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Stress on Italian proper names.
Are there any sources where one could learn about the correct pronunciation of the Italian proper names (either family names or geographic names)? For example, the stress in Cesare is on the first and not on the second or third syllable. Such information could not be found in dictionaries.
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[ { "score": "11", "ownerid": "18", "text": "RAI has a pronunciation dictionary available where you can get both the written pronunciation and a spoken sample. Examples\nAscoli\n\nEmpoli\n \nCesare\n", "is_selected": true }, { "score": "8", "ownerid": "70", "text": "Unfortunately there's no rule available, for proper names. Accents on toponyms, like in graeca verba, sine lege vagantur.\nJust to name a few in my surroundings:\n\nAlbignàsego\nTrebaséleghe\nSambrusón (it should be Sanbrusón, but that's another matter)\nGrùmolo (delle Abbadesse)\nBagnòli\nBagnòlo\n\nSome names have suffixes that help in guessing the right accent, but, as you see from the last three, it's not so easy. \nI once saw a list of towns in Calabria: placing the accents was just a wild guess. Some toponyms that are frequently mispronounced are\n\nSan Lazzaro di Sàvena (not Savéna)\nFriùli (not Frìuli)\nNùoro (not Nuòro)\n\nFamily names have the same problem; those derived from job names are usually guessable at, but the region of origin can influence the pronunciation. A family name coming from Veneto and ending in -on or -er should have the accent on the last syllable: Benettón and Venièr; but Mìlan can be rightfully pronounced with the accent on the first syllable, depending on its origin, while Bressàn (it means “from Brescia”) can never be Brèssan.", "is_selected": false } ]
Qual è questo uso del verbo "rifarsi"?
Questa frase in un commento a questo post ha attirato la mia attenzione perché non capivo l'uso che se ne fa del verbo "rifarsi": """ Le espressioni che si rifanno a delle metafore sono molte """ Quello che ho trovato di più simile alla frase precedente nella voce "rifare" nel vocabolario Treccani è questa accezione: """ rifarsi a qualcosa, a qualcuno, riallacciarsi, prendere spunto: molti drammi (o drammaturghi) moderni si rifanno alla tragedia greca (o ai tragici greci); vorrei ora rifarmi a un’obiezione polemica del mio avversario. """ Tuttavia, se questa è l'interpretazione corretta della frase sopra citata, non riesco a capirla molto bene. In che senso le espressioni si riallacciano o prendono spunto dalle metafore?
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[ { "score": "5", "ownerid": "300", "text": "Oltre a quello che hai scritto nella tua domanda, aggiungerei che rifarsi può anche essere interpretato come \"fare riferimento a\".\nNel caso della frase da te citata:\n\n> Le espressioni che si rifanno a delle metafore sono molte\n\nVuol dire che molte espressioni fanno a riferimento delle metafore.\nTi porto un esempio, che magari può essere più esplicativo:\nPartiamo dalla metafora:\n\n> Giuseppe è un pallone gonfiato\n\nL'espressione comune è:\n\n> Essere un pallone gonfiato\n\nQuindi, dalla metafora, abbiamo ricavato (facendo riferimento alla stessa) una espressione.", "is_selected": true } ]
Is this an appropriate use of "Bene"?
I was recently told good news, to which I responded "Bene" in the same way that I would say "Nice" in English after having heard good news. Is this an appropriate word choice? I would have found it strange to use bello or buono in this situation.
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[ { "score": "3", "ownerid": "1243", "text": "Your answer was correct, since bene could fit in the context. \nAlso bello or buono could be a correct answer, but it mostly depend on the kind of question. \nObviously depending on how good are the news for you, you may have expressed with different words and voice intonation. \nFor example you could also have answered with:\n\nFantastico!\nMeraviglioso! \nPerfetto! \nMagnifico!\nEvviva!\n", "is_selected": true } ]
Correct usage of Diventare.
I have a problem understanding the correct usage of diventare. During a recent lesson my (online) teacher had me watch a video during which a bear became angry. She then asked me to describe it. One of the things that I said was: """ L’orso diventa molto arrabbiato """ She told me that I could not use "diventare" that way but could offer me no guidance on why other than "It's not Italian". If one believes the ever-unreliable Google translate then I can become a doctor ("divento un medico"), he can become a doctor ("diventa un medico"), I can become angry ("divento arrabiato") but I will admit that if I enter "he becomes angry" it goes for a reflexive ("lui si arrabbia"). I'm not saying that she's wrong but can someone help me get my head around WHY this is? Because without understanding it, I'm likely to misuse it again since diventare is too useful a verb to NOT use regularly.
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[ { "score": "6", "ownerid": "37", "text": "It's a matter of idiomatic vs. grammatical. You might say, without violating any grammatical norm, any of those phrases (divento/a medico, divento/a arrabbiato), but none of them are idiomatic, that is, none of them would spontaneously be pronounced by an Italian. You'd say, respectively, mi laureo in medicina (or other steps to actually become a doctor) and mi arrabbio.\nThe use of diventare is more restricted than that of “to become”, almost only to transformations: Il bruco diventa farfalla and the like.", "is_selected": true } ]
How can I say "How are you?" in Italian?
In English, it is usual to ask "How are you?" as a salutation. How can I say a similar thing in Italian?
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[ { "score": "18", "ownerid": "1043", "text": "The typical idioms are\n\n> Come stai? (informal, with known people or friends) Come sta? (formal, with unknown people or important people) Come va? (always possible)\n", "is_selected": true }, { "score": "9", "ownerid": "1158", "text": "IMHO the other answer is translating \"how are you doing\". If you are unsure what register to use etc., you can use \"Tutto bene?\". It's not as common, but it's never wrong: in Bakuriu's example, \"Buongiorno professore, tutto bene?\" is as formally correct as such a question can possibly be.", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "1871", "text": "Be careful, Italian \"Come stai/sta?\" is indeed asking about health or state of mind. Most likely, I would use it only if I know that something happened to the person in front of me. English usage of \"how are you?\" is closer to Italian \"ciao\", isn't it? \n\"Come va?\" could be ok, if it is told with a salutation tone, so to speak. ", "is_selected": false }, { "score": "-1", "ownerid": "2618", "text": "Come stai (informal) or sta (formal). \"Come va\" is definitely informal, and means, \"how's it going,\" or \"how goes it.\"", "is_selected": false } ]
Qual è la differenza fra regalo, dono e presente?
Le parole regalo, dono e presente sono sinonimi, ma hanno differenze che vorrei mi fossero spiegate anche con esempi d’uso.
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[ { "score": "4", "ownerid": "6589", "text": "Le tre parole hanno usi simili.\nRegalo è certamente il più universale e comune di tutti, si può applicare in qualunque contesto. Esempi: regalo di compleanno, regalo di natale, regalo di nozze. Si può utilizzare anche in alcuni contesti con uso figurato, ad esempio: questa giornata è stata un regalo.\nDono si utilizza meno frequentemente, ha un registro leggermente più formale e si usa prevalentemente in espressioni figurate o con significato spirituale, ad esempio: un dono di Dio, il tuo amore è un dono. Si usa altresì nell'espressioni relative a capacità di natura eccezionale, come il dono dell'ubiquità, il dono dell'eloquenza.\nPresente si utilizza poco, in alcune regioni più che in altre. Oltre al bell'esempio e gioco di parole di Kung Fu Panda, nell'area da cui vengo e dove vivo presente è un regalo prevalentemente di valore limitato, simbolico, ad esempio: gli ho portato un presente per non andare a mani vuote.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "6548", "text": "Sono sinonimi. Regalo è largamente più utilizzato degli altri, che sono spesso più poetici. Presente praticamente non si usa (almeno in Toscana), mentre dono si usa per un regalo in condizioni fuori dall'ordinario e spesso in modo figurativo. Per esempio:\n\nun dono ai poveri\nun dono di dio\nil dono della vita\n\nFun fact - Nella traduzione italiana di Kung Fu Panda, il maestro OOgway dice a Po:\nC'è un detto: ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi... è un dono. Per questo si chiama presente\nChe è un gioco di parole per dire che il presente, inteso come oggi o adesso, è un dono, rimandando all'altro significato di presente.\nEdit: ho aggiunto esempi con dono e Kung Fu Panda.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "7942", "text": "Tutte buone le risposte già date.\nPremetto che questi possono essere utilizzate in senso figurato come già detto. L'italiano è lingua che respira libertà per cui vige la licenza poetica per il senso figurato dei sinonimo.\nMi soffermo sull'uso corrente a me noto:\n\nregalo quando c'è un evento individuale o da calendario da festeggiare;\npresente: è quel comportamento simbolico di piccolo valore che si porta in visita a qualcuno per non presentarsi a mani vuote;\ndono: è un dare senza pretese, gratuità squisita e sincera.\n", "is_selected": false } ]
Che cosa significa "fare pena" in questo contesto?
La frase è """ Alcuni esponenti della maggioranza hanno fatto una ottima figura. L’opposizione ha fatto pena. """ La traduzione di Google è “Some exponents of the majority have made a good impression. The opposition was sorry.” È corretta questa traduzione? Ho qualche dubbio. L'opposizione non ha fatto una buona figura, quindi l'opposizione "feels sorry"? "Fare pena" significa "feel sorry"? Grazie mille per l'aiuto.
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[ { "score": "5", "ownerid": "37", "text": "No, non significa niente di simile a was sorry o feels sorry.\n“Fare pena”, letteralmente, significa “suscitare la compassione” (quindi, semmai, è l'altra persona che feels sorry per quella che fa pena) di qualcuno. Spesso, però, lo si usa per dire che qualcuno è patetico o ridicolo. Dal contesto (anche per la contrapposizione con il fatto che altri hanno fatto un'ottima figura), qui il senso è sicuramente questo: secondo chi parla, l'opposizione ha fatto una pessima figura, si è resa ridicola.\nVedi per esempio il punto 2.c della voce pena del Treccani, con esempi come “ha scritto un articolo che fa pena”.", "is_selected": true } ]
Etimologia del suffisso -oso.
Qualcuno sa se il suffisso latino -osus, da cui deriva il suffisso aggettivale denominale -oso in italiano (pieno di, ricco di, portatore di), derivi a sua volta dal greco? È possibile che l'origine sia il participio presente nominativo singolare e plurale οὖσα e οὖσαι del verbo essere εἰμί? (Il dubbio mi è venuto leggendo il commento di egreg qui)
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[ { "score": "2", "ownerid": "8", "text": "Secondo fonti accademiche, è una opinione comune ma scorretta. \n\n> È stato spesso considerato che aggettivi in -osus appartenevano alla lingua epica ed erano influenzati da loro equivalenti greci -οεις e πολυ-. Tuttavia P.E. Knox dimostra che questo punto di vista dovrebbe essere cambiato, e che la formazione proviene dalla tradizione romana, soprattutto dal vocabolario descrittivo di latino rustico.\n\n(traduzione libera da Chantal Kircher, 2010, Formations latines en -osus et formations françaises en -eux. Philologia, 4/2010, 99-110.\nVedi anche Peter E. Knox, 1986, Adjectives in -osus and Latin Poetic Diction. Glotta\n64. Bd., 1./2. H., pp. 90-101.)", "is_selected": true } ]
Significato di "pedale" in questo contesto.
Nel romanzo Mille anni che sto qui, di Mariolina Venezia, ho letto (grassetto mio): """ Lucietta si era tolta il fazzoletto dalla testa e l’aveva intinto nell’olio, trasportandolo poi prudentemente dentro casa come un bambinello, per andare a torcerlo dentro il pedale vuoto. E cosí tutte, chi col grembiule chi col fazzoletto, chi dentro un secchio di rame chi di legno, affondavano e torcevano con energia. """ Questo olio che cercano di raccogliere queste ragazze è olio di oliva. Non capisco cosa significhi "pedale" in questo brano. Me lo sapreste spiegare? Le diverse accezioni per questo termine che ho trovato sui dizionari non sembrano avere senso in questo contesto. Può darsi che sia un vocabolo di uso regionale. Infatti, questa stessa parola è apparsa precedentemente nel testo, in questo passo: """ Le mani di zí Uel sul tornio erano veloci e precise, i polpastrelli mezzo bruciacchiati accarezzavano con delicatezza i fianchi rotondi delle cuccume e delle brocche, come dio deve aver accarezzato quelli di Eva, il giorno della creazione. Impastava, modellava, infornava. Sfornava lucerne, pedali e cuccume. Le segnava coi cerchi concentrici che molto tempo prima servivano a far comunicare i vivi coi morti in una lingua che nessuno piú conosce. Terrecotte sottili e sonore, porose, umide, trasudanti. Cuccume che trattenevano la freschezza dell’acqua. Tanto perfette e sottili che un grido avrebbe potuto creparle. """ E più avanti nel libro appare un'altra volta: """ Descriveva casa sua in maniera ogni volta diversa, spiegando com’era bella la naca per il fratello piccolo, il pedale pieno d’olio, la madia col pane, u giuston traboccante di grano, i boccali di salsicce sott’olio arrotolate come serpenti, senza preoccuparsi del fatto che tutti conoscevano benissimo la verità. """ Quindi, sembra trattarsi di qualche tipo di recipiente per l'olio.
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[ { "score": "1", "ownerid": "707", "text": "In questo dizionario dialettale di Gallicchio ho trovato il significato e l'etimologia dal greco:\n\n> pëdàlë Grosso recipiente per l’olio, da pitharion diminuitivo di pithos (vaso)\n", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "1243", "text": "Secondo me in questo caso il significato di pedale è piuttosto quello di pitale cioè orinatoio, vaso da notte:\n\n> pitale s. m. [dal gr. πιϑάριον, nome di recipiente], pop. – Vaso da notte, orinale (ma talora distinto da questo, in quanto poteva servire per depositarvi anche le feci): i due comodini ... contenevano due p. alti alti, stretti stretti, senza impugnatura, simili a due tubi, di porcellana bianca a fiori rosa (Moravia).\n\nInfatti nel secondo passaggio da te inserito vengono descritti vari tipi di terrecotte che vengono create da zí Uel, lucerne, pitali e cuccume, ovvero bricchi.", "is_selected": false } ]
La soggettività dell'analisi del periodo, seriamente?
Sto svolgendo dell'analisi del periodo e o le cose non mi sono totalmente chiare oppure molto spesso mi capita di avere diverse possibilità di analisi, come se la decisione fosse soggettiva! È mai possibile? Io seguo la grammatica del Dardano Trifone (così ci capiamo sulla terminologia). Di seguito un testo che ho analizzato e i dubbi e le varie possibilità di analisi che ho trovato. Qui il testo diviso in periodi: 1) Questa mattina, mentre andavo a scuola, ho incontrato un vecchio compagno delle elementari. 2) Abbiamo parlato un po' e ad un tratto il mio amico mi ha chiesto se volevo abbandonare per un giorno la scuola e andare con lui al parco. 3) Ho risposto che non potevo, che per l’assenza avrei dovuto portare la giustificazione, ecc… ma lui ha insistito e mi ha convinto. 4) Girovagare per il parco era noioso, quindi ci siamo diretti al centro per comprare una pizza. 5) E qui è accaduta la disgrazia! 6) Improvvisamente ho visto mio zio, che mi ha guardato con sorpresa, ma non mi ha fermato. 7) Ho notato però che ha subito fatto una telefonata e ho capito immediatamente a chi telefonava. 8) Potete immaginare il resto della storia: sgridate e una brutta punizione. 9) Così è finita la mia avventura che sicuramente non si ripeterà. Qui la mia analisi: 1) Questa mattina ho incontrato un vecchio compagno delle elementari = principale; mentre andavo a scuola = subordinata temporale. 2) Abbiamo parlato un po' = principale; e ad un tratto il mio amico mi ha chiesto = coordinata alla principale; se volevo abbandonare per un giorno la scuola = subordinata interrogativa; e andare con lui al parco = coordinata alla subordinata interrogativa / subordinata interrogativa. Qui mi viene il dubbio che "e andare con lui al parco" possa essere sia una coordinata alla subordinata interrogativa, che una vera e proprio subordinata interrogativa. Di fatto il "se" manca ma potrebbe essere stato omesso per non ripetersi. Allo sesso modo la congiunzione "e" mi fa pensare a una coordinata copulativa. Secondo voi di che si tratta? 3) Ho risposto = principale; che non potevo = subordinata oggettiva 1 grado; che per l'assenza avrei dovuto portare la giustificazione = subordinata causale 2 grado / subordinata oggettiva 1 grado; ma lui ha insistito = coordinata avversativa; e mi ha convinto = coordinata copulativa. Qui invece della frase "che per l'assenza avrei dovuto portare la giustificazione" ci sarebbero due interpretazioni. Potrebbe essere una causale: lui non può perché poi deve portare la giustificazione e finirebbe nei guai. Potrebbe però anche essere un'ulteriore subordinata oggettiva, visto che funge in un certo senso da complemento oggetto alla frase "ho risposto". 4) Girovagare per il parco = subordinata soggettiva 1 grado; era noioso = principale; quindi ci siamo diretti al centro = subordinata consecutiva 1 grado; per comprare una pizza = subordinata finale 2 grado. 5) Improvvisamente ho visto mio zio = principale; che mi ha guardato con sorpresa = subordinata relativa di 1 grado; ma non mi ha fermato = coordinata avversativa / subordinata relativa 1 grado. Qui il dubbio sorge sull'ultima parte. Visto che c'è il "ma" mi viene da dire che è una coordinata avversativa. Però ho pensato anche a una relativa, in cui il "che" è stato omesso. Possibile? 6) Ho notato però = principale; che ha subito fatto una telefonata = subordinata oggettiva; e ho capito immediatamente = coordinata copulativa; a chi telefonava = subordinata oggettiva 1 grado. 7) Così è finita la mia avventura = principale; che sicuramente non si ripeterà = subordinata relativa 1 grado. Sono molto grata delle vostre correzioni e opinioni! A me parrebbe proprio che la soggettività giochi un certo ruolo nell'analisi, ma in ogni caso spererei di sbagliarmi. Vorrei che ci fosse una sola possibilità di analisi, quella giusta! Voi che pensate?
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[ { "score": "10", "ownerid": "", "text": "L'analisi logica e l'analisi del periodo sono un residuo ormai obsoleto della vecchia cultura \"grammaticale\" che cercava di chiudere la lingua in tutta una serie di pedantissime regole logiche, su influsso della vecchia grammatica latina. Inevitabilmente per ogni regola ci sono centinaia di eccezioni, perché è impossibile catalogare un'entità così complessa come le lingue naturali.\nIn età recente c'è stato un forte scontro tra linguisti: tra i sostenitori del vecchio modo, che mettono la grammatica standardizzata al centro, e quelli del nuovo modo, che la considerano nulla di più che una sistemazione di comodo (da usare per lo studio accademico e l'insegnamento), provvisoria e imperfetta, di una materia inevitabilmente magmatica e non incarcerabile in regolette, infatti:\n\nla lingua si evolve seguendo percorsi del tutto caotici e \"creativi\" che la portano continuamente a deviare dagli esiti che ci aspetteremmo secondo regole, logica e buon senso (ad esempio: l'accento acuto su \"o\" ed \"e\" indica vocale chiusa, quello grave aperto; eppure quando si tratta di \"u\" e \"i\" usiamo l'accento grave, anche se sono vocali chiuse); questo significa un continuo proliferare di \"eccezioni\": ci sono più eccezioni alla regola che regole\nl'ambito dell'esperienza umana descritto dalla lingua è troppo complesso e variegato perché lo si possa racchiudere in regole logiche gestibili da un essere umano (ci hanno provato in molti, a partire da Leibniz, a creare lingue \"a priori\", matematiche, del tutto inambigue e prevedibili; ma hanno tutti fallito)\n\nLa linguistica moderna è oggi in gran parte sulla seconda posizione; ma la scuola segue sempre in ritardo, quindi ancora i ragazzi devono sprecare tempo su queste sciocchezze (e si convincono che la scuola non serve a niente, e come dargli torto?).\nUn esempio tratto da Pallotti, Descrivere le lingue: \"la casa va a fuoco\". \"a fuoco\" che complemento è? di sfiga? Un insegnante di scuola dirà complemento di moto a luogo figurato; il \"figurato\" è un po' la discarica di tutto quello che non si sa catalogare.\nPer concludere, lasci perdere: è davvero una questione soggettiva.", "is_selected": true } ]
Does the word "tumminia" have a meaning?
A friend of mine has been reading up about a durum wheat variety called "tumminia". He wrote about it here. Does tumminia have any meaning that might help us to understand the background of this wheat variety?
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[ { "score": "7", "ownerid": "421", "text": "In Palermo my parents-in-law often buy pane di tumminìa (tumminia bread), which they also call pane di farina di tumminìa (tumminia wheat bread).\nWikipedia says (in the disambiguation page):\n\n> Tumminìa - cultivar di grano siciliano a maturazione trimestrale (dal greco τρεσ μηναιός), con il quale si prepara il pane nero di Castelvetrano.\n\nTranslation:\n\n> Tumminia - a cultivar of Sicilian wheat that ripens in three months (from Greek τρεσ μηναιός), used in the preparation of the black bread of Castelvetrano\n\nIt's rather common for words which are peculiar to the Sicilian dialect(s) to derive from Greek. I'm not able to check the Greek above, and I could not find a reliable confirmation of this etymology, but from what I can tell the phonological distance from Latin (\"tres menses\") would only be slightly greater. Apparently, alternative spellings are timminia and trimminia.\nThe family name Tumminia occurs mainly in Palermo and in the surroundings of Castelvetrano, as you can see here. Sicilian family names are often locality names (and do not denote Jewish origin as in most of Italy), but this is not the case here, since there is no locality by this name. I presume it to be an occupational surname.\n\nUPDATE\nI got the following information from my father-in-law:\n\nTumminia wheat (furmentu di tumminìa in Sicilian) is also called timilìa, although he thinks that few people know this. He did not mention neither timminìa nor trimminìa.\nTùmmino or tùmminu (I'm always adding accents for clarity - they are not wrong but usually not written) means two things in Sicilian:\n\nA measure of land area, called tomolo or tumulo in Italian\nA measure of weight\n\n\nWhen I observed that the alternative name timilìa appears to confirm the possible derivation from the pair tumminu and tomolo (or tumulo), he was skeptical, but to me his skepticism is a further confirmation that there is no artificial derivation going on here. I think that the derivation from Greek may well have been made up recently.\nHe explained to me that tumminia wheat used to be grown when it was clear that a crop of regular wheat was lost for some reason, because it would still be harvested in time (because of its fast ripening). The downside is its low production, but it has upsides too, like, when turned into tumminia bread, also called Castelvetrano bread in Palermo, its peculiar taste and its preservability.\nIn my opinion, furmentu di tumminìa could mean something like \"wheat of fielding\" (I'm inventing fielding here, in the sense of \"using the field in another way, instead of wasting it because of a crop failure\").", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "37", "text": "I am not aware, nor are the dictionaries I have checked, of such a word in Italian; it seems to be a proper name. Italian Wikipedia, which has always to be taken with a pinch of salt, says «Tumminìa - cultivar di grano siciliano a maturazione trimestrale (dal greco τρεσ μηναιός), con il quale si prepara il pane nero di Castelvetrano». The Greek words given are similar to, but not correctly so, Ancient Greek; so they are either misspelt or Modern Greek. In any case, they should mean something like “trimestral”.", "is_selected": true } ]
What's the meaning of "tasse d'interesse"?
In a conversation between a student and a banker telling her that there's an account for students which has "tasse d'interesse" can anyone tell me what's this?
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[ { "score": "5", "ownerid": "", "text": "Tasso (plural tassi) is the term we use to indicate a rate. Tasso di interesse is the rate of interest which, in your case, refers to the interest the student can earn by deposting money into the account the bank employee is proposing.\nNot to be confused (but foreigners often confuse it) with:\nTassa (plural tasse) is the term we use to refer to tax/taxes, (an amount of) money paid to the government that is based on your income or the cost of goods or services you have bought.\n(Wikipedia)", "is_selected": false } ]
Probabilmente + indicativo o congiuntivo?
So che il congiuntivo si usa dopo espressioni che indicano dubbio o incertezza, e ho letto alcune frasi con la struttura """ "è probabile che" + congiuntivo. """ Ad esempio: """ È probabile che arrivi (o che sia arrivato) prima di me (fonte: Treccani.it). """ Il mio dubbio è: se si scrive l'avverbio "probabilmente" al posto dell'espressione "è probabile che", si deve usare il congiuntivo o l'indicativo? Per esempio, quali sono le forme corrette? Probabilmente arrivi prima di me. Probabilmente arriverà prima di me. Probabilmente sia arrivato prima di me. Probabilmente è arrivato prima di me. Probabilmente si possano trovare soluzioni più interessanti. Probabilmente si possono trovare soluzioni più interessanti.
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[ { "score": "5", "ownerid": "37", "text": "Il succo è che non è il solo fatto di esprimere un'azione possibile o eventuale a richiedere il congiuntivo; è il fatto che questa azione sia espressa in una subordinata. È rarissimo che in una proposizione principale il verbo sia al congiuntivo. Quindi “È probabile che io arrivi” ma “Probabilmente arrivo/arriverò” e così via.", "is_selected": true }, { "score": "3", "ownerid": "725", "text": "Probabilmente arrivi prima di me. \nÈ corretto.\nProbabilmente arriverà prima di me.\nÈ corretto.\nProbabilmente sia arrivato prima di me.\nÈ errato.\nProbabilmente è arrivato prima di me.\nÈ corretto. \nProbabilmente si possano trovare soluzioni più interessanti.\nÈ errato.\nProbabilmente si possono trovare soluzioni più interessanti.\nÈ corretto.\nQuindi la risposta è: Usa l'indicativo opportunamente declinato.\n:)", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "5850", "text": "La risposta alla tua domanda è che, nelle subordinate soggettive, è corretto sia il congiuntivo che l'indicativo. La forma col congiuntivo assegna semplicemente alla frase un tono più \"alto\".\nLa domanda ha senso, però, dal momento che la strategia (che tu citi) usata nelle scuole italiane per spiegare il congiuntivo fa acqua da tutte le parti. Io parlerei senza mezzi termini di \"fantagrammatica\". Se la grammatica deve spiegare come funziona la lingua, la storiella del congiuntivo come \"modo del dubbio, dell'incertezza e del bla, bla, bla\" semplicemente non regge. È facilissimo costruire frasi dove il congiuntivo non ci starebbe (in accordo a quella regola), ma gli italiani avvertono che, a orecchio, ci sta (pur non sapendolo giustificare ovviamente. \"A orecchio\" è la giustificazione).\nL'uso del congiuntivo italiano è un retaggio del latino ed è legato prevalentemente alla possibilità di conferire ai propri scritti un tono più elevato qualora il registro lo richieda.\nHo scritto un articolo in proposito che dovrebbe dissipare la maggior parte dei dubbi: https://www.lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2019/10/25/il-congiuntivo-italiano-cari-studenti-stranieri-attenti-alla-fantagrammatica/", "is_selected": false } ]
È corretto dire “che ti serva di lezione”?
Discutendo con mio figlio su un esercizio di italiano che riporta la frase """ Che ti serva di lezione """ io ho obiettato che si dovrebbe dire invece """ Che ti serva da lezione """ Quale delle due è corretta? Sono ammissibili entrambe?
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[ { "score": "8", "ownerid": "", "text": "Google Books mostra entrambi gli usi. \nTreccani sembra suggerire l’uso della preposizione di: \n\n> il viaggio mi è servito di riposo, di svago; servire di esempio, di modello; le serva di norma, di avviso, di ammaestramento.\n", "is_selected": true }, { "score": "-1", "ownerid": "7893", "text": "Sempre da Treccani:\n\n> [far subire a qualcuno una punizione che serva da ammaestramento] ≈ (fam.) aggiustare, castigare, dare una lezione\n\n\"Che ti serva da lezione\" è corretto.", "is_selected": false } ]
Come posso rendere "to be on sick leave" in italiano?
In inglese, si usa la locuzione "to be on sick leave" quando si ha un permesso per assentarsi dal lavoro a causa di una malattia o di un problema di salute del lavoratore. In castigliano e in catalano, abbiamo le espressioni "estar de baja" e "estar de baixa", rispettivamente, per esprimere questa stessa idea (si tratta di modi di dire del linguaggio comune, in linguaggio burocratico invece di "baja" si utilizzerebbe "situación de incapacidad temporal" o qualcosa del genere). Come potrei esprimere questo in italiano? Ho cercato sul dizionario Sansoni e sul dizionario Collins inglese-italiano, ma non ho trovato la locuzione "sick leave". Su WordReference, mi è apparso "essere in malattia", ma alla voce "malattia" del dizionario Treccani non si trova "in malattia" e l'esempio che appare su WordReference mi sembra anche sospetto per una certa confusione di tempi verbali nella traduzione (e poi, "essere in malattia", se veramente si usa, non significherebbe "essere malato"?).
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[ { "score": "10", "ownerid": "2876", "text": "Il termine burocratico sarebbe \"Assenza per malattia\" o \"Congedo per malattia\"; io tradurrei quindi to be on sick leave con:\n\n> Essere (o stare) in congedo per malattia\n\noppure\n\n> Essere (o stare) assente per malattia\n\nSi usa anche, ma solo come espressione informale: \n\n> Mettersi in malattia\n\nAnche \"Essere in malattia\" si usa proprio in questo senso (e non nel senso di \"essere malato\"), ma è anche questa un'espressione informale.\nUltima espressione (di nuovo informale) è\n\n> Darsi malato\n\nma in questo caso assume anche una sfumatura più negativa, diciamo \"truffaldina\".", "is_selected": true }, { "score": "8", "ownerid": "4360", "text": "Ciò che hai letto su WordReference è ciò che più comunemente viene detto. \n\n> Sono malato, quindi sono in malattia.\n\nEssere \"in malattia\" non significa \"essere malato\", ma è proprio un modo di dire \"to be on sick leave\".\nIn questo spezzone del film \"Cado dalle nuvole\" di Checco Zalone tra il minuto 00:30 e 1:00 (in particolare intorno al minuto 1:00) si dice\n\n> Mio cugino [...] si sta girando il mondo in malattia.\n\nCome viene spiegato nel video, suo cugino non è realmente malato, ma è appunto esonerato dall'andare a lavoro (è appunto \"in malattia\") perché ritenuto tale.", "is_selected": false }, { "score": "4", "ownerid": "1243", "text": "In aggiunta alle precedenti, sicuramente corrette, io aggiungo l’espressione essere in mutua. \nQuesta espressione viene ancora usata dalle persone più anziane perché fa riferimento alla cassa mutua che gestiva le assenze per malattia prima della riforma sanitaria. \nInfatti il Sabatini Coletti, per mutua riporta:\n\n> mutua [mù-tua] s.f. 1 Ente che, prima della riforma sanitaria, gestiva, in forma mutualistica, l'assistenza medica e ospedaliera dei lavoratori: operaio iscritto alla m.; ogni istituto che svolge servizi di previdenza e assistenza nei confronti degli associati (oggi sostituito sempre più freq. da ASL): medico della m. 2 Ogni ente associativo che fornisce ai propri membri determinate prestazioni (sociali, sanitarie, assistenziali ecc.) in caso di particolari eventi (malattia, incidenti, ritiro dal lavoro ecc.) a. 1869\n", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "rimettere" in questo contesto?
Nel romanzo Non so niente di te di Paola Mastrocola ho letto: """ La notizia che avevano disperatamente atteso per anni: in Italia l'allora primo ministro tanto poco da loro amato si era dimesso. Era salito al Colle, come si usava dire allora, intendendo per Colle il Quirinale, sede del presidente della Repubblica italiana, rimettendo il suo mandato. """ Ho cercato il significato del verbo "rimettere" in alcuni dizionari, ma non riesco a capire il senso di "rimettendo" nel brano precedente. Me lo sapreste spiegare?
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[ { "score": "7", "ownerid": "70", "text": "Il verbo rimettere viene dal latino remitto che significa “mandare indietro”, “restituire”.\nIl Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri, dandogli mandato di formare il governo. Se questi rinuncia, rimette quel mandato, cioè lo restituisce a chi gliel'aveva dato.\nCome spesso accade, il linguaggio giuridico tende a mantenere il significato originale della parola latina.", "is_selected": false }, { "score": "5", "ownerid": "2056", "text": "Si tratta di un termine relativo all'atto di rassegnare le dimissioni, come si evince da quanto si riporta alla voce n°1 del significato di dimissione:\n\n> 1 (spec. pl.) Atto con cui una persona o un gruppo dirigente rimette il mandato che ha avuto, rinuncia a una carica, a un ufficio: dare, rassegnare le d.\n\nPiù precisamente, il termine assume una particolare connotazione nell'ambito giuridico, come riporta il vocabolario Treccani (6,b):\n\n> b. Nel linguaggio giur. e amministr., demandare o trasmettere ad altro giudice, organo, ufficio o ente: r. una causa penale ad altro giudice per legittimo sospetto, r. una causa civile al giudice competente, dopo l’istruttoria (v. rimessione); r. un caso alla Corte costituzionale, al Ministro.\n", "is_selected": true } ]
Qual è il significato della frase "Ne va un po' di mezzo il vestito" in questo contesto?
Nel racconto L'isola, di Giani Stuparich, ho letto: """ Il figlio trovò il padre seduto sulla riva. Badava a due lenze che aveva ai lati ed una la teneva in mano. L'aveva visto giungere da lontano e subito s'era rasserenato in volto. – Da confonderti con un pescatore di mestiere, – esclamò il figlio. – Sì, alla brava. Ne va un po' di mezzo il vestito. Ci vorrebbe quella tela da marinai. E un berrettaccio con la visiera. Tu, t'annoieresti a star delle ore così? – M'annoierei. A prenderlo il pesce, sì, ma ad aspettarlo... """ Sapreste spiegarme il senso della frase "Ne va un po' di mezzo il vestito" che appare in questo testo? Nel vocabolario Treccani ho trovato """ andar di m., patire danno, aver pregiudizio: io non vorrei andarci di m.; figliuol caro, se tu ti senti il bruciore addosso, non so che dire; ma io non voglio andarne di mezzo (Manzoni); ne va di m. la vita, l’onore, la sua reputazione; mettere in m. qualcuno, ingannare, raggirare, abbindolare, compromettere """ ma quello che "va di mezzo" nel brano sopra citato è "il vestito" e non mi pare che il significato sia quello riportato dal dizionario.
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[ { "score": "4", "ownerid": "37", "text": "Come riportato nell'estratto dalla Treccani, il senso generale della locuzione “andare di mezzo” è “subire un danno”. Si può riferire a persone (“qui ci vado di mezzo io”) o a cose, spesso astratte (l'onore, la reputazione etc. come negli esempi, ma anche la pelle). Scorrendo Google Books si trovano innumerevoli esempi sia antichi che moderni. Fra questi ultimi, forse qui più pertinenti:\n\n> chi ci va di mezzo son sempre io (Vamba) loro la mettono in punizione e chi ci va di mezzo sono io che non posso uscire con lei (Moccia) Il giorno in cui l'Arno tracima e Ponte Vecchio rischia di crollare, ne va di mezzo anche la libreria (Carlo Feltrinelli)\n\nNel caso di cui parliamo, sono dell'opinione che il personaggio che parla osservi che il vestito che indossa è poco adatto, in particolare perché si potrebbe rovinare indossandolo mentre si pesca, a differenza di quelli fatti con la “tela da marinai”.", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "1818", "text": "Il padre qui sta dicendo che il vestito che indossa non è proprio da pescatore (piuttosto \"ci vorrebbe quella tela da marinai. E un berrettaccio con la visiera\"). In questo caso il vestito \"compromette\" la somiglianza tra il padre e un marinaio. Da notare lo scambio immediatamente prima:\n\n> – Da confonderti con un pescatore di mestiere, – esclamò il figlio. – Sì, alla brava. [Vale a dire \"approssimativamente\"]\n", "is_selected": false } ]
Verbo "slittare": come si deve usare quando ha il significato di rinviare una riforma?
Secondo il vocabolario Treccani il verbo "slittare" ha questo uso figurato: """ Nel linguaggio politico-amministrativo, fare slittare l’applicazione o l’esecuzione di una norma legislativa, rinviarla. Con il sign. di essere rinviato, anche nell’uso com.: la riunione di oggi è stata sospesa, e slitta alla prossima settimana. """ Non capisco bene però come si deve usare questo verbo con questo senso. Secondo il Treccani si tratta di un verbo intransitivo, ma nell'esempio "slittare l'applicazione di una norma" sembra farne un uso transitivo. Mi confonde anche il fatto che il Treccani dica che l'ausiliare può essere "avere" o "essere". Quindi, questa frase sarebbe corretta? """ Hanno slittato la riforma dell'Università. """
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[ { "score": "4", "ownerid": "1782", "text": "La frase\n\n> Hanno slittato la riforma dell'Università.\n\nè errata; la frase corretta è:\n\n> Hanno fatto slittare la riforma dell'Università.\n\nInfatti il verbo slittare è intransitivo, e il verbo principale della frase è fare, e non slittare.\nÈ la riforma dell'università che slitta, ovvero si sposta in avanti nel calendario.\nQualcuno, il soggetto imprecisato della frase, la fa slittare.\nAlla fine si dirà che la riforma è slittata, con l'ausiliare essere.", "is_selected": true } ]
Cosa vuol dire "dei beni"?
Vorrei capire cosa significa l'espressione "dei beni", quando dovrei usarla, e da dove viene. L'ho vista in questo contesto: """ Patrimonio culturale insieme dei beni culturali, artistici, ambientali, ecc. di una persona o un Paese. """ Penso che qui significhi "together with all", ma non sono sicuro. Quali sono altri esempi di buoni usi dell'espressione "dei beni"?
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[ { "score": "9", "ownerid": "1818", "text": "Si tratta del sostantivo bene (da non confondere con l'identico avverbio!). Dal vocabolario Treccani\n\n> bène² s. m. [dall’avv. bene¹]. [...] 6. concr. a. Ogni mezzo atto alla soddisfazione dei bisogni dell’uomo (nel linguaggio econ., quasi sempre sinon. di merce). In partic.: b. economico, qualsiasi mezzo, come sopra definito, di cui vi sia disponibilità relativamente limitata e sia quindi suscettibile di avere un prezzo, [...] In senso più ampio, b. artistici, b. archeologici, b. ambientali, ecc., il patrimonio nazionale sia naturale sia storico, inteso come insieme di ricchezze inalienabili che debbono essere valorizzate e tramandate come bene pubblico, perché soddisfano essenzialmente bisogni collettivi, tutelate quindi secondo le leggi dello stato e non secondo l’arbitrio di privati.\n\nIn questo caso bene quindi è simile all'inglese good (e.g. in beni di consumo=consumer goods) o asset, ma con un significato più ampio che riguarda anche oggetti intangibili o senza prezzo. Per cui la frase\n\n> Patrimonio culturale: insieme dei beni culturali, artistici, ambientali, ecc. di una persona o un Paese..\n\npuò essere tradotta con\n\n> Cultural patrimony: set of the cultural, artistic, environmental assets of a person or a country\n", "is_selected": true } ]
Sostantivo per la virtù di sapere quando ritirarsi.
Esiste un sostantivo che descriva (possibilmente con accezione intrinsecamente positiva, piuttosto che neutra) una delle seguenti: la virtù di sapere quando è opportuno desistere? la virtù di sapere quando è opportuno ritirarsi (per esempio in senso militare)? Entrambi i significati sono in qualche modo (piuttosto vago) ascrivibili alla temperanza, la quale tuttavia descrive più rigorosamente la moderazione in sé piuttosto che la conoscenza delle occasioni nelle quali moderarsi, e non coglie necessariamente il senso dell'interrompere un'azione che si prolunga nel tempo.
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[ { "score": "0", "ownerid": "6341", "text": "Entrambe le circostanze che citi fanno buon uso della saggezza, perché presuppongono la capacità di valutare la situazione ed agire di conseguenza: pur senza essere una virtù in senso proprio, la saggezza è sicuramente associabile ad una virtù, perché presuppone equilibrio e buon senso da chi la esercita.\nPerciò è questo il campo in cui mi muoverei.\nUna rapida scorsa ai sinonimi di “saggezza” offre un vasto campionario di alternative, di cui alcune mi paiono particolarmente indicate per i casi che proponi.\n\nNel primo caso sicuramente “criterio” è la parola che stai cercando: il Devoto Oli infatti ne dà come definizione la “capacità di giudicare rettamente, assennatezza, buon senso”.\nE gli esempi che trovi nella pagina del vocabolario Treccani (che pure ne dà una definizione identica) mi paiono soddisfare il tuo dubbio.\n\nIl secondo caso è invece un po’ più problematico: la parola che stai cercando è indubbiamente “polso”, che però sa di informale se non di gergale.\nIl Devoto Oli infatti ne dà questa definizione: “Cercare, conducendo abilmente la conversazione, di conoscerne le intenzioni; anche a proposito di indagine sommaria e non impegnativa su fatti, fenomeni, situazioni”.\nÈ indiscutibile che in battaglia un comandante difficilmente ha notizie precise ma può contare solo su informazioni frammentarie, probabilmente confuse, e quindi deve prendere una decisione su dati insufficienti, “di pancia”: si trova quindi in una situazione assimilabile all’”indagine sommaria” della definizione.\n\n\nTuttavia, se vuoi una parola più ricercata, credo che “assennatezza” sia quella che cerchi, anche se non scarterei il “criterio” già visto.\nLascerei invece da parte “accortezza” o “avvedutezza”, che pure mi sembrano buone ma sono anche più adatte ad uno storico o commentatore successivo, che può giudicare sulla base delle piene informazioni e pure delle conseguenze delle azioni.\nSe invece si tratta di ritirarsi, mettiamo, da una discussione, credo che “buon senso” sia quello che fa al caso tuo.\nMa il “buon senso” solitamente va bene con tutto: il guaio è che ce n’è sempre meno in giro.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "1720", "text": "Io propongo la temperanza, come quella descritta dall'omonima carta dei Tarocchi.\nIn genere si descrive riferendosi alla moderazione, e quindi all'equilibrio tra la spinta a continuare a battersi, e la scelta di ritirarsi, appunto.", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "spendibile" in questo contesto?
Nel romanzo Rossovermiglio di Benedetta Cibrario ho letto: """ In viaggio di nozze andammo a Parigi. Scendemmo al Lotti e risultò evidente già dopo qualche giorno che nemmeno i cavalli avrebbero mai potuto avvicinarci. Camminavamo in faubourg St-Honoré e mentre io tentavo di respirare Parigi stipandone ogni vetrina, ogni caffè, ogni passante nella memoria, mio marito esibiva un tono annoiato e blasé, come di colui che ha tutto già visto e sperimentato; e forse i suoi amici in Cavalleria, con i loro racconti di donnine allegre e corse a Longchamps, gli avevano davvero rovinato la sorpresa; forse Francesco cercava a Parigi altre emozioni, non questi souvenir di lusso spendibili facilmente, al nostro rientro, nei salotti di Torino. """ Ho cercato il significato dell'aggettivo "spendibile" in alcuni dizionari, ma non riesco a capire il suo senso in questo brano. Significa che erano souvenir che si potevano spiegare facilmente nei salotti di Torino?
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[ { "score": "5", "ownerid": "2370", "text": "Credo che sia meglio parafrase il senso di tutto il periodo.\nI suoi amici sono stati a Parigi, hanno vissuto determinate esperienze, e le hanno raccontate al marito della protagonista nei salotti di Torino.\nPer questo, lui li considera come dei souvenir. Così come, quando vai in un posto esotico, compri qualche oggetto tipico sia come ricordo, sia per mostrarlo agli altri e vantartene un po', allo stesso modo lui considera queste cose: i suoi amici hanno raccontato cosa hanno provato e vissuto a Parigi per vantarsene, dissacrando un po' le emozioni di quelle esperienze, e quindi sono state declassate a meri oggetti che provano che sei stato in quel dato posto, ossia i classici souvenir.\nPenso che, così come quando spendi dei soldi, vuol dire che stai facendo svolgere loro la loro funzione (comprare beni e servizi), allo stesso modo l'idea di \n```\nspendere\n```\n qui assume il significato di \"adempiere alla loro funzione\", che è dire agli amici \"io sono stato a Parigi e ho fatto questo\", per vantarsene.\nIn altre parole, una volta che visiti la città e fai determinate cose, è come avere un buono per farti bello con gli amici, \n```\nspendibile\n```\n appunto nel loro caso nei salotti di Torino. Lui cercava qualcosa di autentico, non delle esperienze degradate ad oggetti da mostra.", "is_selected": true } ]
Cosa significa "mazzetto" in questo contesto?
Nel romanzo La ragazza di Bube di Carlo Cassola ho letto: """ Ma, da un po’ di tempo, non invidiava più né Liliana, né nessun altra ragazza del paese. Le sembrava, per cominciare, di essere la più bella. Anche se i capelli le stavano ritti sulla testa a mazzetti, che non c’era verso di tenerli a posto. """ Ho cercato il significato di "mazzetto" nel vocabolario Treccani e ho visto che si tratta di un """ piccolo mazzo, o mazzo di elementi minuti """ Può riferirsi a un mazzo di fiori, di erbe, di lacci da scarpe, di chiavi, ecc, ma non capisco del tutto bene qual è il suo senso nel brano precedente. Me lo sapreste spiegare?
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[ { "score": "1", "ownerid": "2136", "text": "Ho trovato un paio di occorrenze risalenti al primo Ottocento (https://books.google.it/books?id=VsdOAAAAcAAJ&pg=PA289&lpg=PA289&dq=mazzetti+di+capelli&source=bl&ots=IxZC_73UTa&sig=ZzsSzTZwyLVf57i4vsu3FLBX4BU&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjtyvK348zMAhUKvBQKHbFGBQkQ6AEIUjAK#v=onepage&q=mazzetti%20di%20capelli&f=false) in cui \"mazzette di capelli\" sta per \"ciocche di capelli\". Credo dunque che la descrizione si riferisca a quei capelli corti e lisci che, per quanti sforzi si facciano, restano dritti sulla testa.", "is_selected": false } ]
Overuse and overload of "schifo", "fa schifo". Is it a recent thing?
It came to my attention very fast the extensive use of "schifo", "fa schifo" in everyday language and TV, mostly in situations that actually don't cause disgust. I connected immediately to the same trend that happened in the English language since 1800's. I wanted to know if it is a recent thing, a reaction to everyday's stressful life, a manifestation of discontent about the Italian political situation exacerbated by the rise of TV. Is it an older phenomenon? I also noticed an overload of those two terms in very peculiar situations. I remember only these: ``` Questa cacciavite fa schifo. Questo è un schifo di televisione. - both with the meaning of not working properly ``` Is this extension of meaning a recent phenomenon as well?
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[ { "score": "3", "ownerid": "213", "text": "The increasing use of the word \n```\nschifo\n```\n and derivative terms is not uncommon in everyday life in Italy, whereas it is true that it is more common to hear it on TV and that is mainly because the commonly spoken language (even in formal contextes) is being leveraged towards dialectal and colloquial forms.", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "", "text": "\"Schifo\" is a very ancient word, used in Italian literature since the very beginning, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, etc. It is from French \"eschif\" and this from Franconian \"skiuh(j)an\", meaning \"aver riguardo\", \"caring\".\nA reference here.\n\nDante Alighieri (1265-1321): \"mettine giù, e non ten vegna schifo, | dove Cocito la freddura serra\".\nFrancesco Petrarca (1304-1374): \"vidi … Laura mia con suoi santi atti schifi | Sedersi in parte\".\nGiovanni della Casa (1503-1556): \"non sono da fare in presenza degli uomini le cose laide, o fetide, o schife\".\nGasparo Gozzi (1713-1786): \"una nuvola di zanzare molestatrici, e schife\".\nGiuseppe Parini (1729-1799): \"e tu schifo rifuggi | Ogni vivanda\".\nGiacomo Leopardi (1798-1837): \"le altre cose moderne che prima mi pareano squisite, mi parvero schifissime\".\nGiovanni Verga (1840-1922): \"la ragazza … aveva a schifo poi di lavare i piatti e imbrattarsi le mani in cucina\".\nItalo Calvino (1923-1985): \"il rospo proprio le metteva schifo\".\nGiovanni Testori (1923-1993): \"Dài e dài, lo schifo gli distruggeva tutto, voce, sogni, allegria, forza e gli faceva venir voglia di sputar addosso a tutti e a tutto\".\n\nJust for fun, try to google this: \"schifo site:http://www.liberliber.it filetype:pdf\". It returns 536 occurrences, from the most diverse contexts.", "is_selected": false } ]
Translation for date from / date da.
I need to translate "date from / date to" to Italian in a report (see picture). Is it correct to translate "date from / date to" as "Data di / Data da" ? Or is it rather "Data da / Data a" ? Or would you rather use "a partire da / entro", or something else ?
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[ { "score": "0", "ownerid": "2337", "text": "In your case I think is better to write: \"Da Data:\" and \"a Data:\". I'm Italian :D", "is_selected": true }, { "score": "-3", "ownerid": "2333", "text": "\"Date from\" as you can see from the online dictionary Word reference can be translated with risalire a whereas \"date to\" with datare. \nFor more examples I suggest you to look at it here http://www.wordreference.com/enit/date", "is_selected": false } ]
'di questi tempi' o 'in questi tempi' e perché?
Spesso sento dire 'di questi tempi non ci si può lamentare'. Sapreste dire perché si usa 'di' piuttosto che 'in'?
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[ { "score": "10", "ownerid": "", "text": "Credo che entrambi i modi siano corretti, solo che in genere \"in questi tempi\" è seguito da una parola che ne connota meglio il significato. \nAd esempio: \n1) \"In questi tempi difficili non ci si può lamentare\" \n2) \"In questi ultimi tempi [..]\"", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "377", "text": "\"In\" è una preposizione semplice, mentre \"di\" è una proposizione propria. Non c'è nessun motivo che implica la scelta sia dell'uno che dell'altro modo. In poche parole il significato non cambia. Probabilmente, e correggetemi se sbaglio, \"di\" è più usato al sud, mentre \"in\" al nord.", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "stranito" in questo contesto?
Nel libro I migliori anni della nostra vita di Ernesto Ferrero ho letto: """ Si divertiva a disegnare macchine impossibili alla Munari, ibridi di animali mitologici, come il gufo stranito che sta sulla copertina di L'altrui mestiere, il libro in cui aveva raccolto le sue divagazioni di "dilettante curioso e libertino", le invasioni in campi altrui. """ Il soggetto di questa frase è Primo Levi e la copertina a cui fa riferimento penso sia questa. Non riesco a capire il senso di "stranito" in questo brano. Nei dizionari ho trovato che può significare "inquieto", "nervoso", "intontito". Tuttavia, guardando la copertina, non mi è chiaro che questo sia il significato adatto al contesto. Sapreste spiegarmelo?
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[ { "score": "3", "ownerid": "2136", "text": "La copertina della prima edizione si vede in questa scheda: http://www.primolevi.it/Web/Italiano/Contenuti/Opera/110_Edizioni_italiane/L%27altrui_mestiere. Il gufo è colto in tre momenti, tre espressioni.\nPer il senso, va considerato che \"stranito\" indica uno stato d'animo che porta a non stare bene, ma senza saper capire e spiegare perché.", "is_selected": true } ]
Cosa vuol dire "in epoca storica" in questo contesto?
Nel racconto Argon dal libro Il sistema periodico, di Primo Levi, ho letto (grassetto mio): """ Susanna lo rifiutò, e Marchín si vendicò abominevolmente vendendo a un gòi la ricetta dei salami. È da pensare che questo gòi non ne abbia apprezzato il valore, dal momento che dopo la morte di Susanna (avvenuta in epoca storica) non è piú stato possibile trovare in commercio salame d’oca degno del nome e della tradizione. Per questa sua spregevole ritorsione lo zio Marchín perdette il diritto ad essere chiamato zio. """ So che, secondo i dizionari, l'aggettivo "storico" fa riferimento a qualcosa "che appartiene alla storia", ma non riesco a capire il senso dell'espressione "in epoca storica" che appare in questo brano. Significa che la morte di Susanna era avvenuta molto tempo fa e, per questa ragione, apparteneva già alla storia? Forse il senso è che questo fatto accadde in tempi memorabili o rilevanti per qualche ragione e che, per questa ragione, avevano "fatto storia" (accezione 1.f del vocabolario Treccani)? Il significato è magari un altro? Aggiungo un passaggio che dà un riferimento temporale alla vita di questa Susanna, per si può essere utile: """ La Susanna dei salami d’oca era cugina di Nona Màlia, mia nonna paterna, che sopravvive in figura di agghindata minuscola ammaliatrice in alcune pose di studio eseguite verso il 1870, e come una vecchietta grinzosa, stizzosa, sciatta e favolosamente sorda nei miei ricordi d’infanzia piú lontani. """ Il racconto comincia in questo modo: """ Ci sono, nell’aria che respiriamo, i cosiddetti gas inerti. Portano curiosi nomi greci di derivazione dotta, che significano «il Nuovo», «il Nascosto», «l’Inoperoso», «lo Straniero». Sono, appunto, talmente inerti, talmente paghi della loro condizione, che non interferiscono in alcuna reazione chimica, non si combinano con alcun altro elemento, e proprio per questo motivo sono passati inosservati per secoli: solo nel 1962 un chimico di buona volontà, dopo lunghi ed ingegnosi sforzi, è riuscito a costringere lo Straniero (lo xenon) a combinarsi fugacemente con l’avidissimo, vivacissimo fluoro, e l’impresa è apparsa talmente straordinaria che gli è stato conferito il Premio Nobel. """ Quindi, il narratore si situa nel tempo dopo il 1962.
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[ { "score": "4", "ownerid": "70", "text": "Vediamo dal dizionario Treccani per vulcano:\n\n> Tra le denominazioni dei tipi di vulcano: vulcani attivi, quelli che hanno avuto almeno una eruzione in epoca storica; vulcani quiescenti, caratterizzati da manifestazioni residue del vulcanismo attivo; vulcani spenti, in cui non si è riscontrata alcuna attività in epoca storica; [...]\n\n(il nero è mio, per evidenziare l'uso di epoca storica). L'epoca storica, in contrapposizione a quella preistorica, è il periodo di tempo del quale abbiamo testimonianze di qualche tipo.\nOvviamente Levi non si riferisce alla preistoria, quindi il suo uso di epoca storica è iperbolico. Vediamo gli indizi:\n\nSusanna è chiamata per nome, quindi nota ai personaggi del racconto;\nera cugina della nonna che l'autore ricorda viva durante la sua infanzia;\n“Il sistema periodico” è una raccolta di racconti basati su episodi della vita dell'autore.\n\nNe concludiamo che non può essere morta in epoca così remota, dopo tutto: ci si ricorda ancora di lei, perché aveva la ricetta del salame d'oca che nessuno sa più preparare come si deve dopo la vendita della ricetta al gòi. Si noti che la vendita avvenne quando ancora Susanna era viva, dopo il rifiuto di sposare Marchin. L'epoca è “storica” perché i personaggi del racconto ne hanno testimonianze di prima mano.\nSe Levi avesse voluto collocare la morte di Susanna in tempi trascorsi da moltissimo tempo, avrebbe avuto molte altre scelte: epoca remota prima fra tutte. Non mi risulta che epoca storica possa essere adoperato in altro senso che quello detto all'inizio, se non con qualche attributo: l'epoca storica di Dante, ogni epoca storica guarda il passato con….", "is_selected": true } ]
Difference between 'la frutta' and 'i frutti'.
Besides the fact that 'i frutti' can assume a metaphoric meaning which 'la frutta' does not have, is there any other difference between these two wordings?
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[ { "score": "7", "ownerid": "340", "text": "Yes. Besides the metaphoric meaning you already mentioned (that is widely used), in gereral frutta refers to a type of food, whereas frutti indicates multiple pieces of fruit grouped according to some criterion, usually the fact that they come from a given plant. For instance, you say i frutti di quell'albero sono molto dolci (\"the fruits of that tree are very sweat\"), and la frutta è un alimento sano (\"fruit is healthy\"). As usual, handle with care: you may be tempted to say porta i frutti to mean \"bring the fruit\", but you should use frutta instead. There are grey areas: i frutti più buoni sono quelli appena colti and la frutta più buona è quella appena colta sound both fine to me, but YMMV and regionalisms may kick in of course.", "is_selected": true } ]
Cosa significa "cassetta" in questo brano?
Nel romanzo Il giorno della civetta, di Leonardo Sciascia, ho letto: """ «Non sta soffrendo niente, se tu pensi che lo tengano legato alla cassetta o gli diano le scosse elettriche: altri tempi, quelli delle cassette; ore c'è la legge anche per i carabinieri...». """ Ho cercato il vocabolo "cassetta" in parecchi dizionari. Tuttavia, non riesco a capire cosa significa nel passaggio precedente. Sapreste spiegarmelo?
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[ { "score": "4", "ownerid": "1243", "text": "La cassetta non era altro che una forma di tortura praticata (purtroppo anche) dalle forze dell’ordine. \nEcco un estratto da Le torture della polizia negli anni di piombo\n\n> A volte la cosa “scappava di mano”, come nella questura di Palermo, 1985. Oscar Luigi Scalfaro, che era allora ministro dell´Interno, dichiarò: “Un cittadino è entrato vivo in una stanza di polizia e ne è uscito morto”. Era un giovane mafioso, fu picchiato e torturato col metodo della “cassetta”: un tubo spinto in gola e riempito di acqua salata. Gli sfondò la trachea, il cadavere fu portato su una spiaggia per simularne l´annegamento in mare. Alla notte di tortura parteciparono o assistettero decine di agenti e funzionari. Avevano molte attenuanti: era stato appena assassinato un valoroso funzionario di polizia, Beppe Montana, “Serpico”.\n\nCi sono anche questi documenti risalenti al primissimo dopoguerra segnalati da @Charo in cui viene descritta in modo ancora più preciso:\n\n> L’ispettore Umberto De Giorgi della Polizia Scientifica firmò in data 18/1/46 una perizia sui metodi di tortura dell’Ispettorato Speciale. Tale perizia, richiesta dal Procuratore Generale Colonna per conto della Corte d’Assise Straordinaria di Trieste (copia in archivio IRSMLT 913) descrive, tra le altre cose, i metodi di tortura della “cassetta” e della “sedia elettrica”. Leggiamone le descrizioni: stando alle deposizioni testimoniali, allorquando la vittima non confessava (nonostante il dolore provocato dalla distensione forzata di tutto il corpo mediante trazione delle corde fissate agli arti e fatte scorrere negli anelli infissi al pavimento, che spesso provocavano la lussazione delle spalle), era costretta a subire l’introduzione nell’esofago del tubo dell’acqua, che le veniva fatta ingoiare fino a riempimento totale dello stomaco; indi per azione di compressione esercitata da un segugio sul torace, le veniva fatta rigurgitare a mo’ di fontana, che, stante la posizione supina, spesso doveva minacciare di soffocamento la vittima stessa;\n", "is_selected": true } ]
"Vendesi" oppure "Vendonsi" appartamenti?
Girando per Milano ci sono tantissimi cartelli relativi ad appartamenti che sono in vendita (e che spesso restano invenduti per parecchio tempo). Quando questi appartamenti sono in un edificio di nuova costruzione, è facile che il cartello si riferisca a più di uno e qui inizia il mio dilemma. Se la locuzione "Vendesi" deriva chiaramente dalla forma "Si vende", allo stesso modo, quando abbiamo a che fare con un sostantivo plurale, dobbiamo dire "Si vendono" da cui deriva "Vendonsi". È però rarissimo che tale forma verbale venga utilizzata e di solito si trova il singolare impiegato anche per la vendita di più cose. Sotto il profilo grammaticale so che tale forma è sbagliata, ma vorrei sapere se i testi di grammatica ed i dizionari iniziano a tollerarla oppure no.
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[ { "score": "9", "ownerid": "19", "text": "Il sito dell'Accademia della Crusca suggerisce che l'espressione \"Vendonsi\" sia meno usata, ma più corretta quando si parla di più appartamenti.\nQui più informazioni.\n\n> Va tuttavia considerato che, per una serie di motivi, è - e probabilmente sarà sempre - più comune trovare le forme singolari usate anche per il plurale. Su questo fatto incide certamente la lessicalizzazione delle forme vendesi e affittasi, e il loro essere diventate quasi un marchio pubblicitario (i cartelli degli annunci, simili a quelli riportati in fondo a questa risposta, riportano quasi esclusivamente queste forme, anche perché capita più spesso di dover vendere o affittare una cosa per volta). Non dimentichiamo poi l'usanza di impiegare il verbo al singolare anche per il plurale nel caso di soggetti posposti\n", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "1320", "text": "Le frasi 'si vendono appartamenti' e 'si vende posto auto' sono entrambe forme passive, nelle quali rispettivamente gli appartamenti ed il posto auto sono i soggetti. Il verbo quindi deve concordare in numero e genere con essi.\nNelle forme portate ad esempio e' il 'si' a svolgere un ruolo passivante, si veda in proposito\nhttp://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/usi-funzioni-pronome-clitico-si.\nQuesta costruzione puo' essere fatta solo con la terza persona singolare e la terza persona plurale (o sesta persona) e prende appunto il nome di si passivante.\nPuo' essere interessante ricordare che esistono, oltre a questa con il si passivante ed a quella piu' comune costruita con l'ausiliare essere, altre due costruzioni passive: sono quelle costruite con i verbi andare e venire, come in 'vengono venduti appartamenti' e 'questi appartamenti vanno venduti'.", "is_selected": false } ]
Cosa vuol dire: "fare la testa come una mongolfiera"?
Cosa vuol dire la locuzione: "fare la testa come una mongolfiera"?
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[ { "score": "4", "ownerid": "1243", "text": "La locuzione fare la testa come una mongolfiera è simile a fare la testa come un pallone (d'altronde la mongolfiera viene chiamata anche pallone (aerostatico), come riportato da Treccani)\n\n> • Fig.: frastornare, provocare una fastidiosa sensazione di confusione, detto specialmente di chiacchiere, discorsi, raccomandazioni e così via. Anche lasciare rintronati, stordire con un rumore assordante e simili. Var.: fare la testa come una campana; avere la testa come un pallone; avere la testa come una campana\n\nSignifica appunto provocare stordimento e confusione, ad esempio, con un sacco di chiacchere.\nNella stessa pagina viene riportato anche fare la testa come un cestone, sebbene sia indicato come raro.", "is_selected": true } ]
Uso di preposizioni col verbo cimentarsi.
So che ci si può cimentare in un'attività, o con qualcosa. Ma è anche possibile cimentarsi a (!) qualcosa? Per esempio: sarebbe corretto dire 'Io mi cimento a porre domande su StackExchange?'
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[ { "score": "5", "ownerid": "1193", "text": "Che io sappia, cimentarsi richiede o l'oggetto diretto o le preposizioni \"con\" e \"in\" nella forma riflessiva. Il Treccani offre questi esempi:\nCimentare la vita (nel senso di rischiare);\nCimentarsi in un'impresa rischiosa;\nCimentarsi in una ricerca;\nCimentarsi con qualcuno (nel senso di affrontare qualcuno).\nCimentare su Treccani", "is_selected": true } ]
Pronouncing J's.
I don't know very much about Italian, but I was trying to learn a bit, and I came across Jesolo- I was wondering how J's get treated in Italian. I know they aren't native Italian letters, but I can't find how they are pronounced-sites are saying that "Jesolo" is read like "Yesolo" so are all j's pronounced like y's in English?
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[ { "score": "4", "ownerid": "", "text": "In Italian \"j\" is pronounced like a semi consonant \"i\" when it occurs between vowels or at the beginning of a word (e.g. \"Ajaccio\", \"Jacopo\"); otherwise it is pronounced like an \"i\" when it occurs at the end of a word, typically as the plural of some words ending in \"-io\" (\"varj\", plural of \"vario\") (1, 2).\nAs Rmano pointed out, an alternative to \"j\" for the plural of some words ending in \"-io\" is circumflex \"î\". The use of \"j\" is more ancient than \"î\" but today they are both not much in use anymore (anyway, I still like the use of \"î\", I think it is still considered erudite Italian and it still has its function).\nNote that Italian \"y\" is pronounced just as \"i\" (3).", "is_selected": true } ]
Qual è il significato dell'espressione "a cacchio"?
Nel libro Le certezze del dubbio di Goliarda Sapienza ho letto: """ «E tu sei insopportabile con questi appuntamenti a cacchio che mi dai! Insomma, si può sapere qual è questa sorpresa che mi avevi annunciato? Spero che non sia lo scherzo - e ne saresti capace - di portarmi a bere un whisky pessimo in questo lurido bar!» """ Ho cercato il vocabolo "cacchio" in alcuni dizionari, comunque non capisco cosa significhi "a cacchio" in questo contesto. Me lo potreste spiegare?
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[ { "score": "11", "ownerid": "1377", "text": "In questo contesto \"a cacchio\", come \"a cavolo\", è un'espressione utilizzata per sostituire la più famosa e sicuramente più volgare \"a cazzo\" (da notare il fatto che iniziino tutte con \"ca\", e curioso credo anche il fatto che questi riferimenti siano sempre rivolti al mondo vegetale); significa approssimativamente \"fatto male\", \"fatto disorganizzatamente\" o \"fatto non bene\". Treccani non cita quest'accezione, comunque posso confermare che da me è usata molto comunemente. Citando Wikipedia:\n\n> La parola cacchio è un termine agricolo che indica propriamente i germogli della vite o di alcuni tipi di piante rampicanti o infestanti. Tuttavia la parola cacchio, come peraltro succede alla sua omologa più volgare, viene utilizzata in moltissimi contesti, spesso dialettali, assumendo significati anche molto diversi e per nulla scurrili. [...] Per quanto riguarda invece l'uso in contesti differenti, sembra più opportuno pensare che si tratti di una forma sostitutiva, probabilmente dovuta al dialetto romanesco, della parola cazzo con un termine agricolo, sentito come meno volgare, piuttosto che una modifica di questa.\n", "is_selected": true } ]
Significato di "serrar sotto" in questo contesto.
Nel racconto Un giorno di fuoco, di Beppe Fenoglio, ho letto: """ Perché Gallesio desse fondo alle sue munizioni, i carabinieri avevano studiato di alzare allo scoperto i loro berretti in punta a dei bastoni, e sulle prime Gallesio c’era cascato e non ne perdonava uno, ma poi aveva capito il trucco e risparmiava i colpi, ciononostante i carabinieri non riuscivano a serrar sotto di quel tanto che permettesse il lancio delle bombe lacrimogene. """ Malgrado aver cercato il verbo "serrare" in alcuni dizionari, non riesco a capire a quale accezione corrisponda l'espressione "serrar sotto" che appare in questo passaggio. Me lo sapreste spiegare?
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[ { "score": "6", "ownerid": "1243", "text": "Nel contesto da te citato serrar sotto significa avvicinarsi.\nSu Treccani per serrare puoi trovare:\n\n> 1c. Premere, incalzare: s. il nemico.\n\nSempre su Treccani per sotto puoi trovare l'espressione simile farsi sotto:\n\n> 4b. farsi sotto, avvicinarsi a poco a poco, per lo più con intenzione ostile, quindi anche attaccare l’avversario con prudenza ma decisamente (come comando: fatevi sotto!; o assol., sotto!);\n\nNel libro Guerra in camicia nera di Giuseppe Berto si può trovare l'espressione con un significato simile a quello del contesto da te citato:\n\n> Dovendo sistemarci a caposaldo, abbiamo cominciato a scavare buche e postazioni. Lavoro, questa volta, ancor più sgradito, in quanto che ci eravamo illusi di trovar qui fortini e alloggi pronti. Ad ogni modo, potremo fare le cose con accuratezza e calma, dato che gli inglesi impiegheranno diverso tempo prima di serrar sotto. A quest'attacco si dovranno preparare con grande cautela.\n", "is_selected": true } ]
"Innovare" senza una connotazione positiva.
Il vocabolario Treccani come sinonimi di innovare mi dà: """ ammodernare, modernizzare, riformare, rimodernare, rinnovare, svecchiare """ o ancora, con differente segno grafico """ modificare, variare """ Il primo gruppo di sinonimi condivide con innovare la connotazione positiva che la nostra cultura dà al NUOVO. Il secondo gruppo stempera troppo il significato di innovare ed entrambi i termini mi sembrano assai blandi. Come posso nominare delle innovazioni con una forte connotazione negativa?
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[ { "score": "1", "ownerid": "1243", "text": "Se per innovazione si intende in generale una novità che cambia una situazione in modo da portare un miglioramento allora si potrebbero usare i sinonimi di peggioramento: decadimento, degrado, deterioramento, scadimento, regresso.\nIn tutti questi casi avviene un'innovazione o cambiamento della situazione ma in peggio.\nAggiungo anche il termine involuzione, come saggiamente suggerito da @RiccardoDeContardi.", "is_selected": false } ]
È corretto dire "sprezzando il pericolo"?
Ho scritto la frase seguente """ L'uomo però non ha rinunciato e, sprezzando il pericolo, ha continuato a seguire lo squalo """ ma poi ho avuto il dubbio se l'espressione "sprezzando il pericolo" fosse corretta. È così? Ho trovato alcuni esempi di uso di tale espressione su Google Books, ma sembrano essere tutti libri antichi. Se si trattasse di un'espressione in disuso, potresti suggerirmi un'alternativa?
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[ { "score": "5", "ownerid": "37", "text": "Tecnicamente è corretto, perché “sprezzare” è un verbo transitivo, sinonimo non più molto usato di “disprezzare”. Come accennato in un commento, oggi può far però pensare a una certa propaganda patriottica di altri tempi, dannunziana se non addirittura fascista (non che ci sia nulla di fascista nel verbo “sprezzare” in sé, ovviamente, usato da poeti e scrittori di varie epoche).\nProbabilmente oggi diremmo “disprezzando il pericolo”, o in modo ancor più naturale, “ignorando il/sfidando il/incurante del pericolo” o simili.", "is_selected": true } ]
How do you abbreviate the word “statistiche”?
I'm trying to find a shorter version of the word "statistiche" to use on an interface where I am restricted on space. In English, you can abbreviate "Statistics" as "Stats". Is there an abbreviation that is commonly used in Italian? If not, what would be a shortened version that would be understandable and not look strange if absolutely needed?
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[ { "score": "4", "ownerid": "37", "text": "“Stat” is so usual in English that it is even registered in dictionaries in its own right. In Italian there is no such shortened version. If you need, you may abbreviate any word using a dot (like this: “stat.”), but, unless the word statistica is ubiquitous in your interface, you'd better explain somewhere (under the title, in a corner...) the meaning of this abbreviation, and of other ones if you'll use them.", "is_selected": false } ]
Quando si può dire che una parola appartiene alla lingua italiana?
Pongo questa domanda a partire da un caso pratico. Provando a rispondere alla domanda L'espressione 'a fortiori' è italiana o latina? ho cominciato a consultare il dizionario Treccani online. In esso l'espressione "a fortiori" è riportata come appartenente alla lingua italiana con caratteristiche simili ad "a priori". Inoltre vi si trova anche "in vino veritas", che per la verità è riportata esplicitamente come una espressione latina. Ma "in vino veritas" appartiene alla lingua italiana o no? È di importazione? Ora, mi rendo conto quanto sia difficile rispondere alla domanda in oggetto poiché la lingua è cosa viva, tuttavia penso si possano delineare alcuni limiti. Ad esempio lo Zanichelli ha dei criteri chiari per decidere quali siano le parole che devono entrare nel dizionario. (sostanzialmente: se le utilizza il gruppo della 'gente colta'). Anche la Treccani riporta informazioni interessanti... Tuttavia sono limiti piuttosto vaghi. Quindi, in coclusione, vorrei fare una doppia domanda: Come si possono stabilire criteri o 'limiti' per cui una parola/espressione appartiene alla lingua italiana Le parole/espressioni straniere inserite nel dizionario, sono da considerarsi italiane? O meglio, si può dire che APPARTENGONO alla lingua italiana? O sono solo di importazione?
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[ { "score": "11", "ownerid": "57", "text": "La parola computer è un prestito ma ormai è la parola standard in Italiano quando ci si riferisce agli oggetti tecnologici, eppure una parola corrispettiva italiana esiste: calcolatore. In questo caso parliamo di un prestito non integrato di lusso. Puoi vedere cosa significhino questi termini in una mia risposta precedente.\nQuello a cui voglio arrivare però è che se una parola viene usata comunemente, che sia palesemente di origine straniera o meno non è il fattore discriminante, ma il fatto che viene usata estensivamente. Dico palesemente poi perché moltissime parole che tu pensi italiane hanno origine da prestiti. Vedi la parola cifra per esempio, o gazzella. \nPer questo motivo non si può parlare di parole \"straniere\" in questo senso, e come hai detto tu, la lingua è viva, si evolve. L'unico criterio che ti resta è, il termine viene usato comunemente da una buona porzione della popolazione?\nAnche se di solito le persone prendono il dizionario come base per poter usare parole, è meno noto il fatto che è anche vero il contrario: il dizionario aggiunge, rimuove o modifica lemmi e significati in base all'uso dei madrelingua. Per esempio, la parola computer è presente nel dizionario, questo la rende una parola \"italiana\", ma è stata aggiunta di conseguenza al fatto che viene usata da praticamente la totalità della popolazione. Gli italiani non hanno usato computer perché lo hanno visto scritto nel dizionario, quindi il criterio rimane sempre il fatto che un termine sia usato dalla maggioranza e in modo continuato. ", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "190", "text": "Credo che l'appartenenza di una parola a qualunque lingua sia meglio espressa mediante criteri di tipo statistico (oppure con logiche fuzzy) piuttosto che con criteri binari sì / no. Mentre esistono parole (in senso lato) che sono chiaramente italiane (allorquando) o non italiane (serendipity), esiste tutta una zona di incertezza proprio perché, come giustamente hai osservato, la lingua è una cosa viva. Il tentativo di normare regole di appartenenza, benché interessante, è destinato a essere una forzatura con speranze di successo nulle. Provocatoriamente: qualunquemente è una parola della lingua italiana? Verrebbe da dire di no eppure è assai più usata (576.000 risultati su Google) della parola ipostasi (53.600 risultati) o del termine: invarianza (312.000 risultati). Assai empiricamente penso che l'uso di Google (numero di documenti trovati), che a volte è dirimente per stabilire la grafia di parole di altre lingue, possa essere un criterio non insensato per valutare l'appartenenza di una parola alla lingua italiana.\nNel caso specifico aggiungerei una osservazione. L'appartenenza linguistica non è un dato a priori: è un contesto; e, a mio modestissimo parere, l'uso di \"a fortiori\" da parte di parlanti italiani non rende la parola più latina per il semplice fatto che ci sono stati dei parlanti latini a usarla. In altre parole origine e uso sono due cose ben distinte. ", "is_selected": false } ]
"Il più e il peggio": si tratta di un modo di dire?
Nel romanzo La chimera, di Sebastiano Vassalli, ho letto: """ I contadini ascoltavano sbalorditi. Perché mai – si chiedevano – questo nuovo cappellano non si limita a minacciarci l’Inferno nell’altra vita, come tutti i preti, lasciandoci poi liberi di fare in questo mondo quello che vogliamo? Inferno o Paradiso, sono fatti nostri; ma non sapevano, i tapini, che il più e il peggio ancora dovevano arrivare. """ La mia domanda è su questa espressione, "il più e il peggio", che appare in questo brano? Si tratta di un modo di dire? Ho cercato su Internet, ma non ho trovato nessuna informazione a riguardo.
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[ { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Non si tratta di un comune modo di dire, ma più e peggio è una frase che viene usata per indicare che c’è da aspettarsi dell’altro in senso negativo. \n“Il più e il peggio” ovviamente suggerisce lo stesso concetto. \nAlcuni esempi:\nDa Sette settimanale del Corriere della Sera:\n\n> È la prova che il malessere siciliano non è finito, che sta cambiando sì, ma che la mafiologia e la sicilianologia annaspano più e peggio della mafia.\n\nDa \nIl diritto ecclesiastico e rassegna di diritto matrimoniale:\n\n> ... e vertiginosa che ai tempi nostri trattiene e travolge la gioventù, e non essa sola, in cose tutte esteriori e materiali: e ancora più e peggio da questo generale dilagare di una immoralità.\n", "is_selected": true } ]
Come si esprime il fatto che alcuni studenti non sono presenti a scuola?
In Catalogna, la scuola è cominciata per i bambini e i ragazzi il passato 14 settembre. Non sono ancora passate due settimane ma, nel posto dove lavoro, parecchi studenti non possono essere presenti a causa della pandemia e ogni giorno che passa ce ne sono di più. Probabilmente, da domani o da lunedì, un'intera classe dovrà passare a casa alcuni giorni di quarantena, ma non lo posso ancora assicurare perché tutto si sta svolgendo in una grandissima confusione. Nella mia lingua, per esprimere il fatto che uno studente non è presente a scuola, nei documenti ufficiali si usa il termine "absència" (in catalano, immagino che in castigliano si usi "ausencia", ma non ne sono del tutto sicura perché nella mia comunità autonoma tutti i documenti dell'ambito scolastico sono in catalano). Nel linguaggio comune, però, questo si esprime con il verbo "faltar". Potrei dire, per esempio, "a l'institut on treballo falten molts estudiants a causa de la pandèmia" (un "institut" è una scuola pubblica di insegnamento secondario) o "a l'institut on treballo falten molts alumnes a causa de la pandèmia". Come posso rendere questa stessa idea in italiano? Nella scuola dove lavoro molti studenti sono assenti a causa della pandemia? Nella scuola dove lavoro molti studenti non sono presenti a causa della pandemia? Altri?
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[ { "score": "4", "ownerid": "4057", "text": "Anche in italiano si usa il termine \"assenza\" ma contrariamente (a quanto ho capito) al catalano non è percepito come particolarmente formale.\nLa frase più naturale è la prima:\n\nNella scuola dove lavoro molti studenti sono assenti a causa della pandemia\n", "is_selected": true }, { "score": "1", "ownerid": "70", "text": "La parola assenza è in effetti dotta e la si trova comunemente in testi giuridici e burocratici, meno in altri testi. Tuttavia assenza e assente hanno un uso comunissimo in ambito scolastico: se uno studente non è a scuola è assente e sul registro di classe viene annotata la sua assenza.\nLo si impara fin da piccoli: un tempo l'insegnante faceva tutti i giorni l'appello. Motivo? Mia nonna, quando cominciò la sua attività di maestra elementare, aveva una classe di oltre cento bambini che divideva in due turni, mattina e pomeriggio. Ovviamente era quasi impossibile riconoscere a vista chi c'era e chi mancava. Perciò si chiamavano i bambini a uno a uno; chi c'era rispondeva ‘presente’, se qualcuno non rispondeva, qualcun altro diceva ‘assente’.\nNaturalmente, con classi meno numerose, la pratica non è necessaria, ma era comunque uso fare l'appello i primi giorni in modo da imparare i nomi. In seguito, segnare le assenze diventa una questione di contare i presenti, dedurre il numero degli assenti e identificarli.\nQuindi ognuno associa “assenza” principalmente all'ambito scolastico, magari non conoscendo le altre accezioni del termine. Usare “non presente” sarebbe una forzatura, quindi\n\n> Nella scuola dove lavoro molti studenti sono assenti a causa della pandemia\n\nè perfettamente comprensibile e anzi è la forma di scelta. Si potrebbe anche dire\n\n> Nella scuola dove lavoro mancano molti studenti a causa della pandemia\n\ne il significato sarebbe lo stesso, sebbene mancare abbia anche altre accezioni. La precisazione a causa della pandemia dice che la mancanza è temporanea, non strutturale come in\n\n> Nella scuola dove lavoro mancano molti studenti per poter istituire una nuova sezione\n\nin cui la mancanza non è temporanea. Qui, ovviamente, assenza sarebbe fuori posto.\nNel gergo militare non si usa rispondere assente. All'appello del plotone durante l'adunata mattutina, chi c'è risponde presente; se uno non risponde, il caporale di giornata può dire marca visita per indicare che il soldato pensa di essere malato. Altrimenti sono guai, perché il soldato che manca all'appello potrebbe incorrere nel reato di diserzione (propria o impropria). Compito del furiere è di annotare sul foglio per l'appello i nomi dei soldati assenti per motivi giustificati (ricovero in infermeria, missione o licenza).", "is_selected": false } ]
'antislamico' o 'antiislamico' o 'anti-islamico'.
Certe volte sono perplessa su come scrivere le parole precedute dal prefisso 'anti', e ciò quando la parola da precedere inizia con la 'i'. Peraltro poi, i vocabolari spesso non aiutano perché non tutte le antiparole sono presenti. Pertanto, c'è una regola generale o dipende da parola a parola? P.e., si scrive 'antislamico' o 'antiislamico' o, magari, 'anti-islamico'?
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[ { "score": "5", "ownerid": "", "text": "Sull'uso di ANTI-\nEsistono in italiano due prefissi anti-.\n\n> Il primo – dal latino ante ‘davanti, prima’ – indica anteriorità, precedenza nel tempo o nello spazio e si trova all’inizio di parole derivate dal latino anticipare (dal latino ante ‘prima’ e càpere ‘prendere’) antimeridiano (dal latino antemeridianum, da ante meridiem ‘prima di mezzogiorno’) o di parole formate modernamente antibraccio, anticamera, antidiluviano Il secondo, dal greco antì ‘contro’, è usato in parole composte in cui il secondo elemento può essere un sostantivo (antincendio, antiruggine), un aggettivo (antigiuridico, anticlericale), un participio presente (antiabbagliante, antiappannante) e assume diversi significati. • Opposizione, avversione, antagonismo verso qualcosa antipapa, antischiavista, antidemocratico • Attitudine a combattere o prevenire qualcosa antiallergico, antisettico, antispasmodico • Capacità di evitare o impedire qualcosa anticoagulante, antifurto, antisismico • Contraddizione, contrasto, o anche indipendenza da qualcosa (con significato simile all’alfa privativo, ➔a-)\n\n\nantiestetico, antistorico\n\n\n> Posizione contraria, movimento in senso opposto, posizione speculare\n\n\nanticiclone, antipodi.\n\nDUBBI\n\n> Nella scrittura, tra anti- (nel significato di ‘contro’) e il secondo elemento composto si può usare il trattino, specie quando si tratta di neologismi o di composti occasionali o rari. Il trattino viene usato con maggiore frequenza quando la parola successiva comincia per vocale: l’uso resta comunque molto oscillante, e si alterna anche alla grafia separata dei due elementi. Nei giornali degli ultimi anni, tra le centinaia di nuovi prefissati con anti-, si possono trovare\n\n\nantiburqa, anti-burqa\n\nanti-carovita, anti carovita\n\nantidegrado, anti-degrado, anti degrado\n\n\n\n> Nei casi in cui anti- precede una parola che comincia per i, si tende a evitare la sequenza di due vocali identiche: antincendio è molto più frequente di anti-incendio o di antiincendio.\n\nFonte Treccani.it\nNgram anti-islamico vs antislamico", "is_selected": false } ]
Is novecentonovantanovemilanovecentonovantanove one word?
Is "novecentonovantanovemilanovecentonovantanove" one word? (That's what Treccani seems to suggest, mentioning for example the number "seicentocinquantaquattromilatrecentoventuno", i.e. 654321). Or should it be "novecentonovantanovemila novecentonovantanove"? Or "novecento novantanove mila novecento novantanove" (seriously?)? Or in a still different way? Why? Is there any agreement at all among linguists regarding rules for writing number words in Italian? What is the longest single-word number in Italian, agreed upon by linguists/dictionaries? "Quattrocentoquarantaquattromilaquattrocentoquarantaquattro"? Note that "quattrocentoquarantaquattromilaquattrocentoquarantaquattro" would beat "precipitevolissimevolmente" 58-26 in terms of number of characters. @egreg "Centomila" is one word, it is a cardinal numeral adjective; "un milione" is made of two words: "un", masculine indeterminative article, and "milione", masculine noun. You say "centomila unità" but "un milione di unità" (not "unmilione unità"). Not quite the same. Also note that 999999 can also be seen as 11110100001000111111 in the binary system, i.e. """ 219 + 218 + 217 + 216 + 214 + 29 + 25 + 24 + 23 + 22 + 21 + 20 """ or, by setting ``` b = 2 ``` , """ 1 · b19 + 1 · b18 + 1 · b17 + 1 · b16 + 0 · b15 + 1 · b14 + 0 · b13 + 0 · b12 + 0 · b11 + 0 · b10 + 1 · b9 + 0 · b8 + 0 · b7 + 0 · b6 + 1 · b5 + 1 · b4 + 1 · b3 + 1 · b2 + 1 · b1 + 1 · b0 """ but my understanding is that these are mathematical representations, not words as used in linguistics. As to "tutt'al più", this is a "locuzione" (which is made of at least two words) while "tuttalpiù" is one word (1, 2, 3). Of course these are all linguistic conventions, not laws of nature.
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[ { "score": "5", "ownerid": "70", "text": "I don't think it is one word, but, to begin with, we should agree on the definition of what a word is. Just to make an example from the opposite side, is tutt'al più one word or three? In my opinion this is one word that's written in a peculiar way.\nTo come to numerals, think to unmilione that would be so written on a check because of legal matters (well, € 1 000 000 would be quite an amount), but in a novel one would write un milione di euro. Is it one word, now?\nI often present Mark Twain's\n\n> Constantinopolitanischerdudelsackspfeifenmachersgesellschaft\n\nasking whether it is a word or not. In order to be a word, it should have a meaning: can you assign one? Or is vorpale a word? It appears in an Italian translation of Carrol's Jabberwocky (vorpal in the original). Does the presence in a written text guarantee this cluster of letters the status of word? Is ilprogrammadicuinonmenzionomaiilnome one word? Who knows me clearly understands what computer program I'm referring to, but is that a word or many?\nWe might argue that 999999 is one word because of how it's written. On the other hand, this might be considered just an acronym like СССР, where the three initial letter represent different values:\n\n> Союз Советских Социалистических Республик\n\nwhich are four distinct words. Note that, mathematically, 999999 is an acronym, because it stands for\n\n> 9 + 9 · b + 9 · b2 + 9 · b3 + 9 · b4 + 9 · b5 + 9 · b6\n\nwhere b is ten. Is it a word?", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "270", "text": "In italiano\n\"novecentonovantanovemilanovecentonovantanove\" \nalle volte è una sola parola, alle volte è invece \n\"novecentonovantanovemila e novecentonovantanove\" \nergo tre parole, dipende dal contesto!\nSaluti\nP.S.=In tutti e due i casi il numero è \"999999\"", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "4635", "text": "Every number before 1.000.000 is written as a single word, after that \"un milione\" si added in front, but as a different word", "is_selected": false } ]
Cosa significa "è gaudio" in questo contesto.
Questa frase è tratta da "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers" di De André: """ Deh, cavaliere, non v'accostate, già ad altri è gaudio quel che cercate """ Descrive il momento in cui la fanciulla dà il due di picche al Re in un primo momento, che non vede una donna da molto tempo per via della guerra. Cosa significa in questo caso "è gaudio"; so che "gaudio" significa "gioia intensa", ma non riesco ad inquadrarlo bene nel contesto.
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[ { "score": "6", "ownerid": "928", "text": "Io lo interpreto come un modo molto arzigogolato di dire che è sposata: quel che cercate (=giacere con lei) è già gaudio ad altri (=è un piacere che spetta già ad un'altra persona, il marito).", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Mi sembra che la fanciulla stia dicendo al Re di non avvicinarsi a lei e che quello che lui cerca (il piacere, la gioia (gaudio) di stare con una fanciulla) è cosa già conosciuta da altri. \nPenso che De André abbia voluto usare un linguaggio ricercato dato il contesto della vicenda. 'Gaudio' non è un termine molto comune tranne che nel modo di dire 'mal comune mezzo gaudio'. \nGaudio: Treccani.it\n\n> Con sign. più generico, gioia, piacere, soprattutto nel prov. mal comune mezzo g., le sofferenze sembrano meno gravi quando sono divise con altri. Raro il plur., e solo in frasi di tono elevato: ore di gaudii Lunghe ci son davanti (D’Annunzio).\n", "is_selected": true }, { "score": "3", "ownerid": "1795", "text": "Io intenderei gaudio come godimento, parafrasando, quindi, è godimento altrui ciò che lei cerca. In questo modo si sottolinea anche l'assonanza tra le due parole.", "is_selected": false } ]
Ordine delle parole nell’espressione “ne si è bevuto molto”.
Leggendo una pagina di grammatica, ho trovato questa frase e non riesco a capire perché il “ne” viene messo prima del “si”: “Di vino, ne si è bevuto poco”. In un altro esempio si può leggere “Degli errori, se ne è discusso ieri”, e questo esempio sì lo capisco bene, ma allora perché nell'esempio precedente si dice “ne si è bevuto poco” e non “se ne è bevuto poco”?
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[ { "score": "3", "ownerid": "6593", "text": "\"Se ne è bevuto poco\" è quello che direbbe e scriverebbe qualunque italiano.\n\"Ne si\" sarà una forma arcaica o una licenza poetica in azione.", "is_selected": true } ]
Etymology of "non capisce un'acca".
Where does the phrase "non capiscono un'acca" (meaning "they are stupid") come from? I understand that "acca" may mean the letter "H", but I am not sure why not "understanding" it may be symptom of not being very smart... Maybe it comes from "accidente"? In which case, why would it mean what it means?
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[ { "score": "13", "ownerid": "8", "text": "Frase fatta capo ha. Dizionario dei modi di dire, proverbi e locuzioni di italiano di Giuseppe Pittàno (Zanichelli, 2009, p.202):\n\n> L'identificazione h con niente è dovuta al fatto che in latino la lettera h, in origine aspirata, pian piano si attenuò fino al perdere il valore di aspirazione. Non capire un'acca quindi significa non capire niente. Translation: Identification of the h with \"nothing\" comes from the fact that, in Latin, the letter h, at first aspirate, has gradually muted. Non capire un'acca means \"(to) not understand anything at all.\"\n", "is_selected": true } ]
Why is the answer “Va bene”?
The answer to """ Come vanno le cose? """ is """ Va bene. """ So we should answer with incorrect grammar? Isn't it more correct to say "Vanno bene"?
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[ { "score": "5", "ownerid": "70", "text": "The grammatically correct answer would be Vanno bene, but the verb would usually be omitted. Here are some examples:\n\n> — Come vanno le cose? — Bene, grazie. — Come vanno le cose? — Vanno bene, grazie. — Come vanno le cose? — Tutto bene, grazie. — Come vanno le cose? — Va tutto bene, grazie.\n\nNobody would answer Va bene to the question Come vanno le cose?. However, as in the third and fourth examples above, the subject can change and so also the verb. In very informal situations, grazie would frequently be omitted.", "is_selected": false } ]
Qual è il tempo verbale giusto in questa frase?
Oggi ho detto questa frase: Bastava che trovasse qualcuno che glielo prestasse ma sono stato ripreso. È sbagliata? Perché?
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[ { "score": "5", "ownerid": "391", "text": "Devi usare il condizionale: \"Sarebbe bastato che\" oppure \"basterebbe\" a seconda del significato che vuoi dare, che nel tuo caso non è chiarissimo. È la formula tipica di una frase condizionale.\nSi usa spesso il tempo imperfetto, ma non è corretto. La forma della frase è\nCondizionale + che + congiuntivo. \nQuindi hai i due casi: \n\n> \"Sarebbe bastato trovare qualcuno che glielo avesse prestato\"\n\nOppure\n\n> \"Basterebbe che trovasse qualcuno che glielo prestasse\"\n\nNel primo caso, ormai è tardi: non troverà nessuno. Nel secondo caso c'è ancora della speranza, e può essere resa senza il primo \"che\": \n\n> \"Basterebbe trovasse qualcuno che glielo prestasse\"\n\nEdit-----------------------------------------------\nForse dobbiamo passare a un caso reale per capirci meglio. \nEsempio: il nostro amico aveva un appuntamento a cui non è andato perché nessuno gli ha prestato la bici. \nCaso 1: L'appuntamento è oggi pomeriggio e il nostro amico è in giro in cerca di uno che gli presti la bici.\n\n> \"Basterebbe trovasse qualcuno che glielo prestasse\"\n\nCaso 2: L'appuntamento era ieri pomeriggio e il nostro amico prima di ieri pomeriggio ha cercato di farsi prestare la bici.\n\n> \"Sarebbe bastato trovare qualcuno che glielo avesse prestato\"\n\nCaso 3: L'appuntamento è nell'immediato futuro, ma ormai è tardi ed è impossibile trovare una bici. \n\n> \"Sarebbe bastato trovare qualcuno che glielo avesse prestato\"\n\nCaso 4: L'appuntamento è oggi pomeriggio e il nostro amico avrebbe bisogno di farsi prestare una bici proprio ora.\n\n> \"Sarebbe bastato trovare qualcuno che gliela prestasse\"\n\nCaso 1: l'appuntamento è nell'immediato futuro e ho ancora possibilità di farcela (quindi uso il presente in entrambi i verbi).\nCaso 2-3: l'appuntamento è passato o è troppo vicino e non ho possibilità di farcela (quindi uso il passato in entrambi i verbi).\nCaso 4: l'appuntamento è nell'immediato futuro ed il mio amico è andato ieri a cercare una bici, senza successo. L'atto del farsi prestare la bici avverrebbe ora (quindi posso usare il presente), ma ormai sta diventando troppo tardi. ", "is_selected": false } ]
Qual è il senso di "girare" in questo contesto?
Nel romanzo Il barone rampante, di Italo Calvino, ho letto: """ Dall'albero, egli stava delle mezz'ore fermo a guardare i loro lavori e faceva domande sugli ingrassi e le semine, cosa che camminando sulla terra non gli era mai venuto di fare, trattenuto da quella ritrosia che non gli faceva mai rivolgere parola ai villici ed ai servi. A volte, indicava se il solco che stavano zappando veniva diritto o storto, o se nel campo del vicino erano già maturi i pomodori; a volte s'offriva di far loro piccole commissioni come andare a dire alla moglie d'un falciatore che gli desse una cote, o ad avvertire che girassero l'acqua in un orto. """ Ho cercato il verbo "girare" in parecchi dizionari ma, tra le diverse accezioni che appaiono, non riesco a capire a quale corrisponda l'uso che se ne fa nel passaggio precedente . Me lo potreste spiegare?
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[ { "score": "2", "ownerid": "1243", "text": "Girare l'acqua all'orto significa irrigare.\nIn passato, specie nelle grandi proprietà terriere, erano presenti canali di irrigazione che si diramavano da quello principale.\nIn questo caso girare ha il significato di irrigare distribuendo l'acqua ai vari campi tramite l'utilizzo di chiuse che venivano aperte o chiuse a seconda delle necessità.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "4224", "text": "Girare è un verbo che, come molti, può avere molti significati; in questo specifico caso, si intende far circolare l'acqua nei vari canali di irrigazione. Questo verbo è anche usato in casi come \"far girare il motore\" che è più o meno simile (si intende di far partire e far funzionare il motore), oltre al suo significato classico.", "is_selected": false } ]
Cosa significa "dentrovi"?
Nel romanzo Artemisia, di Anna Banti, ho letto: """ Quando, alla voltata, compare la gran mole arida del palazzo, l'ingiustizia del mio arbitrio mi sa d'amaro e mi spinge a raccogliere, come un oggetto perduto, l'oro ottobrino di Roma, dentrovi Artemisia chinata sulla cassa a pigiarci indumenti, suppellettili, quel che le preme al mondo, il resto lo butterà in Tevere, tanto a Roma non tornerà. """ Non capisco il significato di "dentrovi" in questo brano. Ho cercato il vocabolo, ma non l'ho trovato in nessuno dei dizionari che ho consultato. Me lo sapreste spiegare?
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[ { "score": "8", "ownerid": "2056", "text": "Secondo quanto riporta il vocabolario Treccani alla voce dentro, \n\n> (Dentro) anticam. era talvolta seguito dalla particella \"vi\" enclitica (déntrovi, cioè «ivi dentro»): trasse d’un armario una cassetta. Dentrovi pane, bicchieri e coltella (Machiavelli).\n\nIl frammento del passo citato, dunque, può esser letto come:\n\n> [...] lì all'interno [cioè nel palazzo menzionato precedentemente] (si trovava) Artemisia chinata sulla cassa a pigiarci indumenti, suppellettili, quel che le preme al mondo [...]\n", "is_selected": true } ]
"Vi" in lieu of "ci" and "ovunque".
I just read the following short Sputnik article and I am left wondering: Why does it say rinunciarvi instead of rinunciarci as far as il gelato is concerned? Is it normal to have a phrase like gli esperti consigliano di acquistare carne ovunque sia possibile verificarne la qualità? I'd have added a conjunction between carne and ovunque.
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[ { "score": "7", "ownerid": "6856", "text": "1. \"-vi\" instead of \"-ci\"\nYou can do it whenever you want; they are exactly the same, it is just an issue of what sounds better to you (I tend to prefer \"-vi\" but \"-ci\" is more common). For example \"rinunciarci\" already has the sound \"cia\" so \"rinunciarvi\" might sound better; conversely \"viverci\" sounds better than \"vivervi\" in almost all cases (unless you explicitly want to repeat the \"v\" sound for poetic/musical reasons).\n2. \"Gli esperti consigliano di acquistare carne ovunque sia possibile verificarne la qualità.\"\nIf you add a conjunction, you change the meaning of the sentence.\nAs it is now, it means that you should buy meat (only) where you can verify its quality, if you say \"Gli esperti consigliano di acquistare carne e, ovunque sia possibile, verificarne la qualità.\" it means you should buy meat and, where it is possible, verify its quality (but it is ok even if you buy it from a place where you cannot verify its quality).", "is_selected": false } ]
Why is it okay to say "Sono in cucina"?
I've been wondering why it's okay to say "Sono in cucina" without any article while it's necessary to say "Sono nel negozio", for example. With what nouns can we simply say "in"?
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[ { "score": "8", "ownerid": "5487", "text": "In the sentence \"Sono nel negozio\" the word \"nel\" is an Italian composed preposition, nel = in + il.\nSo, \"Sono nel negozio\" works like \"Sono in negozio\" and \"Sono in cucina\" works like \"Sono nella cucina\".\nSpecifically you use only in when the owner of the place you refer is clear or familiar.\nInstead, you use nel when referring to where the location you are talking about is located.\n\"Sono nel negozio di scarpe\" can be used inside a common store implying that the store is in a bigger place like a shopping center, \"Sono in negozio\" usually is used when I am in my own store, or in a store I work in.\n\"Sono in cucina\" when I'm in my kitchen. \"Sono nella cucina\" if I'm a visitor in a house for sale and someone is looking for me (es.: sono nella cucina della casa che sto visitando).", "is_selected": false } ]
"In" versus "con" in una frase particolare.
Quale tra queste due frasi è quella corretta? Vado sempre al lavoro in un treno locale. Vado sempre al lavoro con un treno locale.
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707
[ { "score": "4", "ownerid": "174", "text": "Visto che vuoi indicare la modalità con la quale vai a lavoro devi usare il complemento di modo o maniera.\nSi usano in o col (con il) quando il modo è un mezzo di trasporto generico\n\n> Vado sempre a lavoro in treno. Vado sempre a lavoro col treno.\n\nSi usa con un quando ci si riferisce ad un certo tipo di mezzo di trasporto (ad es. + aggettivo).\n\n> Vado sempre a lavoro con un treno locale. Vado sempre a lavoro con un treno affollatissimo.\n\nSi usa col quando ci si riferisce ad un esatto mezzo di trasporto\n\n> Vado sempre a lavoro col treno delle 7:30, quello sempre affollato.\n\nQuindi la prima frase non è corretta. Sforzandosi, uno può dedurne che una volta hai affermato di fare un lavoro che si svolge all'interno di un treno locale e che quella affermazione sia ancora vera, nel senso che non sei stata promossa ai treni nazionali. Ma per se uno avvesse voluto dire questo avrebbe detto piuttosto\n\n> Lavoro sempre in un treno locale.\n\no\n\n> Continuo a lavorare in un treno locale.\n", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "961", "text": "In un treno locale -> lavori sul treno\nCon un treno locale -> Vai al lavoro per mezzo del treno\nPer dire il mezzo puoi anche usare in treno, ma senza aggettivi: quindi non in treno locale", "is_selected": false } ]
Could somebody please check my work?
I am very new to Italian and was just posting this here to have it proof-checked, thank you! """ Questo è Haid Mahmood. Lui è mio piccolo fratello. Lui ha undici anni ma il suo compleanno è il sedici Maggio, due giorno da oggi. Lui è pakistano ma abita a Perth in Australia. Lui parla inglese e urdu. Haid è molto fastidioso ma lui è un po' amichevole. Lui non è molto alto. Haid ha I capelli ricci. Haid è molto bravo in musica. Lui suona la tromba. """
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[ { "score": "3", "ownerid": "5327", "text": "Questo è Haid Mahmood. Lui è il mio fratello minore. Lui ha undici anni ma il suo compleanno è il sedici Maggio, fra due giorni. Lui è pakistano ma abita a Perth in Australia. Lui parla inglese e urdu. Haid è molto fastidioso ma anche un po' amichevole. Lui non è molto alto. Haid ha i capelli ricci. Haid è molto bravo in musica. Lui suona la tromba.\nThat’s how I’d correct your sentence at first. Anyway, even if it’s not a mistake, I’d suggest not to repeat the nominative pronoun “lui”, since in italian it’s already expressed in the verb. So you might rather to say: \n\n> Questo è Haid Mahmood, mio fratello minore. Ha undici anni. Il suo compleanno è il 16 maggio, fra due giorni. È pakistano ma abita a Perth, in Australia. Parla inglese e urdu. È molto fastidioso ma anche un po' amichevole. Non è molto alto e ha i capelli ricci. È molto bravo in musica e suona la tromba.\n", "is_selected": true } ]
Why is it “La Marzocco”?
I would expect that the definite article for Marzocco would be “il”. Why is it “la”? Is there a word that is omitted? With "La Marzocco" I refer to the espresso machine company.
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[ { "score": "3", "ownerid": "707", "text": "You can find a detailed answer to this question in the article by Vittorio Coletti \"Articolo determinativo con nomi di aziende\", published in the website of the Accademia della Crusca:\n\n> Nessuna regola della lingua vieta di dire “Fiat ha venduto le sue azioni” o “La Fiat ha venduto le sue azioni”, anche se la seconda soluzione è molto più diffusa della prima. Quanto più il nome è familiare e popolare tanto più il parlante tende a legarlo all'articolo, usato al femminile quando comprende o sottintende (come perlopiù accade) parola femminile, come azienda, ditta, società, fabbrica, banca, compagnia, fondazione ecc. (e quindi: la Lancia, l'Ariston, la Cirio, la Banca Etruria, la Reale Mutua) o al maschile, quando è sottintesa o esplicita parola maschile, come banco (Il San Paolo, il Banco Alimentare). [...] È significativo che nella forma standard e tradizionale “Banca d'Italia” sia perlopiù preceduta da la, mentre non lo è mai nella forma sintetica ad acronimo, corrente nel linguaggio giornalistico e specializzato (Bankitalia). In Liguria è fisso Cassa di Risparmio di Genova e Imperia con l'articolo, ma è frequente Carige senza, ancorché soprattutto nel linguaggio degli addetti ai lavori, perché la gente comune preferisce comunque “la Carige”. In sostanza, non c'è errore nel mettere l'articolo e neppure nell'ometterlo, anche se la lingua tradizionale lo preferisce (ad esempio è comunissimo con i nomi distesi e tradizionali di banche, tipo “la Banca del Fucino”, “la Cassa di Risparmio dell'Umbria”). L'italiano recente è più disponibile all'omissione, del resto non incompatibile con la grammatica. [...] È opportuno infine ricordare che il nome della stessa azienda può essere maschile e femminile a seconda di quello che si sottintende. Dico: “faccio un salto al Carrefour” (il supermercato) e leggo, sottintendo “azienda”: “la Carrefour apre un nuovo supermercato” e, non meno spesso, “Carrefour ha acquisito l'esclusiva del tal prodotto”. In casi come questo, l'anteposizione dell'articolo consente di disambiguare subito il significato di un nome: se si dicesse “Cinzano ha grande successo nel mondo”, si potrebbe intendere tanto “il Cinzano” (vermut) quanto “la Cinzano”, azienda, e quindi è preferibile esporre l'articolo. L'articolo è preferibile anche quando il nome di un'azienda coincide con quello del proprietario e questo è per di più molto comune: per indicare l'azienda di pollame Rossi Mauro, è meglio anteporre l'articolo (femminile), per non confonderne il nome con quello di tanti omonimi signori, ivi compreso quello stesso del suo proprietario. [...]\n\nSo, to answer your specific question: as explained above by Coletti, there is indeed an omitted word in the expression \"La Marzocco\" used to indicate a company: \"azienda\", \"ditta\" or \"società\" (all words meaning \"company\"). Feminine article \"la\" is used because all these words are femine nouns. In other words, \"l'azienda Marzocco\", \"la ditta Marzocco\" or \"la società Marzocco\" are transformed into \"La Marzocco\". The capitalization of article \"la\" is a way of including it in the proper name of the company.\nAs said by Coletti, the usage of determinative article with the names of companies was traditionally common in Italian, but this tendency has begun to change in modern Italian. Such determinative article is mostly feminine \"la\" (or \"l'\" if followed by a vocalic sound) because a feminine noun is implicit in the expression, such as \"azienda, ditta, società, fabbrica, banca, compagnia, fondazione\", etc. So, we say, for instance, \"la Lancia, l'Ariston, la Cirio\" or \"la Fiat\". Only in the few cases in which the omitted noun is masculine we use a masculine article. So, we say \"ll San Paolo\" because the omitted word in this case is \"banco\", which is masculine.\nAnother interesting fact explained in the quoted text is that, in some specific cases, the choice of the gender of the definite article to use before the name of a company can determine the meaning of the construction. So, for instance, \"la Cinzano\" would be \"l'azienda Cinzano\", whereas \"il Cinzano\" would be generally understood as the vermouth beverage produced by this company.", "is_selected": true }, { "score": "-1", "ownerid": "2876", "text": "Yes, there is something omitted in this sentence: the object or the person you are referring to. The definite article follows the gender of the latter one; I'll try to explain a bit better.\nMarzocco is a surname, so the phrase:\n\nCan be about a person: in this case the person in all likelihood is a lady (or a miss), so\nthe complete phrase would be:\n\n\"La signora (o signorina) Marzocco.\"\nThis kind of sentence is basically always used in an informal way and in spoken language, when both you and your interlocutor know the person very well.\nWriting about someone as \"la Marzocco\" is not much elegant (at least in my opinion)\nbut can be quite commonly used in written language when referring to a well-known person, like:\n\"La Cartabia\" instead of \"la ministra Cartabia.\"\nNote that (in my experience) in this case this kind of expression is rarely (or even never) used when referring to a man; personally I've never seen written \"il Di Maio\" even if he's a minister, too.\nIn my experience the habit of using the definite article with the surname of the person was common on Northern Italy and later it spread to the rest of Italy.\nAlso in Northern Italy it is common to use the first name of the person too, only in spoken language and informally, so between friends is very common to say, when speaking of someone, \"il Gianni\" or \"la Marta.\" In this case it is commonly used for both genders.\nThere is a big exception to the \"rules\" I've written so far, as @Charo commented: when the phrase refers to a personality of culture, especially of literature.\nSo it is commonplace to say or to write \"il Manzoni\" or \"la Morante\" in all Italy.\nThis is a way to emphasize the authority of the person you are speaking or writing of.\n\nMarzocco is the name of a company (in Italy it is not uncommon, think about Ferrari or Lamborghini, both companies are named after their founder).\n\nIn this case \"la Marzocco\" can refer to the whole company, so the complete phrase would be\n\"la (ditta) Marzocco\"; another example could be \"la Disney\" to refer to \"LA (compagnia) Disney.\nOr can be about something that the company produces, so again the gender of the article follows the gender of the product:\nLa (macchina per il caffè) Marzocco\nOr\nLa (automobile) Lamborghini\nPlease note that, if I don't remember wrong, the case about Ferrari is tricky because some people claim that \"la Ferrari\" must be used only with reference to the company, while the car should be addressed at as \"IL Ferrari.\"", "is_selected": false } ]
Cosa vuol dire "spizzare" in questo contesto?
Nel romanzo Vita di Melania G. Mazzucco ho letto: """ Ogni volta che Rocco accompagnava a casa il padre, Venera lo spizzava dietro le tende della finestra – lasciando cadere la cortina appena realizzava che lui l’aveva notata. Rocco portava la mano alla falda del cappello e accennava un inchino. """ Sapreste spiegarmi il significato di "spizzare" in questo brano? Ho trovato questo verbo in parecchi dizionari, ma tutte le accezioni fanno riferimento a giochi di carte, al calcio o al biliardo.
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[ { "score": "4", "ownerid": "1243", "text": "In questo blog di dialetto romanesco si può leggere:\n\n> Spizzare v.tr. [sogg-v-arg] – è il mio preferito. Nessuno dà pizze in faccia, i pestaggi lasciamoli fare ai neofasciti. “Ahò, quello sta a spizzà a Tatiana”. Approfonditi studi etimologici da me condotti hanno dimostrato scientificamente che è una trasfusione semantica dal gioco delle carte. Qui si tratta di uno sguardo provocatore, sottecchi, nascosto ma non troppo, come quando si scoprono le carte de poker. Tatiana, nonostante sia tarchiata e francamente bruttarella, in questa occasione è stata oggetto di sguardi interessati alla sua fisicità.\n\nViene data al termine un’interpretazione corrispondente al guardare di nascosto, di sottecchi, sbirciare. ", "is_selected": true } ]
Cosa significa "punta d'assaggio"?
Nel racconto L'isola, di Giani Stuparich, ho letto: """ – Quando sarai guarito... – la menzogna tremò sulle labbra del figlio; ma egli la sentì necessaria e crudele come una punta d'assaggio. Era quello il momento di tentar di penetrare nella coscienza di suo padre. Lo osservava e vide che un lievissimo rossore gli si diffondeva per le guance, sotto la pelle scialba. """ Sapreste spiegarmi il significato dell'espressione "punta d'assaggio" in questo passaggio? Ho cercato i termini "punta" e "assaggio" in alcuni dizionari, ma non riesco a capire cos'è una "punta d'assaggio". Aggiornamento: Ho trovato l'espressione "punta d'assaggio" in atri documenti: http://www.farnesina.ipzs.it/series/NONA%20SERIE/volumi/VOLUME%20VIII/full http://www.intravino.com/primo-piano/lettera-a-un-wine-blogger-mai-nato/ http://www.bwined.it/il-bianco-di-baal-e-i-crudi-di-pesce/ https://books.google.es/books?id=wPc-AQAAMAAJ&q=%22punta+d%27assaggio%22&dq=%22punta+d%27assaggio%22&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwj-yo20qZPiAhVozoUKHVQqBaQQ6AEIETAB http://www.lincei.it/pubblicazioni/rendicontiFMN/rol/pdf/S5V24T1A1915P48_54.pdf (i due ultimi sono lo stesso documento in due formati diversi).
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[ { "score": "1", "ownerid": "2876", "text": "Sicuramente il brano si riferisce ad un oggetto con una punta aguzza, come potrebbe essere ad esempio un coltello; Sono del parere che il commento di @egreg sia corretto, e che si tratti della punta che si infila nel prosciutto per saggiarlo (http://www.sanfrancescospa.it/testimonial/prosciutto-osso-di-cavallo/). Nel contesto, significa che la menzogna è \"penetrata\" nell'interlocutore in modo assai doloroso, come una stilettata.\nL'aggettivo \"Necessario\" secondo il dizionario Treccani deriva da ne e cedere ossia \"da cui non c’è modo di ritirarsi\"; quindi potrebbe in questo contesto essere utilizzato come sinonimo di \"implacabile\", \"inesorabile\"; \"crudele\" è un'aggettivo che si adatta bene a descrivere il dolore provocato da un oggetto acuminato.", "is_selected": false } ]
Are "che", "che cosa" and "cosa" interchangeable in simple "what questions"?
When I want to ask "what do you have for breakfast?", can I use any of the three, "che", "che cosa", or "cosa", to ask the question? I'm not referring to specific structures like "che ore sono?".
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[ { "score": "16", "ownerid": "70", "text": "In the example sentence you can use any of them; but\n\nche, in my region, sounds strange alone in a question, but it is widely used in other parts of Italy (see later);\nche cosa is “grammatically correct“ anywhere;\ncosa is the most colloquial.\n\nSome purists frown upon cosa, but since they should blame Alessandro Manzoni for the usage, they can't say it too loudly. See http://www.mauriziopistone.it/testi/discussioni/gramm04_cosa.html for cosa as interrogative pronoun in Manzoni and other examples.\nAddressing somebody with Che vuoi per colazione? may cause raised eyebrows in some parts of Italy and sound formal. Not too formal, though. Conversely, Cosa vuoi per colazione may sound funny in the Che regions.", "is_selected": true } ]
"nocumentare" nella lingua italiana, nascita e morte.
È leggendo Adam Smith, John Nash, il prezzo dell’anarchia e la decadenza della società moderna di Vittorio Bilò che (re)incontro con piacere la parola nocumento, parola già incontrata nelle opere pirandelliane. Mi capitò una volta, ai tempi del liceo scientifico, di usare il verbo “nocumentare” durante una prova orale di filosofia e la mia prof non disse niente a riguardo, se corretto o meno era quel verbo in italiano, se esisteva più che altro. La prof mi capì insomma, saranno stati i suoi studi oltre di filosofia anche di lettere classiche, ergo vedeva “lecito” l’uso del verbo nocumentare dal “nocumentum” latino, che non le diedero motivo di correggermi. Ma è un verbo usato in italiano? E in latino? Esistono ovvero? Treccani ed altri non danno alcun risultato per il verbo, i dizionari latini idem, ma se cerco con Google compare una lista di scritti in latino (Savanarola è l’unico che mi salta all’occhio) e uno in italiano (in fondo ovvero CLIC). Allora esiste in italiano? Se sì, perché nessun dizionario lo riporta anche sotto la voce rar(issimissimo), idem dicasi per il latino? Ammetto che la community è esclusivamente per l’italiano, quindi se non ho risposta, diversamente non in latino spero LOL, per l’uso in quella lingua morta mi accontento lo stesso. Inoltre, può questo verbo essere stato usato solo in un intorno degli inizi del ’900? Qualcuno ha grafici o dati o altre fonti d’uso in relazione a questo verbo? (Strano che Ngram Viewer non dia risultati, ammesso lo usi correttamente mi domando ”cosa caspiterina scansiona se in Google Books esiste lo scritto?”)
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[ { "score": "1", "ownerid": "3648", "text": "Per quanto la lingua italiana non sia un sistema chiuso ritengo che piegare un sostantivo per farlo diventare verbo sia un po' troppo, per quanto uno voglia essere flessibile sui neologismi. Lo ritengo una bruttura un po' come quando leggo \"utilizzazione\" al posto di \"utilizzo\".Cagionar nocumento potrebbe essere una formulazione più \"corretta\" dal sentore comunque arcaico.", "is_selected": false } ]
Why do people from Rome use "a" when criticism is involved?
When I stay in Rome I hear people using "a" in a strange way, especially in cases in which a criticism or an insult is involved. For example: """ a vedi questo a burino a st***zo """ and so on. Can anyone explain what the reason and the historical origin of that “a” are? And, also, what does it precisely mean?
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[ { "score": "15", "ownerid": "5", "text": "Si tratta di un vocativo, e non è necessariamente limitato a degli insulti.\nWikipedia, ad esempio, cita:\n\n> Ah Varte', ando vai?\n\nche possiamo rendere con\n\n> Ehi Walter, dove vai?\n\nAltri esempi si possono trovare su questa pagina di Roma virtuale\nAd esempio\n\n> A rega',...\n\nossia\n\n> Ragazzi,...\n\nIl vocativo in italiano è probabilmente meno usato, ed è reso in varie forme con il complemento di vocazione", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "37", "text": "It is simply an interjection, the Roman exactly corresponding to Tuscan – and so Italian – “o”, which strengthens an exclamation that follows (not to be confused with “oh”).", "is_selected": false }, { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Il valore vocativo è stato ottimamente illustrato da nico.\nPer maggiore informazione vorrei solo aggiungere che:\n\n> When I stay in Rome I hear people using\n\na) - non è uso dei soli romani: questa variante dell'o vocativo si può sentire in gran parte dell'Italia meridionale, da Napoli: \"a 'nfame!\" a tutta la Puglia: \"a ricchio'...\"\n\n> specially in cases in which a criticism or an insult is involved.\n\nb) - non è particolarmente dovuto ad una ingiuria: 'a more'...\", \"a Nando\", *\"a tutta bbona!\", \"a strafica!\", \"a paraculo!\"\nc) infine una forma di interiezione vocativa è presente in tutta Italia, con leggere varianti: \na Firenze è rimasto il classico 'o' : \"o ragazzi\", al sud \"a raga'..\", al Nord 'oè, ué': \"uè ragasi\", a Milano: : \"oè pirla!\", a Bologna : \"oè ragassuolo\" etc...\nd) infine \"a vedi questo\" è errato e non è assimilabile al vocativo.\nla forma corretta è \" ..'anvedi 'sto fijode...\" ed è una deformazione di: \"non/ma vedi 'sto...\"", "is_selected": false } ]
Cosa significa "levare" in questo brano?
Nel libro I migliori anni della nostra vita di Ernesto Ferrero ho letto: """ Il Maestro era anche il ministro degli Esteri, l'ambasciatore plenipotenziario, il regista sapiente di una comunicazione - come adesso si dice - tutta giocata in levare: poche apparizioni di grande significato, destinate a lasciare un segno. """ Ho cercato il verbo "levare" in parecchi dizionari e ho trovato molte accezioni. Tuttavia, non capisco a quale si riferisca questo vocabolo nel passaggio precedente. Me lo potreste spiegare?
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[ { "score": "3", "ownerid": "3479", "text": "Si tratta di una metafora tratta dal linguaggio musicale. \n\"Suonare in levare\" in musica indica spostare l'accento per mettere in evidenza il \"colpo debole\". La tecnica in inglese dovrebbe chiamarsi \"offbeat\". Utilizzare questa tecnica serve a dare più pienezza ad un ritmo e può \"stupire\" le persone che non si aspettano questo effetto che compare in maniera irregolare rispetto al \"battere\" che è il classico colpo del ritmo.\nIn questo caso, quindi, \"una comunicazione tutta giocata in levare\" indica che fa della sorpresa il suo punto di forza.\nNon ha un utilizzo nel parlare comune ma io gli ho dato questo significato in base anche alla piccola spiegazione successiva \"poche apparizioni di grande significato, destinate a lasciare un segno\" che è la stessa descrizione che si può dare a \"suonare in levare\" in musica:\nhttps://dizionario.internazionale.it/parola/in-levare.", "is_selected": true } ]
"Andare a" vs "andare in" - places.
Is there any general rule to decide between using the preposition "a" or "in" with "andare" and places ? Some examples: andare in biblioteca andare a scuola andare al parco andare al cinema andare al mercato andare all'aeroporto andare in ospedale andare in albergo andare in montagna andare al mare andare in spiaggia The rules of using "in" for countries, states, regions, continents and big islands, "a" for cities and small islands and "da" when the place refers to a person (eg house/office of somebody) are clear and they are out of the scope of this question.
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[ { "score": "1", "ownerid": "5634", "text": "Most rules about how to choose which preposition must be used with \"andare\" are already mentioned in your question. There are a few others:\n\nwith a street or a square, use \"in\": Laura abita in via Buozzi.\nwith a shop or a store, use \"in\": Devo andare in farmacia. However, if the name of the shop or store is followed by some specification, use the articulated preposition \"a\" or the articulated preposition \"in\": Ho comprato queste pillole alla farmacia dei Quattro Cantoni.\n\nThe cases which are not covered by these rules, such as almost all the examples in your question, must be learned by heart. A list with more cases can be found at Preposition \"a\" or \"al\"?", "is_selected": true } ]
How should I translate the Present Perfect used in English?
Suppose I want to translate an English sentence like "I have walked in the park for a year." The first though I had was translating the sentence as follows. """ Ho camminato nel parco per un anno. """ It seems correct, except for the fact that Present Perfect is used to talk about a past event that is still relevant for the present. That means the sentence I used as example would be understood as saying that I am still walking in the park. Similarly, "I have gone to that store since I was a teenager." would mean I am still going to that store. That is not the meaning of "ho camminato nel parco per un anno" which means I am not walking anymore in the park. I thought of using the Simple Past, but I am not sure how to use it with a time reference. Apart that, camminavo nel parco still means I am not anymore walking. How should I translate the Present Perfect used in English?
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[ { "score": "6", "ownerid": "71", "text": "Both your examples sound good in the present tense:\n\n> Cammino nel parco da un anno.\n\nI walk in the park and I've been doing it for the last year. It does not imply I'm walking in the park right now.\n\n> Vado in quel negozio da quando ero adolescente.\n\nSame as above, I've been going to that shop since I was a teenager and I still do it but I'm not necessarily going to the shop right now.", "is_selected": true }, { "score": "6", "ownerid": "87", "text": "Present perfect is translated in Italian with passato prossimo when:\n\nthere is an implicit link between past and present, the action is completed an the focus is on the effects of the action\n\n> I have cleaned up the room. Ho pulito la stanza.\n\nwith just, already, yet, still, ever\n\n> We have just married. Ci siamo appena sposati. or Have you ever played tennis? Hai mai giocato a tennis?\n\n\nYou will translate it with present when you speak about duration, as in your example:\n\n> I have walked in the park for a year. Cammino nel parco da un anno.\n", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "4210", "text": "\n> Suppose I want to translate an English sentence like \"I have walked in the park for a year.\" The first though[t] I had was translating the sentence as follows. Ho camminato nel parco per un anno. It seems correct, except for the fact that Present Perfect is used to talk about a past event that is still relevant for the present. That means the sentence I used as example would be understood as saying that I am still walking in the park. […] That is not the meaning of \"ho camminato nel parco per un anno\" which means I am not walking anymore in the park.\n\nActually, “Ho camminato nel parco per un anno,” is the correct translation of, “I have walked in the park for a year.” To say in English that you are still walking in the park, the sentence would have to be, “I have been walking in the park for a year.”\nAlso, you misunderstood what “still relevant for the present” means. “I have closed the door,” doesn’t mean that I’m still closing the door. It means I closed the door, and it is still closed (this is true for the present perfect of both languages).\n\n> Similarly, \"I have gone to that store since I was a teenager.\" would mean I am still going to that store.\n\nNo, again, that would be, “I have been going to that store.” In fact, “?I have gone to that store since I was a teenager,” is a sentence of rather dubious acceptability.", "is_selected": false }, { "score": "-2", "ownerid": "2640", "text": "There is a real problem when translating the Present Perfect tense into Italian.\n\"Ho camminato nel parco per un anno.\" is the Passato Prossimo which, in the North of Italy represents the simple past tense. \nShould it be translated as \"I walked in the park for a year\", or \"I have walked in the park for a year\"?\nNorthern Italians mostly never use the Passato Remoto so, in reality the have only one simple past tense - just like in English. \nConversely, in the South of Italy people almost invariably use the Passato Remoto and almost never the Passato Prossimo. This means they too have only one simple past tense - just like in English. \nIn spite of practically everything written on the Internet on this matter, the Italian Passato Prossimo is not equivalent to the English Present Perfect. The Passato Prossimo is the recent past, while the Passato Remoto is the distant past.\nHow recent or distant the past may be is irrelevant to the English Present Perfect tense. We make no distinction between recent and distant past. The consequence or relevance to the present in the Present Perfect tense is not affected by how recent or distant the event or action was.\nThe examples as follows demonstrate the problem of translation:\n\nPeter went to Venice this morning (Simple Past tense)\nPeter has gone to Venice this morning (Present Perfect tense)\n\nThe context in (1) and the information are entirely in the past (even if the recent past). It says nothing about the present. We know that Peter went to Venice, but we say nothing about where he might be now. We cannot infer anything about the present.\nThe context in (2) is \"this morning\" (the present) and the information is in the present about an action started earlier (i.e. in the past). We can safely infer, in the present, that Peter is either in Venice or in transit. \nHowever, the casual translator will translate both as:\nPeter è andato a Venezia questa mattina", "is_selected": false } ]
C'è qualche differenza tra "spaventevole" e "spaventoso"?
Nel romanzo Rossovermiglio di Benedetta Cibrario ho letto: """ Il suo nome per intero ha un suono musicale e magico, alle mie orecchie infantili, Maria Guadalupe Juana Isabel. Musicale quanto il cognome peruviano della madre, Barrinechea de Winder, e magico quanto l'enigmatica figura – lei, ritratta di tre quarti – che arreda il salotto dei miei genitori: una donna dall'espressione severa, vestita di scuro e adorna solo di un medaglione d'oro e di un nastro di velluto al collo; dalle maniche, tagliate sotto il gomito, sporgono sbuffi di merletto bianco, a trama fitta; in una mano regge un libro; sull'altro braccio, invece, ha un pappagallo verde e rosso, con qualche piuma gialla sulla testa e un becco affilato e ricurvo, quasi una grossa virgola, e un occhio vitreo e ostile; almeno così sembra a me bambina, che non capisco perché il pittore abbia voluto ritrarre mia nonna con quella bestia spaventevole placidamente appollaiata sul braccio. """ Il vocabolo "spaventevole" in questo brano ha attirato la mia attenzione perché non lo conoscevo. Ho letto la sua definizione nel vocabolario Treccani, ma non riesco a capire se c'è qualche differenza con "spaventoso", che mi è più familiare. Me lo sapreste spiegare?
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[ { "score": "4", "ownerid": "1782", "text": "Gli aggettivi spaventevole e spaventoso si possono considerare sinonimi in quasi tutte le circostanze, però il primo è meno usato, quindi nel linguaggio comune e nella comunicazione diretta è meglio usare il secondo.\nCi si può aspettare che un titolo di giornale contenga la frase \"spaventoso incidente\", ma non \"spaventevole incidente\".\nPer la stessa ragione l'aggettivo spaventevole si presta meglio a sottolineare la particolarità di una certa situazione, o a rendere una frase più ricercata.\nL'aggettivo spaventoso è più pratico da usare anche dal punto di vista fonetico, questa può essere una delle ragioni per cui è preferito.", "is_selected": true }, { "score": "2", "ownerid": "2370", "text": "Oltre ad essere \n```\nspaventevole\n```\n un termine più arcaico ed altisonante, \n```\nspaventoso\n```\n vuol dire anche \"che si spaventa facilmente\", \"molto soggetto ad aver paura\", mentre \n```\nspaventevole\n```\n significa esclusivamente \"che incute spavento\".\nNota inoltre che sono entrambi usati in modo figurato come sinonimo di \n```\nenorme\n```\n, \n```\ningente\n```\n e simili. Per esempio\n\n> Le azioni della sua società hanno avuto un incremento spaventoso\n\nIn questo caso l'incremento delle azioni non è certo materia di spavento, il termine si pone con il significato di \n```\nvertiginoso\n```\n, anche con connotazione positiva. Si tende probabilmente ad identificare un generale trasalimento che si può provocare con uno spavento, anche se non è il caso.", "is_selected": false } ]
Cosa vuol dire "biolca" in questo contesto?
Nel racconto Il signor Podestà, di Beppe Fenoglio, ho letto: """ Maurizio però insisteva nella delazione. Quei due continuavano a vedersi, a fare, nottetempo, nel suo campo di fagioli. Ecco un particolare tormentoso. Il podestà aveva troppo buon ricordo dei fagioleti: era cosí comodo e gustoso, ricordava, assestare la ragazza in modo che le sue natiche campeggiassero sul dorso della biolca… Che Matilde uscisse con Alfredo (facendola da furbi) non era poi estremamente grave, ciò che lo scottava era sapere che se la godesse a quel modo nel suo campo di fagioli. """ Qualcuno di voi saprebbe spiegare il significato di "biolca" in questo passaggio? La definizione di questo termine come antica unità di misura di superficie che ho trovato nei dizionari non sembra avere molto senso in questo contesto.
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[ { "score": "4", "ownerid": "", "text": "In questo caso, vista la (quasi) contemporaneità dell'autore e lo stile di scrittura, è più che probabile che il termine \"biolca\", originariamente indicante un'unità di superficie, ed in particolare la superficie di un campo (vedi De Mauro), sia utilizzato per intendere il campo stesso.\nSi tratta infatti di una metonimia, nella quale per mezzo di una relazione di tipo qualitativo si indica il misurato con la misura.\nNon sul dorso di una mucca, né di un bue, né di una bifolca, ma sul dorso del campo. Sostiene la tesi della metonimia il fatto che l'uso di \"dorso\" con riferimento a rilievi o campi sia di natura quasi esclusivamente letteraria.", "is_selected": true } ]
‘Se mia nonna avesse le ruote, sarebbe una carriola’.
Se mia nonna avesse le ruote, sarebbe una carriola: """ ‘If my grandmother had wheels, she would be a wheelbarrow.' That's what Italians say when they want to interrupt your rambling hypothetical scenario. After all, if a rolling granny doesn't bring you to a standstill, nothing will. ' """ This is a curious but quite common saying. What is its origin?
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[ { "score": "8", "ownerid": "2652", "text": "Probable Origin\nElyse Bruce indicates the earliest example to be in \"Jüdische Sprichwörter und Redensarten\" (Jewish Proverbs and Idioms), by Ignaz Bernstein and B.W. Segel, Frankfurt, Germany 1908.\nSadly I'm unable to read the original German nor Yiddish, but the most likely version to be found there would be:\n\n> ``` אויב מיין באָבע האט ווילז, זי 'ד ווערן אַ טראַמווייַ Oyf mayn bobe hot vilz, zi 'd vern a tramvay. ``` If my grandmother had wheels, she'd have been a streetcar.\n\nAccording to Adrienne E. Gusoff, the above is a less vulgar version of:\n\n> ``` אויף מיין באָבע האט באַללס, זי וואָלט זייַן מיין זיידע Oyf mayn bobe hot balls, zi volt zayn mayn zeyde. ``` If my grandmother had balls, she'd be my grandfather.\n\nSelect Examples\nSome equivalents of both versions of the expression seem to crop up across Europe as well as in Israel and the US.\nI apologize for failing to quote in this section. New users aren't allowed to post >2 url's, and all sources are - tragically - online.\nSpanish\n\n> ``` Si mi abuela tuviera ruedas, sería una bicicleta. ``` If my grandmother had wheels, she’d be a bicycle.\n\nGerman\n\n> ``` Wenn meine Großmutter Räder hätte, wär sie ein möbelwagen. ``` If my grandmother had wheels, she would be a van.\n\nHebrew\n\n> ``` אם לסבתא היו גלגלים, היא הייתה אוטובוס Im le-sávta hayú gálgalim, hi haitá otobús. ``` If grandmother had wheels, she'd be a bus.\n\nPolish\n\n> ``` Gdyby babcia miała wąsy, to byłaby dziadkiem. ``` If grandma had a mustache, she'd be a grandpa.\n\nDutch\n\n> ``` Als mijn tante kloten had gehad dan was zij mijn oom. ``` If my aunt had balls, she'd be my uncle.\n\nEnglish\n\nIreland, American English (US, Midwest?)\n\n\n> ``` If my aunt had balls, she'd be my uncle. ```\n\n\nAmerican English (US, Mayne/NY?)\n\n\n> ``` If the queen had balls, she'd be the king. ```\n\n\nAmerican English (US)\n\n\n> ``` If my aunt had wheels, she'd be a trolley. ```\n", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "1619", "text": "I am not sure, but I think that the origin is a macabre joke between two friends talking togheter...\nWhen two adult persons talk, their grandmothers/grandfathers have often passed away since long and rest in peace within a coffin.\nThe joke states that should they had a weels instead of a leg or an arm, they will turn their coffin in a wheelbarrow. So that is the sencence.", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "1657", "text": "Tanti anni fa a Genova si diceva (forse si dice ancora) “se mia nonna avesse le ruote, sarebbe un tramvai”. Un po' meglio come grammatica, con lo stesso risultato.\nQuesto può essere di qualche interesse (mia sottolineatura, usando le maiuscole).\nCorriere della Sera (18-9-1997)\n… Psicologia e alternative immaginarie Se mia nonna avesse le ruote... \nI paradossi dell'intelligenza. I proverbi di molti Paesi ci mettono in guardia contro la tentazione di pensare cosa sarebbe successo, se non fosse successo quello che, di fatto, e' successo. …\n… \"se mia nonna avesse avute le ruote...\" …\nNel gergo accademico, queste speculazioni si chiamano \"controfattuali\" e il loro attento studio da parte dei logici, filosofi e psicologi HA UNA LUNGA STORIA e occupa pagine e pagine di pubblicazioni. Tali ragionamenti spontanei offrono, infatti, una preziosa finestra sul modo di operare della nostra mente. Una vasta sintesi delle ricerche psicologiche in questo settore, e' stata appena pubblicata sullo Psychological Bulletin da Neil J. Roese della Northwestern University. Vi si apprendono dati curiosi e molto interessanti. Per esempio, si e' attentamente sondato il livello di soddisfazione e di orgoglio dei campioni olimpionici, sia al momento stesso della premiazione che dopo qualche anno. Il risultato, a prima vista sorprendente, e' che coloro che hanno vinto una medaglia di bronzo sono, in media, molto piu' soddisfatti di coloro che hanno vinto una medaglia d'argento. Infatti, mentre chi arriva secondo sente lo smacco di non avercela fatta, per un pelo, a vincere la medaglia d'oro, chi arriva terzo e', invece, molto soddisfatto di avercela fatta, sempre per un pelo a non essere quarto. In cuor loro, i terzi si dicono: \"Pensa, avrei potuto essere quarto, e allora niente podio, niente inno nazionale, nessun ingresso nel medagliere ufficiale\". Un perfetto esempio, questo, della forza del ragionamento per controfattuali, e delle sue durature conseguenze emotive. …", "is_selected": false }, { "score": "-1", "ownerid": "6751", "text": "Italiano\nQui:\nhttp://blog.terminologiaetc.it/2017/09/25/origine-significato-espressione-nonna-ruote/\nl'autrice porta diversi esempi di questa frase (o frasi molto simili) che ricorrono in lingue diverse dall'italiano. Ella quindi afferma: \"Alcune fonti ipotizzano che l’origine comune di queste espressioni possa essere un modo di dire yiddish\". Poi non spiega quale sia questo modo di dire, tuttavia gli esempi portati mi sembra che vadano nella direzione di consolidare l'ipotesi che l'espressione che ci interessa possa non originarsi dall'italiano bensì potrebbe essere derivata da espressioni analoghe in altre lingue.\nUlteriore indizio in questo senso, anche se non prova provata, è il comparire di quest'espressione in inglese: \"and if my grandmother had wheels, she’d be a wagon\" in una puntata di Star Trek che risale ben al 1984 (il testo contiene il link al filmato).\nEnglish\nHere:\nhttp://blog.terminologiaetc.it/2017/09/25/origine-significato-espressione-nonna-ruote/\nthe author reports a bunch of examples of use of this phrase (or very similar) in different languages, besides italian. Then she states: \"According with some sources, the common origin of these expressions could be a yddish saying\". After that, she does not explain what this saying is, however, I seem these examples go into the direction of supporting the hypothesis that our phrase could not originate in the Italian language and it could derive from other languages.\nAnother element to support this hypothesis, even if not a proof, is that this expression is used in English: \"and if my grandmother had wheels, she’d be a wagon\" in an episode of Star Trek dating back to 1984 (the text includes the link to the movie).", "is_selected": false } ]
"Rispetto a" versus "in confronto a".
Quali sono le differenze di uso delle locuzioni "rispetto a" e "in confronto a"? Si possono usare indistintamente in frasi come, per esempio, queste? """ Penso che ci siano molti vantaggi nel viaggiare in treno rispetto a farlo in macchina. Penso che ci siano molti vantaggi nel viaggiare in treno in confronto a farlo in macchina. """
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[ { "score": "3", "ownerid": "70", "text": "Sì, puoi usare entrambe le forme, ma è meglio risparmiare parole:\n\n> Penso che ci siano più vantaggi a viaggiare in treno che in macchina Penso che sia molto più vantaggioso viaggiare in treno che in macchina\n\nsono meno prolissi.", "is_selected": false } ]
Translation of "whichever comes first".
I'm wondering if there is a common way to translate this phrase in Italian. My Italian is rusty, but my attempt would be either "qualunque prima viene" or "qualunque che viene prima."
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[ { "score": "4", "ownerid": "22", "text": "It'd be best translated as:\nquello che viene prima, \nthis being the most comprehensive translation. The use of \"which\" indicates that the sentence is referring to a thing, an object. Moreover, the use of \"whichever\" instead of \"whatever\" underlies the idea of a comparison among different options. This is why you use the pronoun \"quello/quella\" plus a relative (\"che\", linking it to the appended relative clause). If you had \"whatever\", you'd use \"qualunque cosa\", because it means you have no idea about what is coming, no comparison is highlighted.\nSee these examples:\n\n> Tomorrow I'll either take the bus or the train, whichever comes first,\n\nthe best translation would be:\n\n> Domani prendo il treno oppure l'autobus, quello (dei due) che arriva prima.\n\nBut in this other case:\n\n> Whatever comes first on the table, I'll eat it immediately,\n\nit'd be:\n\n> Qualunque cosa arrivi prima al tavolo, la mangerò immediatamente\n", "is_selected": true } ]
Cosa significa "E picchia delle volate di sotto"?
Nella versione in italiano del monologo Il primo miracolo di Gesú Bambino di Mistero buffo, di Dario Fo, ho letto: """ In quell'istante nel cielo stracolmo di stelle è apparso l'arcangelo con un cerchione tremendo piantato sulla testa... e con delle alettone piumate che le andava sbattendo a ventaglio dando schiaffoni alle nuvole e nello svolazzare l’aria gonfiava i panneggi del suo vestito come vele in tempesta! Tutto di traverso lo abbracciava una fascia, chiara e grande, con su scritto: «ANGELO»... per quelli che non capiscono! Va volteggiando per il cielo gridando: – Uomini di buona volontà, venite! Venite! È nato il Redentore! – E picchia delle volate di sotto. """ Non capisco del tutto bene il senso di questo "picchia" nell'ultima frase. Infatti, il testo poi parla anche delle "picchiate" dell'angelo. Ho pensato che si riferisse a questo significato del verbo "picchiare", ma poi ho pensato che non poteva essere perché, in questa accezione, il verbo "picchiare" è transitivo. Qualcuno di voi me lo saprebbe spiegare?
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[ { "score": "3", "ownerid": "2876", "text": "È proprio il significato riportato da te nell'articolo della Treccani, ovvero si riferisce alla \"picchiata\" aeronautica.\nPuò capitare in italiano che alcuni verbi intransitivi si trasformino in transitivi; come riportato in questo articolo capita spesso quando il complemento oggetto è \"...un nome che presenta la stessa radice del verbo o che è strettamente legato ad esso dal punto di vista semantico\" \nUn esempio è \"vivere la vita\", ed è anche il caso di \"picchiare la volata\" (legame semantico), che può essere a mio parere considerata una sorta di \"licenza poetica\" dell'autore che serve a rendere l'immagine più incisiva.\nDa notare infine ci sono anche altre eccezioni, a me piace ricordare la frase \"correre un rischio\" ;)", "is_selected": true } ]
Plural form of "olio".
Wikipedia lists some rules and suggests that the plural form of olio is olii. I used to think that oli sounds (and writes) better, and Dizionario d'ortografia e di pronunzia confirms that. Treccani, however, suggests yet another plural form, with circumflex: olî. Any rule of thumb I could use?
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[ { "score": "20", "ownerid": "189", "text": "We can derive a general rule (with loads of exceptions, like everything in this language) from this case. When the expected plural form of a word contains a non-stressed double i, like \"olio\" -> \"olii\", \"principio\" -> \"principii\", there's a tendency to drop the second i: \"oli\", \"principi\" (Ngrams for \"olii\" vs \"oli\" confirm this graphically). However, some speakers do retain a memory of the double i in their pronunciation of such words, the i is slightly longer.\nTo tell a \"single-i-that-used-to-be-double\" from an ordinary single i the circumflex accent can be used and this is standard Italian grammar. This makes sense particularly when one needs to disambiguate, for example \"principî\" (plural of \"principio\", principle) as opposed to \"principi\" (plural of \"principe\", prince); this is the solution used in the Italian Constitution that includes a chapter called Principî fondamentali. Another solution in this case is the tonic accent: \"principî\" can be unambiguously written as \"princìpi\" because the other word is read as \"prìncipi\".\nConclusion: the three forms (\"olii\", \"oli\" and \"olî\") are equally acceptable, but as you can imagine the circumflex accent is unusual and most people wouldn't even be able to type it on their keyboard. AFAIK, this is the only case in which a circumflex accent can be used in Italian words not borrowed from foreign languages or dialects, I guess most Italians wouldn't even realise that in their language this accent exists.\nNotice that the situation is entirely different with stressed plurals in -ii (e.g. \"sgocciolìo\" -> \"sgocciolii\"). In this case the double i is pronounced clearly by all speakers (the first i is stressed) and is compulsory. The opposite applies to nouns ending in -cio, -glio, -scio etc. where the i is not really used as a vowel: the plural form requires one i.", "is_selected": true }, { "score": "8", "ownerid": "63", "text": "Using î instead of ii is something that was once done, but nowadays that is not done anymore, at least on everyday usage. Between olii and oli, I would expect the latter to be used more often than the former, at least because it requires you to write less letters, and generally there is no confusion about what oli means. (It would not be taken as plural of olo, since that is not an Italian word.)\nLo Zingarelli reports just two plural word for olio: oli and olii.", "is_selected": false }, { "score": "4", "ownerid": "95", "text": "I'd add that if an adjective follows, like \"oli vegetali\", the form with a single \"i\" is commoner (curiosly, a quick googling shows that \"olii vegetali\" is mainly used by people which write about organic products and the like)", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "37", "text": "One should always check and double-check what Wikipedia says, but in this particular case, I'd agree with its distinction between compulsory -ii in the case of a stressed i in -io, and multiple possibilities (-i, -ii, and -î) for an unstressed one.", "is_selected": false }, { "score": "-1", "ownerid": "202", "text": "In Italy we never use olî. Also olii is not so common, even if it's better than oli.", "is_selected": false } ]
Difference between "scordare" and "dimenticare".
When do you suggest to use "dimenticare" and when "scordare"? Is "dimenticare" only for reasonings or also valid for people? E.g. """ Avevo dimenticato il tuo viso Avevo scordato il tuo viso """ Secondo voi?
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[ { "score": "11", "ownerid": "8", "text": "Yes, they have the same meaning and both could be used in your examples.\nNonetheless, there is a little difference in the meaning due to their Latin origins.\n\ndimenticare comes from the word mens, mentis (mind) with the prefix de- (distance). To forget something would be to get it out of one's mind.\nscordare comes from the word cor (heart) with the prefix s- (meaning again distance or cancellation). To forget something would be to get it out of one's heart.\n\nThat's why you can say ho dimenticato/scordato il tuo viso but you would usually say il primo amore non si scorda mai.", "is_selected": true }, { "score": "6", "ownerid": "88", "text": "You can use them both interchangeably, they basically mean the same thing, although scordare may also be referred to an instrument that is out of tune.\nDespite the fact that people believe scodare is less formal than dimenticare, it is not in fact exclusively part of any regional vocabulary and each region applies its own peculiarities to this verb when in use.\nFor further reading on this matter, please refer to this page on the Accademia della Crusca website.", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "803", "text": "When I was a kid, my teacher would correct \"scordare\" by saying \"you are not a guitar\". The joke was that \"scordare\" sounds like the opposite of \"accordare\" (to tune). Because of this early imprinting, I tend to use \"dimenticare\" but I noticed that \"scordare\" is being used more and more in everyday Italian. ", "is_selected": false } ]
Significato dell'espressione "a testo".
Riassunto: Siccome questo post con tutti gli aggiornamenti che ho fatto è diventato molto lungo, ne faccio qui un riassunto. Ho visto che in molti libri, articoli e altri documenti appare l'espressione "a testo", ma non sono riuscita a trovarla su nessun vocabolario. La mia ipotesi, basata sull'uso che se ne fa nelle occorrenze che ho individuato, è che il significato di tale locuzione sarebbe "nel testo", dove "testo" avrebbe questa accezione riportata dal Grande dizionario della lingua italiana: """ ciascun esemplare, manoscritto o a stampa, di una medesima opera """ Cioè, l'espressione farebbe riferimento allo specifico contenuto scritto di una certa opera letteraria che si trova o si troverà in un determinato manoscritto o in una certa edizione a stampa (coincidente o meno che sia con l'originale dell'opera). È veramente così? Nelle note all'edizione BUR del Decameron, curata da Amedeo Quondam, Maurizio Fiorilla e Giancarlo Alfano, appare spesso l'espressione "a testo". Eccone qualche esempio: """ commendare: un verbo molto usato a testo in questo senso """ """ dopo I 16 sarà usato sempre e solo in questa forma a testo, perché è quella con cui il personaggio è conosciuto ovunque """ """ marchese di Monferrato: Corrado degli Aleramici (1140-1192), che era già in Terrasanta in crociata (non si hanno però notizie storiche di questa moglie, peraltro innominata a testo, che lascia in Monferrato: una prima novella “mista”, di storia e di invenzione; un altro marchesato in questa area è quello di Saluzzo: X 10) """ """ Bruggia: Bruges o Brugge era un importante centro commerciale nelle Fiandre, sulla strada che dall’Inghilterra portava in Italia (solo qui a testo) """ """ addivenne che: la solita clausola di scansione del racconto (con rara variante a testo nella forma del verbo) """ """ Maiolica: ‘quando erano non molto sopra Maiorca’ (la principale isola delle Baleari: la tempesta li ha portati di molto fuori rotta; a testo solo in questa novella) """ """ ragazzo: ‘servo di stalla’ (tutte le sue occorrenze a testo sono in questa sola novella) """ """ ... """ Potreste spiegare cosa significa? Ho cercato alla voce "testo" di parecchi dizionari, ma non sono riuscita a trovarla. Non si tratta di una locuzione comune? Il significato potrebbe essere "nel testo", facendo riferimento alla specifica opera letteraria (in questo caso il Decameron)? Aggiornamento: Dopo aver posto la domanda, mi sono accorta che Anna Maria Chiavacci Leonardi l'usa anche nei suoi commenti alla Commedia (edita da Mondadori). Eccone alcune occorrenze: """ La stragrande maggioranza dei manoscritti legge ad ira, che appare a prima vista lezione più logica e chiara; ma proprio per questa maggior facilità e scontatezza (secondo il criterio della lectio difficilior), e più per l’autorevole e recisa dichiarazione di Pietro di Dante («non dicas ad iram, ut multi textus dicunt falso, sed dicas ad ire, idest ad iter»), tale lezione è stata scartata, già nell’edizione del ’21. A sostenere la lezione a testo le più valide ragioni restano ancora quelle del Foscolo: «le voci irate de’ dannati occorsero tanto fin qui che oggimai si sottintendono sempre… ma più ch’altro l’idea di riconoscere al suono della voce che taluno gridi correndo e parmi vera in natura e nuova in poesia, e tanto più efficace quanto ti desta a immaginare lo stupore e l’affanno dell’uomo corrente» (Commento, p. 126). """ """ Per questo preferiamo la punteggiatura a testo, proposta e sostenuta dal D’Ovidio (Studi danteschi II, pp. 93-100) e accolta da Sapegno e da Mattalia. """ """ La tradizione manoscritta dell’antica vulgata presenta in forma maggioritaria la lezione adottata dal Petrocchi (e spirito), che la promuove a testo anche in ragione del suo «efficace valore rafforzativo». """ """ ... """ Anche nelle note all'edizione critica a cura di E. Tonello e P. Trovato del canto XXVII dell'Inferno ho trovato: """ non occorre dire che cheta è un fiorentinismo, mentre la forma latineggiante queta (a testo in Petrocchi) è attestata anche in umbro, romanesco, trevigiano e veneziano. """ Un altro esempio si può leggere nell'articolo "Filologia" di Gianfranco Contini sull'Enciclopedia Treccani, nella parte intitolata "Il testo nel tempo" della sezione "2. Critica testuale" (grassetto mio): """ La filologia, quando ne ha i mezzi, riapre questo testo chiuso e statico, lo fa aperto e dinamico, lo ripropone nel tempo. La riapertura si opera in direzioni opposte, dopo e prima del testo. La determinazione di quella che si prende per norma, cioè la redazione ultima, non è priva di difficoltà. Per rendersi conto di questa frequente aporia basterà rifarsi all'esperienza autobiografica di qualsiasi produttore di letteratura. Un medesimo manoscritto, o più verosimilmente dattiloscritto, venga usufruito in più occasioni similari, anche abbastanza ravvicinate, e la lezione sottoposta a lievi correzioni migliorative ogni volta in bozze senza che ne sia tenuto registro: correzioni, in pratica, dimenticate. Se di tali pagine l'interessato vorrà finalmente dare un testo definitivo, posto che pure si conceda per finire quello scrupolo che meglio si eroga altrui, si può tenere per certo che, poiché l'acuzie correttoria è discontinua, egli sceglierà, indipendentemente dal livello, le variazioni più approfondenti, senza inibirsene di nuove oltre questa mobile cresta. Un editore ‛terzo' non potrà certo seguire una tale procedura, ma, quando il miglioramento non sia documentariamente univoco, meglio lo rifugerà tutto in apparato, distinguendo le sedi (anche se riuscisse a individuare l'esemplare letteralmente licenziato alla data più bassa). Qualcosa di simile avviene quando qualche implacabile correttore di se stesso lascia suggerimenti su più copie di una sua stampa, oppure, anche se su una copia sola, ne lascia alcuni di stabili, altri di eventuali - come quelli dai medievali contrassegnati mediante al(iter) -, altri di alternativi pur non sussistendo dubbi sulla condanna dell'elemento da surrogare. Solo la porzione certa potrà essere ospitata a testo, pur dovendosi annotare (meglio se sinotticamente) ogni altra proposta più instabile, e specialmente le certezze negative che meriterebbero, se proprio la modalità della pubblicazione (che offra o simuli una resa compatta) non la renda esosa, un'apposita connotazione tipografica (altro carattere o corpo). """ E, nella parte intitolata "Riduzione nell'attestazione plurima" dello stesso articolo si trova (grassetto sempre mio): """ Così ha fatto sistematicamente E. Langlois per la sua eccellente edizione del Roman de la Rose, l'opera del Medioevo volgare più diffusa dopo la Commedia (non si scordi che ai suoi tempi i viaggi erano ben più onerosi, e l'area va dalla California a Leningrado, da Stoccolma alla Città del Capo, né erano stati ancora inventati i microfilms); del resto sondaggi effettuati nell'ampia sfera da lui trascurata, di codici più tardi del Trecento e di stampe incunabule o cinquecentesche, hanno rivelato una situazione molto interessante per quanto spetta alla storia della tradizione, e anche materiale, assente dall'apparato del Langlois, rinviabile al Duecento, ma nulla suscettibile di salire a testo. """ Anche nella parte di titolo "Arte allusiva" se ne trova un'occorrenza: """ Nocciolo della comunicazione del Pasquali sono, sulle tracce degli antichi commentatori e dei più raffinati moderni (E. Norden), passi virgiliani che acquistano tutto il loro sapore quando traspaia la filigrana di Vario o di Ennio o di Varrone Atacino; una bell'aggiunta recente (G. B. Conte, Memoria dei poeti e arte allusiva, ora in Memoria dei poeti e sistema letterario, Torino 1974) fa scorgere Catullo dietro Virgilio entro un contesto emulativo omerico. In casi estremi, cioè in centoni dichiarati, quali ebbero cari la tarda antichità e l'Alto Medioevo, soprattutto attorno a Omero e a Virgilio, un apparato è tenuto a identificare gli ingredienti; ma anche di arte allusiva vi è un settore che giunge addirittura a essere segnalabile a testo, se il verso bucolico ‟Perdita nec serae meminit decedere nocti" è virgolettabile come, per indicazione di Macrobio, desunto da Vario, o, si può aggiungere, nella canzone petrarchesca Lasso me deve subire questo trattamento ogni verso finale di stanza come incipit di altrettante canzoni (Arnaut Daniel o chi per esso, Cavalcanti, Dante ecc.). """ Quindi, come suggerito da @DaG nel suo commento, la locuzione farebbe riferimento alla scelta particolare del testo fatta dai curatori di una certa opera letteraria (basandosi su determinati criteri)? Si tratterebbe dunque di un'espressione appartenente al linguaggio tecnico proprio dell'editoria critica di opere appartenenti alla storia della letteratura? L'espressione farebbe riferimento all'accezione numero 7 della voce "testo" sul Grande dizionario della lingua italiana, più concretamente a questo? """ ciascun esemplare, manoscritto o a stampa, di una medesima opera """ "A testo" vorrebbe dire "nel testo" in cui "testo" avrebbe il significato sopra citato? Cioè, farebbe riferimento al contenuto specifico dello scritto di una certa opera letteraria che si trova in un determinato manoscritto o di una certa edizione a stampa? Se fosse così, quando esistono diversi manoscritti (originali o meno) oppure parecchi dattiloscritti originali di una stessa opera letteraria, si dovrebbe poter dire qualcosa come "a testo nel codice A, anche se tale curatore dell'opera non l'ha messo a testo perché si è basato nel codice B". Per esempio, ho trovato nell'articolo "Diffusione e studio del nuovo Plauto: esempi di varianti umanistiche nei Menaechmi, di Alba Tontini, questo (il grassetto è sempre mio): """ Il primo ad avere come variante olfacta, per la precisione olfata – a seguito di un improbabile, non altrimenti attestato, dic facta di mano del copista stesso, su di facta di prima mano – è H e con lui il Vat. lat. 1632; anche il Pontano e il Laur. 36.46, come si diceva pressoché coevi, lo danno a margine sempre preceduto da aɫ. Lo si trova invece già a testo nel codice di Giovanni Andrea Bussi, Vat. lat. 11.46948, e in altri codici del II gruppo, Ott. 2028, Vitt. Em. II 36549, nel Laur. 36.41 fra i fiorentini, e in tardi rappresentanti della famiglia napoletana quali F, Bon. 2282, Barb. lat. 153, Urb. lat. 343. La lezione, pur non trattandosi di un restauro difficile dato il contesto, ha fatto comunque fatica ad affermarsi subito e con decisione. """ Anche se è così dovrei poter dire, tenendo conto di quanto spiegato in questa domanda e le rispettive risposte """ Nell'edizione con ISBN 9788858409596 della Luna e i falò si aveva messo erroneamente a testo "in carnicino" dove Pavese aveva scritto "in camicino". """ Ecco un esempio simile che ho trovato sull'articolo "Tra etica del dono e accumulazione", di Enrico Fenzi: """ La citazione riguarda il sirventese Mot era dous e plazens, n. LXXII nella recente ed. Sharman (Giraut 1989: 460-464) (Pillet-Carstens, 242, 23; Kolsen LXIV: erroneamente a testo LXII, che ho corretto). """ Anche nell'articolo "Brancati e la «dittatura clericale»" si legge: """ Sebbene gli argomenti attinenti alla sfera sessuale trovassero sempre «il partito [democristiano], e dunque la sua censura, pronto a scattare», nel passaggio dal primo al secondo nulla osta, i censori decisero di mantenere a testo tutti i riferimenti erotici che in un primo momento erano stati segnalati perché considerati osceni. Solamente le espressioni più crude vennero modificate. Ad esempio, nella scena finale del secondo atto, viene letta una lettera che rivela che il Commendatore Peppino Lauria, pio e devoto esponente della Dc, aveva intrattenuto una relazione adulterina con la cognata sessantenne. Il passo venne interamente tagliato, per poi essere ripristinato a condizione che venisse modificata solo l’ultima battuta: «Io vorrei sapere i particolari di come reagisce una vecchia…» venne sostituito dal più casto e generico «Io vorrei sapere come ti comportasti». """ Quindi, sembra che si possa dire che, a causa della censura, qualcuno avesse messo "a testo" deliberatamente qualcosa di diverso dall'originale scritto da Brancati. È così?
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[ { "score": "1", "ownerid": "7641", "text": "Nel documento \"L'edizione critica del testo letterario\" già citato da @secan, l'espressione \"a testo\" è ripetuta circa 15 volte ed è sempre associata alla lezione ipotizzata come originale. I termini che si ripetono sono:\n\nlezione a testo\nlezione accolta a testo\nlezione da mettere a testo\nlezione proposta a testo\n\nViene data una definizione che indirettamente chiarisce il significato del termine \"a testo\":\nCONSTITUTIO TEXTUS: in latino, la ‘costituzione del testo’ ossia il procedimento con cui, fra le varie alternative che sono disponibili nella *tradizione, si ipotizza quale fosse la *lezione originaria e conseguentemente si stabilisce cosa mettere a testo (AVALLE, p. 95). Nell’uso terminologico, può sovrapporsi in parte a *examinatio e *emendatio, che riguardano anch’essi la fase decisionale della restituzione.\nAllego la pagina citata di Avalle nella quale noterete l'uso dei termini corrispondenti \"il testo\" e \"del testo\".\n\nUna definizione più generica per \"testo\", applicabile a tutti i casi citati da OP, è quella della Enciclopedia on line Treccani:\n\n> Il contenuto di uno scritto o di uno stampato, ossia l’insieme delle parole che lo compongono, considerate non solo nel loro significato ma anche nella forma precisa con cui si leggono nel manoscritto o nell’edizione a cui ci si riferisce. Con valore restrittivo, il corpo originale di uno scritto, distinto da tutto ciò che nella stampa viene inserito o aggiunto (a introduzione, illustrazione, spiegazione, traduzione ecc.).\n\nSi noti nella definizione l'uso della stessa preposizione \"a\" (con valore di complemento predicativo) a indicare ciò che nella stampa viene inserito o aggiunto a introduzione, illustrazione, spiegazione, traduzione, ecc., distinto da quanto riportato a testo.", "is_selected": false } ]
Sapreste dirmi se "girarsi i pollici" è una espressione comunemente usata?
Sì, ho sentito questa espressione alcune volte e ho imparato a ripeterla, ma ho l'impressione che non tutti la comprendano. Sapreste dirmi se si tratta di un localismo o se, magari, chi non la comprende dovrebbe invece impararla in quanto comunemente in uso? Esempio: """ Giuletta, con tutte queste cose da fare stai lì a girarti i pollici. """ Inoltre, non sono sicuro che l'espressione maggiormente in uso sia "girarsi i pollici" piuttosto che "rigirarsi i pollici". Sicché chiedo lumi anche su questo.
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[ { "score": "9", "ownerid": "63", "text": "L'espressione \"girare i pollici\" è comunemente usata per dire che qualcuno perde tempo senza fare niente. È capita dalla maggior parte delle persone, visto che non è un'espressione locale.\nForse dipende più dall'età della persona che dalla provenienza geografica; persone giovani potrebbero non capirla. \nHo sempre sentito dire \"girarsi i pollici\", non \"rigirarsi i pollici\".", "is_selected": false }, { "score": "5", "ownerid": "19", "text": "Sicuramente è italiano, magari non è più tanto usata come un tempo come sinonimo di far niente, grattarsi la pancia, stare con le mani in mano, oziare. \nCome tutte le parole e i modi di dire, anche girarsi i pollici subisce il mutare dei tempi e oggi è più facile sentirsi dire che \"non si sta facendo un cavolo\" o \"si sta perdendo tempo\".", "is_selected": false } ]
Qual è il significato di "rimbaldino"?
Nel libro autobiografico Un grande avvenire dietro le spalle di Vittorio Gassman ho letto: """ 1943. Lo stato di guerra cominciò a scozzonare il nostro gruppo. Primo a partire fu uno degli amici non attori, Umberto, fiera natura di giramondo, striata di profumi rimbaldini. Partì infatti quasi contento, per il fronte africano, dove fu subito fatto prigioniero dagli inglesi e trascorse un paio d'anni dietro il filo spinato. """ Ho cercato il significato di "rimbaldino", ma non l'ho trovato in nessuno dei dizionari che ho consultato. Si riferisce forse a qualche personaggio di cognome Rimbaldo o Rimbaldi? Sapreste dirmi a quale?
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[ { "score": "1", "ownerid": "707", "text": "Per quanto abbiamo potuto ricavare da alcune fonti\n\nhttps://books.google.it/books?id=ysmZ67cdFKgC&pg=PA460&dq=rimbaldino&hl=en&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q=rimbaldino&f=false\nhttp://www.clarence.com/contents/cultura-spettacolo/societamenti/autorimz/rimbaud/\nhttps://books.google.es/books?id=ysmZ67cdFKgC&pg=PA459&lpg=PA459&dq=rimbaud+rimbaldina&source=bl&ots=oYxWUWNVZx&sig=FkIDpO1wUfbg8wqhRT-iQ0kdwTs&hl=en&sa=X&ved=0ahUKEwi289HS4qfNAhWBuBQKHWv9AiEQ6AEICzAA#v=onepage&q=rimbaud%20rimbaldina&f=false\nhttp://www.poesia2punto0.com/2013/10/27/generazione-p-con-oroscopo-generazionale/\n\nsembra che sia un aggettivo relativo a Rimbaud.", "is_selected": true } ]
Era ora che - subjunctive.
I have read the following sentence in an Italian language learning tool: """ Era ora che lui si decidesse. """ Why is the subjunctive used here?
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[ { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Among the different uses of subjunctive, you have: \n\n> Il congiuntivo si usa: 1) con alcune congiunzioni subordinanti, quali affinché, benché, sebbene, quantunque, a meno che, nel caso che, qualora, prima che, senza che; 2) con aggettivi o pronomi indefiniti (qualunque, chiunque, qualsiasi, ovunque, dovunque); 3) con espressioni impersonali, come è necessario che, è probabile che, è bene che; 4) in formule ormai fissate nell'uso (vada come vada; costi quel che costi).\n\n(www.accademiadellacrusca.it)\nFrom parliamoitaliano.altervista.org:\n\n> Vanno col congiuntivo le forme e le espressioni impersonali. Queste possono essere anche negative (non…): È necessario / importante / opportuno / giusto / meglio ecc… che È stupido / scandaloso / divertente / ridicolo / pazzesco / assurdo ecc… che È incredibile / strano / logico / illogico / possibile / impossibile / naturale / innaturale ecc… che È probabile / improbabile / facile / difficile / preferibile / discutibile / plausibile ecc… che È ora che… / È bene che… / È male che… È un peccato che… / È un assurdo che… / È uno scandalo che…\n", "is_selected": true } ]
Qual è il senso di "spaiato" in questo brano?
Nel romanzo Diceria dell'untore, di Gesualdo Bufalino, ho letto: """ Rosso al pari di una Bugatti, ma di meno nobile stirpe e tenuto su col respiro, il cabriolet dai parafanghi spaiati in cui l’attesi alla fermata della Cuba, la mattina del giorno previsto. """ Ho cercato il verbo "spaiare" in alcuni dizionari, ma non sono sicura di aver capito il senso di "parafanghi spaiati" nel contesto del passaggio sopra citato. Significa che alla cabriolet mancava qualche parafango?
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[ { "score": "3", "ownerid": "1243", "text": "Spaiato nel contesto da te citato significa che i parafanghi non erano uguali (come dovrebbe essere normalmente su un'auto) erano di diverso tipo e non che ne mancava qualcuno.\nIl significato adatto su Treccani per spaiare è il seguente:\n\n> ◆ Part. pass. spaiato, anche come agg.: calze, scarpe, pantofole spaiate, che mancano della compagna, o che appartengono ciascuna a paia diverse.\n\nCosa peraltro probabile su una macchina che era \"tenuta su col respiro\", cioè in condizioni precarie.", "is_selected": true } ]
Sull'uso del modo di dire "acqua in bocca!".
Nel Dizionario dei Modi di Dire Hoepli ho letto che l'esclamazione "acqua in bocca!" """ è un invito a non divulgare una determinata notizia, a mantenere un segreto. """ La definizione che ne fa il vocabolario Treccani è molto simile. Tuttavia, in Acqua in bocca! Tutto quello che vorresti dire in italiano... come lo direbbe un italiano! di Roberto Bortoluzzi (Edizioni Casa delle lingue, Barcellona, 2015), un libriccino molto interessante che ho trovato in biblioteca, ho letto questa spiegazione: """ Acqua in bocca Se abbiamo dell'acqua in bocca, non possiamo parlare. Per estensione significa non parlare di qualcosa, non dare delle informazioni. È sottointeso il senso di mancanza di conoscenza: se non sappiamo qualcosa, non possiamo parlare. Esempio: Il mese prossimo Valentini se ne va dell'azienda, quindi il suo posto di coordinatore rimarrà vuoto. Oh ma io non ti ho detto niente e tu non sai niente, eh? Acqua in bocca! """ Forse sono io che non capisco bene, ma a me sembra che quest'ultima definizione non sia esattamente la stessa cosa di quello spiegato dai dizionari Hoepli e Treccani. Sembra che si possa dire "acqua in bocca!" quando non si può parlare di qualcosa perché non se ne sa niente. Per questa ragione vi chiedo: potresti spiegarmi come e quando (in quali contesti e in quale registro) si usa l'espressione "acqua in bocca!" facendo alcuni esempi?
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[ { "score": "3", "ownerid": "2136", "text": "Nell'esempio che hai indicato, «io non ti ho detto niente, tu non sai niente» è un'espressione iperbolica e figurata, evidentemente \"falsa\", perché l'informazione (= Valentini se ne va, il suo posto rimane vuoto) è stata data, quindi chi parla \"ha detto\" e chi ascolta \"sa\". Può succedere che qualcuno, dopo aver raccontato qualcosa di segreto o riservato, dica così. Aggiungere «acqua in bocca» significa chiedere di mantenere il segreto, di non divulgare la notizia o l'informazione.", "is_selected": false }, { "score": "2", "ownerid": "70", "text": "A me risulta che “Acqua in bocca!” sia sempre e solo un invito a mantenere un segreto, adoperata in un registro amichevole. Dal dizionario Treccani, voce acqua\n\n> Locuzioni fig.: […] a. in bocca!, esortazione a non parlare, a mantenere un segreto; […]\n\nL'origine è chiara: se hai acqua in bocca non puoi parlare. Il significato che il tuo libriccino attribuisce alla locuzione è scorretto. Mettere acqua in bocca è una precisa azione (seppure figurata) che non avrebbe senso se il soggetto non sapesse nulla dell'argomento. Deve fingere di non sapere nulla dell'argomento, che è ben diverso!\nLa frase precedente, “io non ti ho detto niente e tu non sai niente” è un comune modo di dire; significa “fa' come se non ne sapessi niente, da parte mia negherei di averti detto qualcosa”.\nIl senso globale è: ti ho rivelato un segreto perché sei mio amico/mia amica, ma non mettermi nei guai spiattellando che te l'ho detto io.", "is_selected": true } ]
Cosa significa "filetto" in questo brano?
Nel libro autobiografico Un grande avvenire dietro le spalle di Vittorio Gassman ho letto: """ Quel che mi salvò dagli arresti perpetui fu la mia riputazione di cestista, il tenente Ruggiero mi affidò l'istruzione della squadra della compagnia. Compagnia o plotone? forse reggimento? che cosa comanda un tenente? Non lo sapevo e non lo seppi mai, come mai arrvai a distinguere i filetti dalle losanghe, i maggiori dai colonnelli. """ Malgrado aver letto tutte le accezioni del vocabolario Treccani, non capisco cosa intenda l'autore per "filetti" in questo brano né perché li paragoni alle losanghe. Sapreste spiegarmi il significato di "filetti" nel testo precedente?
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[ { "score": "4", "ownerid": "1842", "text": "Si parla dei gradi militari, per esempio vedi il grado di colonnello nel paramano in foto (questi credo fossero ancora usati ai tempi di Gassman):\n\nTrovi il gallone con 3 filetti, il più alto forma l'occhiello (per essere precisi la losanga vera e propria appartiene all'Aeronautica... la Marina ha il giro di bitta ed il colonnello si chiama capitano di vascello).\nIl tenente colonnello ha due filetti ed il maggiore ne ha uno solo. Poi togli il doppio binario e ricominci la tiritera per gli ufficiali inferiori.\nLa terminologia cambia con gli anni, credo che sia dopo il suo periodo comunque, i gradi al paramano spariscono ad alcuni livelli, i filetti diventano binari ed il filetto diventa quello che separa i galloni dei gradi più bassi dove il colore del filetto ha un suo significato.\nQuindi se prendi un sergente hai un gallone dorato separato da filetti neri:\n (nella foto è un sergente maggiore: due filetti neri)\nQuando io ero militare i gradi li facevano imparare tutti, indipendentemente dal corpo di appartenenza, e quindi sapevi cosa era la losanga, l'occhiello, il binario, ecc. Quello che Gassman intende è che non si è mai preso la briga di imparare niente a riguardo i gradi: né terminologia né il distinguere un grado dall'altro, quindi non sapeva che differenza c'era tra filetti e losanghe o tra un maggiore ed un colonnello.\nPS: per un po' di teatralità sta esagerando, ovviamente sa cosa è una losanga in generale e non ci si mette tanto a capire cosa è guardando i gradi militari, pure se uno se ne frega altamente basta essere militare un pochino per cominciare a riconoscere i gradi visto che li vedi continuamente ed ovviamente saprà che un tenente non comanda un reggimento.", "is_selected": true } ]
Significato di "taroccare" in questo contesto.
Nel racconto I ventitré giorni della città di Alba, di Beppe Fenoglio, ho letto: """ In quel medesimo giorno, a Dogliani ch’è un grosso paese a venti chilometri da Alba, c’era la fiera autunnale e in piazza ci sarà stato un migliaio di partigiani che sparavano nei tirasegni, taroccavano le ragazze, bevevano le bibite e riuscivano con molta facilità a non sentire il fragore della battaglia di Alba. """ Sapreste spiegarmi qual è il significato di "taroccare" in questa frase? Ho cercato questo verbo in parecchi dizionari, ma non ho trovato nessuna accezione che abbia senso in questo contesto.
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[ { "score": "6", "ownerid": "1243", "text": "Taroccare in questo contesto mi sembra voglia dire fare la corte, corteggiare , “tacchinare”.\nNell’articolo Voce del verbo “taroccare”, spiegato dall’Accademia della Crusca si può trovare la seguente spiegazione. \n\n> In principio significava “praticare il gioco dei tarocchi”, o anche “corteggiare una donna”. Poi ha assunto il significato che gli diamo oggi\n\ne più avanti si può leggere:\n\n> il terzo significato è segnalato come regionalismo, 'corteggiare una donna', dal piemontese tarôché 'amoreggiare';\n", "is_selected": true } ]
Dove si mette 'per favore', all'inizio o alla fine della frase?
Dove si mette 'per favore', all'inizio o alla fine della frase? Per esempio: 1. Due biglietti d'autobus per Roma, per favore. 2.Per favore, due biglietti d'autobus per Roma.
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[ { "score": "5", "ownerid": "1243", "text": "Utilizzare per favore all'inizio o alla fine di una frase è abbastanza indifferente, nel complesso la frase risulta corretta in entrambi i modi.\nC'è da dire che ponendolo all'inizio della frase, specie quando si parla con sconosciuti, dà alla stessa una connotazione di estrema cortesia verso l'interlocutore a cui, ad esempio, si sta chiedendo un'informazione.", "is_selected": true } ]
Sulle forme Eneide ed Eneida.
Stavo leggendo il canto XXI del Purgatorio con l'aiuto delle note di due libri diversi, quelle di Anna Maria Chiavacci Leonardi (Mondadori) e quelle di Emilio Pasquini e Antonio Quaglio (Garzanti). Quando sono arrivata a queste straordinarie parole di Stazio, mi sono accorta della differenza tra il nome che dà Dante al poema epico di Virgilio e quello che appare nelle note che ho menzionato: """ Al mio ardor fuor seme le faville, che mi scaldar, de la divina fiamma onde sono allumati più di mille; 96 de l'Eneïda dico, la qual mamma fummi, e fummi nutrice, poetando: sanz' essa non fermai peso di dramma. 99 """ So che nell'italiano di oggi è Eneide, ma precisamente questo ha generato il mio primo dubbio: Eneide è plurale o singolare? In passato, quando avevo sentito o letto Eneide, avevo sempre pensato che fosse plurale proprio perché è Eneide e non Eneida. Ma ora me ne rendo conto che nelle note dei libri c'è scritto l'Eneide e non le Eneide. Quindi, devo dedurre che si tratta di un singolare, vero? Tuttavia, vedo che per Dante è l'Eneida, che in questo canto appare con la dieresi, immagino che come risorsa per ottenere l'endecasillabo. Allora mi chiedo: in passato era l'Eneida e, a un certo momento, per qualche ragione, si è passato a dire l'Eneide? Sul Dizionario d'ortografia e di pronuncia, però, ho trovato Significa questo che la forma Eneida è stata usata solo da Dante?
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[ { "score": "2", "ownerid": "70", "text": "La dizione “Eneida” non è stata usata solo da Dante. Guardando su Google Books trovo “Il libro primo e secondo dell’Eneida di Virgilio” pubblicato nel 1821.\nMa trovo anche “L’Eneide di Virgilio del commendatore Annibal Caro”, pubblicata nel 1760.\nAl giorno d’oggi è solo “Eneide” (singolare, ovviamente). Un ngram su Google dà una nettissima prevalenza di “Eneide”.\nSi trova anche l'alternativa “Iliada” per “Iliade”.", "is_selected": false } ]
Checking past tenses in a sentence.
Are the tenses in this sentence correct? Oggi ho visto la mia amica Amanda che non vedevo da molto tempo. Would this version be better? Oggi ho visto la mia amica Amanda che non avevo visto da molto tempo.
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[ { "score": "-2", "ownerid": "8578", "text": "The first one is correct.\nThe second one is a little wrong and could be corrected to: “Oggi ho visto la mia amica Amanda che non ho visto per molto tempo”.\nHope this helps,", "is_selected": false } ]
"La libertà è (la/una) possibilità di essere sé stessi": differenza tra le frasi con e senza l'articolo.
""" La libertà è possibilità di essere sé stessi. """ o """ La libertà è una possibilità di essere sé stessi. """ o """ La libertà è la possibilità di essere sé stessi. """ Qual è la differenza tra queste frasi? Qual è la versione giusta?
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6290
[ { "score": "2", "ownerid": "1871", "text": "'La' suggerisce che sia l'unica o almeno la principale possibilità, 'una' che sia una tra diverse possibilità, nella prima frase rimane indeterminata la questione, asserendo solamente la relazione (e assume un tono più astratto).", "is_selected": false } ]
Why the use of "in" in Italian question titles?
I'm very new to learning Italian and this has confused me about the site. I know that "in" is translated nel or nello (if there are other forms, I'm as yet unaware). In many question titles that are apparently asked in Italian, I still see the word "in" being used where I would have expected an Italian form of the word. Has "in" been assimilated into Italian, has it always been a valid word to mean the same as it does in English, or is it just mixing of English and Italian in a sentence?
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[ { "score": "7", "ownerid": "2609", "text": "Nel means in + il, nello means in + lo, we call them preposizioni articolate, because il and lo are articles.\nThere are also nella = in + la, nei = in + i, negli = in + gli and nelle = in + le.\nIn is used also alone (as preposizione semplice), for example:\n\n> In Italia si mangia bene. Oggi sono al mare ma domani devo andare in ufficio.\n\nThe preposizioni semplici are di, a, da, in, con, su, per, tra, fra.\nThe prepositions di, a, da, in and su have all the forme articolate.\nFor example: del = di + il, allo = a + lo, dai = da + i, etc.\nFor these prepositions you have to use the forma articolata if they are followed by an article:\n\n> Correct: Vado dalla nonna. Wrong: Vado da la nonna.\n\nCon is articolata with il = col and with i = coi, the other forms are less used or archaic.\nIn this case, however, also con il and con i are correct and probably more common:\n\n> Correct: Il gatto ha litigato col cane. Correct: Il gatto ha litigato con il cane.\n\nFor the other prepositions the forme articolate don't exsist or are archaic.", "is_selected": true } ]
Is "una macchina" an indirect object in "pagare una macchina 30 mila euro"? If so, why no prepositions?
""" pagare una macchina 30 mila euro """ Considering that "30 mila euro" is a direct object, I'm assuming that "una macchina" can only be an indirect object. The thing is that in French etc, an indirect object (except for personal pronouns) is usually preceded by a preposition. Which is the source of my confusion here.
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[ { "score": "4", "ownerid": "37", "text": "This is an interesting question. A traditional answer would be that una macchina is the direct object (complemento oggetto) and trentamila euro is a complemento di prezzo o stima, which, as you can see here, “quando dipende da verbi come pagare, costare, sborsare, ... si trova in forma diretta e si esprime senza preposizione” (when it depends on such verbs as pagare, costare, sborsare appears in a direct form and is expressed with no preposition). So, trentamila euro is direct, but it is not the object of the verb.\nOn the other hand, the very notion of complementi is quite controversial. There are more modern approaches to grammar (of which I am no expert) in which each verb admits zero or more arguments; in this viewpoint, the verb pagare admits 1 to 3 arguments (one argument is the subject, and it may be the only one, as in “Andiamo, [io] ho pagato”; or a second one may appear: “[Io] Pago un caffè”; or a third too: “Gianni ha pagato questa macchina trentamila euro”). If your Italian is up to it, you can read about some alternative approaches in the article about “Complementi” in the Treccani Enciclopedia dell'italiano, as well as in the article about “Argomenti”.", "is_selected": false }, { "score": "1", "ownerid": "1243", "text": "Well, actually una macchina in your phrase is the direct object, since it answers the question What (che cosa?). \nIn this case 30 mila euro is a complemento di prezzo. ", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "4210", "text": "No, it’s the direct object. If it were the indirect object, it would be preceded by the preposition a.", "is_selected": false } ]
Cosa significa "taglio risorgimentale" in questo contesto?
Nel romanzo La goccia che scava, di Francesco Luti, ho letto: """ Con quel tempo da lupi, anche i fascisti del Corpo delle Truppe Volontarie erano alle perse, sebbene possedessero un dispiegamento esagerato di mezzi. Le divisioni, tutte agli ordini del generale Roatta, erano: la 'Dio lo vuole!', la 'Fiamme nere', la 'Penne nere' e la 'Littorio', guidata da Annibale Bergonzoli, uno che aveva fatto la campagna d'Africa e che il Duce chiamava 'Barba elettrica' per via del taglio risorgimentale, visibilissimo a un miglio per la sua giacca a vento bianca a mo' di spaventacchio. """ Il brano fa riferimento alla guerra di Spagna. Non riesco a capire il senso dell'espressione "taglio risorgimentale" che appare in questo brano. Immagino che il "taglio" abbia qualcosa a che vedere con il modo in cui era tagliata la barba di questo Annibale Bergonzoli, ma non so cosa vuol dire che era "risorgimentale". Me lo potreste spiegare?
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[ { "score": "3", "ownerid": "", "text": "Il “taglio risorgimentale” era caratterizzato da barba e baffi folti molto curati come descritto dal sito gentlemenschoice.it:\n\n> “La storia più moderna ha alternato differenti stili e tagli, fino ad arrivare alla totale riscoperta del baffo e della barba, come ad esempio il trend del periodo risorgimentale, in cui il pelo è diventato un simbolo di aristocrazia reale.”\n\n\nPer quanto riguarda Annibale Bergonzoli, l’appellativo di “barba elettrica” sembra dovuto al suo temperamento dinamico e coraggioso: \n\n> ”Rimpatriato in Italia per curarsi, divenne molto popolare tra i suoi uomini per via della fluente barba, tanto da meritarsi l’appellativo di \"Barba elettrica\",soprannome assegnatogli anche per il dinamismo e il coraggio dimostrato in combattimento.\n\n(Wikipedia) \n", "is_selected": true } ]
Is "anche" used in negative sentences?
Can "anche" be used instead of "neanche" in negative sentences? Example: """ Non ho vinto anch'io. """
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[ { "score": "1", "ownerid": "1243", "text": "In order to have some information about the use of anche in negative sentences you could have a look to the concept of negazione on Treccani's Enciclopedia dell'Italiano.\nIn particular:\n\n> (b) Le congiunzioni neanche (< né + anche; ➔ univerbazione), nemmeno (< né + meno) e neppure (< né + pure), che aggiungono un elemento negativo ad altri già espressi nel contesto precedente, come in non mi piace il tennis e neanche (o nemmeno o neppure) il calcio. Neanche e nemmeno possono anche avere valore rafforzativo, indicando l’esclusione di ogni possibilità: per es., non oso neanche (o nemmeno o neppure) chiederglielo.\n\nAbout the syntax, you can read:\n\n> Le frasi negative si distinguono da quelle positive perché alle prime si possono aggiungere altri elementi tramite la congiunzione neanche (3 a.); le frasi positive ammettono invece l’aggiunta di altri elementi solo tramite anche (3 b.): (3) a. io non ti sento, neanche lui (3) b. io ti sento, anche lui I prefissi negativi elencati in (e) nel § 2 non esprimono il valore negativo della polarità; la presenza di parole così formate non rende la frase negativa: (4) Giovanni è infelice, anche [*neanche] Maria lo è.\n\nRegarding your example, personally I would say: \n\n> Anch'io non ho vinto\n\nor \n\n> Neanche io ho vinto.\n", "is_selected": false } ]
Essere complici.
Leggendo di una campagna del comune di Roma contro l'abbadono degli animali (sito del comune) sono rimasto colpito dallo slogan "Se abbandoni, sei complice!". Nello specifico si spiega che """ “Roma ci dice che non bisogna abbandonare gli animali, perché se abbandoni sei complice. Ed è vero. Agli animali si può soltanto voler bene, accarezzarli, coccolarli, salvarli dai canili, portarseli a casa e dargli tutto l’affetto che meritano, perché te ne danno altrettanto. Evviva chi non abbandona i cani e chi si adopera per restituire a questi animali una vita nuova” """ Normalmente l'uso di complice presuppone il prendere parte ad un'azione criminosa non essendone il principale (quantomeno non essendone l'unico) artefice (es. Treccani), ma in un contesto simile non è chiaro di chi si sarebbe complici. Esiste un uso alternativo, magari recente, della parola complice in un senso più generico di cattiva persona (?)? O si tratta magari di una scelta per attirare l'attenzione con una frase ambigua?
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[ { "score": "4", "ownerid": "69", "text": "In quanto madrelingua italiano, concordo nel dire che il tuo dubbio è lecito. Se interpretato in un modo molto \"elastico\", si può dire che \"se abbandoni sei complice del sistema di abbandono\", che ovviamente è una forzatura. È come dire che \"se uccidi sei complice di chi approva l'omicidio\": un'inutile ricorsione di termini.\nAnalizzando il contesto comunicativo italiano in maniera più ampia, posso dirti che si tratta molto probabilmente di una scelta di efficacia comunicativa (che molto spesso trascende la sintassi): una frase molto celebre in Italia è \"chi dimentica è complice\". Significa - più o meno - che chi dimentica le tragedie della storia, è \"complice\" nel favorirle nuovamente nella storia attuale.\nQuesta frase è stata probabilmente \"modellata\" per renderla simile, e quindi più efficace dal punto di vista propagandistico.", "is_selected": true } ]
Significato di "filo" in questo contesto.
Nel romanzo Le otto montagne, di Paolo Cognetti, ho letto questo passaggio che fa riferimento a un incidente dell'io narrante mentre fa arrampicata (grassetto mio): """ Poi andai giú. Un volo di una decina di metri non è niente di davvero grave, però bisognerebbe saper cadere: spingersi in fuori dalla parete e attutire il colpo con le gambe alla fine del volo. A me non l’aveva insegnato nessuno e andai giú dritto, scorticandomi sulla roccia nel tentativo di tenermi. Sentii una fitta all’inguine quando arrivai in fondo. Ma quest’altro dolore era una fortuna, voleva dire che qualcuno aveva bloccato la corda. Ora non ridevano piú. Poco dopo uscimmo in cima alla parete e fu strano, a quel punto, trovarsi di nuovo nei prati. Con un filo tirato a un passo dal precipizio, le mucche al pascolo, un alpeggio mezzo diroccato, un cane che abbaiava. """ Non capisco bene cosa sia questo "filo" che appare nell'ultima frase di questo brano. Ho cercato il vocabolo "filo" in alcuni dizionari, ma ce ne sono tante accezioni... Si riferisce forse alla corda usata per l'arrampicata? Mi sembra piuttosto strambo che una corda venga chiamata "filo".
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[ { "score": "2", "ownerid": "70", "text": "Il paesaggio che i protagonisti dell'arrampicata si trovano davanti è strano, per loro stessa ammissione.\nInfatti è un normale pascolo alpino, inaspettato dopo la difficile e pericolosa ascesa: un prato con un filo tirato perché le vacche non si avvicinassero troppo al precipizio.\nSe una vacca non è spaventata (e non succede spesso), non tenta mai di forzare passaggi dove trova un ostacolo, quindi un filo (robusto) è più che sufficiente per tenerla a bada.\nL'autore adopera filo per contrasto con la corda dell'arrampicata: sempre corde sono, ma il filo per delimitare il precipizio è più sottile o, almeno, così appare al narratore.", "is_selected": true }, { "score": "0", "ownerid": "6122", "text": "Si, è strano che una corda venga chiamata filo. Di solito una corda è robusta, mentre un filo è sottile. \nSenza ulteriore contesto né sapere cosa dica prima o dopo il libro, io direi che fa riferimento alla corda che è stata bloccata mentre lui stava cadendo, salvandolo. \nUn filo a volte (anche se viene usato raramente) è una metafora per indicare qualcosa che si evita per poco, al pari di perdere il treno per un pelo. L'autore è stato salvato da un filo che, in realtà, era una corda. Ma in questo processo si è sentito molto vicino allo sfracellarsi, quindi chiamando la corda filo sottolinea che ci è mancato poco.", "is_selected": false } ]
"Mi piacerebbe che" + "ci fosse" oppure "ci sia"?
Ho imparato che si dice: """ C'è il sole. """ Ma ho trovato la seguente espressione: """ Mi piacerebbe che domani CI FOSSE il sole. """ Direi però """ Mi piacerebbe che domani ci sia il sole. """ Perché si usa "ci fosse" e non "ci sia"?
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[ { "score": "3", "ownerid": "707", "text": "Scrivo una risposta basata sul contenuto del libro Italiano di Luca Serianni.\nInnanzitutto, notiamo che nella frase\n\n> Mi piacerebbe che domani [...]\n\nabbiamo a che fare con una subordinata soggettiva (ad esempio, \"il sole\" è il soggetto della frase \"mi piace il sole\").\nNelle sezioni XIV.57-58, Serianni spiega come si concordano i tempi verbali delle proposizioni reggente e subordinata nel caso di subordinate oggettive (cioè, proposizioni che hanno la funzione di complemento oggetto). Comunque, la sezione XIV.66 riporta in riferimento alle subordinate soggettive (quelle che fanno la funzione di soggetto): \n\n> Per quanto riguarda uso dei tempi, uso del condizionale, omissione del che, [...] la sintassi delle soggettive corrisponde puntualmente a quella, già descritta, delle oggettive.\n\nCioè, quello spiegato per la concordanza dei tempi nelle sezioni XIV.57-58 è anche valido per le subordinate soggettive.\nLa sezione XIV.57 riguarda la concordanza dei tempi quando la subordinata è al congiuntivo. Spiega, tra l'altro, che, quando la proposizione reggente è al condizionale presente, di solito la subordinata va al congiuntivo presente. Questo è l'esempio che appare sul libro:\n\n> immaginerei che egli faccia bene.\n\nTuttavia, nella sezione XIV.58.e) si può leggere:\n\n> Se nella reggente figura il condizionale presente di un verbo indicante volontà, desiderio, opportunità (come volere, desiderare, pretendere, esser conveniente e simili; un'ampia lista in MORETTI-ORVIETO 1979: I 148), la dipendente si costruisce col congiuntivo imperfetto più spesso che col congiuntivo presente. Esempi: «E che vorrebbe ch'io facessi?» (Manzoni, I Promessi Sposi, II 20); «Io, figlia, non pretenderei che mia madre salisse per me novanta, cento scalini» (Pirandello, Così è [se vi pare], V 28).\n\nQuesto è ciò che accade con il verbo \"piacere\" che appare nella frase della domanda, verbo che esprime desiderio. Cioè, la subordinata di solito si costruisce congiuntivo imperfetto \"fosse\"\n\n> Mi piacerebbe che domani ci fosse il sole\n\nanche se la spiegazione precedente non sembra escludere che si possa anche fare col congiuntivo presente \"sia\" (si afferma però che è molto meno usato). \nNel libro L'ora d'italiano lo stesso Serianni dà un'interessante spiegazione su perché si usa il congiuntivo imperfetto nella subordinata quando il verbo della regente è un verbo al condizionale presente che esprime desiderio o un'aspirazione:\n\n> Vediamone una: perché si dice «vorrei che tu studiassi», con apparente violazione della correlazione dei tempi (vorrei è un presente e ci si aspetterebbe nella completiva il congiuntivo presente, come in «voglio che studi»). Perché il condizionale di volere e di altri verbi indicanti un desiderio o un'aspirazione richiede la reggenza tipica dei verbi al passato: se usa il condizionale, il parlante mostra di credere poco alla realizzabilità del proprio desiderio, lo dà quasi come se fosse già alle spalle (quindi: «vorrei che tu studiassi», ma non m'illudo che tu lo faccia; «voglio che tu studi», e sono convinto che la mia autorità ti costringerà a farlo).\n\nAnche sul sito web di domande e risposte della Treccani, si trova questa domanda: \n\n> Da qualche parte ho letto e trovato scritto queste frasi: \"mi piacerebbe che dicesse queste cose di me\"; \"basterebbe che prendesse la bottiglia per versarsi l'acqua\". Il verbo piacere e bastare che sono al condizionale dovrebbero reggere dunque il congiuntivo presente perché non esprimono né desiderio, né una volontà, né una necessità, dunque per correttezza dovrebbero essere così gli enunciati: \"mi piacerebbe che dica queste cose di me\"; “basterebbe che prenda la bottiglia…\". No?\n\nCome risposta alla prima parte di questa domanda, cioè, quella che ha a che vedere con la frase con il verbo \"piacere\", si legge:\n\n> Scindiamo le due frasi. Nella prima, perché mai il verbo piacere non dovrebbe esprimere desiderio? Lo esprime eccome, quindi mi piacerebbe che dicesse.\n", "is_selected": true } ]
Qual è il tempo verbale giusto?
Durante una semplice discussione è uscita fuori questa frase: "Per vincere (a me oggi) bastava che Pellegrini non facesse (ieri) due assist o un gol". Subito ho storto il naso e per scherzare ho fatto notare che forse i tempi usati non erano corretti. Da questa osservazione è nata una discussione interessante con diverse opinioni a riguardo. Quindi vi chiedo: è effettivamente corretta questa frase? Non sarebbe più giusto "Per vincere sarebbe bastato che Pellegrini non avesse fatto due gol"? O al limite "Per vincere bastava che Pellegrini non avesse fatto due gol"? Il mio ragionamento si basa sul fatto che un avvenimento di IERI, o in questo caso il non verificarsi di un'azione, sarebbe servito a me OGGI per vincere. Fosse stato "Bastava che Pellegrini non segnasse un gol un assist" penso sarebbe stato corretto, in quanto indefinito o riferito tutto a qualcosa passato e quindi contemporanei tra loro. Grazie
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[ { "score": "1", "ownerid": "707", "text": "Per scrivere questa risposta mi sono basata sulle spiegazioni e gli esempi che appaiono nel libro che ho usato per preparare l'esame d'italiano di livello C1, cioè, Nuovo Contatto C1. Corso di lingua e civiltà italiana per stranieri di R. Bozzone Costa, M. Piantoni, E. Scaramelli e C. Ghezzi.\nTutto dipende del registro in cui stai usando la lingua. La tua frase rientra nel cosiddetto periodo ipotetico dell'irrealtà, che corrisponde a quando\n\n> il fatto è sentito dal parlante come impossibile, irrealizzabile (al presente) o irrealizzato (al passato).\n\nIl caso che stiamo analizzando corrisponde a un fatto impossibile perché irrealizzato nel passato, come in questi esempi:\n\n> Se avessi studiato, avresti passato l'esame. Se avessi vinto il concorso, avrei ricevuto una borsa di studio.\n\n(Cerco di riscrivere questo ultimo esempio in modo che sia più simile alla frase della domanda: \"Sarebbe bastato che avessi vinto il concorso e avrei ricevuto una borsa di studio\". E ancora si assomiglia di più se scrivo: \"Sarebbe bastato che avessi vinto il concorso per ricevere una borsa di studio\".)\nCome si vede in questi esempi, in un registro formale, i tempi verbali da usare sono il congiuntivo trapassato per la condizione (protasi) e il condizionale passato per la conseguenza (apodosi). Quindi, in un registro formale, si dovrebbe dire\n\n> Se Pellegrini non avesse fatto due gol avremmo vinto\n\no, formulato nel modo che hai scritto nella domanda,\n\n> Per vincere sarebbe bastato che Pellegrini non avesse fatto due gol.\n\nTuttavia, il libro che ho menzionato spiega anche quanto segue:\n\n> Nel registro colloquiale nel periodo ipotetico dell'irrealtà per parlare di fatti del passato si tende a usare l'imperfetto.\n\nCosì, in un registro informale, invece della frase Se fossi venuto a casa mia avremmo mangiato una pizza insieme, possiamo trovare: \n\n> Se fossi venuto a casa mia mangiavamo una pizza insieme. Se venivi a casa mia avremmo mangiato una pizza insieme. Se venivi a casa mia mangiavamo una pizza insieme.\n\nÈ quello che accade nella frase\n\n> Per vincere bastava che Pellegrini non avesse fatto due gol\n\nin cui si usa l'imperfetto indicativo (\"bastava\") al posto del condizionale passato (\"sarebbe bastato\"). E, come negli esempi del libro, si potrebbe anche usare l'indicativo imperfetto al posto del congiuntivo trapassato (sempre in un registro informale):\n\n> Per vincere bastava che Pellegrini non faceva due gol.\n\nIl fatto curioso è che nella frase che hai sentito (\"Per vincere bastava che Pellegrini non facesse due gol\") si è usato il congiuntivo imperfetto (\"non facesse\") invece dell'indicativo imperfetto (\"non faceva\"). Non ho mai trovato nessuna fonte autorevole che riporti come caratteristico di nessuna \"varietà substandard\" (corrispondente a un registro colloquiale) questo uso del congiuntivo imperfetto per una protasi riferente a un fatto irrealizzato nel passato. Anzi, il mio libro spiega che il congiuntivo imperfetto nella protasi \n\n> è usato quando l'ipotesi è valida anche al presente (o sempre): Se fosse una persona generosa ti avrebbe aiutato\n\nin uno dei cosiddetti periodi ipotetici di tipo misto. In un registro informale, questa ultima frase penso si possa rendere \"Se fosse una persona generosa ti aiutava\", come in questo esempio tratto dall'articolo \"Costrutti condizionali in italiano antico\", di Gianluca Colella:\n\n> Ancora no·lla voleva se non avesse biondi i cavelli (Reggimento de’ principi XVI, XXIII, 4: 382).\n\nCome la frase che ha motivato la domanda, questi esempi hanno la protasi espressa col congiuntivo imperfetto e l'apodosi con l'indicativo imperfetto, ma, a differenza del caso della domanda, \"essere una persona generosa\" o \"non avere i capelli biondi\" sono ipotesi che si ritengono anche valide nel presente. Quindi, in questo senso, sono d'accordo con il ragionamento che hai fatto nel tuo post.\nAccade, però, lo stesso con la frase \"Bastava che Pellegrini non segnasse un gol un assist\": se \"non segnare un gol assist\" è un'ipotesi che non si è realizzata nel passato, cioè, un fatto che non è accaduto poiché quello che veramente successe fu che Pellegrini segnò un gol assist, in italiano standard questa frase dovrebbe essere \n\n> Sarebbe bastato che Pellegrini non avesse segnato un gol assist\n\nche, nel parlato colloquiale, si potrebbe rendere \n\n> Bastava che Pellegrini non avesse segnato un gol assist\n\no persino\n\n> Bastava che Pellegrini non segnava un gol assist.\n\nInfine, in questa altra risposta puoi leggere un riassunto su quello che dicono diversi studiosi su questo fenomeno.", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "5925", "text": "Penso tu abbia ragione anche perché la prima frase lascia pensare a due circostanze che avvengono contemporaneamente e non a distanza di tempo. Ammettendo che la forma grammaticale non sia scorretta certamente non è esplicativa.\nA parte il fatto che a qualcuno che è esterno al contesto - come il sottoscritto - il tutto rimane molto oscuro. Di che si parla in effetti? Di due tipi di vittoria differenti suppongo. Tipo la partita ieri ed il campionato oggi... oppure di una partita iniziata ieri e continuata oggi? Mistero!\nNon si capisce il nesso tra la vittoria (o solo il vantaggio?) di quelli ieri e la non vittoria di questi oggi.\nÈ una di quelle situazioni in cui chi condivide lo stesso contesto può capire correttamente la frase ma chi è al di fuori di quel contesto e quegli eventi non può capire.\nDulcis in fundo: complimenti al Pellegrini, anche se non si capisce se ha segnato due gol e ha fatto un assist (perché l'assist non si segna ma si fa!) oppure se ha segnato due gol senza fare assist oppure se ha fatto un gol ed un assist!\nComunque siano andate le cose la squadra non mi pare molto ferrata in Italiano :)", "is_selected": false } ]
Difference between "reggere" "sorreggere" "tenere" "sostenere".
Found only Differenze tra "tenere" e "sostenere" All these words means "hold" in some sort. In dictionaries I have found next: tenere - is basic "hold", hold something in hands for example. Correct? sostenere - hold, more like support, which demands some sort of efforts, not necessary phisically. Correct? reggere - "hold on", "get over". I must hold on. I must get over this. Is that correct? sorreggere - with this have no good ideas, it's like sostenere, but what difference?
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[ { "score": "2", "ownerid": "6017", "text": "\n> tenere - is basic \"hold\", hold something in hands ... Correct?\n\nYes, and also \"mantenere\". You can tenere something in your hands, in your mind, under your eyes. When driving a car you have to \"tenere la destra\" in Italy (stay on the right side of the road). Less correctly (dialectal) some people also use \"tenere\" to mean \"to have\": \"tenere fame\" = \"avere fame\". In some circumstances \"tenere\" (but not mantenere) means also \"resist an effort\": \"la colla tiene\" means \"the glue resists\". It is a broad verb, there are many locutions using it but it would take lot of space (and memory).\n\n> sostenere ... more like support ... not necessary phisically. Correct?\n\nYes again. In a physical context, to impede that something falls down. In a figurative context it means \"to mantain an opinion\", \"to have and express an opinion\", or to approve and support the thought of someone else: \"ti sostengo\" = \"I think the same (and I am supporting you)\".\n\n> reggere - \"hold on\", \"get over\". I must hold on. I must get over this. Is that correct?\n\nSorry, not quite, especially not \"get over\": the verb expresses a static situation. It is, physically, very like \"sostenere\": to avoid that something falls down. Figuratively it is similar, with a few meanings; for example \"reggere allo sforzo\" = \"to withstand the (opposing) force\"; in a few cases it means \"be in charge\" of something quite important, to be the chief, like \"reggere il trono\" - literally \"to keep the throne\" (be the king).\n\n> sorreggere\n\nTo keep it simple, it is mostly the same as \"reggere\". Perhaps, sometimes one says \"sorretto\" (past participle) instead of \"retto\" because this last word can have other meanings.", "is_selected": true } ]
Pigliare un quadro di sito alla strada croce.
I'm trying to understand the following. It is a text from the seventeenth century that describes a procession: """ Si dovrà pigliare un quadro di sito alla strada croce detta Borgo di S. Pietro in modo che le Carrozze possino uscire dalla porta della Città medesima. """ But I'm not sure what 'quadro di sito' means. Can anybody explain, either in Italian or English?
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[ { "score": "3", "ownerid": "1438", "text": "Pigliare un quadro di sito seems to mean more or less occupy an area.\nLuca Landucci writes in 1505 in his Florentine Diary:\n\n> E questo è un disegno di fare un tempio a San Giovanni Vangiolista, in quel luogo ove egli è, dirimpetto a San Lorenzo; cioè pigliare un quadro quanto tiene la piazza di San Lorenzo, ch'è circa cento braccia per ogni verso, come per una scritta l'ò avvisato And this is a plan to build a church to St. John the Evangelist, in that area in front of S. Lorenzo; that is, to take|reserve|occupy an area as wide as S. Lorenzo square, which is around one hundred yards in each direction, as I notified him in writing...\n\nThe word sito usually means a location, so that you would say \"Nel sito sono stati ritrovate sepolture del 1300\" (Burials from 1300 have been found at the site). It is also an old participle for situato, meaning located: \"l'immobile sito in Vicolo Stretto...\" (The building located in Narrow Alley...). But it also has1 an archaic meaning of space: occupare quanto più sito possibile, occupy as much space as possible.\nIn that case, sito would have been needed to specify what the quadro was to be taken of: a quadro of meadow, of water, of empty air?, hence quadro di sito.\nIt is not clear whether this area is to be kept free as to allow passage for the coaches, or whether the procession is to be constrained inside the area so that space enough for the coaches is left around it.\n1 As a curiosity, in Tuscan vernacular it has the further meaning of especially bad smell, pong: if you hear senti che sito in Florence, they're not complimenting the site - they're bemoaning the horrible smell (there was even a local newspaper title on the Florence landfill, Case Passerini, making a pun and referring to the site of the landfill with an ambiguous il sito di Case Passerini).", "is_selected": false }, { "score": "0", "ownerid": "1657", "text": "A me sembra che \"pigliare un quadro di sito\" possa significare \"prendere misure, fare disegni e piani\" per permettere all'amministrazione locale di tentare di risolvere il problema dell'incrocio (\"strada croce\") vicino all'uscita della città. \nI think that \"pigliare un quadro di sito\" may mean \"take the necessary measures, drawings and make plans\" to allow the local administration to try to solve the problem of the crossing (\"strada croce\") near the city gate.", "is_selected": false } ]
Accordo di "per primo/a" con il soggetto o con l'oggetto diretto.
Si tratta di una domanda correlata a questa, che è ancora senza una risposta completa. In quella domanda ho citato questa terzina di Dante, di suprema bellezza e intensità: """ Tu lascerai ogne cosa diletta più caramente; e questo è quello strale che l’arco de lo essilio pria saetta. (Paradiso XVII, 55-57). """ Immaginate che io voglia parafrasare in italiano moderno il secondo emistichio, usando "freccia" al posto di "strale": come dovrei fare l'accordo della locuzione "per primo/a"? Con il soggetto "l'arco" o con l'oggetto diretto "la freccia"? Cioè, si dovrebbe dire """ e questa è la freccia che l'arco dell'esilio saetta per primo """ oppure """ e questa è la freccia che l'arco dell'esilio saetta per prima? """ Queste due mie frasi hanno significati diversi? Ho l'impressione che la risposta a questa ultima domanda sia affermativa, ma non ne sono del tutto sicura. La mia ipotesi è che, nel primo caso, sia implicito l'uso di parecchi archi e che l'espressione faccia riferimento al primo arco a essere utilizzato per lanciare una freccia, mentre il secondo si riferirebbe al primo dardo saettato da un arco usato per lanciare più di una freccia. È così?
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[ { "score": "1", "ownerid": "6856", "text": "Sì, le due frasi hanno significato diverso:\n\"e questa è la freccia che l'arco dell'esilio saetta per primo\" significa che l'arco è il primo a lanciare la freccia (e poi potrebbero esserci altri archi che la lanciano)\n\"e questa è la freccia che l'arco dell'esilio saetta per prima\" significa che la freccia è la prima ad essere lanciata dall'arco (che poi potrebbe lanciarne anche altre, ma resta sempre lo stesso arco)\nNel caso citato, la parafrasi corretta è la seconda: l'abbandono delle cose care è la prima conseguenza (freccia) dell'esilio (arco), a cui ne potrebbero seguire altre (ad esempio, la difficoltà di vivere da straniero in terra straniera, il senso di impotenza nel vedere la propria patria in mano al \"nemico\", senza poter far nulla, etc.)\nL'interpretazione corretta si può desumere dal contesto: innanzi tutto sarebbe assurdo pensare ad una stessa freccia scagliata più volte da archi diversi, quindi la metafora stessa, da sola, suggerisce che quel \"pria\" sia riferito allo strale e non all'arco.\nIn secondo luogo, proseguendo nella lettura dei versi successivi risulta evidente che Dante stia elencando una serie di conseguenze (che, nella metafora sono gli strali) dell'esilio (che nella metafore è l'arco), di cui l'abbandono di ciò che è caro è solo la prima:\n\n> Tu lascerai ogne cosa diletta più caramente; e questo è quello strale che l’arco de lo essilio pria saetta. ``` [57] ``` Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale. ``` [60] ``` E quel che più ti graverà le spalle, sarà la compagnia malvagia e scempia con la qual tu cadrai in questa valle; ``` [63] ``` che tutta ingrata, tutta matta ed empia si farà contr’ a te; ma, poco appresso, ella, non tu, n’avrà rossa la tempia. ``` [66] ```\n\n(Dante, Paradiso, canto XVII, versi 55-66)", "is_selected": false } ]
Differenze tra "scaffale" e "mensola".
"Scaffale" e "mensola": questi due vocaboli mi sono sempre sembrati molto simili. Non capisco se ci sono differenze di uso o di significato tra loro. Potreste aiutarmi a chiarire questo mio dubbio?
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[ { "score": "3", "ownerid": "2136", "text": "In sintesi: uno scaffale ha le mensole.\nLo scaffale, infatti, è un mobile di legno o di metallo con dei ripiani orizzontali. Di solito si usa per i libri o per oggetti non troppo pesanti e voluminosi. La mensola, invece, è un piano di legno o di metallo. È possibile anche attaccare al muro una o più mensole singolarmente per appoggiare oggetti da cucina, ad esempio, o di altro tipo.", "is_selected": true } ]
Onomatopoeia in Italian.
What's the Italian equivalent for words such as, "crash", "bang", "snap", "woosh", "wallop" etc? Are there any onomatopoeia references out there that consolidate these equivalents in Italian?
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[ { "score": "6", "ownerid": "1243", "text": "\n> Among most commons onomatopeias pertaining pets there are those diffused in language of and for children bau (dog's barking, woof), miao (cat's meow), grrr (sound of growl, snarl), chicchirichì (chicken's cock-a-doodle-doo) Among most common onomatopeias about things and actions there are: tic tac(clock), crac(something breaks), plin (tinkle), din don (doorbell or bells in general), eccì (achoo), brr (used when one feels cold) They're often used in a replicated form bau bau, plin plin, crac crac or in only one syllable: patapum (wallop), taratatà, patatrac (a huge mess) Onomatopeias can also be used as substantive il tic tac della sveglia (clock's ticktoc), i chicchirichì dei galli (chickens cock-a-doodle-doo), un patatrac or produce verbs and substantives miao (meow) ▶ miagolio / miagolare (to meow) tic tac (ticktoc)▶ ticchettio / ticchettare. (to tick)\n\nMost of comics onomatopeias remain the same (although some of them may have been \"italianized\") and come from very common English verbs, such as:\nbang (da to bang: esplodere)\ncrash (da to crash: rompersi)\ngulp (da to gulp: inghiottire)\nsniff (da to sniff: fiutare)\nsplash (da to splash: spruzzare)\nbroooom (da to broom: spazzare)\nboom (da to boom: scoppiare, sometimes italianized in bum)\nslam (da to slam: sbattere)\nsob (da to sob: singhiozzare)\nchomp , infine, deriva dall'omonimo verbo che significa \"masticare rumorosamente\".\nYou can find some references here:\nTreccani - onomatopee La grammatica Italiana\nTreccani - onomatopea Enciclopedia dei ragazzi ", "is_selected": true } ]
In Granita, Umberto Eco's short pastiche of Nabokov's Lolita, which words does he use in Italian to substitute 'nymphet'?
In 1959, Umberto Eco published a short pastiche of Nabokov's novel Lolita. An English translation named "Granita" was published in the anthology Misreadings in 1994. In this pastiche, a certain Umberto Umberto (Umberto being the Italian version of Humbert as well as the author's given name) writes about his tempestuous flight through Piedmont with the geriatric Granita, the object of his desires and recipient of his sexual attention. In the English translation, the word 'nymphets' from Nabokov's work is substituted with 'nornettes'. Am I correct in surmising that this is a word-play based on the Italian nonna (grandmother)? Which word did Eco use in the Italian original?
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[ { "score": "3", "ownerid": "707", "text": "The Italian original is titled Nonita and can be found in this post.\nYou can see that the word used in the original that has been translated into English as \"nornettes\" is parchette:\n\n> Per designare costoro, sconosciute ai più, dimenticate dalla indifferenza lubrica degli abituali usagers di friulane sode e venticinquenni, adoprerò, lettore, oppresso anche in questo dai rigurgiti di un’impetuosa sapienza che mi atterrisce ogni gesto di innocenza che mai tenti – un termine che non dispero esatto: parchette.\n\nI don't perceive in the term you mention any connection with the word \"nonna\", but with Parcae, that in Italian are called Parche: parchette would be some kind of diminutive of Parche. It seems that, for some reason, the translator to English has decided to refer to the Norns when using \"nornettes\".\nAs @DaG has said in his comment, Nobokov's \"nymphets\" are a diminutive form of nymphs, Roman mythological figures associated with youth, whereas Parcae (and also Norns in Germanic mythology) are associated with old age.\nThat said, the title Nonita seems to me a clear reference to the Italian word nonna that, as I've learned reading Primo Levi's short stories, is pronounced nona in Piedmont.", "is_selected": true } ]
Cosa sono le "schiavenze"?
Nel romanzo La malora, di Beppe Fenoglio, ho letto: """ Era contenta anche lei, e adesso sarei stato una vera bestia se mi mettevo a cabalizzare sul motivo della sua contentezza. Le dissi adagio: – Ci sono delle schiavenze in giro da prendere. """ Sapreste spiegarmi cos'è una "schiavenza"? Non ho trovato questo vocabolo in nessun dizionario. Si tratta di un termine di origine piemontese?
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[ { "score": "3", "ownerid": "1243", "text": "Nel documento CARATTERI ECONOMICO-AGRARI DEI COMPARTIMENTI - FIGURE - POSIZIONI\nE VOCI PROFESSIONALI AGRICOLE redatto da ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA DEL REGNO D'ITALIA - VIII CENSIMENTO GENERALE DELLA POPOLAZIONE\n21 APRILE 1936~XIV ho trovato:\n\n> Nelle province di Cuneo e di Torino, non sono rari i contratti di quasi-affitto, nell'Alessandrino è frequente la schiavenza a compartecipazione, nella pianura di Saluzzo la boaria a dar tutto e a paghe.\n\nInoltre vengono elencate le principali figure agricole specifiche nelle varie province piemontesi.\nÈ quindi una sorta di contratto agricolo con per cui coltivando una porzione di terreno vengono dati in cambio denaro ed anche beni alimentari.\nCome fatto notare da @VincenzoOliva su un dizionario italiano per schiavenze:\n\n> 1 storia variante meno comune di schiavanderia 2 storia podere affidato a uno schiavandaro\n\ndove per schiavandaro si intende:\n\n> nel passato, coltivatore di un fondo alle dirette dipendenze di un proprietario, dal quale riceveva in cambio l'abitazione e una remunerazione in denaro o in natura\n\nPiù avanti nel testo si trova un passaggio in cui lo stesso protagonista cercava informazioni su questa particolare modalità di contratto:\n\n> Pensavo solo per me e Fede, e appena avevo un’ora libera correvo all’osteria di Manera dove c’era sempre un certo traffico di gente e cercavo di sapere il più possibile sulle schiavenze; n’avrò sentiti una dozzina, i più pratici, e tutti mi dissero la stessa cosa: per un anno davano cento lire, un quintale di meliga e una brenta di vino. Un affare come i galeotti, ma niente mi spaventava e non avrei fatto smorfie neanche per il posto, al momento buono avrei accettato magari una schiavenza sotto le rocche di Cissone.\n", "is_selected": true } ]
Qual è il significato di "leva" in questo contesto?
Nel libro Non ora, non qui, di Erri De Luca, ho letto: """ Mi mostravi ad esempio qualche compagno di scuola. Spigliato fino alla sfrontatezza riusciva ad eccellere anche quando non studiava per l’abilità ad esaltare le sue cognizioni. Ma io crescevo senza modelli capaci di suscitarmi emulazioni. Ci sono poveri per i quali il ricco non è un’aspirazione. Ci sono poveri, in sostanze e in spirito, renitenti alla leva. """ Ho cercato il vocabolo "leva" in parecchi dizionari e ho letto le differenti accezioni. Tuttavia, non riesco a capire cosa significhi "leva" nel brano sopra citato. Sapreste spiegarmelo?
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[ { "score": "6", "ownerid": "1243", "text": "La leva era (il realtà è ancora perché è soltanto sospesa) l’obbligo di prestare servizio militare della durata di 10 mesi per tutti i giovani maschi abili una volta raggiunti i 18 anni. \nRenitente alla leva veniva considerato chi non si presentava alla chiamata, incorrendo in un reato penale. \nNel brano da te citato il senso mi pare figurato come a dire che i poveri in sostanze e in spirito neanche provavano ad avere aspirazioni o desideri. ", "is_selected": true } ]
Cos'è un “fallimento doloso"?
Nel romanzo Il giorno della civetta, di Leonardo Sciascia, ho letto: """ Ad ogni omicidio, ad ogni furto, ecco una diecina di lettere anonime sul mio tavolo; ed anche delle liti di famiglia e dei fallimenti dolosi, mi scrivono; e degli amori dei carabinieri... """ Cercando in parecchi dizionari, ho trovato i significati di "fallimento" e di "doloso", ma non capisco cos'è un "fallimento doloso". Sapreste spiegarmelo?
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[ { "score": "5", "ownerid": "2876", "text": "Viene in aiuto la chiara definizione del vocabolario Treccani (http://www.treccani.it/vocabolario/doloso/):\n\n> dolóso agg. [dal lat. dolosus]. – Che è fatto con dolo, cioè con piena coscienza e intenzionalità [...] in senso generico, che è fatto con inganno, fraudolento.\n\nun fallimento è doloso quando appunto avviene in modo intenzionale (e con un intento truffaldino)", "is_selected": true } ]