocarla qualora accerti il mancato rispetto delle condizioni di esercizio di tale licenza. 3. In caso di denuncia del presente accordo, il comitato misto formula una proposta che consenta alle parti di risolvere le questioni in sospeso aventi conseguenze finanziarie, tenendo conto, se del caso, del principio del pro rata temporis. Articolo 36 Entrata in vigore 1. Il presente accordo è approvato dalle parti secondo le rispettive procedure interne. Esso entra in vigore il primo giorno del primo mese successivo alla data della firma della parte che ha firmato per ultima. 2. Il presente accordo, redatto in duplice esemplare solo in lingua francese, è concluso per un periodo di tempo indeterminato. Per l'Unione europea Per ASECNA (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 1. (2) GU L 276 del 20.10.2010, pag. 11. ALLEGATO I PROCEDURA DI ARBITRATO Se una controversia è sottoposta ad arbitrato, sono designati tre arbitri, salvo decisione contraria delle parti. Ciascuna parte designa un arbitro entro trenta giorni dalla constatazione di un disaccordo in seno al comitato misto. I due arbitri così designati nominano di comune accordo un superarbitro che non abbia la nazionalità delle parti. Nel caso in cui, per la designazione del superarbitro, i due arbitri scelti dalle parti non riescano a mettersi d'accordo nei due mesi che seguono la designazione dell'ultimo di loro, essi scelgono il superarbitro da un elenco di sette persone compilato dal comitato misto. Il comitato misto compila e mantiene aggiornato tale elenco conformemente al proprio regolamento interno. Salvo decisione contraria delle parti, il tribunale arbitrale stabilisce in modo autonomo le proprie norme procedurali. Le sue decisioni sono adottate a maggioranza.
Accordo di cooperazione tra l’Unione europea e l’Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA) QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo mira a utilizzare l’esperienza dei programmi di navigazione satellitare europei per aiutare i 17 paesi membri africani dell’Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA) a sviluppare le proprie strutture e sistemi. La decisione (UE) 2016/2234 e la decisione (UE) 2018/1603 segnano rispettivamente la firma e l’approvazione dell’accordo da parte dell’Unione europea (Unione). PUNTI CHIAVE L’accordo applica i seguenti principi:reciproco vantaggio basato sull’equilibrio dei diritti e degli obblighi possibilità reciproca di partecipare alle attività; scambio tempestivo di tutte le informazioni utili; protezione dei diritti di proprietà intellettuale.La cooperazione riguarda:l’attuazione e l’esercizio del sistema SBAS (sistema di potenziamento basato su satelliti) — ASECNA; la promozione generale sul continente africano dei servizi di navigazione satellitare e delle specifiche, ad esempio lo spettro radio, le norme, la sicurezza, la ricerca e lo sviluppo, la comunicazione e gli scambi di personale.L’Unione:può delegare alcuni compiti all’Agenzia del sistema globale di navigazione satellitare (GNSS) europeo o all’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea; sostiene la collaborazione e il partenariato tra ASECNA e i programmi europei, ad esempio il servizio europeo di copertura per la navigazione geostazionaria (EGNOS), il sistema globale di navigazione satellitare europeo (Galileo) e l’Agenzia spaziale europea; assiste ASECNA nella progettazione, nell’istituzione, nella certificazione e nell’operatività del nuovo sistema, compreso lo sviluppo della sua architettura di base, la stazione di telemetria e di controllo dell’integrità (RIMS), le stazioni di controllo, i servizi di diffusione dei dati e la gestione delle risorse umane.L’Unione e ASECNA:si informano reciprocamente sulle zone di servizio SoL (sicurezza della vita) e SBAS ASECNA, in particolare in materia di interoperabilità e di responsabilità, per evitare problemi di esercizio; mettono gratuitamente a disposizione dell’altra parte tutti i diritti di proprietà intellettuale, inseriti in un registro aggiornato; promuovono l’uso del programma Galileo in Africa; cooperano alla gestione dello spettro delle radiofrequenze da parte dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni; si adoperano per adottare un approccio comune in materia di normalizzazione e navigazione satellitare trattate nell’ambito di organizzazioni e associazioni internazionali; adottano le misure praticabili per garantire la continuità e la sicurezza dei servizi di navigazione satellitare; conducono attività congiunte di ricerca e sviluppo e attività di promozione per i loro rispettivi programmi; si scambiano regolarmente informazioni e si consultano prontamente, quando richiesto; non hanno responsabilità connesse ai sistemi dell’altra parte.ASECNA si fa carico dei costi del sistema SBAS-ASECNA, ma ha accesso ai fondi dell’Unione per la cooperazione e lo sviluppo. Il comitato misto denominato comitato GNSS UE/ASECNA, composto di rappresentanti delle parti, è responsabile della gestione e della corretta applicazione dell’accordo. Le controversie vengono composte mediante procedura di arbitrato e ciascuna parte può denunciare l’accordo con un preavviso di sei mesi. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1o novembre 2018. CONTESTO ASECNA, l’Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar, è un’organizzazione pubblica internazionale che comprende 17 membri africani e la Francia. Creata nel 1959, la sua missione principale è di fornire servizi di navigazione aerea, informazioni aeronautiche e meteorologiche in un unico spazio aereo di oltre 16 milioni di chilometri quadrati. Per maggiori informazioni, si veda:Attuazione di SBAS nelle regioni ACAC e ASECNA (Agenzia del sistema globale di navigazione satellitare europeo). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione tra l’Unione europea e l’Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA) relativo allo sviluppo della navigazione satellitare e alla fornitura dei servizi associati nella zona di competenza di ASECNA a beneficio dell’aviazione civile (GU L 268 del 26.10.2018, pag. 3). Decisione (UE) 2018/1603 del Consiglio, del 18 settembre 2018, sulla conclusione, a nome dell’Unione, dell’accordo di cooperazione tra l’Unione europea e l’Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA) relativo allo sviluppo della navigazione satellitare e alla fornitura dei servizi associati nella zona di competenza di ASECNA a beneficio dell’aviazione civile (GU L 268 del 26.10.2018, pag. 1). Decisione (UE) 2016/2234 del Consiglio, del 21 novembre 2016, sulla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo di cooperazione tra l’Unione europea e l’Agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA) relativo allo sviluppo della navigazione satellitare e alla fornitura dei servizi associati nella zona di competenza di ASECNA a beneficio dell’aviazione civile (GU L 337 del 13.12.2016, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Informazioni concernenti l’entrata in vigore dell’«accordo di cooperazione tra l’Unione europea e l’agenzia per la sicurezza della navigazione aerea in Africa e Madagascar (ASECNA) relativo allo sviluppo della navigazione satellitare e alla fornitura dei servizi associati nella zona di competenza di ASECNA a beneficio dell’aviazione civile» (GU L 292, del 19.11.2018, pag. 1). Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1). Regolamento (UE) n. 1285/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo all’attuazione e al funzionamento dei sistemi europei di radionavigazione via satellite e che abroga il regolamento (CE) n. 876/2002 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 683/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 1). Regolamento (UE) n. 912/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, che istituisce l’Agenzia del GNSS europeo, abroga il regolamento (CE) n. 1321/2004 del Consiglio sulle strutture di gestione dei programmi europei di radionavigazione via satellite e modifica il regolamento (CE) n. 683/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 276 del 20.10.2010, pag. 11). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 912/2010 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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90
31998Y0202(01)
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Risoluzione del Consiglio Europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'UEM e sugli articoli 109 e 109 B del trattato CE Gazzetta ufficiale n. C 035 del 02/02/1998 pag. 0001 - 0004 RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO EUROPEO del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'UEM e sugli articoli 109 e 109 B del trattato CE (98/C 35/01)IL CONSIGLIO EUROPEO, riunito a Lussemburgo il 13 dicembre 1997,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,ricordando le conclusioni del Consiglio europeo di Amsterdam, in particolare sul miglioramento delle procedure di coordinamento economico e su modalità efficaci di attuazione degli articoli 109 e 109 B del trattato,ricordando la risoluzione del Consiglio europeo di Amsterdam sul patto di stabilità e crescita,ricordando la risoluzione del Consiglio europeo di Amsterdam su crescita ed occupazione,prendendo nota della relazione del Consiglio del 1° dicembre 1997,HA STABILITO QUANTO SEGUE:I. Coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) 1) L'Unione economica e monetaria creerà un legame più stretto tra le economie degli Stati membri che partecipano all'area dell'euro. Essi condivideranno una politica monetaria unica e un tasso di cambio unico. È probabile che vi sia una maggiore convergenza degli andamenti ciclici. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 104 C del trattato e del patto di stabilità e crescita, le politiche economiche e la determinazione dei salari restano tuttavia una responsabilità nazionale. Fintantoché l'evoluzione economica nazionale avrà un impatto sulle prospettive di inflazione nell'area dell'euro, essa influirà sulle condizioni monetarie di quell'area. Per questa ragione fondamentale il passaggio a una moneta unica richiederà un rafforzamento della sorveglianza comunitaria e del coordinamento delle politiche economiche tra gli Stati membri che partecipano all'area dell'euro.2) Anche l'interdipendenza economica e monetaria con gli Stati membri non aderenti all'area dell'euro sarà forte in quanto tutti partecipano al mercato unico. La necessità di garantire maggiore convergenza e un corretto funzionamento del mercato unico esige pertanto che tutti gli Stati membri partecipino al coordinamento delle politiche economiche. L'interdipendenza sarà inoltre particolarmente forte se gli Stati membri non aderenti all'area dell'euro parteciperanno al nuovo meccanismo di cambio, come ci si aspetta dai paesi con deroga.3) Un migliore coordinamento delle politiche economiche dovrebbe prestare la massima attenzione agli sviluppi economici e alle politiche nazionali capaci di influenzare la situazione monetaria e finanziaria nell'area dell'euro o incidere sul corretto funzionamento del mercato interno. Ciò comporta:- sorveglianza rigorosa degli sviluppi macroeconomici negli Stati membri per assicurare una convergenza duratura, nonché dell'evoluzione dei tassi di cambio dell'euro;- sorveglianza delle posizioni e politiche di bilancio in base al trattato e al patto di stabilità e crescita;- sorveglianza delle politiche strutturali degli Stati membri nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, nonché delle tendenze dei costi e dei prezzi, soprattutto laddove influiscono sulle possibilità di conseguire una crescita sostenibile e non inflazionistica e la creazione di posti di lavoro;- promozione di riforme fiscali in grado di potenziare l'efficienza e di misure dissuasive nei confronti di una concorrenza fiscale pregiudizievole.Un migliore coordinamento delle politiche economiche deve essere conforme al principio di sussidiarietà stabilito nel trattato, rispettare le prerogative dei governi nazionali nella determinazione delle loro politiche strutturali e di bilancio, fatte salve le disposizioni del trattato e del patto di stabilità e crescita, rispettare l'indipendenza del sistema europeo delle banche centrali (SEBC) nel perseguire l'obiettivo prioritario della stabilità dei prezzi e il ruolo del Consiglio Ecofin quale organo decisionale centrale per il coordinamento economico, nonché rispettare le tradizioni nazionali e le competenze e responsabilità delle parti sociali nel processo di formazione dei salari.4) Per garantire il corretto funzionamento dell'UEM, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri sono tenuti ad applicare in pieno ed efficacemente gli strumenti previsti dal trattato per il coordinamento delle politiche economiche.A tal fine gli indirizzi di massima per le politiche economiche, adottati a norma dell'articolo 103, paragrafo 2, del trattato, dovrebbero essere sviluppati in vista di costituire uno strumento efficace che garantisca una convergenza duratura degli Stati membri. Essi dovrebbero fornire orientamenti più concreti e più mirati per paese e concentrarsi maggiormente sulle misure dirette a migliorare il potenziale di crescita degli Stati membri, aumentando così l'occupazione. Pertanto, nell'ambito di tali indirizzi dovrebbe essere rivolta una maggiore attenzione al miglioramento della competitività, dell'efficienza dei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, dell'istruzione e della formazione, nonché a rendere più favorevoli all'occupazione i sistemi tributari e di previdenza sociale.Un migliore coordinamento dovrebbe consentire di controllare la coerenza delle politiche economiche nazionali e della loro realizzazione con gli indirizzi di massima per le politiche economiche ed il corretto funzionamento dell'UEM. Le politiche e gli sviluppi economici di ciascuno Stato membro e della Comunità dovrebbero essere attentamente seguiti nel quadro della sorveglianza multilaterale, a norma dell'articolo 103, paragrafo 3, del trattato. In particolare, dovrebbero essere segnalate tempestivamente non solo situazioni di bilancio rischiose, secondo il patto di stabilità e crescita, ma anche altri sviluppi che, qualora perdurassero, rischierebbero di mettere in questione la stabilità, la competitività e il futuro della creazione di posti di lavoro. A tal fine il Consiglio potrebbe essere maggiormente indotto ad adottare le necessarie raccomandazioni, a norma dell'articolo 103, paragrafo 4, del trattato, ad uno Stato membro le cui politiche economiche non fossero coerenti con gli indirizzi di massima per le politiche economiche. D'altro canto, lo Stato membro interessato dovrebbe impegnarsi ad adottare le misure tempestive ed efficaci che reputa necessarie per adeguarsi alle raccomandazioni del Consiglio. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero impegnarsi a scambiarsi tempestivamente e in modo esauriente informazioni sugli sviluppi economici e le intenzioni di politica economica che potrebbero avere ripercussioni oltrefrontiera.5) La sorveglianza della situazione economica e i dibattiti orientativi dovrebbero diventare un punto ricorrente nell'ordine del giorno delle sessioni informali del Consiglio Ecofin. Per stimolare un dibattito franco e aperto, il Consiglio Ecofin dovrebbe riunirsi saltuariamente in ambito ristretto (ministro più una persona), soprattutto nell'esercizio della sorveglianza multilaterale.6) In base al trattato, il Consiglio Ecofin (1) è il centro di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri ed è autorizzato ad agire nei pertinenti settori. In particolare, il Consiglio Ecofin è l'unico organo autorizzato a formulare e adottare gli indirizzi di massima per le politiche economiche, che costituiscono il principale strumento di coordinamento economico.Tale ruolo determinante del Consiglio Ecofin al centro del processo decisionale e di coordinamento in materia economica sancisce l'unità e la coesione della Comunità.I ministri degli Stati aderenti all'area dell'euro possono riunirsi in modo informale per discutere questioni connesse alle responsabilità specifiche che condividono in materia di moneta unica. La Commissione e, ove opportuno, la Banca centrale europea (BCE) saranno invitate a partecipare alle riunioni.Ogni volta che si affrontano questioni d'interesse comune, esse saranno discusse dai ministri di tutti gli Stati membri.In tutti i casi in cui occorra prendere una decisione, essa viene adottata dal Consiglio Ecofin secondo le procedure stabilite dal trattato.II. Attuazione delle disposizioni del trattato sulla politica dei tassi di cambio e sulla posizione esterna e la rappresentanza della Comunità (articolo 109 del trattato) 7) Il Consiglio europeo riconosce la responsabilità che incomberà alla Comunità con l'introduzione dell'euro, una delle valute più importanti nel sistema monetario mondiale. Il contributo della Comunità attraverso il SEBC, nel rigoroso rispetto delle procedure e della ripartizione dei poteri stabilite dal trattato, sarà quello di creare un centro di stabilità dei prezzi. Da parte sua il Consiglio europeo è determinato a svolgere pienamente il suo ruolo contribuendo a costruire le fondamenta di un'economia prospera ed efficiente nella Comunità, secondo il principio di un'economia aperta e in libera concorrenza, che agevoli un'efficiente distribuzione delle risorse, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 3 A del trattato. Il Consiglio europeo è convinto che ciò costituirà la base di una moneta forte e rispettata.8) Il Consiglio sorveglierà l'evoluzione del tasso di cambio dell'euro alla luce di un'ampia gamma di dati economici; la Commissione dovrebbe presentare analisi al Consiglio e il Comitato economico e finanziario preparare i lavori del Consiglio. È importante fare pienamente ricorso alle disposizioni del trattato per assicurare lo scambio di informazioni e opinioni tra il Consiglio e la BCE sul tasso di cambio dell'euro. Pur considerando, in generale, i tassi di cambio come il risultato di tutte le altre politiche economiche, il Consiglio, in situazioni eccezionali, per esempio in caso di disallineamento evidente, può nondimeno formulare orientamenti generali di politica dei tassi di cambio in merito a valute non comunitarie, a norma dell'articolo 109, paragrafo 2, del trattato. Detti orientamenti generali dovrebbero sempre rispettare l'indipendenza del SEBC ed essere coerenti con il suo obiettivo prioritario di mantenere la stabilità dei prezzi.9) Il Consiglio dovrebbe decidere in merito alla posizione della Comunità a livello internazionale per quanto riguarda questioni di particolare importanza per l'unione economica e monetaria, a norma dell'articolo 109, paragrafo 4, del trattato. Tali decisioni riguarderanno le posizioni sia nelle relazioni bilaterali tra l'Unione europea con i paesi terzi sia nelle assise che si svolgono nell'ambito di organizzazioni internazionali o di gruppi informali degli Stati. La portata di questa disposizione è necessariamente limitata, in quanto solo gli Stati membri partecipanti all'area dell'euro hanno diritto di voto a norma dell'articolo 109.10) Il Consiglio e la Banca centrale europea svolgeranno il proprio compito nell'ambito della rappresentanza della Comunità a livello internazionale in modo efficiente e nel rispetto della ripartizione dei poteri prevista dal trattato. Per quanto riguarda le politiche economiche diverse da quella monetaria e dei tassi di cambio, gli Stati membri dovrebbero continuare a presentare le proprie politiche al di fuori del quadro comunitario, tenendo nel contempo pienamente conto dell'interesse della Comunità. La Commissione sarà associata alla rappresentanza esterna nella misura necessaria per svolgere il ruolo assegnatole dal trattato.La rappresentanza nelle organizzazioni internazionali dovrebbe tenere conto delle regole di queste. Per quanto riguarda, in particolare, le relazioni della Comunità con il Fondo monetario internazionale (FMI), esse dovrebbero basarsi sulla disposizione dello statuto del Fondo per la quale solo gli Stati possono essere membri di tale istituzione. Gli Stati membri, in quanto membri del FMI, dovrebbero contribuire a definire intese pragmatiche al fine di agevolare lo svolgimento della sorveglianza del FMI e la presentazione delle posizioni della Comunità, incluse le opinioni del SEBC, negli organi del Fondo.III. Dialogo tra il Consiglio e la BCE 11) Tenendo presente la ripartizione dei poteri prevista dal trattato, lo sviluppo economico armonioso della Comunità nella terza fase dell'UEM esigerà un continuo e proficuo dialogo tra il Consiglio e la BCE, che coinvolga la Commissione e rispetti, sotto ogni profilo, l'indipendenza del SEBC.12) Il Consiglio dovrebbe pertanto svolgere in pieno il proprio ruolo avvalendosi dei canali di comunicazione previsti dal trattato. Il presidente del Consiglio, sulla base di quanto disposto a suo riguardo dall'articolo 109 B del trattato, dovrebbe riferire al consiglio direttivo della BCE in merito alla valutazione della situazione economica dell'Unione effettuata dal Consiglio e alle politiche economiche degli Stati membri; egli potrebbe inoltre discutere con la BCE le opinioni del Consiglio sugli sviluppi e sulle prospettive per quanto riguarda i tassi di cambio. Il trattato prevede altresì che il presidente della BCE partecipi alle sessioni del Consiglio, ogniqualvolta siano discussi argomenti relativi agli obiettivi e ai compiti del SEBC, per esempio al momento dell'elaborazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche. Rivestono altresì grande importanza le relazioni annuali che la BCE presenterà al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, nonché al Consiglio europeo.Il Comitato economico e finanziario, che sarà composto di Alti funzionari delle banche centrali e della BCE nonché dei ministeri delle finanze nazionali, costituirà il quadro in cui il dialogo può essere preparato e sviluppato a livello di Alti funzionari.(1) La dichiarazione n. 3 del trattato sull'Unione europea afferma che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al titolo VI, «Politica economica e monetaria», del trattato che istituisce la Comunità europea, continua a seguirsi la prassi consueta, che prevede la riunione del Consiglio nella sua composizione dei ministri dell'Economia e delle Finanze, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 109 J, paragrafi da 2 a 4, e all'articolo 109 K, paragrafo 2, del trattato.
Risoluzione del Consiglio europeo sul coordinamento delle politiche economiche QUAL È LO SCOPO DELLA RISOLUZIONE? Dimostra l'impegno solenne del Consiglio europeo a rispettare le disposizioni del Trattato in termini di controllo e di coordinamento delle politiche economiche. Consolida sul piano pratico il coordinamento sia fra i paesi aderenti alla moneta unica (fra l'altro, grazie all'istituzione di un Eurogruppo informale) sia fra questi ultimi e i paesi non partecipanti PUNTI CHIAVE I paesi della zona euro adotteranno una politica monetaria unica e un tasso di cambio unico mentre gli altri capitoli della politica economica permarranno di competenza delle istanze nazionali. Nella misura in cui l'evoluzione economica sul piano nazionale influirà sulla situazione monetaria nella zona euro, si renderà indispensabile un rafforzamento del controllo e del coordinamento delle politiche economiche dei paesi di tale zona. Tutti i paesi dell'UE, compresi quelli esclusi dalla zona euro (Danimarca, Svezia e Regno Unito (1)), devono essere integrati nel coordinamento delle politiche economiche, conseguentemente alla loro partecipazione al mercato unico e, eventualmente, al meccanismo di cambio. Il controllo e il coordinamento rafforzati dovranno esercitarsi nei seguenti settori: evoluzione macroeconomica nei paesi dell'UE, nonché evoluzione del tasso di cambio dell'euro; situazioni e politiche di bilancio; politiche strutturali sui mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi, nonché tendenze in materia di costi e di prezzi. Tale coordinamento deve effettuarsi in adempimento al principio di sussidiarietà . Per garantire il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria (UEM), i grandi orientamenti delle politiche economiche dovranno presentare linee direttive più concrete, commisurate a ciascun paese e prevalentemente mirate al miglioramento del potenziale di crescita e alla creazione di posti di lavoro. I paesi dell'UE dovrebbero impegnarsi nella realizzazione di uno scambio completo e rapido d'informazioni sull'evoluzione economica e sulle intenzioni politiche in grado di avere un impatto aldilà delle frontiere nazionali, anche in assenza di una minaccia di peggioramento della situazione di bilancio. Da parte sua il Consiglio potrebbe rivelarsi più favorevole alla necessità di indirizzare le raccomandazioni ad un paese le cui politiche economiche non siano conformi ai grandi orientamenti. Il Consiglio Affari economici e finanziari (Consiglio Ecofin) occupa una posizione determinante nell'ambito del processo di coordinamento e d'assunzione di decisioni in materia economica. Ogniqualvolta sono esaminati problemi d'interesse comune, vanno anche discussi dai ministri di tutti i paesi dell'UE. Tuttavia i ministri dei paesi aderenti alla zona euro possono riunirsi scambievolmente sul piano informale per discutere problemi connessi alle responsabilità specifiche comuni in materia di moneta unica (questa formazione si riunisce di norma la vigilia di una riunione del Consiglio ECOFIN). Dal momento che il Consiglio ha il compito di controllare l'evoluzione del tasso di cambio dell'euro, è importante che sia in grado di procedere a scambi di pareri e d'informazioni con la Banca centrale europea (BCE). In casi eccezionali può formulare orientamenti generali di politica di cambio per rispetto alle monete extracomunitarie, nel rispetto dell'indipendenza del sistema europeo delle banche centrali (SEBC) e del suo obiettivo principale, vale a dire la stabilità dei prezzi. Sia nell'ambito dei rapporti bilaterali con i paesi extra UE che nel quadro di attività delle istanze internazionali o dei consorzi informali statali, il Consiglio adotta la posizione dell'UE per quanto riguarda i problemi che rivestono un interesse particolare per l'UEM. Possono partecipare alle votazioni soltanto i paesi aderenti alla zona euro. Il Consiglio e la Banca centrale europea rappresentano l'UE sul piano internazionale nel rispetto della ripartizione delle competenze prevista nel Trattato. In merito agli elementi di politica economica diversi dalla politica monetaria e dal tasso di cambio, i paesi dell'UE continuano a presentare le loro politiche al di là del quadro comunitario nel rispetto degli interessi dell'UE. La rappresentanza nelle organizzazioni internazionali dovrà essere conforme ai regolamenti applicati da questi ultimi: pertanto ad esempio soltanto paesi possono essere membri del Fondo monetario internazionale. Considerata la ripartizione delle competenze previste dal Trattato, affinché l'UE possa fruire di un'evoluzione economica armoniosa, sarà indispensabile che la stessa instauri fra il Consiglio e la BCE un dialogo permanente in grado di far intervenire la Commissione europea e che rispetti, senza eccezioni, l'indipendenza del SEBC. Il Comitato economico e finanziario costituirà il quadro nel quale tale dialogo potrà essere elaborato e portato avanti a livello degli alti funzionari. DOCUMENTO PRINCIPALE Risoluzione del Consiglio europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'UEM e sugli articoli 109 e 109 B del trattato CE (GU C 35 del 2.2.1998, pag. 1–4)
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31978L0142
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Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari Gazzetta ufficiale n. L 044 del 15/02/1978 pag. 0015 - 0017 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale greca: capitolo 03 tomo 20 pag. 0087 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 30 gennaio 1978 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari ( 78/142/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITA EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 100 , vista la direttiva 76/893/CEE del Consiglio , del 23 novembre 1976 , relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari ( 1 ) , in particolare l ' articolo 3 , vista la proposta della Commissione , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che l ' articolo 2 della direttiva 76/893/CEE stabilisce che i materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana ; considerando che l ' articolo 3 della stessa direttiva prevede che il Consiglio , in conformità della procedura dell ' articolo 100 del trattato , adotti mediante direttiva le disposizioni specifiche applicabili a taluni gruppi di materiali e oggetti ( direttive specifiche ) ; che tali disposizioni possono comportare in particolare dei limiti specifici di migrazione di taluni costituenti nei o sui prodotti alimentari nonché altre norme intese a garantire l ' osservanza delle disposizioni dell ' articolo 2 di detta direttiva ; considerando che è stato constatato che l ' ingestione di dosi elevate di cloruro monomero produce effetti nocivi sugli animali sottoposti ad esperimenti e che tali effetti possono prodursi anche nell ' uomo ; considerando che il comitato scientifico dell ' alimentazione umana ha espresso l ' opinione che sareb necessario ridurre quanto più possibile la presenza del cloruro di vinile monomero nel cloruro di polivinile e nei relativi polimeri ed ha al tempo stesso raccomandato che la presenza del cloruro di vinile monomero nei prodotti alimentari e nell ' acqua potabile non dovrebbe essere rivelata da un metodo applicabile in modo generale alla maggior parte dei prodotti alimentari e dalla maggior parte dei laboratori di controllo ; considerando che ulteriori ricerche sul cloruro di vinile monomero sono attualmente in corso ma che fino a quando non sarrano noti i loro risultati l ' ingestione di cloruro di vinile dovrebbe essere limitata a titolo precauzionale ; considerando che , per raggiungere tale obiettivo , lo strumento adeguato è rappresentato da una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , le cui norme generali diventano applicabili anche al caso di cui trattasi ; considerando tuttavia che la presente direttiva non tocca tutti gli aspetti dei materiali ed oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile e che occorre pertanto autorizzare gli Stati membri a non imporre le indicazioni di etichettature fissate all ' articolo 7 dell direttiva 76/893/CEE conformemente alle possibilità previste ai paragrafi 4 e 5 di tale articolo , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 1 . La presente direttiva è una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE . 2 . La presente direttiva concerne la presenza e l ' eventuale cessione di cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile , qui di seguito denominati " materiali ed oggetti " , che , allo stato di prodotti finiti , sono destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari o sono messi a contatto con i medesimi conformemente alla loro destinazione . Articolo 2 1 . I materiali e gli oggetti non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a quella fissata nell ' allegato I . 2 . I materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari che sono stati o sono messi a contatto con detti materiali e oggetti cloruro di vinile rivelabile con il metodo che risponde a criteri stabiliti nell ' allegat II . Articolo 3 Il metodo di analisi necessario per il controllo dell ' osservanza delle disposizioni di cui all ' articolo 2 adottato secondo la procedura prevista all ' articolo 10 dell direttiva 76/893/CEE e risponde ai criteri stabiliti nell ' allegato II . Articolo 4 Il Consiglio riesamina le disposizioni della presente direttiva sulla base di relazioni della Commissione , elaborate in funzione delle cognizioni scientifiche e tecniche di cui si potrà disporre dopo l ' adozione della direttiva , ed eventualmente corredate da adeguate proposte . La prima relazione della Commissione viene trasmessa al Consiglio non oltre il 1 * gennaio 1979 . Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica le disposizioni nazionali concernenti le altre possibili norme previste dall ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , né la discrezionalità lasciata agli Stati membri ai sensi dell ' articolo 7 , paragrafi 4 e 5 della stessa direttiva . Articolo 6 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 novembre 1979 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Uno Stato membro puo tuttavia rinviare l ' esecuzione dell ' articolo 2 , paragrafo 2 e dell ' allegato II all ' adozione di un metodo di analisi comunitaria conformemente all ' articolo 3 . Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addi 30 gennaio 1978 . Per il Consiglio Il Presidente P . DALSAGER ( 1 ) GU n . L 340 del 9 . 12 . 1976 , pag . 19 . ( 2 ) GU n . C 118 del 16 . 5 . 1977 , pag . 70 . ( 3 ) GU n . C 114 dell ' 11 . 5 . 1977 , pag . 13 . ALLEGATO I Tenore massimo di cloruro di vinile monomero nei materiali e oggetti 1 mg / kg di prodotto finito . ALLEGATO II Criteri applicabili al metodo di determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti e di determinazione del cloruro di vinile ceduto dai materiali e dagli oggetti 1 . La determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti nonché la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti vengono effettuate tramite " cromatografia nella fase gassosa " secondo il metodo detto " head space " ( a spazio di testa ) . 2 . Per la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti , il limite di rivelabilità è di 0,01 mg / kg . 3 . La determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti si effettua , in linea di massima , nei prodotti alimentari . Qualora per motivi tecnici risulti impossibile la determinazione in taluni prodotti alimentari , gli Stati membri possono autorizzare , per i suddetti prodotti alimentari , la determinazione mediante simulanti .
Materiali e oggetti contenenti cloruro di vinile monomero La presente direttiva limita la presenza e la migrazione del cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari. ATTO Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. SINTESI I materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana. Per garantire che i prodotti alimentari non contengano alcuna traccia di cloruro di vinile monomero rivelabile con il metodo generale di analisi comunitaria, i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari devono rispettare la presente direttiva. Nello specifico tali materiali e oggetti: non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 1 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito; e non devono cedere ai prodotti alimentari cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 0,01 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 78/142/CEE 1.2.1978 26.11.1979 GU L 44 del 15.2.1978 ATTI COLLEGATI Direttiva 80/766/CEE della Commissione, dell'8 luglio 1980, che fissa il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale del tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari [Gazzetta ufficiale L 213 del 16.8.1980]. La presente direttiva fissa il metodo comunitario di analisi per controllare il tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Tale metodo risponde ai criteri stabiliti nell'allegato della direttiva 79/142/CEE. Direttiva 81/432/CEE della Commissione, del 29 aprile 1981, che stabilisce il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale della quantità di cloruro di vinile ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti [Gazzetta ufficiale L 167 del 24.6.1981]. La presente direttiva stabilisce il metodo comunitario di analisi per controllare la quantità di cloruro di vinile monomero ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti.
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 16 giugno 2008 relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini (Versione codificata) (2008/590/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando quanto segue: (1) La decisione 82/43/CEE della Commissione, del 9 dicembre 1981, relativa alla creazione di un comitato consultivo per l’uguaglianza delle possibilità tra le donne e gli uomini (1), è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale decisione. (2) La parità tra donne e uomini è un elemento irrinunciabile della dignità umana e della democrazia e costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, delle costituzioni e delle leggi degli Stati membri, nonché delle convenzioni internazionali ed europee. (3) L’attuazione pratica del principio di parità di trattamento tra donne e uomini deve essere stimolata da una migliore collaborazione e da scambi di opinioni e di esperienze tra gli organi che negli Stati membri sono preposti alla promozione delle pari opportunità e la Commissione. (4) La piena attuazione pratica delle direttive, delle raccomandazioni e delle risoluzioni adottate dal Consiglio nel campo delle pari opportunità può essere considerevolmente accelerata mediante il contributo di organi nazionali che dispongano di una rete di informazioni specifiche. (5) L’elaborazione e l’applicazione di misure comunitarie in materia di lavoro delle donne, il miglioramento della situazione delle donne che esercitano attività autonome e agricole e la promozione delle pari opportunità richiedono una stretta collaborazione con gli organi specializzati negli Stati membri. (6) Pertanto è necessario un quadro istituzionalizzato al fine di avere regolari consultazioni con detti organi, DECIDE: Articolo 1 Presso la Commissione è istituito un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini, in appresso denominato il «comitato». Articolo 2 1. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nell’elaborazione e nell’attuazione delle azioni della Comunità intese a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini e di favorire lo scambio permanente di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra gli Stati membri e tra i vari attori interessati. 2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1 il comitato: a) assiste la Commissione nell’elaborazione di strumenti di controllo, di valutazione e di diffusione dei risultati delle misure adottate a livello comunitario per promuovere le pari opportunità; b) contribuisce all’attuazione dei programmi di azione comunitaria in materia, segnatamente procedendo all’esame dei loro risultati e proponendo miglioramenti delle misure adottate; c) contribuisce grazie ai suoi pareri all’elaborazione della relazione annuale della Commissione sui progressi realizzati in materia di pari opportunità tra donne e uomini; d) stimola lo scambio di informazioni sulle misure adottate a tutti i livelli per promuovere le pari opportunità e, se del caso, presenta proposte sul seguito che potrebbe essere dato a dette misure; e) emette pareri o invia relazioni alla Commissione, sia su richiesta di quest’ultima, sia di propria iniziativa, su tutti i problemi pertinenti riguardanti la promozione delle pari opportunità nella Comunità. 3. Le modalità di diffusione dei pareri e delle relazioni del comitato sono determinate di concerto con la Commissione. Essi possono essere oggetto di una pubblicazione sotto forma di allegato alla relazione annuale della Commissione sulle pari opportunità tra uomini e donne. Articolo 3 1. Il comitato è composto da 68 membri: a) un (una) rappresentante per Stato membro dei ministeri o servizi governativi incaricati a livello nazionale di promuovere le pari opportunità tra donne e uomini; questo (questa) rappresentante è designato(a) dal governo di ciascuno Stato membro; b) un (una) rappresentante per Stato membro dei comitati od organismi nazionali creati da un atto ufficiale e incaricati specificamente delle pari opportunità tra donne e uomini a titolo di rappresentanza dei settori interessati. Qualora in uno Stato membro esistano più comitati od organismi che si occupano di questi problemi, la Commissione determina l’organismo che con i suoi obiettivi, la sua struttura, la sua rappresentatività e il suo grado di indipendenza ha la maggiore vocazione a essere rappresentato nel comitato; la partecipazione degli Stati membri che non dispongono di tali comitati verrà esercitata da persone rappresentanti organismi considerati dalla Commissione come esercitanti missioni analoghe. Questo (questa) rappresentante è nominato(a) dalla Commissione su proposta del comitato od organismo nazionale pertinente; c) sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario; d) sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario. Questi (queste) rappresentanti sono nominati(e) dalla Commissione su proposta delle parti sociali a livello comunitario. 2. Alle riunioni del comitato partecipano in veste di osservatori due rappresentanti della lobby europea delle donne. 3. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione. Articolo 4 Per ciascuno dei membri del comitato si procede, nelle stesse condizioni stabilite all’articolo 3, alla nomina di un (una) supplente. Fatto salvo l’articolo 7, il (la) supplente non assiste alle riunioni del comitato e non partecipa ai suoi lavori, se non in caso di impedimento del membro che sostituisce. Articolo 5 Il mandato di membro del comitato ha una durata di tre anni. Esso è rinnovabile. Allo scadere dei tre anni, i membri del comitato restano in funzione finché non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato. Il mandato di un membro cessa prima dello scadere dei tre anni o per dimissioni o per cessazione delle attività presso l’organismo che rappresenta o in seguito a decesso. Si può altresì mettere fine al mandato di un membro quando l’organismo che ha presentato la sua candidatura ne chiede la sostituzione. Egli è sostituito per la durata del mandato ancora in corso secondo la procedura di cui all’articolo 4. Le funzioni esercitate non formano oggetto di retribuzione; le spese di viaggio e di soggiorno per le riunioni del comitato e per i gruppi di lavoro istituiti secondo l’articolo 8 sono a carico della Commissione in applicazione delle vigenti norme amministrative. Articolo 6 Il comitato è presieduto da un (una) presidente eletto(a) tra i membri provenienti dagli Stati membri e designati in conformità dell’articolo 3, paragrafo 3, lettere a) e b). Il suo mandato ha la durata di un anno. L’elezione ha luogo a maggioranza dei due terzi dei membri presenti; tuttavia è richiesta a favore almeno la metà del totale dei voti. Due vicepresidenti saranno eletti(e) con la stessa maggioranza e alle stesse condizioni. Essi (esse) hanno il compito di sostituire il (la) presidente in caso di impedimento. I (le) presidenti e vicepresidenti devono provenire da Stati membri diversi. Essi (esse) costituiscono l’ufficio di presidenza del comitato che si riunisce prima di ciascuna riunione del comitato stesso. L’organizzazione del lavoro del comitato è effettuata dalla Commissione in stretto collegamento con il (la) presidente. L’ordine del giorno delle riunioni del comitato è fissato dalla Commissione di concerto con il (la) presidente. Il segretariato del comitato è svolto dall’unità della Commissione competente per le pari opportunità tra donne e uomini. Il resoconto delle riunioni del comitato è redatto dai servizi della Commissione e sottoposto per approvazione al comitato. Articolo 7 Il (la) presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all’ordine del giorno. Gli esperti partecipano ai lavori esclusivamente per il punto che ne ha motivato la presenza. Articolo 8 1. Il comitato può costituire gruppi di lavoro. 2. Per elaborare i suoi pareri, il comitato può chiedere rapporti a un relatore o esperto esterno, secondo modalità da determinare. 3. Uno o più membri del comitato possono partecipare in veste di osservatori alle attività di altri comitati consultivi della Commissione e informarne il comitato. Articolo 9 Le misure prese in applicazione degli articoli 7 e 8, aventi implicazione finanziaria per il bilancio delle Comunità europee, sono soggette all’accordo preliminare della Commissione e devono essere attuate secondo le vigenti norme amministrative. Articolo 10 Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest’ultima. Esso terrà almeno due riunioni all’anno. Articolo 11 Le deliberazioni del comitato vertono sulle domande di parere formulate dalla Commissione o sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Esse non sono seguite da votazione. Nel chiedere il parere del comitato, la Commissione ha facoltà di fissare il termine entro il quale il parere dovrà essere espresso. Le prese di posizione di ciascuna delle categorie rappresentate figurano in un resoconto delle deliberazioni trasmesso alla Commissione. Qualora il parere richiesto sia espresso all’unanimità dal comitato, questo redige conclusioni comuni che vengono allegate al resoconto. Articolo 12 Fatto salvo l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui hanno avuto conoscenza tramite i lavori del comitato o dei gruppi di lavoro, qualora la Commissione comunichi loro che un parere o una domanda verte su una materia avente carattere riservato. In tal caso, assistono alle sedute unicamente i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione. Articolo 13 La decisione 82/43/CEE è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1792/06 (GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1). (2) Cfr. allegato I. ALLEGATO I Decisione abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive Decisione 82/43/CEE della Commissione (GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35) Punto VIII.12 dell’allegato I dell’atto di adesione del 1985 (GU L 302 del 15.11.1985, pag. 209) Punto IV.C dell’allegato I dell’atto di adesione del 1994 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 115) Decisione 95/420/CE della Commissione (GU L 249 del 17.10.1995, pag. 43) Punto 11.4 dell’allegato II dell’atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 585) Regolamento (CE) n. 1792/2006 della Commissione (GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1) Limitatamente al riferimento alla decisione 82/43/CEE fatto nel sesto trattino dell’articolo 1, paragrafo 2 e all’allegato punto 9.1. ALLEGATO II Tavola di concordanza Decisione 82/43/CEE Presente decisione Articoli 1 e 2 Articoli 1 e 2 Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), primo trattino Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), secondo trattino Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera d) Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma Articolo 3, paragrafi 2 e 3 Articolo 3, paragrafi 2 e 3 Articolo 4, prima frase Articolo 4, primo comma Articolo 4, seconda frase Articolo 4, secondo comma Articoli da 5 a 12 Articoli da 5 a 12 Articolo 13 — — Articolo 13 — Allegato I — Allegato II
Comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini SINTESI CHE COSA FA QUESTA DECISIONE? Istituisce un comitato volto a garantire consultazioni e scambi regolari tra gli enti e le istituzioni che promuovono le pari opportunità tra donne e uomini dei paesi dell'UE. PUNTI CHIAVE Il comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini ha lo scopo di aiutare la Commissione europea a formulare e attuare misure volte a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini. Esso svolge tale compito incoraggiando lo scambio di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra i paesi dell'UE e le varie parti interessate. Il comitato è composto di 70 membri con un mandato rinnovabile di durata triennale, fra i quali: un rappresentante di ciascun paese dell'UE di un ministero o servizio governativo incaricato di promuovere le pari opportunità, nominato dal proprio governo; un rappresentante di ciascun paese dell'UE nominato dalla Commissione e scelto fra i membri di un comitato o organismo nazionale incaricato delle pari opportunità, su proposta dell'organizzazione interessata; sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario; sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario. La lobby europea delle donne è rappresentata alle riunioni del comitato da due membri in veste di osservatori. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione. Il comitato è presieduto da un presidente e da due vicepresidenti eletti tra i suoi membri; il loro mandato ha la durata di un anno. Il presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all'ordine del giorno. Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest'ultima e tiene almeno due riunioni all'anno. Le discussioni del comitato si basano sulle domande di parere formulate dalla Commissione e sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Non sono seguite da votazione. CONTESTO La decisione 2008/590/CE della Commissione codifica e abroga la decisione 82/43/CEE, che originariamente istituiva un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini e che è stata modificata varie volte. Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla Parità di genere sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Decisione 2008/590/CE della Commissione, del 16 giugno 2008, relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini (versione codificata) (GU L 190 del 18.7.2008, pag. 17-21) Le successive modifiche alla decisione 2008/590/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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