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https://it.wikipedia.org/wiki/Animalia
Animalia
Gli animali (Animalia , 1758) o metazoi (Metazoa , 1874) sono un regno del dominio degli eucarioti, comprendono in totale più di specie di organismi classificati, presenti sulla Terra dal periodo ediacarano; il numero di specie via via scoperte è in costante crescita, e alcune stime portano fino a 40 volte superiore la numerosità reale; delle 1,5 milioni di specie animali attuali, sono appartenenti solo alla classe degli Insetti. Sono inclusi nel regno animale tutti gli eucarioti con differenziamento cellulare, eterotrofi e mobili durante almeno uno stadio della loro vita. Inoltre gli animali, con poche eccezioni, sono eterotrofi, cioè consumano materiale organico, respirano ossigeno, sono capaci di movimento e crescono a partire da una sfera cava di cellule, la blastula, durante lo sviluppo embrionale. Il regno animale raggruppa i propri appartenenti in categorie tassonomiche definite dal sistema di classificazione scientifica. La disciplina biologica che studia gli animali viene detta zoologia. Nel linguaggio comune, a causa dell'antropocentrismo, viene a volte utilizzato erroneamente il termine animale per riferirsi solo a quelli che non sono esseri umani, sebbene anche questi ultimi siano animali. La locuzione corretta in quel caso è invece animali non umani. Struttura Nella diversità delle specie appartenenti al regno animale, possiamo generalizzare alcuni aspetti. Con diverse eccezioni, in particolare parazoi, placozoi, e mesozoi, gli animali hanno un corpo differenziato in quattro tessuti distinti: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso. In genere, c'è anche una cavità interna digerente, con una o due aperture. Gli animali con questo tipo di organizzazione sono chiamati eumetazoi. Tutti gli animali hanno cellule eucariotiche, circondate da una caratteristica matrice extracellulare composta di collagene e glicoproteine elastiche. Questa può essere mineralizzata a formare strutture come conchiglie, ossa e spicole. Durante lo sviluppo, secondo un quadro relativamente flessibile ma definito, le cellule possono muoversi e riorganizzarsi, realizzando strutture complesse. Altri organismi pluricellulari come piante e funghi hanno cellule tenute in posizione da pareti cellulari rigide, sviluppando una crescita progressiva. Inoltre, le cellule animali possiedono le giunzioni intercellulari seguenti: occludenti, aderenti e comunicanti. Tegumento, scheletro e muscoli In tutti gli animali, escludendo quelli più primitivi da un punto di vista evolutivo, il tegumento e il sistema muscolare sono variamente in rapporto tra loro e dipendono strettamente dall'ambiente in cui gli organismi vivono. Il tegumento, oltre alla funzione di protezione dell'ambiente interno da eventuali pericoli provenienti dall'ambiente esterno all'animale, può nei vari taxa svolgere anche altre funzioni. Apparato digerente e metabolismo Gli animali, come già ricordato sono organismi eterotrofi, non sono cioè in grado di prodursi da soli l'alimento come le piante, ma devono procurarselo nutrendosi di esse, altri animali o resti animali. Così come per gli altri sistemi e apparati, varie sono le modalità sviluppate dai vari phyla riguardo alle abitudini alimentari, alla digestione delle sostanze ingerite e ai propri processi metabolici. Sistema circolatorio L'apparato circolatorio svolge la funzione di distribuire le sostanze nutritive alle cellule del corpo. Può eventualmente contenere anche cellule e pigmenti respiratori (emoglobina, emocianina), e quindi distribuire l'ossigeno. Può essere chiuso (Anellidi, Vertebrati, molluschi Cefalopodi) o aperto (Insetti, gli altri Molluschi), o addirittura mancare del tutto, come in alcuni Phyla. Apparato respiratorio ed escretore La funzione svolta dall'apparato respiratorio è la respirazione. La finalità di questo processo è rifornire i tessuti di ossigeno e liberarli dall'anidride carbonica, prodotto di scarto dell'attività cellulare. Una qualsiasi superficie sottile, umida, è in grado di adempiere a questa funzione; riconosciamo branchie e polmoni a seconda che l'animale sia acquatico o meno. L'apparato escretore si occupa di eliminare cataboliti, principalmente prodotti azotati, dall'organismo, sotto forma di ammoniaca, urea o acido urico. Sistema nervoso e organi di senso Gli organismi unicellulari sono in grado di rispondere a uno stimolo esterno con una reazione, dimostrandosi eccitabili o irritabili. Dal passaggio alle forme pluricellulari nasce la necessità di un sistema nervoso capace di gestire e coordinare le funzioni dei vari tessuti, apparati e sistemi in modo che essi agiscano come un'unità. Troviamo neuroni sensoriali e neuroni motori, spesso collegati fra loro attraverso neuroni associativi. Riproduzione e sviluppo La riproduzione può avvenire sessualmente o asessualmente. La riproduzione asessuale, tipica dei Batteri e dei Protozoi, è nel regno animale molto meno diffusa e, sostanzialmente, presente solo nei phyla meno evoluti, dove comunque si può avere anche una riproduzione sessuale. A volte è presente l'alternanza di generazioni. Ecologia Per biodiversità si intende l'insieme di tutte le forme viventi, geneticamente dissimili e degli ecosistemi ad esse correlati. Quindi biodiversità implica tutta la variabilità biologica: di geni, specie, habitat ed ecosistemi. L'anno 2010 è stato dichiarato dall'ONU l'Anno internazionale della biodiversità. È ormai accertato che la nascita della vita è avvenuta nell'ambiente acquatico. Ancora oggi, dei circa 70 phyla di animali viventi conosciuti, la maggioranza abita prevalentemente quest'ambiente. Addirittura esistono phyla che possono essere considerati endemici dell'ambiente marino (13 phyla su 28 che vivono in tale ambiente) mentre nessun phylum viene considerato endemico dell'ambiente delle acque dolci. Dall'acqua, nel corso delle ere geologiche, vari gruppi hanno saputo conquistare spazio nell'ambiente terrestre (1 phylum endemico, gli Onychophora), mentre altri hanno optato per una vita di simbiosi o parassitismo (4 phyla endemici). Il passaggio dall'ambiente acquatico a quello terrestre è avvenuto grazie all'azione fotosintetica delle alghe unicellulari prima e delle piante poi, che hanno via via arricchito l'atmosfera di ossigeno. Mentre l'acqua infatti è in grado di contenere una bassissima concentrazione di O2 al suo interno, nell'ambiente fuori da queste, le concentrazioni arrivavano addirittura al 20-30% del totale; questo ha sicuramente favorito un graduale spostamento degli animali da un ambiente sommerso, scarsamente ossigenato, ad uno emerso, ricco di tale gas. Classificazione Diverse classificazioni degli animali, così come quella degli altri regni, sono state proposte nel corso degli anni. Le prime classificazioni si basavano perlopiù su caratteristiche morfologiche, prendendo in considerazione, a seconda dell'autore un numero più o meno grande di caratteri. Successivamente si è passati a raggruppare gli organismi considerando anche il loro sviluppo embrionale. Negli ultimi anni, così come avviene per gli altri regni, si cerca una classificazione basata su studi di genetica molecolare, in base al principio che determinati geni si conservano pressoché uguali nei vari raggruppamenti e il numero di variazioni nelle basi del Dna può essere correlato col tempo trascorso dall'allontanamento da un antenato comune (Orologio Molecolare). Cronologicamente si fanno risalire ad Aristotele le prime osservazioni tassonomiche, raccolte nei vari scritti scientifici come "Ricerche sugli animali", "Le parti degli animali" e "Sulla generazione degli animali". Sebbene venga spesso considerato il padre fondatore della Zoologia moderna, Aristotele non propose mai un sistema tassonomico esaustivo e scientifico. I suoi studi erano per lo più annotazioni di carattere ora scientifico, ora fisiologico ora etologico, senza applicare in nessun caso un vero progetto tassonomico teorico.Dalle sue notazioni emerge comunque una primitiva suddivisione del regno Animale affine per certi aspetti a quella moderna. Aristotele suddivideva gli animali in due primi gruppi, gli Enaima (Animali con sangue) ed Anaima (Animali senza sangue). Al primo gruppo appartenevano l'Uomo, i Quadrupedi, i Cetacei, i Pesci e gli Uccelli. Al secondo appartenevano la maggior parte dei Crostacei decapodi, dei Molluschi e quelli che Aristotele definiva Entoma, vale a dire un insieme più o meno confuso degli attuali Insetti, Miriapodi, Aracnidi, Anellidi e Vermi parassiti. Il criterio di classificazione che Aristotele adottò per gli Entoma fu la suddivisione del corpo degli animali in più segmenti ben individuabili, sulla faccia ventrale, dorsale o entrambe. Se si escludono gli Anellidi e i Vermi parassiti la definizione aristotelica di Entoma si avvicina molto a quella contemporanea degli Artropodi. Aristotele si interessò, seppure marginalmente, anche dei Vegetali. Le sue intuizioni al riguardo non furono vicine a quelle moderne come invece è stato per gli Animali. Aristotele sosteneva infatti che le Piante si fossero originate a partire da animaletti dalle dimensioni modeste provvisti di un gran numero di zampe che, a causa di una vita sempre più immobile e sedentaria, avrebbero perso le articolazioni finali andando a sostituire le funzioni vitali svolte dalla bocca. Le teorie zoologiche di Aristotele ricevettero molto successo nel corso del tempo rispetto a quelle botaniche, tant'è che perdurarono per circa duemila anni; soprattutto grazie alle adesioni che i suoi libri ricevettero da parte dei primi scrittori e teologi cristiani, come Origene, Agostino d'Ippona e Tommaso d'Aquino: una tendenza che continuò nei tempi successivi come nel XVI secolo con l'opera del presbitero Giovanni Domenico de Nigris che si dedicò alla descrizione di animali secondo un'ottica religiosa. Segue una classificazione (incompleta) del regno terminante con le varie classi di ogni phylum e comprendente (quando è indicato) categorie tassonomiche intermedie: Sottoregno Parazoa (Parazoi) Phylum Porifera (Poriferi o Spugne) classe Calcarea o Calcispongiae (Calcispongie o Spugne calcaree) classe Hyalospongiae o Hexactinellida (Ialospongie o Esattinellidi o Spugne vitree) classe Demospongiae (Demospongie o Spugne cornee) classe Sclerospongiae (Sclerospongie o Spugne coralline) Sottoregno Phagocytellozoa (Fagocitellozoi) Phylum Placozoa (Placozoi). Due sole specie oggi note: Trichoplax adhaerens Treptoplax reptans (non si hanno dati a sufficienza per dimostrare l'esistenza di questa specie) Si tratta di organismi marini di acque basse, microscopici e somiglianti vagamente alle amebe, non più grandi di alcuni millimetri e spessi qualche decimo di millimetro. A suo tempo furono ritenuti erroneamente fasi larvali di meduse; ma in seguito (1971) è stato accertato che costituiscono un phylum a sé stante e sembrano rappresentare il modello più realistico di metazoo ancestrale. Sottoregno Eumetazoa (Eumetazoi) Ramo Radiata (Radiati) infraregno Phylum Coelenterata o Cnidaria (Celenterati o Cnidari) Hydrozoa (Idrozoi) Scyphozoa (Scifozoi) Cubozoa (Cubozoi) Anthozoa (Antozoi) Phylum Ctenophora (Ctenofori) Tentaculata (Tentacolati) Nuda (Nudi o Atentacolati) Ramo Bilateria (Bilateri) infraregno Protostomi Clade Ecdysozoa Phylum Kinorhyncha (Chinorinchi) Phylum Priapulida (Priapulidi) Phylum Nematoda (Nematodi o Vermi cilindrici) Secernentea o Phasmidia (Fasmidari) Adenophorea o Aphasmidia (Afasmidari) Phylum Lobopodia (Lobopodi) Phylum Nematomorpha (Nematomorfi) Nectonematoida (Nectonematoidi) Gordioida (Gordioidi) Phylum Loricifera (Loriciferi) Phylum Arthropoda (Artropodi) Subphylum Trilobitomorpha (Trilobiti) † Subphylum Chelicerata (Chelicerati) Merostomata (Merostomi) Pycnogonida (Picnogonidi) Arachnida (Aracnidi) Subphylum Myriapoda (Miriapodi) Diplopoda (Diplopodi) Chilopoda (Chilopodi) Symphyla (Sinfili) Pauropoda (Pauropodi) Subphylum Hexapoda (Esapodi) Entognatha (Entognati) Collembola (Collemboli) Protura (Proturi) Diplura (Dipluri) Insecta (Insetti) Subphylum Crustacea (Crostacei) Branchiopoda (Branchiopodi) Remipedia (Remipedi) Cephalocarida (Cefalocaridi) Maxillopoda (Maxillopodi) Ostracoda (Ostracodi) Malacostraca (Malacostraci) Phylum Tardigrada (Tardigradi) Heterotardigrada (Heterotardigradi) Mesotardigrada (Mesotardigradi) Eutardigrada (Eutardigradi) Phylum Onychophora (Onicofori) Clade Lophotrochozoa Phylum Nemertea o Rhynchocoela (Nemertini o Nemertei o Rincoceli) Phylum Entoprocta o Kamptozoa (Endoprocti o Endoprotti o Camptozoi) Phylum Mollusca (Molluschi) Subphylum Aculifera (Aculiferi) Poliplacophora (Poliplacofori) Caudofoveata (Caudofoveati) Solenogastres (Solenogastri) Subphylum Conchifera (Conchiferi) Monoplacophora (Monoplacofori) Gastropoda (Gasteropodi) Bivalvia (Bivalvi) Scaphopoda (Scafopodi) Cephalopoda (Cefalopodi) Rostroconchia (Rostroconchi) † Helcionelloida (Helcionelloidi) † Tentaculita (Tentaculiti) † Phylum Annelida (Anellidi o Vermi Metamerici) Polychaeta (Policheti) Clitellata (Clitellati) Phylum Echiura (Echiuridi o Echiuridei) Phylum Sipuncula (Sipunculidi) Phylum Bryozoa o Ectoprocta (Briozoi o Ectoprocti) Stenolaemata (Stenolaemati) Gymnolaemata (Gymnolaemati) Phylactolaemata (Phylactolaemati) Phylum Phoronida (Foronidei) Phylum Brachiopoda (Brachiopodi) Articulata (Articulati) Inarticulata (Inarticulati) Phylum Hyolitha (Ioliti) Clade Platyzoa Phylum Platyhelminthes (Platelminti o Vermi piatti): Turbellaria (Turbellari) Monogenea (Monogenei) Trematoda (Trematodi) Cestoda (Cestodi o Cestoidei) Phylum Gastrotricha (Gastrotrichi) Phylum Gnathifera Phylum Rotifera (Rotiferi) Seisonoidea (Seisonoidi) Bdelloidea (Bdelloidi) Monogononta (Monogononti) Phylum Acanthocephala (Acantocefali) Archiacanthocephala (Archiacanthocefali) Palaeacanthocephala (Palaeacanthocefali) Eoacanthocephala (Eoacanthocefali) Phylum Gnathostomulida (Gnatostomulidi) Non assegnato Phylum Pentastomida (Pentastomidi o Linguatulidi) Deuterostomi Phylum Chaetognatha (Chetognati o Sagittoidei) Phylum Hemichordata (Emicordati) Phylum Echinodermata (Echinodermi) Subphylum Eleutherozoa (Eleuterozoi) Superclasse Asterozoa (Asterozoi) Asteroidea (Asteroidei o Stelle di mare) Somasteroidea (Somasteroidei) Superclasse Cryptosyringida (Cryptosyringidi) Echinoidea (Echinoidei o Ricci di mare) Holothuroidea (Oloturoidei od Oloturie o Cetrioli di mare) Ophiuroidea (Ofiuroidei od Ofiure o Stelle serpentine) Subphylum Crinozoa (Crinozoi) Crinoidea (Crinoidei o Crinoidi o Gigli di mare) Phylum Chordata (Cordati) Subphylum Urochordata (Urocordati o Tunicati) Subphylum Cephalochordata (Cefalocordati) Subphylum Vertebrata (Vertebrati) Infraphylum Agnatha (Agnati o Pesci senza mascelle) Hyperoartia (lamprede) Myxini (missiniformi) Infraphylum Gnathostomata (Gnatostomi) Chondrichthyes (Condroitti o Pesci cartilaginei) Actinopterygii (Attinopterigi) Coelacanthimorpha (celacanti) Dipnoi (pesci polmonati) Amphibia (Anfibi) Reptilia (Rettili) Aves (Uccelli) Mammalia (Mammiferi) Note Voci correlate Animalismo Animale da compagnia Superstizioni legate agli animali Comportamento collettivo degli animali Zoologia Altri progetti Collegamenti esterni Macaulay Library, Audio & Video archivio mondiale del Regno Animale (in inglese) Taxa classificati da Linneo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Algol
Algol
ALGOL – un linguaggio di programmazione Algol – stella variabile soprannominata la stella del diavolo Algol (o Algol – Tragödie der Macht) – film di fantascienza del 1920 diretto da Hans Werckmeister Algol – personaggio della saga videoludica Soulcalibur Algol – famiglia di stadi e booster a propellente solido costruiti dalla Aerojet Algol – bassista del gruppo black metal Forgotten Tomb Algol – celebre linea di televisori portatili prodotti da Brionvega dal 1964
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https://it.wikipedia.org/wiki/A4
A4
Astronomia A4 – sottoclasse della classificazione stellare Autostrade e strade A4 – autostrada austriaca Vienna-Budapest A4 – autostrada francese Parigi-Strasburgo A4 – autostrada italiana Torino-Trieste A4 – strada lituana Vilnius-Druskininkai A4 – autostrada lussemburghese Lussemburgo-Esch-sur-Alzette A4 – autostrada polacca Jędrzychowice-Korczowa A4 – autostrada svizzera dal confine tedesco ad Altdorf A4 – autostrada tedesca Aquisgrana-Görlitz A4 – strada britannica Londra-Bristol A4 – autostrada rumena, tangenziale di Costanza. Codici A4 – codice vettore IATA di Southern Winds A-4 – designazione degli aerei USA per Douglas A-4 Skyhawk Geologia a4 – descrive, nella cartografia geologica, il deposito eluvio-colluviale. Musica A4 – accordo musicale di La sospeso secondo la notazione inglese Altro A4 – altra designazione del missile V2 A4 – grado di difficoltà per l'arrampicata artificiale A4 – tomba dell'Antico Egitto parte delle Tombe dei Nobili A4 – piccolo peschereccio navale che operava nel Belgio durante la seconda guerra mondiale Foglio A4 – formato carta più diffuso, standard ISO 216 per la carta (210 × 297 mm) Apple A4 – microprocessore utilizzato in alcuni prodotti della Apple, come l'iPad, l'iPhone 4, l'iPod touch di 4ª generazione e l'Apple TV di 2ª generazione. Audi A4 – modello di autovettura prodotta da Audi Pagine correlate Autostrada A4
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https://it.wikipedia.org/wiki/Acronimo
Acronimo
L'acronimo (dal greco ἄκρον, àkron, "estremità" + ὄνομα, ònοma, "nome"), o inizialismo, è un nome formato con le lettere o le sillabe iniziali (o talvolta anche finali), o più genericamente con sequenze di una o più lettere delle singole parole o di determinate parole di una frase o di una denominazione, leggibili come se fossero un'unica parola. Descrizione Classificazione Spesso gli acronimi sono sigle pronunciabili, come FIAT o ONU (pronunciate "fìat", "ònu"), ma non tutti gli acronimi sono sigle, in quanto la caratteristica essenziale dell'acronimo è la leggibilità come un'unica parola della sequenza di lettere, sillabe o gruppi di lettere consecutive che compongono l'acronimo, che quindi non è sempre costituito solo da lettere iniziali: ad es., laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) è sia un acronimo sia una sigla, mentre radar (RAdio Detection And Ranging) è un acronimo ma non è una sigla. D'altra parte, non tutte le sigle sono acronimi: le sigle costituite da sequenze di lettere che richiedono la compitazione lettera per lettera dell'intera parola per poter essere pronunciate, come nel caso di CGIL o BMW (pronunciate "ci-gi-elle", "bi-emme-vu"), non sono acronimi. Nell'uso comune i due termini vengono comunque spesso considerati sinonimi (a tal proposito va ricordato che la sinonimia non indica la perfetta coincidenza di uso e significato). Formazione L'acronimo può essere costituito o dalle sole lettere iniziali di ciascuna parola che lo compone (CEDAM, acronimo di «Casa Editrice Dott. Antonio Milani») o da più lettere iniziali (Polfer, di «Polizia ferroviaria») o dalle sillabe iniziali (SINDIFER, di «Sindacato Dirigenti Ferrovie [dello Stato]») o da consonanti e vocali variamente scelte (SINASCEL, di «Sindacato Nazionale Scuola Elementare»), proprio perché siano leggibili come una sola parola. Negli acronimi mancano sovente i punti di suddivisione degli elementi componenti, che sono invece più frequentemente usati nelle sigle (CGIL o C.G.I.L., ma CONAD, di «Consorzio Nazionale Dettaglianti»). L'uso diffuso di alcuni acronimi ha fatto sì che non venga più percepita la loro natura di acronimo, come nel caso di laser, radar, sonar, ufo, suv, che sono diventati nel tempo veri e propri lemmi. Alcuni acronimi sono formati fondendo due parole, in genere eliminando l'ultima o le ultime sillabe della prima parola, in modo tale che le due parole originarie siano abbastanza riconoscibili e quindi il significato dell'acronimo sia abbastanza trasparente, come in palacongressi (pala[zzo] + congressi), cantautore (cant[ante] + autore) ed eliporto (eli[cottero] + porto): si tratta in questo caso di un vero e proprio sistema di composizione (o formazione) di nuove parole (dette parole macedonia), che si è sviluppato soprattutto recentemente, in particolare per opera di giornalisti e pubblicitari. Altri acronimi sono ottenuti eliminando l'ultima o le ultime sillabe della prima parola e la prima o le prime sillabe della seconda parola, come nei vocaboli inglesi entrati nel vocabolario italiano motel (mot[or] + [hot]el), smog (smo[ke] + [fo]g), quasar (quas[i] + [stell]ar) e nel calco stagflazione (stag[nazione] + [in]flazione, sul modello inglese di stagflation). Questi acronimi non solo non contengono punti, ma sono scritti in minuscolo; soltanto in pochi casi sono nomi propri e hanno quindi l'iniziale maiuscola. Un'ulteriore evoluzione dell'acronimia è la fusione di un numero maggiore di parole con soppressione di sillabe in posizioni più varie, come in postelegrafonico (post[ale] + telegra[fico] + [tele]fonico); si parla anche in questo caso di parole macedonia; il processo è detto anche sincrasi. Altri fenomeni linguistici Acronimo ricorsivo Un acronimo ricorsivo è un acronimo che contiene sé stesso all'interno della propria scrittura per esteso. Esistono diversi esempi di acronimi ricorsivi, specialmente in ambito informatico, quali ad esempio: Linux, Linux Is Not UniX; GNU, Gnu's Not Unix; XNU, Xnu's Not Unix; PHP, PHP: Hypertext Preprocessor; XNA, XNA is Not an Acronym; Wine, Wine Is Not an Emulator; LAME, Lame Ain't an MP3 Encoder; YAML, Yaml Ain't a Markup Language; Elle, Elle Looks Like Emacs; GOD, GOD Over Djinn (dal libro Gödel, Escher, Bach di Douglas Hofstadter). Esistono anche acronimi mutuamente ricorsivi, come GNU Hurd, dove Hurd sta per HIRD of Unix-Replacing Daemons, e HIRD significa HURD of Interfaces Representing Depth. Acrostico Simile all'acronimo è l'acrostico, che ha anche rilevanza come componimento poetico (στίχος stìchos, infatti, significa «verso»). Esso si distingue dall'acronimo, in quanto le lettere che lo compongono, ciascuna delle quali è l'iniziale di un verso o di una parola, formano una parola o una frase di senso compiuto. Ad es., ISOLA, acronimo di «Istituto sardo organizzazione lavoro artigianale», è un acrostico (che è meglio scrivere tutto maiuscolo per non confonderlo con il nome comune). Abbreviazione L'abbreviazione si distingue dall'acronimo, ma nasce dalla medesima esigenza di esprimere con pochi segni un concetto complesso; l'abbreviazione, a differenza dell'acronimo, non crea una nuova parola, ma è solo una rappresentazione diversa della stessa parola. In italiano, ma anche in altre lingue, l'abbreviazione può avere regole proprie di declinazione: ad esempio, pag. o p. è l'abbreviazione di "pagina", mentre pagg. o pp. è l'abbreviazione di "pagine"; esistono anche abbreviazioni declinate solo al plurale, come ad esempio AA.VV. che sta per "autori vari". Le contrazioni rientrano in questa categoria. L'ISO 4 è uno "standard per l'abbreviazione" dei titoli seriali, che permette di mantenere una loro identificazione univoca e uniforme, internazionale e indipendente da quella di altri codici alfanumerici diffusi. Presenta il vantaggio di essere "parlante", anche per i non esperti perché è una scelta delle parole più significative del titolo stesso. Note Voci correlate Sigla Acrostico Acronimo inverso Altri progetti Collegamenti esterni Globalacronyms - Un database di acronimi in più di 65 lingue con 16 categorie (350 000 record) Acronyma - Un database di acronimi e abbreviazioni (più di 470 000 record) Acronym Finder - Un database di acronimi e abbreviazioni (più di 4 000 000 di record) Acronym Search - (più di 50 000 record) abbreviations.com - (più di 260 000 record) All Acronyms - (più di 600 000 record) Giochi di parole
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alga
Alga
Le alghe (dal latino Algae) afferiscono ad un raggruppamento, non appartenente ad un taxon sistematico, rappresentato da organismi di struttura vegetale, autotrofi, unicellulari o pluricellulari, che producono energia chimica per fotosintesi, generando ossigeno e che non presentano una differenziazione in tessuti veri e propri. Nel corso del tempo, e nell'evoluzione della sistematizzazione scientifica dei viventi, all'interno di questo raggruppamento si sono venuti a trovare differenti gruppi sistematici aventi caratteristiche congruenti come la struttura molto semplice e non differenziata in tessuti e molto spesso la capacità fotosintetica. Le sole alghe verdi o clorofite, insieme alle embriofite, o piante terrestri, costituiscono il clado delle piante verdi, o viridiplantae. Non tutte le alghe utilizzano, per la fotosintesi, solamente la clorofilla a. Esse sono un gruppo molto vasto e diversificato di organismi autotrofi semplici, unicellulari e pluricellulari, come i kelp giganti che crescono fino a 65 metri di lunghezza. La maggior parte sono fotosintetici come le piante, e "semplici" perché non hanno la cellula tipica delle piante terrestri e non si trovano strutture tissutali distinte. Anche se i cianobatteri procarioti sono informalmente indicati come alghe blu-verdi, questo utilizzo non è ulteriormente corretto, alghe è un termine ora limitato solo a organismi eucarioti. Tutte le alghe vere devono avere un nucleo racchiuso in una membrana e plastidi legati in una o più membrane. Le alghe costituiscono quindi un gruppo parafiletico e polifiletico, in quanto non tutte discendono da un unico antenato comune, anche se i loro plastidi sembra che abbiano una origine unica. Le alghe presentano una vasta gamma di strategie riproduttive, dal più semplice, la divisione cellulare asessuata a forme complesse di riproduzione sessuale. Le alghe non hanno le varie strutture che caratterizzano le piante terrestri, come le foglioline (fillidi) delle briofite, i rizoidi delle piante non vascolari e le radici, foglie e altri organi che si trovano nelle tracheofite. Molti gruppi sono fototrofi, anche se alcuni contengono membri che sono mixotrofici. Alcune specie unicellulari dipendono interamente da fonti di energia differenti dalla luce e hanno un limitato o nessun apparato fotosintetico. Quasi tutte le alghe hanno un apparato fotosintetico in definitiva derivato dai cianobatteri, e producono ossigeno come sottoprodotto della fotosintesi, a differenza di altri batteri fotosintetici come i solfobatteri viola e verdi. Alghe filamentose fossili dal bacino di Vindhya sono state datate a 1,6-1,7 miliardi di anni fa. Le "alghe azzurre" e le vere alghe Pur nell'ambiguità del termine, in passato venivano considerate alghe anche le cosiddette "cianoficee" o "alghe azzurre", organismi unicellulari (che tuttavia possono unirsi in colonie) procarioti e autotrofi, oggi più correttamente inserite nel taxon dei cianobatteri facenti parte del regno (e dominio) Bacteria. Le vere alghe sono perciò quelle eucariotiche, che appartengono tradizionalmente al regno dei protisti e che possono essere sia unicellulari sia pluricellulari. Tale raggruppamento è però sicuramente parafiletico o polifiletico: le alghe sono quindi state recentemente separate in vari gruppi di eucarioti, sebbene tale tassonomia sia ancora assai incerta e vari in modo considerevole da autore ad autore. Caratteristiche comuni In generale si può dire che un'alga rappresenta un grado, più che un raggruppamento con valore tassonomico. Generalmente le alghe non hanno le strutture tipiche delle piante terrestri come i rizoidi nelle piante non vascolari e le foglie, radici e altri organi che sono tipici delle tracheofite e hanno solo pseudotessuti (talli), invece che veri tessuti distinti formati da cellule separate fra loro da setti trasversali. Le alghe sono generalmente fotosintetiche, sebbene esistano forme sia autotrofe che eterotrofe e alcune alghe ora incluse nel clado Archaeplastida, come Chlamydomonas, siano state talvolta inserite tra i protozoi. Alcune alghe unicellulari dipendono unicamente da sorgenti di energia esterne e hanno un apparato fotosintetico limitato o assente. Le strutture fotosintetiche delle alghe derivano primariamente o secondariamente dai cianobatteri e così producono ossigeno dalla fotosintesi, a differenza di batteri fotosintetici come i batteri solforosi. Le alghe sono organismi strutturalmente molto semplici. Nella maggior parte dei casi hanno un ciclo vitale aploide, altre sono aplo-diplonti — con un'alternanza di generazioni aploidi (sporofite) e diploidi (gametofite) — e solo le alghe più evolute (come tipo le Bacillariophyta) hanno un ciclo diploide. Nelle alghe l'embrione non è protetto da cellule di origine materna. Classificazione Le alghe sono diffuse in tutti i mari e nei luoghi d'acqua dolce. Prima della comparsa delle classificazioni filogenetiche, si dividevano in nove Divisioni (suffisso -phyta) a seconda della conformazione e del tipo di pigmento fotosintetico utilizzato: Regno: Chromista Euglenophyta (euglenoidi) Chrysophyta (alghe giallo-brune) Dinophyta (dinoflagellate) Bacillariophyta (diatomee) Phaeophyta (alghe brune) Cryptophyta Regno: Plantae Chlorophyta (alghe verdi) Rhodophyta (alghe rosse) Glaucophyta Charophyta Microalghe e macroalghe Come classificazione generale le alghe si possono dividere secondo le loro dimensioni in macroalghe e microalghe. Le prime sono osservabili senza l’ausilio del microscopio, solitamente si trovano in acque salate con una colorazione che può variare dal blu, al verde, al rosso e al marrone e si distinguono anche in base alla loro forma. Le microalghe di dimensioni più ridotte invece differiscono dalla macroalghe in quanto osservabili solo al microscopio a meno che non si incatenino insieme in numeri abbastanza grandi diventando visibili all'occhio umano senza aiuto; le loro dimensioni variano da pochi a qualche centinaia di micrometri. Morfologia Nelle alghe la morfologia è varia, si passa da organismi unicellulari a organismi pluricellulari. Si possono presentare come: flagellate, costituite da una singola cellula flagellata (es. Euglena) o in colonia (es. Eudorina); rizopodiali, costituite da una sola cellula, priva di pareti rigide, che si muove emettendo pseudopodi; capsali, costituite da cellule immobili, prive di parete, aggregate in piccole colonie avvolte da materiale gelatinoso; coccali, formate da una sola cellula, uninucleata, priva di flagelli, con parete rigida; sifonali o cenocitiche, formate da una sola cellula, con parete, plurinucleate anche di dimensioni notevoli; tricali, pluricellulari formate da cellule uninucleate, con tallo semplice o ramificato; sifonocladali, pluricellulari, con cellule plurinucleate; pseudoparenchimatiche, con tallo laminare originatosi per divisione delle cellule in un piano, con uno o due strati di cellule (es. Ulva lactuca). Alghe unicellulari Si trovano vicino alla superficie delle distese di acqua, dove la luce è più abbondante. Sono costituite da un'unica cellula, completamente autosufficiente. Fanno parte del fitoplancton, hanno quindi un ruolo basilare come produttori nelle catene alimentari, da cui dipende la vita degli animali acquatici. Inoltre riforniscono l'atmosfera di grandi quantità di ossigeno. Alghe pluricellulari Vivono generalmente in acque poco profonde. Sono caratterizzate da forme particolari e da colori diversi dovuti ai pigmenti accessori, grazie ai quali utilizzano tutto lo spettro della luce. L'acqua funge da filtro per le varie radiazioni dello spettro visibile. Le alghe verdi si trovano più vicine alla superficie dell'acqua, assorbono la luce rosso-arancio che ha lunghezze d'onda maggiori e che viene arrestata per prima. A profondità maggiori si trovano le alghe brune che assorbono i raggi blu-verdi (più penetranti). Ancora più in basso è l'habitat delle alghe rosse che assorbono la tenue luce blu, in grado di penetrare ancora più in profondità. Le alghe pluricellulari sono organismi acquatici che presentano cellule poco differenziate che formano un tessuto, detto tallo, senza radici, fusto, foglie. Le alghe non hanno bisogno di radici, né di vasi conduttori, perché vivono immerse nell'acqua. Ogni cellula può assorbire per conto proprio tutto il nutrimento di cui ha bisogno. Usi A seconda dei tipi le alghe vengono usate come alimento, combustibile, per la concimazione dei campi, e per l'estrazione della soda. Alcune alghe vengono usate in erboristeria; tra queste possiamo ricordare il fuco, la quercia marina e la coda di pavone. Vengono impiegati anche alcuni cianobatteri (spirulina, klamath) con il nome di "micro-alghe". L'agar agar, ricavato da varie specie di rodofite, è la fonte dell'agarosio utilizzato per le piastre di coltura microbiologiche. Molte alghe vengono tra l'altro usate nella cucina vegana e in quella macrobiotica; tra queste sono di notevole importanza le seguenti: kombu, arame, dulse, hijiki, nori (quest'ultima usata per fare il famoso sushi), wakame. D'altra parte le alghe vantano una lunga tradizione di consumo alimentare anche nei paesi del nord Europa e lungo le fasce costiere mediterranee. In particolare in Italia è ancora viva la tradizione delle Zeppolelle di mare, frittelline preparate con l'alga verde lattuga di mare. Fino a 20 anni or sono nel catanese, in Sicilia, si raccoglieva l'alga "mauru" che veniva venduta in appositi chioschi e consumata cruda condita con limone. Alcune alghe producono dimetil solfuro, una sostanza che condensa le particelle di vapore acqueo provocando la formazione di nubi e combattendo l'effetto serra. La farina ottenuta da alghe essiccate è stata utilizzata come additivo nella produzione di alcuni tipi di carta da scrivere. Il nome di questo prodotto è stato registrato come Shiro alga carta. Dalle alghe brune è possibile estrarre, attraverso un processo chimico di micronizzazione a freddo, sostanze conosciute come biostimolanti algali, ritenute in grado di migliorare la nutrizione delle piante. Note Bibliografia D.F. Jackson. Algae, Man and the Environment, Syracuse University Press, New York 1968 V.J. Chapman. Seaweeds and their uses, The Camelot Press Ltd, London 1970 Alain Saury. Le Alghe sorgente di vita, Musumeci, Aosta 1984 Anzalone; Consonni. Le Alghe Vita-Scienza-Futuro, Consonni Corona Corp Ed, Milano 1997 Anzalone; Consonni. Prontuario di Alimentazione Nutriceutica con Alghe - 1º ediz, Consonni Corp Ed, Milano 2002 V. Anzalone Consonni. Ricette Mediterranee, la vera arte della cucina con le Alghe, Consonni Corona Corp Ed, Milano 2002 Anzalone; Consonni. Le Alghe Rimedi Funzionali, Consonni Corona Corp Ed, Milano 2004 Voci correlate Alghe di ghiaccio Altri progetti Collegamenti esterni
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Aldo Moro
Tra i fondatori della Democrazia Cristiana e suo rappresentante nella Costituente, ne divenne dapprima Segretario dal 1959 al 1964 e in seguito Presidente nel 1976; all'interno del partito aderí inizialmente alla corrente dorotea, ma negli anni 1960 assunse una posizione più indipendente formando la corrente morotea. Fu Ministro della giustizia (1955-1957), della Pubblica istruzione (1957-1959) e per quattro volte Ministro degli esteri (1969-1972 e 1973-1974) nei governi presieduti da Mariano Rumor ed Emilio Colombo. Cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri, guidò governi di centro-sinistra "organico" tra il 1963 e il 1968 e tra il 1974 e il 1976 promuovendo la cosiddetta strategia dell'attenzione verso il Partito Comunista Italiano attraverso il compromesso storico e determinò la nascita del Governo Andreotti III (definito il governo della non-sfiducia) in cui il PCI garantiva l'astensione. Fu rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 mentre il Governo Andreotti IV (in cui veniva garantito l'appoggio esterno del PCI) si apprestava a ottenere il voto di fiducia da entrambi i rami del Parlamento; fu assassinato il 9 maggio successivo dopo 55 giorni di prigionia. Aldo Moro è uno dei quattro Presidenti del Consiglio dei Ministri ad aver ricoperto questa carica per un periodo cumulativo maggiore di cinque anni insieme ad Alcide De Gasperi, Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi. Biografia Infanzia, istruzione e impegno accademico Aldo Moro nacque il 23 settembre del 1916 a Maglie, un comune salentino situato nella provincia di Lecce. Suo padre Renato Moro era un ispettore scolastico, originario di Gemini (comune di Ugento), mentre sua madre Fida Stinchi era un'insegnante delle scuole elementari, originaria di Cosenza. Aldo Moro conseguì la Maturità Classica presso il Liceo Archita di Taranto. S'iscrisse presso l'Università di Bari alla Facoltà di Giurisprudenza, dove al termine di un percorso brillante (superò tutti gli esami con la votazione di 30 o 30 e lode) conseguì la laurea con lode il 13 novembre 1938 presentando una tesi su La capacità giuridica penale, sotto la guida del prof. Biagio Petrocelli, ordinario di diritto penale e in quel periodo anche Rettore dell'ateneo barese. Dopo un breve periodo come assistente volontario e poi segretario particolare dello stesso Petrocelli, a partire dall'anno accademico 1940-1941 e fino all'ottenimento della cattedra nel 1951 Moro tenne come professore incaricato corsi in svariate facoltà dell'università, fra i quali si segnalano quello in filosofia del diritto, dal quale fu tratto un apprezzato libro di testo, le sue lezioni furono infatti raccolte in dispense con il titolo Lo Stato, e l'insegnamento di diritto penale nel corso di laurea in giurisprudenza, che Moro ricoprì nel 1942-43, in quanto il titolare, prof. Giovanni Leone (poi Presidente della repubblica dal 1971 al 1978), era stato richiamato in servizio militare. Nel 1942, Moro svilupperà inoltre la sua seconda opera, intitolata La subiettivazione della norma penale, che, assieme al lodevole giudizio espresso nei confronti della attività didattica precedentemente menzionata, nello stesso anno gli varrà la concessione della libera docenza in diritto penale. La sua carriera universitaria proseguì spedita: nel 1948 fu nominato professore straordinario di diritto penale presso l'Università di Bari e nel 1951, al termine del prescritto triennio di straordinariato, ad appena 35 anni di età completò il cursus honorum ottenendo la cattedra da professore ordinario di diritto penale, sempre presso l'ateneo del capoluogo pugliese. Nel 1963, anche per poter meglio conciliare gli impegni governativi e politici con quelli accademici, ottenne il trasferimento all'Università di Roma, in qualità di titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto e Procedura penale presso la Facoltà di Scienze politiche. Nonostante i molteplici impegni politici e istituzionali che lo accompagnarono negli anni, Moro non venne mai meno ai suoi impegni accademici e continuò a insegnare regolarmente fino alla morte, dedicando sempre la necessaria attenzione ai suoi studenti, con i quali era solito anche intrattenersi a dialogare, dopo le lezioni. È stato ritenuto emblematico di questa sua vocazione didattica il fatto che, fra le borse rinvenute nella Fiat 130 da cui fu rapito il 16 marzo 1978, ve ne fosse una contenente alcune tesi di laurea dei suoi allievi. Nel 1935 entrò a far parte della Federazione universitaria cattolica italiana di Bari, segnalandosi ben presto anche a livello nazionale. Nel luglio 1939 venne scelto, su consiglio di monsignor Giovanni Battista Montini, di cui, proprio in quegli anni, divenne amico, come presidente dell'Associazione; in questo periodo prese i voti nella Fraternità Laica di San Domenico. Durante gli anni universitari partecipò, inoltre, ai Littoriali della cultura e dell'arte. Mantenne l'incarico nella FUCI sino al 1942, quando fu chiamato alle armi, prima come ufficiale di fanteria, poi come commissario nell'aeronautica, con incarichi prevalentemente d'ufficio (da principio come esperto di problemi giuridici e in seguito come addetto stampa). Gli succedette Giulio Andreotti, sino ad allora direttore della rivista degli universitari cattolici Azione Fucina. Dopo qualche anno di carriera accademica, fondò nel 1943 a Bari, con alcuni amici, il periodico La Rassegna che uscì fino al 1945. Nel luglio dello stesso anno prese parte ai lavori che portarono alla redazione del Codice di Camaldoli. Matrimonio Nel 1945 sposò, a Montemarciano, Eleonora Chiavarelli (1915–2010), dalla quale ebbe quattro figli: Maria Fida (1946), Anna (1949), Agnese (1952) e Giovanni (1958). Fra i suoi interessi privati, si segnala la passione per il cinema e in particolare per i western, i polizieschi e le commedie con Totò. Primi passi in politica con Dossetti Nel settembre del 1942, quando la sconfitta del regime fascista era ancora di là da venire, Aldo Moro cominciò a incontrarsi clandestinamente con altri esponenti del movimento cattolico nell'abitazione di Giorgio Enrico Falck, noto imprenditore milanese; tra gli altri, erano presenti Alcide De Gasperi, Mario Scelba, Attilio Piccioni, Giovanni Gronchi, provenienti dal disciolto Partito Popolare Italiano di Don Sturzo; Giulio Andreotti dell'Azione Cattolica; Amintore Fanfani, Giuseppe Dossetti e Paolo Emilio Taviani della FUCI. Il 19 marzo 1943, il gruppo si riunì a Roma, in casa di Giuseppe Spataro, per discutere e approvare il documento, redatto da De Gasperi, Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, considerato l'atto di fondazione ufficiale della Democrazia Cristiana. Nel nuovo partito, Moro mostrò subito la sua tendenza democratico-sociale, aderendo alla componente dossettiana, considerata comunemente la "sinistra DC". Nel 1945 divenne direttore della rivista Studium e fu eletto presidente del "Movimento laureati di azione cattolica" (poi Movimento ecclesiale di impegno culturale), che era stato fondato nel 1932 da Igino Righetti. Nel 1946, Moro divenne vicepresidente della Democrazia Cristiana e fu eletto all'Assemblea Costituente, dove entrò a far parte della commissione che si occupò di redigere la Carta costituzionale. Eletto deputato al parlamento nelle elezioni del 1948, fu nominato sottosegretario agli esteri nel gabinetto De Gasperi (23 maggio 1948 - 27 gennaio 1950). Dopo il ritiro di Dossetti dalla scena politica (1952), Moro, insieme a Segni, Colombo, Rumor e altri, costituì la corrente democristiana Iniziativa democratica, sotto la direzione di Fanfani. Nel 1953 fu rieletto alla Camera, ove ricoprì la carica di presidente del gruppo parlamentare democristiano. Nel 1955 fu ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni I e l'anno dopo risultò tra i primi eletti nel consiglio nazionale del partito, durante il VI congresso nazionale della DC. Ministro della Pubblica Istruzione nei due anni successivi (governi Zoli e Fanfani) introdusse lo studio dell'educazione civica nelle scuole (D.P.R. n. 585, 13 giugno 1958), elaborò un Piano decennale per l'istruzione diretto a rendere effettivo il diritto alla scuola con nuovi edifici, borse di studio e assistenza e fu sua l'intuizione di sfruttare la neonata Rai per agevolare l'alfabetizzazione del paese dando l'avvio alla creazione di quella che, inizialmente chiamata Telescuola, diventerà la trasmissione Non è mai troppo tardi del maestro Alberto Manzi. Fase "dorotea" Il 14 marzo 1959, in conseguenza delle dimissioni di Fanfani da Presidente del Consiglio e segretario del partito, fu convocato a Roma un consiglio nazionale della DC: gli esponenti di Iniziativa Democratica si erano riuniti nel convento delle suore di Santa Dorotea e in quella sede, la maggioranza della corrente (Rumor, Taviani, Colombo e, sia pure in una posizione più autonoma, Aldo Moro) scelse di accantonare la linea politica fanfaniana di apertura a sinistra costituendo la corrente dei "dorotei". Al Consiglio Nazionale, su indicazione dei dorotei, Aldo Moro fu nominato segretario. Guidò il VII congresso nazionale, svoltosi a Firenze dal 23 al 28 ottobre 1959, che lo rielesse per pochi voti, respingendo nuovamente la piattaforma politica "fanfaniana" che affermava la necessità di una collaborazione con il PSI. Moro e il centro-sinistra Dopo la parentesi del governo Tambroni (1960), appoggiato dai voti determinanti del MSI, la convergente iniziativa di Moro alla segreteria e di Fanfani nuovamente al governo, guidò il successivo Congresso nazionale, svoltosi a Napoli nel 1962 ad approvare con ampia maggioranza una linea di collaborazione della DC con il Partito Socialista Italiano. L'esperienza delle maggioranze di centro-sinistra prese forma con il quarto governo Fanfani (1962) di coalizione DC-PSDI-PRI e con l'appoggio esterno del PSI. Presidente del Consiglio Primo governo di Moro Il 28 aprile 1963 si votò per le elezioni politiche. Nel dicembre 1963 (IV legislatura, 1963 - 1968) Moro divenne presidente del Consiglio, formando per la prima volta, dal 1947, un governo con la presenza di esponenti socialisti. All'età di 47 anni, fu il più giovane presidente fino ad allora della storia repubblicana. Il programma di governo del Moro I fu così vasto e poco credibile Esso conteneva, fra le altre cose, la riforma delle regioni, riforma della scuola, riforma agraria, dell'edilizia, del fisco, delle pensioni e dei monopoli. Risultati concreti di questo governo furono invece: l'istituzione della Regione Molise, la ventesima regione d'Italia, dallo scorporo dalla precedente ripartizione denominata Abruzzi e Molise; la disciplina della vendita a rate e la riforma finanziaria per trattenere la fuga di capitali (tra le altre cose, il governo ridusse al 5% la quota di possesso sui titoli nominativi e mantenne al 30% quella sui titoli anonimi). Il primo esecutivo Moro dovette affrontare subito la tragedia del Vajont con molte decisioni a partire dalla punizione dei responsabili amministrativi della diga alla ricostruzione, esempio di programmazione territoriale sotto la guida di grandi urbanisti. Altri grandi impegni furono il compimento della nazionalizzazione dell'energia elettrica cominciata nel 1962 da Fanfani, la messa in atto della riforma della scuola dello stesso anno che istituiva la scuola media unica e innalzava l'obbligo scolastico e la preparazione della legge urbanistica che, però, non arrivò neppure al Consiglio dei Ministri per un vastissimo schieramento di opposizione. La coalizione resse fino alle elezioni del 1968 ma trovò, inizialmente, la contrarietà del Presidente della repubblica Antonio Segni (1962-1964). Quando il primo governo Moro fu battuto sulla discussione del bilancio del Ministero della pubblica istruzione (25 giugno 1964) riguardante il finanziamento dell'istruzione privata, il Presidente del Consiglio rassegnò le dimissioni. Giorni del Piano Solo Segni, durante le consultazioni per il conferimento del nuovo incarico, esercitò pressioni sul leader socialista Pietro Nenni per indurre il PSI a uscire dalla maggioranza governativa. Il 16 luglio, il Presidente della Repubblica Antonio Segni inviò il generale dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo a una riunione dei rappresentanti della DC, per recapitare un suo messaggio che, secondo alcuni storici, si ritiene che si riferisse alla disponibilità del presidente, qualora le trattative per la formazione di un nuovo governo di centrosinistra fossero fallite, a conferire un successivo incarico al Presidente del Senato Cesare Merzagora, per la formazione di un "governo del presidente". De Lorenzo, il 25 marzo 1964, si era incontrato con i comandanti delle divisioni di Milano, Roma e Napoli e aveva proposto loro un piano finalizzato a far fronte a una ipotetica situazione di estrema emergenza per il Paese. Per l'attuazione del piano si prevedeva l'intervento dell'Arma dei Carabinieri e "solo" di essi: da qui il nome di "Piano Solo". Era inclusa una lista di 731 uomini politici e sindacalisti di sinistra che i Carabinieri avrebbero dovuto prelevare e trasferire in Sardegna nella base militare segreta di Capo Marrargiu, nella zona di Alghero. Il piano prevedeva inoltre il presidio della Rai-Tv, l'occupazione delle sedi dei giornali di sinistra e l'intervento dell'Arma in caso di manifestazioni filocomuniste. Il piano prevedeva infine l'uccisione di Moro per mano del tenente colonnello dei paracadutisti Roberto Podestà. Il 10 maggio De Lorenzo aveva presentato il suo piano a Segni, che ne rimase particolarmente impressionato, tanto che nella successiva sfilata militare per l'anniversario della Repubblica, lo si vide piangere commosso alla vista della modernissima brigata meccanizzata dei Carabinieri, allestita dallo stesso De Lorenzo. Tuttavia sia Giorgio Galli sia Indro Montanelli ritengono che non fosse nelle intenzioni del presidente Segni eseguire un colpo di Stato, ma agitarlo come uno spauracchio a fini politici. La contrapposizione politica che si stabilì, a livelli quasi di scontro, fra il Capo dello Stato e il premier uscente riguardava appunto il centrosinistra: alle proposte di Moro (cui peraltro Segni doveva buona parte delle sue fortune politiche, compreso il Quirinale), che avrebbe aperto alla sinistra con maggior fiducia, col sostegno di una parte della DC e un tiepido avvicinamento del PCI, Segni rispose proponendo, o forse minacciando, un governo di tecnici sostenuto dai militari. Il 17 luglio, invece, Moro si recò al Quirinale, con l'intenzione di accettare l'incarico per formare un nuovo esecutivo di centrosinistra. Durante le trattative, infatti, il PSI, su impulso di Pietro Nenni, aveva accettato il ridimensionamento dei suoi programmi riformatori. La crisi rientrò, nessun carabiniere dovette muoversi. Moro, insieme a Nenni (che nel 1967 rievocherà quel periodo come quello del «tintinnio di sciabole»), optò per un più tranquillo e morbido ritorno alla formula governativa precedente, che avrebbe evitato rischi alquanto inquietanti, e il PSI rilasciò prudenti comunicati di rinuncia ad alcune richieste di riforme che prima aveva avanzato come prioritarie. Il 7 agosto, dopo pochi giorni dall'insediamento dell'esecutivo, dopo aver allontanato la famiglia da Roma rimandandola a Bari, Moro accompagnato da Saragat, in quel momento Vice-Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, ebbe un colloquio con Segni - di cui tuttora si sospetta il coinvolgimento nel "Piano Solo" - al termine del quale il Capo dello Stato fu colpito da trombosi cerebrale. Nessuno dei presenti ha mai fatto dichiarazioni ufficiali sul contenuto del colloquio. Si è sempre ritenuto che Segni si sia sentito male durante una lite con i due membri del governo che gli chiedevano interventi risoluti contro il generale De Lorenzo, forse minacciando la caduta dello stesso Capo di Stato tramite un ricorso alla Corte costituzionale. Tuttavia, secondo la testimonianza del suo segretario particolare Costantino Belluscio, Saragat avrebbe confidato al medesimo che i tre stavano discutendo di un avvicendamento di diplomatici, ma senza accalorarsi particolarmente. Ne seguì l'accertamento della condizione d'impedimento temporaneo, avvenuto con atto congiuntamente firmato dai Presidenti delle due Camere e dal Presidente del Consiglio. Nel dicembre 1964, nella carica di Presidente della Repubblica, a Segni successe lo stesso Giuseppe Saragat e non vi furono altri ostacoli al prosieguo della formula di centrosinistra. Secondo governo Moro Come detto Moro riuscì a ricomporre una maggioranza avviando il suo secondo governo. Questo secondo esecutivo guidato dallo statista pugliese vide tornare sulla scena politica Amintore Fanfani in qualità di Ministro degli Esteri, a seguito dell'elezione di Saragat al Quirinale, in un momento di tensione internazionale dovuto alla guerra in Vietnam. Si ripropose inoltre lo scontro che aveva infervorato il governo precedente riguardante temi come il piano urbanistico, le Regioni e le nazionalizzazioni. Altri risultanti importanti di questo governo furono: l'approvazione di provvedimenti per i finanziamenti straordinari alle aziende in crisi sancendo la nascita delle cooperative, delle società e dei gruppi immobiliari; il varo della nuova normativa sul cinema con ormai la produzione cinematografica che ha raggiunto livelli da record, vengono prodotti film di ogni genere con una variegata libertà di espressione; l'approvazione della legge sui patti agrari e sull'abolizione della mezzadria; la promulgazione della legge Sabatini (dal nome di Armando Sabatini) sull'incentivazione all'innovazione tecnologica per le piccole e medie imprese; l'inaugurazione dell'Autostrada A1 e del traforo del Monte Bianco. A far cadere il governo fu il voto sull'istituzione della Scuola Materna Statale, uno dei punti chiave del programma concordato con i socialisti. Il 20 gennaio 1966 la Camera dei Deputati respinse con voto segreto il provvedimento (ci furono 250 no e 221 sì; il voto era condizionato dal fatto che molti istituti infantili privati erano guidati da ordini religiosi). Appena il giorno prima il governo aveva chiesto e ottenuto la fiducia, con 317 sì e 232 no, su un ordine del giorno di natura procedurale. Moro si dimise il 21 gennaio. Terzo governo Moro Il terzo governo Moro (23 febbraio 1966 - 5 giugno 1968) batté il record di durata (833 giorni) e rimase uno dei più longevi della Repubblica. Provvedimenti principali A seguito di catastrofi come l'alluvione di Firenze, durante questo governo, venne varata la legge 6 agosto 1967 n. 765, detta "legge-ponte" o legge Mancini (dal nome dell'allora ministro Giacomo Mancini) contro le resistenze di numerosi settori della Democrazia Cristiana. La legge è tuttora (2022) in vigore e stabiliva la partecipazione dei privati alle spese di urbanizzazione e avviava una estesa applicazione dei piani urbanistici cercando di garantirne il rispetto per porre un freno allo sviluppo edilizio incontrollato. Al terzo governo Moro si deve anche il provvedimento che doveva portare, a venti anni dall'entrata in vigore della Costituzione e dopo un lungo cammino, all'attuazione definitiva del decentramento regionale dopo un serrato dibattito parlamentare. I partiti di destra diedero vita a un estenuante ostruzionismo (l'intervento di Giorgio Almirante, leader del MSI, durò ben otto ore), nel tentativo di far saltare il progetto di legge. La maggioranza riuscì a contrastare questo ostruzionismo con l'inizio, il 17 ottobre, di una seduta a oltranza che durò ininterrottamente per 15 giorni e, con l'approvazione della legge elettorale n. 108 del 17 febbraio 1968, si avviò concretamente la costituzione delle Regioni a statuto ordinario i cui consigli regionali vennero eletti per la prima volta nel 1970. Nel 1968 con la cosiddetta legge Mariotti (legge 12 febbraio 1968, n. 132), dal nome dell'omonimo ministro della Sanità, recante disposizioni in tema di enti ospedalieri e assistenza ospedaliera, il comparto ospedaliero fu profondamente riformato attraverso la trasformazione degli ospedali in enti pubblici distinti dagli enti di assistenza del tipo IPAB (Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza). Venne inoltre avviato il processo di coinvolgimento nelle attività di protezione civile delle associazioni di volontariato (cattoliche e laiche). Ministro degli affari esteri Dopo le elezioni del 1968 venne costituito un governo balneare in attesa del congresso DC, previsto per l'autunno. Al congresso, Moro uscì dalla corrente dei "dorotei" e passò all'opposizione interna al partito. Nei governi della seconda fase del centrosinistra (1968-1972), Moro mantenne a lungo l'incarico di ministro degli affari esteri (nel secondo e nel terzo governo Rumor, nel governo Colombo e nel primo governo Andreotti), durante il quale proseguì la politica filo-araba del suo predecessore Fanfani. Moro dovette far fronte anche alla difficile situazione creatasi a seguito del golpe di Muammar Gheddafi in Libia, paese molto importante per gli interessi italiani non solo per i legami coloniali, ma anche per le sue risorse energetiche e per la presenza di circa italiani. Il Lodo Moro In veste di Capo della Farnesina, Moro riuscì a strappare a Yasser Arafat la promessa di non porre in atto condotte di terrorismo in territorio italiano, con un impegno che fu battezzato patto Moro o lodo Moro. L'esistenza di tale patto, e la sua validità per oltre un decennio, fu confermata da Bassam Abu Sharif, leader "storico" del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Intervistato dal giornalista del Corriere della Sera Davide Frattini su quanto dichiarato dal senatore Francesco Cossiga in merito all'esistenza di un lodo Moro con l'Italia, ovvero di «un'intesa con il Fronte Popolare» per cui appartenenti a quest'ultimo potevano «trasportare armi e esplosivi, garantendo in cambio immunità dagli attacchi», Abu Sharif dichiarava: «Ho seguito personalmente le trattative per l'accordo. Aldo Moro era un grande uomo, un vero patriota. Voleva risparmiare all'Italia qualche mal di testa. Non l'ho mai incontrato. Abbiamo discusso i dettagli con un ammiraglio, gente dei servizi segreti, e con Stefano Giovannone (capocentro del SID e poi del SISMI a Beirut). Incontri a Roma e in Libano. L'intesa venne definita e da allora l'abbiamo sempre rispettata. [...] Ci veniva concesso di organizzare piccoli transiti, passaggi, operazioni puramente palestinesi, senza coinvolgere italiani. Dopo il patto, ogni volta che venivo a Roma, due auto di scorta mi aspettavano per proteggermi. Da parte nostra, garantivamo anche di evitare imbarazzi al vostro Paese, attacchi che partissero direttamente dal suolo italiano», specificando che a essere informati fossero i servizi segreti italiani. Lo stesso Cossiga, in una lettera al direttore del Corriere della Sera, ha dichiarato: «Ho sempre saputo non da carte o informazioni ufficiali - che mi sono state sempre tenute segrete - dell'esistenza di un "patto di non belligeranza" segreto tra lo Stato italiano e le organizzazioni della resistenza palestinese, comprese quelle terroristiche quali la Fplp, che si è fatta viva nuovamente in questi giorni. Questo patto fu ideato e concluso da Aldo Moro [...]. Le clausole di questo patto prevedevano che le organizzazioni palestinesi potessero avere basi anche di armamento nel Paese, che avessero libertà di entrata e uscita e di circolazione senza essere assoggettati ai normali controlli di polizia perché "gestiti" dai servizi segreti [...]». Nel 1973 Moro vietò l'uso delle basi NATO italiane per la guerra del Kippur. La Strage del treno Italicus In questo periodo si colloca la Strage dell'Italicus del 4 agosto 1974. Stando a quanto affermato nel 2004 dalla figlia Maria Fida, Moro, all'epoca ministro, si sarebbe dovuto trovare a bordo del treno, ma pochi minuti prima della partenza venne raggiunto da alcuni funzionari del Ministero che lo fecero scendere per firmare alcuni documenti. Stando ad alcune ricostruzioni lo statista pugliese sarebbe stato il vero motivo dell'attentato che va quindi interpretato o come un tentativo di eliminare Moro o un avvertimento diretto al politico da parte di servizi segreti deviati. Declino della formula di centrosinistra Alle elezioni per la presidenza della Repubblica del dicembre 1971, dopo il ritiro della candidatura Fanfani, Moro fu proposto all'assemblea degli elettori DC come candidato simbolo della continuità della politica governativa dell'ultimo decennio, in contrapposizione al conservatore-moderato Giovanni Leone, che prevalse di stretta misura. La sconfitta della candidatura Moro alla presidenza della Repubblica portò alla formazione di una maggioranza alternativa a quella di centro-sinistra che sorreggeva il governo di Emilio Colombo e al ritorno al centrismo (Governo Andreotti II). Moro, pertanto, uscì temporaneamente dalla compagine governativa. L'esperienza del governo centrista guidato da Andreotti, tuttavia, durò soltanto un anno, sino al giugno del 1973. A seguito dei cosiddetti "accordi di Palazzo Giustiniani" tra Fanfani e Moro, infatti, il XII Congresso nazionale del partito di maggioranza relativa approvò un documento favorevole al ritorno alla formula di centro-sinistra. Si formarono, quindi, ancora due governi organici di centrosinistra (DC-PSI-PSDI-PRI), il quarto e il quinto governo Rumor (1973-1974), con Moro nuovamente al Ministero degli esteri. Di nuovo Presidente del Consiglio Dopo la caduta del V governo Rumor, Moro riprese la guida di palazzo Chigi, riuscendo a formare due governi a maggioranza di centrosinistra ma senza la partecipazione di tutti i partiti della coalizione. Superando i veti incrociati dei due partiti laici di sinistra, PSI e PSDI, Moro riuscì a formare un governo bicolore con il PRI di Ugo La Malfa scongiurando il rischio di elezioni anticipate. Un'impresa non semplice in un paese segnato da una crisi economica senza precedenti in epoca repubblicana, dall'assedio del terrorismo, dalla conflittualità fra i partiti laici di governo. La stessa Democrazia Cristiana attraversava una delle fasi più difficili della sua storia a seguito della sconfitta nel referendum del 12 maggio 1974 per l'abrogazione della legge sul divorzio. La benevolenza con cui il Partito Comunista Italiano guardò al governo Moro, unitamente al prestigio di cui il leader democristiano godeva in ampi settori del paese, garantirono una certa tranquillità al governo consentendogli una capacità di agire che andava oltre le premesse che l'avevano visto nascere. Il quarto governo Moro, con La Malfa vicepresidente, avviò quindi un primo dialogo col PCI di Enrico Berlinguer nella visione di una necessaria nuova fase finalizzata al compimento del percorso avviato con la costruzione del sistema democratico italiano. Nel 1975 il suo governo concluse il trattato di Osimo, con cui si sanciva l'appartenenza della Zona B del Territorio Libero di Trieste alla Jugoslavia. Altri risultati ottenuti da questo governo furono l'introduzione della legge Reale (dal nome dell'esponente del PRI Oronzo Reale) per il contrasto del terrorismo, la nuova legge sul decentramento amministrativo e la riforma del diritto di famiglia italiano del 1975. Nel 1976 il segretario socialista Francesco De Martino ritirò l'appoggio esterno del PSI al quinto governo Moro determinandone la caduta. Moro contro i processi di piazza Il 7 marzo 1977 cominciò in Parlamento il dibattito sullo scandalo Lockheed. Il deputato radicale Marco Pannella, tra i primi a parlare, sostenne la tesi che il responsabile delle tangenti non fosse il governo, ma il Presidente della Repubblica in persona, Giovanni Leone. Ugo La Malfa si schierò dalla sua parte chiedendo le dimissioni del Presidente. Moro intervenne il 9 marzo e difese il suo partito dall'accusa di aver posto in essere un «regime»; difese inoltre i ministri Luigi Gui (DC) e Mario Tanassi (PSDI), che erano al centro dell'inchiesta. Poi replicò all'intervento di Domenico Pinto, deputato di Democrazia Proletaria, che aveva detto che la corruzione della DC era provata dallo scandalo Lockheed; per questo i democristiani sarebbero stati processati nelle piazze: «Nel Paese vi sono molte opposizioni [...]; e quell'opposizione, colleghi della Democrazia Cristiana, sarà molto più intransigente, sarà molto più radicale quando i processi non si faranno più in un'aula come questa, ma si faranno nelle piazze, e nelle piazze vi saranno le condanne». Moro replicò: «Onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo nelle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare». In seguito la frase si prestò a diverse interpretazioni politiche. La sua difesa di Rumor nella discussione parlamentare sullo scandalo Lockheed fu da taluni spiegata con un suo personale coinvolgimento nel sistema di tangenti versate dall'impresa aerospaziale americana Lockheed in cambio dell'acquisto di aerei da trasporto militari C-130. Secondo alcuni giornali dell'epoca Moro era il fantomatico Antelope Cobbler, destinatario delle bustarelle. L'accusa, che avrebbe avuto lo scopo di fare fuori politicamente Moro e far naufragare i suoi progetti politici, venne ridimensionata con l'archiviazione della posizione di Moro, il 3 marzo 1978, tredici giorni prima dell'agguato in via Fani. La vicenda giudiziaria si concluse nel 1979 con l'assoluzione di Gui e la condanna di Tanassi. Verso la solidarietà nazionale Alle successive elezioni politiche anticipate, la Democrazia Cristiana mantenne la maggioranza relativa, in Parlamento, nonostante una crescita impressionante del PCI di Enrico Berlinguer. Andreotti riuscì a comporre il cosiddetto "governo della non sfiducia" e Moro fu eletto presidente del Consiglio Nazionale della DC. Nel gennaio 1978, ricevette nel suo studio di via Savoia a Roma Piersanti Mattarella, Michele Reina e Rino Nicolosi per parlare della costituenda Giunta regionale della Sicilia. La sopravvivenza del sistema politico aveva bisogno sia di regole precise, sia di scendere continuamente a compromessi alla ricerca di una forma di tolleranza civile. Sandro Fontana così riepiloga i dilemmi di Moro: «Come conciliare l'estrema mobilità delle trasformazioni sociali con la continuità delle strutture rappresentative? Come integrare nello Stato masse sempre più estese di cittadini senza cedere a seduzioni autoritarie? Come crescere senza morire?» Nell'opinione di Moro la soluzione a tali quesiti non poteva non essere raggiunta che con un compromesso politico, ampliando l'esperienza dell'"apertura a sinistra" della DC nei confronti del PSI di Pietro Nenni, avvenuta all'inizio degli anni sessanta. Ma la situazione era diversa: fin dal 1956 (rivoluzione ungherese) il PSI si era dichiaratamente staccato dal PCI intraprendendo una strada autonoma. Negli anni settanta e soprattutto dopo le elezioni del 1976, Moro concepì l'esigenza di dar vita a governi di "solidarietà nazionale", con una base parlamentare più ampia comprendente anche il PCI. Ciò rese Moro oggetto di aspre contestazioni: i critici lo accusarono di volersi rendere artefice di un secondo "compromesso storico", più clamoroso di quello con Nenni, in quanto prevedeva una collaborazione di governo con il Partito Comunista di Enrico Berlinguer, che ancora faceva parte della sfera d'influenza sovietica. Consapevole di questo, Berlinguer anticipò le eventuali preclusioni ai suoi danni prendendo pubblicamente le distanze da Mosca e rivendicando la capacità del PCI di muoversi autonomamente sullo scacchiere politico italiano. Il segretario nazionale del PCI aveva proposto un accordo di solidarietà politica fra comunisti e cattolici, in un momento di profonda crisi sociale e politica in Italia: la conseguenza fu un intenso confronto parlamentare tra i due schieramenti, che fece parlare di "centralità del Parlamento". All'inizio del 1978 Moro, allora presidente della Democrazia Cristiana, fu l'esponente politico più importante che ritenne possibile un governo di "solidarietà nazionale", che includesse anche il PCI nella maggioranza, sia pure senza una presenza di ministri comunisti nel governo, in una prima fase. Tale soluzione presentava rischi sul piano della politica internazionale, in quanto non trovava il consenso delle grandi superpotenze mondiali: Disaccordo degli Stati Uniti d'America: l'ingresso al governo di persone che avevano stretti contatti con il partito comunista sovietico avrebbe consentito loro di venire a conoscenza, in piena guerra fredda, di piani militari e di postazioni strategiche supersegrete della NATO. Inoltre, una partecipazione comunista in un paese d'influenza americana sarebbe stata una sconfitta culturale degli Stati Uniti nei confronti del resto del mondo, e soprattutto dell'Unione Sovietica; Disaccordo dell'Unione Sovietica: la partecipazione al governo del PCI sarebbe stata interpretabile come una forma di emancipazione del partito dal controllo sovietico e di avvicinamento autonomo agli Stati Uniti. Sequestro, morte e sepoltura Il 16 marzo 1978, giorno della presentazione del nuovo governo, il quarto guidato da Giulio Andreotti, la Fiat 130 che trasportava Moro dalla sua abitazione nel quartiere Trionfale zona Monte Mario di Roma alla Camera dei deputati, fu intercettata da un commando delle Brigate Rosse all'incrocio tra via Mario Fani e via Stresa. Gli uomini delle Brigate Rosse uccisero i cinque uomini della scorta (Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana. Dopo una prigionia di 55 giorni nel covo di via Camillo Montalcini 8, le Brigate Rosse decisero di concludere il sequestro uccidendo Moro: lo fecero salire dentro il portabagagli di un'automobile Renault 4 rossa – rubata il precedente 2 marzo a un imprenditore (Filippo Bartoli) nel quartiere Prati, due settimane prima dell'eccidio di via Fani – e gli ordinarono di coricarsi e coprirsi con una coperta dicendo che avevano intenzione di trasportarlo in un altro luogo. Dopo che Moro fu coperto, gli spararono dodici proiettili, uccidendolo. Il corpo di Aldo Moro fu ritrovato nella stessa auto il 9 maggio a Roma in via Caetani, emblematicamente vicina sia a piazza del Gesù (dov'era la sede nazionale della Democrazia Cristiana) sia a via delle Botteghe Oscure (dove era la sede nazionale del Partito Comunista Italiano). Aveva 61 anni. Il successivo 13 maggio si tenne una solenne commemorazione funebre nella basilica di San Giovanni in Laterano, a cui parteciparono le principali personalità politiche italiane e che venne trasmessa in televisione. Il rito fu celebrato dal cardinal vicario di Roma Ugo Poletti ed, eccezionalmente, vi presenziò anche papa Paolo VI, che pronunciò un'accorata omelia per l'amico assassinato. La cerimonia tuttavia si svolse senza il feretro di Moro per esplicito volere della famiglia, che non vi partecipò, ritenendo che lo Stato italiano poco o nulla avesse fatto per salvare la vita dello statista, rifiutando i funerali di Stato e svolgendo le esequie in forma privata presso la chiesa di San Tommaso di Torrita Tiberina (RM), comune ove Moro aveva amato soggiornare e nel cui cimitero fu sepolto. Lettere di Aldo Moro Corrispondenza dalla prigionia Rinchiuso dalle Brigate Rosse nella "prigione del popolo", Aldo Moro scrisse moltissime lettere, indirizzate perlopiù ai familiari e alla dirigenza della Democrazia Cristiana, più precisamente a Benigno Zaccagnini, a Francesco Cossiga, a Giulio Andreotti, a Riccardo Misasi e ad altri; oltre che al capo socialista Bettino Craxi, l'unico esponente di governo che abbia sostenuto la necessità di trattare per salvare la vita di Moro. L'autenticità delle lettere è da lungo tempo oggetto di dibattito. Gli esami grafologici hanno sicuramente attribuito la scrittura materiale delle stesse al politico, ma buona parte dell'allora dirigenza politica (soprattutto DC e in generale chi era ascritto alla "linea della fermezza" per chiudere ogni spiraglio alla trattativa) sosteneva che non fossero pensate da Moro, bensì dettate dalle Brigate Rosse. Il parere dei familiari e di diversi studiosi è invece quello di riconoscere pienamente Moro in quegli scritti. Trentotto di queste lettere vennero pubblicate, con una introduzione attribuita a Bettino Craxi, nel pamphlet Lettere dal Patibolo dalla rivista «Critica Sociale». Memoriale Moro Durante i 55 giorni di prigionia, Aldo Moro viene sottoposto a lunghi interrogatori da parte del brigatista Mario Moretti. Per ogni argomento, poi, il Presidente DC scriveva di proprio pugno un "verbale" sui fogli quadrettati riempiendo diversi blocchi. Questi documenti, redatti personalmente da Moro e poi dattiloscritti dalle BR durante la prigionia costituirono il cosiddetto Memoriale Moro. La copia originale non verrà mai ritrovata, mentre alcuni esemplari dattiloscritti e fotocopiati vennero ritrovati nel covo di via Monte Nevoso 8 a Milano il 1º ottobre 1978 e il 9 ottobre 1990. Gli interrogatori vennero registrati su un normale registratore, ma le bobine contenenti le domande di Moretti e le risposte di Moro non furono mai ritrovate. Polemiche successive Il settimanale Panorama, nel numero del 19 maggio 1980 in un articolo dal titolo Perché rubano tanto?, aveva sollevato il caso delle fattorie del senese amministrate dal consigliere di Aldo Moro, Sereno Freato. La polemica fu poi ripresa da Giorgio Pisanò sul settimanale Candido. Termine della secretazione dei lavori governativi di Aldo Moro Ormai i termini di secretazione sono scaduti, e lentamente vengono pubblicati alcuni documenti realizzati durante la sua attività politica. Nell'ottobre 2014 è stata costituita la commissione d'inchiesta parlamentare, alla cui presidenza si è insediato Giuseppe Fioroni. Pensiero ed eredità intellettuale Il pensiero moroteo è stato scandagliato negli ultimi anni alla ricerca di una traccia che possa teorizzare un piano teoretico di Moro. Ricercatori, collaboratori, filosofi si sono impegnati, non soltanto in ambito storiografico, a decifrare la vasta memoria di scritti e discorsi, opere, articoli e pubblicazioni dello statista. Giovanni Galloni racconta nel suo Trent'anni con Moro l'esperienza politica e personale con lo statista all'interno della DC e della politica italiana. Il libro non è parco di aneddoti, teorie e considerazioni personali dell'ex ministro della Pubblica istruzione. Angelo Schillaci, nel suo lavoro Persona ed esperienza giuridica nel pensiero di Aldo Moro individua le radici di una filosofia del diritto all'interno del pensiero di Moro, che afferisce ad autori quali Mounier e Maritain. In particolare Schillaci sottolinea il concetto di subiettivazione della norma penale nella teoria giuridica morotea in cui il soggetto di reato è in primis titolare di un diritto innato, appunto soggettivo, al quale il legislatore deve sottostare; ne derivano temi come la pena di morte, l'ergastolo e la rieducazione dell'ergastolano in cui Aldo Moro s'impegnerà durante la sua attività politica. La filosofia politica di Aldo Moro è stata studiata da Danilo Campanella che, dopo un'attenta ricerca sulla sua storia personale e sulla sua opera come esperto di diritto, ha individuato in Moro un vero e proprio filosofo della politica. Nei suoi studi Campanella ha illustrato come la filosofia di Aldo Moro partisse dal diritto romano arricchito dal cristianesimo, indagasse il contrasto tra il concetto cristiano di persona e la sua radicalizzazione nella subiettivazione, per poi estendersi all'ambito della filosofia politica approdando, infine, a una forma di teologia pratica del vivere civile. Campanella distingue quella di Moro come teologia "della" politica e, in quel "della", esprime il ruolo della religione nel vivere civile come ispirazione, e non come imposizione: per lo statista pugliese, infatti, il cristiano deve essere uomo politico non da cristiano, bensì in quanto tale. Questo concetto è necessario per capire, nella differenza fra democrazia partecipativa e tutorale, come il cristiano, nella riflessione teologico-politica morotea, sia tale solo in quanto partecipante alla vita politica. Lo statista non s'impegnò in una commistione di filosofie precedenti, né criticò teorie politiche, ma cercò di dare risposte nuove ai problemi della politica all'interno della filosofia, come Campanella ha illustrato durante l'Inaugurazione nazionale delle presentazioni Aldo Moro, in cui il filosofo ha trattato il ruolo del cittadino nella democrazia, una nuova concezione di Stato, il ruolo della Resistenza come nuovo e vero Risorgimento, l'alternanza tra cattolicesimo e socialismo, il pluralismo, una nuova e innovativa concezione di laicità (polo pubblico e polo privato che Moro trasla dalla giurisprudenza), la comunità sociale e le prospettive europee negli Stati Uniti d'Europa, la politica reale e quella ideologica. Moro e la DC Aldo Moro «era un cattolico osservante e praticante e la sua fede in Dio si rispecchiava nella sua vita politica». Era considerato un mediatore tenace e particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico delle numerose "correnti" che agivano e si suddividevano il potere all'interno della Democrazia Cristiana. All'inizio degli anni sessanta Moro fu un convinto assertore della necessità di un'alleanza tra il suo partito e il Partito Socialista Italiano, per creare un governo di centro-sinistra. Nel congresso democristiano di Napoli del 1962 riuscì a portare su questa posizione l'intero gruppo dirigente del partito. La stessa cosa avvenne all'inizio del 1978 (poco prima del rapimento), quando riuscì a convincere la DC della necessità di un "governo di solidarietà nazionale", con la presenza del PCI nella maggioranza parlamentare. La sua intenzione dominante era di allargare la base del sistema di governo, ossia il vertice del potere esecutivo avrebbe dovuto rappresentare un numero più ampio di partiti e di elettori. Questo sarebbe stato possibile solo con un gioco di alleanze aventi come fulcro la DC, seguendo così una linea politica secondo il principio di democrazia consociativa. Secondo Sandro Fontana, Moro nella sua attività politica si trovava nella difficoltà di conciliare la missione cristiana e popolare della Democrazia Cristiana con i valori di tendenza laica e liberale della società italiana. Il "miracolo economico", che aveva portato l'Italia rurale a diventare in pochi decenni una delle grandi potenze industriali mondiali, comportò anche un cambiamento sociale, con il risveglio delle masse richiedenti una presenza attiva nella vita del paese. Moro, quando affermava che "di crescita si può anche morire", esprimeva un suo giudizio sui rischi di una società in rapida crescita. Il risveglio delle masse aveva favorito nuove e più forti fasce sociali (tra cui i giovani, le donne e i lavoratori) che avevano bisogno di integrazione (anche economica con precise riforme) all'interno del processo politico. Le masse popolari, secondo alcuni, tendevano a esprimere in forma "emotiva e mitologica" il loro bisogno di una partecipazione diretta alla gestione del potere. Secondo altri, più semplicemente, le masse popolari italiane erano e sono – per ragioni storiche, politico-culturali e di fragilità del ceto intellettuale – propense a inclinare verso una destra autoritaria. In questo quadro variegato e in evoluzione, la missione che Moro avrebbe ascritto alla Democrazia Cristiana fu di recuperare le classi popolari dal fascismo e traghettarle nel sistema democratico. Per questo motivo, Moro si sarebbe ritrovato nella situazione di dover "armonizzare" realtà apparentemente inconciliabili tra loro. Questo fattore era un fondamentale presupposto per la nascita di gruppi terroristici che, visti sotto quest'ottica, sarebbero il frutto dell'estremizzazione della partecipazione attiva ed extraparlamentare alla politica del paese da parte di una piccola frazione della popolazione in cui componenti emozionali e mitologiche si mescolerebbero provocando quasi sempre "situazioni drammatiche". Riconoscimenti ufficiali Il 4 maggio 2007, il Parlamento ha votato e approvato una legge con la quale si istituisce il 9 maggio il "Giorno della memoria" in ricordo di Aldo Moro e di tutte le vittime del terrorismo. Tra aprile e maggio 2007 è stata presentata presso l'Istituto San Giuseppe delle suore Orsoline a Terracina e presso la sede dell'associazione Forche Caudine a Roma, presente la figlia Agnese, una raccolta ragionata dei suoi scritti giornalistici, curata da Antonello Di Mario e Tullio Pironti editore. Nella notte tra l'8 e il 9 giugno 2007, giorni della visita del presidente degli Stati Uniti d'America George W. Bush in Italia, la lapide di via Fani che ricorda il rapimento di Aldo Moro e le cinque persone della scorta uccise è stata imbrattata con la scritta "Bush uguale a Moro". Il giorno della domenica delle Palme del 2008, 16 marzo, a trent'anni dal suo rapimento, il vescovo di Caserta Raffaele Nogaro nell'omelia pasquale ha chiesto l'avvio di un processo di beatificazione per Aldo Moro: "uomo di infinita misericordia, che perdonò tutti". Il 20 settembre 2012 il presidente del tribunale diocesano di Roma dà il via libera all'inchiesta sulla beatificazione di Aldo Moro dopo il nulla osta concesso dal vicario del Papa, cardinal Agostino Vallini, che ha indicato lo statista «servo di Dio». È stato nominato postulatore per la causa di beatificazione dello statista il dottor Nicola Giampaolo di Rutigliano. Nel giorno del 30º anniversario della sua morte, l'Università degli Studi di Bari, di cui Moro fu studente e docente, ha deliberato di intitolarsi allo statista, la decisione ha avuto il consenso e apprezzamento della figlia Agnese Moro. Ad Aldo Moro è dedicato il ponte omonimo di Taranto conosciuto anche come ponte Punta Penna Pizzone. Onorificenze Moro nella cultura di massa È stata attribuita ad Aldo Moro l'espressione convergenze parallele. Il termine specifico fu coniato da Eugenio Scalfari in un articolo pubblicato sul settimanale L'Espresso in data 24 luglio 1960. In realtà, pochi giorni prima, il 16 luglio 1960, Aldo Moro aveva parlato - in un comunicato ufficiale - di «convergenze democratiche». Non è chiaro se e quando Moro abbia veramente pronunciato questa espressione: alcuni (tra cui Corrado Guerzoni, stretto collaboratore e biografo di Moro, e Mino Martinazzoli, ex collega di partito) considerano l'attribuzione a Moro una leggenda urbana traente, verosimilmente, origine da un discorso pronunciato nell'ambito del congresso di Firenze della Democrazia Cristiana del 1959, inerente alla politica delle alleanze. L'affermazione secondo cui "in tale direttrice diviene indispensabile progettare convergenze di lungo periodo con le sinistre, pur rifiutando il totalitarismo comunista" avrebbe dato spunto al concetto delle convergenze parallele. Si noti che la frase sopra citata si riferiva alla collaborazione con il PSI, che dal 1956 portava avanti una politica autonomista, nettamente distaccandosi dall'URSS e dal PCI, il che avvalora la tesi della leggenda metropolitana. La locuzione è comunque considerata un'epitome della carriera politica di Moro (sempre rivolta alla ricerca del compromesso), tanto da aver dato titolo a un libro a lui dedicato. Moro e Fanfani furono definiti i due "cavalli di razza" della Democrazia Cristiana. L'espressione fu lanciata da Carlo Donat-Cattin al Consiglio nazionale del 9 novembre 1969 che elesse Arnaldo Forlani segretario del partito. In tale occasione Donat Cattin affermò: «La DC ha due cavalli di razza, Fanfani e Moro, ma ha deciso di non farli correre». Dato il successo dell'espressione, il politico ligure la ripropose in occasione delle elezioni del Presidente della Repubblica del 1971, relativamente all'individuazione del candidato DC: «Non dimentichiamoci che la DC può contare solo su due cavalli di razza: Fanfani e Moro. Gli altri al più sono ottimi mezzosangue». Opere Aldo Moro si occupò, assieme di politica attiva, anche di filosofia, principalmente filosofia del diritto e filosofia politica. La capacità giuridica penale, Padova, CEDAM, 1939. La subiettivazione della norma penale, Bari, Macrì, 1942. Lo stato. Corso di lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Università di Bari nell'anno accademico 1942-43, raccolte a cura e per uso degli studenti, Padova, CEDAM, 1943. Il diritto. Corso di lezioni di filosofia del diritto tenute presso la R. Università di Bari nell'anno accademico 1944-45, raccolte a cura e per uso degli studenti, Bari, L.U.C.E., 1945. L'antigiuridicità penale, Palermo, Priulla, 1947. Appunti sull'esperienza giuridica. Lo stato. Lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'università di Bari nell'anno accademico 1946-1947, Bari, L.U.C.E., 1947. Unità e pluralità di reati. Principi, Padova, CEDAM, 1951; 1954. La parità della scuola, in Libertà e parità della scuola non statale nella Costituzione, Roma, Fidae, 1957. Pensiero politico di Luigi Sturzo, Napoli, Ediz. Politica popolare, 1959. Relazione al VII Congresso nazionale della Democrazia cristiana. Firenze, 23-28 ottobre 1959, Roma, DC Spes, 1960. La Democrazia cristiana per il governo del paese e lo sviluppo democratico nella società italiana, Roma, Cinque lune, 1961. Le funzioni sociali dello Stato, in Funzioni e ordinamento dello Stato moderno, Roma, Studium, 1961. Per garantire e sviluppare la democrazia in Italia. Relazione dell'on. Moro al Consiglio nazionale della D.C., Roma, DC Spes, 1961. La continuità della politica di sviluppo democratico promossa in Italia dalla Democrazia cristiana, Roma, DC Spes, 1962. Discorsi elettorali. Elezioni amministrative 10 giugno 1962, Roma, Cinque lune, 1962. Il discorso al Consiglio nazionale. Roma 3-4-5 luglio 1962, Roma, DC Spes, 1962. La Democrazia cristiana per la donna nella famiglia e nella società, Roma, DC Spes, 1963. La professione forza coesiva della società, in Cristianesimo e democrazia, Roma, Civitas, 1964. Dichiarazioni programmatiche di governo. Dicembre 1963, Roma, Spes centrale, 1964. La linea Moro, Livorno, Il telegrafo, 1964. Luigi Sturzo: una vita per la libertà e la democrazia, in Il movimento politico dei Cattolici, Roma, Civitas, 1969. Una politica per i tempi nuovi, Roma, Agenzia Progetto, 1969. Per la società italiana e la comunità internazionale, Roma, Agenzia Progetto, 1971. Prima e dopo il 7 maggio, Roma, Agenzia Progetto, 1972. Per una iniziativa politica della Democrazia cristiana, Roma, Agenzia Progetto, 1973. Il diritto. Lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Università di Bari: 1944-1945, Bari, Cacucci, 1978. Il diritto, 1944-1945. Lezioni di filosofia del diritto tenute presso l'Università di Bari; Lo Stato, 1946-1947. Appunti sull'esperienza giuridica, Bari, Cacucci, 1978. Discorsi politici, Roma, Cinque lune, 1978. Nella società che cambia. Discorsi della prima seconda e terza fase, Roma, EBE, 1978. L'intelligenza e gli avvenimenti. Testi 1959-1978, Milano, Garzanti, 1979. Scritti e discorsi, 6 voll., Roma, Cinque lune, 1982-1990. Al di là della politica e altri scritti. Studium, 1942-1952, Roma, Studium, 1982. Moro. I giorni del tormento, Roma, Cinque lune, 1982. Italia nell'evoluzione dei rapporti internazionali. Discorsi, interventi, dichiarazioni e articoli recuperati e interpretati da Giovanni Di Capua, Roma-Brescia, EBE-Moretto, 1986. Aldo Moro. Il potere della parola (1943-1978), Roma, EBE, 1988. Dichiaro aperta la fiera del Levante.... I discorsi da Presidente del Consiglio alle edizioni del 1964, 1965, 1966, 1967, 1975 della Campionaria barese, Bari, Safra, 1991. Il memoriale di Aldo Moro rinvenuto in via Monte Nevoso a Milano, Roma, Coletti, 1993. ISBN 88-7826-501-2. "Il fine è l'uomo", Edizioni di Comunità, Roma, 2018 La prudenza e il coraggio. Articoli e interviste negli anni della segreteria politica della Democrazia Cristiana (1959-1964), a cura di P. Totaro e R. Ambrosino, Giappichelli, Torino 2018. Lettere dal patibolo, Milano, Giornalisti editori, 1995. Discorsi parlamentari. 1947-1977, 2 voll., Roma, Camera dei Deputati, 1996. Il mio sangue ricadrà su di loro. Gli scritti di Aldo Moro prigioniero delle Br, Milano, Kaos, 1997. ISBN 88-7953-058-5. Moro: lettere dal carcere delle Brigate Rosse. 9 maggio '78 - 9 maggio '98, Roma, L'Editrice Romana, 1998. Pietro Nenni, Aldo Moro. Carteggio 1960-1978, Firenze, La Nuova Italia, 1998. ISBN 88-221-3000-6. Ultimi scritti. 16 marzo-9 maggio 1978, Casale Monferrato, Piemme, 1998. ISBN 88-384-3198-1. La democrazia incompiuta. Attori e questioni della politica italiana, 1943-1978, Roma, Editori Riuniti, 1999. ISBN 88-359-4684-0. 55 giorni di piombo. Le lettere dal carcere di Aldo Moro, i ricordi di Francesco Cossiga, Claudio Martelli, Agnese Moro, Eugenio Scalfari, Roma, Elleu Multimedia, 2000. 55 giorni. Aldo Moro-voci e carte dalla prigione, Roma, Nuova iniziativa editoriale, 2003. Lezioni di istituzioni di diritto e procedura penale. Tenute nella Facoltà di scienze politiche dell'Università degli studi di Roma, con DVD audio, Bari, Cacucci, 2005. ISBN 88-8422-404-7. Lo Stato, il diritto, Bari, Cacucci, 2006. ISBN 88-8422-536-1. Lettere dalla prigionia, Torino, Einaudi, 2008. ISBN 978-88-06-18585-5. La democrazia incompiuta, Milano, RCS Quotidiani, 2011. Libertà e giustizia sociale. Per un'autonomia della persona umana (13 marzo 1947), in I valori costituzionali del riformismo cristiano, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2011. ISBN 978-88-498-3056-9. L'Italia di Donat-Cattin. Gli anni caldi della prima Repubblica nel carteggio inedito con Moro... (1960-1991), Venezia, Marsilio, 2011. ISBN 978-88-317-1146-3. "Siate indipendenti. Non guardate al domani ma al dopo domani". Le lettere di Aldo Moro dalla prigionia alla storia, Roma, Direzione Generale per gli Archivi-Archivio di Stato di Roma, 2013. ISBN 978-88-7125-329-9. Opere su Aldo Moro Cinema Todo modo: film di Elio Petri, 1976, nel quale il personaggio del presidente, interpretato da Gian Maria Volonté, è palesemente ispirato ad Aldo Moro. Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia. Il caso Moro: film di Giuseppe Ferrara, 1986. Il protagonista è nuovamente Gian Maria Volonté. L'anno del terrore: film di John Frankenheimer, 1991. Tratto dal romanzo Year of The Gun di Michael Mewshaw; il personaggio dello statista compare brevemente in alcune scene ed è interpretato da Aldo Mengolini. Piazza delle Cinque Lune: film di Renzo Martinelli, 2003. Il vero Moro appare in immagini di repertorio. Quello finto è interpretato da un caratterista mai in primo piano. Il film è dedicato all'allora ventisettenne nipote Luca Bonini Moro, che compare sui titoli di coda in veste di cantautore, interpretando il brano Maledetti voi; sullo sfondo del ragazzo (figlio di Maria Fida Moro e spesso affettuosamente citato nelle lettere dello statista durante la prigionia), alcune fotografie di lui a due anni col nonno nei giorni immediatamente precedenti il sequestro. Buongiorno, notte: film di Marco Bellocchio, 2003. Moro è interpretato da Roberto Herlitzka. Nel cuore dello Stato: film documentario di Alberto Castiglione, scritto con Fabrizio Scibilia, presentato a Palermo il 18 marzo 2008. Se sarà luce sarà bellissimo - Moro: Un'altra storia: film di Aurelio Grimaldi, (2004, uscito nel 2009); Moro è interpretato da Roshan Seth. Il divo: film di Paolo Sorrentino, 2008. Lo statista è interpretato da Paolo Graziosi. Romanzo di una strage: film di Marco Tullio Giordana, 2012. Lo statista è interpretato da Fabrizio Gifuni. Non è un caso, Moro: docufilm di Tommaso Minniti, 2021. Tratto dall'inchiesta di Paolo Cucchiarelli. Esterno notte: film di Marco Bellocchio, 2022. Moro è interpretato da Fabrizio Gifuni. Musica Io se fossi Dio di Giorgio Gaber (1980): la canzone, della durata di 14 minuti, esprime - tra gli altri - un giudizio negativo anche su Aldo Moro. Fu pubblicata dalla F1 Team su disco da 12 pollici inciso solo da un lato, per il rifiuto della Carosello. La canzone era stata scritta nel 1978, dopo l'uccisione di Aldo Moro, ma fu pubblicata due anni dopo perché evidentemente le case discografiche temevano ripercussioni legali. Teatro Il Caso Moro (1998) di Roberto Buffagni, regia di Cristina Pezzoli. Con Sergio Fantoni, Roberto Abbati, Francesco Acquaroli, Paolo Bocelli, Laura Cleri, Cristina Cattellani, Nicola Pannelli, Tania Rocchetta, Bruna Rossi e Marcello Vazzoler; le parti vocali furono eseguite dal Tacitevoci Ensemble. La prima nazionale andò in scena il 12 marzo 1998 al Teatro Due di Parma. L'ira del sole, un 9 di maggio (1998) di Maria Fida Moro e Antonio Maria Di Fresco, regia di Antonio Raffaele Addamo. Con Maria Fida Moro e Luca Bonini Moro. Teatro Biondo Stabile di Palermo. Aldo Moro – Una tragedia italiana (2007) di Corrado Augias e Vladimiro Polchi, regia di Giorgio Ferrara. Con Paolo Bonacelli (Aldo Moro) e Lorenzo Amato (il narratore). Teatro Stabile della Sardegna, Teatro Eliseo di Roma. Corpo di Stato – Il delitto Moro: una generazione divisa (1998) di Marco Baliani, regia di Maria Maglietta. Con Marco Baliani. Casa degli Alfieri – Trickster Teatro. Se ci fosse luce – i misteri del caso Moro (2007) scritto, diretto e interpretato da Giancarlo Loffarelli. Con Emiliano Campoli, Marina Eianti, Giancarlo Loffarelli, Luigina Ricci, Elisa Ruotolo, Maurizio Tartaglione. Compagnia "Le colonne". Roma, Via Caetani, 55º giorno (2008) scritto e interpretato da Lucilla Falcone – Associazione Culturale "La Buona Creanza". ALDO MORTO - Tragedia (2012) di Daniele Timpano, regia di Daniele Timpano. Con Daniele Timpano. amnesiA vivacE, Area 06, Cité internationales des Arts - Résidence d'artistes di Parigi. Studi scientifici Alberto Boscolo, Aldo Moro docente universitario, Le Monnier, Firenze 1978; Corrado Pizzinelli, Aldo Moro, Longanesi, Milano 1964; Danilo Campanella, Aldo Moro, filosofia, politica, pensiero, Edizioni Paoline, Milano 2014; Danilo Campanella, Aldo Moro: origine filosofica ed elementi politici dell'umanesimo comunitario, in "Schegge di filosofia moderna XII", a cura di Ivan Pozzoni, deComporre Edizioni, Gaeta 2014, p. 111; Danilo Campanella, La teologia della politica di Aldo Moro e le sue radici tomiste, tesi di Laurea Magistrale in Filosofia Morale, Università di Roma Tor Vergata, Roma 2015; Danilo Campanella, L'umanesimo comunitario nella filosofia politica di Aldo Moro e le sue radici personaliste, theses ad doctoratum in philosophia, Pontificia Università Lateranense, Città del Vaticano 2014; Danilo Campanella, La filosofia politica di Aldo Moro come spinta riformatrice per l'unità europea, , Rivista Istituto Studi Politici San Pio V, 3/2012 - Anno XXIV - Luglio/Settembre; Danilo Campanella, Il postmodernismo tra politica e strategia: Aldo Moro e Henry Kissinger, in rivista Geopolitica, Anno 2013; Domenico Tarantini, La democrazia totalitaria; il Moro necessario, potere e rivoluzione oggi in Italia; Le lettere di Moro, Bertani, Verona 1979; Renato Moro, La formazione giovanile di Aldo Moro, Il Mulino, Bologna 1983; Renato Moro, Aldo Moro negli anni della FUCI, Studium, Roma 2008. Televisione Assolvenza Aldo Moro (Blob Speciale) antologia di filmati ed estratti dagli archivi Rai (servizi tratti dai TG, pubblicità, frammenti di film, programmi vari) risalenti al periodo del rapimento dello statista. Fu realizzata dalla redazione di Blob nel 1998 in occasione del ventennale dei noti avvenimenti. Fu trasmessa su Rai 3 dal 9 marzo al 16 maggio per cinque giorni a settimana (lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì e sabato); ogni puntata durava circa una dozzina di minuti e precedeva l'inizio di Blob. Aldo Moro - Il presidente: fiction televisiva in due puntate, prodotta dalla Taodue di Piero Valsecchi, diretta da Gianluca Maria Tavarelli e interpretata da Michele Placido, in onda su Canale 5 il 9 e 11 maggio 2008 in occasione del trentennale dalla morte dello statista. Alcuni filmati di repertorio dell'omicidio di Aldo Moro compaiono all'inizio del primo episodio della seconda stagione della serie televisiva inglese "Utopia". Aldo Moro - Il professore, regia di Francesco Miccichè - DocuFilm, interpretato da Sergio Castellitto (2018). M di Michele Santoro (2018) speciale di quattro puntate di "M" dedicate al caso Moro. "M" intreccia il docu-drama in forma di fiction con il teatro in diretta e l'approfondimento giornalistico. Il film Esterno notte di Marco Bellocchio è stato adattato anche alla forma di miniserie TV in tre episodi, in onda su Rai 1 il 14, 15, 17 novembre 2022. Tina Anselmi - Una vita per la democrazia, regia di Luciano Manuzzi – docu-drama (2023) - interpretato da Gaetano Aronica. Note Bibliografia Giovanni Acquaviva, Un italiano diverso: Aldo Moro, 1968 Gianni Baget Bozzo, Il partito cristiano e l'apertura a sinistra: la DC di Fanfani e di Moro 1954-1962, Firenze, Vallecchi, 1977. Gianni Baget Bozzo, Democrazia cristiana, Moro, «partito americano», in Argomenti radicali, n. 10, 1978. Gianni Baget Bozzo e Giovanni Tassani, Aldo Moro: il politico nella crisi, 1983 Danila Barbara, Raffaele Marino, La Lezione, Aula XI, Curcio, 2008 Roberto Bartali, Giuseppe De Lutiis, Sergio Flamigni, Ilaria Moroni e Lorenzo Ruggiero, Il sequestro di verità. I buchi neri del delitto Moro, 2008 Danilo Campanella, Aldo Moro, politica, filosofia, pensiero, Edizioni Paoline, Milano, 2014 Romano Bianco e Manlio Castronuovo, Via Fani ore 9.02. 34 testimoni oculari raccontano l'agguato ad Aldo Moro, 2010 Giovanni Bianconi, Eseguendo la sentenza. Einaudi, 2007 Francesco Biscione, Il delitto Moro: strategie di un assassinio politico, 1998 Carlo Bo, Aldo Moro. Delitto d'abbandono, 1988 Giorgio Bocca e Silvia Giacomoni, Moro: una tragedia italiana, 1978 Silvio Bonfigli e Jacopo Sce, Il delitto infinito. Ultime notizie sul sequestro Moro, Kaos edizioni Anna Laura Braghetti e Paola Tavella, Il prigioniero, 1998 Manlio Castronuovo, Vuoto a perdere, 2007 Marco Clementi, La 'pazzia' di Aldo Moro, 2001 Aniello Coppola, Moro, 1976 Eugenio Cutolo, Aldo Moro: La vita, l'opera, l'eredità, 1980 Augusto D'Angelo, Moro – I vescovi e l'apertura a sinistra, 2005 Gennaro Salzano, Un costruttore di pace. Il Mediterraneo e la Palestina nella politica estera di Aldo Moro, 2016 Giuseppe De Lutiis, Perché Aldo Moro, 1988 Giovanni Di Capua, Aldo Moro: il potere della parola (1943-1978), 1988 Antonello Di Mario, L'attualità politica di Aldo Moro negli scritti giornalistici dal 1937 al 1978, 2007 Roberto Ducci I Capintesta, Rusconi 1982 Giovanni Fasanella, Giuseppe Rocca Il misterioso intermediario – Igor Markevic e il caso Moro, 2003 Giovanni Fasanella, "Il Puzzle Moro Da testimonianze e documenti inglesi e americani desecretati, la verità sull'assassinio del leader DC", Chiarelettere, aprile 2018 (fine stampa), ISBN 978-88-6190-031-8 Sergio Flamigni, La tela del ragno. Il delitto Moro, Kaos edizioni 1988 Sergio Flamigni, Il mio sangue ricadrà su di loro. Gli scritti di Moro prigioniero delle BR, Kaos edizioni Sergio Flamigni, Convergenze parallele, Kaos edizioni Sergio Flamigni, Il covo di stato. Via Gradoli 96 e il delitto Moro, Kaos edizioni Guido Formigoni, Aldo Moro. L'intelligenza applicata alla mediazione politica, Centro Ambrosiano, 1997 Guido Formigoni, Aldo Moro. Lo statista e il suo dramma, Il Mulino, 2016, ISBN 978-88-15-26474-9 Antonio Ghirelli e Franco Angeli, Moro tra Nenni e Craxi. Cronaca di un dialogo tra il 1959 e il 1978, 1991 Agostino Giovagnoli, Il caso Moro. Una tragedia repubblicana, Il Mulino, 2005 Ferdinando Imposimato, Sandro Provvisionato, Doveva morire. Chi ha ucciso Aldo Moro. Il racconto di un giudice, edizioni Chiarelettere, 2008, ISBN 88-6190-025-9 Andrea Ligorio, Il caos Moro, 2008 Robert Katz, I giorni dell'ira, 1986 (libro da cui è tratto il film di G. Ferrara Il caso Moro) Daniele Luttazzi, Stanotte e per sempre, racconto grottesco su Andreotti e il caso Moro Giovanni Maddamma, Aldo Moro. Omicidio Misterioso, Edizione Boopen, 2008 Salvatore Martino, Aldo Moro. Il seme amaro della speranza, Ferrari Editore, 2012 Ivo Mej, Moro rapito!, Ed. Barbera, 2008 Mario Moretti, Rossana Rossanda, Carla Mosca, Brigate Rosse. Una storia italiana, 2002 Agnese Moro, Un uomo così, 2003 Carlo Alfredo Moro, Storia di un delitto annunciato, 1998 Giovanni Moro, Anni Settanta, 2007 Maria Fida Moro, La nebulosa del caso Moro, 2004 Renato Moro, Aldo Moro negli anni della FUCI, 2008 Roberto Pantanelli, Ammazzate Moro, 1987 Paolo Parisi, Il sequestro Moro, 2006, graphic novel Demetrio Piccini, Aldo Moro - una vittima dei poteri forti, Fumetto, 2013 Roberto Ruffilli, Vicenda Moro e sistema politico, ne Il Mulino, 4, luglio-agosto 1978, pp. 668-fine Roberto Ruffilli, Dignità della politica, ne Il messaggio di Aldo Moro, Studium, Roma 1987, pp. 75–85 Roberto Ruffilli, L’Italia che cambia nella visione di Moro, ne La Discussione/Storia, suppl. al numero del 5 aprile 1982, pp. 3–10 Vladimiro Satta, Odissea nel caso Moro, 2003 Vladimiro Satta, Il caso Moro e i suoi falsi misteri, 2006 Salvatore Savoia, Aldo Moro. L'iniqua ed ingrata sentenza della D.C...., Dellisanti editore, Massafra, 2006 Leonardo Sciascia, L'affaire Moro, 1994 Leonardo Sciascia, Todo modo, Einaudi, 1974 Giampaolo Spinato, Amici e nemici, Fazi, 2004 Webster Tarpley et al., Chi ha ucciso Aldo Moro?, studio commissionato da Giuseppe Zamberletti, 1978 Vittorio Vettori, Diario apocrifo di Aldo Moro prigioniero, 1982 Antonio Volpi, La macchina rossa, 2008 Sergio Flamigni, Patto di omertà. Il sequestro e l'uccisione di Aldo Moro: i silenzi e le menzogne della versione brigatista, Kaos Edizioni, Milano 2015, ISBN 978-88-7953-274-7. Saverio D'Amelio, Aldo Moro, la verità che non viene a galla, Edizioni Sabinae, Roma 2018, ISBN 978-88-9862-373-0. Voci correlate Agguato di via Fani Caso Moro Codice di Camaldoli Compromesso storico Cronaca del sequestro Moro Democrazia Cristiana Federazione universitaria cattolica italiana Governo Moro I, II, III, IV, V Memoriale Moro Ministri degli affari esteri della Repubblica Italiana Ministri di grazia e giustizia della Repubblica Italiana Ministri della pubblica istruzione della Repubblica Italiana Presidenti del Consiglio europeo Presidenti del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana Prima Repubblica (Italia) Segretari della Democrazia Cristiana Sereno Freato Vittime delle Brigate Rosse Altri progetti Collegamenti esterni La Storia siamo noi. Trasmissione speciale di Odeon, curata e condotta da Maurizio Decollanz, dedicata alle teorie complottiste sul rapimento Moro. Assassinati con arma da fuoco Deputati dell'Assemblea Costituente (Italia) Governo Andreotti I Governo Colombo Governo De Gasperi V Governo Fanfani II Governo Moro I Governo Moro II Governo Moro III Governo Moro IV Governo Moro V Governo Rumor II Governo Rumor III Governo Rumor IV Governo Rumor V Governo Segni I Governo Zoli Ministri della pubblica istruzione della Repubblica Italiana Ministri dell'interno della Repubblica Italiana Ministri di grazia e giustizia della Repubblica Italiana Personalità di Azione Cattolica Persone sequestrate Politici assassinati Politici della Democrazia Cristiana Presidenti del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana Professori della Sapienza - Università di Roma Professori dell'Università di Bari Servi di Dio italiani Storia delle relazioni tra Santa Sede e Stato italiano Studenti dell'Università di Bari Studiosi di diritto penale del XX secolo Vittime degli anni di piombo e della strategia della tensione Cavalieri di Gran Croce dell'Ordine Piano Direttori di periodici italiani
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https://it.wikipedia.org/wiki/AbiWord
AbiWord
AbiWord è un software libero di videoscrittura completo e stabile, particolarmente adatto per computer con scarse risorse hardware (velocità del processore, memoria su disco rigido e RAM). È un programma multipiattaforma non legato ad un particolare formato di file. Caratteristiche AbiWord è compilato nativamente su un'ampia gamma di architetture hardware e per diversi sistemi operativi e può gestire un gran numero di formati di file. AbiWord fornisce le funzionalità che ci si aspetta da un moderno programma di videoscrittura, alcune delle quali sono: Un'interfaccia utente familiare ed intuitiva Importazione ed esportazione in diversi formati, anche in formati proprietari di Microsoft Word "Annulla Modifica" e "Ripeti Modifica" illimitati Esportazione in formato HTML Possibilità di inserire immagini Funzionalità di controllo ortografico Elenchi e liste Gestione degli stili AbiWord salva i documenti in un formato aperto nativo che ha estensione .abw. Un documento salvato in questo formato, non essendo compresso o codificato, può essere modificato anche attraverso un comune editor di testo. Le funzionalità di AbiWord possono aumentare attraverso l'utilizzo di plug-in. Documentazione e manuale d'uso sono anch'essi distribuiti attraverso una licenza libera, la GNU Free Documentation License. Note Voci correlate Lista di editor HTML Programmi per la videoscrittura KWord Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Abraham%20de%20Moivre
Abraham de Moivre
Biografia È noto per la formula di de Moivre (che collega i numeri complessi con la trigonometria), i suoi lavori sulla distribuzione normale e la teoria della probabilità, e per la scoperta (anche se in forma incompleta) dell'approssimazione di Stirling. Quest'ultima venne usata nel 1733 da de Moivre per derivare la variabile casuale normale come una approssimazione della variabile casuale binomiale. Nella seconda edizione, pubblicata nel 1738 de Moivre accreditò a James Stirling i miglioramenti apportati alla formula. Poco più che ventenne si trasferì a Londra, dove strinse amicizia con Edmund Halley e Isaac Newton. A 30 anni venne ammesso alla Royal Society. Il giurista britannico Francis Maseres, anch'egli membro della Royal Society, nel suo The principles of the doctrine of life-annuities (1783) si basò sulle tavole di De Moivre e Deparcieux. Nell'ultimo periodo della sua vita soffrì di letargia e secondo un aneddoto avrebbe predetto la data della sua morte servendosi di un calcolo matematico. Infatti, notando che dormiva 15 minuti in più ogni giorno, suppose che sarebbe morto quando il sonno avesse raggiunto le 24 ore, precisamente il 27 novembre 1754. Opere Doctrine des chances (1718), dove introduce la variabile casuale poissoniana antelitteram. Annuities upon lives, dove trovano risposta i problemi sulla rendita vitalizia. Miscellanea Analytica (1730), dove appare l'approssimazione di Stirling antelitteram. Edizioni Note Bibliografia Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell'assicurazione, a cura di M. Bonomelli, schede bibliografiche di C. Di Battista, note critiche di F. Mansutti, Milano, Electa, 2011, pp. 133-135. Voci correlate Statistica Formula di de Moivre Variabile casuale normale Variabile casuale poissoniana Approssimazione di Stirling Altri progetti Collegamenti esterni Morte de Moivre, Abraham
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https://it.wikipedia.org/wiki/Albanella%20%28zoologia%29
Albanella (zoologia)
Albanella è il nome comune di alcuni uccelli rapaci del genere Circus, famiglia degli Accipitridi. Una specie africana (a rischio) è l'albanella nera (Circus maurus), e ricordiamo anche l'albanella del Madagascar (Circus macrosceles). Invece in Italia si possono osservare: albanella minore (Circus pygargus), che sverna in Africa; albanella pallida (Circus macrourus), in Italia solo occasionalmente e di passaggio; albanella reale (Circus cyaneus), in Italia per svernare; falco di palude (Circus aeruginosus), che in alcune zone nidifica, in altre è solo di passaggio, in altre ancora viene a svernare. Si nutrono tutti di piccoli mammiferi, uccelli e insetti. Alcuni anche di lucertole, anfibi e altri invertebrati. Altri progetti Collegamenti esterni Nomi comuni di animali
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https://it.wikipedia.org/wiki/Arcipelago%20toscano
Arcipelago toscano
Larcipelago toscano è formato da un gruppo di sette isole maggiori, di cui la più grande è l'isola d'Elba, più alcune minori, secche e scogli situati tra la terraferma toscana e la Corsica. L'arcipelago è bagnato da quattro mari: il mar Ligure a nord dell'isola d'Elba, il canale di Piombino a est, il mar Tirreno a sud e il canale di Corsica a ovest delle coste elbane. Il canale di Corsica e il canale di Piombino possono essere considerati come canali naturali di collegamento tra il mar Ligure e il mar Tirreno, rispettivamente a ovest e a est dell'isola d'Elba. Conformazione Le isole maggiori sono: Le isole minori sono: Isola di Palmaiola Isola di Cerboli Formiche di Grosseto Le secche e gli scogli affioranti sono: Argentarola (Monte Argentario) Formica di Burano Isola Rossa (Monte Argentario) Isolotto (Monte Argentario) Scoglio d'Affrica o Formica di Montecristo Secche della Meloria Secche di Vada Gli isolotti e gli scogli affioranti presso le isole sono: Formiche di Capraia (Isola di Capraia) Isola della Praiola o Peraiola (Isola di Capraia) Scoglione di Capraia (Isola di Capraia) Scoglio del Gatto (Isola di Capraia) Scoglio della Manza (Isola di Capraia) Scoglio dell'Ògliera (Isola d'Elba) Formiche della Zanca (Isola d'Elba) Scoglietto di Portoferraio (Isola d'Elba) Isolotto della Paolina (Isola d'Elba) Isola dei Topi (Isola d'Elba) Isolotto d'Ortano (Isola d'Elba) Isole Gemini (Isola d'Elba) Scoglio Remaiolo (Isola d'Elba) Isola Corbella (Isola d'Elba) Scoglio della Triglia (Isola d'Elba) Isolotto della Scarpa (Isola di Pianosa) Isolotto della Scola (Isola di Pianosa) Le Scole (Isola del Giglio) Isola della Cappa (Isola del Giglio) Scoglio del Corvo (Isola del Giglio) Faraglione dell'isola del Giglio (Isola del Giglio) Galleria d'immagini Voci correlate Parco Nazionale Arcipelago Toscano Arcipelago Lista di isole dell'Italia Isola di Zanara Altri progetti Collegamenti esterni Arcipelago Toscano, isoladelba.toscana.it Turismo ed Attività presenti nell'Arcipelago Toscano, su arcipelagotoscano.com
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https://it.wikipedia.org/wiki/Amiga
Amiga
Amiga è una famiglia di home/personal computer commercializzati dalla Commodore a partire dal 1985. La piattaforma informatica da cui derivarono fu originariamente sviluppata a partire dal 1982 dall'azienda Hi-Toro, che nel 1984 cambiò nome in Amiga Corporation; l'ideatore del progetto fu Jay Miner, che già aveva sviluppato i progetti dell'Atari 2600 e dei computer Atari a 8 bit. I computer hanno in comune un processore della serie Motorola 68k e diversi coprocessori dedicati alla gestione della grafica, del suono e delle risorse del sistema. L'azienda fu acquisita dalla Commodore nel tardo 1984, divenendo Commodore- Amiga Inc., di fatto un marchio di Commodore. Da allora, iniziò la produzione in serie: nel 1985 fu presentato il primo modello, l'Amiga 1000 (inizialmente solo Amiga). Nel 1987 uscì il modello di maggior successo, l'Amiga 500, seguito dall'Amiga 2000. A seguire furono presentati altri modelli che riscossero poco successo, come l'Amiga CD32, una versione del computer senza tastiera venduta come console per videogiochi. L'Amiga 4000T del 1994 rappresenta l'ultimo modello commercializzato dalla Commodore. In seguito al fallimento di quest'ultima, avvenuto nello stesso anno, i diritti sul marchio Amiga, scorporati dagli asset di Commodore, sono stati di proprietà di varie società. Storia La creazione e primi progetti Nel 1980 Jay Miner, che lavorava all'Atari ed aveva già sviluppato i chipset della console Atari 2600 e dei computer Atari 400/800, propose alla dirigenza di utilizzare il Motorola 68000, un microprocessore da poco presentato da Motorola, per realizzare un nuovo computer. I vertici aziendali rifiutarono la proposta perché soddisfatti della piattaforma a 8 bit su cui erano basate le loro macchine e Miner, che non considerava giusta quella scelta, decise di abbandonare Atari, andando a lavorare presso la Zimast, una società produttrice di chip per pacemaker. Nel 1982 Miner fu contattato da Larry Kaplan, il quale gli confidò che non era soddisfatto di Activision e che stava cercando qualche finanziatore per avviare una nuova società per lo sviluppo di un nuovo sistema per videogiochi. Miner lo mise in contatto con il proprietario di Zimast, il quale lo presentò a degli investitori con cui instaurò delle trattative ed ottenne i fondi per avviare l'attività. L'accordo prevedeva che Miner progettasse i chip per la nuova macchina e che Zimast li producesse, mentre la nuova società di Kaplan si sarebbe occupata dello sviluppo dei giochi. La nuova società fu fondata nel 1982 e fu chiamata Hi-Toro, stabilendone la sede a Santa Clara (California). Come presidente fu assunto David Shannon Morse. Poco dopo l'inizio delle attività della Hi-Toro Kaplan fu contattato da Nolan Bushnell per proporgli di tornare in Atari: Kaplan, che aveva ben presto perso interesse nella Hi-Toro per via del fatto che lo sviluppo della piattaforma non stesse evolvendo con la voluta celerità, decise di accettare l'offerta e lasciò l'azienda appena formata alla fine del 1982. A Miner, che ancora era alle dipendenze di Zimast, fu proposto da Morse di essere assunto dalla Hi-Toro e di prendere il posto occupato in precedenza da Kaplan, quello di vice-presidente e responsabile tecnico. Miner accettò a condizione che fossero esaudite due sue richieste: che il nuovo sistema da gioco usasse il microprocessore 68000 e che esso fosse un computer. Il prototipo "Lorraine" e la Amiga Corporation All'interno della Hi-Toro furono create due divisioni, una dedita allo sviluppo, produzione e commercializzazione di joystick e giochi per l'Atari 2600 ed una, più piccola, destinata allo sviluppo della nuova macchina da gioco: i guadagni prodotti dalla prima sarebbero stati usati per finanziare la seconda. Il sistema da gioco doveva essere, nei piani iniziali, dotato di un floppy disk da 5,25", di una tastiera e di un insieme di porte di espansione in stile PC IBM; come CPU il Motorola 68000, 128 KB di RAM e 64 KB di ROM. La società Hi-Toro iniziò a sviluppare un prototipo che fu denominato Lorraine, dal nome della moglie di David Morse. Lorraine riprendeva il concetto di un sistema basato su una CPU supportata da chip custom originariamente presentato da Miner nella console Atari 2600 e nei computer Atari ad 8 bit. Verso la fine del 1982 un altro fatto importante accadde alla Hi-Toro: la società decise di cambiare nome in Amiga Corporation, sia per differenziarsi dalla quasi omonima società giapponese Toro produttrice di tagliaerba sia perché Miner voleva un nome "amichevole" che distinguesse il computer dai concorrenti ed il termine Amiga, che in spagnolo significa "amica", faceva al caso. Lo sviluppo di Amiga e del suo sistema operativo AmigaOS, necessario per coordinarne le potenzialità hardware, risale al 1983. In quell'anno però accadde un evento che segnò l'intero settore, la crisi dei videogiochi del 1983 che portò al fallimento diverse aziende operanti nel settore ed anche la stessa Atari, che aveva dominato il settore fino a quel momento con la sua 2600, accusò pesanti perdite. La neonata Amiga Corp., nonostante avesse differenziato i suoi affari, accusò il colpo e le vendite dei giochi e delle periferiche non riuscirono più a finanziare lo sviluppo del nuovo sistema da gioco. Per accelerare lo sviluppo di Lorraine, visto in quel periodo come unica speranza di salvezza per l'azienda, fu deciso di assumere nuovi impiegati: Bob Burns, Glenn Keller, Dale Luck, Robert J. Mical (un ingegnere software), Dave Needle, Ron Nicolson, Bob Pariseau e Carl Sassenrath. La presenza di così tanti elementi permise di creare due differenti gruppi di sviluppo, uno per la parte software ed uno per quella hardware: Jay Miner prese le redini di quest'ultimo mentre a Dale Luck fu affidata la guida del primo. Sebbene molte parti del sistema non fossero state ancora realizzate, Dale Luck ed un gruppo di ingegneri iniziarono la progettazione del sistema operativo simulando via software l'hardware non ancora disponibile. Alla fine del 1983 il sistema operativo offriva già un'interfaccia grafica a finestre e menù: era stata realizzata tutta la gestione grafica (Intuition) progettata e implementata da R.J. Mical ed il tutto era controllato da un microkernel (Exec) creato da Carl Sassenrath. Anche i chip custom erano quasi finiti: essi erano stati denominati Agnus (generatore di indirizzi); Daphne, in seguito ribattezzato Denise (gestione video); Portia, divenuto in seguito Paula (audio e gestione delle porte). Il problema di fondo erano i soldi: la società era a corto di liquidità e diversi impiegati avevano iniziato a chiedere finanziamenti personali ed a versare i soldi nelle casse dell'azienda per portare avanti lo sviluppo del computer. La presentazione del 1984 e le trattative con Atari Nel tentativo di cercare nuovi finanziamenti Amiga Corp. decise di presentare Lorraine al Consumer Electronics Show il 4 gennaio 1984: l'hardware non era ancora completato del tutto per cui il computer mostrato era composto da 4 schede collegate insieme. Nonostante l'interesse mostrato verso il computer da diverse aziende, l'unica che si interessò fu Atari, offrendo un accordo che Amiga Corp., nonostante fosse molto svantaggioso per essa, non poté che accettare: Atari offrì 500 000 dollari ed un mese di tempo per avere una licenza di sfruttamento dei chip custom finiti, trascorso quel tempo Amiga Corp. avrebbe non solo dovuto restituire il denaro ricevuto ma anche cedere la proprietà intellettuale dei chip stessi. L'accordo prevedeva anche che Atari si impegnasse ad acquistare 1 milione di azioni di Amiga Corp. al prezzo di 3 dollari ciascuna ma, ben sapendo che la società versava in cattive acque e che non sarebbe riuscita a restituire il denaro offerto, iniziò ridurre progressivamente il prezzo da pagare per ogni singola azione, arrivando ad offrire 98 centesimi. Amiga Corp., durante le trattative, venne a sapere che Atari era interessata solo ai chip finiti perché voleva accelerare la presentazione di una macchina a 16 bit per battere sul tempo la rivale Commodore e non aveva interesse di accollarsi anche l'assunzione delle persone che avevano realizzato l'hardware. Il 3 luglio la Time Warner, proprietaria di Atari, cancellò lo sviluppo di tutti i sistemi ad 8 bit e sospese la trattativa con Amiga Corp. Nel contempo iniziò un riassetto societario dividendo Atari in 2 società: la divisione che sviluppava giochi, che divenne Atari Games, che rimase all'interno del gruppo, e la divisione console e personal computer, che fu messa in vendita. In quello stesso periodo Jack Tramiel era stato costretto a lasciare la Commodore, l'azienda da lui fondata, per divergenze con l'allora presidente del gruppo; quando seppe che la Warner vendeva la parte di Atari che si occupava della produzione di hardware da gioco, subito la acquistò creando la Atari Corporation, pensando di sfruttare la catena di distribuzione e le capacità produttive dell'azienda per rientrare nel mondo dei computer. Quando Tramiel prese possesso dell'azienda, scoprì l'accordo fra Atari ed Amiga. L'acquisizione da parte della Commodore Fu durante questi eventi che nel 1984 si intromise la Commodore International, azienda che in quel momento godeva di ottimi risultati economici per il successo commerciale del C64, interessata al sistema sviluppato da Amiga Corp., con cui Miner iniziò a trattare. Quando Tramiel venne a sapere delle trattative in corso, il 13 agosto 1984 decise di denunciare sia la Commodore che lo stesso Miner per il mancato rispetto del contratto stipulato in precedenza fra Atari ed Amiga. Per accelerare i tempi il 15 agosto Commodore annunciò pubblicamente l'intenzione di acquisire la società, offrendo 4,25 dollari per azione ed 1 milione di dollari in contanti per permettere ad Amiga Corp. di saldare il debito con Atari e sciogliere il contratto. Qualche settimana dopo tutto il gruppo di sviluppo dell'Amiga fu spostato in una nuova società appena creata, denominata Commodore-Amiga Inc. con sede a Los Gatos, a cui la casa madre concesse un'ulteriore iniezione di liquidità pari a 27 milioni di dollari per terminare lo sviluppo del sistema. Commodore decise di accelerare lo sviluppo del computer, decidendo di utilizzare l'architettura a 16 bit, per battere Atari sul tempo, che si era messa anch'essa a lavorare su un computer dello stesso tipo. La nuova proprietà rivide il progetto Lorraine, raddoppiando la RAM a 256 KB e sostituendo il floppy disk con un modello da 3,5" a doppio lato. All'epoca dell'acquisizione il sistema operativo del computer, denominato CAOS (Commodore Amiga Operating System), era ancora incompleto pertanto Commodore, al fine di completare celermente il progetto, decise di metterlo da parte e di commissionare a MetaComCo, una società di sviluppatori, l'integrazione di parte del sistema operativo TripOS con il codice di Intuition, il gestore dell'interfaccia grafica di Lorraine. Da questa integrazione, il cui diretto responsabile fu Tim King, nacque lAmigaDOS. Il 23 luglio 1985 venne presentato al CES il primo computer derivato dal progetto Lorraine, l'Amiga 1000, al tempo conosciuto semplicemente col nome di Amiga, in un evento che vide la storica partecipazione tra gli altri di Andy Warhol. Il sistema operativo non era ancora terminato per cui per avviare i programmi dimostrativi fu necessario usare un computer di Sun Microsystems. Dotato di un'interfaccia grafica a colori e di un'architettura multiprocessore, il computer fu messo in commercio nel mese di settembre dello stesso anno al prezzo di 1 500 dollari, anche se questo collocò la macchina nella fascia di mercato dominata dal Macintosh. Il computer stentò ad affermarsi sul mercato sia perché in ritardo rispetto ai suoi concorrenti sia perché considerato costoso: l'Atari ST, grazie alle soluzioni adottate volte a contenerne i costi produttivi, costava circa la metà e per questo risultò diretto concorrente dell'Amiga nonostante avesse caratteristiche tecniche inferiori. Subito dopo la commercializzazione del primo Amiga, la società iniziò lo sviluppo di 2 nuove macchine basate sulla medesima architettura, l'Amiga 500, da destinare alla fascia più bassa del mercato e pensato con l'obiettivo di contrastare l'Atari ST, e l'Amiga 2000, un computer più potente da collocare su una fascia di mercato superiore. Per stimolare l'innovazione, i vertici dell'azienda decisero di creare 2 gruppi di sviluppo per la progettazione dell'Amiga 2000, uno a Los Gatos ed uno in Germania. Tuttavia, per ridurre i costi, il gruppo di Los Gatos fu sciolto scegliendo per il modello 2000 il progetto tedesco. Questo portò del malcontento all'interno del gruppo originale di Amiga Inc., ma Jay Miner cercò di vedere le cose in maniera positiva, pensando che l'Amiga 2000 per come era stata pensata soddisfacesse le sue idee originali di un computer professionale espandibile. Nel 1987 furono presentati al pubblico i nuovi computer: l'Amiga 500 riscosse subito un ottimo successo, anche perché poteva offrire agli utenti dei computer ad 8 bit argomenti validi per passare ad un sistema a 16 bit, riuscendo a contrastare efficacemente l'Atari ST tanto che in Europa superò quest'ultimo in termini di vendite. Gli anni novanta e il fallimento di Commodore Verso la fine degli anni '80 il monopolio di Commodore iniziò a vacillare, sebbene forte della posizione dominante e con il rivale Atari ST ormai superato nelle vendite, la dirigenza aveva perso interesse nello sviluppo della piattaforma: dall'epoca della presentazione del primo computer, solo l'Amiga 500 aveva ricevuto un aggiornamento nel 1989, con il chipset rivisto per poter gestire fino ad 1 MB di RAM. Commodore cercò di dare una scossa al mercato presentando il 24 aprile 1990 l'Amiga 3000, un computer basato su una CPU a 32 bit, il supporto allo standard SCSI e la nuova interfaccia grafica Workbench 2: rispetto alla precedente versione 1.x la nuova interfaccia rappresentava un notevole salto in avanti con una grafica molto più pulita e professionale, basata su una combinazione di tinte grigie e blu. Nel mese di luglio dello stesso anno fu presentato il Commodore CDTV, un sistema multimediale che in pratica non era altro che un'Amiga 500 con un lettore di CD-ROM integrato. Entrambi i modelli non vennero sostenuti da un'adeguata campagna pubblicitaria, finendo per rivelarsi dei fallimenti. L'assenza di interesse da parte di Commodore nel promuovere i nuovi prodotti si mostrò nuovamente durante il 1991 quando non solo commercializzò l'Amiga 500 Plus senza in pratica presentarlo in modo ufficiale ma togliendo anche dal commercio il CDTV senza dare nessuna comunicazione. Il 1991 fu l'anno in cui venne messo in commercio anche l'Amiga 3000UX, una workstation Unix, e annunciato l'Amiga 3000 Plus che però non verrà mai commercializzato. Il 1992 fu un altro anno critico per l'Amiga: l'Amiga 500 Plus, presentato l'anno prima, venne tolto dal commercio per sostituirlo con l'Amiga 600, un computer che non riuscì a soddisfare pienamente le richieste della clientela sia per le soluzioni adottate (design compatto ottenuto miniaturizzando la scheda madre dell'Amiga 500 ma mantenendone in pratica il costo produttivo, eliminazione del tastierino numerico) sia per la classificazione della macchina, definita da Commodore come una "console con tastiera". Questo computer fu infatti messo in commercio per contrastare Nintendo e Sega che stavano dominando il settore dei videogiochi con le loro console domestiche ma non riuscì a scalfire il loro mercato né a rappresentare un valido sostituto dell'Amiga 500. Inoltre l'Amiga 600 fu introdotto poco prima del lancio di due nuove macchine basate su un aggiornamento hardware della piattaforma: il nuovo chipset AA (Advanced Amiga), in seguito ribattezzato AGA, Advanced Graphics Architecture, che debuttò prima sull'Amiga 4000 l'11 settembre e poi sull'Amiga 1200, presentata a fine anno. Il 1993 si aprì con notizie contrastanti: nonostante le vendite record dell'Amiga 1200 la proprietaria Commodore continuava ad annunciare perdite. Questo non impedì alla società di presentare l'Amiga CD32, una console basata sull'hardware dell'Amiga 1200. Le vendite andarono molto bene, surclassando quelle del Sega Mega CD e dei primi sistemi PC con lettore CD-ROM. Tuttavia Commodore aveva presentato il CD32 come una console inserendolo quindi in un settore di mercato, quello delle macchine da gioco, dove i sistemi a 16 bit già dominavano incontrastati. L'Amiga 1200 restava l'unico modello appetibile ma anche le sue vendite iniziarono a calare, erose dal lento ma continuo affermarsi dei PC anche in ambito domestico. Nell'aprile del 1994 la Commodore e con essa fini lo sviluppo dell'Amiga: il 29 aprile la società fu messa in liquidazione. Alcune filiali furono chiuse ed il tempo passò in cerca di investitori che non arrivarono, inoltre il 20 giugno morì in ospedale Jay Miner. Nel 1995 la Commodore fu messa in liquidazione per saldare le sue insolvenze. Il marchio seguì inizialmente le sorti della Commodore, divenendo proprietà di varie società come Escom e Viscorp; parallelamente un gruppo di appassionati creò il progetto AROS allo scopo di realizzare una versione open source del sistema operativo dell'Amiga. In seguito gli asset Commodore passarono alla Tulip Computers, mentre il marchio e gli asset Amiga vennero scorporati e acquisiti prima da Gateway 2000 nel 1997, e poi da Amino Development - fondata da due ex dipendenti della Gateway Bill McEwen e Fleccy Moss - nel dicembre 1999. L'acquisizione costò 5.000.000$ e comprendeva marchi, siti Internet, parti di ricambio, licenze esistenti, AmigaOS, e la tecnologia Amiga già in produzione, mentre non comprendeva gli impiegati e numerosi brevetti che la Gateway tenne per sé. McEwen sostenne che la Gateway era stata interessata fin dall'inizio solo ai brevetti, mentre la Amino credeva ancora nelle potenzialità della comunità di utenti Amiga; infatti le intenzioni di McEwen e Moss facevano sperare nello sviluppo di una nuova linea di Amiga. Gli anni duemila e "AmigaOne" Amino Development il 1º gennaio 2000 cambiò nome Amiga, Inc. e concesse in licenza sia lo sviluppo del sistema operativo AmigaOS che quello relativo all'hardware. Riguardo al primo, fu stretto un accordo con la software house europea Hyperion Entertainment, avente sede in Belgio. Riguardo all'hardware, basato su architettura PowerPC, fu sviluppato da varie aziende esterne su licenza: nel 2002 prima a Bplan con schede acceleratrici PowerPC per Amiga 1200 e 4000, e poi da Eyetech con le prime nuove piattaforme chiamate AmigaOne. Inoltre dal 2002 l'azienda Genesi ha prodotto e distribuito una propria piattaforma ad architettura PowerPC predisposta per l'esecuzione di MorphOS, una reimplementazione non ufficiale di AmigaOS. La produzione di queste schede madri è successivamente cessata, lo sviluppo di MorphOS invece continua, per esempio su alcuni modelli Apple Macintosh appartenenti alla passata generazione PowerPC. Altre società che sviluppano hardware sono l'italiana ACube Systems e la britannica A-EON Technology. La società belga Hyperion ha pubblicato nel 2008 le versioni 4.0 e 4.1. AmigaOS, e nel 2014 la società A-EON, che ha creato una linea di prodotti funzionanti con il sistema operativo AmigaOS chiamata AmigaOne X1000, basate su processore PowerPC, coprocessore Xena, 2 o 4 GB di memoria RAM di tipo DDR2, disco fisso da 1TB, lettore DVD e chip audio integrato HD. I computer indicati come Amiga NG, sono in commercio come AmigaOne 500 e AmigaOne X1000, oltre ad alcuni modelli della serie Sam4x0 dell'italiana ACube Systems. L'azienda italiana ACube Systems produce piattaforme con CPU PowerPC (Sam440ep, Sam440ep-flex e Sam460EX) Minimig totalmente compatibili con AmigaOS. Innovazioni concettuali e peculiarità Fin dalla sua prima introduzione sul mercato con il personal computer Amiga 1000 il sistema si focalizzò sulla multimedialità, grazie a chip custom in grado di gestire grafica, animazione e suono a costi più competitivi rispetto alle piattaforme concorrenti dell'epoca. L'hardware di Amiga era gestito dal sistema operativo AmigaOS che già nella sua prima release 1.0 del 1985 presentava il multitasking preemptive – caratteristica successivamente implementata in Microsoft Windows nel 1995, e in macOS nel 2001 – un'interfaccia grafica WIMP a colori, la possibilità – non implementata su altri sistemi operativi – di avere per ogni programma in funzione uno schermo grafico dotato di caratteristiche indipendenti. Nel 1986, con la release 1.2, Amiga implementò il plug and play, caratteristica che Microsoft poi introdusse nel proprio sistema operativo per personal computer solo nel 1995. Il plug and play di AmigaOS, AutoConfig, a causa di un bug non fu utilizzato fino al 1988 con la release 1.3 di AmigaOS. Grazie ad essa sono nate innovazioni come il puntatore del mouse animato, icone animate e oggetti in formato file IFF, che divennero uno standard, soprattutto per la piattaforma. Alcune delle principali possibilità di manipolare file sono nate su Amiga, per esempio gli oggetti multimediali (file audio) incorporati all'interno di un file documento. I sistemi operativi Amiga 4.0 e 4.1 presentavano caratteristiche comuni ad altri OS concorrestesso periodo, nonostante alcune soluzioni tampone provvisorie inerenti alla memoria protetta, non ancora completamente implementata. Le particolari caratteristiche del software e dell'hardware Amiga, che furono la ragione del suo successo iniziale, diventarono le cause che ne resero difficile la naturale evoluzione: il sistema operativo mancava di protezione della memoria, il che portava a blocchi del sistema quando alcuni programmi si appropriavano di memoria senza restituirla o sovrascrivevano erroneamente aree di memoria non assegnate a loro. Le grandi capacità grafiche e sonore derivavano da chipset specializzati proprietari e non facilmente aggiornabili, mentre i PC potevano contare su un numero sempre più elevato di potenti schede grafiche, grazie alla concorrenza fra i produttori di schede video, stimolati a migliorare le prestazioni dei propri prodotti. Tra le caratteristiche presenti ci fu una nuova gestione della memoria virtuale con partizione di swap, deframmentazione on the fly della RAM con un sistema intelligente che si occupava di deframmentare nei momenti in cui il sistema non era impegnato e che accedeva alla partizione di swap in automatico, per aumentare la memoria virtuale a disposizione del sistema. L'area RAM occupata dai vettori del kernel Amiga Exec NG (Exec New Generation) era protetta dalla scrittura involontaria di programmi software; i vecchi programmi Amiga in formato Motorola 68000 e Motorola 68xxx, che non avevano nessun sistema di protezione della memoria, potevano però girare sul sistema PPC tramite un emulatore che convertiva al volo il codice 68000 in codice PPC con una Just In Time Machine, ma non potevano scrivere oltre la locazione di 384 Megabyte di RAM cui potevano accedere solo i programmi ELF PPC. A partire dalla versione 4.1 il sistema grafico di Amiga divenne completamente vettoriale grazie alle librerie Open Source Cairo, integrate con un compositing engine 3D che usava algoritmi Porter-Duff (gli inventori dell'Alpha Channel) ed era gestito interamente dalle CPU delle schede grafiche di moderna concezione. Questo motore grafico permetteva effetti di rescaling e zoom in tempo reale, come sulle librerie Beryl e Compiz di Linux, o come su macOS. Numerose sono state negli anni le modifiche proposte da produttori hardware di terze parti. In particolare, sono state rese disponibili schede acceleratrici con processori PowerPC, schede di espansione slot con bus PCI, schede audio a 16 bit, periferiche USB. Il sistema operativo di Amiga è stato aggiornato nel tempo da ditte terze per conto di Amiga Inc. fra cui la tedesca Haage&Partner che ha prodotto la versione 3.5 e 3.9 nel 1999. Il software Sono stati realizzati per Amiga alcuni dei primi programmi di Authoring (Amiga Vision), e i primi linguaggi di animazione interpretati (The Director). Sono nati in ambiente Amiga i primi programmi di modellazione e animazione di scene tridimensionali disponibili al grande pubblico a costi contenuti, quali Sculpt 3D, VistaPro, Imagine, Caligari Truespace 3D, Lightwave 3D, Maxon Cinema 4D, Realsoft 3D, resi disponibili anche su altre piattaforme. Notevole la disponibilità di programmi per la videotitolazione tra cui Scala, divenuto poi programma di authoring multimediale col nome di Scala Multimedia e reso disponibile anche per PC. È riconosciuta la semplicità d'uso di alcuni programmi di grafica quali DeLuxe Paint, realizzato da Dan Silva e distribuito da Electronics Art, che permetteva funzioni quali il ritaglio di parti dell'immagine da usare come pennello brush (effetto timbrino di Adobe Photoshop) senza però dover ricorrere necessariamente alla copia in clipboard o aver bisogno di canale alfa. L'architettura dei programmi Amiga fu presa ad esempio da varie software house: ad esempio, il programma di sequenziamento e montaggio audio Bars and Pipes fu acquistato dalla Microsoft che utilizzò alcuni concetti presenti nel programma per la progettazione della componente audio di DirectX. L'Amiga fu uno dei computer più utilizzati nell'ambito dei videogiochi, sia come prodotti commerciali, sia nel pubblico dominio, con migliaia di titoli a oggi conosciuti. La rivista The Games Machine, in una selezione di dieci giochi rappresentativi della famiglia Amiga, inserisce Lionheart, Dungeon Master, It Came from the Desert, Kick Off, Shadow of the Beast, Turrican II: The Final Fight, Speedball 2: Brutal Deluxe, Formula One Grand Prix, The Secret of Monkey Island, Disposable Hero. La demoscene Notevole, per il suo interesse artistico, culturale e tecnico (ingegneria di tecniche di programmazione estreme) lo sviluppo della demoscene, già esistente per altri computer, ma che trovò in Amiga - e nel suo principale rivale, l'Atari ST - la piattaforma di riferimento grazie alle caratteristiche grafiche e sonore intrinseche dell'hardware e in particolare del Blitter, che apparve per la prima volta proprio su Amiga e successivamente utilizzato nelle schede grafiche standard. La tastiera La tastiera era simile a una comune tastiera PC a 101 tasti, ma con alcune sottili differenze: la ripetizione continua del carattere (tenendo premuto a lungo il tasto corrispondente) non era gestita dal BIOS ma dal sistema operativo, risultando perciò sincronizzata con la stampa a video (specie se si pensa che i PC all'epoca consentivano al massimo trenta ripetizioni al secondo). Il layout della tastiera si distingueva sia per la presenza degli speciali tasti nelle posizioni in cui si trovano i tasti e dei tasti e in luogo dei tasti , , , , e , sia per l'assenza dei tasti , , e dei tasti funzione e . Il bus Amiga Zorro per le schede di espansione Il sistema di bus per gli slot delle schede di espansione di Amiga era dotato di caratteristiche Plug & Play; il bus era denominato Zorro per la sua capacità di autoconfigurarsi velocemente e per quella di riconoscere le schede al volo con una "furbizia" quasi umana. Il sistema Bus Zorro di Amiga era presente in due versioni: Zorro II a 16 bit, dotato di funzionalità di accesso diretto alla memoria (DMA) Zorro III a 32 bit e 33 MHz anch'esso con funzionalità di accesso diretto alla memoria e in grado di gestire anche le schede a 16 bit, e la possibilità di lavorare sia in modalità sincrona che asincrona: in quest'ultima, la scheda Zorro, una volta ricevuta l'autorizzazione dalla CPU, diventava autonoma e non necessitava più di istruzioni da essa, fino al successivo comando diretto esplicito. Il sistema BUS Zorro III a 32 bit nacque diversi anni prima dell'analogo sistema a 32 bit PCI. ADPnetwork A fine anni 80, MCmicrocomputer sviluppò una rete fault tolerant denominata ADPnetwork. Era basata su processi paralleli cooperanti e aveva principalmente scopo didattico, finalizzato a evidenziare le caratteristiche più innovative della macchina, in particolare il suo sistema operativo multitasking. Nella sua prima versione utilizzava come collegamento tra le macchine connesse in rete la porta seriale, ma poi fu implementata anche una scheda proprietaria su bus Amiga Zorro utilizzante un Inmos Transputer tramite il quale era in grado di comunicare a 20 mbit/s. Lato Workbench era vista come un device denominato NET: e pertanto era totalmente compatibile con qualsiasi applicazione, anche preesistente. Durante lo sviluppo fu esposta all'Amiga 3rd European Developers Conference (Parigi, febbraio 1990) e, nella versione Transputer, al successivo SMAU (Milano, ottobre 1990) presso lo stand di MC. Caratteristiche tecniche L'architettura base su cui poggiava la piattaforma Amiga degli anni ottanta e dei primi anni novanta era di tipo proprietario e faceva capo ad una CPU di tipo Motorola 68000. Il chipset originale era composto da 3 chip custom: Denise, Agnus/Fat Agnus e Paula, ed erano tutti prodotti da MOS Technology. Una delle più importanti caratteristiche di Amiga è stata quella di poter definire ogni periferica, dispositivo, o partizione con un nome univoco a sé stante, e di farne il montaggio per usi interni, in maniera totalmente indipendente, sin dal 1987 grazie alla tecnologia AutoConfig. I chipset La CPU era supportata da un insieme di chipset che offrivano capacità grafiche e sonore all'avanguardia per l'epoca, rappresentando una soluzione economica rispetto alle architetture concorrenti del periodo. La tradizione Amiga prevedeva che ogni chip del chipset venisse chiamato con un nome proprio di persona, generalmente di donna, ognuno spesso con proprie caratteristiche. Questi ultimi erano detti chip custom, ne sono stati prodotti vari modelli, ma tutti possono essere raggruppati in tre grandi tipologie: Gli Amiga dotati di Original Chip Set (OCS); Gli Amiga dotati di Enhanced Chip Set (ECS); Gli Amiga dotati di Advanced Graphics Architecture (AGA). Elaborando i dati di audio e grafica, lavoravano in totale modalità DMA, lasciando così la CPU libera di elaborare altri dati. I chipset gestivano inoltre una particolare modalità grafica chiamata HAM, con la quale era possibile visualizzare contemporaneamente tutti i colori che i chipset riuscivano a gestire, offrendo così risoluzioni fino a 12 bit (OCS/ECS) e 24 bit (AGA). I chipset erano in grado di interfacciarsi sia alla TV di casa che ai monitor dedicati e rendevano gli Amiga Classic una piattaforma adatta a diverse esigenze dell'utente. Da segnalare infine che nel 1989 la Commodore stava lavorando ad un nuovo chipset che avrebbe accompagnato la successiva generazione denominato Advanced Amiga Architecture (AAA). Tuttavia il progetto fu abbandonato nel 1993, anno in cui iniziarono i lavori per un AmigaOS indipendente dai chip custom di difficile e costoso aggiornamento. Denise Denise (8362) era il chip preposto a generare il segnale video (15 kHz). La tavolozza disponibile su Amiga era, grazie a Denise, di 32 colori da 4096, eccezionale per l'epoca. Denise metteva a disposizione una modalità a bassa risoluzione (320x256 negli Amiga venduti per il sistema televisivo PAL, 320x200 per gli Amiga venduti per il sistema televisivo NTSC) ed una ad alta risoluzione (640x256 PAL, 640x200 NTSC) e diverse modalità intermedie, e gestiva nativamente l'interlacciamento raddoppiando la risoluzione verticale ed arrivando fino a 320x512 o 640x512 (320x400 o 640x400 in NTSC). Le temporizzazioni video erano parzialmente programmabili e si potevano inoltre ottenere risoluzioni prive di bordi (overscan). Denise poteva segnalare sul connettore video se stava visualizzando il colore di sfondo o meno: questo permetteva di realizzare effetti genlock o chroma key con apparati notevolmente economici per l'epoca. Interlacciamento, overscan e genlock fecero di Amiga la macchina di riferimento per le produzioni video a basso costo. L'organizzazione della memoria grafica era basata sul concetto di bitplane, che si fonda sulla sovrapposizione di piani di bit. Questo tipo di organizzazione è per certi versi opposto a quello di chunk presente nel mondo PC, e permetteva di risparmiare RAM, all'epoca molto costosa. Il risparmio derivava dal fatto che si poteva scegliere di usare solo il numero di bitplane (da 1 a 6) strettamente necessari. Inoltre ogni piano di bit doveva essere memorizzato in un'area contigue di memoria, ma non era necessario che i vari piani di bit fossero contigui tra loro e questo permetteva di ottimizzare l'utilizzo della memoria grafica. Esistevano modalità video con tavolozze da 2 colori (1 bitplane) fino a 32 colori (5 bitplane). La modalità EHB (Extra Half-Brite) utilizzava 6 bitplane e aggirava il limite della tavolozza a 32 valori utilizzando il sesto bit come bit di stato per dimezzare la luminosità del corrispondente pixel, raddoppiando i colori visualizzabili. Questa modalità non era implementata nei primi modelli A1000 usciti negli Stati Uniti e non era neppure presente nella documentazione ufficiale redatta prima della commercializzazione del computer. La modalità DP (Dual Playfield) utilizzava 3+3 bitplane per realizzare 2 piani sovrapposti a 8 colori ciascuno, capaci di scorrere indipendentemente uno dall'altro. Utilizzando il colore "trasparente" nel piano sovrastante era possibile creare dei "buchi" attraverso i quali visualizzare il piano sottostante. Questa modalità era la chiave per ottenere lo scorrimento parallattico, effetto speciale che decretò la superiorità di Amiga sul suo rivale Atari ST. La modalità video che però rese famoso Amiga fu quella HAM (Hold And Modify) con cui era possibile visualizzare tutti i 4096 colori sullo schermo. Questa modalità utilizzava solo 6 bitplane invece dei 12 teoricamente necessari. Questo era possibile perché veniva adottata una codifica differenziale in cui ogni pixel poteva differire dal precedente solo per una componente cromatica (RGB). Erano supportati fino a 8 sprite per linea. Gli sprite erano larghi 16 pixel con 4 colori dalla tavolozza. Si poteva fare attach di due sprite per ottenerne uno a 16 colori. In hardware erano rilevate eventuali collisioni tra sprite e oggetti dello sfondo. Utilizzando tutti gli sprite l'elaborazione dei dati video non poteva iniziare troppo presto e dunque il bordo sinistro dello schermo doveva restare molto largo. All'epoca il sottosistema sprite era già obsoleto ed infatti venne utilizzato pochissimo nei videogiochi che invece fecero largo uso del Blitter. Agnus Agnus (8361 NTSC/8367 PAL, realizzato in package DIP) era il responsabile dei 25 canali DMA a disposizione della macchina e del refresh della DRAM riservata ai chip custom. Agnus conteneva: Copper: era un circuito-processore dotato di un set interno di sole 3 istruzioni (MOVE, WAIT, SKIP). Permetteva di cambiare i registri hardware in sincronia con il pennello video, liberando la CPU da questo onere. Questa tecnica permetteva ad esempio di cambiare modalità video nel mezzo dello schermo, visualizzare più colori e più sprites. AmigaOS traeva vantaggio del Copper per implementare il concetto di Schermo. Blitter era un circuito inserito nel coprocessore che implementava alcune primitive grafiche in hardware. Elaborando un bitplane alla volta poteva combinare fino a tre porzioni di schermo, rettangolari (A, B e C) copiandole in una quarta zona rettangolare (D). I cosiddetti BOB (Blitter OBject), cioè quelli che in altri sistemi sono semplici "sprite", su Amiga erano entità grafiche mobili realizzati dal Blitter. Una delle loro caratteristiche peculiari grazie al Blitter, era di essere indipendenti dal refresh di tutto il resto dello schermo grafico. Il Blitter implementava un'altra primitiva grafica: il disegno di una linea, durante il disegno di essa poteva effettuare anche un fill. Fat Agnus Fat Agnus, successore di Agnus, si distingue da esso per il package PLCC (Agnus è realizzato in package DIP). Sono state utilizzate versioni (8370 NTSC/8371 PAL) in grado di indirizzare fino a 512 kB di Chip RAM, altre (8372A, compatibile PAL/NTSC) in grado di indirizzare fino a 1 MB di RAM. Presenti su Amiga 500 e Amiga 2000 (e assimilati come Amiga 1500 e Amiga 2500 / 2500ux), secondo le diverse revisioni della piastra madre. Paula Paula (8364) integrava in sé diverse funzioni, tra cui l'audio e le porte Input/Output. La parte che pilotava l'audio forniva 4 canali DAC (Digital to Analogue Converter) PCM 8 bit, in modalità stereo (2 sul canale destro, 2 sul sinistro). Ogni canale aveva un volume a 6 bit ed un controllo di periodo. Un canale poteva modulare l'altro in periodo o volume (da cui 8+6 = 14 bit). I campioni audio potevano essere forniti via DMA o via CPU. Con il DMA la frequenza di campionamento, relata alle temporizzazioni video, era programmabile fino a circa 29 kHz. Era possibile applicare un filtro passa basso sull'uscita audio. I 4 canali audio vennero col tempo ritenuti insufficienti e si svilupparono mixer software (trackers) per incrementare il numero dei canali. L'hardware audio era dunque innovativo per l'epoca. Tuttavia la mancanza di un'economica porta MIDI integrata, fece sì che ad Amiga i musicisti preferissero gli Atari ST, che invece ne erano dotati di serie. Erano presenti anche due chip CIA (Complex Interface Adapter), responsabili insieme a Paula delle varie operazioni di I/O che coinvolgevano i floppy drive, la porta seriale, la parallela, la porta del joystick e quella del mouse. I chip in questione erano dei MOS 8520 a 8 bit, evoluzione dei MOS 6526 usati nel Commodore 64. Enhanced Chip Set Introdotto con l'Amiga 3000 venne poi esteso a tutta la gamma. Il chipset ECS era fondamentalmente l'Original Chip Set con alcune migliorie. Super Denise (8373), successore di Denise, introdusse la super alta risoluzione (fino a 1280 pixel per linea) e la capacità di generare segnali video non interlacciati fino a 31 kHz, quindi adatti ai riposanti monitor multiscan. Un effetto collaterale del raddoppio delle frequenze video era il raddoppio della frequenza massima di riproduzione di Paula. Altri miglioramenti apparvero sul fronte genlock. Mentre OCS permetteva di "bucare" solo il colore 0 della tavolozza, ECS permetteva di bucare un colore qualsiasi della tavolozza oppure un bitplane. Quest'ultimo modo permetteva di partizionare la tavolozza in 2 insiemi di pari dimensione, uno "bucabile" e l'altro no. Fat Agnus, presente nell'ECS, è in grado di indirizzare fino a 1 MB o fino a 2MB di Chip RAM, a seconda della versione utilizzata. Denominata in via non ufficiale come Super Agnus o Fatter Agnus. su Amiga 3000 (8372AB / 8372B - compatibile PAL/NTSC) su Amiga 500 (8375 1MB, solo l'ultima versione con piastra madre rev.8a1 e 512KB di ram) su Amiga 500 Plus e Amiga 600 (8375 2MB, due diversi part number identificano le versioni separate per PAL e NTSC) Altri chip "minori" comparvero o vennero aggiornati. Il nuovo chip custom Buster, chiamato Super Buster, e il nuovo chip custom Gary, chiamato Fat Gary, supportavano i nuovi slot per espansioni di tipo Zorro III a 32 bit ed i nuovi bus a 32 bit. Solo su Amiga 3000 il chip custom chiamato Amber consentiva di visualizzare anche le modalità video originali (pensate per l'uso con i televisori) sui monitor VGA, incapaci di agganciare frequenze molto basse ottenendo dunque uno "scan-doubler", un componente hardware in grado di portare a 31 kHz tutti i modi video Amiga. Infine con il modello Amiga 600 fece il suo ingresso il chip custom Gayle che gestiva il controller IDE di questa macchina. Advanced Graphics Architecture Il chipset AGA presentava, al posto dei chip Fat Agnus e Super Denise, i nuovi chip Alice e Lisa. Nonostante fosse passato molto tempo dalla distribuzione di ECS il nuovo chipset era ancora una rifinitura del precedente. L'unico chip realmente riprogettato era Lisa, che disponeva di una banda maggiore grazie all'utilizzo di bus a 32 bit e memorie DRAM FastPage. Alice si distingueva pochissimo da Fat Agnus e forniva esigui miglioramenti rispetto al suo predecessore. Lisa gestiva 256 colori simultanei da una tavolozza di 24 bit in tutte le risoluzioni disponibili. Inoltre in ogni risoluzione video poteva essere utilizzato HAM8 che consentiva una profondità colore di 24 bit. Lisa offriva tre tipi di risoluzione: bassa, alta e super alta. Tutte le risoluzioni potevano essere visualizzate sia in modalità 15 kHz (supportata dai televisori), sia in modalità 31 kHz (il minimo per i monitor). Amiga 4000 includeva inoltre i chip custom Bridgette (un bus buffer integrato) e Gayle che fungeva da controller IDE. L'Amiga 1200 presentava inoltre il chip custom Budgie, con funzione di bus controller e il chip custom Gayle. Amiga CD32 montava uno speciale chip custom chiamato Akiko deputato alla conversione hardware tra grafica bitplane e grafica chunky. La memoria L'architettura Amiga prevede due tipi di memoria RAM per gli Amiga Classic: Chip RAM, che utilizza un bus dati a 16 bit condiviso tra chipset e CPU; Fast RAM, che utilizza un bus dati a 16 bit riservato alla CPU. Sugli A500 era disponibile un connettore d'espansione interno. La RAM qui inserita veniva detta Slow Fast RAM perché inaccessibile ai chip custom (Agnus non poteva indirizzare più di 512 KB o 1024 KB a seconda delle versioni) e tuttavia soggetta a contese tra i chip poiché montata sullo stesso bus della RAM. OCS, 68000 e RAM funzionavano in modo sincrono. OCS e 68000 funzionavano ad un quarto del color clock. La Chip RAM funzionava ad un ottavo del color clock. Sulle macchine PAL, il color clock era di circa 28,36 MHz, mentre sulle macchine NTSC era di circa 28,6 MHz. Gli Amiga NTSC erano quindi, impercettibilmente, più veloci di quelli PAL. La RAM poteva arrivare fino a 1024 KB di DRAM. Pur girando a metà della frequenza del 68000, garantiva un surplus di banda anche per OCS. Questo perché nel processore 68000 ogni accesso al bus richiedeva 4 cicli e ad OCS restavano tutti i cicli dispari della DRAM. Questa pacifica coesistenza veniva messa in crisi quando si sceglievano modalità video con più di 4 bitplane in bassa risoluzione (o più di 2 bitplane in alta risoluzione). In questi casi, OCS iniziava ad accedere al bus anche durante i cicli pari rallentando il 68000. Questo era il motivo per cui il Workbench utilizzava di default solo 2 bitplane. Utilizzandone di più, le prestazioni della CPU calavano drasticamente. Questo era anche il motivo per cui la Fast RAM (alla quale accedeva soltanto il 68000) aveva quel nome. Anche il Blitter all'interno di OCS consumava banda. Normalmente il 68000 aveva la priorità su questi accessi, ma un flag detto BLITHOG permetteva di ribaltare la situazione. Sulle ultime serie di Amiga 2000 prodotte (dalla rev. 6 in avanti della piastra madre), venne integrato il chip Fat Agnus (8372A), evoluzione di Fat Agnus (8371, presente sulle versioni 4.1 sino alla 4.5 della piastra madre) e di Agnus (8367, presente sulle rev. 4 della piastra madre, lo stesso montato su Amiga 1000), che permetteva, fra le altre cose, di aumentare l'indirizzamento della memoria RAM a 1 Megabyte. La CPU Motorola 68000 La CPU di Amiga era un processore Motorola 68000 a 7,16 MHz. La frequenza si abbassava leggermente nei modelli europei con grafica PAL a 7,09 MHz. Il set di istruzioni interne è di tipo CISC. Per motivi di economicità Motorola aveva creato un processore ibrido a 16/32 bit (vedi la voce Motorola 68000). Il modello 68000 aveva cioè un accesso a 16 bit alla memoria, anche se poi questa memoria era indirizzata a 24 bit e "ragionava" a 32 bit nei registri interni. I manuali di Amiga segnalavano chiaramente questo fatto e i programmatori distinguevano fra parole "word" di 16 bit e "long word" a 32 bit. Per questo motivo Amiga non si può definire né un semplice sistema a 16 bit, come molti credono, né un vero sistema a 32 bit. È però già l'antesignano dei sistemi a 32 bit, da cui la semplicità di aggiornamento del sistema e del SO sui nuovi modelli di computer a 32 bit. Motorola 68010 Per velocizzare gli Amiga 500/1000/2000 esisteva una particolare versione della CPU Motorola 68010 che aveva una piedinatura compatibile con il 68000 originale. Nonostante la frequenza rimanesse identica, essendo questa fornita dal generatore di clock e non dal processore stesso, alcune istruzioni matematiche sul 68010 erano eseguite in modo leggermente più efficiente. Questo permetteva un incremento delle prestazioni globali, soprattutto in programmi di grafica ed alcuni giochi, di circa il 2-8%. Un software molto diffuso per questa modifica era Decigel che correggeva un'istruzione MOVE che era erroneamente interpretata dal 68010 nonché da tutte le CPU superiori al 68000. In verità era praticamente inutile, dato che tutti i programmatori erano a conoscenza della limitazione ed evitavano l'utilizzo di quella particolare istruzione. Modelli e varianti Original Chipset (OCS) Amiga 1000 Amiga 500 Amiga 2000 Amiga 2500/20 (scheda acceleratrice A2620 integrata) Amiga 2500/30 (scheda acceleratrice A2630 integrata) Amiga 2500/UX (scheda acceleratrice A2620/A2630 e UNIX preinstallato. Primo Unix ad uscire nel mercato con interfaccia grafica X Window di serie) Amiga 1500 (privo di disco fisso ma con un lettore floppy aggiuntivo) CDTV set-top box multimediale basato su CD-ROM (Commodore Dynamic Total Vision) Enhanced Chipset (ECS) Amiga 500 Plus Amiga 600 Amiga 600HD (disco fisso integrato) Amiga 3000 Amiga 3000T (versione in case tower) Amiga 3000UX (UNIX preinstallato) Advanced Graphical Architecture (AGA) Amiga 1200 Amiga 1200HD (disco fisso integrato) Amiga 4000/030 (CPU 68030) Amiga 4000/040 (CPU 68040) Amiga 4000T (versione in case tower) CD32 (prima console a 32 bit con CD-ROM) Amiga NG (processori PowerPC) AmigaOne (Eyetech) AmigaOne G3-SE AmigaOne XE AmigaOne G3-XE AmigaOne G4-XE microA1-C AmigaOne (ACube Systems/A-EON) AmigaOne 500 AmigaOne AmigaOne X1000 Compatibilità hardware Nei primi modelli, il coprocessore Paula e il controller Amiga per i floppy disk era integrato nel chip Paula che controllava tutti i flussi di I/O di Amiga ed era un chip molto flessibile. Insieme con il trackdisk.device di AmigaOS, Paula era capace di pilotare ogni aspetto del motore e delle testine dei lettori floppy che venivano costruiti secondo le specifiche Commodore, cioè con tutta la piedinatura contatti prevista dallo standard di riferimento riconosciuto a livello internazionale. Invece i mercato PC nel corso degli anni aveva preferito implementare un set ridotto di istruzioni all'interno dei controller per i floppy. Gli stessi lettori floppy PC sono costruiti con un connettore che non riporta tutti i contatti previsti a livello standard dai produttori di meccaniche per lettori di Floppy Disk. La coppia Paula e trackdisk.device era capace di leggere e scrivere floppy in formato Amiga, PC, Atari TOS, Apple II, Macintosh ed addirittura Commodore 64, sia nel formato a 3 pollici e mezzo sia in quello da 5" e 25, purché venisse collegato ad una meccanica adeguata. La stessa limitazione valeva per i floppy Macintosh che nella versione a bassa densità (800 Kb) pretendevano di essere inseriti in un lettore floppy a velocità variabile. A questo proposito Paula non era capace di leggere e scrivere sui dischi a velocità variabile, se non in presenza di una meccanica adeguata. Inoltre, nell'epoca dei floppy da 3,5 pollici, la maggior parte dei controller per i floppy del PC usava il foro dell'index per trovare l'inizio di una traccia come nei precedenti floppy disk da 5,25". Paula invece utilizzava sin dalla sua nascita una "parola di sincronizzazione" (synchronization word) per ottenere lo stesso risultato. Per ciò che concerne la compatibilità coi dischi Macintosh, i Mac utilizzavano l'encoding GCR invece del MFM. La logica di Paula che gestisce i floppy disk è strutturalmente più semplice di un controller floppy PC, in quanto non effettua la decodificazione immediatamente dopo l'operazione di lettura o l'encoding immediatamente prima dell'operazione di scrittura; tutto ciò viene invece eseguito a livello di sistema operativo. L'encoding e il decoding MFM sui controller PC viene realizzato dall'hardware. Sulla piattaforma Amiga è possibile realizzare sia l'encoding GCR sia quello MFM, perché è un lavoro svolto da AmigaDOS. In alcune versioni di AmigaDOS la procedura di decoding e quella di encoding venivano realizzate dal Blitter. Gayle, il controller dell'interfaccia IDE di A600, A1200 ed A4000, aveva invece a disposizione un bus a 32 bit pieni, sebbene questo chip si rivelò comunque assai limitato. Gayle era infatti poco duttile sia nella gestione delle periferiche IDE, fissate di default ad un massimo di 2 e non di 4 come nei controller standard per PC, sia nel transfer rate, limitando gli Amiga classic ad usare dischi rigidi impostati al solo PIO mode 0. Per connettere e raggiungere il massimo di periferiche possibili allo standard IDE erano necessari connettori modificati prodotti da terze parti. Cloni Amiga ha visto relativamente pochi cloni attorno a sé, a causa delle politiche restrittive di Commodore. Di seguito si indicano le macchine prodotte e commercializzate: CD Express Cubo CD32: commercializzato nel 1994 dall'azienda milanese CD Express. Si trattava di un Amiga CD32 che, grazie a interfacce dedicate era compatibile con lo standard Jamma e si poteva quindi inserire all'interno dei tradizionali cabinet arcade. Per questa piattaforma sono stati sviluppati circa una decina di titoli ma essendo un computer Amiga garantiva anche la compatibilità con il relativo parco giochi. Eagle 4000T e 4000TE: prodotti su licenza, stessa motherboard dell'Amiga 4000, ma case stilisticamente differente. Macrosystems DraCo: non usava custom chip, ma comuni schede video. DraCo Vision: si differenzia dal Draco per il particolare case cubico. Casablanca: le cui prime versioni impiegavano AmigaOS su hardware proprietario compatibile. Index Information Access ACube Systems Minimig: venduto senza AmigaOS, da procurarsi a parte. Sam440ep Sam440ep-flex Sam460ex Note Bibliografia Testi storici Articoli storici Retrospettive Voci correlate Amiga Corporation Amiga Hunk AmigaOne Aminet AutoConfig Commodore International Guru meditation Jay Miner Larry Kaplan Motorola 68000 Piattaforma (informatica) Video Toaster Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/AmigaOS
AmigaOS
AmigaOS, inizialmente anche scritto Amiga OS, è il sistema operativo della piattaforma informatica Amiga, pubblicato a partire dal 1985. Storia Basato su TripOS, nacque nel 1983 e fu pensato come sistema operativo per coordinare le potenzialità hardware di un prototipo di computer denominato "Lorraine" sviluppato dalla Hi-Toro, in seguito rinominata Amiga Corporation. Sebbene nel 1983 molte parti di Lorraine non fossero state ancora realizzate, già a quel tempo Dale Luck e un gruppo di ingegneri si stavano occupando della progettazione del sistema operativo che avrebbe accompagnato la nuova macchina, simulando via software l'hardware non ancora disponibile per mezzo di una workstation Sun. Alla fine del 1983 il sistema operativo offriva già un'interfaccia grafica con finestre e menù: era stata realizzata tutta la gestione grafica (Intuition) progettata e implementata da Robert J. Mical; il tutto era controllato da un microkernel (Exec) creato da Carl Sassenrath. Nel 1984 il progetto Lorraine assieme all'Amiga Corporation fu acquistato da Commodore International, in quel momento il sistema operativo era ancora incompleto, pertanto Commodore decise di mettere da parte alcune componenti del progetto (CAOS) e cercò di integrare caratteristiche lontane da quello che Jay Miner e il suo team avevano ideato. Al fine di completare in fretta il progetto, Commodore commissionò a MetaComCo, una società di sviluppatori, l'integrazione di parte del sistema operativo TripOS all'interno del sistema operativo di Lorraine. Da questa integrazione, il cui diretto responsabile fu Tim King, nacque il modulo AmigaDOS. Nel 1985 venne finalmente commercializzato il primo computer derivato dal progetto Lorraine, Amiga 1000, coordinato da un sistema operativo che venne in seguito chiamato AmigaOS. Dopo l'acquisizione da parte di Commodore ed il fallimento di questa nel 1994, i diritti sul sistema operativo sono stati rilevati nel 2000 da Amiga Inc., che ne concesse lo sviluppo su licenza della società belga Hyperion Entertainment. Descrizione Caratteristiche AmigaOS è un sistema operativo monoutente multiprogrammato e si distingue per: Architettura modulare a memoria dinamica basata sul microkernel Exec (ExecSG dalla versione 4); Comunicazione tra processi molto veloci (IPC con messaggi passati per riferimento); Architettura a 32 bit; Interrupt programmabili in tempo reale e con bassa latenza; Nessuna protezione della memoria (fino alla versione 3.9)/ protezione della memoria limitata (dalla versione 4); Programmabilità dispositivi accessibili da file system; Preemptive multitasking basato sull'algoritmo di scheduling round-robin; Supporto per le librerie software condivise. Il formato dei files eseguibili Gli eseguibili Amiga sono in formato Amiga Hunk fino alla versione 3.9. A partire dalla versione 4.0, e così anche per i sistemi operativi derivati da Amiga AROS e MorphOS, gli sviluppatori hanno preferito adeguarsi allo standard ELF. Il formato Amiga Hunk prevede che l'eseguibile sia diviso al suo interno in tanti spezzoni, detti appunto hunk, che possono ospitare sia il codice, sia i dati dell'eseguibile. Il file eseguibile viene riconosciuto dal sistema tramite una sequenza esadecimale speciale posta nell'intestazione (header) del file eseguibile stesso, chiamata in gergo "magic cookie" (biscottino magico), analoga al magic number del mondo Unix. I moderni AmigaOS e i sistemi operativi da esso derivati MorphOS e AROS hanno adottato il formato ELF. AmigaOS riconosce altri diversi tipi di file eseguibili, AmigaOS in versione classica, fino al numero di revisione 3.9 riconosce eseguibili in formato PPC, che vengono fatti girare dalle schede acceleratrici create nel passato per gli hardware Amiga Classic (A2000/A3000/A1200/A4000). Grazie alle librerie WarpUP e PowerUP, Amiga indirizza questi file al processore PPC presente sulla scheda acceleratrice, dove vengono eseguiti in modalità PPC nativa. Versioni AmigaOS1.x La commercializzazione di Amiga 1000 nel 1985 presentò al pubblico anche la prima versione del suo sistema operativo: AmigaOS 1.0. Molte parti di AmigaOS 1.0 furono scritte con il linguaggio BCPL e già il sistema presentava preemptive multitasking, GUI a colori e la possibilità di avere per ogni programma in funzione uno schermo grafico indipendente, con risoluzione e numero di colori propri. Ognuno di questi schermi era trascinabile con il mouse, permettendo all'utente di visualizzare il lavoro che stavano compiendo gli altri programmi in "background" (ossia tecnicamente "non prioritari"), e, davano a qualsiasi spettatore, una visione di sicuro impatto, mostrando concretamente all'opera il concetto, altrimenti astratto di cosa fosse in realtà il multitasking preemptive di Amiga. Con la versione 1.3 vennero introdotti inoltre AutoConfig, che sarà poi conosciuto solo in seguito sugli altri sistemi come Plug and play e il FastFileSystem. AmigaOS2.x La versione 2 accompagnava la seconda generazione di computer Amiga del 1990; subì una larga conversione di parti vitali in linguaggio assembly 68000 a partire dalla precedente versione. Questa seconda versione conteneva numerosi cambiamenti, i più visibili riguardavano l'interfaccia grafica che presentava un nuovo look pseudo-3D e dei nuovi caratteri di tipo vettoriale. Inoltre furono aggiunti: GadTools, ASL e "Basic Object-Oriented Programming System for Intuition". Fu inoltre aggiunto l'interprete del linguaggio REXX. Venne infine introdotto il supporto alle "Commodities" che estendono principalmente le funzionalità del gestore dell'input utente e la variante di Amiga Filesystem chiamata International. Nel 1992 venne commercializzato l'ultimo aggiornamento della versione 2 di AmigaOS: AmigaOS 2.1. Questa revisione presentava alcune caratteristiche poi migliorate nelle successive versioni di AmigaOS, come il meccanismo di localizzazione del sistema operativo e dei programmi nella lingua dell'utente, il sistema ipertestuale AmigaGuide e CrossDOS, un programma di sistema che consente di leggere i dispositivi di memorizzazione formattati con il filesystem FAT (12/16/32) di Windows. AmigaOS3.x Con la versione 3 di AmigaOS nel 1993 furono riscritte alcune parti in linguaggio C e furono introdotte molte novità sia tecniche sia concettuali. Graficamente la GUI di AmigaOS acquistò uno stile sempre più tridimensionale grazie ai sensibili miglioramenti apportati a GadTools ed ASL. Fecero il loro esordio tra le tante nuove tecnologie: Datatype (un sistema modulare espandibile che consente ai programmi che lo sfruttano l'accesso a numerosi tipi di file) e MultiView (un programma di sistema che attraverso l'uso dei Datatypes permette la visualizzazione di numerosi formati di file video e audio). Anche il modulo AmigaDOS subì numerose migliorie, ad esempio il filesystem vide il supporto per gli hard e soft link, nonché la gestione dei blocchi adibiti alla cache per le directory (DCFS). Venne infine migliorato il formato ipertestuale Amigaguide. La revisione AmigaOS 3.5 del 1999 introdusse un gran numero di altre novità, tra le più significative l'introduzione di uno standard per il supporto di hard disk con capacità superiori a 4 Gb (NSDPatch), portando il limite massimo per una periferica Amiga a 264 bit = 36.893.488.147.419.103.232 bit o, detto in byte: 4.611.686.018.427.387.904 cioè 4 Exabyte. Inoltre la nuova versione ha aumentato le possibilità di interagire in modo più coerente con il sistema attraverso combinazioni di tasti, il supporto completo per i dispositivi CD-ROM, la possibilità di controllare ed estendere le funzionalità del Workbench attraverso ARexx, l'estensione di BOOPSI attraverso le nuove classi Reaction e icone a 256 colori come standard. In AmigaOS 3.9 del 2001, ultimo aggiornamento del Sistema Operativo per i processori Motorola 680x0, vennero corretti numerosi altri bug, sviluppate nuove API, aggiunte nuove classi Reaction e migliorate quelle esistenti. Furono inoltre implementate funzionalità minori ma utili come le librerie matematiche per ARexx. AmigaOS 3.9 vide inoltre l'introduzione di nuovi strumenti di sistema come AmiDock, DefIcons, RAWBInfo (che rese disponibile un'interfaccia di tipo Reaction per le finestre di informazione delle icone), Find (indispensabile funzione per rintracciare in maniera semplice i file); BenchTrash (per il miglioramento del "cestino" di ciascuna partizione). E ancora il pacchetto XAD (per scompattare molti tipi di archivi) ed ASyncWB, basato sulle API introdotte in AmigaOS 3.9, che rese asincrone molte funzioni del Workbench. Il sistema rimaneva tuttavia legato pesantemente ai chip custom della piattaforma hardware Amiga. La mancanza della protezione della memoria rendeva il sistema operativo molto sensibile ad errori di programmazione: fino all'avvento della versione 3 del sistema operativo non era raro assistere a blocchi del sistema dovuti a errori di programmazione del Sistema Operativo o più frequentemente delle applicazioni che non programmate correttamente danneggiavano le strutture dati del sistema. AmigaOS4.x Dalla versione 4 pubblicata nel 2004 il sistema operativo è stato totalmente riscritto in linguaggio C, slegandolo non solo dalla vecchia architettura hardware Amiga ma anche dai processori 68k di Motorola. AmigaOS 4 presenta un nuovo kernel retrocompatibile (ExecSG) che implementa molte nuove tecnologie come memoria protetta, memoria virtuale, resource tracking, paginazione della memoria ecc. Ciascun modulo che compone AmigaOS 4 è stato riscritto e ciò ha permesso di introdurre tante novità da tempo ricercate dagli utenti Amiga come un AmigaDOS slegato dal codice TripOS, FastFileSystem2, una nuova Intuition completamente riconfigurabile dall'utente e molto altro. Nel 2008 è uscito AmigaOS 4.1 (giunto negli anni fino all'Update 6, in seguito alla quale è stato integrato un sistema di aggiornamenti automatici). AmigaOS è adesso un sistema operativo per processori PowerPC e accompagna la nuova piattaforma hardware AmigaONE. Componenti L'AmigaOS è composto principalmente da tre parti: Exec/ExecSG AmigaDOS Intuition Vi sono tre interfacce principali che permettono l'interazione tra l'utente e AmigaOS: CLI (Command Line Interface)/AmigaShell: interfaccia a riga di comando nata dal porting di alcune parti del sistema TripOS ARexx: linguaggio di scripting interprocesso derivato da Rexx e introdotto a partire da AmigaOS2.0 Workbench Exec Exec è il microkernel di AmigaOS. Esso gode di alcune peculiari caratteristiche che hanno reso le sue prestazioni più efficienti rispetto ad altre alternative. Exec ha il compito di gestire l'intero sistema comprese le risorse, i task, le porte messaggi e i semafori. Exec, sino alla versione 3.1, risiedeva sotto forma di libreria all'interno di una ROM insieme agli altri moduli fondamentali di AmigaOS. Tale ROM veniva identificata come Kickstart. Con la versione del Kickstart è possibile identificare anche le versioni di Exec: Kickstart V0.7 (v27.x) Kickstart V0.9beta (29.x) Kickstart V1.0NTSC (v30.x) Kickstart V1.1NTSC (v31.34) Kickstart V1.1PAL (v32.34) Kickstart V1.2 (v33.180) Kickstart V1.3 (v34.5, v35) Kickstart V1.4beta (v36.16) - mai distribuita. Su di essa si è basata l'intera release 2.0 Kickstart V2.0 (v36.xx) Kickstart V2.04 (v37.175) Kickstart V2.05 (v37.299, v37.3xx) Kickstart V3.0 (v39.106) Kickstart V3.1 (v40.xx) Kickstart V3.2alpha (v43.1) - mai distribuita. Sarebbe stata la release dell'Amiga Walker Kickstart V3.9 (v45.57) - visualizzato come "ROM 3.9"; non risiedeva in una ROM ma aggiornava Exec e altre parti del Kickstart V3.1 ExecSG Nella versione 4 dell'AmigaOS, a cura di Hyperion, i sorgenti di Exec sono stati totalmente riscritti, comportando un salto generazionale del microkernel di questo sistema operativo: 'Exec Second Generation', in breve ExecSG, rappresenta la nuova versione del kernel di AmigaOS. In ExecSG vi sono cambiamenti sostanziali rispetto ad Exec, che comportano sia la modifica di alcuni aspetti importanti del kernel, sia l'implementazione di ulteriori funzionalità, in particolare: Hardware abstraction layer (HAL): sostanziale indipendenza dall'hardware su cui opera; Resource tracking; API per la MMU; Parziale protezione della memoria; Nuovo modello di librerie, basato sulle 'interfacce'; È presente una nuova gestione della memoria completamente virtualizzata e basata sul meccanismo di paginazione e sul sistema di allocazione basato sugli slab; È supportata la memoria virtuale; È integrato, per compatibilità con il vecchio software, un emulatore task-based dei processori 68k che opera in modo interpretativo per una migliore compatibilità, impiegando nella maggior parte dei casi l'emulatore JIT Petunia per una maggiore velocità; Versioni messe in commercio: Kickstart (OS4 Kernel) V4.0Developer PreRelease (v50.xx) Kickstart (OS4 Kernel) V4.0Update-1 (v51.11) Kickstart (OS4 Kernel) V4.0Update-2 (v51.19) Kickstart (OS4 Kernel) V4.0Update-3 (v51.28) Kickstart (OS4 Kernel) V4.0Update-4 (v51.32) AmigaDOS AmigaDOS è uno dei moduli principali di AmigaOS e si occupa della memorizzazione dei dati su dispositivi come hard disk e floppy disk. Commissionato a MetaComCo da Commodore, AmigaDOS deriva principalmente dal Sistema Operativo TripOS scritto in BCPL ed è anche responsabile della gestione di alcuni task particolari che vengono identificati singolarmente con il nome di processo. I processi possono accedere ad alcune funzioni fornite dal modulo AmigaDOS, in particolare quelle legate all'I/O su memorie di massa, a loro volta interfacciate, a basso livello, con AmigaDOS per mezzo di un particolare processo, noto come Amiga FileSystem. ARexx ARexx è l'interprete ufficiale AmigaOS del linguaggio REXX di IBM, accluso al sistema operativo a partire dalla versione 2.0, permettendo all'utente di realizzare script di uso generico. La sua caratteristica più interessante, che a rende unico AmigaOS ed il relativo parco software, è la possibilità di pilotare qualsiasi software che integri una "porta ARexx" consentendo quindi l'automazione di taluni compiti (si pensi ad esempio alla conversione di un gruppo di immagini da GIF a PNG) e non solo: è possibile anche coordinare il lavoro di più software, svolgendo attività non previste dai loro stessi autori. Ciò di fatto consente di implementare funzionalità aggiuntive al software senza bisogno di modificarne il codice. Intuition Nome dell'interfaccia grafica (GUI) realizzata inizialmente da Robert J. Mical. Pur essendo nata nel 1985, fu un'interfaccia grafica relativamente moderna basata su mouse, menù, finestre sovrapponibili, eventi e tutto quanto siamo abituati a vedere ancora in Windows, Linux e Macintosh e formulata per prima da Xerox. Il suo merito fu che a quei tempi (1985) l'interfaccia standard dei sistemi personal computer era ancora MS-DOS, basata su un'interfaccia grafica a carattere, ovvero soltanto sulla classica tastiera alfanumerica. Intuition comprende i sottomoduli Graphics, Layers, GadTools, ASL, BOOPSI/Reaction, Workbench. Dalla versione 4 di AmigaOS Intuition permette all'utente di cambiare ufficialmente (senza alcun programma di terze parti come avviene su altri sistemi operativi) qualsiasi aspetto dell'interfaccia grafica offrendo all'utente la possibilità di avere un ambiente di lavoro personalizzato e quasi mai uguale a quello di un altro utente. Workbench Il Workbench ("banco di lavoro" in inglese) è il nome dato all'ambiente desktop disponibile su AmigaOS. Al momento della commercializzazione la defunta Commodore assegnò erroneamente il nome Workbench all'intero sistema operativo Amiga, per questo motivo fino alla versione 3.0 di AmigaOS il sistema veniva identificato universalmente come Workbench. Il Workbench è un programma di sistema, lanciato di solito all'avvio dell'AmigaOS, avente un'interfaccia utente di tipo grafico (GUI). Il Workbench utilizza simboli grafici, detti icone, con cui è possibile interagire con l'Amiga FileSystem, cioè il file system offerto da AmigaOS. Tale rappresentazione iconica è ottenuta attraverso i file '.info'. Ciascun file, disco e cartella che si ritiene dover essere sempre visibile sul Workbench gode di un file ".info" personalizzato. Ciascun file contiene sia l'immagine grafica da associare all'elemento del filesystem, sia una serie di informazioni usate da Workbench per visualizzarlo. Relativamente ai file tipizzati, ossia quei file dei quali si conosce il formato, essi vengono visualizzati dal Workbench mediante icone predefinite per mezzo dell'applicazione di sistema DefIcons, il quale permette di associare i tipi di file non solo alle icone, ma anche agli applicativi che devono trattarli, grazie ad un database facilmente estensibile. Le versioni del Workbench messe in commercio sono: Workbench 1 Workbench 1.0 (v30) Workbench 1.1 (v31.34) Workbench 1.2 (v33.xx) Workbench 1.3 (v34.xx) Workbench 1.4beta (v36.1xx) Workbench 2 Workbench 2.0 (v36.6x) Workbench 2.04 (v37.6x) Workbench 2.05 (v37.7x) Workbench 2.1 (v38.36) Workbench 3 Workbench 3.0 (v39.29) Workbench 3.1 (v40.42) Workbench 3.1beta, localizzazione giapponese (v41) Workbench 3.2alpha (v42) Workbench 3.5 (v44.x) Workbench 3.9 (v45.x) Workbench 4 Workbench 4.0PreRelease (v50.x) Workbench 4.0Update-1+ (v51.x) AmiDock Introdotto con AmigaOS 3.9 ed esteso notevolmente su AmigaOS 4.0, AmiDock è una componente fondamentale della GUI del sistema operativo Amiga. AmiDock consente all'utente di creare a piacimento una o più barre grafiche (chiamate dock) contenenti file, cartelle, dischi e molto altro -come il Dock di macOS dal quale si differenzia per alcune interessanti funzionalità-. I dock di AmigaOS infatti possono: posizionarsi sullo schermo secondo il desiderio dell'utente; visualizzare i programmi in esecuzione sotto forma di icone attive per mezzo di nuove API fornite da AmigaOS 4.0; contenere a loro volta altri dock (detti SubDock), accessibili per mezzo di un'icona presente sul dock "parente"; contenere i Docky, ossia software che estendono le funzionalità dei dock in maniera analoga alle applet del pannello di GNOME; assumere configurazioni grafiche differenti come: la visibilità dei bordi e della barra di trascinamento (posizionabile su qualunque lato del dock); contenuto visualizzabile sotto forma di icone (con o senza etichette), pulsanti oppure sole etichette; sfondo trasparente oppure contenente diverse immagini oppure un mix fra entrambe; Componenti addizionali AmigaOS a partire dalla versione 2.0 si dota di alcune interessanti componenti addizionali, e comodità varie che vengono messe "di serie" a disposizione dell'utente. Bootmenu A partire dall'AmigaOS 2.0 è stato reso disponibile, tra gli altri servizi, un boot menù accessibile tenendo contemporaneamente premuti entrambi i tasti del mouse all'atto dell'accensione o al reset. Il menù permette di fare il boot da qualsiasi dispositivo o disco rigido collegato al sistema, e, nelle versioni successive, anche di inibire il caricamento di alcune partizioni rispetto ad altre per nasconderle così al sistema. Amiga non ha limiti riguardo al numero di partizioni, il numero di unità disponibili è limitato soltanto dal tipo di interfaccia usata (IDE o SCSI). Più schede di espansione con bus IDE o SCSI possono essere però collegate contemporaneamente, aumentando il numero di unità disponibili e moltiplicando le possibilità di suddividerle in partizioni. Dalla versione 3.0 dell'OS, oltre a scegliere da quale dispositivo (floppy o hard disk) fare il boot, e soprattutto da quale partizione, il bootmenu di Amiga permette di monitorare, con una propria procedura di check, le schede montate sul bus Zorro e di segnalare eventuali problemi: una delle caratteristiche più innovative di AutoConfig, poi ripreso come Plug and play in altri sistemi operativi (Windows 95). L'unica pecca del Bootmenu Amiga è che non è in grado di effettuare il boot di altri sistemi operativi alternativi disponibili anche per Amiga. Infine il menù permette di cambiare anche la risoluzione dello schermo, senza dover intervenire a posteriori una volta caricato il sistema operativo. La cosa è utile nel caso fossero state impostate per errore modalità grafiche che potessero danneggiare il monitor o l'apparecchio televisivo al quale Amiga è stato collegato. Installer Mentre su altri sistemi operativi la procedura di installazione dei programmi è piuttosto laboriosa, confusa, non standardizzata e potenzialmente pericolosa (in quanto potrebbe sovrascrivere file di sistema) Amiga invece si è dotata, sin dalla versione 3.0 dell'OS, di un programma di installazione standard chiamato Installer, usato sia per i programmi da installare sulla macchina, sia per aggiornare lo stesso sistema operativo AmigaOS. Installer gestisce le procedure di installazione sotto Amiga e ha alcune caratteristiche davvero interessanti. Completo di localizzazione (ossia della possibilità di usare la lingua madre dell'utente), permette anche di creare nuove directory (anche a mano) qualora il programma in fase di installazione ne faccia richiesta. Offre un comodo Help OnLine (Aiuto In Linea), presente in ogni livello della fase di installazione, in modo da seguire sempre passo-passo l'utente inesperto. Infine, con una caratteristica ancora ineguagliata in altri sistemi operativi, Amiga Installer permette addirittura di fare una installazione fittizia di prova per verificare in anticipo il buon fine dell'operazione, prima che l'utente si avventuri in un'installazione effettiva col rischio di trovarsi a possibili incompatibilità con il software già presente sul sistema. Installer è in realtà un interprete di linguaggio LISP. Le procedure di installazione Amiga sono file formattati come listati di questo particolare linguaggio informatico. InstallerNG InstallerNG è la nuova versione di Installer presente su AmigaOS dalla versione 4.x. Questa versione è caratterizzata da nuove caratteristiche tra le quali: La finestra "Help" può restare aperta durante l'installazione Se viene rilevato un errore nel corso del processo di interpretazione l'InstallerNG permette di continuare dalla funzione successiva. Se richiesto è possibile creare degli script per la rimozione di programmi; Se richiesto l'InstallerNG chiede conferma di ogni azione, senza tener conto di quanto specificato dal programmatore nello script di installazione. Petunia Petunia è il nome dell'emulatore task-based introdotto in AmigaOS a partire dal quarto aggiornamento della versione 4.0 PreRelease. Petunia, basato sulla tecnica JIT risiede tra le componenti base di sistema sotto forma di libreria, viene utilizzato da AmigaOS per l'esecuzione di programmi compilati per 68k, in modo che questi ultimi abbiano una resa paragonabile a quella dei programmi compilati per PowerPC. Più precisamente AmigaDOS, durante il boot, carica Petunia, il quale resta in attesa di eventuali chiamate 68k da parte di programmi. Nel momento in cui un programma 68k viene eseguito, Petunia controlla una speciale lista, la blacklist, la quale riporta i programmi che Petunia non deve eseguire. Se il programma non è riportato nella black list, allora Petunia intercetterà le sue chiamate e lo eseguirà secondo la tecnica JIT, altrimenti lascerà il compito di gestire tale programma all'emulatore integrato in ExecSG. Questo espediente permette di eseguire su AmigaOS i programmi non del tutto compatibili con Petunia -il quale è un emulatore che pone l'accento sulla velocità di esecuzione dei programmi 68k, piuttosto che sulla compatibilità di tutto il set di istruzioni della famiglia di processori 68k-, lasciando la loro esecuzione all'emulatore di ExecSG che, operando in modalità interpretativa, permette una migliore compatibilità, non solo con l'intero set di istruzioni dei processori 68k, ma anche con chiamate ad interrupt, in modo da offrire una compatibilità anche nei confronti di vecchi driver 68k. La blacklist di Petunia, come da tradizione in AmigaOS, è totalmente gestibile e configurabile da parte dell'utente, il quale potrà impiegare lo strumento di preferenze "Compatibility" (risiedente in SYS:Prefs/) per aggiungere o rimuovere programmi, in modo da avere piena libertà decisionale sulla relativa esecuzione dei programmi 68k. Bibliografia Manuali Riviste La rubrica dedicata ad Arexx continua nei numeri successivi fino al n° 113. Voci correlate AmigaDOS Amiga Hunk Commodore International Hollywood (linguaggio di programmazione) Altri progetti Collegamenti esterni Sistemi operativi Amiga
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Agropoli
Agropoli (Aruòpëlë o Aruòpuli in campano) è un comune italiano di abitanti della provincia di Salerno in Campania. Geografia fisica Territorio Importante centro costiero situato nel Cilento, alle porte occidentali del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, sul mar Tirreno all'estremità meridionale del golfo di Salerno. Oltre che dal mar Tirreno, il territorio comunale è delimitato dal primo gruppo collinare cilentano a ovest e a sud, che lo separa dai comuni di Ogliastro Cilento, Prignano Cilento, Torchiara e Laureana Cilento, mentre a sud-est il gruppo orografico che culmina nel monte Tresino costituisce il confine con il comune di Castellabate. A nord i declivi collinari digradano nella piana del Sele, in cui il fiume Solofrone segna i confini coi comuni di Capaccio-Paestum e di Cicerale. Trovandosi esattamente al confine fra la pianura del Sele e il territorio cilentano, dal profilo orografico collinare-montuoso, la morfologia del territorio comunale appare diversificata; anche la costa è variegata, con un susseguirsi di tratti rocciosi intervallati da strette spiagge sabbiose. Il territorio è attraversato da diversi corsi d’acqua di modesta o scarsa entità, perlopiù a regime torrentizio. Il principale è il fiume Testene, che nasce dalle alture sovrastanti il comune di Perdifumo. Peculiare è il rilievo roccioso su cui sorge il centro storico della cittadina, con la caratteristica rupe che affaccia sul porto, da cui deriva il toponimo cittadino di Acropolis ("città posta in alto", dal greco ἄκρος "akros", alto, πὸλις "polis", città). Ad Agropoli transita il 15º meridiano est, linea di riferimento del fuso orario dell'Europa centrale (UTC+1). Classificazione sismica: zona 3 (sismicità bassa), Ordinanza PCM. 3274 del 20/03/2003. Clima La stazione meteorologica più vicina è quella di Capaccio. In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a ; quella del mese più caldo, agosto, è di . Classificazione climatica: zona C, 1021 GG Storia Il territorio di Agropoli è stato frequentato a partire dal Neolitico da popolazioni dedite alla caccia e alla pesca. Alla foce del fiume Testene in passato c'era una baia, utilizzata dai Greci per scambi commerciali, sia prima che dopo la fondazione della vicina Poseidonia (Paestum). Sul vicino promontorio, che prese il nome di "Petra", a metà del VII secolo a.C. venne edificato un tempio dedicato ad Artemide. In epoca romana, a partire dal I secolo a.C. è attestata la presenza di un piccolo borgo marittimo, Ercula, in prossimità dell'attuale lungomare San Marco, destinato a servire da approdo anche per la vicina Paestum, il cui porto andava insabbiandosi. Nelle acque antistanti la piccola insenatura del Vallone, in zona monte Tresino, in passato sono state recuperate dai fondali numerose ancore di pietra (greche, puniche o etrusche), ancore in piombo romane (costituite da ceppi e contromarre), un’anfora di tipo etrusco, anfore vinarie e olearie di epoca romana. Ciò è prova del passaggio e dell’attracco di navi fin da epoca antichissima, e di una costante frequentazione del sito, fino al IV secolo d.C.. L’approdo del Vallone ha una notevole profondità sottocosta, adatta anche a navi onerarie, ossia da trasporto, lente e panciute, usate per la navigazione costiera. In seguito alle incursioni dei Vandali nel V secolo il borgo, difficilmente difendibile, venne abbandonato dagli abitanti, che si trasferirono sul vicino promontorio. Tra il 535 e il 553, con la guerra greco-gotica i Bizantini greci vi collocarono una roccaforte, che prese il nome di Acropolis. Alla fine del VI secolo vi si rifugiò il vescovo di Paestum per sfuggire ai Longobardi. Con l'arrivo di profughi bizantini dalla Lucania Agropoli si ingrandì e divenne sede di un vescovato. Nell'882 i Bizantini furono cacciati dai Saraceni, i quali costruirono un ribàt (nuova fortificazione): da qui partivano gli attacchi ai paesi vicini fino a Salerno. Nel 915 i Saraceni furono cacciati e Agropoli tornò in mano ai vescovi, che intanto si erano stabiliti a Capaccio. I vescovi dominarono la città per tutta l'epoca medioevale, insieme ai centri di Ogliastro ed Eredita, e ai villaggi di Lucolo, Mandrolle, Pastina, San Marco di Agropoli e San Pietro di Eredita, che componevano il feudo di Agropoli. Nel 1412 i feudi di Agropoli e Castellabate furono ceduti da papa Gregorio XII al re Ladislao di Durazzo (1386 – 1414) come parziale pagamento di debiti accumulati nell'arco di alcune guerre. Il 20 luglio 1436 Alfonso V d'Aragona concesse i feudi di Agropoli e Castellabate a Giovanni Sanseverino, già conte di Marsico e barone del Cilento, che come compenso doveva versare ai vescovi di Capaccio 12 once d'oro l'anno. Solo nel 1443 il re riprese possesso del territorio. Successivamente Agropoli passò sotto il dominio di diverse casate: tra il 1505 e il 1507 i D'Avalos marchesi del Vasto e, fino al 1552, i Sanseverino. In seguito alla perdita dei suoi possedimenti da parte del principe Ferrante, ultimo rappresentante dei Sanseverino, accusato di tradimento nel 1553, Agropoli passò ai D'Ayerbo d'Aragona, nel 1564 ai Grimaldi, nel 1597 agli Arcella Caracciolo, nel 1607 ai Mendoza, nel 1626 ai Filomarino già principi di Roccadaspide, nel 1650 ai Mastrillo, che si alternarono per un breve periodo con gli Zazzero d'Aragona. I Sanfelice, duchi di Laureana, conservarono il potere sulla cittadina fino all'abolizione del sistema feudale. Nel Ottocento Agropoli iniziò l'espansione oltre l'antico borgo. Dal 1811 al 1860 fece parte del circondario di Torchiara, appartenente al distretto di Vallo del Regno delle Due Sicilie. Dal 1860 al 1927, durante il Regno d'Italia fece parte del mandamento di Torchiara, appartenente al circondario di Vallo della Lucania. Onorificenze . Monumenti e luoghi d'interesse L'abitato è sormontato dal centro storico, che conserva il centro antico, gran parte delle mura e il portale seicentesco. Vi si accede attraverso la caratteristica salita degli "scaloni", uno dei pochi esempi di salita a gradoni e la porta monumentale, ben conservata. La porta: ha due aperture; sulla destra della porta principale ce n'è una, secondaria, ad arco ribassato, aperta agli inizi del XX secolo; tra le aperture è visibile una feritoia che permetteva la vigilanza e la difesa. La porta è sormontata da cinque merli, due dei quali sostengono altrettante palle di pietra. Le palle, alternate con altre di cemento e una croce di ferro indicante l'anno 1909, ricordo delle sacre missioni, decorano il parapetto sul ciglio della rupe. Al di sopra della porta principale si nota lo stemma marmoreo dei Duchi Delli Monti Sanfelice, ultimi possessori feudali della città (lo stemma originariamente decorava l'ingresso del Castello). L'imponente stemma marmoreo è sovrastato da una corona rovinata ed è rifinito in basso da un mascherone. Il campo principale ha forma di scudo ed è suddiviso in due parti dove sei oche sono unite in due gruppi di tre (in alto allineate, in basso riunite in triangolo), originario emblema dei Sanfelice, e una croce, che era il simbolo della famiglia estinta Delli Monti. La porta è parte integrante della cinta muraria, costruita in pietra locale e composta da due bracci, uno meridionale e uno settentrionale che si imperniano sul Castello e si concludono sullo strapiombo della "Rupe", difesa naturale dagli invasori. Gli scaloni: Il borgo antico è raggiungibile a piedi percorrendo la caratteristica salita degli "scaloni", per secoli unica via d'accesso al borgo e oggi uno dei pochi esempi di salita a gradoni, caratterizzati da gradinate larghe e basse, sopravvissuti alle esigenze del traffico veicolare, che altrove ne hanno determinato il livellamento. Per la poca popolazione locale residente sul promontorio storico vi è una strada secondaria retrostante, carrabile, e per un tratto, quello finale, a traffico limitato. Il muro di protezione degli scaloni è ornato da merli con estremità sferica che richiamano i merli della porta ed una croce di ferro indicante l'anno 1909, ricordo delle sacre missioni. Il castello: A pianta triangolare e con tre torri circolari, si erge sul promontorio incastrandosi come un vertice nell'interno dell'area del borgo antico, mentre la base si protende fuori del nucleo abitato, come fortificazione avanzata sul versante collinare dal pendio più dolce e più esposto agli assalti. Attorno alle mura del castello si trova un fossato largo e profondo, ora distinguibile sul lato verso il borgo, mentre è quasi scomparso il dislivello sul lato orientale a causa dei lavori agricoli e dei cedimenti del terreno avutisi nel corso dei secoli. Il castello presenta l'aspetto assunto dopo le ristrutturazioni d'età aragonese (XV secolo d.C.) che devono aver notevolmente ampliato l'originario impianto, a forma triangolare. L'interno del castello è occupato dalla piazza d'armi e da edifici addossati sui lati settentrionale e orientale. La piazza, oggi adibita a giardino e a teatro all'aperto, non è frutto di un riempimento artificiale, ma poggia sulla roccia inglobata a suo tempo nelle mura del castello, mentre sul lato settentrionale si trova la "Sala dei francesi", così chiamata a ricordo della sosta del drappello delle truppe francesi nel periodo napoleonico. Il castello di Agropoli è legato a due personaggi: Luisa Sanfelice, personaggio minore della rivoluzione napoletana del 1799, la cui vicenda umana ispirò il romanzo di Alexandre Dumas (padre), La San Felice, e la scrittrice francese Marguerite Yourcenar, che lo menzionò nel racconto "Anna, soror". Il Faro Punta Fortino: L'altezza della luce, a due lampi bianchi con intermittenza di 6 secondi, è posta a 10 metri su un fabbricato quadrato ad un piano. La torre, in stile veneziano, fu costruita nel 1929, è visibile dal lungomare ed è posto sull'estremità del centro storico delimitando il limite della Rupe. Le torri: La presenza di torri fortificate sulla costa di Agropoli, come del resto lungo l'intera costa tirrenica meridionale, è collegata alla minaccia costituita dalle scorribande dei pirati. A seguito dell'ordine generale di costruzione di una catena ininterrotta di torri costiere, emanato nel 1564 dal viceré spagnolo don Pedro de Toledo, iniziano a sorgere lungo la costa che da Agropoli giunge a Sapri torri di avvistamento nei punti strategici. A seguito di quest'ordine verrà rafforzata la Torre di San Marco, di forma circolare, all'epoca esistente, cui si affiancherà la Torre di San Francesco, costruita su un'alta sporgenza a picco sul mare, poco più a sud del promontorio sovrastato dal Castello. Posto accanto al convento francescano qui sorto fin dal 1230, questa torre, di forma quadrangolare, risultava in posizione strategica, comunicando a Nord col Castello e con la Torre di San Marco, mentre a Sud con la torre costruita a Trentova e con quella di Punta Tresino (rientrante nel territorio del comune di Castellabate). Di oggi restano ruderi. La fornace: La data dell'inaugurazione risale al 1880, fu l'ingegner Vincenzo Del Mercato ad avere l'idea di una fornace per la produzione di mattoni. Dopo accurate ricerche, si optò di costruire la fornace in località Campamento, a pochi passi dal Fiume Testene, in quanto qui c'erano giacimenti di argille plastiche. La lavorazione consentiva molti tipi di mattoni, quali rex, tegole, cannocchiali, proveri, quattro fori, tre fori. Dopo anni di attività la fornace declinò, fino a cessare la sua attività nel 1970. Chiesa Madre dei SS Pietro e Paolo: è di origini antiche: nel 593 una lettera di papa Gregorio Magno documenta nel borgo la presenza del presule pestano e si connette nella dedica alla tradizione dell'approdo di San Paolo in una località agropolese ed a S. Pietro, pescatore come molti degli abitanti del borgo antico. Nell'ultimo ventennio del XVI secolo la chiesa è visitata da vescovi o da loro rappresentanti, che vi osservano l'altare maggiore (ricostruito nel 1714 e nel 1875, con tela raffigurante S. Antonio tra S. Bartolomeo e S. Gaetano di Tiene); inoltre, gli altari dedicati ai SS Pietro e Paolo (dal 1742), al Crocifisso (dal 1905), alla Santissima Concezione (dal 1698; dal 1875: fam. Troise), alla Madonna dell'Arco (1875: fam. Vecchio, tela con Madonna tra S. Francesco di Paola e S. Carlo Borromeo), al Rosario (1742, con confraternita e tela con Misteri; 1771, con porta sulla strada; 1875: tre statue entro nicchie con Madonna del Rosario tra S. Lucia e S. Rosa e, inoltre, tavola antica della Vergine della pietà), a S. Giuseppe (1742, 1771, insieme a S. Gennaro, fam. Storti; 1875: fam. Rosa, tela con la Vergine tra S. Giuseppe e S. Gennaro), a S. Antonio di Padova (dal 1583: altare, 1698: altare, 1875: già delle famiglie Magnoni e Del Baglivo), a Sant'Antonio Abate (dal 1612; 1875: sepoltura della famiglia Rotolo, tavola con S. Antonio abate e tela piccola con Santissima Trinità). L'edificio, che possiede tre campane, tre porte inclusa la principale, ha avuto bisogno di recenti e lunghi restauri. Ad unica navata, ha il coro, il pulpito e i confessionali. Chiesa Santa Maria di Costantinopoli: la tradizione la dice costruita dopo il rinvenimento in mare della statua della Madonna che, degli infedeli, al tempo delle scorrerie turche della metà del Cinquecento, avevano cercato inutilmente di portar via. Anche questa chiesa è documentata soprattutto a partire dal 1583, quando si accerta nella stessa l'esistenza di una confraternita. Nella visita apostolica del 1612 la chiesa risulta edificata di recente, provvista di un confessionale e della sepoltura per i marinai. La sagrestia ed una tela sono riscontrate nel 1742 e si specifica che è stata costruita con i contributi degli uomini di mare. Oltre al campanile con due campane, all'organo, al pulpito ed all'orologio, non mancano nel 1875 l'altare ed il presbiterio in marmo, quest'ultimo munito di balaustra e cancello in ottone, ed una "statua a telaio". Troviamo, inoltre, nel 1905, una statua in legno e tre porte. Alcuni anni dopo (1913) viene interdetta insieme ad altre, perché occupata da soldati per la pioggia torrenziale. Monumenti ai Caduti: Il primo monumento ai caduti di Agropoli, risale all'11 maggio del 1924, costruito per volontà del popolo agropolese, che contribuì senza distinzione di ceto o di credo politico e con entusiasmo alla realizzazione del monumento. Tuttavia durante il secondo conflitto mondiale la statua sarà tolta dal suo piedistallo per dare bronzo alla patria. L'attuale monumento risale al 20 novembre 1985. Fu inaugurato il 9 dicembre 1973, invece, il monumento dei caduti in mare di Agropoli. È composto da una grande ancora posta su un piedistallo di marmo, e alla base i nomi dei caduti i mare durante le guerre. La statua di San Francesco, situata sulla collina di San Marco, è stata realizzata nel 1982. La statua scolpita in marmo bianco di Carrara è alta 6 m ed è collocata su una torre che misura 32,60 m di altezza. La costa: La zona costiera visitabile si estende per una lunghezza di circa 3 km, rientra tra i siti di interesse comunitario (S.I.C.) e comprende lo scoglio Trentova, famoso per la panoramica caratteristica che lo vede legato alla terraferma da una sottilissima lingua di terra percorribile a piedi, lo "scoglio di san Francesco" e una serie di piccole insenature che si susseguono fino alla spiaggetta del Vallone (Castellabate), prima di Punta Tresino. La baia di Trentova prende il nome dallo scoglio omonimo. Il nome deriva dal fatto che secondo la leggenda furono trovate nelle grotte sotto la roccia trenta uova di gabbiano o di tartaruga marina. Qui si trovano bar, lidi ed attrezzature turistiche. Accanto alla baia di Trentova c'è una piccola baia detta di San Francesco, dal nome del monastero sovrastante e dallo scoglio sito in mezzo al mare, riconoscibile per la croce posta sull'estremità superiore. Verso nord si estende una lunga spiaggia attraversata da diversi torrenti che arriva alla zona archeologica di Paestum. Per il quinto anno consecutivo la città di Agropoli è Bandiera Blu. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Al 31 dicembre 2007 ad Agropoli risultavano residenti 809 cittadini stranieri. Le nazionalità sono: Ucraina, 199 Romania, 152 Polonia, 96 Tunisia, 77 Bulgaria, 46 Algeria, 33 Marocco, 33 Bangladesh, 27 India, 20 Religione La maggioranza della popolazione è battezzata di fede cristiana, appartenenti principalmente alla Chiesa cattolica; il comune appartiene alla diocesi di Vallo della Lucania che comprende sette parrocchie. Culto di San Francesco d'Assisi La comunità cattolica locale è legata al culto del patrono d’Italia per il suo passaggio presso Agropoli in una o due riprese (1219, probabilmente anche 1222). Al passaggio del santo nel borgo cilentano è legata una leggenda che narra di una predica ai pesci: si racconta che il frate, giunto in barca, cercò di predicare alla popolazione locale; rendendosi conto tuttavia dell'indifferenza alle sue parole decise di ritirarsi in preghiera presso uno sperone roccioso sulla costa, affiorante dal mare a poca distanza dalla spiaggia di Trentova. Come si legge in uno scritto dello storico Costantino Gatta del 1732, A celebrazione dell'evento sullo scoglio è stata installata una croce ben visibile da mare e da terra. Sulla roccia che sovrasta lo scoglio della predica, inoltre, fu fondato (pare per sua espressa volontà) un convento con annessa chiesa, la cui data di ultimazione risale al 1230, quattro anni dopo la sua morte. La chiesa, distrutta dall’incuria del tempo, venne riedificata, consacrata e riaperta al culto nell’ottobre del 1974, mentre l'edificio che ospitava il convento oggi è una struttura ricettiva. Tradizioni e folclore Il 24 luglio si svolge una caratteristica celebrazione cattolica in onore della Madonna di Costantinopoli, protettrice dei pescatori. La statua della Madonna viene portata in processione dalla chiesa omonima fino al porto; da qui la funzione prosegue in mare, su imbarcazioni pavesate, dopo il tramonto. Cultura Musei Dal 2011 è presente un piccolo Antiquarium comunale presso il Palazzo Civico delle Arti, una costruzione del centro risalente al 1892. I reperti, attraverso i quali si ripercorre tutta la storia dell’abitato, coprono un arco cronologico piuttosto ampio, dalla protostoria al medioevo. Teatro Il CineTeatro comunale Eduardo De Filippo è stato inaugurato nel dicembre del 2014, a 30 anni dalla scomparsa del grande attore, regista e drammaturgo napoletano al quale è intitolato. La sua sala dispone di 476 posti a sedere. Viene proposta annualmente una stagione teatrale. La prima stagione teatrale è stata inaugurata dalla Compagnia di teatro di Luca De Filippo, figlio di Eduardo, il 25 novembre 2015, che ha portato in scena la commedia Non ti pago!, un classico del teatro eduardiano. Nella stessa stagione teatrale è stato ospitato anche Luigi De Filippo, figlio di Peppino De Filippo, che con la sua compagnia ha fornito una magistrale interpretazione de “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello. La direzione artistica delle stagioni teatrali è di Pierluigi Iorio. Cucina La cucina locale riflette le caratteristiche della cucina cilentana, costituita sia da piatti di terra (pasta, verdure, latticini, salumi) sia da piatti di mare (pesce, crostacei, molluschi). Tipico prodotto di Agropoli sono le alici che vengono preparate secondo molte ricette tradizionali: "mbuttunate" (imbottite, ripiene), "arreganate" (cioè condite con l’origano), "marinate" o "salate"; comuni anche ad Agropoli le rinomate alici di "menaica" di Pisciotta, che prendono il nome dalla tecnica con cui vengono pescate, utilizzando cioè la menàica o menàide, un tipo di rete a maglia larga. Altro prodotto tipico è il fico bianco D.O.P., così detto per la colorazione chiara della buccia dei frutti, una volta essiccati; i fichi in genere vengono ulteriormente lavorati e trasformati in specialità quali i fichi pelati (ricoperti da un velo di zucchero), i fichi 'mbaccati (cotti al forno, infarciti di mandorle tostate, aromatizzati con semi di finocchio o buccia di agrumi e con foglie di alloro, e in genere disposti a mo' di spiedini); fichi al cioccolato (glassati con cioccolato, in genere fondente). Geografia antropica Frazioni Lo statuto di Agropoli non menziona frazioni. Secondo il 14º Censimento, le località abitate sono: Campanina, , 99 abitanti; Cannetiello, , 57 abitanti; Destre, , 49 abitanti; Fonte Saraceno, , 58 abitanti; Iscalonga, , 45 abitanti; La Vecchia, , 28 abitanti; Mancone, , 73 abitanti; Marettima, , 60 abitanti; Marrota, , 27 abitanti; Mattine, , 457 abitanti; Moio, , 217 abitanti; Monaci, , 49 abitanti; Mutalipassi, , 14 abitanti; Palombe, , 19 abitant; Piaggese, , 56 abitanti; Picone, , 39 abitanti; Piscone, , 29 abitanti; Ponti Rossi, , 23 abitanti; Principe, , 34 abitanti; San Biagio, , 31 abitanti; Serra, , 70 abitanti; Streppina, , 219 abitanti; Torre, , 43 abitanti; Torretta, , 50 abitanti; Ventre, , 49 abitanti. Economia Attualmente le attività economiche principali sono il turismo, il commercio e i servizi; in passato tale ruolo spettava alla pesca e all'agricoltura. È presente anche l'industria, con quaranta piccole aziende, che danno lavoro a circa persone. L'economia locale si basa sulle attività del terziario, alle quali si affianca un sistema di microimprese artigiane legate in prevalenza all'edilizia ed a piccole produzioni manifatturiere per lo più rivolte al mercato locale, e un insieme di piccole imprese agricole a conduzione familiare. Secondo l'ISTAT le attività del terziario, istituzioni, commercio ed altri servizi, sono il 47% del totale, quelle del secondario, industria ed artigianato, il 13%, quelle del primario, agricoltura e pesca, il 40%. Turismo Il turismo ad Agropoli è tra le attività più redditizie. In inverno vi sono persone, d'estate più del doppio, grazie a turisti italiani e stranieri. La ricettività alberghiera è composta da Bed and breakfast e hotel di media categoria sul lungomare. Agricoltura Il parco nazionale del Cilento ha il maggior numero di produzioni recentemente riconosciute dal Ministero dell'Agricoltura. Ai marchi Denominazione di Origine Controllata (DOC) e Indicazione Geografica Tipica (IGT) dei vini di produzione locale, si aggiunge la produzione di olio extravergine di oliva (DOP) e di liquori vari. Quanto agli altri prodotti tipici della zona, oltre alla mozzarella di Bufala Campana DOP, alla mozzarella vaccina "co' a mortedda" al cacioricotta di capra cilentana e al "caciocavallo" tipico, vanno ricordati il miele, il carciofo di Paestum (IGP), il cece di Cicerale, il fagiolo di Controne, il fico bianco del Cilento; rinomata anche la produzione dolciaria di fichi secchi e al cioccolato. Infrastrutture e trasporti Strade Il principale asse stradale di accesso al territorio comunale è la Strada Provinciale 430/a con uscite agli svincoli di Agropoli Nord e Agropoli Sud. La Strada statale 18 Tirrena Inferiore lambisce il territorio attraversando la frazione nord-orientale di Mattine. Le strade regionali e provinciali per i collegamenti con i comuni limitrofi sono: Strada Regionale 267/a; Strada Regionale 267/b, che collega Agropoli con Castellabate; Strada Provinciale 45 Agropoli-S. Cosma-Innesto SS 18. Strada Provinciale 184 Agropoli-Trentova. Strada Provinciale 278 Agropoli-Licinella. Ferrovie La stazione di Agropoli-Castellabate, posta sulla ferrovia Tirrenica Meridionale, è servita da un discreto numero di treni sia regionali che a medio-lunga percorrenza. Porti Il porto di Agropoli è un porto turistico-peschereccio di IV classe. Con circa 1.100 posti barca, è il primo porto del Cilento ed uno dei maggiori a Sud di Salerno. Il porto è ricavato all’interno dell’insenatura che si apre a sud di Punta del Fortino ed è costituito da un molo di sopraflutto a gomito orientato rispettivamente per N e per NE lungo 572 metri, da una banchina di riva, con ampio piazzale retrostante, lunga 327 metri e da un molo di sottoflutto orientato per NNW lungo 159,43. L’imboccatura del porto ha un’ampiezza di 145 metri ed il successivo bacino di evoluzione ha un diametro di 165 metri; i fondali per l’atterraggio e l’evoluzione nel bacino variano dai 6 ai 5 metri. Ogni ormeggio è dotato di sistemi di fornitura energetica, idrica, sanitaria e antincendio. Nel porto sono presenti anche servizi igienici e bagni per disabili, docce e una sala lavanderia. La città è collegata nei mesi estivi agli altri maggiori porti delle coste campane mediante il servizio aliscafi "Metrò del Mare". Mobilità urbana La rete di trasporti su autobus è gestita dall'azienda Giuliano Bus, che si avvale anche del parco mezzi della precedente azienda di autoservizi locale (SCAT s.r.l.) recentemente inglobata. Vengono forniti due servizi circolari urbani dalla zona centro (rispettivamente per le zone "Madonna del Carmine/Fuonti" e "Moio/Baia di Trentova"), mentre la periferia a nord dell'abitato (zona "San Marco/Mattine") è servita mediante linee extraurbane in direzione Paestum/Capaccio/Giungano. Dal 2011 è presente un terminal bus in via Salvo D’Acquisto per l'interscambio con le linee extraurbane. Amministrazione Gemellaggi Altre informazioni amministrative Il comune fa parte dell'Unione dei comuni Alto Cilento. Sport Impianti sportivi I principali impianti sportivi della città sono: Stadio Raffaele Guariglia, struttura dedicata al calcio e all'atletica leggera. L'impianto, inaugurato il 1º Novembre 1995 e ristrutturato nel 2015, è dotato di 1.900 posti a sedere (due tribune coperte da 950 posti); l'area di gioco del campo principale è di 105x63 metri e il terreno è in erba naturale. Dispone inoltre di una pista d'atletica ad otto corsie e altre aree dedicate all'atletica leggera, un campo da calcio a 11 secondario in erba sintetica ("campo Gianfranco Torre"), e diversi complessi comunali per la pratica del calcio a 5 e ad 8. Pala Di Concilio, edificato sull'area della vecchia tendostruttura comunale e inaugurato nel 2010, è dotato di 1.000 posti a sedere ed è principalmente dedicato alla pallacanestro. PalaGreen, palazzetto dello sport polifunzionale inaugurato nel 2014 in località Moio, da 500 posti. Calcio La squadra calcistica di maggior rilievo della città è l'Unione Sportiva Agropoli, che milita nell'Eccellenza campana. L'U.S. Agropoli disputa le partite di casa allo Stadio Raffaele Guariglia. La città ha anche la squadra del quartiere lungomare San Marco,denominata asd San Marco Agropoli,con i colori sociali gialli e azzurro,disputa attualmente il campionato regionale di prima categoria. La città è anche sede di altre manifestazioni calcistiche, principalmente la competizione giovanile Torneo Internazionale Città di Agropoli, che si svolge nella settimana di Pasqua. Pallacanestro La principale compagine cestistica locale è arrivata a partecipare alla serie A2, sotto la denominazione di Polisportiva Basket Agropoli, nelle stagioni 2015-16 (in cui arrivò a disputare i play-off) e 2016-17. Al termine di tale stagione, conclusasi con la retrocessione, per problemi economici scelse di cedere il titolo sportivo che le avrebbe permesso la partecipazione alla serie B alla Napoli Basket (2016) e cambiò denominazione in New Basket Agropoli, ripartendo dalla serie D. La società attualmente milita in Serie C Gold maschile. Le partite di casa si giocano al Pala Di Concilio. Atletica L'Associazione Sportiva Atletica Libertas Agropoli, fondata nel 1986, è la più importante società d'atletica comunale e ha ottenuto risultati rilevanti anche al di fuori del contesto locale. La Libertas Agropoli è inoltre promotrice di eventi sportivi legati al territorio, su tutti la Agropoli Half Marathon, in programma ogni primavera, e la Transmarathon, in programma ogni anno alla fine del mese di agosto. Dall'1 al 3 giugno 2018 presso lo stadio Raffaele Guariglia si sono disputati i Campionati Italiani Juniores e Promesse. Tra il 21 e il 23 giugno del 2019 si sono svolti presso la medesima struttura i Campionati Italiani Allievi, assurti agli onori delle cronache per il record italiano U20 nel salto in lungo fatto registrare dall'allora sedicenne Larissa Iapichino. Ciclismo Per il ciclismo, nel 1984 Agropoli è stata sede di arrivo di una tappa del Giro d'Italia, vinta da Urs Freuler, e nel 2013 è stata sede di passaggio della terza tappa, Sorrento-Marina D'Ascea, vinta da Luca Paolini. Nel 2018, Agropoli è stata ancora sede di passaggio dell'ottava tappa, Praia a Mare-Montevergine di Mercogliano, vinta da Richard Carapaz. Note Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Anno%20europeo%20delle%20persone%20con%20disabilit%C3%A0
Anno europeo delle persone con disabilità
Con decisione del 3 dicembre 2001 il Consiglio dell'Unione europea ha proclamato il 2003 anno europeo delle persone con disabilità con l'obiettivo di: sensibilizzare i cittadini sui temi legati alla non discriminazione e all'integrazione sostenere azioni concrete per favorire le pari opportunità e l'inclusione sociale informare sulle buone prassi a livello locale, nazionale ed europeo intensificare la cooperazione tra tutti gli attori delle politiche a favore delle persone con disabilità diffondere un'immagine positiva delle persone con disabilità promuovere i diritti dei bambini e dei giovani con disabilità ad un pari trattamento nell'insegnamento Voci correlate Unione europea Handicap (medicina) Anni europei Collegamenti esterni Anni europei Solidarietà
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https://it.wikipedia.org/wiki/Anno
Anno
Un anno indica un periodo di tempo pari approssimativamente a quello impiegato dalla Terra per completare la sua orbita attorno al Sole. Stando alla definizione astronomica, un anno dovrebbe essere diviso in 365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 9,54 secondi: questo è quello che viene chiamato "anno siderale" o "anno astrale". Per motivi pratici, nel tempo si sono utilizzate altre definizioni. In particolare, al fine di ricondurre l'anno a un numero intero di giorni, nel calendario gregoriano (dove un anno è suddiviso in 12 mesi) si definisce anzitutto un anno pari a 365 giorni (detto anno civile o anno comune), introducendo i cosiddetti "anni bisestili" della durata di 366 giorni, per correggere la discrepanza con l'anno siderale. L'anno è un'unità di misura del tempo non accettata dal sistema internazionale di unità di misura, dove si preferisce utilizzare i secondi, proprio a causa del fatto che l'anno non è costante in valore oltre a non essere direttamente riconducibile al numero di giorni. Per estensione, il termine "anno" si applica al periodo orbitale di qualsiasi pianeta; in tal caso "anno" viene fatto seguire da un aggettivo inerente al pianeta a cui si riferisce (ad esempio: "anno marziano" per riferirsi ad un anno del pianeta Marte). Storia Già nel II secolo a.C. Ipparco di Nicea, astronomo e matematico greco, calcolò che la durata dell'anno era di 365 giorni, 5 ore, 55 minuti e 12 secondi. Anno del calendario Il calendario cerca di adeguarsi all'anno tropico, poiché le stagioni sono determinate da questo tipo di anno. Per ragioni pratiche l'anno del calendario è composto da un numero intero di giorni. Nel calendario attualmente in uso della società occidentale, il calendario gregoriano, gli anni hanno 365 giorni. Allo scopo di tenerlo sincronizzato con l'anno tropico, ogni quattro anni il calendario conta 366 giorni. La principale eccezione al calendario gregoriano è il calendario islamico, un calendario lunare senza anni bisestili, nel quale le ricorrenze si spostano attraverso le stagioni. Anni astronomici In astronomia, vengono definiti diversi tipi di anno: Anno siderale Definisce il periodo in cui la Terra completa una rivoluzione della propria orbita, misurata relativamente a un insieme di punti di riferimento (come le stelle fisse). La sua durata media è di 365,256363051 giorni (365 d 6 h 9 min 10 s). La reale durata dell'anno varia, in quanto il movimento della Terra è influenzato dalla gravità della Luna e degli altri pianeti. Anno tropico Il periodo in cui la Terra completa una rivoluzione, con riferimento alla struttura formata dall'intersezione tra l'eclittica (il piano su cui orbita la Terra) e il piano dell'equatore (il piano perpendicolare all'asse di rotazione della Terra). A causa della precessione degli equinozi, questa struttura arretra leggermente lungo l'eclittica, rispetto alle stelle fisse. Come conseguenza, l'anno tropico è leggermente più breve di quello siderale. La sua durata media corrisponde a 365,24218967 giorni (365 d 5 h 48 min 46,98 s). Anno anomalistico Il periodo in cui la Terra completa una rivoluzione della sua orbita rispetto ai suoi apsidi. L'orbita terrestre è ellittica; i punti estremi dell'ellisse, chiamati apsidi, sono: il perielio, dove la Terra è più vicina al Sole (attorno al 2 gennaio) l'afelio, quando la Terra è più lontana dal Sole (attorno al 2 luglio). A causa dell'interferenza gravitazionale degli altri pianeti, la forma e l'orientamento dell'orbita non sono fissi, e gli apsidi si spostano lentamente rispetto ai punti di riferimento. Per questo, l'anno anomalistico è leggermente più lungo dell'anno siderale. In media 365,259635864 giorni (365 d 6 h 13 min 52 s). Anno eclittico Si definisce anno eclittico (o anno draconico) il periodo impiegato dal Sole (come viene visto dalla Terra) per completare una rivoluzione con riferimento a un nodo lunare, dell'orbita della Luna (il punto in cui l'orbita lunare interseca l'eclittica). Questo periodo è associato con le eclissi: avviene solo quando sia il Sole che la Luna sono vicini a uno di questi nodi; quindi le eclissi avvengono entro circa un mese ogni mezzo anno eclittico. Ci sono quindi due stagioni eclittiche ogni anno. La durata media dell'anno eclittico è di giorni. Ciclo completo lunare Similarmente all'anno eclittico, viene definito un periodo in cui il Sole (come viene visto dalla Terra) completa una rivoluzione con riferimento al perigeo dell'orbita lunare. Questo periodo, poco citato nella letteratura astronomica, è associato con la dimensione apparente della Luna piena, e anche con la durata variabile del mese sinodico. La durata di questo periodo è di 411,78443029 giorni (411 giorni 18 ore 49 min 34 s). Anno gaussiano Dura 365,2568983 giorni, ed è derivato dalla "costante gravitazionale gaussiana" che viene espressa in unità del sistema solare. Anno giuliano Base del calendario gregoriano, aveva una durata di 365,25 giorni. Anno besseliano L'anno besseliano: è un anno tropico che inizia quando il Sole raggiunge la longitudine eclittica di 280°. Tale longitudine viene sempre raggiunta attorno al 1º gennaio. Prende il nome dall'astronomo e matematico del XIX secolo Friedrich Bessel. Simbolo Sebbene non esista un simbolo ufficiale nel Sistema internazionale di unità di misura (SI), essendo tale unità di misura non contemplata da tale sistema, gli standard NIST SP811 e ISO 80000-3:2006 propongono il simbolo a, con i multipli ka, Ma, Ga, rispettivamente per 10, 10, 10 anni. Nel SI a è inoltre il simbolo per l'ara (un'unità di misura dell'area), ma si ritiene che ci sia sufficiente distanza semantica per evitare confusione. In ogni caso, l'uso delle abbreviazioni inglesi kya, mya, gya è fortemente sconsigliato nella geofisica moderna. Note Voci correlate Anno bisestile Anno gaussiano Anno lunare Anno platonico Anno galattico Anno luce Calendario Giorno Mese Ordini di grandezza (tempo) Before Present Altri progetti Collegamenti esterni Unità di tempo Unità di misura astronomiche
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alan%20Kay
Alan Kay
Biografia Formazione Si è laureato in matematica e biologia molecolare presso l'Università del Colorado a Boulder; successivamente ha conseguito un master e un dottorato presso l'Università dello Utah. Carriera Kay è l'inventore del linguaggio di programmazione Smalltalk, ed è tra gli ideatori del paradigma di programmazione orientata agli oggetti. Ha inoltre concepito il computer portatile, ha inventato le interfacce grafiche moderne, ha contribuito a creare la tecnologia Ethernet e il protocollo di comunicazione client-server. Molte delle sue invenzioni sono state concepite presso il Palo Alto Research Center (PARC) della Xerox, dove ha lavorato dal 1970 al 1981 come ricercatore. Al PARC Kay studiò tra le altre cose come i bambini apprendessero di più attraverso le immagini e i suoni, che non attraverso il solo testo; dunque sviluppò un ambiente grafico che si rivelò eccezionalmente flessibile e congeniale per i bambini. Alcune tecnologie derivate da questo lavoro, per esempio Squeak, sono ancora adesso considerate all'avanguardia. Dopo undici anni al PARC, Kay è stato per tre anni capo ingegnere all'Atari (1981-1984), poi è stato assunto dalla Apple dove ha lavorato fino al 1997, anno in cui ha avviato una collaborazione con la Disney. Nel 2001 ha fondato il Viewpoints Research Institute, di cui è presidente. È attualmente consulente della Hewlett-Packard. Vita privata Nel 1983 ha sposato la sceneggiatrice Bonnie MacBird. Onorificenze Nel 2004 Alan Kay ha ricevuto: il Premio Turing per le sue ricerche sulla programmazione orientata agli oggetti; il Premio Kyōto per la tecnologia; il premio Charles Stark Draper (condiviso con Butler W. Lampson, Robert Taylor e Charles P. Thacker). Il 15 giugno 2007 ha ricevuto la laurea honoris causa dall'Università di Pisa. Note Voci correlate Metamedium Smalltalk Squeak Altri progetti Collegamenti esterni Personal Dynamic Media – di Alan Kay e Adele Goldberg Laureati honoris causa dell'Università di Pisa Dipendenti Apple Vincitori del premio Turing
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aix%20galericulata
Aix galericulata
L'anatra mandarina (Aix galericulata ) è un uccello anseriforme appartenente alla famiglia degli Anatidi. È una delle anatre più famose per l'elegante bellezza, tenuta in grande stima dal popolo cinese dove ha influenzato l'arte e la cultura nel corso dei secoli. Etimologia Il nome del genere Aix è un nome greco menzionato da Aristotele: si riferisce a un uccello, e significa «piccola oca», «svasso», «anatra», anche se è un termine tuttora indefinito. Il termine indicante la specie, galericulata, deriva dal latino galericulum e significa «parrucca», «finto cappello», «cappuccio», in riferimento al fluente ciuffo e alle lunghe penne delle guance posseduti dai maschi di questa specie che, abbinati, formano una struttura che ricorda un cappuccio o una sorta d'elmo. Descrizione È una piccola e compatta anatra lunga 41-49 cm, ha un peso medio sui 440-570 g e un'apertura alare di 65-75 cm. Conosciuta semplicemente con il termine di «mandarina», i maschi hanno una livrea splendida resa ancor più evidente per le note e strane «vele» laterali di colore arancio-mattone (con piccolo bordino superiore biancastro) che si estendono verticalmente. Tale struttura particolare origina da una notevole espansione della porzione interna della dodicesima penna remigante. Questa espansione, molto caratteristica, ha proprio una forma che ricorda una vela, con una curva dorsale e una punta rivolta cranialmente. Tali penne espanse si osservano quando l'anatra è posata e non si apprezzano quando l'animale vola perché portate appiattite contro il corpo. I maschi di anatra mandarina sono molto differenti dagli altrettanto, ma diversamente, variopinti maschi dell'unica altra specie appartenente al medesimo genere: l'anatra sposa (Aix sponsa). Il piumaggio nuziale del maschio (questa specie effettua la muta d'eclissi) è vivacemente variopinto; ha colorazione arancione a livello di testa e guance. Sui lati della testa e del collo, le penne formano una larga gorgiera allargata sui lati dove le voluminose penne aranciate presentano delle lineette centrali appuntite leggermente più chiare che formano un caratteristico disegno a «pioggia di scintille cadenti di fuochi d'artificio». Il capo ha il vertice che parte dall'attaccatura dorsale del becco con penne iridescenti verdi, continua con penne blu, da metà testa prosegue con penne arancio-rosso mattone e termina con un abbondante ciuffo posteriore verde-bluastro che assieme alle penne guanciali arancioni costituisce una sorta di voluminoso cappuccio variopinto erettile. Nella parte dorso laterale della testa, dal livello dell'occhio in «su», vi è un'ampia fascia bianca, che inizia sfumata in arancione chiaro vicino al becco, che prosegue ad arco lungo il collo lateralmente e si riduce, procedendo posteriormente, in una sottile striscia che si sdoppia in due strisce parallele soprattutto quando il ciuffo è eretto. Verdi e blu-brune sono anche le penne copritrici dorsali. Vi è una striscia multipla posta alla base delle «vele» arancioni che è bianca-nera e blu (con una parte blu che si vede maggiormente a «vele» spiegate); sempre le «vele» sono bordate posteriormente di nero e anteriormente, per un tratto partendo dalla base, di nero e bianco (con il nero adeso all'arancio della vela). Il petto ha colorazione blu-viola cangiante e lateralmente continua con due righe trasversali bianche seguite da due più ampie strisce trasversali nere. I fianchi sono color beige-arancio sfumati e vermicolati di chiaro, la coda leggermente puntuta è verde-bruno cupo dorsalmente e bianca latero-ventralmente (sottocoda). Il petto, dopo la parte blu-viola, continua con una parte bianca candida che inizia a punta dividendo parzialmente proprio la parte blu-viola e che prosegue per tutto il ventre fino al sottocoda. L'ala è bruno nerastra con specchio alare verdastro cangiante e bordo posteriore allo specchio alare bianco. Il sottoala è scuro, bruno marrone, alquanto uniforme. Il becco, piuttosto piccolo, è colore rosso vivo con unghia color carnicino. Le zampe sono arancioni. L'occhio ha iride bruno scura. Quando è in volo la voluminosa cresta-ciuffo, a forma d'elmo, è portata adesa al collo. La femmina presenta una livrea grigio-bruna, con una macchia bianca sotto la gola e una sottile riga, sempre bianca, che ingloba l'occhio. Una riga trasversale bianca può essere presente vicino alla base del becco. Il petto e i fianchi presentano una punteggiatura bianco-crema, il ventre è bianco, le ali sono più scure, il becco è grigiastro con base rossastro-scura e le zampe sono colore grigio con sfumature giallastre. Le femmine di anatra mandarina e anatra sposa sono, a un'osservazione grossolana, simili tra loro. Le femmine di mandarina sono però complessivamente più pallide, hanno specchi alari più verdognoli (invece che blu-viola), in proporzione hanno occhi leggermente più grandi e dolci, privi di colorazione giallastra sulla rima palpebrale, e il bianco che circonda l'occhio limitato a un sottile anello che prosegue verso la nuca con una sottile linea bianca. Il piumaggio eclissale del maschio è simile a quello della femmina. Biologia Quest'anatra è maggiormente attiva nelle ore che precedono l'alba e al crepuscolo, mentre passa gran parte della giornata a oziare tra la vegetazione delle rive o appollaiata su rami o tronchi emergenti dalle acque. Nonostante in Asia continentale l'anatra mandarina abbia comportamenti schivi e timidi, si adatta alla presenza umana quando indisturbata. Alimentazione La dieta è costituita principalmente da piante e semi e viene integrata con lumache, insetti, rane e piccoli pesci; è più vegetariana nel periodo invernale. Riproduzione Il corteggiamento, in questa specie, è fortemente sincronizzato e le coppie sono maggiormente inclini a pavoneggiarsi reciprocamente a confronto della «cugina» americana. Il corteggiamento ha generalmente luogo nel periodo di massima attività giornaliera (mattino presto-tramonto) quando la luce è fioca oppure durante il giorno, ma in luoghi riparati dalla vegetazione, probabilmente per non attirare troppo l’attenzione di potenziali predatori. Il maschio, durante il corteggiamento, ha movenze impettite, torace espanso, porta la testa indietro sulla schiena con le penne della testa erette, i ciuffi laterali della faccia estesi lateralmente e le penne delle «vele» ben dispiegate. Mentre le femmine si occupano dell'incubazione delle uova, i maschi possono avere comportamenti promiscui accompagnandosi a eventuali altre femmine. I legami di coppia vengono generalmente sciolti durante la cova anche se alcune coppie possono rimanere unite anche successivamente. Entrambe le specie appartenenti al genere Aix prediligono nidificare in cavità d'albero sopraelevate ad altezze che possono arrivare ai 15 metri. I nidi possono tuttavia venire ubicati anche in ceppi, radici o tronchi caduti d'albero e raramente sul terreno sotto cespugli o tronchi e ramaglie. I nidi artificiali, a cassetta nido, vengono ben accettati e utilizzati sia da questa specie che dalla «cugina» americana. La deposizione avviene in primavera e la covata è costituita solitamente da 9-15 uova di colore crema-beige traslucide. Questa specie, come la cugina americana, può praticare il parassitismo intraspecifico. Alcune femmine, infatti, depongono le loro uova nel nido di altre femmine; questi nidi possono arrivare a contenere anche alcune decine di uova. La cova dura circa 30-33 giorni e i piccoli seguono la madre gettandosi dal nido tentando di planare estendendo al massimo il corpo e le zampette palmate. Gli anatroccoli di anatra mandarina hanno colorazione simile a quella degli anatroccoli di germano reale (Anas platyrhynchos), ma si differenziano da questi e dai simili anatroccoli dell'anatra sposa (Aix sponsa) per avere tonalità di marrone meno cupe e maggiormente bruno-cannella e per avere gli occhi, in proporzione, piuttosto grandi. I giovani sono simili alle femmine e raggiungono l'indipendenza a circa 45-60 giorni d'età. I maschi emettono dei vocalizzi che sono dei fischiettii non molto forti; le femmine, invece, possono emettere vocalizzi lamentosi e ripetuti, versi simili al chiocciare o richiami più forti, nitidi e acuti che ricordano i vocalizzi delle folaghe (Fulica atra). Distribuzione e habitat L'anatra mandarina è ampiamente diffusa in Cina, Russia, Corea e Giappone, anche se negli ultimi 200 anni ha subito una riduzione a causa della distruzione degli habitat dove viveva, della caccia e delle catture che ha subito; non è comunque considerata specie a rischio. Nei paesi europei la specie è stata introdotta a causa di fughe accidentali o volontarie inselvatichendosi in diversi paesi: Belgio, Germania, Svizzera, Austria, Polonia, area del Mar Nero e Gran Bretagna, dove vive la popolazione extra-asiatica più numerosa. Piccole popolazioni isolate, inselvatichite, sono presenti anche negli Stati Uniti d'America. In Italia la specie è registrata in Piemonte e Lombardia come inselvatichita, svernante e occasionalmente (2014, 2016) nidificante, in particolare in provincia di Varese. La specie frequenta vallate fino a 1500 metri d'altitudine, dimostrando una preferenza per piccole isole, corsi d'acqua che supportano abbondante vegetazione emergente e boschi che presentano laghetti al loro interno. In autunno e inverno le anatre mandarine sono maggiormente attratte da paludi o fiumi più aperti e dalle risaie. Anche se più raramente, possono frequentare anche estuari o lagune salmastre. Rapporti con l'uomo L'anatra mandarina è stata importata in Inghilterra, dalla Cina, prima del 1745 e si è qui, più recentemente, insediata e stabilita a causa di liberazioni e fughe dalla cattività. La popolazione naturalizzata di anatre mandarine inglesi occupava inizialmente la parte sud-orientale dell'Inghilterra, ma si è ampliata notevolmente negli ultimi decenni. In alcune zone dell'Inghilterra la specie sopravvive solo se riceve un'integrazione alimentare artificiale; inoltre essa deve competere con gli scoiattoli grigi (Sciurus carolinensis) soprattutto per le cavità di nidificazione. La popolazione inglese è comunque passata dalle circa 500 unità del 1950 ai circa 3000 esemplari del 1988 e, nonostante le introduzioni di specie esotiche non siano da favorire, . Inoltre, le anatre mandarine, contrariamente ad altre specie esotiche, non sembrano competere troppo negativamente con le specie inglesi autoctone. La popolazione asiatica continentale ha abitudini migratorie svernando, a latitudini più basse, nella Cina orientale; tutte le altre popolazioni, quella giapponese e la introdotta inglese in particolare, sono per lo più sedentarie. In passato l'anatra mandarina era l'anatra più numerosa di estese zone del proprio areale, ma è stata drasticamente ridotta, con la contemporanea grave frammentazione del proprio habitat, nel corso dello scorso secolo. Il declino della popolazione russa si è avuto a causa delle grandi deforestazioni delle foreste vallive, per colpa della navigazione dei fiumi, per l'inquinamento industriale e per l'irrazionale caccia praticata durante la stagione riproduttiva e la migrazione della specie. Il declino della popolazione russa è stato in qualche modo contrastato grazie alla riduzione della navigazione sui corsi d'acqua a partire dal 1980 e grazie al recupero selettivo delle foreste. Le foreste cinesi primarie, dove le anatre mandarine si riproducevano, sono state completamente distrutte tra il 1911 e il 1928. Tale deforestazione non ha risparmiato neppure gli importanti terreni di caccia imperiali della foresta del Tung Ling. Un incalcolabile numero di anatre mandarine sono state catturate ed esportate; le catture invernali di massa possono essere state un importante fattore di declino della specie, anche se il governo cinese ha bandito l'esportazione già a partire dal 1975. La popolazione asiatica di questa specie era stimata essere nel 1992 di circa 70.000 esemplari; di questi 15.000 risiedevano in Cina, 5000 in Russia e Corea e addirittura 50.000 in Giappone. In Giappone le anatre mandarine erano state decimate dalla caccia eccessiva, ma la specie ha successivamente risposto alla successiva protezione messa in atto a partire dal 1947. Osservazioni più recenti fanno presumere che la popolazione invernale cinese, che si raduna nel sud della Cina, sia presumibilmente attorno ai 30.000 esemplari. Comunque tutti i dati non recenti, riguardanti la presenza di questa specie, sono probabilmente sovrastimati e andrebbero aggiornati. La splendida anatra mandarina è uno degli uccelli acquatici maggiormente diffusi e allevati negli allevamenti amatoriali e nei laghetti ornamentali di tutto il mondo. In cattività sono stati ottenuti e continuano a ottenersi soggetti con colorazioni mutate che non raggiungono mai la bellezza degli esemplari con livrea ancestrale. Quest'anatra può arrivare a vivere circa 10 anni in natura e circa il doppio in cattività. Note Altri progetti Collegamenti esterni Anatidae Taxa classificati da Linneo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Approssimazione%20di%20Stirling
Approssimazione di Stirling
In matematica l'approssimazione di Stirling o formula di Stirling o formula approssimata di Stirling è un'approssimazione per fattoriali grandi. Deve il suo nome al matematico scozzese James Stirling (1692-1770). La formulazione corretta è: che viene scritta spesso come: Per valori elevati di n il secondo membro della formula fornisce una buona approssimazione di n! che si può calcolare rapidamente e facilmente. Ad esempio la formula per 30! fornisce l'approssimazione 2,6452 × 1032, mentre un valore più preciso è 2,6525 × 1032; in questo caso si ha una discrepanza minore dello 0,3%, più precisamente: Stime elementari Una stima elementare per il fattoriale si può ricavare tramite una tecnica di somma parziale. Sia un intero, allora dove e sono la parte intera e la parte frazionaria di . Segue che che, passando all'esponenziale, diventa Derivazione La formula, come pure la stima dell'errore, può essere derivata sviluppando il logaritmo naturale del fattoriale e per espressioni come questa si può utilizzare la formula di Eulero-Maclaurin. Tale formula di approssimazione può essere espressa in forma logaritmica: o ancora, applicando le proprietà dei logaritmi all'ultimo termine: La costante o vale approssimativamente 0,918938533204673, arrotondata alle 15 cifre decimali. La formula si può ottenere anche attraverso ripetute integrazioni per parti. Il termine principale dell'espressione può ottenersi applicando il metodo dello steepest descent. Derivazione alternativa Una formula alternativa per usando la funzione Gamma è (come si può vedere attraverso ripetute integrazioni per parti). Effettuando il cambio di variabile si ha Applicando il metodo di Laplace si ottiene: e si ricava nuovamente la formula di Stirling, Difatti ulteriori correzioni si possono ottenere utilizzando il metodo di Laplace. Per esempio, espandendo all'ordine successivo, il metodo di Laplace fornisce e dà la formula di Stirling con un ulteriore ordine Una versione dell'analisi complessa di questo metodo è di considerare come un coefficiente della serie di Taylor della funzione esponenziale , calcolato con la formula integrale di Cauchy: L'integrale di linea può essere approssimato utilizzando il metodo dello steepest descent con un'appropriata scelta del raggio del contorno . La porzione dominante dell'integrale vicino al punto di sella è successivamente approssimato dall'integrale reale e dal metodo di Laplace, mentre la parte rimanente può essere maggiorata per avere un termine d'errore. Velocità di convergenza e stima dell'errore Più precisamente si ha con In effetti la formula di Stirling è una approssimazione della seguente serie (ora chiamata serie di Stirling): Quando , l'errore della serie troncata è asintoticamente uguale al primo termine omesso. Questo è un esempio di sviluppo asintotico. È chiamata serie di Stirling anche quella dello sviluppo asintotico del logaritmo: In questo caso si dimostra che l'errore che si commette troncando la serie ha lo stesso segno e al più la grandezza del primo termine omesso. Formula di Stirling per la funzione gamma La formula di Stirling si può applicare (non sempre) anche alla funzione gamma, la funzione che estende il fattoriale al campo complesso, denotata con le seguenti scritture e definita per tutti i numeri complessi eccetto gli interi non positivi. Se allora Integrando per parti ripetutamente si ottiene lo sviluppo asintotico dove Bn è l'n-esimo numero di Bernoulli. La formula vale per |z| sufficientemente grande quando , con ε positivo, con un termine di errore del tipo quando si usano i primi m termini dello sviluppo. Una versione convergente della formula di Stirling Per ottenere una versione convergente della formula di Stirling bisogna valutare Un modo per far questo si serve di una serie convergente di fattoriali crescenti. Se scriviamo , si trova dove Da qui si ottiene una versione della serie di Stirling che converge quando . Storia La formula venne scoperta per la prima volta da de Moivre (1667-1754) nella forma Il contributo di Stirling consiste nell'aver dimostrato che la costante di proporzionalità è uguale a . Versioni più precise sono state ottenute da Binet. Note Bibliografia M. Abramowitz, I. Stegun (1964): Handbook of Mathematical Functions, http://www.math.hkbu.edu.hk/support/aands/toc.htm R. B. Paris, D. Kaminsky (2001): Asymptotics and the Mellin-Barnes Integrals, Cambridge University Press E. T. Whittaker, G. N. Watson (1963): A Course in Modern Analysis, IV ed., Cambridge University Press. ISBN 0-521-58807-3 Voci correlate Fattoriale Stima asintotica Gamma di Eulero Formula di Eulero-Maclaurin Altri progetti Teoria dei numeri Funzioni speciali Analisi asintotica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Accelerazione
Accelerazione
In fisica, in primo luogo in cinematica, laccelerazione è una grandezza vettoriale che rappresenta la variazione della velocità nell'unità di tempo. In termini differenziali, è pari alla derivata rispetto al tempo del vettore velocità. Nel SI l'unità di misura del modulo dell'accelerazione è il m/s², ovvero metro al secondo quadrato. Le derivate temporali della velocità di ordine superiore al primo vengono studiate nel moto vario. Quando non specificato, per "accelerazione" si intende laccelerazione traslazionale, sottintendendo che lo spostamento a cui si fa riferimento è una traslazione nello spazio. Il termine, "accelerazione", infatti, può essere utilizzato con un significato più generale per indicare la variazione di una velocità in funzione del tempo. Ad esempio, nella descrizione del moto rotatorio, per definire laccelerazione di rotazione si usano l'accelerazione angolare e l'accelerazione areolare. Definizione L'accelerazione di un punto materiale è la variazione della sua velocità rispetto al tempo. Il modo più immediato per quantificare tale variazione consiste nel definire laccelerazione media come il rapporto tra la variazione di velocità al tempo finale e iniziale posseduta dall'oggetto, e l'intervallo finito di tempo di durata del moto: Un modo preciso per caratterizzare l'accelerazione si ottiene considerando la velocità in ogni istante di tempo, ovvero esprimendo la velocità in funzione del tempo e, ove la funzione è continua, calcolandone la derivata. Si definisce in questo modo laccelerazione istantanea: Si tratta del limite per l'intervallo di tempo tendente a zero del rapporto incrementale che definisce l'accelerazione media: L'accelerazione media coincide con l'accelerazione istantanea quando quest'ultima è costante nel tempo (), e si parla in tal caso di moto uniformemente accelerato. Nel moto del punto materiale su una curva, il vettore accelerazione in un punto è orientato verso la concavità della traiettoria in quel punto. Può succedere che durante il moto il vettore velocità cambi soltanto in direzione e verso, restando costante in modulo, come ad esempio nel caso di moto circolare uniforme. La componente del vettore accelerazione nella direzione del moto è in questo caso nulla, e il vettore è quindi radiale (perpendicolare alla traiettoria). Data una traiettoria curvilinea arbitraria e continua, per individuare la direzione ed il verso dell'accelerazione di un oggetto che la percorre si utilizza il metodo del cerchio osculatore. In un contesto più formale, sia la lunghezza di un arco della curva percorsa dall'oggetto in moto. Se è lo spostamento dell'oggetto nel tempo , la norma della velocità istantanea nel punto è la derivata dello spostamento rispetto al tempo: con il vettore velocità che è quindi scritto come: dove è il vettore unitario tangente alla curva. Il modulo dell'accelerazione istantanea è allora: ed il vettore accelerazione è dato da: dove è la curvatura e si sono evidenziate la componente in direzione del moto e la componente in direzione perpendicolare, con vettore unitario normale alla curva. In generale è possibile introdurre una terna di versori ortonormali, detta triedro di Frenet, costituita ortogonalizzando i vettori velocità, accelerazione ed un terzo vettore, generato dal prodotto vettoriale dei primi due. I versori così generati prendono il nome di versore tangente, normale e binormale. L'accelerazione giace sempre, per costruzione, nel piano individuato dal versore tangente e da quello normale. La geometria differenziale sfrutta il triedro di Frenet per permettere di calcolare in ogni punto la curvatura e la torsione della traiettoria. Componenti dell'accelerazione In uno spazio a tre dimensioni si può scrivere l'accelerazione come: dove , e sono i versori del sistema di riferimento cartesiano utilizzato. Poiché, nella sua definizione generale, l'accelerazione è il vettore che quantifica la variazione di direzione e modulo della velocità, data una traiettoria qualsiasi, è sempre possibile scomporre l'accelerazione del corpo in una componente ad essa tangente, detta accelerazione tangenziale, e in una componente perpendicolare, detta accelerazione normale: L'accelerazione tangenziale descrive il cambiamento in norma della velocità, mentre quella normale è associata alla variazione della direzione della velocità. Sapendo che la velocità lineare , che è sempre tangente alla traiettoria, è legata alla velocità angolare dalla relazione: dove denota il prodotto vettoriale, la velocità angolare e il raggio di curvatura della traiettoria nel punto considerato. Pertanto è ortogonale al piano formato da e da , e viceversa, il vettore è ortogonale al piano formato da e da , cioè dal piano sul quale avviene il moto. Data una traiettoria giacente in un piano, e tracciato per un punto in moto il cerchio osculatore, ovvero la circonferenza tangente in ogni istante alla traiettoria in , la quale approssima al meglio la traiettoria in quel punto, si trova che: dove è l'accelerazione angolare. Considerando la derivata del vettore velocità , si ha: Eguagliando quanto ottenuto dalle equazioni precedenti e identificando i termini si ha che le componenti sono: In due dimensioni il versore normale è univocamente determinato, mentre in tre dimensioni bisogna specificarlo; infatti, esso risulta parallelo al raggio del cerchio osculatore. Moto rettilineo Da quanto mostrato segue inoltre che se la componente normale dell'accelerazione è nulla, allora il moto si svolge su una retta; infatti, la direzione del vettore velocità è costante, e dato che la velocità è sempre tangente alla traiettoria, quest'ultima è rettilinea. Nel caso in cui l'accelerazione tangenziale sia costante si ha un moto rettilineo uniformemente accelerato. Se, invece, anche la componente tangenziale dell'accelerazione sia nulla, il vettore velocità è allora costante e si ha un moto rettilineo uniforme. Moto circolare Viceversa, se a essere costante è la componente normale la traiettoria risulterà circolare. In questo caso, essa prenderà il nome di accelerazione centripeta perché punta istante per istante verso il centro della circonferenza. Se l'accelerazione angolare, quindi anche l'accelerazione tangenziale, è costante, si ha un moto circolare uniformemente accelerato. Invece, nel caso di moto circolare uniforme l'accelerazione angolare è nulla, per cui l'accelerazione si riduce alla sola componente centripeta, pertanto la velocità angolare sarà costante nel tempo. Accelerazioni apparenti Un osservatore solidale a un sistema di riferimento non inerziale sperimenterà delle accelerazioni apparenti. Per il teorema delle accelerazioni di Coriolis, le accelerazioni apparenti dall'osservatore sono due: la prima detta accelerazione centrifuga, avente modulo e direzione identici all'accelerazione centripeta, ma con verso opposto, e la seconda che prende il nome di accelerazione complementare, o accelerazione di Coriolis, il cui valore è: Significato geometrico L'accelerazione media si rappresenta con il grafico velocità-tempo, dal quale si comprende come l'accelerazione media sia uguale alla pendenza della retta che congiunge i punti iniziale e finale del grafico velocità-tempo in cui andiamo a calcolare la media. L'accelerazione istantanea è la tangente alla curva velocità-tempo nel punto fissato, così come è il significato geometrico della derivata prima. Essa è quindi uguale alla pendenza della retta tangente alla curva nel punto in cui viene calcolata. Attraverso lo studio della curva nel grafico velocità-tempo si possono ricavare ulteriori importanti informazioni: dall'angolo che la tangente forma con l'asse del tempo si evince che l'accelerazione è negativa se la tangente forma un angolo superiore ai 90 gradi con l'asse delle ascisse, è positiva se rimane sotto i 90 gradi mentre è nulla se la tangente è parallela all'asse. Inoltre, si noti come a valori positivi della curva accelerazione-tempo corrispondano valori crescenti della curva velocità-tempo. Poiché l'accelerazione è la derivata seconda della posizione, si può anche ricavare l'andamento della relazione accelerazione-tempo anche studiando la concavità del grafico. Accelerazione nei sistemi di punti materiali Se gli punti materiali di un sistema sono in movimento, solitamente, la posizione del centro di massa varia. Pertanto, nell'ipotesi in cui la massa totale sia costante, l'accelerazione del centro di massa sarà: dove la quantità di moto totale del sistema e è la sommatoria delle forze esterne. Accelerazione di gravità Note Bibliografia Voci correlate Accelerazione centripeta Circonferenza dei flessi Derivata Equazione del moto Moto rettilineo uniforme Moto uniformemente accelerato Moto circolare uniforme Moto parabolico Velocità Metro al secondo quadrato Strappo - la derivata dell'accelerazione rispetto al tempo Altri progetti Collegamenti esterni Grandezze cinematiche
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Antonio Fogazzaro
Fu nominato senatore del Regno d'Italia nel 1896. Dal 1901 al 1911 fu più volte tra i candidati al Premio Nobel per la letteratura, che tuttavia non vinse. Aderì al Modernismo teologico. Biografia Nasce a Vicenza, nella casa al numero civico 111 dell'attuale corso Fogazzaro, da Mariano, industriale tessile, e da Teresa Barrera, in un'agiata famiglia di tradizioni cattoliche: lo zio paterno Giuseppe era prete e una sorella del padre, Maria Innocente, era suora nel convento di Alzano, presso Bergamo. Antonio scriverà di sé stesso: «Dicono che sapessi leggere prima dei tre anni, che fossi un enfant prodige, antipatico genere. Infatti ero poco vivace, molto riflessivo, avido di libri. Mio padre e mia madre mi istruivano con grande amore. Avevo un carattere sensibile, ma chiuso». Nel maggio 1848, nelle giornate della prima guerra di indipendenza, la madre lo porta con la sorella minore Ina a Rovigo: Vicenza è insorta e prepara la sua difesa contro la reazione dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico. Il padre Mariano e lo zio prete don Giuseppe partecipano ai preparativi della città, ma sarà tutto vano e il 10 giugno l'esercito di Radetzky entra in Vicenza. Concluse gli studi elementari nel 1850: scriverà poi di non avere «mai studiato con gran zelo quello che dovevo studiare, anche da ragazzetto leggevo con avidità ogni sorta di libri dilettevoli; per il vero studio non avevo nessun entusiasmo. Leggevo poi malissimo, in fretta e furia, disordinatamente [...] Il mio libro prediletto erano le Mémoires d'Outre-tombe del Chateaubriand. Andavo pazzo dell'autore; m'innamoravo fantasticamente di Lucile del Chateaubriand, come più tardi mi innamorai di Diana Vernon, un'eroina di Walter Scott». Nel 1856 inizia a frequentare il liceo; tra i suoi professori è il poeta Giacomo Zanella: «Fu lui che mi fece innamorare di Heinrich Heine. Io non vedevo, non sognavo più che Heine». Non si crea amici fra i suoi compagni di scuola: «Passavo per aristocratico, reputazione che ho poi avuto più o meno dappertutto per il mio esteriore freddo, riservato e soprattutto per il mio odio della trivialità» ed è un adolescente timido e romantico: «Le mie fantasie amorose erano sempre tanto fervide quanto aeree: mi figuravo di avere un'amante ideale, un essere sovrumano come Chateaubriand descrive la sua Silfide. Con le signore ero di un imbarazzo, d'una timidezza, di una goffaggine straordinarie». Scrive modeste poesie d'occasione, conservate in un suo quaderno e in lettere familiari, come una Campana a stormo, del 1855, o La Rassegnazione, del 1856. Terminato il liceo nel 1858, i suoi interessi lo spingerebbero verso studi di letteratura ma trova l'opposizione del padre, che non trova in lui capacità letterarie e intende farne un avvocato. Iscritto all'Università di Padova, tra alcune lunghe malattie e la stessa chiusura d'autorità dell'Università nel 1859 a causa delle proteste studentesche contro il regime austriaco, Antonio perde due anni di studi. Nel novembre del 1860 la famiglia Fogazzaro si trasferisce a Torino e Antonio è iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università sabauda. Studia poco e malvolentieri, frequenta più spesso i caffè, giocando al biliardo, che le aule dell'Università e perde anche la fede cattolica; scrisse poi di aver provato allora «una certa soddisfazione come per aver rotto una catena pesante; sentivo però anche un lontano dubbio di errare. Lo provai specialmente la prima Pasqua che passai senza Sacramenti. So di avere passato delle ore di grande agitazione interna, passeggiando per il giardino deserto del Valentino». Continua a scrivere poesie e il giornale Universo ne pubblica alcune nel 1863: si ricordano Campana del Mezzogiorno, Nuvola, Ricordanza del Lago di Como; si laurea nel 1864 con voti modesti. Nel novembre dell'anno successivo la famiglia si trasferisce a Milano e Antonio svolge il proprio praticantato presso uno studio legale. Fogazzaro conosceva fin dall'infanzia la famiglia vicentina dei conti Valmarana; rivide in particolare la giovane Margherita già a Torino nel 1862 e poi durante le vacanze degli anni successivi, finché i Valmarana resero visita a Milano alla famiglia Fogazzaro nel 1866, in quella che doveva essere la preparazione a una richiesta di fidanzamento, avvenuta qualche mese dopo. I due giovani si sposarono il 31 luglio 1866 a Vicenza, da poco occupata dalle truppe italiane a seguito della terza guerra di indipendenza, e pochi mesi prima che il Veneto entrasse ufficialmente a far parte del Regno d'Italia. Il suo lavoro di collaboratore svogliato di uno studio legale non gli permette di mantenere se stesso e la moglie senza il soccorso economico della sua famiglia di origine. A Milano conosce Abbondio Chialiva, un vecchio carbonaro che lo introduce nell'ambiente letterario degli scapigliati, scrittori che, come Emilio Praga, i fratelli Arrigo e Camillo Boito, Iginio Ugo Tarchetti, cercavano, consapevoli del provincialismo letterario italiano, nuove strade nell'arte, rifacendosi alle tradizioni romantiche tedesche e francesi. Si lega in particolare con Arrigo Boito ma non farà mai parte di quella corrente che, per quanto confusa e velleitaria, appariva troppo ribelle ai suoi occhi di borghese conservatore e intimamente conformista. Nel 1868 supera gli esami di abilitazione alla professione di avvocato; scrive allo zio Giuseppe il 21 maggio: «Eccomi avvocato; bell'affare per i miei futuri clienti! Intanto metto il Codice Civile in disponibilità, mando la Procedura in licenza e condanno il Codice Penale alla reclusione». Pensa infatti di dedicarsi ancora alla poesia; nel 1869 nasce Gina, la prima figlia, e intanto comincia a lavorare a un romanzo e a un poemetto in versi. Miranda Fogazzaro inviò al padre il manoscritto del poemetto Miranda il 3 dicembre 1873: «A me pare buono e in certe parti, devo dirtelo? molto buono, ma sono il primo a convenire che tutti gli autori, sino a' più ladri, hanno la stessa opinione delle cose proprie». Anche al padre, che è deputato del collegio di Marostica al Parlamento italiano, l'opera pare «bella, bellissima [...] ho divorato i tuoi versi tutti d'un fiato [...]» e ricerca un editore che la pubblichi, ricevendo tuttavia solo rifiuti, tanto da far pubblicare il libro a proprie spese nel 1874. Sollecitò giudizi da un letterato di fama come Gino Capponi che, non si sa con quanto spirito di circostanza, ne dà una valutazione lusinghiera ma riceve, il 15 giugno 1874, un giudizio netto e severo dal grande critico, e collega al Parlamento, Francesco de Sanctis: Miranda si compone di tre parti: La lettera, Il libro di Miranda e Il libro di Enrico svolgendo la vicenda di un amore irrealizzato: in Enrico, Fogazzaro avrebbe voluto rappresentare la figura di un giovane poeta estetizzante e troppo egoista per amare altri fuori di sé stesso, un figlio del suo tempo visto nel lato più negativo, mentre in Miranda è raffigurata una ragazza – come scrive il Gallarati Scotti (Vita di A. F.) - «nata tutta dal sogno, anima e corpo, e dei sogni ha perciò il pallore e l'inconsistenza. I suoi piedi non toccano terra e il suo cuore, in fondo, non batte con violenza, come chi ami in questo mondo reale un uomo reale [...] essa ci commuove per quel tanto del mondo interiore che del suo poeta che si accende in lei. Ma non appena essa si muove come un personaggio che è centro di un piccolo intreccio di avvenimenti [...] noi sentiamo che essa non ha mai avuto vita vera». Se non ai critici e ai letterati, quella poesia piacque però al pubblico dei lettori dei quali solleticava l'allora dominante spirito sentimentale e Fogazzaro ne trasse incoraggiamento per proseguire nella via intrapresa della scrittura letteraria. Valsolda Due anni dopo, nel 1876, esce la raccolta di versi Valsolda, legata alla omonima località sul lago di Lugano, presso una piccola casa editrice milanese, giacché il maggior editore dell'epoca, il Treves, rifiuta di pubblicarla. Questa volta, all'insuccesso critico si somma la delusione del pubblico, che in quei versi non trova il tono sentimentale di Miranda, che tanto era piaciuto agli spiriti romantici del tempo; in Valsolda Fogazzaro privilegia la nota paesistica ma il suo verseggiare, pur immaginoso e musicale, è privo di note personali, ha un che di accatto dilettantesco: vi si trova del Prati e dello Zanella, dell'Aleardi, dell'Hugo e del Heine, ma la poesia è assente. Era intanto ritornato alla fede cattolica; scriverà anni dopo che a questo passo un influsso decisivo aveva avuto un libro di Joseph Gratry, la Philosophie du Credo: «Volevo aver fede, riposarmi, ristorarmi in Dio, sola pace sicura, e tante volte non potevo. Incominciai a leggere con desiderio e speranza; ero molto commosso quando chiusi il libro». Malombra Fu forse la consapevolezza di non avere nelle sue corde l'espressione poetica a spingerlo verso la prosa. Iniziato nella seconda metà degli anni settanta, nel 1881 esce il suo primo romanzo, Malombra. Protagonista è Marina di Malombra, bella e psicotica nipote del conte Cesare d'Ormengo, nel cui palazzo vive dopo la morte dei genitori. Qui trova casualmente un biglietto scritto nei primi anni dell'Ottocento da un'antenata – moglie infelice del padre del conte d'Ormengo e amante di un certo Renato – Cecilia Varrega, che invitava chi avesse trovato il suo messaggio a vendicarla contro i discendenti del marito. Puntualmente Marina, che si considera una reincarnazione della disgraziata Cecilia, consumerà la vendetta, facendo morire lo zio Cesare e uccidendo lo scrittore Corrado Silla, a sua volta considerato come la reincarnazione dell'amante di Cecilia. In una notte tempestosa, Marina scomparirà nelle oscure acque del lago. I protagonisti del romanzo, Marina e Corrado, sono figure che Fogazzaro riprenderà pressoché in tutti i suoi romanzi successivi: Marina è la donna bella, aristocratica, sensuale ma inafferrabile, inquieta e nevrotica; Corrado Silla è l'intellettuale ispirato da importanti ideali che vorrebbe realizzare, ma ne è impedito dalle lusinghe del mondo e dall'inettitudine che lui stesso sente come fondamento del proprio essere. Nel romanzo, percorso da un'atmosfera morbosa di occultismo, sensualità e morte, Fogazzaro introduce personaggi umoristici e generosi (il segretario del conte e sua figlia Edith, di casta purezza) o macchiettistici, come la contessa Fosca e il figlio Nepo. L'utilizzo del dialetto nei dialoghi di alcuni personaggi e il cogliere l'umana cordialità della provincia lombarda attenua la tensione di mistero e d'imminente tragedia che agita la vicenda. Il libro, che mostra anche gli interessi spiritisti dello scrittore, suscitò reazioni contrastanti. Criticato da Salvatore Farina e da Enrico Panzacchi, fu parzialmente lodato da Giovanni Verga, che lo definì «una delle più alte e delle più artistiche concezioni romantiche che siano comparse ai nostri giorni in Italia». Anche Giuseppe Giacosa lo descrisse come «il più bel libro che siasi pubblicato in Italia dopo I promessi sposi», ma le maggiori riviste letterarie non lo citarono nemmeno. La vicenda è ambientata sulle rive del lago del Segrino, un piccolo lago della Brianza comasca. Il palazzo, invece, è l'antica villa Pliniana sul Lago di Como, che Fogazzaro visitò e che con la sua lugubre atmosfera costituì una delle principali fonti di ispirazione del romanzo. La versione cinematografica di Mario Soldati (1942), uno dei capolavori del cinema italiano, venne girata nella stessa villa Pliniana. Daniele Cortis Si conosce con esattezza il periodo di composizione del successivo romanzo, il Daniele Cortis, indicato dallo stesso scrittore: iniziato il 30 maggio 1881, fu compiuto l'11 marzo 1884. In tale periodo Fogazzaro ebbe una relazione, che si prolungherà per una decina d'anni, con Felicitas Buchner, una bavarese istitutrice dei figli del cognato dello scrittore, vissuta da entrambi con forti sensi di colpa, fra sensualità e volontà misticheggianti, che si riflette nello stesso intreccio del romanzo. Protagonista è un deputato cattolico che si propone la costituzione di un nuovo partito nel panorama dell'Italia del tempo, una democrazia cristiana che raccolga l'adesione dei tanti cattolici alla vita politica – vietata allora dal Non expedit papale – e abbia a capo un uomo di alte qualità intellettuali e morali. Il tentativo si rivela un fallimento, come un fallimento è la vicenda d'amore del Cortis con la cugina Elena, sposata a un personaggio indegno, che si conclude con la rinuncia in nome di un amore sublimato nel sacrificio e nella lontananza degli amanti. Nel romanzo Fogazzaro esprime, per bocca del suo protagonista, le proprie convinzioni politiche: «Io lascerò dunque la Camera, augurando che vi entrino presto degli uomini sciolti dalle superstizioni e dalle ignoranze di un certo individualismo liberale, che si crede alla testa dell'umanità, e non s'accorge di passare alla coda; non si accorge di aver lavorato utilmente sì, a distruggere tante cose, ma di aver lavorato non per sé, sibbene per uno molto più forte, molto più potente, che ora, trovando le vie sgombre, arriva e se lo piglia lui il mondo, e lascerà forse a simili liberali qualche prato d'Arcadia e poche pecore. Questi uomini penetrati dal futuro, questa gente positiva, verrà alla Camera, convinta, a differenza di altri retori e mitologi, che nel lungo lavoro di rinnovamento sociale cui le forme moderne della produzione impongono, il migliore strumento sarà una monarchia forte, sciolta da qualunque legame con qualunque chiesa, ma profondamente rispettosa del sentimento religioso». Il libro ebbe successo e il Giuseppe Giacosa, che lo propose all'editore torinese Casanova per la pubblicazione, scrisse a Fogazzaro che « [...] Daniele Cortis va per la strada del trionfo. Quanti lo leggono ne sono entusiasti; io me lo rilessi e me lo gustai deliziosamente: ho inteso Verga esclamare leggendolo: questo non è solamente il primo romanziere d'Italia ma dei primissimi in Europa». Il mistero del poeta Nel 1887 comparve una mediocre raccolta di novelle e poesie, Fedele e altre novelle; l'11 aprile di quell'anno morì il padre: la figura di Mariano Fogazzaro rivivrà nel protagonista del suo migliore romanzo, Piccolo mondo antico da cui è tratto l'omonimo film del 1941 ad opera di Mario Soldati, che ne consacra il titolo fra i classici del cinema italiano. Il 28 marzo Fogazzaro aveva tenuto al Circolo filologico di Firenze una conferenza sul tema Un'opinione di Alessandro Manzoni, criticando il rifiuto dello scrittore milanese di trattare nel suo romanzo dell'amore – più propriamente potremmo dire dell'erotismo. Manzoni aveva scritto, motivando con la consueta, sottile ironia, la sua scelta, che « [...] l'amore è necessario a questo mondo: ma ve n'ha quanto basta e non fa mestieri che altri si dia la briga di coltivarlo; e che col volerlo coltivare non si fa altro che farlo nascere dove non fa bisogno». Fogazzaro, romanziere del resto estraneo in tutto al Manzoni, ne critica l'assunto, sostenendo che è proprio dell'arte dover esaltare l'amore che « [...] incompreso da loro stessi tende continuamente là, aspira al suo fine, all'unità piena, impossibile su questa terra». È la teorizzazione del "grande amore", quello esclusivo, delle anime nobili o singolari o tormentate, un amore che appartiene sostanzialmente alla letteratura ma non alla realtà. Fogazzaro e l'evoluzionismo darwiniano Con L'origine delle specie (The Origin of Species), pubblicata nel 1859, Charles Darwin diede un colpo decisivo sia alle teorie creazioniste che si fondavano sulla tradizione biblica dell'origine delle specie, sia all'evoluzionismo lamarckiano che postulava che gli organismi fossero il risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni ambientali. Nonostante le polemiche sulla teoria darwiniana si trascinassero ancora per diversi decenni, Fogazzaro, che lesse il libro del Darwin nel 1889, ne fu conquistato e turbato insieme; consapevole dei seri problemi che la nuova teoria, alla quale aderì senza riserve, comportava per il magistero della Chiesa, egli volle tentare di conciliarla con la tradizione del pensiero cattolico. Credette di trovarla nella lettura del libro di Joseph LeConte Evolution and its relations with religious thought, ove lo scrittore statunitense formula l'ipotesi che le forze naturali responsabili dell'evoluzione delle specie sarebbero una diretta emanazione della volontà divina. Con questo spirito Fogazzaro tenne, il 22 febbraio 1891, una conferenza all'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti di Venezia (del quale sarà anche presidente tra il 1902 e il 1905), sul tema Per un recente raffronto delle teorie di Sant'Agostino e di Darwin sull'evoluzione, che tuttavia scontentò i cattolici senza peraltro conquistarsi le simpatie dei darwiniani. Il vescovo di Cremona Geremia Bonomelli gli scrisse il 2 maggio invitandolo alla prudenza, perché «le ottime sue pagine sono gravissime e domandano maggior svolgimento: è necessario a cessare certi pericoli e certe accuse». Fogazzaro rispose due giorni dopo sostenendo di essere stato spinto, « [...] col desiderio sincero di dar gloria di Dio», a contrastare « [...] la protervia, la ignoranza e la malafede di quegli evoluzionisti che giudicano spacciato il cristianesimo e così predicano facendo un male immenso come io stimo, sopra tutto ai giovani di ingegno e di cuore, cui la dottrina dell'Evoluzione, ormai professata da una grande maggioranza di scienziati, invincibilmente attrae». Il 2 marzo 1893 tenne, al Collegio Romano, una conferenza sull'Origine dell'uomo e il sentimento religioso, presente anche la regina Margherita di Savoia, ove ribadì la sua adesione alla teoria darwiniana, sostenendo anche la teoria, ripresa da Antonio Rosmini, sull'origine dell'anima che non si formerebbe immediatamente con l'embrione, ma solo dopo un certo grado del suo sviluppo. Fu attaccato dal quotidiano L'Osservatore Cattolico il 16 marzo e da La Civiltà Cattolica il 15 e il 31 ottobre che rimproverò che un « [...] laico di sua privata autorità si presenta a insegnare ad altri fedeli ciò che è o non è da credere e come s'abbia a concepire d'ora innanzi la creazione», ravvisando in questa pretesa un pericolo di compromissione non solo della dottrina teologica ma della stessa struttura gerarchica della Chiesa. Lo studioso vicentino Paolo Marangon scrive: «In buona sostanza l'autore di Piccolo mondo antico, nel momento stesso in cui riconosce la grandezza di Darwin e la sua onestà di studioso, ne riduce l'opera a livello di spiegazione tecnica dell'origine e della varietà delle specie, sostituendo il meccanismo mutazione-selezione-caso tipico del darwinismo con un Potere occulto, una segreta Potenza, che presiederebbe internamente non solo al processo dell'evoluzione biologica, ma all'ascensione complessiva dell'universo e della storia umana secondo un immenso, imperscrutabile disegno trascendente». Piccolo mondo antico Nel luglio 1894 decise di cessare la relazione con la Buchner – la Elena del Daniele Cortis – la quale, dopo la morte di Fogazzaro scrisse al Gallarati Scotti, nel settembre 1911, che dopo aver provato «[...] un dolore amaro, durai fatica a perdonare; la ragione comprendeva molto bene ma il cuore non voleva comprendere, si ribellava [...] tre anni fa [...] avevo ritrovato l'equilibrio morale e sentivo che quel passato era un tesoro che nessuno poteva togliermi [...] cominciavo a dire al Signore, pensando all'amore perduto: Tu l'hai donato, tu l'hai tolto, sia benedetta la tua mano severa». Il 16 maggio 1895 morì a vent'anni il figlio Mariano; scrisse alla cugina Anna: «[...] adesso è lui che guida me, è lui che mi assiste, che mi consiglia, che mi aiuta col mio stesso pianto». L'anno dopo uscì il suo capolavoro, Piccolo mondo antico, meditato e lentamente composto fin dal 1889. Ambientata negli anni che precedono la seconda guerra di indipendenza, sullo sfondo del lago di Lugano, è la storia della famiglia del nobile Franco Maironi, cattolico e liberale, e della piccolo borghese Luisa Rigey, al cui matrimonio si era opposta la filoaustriaca marchesa Orsola, nonna di Franco. Le difficoltà economiche e il senso profondo di schiettezza e di giustizia che anima Luisa, rispetto al carattere flessibile di Franco, rendono difficile il rapporto fra i due coniugi fino ad allontanarli quando la piccola figlia Maria muore annegando nel lago; ma mentre Luisa si chiude in sé stessa e si dedica allo spiritismo nell'illusione di ricostituire un contatto con la bambina, Franco si trasferisce a Torino, dove lavora e acquisisce la coscienza della necessità di partecipare attivamente alla liberazione delle terre italiane dall'occupazione austriaca. Il romanzo si conclude con l'incontro dei due coniugi all'Isola Bella, nel 1859, dove Franco s'imbarca per raggiungere la riva lombarda del lago Maggiore e combattere con le truppe italiane: l'annuncio del rinnovamento risorgimentale allude a un prossimo, rinnovato rapporto tra Franco e Luisa. Come scrisse il Gallarati Scotti nella sua biografia, in questo romanzo il Fogazzaro «[...] ha scoperto le pure sorgenti della sua sincerità e della sua ispirazione. L'accento nuovo e originale egli l'ha trovato nella rinuncia a tutti i sentimenti torbidi e convenzionali che attraggono le masse e in una più intima comunione con gli ideali che gli erano stati trasmessi dai suoi padri; con gli uomini e la terra della sua infanzia. Egli ha voluto glorificare le cose umili e non comprese dal mondo: un paese nascosto tra le ultime pieghe della terra lombarda; anime generose, dolorose e buone, nascoste tra le pieghe della grande storia del Risorgimento; virtù eroiche ma non apparenti, vicende piane, affetti sani, l'amore nel matrimonio, il dolore nella famiglia, il dramma intimo fra le pareti di una modesta casa borghese». Fu l'unanime successo del romanzo a spingere re Umberto I a emanare, il 25 ottobre 1896, il decreto di nomina a senatore del Fogazzaro il quale tuttavia, avendo un censo inferiore alle canoniche 3.000 lire d'imposta, poté entrare in Senato solo il 14 giugno 1900, soddisfacendo allora ai requisiti richiesti. Il 2 marzo 1897, centenario della nascita di Antonio Rosmini, furono pubblicati dall'Accademia degli Agiati di Rovereto due volumi sul filosofo trentino, nei quali è contenuto anche lo studio di Fogazzaro La figura di Antonio Rosmini, da lui considerato «[...] il propugnatore dell'unità italiana, delle istituzioni liberali e d'una riforma ecclesiastica; il contraddittore formidabile di certi teologi e moralisti e soprattutto il patrono, per così dire, di una specie di opposizione costituzionale cattolica, che osa disapprovare l'azione del partito preponderante nella Chiesa». Il 6 giugno, a Vicenza, tenne un discorso dalla loggia della Basilica Palladiana per l'inaugurazione di un busto di Cavour, esaltando l'opera del politico piemontese che «[...] affrontò intrepido, per la libertà dei commerci, le collere di plebi ingannate; stette nella questione ecclesiastica, a difesa della libertà civile, contro tutto che nel suo paese era più potente, l'alto clero, gran parte della classe cui egli stesso appartenne, gli uomini più provati nel servizio del Re e dello Stato», opponendosi a ogni ipotesi di restaurazione del potere temporale e facendo propria la massima famosa della «Libera Chiesa in libero Stato». Piccolo mondo moderno Il 21 novembre 1900 terminò il manoscritto del nuovo romanzo Piccolo mondo moderno, pubblicato l'anno dopo. Protagonista è Piero Maironi, il figlio di Franco e Luisa; sposato a una donna mentalmente malata, è attratto dal fascino sensuale di Jeanne Dessalle, un'intellettuale raffinata, bella e ricca, appartenente al "bel mondo" internazionale; il rapporto, fatto di ambiguità e di desideri deviati, non si conclude: con la morte della moglie, Piero decide di vivere asceticamente, ripromettendosi di agire per la riforma della Chiesa. Anche per i protagonisti di questo romanzo può riferirsi il giudizio che Luigi Russo (I Narratori, 1922) diede per tutti gli altri – con l'esclusione di quelli di Piccolo mondo antico: «I personaggi del Fogazzaro parlano spesso di Dio, ma sempre in compagnia di una donna; immaginano di amare, ma non amano mai attivamente: sentono i contrasti e i richiami dei doveri superiori, ma come se obbedissero allo scatto di una molla meccanica. Donde quel misticismo diffuso, quell'erotismo cronico, che non arriva mai a una conclusiva catarsi di vita e di arte». Il 20 luglio 1903 morì papa Leone XIII: a suo successore, Fogazzaro sperava nell'elezione del cardinale Alfonso Capecelatro di Castelpagano, nel quale credeva di vedere interpretati i suoi desideri di rinnovamento della Chiesa; ma il 4 agosto venne eletto il cardinale Giuseppe Sarto, col nome di Pio X. Fu una delusione per lo scrittore, che vide nel nuovo papa uno spirito semplice, persino rude, ma nemico delle sottigliezze della politica come dei tormenti delle meditazioni dell'intelletto; ne temeva un'accentuazione dell'autoritarismo gerarchico e una chiusura nei confronti dello spirito più moderno. Il Santo Il 27 dicembre 1902 Fogazzaro scriveva al vescovo Geremia Bonomelli che le « [...] letture di Loisy, di Houtin, di Tyrrell, conversazioni con Semeria, P. Gazzola, don Brizio, P. Genocchi mi hanno scosso, illuminata, qualche volta pure, se vuole, turbata l'anima; turbata di quel turbamento del quale il Tyrrell dice che è facile prenderlo per una febbre mortale mentre non è che una febbre di sviluppo. Ho finalmente capito, leggendo quei libri, quello che Semeria mi disse anni sono: "bisogna conoscere la critica biblica"» e alla contessa Caterina Colleoni: « [...] ora ho per le mani due libri nuovi dell'abate Loisy: L'Evangile et l'Eglise è una confutazione di Harnack che mi fa particolarmente piacere, perché Harnack col suo cristianesimo depurato (Das Wesen des Christenthums) mi pare abbia sedotto molti». Il Loisy sosteneva che la Chiesa aveva mostrato nella storia capacità di adattare i dogmi ai bisogni dei tempi, senza con ciò alterare la propria tradizione; il 16 dicembre 1903 il Sant'Uffizio condannava gli scritti del Loisy, al quale Fogazzaro fece pervenire la propria solidarietà. Nel novembre 1905 uscì il nuovo romanzo Il Santo, protagonista ancora Piero Maironi che, ortolano nell'abbazia benedettina di Subiaco, si fa chiamare Benedetto e conduce una vita di preghiera e di penitenza. Qui è riconosciuto da Jeanne Dassalle che, rimasta vedova, sperava di poter riallacciare una relazione ma si rende subito conto che Piero è ormai troppo mutato; venerato come un santo nel paesino di Jenne, Piero va a Roma, contando di convincere lo stesso papa della necessità di una radicale riforma della Chiesa, ma viene ostacolato tanto dai cattolici tradizionalisti che dagli esponenti dello Stato laico. Sfiduciato e malato, muore in casa di un amico, assistito da Jeanne. Se non ebbe successo di critica, grande fu la sua risonanza fra il pubblico; gli espresse la propria ammirazione perfino il presidente degli Stati Uniti d'America – e premio Nobel per la pace – Theodore Roosevelt: « [...] it is a good book for any sincerly religious man or woman of any creed, provided only that he realizes that conduct counts for more than dogma», ma fu condannato tanto dai laici intransigenti quanto dai cattolici. Si pensò subito alla sua messa allIndice: nel romanzo, il personaggio di padre Clemente, monaco di Subiaco, sostiene che « [...] probabilmente dopo la morte le anime umane si troveranno in uno stato e in un ambiente regolati da leggi naturali come in questa vita» e Piero sostiene la presenza attiva delle anime dei defunti su questa terra. E in effetti, il 4 aprile 1906 il libro fu condannato con un Decreto della Congregazione dell'Indice. Lo scrittore fece atto di obbedienza: « [...] ho risoluto fin dal primo momento di prestare al Decreto quella obbedienza che è mio dovere di cattolico, ossia di non discuterlo, di non operare in contraddizione di esso autorizzando altre traduzioni e ristampe». Leila Pur avendo fatto atto di sottomissione, Fogazzaro continuò a ribadire la convinzione della necessità di un rinnovamento delle istituzioni ecclesiali che le rendessero aperte alle esigenze dello spirito moderno. Il 18 gennaio 1907 tenne all'École des Hautes Études di Parigi una conferenza su Le idee di Giovanni Selva, uno dei personaggi del romanzo Il Santo, l'intellettuale modernista le cui dottrine sono riprese da Piero Maironi. Vi sostiene che « [...] l'avvenire vedrà uno straordinario ringiovanimento della Chiesa», certo che vi coopereranno forze nuove e vitali. La religione è per lui, più che dogma, azione e vita, e soprattutto carità attiva e amore fraterno, le migliori dimostrazioni della verità cattolica, e un rinnovato spirito evangelico quale egli credeva di vedere espresso da un George Tyrrell « [...] l'uomo davanti al quale tutti i Giovanni Selva del mondo s'inchinano con venerazione», che tuttavia la Chiesa scomunicherà solo pochi mesi dopo. A ribadire ogni chiusura col mondo moderno viene, l'8 settembre 1907, l'enciclica Pascendi Dominici gregis, che condanna il movimento modernista, accusato di non porre « [...] già la scure ai rami e ai germogli, ma alla radice medesima, cioè alla fede e alle fibre di lei più profonde [...] ogni modernista sostiene e quasi compendia in sé molteplici personaggi: quello di filosofo, di credente, di teologo, di storico, di critico, di apologista, di riformatore»; di qui la necessità di istituire in ogni Diocesi un Consiglio di disciplina che scruti « [...] gli indizi di modernismo tanto nei libri che nell'insegnamento, con prudenza, pacatezza ed efficacia, stabilendo quanto è necessario per l'incolumità del clero e della gioventù». Come scrive il Gallarati Scotti, « [...] si entrava in un'ora grigia di spionaggi e di denunce, forme odiose e non infrequenti in tutti i secoli e in tutte le società, ma che il Fogazzaro s'illudeva non dovessero e non potessero mai più risorgere nel mondo cosiddetto moderno e che perciò lo turbavano e gli parevano maggior male degli errori stessi, per l'antipatia che avrebbero provocato nei regimi di libertà contro la Chiesa». Iniziato nel 1905, Leila, l'ultimo romanzo di Fogazzaro, fu presentato a Milano l'11 novembre 1910 ma era già noto da una decina di giorni: infatti, il 10 novembre, il critico Giuseppe Antonio Borgese poteva già scriveva dalle colonne de La Stampa di Torino che « [...] i personaggi di Leila partecipano vivamente alla vita dello spirito. Vi sono i rappresentanti dell'estrema destra, l'arciprete don Tita, il canonico don Emanuele, le bizzochere che fan loro bordone, gente di costumi immacolati, ma di cuor gretto e di mente chiusa, cristiani osservantissimi secondo la lettera, ma ignari di ciò che sia veramente la fede e la carità, sepolcri imbiancati. La gente di mal costume, il losco sior Momi, padre di Leila, la madre galante, i furbi e gl'imbroglioni fan lega con costoro: sante alleanze. L'estrema sinistra è rappresentata, fino a un certo punto, da Massimo Alberti. Egli è divenuto un vero e proprio modernista. Scolaro ed amico del Santo, ne ha portato tropp'oltre gli insegnamenti, è giunto a credere che l'organismo del cattolicesimo è consunto, e che dalla Chiesa esaurita nascerà una nuova fede migliore, come dalla Sinagoga nacque la Chiesa [...] Leila è l'estrema ombra fuggiasca di quella figura femminile che ha per lunghi anni tormentato la fantasia di Fogazzaro, l'estrema progenie spirituale di quella "sciura Luisa", devota a un'altra fede morale nel cuore, vagamente e capricciosamente ribelle alla Chiesa nella sua piccola mente irrequieta. Ma è appena un'ombra, è appena un ricordo. Le sue crisi sono scatti di nervi provocati da onde torbide di sensualità». Fogazzaro scrisse di aver voluto, col nuovo romanzo, presentare una « [...] propaganda religiosa e morale conforme alle mie profonde convinzioni cristiane e cattoliche, ottenuta rappresentando un'anima ignara delle lotte che oggi straziano la Chiesa, penetrata di Vangelo e ferma nelle credenze tradizionali», così che il libro deluse tanto i cattolici progressisti che i conservatori e fu condannato dalla Chiesa. Gli ultimi mesi della sua vita furono segnati dalla delusione e dal senso di aver fatto il proprio tempo. Era molto malato e alla fine di febbraio venne ricoverato all'Ospedale di Vicenza: operato il 4 marzo 1911, si aggravò rapidamente; il 7 marzo ricevette l'unzione degli infermi: « [...] con le labbra già bianche della morte, l'agonizzante rispose con l'ultimo soffio di voce alle preghiere della Chiesa: amen. E chi gli era vicino comprese che egli si era addormentato in lumine Vitae». Giudizio della critica Un saggio di Benedetto Croce, apparso nel 1903 e poi inserito nella sua Letteratura della nuova Italia, era molto critico nei confronti del vicentino: « [...] cattolico, tiene fermo persino all'infallibilità del papa: ma è insieme ossequente alla moderna scienza naturale darvinistica, e pensa che la fede non le si opponga, e anzi la compia e le si armonizzi; e riconosce importanza ai fenomeni della suggestione, della telepatia, dello sdoppiamento, della chiaroveggenza, dello spiritismo, come segni di futura unione della scienza con la fede.» Messa così in luce la contraddizione fra il panteismo dinamico di Darwin e la fede in un Dio trascendente di Fogazzaro, e rilevato anche come l'etica dello scrittore odorasse « [...] di blandizie e di alcova», il filosofo napoletano ne criticava la visione politica: « [...] la sua politica sembra antistorica, un neoguelfismo socialistico, che la chiesa e il gesuitismo imperante respingeranno, salvo il caso che non si riveli adatto a servire da maschera a intenti di reazione». Il critico Natalino Sapegno coglie nel poemetto Miranda e nelle liriche di Valsolda gli elementi della formazione letteraria di Fogazzaro: il romanticismo sentimentale di Aleardo Aleardi e certe irrequietezze della Scapigliatura. I temi dei romanzi, evidenziati da Sapegno, sono: il gusto degli ambienti aristocratici, dei conflitti interiori che agitano le anime elette e i cuori sensibili; gli influssi del Romanticismo, specie inglese tedesco e francese; il lirismo e l'ambiguità delle situazioni tra erotiche e religiose, infernali e paradisiache; la tendenza all'autobiografia; l'amore del vago, dello strano, del misterioso; il cattolicesimo torbido e combattuto, incerto fra tradizione e rinnovamento. Importante fu poi per lo scrittore l'adesione al modernismo. Mentre la biografia del Gallarati Scotti resta fondamentale per la mole di informazioni che racchiude, ma poco plausibile per l'intenzionalità programmatica di presentare la sua vita come un itinerarium ad Deum, lo scrittore fu ammirato dal Momigliano, che trovava in lui « [...] un'inquietudine, un'ombra, un'indeterminatezza, che il nostro romanticismo non aveva conosciuto e che ti fa pensare a uno Chateaubriand meno solenne e più nervoso. Lo spirito del paesaggio del Fogazzaro non è pittoresco, ma musicale: Fogazzaro, in certo modo, ha preceduto Pascoli, e aperto in Italia la via di quella sensibilità indefinita, fatta di accordi occulti che accosta inevitabilmente la poesia alla musica». Scrisse il Piromalli che Fogazzaro era stato giudicato « [...] in relazione a una determinata società ottocentesca chiusa e narcisista, era uno scrittore di un luogo e di un tempo, di un particolare pubblico; saltavano in aria l'universalità e l'eternità; il magismo musicale che i crociani vi avevano rinvenuto era l'estenuazione letteraria del sentimentalismo veneto tardo-romantico, era l'elegia della falsa spiritualità, l'orgoglio fatuo di volere essere spiritualmente al di sopra degli altri, di avere per sé e per il proprio amore un cantuccio riservato in un paradiso dell'aldilà quando le leggi della società civile non lo consentivano sulla terra», finché un saggio di Gaetano Trombatore, pubblicato nel 1945, « [...] aveva fatto cadere le impalcature mistificatrici, i belletti fasulli, la maschera idealistico-cattolica, aveva fatto vedere la miseria morale di una società angusta e greve». In realtà Fogazzaro è stato uno dei romanzieri italiani più aggiornati e consapevoli (da qui la sua fortuna internazionale): la sua critica alle debolezze concettuali della cultura decadente, in particolare all'estetizzazione del male, operata da Charles Baudelaire, è arrivata diversi decenni prima di quella identica proposta da autori come Hermann Broch o Elias Canetti. Fogazzaro fu ripetutamente candidato al Premio Nobel per la letteratura che, pur essendo tra i favoriti, non vinse mai. Il pubblico di Fogazzaro «Fogazzaro fu l'idolo della borghesia italiana nel periodo che corre all'incirca tra il 1880 e il 1910; dell'alta borghesia prevalentemente intellettuale e terriera, che confinava con l'aristocrazia, con cui talvolta riusciva a confondersi; e anche della borghesia media e piccola in quanto seguiva i gusti di quella e ne condivideva i sentimenti e ne ammirava le forme. E fu adesione tanto più spontanea e naturale, in quanto lo scrittore stesso apparteneva a quella classe sociale; e vi apparteneva non pure per la nascita, ma per la sua formazione intellettuale e morale, con tutte le fibre del suo essere» (Gaetano Trombatore). Se scrittori come il Farina, il Barrili e il Rovetta, pur scrivendo per gli stessi lettori, non ebbero il suo stesso successo, si dovette, secondo il Trombatore, al fatto che essi non li seppero, come fece il Fogazzaro, « [...] scuotere e rasserenare, commuovere e divertire e lusingare, e soprattutto non seppero farli vivere, e vivere pienamente, in un mondo che pareva reale ed era ideale, che pareva ideale ed era reale, e che rimaneva pur sempre il loro mondo». I personaggi dei romanzi di Fogazzaro appartengono essi stessi alla borghesia « [...] ma i loro parenti sono conti e marchesi; accanto al lustro dei blasoni essi portano la luce della loro nobiltà d'animo, della loro intelligenza, della loro cultura, e vivono perfettamente intonati in quegli ambienti di elegante mondanità. Siamo in quella zona di confine in cui le due classi riescono a convivere fino a confondersi insieme. La scena è di solito una villa con un paesetto fra i monti o in riva a un lago; ma non così isolata che non vi giungano le voci del mondo circostante. Non manca in Malombra qualche riflesso della mondanità milanese, c'è la mondanità romana del Santo; e non bisogna neanche dimenticare le località del turismo mondano, Isola Bella, l'abbazia di Praglia, Subiaco, Bruges, Norimberga. Ecco veramente gli ambienti in cui potevano alimentarsi e fiorire i nobili pensieri, le alte passioni. Il Fogazzaro non deludeva mai i suoi lettori. Mentre rispondeva alle loro tendenze sentimentali e morali, egli ne appagava e ne lusingava le esigenze mondane e intellettuali». I lettori che amavano Fogazzaro « [...] aspiravano, almeno nell'illusione, a evadere in una vita più nobile e alta, avevan perduta la fede e volevano credere, si sentivano insozzati di colpa e anelavano alla purezza, volevano amare non grettamente ma col tumulto dei sensi e dell'anima: lo scrittore offrì il vasto pascolo ideale che cercavano, fece, di là dalle tenebre della carne, balenare la sublimità dello Spirito, ed essi arsero nella fiamma della sua anima». Il declino del successo sopravvenne con un mutamento del gusto che pure partiva da quelle premesse, il romanticismo crepuscolare espresso dallo scrittore vicentino non essendo più adeguato all'esigenza di un «...sublime che, abbandonata la sua sede sopramondana, si celebrasse tutto sulla terra, incarnandosi nell'individuo e sollevandolo sulla servile umanità a sbramare la sua bruciante sete di conquista e di dominio. Nacque, o meglio, si perfezionò così il gusto della vita come avventura inimitabile, e, secondo alcuni, il Fogazzaro dové a poco a poco consegnare i suoi lettori a un incantatore ben più agguerrito e più ricco di multiformi e incestuose magie: il despota dell'estetismo dannunziano, lordo di sangue e d'oro». In realtà, a Fogazzaro interessava una critica radicale dei presupposti dell'estetismo, del suo soggettivismo esasperato, come mostra chiaramente il romanzo Malombra: «Se l’illusa Emma Bovary di Gustave Flaubert è prima di tutto la giovane donna preda del ciarpame romantico di cui ha nutrito da ragazza il suo spirito, analogamente Marina incarna la deriva di quella cultura e degli sviluppi che essa aveva avuto alla metà dell’Ottocento. 'Non le mancava un solo romanzo della Sand' - osserva nel cap. V (Parte Prima) del romanzo l'autore, che descrive anche Corrado come un viaggiatore "fantastico", con un aggettivo capace di riportare subito, per associazione, a Ernst T. A. Hoffmann e al giovane «innamorato e fantastico come lo Stenio di George Sand» dell’operetta satirico-parodica Un romanzo in vapore dell'estroso Collodi. Ciò chiarisce meglio perché Fogazzaro proceda ad una "contemporaneizzazione del fantastico", unendo nella sua narrazione alcuni elementi realistici e altri contrari nel senso dell'astratto, della fascinazione, dell'oscuramente misterioso, dell'invisibile. Tale patronato letterario spiega anche molto dei personaggi: [...] per loro, i diritti della passione verranno prima di qualsiasi altra cosa o si dovranno imporre ineluttabilmente contro ogni barriera. Non per nulla Silla, orgoglioso, superbo, incapace di "giusto equilibrio" fra spirito e sensi, si definisce "inetto a vivere": ha "la forza [...] di resistere a qualunque disinganno, a qualunque amarezza", ha un "cuore ardente", ma gli mancano la "potenza" e "l’arte" per portare a compimento le cose (Parte Prima, cap. VIII). Per questa carenza di volontà, nel segno di Arthur Schopenhauer, [...] il personaggio sembra assomigliare piuttosto a certe moderne figure di Svevo e della narrativa nordica del Novecento. Corrado Silla vorrebbe resistere a Marina, ne avrebbe la possibilità, ma non riesce a compiere questa scelta morale.[...] Silla non è capace di seguire la sincera e appassionata Edith, letteralmente impaniato nella “mala ombra” del fascino di Marina: intelligente, questa, brillante, innamorata dell’amore oltre tutto e tutti, ma allo stesso tempo circondata da amicizie fatue, frivola, piena di sarcasmo, di "pensieri torbidi" (Parte Prima, cap. IV), di uno spirito "scettico e falso" (Parte Prima, cap. I). In breve la giovane donna è angelo e demonio insieme. Marina è, come Enrico di Miranda al maschile, una versione femminile del dandy: bella, elegante, sprezzante, ma anche capricciosa, annoiata e ricca di odio. Disdegna le parole di Friedrich Schiller e Johann Wolfgang Goethe che gli cita il segretario Steinegge, padre amatissimo di Edith, e possiede, significativamente accanto ai Fiori del male di Baudelaire che l’ebbe particolarmente cara, l’opera di Edgar Allan Poe, il cui destino fu presto segnato dall’alcoolismo e dalle allucinazioni. Inoltre "al concetto del bene e del male" Marina ha voluto sostituire "il concetto meno volgare del bello e del brutto" (Parte Prima, cap. V): cede così alla lusinga baudelairiana della bellezza del Male, confondendo l’etica con l’estetica e dando a quest’ultima il primato assoluto». L'amore Fogazzaro apparteneva dunque a una borghesia moderna e attiva e a un pubblico di tal fatta egli si rivolgeva; moderno, ma che teneva ben presenti le tradizioni di un cattolicesimo non gretto, ma sostanzialmente conservatore, capace di rendersi conto della necessità di accogliere quanto di nuovo lo sviluppo sociale proponesse ma senza stravolgimenti. Nella rappresentazione della vita familiare Fogazzaro si mosse seguendo quell'impostazione e, seguendo il proprio temperamento, preferì trattare, nell'ambito dei rapporti familiari, il tema dell'amore. «La precedente esperienza romantica aveva sancita l'incompatibilità dell'amore con il matrimonio, nel senso che l'amore non può raggiungere le vette della passione senza un forte ostacolo che lo alimenti e lo esasperi. Perciò l'amore fogazzariano è preconiugale o extraconiugale (nel caso di Franco e Luisa [i protagonisti di Piccolo mondo antico] la questione non verte sull'amore, ma sui contrasti ideologici dei due coniugi). Anche l'amore preconiugale si alimenta di ostacoli: in Violet [la protagonista de Il mistero del poeta] è il senso dell'occulta colpa, è il suo carattere irresoluto, è la sua salute cagionevole; in Leila è la fede giurata al morto fidanzato, è il suo orgoglio [...]. S'intende che la più ricca è l'impostazione dell'amore extraconiugale, quello di Piero e di Jeanne [in Piccolo mondo moderno] o quello di Daniele e di Elena [in Daniele Cortis], che è rimasto il più caratteristico. Ma sempre in lui l'amore è un ardore nascosto, una pena struggente, un lento spasimo, vi si sentono i brividi della voluttà sfiorata, le seduzioni del peccato; si rasenta l'orlo della colpa. Ecco l'innovazione: codesto amore ideale e platonico egli lo fa vivere alle sue eroine con le fiamme della passione vera, coi sensi sempre in subbuglio. Ma è sempre un amore d'eccezione e l'istituto matrimoniale, se non è proprio salvo, è almeno conservato; il Fogazzaro corre sempre ai ripari; ognuno patisce la sua tragedia nel chiuso della propria anima; non vi sono scandali; le norme della moralità borghese non sono sovvertite». Il romanticismo Il percorso del romanzo italiano quasi non conobbe il romanticismo, inteso come letteratura di forti contrasti, che spazino dal dramma all'idillio, dal sentimento del patetico alle vette del sublime; non poté averlo nel Manzoni, per il programmatico rifiuto di quello scrittore a farsi interprete dei pur tanti temi romantici che nei Promessi sposi erano presenti; quanto alla Scapigliatura, fu un fenomeno di breve durata, un'artefatta costruzione intellettualistica, non l'espressione di un'esigenza intimamente sentita; in Italia il romanticismo ebbe la sua maggiore espressione nella musica, raggiungendo il vertice del successo popolare nel melodramma verdiano. Secondo alcuni critici, fu proprio il Fogazzaro a farsi interprete dell'esigenza romantica presente nei lettori italiani: « [...] lo spirito borghese fu al tempo stesso il movente e il limite del romanticismo fogazzariano: lo fece nascere ma ne circoscrisse i motivi e l'intensità. Perciò non fu tutto genuino e compiuto; tuttavia, anche a giudicarlo deteriore, bisogna riconoscere che esso rispose largamente all'aspettativa. Il Fogazzaro ebbe il senso del Destino, pur senza saperne sceverare e decifrare il volto maligno e inesorabile, l'implacabilità che atterra e annichila; non seppe perciò riuscire veramente tragico, nel senso alto della parola, ma decadde nel suo surrogato che è il teatrale. Sincero e costante fu però il suo gusto delle situazioni drammatiche, e suggestive le sue evasioni nell'atmosfera del sublime [...]». Queste tempeste dell'anima sono vissute da esseri culturalmente e spiritualmente superiori: gli umili vivono accettando con semplicità la volontà divina, non le provano né le comprendono quando le vedono vissute dai "signori", e questo è motivo, nel Fogazzaro, di ricorrere all'umorismo e alle risorse del macchiettismo. In realtà, Fogazzaro alimenta la sua scrittura di un confronto profondo con il più impegnativo pensiero teologico, cosicché le consuete categorie "romanticismo", "macchiettismo" e simili, decadono subito non appena si individuino le sue fonti da sant'Agostino a Ruysbroek il Mirabile, da san Tommaso d'Aquino a Madame Guyon (che si chiamava Jeanne, si noti, come la protagonista di Piccolo mondo moderno). Ma nei protagonisti dei suoi romanzi vi è un « [...] mareggiare fra l'ideale e il reale, fra l'essere e il dover essere, fra un'ansia di elevazione e un ardore di perdizione. E da questo conflitto non si può uscire per una composizione armonica dei due termini, si può uscire solo per la via che conduce al sublime [...] e tutto quel vario agitarsi e cozzare di passioni aspira sempre a risolversi e a sublimarsi nell'atmosfera assorta del Mistero, dove, a tratti, par di scorgere anche il volto velato del Destino. Il tema del mistero è forse il tema più alto e romantico del Fogazzaro. Sempre è avvertibile in lui il senso di una nascosta, arcana realtà [...]. Allora anche la natura partecipa all'azione con una sua vasta coralità [...] Questo largo fremito romantico, non incomposto, anzi sempre decorosamente atteggiato, fu l'elemento decisivo della vittoria del Fogazzaro, quello per cui egli riuscì a rapire e a sollevare con sé l'animo dei suoi lettori». La religione Fogazzaro fu profondamente cattolico e osservante e se tentò di conciliare Darwin e sant'Agostino fu soltanto perché riteneva, così facendo, di non violare alcun articolo di fede. Anche la sua adesione al modernismo, che non portò a nessun contributo concreto, era dettata dalla sua convinzione di mantenersi nel solco dell'ortodossia, tanto che si piegò subito alla condanna. La sua vera innovazione fu l'espressione del sentimento religioso; in sintonia con le esigenze dei lettori del suo tempo, manifestò nei suoi romanzi una fede religiosa che « [...] si alleava con l'amore e si profumava di peccato; sempre compromessa, sempre in pericolo e pur sempre divincolantesi e risorgente, viveva nella coscienza e pur anche nel subcosciente; non era un fatto ma un fare perenne, un'inesausta esperienza. Perciò si attirava facili anatemi e sarcasmi; eppure sempre avvinceva, sempre attirava nel suo gorgo meduseo, specialmente le donne. E sempre salvo rimaneva il principio, sempre intatta splendeva la maestà di Dio. In fondo, la maggior seduzione dei romanzi del Fogazzaro consisteva nell'appagare il gusto borghese di affrontare il rischio e di ritraersene in tempo. Nella religione, come nella politica e nell'amore, si era condotti all'orlo del baratro, ma non ci si cadeva; si provavano le vertigini dell'abisso, ma da un fidato belvedere. Era come – tanto per restare nell'Ottocento e cioè in un'epoca che non conosceva ancora le acrobazie aeree – era come sulle montagne russe, che facevano sentire le ebbrezze delle ascese, le angosce dei vorticosi aggiramenti, lo spasimo della caduta; girava la testa, la coscienza si smarriva e si oscurava, ma solo per un attimo; il carrello funzionava a dovere, e alla fine si toccava terra palpitanti e felici». La politica Negli anni ottanta, dopo la caduta della Destra, era diffuso in Italia un senso di sfiducia e di scontento verso una classe politica, considerata corrotta e pronta a ogni compromesso, e verso il parlamentarismo, considerato inefficiente e limitante una possibile e auspicata azione della monarchia. Si era fatta largo l'idea che occorresse l'azione di un uomo forte, un Bismarck italiano che limitasse l'istituto parlamentare, desse forza alla monarchia, risolvesse la Questione romana e rendesse l'Italia autorevole e rispettata nel mondo. Sono le idee espresse nel Daniele Cortis e sono i progetti che Fogazzaro non ripresentò più nei suoi romanzi: nel Piccolo mondo antico torna ai passati ideali del Risorgimento, a un patriottismo semplice e generoso, che scaturisce dall'animo come un dovere morale, come affermazione di dignità contro la sopraffazione e l'ingiustizia. Dei tanti temi che agitavano la vita politica del suo tempo – l'avventura africana, la questione sociale, i moti in Sicilia e in Lunigiana, la sommossa di Milano, lo scandalo della Banca Romana – non si occupò mai. Erano temi troppo forti, innaturali per un Fogazzaro che se poteva esprimere il dramma dei sentimenti, non poteva sottrarsi all'idillio nella rappresentazione della vita sociale che, nei suoi romanzi, è « [...] una beata e quieta arcadia, dove tutto va per il suo giusto verso, che è poi il verso gradito a chi sta in alto [...] in lui, profondamente sincero e convinto cattolico, viveva e operava sempre implicito il senso dell'uguaglianza delle anime, e questo non gli faceva avvertire, o gliela faceva avvertire troppo scarsamente, l'ingiustizia delle disparità sociali. L'uguaglianza giuridica e formale, che allora si era già raggiunta, lo appagava compiutamente [...] Fra i vari strati sociali non corrono relazioni d'interesse, ma d'affetto. Gli abitanti dei ranghi superiori trattano gl'inferiori con arguta bonomia, con amorevole condiscendenza, e ne riscuotono una commovente devozione». Utilizzando il dialetto, introducendo effetti comici con l'impostare figure macchiettistiche al limite del verismo, e senza dar loro troppo rilievo, Fogazzaro trovò « [...] il talismano segreto che lo salvò dall'arcadia [...] Questo vivace brulicare di vita minuscola è sempre in funzione di quel che vibra nell'alto declamato della vita superiore. La scala sociale di questi romanzi si dispone come una scala armonica e non tollera né dissonanze né stonature: al virtuosismo del compositore rimane però la risorsa di ricavarne pregevoli effetti di contrappunto». Antonio Fogazzaro fu molto amico del compositore italiano Gaetano Braga, il quale musicò il testo Il canto della ricamatrice. A sua volta, il Fogazzaro, ritrasse il compositore nella novella Il Maestro Chieco. Il vescovo Geremia Bonomelli intrattenne un'amicizia sincera con Fogazzaro, che lo portò ad essere richiamato più volte dalle autorità papali per avere espresso giudizi positivi su alcune opere dello scrittore, questo anche se Bonomelli tentò di tenere un po' a freno le teorie sulla evoluzione darwiniana che il Fogazzaro, in un certo periodo della sua vita, approvava. Il Fogazzaro scrisse nel 1901, su invito del vescovo che intendeva così favorire e incrementare lo spirito religioso dei marinai italiani, la Preghiera del marinaio. Lascito Nei primi mesi del 2011, in occasione del centenario della morte dello scrittore, è stato aperto uno scatolone donato alla Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza nei primi anni sessanta contenente tutti i taccuini e i diari di Fogazzaro che per disposizioni testamentarie doveva essere aperto proprio in questo anno. Sempre per volere dello scrittore molti carteggi sono conservati nell'Abbazia di Praglia a Teolo in provincia di Padova Opere Romanzi 1881 - Malombra, Milano, Brigola 1885 - Daniele Cortis, Torino, F. Casanova 1888 - Il mistero del poeta, Milano, Galli 1895 - Piccolo mondo antico, Milano, Galli 1901 - Piccolo mondo moderno, Milano, Hoepli 1905 - Il Santo, Milano, Baldini & Castoldi 1910 - Leila, Milano, Baldini & Castoldi Racconti 1887 - Fedele e altre novelle, Milano, Galli Saggi 1892 - 1893 - 1899 - Ascensioni umane. Teoria dell'evoluzione e filosofia cristiana. Baldini e Castoldi.Rieditato da Longanesi nel 1977 con introduzione di Paolo Rossi. 1901 - Il dolore nell'arte, Milano, Baldini Castoldi Dalai Editore Poesia 1874 - Miranda, Firenze, Le Monnier 1876 - Valsolda, Milano, Brigola, raccolta di liriche dedicate al comune omonimo Appunti di viaggio 1868 - Diario di viaggio in Svizzera, Accademia Olimpica Edizioni 1885 - Taccuino Bavarese, Accademia Olimpica Edizioni Altro 1863 - Una ricordanza del Lago di Como, Vicenza, Paroni, (pubblicazione per le nozze Scola-Patella) 1865 - Albo veneziano: San Marco, Barcarola, Lido, Serenata, Vicenza, Longo, (pubblicazione per le nozze Clementi-Marchesini) 1868 - A mia sorella. Ode, (pubblicazione per le nozze Fogazzaro-Danioni) 1870 - Discorso tenuto al Teatro Olimpico per la dispensa dei premi agli alunni delle scuole serali civiche e rurali, Vicenza, Paroni 1871 - Najadi: 1. Al fonte, 2. Nel lago, Vicenza, Burato, (pubblicazione per le nozze Casalini-Barrera) 1872 - Dell'avvenire del romanzo in Italia, Vicenza, Burato; discorso 1901 - Sonatine bizzarre, ed. Cav. Giannotta, Catania; miscellanea di articoli Onorificenze Note Bibliografia Eugenio Donadoni, Antonio Fogazzaro, Bari, Laterza, 1912 Luigi Russo, I Narratori, Bari, Laterza, 1922 Tommaso Gallarati Scotti, La vita di Antonio Fogazzaro, Milano, Mondadori, 1934 Benedetto Croce, L'ultimo Fogazzaro, in "La Critica", marzo 1935 Piero Nardi, Antonio Fogazzaro, Milano, Mondadori, 1938 Benedetto Croce, La letteratura della Nuova Italia, Bari, Laterza, 1912 – 1940 Gaetano Trombatore, Il successo di Fogazzaro, in "Risorgimento", 1945 Antonio Piromalli, Fogazzaro e la critica, Firenze, La Nuova Italia, 1952 Attilio Momigliano, Storia della letteratura italiana, 3 voll., Milano, Principato, 1955 Luigi Maria Personè - Antonio Fogazzaro. S.l..; Lions Club, 1961. Corrispondenza Fogazzaro-Bonomelli, a cura di C. Marcora, Brescia, Morcelliana, 1965 Mario Gabriele Giordano, "Idealismo e realtà in 'Piccolo mondo antico", in "Nostro tempo", a. XXI, nov. 1971-apr. 1972; ora in M.G. Giordano, A. Pavone, "Lo studio critico della letteratura italiana", Vol. III, Tomo I, Napoli, Conte, 1974. Antonio Fogazzaro, a cura di A. Agnoletto, E. N. Girardi e C. Marcora, Milano, Vita e Pensiero, 1984 Antonio Piromalli, Introduzione a Fogazzaro, Bari, Laterza, 1990, collana "Gli scrittori" Antonio Fogazzaro: il poeta, il romanziere, il saggista, a cura di G. Roi e V. Scheiwiller, Milano, Scheiwiller, 1991 Fogazzaro e il soprannaturale - a cura di Gilberto Finzi. Cinisello Balsamo, 1996. Paolo Marangon, Il modernismo di Antonio Fogazzaro, Bologna, il Mulino, 1998, ISBN 88-15-06834-1 Stefano Bertani, L'ascensione della modernità. Antonio Fogazzaro tra santità ed evoluzionismo, Rubettino, Soveria Mannelli 2006, ISBN 88-498-1516-6 Carmelo Ciccia, Antonio Fogazzaro fra arte e propaganda, in Saggi su Dante e altri scrittori, Pellegrini, Cosenza, 2007, pp. 163-186 . ISBN 978-88-8101-435-4 Arnaldo Di Benedetto, Fogazzaro, Di Giacomo e Heine, in Fra Germania e Italia. Studi e flashes letterari, Firenze, Olschki, 2008. Ileana Moretti, Antonio Fogazzaro e Felicitas Buchner: un incontro nel Daniele Cortis. Con alcune lettere inedite, Roma, Bulzoni, 2009. ISBN 978-88-7870-406-0 Ileana Moretti, Antonio Fogazzaro, Felicitas Buchner e il cristianesimo sociale, Lanciano, Carabba, 2010. ISBN 978-88-6344-135-2 Tommaso Gallarati Scotti, La vita di Antonio Fogazzaro, a cura di Claudia Crevenna, con prefazione di Gianfranco Ravasi, Brescia, Morcelliana, 2011. ISBN 978-88-372-2531-5 Marco Cavalli, Fogazzaro in tasca, Vicenza, Colla Editore, 2011, 8889527609 Marco Pasi, "Antonio Fogazzaro e il movimento teosofico. Una ricognizione sulla base di nuovi documenti inediti", in: Octagon. La ricerca della totalità (a cura di Hans Thomas Hakl), Scientia Nova, Gaggenau, 2017, vol. 3, pp. 231-265. Voci correlate Villa Fogazzaro Roi Preghiera del marinaio Fogazzaro (famiglia) Manfredo Da Passano Altri progetti Collegamenti esterni Il mistero del poeta il testo, in formato pdf immagine, nel sito della Biblioteca Nazionale Braidense. Senatori della XXI legislatura del Regno d'Italia Scrittori cattolici Membri dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti Studenti dell'Università degli Studi di Torino
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alpi
Alpi
Le Alpi sono la catena montuosa più importante d'Europa, situata a cavallo dei confini di Italia, Francia, Svizzera, Liechtenstein, Germania, Austria, Slovenia e, sia pure in modo del tutto marginale, Ungheria. Separano l'Europa centrale da quella meridionale e racchiudono la regione geografica italiana, comprendendo al loro interno le vette più alte del continente europeo, tra cui il Monte Bianco, che con i suoi d'altezza è la montagna più alta della catena, d'Italia, di Francia e in generale del continente. Generalità Nell'ambito europeo questa catena montuosa assume notevole importanza, sotto numerosi aspetti: geografici, storici, culturali e naturalistici; in particolare la natura alpina è contraddistinta da molti ambienti incontaminati, perché protetti da condizioni geografiche particolari e da una precoce attenzione alla loro conservazione; non è un caso che il primo parco nazionale d'Europa sia stato istituito nelle Alpi Svizzere nel 1914 e che l'Italia e la Francia abbiano i loro più antichi parchi nazionali situati proprio nelle Alpi; significativo inoltre è il fatto che ben 17 siti alpini appartengono al patrimonio dell'umanità, 4 per criteri naturalistici e 13 per criteri culturali. La regione alpina ha una popolazione di 14 milioni di persone nell'intera area e possiede una forte identità culturale, che spesso supera i confini nazionali; si può infatti parlare di "civiltà alpina", di "cultura alpina" e di "folclore alpino". Anche a livello economico le Alpi presentano molti elementi di omogeneità; infatti nei villaggi alpini di ogni nazione è fiorente la cultura tradizionale dell'agricoltura di montagna, della produzione di latte e formaggio e della lavorazione del legno, sebbene l'industria turistica, che cominciò a svilupparsi all'inizio del XX secolo, si espanse notevolmente dopo la seconda guerra mondiale, fino a diventare l'attività economica dominante in gran parte del territorio alpino. Le notevoli bellezze naturali delle Alpi sono infatti meta di un considerevole flusso turistico: ogni anno vi si recano 120 milioni di visitatori Anche per ciò che riguarda gli sport invernali, le Alpi rivestono un'importanza notevole; a riprova di ciò, dieci edizioni dei giochi olimpici invernali, sulle ventitré in tutto disputate, sono state ospitate nelle Alpi svizzere, francesi, italiane, austriache e tedesche. Storia La storia della colonizzazione delle Alpi ebbe inizio con la fine dell'ultima glaciazione (circa anni fa), quando la fusione dei ghiacci incominciò a rendere abitabili vaste zone vergini. Nella tarda preistoria i laghi prealpini ospitavano villaggi palafitticoli. Il testimone più famoso di quest'epoca è l'uomo di Similaun (detto anche "Oetzi"). Nell'età del ferro (circa 1 200 a.C. a 1 000 d.C.) , dai Reti e Camuni (Alpi Retiche), dai Veneti e Illiri (le Alpi Orientali), dai Celti delle culture di Hallstatt e La Tènè (il versante settentrionale). Intorno alla metà del primo millennio i Celti irruppero a sud delle Alpi e invasero buona parte del versante meridionale e occidentale, prima abitati da Liguri. A tali quattro gruppi etnici appartenevano i popoli, politicamente organizzati in piccoli stati o confederazioni tribali, esistenti all'arrivo dei Cartaginesi e dei Romani. Durante la seconda guerra punica i Alpi forse attraverso il colle del Moncenisio in val di Susa da parte dell'esercito di Annibale con gli elefanti. Alla fine della Seconda guerra punica l'Italia Settentrionale divenne la provincia romana della Gallia Cisalpina. Tuttavia, le Alpi rimanevano in buona parte autonome. Una quarantina di popoli delle Alpi Occidentali furono combattuti e vinti dai Romani nel 15 a.C. A commemorare la vittoria fu costruito il Trofeo di Augusto, che si può vedere a La Turbie: rappresenta, per i francesi, la porta d'ingresso alla catena alpina. Alcuni popoli mantennero una certa autonomia sotto l'impero romano e non furono inglobati in alcuna delle province, bensì mantennero un'amministrazione particolare: si tratta dei regni di Cozio e dei Graii. A ricordo di tale trattamento privilegiato rimangono gli archi di Augusto eretti nelle rispettive capitali, Susa e Aosta. Da quanto descritto, si capisce che nell'antichità le Alpi Occidentali erano le Alpi per antonomasia, attraversate da Annibale e da Giulio Cesare. Anche il nome "Alpes", che è utilizzato nel senso moderno per la prima volta in latino, è preso in prestito da una lingua parlata nelle Alpi Occidentali, probabilmente ligure, in cui significava semplicemente "montagne". Durante il Medioevo, le Alpi furono una delle aree dell'Europa Occidentale meno toccate dal feudalesimo, in quanto il territorio non produceva abbastanza, oltre a quanto necessario alla famiglia del contadino o del pastore, per permettere di dare una parte del raccolto al feudatario. In effetti, i territori alpini non erano di alcun interesse economico per gli Stati della pianura, ma erano strategici su un piano militare. Cosicché, ci furono due tendenze, spesso riscontrabili nello stesso territorio: da un lato, parecchi territori alpini godevano di una sostanziale autonomia interna, pur appartenendo ad uno Stato confinante, che aveva diritto di tenervi guarnigione. Dall'altro lato, molti di essi erano organizzati come comuni rustici, piccole repubbliche di montanari o di piccoli nobili locali. Il caso estremo di queste due tendenze è la Confederazione, pienamente indipendente, dei cantoni svizzeri. Tuttavia, godevano di autonomia all'interno dei rispettivi Stati anche gli écartons delle Alpi francesi e dell'alta Val di Susa, le comunità delle valli valdostane ed i tre "terzi" della Valtellina, nonché le contee di Bormio e Chiavenna, le Magnifiche Comunità di Fiemme e di Fassa e la Magnifica Comunità di Cadore, che si autogovernava attraverso i propri statuti. Tutte queste autonomie locali cessarono con l'occupazione napoleonica dei vari Stati e l'Ottocento vide l'affermarsi delle amministrazioni centralizzate in tutti gli Stati alpini, forse esclusa la Svizzera. A partire dalla seconda guerra mondiale questa tendenza si è invertita e, sia pure per motivi questa volta linguistici, territori come la Valle d'Aosta e le province di Bolzano e Trento hanno riottenuto un'autonomia che ricorda per certi versi quella di cui avevano goduto i territori alpini prima di Napoleone. Toponimo Il toponimo deriva dal latino Alpes, che può significare "pietra", "collina", "montagna", "bianco". Si chiamano in francese Alpes, in occitano Aups/Alps, in tedesco Alpen, in romancio Alps, in sloveno Alpe, in friulano Alps. Sesto Pompeo Festo nel suo Primo Libro attesta che il nome deriva da albus (bianco), che i Sabini pronunciavano alpus, e indicava il colore sempre bianco della catena innevata anche durante la stagione estiva. Geografia Limiti ed estensione Secondo tutte le più diffuse convenzioni, il limite occidentale delle Alpi è la Bocchetta di Altare o colle di Cadibona; il confine geologico è situato più ad est, nei pressi del Passo dei Giovi, lungo una discontinuità tettonica denominata linea Sestri-Voltaggio.. Il limite orientale, invece, è identificato diversamente, a seconda delle varie convenzioni. Secondo la Suddivisione Orografica Internazionale Unificata del Sistema Alpino, il limite orientale si distende tra Vienna, Graz, Maribor, Lubiana e la Sella di Godovici. Secondo la Partizione delle Alpi, invece, il limite orientale delle Alpi è il Passo di Vrata, dove iniziano le Alpi Dinariche. La suddivisione didattica tradizionale italiana segue, come limiti della catena alpina, il criterio della "Partizione delle Alpi". L'intero sistema montuoso si distende per circa , formando un arco tra l'Italia Settentrionale, la Francia sudorientale, la Svizzera meridionale, il Liechtenstein, la Germania meridionale, l'Austria e la Slovenia occidentale, raggiungendo con le sue estreme propaggini l'Ungheria occidentale. Tra Verona e Monaco di Baviera, le Alpi raggiungono la larghezza massima (circa ), mentre nella parte sud-occidentale si arriva a quella minima (la catena tra Saluzzo e Grenoble è larga circa ). L'arco alpino italiano presenta 3 grandi archi concavi presso Cuneo, Varese e Udine e una parte convessa presso Verona. Le Alpi settentrionali sono più lineari, con un unico arco presso Ginevra. Prealpi Alcuni tratti della catena alpina sono detti "Prealpi"; si tratta dei rilievi montuosi periferici, tipicamente meno alti e posti a contorno della fascia mediana e più elevata delle Alpi. Si estendono sia sul versante esterno, sia su quello interno o italiano. Tutti i criteri più comuni di suddivisione della catena, al di là delle differenti denominazioni e di piccole variazioni di estensione, concordano nell'identificare questi settori prealpini: Prealpi di Provenza, Prealpi del Delfinato, Prealpi di Savoia, Prealpi Lombarde, Prealpi Venete, Prealpi Carniche e Prealpi Giulie. Sono a volte definiti prealpini anche altri settori, ma su essi non c'è concordanza di vedute. Ripartizione montagne Montagne più alte La montagna più alta è il Monte Bianco, posto a confine tra Italia e Francia, che con i suoi è il più alto d'Europa. Si fornisce di seguito un elenco non esaustivo delle montagne più alte della catena. Monti che superano i Monte Bianco () Monte Rosa () Dom (); Weisshorn (); Cervino (); Grand Combin (); Finsteraarhorn (); Grandes Jorasses (); Aletschhorn (); Dent d'Hérens (); Jungfrau (); Barre des Écrins (); Gran Paradiso (); Bernina (). Monti che superano i Eiger (); Grivola (); Monte Pelvoux (); Ortles (); Grande Casse (); Monviso (); Großglockner (); Cevedale (); Aiguille de la Grande Sassière (); Palla Bianca (); Punta Roncia (); Monte Emilius (); Presanella (); Adamello (); Monte Leone (); Rocciamelone (); Suddivisione Anzitutto, si suole distinguere una catena alpina principale, che corre lungo la linea spartiacque tra Europa centrale ed Europa meridionale. Essa inizia dalla congiunzione con gli Appennini ed arriva al Picco dei Tre Signori, per poi dividersi in due; da una parte prosegue verso nord-est e con le sue ultime propaggini giunge in prossimità di Vienna, mentre dall'altra parte prosegue verso sud-est giungendo sino al punto in cui si unisce alle Alpi Dinariche. Inoltre, come richiamato sopra, le sezioni della catena poste a contorno della zona mediana, tipicamente meno elevate, sono chiamate Prealpi. Per quanto riguarda la suddivisione del territorio alpino in sezioni, non esiste un unico criterio, universalmente accettato da tutti. Vengono pertanto riportati nei capitoli seguenti i punti di vista dei più diffusi criteri di suddivisione. Partizione delle Alpi A seguito del IX Congresso geografico italiano, svoltosi nel 1924, vennero ufficializzate nel 1926 le suddivisioni del sistema alpino sulla base del documento "Nomi e limiti delle grandi parti del Sistema Alpino". La Partizione delle Alpi è alla base di numerosissimi testi sulle Alpi; alcuni testi (2006-2007), la aggiornano, pur mantenendone i criteri fondamentali. Anche la suddivisione didattica tradizionale italiana segue la Partizione delle Alpi, a volte con alcune varianti. La ripartizione principale individua tre grandi parti: Alpi Occidentali, Alpi Centrali e Alpi Orientali, suddivise a loro volta in 26 sezioni e 112 gruppi. Le Alpi Occidentali vanno dal colle di Cadibona al col Ferret; le Alpi Centrali dal col Ferret al passo del Brennero; le Alpi Orientali dal passo del Brennero al Passo di Vrata. Queste tre grandi parti sono suddivise ulteriormente: Alpi Occidentali: Alpi Marittime, Alpi Cozie, Alpi di Provenza, Prealpi di Provenza, Alpi del Delfinato, Prealpi del Delfinato, Prealpi di Savoia, Alpi Graie; Alpi Centrali: Alpi Pennine, Alpi Lepontine, Alpi Retiche, Alpi Bernesi, Alpi Glaronesi, Prealpi Svizzere, Alpi Bavaresi, Prealpi lombarde; Alpi Orientali: Alpi Noriche, Dolomiti, Alpi Carniche, Alpi Giulie, Caravanche, Alpi Salisburghesi, Alpi austriache, Prealpi di Stiria, Prealpi Venete, Carso. SOIUSA Nel 2005 è stata presentata ufficialmente la classificazione SOIUSA, acronimo di Suddivisione Orografica Internazionale Unificata del Sistema Alpino, allo scopo di uniformare le denominazioni utilizzate negli Stati dell'area alpina. Questa classificazione prevede due grandi parti (Alpi Occidentali e Alpi Orientali) anziché le tre della Partizione delle Alpi e della suddivisione didattica tradizionale italiana, in accordo con le classificazioni in uso in Austria, e un'ulteriore suddivisione in 5 settori, 36 sezioni e 132 sottosezioni. Si elencano i cinque settori, con la loro suddivisione nelle 36 sezioni: Alpi Sud-occidentali: Alpi Liguri; Alpi Marittime e Prealpi di Nizza; Alpi e Prealpi di Provenza; Alpi Cozie; Alpi del Delfinato; Prealpi del Delfinato. Alpi Nord-occidentali: Alpi Graie; Prealpi di Savoia; Alpi Pennine; Alpi Lepontine; Prealpi Luganesi; Alpi Bernesi; Alpi Glaronesi; Prealpi Svizzere. Alpi Centro-orientali: Alpi Retiche occidentali; Alpi Retiche orientali; Alpi dei Tauri occidentali; Alpi dei Tauri orientali; Alpi di Stiria e Carinzia; Prealpi di Stiria. Alpi Nord-orientali: Alpi Calcaree Nordtirolesi; Alpi Bavaresi; Alpi Scistose Tirolesi; Alpi Settentrionali Salisburghesi; Alpi del Salzkammergut e dell'Alta Austria; Alpi Settentrionali di Stiria; Alpi della Bassa Austria. Alpi Sud-orientali: Alpi Retiche meridionali; Alpi e Prealpi Bergamasche; Prealpi Bresciane e Gardesane; Dolomiti; Prealpi Venete; Alpi Carniche e della Gail; Alpi e Prealpi Giulie; Alpi di Carinzia e di Slovenia; Prealpi Slovene. Suddivisioni nazionali Sono diffuse anche le tradizionali classificazioni nazionali, che considerano soltanto la parte del sistema alpino ricadente nei vari territori nazionali e, a volte, le zone confinanti: suddivisione didattica tradizionale delle Alpi italiane; suddivisione delle Alpi italiane proposta dal Club Alpino Italiano e dal Touring Club Italiano; suddivisione delle Alpi francesi proposta dal Club alpino francese; suddivisione delle Alpi svizzere proposta dal Club alpino svizzero; suddivisione delle Alpi austriache e delle Alpi bavaresi proposta dalla "Suddivisione geografica del territorio austriaco" (Geographische Raumgliederug Österreich); suddivisione delle Alpi Orientali proposta dai Club alpini austro-tedeschi (Deutscher und Österreichischer Alpenverein); questa classificazione è conosciuta con la sigla "AVE"; suddivisione delle Alpi slovene proposta dalla "Suddivisione geografica naturale della Slovenia" (Naravnogeografska regionalizacija Slovenije). Idrologia Dalle Alpi nascono importanti fiumi europei, che vanno a lambire importanti città europee nelle loro rispettive pianure. Lungo le creste più elevate poste in genere lungo i confini geografici delle nazioni interessate passa lo spartiacque alpino che delimita quattro bacini idrografici principali: a sud il bacino del Mare Adriatico, costituito prevalentemente dalla Pianura Padana; in questo bacino si ricordano il Po e molti suoi affluenti (Adda, Ticino ecc.), l'Adige, il Brenta, il Piave, il Tagliamento, l'Isonzo; a ovest il bacino del Mar Mediterraneo (costa francese e ligure), quasi interamente occupato dal bacino del Rodano con l'Isère e altri suoi affluenti (assai secondari sono il Varo e altri fiumi minori); a nordovest il bacino del Mare del Nord, che viene raggiunto dalle acque del Reno e dei suoi affluenti (tra cui va ricordato l'Aar); a nord, nordest ed est il bacino del Mar Nero, mare raggiunto dalle acque di vari affluenti del Danubio, tra cui i più importanti sono il Lech, l'Inn, la Drava e la Sava. Numerosi sono i laghi, quasi tutti di origine glaciale. Sul versante meridionale il più grande è il Lago di Garda (o Benaco) mentre il più profondo è il Lago di Como (o Lario); altri laghi notevoli sono il Lago Maggiore (o Verbano), il Lago d'Orta (o Cusio), il Lago di Lugano (o Ceresio), il Lago d'Iseo (o Sebino) e altri più piccoli. Sul versante settentrionale sono particolarmente importanti i laghi posti in territorio svizzero o sui suoi confini: il Lago Lemano (o di Ginevra), che con i suoi è il più grande tra tutti i laghi alpini, il Lago di Costanza, il Lago di Neuchâtel, il Lago dei Quattro Cantoni (o di Lucerna), il Lago di Zurigo, il Lago di Thun e molti altri più piccoli. Fuori della Svizzera vanno ricordati il Lago di Annecy e il Lago del Bourget in Francia, il Lago Atter in Austria, il Lago dell'Ammer, il Lago di Starnberg e il Lago di Chiem in Germania. Le Alpi costituiscono anche un serbatoio di acqua dolce, grazie alla presenza dei numerosi ghiacciai. Geologia Le Alpi formano una parte della cintura orogenetica terziaria, chiamata catena Alpino-Himalayana, che si estende quasi ininterrottamente dall'Europa sud-occidentale fino all'Asia, formatasi come risultato della collisione tra la placca africana e la placca euroasiatica, evento in cui si è chiuso l'oceano della Tetide. Durante l'Oligocene e il Miocene enormi sforzi tettonici hanno premuto i sedimenti marini della Tetide, spingendoli contro la placca di Eurasia formando quindi le Alpi. All'interno della catena è quindi possibile ritrovare porzioni del vecchio basamento cristallino, che costituisce il substrato dei depositi marini, affiorante in superficie. Clima Il clima delle Alpi è il tipico clima delle zone montuose elevate. All'aumentare della quota diminuisce proporzionalmente la temperatura. A circa metri di altitudine c'è il limite delle nevi perenni, che a questa altitudine il calore non riesce a fondere completamente. Gli inverni sono lunghi e con abbondanti nevicate, le estati sono fresche e piovose e quindi si formano ghiacciai anche di notevoli dimensioni. All'aumentare dell'altitudine, diminuisce la pressione atmosferica e l'aria contiene minori quantità di umidità e di anidride carbonica. Anche le piante risentono di questo fenomeno: infatti, l'acqua viene sottratta loro più rapidamente, mentre il loro livello di anidride carbonica diminuisce. Il versante meridionale italiano delle Alpi gode in genere di un clima più mite rispetto ai versanti settentrionali e orientali grazie, oltre alla latitudine, anche all'azione schermante della catena montuosa rispetto ai venti provenienti da nord (tramontana), che, in caduta sottovento, possono provocare il tipico effetto föhn (o favonio). A parità di altitudine, Alpi orientali e centrali tendono ad essere più fredde rispetto a quelle occidentali per allontanamento dall'Atlantico e avvicinamento al blocco euroasiatico, risentendo a volte delle correnti meridionali (scirocco e libeccio) schermate invece dall'Appennino settentrionale nel caso delle Alpi occidentali. La piovosità è più elevata rispetto alle zone di pianura circostanti (es. Pianura Padana) e con essa anche la nevosità per effetto dell'altitudine. La stagione più piovosa è l'autunno, seguita dalla primavera; l'inverno è rigido e moderatamente nevoso, mentre l'estate è fresca e umida, non mancando di frequenti rovesci e temporali. Il clima tende ad essere di tipo continentale o steppico, cioè freddo d'inverno e caldo e asciutto d'estate, nelle parti interne e a bassa quota delle valli alpine più sviluppate in lunghezza, come, ad esempio, la Valle d'Aosta e l'Alto Adige. Il clima e l'idrologia delle Alpi sono soggette a cambiamenti sia di origine naturale sia antropica. Le località più nevose dell'arco alpino italiano risultano essere Limone Piemonte, Madesimo e Sella Nevea. Ambiente Flora Un limite naturale della vegetazione è l'altitudine, che si nota dalla presenza dei principali alberi decidui — quercia, faggio, frassino e acero montano. Questi non raggiungono esattamente la stessa quota, né è frequente che crescano assieme, ma il loro limite superiore di crescita corrisponde in modo abbastanza accurato ai cambiamenti di temperatura verso un clima più freddo che è ulteriormente confermato dai cambiamenti nel manto erbaceo nativo. Questo limite di solito rimane circa a sopra il livello del mare sul lato nord delle Alpi, ma a sud spesso sale a , talvolta anche a . Non si deve supporre che questa regione sia sempre segnata dalla presenza degli alberi caratteristici. L'intervento dell'uomo in molte regioni li ha quasi eliminati e, con l'eccezione delle foreste di faggi delle Alpi austriache, una grande foresta di alberi decidui è rara. Molte regioni, dove tali alberi esistevano una volta, sono state occupate dal pino silvestre e dall'abete rosso, che soffrono meno le devastazioni delle capre, i peggiori nemici della vegetazione arborea. Fauna Le specie ritratte nelle immagini seguenti si trovano numerose in diverse aree protette alpine. Mammiferi Tra i ruminanti, uno dei più significativi mammiferi delle Alpi è lo stambecco, che ha rischiato l'estinzione. Salvato grazie all'istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso, è stato poi reintrodotto anche in altre aree protette delle Alpi ed è oggi considerato fuori pericolo. L'affine camoscio alpino ha visto anch'esso una forte diminuzione per la caccia eccessiva, ma con problemi meno gravi dello stambecco; è diffuso in tutta la regione alpina, seppur in modo discontinuo. I camosci alpini appartengono alla stessa specie dei camosci dei Carpazi (Rupicapra rupicapra, sottospecie diverse), ma non dei camosci degli Appennini, che sono invece una sottospecie di Rupicapra pyrenaica. Sono diffusi inoltre il cervo rosso (o cervo nobile), il capriolo e, in qualche zona, anche il daino, introdotto dall'uomo già in epoca medioevale. Successivamente in alcune parti delle Alpi (p.es. Adamello, Alpi Marittime) è stato introdotto il muflone. I carnivori più grossi erano il lupo grigio, l'orso bruno e la lince europea, tutti cacciati intensamente e scomparsi dall'intero arco alpino entro il 1915 circa, con la sola eccezione di una piccola popolazione di orsi in Trentino. Il lupo è tornato sulle Alpi a partire dalle popolazioni appenniniche, raggiungendo, intorno al 1990, le Alpi Occidentali e, dopo il 2000, anche le Alpi Centrali. Anche nelle Alpi Orientali è ormai accertato da pochi anni l'arrivo del lupo, dove però potrebbero incontrarsi sia esemplari provenienti da ovest (lupi appenninici) che esemplari orientali (lupi balcanici provenienti dalla Slovenia). Uccelli Altri vertebrati Invertebrati Aree naturali protette Le Alpi sono sede di numerosi parchi nazionali all'interno di ciascuno Stato a testimonianza della loro importanza naturalistica. In Italia si trovano il Parco nazionale del Gran Paradiso, il Parco nazionale dello Stelvio, il Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi e il Parco nazionale della Val Grande e numerosi altri parchi regionali e naturali. In Francia il Parco nazionale della Vanoise, il Parco nazionale degli Écrins e il Parco nazionale del Mercantour. In Austria il Parco Nazionale degli Alti Tauri, il Parco nazionale Gesäuse, Parco nazionale Kalkalpen. Popolazione Le Alpi sono abitate in tutto da più di 14 milioni di persone. Le più grandi città dell'arco alpino sono Grenoble (Francia) con abitanti, Innsbruck (Austria) con , Trento (Italia) con , Bolzano (Italia) con e Lugano (Svizzera) con e nell'hinterland. I francesi chiamano Grenoble "Capitale delle Alpi" (Capitale des Alpes), gli austriaci chiamano Innsbruck "Capitale delle Alpi" (die Haupstadt der Alpen), mentre in Italia viene chiamata Torino "Capitale delle Alpi" ( abitanti), sorgendo in una pianura posta direttamente ai piedi delle Alpi. Nel 2013 la popolazione totale delle Alpi era di abitanti; con un'area considerata di la densità media risultava di circa 74,6 abitanti/km². Di questi la maggior parte sono francofoni, germanofoni e italofoni. Significativa è anche la comunità slovena. Tuttavia, a causa dell'isolamento dovuto alla conformazione orografica, le Alpi hanno permesso più di altre aree la sopravvivenza di minoranze linguistiche. Ad esempio nelle valli Po, Maira e Varaita si è conservato per secoli l'uso della lingua provenzale, che invece il governo francese ha bandito dall'uso ufficiale e religioso. Analogamente è successo per la lingua francoprovenzale in Valle d'Aosta. Le lingue retoromanze o ladine (friulano, romancio e ladino dolomitico), poi, sono parlate solo (eccetto il friulano) nelle Alpi. Come solo nelle Alpi sono parlati alcuni dialetti tedeschi meridionali, come il Walser e il Cimbro. Nelle vallate alpine meridionali sono parlate (di più che nella pianura padana) le lingue gallo-italiche, cioè il ligure, il piemontese, il lombardo e il veneto. Quanto alla religione, le Alpi sono prevalentemente cattoliche. Sono protestanti i cantoni svizzeri, escluso il Ticino, che è a maggioranza cattolica. Ma anche a questo riguardo bisogna dire che le Alpi, grazie alla configurazione del territorio, sono state per secoli il rifugio di una minoranza, la comunità valdese, che era sorta a Lione, ma ne era dovuta fuggire a causa delle persecuzioni. Comuni e centri abitati più elevati Sestriere Juf Breuil-Cervinia Livigno-Trepalle Tignes Val Thorens Trasporti La catena alpina rappresenta un ostacolo per le principali reti di trasporto transeuropee, potendo essere oltrepassate solo con valichi o tunnel. Fra i corridoi di attraversamento principali ricordiamo: Francia-Italia Nizza – Tenda – Cuneo – Torino / Asti – Milano Gap – Barcelonnette – Cuneo – Torino – Asti – Milano Lione / Valence – Grenoble / Chambéry – Modane / Albertville – Torino / Aosta – Milano Lione / Mâcon – Ginevra / Annecy – Chamonix – Aosta – Torino / Milano Germania-Svizzera/ Austria -Italia Karlsruhe – Friburgo in Brisgovia – Basilea – Zurigo – San Gottardo – Bellinzona – Lugano – Milano Stoccarda – Singen – Costanza – Zurigo – San Gottardo – Bellinzona – Milano Ulma – Memmingen – Lindau – Bregenz – Coira – San Bernardino – Bellinzona – Milano Monaco di Baviera – Garmisch-Partenkirchen – Innsbruck – Brennero – Bolzano – Verona Monaco di Baviera – Rosenheim – Kufstein – Innsbruck – Brennero – Bolzano – Verona Monaco di Baviera – Rosenheim – Bad Reichenhall – Salisburgo – Villaco – Udine – Treviso – Mestre Turismo Le Alpi hanno una fortissima vocazione turistica. Già nel XIX secolo gli inglesi esaltavano il concetto di Alpi come playground of Europe (v. Alpinismo). Una speciale importanza per le Alpi ha il turismo associato agli sport invernali, ma anche il turismo degli amanti delle escursioni e delle arrampicate. Per molte comunità alpine il turismo è diventato praticamente l'unica fonte di reddito (a scapito delle attività tradizionali, relegate a un ruolo marginale). Secondo lo studio 2021 di un rivenditore sportivo online, l'Italia offre "l'esperienza alpina definitiva". Con una quota di superficie del 27,3%, l'Italia offre le migliori condizioni per una vacanza attiva nelle Alpi. Lo studio conta un'infrastruttura turistica con chilometri di sentieri, 253 rifugi di montagna e alloggi per la notte, nonché un paesaggio alpino unico con 217 cime sopra i metri e 38 cime sopra i metri. Le regioni alpine più popolari in Italia sono l'Alto Adige, le Dolomiti e le Alpi Liguri sul Mar Mediterraneo. Famose in Italia sono stazioni invernali ed estive come Sestriere, Courmayeur, Breuil-Cervinia, Alagna Valsesia, Macugnaga, Madesimo, Livigno, Bormio, Tonale, Madonna di Campiglio, Cortina d'Ampezzo, Foppolo, ecc. in Francia Chamonix, Courchevel, Tignes, Méribel, Morzine, Les Deux Alpes, ecc., in Svizzera Zermatt, Saas-Fee, Sankt Moritz, Wengen, Adelboden, Veysonnaz, Crans-Montana, Gstaad, Lenzerheide, Davos, ecc., in Austria Kitzbühel, Soelden, Schladming, Lienz, Flachau, Saalbach-Hinterglemm, Sankt Anton, Nassfeld-Pramollo, ecc., in Slovenia Kranjska Gora, Plezzo, Maribor, ecc., in Germania Garmisch-Partenkirchen, ecc. Gli ambientalisti e una parte degli abitanti locali temono però sempre maggiormente i danni che il turismo di massa può arrecare e invocano sempre più spesso dei limiti all'utilizzo turistico delle Alpi. Ad esempio, vengono costruite sempre più vie di comunicazione attraverso le montagne, vengono alterate le strutture dei villaggi, aumentano i rifiuti da smaltire. D'altra parte, lo sviluppo delle infrastrutture turistiche ha già toccato in diverse vallate il suo limite perché la superficie utile è limitata da pericoli naturali (valanghe, frane, ecc.). Alcune tragiche disgrazie negli ultimi anni (ad esempio a Galtür, in Tirolo, nel febbraio 1999) hanno evidenziato questa problematica. Il turismo itinerante rappresenta invece un esempio di turismo ecologicamente sostenibile ("turismo dolce"), in particolar modo se riscopre vallate semi-abbandonate e minacciate dall'emigrazione, contribuendo ad assicurare una fonte di introiti per le popolazioni originarie. Questo tipo di turismo viene pubblicizzato in maniera esemplare dalla Grande Traversata delle Alpi in Piemonte. Condizioni La varietà paesaggistica, le bellezze culturali e le particolari condizioni climatiche sono prerequisiti ottimali per l'utilizzo turistico delle Alpi, poiché permettono offerte differenziate per i diversi interessi turistici (ad es. turismo di relax, attivo, di cura, culturale, ecc.). In estate sono possibili soggiorni riposanti o energizzanti (trekking, passeggiate, turismo balneare sui laghi), e soprattutto la vacanza sportiva nella sua forma più elevata, l'Alpinismo. Questa è stata anche l'attività che ha inaugurato lo sviluppo turistico delle Alpi. In particolar modo fu il turismo inglese a lasciare un'impronta decisiva al termine del XIX secolo. Già all'epoca vennero organizzati dall'inglese Thomas Cook dei viaggi di massa dalla Gran Bretagna verso le Alpi. In inverno le Alpi sono un'attrattiva mondiale per gli sport invernali, fra i quali domina lo sci nelle sue diverse evoluzioni e varianti. Negli ultimi decenni il turismo invernale ha però ceduto il passo alla sua variante estiva in numerose aree della catena montuosa. Vantaggi e pericoli Attraverso il turismo di massa si creano posti di lavoro e introiti a livello regionale, e si può ridurre lo spopolamento delle aree montane. Il turismo alpino è però spesso concentrato solo in determinati territori, città o paesi. Nei grandi territori privi di turismo di massa l'emigrazione è infatti ancora rilevante. Spesso si incontrano a breve distanza aree di grande sfruttamento e "terre di nessuno", almeno a livello turistico. Questo fenomeno si riscontra prevalentemente nelle Alpi italiane, anche a causa della loro estensione. Le popolazioni alpine sono ormai fortemente dipendenti dal turismo di massa. A questo fenomeno si sottomettono spesso intere aree del vivere civile, e talvolta le identità o le particolarità regionali si riducono a semplici cliché. Inoltre le condizioni di lavoro legate al turismo offrono spesso prospettive limitate e non interessanti (orari di lavoro estremamente flessibili, compensi ridotti, elevata stagionalità). I lavoratori che non vogliono o non possono sottostare a queste condizioni trovano soltanto le alternative dell'emigrazione o del pendolarismo. L'intensivo turismo di massa ha portato anche problemi ecologici, come inquinamento, problemi di smaltimento dei rifiuti, incremento del traffico stradale e "inquinamento estetico", ad esempio a causa di strutture altamente tecnologiche come le funivie, che hanno un notevole impatto ambientale. Patrimoni dell'umanità Con una lunghezza di 23 chilometri e uno spessore di 900 metri, il Ghiacciaio dell'Aletsch è stato il primo sito naturale dell'arco alpino, insieme a Jungfrau, Mönch, Eiger, Bietschhorn, a essere inserito tra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Nelle Alpi ci sono in tutto diciassette siti del Patrimonio mondiale suddivisi tra Italia, Germania, Svizzera ed Austria, di cui tre transfrontalieri. Patrimonio naturale Arena tettonica di Sardona (Svizzera) Dolomiti (Italia) Jungfrau, Mönch, Eiger, Ghiacciaio dell'Aletsch, Bietschhorn (Svizzera) Monte San Giorgio (Svizzera/Italia) Patrimonio culturale. Incisioni rupestri della Val Camonica (Italia) Monastero di San Giovanni in Val Müstair (Svizzera) Chiesa del Pellegrinaggio di Wies (Germania) Abbazia di San Gallo (Svizzera) Centro storico di Salisburgo (Austria) Hallstatt, Dachstein, Salzkammergut (Austria) Ferrovia del Semmering (Austria) Centro storico di Graz e Castello Eggenberg (Austria) Castelli, mura e bastioni della città-mercato di Bellinzona (Svizzera) Sacri Monti di Piemonte e Lombardia (Italia) Ferrovia Retica (Svizzera/Italia) Siti palafitticoli preistorici attorno alle Alpi (Italia, Francia, Slovenia, Svizzera Germania Austria) Longobardi in Italia: i luoghi del potere (solo alcuni di essi sono nelle Alpi) Galleria d'immagini Note Bibliografia Amedeo Benedetti, Enciclopedia Italiana Treccani e la montagna illustrata, "La Rivista", Torino, Club Alpino Italiano, settembre-ottobre 2008, pp. 71–73. Luigi Zanzi, Le Alpi nella storia d'Europa, Torino, CDA & Vivalda, 2004, ISBN 88-7480-049-5. Enrico Camanni et Al. (a cura di), Le Alpi: il grande dizionario, 12 volumi, Scarmagno (TO), Priuli & Verlucca, 2007, ISBN 978-88-8068-374-2. Fabrizio Bartaletti, Le Alpi. Geografia e cultura di una regione nel cuore dell’Europa, Milano, FrancoAngeli, 2011. Werner Bätzing, Le Alpi. Una regione unica al centro dell’Europa (ed. it. a cura di Fabrizio Bartaletti), Torino, Bollati Boringhieri, 2005. Voci correlate Piani altitudinali Flora alpina Vette alpine superiori a 4000 metri Vette alpine per prominenza Alpi italiane Valico alpino Alpinismo Alpini Convenzione delle Alpi Commissione internazionale per la protezione delle Alpi Ma con gran pena le reca giù Storia delle Alpi Macroregione alpina Foreste di conifere e foreste miste delle Alpi Altri progetti Collegamenti esterni Gruppi montuosi dell'Austria Gruppi montuosi della Francia Gruppi montuosi della Germania Gruppi montuosi d'Italia Gruppi montuosi del Liechtenstein Gruppi montuosi del Principato di Monaco Gruppi montuosi della Slovenia Gruppi montuosi della Svizzera Gruppi montuosi dell'Ungheria
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https://it.wikipedia.org/wiki/Anno-luce
Anno-luce
L'anno-luce (ly o al) è un'unità di misura della lunghezza, definita come la distanza percorsa dalla radiazione elettromagnetica (luce) nel vuoto nell'intervallo di un anno. Esso è comunemente utilizzato in astronomia per esprimere le distanze con (e fra) oggetti celesti posti al di fuori dal sistema solare, cioè per distanze su scala interstellare. Un'altra unità dello stesso ordine di grandezza spesso utilizzata dagli astronomi è il parsec, che corrisponde a circa 3,26 anni-luce. La definizione di anno-luce data dall'UAI Unione astronomica internazionale è: "la distanza che un fotone percorre nello spazio vuoto in assenza di campo gravitazionale o magnetico in un anno giuliano". L'anno giuliano ha una durata di giorni, mediamente di secondi ciascuno (invero di qualche millesimo di secondo più lunghi), pari in totale a secondi. Poiché la velocità della luce nel vuoto (c) è pari a chilometri al secondo (km/s), un anno-luce corrisponde esattamente a , cioè: vale a dire circa miliardi di chilometri o circa volte la distanza media fra la Terra e il Sole (nota come unità astronomica). L'anno-luce è quindi una distanza enorme su scala umana. Altre unità di misura delle lunghezze accomunate con l'anno-luce sono il minuto-luce, il secondo-luce, e così via; esse sono ottenute considerando la distanza percorsa dalla luce in una certa unità di tempo (vedi gli esempi). Al contrario, va rimarcato che l'anno-luce non è un'unità di misura del tempo (né tanto meno della "quantità" di luce), per quanto sia corretto dire che l'osservazione diretta di un corpo celeste distante un certo numero di anni-luce ci mostra quel corpo celeste come era lo stesso numero di anni fa e non nel momento della sua osservazione. Sottomultipli Dall'anno-luce è possibile definire sottomultipli. Nello specifico questi sono il mese-luce, la settimana-luce, il giorno-luce, l'ora-luce, il minuto-luce e il secondo-luce. Sono unità di misura poco utilizzate, però è possibile vedere alcune distanze espresse in questa unità; ad esempio la distanza Terra-Luna è pari a circa 1,282 secondi-luce e la distanza Terra-Sole è pari a 8 minuti-luce. Dopo 40 anni di volo interstellare, la sonda Voyager 1 ha raggiunto la distanza di 20 ore-luce dalla Terra. Esempi La luce impiega circa per coprire la distanza che separa la Terra dalla Luna. In una scala in cui la Terra avesse un diametro di , un anno-luce corrisponderebbe a una distanza di . La luce impiega circa 8,33 minuti (8 minuti e 20 secondi) per viaggiare dal Sole alla Terra. Un'ora-luce corrisponde a circa 1,08 miliardi di chilometri (circa la distanza tra il Sole e Saturno). Plutone è a circa dalla Terra, il che significa che è a circa 5,4 ore-luce () dalla Terra. La stella più vicina alla Terra (escluso il Sole), Proxima Centauri, dista 4,23 anni luce dalla Terra. Il disco della nostra galassia, la Via Lattea, ha un diametro di circa anni luce. La galassia più vicina di grandi dimensioni, la galassia di Andromeda, si trova a una distanza di 2,5 milioni di anni-luce. Il Gruppo Locale ha un diametro di circa 10 milioni di anni-luce. Il quasar più vicino alla Terra (3C 273) si trova a circa 3 miliardi di anni-luce. Alla velocità di circa la sonda Voyager I lanciata nel 1977, percorrerà la distanza di 1 anno-luce in circa anni. Poiché si calcola che il Big Bang sia avvenuto circa di anni fa, l'Universo osservabile, supposto sferico, se non fosse in espansione avrebbe un raggio al massimo di circa anni-luce. Evidenze osservative riguardanti alcuni ammassi di galassie, tuttavia, mostrano valori delle distanze più grandi, superiori a anni-luce. Questo risultato è tuttavia spiegabile a causa dell'espansione dell'universo. Un anno-luce (tropico) corrisponde precisamente a . Note Voci correlate Distanze astronomiche Parsec Unità astronomica Collegamenti esterni Unità di misura astronomiche Unità di lunghezza
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alba%20Longa
Alba Longa
Alba Longa (o Albalonga) fu una città del Latium vetus, a capo della confederazione dei popoli latini (populi albenses), di incerta localizzazione.Fu distrutta da Roma sotto il re Tullo Ostilio, dopo l'anno 673 a.C. Leggenda Secondo Dionigi di Alicarnasso la zona di Alba Longa in origine sarebbe stata abitata dai Siculi, poi scacciati da queste terre dagli Aborigeni, che vi avrebbero vissuto come tali, fino all'arrivo dei Troiani. Dall'unione dei due popoli sarebbero derivati i Latini. La leggenda narra che la città di Alba Longa fu fondata da Ascanio, o Iulo, figlio di Enea, una trentina d'anni dopo la fondazione di Lavinium. Livio racconta che trascorsero circa trent'anni dalla fondazione di Laurentum a quella di Alba Longa, così chiamata per la sua posizione allungata sulla dorsale del monte. Cronologicamente l'avvenimento si collocherebbe intorno alla metà del XII secolo a.C., qualche tempo dopo la distruzione di Troia (avvenuta secondo gli eruditi antichi nel 1184 a.C.). Da Ascanio sarebbe quindi discesa la dinastia dei Re albani, di cui conosciamo solo i nomi, fino ad arrivare a Numitore e Amulio, figli del re Proca. A quel tempo i domini di Albalonga si estendevano fino al Tevere. Il legittimo erede di Proca era Numitore, ma questi fu scacciato dal fratello minore Amulio che si impadronì del trono. Una profezia predisse ad Amulio che sarebbe stato deposto da un discendente di Numitore; per questa ragione Amulio costrinse Rea Silvia, unica figlia di Numitore, a diventare vestale e quindi a fare voto di castità, in questo modo Numitore non avrebbe più avuto successori legittimi. Secondo la leggenda, Rea Silvia rimase tuttavia incinta del dio Marte e partorì i gemelli Romolo e Remo. Amulio ordinò che i gemelli venissero uccisi, ma essi furono invece abbandonati sulla sponda del Tevere e vennero salvati da una lupa, che li allattò. Divenuti grandi e conosciuta la propria origine, Romolo e Remo cacciarono Amulio dal trono, restituendolo al nonno Numitore, e da questi ottennero poi il permesso di fondare una nuova città, Roma. Con il crescere della potenza di Roma, sotto il re Tullo Ostilio (intorno dunque alla metà del VII secolo a.C.), le due città vennero a contrasto. Su proposta del re di Alba Longa Mezio Fufezio, la contesa fu decisa da una disfida fra tre fratelli romani, gli Orazi, e tre fratelli di Alba Longa, i Curiazi, disfida vinta dai campioni romani. In seguito alla battaglia di Fidene, durante la quale Mezio Fufezio aveva tentato di tradire l'esercito romano di cui era alleato, la città di Alba Longa venne distrutta dai Romani, e non fu mai più ricostruita. I suoi abitanti furono trasferiti a Roma e si insediarono sul Celio, andando a ingrandire così la stessa Urbe. Storia I dati archeologici disponibili per l'età del ferro ci mostrano l'esistenza di una serie di villaggi, ciascuno con la propria necropoli, disposti lungo il lato sudoccidentale del lago Albano che saranno le future città albane di Tusculum, Aricia, Lanuvium, Velitrae e Labicum. Al momento della distruzione da parte di Roma i villaggi dovevano essere in una fase ancora preurbana, nella quale andavano aggregandosi intorno a un centro maggiore che potrebbe essere nel sito dell'attuale Castel Gandolfo. Le necropoli sembrano essere qui infatti di maggiore estensione e permettono di ipotizzare la presenza di un considerevole abitato. Solo in epoca tardo-repubblicana il territorio albano (Ager Albanus) sarà interessato dall'insediamento di numerose ville residenziali, note dalle fonti e testimoniate dai resti tuttora conservati (tra queste la villa imperiale di Domiziano nell'odierna Castel Gandolfo). In seguito Settimio Severo vi stabilì gli accampamenti della Legio II Parthica, che presero il nome di Castra Albana e dai quali ebbe origine la città di Albano Laziale. Scavi archeologici e localizzazione Tito Livio localizza la città sul Monte Albano, in posizione allungata nel senso della dorsale montana, da cui il nome Alba Longa. La localizzazione dell'antica città latina è stata questione molto dibattuta già dal XVI secolo, sulla base del racconto della sua fondazione presente nello storico greco di età augustea Dionigi di Alicarnasso, che parla di una sua collocazione tra il Monte Cavo e il lago Albano.Il sito era stato identificato con il convento di San Paolo nella località di Palazzolo, presso Rocca di Papa, oppure nella località di Coste Caselle, presso Marino, o infine nel luogo occupato dall'odierna Castel Gandolfo. Quest'ultima infatti occupa il sito che le fonti dicono aver occupato l'antica arx della città. Una nuova interpretazione sostiene che la città sorgesse invece sul monte Artemisio, nei pressi dell'antico lago ora prosciugato agli attuali Pratoni del Vivaro, non lontano dalla via Latina. Il santuario di Iuppiter Latiaris Sulla cima del Mons Albanus (maggiormente conosciuto col nome attuale di Monte Cavo) esisteva il santuario dedicato a Iuppiter Latiaris (Giove Laziale), di origini antichissime. L'oratore latino Floro racconta che il luogo fosse scelto dallo stesso Ascanio, il fondatore di Alba Longa, che dopo la fondazione della città vi aveva invitato i Latini per celebrare un sacrificio a Giove. Nel santuario si celebravano ogni anno le Feriae latinae, in cui tutte le città appartenenti alla confederazione dei popoli latini si riunivano per sacrificare al dio un toro bianco, le cui carni venivano poi distribuite tra tutti i partecipanti. Si trattava dunque di un culto federale e la sua posizione presso Alba Longa ci testimonia quindi dell'egemonia che questa doveva esercitare sugli altri centri della regione, tra cui doveva esserci anche la stessa Roma. Dopo la distruzione di Alba Longa e la sostituzione di Roma come centro egemone, la tradizione ricorda l'erezione di un vero e proprio tempio dedicato a Iuppiter Latiaris sul Mons Albanus sotto il regno di Tarquinio il Superbo, e lo stesso tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio, costruito nel 507 a.C., era destinato a rimpiazzare le funzioni del santuario federale latino, spostandone il centro religioso a Roma. Dell'antico santuario rimangono oggi solo alcuni filari dei blocchi che ne delimitavano il perimetro, ora fuori posto, e notevoli resti della via lastricata, la via Sacra, che ne costituiva l'accesso e si staccava dalla via Appia presso l'odierna Ariccia, giungendo nel territorio di Rocca di Papa. Etimologia Secondo l'interpretazione classica, il nome di Alba Longa ha precisamente il significato delle due parole latine, alba (bianca) e longa (lunga). Il racconto leggendario della fondazione da parte di Ascanio lo associa al colore bianco della scrofa che indicò il luogo dove stabilirsi. Si pensava anche che il colore bianco fosse riferito all'altura su cui sorse la città o a un monte vicino: lo stesso monte Cavo secondo alcuni sarebbe stato chiamato albus, come altri monti. Più probabilmente il nome deriva da una radice indoeuropea che significa "altura", "monte" oppure "pascolo montano", "alpeggio", attestata nel vicino sabino e nelle lingue celtiche, come molti altri toponimi montani, tra cui Alpi e Albania. Note Bibliografia Fonti antiche Fonti storiografiche moderne AAVV, Alba Longa: Mito, Storia, Archeologia, Atti dell'Incontro di studio, A. Pasqualini (a cura di) Roma-Albano Laziale 27-29 gennaio 1994, in Studi pubblicati dall'Istituto Italiano per la Storia Antica, fasc. LX, Roma 1996. Voci correlate Città scomparse del Lazio arcaico Eneide Fondazione di Roma gens Giulia Alba Docilia Collegamenti esterni Città del Lazio arcaico Città d'Italia scomparse Città antiche del Lazio
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https://it.wikipedia.org/wiki/Assistenza%20infermieristica
Assistenza infermieristica
Lassistenza infermieristica indica l'attività terapeutica, palliativa, riabilitativa, educativa e preventiva rivolta all'individuo, alla comunità o alla popolazione, svolta su soggetti sani o malati, al fine di recuperare uno stato di salute adeguato e prevenendo l'insorgenza di alterazioni morfo-funzionali per l'individuo e/o la comunità. Essa è pianificata, operata, diretta e valutata dal professionista infermiere. Profilo professionale dell'infermiere Secondo il DM 739/94: L'infermiere è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale è responsabile dell'assistenza generale infermieristica. L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l'assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria. L'infermiere: Partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; Identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi; Pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico; Garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; Agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali; Per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto; Svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero-professionale. L'infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca. La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree: Sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica; Pediatria: infermiere pediatrico; Salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico; Geriatria: infermiere geriatrico; Area critica: infermiere di area critica. In relazione a motivate esigenze emergenti dal Servizio sanitario nazionale, potranno essere individuate, con decreto del Ministero della sanità, ulteriori aree richiedenti una formazione complementare specifica. Il percorso formativo viene definito con decreto del Ministero della sanità e si conclude con il rilascio di un attestato di formazione specialistica che costituisce titolo preferenziale per l'esercizio delle funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite prove valutative. La natura preferenziale del titolo è strettamente legata alla sussistenza di obiettive necessità del servizio e recede in presenza di mutate condizioni di fatto. Storia Nel V secolo a.C., Ippocrate di Kos, studente di Chirone (considerato, secondo la mitologia, il padre della medicina), fu una delle prime persone al mondo a studiare il concetto di assistenza sanitaria, guadagnandosi così il titolo di "padre della medicina moderna". In Europa la concezione occidentale di assistenza infermieristica fu applicata inizialmente dai monaci cattolici, che si presero cura dei malati e degli infermi durante il Medioevo europeo. A partire dall'età moderna, nell'Europa nord-atlantica il processo di evoluzione sanitaria inizia precocemente, a differenza di quella orientale e meridionale la quale avviene in modo tardivo e lento. Effettuando un paragone con il XVIII secolo, nel secolo successivo avvenne un aumento della vita media europea di circa 12 anni, La storia della moderna scienza infermieristica, intesa dal XIX secolo ai giorni odierni, è da considerarsi un processo in ascesa, culminato dai progressi della tecnologia, della cultura generale, del sapere scientifico e del progresso intellettuale in ambito sanitario. Infatti determinante fu l'opera di Florence Nightingale, che contribuì a determinare nuovi livelli di assistenza ed in onore della quale si celebra annualmente la giornata internazionale dell'infermiere. Quest'ultima infatti lavorando per migliorare le condizioni dei soldati nella guerra di Crimea, posò la prima pietra per la creazione della professione infermieristica, con i principi riassunti nel libro "Notes of Nursing". La figura dell'infermiere intanto superò alcuni pregiudizi, come ad esempio la concezione che lo scopo principale dell'infermiere sia eseguire le indicazioni del medico. Questa tendenza di certo non è assecondata nel libro, dove i medici sono citati raramente, e spesso con tono critico, in particolare in riferimento alla relazione medico-paziente. Nel 1853 Theodore Fliedner fondò un ospedale dove le infermiere assunte dovevano essere gentili. Molte persone furono positivamente colpite da questa scelta, e grazie a questo fu fondato il British Institute of Nursing Sisters. Altre importanti infermiere che hanno contribuito all'evoluzione della professione sono: Mary Seacole, che lavorò anch'essa come infermiera in Crimea; Agnes Elisabeth Jones e Linda Richards che fondarono scuole di infermieristica di alto livello negli Stati Uniti d'America e in Giappone; Linda Richards che fu la prima infermiera americana ufficialmente educata in modo professionale. Diplomata nel 1873 nel "New England hospital for Women and Children" a Boston. Nei primi anni del XX secolo l'era delle scuole sul modello Nightingale, con gestione autonoma e dirette da infermiere, finì. Le scuole furono controllate dagli ospedali e fu scoraggiato un apprendimento teorico. Gli ospedali e i medici vedevano le infermiere come una risorsa di lavoro gratuita o poco costosa. Lo sfruttamento non era infrequente da parte dei datori di lavoro degli infermieri, dai medici e dagli educatori. La pratica infermieristica era controllata dalla medicina. Si registrò inoltre un aumento della vita media di 25 anni. Le malattie endemiche in questi secoli sono causa di numerosi morti, quali la malaria e la tubercolosi, in quanto quest'ultima trova il suo periodo di massima diffusione nell'Ottocento con una mortalità pari al 30% dei tisici. La Nuova Zelanda fu il primo Stato a regolamentare la figura dell'infermiere con l'adozione del Nurses Registration Act il 12 settembre 1901. Ellen Dougherty fu la prima infermiera ufficialmente registrata. La Carolina del Nord è stato il primo Stato negli Stati Uniti ad approvare la legge sulla concessione di licenze agli infermieri nel 1903. L'età contemporanea infine ha visto la creazione dei corsi di laurea in infermieristica e l'assistenza infermieristica ha numerose riviste dedicate, per ampliare le conoscenze alla base della professione. Gli infermieri possono assumere ruoli importanti nella gestione del servizio sanitario o nella ricerca all'interno delle università. Modelli concettuali La scienza infermieristica si è a lungo evoluta all'ombra della medicina, motivo per cui risultava difficile individuare il corpo di conoscenze proprio alle cure infermieristiche”. Già alla fine dell'XIX secolo Florence Nightingale sosteneva che la “natura dell'attività infermieristica esigeva un sapere proprio e distinto da quello medico”. La Nightingale è oggi ritenuta il fondatore della concezione della moderna assistenza infermieristica, in quanto per assistere i malati è indispensabile possedere conoscenze che derivano dall'esperienza oltre che da approfondite e accurate ricerche fondate sul metodo scientifico, e che sono distinte da quelle mediche. Gli elementi che distinguono l'infermieristica dalla medicina vanno ricercati nella differenza tra il nursing e caring e del curing, quindi rispetto alla dimensione delle cure intese come bisogni dell'assistito, e del trattamento della malattia in sé e per sé. Nursing e caring sono basati su aspetti di relazione, orientamento e sviluppo delle potenzialità dell'assistito in modo indipendente dalla medicina: « Caring in the nursing profession takes place every time a nurse-to-patient contact is made. The nurse enters the world of the patient in order to come to know the patient as a caring person, and that it is from this “epistemology” that the caring of nursing unfolds". ». Nell'epoca moderna, la formazione dedica una particolare attenzione alla storia infermieristica, in quanto si cerca di utilizzare e sviluppare modelli teorici per la pratica infermieristica, rinforzando l'enfasi della professione sulla pratica basata sulla teoria. I modelli concettuali d'infermieristica generano conoscenze che migliorano la pratica e guidano la ricerca infermieristica. Progressivamente la professione ha sviluppato il proprio corpo di conoscenze, i concetti e le teorie continuano ad evolversi per sostenere e sviluppare sempre di più la componente intellettuale e la componente pratica dell'infermieristica. Gli impianti teorici sono fondamentali per l'evoluzione delle conoscenze infermieristiche e della pratica professionale. L'evoluzione concettuale del nursing ha inglobato anche teorie da fonti non infermieristiche, comprese le teorie dei sistemi, dei bisogni umani, del cambiamento, del problem solving e del decision making, portando così alla formazione di un corpus di conoscenze basate su evidenze scientifiche, supportate da migliaia di studi in tutti i settori dell'infermieristica, che forma oggi il nuovo professionista infermiere. L'organizzazione razionale dell'assistenza prodotta dall'infermiere è orientato a rispondere sia a generali che più specifiche esigenze di persone malate o persone sane o anche in fin di vita (Henderson). Vari autori hanno descritto la propria visione dell'assistenza in teorie generali, e molte di queste hanno contribuito allo sviluppo di altre più specifiche in rapporto a vari contesti e situazioni dell'assistenza spesso intesa come sequenza di fasi precostituite, ma anche come relazione tra soggetti o anche come influenza (si veda Rogers e la sua scuola). Le principali teorie infermieristiche, assieme ai loro scopi sono: Florence Nightingale (1860) in Notes on Nursing, What it is and what it is not: la teoria indirizza verso i principali bisogni dei malati e i principi di base di una buona assistenza sanitaria. Considera inoltre i vari tipi di ambiente: fisico, psichico e sociale, per questo la sua teorica viene definita "ambientale". Hildegard Peplau (1952) in Interpersonal relations in Nursing: la teoria sviluppa un rapporto interpersonale fra l'assistito e l'infermiere che consta di alcune fasi fondamentali: orientamento, identificazione, utilizzazione, risoluzione; Virginia Henderson (1955) in The nature of Nursing: assistere la persona a riacquistare la propria indipendenza, il più rapidamente possibile; Lydia E. Hall (1964) in Nursing-What is it?: fornire assistenza infermieristica alle persone terminato lo stato acuto di malattia; Dorothea Orem (1971) in Nursing: Concepts of pratice: fornire assistenza e aiutare le persone a realizzare l'autocura; Joyce Travelbee (1971) in Interpersonal aspects of Nursing: assistere e aiutare individui, famiglie, comunità e gruppi a prevenire o ad affrontare la malattia e a guarire; Jean Watson (1979) in Nursing: The philosophy and science of caring: concentrarsi sui fattori curativi che derivano da una prospettiva umanistica e da conoscenze scientifiche; Madeleine Leininger (1978) in Transcultural Nursing: prendere in considerazione i valori e le credenze dell’assistito al fine di raggiungere lo scopo precipuo dell’assistenza infermieristica. Il processo di assistenza L'assistenza è uno strumento di cui il professionista adeguatamente formato si avvale, assieme ad altri strumenti scientifici, per rilevare e rispondere al bisogno di salute attraverso l'utilizzo della strategia del problem solving. Il processo di assistenza consiste nella presa in carico dell'individuo che presenti un bisogno di salute. È generalmente considerato come un approccio sistematico di risoluzione del problema che viene utilizzato nell'assistenza infermieristica individualizzata. È utilizzato dagli infermieri per identificare e trattare le risposte umane a problemi reali o potenziali, ed assisterli. Esso possiede le seguenti caratteristiche: modello per erogare assistenza infermieristica ai pazienti, alle famiglie e alla comunità è ordinato e sistematico; è interdipendente; offre assistenza infermieristica individualizzata; è centrato sul paziente e sui suoi punti di forza; il suo uso è appropriato in tutto l'arco della vita; può essere usato in tutti gli ambienti. Il processo d'assistenza: Promuove la collaborazione tra le varie discipline e figure professionali, Organizza e vigila le operazioni di vita quotidiana del paziente , Incoraggia la partecipazione del paziente e promuove la sua autonomia, Promuove un aumento del benessere dell'individuo e della popolazione in ordine di un miglioramento continuo della qualità di vita, Promuove un'assistenza di tipo personalizzato, È efficiente (miglior rapporto costo-beneficio). Le fasi Le fasi del processo infermieristico sono: Accertamento (assessment): nel processo di assistenza l'accertamento è la valutazione critica di elementi informativi sulle capacità dell'individuo, gruppo o famiglia, allo scopo di identificare elementi migliorabili nell'indipendenza di cura del soggetto sensibili alle azioni di nursing (non invasive, non basate su farmaci). Diagnosi: diagnosticare la capacità migliorabile con l'azione del nursing, è la fase del giudizio clinico che vincola l'infermiere ad assumere una responsabilità di presa in carico o meno, alla luce dei risultati perseguibili con la sua offerta di assistenza. Le diagnosi sono giudizi del nursing che risolvono il problema interpretativo iniziale costituito da comportamenti e performance accertate non corrispondere alle attese del soggetto stesso e del professionista. Con la diagnosi la differenza viene interpretata e correlata alla probabilità di miglioramento per evoluzione spontanea o indotta dall'assistenza (pertinenza con l'ambito del nursing). Problemi collaborativi: Spesso citati come "problema che l'infermiere deve riconoscere e risolvere in collaborazione con le altre figure sanitarie". Questa affermazione (proposta da Linda J. Carpenito) identifica la necessaria capacità dell'infermiere di identificare un possibile complicanza, anche fatale, che si può venire a sviluppare nel paziente preso in carico e l'obbligo di farlo presente al team sanitario tutto, così da poter prevenire, ognuno secondo le proprie competenze, e secondo scienza e coscienza, qualsiasi evento avverso al paziente. Identificazione degli obiettivi: i risultati che il paziente raggiungerà a seguito dell'intervento infermieristico Pianificazione: questa fase riguarda la preparazione del programma degli interventi assistenziali che si propongono di realizzare gli obiettivi di nursing. Attuazione: questa è la fase attiva del processo di assistenza. Corrisponde alla implementazione del piano nell'insieme delle attività da erogare all'assistito. Valutazione: si riferisce al giudizio sul rapporto tra esiti e obiettivi tenuto anche conto dell'impegno in azioni, tecnologia e altre risorse (efficacia e costi sostenuti). La valutazione costituisce la condizione necessarie per le ulteriori scelte di intervento e di miglioramento possibile del programma stesso. Nanda International State of the world’s nursing 2020 Il rapporto State of the world’s nursing 2020, stilato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, denuncia l'insufficienza di forza lavoro infermieristica e richiama gli stati membri a perseguire i seguenti obbiettivi: Incremento dei finanziamenti nell'educazione ed assunzione di più infermieri (almeno 6 milioni di nuovi posti di lavoro per infermieri entro il 2030) Rafforzare la capacità di raccogliere, analizzare ed interpretare i dati relativi al personale sanitario Educare e formare gli infermieri in competenze scientifiche, tecnologiche e sociologiche Promuovere posizioni di leadership Migliorare le condizioni di lavoro promuovendo salari equi, il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro Rafforzare il ruolo degli infermieri nei settori strategici quali salute, istruzione, immigrazione, finanza. Note Bibliografia Grammaticos, PC; Diamantis, A (2008). "Useful known and unknown views of the father of modern medicine, Hippocrates and his teacher Democritus". Hellenic journal of nuclear medicine 11 (1): 2–4 Davies, Paul A. (2002). Nursing. Hong Kong: Oxfor University Press. Radcliffe, Mark (2000)." Doctor and nurses: new game, same result"; British Medical Journal 320 (1085): 1085. Nightingale, Florence (1860)"Notes of Nursing" Full text online Accessed 14 August 2007 http://digital.library.upenn.edu/women/nightingale/nursing/nursing.html#III Chin, P. L. (2008). Integrated theory and knowledge development in nursing (7th ed.). St. Louis, MO: Mosby. Voci correlate Classificazione Internazionale per la Pratica Infermieristica Consulenza infermieristica Diagnosi infermieristica Florence Nightingale Infermiere Infermieristica bellica Nursing transculturale Etica infermieristica Infermieristica forense Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Arti%20visive
Arti visive
L'area delle arti visive (o arti visuali) raggruppa qualunque forma artistica che abbia come fulcro l'aspetto visivo dell'opera. Altre arti, quali il teatro, la musica o l'opera, costituiscono invece categorie a sé stanti di tipo figurativo, pur con confini non sempre ben definiti: vedi ad esempio la body art o l'arte interattiva, o anche il cinema, che può incorporare differenti forme artistiche e performative. Nella società contemporanea la cultura visiva ha assunto un'enorme importanza; più recentemente l’arte digitale e la new media art hanno guadagnato un ruolo non trascurabile in una cultura sempre più dominata dal visuale. Nel multiforme scenario delle arti contemporanee le ultime tendenze digitali si stanno addentrando in un nuovo territorio dell'arte, che si pone oggi una sfida sempre più importante: quella di confermarsi uno specifico valore di mercato, aprendo nuove opportunità di fruizione e di consumo (dalle arti digitali alla fotografia digitale, dalla musica agli audiovisivi) "in un continuo confronto e in un continuo tentativo di superamento dell’arte contemporanea". Dalla seconda metà del XX secolo, critici e storici dell'arte hanno preferito allargare la più generica espressione "arte figurativa" a quella più specifica di "arte visiva", riferita alla molteplicità di attività creative che non comprendono soltanto le tradizionali discipline come la pittura e la scultura. Il panorama dell'arte è dunque fortemente cambiato, pertanto rientrano nel campo delle arti visive anche la fotografia, la performance, la body-art, l’assemblage, la video art, l’happening, la land art. Elenco di arti visive Ecco una lista parziale di soggetti riferibili alle principali arti visive: Note Voci correlate Disegno industriale Video installazione Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Assembler
Assembler
Un assembler (assemblatore in italiano) è un software che trasforma le istruzioni mnemoniche dell'assembly in linguaggio macchina. Si tratta dunque di un compilatore (traduttore) per un particolare linguaggio assembly. Il termine assembler deriva dal fatto che le istruzioni vengono convertite e montate una accanto all'altra come se fossero in fila. Ci sono molti tipi di linguaggi assembly e di conseguenza diversi assemblatori: esistono gli assembler per programmare i microchip, per creare programmi su personal computer, per telefoni cellulari, ecc. Questo perché un assemblatore produce linguaggi macchina per una specifica famiglia di processori (intel 8086, 80386, Motorola 68000, ecc.). Bibliografia Voci correlate Assembly Compilatore Debugger Disassembler Linguaggio macchina Altri progetti Collegamenti esterni Compilatori
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https://it.wikipedia.org/wiki/Linguaggio%20assembly
Linguaggio assembly
Il linguaggio assembly (detto anche linguaggio assemblativo o linguaggio assemblatore o semplicemente assembly) è un linguaggio di programmazione molto simile al linguaggio macchina, pur essendo differente rispetto a quest'ultimo. Erroneamente viene spesso chiamato "assembler", ma quest'ultimo termine identifica solo il programma "assemblatore" che converte il linguaggio assembly in linguaggio macchina. Le istruzioni del linguaggio assembly corrispondono alle istruzioni che il processore può eseguire. Difatti queste ultime sono stringhe di bit (di solito della lunghezza di 1 o 2 ma anche 4 bytes) che nel linguaggio assembly assumono nomi comprensibili agli umani. Tutte le istruzioni hanno un corrispondente opcode (Operation Code) che rappresenta l'istruzione stessa in formato esadecimale o binario. L'istruzione che somma 32 al registro EAX: A seconda del tipo di istruzione alcune istruzioni sono lunghe da 1 a più bytes più la dimensione degli operandi sui quali lavorano. Per assembly si intende il linguaggio che utilizza l'Instruction Set del processore. L'Instruction Set Architecture (ISA) é l'insieme di tutte le operazioni che il processore è in grado di eseguire. Per questo motivo non esiste un linguaggio assembly unico ma ogni processore ha il suo. Descrizione RISC e CISC Il linguaggio assembly costituisce il cosiddetto ISA (Instruction Set Architecture) di un processore. I diversi ISA possono essere divisi in due grandi gruppi: i RISC (Reduced Instruction Set Computer) e i CISC (Complex Instruction Set Computer). Il primo gruppo tende ad avere operazioni semplici e veloci, con grande abbondanza di registri per memorizzare i risultati intermedi. Il secondo mette a disposizione del programmatore istruzioni più complesse, che a volte mimano quelle dei linguaggi di livello più alto (ad esempio, la copia di stringhe nei processori x86). In entrambi i casi, i migliori set di istruzioni tendono ad essere quelli cosiddetti ortogonali, dove i diversi metodi di indirizzamento e i diversi registri possono essere usati indifferentemente in tutte le istruzioni. Famosi set di istruzioni ortogonali sono quelli del Motorola 68000 (CISC) e del MIPS (RISC). L'ISA dei processori Intel x86 era originariamente ben poco ortogonale, ed è andata via via migliorando. La distinzione tra set di istruzioni RISC e CISC è oggi un po' sfumata, perché la maggior parte dei processori consumer sono oggi dei CRISP, cioè un misto fra i due. Inoltre, alcuni processori traducono l'ISA originale in un set di istruzioni interno, per ragioni diverse e con modalità diverse: nel caso dell'Intel Pentium 4 e dell'AMD Athlon, è per liberarsi dalle limitazioni causate da un'ISA retrocompatibile ormai arcaica, e la conversione è eseguita direttamente da hardware dedicato che effettua la necessaria decodifica; nel caso dei processori Transmeta, è per poter "tradurre" ISA di altri processori esistenti come se fossero proprie, e la traduzione è fatta da qualcosa di concettualmente molto simile a routine firmware (denominate microcodice) memorizzate in un'area ROM ricavata sul silicio del microprocessore. Scopo L'assembly ha lo scopo generale di consentire al programmatore di ignorare il formato binario del linguaggio macchina. Ogni codice operativo del linguaggio macchina viene sostituito, nell'assembly, da una sequenza di caratteri che lo rappresenta in forma mnemonica; per esempio, il codice operativo per la somma potrebbe essere trascritto come ADD e quello per il salto come JMP. In secondo luogo, i dati e gli indirizzi di memoria manipolati dal programma possono essere scritti, in assembly, nella base numerica più consona al momento: esadecimale, binaria, decimale, ottale ma anche in forma simbolica, utilizzando stringhe di testo (identificatori). Il programma assembly risulta in questo modo relativamente più leggibile di quello in linguaggio macchina, con il quale mantiene però un totale (o quasi totale) isomorfismo. Il programma scritto in assembly non può essere eseguito direttamente dal processore; esso deve essere tradotto nel linguaggio macchina (binario) corrispondente, usando un programma compilatore detto assembler. Non univocità A causa di questa "vicinanza" all'hardware, non esiste un unico linguaggio assembly. Al contrario, ogni CPU o famiglia di CPU ha un suo proprio assembly, diverso dagli altri. Ad esempio, sono linguaggi assembly ben diversi quelli per i processori Intel x86, per i Motorola 68000 e per i Dec Alpha. Questo significa che conoscere un certo linguaggio assembly significa saper scrivere programmi solo su una determinata CPU o famiglia di CPU. Passare ad altre CPU però è relativamente facile, perché molti meccanismi sono analoghi o del tutto identici, quindi spesso il passaggio si limita all'apprendimento di nuovi codici mnemonici, nuove modalità di indirizzamento ed altre varie peculiarità del nuovo processore. Molto meno facile è invece portare un programma scritto in assembly su macchine con processori diversi o con architetture diverse: quasi sempre significa dover riscrivere il programma da cima a fondo, perché i linguaggi assembly dipendono completamente dalla piattaforma per cui sono stati scritti. Molti compilatori assembly supportano sistemi di macro che potrebbero essere impiegati per ovviare in parte a questo problema, ma si tratta di una soluzione poco efficace. Inoltre l'assembly non offre alcun "controllo sui tipi" (non esiste alcunché di vagamente simile al concetto di "tipo" nella programmazione low-level), ma lascia al programmatore la responsabilità di occuparsi di ogni singolo dettaglio della gestione della macchina e richiede molta disciplina e un esteso lavoro di commento per non scrivere codice che risulti assolutamente illeggibile (ad altri programmatori come anche a se stessi dopo qualche tempo). A fronte di questi svantaggi l'assembly offre un'efficienza senza pari e il controllo completo e assoluto sull'hardware: i programmi in assembly sono, in linea di principio, i più piccoli e veloci che sia possibile scrivere su una data macchina. Scrivere (buon) codice in assembly è dispendioso in termini di tempo, difficile e quindi molto costoso, soprattutto in prospettiva (future modifiche): per questo, raramente l'assembly è il solo linguaggio usato in un progetto mainstream, a meno che questo non sia di dimensioni e portata limitate. In genere si usa in combinazione con altri linguaggi: la maggior parte del codice viene scritta in un linguaggio ad alto livello, mentre le parti più critiche (per motivi di performance, precisione del timing o affidabilità) si scrivono in assembly. Tali problematiche sono riscontrabili principalmente su piattaforme come i personal computer attuali, dove la vastità quantitativa e l'enorme gamma qualitativa dell'hardware disponibile crea alle applicazioni low-level un oggettivo problema mai risolto (e presumibilmente non risolvibile) a livello di unificazione e standard. A ciò si aggiunga l'evoluzione costante verso una sempre maggiore stratificazione dei comuni sistemi operativi, caratterizzata da numerosi vincoli e virtualizzazioni delle periferiche fisiche e dei canali di comunicazione, che non rendono agevole lo sviluppo di un software che interagisca direttamente con l'hardware sottostante e ne gestisca direttamente le caratteristiche. Si possono però citare due esempi, peraltro correlati, di totale inversione di questo paradigma generale: Ha ampiamente senso creare programmi interamente in assembly destinati ad hardware caratterizzato architetturalmente da documentazione esaustiva, grande predicibilità, stabilità e scarsa variabilità temporale del design: per esempio, si possono citare gli home computer degli anni ottanta, come i Commodore Vic-20 e C64 o il Sinclair ZX Spectrum. Ha parimenti senso, ed un forte riscontro nella pratica invalsa negli ultimi trenta anni, operare prevalentemente o esclusivamente in assembly nel vastissimo mercato dei sistemi embedded, per la programmazione di microcontroller e DSP, eventualmente anche sotto forma di core implementati tramite ASIC, CPLD ed FPGA, al fine di massimizzare performance e rispetto dei vincoli temporali, minimizzando nel contempo il footprint. Ciò trova riscontro a tutti i livelli della filiera produttiva, a partire dalla progettazione dei chip e del relativo linguaggio utilizzando ISA di tipo RISC e fortemente ortogonali, la cui ottimizzazione (in spazio o in performance) è altamente semplificata. Questo approccio è fondamentale in quanto consente grandi economie di scala nei progetti tipici del mondo embedded, caratterizzati dalla capacità di assorbire costi iniziali (NRE, non-recurrent engineering costs) anche elevati, purché finalizzati ad una forte compressione del costo unitario del prodotto finale, anche per volumi medio-bassi. Ecco allora che la possibilità di utilizzare un microcontroller con limitatissime risorse di memoria ROM e RAM scrivendo il firmware integralmente in assembly diventa essenziale al fine di minimizzare i costi, l'ingombro in piastra, la suscettibilità elettromagnetica, aumentando anche l'affidabilità (processori più "datati" hanno un incolmabile vantaggio in termini di milioni di ore di test e funzionamento sul campo, ossia la "merce" di gran lunga più preziosa per i sistemi embedded variamente critici) ed ottimizzando numerosi altri fattori. Struttura La struttura di un tipico listato Assembly x86 per PC si articola, a grandi linee, nei seguenti termini: intestazione, in cui possiamo inserire, tramite dei commenti, il nome e la funzione del programma. segmento dati, in cui andiamo a dichiarare formalmente le variabili usate dal programma (in pratica allochiamo delle zone di memoria nel segmento puntando dal DS data segment) segmento di stack, in cui definiamo la struttura dello stack associato al programma (parleremo dello stack in seguito) segmento di codice, in cui è presente il codice del programma chiusura Vale la pena di ribadire che tale struttura, nella sua generalità, dipende quasi per intero dalla piattaforma e anche dall'assembler utilizzato e quindi non è in alcun modo universalizzabile. Architetture diverse, dai mainframe ai microcontroller, con relativi assemblatori e cross-assembler, impongono strutture di sorgente a volte nettamente diverse dal semplice esempio illustrato, relativo ai comuni PC. Per un controesempio banale, nelle architetture Harvard usate dalla quasi totalità dei microcontroller e da molte architetture di supercalcolo: il segmento di codice non risulta scrivibile durante la normale elaborazione: ne consegue, tra l'altro, l'assoluta impossibilità di creare codice self-morphing (automodificante), ma anche un modo generalmente diverso di referenziare variabili (a rigore, label corrispondenti ad una o più locazioni in memoria dati) e codice nel sorgente; i dati a loro volta risiedono in memorie fisicamente separate, talora dotate anche di persistenza tra le sessioni (EPROM, Flash EEPROM, RAM "tamponate" ossia dotate di batteria di backup...), e tutto ciò si riflette in modo esplicito e pervasivo nella sintassi supportata dall'assembler, nelle direttive specifiche e nella struttura effettiva di un sorgente Assembly; ultimo, ma non meno importante: registri come DS e SS (stack segment) sono altre peculiarità della piattaforma x86, sovente lo stack di chiamata non è neppure direttamente accessibile nei core MCU più diffusi. Esempio di codice Esempio di programma "Hello world" in assembly Intel x86 con sintassi Intel (sfrutta le chiamate al sistema operativo DOS). Non è compatibile con le versioni Assembly UNIX GNU MODEL SMALL STACK 100H .DATA HW DB "hello, world", 13, 10, '$' .CODE .STARTUP MOV AX, @data MOV DS, AX MOV DX, OFFSET HW MOV AH, 09H INT 21H MOV AX, 4C00H INT 21H END Questo invece è l'esempio del programma scritto per sintassi AT&T (per le architetture UNIX GNU) .section .data hello: .ascii "ciao ciao mondo!\n" hello_len: .long . -hello # lunghezza della stringa in byte .section .text .global _start _start: movl $4, %eax # 4 corrisponde alla system call "write" movl $1, %ebx # stampa nello standard output (schermo) leal hello, %ecx # puntatore char a ciò che si vuole stampare movl hello_len, %edx # copia del contenuto della variabile. carica la lunghezza della variabile int $0x80 # system call (int sarebbe "interrupt"); con 0x80 si lancia una interaction generale # dichiarata (in base ai valori caricati precedentemente nei registri) movl $1, %eax # 1 corrisponde alla system call "exit" xorl %ebx, %ebx #azzera EBX; si può anche scrivere movl $0, %ebx ma risulta meno efficiente int $0x80 Microistruzioni Quando si esegue un'istruzione Assembly, il processore (in base all'architettura presa in considerazione) esegue una serie di operazioni chiamate "Microistruzioni Assembly", cioè delle operazioni hardware che servono per configurare i registri e gli operatori della CPU in modo che possa essere eseguita quella istruzione. Tale processo si divide, nel caso delle CPU Intel x86 e di alcune altre, in 3 parti: Fetch: fase di caricamento in cui si incrementa il registro PC e si prepara la CPU a compiere l'operazione; Decode: si configurano i multiplexer interni alla CPU e viene eseguita una codifica dell'istruzione qualora sia necessario (indirizzamenti indiretti, a spiazzamento, ecc...) Execute: il momento in cui si esegue veramente l'operazione Da qui la sigla FDE, Fetch-Decode-Execute, riportata nei testi di architettura e nei datasheet. Per fare un esempio per l'architettura dell'Intel 80x86 con un singolo BUS, in sintassi AT&T, questa istruzione: ADD %EBX, %EAX in cui si somma il contenuto del registro EAX con il contenuto del registro EBX e il risultato verrà salvato in EAX, vengono svolte queste micro operazioni: 1. PCout, SELECT[4], ADD, Zin, MARin, READ ;viene incrementato il PC per eseguire l'operazione successiva 2. Zout, PCin, WMFC ;si aspetta che sia avvenuta la lettura in memoria 3. MDRout, IRin ;viene inviata l'istruzione prossima in IR 4. EAXout, Vin ;viene inviato il contenuto di EAX in un registro temporaneo 5. EBXout, SELECT[V], ADD, Zin ;viene sommato il contenuto di EBX tramite la ALU con EAX 6. Zout, EAXin, END ;il risultato viene copiato in EAX Su alcune architetture tali fasi risultano invece essere quattro (ad esempio, nei PIC Microchip, negli Intel 8051 e in numerosissimi core analoghi), da cui risulta anche l'effettivo rapporto tra velocità di clock ossia frequenza del quarzo esterno (es. 10 MHz) e numero di istruzioni effettivamente eseguite in un secondo. Per i PIC (famiglie baseline e midrange in particolare) tale rapporto è pari ad 1/4, poiché ad ogni ciclo di clock il core esegue effettivamente una singola fase Fetch-Decode-Execute-Write e dunque sono necessari quattro cicli del clock esterno per completare una singola istruzione. Su architetture di microcontroller e core più arcaiche o comunque di diversa concezione, sono necessari anche più cicli di clock per ciascuna fase (ad esempio tre o quattro), da cui il diverso rapporto tra clock e MIPS, che nel caso del design 8051 originale richiede ad esempio 12 cicli di clock per ciascuna singola istruzione. Si ricordi infine che talune istruzioni, tra le quali tipicamente i salti incondizionati, richiedono su un numero notevole di piattaforme (sia RISC che CISC, concepite in varie epoche) un numero di cicli superiore alle altre, a causa delle operazioni accessorie (non parallelizzabili) richieste dall'aggiornamento del registro IP e di eventuali code di prefetch interne. C-asm Talvolta, nella programmazione ad alto livello in ambienti come il DOS, c'è la necessità di effettuare alcune operazioni che sono molto più veloci usando delle istruzioni di linguaggi a basso livello (in Windows invece a causa delle protezioni della memoria si ricorre più frequentemente alle chiamate WINAPI, le chiamate in L/M sono usate per lo più per procedure matematiche accelerate o dai driver). Tra i linguaggi di alto livello che permettono questo vi sono il C e il C++, in cui possono essere inserite nei propri sorgenti parti scritte in assembly che, in fase di compilazione, verranno tradotte con un procedimento noto come assembler inline. Un esempio di codice scritto in C-asm (usando l'assembly Intel x86), che visualizza in binario un numero dato in input, è il seguente esempio che utilizza la direttiva stdio.h che gestisce le operazioni di input/output, la direttiva iostream.h che ha le stesse funzioni di quella precedente, ma che garantisce la compatibilità con i compilatori più datati e infine la direttiva conio.h deputata alla creazione di interfacce testuali. #include <stdio.h> #include <iostream.h> #include <conio.h> int main() { int a; /* Acquisizione del valore numerico */ printf("Inserisci un valore compreso tra -32768 e 32768: "); scanf("%d", &a); /* Visualizzazione del messaggio di risposta */ printf("Il valore corrispondente in binario è: "); /* Keyword per delimitare le sezioni di codice Assembly */ asm { /* Visualizzazione della stringa di bit corrispondente */ MOV BX,WORD PTR a MOV CX,00Ah } /* Etichetta esterna */ Ciclo: asm { /* Estrazione di un bit */ MOV DL,00H RCL BX,1 /* Il valore del bit viene posto nel flag di carry */ ADC DL,'0' /* Determino il carattere da visualizzare */ MOV AH,02H /* Visualizzazione */ INT 21h Loop Ciclo } return 0; } Per la maggioranza delle applicazioni mainstream, è ormai convinzione comune nella comunità dei programmatori applicativi che fattori come le ottimizzazioni generate automaticamente dai compilatori nei linguaggi di più elevato livello, l'evoluzione di librerie a loro volta sempre più ottimizzate (almeno in linea di principio) e la sempre maggiore potenza elaborativa delle piattaforme comunemente diffuse rendano meno necessario rispetto al passato il ricorso alla verticalizzazione tramite assembly inline o moduli assembly, anche in favore della portabilità e leggibilità del codice. Tuttavia, non mancano numerose eccezioni in totale controtendenza rispetto a tale diffusa concezione: in particolare nel mondo dei sistemi dedicati, basato quasi per definizione su un paradigma ben diverso, come ricordato al paragrafo "Non c'è un solo assembly", ma anche in numerose nicchie specialistiche ai margini del mainstream, dai sistemi CAD/CAM al calcolo numerico, alle applicazioni scientifiche di varia natura, fino allo sviluppo di driver e altro software di sistema. Strutture di controllo in Assembly x86 Il processore esegue le istruzioni così come si presentano, una dopo l'altra. Tuttavia, attraverso particolari strutture, si può controllare il flusso esecutivo in base ad una determinata condizione. In questo modo si possono creare strutture di semplice selezione o di tipo iterativo (cicli). Le istruzioni assembly che vengono utilizzate per questo scopo sono principalmente di due tipi: salto e confronto. I salti possono essere incondizionati o condizionati. JMP effettua un salto incondizionato. In genere l'indirizzo di riferimento è un'etichetta. La condizione del salto è sempre dettata dai valori del registro dei flag. I flag più usati per i salti sono: ZF (flag zero) indica se l'ultima istruzione ha generato come risultato 0 SF (flag segno) indica se l'ultima istruzione ha generato un risultato di segno negativo OF (flag overflow) indica se l'ultima istruzione ha generato un overflow (con troncamento del bit più significativo del risultato) Il costrutto di selezione (if, else) La selezione è una struttura che permette di eseguire un blocco di istruzioni oppure un altro in base al verificarsi di una condizione. se blocco istruzioni 1 altrimenti blocco istruzioni 2 fine se in assembly, attraverso la logica dei salti, viene rappresentato così: se: JNcondizione altrimenti blocco istruzioni 1 JMP fine_se altrimenti: blocco istruzioni 2 fine_se: Il ciclo a controllo in coda (do...while) L'iterazione è una struttura che permette di ripetere più volte un'istruzione sotto il controllo di una condizione. ripeti istruzioni finché condizione in assembly, attraverso la logica dei salti, viene rappresentato così: inizio_ciclo: istruzioni Jcondizione inizio_ciclo esempio: MOV AX, 0000h inizio_ciclo: INC AX CMP AX, 000Ah ; confronta AX e il valore 0Ah (10d) JNE inizio_ciclo ; salta all'inizio (e ripete il ciclo) se diverso Dato che il controllo della condizione viene eseguito alla fine del ciclo, le istruzioni in sequenza vengono eseguite comunque almeno una volta, anche se la condizione era già verificata in partenza. In pratica: MOV AX, 000Ah inizio_ciclo: INC AX CMP AX, 000Ah JNE inizio_ciclo Questo spezzone di codice dovrebbe controllore se AX = 10d, e in caso contrario incrementare AX. In caso favorevole uscire dal ciclo. Vediamo però che AX vale già 10d, tuttavia tale registro viene comunque incrementato (alla fine varrà 000Bh). Inoltre, in questo particolare programma, il ciclo non finirà mai: AX varrà 11, poi 12, poi 13 e non diventerà mai uguale a 10. Sarebbe buona norma, nelle condizioni, evitare di esprimere un'uguaglianza: MOV AX, 000Ah inizio_ciclo: INC AX CMP AX, 000Ah JB inizio_ciclo ; salta se minore (invece di salta se non uguale) In questo modo abbiamo risolto il problema del ciclo infinito. Tuttavia, a causa del fatto che la sequenza viene eseguita almeno una volta, in genere si evita il ciclo a controllo in coda e si utilizza invece quello a controllo in testa. Il ciclo a controllo in testa (while) Una struttura iterativa a controllo in testa si può descrivere, ad alto livello, così: mentre condizione istruzioni fine ciclo Equivale alla while (condizione) { sequenza } del C. in assembly: inizio_ciclo: JNcondizione fine_ciclo sequenza JMP inizio_ciclo fine_ciclo esempio: inizio_ciclo: CMP AX,0Ah ; confronta AX con 10d JNE fine_ciclo ; salta se diverso INC AX ; incrementa AX JMP inizio_ciclo fine_ciclo La differenza tra questa struttura e quella a controllo in coda sta nel fatto che se la condizione è inizialmente verificata, la sequenza di istruzioni non viene eseguita nemmeno una volta. Il ciclo a contatore (for) Il ciclo a contatore ha una struttura di questo tipo: CONTATORE = 0 mentre CONTATORE < N sequenza incrementa CONTATORE fine ciclo Si può utilizzare un ciclo a contatore se vogliamo ripetere un blocco di istruzioni per un numero di volte noto a priori. i cicli in assembly sono in genere a decremento: CONTATORE = N ripeti sequenza decrementa CONTATORE finché CONTATORE n > 0 Come contatore si usa di solito il registro CX (registro contatore, appunto), perché esiste un'istruzione che esegue le ultime due istruzioni automaticamente: l'istruzione LOOP: decrementa CX e, se CX non è 0, salta all'etichetta specificata. MOV CX, 0 inizio_ciclo: CMP CX, N JGE fine_ciclo sequenza JMP inizio_ciclo fine_ciclo: Grazie all'istruzione LOOP diventa semplice scrivere un ciclo a contatore in assembly: MOV CX, <N> ; dove N è il numero di ripetizioni da eseguire inizio_ciclo: sequenza LOOP inizio_ciclo Va sottolineato che nel primo esempio si ha un ciclo a controllo in testa, mentre nel secondo uno a controllo in coda, e che, sebbene il secondo sia più compatto e veloce da scrivere, possa generare degli errori, come già detto sopra, se non si sta attenti a come lo si usa, infatti in esso le istruzioni vengono eseguite almeno una volta, per cui se non si è sicuri che il numero di ripetizioni non possa mai essere zero, è meno rischioso usare il primo. L'input/output tramite l'INT 21h del DOS L'assembly, specialmente nel mondo dei PC, non prevede funzioni di input/output già pronte. Il programmatore deve quindi creare le proprie routine o appoggiarsi a quelle create da terze parti. Negli ambienti DOS è sufficiente porre il codice del servizio richiesto in AX ed usare l'istruzione INT 21h per richiamare il relativo software di interrupt, una delle caratteristiche più peculiari delle CPU Intel x86. Tra le funzioni più comuni per l'input/output da tastiera: servizio 01h ==> Acquisizione di un carattere da tastiera con eco sul video. Attende la pressione di un tasto e restituisce il codice ASCII del tasto premuto servizio 02h ==> Visualizzazione di un carattere a video. Stampa il carattere il cui codice ASCII è contenuto in DL servizio 07h ==> Acquisizione di un carattere da tastiera senza eco sul video. Come il servizio 01h, ma non visualizza il carattere sullo schermo servizio 09h ==> Visualizzazione di una stringa a video. Stampa la stringa a cui punta l'indirizzo di memoria contenuto in DX servizio 4Ch ==> Servizio di ritorno al sistema operativo. Consente di terminare il programma. Quindi, per acquisire un carattere (con eco sul video): MOV AH, 01h ; servizio 01h INT 21h ; se AX=0001h, allora in AL va il codice ASCII del tasto premuto E volendo poi stamparlo: MOV DL,AL ; copio il codice ASCII del tasto letto il DL MOV AH,02h ; servizio 02h INT 21h ; se AX=0002h, allora stampa il carattere di codice ASCII in D Come si può vedere, sia le operazioni di acquisizione che di stampa fanno riferimento ai codici di carattere ASCII. Nel caso si voglia leggere in input una cifra numerica, per risalire al valore numerico basta sottrarre il valore 30h (48 in decimale) al suo codice ASCII. Infatti 30h in ASCII corrisponde al carattere "0", 31h (49 in decimale) all'"1" e così via... Nel caso in cui si voglia stampare una stringa: stringa DB 13,10,"questa è una stringa","$" ; alloco una variabile da un byte che chiamo stringa e in cui ci salvo una sequenza di caratteri (una stringa appunto) LEA DX,stringa ; copio l'indirizzo di memoria che punta alla stringa in DX MOV AH,09h ; servizio 09h INT 21h ; se AX=0009h, allora stampa la stringa a cui punta l'indirizzo di memoria contenuto in DX Assembly x86 Assembly x86 è una famiglia di linguaggi Assembly, usati per creare codici oggetto per i processori Intel X86. Come tutti i linguaggi assembly, sfrutta brevi parole per realizzare le istruzioni per la CPU. Note Bibliografia Voci correlate Assembler Disassembler Linguaggio macchina Altri progetti Collegamenti esterni Guida Linguaggio Assembly MIPS/SPIM Architetture R2000/R3000 Imparare l'Assembly con Visual C++ PC Assembly Language, tutorial di Paul Carter sull'assembly x86 Intel x86 programming Linguaggi di programmazione
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Andriano
Andriano (Andrian in tedesco) è un comune italiano di abitanti della provincia autonoma di Bolzano, situato in fondovalle alla destra orografica dell'Adige, di fronte a Terlano ed ai piedi del Monte Macaion (, Catena della Mendola). Origini del nome Il toponimo è attestato per la prima volta nel 1186 come Andrian nella storia in una pergamena originale dell'archivio del convento di Gries dell'anno 1186, in altri documenti ufficiali del periodo viene attestata l'esistenza di un traghetto che attraversava al tempo il fiume Adige. Nel 1240 come Aendrian e deriva dal nome di persona romano Andrius o Andraeus, corrispondente ad uomo virile, dal greco "anèr-andròs". Altra possibile derivazione si fa ricadere da Andrien, un villaggio in un angolo montano scarsamente boschivo dirimpetto a Terlano, probabilmente da antraeanum, aggettivo derivante dal termine latino antrum, in italiano antro, equivalente a "piccola valle rotonda" o "grotta boscosa". Storia È sostenuto a sufficienza da reperti archeologici, che il luogo era già abitato in epoca romana. Dal momento che l'Adige era navigabile da Andriano, il paese si è trovato in una posizione geografica tale da essere un punto di riferimento economico e d'importanza strategica. Il comune di Andriano, che in precedenza per più di cento anni era stato autonomo, venne incorporato con decreto del Re d'Italia Vittorio Emanuele III del 18 novembre 1928 nel comune di Nalles. Dal 1953 Andriano è di nuovo un comune indipendente. Notevoli sono le rovine del castello di Festenstein, costruzione menzionata la prima volta nel 1220 che svetta su un burrone sopra il paese. Simboli Lo stemma è quello dei Signori di Andrian. È partito di rosso e di argento, calzato ritondato dell'uno all'altro. Lo stemma è stato adottato il 7 novembre 1968.. Monumenti e luoghi d'interesse Chiesa parrocchiale di San Valentino Società Ripartizione linguistica La sua popolazione è nella sua quasi totalità di madrelingua tedesca. Secondo il censimento del 1890 gli italiani erano il 12,5% della popolazione, diminuiti in seguito a causa di pressioni assimilatrici. Negli ultimi 10 anni si è visto un discreto aumento della minoranza linguistica italiana, che è passata dal 2,55% sulla popolazione totale a ben 9,53%. Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 1º gennaio 2016 la popolazione straniera residente era di 63 persone, di cui: 95,2% provenienti dall'Europa; 4,2% provenienti dal Sud America. La comunità straniera più numerosa è quella della Polonia che rappresenta il 25,40% degli stranieri. Cultura Economia L'economia si basa sul turismo primaverile ed estivo con strutture di ricezione quasi esclusivamente a conduzione familiare, e sull'attività agricola (meleti, cooperative di trasformazione del prodotto). Elevata la percentuale dei residenti che lavorano nei comuni limitrofi o a Bolzano. Turismo Il comune ha una piscina all'aperto, campi da tennis e numerose piste ciclabili. Sentieri portano verso la Costiera della Mendola, fino al Monte Macaion (Gantkofel). Amministrazione Note Voci correlate Stazione di Terlano-Andriano Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Appiano%20sulla%20Strada%20del%20Vino
Appiano sulla Strada del Vino
Appiano sulla Strada del Vino (Eppan an der Weinstraße in tedesco) è un comune italiano sparso di abitanti della provincia autonoma di Bolzano in Trentino-Alto Adige. La sede municipale è nella frazione di San Michele (St. Michael in Eppan). Geografia fisica Appiano sulla Strada del Vino è anche denominata la "Terra dei castelli, laghi e vini" (in tedesco Eppan – Burgen, Seen, Wein) ed è situata a pochi chilometri da Bolzano. È zona nota per i suoi vini pregiati e ampi frutteti attorno alle diverse località che compongono questo comune. 180 tra fortezze, castelli e manieri caratterizzano il paesaggio di Appiano e dintorni lungo la Strada del Vino: una vasta zona coltivata a vigna, la più estesa dell'intero Alto Adige, nella quale s'inseriscono nove paesi vinicoli. Sul territorio comunale si trovano i due Laghi di Monticolo ("Grande" e "Piccolo"), di origine glaciale. Hanno uno scarso ricambio d'acqua a causa della mancanza di veri e propri immissari. Origini del nome Il toponimo è attestato per la prima volta da Paolo Diacono attorno al 590 come "Appianum", quando i Franchi occuparono la zona allora appartenente al ducato longobardo di Trento. Il primo abitante di Appiano di cui si sa il nome, è un tale Fritari de Apiano, nominato nel 845 in una disputa rogata a Trento e chiamato teutiscus (tedesco). Altre menzioni sono del 1116 come "de Piano", del 1139-1145 come "de Ebpan", del 1169 come "Eppan" e del 1240 come "de Apiano". Il toponimo deriva presumibilmente dal nome di persona romano Appius o Appianus. Attorno al 1800 una fonte tedesca riporta la forma Deutschmichael auf dem Eppan (traducibile in "San Michele tedesco presso Appiano"), contrapposta al Welschmichael (San Michele italiano) da riferirsi a San Michele all'Adige nel vicino Trentino. Storia Origine La ricerca archeologica ritiene che il paese sia un importante insediamento già della cultura di Luco-Meluno. Il primo personaggio, menzionato dalle fonti documentali, è un tal Fritari de Apiano, elencato assieme a un Launulfus de Baovarius nel placito notarile redatto a Trento nell'845. Questo farebbe intendere che nel primo medioevo, in seguito alle invasioni barbariche vi sia presente un'immigrazione di Baiuvari. Con l'accordo di pace di Schönbrunn il 14 ottobre 1809 Appiano, assieme alla parte meridionale del Tirolo, viene annessa al Regno d'Italia e aggregata al Dipartimento dell'Alto Adige e la lingua italiana diviene lingua amministrativa. Dopo la sconfitta di Napoleone (1813) Appiano torna all'Impero austriaco. Nel frattempo, nel 1810, venne istituito il comune di Appiano, soppresso nel 1817 e nuovamente istituito nel 1849. Nel 1919, in seguito alla prima guerra mondiale, viene annesso assieme a tutto il Tirolo meridionale, al Regno d'Italia. Dall'8 settembre 1943, in seguito all'occupazione nazista, rientra nella Zona d'operazioni delle Prealpi. Nel 1973 il comune aggiunge al proprio nome la dicitura "sulla Strada del Vino". Simboli Lo stemma comunale riprende l'emblema di Castel d'Appiano, di proprietà dei conti di Appiano (Grafen von Eppan) fin dal XII secolo. Viene raffigurata nella parte sinistra mezza stella ad otto raggi e la luna crescente a destra, entrambe di colore oro su sfondo azzurro. Lo stemma è stato adottato nel 1967. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa della Conversione di San Paolo nella frazione di San Paolo Architetture civili Castel Matschatsch Architetture militari Ad Appiano si trovava la caserma Arturo Mercanti eretta nella seconda metà degli anni Trenta; venne dismessa e ceduta definitivamente alla Provincia di Bolzano nel giugno 2013, secondo il III accordo di programma per l'attuazione di intesa firmata dall'allora Ministero della Difesa e dalla Provincia autonoma di Bolzano nel 2007. Siti archeologici È stata rinvenuta una villa romana risalente al IV secolo d.C., gli scavi archeologici hanno avuto inizio nel 2005 e sono terminati nel 2010 e la villa verrà aperta al pubblico. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2015 la popolazione straniera residente era di persone. I paesi di provenienza maggiormente rappresentati in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Germania 202 (1,37%) Albania 155 (1,05%) Slovacchia 117 (0,79%) Austria 81 (0,55%) Ungheria 73 (0,49%) Kosovo 66 (0,45%) Polonia 61 (0,41%) Romania 56 (0,38%) Marocco 52 (0,35%) Macedonia del Nord 51 (0,35%) Lingue e dialetti La popolazione, al censimento 2011, risultava così ripartita: Economia Le attività economiche principali sono: il turismo (primaverile e estivo, prevalentemente a conduzione familiare con forte ricorso a manodopera straniera), l'industria artigianale, nonché l'attività agricola legata ai vigneti e meleti. Circa un terzo degli abitanti che lavorano hanno un impiego nella vicina Bolzano, capoluogo di provincia. Turismo Interessanti i castelli (Castello di Altenburg, Castel Appiano, Castel Corba, Castel Boymont, Castel Lodrone, Castel Moos), in parte visitabili e le cantine vinicole. I laghi di Monticolo (Montiggler Seen) sono balneabili (divieto di navigazione ai natanti a motore o vela), in inverno capita sovente che il lago ghiacci abbastanza da poter praticare il pattinaggio per qualche settimana. Sia d'estate che d'inverno i laghi di Monticolo sono meta di molti bolzanini. Infatti attraverso un sentiero si può scendere a Vadena nella valle dell'Adige (circa 30 minuti dal Lago Grande di Monticolo). Altri sentieri portano (a ovest) sulla Catena della Mendola (circa di dislivello, circa 4 ore). Si possono ammirare nei dintorni anche le Buche di ghiaccio, particolare monumento naturale detto Buche di ghiaccio di Appiano - Eislöcher. Artigianato Per quanto riguarda l'artigianato, importante e rinomata è la produzione di mobili in legno, oltre all'attività di bottaio. Infrastrutture e trasporti Il paese si trova lungo la Strada del Vino dell'Alto Adige, un percorso pubblicizzato con appositi cartelli, lungo il quale insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico. Accanto a questa, transita la ciclabile dell'Oltradige. Fra il 1903 e il 1971 la località era inoltre servita dalla stazione di Appiano-Cornaiano e dalle fermate di Ganda e San Paolo, poste lungo la ferrovia Bolzano-Caldaro. Sport Nel territorio di Appiano sulla Strada del Vino (precisamente in località Rungg - Maso Ronco) sorge il FCS Center, centro di allenamento e sede amministrativa del , maggior club calcistico della città di Bolzano e dell'Alto Adige. La squadra di pallamano dell'Eppan milita attualmente in Serie A, la massima serie nazionale. La squadra di hockey su ghiaccio, l'Hockey Club Eppan-Appiano, milita nella Italian Hockey League (Serie B). Amministrazione Note Bibliografia Walter Leitner, Eppan - St. Pauls, eine Siedlung der späten Bronzezeit: ein Beitrag zur inneralpinen Laugen/Melaun-Kultur, 2 voll., Innsbruck, Università di Innsbruck, 1987. Bruno Mahlknecht (a cura di), Eppan - Geschichte und Gegenwart - ein Gemeindebuch, herausgegeben zum Anlaß der 1400-Jahr-Erstnennung des Namens Eppan im Jahre 590, Appiano, Comune, 1990. Leo Andergassen, Eppan: Kunst- und Architekturführer, Appiano, Comune, 1996. Ansitze in Eppan: Architektur & Landschaft / Residenze gentilizie in Appiano: architettura & paesaggio, Catalogo della mostra, 5.-28.9.2003, Appiano, Comune, 2003. Rainer Loose, Eppan und das Überetsch: Wohnen und Wirtschaften an der Weinstraße und in angrenzenden Gebieten. Vorträge der landeskundlichen Tagung im Lanserhaus, Eppan - St. Michael, 4.-6. Oktober 2007 (Veröffentlichungen des Südtiroler Kulturinstituts, 7), Lana, Tappeiner, 2008. ISBN 978-88-7073-459-1 Alexandra von Hellberg, Heiliges Land Eppan: ein spiritueller Führer, Bressanone, Provinz-Verlag, 2009. ISBN 978-88-88118-67-3 Voci correlate Castel d'Appiano Colle Joben Appiano (famiglia tirolese) Claudius Schraudolp il giovane Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/%C4%80tman
Ātman
Ātman (devanāgarī आत्मन्) è un termine sanscrito di genere maschile, che indica l'"essenza" o il "soffio vitale". Corrisponde al concetto di anima individuale, traducibile col pronome personale Sé, che però, possedendo la stessa struttura metafisica e illimitata del Brahman, indica anche l'anima universale del mondo. Primi significati del termine Tale termine compare per la prima volta nel Ṛgveda, la più antica raccolta degli inni vedici (XX-XV secolo a.C.) dove indica che l'essenza, il soffio vitale, di ogni cosa è identificabile nel Sole (Sūrya): Esso trae il significato da varie radici an (respirare), at (andare) va (soffiare). Nel Śatapatha Brāhmaṇa, uno dei commentari in prosa dei Veda probabilmente composti in un periodo compreso tra il X secolo l'VIII secolo a.C., questa descrizione come "essenza" e "soffio che dà la vita" propria del Ṛgveda viene interpretata come una unità, trascendente ed immanente al tempo stesso, di tutta la Realtà cosmica e in questo senso un analogo del Brahman, la formula sacrificale che genera e mantiene il Cosmo. Le successive riflessioni degli Āraṇyaka, con l'importanza data alla «coscienza di Sé» (prajñātman), e poi delle Upaniṣad, intorno all'VII-IV secolo a.C., iniziano a delineare lātman come Sé individuale distinto eppure inscindibile dal Sé universale (Brahman). Lātman nelle Upaniṣad Nelle Upaniṣad il termine "ātman" ricorre innumerevoli volte, è il perno centrale sul quale ruota tutta la riflessione upaniṣadica, una ricerca sull'essenza ultima dell'individuo. Il termine vi ricorre però con molti significati, che vanno intesi come analogie o aspetti volti a spiegare ciò che non è certo spiegabile con gli elementi del linguaggio. "Ātman" indica via via il corpo, il soffio vitale, la coscienza spirituale, il vero soggetto dell'uomo, il Sé del mondo, e come elemento ultimo in questa scala ricostruita, Brahman medesimo. È questa identità fra ātman e Brahman il caposaldo che la letteratura critica delle Upaniṣad individua quale risultato rimarchevole. Brahman e ātman Secondo Raimon Panikkar quella fra ātman e Brahman può intendersi come un'identità qualificata: qualifica l'essenza individuale, il Sé, come la realtà del Tutto: la realtà ultima di ogni cosa non è che la realtà ultima in quanto tale, il che si può anche enunciare affermando che la trascendenza assume significato in relazione all'immanenza. Giuseppe Tucci interpreta scrivendo che Brahman è il polo oggettivo della realtà, la sua proiezione soggettiva è lātman. Conseguenza della relazione fra lātman e il Brahman, è uno dei concetti nucleari nelle religioni e correnti filosofiche hindu: la corrispondenza-equivalenza fra umano e divino, o, in altri termini, l'equivalenza fra microcosmo e macrocosmo. L'essenza dell'umano è il divino; l'essenza ultima di ogni singolo vivente è il suo essere divino: questo è uno fra i più pregnanti aspetti dell'equivalenza fra ātman e Brahman. Questa corrispondenza la si ritrova, per esempio, in maniera evidente in alcuni culti tantrici, dove ogni parte del corpo umano è sede di un aspetto del divino; la si può cogliere nel rispetto per ogni essere vivente, essendo anche gli animali dotati di Sé (secondo alcune dottrine); nell'interpretazione dei fenomeni naturali come espressione del divino; nello Yoga, termine che vuol dire "unione", dove unione si riferisce proprio al legame, da conquistare, fra il Sé, lātman, e Brahman (spesso identificato con un Dio personale). Un'altra notevole conseguenza dellequivalenza fra lātman e Brahman la si ha sul piano teologico: Dio non è totalmente altro da noi, noi siamo fatti della stessa sostanza di Dio. Pensare a un Dio completamente trascendente è persino blasfemo: La realtà dellātman non è però immediatamente evidente, lātman va ri-conosciuto, e questo è il fine ultimo dell'uomo, la sua liberazione (mokṣa), quella che gli consente, dopo la morte, di ritornare in Brahman: L'invito a seguire questa strada, a meditare sullātman, è ripetuto più volte nelle Upaniṣad, ma c'è un passo che la letteratura critica ha evidenziato fra gli altri, un passo, anzi una frase, che è quasi il condensato dell'intera ricerca, perché enuncia in maniera evidente, semplice e molto espressiva il collegamento fra l'individuo, lātman e Brahman:tat tvam asi: "quello [ātman-Brahman] sei tu". L'enunciazione, ripetuta più volte, è nel dialogo fra Uddālaka Āruṇi e suo figlio Śvetaketu, nella sesta parte della Chāndogya Upaniṣad. Śvetaketu, dopo aver studiato per dodici anni i Veda nel suo periodo di noviziato come brahmacārin, torna a casa. Il padre gli illustra allora quell'insegnamento per il quale ciò che non si è conosciuto è come se lo si avesse conosciuto. Il dialogo fra padre e figlio procede, e: Il padre sta dicendo, in altre parole: tu, Śvetaketu, sei l'altro polo di Brahman, l'altro suo modo di essere, la sua tensione. Tu non sei l'Io, ma un io di Brahman. Śvetaketu, tu sei il Tu di Brahman, perché è in te che Brahman e ātman si identificano. Da notare che il soggetto della frase non è tu, ma quello: tat tvam asi, letteralmente: quello tu sei. Da notare ancora che, a differenza del termine ātman, il termine Brahman nelle Upaniṣad è di genere neutro, il che indica che esso non è riferito a qualcosa di particolare e definito. Il Sé nelle correnti religiose e filosofiche hindu Il significato di ātman, da quello originario di "soffio vitale", si è evoluto, come si è visto, fino a costituire un concetto metafisico precipuo della filosofia hindu. La traduzione del termine che più comunemente si riscontra in letteratura è "Sé". Questo termine, "Sé", è più in genere adoperato per indicare quel principio trascendente e autonomo, accettato da quasi tutte le filosofie hindu, fatta eccezione dei buddhisti e materialisti. Ognuna di queste correnti ha una propria visione del Sé. Sāṃkhya Il Sāṃkhya classico, dottrina codificata da Īśvarakṛṣṇa nel suo Sāṃkhyakārikā intorno al IV secolo CE, postula due principi metafisici fondamentali, eterni e antitetici: puruṣa e prakṛti. Puruṣa è il principio trascendente insito in ogni essere, coscienza pura dell'individuo, il Sé. Prakṛti è tradotto con "materia", o "natura", intendendo con questo termine non soltanto ciò che nella filosofia occidentale si intende, pur nelle varie interpretazioni, con "materia", ma anche l'insieme delle funzioni intellettiva e affettiva dell'essere senziente: il concetto di prakṛti include quello di "mente", essendo quest'ultima considerata un aspetto dell'evoluzione della materia stessa. Puruṣa è in verità un'entità plurale, indicando l'insieme di tutti i Sé; Prakṛti ha affinità con ciò che in Occidente si indica con natura naturans, la natura che nel suo divenire genera sé stessa. Il Sé (puruṣa) non va confuso con l'"Io" empirico, che è, questo sì, legato alla materia (prakṛti), e in quanto tale è considerato come non reale, illusorio. Il concetto di puruṣa si può pertanto dire simile a quello di ātman, sebbene il termine non sia utilizzato. Quello del Sāṃkhya è dunque un sistema dualista, e ateistico, nel quale il Sé appare vincolato alla materia, ma in realtà ne è eternamente distinto. È l'"io" empirico a trasmigrare da un corpo all'altro (saṃsāra), in quello che è l'ininterrotto processo di trasformazione della materia, non il Sé. Ed è proprio la comprensione metafisica di questa fondamentale distinzione (viveka), la conoscenza metafisica che discrimina fra spirito e materia cioè, a condurre alla liberazione (kaivalya): Yoga Il sistema religioso-filosofico dello Yoga, così come esposto da Patañjali negli Yogasūtra (composto fra il I e il V secolo CE), è molto vicino a quello del Sāṃkhya, con due principali differenze dottrinali. Lo Yoga ammette l'esistenza di un dio, o Signore (Īśvara), visto come uno speciale tipo di Sé (puruṣa) non vincolato in alcun modo alla materia (prakṛti), ed è quindi un sistema teistico, sebbene a Īśvara non sia assegnata una posizione preponderante nella dottrina. L'altra differenza sussiste nel modo di intendere e classificare le funzioni intellettive. Lo Yoga si distingue inoltre dal Sāṃkhya nel metodo: mentre quest'ultimo si serve della conoscenza metafisica (la gnosi), lo Yoga adopera tecniche psicofisiche per la sospensione degli stati normali di coscienza (l'ascesi), lungo un percorso costituito da esperienze sovrasensoriali ed extrarazionali che portano l'adepto al totale discernimento fra puruṣa e prakṛti, e quindi alla liberazione (mokṣa), intesa come identificazione con il Sé, o col Signore, nelle scuole che prediligono l'aspetto devozionale. In conclusione, né il termine ātman né brahman sono centrali nello Yoga e nel Sāṃkhya, essendo questi concetti più propriamente pertinenti al Vedānta, sebbene il concetto di puruṣa abbia affinità con quello di ātman, ciò senza dimenticare però che il primo è concetto plurale, lātman certo no. Una differenza fra il puruṣa e lātman vedantico è che il primo non è dotato dell'attributo della "felicità", poiché puruṣa è per definizione impassibile: piacere e dolore sono solo esperienze della mente. Vedānta Il Vedānta, altro sistema (darśana) ortodosso dell'induismo, prosegue la speculazione upaniṣadica sul Sé (ātman), prendendo avvio dai Brahmasūtra, testo datato fra il IV e il V secolo CE e attribuito a Bādarāyaṇa, e che ha come oggetto di ricerca il brahman. L'interpretazione dei 555 aforismi di questo testo, concisi ed ermetici, ha dato luogo a più di una scuola esegetica; fra le più note si ricordano: Advaita Vedānta ("Vedānta non dualista"); Viśiṣṭādvaita Vedānta ("Vedānta qualificato non duale"); Dvaita Vedānta ("Vedānta dualista"). Le differenze dottrinali vertono proprio sul modo di intendere il rapporto che sussiste fra Dio, il Sé e il mondo della materia. Advaita Vedānta Il fondatore nonché più noto esponente dell'Advaita Vedānta è Śaṇkara (788 – 820). Śaṇkara riprende i concetti di ātman e brahman delle Upaniṣad ed elabora una filosofia nella quale questi due princìpi sono presentati come ontologicamente identici. La liberazione (mokṣa) consiste nel discriminare fra ciò che è Sé (ātman) e ciò che non lo è, e quindi riconoscere nellātman il soggetto identico all'Assoluto (brahman). Il metodo che il filosofo indica per debellare l'ignoranza (āvidya) che offusca quest'unico soggetto, consiste nella corretta lettura e interpretazione dei testi rivelati, attraverso l'ascolto (śravaṇa), il pensiero (manana) e la meditazione (nidhidhyāsana). Non vi è spazio, nel pensiero di Śaṇkara, per l'azione (karmakāṇḍa), ossia per la ritualità, ma tutto è centrato sulla conoscenza (jñānakāṇḍa). Pur concedendo la possibilità di una fede (bhakti) in un Signore personale (Īśvara), Śaṇkara puntualizza che questa è una forma inferiore di conoscenza: concepire l'Assoluto come possessore di attributi (saguṇa) vuol dire ammettere ancora una distinzione fra l'Assoluto stesso e il Sé. Ātman e Brahman, Sé e Dio, sono dunque per Śaṇkara sinonimi, rappresentando un'unica realtà spirituale. Il mondo sembra sì dotato di una sua realtà empirica, appare sì molteplice negli aspetti che si manifestano nello spazio e nel tempo, ma tutto ciò è soltanto frutto dell'ignoranza, non è opera di Brahman, ma conseguenza della maya, evoluzione irreale dal reale, illusione, diretta conseguenza della nostra limitata visione. Viśiṣṭādvaita Vedānta Rāmānuja (1017 – 1137 circa), il principale esponente del Viśiṣṭādvaita Vedānta, pur restando vicino alle posizioni del Vedānta, critica e rifiuta l'interpretazione di Śaṇkara, là dove costui afferma che il mondo dell'esperienza sia illusione (maya) frutto dell'ignoranza, e che la fede in un dio personale sia una forma di conoscenza inferiore. Rāmānuja usa il termine jīva per indicare il "sé individuale" e sostiene che questo sé è distinto e al contempo partecipe del divino, del Signore (Īśvara) cioè, causa efficiente e materiale del tutto. Ne è partecipe poiché e la materia (prakṛti) e i sé (jīva) sono il corpo del Signore, e nulla esisterebbe se non esistesse Dio; ne è distinto poiché il sé ha una sua propria autentica realtà. La liberazione non consiste nell'eliminazione dell'ignoranza (come con Śaṇkara), ma nella piena comprensione della vera natura di Dio e nell'eliminazione del karman passato. Dio, nel suo aspetto esteriore, si manifesta per mezzo della grazia, dell'amore e della generosità, qualità che lo rendono pertanto accessibile. La liberazione conduce all'unione della jīva con Dio, ed è in questo senso che la dottrina è detta ādvaita, cioè "non duale". Il Viśiṣṭādvaita Vedānta non fa quindi riferimento al concetto di ātman, ma a quello di jīva, concetto molto più vicino a quello occidentale di anima; la jīva è dotata di una sua realtà distinta da quella dell'Assoluto, pur essendo una manifestazione del corpo di Dio. Dvaita Vedānta Nel XIII secolo Madhva propose una nuova interpretazione del Vedānta, elaborando una teologia dualista (dvaita, da cui appunto Dvaita Vedānta) secondo la quale sussiste una ferma distinzione (bheda) fra l'Assoluto (inteso come dio personale, Īśvara) e i sé (jīvātman). Secondo Madhva ogni cosa nell'universo è unica e non può essere ricondotta ad altra; sussiste una quintuplice differenza: fra il Signore e ogni sé; fra i singoli sé; fra il Signore e la materia (prakṛti); tra i sé e la materia; fra i singoli fenomeni della materia. Il Signore, però, è causa efficiente, ma non materiale, di ogni cosa, è il sostrato comune di tutto e nulla esiste che non dipenda da Lui: la materia e i sé sono stati creati da Lui, ma hanno una loro distinta realtà. Conseguenza di questa visione è che Dio, nella sua essenza ultima, non è conoscibile, essendo il principio interiore di ogni cosa. All'uomo resta soltanto la via della devozione (bakhti), mediante la quale il sé può essere partecipe della beatitudine (ānanda) del Signore.. Śivādvaita e teologie śaiva Nel fare riferimento a un Dio personale la tradizione vedantica è per lo più associata ai movimenti vaiṣṇava, al culto cioè di Visnù, o anche di Kṛṣṇa, suo avatāra. Un'interpretazione vedantica del culto di Śiva, altra principale divinità hindu, la si ha nel XIII secolo con Śṛī Kaṇṭha. Al di là di questa dottrina, gli altri movimenti śaiva sono considerati non ortodossi nell'Induismo, in quanto non riconoscono come fonte principale della rivelazione i Veda, ma i Tantra. Nello Śaivasiddhānta il Signore (pati) è altro dall'anima (paśu) e dal mondo (paśa). Si tratta quindi di una teologia essenzialmente dualista, che in ciò si differenzia dalle scuole moniste del Kashmir, per le quali il Sé, il mondo e il Signore costituiscono invece un'unica realtà. Secondo i principali pensatori della scuola monista del Pratyabhijñā, cioè Somānanda, Utpaladeva, Abhinavagupta e Kṣemarāja, vissuti fra il X e l'XI secolo, il Sé è caratterizzato da "coscienza" ed è identico a Dio (Śiva). In questa teologia, Dio, che è causa materiale ed efficiente dell'universo, opera servendosi della sua potenza (śakti), a Lui identica: il processo di espansione ed evoluzione della materia e delle funzioni umane si dispiega attraverso un insieme di categorie che ricalca in buona parte quelle del Sāṃkhya, aggiungendovi altre che appartengono al divino. In questo processo l'anima (puruṣa) si frammenta e si vede separata per effetto della maya, intesa qui come potenza creatrice e non come illusione. La liberazione consta quindi nel riconoscimento della propria natura divina, nell'unione con Śiva, nell'essere completamente consapevoli che, come afferma lincipit degli Śivasūtra di Vasugupta, testo fondamentale nello shivaismo kashmiro: La critica dellātman nel Buddhismo e l'insegnamento dellanātman In questo senso vi sarà la critica, nel Buddhismo dei Nikāya (IV secolo a.C.), dellātman (sans., atta, pāli) inteso come anima o Sé, riportata nell'insegnamento buddhista dell'anātman (sans., anatta, pāli). È da notare tuttavia che questa possibile assenza, negli insegnamenti buddhisti del Sutrapitaka (sans., Sutta Piṭaka, pāli) del canone buddhista (detti anche Āgama-Nikāya), di una struttura portante nel continuum di consapevolezza e nella retribuizione karmica causerà, nello sviluppo del Buddhismo, segnatamente nelle scuole Sarvāstivāda e Vatsīputrīya, l'elaborazione di dottrine in qualche modo analoghi a quella dellātman: svabhava e pudgala. Ciò sarà comunque oggetto di dibattito e critica tra le scuole buddhiste nel corso del loro sviluppo storico, anche se la scuola Vatsīputrīya si estinse in India con la scomparsa in quel sub-continente dello stesso Buddhismo. Note Bibliografia Upaniṣad antiche e medie, a cura e traduzione di Pio Filippani-Ronconi, riveduta a cura di Antonella Serena Comba, Universale Bollati Boringhieri, Torino, 2007. Maria Angelillo – Elena Mucciarelli, Il Brahmanesimo, Xenia edizioni, 2011. Mircea Eliade, Lo yoga. Immortalità e libertà, traduzione di Giorgio Pagliaro, BUR, 2010. Gavin Flood, L'induismo, traduzione di Mimma Congedo, Einaudi, 2006. Raimon Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, a cura di Milena Carrara Pavan, traduzioni di Alessandra Consolaro, Jolanda Guardi, Milena Carrara Pavan, BUR, Milano, 2001. Giuseppe Tucci, Storia della filosofia indiana, Editori Laterza, Bari, 2005. Voci correlate Anima del mondo Brahman Jīva Maya (induismo) Mokṣa Upaniṣad Altri progetti Collegamenti esterni Vedismo e brahmanesimo Advaita Vedānta
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Arcevia
Arcèvia è un comune italiano di abitanti della provincia di Ancona nelle Marche. Geografia fisica Il territorio del comune di Arcevia giace in parte su una pendice di bassorilievi che si estendono da sud terminando pochi chilometri a nord vicino al confine comunale. Sebbene gran parte del territorio comunale sia ricoperto dalla caratteristica "campagna marchigiana", a sud la cittadina si trova a confinare con i monti della "Gola della Rossa", bassorilievi appenninici che si estendono per diversi chilometri a meridione anche in altri comuni adiacenti. Si potrebbe definire il comune di Arcevia un primo spartiacque tra la campagna marchigiana, prevalentemente collinare che si estende per molti chilometri nell'entroterra partendo dal mare, e i primi monti dell'Appennino umbro-marchigiano, i quali, invece, cominciano ad attestarsi in modo massiccio oltre il comune di Arcevia procedendo a ovest verso Fabriano e Sassoferrato. Storia Prime attestazioni Rocca Contrada è il nome medievale di Arcevia. Un "monte de la Rocca" è ricordato in un documento del 1065, un "fundo de la Rocca" in altro del 1130 e una "Rocha de Contrado" nel 1147. Questi sono i documenti più antichi noti che attestano l'esistenza di un insediamento probabilmente già fortificato, comunque identificato da una rocca o fortezza, compreso nel comitato di Senigallia, posto sulla sommità del Sasso Cischiano, sulle ultime propaggini dell'Appennino marchigiano. L'atto del 1147 è di particolare interesse perché fornirebbe con l'appartenenza del castello a un signore di nome Contrado, forse dal germanico "Konrad" o dalla contrazione di "Conte rado", la spiegazione del nome composto Rocca Contrada. Origini Si può comunque ritenere che il primo nucleo abitativo di Arcevia sia sorto durante le invasioni barbariche, per accogliere fuggitivi dalle devastate città romane, oramai in piena decadenza, di Suasa, Ostra e Sena Gallica l'odierna Senigallia. Durante la dominazione longobarda questo abitato, per la sua posizione di controllo di importanti vie di comunicazione poste ai margini dei territori bizantini, può aver svolto funzioni di presidio militare. Nel suo territorio infatti confinava l'estremo nord del Ducato di Spoleto con il gastaldato longobardo di Nocera Umbra che comprendeva il Monte Sant'Angelo, Caudino, Costa e Civitalba. E forse proprio per questa sua posizione strategica Arcevia fu occupata dai Franchi e donata nel 754 da Pipino il Breve a papa Stefano II, insieme ad altre località. Ai Franchi viene inoltre attribuita, per antica tradizione, l'intitolazione della chiesa arceviese di San Medardo, santo venerato dal quel popolo, di cui è conservata una preziosa reliquia. Il nuovo nome Rocca Contrada fu chiamata ufficialmente Arcevia (pronuncia arcévia), con il titolo di città, con lettera apostolica del 16 settembre 1817 da papa Pio VII. Il nome trae origine dai termini latini di "arces" e "via", col significato di "luogo fortificato". Onorificenze Arcevia è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita della medaglia di bronzo al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale: Monumenti e luoghi d'interesse Arcevia è luogo di soggiorno estivo conosciuto sin dal XVI secolo. Arcevia è nota per la sua rocca, la signoria dei Chiavelli, di Braccio da Montone e Francesco Sforza, ricordata come "Propugnaculum Ecclesiae", e conserva capolavori rinascimentali come il Polittico di San Medardo e il Battesimo di Cristo di Luca Signorelli, opere di Giovanni, Andrea e fra Mattia della Robbia, e tra gli altri di Simone Cantarini, Giovanni Battista Salvi detto "Il Sassoferrato", Claudio Ridolfi, Francesco di Gentile, Gherardo Cibo, Ercole Ramazzani e suoi collaboratori, Cesare Conti, il Pomarancio e F. Silva e ancora Edgardo Mannucci, Quirino Ruggeri, Bruno d'Arcevia, Giuseppe Gigli). Tra le chiese spicca quella di San Medardo (rifatta nel 1634). Collegiata di San Medardo. È il monumento più importante della cittadina. Costruita nel XVII secolo su edificio medievale, conserva notevoli opere d'arte come i polittici di Luca Signorelli e ceramiche dei Della Robbia. Palazzo Comunale. Già del podestà, venne eretto nel XIII secolo in stile gotico. Lo affianca la torre civica, alta 36 metri. Chiesa di San Francesco. Sorge lungo corso Mazzini e venne eretta verso il 1275 per i frati francescani. Venne totalmente ricostruita in stile rococò nel 1750 dall'architetto e plasticatore Lorenzo Bossi. Nelle frazioni sono presenti nove castelli: Nidastore, Loretello, San Pietro in Musio, Palazzo, Piticchio, Montale, Castiglioni e Avacelli. Siti archeologici Il territorio di Arcevia è ricco di testimonianze archeologiche, in particolare per la preistoria e protostoria, dal Paleolitico all'età del bronzo e all'età del ferro. Paleolitico Per il Paleolitico superiore (Gravettiano – circa - anni da oggi) si segnala il giacimento di Ponte di Pietra, una stazione officina per la lavorazione della selce frequentata periodicamente da gruppi di cacciatori che erano soliti fabbricare qui i loro strumenti. Il ritrovamento di tracce di focolari e di buche di palo fa pensare a capanne di tipo leggero sostenute da piccoli pali di legno e con probabile copertura di pelli che costituivano accampamenti temporanei finalizzati all'approvvigionamento e alla lavorazione della selce. Le attività erano essenzialmente legate alla scheggiatura della selce e al ritocco dei manufatti per ricavarne strumenti utilizzati per la caccia e altri impieghi ad essa connessi. Neolitico A partire dal Neolitico si assiste alla nascita di villaggi stabili di agricoltori e allevatori, come il caso di Cava Giacometti, un sito che ha conosciuto tre fasi insediative e culturali distinte risalenti al Neolitico finale, all'età del rame e all'età del bronzo. La prima fase di occupazione risale al Neolitico finale ed è caratterizzata soprattutto dalla produzione di recipienti in ceramica di uso domestico (pentole, contenitori, scodelle) e da un gran numero di manufatti in selce scheggiata per usi pratici e per la caccia. Età del rame Rappresentativo di un aspetto dell'età del rame nelle Marche è l'insediamento di Conelle (circa III millennio a.C.), difeso da un fossato artificiale che ne sbarrava l'unico lato non protetto naturalmente. La presenza del fossato creato con finalità difensive e il rinvenimento dei primi esemplari di armi in selce scheggiata (pugnali e punte di lancia) rivelano la rottura delle relazioni pacifiche con le comunità vicine e l'insorgere di crescenti antagonismi generati dall'aumento dei beni da salvaguardare e dalla crescita del potere economico e sociale di alcuni individui o classi di individui. L'economia del villaggio era legata all'agricoltura e all'allevamento, anche se la caccia era ancora notevolmente praticata. Le attività artigianali erano assai diversificate. Ricca la produzione di recipienti in ceramica utilizzati per cuocere e contenere i cibi. La fabbricazione di strumenti in selce scheggiata era indirizzata a diversi scopi, non più esclusivamente pacifici, sia in ambito domestico sia per la caccia e per la guerra. Abbondante anche la produzione di strumenti in pietra levigata specifici per la lavorazione del legno (asce-martello forate) e di manufatti in osso e in corno di cervo che, come i pochi reperti metallici, presuppongono una specializzazione del lavoro non più confinato all'ambito strettamente domestico, ma ormai di tipo artigianale e specializzato. Età del bronzo Numerosi i rinvenimenti archeologici relativi all'età del Bronzo (II millennio a.C.) che mostrano una più intensa occupazione del territorio. All'età del bronzo finale è riferibile l'abitato d'altura di Monte Croce Guardia (XII-X secolo a.C.) composto da capanne con il fondo scavato nel terreno roccioso, la cui posizione elevata rivela una scelta strategica dovuta ad esigenze difensive. All'interno del villaggio si svolgevano attività produttive e artigianali specializzate. Oltre alla produzione della ceramica si assiste ad uno sviluppo dei manufatti in osso e corno di cervo e alla comparsa di oggetti in bronzo. Età del ferro Per l'età del ferro risulta particolarmente rappresentata la fase finale della civiltà picena grazie alla ricca "necropoli gallica" di Montefortino d'Arcevia (metà del IV-inizi del II secolo a.C.) che segna il trapasso alla fase di occupazione romana del territorio. Le tombe, contrassegnate da grosse pietre, erano del tipo a fossa rettangolare scavata nel terreno e contenevano la cassa lignea (della quale si sono conservati solo i chiodi di ferro) con il corpo del defunto. La tipologia e composizione dei corredi consente di definire il sesso e il ruolo sociale dei defunti. Numerosi sono i guerrieri con armi da offesa (spade, lance, giavellotti) e da difesa (elmi) di ferro e di bronzo di tipo celtico. Particolarmente ricche anche le tombe femminili appartenute a donne di rango elevato che si distinguono per la preziosità degli ornamenti in oro. Tra gli elementi di corredo molti sono gli oggetti di importazione dall'Etruria, dall'Italia meridionale e dalla Grecia che confermano la ricchezza di queste comunità celtiche. A breve distanza dalla necropoli sorgeva un luogo di culto in uso dal V secolo a.C. fino all'età romana che ha restituito oggetti votivi. Società Evoluzione demografica Tradizioni e folclore Dal 1984, Arcevia invia una sua delegazione a Tredozio (FC) per partecipare alla Disfida dell'Uovo, nel corso dell'annuale gara di scoccetta pasquale. Ogni anno, durante l'ultimo fine settimana di settembre, si svolge la Festa dell'Uva, con sfilate di carri allegorici, Palio e stand enogastronomici. Vengono premiati il miglior carro, l'Associazione vincitrice del Palio e il miglior piatto povero tra quelli proposti dalle Associazioni che allestiscono gli stand enogastronomici. Dialetto Il dialetto di Arcevia, a differenza di quello della vicina Pergola, non ha risentito di alcun influsso galloitalico, ma piuttosto costituisce l'estrema propaggine di un cuneo di penetrazione che dall'Umbria si dirige a nord. Pertanto, l'arceviese può essere ascritto ad un'area mista (o "grigia") di confine tra quella anconetana (o marchigiana centro-settentrionale) e quella maceratese-fermana-camerte (o marchigiana centro-meridionale), nonché a quella umbra orientale, e che comprende i comuni limitrofi di Sassoferrato e Fabriano. Nel dialetto più arcaico di Arcevia e delle sue frazioni, soprattutto quelle poste sul versante meridionale, compaiono contemporaneamente tre importanti caratteristiche dei dialetti centro-meridionali (va però evidenziato che al giorno d'oggi risultano in tutto o in parte regredite): a) la metafonia, di tipo definibile - seppur erroneamente e solo per ragioni di comodità - come "napoletano", in base a cui per azione di "-u" ed "-i" finali, "é" ed "ó" toniche si chiudono in "ì" ed "ù" (pilo "pelo", munno "mondo"), mentre "è" ed "ò" si dittongano in "ié" e "uó" (tiémpo "tempo", puórco "porco"); essa si differenzia perciò dalla metafonesi presente nella famiglia maceratese-fermana-camerte, che è di tipo "ciociaresco-arpinate", cioè senza dittongamenti, mentre concorda sorprendentemente con quella dell'area ascolana: occorre però chiarire che questa metafonia "napoletana" non può esser certo potuta giungere qui provenendo da Ascoli, ma piuttosto dovrebbe esser penetrata dall'altro versante appenninico, per influsso laziale settentrionale, specie viterbese e antico romanesco (infatti a Roma almeno fino al XVI secolo si diceva ancora viecchio, castiello, muorto, cuorpo); oramai però la dittongazione metafonetica esiste solo tra le generazioni più anziane nel territorio arceviese che si estende verso Sassoferrato, oltre che a Murazzano e Montelago (frazioni di Sassoferrato), a Pierosara (frazione di Fabriano) e a Cerreto d’Esi (localmente detta Ciaritu), in cui dittonga per "e" aperta (difiéttu per "difetto", tiémbu per "tempo", ecc.), ma è di tipo maceratese per "o" aperta (faggiólu per "fagiolo", pócu per "poco", qué pórti? per "che porti?", gunfiu come 'n róspu per "gonfio come un rospo", ecc.). b) il passaggio da -ND- a -NN- (quanno per "quando"), nonché da -MB- a -MM- (gamma per "gamba") e da -LD- a -LL- (callo per "caldo"): per questi tratti, caratteristici di un po' tutto il dominio centromeridionale italiano, l'area in esame si trova all'estremo confine settentrionale; c) la conversione della -i finale dei plurali maschili in -e. Quest'ultimo fenomeno è circoscritto nelle Marche solo ad Arcevia e a Sassoferrato, ma forse nel passato doveva essere vitale pure a Fabriano, mentre risulta più diffuso in Umbria, specie in un'area che comprende Assisi, Perugia, Todi ed Orvieto; tale tratto penetra poi fino al sud della provincia di Grosseto e al viterbese, al punto che un tempo era riscontrabile pure nel dialetto di Civitavecchia (Roma): per cui si avrà pélo al singolare ma pìje al plurale, io metto, ma tu mitte, io vojo, tu vuoe, io béo, tu bìe, ordene, urdene, monte, munte, iére, campe, quije "quelli", ecc. Al contrario, il centro in esame e quelli circostanti si trovano all'estremo confine meridionale del fenomeno della lenizione di "-t-" e "-c-" intervocalici: infatti ad Arcevia si ha miga, bugo per "mica, buco", a Sassoferrato pegora, scortegà, cominciade, venede per "pecora, scorticare, cominciate, venite", e a Serra San Quirico frighì per "bambini". In realtà bisognerebbe aggiungere che in un'area comprendente Fabriano, e poi nel maceratese Cingoli, San Severino Marche e Camerino, esistono, o sono esistite, zone in cui la "-t-" dei participi passati in -ato, -uto ed -ito si è dileguata, e ciò dev'essere verosimilmente accaduto dopo che essa ha subito la lenizione, cioè il passaggio a -d-, la quale è divenuta poi spirante: per cui si ha magnào per "mangiato", capìo per "capito", ecc. Secondo il Balducci, tuttavia, il dialetto della moderna Arcevia, essendo sempre più influenzato dall'area jesina, sarebbe ormai da far rientrare in essa, mentre le frazioni arceviesi situate in direzione di Sassoferrato sono maggiormente conservative e pertanto definibili ancora come "fabrianesi". Religione Per la Chiesa cattolica la maggior parte del comune appartiene alla diocesi di Senigallia, mentre le parrocchie con sede nelle frazioni di Palazzo e Nidastore dipendono dalla diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola e la frazione di Avacelli è soggetta all'arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche. Cultura Operazione Arcevia: un audace progetto degli anni ‘70 Tra il 1974 e il 1976, con il coordinamento dell'architetto Ico Parisi, dell'imprenditore Italo Bartoletti e dei critici Enrico Crispolti e Pierre Restany, viene proposto il progetto Operazione Arcevia: la progettazione e la nascita di una comunità, che sarebbe dovuta sorgere in località Palazzo, unendo idee di pittori, scultori, architetti, di storici dell'arte, musicisti, scrittori, di psicologi e con il supporto delle istituzioni locali. I contributi, tra gli altri, degli artisti Arman, Alberto Burri, Nicola Carrino, Mario Ceroli, César, Nato Frascà, Jesús-Rafael Soto, Francesco Somaini, del regista Michelangelo Antonioni, del musicista Aldo Clementi, dello scrittore Tonino Guerra, del sociologo Aldo Ricci, vengono presentati, come opera d’arte in progetto, alla Biennale di Venezia del 1976. Musica Dal 1998 Arcevia ospita ogni estate i Seminari Estivi di Improvvisazione Arcevia Jazz Feast. Durante gli ultimi giorni del mese di luglio e i primi del mese di agosto, Arcevia si popola di musicisti di ogni età che arrivano da ogni parte d'Italia (e grazie alla cooperazione con il College of Music di Cape Town, dal Sudafrica) per frequentare lezioni con insegnanti internazionali, masterclass, laboratori e ogni sera partecipare a jam session e assistere ai concerti organizzati dall'Associazione Arcevia Jazz Feast, in un'atmosfera amichevole e festosa e nel clima fresco e ventilato del borgo. Amministrazione Gemellaggi dal 10 marzo 1972 Sport Calcio La squadra di calcio è l'Avis Arcevia 1964 dai colori sociali biancorossi che milita in Seconda Categoria. L'Avis Arcevia di calcio a 5 invece gioca in Serie C2 e disputa le proprie partite casalinghe presso la palestra di Castelleone di Suasa. Note Bibliografia Gianfranco Paci et alii, Arcevia (AN). Schede per località, Picus, 1985, 5, pp. 244–250. Gaia Pignocchi, Mara Silvestrini, Il Museo Archeologico di Arcevia e i siti sul territorio, (Gli Scrigni – Guide al Patrimonio artistico delle Marche), Pescara, Carsa Edizioni, 2002. ISBN 88-501-0042-6. P. Santini, Arcevia. Nuovo itinerario nella Storia e nell'Arte. Il dialetto di Arcevia (Ancona) – Giovanni Crocioni – Roma – ERMANNO LOESCHER & C.- 1906. Voci correlate Nidastore Museo archeologico statale di Arcevia Teatro Misa Unione montana dell'Esino Frasassi Monte Sant'Angelo (Marche) Eccidio di Monte Sant'Angelo Parco naturale regionale della Gola della Rossa e di Frasassi Polittico di Arcevia Stazione di Sassoferrato Arcevia Altri progetti Collegamenti esterni Val Mivola
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Alan Turing
Il suo lavoro ebbe una vasta influenza sulla nascita della disciplina dell'informatica, grazie alla sua formalizzazione dei concetti di algoritmo e calcolo mediante l'omonima macchina, che a sua volta costituì un significativo passo avanti nell'evoluzione verso il moderno computer. Per questo contributo è solitamente considerato il padre della scienza informatica e dell'intelligenza artificiale, da lui teorizzate già negli anni trenta del '900, ed anche uno dei più brillanti crittoanalisti che operarono nel Regno Unito durante la seconda guerra mondiale, per decifrare i messaggi scambiati da diplomatici e militari delle Potenze dell'Asse. Turing lavorò infatti a Bletchley Park, il principale centro di crittoanalisi del Regno Unito, dove ideò una serie di tecniche per violare i cifrari tedeschi, incluso l'utilizzo di una macchina elettromeccanica (chiamata "Bomba") in grado di decodificare codici creati dalla macchina crittografica Enigma. Morì suicida all'età di 41 anni, il 7 giugno 1954. Biografia Alan Turing nacque a Maida Vale, quartiere di Londra, il 23 giugno 1912. Era figlio di Julius e Ethel Turing, entrambi impiegati della famiglia reale in India. Già in tenera età Turing diede segno della genialità che negli anni futuri lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo. Tuttavia, a causa della sua enorme passione per le materie scientifiche, divenne malvisto dai professori del St. Michael, la sua prima scuola, che da sempre ponevano più enfasi sugli studi classici. Durante i primi anni ebbe quindi enormi difficoltà e ottenne il diploma a stento. Poco appassionato al latino e alla religione, preferiva letture riguardanti la teoria della relatività, i calcoli astronomici, la chimica o il gioco degli scacchi. Nel 1931 fu ammesso al King's College dell'Università di Cambridge, dove fu allievo di Ludwig Wittgenstein e dove approfondì i suoi studi sulla meccanica quantistica, la logica e la teoria della probabilità (dimostrò autonomamente il teorema centrale del limite, già dimostrato nel 1922 dal matematico Lindeberg). Nel 1934 si laureò con il massimo dei voti e nel 1936 vinse il premio Smith (assegnato ai due migliori studenti ricercatori in Fisica e Matematica presso l'Università di Cambridge). Nello stesso anno si trasferì alla Princeton University dove studiò per due anni, ottenendo infine un Ph.D. In quegli anni pubblicò l'articolo "On computable Numbers, with an application to the Entscheidungsproblem" nel quale descriveva per la prima volta la futura "macchina di Turing". Nel 1940, a 28 anni, era a capo del gruppo di ricercatori impegnati nella decrittazione delle macchine usate dalla marina tedesca, fra le quali Enigma. Il lavoro come crittoanalista Durante la seconda guerra mondiale, Turing mise le sue capacità matematiche al servizio del Department of Communications del Regno Unito per decifrare i codici usati nelle comunicazioni tedesche, criptate tramite il cosiddetto sistema Enigma da Arthur Scherbius. Con l'entrata in guerra del Regno Unito, Turing fu arruolato nel gruppo di crittografi stabilitosi a Bletchley Park e con i suoi compagni lavorò per tutta la guerra alla decrittazione, sviluppando ricerche già svolte dall'Ufficio Cifra polacco con la macchina Bomba, progettata in Polonia da Marian Rejewski nel 1932 e ultimata nel 1938. Basandosi su tali esperienze, Turing realizzò una nuova versione, molto più efficace, della bomba di Rejewski. Nel 1942 un matematico di Bletchley Park, Max Newman, progettò una macchina chiamata Colossus (lontana antesignana dei computer) che decifrava in modo veloce ed efficiente i codici tedeschi creati con la cifratrice Lorenz SZ40/42, perfezionamento della cifratrice Enigma. La macchina, a dispetto dello scetticismo dei suoi superiori, fu realizzata, su progetto di Newman, dall'ingegnere Tommy Flowers, che la consegnò a fine 1943. Dopo essere passato alla base di Hanslope Park, al termine della guerra Turing fu invitato al National Physical Laboratory (NPL, Laboratorio Nazionale di Fisica) situato a Teddington, nei pressi di Londra, per progettare il modello di un computer. Il suo rapporto che proponeva l'Automatic Computing Engine (ACE, Motore per il Calcolo Automatico) fu presentato nel marzo 1946, ma suscitò scarso interesse a causa degli alti costi preventivati. L'attività di Alan Turing nel gruppo di Bletchley Park fu coperta da un segreto assoluto. Finita la guerra il governo britannico impose a tutti coloro che avevano lavorato alla decrittazione, realizzando macchine e sistemi per violare i codici crittografici tedeschi, giapponesi e italiani, il divieto di parlare o scrivere di qualsiasi argomento trattato in quel periodo. Tale "silenzio" impedì che Turing e suoi colleghi anche meno famosi ricevessero i riconoscimenti che in altro ambito sarebbero stati loro ampiamente e pubblicamente riconosciuti. Dati e informazioni su queste attività cominciarono a essere pubblicate, previa autorizzazione dei servizi segreti inglesi, nel 1974, quando Turing e molti suoi colleghi nella decrittazione erano morti da tempo. Per l'anno accademico 1947/1948 tornò a Cambridge e spostò i suoi interessi verso la neurologia e la fisiologia, iniziando ad esplorare la relazione tra computer e natura. Iniziò a frequentare gli incontri del Ratio Club, un gruppo interdisciplinare di giovani scienziati britannici vicini agli interessi del movimento cibernetico. Ebbe interessi al di fuori dell'ambito accademico: divenne membro del Walton Athletic Club e vinse alcune gare di corsa sulle tre e sulle dieci miglia. Raggiunse inoltre ottimi livelli nella maratona, correndo con un record personale di 2 ore 46 minuti e 11 secondi (il vincitore della XIV Olimpiade nel 1948 vinse con un tempo inferiore di soli 11 minuti). Nel 1950, sulla rivista Mind, scrisse un articolo dal titolo Computing machinery and intelligence, in cui descriveva quello che sarebbe divenuto noto come il test di Turing: era convinto che si potesse raggiungere un'intelligenza artificiale solo seguendo gli schemi del cervello umano. Su questo articolo si basa buona parte dei successivi studi sull'intelligenza artificiale. L'anno seguente fu eletto Membro della Royal Society di Londra. Si trasferì all'Università di Manchester, dove lavorò alla realizzazione del Manchester Automatic Digital Machine (MADM). Convinto che entro l'anno 2000 sarebbero state create macchine in grado di replicare la mente umana, lavorò alacremente creando algoritmi e programmi per il MADM, partecipò alla stesura del manuale operativo e ne divenne uno dei principali utilizzatori. Nel 1952 sviluppò un approccio matematico all'embriologia. Quello stesso anno Turochamp, un programma di software scacchistico di sua creazione, giocò una partita contro il collega Alick Glennie, considerata la prima giocata da un programma, benché le insufficienti capacità di calcolo dei computer dell'epoca costrinsero Turing a fare i calcoli lui stesso. L'arresto e il suicidio Il 31 marzo 1952 Alan Turing fu arrestato per omosessualità e portato in tribunale, dove a sua difesa disse semplicemente che «non scorgeva niente di male nelle sue azioni». Secondo alcune fonti, Turing avrebbe denunciato per furto un amico ospite in casa sua e avrebbe ammesso il proprio orientamento sessuale in risposta alle domande pressanti della polizia. In quel periodo, nel parlamento britannico si discuteva l'abrogazione del reato di omosessualità ed è possibile che il clima mutato abbia indotto Turing a un comportamento incauto. Condannato per omosessualità, fu costretto a scegliere tra una pena a due anni di carcere o la castrazione chimica mediante assunzione di estrogeni. Per non finire in prigione, lo scienziato optò per la seconda alternativa. Per oltre un anno si sottopose a trattamenti che provocarono in lui un calo della libido e lo sviluppo del seno (ginecomastia). La depressione legata al trattamento e all'umiliazione subita fu il motivo che lo condusse, il 7 giugno 1954, al suicidio. Morte L'8 giugno 1954, la domestica di Turing, Eliza Clayton, lo trovò morto nel suo letto. Il medico legale stabilì che la morte era avvenuta il giorno prima. Un esame post mortem stabilì la causa del decesso nell'avvelenamento da cianuro di potassio. Al momento della scoperta, vicino al letto, accanto al suo orologio, fu trovata una mela, come era sua abitudine, non terminata. La sbrigativa inchiesta del giudice si concluse in appena due giorni e la mela non fu nemmeno sottoposta ad analisi per accertare se all'interno vi fosse del veleno. L'inchiesta concluse per il suicidio e il suo corpo fu cremato il 12 giugno 1954 al Woking Crematorium, nel Surrey, e le sue ceneri furono sparse sul posto, come era avvenuto per suo padre. La grazia postuma Nel 2012, centenario della nascita di Turing, la Royal Mail ha dedicato un francobollo alla sua memoria; però, è solo leggendone l'iscrizione ("Alan Turing 1912-1954 – Mathematician and WWII code breaker") che si può risalire all'identità del commemorato, dato che il francobollo non ne ritrae il volto bensì mostra la macchina Bomba britannica di cui Turing sviluppò il progetto. Nel dicembre 2012, importanti esponenti del mondo scientifico internazionale, tra cui il premio Nobel per la medicina Paul Nurse, il matematico e cosmologo Stephen Hawking, il matematico Timothy Gowers, il presidente del National Museum of Science, Douglas Gurr, l'astronomo Martin Rees, mandarono una lettera aperta al Primo Ministro britannico David Cameron, intitolata Pardon for Alan Turing, per sollecitare la grazia postuma, appello pubblicato dal Daily Telegraph; vi fu anche una campagna su Internet. Precedentemente, a 55 anni dal suicidio di Alan Turing, spiegabile con le torture a lui riservate, il 10 settembre 2009 vi fu una dichiarazione di scuse ufficiali da parte del governo del Regno Unito, formulata dal primo ministro Gordon Brown. Brown riconobbe che Turing fu oggetto di un trattamento omofobo: Il 24 dicembre 2013 la regina Elisabetta II elargì la grazia postuma per Alan Turing. Alan Turing nella letteratura, nel teatro, nel cinema e nella musica Alan Turing. Una biografia (1983), ripubblicato poi col titolo Alan Turing. Storia di un enigma, biografia scritta da Andrew Hodges. Breaking the Code (1986), opera teatrale di Hugh Whitemore. Breaking the Code (1996), film TV britannico di Herbert Wise sulla vita di Alan Turing. Cryptonomicon (1999), romanzo di Neal Stephenson. Enigma (1995), romanzo di Robert Harris. Enigma (2001), film di Michael Apted ispirato alla figura di Alan Turing e tratto dall'omonimo romanzo di Robert Harris. Enigma: La strana vita di Alan Turing (2012), fumetto di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni. TURING a staged case history (2012), spettacolo multimediale di Maria Elisabetta Marelli, prodotto da AGON. The Imitation Game, regia di Morten Tyldum (2014), con Benedict Cumberbatch nel ruolo di Turing. A Man from the Future, colonna sonora composta dai Pet Shop Boys nel 2012 ispirata a Turing. Avrei fatto la fine di Turing, di Franco Buffoni (2015, Donzelli) La caduta di un uomo, di David Lagercrantz. Alan et la pomme, canzone di Salvatore Adamo dedicata a Turing. Onorificenze Note Bibliografia Herbert Bruderer, Konrad Zuse und die Schweiz. Wer hat den Computer erfunden? Charles Babbage, Alan Turing und John von Neumann, Oldenbourg Verlag, München 2012, XXVI, 224 Seiten, ISBN 978-3-486-71366-4. Simone Buttazzi, Alan Turing. Il genio che inventò il computer, Di Area51 Publishing Editore, 2012. . Yurij Castelfranchi, Macchine come noi. La scommessa dell'Intelligenza Artificiale, Roma-Bari, Laterza, 2000. ISBN 88-420-6125-5. Greg Egan, Oracolo, in AA.VV., Mille e una galassia, Milano, Mondadori, 2004, Supplemento al n. 1493 di "Urania", pp. 167–229: un racconto ispirato alla vita di Turing. Andrew Hodges, Alan Turing: una biografia, Torino, Bollati Boringhieri, 2006. ISBN 88-339-1654-5. (titolo originale Alan Turing, The Enigma) David Leavitt, L'uomo che sapeva troppo. Alan Turing e l'invenzione del computer, Torino, Codice Edizioni, 2007. ISBN 978-88-7578-069-2. (titolo originale The Man Who Knew too Much. Alan Turing and the Invention of the Computer) Valeria Patera, La mela di Alan. Hacking the Turing test, Roma, Di Renzo Editore, 2007. ISBN 88-8323-170-8. Simon Singh, Codici & Segreti, Milano, Rizzoli, 1999. ISBN 88-451-8014-X. (titolo originale: Collect Works of A.M.Turing: Mechanical Intelligence) Voci correlate Alan Turing Memorial Bomba (calcolatore) Colussus Intelligenza artificiale Macchina di Turing Premio Turing Problema della terminazione Storia del computer Tesi di Church-Turing Test di Turing The Imitation Game Altri progetti Collegamenti esterni I giganti del pensiero contemporaneo: Alan Turing, su Psideco.it. Informatici britannici Membri della Royal Society Morti per avvelenamento Morti per suicidio Britannici della seconda guerra mondiale Persone condannate per omosessualità Pionieri dell'informatica Persone legate a Bletchley Park Storia LGBT nel Regno Unito Studenti dell'Università di Cambridge Studenti dell'Università di Princeton Vittime di omofobia suicide Filosofi britannici del XX secolo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Action%20directe%20%28terrorismo%29
Action directe (terrorismo)
Action Directe o AD (in italiano: Azione diretta), è stata un'organizzazione terroristica francese di estrema sinistra che ha commesso una serie di assassini politici e attentati in Francia tra il 1979 e il 1987. In diverse occasioni, Azione Diretta è entrata in contatto e cooperato con altri gruppi terroristici di estrema sinistra come le Brigate Rosse (Italia), Rote Armee Fraktion (Germania Ovest), Prima Linea (Italia), Nuclei armati per l'autonomia popolare (Francia), Cellule comuniste combattenti (Belgio), Frazioni armate rivoluzionarie libanesi (Libano) e Irish National Liberation Army (Irlanda). Storia L'organizzazione fu creata da Jean-Marc Rouillan nel 1979 dalla fusione del Groupe d'Action Révolutionnaire Internationale (GARI) con il Noyaux Armés Pour l'Autonomie des Peuples (NAPAP). Nel marzo 1980 furono arrestati una ventina di membri dell'organizzazione, e nel settembre dello stesso anno fu il turno di Rouillan e della sua amica Nathalie Ménigon. Action Directe fu praticamente destrutturata, ma con l'elezione di François Mitterrand alla presidenza della Francia nel 1981, anche i leader del movimento beneficiarono dell'amnistia presidenziale: il movimento entrò allora in una fase di intensa attività. Nel 1982 le autorità sciolsero ufficialmente il movimento, che inasprì la sua attività. Emersero allora due fazioni: una "nazionale" ed una "internazionale" che propugnava la fusione dei movimenti terroristici europei. Si stima che i suoi membri effettivi fossero dai 10 ai 20 attivisti. La fazione internazionalista avviò una fase di collaborazione attiva con alcuni movimenti terroristici stranieri, fra cui l'Euskadi Ta Askatasuna (ETA), il Grupo de Resistencia Antifascista Primero de Octubre (GRAPO), Prima Linea, la Rote Armee Fraktion (RAF) ed i Comunisti Organizzati per la Liberazione Proletaria (COLP) ed il Movimento Iberico di Liberazione. Sebbene operasse prevalentemente in Francia, Action Directe collaborò e prese parte attiva ad alcune azioni comuni con la Rote Armee Fraktion tedesca (RAF) e le Cellules Communistes Combattantes belghe (CCC). Questa collaborazione internazionale continuò fino all'adozione di una strategia comune ed alla fusione con la RAF in seno a un Fronte Politico-Militare per l'Europa Occidentale, annunciato in un comunicato congiunto delle due organizzazioni datato 15 gennaio 1985. Così, fra il 1985 e il 1986, si osservò una stretta collaborazione nelle azioni delle due organizzazioni da una parte e dall'altra della frontiera. Le sue azioni di più alto profilo furono: l'omicidio dall'ingegnere René Audran che lavorava presso il Ministero della Difesa, ucciso il 25 gennaio 1985 e l'omicidio di Georges Besse presidente della casa automobilistica Renault, assassinato il 17 novembre 1986. La fazione "nazionale" di Action Directe effettuò numerosi attentati dinamitardi e attacchi a mano armata nella regione parigina fra il 1982 ed il 1985. Il 28 marzo 1986 la rete "nazionale" fu smantellata con l'arresto di André Olivier e di numerosi suoi complici a Lione e a Saint-Étienne. Il 21 febbraio 1987, l'arresto dei capi storici di Action Directe (Jean-Marc Rouillan, Nathalie Ménigon, Régis Schleicher, Joëlle Aubron e Georges Cipriani), segnò la fine definitiva dell'organizzazione e della sua fazione "internazionale". Inattiva da quel momento, Action Directe si può ritenere dissolta. Arresti Nel dicembre 1981, uno dei membri di Azione Diretta Lahouari Benchellal, soprannominato "Farid", venne arrestato a Helsinki, Finlandia con l'accusa di falsificazione dei cosiddetti traveler's cheque ("assegni turistici"), che rappresentavano un'importante fonte di guadagno per l'organizzazione. Benchellal si impiccò mentre era sotto la custodia della Finnish Security Intelligence Service nel gennaio 1982. Azione Diretta si rifiutarono di credere che Benchellal si fosse suicidato e decisero di denominare un gruppo d'azione in suo onore. Vi è attualmente un dibattito promosso da alcuni settori della sinistra estrema francese, secondo cui ai membri di Azione Diretta ancora incarcerati, che si definiscono ancora prigionieri politici, dovrebbe essere concessa la libertà condizionale. Nel dicembre 2007, venne concesso all'ex-membro di Azione Diretta Jean-Marc Rouillan un regime carcerario di "semi-libertà", venendogli permesso di uscire dall'istituto carcerario per un lungo lasso di tempo. Nel settembre 2008, una corte di Parigi ha invitato alla revoca di tale concessione in seguito alle seguenti dichiarazioni di Rouillan al settimanale L'Express: "rimango convinto che la lotta armata sia necessaria in certi momenti di un processo rivoluzionario." Note Collegamenti esterni Organizzazioni terroristiche francesi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aristocrazia
Aristocrazia
Laristocrazia (dal greco άριστος, àristos, "migliore" e κράτος, kratos, "comando") è una forma di governo nella quale poche persone (che secondo l'etimologia greca del termine dovrebbero essere i "migliori") controllano interamente lo Stato; secondo il pensiero platonico-aristotelico è una delle tre forme di governo, assieme a monarchia e timocrazia, mentre l'oligarchia è la sua forma degenerata; è stata, assieme all'oligarchia, tra le forme di governo più diffuse in Europa negli ultimi secoli, generalmente sotto forma di monarchie costituzionali, nelle quali il potere del sovrano è controllato da un parlamento composto da soli nobili. Note Bibliografia Giuseppe Rensi, Forme di governo del passato e dell'avvenire, Roma, 1945 Arturo Beccari, Il pensiero politico classico, Milano, 1949 Lawrence Stone, The crisis of the aristocracy (1558-1641), Oxford, 1965 Alessandro Barbero, L'aristocrazia nella società francese del Medioevo, Bologna, 1987. Voci correlate Democrazia Oligarchia Aristocrazia bizantina Aristocrazia nera Aristocrazia romana Nobiltà Altri progetti Collegamenti esterni Forme di governo Forme di sovranità
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alba%20Adriatica
Alba Adriatica
Alba Adriatica è un comune italiano di abitanti della provincia di Teramo in Abruzzo e fa parte dell'unione dei comuni Città Territorio-Val Vibrata. È comune autonomo dal 1956, precedentemente faceva parte del comune di Tortoreto. Geografia fisica Il territorio di Alba Adriatica è situato nella Val Vibrata. A nord confina con i comuni di Martinsicuro, Colonnella e Corropoli, a est confina con il mare Adriatico, a sud con il comune di Tortoreto e a ovest sempre con Corropoli. Nella classificazione sismica della protezione civile è identificato come Zona 3, cioè zona a sismicità bassa, mentre nella classificazione climatica è contrassegnato come Zona C. Origini del nome Storia Alba Adriatica era parte del comune di Tortoreto, di cui, con il nome di Tortoreto Stazione (dato che nel 1863, venne creata la locale stazione della prima linea del treno del Regno d'Italia, sulla costa adriatica), fu sede comunale. Il 14 luglio 1956, dopo un periodo di campagna elettorale molto accesa, il piccolo quartiere Tortoreto Stazione, con referendum a cui fece seguito il decreto del Presidente della Repubblica, si staccò dall'originaria Tortoreto, mutando il proprio nome in quello di Alba Adriatica. Il suo stemma comunale ritrae un sole che sorge dal mare, Da alcuni anni è ormai accertata la presenza di siti neolitici di oltre cinquemila anni fa, nella parte ovest, in zona Ripoli, vicina al campo sportivo di calcio Vallese, dove sono stati trovati resti di un primitivo insediamento umano. Non si hanno riscontri archeologici o storici scritti di rilevanza, salvo una citazione di Plinio il Vecchio. Comunque, nella costruzione del viale Mazzini, negli anni Sessanta, furono ritrovati resti di anfore e altre indicazioni che, nell'epoca romana, vi erano ville romane, e centri di raccolta del sale. Vestigio di notevole interesse è la Torre di Carlo V, una delle torri costiere di avvistamento, volute dal viceré spagnolo d'Alcalá, del Regno di Napoli (XVI secolo), posta di fronte al piccolo delta della Vibrata, il torrente che divide Alba Adriatica da Martinsicuro. Non rimangono molti altri resti del passato, se non la chiesa patronale di Sant'Eufemia, di stile settecentesco, dove vi sono dei dipinti di artisti locali rimasti sconosciuti, ora riportata all'antico splendore da un profondo restauro strutturale. Sorgono nella zona le caratteristiche ville gentilizie settecentesche e ottocentesche dei Ranalli (in via Roma), dei Fiore (Villafiore), dei Marchesi De Sanctis (la villa del generale De Sanctis, sita in zona Stadio, a sud-ovest dell'abitato, è assolutamente da visitare, essendo una bellissima villa in stile Neoclassico, circondata dal verde), la villa del marchese Flajani, in seguito destinata a biblioteca comunale e parco pubblico, dove si può leggere e riposare all'ombra di alberi plurisecolari di oltre sessanta metri, su un perfetto giardino all'inglese, sita in via Roma, e la simpatica villa della famiglia Zanoni, molto particolare e interessante, costruita nel secolo scorso. Nell'arco dei primi anni del 1900 nell'area dell'antica stazione di Tortoreto era stanziato un primo centro abitato fatto di ville e dimore residenziali. La zona acquisì nel tempo nuove abitazioni, strade, attività commerciali e servizi . Durante i primi anni del Novecento una ricca famiglia di Torano Nuovo (un paese nelle vicinanze di Alba Adriatica) con il suo capostipite Amadio Fiore decise di edificare una villa nella zona sud di Tortoreto Stazione. La residenza fu costruita con i primi mattoni creati dalla fornace della famiglia Fiore e di lì a poco nella zona circostante vi fu lo sviluppo di nuove costruzioni, di edifici e del lungomare, così "Villa Fiore" divenne il nome della nuova area sviluppata. Nell'estate del 2006 il comune di Alba Adriatica ha ricevuto il ministro plenipotenziario dell'ambasciata statunitense a Roma, John Dwyer, in una manifestazione pubblica. Successivamente, il ministro Dwyer ha inaugurato Villa Flaiani, trasformata in edificio ristrutturato, e il parco pubblico a fianco della caserma dei carabinieri. L'ambasciata statunitense a Roma ha donato alcuni libri alla biblioteca comunale, inaugurata dal Ministro, sull'America e sulla popolazione statunitense. Nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 2007 le città di Alba Adriatica e Tortoreto vennero colpite da un'alluvione causata da piogge torrenziali e tre bombe d'acqua e aggravata dallo straripamento dell'invaso Fonte del Vascello, situato a Tortoreto Alto. La tracimazione portò una grande quantità di fango e detriti sulle due cittadine costiere, provocando ingenti danni alla popolazione e alle attività economiche. Il Consiglio dei ministri dell'epoca dichiarò lo stato di calamità per le città colpite. La cittadina ci mise un anno intero a risollevarsi dal disastro. Simboli Lo stemma e il gonfalone di Alba Adriatica sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 26 febbraio 1969. Onorificenze Monumenti e luoghi d'interesse Torre della Vibrata: torre di avvistamento della costa abruzzese, edificata durante il regno di Carlo V di Spagna per volere del viceré spagnolo di Napoli, nel 1568, essendo frequenti gli attacchi dei Saraceni. Nel XVI secolo, quando Carlo V era Imperatore del Sacro Romano Impero e - tra l'altro - re di Napoli, il confine tra il Regno di Napoli a sud e lo Stato della Chiesa a nord era segnato dal corso inferiore del fiume Tronto. Proprio vicino alla foce di questo fiume, per volere del viceré don Pedro di Toledo, nel 1547 si costruì una torre, come posto di guardia e difesa della costa dalle incursioni saracene, ed anche un edificio adiacente, destinato all'ufficio doganale del confine con lo Stato Pontificio. Solo successivamente tale fortificazione entrerà a far parte del sistema di torri costiere del Regno di Napoli. Progettista fu il valenciano Pirro Luis Escribà (italianizzato in Pirro Aloisio Scrivà), capitano ed architetto militare, lo stesso del Forte spagnolo dell'Aquila e di Castel Sant'Elmo a Napoli. La realizzazione fu diretta dal capitano Martin da Seguera o Martín De Segura dal quale presero il nome sia il centro abitato di Martinsicuro che la stessa torre, detta anche di Carlo V. Nel XVI secolo, dopo l'alleanza tra Francia e Impero ottomano, crebbe la minaccia di incursioni da parte dei Saraceni, che furono particolarmente intense nell'estate del 1556 quando all'Abruzzo furono risparmiate le terribili devastazioni subite dalle coste italiane solo grazie alle difese ed al sistema di punti d'avvistamento predisposte dal duca d'Atri Giovan Girolamo Acquaviva. Di conseguenza si decise di costruire un sistema integrato di avvistamento e difesa delle coste italiane; il viceré don Pedro Perafán de Ribera, duca di Alcalá, volle che anche il litorale abruzzese, come già altre coste della penisola, fosse dotato di una serie di torri costiere, destinate non solo a dare l'allarme in caso di incursioni nemiche ma, essendo dotate di guarnigione e colubrine, anche a respingere tali incursioni. Nel 1568, Alfonso Salazar, commissario del presidente della Regia Camera di Summaria, dopo aver effettuato un sopralluogo insieme all'ingegnere Scala, dispose la costruzione di quattordici torri: Tronto, Vibrata, Salinello, Tordino, Vomano, Chirano, Fossacesia, Senella e le sei del 1563; i lavori furono portati a termine entro il 1569. La torre fu costruita da Alfonso Salazar, e mantenne la funzione di avamposto militare fino all'Ottocento, assieme alle torri di Roseto degli Abruzzi, Tortoreto Alto, Giulianova, Martinsicuro. Negli ultimi decenni è stata restaurata e adibita a ristorante. La torre ha robusta pianta quadrata a scarpa, con merlature nella cornice superiore. I pirati rapitori barbareschi potevano essere avvistati da ben dieci miglia sull'Adriatico. La parte superiore non è più praticabile ed è chiusa al pubblico, per motivi di sicurezza. Villa Flajani: la villa appartenuta alla prestigiosa casata dei Marchesi Flajani ora biblioteca comunale è la dimostrazione dell'alta nobiltà del territorio sotto il regno borbonico. Chiesa parrocchiale di Sant'Eufemia: la chiesa fu costruita nel 1920 nell'allora nascente Alba Adriatica, ancora frazione di Tortoreto. Fu costruita con forme classicheggianti a metà tra il gotico e il romanico. Dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, è stata ampliata e consacrata nel 1949, con la costruzione del campanile qualche anno dopo, dai vaghi caratteri di torre littoria. La chiesa ha pianta rettangolare a navata unica, con facciata a capanna, decorata da un rosone e semplice portale romanico. I fianchi hanno finestre e portali gotici. Il campanile è una semplice torre, costruita negli anni '50. Parrocchia dell'Immacolata Concezione: è stata costituita come parrocchia presso il quartiere Basciani nel 1977, ma la chiesa risale solo al 2003, consacrata nel 2008 dal vescovo di Teramo Michele Seccia. L'edificio vuole dare l'idea di una barca in navigazione con tre grandi vele spiegate, rappresentate dal campanile di facciata. Lo stesso tema della barca è ripreso all'interno dove una poppa e una prua in ceramica di Castelli sostengono l'altare e l'ambone. Pregevole è anche l'organo a canne. Chiesa di Santa Maria in Villa Fiore: si trova in questa contrada, è stata realizzata nel 1971. La chiesa è a pianta rettangolare con i lati convessi, eccettuata la facciata in mattoni e cemento, preceduta all'ingresso da un nartece. Gran parte della facciata è occupata da una grande finestra policroma con la rappresentazione di Gesù benedicente i fedeli. L'interno in mattoni e costoloni di cemento armato, è a navata unica. Lungomare Guglielmo Marconi: è attraversato dal "Corridoio Verde Adriatico", ossia una pista ciclabile che parte da Martinsicuro, con collegamenti fino alla Puglia. In Abruzzo, la pista è ferma a Ortona, provincia di Chieti. Il lungomare, realizzato negli anni '50, è stato decorato di una fontana monumentale, chiamata "Fontana Nilo" in onore del commissario prefettizio Nilo, il quale, con il suo interessamento, permise di ottenere finanziamenti per la sua costruzione e si adoperò per dare un punto di riferimento ai turisti dell'epoca. Villa Chiarugi: fu costruita nel 1720 dall'architetto Rolli per la nobile famiglia Ranalli, sulle rovine di un castello di guardia, forse appartenente all'epoca di Carlo V. La villa ha pianta rettangolare, di tipico stile neoclassico, con stucchi, e ordine di finestre centrale, di cui la principale è la maggiore. Vi sono statue in stile classico, poste in corrispondenza delle lesene. Sita in via Roma, la villa seicentesca, ora conosciuta in tutta Europa, come "Il Gattopardo", è un ex night club, ora disco dance e locale da ballo per giovani. Vi si tengono serate di musica latina, DJ set e menù di pesce e pizza in una sofisticata discoteca all'interno; è in fase di ristrutturazione. È monumento nazionale secondo l'Intendenza alle antichità e belle arti. Monumento ai Caduti: Statua di bronzo sita in piazza IV Novembre, opera del famoso scultore internazionale di Nereto Francesco Perilli, uno dei padri del Multiculturalismo, che rappresenta i caduti di tutte le guerre, che vengono portati in paradiso, come martiri, dalle colombe della pace. Monumento ai caduti della Prima guerra Mondiale: sito in piazza IV Novembre, nella zona sud ovest, ricorda i caduti di Alba Adriatica, durante la grande guerra. Vi sono i nomi della maggior parte delle famiglie di Alba Adriatica colpite da lutti di guerra In origine, era sito dinanzi alla scuola Fabio Filzi, ora dismessa e pericolante, rudere storico e luogo predestinato a far posto a opere moderne e funzionali. Monumento pedestre AD MERCATUM: sito a terra, in forma di targa di bronzo ottagonale, in piazza IV Novembre, realizzato da Francesco Perilli, messo al posto della storica fontana del comune, recita, in latino volutamente maccheronico «AD MERCATUM UNDIQUE VENIEBANT». La traduzione, voluta dal sindaco Lino Fracassa, ricorda che "un giorno, qui, in questo punto, si svolgeva il mercato del lunedì, e che venivano da tutta la Val Vibrata, ad Alba Adriatica". Il maccheronico veniebant al posto del classico latino Venibant, illustra che qui si svolgeva un mercato per gente semplice, di campagna o povera. Tra gli anni '50 e '60, Alba Adriatica era un centro agricolo molto povero, che poi si è evoluto e arricchito come nuovo centro turistico e di interesse commerciale, soprattutto nel settore pellettiero (borse e cinture). Monumento a Ivan Palazzese: sito sul lungomare Marconi in confluenza di viale Mazzini, ricorda l'albense Ivan Palazzese, giovane pilota del motociclismo internazionale, morto in un incidente di gara a Hockenheim (Germania). Monumento alla Madonnina dei marinai: sito sul lungomare Marconi, è la protettrice dei marinai e dei turisti. Le sessantennali Pinete, piantate alla nascita del comune di Alba Adriatica, e ora molto sviluppate, sono uno dei segreti del successo turistico di Alba Adriatica. Sono costituite da Pini di Montagna, trasferiti dalla Montagna dei Fiori, per concessione delle autorità demaniali e che si sono ben adattati alla vita sulla riva del mare. Vi è una forza di polizia, ex guardia forestale, ora sezione dei Carabinieri, che controlla che le leggi sulla tutela ambientale e le quattro pinete siano rispettate ad Alba Adriatica. Evoluzione demografica Lingue e dialetti Il dialetto di Alba Adriatica è il primo, andando da nord a sud, che può essere inserito nel gruppo dei dialetti abruzzesi adriatici. Ha molte caratteristiche in comune con il dialetto di Giulianova, con cui condivide una cadenza molto simile, ma è in alcuni aspetti influenzato dai dialetti aso-truentini, in particolar modo dall'area sambenedettese. Esso presenta innanzitutto l'apocope dei finali di parola in -ne, -no e -ni (pallò/pallù per "pallone"/"palloni"): si tratta fenomeno tipicamente marchigiano, che ha inizio a partire da Ancona e termina a Giulianova. A differenza di altre parlate della costa teramana, nel dialetto albense sono assenti i frangimenti vocalici di ù in ì (brìttë per "brutto", tì per "tu"), di é in ò e di é in à (fòmmënë per "femmina", sigaròttë per "sigaretta", quallë per "quello"), presenti invece a Giulianova (i primi due) e Tortoreto (l'ultimo). È però già riscontrabile l'apertura indistinta delle vocali in pressoché tutti i vocaboli (ròppe per "rómpere", mònnë per "móndo", nòmë per "nóme", mèttë per "méttere", spèsë per "spésa"): tale fenomeno incomincia già a Corropoli, Colonnella e Martinsicuro, ed è una delle caratteristiche più vistose dell'area teramana, trovando estensione specie lungo la costa addirittura fino a Pescara. Tra gli elementi che più chiaramente differenziano il dialetto di Alba dal sambenedettese (e dal martinsicurese), è la metafonesi sannitica da "-o" finale solo per la "e" e non per la "o" (bìllë per "bello", macìllë per "macello" ma pòrchë per "porco", mòrtë per "morto"), tipica dei dialetti abruzzesi adriatici, mentre nella vicina Martinsicuro, a San Benedetto del Tronto e in generale nei dialetti della costa marchigiana meridionale è presente la metafonesi anche per la "o" (pùrchë per porco, mùrtë per morto). Quest'ultima caratteristica consentirebbe perciò di considerare il dialetto albense come di transizione tra quelli aso-truentini e quelli abruzzesi. Etnie e minoranze straniere Nel 2008 la popolazione straniera residente ad Alba Adriatica risulta essere il 10,81% del totale. La comunità più numerosa è quella cinese (3,24% del totale della popolazione residente); seguono, tra le più consistenti, quella albanese (1,76%), quella rumena (1,67%) e quella ucraina (0,52%). Cultura Eventi Economia L'economia si basa essenzialmente sulle attività turistiche, sviluppate lungo tutta la costa. Il comune si è fregiato per tredici anni della bandiera blu fino al 2013 e poi nuovamente nel 2022, ovvero un riconoscimento conferito dalla FEE alle migliori località costiere europee. Nella Guida Blu 2015 di Legambiente è segnalata con una vela. Infrastrutture e trasporti Alba Adriatica è attraversata da una pista ciclabile che corre parallelamente alla costa permettendo di pedalare senza soluzione di continuità per circa 25 km, da Martinsicuro a Roseto degli Abruzzi, grazie ai ponti in legno costruiti sul torrente Vibrata, sul fiume Salinello e sul fiume Tordino. La pista già realizzata è parte del più ampio progetto della ciclovia Adriatica, che prevede un percorso che colleghi Ravenna con Santa Maria di Leuca. Ad ovest, vi è la deviazione della statale sedici, nel tratto detto di via Vittorio Veneto, che passa a Ovest del centro di Alba Adriatica, strafficandolo. Non molto lontano da via Veneto, vi è l'ingresso dell'autostrada A14, Val Vibrata. A metà di via Veneto, vi è il cavalcavia che collega la strada statale 16 con il centralissimo viale Mazzini, il lungomare e le strutture ricettive, turistiche e alberghiere. Una società privata, convenzionata dal comune, compie giornalmente il lavoro di collegamento delle periferie con il centro e l'intero lungomare Marconi. Amministrazione Gemellaggi . Sport La squadra di calcio locale, l'A.S.D. Alba Adriatica Calcio, ha disputato campionati dilettantistici regionali. Altre società calcistiche della cittadina sono state l'Atletico Alba e il Villa Fiore, non più attive, e l'Alba Nova, che ha disputato campionati dilettantistici. Ha sede nel comune la società di pallavolo Iseini Volley, fondata nel 1989, che disputa il campionato di serie B nazionale maschile. Nel 1973 Alba Adriatica è stata sede di arrivo della nona tappa del Giro d'Italia partita da Carpegna e vinta Patrick Sercu. Nel 2002 vi si è inoltre conclusa una tappa del Giro femminile. Negli anni dal 1984 al 1990, la locale squadra di tennis tavolo ha raggiunto la Serie A nazionale. Nel 1996, ad Alba Adriatica si è svolto il primo torneo di scacchi della CEE. Nel 2011 Alba Adriatica è stata l'arrivo della cronometro, valida come sesta tappa del Giro d'Italia Giovani Under 23. Lo stesso anno si è svolta la prima edizione della competizione annuale Gran Fondo "Costa dei Parchi". Nel 2012 il comune ha ospitato l'arrivo di due tappe del Giro d'Italia Giovani Under 23; la prima, con partenza da Colonnella, la seconda una cronometro partita da Giulianova. Ogni anno vengono organizzati tornei estivi di beach volley, beach soccer e il master finale del campionato italiano di beach rugby. Per il basket la squadra locale era l'Alba Adriatica Basket che ha militato in serie C1, raggiungendo una finale di Coppa di Lega. La società ha ceduto il titolo sportivo all'Ascoli Basket nel 2009; oggi la pallacanestro albense è rappresentata dalla società ASD Alba Basket, una delle principali realtà cestistiche della Val Vibrata, fondata nel 2013 e che rivendica una continuità storico-sportiva con la precedente Alba Adriatica Basket. Impianti sportivi Stadio comunale "Luca Vallese", dedicato a un giovane calciatore locale morto a 20 anni; viene utilizzato dall'Alba Adriatica Calcio; Stadio comunale "Valeria Rosini", dedicato a una giovane ragazza albense morta a 24 anni; viene utilizzato dal settore giovanile dell'Alba Adriatica Calcio e da altre società calcistiche minori; Palazzetto dello sport comunale di via degli Oleandri, utilizzato prevalentemente dalle locali squadre di pallacanestro e pallavolo. Arena Fabio Filzi, parco pubblico con playground, all'incrocio tra via Battisti e via Duca D'Aosta. Note Bibliografia Giorgio Zenobi, Alba Adriatica, lo sviluppo del comune nel suo primo ventennio, 1956-1976, Chieti, M. Solfanelli, 1980; Alba Adriatica, piccola città sul mare amarissimo, memorie albensi, anni trenta, a cura di Renato Marchianò, Gaggiano sul Naviglio, Gaggianese, 1982; Giuliano Rasicci, Tortoreto, Alba Adriatica, preistoria, storia, arte, Isola del Gran Sasso d'Italia, Eco, 1983; Pasquale Rasicci, Da Tortoreto Stazione ad Alba Adriatica 30 anni dopo, Alba Adriatica, edito dalla cartolibreria Minerva, 1986; Pasquale Rasicci, Alba Adriatica, i primi quarant'anni, Alba Adriatica, Il mondo del libro, 1996; Istituto geografico militare, Foglio n. 327 sez. 2: Alba Adriatica, Ripresa aerofotogrammetrica 1995, ricognizione 1996, Firenze, Istituto geografico militare, 2003; Leo Adamoli, Il litorale di Alba Adriatica, evoluzione della linea di riva, processi erosivi e possibile strategia d'intervento, Teramo, Edizioni Ostenda, 2004; Michele Ferrante, Alba Adriatica, aspetti del territorio, Tortoreto Lido, Top Italia, 2005; Pasquale Rasicci, Alba Adriatica, i 50 anni, ieri-oggi 1956-2006, Colonnella, Grafiche Martintype, 2005; Elena Zanoni, Alba Adriatica e la sua gente, un secolo di eventi e di ricordi, Roma, Pioda imaging, 2006; Periodici Città informata, notiziario amministrativo municipale di Alba Adriatica, comune di Alba Adriatica. A. I, (1997); Voci correlate Torre della Vibrata Tortoreto Val Vibrata Unione dei comuni della Val Vibrata Corridoio Verde Adriatico Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Azoto
Azoto
Lazoto (dal greco ἀ- privativa e ζωή «vita») è un elemento chimico della tavola periodica degli elementi. Il suo numero atomico è 7. Il simbolo è N, dal latino nitrogenum, passando dal francese nitrogène che fonde il greco νίτρον, nítron, «nitrato di potassio» e γεν-, ghen-, «dare vita a». Dal francese passò all'italiano come nitrogeno, termine ormai obsoleto. È il primo elemento del gruppo 15 del sistema periodico, facente parte del blocco p, ed è costituente fondamentale delle molecole organiche più importanti dal punto di vista biochimico (DNA, proteine, alcune vitamine), oltre che di composti inorganici estremamente diffusi come l'ammoniaca e l'acido nitrico. L'azoto molecolare, detto anche azoto biatomico o azoto diatomico o diazoto o semplicemente azoto (formula molecolare N2), è un composto formato da due atomi di azoto. Costituisce il 78% dell'atmosfera terrestre (in frazione di volume che è anche approssimativamente la frazione molare) e allo stato puro si presenta sotto forma di gas incolore, inodore, insapore e inerte. Storia Daniel Rutherford, un allievo di Joseph Black, è considerato lo scopritore dell'azoto, nonostante esso sia stato contemporaneamente identificato da Joseph Priestley, Carl Wilhelm Scheele e Henry Cavendish. Black, scopritore dell'"aria fissa" (anidride carbonica), aveva osservato che bruciando una sostanza "carboniosa" in un recipiente chiuso e assorbendo l'anidride carbonica sviluppatasi con potassa caustica (KOH), permaneva un residuo gassoso. Rutherford studiò questo gas e notò che non manteneva la combustione e la respirazione, che contrariamente all'anidride carbonica non veniva assorbito da sostanze caustiche, ma non lo riconobbe come una distinta specie chimica e lo considerò come aria atmosferica saturata con flogisto. Fu Lavoisier a capire che l'aria è una miscela di un gas attivo O2, che mantiene la combustione e la respirazione, e di un gas inattivo N2. "Azoto" deriva dal francese azotè, voce formulata dallo stesso Lavoisier, che significa "privo di vita" (dal greco ζωή, zoè, "vita", preceduto dall'alfa privativo), in quanto l'azoto molecolare N2 costituisce il componente dell'aria non necessario alla respirazione degli esseri viventi. Secondo altre fonti, il termine fu coniato nel 1787 dal chimico francese Louis-Bernard Guyton-Morveau. Fu parallelamente adottata la denominazione nitrogène (generatore di nitron), proposta nel 1790 da Jean-Antoine Chaptal in seguito alla scoperta del fatto che l'acido nitrico e i nitrati contengono azoto. In inglese si è conservata la denominazione nitrogen, in tedesco viene chiamato stickstoff. Abbondanza e disponibilità L'azoto è il quinto elemento più abbondante nell'universo, il 19º sulla crosta terrestre (di cui costituisce lo 0,03%), il primo elemento per abbondanza nell'aria (di cui costituisce il 78,09%) ed è il quarto elemento più presente del corpo umano (di cui costituisce il 3%). Sotto forma di molecola biatomica N2 (numero CAS ) è il costituente principale dell'atmosfera terrestre (78,08% in volume; per confronto, nell'atmosfera di Marte costituisce il 2,6% in volume). È contenuto in depositi minerali come nitrato, soprattutto NaNO3 (salnitro del Cile, derivato del guano), ma anche KNO3, Ca(NO3)2 e Mg(NO3)2; questi sali, tutti di derivazione biologica, sono solubili in acqua, perciò i giacimenti si trovano solo in zone particolarmente aride. È inoltre presente in tutti gli organismi viventi in numerosissime molecole quali DNA, proteine e ATP e dunque anche nei residui fossili. In particolare il carbone contiene di norma quantità significative di ammoniaca (NH3) e di N2. Come ione ammonio, l'azoto è contenuto nei minerali rari buddingtonite e tobelite. Ancora più rari sono i nitruri osbornite, carlsbergite, roaldite, nierite e sinoite rinvenuti in meteoriti e il siderazoto di origine vulcanica (Vesuvio). Chimica nucleare La massa atomica relativa dell'azoto è . Sono noti due isotopi stabili (14N 99,63% e 15N 0,37%) e numerosi isotopi radioattivi con tempo di dimezzamento brevissimo (12N, 13N, 16N, 17N, 18N, 19N, 20N, 21N, 22N, 23N e 24N). Isotopi I due isotopi stabili dell'azoto sono 14N e 15N. Di gran lunga il più comune è il 14N (99,634%), che è prodotto nel ciclo del carbonio-azoto nelle stelle. Dei dieci isotopi prodotti sinteticamente, il 13N ha un'emivita di dieci minuti e gli isotopi rimanenti hanno emivite nell'ordine di secondi o meno. Reazioni mediate biologicamente (ad esempio assimilazione, nitrificazione e denitrificazione) controllano fortemente la dinamica dell'azoto nel suolo. Queste reazioni danno tipicamente come risultato l'arricchimento in 15N del substrato e l'impoverimento del prodotto. Una piccola parte (0,73%) dell'azoto molecolare nell'atmosfera della Terra è l'isotopomero 14N15N, quasi tutto il resto è 14N2. Il radioisotopo 16N è il radionuclide dominante nel refrigerante dei reattori ad acqua pressurizzata o dei reattori ad acqua bollente durante il normale funzionamento. È prodotto dall'16O (in acqua) attraverso la reazione (n, p). Ha una breve emivita di circa , ma durante il suo decadimento di ritorno all'16O produce radiazioni gamma ad alta energia (da 5 a ), per cui l'accesso alla conduttura primaria del refrigerante in un reattore ad acqua pressurizzata deve essere segregato durante il funzionamento del reattore della centrale. Il 16N è uno dei principali mezzi usati per rilevare immediatamente anche le più piccole perdite dal ciclo primario del refrigerante e quello secondario del vapore. Similmente, l'accesso a uno qualsiasi dei componenti del ciclo del vapore in una centrale con un reattore nucleare ad acqua bollente deve essere segregato durante il funzionamento. La condensa del condensatore è tipicamente trattenuta per 10 minuti per consentire il decadimento del 16N. Questo elimina il bisogno di schermare e di segregare qualsiasi conduttura o pompa dell'acqua di alimentazione. Reazioni nucleari Ernest Rutherford nel 1919 osservò la prima transmutazione realizzata in laboratorio. Fece passare le particelle alfa generate da un radionuclide naturale attraverso una camera contenente atomi di azoto e scoprì che veniva prodotta un'altra radiazione, più penetrante. Dimostrò che questa nuova radiazione consisteva di protoni di alta energia e concluse che questo era il risultato della conversione dei nuclei di azoto in nuclei di ossigeno. Rutherford ipotizzò che la cattura di una particella alfa da parte del nucleo dell'azoto produce un nucleo eccitato di fluoro-18, che a sua volta emette un protone formando nuclidi di ossigeno-17, un isotopo raro ma stabile α + 14N → 18F* → 17O + p Nell'atmosfera, per effetto dei raggi cosmici, avviene la seguente reazione: 14N + n → 14C + p         ΔE = Questo processo è all'origine del nuclide carbonio-14. Poiché il carbonio-14 viene largamente impiegato come tracciante, lo si produce artificialmente sfruttando la stessa reazione. Se i neutroni hanno energia molto elevata la reazione può decorrere in modo differente dando luogo a trizio: 14N + n → 12C + 3H         ΔE = 4,015 MeV Impiegando neutroni termici e quindi di minor energia rispetto a quelli dei raggi cosmici si ha invece: 14N + n → 15N* → 15N + γ         ΔE = −10,83 MeV I raggi γ emessi hanno una frequenza caratteristica (intorno a ΔE/h) e, poiché la maggioranza degli esplosivi di largo impiego contiene quantità importanti di azoto (tritolo 18,5%, nitroglicerina 18,5%, ciclonite o T4 37,8%, PETN 17,7%, tetryl 24,4%), questo fatto permette di sfruttare tale reazione nei rilevatori di esplosivi negli aeroporti. I nuclidi dell'azoto giocano un ruolo importante nel ciclo del carbonio-azoto, una serie di reazioni nucleari che avviene nelle stelle della sequenza principale quando vi è una sufficiente quantità di 12C. Nella nostra stella non vi è ancora una temperatura abbastanza elevata da produrre una sufficiente quantità di 12C perché questo ciclo sia competitivo nei confronti del ciclo protone-protone. Separazione isotopica L'arricchimento isotopico di 15N viene solitamente eseguito per scambio chimico, anche se recentemente sono stati messi a punto promettenti metodi cromatografici che sfruttano polimeri criptanti. Il sistema più efficiente e dunque più usato si basa sul seguente equilibrio bifasico: 15NO(g) + 14NO(aq) ⇄ 14NO(g) + 15NO(aq)       (K = 1,055) grazie al quale si riescono a ottenere concentrazioni di 15N superiori al 99,5%. Altre reazioni impiegate per l'arricchimento sono: 15NH3(g) + 14NH(aq) ⇄ 14NH3(g) + 14NH(aq) 15NO(g) + 14NO2(g) ⇄ 14NO(g) + 15NO2(g) La distillazione frazionata di NO è un altro buon metodo per l'arricchimento dell'isotopo 15N. Il prodotto finale conterrà anche una significativa concentrazione dell'isotopologo 15N18O, fonte utile del più pesante isotopo stabile dell'ossigeno. L'acido nitrico, l'ammoniaca, i sali di ammonio, l'azoto molecolare N2, gli ossidi NO e NO2 sono disponibili in commercio con diversi gradi di arricchimento dell'isotopo 15N; da questi si possono ottenere i traccianti impiegati in numerosi ambiti di ricerca, molti dei quali sfruttano le tecniche di risonanza magnetica nucleare. Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare Entrambi gli isotopi stabili dell'azoto (14N e 15N) hanno spin nucleare e possono dunque essere sfruttati nelle tecniche di spettroscopia NMR. La sensibilità con cui può essere rivelato 14N è di circa un millesimo rispetto a quella di 1H, ma superiore di circa 5 volte rispetto a quella di 13C. Per 15N è notevolmente inferiore sia a 1H che a 13C. 14N ha inoltre un momento di quadrupolo nucleare che comporta l'allargamento delle linee, un inconveniente che può indurre in taluni casi a preferire 15N nonostante la scarsa disponibililtà e minore sensibilità. Gli studi NMR dei nuclidi di azoto hanno ormai acquisito notevole importanza e versatilità: l'impiego spazia dall'indagine strutturale a quella sui meccanismi di reazione, dal riconoscimento di nuove specie allo studio della natura dei legami di specie contenenti azoto. Caratteristiche atomiche L'azoto è il primo elemento del 15º gruppo della tavola periodica. L'atomo di azoto ha 5 elettroni nel guscio di valenza, lo stato elettronico fondamentale è 4S. L'energia di 1ª ionizzazione ha un valore particolarmente elevato; contrariamente a quanto si potrebbe prevedere dall'andamento periodico, è maggiore di quello dell'ossigeno. Anche l'affinità elettronica assume un valore che devia, in questo caso in maniera molto più marcata, dalla periodicità della proprietà, presentando addirittura valore negativo. Questi andamenti si ripresentano per tutti gli elementi del gruppo, anche se in misura più sfumata man mano che aumenta il numero atomico, e possono essere giustificati, nell'ambito del modello orbitalico, considerando che gli elettroni nello stato fondamentale dell'atomo di azoto si dispongono riempiendo per metà il guscio p. Tale disposizione, con un solo elettrone per ogni orbitale p, minimizza le repulsioni interelettroniche e rende relativamente stabile l'atomo rispetto sia alla perdita che al guadagno di un elettrone. Per quanto riguarda l'elettronegatività e il raggio atomico, i valori rispettano bene la regolarità dell'andamento periodico. L'azoto atomico può essere prodotto da N2, a bassa pressione, con scariche elettriche. Ha un tempo di vita relativamente lungo perché la ricombinazione ha ordine di reazione 3 N(g) + N(g) + M(g) → N2(g) + M*(g) M può essere sia l'azoto atomico N che l'azoto molecolare N2. La costante di velocità a è La ricombinazione deve essere necessariamente del 3º ordine per via dell'elevata esotermicità della reazione, è indispensabile che una terza specie chimica assorba l'energia sviluppata, altrimenti il sistema dissocerebbe nuovamente. Come è facile immaginare, l'azoto atomico è estremamente reattivo, per esempio, reagisce con: gli idrocarburi formando HCN, RCN e C2N2 O2 formando NO e NO2 H2 dando ammoniaca CO2 producendo NO e CO È stata preparata la specie NC60 in cui l'atomo di azoto è incapsulato nel fullerene C60. Allotropi L'unico allotropo rilevato in natura è la molecola diatomica o biatomica N2. Di norma è chiamato semplicemente "azoto", ma le seguenti diciture sono molto più chiare: azoto molecolare, azoto biatomico o diazoto. Dal 1890 è nota la specie chimica N, chiamato ione azoturo. Tende a formare composti esplosivi con metalli: gli azoturi di piombo, mercurio e bario, per esempio, vengono impiegati nelle capsule di detonazione. Recentemente è stata riportata la sintesi della specie N detta pentazenio in ambiente superacido. Metodi di preparazione In laboratorio N2 si può ottenere sottraendo O2 all'aria facendola passare attraverso fili di rame al calor rosso; si può anche, e questa è un'area di ricerca in forte crescita, separare N2 e O2 sfruttando membrane permeabili all'ossigeno biatomico ma non all'azoto biatomico. Un altro metodo è la decomposizione termica di alcuni sali che contengono l'azoto, per esempio: NH4NO2(aq) -> N2(g) + 2H2O Se si vuole ottenere N2 a maggior grado di purezza, si sfrutta la decomposizione termica di un azoturo di un metallo alcalino o alcalino terroso: 2NaN3(s) -> 3N2(g) + 2Na(s) Nell'industria viene ottenuto esclusivamente dalla distillazione frazionata dell'aria liquida. Di norma l'azoto molecolare N2 che ne risulta contiene impurezze in ppm, soprattutto Ar e O2 , in misura più o meno significativa a seconda dei metodi impiegati e della qualità dell'impianto di produzione; le moderne colonne di frazionamento garantiscono purezze superiori al 99,9995%, dato che soddisfa la maggior parte delle necessità. Tra i metodi di purificazione (tesi a ridurre il tenore di O2), resi oggi obsoleti dal miglioramento delle colonne di frazionamento, si annoveravano: la reazione con piccole quantità di idrogeno su catalizzatore di platino; il passaggio del gas su rame al calor rosso; il passaggio del gas attraverso soluzione riducente (p.e.contenente V2+ o Cr2+). Caratteristiche fisiche e chimico-fisiche Strutturali Elettroniche Sia la configurazione elettronica MO che le teorie elementari della valenza sono concordi nel ritenere l'ordine di legame dell'azoto molecolare (N2) uguale a 3. Ciò è coerente con gli elevati valori dell'energia di dissociazione e della costante vibrazionale. Spettro UPS Il primo picco che si osserva nello spettro fotoelettronico UPS He I, quello a , porta a N2+ (2Σ) strappando un elettrone dall'orbitale σg2p. Mostra una struttura vibrazionale molto modesta, vi è solo un debole picco secondario distanziato dal primo di circa 0,267 eV, quindi la costante vibrazionale di N(2Σ) è 1906,87 N m−1. È un valore inferiore a quello di N2 ma ancora elevato, sintomo del fatto che il contributo legante dell'orbitale σg2p è scarso. Il secondo picco, che porta a N (2Πu), presenta invece una struttura vibrazionale molto marcata. Si può notare che il picco più intenso della serie è quello del primo stato vibrazionale eccitato, il che significa che la distanza di legame in N (2Πu) è sensibilmente superiore a quella di N2 (1Σ). L'espulsione di un elettrone πu2p comporta quindi un importante indebolimento del legame, come si può anche dedurre dalla separazione dei livelli vibrazionali di N (2Πu) che è di circa 0,224 eV, con una costante vibrazionale che questa volta diminuisce decisamente (1351,46 N m−1). L'ultimo picco che si può osservare in UPS è a 18,75 eV, porta a N (2Σ), la struttura vibrazionale è simile a quella del primo picco, questa volta la separazione dei livelli vibrazionali è 0,296 eV e quindi la costante vibrazionale uguale a È un valore superiore a quello di N2 (1Σ) e infatti l'elettrone espulso proviene da un orbitale debolmente antilegante (σu*2s). Spettroscopiche Il piccolo valore della costante al 1º ordine della correzione centrifuga e l'elevata costante vibrazionale sono indici di una notevole rigidità della molecola e sono coerenti con l'elevata energia di legame e con l'ordine di legame uguale a 3. Mentre lo spettro rotazionale Raman della molecola 14N15N, di simmetria C∞v, presenta intensità concordi con quanto ci si aspetterebbe dalla distribuzione di Boltzmann, la molecola 14N2, di simmetria D∞h, mostra le tipiche alternanze (in questo caso I = 1 quindi Jdispari : Jpari = 1: 2) dovute alla statistica nucleare che possono essere interpretate solo alla luce del principio di Pauli. Termodinamiche Stato gassoso Stato solido Sono state osservate sei fasi solide dell'azoto, denominate α, β, γ, δ, ε e ζ, ma a pressioni inferiori a esistono solo le fasi alfa e beta. La temperatura di transizione tra le due fasi alla pressione di 1 bar è . La fase alfa, quella che esiste alla temperatura più bassa, ha un reticolo cubico a facce centrate ), mentre la fase beta un reticolo esagonale ( e ). La fase gamma ha un reticolo tetragonale a corpo centrato. Le altre fasi sono stabili solo a pressioni superiori a . Sopra l'elevatissima pressione di 1,5 Mbar vi è una fase semiconduttrice. Non sono ancora stati eseguiti studi strutturali accurati, ma da misure spettroscopiche si può dedurre che non siano più presenti molecole N2. Proprietà di trasporto Proprietà chimiche Reattività di N2 La molecola N2 è incolore, inodore e insapore. Presenta un'eccezionale inerzia chimica, dovuta principalmente all'elevata energia di legame, alla scarsa polarizzabilità e all'assenza di momento dipolare. Reazioni a temperatura ambiente Le uniche reazioni note di N2 a temperatura ambiente sono le seguenti. L'ossidazione del litio metallico N2(g) + 6 Li(s) → 2 Li3N(s) Si tratta però di una reazione lenta. La coordinazione di alcuni complessi metallici [Ru(NH3)5(H2O)]2+(aq) + N2(g) → [Ru(NH3)5(N2)]2+(aq) + H2O WCl4(PMe2Ph)2 + 2 N2(g) + 2 PMe2Ph + 4 Na(Hg) → W(PMe2Ph)4(N2)2 + 4 NaCl MoCl5 + 4 PR3 + 2 N2(g) + 5 Na(Hg) → trans-Mo(N2)2(PR3)4 + 5 NaCl Nel primo caso la molecola di azoto non viene particolarmente influenzata dalla coordinazione, mentre nei complessi con gli elementi del 6º gruppo viene attivata nei confronti di forti elettrofili e forti nucleofili. Fissazione biologica Reazioni a temperature elevate A temperature elevate N2 mostra una reattività maggiore combinandosi direttamente con berillio, magnesio, calcio, stronzio, bario, torio, alluminio, scandio, titanio, vanadio, cromo, manganese, ittrio, zirconio, afnio, molibdeno, tungsteno, torio, uranio, plutonio e tutti i lantanoidi con formazione dei rispettivi nitruri. Scaldando il coke all'incendescenza in atmosfera di azoto, si ha la sintesi di cianogeno, (CN)2. La reazione che più è stata studiata per via dell'enorme interesse pratico è la sintesi dell'ammoniaca secondo il processo Haber-Bosch: N2(g) + 3 H2(g) ⇄ 2 NH3(g) Si esegue a temperature comprese tra 450 e , a pressioni comprese tra 200 e 1000 atm, in presenza di un catalizzatore costituito da ferro e tracce di Al2O3. La grande importanza di questa reazione deriva dal fatto che tutto l'azoto impiegato nell'industria chimica per la preparazione di numerosissimi composti viene dall'ammoniaca. L'impatto del processo Haber a livello sociale, economico, militare e politico nel corso del Novecento è stato notevolissimo. Ogni anno vengono convertiti in ammoniaca circa 50 milioni di tonnellate di N2. Prima della messa a punto del processo Haber uno dei metodi utilizzati per la fissazione dell'azoto era la reazione di azoto con carburo di calcio per dare calcio cianammide: N2(g) + CaC2(s) → CaNCN(s) La reazione avviene intorno ai 1000 °C. Ma il primo metodo industriale per la fissazione dell'azoto, proposto dall'inglese William Crookes e poi migliorato dai norvegesi Birkeland ed Eyde, era basato sull'ossidazione da parte di O2: N2(g) + O2(g) → 2 NO(g)   ΔrHº(298 K) = 90,29 kJ mol−1 Data l'elevata endotermicità della reazione, nel processo Birkeland-Eyde si operava ad elevata temperatura insufflando aria su un arco elettrico di forma circolare. Questa reazione è responsabile ogni anno della conversione di circa 30 milioni di tonnellate di azoto in monossido di azoto e biossido di azoto; 20 milioni di tonnellate sono prodotte nelle combustioni, soprattutto nei motori a scoppio delle automobili, mentre circa 10 milioni di tonnellate a causa dei fulmini. Questo fenomeno influisce notevolmente sulla chimica dell'atmosfera. Nella troposfera gli ossidi di azoto catalizzano la formazione di ozono O3 secondo il seguente ciclo: NO2(g) + hν(λ < ) → O(g) + NO(g) O(g) + O2(g) + M(g) → O3(g) + M*(g) 2 NO(g) + O2(g) → 2 NO2(g) Sia l'ozono che il biossido di azoto sono dannosi per gli animali attaccando la mucosa respiratoria (v. bronchite acuta irritativa). Invece nella stratosfera gli ossidi di azoto possono distruggere lo strato di ozono necessario per l'assorbimento della radiazione UV di alta frequenza: NO(g) + O3(g) → NO2(g) + O2(g) NO2(g) + O(g) → NO(g) + O2(g) L'apparente comportamento contraddittorio è determinato dal fatto che la concentrazione di ozono e ossigeno atomico nella stratosfera è molto superiore rispetto alla troposfera. Piogge acide Gli ossidi di azoto sono inoltre tra i maggiori responsabili dell'elevata acidità delle piogge in alcune aree particolarmente sottoposte a inquinamento atmosferico, poiché il biossido di azoto reagisce con l'acqua formando acido nitrico: 3 NO2(g) + H2O(g) → 2 HNO3(g) + NO(g) Piogge troppo acide, oltre a rovinare i monumenti costruiti con rocce calcaree, possono creare non pochi problemi alle piante aumentando l'acidità dei terreni e di conseguenza la solubilità di alcuni ioni metallici, per esempio Al3+, che se assimilati indeboliscono la pianta compromettendone la crescita e in alcuni casi la sopravvivenza. Considerazioni generali sulla chimica dell'azoto L'azoto è un tipico non metallo. È uno dei pochi elementi per cui la regola dell'ottetto è valida con poche eccezioni. La sua chimica è quasi esclusivamente covalente, l'anione N3− è fortemente polarizzabile e può essere individuato come tale solo nei nitruri dei metalli alcalini e alcalino terrosi. Stereochimica L'azoto forma legami con tutti gli elementi della tavola periodica ad eccezione dei gas nobili più leggeri (He, Ne e Ar). Nella tabella a fianco sono riportate le numerose stereochimiche che può adottare. Legami a idrogeno L'azoto è tra gli atomi più elettronegativi e quindi, così come l'ossigeno e il fluoro, è in grado di partecipare alla formazione di legami a idrogeno agendo sia da donatore di protoni che come accettore. La lunghezza tipica dei legami a idrogeno N-H··N si aggira intorno ai . Legami di questo tipo sono responsabili dell'elevato punto di ebollizione dell'ammoniaca se paragonato a quello degli altri idruri degli elementi del 15º gruppo della tavola periodica. Questo costituisce un esempio classico degli effetti del legame a idrogeno. Legami a idrogeno in cui sono coinvolti atomi di azoto giocano un ruolo fondamentale nell'accoppiamento dei nucleotidi nella struttura del DNA, tenendo "incollati" i due filamenti che formano la doppia elica. Anche la struttura delle proteine è fortemente influenzata da legami a idrogeno che coinvolgono atomi di azoto. Chimica redox in soluzione acquosa Nonostante non abbiano significato fisico, i numeri di ossidazione sono spesso impiegati, soprattutto in ambito didattico, per razionalizzare la chimica degli elementi e per bilanciare le reazioni di ossidoriduzione. L'azoto in questo senso è uno degli elementi che presenta la maggior varietà, adottando tutti i valori da −3 a +5. Uno strumento efficace per visualizzare le stabilità termodinamiche relative dei diversi stati di ossidazione in soluzione acquosa può essere fornita da un diagramma di Frost: Specie chimiche che hanno elevata stabilità termodinamica rispetto a numerose reazioni (che dunque spesso possono favorire le reazioni che le vedono come prodotti) vengono talvolta chiamate pozzi termodinamici. Fra queste si possono annoverare CO2, H2O, NaCl e appunto N2. Questa caratteristica dell'azoto è l'aspetto più evidente del diagramma. È però necessario osservare che la formazione di N2 è cineticamente sfavorita, e quasi sempre la riduzione di nitrati e nitriti si ferma a NO2 o NO, talvolta anche procedere fino a NH. Si può notare che la chimica redox dei composti dell'azoto è significativamente influenzata dal pH, in particolare nitrati e nitriti, che a pH bassi sono forti ossidanti, perdono quasi totalmente il loro potere ossidante in ambiente alcalino. Viene di seguito riportata una tabella che raccoglie i potenziali standard per alcune semireazioni in cui compaiono specie chimiche contenenti azoto. Composti dell'azoto Meritano una menzione particolare i composti più importanti. Ammoniaca (NH3) Idrazina (H2N-NH2) Idrossilammina (H2N-OH) Ossido di diazoto (N2O) Ossido di azoto (NO) Diossido di azoto (NO2) Tetrossido di diazoto (N2O4) Pentossido di diazoto (N2O5) Acido nitrico (HNO3) Acido nitroso (HNO2) Acido cianidrico (HCN) Nitrati Nitriti Cianuri Urea Amminoacidi Impieghi La maggior parte dell'azoto prodotto è destinato alla sintesi dell'ammoniaca, con cui verranno poi preparati fertilizzanti, polimeri, esplosivi, coloranti e altri prodotti. Grandi quantità sono anche destinate alle applicazioni criogeniche e per la creazione di atmosfere inerti. Applicazioni criogeniche dell'azoto liquido L'azoto liquido, o meglio N2 liquido, avendo il punto di ebollizione a −195,82 °C e un costo di produzione ragionevole, è molto utilizzato per il raffreddamento di apparecchiature scientifiche, la crioconservazione di campioni biologici e vari altri processi nei quali è necessario ottenere o conservare temperature estremamente basse. Applicazioni per atmosfere inerti L'azoto molecolare N2 è particolarmente indicato per la creazione di atmosfere inerti in diversi ambiti industriali e tecnologici in virtù della sua scarsa reattività, dell'abbondanza e del basso costo. Viene dunque preferito all'argon Ar, gas che offre in assoluto le prestazioni migliori, in quasi tutte le applicazioni a temperatura ambiente, talvolta anche alle alte temperature. Industria chimica e petrolchimica In diverse reazioni chimiche, condotte sia nell'industria sia nei laboratori, è richiesta un'atmosfera priva di O2 affinché si giunga ai prodotti desiderati. Grandi quantità di azoto sotto forma di azoto molecolare (N2) vengono riservate per questo scopo. N2 viene anche impiegato per le bonifiche e le polmonazioni di reattori e serbatoi, sempre per evitare che i composti contenuti possano reagire, anche in maniera esplosiva, con O2 contenuto dell'aria. Nella lavorazione delle materie plastiche si usa l'azoto per la produzione di polimeri espansi e nello stampaggio ad iniezione assistito da gas. Metallurgia In numerosi processi metallurgici è indispensabile un'atmosfera priva di ossigeno per evitare la formazione di ossidi, l'azoto non è indicato come materiale inerte per tutti i trattamenti, poiché ad alta temperatura reagisce con alcuni metalli, in alcuni trattamenti termico-metallurgici l'interazione è voluta: Nella ricottura (annealing, in inglese) di acciai, rame, alluminio e altri metalli e leghe; in alcuni processi è necessaria una diluizione con argon (decisamente migliore) per mantenere l'inerzia dell'azoto. Nella sinterizzazione di acciaio e alluminio. Come costituente delle miscele nella carbocementazione in fase gassosa degli acciai. Nella protezione durante la brasatura, il taglio e la saldatura; i metalli più reattivi nei confronti dell'azoto, per esempio titanio e zirconio, necessitano dell'argon come gas protettivo. Nella tempra di acciai in forni sottovuoto. Come elemento di apporto nella nitrurazione ad alta temperatura degli acciai, dove la formazione di nitruri conferisce durezza e resistenza alla usura al metallo negli strati superficiali, conservando per contro resilienza agli strati profondi. Industria alimentare L'azoto è largamente impiegato, puro o in miscela, nella conservazione in atmosfera protettiva di prodotti alimentari industriali. Miscele particolarmente ricche di azoto sono usate nella protezione di alimenti che contengono quantità significative di grassi insaturi: in questi casi l'O2 viene eliminato per evitare l'irrancidimento. L'azoto molecolare N2 viene di norma impiegato anche nell'imbottigliamento dei vini, per evitare che il vino venga a contatto con ossigeno molecolare O2. Industria elettronica Nella produzione di componenti elettronici come transistor, diodi e circuiti integrati si usa l'azoto sia come gas vettore dei gas di processo, sia per la creazione di atmosfere inerti durante i trattamenti termici. Condizionamento L'azoto viene utilizzato negli impianti frigoriferi e condizionatori per la prova di tenuta di tubazioni e saldature sotto pressione, prima di effettuare la carica di gas refrigerante con il quale funzioneranno gli impianti. Durante le operazioni di riparazione viene inoltre utilizzato per pulire la parte interna dei tubi dalle impurità e i residui che si vengono a creare durante le saldature sul rame. Altre applicazioni L'azoto molecolare si usa per gonfiare gli pneumatici delle automobili, per spurgare l'interno dei binocoli (sostituendo l'ossigeno per evitare l'appannamento delle lenti) o nell'estrazione di petrolio e gas naturale. Costituisce il mezzo attivo del laser ad azoto e viene anche utilizzato per il "lavaggio" (flussaggio) di serbatoi e delle tubazioni nelle industrie (il flusso di N2 rimuove l'ossigeno con gli eventuali gas o fluidi combustibili o reattivi contenuti). Precauzioni Ad alte pressioni parziali, raggiungibili con camere iperbariche o durante le immersioni subacquee, l'azoto si comporta come gas narcotico ed è la causa principale della malattia da decompressione. Particolare attenzione va posta nell'utilizzo di tale gas nella forma liquida. Le ustioni dovute al freddo non sono immediatamente avvertibili. I recipienti contenenti azoto liquido a contatto con l'aria tendono a rilasciare il liquido e contemporaneamente a condensare umidità, O2 e acetilene al loro interno, formando in tal modo atmosfere ipossiche (con scarsità di O2) che in ambiente poco ventilato possono risultare fatali. In caso di flussaggio (lavaggio gassoso) con azoto di serbatoi o di altri vani accessibili occorre ricordare che le atmosfere inerti sono incompatibili con la sopravvivenza umana. Dato che l'azoto è inodore, l'anossia (anche totale) può non essere avvertita: il soggetto non prova alcuna difficoltà respiratoria, l'anossia si manifesta con l'improvvisa perdita dei sensi e la morte in breve tempo. Deve essere quindi impedita la possibilità fisica che le persone abbiano accesso ai vani, e prima di ammetterne la presenza deve essere verificata la rimozione completa dell'atmosfera inerte. Note Bibliografia F. A. Cotton G. Wilkinson, Chimica Inorganica, Casa Editrice Ambrosiana, 3ª Edizione, 1984 N. N. Greenwood A. Earnshaw, Chemistry of the Elements, Butterworth Heinemann, 2ª Edizione, 1997 D. F. Shriver P. W. Atkins, Inorganic Chemistry, Oxford University Press, 3ª Edizione, 1999 L. Malatesta, Compendio di Chimica Inorganica, Casa Editrice Ambrosiana, 4ª Edizione, 1999 L. Berti M. Calatozzolo R. di Bartolo, L'industria dell'azoto, Casa Editrice G.D'Anna, 1994 A. J. Ihde, The Development of Modern Chemistry, Dover Publications, 2ª Edizione, 1984 C. E. Wayne R. P. Wayne, Photochemistry, Oxford Chemistry Primers, 1999 P. W. Atkins, Physical Chemistry, Oxford University Press, 6ª Edizione, 1998 Voci correlate Azotemia Azoto liquido Azoto ureico Bilancio dell'azoto Ciclo dell'azoto Ciclo del carbonio-azoto Economia ad azoto liquido Narcosi da azoto Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Fluidi refrigeranti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Arzano
Arzano
Arzano è un comune italiano di abitanti della città metropolitana di Napoli in Campania. Geografia fisica Arzano è parte integrante della periferia settentrionale di Napoli ma svolge anche un ruolo di cerniera con la seconda fascia periferica partenopea, la zona frattese-atellana. È situato a circa 7 km dal mare. Ha una superficie di 4,7 chilometri quadrati e sorge a 74 metri sopra il livello del mare. Elevata a "città" dal presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2004, confina, a sud, con il capoluogo e precisamente con il quartiere di Secondigliano. Storia L'origine del toponimo è controversa. Alcuni associano il nome Arzano ai tanti archi antichi presenti sul territorio. Per altri, come il Giustiniani, il toponimo deriva da Aer sano, aria sana. Altri ancora, invece, lo riconducono al nome di un antico possessore Artius a cui si aggiunge il suffisso -anus che indica appartenenza. I primi documenti su Arzano riguardano atti di vendita di terreni. Il primo documento risale all'anno 937 d.C. durante l'impero di Costantino VII, detto il Porfirogenito: Die 28 m. novembris ind. XI. Neapoli. Imperante d. n. Constantino porfirogenito m. i. an. 30, sed et Romano m. i. an. 17. Iohannes Tzola, filius Leonis vendit Iohanni tabulario terram arbustatam positam in Arzano, (1) qui Iohannes tabularius obtulit omnes res suas monasterio Insule Salvatoris. Blanca vero filia Boni Massarii, coniux Andree emit a dicto monasterio dictam terram, deinde litigat cum dicto Iohanne Tzola, denique ad conventionem veniunt. Actum per Stephanum curialem. — Notam. instrum. S. Gregorii n. 403. (1) Pagus adhuc extat in agro Neapolitano ad septentrionem tertio ab urbe lapide. Il secondo documento è dell'anno 1110 durante l'impero di Alessio, il terzo è del 1291, del periodo angioino e in cui Arzano viene chiamata con il nome Artianu. Arzano nasce come territorio facente parte della Liburia (oggi Terra di Lavoro), attraversata dal fiume Clanio. Tra il VII e l'VIII secolo fu devastata dalle lotte interne tra i duchi di Napoli e il ducato longobardo di Capua e Benevento. Nel XII secolo fu assorbita nel Ducato di Napoli e restò, per la sua vicinanza al capoluogo, un casale demaniale godendo degli stessi privilegi fiscali. Nel XIII secolo iniziarono delle opere di bonifica, volute dagli angioini, nella zona del fiume Clanio. Di questo periodo è anche la facciata della chiesa dell'Annunziata (ancora visibile), laddove come in tutta l'Europa occidentale ci fu un grande fervore religioso, successivo alla scisma fra chiesa ortodossa e chiesa cattolica, ed essendosi affermato e rafforzato enormemente il potere della chiesa di Roma furono costruite, come su gran parte del territorio europeo, numerose chiese – prima ce ne erano solo nelle grandi città e la pratica religiosa non era così sentita – facendo capo al riaffermato e rafforzato potere cattolico. Tuttavia nel XIV secolo Arzano fu travolta da una grave crisi demografica. Fu nel XVI secolo che i lavori di fertilizzazione del terreno ripresero grazie al viceré, il conte Lemos, che affidò il progetto all'architetto Giulio Cesare Fontana. Questo progetto prevedeva la creazione di una serie di canali, i Lagni, utilizzati dai cittadini per ammorbidire la canapa. Nel 1637 si rischiò di perdere il casale e di cederlo nelle mani del demanio regio, provocando proteste da parte dei cittadini. Purtroppo nel 1656 la popolazione si dimezzò a causa della peste. Nel 1806 furono emanate le Leggi eversive della feudalità che decretarono la fine di tutti i privilegi feudali nel Regno di Napoli e l'inizio dell'Amministrazione comunale. Dal 1813 al 1860, l'abitato di Arzano si concentrò sulla struttura urbana, ponendo l'attenzione su strade ed edifici pubblici e privati. Si racconta anche che prospiciente alla piazza principale sorgesse il palazzo di un nobile con titolo addirittura di principe, probabilmente residenza di campagna della vicina nobiltà cittadina. Con il periodo fascista (1922-1943) l'amministrazione, come per tutti gli altri comuni italiani, passò nelle mani di un podestà. Negli anni sessanta la città ha vissuto intensamente il boom economico nazionale, sviluppandosi industrialmente come poche altre in Campania, tanto da meritarsi l'appellativo con Casavatore e Casoria di "Brianza del sud" e triangolo industriale napoletano. Nel 1990 Arzano divenne famoso per essere il comune in cui era ambientata la raccolta Io speriamo che me la cavo, scritta dal maestro Marcello D'Orta. Dopo la crisi economica del 2008 la ripresa, facendo il paragone al fervore industriale degli anni Sessanta e la grande abbondanza degli anni Ottanta, è uno degli obiettivi fondamentali della città. Il comune di Arzano è stato nel corso degli ultimi quindici anni più volte sciolto e commissariato per infiltrazioni mafiose. L'ultimo commissariamento (ancora in corso) risale al 20 maggio 2019, quando, con un provvedimento del Consiglio dei Ministri, è stato rilevato "che, all’esito di approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che espongono il Consiglio comunale di Arzano (NA) alla compromissione del buon andamento dell’attività amministrativa". Il provvedimento deliberava pertanto "lo scioglimento per un periodo di 18 mesi, a norma dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, affidandone la gestione a una Commissione straordinaria". Il commissario prefettizio ha successivamente ricevuto minacce di morte. Dal 14 Ottobre 2020 al 4 Novembre 2020 la città di Arzano viene decretata zona rossa, dopo l'ordinanza della Regione Campania in seguito all'elevato numero di contagi da COVID-19 sul territorio. Con l'ausilio dell'Esercito Italiano, Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri vengono disposti dei blocchi stradali, per contenere gli spostamenti sia in entrata che in uscita, nei vicini comuni confinanti. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa dell'Annunziata (facciata del XIII secolo) Chiesa dello Spirito Santo Campanile Seicentesco Chiesa di Sant'Agrippino Cappella di Santa Giustina (1858) Cappella della Confraternita del Rosario (1634) Cappella del Salvatore (XVII Secolo) Cappella della Madonna della Bruna (XI Secolo) Chiesa di Santa Maria della Squillace (X secolo) Chiesa del Sacro Cuore Di Gesù Chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo e San Ludovico da Casoria Chiesa del Cristo Redentore Architetture civili Torre dell'orologio Piazza Raffaele Cimmino Monumento al Milite Ignoto Villa comunale Archeologia Durante i lavori di ristrutturazione e di scavo della chiesa di Santa Maria della Squillace da parte della soprintendenza ai beni archeologici di Napoli, sono state trovate delle strutture facenti parte di preesistenti templi di culto risalenti al periodo greco/romano, che testimoniano come quasi sempre gli edifici fossero riutilizzati nel tempo adeguandoli alle diverse divinità. Nella zona tra le attuali via Luigi Rocco e corso Salvatore D'Amato, all'epoca della costruzione dello stabilimento dell'allora "Metaltecnica spa" fu ritrovato un sepolcro di presumibile epoca italica, composto da una "lapide" ed all'interno dei vasetti, di cui uno metà "rosso pompeiano". Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2018 i cittadini stranieri residenti ad Arzano erano 419, corrispondenti al 1,2% della popolazione. Le nazionalità maggiormente rappresentate erano: Ucraina, 107 0,3% Pakistan, 99 0,2% Marocco, 65 0,1 Bangladesh, 58 0,1% Cina, 41 0,1% Cultura Museo della cultura contadina e degli antichi mestieri. La sua realizzazione è stata resa possibile grazie alla generosità di un cittadino arzanese, che ha donato gli attrezzi della sua collezione privata. Il Museo si compone di vari oggetti attinenti all’attività contadina e ai mestieri più antichi, disposti per aree tematiche con lo scopo di rievocarne il percorso nella storia. Dal 2001 al 2007 nella Villa Comunale si è svolta la rassegna di cortometraggi "Arzano Humor Ciak" diventando un punto di riferimento nazionale per la realizzazione di corti cinematografici esclusivamente comici, ironici, e surreali. Economia Vi sono stabilimenti di grandi gruppi industriali nel settore cartario, delle telecomunicazioni, metalmeccanico, tessile, e calzaturiero. Arzano è principalmente un polo cartario, infatti vi sono numerosi scatolifici, cartotecniche di medie dimensioni e aziende specializzate nella lavorazione della carta, dall'uso igienico e sanitario a quello alimentare. Inoltre, in loco si trova l'unica cartiera presente sul territorio della città metropolitana di Napoli. Tra le principali attività produttive del settore cartario, ricordiamo le attività della SEDA, società di imballaggi di rilievo multinazionale che ha espresso un presidente di Confindustria; oltre alla Cartiera Partenope e la Ecocart della famiglia Serrao e ad altre realtà del settore (scatolifici, cartotecniche ecc.). Un'unità produttiva della casa di prodotti micro elettronica STMicroelectronics e l'impresa tessile Kiton. Negli anni sessanta era definita la Brianza del Sud per le numerosissime aziende site nel suo territorio. Nei primi anni del Novecento l'agricoltura si basava sulla coltivazione del lino e della canapa, che veniva utilizzata per la fabbricazione delle corde, come testimoniato dal simbolo che appare sul gonfalone ufficiale della città, canapa e lino. Infrastrutture e trasporti Strade Il territorio del comune di Arzano è attraversato dall'Asse Mediano, strada a scorrimento veloce che unisce la strada statale 7 quater Via Domitiana nei pressi di Lago Patria e termina lungo l'Asse di Supporto Nola-Villa Literno. L'altra arteria principale è la strada statale 87 Sannitica nuova, variante del vecchio tracciato riclassificato della Sannitica che attraversava i comuni dell'hinterland di Napoli. L'attuale Corso Salvatore D'Amato si chiamava prima "Rettifilo al bravo", e fa parte di un assetto viario di importante collegamento che da piazza Capodichino o dalla Strada statale 87 Sannitica in Napoli arriva fino a Frattamaggiore. I "bravi" erano una sorta di guardie del corpo e milizie più alte al soldo dei signorotti di un tempo, e nelle zone di Villa Elisabetta (inizio della strada) vi è ancora una località con taverna "al bravo". Mobilità urbana Arzano è collegata con la contigua area urbana di Napoli e comuni limitrofi mediante autoservizi pubblici gestiti dalla CTP, ai quali sta per subentrare EAV, nell'ambito del progetto dell'azienda unica dei trasporti, ma soprattutto a causa delle rilevanti carenze dell'attuale società incaricata. Fra il 1882 e il 1959 la località era servita da una stazione della tranvia Napoli-Aversa/Giugliano, gestita dalla Société Anonyme des Tramways Provinciaux (SATP). Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Gemellaggi Arzano è gemellata con l'omonimo paese francese, Arzano e dal 19 ottobre 2006 con la cittadina francese di Cléguer. Sport La squadra di calcio di Arzano è l'Unione Sportiva Arzanese 1924. Ha disputato diversi campionati professionistici, in particolare nel 2011-2012 e nel 2012-2013 ha disputato il campionato di Lega Pro Seconda Divisione, ex serie C2. La squadra femminile di pallavolo Arzano Volley nella stagione 2005/2006 ha disputato il campionato di Serie A1 nazionale. Pallacanestro A.S.D Basket Arzano – milita nella serie "C" femminile Campania Enjoy Basket Arzanese - milita nella promozione Campana Impianti sportivi Stadio comunale "Sabatino De Rosa". Palazzetto “Domenico Rea”. Note Altri progetti Collegamenti esterni , sito ufficiale.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea%20di%20Raviscanina
Andrea di Raviscanina
Era figlio di Riccardo di Raviscanina che con il congiunto Roberto II di Capua e le truppe del papa aveva combattuto contro il sovrano Ruggero II di Sicilia nello scontro di Galluccio il 22 luglio 1139. Gli sconfitti avevano trovato scampo nella fuga in Germania, dove furono accolti dall'imperatore Corrado III. Qui esule crebbe il giovane Andrea che solo nel 1154-55 poté ritornare nell'Italia meridionale (al seguito di Federico Barbarossa sceso a Roma per farsi incoronare) e compiere incursioni che gli avrebbero consentito di recuperare il feudo di Alife. Alla fine del 1155 e agli inizi del 1156 assale e conquista la città di San Germano (Cassino) e Aquino; ma nel corso del 1156 le truppe del re Guglielmo I di Sicilia riconquistano i territori pugliesi e Andrea viene scacciato con l'alleato Roberto III di Loritello dal sovrano e si rifugia a Benevento dove trova scampo anche il papa sconfitto. In seguito fugge a Costantinopoli con lo scopo di ottenere soccorso in uomini e denaro, ma la sua richiesta non viene accolta poiché i Bizantini, nel frattempo, hanno stipulato una pace trentennale col re di Sicilia. Allora nel 1166 Andrea ritorna nel Regno e assedia Pastina e poi l'anno dopo partecipa alla battaglia di Prata Porci nell'esercito di Cristiano arcivescovo di Magonza. Andrea fu reintegrato temporaneamente al potere nel 1168 (o 1169). Ma l'ostilità del sovrano normanno si fece sentire nel 1178 quando Guglielmo II di Sicilia assegnò la contea a Riccardo di Fondi. Bibliografia John Julius Norwich, Il Regno nel Sole. I Normanni nel Sud: 1130-1194, Mursia: Milano 1972 (ed.orig. The Kingdom in the Sun 1130-1194, Longman: Londra 1970). Donald J.A. Matthew, I Normanni in Italia, Laterza: Roma-Bari, 1997. Ferdinand Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, Parigi 1907. Ed. it: Storia della dominazione normanna in Italia ed in Sicilia, trad. di Alberto Tamburrini, Cassino 2008. ISBN 9788886810388 Voci correlate Conti di Alife Drengot Quarrel Ruggero II di Sicilia Guglielmo I di Sicilia Rainulfo di Alife Federico Barbarossa Corrado III di Svevia Collegamenti esterni Drengot Quarrel
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ancona
Ancona
Ancona (AFI: , ; Ancona in anconitano) è un comune italiano di abitanti, capoluogo della provincia omonima e delle Marche; è uno dei principali centri economici della regione, oltre che suo principale centro urbano per dimensioni e popolazione. Affacciata sul mare Adriatico, sorge su un promontorio a forma di gomito piegato, che dà origine a un golfo e protegge l'ampio porto naturale, tra i maggiori d'Italia per traffico internazionale di passeggeri. Le banchine portuali sono circondate dalle colline su cui sorgono i rioni storici. La storia della città è legata alle attività portuali e di navigazione sin dal 387 a.C. quando divenne una colonia greca di Siracusa, in contatto con i principali centri del levante mediterraneo. In età romana, sotto l'imperatore Traiano svolse il ruolo di ingresso d'Italia dai porti d'Oriente, come si legge nell'iscrizione dell'Arco di Traiano. Nel Medioevo visse il suo periodo aureo, sia artisticamente sia economicamente, quando fu florida repubblica marinara e guadagnò l'appellativo di "porta d'oriente". Dal 1532 sino all'Unità d'Italia fu parte dello Stato della Chiesa. Nel Risorgimento partecipò attivamente alle lotte per l'Unità d'Italia, in particolare durante la Prima guerra d'Indipendenza. Durante la Seconda guerra mondiale la città fu liberata dall'occupazione nazista dalle truppe del II Corpo polacco. La città si estende su numerose colline, a picco sul mare nel settore orientale del promontorio. La costa alta della città fa parte della Riviera del Conero e ricade nel Parco del Conero. Geografia fisica Territorio La città di Ancona sorge sulla costa dell'Adriatico centrale, sulle pendici settentrionali del monte Conero, che formano un promontorio di forma triangolare, con il colle del Duomo posto al vertice. Questo promontorio dà origine verso ovest a un golfo, il golfo di Ancona, nella cui parte più interna si trova il porto naturale. La costa del golfo è bassa: le colline arrivano a ridosso del mare, ma non formano rupi; in questa zona si trova la spiaggia sabbiosa di Palombina Nuova, bordata dalla linea ferroviaria. A sud del colle del Duomo la costa è alta e rocciosa, tanto che nel corso dei secoli la città non ebbe mai necessità di costruire mura di difesa verso est; tra le spiagge di questo tratto di litorale, si ricorda quella del Passetto, caratterizzata da grandi scogli bianchi, tra i quali la Seggiola del Papa, uno dei simboli della città. Altre spiagge di costa alta si susseguono verso sud, tra le quali quelle di Mezzavalle e di Portonovo. In corrispondenza della linea che congiunge il promontorio di Ancona e quello di Piombino c'è la massima larghezza degli Appennini e della Penisola italiana: 254 km. Dal punto di vista orografico il territorio urbano è contraddistinto da un'alternanza di fasce collinari e di vallate, che corrono da est ad ovest. Le colline dove sorgono i rioni più antichi sono cinque: il colle Guasco, con il Duomo, monte Cappuccini, con il Faro, monte Cardeto, con il suo parco, il colle Astagno, con la Cittadella, e il colle di Santo Stefano, con il Pincio. Lungo la vallata centrale corrono i tre corsi principali e il viale della Vittoria, che nel loro complesso permettono di attraversare tutto il promontorio percorrendo i due chilometri che separano le banchine del porto dal belvedere marino della pineta del Passetto. Il luogo dove sorge Ancona rientra nella zona a sismicità medio-alta, è classificata di livello 2 dalla Protezione Civile. La scossa maggiore verificatasi a partire dal secondo dopoguerra è quella del 14 giugno 1972, che raggiunse il X grado della scala Mercalli ed ebbe epicentro nel mare di fronte alla città. Particolarità geografiche La particolare forma del promontorio dà origine a due fenomeni naturali che sono sempre stati considerati caratteristiche distintive di Ancona: il sole che sorge e tramonta sul mare e la visibilità, in condizioni di tempo sereno, delle cime delle montagne dalmate. La possibilità di vedere sia l'alba, sia il tramonto sul mare è dovuta al fatto che il promontorio cittadino è bagnato dall'Adriatico sia ad est che a ovest. Ciò è considerato particolare perché, mentre osservare il sole sorgere sul mare è tipico di tutta la costa adriatica occidentale, non è così per il tramonto. Il fenomeno è visibile nella sua completezza per circa un mese, a cavallo del solstizio d'estate, quando il sole cala direttamente nell'orizzonte marino; negli altri periodi il sole tramonta dietro ad una sottile striscia di terra. Occasionalmente, nelle giornate molto serene, da alcuni punti della sommità delle varie colline cittadine, è possibile osservare ad occhio nudo le vette più alte delle Alpi Dinariche, al di là dell'Adriatico. Clima In base alla classificazione dei climi di Köppen-Geiger, Ancona appartiene alla zona climatica Csa (clima mediterraneo). Gli inverni sono moderatamente freddi e piovosi: le temperature diurne raggiungono in media 9,3 °C e la minima notturna è di 4 °C; nevicate sono possibili in caso di irruzioni gelide che investono l'Italia dai quadranti settentrionali o orientali; il mese più freddo è gennaio, con una media di 6 °C. In primavera la temperatura media diurna è di 16,3 °C e la minima notturna di 10,7 °C. Le estati sono calde e secche, con temperatura media diurna di 26 °C e minima notturna di 19,3 °C. In autunno la media diurna è di 18,7 °C e la minima notturna di 14 °C. I mesi più piovosi sono ottobre (98 mm) e gennaio (66 mm). Il soleggiamento è buono, con 2.135 ore di sole all'anno. La massima temperatura del mare si ha in agosto (23,5 °C) e la minima in febbraio (10 °C). I venti caratteristici sono la Bora da N/E, che spira a volte con violenza e che è in grado di causare intense mareggiate, lo Scirocco, da S/E, umido e spesso piovoso (afoso d'estate) e il Garbino, da O–S/O, vento di caduta dall'Appennino che spira con maggiore frequenza in autunno e in primavera. Le stazioni meteorologiche sono due: quella di Falconara e quella di Monte Pulito. Origini del nome I greci di Siracusa, che fondarono la città nel 387 a.C., notarono la forma particolare del promontorio, simile ad un triangolo o ad un gomito piegato, e per questo motivo chiamarono la nuova città Ἀγκών, Ankón, che in greco significa "gomito" Toponimi derivati Come è avvenuto per altre città italiane (come Roma, Venezia, Siracusa, Cagliari, Napoli, Padova, ecc.) anche il nome di Ancona è stato usato per denominare città di nuova fondazione nei vari continenti. Così abbiamo un'Ancona nordamericana negli Stati Uniti (nello Stato dell'Illinois), una sudamericana in Bolivia (nel dipartimento di Potosí) ed un'Ancona oceaniana in Australia (nello Stato di Victoria). La città di Ancona è chiamata Ancône in francese, Ankona in polacco, lituano, lettone, albanese, azero e in turco, Jakin in croato antico, Ἀγκών (Ankón) in greco antico e Ανκόνα (Ankona) in greco moderno; in latino è detta Ancon o Ancona. Nelle lingue che usano l'alfabeto cirillico diventa invece Анкона (Ankona). Quattro località croate derivano il loro nome dal nome di Ancona in croato antico, Jakin. Esse sono: la baia di Jakišnica nell'isola di Pago, la baia di Jakinska e il promontorio di Jakisnica nell'isola di Melada e infine la località di Jakin nell'isola di Brazza; in passato erano infatti molto frequentate da navigatori anconetani. In un noto canto popolare bosniaco si parla inoltre di un giovane jakinlija e di ragazze jakinke. Storia Preistoria e Protostoria Il promontorio di Ancona era già abitato nell'Età del bronzo. I suoi abitanti entrarono presto in contatto con i navigatori micenei, che frequentavano il porto naturale sottostante. Nel periodo finale dell'Età del Bronzo, sul colle dei Cappuccini esisteva un villaggio di cultura protovillanoviana, che poi continuò a svilupparsi sino all'Età del Ferro, diventando un villaggio piceno. Il suo porto era frequentato dai navigatori greci, fatto che lo rendeva un vero e proprio emporio marittimo greco-piceno. Il centro era costituito da magazzini, strutture portuali e da una serie di edifici abitati da greci che conservavano le proprie tradizioni e, pur non avendo la sovranità del territorio, vivevano in piena autonomia. Gli abitanti autoctoni, dal canto loro, facevano da tramite tra i greci e i mercati dell'entroterra, dove infatti si ritrovano manufatti greci. Età antica Periodo greco La definitiva grecizzazione risale al IV secolo a.C. Fu nel 387 a.C., infatti, che un gruppo di greci provenienti da Siracusa, esuli dalla tirannide di Dionisio I, sbarcarono ad Ancona e vi fondarono una propria colonia. La fondazione di Ancona rientrava nel piano di Dionisio I di espandere l'influenza siracusana nell'Adriatico, e fu accompagnata dalla nascita di altre colonie greche nella sponda orientale di questo mare. Secondo la maggior parte degli storici, la colonia greca sorse sulle pendici del colle ora chiamato Guasco; sulla sommità del colle sorse l'acropoli, con il tempio di Afrodite. Dato che i siracusani fondatori della città erano greci di stirpe dorica, Ancona è fin dall'epoca antica chiamata "la città dorica". Una delle più importanti caratteristiche di questa polis è il suo persistente attaccamento al carattere greco e la sua resistenza culturale alla romanizzazione. Periodo romano All'arrivo dei Romani nel Piceno, Ancona attraversò un periodo di transizione tra la civiltà greca e quella romana. Le tappe principali della romanizzazione sono due: il 133 a.C., quando ci fu la deduzione di una colonia romana nell'agro anconitano in seguito alla Lex Sempronia Agraria, e il 90 a.C. quando fu istituito il municipio romano in seguito alla Guerra Sociale. Da quell'anno Ancona può dirsi città romana, pur rimanendo per alcuni decenni un'isola linguistica e culturale greca. In età imperiale svolse per Roma la funzione di collegamento marittimo con l'Oriente e per questo l'imperatore Traiano ne ampliò il porto. Medioevo Alla caduta dell'Impero romano d'Occidente, Ancona seguì la sorte del resto d'Italia. Dopo la guerra gotica entrò tra i possessi dell'Impero bizantino, costituendo insieme a quattro altre città la Pentapoli marittima. Nel 774 la città passò allo Stato Pontificio. Con l'istituzione del Sacro Romano Impero la città fu posta a capo della Marca di Ancona, che dopo aver assorbito le marche di Camerino e di Fermo, comprese quasi tutta l'odierna regione Marche. Uno dei periodi più fiorenti di Ancona iniziò nell'XI secolo, quando iniziò a reggersi come libero comune e repubblica marinara, la Repubblica di Ancona. Per difendere la propria indipendenza si scontrò sia con il Sacro Romano Impero, che tentò ripetutamente di ristabilire il suo effettivo potere, sia con Venezia, che non accettava nell'Adriatico altre città marinare. Nell'assedio del 1173 da parte delle truppe imperiali, si distinsero le gesta di Stamira, l'eroina anconitana per eccellenza, e del sacerdote Giovanni di Chio. Tale assedio si concluse in favore dei difensori anconetani: una spedizione riuscì ad avvisare gli alleati, che arrivarono in aiuto della città ormai allo stremo, costringendo l'esercito imperiale a ritirarsi. Figura di spicco del periodo della repubblica di Ancona fu Ciriaco Pizzecolli (detto Ciriaco d'Ancona), umanista, archeologo e navigatore, che viaggiò per tutto il Mediterraneo alla ricerca di testimonianze storiche, nel tentativo di salvarle dall'oblio e dalla distruzione; per questa sua attività era chiamato dai suoi stessi contemporanei pater antiquitatis ed è oggi considerato il fondatore in senso generale dell'Archeologia. Età moderna In seguito alla caduta di Costantinopoli e alla scoperta dell'America, per tutte le città marinare italiane, compresa Ancona, iniziò un periodo di recessione che raggiunse il suo apice nel XVII secolo. Tuttavia, agli inizi del 1500, Ancona era ancora florida. Ciò destò la cupidigia del papa Clemente VII, il quale, ansioso di reintegrare le casse vaticane, vuote dopo il Sacco di Roma del 1527, decise di impossessarsi della città, con un abile piano. Il primo passo fu la costruzione della Cittadella, offerta dal papa alla città con il pretesto di fornirle difesa da un imminente attacco da parte dei turchi, ma in realtà realizzata per mantenere Ancona strettamente sotto il dominio papale: i cannoni della nuova fortezza erano puntati sulla città e sulle sue principali vie di accesso. Grazie a questo stratagemma, con un colpo di Stato, il 19 settembre 1532 papa Clemente VII vincolò Ancona alla Santa Sede e cedette il governo della città al cardinale Benedetto Accolti in cambio di un'ingente somma di rendita annua, nominandolo legato pontificio della Marca di Ancona; il governo dell'Accolti fu segnato da violenze e persecuzioni. Alla morte di Clemente VII, il nuovo papa Paolo III Farnese ordinò l'imprigionamento del cardinal Accolti, il riconoscimento dell'innocenza dei cinque nobili anconetani da lui giustiziati sommariamente ed il ritorno in città degli esiliati; ripristinò inoltre una qualche autonomia del Senato anconetano. Nonostante ciò, la realtà fu che la città non fu più libera di autodeterminarsi, rimanendo sotto lo stretto controllo dei legati pontifici. La perdita della libertà condusse a partire dalla seconda metà del Cinquecento ad una lenta decadenza, che durò oltre un secolo e che si interruppe solo nel 1732, quando papa Clemente XII concedette il porto franco, ovvero dell'esenzione delle imposte doganali. Oltre a dare alla città questo nuovo status, Clemente XII incaricò l'architetto Luigi Vanvitelli di restaurare ed ampliare il porto. Grazie a queste misure, la città visse un nuovo momento di benessere, legato alla ripresa della grande navigazione. Età contemporanea Il periodo napoleonico Nel 1797 Napoleone occupò la città e dopo poco venne proclamata la Repubblica Anconitana, che nel 1798 venne annessa alla Repubblica Romana. Dopo alterne vicende ed assedi che la videro passare in mano francese ed austriaca, fu annessa nel 1808 al Regno Italico napoleonico, all'interno del Dipartimento del Metauro. Nel 1815 fu assediata dalle forze anglo-austriache e, con la Restaurazione, nello stesso anno, tornò a far parte dello Stato Pontificio. Il Risorgimento Durante la Prima guerra di indipendenza, nel 1849, Ancona si dichiarò libera dal dominio papale e aderì alla Repubblica Romana. Il papa allora chiamò gli austriaci per riprendere il possesso delle sue terre. Compagna di Venezia e di Roma, la città di Ancona per settimane resistette eroicamente all'assedio austriaco, grazie anche ai volontari provenienti da varie regioni d'Italia. Si distinse nella lotta l'anconetano Antonio Elia, che fu uno dei più strenui difensori della città e che, dopo la resa dei patrioti e l'occupazione austriaca, venne arrestato con false accuse e fucilato. Per l'eroismo e l'attaccamento agli ideali di libertà e di indipendenza dimostrati nel 1849 Ancona venne insignita della medaglia d'oro come "benemerita del Risorgimento nazionale". L'adesione al Regno d'Italia Nel 1860, dopo la sconfitta di Castelfidardo, le truppe pontificie si rifugiarono ad Ancona per tentare l'ultima difesa dei domini papali. Seguì un difficile assedio da parte delle truppe sarde. Il 29 settembre le truppe dei generali Enrico Cialdini e Manfredo Fanti entrarono vittoriose ad Ancona, seguite dopo pochi giorni dal re Vittorio Emanuele II. Il 4 novembre dello stesso anno un plebiscito ufficializzò l'ingresso di Ancona, Marche ed Umbria nel Regno di Sardegna, poi Regno d'Italia. Nel decennio tra il 1860 e il 1870, a causa della situazione geopolitica nazionale, Ancona rivestì un ruolo militare di primo ordine e fu dichiarata piazzaforte di prima classe insieme a sole altre quattro città italiane; il nuovo ruolo fu alla base di un notevole sviluppo urbano e dell'introduzione di tutti i servizi pubblici che il progresso metteva a disposizione in quegli anni. Dal Novecento ai giorni nostri A cavallo della prima guerra mondiale, due momenti diversi videro la città sulla ribalta nazionale: nel 1914 per la Settimana rossa e nel 1920 per la Rivolta dei Bersaglieri, episodio culminante del Biennio rosso. Nel periodo della prima guerra mondiale si ricordano il precoce bombardamento navale di Ancona e l'Impresa di Premuda. Durante il ventennio fascista, la città di Ancona ebbe un notevole sviluppo urbanistico, con l'urbanizzazione lungo il viale della Vittoria e la costruzione del rione Adriatico. Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, a causa della sua importanza strategica, Ancona subì numerosissimi bombardamenti da parte delle forze alleate, che dovevano preparare il passaggio del fronte. In particolare, quello del 1º novembre 1943 fu uno dei più tragici; in pochi minuti migliaia di persone persero la vita, di cui settecento all'interno di un solo rifugio antiaereo, e un intero rione della città storica (il rione Porto) venne quasi cancellato. In seguito alla Battaglia di Ancona, il 18 luglio 1944 il generale Władysław Anders liberò la città dai nazisti, a capo del II Corpo polacco e assieme alle formazioni partigiane ed ai militari italiani del C.I.L.. In riconoscimento del comportamento solidale della popolazione durante l'occupazione tedesca e i bombardamenti alleati, Ancona fu insignita della medaglia d'oro al valor civile. Nel secondo dopoguerra Ancona si riprese velocemente dalle pur gravi ferite della guerra; tra l'altro, il 1959 vide la fondazione dell'Università. Si sono abbattute poi sulla città tre gravi calamità naturali: un'alluvione nel 1959, un terremoto nel 1972 e una frana nei rioni Posatora e Palombella nel 1982. Anche in queste disastrose occasioni la ripresa della città fu rapida. Da segnalare negli ultimi decenni sono: la riapertura del Teatro delle Muse (2002), l'inaugurazione del grande Parco del Cardeto (2005) e la notevole intensificazione dei traffici del porto nelle comunicazioni con l'Europa balcanica e la Grecia. Nel 2008 il governo ha scelto Ancona come sede del Segretariato permanente dell'Iniziativa Adriatico Ionica, nella storica Cittadella cinquecentesca. Nel 2013 Ancona ha celebrato i 2400 anni dalla fondazione, contati a partire dalla data della fondazione della colonia greca. Simboli Dallo Statuto comunale si ricavano le descrizioni dello stemma, del bollo e del gonfalone. Stemma Sigillo Gonfalone Onorificenze Altra medaglia fu conferita alla città per Monumenti e luoghi d'interesse I monumenti più importanti della città sorgono nei luoghi più significativi nel suo promontorio: il Duomo, al suo vertice, l'Arco di Traiano e il Lazzaretto nel porto, la Cittadella sulle sommità di una collina a picco sul mare e il Monumento ai Caduti nel luogo in cui la vallata centrale della città sbocca sulla costa alta. Le testimonianze storiche più importanti sono legate ai due periodi di massimo splendore della città e del suo porto: l'epoca del repubblica marinara e quella del porto franco settecentesco. Architetture religiose Il Duomo di San Ciriaco è uno dei simboli della città, sia perché con i suoi più di ventiquattro secoli ne riassume la storia, sia perché con la sua posizione, sulla sommità del colle Guasco e sulla punta più estrema del promontorio, domina il porto, il golfo e caratterizza i panorami della città: è visibile persino da alcuni quartieri periferici. È una fusione di arte romanica e bizantina, quest'ultima presente nella pianta a croce greca e nelle sculture. I due leoni stilofori del portale sono essi stessi uno dei simboli cittadini. Per il Medioevo, oltre al Duomo, sono notevoli altre due chiese. La prima è Santa Maria della Piazza, che ha una facciata ad archetti di ispirazione bizantina e un portale ricco di figure simboliche; dal suo interno si accede ai resti della sottostante basilica paleocristiana. La seconda è la chiesa monastica di Santa Maria di Portonovo; è situata nei dintorni della città, tra il bosco e la spiaggia di Portonovo e sotto le rupi di Monte Conero. Ha una singolare pianta, fusione tra una basilica a cinque navate e una croce greca. Nel Quattrocento, lo scultore e architetto dalmata Giorgio da Sebenico ha lasciato in città tre notevoli esempi di Rinascimento adriatico: i portali della chiesa di San Francesco alle Scale e dell'ex chiesa di Sant'Agostino e la facciata di un edificio civile: la Loggia dei Mercanti. Lo stesso artista è autore anche di Palazzo Benincasa, palazzo nobiliare gotico. Arrivando al Settecento, si ricordano: la chiesa del Santissimo Sacramento, con interno barocco ricco di sculture e originale campanile spiraliforme, la Chiesa del Gesù, di Luigi Vanvitelli, con la cui facciata concava l'architetto completò il suo programma di ridisegno della città, la Chiesa di San Domenico, di Carlo Marchionni, che domina scenograficamente Piazza del Papa, e la chiesa degli Scalzi, notevole per cupola ricoperta di rame che svetta nel panorama della città visto dal porto. Le due antiche sinagoghe di Ancona, quella levantina e quella italiana, sono alloggiate in un unico edificio, nel cuore dell'antico ghetto; suggestivo è inoltre l'antico e ampio cimitero israelitico, il Campo degli Ebrei, panoramicamente situato nei pressi dell'orlo della falesia. Si segnala inoltre la presenza, in periferia, della piccola chiesa cinquecentesca di Santa Maria Liberatrice e della neogotica chiesa dei Cappuccini, con dipinti di fra Paolo Mussini. Architetture civili e militari Testimonianza eccezionale dell'Età Antica è l'Arco di Traiano, attribuito ad Apollodoro di Damasco, che si erge sul molo che l'imperatore volle a protezione del porto. L'Anfiteatro romano è stato completamente scavato nella zona dell'ingresso principale, detto "Arco Bonarelli", mentre la parte posteriore del monumento non è stata ancora completamente riportata alla luce e risulta dunque di difficile lettura per il profano. Tra Medioevo e Rinascimento, tre furono i palazzi in cui ebbe sede il governo della Repubblica di Ancona: il romanico Palazzo del Senato, il gotico, altissimo Palazzo degli Anziani, con la facciata principale rifatta nel Seicento, e il Palazzo del Governo, a cui lavorò anche l'architetto Francesco di Giorgio Martini, affiancato dalla torre che domina Piazza del Papa. Per il Rinascimento, si ricordano i due monumenti più significativi. Il primo è la poderosa Cittadella, fortificazione a pianta di stella pentagonale, opera di Antonio da Sangallo il Giovane, uno dei primissimi esempi di fronte bastionato all'italiana; è sede del Segretariato permanente della Iniziativa Adriatico Ionica. Il secondo è Palazzo Ferretti, sede del Museo archeologico nazionale delle Marche, con cortile pensile affacciato sul porto. Il Settecento vide una rinascita artistica della città, di cui fu protagonista Luigi Vanvitelli, che oltre alla già citata Chiesa del Gesù lasciò in città il Lazzaretto, singolare e vastissima costruzione pentagonale, costruita all'interno del porto su un'isola artificiale; vanvitelliani sono anche l'Arco Clementino e il tratto di molo su cui sorge. Dopo i radicali interventi urbanistici di Vanvitelli, la città venne dotata di un nuovo ingresso monumentale, Porta Pia, che fa da contraltare all'Arco di Traiano, sul lato opposto del porto. Dell'Ottocento si ricorda il Teatro delle Muse, con facciata neoclassica recante sul frontone gli altorilievi delle nove muse, di Apollo e di Palemone, dio dei porti. Del Novecento notevoli sono il Mercato delle Erbe, architettura di ghisa e vetro in stile liberty, e il Monumento ai caduti, con la sua scenografica scalinata conducente al mare sottostante, accolto in breve tra i simboli della città. Siti archeologici Nell'area archeologica del Tempio di Afrodite, situata sotto al Duomo, è visibile il basamento del tempio, studiando il quale è stato possibile ricostruire idealmente tutto l'edificio, che dall'alto del colle Guasco dominava l'Ancona greca e quella romana. Lo scavo è accessibile dall'interno del Duomo, ma nonostante rivesta un notevole interesse è da anni precluso ai visitatori. Degli scavi archeologici dell'Anfiteatro romano si è già dato conto nella sezione Architetture civili e militari. Sotto la chiesa di Santa Maria della Piazza ci sono i resti della basilica paleocristiana che, secondo alcuni studi, sarebbe stata l'antica cattedrale di Santo Stefano, la prima della città. Si può accedere a questa zona archeologica dall'interno della chiesa, e si possono ammirare mosaici policromi con simbologia paleocristiana, resti delle absidi, dei colonnati, del fonte battesimale e della cattedra. Altro Strade Via XXIX Settembre è affacciata sulle banchine portuali, sugli arrivi e sulle partenze delle navi e su uno dei più classici panorami della città, dominato dal Duomo e dal Faro vecchio e dai vecchi rioni arrampicati sui colli. All'inizio della via si trova la statua bronzea di Traiano, che ricorda l'ampliamento del porto deciso dall'imperatore. Via della Loggia è l'antica via del Porto, sulla quale si affacciano edifici che hanno visto la storia della città marinara, tra i quali la Loggia dei Mercanti e il Palazzo Benincasa. La passeggiata "da mare a mare", ossia dalle banchine del porto al belvedere del Passetto, permette di congiungere i due lati del promontorio sul quale sorge la città; è costituita dai tre corsi principali e dal Viale della Vittoria. I tre corsi, dedicati a Garibaldi (Corso Nuovo), Mazzini (Corso Vecchio) e a Stamira, attraversano paralleli i quartieri ottocenteschi della città e ne costituiscono il centro commerciale. Il Viale della Vittoria, attraversa invece l'espansione urbanistica del primo Novecento e presenta interessanti esempi di architettura eclettica e liberty. Via del Comune (Via Pizzecolli), prima dell'apertura dei corsi ottocenteschi, fu per secoli la strada principale della città. Percorre in salita tutto l'antichissimo rione di San Pietro e conduce sulla sommità del Colle Guasco, dove sorge il Duomo; ha aspetto medievale ed è ricca di palazzi storici, di monumenti e di scorci panoramici sul porto. Via Astagno, con i vicoli limitrofi, costituiva l'antico ghetto ebraico, con i suoi alti palazzi e le strade strette e ripide. Piazze Le piazze centrali della città sono quattro. Piazza della Repubblica, comunemente detta "del Teatro", è il punto di unione tra centro e porto; vi si scorgono le banchine, con i traghetti in partenza per la Grecia e i paesi balcanici; vi si affaccia il Teatro delle Muse. Piazza del Papa, di forma singolarmente allungata, è il cuore dei rioni più antichi della città. Prende nome dalla statua di papa Clemente XII, responsabile della rinascita settecentesca dei traffici portuali; è un ritrovo serale molto frequentato. L'ottocentesca piazza Cavour è la più vasta della città ed è sistemata a giardino, come la vicina piazza Stamira; in entrambe le piazze le aiuole sono caratterizzate da palme di varie specie. Piazza Roma, insieme al Corso Vecchio, ospita nei giorni feriali l'animato mercato di bancarelle ed è caratterizzata dalla Fontana dei Cavalli; a pochi passi c'è l'antica Fontana delle Tredici Cannelle; secondo la tradizione chi deve partire può assicurarsi il ritorno in città bevendo l'acqua di questa fontana. Luoghi panoramici I luoghi panoramici più noti di Ancona sono: il piazzale del Duomo, affacciato sul porto, sulla città e sulla costa, visibile sino a Pesaro; Porta Pia, con vista su porto, Duomo e Faro, il belvedere di Capodimonte, da cui si può osservare l'isola pentagonale del Lazzaretto circondata dal Mandracchio, il Pincio, con vista sulla città e sul porto, la pineta del Passetto, affacciata sulla costa alta, visibile sino a Monte Conero. A questi punti panoramici classici si aggiungono quelli aperti al pubblico negli ultimi decenni: la Lanterna Rossa, con vista completa sui rioni antichi disposti ad anfiteatro intorno al porto, e il Faro, alto sulle rupi e sui tetti della città antica. Aree naturali Parchi pubblici di Ancona La città è ben dotata di viali, piazze alberate e parchi, panoramici perché posti sulle parti più alte delle colline; ha infatti di verde per abitante. Tra essi si elencano i più importanti dal punto di vista storico e paesaggistico. Parco del Cardeto Il Parco del Cardeto il più vasto della città (circa 35 ettari) è caratterizzato da interessanti testimonianze storiche, da un'elevata naturalità e da numerosi punti panoramici. È a picco sul mare ed occupa la sommità di due colline: Monte Cardeto e il Colle dei Cappuccini. Al suo interno zone di prato naturale, di boschetti sempreverdi, di macchie di ginestre; le fioriture spontanee (tra cui quelle di varie orchidee selvatiche) si susseguono lungo il corso dell'anno. Parco del Passetto Il Parco del Passetto è situato a sud del Monumento ai Caduti. Si trova a picco sul mare, cui conduce un sentiero; è caratterizzato dalla presenza di tre laghetti artificiali, di una pista di pattinaggio e di una piscina pubblica e da terrazze affacciate sul mare. Per anni lasciato in degrado, il suo recente restauro è stato segnato da vicende giudiziarie che hanno rivelato una progettazione mal eseguita e mal realizzata. Parco della Cittadella Il Parco della Cittadella di Ancona è cinto dalle mura del Campo Trincerato, confina con la Cittadella, da cui prende il nome. All'interno del parco le antiche strutture militari convivono con una vegetazione in gran parte spontanea; interessante la presenza di un percorso dedicato alla conoscenza tattile e olfattiva del mondo vegetale. Pincio Il Pincio di Ancona, non molto esteso, è di grande importanza storica, dato che è il più antico della città, essendo sorto dopo il 1870 per celebrare la presa di Roma. Come il suo omonimo romano, il Pincio di Ancona è ricco di sempreverdi, ha un impianto geometrico dei sentieri ed ha un belvedere da cui si gode di un'ampia vista sulla città. Villa Santa Margherita Villa Santa Margherita risale all'Ottocento ed è organizzata come un giardino romantico: tra la vegetazione che imita il paesaggio naturale sorgono quinte architettoniche, un'aranciera e un edificio belvedere immerso nel bosco, ricco di alberi monumentali. Per vent'anni fu sede del convento dei Frati Minori. Parco del Cras Il Parco del Cras nacque nel 1901 come giardino dell'Ospedale Psichiatrico; ha gli alberi più rigogliosi della città, dato che per molti anni sono stati risparmiati dalle potature. È interessante anche per l'organizzazione degli spazi in grandi cortili verdi collegati da porticati coperti da capriate in legno, che rendono il parco visitabile anche con la pioggia. Parco regionale del Conero Una gran parte della fascia costiera del territorio comunale di Ancona rientra all'interno del Parco regionale del Conero, caratterizzato da ampi boschi sempreverdi di macchia mediterranea, da scogliere a picco sul mare, da spiagge raggiungibili solo a nuoto o per impervi stradelli, da una campagna di alto valore paesaggistico e ricca di prodotti tipici, come la lavanda, il miele, l'olio, i legumi. Tra le località anconetane all'interno del Parco va citata Portonovo, meta molto frequentata da anconetani e turisti, con i suoi boschi a ridosso delle spiagge e con i suoi antichi monumenti. Peculiarità della città è il fatto che il Parco del Conero comprende anche aree prettamente urbane: tra esse la zona del Passetto, con le rupi, la pineta e le scogliere, e quella delle Valli di Pietralacroce, che dal centro abitato scendono verso il ciglio delle rupi; quattro stradelli conducono al mare, attraversando boschi e prati. Queste zone sono ricche di punti panoramici sulle scogliere sottostanti e sulla città. I fondali marini Da anni è in discussione al Ministero dell'Ambiente l'ipotesi di istituire un parco marino nel mare che bagna la costa orientale della città e il parco del Conero, motivata dalla presenza di fondali di grande ricchezza naturalistica: non è comune in Adriatico incontrare, ad esempio, madrepore, gorgonie e tante specie di nudibranchi. In una costa molto frequentata e nella quale il rapporto con il mare è antico ed intenso, si prevede di proteggere l'ambiente marino senza impedire gli usi tradizionali e innocui per la natura, come la balneazione, la nautica a vela o a remi e la piccola pesca amatoriale. Selva di Gallignano e Orto Botanico Universitario La Selva di Gallignano, di circa 100 ettari, è una rara testimonianza del bosco autoctono di caducifoglie che una volta caratterizzava le colline marchigiane. È unarea floristica protetta ed è il cuore dell'Orto Botanico dell'Università di Ancona, oltre che la sua maggiore peculiarità. Alcune collezioni permettono di conservare ex-situ alcune specie endemiche adriatiche, specie alimentari spontanee e piante officinali locali. Società Evoluzione demografica Per la corretta lettura dei dati si ricorda che nel 1928 vennero accorpati ad Ancona i comuni di Paterno, Montesicuro e Falconara Marittima; quest'ultimo nel 1948 ritorna ad essere autonomo. Nella storia dell'evoluzione demografica di Ancona si nota il brusco calo avvenuto nel 1944 per lo sfollamento della popolazione verso le città e le campagne limitrofe a causa dei numerosi bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Altre cause del calo di popolazione sono la grave epidemia del XVIII secolo, il terremoto del 1972 e, in misura minore, la frana del 1982. Ancona ha avuto il massimo degli abitanti nel 1971. Da allora si è assistito ad un lieve calo, favorito dai saldi naturale (differenza fra nati e morti) e migratorio (differenza fra immigrati ed emigrati) entrambi negativi dal 1979. Dopo un minimo di abitanti, registrato nel 1999, si è registrato un progressivo incremento della popolazione, grazie soprattutto al consistente flusso migratorio, che ha riportato la città a superare di nuovo le centomila unità, attestandosi a più di abitanti nel rilevamento anagrafico di dicembre 2008. Etnie e minoranze straniere Nei secoli passati Ad Ancona il fenomeno della presenza di cittadini stranieri in città non è nuovo, in quanto l'esistenza del porto ha sempre richiamato folti gruppi di persone da paesi anche lontani, che spesso si organizzavano in comunità vere e proprie. Le principali nei secoli furono: l'ebraica (con i due rami levantino ed italiano, ognuno fornito di propria sinagoga); l'albanese; la ragusea (aveva il suo riferimento nella chiesa di San Biagio); la greca (aveva il suo riferimento nella chiesa di Sant'Anna dei Greci); l'armena (la cui chiesa era San Gregorio illuminatore). Anche i musulmani hanno sempre frequentato la città, tanto che nel periodo medievale ad essi erano stati assegnati alcuni locali nel palazzo del Comune. La presenza in città di varie etnie è testimoniata anche dall'esistenza, all'indomani dell'Unità d'Italia, di tre cimiteri: quello ortodosso (il Campo de' Greci, chiuso dopo L'Unità e non più esistente), quello protestante (il Campo degli Inglesi, ancora visitabile), quello ebraico (il Campo degli Ebrei). La comunità ebraica Tra le varie comunità, quella ebraica è quella che ha lasciato più il segno nella storia della città e che tuttora è significativa. È una delle più antiche e significative comunità ebraiche d'Italia. A testimonianza della sua storia rimangono l'antico ghetto con le due sinagoghe e il suggestivo cimitero (uno dei più vasti ed antichi d'Italia): il Campo degli Ebrei. Nel XXI secolo I cittadini stranieri residenti ad Ancona sono (31º dicembre 2019). Le comunità nazionali più numerose sono: Romania Bangladesh Albania Perù Filippine 734 Ucraina 582 Tunisia 567 Nigeria 399 Cina 383 Marocco 350 Lingue e dialetti Il dialetto cittadino, secondo la tradizione sarebbe nato nel rione Porto, in una piccola piazza ora non più esistente, detta la Chioga, nella quale si mescolavano tre parlate: quella locale dei purtulòti (portolotti), lavoratori portuali, quella dei marinai levantini (provenienti dall'Oriente) stabilitisi in città e quella dei buranèli, ovvero le famiglie originarie dalla laguna veneta, trasferitesi ad Ancona in cerca di fortuna e dedite alla pesca Nel corso del tempo si è modificato e reso assai singolare dagli influssi dovuti agli scambi del porto. L'anconitano appartiene ai dialetti italiani mediani, ed ha influssi gallo-italici e veneti, per cui è spesso considerato di transizione tra i dialetti centrali e quelli gallo-italici. Il dialetto anconitano è usato nella poesia vernacolare anconetana, nel teatro e nelle canzoni popolari. Il poeta che ha reso il dialetto cittadino lingua letteraria è stato Duilio Scandali, a cui sono seguiti molti altri, fino al contemporaneo Franco Scataglini, la cui lingua non è però il dialetto popolare, ma quello trasfigurato dalla poesia. Da più di un secolo numerose compagnie di teatro dialettale si sono susseguite, creando una buona tradizione e l'annuale festival del dialetto di Varano. Tra le canzoni più note ci sono: l'"Inno del portoloto", "Erane tre surele", "Alba", "El carnevale". Isola linguistica gallica del Conero Le frazioni anconitane del Conero, ossia Poggio e Massignano, insieme a Camerano, formano l'area dell'isola linguistica gallica del Conero. I dialetti di questi centri non sono varianti del dialetto anconitano, ma costituiscono un nucleo gallico, simile a quello parlato a nord dell'Esino. Nei versi riportati sotto si dà un esempio del dialetto del Poggio. Tradizioni e folclore Antichissima credenza, attestata fin dal Cinquecento, è quella di bere l'acqua della Fontana del Calamo (comunemente chiamata le Tredici Cannelle) per assicurarsi il ritorno in città. Assai singolari e prova di uno stretto rapporto con il mare sono le grotte del Passetto, cinquecento cavità scavate sin dalla metà dell'Ottocento alla base della rupe, per servire come ricovero di barche ed appoggio estivo; i fruitori, i "grottaroli", sono riuniti in tre associazioni. In città si usano tradizionalmente le carte da gioco piacentine, e ciò è dovuto al fatto che nello Stato Pontificio, del quale Ancona fece parte dal 1532 al 1860, la città di Piacenza aveva l'esclusiva per la fabbricazione delle carte. Istituzioni, enti e associazioni Ancona è sede delle seguenti istituzioni di importanza superiore alla provinciale. Giunta Regionale delle Marche. Consiglio regionale delle Marche. Università Politecnica delle Marche. Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche Organi periferici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali: Soprintendenza archeologica delle Marche, Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici delle Marche, Soprintendenza archivistica delle Marche. Organi periferici del Ministero della giustizia: Tribunale di Ancona, Tribunale per i minorenni di Ancona, Corte d'appello di Ancona, Carcere di Montacuto, Carcere minorile di Ancona. Organi periferici del Ministero dell'interno: Prefettura di Ancona, Questura di Ancona, Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile. Organi periferici del Ministero dell'Economia e delle Finanze: Ufficio delle Dogane di Ancona, Direzione regionale Marche dell'Agenzia delle Entrate, Direzione regionale Marche ed Umbria dell'Agenzia del territorio. Segretariato permanente dell'Iniziativa Adriatico Ionica, emanazione del Ministero degli Affari Esteri. Ufficio Scolastico Regionale per le Marche, ufficio periferico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Direzione delle Poste per le Marche e l'Umbria, organo periferico del Ministero dello sviluppo economico. Direzione Regionale Marche della Trenitalia S.p.A.; Arcidiocesi metropolita di Ancona-Osimo, facente parte della Provincia ecclesiastica di Ancona. Strutture sanitarie La sanità ad Ancona è gestita principalmente dall'"Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti", che accorpa l'Ospedale "Umberto I", il cardiologico "G. M. Lancisi" e l'Ospedale dei Bambini "G. Salesi". I primi due sono situati in un unico polo, nel quartiere delle Torrette, mentre il terzo è localizzato al Passetto. È presente una forte collaborazione con la facoltà di medicina dell'Università Politecnica delle Marche. Sono presenti anche l'ospedale geriatrico "U. Sestilli", sede locale dell'INRCA e la casa di cura convenzionata "Villa Igea". Cultura Istruzione Biblioteche Biblioteca comunale Luciano Benincasa, fondata nel 1669, con più di 100.000 volumi è la più importante della città; è annessa un'emeroteca. Chiusa per lavori di restauro della sede, nel 2012 è stata riaperta solo parzialmente. Biblioteca dell'Archivio di Stato, fondata nel 1871, conserva, tutela e valorizza circa diciassette chilometri lineari di materiale documentario; Biblioteca della Soprintendenza archeologica, specializzata in archeologia e storia locale; Biblioteca della Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici. Biblioteche di istituzioni culturali: della Deputazione di storia patria per le Marche; dell'Accademia marchigiana di scienze, lettere ed arti; dell'Istituto per la storia del movimento di liberazione delle Marche. Biblioteche di istituzioni religiose: del Pontificio Seminario Regionale Pio XI; dell'Opera Salesiana; Biblioteca diocesana. Biblioteche universitarie: dell'Istituto Teologico Marchigiano; della facoltà di Economia; della facoltà di Medicina e Chirurgia; della facoltà di Ingegneria; della facoltà di Scienze Biblioteca del Consiglio regionale delle Marche; Biblioteca privata Franco Amatori, aperta al pubblico dal 2008 nello storico Palazzo Benincasa. Nel luglio 2020 Ancona ha ottenuto il riconoscimento di "Città che legge" 2020-2021. Università politecnica delle Marche Nel 1562 venne aperta ad Ancona l'Universitas studii generalis cuiuscum scientiae et facultatis, con le facoltà di diritto e di teologia e la possibilità di apertura anche di facoltà scientifiche L'università anconitana si ricollegava alla scuola di diritto attiva in città nel Medioevo, dal 1300 in poi. Gli studi universitari moderni ad Ancona iniziano nel 1959 con l'apertura della facoltà di Economia. Nel 1969 viene fondata l'Università degli Studi di Ancona, dal 2003 denominata "Università Politecnica delle Marche", che conta quaranta corsi di laurea e cinque facoltà: Agraria, Economia, Ingegneria, Medicina e Scienze. Gli studenti sono più di 16.000. Hanno inoltre sede in città l'Istituto Teologico Marchigiano e l'Istituto Superiore di Scienze Religiose «Lumen gentium», aggregati alla Facoltà di Sacra Teologia della Pontificia Università Lateranense e la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici. Per ciò che riguarda gli studi musicali, in città svolgeva la funzione di Conservatorio l'Istituto Superiore di Studi Musicali "G.B. Pergolesi", attivo dal 1924 al 2014, dal 2001 pareggiato ai conservatori di musica statali. Nel 2014 il Comune decise di chiudere l'istituto Musei Museo archeologico nazionale delle Marche: è ospitato all'interno del cinquecentesco palazzo Ferretti e permette un interessante viaggio nel tempo grazie alle testimonianze ricchissime di tutte le civiltà della regione. Conserva una completa documentazione sull'arte e sulla vita quotidiana del popolo piceno; notevoli sono anche le testimonianze dell'invasione gallica del VI secolo a.C. e della fase greca di Ancona. Museo della città di Ancona: è un museo di storia urbana; si segnalano le vedute della città di Luigi Vanvitelli e un grande plastico in legno che ricostruisce la città di Ancona nel 1844. Pinacoteca civica "Francesco Podesti": tra le opere più notevoli, quelle di Carlo Crivelli, del Tiziano, di Lorenzo Lotto, del Guercino, di Sebastiano del Piombo, di Orazio Gentileschi, di Andrea Lilli, di Francesco Podesti. Conserva anche opere di autori contemporanei. Nel 2016 è stata parzialmente riaperta con nuovo allestimento. Museo Omero: È uno dei più importanti musei tattili in Italia, e permette di avvicinarsi all'arte toccando calchi in gesso a grandezza naturale di famose opere scultoree, modellini architettonici di celebri monumenti, reperti archeologici e sculture originali di artisti contemporanei. Museo diocesano di Ancona: è una collezione di arte sacra; notevoli sono i sarcofagi paleocristiani e gli arazzi dai colori vivissimi di Rubens. Museo diffuso urbano: è un museo a cielo aperto che si snoda tra i luoghi dell'antica comunità ebraica anconitana. È attualmente chiuso. Sala museale Contrammiraglio Guglielmo Marconi: è un museo di storia delle telecomunicazioni, con una collezione di radio antiche e attrezzature per esperimenti. È attualmente chiuso. Museo di scienze naturali Luigi Paolucci: nato nel 1864 grazie all'opera del noto scienziato anconitano Luigi Paolucci, ha avuto sede in città per 80 anni e poi è stato chiuso per i danni di guerra; nel 1997 è stato trasferito nella vicina Offagna, uno dei castelli di Ancona. Sono esposti fossili, minerali, materiali didattici storici e animali impagliati. Media Stampa Due sono i giornali che pubblicano la cronaca cittadina: Corriere Adriatico (edito ad Ancona); Il Resto del Carlino. Viene pubblicato anche il quotidiano Gazzetta aste ed appalti pubblici, su aste, bandi e appalti pubblici. Arte Arte ad Ancona L'arte di ogni epoca ha lasciato in città testimonianze significative, ma Ancona è particolarmente ricca di opere d'arte dei suoi periodi di massima fioritura: quelli dell'impero di Traiano (II secolo a.C.), della repubblica marinara (dall'XI al XVI secolo), e del porto franco (XVIII secolo). In particolare, la città fu uno dei centri principali del Rinascimento adriatico, fenomeno artistico in cui la riscoperta dell'arte classica è accompagnata da una certa continuità formale con l'arte gotica. Coinvolse pittura, scultura e architettura ed è un tipo di Rinascimento in cui non si rinnega il gotico, ma lo si svuota di significato utilizzandolo solo come decorazione, mentre la sostanza delle opere artistiche accoglie le novità legate alla riscoperta dell'arte greca e romana. Testimonianze archeologiche di arte picena e greca L'arte picena e quella greca sono testimoniate dai reperti ritrovati nelle antiche necropoli ed esposti al Museo archeologico nazionale delle Marche. Architettura Tra gli architetti che lavorarono ad Ancona si ricordano per l'Età Antica Apollodoro di Damasco, per il Medioevo Margaritone d'Arezzo, Mastro Filippo e Giorgio da Sebenico. Per il Rinascimento Antonio da Sangallo il Giovane e Francesco di Giorgio Martini, per il Settecento Luigi Vanvitelli e Carlo Marchionni, per l'Età Contemporanea Guido Cirilli, Pietro Belluschi e Vittorio Gregotti. Scultura Tra gli scultori che hanno lasciato le loro opere in città si ricordano per il Medioevo Margaritone d'Arezzo, Mastro Filippo e Giorgio da Sebenico, già citati come architetti. Per il Rinascimento, sono presenti opere di Giovanni Dalmata, per l'Età Moderna di Gioacchino Varlè, per l'Età Contemporanea di Vittorio Morelli, Filandro Castellani, Pericle Fazzini, Valeriano Trubbiani, Aligi Sassu e Arnaldo Pomodoro. Pittura Per il Medioevo, si deve ricordare la scuola di pittura gotica, la Scuola di Ancona, attiva in città tra Trecento e Quattrocento; Olivuccio di Ciccarello ne era il maestro. Per il Rinascimento, il pieno Quattrocento è segnato dall'anconitano Nicola di Mastro Antonio. Altri protagonisti della pittura rinascimentale ad Ancona furono Carlo Crivelli, Tiziano e Lorenzo Lotto, che aprì una scuola di pittura in città. I capolavori di questi artisti sono conservati nelle chiese e nella pinacoteca. Tiziano, in particolare lasciò in città la sua prima opera datata e uno dei suoi ultimi dipinti, ciò che permette di seguire la sua evoluzione artistica. Nel periodo manierista si distinguono i nomi di Pellegrino Tibaldi e di Andrea Lilli, mentre testimonianze della pittura del Seicento sono i dipinti di Orazio Gentileschi, di Carlo Maratta e del Guercino. Nell'Ottocento spicca la figura del pittore anconitano Francesco Podesti, che tra accademismo, pittura storica e romanticismo raggiunse fama internazionale. Fu uno degli ultimi grandi maestri dell'affresco, e con tale tecnica dipinse in Vaticano la sala dell'Immacolata Concezione. Uno dei suoi capolavori, il Giuramento degli Anconitani, è uno dei simboli della città. A inizio Novecento, nel periodo tra Divisionismo e Simbolismo, lavorò in città Fra' Paolo Mussini; durante gli anni Trenta del secolo, lasciò le sue opere in città Pio Pullini. Ancona nell'arte In questa sezione si elencano le principali opere che, nel corso dei secoli hanno rappresentato Ancona nella scultura, nella pittura, nella letteratura e nel cinema. Ancona nella pittura e nella scultura Il più antico panorama di Ancona risale al ⅠⅠ secolo, si trova a Roma ed è scolpito nelle pietre della Colonna Traiana. Si tratta della scena 58, raffigurante la Partenza da Ancona dell'Imperatore Traiano per la Seconda Guerra Dacica. In questa raffigurazione Ancona è riconoscibile attraverso i monumenti più rappresentativi dell'epoca: il tempio di Venere, i cui resti sono visibili al di sotto dell'attuale duomo; il tempio di Diomede, colpito dalle onde; il molo e l'Arco di Traiano, ancora ottimamente conservati nel porto attuale. È interessante notare che, nonostante siano passati diciannove secoli, ancor oggi i luoghi rappresentativi della città siano rimasti gli stessi: il tempio sul colle Guasco, il porto, l'Arco di Traiano. Nel Rinascimento, Ancona è stata rappresentata varie volte nei dipinti di noti artisti. Vittore Carpaccio raffigura Ancona nel Ritratto di cavaliere (rione di Capodimonte), nel San Giorgio e il drago (Duomo) e nella Predica di santo Stefano (Arco di Traiano). Giovanni Bellini rappresenta il Duomo e il colle Guasco nella Crocifissione di Prato, e il rione di Capodimonte nella Sacra Conversazione 'Giovannelli', mentre nel Martirio di San Marco, eseguito insieme a Vittore Belliniano e Lorenzo Lotto, raffigura ancora una volta il Duomo e il colle Guasco, anche se Ancona qui serve per rappresentare Alessandria d'Egitto. Il Pinturicchio, nel Papa Pio II arriva per la Crociata al porto di Ancona, raffigura una veduta della città. Carlo Crivelli, nella Visione del Beato Gabriele Ferretti, ci offre una veduta della campagna nei pressi della Chiesa di San Francesco ad Alto. Tiziano, nel Noli me tangere, rappresenta Porta Capodimonte. Il Domenichino nel dipinto Arco di Traiano ci ha lasciato una interpretazione rinascimentale dell'antico monumento romano. Nella Galleria delle carte geografiche, ai Musei vaticani, c'è il più completo panorama dell'Ancona cinquecentesca: Veduta della città e del porto di Ancona, di Antonio Danti accompagnata dalle vedute prospettiche degli altri tre porti più importanti dell'epoca. Passando al Settecento, si ricordano soprattutto due opere di Luigi Vanvitelli: Veduta del Molo nuovo dal Lazzaretto e la speculare Veduta del Lazzaretto dal Molo Nuovo. Tra incisori di questo secolo che hanno raffigurato Ancona, si ricordano Giovanni Battista Piranesi (Arco di Traiano) e Jakob Philipp Hackert (Veduta del porto di Ancona con l'Arco di Traiano). Nell'Ottocento, il pittore anconitano di fama nazionale Francesco Podesti, nel Giuramento degli Anconitani, ricostruisce una ricchissima scena di vita medievale della città durante l'assedio del 1173. Ancona nella letteratura In letteratura, il nome di Ancona compare per la prima volta nell'età classica: Catullo nel Carmina, 36, la cita parlando dei più celebri luoghi di culto di Venere, mentre Giovenale nel libro IV delle Satire, parla del tempio di Venere sorretto dalla dorica Ancona; è la prima attestazione dell'epiteto di dorica riferito alla città. Arrivando al Medioevo, Dante Alighieri, nel canto XXI del Paradiso, dice: In quel loco fu' io Pier Damiano /e Pietro Peccator fu' nella casa / di Nostra Donna in sul lito adriano. È san Pier Damiani a parlare nei versi del Poeta e la dimora di nostra Signora sul lido adriatico, secondo alcuni studiosi, sarebbe la chiesa di Santa Maria di Portonovo. Nel Rinascimento, Michel de Montaigne, nel suo Giornale di viaggio in Italia, ci lascia una accurata descrizione di Ancona, mentre Torquato Tasso ce ne fornisce un'immagine poetica. Nel Settecento, Giacomo Casanova nei suoi diari si sofferma a lungo a proposito dei suoi due soggiorni ad Ancona e ci racconta belle ed intriganti avventure capitategli con due donne incontrate qui. Nell'Ottocento, Stendhal riferisce nei suoi diari della sua permanenza ad Ancona, mentre Madame de Staël nel romanzo Corinna ou l'Italie dà una bella descrizione dell'atmosfera cosmopolita della città nei primi anni del secolo. Nello stesso secolo, Victor Hugo ne I miserabili parla dell'ideale di libertà che da Parigi arriva all'orecchio dei patrioti di Ancona radunati nel rione degli Archi, e Ippolito Nievo, nelle Confessioni di un italiano, rievoca i giorni dell'assedio austro-russo-turco alla città e l'affascinante figura del giovane generale Giuseppe Lahoz. Arrivando al Novecento, Robert Musil ambienta ad Ancona le vicende dei protagonisti del romanzo Viaggio in Paradiso e descrive l'atmosfera del porto e delle piccole spiagge sotto le rupi. Joyce Lussu nel romanzo "Anarchici e Siluri" ci riporta indietro nel tempo, facendoci immergere nell'Ancona degli anni 1910, che nella finzione letteraria ospitava Sherlock Holmes alle prese con spie, ricevimenti alle Muse e passeggiate nei boschi del Conero assieme al celebre naturalista anconetano Luigi Paolucci. Pier Paolo Pasolini, in La lunga strada di sabbia, lascia una acuta descrizione della città. Ancona nel cinema Si citano solo i titoli più significativi. Ossessione, di Luchino Visconti (1943). Il capolavoro di Visconti, considerato il primo film neorealista, nelle sequenze centrali è stato girato ad Ancona, rappresentata dal regista come luogo in cui il protagonista, osservando le navi lasciare il porto, spera di partire e di lasciarsi tutto dietro alle spalle. Un'anima divisa in due, di Silvio Soldini (1993). Anche in questa pellicola Ancona rappresenta per i protagonisti, fuggitivi da Milano, il desiderio di una vita migliore. In questo caso non è la presenza del porto, ma la dimensione a misura d'uomo e la vicinanza con la natura a far assumere alla città questo ruolo. La regina degli scacchi di Claudia Florio (1998). Ancona in questo film è nebbiosa, inquietante e, con le sue vie in salita, le sue antiche scalinate, le sue spiagge invernali, fa da sfondo perfetto alla difficile e combattuta introspezione di una giovane ragazza. La stanza del figlio di Nanni Moretti (2001). Vincitore della Palma d'oro al 54º Festival di Cannes, è stato girato interamente in città; qui Ancona è usata senza citarla, pur con notevoli riferimenti, per rappresentare una tipica città dell'Italia di oggi. Nel film La prima notte di quiete, di Valerio Zurlini (1972) alcune scene sono state girate all'interno, allora in rovina, della storica Villa Favorita, restaurata nel 1998. In Corpo estraneo, di Krzysztof Zanussi, (2013) sono state girate ad Ancona alcune scene, in cui la città rappresenta la solare realtà iniziale della vicenda narrata, che poi si perde in una lunga e faticosa ricerca esistenziale. Il cinema come preghiera, di Andrej Andreevič Tarkovskij (2020), racconta la vita e i lavori di Andrej Tarkovskij ed è opera del figlio del grande regista russo, che ha scelto di girare alcune scene a Santa Maria di Portonovo, chiesa alla quale il padre era particolarmente legato e che aveva citato nel suo diario. Gli anni folli della velocità - Vite Straordinarie (2020) di Gabriele Ogiva e Federica Biondi. Un racconto che accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso l'anconetano dell'immediato dopoguerra, terra di motori e di piloti. Il lungometraggio contiene il più vecchio ed inedito filmato sulla città dorica, risalente al 1932. Addio in Febbraio - Precordi (2022) di Gabriele Ogiva. Il film ripercorre l'avventurosa vita di Bruno, italiano emigrato in Argentina e l'ossessione amorosa di quest’ultimo per la giovane cugina argentina Delia, per la quale lascerà tutto. Teatro Teatro delle Muse. Costruito nel 1827 su progetto di Pietro Ghinelli, ha conservato soltanto la struttura esterna e la neoclassica facciata a colonne ioniche. Durante la seconda guerra mondiale il tetto fu parzialmente danneggiato da uno spezzone incendiario d'aereo, cosa che suggerì agli amministratori un'assai discussa demolizione e ricostruzione degli interni in stile moderno, avviando una ristrutturazione durata decenni e terminata nel 2002. Capace di accogliere più di mille spettatori, ospita una stagione lirica di livello internazionale, una stagione sinfonica, una di prosa ed una di musica jazz. È la sede del Teatro Stabile delle Marche. Teatro sperimentale "Lirio Arena". Inaugurato nel maggio 1960 per far rinascere ad Ancona il teatro drammatico dopo le distruzioni della guerra, in attesa della riapertura del Teatro delle Muse. Fu per anni l'unico teatro cittadino pubblico. Teatro Metropolitan (già Teatro "Vittorio Emanuele II"), gioiello del XIX secolo ubicato nel corso principale, è stato oggetto di complesse opere di ristrutturazione ad uso ricettivo-commerciale e dell'originale è rimasto il solo involucro esterno. Teatro Goldoni, altro teatro storico realizzato a metà Ottocento. Pur essendo originariamente di notevole valore architettonico, con architettura Liberty e interessanti strutture in ghisa, con un progetto del 1995 è stato sventrato per realizzare un cinema multisala. Musica Ancona è sede dell'Orchestra Filarmonica Marchigiana, una delle tredici Istituzioni Concertistiche Orchestrali italiane (ICO) riconosciute dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ha sede in città anche il Coro Lirico Marchigiano "V. Bellini", fondato nel 1887, che sino alla Seconda guerra mondiale è stato il coro stabile del Teatro delle Muse, con il quale adesso collabora stabilmente, così come con i principali teatri regionali. L'Orchestra di Fiati, fondata a fine Ottocento, è l'istituzione musicale più antica della città, derivando dalla banda musicale cittadina. La Banda Musicale Torrette di Ancona, Fondata nel 1930 nasce all'interno delle attività della Società di Mutuo Soccorso del quartiere di Torrette di Ancona. Il precipitare degli eventi del 2° conflitto bellico del novecento obbligarono a sospendere le attività. Grazie alla sensibilità di alcuni musicisti (alcuni dei quali ancora attivi componenti dell'organico), il 19 gennaio 1997, la ricostruita Banda Musicale di Torrette tiene il suo primo servizio pubblico in occasione della festa di Sant'Antonio. In particolare la Banda è presente nelle ricorrenze Civiche (25 aprile, 2 giugno, 2 e 4 novembre) in quelle religiose quali la processione del Corpus Domini e molte altre. Nel 2014, in occasione della festa di San Ciriaco, Patrono della Città - Il Comune di Ancona ha conferito alla Banda la Cittadinanza Benemerita, per meriti nella diffusione della musica e quale esempio di volontariato Civico e Culturale. Cucina Il simbolo universalmente riconosciuto delle tradizioni gastronomiche di Ancona è lo stoccafisso all'anconitana, celebrato da manifestazioni ricorrenti nell'anno e tutelato dall'Accademia dello Stoccafisso. Insieme allo stoccafisso, l'altro re della cucina anconitana è il mosciolo, nome locale del mitilo non allevato, ma pescato sulle scogliere naturali, riconosciuto come "prodotto di origine protetta". Durante l'estate, i grottaroli anconitani pescano i mitili in apnea, li puliscono sulla riva con attrezzi fabbricati artigianalmente, li cucinano in vario modo (ci si fanno sughi per la pasta, si preparano impanati alla griglia, o semplicemente "alla marinara" (conditi con aglio prezzemolo e limone), li gustano in grandi tavolate fuori dalla grotta. Gli antipasti più tipici sono a base di frutti di mare, preparati e venduti anche in piccoli chioschi nel centro della città. I più tipici sono le crocette e i bombetti in porchetta, ossia con aglio, pomodoro e finocchio selvatico. Come primi piatti si ricordano i vincisgrassi, preparati soprattutto in occasioni festive, e le paste al sugo di pesce: alla pescatora (con il pomodoro) o alla marinara (in bianco) e allo scoglio (con mitili, vongole, gamberetti e calamari). Oltre allo stoccafisso e ai móscioli, altri secondi tipici sono il brodetto all'anconetana, una variante della zuppa di pesce adriatica, e vari tipi di pesce azzurro a scottadeto, ossia alla brace. Un contorno tipico di Ancona sono i paccasassi, un'erba succulenta che, come dice il nome, vive nelle spaccature degli scogli marini; sono utilizzati per accompagnare il pesce, per arricchire la pasta all'aglio e olio e per preparare la "pizza dorica". Nel periodo della vendemmia si preparano le ciambelle al mosto, che, tagliate e tostate, danno origine alle fette al mosto. Nelle case si preparano, con mosto e farina, una crema da arricchire poi con noci e pinoli: si tratta dei sughetti (in anconetano sciugheti) d'uva. A Carnevale il quintetto dei dolci carnevaleschi preparati ad Ancona è costituito dalla cicerchiata, dagli arancini, dalle zéppole, dalle frappe e dalle castagnole. I tradizionali cornetti anconetani sono le polacche, il cui nome ricorda i soldati del II Corpo polacco che, dopo aver liberato Ancona nell'agosto 1944, rimasero qualche tempo in città e apprezzavano questi dolci. Un altro simbolo della cucina anconitana è il pà cu l'ojo (pane con l'olio), una semplice bruschetta che la popolazione locale mangia nei diversi orari della giornata. L'uso anconitano di cibarsi di questa semplice vivanda è conosciuta in tutte le Marche, tanto che gli abitanti delle altre zone della regione usano burlescamente il termine pà cu l'ojo per indicare ogni abitante di Ancona. Il vino cittadino per eccellenza è il Rosso Conero, un DOC di antichissima tradizione, che ha come base il vitigno Montepulciano. Nei momenti più freddi dell'anno si usa bere il turchetto, un caffè molto lungo rinforzato con rum, buccia di limone ed anice: una energetica la cui origine è legata al modo in cui i marinai anconetani correggevano il caffè lungo che si vedevano servire in Grecia e in Turchia, al loro gusto troppo leggero. Il noto Caffè Borghetti, o Caffè Sport, trova la sua origine proprio in questa città. Eventi Tra gli appuntamenti tradizionali più importanti si segnalano i seguenti. Festa del mare ed eventi collegati La festa del mare di Ancona si tiene nella prima domenica di settembre e consiste in un'animatissima processione di centinaia di imbarcazioni che dal porto si recano al largo per onorare i caduti del mare con una cerimonia religiosa. A terra si tengono spettacoli, sfilate, concerti e la "fiera degli Archi", nel rione marinaro della città. Conclude la giornata uno spettacolo di fuochi d'artificio, a specchio delle acque del porto. La festa del mare ha fatto da catalizzatore per altre iniziative più recenti: intorno alla prima domenica di settembre si svolgono il festival musicale multiculturale "Adriatico Mediterraneo" e la "Regata del Conero". La Venuta La festa della Venuta, che si tiene le sere dell'8 e del 9 dicembre accendendo grandi falò in varie parti della città ed anche in campagna; il 10 dicembre infatti si festeggia la Madonna di Loreto, e la tradizione vuole che i fuochi odierni ricordino quelli che nel 1200 servirono ad illuminare la strada alla Santa Casa che in volo stava giungendo nel vicino centro di Loreto. Nel 1617, grazie all'iniziativa del frate cappuccino anconitano fra Tommaso, l'usanza si diffuse capillarmente in tutte le Marche. Una curiosità: alla festa della Venuta del 1849 assistette Garibaldi, in città per chiedere sostegno ai circoli patriottici. Carnevale Il Carnevale è da secoli molto onorato in città. Dagli anni cinquanta in poi viene festeggiato con sfilate di maschere nelle vie del centro ed è stato denominato "Carnevalò". La maschera storica della città era Papagnoco, nato nella metà dell'Ottocento dalla fantasia di un burattinaio anconitano. Dalla ribalta dei teatrini passò presto ad essere usato come maschera. Ne fu proibito l'uso, per decreto regio, nel 1861, probabilmente per la sua carica troppo trasgressiva. Papagnoco era il tipico contadino trasferitosi in città; dal contrasto fra le sue origini e l'ambiente urbano nascevano le situazioni comiche che lo caratterizzavano. Rozzo, paccó (spaccone), vestito di grigio con fazzoletto rosso al collo e cappello a larghe falde nero, era armato di un bastone con il quale minacciava i cittadini, che con la sua mentalità agreste accusava di malcostume. Nella ribalta dei burattini, spalla di Papagnoco era Burlandoto, anch'esso poi diventato una maschera. Rappresentava la guardia della dogana papalina, sciocco e dalla divisa rappezzata e sudicia, burlato dai popolani e dai contrabbandieri. La nuova maschera carnevalesca anconitana, scelta nel 1999 con votazione popolare, è Mosciolino, ideata dal grafico Andrea Goroni, simile ad un folletto marino. Le caratteristiche e la storia di questa maschera sono narrate nel paragrafo "La storia di Mosciolino". Fiera di maggio La fiera Fiera di maggio si tiene in città fin dal XIV secolo, dal 1º al 4 maggio, in onore del santo patrono San Ciriaco. Nell'occasione, i fedeli salgono al Duomo per onorare il corpo del martire paleocristiano, esposto nella cripta solo nel mese di maggio. Centinaia di bancarelle invadono per l'occasione le strade del centro, cosa assai particolare per una città delle dimensioni di Ancona. Dagli anni cinquanta, un luna park staziona in città durante la settimana della fiera. Piazza del Papa e le vie che conducono al Duomo erano la sede storica della fiera, rappresentata nel noto film di Visconti Ossessione. La fiera è una delle più grandi del centro Italia per numero di bancarelle richiama visitatori da tutta la provincia. La salita al Monte Un'antica tradizione (almeno vecchia di due secoli) vuole che in primavera gruppi di giovani partano quando ancora è notte per salire al Monte d'Ancona (il Conero) a vedere l'alba sul mare, con la vista che spesso si allarga ai monti della opposta sponda dalmata. Dal dopoguerra in poi l'uso è cambiato, ma ancora centinaia di persone si recano al Monte in primavera o in estate, ma in macchina e non solo all'alba. Festa della Madonna del mare, Festival del Dialetto, Festa del Covo Si tratta di tradizioni tipiche delle frazioni del Poggio, di Varano e di Candia. Geografia antropica Urbanistica Ancona è una tipica città policentrica, dato che sono quattro le piazze centrali: Piazza del Papa, il cuore dei rioni più antichi; Piazza del Teatro, punto di unione tra il centro e il porto; Piazza Roma, il centro della zona dei mercati all'aperto e al coperto; Piazza Cavour, la più vasta e alberata, centro dei rioni ottocenteschi. Le ultime tre piazze sono unite da un tridente di corsi paralleli: corso Mazzini (corso vecchio), corso Garibaldi (corso nuovo) e corso Stamira; sono i corsi principali e la zona commerciale tra essi compresa è nota con il nome di "Spina dei corsi". Se quattro sono le piazze centrali e tre sono i corsi principali, uno solo è il vertice di questa città circondata per due lati dal mare: la sommità del colle Guasco, sul quale sorge il Duomo, punto di riferimento nei panorami e primo segno inconfondibile della città per chi proviene dal nord o dal mare. Anche la Cittadella caratterizza i panorami della città, essendo posta sulla cima del Colle Astagno, affacciato sul porto. Dagli anni cinquanta è immersa in un bosco di pini piantato in occasione di una festa dell'albero per scongiurare le frane che interessavano il versante e dotare la città di una zona di fresca ombra. Caratteristica è la presenza di un asse stradale che attraversa tutto il promontorio da ovest ad est, detto "da mare a mare": dalle banchine del porto al belvedere sulle rupi del Passetto. Dato che la città si adagia su numerose colline e si affaccia sulla costa alta, altra caratteristica è la frequenza con la quale si incontrano salite, scalinate, punti panoramici e sentieri impervi che scendono al mare. Area urbana e area metropolitana A nord, la conurbazione di Ancona si estende fino a Falconara Marittima, con la quale c'è una continuità di insediamento lungo la via Flaminia. L'area urbana di Ancona supera i 200.000 abitanti e comprende i comuni confinanti che sotto molti punti di vista orbitano intorno ad essa L'area metropolitana di Ancona, definita in base al pendolarismo diretto verso la città, alla densità di popolazione e al continuum edilizio, ha una popolazione di 283.926 abitanti; comprende 16 comuni, ha un'area di 593 km² ed una densità di 460 abitanti al km². Suddivisioni amministrative I quartieri e i rioni di Ancona sono ventisette, mentre le frazioni sono dodici. Dal 2017, i rioni, i quartieri e le frazioni della città sono raggruppati in nove "Consigli di partecipazione". Economia Come il resto della regione, Ancona è caratterizzata da un tessuto industriale costituito da numerose piccole aziende; la specificità economica della città è la presenza di un porto internazionale e di diversi cantieri navali, tra cui spicca la sede di Ancona della Fincantieri; nel loro complesso, i lavoratori portuali sono circa 6.000, di cui più di 4.000 addetti alla costruzione di navi, più di 1.700 al traffico passeggeri e merci e 750 circa alla pesca. Pesca Il porto peschereccio di Ancona, accolto nel mandracchio, è uno dei maggiori italiani; i mercati ittici di Ancona sono nel loro insieme al secondo posto nell'Adriatico e al sesto posto in ambito nazionale. Artigianato Tradizionale la produzione di strumenti musicali, tra i quali la concertina e i mandolini elettrici. Diffusa è anche la lavorazione del rame, oltreché quella orafa e quella della ceramica. Industria L'industria dei cantieri navali, storicamente rilevante in città, ruota intorno al Cantiere navale di Ancona di Fincantieri e diversi cantieri privati, tra i quali gli stabilimenti CRN, che fanno di Ancona un centro importante della cantieristica italiana. Molto importanti sono le industrie metalmeccaniche, chimiche, farmaceutiche; ad Ancona nacque il Gruppo Angelini farmaceutici, il quale è presente con uno stabilimento di produzione in zona Baraccola. Servizi e commercio Il commercio è l'attività principale della città, per la grande rilevanza che ha il porto, tra i primi porti italiani per traffico internazionale, con oltre un milione di passeggeri annui, e uno dei primi dell'Adriatico per le merci, con il transito di circa 200.000 TIR ogni anno. Dal 2005 Ancona è il porto d'imbarco per le crociere. Dato il ruolo di capoluogo regionale, in città sono moltissimi i cittadini impiegati nei servizi, in particolar modo quelli pubblici, mentre il settore del commercio è particolarmente attivo nella zona dei tre corsi principali, storico centro commerciale della città, sia nelle periferie, dove negli ultimi anni, sono sorti numerosi centri commerciali di grandi dimensioni. Il quartiere fieristico di Ancona è stato dismesso. Sin dal 1933 vi si teneva la "Fiera Adriatica della Pesca" che diventò presto "Fiera Internazionale della Pesca". Durante la seconda guerra mondiale fu interamente distrutto. Ricostruito in breve tempo, venne inaugurato nel 1948 alla presenza del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi; la fiera assunse di nuovo carattere internazionale nel 1955. Negli anni ottanta il quartiere fieristico fu rinnovato e, con 12 000 m² di superficie espositiva divisi in due padiglioni ed un centro congressi, iniziò ad ospitare esposizioni di molteplici settori: circa 30 manifestazioni e 250 convegni annui. Dopo più di settant'anni di vita, la Fiera della Pesca non viene più allestita dal 2011. Turismo Il turismo ha una sua importanza, sia quello di transito, visto l'alto numero di persone che si imbarcano sui traghetti, (più di 1.000.000 all'anno), sia quello balneare, diretto soprattutto verso la spiaggia di Portonovo. Infrastrutture e trasporti Strade Ancona è collegata a Milano e Bari dalla strada statale 16 Adriatica e dall'Autostrada A14 Adriatica (caselli di Ancona Nord e Ancona Sud). Il collegamento con l'Umbria e con Roma è assicurato da una superstrada: la strada statale 76 della Val d'Esino. Una strada di attraversamento della città, chiamata bretella o Asse Nord-Sud, in parte sopraelevata, collega il centro cittadino con i rioni periferici e il casello autostradale Ancona sud. Il porto è servito dalla SS 681. Ferrovie Dalla stazione di Ancona partono treni che percorrono tre diverse linee: la Bologna-Ancona, l'Adriatica e la Roma-Ancona; è servita da collegamenti operati da Trenitalia, sia a lunga percorrenza, sia regionali, nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Marche. La città è inoltre servita dalla stazione di Varano e dalle fermate Ancona Torrette, Ancona Stadio e Palombina, dedicate anch'esse al servizio regionale. La stazione di Ancona Marittima, situata nel centro storico, era stata per questo destinata dal Piano Provinciale dei Trasporti (approvato nel 1998) a costituire il capolinea della metropolitana di superficie del capoluogo marchigiano. Per realizzare il progetto furono aperte le stazioni di Ancona-Torrette, Ancona Stadio, Camerano-Aspio e Falconara Stadio; sarebbe stata utilizzata anche la Stazione Aeroporto delle Marche, che avrebbe collegato il centro cittadino allo scalo aereo. Dopo un denso dibattito politico e proteste di piazza, nel 2015 l'amministrazione decise di chiudere la stazione. Porti Il porto di Ancona è tra i primi porti italiani per traffico internazionale di veicoli e passeggeri, mentre per le merci è tra i primi dell'Adriatico. Per ciò che riguarda la pesca, è al terzo posto in Italia per TSL. Aeroporti L'Aeroporto di Ancona-Falconara, situato a Falconara Marittima, offre sia voli di collegamento con hub internazionali (Monaco), che diversi voli low-cost (ad esempio per Londra, Catania, Tirana, Düsseldorf, Bruxelles). Mobilità urbana Il servizio di trasporto urbano è operato dalla Conerobus, che gestisce la rete filoviaria di Ancona, le autolinee urbane e suburbane nonché l'ascensore panoramico del Passetto. Amministrazione Consolati Albania (Via G. Matteotti, 110) Belgio (Via dell'Industria, 2/F) Bulgaria (via F. Rismondo 1) Danimarca (via E. Cialdini 57) El Salvador (viale della Vittoria 24) Francia (corso G. Mazzini 107) Grecia (via L. Einaudi, 4) Messico (piazza Cavour 29) Paesi Bassi (corso Stamira 49) Polonia (via Montebello 58) Repubblica Ceca (via G. Pastore 1) Repubblica Dominicana (piazza Stamira 10) Romania (via M. Fanti, 9) Russia (viale della Vittoria 7) Turchia (via XXIX Settembre 2) Gemellaggi Sport Atletica La società anconitana di atletica è dal 1908 la S.E.F. Stamura. Campioni olimpionici anconitani sono Gianmarco Tamberi, medaglia d'oro nel salto in alto, e Gastone Pierini, medaglia di bronzo nel sollevamento pesi. Arti marziali Il taekwondo è presente nella città di Ancona già dalla metà degli anni settanta. Le società sono: dal 1986 il Taekwondo Club Ancona, dal 1996 l'Accademia Dorica e dal 2009 il Taekwondo Olympic Ancona. Tutte e tre le società sono affiliate alla FITA. La società sportiva S.E.F. Stamura ha una sezione di judo ed una di aikido. Calcio La società U.S. Ancona è l'erede della tradizione sportiva iniziata nel 1905 con l'istituzione dellUnione Sportiva Anconitana; vanta due presenze in Serie A, una nel campionato misto di Serie A-B, ventisette presenze in Serie B e ventisette in serie C, dove milita nel 2021. Ha disputato una finale di Coppa Italia (edizione 1993-1994)<ref>Il Resto del Carlino, 16 giugno 2021, La Figc dice sì: "Bentornata U.S. Ancona", di Niccolò Severini.</ref>. Squadre che rappresentano vari quartieri o frazioni doriche sono il Colle 2006, Ankon Dorica, Nuova Folgore, Pietralacroce, Ponterosso, Portuali Ancona, Aspio 200, Candia Baraccola, Dorica Torrette, Juvenilia, Konlassata, L'Aquila, Varano. Hanno tutte disputato campionati dilettantistici regionali. Calcio a 5 Le squadre principali sono il Cus Ancona, che partecipa al campionato di serie A2, e il Montesicuro, che milita nel campionato di serie B. Numerose sono anche le squadre di Serie C1 (Pietralacroce), C2 (Mantovani e Verbena) e D. Canottaggio Il Gruppo Sportivo "Armando Maggi" del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco negli anni novanta ha assunto notorietà grazie alle imprese di Alessandro Corona, tra le quali spiccano la conquista di cinque titoli mondiali e la partecipazione consecutiva a quattro edizioni olimpiche. Ciclismo Ancona è stata per nove volte sede di arrivo di tappa del Giro d'Italia, la prima nel 1911, l'ultima nel 1999, quando ospitò una cronometro individuale con partenza e arrivo ad Ancona. La città fu inoltre sede di partenza di una tappa nel 1961. 1911 - 8ª tappa Bologna- Ancona: vinta da Lauro Bordin 1930 - 10ª tappa Teramo - Ancona: vinta da Michele Mara 1934 - 10ª tappa Teramo - Ancona: vinta da Learco Guerra 1937 - 13ª tappa Pescara - Ancona: vinta da Aldo Bini 1946 - 5ª b tappa Cesena - Ancona: vinta da Aldo Bini 1952 - 8ª tappa Roccaraso - Ancona: vinta da Rino Benedetti 1955 - 13ª tappa Scanno - Ancona: vinta da Giorgio Albani 1975 - 2ª tappa Modena - Ancona: vinta da Patrick Sercu 1999 - 9ª tappa Ancona (cron. individuale) vinta da Laurent Jalabert Football americano Nel football americano sono attivi i Dolphins Ancona, che partecipano all'Italian Football League. Lotta greco-romana La lotta greco-romana si pratica ad Ancona dagli inizi del XX secolo. Attualmente è attiva l'A.S.D. Pro Patria. Nuoto La società cittadina è la Vela Nuoto. Ha avuto diversi atleti nelle squadre nazionali, per un totale di sette presenze a campionati mondiali e sei ai campionati europei, oltre a incontri internazionali giovanili e assoluti. È scuola di nuoto federale per l'avviamento al nuoto, pallanuoto e nuoto sincronizzato. L'anconitano Sauro Nicolini è campione paralimpico (una medaglia d'argento, due di bronzo) . Pallacanestro La squadra maschile della città, la Stamura Basket Ancona, ha disputato il campionato di Serie A nella stagione 1950-1951 ed attualmente milita in Serie B. La squadra femminile, l'Ancona Basket, milita in Serie B. Hanno giocato le proprie partite interne al PalaRossini la Sutor Basket Montegranaro e l'Unione Sportiva Basket Recanati, rispettivamente per il campionato di Serie A (dal 2011 al 2013) e per quello di Serie A2 (2016-2017). I cestisti anconitani Achille Polonara e Alessandro Pajola sono atleti olimpionici cresciuti nelle file della Stamura. Pallamano La principale società della città è la Dorica Pallamano Ancona, che partecipa al campionato di serie A di élite. Pallanuoto La società cittadina è la Vela Nuoto. La squadra maschile è ormai in pianta stabile in serie A2. La squadra femminile è stata promossa in serie A1 nella stagione 2018-19. Pallavolo Nella pallavolo femminile la squadra principale è la Conero e Ponterosso Volley Club Ancona che partecipa al campionato di B1. L'anconitano Samuele Papi ha giocato in Nazionale, con cui ha vinto due campionati mondiali, ed è campione olimpionico (due medaglie d'argento, una di bronzo). Ancona ha ospitato partite del campionato mondiale di pallavolo maschile per due tornei: nel 1978 e nel 2010. Pugilato Storicamente una delle attività sportive più amate in città. L'associazione sportiva di riferimento è l'Unione Pugilistica Anconetana "Umberto Pittori" (UPA), che prende il nome dal pugile, triestino di nascita ed anconitano d'adozione, che ha vinto tre campionati italiani (1935, 1936 e 1938) e partecipato alle Olimpiadi del 1936 per la categoria dei pesi Welter. Rugby Nel Rugby, il CUS Ancona Rugby partecipa al campionato di C. Nel novembre 2020 lo Stadio del Conero ha ospitato la prima partita ufficiale della nazionale italiana, contro le Isole Figi. Scherma La società cittadina è il Club Scherma Ancona. Tennis La società di riferimento è l'A.S.D. Tennis Club Ancona. Vela Nel porto turistico di Marina Dorica, fanno base diversi circoli velici; tra questi il sodalizio ultracentenario della S.E.F. Stamura, l'Ancona Yacht Club e la sezione locale della Lega Navale. Atleti e imbarcazioni di questi circoli partecipano a regate di ogni livello, compresi i campionati del mondo. Le manifestazioni più importanti sono la Regata del Conero (per la vela d'altura, nella seconda domenica di settembre) e il trofeo dell'Ammiragliato (per le derive). Impianti sportivi Stadio Del Conero, dal 1992 il principale della città Stadio Dorico, dal 1931 al 1992 il principale della città Palazzo dello sport "PalaRossini", il principale della città, dedicato al campione olimpionico anconitano Liano Rossini, una medaglia d'oro e una d'argento nel tiro a volo. Palazzo dello sport per l'atletica "Palaindoor di Ancona" Pista di atletica leggera "Italico Conti" Campo di rugby delle Palombare Diamante comunale "Conero" di Montedago Centri Tennis "Riviera del Conero" di Pietralacroce "Dorico" allo Stadio Dorico di Ponterosso della Montagnola UISP a Varano Altri palazzi dello sport "PalaVeneto", sino al 1992 il principale della città "PalaSabbatini" (Panettone) "PalaMassimo Galeazzi" di Collemarino Palascherma comunale di Monte Pelago Palajudo comunale di Ponterosso Piscine comunali del Passetto di Vallemiano di Ponterosso "Domenico Savio" Note Annotazioni Fonti Bibliografia Mario Natalucci, Ancona attraverso i secoli, 3 tomi, Unione arti grafiche, Città di Castello, 1960. AA. VV. Ankòn. Una civiltà fra Oriente ed Europa, Adriatica, Ancona, 1992. M. Ciani, E. Sori, Ancona contemporanea (1860-1940), Clua, Ancona, 1992, ISBN 88-85902-50-2. F. M. Giochi, A. Mordenti, Civiltà anconitana'', Il lavoro editoriale, Ancona, 2005, ISBN 88-7663-397-9. Voci correlate Storia di Ancona :Categoria:Storia di Ancona Ankón Repubblica di Ancona Repubblica anconitana Castelli di Ancona Marca anconitana Corsari anconetani Geografia di Ancona :Categoria:Frazioni di Ancona :Categoria:Trasporti ad Ancona Rete filoviaria di Ancona Rete tranviaria di Ancona Rioni, quartieri, frazioni, consigli territoriali di Ancona Passetto Centro storico di Ancona Golfo di Ancona Monte Conero Portonovo Porto di Ancona Parco regionale del Conero Stazione meteorologica di Ancona Falconara Stazione meteorologica di Ancona Monte Cappuccini Dialetto anconitano Poesia vernacolare anconetana Arte, cultura, tradizioni :Categoria:Musei di Ancona :Categoria:Dipinti ad Ancona :Categoria:Architetture di Ancona Monumenti di Ancona Siti archeologici ad Ancona Scavi archeologici di Ankón Biblioteca comunale Luciano Benincasa Università Politecnica delle Marche Comunità ebraica di Ancona Cinema ad Ancona Miti e leggende di Ancona Festa della Venuta Cucina anconitana Parchi pubblici di Ancona Pincio di Ancona Parco del Cardeto Parco della Cittadella Parco Belvedere ed Eraclio Fiorani Orto botanico Selva di Gallignano Altre voci correlate: :Categoria:Persone legate ad Ancona Sindaci di Ancona Iniziativa Adriatico Ionica Cantiere navale di Ancona Arcidiocesi di Ancona-Osimo Miracolo mariano di San Ciriaco Altri progetti Collegamenti esterni Città romane delle Marche
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https://it.wikipedia.org/wiki/Annelida
Annelida
Gli anellidi (Annelida ) sono il più importante phylum di elminti metamerici. Etimologia Il nome deriva dal fatto che questi animali presentano una evidente metameria di tutto il corpo, che appare suddiviso in molti anelli pressoché identici; deriva dal latino anellus (diminutivo di anulus) ossia piccolo anello. Descrizione La metameria interessa quasi tutti gli apparati importanti, tranne quello circolatorio e riproduttore. Dal sistema nervoso centrale, il cordone nervoso ventrale, si staccano i nervi principali, uguali in ogni metamero. Solo in quello cefalico c'è un cingolo nervoso che circonda il canale digerente e presenta, nella parte superiore, due gangli cefalici. Il sistema circolatorio è chiuso. Il vaso più importante, detto aorta, è un vaso sanguigno longitudinale dorsale e il sangue vi fluisce verso la testa. In ogni metamero, dei vasi sanguigni secondari partono dall'aorta e si riuniscono in un vaso sanguigno longitudinale ventrale, in cui il sangue scorre verso l'estremità caudale. Il pompaggio del sangue viene effettuato da cinque paia di cuori. Il celoma è suddiviso in cavità indipendenti, una per ogni metamero. Le sue funzioni principali sono il sostegno del corpo (scheletro idraulico) e la raccolta delle sostanze di rifiuto prodotte dal metabolismo. Ogni metamero ha due sistemi indipendenti di muscoli: quelli longitudinali, fanno accorciare il metamero, che si allarga, perché il liquido celomatico ha un volume fisso. quelli trasversali (circolari) lo fanno restringere ed allungare. Il movimento è garantito da un'onda di contrazione (prima allungamento, poi accorciamento) che parte dal capo e si muove verso la coda. L'ancoraggio al terreno, che permette il movimento dato dalla contrazione e l'allungamento dei due sistemi muscolatori, avviene grazie a delle setole disposte per metamero. In dipendenza del loro sviluppo si hanno anellidi oligocheti (dal greco όλιγος [òligos], piccolo) e policheti (dal greco πολύς [poliùs], molto) In ogni metamero ci sono due organi escretori, chiamati nefridi, che filtrano il liquido celomatico ed espellono le sostanze di rifiuto. Il tubo digerente attraversa, invece, tutto il corpo dell'anellide senza presentare metameria: è costituito da un semplice canale a scorrimento unico. A differenza di animali meno evoluti è completo, partendo dalla bocca presenta infatti la faringe, l'esofago, il gozzo, l'intestino e l'ano. Sono animali ermafroditi insufficienti, quindi per riprodursi si ha la fecondazione incrociata. Il metamero fecondato si gonfia prendendo il nome di clitellio. Negli anellidi si trovano già le presenze di sistemi formati da più organi. Tassonomia Esistono due classi principali viventi di Anellidi: Policheti Clitellata con quattro sottoclassi: Oligocheti (lombrichi) Irudinei (sanguisughe) Branchiobdellida Acanthobdellida Nelle vecchie classificazioni venivano indicate altre due classi: Archianellidi (Archianellidi) che radunava ordini di Policheti Myzostomida (Mizostomidi) ora considerati un ordine di Policheti Evoluzione Dal momento che gli anellidi sono animali a corpo molle, i loro fossili sono rari. I ritrovamenti fossili di policheti consistono principalmente in mascelle di alcune specie e in tubi mineralizzati che altre specie secernevano. Alcuni fossili della cosiddetta "fauna di Ediacara", come Dickinsonia, assomigliano per alcuni versi ai policheti, ma le somiglianze sono troppo vaghe per poter classificare questi fossili con sicurezza. Sono appartenenti alla fauna del periodo Ediacarano i fossili più antichi di anellidi mai riconosciuti, appartenenti al genere Sabellidites, anche se alcuni esperti non ne riconoscono che questi fossili possano essere completamente associati agli anellidi. Il fossile noto come Cloudina, appartenente alla cosiddetta "piccola fauna dura" e risalente a circa 545 milioni di anni fa, è stato classificato da alcuni autori come un anellide, ma da altri come un appartenente agli cnidari (il phylum delle meduse e degli anemoni di mare). Un'altra forma dalle affinità incerte è Myoscolex, proveniente dai sedimenti del Cambriano inferiore dell'Australia. Fino al 2008 i più antichi fossili ampiamente accettati come anellidi erano i policheti Canadia e Burgessochaeta, entrambi provenienti dal giacimento di Burgess Shale in Canada, risalente a 505 milioni di anni fa (Cambriano medio). La successiva scoperta di Phragmochaeta canicularis da parte di Conway Morris e Peel, proveniente da strati di 518 milioni di anni fa di Sirius Passet (Groenlandia), hanno anticipato i più antichi resti di anellidi al Cambriano inferiore. I policheti si diversificarono nell'Ordoviciano (circa 480 milioni di anni fa). Verso la fine del Carbonifero (circa 300 milioni di anni fa) erano già comparsi la maggior parte dei gruppi di policheti mobili. In particolare, in giacimenti come quello di Mazon Creek (Illinois), sono noti numerosissimi fossili di policheti (Astreptoscolex, Esconites, Fossundecima, Dryptoscolex, Hystriciola, Didontogaster e altri ancora). Molti tubi fossili assomigliavano ai moderni policheti sessili, ma i primi tubi chiaramente prodotti da policheti datano al Giurassico inferiore (200 milioni di anni fa), periodo al quale è stato attribuito un altro fossile importante, il polichete Melanoraphia maculata, proveniente dal giacimento di Osteno (Italia). I primi fossili convincenti di oligocheti si rinvengono nell'era Cenozoica, iniziata 65 milioni di anni fa, ed è stato suggerito che questi animali apparvero più o meno nello stesso periodo delle piante con fiori (Cretaceo inferiore, 130 - 90 milioni di anni fa). Una traccia fossile consistente in una tana convoluta parzialmente riempita di materia fecale potrebbe essere la prova che i lombrichi erano già presenti nel Triassico inferiore (245 milioni di anni fa). Altri fossili di possibili oligocheti risalgono addirittura all'Ordoviciano (465 milioni di anni fa), ma l'identificazione è molto incerta. Nel 2012, una specie di anellide risalente a 508 milioni di anni fa è stata rinvenuta nei pressi negli argilliti di Burgess, nella Columbia Britannica, Kootenayscolex, ha cambiato le ipotesi su come si sviluppò la testa degli anellide. Questa creatura infatti presentava setole anche nel segmento del corpo che rappresentava la "testa", come se la "testa" si sviluppasse semplicemente come una versione specializzata di un segmento precedentemente generico. Note Voci correlate Metameria Metazoi Altri progetti Collegamenti esterni Taxa classificati da Jean-Baptiste de Lamarck
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https://it.wikipedia.org/wiki/Augustin-Louis%20Cauchy
Augustin-Louis Cauchy
Ha avviato il progetto della formulazione e dimostrazione rigorosa dei teoremi dell'analisi infinitesimale basato sull'utilizzo delle nozioni di limite e di continuità. Ha dato anche importanti contributi alla teoria delle funzioni di variabile complessa e alla teoria delle equazioni differenziali. La sistematicità e il livello di questi suoi lavori lo collocano tra i padri dell'analisi matematica, nonché uno dei più importanti matematici a livello storico. La vita Nacque a Parigi il 21 agosto del 1789; suo padre Louis François Cauchy (1760–1848) era tenente di polizia a Parigi. La presa della Bastiglia e i successivi cambi di potere nell'amministrazione parigina, fecero perdere il lavoro a Louis François Cauchy, che decise di rifugiarsi con la famiglia in una casa di campagna che avevano comperato ad Arcueil. Il giovane Augustine-Louis visse dunque ad Arcueil fino all'età di 11 anni, mangiando ciò che coltivavano nell'orto e ricevendo come unica educazione le lezioni impartite dal padre, in particolare di religione, storia, latino e greco. Inoltre ad Arcueil avevano come vicino di casa e amico il marchese Laplace. Cauchy entrò all'École centrale du Panthéon nel 1802, all'École polytechnique nel 1805 ed infine all'École nationale des ponts et chaussées nel 1807, uscendone ingegnere di ponti e strade nel 1809. Esercitando questa professione, lasciò Parigi per Cherbourg nel 1810, ma ritornò nel 1813 per motivi di salute. Lagrange e Laplace lo persuasero a rinunciare all'ingegneria e a dedicarsi completamente alla matematica pura. Le sue indubbie qualità gli fruttarono le cattedre alla stessa École polytechnique, al Collège de France e alla Sorbona. Intransigente legittimista, nel 1830, rifiutò di giurare fedeltà agli Orléans e fu perciò costretto a lasciare l'insegnamento e a recarsi in esilio, prima in Svizzera poi a Torino come docente di fisica sublime all'università (1831). Nel 1833 si trasferì a Praga in qualità di precettore del conte di Chambord, nipote di Carlo X. Grazie a questo ruolo, Cauchy ebbe la possibilità di viaggiare, scoprendo quanto bene i suoi lavori fossero stati accolti nella comunità scientifica. Carlo X lo nominò barone in ringraziamento per i suoi servigi. Ritornò in Francia nel 1838, dove prese ad insegnare in vari istituti religiosi, fino a quando, dispensato da Napoleone III dal giuramento alla repubblica, poté riprendere la cattedra di fisica matematica alla Facoltà di Scienze della Sorbona. Nel 1851, quando il giuramento fu reintrodotto in seguito al colpo di Stato, Cauchy e François Arago furono esonerati dal prestare giuramento. Morì a Sceaux, Seine, il 23 maggio del 1857. Cauchy sposò nel 1818 Aloise de Bure, parente stretta dell'editore che pubblicò la maggior parte delle sue opere. Cauchy aveva due fratelli: Alexandre Laurent Cauchy (1792–1857), che divenne presidente d'una divisione della corte di appello nel 1847 e giudice della corte di cassazione nel 1849; e Eugène François Cauchy (1802–1877), pubblicitario che scrisse anche varie opere di matematica. Cauchy ebbe due figlie. Gli studi Il genio di Cauchy è evidente nella sua semplice soluzione del problema di Apollonio, ovvero la descrizione di una circonferenza che sia tangente a tre circonferenze date, che egli scoprì nel 1805, ma anche nella generalizzazione della caratteristica di Eulero per i poliedri nel 1811, ed in molti altri problemi risolti elegantemente. Di grande importanza sono i suoi scritti sulla propagazione delle onde, grazie ai quali ottenne il Gran Prix dell'istituto nel 1816. I suoi più grandi contributi alla Matematica sono racchiusi nei metodi rigorosi che egli ha introdotto. Ciò si trova principalmente nei suoi tre grandi trattati: Cours d'analyse de l'École Polytechnique (1821); Le Calcul infinitésimal (1823); Leçons sur les applications de calcul infinitésimal; La géométrie (1826–1828); ed anche nel suo Courses of mechanics (per l'École Polytechnique), Higher algebra (per la Faculté des Sciences), e della Mathematical physics (per il Collège de France). Cauchy scrisse numerosi trattati e pubblicò 789 scritti su giornali scientifici. Tali scritti coprono argomenti di grande importanza come la teoria delle serie (in cui sviluppò con grande perspicacia la nozione di convergenza), la teoria dei numeri e quantità complesse, la teoria dei gruppi e sostituzioni, la teoria delle funzioni, equazioni differenziali e determinanti. Egli chiarificò i principi del calcolo sviluppandoli con l'aiuto dei limiti e della continuità, fu il primo a provare rigorosamente il teorema di Taylor. In ottica, sviluppò una teoria delle onde, successivamente però risultata fisicamente insoddisfacente; al suo nome è associata la semplice formula di dispersione. In elasticità, ha iniziato la teoria dello stress, i suoi risultati hanno praticamente lo stesso valore di quelli di Simeon Poisson. Un altro contributo significativo è la dimostrazione del teorema del numero poligonale di Fermat. Ha creato il teorema dei residui e lo ha usato per derivare alcune delle più interessanti formule relative alle serie e agli integrali, fu anche il primo a definire i numeri complessi come una coppia di numeri reali. Ha anche scoperto molte formule basilari nella teoria delle q-serie. Nell'ambito della meccanica del continuo, delineò i fondamenti di un modello di corpo continuo, il continuo di Cauchy, che rappresenta ancora oggi una pietra miliare della scienza delle costruzioni. Nello sviluppo di tale teoria ideò molti dei suoi teoremi di analisi. Cauchy è stato un autore molto prolifico: la raccolta di tutte le sue opere, Œuvres complètes d'Augustin Cauchy, ha richiesto 27 volumi e portano il suo nome vari enti matematici, ad es. successione di Cauchy, e numerosi teoremi dell'analisi. Il complesso delle sue attività lo collocano tra i più grandi matematici. Nonostante fosse in genere rigoroso, Cauchy era molto avanti rispetto ai suoi contemporanei, così uno dei suoi teoremi fu smentito da un "contro-esempio" da parte di Abel, cosa che fu successivamente corretta grazie all'inclusione della continuità uniforme. In uno scritto pubblicato nel 1855, due anni prima della sua morte, Cauchy discusse alcuni teoremi, uno dei quali è simile all'argomento principale in molti moderni testi di analisi complessa. Nei moderni testi di Controllo automatico, l'argomento principale è usato di frequente per derivare il criterio di stabilità di Nyquist, che può essere usato per predire la stabilità di un amplificatore con contro-reazione negativa o di un generico sistema di controllo con contro-reazione. Dunque il lavoro di Cauchy ha avuto un forte impatto sia sulla matematica pura che sulla ingegneria applicativa. A Cauchy si devono alcuni dei primi studi sui gruppi di permutazioni e per questi viene considerato anche uno dei fondatori della teoria dei gruppi. Egli ottenne anche importanti risultati nella teoria dei numeri. Ottenne inoltre dei notevoli risultati nella teoria degli errori. In astronomia ottenne una trattazione più semplice del moto dell'asteroide Pallade. Idee politiche e religiose Cauchy crebbe in una famiglia di convinte idee monarchiche. Ciò spinse il padre a fuggire con la famiglia degli Arcueil durante la Rivoluzione francese. Cauchy fu un cattolico egualmente convinto, e un membro della Società di San Vincenzo de' Paoli. Aveva anche contatti con la Compagnia di Gesù, e ne prese le difese anche dopo la soppressione dell'Ordine. Le sue idee monarchiche e la sua fede cattolica gli crearono molte inimicizie sia nel mondo accademico sia in quello politico-istituzionale. Per ben due volte gli furono preferiti colleghi per la cattedra di matematica presso il Collège de France: Guglielmo Libri Carucci dalla Sommaja nel 1843 e Joseph Liouville nel 1850. Assiduo collaboratore nelle Conferenze di San Vincenzo, nel corso della sua vita si prodigò in numerose opere filantropiche. Secondo alcune testimonianze, tentava spesso, talvolta con successo, di convertire al cattolicesimo conoscenti e visitatori. Uno tra i maggiori matematici suoi contemporanei, Niels Henrik Abel, lo definì un "cattolico fanatico ", aggiungendo che "era pazzo e non c'era nulla da fare per lui", ma allo stesso tempo lo riconobbe come "il solo che sappia come si fa la matematica". Opere Intitolazioni Il suo è uno dei 72 nomi incisi nella Torre Eiffel. In suo onore è stato battezzato il cratere Cauchy, sulla superficie della Luna, e l'asteroide 16249 Cauchy. Note Bibliografia Voci correlate Teorema di Cauchy (analisi matematica) Corpo continuo secondo Cauchy Variabile casuale di Cauchy Teorema di Cauchy sugli integrali Formula di Cauchy sugli integrali Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz Teorema di Cauchy (teoria dei gruppi) Teorema di Cauchy (geometria) Distribuzione di Cauchy Determinante di Cauchy Formula di Cauchy per integrazioni ripetute Successione di Cauchy Equazioni di Cauchy-Riemann Lemma di Cauchy-Frobenius Prodotto di Cauchy Valore principale di Cauchy Formula di Cauchy-Binet Equazione di Cauchy-Eulero Equazione di Cauchy (ottica) Problema di Cauchy Orizzonte di Cauchy Indice di Cauchy Condizione al contorno di Cauchy Superficie di Cauchy Teorema di Cauchy-Kovalevskaya Criterio di Maclaurin-Cauchy Criterio della radice Equazione funzionale di Cauchy Teorema di Cauchy-Peano Principio dell'argomento di Cauchy e Criterio di Nyquist Criterio di condensazione di Cauchy Dimostrazione di Cauchy della disuguaglianza MA-MG Altri progetti Collegamenti esterni Œuvres complètes d'Augustin Cauchy a cura dell'Académie des sciences e del Ministère de l'éducation nationale.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Arthropoda
Arthropoda
Gli artropodi (Arthropoda , 1829) sono un phylum (o tipo) di animali invertebrati protostomi celomati, che comprende circa i 5/6 delle specie finora classificate. Il fatto che siano state descritte oltre un milione di specie di artropodi (e si stima che ne esistano 5 o forse 10 milioni) dimostra come la loro struttura di base sia versatile e adattabile a diversi modi di vita. Etimologia Il termine "artropodi" viene dai termini greci ἄρθρον (àrthron), giunto o articolazione, e ποδόι (podòi), piedi, nel senso di "piedi articolati". Morfologia Alcune caratteristiche che distinguono gli artropodi. Una cuticola sclerificata che costituisce un esoscheletro poco denso ed elastico, e sufficientemente rigido da proteggere e sorreggere il corpo. Esso è formato da chitina, un materiale organico complesso prodotto dalle cellule immediatamente sottostanti.L'esoscheletro non contiene cellule: non è quindi in grado di crescere con l'animale e pertanto l'accrescimento avviene per mute. L'esoscheletro non è continuo bensì costituito da placche (scleriti) unite da tratti di cuticola non sclerificata (pleure) che costituiscono le articolazioni (per consentire i movimenti che sarebbero impediti da un esoscheletro rigido continuo). Una metameria eteronoma che coinvolge tutto il corpo, che è quindi formato da segmenti (detti anche metameri o somiti). Nelle forme più primitive, la metameria tende a essere omonoma (come negli anellidi); nel corso dell'evoluzione i vari segmenti si sono sempre più differenziati raggruppandosi fino a formare delle parti del corpo o tagmi (metameria eteronoma, la regola per gli artropodi). Si nota in particolare una suddivisione del corpo in almeno due parti: prosoma e opistosoma nei chelicerati, capo e tronco nei mandibolati (l'insieme di Crustacea, Myriapoda e Hexapoda) più primitivi; nei mandibolati più evoluti si ha una suddivisione del corpo in tre parti: capo, torace e addome (per differenziazione del tronco; nei crostacei le tre regioni vengono chiamate cephalon, pereion e pleon). Delle "appendici articolate", da cui il nome del phylum. Le appendici non sempre contengono muscoli, ma sono spesso mosse da dei tendini collegati a muscoli che si trovano nel tronco. Il tipo più primitivo di appendici sono le zampe, che nelle forme più primitive sono presenti in tutti i segmenti. Con la differenziazione, le zampe tendono a rimanere solo nei segmenti toracici. Le appendici delle altre zone del corpo spariscono o si trasformano per assolvere ad altre funzioni. Il celoma si modifica a formare un emocele. Tale cavità non è delimitata da pareti proprie e localizzata solo attorno all'intestino, come i tipici celomi, ma tende a raggiungere molte parti del corpo. Deriva, nel corso dello sviluppo embrionale, in parte dalle tasche celomatiche che si formano e in parte da un residuo del blastocele per sfaldamento dei celoteli e mescolamento delle due cavità: questo tipo di cavità di significato misto è detto sinceloma o mixocele. Il liquido dell'emocele, detto emolinfa, è lo stesso che scorre nel sistema circolatorio, che è aperto, e svolge tutte le funzioni di trasporto. L'apparato respiratorio è molto efficiente, permettendo attività energicamente dispendiose come il volo. Negli artropodi acquatici la respirazione avviene grazie a delle branchie che sporgono verso l'esterno. In quelli terrestri vi sono due tipi principali di sistemi: attraverso piccolissime ramificazioni dette trachee, che sporgono verso l'esterno tramite piccoli pori detti stigmi (come gli insetti), o attraverso particolari strutture dette "polmoni a libro", costituiti da foglietti ripiegati all'interno del corpo per aumentare la superficie dedita agli scambi gassosi (come gli aracnidi). Sviluppo Uova ed embriogenesi Tutti gli artropodi si riproducono per mezzo di uova, anche se alcuni, in particolare gli scorpioni, sono ovovivipari, cioè le uova restano all'interno del corpo materno fino alla schiusa. Le larve in alcuni casi assomigliano all'adulto, ma nella maggior parte dei casi presentano differenze significative. Mute La crescita degli artropodi è ostacolata dalle caratteristiche dell'esoscheletro, che non è in grado di espandersi in funzione con l'aumento di grandezza e larghezza del corpo. Pertanto tutti gli artropodi subiscono periodicamente delle mute con le quali l'esoscheletro esistente viene sostituito da uno nuovo. Alle mute si accompagnano, in moltissimi artropodi, trasformazioni del corpo che non si limitano alla semplice crescita dimensionale (metamorfosi). Nei crostacei è comune la comparsa di segmenti e piedi aggiuntivi, che corrispondono tipicamente alle tre fasi dette nauplio, zoea e adulto (con varianti a seconda degli ordini e delle specie). Negli insetti la metamorfosi comporta trasformazioni varie, tra cui quasi sempre la comparsa delle ali, sempre assenti nelle larve. Negli insetti olometaboli la metamorfosi assume il suo grado massimo, con la presenza di tre fasi: la larva propriamente detta (fase che comprende vari stadi separati da mute); la pupa, fase immobile (preceduta da un eventuale stadio di pre-pupa); infine la cosiddetta immagine, che emerge dalla pupa e ha le caratteristiche dell'adulto. Ambiente e comportamento Habitat Gli artropodi si sono originati in ambienti marini e ancora oggi un grandissimo numero di artropodi abita i mari e gli oceani. Molti gruppi si sono adattati anche alle acque dolci. Alcuni gruppi di artropodi (aracnidi, insetti, ecc.) hanno avuto peraltro un grande successo nel colonizzare gli ambienti terrestri, persino se aridi. Gli insetti hanno infine colonizzato anche gli ambienti aerei, mediante l'acquisizione della capacità di volare, propria in diverso grado di quasi tutte le specie. Cooperazioni preistoriche Nel giacimento cinese di Chengjiang sono state ritrovate lunghe catene di artropodi antiche almeno 525 milioni di anni, legati l'uno all'altro; sembrerebbe la più remota forma di comportamento cooperativo pervenuto ai nostri giorni. Una delle spiegazioni plausibili per questo comportamento è quella di una migrazione di massa, resa in tal modo più sicura. Sistematica Quello degli Arthropoda è il phylum più ricco di taxa e che conta il maggior numero di organismi viventi nel regno animale. Tradizionalmente sono riconosciuti quattro subphyla: Chelicerata. Include ragni, acari, scorpioni, limuli e altri organismi caratterizzati dalla presenza di un paio di appendici dette cheliceri. Myriapoda. Include millepiedi, centopiedi e altri organismi con un alto numero di segmenti del tronco molti dei quali portano uno o due paia di zampe. Crustacea. Include aragoste, granchi, gamberi e altri organismi principalmente acquatici caratterizzati dal possedere due paia di appendici preorali (antenne e antennule) e appendici biramose. Hexapoda. Include insetti, collemboli, proturi e dipluri, tutti organismi che portano tre paia di zampe. Fuori da questi quattro sottotipi, gli artropodi comprendono un certo numero di forme fossili, alcune risalenti al Cambriano, difficili da collocare nella filogenesi del gruppo per la mancanza di una chiara affinità verso un qualsiasi altro gruppo associata a somiglianze con più di uno. I trilobiti rappresentano uno dei più noti esempi di artropodi ormai estinti. Sono un gruppo di organismi marini scomparso durante l'estinzione permo-triassica, nonostante avessero già subito una forte riduzione dopo l'estinzione del Tardo Devoniano. Filogenesi Dopo diversi anni di dibattito la comunità scientifica è concorde nell'affermare che i sopramenzionati quattro subphyla formino un gruppo monofiletico chiamato Euarthropoda, ben individuato da caratteri morfologici e molecolari. Tuttavia le relazioni fra questi rimangono parzialmente incerte, come del resto è oggetto di dibattito la supposta parentela degli euartropodi con i tardigradi e gli onicofori che racchiuderebbe questi tre gruppi in un clade monofiletico denominato Panarthropoda. Recenti studi, fortemente supportati, suggeriscono che il subphylum Crustacea sia parafiletico, in quanto gli esapodi si sarebbero evoluti da un clade, di collocazione ancora incerta, all'interno di questo gruppo. Secondo questa ipotesi filogenetica, i crostacei e gli esapodi formerebbero un clade, detto Pancrustacea. Questa interpretazione si contrappone alla più antica idea di un clade, gli Atelocerata (o Tracheata, o Uniramia stricto sensu) che raccoglieva Esapoda con Myriapoda, escludendo i Crustacea, sulla base di caratteri morfologici. Un numero crescente di evidenze molecolari smentisce questa filogenesi. All'interno degli euartropodi, il maggior punto di disaccordo è stato a lungo rappresentato dalla posizione dei miriapodi. In alcuni studi i miriapodi vengono raggruppati con i chelicerati a formare un clade detto Myriochelata, sister-group dei pancrustacei; altre analisi, più recenti e maggiormente supportate da dataset molecolari, suggeriscono che i miriapodi siano strettamente imparentati con i Pancrustacea, a formare un clade, i Mandibulata, che esclude i chelicerati. Nell'ambito del più ampio raggruppamento degli Ecdysozoa, gli euartropodi mostrano tratti condivisi, tra cui la segmentazione e la presenza di appendici, con i Tardigrada e gli Onychophora, tuttavia una stretta relazione fra questi tre phyla non è stata chiaramente supportata da dati molecolari. Una parentela fra onicofori ed euartropodi è ampiamente accettata, ma le affinità con i tardigradi sono meno chiare, tant'è che questi ultimi sono spesso stati raggruppati con i nematodi in diversi studi filogenetici. Recentemente, studi che hanno limitato artefatti filogenetici come long-branch attraction e compositional attraction, dovuti a fast-evolving taxa e a bias nella composizione in basi delle sequenze nucleotidiche di certi taxa del dataset, rigettano l'ipotesi che Nematoda e Tardigrada siano sister-group e mostrano una comune origine dei tre phyla che costituiscono i Panarthropoda. Analisi più specifiche, volte a risolvere le relazioni di parentela fra tardigradi, onicofori e artropodi, sono state condotte nel 2010 sui marcatori mitocondriali e sono risultate nell'unione di Tardigrada e Onychophora come sister-group, una topologia che non trova un supporto morfologico. Una parte degli autori di questa filogenesi ha rimesso in discussione questa stessa ipotesi l'anno successivo, sostenendo il sister-group Arthropoda + Onychophora sulla base di un dataset costituito da EST e microRNA e utilizzando un modello di sostituzione più adeguato ai dati disponibili (CAT-GTR). Subphyla e classi incertae sedis Classe: Marrellomorpha† - es. Marrella splendens† Classe? - Burgessia † Subphylum Trilobitomorpha† Classe: Trilobita- trilobiti† Subphylum Crustacea Classe: Malacostraca- aragoste, gamberi, granchi, scampi, ecc. Classe: Branchiopoda- dafnie, anostraci, ecc. Classe: Maxillopoda- cirripedi, copepodi, ecc. Classe: Ostracoda- ostracodi Classe: Cephalocarida- brachipodi Classe: Remipedia- remipedi Classe: Thylacocephala † Classe: Protocaridida † Classe: Waptiida † Subphylum Hexapoda Classe: Entognatha- proturi, dipluri e collemboli Classe: Insecta- insetti Subphylum Myriapoda Classe: Diplopoda- millepiedi Classe: Chilopoda- centopiedi Classe: Pauropoda- pauropodi Classe: Symphyla- simfili Subphylum Chelicerata Classe: Arachnida- ragni, opilioni, scorpioni, acari, ecc. Classe: Merostomata- limuli ed euripteridi † Classe: Pycnogonida- ragni di mare Note Altri progetti Collegamenti esterni Taxa classificati da Pierre André Latreille
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https://it.wikipedia.org/wiki/Arachnida
Arachnida
Gli Aracnidi (Arachnida ) sono una classe di artropodi del subphylum dei chelicerati. Furono i primi animali a colonizzare le terre emerse. Molti di essi sono predatori. Strutturalmente il loro corpo è suddiviso in due tagmata, quello anteriore detto prosoma o cefalotorace e quello posteriore detto opistosoma o addome. Hanno, in tutto, 8 appendici, o zampe. Hanno un primo paio di appendici, dette cheliceri, composte da due o tre articoli e con funzioni relative all'alimentazione e alla difesa e da un secondo paio, dette pedipalpi, composte da sei articoli e con funzioni sensoriali, locomotorie, fossorie e riproduttive a seconda degli ordini. Le appendici dell'opistosoma tendono a scomparire (ne troviamo qualche traccia solo in alcuni ordini), ed in questa classe si nota la tendenza alla fusione dei segmenti di prosoma prima ed opistosoma poi, e nei più evoluti (gli Acarina volgarmente noti come acari) a fondere le due regioni. Le altre paia di appendici costituiscono le zampe ambulatorie, composte da sette articoli di diversa forma e lunghezza, adatte principalmente alla locomozione. Gli ordini più conosciuti sono quelli degli scorpioni e dei ragni. Tassonomia Attualmente, al 2010, gli Arachnida si suddividono nei seguenti ordini: Trigonotarbida †: aracnidi estinti da circa 280 milioni di anni, simili a ragni, con resti fossili in Europa e Nordamerica. Amblypygi: sono simili nell'aspetto a ragni, ma non secernono seta e hanno il primo paio di zampe particolarmente robusto; sono note un centinaio di specie. Araneae: sono i comuni ragni, cosmopoliti, rappresentano l'ordine più cospicuo con oltre specie classificate. Phalangiotarbida †: i resti fossili rinvenuti di questi aracnidi non consentono di discriminare se si tratta di antenati degli opilioni o degli acari; anch'essi estinti da circa 280 milioni di anni e finora rinvenuti nelle rocce dell'Europa e del Nordamerica. Opilionidi: sono aracnidi con cefalotorace e opistosoma fusi insieme e gambe lunghissime; cosmopoliti, ne sono state finora classificate oltre specie. Palpigradi: sono aracnidi di dimensioni molto piccole e con un flagello nella parte finale dell'opistosoma; attualmente se ne conoscono circa 70 specie. Pseudoscorpionidi: sono aracnidi di dimensioni molto piccole, più strettamente imparentati con i solifugi che con gli altri ordini; ne sono note oltre specie. Ricinulei: aracnidi di dimensioni ridotte, meglio noti come ragni zecche, diffusi in Africa e nelle Americhe; ne sono note circa 75 specie. Schizomida: questi aracnidi sono molto simili agli Uropygi, ne differiscono per lo scudo del prosoma diviso in due parti; comprendono circa 220 specie. Scorpioni: sono aracnidi caratterizzati da un corpo allungato e segmentato e dal primo paio di zampe più grande delle altre, adatto ad afferrare la preda; sono cosmopoliti e comprendono oltre specie. Solifugi: aracnidi diffusi nelle zone tropicali e in quelle aride, molto veloci sul terreno, hanno un potente morso, anche se non velenoso; comprendono attualmente circa specie. Haptopoda †: ordine attualmente noto da una sola specie fossile, dalle fattezze simili a quelle di un ragno, anche se con il primo paio di zampe sproporzionatamente lungo. Uropygi: sono aracnidi dall'addome molto piatto e dal tratto terminale a forma di flagello; sono state finora descritte circa 100 specie. Acari: sono gli aracnidi che hanno maggiori contatti con la specie umana, dal punto di vista sanitario ed economico; cosmopoliti, contano circa specie descritte. Note Bibliografia Edward E. Ruppert, Richard S. Fox & Robert D. Barnes. 2007. Zoologia degli invertebrati, quarta edizione italiana condotta sulla settima edizione americana, Piccin Nuova Libraria, Padova. Voci correlate Ragno Ragno (immaginario) Scorpiones Aracne Altri progetti Collegamenti esterni Leonardo Melchionda, Aracnidi, su Google Sites. Taxa classificati da Georges Cuvier
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https://it.wikipedia.org/wiki/Atletica%20leggera
Atletica leggera
Latletica leggera è un insieme di variegate discipline sportive che possono essere raggruppate in quattro categorie: corsa, marce, concorsi e prove multiple. Le corse e le marce su pista outdoor e indoor, i concorsi e le prove multiple costituiscono quella branca dell'atletica leggera che è internazionalmente conosciuta come "Track and field" (in inglese e tradotta in italiano, "su pista e pedane", spesso impropriamente chiamata con il solo termine di "su pista" oppure “su pista e campo”). e si tenevano in forma competitiva già nell'antica Grecia. La stessa parola "atletica" discende dal greco (àthlos), ossia "impresa" o "prodezza", passando per il latino athlēta. Nella lingua italiana l'aggettivo "leggera" continua a restare di uso comune pur essendo divenuto nei fatti ridondante visto che gli sport che un tempo appartenevano alla cosiddetta "atletica pesante" risultano attualmente regolati da più federazioni internazionali. L'atletica leggera era presente nella prima edizione dei Giochi olimpici dell'era moderna e non ha mai smesso da allora di fare parte di questa manifestazione. Il suo ente di governo mondiale è la World Athletics. Storia Generalità L'atletica leggera trova le sue origini nell'antica Grecia: i poemi omerici, la statuaria, Pindaro e la pittura vascolare testimoniano la profonda passione sportiva degli antichi greci e l'onore in cui tenevano gli atleti. Il canto ventitreesimo dell'Iliade descrive prove che anticipano gare che sono ancora tipiche nell'atletica moderna: una corsa a piedi e due prove di lancio, il disco e il giavellotto. Nel canto però dell'Odissea dedicato ai giochi dei Feaci, Omero, quasi per completare la gamma delle attività naturali di base (correre, saltare, lanciare), parla anche di una prova di salto ("il maggior salto Anfiolo spiccollo") senza specificare di quale salto si trattasse, anche se non è azzardato pensare che si trattasse di salto in lungo. Origini La nascita e gli inizi dell'atletica leggera si perdono nella notte dei tempi, confondendosi con i primi gesti dell'uomo, alle prese con le sue necessità di sopravvivenza. Non si sa per quante migliaia di anni i primi uomini abbiano corso fuggendo ed inseguendo, e abbiano lanciato per aggredire o per difendersi, creando così la matrice naturale di un agonismo del tutto singolare e inconsapevole. Grecia, Egitto, Irlanda e poi Roma e l'Etruria risultano essere in misura più probabile le terre in cui inizialmente il gesto atletico dell'uomo assunse le forme più definite, non escludendo comunque, per tempi più lontani, la nascita di esso. Quasi nulla si conosce di quanto avveniva nei territori del Nilo e nella Valle dei Re, salvo alcune fragili notizie su gare di corsa avvenute verso il XV secolo prima dell'era di Cristo e su competizioni consistenti nel lancio a distanza di un blocco di pietra. Poco si conosce anche dei Giochi di Lugnas, irlandesi, successivamente conosciuti come Giochi di Tailteann, datati intorno al 632 a.C. La radice di queste competizioni traeva origine da contenuti religiosi o celebrativi. Il programma dei giochi irlandesi era molto ricco, consistendo in gare di corsa, di lancio (pietra e giavellotto) e di salto (lungo e asta). Alla Grecia, però, viene assegnato un ruolo essenziale, quasi totale, nel contesto sportivo di ogni tempo, grazie allo spirito che ha alimentato per originalità e per ampiezza di contenuti morali e agonistici una grandissima parte del gesto sportivo e atletico, complice anche un numero cospicuo di testimonianze letterarie ed iconografiche. Parlare della Grecia significa normalmente parlare di Olimpia e dei giochi, di fiaccole, di tregue sacre e atleti-eroi cinti di corone di olivo. In effetti l'origine più o meno ufficiale dello sport e dell'atletica coincide, in terra ellenica, con il battesimo dei Giochi olimpici, confusi con il mito di Ercole alle prese con le stalle di Augia, ma inequivocabilmente costituenti la prima organizzazione ufficiale. Numerose le date d'inizio delle Olimpiadi: 1222, 1000, 884, tutte date prima dell'era di Cristo, nessuna certa. Il primo grande atleta di cui si hanno notizie certe fu Corebo di Elide, di professione cuoco, incontrastato dominatore delle gare veloci, che nel 776 a.C. fu primo alle soglie di pietra di Olimpia dopo 192 metri di gara. Questa distanza, la più tradizionale, corrispondeva all'incirca alla lunghezza della pista originaria ed era denominata stadion; nei successivi anni olimpici furono aggiunte altre distanze di corsa: il diaulo, distanza doppia dello stadion, e il dolichos, la cui misura variava dai 7 ai 24 stadi, rimanendo così nei limiti delle prove attuali di mezzofondo. Nei Giochi olimpici del 708 a.C. venne inserita la prova più complessa e difficile dell'antichità, il pentathlon, in cui, assieme alla corsa e alla lotta, erano fissate gare di salto in lungo, di lancio del disco e del giavellotto. Se poco si conosce delle misure e delle prestazioni di quel tempo, al contrario si sanno di alcuni particolari tecnici estremamente interessanti. Ad esempio, nel salto in lungo gli atleti si aiutavano nello slancio con degli speciali manubri di piombo o pietra agganciati alle mani, gli alteres, saltando, dopo aver battuto su un piano rialzato del terreno, al di là di una buca. Il disco, che era normalmente di legno o di bronzo, fin dall'inizio beneficiò, con ampie giustificazioni, data la bellezza degli assieme dei movimenti, di un'attenzione superiore rispetto agli altri lanci: artisti straordinari hanno lasciato all'attenzione e all'ammirazione del mondo civile alcune opere, il discobolo di Mirone, e il canto ventitreesimo dell'Iliade di Omero: «Pose, ciò fatto, i premii alla pedestre corsa: al primo un cratere ampio di argento, messo a rilievi, contenea sei metri, né al mondo si vedeva vaso più bello». Il getto del peso, o meglio il lancio della pietra, che come forma di lancio era sicuramente precedente al disco e che era in uso anche fra gli antichi egizi, viene citato come prova competitiva a Troia e ad Olimpia. Del lancio del giavellotto, specialità in cui l'originaria tradizione guerriera si accoppiava splendidamente al rituale agonistico, si sa che l'attrezzo, simile all'asta di guerra, aveva nella zona mediana un laccio di cuoio, occorrente a dare maggiore impulso al lancio ed una più facile precisione di traiettoria. Anche gli etruschi, una delle civiltà più affascinanti ed impenetrabili della storia, offrono enormi testimonianze storiche, per quanto riguarda lo sport e le gare. La Tomba dei carri o Tomba di Stackelberg datata al V secolo a.C., dal nome dello scopritore, a Tarquinia, ne è una testimonianza. Viene raffigurata un'immagine relativa al salto con l'asta. La Tomba della scimmia, invece raffigura il salto in lungo esercitato con l'aiuto dei pesi, e la Tomba dei Giochi olimpici raffigura gare di corsa, salto in lungo, lancio del disco e giavellotto. Nella Tomba di Poggio al Moro, la presenza di un affresco del VI secolo a.C. raffigura quattro corridori in partenza. L'atletica leggera nei secoli successivi La rinascita e la diffusione dell'atletica leggera in epoca moderna divenne un dato di fatto alla fine del XIX secolo, anche grazie ad una piena regolamentazione. Nel 1817 venne fondato il primo club atletico a Necton, in Inghilterra. Ma fu l'inglese Thomas Arnold, nel 1828, a ripristinare alcuni esercizi praticati nell'antichità ed a fissarne le norme tecniche. Nel 1829, a Tailiti (Irlanda) vennero disputati per la prima volta dei giochi composti da corse, salti, lanci e salto con l'asta. Nel 1855 uscì il primo manuale riguardante le corse, intitolato Training of man for pedestrian exercise e nel 1867 venne inaugurata a Londra la prima pista di atletica in cenere. È nel 1860 che nasce l'Olympic Club, il primo club atletico statunitense, a San Francisco. Questo venne affiancato l'8 settembre 1868 dal New York Athletic Club; la prima gara per atleti dilettanti negli Stati Uniti venne disputata l'11 novembre dello stesso anno, e proprio in questa occasione venne introdotta la possibilità di indossare le scarpette chiodate. Grazie al barone francese Pierre de Coubertin, nel 1896 si tenne ad Atene la prima edizione dei Giochi olimpici moderni. Le gare allora più popolari erano i 100 metri piani e la prova di fondo, che si correva sulla distanza di 36 km. Si ebbe anche la distinzione tra atletica leggera e atletica pesante. Per quanto riguarda l'Italia, l'atletica leggera nacque alla fine dell'ottocento come attività podistica. Nel 1910 anche le gare di salto e di lancio (che erano ancora sotto il controllo della Federazione Ginnastica), iniziarono ad essere disciplinate dalla "Federazione italiana degli sports atletici" (che divenne Federazione Italiana di Atletica Leggera nel 1926), la quale venne riconosciuta dal CIO nel 1915. La rinascita dei Giochi olimpici diede un ulteriore incremento alla ripresa dell'atletica leggera: da allora essa ha guadagnato popolarità, evolvendosi col moltiplicarsi e l'affinarsi delle tecniche e con l'aumento del numero dei praticanti; aumento determinato anche da un fatto nuovo per l'atletica, cioè la partecipazione femminile alle gare (nel 1921, venne costituita la "Fédération sportive féminine") dopo secoli di esclusione quasi assoluta dalla vita sportiva. Attualmente l'atletica leggera è una delle discipline principali presenti ai Giochi olimpici. Discipline Generalità Uomini e donne competono in gare separate, ma il programma delle donne è, in generale, identico a quello degli uomini. Le uniche differenze sono costituite dall'altezza degli ostacoli e delle siepi (che è più bassa per le donne), dal peso degli attrezzi per i lanci (che è inferiore) e dal numero di discipline presenti nelle prove multiple, dieci (ovvero decathlon) per gli uomini, sette (eptathlon) per le donne. Dal 2004 è stato inserito il decathlon femminile nell'elenco ufficiale delle prove multiple ratificate dalla World Athletics. Corse Corse su pista outdoor Include tutte quelle specialità che prevedono una corsa con o senza ostacoli che si svolge interamente su pista outdoor: Velocità: gare su distanze fino a 400 m. Le distanze sono 100 m, 200 m e 400 m o misure intermedie in casi rari. I 100 m e i 200 m sono considerati gare di velocità pura, i 400 m gara di velocità prolungata. Mezzofondo: gare su distanze di 800 m, 1500 m e 3000 m. Mezzofondo prolungato, comprendente i 5000 m e i 10000 m. Ostacoli: 110 m ostacoli (100 m ostacoli per le donne) e 400 m ostacoli. Siepi: una corsa nella quale gli atleti devono superare ostacoli detti siepi e riviere con l'aggiunta di una pozza d'acqua (la principale distanza su cui si corre questo tipo di gara è di 3000 m). Gara considerata sia di mezzofondo che ad ostacoli, in quanto presenta anche particolari aspetti tecnici legati al superamento delle varie barriere e riviere. Staffette: 4×100 m e 4×400 m. Questa corsa prevede la partecipazione di una squadra composta da 4 atleti in cui compete un singolo atleta alla volta e in successione. Il cambio tra un atleta e un altro avviene tramite il passaggio del testimone, una bacchetta di legno o di materiale plastico che attesta l'avvenuta successione, e che deve accompagnare la squadra dall'inizio alla fine della gara. Con l'eccezione della corsa sul miglio, tutte le corse si svolgono su distanze calcolate in metri. Corse su pista indoor Corse su strada Gare condotte su strada, a volte con finale su pista. Distanze comuni sono la mezza maratona (21,097 km), la maratona (42,195 km) oppure l'ultramaratona, con distanze superiori ai 42,195 km. Queste gare, considerate di fondo, possono svolgersi su circuito o anche avere il punto di arrivo diverso da quello di partenza. Corse campestri Corse in montagna Corse in ambiente naturale Marce La marcia è la forma competitiva del camminare, spinto alla massima velocità compatibile con l'obbligo di mantenere sempre un piede a contatto con il terreno e l'arto di appoggio completamente esteso. Le gare si svolgono solitamente su strada, con percorsi da 3 fino a 50 km. Nelle manifestazioni internazionali seniores le gare di marcia previste sono di 20 km e 35 km, sia per gli uomini che per le donne. Concorsi Lanci Getto del peso Lancio del disco Lancio del martello Lancio del giavellotto Lancio del vortex (praticato solo da alcune categorie giovanili in sostituzione del giavellotto) Salti in elevazione Salto con l'asta Salto in alto Salti in estensione Salto in lungo Salto triplo Prove multiple Decathlon per gli uomini (e dal 2004 anche per le donne). Eptathlon per le donne, nelle competizioni outdoor. Eptathlon per gli uomini, nelle competizioni indoor. Pentathlon per le donne, nelle competizioni indoor. Regole principali Corse, di 100 - 200 - 400 metri piani: Ad ogni atleta viene assegnata una corsia da cui non può uscire procurandosi vantaggi o ostacolando gli avversari, fino al traguardo. Gli atleti non possono in alcun modo toccarsi od ostacolarsi uno con l'altro. Se un atleta invade una corsia che non è la sua, viene squalificato. Ad ogni atleta che parte dai blocchi di partenza prima dello sparo o entro un decimo di secondo da esso viene assegnata una partenza falsa. Con il nuovo regolamento in vigore dal 2010, ogni atleta che effettua una partenza falsa viene squalificato. Nelle corse di 200 e 400 metri, poiché si svolgono anche in curva, viene assegnato alle corsie più esterne il cosiddetto "decalage" cioè la partenza più avanzata di alcuni metri rispetto alle corsie più interne in modo che ogni atleta possa percorrere una distanza uguale indipendentemente alla corsia in cui si trova. Corsa di 800 metri piani: La corsa degli 800 metri si svolge su due giri di pista; ogni concorrente deve rimanere nella corsia assegnata per i primi 100 metri, dopo la prima curva (segnalata da bandiere o coni posti all'inizio del rettilineo opposto a quello di arrivo) ogni atleta può abbandonare la corsia assegnata (gli atleti tendono a spostarsi in prima corsia, cioè quella che permette di fare meno distanza possibile essendo quella più interna alla pista). Il regolamento per le partenze false è uguale a quello delle gare di corsa veloci. Salto in lungo e salto triplo: Ogni atleta deve saltare prima e non oltre la pedana di stacco (una pedana posta prima della buca di sabbia). Il vincitore è l'atleta che percorre una distanza maggiore dalla pedana di stacco fino al segno lasciato sulla sabbia; tra tutti i salti che effettua l'atleta, si considera solo il più lungo che esso compie (in caso di pari merito si considera il secondo miglior salto). Ogni atleta ha a disposizione tre salti (vengono anche chiamate "prove"), più tre salti detti "di finale" per gli atleti che nei salti "di qualifica" hanno ottenuto la distanza maggiore. Ogni atleta può fare il suo salto entro trenta secondi dal momento di inizio del suo turno di salto. Ogni salto viene misurato dalla pedana (o linea) di stacco al punto di atterraggio più vicino a questa, sempre in modo perpendicolare rispetto all'asse di battuta. Salto in alto e salto con l'asta: Ogni atleta deve saltare in seguito ad una rincorsa e oltrepassare un'asticella posta fra due ritti (nel caso del salto con l'asta dandosi slancio con l'asta) senza farla cadere (in caso contrario il salto è nullo). Il vincitore è l'atleta che ha ottenuto la misura maggiore; in caso di parità si fa il conteggio dei vari errori commessi dagli atleti nel corso della gara. Ogni atleta ha a disposizione 3 tentativi di salto per ogni misura. Ogni volta che tutti gli atleti hanno passato una misura (o hanno sbagliato i tre tentativi venendo quindi eliminati) si passa alla misura successiva. Ogni atleta può fare il suo salto entro un minuto dal momento di inizio del suo turno di salto (2 minuti se sono rimasti in gara 2 o 3 atleti). Lancio del disco, lancio del martello e getto del peso: Ogni atleta deve lanciare entro una pedana circolare (di diametro diverso in base al tipo di lancio) senza oltrepassarne la circonferenza. L'attrezzo lanciato deve cadere entro un settore compreso tra due fettucce che partono dal centro della pedana e si aprono con un certo angolo, in base al tipo di lancio; in caso contrario il lancio si considera nullo. Ogni atleta ha a disposizione 3 lanci, più tre lanci detti "di finale" per gli atleti che nei lanci "di qualifica" hanno ottenuto la misura maggiore. Il vincitore è l'atleta che lancia a una distanza maggiore dalla pedana di lancio; tra tutti i lanci che effettua l'atleta si considera solo il più distante che esso compie. Ogni atleta può effettuare il suo lancio trenta secondi dal momento di inizio del suo turno di lancio. Ogni lancio viene misurato dal punto di atterraggio dell'attrezzo al bordo interno della pedana circolare più vicino al punto stesso di atterraggio, lungo una linea immaginaria che passa per il centro della pedana. Lancio del giavellotto: Ogni atleta deve lanciare in seguito a una rincorsa entro una pedana rettilinea senza superare la linea di nullo. La punta del giavellotto lanciato deve cadere entro un settore compreso tra due fettucce che partono da un punto preciso all'interno della pedana e si aprono con un certo angolo; in caso contrario il lancio si considera nullo. Il lancio è nullo anche se il giavellotto atterra di coda anziché di punta. Ogni atleta ha a disposizione 3 lanci, più tre lanci detti "di finale" per gli atleti che nei lanci "di qualifica" hanno ottenuto la misura maggiore. Il vincitore è l'atleta che lancia a una distanza maggiore dalla pedana di lancio; tra tutti i lanci che effettua l'atleta si considera solo il più distante che esso compie. Ogni atleta può effettuare il suo lancio entro trenta secondi dal momento di inizio del suo turno di lancio. Ogni lancio viene misurato dal punto di atterraggio della punta dell'attrezzo al limite interno della pedana più vicino al punto stesso di atterraggio, lungo una linea immaginaria che passa per il punto della pedana da cui parte il settore di lancio. Attrezzature Competizioni di atletica leggera Esistono due tipi di manifestazioni di atletica leggera "Track and field": le competizioni che utilizzano la pista outdoor e quelle che al contrario si servono della pista indoor. Le prime hanno luogo in ambienti privi di coperture dei campi di gara (anche se può accadere che venga adoperata qualche pedana posta invece in uno spazio protetto) mentre le seconde sono realizzate all'interno di edifici completamente chiusi. Federazioni La World Athletics, fondata nel 1912 come International Amateur Athletics Federation e successivamente denominata International Association of Athletics Federations, è l'organizzazione che regola l'atletica leggera a livello mondiale. Ci sono sei federazioni continentali affiliate alla World Athletics, alle quali sono di seguito associate le varie federazioni nazionali. Categorie La FIDAL riconosce le seguenti categorie (seniores, under 20 e under 18 sono riconosciute anche dalla World Athletics): Categorie giovanili: Esordienti A, B, C (6-11 anni) Ragazzi/e (12-13 anni) Cadetti/e (14-15 anni) Categorie assolute: Allievi/e (under 18) (16-17 anni) Juniores (under 20) (18-19 anni) Promesse (under 23) (20-22 anni) Seniores (oltre i 23 anni) Master (oltre i 35 anni) Record Doping Nell'atletica leggera, come in tutti gli sport, è severamente vietato il ricorso a sostanze dopanti con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell'atleta, sia a livello nazionale che a livello globale. La World Athletics si appoggia all'Agenzia mondiale antidoping (tra le altre misure antidoping) per prevenire l'uso di tali sostanze. Questo perché, oltre ad essere spesso dannose alla salute, pratiche quali il doping del sangue e l'uso di steroidi anabolizzanti, ormoni peptidici, stimolanti o diuretici possono dare un vantaggio agli atleti che ne fanno uso, compromettendo così la correttezza sportiva. Note Bibliografia Voci correlate Atletica leggera ai Giochi olimpici Campionati del mondo di atletica leggera Pedane di atletica leggera Pista di atletica leggera Record mondiali di atletica leggera World Athletics Altri progetti Collegamenti esterni Discipline olimpiche
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https://it.wikipedia.org/wiki/Automobilismo
Automobilismo
L'automobilismo è uno sport, consistente nel gareggiare con un'automobile da corsa - realizzata secondo uno specifico regolamento tecnico che varia in base alla competizione - entro un percorso chiuso alla normale circolazione (autodromo oppure tracciato stradale). Descrizione Ciascuna vettura è gestita da una squadra motoristica, composta di ingegneri e meccanici e con un coordinatore a capo; l'atleta che conduce il veicolo è detto "pilota". L'obiettivo di tale sport è percorrere il tracciato di gara (in base ad un determinato numero di giri oppure di km) impiegando un tempo minore rispetto agli avversari. I campionati di automobilismo sono, generalmente, basati su più gare che si disputano in tracciati differenti: ogni corsa attribuisce, in base al piazzamento del traguardo, punti ai singoli piloti ed alle rispettive squadre. Alla conclusione del campionato, il pilota e la squadra che hanno totalizzato il maggior numero di punti si aggiudicano il titolo. Nello specifico i titoli più prestigiosi sono quelli messi in palio nei Campionato del Mondo organizzati dalla Federazione Internazionale dell'Automobile (FIA). Ogni specialità automobilistica, differenziata da un'altra in base alla tipologia di vetture utilizzate, al numero di piloti che si possono alternare alla guida di uno stesso esemplare, alla distanza ed al fondo stradale (asfaltato, sterrato o neve) su cui la competizione si sviluppa, gode di un proprio Campionato del Mondo. Nel caso delle monoposto la massima espressione è il Campionato del Mondo di Formula Uno, delle Sport Prototipo e delle Gran Turismo il Campionato del Mondo Endurance FIA, delle Turismo la Coppa del Mondo Turismo e delle vetture da rally il Campionato del Mondo Rally. Per le case automobilistiche questo sport ha sempre rappresentato un ottimo campo di ricerca tecnologica. Sono infatti innumerevoli le innovazioni progettate e sviluppate sulle automobili da corsa che successivamente sono state adottate su quelle stradali, contribuendo a migliorarne le prestazioni velocistiche, l'efficienza e la sicurezza. Da sottolineare che all'automobilismo è connaturato il pericolo di incidenti, provocati da guasti meccanici o errori di pilotaggio, con esiti a volte mortali per i piloti, i commissari di percorso, i meccanici e in certe circostanze anche per gli spettatori. Col passare degli anni però l'incremento del livello di sicurezza ha limitato gli eventi luttuosi. Storia Gli inizi Il primo evento agonistico automobilistico risale al 16 luglio 1878, quando due veicoli a vapore si sfidarono in una corsa di circa 201 miglia organizzata lungo le strade tra Green Bay e Madison, nello stato del Wisconsin (Stati Uniti d'America): per la cronaca la vittoria a poco meno di 10 chilometri orari di media arrise a Frank A. Shomer e Hans M. Farrand che guidavano un veicolo chiamato Oshkosh. Nel 1894 si svolse in Francia la prima competizione automobilistica propriamente detta, organizzata dal giornale di Parigi "Le Petit Journal" sul tratto stradale Parigi-Rouen, che vide affrontarsi le De Dion-Bouton, le Panhard-Levassor, le Peugeot e le Benz & Cie. di Karl Benz. Nel 1895 ci fu la Parigi-Bordeaux, vinta da Émile Levassor, mentre in quello stesso 1895 venne indetta la prima corsa italiana (18 maggio, Torino-Asti-Torino). Anche la prima vera corsa americana è ascrivibile al 1895 ed ebbe luogo il 2 novembre, da Chicago a Waukegan e ritorno, per un totale di circa 92 miglia (148 chilometri): si impose la Mueller-Benz guidata da Oscar B.Mueller. Il 1º maggio 1898 si verificò il primo incidente mortale nella storia dell'automobilismo sportivo, durante la Corsa del Périgueux. Nei fatti, il marchese Renaud de Montaignac de Chauvance, in gara con la sua Landry et Beyroux, urta la Benz Parisienne di De Montariol, tentando un sorpasso. Entrambe le vetture finirono nella scarpata laterale alla strada. De Montariol rimase illeso, mentre de Montaignac subì gravi ferite e morì tre ore dopo il sinistro. La prima competizione automobilistica veramente "internazionale" fu la Gordon Bennett Cup, organizzata dal 1900 al 1905. L'ACF, la Federazione Francese dell'automobilismo, organizzò diverse corse, con partenza a Parigi e arrivo in diverse città transalpine o europee fino al 1903, quando per un incidente mortale morì, vicino ad Angouleme durante la Parigi-Madrid, Marcel Renault. Altri 8 incidenti mortali convinsero il governo francese a vietare le corse automobilistiche. Nel 1906, nacquero la Targa Florio (93 Miglia sulle strade siciliane) e, nella cittadina di Le Mans, il primo vero Gran Premio. 32 sfidanti gareggiarono in un lunghissimo circuito di 105 km per due giorni, percorrendo in media 6 giri al giorno. I 1260 km di corsa furono completati per primo dall'ungherese Ferenc Szisz su una Renault. Nella stessa cittadina francese dal 1923 si svolge anche una delle manifestazioni automobilistiche più conosciute, la 24 Ore di Le Mans. Nel 1907, nacque la corsa sul circuito tedesco del Kaiserpreis (75 Miglia sulla catena del Taunus) e il GP francese del Dieppe (48 miglia di circuito). Il primo Ovale fu costruito in Inghilterra a Brooklands nel 1907, il secondo, ben più famoso, ad Indianapolis nel 1909, dove nel 1911 nacque la 500 Miglia di Indianapolis che si corre ancora nel ventunesimo secolo. 1910-1939 L'Italia fu il secondo paese a chiamare la corsa "Gran Premio": la prima edizione si disputò nel 1921. Nel 1924 si aggregarono anche Belgio e Spagna. Nel 1922 fu costruito il circuito permanente di Monza, il terzo al mondo e il primo nell'Europa continentale; risale invece al 1927 un'altra pista leggendaria, quella del Nürburgring. Negli anni trenta si delineò in misura definitiva la differenziazione tra auto da Gran Premio e macchine Sport, con le varie case automobilistiche come Alfa Romeo, Auto Union, Bugatti e Mercedes-Benz che costruirono vetture da 600 cavalli. Il peso massimo era di 750 kg, limite in vigore dal 1934 al 1937. Un vero e proprio Campionato del Mondo per macchine da Gran Premio che premiava solo le Case fu organizzato per tre stagioni dal 1925 al 1927 e vide l'affermazione, in successione, di Alfa Romeo ('25), Bugatti ('26) e Delage ('27). Nel 1931 e 1932 fu istituito un Campionato Internazionale che il primo anno premiò Minoia (Alfa) e successivamente Nuvolari (anche lui su Alfa). Nel Gran Premio di Monaco del 1933, per la prima volta nella storia, la griglia di partenza fu determinata dai tempi di qualificazione. Le squadre già da anni erano differenziate dal colore della propria nazione: Francia – Blu (Blu di Francia) Italia – Rosso (Rosso corsa) Gran Bretagna – Verde (British racing green) Germania – Bianco e dopo Argento (Frecce d'argento) Belgio – Giallo Giappone - Bianco Stati Uniti d'America - Bianco con strisce Blu o Blu (Blu reale) Il Predominio delle vittorie fino agli anni venti era dei costruttori francesi (Bugatti, Delage), ma con l'arrivo delle case italiane come Alfa Romeo e Maserati le cose iniziarono a cambiare, impossessandosi esse del dominio completo sul panorama automobilistico. Negli anni trenta, il Partito Nazista stanziò consistenti somme a favore delle case tedesche (Mercedes e Auto Union), per cercare di vincere le corse ed aumentare inoltre il prestigio del III Reich, cosa che riuscì, giacché quelle case dominarono le corse dal 1934 al 1939. Nel 1935 nacque il primo "Campionato Europeo Grand Prix" per piloti, dove i migliori corridori si affrontavano in alcuni Gran Premi Europei. Questa competizione durò fino al 1939, anno dell'inizio della seconda guerra mondiale, e fu sempre dominato da piloti e vetture tedesche. Dal 1950 in poi A Parigi nel 1949, la Federazione Internazionale (successivamente diventata la FIA) organizzò il primo Campionato del Mondo di Formula 1 per l'anno successivo. Fu instaurato un sistema di punti per le sette gare del Mondiale, che racchiudeva anche la 500 Miglia di Indianapolis. Il primo Gp di Formula 1 fu svolto nel circuito inglese di Silverstone il 13 maggio. Quel Mondiale lo vincerà Nino Farina con l'Alfa Romeo. Da allora sono nate tantissime categorie di corse automobilistiche: quelle a "ruote scoperte" (che sono conosciute come vetture di Formula) e quelle a "ruote coperte" (come le vetture Sport Prototipo, GT, Turismo e da Rally). Dalla F1 sono nate la Champ Car e la Formula Indy negli Stati Uniti d'America, le categorie minori come la Formula 2 (ex Formula 3000, da cui sono usciti tantissimi talenti), la Formula 3 (dove Michael Schumacher e Mika Häkkinen si davano battaglia nella loro adolescenza), la Formula Renault, la Formula Nippon, la Atlantic Championship, il karting (la categoria base per tutti i piloti) e la nuovissima Formula E, campionato elettrico all'attivo dal 2014. Tra le ruote coperte, oltre al Rally, il Granturismo si è evoluto con le gare GT3 come Intercontinental GT Challenge e GT World Challenge e le categorie GTE del Campionato del mondo endurance e dell'IMSA, mentre precedentemente la serie di riferimento è stata il FIA GT nella quale correvano le GT1 e le GT2. Tra i prototipi i massimi campionati sono il Campionato del mondo endurance (erede del defunto Campionato del mondo sportprototipi) e l'IMSA. Il turismo si è invece evoluto nel WTCC (successivamente divenuto WTCR), il Deutsche Tourenwagen Masters (Campionato Tedesco di altissimo livello). Tipi di competizioni Le competizioni automobilistiche si dividono in due tipi: gare di velocità: vince chi completa il percorso di gara nel minor tempo, oppure chi percorrere più strada in un tempo prestabilito (come nella celebre 24 ore di Le Mans) gare di regolarità: vince chi completa il percorso di gara mantenendo una velocità media il più possibile vicina a quella prestabilita. Questo tipo di gare mette alla prova soprattutto l'affidabilità della vettura, cioè la capacità di affrontare il percorso (spesso lungo e accidentato) senza guasti e rotture meccaniche. Si possono inoltre suddividere in base al tipo di percorso: Corse in circuito: si percorre un numero prestabilito di giri di un tracciato chiuso, che può essere una pista permanentemente riservata alle competizioni (circuito permanente) oppure un percorso ricavato su strade normalmente aperte al traffico, spesso all'interno di una città (circuito cittadino), o un misto delle due cose (circuito semipermanente). Vi sono due tipi di circuiti: Stradali: sono circuiti che presentano rettilinei di diversa lunghezza e curve di diverso raggio e sviluppo, singole o in successione. Questo tipo di pista impegna il pilota e la vettura in frequenti accelerazioni, frenate, cambi di marcia e ne mette alla prova tutte le qualità. I più famosi circuiti di questo tipo sono quello di Monza, del Nürburgring, di Le Mans (dove si corre la celebre 24 Ore), di Spa, di Silverstone, di Suzuka, di Bathurst e di Montecarlo (circuito cittadino). Ovali: sono circuiti che presentano solo due, tre o quattro curve che girano tutte nella stessa direzione, generalmente di raggio molto ampio. La velocità media sul giro è di solito assai elevata: non vi sono né curve lente né frenate rilevanti. Questo tipo di pista è molto diffusa negli Stati Uniti d'America, mentre in Europa ve ne sono pochissime e scarsamente usate. La più celebre in assoluto è quella di Indianapolis dove ogni anno si disputa la famosissima 500 Miglia. Altri ovali famosi sono quelli di Daytona, Talladega, Charlotte, Bristol e Martinsville. Corse su strada: si disputano su percorsi ricavati da strade normali. Un tempo molto praticate, sono quasi scomparse a causa della loro pericolosità. Le più celebri erano certamente la Targa Florio, la Carrera Panamericana e la Mille Miglia, che si corse fino al 1957 su un percorso appunto di circa 1600 km da Brescia a Roma e ritorno. Corse su percorsi non asfaltati: si gareggia su strade sterrate, sentieri di campagna o persino piste tracciate nel deserto. Le più famose corse di questo tipo sono le gare del Campionato Mondiale Rally e la Parigi-Dakar. Spesso vengono inseriti nel percorso passaggi accidentati e dossi sui quali le vetture spiccano veri e propri salti. I campionati più famosi e seguiti sono Formula 1, Rally, il Mondiale Endurance e i campionati americani (NASCAR, Indycar, Imsa). Note Voci correlate Formula 1 Formula 2 Formula 3 Campionato del mondo endurance Formula Renault GP2 GP3 IndyCar Series ChampCar NASCAR Campionato FIA GT Rally Karting Truck racing Endurance (automobilismo) Drifting Fuoristrada Autodromi italiani Undercut (automobilismo) Altri progetti Collegamenti esterni A.C.I/CSAI (Automobile Club d'Italia/Commissione Sportiva Automobilistica Italiana) Sport individuali
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Autoecologia
Lautoecologia studia i rapporti ecologici intrattenuti da una specie vivente con il suo ambiente. Particolarmente complessi sono i rapporti tra organismi, che includono: i rapporti trofici, relativi alla nutrizione; le simbiosi, rapporti stretti tra specie diverse; la competizione, rapporto tra organismi che utilizzano, almeno in parte, le stesse risorse limitate. Tali rapporti tra organismi non sono mutuamente esclusivi. L'insieme dei rapporti ecologici intrattenuti da una popolazione determinano la sua nicchia ecologica, ossia il ruolo che la popolazione svolge in quell'ecosistema. Due popolazioni non possono occupare stabilmente la stessa nicchia ecologica nello stesso ecosistema, in quanto la competizione tra le due sarebbe troppo forte (principio di esclusione di Gause). Quando ciò si verifica, la situazione si può evolvere con l'estinzione della popolazione meno efficiente nell'occupare quella nicchia, o con la formazione di due nicchie ecologiche abbastanza differenziate da limitare la competizione interspecifica. Voci correlate Ecologia della popolazione Branche dell'ecologia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Acidi%20nucleici
Acidi nucleici
Gli acidi nucleici sono macromolecole a debole reazione acida che contengono e trasmettono l'informazione genica e sono pertanto alla base di tutti gli organismi viventi. Vi sono due classi di acidi nucleici: il DNA e l'RNA. Si differenziano per lo zucchero, uno dei loro componenti: il deossiribosio nel DNA, il ribosio nell'RNA. Gli acidi nucleici sono polimeri lineari aperiodici prodotti dalla polimerizzazione per condensazione di monomeri chiamati nucleotidi. Questi sono formati da uno zucchero, una base azotata e alcuni gruppi fosfati. I legami tra le tre componenti sono un legame fosfodiesterico tra il carbonio 3' e il gruppo fosfato, un legame tra il gruppo fosfato e il carbonio 5' del nucleotide seguente; la base azotata è esterna allo scheletro formato dagli altri due gruppi e si dice che "si affaccia" all'interno della catena. Il termine "acido nucleico" fa riferimento alla presenza della maggior parte di tali molecole all'interno del nucleo cellulare negli organismi eucarioti (nel nucleoide nei procarioti). Alcune teorie prospettano che all'origine della vita vi siano stati analoghi degli acidi nucleici attuali, dotati di struttura meno complessa (vedi Ipotesi del mondo a RNA). Esistono anche degli analoghi degli acidi nucleici, di solito artificiali, come acido peptidonucleico ed altri. Trovano uso in medicina, ad esempio come antitumorali. Storia La ricerca sulla struttura degli acidi nucleici ebbe inizi più lenti di quella sulle proteine, soprattutto perché gli acidi nucleici non si trovano, come invece alcune proteine fibrose, in uno stato relativamente puro. Il loro nome li definisce come contenuti nel nucleo delle cellule. Furono trovati abbondanti dapprima nel lievito e poi nel timo, ghiandola endocrina attiva fino all'adolescenza. Il fatto che assorbivano luce ultravioletta e assumevano certi colori rivelò la loro presenza in vaste quantità nei cromosomi, già noti per essere associati alle trasformazioni genetiche e alla riproduzione. Chimicamente, sono polimeri di unità di base dette nucleotidi, formati da una base azotate (purinica o pirimidinica) legata a uno zucchero pentoso (ribosio nell'acido ribonucleico, RNA, desossiribosio, nell'acido desossiribonucleico, DNA) e a un gruppo fosfato che fa da ponte tra i pentosi di due nucleotidi successivi. Il loro difficile studio strutturale fu incominciato nel 1932 da W. T. Astbury, dopo che erano stati isolati e dopo che si era trovato che potevano essere dissolti in un liquido glutinoso, che poteva essere ridotto in filamenti rivelando una struttura polimerica fibrosa. Astbury dimostrò che i quattro nucleotidi – le purine, adenina e guanina, e le pirimidine, citosina e timina (uracile nel RNA) – si disponevano come monete ad angolo retto rispetto all'asse del filo. S. Furberg dimostrò che il cerchio delle molecole di zucchero era sistemato ad angolo retto in modo da poter essere raggiunto attraverso gli zuccheri dai fosfati per formare un polimero. Le analisi chimiche di E. Chargaff dimostrarono che il numero di purine e pirimidine era esattamente equilibrato. F. H. C. Crick e Watson enunciarono la loro famosa ipotesi secondo la quale l'organizzazione non è a elica singola ma doppia, dato che la purina di una catena si unisce con la pirimidina in un unico avvolgimento con essa. Wilkins e Rosalind Franklin fecero in seguito una verifica analizzandole con i raggi X. Sebbene un acido nucleico contenga generalmente tutti e quattro i nucleotidi, il loro ordine preciso è quello che costituisce la caratteristica di ogni specifico acido nucleico ed è trasmesso quasi automaticamente quando una nuova ma identica molecola di acido nucleico viene deposta sull'elica della vecchia. Il panorama di questa struttura molecolare degli acidi nucleici contiene tutto quanto è necessario, in linea di principio, per permettere che un nastro, il quale porti e trasmetta informazioni, possa essere costruito nella parte più interna di ogni cellula o particella virale. DNA e RNA Negli organismi viventi si trovano due tipi di acidi nucleici: DNA (acido desossiribonucleico) RNA (acido ribonucleico). Tutti gli organismi contengono acidi nucleici sotto forma di DNA e RNA. Il DNA è il depositario dell'informazione genetica che viene trascritta – ossia copiata – in molecole di RNA. L'RNA decodifica le informazioni presenti nel DNA e con queste ultime vengono utilizzate per sintetizzare le specifiche proteine. Lo zucchero dell'RNA è il ribosio; quello del DNA è il deossiribosio o desossiribosio, che si differenziano in quanto il desossiribosio ha un atomo di ossigeno in meno rispetto al ribosio. In entrambe le sostanze vi sono due tipi di basi azotate: puriniche (anello doppio): adenina e guanina pirimidiniche (anello semplice): timina, citosina e uracile (derivanti rispettivamente dalla purina e dalla pirimidina). Le basi azotate che costituiscono il DNA sono adenina (A), guanina (G), citosina (C) e timina (T). Le basi azotate che costituiscono l'RNA sono adenina (A), guanina (G), citosina (C) e uracile (U). La doppia elica di DNA accoppia una pirimidina e una purina, l'adenina si accoppia con la timina e la citosina con la guanina. L'RNA (anche se singola catena) accoppia durante le trasmissioni e le traduzioni l'adenina all'uracile (la timina non è presente nell'RNA) e la citosina alla guanina. Nei batteri e nelle cellule di organismi superiori, sono presenti entrambi; alcuni virus possiedono solo l'RNA (ad esempio quello della poliomielite o quello dell'AIDS); altri solo il DNA. Negli eucarioti, il DNA si trova nel nucleo e nel mitocondrio, mentre l'RNA si trova nel nucleo, ma soprattutto nel citoplasma. Al DNA spetta il mantenimento dei caratteri ereditari, mentre all'RNA spettano altre mansioni, quale la trasmissione delle informazioni contenute nel DNA verso i siti di sintesi proteica. RNA e DNA sono molecole molto complesse: è quindi probabile che risultino dall'evoluzione di molecole esistenti precedentemente. Sebbene i loro antenati siano scomparsi dalle attuali forme viventi, sono stati creati in laboratorio diversi acidi nucleici sintetici che possiedono, ad esempio, altri zuccheri come scheletro della molecola. Un acido nucleico particolarmente interessante per queste ipotesi è il TNA (acido treofuranosilnucleico). Formazione Annealing Con il termine annealing (appaiamento), si intende la formazione di un acido nucleico a doppio filamento partendo da due molecole a singola elica. Il termine è entrato nel gergo tecnico di laboratorio per indicare l'appaiamento di un primer o di una sonda di DNA a una catena a singola elica di DNA durante una reazione a catena della polimerasi. Note di Voci correlate DNA RNA Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Adulto
Adulto
Un adulto (dal latino adultu(m), participio di adolescĕre, 'crescere', da alĕre, 'nutrire') è un organismo pluricellulare che ha raggiunto la piena capacità riproduttiva. Nell'essere umano Con riferimento all'essere umano il termine è di non facile definizione, assumendo significati assai diversi nei diversi contesti argomentativi e disciplinari. Se infatti con questa parola si intende sempre e comunque alludere al raggiungimento di un certo grado di maturità, è il concetto di maturità stesso che cambia a seconda del contesto di riferimento. L'età adulta determina socialmente l'associazione al maschio il termine di uomo ed alla femmina il termine di donna per sottolineare la piena maturità raggiunta al compimento dell'età giovane. In biologia In biologia un soggetto è considerato adulto quando ha raggiunto, appunto, la capacità riproduttiva. Ciò si verifica nell'uomo con la manifestazione dei caratteri sessuali secondari e l'accrescimento di quelli primari, il che avviene di norma entro i 12-13 anni negli individui di sesso femminile ed entro i 14-15 in quelli di sesso maschile, sebbene tali limiti sono solo orientativi dal momento che il processo di crescita è influenzato da numerosi fattori, climatici, ambientali, legati alla maggiore o minore attività fisica e all'alimentazione e, secondo alcuni studiosi, anche psico-somatici. Nel diritto Nel diritto civile un soggetto è considerato maggiorenne quando ha raggiunto la maggiore età, da non confondere con l'età adulta. La maggiore età va dai 16 anni circa (in alcuni paesi anche prima) ai 21 anni a seconda dell'ordinamento giuridico di riferimento della nazione (in alcuni ordinamenti varia a seconda del sesso, in altri, poco strutturati, è legata proprio alla manifestazione dei caratteri sessuali secondari e, in alcuni casi, a riti d'iniziazione). Con la maggiore età o l'emancipazione, nelle tradizioni giuridiche continentali (di diritto positivo), si acquisisce la capacità di agire, ovverosia di compiere atti giuridicamente validi, esercitando autonomamente diritti reali (diritti di cui si è titolari, in astratto, sin dalla nascita, soltanto che li si può esercitare solo mediante intermediazione di chi esercita la rappresentanza legale o del giudice tutelare) e compiere negozi giuridici unilaterali (come le disposizioni testamentarie). In psicologia In psicologia un individuo è considerato adulto quando si ritiene che abbia raggiunto il completo sviluppo non solo sessuale o in generale fisico ma anche psichico, pertanto l'età adulta si colloca posteriormente all'adolescenza, un periodo di crescita caratteristico della specie umana, di tipo essenzialmente sociale e la cui durata è influenzata dal contesto, sia a livello micro che a livello macro, tant'è che oggi psicologi e sociologi parlano di una vera e propria dilatazione dell'adolescenza, nell'uno e nell'altro senso: mentre tradizionalmente essa veniva ricompresa nella fascia tra i 13 e i 19 anni, oggi si ritiene cominci addirittura prima della pubertà a causa degli stimoli determinati dai processi di mediazione simbolica, e che duri per molto più tempo rispetto al passato a causa sia di fattori sociali (difficoltà di rendersi indipendenti economicamente al fine di affrancarsi dalla famiglia d'origine, fuoriuscita dalla famiglia d'origine senza creare parallelamente un nuovo nucleo familiare) sia di problematiche soggettive diffuse e almeno in parte determinate dai fattori sociali stessi (mancanza del senso di responsabilità, difficoltà all'autorealizzazione, incertezza verso il futuro, proroga degli stili di vita e dei comportamenti di consumo acquisiti durante la fascia tradizionalmente considerata adolescenziale). Nella medicina In medicina solitamente si fa collocare la fase adulta con l'arresto della crescita, che può collocarsi, secondo le ultime attendibili ricerche, nella femmina intorno ai 18 anni, nel maschio intorno ai 20 (sebbene i tempi si siano notevolmente accorciati attualmente, fino a 16 anni). L'accrescimento, infatti, prosegue dopo la maturazione sessuale e coinvolge soprattutto la struttura ossea. In alcuni individui di sesso maschile, inoltre, anche molti anni dopo la pubertà compaiono peli sul petto o sulle gambe, senza che ciò rappresenti un ritardo nello sviluppo, avendo questi raggiunto la piena maturità sessuale, in senso tecnico, durante l'età considerata normale. Con il termine del processo di accrescimento inizia la fase di degradazione cellulare, detta di invecchiamento. Altri progetti Collegamenti esterni Terminologia giuridica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Afelio
Afelio
In astronomia, l'afelio (, da ἀπό, apò, "lontano" e ἥλιος, hḕlios, "sole") è il punto di massima distanza di un corpo del sistema solare (pianeta, asteroide, cometa, satellite artificiale, ecc.) dal Sole. Descrizione A seconda dell'eccentricità dell'orbita, la massima distanza corpo-sole e quella minima possono essere più o meno differenti dalla distanza media. Per analogia, viene così chiamato anche l'analogo punto di massima distanza per un pianeta o una stella orbitanti attorno a una stella diversa dal Sole, anche se in tal caso si dovrebbe usare il termine apoastro. Nel caso di un corpo orbitante attorno alla Terra si usa apogeo. Il punto di minima distanza è invece chiamato perielio. La linea immaginaria che unisce afelio e perielio è detta linea degli apsidi. La posizione angolare dell'afelio sull'orbita dei vari pianeti è quasi fissa: si sposta molto lentamente (di alcune decine o centinaia di secondi d'arco al secolo), a causa dell'interazione gravitazionale con gli altri pianeti. Questo effetto si chiama precessione anomalistica (o precessione del perielio). La velocità precessionale di Mercurio è però significativamente maggiore di quella calcolata teoricamente in base alle leggi di Newton. Questa differenza fu spiegata da Albert Einstein come un effetto della teoria della relatività generale: ciò rappresentò una delle prime conferme sperimentali di questa teoria. Afelio della Terra La Terra raggiunge il proprio afelio tra il 3 e il 7 luglio (per la data e l'ora esatta di ogni anno, si veda la tabella a fianco), quindi circa 2 settimane dopo il solstizio d'estate (che dà inizio all'estate nell'emisfero boreale della terra). La distanza della Terra dal Sole in questo punto è di 152,1 milioni di km (2,5 milioni di km più della sua distanza media). Note Voci correlate Perielio Orbita (astronomia) Precessione anomalistica Altri progetti Meccanica celeste
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Accattone
Accattone è un film del 1961 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Opera che segna il suo esordio alla regia, Accattone può essere considerato la trasposizione cinematografica dei suoi precedenti lavori letterari. In questa pellicola insegue una sua idea di narrazione epica e tragica. Il film è stato selezionato tra i 100 film italiani da salvare. Trama "Accattone" è il soprannome di Vittorio Cataldi, un sottoproletario di Roma il cui stile di vita è improntato al "sopravvivere" giorno per giorno. Accattone si fa mantenere da una prostituta, Maddalena, "sottratta" a uno sfruttatore napoletano, finito in carcere. L'uomo evita la vendetta dei compari, incolpando Maddalena ed abbandonandola, subendo lei stessa la violenza dai malviventi e finendo in carcere, senza denunciarli. Rimasto senza soldi, Accattone conosce la fame. Un giorno incontra Stella, una ragazza ingenua che egli induce alla prostituzione ma innamoratosi, la toglie dalla strada e si cerca un lavoro onesto, che tuttavia soffre terribilmente: la via verso la "redenzione" è molto breve e così ben presto Accattone torna a rubare. Dopo un piccolo furto s'imbatte nella polizia: nel fuggire Accattone cade da una motocicletta e muore, compiendo così il destino che pesa su di lui sin dall'inizio. "Mò sto bene", sono le sue ultime parole, con cui si chiude il film. Produzione Il film è un affresco di quella parte di Italia costituita dal sottoproletariato che vive nelle periferie delle grandi città senza alcuna speranza per un miglioramento della propria condizione, a cui non resta che la morte come via di uscita da una condizione disperante. Il film doveva essere prodotto da Federico Fellini, che tuttavia si tirò indietro all'ultimo momento, preoccupato dall'imperizia di Pasolini con le tecnicità del mezzo, a cui si avvicina per la prima volta con questo progetto. Il film sarà quindi prodotto da Alfredo Bini. Le riprese del film furono effettuate dal 20 marzo e approssimativamente fino al 2 giugno del 1961. La scelta di utilizzare in massima parte attori non-professionisti esprime la convinzione di Pasolini che essi non sono "rappresentabili" da nessun altro che da essi stessi in quanto soggetti incontaminati, puri, privi delle sovrastrutture imposte dalla società. Per girare gli esterni, la piccola troupe (composta, tra gli altri, dal giovane Bernardo Bertolucci in veste di aiuto regista) si spostava nei luoghi simbolo della periferia romana: via Casilina, via Portuense, via Appia Antica, via Tiburtina, via Baccina, Ponte Sant'Angelo, Acqua Santa, via Manuzio, Ponte Testaccio, il Pigneto, borgata Gordiani, Centocelle, la Marranella e nel basso Lazio, nella zona tra Subiaco (il cimitero) e Olevano Romano (sogno del paradiso). Il costo approssimativo del film si aggirò intorno ai cinquanta milioni di lire, quanto un "film di serie B" per quell'epoca. Distribuzione Presentato alla 22ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il 31 agosto 1961, il film di Pasolini ricevette dure contestazioni. Alla prima del film al cinema Barberini a Roma, un gruppo di giovani neofascisti cercò di impedirne la proiezione, lanciando bottiglie d'inchiostro contro lo schermo, bombette di carta e finocchi tra il pubblico. Ci furono colluttazioni e così la visione del film fu sospesa per quasi un'ora. La pellicola uscì nelle sale il 22 novembre 1961. Il film sarà quasi immediatamente bloccato in sede di censura dal sottosegretario al Ministero del Turismo e Spettacolo Renzo Helfer e ritirato da tutte le sale italiane. Nel 1962 l'opera venne presentata anche al Festival Internazionale del cinema di Karlovy Vary (Cecoslovacchia), dove Pasolini vinse il Premio per la regia. Doppiaggio La voce di Franco Citti è dell'attore Paolo Ferrari, scelto da Pasolini, che seguì personalmente il doppiaggio del film. Promozione La realizzazione dei manifesti del film, per l'Italia, fu affidata al pittore cartellonista Sandro Symeoni. Controversie Nel 1962, l'avvocato e politico democristiano Salvatore Pagliuca fece causa a Pasolini e alla società Arco film perché nel film un criminale aveva il suo stesso nome, chiedendo il risarcimento dei danni morali e l'eliminazione del suo nome, ottenendo il risarcimento dei soli danni materiali. Pasolini citerà poi il politico nella sua poesia Poeta delle Ceneri. Citazioni e riferimenti Il cantautore inglese Morrissey fa riferimento al film in una canzone intitolata You Have Killed Me presente nel suo album del 2006 Ringleader of the Tormentors. Il primo verso della canzone infatti è: «Pasolini is me, 'Accattone' you'll be...» Il rapper romano Noyz Narcos ha citato una delle frasi più celebri del film in Mark Renton, brano contenuto nell'album del 2018 Enemy. Riconoscimenti 1962 - Nastri d'argento Nastro d'Argento al miglior produttore a Alfredo Bini Candidatura per il migliore attore protagonista a Franco Citti Candidatura per la migliore sceneggiatura a Pier Paolo Pasolini 1962 - Laceno d'oro Laceno d'oro al miglior attore a Franco Citti 1962 - Festival internazionale del cinema di Karlovy Vary Premio al miglior regista a Pier Paolo Pasolini 1963 - Premio BAFTA Candidatura per il miglior attore protagonista a Franco Citti Note Altri progetti Collegamenti esterni Film drammatici Film diretti da Pier Paolo Pasolini Film ambientati a Roma
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alfredo%20Binda
Alfredo Binda
Ciclista completo, considerato uno dei più forti di sempre, fu definito "l'Imbattibile" per le numerose vittorie e "Il signore delle Montagne" per lo stile con cui affrontava le salite più difficili. Professionista dal 1922 al 1936, vinse cinque edizioni del Giro d'Italia, tre campionati del mondo su strada, quattro Giri di Lombardia, due Milano-Sanremo (nel 1929 e nel 1931) e quattro Campionati nazionali su strada. Durante la carriera si misurò con altri campioni del periodo come Costante Girardengo prima e Learco Guerra poi. Dopo il ritiro dalle corse fu per dodici anni Commissario tecnico della Nazionale italiana, guidando Fausto Coppi e Gino Bartali al Tour de France e ai campionati del mondo. Carriera Decimo di quattordici figli di un piccolo imprenditore edile, si trasferì a Nizza subito dopo la guerra con il fratello maggiore Piero per lavorare come stuccatore presso uno zio materno. A Nizza iniziò l'attività ciclistica, cogliendo subito numerosi successi; rimase in Francia fino al 1924, quando aveva già vinto 30 corse. Proprio nell'autunno 1924, dopo essere tornato in bicicletta da Nizza a Milano, partecipò alla sua prima importante corsa in Italia, il Giro di Lombardia, concludendo quarto. Nel 1925 passò alla Legnano, la squadra con cui rimase per tutta la carriera e con cui vinse cinque edizioni del Giro d'Italia (1925, 1927, 1928, 1929 e 1933), record assoluto condiviso con Fausto Coppi ed Eddy Merckx. Nell'arco della carriera conquistò complessivamente 41 tappe al Giro, record mantenuto fino al 2003, quando fu superato da Mario Cipollini. In tutto rimase in testa alla classifica generale per 60 tappe. Nel 1927 vinse 12 delle 15 tappe del Giro e nel 1929 ben otto tappe consecutive: entrambi record imbattuti. A causa della sua manifesta superiorità, nel 1930 fu pagato dagli organizzatori per non partecipare al Giro d'Italia, ottenendo 22.500 lire, una cifra corrispondente al premio per la vittoria finale e ad alcune vittorie di tappa, che oggi corrisponderebbe a poco più di . Nel 1933 fu il vincitore della prima cronometro della storia del Giro: 62 km da Bologna a Ferrara. Partecipò una sola volta al Tour de France, nel 1930 (anno della sua forzata rinuncia al Giro), vincendo due tappe pirenaiche consecutive, a Pau e a Luchon. Quando si stava avviando a dominare la corsa insieme al suo compagno di squadra Learco Guerra, un incidente meccanico (la rottura della sella) e forse dei dissidi con la federazione italiana, che ancora non gli aveva versato l'indennizzo promesso per non aver partecipato al Giro, lo spinsero ad abbandonare la corsa, anche per meglio preparare il campionato del mondo di Liegi, vinto poi trionfalmente davanti al rivale belga Georges Ronsse. Nel suo ricco palmarès figurano tre campionati del mondo (1927, 1930, 1932, record), due Milano-Sanremo (1929, 1931), quattro Giri di Lombardia (1925, 1926, 1927, 1931) e quattro campionati italiani (1926, 1927, 1928, 1929); tra le altre gare nazionali, si impose in due Giri del Piemonte e due Giri di Toscana. Lasciò l'attività nel 1936, dopo un incidente alla Milano-Sanremo che gli provocò la frattura del femore. Anche il fratello minore Albino fu un ciclista, compagno di Alfredo alla Legnano. Nell'immediato dopoguerra Binda diventò commissario tecnico della Nazionale italiana di ciclismo, ruolo che ricoprì per ben dodici anni, in cui accumulò fama e successi degni della sua carriera da corridore: guidò infatti le trionfali spedizioni alla Grande Boucle con Bartali nel 1948, Coppi nel 1949 e 1952, e Nencini nel 1960. Vinse inoltre i titoli mondiali su strada con Coppi a Lugano nel 1953 e con Baldini a Reims nel 1958. La sua riconosciuta abilità tecnica e diplomatica fu alla base dell'accordo fra Bartali e Coppi negli anni ruggenti della loro rivalità. Nel 1974 si corse la prima edizione del Trofeo Alfredo Binda-Comune di Cittiglio, corsa femminile che si svolge nei dintorni di Cittiglio; Binda morì nel 1986 e le sue spoglie mortali oggi riposano nel cimitero del paese natale. Palmarès Strada 1922 (Nice Sport, due vittorie) Le Mont Faron-Ligne (cronoscalata) Nizza-Puget-Théniers-Nizza 1923 (La Française, dieci vittorie) Trophée du Petit Journal Nizza-Monte Chauve (cronoscalata) Gran Premio di Tolone Nizza-Puget-Théniers-Nizza Grand Prix de l'Express de Lyon Tour du Var Grand Prix du Souvenir Gran Premio della Vittoria - Nizza Marsiglia-Nizza 1924 (La Française, diciassette vittorie) Gran Premio di Nizza Grand Circuit Chemineau Coppa Martini & Rossi Tolone-Nizza Gran Premio Magellano - Tolone Le Mont Faron-Ligne (cronoscalata) Grand Prix de Salon Circuit Justin Berta 3ª tappa Tour du Sud-Est (Digne-les-Bains > Gap) 6ª tappa Tour du Sud-Est (Alais > Nîmes) Classifica generale Tour du Sud-Est Marsiglia-Nizza Nizza-Annot-Nizza Grand Prix du Saleya-Club Grand Prix de Beau Soleil Grand Prix de l'Avenir Cycliste - Nizza Nizza-Puget-Théniers-Nizza 1925 (Legnano, tre vittorie) 6ª tappa Giro d'Italia (Napoli > Bari) Classifica generale Giro d'Italia (3ª prova Campionato italiano) Giro di Lombardia (8ª prova Campionato italiano) 1926 (Legnano, tredici vittorie) Coppa Città di Milazzo Giro del Piemonte (2ª prova Campionato italiano) 3ª tappa Giro d'Italia (Genova > Firenze) 6ª tappa Giro d'Italia (Napoli > Foggia) 7ª tappa Giro d'Italia (Foggia > Sulmona) 9ª tappa Giro d'Italia (Terni > Bologna) 11ª tappa Giro d'Italia (Udine > Verona) 12ª tappa Giro d'Italia (Verona > Milano) Giro di Toscana (5ª prova Campionato italiano) Milano-Modena (6ª prova Campionato italiano) Giro di Lombardia (7ª prova Campionato italiano) Corsa del XX Settembre (8ª prova Campionato italiano) Classifica generale Campionato italiano, a punti 1927 (Legnano, diciannove vittorie) Giro del Piemonte 1ª tappa Giro d'Italia (Milano > Torino) 2ª tappa Giro d'Italia (Torino > Reggio Emilia) 3ª tappa Giro d'Italia (Reggio Emilia > Lucca) 5ª tappa Giro d'Italia (Grosseto > Roma) 6ª tappa Giro d'Italia (Roma > Napoli) 7ª tappa Giro d'Italia (Napoli > Avellino) 8ª tappa Giro d'Italia (Avellino > Bari) 9ª tappa Giro d'Italia (Bari > Campobasso) 10ª tappa Giro d'Italia (Campobasso > Pescara) 12ª tappa Giro d'Italia (Pesaro > Treviso) 14ª tappa Giro d'Italia (Trieste > Verona) 15ª tappa Giro d'Italia (Verona > Milano) Classifica generale Giro d'Italia (1ª prova Campionato italiano) Giro di Toscana (2ª prova Campionato italiano) Campionati del mondo, Prova in linea (Nürburgring) Cento chilometri a cronometro - Torino Giro di Lombardia (5ª prova Campionato italiano) Classifica generale Campionato italiano, a punti 1928 (Legnano & Mifa, undici vittorie) Rund um Köln 2ª tappa Giro d'Italia (Trento > Forlì) 3ª tappa Giro d'Italia (Predappio > Arezzo) 4ª tappa Giro d'Italia (Arezzo > Sulmona) 5ª tappa Giro d'Italia (Sulmona > Foggia) 10ª tappa Giro d'Italia (Modena > Genova) 11ª tappa Giro d'Italia (Genova > Torino) Classifica generale Giro d'Italia Predappio-Roma (1ª prova Campionato italiano) Giro del Veneto (3ª prova Campionato italiano) Classifica generale Campionato italiano, a punti 1929 (Legnano, quattordici vittorie) Milano-Sanremo Giro di Romagna (2ª prova Campionato italiano) 2ª tappa Giro d'Italia (Napoli > Foggia) 3ª tappa Giro d'Italia (Foggia > Lecce) 4ª tappa Giro d'Italia (Lecce > Potenza) 5ª tappa Giro d'Italia (Potenza > Cosenza) 6ª tappa Giro d'Italia (Cosenza > Salerno) 7ª tappa Giro d'Italia (Salerno > Formia) 8ª tappa Giro d'Italia (Formia > Roma) 9ª tappa Giro d'Italia (Roma > Orvieto) Classifica generale Giro d'Italia Predappio-Roma (3ª prova Campionato italiano) Circuito dei Campi Flegrei (5ª prova Campionato italiano) Classifica generale Campionato italiano, a punti 1930 (Legnano, tre vittorie) 8ª tappa Tour de France (Hendaye > Pau) 9ª tappa Tour de France (Pau > Luchon) Campionati del mondo, Prova in linea (Liegi) 1931 (Legnano, quattro vittorie) Milano-Sanremo 3ª tappa Giro d'Italia (Ravenna > Macerata) 4ª tappa Giro d'Italia (Macerata > Pescara) Giro di Lombardia 1932 (Legnano, una vittoria) Campionati del mondo, Prova in linea (Roma) 1933 (Legnano, otto vittorie) Giro delle Due Provincie di Messina (1ª prova Campionato italiano) 2ª tappa Giro d'Italia (Torino > Genova) 8ª tappa Giro d'Italia (Napoli > Foggia) 9ª tappa Giro d'Italia (Foggia > Chieti) 10ª tappa Giro d'Italia (Chieti > Ascoli Piceno) 13ª tappa Giro d'Italia (Bologna > Ferrara) 17ª tappa Giro d'Italia (Bolzano > Milano) Classifica generale Giro d'Italia Altri successi 1922 (Nice Sport) Criterium di Cannes Trofeo Saleya 1924 (La Française) Criterium di Grasse Grand Prix de la Ville de Nice 1925 (Legnano) Criterium degli Assi 1926 (Legnano) Giro della Provincia di Torino (cronocoppie con Giovanni Brunero) Giro della Provincia di Milano (cronocoppie con Giovanni Brunero) 1927 (Legnano) Criterium degli Assi - Ginevra 1932 (Legnano) Giro della Provincia di Milano (cronocoppie con Raffaele Di Paco) 1933 (Legnano) Classifica scalatori Giro d'Italia Pista 1927 Sei Giorni di Milano (con Costante Girardengo) 1929 Prix Dupré-Lapize (con Domenico Piemontesi) Piazzamenti Grandi Giri Giro d'Italia 1925: vincitore 1926: 2º 1927: vincitore 1928: vincitore 1929: vincitore 1931: ritirato (7ª tappa) 1932: 7º 1933: vincitore 1934: ritirato (6ª tappa) 1935: 16º Tour de France 1930: ritirato (10ª tappa) Classiche monumento Milano-Sanremo 1927: 2º 1928: 2º 1929: vincitore 1931: vincitore 1932: 2º 1933: 6º 1934: 46º 1936: ritirato Parigi-Roubaix 1925: 7º Giro di Lombardia 1924: 4º 1925: vincitore 1926: vincitore 1927: vincitore 1928: squalificato 1930: 2º 1931: vincitore Competizioni mondiali Campionati del Mondo Nürburgring 1927 - In linea Professionisti: vincitore Budapest 1928 - In linea Professionisti: ritirato Zurigo 1929 - In linea Professionisti: 3º Liegi 1930 - In linea Professionisti: vincitore Copenaghen 1931 - In linea Professionisti: 6º Roma 1932 - In linea Professionisti: vincitore Montlhéry 1933 - In linea Professionisti: 6º Nei media Nel 2006 la Rai ha prodotto una fiction in due puntate sulla vita di Gino Bartali, intitolata Gino Bartali - L'intramontabile, dove Alfredo Binda è stato interpretato dall'attore Rodolfo Corsato. Nel film Fantozzi contro tutti il visconte Cobram interroga Fantozzi su chi fosse arrivato primo nella Milano-Sanremo del 1931, ma il protagonista risponde "Carnera" invece di "Binda". Riconoscimenti Inserito nella Top 25 della Cycling Hall of Fame Nel maggio 2015, una targa dedicata a Binda fu inserita nella Walk of Fame dello sport italiano al parco olimpico del Foro Italico a Roma, riservata agli ex-atleti italiani che si sono distinti in campo internazionale. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Campioni del mondo professionisti di ciclismo su strada Vincitori del Giro d'Italia Vincitori del Giro di Lombardia Vincitori della Milano-Sanremo Vincitori del Giro del Piemonte Vincitori del Giro del Veneto Commissari tecnici della nazionale di ciclismo maschile su strada dell'Italia
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Arancia meccanica
Arancia meccanica (A Clockwork Orange) è un film del 1971 scritto, prodotto e diretto da Stanley Kubrick. Tratto dall'omonimo romanzo distopico scritto da Anthony Burgess nel 1962, la pellicola prefigura, appoggiandosi a uno stile sociologico e politico, una società votata a un'esasperata violenza, soprattutto nei giovani, e a un sistematico condizionamento del pensiero. Forte di quattro candidature agli Oscar del 1972 come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale e miglior montaggio, e presentato lo stesso anno alla Mostra di Venezia, il film ottenne un buon successo di pubblico oltre a un grande impatto culturale. Decisivo per la riuscita del film fu anche l'apporto di Malcolm McDowell, che interpretò il capo-drugo Alex, pronto e disponibile a tutto, al punto che s'incrinò una costola e subì l'abrasione delle cornee durante le riprese del film. Quando fu distribuita sul circuito cinematografico, all'inizio degli anni settanta, la pellicola destò scalpore, generando una schiera di ammiratori pronti a gridare al capolavoro ma anche una forte corrente di parere contrario, per il taglio originale e visionario adottato nella narrazione, che faceva ricorso in maniera iperrealistica a scene di violenza. Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al quarantaseiesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi, mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è sceso al settantesimo posto. Nel 1999, compare nella classifica BFI 100 stilata dal British Film Institute all'81º posto. Nel 2020 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Titolo Il titolo originale in inglese, A Clockwork Orange, trae origine da un modo di dire tipico nel dialetto della classe proletaria di Londra, il cosiddetto cockney: "As queer as a clockwork orange", tradotto letteralmente come "strano come un'arancia a orologeria", originariamente utilizzato comunemente nell'East London. La frase indica qualcosa che appare normale e naturale in superficie come un frutto, in questo caso un'arancia, ma che cela in realtà una natura estremamente bizzarra e inusuale. L'esempio è dato dal protagonista del film che, essendo privato del suo libero arbitrio, esteriormente sembra un bravo cittadino ma in realtà è un automa della società. Nel 1986, Burgess, nel suo saggio A Clockwork Orange Resucked, chiarì questo concetto scrivendo che una creatura che può solo fare il bene o il male ha l'apparenza di un frutto amabile caratterizzato da colore e succo, ma in effetti internamente è solo un giocattolo a molla pronto a essere caricato da Dio, dal Diavolo o dallo Stato onnipotente, e a far scattare la propria violenza, appunto, come un mero e semplice congegno meccanico caricato a molla. Nel romanzo, a differenza che nel film, viene espressamente precisato più volte come A Clockwork Orange fosse il titolo del testo a cui stava lavorando lo scrittore Frank Alexander, vittima della "visita a sorpresa". Nel film è presente un omaggio ad Anthony Burgess, che "presta" il cognome ad Alex, nel montaggio sugli articoli di giornale nell'ultima parte della pellicola, dopo essersi svegliato dal coma, con il protagonista che viene chiamato Alex Burgess. Trama In un futuro imprecisato, nella metropoli londinese, vive il giovane Alexander "Alex" DeLarge, un ragazzo di famiglia operaia eccentrico, colto ed antisociale. Alex è il capo dei Drughi, una banda criminale composta da lui e da altri tre ragazzi, Pete, Georgie e Dim. I quattro trascorrono il tempo dedicandosi per puro divertimento ad abusi sessuali, furti e ultraviolenza, ritrovandosi nel locale Korova Milk Bar per consumare lattepiù, ossia latte "migliorato" con mescalina e altre sostanze stupefacenti. Al calare della notte, la banda commette molti atti criminosi, quali aggredire e malmenare un anziano senzatetto ubriaco, affrontare la gang rivale di Billy Boy abbigliata con uniformi naziste, scorrazzare per le strade con un'auto sportiva rubata provocando incidenti e infine fare quello che chiamano la "visita a sorpresa", ovvero recarsi ad un'abitazione isolata, farsi aprire la porta dicendo di avere un amico in fin di vita a seguito di un incidente e poi, una volta entrati, commettere violenze ai danni degli abitanti. A farne le spese sono lo scrittore Frank Alexander e sua moglie: una volta entrati nella loro casa, i quattro assaliscono l'uomo e stuprano la donna. Soddisfatti della serata, i Drughi tornano al Korova per un ultimo "bicchiere". Nel locale, una donna improvvisa un bel canto interpretando lInno alla gioia di Friedrich Schiller dal 4° movimento della Sinfonia n. 9 op. 125, composta da Ludwig van Beethoven, idolo di Alex. Dim schernisce la donna con una pernacchia e Alex, che nonostante il suo comportamento violento non accetta la maleducazione e l'insolenza, gli colpisce violentemente le gambe con il suo bastone. Dim, indignato, chiede ad Alex una sfida, ma davanti al coraggio di questi (che gli ribatte dicendo di scegliere con quali armi affrontarsi) decide di lasciar correre, dicendo di essere stanco. Giunto a casa, Alex nasconde il bottino delle scorrerie nella sua stanza e, ascoltando di nuovo la Nona di Beethoven, si addormenta sognando epiche scene catastrofiche, come esecuzioni, esplosioni, eruzioni vulcaniche e flagellazioni bibliche. La mattina seguente, la madre di Alex sprona il figlio ad andare a scuola, ricordandogli che non ci è andato mai durante la settimana, ma lui le risponde di voler stare a casa in quanto avrebbe un terribile mal di testa (Alex si riferisce sempre alla testa ed al cervello con il termine "Gulliver") e dovrebbe riposarsi per riprendersi e guarire. La donna accetta passivamente le motivazioni del figlio, riferendole al marito; dal momento che Alex ha raccontato ai genitori che di notte si dedica a vari lavori, i genitori si chiedono di cosa si tratti, ma non potendo o non volendo approfondire la questione si dimostrano completamente impassibili. Alzatosi dal letto, Alex scopre che la madre ha fatto entrare in casa il signor Deltoid, ispettore giudiziario minorile. Deltoid ricorda ad Alex che è già stato condannato una volta e che un'altra eventuale condanna lo porterebbe non più al riformatorio ma in carcere, e questo per Deltoid rappresenterebbe il primo fallimento, che non intende accettare. L'ispettore riferisce poi ad Alex di essere a conoscenza della rissa dei Drughi con la banda di Billy Boy e che sono stati fatti i loro nomi, ma che tuttavia mancano le prove per incriminarli. Alex spudoratamente tranquillizza Deltoid, affermando di essersi tenuto lontano dai guai. In seguito Alex esce di casa e si reca in un negozio di dischi per ritirare una sua ordinazione. Qui vede al bancone due belle ragazze e decide di invitarle a casa sua "per ascoltare qualche disco". Giunti a destinazione, i tre hanno un rapporto sessuale con il sottofondo del Guglielmo Tell. Tra i vari dischi esposti nel negozio si possono scorgere il vinile della colonna sonora di 2001: Odissea nello spazio (si tratta in realtà di una raccolta dei temi musicali principali di vari film, tra cui il film di fantascienza di Kubrick), Magical Mystery Tour dei Beatles e Atom Heart Mother dei Pink Floyd. Più tardi, scendendo le scale del suo condominio, Alex trova i Drughi ad aspettarlo. Dim si mostra sarcastico e Alex ricambia minaccioso le sue battute. Georgie lo blocca dicendogli che ci saranno delle novità: la prima è che Alex non dovrà più sfottere Dim, la seconda è il dissenso sulla spartizione del bottino delle loro scorrerie, che finisce sempre per la maggior parte nelle mani di Alex, ed infine accenna a un piano per un furto da compiersi quella stessa notte. Usciti dal palazzo, Alex pensa che da quel momento Georgie diventerebbe il capo della banda e prenderebbe le decisioni con l'appoggio di Dim, quindi decide di ristabilire le posizioni: mentre il gruppo sta camminando accanto a un lago artificiale, Alex, ispirato dall'ouverture della Gazza ladra di Gioacchino Rossini, assale selvaggiamente i due e li getta in acqua e ferisce Dim ad una mano con il suo coltello. Dopo la rissa, il gruppo si ritrova in un pub, dove Alex ribadisce la sua leadership e convince Georgie a illustrargli il piano sul furto. Georgie intende rapinare, con le modalità della "visita a sorpresa", una casa adibita a clinica per dimagrire, in cui vive solo l'attempata proprietaria con un gran numero di gatti. La sera stessa i quattro si recano sul posto ed Alex tenta il solito approccio, ma la donna, sentendo pronunciare le stesse parole di cui si parlava nella notizia relativa all'episodio di violenza della notte precedente, non apre e chiama la polizia. Alex riesce comunque a entrare da una finestra e, dopo uno scambio di feroci battute e una breve colluttazione, viene colpito dalla donna con un soprammobile, per poi riuscire a colpirla a sua volta con una scultura a forma di fallo, uccidendola. Udendo le sirene della polizia in arrivo, Alex tenta di fuggire, ma i Drughi lo stanno aspettando, desiderosi di vendicarsi, e Dim lo colpisce con una bottiglia di latte in faccia, lasciandolo ferito in balia della polizia. Arrestato, Alex viene picchiato dai poliziotti, che mal sopportano la sua strafottenza. Sopraggiunge anche Deltoid, che riferisce ad Alex la morte della donna e, furibondo per aver fallito nei suoi confronti, gli sputa in faccia. Dopo un breve processo, Alex viene condannato a 14 anni di carcere per omicidio. In prigione Alex si sente come una preda in mezzo a un branco di predatori, tra uomini violenti e perversi quanto e più di lui. Decide così di mantenere una buona condotta, si guadagna le simpatie del cappellano e impara a memoria alcuni spezzoni della Bibbia, naturalmente prediligendo quelli che gli richiamano episodi di violenza e sesso (ad esempio la flagellazione di Cristo), che evidentemente gli mancano. Dopo aver scontato due anni di carcere, viene a conoscenza di un'iniziativa del nuovo governo entrato in carica, che promette la scarcerazione immediata a patto che ci si sottoponga a un innovativo programma di "rieducazione": il trattamento Ludovico. Alex si fa quindi notare dal Segretario per gli affari interni, in visita al carcere, viene scelto per il trattamento e, con il pensiero rivolto al fatto che tornerebbe in libertà dopo solamente due settimane, accetta tutte le condizioni. Nonostante lo scetticismo del direttore della prigione e del capo delle guardie, Alex viene trasferito in un centro medico dove incomincia la cura. Il trattamento consiste nella somministrazione di farmaci unita alla visione di lungometraggi in cui sono contenute scene di violenza, con il protagonista che viene legato a breve distanza dallo schermo e costretto a tenere gli occhi aperti con delle pinze sulle palpebre. Le scene di violenza, insieme con l'effetto dei farmaci, incominciano a provocare in lui delle sensazioni di dolore e di nausea che tendono ad aumentare a mano a mano che il trattamento prosegue, fino a coinvolgere, oltre alle immagini di violenza e di abuso sessuale, anche la musica di sottofondo della proiezione che, durante la visione di un documentario su Adolf Hitler, è la nona Sinfonia di Beethoven. Al termine della cura Alex viene portato in una sala e sottoposto ad alcune prove a cui assistono, oltre al Segretario per gli affari interni, alcune importanti autorità, per mostrare loro il buon risultato del condizionamento. Dapprima Alex subisce maltrattamenti e umiliazioni da parte di un attore e rimane impotente perché, appena cerca di reagire violentemente, viene assalito dalla fortissima sensazione di nausea. Nella seconda parte del test entra in sala una ragazza in topless ed Alex allunga le mani verso il suo seno tentando di toccarlo, ma viene nuovamente colto dalla nausea e si accascia a terra dolorante. Il Segretario osserva compiaciuto il successo del trattamento Ludovico e dichiara di volerlo sfruttare per risolvere i problemi della criminalità violenta e del conseguente affollamento delle prigioni, mentre il cappellano del carcere contesta l'annullamento del libero arbitrio nei confronti del soggetto, il quale non sceglie liberamente di operare il bene, ma è costretto ad astenersi dalla violenza solo a causa della sofferenza e del dolore che gli vengono provocati quando tenta di esercitarla. Alex viene quindi scarcerato, ma il suo rientro nella società è tragico: tutte le persone che prima, quando lui era forte e violento, erano state sue vittime, ora che la situazione si è capovolta ed è lui a essere completamente indifeso e innocuo, gli si ritorcono contro e prendono il suo posto nel comportarsi da carnefici, vendicandosi. Tornato a casa, scopre che i suoi genitori hanno affittato la sua stanza a un altro ragazzo, che si mostra ostile e provocatorio nei suoi confronti: Alex vorrebbe aggredirlo, ma viene bloccato dalla nausea, così se ne va di casa senza essere trattenuto dai familiari. Vagando per la città incontra casualmente il barbone aggredito anni prima, il quale, dopo averlo riconosciuto, si vendica picchiandolo insieme con altri anziani senzatetto, e di nuovo Alex non riesce a reagire perché quando ci prova viene sempre colto dalla nausea. A ripristinare l'ordine intervengono due poliziotti, che però sono proprio Dim e Georgie, divenuti ora tutori della legge. I due, quando lo riconoscono, ancora rancorosi per le sue prevaricazioni e consapevoli che la cura ha reso Alex incapace di difendersi, lo portano fuori città ammanettato e lo torturano immergendogli la testa in una vasca piena d'acqua e percuotendolo con il manganello. Ferito e disperato, Alex arriva ad una casa e chiede aiuto, ma la casa è quella dello scrittore Frank Alexander, diventato invalido e vedovo dopo la morte della moglie, dovuta a suo avviso allo shock che la donna ha subito durante e dopo lo stupro. In un primo momento lo scrittore non riconosce Alex, per via del travestimento che portava all'epoca dell'aggressione. Frank è un oppositore del governo e, riconoscendo Alex come una vittima del trattamento Ludovico e dei maltrattamenti delle forze dell'ordine, promette di aiutarlo, quindi gli prepara un bagno caldo e convoca a casa sua altri oppositori politici allo scopo di screditare il governo ed i suoi modi di agire. Ripresosi, Alex incomincia a cantare nella vasca da bagno Singin' in the Rain. Lo scrittore riconosce allora la voce dell'autore della violenza subita ed escogita un metodo che gli consente di vendicarsi ed allo stesso tempo di mostrare gli effetti del trattamento agli altri esponenti anti-governativi: prima fa addormentare Alex facendogli bere del vino in cui ha messo del sonnifero, poi lo chiude in una stanza e gli fa ascoltare ad alto volume la Nona sinfonia di Beethoven, provocandogli un dolore straziante. Alex si convince quindi a cercare nella morte la liberazione dalla sua sofferenza e si getta dalla finestra. Si risveglia molto tempo dopo in un letto d'ospedale, dopo un lungo coma. Raggiunto dai genitori, li respinge duramente, memore del loro comportamento durante e soprattutto dopo la permanenza in carcere. Nel periodo della convalescenza, una psichiatra lo sottopone a un test nel quale deve aggiungere una battuta mancante in alcune vignette. Alex risponde con spacconeria e strafottenza, rendendosi presto conto di non provare più il malessere da cui veniva colto a seguito del trattamento Ludovico ogni volta che tentava di comportarsi in modo violento, mutamento dovuto probabilmente allo shock intervenuto a seguito del tentato suicidio e alle cure ricevute durante il coma. Nel frattempo la stampa, venuta a conoscenza dell'accaduto, attacca duramente il governo per i metodi coercitivi usati sul protagonista. Un giorno Alex riceve una visita del Segretario per gli affari interni, il quale, con atteggiamento remissivo e conciliante, gli promette un lavoro e l'aiuto del governo in cambio della sua collaborazione, per mettere fine allo scandalo causato dalla vicenda, e lo informa che lo scrittore Alexander è stato messo, insieme con i suoi colleghi cospiratori, in condizione di non poterlo più infastidire. Alex accetta subito l'accordo ed ottiene di diventare il capo della polizia. La macchina della propaganda si mette immediatamente in moto e un grande numero di giornalisti e di fotografi entra nella stanza dove Alex e il Segretario, stringendosi con grande cordialità la mano, rassicurano l'opinione pubblica in merito alla loro nuova amicizia. Alex immagina la sua nuova vita, da trascorrere come prima tra sesso, musica e violenza, ma libera dalle angosce dovute alla legge, della quale lui ora è al servizio. Produzione Cast La performance di Malcolm McDowell in Se... attirò l'attenzione di Stanley Kubrick, che successivamente lo avrebbe scritturato nel 1971 per il suo adattamento del romanzo A Clockwork Orange di Anthony Burgess. In aggiunta, McDowell sfruttò l'esperienza della sua interpretazione in Se... come ispirazione per il protagonista di Arancia meccanica, Alex DeLarge. Avendo ricevuto il copione da Kubrick, McDowell era incerto su come interpretare il personaggio di Alex, e così contattò Lindsay Anderson, chiedendogli consiglio. McDowell raccontò la storia: Riprese Con un budget di 2,2 milioni di dollari e una piccola troupe, Kubrick detiene il controllo totale del progetto e come compenso ha diritto al 40% degli incassi. A differenza dei suoi film precedenti, Kubrick decide di avere un approccio più caotico; a volte lo stesso Kubrick con la cinepresa sulla spalla si posizionava sulla scena per riprendere in prima persona. Il regista inoltre fa un grande uso del grandangolo, che esaspera le prospettive. Il critico Roger Ebert affermò nella sua recensione del film che la tecnica di Kubrick che si nota di più è appunto il grandangolo: esso è usato sugli oggetti abbastanza vicini allo schermo, e questa inquadratura tende a distorcere i bordi delle immagini. Le riprese del film incominciarono il 7 settembre 1970 per concludersi il 7 febbraio 1971. Esterni Kubrick decide di girare molte scene di Arancia meccanica in esterno a Borehamwood: sono state usate delle piccole stanze di una fabbrica per costruire le ambientazioni del Korova Milk Bar e della prigione, mentre la strada dove scorrazzano i drughi è anch'essa a Borehamwood; tutto si svolgeva al massimo a 2-3 chilometri da casa di Kubrick, tranne l'università dove sono state girate le scene della cura Ludovico. Altri: Alex vive nella zona del Thamesmead South Housing Estate nel sud est di Londra. La rissa tra Alex e i suoi drughi, sulle note de La gazza ladra di Gioacchino Rossini, avviene sulle rive del Southmare Lake, un laghetto artificiale nella zona di Thamesmead South. Lo stupro della moglie dello scrittore Alexander è girato nella Skybreak House, nell'Hertfordshire, nella cittadina di Radlett, una villa progettata dal famoso architetto Sir Norman Foster. Alex si getta dalla finestra dall'Edgwarebury Hotel in Elstree, Londra. La rissa tra i Drughi e la banda di Billy Boy avviene sulla Taggs Island, nei pressi dell'Hampton Court Palace. Il centro medico Ludovico è in realtà la Brunel University, Uxbridge, a ovest di Londra. Il sud-ovest di Londra è stato utilizzato per diverse location del film, in particolare la zona di Wandsworth. In questa zona si trova il sottopasso dove è stata girata la celebre scena in cui Alex e la sua banda pestano un vecchio alcolizzato. Il barbone e Alex si rincontrano dopo la "cura" sulle rive del Tamigi, in prossimità dell'Albert Bridge, a Chelsea. Anche l'incontro tra Alex e le due ragazze nel negozio di dischi è stato girato nel Chelsea Drugstore a King's Road. Gli interni della casa di Alex sono stati girati al 56 Stratfield Rd, Borehamwood, a breve distanza dagli studi cinematografici dove sono state girate le poche sequenze non filmate in posti reali. Qui è stata apposta nel 2006 una targa commemorativa. Design e scenografia Il riferimento estetico più diretto del film è la pop art, con riferimenti a Piet Mondrian e alla optical art (esempi ne sono la casa di Alex e dello scrittore Alexander); si possono trovare però molti altri riferimenti, tra cui alcuni verso l'opera di Roy Lichtenstein e Constantin Brâncuși. L'arredamento degli interni è, secondo l'architetto Massimiliano Fuksas, di transizione tra anni sessanta e anni settanta, tendente verso questi ultimi: L'estetica del film presenta chiari riferimenti sessuali, che vanno dalla scultura di ceramica in casa della donna dei gatti ai gelati che le due ragazze al bancone del negozio di musica stanno leccando; infatti, secondo Kubrick, niente riesce a risvegliare lo spettatore dal torpore meglio del sesso. Costumi La creazione dei costumi è affidata a Milena Canonero, la quale, in accordo con Kubrick, decide che i costumi dei drughi debbano essere un incrocio tra la divisa di un poliziotto e di un supereroe perverso e decide di colorarli di bianco, colore che rappresenta la purezza ma anche l'asetticità, la malattia e i cadaveri. Secondo lo stilista Elio Fiorucci, Kubrick ha giocato con l'immagine e il vero contenuto delle cose; il bianco, che dovrebbe trasmettere purezza e sicurezza, è in questo caso un bianco "degenerato"; esempio ne è anche il latte, che è bianco e trasmetterebbe sicurezza, ma in realtà è degenerato, poiché all'interno vi sono delle droghe: Per la scena di violenza ai danni della signora Alexander, la cui calzamaglia viene tagliuzzata dalle forbici per mano di Alex, la Canonero ha dovuto confezionare numerosi capi simili in quanto la scena è stata provata diverse volte. Colonna sonora Il film utilizza brani di musica classica molto conosciuti: di Rossini è utilizzata l'ouverture del Guglielmo Tell e le note della sua famosa opera La gazza ladra; di Beethoven, invece, il secondo movimento e, quale leitmotiv del film destinato a rimanere celeberrimo, il quarto movimento, lInno alla gioia, dalla Nona sinfonia. In un'intervista televisiva Malcolm McDowell racconta che l'utilizzo della canzone Singin' in the Rain nel film fu del tutto casuale. Durante le riprese della scena del pestaggio e dello stupro a casa dello scrittore, Kubrick, non riuscendo a girare la scena in maniera convincente, chiese a McDowell di provare a cantare e ballare. McDowell improvvisò così Singin' in the Rain: Kubrick ne rimase così entusiasta che dopo solo tre ore aveva già acquistato i diritti della canzone. Wendy Carlos Wendy Carlos era reduce nel 1971, anno di esordio di Arancia meccanica, dal successo planetario dei suoi due album d'esordio, Switched-On Bach e The Well-Tempered Synthesizer, nei quali aveva sottoposto pagine bachiane a rielaborazioni puramente timbriche avviando e via via avvalorando il fraintendimento della musica elettronica come "genere" commerciale e di facile godibilità. Carlos si pone a ponte tra rigorosa ricerca elettronica e musica pop: mette a punto arrangiamenti strumentali che dell'elettronica utilizzano l'ampio strumentario, come il sintetizzatore Moog, e non certo i linguaggi sperimentali, oggetti di riforma negli studi fonologici. La compositrice non si spinge oltre elementi coloristici e suggestioni timbriche, però Kubrick resta estasiato dalla capacità della musica di Carlos d'offrire punti di vista proiettati verso un futuro tecnologico, con prospettive d'inquietudine. Le soluzioni proposte da Carlos sembrano offrire a Kubrick un'elettronica moderatamente innovativa tanto da donare nuovi punti di vista, o di ascolto, inediti e non ortodossi su testi musicali carichi di secoli. Questo modo di fare e di usare la tecnologia, chiamata da Bernardi "progressismo al rallentatore", colpisce il regista inglese che si fida della tecnologia ma che è segretamente inquieto di fronte a distacchi bruschi dalla terraferma della tradizione. Al primo impatto con il pubblico la presunta lesa sacralità beethoveniana di Arancia meccanica scatena un autentico vespaio finendo per addebitare al film una trasgressività, rivelatasi fittizia. Funeral of the Queen Mary La musica, scritta originariamente da Henry Purcell, è usata come tema principale del film, variata da Wendy Carlos. Appare sin dalla prima scena nel Korova quando presenta Alex e i tre Drughi; è interessante notare come all'interno del brano, Carlos abbia inserito il celeberrimo tema del Dies irae, forse per connotare subito che tutto il film è una maledetta vicenda. Il tema è udito ancora più tardi quando i quattro tornano al Milk Bar. La musica viene inoltre sentita dopo la cura Ludovico, quando Alex si trova con la ragazza a torso nudo. Più tardi la musica viene riusata quando il protagonista viene picchiato dai due Drughi ormai diventati poliziotti. Un'altra versione della musica, suonata con altri strumenti e molto più veloce e allegra, appare quando Alex torna a casa dopo essere stato al Korova, introdotta fischiettata da lui stesso e, in seguito, quando Alex è ricoverato in ospedale e riceve la visita dei genitori. Timesteps L'unico brano originale è Timesteps ed è frutto turbinoso della tastiera Moog di Walter/Wendy Carlos; la pagina è stata scritta prima della stesura del film ed è stata ispirata dal romanzo di Burgess. Questa composizione è usata nel film nella sequenza in cui Alex viene sottoposto alla visione forzata di brutalità e orrori assortiti. In questo passaggio vengono messe in evidenza le voci trasfigurate dal vocoder dove si dà consistenza fonica alla sgradevolezza del trattamento clinico, trasponendo così in una diversa sfera sensoriale le tormentose conseguenze di quella terapia. Questo brano produce un'indefinita e sensibile immedesimazione anche senza che la regia carichi di tinte della ripugnanza, lo spettatore condivide con nausea alle atrocità cui assiste. Musica classica Il gioco dei contrari tipicamente kubrickiano s'innesta soprattutto sull'amore di Alex verso la musica classica: nella distorta visione del mondo e dei rapporti sociali, Beethoven viene assunto come summa di contenuti e ideologie e come tale attaccato e trasgredito. È possibile tracciare una duplice partizione tra la figura di Alex e la musica. Nella prima, la versione di Alex come "capo Drugo", istintivo e pieno di pathos ingovernabile è affidato alle pagine di Rossini. Nella seconda, Alex, ripulito dalle pulsioni violente, è associato alle pagine beethoveniane, che nel film troviamo unite alle sue fantasie a occhi aperti così come alle visioni dei film "terapeutici" sul nazismo. Beethoven Le note beethoveniane sono il palinsesto principale su cui poi Kubrick plasma le immagini e gli stacchi di montaggio, come sui dettagli dei crocefissi oltraggiosi di Alex, che seguono pedissequamente le scansioni ritmiche del secondo tempo (Molto vivace). Il significato generalmente connesso alla Nona Sinfonia (e in particolare al conclusivo Inno alla gioia, ode alla concordia, all'amicizia e all'ordine) viene ribaltato e il brano finisce per fare da sfondo e da stimolo alle scene di violenza più bestiali. Nella gioia di Alex non troviamo più nulla di gaio, semmai il suo uso distorto e riscontrabile nelle diverse sequenze in cui il pezzo è utilizzato, associato alle immagini atroci delle parate naziste durante la "cura Ludovico" sia come sottofondo della vendetta di Mr. Alexander. Rossini Louverture del La gazza ladra assume, fin dall'inizio, la funzione di vero e proprio leitmotiv della violenza: s'ascolta il ritmo danzante e la vitalità di questo brano durante lo scontro con la banda di Billy Boy nel teatro abbandonato, durante il viaggio sulla Durango verso la casa di Mr. Alexander, nella colluttazione con la signora dei gatti o provenire da un posto imprecisato e suggerire al protagonista atti brutali. I rilanci sempre più caricati nel crescendo, l'artificio del ribattuto e la ripetitività tematica, caratteristiche rossiniane, sono qui tutte funzionali con naturalezza ed esattezza di tempi e gesti. Le scene di violenza acquisiscono così un aspetto gioioso e, quasi, liberatorio. L'allegro vivace del Guglielmo Tell, ancora di Rossini, è in versione molto accelerata e ben si sposa in virtù del dinamismo irrefrenabile e della carica ironica che pervade il rapporto di Alex con due ragazze abbordate in un negozio di dischi: qui troviamo l'elemento ritmico del crescendo, progressivamente più frenetico e incalzante, che viene spinto a un'esasperata eccitazione emotiva, in sintonia con il visivo, finché il ritmo da martellante si fa sovreccitato, mitragliante, a evocare l'inesauribilità di energie e l'ingordigia animalesca. LAndante dellOuverture del Guglielmo Tell, affidato a cinque violoncelli, è pervaso da un'atmosfera di rassegnata, dolente meditazione in cui viene a essere una caricatura sonora di un'afflizione teatrale e stucchevole. L'Ouverture to the Sun, del gruppo folk psichedelico Sunforest, è un brano dal sapore medioevale in cui emerge il tamburello, utilizzato nella dimostrazione post-esperimento, per verificare in pubblico la guarigione dalle pulsioni violente. Singin' in the Rain Questo brano è reso insostenibile e oltraggioso dalla combinazione con le immagini del feroce pestaggio; una sintesi inaccettabile, a detta di molti, tanto per la messa in scena traumatizzante di per sé che per l'indisponente formulazione audiovisiva. Alex intona con disumana euforia questa canzone durante l'aggressione ai danni dello scrittore Alexander e di sua moglie, facendo sì che le pause ritmiche del brano siano cadenzate (e sottolineate) "a tempo" dai calci e dalle bastonate che egli sferra ai due malcapitati. In questo passaggio si riconosce l'ironia kubrickiana giocata sulla contraddizione tra l'evento messo in scena e l'innocenza evocativa: è impossibile non andare con la memoria alle evoluzioni festose di Gene Kelly sotto l'acquazzone. La scena del musical è l'emblema dell'amore e della gioia di vivere; in Arancia meccanica la stessa canzone alimenta e ratifica una lucidità aggressiva, che incanala in senso distruttivo gli impulsi che Kelly aveva risolto in senso positivo. L'analogia tra i due lungometraggi è nella danza, che nel film di Kubrick diventa una macabra marcia di violenza, le cui movenze sembrano le cadenze di un balletto assai brutale. Un uso altrettanto incongruo e irriverente della musica che possiamo riscontrare almeno in altre due situazioni: nell'utilizzo di I Want to Marry a Lighthouse Keeper ("Voglio sposare il custode di un faro") di Erika Eigen associato al ritorno a casa di Alex, che è tutto fuorché un'illuminazione e nell'ouverture del Guglielmo Tell (rielaborata al sintetizzatore da Wendy Carlos) di Rossini (1792 - 1868) che accompagna la sequenza dell'orgia, giocata sia visivamente sia musicalmente sull'accelerazione. Il gioco grottesco che si innesta è valorizzato dal fatto che il brano è comunemente conosciuto come la "cavalcata del Guglielmo Tell". La revisione attuata da Kubrick, a carico del motivetto di Singing in the rain, è meno eccessiva e stravagante di quanto pare. Sussiste in realtà una coerenza, occulta ma ferrea, che è quella dell'antagonismo, inconciliabile solo in apparenza tra i poli del dualismo apollineo / dionisiaco. Alex è esuberanza animale, energia vitale allo stato puro e affrancato da codici morali, ma è anche prodotto di una società e di una cultura persuasiva e pervasiva. Nulla di più naturale quindi che, per un individuo come Alex formato a dosi energiche di cultura massificata e privo di riferimenti alternativi, lInno alla gioia dalla Nona sinfonia beethoveniana, Sheherazade di Rimskij-Korsakov (1844 - 1908) e Singin' in the Rain coincidano con espressioni di gioia incontrollata. Non sembra sussistere la gratuità logica nella soluzione che affida a Singin' in the Rain le truci cadenze del pestaggio: anche i conti della pertinenza sembrano tornare, giacché il giovanotto è prodotto della cultura del suo tempo cui attinge a proposito e sproposito. Dal momento che la pratica e il compiacimento della violenza gratuita allontanano emotivamente lo spettatore da Alex, è indispensabile riportare lo spettatore a coordinate più "normali" e universali, condivise e condivisibili, quindi Kubrick opta per l'individuazione e valorizzazione di un punto di contatto. Con questa operazione, il cineasta americano sceglie Singin' in the Rain e lInno alla gioia come punto di contatto tra il pubblico e Alex, visto che quest'ultimo risulta figlio di un'alterità sociale. Queste pagine, infatti, avvicinano il protagonista, attraverso l'accessibilità del linguaggio sonoro, al pubblico (pratica non nuova nei lavori di Kubrick). La ricerca di capisaldi musicali (e no) di estrema notorietà e di effetto collaudato sono riconducibili anche a quella che Ghezzi chiama "la popolarità della comunicazione", ovvero l'attrattiva e accessibilità di linguaggi e modelli su cui Kubrick non ha l'abitudine di lesinare e che non disprezza l'impiego di cavalli di battaglia impiegati con intenzioni allusive e simboliche, come in Eyes Wide Shut (1999) con Strangers in the Night. Distribuzione Data di uscita Arancia meccanica esce una prima volta nel dicembre del 1971 negli Stati Uniti, in un'anteprima assoluta a New York, ma l'accoglienza è al di sotto delle aspettative di Kubrick e della Warner Bros. Successivamente esce in Gran Bretagna il 13 gennaio 1972 e negli USA dal 2 febbraio in ampia distribuzione e dopo le revisioni del regista e della Warner Bros., il film incassa oltre 114 milioni di dollari in tutto il mondo (ne era costati 2). In Italia, dopo la proiezione a Venezia, arriva nei cinema dal 7 settembre 1972, vietato ai minori di 18 anni. Divieti Nonostante Kubrick intendesse condannare la violenza invece di fomentarla, lettere minatorie dalla Gran Bretagna arrivarono a Kubrick e alla sua famiglia, tanto da indurre il regista stesso a chiedere e ottenere dalla Warner Bros. il ritiro della pellicola dalle sale locali. Nella maggior parte dei paesi del mondo (Italia compresa) il film fu vietato ai minori di 18 anni per le numerose scene di efferata violenza e divenne uno dei bersagli preferiti della censura. Anche in Italia il film divise, e il provvedimento di divieto ai minorenni durò fino al 1998, quando una sentenza del Consiglio di Stato lo abbassò ai minori di 14 anni rendendo così il film fruibile anche sul piccolo schermo. Il film era stato nel frattempo pubblicato in VHS dalla Warner Home Video in più edizioni a partire dal 1988, mettendo in evidenza il divieto ai minori di 18 anni. Nonostante la riduzione del divieto, per nove anni né Rai né Mediaset si mostrarono interessate a sfatare quello che da un quarto di secolo era considerato "tabù televisivo": a parte un unico passaggio (1999) nella TV a pagamento (Tele+), Arancia meccanica rimase invenduto fino a quando Telecom Italia Media non ne acquisì i diritti per poi trasmetterlo finalmente in chiaro su LA7. Il 25 settembre 2007, preceduto dal documentario La meccanica dell'arancia condotto dal regista Alex Infascelli, il film ruppe questo tabù dopo le ore 22:30 (come previsto per le pellicole vietate ai minori di 14 anni), 35 anni dopo la sua uscita cinematografica. In seguito il film è stato trasmesso anche dalle tre principali emittenti televisive Mediaset. Dall'aprile 2019 a marzo 2020 il film è stato disponibile in Italia sulla piattaforma Netflix, con l'indicazione di divieto per i minori di 18 anni. Edizione italiana Il doppiaggio italiano del film venne eseguito dalla C.V.D. e diretto da Mario Maldesi su dialoghi di Roberto De Leonardis. La difficile traduzione del copione in italiano venne curata dallo sceneggiatore e giornalista Riccardo Aragno, amico personale di Kubrick. Fu Federico Fellini che consigliò a Kubrick di affidarsi a Maldesi per l'edizione italiana della pellicola, però a patto che il missaggio fosse eseguito a Londra da Kubrick in persona senza alcuna supervisione: il regista scrisse allora una lettera a Maldesi per vincere le sue resistenze con la promessa che non avrebbe apportato modifiche al doppiaggio da lui eseguito; Maldesi accettò e anche la scelta delle voci fu concordata con Kubrick: per la voce di Malcolm McDowell, Maldesi provinò anche Giancarlo Giannini ma lo scartò, preferendo il timbro metallico e freddo di Adalberto Maria Merli, scelta approvata da Kubrick. Il doppiaggio, che segnò l'inizio del lungo sodalizio artistico tra Kubrick e Maldesi, venne eseguito negli Stabilimenti Fono Roma a Roma e affidato a celebri attori di teatro. Accoglienza Critica All'uscita il film ebbe elogi da parte di Federico Fellini e Akira Kurosawa. Achille Bonito Oliva, critico d'arte, afferma che Kubrick riesce a profetare anche il pericolo di una violenza "estetizzante": Inoltre, sempre secondo Oliva e il giornalista Andrea Purgatori, Kubrick nel film espone non le soluzioni, ma solo i problemi; proprio in questo, secondo Oliva, si trova la grandezza stoica e laica del regista. Il Mereghetti, famoso dizionario dei film curato da Paolo Mereghetti, assegna al film 4 stelle (il massimo voto possibile), e lo definisce: «Kubrick trae una specie di pamphlet antiutopico sul nostro futuro prossimo, dove dominano violenza e frustrazione sessuale frutti del disorientamento e dell'impossibilità di realizzare i propri desideri. Al centro, il problema della libertà di scelta raccontato senza falsi moralismi. Per questo le scene di violenza (di una brutalità cruda fino ai limiti della sopportabilità ma ironicamente commentate dalla musica) sono necessarie e non gratuite. La straordinaria forza emotiva del film nasce dalla somma di molti elementi: i materiali della cultura alta volgarizzati da quella di massa (l'arte moderna del Korova Milk Bar e la casa dell'amica dei gatti; le arie di Rossini e di Beethoven), il linguaggio gergalizzato, la sistematica distruzione dell'illusione di realtà (accelerazioni, ralenti, grandangoli), la colonna musicale (elaborata elettronicamente da Wendy Carlos). Nel 1971 fu uno shock, oggi è ancora un salutare pugno nello stomaco.» Il Morandini, dizionario di recensioni cinematografiche di Laura, Luisa e Morando Morandini, afferma che: Riconoscimenti 1972 - Premio Oscar Candidatura Miglior film a Stanley Kubrick Candidatura Migliore regia a Stanley Kubrick Candidatura Migliore sceneggiatura non originale a Stanley Kubrick Candidatura Miglior montaggio a Bill Butler 1972 - Golden Globe Candidatura Miglior film drammatico Candidatura Migliore regia a Stanley Kubrick Candidatura Miglior attore in un film drammatico a Malcolm McDowell 1972 - Festival di Venezia Premio Pasinetti a Stanley Kubrick 1973 - Nastro d'argento Regista del miglior film straniero a Stanley Kubrick Candidatura Miglior film straniero 1973 - Premio BAFTA Candidatura Miglior film Candidatura Migliore regia a Stanley Kubrick Candidatura Migliore sceneggiatura non originale a Stanley Kubrick Candidatura Migliore fotografia a John Alcott Candidatura Migliore scenografia a John Barry Candidatura Miglior montaggio a Bill Butler Candidatura Miglior sonoro a Brian Blamey, John Jordan e Bill Rowe 1973 - Kansas City Film Critics Circle Award Miglior film Candidatura Miglior regista a Stanley Kubrick 1972 - Premio Hugo Miglior rappresentazione drammatica c a Stanley Kubrick e Anthony Burgess 1971 - New York Film Critics Circle Award Miglior film Migliore regia a Stanley Kubrick Candidatura Miglior attore protagonista a Malcolm McDowell 1972 - DGA Award Candidatura Miglior regia a Stanley Kubrick 1972 - National Society of Film Critics Award Candidatura per Miglior film Candidatura per Miglior regia a Stanley Kubrick Candidatura per Miglior attore protagonista a Malcolm McDowell 1972 - WGA Award Candidatura per Miglior sceneggiatura non originale a Stanley Kubrick 1998 - Online Film & Television Association Miglior film Nel 1999 il British Film Institute l'ha inserito all'81º posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo. Influenza culturale Al film sono state dedicate innumerevoli citazioni. Cinema e televisione Il film ha ispirato il film turco intitolato La gang dell'arancia meccanica del 1974. Le pellicole Funny Games e il suo omonimo remake, entrambe dirette da Michael Haneke, sono ispirate ad Arancia meccanica. Nell'episodio 11 della quarta stagione di Miraculous - Le storie di Ladybug e Chat Noir, Kitthainse, si è ispirato all'omonima pellicola, con tanto di sigla d'apertura tutta sua, dove i Kitty Section (Luka, Juleka, Rose e Ivan) stanno seduti sul divano a sorseggiare latte come nella pellicola originale. La mela idraulica, una storia a fumetti di Nick Carter pubblicato sul Corriere dei ragazzi, n. 31 del 5 agosto 1973 e poi trasposta anche in cartone per il programma tv SuperGulp!, vede il trio investigativo alle prese con dei teppisti vestiti esattamente come i Drughi, facenti parte della "Banda della mela idraulica". Il detective ironizza sul titolo del romanzo definendosi capo della "Ciliegina ad orologeria". Nel 2007 il regista austriaco Simon Thaur ha diretto una versione pornografica di questo film, intitolato Avantgarde Extreme 53 - Scatwork Orange. Nell'episodio della quarta stagione dei Simpson Niente birra per Homer, Bart cerca di prendere dei dolci nello stesso modo in cui Alex tenta di violentare la ragazza, avendo poi una reazione simile. Nell’episodio della terza stagione Morire come un cane il cane di Bart, Piccolo Aiutante di Babbo Natale, viene sottoposto da Burns a un trattamento di ricondizionanento uguale a quello subito da Alex. Giallo meccanico, segmento della puntata La paura fa novanta XXV, è un'intera parodia di Arancia meccanica e di altri film di Kubrick. Nel l’episodio “Molto Apu per qualcosa” della ventisettesima stagione, Bart mette sul suo occhio un ciglio finto come quello di Alex nel film, seguito dall’esclamazione di Homer sul fatto che non avrebbe mai dovuto regalargli il film quando aveva cinque anni. Nel film La donna della domenica di Luigi Comencini il delitto attorno a cui ruota la trama viene compiuto con l'utilizzo di una statua di forma fallica. Nell'anime Zoku Owarimonogatari, nona stagione della serie Monogatari e adattamento della omoninma light novel, in una scena si vede il protagonista Koyomi Araragi con le palpebre forzatamente spalancate nella stessa modalità della cura Ludovico del film. Inoltre, sempre nella stessa scena, si vede per un istante il personaggio Yotsugi Ononoki vestita nello stesso modo dei drughi, ovvero con la calzamaglia bianca e la bombetta nera. Musica Danno dello storico gruppo rap italiano Colle der Fomento, nella canzone Quando verrà il momento, presente nell’album Odio Pieno del 1996, menziona Alexander nella strofa: “Sto coi miei lupi come Alex sta con i suoi drughi”. Il gruppo techno-pop anni ottanta Heaven 17, trae il proprio nome da una band immaginaria riportata nella top ten nel negozio di dischi e citati dalla ragazza come "I celestiali diciassette". Il videoclip del singolo The Universal dei Blur, diretto da Jonathan Glazer, è un esplicito omaggio al film di Kubrick. La scenografia è liberamente ispirata ai luoghi del film (soprattutto il "Korova Milk Bar") e il video ritrae i musicisti britannici nei panni dei famosi Drughi, con tanto di un Damon Albarn provvisto di ciglia finte e bombetta, proprio come Alex. Il video musicale della canzone Never Gonna Stop Me di Rob Zombie è un esplicito omaggio ad Arancia meccanica. Infatti nel video Rob Zombie è vestito come Alex, mentre gli altri componenti del gruppo sono vestiti da Drughi e tutti sono seduti al Korova Milk Bar, con in mano un bicchiere di "Latte più", e con i piedi poggiati su tavoli a forma di donne nude; inoltre non manca la reinterpretazione della scena della Durango 95, con i Drughi a bordo e Alex al volante. Anche il video musicale di Seven Nation Army, dei White Stripes, è una chiara citazione alla copertina della colonna sonora di Arancia meccanica, con gli iconici triangoli reiterati e i colori stilizzati. Il gruppo punk The Adicts ha ripreso l'abbigliamento usato dai Drughi. Un concept album sull'intreccio del film del gruppo metal Sepultura ha per titolo A-Lex (2009). Nell'album del 2001 Requiescat In Pace del gruppo thrash metal SRL, la seconda canzone A Lex è ispirata al protagonista del film. L'album Suck It and See della band indie rock inglese Arctic Monkeys prende il titolo dalla scritta sul muro fuori casa di Alex. Il video Beggars dei Mallory Knox è chiaramente ispirato al film, specialmente alla scena in cui Alex e i Drughi aggrediscono il senzatetto. Un'etichetta discografica specializzata in musica New Wave si chiamava Korova (per cui ha inciso il gruppo The Sound). La band alternative rock polacca Myslovitz ha intitolato il suo quinto album Korova Milky Bar. Il gruppo thrash metal torinese Ultra-Violence prende spunto dall'"ultra-violenza" di Alex per il nome; inoltre le copertine dei loro album raffigurano scene del film. Il cantante Achille Lauro ha preso spunto dal famoso latte bevuto dai Drughi nel film per il suo singolo Latte+. È menzionato in molte canzoni del rapper Noyz Narcos, quali Karashò, Drag you to Hell, Localz Only e Arancia meccanica. Il rapper Gué Pequeno nel brano Alex (tratto dal mixtape Fastlife 4) cita svariate volte il film e il suo protagonista. Altro Il nome Drughi Bianconeri è usato da una frangia della tifoseria della Juventus. Il nome originario del gruppo era proprio Arancia Meccanica. Il gruppo di tifoseria organizzata "Ultras Tito Cucchiaroni" utilizza Alexander come simbolo nel proprio logo. Inoltre questa frangia della tifoseria della Sampdoria ha sede nel quartiere genovese di Staglieno. La nazionale olandese del 1974 allenata da Rinus Michels e capitanata da Johan Cruijff, fu soprannominata Arancia meccanica per la tradizionale tenuta arancione. La finzione sfora nella realtà con alcuni fatti di cronaca nera a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, i cosiddetti colpi della Banda dell'Arancia Meccanica. Un gruppo di balordi di periferia, tra i quali un ex agente di polizia e una guardia giurata, compiva incursioni notturne nelle abitazioni di alcuni VIP romani, sottoponendoli a violenze e sevizie, un gioco che durò fintanto che funzionò l'arma del ricatto in cambio dell'omertà. Da questi fatti è stato tratto il libro di Dido Sacchettoni Le notti dell'arancia meccanica e a sua volta un film di Claudio Caligari, L'odore della notte (1998). Nel videogioco per Nintendo 64 Conker's Bad Fur Day viene citata la scena iniziale del film, con Conker che assume il ruolo di Alex. Differenze fra libro e film Arancia meccanica è, nel libro, il titolo di un romanzo scritto da Frank Alexander, che non compare nel film (per cui il titolo del film stesso resta irrelato). Nel libro Alex ha 15 anni all'inizio e 18 alla fine, mentre nel film, sebbene la sua età non venga specificata, ne dimostra molti di più (infatti l'attore Malcolm McDowell, all'epoca delle riprese ne aveva 27). Nella storia originale Georgie muore durante un colpo organizzato insieme con Pete e Dim, mentre Alex è già in prigione. Il serpente non figura nella storia originale, venne aggiunto dal regista quando scoprì che Malcolm McDowell era terrorizzato dai rettili. Il condizionamento musicale attivato su Alex riguarda nel libro tutta la musica classica, mentre nel film è solo la Sinfonia n. 9 di Beethoven (incluso ovviamente lInno alla Gioia). Notevoli differenze si riscontrano anche nei brani di musica classica citati, fra i quali troviamo in comune soltanto la stessa nona. Nel film si possono ascoltare La gazza ladra e Guglielmo Tell di Gioachino Rossini, Pomp and Circumstance di Edward Elgar, Musica per il funerale della regina Maria di Henry Purcell (rielaborata da W. Carlos). Invece nel libro sono citate tre composizioni immaginarie come i relativi autori (Das Bettzeug di Friedich Gitterfenster, «Nuovo concerto per violino» di Geoffrey Plautus, Sinfonia n. 3 di Otto Skadelig), alcuni pezzi e cantanti sempre fittizi di musica leggera. Fra i pezzi realmente esistenti troviamo nominati le sinfonie n. 38 (Praga), n. 40 e n. 41 (Jupiter) di Mozart, Concerto brandeburghese n. 6 «solo per viole e violoncelli» di Bach, Concerto per violino e Sinfonia n. 5 (quarto movimento) di Beethoven. Sono inoltre nominati G.F. Haendel, A. Schönberg, C. Orff e l'ouverture di Sogno di una notte di mezza estate di Felix Mendelssohn di cui Alex parla nell'ultimo capitolo quando spiega che «a diciotto anni non si è più tanto giovani», facendo presente che il musicista tedesco alla sua età vantava quel brano già in curriculum: lo compose infatti a diciassette anni. Temi Il messaggio di Kubrick è ironicamente pessimista: secondo il regista le nuove generazioni ottengono ciò che vogliono semplicemente prendendoselo; questo fanno il protagonista Alex DeLarge e i suoi Drughi. Kubrick affronta in Arancia meccanica il tema della contrapposizione tra la bestialità dell'uomo e quella più strutturale organizzata delle istituzioni, riflettendo la realtà, e i contrasti, del mondo dell'epoca: le lotte tra destra e sinistra estreme, opposte ma accomunate dalla sfiducia nella natura umana; le idee dei giovani contrapposte a quelle delle generazioni precedenti; gli ideali di pace e libertà e la guerra del Vietnam, o la Primavera di Praga. Per non parlare delle critiche alle istituzioni di governo e quelle carcerarie che come mostrato nel film, ignorano completamente le esigenze e più in generale l'individuo e cercano di "annullarlo". Celebre la scena dove viene chiesto l'aiuto del protagonista per placare i media in seguito al suo tentato suicidio indotto. Kubrick inoltre, rappresentando spesso la donna come oggetto, vuole fare una critica ai mass media del tempo. Da un punto di vista filosofico, Kubrick introduce, attraverso la cosiddetta Cura Ludovico, il tema del libero arbitrio. Libero arbitrio, che così come sostenuto dal cappellano della prigione, diviene il fondamento dell'umanità. Proprio il religioso, opponendosi alla Cura Ludovico, affermerà: "Il ragazzo non ha una vera scelta! Se cessa di fare il male, cessa anche di esercitare il libero arbitrio. Quando un uomo non ha scelta, cessa di essere uomo". Nadsat Il Nadsat è uno slang artificiale derivato dall'inglese con numerose influenze russe. Inventato dallo scrittore Anthony Burgess, è usato da Alexander DeLarge e dai suoi Drughi (, ). Lo stesso titolo inglese del film (A Clockwork Orange) sarebbe riconducibile a questa lingua. "Orange" infatti in Nadsat significa "uomo" e il titolo tradotto quindi diventerebbe "Uomo a orologeria", cioè presumibilmente pronto a "esplodere" in qualunque momento. Kubrick e Platone Da non trascurare l'ipotesi che la "cura Ludovico" costituisca una citazione esplicita dell'allegoria del Mito della caverna di Platone. Alex è sostituito agli uomini incatenati e costretti a guardare le ombre proiettate sulla parete dagli artefici e, come l'ipotetico uomo dell'allegoria che venga liberato, Alex non è poi in grado di interagire con la realtà esterna e di conseguenza ne diviene vittima. Infine c'è da considerare che lo spettatore del film vede sullo schermo raffigurata, in maniera allegorica, la sua stessa condizione (anch'egli nella "caverna" buia a guardare fisso delle ombre sullo schermo) in un infinito gioco di specchi. Suggestiva è anche l'ipotesi di Platone sulla necessità della giustizia, anche all'interno di una banda armata, tesi che verrà smentita dal marchese De Sade nel suo Justine o le disavventure della virtù, e attorno a cui sembra oscillare questo film di Kubrick: Alex tradisce gli amici e ne viene tradito a sua volta, non sapendo poi più fare del male subisce l'ingiustizia delle vittime, dimostrando però la necessità sociale di comportarsi bene e rispettare la libertà altrui, poiché nessuno in questo caso trae dei veri profitti, a differenza che in Sade. Note Bibliografia Voci correlate Anthony Burgess Lingua nadsat Altri progetti Collegamenti esterni Film Warner Bros. Film basati su opere di narrativa Film grotteschi Film diretti da Stanley Kubrick Arancia meccanica Film ambientati nel futuro Film ambientati a Londra Film girati a Londra Film fantapolitici Film distopici Film conservati nel National Film Registry
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Afnio
L'afnio è l'elemento chimico di numero atomico 72 e il suo simbolo è Hf. È un metallo di transizione di aspetto lucido e colore argenteo; chimicamente assomiglia allo zirconio e si trova spesso nei minerali di zirconio. L'afnio si utilizza in lega con il tungsteno nei filamenti e negli elettrodi ed è utilizzato come assorbente di neutroni nelle barre di controllo dei reattori nucleari. Storia L'afnio (dal latino Hafnia, l'attuale "Copenaghen") è stato scoperto da Dirk Coster e George Charles de Hevesy nel 1923 a Copenaghen, Danimarca. Già nella Tavola periodica degli elementi elaborata da Dmitrij Mendeleev nel 1869 era previsto un corrispondente più pesante del titanio e dello zirconio, anche se Mendeleev aveva piazzato il lantanio subito al disotto dello zirconio in quanto egli basava le sue considerazioni sul peso atomico e non sul numero atomico. Quando si comprese che dopo il lantanio era presente un gruppo di elementi con proprietà simili, iniziò la ricerca per gli elementi mancanti con numero atomico 43, 61, 72 e 75. Georges Urbain affermò di avere isolato l'elemento 72 nelle terre rare e pubblicò nel 1911 i risultati della sua ricerca sull'elemento chiamato celtium. Tuttavia né gli spettri né le caratteristiche chimiche corrispondevano alle aspettative cosicché, dopo un intenso dibattito, la sua scoperta fu rigettata. All'inizio del 1923 alcuni chimici e fisici, tra cui Niels Bohr e Charles R. Bury, proposero che l'elemento 72 dovesse assomigliare allo zirconio e quindi non far parte delle terre rare. Queste considerazioni erano basate sulla teoria atomica di Bohr, sulla spettroscopia a raggi X di Mosley e su argomentazioni di natura chimica da parte di Friedrich Paneth. Sulla base di queste considerazioni, Dirk Coster e George Charles de Hevesy cominciarono a cercare l'elemento 72 nei minerali di zirconio fino a giungere così alla scoperta dell'afnio nel 1923 a Copenaghen. Il nome dell'elemento fu derivato da Hafnia, il nome latino della città di Copenaghen, la città di Niels Bohr. Per questo nel sigillo della Facoltà di scienze dell'Università di Copenaghen compare un'immagine stilizzata dell'afnio. L'afnio fu definitivamente identificato attraverso l'analisi ai raggi X in cristalli di zircone in Norvegia. L'afnio fu separato dallo zirconio attraverso ripetute ricristallizzazioni dei fluoruri di ammonio o potassio da Jantzen e von Hevesey. L'afnio metallico fu preparato per la prima volta nel 1924 da Anton Eduard van Arkel e Jan Hendrik de Boer facendo passare il vapore del suo tetraioduro sopra un filamento di tungsteno riscaldato. Tale processo per la purificazione differenziata dello zirconio e dell'afnio è tuttora in uso. Caratteristiche Questo metallo argenteo si presenta duttile e resistente alla corrosione. Le proprietà dell'afnio sono fortemente influenzate dalle impurezze di zirconio e questi due elementi sono tra i più difficili da separare. La sola differenza importante tra i due è la densità: quella dello zirconio è circa la metà di quella dell'afnio. Il carburo di afnio è il composto binario più refrattario che si conosca (fonde a ) ed il nitruro di afnio, con un punto di fusione di 3 310 °C, è il più refrattario fra tutti i nitruri metallici. Questo metallo è resistente agli alcali concentrati mentre gli alogeni reagiscono con esso formando tetraalogenuri di afnio. Ad alta temperatura l'afnio reagisce con ossigeno, azoto, carbonio, boro, zolfo e silicio. L'isomero nucleare Hf-178-2m è usato come sorgente di raggi gamma e se ne sta studiando l'utilizzo come sorgente di energia nei laser a raggi gamma. Dei sei isotopi che costituiscono l'afnio naturale, l'afnio-174 ha la maggiore sezione d'urto per neutroni termici. Il vantaggio dell'afnio rispetto agli altri assorbitori neutronici è che la reazione di assorbimento non produce elio. Inoltre la sua resistenza alla corrosione in acqua è maggiore delle leghe di zirconio da guaina, perciò rende possibile il suo impiego senza guaina, infine ha buona stabilità e mantenimento delle proprietà meccaniche sotto radiazione. Il periodo di esercizio delle barre in afnio può superare i 10 anni. L'afnio solido subisce una trasformazione polimorfa a . È un forte sottrattore di ossigeno e azoto anche a bassissima pressione () ed è generalmente utilizzato nell'analisi delle proprietà termiche dei materiali. Ossigeno e azoto si dissolvono nell'afnio, stabilizzano la fase α aumentando la sua temperatura di transizione, il cui valore più affidabile è di 1 742 °C. I risultati più affidabili vengono da esperimenti con campioni grandi, vuoto spinto e breve durata. Abbondanza e disponibilità L'afnio si trova in natura combinato con i composti di zirconio e non esiste come elemento libero. I minerali che contengono zirconio come l'alvite [(Hf, Th, Zr)SiO4 H2O], thortveitite e zircone (ZrSiO4) contengono dall'1 al 5 per cento di afnio. Isotopi Metodi di preparazione Circa la metà dell'afnio metallico è prodotto mediante raffinazione dello zirconio. Questo processo si effettua riducendo il tetracloruro di afnio con magnesio o sodio nel processo Kroll oppure attraverso il meno efficiente processo van Arkel-de Boer. Applicazioni L'afnio è utilizzato per fabbricare barre di controllo nei reattori nucleari per via della sua alta capacità di assorbimento dei neutroni: è in grado di assorbire neutroni energetici 600 volte più efficacemente che lo zirconio; inoltre ha ottime caratteristiche meccaniche ed un'eccezionale resistenza alla corrosione. Altri utilizzi sono: nelle lampade ad incandescenza, per catturare i residui di ossigeno ed azoto, come elettrodo nel taglio al plasma per la sua capacità di emissione di elettroni, in lega con ferro, titanio, niobio, tantalio ed altri metalli. il biossido di afnio sarà utilizzato negli isolatori di gate High-K (ad alta costante dielettrica) nelle ultime generazioni di circuiti integrati. Intel ha introdotto una tecnologia di transistor per i suoi processori a 45 nm che fa uso dell'afnio. Precauzioni L'afnio va trattato con attenzione perché quando è in polvere è piroforico, cioè si accende spontaneamente a contatto con l'aria. Composti contenenti questo metallo vengono raramente a contatto con le persone ed il metallo puro non è tossico, ma tutti i suoi composti dovrebbero essere trattati come sostanze tossiche. L'esposizione all'afnio e ai suoi composti non deve eccedere il TLV-TWA pari a /m³, valore limite ponderato su 8 ore giornaliere. Note Bibliografia Voci correlate Isotopi dell'afnio Biossido di afnio Altri progetti Collegamenti esterni Metalli
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https://it.wikipedia.org/wiki/Apple%20II
Apple II
LApple II (a volte trascritto come Apple ][ o Apple //) è un home computer prodotto da Apple, tra i primi realizzati su scala industriale a riscuotere un enorme successo commerciale: complessivamente si stima ne siano stati venduti quasi 5 milioni di esemplari. È considerato il computer che più di ogni altro ha influenzato il mondo degli home computer ed è anche il computer più longevo di tutti i tempi: presentato il 16 aprile 1977 durante la prima edizione della Fiera del computer della West Coast di San Francisco (Stati Uniti) e messo in commercio il 10 giugno 1977, è rimasto in vendita fino alla fine del 1993. Il modello più commercializzato è stato lApple IIe, prodotto da maggio 1983 a novembre 1993. Storia Nel 1976 i due fondatori della Apple, Steve Jobs e Steve Wozniak, costruiscono nel loro garage l'Apple I, un microcomputer appetibile ad un pubblico di appassionati di elettronica essendo composto unicamente dalla scheda madre principale. Chi lo acquista deve poi collegarci un alimentatore, una tastiera per inserire i programmi, un televisore per visualizzare l'immagine ed eventualmente un registratore a cassette per salvare i dati. Le vendite, nonostante tutto, vanno bene portando 50.000 dollari nelle casse di Jobs e Wozniak, ed il successo dell'Apple I attirò un investitore, Mike Markkula, che entra nella neonata azienda versando 250.000 dollari. Grazie a questi soldi è possibile trasformare quel computer in un prodotto molto più raffinato e commerciabile: Jobs, infatti, desidera rendere l'informatica accessibile a tutti, realizzando un computer utilizzabile da chiunque che funzioni appena tolto dalla scatola. Questo computer si chiama Apple II, probabilmente il primo computer veramente user-friendly. Wozniak lavora quindi al progetto dell'Apple I aggiungendo le caratteristiche che servono per migliorarlo, come la visualizzazione delle immagini a colori ed il suono. Curiosamente, queste caratteristiche sono elaborate da Wozniak mentre cerca di capire cosa mancasse al primo computer per far funzionare il videogioco Breakout, al cui sviluppo, tempo prima, ha lavorato quando ha già collaborato con Atari. Per far sì che il computer sia veramente pronto all'uso si decide di racchiudere tutta l'elettronica in un unico contenitore. Per lavorare al progetto viene incaricato il progettista Jerry Manock che realizza il contenitore in modo da accogliere la scheda madre sotto alla tastiera: il corpo centrale del computer è più alto per lasciare lo spazio necessario all'alloggiamento delle schede di espansione, da inserirsi in slot interni. Per dare comunque un'idea di snellezza al computer, la parte su cui è posizionata la tastiera viene inclinata: in questo modo anche la digitazione risulta comoda, come su una macchina da scrivere. L'Apple II è inoltre il primo computer ad adottare un contenitore in plastica al posto di quelli in metallo in uso fino ad allora, per poter assecondare meglio le forme stilistiche del progetto. I primi modelli sono realizzati con plastica tinta di beige, ma dopo alcuni mesi inizia la produzione in ABS: ecco perché i primi modelli hanno nel corso degli anni perso la verniciatura e mostrano la plastica chiara sottostante. Viene anche scelto un nuovo logo per l'azienda al posto di quello precedente, raffigurante Isaac Newton sotto ad un albero di mele. È contattata la società pubblicitaria Regis McKenna Agency ed il grafico Rob Janoff disegna, sotto la supervisione di Jobs, una mela stilizzata con un "morso" mancante e 6 bande colorate orizzontali, aggiunte per richiamare la capacità dell'Apple II di renderizzare grafica a colori. Il nuovo logo è inserito sulla targhetta con il nome del computer. Il computer è pubblicizzato sulle riviste con una illustrazione che mostra un uomo seduto in cucina al lavoro su un grafico azionario visualizzato dall'Apple II su uno schermo a colori ed una donna, in secondo piano, che gli sorride mentre sbriga alcuni lavori domestici: si tratta del primo personal computer al mondo fatto su scala industriale. Hardware Caratteristiche tecniche CPU: MOS Technology 6502 Frequenza di clock: 1 MHz RAM: da 4 a 48 kB di RAM dinamica ROM: 12 kB Modalità video: testo: 40×24 caratteri a 16 colori grafica: 280×192 pixel a 4 colori Porte di espansione interne: 8 Porte di espansione esterne: uscita video, porta joystick, connettori IN/OUT per registratore a cassette Audio: altoparlante integrato Software integrato: monitor (assembler/disassembler e gestione del prompt dei comandi), Integer BASIC, SWEET 16 (un emulatore di una CPU a 16 bit) DOS disponibili: Apple DOS, ProDOS, Apple Pascal, CP/M (questi ultimi 2 mediante scheda di espansione) L'Apple II è dotato di un microprocessore MOS 6502 funzionante alla frequenza di . La memoria RAM di serie ammonta a , espandibili fino a grazie a 3 zoccoli su cui è possibile installare chip da 4 o 16 kB l'uno. I primi 4 kB di RAM devono essere sempre presenti perché essi vengono utilizzati dal 6502, dalle routine presenti in ROM e per memorizzare il buffer video. Il prezzo di vendita varia a seconda del quantitativo di memoria acquistato: si va da 1.298 dollari per quello con soli 4 kB di RAM fino ad arrivare ai 2.638 dollari del modello con 48 kB, passando per modelli intermedi con 8/12/16/20/24/32/36 kB. La ROM contiene le routine per gestire il video, un monitor per disassemblare il codice contenuto in memoria e l'Integer BASIC, un interprete BASIC così detto perché capace di effettuare calcoli solo con interi, disponibile fin dall'avvio della macchina. L'Apple II può generare un'immagine testuale di 40×24 caratteri con 16 colori oppure un'immagine grafica con una risoluzione di 280×192 pixel a 4 colori. Il computer è dotato di serie solo dell'uscita video per il collegamento di un monitor: Jobs decise di non installare il modulatore RF che stavano sviluppando in Apple, e che era necessario per poter collegare l'Apple II direttamente ad un comune televisore domestico, a causa delle interferenze elettromagnetiche che l'apparecchio generava. Successivamente Jobs contattò la M&R Electronics affidandole lo sviluppo di un buon modulatore RF: questo modulatore, denominato "Sup'R'Mods", era acquistabile a parte per 30 dollari dagli utenti che volevano vedere la grafica a colori offerta dal computer sul proprio apparecchio TV. Il gruppo di alimentazione è un altro punto di forza del computer. Esso è compatto e silenzioso perché non richiede nessuna ventola di raffreddamento. Jobs aveva pensato fin dall'inizio ad un computer silenzioso, che non disturbasse l'utente durante il suo funzionamento: l'adozione dei comuni alimentatori non poteva permettere di ottenere questo risultato per via della rumorosa ventola che era necessaria al loro raffreddamento. Contattò perciò Rod Holt, che realizzò un nuovo tipo di alimentatore, detto a commutazione, che non necessitava di nessuna ventola. Questo sistema di alimentazione fu così innovativo che fu poi adottato da molti computer costruiti in seguito. L'Apple II è dotato nativamente di un'interfaccia per pilotare un registratore a cassette. Il supporto ai floppy disk da 5"1/4 arriva solo nel 1978 con la messa in vendita dell'unità floppy denominata Disk II: il prezzo è di 595 dollari al pubblico, anche se Apple offre l'unità in preordine a 495 dollari prima dell'inizio ufficiale della sua commercializzazione. Il primo disco rigido arriva solo nel 1985: è il ProFile, con capacità di (al costo di circa tremila dollari). Il primo lettore di floppy da 3,5" è invece l'Unidisk 3.5", con 800 kB di capacità. Data la semplicità costruttiva dei primi modelli, in particolare II e II+, nel mondo furono costruiti diversi cloni, alcuni realizzati sotto licenza Apple altri illegali. Per contrastare questo fenomeno, Apple costruì i modelli Apple IIE e Apple IIC utilizzando chip realizzati ad hoc. Schede di espansione Un punto di forza del computer rispetto ai concorrenti dell'epoca, come il TRS-80 o il Commodore PET, è l'espandibilità: l'Apple II possiede 8 porte grazie alle quali è possibile installare schede di espansione che aggiungono funzionalità alla macchina. Il numero di porte è stato oggetto di discussione all'interno di Apple: Jobs voleva solo 2 porte, una per il modem ed una per la stampante, ma Wozniak insistette affinché le porte fossero 8, dato che la sua precedente esperienza lavorativa nel reparto computer di Hewlett-Packard gli aveva insegnato che gli utenti desiderano sempre qualcosa in più rispetto a quanto offerto di serie da una macchina. Grazie alle sue porte di espansione, l'Apple II è ampiamente personalizzabile. Tra le prime schede di espansione ad essere prodotte vanno citate: la Apple II Parallel Printer Interface Card, per collegare una stampante (una di esse, la "Silentype", è prodotta direttamente da Apple ed è di tipo a carta termica a rullo); la Apple II Centronics Parallel Printer Card, dedicata a connettere le stampanti Centronics; la Apple II Communications Interface Card, per connettere un modem; la Apple II Serial Interface Card, per collegare periferiche seriali; la Apple II Super Serial Card, che sostituiva la Communication Card e la Serial Card. In seguito arriveranno altre schede, tra cui diverse schede per visualizzare 80 colonne di testo ed altre per aumentare le capacità grafiche dell'Apple II, come la Synetix SuperSprite, che introduce il supporto agli sprite. Diffuse sono anche le schede per aumentare la memoria: tra queste, molto nota è la Apple II Language Card che, oltre ad integrare l'Apple Pascal, permette di portare un Apple II con 48 kB di RAM a 64 kB grazie a 16 kB di memoria aggiuntiva. La Language Card permette anche di utilizzare altri linguaggi di programmazione oltre al BASIC ed al Pascal grazie al fatto che i 16 KB di RAM che monta vanno a sostituire i 16 kB di ROM del computer mediante la tecnica del bank switching, disattivando quindi il BASIC preinstallato. Un'altra famosa scheda è la Microsoft SoftCard, dotata del microprocessore Z80 grazie al quale l'utente può utilizzare sull'Apple II il sistema operativo CP/M ed i suoi programmi. Software Sistema operativo Inizialmente il computer è stato distribuito con solo il software sviluppato da Wozniak integrato in ROM, ossia l'interprete BASIC, il monitor, che permette, tra le altre cose, di lanciare programmi letti da un mangianastri, l'unica periferica di massa disponibile al momento del lancio dell'Apple II, e SWEET 16, un emulatore di una CPU a 16 bit che Wozniak ha utilizzato per semplificare la scrittura di alcune routine in ROM, ad esempio quella per rinumerare le righe dei programmi in BASIC. Il codice a 16 bit è più semplice da scrivere anche se l'emulazione lo rende più lento. Dopo l'inizio della commercializzazione, Wozniak inizia a sviluppare un'unità a dischi, la Disk II, ma questo compito gli richiede molto tempo e Wozniak e Randy Wigginton, il programmatore che gli sta dando una mano, non ha il tempo di scrivere un DOS molto raffinato perché l'unità deve essere presentata al Consumer Electronics Show nel 1978: il DOS che sviluppano può solo caricare dei file da posizioni fisse del disco. Dopo la presentazione della Disk Il, fu contattata la Shepardson Microsystems per sviluppare un vero DOS: il contratto è stilato ad aprile per una cifra di 13.000 dollari, e la Disk II viene messa in commercio a metà del 1978 in abbinamento con la prima versione del sistema operativo (la 3.1), sviluppato da Wozniak insieme al programmatore Paul Laughton di Shepardson MicroSystems, chiamato Apple DOS. L'ultima versione dell'Apple DOS è stata la 3.3, pubblicata ad agosto del 1980. Dopo l'Apple DOS, la Apple inizia a lavorare ad un nuovo sistema operativo che ne risolvesse i limiti. L'Apple DOS è stato progettato per operare principalmente da BASIC, e se un programmatore vuole accedere al disco da un programma in linguaggio macchina deve fare uso di chiamate a basso livello a funzioni non documentate dell'Apple DOS stesso. Inoltre l'Apple DOS si rivela lento perché ogni byte letto dal disco passa per più memorie buffer prima di essere disponibile al programma che lo aveva richiesto. Infine, l'Apple DOS riesce a gestire solo l'unità a dischi Disk II per il quale è stato progettato: dato che per gestire i primi dischi rigidi disponibili per il computer bisogna applicare delle modifiche all'Apple DOS, diventa impossibile utilizzare più unità diverse sulla stessa macchina dato che le patch applicate per far funzionare un tipo di disco impediscono l'utilizzo di un altro tipo. E ciò era un fattore molto limitante. La soluzione è il ProDOS, pubblicato nel 1983, un nuovo sistema operativo capace di gestire più tipi di dischi differenti. Il ProDOS deriva dall'Apple SOS, il DOS dell'Apple III: rispetto all'Apple DOS, il ProDOS risulta 8 volte più veloce ed ha un sistema standard di accesso alle unità per cui può gestire tutte le nuove periferiche in circolazione, dai dischi rigidi ai nuovi floppy disk da 3,5". Un'altra modifica introdotta con il ProDOS è stato l'abbandono del supporto all'Integer BASIC dato che il ProDOS si carica in memoria nelle stesse locazioni utilizzate dall'interprete BASIC. Mediante l'uso delle porte di espansione possono essere installate delle schede che permettono di eseguire altri sistemi operativi. Ad esempio, acquistando la Language Card viene fornito sia il linguaggio di programmazione Pascal sia il sistema operativo Apple Pascal, basato sull'UCSD Pascal creato dall'Università della California, San Diego (UCSD). Apple ha pubblicato quattro versioni di questo sistema, dalla 1.0 alla 1.3 del 1985. Acquistando invece la Microsoft SoftCard, che monta un processore Zilog Z80, il computer può eseguire sia il sistema operativo CP/M sia tutti i software scritti per questo sistema. Il CP/M era all'epoca il sistema operativo di riferimento, essendone state vendute più di copie, e la maggior parte dei software erano scritti per il CP/M: supportarlo permetteva quindi l'accesso ad un vasto parco programmi scritti in esclusiva per questo sistema. BASIC L'Integer BASIC è il linguaggio integrato nel primo modello dell'Apple II. Sviluppato da Wozniak in persona, deve il suo nome al fatto che può operare calcoli solo con numeri interi e presenta inoltre poche funzioni per trattare le stringhe. Entrambi questi fattori erano limitanti per un computer utilizzato come macchina da ufficio. A ciò si aggiungeva il fatto che Apple non aveva pubblicato una documentazione ufficiale dato che non esistevano i sorgenti di questo BASIC, visto che era stato scritto da Wozniak direttamente in linguaggio macchina, perché all'epoca non era ancora disponibile un assembler per il computer: le poche note distribuite da Apple erano riportate sul manuale della macchina ed erano in pratica elaborate dagli appunti di Wozniak. Per ovviare a questi problemi Call-A.P.P.L.E., una rivista dedicata al computer, aveva pubblicato una serie di articoli che illustravano come aggiungere funzioni al linguaggio. Aveva anche pubblicato, previa autorizzazione di Apple, una versione migliorata del linguaggio denominata Integer BASIC + che aggiungeva alcune funzioni avanzate al linguaggio. L'Integer BASIC fu sostituito dall'Applesoft BASIC, capace di gestire i calcoli in virgola mobile, sviluppato sulla base del Microsoft BASIC. La prima versione dell'Applesoft BASIC fu pubblicata nella seconda metà del 1977: è in pratica la versione del BASIC di Microsoft, senza il supporto alle capacità grafiche dell'Apple II. Agli inizi del 1978 fu pubblicata la seconda versione del linguaggio, modificato dai programmatori Apple per integrare il pieno supporto alle superiori capacità hardware del computer: è stata distribuita sia su nastro che su disco ed integrata anche nella ROM dell'Apple II Plus in sostituzione dell'Integer BASIC. Il manuale allegato riporta il sorgente assembly commentato del monitor di Wozniak, il BIOS (eseguito col comando "call -151") con capacità di disassemblatore integrato nel sistema; inoltre, nello stesso testo, vi sono descritte molte routine con i parametri da inserire nei registri ed il loro utilizzo. All'epoca circolavano ulteriori manuali con guide all'utilizzo del DOS, locazioni delle variabili in RAM, e uso delle relative routine. Applicazioni Ciò che ha fatto la fortuna dell'Apple II è stato il suo parco software: l'idea vincente di Apple rispetto ad altri produttori di computer, come ad esempio Atari che all'epoca produceva dei computer ad 8 bit, fu di rendere pubbliche tutte le informazioni sulle funzioni software della macchina, senza tenerne nascosta nessuna, neanche quelle relative al potente monitor integrato sviluppato da Wozniak stesso. Questo approccio fece la fortuna di Apple perché permise agli sviluppatori di scrivere programmi di ottima fattura per l'Apple II, sfruttandone a fondo tutte le potenzialità. Il sistema operativo era in tutto un'estensionde del basic e ciò escludeva la possibilità di usare numeri come iniziale nel nome dei programmi La domanda di chi acquistava un computer in quegli anni era una: "che cosa ci posso fare con questo computer?" Con l'Apple II la risposta era semplice: VisiCalc. VisiCalc fu il primo foglio elettronico disponibile e fu pubblicato inizialmente proprio per l'Apple II. L'importanza di questo programma in ambito aziendale fu talmente elevata che fu VisiCalc stesso che letteralmente faceva vendere l'Apple II: chi voleva utilizzare VisiCalc doveva acquistare l'Apple II. Robert X. Cringley, nel suo libro Accidental Empires, scrive: Tom Hormby ha così commentato l'importanza di VisiCalc per il successo dell'Apple II ma anche di Apple stessa: Altri programmi da ufficio molto diffusi sono stati Apple Writer, un programma di videoscrittura, e AppleWorks, un insieme di programmi per l'ufficio, entrambi offerti da Apple, ScreenWriter II e EasyWriter. Una caratteristica introdotta da AppleWorks è stato il suo sistema di gestione dei menu del programma, portando il concetto di "scheda" all'interno dei computer: come quando una persona accede alle cartelle contenute in uno schedario cartaceo dove le schede sono messe una di fronte all'altra, così il sistema di menu di AppleWorks rappresenta graficamente le voci dei menu con delle schede stilizzate sovrapposte, in modo da dare all'utente un'idea chiara del percorso che lo ha portato alla voce del sottomenu che sta visualizzando e di cosa c'è prima. Interfacce grafiche Il 6502 non aveva la potenza di calcolo del Motorola 68000 dei computer Macintosh che erano stati presentati nel 1984, perciò la diffusione di programmi con interfacce grafiche ricercate fu limitata. L'approccio era quello aperto da AppleWorks, con interfacce stilizzate e semigrafiche, anche se non mancano dei tentativi di integrare la gestione di un puntatore pilotabile mediante un mouse, come Catalyst di Quark o MouseDesk della francese VersionSoft. Questo sistema fu acquistato da Apple e poi adattato per creare un rudimentale sistema di selezione dei file mediante puntatore per l'Apple IIGS, modellato sulla base del Finder introdotto con il Macintosh. Programmi distribuiti Molti software venivano distribuiti su cassetta oppure su floppy disk come eseguibili avviabili direttamente dal prompt dei comandi ma vi erano anche programmi in BASIC caricabili direttamente dall'interprete integrato. Proprio per la presenza del BASIC in ROM, alcuni software erano anche distribuiti direttamente come codice sorgente: numerose riviste e libri dell'epoca, come BASIC Computer Games e More BASIC Computer Games, presentavano programmi e giochi sotto forma di listati che l'utente poteva digitare sulla propria macchina. In Italia una delle riviste che pubblicava programmi in BASIC sotto forma di listati anche per l'Apple II era PaperSoft. Videogiochi Sebbene in seguito fu surclassato dai computer Commodore e Atari, inizialmente l'Apple II fu un'importante piattaforma da videogioco e rivoluzionò il mercato videoludico domestico negli USA; fu anche il punto di partenza di molti programmatori statunitensi poi divenuti soggetti importanti del settore. In tutto, probabilmente, vennero pubblicati intorno ai 3000 videogiochi commerciali (per un elenco parziale vedi Videogiochi per Apple II). Ci fu un'immensa varietà di scelta e su questo sistema nacquero anche molte serie famose. Secondo una selezione fatta dalla rivista Retro Gamer, i dieci più grandi giochi per Apple II sono The Bard's Tale, Pinball Construction Set, The Oregon Trail, Karateka, Choplifter, Ultima I, Lode Runner, Prince of Persia, Beyond Castle Wolfenstein, Taipan!. In una selezione successiva vennero nominati anche SunDog: Frozen Legacy, Captain Goodnight and the Islands of Fear, Airheart, Bolo, Sabotage, Aztec, The Bilestoad, Mystery House, Raster Blaster, 3D Docking Mission, Flight Simulator. I titoli suddetti sono tutti nativi dell'Apple II o in qualche caso di altri computer, ma nel catalogo Apple II non mancarono anche molte buone conversioni di arcade, come Donkey Kong o BurgerTime. Modelli successivi Apple II plus Lanciato nel 1979 ad un prezzo di 1.195 dollari, lApple II plus (o Apple II+) si differenzia dal predecessore per alcuni dettagli. Grazie al calo del prezzo delle memorie RAM, la dotazione standard dell'Apple II plus passa a 48 kB: l'utente può comunque comprare il computer con dotazioni inferiori, 16 o 32 kB. Anche il monitor integrato viene sostituito con uno migliorato che supporta meglio l'accesso alle unità Disk II. Viene poi inserito un nuovo sistema di avvio della macchina ("Autostart ROM") che, all'accensione o dopo un reset, esegue una scansione di tutte le porte di espansione: se trova una scheda di gestione di un'unità a dischi Disk II, passa ad essa il controllo e la scheda può così avviare la lettura del floppy disk eventualmente presente nell'unità e permettere all'utente di avviare un'applicazione memorizzata su disco con pochi interventi. Un grande cambiamento è l'adozione dell'Applesoft BASIC al posto del precedente Integer BASIC. I colori in modalità grafica passano da 4 a 6. Apple pubblica anche una speciale scheda di espansione denominata Applesoft Firmware board dedicata ai possessori della prima versione dell'Apple II: la scheda permette di beneficiare di alcune delle migliorìe del Plus senza dover cambiare tutto il computer. La scheda ha alcuni limiti, ad esempio, se si utilizza l'Integer BASIC non si può utilizzare l'Applesoft BASIC e viceversa, per via del fatto che la scheda disattiva il banco ROM su cui è scritto il primo interprete per abilitare la memoria su cui ha installato il secondo. Il passaggio dall'uno all'altro cancella anche il programma in memoria. L'utente sa con quale BASIC sta lavorando grazie al prompt visualizzato: se sullo schermo compare il simbolo > è attivo l'Integer BASIC mentre se compare il simbolo ] è in esecuzione l'Applesoft BASIC. Bell & Howell Bell & Howell stringe un accordo per la distribuzione dell'Apple II plus con il proprio nome (un accordo simile lo aveva stretto anche per il precedente modello). L'Apple II plus di Bell & Howell si distingue per il case di colore scuro con tasti neri e per un profilo aggiunto posteriormente dove sono riportati 3 ingressi audio e 2 connettori per alimentare altre periferiche. Anche il Disk II è offerto sotto il marchio Bell & Howell nello stesso colore scuro del computer principale. Apple II Europlus e J-Plus Sono versioni del II plus adattate per il mercato europeo e australiano (Apple II Europlus) e per quello giapponese (Apple II J-Plus). Per la versione europea è stato modificato il segnale video, da NTSC a colori a PAL in bianco e nero: la perdita del colore è dettata dal fatto che il metodo utilizzato da Wozniak per ottenere un segnale NTSC a colori non è applicabile al formato PAL, che ha un segnale molto più complesso. Per avere la grafica a colori sull'Apple II europlus era necessaria una scheda di espansione. Presentata a luglio del 1980, la versione giapponese è stata modificata nella gestione della tastiera per poter inserire i caratteri dell'alfabeto Katakana (quello Kanji non è stato implementato per motivi di limiti tecnici della macchina) ed è stata dotata di una ROM specifica denominata j-plus. Venduto al prezzo di 358.000 yen, ha avuto uno scarso successo: si stima che ne siano stati venduti solo 2.000 esemplari. Apple IIe Nonostante le vendite dell'Apple II andassero molto bene, piuttosto che migliorarlo in Apple si decise di sviluppare un nuovo computer. Quando l'Apple III arrivò in commercio, nel 1980, non fu accolto molto positivamente: le vendite furono inferiori a quanto atteso mentre l'Apple II continuò ad essere molto richiesto. Solo allora fu deciso di provvedere ad aggiornare l'Apple II. Il progetto fu avviato con il nome Diana poi cambiato in LCA, da Low Cost Apple: l'intento era quello di ridurne i costi di produzione utilizzando un minor numero di componenti. Il risultato fu lApple IIe, la "e" sta per enhanced (migliorato), presentato a maggio del 1983 e prodotto, comprese le varianti successive, fino alla fine del 1993. L'Apple IIe è stato il computer più longevo della produzione Apple, dato che è stato prodotto per oltre 10 anni di seguito con poche modifiche hardware. È stato anche uno dei maggiori successi di Apple, dato che nel primo periodo della sua commercializzazione ne furono vendute circa 50/70.000 unità al mese, mentre la produzione complessiva è stimata in circa 750.000 esemplari. Rispetto al precedente modello, l'Apple IIe è dotato di serie di 64 kB di RAM. Un'altra novità è la possibilità di utilizzare le lettere minuscole e maiuscole: i precedenti modelli, infatti, supportano solo le lettere maiuscole. Il computer inoltre vede lo slot 0 di espansione modificato: adesso è denominato "Auxiliary Slot" ed è riservato all'utilizzo di due speciali schede di espansione che offrono anche il supporto alla modalità ad 80 colonne. Queste schede sono la 1K 80-Column Card, che offre 1 kB di memoria RAM aggiuntiva per mappare l'area video per le 40 colonne aggiuntive, e la 64K Extended 80-Column Card, che offre ulteriori 64 KB di RAM, per portare il totale di memoria del computer a 128 KB. In seguito sono state prodotte da terzi delle espansioni in grado di portare la memoria fino ad 1 MB ed oltre. La possibilità di indirizzare più di 64 KB di memoria (un limite fisico della CPU MOS 6502) è stata risolta con modifiche al firmware del computer per supportare nuovi meccanismi di bank switching. Insieme alle 80 colonne in modalità testo sono disponibili anche 2 nuove risoluzioni grafiche: 560×192 pixel in bianco e nero, e 140×192 pixel a 16 colori. Con l'Apple IIe è stato introdotto il DuoDisk, un doppio lettore di floppy disk da 5,25" creato per essere collocato fra monitor e computer. Nel 1985 il IIe diventa Enhanced IIe, con alcune modifiche hardware atte a renderlo più compatibile con l'Apple IIC e l'Apple II plus. La modifica viene venduta anche come kit di aggiornamento per i possessori del modello IIe originale e consta del nuovo processore WDC 65C02 al posto del MOS 6502, di 2 chip con le nuove versioni dell'Applesoft BASIC e del monitor, e di un altro chip contenente una nuova mappa dei caratteri con i 32 nuovi caratteri grafici denominati MouseText introdotti con l'Apple IIc. Nel 1987 l'Enhanched IIe viene sostituito dal Platinum IIe, che è dotato di un involucro aderente alle nuove linee stilistiche, denominate Platinum, che Apple utilizza per i propri prodotti di quel periodo. Il Platinum IIe presenta un tastierino numerico integrato e internamente monta la 64K Extended 80-Column Card, così che la memoria di serie è ora di 128 kB. Altre modifiche riguardano la riduzione degli integrati: la ROM è adesso contenuta in un unico chip, così come uno è quello che ospita i 64 kB di RAM. Apple IIc LApple IIc (la "c" sta per compact, "compatto"), presentato nel mese di aprile del 1984, è stato pubblicizzato come un "Apple II portatile": pur non essendo paragonabile ad un moderno notebook, data la mancanza di un monitor integrato e di un sistema di alimentazione a batteria, possedeva per l'epoca dimensioni e peso ridotti, permettendo di essere trasportato facilmente grazie ad una maniglia retrattile che fungeva anche da supporto quando il computer era in uso. È stato il primo modello a seguire lo standard di design chiamato "Snow White" (Biancaneve), caratterizzato da un colore bianco o grigio chiaro e dalla presenza di scanalature, elementi che caratterizzeranno la produzione Apple fino all'inizio degli anni novanta. L'Apple IIc è stato anche il primo Apple II ad utilizzare il processore 65C02 al posto del 6502: la scelta si è resa necessaria per ridurre il calore generato all'interno del computer, dato che il 65C02 consuma meno del MOS 6502. La frequenza di clock della CPU è stata portata a 1,4 MHz, la più alta tra tutti gli Apple II ad 8 bit. Il computer presenta inoltre un lettore di floppy disk da 5,25" integrato e un controller per drive esterni, ideato per un secondo floppy da 5,25" ma utilizzabile anche per uno da 3,5" o per un hard disk. L'uscita video composito è PAL o NTSC; ci sono 2 porte seriali per connettere modem e stampanti, e una porta per un mouse o un joystick. Per contro, le sue dimensioni inferiori hanno costretto Apple a sacrificare gli slot di espansione interni; anche la memoria RAM non è aumentabile al di là dei 128 kB di base. L'Apple IIc permette la visualizzazione di immagini ad 80 colonne, ha capacità di grafica a colori, ed è fornito di un display a fosfori verdi da 9" dotato di un supporto che rialza il monitor permettendo di alloggiare il computer sotto di esso. Internamente presenta 32 nuovi caratteri grafici denominati MouseText ed una ROM con la nuova versione dell'Applesoft BASIC. Apple produsse anche due monitor LCD da utilizzare con la porta di espansione, ma la scarsa nitidezza e l'alto costo ne decretarono uno scarso successo. Produttori terzi realizzarono monitor LCD con una qualità superiore che ebbero più diffusione. L'Apple IIc detiene anche un altro primato: è stato infatti il primo computer ad includere il supporto per la tastiera semplificata Dvorak, attivabile tramite un interruttore: questa caratteristica, presente nelle sole versioni americane, è stata in seguito proposta anche nell'Apple IIe e nell'Apple IIGS. Le versioni internazionali sfruttano lo stesso interruttore per variare lo schema di tasti localizzato con quello statunitense. LApple IIc Plus ha sostituito il IIc alla fine del 1988, ed è rimasto in produzione fino al 1990. Venduto ad un prezzo di 675 dollari, è simile come forma e dimensioni al IIc ma si differenzia da quest'ultimo per la presenza di un'unità per floppy da 3,5" al posto di quella da 5,25" e per l'alimentazione, ora inclusa all'interno del case. Il processore 65C02 è stato sostituito con uno Zip Chip, un chip prodotto da Zip Technologies che già era in commercio come ricambio after-market per aggiornare gli Apple II: lo Zip Chip può lavorare a 4 MHz, frequenza necessaria per gestire la maggior velocità con cui l'unità dischi da 3,5" fornisce i dati alla CPU. La memoria RAM minima è di 128 kB, espandibile fino a 1 MB. Apple IIGS Con lApple IIGS, introdotto nel 1986, la casa di Cupertino ha cercato di contrastare i due home computer di maggiore successo dell'epoca, ovvero l'Amiga e l'Atari ST, producendo una macchina che punta specialmente sulla parte multimediale: le lettere nel nome del computer stanno infatti per "graphics" e "sound". Radicalmente differente rispetto ai suoi predecessori, il GS può infatti contare su un microprocessore a 16 bit, il 65C816 di Western Design Center operante a 2,8 MHz, e su 256 KB di RAM espandibili fino ad un massimo di 8 MB: tutta la memoria è direttamente accessibile senza ricorrere alla tecnica del bank switching. Introduce nuove modalità video, con alte risoluzioni grafiche di 320×200 o 640×200 pixel e tavolozze di 4.096 colori. Il chip grafico garantisce una gestione molto articolata dell'immagine, permettendo di visualizzare 16 colori diversi per ogni riga dello schermo da 16 tavolozze differenti con lo schermo a 320×200 e 4 colori per riga a 640×200. Pur presentando un'architettura differente, il GS rimane retrocompatibile con il software specifico per Apple II: questo è garantito dalla presenza di un chip denominato Mega II, che contiene tutte le funzionalità di un Apple IIe, processore escluso. Questo, unito alla emulazione del 65C02 da parte della CPU, permette di sfruttare anche la grande libreria software a 8 bit. Il computer contiene anche un sintetizzatore audio della Ensoniq compatibile con lo standard MIDI, capace di gestire 15 voci contemporaneamente e dotato di 64 kB di RAM dedicata. Queste capacità audio costarono ad Apple una denuncia da parte di Apple Corps, una società creata dai Beatles, per aver infranto un precedente accordo fra le "due Apple" secondo cui Apple Computer per continuare ad usare il marchio "Apple" per i suoi computer non doveva entrare con i suoi prodotti nel mercato della musica. La disputa si concluse due anni dopo con un accordo privato fra le parti. L'Apple IIgs è dotato di porte per il mouse, per dischi rigidi esterni e dispositivi seriali. Supporta il protocollo di rete AppleTalk e viene fornito con un sistema operativo che inizialmente è il ProDOS 16, una evoluzione del precedente ProDOS, e successivamente il GS/OS, quest'ultimo dotato di un'interfaccia grafica simile a quella del Macintosh. I primi 50.000 modelli di GS usciti dalla fabbrica sono dotati sul case della firma "Woz", diminutivo di Steve Wozniak, e denominati "Woz Limited Edition". Apple IIe Card La Apple IIe Card è una scheda prodotta per il Macintosh LC che emula un Apple IIe. Contiene tutte le funzionalità dell'Apple IIe in un unico chip VLSI. L'emulazione offre un WDC 65C02 con 256 kB di memoria con un clock selezionabile via software tra 2 MHz, la frequenza nativa dell'Apple IIGS, e 1 MHz, la frequenza degli altri modelli. La scheda può far girare programmi ad 8 bit per l'Apple II/II+, l'Apple IIe e l'Apple IIC/IIC+ ma non il software a 16 bit dell'Apple IIGS. La RAM è divisa in 2 blocchi: i primi 128 kB sono utilizzati come memoria standard mentre gli altri 128 kB sono riservati al caricamento di un'immagine del sistema operativo: il firmware originale degli Apple II non è infatti stato installato sulla scheda. Nonostante la scheda sia stata sviluppata esplicitamente per il modello LC, può essere montata su qualunque Macintosh dotato delle medesime porte PSD. Note Bibliografia Riviste Libri Voci correlate Videogiochi per Apple II Lemz Agat Altri progetti Collegamenti esterni Computer Apple Personal computer
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https://it.wikipedia.org/wiki/Anomalia%20genomica
Anomalia genomica
Le anomalie genomiche, dette anche cariotipiche, o, più comunemente anomalie o mutazioni cromosomiche numeriche, sono quelle anomalie che determinano un cambiamento nel numero dei cromosomi di un genoma, o cariotipo. Si possono distinguere due tipi di anomalie genomiche: euploidia aberrante ed aneuploidia. Euploidia aberrante Quando ad essere aggiunti (più raramente eliminati) sono interi corredi cromosomici. Monoploidia La monoploidia è caratterizzata dalla presenza di un solo cromosoma per ogni tipo; è ovviamente un'anomalia quando non costituisce la norma: in quel caso si parlerà di aploidia. La monoploidia è abbastanza rara in organismi eucarioti e poco spesso gli embrioni monoploidi sopravvivono; se anche riescono a raggiungere lo stadio adulto non saranno comunque fertili perché i cromosomi non avranno i loro omologhi con cui appaiarsi nel corso della meiosi, per formare i gameti. In genere è dovuta a sviluppo di gameti femminili senza fecondazione attraverso il processo di partenogenesi. Tra i casi di monoploidia si riscontrano nei maschi degli imenotteri che dunque a differenza degli individui di sesso femminile della stessa specie non saranno diploidi, ma aploidi. Poliploidia La poliploidia consiste nella presenza di più di due serie di cromosomi. Negli animali è rarissima, ma vi sono casi nel crostaceo Artemia salina. Nelle piante è più comune, probabilmente perché esse hanno una morfogenesi meno complessa degli animali. Distinguiamo la poliploidia in due categorie: Autopoliploidia: gli assetti cromosomici derivano da una singola specie Allopoliploidia: gli assetti cromosomici derivano da due o più specie Nelle piante spesso la tetraploidia (4n) è associata a speciazione per ibridazione. Il caso più noto di triploidia è il banano commerciale, che per questo si può riprodurre solo asessualmente. Aneuploidia Aneuploidia si ha quando il numero di cromosomi non è un multiplo esatto di n (dove n è il numero aploide di cromosomi), ovvero quando sono presenti cromosomi in eccesso o in difetto rispetto al normale. Molte aneuploidie non portano ad individui vitali ma ne determinano la morte prima della nascita (aborto spontaneo). Monosomia La monosomia consiste nella presenza di un solo cromosoma di una coppia nel nucleo cellulare. Si dice monosomia parziale quando un cromosoma ha in duplice copia solo una sua porzione. Monosomie umane Disordini genetici derivanti da monosomie nell'uomo sono: Sindrome di Turner – presenza del solo cromosoma sessuale X. I malati di questa sindrome sono femmine e sprovviste del Corpo di Barr. Sindrome del cri du chat – dovuta a una monosomia parziale: un cromosoma 5 dei due possiede, a causa di una delezione, un frammento del braccio corto in meno. Sindrome da delezione 1p36 – un'altra monosomia parziale dovuta alla mancanza del segmento terminale del braccio corto del cromosoma 1. Disomia Consiste nella presenza di due cromosomi per ogni tipo, in organismi diploidi, come l'uomo, quindi, rappresenta la normalità. È una anomalia genetica in individui aploidi, che avranno due, invece che uno, cromosoma per tipo. Nella specie umana le cellule somatiche sono diploidi e hanno un corredo di 46 cromosomi appaiati in 23 coppie, tuttavia i gameti presentano una condizione aploide, con una sola copia di ogni cromosoma. Nelle coppie, i cromosomi sono solitamente omologhi (hanno le stesse dimensioni e forma, oltre che la stessa posizione e numero di geni), tranne nel caso dei cromosomi sessuali (detti anche eterosomi, in contrapposizione con gli altri, detti autosomi) X e Y (così denominati per la loro forma) che sono cromosomi eterologhi nei maschi. Questo corredo cromosomico normalmente ha un uguale contributo da entrambi i genitori: nel caso in cui una coppia di cromosomi derivi da un singolo parente, si ha una disomia uniparentale. Nel caso estremo in cui tutti i cromosomi derivano da un solo genitore, si ha una diploidia uniparentale, che comporta il mancato sviluppo embrionale. Trisomia Ovvero presenza di un cromosoma in eccesso: individui trisomici per un cromosoma ne avranno tre copie invece di due. Queste anomalie, sono dovute a processi di non disgiunzione nel corso della meiosi. Esistono forme di trisomia parziale quando porzioni di un cromosoma in eccesso si legano ad un altro cromosoma o quando un cromosoma presenta una duplicazione in una sua regione. Inoltre si ha la trisomia a mosaico quando sono presenti frammenti extra di cromosomi solo in alcune cellule dell'organismo. Tetrasomia e pentasomia Indica la presenza rispettivamente di 4 o 5 copie di cromosoma per tipo. Sono aneuploidie molto rare, ma comunque riscontrate anche nell'uomo: esempi di cariotipo anormale sono XXXX (sindrome della quadrupla X), XXYY, XYYY, XXXXX, XXXXY, XXXYY, XYYYY e XXYYY. Note Voci correlate Aberrazione cromosomica Aneuploidia Citogenetica Disomia uniparentale Mutazione genetica Mutazione genica Mutazione
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https://it.wikipedia.org/wiki/Argento
Argento
Largento è l'elemento chimico nella tavola periodica che ha simbolo Ag (dal latino Argentum) e numero atomico 47. È il secondo elemento del gruppo 11 del sistema periodico (collocato tra il rame e l'oro); fa quindi parte del blocco d, ed è un elemento di transizione della seconda serie (5° periodo). È un metallo di transizione tenero, bianco e lucido; l'argento è il migliore conduttore di calore ed elettricità fra tutti i metalli, e si trova in natura sia puro che sotto forma di minerale. Si usa nella monetazione, in fotografia e in gioielleria, in cui è protagonista di un'intera branca, l'argenteria, che riguarda coppe, cuccume, vassoi, cornici e posate da tavola. Caratteristiche L'argento è un metallo molto duttile e malleabile, appena più duro dell'oro, con una lucentezza metallica bianca che viene accentuata dalla lucidatura. Ha la maggiore conducibilità elettrica tra tutti i metalli, superiore persino a quella del rame che però ha maggiore diffusione per via del minore costo. L'argento puro, tra i metalli, ha anche la più alta conducibilità termica, il colore più bianco, la maggiore riflettanza della luce visibile (povera invece nel caso della luce ultravioletta) e la minore resistenza all'urto. Gli alogenuri d'argento sono fotosensibili e l'effetto prodotto su di essi dalla luce è alla base della fotografia analogica (cioè su pellicola e carta chimica). L'argento è stabile nell'aria pura e nell'acqua pura, ma scurisce quando è esposto all'ozono, all'acido solfidrico o all'aria contenente tracce di composti dello zolfo. Nei suoi composti l'argento ha numero di ossidazione +1, ed è così malleabile che si possono fare fogli di appena di spessore. Applicazioni L'argento trova principalmente impiego come metallo prezioso. I suoi alogenuri, in special modo il bromuro d'argento, sono impiegati in fotografia, che ne è l'utilizzo principale in termini di quantità. Altri possibili utilizzi sono: Per produrre contatti ad elevata conduttività in manufatti elettrici ed elettronici, ad esempio i contatti elettrici delle tastiere. Per preparare le emulsioni fotografiche, per le quali vengono usati gli alogenuri d'argento: ioduro, bromuro e cloruro. Per produrre specchi con una maggiore riflettanza; gli specchi comuni sono fatti con l'alluminio. La produzione di monete d'argento, che risale all'VIII secolo a.C.; le parole "argento" e "denaro" sono identiche o molto simili in almeno 14 lingue. Per il suo splendore viene usato per produrre articoli di gioielleria e set di posate e articoli da tavola (l'argenteria), prodotti tradizionalmente con l'argento sterling, una lega che contiene il 92,5% di argento. Per la sua malleabilità e la sua non tossicità si usa in lega con altri metalli in odontoiatria. Per le sue proprietà catalitiche, trova uso come catalizzatore in molte reazioni di ossidazione, ad esempio nella produzione di formaldeide dal metanolo. Nella produzione di batterie a lunga durata argento-zinco e argento-cadmio. Il fulminato d'argento è un esplosivo. Il cloruro d'argento può essere reso trasparente e venire impiegato come cemento per il vetro. Lo ioduro d'argento è usato per seminare le nubi per produrre la pioggia. L'argento è anche un additivo alimentare (E 174), usato come colorante in particolare per caramelle e confetti rivestiti di zucchero, per ottenere un colore metallico. Sono in commercio pastiglie agli ioni d'argento, utilizzate, ad esempio, per la disinfezione dell'acqua in campeggio. Storia L'argento è noto fin dall'antichità. Il termine deriva dal latino argentum e dal greco αργύριον, legati ad αργός "splendente, candido, bianco". È menzionato già in testi in scrittura cuneiforme del III millennio a.C., nel libro della Genesi, e l'analisi di resti nei siti archeologici dell'Asia minore, delle isole dell'Egeo e del Vicino Oriente, indica che l'argento già nel IV millennio a.C. veniva separato dal piombo, e che erano note le tecniche di cesello, sbalzo e agemina rimaste sino all'età moderna. Per millenni l'argento è stato usato come ornamento e come materiale per utensili come nel periodo degli Incas nell'antico Perù, come merce di scambio e come base per molti sistemi monetari. È stato a lungo considerato il secondo metallo più prezioso, dopo l'oro. Nel Buddhismo è il secondo dei sette tesori e simboleggia la virtù. In molte teologie e cosmogonie, l'argento è associato alla Luna e a divinità lunari e femminili. Benché chimicamente i due elementi non siano correlati, nell'antichità il mercurio veniva considerato come una specie particolare di argento – da cui il nome tradizionale di argento vivo ed il suo nome latino hydrargyrium (argento liquido). In araldica il colore argento è uno dei due metalli più comuni (assieme all’oro); è cromaticamente rappresentato bianco e come motivo di riempimento (quando uno stemma viene disegnato con la penna) come una superficie liscia, vuota da riempimento (mentre ad esempio il rosso si fa con linee verticali e l’oro con un campo di punti). Simboleggia la borghesia imprenditoriale poiché scintillante, prezioso ma corrompibile se non curato, e materiale di cui erano fatti i soldi di medio valore. Il valore dell'argento subì un brusco calo quando la scoperta di giacimenti in America Latina (tranne il Perù che aveva già una cultura avanzata dei metalli preziosi) come le miniere di Zacatecas e Potosí, portò ad un'inflazione del metallo. L'argento dà il nome ad una nazione, l'Argentina, ed al suo principale fiume, il Río de la Plata – dal suo nome spagnolo, plata. Nel corso del XIX secolo l'oro iniziò ad essere demonetizzato mentre l'argento seguirà il medesimo destino nel secolo successivo. Mentre l'oro anche oggi resta però in parte nei forzieri delle banche centrali l'argento fu man mano completamente liquidato in seguito alla fine del bimetallismo. Questa immensa quantità d'argento "liberata" dalle funzioni monetarie ha causato fino a tempi recentissimi una grande disponibilità di metallo, nonostante la produzione mineraria fosse di gran lunga inferiore ai consumi. La quantità di argento disponibile sulla crosta terrestre è di 0,0800 ppm (g/t), superiore di 20 volte a quella dell'oro, che è 0,0040 ppm (g/t), e superiore anche a quella del platino che è 0,0100 ppm (g/t); la potenzialità di estrazione dalle miniere per l'argento è di circa 547 milioni di once troy all'anno, contro 82 milioni di once troy dell'oro e 5 milioni di once troy del platino. Per questi motivi e anche per i costi di estrazione enormemente superiori per l'oro, l'argento ha e avrà sempre un valore nettamente inferiore rispetto ad altri metalli preziosi. Da valutare per un investimento il rapporto oro/argento: dal 1344 fino verso al 1830 ha sempre avuto un rapporto quasi fisso di circa 1 a 16, verso fine Ottocento ha cominciato a perdere valore nei confronti dell'oro fino a toccare il record di 1 parte di oro pari a 153 parti d'argento nel 1939. Successivamente il suo valore è risalito fino a 1 a 28 nel 1971 e poi a ricominciato a perdere arrivando al rapporto 1 a 110 nel 1992. Dal 2008 il rapporto (molto volatile) si sta mantenendo nei limiti di un intervallo fra 1 a 46 e 1 a 93. Calcolando l'inflazione e ragionando in termini odierni (2008) l'argento ha avuto il suo valore massimo nel 1477 con un prezzo di all'oncia troy, poi è iniziata la discesa che ha portato il prezzo ai minimi nel 1993 a 3,53 $ per oncia troy. Dal 2004 il prezzo dell'argento ha ripreso a salire arrivando a superare i 29 $ l'oncia alla fine del 2010. In ogni caso chi avesse investito in argento nel 1477 si troverebbe ai giorni nostri con una perdita reale superiore al 90%; ciò nonostante l'argento è considerato un bene rifugio. Infatti ben peggio hanno fatto le varie banconote cartacee il cui valore non è intrinseco (come nel caso delle monete metalliche), ma attribuito dallo stato come titoli di credito al portatore; quando andarono fuori corso il valore fu totalmente annullato. Inoltre la perdita di valore dell'argento nei secoli è avvenuta in modo lento e graduale e non improvvisamente come è avvenuto sempre per la carta-moneta, i cui possessori subirono gravissime perdite. Disponibilità L'argento si trova in natura sia allo stato nativo che combinato in composti con lo zolfo, l'arsenico, l'antimonio o il cloro in svariati minerali (ad esempio, l'argentite, Ag2S, o l'argentopirite, AgFe2S3). Giacimenti d'argento si trovano in Canada, Australia e negli Stati Uniti ma la massima produzione negli ultimi due secoli si è avuta in Messico dalla miniera di Guanajuato. Il Messico risulta il principale produttore di argento al mondo, con 186.2 milioni di once prodotte nel 2016, seguito da Perù e Cina. Ad Aspen, nel Colorado, è stato estratto un blocco di 380 kg, e vanno segnalati anche, per la loro bellezza, i cristalli di Kongsberg, in Norvegia. In Italia l'argento è stato estratto in Calabria, a Longobucco e in Sardegna in vari giacimenti del Sarrabus. Oltre che dai minerali, l'argento si ottiene anche dalla raffinazione elettrolitica del rame. L'argento di grado commerciale è puro al 99,9%, sono disponibili gradi di purezza fino al 99,999%. Mercato dell'argento Il Silver Futures è il contratto futures con cui si scambia l'argento sui mercati finanziari. Fattori Il prezzo del l'argento è influenzato dai seguenti fattori: Domanda ed offerta globale: Come i prezzi dell'argento sono guidati dal ciclo della domanda e dell'offerta di argento I prezzi dell'argento sono anche esposti a una maggiore fluttuazione nell'uso commerciale e al dettaglio. Con migliaia di casi d'uso pratici e una presenza costante come metallo alla moda, il prezzo dell'argento è soggetto a un'ampia influenza economica. Questo è previsto con le complesse catene di approvvigionamento a cui è legato l'argento. Alcuni usi comuni dell'argento includono prodotti come stoviglie, leghe, batterie, gioielli e molto altro. Anche gli altri metalli con cui viene estratta la maggior parte dell'argento come sottoprodotto hanno i propri cicli di domanda e offerta. L'argento è un attore chiave nell'economia collettiva dei metalli. Il punto chiave è che il prezzo dell'argento è determinato da una serie di fattori che influiscono su quanto viene estratto. Quindi, una volta che i minerali sono stati lavorati e l'argento purificato, entrano nell'economia in un modo controllato da organizzazioni private e pubbliche con potere di regolamentazione sui volumi di offerta eccessiva. Ad esempio, forti piogge possono causare inondazioni nelle miniere, il caldo estremo può surriscaldare i macchinari e le frane sono comuni anche nelle regioni rocciose. Quindi, i tiratori dell'economia dei metalli preziosi regolano l'offerta per soddisfare le condizioni di mercato nei mercati dei consumatori commerciali e al dettaglio. È così che nasce un prezzo spot d'argento: il prezzo per oncia nel grafico sopra. Rottami d'argento: I rottami metallici d'argento possono svolgere un ruolo importante nel determinare l'offerta di argento sul mercato e, quindi, il suo prezzo. Storicamente, una fonte di rottami metallici era l'industria della fotografia. Tuttavia, con l'avvento della fotografia digitale, l'argento ora gioca un ruolo minore nel settore. I rivenditori di rottami riciclano grandi quantità di pellicole fotografiche per il loro contenuto di argento. Allo stesso modo, gioielli e argenteria possono essere una fonte di rottami d'argento. Con l'aumento dei prezzi dell'argento, sul mercato arriva una maggiore quantità di rottame, il che può mettere un limite ai prezzi. criptovalute: Poiché le persone spesso considerano Bitcoin l'"alternativa all'oro digitale", è in qualche modo un concorrente dell'argento. Con il senno di poi, qualsiasi risorsa utilizzata come riserva di valore può attirare il denaro degli speculatori che altrimenti potrebbe confluire in argento. Ethereum una volta era ancorato come "argento" all'"oro" di Bitcoin. Tali convinzioni possono davvero causare movimenti di vendita al dettaglio di massa nel mercato, e quindi il denaro gocciola via dall'argento. Sebbene tali guerre di speculazione non si traducano in enormi oscillazioni dei prezzi, possono esserci interessanti correlazioni tra i prezzi dell'argento e la direzione generale del mercato delle criptovalute. Mercato dell'oro: Prezzi dell'oro Storicamente, i prezzi dell'argento e dell'oro mostrano una forte relazione positiva. Molti trader prestano molta attenzione al rapporto oro-argento e utilizzano i movimenti in questo rapporto come segnale per acquistare o vendere una merce o l'altra. Isotopi L'argento che si trova in natura si compone di due isotopi stabili: 107Ag e 109Ag, di cui il primo è il più abbondante (51,839%). Dell'argento sono stati individuati 28 isotopi radioattivi, i più stabili di essi sono 105Ag, con un'emivita di 41,29 giorni, 111Ag (7,45 giorni) e 112Ag (3,13 ore). Tutti gli altri hanno tempi di dimezzamento inferiori all'ora e la maggior parte di essi inferiore a 3 minuti. Questo elemento ha anche numerosi stati metastabili, i più stabili dei quali sono 128Ag (emivita: 418 anni), 110Ag (249,79 giorni) e 107Ag (8,28 giorni). Gli isotopi dell'argento hanno numeri di massa compresi tra 94 (94Ag) ai 124 (124Ag). La principale modalità di decadimento degli isotopi più leggeri di 107Ag è la cattura elettronica con conversione in palladio, mentre per gli isotopi più pesanti è il decadimento beta con conversione in cadmio. L'isotopo 107Pd decade con emissione di raggi beta a 107Ag con un'emivita di 6,5 milioni di anni. Le meteoriti di ferro sono gli unici corpi aventi un rapporto palladio/argento sufficientemente alto per poter produrre variazioni misurabili dell'abbondanza di 107Ag. L'argento-107 di fonte radiogenica è stato individuato per la prima volta nel 1978 nella meteorite di Santa Clara, in California. Gli scopritori hanno suggerito che la coalescenza e la differenziazione dei piccoli pianeti con nucleo di ferro sia avvenuta 10 milioni di anni fa dopo un evento nucleosintetico. La correlazione tra 107Ag e 107Pd osservata in corpi celesti che erano fusi durante l'accrezione del sistema solare riflette la presenza di nuclidi instabili nel sistema solare primordiale. Titolo dell'argento Per titolo si intende la percentuale minima di argento puro presente nella lega metallica che compone un oggetto. In virtù della bellezza e lucentezza di questo metallo prezioso, sin dai tempi antichi, è stato utilizzato per monete, posate, vasellame, monili e altro. I lingotti d'argento che sono in commercio hanno normalmente titolo 999/1000, la lega è composta cioè del 99,9% d'argento puro. La maggior parte di gioielli e di oggetti per la casa hanno invece titolo 800, 835 e 925. Questi numeri indicano la percentuale minima di argento puro che, combinato con altri metalli, compone l'oggetto. L'argento marchiato o punzonato 925, che in inglese è definito Sterling Silver, indica una composizione garantita di 925 parti minime di argento e 75 massime di qualsiasi altro metallo. In genere la componente in rame è preponderante tra gli altri metalli usati. Per particolari lavorazioni viene usato nella lega anche lo zinco in percentuali massime dello 0,5%. Il marchio 800 indica una composizione garantita di 800 parti minimo di argento puro e di 200 parti massimo di rame e altri elementi. Il titolo 835 è stato usato per molte monete d'argento, quali le 500 lire con le caravelle coniate dal 1957 dalla Zecca italiana. Marchi e punzoni In ogni paese esiste una disciplina legale sui marchi che devono essere riportati sugli oggetti d'argento a garanzia degli acquirenti. Ad esempio in Inghilterra, già dal 1544 il simbolo dell'argento non è un numero come 800 o 925, ma una figura di leone passante verso sinistra. In Italia vigevano diversi simboli e sistemi a seconda dei periodi e delle dominazioni e solo a seguito dell'unità d'Italia furono soppressi i vari punzoni degli stati preunitari. Con legge del 2 maggio 1872 fu introdotta una punzonatura di garanzia facoltativa, una testa di donna turrita che, se riportava il numero 1 alla base indicava il titolo 950, con il numero 2 il titolo 900, con il numero 3 il titolo 800. Con legge del 5 febbraio 1934 vengono imposti due punzoni. Il primo, ad esempio 800, racchiuso in un ovale, che indicava il titolo, ed un secondo punzone che doveva contenere il numero dell'argentiere e la provincia, separati da un fascio littorio e racchiusi in una losanga tronca. Nel 1944 viene eliminato il fascio littorio mantenendo invariato il sistema del doppio punzone. Ad esempio un oggetto che ha un punzone con un 800 racchiuso in un ovale affiancato da un secondo punzone che, all'interno di una losanga tronca, contiene la dicitura 1 BO ci dice che l'oggetto è d'argento 800 ed è stato fabbricato dall'argentiere di Bologna che aveva ottenuto il numero 1. Se troviamo i punzoni 925 nell'ovale e 79 PA nella losanga tronca significa che il nostro oggetto è d'argento 925 su 1000 ed è stato fabbricato dall'argentiere 79 di Palermo. Con legge del 30 gennaio 1968 c'è una lieve modifica del punzone del produttore che da losanga tronca diventa esagono allungato in cui deve comparire una stella (simbolo della Repubblica) il numero e la provincia dell'argentiere. Per esempio <* 79 PA> indica che l'oggetto è stato fabbricato dopo la legge del 1968 ed il decreto attuativo del 1970. Questa punzonatura è quella tuttora vigente. Con legge 22 maggio 1999 è stato introdotto un nuovo punzone per i casi in cui l'argento sia esterno ed a copertura di altro materiale. Immaginiamo un coltello d'argento. Di solito la lama e l'interno del manico sono di acciaio. Quindi l'argento è limitato ad una lamina esterna al manico. L'interno può anche essere riempito di resina o altro materiale. In questo caso il nuovo punzone, una lettera R racchiusa in un quadrato, ci indica che il manico è "riempito" di altro materiale non prezioso. Vicino alla R deve essere indicata la quantità d'argento minima e massima seguita da una g (grammi). Quindi 3-5 g sta ad indicare che l'oggetto "riempito" ha da 3 a 5 grammi d'argento. Nulla vieta di aggiungere loghi o simboli dell'argentiere. Precauzioni ed effetti sulla salute Sebbene l'argento abbia, in esperimenti in vitro, mostrato un effetto germicida e battericida, gli effetti dell'argento sulla salute umana possono essere molto deleteri. I composti dell'argento possono essere assorbiti nel sistema circolatorio e depositarsi in diversi tessuti dell'organismo portando all'argiria. Questa malattia si manifesta, inizialmente, con la comparsa sulla pelle di una colorazione grigio-nera permanente dovuta alla formazione superficiale di Ag e di Ag2S; successivamente insorgono bronchiti croniche, danni renali e sclerosi delle arterie. Per ingestione orale, l'intossicazione è rapida e provoca in progressione: vomito, dolori addominali, gastroenterite, collasso e morte. Per esempio, il AgNO3 ha un effetto letale, in un individuo adulto, qualora venga ingerito alla dose di circa 10 g. Lo ione argento interagisce anche con gli acidi nucleici (DNA, RNA) instaurando legami soprattutto a livello delle basi azotate. Anche quando l'argento è inalato può provocare seri problemi al corpo umano. L'argento non ha alcun ruolo negli equilibri biologici degli esseri umani. Citazioni letterarie Nella narrativa fantastica l'argento risulta il solo mezzo capace di abbattere mostri come i licantropi o i vampiri. Note Bibliografia Voci correlate Argenteria Argento sterling Argirofilia Bimetallismo Dietilditiocarbammato d'argento Elettro Solfato d'argento Vermeil Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Metalli Additivi alimentari
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Arsenico
L'arsenico è l'elemento chimico di numero atomico 33 e il suo simbolo è As. È il terzo elemento del gruppo 15 (gruppo dell'azoto) del sistema periodico (4° periodo), fa parte del blocco p ed è collocato tra il fosforo e l'antimonio, ai quali in parte somiglia come comportamento chimico. Come per questi, le sue valenze principali sono 3 e 5 e gli stati di ossidazione vanno da -3 a +5. Seppure raramente, l'arsenico si trova in forma nativa; tale forma e alcuni dei suoi composti o minerali, come l'orpimento, furono noti fin dall'antichità. L'elemento venne probabilmente isolato dall'ossido bianco (As2O3) per la prima volta anteriormente all'anno 815 dall'alchimista di lingua araba Jabir ibn Hayyan e, con maggiore certezza, da Alberto Magno nel 1250. L'arsenico è chimicamente un metalloide e si presenta in almeno tre forme allotropiche: grigia (arsenico grigio, o "metallico"), gialla, e nera. È usato in alcune leghe di importanza industriale, come quelle Pb-As nelle batterie di automobili e in munizioni. È uno dei componenti essenziali della famiglia di semiconduttori III-V, come l'arseniuro di gallio, e anche come dopante di tipo n, ad esempio per semiconduttori basati sul silicio. In passato i suoi composti hanno trovato impiego come erbicidi ed insetticidi. Caratteristiche Proprietà L'arsenico esiste in varie forme allotropiche, ma meno numerose di quelle del fosforo; le più importanti sono l'arsenico grigio (romboedrico), l'arsenico giallo (As4, molecolare), l'arsenico nero (ortorombico) e varie forme di arsenico amorfo. La più comune è l'arsenico grigio (α-As), un solido cristallino di colore grigio acciaio, con lucentezza metallica e conduttore di corrente elettrica, sebbene parecchio meno dei comuni metalli, che però è fragile, a differenza di un tipico solido metallico. Questa è la forma termodinamicamente stabile dell'arsenico a temperatura e pressione ambiente ed è analoga a quelle più stabili dell'antimonio e del bismuto; è anche simile, ma non analoga, a quella del fosforo nero (o fosforo metallico), che è la più stabile per il fosforo. L'arsenico grigio è un semimetallo; in quanto tale, il suo band gap è nullo e quindi conduce l'elettricità anche allo zero assoluto. L'arsenico nero (come il fosforo nero) è invece un semiconduttore avente comunque un band gap diretto piuttosto piccolo (0,3 eV). Strutture cristalline Le forme cristalline dell'arsenico grigio e dell'arsenico nero sono principalmente due e in ogni caso consistono in strati increspati di atomi As disposti sopra e sotto il piano medio dello strato. Ogni atomo di As in uno strato è legato a tre primi vicini nello stesso strato e, con legami più lunghi e più deboli, a tre altri atomi di As dello strato inferiore (o superiore). Queste strutture, pur somiglianti per molti aspetti, differiscono topologicamente: una è romboedrica, l'altra è ortorombica. Arsenico grigio La struttura cristallina dell'arsenico grigio è romboedrica e consiste in strati sovrapposti di anelli esagonali di atomi di As nella conformazione a sedia (simile a quella del cicloesano), anelli che sono condensati in trans come nella trans-decalina. All'interno di uno strato ogni atomo di As è legato direttamente ad altri tre e la distanza As–As è , con un angolo As-As-As di 96,7° (109,5° nell'anello del cicloesano); inoltre, è meno fortemente legato a tre atomi As dello strato sottostante con distanze di , valore che è decisamente inferiore al doppio del raggio di van der Waals di As, cioè 370 pm. La relativa debolezza dei lunghi legami tra gli strati fa sì che l'arsenico grigio sia fragile e abbia una densità non elevata, , e che la sua durezza sia scarsa, 3,5 su scala Mohs. Per la razionalizzazione della situazione di legame dell'arsenico in questa struttura, e in alte similari ottenibili, come pure per le interazioni di van der Waals implicate nella struttura, risultano importanti i contributi di forme di ibridazione sd e pd. Arsenico nero L'arsenico nero, detto così per analogia al fosforo nero (fase stabile per il fosforo), è invece una fase metastabile per As. Si può ottenere, oltre che con l'ausilio di alte pressioni e temperature, riscaldando l'arsenico amorfo a temperature comprese tra 100 e 200 °C in presenza di vapori di mercurio. Si trova però anche in natura in forma del raro minerale arsenolamprite. Questa consiste in cristalli ortorombici grigio-bianchi, non trasparenti, fragili e con lucentezza metallica; la durezza (2 su scala Mohs) e la densità (variabile, 5,3 - 5,5 g/cm3) sono minori di quelle dell'arsenico grigio. La struttura del cristallo (ortorombica) assomiglia a quella dell'arsenico grigio (romboedrica) in quanto consiste ancora in strati sovrapposti di anelli esagonali a sedia, ma questi anelli sono condensati in cis, come nella cis-decalina, analogamente a quanto accade nel fosforo nero. Dell'arsenolamprite esiste anche un'altra modificazione cristallina, nota come pararsenolamprite. Strutture molecolari Riscaldando l'arsenico grigio a pressione ambiente, esso a 614 ± 1 °C (887 ± 1 K) sublima, passando direttamente dallo stato solido a quello di vapore. Solo se l'arsenico viene sottoposto a una pressione di almeno 36,3 atm si raggiunge il punto di fusione a 817 °C (1090 K). Allo stato di vapore l'arsenico forma molecole che sono tetraedri regolari (simmetria molecolare Td) con distanze As–As di 243,5 pm e con angoli di legame che sono ovviamente di 60°, come per il fosforo bianco, dove le distanze sono un po' più corte (221 pm) per il minor raggio covalente di P rispetto ad As. Per rapido raffreddamento del vapore si forma arsenico giallo (β-As), analogo al fosforo bianco (P4), un solido formato da molecole tetraedriche impaccate in una struttura cubica poco compatta: l'arsenico giallo ha densità , è molto solubile in solfuro di carbonio e da tale soluzione può venire ricristallizzato per raffreddamento in cristalli cubici di aspetto ceroso. Si tratta però di una fase metastabile, come nel caso del fosforo, ma anche più instabile: per esposizione alla luce o per riscaldamento, o anche a temperatura ambiente (molto lentamente in questo caso), si trasforma in arsenico grigio. Il vapore in equilibrio con il solido alla temperatura di sublimazione è costituito in massima parte di molecole As4: le specie As3, As2 e As monoatomico derivanti dalla parziale dissociazione di As4 ammontano insieme allo 0,19% soltanto; salendo di temperatura la dissociazione aumenta e a 1127 °C (1400 K) la percentuale di As4 scende al 94%. La molecola biatomica As2 (As≡As) è presente nel vapore di arsenico insieme a molecole As4; come atteso, il legame è un po' più lungo (210,26 pm) dell'analogo del fosforo in P2 (189,5 pm). Isotopi L'arsenico, come anche il fosforo e il bismuto nello stesso gruppo 15, è un elemento monoisotopico: l'unico isotopo stabile è 75As (spin 3/2-). Questo è anche l'unico presente in natura, per cui As è anche mononuclidico. Si conoscono 33 radionuclidi dell'arsenico, aventi numeri di massa compresi tra A = 60 e A = 92. Questo isotopo è dotato di spin nucleare e permette così di usare la risonanza magnetica nucleare per i composti di arsenico. Il 71As (spin 5/2-) decade per emissione di positrone (β+) per dare germanio-71, con un'emivita è di 2,720 giorni e rilasciando 991,2 keV; il germanio-71 così prodotto è anch'esso radioattivo e decade a sua volta per cattura elettronica (ε) a gallio-71, stabile, rilasciando 232,5 eV. Il 72As (spin 2-) decade per emissione di positrone (β+) per dare germanio-72, stabile; la sua emivita è di 1,088 giorni e rilascia 3,334 MeV. L'uso di questo isotopo (e quello del 74As), in vista delle finestre di emivita adatte, è stato considerato utile per marcare radiofarmaci da impiegarsi nella tomografia a emissione di positroni. Il 73As (spin 3/2-) è il suo radioisotopo più longevo; decade per sola cattura elettronica per dare germanio-73, stabile, con emivita di 80,32 giorni, rilasciando 340,83 keV. L'arsenico-73 è impiegato per tracciare la distribuzione dell'arsenico nell'ambiente ed anche per studi tossicologici sul suo assorbimento cellulare. Il 74As (spin 2-) ha due modalità di decadimento β opposte: per il 66% decade β+, trasformandosi in germanio-74 (stabile) e, per il restante 34% decade β-, trasformandosi in selenio-74 (stabile); nel primo modo rilascia 1,540 MeV e nel secondo 1,353 MeV; l'emivita è di 17,77 giorni. Questo isotopo viene prodotto con la reazione 72Ge + D → 74As + n. Il 76As (spin 2-) mostra anch'esso due tipi di decadimento opposti, ma molto sbilanciati: per circa il 100% dei casi decade β- dando selenio-76 (stabile) e, per lo 0,02%, decade per cattura elettronica dando germanio-76(stabile); nel primo modo rilascia 2,963 MeV e nel secondo 923,54 keV; l'emivita è di 1,094 giorni. Il 77As (spin 3/2-) decade β- per dare selenio-77, stabile, con emivita di 1,618 giorni, rilasciando 683,02 keV. Reattività Dal punto di vista chimico l'arsenico è molto simile al fosforo, suo omologo, al punto che lo sostituisce parzialmente in alcune reazioni biochimiche, da cui il suo effetto tossico. L'arsenico forma facilmente molecole covalenti con la maggior parte dei non metalli. L'arsenico è stabile all'aria asciutta, ma per esposizione all'umidità si ricopre di una patina color bronzo dorato che alla fine diventa uno strato superficiale nero. Per riscaldamento l'arsenico sublima a 615 ºC, cioè diventa gassoso senza passare per la fase liquida. Riscaldato all'aria, l'arsenico si ossida a ; i fumi di questa reazione hanno un odore agliaceo. Bruciato in atmosfera di ossigeno forma e , che hanno la stessa struttura degli analoghi composti di fosforo. In atmosfera di fluoro l'arsenico brucia formando . In acqua l'arsenico non viene intaccato da basi o acidi non ossidanti, ma con acido nitrico diluito forma acido arsenioso e con acido nitrico concentrato a caldo forma acido arsenico . Con acido solforico a caldo si forma . Con i metalli l'arsenico reagisce formando arseniuri, composti di difficile classificazione dato che possono dar luogo a svariate stechiometrie da a con strutture complesse. L'arsenico è situato nella tavola periodica degli elementi dopo che è stata completata la serie 3d e quindi il suo massimo stato di ossidazione +5 è poco stabile (vedi effetto della coppia inerte). Questo fa sì che e siano forti ossidanti. Applicazioni Agricoltura L'arseniato di piombo è stato usato fino a buona parte del XX secolo come insetticida sugli alberi da frutto, con gravi danni agli occhi, al sistema circolatorio, polmoni, soprattutto per i lavoratori che lo spargevano sulle colture senza opportuna protezione. In passato è stato usato anche per altri insetticidi e fitofarmaci agricoli. Cosmetica Nell'età vittoriana l'arsenico, la cui tossicità era ignorata, veniva usato come cosmetico, per conferire alla carnagione il cosiddetto "pallore da arsenico". Costruzioni L'applicazione di maggiore pericolo per l'essere umano è probabilmente quella del legno trattato con arsenocromato di rame ("CCA" o "Tanalith" e la maggior parte del vecchio legno "trattato a pressione"). Il legname CCA è ancora in circolazione e in uso in molti paesi ed è stato usato in modo massiccio durante la prima metà del XX secolo per strutture portanti e rivestimenti esterni di edifici in legno, dove c'era il pericolo di marcescenza o di attacchi di insetti. Anche se questo tipo di trattamento del legno è stato proibito nella maggior parte delle nazioni dopo la comparsa di studi che dimostravano il lento rilascio di arsenico nel terreno circostante da parte del legno CCA, il rischio più grave è la combustione di legno CCA, che concentra i composti di arsenico nelle ceneri: ci sono stati casi di avvelenamento da arsenico di animali e di esseri umani per ingestione di ceneri di legno CCA. La dose letale per un uomo è di 20 grammi di cenere, circa un cucchiaio. L'arsenico è un potente veleno incolore e inodore che, assunto a piccole dosi, provoca crampi alle braccia e alle gambe e infine la morte. Lo 0,8 percentuale viene considerato tollerabile da un organismo normale. Inoltre, questo veleno blocca il processo di deterioramento dei tessuti e quindi il corpo rimane intatto, come mummificato. Tuttavia il legno CCA recuperato da costruzioni demolite continua ad essere bruciato, per ignoranza, in fuochi domestici o commerciali; lo smaltimento sicuro di legno CCA continua ad essere poco praticato e ci sono preoccupazioni in alcune zone massicciamente edificate con legno trattato all'arsenico per la futura demolizione delle costruzioni. Medicinali Un arsenobenzolo è stato fondamentale nel debellare la sifilide. L'ossido arsenioso è stato impiegato per la cura della leucemia promielocitica acuta in pazienti resistenti alla terapia con l'acido trans-retinoico. Altri usi L'arseniuro di gallio (GaAs) è un importante semiconduttore usato nei circuiti integrati e nei pannelli fotovoltaici. I circuiti realizzati in arseniuro di gallio sono molto più veloci, ma molto più costosi, di quelli realizzati in silicio. A differenza del silicio, possono essere utilizzati nei diodi laser e nei LED per convertire direttamente l'elettricità in luce. Il triossido di diarsenico è impiegato in Australia come agente per la disinfestazione delle case dalle termiti. È usato anche nella realizzazione di fuochi d'artificio. Ci sono resoconti sull'uso di arseniato di rame nel XIX secolo come colorante per dolciumi. Storia La parola arsenico è un prestito dal persiano زرنيخ (Zarnik), che vuol dire "ornamento giallo"; Zarnik, per il tramite del siriaco ܠܐ ܙܐܦܢܝܐ (al) zarnika, venne adottato nel greco antico nella forma ἀρσενικόν (arsenikón). L'arsenico era dunque conosciuto e utilizzato in Persia e in altri luoghi fin dai tempi antichi. Poiché i sintomi dell'avvelenamento da arsenico erano mal definiti, veniva usato spesso per omicidi, fino all'ideazione del saggio di Marsh (1836), un test di laboratorio molto sensibile in grado di rivelarne la presenza nei tessuti. Nell'Età dei Metalli, l'arsenico non era conosciuto allo stato puro, ma solo come impurità presente nei minerali cupriferi; era scelto deliberatamente come allegante già nel Calcolitico finale anatolico; poi, durante l'Età del Bronzo, veniva spesso unito al rame per creare una lega con caratteristiche simili al bronzo. Il primo a isolare l'arsenico elementare fu Jabir ibn Hayyan, prima dell'815 d.C. Alberto Magno nel 1250 isolò l'elemento dal trisolfuro arsenioso, riscaldandolo insieme al sapone. Nel 1649 Johann Schroeder, il medico e farmacologo tedesco, fu la prima persona a riconoscere l'arsenico come elemento chimico a parte; pubblicò due diversi modi per preparare arsenico. È stato dimostrato che il corpo umano può sviluppare una tolleranza all'arsenico assumendone piccole quantità per periodi prolungati. Si racconta a tale proposito che Mitridate VI del Ponto abbia ideato e seguito tale pratica, che per tale motivo è detta "mitridatismo". Molto più recentemente, si dice che anche da Rasputin facesse regolarmente di piccole dosi di arsenico per proteggersi da possibili avvelenamenti. Nel 1998 è stato stimato che in Bangladesh circa 57 milioni di persone bevano acqua da pozzi con concentrazioni di arsenico al di sopra dei limiti massimi di 50 parti per miliardo stabiliti dall'organizzazione mondiale per la sanità, con conseguenze anche mortali; questo arsenico è di origine naturale e viene rilasciato dai sedimenti nelle acque di falda a causa delle condizioni anossiche del sottosuolo. Queste acque sotterranee hanno cominciato ad essere utilizzate dopo l'avvio da parte di organizzazioni non governative occidentali di un grande programma di pozzi per ricavare acqua potabile, in modo da evitare l'uso di acque di superficie contaminate da batteri, ma i controlli sull'acqua di falda per l'arsenico non furono mai effettuati. Si pensa che molti altri paesi del sudest asiatico, come Vietnam, Cambogia e Tibet, abbiano ambienti geologici sotterranei tali da provocare la stessa alta concentrazione di arsenico nelle acque sotterranee. Seppure in percentuali molto inferiori anche in Europa le norme e le soluzioni per la riduzione di arsenico nell'acqua si rendono necessarie. Disponibilità L'arsenopirite, nota anche come mispickel (FeSAs), è il più comune minerale di arsenico, da cui l'elemento si ricava per arrostimento: il calore fa sublimare l'arsenico, lasciando come residuo solido il solfuro ferroso. La società Rumianca, di Riccardo Gualino, nello stabilimento di Carrara Avenza fondò la sua fortuna commerciale nella lavorazione delle piriti arseniose, come precursori di prodotti da usare nell'industria bellica e negli antiparassitari. I composti più importanti dell'arsenico sono l'arsenico bianco (il suo solfuro), il verde di Parigi (acetoarsenito di rame [Cu2(AcO)(AsO3)]) e l'arseniato di piombo. Tutti sono stati usati in passato come agrofarmaci. L'arsenico può raramente trovarsi puro in natura e più spesso si trova associato a argento, cobalto, nichel, ferro, antimonio o zolfo. Oltre che nelle forme inorganiche summenzionate, l'arsenico si può trovare in un certo numero di composti organici nell'ambiente: una volta entrato nella catena alimentare, l'arsenico viene progressivamente metabolizzato in forme meno tossiche con un processo di metilazione. Precauzioni ed effetti sulla salute L'arsenico e molti dei suoi composti sono veleni particolarmente potenti. L'arsenico uccide danneggiando in modo gravissimo il sistema digestivo ed il sistema cardio-respiratorio, portando l'intossicato alla morte per arresto degli stessi ed avvelenamento dei tessuti cellulari che li compongono. Composti contenenti arsenico sono cancerogeni e, in particolare, sono implicati nella patogenesi del carcinoma della vescica, nel carcinoma mammario e di alcune neoplasie dell'apparato tegumentario. Un'estesa letteratura scientifica disponibile su prestigiose riviste internazionali ha ormai provato che l'esposizione cronica all'arsenico ha effetti multipli sulla salute: riduce le difese antiossidanti dell'organismo, dato che l'arsenico ha un'elevata affinità per i gruppi sulfidrilici delle proteine e di metaboliti endogeni come il glutatione; provoca l'avvelenamento direttamente nell'ambiente intracellulare, inattivando diversi enzimi coinvolti nelle reazioni di ossidoriduzione (deidrogenasi, mono-ossigenasi, eccetera); interferisce pesantemente con i meccanismi endocrini regolati dagli estrogeni, da cui il sospetto che possa causare tumori alla mammella; può attaccare direttamente i filamenti di DNA e provocarne lesioni combinate di vario tipo. Note Bibliografia Voci correlate Cianuro Stricnina Soluzione di Fowler Avvelenamento da arsenico Arsenicum album Arsolo Arsenozuccheri Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Veleni
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Antimonio
L'antimonio è l'elemento chimico di numero atomico 51. Il suo simbolo è Sb, dal latino stibium che significa "bastoncino". Bastoncini realizzati con polveri nere di antimonio (impastate con grassi) erano usati fin dall'antichità (nell'Antico Egitto) per il trucco degli occhi (kajal, khol), con funzioni rituali e igieniche. È un metalloide che si presenta in quattro forme allotropiche diverse. La forma stabile ha un aspetto metallico bianco-azzurrognolo, le forme instabili hanno colore giallo o nero. Viene usato come agente antifiamma e per produrre vernici, smalti, ceramiche e gomme, nonché un'ampia gamma di leghe metalliche. Caratteristiche In quanto metalloide, l'antimonio ha l'aspetto di un metallo, ma non ne ha i comportamenti chimico e fisico tipici. Nella sua forma elementare è un solido bianco-argenteo dai riflessi azzurrognoli che possiede scarse conducibilità termica ed elettrica e che sublima a temperature relativamente basse. Reagisce con gli acidi ossidanti e con gli alogeni. L'antimonio e le sue leghe si espandono per raffreddamento. Si stima che la quantità di antimonio nella crosta terrestre sia compresa tra 0,2 e 0,5 ppm. L'antimonio è calcofilo, si accompagna spesso allo zolfo, al tellurio e ad alcuni metalli pesanti: piombo, rame e argento. Storia L'antimonio è un elemento noto e usato nei suoi composti sin dall'antichità, anteriormente al 3000 a.C. La stibnite, solfuro di antimonio, veniva usata sia come medicamento sia per truccare gli occhi. Sono stati trovati reperti risalenti al IV millennio a.C. Plinio il vecchio lo chiamava stibium mentre attorno all'800 d.C. era più usato il nome di antimonium e i due nomi furono usati alternativamente sia per l'elemento sia per il suo solfuro. Questa imprecisione era dovuta anche al tentativo degli alchimisti di non diffondere le conoscenze acquisite, spesso accomunando prodotti diversi in base alle loro analogie simboliche. Solo in età moderna fu fatta distinzione. Significato in alchimia L'antimonio ha sempre goduto di una notevole fama in alchimia, presso la quale ha assunto il significato degli istinti selvaggi e animali da controllare, simboleggiati dal lupo, e perciò era talvolta ritenuto il componente primordiale, o «materia prima», della Grande Opera, la quale attraverso varie fasi sarebbe dovuta culminare con la produzione della pietra filosofale. Queste fasi prevedevano la purificazione dell'antimonio dalla materia liberandone il fuoco interiore, fino a ossidarlo o ucciderlo metaforicamente con la fiamma della salamandra (nigredo); in tal modo si otteneva il caput mortuum, ossia la «testa di morto», un residuo solforoso, da cui tramite sublimazione occorreva separare due tipologie di nature, ignea e mercuriale, associate rispettivamente al Sole e alla Luna, per poi ricongiungerle in parti uguali e celebrare il matrimonio chimico. Dalla loro unione sarebbe nato il «bambino», ovvero la pietra rossa, capace di convertire in oro i metalli vili. Successo e diffusione Durante il Medioevo e il Rinascimento l'uso dell'antimonio conobbe un crescente successo e diffusione, al punto che, secondo lo storico della chimica A.F. Fourcroy, «nessun corpo è stato studiato più di questo, nessuno è stato oggetto di una maggior copia di scritti; si potrebbe creare un'intera biblioteca tutta di libri sull'antimonio». La prima descrizione nota di una procedura per isolare l'antimonio è contenuta nel libro De la pirotechnia del 1540 scritto dal metallurgista italiano Vannoccio Biringuccio e pubblicato postumo; questa pubblicazione precede il più famoso libro di Georg Agricola, De re metallica del 1556, anche questo pubblicato postumo. La scoperta dell'antimonio metallico spesso è stata erroneamente attribuita ad Agricola per un ovvio motivo: mentre il libro De re metallica, scritto in latino, poteva agevolmente essere letto da tutti gli studiosi del tempo, il libro De la pirotechnia era scritto in italiano ed è andato quindi incontro ad una diffusione estremamente minore. Successivamente venne pubblicato a Lipsia, nel 1604, il libro Triumphwagen des Antimonij, scritto in tedesco e poi tradotto in latino come Currus Triumphalis Antimonii (letteralmente «Il carro trionfale dell'antimonio»), che contiene anch'esso la descrizione della preparazione dell'antimonio metallico. Sebbene questo libro sia più recente, il monaco benedettino Basilio Valentino, suo autore nominale, in passato era stato molto spesso citato come scopritore dell'antimonio, sebbene sia ormai opinione comune che il vero autore dei numerosi libri a lui attribuiti abbia semplicemente usato come pseudonimo il nome di un monaco mai esistito; alcuni pensano trattarsi dello stesso editore, Johann Thölde. Oltre al testo di Valentino, anche Paracelso contribuì alla fama dell'antimonio, attribuendovi virtù terapeutiche, come già per altri metalli, tra cui la cura della lebbra, dell'alopecia, della morfea, di ferite e di ulcere. Egli inaugurò quell'indirizzo della medicina chiamato «iatrochimica», basato sull'uso della chimica a scopi salutari, e destinato a dar vita a una lunga controversia con i farmacologi rimasti fedeli a Galeno riguardo alla bontà o meno dell'antimonio. Tra i seguaci di Paracelso che sostenevano la validità dell'antimonio, diversi alchimisti ricavarono numerosi composti. Oswald Croll ad esempio, seguendo anche precise rispondenze astrologiche, produsse un vetro di antimonio che venne usato per una serie di malattie. Origine del nome L'origine del nome non è chiara; può derivare dalle parole greche anti e monos col significato di «opposto alla solitudine» perché si credeva che non esistesse allo stato puro. Un'altra possibile origine del nome è «anti-monaco»; Samuel Johnson infatti, nel suo dizionario di chimica, scrive che il monaco tedesco Basilio Valentino avrebbe provato l'antimonio coi maiali che, dopo un primo forte effetto lassativo, avevano subito iniziato a ingrassare. Basilio aveva quindi ripetuto l'esperimento coi suoi compagni, che però morirono tutti. Da allora la medicina chiamò questa sostanza antimoine, cioè antimonaco. Ovviamente questa versione deve essere considerata come etimologia popolare in quanto il termine antimonium esiste da prima dell'800 d.C., e quindi almeno 6 secoli prima delle ipotetiche prodezze di Basilio Valentino, che probabilmente non è mai esistito. Altri usi Nel 1700 l'antimonio fu messo al bando dalla facoltà medica di Parigi. La proibizione cadde quando la guarigione di re Luigi XIV dalla febbre tifoide venne attribuita all'antimonio. L'antimonio è stato usato nel trattamento della schistosomiasi; data la sua affinità con lo zolfo, si lega agli atomi di zolfo contenuti in certi enzimi usati sia dal parassita che dall'ospite umano. Piccole dosi riescono ad uccidere il parassita senza danneggiare troppo l'organismo del paziente. Nome chimico Il simbolo chimico dell'antimonio si deve a Jöns Jacob Berzelius che iniziò a citarlo nei suoi scritti ricorrendo dall'abbreviazione del nome latino stibium. Il simbolo proposto da Berzelius fu St, successivamente cambiato in Sb. Questo nome proviene a sua volta dal nome copto del solfuro d'antimonio, attraverso il greco. Applicazioni L'antimonio trova sempre maggiore uso nell'industria dei semiconduttori nella produzione di diodi, sensori infrarossi e dispositivi basati sull'effetto Hall. In lega con il piombo, ne aumenta notevolmente la durezza e la resistenza meccanica, tant'è che la produzione di piombo-antimonio per la realizzazione di batterie per autotrazione è il principale consumo di questo elemento. Tra le altre applicazioni vi sono le produzioni di: leghe a basso attrito leghe per la produzione di caratteri tipografici proiettili traccianti guaine per cavi fiammiferi farmaci emetici tubature (leghe senza piombo, contenenti fino al 5% di antimonio) Gli ossidi e i solfuri di antimonio, l'antimoniato(V) di sodio (NaSbO3) e il tricloruro di antimonio(III) (SbCl3) sono usati nella produzione di composti ignifughi, di smalti, di vernici, di vetri e di ceramiche e come catalizzatori di esterificazione. L'antimonio è utilizzato nelle industrie di semiconduttori (dispositivi elettronici, diodi, transistor, circuiti integrati) per il drogaggio dei semiconduttori. Il più importante composto dell'antimonio(III) è il suo triossido (Sb2O3), usato principalmente nella produzione di sostanze ignifughe e ritardanti di fiamma che trovano a loro volta impiego nei settori più disparati, dai giocattoli ai vestiti per i bambini alle fodere per sedili di aereo o automobile. Il solfuro di antimonio(III) (Sb2S3) è contenuto nei fiammiferi. Un'applicazione attuale dell'antimonio è nell'ambito delle memorie a cambiamento di fase, come elemento principe di una lega calcogenura denominata GST. Disponibilità Benché non sia un elemento abbondante, l'antimonio si trova in oltre 100 diversi minerali. A volte si trova allo stato nativo, ma la forma più frequente è quella del solfuro, la stibnite (Sb2S3). L'antimonio viene commercializzato in molte forme fisiche: dalla polvere, ai cristalli, ai pezzi, ai lingotti. NOTA: i dati per gli Stati Uniti non sono stati pubblicati. Precauzioni L'antimonio e molti dei suoi composti sono considerati tossici. Clinicamente l'avvelenamento da antimonio è molto simile a quello da arsenico. A piccole dosi provoca mal di testa e vertigini, a dosi più alte provoca attacchi di vomito violenti e frequenti e porta alla morte nell'arco di pochi giorni. Come per l'arsenico, nella prima metà del XIX secolo l'ideazione del test di Marsh, un test di laboratorio molto sensibile, ne permise l'analisi chimica. In Europa le norme e le soluzioni per la riduzione di antimonio nell'acqua si rendono necessarie per preservare la salute umana. Derivati Antimoniato di potassio Note Bibliografia Voci correlate Antimonio nativo Stibismo – l'avvelenamento da antimonio Stibnite Altri progetti Collegamenti esterni Alchimia Elementi chimici Emetici Storia della medicina Veleni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Argon
Argon
L'argon o argo (dal greco "argòs -òn", significato: pigro) è l'elemento chimico della tavola periodica che ha come simbolo Ar e come numero atomico 18. È un gas nobile del periodo 3 e costituisce circa lo 0,95% del volume dell'atmosfera terrestre. Caratteristiche L'argon è un elemento chimico estremamente stabile, inodore e insapore. È due volte e mezzo più solubile in acqua dell'azoto, che ha circa la stessa solubilità dell'ossigeno. Nel 2002 è stato scoperto che l'argon, apparentemente inerte, come il kripton e lo xeno può formare un composto chimico con l'uranio. La sintesi dell'idrofluoruro di argon (HArF) è stata compiuta da ricercatori dell'università di Helsinki nel 2000. È stato descritto anche un altro composto a base di fluoro, altamente instabile, ma la notizia non è stata ancora confermata. Sebbene allo stato attuale non siano documentati altri composti dell'argon, questo elemento può formare clatrati con l'acqua quando i suoi atomi sono intrappolati in una matrice di molecole d'acqua. Previsioni teoriche e simulazioni al calcolatore hanno trovato alcuni composti di argon che dovrebbero essere stabili, ma non sono ancora note procedure di sintesi per ottenerli. Applicazioni L'argon è usato nell'illuminotecnica perché non reagisce con il filamento incandescente delle lampadine, nemmeno ad alte temperature quando l'azoto biatomico diventa instabile. Altri usi: come scudo di gas inerte in molte forme di saldatura, per metalli come il tungsteno e il titanio; come copertura inerte nella fabbricazione di titanio e altri elementi molto reattivi; come agente rimescolante (stirring) in siviera durante la fabbricazione dell'acciaio; come atmosfera protettiva nella crescita di cristalli di silicio e germanio; l'argon-39 è usato per molti scopi, soprattutto nell'analisi di carote di ghiaccio. Viene anche usato per datare falde acquifere; procedure di criochirurgia come la crioablazione usano argon liquido per distruggere cellule cancerose; in chirurgia si usa il bisturi ad argon per la dissezione/coagulazione del sangue (esempio: parenchima epatico) i sommozzatori lo usano per gonfiare le mute stagne per la sua proprietà termoisolante; viene immesso all'interno del vetro camera in sostituzione dell'aria per ridurre la trasmittanza termica; per la misurazione delle oscillazioni dei neutrini provenienti dal CERN di Ginevra, nei laboratori nazionali del Gran Sasso; per estinguere incendi. Storia Nel 1785 Henry Cavendish sospettò la presenza dell'argon (dal greco argos, "inerte") come costituente dell'aria, ma non fu capace di dimostrarne l'esistenza: la scoperta si deve perciò a Lord Rayleigh e Sir William Ramsay che nel 1894 lo isolarono per distillazione dall'aria liquida. Fino al 1957 il suo simbolo fu rappresentato dalla sola lettera A. Disponibilità L'argon viene isolato per distillazione frazionata dell'aria liquida. L'atmosfera terrestre ne contiene lo 0,94% in volume che corrisponde all'1,285% in peso. Per confronto l'atmosfera di Marte contiene l'1,6% di Ar-40 e 5 ppm di Ar-36. Nei processi criogenici di raffreddamento dell'aria per la produzione di gas liquidi, tra cui azoto, ossigeno e idrogeno, l'aria può essere sottoposta ad una distillazione frazionata che sfrutta i differenti punti di ebollizione di ciascun componente; il punto di ebollizione dell'argon è intermedio tra quello dell'azoto e dell'ossigeno. Composti Fino al 1962 si riteneva che l'argon e gli altri gas nobili fossero chimicamente inerti ed incapaci di formare composti; nonostante la loro elevata inerzia, è stato però possibile forzarli a legarsi ad altri atomi. I primi composti di argon sono stati sintetizzati da alcuni ricercatori dell'Università di Helsinki per irraggiamento ultravioletto di argon congelato contenente acido fluoridrico ottenendo fluoroidruro di argon, HArF. Isotopi I principali isotopi dell'argon che si trovano sulla Terra sono 40Ar, 36Ar e 38Ar. Il 40K che esiste in natura decade in 40Ar, stabile, con un'emivita di anni attraverso una cattura elettronica ed una emissione di positroni. 40Ar è usato per datare le rocce. Nell'atmosfera terrestre 39Ar viene prodotto per azione dei raggi cosmici. A livello della superficie viene invece prodotto per cattura neutronica dal 39K o per emissione di una particella alfa dal 41Ca. L'argon-37 si crea dal decadimento del calcio-40 come risultato di esplosioni nucleari sotterranee; la sua emivita è di 35 giorni. Pericoli per la salute L'argon di base non è tossico per l'organismo, tuttavia concentrazioni molto elevate danno luogo a una sintomatologia asfittica poiché non soddisfa la richiesta di ossigeno della respirazione. A causa del suo peso specifico l'argon tende a ristagnare negli ambienti, perciò lo stoccaggio di grandi quantità di argon in locali piccoli e chiusi è pericoloso nel caso di perdite. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Fluidi refrigeranti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Adenosina%20trifosfato
Adenosina trifosfato
Ladenosina trifosfato (o ATP) è un ribonucleotide formato da una base azotata, cioè l'adenina, dal ribosio, che è uno zucchero pentoso, e da tre gruppi fosfato. È uno dei reagenti necessari per la sintesi dell'RNA, ma soprattutto è il collegamento chimico fra catabolismo e anabolismo e ne costituisce la "corrente energetica". Esso viene idrolizzato ad ADP (adenosindifosfato), che viene riconvertito in ATP mediante vari processi. L'ATP è il composto ad alta energia richiesto dalla quasi totalità delle reazioni metaboliche endoergoniche. Esso viene prodotto secondo la reazione di condensazione endoergonica: ADP + P{}_{i} + E -> ATP + H2O L'ATP non può stare libero nel citosol ma deve essere chelato (stabilizzato) dal magnesio. Esso maschera parzialmente le cariche negative e influenza la conformazione nello spazio dei gruppi fosfato. Dalla respirazione, in cui si libera energia, una parte molto piccola di essa (30,5 kJ/mol) viene immagazzinata nelle molecole di ATP. L'immagazzinamento vero e proprio avviene quando la fosfocreatina cede alla molecola di ADP un gruppo fosfato che appunto le mancava per divenire ATP. Mentre si uniscono gruppo fosfato e ADP, l'energia viene imprigionata nei nuovi legami chimici: adesso avremo finalmente la molecola di ATP. Energia di idrolisi dell'ATP L'ATP dona energia mediante reazione di idrolisi, mediata dall'enzima ATPasi, che nella maggior parte dei casi coinvolge il trasferimento di un gruppo fosfato. ATP4− + H2O → ADP3− + Pi + H+ con una variazione di energia libera di −30,5 kJ/mol (esoergonica) L'energia che si libera viene subito utilizzata grazie ad enzimi che attuano reazioni che ne richiedono. Nell'ATP c'è una tensione repulsiva tra gli atomi di ossigeno dei gruppi fosfato che a pH 7 sono ionizzati. La forza di repulsione non è sufficiente a rompere il legame perché l'energia di attivazione è più elevata. Questi gruppi fosfato obbligano i due atomi di ossigeno carichi negativamente ad avvicinarsi fra loro, generando una forte repulsione. La presenza di ioni idronio derivati dalle molecole d'acqua crea un legame col gruppo fosfato terminale dell'ATP, generando una violenta repulsione fra gli ioni ossigeno che porta alla rottura del primo legame del gruppo fosfato con formazione di ADP. Partecipazione dell'ATP nei processi di energetizzazione delle molecole Sono poche le reazioni dove l'ATP dona energia a una molecola tramite idrolisi, principalmente fornisce energia alle altre molecole per trasferimento di gruppi fosfato. L'idrolisi in sé produce solo la liberazione di calore che non può essere usato in sistemi omeotermi. ATP può dunque o donare un gruppo fosforico o donare l'Adenilato. I gruppi fosfato che possono subire un attacco sono 3: attacco nucleofilo in posizione γ con rimozione di un gruppo attacco nucleofilo in posizione β con rimozione di due gruppi → pirofosfato attacco nucleofilo in posizione α con rimozione di pirofosfato e trasferimento di adenilato Questa ultima reazione si chiama adenilazione, il pirofosfato rilasciato con un'adenilazione viene poi scisso in due gruppi singoli dalla pirofosfatasi inorganica: PPi → 2Pi con una variazione di energia libera di −19,5 kJ/mole (esoergonica) L'adenilazione è fondamentale per portare l'acido grasso a un livello energetico superiore preparandolo così al suo legame con il trasportatore. Note Voci correlate Glicolisi Ciclo di Krebs Catena di trasporto degli elettroni Fosforilazione ossidativa Fotofosforilazione Mitocondrio Legame fosfo-anidridico Altri progetti Collegamenti esterni Nucleotidi Coenzimi Organofosfati [[ARGH]
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https://it.wikipedia.org/wiki/Assisi
Assisi
Assisi (AFI: , Ascesi in dialetto assisano) è un comune italiano di abitanti della provincia di Perugia in Umbria. È nota per essere la città in cui vissero e morirono san Francesco, patrono d'Italia, e santa Chiara. Geografia fisica Territorio La città di Assisi è situata sul versante nord-occidentale del monte Subasio, in posizione moderatamente rialzata rispetto alla Valle Umbra settentrionale, a circa 26 km a sudest di Perugia. Clima Il territorio comunale assisano comprende porzioni sia pianeggianti, sia collinari che di bassa montagna. La città, grazie alla sua posizione posta in collina ed affacciata sulla Valle Umbra, presenta un clima gradevole, ma di transizione tra l'area di pianura ad ovest e quella più montuosa ad est, con estati calde, ma non afose ed inverni non eccessivamente rigidi. Caratteristica invernale sono le temperature percepite dal corpo umano a seguito dei freddi venti di tramontana che scorrono lungo il bordo nord occidentale del Monte Subasio e possono abbassare considerevolmente la temperatura percepita. Una volta o due l'anno fa comparsa nella città anche la neve, ma grazie alla propria posizione riparata, molto difficilmente cade in quantità rilevanti. La primavera e l'autunno tendono ad essere piovose e piuttosto tiepide. Le aree del territorio comunale in posizione pianeggiante presentano invece un clima caratterizzato da estati leggermente più calde rispetto alla città, talvolta afose a causa del maggior tasso di umidità, mentre nel periodo autunnale ed invernale nelle giornate di cielo sereno sono spesso ricoperte dalla nebbia che talvolta perdura per tutto l'arco della giornata. In inverno possono prodursi brinate sia in città, sia nella valle sottostante, con temperature notturne anche ben al di sotto degli zero gradi. Il territorio a nord del capoluogo comunale, che si protrae verso i comuni di Nocera Umbra, Gualdo Tadino e Valfabbrica, è di tipo collinare-bassa montagna, e presenta pertanto un clima più simile a quello montano, con estati non troppo calde e solitamente ventilate, mentre gli inverni risultano talvolta rigidi con nevicate localmente abbondanti soprattutto a seguito delle irruzioni di aria fredda da nord-est. Storia Dalla fondazione alle invasioni barbariche Le tracce più antiche della presenza umana nel territorio assisiate risalgono al Neolitico. Numerosi reperti archeologici testimoniano che Assisi tragga le sue origini da un piccolo villaggio abitato dagli Umbri già nel periodo villanoviano (IX– VIII secolo a.C.). Come ci dimostrano i vari reperti archeologici rinvenuti, gli Umbri intrattenevano profondi rapporti (soprattutto commerciali) con i vicini Etruschi, stanziati sulla sponda occidentale del Tevere, dai quali differivano, però, per lingua e cultura. I Romani nel 295 a.C., con la battaglia del Sentino, imposero definitivamente il loro dominio anche nell'Italia Centrale. La città umbra ebbe il nome di Asisium e fu monumentalizzata a partire dal II secolo a.C. Nell'89 a.C. divenne municipium e fu un importante centro economico e sociale dell'Impero romano. Il suo toponimo ha origini prelatine, e conservando un'incerta etimologia, viene interpretato in due differenti modi. Città del falco, o dell'astore oppure dalla base latina ossa ovvero torrente con ovvio riferimento al fiume Assino. Nel corso del III secolo, per l'azione di san Rufino, vescovo e martire, inizia a diffondersi il cristianesimo. Con il crollo dell'Impero romano anche Assisi conobbe la buia età delle invasioni barbariche e, nel 545, fu saccheggiata dai Goti di Totila. Conquistata dai Bizantini, passò poco tempo dopo (568) sotto il dominio longobardo e venne annessa al Ducato di Spoleto, del quale condivise le sorti fino all'inizio Dopo un periodo di guerre, nel 1174 fu assediata e conquistata da Federico Barbarossa, che diede l'investitura della città al duca Corrado di Lutzen, detto anche Corrado di Urslingen: Assisi divenne dominio imperiale, ma sollevazioni popolari (1198) inaugurarono ben presto l'epoca comunale, non senza lotte interne e guerre con la vicina Perugia. Tra il 1181 e il 1182, nasce ad Assisi Francesco – figlio di Pietro di Bernardone e Madonna Pica – il futuro santo che, con la sua opera, segnerà la storia del luogo. Nel 1198 il popolo di Assisi, stanco delle prepotenze del duca di Lutzen, si ribellò scacciandolo dalla città. Durante la fine della prima metà del Duecento l'Assisi guelfa subì vari assedi da parte delle truppe saracene e tartare facenti parte del grande esercito di Federico II di Svevia. Le truppe imperiali devastarono a più riprese il contado ma la città grazie alla valenza delle sue milizie ed al carisma di Santa Chiara resistette alle incursioni. Negli anni a seguire Assisi vide alternarsi al controllo della città guelfi e ghibellini. Successivamente la città passò sotto il dominio della Chiesa, dei Perugini, di Gian Galeazzo Visconti, dei Montefeltro, di Braccio Fortebraccio da Montone, passando infine sotto il controllo di Francesco Sforza. Nel novembre del 1442 Assisi, difesa in quel periodo da Alessandro Sforza, subisce l'assedio delle truppe comandate dal Piccinino. Dopo molti giorni di vani tentativi le truppe assedianti, anche grazie all'aiuto di un frate traditore, riescono a penetrare all'interno della cinta di mura. Assisi viene pesantemente devastata e saccheggiata ma il Piccinino si oppone comunque alla completa distruzione della città rifiutando i 15000 fiorini offerti dai perugini. Le fazioni legate alle famiglie dei Nepis (della "parte de sopra") e dei Fiumi (della "Parte de Sotto") si fronteggiarono fino al XVI secolo quando la conquista dell'Umbria da parte di papa Paolo III restituì alla città un periodo di pace e tranquillità. Ciò accadde nel 1542 con un decreto emanato da Giovanni Maria Cruciani, governatore nominato dallo stesso Paolo III. Dall'età moderna ad oggi A partire dal XVII secolo, grazie alla fondazione di istituti ed accademie, riprende con grande fervore l'attività culturale, interrotta dal periodo delle guerre napoleoniche (1799), quando le truppe francesi al comando di Napoleone Bonaparte saccheggiarono la città e molte opere d'arte. Nel 1860, con plebiscito unanime, aderì al nascente Stato italiano. L'unificazione permetterà alla città di aprirsi progressivamente all'esterno, grazie anche alla costruzione dello scalo ferroviario. Con il ritrovamento dei corpi di San Francesco (1818) e Santa Chiara (1850), Assisi diventa meta privilegiata di pellegrinaggi; il turismo religioso dette un forte incremento alla rinascita dell'economia locale. Durante la seconda guerra mondiale, nel periodo seguente all'8 settembre 1943 e all'occupazione tedesca, Assisi è letteralmente invasa dai profughi, tra i quali oltre 300 ebrei. Il vescovo monsignore Giuseppe Placido Nicolini – coadiuvato dal segretario, don Aldo Brunacci, e dal guardiano del Convento di San Damiano, padre Rufino Niccacci – trasforma Assisi in uno dei centri principali della resistenza civile italiana all'Olocausto. Travestiti da frati e suore, nascosti nei sotterranei e nelle cantine, mimetizzati tra gli sfollati, provvisti di documenti falsi, gli ebrei rifugiatisi ad Assisi sono protetti da una vasta rete di solidarietà che si estende anche ad altre zone dell'Umbria ed ha contatti, anche attraverso il ciclista Gino Bartali, con le centrali di resistenza e finanziamento della DELASEM in Liguria e Toscana. Il compito è arduo. Tra i rifugiati ci sono donne, bambini, vecchi, ammalati, che necessitano di cure ed assistenza per le necessità quotidiane. Si organizza persino una scuola dove i bambini ebrei possano ricevere istruzione religiosa ebraica. Grazie anche alla complicità del colonnello tedesco Valentin Müller, che dichiarerà Assisi una zona franca ospedaliera, nessun ebreo sarà deportato da Assisi. Il vescovo Giuseppe Placido Nicolini, don Aldo Brunacci e padre Rufino Niccacci, ricevono nel dopoguerra l'alta onorificenza di giusti tra le nazioni dall'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme, unitamente a Luigi e Trento Brizi che nel loro piccolo negozio di souvenir vicino a piazza Santa Chiara hanno provveduto alla stampa di tanti falsi documenti di identità. Nel 1985 il film Assisi Underground di Alexander Ramati ricostruisce le vicende e i protagonisti di quegli anni. Nel 2004 la Medaglia d'oro al Valor Civile è conferita alla città di Assisi per l'impegno civile dimostrato dall'intera popolazione. Il 27 ottobre 1987, su invito del papa Giovanni Paolo II, i principali rappresentanti delle religioni del mondo si riunirono ad Assisi per un incontro di preghiera in nome di san Francesco, profeta della pace come lo definì lo stesso pontefice dando inizio allo "spirito di Assisi". Nel 2000 la città di Assisi, la Basilica Papale di San Francesco, quella di Santa Maria degli Angeli e gli altri luoghi francescani, con la quasi totalità del territorio comunale, costituiscono un sito inserito nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO. Simboli Con decreto del Presidente della Repubblica (come la prassi prevede, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri) del 18 febbraio 2011 l'Ufficio dell'Araldica del Governo ha concesso la bandiera comunale e ha rinnovato lo stemma e il gonfalone di Assisi - che già ab antiquo, dal XIV secolo, era insignita del titolo di città - col motto Seraphica Civitas poi sovrimpresso dalla civica amministrazione sulla segnaletica e in generale sugli stemmi cittadini. Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di azzurro. La bandiera è un drappo partito di rosso e di azzurro. Onorificenze Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Basilica di San Francesco d'Assisi (divisa in parte inferiore e superiore) Basilica di Santa Chiara Cattedrale di San Rufino Chiesa di Santa Maria Maggiore Chiesa di San Pietro Chiesa di San Giacomo de Murorupto Chiesa Nuova Oratorio dei pellegrini Oratorio di San Francesco Piccolino Chiesa di Santo Stefano Basilica di Santa Maria degli Angeli con la Porziuncola Eremo delle Carceri sul monte Subasio Chiesa di san Damiano Chiesa di Santa Maria in Rivotorto (Santuario di Rivotorto, chiesa del XIX secolo in forme gotiche costruita per riparare il "tugurio" di San Francesco) Abbazia di San Benedetto, fu fondata nel X secolo sulle pendici del monte Subasio; distrutta nel 1399, venne restaurata nel Seicento. Ne rimangono le mura perimetrali, l'abside e la cripta, risalente alla seconda metà dell'XI secolo. Palazzo vescovile, dove San Francesco fece la rinuncia ai beni paterni. Chiesa di Santa Maria Sopra Minerva Altri monumenti Anfiteatro romano, costruito nella prima metà del I secolo d.C., di cui rimane l'impianto ellittico ribadito dall'assetto delle case medievali e da un arco in cunei di travertino, mentre l'arena è definita da una parte edificata e dall'area di un giardino. All'interno dell'arena alcuni edifici, attrezzati per la ricettività turistica, permettono di godere un'apprezzabile vista d'insieme sull'intero sito archeologico. Rocca Maggiore, situata sulla cima della collina che domina la valle ed eretta in epoca altomedievale, fu distrutta da una sollevazione popolare (1198) contro il duca Corrado di Urslingen, tutore del futuro imperatore Federico II di Svevia. Fu ricostruita nel 1356 dal cardinale Egidio Albornoz, rispettando sostanzialmente le forme originali; solo successivamente sono stati aggiunti la torre poligonale (1458) e il bastione cilindrico che affianca l'ingresso (1535-1538). Sembra che nella Rocca abbiano soggiornato Federico Barbarossa e Federico II ancora bambino. Piazza del Comune, solo nel Duecento questa area urbana diventa il fulcro della città. Il lato settentrionale è imperniato sul Tempio di Minerva, alla sinistra del quale venne edificato il Palazzo del Capitano del Popolo (metà XIII secolo – 1282), restaurato e dotato di merlatura nel 1927, insieme all'adiacente Torre del Popolo (1305), campanile civico ai cui piedi si trovano murate le misure trecentesche di mattoni, tegole e tessuti in uso nella città; con la costruzione del Palazzo dei Priori (1275 - 1493) fu completato anche il lato meridionale. La Fonte di Piazza con tre leoni sul lato orientale è cinquecentesca, mentre il Palazzo delle Poste sul lato occidentale è del 1926. Tempio di Minerva Tasso del conte Pucci, grande esemplare di albero monumentale, sempreverde, cresciuto in un giardino sopraelevato nel centro storico della città e inserito nellElenco degli alberi di rilevante e peculiare interesse della regione Umbria. Roverella di via Lorenzo Perosi, esemplare di albero monumentale, posto nella parte alta della città; per la rilevanza di età e dimensione è stato inserito nellElenco degli alberi di rilevante e peculiare interesse della regione Umbria. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 1º gennaio 2015 la popolazione straniera residente era di persone o 11%. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Romania, (3,41%) Albania, (2,44%) Marocco, (1,58%) Cultura Istruzione Assisi ricopre tutte le fasce di età e diversi percorsi di studio per quanto concerne la formazione: Scuola Elementare, Scuola Media Inferiore, Liceo Scientifico ann.convitto nazionale Principe di Napoli, Liceo Classico-Linguistico-Sociopsicopedagogico (Sesto Properzio), I.T.I.S-istituto tecnico industriale, Istituto Geometri (Bonghi), Istituto di Ragioneria e perito commerciale, I.P.S.A.R Istituto professionale alberghiero. Università Il comune di Assisi ha anche la sua sede universitaria, ubicata in pieno centro a Palazzo Bernabei. Si tratta di una sede distaccata della Facoltà di economia dell'Università degli Studi di Perugia: i corsi sono quelli di Economia e Gestione dei Servizi Turistici ed Economia del Turismo. Nel 2010 i corsi di economia del turismo ad Assisi hanno rischiato la chiusura a seguito di una razionalizzazione dell'offerta didattica decisa dall'ateneo perugino, le accese proteste del sindaco Ricci e di un comitato di studenti hanno favorito il mantenimento della sede universitaria e l'istituzione del corso in Economia Internazionale del Turismo (laurea triennale), a cui collabora anche l'Università per Stranieri di Perugia. Nella stessa sede c'è anche il CST, il Centro Italiano di Studi Superiori sul Turismo Nel 1971, inoltre, è stato fondato l'Istituto Teologico di Assisi, aggregato alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, che rappresenta la terza istituzione universitaria dell'Umbria insieme alle due Università di Perugia. L'Istituto ha sede nel Sacro Convento di San Francesco. Musei Museo diocesano e cripta di San Rufino Museo del Tesoro della basilica di San Francesco Galleria d'Arte Contemporanea - Pro Civitate Christiana Museo missionario multimediale d'Europa Museo dell'abbazia di San Pietro Museo civico e Foro romano Pinacoteca comunale di Assisi Museo della memoria, Assisi 1943-1944 Museo di Santa Maria degli Angeli Museo della Porziuncola a Santa Maria degli Angeli Museo d'arte contemporanea padre Felice Rossetti di Santa Maria degli Angeli Museo Nazionale del Pugilato Eventi Calendimaggio (primo weekend dopo il 1º maggio): rievocazione di vita medievale in una sfida fra le due fazioni cittadine di Parte de Sopra e Parte de Sotto, con cortei, rappresentazioni teatrali, musica, canti, danze e sbandieratori. Festa della Mamma (seconda domenica di maggio), a memoria dell'istituzione di questa festa – per la prima volta in Italia – nel 1957, a Tordibetto, ad opera del parroco don Otello Migliosi. Festa del Voto (22 giugno), rievoca la cacciata dei Saraceni da Assisi ad opera di Santa Chiara. Palio di San Rufino (fine di agosto): rievocazione storica del periodo in cui Assisi era divisa in terzieri (San Francesco, San Rufino e Dive Mariae) con cortei, sbandieratori e tamburini della Compagnia Balestrieri di Assisi, i quali l'ultimo giorno si sfidano in una gara di tiro con la balestra. Cavalcata di Satriano (settembre): fantini in costume d'epoca, ripercorrono il viaggio che i cavalieri assisani compirono per andare a prendere San Francesco a Nocera Umbra, affinché potesse morire nella sua città. Festival internazionale per la Pace (settembre): si tengono concerti, seminari, tavole rotonde e mostre d'arte dedicate al tema della pace, della solidarietà e dell'ecologia. Marcia per la pace Perugia-Assisi, (settembre – ottobre, biennale). Festa di San Francesco (3 - 4 ottobre): si tengono solenni cerimonie liturgiche e manifestazioni civiche per celebrare il santo, patrono d'Italia, anche se dal 2008 è tornato ad essere giornata di lavoro e studio. Rassegna cinematografica di Assisi (fine novembre), evento dedicato al cinema, agli attori ed ai registi italiani. Nella notte tra del sette dicembre si celebra la Festa della Venuta accendendo grandi falò. Palio di Pasqua Rosata, rievocazione storica del tradizionale palio originariamente tenuto nella giornata di Pentecoste Campus ANDCI, che annualmente viene organizzato ad Assisi e vede la presenza di centinaia di direttori di coro provenienti da tutta Italia. Economia Artigianato Tra le attività economiche più tradizionali, diffuse e attive vi sono quelle artigianali, come la lavorazione della ceramica, del ferro battuto e del legno. Sono rinomati i laboratori di oreficeria, di intarsio, di intaglio, di ebanisteria, quelli delle sculture religiose a cesello, oltreché l'arte del restauro, che spazia dai mobili agli strumenti musicali e quella del vetro. Turismo Risorsa notevole della città è il turismo. Infrastrutture e trasporti Ferrovie A pochi chilometri dal centro del paese, scendendo in pianura presso la cittadina di Santa Maria degli Angeli, Assisi dispone di una propria stazione ferroviaria sulla linea Foligno - Terontola. Aeroporti A 12 km da Assisi, in località Sant'Egidio, si trova l'Aeroporto internazionale dell'Umbria-San Francesco d'Assisi. Amministrazione Gemellaggi Assisi è gemellata con: Inoltre, sussistono dei patti di amicizia con: Sport Ciclismo Assisi è stata quattro volte sede di arrivo di tappa del Giro d'Italia: la prima nel 1978, l'ultima nel 2012. Nel 1982 e nel 1995 si trattò di frazioni a cronometro. 1978 11ª tappa Terni- Assisi, vinta da Bruno Zanoni. 1982 3ª tappa Perugia- Assisi, (cron. individuale) vinta da Bernard Hinault. 1995 2ª tappa Foligno- Assisi, (cron. individuale) vinta da Tony Rominger. 2012 10ª tappa Civitavecchia- Assisi, vinta da Joaquim Rodríguez. Calcio La principale squadra di calcio della città è la Fortitudo Assisi Subasio che milita nel campionato umbro di Eccellenza. È stata rifondata nel 2020. Note Bibliografia Voci correlate Francesco d'Assisi Cammino francescano della Marca Contea di Sterpeto Chiara d'Assisi Incontro interreligioso di Assisi Radio Subasio Rocca Maggiore Terremoto di Umbria e Marche del 1997 Via di Francesco Altri progetti Collegamenti esterni
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Alfred Hitchcock
Conosciuto anche come "Master of Suspense" (Il Maestro della Suspense) in virtù dei suoi capolavori thriller, è considerato uno dei maggiori registi della storia del cinema. Lo spartiacque nella sua carriera è rappresentato dal trasferimento da Londra a Hollywood nel 1940. In base a questa data, gli studiosi suddividono la sua produzione in due ampi periodi: il "periodo britannico", che va dal 1925 al 1939, durante il quale ha diretto ventitré film, di cui nove muti, e il "periodo statunitense", che va dal 1940 al 1976, durante il quale ha diretto trenta film, fra i quali si annoverano i più conosciuti, come La finestra sul cortile, La donna che visse due volte, Psyco e Gli uccelli. Biografia Primi anni e infanzia Alfred Hitchcock nacque alle 3:15 del mattino di domenica 13 agosto 1899 in un appartamento al 517 di High Road a Leytonstone, situato nell'East End a otto chilometri dal centro di Londra (allora parte dell'Essex), come terzogenito dei figli concepiti da Emma Jane (nata Whelan; 1863-1942) e William Edgar Hitchcock (1862-1914), entrambi proprietari di un negozio di frutta e verdura posto dirimpetto alla loro abitazione. Suo padre, un fedele osservante della Chiesa di Roma nonché titolare di una pescheria, provvide ad impartirgli un'educazione cattolica, e spesso Alfred lo accompagnava sul carretto con i cavalli nel giro di consegna delle merci ai clienti e ai negozi della zona; ciò spinse Hitchcock a inserire spesso nei suoi film questi ricordi e gli ambienti della Londra della sua infanzia, in particolare in Il pensionante (1927) e in Frenzy (1972). Il 12 dicembre 1914 William morì all'età di 52 anni. Interessi e studi La famiglia gli trasmette un grande amore per il teatro. Si recavano tutti insieme alla domenica nei teatri della zona e Alfred ben presto conosce, attraverso commedie e drammi, tante storie con cui nutrire la sua fantasia; apprezza le interpretazioni di attori e attrici famose, guarda ammirato le spettacolari scenografie. Durante il tempo libero spesso se ne sta solitario e disdegna i giochi, preferisce osservare. Ha una passione spiccata per la geografia: colleziona carte topografiche, studia gli orari ferroviari. A otto anni ha già percorso tutte le linee tramviarie londinesi e raggiunto in battello a vapore la foce del Tamigi. Consulta con regolarità il bollettino dei naviganti e su una mappa segna le rotte della flotta mercantile inglese. Nell'autunno del 1910 è iscritto presso il Saint Ignatius College, retto dai Gesuiti, sperimentandone la rigida disciplina. Nel luglio del 1913, a 13 anni, lascia l'istituto. Per tutto il 1914 frequenta dei corsi serali presso la Scuola di Ingegneria e Navigazione presso l'Università di Londra, ma non ne è rimasta documentazione in nessun dipartimento universitario della città, perché non era abitudine conservare la documentazione dei frequentanti non iscritti a un corso di laurea. Primo impiego All'inizio del 1915 trova un posto alla Henley Telegraph & Cable Company, una fabbrica di cablature elettriche, fili telegrafici e materiale bellico. Per 15 scellini alla settimana deve calcolare la misura e il voltaggio dei cavi elettrici che la ditta installa. Nel 1917 è sottoposto alla visita medica per il servizio militare, ma viene riformato. Si arruola comunque in un corpo volontario del genio. Legge molto: Gilbert Keith Chesterton, John Buchan, Edgar Allan Poe, Gustave Flaubert; scrive racconti per la rivista aziendale. Alla Henley, grazie alla sua abilità nel disegno, viene trasferito all'ufficio pubblicità. Continua a frequentare il teatro e si appassiona al cinema. A Londra all'epoca c'erano 400 cinematografi e l'ingresso al cinema costava meno della poltrona a teatro. Il cinema Nel 1920 entra nel mondo del cinema: viene assunto nella sede londinese della Famous Players-Lasky-Studios, una società cinematografica anglo-americana (la futura Paramount Pictures). Il suo lavoro consiste nel disegnare i titoli e le didascalie dei film muti prodotti dallo studio, un lavoro che esegue spesso di notte perché non ha lasciato il vecchio impiego alla Henley. Dal 1923 al 1925 lavora per la Gainsborough Pictures, occupandosi di diverse mansioni secondarie, come il più classico dei tuttofare: sceneggiatore, scenografo, assistente alla regia, addirittura montatore in cinque film. Affianca come aiuto il regista Graham Cutts nella lavorazione del film L'ultima danza prodotto da Michael Balcon. L'ultima esperienza maturata come aiuto scenografo-sceneggiatore per il film The Blackguard di Graham Cutts, coproduzione fra la Gainsbourough e l'UFA di Berlino, lo porta nella capitale tedesca dove lavora a fianco di Murnau, che stava girando L'ultima risata e di Fritz Lang, che aveva appena finito di girare I nibelunghi. Si fa risalire a questo soggiorno berlinese la componente espressionistica di tanto cinema hitchcockiano. L'incontro con Alma Reville Tra le montatrici approdate alla Balcon Saville Freedam, Hitchcock conosce Alma Reville, sua coetanea (era nata il giorno dopo Alfred), già con una brillante carriera che l'aveva portata a lavorare con David Wark Griffith nella lavorazione di Hearts of the World (Cuori del mondo). Hitchcock, in qualità di aiuto regista di L'ultima danza, le propone di montare le inquadrature. Da quella collaborazione nasce un lungo fidanzamento e un matrimonio, celebrato nel 1926 e durato fino alla morte. Il loro rapporto rappresenta un sodalizio sentimentale e professionale: la moglie collaborerà come sceneggiatrice a molti dei suoi film e il regista terrà sempre molto al suo giudizio e ai suoi suggerimenti. Alma e Alfred avranno un'unica figlia, Patricia, Pat, (1928 - 2021), che collaborerà come attrice in alcuni lavori del padre. Periodo britannico Il primo film da regista Nel 1925 Michael Balcon gli affida la regia di un film anglotedesco: Il labirinto delle passioni (The Pleasure Garden). È il suo primo film. Fa percorrere ad Alfred e Alma migliaia di chilometri perché fu girato tra Monaco, il lago di Como, la Riviera ligure (Alassio e Genova), Parigi e Cherbourg. Con le difficoltà economiche, gli imprevisti, gli intoppi e i capricci delle dive americane, rappresentò una specie di battesimo di fuoco per il giovane regista esordiente. I film muti Hitchcock girerà dal 1925 al 1929 nove film muti. Nel 1926 dirige il suo secondo film, L'aquila della montagna, andato perduto. Il primo vero film di successo è Il pensionante (1927), "il suo primo film di suspense" (Rohmer-Chabrol). Grazie al successo ottenuto, Hitchcock è contattato da John Maxwell, direttore della casa di produzione British International Picture (BIP), che gli offre un contratto molto vantaggioso, di 13.000 sterline l'anno. Hitchcock firma, ma gira ancora due film dovuti alla Gainsborough Picture, Il declino, Virtù facile. Dirige poi con la nuova casa di produzione Vinci per me!, La moglie del fattore, Tabarin di lusso, L'isola del peccato (1929). I primi film sonori Nel 1929 Hitchcock dirige Ricatto (Blackmail), il suo primo film sonoro e il primo film sonoro in Europa. Fino al 1933 alterna film a suspense a storie di vario genere, spesso riduzioni di romanzi o trascrizioni cinematografiche di commedie celebri: Giunone e il pavone, Omicidio!, Fiamma d'amore, Ricco e strano, Numero diciassette, Vienna di Strauss. Le spy story Nel 1934 Hitchcock firma un contratto per cinque film con la casa di produzione Gaumont British Picture Corporation, di cui era responsabile Michael Balcon, con il quale aveva già collaborato nei primi film. L'isola del peccato (1929) e Ricco e strano nei quali ha messo con sincerità e audacia molto di sé, non vengono compresi dalla critica britannica dell'epoca. Furono fiaschi commerciali e ciò gli impedì di proseguire su una strada che pure sapeva fruttuosa, smorzò lo slancio e indusse il regista a rinunciare. Hitchcock vuol trovare una ricetta, non c'è dubbio, che lasci però una parte consistente al talento artistico, al suo stile, e L'uomo che sapeva troppo, girato nel 1934, è un perfetto successo strategico: la critica e il pubblico, trovando adesso un Hitchcock simile a quello che immaginavano, applaudono il film senza riserve. L'anno successivo, riprendendo lo stesso principio "... lo innalzò a un punto di massima perfezione" (Rohmer-Chabrol) con Il club dei 39. Seguiranno Amore e mistero, Sabotaggio, Giovane e innocente e La signora scompare, quello che Raymond Durgnat ha definito The classic thriller sextet (un ciclo di sei classici thriller). La fama internazionale che gli deriva da queste opere attira l'attenzione dei produttori americani, che incominciano a fargli proposte di contratti; contemporaneamente la Gaumont-British si scioglie, disperdendo il gruppo di collaboratori esperti e fidati con cui Hitchcock era abituato a lavorare: Michael Balcon va alla Metro, Charles Bennett alla Universal, Ivor Montagu lascia il cinema. Il contratto di Hitchcock è subito rilevato dalla Gainsborough. Incominciano i contatti con David O. Selznick. Con la figlia Pat e la moglie Alma, nell'agosto del 1937 fa un viaggio negli Stati Uniti d'America. L'ultimo film girato in Inghilterra, prima della partenza per l'America, è La taverna della Giamaica (1939), con il quale onora gli impegni presi con Erich Pommer e Charles Laughton. Si conclude il cosiddetto periodo inglese durante il quale Hitchcock ha girato ventitré film. Nell'estate del 1939, a quarant'anni di età, con la famiglia si trasferisce a Los Angeles. Periodo americano Gli anni quaranta A Hollywood lavora per David O. Selznick, il produttore di Via col vento; il contratto, che prevede l'impegno per cinque film, viene firmato il 14 luglio 1938. Inizialmente Hitchcock doveva dirigere un film sulla tragedia del Titanic, ma preferisce un altro soggetto tratto dal bestseller di Daphne du Maurier, Rebecca - La prima moglie (1940), che vince l'Oscar per la produzione di Selznick e per la fotografia di George Barnes, ma non per la regia (Hitchcock non ottenne mai un Oscar come regista di un suo film). Seguono Il sospetto (1941), che ha ancora come protagonista femminile Joan Fontaine e che segna l'incontro di Hitchcock con Cary Grant, con cui girerà ben quattro film; poi Il signore e la signora Smith (1941), una commedia con Carole Lombard e Robert Montgomery. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, il regista alterna una serie di film di impegno antinazista e patriottico: Il prigioniero di Amsterdam, Sabotatori, Prigionieri dell'oceano, e i documentari Bon Voyage e Aventure malgache, a opere che continuano a esplorare i temi a lui cari come L'ombra del dubbio (1943), Io ti salverò (1945) e Notorious - L'amante perduta (1946): con le ultime due pellicole si instaura la felice collaborazione con Ingrid Bergman. Nel 1945, partendo da materiale filmico registrato da militari inglesi e dell'Armata Rossa entro il campo di concentramento di Bergen-Belsen, realizza un documentario sull'Olocausto intitolato "Memory of the camps", che tuttavia non venne diffuso in quanto le forze alleate ritennero che l'orrore suscitato dai suoi contenuti avrebbe ostacolato la riconciliazione postbellica. Il film rimase abbandonato per decenni nell'archivio dell'Imperial War Museum di Londra, parzialmente riscoperto e proiettato nel 1984 al Festival di Berlino; nel 2014 è stato effettuato un restauro completo delle bobine e del montaggio in accordo con lo script del regista. Il film, dal titolo Night Will Fall, diretto da Andre Singer e prodotto da Brett Ratner insieme a Helena Bonham Carter, è stato proiettato il 26 e 27 gennaio 2015 dall'emittente HBO in occasione del settantesimo anniversario della liberazione del lager di Auschwitz. I film successivi hanno esiti critici alterni e, per la gran parte, insuccesso commerciale: Il caso Paradine (1947), un dramma giudiziario, Nodo alla gola (1948), fortemente sperimentale e con il quale incomincia la collaborazione con James Stewart che sarà protagonista, come Cary Grant, di quattro film di Hitchcock; Il peccato di Lady Considine (1949), melodramma incompreso e Paura in palcoscenico (1950), un giallo girato in Inghilterra.. Inizio degli anni cinquanta Gli anni cinquanta sono un decennio d'oro per Hollywood e anche per Hitchcock. Nel 1950 il regista passa alla Warner Bros., con cui gira L'altro uomo (1951), che si rivela un grande successo; incassa ancora una delusione con un film a cui teneva molto, Io confesso (1953), ma si prende la rivincita con il successivo Il delitto perfetto (1954), che è anche il primo film con Grace Kelly. Nell'attrice trova un'interprete ideale del suo tipo di donna preferito e, sempre con lei, in forma smagliante, per la Paramount Pictures gira il celeberrimo La finestra sul cortile (1954); infine realizza il divertente Caccia al ladro (1955), ancora con la Kelly, e una storia di humour nero La congiura degli innocenti (1955). La televisione Nel 1955 incomincia a produrre e a girare alcuni episodi della famosa serie Alfred Hitchcock presenta. Dal 1955 al 1962 gira una ventina di telefilm. Gli anni cinquanta-sessanta Non è dunque un caso che dal 1956 diriga una serie ininterrotta di capolavori: L'uomo che sapeva troppo (1956), remake del film da lui diretto nel 1934, Il ladro (1956), La donna che visse due volte (1958), Intrigo internazionale (1959), Psyco (1960), Gli uccelli (1963), Marnie (1964). L'ultimo periodo Dopo la metà degli anni sessanta segue un periodo difficile, l'ultimo nella carriera dell'artista. Il sipario strappato (1966) e Topaz (1969) sono molto costosi e non ottengono il successo sperato. Il regista ripiega sulla produzione di un film a basso costo, Frenzy (1972). Le riprese a Londra gli consentono di tornare a girare nella sua città natale, accolto con tutti gli onori. La soddisfazione per il successo del film è oscurata dalla malattia della moglie Alma, colpita da un ictus. Anche il suo stato di salute subisce un peggioramento a causa di problemi cardiaci e viene sottoposto a un intervento chirurgico per l'applicazione di un pacemaker. Il miglioramento delle condizioni di Alma riporta un po' di ottimismo. Il 29 aprile 1974 la Film Society di New York organizza il gala annuale in onore del regista, all'"Avery Fischer Hall" del Lincoln Center, in cui vengono proiettati brani dei suoi film e attori e attrici presenti, Grace Kelly, Joan Fontaine, Teresa Wright, Janet Leigh, pronunciano brevi discorsi. Hitchcock, chiamato dagli applausi a concludere la serata, commenta con una battuta a doppio senso: "Come vedete sullo schermo le forbici sono il mezzo migliore!". Incomincia la progettazione del suo ultimo film, il cinquantatreesimo, Complotto di famiglia, che sarà presentato nella primavera del 1976. Ha ancora progetti: acquista i diritti del romanzo Lo sconosciuto n. 89 dello scrittore Elmore Leonard per adattarlo in quello che sarebbe dovuto diventare il suo cinquantaquattresimo film; tuttavia il regista abbandona il progetto, preferendo concentrarsi su di un altro soggetto: sta pensando alla sceneggiatura di The Short Night (La notte breve), da un romanzo di Ronald Kirkbride sulla storia di una spia, ma per le riprese è necessario trasferirsi in Finlandia e le condizioni di salute non glielo consentono, poiché si rende necessaria l'applicazione di un altro pacemaker. Partecipa alla festa organizzata in suo onore al Beverly Hilton, il 7 marzo 1979, dall'American Film Institute dal titolo "Life Achievement Award" (omaggio al lavoro di una vita) e pronuncia uno spiritoso discorso di fronte ai protagonisti di Hollywood al completo. A Capodanno del 1980 riceve dalla regina Elisabetta II d'Inghilterra il titolo di baronetto. Nel mese di aprile è ricoverato al Cedars Sinai Hospital. La mattina del 29 aprile 1980 muore, per problemi cardiaci e renali, a Bel Air, Los Angeles all'età di 80 anni. Dopo i funerali, il suo corpo fu cremato e le ceneri vennero sparse nell'Oceano Pacifico. La critica Il 1957 è l'anno della svolta nella critica dell'opera di Hitchcock: viene infatti pubblicato il libro di Éric Rohmer e Claude Chabrol, Hitchcock. Nel 1966 viene pubblicato un altro libro fondamentale per studiare l'opera di Hitchcock: l'intervista concessa a François Truffaut, nell'agosto 1962, durante la quale, in cinquanta ore di colloqui, risponde a cinquecento domande, ripercorrendo la sua intera carriera. A Truffaut servirono ben quattro anni per sbobinare il materiale registrato, ordinarlo e trascriverlo. Una successiva nuova edizione ampliata esce nel 1985. Il cinema come spettacolo L'occhio e la macchina da presa Bill Krohn, commentando il primo film diretto dal regista, Il labirinto delle passioni, dichiara: Il cinema come occhio-schermo, sguardo che spia: "Le operazioni dello sguardo compongono la filosofia e la prassi del cinema di Hitchcock. Sono l'enunciazione/sviluppo dell'azione da rappresentare e da vedere." (Bruzzone-Caprara, p. 7) I suoi film abbondano di riferimenti al "vedere" e ai dispositivi che ne intensificano il potere, come lenti, cannocchiali, macchine fotografiche: dalle prime sequenze dei suoi primi film, Il labirinto delle passioni, Virtù facile, Tabarin di lusso, Giovane e innocente fino a La finestra sul cortile e Gli uccelli, in cui il tema dello sguardo è indagato in modo diretto. Il teatro Il teatro nei film di Hitchcock è una presenza costante: concretamente come struttura architettonica, luogo reale, in cui si consumano i momenti di massima tensione per la soluzione dell'intrigo, basti pensare a Omicidio!, Il club dei 39, L'uomo che sapeva troppo, Paura in palcoscenico, Il sipario strappato, e simbolicamente, perché il teatro è lo spettacolo per eccellenza. Tutte le forme di teatro interessano a Hitchcock: commedia, melodramma, music-hall, circo. Le componenti dello spettacolo: finzione, scenario, intrigo Hitchcock è un maestro della messa in scena: nulla nei suoi film è estemporaneo o gratuito. All'epoca della loro uscita, molti film di Hitchcock furono criticati proprio per l'inverosimiglianza delle situazioni; ma un giudizio di questo tipo si basa su un errore di prospettiva. A Hitchcock infatti non interessa tanto riprodurre "realisticamente" eventi e personaggi, quanto suscitare emozioni tramite un racconto. L'umorismo Hitchcock mescola volentieri commedia e suspense e le sue sceneggiature sono ricche di battute brillanti. La sua vena ironica si esercita su tutti i personaggi che sono descritti con l'occhio di un osservatore divertito e impietoso. Quello che gli piace e che condivide con John Buchan è qualcosa di profondamente britannico, che in Inghilterra chiamano understatement, "un modo di presentare avvenimenti molto drammatici con un tono leggero. La condizione umana secondo Hitchcock Un individuo ingiustamente accusato, braccato dalle forze dell'ordine disperatamente tenta di dimostrare la propria innocenza (Il pensionante, Sabotatori, Io ti salverò, Il ladro, Io confesso, Intrigo internazionale, Frenzy): questa situazione rappresenta in modo esemplare la concezione che Hitchcock ha della condizione umana. L'esistenza dell'uomo per Hitchcock si caratterizza per: fragilità dell'ordine, dell'armonia di un'esistenza: un precario equilibrio mantiene separata la nostra dimensione quotidiana, la presunta armonia della nostra esistenza, dalla sua messa in discussione. ruolo determinante della casualità: il caso, un avvenimento imprevisto, sconvolge "l'ordine" dell'esistenza di un personaggio comune, simile a tanti altri, simile allo spettatore, e lo precipita in un incubo. Da lì deve uscire, per la sua salvezza o la sua perdizione, facendo ricorso solo alle sue forze. perversità dell'imprevisto. Il caso è implacabile e feroce. difficoltà di distinguere vero e falso, apparenza e realtà: i personaggi sono avvolti in un alone di segreto e di mistero, di dubbio e di sospetto. "Per il regista la realtà sembra essere una delle tante maschere dell'apparenza [...] La preoccupazione che accompagna l'autore in tutto il suo itinerario registico è quella della ricerca dell'Essere dei suoi personaggi, della loro autenticità al di là del loro agire convenzionale." conflitto fra bene e male, innocenza e colpa, normalità e follia. doppiezza dei personaggi: Il labirinto delle passioni, Il declino, Il club dei 39, L'ombra del dubbio, L'altro uomo, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale. Raggiunge il suo apice nel patologico Norman Bates in Psyco. I modi della rappresentazione Hitchcock utilizza molti modi per comunicare l'ansia e l'angoscia insita nell'esistenza dell'uomo. Espressività di oggetti e luoghi Hitchcock punta molto sul rendere espressivi oggetti e luoghi. Simboli e metafore il treno e i binari che si intrecciano: "metafora della vita-viaggio e della casualità del destino", in La signora scompare, L'ombra del dubbio, Io ti salverò, L'altro uomo; "campo della lotta e della fuga" per Richard Hannay in Il club dei 39, per Richard Ashenden in Amore e mistero, per Roger Thornhill in Intrigo internazionale; la giostra impazzita: "il caos e il caso", nel finale di L'altro uomo; il mare: "forza dell'inconscio e mistero del passato", in Rebecca - La prima moglie; "spazio del confronto" in Prigionieri dell'oceano; le scale: "messa in scena di idee e sensazioni, simboli di un itinerario che provoca, pericoli, mutazioni, violazioni dell'inconscio, visualizzazione di caratteri e preoccupazioni, anticipazioni di prossime condizioni" (Bruzzone-Caprara, p. 11), ascensioni e sali-scendi in Il pensionante, Ricatto, Numero diciassette, L'uomo che sapeva troppo, Notorious - L'amante perduta, La donna che visse due volte, Psyco, Frenzy, Topaz; il deserto: una trappola mortale in Intrigo internazionale; il monumento celebre: in Ricatto il British Museum con la Sfinge Egizia, in Sabotatori la Statua della Libertà, in Intrigo internazionale il Monte Rushmore con le facce scolpite dei Presidenti degli Stati Uniti. Slavoj Zizek nel suo libro L'universo di Hitchcock osserva che queste enormi statue di pietra sembrano simboleggiare il destino oscuro e imprevedibile che gioca sadicamente con gli esseri umani. Invenzione di "effetti visivi speciali" Le invenzioni visive di Hitchcock sono numerose e sparse un po' in tutti i film. Alcuni esempi li descrive lui stesso nell'intervista concessa a Truffaut: il cosiddetto Effetto Vertigo, chiamato così dall'omonimo film: è la combinazione di una carrellata in avanti e uno zoom all'indietro, che dà appunto la sensazione di vertigine. la lampadina nascosta nel bicchiere di latte, che la protagonista teme sia avvelenato ne Il sospetto. l'uso di bicchieri giganti in La signora scompare, di un modello di telefono ingrandito in Il delitto perfetto allo scopo di esaltare l'espressività dell'oggetto. la lente degli occhiali della vittima su cui si riflette il delitto in L'altro uomo. i capelli sparsi su un vetro illuminato dal basso per il primo piano del viso della vittima che urla prima di essere colpita, nella prima inquadratura de Il pensionante, suo terzo film. L'impatto emotivo sullo spettatore è molto intenso; la camminata nervosa e ossessiva che fa oscillare il lampadario della stanza sottostante, le suole delle scarpe del pensionante riprese dal basso, attraverso un pavimento trasparente, rappresentazione del suo segreto tormento. La suspense e la soggettività La suspense è lo strumento più potente per trattenere l'attenzione dello spettatore. La suspense si distingue dalla sorpresa (più caratteristica del genere horror) e Hitchcock la preferisce: è ottenuta grazie a uno scollamento tra ciò di cui è a conoscenza lo spettatore e ciò di cui è a conoscenza il personaggio sulla scena; lo spettatore si trova così in uno stato di ansiosa attesa, spesso rinforzata da temi musicali, ombre o luci particolari. Mentre nel cinema horror l'effetto sorpresa consiste nel far apparire improvvisamente un qualcosa (o un qualcuno) che lo spettatore non si attende, nei film di impronta hitchcockiana l'effetto ansiogeno è commisurato al grado di consapevolezza e di conoscenza del pericolo che grava sul personaggio. Per esempio, ne La finestra sul cortile soltanto chi guarda il film vede il vicino di casa sospetto uscire di notte con una donna, mentre il protagonista, Jeffrey, sta dormendo. Allo stesso modo, in Psyco, lo spettatore, mentre il detective sale le scale della casa di Norman, vede la porta aprirsi e prevede in anticipo l'agguato mortale. Ecco come definì Hitchcock la suspense durante una sua intervista: "La differenza tra suspense e sorpresa è molto semplice e ne parlo spesso (...) Noi stiamo parlando, c'è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale e tutt'a un tratto: boom, l'esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è stata mostrata una scena del tutto normale, priva d'interesse. Ora veniamo alla suspense. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l'anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all'una e sa che è l'una meno un quarto - c'è un orologio nella stanza - : la stessa conversazione insignificante diventa tutt'a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: 'Non dovreste parlare di cose banali, c'è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all'altro'. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell'esplosione. Nel secondo gli offriamo quindici minuti di suspense". Un'ulteriore tecnica per ottenere la suspense è quella di costringere lo spettatore a identificarsi con il personaggio. Cinematograficamente ciò si realizza utilizzando la soggettiva. Il tempo nella suspense Quel che distingue lo stile di Hitchcock da quello di altri grandi cineasti come Fritz Lang o Howard Hawks è l'impiego molto personale che egli fa della lentezza e della rapidità, della preparazione e della folgorazione, dell'attesa e dell'ellissi: il regista gioca col tempo, qualche volta contraendolo, ma più spesso dilatandolo. La psicoanalisi Hitchcock è stato considerato un interprete e un divulgatore, anche se distaccato e talvolta ironico, della psicoanalisi. Sono considerati film psicoanalitici Psyco e Marnie, ma elementi di interesse psicanalitico si ritrovano anche in Io ti salverò e Nodo alla gola. Sequenze oniriche l'effetto delle "allucinazioni", ottenuto con l'uso di trasparenti, appaiono fin dal primo film, Il labirinto delle passioni, ritornano in Declino e ne La signora scompare. la rappresentazione dei sogni: quello di Gregory Peck in Io ti salverò, ottenuto con la collaborazione di Salvador Dalì; l'incubo che tormenta James Stewart, dopo la morte di Madeleine, in La donna che visse due volte. L'amore La coppia Hitchcock sa raccontare in modo inimitabile le tante sfaccettature del rapporto amoroso: la seduzione e l'innamoramento, la fedeltà e il sacrificio, il sospetto e la gelosia, la paura di non essere amati e il tradimento, la noia e la solitudine; nei suoi film viene indagata ogni fase del rapporto di coppia. Qualche esempio: l'amore fedele e disinteressato, La moglie del fattore, Giovane e innocente, Io ti salverò; il triangolo "lei, lui e l'altro", Il labirinto delle passioni, Il pensionante, Vinci per me!, L'isola del peccato, Notorious - L'amante perduta, Il delitto perfetto, Il caso Paradine, Il peccato di Lady Considine, Paura in palcoscenico; la paura di non essere amati, Rebecca - La prima moglie, Il sospetto; la crisi della coppia, Virtù facile, Ricco e strano, Il signore e la signora Smith, La finestra sul cortile, Topaz. Le figure femminili I personaggi femminili di Hitchcock presentano una variegata tipologia: donne insicure, dominate da complessi d'inferiorità, che trovano comunque la forza e la determinazione per gestire difficili relazioni, come Joan Fontaine in Rebecca - La prima moglie e ne Il sospetto; donne che pospongono tutto, immagine sociale e sicurezza, per il proprio compagno alla cui innocenza gli altri non credono. Il loro amore diventa una forza salvifica: Erica, Nova Pilbeam, in Giovane e innocente, la dottoressa Costance Peterson, Ingrid Bergman, in Io ti salverò; donne anticonformiste, aggressive e autosufficienti, che nel corso della storia manifestano doti di tenerezza e di coraggio insospettate, come Betty, Betty Balfour, in Tabarin di lusso, Iris Henderson, Margaret Lockwood, in La signora scompare, Jill Lawrence, Edna Best, in L'uomo che sapeva troppo del 1934, la giornalista Connie Porter, Tallulah Bankhead, in Prigionieri dell'oceano; donne che sfidano le convenienze sociali e subiscono la condanna dei benpensanti e delle istituzioni: Laurita Filton, Isabel Jeans, in Virtù facile, Chloe, Alicia Huberman in Notorious - L'amante perduta e lady Henrietta Considine in Il peccato di Lady Considine, entrambe interpretate da Ingrid Bergman; donne dalla bellezza perfetta e dal fascino ambiguo, capaci a volte di azioni determinate al limite della criminalità: le bionde sofisticate interpretate da Grace Kelly, Margot Mary Wendice, ne Il delitto perfetto, Lisa Freemont, ne La finestra sul cortile e Frances Stevens, in Caccia al ladro, ma anche Madeleine Carroll, Pamela, ne Il club dei 39, Tippi Hedren, Melanie Daniels, ne Gli uccelli e in Marnie, o Kim Novak, Madeleine Elster/Judy Burton, in La donna che visse due volte, Eva Marie Saint, Eve Kendall, in Intrigo internazionale, Alida Valli, Maddalena Anna Paradine, ne Il caso Paradine. madri possessive e autoritarie: la madre che ha paura di essere abbandonata dai figli ne Gli uccelli e la madre di Norman Bates in Psyco che instaura con il figlio un rapporto psicotico, la madre di Cary Grant in Intrigo internazionale, che in tribunale non difende il figlio come suggerisce l'avvocato. Altre figure di madri e suocere terribili appaiono in Virtù facile, Fiamma d'amore, Notorious - L'amante perduta. La tecnica cinematografica Lo storyboard Hitchcock era uno dei pochi registi che arrivasse, al momento di girare, con degli storyboard dettagliatamente disegnati da lui stesso. Il montaggio Due estremi, il massimo effetto ottenuto con il montaggio e la negazione, la rinuncia quasi totale del montaggio: il montaggio della scena della doccia in Psyco, che si compone di ben 70 inquadrature in soli 45 secondi di durata. il piano sequenza in Nodo alla gola che è un film interamente girato in piano sequenza, apparentemente senza tagli di montaggio. In realtà i tagli ci sono (dovuti necessariamente alla durata di un rullo di pellicola che all'epoca era all'incirca di dieci minuti), ma sono abilmente mascherati da movimenti della macchina da presa o degli attori che vi passano davanti. I movimenti di macchina la combinazione di carrelli e panoramiche dall'alto in Giovane e innocente, Notorious - L'amante perduta, La finestra sul cortile, Psyco. il senso di vertigine ottenuto con zoomate improvvise sui volti dei protagonisti, inquadrature in soggettiva, immagini distorte o turbinanti, combinazione di una carrellata all'indietro con lo zoom (Effetto Vertigo) in La donna che visse due volte. Il MacGuffin Il MacGuffin è un artificio introdotto nello svolgimento della trama del film, di scarsa rilevanza per il significato della storia in sé, ma necessario per sviluppare certi snodi fondamentali della trama. Si tratta di un concetto del tutto peculiare nel cinema di Alfred Hitchcock e viene descritto dal regista in una piccola storiella, nel celebre libro-intervista con François Truffaut: Due viaggiatori si trovano in un treno in Inghilterra. L'uno dice all'altro: «Mi scusi signore, che cos'è quel bizzarro pacchetto che ha messo sul portabagagli? — Beh, è un MacGuffin. — E che cos'è un MacGuffin? — È un marchingegno che serve a catturare i leoni sulle montagne scozzesi. — Ma sulle montagne scozzesi non ci sono leoni! — Allora non esiste neppure il MacGuffin!». Il MacGuffin («scappatoia, trucco, espediente», come lo definisce il regista) è un elemento della storia che serve come inizializzazione o come giustificazione ma che, di fatto, si manifesta senza grande importanza nel corso dello sviluppo della trama del film. Alcuni esempi di MacGuffin: In Notorious (1946), il MacGuffin è l'uranio contenuto nelle bottiglie di vino. È il motivo per cui la storia si sviluppa ma non è importante che nelle bottiglie ci sia necessariamente dell'uranio. Infatti, durante la realizzazione del film si era propensi a sostituire l'uranio con i diamanti. In La finestra sul cortile (1954), il MacGuffin è la gamba rotta del protagonista, ma non è importante come e perché si è rotta: serve solo per farlo stare immobilizzato in carrozzella a osservare dalla finestra. In Intrigo internazionale (1959), il MacGuffin è la non meglio precisata informazione segreta di cui avrebbe dovuto essere a conoscenza Kaplan, l'uomo per cui è scambiato Roger Thornhill (Cary Grant). Grant, per gran parte del film, cerca di trovare il fantomatico Kaplan senza capire che in realtà non esiste. In Psyco (1960) il MacGuffin è rappresentato dal denaro sottratto da Marion al suo datore di lavoro all'inizio del film; l'episodio costituisce un pretesto narrativo per condurre Marion al motel di Norman Bates; quest'ultimo la ucciderà non sapendo nemmeno dell'esistenza del denaro. Le apparizioni Caratteristica comune a quasi tutti i film di Hitchcock, a eccezione di alcuni fra quelli girati in Inghilterra nel periodo giovanile, è la sua presenza in almeno una scena. Il regista riferì che all'inizio della sua carriera si prestava per presenze casuali, laddove ci fosse stato bisogno di una comparsa; successivamente, le sue apparizioni cameo divennero una consuetudine scaramantica e, infine, una specie di gioco per gli spettatori, che, a ogni uscita di un nuovo film, dovevano cercare d'individuare in quale inquadratura si fosse nascosto. Memorabili gli espedienti usati per le apparizioni nei film "claustrofobici", in cui il set era interamente costituito da un'unica scena ed era difficile inserire una "comparsata": per esempio, in Prigionieri dell'oceano, tutto girato su una barca di naufraghi, compare in una fotografia sulla pagina di un giornale; analogamente, ne Il delitto perfetto, che si svolge quasi per intero all'interno di un appartamento, lo si può riconoscere in una fotografia di compagni di scuola mostrata dal protagonista. Anche Nodo alla gola è un altro film girato tutto in un appartamento e qui appare due volte: nella prima inquadratura attraversa una strada con una donna e poi in maniera virtuale mediante un'insegna al neon che riproduce il suo profilo, posta sul tetto dell'edificio di fronte. In Intrigo internazionale appare due volte: sia alla fine della sigla iniziale come un passeggero che non riesce a salire su un autobus, sia vestito da donna nel treno. Ne La finestra sul cortile invece appare in una scena insieme al musicista che suona al pianoforte, proprio di fronte all'appartamento di James Stewart. In Caccia al ladro invece appare come passeggero a bordo dell'autobus, seduto accanto a Cary Grant. In Marnie esce da una stanza d'albergo all'inizio del film. In La donna che visse due volte lo si vede attraversare la strada prima della scena in cui James Stewart incontra il suo amico nell'ufficio di un cantiere navale. In L'uomo che sapeva troppo è in mezzo al pubblico ad assistere a uno spettacolo di saltimbanchi arabi a Marrakech. Influenza su altri cineasti Che Hitchcock sia un "classico" lo dimostra anche la quantità di riferimenti alla sua produzione contenuti nelle opere cinematografiche successive: Hitchcock ha avuto una grande influenza innanzitutto sui registi della Nouvelle Vague, Éric Rohmer, Claude Chabrol, François Truffaut, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, ai quali è dovuto il grande lavoro di rivalutazione della sua opera in ambito critico: i loro film pullulano di citazioni dell'opera del maestro. Molti dei più importanti e conosciuti registi contemporanei hanno nei loro film citato Hitchcock in omaggio alla sua maestria tecnica: Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Steven Spielberg, Woody Allen, Ridley Scott, Tim Burton, per citarne solo alcuni. Per i cineasti che operano nell'ambito del genere giallo o noir, per esempio Dario Argento e Brian De Palma i film di Hitchcock sono presi a modello. Parodie, sequel, remake. Fra i primi, Mel Brooks ha raccolto, in chiave parodistica, nel suo film Alta tensione tutta una serie di motivi, temi, immagini hitchcockiane. Sono seguite poi tante altre parodie e rifacimenti dei film più famosi. Nella cultura di massa Nel 2012 è uscito nelle sale cinematografiche Hitchcock, con protagonisti Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson e Jessica Biel, film biografico incentrato sul rapporto tra il regista e sua moglie Alma Reville durante la lavorazione del film Psyco. Il fumettista Tito Faraci, con i disegni di Anna Marabelli, rende omaggio al grande regista con la storia Paperino e il mago del brivido, che contiene varie citazioni dei suoi film: Psyco, con Paperino che viene condotto in un esterno che riproduce la famosa casa e il vicino motel, è presente anche una citazione della celeberrima scena della doccia; La donna che visse due volte, Paperino, in seguito a un incidente, ha la fobia delle altezze elevate (come James Stewart), appare ogni tanto una "misteriosa papera bionda" che ricorda Kim Novak e la scena sul faro ricorda molto quella del campanile presente nel film e, come lo stesso Stewart, anche lo sfortunato papero rimane appeso a un edificio; La finestra sul cortile, Paperino assiste a un fantomatico crimine vedendolo attraverso le finestre del palazzo di fronte alla sua camera; Gli uccelli ,durante un pic-nic in una baia, Paperino viene attaccato da uno stormo di corvi; Caccia al ladro, il titolo del film che Hitchcock sta girando nella storia è "Caccia al lardo". Inoltre la storia include una caricatura di Hitchcock (chiamato per l'occasione Alfred Iciok), che presenta il classico abbigliamento con cui il grande regista si recava al "lavoro", i suoi giochi di parole e la stazza. Nella storia Topolino profondo giallo, uscita nel 1987, c'è un altro omaggio a Hitchcock, ribattezzato "Alfred Topock", con una parodia disneyana de La finestra sul cortile. Filmografia Regista Cinema Number 13 (1922) – incompiuto e considerato perduto Il labirinto delle passioni (The Pleasure Garden) (1925) L'aquila della montagna (The Mountain Eagle) (1926) – perduto Il pensionante (The Lodger: A Story of the London Fog) (1927) Vinci per me! (The Ring) (1927) Il declino (Downhill) (1927) La moglie del fattore (The Farmer's Wife) (1928) Virtù facile (Easy Virtue) (1928) Tabarin di lusso (Champagne) (1928) L'isola del peccato (The Manxman) (1929) Ricatto (Blackmail) (1929) Giunone e il pavone (Juno and the Paycock) (1930) Omicidio! (Murder!) (1930) Parla Elstree (Elstree Calling) (1930) – co-diretto Fiamma d'amore (The Skin Game) (1931) Mary (1931) – versione tedesca di Omicidio! (1930) Ricco e strano (Rich and Strange) (1932) Numero diciassette (Number Seventeen) (1932) Vienna di Strauss (Waltzes from Vienna) (1934) L'uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much) (1934) Il club dei 39 (The 39 Steps) (1935) Amore e mistero (Secret Agent) (1936) Sabotaggio (Sabotage) (1936) Giovane e innocente (Young and Innocent) (1937) La signora scompare (The Lady Vanishes) (1938) La taverna della Giamaica (Jamaica Inn) (1939) Rebecca - La prima moglie (Rebecca) (1940) Il prigioniero di Amsterdam (Foreign Correspondent) (1940) Il signore e la signora Smith (Mr. & Mrs. Smith) (1941) Il sospetto (Suspicion) (1941) Sabotatori (Saboteur) (1942) L'ombra del dubbio (Shadow of a Doubt) (1943) Prigionieri dell'oceano (Lifeboat) (1944) Io ti salverò (Spellbound) (1945) Notorious - L'amante perduta (Notorious) (1946) Il caso Paradine (The Paradine Case) (1947) Nodo alla gola (Rope) (1948) Il peccato di Lady Considine (Under Capricorn) (1949) Paura in palcoscenico (Stage Fright) (1950) L'altro uomo (Strangers on a Train) (1951) Io confesso (I Confess) (1953) Il delitto perfetto (Dial M for Murder) (1954) La finestra sul cortile (Rear Window) (1954) Caccia al ladro (To Catch a Thief) (1955) La congiura degli innocenti (The Trouble with Harry) (1955) L'uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much) (1956) – remake del film omonimo del 1934 Il ladro (The Wrong Man) (1956) La donna che visse due volte (Vertigo) (1958) Intrigo internazionale (North by Northwest) (1959) Psyco (Psycho) (1960) Gli uccelli (The Birds) (1963) Marnie (1964) Il sipario strappato (Torn Curtain) (1966) Topaz (1969) Frenzy (1972) Complotto di famiglia (Family Plot) (1976) Cortometraggi Always Tell Your Wife (1923) – co-diretto e parzialmente perduto An Elastic Affair (1930) – considerato perduto The Fighting Generation (1944) Aventure malgache (1944) Bon Voyage (1944) Televisione Alfred Hitchcock presenta (Alfred Hitchcock Presents) – serie TV, 17 episodi (1955-1962) Vendetta (Revenge) (1955) Crollo nervoso (Breakdown) (1955) Il caso del signor Pelhalm (The Case of Mr. Pelhalm) (1955) Ci rivedremo a Natale (Back for Christmas) (1956) Un sabato di pioggia (Wet Saturday) (1956) Il segreto del Signor Blanchard (Mr. Blanchard's Street) (1956) Ancora un miglio (One More Mile to Go) (1957) Delitto perfetto (The Perfect Crime) (1957) Come servire un agnello (Lamb to the Slaughter) (1958) Un tuffo nel vuoto (Dip in the Pool) (1958) Un peso sullo stomaco (Poison) (1958) L'ospite d'onore (Banquo's Chair) (1958) Arthur (Arthur) (1959) La bara di ghiaccio (The Crystal Trench) (1959) La signora Bixby e la pelliccia del colonnello (Mrs. Bixby and the Colonel's Coat) (1960) Cavallo vincente (The Horse Player) (1961) Mani in alto (Bang! You're Dead) (1962) Suspicion – serie TV, episodio Four O'Clock (1957) Startime – serie TV, episodio Incident at a Corner (1960) L'ora di Hitchcock (The Alfred Hitchcock Hour) – serie TV, episodio I cinque testimoni (I Saw the Whole Thing) (1962) Aiuto regista (parziale) L'ultima danza (Woman to Woman), regia di Graham Cutts (1923) The Prude's Fall, regia di Graham Cutts (1923) L'ombra bianca (The White Shadow), regia di Graham Cutts (1924) The Passionate Adventure, regia di Graham Cutts (1924) Il furfante (The Blackguard o Die Prinzessin und der Geiger), regia di Graham Cutts (1925) Designer titoli (parziale) The Mystery Road, regia di Paul Powell (1921) The Call of Youth, regia di Hugh Ford (1921) Love's Boomerang, regia di John S. Robertson (1922) Riconoscimenti Premio Oscar 1941 – Candidatura come miglior regista per Rebecca 1945 – Candidatura come miglior regista per Prigionieri dell'oceano 1946 – Candidatura come miglior regista per Io ti salverò 1955 – Candidatura come miglior regista per La finestra sul cortile 1961 – Candidatura come miglior regista per Psyco 1968 – Premio alla memoria Irving G. Thalberg Golden Globe 1958 – Miglior trasmissione televisiva per Alfred Hitchcock presenta 1972 – Golden Globe alla carriera 1973 – Candidatura come miglior regista per Frenzy BAFTA 1971 – BAFTA Academy Fellowship Award Mostra internazionale d'arte cinematografica 1947 – Candidatura come Gran Premio Internazionale di Venezia per Io ti salverò 1954 – Candidatura come Leone d'Oro per La finestra sul cortile 1955 – Candidatura come Leone d'Oro per Caccia al ladro Festival di Cannes 1946 – Candidatura come Grand Prix Speciale della Giuria per Notorious - L'amante perduta 1953 – Candidatura come Grand Prix Speciale della Giuria per Io confesso 1956 – Candidatura come Palma d'oro per L'uomo che sapeva troppo Il film L'uomo che sapeva troppo (1934), fu inserito nel 1935 tra migliori film stranieri dell'anno dal National Board of Review of Motion Pictures. Hitchcock fu insignito del titolo di gran ufficiale dell'ordine dell'impero britannico (KBE), con cui entrò nella cavalleria potendo usare il prefisso di Sir, nel 1980, pochi mesi prima di morire. Onorificenze Doppiatori italiani Paolo Lombardi in Alfred Hitchcock presenta (1955, seconda parte degli episodi), L'ora di Hitchcock (seconda parte degli episodi), Terrore in sala, Alfred Hitchcock presenta (1985) Carlo Romano in Alfred Hitchcock presenta (1955, prima parte degli episodi), L'ora di Hitckcock (prima parte degli episodi) Mario Besesti in Il ladro Note Bibliografia Biografie Edizione originale: Edizione originale: Patrick McGilligan, Alfred Hitchcock: A Life in Darkness and Light [1 ed.], Regan Books 2010 006039322X, 9780060393229, 9780062028648 Rosario Tronnolone, Alfred Hitchcock, ritratti di signore, Edizioni Sabinae. ISBN 979 12800 23 179 Interviste Peter Bogdanovich, Conversazione con Alfred Hitchcock in Chi ha fatto quel film?, Fandango, 2010. Sidney Gottlieb, Hitchcock secondo Hitchcock. Idee e confessioni del maestro del brivido, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2003. Alfred Hitchcock, Io confesso. Conversazioni sul cinema allo stato puro, Minimum Fax, 2008. Bill Krohn. Alfred Hitchcock al lavoro, Milano, Rizzoli, 2000. Edizione originale: Saggi italiani pubblicato in precedenza come Sandro Fogli, Hitchcock e la vertigine interpretativa, Romano Editore, 2013, ISBN 978-88-96376-11-9. Atti di convegni Edoardo Bruno, Per Alfred Hitchcock, Edizioni del Grifo, Montepulciano 1981. Roberto Salvadori, Alfred Hitchcock, la critica, il pubblico, le fonti letterarie, Casa Usher Editrice, Firenze 1981. Opere di carattere generale Georges Sadoul, Storia del cinema mondiale dalle origini ai nostri giorni, traduzione di Mariella Mammalella, Feltrinelli, Milano 1964. Fernaldo Di Gianmatteo, Dizionario Universale del Cinema, vol. I registi, Editori Riuniti, Roma 1984. AA. VV., Dizionario dei registi del cinema mondiale, a cura di Gian Piero Brunetta, vol. II - G/O, Einaudi 2005. ISBN 88-06-16515-1 Sandro Bernardi, L'avventura del cinematografo, Marsilio, Venezia, 2007. ISBN 978-88-317-9297-4 Saggi stranieri tradotti Edizione originale: Paul Duncan, Tutti i film di Hitchcock, tradotto da Carolina Sargian, Torino, Lindau, 2007. ISBN 978-88-7180-710-2. Slavoj Zizek, L'universo di Hitchcock, Milano, Mimesis Edizioni, 2008. Bill Krohn, Hitchcock, Cahiers di cinéma, tradotto da Antonella Santambrogio, Milano, 2010. ISBN 978-2-86642-579-1. Opere in altre lingue Robin Wood, Hitchcock'film, London, Zwemmer, 1966. R. Durgnat, The strange case of Alfred Hitchcock, London 1974. D. Spoto, The art of Alfred Hitchcock: fifty years of his motion pictures, New York 1976. Robert J. Yahal, Hitchcock as philosopher, Mc Farland and Company, 2005. Noël Simsolo, Alfred Hitchcock, Paris Seghers, 1969. Jean Douchet, Alfred Hitchcock, L'Herne Cinéma, n.1, 1967. Cataloghi di mostre sul regista Hitchcock. Brividi di Carta. Editore: Stampalith, Trento, 2002. Catalogo a cura di Roberto Festi della mostra "Hitchcock "Brividi di Carta" tenutasi a Madonna di Campiglio. Dominique Païni-Guy Cogeval, Hitchcock et l'art: coincidences fatales, Mazzotta, Milano 2000. Catalogo della mostra tenutasi a Montréal, Musée des beaux-arts, dal 16 novembre 2000 al 16 aprile 2001, e a Parigi, Centre Pompidou, dal 6 giugno al 24 settembre 2001. Saggi sui singoli film Alberto Boschi, Alfred Hitchcock. Intrigo internazionale, Lindau, Torino 2005. ISBN 88-7180-494-5 Alberto Boschi, Nodo alla gola, Lindau, Torino 2009. ISBN 978-88-7180-796-6 Veronica Pravadelli, Notorious, Lindau, Torino 2007. ISBN 978-88-7180-677-8 Cosetta Saba, La finestra sul cortile, Lindau, Torino 2001. ISBN 88-7180-263-2 Del Ministro Maurizio, Alfred Hitchcock. La donna che visse due volte, Lindau, Torino 2009 ISBN 978-88-7180-789-8 Paolo Marocco, Vertigo di Alfred Hitchcock. Lo sguardo dell'ozio nell'America del lavoro, Genova, Le Mani, 2003. Mauro Giori, Alfred Hitchcock. Psyco, Lindau, Torino 2009. ISBN 978-88-7180-802-4 Stephen Rebello, Come Hitchcock ha realizzato Psycho, Milano, Il Castoro, 2008. Voci correlate Camei di Alfred Hitchcock Film e remake dello stesso regista I tre investigatori MacGuffin Altri progetti Collegamenti esterni Cinema muto britannico Concha de Plata al miglior regista Direttori della fotografia britannici Golden Globe alla carriera Registi cinematografici britannici Registi cinematografici statunitensi Registi televisivi britannici Registi televisivi statunitensi Sceneggiatori britannici del XX secolo Sceneggiatori statunitensi del XX secolo Irlando-americani Psycho Sepolti in mare
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Alain Delon
È considerato uno dei più grandi sex symbol della storia, oltre che uno dei più grandi attori francesi al pari di Jean Gabin, o di Jean-Paul Belmondo, suo eterno "rivale" mediatico nella Francia degli anni sessanta. La sua «bellezza derivata dall'aspetto ammaliante, dal viso d'angelo e dagli occhi di ghiaccio ipnotizzanti», gli ha permesso di interpretare uomini cupi, misteriosi, solitari, che molto spesso si rivelavano persino autobiografici del loro interprete. Fondamentali per la carriera dell'attore sono state le collaborazioni con i registi René Clément, Luchino Visconti e Jean-Pierre Melville; tra i personaggi più celebri da lui interpretati ci sono il cupo e timoroso Rocco di Rocco e i suoi fratelli (1960), il principe Tancredi in Il Gattopardo (1963), il killer Jeff in Frank Costello faccia d'angelo, il gangster Rogert Startet in Il clan dei siciliani (1969), il supplente Daniele Dominici in La prima notte di quiete (1972); è stato inoltre Zorro nell'omonimo film di Duccio Tessari del 1975, il misterioso Robert Klein di Mr. Klein (1976) e il barone di Charlus in Un amore di Swann (1984). Nel 1985 ha vinto il Premio César per il migliore attore per il film Notre histoire; ha inoltre vinto il David di Donatello, l'Orso d'oro alla carriera al Festival di Berlino, mentre nel 1963 ha ottenuto una candidatura ai Golden Globe per il film Il Gattopardo. Dagli anni settanta ha avuto esperienze anche come produttore cinematografico, tramite la sua Adel Productions, e in qualità di regista come nel thriller Per la pelle di un poliziotto (1981) e nel drammatico Braccato (1983). La sua ultima interpretazione sul grande schermo risale al 2008 nel film Asterix alle Olimpiadi, mentre nel 2017 ha annunciato il ritiro dalle scene. Biografia Giovinezza Alain Fabien Maurice Marcel Delon nasce l'8 novembre 1935 nel comune francese di Sceaux (nell'Hauts-de-Seine). Figlio di Fabien Delon (1904-1977), direttore di un piccolo cinema di quartiere, Le Régina, e Edìth Arnold (1911-1995), una giovane commessa di farmacia. La famiglia Delon è originaria di Saint-Vincent-Lespinasse, del Tarn e Garonna; suo bisnonno paterno Fabien Delon (1829-1909), fu decorato con la Legion d'onore nel 1892, mentre la sua nonna, Marie-Antoniette Evangelista, sposò Jean-Marcel Delon, un esattore di Prunelli di Fiumorbo. La leggenda familiare vuole gli Evangelista imparentati coi Bonaparte.. Nel 1939, quando Alain aveva appena 4 anni, i genitori divorziarono e il padre praticamente scomparve per diversi anni. Nonostante il grande affetto, fu proprio la madre ad affidare Alain a una famiglia adottiva, il cui padre era guardia carceraria della prigione di Fresnes. In quel periodo Alain fu spettatore dell'esecuzione del collaborazionista Pierre Laval, esperienza che da un lato lo turba, ma dall'altro lo affascina. A 8 anni, non potendo più restare con la famiglia adottiva e non potendo tornare dalla madre, vive nel collegio di suore a Issy-les-Moulineaux dove incontrerà uno dei suoi più cari amici, Gérard Salomé, con cui trascorrerà tutta la giovinezza. A causa del suo carattere perennemente ribelle, dovuto per sua stessa ammissione al trauma subito dalla separazione dei genitori, ottiene brutti voti a scuola, e per questo motivo è costretto a cambiare diversi istituti. All'età di 14 anni lascia la scuola; sua madre, risposatasi con un maestro salumiere, Paul Bologne, lo indirizza come apprendista salumiere nella macelleria del patrigno, in cui Alain si trova subito a suo agio, diventando in breve uno dei dipendenti più proficui. Sempre all'età di 14 anni recitò in Le Rapt, un cortometraggio girato dal padre di uno dei suoi amici. All'età di 17 anni, sovvertendo tutti gli iniziali obiettivi di diventare maestro salumiere e prendere il posto del patrigno, decide di arruolarsi nella marina francese e nel 1953 viene destinato in Indocina, nel Sud-est asiatico, nell'ambito del corpo di spedizione militare francese nella guerra d'Indocina. Dopo 5 anni viene congedato, dopo aver totalizzato ben 11 mesi complessivi di prigione per indisciplina. Tornato in Francia nel 1956, Delon deve affrontare una situazione di ristrettezza economica, svolgendo i lavori più disparati quali il facchino, il commesso, il cameriere nei quartieri malfamati di Montmartre e Halles; per sua stessa ammissione, finì per fare il bohémien sempre a Montmartre. Grazie alla passione per la giovane attrice Brigitte Auber si allontana da questo mondo e fa la conoscenza dell'attore Jean-Claude Brialy che lo invita al Festival di Cannes, dove la sua bellezza candida e al tempo stesso glaciale non passa di certo inosservata. Si trasferisce a Roma, dove condivide l'appartamento con Gian Paolo Barbieri, che diventerà un famoso fotografo, e gli viene proposto un contratto che lo potrebbe portare a Hollywood a patto di imparare l'inglese. Nonostante Alain inizi un corso di inglese in Francia, il viaggio salta quando il regista e sceneggiatore francese Yves Allégret lo convince a lavorare per lui. L'esordio nel cinema e i primi successi Allégret fa esordire Alain nel film Godot (1957). Nello stesso anno il giovane attore entra nel cast del film Fatti bella e taci, in cui duetta per la prima volta con Jean-Paul Belmondo, mentre il primo vero ruolo da protagonista arriverà nel 1958 con L'amante pura, sul cui set conosce l'attrice austriaca Romy Schneider con la quale, nonostante la reciproca diffidenza iniziale, intesse una lunga relazione sentimentale. Giovani, belli e di successo, sono la coppia d'oro del cinema francese e il pubblico li segue con interesse sia al cinema sia sui giornali. Nonostante il film con la Schneider non venga apprezzato dalla critica, Delon è ancora l'attore principale in due pellicole di Michel Boisrond: Le donne sono deboli e Furore di vivere entrambi usciti nel 1959, in cui interpreta la parte del giovane rubacuori, bello e fascinoso. Tuttavia sarà grazie a René Clément che Alain Delon conoscerà il primo vero successo da protagonista, con Delitto in pieno sole, tratto da un romanzo di Patricia Highsmith, che gli vale infatti la consacrazione a star: il film otterrà ottimi incassi e farà conoscere il nome di Delon anche oltre i confini francesi. In un'intervista televisiva l'attore ha dichiarato che fu lui a imporsi per ottenere il ruolo da protagonista, il regista infatti l'aveva chiamato per un altro ruolo. L'incontro con Luchino Visconti è una tappa fondamentale per la consacrazione internazionale. Nel 1960 infatti è uno dei protagonisti del capolavoro del regista italiano Rocco e i suoi fratelli, ove incarna un personaggio puro e tollerante, così lontano da quelli che diventeranno i suoi ruoli tipici. Il film ottiene un successo clamoroso, vincendo il Leone d'argento a Venezia, facendo sì che Visconti prenda Delon sotto la sua ala, diventando uno dei principali mentori per l'attore. Convince infatti sia Delon sia Romy ad affrontare un testo teatrale a Parigi, la prima volta sul palcoscenico per entrambi. In Italia Delon si afferma immediatamente anche in altre opere di grande valore artistico, come L'eclisse (1961) di Michelangelo Antonioni, in cui Delon duetta con Monica Vitti rispolverando il personaggio del rubacuori già adottato in Francia con René Clément; al Festival di Cannes il film vince il Premio della giuria. Nello stesso anno viene chiamato nuovamente da Clément per la commedia Che gioia vivere (1961), incentrato sulle avventure di due giovani alla vigilia della Marcia su Roma. Partecipa a un episodio della commedia Le tentazioni quotidiane (1962) di Julien Duvivier. L'anno successivo arriva la consacrazione internazionale: con Il Gattopardo di Luchino Visconti Delon interpreta il principe Tancredi Falconeri e recita insieme a personalità come Burt Lancaster e Claudia Cardinale. Premiato con la Palma d'oro al Festival di Cannes, il film ottiene un'eco internazionale e contribuisce a plasmare l'icona di Delon, che si aggiudica una candidatura ai Golden Globe come miglior attore debuttante. In questo periodo Delon, nuova stella cinematografica, sta eclissando Romy che si sta dedicando prevalentemente al teatro. Il ritorno in Francia Consacrato definitivamente come uno dei più grandi attori del momento, Alain Delon viene spesso citato da più parti come l'uomo più bello del mondo: affermatosi in Italia, l'attore successivamente torna in Francia per affermare la sua icona anche in patria. In questi anni ha l'occasione di recitare con Jean Gabin, da lui considerato il suo idolo e punto di riferimento cinematografico, in Colpo grosso al casinò (1963) di Henri Verneuil: inizialmente il ruolo di Delon venne affidato a Jean-Louis Trintignant, ma Delon pur di lavorare con Gabin si offre di lavorare gratuitamente, nonostante la contrarietà dei produttori della Metro-Goldwyn-Mayer, accontentandosi dei diritti di sfruttamento all'estero. Il legame con la Schneider si interrompe bruscamente e, nel 1964, Delon sposa l'attrice Francine Canovas che prenderà il nome d'arte di Nathalie Delon; da lei avrà il figlio Anthony, prima del divorzio avvenuto nel 1969. Seguiranno Il Tulipano Nero (1964) di Christian Jaque, uno dei maggiori successi dell'anno al botteghino e Crisantemi per un delitto (1964), nuovamente di Clément. In quegli anni Delon comincia a recitare anche in tre o quattro pellicole all'anno: le più degne di nota sono Tre passi nel delirio (1967), nell'episodio William Wilson diretto da Louis Malle, e il kolossal Parigi brucia? (1966) ancora di Clément. Alla metà degli anni sessanta Delon recita per la prima volta in tre produzioni hollywoodiane che ottengono un certo successo di pubblico, L'ultimo omicidio (1965) di Ralph Nelson, accanto ad Ann-Margret e Van Heflin, Né onore né gloria (1966) di Mark Robson, insieme a Anthony Quinn, e Texas oltre il fiume (1966) di Michael Gordon, in cui condivide la scena con Dean Martin. Tuttavia la vera consacrazione in Francia arriverà grazie a Jean-Pierre Melville che lo chiama per impersonare il sicario Frank Costello in Frank Costello faccia d'angelo (1967): la sua interpretazione del samurai diviene una delle più celebri della sua filmografia e contribuirà a delineare nelle pellicole successive il classico personaggio di duro hard boiled, affascinante e dal destino spesso segnato, indipendentemente dall'appartenenza ora alla malavita ora alla polizia. Il successo di Alain Delon negli anni settanta fa nascere in Francia una rivalità mediatica con l'altra stella proveniente dalla Gallia, Jean-Paul Belmondo. Oltre che in Italia, viene chiamato a lavorare per grandi produzioni hollywoodiane, ma senza mai sfondare veramente; mentre in Francia è uno degli attori più redditizi assieme a Louis de Funès e al suo collega-rivale Belmondo. In questo stesso periodo tenta l'avventura teatrale ma si lancia anche in altre avventure: compra il ristorante "La Camargue" a Nizza e produce il film L'insoumis diretto da Alain Cavalier. Gli anni del polar Ormai affermato e molto popolare, Delon diviene uno dei volti principali del genere "polar" (un genere ibrido fra poliziesco e noir), l'equivalente francese del poliziesco all'italiana. Il punto più alto del polar lo raggiungerà con Il clan dei siciliani (1969) di Henri Verneuil, in cui condivide nuovamente la scena con Jean Gabin: qui Delon veste i panni di Roger Sartet, sicario professionista che s'innamora della moglie del figlio del potente boss Vittorio Malanese (Gabin): il film fu un successo sia in Francia sia negli Stati Uniti d'America e in Canada. Non mancano, per contro, recitazioni di maniera, come Addio Jeff! (1968) in coppia con la compagna Mireille Darc, e parti in film più leggeri come La piscina (1969); per quest'ultimo film Delon rifiuta Monica Vitti come partner femminile, imponendo a sorpresa la sua ex compagna Romy Schneider. Nello stesso anno è coinvolto nelle indagini sul misterioso omicidio della sua guardia del corpo, una storia che svela retroscena di sesso e droga nel suo entourage e che finisce per accrescerne la fama di attore difficile. Tuttavia l'episodio incrina solo momentaneamente la sua immagine: nel 1970 infatti esce Borsalino, primo film interpretato in coppia con Jean-Paul Belmondo, che si rivelerà il più grande successo finanziario dell'anno in Francia (oltre 35 milioni di euro incassati), grazie soprattutto al feeling della coppia di due degli attori più popolari di quel periodo. Borsalino è inoltre il primo film prodotto dallo stesso Delon, tramite la sua Adel Productions. Nello stesso anno collabora nuovamente con Jean-Pierre Melville in I senza nome in cui è protagonista assieme a Gian Maria Volonté e Yves Montand: all'uscita il film viene accolto con freddezza dalla critica internazionale, ma verrà rivalutato anni dopo ed etichettato come uno dei migliori lavori del regista francese. Nel 1971 si cimenta anche nel genere comico, anche se con scarsi risultati, col film L'uomo di Saint Michel, in cui recita assieme all'ex moglie Nathalie Delon. Lavora al fianco di Charles Bronson, Toshirō Mifune e Ursula Andress nel western Sole rosso, mentre ritrova interesse per il cinema d'autore nel 1972 con La prima notte di quiete diretto da Valerio Zurlini: nei panni del professore Daniele Dominici, che si innamora di una sua alunna, Delon regala al pubblico una delle sue interpretazioni più personali, similmente a quanto aveva fatto anni prima per il ruolo di Frank Costello, nonostante alcuni contrasti con il regista Zurlini durante la lavorazione del film. Recita in ruoli altrettanto complessi ne L'assassinio di Trotsky (1972) e in Mr. Klein (1976), entrambi di Joseph Losey; nel primo interpreta il sicario Ramón Mercader, celebre per l'uccisione di Lev Trockij, mentre nel secondo interpreta un collezionista d'arte che scopre l'esistenza di un uomo col suo stesso nome che cerca di rubargli l'identità, ruolo considerato da molti tra i suoi migliori nonostante il fiasco al botteghino. Nel 1973 assieme a Dalida incide la canzone Paroles, paroles, versione francese della canzone Parole parole cantata da Mina e recitata da Alberto Lupo. Dalla metà degli anni settanta l'attore francese recita quasi esclusivamente o in polizieschi violenti, in cui i caratteri divengono sempre più stereotipati e monocordi (Morte di una carogna del 1977), oppure in produzioni internazionali di minore rilievo (Airport '80 1979). Da segnalare tuttavia nel 1974 Borsalino and Co., il sequel di minor successo di Borsalino, in cui stavolta non divide più la scena con Belmondo bensì con Riccardo Cucciolla, e l'anno dopo Zorro (1975) di Duccio Tessari dove interpreta il celebre giustiziere mascherato. Nel 1968 inizia una relazione con Mireille Darc, durata fino al 1983. L'esordio di regista e la vittoria del César Nonostante l'opposizione di una certa critica il pubblico continua a seguire i suoi film. Come produttore si ritiene soddisfatto tanto da dichiarare che se nel titolo compare la parola "flic" il successo è assicurato. Uno dei maggiori successi come produttore giunge nel 1976 con Flic Story assieme a Jean-Louis Trintignant e nuovamente sotto la regia di Jacques Deray. Negli anni ottanta gira insieme con l'attrice italiana Dalila Di Lazzaro il film Tre uomini da abbattere, ancora con la regia di Jacques Deray. Inoltre nel 1981 prende parte alla coproduzione multinazionale del film Nido di spie, rivelatosi uno dei più alti incassi della storia del cinema sovietico, con oltre 47,5 milioni di spettatori. Dello stesso anno è il suo esordio alla regia con Per la pelle di un poliziotto, da lui anche scritto e prodotto, e interpretato con la futura compagna Anne Parillaud: il film ottiene un buon successo al botteghino, anche se non esaltante come si prevedeva. Con Ornella Muti e Jeremy Irons gira il film di ispirazione letteraria Un amore di Swann (1994), diretto da Volker Schlöndorff e tratto dall'omonima opera di Marcel Proust: il barone di Charlus è un uomo vinto, immerso nei ricordi, sopraffatto dalla nostalgia e dal disprezzo dei tempi moderni, e si aggiunge alla nuova lista di personaggi che l'attore impersonerà per i successivi anni, ovvero quello dei vinti, degli illusi, degli uomini falliti. Per alcuni personaggi, l'attore porta la sua esperienza personale legata alla recente perdita del suo primo amore Romy Schneider, avvenuta nel 1981. Un amore di Swann vince due premi César. L'anno successivo prende parte al film Notre histoire (1985) di Bertrand Blier, per cui riceve l'unico e tardivo premio César in carriera come miglior attore protagonista, in un ruolo che però non è quello di poliziotto ma nemmeno di un delinquente, bensì quello di un meccanico alcolizzato che si infiltra nella vita di una donna, interpretata da Nathalie Baye, che per certi versi è anch'egli un vinto come il barone di Charlus. Nello stesso anno si trasferisce in Svizzera, ottenendone la cittadinanza verso la fine degli anni novanta, con la nuova compagna che gli ha dato due figli. Il declino A seguito di alcuni flop commerciali come Il passaggio (1986) e la serie televisiva I pianoforti di Berlino (1988) e della doppia paternità, nei primi anni novanta Delon comincia ad apparire sempre meno sul grande schermo, e i ruoli che recita sono prevalentemente secondari. L'unico ruolo da protagonista di questo periodo è ne Il ritorno di Casanova (1992), in cui interpreta il celebre avventuriero in esilio a Venezia: il film viene ben accolto dalla critica ma è un fallimento al botteghino internazionale. Negli anni novanta gli incassi dei suoi film sono modesti, tanto che nel 1997 l'attore dichiara di voler chiudere la sua carriera, ma in seguito accetta di lavorare nuovamente per il cinema e la televisione. Di un certo rilievo sono in questo periodo le partecipazioni in Nouvelle vague (1991) di Jean-Luc Godard, in Cento e una notte (1995) di Agnès Varda e nell'ironico Uno dei due (1998) di Patrice Leconte, nuovamente al fianco di Belmondo, film nei quali si allontana definitivamente dal genere polar. Ritrova inoltre Jacques Deray sul set di L'orso di peluche (1994), ma che non ha lo stesso successo delle collaborazioni precedenti. Nel 1995 riceve a Berlino l'Orso d'oro alla carriera. In questo periodo si intensifica la sua attività teatrale, dove ottiene maggiori consensi. Dopo l'annuncio del ritiro, nei primi anni duemila l'attore partecipa a una sola pellicola sul grande schermo, Actors, diretto nuovamente da Bertrand Blier, in un divertente coro con alcune delle maggiori stelle del cinema francese di tutti i tempi. Concluso dopo 15 anni il legame con Mireille Darc, l'attore per un breve periodo ha una relazione con l'attrice Anne Parillaud per poi legarsi verso il 1988 alla modella di origine olandese Rosalie van Breemen, che gli darà due figli, Anouchka, nata nel 1990 e Alain-Fabien, nato nel 1994. La nuova famiglia comporta l'allontanamento definitivo di Delon dal cinema. Gli anni duemila: la malattia e il definitivo ritiro Solo nei primi anni duemila, l'attore esordisce in televisione (sino ad allora aveva interpretato un solo film per la TV nel 1978) accettando la proposta di Jean-Claude Izzo di tornare a indossare i panni del poliziotto tormentato, quelli di Fabio Montale della polizia di Marsiglia, in cui l'attore riesce a tornare al successo. La scelta di Izzo di far impersonare Montale, uomo di idee progressiste, di scegliere come interprete principale Delon, notoriamente simpatizzante della destra, desta non poche polemiche tra l'opinione pubblica. Nel 2004, l'attore prende parte a un'altra miniserie su Frank Riva, personaggio analogo a quello di Montale, ma di successo inferiore. Nel 2005, in concomitanza con la crisi sentimentale e la separazione dalla compagna Rosalie, Delon rivela alla stampa la sua lotta contro la depressione, malattia che lo ha portato sull'orlo del suicidio. A tal proposito rivela: «Vivo davanti ai miei occhi la scena di quel momento. Il difficile non è farlo, è riflettere per non passare all'azione. Farlo è un gioco da ragazzi». A causa della malattia è costretto a rinunciare alla pièce teatrale Les montagnes russes di Eric Assoues. Nel medesimo anno, riceve la Legion d'onore dalle mani del presidente Jacques Chirac per il suo contributo all'arte cinematografica mondiale. Nel 2008 torna al cinema interpretando con autoironia Giulio Cesare in Asterix alle Olimpiadi. Nel monologo iniziale, Cesare rievoca la sua vita passata, ma non fa altro che rievocare la carriera di Delon stesso che, con un laconico e sfrontato «Ave me», si congeda definitivamente dal grande schermo. In un'intervista a I migliori anni di Carlo Conti nel 2009, l'attore dichiara di aver sconfitto la depressione che lo aveva afflitto. Afferma, inoltre, di conservare un grande ricordo degli attori e dei registi italiani con cui ha lavorato e, in particolare, cita come suo amico lo scomparso attore Renato Salvatori. Nonostante il ritiro dal cinema, continua a calcare le scene teatrali. Nel 2007, sul set di Sur la route de Madison, dal romanzo I ponti di Madison County di Robert James Waller, ritrova la sua ex compagna Mireille Darc, mentre, nel 2014, recita con la figlia Anouchka Delon nella pièce Une journée ordinaire a Cannes. Inoltre riceve numerosi riconoscimenti alla carriera, come nel 2011 al Festival di Acapulco, mentre nel 2012 ottiene il Lifetime Achievement Award - Parmigiani al Festival di Locarno. Nel maggio 2017, annuncia a sorpresa di tornare al cinema, recitando in un ultimo film dopo quasi 10 anni dall'ultima apparizione sul grande schermo. La pellicola in questione sarà diretta da Patrice Leconte e vedrà anche l'attrice Juliette Binoche. A proposito del suo ritiro, Delon ha dichiarato: «Ho l’età che ho. Ho fatto la carriera che ho fatto. Ora, voglio chiudere il cerchio. Organizzando incontri di boxe, ho visto uomini che si sono pentiti di aver fatto un combattimento di troppo. Per me, non ce ne sarà uno di troppo». Il 19 maggio 2019, al Festival di Cannes 2019, riceve la Palma d'oro onoraria. Un mese dopo circa, viene colto da un ictus, seguito da un'emorragia cerebrale. Influenza culturale È molto famoso in Cina (uno dei pochi attori francesi conosciuti, se non l'unico) perché il film Zorro è stato uno dei primi film europei a essere distribuito in questo paese. Gli unici ad avere una fama pari alla sua furono Steve McQueen e Sean Connery. Il gruppo musicale inglese The Smiths utilizza una foto tratta dalla scena finale del film Il ribelle di Algeri (L'insoumis) per il suo album The Queen Is Dead pubblicato nel 1986. Anche il gruppo musicale italiano Baustelle gli ha dedicato una canzone intitolata "la canzone di Alain Delon". All'attore francese è ispirata la canzone di Andrea Mingardi "Un piasarè (Delone)", contenuta nell'album Lo sfighè, Gisto e Cesira, Delone, un marziano e altre storie. Viene inoltre citato dal rapper Salmo nella canzone "A volte esagero", contenuta nell'album Status di Marracash. In una intervista pubblicata sul "Los Angeles Time", Madonna ha dichiarato che la canzone "Beautiful Killer" (contenuta nell'album MDNA) era un omaggio all'attore e al suo carisma. In una intervista pubblicata su "TV Magazine", Richard Gere ha dichiarato che, su consiglio del regista e sceneggiatore Paul Schrader, ha visto molte volte il film Delitto in pieno sole (Plein soleil) per trarre ispirazione nell'interpretazione del protagonista di American Gigolò. Nel 2009, Alain Delon presta la sua immagine per la pubblicità del profumo « Eau sauvage » di Christian Dior. Vengono scelte delle foto e delle scene del film La piscina. Vita privata Nel 1958 inizia una relazione con l'attrice Romy Schneider, conosciuta sul set di L'amante pura. La relazione tra i due si conclude nel 1964. Inoltre, nel 1962, ha un flirt con la cantante Nico, ma Delon non ha mai riconosciuto la paternità del figlio, nato nel 1962, Christian Aaron Boulogne, il quale dopo i primi anni di vita vissuti con la madre Nico, venne adottato dalla madre di Delon. Il 13 agosto 1964, Delon sposa l'attrice Nathalie Delon dalla quale ha il suo secondo figlio, Anthony Delon (nato nel 1964), anch'egli attore, che lo renderà nonno nel 1986 della modella Alyson Le Borges. I due divorziano nel 1968. Nei due mesi precedenti al matrimonio Delon ha una relazione con l'attrice Marisa Mell che, secondo alcune fonti, avrebbe lasciato il giorno prima del matrimonio con Nathalie. Dal 1968 al 1983, ha una relazione con l'attrice Mireille Darc conosciuta durante le riprese di Addio Jeff. Durante gli ultimi anni di relazione con la Darc, Delon ha alcuni flirt con le attrici Veronique Jannot, Sylvia Kristel, Sydne Rome e Dalila Di Lazzaro. Successivamente, l'attore è stato brevemente legato all'attrice Anne Parillaud, dal 1982 al 1984, e a Catherine Pironi. Nel 1987 ha iniziato una relazione con la modella olandese Rosalie van Breemen dalla quale ha avuto due figli: Anouchka Delon (nata nel 1990) e Alain-Fabien Delon (nato nel 1994). Nel 2001 i due si separarono. Degno di rilievo è il rapporto di Delon con la cantante italofrancese Dalida, con cui negli anni sessanta ha avuto una passionale storia d'amore; in seguito i due resteranno ottimi amici e incideranno nei primi anni settanta il brano Paroles paroles. L'attore dirà di «avere amato terribilmente questa donna». Alain Delon non ha mai autorizzato nessuna biografia sulla sua persona, nonostante nel tempo siano stati realizzati alcuni documentari inerenti al suo passato tormentato. Posizioni politiche Alain Delon si è sempre definito un gollista e nazionalista, proprio come Brigitte Bardot. Nel 1981 sostiene Valéry Giscard d'Estaing ed è stato inoltre amico di Jean-Marie Le Pen. Nel 2015 dichiara di sostenere il Front National di Marine Le Pen. Nel 2013 suscita alcune polemiche una sua intervista al canale televisivo francese France 5 in cui afferma che l'omosessualità è contronatura. Filmografia Cinema Attore Godot (Quand la femme s'en mêle), regia di Yves Allégret (1957) Fatti bella e taci (Sois belle et tais-toi), regia di Marc Allégret (1958) L'amante pura (Christine), regia di Pierre Gaspard-Huit (1958) Le donne sono deboli (Faibles femmes), regia di Michel Boisrond (1959) Furore di vivere (Le chemin des écoliers), regia di Michel Boisrond (1959) Delitto in pieno sole (Plein soleil), regia di René Clément (1960) Rocco e i suoi fratelli, regia di Luchino Visconti (1960) Che gioia vivere (Quelle joie de vivre), regia di René Clément (1961) Amori celebri (Amours célèbres), regia di Michel Boisrond (1961) L'eclisse, regia di Michelangelo Antonioni (1962) Le tentazioni quotidiane (Le diable et les dix commandements), regia di Julien Duvivier (1962) Il Gattopardo, regia di Luchino Visconti (1963) Colpo grosso al casinò (Mélodie en sous-sol), regia di Henri Verneuil (1963) L'amour à la mer, regia di Guy Gilles (1964) Il Tulipano Nero (La Tulipe noire), regia di Christian-Jaque (1964) Crisantemi per un delitto (Les félins), regia di René Clément (1964) Il ribelle di Algeri (L'insoumis), regia di Alain Cavalier (1964) Una Rolls-Royce gialla (The Yellow Rolls-Royce), regia di Anthony Asquith (1964) L'ultimo omicidio (Once a Thief), regia di Ralph Nelson (1965) Né onore né gloria (Lost Command), regia di Mark Robson (1966) Parigi brucia? (Paris brule-t-il?), regia di René Clément (1966) Texas oltre il fiume (Texas Across the River), regia di Michael Gordon (1966) I tre avventurieri (Les aventuriers), regia di Robert Enrico (1967) Frank Costello faccia d'angelo (Le samouraï), regia di Jean-Pierre Melville (1967) Diabolicamente tua (Diaboliquement vôtre), regia di Julien Duvivier (1967) William Wilson, episodio di Tre passi nel delirio, regia di Louis Malle (1968) Nuda sotto la pelle (Naked under Leather), regia di Jack Cardiff (1968) Due sporche carogne - Tecnica di una rapina (Adieu l'ami), regia di Jean Herman (1968) La piscina (La piscine), regia di Jacques Deray (1969) Addio Jeff! (Jeff), regia di Jean Herman (1969) Il clan dei siciliani (Le clan des siciliens), regia di Henri Verneuil (1969) Borsalino, regia di Jacques Deray (1970) I senza nome (Le cercle rouge), regia di Jean-Pierre Melville (1970) Madly, il piacere dell'uomo (Madly), regia di Roger Kahane (1970) L'uomo di Saint-Michael (Doucement les basses), regia di Jacques Deray (1971) Sole rosso (Soleil rouge), regia di Terence Young (1971) L'evaso (La veuve Couderc), regia di Pierre Granier-Deferre (1971) La prima notte di quiete, regia di Valerio Zurlini (1972) L'assassinio di Trotsky (The Assassination of Trotsky), regia di Joseph Losey (1972) Notte sulla città (Un flic), regia di Jean-Pierre Melville (1972) L'uomo che uccideva a sangue freddo (Traitement de choc), regia di Alain Jessua (1973) Scorpio, regia di Michael Winner (1973) La mia legge (Les granges brûlées), regia di Jean Chapot (1973) Tony Arzenta (Big Guns), regia di Duccio Tessari (1973) Due contro la città (Deux hommes dans la ville), regia di José Giovanni (1973) L'arrivista (La race des 'seigneurs), regia di Pierre Granier-Deferre (1974) Esecutore oltre la legge (Les seins de glace), regia di Georges Lautner (1974) Borsalino and Co. (Borsalino and Co.), regia di Jacques Deray (1974) Zorro, regia di Duccio Tessari (1975) Flic Story, regia di Jacques Deray (1975) Lo Zingaro (Le Gitan), regia di José Giovanni (1975) Mr. Klein (Mr Klein), regia di Joseph Losey (1976) Il figlio del gangster (Comme un boomerang), regia di José Giovanni (1976) La gang del parigino (Le gang), regia di Jacques Deray (1977) Quel giorno il mondo tremerà (Armaguedon), regia di Alain Jessua (1977) L'ultimo giorno d'amore (L'homme pressé), regia di Édouard Molinaro (1977) Morte di una carogna (Mort d'un pourri), regia di Georges Lautner (1977) Lo sconosciuto (Attention, les enfants regardent), regia di Serge Leroy (1978) Airport '80 (The Concorde: Airport '79), regia di David Lowell Rich (1979) Histoire d'amour (Le toubib), regia di Pierre Granier-Deferre (1979) Tre uomini da abbattere (3 hommes à abattre), regia di Jacques Deray (1980) Nido di spie (Tegeran-43), regia di Aleksandr Alov e Vladimir Naumov (1981) Per la pelle di un poliziotto (Pour la peau d'un flic), regia di Alain Delon (1981) Il bersaglio (Le choc), regia di Robin Davis (1982) Braccato (Le battant), regia di Alain Delon (1983) Un amore di Swann (Un amour de Swann), regia di Volker Schlöndorff (1984) Notre histoire, regia di Bertrand Blier (1984) Ventiduesima vittima... nessun testimone (Parole de flic), regia di José Pinheiro (1985) Il passaggio (Le passage), regia di René Manzor (1986) Ne réveillez pas un flic qui dort, regia di José Pinheiro (1988) Nouvelle vague (Nouvelle Vague), regia di Jean-Luc Godard (1990) Coreografia di un delitto (Dancing Machine), regia di Gilles Béhat (1990) Il ritorno di Casanova (Le retour de Casanova), regia di Édouard Niermans (1992) Un crime, regia di Jacques Deray (1993) L'orso di peluche (L'ours en peluche), regia di Jacques Deray (1994) Les cent et une nuits de Simon Cinéma, regia di Agnès Varda (1995) - cameo Le jour et la nuit, regia di Bernard-Henri Lévy (1997) Uno dei due (Une chance sur deux), regia di Patrice Leconte (1998) Actors (Les acteurs), regia di Bertrand Blier (2000) Asterix alle Olimpiadi (Astérix aux jeux olympiques), regia di Frédéric Forestier e Thomas Langmann (2008) Televisione Le Bel Indifferent – film TV (1978) I pianoforti di Berlino (Cinéma) – serie TV (1988) Fabio Montale - serie TV (2002) Il leone (Le lion), regia di José Pinheiro – film TV (2003) Frank Riva – serie TV (2004) Un mari de trop – film TV (2010) Regista e Sceneggiatore Per la pelle di un poliziotto (Pour la peau d'un flic) (1981) Braccato (Le battant) (1983) Teatro Peccato che sia una sgualdrina di John Ford, regia di Luchino Visconti. Théâtre de Paris di Parigi (1961) Les Yeux crevés di Jean Cau, regia di Raymond Rouleau. Théâtre du Gymnase Marie-Bell di Parigi (1968) Variazioni enigmatiche di Éric-Emmanuel Schmitt, regia di Bernard Murat. Théâtre Marigny di Parigi (1996) Variazioni enigmatiche di Éric-Emmanuel Schmitt, regia di Bernard Murat. Théâtre de Paris di Parigi (1998) Les Montagnes russes di Éric Assous, regia di Anne Bourgeois. Théâtre Marigny di Parigi (2004) I ponti di Madison County da Robert James Waller, regia di Anne Bourgeois. Théâtre Marigny di Parigi (2007) Lettere d'amore di A. R. Gurney, regia di Alain Delon. Théâtre de la Madeleine di Parigi (2008) Une journée ordinaire di Éric Assous, regia di Jean-Luc Moreau. Théâtre des Bouffes-Parisiens di Parigi (2011) Une journée ordinaire di Éric Assous, regia di Anne Bourgeois. Tour francese (2013) Riconoscimenti Golden Globe 1964 – Candidatura al miglior attore debuttante per Il Gattopardo David di Donatello 1972 – David speciale alla carriera Premio César 1985 – Miglior attore per Notre histoire Bambi 1987 – Vinto Festival di Cannes 2019 – Palma d'oro alla carriera Festival internazionale del cinema di Berlino 1995 – Orso d'oro alla carriera Doppiatori italiani Nelle versioni in italiano dei suoi film, Alain Delon è stato doppiato da: Massimo Turci in Furore di vivere, Delitto in pieno sole, Le tentazioni quotidiane, Né onore né gloria, Parigi brucia?, Texas oltre il fiume, Frank Costello faccia d'angelo, Diabolicamente tua, Il clan dei siciliani, Borsalino, I senza nome, Madly, il piacere dell'uomo, L'evaso, La mia legge, L'arrivista, Un amore di Swann Cesare Barbetti in L'amante pura, Colpo grosso al Casinò, Crisantemi per un delitto, Una Rolls-Royce gialla, L'ultimo omicidio, Tre passi nel delirio, Due sporche carogne - Tecnica di una rapina, L'ultimo giorno d'amore, La piscina, Uno dei due Gino La Monica in L'assassinio di Trotsky, Scorpio, Zorro, La prima notte di quiete, Frank Riva, Tony Arzenta, Esecutore oltre la legge, Morte di una carogna, Il ritorno di Casanova, Cento e una notte Pino Colizzi in Flic Story, Lo zingaro, Braccato, Mr. Klein, Per la pelle di un poliziotto, Tre uomini da abbattere, Ventiduesima vittima... nessun testimone Michele Kalamera in Addio Jeff!, Notte sulla città, Due contro la città, Il figlio del gangster, La gang del parigino, Quel giorno il mondo tremerà Giuseppe Rinaldi in Delitto in pieno sole (solo in una scena), Il tulipano nero Pino Locchi in Che gioia vivere, Borsalino & Co. Oreste Rizzini in Airport '80, Asterix alle Olimpiadi Achille Millo in Rocco e i suoi fratelli Gabriele Antonini in L'eclisse Carlo Sabatini in Il Gattopardo Luciano Melani in Sole Rosso Franco Zucca in Nouvelle Vague Mario Cordova in L'orso di peluche Onorificenze Onorificenze francesi Note Altri progetti Collegamenti esterni Attori teatrali francesi Orso d'oro alla carriera Premi César per il migliore attore David di Donatello alla carriera Vincitori del Premio Flaiano di cinematografia Registi cinematografici francesi Ufficiali della Legion d'onore Commendatori dell'Ordine delle arti e delle lettere
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https://it.wikipedia.org/wiki/Adrien-Marie%20Legendre
Adrien-Marie Legendre
Biografia Discepolo di Eulero e Lagrange, ha pubblicato un lavoro ormai classico sulla geometria, Élements de géométrie. Ha anche dato significativi contributi alle equazioni differenziali, al calcolo, alla teoria delle funzioni, alla meccanica e in teoria dei numeri con l'opera Essai sur la théorie des nombres (1797-1798); nel 1782 gli fu concesso il premio offerto dall'Accademia di Berlino per i suoi studi sulla dinamica dei proiettili. Ha esteso ed aggiornato il suo trattato in tre volumi Exercises du calcul intégral (1811-1819) nel nuovo Traité des fonctions elliptiques et des intégrales eulériennes (1825-1832), sempre in tre volumi. Ha poi ridotto gli integrali ellittici in tre forme standard, ma la loro inversione diretta, dovuta ad Abel e a Jacobi, ha reso inutile il suo lavoro. Ha anche inventato i cosiddetti polinomi di Legendre nel 1784, mentre studiava l'attrazione degli sferoidi. In teoria dei numeri, ha inoltre dimostrato l'ultimo teorema di Fermat nel caso particolare n = 5 e dimostrato l'irrazionalità di . Morì nel 1833 e venne sepolto nel Cimitero d'Auteuil. Il suo nome è inciso sulla Torre Eiffel. Opere Exercices de calcul intégral sur divers ordres de transcendantes et sur les quadratures (t.1) (Paris: Courcier, 1811-1817) Exercices de calcul intégral sur divers ordres de transcendantes et sur les quadratures (t.2) (Paris: Courcier, 1811-1817) (Paris: Huzard-Courcier, 1825-1828) Théorie des nombres (Paris: Firmin-Didot, 1830) (1830) (Paris: Firmin Didot frères, 1849) Nouvelles méthodes pour la détermination des orbites des comètes (1805) Voci correlate Trasformata di Legendre Formula di Legendre Equazioni di Legendre Simbolo di Legendre Polinomi di Legendre Altri progetti Collegamenti esterni Sepolti nel cimitero d'Auteuil
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https://it.wikipedia.org/wiki/Astato
Astato
L'astato è l'elemento chimico di numero atomico 85 e il suo simbolo è At. Fa parte del gruppo degli alogeni. Viene prodotto in natura dal decadimento radioattivo dell'uranio e del torio ed è il più pesante degli alogeni. Si stima che la crosta terrestre ne contenga circa 28 g e per questo è l'elemento più raro in Natura. Inoltre, il suo isotopo più abbondante che è l'At-210, ha un tempo di dimezzamento massimo di 8 ore e 30 minuti, per cui è il secondo elemento naturale più instabile dopo il francio. Caratteristiche Gli isotopi dell'astato non godono di vita abbastanza lunga da studiarne le proprietà, ma le misure spettroscopiche lasciano pensare a caratteristiche simili a quelle dello iodio – come quest'ultimo, è probabile che possa accumularsi nella ghiandola tiroidea. Considerazioni teoriche fanno ipotizzare che l'astato abbia un carattere metallico più marcato dello iodio. Alcune reazioni elementari in cui è coinvolto l'astato sono state condotte e studiate da ricercatori del Brookhaven National Laboratory di New York. Con la possibile eccezione del francio, l'astato è l'elemento più raro in natura. Si stima che l'intera crosta terrestre ne contenga in tutto meno di 28 grammi. Storia L'astato (dal greco ἄστατος àstatos, "instabile") fu sintetizzato per la prima volta nel 1940 da Dale Raymond Corson, Kenneth MacKenzie ed Emilio Segrè all'Università della California di Berkeley per bombardamento del bismuto con particelle alfa. Inizialmente fu chiamato alabamio (Ab) e prima ancora ipotizzato da Mendeleev con il nome di ekaiodio. Disponibilità L'astato è un elemento radioattivo che si presenta in natura nei minerali di uranio e di torio. Se ne preparano i campioni bombardando bismuto con particelle alfa in un ciclotrone, ottenendo gli isotopi relativamente stabili 209At e 211At che vengono successivamente separati. Isotopi Dell'astato, il meno elettronegativo degli alogeni, sono noti 41 isotopi, tutti radioattivi; il più stabile di essi è 210At, che ha un'emivita di 8,1 ore. Il meno stabile è 213At, che ha un'emivita di 125 nanosecondi. 218At e 219At sono presenti in natura in quanto prodotti delle catene di decadimento, rispettivamente, dell'isotopo 238 e dell'isotopo 235 dell'uranio. Soluzioni In soluzione acquosa l'astato si comporta in modo simile allo iodio, anche se le soluzioni che lo contengono devono essere estremamente diluite. L'elemento disciolto può essere ridotto da agenti come l'anidride solforosa e ossidato dal bromo. Come lo iodio, quando l'astato è sciolto in una soluzione, si può isolare ed estrarre tramite il benzene. Inoltre l'astato presenta stati di ossidazione con caratteristiche di coprecipitazione affini a quelle dello iodio, dello ione ioduro e dello ione iodato. Potenti agenti ossidanti possono produrre uno ione astatato, ma non uno ione perastatato. Lo stato molecolare è più facilmente ottenibile ed è caratterizzato da elevata volatilità e da notevole solubilità in sostanze organiche. Composti Molteplici composti dell'astato sono stati sintetizzati in quantità microscopiche e studiati il più possibile prima del suo naturale decadimento radioattivo. In particolare le reazioni a cui prende parte sono state studiate in soluzioni molto diluite di astato e, in maggiore quantità, di iodio che agisce da trasportatore, facilitando la filtrazione, la precipitazione e l'isolamento dei singoli composti. Nonostante questi composti siano di interesse principalmente teorico, sono in fase di analisi per un possibile impiego in medicina nucleare. È molto probabile che l'astato formi legami ionici con i metalli alcalini e alcalino-terrosi come il sodio o il litio, pur non essendo reattivo come gli alogeni più leggeri. Alcuni esempi di sali dell'astato sono: astaturo di sodio (NaAt), un composto ipotetico, di interesse teorico nell'ambito della chimica degli alogenuri astaturo di magnesio (MgAt2) tetraastaturo di carbonio (CAt4). Analogamente agli altri alogeni, l'astato forma un idracido, l'acido astatidrico (HAt) che, a differenza dei precedenti, presenta un minore momento di dipolo. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Attinio
Attinio
L'attinio è l'elemento chimico di numero atomico 89 e il suo simbolo è Ac. È stato il primo elemento radioattivo non primordiale ad essere isolato nel 1899. Nonostante il polonio, il radio e il radon siano stati osservati prima dell'attinio, essi non sono stati isolati fino al 1902. L'attinio ha dato il nome alla serie degli attinoidi, un gruppo di 15 elementi simili della tavola periodica tra l'attinio e il laurenzio. A volte è anche considerato il primo dei metalli di transizione del settimo periodo. Metallo radioattivo morbido, di colore bianco-argento, l'attinio reagisce rapidamente con l'ossigeno e l'umidità nell'aria, formando un rivestimento bianco di ossido che impedisce un'ulteriore ossidazione. Come la maggior parte dei lantanidi e molti degli attinoidi, l'attinio assume uno stato di ossidazione +3 in quasi tutti i suoi composti chimici. Esso si trova solo in tracce nell'uranio e nel torio, come l'isotopo 227Ac, che decade con un tempo di dimezzamento di 21.772 anni, prevalentemente emettendo particelle beta e talvolta particelle alfa, e l'isotopo 228Ac che ha un'emivita di 6,15 ore. Una tonnellata di uranio naturale contiene circa 0,2 milligrammi di attinio-227 e una tonnellata di torio naturale contiene circa 5 nanogrammi di attinio-228. La stretta somiglianza delle proprietà fisiche e chimiche dell'attinio e del lantanio, rende la separazione dal minerale impraticabile. Tuttavia, l'elemento può essere ottenuto, in quantità dell'ordine di milligrammi, dall'irraggiamento neutronico dell'isotopo radio-226 in un reattore nucleare. A causa della sua scarsità, del prezzo elevato e della radioattività, l'attinio non trova un significativo utilizzo industriale. Le sue applicazioni attuali lo vedono impegnato come sorgente di neutroni e un agente per la radioterapia. Caratteristiche L'attinio è un metallo radioattivo di aspetto argenteo. Per via della sua intensa radioattività, al buio emette una spettrale luce azzurra. Si trova in tracce nei minerali dell'uranio sotto forma di 227Ac, un isotopo che emette particelle alfa e beta con un'emivita di 21.773 anni. Una tonnellata di minerale d'uranio contiene mediamente un decimo di grammo di attinio. Dal punto di vista chimico, possiede una reattività simile a quella del lantanio. Applicazioni La sua radioattività, 150 volte più intensa di quella del radio lo rende una potente fonte di neutroni. A parte questa, non ha altre applicazioni industriali significative. 225Ac trova uso nella medicina nucleare. Storia L'attinio prende il nome dal termine greco (ακτίς, ακτίνος) aktís, aktínos, che significa "raggio, raggio luminoso". L'attinio fu scoperto nel 1899 da André-Louis Debierne, il chimico francese che lo separò dalla pechblenda. Friedrich Otto Giesel lo scoprì a sua volta nel 1902. Disponibilità L'attinio è presente in tracce nei minerali dell'uranio, ma viene generalmente prodotto in quantità dell'ordine dei milligrammi nei reattori nucleari, per irraggiamento con neutroni del 226Ra. L'attinio metallico è stato preparato per riduzione del suo fluoruro con vapori di litio alla temperatura di . Isotopi L'attinio in natura è composto dall'unico isotopo radioattivo 227Ac. Sono noti in totale 36 isotopi aventi masse atomiche comprese tra 206 e , il più stabile dei quali è 227Ac, con un'emivita di 21.772 anni; seguono 225Ac (10 giorni) e 226Ac (29,37 ore). Tutti gli altri hanno emivite inferiori a 10 ore e la maggior parte di essi inferiore a un minuto. Il meno stabile di tutti è 217Ac, che decade attraverso un decadimento alfa o una cattura elettronica con un'emivita di 69 nanosecondi. Dell'attinio sono noti anche due metastati. Precauzioni 227Ac è estremamente radioattivo e, in termini di danni alla salute, è da considerarsi pericoloso quasi quanto il plutonio. L'ingestione anche di minime quantità può causare danni molto gravi. Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Augusto%20%28disambigua%29
Augusto (disambigua)
Persone Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto – imperatore romano Alberto Augusto (1898 – 1973 – calciatore portoghese Artur Augusto fl. anni 1920) – calciatore portoghese Loide Augusto – calciatore angolano Altro Augusto – nome proprio di persona italiano maschile Augusto – rango imperiale romano durante e dopo la tetrarchia Augusto - Il primo imperatore – miniserie televisiva del 2003 diretta da Roger Young Augusto – stazione della metropolitana di Napoli Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aepyornis
Aepyornis
Gli Aepyornis sono un genere estinto di giganteschi uccelli vissuti in Madagascar, appartenenti alla famiglia degli uccelli elefante (Aepyornithidae), che comprende anche i Mullerornis, più piccoli, anch'essi estinti. Si ritiene che fossero tra i più grandi uccelli mai esistiti assieme ai Moa. Potevano misurare fino a 3 m e più d'altezza, per un peso di oltre mezza tonnellata. Le loro uova avevano una circonferenza di oltre 1 metro (un uovo fossile rinvenuto misura 33 cm di diametro) e un'altezza di oltre 30 centimetri, con un peso medio di circa 10-12 kg ; il loro volume di circa 8 litri era 160 volte quello di un uovo di gallina. Il DNA dell'Aepyornis è stato estratto con successo dai resti di gusci d'uova da un gruppo di ricercatori australiani. Descrizione Si ritiene che l'espressione "uccello elefante" derivi dal Milione di Marco Polo, che parlando del Madagascar riferiva: Sappiate anche che in quelle isole dove le navi non vanno volentieri per la corrente si trovano, a dire di alcuni, gli uccelli grifoni. Dicono che questi uccelli fanno la loro apparizione solo in certe stagioni dell'anno. Non sono fatti però, come crede la gente dei nostri paesi, e come da noi li fanno raffigurare, per metà uccelli e per metà leoni. Quelli che li hanno visti dicono che per forma somigliano esattamente alle aquile ma sono di grandezza smisurata. E vi dirò che cosa mi hanno detto quelli che li hanno visti e quello che io stesso ho veduto. Dicono che il grifone è così grande e vigoroso da poter afferrare un elefante, sollevarlo in aria a grande altezza e lasciarlo poi cadere in terra in modo da mandarlo a pezzi. Quando l'elefante è così caduto, l'uccello grifone cala su di lui, lo mangia e si pasce della sua carne. Dicono anche, quelli che lo hanno visto, che ha un'ampiezza d'ali di trenta passi e penne lunghe almeno dodici. La grossezza delle penne è proporzionata alla loro lunghezza. Gli Aepyornis furono molto probabilmente osservati dagli Arabi (che intrattenevano rapporti con le dinastie reali malgasce), e potrebbero essere correlati al mito del Roc (o alle sue evoluzioni più recenti). In malgascio, questi animali venivano chiamati vorompatra, uccelli degli "Ampatri", un toponimo che identificava l'attuale regione di Androy, nel sud dell'isola. In Madagascar, tuttavia, non sono mai stati ritrovati esemplari fossili o viventi di elefanti, ed è dubbio che lo stesso toponimo Madagascar, utilizzato sul finire del XV secolo da Martin Behaim per indicare l'isola, sia in realtà nel Milione una corruzione di Mogadiscio. Inoltre, la descrizione della tecnica predatoria del grifone contrasta col fatto che l'Aepyornis è inadatto al volo. Specie Quattro sono le specie attualmente ascritte al genere: Aepyornis hildebrandti, Burckhardt, 1893 (=Aepyornis mulleri, Milne-Edwards & Grandidier, 1894) Aepyornis gracilis (Monnier, 1913) Aepyornis medius, Milne-Edwards & Grandidier, 1866 (=Aepyornis grandidieri, Rowley, 1867; Aepyornis cursor, Milne-Edwards & Grandidier, 1894; Aepyornis lentus, Milne-Edwards & Grandidier, 1894) Aepyornis maximus, Geoffroy-Saint-Hilaire, 1851 (=Aepyornis modestus, Milne-Edwards & Grandidier, 1869; Aepyornis ingens, Milne-Edwards & Grandidier, 1894; Aepyornis titan, Andrews, 1894) La validità di queste specie è ancora in fase di discussione, in quanto alcuni autori vorrebbero l'unificazione di tutte le specie a sottospecie di A. maximus. Biologia Non essendo stati ritrovati resti fossili di foresta pluviale in Madagascar, non si può dire con certezza se questi animali amassero (come i casuari) vivere nelle foreste, o se invece (come struzzi, emù e nandù) amassero gli spazi aperti. L'esistenza di frutti con endocarpo spesso e liscio (come quelli della palma Voanioala gerardii), o con colori rosso-violacei (come quelli di Ravenea louvelii e di Satranala decussilvae) darebbero per buona la prima ipotesi; infatti, un endocarpo liscio e spesso non ferirebbe l'esofago di un eventuale uccello che se ne cibi, né verrebbe danneggiato dai suoi succhi gastrici. Di colore rosso-bluastro, invece, sono anche i frutti di alcune specie di palma di cui si nutrono i casuari. Descrizione Come i loro parenti ancora viventi, gli Aepyornis erano inadatti al volo, ma le loro ossa non avevano midollo. Siccome il Madagascar si staccò dal continente africano tempo prima della nascita dei ratiti, si pensa che gli Aepyornis abbiano perso la capacità di volare e raggiunto dimensioni enormi in situ, per un fenomeno di gigantismo insulare; questi animali cominciarono probabilmente a differenziarsi dallo struzzo 85 milioni di anni fa, quando il Gondwana era unito da un istmo all'isola. Tuttavia, il DNA mitocondriale dei resti fossili di quest'animale non è ancora stato sequenziato ed analizzato, quindi al riguardo vi possono essere solo ipotesi. Il ritrovamento di presunti fossili appartenenti ad Aepyornithidae sulle Isole Canarie orientali hanno ulteriormente infittito il mistero; queste isole, infatti, si erano già staccate dall'Africa quando gli uccelli elefante avrebbero potuto raggiungerle. Durante le ere glaciali, con l'abbassamento del livello del mare, si sarebbe potuto sviluppare un istmo di terra fra Lanzarote e la costa africana, che avrebbe potuto consentire a questi grandi uccelli inadatti al volo di raggiungere le isole. In ogni caso, non si ha notizia dell'evoluzione degli Aepyornis in ambienti al di fuori del Madagascar, quindi si ritiene che i frammenti di uova ritrovati alle Canarie siano appartenuti a grandi uccelli nordafricani ormai estinti, che avrebbero potuto addirittura non essere nemmeno ratiti (Eremopezus, Psammornis, o addirittura dei Pelagornithidae). Estinzione Si è sempre ritenuto che l'estinzione di questi animali sia stata causata da fattori umani, poiché essi erano un tempo diffusi su tutta l'isola, e ovunque abbastanza comuni. Ricerche recenti hanno scoperto numerosi frammenti di uova di Aepyornis fra le ceneri di fuochi preistorici, segno che tali uova venivano utilizzate come cibo per intere famiglie: non si sa, tuttavia, se anche gli adulti venissero predati, o se su di essi vigesse un tabù ("fady") anche se, dalle analisi su alcuni resti fossili, sono stati rinvenuti chiari segni di macellazione. La data precisa dell'estinzione di questi grossi uccelli è incerta e per ricavarla non si può fare conto sul folklore locale, nel quale le storie su questi animali si sono propagate per secoli dopo la loro scomparsa. Oltre alla caccia da parte dell'uomo, all'estinzione di questi colossi avrebbero potuto contribuire le malattie portate dagli uccelli introdotti dall'Africa, come faraone e polli ed i cambiamenti climatici in atto, come la progressiva perdita di umidità del Madagascar nell'Olocene. Note Bibliografia A. Feduccia, The origin and evolution of birds, Yale University Press, New Haven, Londra 1996: p. 283 e seguenti ISBN 0-300-06460-8 S. J. J. F. Davies, "Elephant birds" in Animal Life Encyclopedia, vol. 8 Birds I Tinamous and Ratites to Hoatzins (2 ed.), 2003 Farmington Hills, MI: Gale Group. pp. 103–104. ISBN 0-7876-5784-0. J. Mlíkovsky, Eggs of extinct aepyornithids (Aves: Aepyornithidae) of Madagascar: size and taxonomic identity, 2003, Sylvia, 39: 133–138. Voci correlate Gigantismo insulare Roc Megafauna del Pleistocene Lista di uccelli estinti Altri progetti Collegamenti esterni Order Aepyornithiformes, The Taxonomicon Uccelli fossili Uccelli estinti Specie animali africane estinte Megafauna estinta Uccelli del Pleistocene
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aloe
Aloe
Aloe – genere botanico Aloe – medicinale erboristico Aloé – personaggio della serie Pokémon Alòe – antica festività Aloe Blacc – cantante statunitense Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Americio
Americio
L'americio è l'elemento chimico di numero atomico 95 e il suo simbolo è Am. L'americio è un elemento metallico radioattivo sintetico della famiglia degli attinidi, ottenuto bombardando il plutonio con neutroni. È stato il quarto elemento transuranico ad essere scoperto. Prende il nome dall'America, in analogia con l'europio. Caratteristiche L'americio metallico appena preparato presenta una lucentezza bianco-argentea (più argenteo del plutonio o del nettunio) e, a temperatura ambiente, diventa opaco lentamente in aria secca. L'emissione alfa dell'241Am è circa il triplo di quella del radio. Pochi grammi di 241Am emettono radiazione gamma intensa che crea seri problemi di esposizione a chi deve maneggiare l'elemento. Applicazioni L'americio può essere prodotto in quantità dell'ordine dei chilogrammi, principalmente sotto forma dell'isotopo 241Am. Trova applicazioni domestiche in alcuni modelli di rivelatori di fumo, dove viene usato in qualità di sorgente di radiazioni ionizzanti. L'americio è stato usato per costruire alcuni tipi di parafulmine (ora in progressivo smantellamento in Italia), grazie proprio a questa capacità di ionizzare l'aria circostante favorendo così il passaggio di corrente. 241Am è stato anche usato come sorgente portatile di raggi gamma per l'uso in radiografia e come mezzo per misurare lo spessore del vetro. 242Am è un emettitore di neutroni ed ha trovato uso nella radiografia a neutroni; è tuttavia un isotopo estremamente costoso da produrre in quantitativi utilizzabili. Storia L'americio fu sintetizzato per la prima volta da Glenn Seaborg, Leon O. Morgan, Ralph A. James e Albert Ghiorso nel tardo 1944 nel Metallurgical Laboratory dell'Università di Chicago (oggi noto come Argonne National Laboratory). Il gruppo preparò 241Am sottoponendo 239Pu a successive reazioni di cattura neutronica in un reattore nucleare. Questo produsse prima 240Pu e poi 241Pu che a sua volta si convertì in 241Am tramite un decadimento beta. Il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia ha teorizzato (Progetto 242) l'utilizzo di un reattore alimentato con l'isotopo 242Am che potrebbe (in teoria) rivelarsi più promettente degli attuali in uso. Isotopi Dell'americio sono noti 18 isotopi radioattivi aventi masse comprese tra 231,046 e , di cui i più stabili sono 243Am (con un'emivita di 7370 anni) e 241Am (432,2 anni). Tutti gli altri isotopi hanno emivite inferiori alle 51 ore e la maggior parte di essi inferiori a 100 minuti. L'americio possiede inoltre 8 metastati, di cui il più stabile è 242mAm (emivita di 141 anni). Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Acqualagna
Acqualagna
Acqualagna è un comune italiano di abitanti della provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche. Geografia fisica Il paese dall'aspetto moderno è situato nella confluenza del torrente Burano nel Candigliano lungo la statale Flaminia oltrepassata la gola del Furlo a da Fano in direzione di Roma. Origini del nome L'origine del toponimo Acqualagna è sconosciuta. Un'ipotesi vorrebbe che il nome della località (in antico Aquelame) derivasse da Acqua-lama, cioè acqua pantano, acqua melmosa, per via degli acquitrini presenti un tempo nell'area di confluenza del Burano nel Candigliano. Storia Dal Medioevo al XVII secolo L'abitato sorse probabilmente a patire dall'abbazia di San Vincenzo a Furlo, con la cappella di Santa Maria Maddalena e un ospedale. Nel 1506 papa Giulio II rimase ad Acqualagna e ordinò la costruzione della chiesa di Santa Lucia consacrata nel 1537. Il XIX secolo 20 aprile 1849 Acqualagna aderisce alla Repubblica romana. 17 settembre 1860 Acqualagna entra nel regno di Savoia. Il 18 settembre, dopo la battaglia di Castelfidardo, dove l'esercito francese viene sconfitto, le Marche non sono più sotto il dominio del Papa. Il XX secolo Nel 1901 fu catturato, nella frazione di Farneta, il brigante Giuseppe Musolino. Durante il periodo della prima guerra mondiale, il sindaco Brigidi, nonostante la crisi economica del paese, riuscì a fornire servizi essenziali per la popolazione, come la costruzione della strada di Pietralata. Il 29 ottobre venne eletto il sindaco socialista Pasquale Ciampiconi che realizzò l'acquedotto del Furlo, la strada per Farneta e quella dei Prati, che ancora oggi collega Acqualagna a Urbania, completata nel 1932. Fu in quel periodo che iniziò la costruzione della diga di Furlo per la costruzione di una centrale idroelettrica gestita dall'Unione Esercizi Elettrici di Milano. Tra il 1930 e il 1935 la crisi economica provoca un aumento del tasso di disoccupazione e un calo dei salari e negli scioperi di Acqualagna sono organizzati. In occasione del "giorno dell'alleanza", istituito dal regime fascista il 18 dicembre 1935, che richiedeva agli italiani di dare il loro oro per la patria, Acqualagna la raccolta avviene di fronte al monumento ai morti della prima Guera Mondiale. Nonostante la crisi economica, gli abitanti della città resistettero. Simboli Lo stemma del comune di Acqualagna è stato riconosciuto con D.P.C.M. del 20 maggio 1960. Il falco posato su un monte di tre cime deriva dal blasone dei conti Accomanducci di Monte Falcone (d'oro, al falco al naturale, posato su un monte di tre cime di rosso) che dominarono la località dal XV secolo. Nel 1867 il falco venne rappresentato coronato e tenente con la zampa uno scudetto d'argento, caricato di una scala a pioli di rosso che, secondo le intenzioni del Comune, voleva ricordare la famiglia dei conti Della Scala. Quando nel 1960 venne concesso lo stemma civico ufficiale il palo venne blasonato scaccato d'azzurro e di rosso. Il gonfalone municipale, concesso con decreto del presidente della Repubblica del 14 luglio 1960, è costituito da un drappo di azzurro. Monumenti e luoghi d'interesse Appena fuori dal paese si trova la chiesa parrocchiale, dedicata a Santa Lucia, di antica fondazione ma che nel corso del tempo ha subito numerose modifiche e restauri. L'interno è costituito da un'unica navata; nelle sei nicchie che costeggiano le pareti di essa si trovano resti di affreschi del XVI secolo. L'ultimo radicale restauro, risale alla fine del XIX secolo. Poco oltre la località Furlo si trova il Santuario del Pelingo, santuario mariano diocesano, che contiene un venerato affresco della Madonna col Bambino. Chiesa del Santissimo Sacramento: XV secolo nel caratteristico centro storico. Abbazia di San Vincenzo al Furlo è ciò che rimane di un'antica abbazia dell'VIII secolo in cui abitarono San Romualdo (1011) e San Pier Damiani (1042). Il cenobio rimase indipendente fino al secolo XI quando entrò — con le abbazie e gli eremi alle sue dipendenze — nella diretta influenza della vicina Fonte Avellana. La chiesa attuale, in stile romanico, fu riedificata nel 1271 dall'abate Bonaventura. L'interno dell'edificio conserva una delle due primitive navate, possiede una cripta a tre navate con antichi capitelli e un altare del secolo IX, vi sono anche resti di affreschi medioevali nella navata destra e nel presbiterio, notevolmente rialzato rispetto al resto della chiesa. Nei pressi della chiesa si trova un piccolo ponte romano. Questa abbazia è solita accogliere, nel periodo estivo, mostre d'arte con tematiche differenti di anno in anno. Si trova in località Pianacce. Villa di Colombara nell'omonima località del comune di Acqualagna degli scavi archeologici nel 1995 e 1997, hanno portato alla luce i resti di un'antica fattoria romana del II secolo a.C. con un ampio cortile porticato dove erano disposti i locali adibiti ad abitazione e alla lavorazione dei prodotti agricoli. Dagli scavi è risultato che la fattoria venne ricostruita nella prima età imperiale parzialmente sovrapposta alla prima. I resti sono conservati ad Acqualagna nell'Antiquarium Pitinum Mergens. Il Castello di Pietralata si trova sul versante meridionale del Monte di Pietralata; si tratta di un'antica costruzione risalente all'XI secolo, composto dalle rovine piuttosto ben conservate del grande muro di cinta, la chiesa della SS. Trinità ancora consacrata, le rovine dell'insediamento centrale adiacente detto maschio e una Casa Canonica collegata alla chiesetta da un particolare passaggio sospeso. Chiesa di Santa Maria del Petriccio o Santissima Annunziata: XV secolo, con affreschi del XV secolo sotto il loggiato d'ingresso, in località omonima lungo la strada apecchiese. Eremo Madonna del Ronco: XIII secolo, con affreschi del XV-XVI secolo. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 1º gennaio 2021 la popolazione straniera residente era di 295 persone e rappresentava il 7,0% della popolazione residente. Le comunità straniere più numerose erano: Cina, 101 Romania, 59 Marocco, 29 Albania, 21 Tradizioni e folclore Fiera Nazionale del tartufo È la più importante manifestazione dell'Italia centrale dedicata al tartufo. Durante l'anno ci sono tre eventi. Il più rappresentativo è quello di ottobre-novembre, dove vengono proposte le novità dell'anno. Le altre due fiere si svolgono a febbraio, dedicate al tartufo nero, e l'altra ad agosto, dedicata al tartufo nero d'estate. La fiera del tartufo offre anche il "Salone del test" e il "Cooking Show", durante i quali è possibile degustare piatti e partecipare a gare gastronomiche tra personaggi famosi. Sono inoltre organizzati seminari, mostre temporanee e presentazioni. I tartufi prodotti ad Acqualagna sono: tartufo bianco, tartufo nero, tartufo nero estivo. Cultura Cinema Film girati ad Acqualagna La banda Grossi - Una storia vera quasi dimenticata (2018). Economia Acqualagna è uno dei maggiori centri d'Italia per il commercio dei tartufi: dal pregiato bianco di Acqualagna al nero di Norcia, al bianchetto e allo scorzone. Tipica è l'industria di lavorazione della pietra del Furlo e anche la produzione dei camini. L'attività del settore terziario più sviluppata ad Acqualagna è il turismo, in particolare in occasione della Fiera del Tartufo. L'ecoturismo riguarda la gola del Furlo con il suo parco e i suoi meravigliosi paesaggi. Amministrazione Sport Calcio La squadra locale di calcio milita in Prima Categoria e ha il nome di Falco Acqualagna. A metà anni 2000 ha disputato il campionato di Eccellenza. Il Pole Calcio, squadra dell'omonima frazione e il Furlo, squadra di un'altra frazione di Acqualagna, militano invece in Terza Categoria. La squadra di calcio a 5, denominata Acqualagna C5, invece gioca in Serie D. Pallacanestro La squadra di pallacanestro si chiama Pallacanestro Acqualgna e milita nella stagione 2022-2023 nella Serie D. Pallavolo La squadra maschile "Avis Acqualagna volley I Viaggi di Peter Pan" è nella stagione 2019-2020 nella Serie D per la prima volta nella loro storia. La squadra femminile ASD Volley Acqualagna è anch'essa in Serie D. Note Bibliografia Gottardo Buroni, Pitino Mergente, Milano 1933. D. Bischi, Un giorno tra i sassi di Farneta in "Pesaro e Urbino", nº 1-1986. D. Bischi, Apecchio, Piobbico, Acqualagna in Catria e Nerone. Un itinerario da scoprire, Pesaro 1990. E. Conti, Cenni storici del paese di Acqualagna, Cagli 1897. E. Conti, Altri cenni storici di Monte Falcone e di Acqualagna (opuscolo II), Cagli 1897. E. Conti, Vocabolario Metaurense, Cagli 1898. E. Conti, Altri cenni storici di Monte Falcone e di Acqualagna (opuscolo III), Cagli 1899. E. Conti, Cenni storici del paese di Acqualagna (a cura di Paolo Cellini), Urbania 1986. E. Conti, Usi e costumi della campagna Urbinate, Urbania 1908. E. Conti, Le popolazioni di Acqualagna, Cagli, Fermignano, Fossombrone, Pesaro-Urbino, Marche e Italia: cenni demografici 1861-2001, Fossombrone, 2002 N. Del Piano, Farneta, Urbino 1980. B. Feliciangeli, Longobardi e Bizantini lungo la Flaminia nel sec. VI, Camerino 1908. B. Ligi, I vescovi e gli arcivescovi di Urbino. Notizie storiche, Vol II, Urbino 1953. U. Marini, I tartufi di Acqualagna, Fano s. d. [1980]. Alberto Mazzacchera, Cagli. Comune e castelli in Catria e Nerone. Un itinerario da scoprire, Pesaro 1990. Alberto Mazzacchera, Il forestiere in Cagli. Palazzi, chiese e pitture di una antica città e terre tra Catria e Nerone, Urbania 1997. G. Mochi, Sugli avanzi d'antica città in territorio di Cagli e di Acqualagna, Cagli 1897. P. Palazzini, San Pier Damiani nel contado di Urbino, Urbino 1973. Gabriele Presciutti, Maurizio Presciutti, Dromedari Giuseppe, Il corridoio bizantino al confine tra Marche e Umbria, Pesaro 2014, ISBN 9788891141491 S. Ruggeri e R. Fiorani, Il passo del Furlo, Urbania 1988. A. Vernarecci, L'abbadia di S. Vincenzo presso il Furlo, Auditore 1896. Ulrico Agnati, Per la storia romana della provincia di Pesaro e Urbino, Roma (L’Erma di Bretschneider) 1999 Voci correlate Unione montana del Catria e Nerone Enrico Mattei Altri progetti Collegamenti esterni
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Andorno Micca
Andorno Micca (Andorn in piemontese) è un comune italiano di abitanti della provincia di Biella in Piemonte. Geografia fisica Il comune dista circa sei chilometri dal capoluogo, Biella, e sorge attorno all'antico nucleo di Andorno Cacciorna, sul versante sinistro della bassa valle Cervo (che prende il nome dal torrente omonimo), in una piana alluvionale situata ai piedi delle Prealpi biellesi. In tempi remoti, il locale territorio si estendeva, a ovest, fino alla Valle del Lys (o Valle di Gressoney) e, a nord-est, alla Valsesia, ed era attraversato da un'antica via di epoca romana che conduceva, attraverso la Valle d'Aosta, fino in Gallia. Classificazione sismica: zona 4 (sismicità molto bassa) Storia L'antichità La zona di Andorno, già in epoca romana doveva già avere degli insediamenti, attestati sia dal toponimo, sia dal ritrovamento di settanta monete antoniniane a Passo Breve, lungo un percorso che conduceva attraverso i vari passi sino in Valle d'Aosta e poi nelle Gallie. Il comune prende il nome da Pietro Micca, eroe dell'assedio di Torino del 1706, il cui luogo di nascita è in realtà conteso fra la stessa Andorno e la confinante cittadina di Sagliano Micca, dove si trova quella che si ritiene sia stata la casa natale del patriota. Il Medioevo Il nome di Andorno ricorre dall'epoca medievale, e compare sotto la forma di Andurnum o Andornum in un atto di donazione del 29 gennaio 963, quando la corticula venne donata dall'allora imperatore Ottone I al conte Aimone di Cavaglià. Donazione che venne confermata il 22 ottobre 985 da Ottone II a suo figlio Manfredo; il 7 maggio 999 lo stesso Ottone concesse il borgo a Leone, vescovo di Vercelli, insieme a Molinara, regione Molinetto, privandone i Conti di Cavaglià, partigiani del suo nemico Arduino d'Ivrea. L'Arcidiocesi di Vercelli mantenne il dominio sul comune e sulla valle grazie a nuove conferme della donazione, il 1º novembre 1000 e il 15 ottobre 1152, firmate da Federico Barbarossa. Dopo questo diploma troviamo ancora la dominazione vescovile in statuti del 1263 e del 1290, conservati in due pergamene custodite presso l'archivio comunale di Biella, che testimoniano la promulgazione di norme imposte prima dal gastaldo del vescovo Martino Avogadro e in quello più recente dai membri eletti dai consoli e dai gastaldi in accordo fra diocesi e comuni. Il Rinascimento Nel 1371 si verificò un forte attrito tra gli abitanti e il vescovo, quando Giovanni Fieschi esasperò gli animi degli andornesi, divenuti ormai troppo insofferenti di fronte alle sue pretese. Per questo assalirono il castello posto su di un'altura e imprigionarono il Fieschi, rubandone i beni qui custoditi. Nel 1378 il vescovo Ibleto Fieschi concedeva il feudo per 4.000 ducati al conte Federico di Challant, e convinse gli andornesi a sottomettersi ai Savoia. Dopo la dedizione del 29 ottobre 1379 il conte Amedeo VI di Savoia divenne proprietario del castello e lo affidò a Giovanni Duco di Moncalieri, a Giraudo de Cresto, Francescino Tua di Mongrando, Sibueto Rivoire, Bonifacio de Strada de Vallice, e dopo la morte di questi ai suoi diretti familiari e fece parte del mandamento di Biella. Dopo la metà del Quattrocento gli andornesi, stanchi di subire violenze, vessazioni e attacchi di ogni tipo da parte di Biella, inviarono suppliche e memoriali a casa Savoia. Nel 1488 Giuseppe Orsi, favorevole ai Biellesi, scrisse una cronaca dedicata a tali contrasti. Finalmente il 17 maggio 1561 Emanuele Filiberto I di Savoia accordò lo smembramento del territorio, con la formazione di una comunità indipendente con un proprio podestà eletto da una terna di andornesi, ufficiali e magistrati. Infine con il diritto di avere un proprio mercato settimanale. La Guerra per il Mercato La valle si poteva considerare un Comune unico, già allora ricco di piccoli centri. Vi erano chiesa fiorenti ad Andorno, Campiglia, Montesinaro e a Rosazza. La Valle ricca allora di boschi e acque, attrasse legnaioli della Valsesia che per l'epoca permise buoni pascoli e buona agricoltura. Questi prodotti erano poi importati e venduti nel mercato di Biella, ma tanti venivano invece venduti ad Andorno in un più modesto mercatino che fioriva già da tempo, proprio negli stessi giorni in cui si svolgeva il mercato di biella. La peste che ci fu nell'anno del signore 1348 e le lotte contro Giovanni Fieschi, un vescovo battagliero che avanzava diritti e pretese sul Biellese e Andorno, e ricorrendo anche alla violenza, si era fatto costruire un solido castello, per giunta tutto questo era servito a risvegliare nella gente del comune sentimenti di indipendenza che erano sfociati, poi, nella dedizione di Andorno ai Savoia. Nel 1443 scoppiarono forti dissensi per il pedaggio imposto dai Bertodano e per l'obbligo di recarsi a Biella ad amministrare la giustizia, la quale tendeva soprattutto ad impedire il Mercato di Andorno, divenuto ormai una consuetudine e ingranditosi troppo. Dopo proibizioni e concessioni, si giunse ad una svolta, nel 1485, quando da Carlo I la Valle Cervo ottenne un mercato da tenersi il lunedi. Gli abitanti del Comune festeggiarono l'avvenimento e giunsero a invitare gli abitanti di Biella a esporre le loro merci ad Andorno, Scandalo e scalpore, per questo evento i biellesi ottennero l'annullamento del decreto di Carlo I. Ma gli Andornesi fecero sapere che avrebbero preferito la morte e così, quando da Biella un manipolo di soldati accompagnò Pietro Gromo e Giacomo Bertodano, signore di Tollegno, ad affliggere il decreto di annullamento del mercato, il centro del Comune, apparve misteriosamente deserto. Nel momento in cui il primo colpo di mazza afflisse il Comune, sito in piazza Chiesa (chiesa di san Lorenzo, che hai giorni d'oggi non esiste più il comune lì), le campane suonarono e gli abitanti balzarono con bastoni e arnesi da lavoro. I biellesi a quel punto dovettero ritirarsi. La notizia di quella battaglia procurò la confisca dei beni e la caccia degli Andornesi, i quali, per risposta si ribellarono e organizzarono un motivo partigiano, detto allora "Banda dei Galùpp". Nell'agosto del 1486 il Capitano Faciotto, per ordine del Duca, al mattino si scontrò presso il cervo con gli Andornesi che, armati impedirono ai nemici di passare il torrente. Il giorno dopo i biellesi, passata la notte a Tollegno, attaccando da Lorazzo, ma mentre salgono lo scoscendimento che porta al cimitero di Andorno, vengono accolti dal tiro di un'arma segreta... si trattava di un bastone roteato, che colpendo un sasso lanciato in aria lo scaraventava lontano. Mentre la sorpresa ferma gli avanzati, un suono di corno mette in moto gli uomini dell'Alta Valle Cervo, così facendo scendendo da Sagliano, giungono alle spalle dei biellesi, e una squadra di soldati di ventura di S. Germano, assoldati in gran segreto dagli Andornesi, scendono da dietro la Colma a compiere l'accerchiamento. I Biellesi a quel punto confidano in una ritirata strategica e, giunti presso Tollegno, attendono l'assalto da tre parti. Nell'ottobre del 1487, il duca mandò il Cap. Antonio Foresta a stabilire ad ogni costo la pace. Egli tentò prima con la persuasione e poi, fece occupare di sorpresa da un esercito di 2.500 uomini la Rovella, le colline sopra Miagliano e la terra di Pavignano. All'avanzata delle tre colonne gli andornesi si rifugiarono nell'Alta Valle Cervo e verso il Bocchetto Sessera. Poi intavolarono trattative di resa tramite i concittadini. Il 10 febbraio 1488 il Duca Carlo Emanuele I approvava la convenzione tra le parti e concedeva agli andornesi, previo pagamento di 2.500 fiorini di multa, il mercato al lunedì, il diritto di macellazione e di osteria, nonché l'esenzione dalle gabelle per il passaggio delle derrate nei suoi territori. Non ottenevano però gli andornesi un loro potestà sempre residente a Biella, ma solo dei consoli di loro nomina. Tuttavia il mercato, causa di tanta lotta, c'era e c'è ancora oggi e si svolge ogni lunedì mattina di fianco alla chiesa principale di San Lorenzo. Il Seicento ed il Settecento II 18 maggio 1621 il borgo venne elevato al rango di marchesato in favore di don Emanuele Filiberto, figlio illegittimo di Carlo Emanuele I, e ceduto nel 1674 ai conti Parella di San Martino. Nel 1649 l'arrivo degli spagnoli portò morte e distruzione. Provenienti da Biella, misero a ferro e fuoco il paese spargendosi per le valli. La resistenza posta dagli andornesi fu vana, a causa del superiore numero degli assalitori e della scarsità di munizioni. Per evitare il saccheggio il comune pagò in denaro e beni, oltre a consegnare in ostaggio tre cittadini che furono rilasciati solo dopo due settimane. Nel 1649 il comune, che comprendeva in realtà un territorio molto più ampio di quello attuale, venne smembrato. La valle si staccò e nel 1700 si formarono diversi comuni. Il 1720 vide la soppressione del marchesato per ordine del re Vittorio Amedeo II di Savoia e Andorno fu, prima, ceduto al conte Ibleto di Challant e poi, nel 1722, a Tommaso Mathis di Bra, con il titolo di Conte di Cacciorna. La rivoluzione francese e l'era moderna La storia del borgo e del territorio circostante non ebbe più grandi scossoni fino al 14 dicembre 1798 quando venne eretto l'albero della Libertà a seguito dei moti rivoluzionari francesi. All'epoca si distinsero i fratelli Galliari, Bernardino, Fabrizio e Giovanni Antonio, figli di Giovanni, pittore di capacità modeste. Il più noto, comunque, rimane Bernardino, vissuto tra il 1704 ed il 1794 scenografo di professione, pittore alla corte di Prussia a Berlino. Nel 1898 Don Lorenzo Perosi compose in questa località – come ricorda una lapide affissa sulla casa parrocchiale – la maggior parte del suo oratorio La Risurrezione di Cristo. Nel 1929 nasce il comune di Andorno Micca dall'unione di Andorno Cacciorna con alcuni comuni limitrofi, tra cui Sagliano (luogo natio di Pietro Micca poi diventato Sagliano Micca), Tavigliano, Miagliano (luogo natio di Giovanna Monduro, bruciata viva nei pressi di un ruscello il 17 agosto 1471 con l'accusa di stregoneria) e San Giuseppe di Casto (non più ricostituito nel dopoguerra). Durante la seconda guerra mondiale Andorno fu uno dei numerosi comuni oggetto di rastrellamenti da parte di nazifascisti attaccati dai partigiani biellesi. Da qui furono condotti a Biella dodici ostaggi, mentre una staffetta partigiana, Walter Ramella, fu uccisa di fronte al Palazzo comunale. Dopo il conflitto mondiale alcune frazioni – come Sagliano Micca appunto, Tavigliano e Miagliano – tornarono ad essere comuni autonomi. Il poeta Franco Massino così descriveva Andorno Micca in una poesia dei primi anni cinquanta: Simboli Lo stemma del Comune è raffigurato in un catasto del 1594. Il consegnamento dello Stato Sabaudo del 1614, con le disposizioni in materia araldica, lo descriveva: d'argento, all'albero di faggio verde, sostenuto da due orsi al naturale, affrontati. È stato ufficialmente concesso con decreto del Presidente della Repubblica del 30 giugno 1963 e si blasona: Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di bianco. Lo stemma è pressoché identico a quello di San Paolo Cervo. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa parrocchiale di San Lorenzo La Chiesa parrocchiale di San Lorenzo è il monumento principale del comune: spicca con il suo campanile seicentesco, il più alto del Biellese; alla sua base sorgono la sacrestia e l'archivio parrocchiale. La chiesa fu edificata, secondo quanto riportano le edizioni Bonechi, nel 1464; secondo altre fonti nel 1483, su una precedente struttura risalente al IX-X secolo; è stata poi più volte rimaneggiata, l'ultima nel XVIII secolo con la costruzione di una nuova facciata, opposta a quella originale. Per avere la giusta percezione del cambiamento, si deve osservare la precedente facciata cinquecentesca con il suo ingresso murato e gli ornati in cotto smaltato, oggi con il ruolo di lato posteriore della chiesa. La facciata monocuspidale, suddivisa da lesene, realizza tre navate interne, un portone d'ingresso e due aperture laterali. Da notare: le decorazioni in cotto degli spioventi formati da archetti gotici, il cotto policromo del rosone centrale e delle due finestre ogivali, i putti e le foglie verdi che si rincorrono creando un'armoniosa cornice, paragonabile alle maioliche rinascimentali fiorentine. Al suo interno sono conservate le spoglie del pittore e scenografo Bernardino Galliari. Tra i dipinti presenti nella parrocchiale troviamo una tela raffigurante il Martirio di San Lorenzo, opera di Bernardino Galliari, il pulpito scolpito durante la seconda metà del XVII secolo e proveniente dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie e la cappella intitolata a San Giulio edificata verso il 1680 in occasione della donazione del corpo del santo. Altre chiese Tra gli altri edifici di rilievo ad Andorno Micca troviamo: la Commenda di Malta, la Chiesa parrocchiale di San Giuseppe di Casto (XVI secolo) con la sua torre campanaria, la Cappella degli Eremiti (nei boschi al confine con Selve Marcone). Architetture civili Pinacoteca civica Una piccola pinacoteca risalente agli anni novanta, situata presso il palazzo comunale. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Al 31 dicembre 2010 gli stranieri residenti ad Andorno erano 244. Le nazionalità più numerose erano: Marocco: 146 Romania: 56 Raccolta differenziata Vige il sistema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Dati: Economia Conosciuta in passato come centro termale, Andorno Micca centra da decenni la propria economia sull'industria tessile, soprattutto cappellifici. Altre attività riguardano la costruzione di casseforti, serrature di sicurezza e serramenti in alluminio. Prodotto tipico locale è il liquore Ratafià, preparato nell'originale con ciliegie nere ma anche nelle varianti con albicocche o noci. L'origine del nome è controversa, alcuni lo fanno derivare da un termine francese altri lo ritengono di origine creola. Nel 1700 il farmacista Pietro Rapa avviò la produzione e nel 1880 un pronipote, Giovanni Antonio Rapa riuscì a produrre un prodotto gradevole fabbricato con ciliegie nere, ginepro e noci. A Carnevale viene prodotto un dolce rustico con farina gialla ed uvetta chiamato "fiacà". Giorno di mercato Ogni lunedì feriale si tiene il mercato cittadino settimanale. Infrastrutture e trasporti Fra il 1891 e il 1958 ad Andorno erano attive due stazioni della ferrovia Biella-Balma, denominate una Andorno Micca e l'altra Andorno Bagni. Amministrazione Altre informazioni amministrative Andorno fece parte a cominciare dal 1973 della Comunità montana Bassa Valle Cervo. Tale comunità montana fu in seguito accorpata dalla Regione Piemonte con la Comunità montana Alta Valle Cervo, andando a formare la Comunità Montana Valle Cervo, che aveva sede ad Andorno e fu anch'essa soppressa assieme alle altre comunità montane. Sport Trail running Dal 2006 la società sportiva A.S.D. Trail monte Casto organizza il trail monte Casto. La gara si disputava originariamente su due percorsi, uno da 21 km ed uno da 42. La partenza e l'arrivo sono al parco della Salute di Andorno; si tratta di una gara che, oltre ad essere un evento sportivo, ha l'obiettivo di far conoscere la zona agli appassionati degli sport all'aria aperta. Dal 2009 il più lungo dei percorsi previsti (portato a 44 km) è diventato una prova qualificativa per la partecipazione all'Ultra-Trail du Mont-Blanc. Alle due gare competitive si è inoltre affiancato un minitrail non competitivo di 9 km. Note Voci correlate Comunità Montana Valle Cervo Giuseppe Biasi Altri progetti Collegamenti esterni
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Anatomia
Lanatomia è la branca della biologia che studia la struttura degli organismi viventi. Tale disciplina deve il suo nome al metodo principale d'indagine, la dissezione, rimasta di fondamentale importanza anche in epoca moderna, per quanto integrata da altri moderni e perfezionati metodi di indagine. La dissezione è uno dei mezzi di studio di questa scienza, che in maniera più esatta potrebbe essere chiamata anatomia settoria, che è la branca dell'anatomia macroscopica (chiamata in inglese "gross anatomy") che si avvale del metodo della dissezione del cadavere o delle parti di esso, a fresco o opportunamente preparate. Nonostante la nascita delle nuove tecniche di conservazione, come la plastinazione, e le tecnologie virtuali tridimensionali, la dissezione resta il metodo elettivo per lo studio della disciplina anatomica. L'anatomia viene suddivisa in anatomia animale (zootomia) e vegetale (fitotomia).Lo studio delle relazioni tra esseri diversi o organi di esseri diversi viene detta anatomia comparata; quando è limitata a una sola specie animale, viene detta anatomia speciale. Prima rappresentante dell'anatomia speciale è l'anatomia umana; questa può essere approcciata da diversi punti di vista. Dal punto di vista medico consiste nella conoscenza dell'esatta forma, posizione, misura, varianti, sviluppo e interrelazione (o relazione) delle varie parti del corpo umano in salute, e a questo studio vengono dati i termini anatomia umana descrittiva o topografica. Una conoscenza accurata di tutti i dettagli anatomici necessita anni di osservazione ed è posseduta solo da pochi medici che dedicano la loro vita alla ricerca in questo ambito. L'anatomia topografica deve essere appresa da ogni aspirante anatomico tramite la ripetuta dissezione ed ispezione dei cadaveri. Dal punto di vista morfologico, l'anatomia umana è uno studio scientifico che ha come oggetto la scoperta delle cause che hanno portato all'attuale struttura dell'essere umano, e necessita la conoscenza di altre scienze: l'istologia, la citologia, l'embriologia e la fisiologia. L'anatomia patologica è lo studio degli organi malati. Mentre le varie discipline della normale anatomia, che si applicano a vari scopi ricevono una denominazione particolare come anatomia medica, chirurgica, ginecologica, artistica e superficiale, la comparazione anatomica delle differenti etnie fa parte della scienza dell'antropologia fisica o dell'anatomia antropologica. Storia Mondino de Luzzi, Alessandro Achilini e Antonio Benivieni a Bologna effettuarono le prime dissezioni umane sistematiche fin dall'antichità. Mondino nel 1316 pubblicò Anothomia, in cui aveva indicato lo studio dell'anatomia come base di ogni progresso medico e chirurgico, fissando un preciso protocollo per la pratica autoptica, protocollo che viene seguito ancora oggi. Proprio a Bologna nel 1316, per la prima volta, l'anatomia umana avrebbe assunto dignità di insegnamento accademico. Leonardo da Vinci (1452–1519) fu formato in anatomia da Andrea del Verrocchio. Ha fatto uso delle sue conoscenze anatomiche nelle sue opere d'arte, realizzando molti schizzi di strutture scheletriche, muscoli e organi di esseri umani e altri vertebrati che ha sezionato. Andrea Vesalio (1514–1564), professore di anatomia all'Università di Padova, è considerato il fondatore dell'anatomia umana moderna. Originario del Brabante, Vesalio pubblicò l'influente libro De humani corporis fabrica ("la struttura del corpo umano"), un libro di grande formato in sette volumi, nel 1543. Le illustrazioni accurate e intricate, spesso in pose allegoriche tra paesaggi all'italiana, si pensa siano state realizzate dall'artista Jan van Calcar, allievo di Tiziano. In Inghilterra l'anatomia fu oggetto delle prime conferenze pubbliche tenute in qualsiasi scienza; questi furono tenuti dalla Compagnia dei Barbieri e dei Chirurghi nel XVI secolo, a cui si aggiunsero nel 1583 le lezioni lumleiane di chirurgia presso il Royal College of Physicians. Negli Stati Uniti le scuole di medicina iniziarono a essere istituite verso la fine del XVIII secolo. Le lezioni di anatomia richiedevano un flusso continuo di cadaveri per la dissezione e questi erano difficili da ottenere. Filadelfia, Baltimora e New York erano tutte famose per l'attività di rapimento di corpi mentre i criminali facevano irruzione nei cimiteri di notte, rimuovendo i cadaveri appena sepolti dalle loro bare. L'insegnamento dell'anatomia in Gran Bretagna fu trasformato da Sir John Struthers, professore di anatomia presso l'Università di Aberdeen dal 1863 al 1889. Fu responsabile dell'istituzione del sistema di tre anni di insegnamento accademico "preclinico" nelle scienze sottostanti medicina, compresa in particolare l'anatomia. Questo sistema è durato fino alla riforma della formazione medica nel 1993 e nel 2003. Oltre a insegnare, ha raccolto molti scheletri di vertebrati per il suo museo di anatomia comparata, ha pubblicato oltre 70 articoli di ricerca ed è diventato famoso per la sua dissezione pubblica della balena Tay. L'invenzione del microscopio elettronico ha portato un grande progresso nella potenza di risoluzione e ha permesso la ricerca nell'ultrastruttura delle cellule, degli organelli e di altre strutture al loro interno. Più o meno nello stesso periodo, negli anni '50, l'uso della diffrazione dei raggi X per lo studio delle strutture cristalline di proteine, acidi nucleici e altre molecole biologiche diede origine a un nuovo campo dell'anatomia molecolare. Progressi altrettanto importanti si sono verificati nelle tecniche non invasive per l'esame delle strutture interne del corpo. I raggi X possono essere fatti passare attraverso il corpo e utilizzati nella radiografia medica e nella fluoroscopia per differenziare le strutture interne che hanno vari gradi di opacità. La risonanza magnetica, la tomografia computerizzata e l'ecografia hanno consentito l'esame delle strutture interne con dettagli senza precedenti a un livello molto alto. Galleria d'immagini Note Bibliografia Anothomia di Mondino dei Liuzzi. Anatomicae, sive de historia corporis humani di Alessandro Benedetti. Atlas d'anatomie pathologique du corps humain di Jean Cruveilhier. Atlas of human anatomy and surgery di Jean-Baptiste Bourgery. De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio. De re anatomica di Realdo Colombo. Observationes anatomicae di Gabriele Falloppia. Anatomia delle piante di Marcello Malpighi. Adversaria anatomica di Giovanni Battista Morgagni. Anatomia generale applicata alla fisiologia e alla medicina di Marie François Xavier Bichat. Icones anatomicae quotquot sunt celebriores ex optimis neoteoricum operibus summa diligentia deromptae et collectae di Leopoldo Marco Antonio Caldani e Floriano Caldani. Manuel d'anatomie descriptive du corps humain di Jules Cloquet. Tabulae Anatomica di Julius Casserius. Voci correlate Storia dell'anatomia Anatomia umana Anatomia comparata Anatomia dei mammiferi Altri progetti Collegamenti esterni
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Agrigento
Agrigento (, AFI: , Giurgenti in siciliano) è un comune italiano di abitanti, capoluogo dell'omonimo libero consorzio comunale in Sicilia. Fondata intorno al 581 a. C., Agrigento sorge in un territorio in cui si insediarono i vari popoli che lasciarono traccia nell'isola. Già sede di popoli indigeni che mantenevano rapporti commerciali con egei e micenei, il territorio agrigentino vide sorgere la polis di Akragas (Ἀκράγας), fondata da geloi di origine rodio-cretese. Raggiunse il massimo splendore nel V secolo a.C., prima del declino avviato dalla guerra con Cartagine. Nel corso delle guerre puniche venne conquistata dai Romani, che latinizzarono il nome in Agrigentum. Successivamente cadde sotto il dominio arabo, con il nome di Kerkent, e nel 1089 fu conquistata dai Normanni, che la ribattezzarono Girgenti, nome che mantenne sino al 1927 quando fu rinominata con il toponimo attuale. Fino al 1853 il suo territorio comprendeva anche l'odierno comune di Porto Empedocle. È nota come Città dei templi per la sua distesa di templi dorici dell'antica città greca posti nella cosiddetta valle dei Templi, inserita, nel 1997, tra i patrimoni dell'umanità dall'UNESCO. Agrigento è stata nominata Capitale italiana della cultura per il 2025. Geografia fisica Territorio Clima Il clima è mite in inverno, quando insieme all'autunno sono concentrate all’incirca tutte le precipitazioni annuali, in estate è caldo torrido. In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +11,0 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di +28,5 °C. Origini del nome Nella sua storia millenaria la città ha avuto ben quattro nomi: Ἀκράγας per i Greci, Agrigentum per i Romani, Kerkent o Gergent per gli Arabi; per i Normanni era Girgenti, e con questo nome la ritroviamo per esempio in Della nuova grande illuminante face del mare ossia il terzo volume, dedicato al Mediterraneo e redatto in italiano, del monumentale Nieuwe Groote Lichtende Zee-Fakkel, pubblicato ad Amsterdam da J. van Keulen in cinque volumi tra il 1681 e il 1684 ai quali, nel 1753, se ne aggiunse un sesto per la navigazione lungo le coste asiatiche. Parimenti ritroviamo il toponimo, nella forma Gergenty, nel Nouveau Receuil … de la Mer Méditerranée …, Gênes 1848, chez Yves Gravier, Libraire derrière la Loge de Banchi, 179 tavole. Girgenti fu il nome ufficiale della città fino al 1927, quando, durante il periodo fascista, venne utilizzata un'italianizzazione del nome che aveva la città durante il dominio romano. Agrigento assunse l'attuale denominazione con regio decreto-legge n.1143 del 16 giugno 1927. Storia Agrigento fu fondata su un altopiano affacciato sul mare, compreso tra due fiumi, l’Hypsas e l'Acragas, da cui originariamente l'insediamento prese il nome. Un crinale, che offriva un certo grado di fortificazione naturale, collega un colle a nord denominato Colle di Girgenti con un altro, denominato Rupe Atenea, a est. Secondo Tucidide, fu fondata intorno al 582-580 a.C. da coloni greci provenienti da Gela, città della Sicilia sud-orientale, con altri coloni provenienti da Creta e Rodi. I fondatori (oikistai) della nuova città furono Aristonous e Pystilus. Fu l'ultima delle principali colonie greche in Sicilia ad essere fondata. Periodo arcaico Il territorio sotto il controllo di Acragas si espanse fino a comprendere l'intera area compresa tra il Platani e il Salso, arrivando in profondità nell'entroterra siciliano. Fonti letterarie greche collegano questa espansione a campagne militari, ma l'evidenza archeologica indica che fu piuttosto un lungo processo che raggiunse il suo apice solo all'inizio del V secolo a.C.. La maggior parte degli altri insediamenti greci in Sicilia sperimentò un'espansione territoriale simile in questo periodo. Scavi in una serie di siti in questa regione abitata dalle popolazioni indigene Sicani, come Sabucina, Gibil Gabib, Vassallaggi, Sant'Angelo Muxaro e Mussomeli, mostrano segni di adozione della cultura greca. È controverso quanto di questa espansione sia avvenuta ricorrendo alla violenza e quanto grazie al commercio e l'acculturazione. L'espansione territoriale diede ai coloni greci nuove terre, e il controllo della via terrestre da Acragas alla città di Himera sulla costa settentrionale della Sicilia. Questa era la principale via terrestre dallo Stretto di Sicilia al Mar Tirreno, e il suo controllo fu un fattore chiave per la prosperità economica della città nel VI e V secolo a.C., divenuta proverbiale. Si racconta che Platone, vedendo il tenore di vita degli abitanti, avesse osservato che "costruiscono come se volessero vivere per sempre, eppure mangiano come se fosse il loro ultimo giorno". Forse a causa di questa ricchezza, Acragas fu una delle prime città in Sicilia a battere moneta, intorno al 520 a.C. Intorno al 570 a.C., la città passò sotto il controllo di Falaride, una figura semi-leggendaria, ricordata come l'archetipo del tiranno, che si dice uccidesse i suoi nemici facendoli bruciare vivi all'interno di un toro di bronzo. Nelle fonti letterarie antiche è legato alle campagne militari di espansione, ma questo è probabilmente anacronistico. Governò fino al 550 a.C. circa. La storia di Acragas nella seconda metà del VI secolo è sconosciuta, fatta eccezione per i nomi di due leader, Alcamenes e Alcander. Acragas si espanse anche verso ovest nel corso del sesto secolo, rivaleggiando con Selinunte, la città greca a ovest più vicina. I Selinuntini fondarono la città di Eraclea Minoa presso la foce del fiume Platani, a metà strada tra i due insediamenti, verso la metà del VI secolo a.C. Gli Acragantini la conquistarono intorno al 500 a.C. Periodo Emmenide Terone, un membro della famiglia Emmenide, divenne tiranno di Acragas intorno al 488 a.C. Strinse un'alleanza con Gelone, tiranno di Gela e Siracusa. Intorno al 483 a.C., Terone invase e conquistò Himera, vicino. Il tiranno di Himera, Terillo si unì a suo genero, Anassila di Reggio, e i Selinuntini invitarono i cartaginesi a intervenire per restaurare il potere di Terillo. I Cartaginesi intervennero nel 480 a.C., dando inizio la prima delle Guerre greco-puniche, ma furono sconfitti dalle forze congiunte di Terone e Gelone nella Battaglia di Himera. In questo periodo furono realizzati numerosi enormi progetti di costruzione nella Valle dei Templi, tra cui il Tempio di Zeus Olimpio, uno dei più grandi templi greci mai costruiti, e la costruzione dell’imponente bacino idrico della Kolymbethra. Secondo Diodoro Siculo, furono costruiti per celebrare la vittoriosa battaglia di Imera, utilizzando come schiavi i prigionieri catturati in guerra. L'evidenza archeologica indica che il boom delle costruzioni monumentali iniziò effettivamente prima della battaglia, ma continuò nel periodo successivo. In questo periodo ebbe inizio anche l'importante ricostruzione della cinta muraria su scala monumentale. Terone inviò atleti ai giochi olimpici e alle altre competizioni panelleniche della Grecia continentale. Diverse poesie di Pindaro e Simonide celebrano le vittorie di Terone e di altri Acragantini, fornendo approfondimenti sull'identità e l'ideologia di Acragas in questo momento. Le fonti letterarie greche generalmente lodano Terone come un buon tiranno, ma accusano suo figlio Trasideo, che gli successe nel 472 a.C., di violenza e oppressione. Poco dopo la morte di Terone, Ierone I di Siracusa (fratello e successore di Gelone) invase Acragas e rovesciò Trasideo. Le fonti letterarie affermano che Acragas divenne poi una democrazia, ma in pratica sembra essere stata dominata dall'aristocrazia cittadina Periodo classico e periodo ellenistico Il periodo successivo alla caduta degli Emmenidi non è ben documentato. Un collegio oligarchico, chiamato "i mille", fu al potere per alcuni anni a metà del V secolo a.C., ma fu rovesciato. La tradizione letteraria ascrive al filosofo Empedocle un ruolo decisivo in questa rivoluzione, ma alcuni studiosi moderni ne dubitano. Nel 451 a.C., Ducezio, capo di uno stato siculo ostile all'espansione dei greci nell'interno della Sicilia, invase il territorio di Acragas, conquistando un avamposto chiamato Motyum. Ducezio fu sconfitto nel 450 a.C., ma la decisione siracusana di lasciar andare Ducezio indignò gli Acragantini, che entrarono in guerra con Siracusa. Furono sconfitti in una battaglia sul fiume Salso, che lasciò a Siracusa l’egemonia sulla Sicilia orientale. La sconfitta fu talmente grave che Acragas cessò di coniare monete per diversi anni. Le fonti antiche consideravano Acragas una città molto grande in questo momento. Diodoro Siculo dice che la popolazione era di 200.000 persone, di cui 20.000 erano cittadini. Diogene Laerzio fornì l’incredibile cifra di 800.000 abitanti. Alcuni studiosi moderni hanno accettato i numeri di Diodoro, ma sembrano essere troppi. Jos de Waele suggerisce una popolazione di 16.000-18.000 cittadini, mentre Franco De Angelis stima una popolazione totale di circa 30.000-40.000. Quando Atene intraprese la spedizione siciliana contro Siracusa, tra il 415 e il 413 a.C., Akragas rimase neutrale. Dopo la conquista e il saccheggio dei cartaginesi nel 406 a.C. Acragas non recuperò mai più il suo potere. Fu ripopolata in seguito all'invasione di Timoleonte e nel periodo ellenistico ebbe luogo la costruzione di molti edifici imponenti. All'inizio del III secolo a.C., un tiranno di nome Finzia si proclamò re di Akragas, e giunse a controllare altre città. Il suo regno tuttavia fu di breve durata. Periodo romano La città fu contesa tra Romani e Cartaginesi durante la Prima Guerra Punica. I romani misero la città sotto assedio nel 262 a.C. e la conquistarono dopo aver sconfitto una forza di soccorso cartaginese nel 261 a.C., riducendone la popolazione in schiavitù. Sebbene i Cartaginesi riconquistassero la città nel 255 a.C. l’accordo definitivo di pace cedette la Sicilia punica, e con essa Akragas, a Roma. La città fu duramente toccata dalla Seconda Guerra Punica (218–201 a.C.), quando sia Roma che Cartagine combatterono per controllarla. Alla fine i romani conquistarono Akragas nel 210 a.C. e la ribattezzarono "Agrigentum", anche se rimase per secoli una comunità in gran parte di lingua greca. Divenne di nuovo prospera sotto il dominio romano e i suoi abitanti ricevettero la piena cittadinanza romana dopo la morte di Giulio Cesare nel 44 a.C. Medioevo Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, la città passò successivamente nelle mani del Regno Vandalico, del Regno Ostrogoto d'Italia e poi dell’Impero bizantino. Durante questo periodo gli abitanti di Agrigentum abbandonarono i quartieri bassi della città e si trasferirono nell'ex acropoli, in cima alla collina. Le ragioni di questo spostamento non sono chiare, ma probabilmente erano legate alle distruttive incursioni costiere dei saraceni e di altri popoli. Nell'828 i saraceni conquistarono ciò che rimaneva della città; la forma araba del suo nome divenne (Kirkant) o (Jirjant). In seguito alla conquista normanna della Sicilia, la città cambiò il suo nome in Girgenti Nel 1087 il Gran Conte Ruggero I stabilì un vescovato latino nella città. I normanni costruirono il castello di Agrigento per controllare l'area. La popolazione diminuì durante gran parte del periodo medievale, ma si riprese un po’ dopo il XVIII secolo. Periodo moderno Nel 1860, come nel resto della Sicilia, gli abitanti sostennero l'arrivo di Giuseppe Garibaldi durante la Spedizione dei Mille (uno degli eventi più importanti dell'Unità d'Italia) che segnò la fine della dinastia dei Borbone. Nel 1927 Benito Mussolini con il "Decreto Legge n. 159 del 12 luglio 1927" introdusse l'attuale versione italianizzata del nome latino. Tale decisione rimane controversa, in quanto simbolo del fascismo e dell'eradicazione della storia locale. Su suggerimento di Andrea Camilleri, scrittore siciliano di origine agrigentina, il centro storico della città è stato ribattezzato nel 2016 con il nome siciliano di "Girgenti". La città subì una serie di devastanti bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Simboli Lo stemma storico e il gonfalone sono stati ufficialmente riconosciuti con il decreto del capo del governo del 28 novembre 1941 e concessi con i nuovi ornamenti da Città con il decreto del presidente della Repubblica del 25 novembre 2019. Monumenti e luoghi d'interesse Il centro storico di Agrigento è individuabile sulla sommità occidentale della collina dell'antica Girgenti. Risalente all'età medioevale del XI e XV, conserva ancora oggi vari edifici medioevali (chiese, monasteri, conventi e palazzi nobiliari). Da aprile del 2016 è tornato a chiamarsi ufficialmente Girgenti. Nel centro storico sono presenti significative testimonianze dell'arte arabo-normanna, tra cui in particolare la cattedrale di San Gerlando, il Palazzo Steri sede del seminario, il palazzo vescovile, la Basilica di Santa Maria dei Greci ed il complesso monumentale di Santo Spirito e le porte delle cinta muraria. Architetture religiose Seminario vescovile, con annesso il palazzo Steri Chiaramonte risalente al Trecento. Il Palazzo fu progressivamente ampliato fino a comprendere tre atri. L'esterno presenta dei balconi in stile barocco, mentre al suo interno è la suggestiva aula chiaramontana. Nell'atrio sono conservati un busto dedicato a Papa Giovanni Paolo II, e alcune lapidi marmoree, tra le quali spicca quella agli studenti del seminario caduti durante la prima guerra mondiale. Palazzo Vescovile, costruito nella prima metà del XVII sec, fu ampliato a più riprese da vari vescovi. All'esterno presenta un imponente portale, mentre all'interno, oltre a numerosi cimeli del museo diocesano, è possibile ammirare i ritratti dei sette santi vescovi, opera di Francesco Sozzi del XVIII sec. Curia Arcivescovile, adiacente al Palazzo Vescovile con il quale condivide uno stile architettonico quasi identico. Biblioteca Lucchesiana, separata dal Palazzo Vescovile grazie alla Chiesa di Sant'Alfonso, presenta all'esterno un bel portale. La biblioteca è ricca di oltre 60.000 volumi di datazione antichissima, cinquecentine ed incunaboli disposti su scaffali di legno di notevole pregio artistico. All'interno inoltre è possibile ammirare la statua del Vescovo Andrea Lucchesi Palli (1692-1768), da cui la biblioteca prende il nome, e donatore di quasi la metà del patrimonio librario. Di grande pregio le scaffalature lignee settecentesche. Palazzo del Boccone del Povero: presenta un elegante portone. Nel cortile al suo interno è possibile ammirare un mezzo busto marmoreo del fondatore. Palazzi Istituto Granata e Istituto figlie di Sant'Anna, tra loro collegati e costituenti un vasto complesso architettonico. Palazzo Zirafa, già Palazzo Montaperto. L'intero edificio, il cui prospetto si affaccia in piazza Pirandello e in parte sul vicolo Teatro, è decorato da tre finestre trifore. Sul prospetto è visibile una lapide commemorativa dedicata a Papa Leone XIII. Collegio degli Oblati Fonduk, antico corpo costituente il primo Palazzo Vescovile, oggi sede di spazi espositivi. Chiese Cattedrale di San Gerlando. La Cattedrale fu edificata a partire dalla seconda metà del XI sec, consacrata nel 1099 dal vescovo Gerlando, dichiarato Santo e a lui poi dedicata nel 1305. Santuario di San Calogero, XVI secolo. La chiesa è a tre navate e al suo interno le decorazioni ricalcano lo stile barocco. Sul prospetto spicca, in una nicchia, la statua di San Calogero con la caratteristica cerva. Santuario dell'Addolorata, uno dei luoghi di culto cattolici mariani più importanti di Agrigento e sede di una delle confraternite più antiche della città, quella appunto di Maria SS. Dei Sette Dolori. Nei suoi sotterranei, ai quali si accede da un'apertura ricavata dalla roccia, sono presenti delle cripte, dette appunto Cripte dell'Addolorata. Basilica dell'Immacolata Concezione o San Francesco. XVII secolo. La basilica si presenta a navata unica. Il prospetto è in stile barocco a tre ordini con due imponenti torri campanarie e la statua del Santo Patrono d'Italia, in marmo bianco. Sulla torre campanaria, invece, si trova la statua della Madonna con il bambino. Al suo interno alcune tombe in marmo di nobili ed ecclesiastici. Nel febbraio del 1940 papa Pio XII la elevò alla dignità di basilica minore. Basilica di Santa Maria dei Greci, costruita sulle fondazioni di un tempio dorico, il prospetto è in stile arabo-normanno e vi si accede attraverso un cortile delimitato da un portale in stile barocco. Al suo interno sono visibili le fondamenta del tempio dorico di Giove Polieo grazie al pavimento in vetro, mentre nelle pareti sono riconoscibili affreschi. La chiesa inizialmente fu destinata al culto greco-ortodosso. Dal cortile si accede ad ulteriori resti del tempio dorico. Nel corpo adiacente, oggi sono ospitate mostre temporanee. Chiesa di San Francesco di Paola, costruita nel XVII secolo. La facciata è a due ordini con due massicce torri campanarie. Sopra il portone d'ingresso, è presente un bassorilievo raffigurante il Santo. Al suo interno numerose tele di pregevole fattura. Chiesa di San Nicola, costruita nel XIII secolo. L'interno ad unica navata condivide con la facciata lo stile normanno-gotico con un portale a sesto acuto. Sulla facciata esterna, inoltre, sopra le due massicce colonne ed il portale, si trovano alcune decorazioni in marmo, tra cui i bassorilievi dei Santi Pietro e Paolo. Al suo interno è custodito un sarcofago in marmo che propone la leggenda di Fedra e Ippolito e il famoso crocifisso ligneo descritto nella novella di Pirandello il Signore della nave. Chiesa del monastero di Santo Spirito, edificata nell'XI secolo. La chiesa è navata unica e presenta al suo interno pregevoli stucchi del Serpotta. La facciata è in stile gotico con portale sormontato da rosone. Chiesa di San Biagio, costruita sulle fondazioni di un tempio dorico nel XIII secolo. La chiesa sorge sulle fondamenta di un tempio dorico dedicato a Demetra ed è in stile arabo-normanno, poco distante il santuario rupestre di Demetra. Chiesa di Santa Maria degli Angeli, realizzata nel XVIII secolo. Al suo interno si trova un ritratto del patrono della Città, San Gerlando. Chiesa di San Vincenzo Chiesa di San Alfonso dei liguori, costruita nel XVI-XVII secolo. Vi si accede attraverso il Palazzo della Biblioteca Lucchesiana ed è adiacente al convento dei padri redentoristi. L'interno è ad unica navata con stucchi, archi e numerose tele. Consacrata nel 1854 fu la prima chiesa al mondo dedicata a Sant'Alfonso de Liguori. Chiesa dell'Itria, costruita nel XVI secolo. La chiesa è a navata unica ma chiusa al culto. in essa si celebrava il rito Greco-albanese. il prospetto ed il portale sono in stile manieristico. Chiesa di San Giuseppe, risalente al XVII-XVIII secolo. Il prospetto in stile barocco è arricchito da un doppio ordine di scalini e da due torri campanarie. L'impianto è a navata unica. Chiesa del Purgatorio o di San Lorenzo, oggi sconsacrata, risale al XV-XVI secolo. Il prospetto è in stile barocco, arricchito da numerose statue, in particolare quelle ai lati del portale, delimitato da due colonne a spirale, rappresentano le allegorie della fede e della carità. al suo interno l'edificio, a navata unica, presenta sculture date tradizionalmente a Giacomo Serpotta e custodisce un reliquario. Il soffitto presenta una falsa cupola. Con ogni probabilità gli stucchi, assai grossolani, sono da ascrivere ad un allievo di Giacomo Serpotta che utilizzò suoi disegni. Chiesa di San Pietro, oggi sconsacrata, risale al XVIII secolo. Il prospetto presenta un portale barocco, mentre l'interno, ad unica navata, presenta numerose tele di notevole interesse artistico: la Sacra Famiglia ed il bellissimo affresco della volta (1785) sono opera del pittore palermitano Giuseppe Cristadoro. Vi sono inoltre tele di Fra Felice da Sambuca, artista del secolo XVIII, provenienti molto probabilmente dal convento dei Cappuccini (che venne chiuso nella seconda metà del secolo scorso), ciascuna delle quali raffigura: Sant’Antonio e San Filippo Neri; San Felice da Cantalice e Sant’Antonio; San Giuseppe e il Bambino Gesù; San Pietro che conforta un prigioniero; San Rocco che assiste un malato di peste; Sant’Antonio Abate; papa Gregorio VII, San Romualdo e san Brunone disputano sui dogmi della fede; i Santi Francesco, Domenico e San Tommaso d’Acquino. Chiesa di Santa Lucia o dell'Assunta, edificata nel XVIII secolo. Il prospetto è in stile tardo barocco-neoclassico. Chiesa di Santa Croce, del XIV secolo. Chiesa di San Giovanni dei Teutonici, costruita all'interno dell'ex Ospedale di San Giovanni di Dio in Via Atenea. Oggi ne rimangono solo le rovine. Chiesa di Santa Rosalia, realizzata nel XVII secolo. La maestosa facciata barocca fu sostituita a causa di lavori di restauro mai avviati. Oggi il prospetto si presenta in mattoni rossi. Chiesa di San Domenico, costruita nel XVII secolo. Il prospetto in stile barocco è arricchito da un doppio ordine di scale; sopra il portone d'ingresso, è posto un bassorilievo raffigurante la Madonna con il bambino sormontata da due angeli. Il campanile è insolitamente arretrato rispetto al prospetto principale ed è costituito in ceramiche di maiolica policrome; al suo interno pregevoli tele, tra cui un'imponente Madonna del Rosario presumibilmente dei primi anni del XVIII secolo. La primitiva istituzione conventuale dell'Ordine dei frati predicatori, settima in terra di Sicilia fu fondata nel 1313 dai marchesi Chiaramonte. Chiesa di San Giacomo, XVI secolo. Chiesa di San Giorgio degli Oblati, realizzata nel XIII secolo. È situata nelle immediate vicinanze dello Steri agrigentino fu costruita in epoca chiaramontana in pietra bianca di Comiso in stile gotico. È dotata di un ricco portale ligneo che ha diversi elementi simili al portale dello Steri di Palermo e con quello del duomo vecchio di Naro. Chiesa di Santa Maria del Soccorso o Badiola, del XIV secolo. Il prospetto è in stile rinascimentale, mentre all'interno a navata unica si conservano numerose tele. Sul prospetto è collocata la statua della SS. Maria del Soccorso. Chiesa del Carmine o portale Giaggi, sconsacrata. Chiesa di santa Caterina, sconsacrata. Chiesa di San Girolamo, sconsacrata, XVI-XVII secolo. Chiesa delle Forche, sconsacrata, rialente al XVI secolo. In stile tardo rinascimentale, sotto di essa potrebbe trovarsi un antico tempio dorico. Chiesa della Madonna della Catena, sconsacrata. È Sita nel quartiere di Villaseta. Chiesa di San Felice Martire, sita nella borgata di Montaperto. Chiesa del Rosario, sita nella borgata di Montaperto. Chiesa di San Leone, sita nella borgata costiera di San Leone ha antiche origini risalenti al periodo normanno. Chiese scomparse Chiesa Santa Maria Monte dei Pegni, solo resti. Chiesa di San Libertino, solo resti. Chiesa di Santa Maria delle Raccomandate, nelle vicinanze della Cattedrale, solo resti. Chiese moderne e contemporanee Chiesa del S.S. Crocifisso, o di San Vito, in Piazza Diodoro Siculo Chiesa della Provvidenza, in via Manzoni Chiesa della Madonna del Carmelo, in via Dante Chiesa della Madonna di Fatima, in via Callicratide Chiesa della Madonna di tutte le Grazie, in via Demetra Chiesa di Santa Gemma, in via Imera Chiesa del Cuore Immacolato di Maria, al Villaggio Mosè Chiesa di San Gregorio, in via Cavaleri Magazzeni Chiesa di San Nicola, a Fontanelle Chiesa di San Pio X, al Villaggio Peruzzo Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, al Quadrivio Spinasanta Concattedrale di Santa Croce, a Villaseta Chiesa del Santissimo Crocifisso o San Vito, in stile moderno. Chiesa di Santa Rosa, al Villaggio Mosè Chiesa Cristiana Evangelica Assemblee di Dio in Italia, in via Mattarella Chiesa Evangelica Valdese, in via Damareta Monasteri Monastero di Santo Spirito, sede di alcune sezioni dei Musei Civici. Monastero della Raccomandata Conventi Convento dei Padri Agostiniani, ospita il Museo Civico. Convento di San Nicola, sede di alcuni ambienti del Museo Archeologico. Convento Chiaramontano dei francescani minori, sede delle fabbriche chiaramontane. Collegio dei Padri Filippini, sede della Pinacoteca. Nell'atrio sono presenti un pozzo ed una lapide Marmorea dedicata agli studenti dell'istituto tecnico caduti per la patria durante la prima guerra mondiale. Convento dei Padri Liguorini Redentoristi, sede della casa museo arredi e arte sacra. Convento di San Vito. L'imponente e massiccia struttura, contraddistinta dalla sua vastità, era in origine un convento ma fu adibita a carcere della città e ampliato. Cimiteri Cimitero di Bonamorone In esso sono ospitate tombe monumentali risalenti ai secoli precedenti, veri e propri capolavori scultorei. Tra i viali adombrati dagli alti cipressi vi sono statue, cappelle e mausolei delle confraternite agrigentine. Il maestoso Sacrario militare, dedicato ai caduti delle due guerre mondiali, sovrasta la piazza in fondo al cimitero. Sul perimetro sud, inoltre, vi è la tomba del Capitano inglese Hardcastle. Cimitero di Piano Gatta Architetture civili Palazzi Palazzo della Provincia e Prefettura, risalente al 1858, sito in piazza Vittorio Emanuele. L'edificio si contraddistingue per un possente ingresso delimitato da due colonne, e da due eleganti balconi su entrambe le facciate. Al suo interno è posto l'antica Pala di San Domenico e la Pala dell'incoronazione della Vergine tra i santi, risalenti al XVII secolo. Palazzo della Questura, adiacente al palazzo della provincia e della prefettura in piazza Vittorio Emanuele. Palazzo ex Archivio Notarile. L'edificio sorge di fronte al santuario di san Calogero ed è separato dalla caserma dei Carabinieri dalla piazzetta Vadalà, sulla quale si staglia la statua di Empedocle. Oggi la struttura è sede della biblioteca comunale. Palazzo del Genio Civile, in Viale della Vittoria. L'edificio sorge, in linea d'aria, di fronte al palazzo della Banca d'Italia. Palazzo delle Poste, sito in piazza Vittorio Emanuele. L'imponente edificio, di epoca fascista, è stato costruito nel 1936 con una forma circolare che lo rende unico nel suo genere. Progettato dall'architetto Angiolo Mazzoni del Grande, progettista tra l'altro della stazione Termini. Presenta alte e possenti colonne quadrate che contribuiscono a renderne l'aspetto elegante. All'interno del colonnato sorge un monumento raffigurante alcuni soldati della prima guerra mondiale, nonché numerosi mosaici disposti verticalmente. Palazzo della Stazione Centrale, risalente al 1931 costruito in stile neoclassico. L'edificio sorge in Piazza Marconi e, grazie allo stile, agli edifici circostanti e al recente ammodernamento della piazza, fornisce un'immagine estremamente elegante. Palazzo Opera Nazionale Balilla, del 1928. La sua ubicazione a pochi metri dal palazzo delle Poste contribuisce ad accentuarne le particolari caratteristiche. Palazzo Grasso, sito in Piazza Marconi, a pochi metri dal palazzo della Banca d'Italia. Palazzo della Banca d'Italia, di epoca fascista e risalente al 1932, sorge a poche centinaia di metri dalla stazione centrale e presenta uno stile architettonico dorico. Palazzo Albergo Bel Vedere. Palazzi INCIS, in piazza Diodoro Siculo, edificati in epoca fascista. Ciascun palazzo si contraddistingue per due ingressi interni caratterizzati da colonne. Si evidenziano inoltre ornamenti e particolari decorativi. Palazzo delle Finanze, elegante struttura ubicata in Viale della Vittoria oggi sede dell'Agenzia delle Entrate. In origine il complesso era il più elegante ed importante hotel della Città. Palazzo del Genio Civile, in Piazza Vittorio Emanuele, del 1951. Palazzo del Banco di Sicilia. Palazzo INAIL, del 1954. Palazzo Archivio Notarile. Palazzo ex Ospedale di via Atenea, riedificato nel 1867. Sorge proprio all'ingresso della via Atenea, a pochi metri dalla Porta di Ponte. L'ospedale inizialmente presentava, annessa, un'importante e caratteristica chiesa, oggi lasciata all'abbandono e all'incuria. Il prospetto principale è rivolto alla via Atenea, e presenta due diversi ingressi, entrambi imponenti e realizzati in stile neoclassico, ad alcune decine di metri l'uno dall'altro. Essi sono costituiti da un portico a due colonne, che si apre ad un cortile con breve scalinata, affiancato da due pilastri. Palazzo Borsellino, risalente al XVIII secolo. Il palazzo si affaccia sulla via Atenea ed è ubicato esattamente di fronte al vecchio ospedale. L'edificio, che si eleva in tre piani, presenta un portale delimitato da due imponenti pilastri che sorreggono un architrave in stile dorico. Una delle maggiori caratteristiche ornamentali è rappresentata dallo stemma nobiliare della famiglia, collocato sotto l'architrave e decisamente ben rifinito. Altre rifiniture artistiche e decorative di notevole pregio rendono questo palazzo nobiliare uno dei più eleganti della città. Palazzo Carbonaro, del XVIII secolo. La struttura, che si affaccia sulla via Atenea e sfoggia al primo piano balconi adornati molto scenografici, è arricchita da un portale in stile neoclassico che presenta due colonne che sorreggono un architrave in stile dorico. Palazzo Noto-Biondi, già palazzo Sala, risalente al XVIII secolo. Il palazzo, che sorge a pochi metri dal palazzo Carbonaro, non presenta motivi architettonici di particolare interesse, ma possiede un portale a tutto sesto. Palazzo Costa, edificato sul finire del XVIII secolo. Il palazzo rappresenta una delle migliori espressioni del barocco agrigentino e si caratterizza, infatti, per l'imponente facciata in stile barocco. Particolari sono le balconate, impreziosite da mensole figurative. Palazzo Gamez, ubicato nella via omonima, presenta un portale elegante. Palazzo Montana, del XVIII secolo. Casa Granet, risalente al XIX secolo. Essa si affaccia di fronte all'ingresso secondario della Chiesa di San Francesco e presenta, al secondo piano, un insolito portico a otto colonne in stile neoclassico. Palazzo Celauro, risalente al XVIII secolo. Costituisce vivace espressione del barocco cittadino e presenta, al primo piano, imponenti balconi con ringhiere in ferro battuto. Davvero notevole è il portone d'ingresso, il quale però non si trova nella via maestra, ma nella perpendicolare via Celauro. Nel 1787 vi soggiornarono W. Goethe e, agli inizi del secolo XX, anche l'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria. Per commemorare i duecento anni trascorsi dal soggiorno di Goethe è stata apposta una lapide in bronzo. Palazzo Pancamo, in via Atenea, sede di attività commerciali e centri culturali. Palazzo Bentivegna, risalente al XVIII secolo. Il palazzo è contraddistinto da un'edicola votiva raffigurante la Madonna Immacolata, riccamente decorata. Palazzo Caruso, edificato nel XIX secolo, con decorazioni e motivi floreali. Palazzo Catalisano, si caratterizza per la lapide posta in ricordo di Michele Foderà oltre che per l'eleganza del prospetto. Palazzo Contarini, in stile barocco con eleganti mensole adornate a sostegno dei balconi. Palazzo Lauricella, sul cui prospetto è posta una lapide commemorativa dell'illustre scienziato. Villa Giambertoni, in stile liberty. Casa Alajmo. Palazzo Vella. Palazzo della Camera di Commercio, realizzato nel 1851 in stile neogotico, dall'architetto Tommaso Gravanti. Presenta lo stemma della città, caratterizzato dai tre giganti che sorreggono altrettanti torri, e numerosi altri fregi e ornamenti che rendono il complesso di notevole interesse architettonico. L'edificio è oggi sede della Camera di Commercio, ma fino al 1867 fu sede del municipio della città, ospitando in seguito anche la Banca d'Italia. Il palazzo, detto anche dell'orologio, insiste sulla piazza Gallo, e ha di fronte i Palazzi dei vecchi tribunali e accanto la Palazzina dell'antico Circolo dei Nobili. Palazzo Galluzzo, con un elegante ingresso in stile liberty, anche "Circolo dei Nobili". Ex Palazzo del tribunale e della pretura. Palazzo ex Società operaia empedoclea. Circolo Empedocleo, realizzato nel 1835 in stile neoclassico su progetto di Raffaello Politi di fronte all'antica Chiesa di san Giuseppe. La struttura presenta una facciata a nove colonne sormontate da un architrave dorato. Al centro del prospetto è possibile ammirare un ricco ornamento figurativo raffigurante il filosofo akragantino Empedocle, da cui il circolo prende il nome. Insiste in cima ad una breve scalinata che si affaccia su una larga piazza. Palazzo dei Giganti, sito in piazza Pirandello. Fu costruito nel 1627 ed era inizialmente la residenza agrigentina della famiglia Tomasi dei Principi di Lampedusa e duchi di Palma. In esso vi nacque nel 1645 la beata Isabella Tomasi, figlia del Duca Santo Carlo Tomasi fondatore della città di Palma di Montechiaro nel 1637. Successivamente divenne un convento dei domenicani. A partire dal 1867 divenne sede del comune. Presenta un portale di ferro a tutto sesto e una serie di rifinite finestre e balconi ornamentali che ne fanno, al tempo stesso, una struttura compatta ed elegante. Al suo interno è possibile ammirare il teatro Pirandello. Nel prospetto del palazzo è possibile scorgere, coperte da rampicanti, diverse lapidi, dedicate ai caduti di Dogali nel 1887, agli insorti del 1848 e a Luigi Pirandello. Nell'atrio, naturale prosecuzione della Piazza Pirandello e attraverso il quale si accede al Teatro Pirandello, sono esposte due targhe dedicate al cinquantenario della morte del Premio Nobel per la letteratura ed alla intitolazione del Teatro alla sua memoria, ed un bassorilievo raffigurante Dante Alighieri. Palazzo Minelli. Palazzo Portulano. Palazzo Gaetani. Palazzo Pujades, realizzato nel corso del XV secolo. Situato nella via Orfane, presenta un portale ad arco ribassato e due finestre bifore, in stile gotico, al primo piano. Palazzo De Marinis, edificato nel 1487 nella via Barone. È caratterizzato da un portone ad arco a sesto acuto, e da un mensolone di balcone molto elegante. Palazzo Filippazzo, risalente al Quattrocento. Importanti elementi decorativi sono le bifore in stile gotico fiorito, che ne fanno uno dei palazzi più belli del centro storico. Una di esse è impreziosita da un traforo ornamentale. Palazzo Tommasi, edificato intorno al 1100. Sito in piano Sanzo, ha un portale molto elegante con arco a tutto sesto delimitato da due colonne; interessanti anche le file di balconi. Il Palazzo si appresta a diventare sede di importanti mostre d'arte permanenti. Palazzo Di Girolamo. Palazzo Sala. Palazzo Lojacono-Maraventano, in stile barocco. Presentava un maestoso portale ed era ubicato in via Santa Maria dei Greci. Il palazzo è crollato, dopo anni di incuria e abbandono, all'alba del 25 aprile 2011. Palazzo Lo Vetere o Del Carretto, del XVII secolo. Rappresenta una delle più significative espressioni del barocco agrigentino, con un portale ad arco a tutto sesto, e facciata arricchita da numerosi e interessanti elementi decorativi. Casa Quartana. Palazzo Cardella. Palazzo Barone-Celauro, risalente al XVIII secolo e ubicato in via San Girolamo. Palazzo ex consolato britannico, sito in via San Girolamo e caratterizzato da portale in stile neoclassico. Palazzo Del Campo-Lazzarini, risalente agli inizi dell'Ottocento. Si trova nella via San Girolamo, di fronte alla cosiddetta badiola piccola. Il prospetto elegante dell'edificio presenta un ampio portale, e una serie di finestre e balconi finemente rifiniti. Palazzo Rotolo Genuardi, già palazzo Xerri, costruito nel XVIII secolo. Sito in via Neve, presenta un portale ad arco policentrico. Fu adibito a tribunale e vi soggiornarono i principi Amedeo e Umberto. Palazzo Crapanzano. Palazzo A.n.a.s. Palazzo di giustizia. Padiglioni dell'ospedale psichiatrico, realizzati negli anni '30 del Novecento sui disegni di un paio di decenni prima dell'architetto palermitano Francesco Paolo Palazzotto. Liceo Classico "Empedocle", originariamente un convento. Nell'atrio è posto un mezzo busto bronzeo del filosofo Empedocle con alle spalle una lapide di marmo recante un'iscrizione in greco arcaico, relativa al pensiero del filosofo. Complesso ex ospedale psichiatrico, sede di numerosi uffici dell'AS). Villa Altieri, adiacente al Palazzo delle Finanze. Villa Catalisano, progettata in stile liberty da Ernesto Basile. La villa fu, per breve tempo, residenza di Luigi Pirandello. Villa Crispi, in stile liberty con caratteristici leoni in marmo nel vialetto. Villa Carrano, in stile neoclassico, risale alla seconda metà del XIX secolo. Villa Genuardi, sede della ex facoltà di lettere e filosofia, fu per un periodo un lussuoso hotel della città, l'Hotel des Temples. Villa Aurea, sede dell'antiquarium documentario. Nel cortile della villa è posto un busto bronzeo dedicato ad Alexander Hardcastle, del quale la villa è stata dimora personale dal 1920 fino alla morte, avvenuta nel 1933. Casa Morello, sede dell'antiquarium delle fortificazioni. Casa Barbadoro, sede dell'antiquarium iconografico. Casa Pace, sede dell'antiquarium paleocristiano-bizantino. Casa Caruso, in stile liberty, è sita nella borgata di San Leone. Casa Caratozzolo, in stile liberty, è sita nella borgata di San leone. Architetture militari Caserma e comando provinciale Carabinieri Biagio Pistone, realizzata nel 1908 in piazza Vittorio Emanuele. Comando provinciale Guardia di Finanza, sito in piazza Gallo in un elegante palazzo che fu importante hotel cittadino, l'hotel Bretagna. Caserma Guardia di Finanza Antonio Mosto, sita nel complesso dell'ex distretto militare in piazza San Giacomo. Sul prospetto è posta una lapide marmorea alla memoria di Tommaso gallo Afflitto. Comando Logistico della Guardia di finanza, posto alla Rupe Atenea. Castello di Girgenti, ospitò un carcere. Sacrario Militare ai caduti della prima e della seconda Guerra Mondiale, sito nel cimitero monumentale di Bonamorone. Altro Monumenti scultorei Statua di Empedocle, in Piazzetta Vadalà tra la sede della Biblioteca e la Caserma dei Carabinieri. Consiste in una statua bronzea, raffigurante il filosofo circondato dagli elementi caratterizzanti la sua filosofia, collocata su un massiccio basamento marmoreo sul quale è incisa la celebre frase: 'erano sempre e sempre saranno nel tempo infinito'. Monumento a Don Bosco, in Piazza Plebis Rea. Si tratta di un gruppo bronzeo, che ritrae Don bosco circondato da giovani studenti, di cui è protettore. Monumento ai caduti della Grande Guerra. Presenta un possente contorno cilindrico al centro del quale spicca un obelisco in marmo al cui apice è posto un grande angelo di bronzo raffigurante la vittoria patria. Sul basamento dell'obelisco vi sono, in ciascuna delle quattro facciate, i nomi dei soldati caduti durante la grande guerra. Sul secondo livello del basamento sono invece raffigurate due scene: la prima rappresenta un contadino che conduce un aratro trainato da buoi; la seconda invece riporta un soldato italiano che trafigge un soldato austriaco. Monumento alla Vittoria nella Grande Guerra, nel Colonnato del Palazzo delle Poste in Piazza Vittorio Emanuele. È un imponente gruppo scultoreo di pietra arenaria, raffigurante al centro la dea patria e, ai lati, quattro fanti in posizione di riposo. Monumento ai caduti della Battaglia di Imera del 480 a.C., una stele marmorea, sulla quale è incisa, sia in italiano che in greco, una frase commemorativa dei caduti della battaglia che segnò le sorti della Sicilia. Monumento ai caduti negli attentati dell'11 settembre, collocato presso la Villetta Romano. Statue delle stagioni, in marmo bianco. Originariamente poste all'interno di Villa Garibaldi, oggi scomparsa, sono ora collocate all'interno della Villa del Sole. Giardino di Empedocle, gruppo scultoreo realizzato interamente in bronzo e caratterizzato da quattro sculture raffiguranti, rispettivamente l'aria, l'acqua, il fuoco e la terra, ossia gli elementi della filosofia del filosofo akragantino Empedocle. Le opere d'arte sono collocate all'interno del giardino del Museo Archeologico San Nicola. Busto di Venere all'interno del giardino del Museo Archeologico San Nicola. Evadne, opera in pietra lavica collocata nella salita Sciascia Contrino. Si tratta di un'opera d'arte che rappresenta il mito di Evadne, figlia di Poseidone e sedotta da Apollo narrato da Pindaro. Leone dormiente, in Piazza Purgatorio. Rappresenta l'ingresso monumentale all'ipogeo del Purgatorio. È costituito da un leone in marmo bianco, rappresentato in posizione dormiente, collocato in cima a due colonne in stile neoclassico. Il pensiero di Empedocle, due gruppi scultorei collocati nelle piazze Lena e San Giuseppe che narrano i punti cardine della filosofia empedoclea. Croce posta in ricordo della visita di Papa Giovanni Paolo II, in piano San Gregorio. Icaro caduto, statua in bronzo, sita ai piedi del Tempio della Concordia, nella via Sacra. L'amazzone, statua in bronzo su basamento marmoreo in Piazza Marconi. Stele di Pertini, collocata nella villetta a lui dedicata. Statua della Madonna, nel Porticciolo Turistico. Statua dell'Angelo della Valle, in piazza Hardcastle. Monumenti d'arte contemporanea, nella Villa Pertini. L'origine della vita, opera d'arte contemporanea in piazza Plebis Rea. Statua di San Gerlando, in piazzetta Alajmo, in una nicchia ricavata sul prospetto di uno dei palazzi prospiciente la piazza. Statua di San Calogero, in Piazzetta San Calogero, collocata all'interno della nicchia sul prospetto del Santuario dedicato al Santo. Statua della Madonna col Bambino", sita nella nicchia collocata sul versante Nord del campanile della Basilica di San Francesco. Statua di San Francesco, collocata nella nicchia della facciata della Basilica di San Francesco. Statua della Madonna, collocata nella nicchia ricavata sul prospetto della Chiesa della Badiola. Busto di Garibaldi, collocato nei Giardini di Porta di Ponte, in marmo bianco. Busto Romano, nei Giardini di porta di Ponte, in bronzo. Busto di Nicolò Gallo, posto nei Giardini di Porta di Ponte, in bronzo. Busto di Luigi Pirandello, un tempo collocato in Villa del sole, poi spostato, in occasione delle celebrazioni in onore dell'anniversario dei 150 dalla nascita dell'autore, nella omonima piazza. La scultura, opera dell'artista Tumminello, è in bronzo. Busto di Luigi Pirandello, nella casa natale, in bronzo. Busto di Alexander Hardcastle, posto nel giardino di Villa Aurea, in bronzo. Busto di Don Guanella, collocato in piazza Don Guanella, in bronzo. Busto di Monsignore Celona, collocato in Largo Celona, in marmo bianco. Fontane Fontana Gebbia, nel parco archeologico. Fontana storica di Bonamorone, nel quartiere di Bonamorone. Presenta sul lato principale un arco in marmo mentre ai lati si estende una grande vasca. Fontana ai Caduti, dedicata ai caduti della Grande Guerra. Si trova all'ingresso principale della Villa Bonfiglio. La fontana ha forma circolare e, al centro, presenta un grande obelisco in marmo al cui apice è posto un grande angelo di bronzo raffigurante la vittoria patria. Sul basamento dell'obelisco vi sono, in ciascuna delle quattro facciate, i nomi dei soldati caduti durante la grande guerra. Sul secondo livello del basamento sono invece raffigurate due scene: la prima rappresenta un contadino che conduce un aratro trainato da buoi; la seconda invece riporta un soldato italiano che trafigge un soldato austriaco. Fontana dei Giganti recante lo stemma della Città, sita nella Villa Casesa (Giardini di Porta di Ponte). La fontana è in marmo ed è a forma circolare presenta tre livelli la cui ampiezza degrada in altezza. Sul livello più alto è posta una raffigurazione scultoria rappresentante un putto che stringe un drago che sputa l'acqua. Fontana dei Draghi, ubicata in piazza Don Guanella. Ha una grande vasca a forma ottagonale, mentre al centro vi sono delle raffigurazioni di draghi dal cui apice sgorga un getto d'acqua. Fontana della Stazione, in stile razionalista ubicata nei giardini della stazione di Piazza Marconi. La fontana è a forma circolare e ha due livelli. Fontana del giardino del Convento di San Vito, in tre livelli, sita nel giardino esterno dell'ex convento. Fontana Grande Villa del sole, sita nella Villa. Presenta una grande vasca con cascate artificiali. Si caratterizza per la presenza di due statue in marmo bianco che rappresentano le stagioni. Fontana Piccola Villa del sole, di forma rettangolare. Reca lo stemma in ceramica della Città. Fonte Villa del sole, composta da un bassorilievo. Fontana Villa Pertini. Presenta una base realizzata in pietra. Fontana del pozzo, nella salita Madonna degli angeli. Presenta le forme di un antico pozzo artesiano. Piazze Piazza Cavour, presso il Viale della Vittoria. Anticamente era presente nella piazza un'imponente statua dedicata a Camillo Benso Conte di Cavour. Piazza Marconi, già Piazzale Roma e detta anche Piazza Stazione. Oltre la Stazione Centrale, al cui interno vi sono la fontana in stile razionalista e un monumento in bronzo, vi si affacciano il Palazzo della Banca D'Italia e, il Palazzo antico del Genio Civile, sul cui prospetto laterale è posta un'edicola votiva delimitata da due colonne. Inoltre in alto è possibile scorgere la Chiesa di San Pietro. Piazza Vittorio Emanuele. La piazza ospita il Palazzo delle Poste, il Palazzo della Questura, il Palazzo della Provincia e Prefettura, il Palazzo Balilla, il Nuovo Palazzo del Genio Civile. Piazzale Aldo Moro. Vi si affacciano la sede Centrale del Banco di Sicilia, la Caserma dei Carabinieri Biagio Pistone, la Biblioteca comunale e il santuario di San Calogero. Il piazzale è adornato dai quattro Giardini degli sgherri. Piazzetta Vadalà, sita nel piazzale Aldo Moro, nella quale si trova la statua del filosofo akragantino Empedocle. Piazzetta San Pietro, ove si trova l'omonima Chiesa di stile barocco. Al centro della piazza, che si affaccia sulla Valle dei templi, è posto una aiuola con figure geometriche realizzate in tufo. Oggi la piazzetta è dedicata al fondatore dell'opus dei, J. M. Escrivá, come ricordato è una targa marmorea. Inoltre su di essa di affaccia la casa di Luigi Pirandello, ove è stata posta una lapide marmorea commemorativa. Piazza San Francesco, così chiamata poiché vi si affaccia la Basilica dell'Immacolata (o Chiesa di san Francesco), sul cui prospetto principale spicca la statua in marmo dedicata al Santo protettore d'Italia, sia al Convento dei Frati Francescani Minori, che ospita oggi le cosiddette Fabbriche Chiaramontane. Sul lato orientale della chiesa è possibile scorgere una lapide in bronzo che ricorda le vittime di un bombardamento avvenuto durante la seconda guerra mondiale e nel quale persero la vita numerosi agrigentini che cercavano scampo nei rifugi della chiesa. Nella scalinata attigua è invece posta una scultura dedicata al modo di Evadne, narrato dal poeta greco Pindaro. Piazza San Lorenzo, detta anche del Purgatorio. In essa si trova l'ingresso monumentale di uno dei più importanti e lunghi ipogei dell'antica Akragas. All'ipogeo si accede attraverso un portale costituito da due colonne sormontate da un leone bianco dormiente. Nella Piazza sorge una delle più antiche chiese di Agrigento, la barocca Chiesa di san Lorenzo e l’attigua Chiesa di Santa Rosalia, anch'essa in stile barocco. Nel prospetto della Chiesa di San Lorenzo sono presenti due lapidi in marmo che ricordano i moti rivoluzionari del popolo italiano e i martiri caduti in nome della bandiera. Dalla piazza è possibile scorgere un manifesto elettorale in marmo, incastonato sul prospetto di un palazzo, che reca l'invito a votare per la repubblica, con il simbolo del partito repubblicano, in occasione del referendum per l'abrogazione della monarchia. Piazza Gallo. Vi si affacciano il Palazzo del Circolo dei Nobili, il Palazzo dell'orologio, il Palazzo del Comando della Guardia di Finanza, il Palazzo degli ex Tribunali. Piazzetta Lena, un tempo sede della vucciria, l'antico mercato del pesce. Oggi la Piazza è Isola pedonale e al suo interno sono state collocate delle sculture che, in un unico filo conduttore con la piazza san Giuseppe, riprendono le linee essenziali della filosofia di Empedocle, in particolare l'amore e il kaos. In essa prospetta il Palazzo dove oggi ha sede un albergo e altri edifici di notevole pregio artistico. Piazzetta Cacciatore, presso la quale vi è casa Alajmo, con una targa commemorativa in ottone, ed inoltre vi sono, sulle facciate dei palazzi, alcune edicole votive. All'interno di una nicchia ricavata sul prospetto del palazzo che un tempo ospitava un noto istituto di credito, è stata posta una statua dedicata al Santo Patrono Gerlando. Dalla piazzetta si accede alla via neve, conosciuta come via degli artisti, ove oggi è ricordata con una targa proprio all'imbocco della piazzetta la poetessa Linder. Piazza San Giuseppe, nella quale sorge l'omonima Chiesa di stile barocco e prospetta il Circolo Empedocleo, con l'inconfondibile stile neoclassico e il bassorilievo raffigurante Empedocle. La piazza è stata nel 2015 oggetto di un imponente progetto di restauro e riqualificazione, grazie al quale è stata resa Isola pedonale. In essa è stata collocata un'opera artistica che simboleggia i quattro elementi della filosofia di Empedocle. Piazza Pirandello, dedicata al personaggio più illustre della città, il premio Nobel per la letteratura Luigi Pirandello in occasione del centenario della sua nascita. Vi si affacciano palazzo dei Giganti, oggi sede del comune e un tempo convento dei padri dominicani, la Chiesa di san Domenico, il Palazzo dei Montaperto, il Collegio dei Padri Filippini e il Palazzo (ex convento degli agostiniani) sede del museo civico. Da essa si accede, attraverso l'ingresso del Palazzo dei Giganti, al Teatro Luigi Pirandello. Sul prospetto del Palazzo dei Giganti sono poste due lapidi commemorative in marmo dedicate ai caduti di Dogali del 1887 e ai moti rivoluzionari del 1848, e una lapide che celebra il centenario della nascita di Luigi Pirandello. Nel chiostro del palazzo, sono collocate due targhe marmoree che ripercorrono le tappe di costruzione e ridenominazione del teatro ed una targa bronzea raffigurante il celebre Porta Dante Alighieri con il Pino di Pirandello sullo sfondo. Piazza Sinatra, nella quale sorgono il Palazzo Gaetani, il Convento dei padri agostiniani sede del Museo Civico, il Palazzo dell'Associazione Nazionale Finanzieri e il Palazzo ove ha sede la biblioteca cinema cultura e spettacolo Efebo d'Oro. Sul suo prospetto una lapide marmorea ricorda il centenario della nascita del Sinatra. Piazza Duomo. Vi si trova la scalinata dell'entrata principale del Duomo e, di fronte, l'imponente complesso architettonico del Seminario Arcivescovile, già palazzo Steri. Sul lato sud della piazza, è possibile scorgere un'edicola votiva dedicata alla Madonna Immacolata. Piazza San Giacomo, nella quale sorgono la chiesa di San Giacomo e il complesso dell'ex distretto militare. Piazza Ravanusella, nella quale sorge la barocca chiesa dell'Assunta, impropriamente detta di Santa Lucia e, a pochi passi da essa, la Porta Panitteri. Piazza Diodoro Siculo, nella quale si trovano i Palazzi I.N.C.I.S. e una statua dedicata a Padre Pio. Piazza Plebis Rea. La piazza prende il nome dalla antica porta araba, la porta dei venti. Costituiva l'accesso più alto della cittadella arabo normanna. Ancora oggi è possibile scorgere i resti delle antiche mura medievali. La piazza ospita inoltre un monumento bronzeo dedicato a San Giovanni Bosco ed un monumento di arte contemporanea denominato l'origine della vita. Piazza Don Guanella, nella quale si trovano la Fontana dei draghi, un mezzo busto dedicato proprio al Don Guanella ed una statua dedicata a Padre Pio. Piazza Antonio Fosso, dedicata a un granatiere della Prima Guerra Mondiale. Porte Porta di ponte, edificata nel 1868, su progetto di Raffaello Politi, sui resti della precedente porta saracena con ponte levatoio risalente al XIV secolo. Il monumento è realizzato in stile neoclassico e presenta da una parte lo stemma odierno della città, dall'altra lo stemma della città greca. La porta di Ponte costituisce l'ingresso monumentale alla Via Atenea, detta il salotto della città, e sede di numerose attività commerciali, negozi, boutique ed eleganti ristoranti, nonché di alcuni Monumenti della Città. Porta Panitteri, riedificata nell’XI secolo poco distante dall'originale, distrutta per il completamento dei lavori inerenti alla Stazione Centrale. È composta da un arco in stile gotico e accanto presenta, su una parte dell'antica cinta muraria, un'edicola sacra dedicata alla Madonna del Lume. La porta si trova in Via Empedocle, a poche centinaia di metri dalla Stazione Centrale. Porta dei Saccajoli, edificata nel XVI secolo con un arco gotico e al suo interno venne collocata un'edicola sacra dedicata alla Madonna del Porto Salvo e successivamente a Santa Lucia. Oggi appare parzialmente interrata, ma comunque visibile e raggiungibile. Porta di Mare, oggi è interrata ma comunque visibile. Fu edificata nel XV secolo. Viadotti Nella valle dei Templi si trova il viadotto Akragas che collega le frazioni di Villaseta e Monserrato. Lapidi commemorative Agrigento è ricca di lapidi e targhe commemorative dedicate a personaggi illustri o eventi storici significativi. La maggior parte di esse sono in marmo e si possono ammirare sulle facciate di palazzi nobiliari, chiese o piazze. Altre invece sono in bronzo. Tra esse le principali sono: Michele Foderà, in marmo posta sul prospetto della casa natale, in via Atenea Giuseppe Lauricella, in marmo posta sul prospetto della casa natale, in via Atenea Luigi Pirandello, in marmo posta sul prospetto della casa della sua infanzia, nell'omonima via Luigi Pirandello, in marmo posta sul prospetto di palazzo dei Giganti nell'omonima piazza Papa Leone XIII, in marmo posta sul prospetto di palazzo Montaperto, in piazza Pirandello J. Wolfgang Goethe, in bronzo posta sul prospetto di palazzo Celauro, dove venne ospitato, in via Celauro Dante Alighieri, in bronzo posta nell'atrio esterno del teatro Pirandello, in piazza Pirandello Sinatra, in marmo posta sul prospetto di un palazzo, nell'omonima piazza Giuseppe Picone, in marmo, sita in via Picone Josemaria Escrivà, in marmo, sita in piazza Escrivà Saragat, sita sul prospetto del Circolo dei nobili in piazza Gallo Tommaso Gallo Afflitto, in marmo, sita sul prospetto della caserma della Guardia di finanza in piazza San Giacomo Sciascia e Contino, in bronzo, collocata sul prospetto della basilica dell'Immacolata Papa Giovanni Paolo II, in marmo, sita in via Imera Teatri Teatro Luigi Pirandello, teatro comunale di Agrigento. Vi si accede attraversando il chiostro del Palazzo dei Giganti. Già intitolato alla Regina Margherita, fu costruito nel 1870 e inaugurato nel 1881. L'attuale intitolazione a Luigi Pirandello fu decisa per celebrare il X anniversario della morte del Premio Nobel. Una delle decorazioni più significative del teatro era certamente il sipario, rappresentante il valoroso atleta akragantino Esseneto che ritorna vincitore da Elea e dipinto dal pittore messinese Luigi Queriau. L'opera andò perduta o distrutta durante il lungo periodo di chiusura. Nel 2007 il produttore agrigentino Francesco Bellomo ha donato un nuovo sipario, realizzato con le stesse tecniche dell'epoca, che riproduce l'affresco originale. Il soffitto e il frontale dei palchi è invece il frutto della preziosa e raffinata opera dei tre artisti milanesi Giuseppe Sacco, Giovanni Belloni e Antonio Tavella, che hanno elegantemente decorato l'interno del teatro. La progettazione dell'opera si deve all'agrigentino Dionisio Sciascia con il notevole e prestigioso contributo di Giambattista Basile. Nel foyer del teatro sono esposti il busto di Zeus, anticamente posto nella Villa Garibaldi, il busto dedicato a Luigi Filippo, quello di Luigi Pirandello e numerose targhe, tra le quali quelle testimonianti la decisione del senato agrigentino di edificare il teatro e quella di intitolarlo alla Regina Margherita. Altre targhe ricordano l'intitolazione del foyer all'attore agrigentino Montalbano, la riapertura del teatro alla presenza di Oscar Luigi Scalfaro e la restituzione dell'antico sipario raffigurante “la vittoria di Esseneto”. Teatro della Posta vecchia. Il piccolo teatro sorge negli immobili che, nella seconda metà del XIX sec. furono dati in locazione dal marchese Giambertoni alle Regie Poste e Telegrafi. Teatro della Valle dei Templi, collocato nel cuore del Parco Archeologico della Valle dei Templi in un suggestivo contesto. Palacongressi, sito nella frazione di Villaggio Mosè. Beni archeologici Il sito archeologico più importante è la Valle dei Templi, risalente al periodo ellenico, con i resti di dieci templi in ordine dorico, tre santuari, una grande concentrazione di necropoli (Montelusa; Mosè; Pezzino; necropoli romana e tomba di Terone; paleocristiana; Acrosoli), varie opere idrauliche (giardino della Kolymbetra e gli ipogei), fortificazioni, parte di un quartiere ellenistico-romano costruito su pianta greca e due importanti luoghi di riunione: l'Agorà inferiore (non lontano dai resti del tempio di Zeus Olimpio) e l'Agorà superiore (che si trova all'interno del complesso museale); vi sono anche un Olympeion e un Bouleuterion (sala del consiglio) di epoca romana su pianta greca. Il Parco archeologico della Valle dei Templi è il complesso archeologico più vasto al mondo (c.a. 1300 ha). Il tempio di Zeus Olimpio era il più grande tempio della Magna Grecia. Altro sito archeologico importante è la Rupe Atenea, il punto più alto dell'antica città di Akragas, dove sono stati rinvenuti resti di un frantoio ellenistico, e sulle sue pendici sud-ovest è conservato uno dei numerosi templi delle divinità ctonie, incorporato nella chiesetta medievale di San Biagio. Il sito dove poi sorse la città di Akragas, potrebbe essere stato il luogo dove sorgeva la città di Kamikos, prima e più potente città sicana guidata dal leggendario Kokalos, il re che ospitò Dedalo dopo la sua fuga dal labirinto di Cnosso a Creta. La leggenda afferma che Minosse, rintracciato Dedalo alla corte di Kokalos, partì per la Sicania per farsi consegnare il geniale architetto e ucciderlo, venendo ucciso dalle figlie del re sicano dopo essere stato attirato con un tranello. Aree naturali Villa Bonfiglio, nel cuore del Viale della Vittoria. Si tratta della più grande villa cittadina, comprensiva di spazi verdi, percorsi salutistici e atletici e una pista di pattinaggio. All'ingresso principale della villa si staglia l'imponente monumento dedicato ai caduti della Grande Guerra. Il monumento presenta una grande fontana a forma circolare, con al centro un obelisco al cui apice è collocato un angelo. La base dell'obelisco è cubica e presenta due diverse rappresentazioni scultoree: la prima raffigura un episodio di vita rurale, con un contadino che guida i suoi buoi e l'aratro; l'altra raffigura invece un episodio bellico, nel quale un soldato italiano uccide col calcio del fucile un milite asburgico. Nella base cubica dell'obelisco sono incisi i nomi dei soldati caduti al fronte. Villa del Sole, la seconda villa cittadina per estensione. All'ingresso principale della villa è possibile ammirare una fontana con statue raffiguranti le stagioni. All'interno vi sono altre due fontane, una composta da un bassorilievo dal quale sgorga acqua, l'altra da una vasca a forma rettangolare recante lo stemma della città. Nella parte più elevata della villa, è stato posto un massiccio mezzo busto dedicato a Luigi Pirandello poi trasferito nell'omonima piazza. Nella villa vi sono anche delle gabbie destinate ad accogliere diverse specie di animali e un campetto polivalente. Lungo il percorso della villa sono poste delle ceramiche commemorative di opere di Pirandello. Belvedere Antonio e Pietro Arancio, al viale della Vittoria. Villa Lizi, sita tra la fine del viale della Vittoria e la via Giovanni XXIII. Belvedere Natale D'Agostino, in via Empedocle. Villa Pertini, sita a San Leone. In essa si ammirano una fontana, una stele dedicata al Presidente della Repubblica Sandro Pertini e una scultura d'arte contemporanea. Quattro villette di Porta di Ponte, dette ville degli Sgherri. Sono poste in piazzale Aldo Moro. La prima delle villette è intitolata a Rosetta Romano, e si caratterizza per la presenza di due mezzi busti: il primo dedicato a Rosetta Romano; il secondo a Giuseppe Garibaldi. Questo mezzo busto si trovava un tempo all'interno di Villa Garibaldi. In una delle aiuole, accanto a un albero di melograno, è stato collocato un cippo di marmo in memoria degli attentati terroristici delle Torri Gemelle. All'interno del giardino, si trova una tomba "sicana", collocata da Sir A. Hardcastle. La seconda villetta è dedicata a Casesa e, al suo interno, è collocata una fontana decorata con lo stemma della città. Il nome di Casesa, politico ed amministratore della città per alcuni decenni, si legge in una targa in marmo posta proprio all'ingresso del giardino. La terza villetta offre invece una scritta di benvenuto, realizzata con pietra arenaria e composizioni floreali, e il mezzo busto di Nicolò Gallo. La quarta villetta presenta mura perimetrali decorate con vasi ornamentali, mentre al centro si trovano una fontana e delle fioriere. Ciascuna delle villette si caratterizza per la presenza di un chiosco. Villetta Ettore Majorana, sita a pochi passi dalla fontana di Bonamorone. Parco dell'Addolorata, vasta area verde, sorta sull'antico quartiere dell'Addolorata raso al suolo dalla frana del 1966. Al suo interno sono presenti due piste di pattinaggio, un anfiteatro, e una struttura a forma piramidale. Area Naturale ed Archeologia Rupe Atenea. Parco archeologico della Valle dei Templi. Dal 1997 l'intera zona è stata inserita nella lista dei patrimoni dell'umanità redatta dall'UNESCO. È considerata un'ambita meta turistica, oltre ad essere il simbolo della città e dell'isola. Il parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi, con i suoi 1300 ettari, è uno dei siti archeologici più grandi del Mediterraneo. Giardino della kolimbetra. Lungomare Falcone-Borsellino. Litorale di San Leone. Lido Caos. Punta Bianca. Bosco contrada Maddalusa. Parco Letterario Luigi Pirandello. Giardino botanico, in cui è sono conservati anche alcuni reperti botanici del museo di storia naturale Empedocle. Orto di Goethe. Società Evoluzione demografica Religione Sebbene il patrono ufficiale della città sia San Gerlando, è a San Calogero che sono tributati gli onori maggiori. Per il Santo Nero la città si mobilita le prime due domeniche di luglio: la processione, a spalla, è accompagnata dalle grida dei fedeli, dai canti e dalla banda, sulle note incessanti della marcia “La Zingarella”. A dicembre si svolgono le tradizionali novene per le strade della città. La settimana Santa è vissuta in città con devozione e ammirazione dei fedeli verso i simulacri della Madonna Addolorata e del Gesù agonizzante e la "vara" ovvero l'urna del Signore. Lingue e dialetti La prima lingua parlata ad Agrigento fu lingua del popolo sicano ma di essa restano pochissime testimonianze. Il sicano fu abbandonato per il dialetto dorico, una delle varietà del greco antico. I greci fondarono infatti la città di Agrigento dandole il nome di (Akràgas, terra elevata). Dopo molti tentativi falliti, i Cartaginesi riuscirono a impossessarsi della città, e da qui partirono le prime influenze arabe, influenze che si riscontrano anche oggi nel dialetto agrigentino. Successivamente passò ai Romani, per cui la conquista di Akràgas fu molto importante. Essi la rinominarono Agrigentum. La città per loro era fonte di ricchezza perché dal territorio ricavarono tufo, salgemma, minerali, zolfo, spezie orientali e una grande quantità di grano, uva e olive. Già da prima della caduta dell'Impero romano i Cartaginesi, gli arabi, i barbari asiatici e del medio oriente premevano sulla città fino a quando l'Impero crollò e questi conquistarono tutta la Sicilia. Gli arabo-berberi rifondarono la città che venne chiamata prima Kerkent e poi Gergent. In seguito la città venne occupata prevalentemente dalla componente berbera dei dominatori, divenendone di fatto la "capitale" in Sicilia, sempre in contrapposizione con gli arabi di Palermo. Tradizioni e folclore La città di Agrigento durante l'arco dell'anno ospita varie manifestazioni molto interessanti tra le quali la Sagra del Mandorlo in Fiore una delle più antiche di Sicilia. Nell'ambito dell'evento si svolgono diverse iniziative enogastronomiche ed eventi di promozione e valorizzazione delle tradizioni etniche dei popoli tra cui due importanti festival internazionali del folclore il primo ideato dal Prof. Enzo Lauretta ed il secondo denominato festival internazionale " I bambini del mondo ideato da Giovanni Di Maida e Claudio Criscenzo. Ricco il programma di appuntamenti con spettacoli, sfilate dei gruppi folklorici, delle bande musicali e dei carretti siciliani, concerti. Mostre ed eventi enogastronomici legati alla mandorla come Mandorlara, e Mandorla Fest. La manifestazione si svolge a partire dalla prima decade del mese di febbraio fino al mese di marzo. Istituzioni, enti e associazioni Il Centro Culturale Editoriale "Pier Paolo Pasolini" fu fondato dal bibliotecario Francesco La Rocca, con il patrocinio dell'Assessorato Regionale ai Beni culturali nel 1984. L'attività del Centro Pasolini parte con una serie di iniziative inerenti al parco Archeologico ed il Centro Storico di Agrigento. Le iniziative abbracciano diversi campi della cultura: dalla pittura, alla fotografia ed alla letteratura. Cultura Tra gli altri akragantini celebri si annoverano il filosofo Empedocle e l'atleta olimpico Esseneto, al quale è dedicato il moderno stadio cittadino. Lo scrittore agrigentino più famoso è Luigi Pirandello, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1934. Pirandello ambientò ad Agrigento novelle e romanzi. Il poeta Salvatore Quasimodo dedicò alla città di Agrigento le poesie "Strada di Agrigentum" e "Tempio di Zeus ad Agrigento". Nel 1987 la cantante Giuni Russo, dedicò alla città la canzone “Alla luna”. La canzone presenta espressioni in dialetto siciliano. Andrea Camilleri ha reso Vigata (Porto Empedocle, paese in provincia di Agrigento) e Montelusa (Agrigento) il teatro delle storie del commissario Montalbano. Nell'ultima settimana di settembre ha luogo l'Efebo d'oro premio internazionale per il miglior film dell'anno tratto da un'opera letteraria. L’evento è organizzato dal Centro di Ricerca per la Narrativa e il Cinema. Dal 2022 la città fa parte del progetto del Primo parco mondiale dello stile di vita mediterraneo insieme ad altre 103 città del centro Sicilia. Istruzione Biblioteche Biblioteca comunale "Franco La Rocca". Ha sede presso l'edificio dell'ex archivio notarile, nel pieno centro cittadino in piazzetta Vadalà. Biblioteca Lucchesiana, voluta dal vescovo Andrea Lucchesi Palli nel 1765, conserva più di 60.000 tra volumi antichi, cinquecentine, manoscritti e pergamene. Si trova nel centro storico, in via Duomo. Biblioteca provinciale G. Ambrosini. Ha sede presso il palazzo della Provincia. Biblioteca della sovrintendenza ai beni culturali Pirro Marconi. Si trova in una delle sale del Museo archeologico San Nicola. Biblioteca del seminario vescovile. Ha sede presso il palazzo del seminario e la torre campanaria della cattedrale. Biblioteca del II circolo didattico San Giovanni Bosco, in via Bac Bac. Università Agrigento, oltre ad essere sede di varie scuole medie superiori (alle quali sono iscritti anche studenti provenienti dalla provincia), ospita una sede distaccata dell'Università degli Studi di Palermo. Il Polo territoriale di Agrigento ospita il corso di laurea in Economia che si svolge nella sede di Villa Genuardi - e di Servizio Sociale, Architettura e Giurisprudenza - le cui attività si tengono nella sede di via Quartararo. I corsi di Laurea Magistrale in Giurisprudenza ed Architettura sono ad esaurimento. Musei Museo Archeologico Regionale "San Nicola", il quale ha sede in parte presso l'antico convento di San Nicola, annesso all'omonima chiesa, in parte presso edifici appositamente progettati e che si armonizzano pienamente con le opere architettoniche preesistenti. Antiquarium Documentario, presso Villa Aurea. Antiquarium Iconografico, presso Casa Barbadoro. Nell'antiquarium sono esposte e custodite alcune riproduzioni di stampe, incisioni e iconografie ad artisti e viaggiatori che tra Settecento e Ottocento visitarono la Valle dei Templi. All'esterno invece è stato realizzato l'orto di Goethe, un percorso turistico fra le colture dell'antica Girgenti. Antiquarium delle Fortificazioni, presso Casa Morello. Antiquarium Paleocristiano-Bizantino, presso Casa Pace. L'antiquarium contiene molti reperti ritrovati nelle necropoli, tra cui lucerne, un sarcofago e altri oggetti. Mostra museo "Le stoai". Casa Natale Luigi Pirandello. L'antica struttura ospita, all'interno delle sue stanze, una collezione di fotografie, recensioni, onorificenze, prime edizioni dei libri con dediche autografe, quadri, locandine degli spettacoli teatrali. Dalla casa è possibile raggiungere i resti del pino pluricentenario, andato distrutto a causa della tromba d'aria che si è abbattuta su di esso alcuni anni addietro. Proprio alle radici del pino si trova la maestosa lapide in pietra al cui interno sono state traslate e ora conservate le ceneri dell'autore, secondo le sue ultime volontà. La casa natale di Luigi Pirandello costituisce un unico complesso museale e culturale unitamente alla Biblioteca Museo Luigi Pirandello. Fuori dalla casa è possibile ammirare un possente mezzobusto dedicato all'autore e alcune lapidi commemorative. Biblioteca Museo "Luigi Pirandello". Essa ospita numerosi documenti autografi distinti tra lettere, copioni teatrali, manoscritti, giornali storici e alcuni cimeli personali del grande drammaturgo agrigentino. Museo di Panteologia Umana del Centro studi preistorici e protostorici, presso Palazzo Celauro. Il museo ospita pregevoli reperti fossili oltre a numerosi documenti ricostruttivi e testimonianze preistoriche. Museo di Scienze Naturali "Empedocle", presso il Liceo Classico Empedocle e risalente al 1848. Esso comprende numerosi esemplari di mammiferi, pesci e altre specie animali imbalsamate, alcuni reperti di animali preistorici, nonché reperti geologici, botanici e paleontologici. Museo della Cattedrale. Esso si articola nel "Museo Storico-archeologico", nel "Museo Diocesano" e nel "Tesoro della Cattedrale". Parte del museo sarà ubicata nel Palazzo Tomasi. Altre sezioni sono invece custodite presso la cattedrale e il Palazzo Vescovile. Il Museo della Cattedrale è composto da pregevoli e preziosi arredi e paramenti sacri, numerosi dipinti e quadri raffiguranti episodi di vita sacra realizzati da alcuni fra i migliori artisti siciliani quali Raffaello Politi, ed infine alcuni reperti archeologici. Musei Civici. I Musei Civici sono articolati in diverse sezioni, disposte in sedi diverse: presso il complesso monumentale di santo Spirito ha sede la Sezione "etno-antropologica", la Sezione "natura è spettacolo", la Sezione "archeologica"; presso il complesso monumentale del Collegio dei Padri Filippini ha sede la Pinacoteca comprensiva della "Collezione Sinatra" che annovera le opere di Francesco Lojacono, la collezione dedicata al maestro Giambecchina e varie opere di Mirabella, Giordano, Camuccini e Novelli; sempre presso il Collegio dei padri filippini ha sede la Sezione "fotografica". Mostra permanente Eccellenza del Liberty presso il Collegio dei Padri Filippini, in cui sono esposte stampe di Raffaello Politi e Tommaso Santella. Casa Museo dei Padri Liguorini, nel quale sono esposti arredi e collezioni d'arte della casa dei Missionari Redentoristi di Agrigento Museo Medievale, presso il complesso monumentale di Santo Spirito. Fabbriche Chiaramontane (sede di numerose mostre di arte moderna e contemporanea). Archivio storico comunale. Museo vivente del Mandorlo "Francesco Monastra". Museo di antichi strumenti scientifici "Michele Foderà", presso il Liceo Classico Empedocle. Museo delle antiche unità di misura della Camera di Commercio. Museo del Gioco e del Giocattolo "Tolì Tolì". Museo delle Eredità immateriali, presso il Collegio dei Padri Filippini. Mostra del Presepe artigianale, allestita durante il periodo natalizio nel quartiere di Villaseta, e comprendente oltre cento presepi artistici. Media Stampa Giornale di Sicilia (edizione di Agrigento) La Sicilia (edizione di Agrigento) Grandangolo (settimanale) L'Amico del Popolo Radio 92100 Radio Station Radio In Agrigento Radio Vela Radio Concordia Televisione AgrigentoTV (AGTV) Teleacras Tele Video Agrigento (TVA) Teleradio Studio 98 (TS 98) Geografia antropica Suddivisioni storiche Agrigento, a causa dell'irregolarità del territorio comunale, ha avuto negli anni uno sviluppo disordinato e in parte decentrato. Il centro cittadino infatti sorge su due colline, il colle di Girgenti e la Rupe Atenea, un tempo separate artificialmente dalla cosiddetta nave o taglio di Empedocle (che la leggenda vuole realizzata dal celebre filosofo akragantino al fine di agevolare, in presenza della malaria, la circolazione dei venti ed il ricambio d'aria nell'area in cui sorgeva l'antica città greca). Ulteriore limite all’espansione urbanistica è stato rappresentato dalla vasta area archeologica che sorge a sud delle due colline e che si espande da est ad ovest. Per tale ragione i quartieri più popolosi sorgono in direzione della costa, a sud del Parco Archeologico, e a nord del centro cittadino. Quartieri decentrati: Villaggio Mosè, sorto tra gli anni trenta e quaranta del Novecento, come zona residenziale per gli operai della vicina miniera zolfifera della Ciavolotta, considerata una delle aree più ricche di zolfo nel mondo. La successiva crisi delle attività estrattive in Sicilia trasformò tra gli anni sessanta e settanta il piccolo centro minerario in centro commerciale oltre che residenziale; sorge a sud-est del centro della città e per la sua vocazione commerciale è sede di numerose e variegate attività economiche e commerciali, oltre che di numerosi hotel, data anche la vicinanza con le spiagge. Villaggio La Loggia Villaggio Peruzzo, quartiere che nasce nei primi anni sessanta quando venne delimitata, all'interno delle altre zone (A, B e C) del parco della Valle dei Templi, un'area per l'edilizia popolare (zona D). In tale area, ad est del fiume Akragas e a nord del lido di San Leone, sono state costruite 13 palazzine di alloggi popolari da parte dell'Istituto Gestione per Case Lavoratori, noto con l'acronimo GESCAL. Da qui il nome originario del quartiere: Villaggio GESCAL. La festa del quartiere in onore di San Pio X si svolge l'ultima settimana di luglio; San Leone, località balneare che dagli anni sessanta si è sviluppata diventando in modo caotico. La popolazione stabile è di circa 4000 persone. Durante il periodo estivo è molto frequentata. Oggi San Leone risulta saldato ai limitrofi agglomerati del Villaggio Peruzzo, Villaggio Mosè, Cannatello e Fiume Naro con i quali viene incluso nella circoscrizione San Leone Mosè. Maddalusa, antico nome dell'area rivierasca a sinistra della foce del fiume San Leone (Akragas), fu la prima sede del porto della città di Akragas e vi era anche un importante emporio. In alcuni antichi documenti cinquecenteschi redatti dall'ingegnere toscano Tiburzio Spannocchi viene citata come Mendolosa, in quanto a ridosso delle dune sabbiose della costa dovevano abbondare diversi mandorleti; Vi sorge un antico palazzo settecentesco opera del vescovo Lorenzo Gioeni de Cardosca (1730-1754), del quale costituiva la residenza estiva, ed un'antica torre di guardia costruita nel cinquecento dallo Spanocchi e nominata 'Torre di Santo Lio' oggi inglobata in una masseria. Cannatello, vasta zona residenziale che fa da cerniera tra i centri di San Leone e Fiume Naro sulla costa con il quartiere Villaggio Mosè posto più all'interno. Vi si trovano i resti del villaggio fortificato, scoperto all'inizio del secolo scorso e sopraccitato. Antica zona agricola appartenente alla mensa vescovile agrigentina. Fiumenaro, quartiere rivierasco sorta alla foce del fiume Naro. Zingarello, piccolo ed isolato agglomerato di case di villeggiatura sorto disordinatamente ad oriente della foce del fiume Naro all'inizio delle falesie argillose che terminano a punta Bianca. Nelle vicinanze si trovava nel Medioevo il Bosco della Misita di proprietà della corona Aragonese.; Fontanelle, posta a nord del centro. Recentemente è divenuta sede della cittadella giudiziaria e di altri importanti uffici e servizi. San Michele, conosciuta come la zona industriale della città. Vi sorge l'ospedale San Giovanni di Dio. San Benedetto, conosciuta come la zona industriale della città, è sede di numerose imprese e piccole industrie. San Giusippuzzu sede di aziende e attività commerciali. Quadrivio Spinasanta. Calcarelle, importante per i numerosi edifici scolastici e per il Polo Universitario. Montaperto, borgata a pochi chilometri dal centro cittadino fondata nel 1525 è la più antica borgata agrigentina. Tra il Due e Trecento era tra i possedimenti della famiglia fiorentina degli Uberti, al quale apparteneva il famoso Manente detto Farinata di dantesca memoria. Giardina Gallotti, borgata a pochi chilometri dal centro cittadino fondata da contadini provenienti dalla vicina Raffadali nel 1813 dopo l'abolizione della feudalità avvenuta l'anno precedente. Inizialmente era costituita da due borgate distinte, Giardina e Gallotti, poi accresciutesi fino a fondersi nell'attuale. Conta circa 1200 abitanti. Villaseta, quartiere sorto nel 1853 a metà strada tra la Marina (Porto Empedocle) ed il centro cittadino, vi sorgevano le filande che lavoravano la seta proveniente dalle campagne attorno alla borgata di Montaperto; Monserrato, quartiere residenziale sorto dopo la frana del 1966 e che accolse le famiglie sfollate dell'antico quartiere del Rabato. Sorge sull'antico colle Toro, sulla quale furono posti gli accampamenti dei cartaginesi prima, durante l'assedio di Agrigento del 406 a.C., e dei romani poi, 210 a.C. in occasione della definitiva espugnazione dell'arce agrigentina. Fino a qualche secolo fa vi sorgeva l'antica chiesa della Madonna di Monserrato costruita presumibilmente durante il periodo aragonese, in ricordo di quella più famosa che sorge nei pressi di Barcellona in Catalogna sul colle di Montserrat. Quartieri del centro della città: Centro-Ruga Reale-Stazione-Empedocle Rabato-Santa Croce-San Giacomo-Addolorata Plebis Rea-San Gerlando-San Michele Santa Marta-Pojo-Santo Spirito Esseneto-Stadio Dante-Manzoni; Della Vittoria; San Vito-Rupe Atenea; Cicerone-Imera; Agrigento bassa; Bonamorone, Vi scaturisce la sorgiva di Bonamorone che drena le acque della Rupe Atenea e che alimenta il giardino della Kolymbetra. Toponimo di origine semitica che suonava Ben Hamrun; In passato il territorio del Comune di Agrigento era suddiviso in cinque Circoscrizioni ognuna delle quali ricomprendeva quartieri situati in rapporto di contiguità o vicinanza. le circoscrizioni erano: Agrigento Centro Quadrivio Spinasanta-Calcarelle-Fontanelle-San Giusippuzzu-San Michele-San Benedetto-Favara Ovest-Aragona Bassa Villaseta-Monserrato-Marina Villaggio Peruzzo-Villaggio Mosè-San Leone-Cannatello-Zingarello-Fiume Naro Montaperto-Giardina Gallotti-Borsellino Oggi invece il territorio comunale è diviso appunto in tre circoscrizioni. circoscrizione del "Centro": comprende tutti i quartieri del centro della città, Bonamorone, Quadrivio Spinasanta, Agrigento Bassa, Calcarelle, Rupe Atenea e Capu Cimuzzu. circoscrizione della "Costa": comprende i quartieri del Villaggio Mosè, San Leone, Villaggio Peruzzo, Cannatello, Zingarello, Fiume Naro, Maddalusa circoscrizione dell'"Entroterra": comprende Fontanelle, San Michele, San Giusippuzzu, San Benedetto, Favara Ovest, Zona Industriale, Aragona Bassa, Montaperto, Giardina Gallotti, Borsellino e Capu Misuzzu. Frazioni Al 15º censimento generale della popolazione e delle abitazioni dell'ISTAT (2011), il territorio di Agrigento risulta così suddiviso: Economia Il territorio del comune è compreso nella zona di produzione del Pistacchio di Raffadali D.O.P.. Agrigento è un’importante metà turistica grazie al suo ricco patrimonio culturale. Zolfo e potassa furono estratti localmente dai tempi dei contatti con i minoici fino agli anni settanta, ed esportati in tutto il mondo dal vicino porto di Porto Empedocle. Nel 2010, il tasso di disoccupazione ad Agrigento era pari al 19,2%, quasi il doppio della media nazionale. Urbanizzazione La conurbazione di Porto Empedocle Fino al XIX secolo Porto Empedocle costituiva il borgo portuale di Girgenti noto come Molo di Girgenti. Esso costituì il naturale sbocco portuale della città fino al 1853, anno in cui il borgo ottenne l'autonomia amministrativa da Girgenti, mentre nel 1863 assunse la denominazione di Porto Empedocle, in omaggio al celebre filosofo. Le due città condividono tradizioni e festività come la devozione verso San Calogero, unico è il santo patrono, San Gerlando, festeggiato il 25 febbraio. La conurbazione Agrigento - Porto Empedocle, peraltro, costituisce il centro di una più ampia area urbana comprendente anche i comuni di Favara, Raffadali, Joppolo Giancaxio, Aragona, Comitini, Realmonte e Siculiana. Infrastrutture e trasporti Strade I collegamenti stradali tra Agrigento e le altre città principali dell'isola sono assicurati tramite strade extraurbane secondarie: La strada statale 189 collega Agrigento con il bivio Manganaro. La strada statale 115 collega Siracusa con Trapani, passando esternamente ad Agrigento. La strada statale 640 collega Porto Empedocle, passando nei pressi della Valle dei Templi, a Caltanissetta e all'A19 Palermo-Catania. La strada statale 118 Agrigentina Corleonese costituisce il vecchio collegamento con Palermo passando per Bivona e Corleone. La strada statale 122 Agrigentina costituisce il vecchio collegamento con Caltanissetta e Enna passando per Favara e Canicattì. Ferrovie Ad Agrigento sono presenti tre stazioni ferroviarie: la stazione di Agrigento Centrale, la stazione di Agrigento Bassa e la stazione Tempio Vulcano, gestite da RFI. I treni turistici, organizzati da Fondazione FS Italiane che percorrono la Ferrovia turistica dei templi toccano tutte e tre le stazioni: tale servizio è attivo prevalentemente nei mesi estivi e collega il capoluogo con la città di Porto Empedocle ed il Parco archeologico. Il servizio ferroviario ordinario, invece, coinvolge le sole stazioni di Agrigento Centrale e Agrigento Bassa. Porti Nella frazione balneare di San Leone è presente il porticciolo turistico intitolato a Cesco Tedesco. Elisuperficie In contrada Consolida, posizionata a pochi metri dall'ospedale S. Giovanni di Dio, si trova un'elisuperficie di metri 33 x 33 utilizzata per il servizio di elisoccorso. La struttura è attrezzata per avere operatività sia diurna che notturna. Nel complesso dell'ex ospedale San Giovanni di Dio è presente un'ulteriore elisuperficie. Mobilità urbana I trasporti urbani nella città di Agrigento vengono svolti con autoservizi di linea gestiti da T.U.A. (Trasporti Urbani Agrigento), che assicura un servizio di trasporto pubblico urbano con 12 linee. Sono inoltre garantite 2 linee turistiche con bus scoperti, una delle quali consente di collegare il centro anche con il terminal del porto di Porto Empedocle e con il sito naturalistico di Scala dei Turchi, nella vicina Realmonte. I collegamenti extraurbani sono garantiti da autoservizi di linea gestiti da operatori privati. Amministrazione Gemellaggi Altre informazioni amministrative Il comune di Agrigento fa parte delle seguenti organizzazioni sovracomunali: regione agraria n.5 (Colline litoranee di Agrigento). Sport Lo sport principale della città è il calcio. La squadra più importante è l'Akragas Calcio, che milita nel Campionato di Eccellenza. Ha disputato 17 campionati di Serie C e 20 di Serie D. Nel basket la Fortitudo Agrigento milita in Serie A2. Nella stagione 2011-12 ha vinto la Coppa Italia Divisione Nazionale B. Nel nuoto l'associazione più importante è la A.D.P. Nuoto Agrigento di Carlo Dessì, operante dal 2002. Negli anni ha portato atleti a piazzamenti importanti in campionati italiani ed internazionali, sotto la guida dell'allenatore Davide Dessì. L'atletica leggera è rappresentata dal G.S. Valle dei Templi Agrigento che partecipa al Grand Prix Regionale di maratonine. Organizza la Mezza Maratona della Concordia, una delle gare su strada più apprezzate e partecipate dell'isola. Nel 1994 Agrigento è stata sede del campionato mondiale di ciclismo su strada vinto dal francese Luc Leblanc davanti all'italiano Claudio Chiappucci ed all'altro francese Richard Virenque. Il 15 maggio 1999 il Giro d'Italia partì da Agrigento, con la tappa Agrigento-Modica di 115 km vinta da Ivan Quaranta. Il 9 maggio 2018 il Giro d'Italia partì da Agrigento, con la tappa Agrigento-Santa Ninfa (Valle del Belice) di 153 km vinta da Enrico Battaglin. Per cinque volte (1965, 1982, 1993, 2008 e 2020), Agrigento è stata sede di arrivo di tappa: 25 maggio 1965 11ª tappa Palermo-Agrigento 146 km vincitore Guido Carlesi. 22 maggio 1982 8ª tappa Taormina-Agrigento 248 km vincitore Moreno Argentin. 29 maggio 1993 7ª tappa Capo d'Orlando-Agrigento 240 km vincitore Bjarne Riis. 11 maggio 2008 2ª tappa Cefalù-Agrigento 207 km vincitore Riccardo Riccò. 4 ottobre 2020 2ª tappa Alcamo-Agrigento 149 km vincitore Diego Ulissi. Il 3 gennaio 2016 la Valle dei Templi ospita la Sri Chimoy Oneness-Home Peace Run, la staffetta per la pace più lunga del mondo, diventando il simbolo della pace nel mondo come il Fuji e le Cascate del Niagara. Note Bibliografia Francesco Alaimo, La leggenda di Akragas, Firenze 1991. De Miro Ernesto, La Valle dei Templi, Saggi di Pierluigi Cervellati, Nicolò D'Alessandro e Graziella Fiorentini, Palermo 1994. Ercoli Laura, Gli ipogei dell'antica Akragas in rapporto all'assetto geostrutturale della formazione di Agrigento, VIII Congresso Scienze della terra e trasformazione antropiche – Un rapporto in evoluzione, Roma 21-23 gennaio 1994. Calogero Micciché "Girgenti: Le pietre della meraviglia... cadute", Agrigento 2006. Calogero Micciché "Gli Ipogei Agrigentini tra archeologia, storia e mitologia", Agrigento 1996. Griffo Pietro, "Akragas /Agrigento" – La storia, la topografia, i monumenti, gli scavi. Prescia Renata, Il Tempio della Concordia ad Agrigento. Dalla utilizzazione degli spazi al restauro dell'ideale greco-classicista, s.l. 2002, Estratto da: Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura – Dipartimento di Storia dell'Architettura, Restauro e Conservazione dei Beni Architettonici – Nuova serie, fascicolo 34-39 (1999-2000). Ruggieri Tricoli Maria Clara, Agrigento: una proposta per la chiesa di S. Caterina e un museo (tesi di laurea di Angelo Lezza; relatore: Maria Clara Ruggieri Tricoli; A. A. 1994-95), Palermo, 1995. Silvana Saitta, Agrigento: "luoghi dell'acropoli dimenticata", Palermo 1998. Voci correlate Akragas Arcidiocesi di Agrigento Provincia di Agrigento Sagra del mandorlo in fiore Solfara Milione Ferrovia dei templi Teleacras Tiranni di Agrigento Valle dei Templi Altri progetti Collegamenti esterni Agrigento
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Alessandro La Marmora
Grande figura del Risorgimento italiano, fu l'ispiratore della creazione del Corpo dei Bersaglieri. Era originario di una nobile famiglia, quella dei Ferrero della Marmora, e fratello di Alfonso. Biografia Ottavo nato e terzo dei maschi, nacque dal marchese Celestino Ferrero della Marmora, capitano nel Reggimento d'Ivrea, e dalla contessa Raffaella Argentero di Bersezio, che insieme ebbero sedici figli. Ebbe altri tre fratelli generali durante il Risorgimento: i senatori Carlo Emanuele e Alberto e il Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna e poi del Regno d'Italia Alfonso. Diligente negli studi e particolarmente portato per le discipline scientifiche (studiò un nuovo tipo di fucile a retrocarica), dopo aver ricevuto promozioni militari e onorificenze da parte del re Carlo Felice di Savoia, studiò a lungo nelle valli del Biellese alla ricerca di nuovi metodi di difesa dei confini. In quel periodo intraprese viaggi in Francia, Inghilterra, Baviera, Sassonia, Svizzera e Tirolo al fine di studiare armi, ordini e istituzioni dei vari eserciti. Il Corpo dei Bersaglieri Nel 1831 Alessandro La Marmora formulò una prima Proposizione per la formazione di truppe leggere della terza specie sotto la denominazione di Bersaglieri. Il progetto avrebbe visto la luce però solo cinque anni dopo: nel 1835, infatti, il capitano La Marmora presentò al re Carlo Alberto di Savoia la sua Proposizione per la formazione di una compagnia di Bersaglieri e modello di uno schioppo per suo uso insieme al luogotenente Giuseppe Vayra, che vestì per primo la divisa del nuovo corpo e verrà quindi ricordato come il primo bersagliere. Per il suo ruolo nella creazione dello storico corpo militare Alessandro viene ricordato come un grande riformatore dell'esercito sabaudo, a cui i Bersaglieri stessi daranno un enorme apporto sia nella prima che nella seconda e nella terza delle guerre d'indipendenza del Risorgimento.L'anno seguente furono create le compagnie di fanteria dette dei Bersaglieri, con lo scopo di compiere una guerra minuta e di disturbo. Il 18 giugno 1836 il re istituiva nell'Armata un Corpo di Bersaglieri. Durante la convalescenza per la grave ferita al viso riportata nella battaglia di Goito del 1848, La Marmora scrisse le Istruzioni provvisorie per i Bersaglieri ed un Trattato di tiro ad uso dei Volontari. Il 27 luglio 1848 ottenne la promozione a maggiore generale ed il 15 febbraio 1849 fu nominato capo dello stato maggiore dell'armata. il 25 luglio 1852 fu promosso luogotenente generale, mantenendo la carica di Ispettore dei Bersaglieri. A Genova per curarsi da una caduta da cavallo, nel 1852 conobbe Rosa Roccatagliata, che sposò due anni dopo. Nell'autunno del 1854 nel capoluogo ligure scoppiò un'epidemia di colera e Alessandro si dedicò all'assistenza negli ospedali; sulla malattia scrisse anche un opuscolo, intitolato Cholera Morbus. Nonostante il fisico debilitato, il 22 marzo 1855, incoraggiato dal fratello Alfonso, più giovane di cinque anni, il generale Alessandro La Marmora assunse il comando della seconda divisione del corpo di spedizione in Crimea, per quella che sarebbe stata la sua ultima spedizione. Sbarcato a Balaklava, odierno quartiere di Sebastopoli nella Penisola di Crimea, alla testa dei suoi uomini, come molti bersaglieri, morì a causa del colera il 7 giugno 1855, all'età di 56 anni, a Kadikóy, a poche miglia a nord di Balaklava. Le sue spoglie, sepolte nel cimitero della marina di Balaklava e rimaste a lungo in Crimea, riposano dal 1911 nella cripta di famiglia della basilica di San Sebastiano a Biella. Un monumento e il giardino circostante (oltre che una caserma) lo ricordano a Torino, sua città natale. Onorificenze Ascendenza Note Voci correlate Bersaglieri Ferrero della Marmora Altri progetti Collegamenti esterni Alessandro Persone legate ai bersaglieri Persone della guerra di Crimea Militari sabaudi Personalità del Risorgimento Medaglie d'argento al valor militare Membri dell'Istituto archeologico germanico Cavalieri di gran croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Cavalieri di Malta
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Angela e Luciana Giussani
Biografia Erano le figlie di Enrico Giussani, imprenditore nel campo tessile e calzaturiero, e di Vittoria Peracini, svizzera. Angela Giussani, ideatrice del famoso personaggio dei fumetti Diabolik, il primo fumetto nero italiano formato tascabile, venne successivamente affiancata nella stesura delle storie dalla sorella Luciana Giussani; entrambe vi hanno poi dedicato tutta la loro vita professionale. Angela nasce a Milano il 10 giugno 1922; dopo avere fatto per un certo periodo la modella, sposa nel 1946 l'editore Gino Sansoni e lavora nella casa editrice del marito - la Astoria Edizioni - occupandosi di una collana che pubblica libri per ragazzi. Si licenziò poi dalla casa editrice Astoria per potersi dedicare a progetti propri. Con la liquidazione ottenuta fondò l'Astorina; la sede fu installata in una porzione del vasto appartamento di Milano, in via Leopardi 25, che ospitava l'Astoria. Vi era una seconda entrata che dava nella cucina; Angela chiese al marito di poterla usare come studio per i disegnatori. Dopo il fallimento del primo tentativo – la pubblicazione di un fumetto con le avventure di un pugile, Big Ben Bolt – durato solo due anni, ci riprova con un nuovo personaggio nato dalla lettura di un romanzo di Fantômas, ritrovato casualmente su un treno. Nel novembre 1962 viene pubblicato il primo numero di Diabolik con la trama scritta dalla stessa Angela. Sarà l'inizio di una lunga serie di successi. Le sorelle Giussani dichiararono pubblicamente di essersi ispirate a un fatto di cronaca nera accaduto a Torino per ideare il loro personaggio. Il 26 gennaio 1958 un uomo era stato brutalmente ucciso e il suo assassino s'era firmato Diabolich, sfidando la polizia attraverso lettere e indovinelli. Resta alla memoria come l'assassino di via Fontanesi. Dopo tredici numeri del nuovo fumetto, Angela chiama a lavorare con sé la sorella Luciana, diplomata ad una scuola tedesca e poi impiegata in una fabbrica di aspirapolvere; insieme iniziano ad occuparsi della casa editrice e a scrivere a quattro mani le avventure rocambolesche del "Re del terrore". Il 10 febbraio 1987 Angela muore a quasi 65 anni, e Luciana continua a gestire da sola la casa editrice, lasciando, nel 1992, però, la conduzione di Diabolik, e, nel 1999, anche l'Astorina, continuando a scrivere però le storie del suo celebre fumetto (la sua ultima storia di Diabolik è del dicembre 2000: "Vampiri a Clerville"). Muore nel marzo 2001 a 73 anni. Note Bibliografia Katia Brentani e Sara Magnoli (a cura di), Le donne che fecero l'impresa. Nessun pensiero è mai troppo grande. Lombardia, Modena, Edizioni del Loggione, 2017. ISBN 978-88-93470-38-4. Mario Gomboli (a cura di), La diabolika Astorina. 50 anni con il re del terrore, Napoli, Comicon, 2012. ISBN 978-88-88869-29-2. Casacomix e le donne del fumetto, Santarcangelo di Romagna, Dada, 2006. L'uovo alla Diabolik. Da una ricetta di Angela e Luciana Giussani, Santarcangelo di Romagna, Dada, 2006. Articoli e riviste Giancarlo Albano, Le sorelle omicidi, in "Grazia", 21 aprile 1974. Foscanella Martinelli, Diabolik nasce in via Boccaccio, in "Il milanese", 19 maggio 1974. Lillo Gullo, «Un buon cattivo», intervista alle sorelle Giussani, autrici di Diabolik, in La Città Futura, 1 febbraio 1977. Voci correlate Astorina Diabolik Eva Kant Altri progetti Coppie di fratelli o sorelle Fondatori di impresa
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Aeroplano
L'aeroplano (anche aereo) è un aeromobile dotato di ali rigide, piane e solitamente fisse che, sospinto da uno o più motori, è in grado di decollare e atterrare su piste rigide e volare nell'atmosfera terrestre sotto il controllo di uno o più piloti. Nonostante sia più pesante dell'aria, è in grado di volare grazie ai principi fisico-meccanici. Il termine risale alla seconda metà dell'Ottocento e ha origine nel francese aéroplane, composto dal greco antico ἀήρ (aèr, aria) e dal latino planus (piatto). È utilizzato, nelle sue svariate forme, dimensioni e configurazioni, come mezzo di trasporto di persone, di merci e come strumento militare. Storia Il Flyer, il primo aeroplano propriamente detto, vide la luce nel 1903, quando i fratelli Wright riuscirono a far spiccare il volo ad una sorta di aliante dotato di un motore da 16 cavalli a Kill Devil Hill presso Kitty Hawk in Carolina del Nord, USA. Questo primo volo durò 12 secondi, arrivando ad un'altezza di circa 120 piedi (40 metri), fu poco più che un balzo che probabilmente non superò l'effetto suolo. Alberto Santos-Dumont fu un ingegnere brasiliano (anche se non ha avuto una formazione accademica in questa area) e pioniere dell'aviazione. Progettista di dirigibili ed aeroplani, è talvolta considerato il padre di entrambe le macchine volanti, in quanto i suoi primi voli furono i primi a svolgersi su circuiti chiusi in presenza di ampio pubblico. In particolare, il volo del 14 bis del 12 novembre 1906, primo volo riconosciuto ufficialmente in Europa dall'Aèro-Club de France di un apparecchio più pesante dell'aria in grado di decollare autonomamente, a differenza dei primi Wright catapultati, è considerata la prima dimostrazione pubblica di un aeroplano. Proprio per il decollo autopropellente Santos Dumont è ritenuto da una parte della comunità scientifica e aeronautica, principalmente nel suo paese di origine, come il Padre dell'Aviazione. Il primo aereo italiano fu costruito da Aristide Faccioli nel 1908. Inizialmente l'aereo fu considerato una semplice curiosità per appassionati, ma a poco a poco si iniziò a riconoscerne le capacità e nacquero i primi modelli capaci di prestazioni di volta in volta ritenute impossibili sino a poco tempo prima: sorvolare le Alpi, volare sopra il canale della Manica, o semplicemente, raggiungere altezze e velocità sempre più elevate. Per questa ragione l'inizio dello sviluppo della tecnologia aeronautica è legato ad eventi sportivi che miravano a segnare nuovi record. In questi primi anni gli aeroplani erano spinti da motori a pistoni collegati ad un'elica e la struttura era biplana, ovvero con due piani alari. L'avvio di uno sviluppo più scientifico avvenne in concomitanza con la prima guerra mondiale. Fino ad allora gli Stati si erano relativamente disinteressati alle potenzialità del nuovo mezzo ma la guerra innescò l'interesse di questi ultimi nel campo aeronautico. Tra il 1914 e il 1918 nacquero moltissimi modelli di biplani destinati inizialmente a compiti di ricognizione, nei quali il nuovo mezzo eccelleva su tutti i precedenti. In seguito i piloti iniziarono a lanciare delle bombe a mano sul nemico in quello che può essere definito l'antenato del bombardamento tattico. La naturale risposta fu di dotare i propri piloti di mitragliatrici con cui sparare ai velivoli nemici per impedirgli di attaccare le proprie linee, dando vita agli aerei da caccia. Alla fine della prima guerra mondiale, l'aeroplano uscì notevolmente migliorato, nonostante mantenesse la doppia ala e generalmente l'intera struttura non fosse particolarmente cambiata a prima vista. Erano stati sviluppati motori decisamente più potenti che permettevano prestazioni inavvicinabili per i modelli precedenti al conflitto e inoltre erano stati aggiunti innumerevoli accorgimenti che permettevano una navigazione più accurata. Dagli anni venti si iniziò a guardare al velivolo come un pacifico mezzo di trasporto. Nacquero così le prime compagnie aeree che richiedevano alle nascenti industrie aeronautiche modelli da trasporto con dimensioni, raggio d'azione e velocità adeguate alle nuove esigenze. Rispetto all'iniziale ricerca sportiva e poi militare, non c'era più bisogno di aumentare specifiche come la maneggevolezza mentre erano posti in risalto i problemi delle dimensioni, che dovevano risultare sufficienti al trasporto di un certo numero di passeggeri, e l'aumento dell'autonomia. In questi anni l'idrovolante sembrò prendere il sopravvento sull'aereo a noi più familiare: il primo infatti aveva maggior flessibilità d'impiego dal momento che non necessitava di piste preparate (per quanto allora gli aerei partissero da campi di terra battuta, relativamente semplici da realizzare). Inoltre l'idrovolante presentava l'indubbio vantaggio logistico di utilizzare la maggior parte delle infrastrutture portuali già esistenti. La pacifica (e a dire il vero rallentata) evoluzione dell'aeroplano subì una nuova accelerazione con i nuovi venti di guerra che spiravano sul mondo alla metà degli anni trenta. Rapidamente i velivoli biplani vennero resi obsoleti dai monoplani, che fin dai primi voli dimostrarono di poter abbattere delle barriere che si erano dimostrate insuperabili per i biplani: la velocità passò rapidamente da poco più di 120 km/h a più di 500 km/h con evidenti possibilità di migliorare, e lo stesso accadde per l'altitudine raggiungibile, l'autonomia massima, la maneggevolezza e l'accelerazione. Allo scoppio della seconda guerra mondiale ciascuna delle potenze era dotata di una moderna aeronautica da caccia e da bombardamento; generalmente l'Arma aerea era ormai costituita in entità indipendente sia dall'Esercito che dalla Marina, configurando la tipica divisione in tre armi: Esercito, Marina, Aeronautica. Durante la seconda guerra mondiale divenne evidente la necessità dell'arma aerea per vincere un moderno conflitto nelle operazioni marine e terrestri. L'attacco contro bersagli terrestri si divise in strategico e tattico. I bombardamenti strategici furono una costante della guerra: gli attacchi aerei tedeschi su Londra che finirono con la vittoria britannica della battaglia d'Inghilterra (la prima battaglia combattuta solo da aerei e contraerea, vittoria ottenuta mediante l'utilizzo di aerei quali l'Hurricane e lo Spitfire) furono seguiti da quelli condotti da formazioni di bombardieri alleati su Germania e Giappone (che culminarono con lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki) e furono determinanti nello spezzare la resistenza dei Paesi dell'Asse danneggiandone irrimediabilmente la capacità produttiva. In questo ruolo si distinsero i grossi bombardieri a eliche come il He 111, Ju 88, Do 17 per la Germania, mentre gli Alleati costruirono anche bombardieri più grossi con 4 motori e con capacità di carico maggiori: i più famosi sono i B-17, B-24, B29 statunitensi, i Lancaster britannici che bombardarono incessantemente le città dell'Asse fino alla capitolazione. Anche le truppe di terra iniziarono presto a temere l'aeronautica nemica: nel ruolo di bombardiere tattico venivano usati i cacciabombardieri che davano supporto all'avanzata del proprio esercito mitragliando e lanciando bombe e razzi sulle postazioni e colonne nemiche, per alleggerire le difese prima dello scontro terrestre. In questo ruolo si distinsero i P-47 statunitensi, i Typhoon britannici, gli Ju 87 Stuka tedeschi e gli Il-2 Šturmovik sovietici (l'aereo costruito in più esemplari nella storia). Questi ultimi due erano anche gli unici aerei specificamente concepiti per l'attacco al suolo, mentre gli altri erano caccia impiegati in tale ruolo, avendo la capacità di effettuare mitragliamenti a bassa quota sul nemico o sganciare bombe. In mare diventava chiaro che l'epoca delle grandi corazzate dotate di cannoni formidabili era finita a favore della portaerei: i cacciabombardieri e gli aerosiluranti imbarcati decollati dalle portaerei costringevano le enormi corazzate ad un'umiliante navigazione passiva sotto l'incessante bombardamento dei piccoli e maneggevoli aerei, potendo opporre solo un insufficiente fuoco di contraerea, mentre la portaerei che aveva lanciato gli aerei poteva trovarsi anche a qualche centinaia di chilometri al di fuori del raggio dei cannoni della corazzata. Nel ruolo di pattugliamento delle coste e scorta ai convogli navali, gli idrovolanti dotati di siluri affiancavano spesso le corvette e fregate. Durante la guerra inoltre ci furono anche battaglie solamente aeree, in cui i caccia si scontravano con i velivoli dei loro avversari in diverse situazioni: intercettamento, caccia libera, pattuglia di combattimento aereo o a seguito di un ordine di "scramble". I caccia si dividevano in leggeri caccia monomotori e monoposto e caccia pesanti, bimotori e bi/tri-posto. Il primo era più agile e leggero, di impiego per lo più diurno, mentre il secondo era più pesante e impacciato nel volo, di norma avrebbe avuto la peggio contro un monoposto-monomotore, ma era armato di cannoni di calibro maggiore e più tardi nella guerra, grazie alle sue dimensioni, era capace di trasportare un radar autonomamente dalle postazioni terrestri che lo rendevano ideale nel ruolo di intercettore e caccia notturno. In questi anni nacque anche il radar, invenzione britannica, ma velocemente esportato negli Stati Uniti e adottato anche in Germania. Era l'unico modo per prevedere con un certo anticipo un attacco aereo nemico e permettere ai propri caccia di decollare in tempo. Dapprima solo in postazioni terrestri, poi anche montato su aerei. Gli armamenti impiegati erano mitragliatrici, cannoni di piccolo calibro, bombe a caduta libera e con l'avanzare della guerra anche razzi non guidati aria-terra o aria-aria per spezzare le formazioni di bombardieri nemici. A fianco dell'Aeronautica si svilupparono anche accorgimenti a terra per limitare i danni degli attacchi aerei o per poter reagire autonomamente dalla propria aeronautica da caccia: nacquero i rifugi antiaerei, i bunker, i cannoni antiaerei di medio calibro (in tedesco detti FlaK, per Flugabwehrkanone) che sparavano granate tipicamente da 88 mm che esplodevano ad una quota preprogrammata e i piccoli cannoni e mitragliatrici a tiro rapido per difesa ravvicinata, che a volte erano montati su veicoli semicingolati per poter assicurare alle forze meccanizzate un minimo di difesa antiaerea. Ma alla fine della guerra, all'apice dello sviluppo degli aerei ad elica, una nuova invenzione sviluppata in quegli anni da tedeschi e britannici stava per rivoluzionare completamente l'aeroplano per la seconda volta dopo il passaggio alla produzione di monoplani: era il motore a getto. A questo punto, arrivati sul finire della seconda guerra mondiale, è necessario dividere l'evoluzione delle tecnologie aeronautiche in militare e civile. Caratteristiche Componenti Le componenti principali sono: Fusoliera Ala Impennaggio Flaps Carrello d'atterraggio Cabina di pilotaggio Funzionamento In base alla classificazione scientifica, gli aeroplani sono dei velivoli, insieme agli idrovolanti e agli anfibi. In quanto tali, sono in grado di volare utilizzando una forza aerodinamica (detta portanza), generata grazie al moto relativo dell'aria lungo una superficie fissa (chiamata ala). Differiscono dagli alianti, in quanto dotati di uno o più motori e per questo motivo rientrano nella più grande categoria delle aerodine a motore, a cui appartengono anche gli elicotteri e altri aeromobili, che però non hanno ali fisse. Gli aerei sono divisi in due categorie, militari e civili. Quelli militari a loro volta si dividono in aerei da caccia, bombardieri, aerei da attacco al suolo, aerei da addestramento, aerei da ricognizione, aerei da trasporto. Quelli civili si dividono in aerei di linea, aerei per trasporto merci (detti anche cargo), jet executive e aerei da turismo (che nella pratica si può dire che sostanzialmente ormai comprendono anche la categoria degli ultraleggeri). In generale poi si hanno aerei acrobatici che di solito sono aerei da caccia, da addestramento o da turismo, a volte modificati per adattarli alle particolari sollecitazioni del volo acrobatico. Altra suddivisione è tra aerei "treassi", nei quali il pilota ha il controllo dell'asse di imbardata, asse di beccheggio e asse di rollio, e aerei "pendolari", nei quali l'imbardata è assente. Forze che agiscono sull'aereo Le quattro forze che agiscono sull'aereo sono: Portanza: è la forza che agisce sulle ali dell'aereo che permette di sostenerlo in aria. Peso: è la forza che mantiene il mezzo nell'atmosfera terrestre. Resistenza aerodinamica: varia rispetto all'aerodinamica dell'aereo, la resistenza permette all'aereo di fermarsi o di rallentare, senza la resistenza l'aereo una volta acquisita velocità, non potrebbe più fermarsi. Spinta: è la forza che molto spesso è provocata dal motore dell'aereo, senza la spinta l'aereo non potrebbe avanzare e in conseguenza non può acquisire portanza. L'aereo militare nel periodo postbellico Gli aerei militari possono essere sia di combattimento o di non-combattimento. Gli aerei da combattimento sono aerei designati per distruggere strutture/equipaggiamenti/velivoli nemici usando il proprio armamento. Gli aerei da combattimento si dividono principalmente in: aereo da caccia per combattimento aereo bombardiere per bombardamento strategico cacciabombardiere per bombardamento tattico aereo da attacco al suolo per supporto aereo ravvicinato Gli aerei da non-combattimento sono quegli aerei non designati per il combattimento come loro funzione primaria; possono trasportare armamenti e armi per auto-difesa e sono principalmente utilizzati in ruoli di supporto. Si suddividono in: aereo da ricognizione aerocisterna aereo da trasporto aereo da addestramento I caccia Negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale apparvero i primi modelli di aerei a reazione: avevano lo schema degli aerei a eliche con le ali perpendicolari alla fusoliera e i motori a getto affogati nelle due semiali. Per la Germania, prima ad ideare il motore a getto, venne messo in servizio il Messerschmitt Me 262, mentre la Gran Bretagna rispose subito con il Gloster Meteor. Entrambi i velivoli si dimostrarono subito nettamente superiori per velocità, capacità di carico e accelerazione di tutti i loro precursori a eliche, ma i numeri ridotti di produzione ne limitarono l'impiego bellico. Ma ormai la strada era segnata. Subito dopo la fine della guerra era chiaro che tutti i modelli che l'avevano combattuta erano ormai obsoleti: come al tempo del passaggio dal biplano al monoplano, così gli aerei a reazione erano capaci di prestazioni che per gli aerei a eliche erano semplicemente impossibili. I bombardieri La seconda guerra mondiale venne chiusa con le due bombe atomiche sganciate sul Giappone, rendendo chiaro a tutte le potenze quanto fosse importante possedere armamenti atomici. Avere la bomba atomica però non era sufficiente: servivano anche i vettori adeguati a trasportarla su bersagli lontani migliaia di chilometri dalla madrepatria; la soluzione al trasporto della potenza nucleare di un Paese alla fine degli anni quaranta e inizio anni cinquanta era il bombardiere strategico. I bombardieri ad elica della seconda guerra mondiale divennero ancor più velocemente obsoleti dei caccia ad elica. Già dal 1946 vennero ritirati gran parte dei modelli di bombardieri che avevano martellato le città dell'Asse. Solo il B-29 statunitense (che effettuò il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki) sembrava appropriato a trasportare tali armamenti: servivano infatti alte quote operative, alte velocità ed un carico bellico il più possibile elevato. Sin dai primi anni cinquanta vennero sperimentati e poi introdotti i primi bombardieri strategici con motori a reazione, che in breve avrebbero equipaggiato tutte le flotte da bombardamento. L'aereo civile e il trasporto nel periodo postbellico Con la fine della seconda guerra mondiale il Mondo si ritrovò davanti ad una distruzione mai vista prima, ma arricchito di molte tecnologie utilizzate per la guerra e che diventavano interessanti da un punto di vista civile. L'ambito aeronautico fu uno dei principali beneficiari. Prima della guerra erano noti alcuni aerei civili ad elica e alcuni aerei che poi sarebbero diventati dei bombardieri erano stati sviluppati sotto la falsa immagine di aerei per il trasporto di persone. Di norma non potevano trasportare più di 20-30 persone e come detto gli idrovolanti erano dei concorrenti molto validi dell'aereo classico (da ricordare gli idrovolanti tedeschi Dornier Wal degli anni 1920 e i più famosi Do X degli anni 1930 capaci di trasportare fino a 100 passeggeri). Anche il raggio era limitato (1000 km circa), per non parlare delle velocità che si aggiravano sui 300–400 km/h dei trasporti più veloci. Al momento dell'entrata in guerra degli Stati Uniti, l'esercito statunitense si trovò nella necessità di trasportare al di là degli oceani (Atlantico e Pacifico) grandi quantità di uomini e mezzi in breve tempo. Se per trasportare un'intera divisione corazzata con tutti i carri armati erano ovviamente necessarie le navi, così non lo era per compagnie di fucilieri, documenti importanti, pezzi di ricambio di vitale importanza, personalità di spicco e la posta. Così nacquero alcuni notevoli aerei ad elica di grandi dimensioni e con capacità di carico non indifferenti come i C-54 Skymaster (Douglas DC-4 per le compagnie civili dopo la guerra), i Lockheed Constellation (dopo la guerra saranno rinominati L049 mentre i nuovi costruiti già come aerei di linea avranno il nome di L649), i C-74 Globemaster, C-97 (sviluppato durante la guerra, ma pronto in ritardo). Oltre a loro c'erano aerei cargo un po' più piccoli, ma sicuramente più famosi come i C-119 Flying Boxcar, ma soprattutto i C-47 (o DC-3 in ambito civile, Dakota per i britannici) e gli Junkers Ju 52 tedeschi. Gli ultimi tre tipi citati erano anche usati per il lancio di paracadutisti dietro le linee nemiche e in questo ruolo gli aerei alleati si resero famosi paracadutando sulla Francia occupata le divisioni aerotrasportate americane 82º e 101º e i Red Devils, paracadutisti britannici. Dopo la guerra il grande quantitativo di materiale bellico prodotto, quando possibile, venne convertito a compiti civili. Così i trasporti militari a elica furono uno dei principali prodotti di guerra facilmente riadattabili ad un compito civile di aerei di linea e trasporto merci. Molte compagnie aeree, soprattutto americane si avvantaggiarono di questo usato di guerra per espandere ed arricchire la loro rete di collegamenti mondiali rendendo il mondo più piccolo. In questo ruolo l'aereo insieme a tante altre cause ha dato il suo contributo ad evitare nuove guerre globali permettendo una più facile e reale conoscenza tra i popoli del mondo. Ma anche nel ruolo di aerei di linea la strada della propulsione ad elica era ormai finita. Iniziava il trasporto di linea moderno, inteso come fenomeno di massa. Già dal 1943, nel Regno Unito si stava studiando una soluzione per un aereo di linea e da trasporto a propulsione a getto a medio-lungo raggio con una capacità di carico di 80 persone e velocità di 800 km/h. Da notare che queste specifiche erano da considerare qualcosa di fantascientifico negli anni 1940, e neanche i più veloci caccia erano capaci di simili velocità per non parlare dell'autonomia e del carico al di là delle possibilità di qualunque trasporto ad eliche. Infine il 27 luglio 1949, nel Regno Unito spiccava il volo il primo aereo di linea con motori a getto: il de Havilland DH 106 Comet. Era un periodo di studi sull'aerodinamica, quindi è normale che la sua struttura fosse leggermente diversa da quella che normalmente attribuiamo ad un aereo di linea: aveva 4 motori a getto incassati in coppia nelle due radici alari (non sporgevano come negli ultimi modelli costruiti) e la fusoliera non era esattamente circolare, ma presentava due rigonfiamenti nella parte sottostante. Comunque in linea di massima aveva già un design moderno e le dimensioni di un MD-80. Il Comet nonostante sia stato il primo aereo di linea con motori a getto non ha avuto la fortuna che ci si poteva aspettare: all'inizio degli anni 1950 si appurò che aveva alcuni problemi strutturali che avevano portato ad incidenti legati a cedimenti. I problemi del Comet furono l'inizio del primo serio studio del cedimento a fatica dei metalli. Una volta risolti i problemi era ormai troppo tardi per recuperare la strada persa sui concorrenti statunitensi Boeing e Douglas che intanto avevano praticamente monopolizzato il mercato del mondo occidentale. Il Comet venne quindi sviluppato in versione militare per la RAF sotto il nome di Nimrod e negli anni ottanta ha cessato il servizio, dopo essere stato battuto ancora una volta dai rivali statunitensi di sempre per la scelta di un aereo radar per la RAF. Negli anni cinquanta, in Francia, la Sud Est mise sul mercato il Caravelle, un velivolo di forma moderna con due motori a getto in coda (delle dimensioni di un 737). Il Caravelle è stato il primo aviogetto di linea di completo successo di vendita. Il successo del Caravelle e il successo solo parziale del Comet, segnarono praticamente la fine della produzione europea di aerei di linea (e come abbiamo visto neanche nel settore militare le cose andranno meglio). Il BAC One-Eleven, un aereo per tratte corte (interne e internazionali) prodotto in poche centinaia in Gran Bretagna (ma anche in licenza in Romania) sarà l'ultimo velivolo di linea europeo fino alla collaborazione franco-britannica per arrivare al Concorde (di cui si discuterà dopo), ma soprattutto fino alla costituzione del consorzio Airbus negli anni 1970. Negli Stati Uniti le aziende aerospaziali potevano contare su enormi capitali, grazie all'espansione avuta durante la guerra, se a questi si uniscono la rapida ricerca tecnologica e l'intuizione del fatto che ormai le aziende aerospaziali dovevano avere certe dimensioni, si capisce il successo della Boeing e della Douglas. In Europa infatti non si era capito, soprattutto per le striscianti rivalità tra gli Stati, non ancora pronti alla collaborazione, che ormai le piccole aziende nazionali non erano più in grado di produrre grande innovazione. La Douglas dopo aver ottenuto successo negli anni 1930 con i DC-2/3 (il DC-1 era solo dimostrativo) costruì i DC-4, velivoli a eliche, ma dalla forma moderna, con il carrello d'atterraggio come lo conosciamo e della capacità di 60 passeggeri. L'ultimo aereo di linea ad eliche di successo è stato il DC-7 negli anni 1950, ma il suo sviluppo è stato minato dal successo degli aviogetti. Così, alla fine degli anni 1950, inizio 1960 la Douglas metteva in commercio il DC-8, un aereo del tutto moderno a propulsione a getto. Infine negli anni 1970, sono apparsi i velivoli moderni più noti della Douglas: il DC-9 (un bimotore a medio-corto raggio, con motori in coda e impennaggi a T) e il DC-10, un trimotore a lungo raggio con un motore alla radice della coda e gli altri 2 sulle ali. Entrambi i progetti sono stati aggiornati quando la Douglas si è fusa con la McDonnell dando origine alla McDonnell Douglas dando origine agli MD-80 (DC-9) e MD-11 (DC-10). Questi ultime due famiglie di aerei sono stati in produzione per diversi decenni, e sono stati ritirati dalla produzione solo in seguito alla fusione tra la McDonnell Douglas e la Boeing. Quando si sente parlare di aerei di linea non è raro sentire frasi del tipo "quando il Boeing è atterrato", "un Boeing carico d'aiuti", "un Boeing è precipitato". Parlare di Boeing equivale a parlare di aereo civile, tanto che non è raro nel settore dell'informazione sentire parlare erroneamente di "boeing" riferendosi a qualunque aereo di linea. Questo è dovuto all'enorme successo della compagnia statunitense nel settore degli aerei di linea, tanto che negli anni 1990 la Boeing è riuscita a comprare la rivale di sempre McDonnell Douglas. L'enorme successo dei modelli 7n7, come sono chiamati i velivoli di linea della Boeing, è iniziato il 15 luglio 1954, quando il 707 (C-135 per l'USAF) spiccava il primo volo. Era un aereo per tratte medie-lunghe, quadrimotore con i motori sotto le ali. In breve il suo modello aerodinamico sarebbe stato riconosciuto come quello di maggiore successo per gli aerei di linea, tanto che è stato ripreso su ogni aereo di linea successivo. Fu progettato inizialmente per i militari e successivamente commercializzato sui mercati civili con la prima versione di linea 707-120 e seguito nel 1959 dal 707-320 Intercontinental che ne fece il primo aereo di linea per il volo intercontinentale come lo conosciamo noi. Il 707 e C-135 è stato costruito fino al 1980, con 1850 esemplari costruiti (1000 per il mercato civile), sviluppato in numerosissime varianti civili e militari. Insieme al 707, all'inizio degli anni 1960, nasceva il 727, un aereo di linea per brevi e medie tratte con 3 motori in coda, ma condividendo l'aerodinamica del 707. Seguirono tutti i modelli che affollano ancora gli aeroporti e i cieli del mondo: 737, 747, 757, 767 e successivamente 777 e 787. Nella panoramica delle aziende aerospaziali americane, nel mercato di aerei di linea manca la Lockheed. Infatti negli anni 1970 la Lockheed cercò di entrare nel mercato civile con la produzione del L-1011 TriStar: era molto simile al DC-10, ma oltre ad un limitato successo di vendite, il velivolo soffrì della recessione nel settore degli aerei di linea degli anni ottanta, per cui Lockheed Martin (nel frattempo c'è stata la fusione tra la Lockheed e la Martin Marietta) rimane sinonimo esclusivamente di tecnologia aerospaziale militare. In Europa, come nel caso degli aerei militari, il black-out totale nella produzione aerospaziale durò circa 20-30 anni e anche nel settore civile a dare l'impulso alla produzione di aerei europei fu la Francia: come abbiamo visto negli anni 1950 l'Europa si era ritirata dal settore lasciando agli Stati Uniti l'intero mercato. A partire da studi separati francesi e britannici degli anni 1950 e 1960, le due nazioni unirono gli sforzi per la produzione di un aereo commerciale con velocità supersonica e raggio intercontinentale. Nel 1969, il Concorde faceva il primo volo. Ma l'ambizioso progetto Concorde fu in pratica un insuccesso visti i limitatissimi numeri di produzione e la mancata esportazione a paesi terzi. La causa è nota: come nel caso della Lockheed con il TriStar, il Concorde, una macchina dai consumi e dal costo di gestione elevatissimi soffrì della crisi che investì il settore aerospaziale dopo la crisi del petrolio degli anni 1970 provocata dalla guerra del Kippur (ottobre 1973) tra Israele e gli stati arabi. Nonostante l'insuccesso concreto, il progetto Concorde ottenne un grande successo indiretto, proprio per ciò che il suo nome auspicava: la "concordia": finalmente le nazioni dell'Europa Occidentale lasciarono da parte le rivalità e le gelosie nazionali e si unirono anche in campo aeronautico per la realizzazione di grandi aerei di linea che potessero competere con quelli della Boeing. Fortemente voluto dalla Francia, negli anni 1970 nacque il consorzio Airbus Industries, dalla fusione di Aerospatiale francese, Hawker Siddley (poi BAe) britannica, Fokker VFW tedesca e CASA spagnola. Il primo aviogetto dell'Airbus è stato l'A300, seguito da tutta una serie di A-3n0 con impieghi che coprono l'intera gamma di trasporto civile, dai voli interni fino a quelli intercontinentali. All'inizio degli anni 2000, l'Airbus è il nuovo rivale della Boeing, con un successo di vendite pari a quello del tradizionale gigante statunitense. La competizione si gioca essenzialmente su due prestazioni: la portata e l'autonomia, ossia il numero di passeggeri che l'aereo può trasportare a pieno carico e quante ore può volare con un pieno di carburante. Da notare la mancanza dell'Italia, sempre molto filoamericana dal punto di vista aeronautico tanto che sia Alitalia che l'Aeronautica Militare usano diversi velivoli made in USA. Infine si può rilevare che essenzialmente le tecnologie principali dei trasporti aerei (propulsione, studio aerodinamico) siano ferme circa agli anni settanta (come del resto abbiamo visto per gli aerei militari), da quando l'innovazione nel settore civile si è soffermata su risparmio di carburante, comfort per il passeggero, basso inquinamento, materiali leggeri e avionica settori in cui sono stati fatti decisi passi avanti: la tecnologia dei materiali applicata ai propulsori permette di produrre motori molto più potenti, affidabili e silenziosi, che consumano circa il 50% in meno dei motori in produzione negli anni settanta; l'utilizzazione delle moderne tecnologie informatiche ha rivoluzionato l'avionica, tanto che la cabina di pilotaggio di un moderno aereo di linea assomiglia davvero poco a quella di un aereo progettato negli anni settanta. L'utilizzo di sistemi computerizzati a bordo degli aerei ha anche permesso la soppressione del terzo componente dell'equipaggio di volo, l'ingegnere di volo o tecnico di volo, cui era prima deputata la gestione dei sistemi dell'aeromobile in gran parte affidata a computer. Lo sviluppo delle tecnologie informatiche ha poi portato alla diffusione dei sistemi di volo fly-by-wire, grazie ai quali il pilota non controlla direttamente le superfici di controllo dell'aeromobile, ma i suoi comandi sono prima filtrati ed elaborati da una serie ridondante di computer che assicura che l'aereo non superi i limiti di certificazione; a partire dall'Airbus A320 e, in misura maggiore, con il Boeing 777, la progettazione degli aerei è ormai interamente realizzata al computer, sia per ridurre i costi, sia per assicurare adeguati margini di sicurezza ed efficienza; a partire dagli aeromobili di ultima generazione (Boeing 787 ed Airbus A350 XWB) i materiali compositi, prima utilizzati solo per determinati componenti dell'aereo, sostituiscono l'alluminio nella realizzazione della fusoliera, ciò che comporta sia una riduzione di peso sia un aumento della resistenza, specie alla corrosione. Lista dei principali produttori e modelli di aeroplani Civili e da trasporto Aérospatiale Airbus Alenia Aermacchi Alenia Aeronautica Antonov ATR Avro BAC BAe BAE Systems Beriev Beechcraft Boeing Bombardier British Aerospace Caproni Cessna Aircraft Convair Dassault Aviation de Havilland de Havilland Canada Dornier-Werke GmbH Douglas Aircraft Company EADS Embraer Fairchild Aircraft Fiat Aviazione Fokker Grob Aerospace Gulfstream Aerospace Ilyushin Junkers GmbH McDonnell Douglas Messerschmitt AG Mitsubishi Heavy Industries Morane-Saulnier Nihon Aircraft Manufacturing Corporation Nord Aviation Officine Meccaniche Reggiane Piaggio Aero Industries Pilatus Aircraft Piper Aircraft Rekkof Aircraft Saab SIAI-Marchetti SOCATA Sud Aviation Sukhoi Tupolev United Aircraft Corporation Yakovlev Design Bureau Militari dal 1945 Caccia: F-4, F-5, F-5E Tiger, F-8, Grumman F-11 Tiger, F-14, F-15, F-15E, F-16, F/A-18, F/A-18 Super Hornet, F-22, F-35 JSF, F-80 Shooting Star, Republic F-84, F-86 Sabre, F-100 Super Sabre, F-101 Voodoo, F-102 Delta Dagger, F-104, F-105 Thunderchief, F-106, FH-1 Phantom, F-2H Banshee, F-3H Demon, F-7U Cutlass, Grumman F-9F, AV-8B Bombardieri: F-111, F-117, B-36 B-47, B-52, B-58, B-2, B-1B, B-66 Supporto / attacco: A-4, A-6, LTV A-7 Corsair IIA-7, A-10, OV-10 Bronco, A-37 Dragonfly, T-45 Trasporto: C-141, C-17, C-123, C-130, C-5, C-21 C-40 / Caccia: MiG-15, MiG-17, MiG-19, MiG-21, MiG-23, MiG-25, MiG-29, MiG-31, Su-7, Su-9, Su-11, Su-17, Su-20, Su-22, Su-15, Su-27, Su-30, Su-33, Su-35, Su-37, Yak-38, Yak-141, Tu-28/128 Bombardieri: Ilyushin Il-28, Tu-16, Tu-22, Tu-22M, Tu-95/142, Tu-160, Su-24, Su-34 Supporto / attacco: MiG-27, Su-25, Su-39, MiG-AT Trasporto: Il-76, An-2, An-12, An-22, An-26, An-32, An-72, An-124, An-225 aereo da caccia: MD 450 Ouragan, MD 452 Mystère II, MD 454 Mystère IV, Super Mystère, Mirage III, Mirage F1, Mirage 5, Mirage 2000, Mirage 50, Rafale bombardiere: Dassault Mirage IV cacciabombardiere/aereo da attacco al suolo: Vautour, Étendard, Super Étendard, Dassault Mirage 2000D/N, Jaguar aereo da ricognizione: Atlantic, Falcon Guardian, C-160G Gabriel aereo da trasporto: MD 315 Flamant, MD 415 Communauté, Transall C-160 aereo da addestramento: Epsilon, Alpha Jet, Fouga CM-170 Magister, Fouga CM-175 Zéphir, Morane-Saulnier MS.760 Paris Caccia: Gloster Meteor, Gloster Javelin, de Havilland DH.100 Vampire, Lightning, Hawker Hunter, Hawker Siddeley Harrier, Tornado ADV Bombardieri: Canberra, Avro Vulcan, Handley Page Victor, Vickers Valiant, Bristol Bucaneer, Tornado IDS Supporto / attacco: BAC 167 Strikemaster, Hawk Caccia: Tornado ADV, Alenia Aermacchi M-346 Master, Eurofighter Typhoon Bombardieri: AMX, AMX-T, Tornado IDS, Tornado IT-ECR Supporto / attacco: RQ-1 Predator, Fiat G.91 Trasporto: C-130J, C-130J-30, C-27J, KC-767A, A319CJ, Falcon 50, Falcon 900 EX/Easy, P180 Avanti Caccia: Shenyang J-8, Chengdu J-10, Joint Fighter JF-17 Thunder Supporto / attacco: JH-7 Caccia: Saab 35 Draken, Saab 37 Viggen, Saab JAS 39 Gripen Altri paesi, progetti internazionali Caccia: Eurofighter, Folland Gnat, Mitsubishi F-1, AIDC F-CK-1 Ching-kuo, CF-100 Canuck, Kfir F-21A Supporto / attacco: SEPECAT Jaguar, Soko G-2 Galeb, Soko J-1 Jastreb, Soko G-4 Super Galeb, Orao, AMX, CASA C-101, MB-326, MB-339, M-346, IA-58 Pucará, IA-63 Pampa, Fuji T-1 Trasporto: C-160, C-27, de Havilland Canada DHC-4 Caribou, CASA C-212, Alenia G.222 CASA CN-235, Kawasaki C-1 Possibili effetti sulla salute Esistono alcuni possibili effetti collaterali causati dal viaggio aereo, soprattutto in soggetti con particolari patologie pregresse. Impatto ambientale Inquinamento acustico Il traffico aereo provoca notevole rumore, che disturba il sonno, influisce negativamente sulle prestazioni scolastiche dei bambini e potrebbe aumentare il rischio cardiovascolare per chi abita vicino agli aeroporti. L'interruzione del sonno può essere ridotta vietando o limitando il volo notturno e la legislazione varia da paese a paese. Dallo studio Hypertension and Exposure to Noise Near Airports del 2008 è emerso che i rischi più alti di ipertensione sono legati all’esposizione al rumore a lungo termine, principalmente a quello notturno. Inquinamento idrico Gli aeroporti possono generare un notevole inquinamento delle acque a causa del loro uso estensivo e della manipolazione di carburante per aerei, lubrificanti e altre sostanze. Le fuoriuscite di sostanze chimiche possono essere mitigate o prevenute mediante strutture di contenimento delle fuoriuscite e attrezzature per la pulizia come autocarri a vuoto, banchine portatili e assorbenti. Inquinamento atmosferico L'aviazione è la principale fonte umana di ozono, un pericolo per la salute respiratoria, causando circa 6.800 morti premature all'anno. La principale emissione di gas serra degli aerei a motore è l'anidride carbonica. Negli Stati Uniti 167.000 motori aeronautici a pistoni, che rappresentano tre quarti degli aerei privati, bruciano Avgas, rilasciando piombo nell'aria. L'Agenzia per la protezione ambientale ha stimato che sono state rilasciate 34.000 tonnellate di piombo nell'atmosfera tra il 1970 e il 2007. La Federal Aviation Administration riconosce che il piombo inalato o ingerito porta ad effetti avversi sul sistema nervoso, sui globuli rossi, sul sistema cardiovascolare e sul sistema immunitario. L'esposizione al piombo nei neonati e nei bambini piccoli può contribuire a problemi comportamentali e di apprendimento e a un QI inferiore. Possibili soluzioni Nel 2011 il Boeing787 Dreamliner venne considerato l'aereo più ecosostenibile e tra i meno rumorosi. Nel 2016 l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile si è impegnata a migliorare l'efficienza del carburante dell'aviazione del 2% all'anno e a stabilizzare le emissioni di carbonio a partire dal 2020. Nel febbraio 2021 il settore aeronautico europeo ha presentato la sua iniziativa di sostenibilità Destinazione 2050 verso zero emissioni di CO2 entro il 2050: miglioramenti tecnologici degli aeromobili per una riduzione delle emissioni del 37%; combustibili per aerei sostenibili (SAF) per il 34%; misure economiche per l'8%; gestione del traffico aereo (ATM) e miglioramenti operativi per il 6%; mentre il traffico aereo dovrebbe crescere dell'1,4% all'anno tra il 2018 e il 2050. L'iniziativa è guidata da ACI Europe, ASD Europe, A4E, CANSO ed ERA. Combustibili alternativi Un biocarburante per aviazione (BAF) o biocarburante per jet è un biocarburante utilizzato per alimentare gli aerei ed è un carburante sostenibile per l'aviazione (SAF). L'International Air Transport Association (IATA) lo considera un elemento chiave per ridurre l'impronta carbonica nell'ambito dell'impatto ambientale dell'aviazione. Nel 2020 Airbus ha presentato concetti di aeromobili alimentati a idrogeno liquido come aerei di linea a emissioni zero, pronti per il 2035. L'aviazione, come i processi industriali che non possono essere elettrificati, dovrebbe utilizzare principalmente carburante a base di idrogeno. Aerei elettrici Le operazioni di aeromobili elettrici non producono emissioni e l'elettricità può essere generata da energia rinnovabile. Le batterie agli ioni di litio, inclusi imballaggio e accessori, offrono una densità di energia di 160 Wh/kg mentre il carburante per aviazione fornisce 12.500 Wh/kg. Il Velis Electro è stato il primo aereo elettrico certificato il 10 giugno 2020. Ottimizzazione del percorso Un sistema di gestione del traffico aereo migliorato, con rotte più dirette rispetto ai corridoi aerei non ottimali e altitudini di crociera ottimizzate, consentirebbe alle compagnie aeree di ridurre le proprie emissioni fino al 18%. Inoltre i collegamenti ferroviari riducono i voli di linea. Un divieto di volo a corto raggio è un divieto imposto dai governi alle compagnie aeree di stabilire e mantenere un collegamento aereo su una certa distanza, o da organizzazioni o aziende ai propri dipendenti per viaggi d'affari utilizzando collegamenti aerei esistenti su una certa distanza, al fine di mitigare l'impatto ambientale dell'aviazione. Nel 21º secolo diversi governi, organizzazioni e aziende hanno imposto restrizioni e persino divieti sui voli a corto raggio, stimolando o facendo pressioni sui viaggiatori affinché optino per mezzi di trasporto più rispettosi dell'ambiente, in particolare i treni. Note Voci correlate Aerodinamica Avionica Aereo agricolo Aeronautica Aeromobile Aerospazio Aeroplanino di carta Aviazione Ala (aeronautica) Aliante Carrello d'atterraggio Fusoliera Compagnia aerea Idrovolante Industria aeronautica Portanza Pilotaggio degli aeroplani Velivolo Altri progetti Collegamenti esterni Mappa dell'inquinamento degli aeroporti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alba%20%28disambigua%29
Alba (disambigua)
Astronomia Alba – periodo iniziale della giornata Aziende Alba plc – società di elettronica britannica Alba – industria automobilistica triestina Geografia Francia Alba-la-Romaine – comune dell'Ardèche Italia Alba – comune in provincia di Cuneo Alba – frazione di Canazei in provincia di Trento Alba Adriatica – comune in provincia di Teramo Alba – nome leggendario della prima Milano celtica Alba Fucens – sito archeologico in provincia dell'Aquila Alba Longa – antica città laziale Romania Alba Iulia – comune del distretto di Alba Scozia Alba – nome gaelico della Scozia Spagna Alba – comune in provincia di Teruel Alba – comarca della provincia di Zamora Alba – sede del duca d'Alba Stati Uniti d'America Alba – borough della contea di Bradford in Pennsylvania Alba – città della contea di Jasper in Missouri Alba – città della contea di Wood in Texas Persone Alba o Alba Silvio – quinto dei re latini Enrico Alba – politico e imprenditore italiano Felipe de Alba – attore e avvocato messicano Jean-Pierre Alba – calciatore francese Jessica Alba – attrice statunitense Joshua Alba – attore statunitense María Alba – attrice statunitense Miguel Alba – calciatore argentino Víctor Alba – politico, giornalista e storico spagnolo Politica ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe) – progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell'America Latina e i paesi caraibici Alba, partito politico indipendentista scozzese Storia Repubblica di Alba – repubblica giacobina del 1796 Repubblica di Alba – repubblica partigiana Altro Alba – nome proprio di persona femminile Alba – cognome italiano e spagnolo Alba – famiglia spagnola Alba – serie televisiva spagnola Alba – componimento musicale o poetico Alba – pseudonimo utilizzato da Alba Parietti per pubblicare alcuni dischi Alba – antica veste liturgica Alba – varietà di patata Alba o Akatsuki – organizzazione criminale nella serie manga e anime Naruto S.S. Alba – ex società calcistica di Roma Alba – vino Alba – album di Ultimo del 2023 Alba – singolo di Ultimo del 2023 Altri progetti
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Anna Maria Pierangeli
L'attrice Marisa Pavan è sua sorella gemella. Biografia Carriera Nata a Cagliari da Luigi ed Enrichetta Romiti, marchigiani originari di Pesaro, crebbe a Roma, con la sorella gemella Maria Luisa detta Marisa (anch'essa divenuta attrice) e la sorella minore Patrizia. Il padre Luigi, un architetto, un giorno accompagnò Anna Maria nella casa che lui aveva realizzato a Roma per l'ex diva del cinema muto Rina De Liguoro, dove la giovane fu notata dal regista Léonide Moguy, che era alla ricerca di un volto nuovo per il suo nuovo film. Così, nonostante la contrarietà del padre, la diciassettenne Pierangeli debuttò al fianco di Vittorio De Sica nel melò Domani è troppo tardi diretto da Moguy e presentato alla Mostra del cinema di Venezia nel 1950. Il film registrò un ottimo successo di pubblico e l'anno dopo le fece vincere il Nastro d'argento alla migliore attrice protagonista. Dopo la morte del padre e un analogo film per lo stesso regista, Domani è un altro giorno (1951), Anna Maria fu invitata a Hollywood dove esordì con Teresa, diretto dal premio Oscar Fred Zinnemann e girato in esterni a Roma. Di corporatura minuta e piccola di statura ma fresca, spontanea, garbata, Anna Maria ebbe un successo immediato. Fu ribattezzata Pier Angeli, divenendo una delle prime attrici italiane ad affermarsi anche a Hollywood. Firmò un contratto di sette anni con la Metro-Goldwyn-Mayer, che non sempre la utilizzò al meglio e la diede spesso in prestito ad altre majors. Nel 1952 fu diretta da Richard Brooks in L'immagine meravigliosa e da Andrew Marton ne I lupi mannari. Nello stesso anno fu premiata con il Golden Globe come miglior promessa femminile. L'anno dopo interpretò Sombrero (1953) di Norman Foster, un film francese con Fernandel e un episodio di Storia di tre amori. Il progetto di un Romeo e Giulietta accanto a Marlon Brando fu accantonato quando si seppe che un film analogo era già in lavorazione in Italia. Il più grande insuccesso commerciale della Pierangeli fu Il calice d'argento, sontuoso kolossal del 1954, nonché esordio cinematografico di Paul Newman. Nel 1955 fu candidata all'Henrietta Award come migliore attrice dell'anno. In seguito alternò parti da protagonista in film importanti a ruoli secondari in pellicole commerciali e alcune apparizioni televisive. Particolarmente importanti furono Lassù qualcuno mi ama (1956) di Robert Wise, con Paul Newman, e La tortura del silenzio (1960), diretto in Inghilterra da Guy Green, per cui fu candidata al premio BAFTA come migliore attrice straniera. Nel 1958, prima di tornare in Europa, interpretò il ruolo di Bernadette Soubirous in diretta per un canale TV statunitense, nel centenario delle apparizioni mariane a Lourdes. L'anno dopo incise le canzoni italiane più popolari dell'epoca in un disco a 33 giri che ebbe una distribuzione internazionale. Tornò a vivere a Roma nel 1960 e la seconda fase della sua carriera cinematografica, svoltasi per lo più in Italia, non le offrì grandi opportunità. Morte Alla fine degli anni sessanta la Pierangeli era sola, con due divorzi alle spalle e professionalmente in declino mentre i suoi due figli, ancora piccoli, vivevano lontano da lei, in quanto la loro custodia era stata in entrambi i casi affidata ai rispettivi padri. A seguito di ulteriori fallimenti nella vita sentimentale, movimentate controversie con il fisco italiano e crescenti difficoltà economiche, cadde in un grave stato depressivo che determinò un ricovero in una clinica psichiatrica. Per necessità interpretò altri film italiani ed europei di natura commerciale, nei generi western, bellico e fantascienza. Vani furono i tentativi dell'amica Debbie Reynolds e della sorella gemella Marisa di reintrodurla negli ambienti di Hollywood. Il 10 settembre 1971 fu trovata morta nel suo appartamento di Beverly Hills: aveva 39 anni. Il referto medico parlò di "intossicazione chimica" da sovra-dosaggio di farmaci. Per volere della sorella gemella Marisa è stata sepolta in Francia nel cimitero di Rueil-Malmaison, nei pressi di Parigi. Vita privata Dopo una relazione sentimentale con l'attore Kirk Douglas, suo partner nel film Storia di tre amori, nell'estate del 1954 la Pierangeli s'innamorò dell'allora astro nascente James Dean. La relazione e un possibile matrimonio fra i due furono fortemente ostacolati dalla famiglia della giovane e soprattutto dalla madre per motivi religiosi, in quanto Dean non era cattolico. Nel novembre del 1954, a sorpresa, la Pierangeli si unì in matrimonio con il cantante e attore Vic Damone, italo-americano e cattolico, da cui ebbe il suo primo figlio, Perry, nell'agosto 1955. Quattro anni dopo si separò da lui e avviò una lunga battaglia legale per la custodia del figlio. Il 14 febbraio 1962 si risposò a Londra con il compositore e direttore d'orchestra Armando Trovajoli.L'anno seguente la coppia ebbe un figlio, Howard Andrea, ma anche questo secondo matrimonio si concluse con un divorzio. Filmografia Cinema Domani è troppo tardi, regia di Léonide Moguy (1950) Domani è un altro giorno, regia di Léonide Moguy (1951) Teresa, regia di Fred Zinnemann (1951) L'immagine meravigliosa (The Light Touch), regia di Richard Brooks (1951) I lupi mannari (The Devil Makes Three), regia di Andrew Marton (1952) Storia di tre amori (The Story of Three Loves), episodio "Equilibrium", regia di Gottfried Reinhardt (1953) Sombrero, regia di Norman Foster (1953) Santarellina (Mam'zelle Nitouche), regia di Yves Allégret (1953) La fiamma e la carne (The Flame and the Flesh), regia di Richard Brooks (1954) Il calice d'argento (The Silver Chalice), regia di Victor Saville (1954) Donne... dadi... denaro! (Meet Me in Las Vegas), non accreditata, regia di Roy Rowland (1956) Lassù qualcuno mi ama (Somebody Up There Likes Me), regia di Robert Wise (1956) Porto Africa (Port Afrique), regia di Rudolph Maté (1956) I clandestini della frontiera (The Vintage), regia di Jeffrey Hayden (1957) Il principe del circo (Merry Andrew), regia di Michael Kidd (1958) SOS Pacific, regia di Guy Green (1959) La tortura del silenzio (The Angry Silence), regia di Guy Green (1960) L'ammutinamento, regia di Silvio Amadio (1961) Sodoma e Gomorra, regia di Robert Aldrich (1962) I moschettieri del mare, regia di Massimo Patrizi e Steno (1962) OSS 117 minaccia Bangkok (Banco à Bangkok pour OSS 117), regia di André Hunebelle (1964) Berlino: appuntamento per le spie, regia di Vittorio Sala (1965) La battaglia dei giganti (Battle of the Bulge), regia di Ken Annakin (1965) MMM 83 - Missione Morte Molo 83, regia di Sergio Bergonzelli (1966) Per mille dollari al giorno, regia di Silvio Amadio (1966) Caccia ai violenti (One Step to Hell), regia di Giovanni Scolaro con la supervisione di Sandy Howard (1968) Rose rosse per il führer, regia di Fernando Di Leo (1968) Kol Mamzer Melech, regia di Uri Zohar (1968) La vera storia di Frank Mannata (¡Viva América!), regia di Javier Setó (1969) Addio, Alexandra, regia di Enzo Battaglia (1969) Nelle pieghe della carne, regia di Sergio Bergonzelli (1970) Quell'amore particolare, regia di Carlo Martinelli (1970) Octaman, regia di Harry Essex (1971) Televisione Westinghouse Desilu Playhouse - serie TV, 1 episodio (1958) Riconoscimenti Golden Globe 1952 – Migliore attrice debuttante per Teresa 1955 – Candidatura all'Henrietta Award Nastro d'argento 1951 – Migliore attrice protagonista per Domani è troppo tardi BAFTA 1961 – Candidatura alla migliore attrice protagonista per La tortura del silenzio Doppiatrici italiane Pur essendo italiana, Anna Maria Pierangeli è stata doppiata in alcuni dei suoi film, principalmente in quelli da lei girati a Hollywood. Le voci appartengono a: Germana Calderini in Lassù qualcuno mi ama, I lupi mannari, La fiamma e la carne, L'immagine meravigliosa, Sombrero, Storia di tre amori Maria Pia Di Meo in I moschettieri del mare, La tortura del silenzio, Sodoma e Gomorra Fiorella Betti in Il calice d'argento Rosetta Calavetta in L'ammutinamento Vittoria Febbi in Berlino - Appuntamento per le spie Benita Martini in Rose rosse per il führer Valeria Valeri in Addio, Alexandra Gabriella Genta in Quell'amore particolare Bibliografia Cristina Gajoni , articolo sulla rivista Tempo, n° 31, 4 agosto 1962, pag. 79. Giulio D'Ascenzo, Anna Maria Pierangeli. Il Fascino Italiano conquista Hollywood, Teatroantico Edizioni, 2011. Alvise Sapori, Pierangeli: una cometa nel cielo di Hollywood, Repubblica, 8 gennaio 1992, pag. 37. Altri progetti Collegamenti esterni Attori statunitensi del XX secolo Nastri d'argento alla migliore attrice protagonista Morti per overdose Morti per suicidio
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Avola
Àvola (Ràula, À[v]ula o À[v]ila in ) è un comune italiano di abitanti del libero consorzio comunale di Siracusa in Sicilia. A pianta esagonale, si affaccia sulla costa ionica della Sicilia orientale nel golfo di Noto. Storia Storia antica e medievale Secondo taluni, l'origine della città risale a Hybla Major sita in prossimità della costa sud-orientale della Sicilia. La zona, abitata precedentemente dai Sicani, fu invasa dai Siculi e divenne teatro di lotte per il predominio sulla regione. Il termine Hybla non è greco ma pre-ellenico, probabilmente sicano, ed è il nome di una Dea adorata da entrambe le popolazioni (identificata poi con l'Afrodite ellenica). I Siculi combatterono gli indigeni e si insediarono definitivamente sul territorio a cavallo fra il XIII e il XII secolo a.C. Dell'epoca dei Siculi sono testimonianza i numerosi reperti, soprattutto vasellame e stoviglie, rinvenuti in alcune tombe in quella che è oggi la Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile. Successivamente i Greci colonizzarono la zona intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. trovando una civiltà già influenzata e raffinatasi a contatto con i Fenici. Durante il IV sec. a.C. il sito conobbe la dominazione del tiranno Dionisio I di Siracusa. Nel III secolo a.C., a seguito della Prima guerra punica, il predominio greco-cartaginese passò ai Romani che costituirono la provincia di Sicilia (227 a.C.), pur lasciando un'ampia autonomia a Siracusa e a tutti i possedimenti di questa città nella parte sudorientale dell'isola, fra cui anche la zona di Hybla Major. La soppressione delle istituzioni statuali siracusane nel corso della seconda guerra punica, vide l'occupazione militare romana di tutta la Sicilia sud orientale attorno alla metà del penultimo decennio del III secolo a.C. (definitiva dopo la caduta di Siracusa nel 212 a.C.). Con la dominazione romana, protrattasi fino al 450 circa, tutto il territorio perse il suo antico splendore. A seguito delle devastazioni e dei saccheggi operati dai Vandali che occuparono l'intera Sicilia attorno alla metà del V secolo, venne cancellato persino il ricordo di Hybla major e la zona si tramutò in una landa semideserta. Tale situazione si protrasse durante la dominazione ostrogota (V-VI secolo) e bizantina (VI-IX secolo). In epoca araba (IX-XI secolo) il territorio si andò progressivamente ripopolando ma un modestissimo borgo, sul luogo di Avola vecchia, nacque con ogni probabilità solo durante la dominazione normanna o sveva (XI-XIII secolo). Storia moderna Divenuta dal 1358 signoria della famiglia Aragona, si ebbe un certo risveglio demografico ed economico del paese che si intensificò nel corso del XVI e del XVII secolo soprattutto durante la signoria di Carlo d'Aragona Tagliavia. Alla vigilia dei grandi sconvolgimenti tellurici del 1693, Avola, ancora abbarbicata sulle colline iblee, che si trovano alle spalle dell'attuale abitato, doveva avere una popolazione non inferiore ai seimila abitanti. Ma in quell'anno, ed esattamente il 9 e l'11 gennaio, un violento terremoto, che distrusse la cittadina e numerosi altri centri urbani della Sicilia orientale (fra cui anche Siracusa e Catania), costrinse la popolazione superstite a spostarsi nell'ampia costa sottostante, a otto chilometri di distanza, e a rifondare Avola nel luogo dove prima vi era solo un'estesa e deserta pianura affacciata sul mare, così che Avola da un paese di montagna, si trasformò (a causa del terremoto) in una piana cittadina marittima. La progettazione urbanistica dell'attuale città I lavori di ricostruzione iniziarono negli anni immediatamente successivi al cataclisma per volere del Principe Nicolò Pignatelli Aragona che affidò la progettazione del nuovo abitato a padre Angelo Italia, noto architetto siciliano appartenente all'ordine dei Gesuiti. La città fu edificata a pianta centrica e secondo una struttura geometrica e razionale che le conferì quel nobile aspetto che ancor oggi la caratterizza. Nel corso del XVIII e XIX secolo Avola fu abbellita da alcune pregevoli costruzioni civili (Palazzo Ducale, Palazzo di Città, Teatro Comunale ecc.) e religiose (chiese di Sant'Antonio Abate, Sant'Antonio di Padova e la fastosa Chiesa Madre). Nei primi decenni del XX secolo vennero eretti anche alcuni eleganti villini liberty che dettero, e continuano a dare, ulteriore lustro al centro cittadino. Storia contemporanea Seconda guerra mondiale Avola, confinante con Cassibile a nord-est e con Noto a sud-ovest, era stata la prima località d'Italia a subire un tentativo d'invasione, ancor prima dei giorni stabiliti per Husky: la sua spiaggia era stata coinvolta all'alba del 4 luglio 1943 in un incontro a fuoco con due cacciatorpediere britanniche e un gruppo di commandos che lasciò sulla sabbia solo un gommone, ritirandosi a seguito del contrattacco della difesa costiera siciliana, che rispose con i propri cannoni. Avola fu anche la prima città del settore dell'8ª Armata britannica a iniziare a combattere, il 9 luglio, poiché i suoi difensori vennero impegnati fin dalle prime ore serali dall'assalto dei paracadutisti americani, finiti nell'area siracusana per errore: erano i componenti del 505th Infantry Regiment degli Stati Uniti, che invece di giungere a destinazione sul settore della piana di Gela, erano stati lanciati a parecchi chilometri di distanza dal loro obiettivo, a causa del forte maltempo. La venuta degli americani si rivelò comunque di grande aiuto per i britannici (anche se vi fu tra essi un episodio di fuoco amico per via dell'inaspettata presenza statunitense in zona). Tra le 21:00 e le 22:00 del 9 luglio si paracadutarono sopra Avola 320 soldati statunitensi; lo scontro più arduo avvenne presso contrada Santa Venericchia, uno dei posti di blocco assegnati dal generale D'Havet al 374º battaglione del 146º reggimento, 206ª divisione costiera, che difendeva tutta l'area di Avola (a nord Caponegro, Falaride, Tremoli; a sud Cicirata, Punta Giorgi, fino a Calabernardo), posto sotto le direttive del maggiore Umberto Fontemaggi. Santa Venericchia presidiava il ponte del torrente Mammaledi, piuttosto fangoso e privo di acqua: il plotone del ponte era composto da 22 uomini, comandati dal tenente netino Luigi Ignazio Adorno. Gli americani erano atterrati in massima parte a nord-ovest della città, nelle vie che conducevano all'antico abitato, tra le contrade Bochini e Mutubé. Il primo scontro dei paracadutisti con gli italiani avvenne in contrada Archi, dove vi fu il primo caduto militare di Avola: il sottotenente Biagio Spina. Subito dopo entrò in azione il plotone di Adorno, il quale ingaggiò una lotta con gli statunitensi nei dintorni del torrente Mammaledi, all'interno di un fitto uliveto. La lotta volse decisamente a favore dei fanti del battaglione costiero, poiché gli americani non ebbero tempo di raggrupparsi: alcuni di essi ancora incastrati sui rami degli alberi tramite il loro paracadute. Gli avolesi, mentre giungevano in quella zona fuggendo dalle loro case poste sulla riva sotto assedio, videro una grande quantità di paracaduti appesi a carrubi e mandorli, oltre che agli ulivi; vicino a quei tronchi, soldati con la faccia nera e con i mitra puntati verso punti imprecisati nell'oscurità, si muovevano in coppia: i paracadutisti, nel tentativo di mimetizzarsi con la vegetazione e nascondere il pallore dei loro volti alla luce delle stelle, in assenza di quella lunare, si erano difatti cosparsi la faccia col fango. La gente, passando, osservò i numerosi morti e feriti sulle strade acciottolate che conducevano ad Avola Antica. Il buio impenetrabile del boschetto, nel quale stava avvenendo lo scontro maggiore, rendeva gli attacchi per entrambe le parti più difficoltosi. Giunti all'alba, il caposaldo di Santa Venericchia poteva dire di aver respinto con successo il tentato ingresso statunitense a nord della città. Circa 200 paracadutisti erano stati catturati ad Avola: scontri cruenti tra il 505th Infantry e gli uomini di Fontemaggi erano avvenuti inoltre presso il cimitero (posto a pochi metri della stazione ferroviaria e divenuto il luogo nel quale gli avolesi avevano rinchiuso i militari americani). Ciononostante, l'arrivo dei britannici, che nel frattempo erano sbarcati sulle spiagge di fronte, rese vani gli sforzi compiuti nella notte; a Santa Venericchia si riprese quindi a combattere: per il piccolo plotone, ultimo ad arrendersi, sarà una mattanza. Fu in tali circostanze che gli inglesi, scambiando gli statunitensi superstiti della battaglia per tedeschi, cominciarono a sparare loro contro; i paracadutisti non risposero al fuoco ma si ripararono nel boschetto del fiume. I britannici si sorpresero non poco. Gli americani imprecarono a loro volta Infine, i paracadutisti vennero liberati, rifocillati dal loro alleato e rispediti al campo base in Nord Africa). Altri di quei 320 uomini, quelli che erano sfuggiti alla cattura, si erano invece riversati tra le strade di Avola, prendendo parte alle operazioni che avrebbero portato alla conquista della cittadina iblea. Avola era uno dei centri urbani più popolosi del siracusano: all'epoca contava oltre abitanti. Sorgendo a ridosso della spiaggia e confinando con Siracusa, rappresentava un importante obiettivo strategico per gli Alleati. Mentre Siracusa e Catania venivano bombardate, anche Avola, intorno alle 22:00 del 9 luglio, veniva pesantemente presa di mira dai bombardieri alleati: l'area intorno alla sua stazione ferroviaria fu il luogo più colpito: 50 le vittime, soprattutto bambini (la maggior parte delle persone rimaste uccise dalle bombe aveva un'età compresa tra i 2 e i 17 anni). La tragedia spinse gli avolesi a sfollare in tutta fretta dalle loro case, che presto divennero esse stesse parte del teatro bellico, dal momento che sul suolo urbano si stava sviluppando la guerriglia. I britannici sbarcarono presso due spiagge di Avola che essi chiamarono Jig Green Beach e Jig Amber Beach, conosciute anche più semplicemente come Jig, divise in North e South: la prima corrispondeva all'attuale spiaggia del Lungomare Tremoli, poco prima di Lido di Avola, mentre la seconda si trovava tra Punta Giorgi e l'odierno villaggio di Calabernardo (dove si entra già in territorio netino), nei pressi della foce dello storico fiume Asinaro. Qui a toccare terra per primi furono gli uomini della 151ª brigata, appartenenti alla 50ª divisione fanteria "Northumbria", con i loro tre battaglioni: 6º , 8º e 9º battaglione della Durham Light Infantry, intorno alle 3:00 di notte, tra Jig Green e Marina di Avola (nei pressi dell'antica tonnara). I fanti vennero accolti dalle mitragliatrici italiane, subendo diverse perdite; conquistarono le due spiagge alle 6:19 (il 6° e il 9° Durham si diressero al Mammaledi, andando a liberare, inaspettatamente per loro, gli americani). Il 10 luglio ad Avola sbarcò anche la 69th Infantry Brigade (con altri due battaglioni, più un reggimento: il 6º e il 9º Green Howards e il 5º East Yorkshire Regiment). Obiettivo di questa brigata erano le alture dietro le spiagge di Avola e da lì muoversi in direzione Floridia. Abbattute le difese costiere, i primi battaglioni dovevano conquistare Avola; al 6° Durham si unì per caso una compagnia del 1º battaglione del Kings Own Yorkshire Light Infantry (5ª divisione), che avendo smarrito la propria spiaggia assegnata per lo sbarco, dal settore di Cassibile era finita in quello di Avola. Tra i tanti caduti, un nome in particolare è rimasto impresso nella memoria degli avolesi, quello del mitragliere Giuseppe Borbone di Raddusa, decorato con medaglia d'argento alla memoria, che faceva parte di un esiguo numero di difensori - meno di un centinaio - posti alle spalle di Lido d'Avola col compito d'impedire al nemico di raggiungere il centro della città. I fucilieri britannici, sbarcati presso il lungomare Tremoli, stavano risalendo da una via dritta e lunga, chiamata via Lido, che conduceva da est alla piazza principale, Umberto I, ma all'entrata del centro si trovarono un fortino in cemento armato con mitragliatrice. I fanti italiani che lo circondavano caddero uno dopo l'altro ma riuscirono a tenere fermo il nemico per diverse ore. Giuseppe Borbone, rimasto solo e salito sul tetto del fortino, continuò a sparare fino a quando non venne raggiunto da un inglese che gli arrivò alle spalle, uccidendolo con un colpo di fucile alla testa. La lotta per la presa di Avola coinvolse vicoli e tetti delle case: tra i rastrellatori vi erano anche paracadutisti americani, uniti sotto il comando del loro tenente Charles E. "Pinkie" Sammon, che tra quei vicoli andava inconsapevolmente incontro ad altri gruppi armati di britannici: Sammon era reduce da un attacco verificatosi nel cimitero di Avola, all'interno del quale i suoi uomini, reagendo all'attacco degli italiani, avevano ucciso tre serventi del cannone nemico. Spari e lanci di bombe a mano, che distrussero numerose abitazioni, vennero fatti cessare solo quando gli inglesi ebbero timore di ferirsi a vicenda, anche perché Avola era ormai circondata dai loro battaglioni. Alle 8 del mattino, il comando britannico del 6° Durham Light Infantry era riuscito a insediarsi all'interno di Avola, nonostante vi fossero ancora dei cecchini a sparargli contro. Sul Mammaledi il plotone di Adorno perse 14 uomini; i restanti 8 feriti. Nonostante fosse stato soccorso da un gruppo di finanzieri giunti da Fontane Bianche, il caposaldo di Santa Venericchia dovette dichiarare la resa alle 10:00 del mattino: Adorno, in un primo momento colpito al petto e catturato, lanciò una bomba a mano su un carro armato inglese, uccidendone gli occupanti; per tale motivo i britannici lo uccisero, concedendogli però l'onore delle armi.. Senza più difese, dato che erano rimasti circa 70 soldati contro interi battaglioni avversari, il maggiore Fontemaggi si asseragliò con i suoi uomini nella sede di comando del battaglione, posto in via Venezia: qui ci furono altri tre caduti. Dichiararono la resa quando finirono le munizioni, alle 14:30 del pomeriggio. La popolazione civile di Avola patì anch'essa le varie fasi della conquista bellica. In questo caso la gente non venne perseguita in massa fin nei rifugi improvvisati (pure qui dati essenzialmente dalle grotte sulle alture iblee) e incolonnata a mo' di prigionieri, ma si verificarono ugualmente gli eccessi: ad esempio un civile, Salvatore Piccione, che si trovava insieme a molta altra gente in cerca di riparo nei pressi del cimitero, venne ucciso da due paracadutisti americani, perché reo di portare con sé un fucile; i due gli spararono alle spalle e spezzarono il suo fucile, facendo scappare via i civili terrorizzati. Pure ad Avola vi furono casi di stupri e violenze da parte dei soldati ai danni delle donne: mentre a Cassibile la colpa ricadde del tutto sulle truppe indiane, gli avolesi parlarono in maniera più generica di soldati di colore (riferendosi probabilmente ad altre truppe coloniali dell'Impero britannico, come gli aborigeni della Nuova Zelanda o del Sudafrica) e di americani. Tuttavia, parlando di americani, va considerato che l'inaspettata presenza statunitense ad Avola contribuì a creare in gran parte della popolazione l'errato ricordo di un'invasione unicamente americana anche nel siracusano. Per cui, per i testimoni, che all'epoca dei fatti erano anche molto giovani, i soldati di lingua inglese diventavano tutti americani, occultando o dimenticando piuttosto la presenza britannica, che nel siracusano, data la severa divisione attuata al principio dalle due armate, era assolutamente maggioritaria, rispetto anche alla presenza canadese. La popolazione femminile di Avola, per sfuggire alle violenze, si nascose in luoghi impervi, ma come più volte accadde per i cassibilesi, non sempre nascondersi funzionava. Nei primi giorni post-conquista si verificarono episodi di resistenza e ritorsione sui soldati, attuati dai familiari delle vittime: soldati vennero trovati annegati nei pozzi o uccisi in altre maniere; per contro, persero la vita anche diversi avolesi nel tentativo di difendere le donne. Questo inquietante fenomeno, così come successe a Cassibile, e più avanti anche a Siracusa, venne fortunatamente arginato quasi subito dalla polizia militare, che non tollerava tali eccessi e castigava severamente gli aggressori. Eccidio di Avola Il 2 dicembre 1968, a causa di un'ondata di scioperi, organizzati dai lavoratori agricoli di Avola e provincia per l'eliminazione delle "gabbie salariali", del "caporalato", e la istituzione della Commissione Sindacale per il Controllo del Collocamento della manodopera, fu attuato dai lavoratori agricoli un blocco stradale (il blocco fu effettuato sulla S.S. 115 che consentiva sia allora che oggi l'entrata e l'uscita di Avola) che provocò l'intervento delle forze dell'ordine. La polizia ordinò ai manifestanti di liberare la strada, ma al loro rifiuto scoppiò una rivolta. La polizia cominciò a sparare ad altezza d'uomo così che uccise due persone e ne ferì quarantotto, di cui cinque in modo grave. Gli scontri (da un lato la polizia armata di mitra e pistole, dall'altro i manifestanti con pietre che venivano staccate dai muretti ai bordi della strada) furono molto brevi, ma molto violenti. Dopo questi fatti la trattativa venne rapidamente conclusa, seppur al prezzo di vite umane. I tragici avvenimenti di quei giorni fecero da scintilla ad alcune rivolte studentesche ed operaie sfociate nelle settimane successive su tutto il territorio nazionale, nell'ambito dei movimenti di massa del Sessantotto. Dopo gli scontri rimasero uccisi sull'asfalto Giuseppe Scibilia, di quarantasette anni, di Avola e Angelo Sigona, di ventinove, di Cassibile. Il deputato del PCI Antonino Piscitello, che si trovava sul posto al momento degli scontri, raccolse oltre due chili di bossoli. Simboli Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 14 marzo 2002; lo stemma ha origine negli anni immediatamente successivi al 1860. Monumenti e luoghi d'interesse Dolmen Ad un periodo certamente precedente a quello siculo appartiene un dolmen scoperto nel 1961 in contrada Borgellusa, di fronte all'ospedale civico. L'edificio è costituito apparentemente da una enorme tavola che poggia su due pilastri, modellato seguendo il profilo naturale della roccia, tanto da valergli l'appellativo di pseudo-dolmen. Gli interventi umani sono visibili sia nell'ampliamento che nella geometrizzazione della cavità, oltre che nella forma conferita ai due piedritti laterali. Il pavimento dell'area interna del monumento fu realizzato asportando i materiali arenitico-sabbiosi sottostanti, seguendo la superficie di stratificazione inferiore Architetture religiose Chiesa di Santa Venera Chiesa di San Giovanni Chiesa di Sant'Antonio Chiesa Madre Chiesa della Madonna del Carmine Chiesa della Santissima Annunziata Chiesa della Santa Croce e convento dell'Ordine dei frati minori cappuccini Chiesa di Santa Maria del Gesù Chiesa della Madonna delle Grazie Chiesa del Sacro Cuore di Gesù Convento di San Domenico. Architetture civili Palazzo Alfieri Palazzo del Feudatario Palazzo Giampiccolo Palazzo Giangreco Palazzo Riscica Palazzo Sirugo Palazzo Toscano Casa Riscica Aree naturali Riserva naturale orientata Cavagrande del Cassibile Economia L'economia del paese è legata soprattutto ai prodotti agricoli ed alle coltivazioni, marginale è la pesca. Rinomata è la pasticceria, legata alla coltivazione nelle zone limitrofe alla città di Noto di una particolare varietà di mandorla, la Pizzuta d'Avola. Da Avola prende il nome anche il famoso vino, il Nero d'Avola, la cui origine è legata ai vitigni della cittadina e, nonostante oggi sia prodotto soprattutto in altre località, rende Avola famosa in tutto il mondo. Inoltre ad Avola si è molto sviluppato anche il turismo. Società Evoluzione demografica Cultura Istruzione Biblioteche Avola dispone della biblioteca comunale "Giuseppe Bianca", la quale occupa i locali dell'antico mercato comunale. Eventi Festa di santa Venera, ultima domenica di luglio, Festa di san Sebastiano, seconda domenica di maggio, Festa di san Giuseppe, 19 marzo Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Gemellaggi Sport La principale società di calcio avolese è l'A.S.D. Città di Avola, militante nel campionato di Promozione, ed erede dello storico Avola Calcio 1949 che ha disputato tre campionati di serie D (l'antenata della serie C2) dal 1970-71 al 1972-73. Il principale impianto sportivo di Avola è il campo di calcio "Meno Di Pasquale", inaugurato nel 1970, e dotato di una pista di atletica, di una gradinata di 900 posti e tribuna coperta di altrettanti 900 posti. Strutturalmente, è quasi identico allo stadio Aldo Campo di Ragusa. Il progetto di riqualificazione progressiva del Di Pasquale ha incluso anche l'installazione del nuovo manto in erba sintetica. L'altro impianto sportivo, vicino al Di Pasquale, è il più antico "Tenente Alfieri", dove l'Avola ha giocato fino al 1970. Note Bibliografia Voci correlate Patata novella di Siracusa Nero d'Avola (vino) Nero d'Avola (vitigno) Pizzuta d'Avola Limone di Siracusa Stazione di Avola Siracusa in età spagnola: dalla guerra contro l'Impero ottomano al terremoto del 1693 Siracusa in età spagnola: la guerra di successione e l'ultimo Asburgo Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Anguillara%20Sabazia
Anguillara Sabazia
Anguillara Sabazia è un comune italiano di abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Sito a a nord-ovest della capitale, il comune si affaccia sul lago di Bracciano; nel 2001 è stato insignito del titolo di città. Geografia fisica Territorio Anguillara, posta sui rilievi Sabatini, si estende su un promontorio sulla sponda sud-orientale del lago di Bracciano, il terzo per estensione fra i laghi dell'Italia centrale, dopo il lago Trasimeno e il lago di Bolsena. Ciò ne fa un importante centro turistico e balneare. Nel territorio comunale ricadono anche le sponde del lago di Martignano, condivise con i comuni di Roma e Campagnano di Roma. Clima A causa della vicinanza del paese al lago Sabatino, il clima è mite, con frequenti piogge in inverno ed estati calde e afose. Storia I primi insediamenti umani documentati nel comune di Aguillara sono di epoca neolitica, infatti, presso la località la Marmotta, è stato rinvenuto sotto le acque del lago un villaggio datato a circa ottomila anni fa, tra i più antichi dell'area mediterranea, nonché il più antico del continente europeo ad oggi conosciuto. Il lago, prima di chiamarsi "di Bracciano", si chiamava "di Anguillara" e, prima ancora, "di Tarquinia". Una ricca patrizia romana, Rutilia Polla, possedeva una villa sulle sponde del lago, proprio sotto la Collegiata, e allevava pesce di lago per rifornire il mercato di Roma. La villa era a forma di angolo, perciò detta Angularia; da qui deriverebbe il nome Anguillara. Di Anguillara si ha poi notizia certa da un documento che assegnava i diritti di pesca nel lago al figlio del conte Bellisone, per il quale si sa che nel 1019 esisteva un borgo fortificato (castrum), citato anche in una bolla di Papa Innocenzo III del 1205, e in un documento del 1320 che riporta le pretese del notaio Pietro di Amadeo sul castrum Anguillariae. Divenuta contea (Contea di Anguillara) con la famiglia degli Orsini nel XV secolo, Anguillara fu incorporata nel 1560 nel Ducato di Bracciano, retto sempre dagli Orsini, i quali, estinti alla morte dell'ultimo duca Flavio, venne ceduta dalla Congregazione dei Baroni per 275 000 scudi al marchese Domenico Grillo nel 1693. Anguillara divenne comune autonomo nel 1790, per distacco da Roma. Il suffisso Sabazia, derivante dal nome della zona, serve a distinguerlo da un omonimo centro del padovano, Anguillara Veneta. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose la collegiata di Santa Maria Assunta è situata sul punto più alto del promontorio ove riposa il paese vecchio, e la terrazza limitrofa. Il paese è stato rifatto completamente nel cinquecento; molte case conservano la struttura medievale ad ambienti sovrapposti, non tramezzati, grandi quanto tutto l'edificio e collegati fra loro da una scala centrale che sbocca nel pavimento dell'ambiente superiore. la quattrocentesca chiesa di San Francesco e i suoi affreschi la chiesa medioevale della Madonna delle Grazie sul lungolago, con l'affresco della Madonna con Bambino (poi diventato santuario a causa di un miracolo) la chiesa di San Biagio, cinquecentesca, con le sue tele la chiesetta della SS. Trinità, del 1689, nei pressi del cimitero, appena fuori dal centro storico Architetture civili la porta cinquecentesca, antico punto di ingresso alla città, sormontata da un orologio e unita da un bastione cinquecentesco al torrione medievale; il torrione medievale, oggi sede del Museo della civiltà contadina e della cultura popolare; casa antica dei Turco, storica famiglia anguillarina stipulatrice degli accordi anguillo-segnini; il palazzo comunale con i suoi affreschi; Altro Fonte dell'acqua Claudia Ad Anguillara è presente la sorgente dell'acqua effervescente naturale Claudia. Lo stabilimento di imbottigliamento è gestito dalla Tione s.r.l., mentre la fonte è in gestione al comune. Dal marzo 2009 la fonte comunale è chiusa per la presenza di arsenico e manganese, mentre lo stabilimento funziona regolarmente grazie ad un apposito depuratore la fontana della Terra Siti archeologici Villaggio neolitico. In località "La Marmotta" è stato scoperto un villaggio del neolitico antico, risalente a circa 8.000 anni fa, ora sommerso dalle acque del lago. Nel corso degli scavi subacquei (condotti dal 1989 al 2010 dalla dott.ssa Maria Antonietta Fugazzola Delpino) sono stati recuperati importanti reperti, tra cui numerosissime ceramiche, strumenti di legno, resti paleobotanici e cinque piroghe. Una parte dei materiali è esposta presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini. Una delle piroghe, lunga 9,50 metri e originariamente spezzata in due parti, rinvenuta il 31 luglio 2005 a 12 metri di profondità, è conservata in una teca di 12 metri, contenente sostanze adatte al consolidamento, presso il Centro Espositivo del Neolitico di Anguillara Sabazia, dove dal 1º ottobre 2006 ne è possibile la visione. Il Centro è situato nei pressi della Stazione ferroviaria, in via Anguillarese. il ponte romano che scavalca il fosso lungo via della Cannella; i resti romani su vicolo Grondarella; Villa romana delle Mura di Santo Stefano Monumenti pubblici Il Guerriero: realizzato dall'artista Mauro Martoriati, è collocato vicino all'incrocio di via Tolstoi con via Anguillarese. Ai Caduti del Mare: presso la Piazza del Molo. Aree naturali le spiagge della frazione di Vigna di Valle, situata in un golfo sulla sponda meridionale del lago. Parco naturale regionale del complesso lacuale di Bracciano - Martignano Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2010 la popolazione straniera residente era di persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Romania 852 4,51% Polonia 212 1,12% Cultura Istruzione Letteratura Il romanzo di Giulia Caminito L'acqua del lago non è mai dolce è ambientato ad Anguillara Sabazia. In particolare, il lago di Bracciano fa da sfondo ad alcune delle vicende principali. Musei Museo della civiltà contadina e della cultura popolare Cinema La scena del pranzo durante la scampagnata degli studenti con le loro fidanzate in Re di denari del 1936, di Enrico Guazzoni, con Angelo Musco, è stata girata nei giardini in cima ai bastioni del paese, alle spalle del palazzo del Comune. Vi è stato girato, per gli esterni, il film Cani e gatti (1952), diretto da Leonardo De Mitri. Il film Il nostro campione (1955) è stato completamente girato ad Anguillara. Gran parte delle riprese del film Il carabiniere a cavallo (1961) con Nino Manfredi sono state realizzate ad Anguillara. La serie di scene del blocco militare lungo la linea ferroviaria ne La Marcia su Roma di Dino Risi del 1963, con Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, è stata girata alla stazione di Anguillara, in particolare al passaggio a livello verso la fonte dell'Acqua Claudia. Una piccola parte del film Ecco noi per esempio (1978) con Adriano Celentano e Renato Pozzetto è stato girato ad Anguillara. Alcune scene del famoso Pinocchio di Carlo Collodi sono state girate sulle sponde del lago di Martignano, piccolo lago ospitato sul territorio del comune di Anguillara, e sulle vie limitrofe allo stesso. La scena del film Fantozzi in cui il ragionier Filini e Fantozzi giocano a tennis è girata ad Anguillara nella zona Poggio dei Pini. Le scene del campeggio dello stesso film sono state girate al Parco del Lago, a dal paese. Alcune scene della prima serie TV de Il commissario Manara sono state girate alle spalle della piazza del molo. Alcune scene de Il diavolo e l'acquasanta (1983) di Bruno Corbucci con Tomás Milián. L'episodio Rachele della serie TV Il tredicesimo apostolo con Claudio Gioè e Claudia Pandolfi. La scena dell'incidente del carro funebre nell'episodio il Candido di Grande, grosso e... Verdone è stata girata in via della Cannella, dopo la prima curva scendendo da via di Santo Stefano verso il lago. Alcune sequenze del film Tutta la conoscenza del mondo (2001), con Giovanna Mezzogiorno, sono state girate in via del Molo Alcune scene del film Nine (2009), la cui parte vede come protagonisti Daniel Day-Lewis e Judi Dench passeggiare sulla banchina del lungolago. Il film Gli ultimi saranno ultimi (2015) di Massimiliano Bruno, è stato girato ad Anguillara. Fiction Chiamami ancora amore (2021), con Greta Scarano e Simone Liberati. Fiction Buongiorno, mamma! con Raoul Bova e Maria Chiara Giannetta Economia Artigianato Tra le attività economiche più tradizionali, diffuse e rinomate vi sono quelle artigianali, come la lavorazione e l'arte del ferro. Infrastrutture e trasporti Ferrovie Anguillara Sabazia è servita dall'omonima stazione ferroviaria che dista circa 3,5 km dal centro cittadino, nella quale fermano i treni della ferrovia Roma-Capranica-Viterbo. Il collegamento con il centro cittadino è garantito da un servizio bus-navetta. Porti Anguillara Sabazia è inoltre collegata a Bracciano e Trevignano Romano, ad eccezione del periodo invernale, per mezzo della motonave Sabazia II, gestita dal Consorzio Lago di Bracciano. Amministrazione Nel 1872 cambia denominazione da Anguillara ad Anguillara Sabazia. Sport Calcio A.S.D. Anguillara Calcio (Girone C di Prima Categoria) A.S.D. Anguillara Calcio B (Girone A di Terza Categoria Viterbo) P.D. Sabazia Calcio (Settore Giovanile e Scolastico) Pallavolo Volley Anguillara Asd che nel 2019-2020 milita nel campionato maschile di Serie B. Volley Anguillara Asd femminile Pattinaggio artistico A.S.D. Skating Club Anguillara Pallanuoto A.S.D. Anguillara Nuoto (Serie C per la Pallanuoto Maschile e Serie B per la Femminile) Scherma Club Scherma Anguillara (ex Club Scherma Gymnasium Sabatia) www.clubschermaanguillara.it Note Voci correlate Lago di Bracciano Parco naturale regionale di Bracciano-Martignano Altri progetti Collegamenti esterni Città murate del Lazio
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https://it.wikipedia.org/wiki/Abraham%20Wald
Abraham Wald
Contribuì alla teoria delle decisioni, all'analisi sequenziale, alla geometria e all'econometria. Biografia Non potendo frequentare la scuola il sabato in quanto ebreo, adempì all'obbligo scolastico studiando a casa. Grazie all'istruzione ricevuta, venne ammesso alle locali scuole superiori. Nel 1927 iniziò l'università a Vienna dove conseguì nel 1931 il Ph.D. in matematica. In seguito alle persecuzioni dei nazisti seguite all'annessione dell'Austria nel Terzo Reich del 1938, emigrò negli Stati Uniti d'America. Wald, il cui figlio è il fisico teorico Robert Wald, morì in un incidente aereo in India, paese nel quale si era recato per tenere dei seminari di statistica su invito del governo indiano. Pubblicazioni Note Bibliografia Gianfranco Sabattini e Aldo Montesano, Abraham Wald e il "programma di ricerca" sull'equilibrio, Milano, F. Angeli, 1996. Voci correlate Teoria delle decisioni di Wald Wald test Numero indice Test dei run (detto pure test Wald-Wolfowitz) Altri progetti Collegamenti esterni Morti per incidente aereo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Storia%20di%20Alitalia
Storia di Alitalia
La storia di Alitalia descrive gli eventi che hanno caratterizzato l'esistenza della compagnia aerea, dalla sua creazione sino alla chiusura. La creazione e le prime attività A seguito della revoca del veto alleato alla ricostituzione dell'aviazione civile italiana, il 16 settembre 1946 venne fondata Aerolinee Italiane Internazionali - ALII; tra i sottoscrittori dei 900 milioni di lire del capitale sociale, era presente British Overseas Airways Corporation (di proprietà del governo del Regno Unito) con il 40%, il Governo Italiano con l'IRI (47%) ed il resto del capitale era diviso tra investitori privati. Come simbolo adotta una "freccia alata". La flotta iniziale è costituita da 4 Fiat G.12 ed un Savoia Marchetti SM.95 ricevuti in prestito dall'Aeronautica Militare Italiana. Nel 1947 si trasforma in Alitalia - Aerolinee Italiane Internazionali S.p.A. Giuseppe De Michelis è il primo presidente e dal 1948 al 1968 sarà invece in carica Nicolò Carandini, che diede un grande contributo per mantenere in vigore i diritti di traffico Alitalia nei collegamenti con gli Stati Uniti. L'avvio dell'operatività commerciale avviene il 5 maggio del 1947 con un trimotore Fiat G.12 "Alcione" (I-DALH), pilotato da Virgilio Reinero, con un volo da Torino a Roma Urbe (allora base d'armamento Alitalia) e poi a Catania, con 18 passeggeri a bordo e al prezzo di 7.000 lire, circa 140 euro odierni). Il 6 luglio dello stesso anno, il Savoia-Marchetti S.M.95 "Marco Polo" effettua il primo collegamento internazionale, da Roma a Oslo con a bordo 38 marinai norvegesi. A marzo dell'anno successivo (1948), con un Lancastrian viene inaugurata la prima tratta intercontinentale, un volo di 36 ore: Milano, Roma, Dakar, Natal, Rio de Janeiro, San Paolo, Buenos Aires.. Nel primo anno di attività, Alitalia trasporta 10.306 passeggeri, 92 tonnellate di merce e 18 di posta. Verso la fine del 1949, la flotta viene completamente rinnovata con quattro Douglas DC-4, acquistati dalla Pan Am ed un network di 7 rotte (Roma-Catania-Malta-Tripoli, Roma-Cairo-Asmara, Roma-Parigi, Roma-Londra, Roma-Milano-Londra, Roma-Nizza-Ginevra, Roma-Dakar-Natal-Rio de Janeiro-Montevideo-Buenos Aires. Nel 1950, entrano in servizio le prime hostess, che indossano delle divise create dalle sorelle Fontana e acquisisce flotta e personale di Linee Aeree Transcontinentali Italiane, che collegava Italia e Sudamerica. Dal 1951 vengono introdotti i pasti caldi a bordo su piatti di ceramica Richard Ginori e nel 1952 chiude il suo primo bilancio in utile. La sua principale concorrente, in quel periodo, era Linee Aeree Italiane, controllata sempre da Iri insieme a TWA, la quale, effettivamente, almeno all'inizio, era meglio dimensionata, organizzata e strutturata rispetto ad Alitalia, grazie al maggior contributo apportato dal socio americano, sia in termini di dotazione finanziaria che di flotta aerea a disposizione; in particolare, venivano utilizzati esclusivamente velivoli di produzione italiana o britannica, mentre LAI poteva beneficiare anche di apparecchi di fabbricazione americana (entreranno poi in servizio nei primi anni cinquanta 4 Douglas DC-4 nella flotta Alitalia). La fusione con "Linee Aeree Italiane" e il rafforzamento Il 31 ottobre 1957, l'IRI impone la fusione tra l'Alitalia e la LAI - Linee Aeree Italiane, altra compagnia di proprietà statale, nasce così l'Alitalia-Linee Aeree Italiane, la "nuova" compagnia diventa quindi l'unica compagnia aerea di bandiera italiana, la base d'armamento è all'aeroporto di Roma-Ciampino, forte di 37 aerei e 3.000 dipendenti. Il 1960 è un anno che segna la definitiva affermazione della compagnia, che diventa anche il vettore ufficiale delle Olimpiadi di Roma. Sempre nello stesso anno, entrano in flotta i primi aerei a reazione (Douglas DC-8 e Sud Aviation Caravelle) e per la prima volta vengono trasportati un milione di passeggeri, che diventeranno 5 milioni entro il 1969. La base d'armamento viene trasferita presso l'aeroporto di Roma-Fiumicino, aperto ufficialmente l'11 gennaio del 1961, e vengono inaugurati anche il "Centro Addestramento Personale Navigante" e la "Città del Volo".. IRI diventa azionista unico dell'azienda. Il 3 giugno 1964 nasce a Napoli l'ATI Aero Trasporti Italiani, filiale di Alitalia, per operare sulla rete nazionale. Nel 1965, la compagnia supera i tre milioni di passeggeri trasportati ed entrano in flotta i DC-9/30. Nello stesso anno, con il 49% delle azioni, fonda Somali Airlines, nel cui azionariato rimarrà fino al 1977. Nel 1967, Alitalia abbandona la sede "storica" di via Maresciallo Pilsudski e si trasferisce al grattacielo dell'EUR. ed acquisisce il 40% di Air Zambia. Come riportato nella trasmissione radiofonica Il Mix delle Cinque, condotta da Giovanni Minoli, nel 1967 Alitalia è la settima compagnia aerea del mondo, la terza d'Europa, con 70 nazioni servite, 140 miliardi di fatturato e 10.000 dipendenti. Nel 1969, l'Alitalia è la prima compagnia aerea europea a volare con una flotta di soli velivoli a reazione, e contestualmente decide di rinnovare la propria identità visiva: in questi anni, gli aerei della flotta presentano una livrea bianca e grigia, con una fascia composta da cinque linee azzurre e due nere che corre all'altezza dei finestrini. Gli impennaggi presentano i colori della bandiera italiana e la dicitura Alitalia (scritta in caratteri maiuscoli) è apposta al centro della fusoliera, al di sopra della fascia dei finestrini. L'incarico di rinnovare l'immagine della compagnia viene affidato allo studio grafico Landor & Associates di San Francisco, il cui lavoro è destinato ad avere una lunga fortuna: il vecchio logo della freccia alata viene sostituito dalla lettera A, modellata a somiglianza dell'impennaggio di un aereo, e colorata nelle tinte della bandiera italiana. Le fusoliere degli aerei vengono ridipinte di bianco, con una larga fascia verde (in gergo "cheatline") all'altezza dei finestrini, che si allunga dallo stabilizzatore di coda fino al muso. Secondo una interessante analisi condotta da Ugo Arrigo su Il Sussidiario, Alitalia ha sostanzialmente chiuso in utile tutti i bilanci dei primi 23 anni di esistenza, eccezion fatta per il periodo di start up (1947-1951) e 1958 (post-integrazione con Lai), per controvalore cumulato ad oggi pari a 600 milioni di euro. Gli Anni Settanta e l'austerity Il 5 giugno 1970 entra in servizio il primo Boeing 747, chiamato "Neil Armstrong", che viene impiegato sulla tratta Roma-New York. Nel 1973, entrano in servizio i trimotori McDonnell Douglas DC-10 per le tratte intercontinentali. Sempre nello stesso anno, la compagnia inizia a volare verso l'Estremo Oriente, aprendo una rotta verso Tokyo. Il decennio è purtroppo contrassegnato dall'austerity, che ha portato ad un aumento del prezzo del petrolio e una recessione economica mondiale. In America, la deregolamentazione porta alla nascita delle prime compagnie aree low cost, che si affacceranno in Europa qualche decennio più tardi. Nel 1980 nasce la scuola di volo di Alghero. Nel 1982, l'Alitalia trasporta 10 milioni di passeggeri. Negli stessi anni entrano in flotta i McDonnell Douglas MD-80 e gli Airbus A300/B4. Nel 1993 trasporta il 38,7% dei passeggeri di voli internazionali ed è la terza compagnia aerea europea dopo Lufthansa e British Airways. Nel giugno del 1991, la sede dell'Alitalia si trasferisce al Nuovo Centro Direzionale (NCD) alla Magliana, lasciato per circa 10 anni (2012-2021) in totale stato di abbandono, ora è in fase di demolizione, mentre uno dei palazzi viene ancora usato come sede dell'agenzia LeasePlan. Nel dicembre dello stesso anno entrano in flotta i McDonnell Douglas MD-11 e nel 1994 gli Airbus A321, per lo sviluppo del medio raggio. In questi anni la compagnia raggiunge i 20 milioni di passeggeri trasportati. Nel 1995 ha trasportato il 50% di tutti gli italiani che hanno preso un aereo. Nel 1996, viene creata la società operativa Alitalia Team per la gestione di collegamenti a medio e lungo raggio a basso costo. Sempre nel 1996, nasce il primo sito web di Alitalia. Nel 1997 viene creata Alitalia Express, per sviluppare il trasporto regionale. Le prime riorganizzazioni e la tentata alleanza con KLM Negli anni novanta, Alitalia trasporta quasi 28 milioni di passeggeri annui, ma le tensioni sindacali e l'eccessivo piano di investimenti producono risultati di bilancio assai deludenti. Inoltre, la deregulation americana è approdata nel vecchio continente, cambiando il contesto di riferimento. Sembrerebbe che Alitalia non si sia attivata per coglierne le nuove opportunità e sfide; il mercato si è aperto ad altri concorrenti, in particolare le compagnie low cost, attive anche e soprattutto sulle rotte nazionali. Ma la compagnia ha ridotto le tratte intercontinentali operate e non ha effettuato investimenti per adeguare la propria offerta alla domanda crescente (in particolare l'ampliamento della flotta, poiché il mercato è cresciuto a fronte di una azienda che ha mantenuto la stessa dimensione, vedendo così ridotta la propria market share). Nel 1993 comincia un dialogo con Air France, ma questa interrompe le trattative a causa delle proteste sindacali che bocciano il piano di tagli per 4.000 posti e causano le dimissioni dell'allora presidente della compagnia di bandiera francese, Bernard Attali. Nel 1996 l'amministratore delegato Domenico Cempella assume il timone dell'azienda e riesce a chiudere i successivi bilanci in utile, passando dai 1,217 miliardi di perdite del 1996 ai 438 miliardi di utile del 1997. Dopo 11 anni, nel 1998 ridistribuisce il dividendo ai soci, grazie a 408 miliardi di utili. Questi risultati sono stati prodotti grazie a: riduzione dei costi; rinnovamento della struttura dirigenziale creazione di Alitalia Team S.p.A., per la gestione di voli a medio/lungo raggio a basso costo. Grazie alla concertazione con i sindacati, la società ha potuto riassumere parte del personale di volo e di terra usando nuovi schemi contrattuali, regole e prassi operative e, in sede operativa, strumenti innovativi per l'organizzazione delle risorse, l'impiego degli aerei e degli equipaggi. Anche grazie a questo intervento, il costo del lavoro viene abbattuto di 7 punti percentuali (da 27% al 20%): in questo modo, si è riusciti ad assorbire l'aumento del prezzo del petrolio e la concorrenza dovuta a nuovi vettori, nonché a far passare le ore di sciopero da quota 60.000 ore del periodo marzo 1995-marzo 1996 ad un valore pari allo zero nel 1997; ricapitalizzazione e vendita del 37% delle azioni tramite quotazione in Borsa di cui il 21% assegnate ai dipendenti Inoltre, Cempella ritiene che Alitalia non possa sopravvivere senza un’alleanza internazionale che ne ottimizzi rotte e feederaggio. Si concretizzano i contatti con KLM, la compagnia ritenuta più complementare ad Alitalia. Gli olandesi si sarebbero occupati del lungo raggio sul Nord America e Asia, Alitalia del breve, medio e lungo sul Sud America e Africa. Il tutto, unito all'apertura del nuovo Hub a Malpensa, ritenuto strategico da KLM per via del suo bacino d'utenza: nel 1999 nascono due accordi di collaborazione con KLM, l'area passeggeri ed area cargo che, nei piani dei dirigenti, dovevano fare da preludio a una fusione. I piani prevedevano la nascita di una compagnia dotata di 300 aeromobili in grado di far viaggiare 40 milioni di passeggeri per un giro d'affari di miliardi di lire. In questo modo Alitalia-KLM mirava ad essere il più grande vettore aereo europeo. Ma il progetto stenta a decollare, prima a causa dei ritardi derivanti dalla costruzione dell'hub di Malpensa (e delle infrastrutture di collegamento) e poi per via delle polemiche politiche per la rivalità che sarebbe nata con Linate e Fiumicino. Cempella stima che il mancato trasferimento dei voli da Linate a Malpensa abbia comportato la perdita di 2,6 milioni di passeggeri per un totale di 60 miliardi di ricavi in meno, ogni mese. Questa situazione, unita al caro petrolio e alla guerra nei Balcani che ha ridotto il traffico aereo, ha portato Alitalia a chiudere il 1999 in pareggio (un leggero attivo), contro i 200 miliardi di lire di utili previsti dal piano industriale. Proprio in seguito alle questioni relative a Malpensa, insieme a lentezze nella privatizzazione completa di Alitalia, KLM recede unilateralmente dalla joint venture. Dal 1º settembre 2000, i voli condotti congiuntamente torneranno ad essere svolti separatamente dai due vettori (ed il bilancio rivide le perdite). Questo porta Cempella (che poi diede le dimissioni) ad esercitare un'azione legale che termina due anni più tardi, quando l'arbitrato internazionale condanna KLM a pagare una penale netta all'Alitalia di 250 milioni di euro, grazie ai quali Alitalia supera il rosso da 50 milioni di euro e chiude in positivo il bilancio 2002 (peraltro ancora oggi è l'ultimo della sua storia ad aver avuto il segno verde). L'ingresso in SkyTeam e l'acquisto di Volare Nel 2001, anno nero per l'aviazione civile mondiale, Alitalia paga più della concorrenza la flessione della domanda per la sua precedente crisi strutturale, in particolar modo per la concorrenza agguerrita delle compagnie a basso costo. Nello stesso anno Alitalia stipula un'alleanza con Air France ed entra a far parte di SkyTeam, una delle principali alleanze aeree, i cui membri, all'epoca, oltre a Air France, erano Aeroméxico, Delta Air Lines, Korean Air e CSA Czech Airlines. L'accordo con la compagnia francese prevede anche uno scambio azionario del 2%, in virtù del quale i due capi azienda Francesco Mengozzi e Jean-Cyril Spinetta entrano a far parte dei reciproci consigli di amministrazione. Mengozzi, confermato dal governo Berlusconi II, aveva in animo una fusione con Air France e aveva ottenuto che la fusione fosse fatta attribuendo ad Alitalia il 30-35% del capitale della rete francese, ma il governo italiano però respinse la proposta Il 2002 è anche l'anno in cui entrano in flotta i Boeing 777-200ER in sostituzione dei Boeing 747, noti anche come "Jumbo". Nel gennaio 2004, l'Alitalia aveva dipendenti (tra cui 4418 assistenti di volo) e una flotta di 157 aerei (più 3 in ordine); la maggioranza del pacchetto azionario era in mano allo Stato Italiano (62,4%), altri azionisti (tra cui i dipendenti) avevano il 35,6% e Air France il 2%; aveva come sussidiarie e società partecipate: Alitalia Express (100%), Alitalia TEAM (100%), Eurofly (20%). Nel 2005 Alitalia si aggiudica l'asta per il Gruppo Volare (che controllava la compagnia aerea a basso costo Volareweb.com, e la compagnia aerea charter Air Europe) in amministrazione straordinaria. Sempre nel 2005 la compagnia aggiorna ulteriormente la propria identità visiva: lo studio Saatchi & Saatchi ridisegna il logo del 1969, addolcendone gli spigoli e inclinando i caratteri verso destra. La livrea degli aerei viene aggiornata con tale nuovo simbolo e modificata: la "cheatline" verde viene rimpicciolita e spostata al di sotto della linea dei finestrini, mentre la "A" sull'impennaggio viene ingrandita. Secondo Il Sole 24 Ore dell'11 settembre 2008 che ha controllato il valore patrimoniale di Alitalia, insieme alla banca dati della Thomson Financial che ne ha certificato l'esattezza, un'azione di Alitalia in Borsa valeva circa 10 euro nel 2001 e solo 1,57 euro nel 2006. I tentativi di privatizzazione A fine 2006 il governo Prodi decide di cedere la compagnia, vendendo il 30,1% (poi innalzato al 39,9%) del capitale azionario, facendo così scattare l'obbligatorietà dell'OPA per il nuovo compratore. La gara però, dopo otto mesi, fallisce per il ritiro progressivo di tutti i concorrenti. Tra i partecipanti alla gara i pretendenti più autorevoli erano AP Holding di Carlo Toto (Finanziaria che controlla Air One), Texas Pacific Group (fondo americano che ha già lavorato nel rilancio di Continental Airlines e Ryanair) e la compagnia russa Aeroflot. Il 1º agosto 2007 il presidente Libonati si dimette a pochi mesi dall'incarico ricevuto e il Ministero dell'Economia e delle Finanze designa come successore Maurizio Prato, a cui vengono delegati pieni poteri per la gestione aziendale e l'individuazione del percorso per proseguire con la privatizzazione. Nel successivo consiglio di amministrazione del 30 agosto viene approvato il piano di "sopravvivenza" 2008/2010 che prevede il ritorno a un unico hub (Roma Fiumicino) e il conseguente drastico ridimensionamento della base di Malpensa. Decisione molto contestata dai vertici istituzionali lombardi e che nei mesi a seguire comporterà l'avvio di una causa civile da parte della SEA, con richiesta di un risarcimento danni per 1,25 miliardi di euro. Al secondo tentativo di privatizzazione manifestano interesse Air France-KLM (partner di Alitalia in SkyTeam), Lufthansa, AP Holding (controllante di Air One), Aeroflot, e una cordata con rappresentante legale Antonio Baldassarre (già amministratore delegato della RAI durante il secondo governo Berlusconi). Il 21 dicembre 2007 il consiglio d'amministrazione Alitalia individua in Air France-KLM l'interlocutore con cui avviare una trattativa in esclusiva. Scelta avallata, una settimana più tardi, anche dall'azionista principale. Il 15 marzo 2008, Alitalia accetta l'offerta vincolante di Air France-KLM che prevede un'offerta pubblica di scambio sul 100% delle azioni di Alitalia con una permuta di 160 azioni Alitalia per ogni azione Air France-KLM e un'offerta pubblica di acquisto sul 100% delle obbligazioni convertibili Alitalia. Il valore dell'offerta sarà di 1,7 miliardi di euro e comprende la ricapitalizzazione di 1 miliardo, 138,5 milioni per l'acquisto delle azioni Alitalia, valutate singolarmente 0,099 euro, e 608 milioni per le obbligazioni convertibili. L'offerta è vincolata da una serie di condizioni, tra cui: il raggiungimento di un accordo con i sindacati, l'impegno scritto del governo a mantenere il portafoglio dei diritti di traffico di Alitalia, la sottoscrizione di un accordo con Aeroporti di Roma sui livelli di servizio necessari per l'attuazione del Business Plan 2008-2010, un accordo con Fintecna e Alitalia Servizi che preveda il rientro in Alitalia di attività come la manutenzione e i servizi di terra e la rinegoziazione di alcune clausole dei contratti di servizio, il ritiro del contenzioso in essere con la SEA. Tutte condizioni che si devono risolvere entro il 31 marzo 2008. Alitalia manterrà però un ruolo autonomo, identità italiana e proprio marchio, logo e livrea. Si prevedono tra l'altro esuberi per 2100 unità (solo per Alitalia Servizi). Se il ministero dell'Economia aderirà all'offerta, lo Stato italiano avrà una quota dell'1,4% nel capitale del gruppo franco-olandese e un consigliere italiano indicato dal Ministero delle economie e delle finanze italiano per 6 anni nel consiglio d'amministrazione di Alitalia. La flotta Alitalia si ridurrà a 149 aerei. Il nuovo gruppo si baserà su tre basi, Amsterdam, Parigi e Roma. A fine marzo, Alitalia diventa uno dei principali temi della campagna elettorale. Il 2 aprile 2008 Maurizio Prato si dimette a causa del mancato accordo con le parti sociali. Questa decisione, anche a seguito del rifiuto di Silvio Berlusconi a garantire che (in caso di una sua nuova elezione a Palazzo Chigi) avrebbe proseguito un eventuale accordo, garanzia richiesta da Prodi per poter concludere la trattativa, porta il 21 aprile il presidente francese Jean-Cyril Spinetta ad annunciare il ritiro dell'offerta di acquisto di Air France-KLM. Il giorno dopo il Consiglio dei ministri, su richiesta di Berlusconi, approva un decreto legge che concede un prestito ad Alitalia di 300 milioni da restituire entro il 31 dicembre. Iniziativa contestata dalla Commissione Europea che ravvisa degli illeciti aiuti di stato. Il caso è seguito dal commissario ai Trasporti Antonio Tajani. Il 21 maggio, il Governo Berlusconi IV converte il prestito ponte in patrimonio netto per la società. L'arrivo della cordata italiana e il commissariamento Il governo e la compagnia affidano un ruolo di consulente a Intesa Sanpaolo (già partner di AP Holding nei due precedenti tentativi di vendita della compagnia) affinché individui il percorso da seguire per una nuova iniziativa di privatizzazione. Secondo ampie anticipazioni di stampa, il progetto allo studio della banca prevederebbe il ricorso al commissariamento (legge Marzano) e successiva fusione con Air One. Il mandato dell'istituto di credito scadrà a metà agosto. Il 30 luglio il Piano Fenice della consulente viene discusso dal consiglio d'amministrazione della compagnia aerea. Il progetto prevede la costituzione di una nuova società, dove far confluire parte della "vecchia" compagnia. Il numero di esuberi sarebbe pari a unità. Nella nuova società confluirebbe anche Ap Holding S.p.A. la società del Gruppo Toto che controlla Air One. A fine agosto il consiglio di amministrazione della compagnia si riunisce per esaminare la situazione finanziaria. Vengono comunicati i dati di cassa aggiornati a luglio, non viene approvata la semestrale. Dopo un'analisi sulle recentissime modifiche introdotte dal governo alla Legge Marzano, il consiglio di amministrazione chiede la dichiarazione di insolvenza al Tribunale di Roma. La sentenza viene ottenuta pochi giorni dopo. Nel frattempo la compagnia passa in amministrazione straordinaria e viene nominato Augusto Fantozzi commissario della compagnia. La sera di lunedì 1º settembre 2008 la nuova arrivata CAI - Compagnia Aerea Italiana, guidata da Roberto Colaninno, recapita al commissario un'offerta per l'acquisizione di attività da Alitalia S.p.A. dando inizio a una lunga trattativa tra C.A.I., il Governo e i sindacati. Il 18 settembre, nonostante l'assenso di CISL, UIL e UGL, ma a seguito del rifiuto della CGIL e dei sindacati di piloti e assistenti di volo a controfirmare il contratto proposto, l'assemblea dei soci C.A.I. ritira l'offerta d'acquisto. Il 22 settembre il commissario Fantozzi pubblica un nuovo bando per l'acquisto di Alitalia su tre quotidiani italiani e sul sito Internet della compagnia, ma non vengono presentate offerte da nessun acquirente. Il 29 settembre 2008, però, tutte le sigle sindacali di tutti i lavoratori della compagnia aerea accettano di firmare l'intesa che permetterebbe dal primo novembre 2008 di far entrare C.A.I. nella gestione della società. A questo punto restavano ancora da definire i contratti da stipulare col personale; poco prima della mezzanotte del 31 ottobre 2008 Compagnia Aerea Italiana riesce a trovare un'intesa solamente con CGIL, CISL, UIL e UGL, mentre le altre sigle autonome degli assistenti di volo e dei piloti rifiutano di firmare. C.A.I. allora sembra propendere in un primo momento per il ritiro dell'offerta di acquisto (comunque senza darne comunicato ufficiale), ma in serata si aprono nuovi spiragli: su pressione del sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta, C.A.I. decide che sul tema dei contratti si accorderà volta per volta con i singoli dipendenti, in maniera autonoma dalle loro sigle di rappresentanza.. Il 3 agosto 2011 il precedente commissario è stato sostituito dalla terna commissariale composta dai professori e avvocati Stefano Ambrosini, Gianluca Brancadoro e Giovanni Fiori. Nel frattempo è stata aperta un'inchiesta penale per bancarotta di Alitalia-Linee Aeree Italiane che nel 2015 è concluso in primo grado con quattro condanne (tra cui quella dell'ex presidente e amministratore delegato Giancarlo Cimoli) e tre assoluzioni. La privatizzazione L'11 dicembre 2008 C.A.I. sottoscrive con AP Holding l'accordo per l'acquisto di Air One, EAS (European Avia Service) e Air One Technic che, dopo l'integrazione con gli asset che CAI rileverà da Alitalia, daranno vita alla "nuova" compagnia aerea di bandiera. Il 12 dicembre 2008 Compagnia Aerea Italiana S.p.A. sottoscrive con il Commissario straordinario Augusto Fantozzi il contratto per l'acquisto degli asset di volo Alitalia - Linee Aeree Italiane S.p.A. al prezzo di 1,052 miliardi con versamento di 100 milioni di euro. È previsto che C.A.I. riassuma lavoratori della "vecchia" Alitalia e che la gestione della stessa rimanga in capo ai nuovi azionisti fin da inizio dicembre, con il versamento di 24 milioni stimati per la gestione nei primi 12 giorni di dicembre, che è rimasta in capo al commissario. Dal 12 dicembre 2008 al 12 gennaio 2009 tutti gli oneri e i ricavi connessi al servizio di trasporto aereo sono a carico di C.A.I. L'ultimo volo di Alitalia-Linee Aeree Italiane ad atterrare è stato l'AZ329 decollato alle 20:10 da Parigi-Charles de Gaulle e atterrato a Roma-Fiumicino alle 22:15 del 12 gennaio 2009. Alle 21:00 il commissario straordinario Fantozzi insieme ai vertici dell'Ente nazionale aviazione civile e Alitalia-Compagnia Aerea Italiana hanno iniziato a trasferire l'attività alla "nuova" Alitalia. La morte della "vecchia" Alitalia e la nascita della "nuova" hanno comportato una messa a terra di tutti gli aeromobili per circa 7 ore nella notte fra il 12 e il 13 gennaio 2009. Il costo diretto per lo stato italiano della vendita a C.A.I. ammonta a 1700 milioni per la mancata vendita ad Air France, più 1200 milioni di debiti rimasti (al 2012) alla cosiddetta "bad company" statale Alitalia LAI dopo la vendita di tutte le attività, più i 300 milioni del cosiddetto "prestito-ponte", dichiarato aiuto di stato illegittimo dalla Corte di giustizia europea. Il calcolo non considera i costi sociali per i licenziamenti, le società aeroportuali pubbliche come SEA e i risparmiatori. Il 12 gennaio 2009 Air France-KLM aveva acquistato il 25 per cento del capitale della compagnia per una somma vicina ai 322 milioni di euro. L'accordo con la compagnia franco-olandese prevedeva la creazione di un sistema multi-hub a livello europeo focalizzato su Amsterdam Schipol, Aeroporto di Parigi Charles de Gaulle e Milano Malpensa, a condizione che fosse razionalizzato il ruolo di Linate come city airport specializzato nella tratta Milano-Roma e che fossero rispettati i tempi previsti per la realizzazione delle infrastrutture di collegamento tra Milano e Malpensa; per quanto riguarda invece l'Aeroporto di Roma-Fiumicino, l'accordo ne prevedeva l'utilizzo come polo operativo da cui massimizzare la presenza sulle rotte verso il Mar Mediterraneo, l'Estremo Oriente e il Sud America. Inoltre, l'accordo fissò in 4 anni il termine del lock-up per gli azionisti della "nuova" Alitalia. Nell'arco di questi 4 anni, ai soci italiani sarebbe stato concesso di vendere azioni ad altri soci italiani in possesso del diritto di prelazione. Il patto prevedeva anche nel caso in cui le sinergie definite per i successivi tre anni non fossero state realizzate almeno per il 50%. Il consiglio di amministrazione fu allargato a 19 componenti, di cui 3 designati da Air France; venne istituito un Comitato esecutivo - composto da 9 amministratori, di cui 2 nominati da Air France - cui furono riservate le decisioni strategiche di gestione e ampi poteri di amministrazione (approvazione dei piani industriali e strategici, approvazione degli accordi di collaborazione, investimenti per soglie di valore superiori ai 50 milioni). Infine, per il socio che intendesse superare il 50% delle azioni con diritto di voto, fu previsto l'obbligo di lanciare un'Opa su tutte le azioni detenute dagli altri soci che intendano vendere. Nello stesso giorno nella sede dell'Enac venne stipulato il contratto di cessione degli asset, con il rilascio della licenza di operatore aeronautico per l'inizio delle operazioni della "nuova" società. Nel gennaio 2009, Alitalia-C.A.I. si presentava con un network più piccolo rispetto a quello di Alitalia-L.A.I., con un taglio di 30 destinazioni straniere tra cui 6 capitali europee, ma con una maggiore presenza nel mercato domestico pari al 52% del traffico, quattro volte più grande di Meridiana e sei volte più grande di Wind Jet. La base d'armamento si trovava presso l'aeroporto di Roma-Fiumicino ed altre basi operative si trovavano presso gli aeroporti di Milano-Linate, Milano-Malpensa, Venezia, Napoli, Catania e Torino. La proprietà della CAI Il primo volo intercontinentale della "nuova" compagnia decollò il 13 gennaio alle ore 6:10, dall'Aeroporto di Milano-Malpensa, in Italia, diretto a San Paolo-Guarulhos, in Brasile (volo Alitalia 676); alla stessa ora era decollato il primo volo nazionale, il Palermo-Roma Fiumicino operato con aeromobile AirOne (AP2853); il primo volo a partire da Linate invece fu l'AZ7911 diretto a Napoli alle 6:25, mentre il primo nazionale a decollare da Roma-Fiumicino, alle 6:30, fu l'AZ 2008, diretto a Milano-Linate. E ancora, il primo volo internazionale a partire dal Leonardo da Vinci fu un collegamento in decollo alle 7 diretto a Parigi-Charles de Gaulle, in Francia. Sempre da Fiumicino, il primo aeromobile in partenza per una destinazione intercontinentale avvenne alle 7, destinazione Buenos Aires-Ezeiza, in Argentina. Il 7 aprile 2009 venne annunciato il potenziamento della base italiana di Venezia, che diventò quindi il terzo aeroporto della compagnia. Ad agosto 2009, Alitalia-C.A.I. era la prima compagnia aerea per traffico domestico in Italia, detenendo quasi il 50% del mercato (tre volte più di Meridiana e quattro più di Ryanair), e la terza compagnia aerea per traffico internazionale europeo da/per l'Italia (dopo Ryanair, poco sotto easyJet e poco sopra Lufthansa/Lufthansa Italia). Il 26 ottobre 2009, in concomitanza con l'inaugurazione del terminal unico Alitalia, il Terminal 1 (ex Terminal A), all'aeroporto di Roma-Fiumicino dedicato ai voli nazionali e Schengen, venne anche svelato il nuovo brand per il collegamento tra Roma-Fiumicino e Milano-Linate che fu denominato RomaMilano - MilanoRoma. Il 10 novembre 2009, Air France-KLM Cargo annunciò attraverso la sua newsletter periodica inviata a tutti i clienti la comunicazione in cui annunciava di essere, a partire dal 16 novembre, nuovo GSA (Agente Generale di Vendita) di Alitalia Cargo: Alitalia CAI ha quindi ceduto ad Air France-KLM Cargo la rete commerciale di vendita dello spazio riservato alle merci nella stiva degli aerei passeggeri dei voli di linea (il cosiddetto "belly"). Il 15 dicembre 2009 Alitalia, in collaborazione con il Comune di Torino, la Provincia di Torino e la Regione Piemonte, inaugurò 4 nuove rotte internazionali dall'aeroporto di Caselle per Amsterdam, Berlino, Istanbul e Mosca, operate con un Airbus A319, che si aggiunse agli altri Airbus Alitalia basati a Torino. Il 18 dicembre 2009 Alitalia ed Etihad Airways sottoscrissero un Memorandum of Understanding (MOU) con l'obiettivo di finalizzare accordi di code-share a partire dalla stagione estiva 2010. Alla fine del 2009 Alitalia aveva trasportato più di 21 milioni di passeggeri con un coefficiente di riempimento medio del 65,5% Riorganizzazione e accordi di code-share Dal 28 marzo 2010, Air One, nell'ambito della strategia di Alitalia, venne trasformata in uno “Smart Carrier”, a seguito dell'esigenza di differenziare l'offerta su alcuni mercati italiani tipicamente caratterizzati da un profilo di domanda più attenta al prezzo con un brand, un modello operativo e un'offerta di servizi semplificati e più economici. Il 7 luglio 2010 Alitalia strinse un accordo di code-share (valido fino a marzo 2022) con Air France-KLM e Delta Air Lines per i voli transatlantici, andando a coprire una quota di mercato pari al 26% dell'offerta totale sull'asse Europa-Nord Atlantico. L'accordo riguardava oltre posti giornalieri distribuiti su circa 250 voli, che attraverso 7 hub danno accesso a 300 destinazioni negli Stati Uniti e 200 in Europa. Secondo il Document de référence 2009-10 di Air France-KLM (p. 228), pubblicato l'11 giugno 2010, il gruppo Air France-KLM dava un valore estimativo alla sua partecipazione nella Compagnia Aerea Italiana S.p.A. pari a 188 milioni di euro, ma lasciava invariato il valore contabile uguale al prezzo di acquisto dell'anno precedente, pari a 323 milioni di euro. Il valore estimativo è pari al 41% in meno rispetto al valore prezzo di acquisto dell'anno precedente dal momento che il valore contabile della partecipazione (25%) è rimasto invariato. L'intera Alitalia, prendendo in considerazione i valori dati da Air France-KLM circa la sua partecipazione del 25%, valeva milioni di euro nel gennaio 2009, scesi a 752 milioni di euro nel marzo 2010. Tale contrazione è stata definita comunque parte di un contesto di perdita dovuto alla fisiologica riconquista del mercato, alla crisi compartimentale del settore ed alle perdite dovute alla situazione meteorologica del primo semestre del 2010. Il 22 ottobre 2010 Alitalia e Jet Airways sottoscrissero un Memorandum of Understanding (MOU) a conferma dell'intenzione delle compagnie di operare voli in code-share a partire dalla stagione invernale 2010. Questo accordo, oltre a rafforzare l'offerta di Alitalia su Malpensa, servì a determinare vantaggi in grado di sviluppare la crescita di Alitalia e di SkyTeam in Estremo Oriente. Oltre agli accordi di code-share, la collaborazione tra Alitalia e Jet Airways prevedeva partnership sui programmi frequent flyer, sulle attività di scalo e sui servizi cargo. Alla fine del 2010 i ricavi registrarono un aumento del 14,1% passando a 3,225 miliardi di euro, facendo raggiungere il target predefinito del dimezzamento del debito, a fronte di un profondo rinnovamento della flotta che, se da un lato prevedeva ingenti investimenti iniziali, perlopiù verso società di leasing, dall'altro garantiva un'omogeneità nel campo della manutenzione, dell'efficienza nel risparmio dei consumi e nella manutenzione. Nel marzo 2012 si verificò un cambio parziale di gestione, con la nomina di Andrea Ragnetti a nuovo amministratore delegato. A ottobre si è conclusa la dismissione degli MD-80 e dei Boeing 767 che operavano per Alitalia rispettivamente dal 1994 e dal 1996. Il 27 ottobre 2012 l'MD-82 I-DATI, l'ultimo MD-80 di Alitalia, ha compiuto il suo ultimo volo da Catania a Fiumicino. A metà del 2012, in seguito alla grave crisi internazionale Alitalia si trovò nuovamente a fare i conti, a distanza di 3 anni dalla costituzione, con gravi problemi di perdite: la compagnia perdeva in media euro al giorno. Nonostante le importanti riforme introdotte nella compagnia, Alitalia ha perso in tre anni i 735 milioni di euro ottenuti in seguito alla ricapitalizzazione del 2009. Air France, che nel 2009 aveva offerto 1,7 miliardi di euro per assorbire la compagnia ed i relativi debiti, in seguito ai propri problemi finanziari perse interesse nella compagnia italiana. Tra le soluzioni disponibili, vi erano la vendita di Alitalia all'emiratina Etihad Airways o una ricapitalizzazione da parte di alcuni privati italiani tra cui l'ex premier Berlusconi. Nessuna delle due alternative fu attuata. Nell'aprile 2013 venne nominato nuovo amministratore delegato Gabriele Del Torchio, proveniente da Ducati. Il 3 luglio 2013 venne presentato il nuovo piano industriale 2013-2016, che prevedeva una ridefinizione del ruolo di Air One e Alitalia nel breve e medio raggio, uno sviluppo dell'attività intercontinentale, lo sviluppo di accordi di tipo infrastrutturale (specialmente per il trasporto ferroviario) e lo sviluppo di Alitalia Loyalty (società spin-off nata per gestire il settore Millemiglia). Ad ottobre 2013 viene fatta una nuova ricapitalizzazione varata dal CDA a cui partecipa come nuovo azionista anche Poste Italiane con 75 milioni di euro. La partecipazione di Etihad Nel novembre 2013 il governo italiano facilitò la ripresa dei colloqui tra Alitalia e Etihad Airways, grazie anche alla visita negli Emirati Arabi Uniti del consigliere del Premier Enrico Letta Fabrizio Pagani e di alcuni azionisti di Alitalia, durante l'Abu Dhabi Air Show. Il 19 dicembre 2013 Etihad Airways confermò ufficialmente le trattative in corso con Alitalia, menzionando un investimento di oltre 500 milioni di Euro attraverso il quale la società araba avrebbe acquisito la quota di maggioranza. L'attenzione degli addetti ai lavori si focalizzò sui conti della compagnia italiana e sul nuovo piano industriale presentato dall'amministratore delegato Del Torchio. Chistoph Franz, CEO di Lufthansa, consigliò di non vendere le quote della compagnia a Etihad, per le presunte intenzioni della stessa di far diventare Alitalia una navetta con cui connettere Roma ad Abu Dhabi, ma piuttosto di farla diventare una "low cost di qualità" come Aer Lingus. Molti esperti identificarono in questo "falso consiglio" di Lufthansa la speranza di allontanare Etihad dal vettore italiano, che potrebbe insidiare la posizione della compagnia tedesca rubandogli parecchi passeggeri (Lufthansa è già attaccata dalla massiccia presenza di Emirates, l'altra compagnia di bandiera degli Emirati Arabi, sul suolo tedesco). Il 2 febbraio 2014 venne reso noto che tra Alitalia ed Etihad era in corso un negoziato giunto nella fase finale che avrebbe potuto portare la compagnia di Abu Dhabi a investire in quella italiana. L'8 agosto dello stesso anno venne siglato a Roma l'accordo che prevedeva l'acquisizione del 49% delle quote di Alitalia da parte della compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti Etihad Airways. Parte del piano per ottimizzare le spese prevedeva la chiusura totale dello smart carrier Air One a partire dal 30 settembre, con la sospensione delle rotte in partenza dalle basi di Palermo e Venezia. Le destinazioni servite dalle basi di Verona, Pisa, Milano-Malpensa e alcune fra quelle da Catania sono state ereditate da Alitalia. L'intera flotta AirOne verrà venduta per far fronte ai debiti della capofila. Il 14 ottobre 2014, fu annunciata una collaborazione con il vettore tedesco Airberlin, che prevedeva il code-share di voli tra l'Italia e la Germania operati dalle due compagnie. Oltre agli accordi di code-share, la collaborazione prevede una partnership sui programmi frequent flyer e lo spostamento dei voli Airberlin da Milano Malpensa a Linate. L'ingresso di Etihad nel capitale di Alitalia era subordinato alla decisione dell'Antitrust della Commissione Europea, che si espresse favorevolmente a metà novembre 2014, dando di fatto il via alla fase finale dell'integrazione. Dal 1º gennaio 2015 viene ufficialmente costituita Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A., joint venture tra Alitalia-CAI, con una quota maggioritaria del 51% tramite MidCo S.p.A., ed Etihad Airways, con una quota minoritaria del 49%. Alla "nuova" Alitalia, la CAI ha trasferito i propri asset operativi, tra cui Alitalia CityLiner, e il marchio Alitalia, che dallo stesso giorno conducono le operazioni di volo della nuova compagnia. Il 1º gennaio 2015 atterra all'aeroporto di Milano-Malpensa il primo volo di Alitalia-SAI alle 10:40 del mattino proveniente dall'aeroporto internazionale di New York-JFK operato con un Airbus A330-200 in livrea speciale Expo Milano 2015-Etihad Airways. Il 4 giugno 2015, nel corso di una conferenza tenuta all'interno di un hangar dell'aeroporto di Roma-Fiumicino, Alitalia presenta la sua nuova identità visiva, comprendente una nuova livrea per gli aeromobili (applicata per l'occasione sull'Airbus A330-200 I-EJGA): l'impennaggio mantiene lo storico disegno con i colori nazionali italiani adottato nel 1969 (verde-bianco-rosso), che si ingrandisce fino a colorare completamente l'impennaggio e si estende oltre il timone stesso andando a ricongiungersi con il lato opposto nella parte inferiore della fusoliera. Sparisce la banda verde lungo la fusoliera, che assume un colore bianco perlato per tutta la fusoliera tendente a sfumare in bande oblique bianche man mano che ci si avvicina alla coda tricolore. Il logo ricalca quello precedentemente in uso, ma adotta un nuovo carattere tipografico, una colorazione cangiante e delle striature nella parte rossa della A: sugli aeromobili esso appare sui fianchi della fusoliera (al di sotto della linea dei finestrini), sulla "pancia" della stessa (nella zona fra i carrelli principali) e sul lato superiore delle ali. Nel maggio 2015 è stato annunciato che non verrà rinnovata la partnership, e i relativi accordi di joint venture, con il gruppo Air France-KLM quando questi giungeranno a scadenza a gennaio 2017. La partnership prevedeva la vendita e la distribuzione dei servizi belly cargo (merci trasportate nelle stive degli aerei passeggeri) di Alitalia in gestione ad Air France-KLM, la cessione di slot su Linate, il feederaggio sugli hub di Parigi e Amsterdam. Alitalia ha chiuso il primo semestre 2015 con un risultato netto di -130 milioni di euro, stimando in circa 80 milioni di euro il danno causato dall'incendio di Fiumicino. Il load factor si è attestato al 75% nel periodo, trasportando 10,3 milioni di passeggeri. Il 30 luglio 2015, la società ha emesso un bond del valore nominale di 375 milioni di euro, con scadenza a cinque anni. La società ha chiuso il 2015 con perdite per 199 milioni di euro, in miglioramento rispetto alle perdite per 580 milioni registrate l'anno precedente. Il management ha quindi confermato l'obiettivo di ottenere un utile entro il 2017. Nel 2016 le perdite sono state di circa 600 milioni di euro. Il ritorno in amministrazione straordinaria Nel 2017 a causa del bilancio disastroso il 14 aprile è stato stilato un pre-accordo tra i sindacati e l'amministrazione (per evitare il fallimento) che prevedeva, tra le altre cose: 980 esuberi, tagli medi degli stipendi dell’8% e la diminuzione delle ferie. Tale accordo è stato successivamente sottoposto al personale dell'azienda con un referendum e bocciato con il 67% di "no". Il 2 maggio 2017 il consiglio di amministrazione ha deciso all’unanimità di presentare l'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria come disposto dalla legge. Il Ministero dello sviluppo economico ha scelto tre commissari, rispettivamente Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari per gestire l'amministrazione straordinaria di Alitalia. La chiusura di Alitalia e la nascita di ITA Airways Con il decreto-legge 18/2020 (c.d. "Cura Italia") il Ministero dell'economia e delle finanze acquisisce il 100% delle azioni della nuova compagnia di bandiera destinata a subentrare ad Alitalia. Il 29 giugno 2020 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciata la nomina di Francesco Caio alla carica di presidente e Fabio Lazzeroni ad amministratore delegato, ponendo termine al commissariamento. La nuova società pubblica ha assunto il nome di ITA Airways. Incidenti e inconvenienti 18 incidenti con distruzione o radiazione dell'aeromobile; 3 incidenti con danni riparati e ripristino dell'aeromobile; 9 dirottamenti con danni riparati e ripristino dell'aeromobile: Il 30 maggio 1970, Giovanni (Giovanni Luca o Gianluca) Stellino, 24 anni, armato di pistola giocattolo, dirotta il DC-9/32 (immatricolato I-DIBO) del volo Alitalia 57 tra Genova e Roma con 31 passeggeri e 4 membri dell'equipaggio (cui comandante è Gino Baldrati); dopo uno scalo tecnico su Napoli si arrende al Cairo. Fu il primo atto di pirateria aerea compiuto a bordo di un velivolo italiano, ma non il primo sul suolo italiano. L’11 marzo 1972, dirottamento del volo Alitalia 68 Roma-Milano. Il volo, operato da un Caravelle con 32 passeggeri e 5 membri di equipaggio (com.te Ivan Mancuso) è costretto ad atterrare a Monaco di Baviera dall'italiana Attilia Lazzeri, 55 anni, che agì per perorare la causa della sorella, internata in una clinica psichiatrica. Il 6 ottobre 1972, l'ex parà Ivano Boccaccio, 21 anni, militante di Ordine Nuovo, tenta di dirottare il volo BM 373 Trieste-Venezia-Ancona-Foggia-Bari, operato con un Fokker F27 della ATI, consociata dell'Alitalia, con 7 passeggeri e 3 membri di equipaggio (comandante del volo è Dante Golinelli), ma resta ucciso nella sparatoria con la polizia all'interno dell'aereo stesso ritornato sullo scalo di Ronchi dei Legionari. Il 7 settembre 1979, il volo Alitalia 713 Teheran-Beirut-Roma, operato dal DC-8/62 Alitalia Arcangelo Corelli, matricola I-DIWW viene dirottato; il dirottamento si conclude felicemente in modo del tutto incruento presso l'aeroporto di Teheran. Il 14 gennaio 1980, Farid Ben Mashri Zaiche, dell'organizzazione Les vivants, dirotta su Palermo il DC-9/32 Alitalia I-DIZI Isola di Basiluzzo del volo Alitalia 864 da Roma a Tunisi con 83 passeggeri e 6 membri dell'equipaggio (comandante del volo è Furio Oggiano) chiedendo il rilascio di 25 detenuti politici. Il 30 giugno 1982, un Boeing 747 del volo Alitalia 1790 Roma-Nuova Delhi-Tokyo con 242 passeggeri e 18 persone di equipaggio (comandate è Giorgio Amoroso), è dirottato dal cingalese Sepala Ekanayake (imbarcatosi a Nuova Delhi) e fatto atterrare a Bangkok. Il sequestratore chiede e ottiene dollari, pari a circa 415 milioni di lire, e il ricongiungimento con la moglie italiana e il figlio della coppia di 4 anni. Il dirottatore al suo arrivo a Colombo viene accolto da una folla di circa 500 persone che lo accoglie in trionfo, facendo scoppiare un caso diplomatico in quanto lo Sri Lanka non ha leggi che permettono di processarlo. Il 25 settembre 1982, un Boeing 727-243, del volo Alitalia 871 sulla tratta Algeri-Roma con 101 passeggeri e 8 persone di equipaggio (il comandante del volo è Leonardo Senisi e il primo ufficiale è Ezio Bertolini), è dirottato su Catania da Igor Shkuro, 32 anni, cittadino sovietico di fede ebraica (refusenik) che vive a Roma dopo essere stato espulso dall'Australia (nonostante ne avesse acquisito la cittadinanza) per aver espresso sentimenti contro l'Occidente capitalista e, desideroso di tornare a Leningrado (che aveva lasciato nel 1977), espulso anche dalle autorità algerine che gli negano il visto viene reimbarcato sul volo per Roma, decide quindi di prendere il controllo dell'aereo. Il sequestratore, che è armato di un lungo coltello, chiede di fare rotta dapprima su Tripoli, in Libia, poi su Malta e infine su Mosca ma i piloti, dopo averlo convinto che il carburante sta finendo, optano per lo scalo siciliano; una volta a terra, in un momento di distrazione viene quindi disarmato dal motorista dell'aereo Donato Longo. Il 19 settembre 1991, il volo Alitalia 864 sulla tratta Roma-Tunisi, operato da un MD-80 con 130 passeggeri e 7 membri dell'equipaggio, viene dirottato da Hedi Hassan Bouchnak, 26 anni, immigrato, come ritorsione per il trattamento subito. Il 27 novembre 2002, un MD-80 del volo AZ 364 Bologna-Parigi viene dirottato su Lione da Stefano Savorani, ex agente di polizia esonerato per problemi psichiatrici. 1 inconveniente con distruzione o radiazione dell'aeromobile; 1 inconveniente con danni riparati e ripristino dell'aeromobile. Di questi, 10 hanno causato 598 vittime: 27 gennaio 1951: volo Alitalia Parigi-Roma. Un Savoia-Marchetti S.M.95 si schianta al suolo vicino a Civitavecchia da un'altitudine di 6500 piedi (circa 2000 metri) dopo essere stato colpito da un fulmine. Le vittime sono 14 su 18 presenti a bordo; 18 dicembre 1954: volo LAI LI 451 Roma-New York. Un Douglas DC-6 si schianta nella Jamaica Bay (New York) al quarto tentativo di atterraggio all'aeroporto di Idlewild (l'attuale JFK). Le vittime sono 26 su 32 presenti a bordo. La stanchezza del pilota fu considerata uno dei principali fattori dell'incidente; 23 novembre 1956: volo LAI LI 479 Roma-Parigi-Shannon-New York. Il Douglas DC-6B I-LEAD, perde quota dopo 10 minuti dal decollo dallo scalo di Parigi-Orly e urta la sommità di un edificio posto a 600 metri dopo il termine della pista cadendo al suolo e prendendo fuoco. Muoiono 24 dei 26 passeggeri e 10 membri dell'equipaggio. La causa dell'incidente non fu mai chiarita con certezza; 22 dicembre 1956: volo LAI Roma-Milano. Il Douglas DC-3 I-LINC decolla da Roma Ciampino per Milano Malpensa. Dopo due ore di volo, alle 17:20, l’aereo impatta contro le pendici del Monte Giner, in Trentino, con rotta sud. Muoiono tutti i 18 passeggeri e 4 membri dell'equipaggio. La causa probabile del disastro fu attribuita al pilota, nell'ipotesi che non avesse seguito l'Aerovia fissata nel Piano di Volo, anche per il concomitante malfunzionamento di alcuni strumenti di bordo; 21 dicembre 1959: Il Vickers Viscount 785D I-LITZ si schianta all'Aeroporto di Roma-Ciampino in fase di atterraggio durante un volo di addestramento. Le vittime sono due: l'addestratore e il pilota. L'incidente fu attribuito a una manovra effettuata al di sotto dei limiti di velocità per il controllo in sicurezza del velivolo nel corso di una situazione che simulava un'emergenza con due motori fuori uso; 26 febbraio 1960: Il Douglas DC-7C I-DUVO, linea Roma-New York, in volo da Shannon (Irlanda) a New York perde quota poco dopo il decollo e si schianta a terra. Le vittime sono 32 sui 54 presenti sull'aereo. La causa dell'incidente non fu mai accertata con sicurezza; 8 marzo 1962: volo charter Società Aerea Mediterranea. Il Douglas DC-6B I-DIMO di ritorno vuoto alla base di Fiumicino da Khartoum, Sudan, si schianta contro il Monte Velino mentre si prepara all'avvicinamento. Morti tutti i 4 membri di equipaggio che si trovano a bordo. Causa probabile dell'incidente: possibili interferenze di stazioni trasmittenti sui radiofari; 7 luglio 1962: il volo Alitalia 771 operato con il Douglas DC-8-43 I-DIWD si schianta contro la collina Davandyachi nella zona di Junnar Maharashtra vicino a Bombay (India). Muoiono tutte le 94 persone a bordo fra passeggeri e membri dell'equipaggio. L'incidente fu attribuito a un errore di navigazione che portò il pilota a iniziare la discesa prematuramente fino a schiantarsi su una collina. L'inosservanza nell'utilizzo degli strumenti per verificare la corretta posizione del velivolo da parte dei piloti e la loro scarsa esperienza sulla rotta furono ritenuti altri fattori decisivi; 28 marzo 1964: volo Alitalia 045 Roma-Napoli. Il Vickers_Viscount 785D I-LAKE si schianta durante l'approccio finale sul Monte Somma, in prossimità del Vesuvio, alle ore 21:40 a causa delle cattive condizioni meteorologiche. Muoiono tutte le 44 persone presenti a bordo; 2 agosto 1968: volo Alitalia 660 Roma-Milano-Montréal. Il Douglas DC-8-43 I-DIWF si schianta in approccio all'atterraggio vicino a Malpensa a 7 miglia a nord della pista. Muoiono 14 passeggeri dei 94 imbarcati. La causa fu attribuita a una procedura non standard nel ritardo di rilevazione del VOR radiale; 15 settembre 1970: Volo Alitalia 618 Roma - New York. Il Douglas DC-8-62 I-DIWZ con 146 passeggeri e 10 membri di equipaggio si spezza in due in fase di atterraggio a New York. Nessuna vittima, 68 i feriti, di cui 10 ospedalizzati, e 88 illesi.; 16 aprile 1972: volo ATI BM 392 Roma-Foggia. Un Fokker F27 di ATI Aero Trasporti Italiani si schianta al suolo nella campagna di Amaseno (Frosinone) dopo 21 minuti e 40 secondi dal decollo. Morte tutte le 18 persone a bordo. Una forte perturbazione con turbolenza e ghiaccio fu la causa dell'incidente; 5 maggio 1972: volo Alitalia AZ 112 Roma-Palermo. Il Douglas DC-8-43 I-DIWB si schianta, per il mancato rispetto delle corrette procedure da utilizzare in fase di approccio all'atterraggio, all'aeroporto di Palermo-Punta Raisi, contro il monte Longa, che separa i comuni di Cinisi e di Carini in Sicilia. Muoiono tutti i 116 passeggeri; 30 ottobre 1972: volo ATI BM 327 Napoli-Bari. Il Fokker F27 matricola I-ATIR della ATI - Aero Trasporti Italiani si schianta alle 19:38 nelle campagne delle Murge vicino a Corato, a una cinquantina di chilometri dall'aeroporto di Bari-Palese e si incendia su una masseria. È una notte di bel tempo e di grande visibilità. Morti tutti i 26 occupanti del velivolo. L'inchiesta termina senza conclusioni certe circa le cause dell'incidente, stabilendo tuttavia tra le cause probabili "l'errore di valutazione da parte dei piloti sulla posizione dell'aereo oltre al mancato mantenimento del contatto visivo col terreno"; 23 dicembre 1978: volo Alitalia 4128. Il DC-9/32 Isola di Stromboli, matricola I-DIKQ, diretto all'aeroporto di Palermo-Punta Raisi, si schianta in mare in prossimità della pista di atterraggio; 108 morti e 20 superstiti; 14 settembre 1979: volo Aero Trasporti Italiani BM 12. Il DC-9/32 matricola I-ATJC, partito da Alghero e diretto a Cagliari, si schianta sul massiccio montuoso di Monti Nieddu, sullo sperone di roccioso noto come Conc'e Oru, a Capoterra, nella città metropolitana di Cagliari. Muoiono 32 persone (28 passeggeri e 4 membri di equipaggio); 15 ottobre 1987: volo ATI 460 Milano/Linate - Colonia/Bonn. L'aeromobile, marche I-ATRH Città di Verona, è un ATR 42. Alle ore 19:28 CET, precipita sulle montagne del comasco in località Conca di Crezzo, nel territorio di Lasnigo, causando 38 vittime: 4 membri dell'equipaggio e 34 passeggeri. L'inchiesta accertò che la causa dell'incidente fu la formazione di ghiaccio sulle superfici alari dell'aereo; 14 novembre 1990: volo Alitalia 404. Il DC-9/32 Sicilia, matricola I-ATJA, e diretto a Zurigo con 46 persone a bordo, si schianta contro una collina in prossimità della pista di atterraggio. Nessun superstite. L'incidente è stato causato da un guasto agli altimetri che indicavano una quota superiore di 1 000 piedi (330 metri) rispetto a quella reale e a un fatale errore da parte del comandante che mise a tacere il secondo pilota che, avvedutosi del problema, aveva dato l'ordine di riprendere quota; 9 maggio 2009: il volo Alitalia 1263, operato con l'MD-80 I-DACY, partito da Roma e diretto a Napoli, durante il decollo subisce lo scoppio di uno pneumatico del carrello. L'aereo ritorna a Fiumicino senza alcuna conseguenza per i 126 passeggeri a bordo. L'Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo il 14 maggio 2009 definì il fatto un "inconveniente grave" e avviò un'inchiesta tecnica; 24 aprile 2011: sul volo Alitalia 329, decollato da Parigi-Charles de Gaulle e diretto a Roma-Fiumicino, nel tentativo di dirottare l'aereo verso Tripoli (Libia), un passeggero aggredisce una hostess minacciandola con un coltellino. L'uomo viene subito bloccato grazie alla pronta reazione di alcuni steward e passeggeri e il volo prosegue senza problemi verso Roma-Fiumicino, dove atterra regolarmente. A terra la Polizia arresta il mancato dirottatore; 2 febbraio 2013: l'ATR 72, immatricolato YR-ATS ed operante il volo Alitalia 1670 da Pisa a Roma-Fiumicino, finisce fuori pista nella fase di atterraggio a Roma. Delle 46 persone a bordo quattro passeggeri e un assistente di volo rimangono feriti, due in modo serio. L'aereo era di proprietà della compagnia romena Carpatair, che ne curava la manutenzione e ne forniva l'equipaggio di bordo, ma esternamente presentava la livrea Alitalia, che lo impiegava in base a un accordo di wet lease. La notte seguente l'incidente la livrea Alitalia fu rimossa dalla fusoliera e la compagnia italiana interruppe la partnership con il vettore romeno; 29 settembre 2013: un Airbus A320, proveniente da Madrid-Barajas e diretto a Roma-Fiumicino, è costretto a un atterraggio d'emergenza a causa della mancata estensione del carrello destro. Dei 155 passeggeri, 10 hanno riportato ferite lievi.. Fonti ilsussidiario.net risorse.issp.po.it Il Mix delle Cinque, Raiplay Radio Note Voci correlate Alitalia Aero Trasporti Italiani CAI - Compagnia Aerea Italiana Etihad Airways Linee Aeree Italiane Collegamenti esterni Alitalia come Italia La storia siamo noi - Rai Educational
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https://it.wikipedia.org/wiki/Air%20France
Air France
Air France è la compagnia aerea di bandiera della Francia, nonché la principale compagnia aerea del paese, di proprietà del gruppo Air France-KLM; l'hub principale della compagnia è l'Aeroporto di Parigi Charles de Gaulle, l'Aeroporto di Parigi Orly è l'hub per i voli domestici, inclusi i voli verso i territori d'oltremare francesi. In passato di proprietà completamente pubblica, oggi è parzialmente privatizzata: a seguito dell'integrazione con KLM, la partecipazione dello Stato francese nell'azionariato di Air France avviene attraverso la capogruppo Air France-KLM, dove lo Stato francese detiene (al 2014) il 15,9% delle quote. Il business di Air France è suddiviso in tre settori: trasporto passeggeri, trasporto cargo, assistenza e manutenzione aeromobili. Storia Fondazione e primi anni Air France venne costituita il 7 ottobre 1933 da una fusione di Air Orient, Air Union, Compagnie Générale Aéropostale, Compagnie Internationale de Navigation Aérienne (CIDNA) e Société Générale des Transports Aériens (SGTA). Di queste compagnie aeree, SGTA è stata la prima compagnia aerea commerciale in Francia, essendo stata fondata come Lignes Aériennes Farman nel 1919. I membri costitutivi di Air France avevano già costruito ampie reti in tutta Europa, verso le colonie francesi in Nord Africa e oltre. Durante la seconda guerra mondiale, Air France trasferì le sue operazioni a Casablanca (Marocco). Nel 1936, Air France aggiunse alla sua flotta velivoli bimotore Potez 62 di costruzione francese, dotati di una cabina a due compartimenti che poteva ospitare da 14 a 16 passeggeri. Monoplano ad ala alta, aveva una fusoliera in legno con rivestimento composito mentre le ali erano rivestite in tessuto con un bordo d'attacco in metallo. Dotati di motori a V Hispano-Suiza, venivano utilizzati su rotte in Europa, Sud America ed Estremo Oriente. Anche se volava a sole 175 miglia orarie, il Potez 62 era un cavallo di battaglia robusto e affidabile per l'Air France e rimase in servizio fino alla seconda guerra mondiale con uno utilizzato dalla Free French Air Force. Il 26 giugno 1945, tutte le compagnie di trasporto aereo francesi furono nazionalizzate. Il 29 dicembre 1945, un decreto del governo concesse ad Air France la gestione dell'intera rete di trasporto aereo francese. Air France nominò i suoi primi assistenti di volo nel 1946. Lo stesso anno la compagnia aerea aprì il suo primo terminal aereo a Les Invalides, nel centro di Parigi. Era collegato all'aeroporto di Parigi Le Bourget, la prima base operativa e di ingegneria di Air France, in pullman. A quel tempo la rete copriva 160.000 km, dichiarata la più lunga del mondo. La Société Nationale Air France venne costituita il 1º gennaio 1946. Le rotte europee erano inizialmente gestite da una flotta di Douglas DC-3. Il 1º luglio 1946, Air France iniziò i voli diretti tra Parigi e New York tramite scali di rifornimento a Shannon e Gander. I Douglas DC-4 coprivano la rotta in poco meno di 20 ore. Nel settembre 1947, la rete di Air France si estendeva a est da New York, Fort de France e Buenos Aires fino a Shanghai. Nel 1948, Air France gestiva 130 aeromobili, una delle flotte più grandi del mondo. Tra il 1947 e il 1965 la compagnia aerea operò Lockheed Constellation su servizi passeggeri e merci in tutto il mondo. Nel 1946 e nel 1948, rispettivamente, il governo francese autorizzò la creazione di due compagnie aeree private: Transports Aériens Internationaux e SATI. Nel 1949, quest'ultima entrò a far parte della Union Aéromaritime de Transport (UAT), una compagnia aerea internazionale privata francese. La Compagnie Nationale Air France venne creata con atto del parlamento del 16 giugno 1948. Inizialmente, il governo deteneva il 70%. Negli anni successivi, le partecipazioni dirette e indirette dello Stato francese raggiunsero quasi il 100%. A metà del 2002, lo stato deteneva il 54%. Il 4 agosto 1948, Max Hymans fu nominato presidente. Durante i suoi 13 anni di mandato implementò pratiche di modernizzazione incentrate sull'introduzione di aerei a reazione. Nel 1949, la compagnia divenne cofondatrice della Société Internationale de Télécommunications Aéronautiques (SITA), una compagnia di servizi di telecomunicazioni aeree. Riorganizzazione dell'era dei jet Nel 1952, Air France trasferì le sue operazioni e la base di ingegneria al nuovo terminal dell'aeroporto di Orly Sud. A quel punto la rete copriva 250.000 km. Air France entrò nell'era dei jet nel 1953 con l'originale de Havilland Comet serie 1 di breve durata, il primo aereo di linea al mondo. Durante la metà degli anni '50 operava anche il turboelica Vickers Viscount, con dodici servizi in entrata tra maggio 1953 e agosto 1954 sulle rotte europee. Il 26 settembre 1953, il governo incaricò Air France di condividere rotte a lunga distanza con nuove compagnie aeree private. Ciò fu seguito dall'imposizione da parte del Ministero dei lavori pubblici e dei trasporti di un accordo su Air France, Aigle Azur, TAI e UAT, in base al quale alcune rotte verso l'Africa, l'Asia e la regione del Pacifico sono state trasferite a vettori privati. Il 23 febbraio 1960, il Ministero dei lavori pubblici e dei trasporti trasferì il monopolio nazionale di Air France ad Air Inter. Per compensare la perdita della sua rete domestica, Air France ricevette una partecipazione in Air Inter. Il giorno successivo, Air France ricevette istruzioni di condividere le rotte africane con Air Afrique e UAT. La compagnia aerea iniziò le operazioni di volo ininterrotte nel 1960 con il Sud Aviation Caravelle e il Boeing 707; gli aerei di linea dimezzarono i tempi di viaggio e migliorarono il comfort. Air France in seguito divenne uno dei primi operatori di Boeing 747 e alla fine ebbe una delle flotte di Boeing 747 più grandi al mondo. Il 1º febbraio 1963, il governo formalizzò la divisione delle rotte tra Air France e i suoi concorrenti del settore privato. Air France dovette ritirare i servizi per l'Africa occidentale (eccetto il Senegal), l'Africa centrale (eccetto Burundi e il Ruanda), l'Africa meridionale (compreso il Sud Africa), la Libia in Nord Africa, il Bahrain e l'Oman in Medio Oriente, lo Sri Lanka (allora noto come Ceylon) in Asia meridionale, Indonesia, Malesia e Singapore nel sud-est asiatico, Australia, Nuova Zelanda, Nuova Caledonia e Tahiti. Queste rotte vennero assegnate alla nuova Union de Transports Aériens (UTA), una compagnia aerea privata nata dalla fusione di TAI e UAT. UTA ottenne anche i diritti esclusivi tra il Giappone, la Nuova Caledonia e la Nuova Zelanda, il Sud Africa e l'isola della Riunione nell'Oceano Indiano, così come Los Angeles e Tahiti. Dal 1974, Air France iniziò a trasferire la maggior parte delle operazioni al nuovo aeroporto Charles de Gaulle a nord di Parigi. All'inizio degli anni '80, solo Corsica, Martinica, Guadalupa, la maggior parte dei servizi per la Guyana francese, La Riunione, la regione del Maghreb, l'Europa orientale (eccetto l'URSS), l'Europa meridionale (tranne la Grecia e l'Italia) e un servizio giornaliero per New York (JFK) era rimasto a Orly. Nel 1974, Air France divenne anche il primo operatore al mondo del bimotore a fusoliera larga Airbus A300, il primo aereo di linea commerciale di Airbus Industrie per il quale era un cliente di lancio. Concorde e rivalità Il 21 gennaio 1976, Air France ha operato il suo servizio inaugurale di trasporto supersonico (SST) sulla rotta Parigi (Charles de Gaulle) a Rio (via Dakar) con l'anglo-francese BAC Aérospatiale Concorde F-BVFA. I servizi supersonici da Parigi (CDG) all'aeroporto internazionale di Washington Dulles iniziarono il 24 maggio 1976, anche con F-BVFA. Il servizio per New York (JFK), quello rimasto fino alla fine, iniziò il 22 novembre 1977. La rotta Parigi-New York fu volata in 3 ore e 23 minuti, a circa il doppio della velocità del suono. L'approvazione per i voli per gli Stati Uniti venne inizialmente negata a causa delle proteste contro il rumore. Alla fine, furono avviati i servizi per Città del Messico via Washington DC. Air France divenne una delle uniche due compagnie aeree - British Airways è l'altra - ad operare regolarmente servizi supersonici e continuò il servizio quotidiano transatlantico Concorde fino alla fine di maggio 2003. Nel 1983, Air France contava più di 34.000 dipendenti, una flotta di circa 100 aerei a reazione (inclusi 33 Boeing 747) e la sua rete di 634.400 km serviva 150 destinazioni in 73 paesi. Ciò rese Air France la quarta più grande compagnia aerea di linea al mondo, nonché la seconda più grande compagnia di trasporto merci di linea. Air France condivideva anche codice con le compagnie aeree regionali francesi, TAT era la più importante. TAT avrebbe successivamente operato diverse rotte internazionali regionali per conto di Air France. Nel 1983, Air France iniziò i voli passeggeri per la Corea del Sud, essendo la prima compagnia aerea europea a farlo. Nel 1986, il governo allentò la sua politica di divisione dei diritti di traffico per i servizi di linea tra Air France, Air Inter e UTA, senza sovrapposizioni di rotta tra di loro. La decisione aprì alcune delle rotte più redditizie di Air France su cui aveva goduto di un monopolio sancito dal governo dal 1963 e che erano nella sua esclusiva sfera di influenza, a rivaleggiare con le compagnie aeree, in particolare UTA. Le modifiche consentirono a UTA di lanciare servizi di linea verso nuove destinazioni all'interno della sfera di Air France, in concorrenza con quella compagnia aerea. La Parigi-San Francisco divenne la prima rotta UTA servita in concorrenza con Air France senza scalo da Parigi. Air France rispose estendendo alcuni servizi non-stop Parigi-Los Angeles a Papeete, Tahiti, che competeva con UTA su Los Angeles-Papeete. La capacità di UTA di assicurarsi i diritti di traffico al di fuori della sua sfera tradizionale in concorrenza con Air France fu il risultato di una campagna di pressioni sul governo per consentirgli di crescere più rapidamente, diventando più dinamica e più redditizia. Questo fece infuriare Air France. Nel 1987, Air France insieme a Lufthansa, Iberia e SAS fondarono Amadeus, una società IT (nota anche come GDS) che avrebbe consentito alle agenzie di viaggio di vendere i prodotti dei fondatori e di altre compagnie aeree da un unico sistema. Nel 1988, Air France era un cliente di lancio per l'Airbus A320 fly-by-wire (FBW), insieme ad Air Inter e alla British Caledonian. Divenne la prima compagnia aerea a prendere in consegna l'A320 nel marzo 1988 e, insieme ad Air Inter, la prima a introdurre il servizio di Airbus A320 sulle rotte a corto raggio. Acquisizione e privatizzazione Il 12 gennaio 1990, le operazioni di Air France di proprietà del governo, la semi-pubblica Air Inter e Union de Transports Aériens (UTA) furono fuse in un'Air France allargata. L'acquisizione di UTA e Air Inter da parte di Air France faceva parte di un piano governativo dei primi anni '90 per creare un vettore aereo nazionale unificato con economie di scala e portata globale per contrastare le potenziali minacce derivanti dalla liberalizzazione del mercato interno del trasporto aereo dell'UE. Il 25 luglio 1994 fu costituita con decreto una nuova holding, Groupe Air France. Divenne operativo il 1º settembre 1994. Acquisì le partecipazioni di maggioranza del gruppo Air France in Air France e Air Inter (successivamente ribattezzata Air Inter Europe). Il 31 agosto 1994, Stephen Wolf, ex CEO di United Airlines, venne nominato consigliere del presidente del gruppo Air France Christian Blanc. Nel 1997, Air France Europe venne assorbita in Air France. Il 19 febbraio 1999, il governo della Sinistra Plurale del Primo Ministro francese Lionel Jospin approvò la parziale privatizzazione di Air France. Le sue azioni vennero quotate alla borsa di Parigi il 22 febbraio 1999. Nel giugno 1999, Air France e Delta Air Lines formarono una partnership transatlantica bilaterale. Il 22 giugno 2000, questa si è espanse nell'alleanza aerea globale SkyTeam. Fusione Air France-KLM Il 30 settembre 2003, Air France e KLM Royal Dutch Airlines, con sede nei Paesi Bassi, annunciarono la fusione delle due compagnie aeree, la nuova compagnia conosciuta come Air France-KLM. La fusione diventò realtà il 5 maggio 2004. A quel punto, gli ex azionisti di Air France possedevano l'81% della nuova società (44% di proprietà dello Stato francese, 37% di azionisti privati), ex azionisti di KLM il resto. La decisione del governo di Jean-Pierre Raffarin di ridurre la partecipazione dello Stato francese nell'ex gruppo Air France dal 54,4% al 44% del gruppo Air France-KLM di nuova creazione privatizzò di fatto la nuova compagnia aerea. Nel dicembre 2004, lo stato vendette il 18,4% della sua partecipazione in Air France-KLM, che scese a poco meno del 20%. Air France-KLM è diventata la più grande compagnia aerea del mondo in termini di ricavi operativi e la terza (la più grande in Europa) in passeggeri-chilometri. Sebbene di proprietà di una singola compagnia, Air France e KLM hanno continuato a volare con i propri marchi. Air France-KLM è rimasta parte dell'alleanza SkyTeam, alla quale si unirono poi Aeroflot, Delta Air Lines, Aeroméxico, Korean Air, Czech Airlines, Alitalia, Northwest Airlines, China Southern Airlines, Air Europa, Continental Airlines, Garuda Indonesia, Vietnam Airlines e Saudi Arabian Airlines. A marzo 2004, il gruppo impiegava 71.654 persone. A marzo 2007, il gruppo impiegava 102.422 dipendenti. Il patto "Open Skies" Il 17 ottobre 2007, durante una conferenza stampa presso la sede di Air France-KLM, è stata annunciata la creazione di una joint venture transatlantica di partecipazione agli utili e ai ricavi tra Air France-KLM e Delta Air Lines. L'iniziativa è diventata effettiva il 29 marzo 2008. Mirava a sfruttare le opportunità transatlantiche per catturare una quota importante del traffico di affari a lungo raggio dall'aeroporto di Londra Heathrow, che quel giorno si è aperto alla concorrenza illimitata a seguito del patto "Open Skies" tra l'UE e gli USA. Si prevedeva che Air France e Delta avrebbero iniziato nove viaggi giornalieri di andata e ritorno tra Londra-Heathrow e destinazioni negli Stati Uniti, incluso un servizio giornaliero da Londra (Heathrow) a Los Angeles da parte di Air France. Una volta ottenuta l'immunità dall'antitrust, la nuova impresa Air France-Delta doveva essere estesa agli altri due partner SkyTeam transatlantici, consentendo a tutti e quattro i partner di voli in code-share e di condividere entrate e profitti. La nuova joint venture transatlantica ha segnato la seconda grande espansione del gruppo Air France-KLM nel mercato londinese, dopo il lancio dei servizi a corto raggio operati da CityJet dall'aeroporto di London City, destinati ai viaggiatori d'affari nel settore dei servizi finanziari della città. Tuttavia, il servizio quotidiano da Londra (Heathrow) a Los Angeles non ha avuto il successo sperato ed è stato interrotto nel novembre 2008. Anni 2010 Il 12 gennaio 2012, Air France-KLM ha annunciato un piano di trasformazione triennale, denominato Transform 2015, per ripristinare la redditività. Il piano era di ripristinare la competitività riducendo i costi, ristrutturando le operazioni a corto e medio raggio e riducendo rapidamente l'indebitamento. L'obiettivo principale di questo piano era riportare Air France-KLM in un attore mondiale entro il 2015. Air France perdeva 700 milioni di euro all'anno. Come hanno dimostrato i risultati finanziari del 2011, le operazioni di lungo raggio, anch'esse soggette a una crescente concorrenza, non sarebbero state in grado di compensare queste perdite. Il 21 giugno 2012, Air France-KLM aveva annunciato la sua decisione di tagliare poco meno del 10% del totale di 53.000 dipendenti (circa 5.000 posti di lavoro) entro la fine del 2013 nel tentativo di ripristinare la redditività. La compagnia aerea prevedeva di perdere 1.700 posti di lavoro a causa del turnover naturale e il resto a causa di licenziamenti volontari. Nell'agosto 2012, il piano Transform 2015 è stato accettato dal personale di terra e dai sindacati dei piloti, ma rifiutato dai sindacati del personale di cabina. All'inizio di luglio 2012, è stato annunciato che Air France-KLM ha trovato partner per la nuova compagnia aerea africana di start-up Air France, che è stata cofondata da sei paesi dell'Africa centrale per sostituire l'ex Air Afrique. Ma diversi problemi e due partner, che avevano deciso di ritirarsi, hanno ritardato l'attuazione del progetto. Dopo il suo lancio, Air France ha annunciato che avrebbe iniziato le operazioni nel 2013. Nel settembre 2013, Air France ha introdotto una nuova classe economy insieme a un miglioramento della premium economy. Si prevedeva che i miglioramenti sarebbero stati installati sugli aeromobili a partire da giugno 2014. Nell'ottobre 2013, Air France-KLM ha annunciato la cancellazione della partecipazione del 25% in Alitalia, poiché non credeva che il vettore in difficoltà avrebbe ottenuto i 300 milioni di euro di finanziamento. Nel dicembre 2013, Air France ha annunciato che CityJet non soddisfava più le esigenze di corto raggio del gruppo ed era in procinto di concludere un accordo con la società tedesca Intro Aviation entro la fine del primo trimestre del 2014. Nel 2014, la compagnia aerea è stata presa di mira da una campagna pubblicitaria negativa, guidata dalla PETA, per essere l'unica grande compagnia aerea che consentiva il trasporto di primati per la ricerca. Il 4 febbraio 2014 è stata presentata la nuova business class, caratterizzata da un letto completamente piatto di Zodiac Aerospace. Il sedile è stato montato sui Boeing 777 a partire dal giugno 2014. Nel settembre 2014, Air France ha annunciato che avrebbe venduto una quota del 3% nella società di Amadeus IT Group per 438 milioni di USD. Alla fine del 2015, Air France ha dovuto affrontare una crisi finanziaria, aggravata dallo sciopero dei piloti contro la compagnia aerea, che rispose annunciando che avrebbe tagliato circa 2.900 posti di lavoro. Nel dicembre 2015, Air France ha annunciato il ritiro del suo ultimo Boeing 747-400 con uno speciale volo il 14 gennaio 2016. La compagnia aerea ha operato il 747 in diverse varianti dal 1970. Nel gennaio 2017, Air France ha ricevuto il suo primo Boeing 787-9. A novembre, CityJet non ha più operato per Air France e le destinazioni interessate sono state servite dalla stessa Air France e da HOP!. Nel luglio 2017, Air France-KLM ha stipulato una partnership strategica multi-compagnia aerea con Delta Air Lines, China Eastern Airlines e Virgin Atlantic, consolidando i legami esistenti tra i vettori. In base all'accordo, Delta e China Eastern avrebbero acquisito ciascuna il 10% di Air France-KLM, mentre Air France-KLM avrebbe acquistato il 31% di Virgin Atlantic. Nel dicembre 2019, l'accordo con Virgin Atlantic è stato annullato. Air France, insieme a British Airways, ha annunciato l'interruzione dei servizi verso l'Iran a partire da settembre 2018, spiegando che non sarebbero state più commercialmente praticabili a causa delle sanzioni statunitensi. A febbraio 2020, il settore è stato gravemente colpito dalla pandemia di COVID-19 e Air France ha annunciato un piano di riduzione delle spese per contrastare il calo del traffico, in particolare sulla rete asiatica. Le assunzioni sono state congelate, le spese non essenziali ridotte e alcuni investimenti (soprattutto pubblicitari) rinviati. Anche KLM e Lufthansa hanno annunciato misure simili. Di fronte alla cessazione dell'attività di Air France a causa del Covid, lo Stato francese ha concesso alla compagnia di bandiera un prestito di 7 miliardi di euro diviso in 2 parti. 4 miliardi di prestiti bancari garantiti al 90% dallo Stato e 3 miliardi di prestiti diretti dallo Stato. Questo prestito è stato concesso a determinate condizioni: un incremento della redditività; un maggiore rispetto verso l'ambiente e il pianeta. Nel luglio 2020, Air France ha annunciato l'eliminazione di 7.600 posizioni, in particolare nella sua controllata Air France Hop. Identità aziendale La sede La sede principale di Air France si trova nel complesso Roissypôle sul terreno dell'aeroporto Charles de Gaulle e nel comune di Tremblay-en-France, Seine-Saint-Denis, vicino alla città di Parigi. Il complesso di 130.000 metri quadrati è stato completato nel dicembre 1995. La società francese Groupement d'Etudes et de Méthodes d'Ordonnancement (GEMO) ha gestito il progetto. L'architetto era Valode & Pistre e i consulenti di progettazione erano Sechaud-Boyssut e Trouvin. Il progetto è costato 137 milioni di euro (meno di 700 milioni di franchi). Le piste dell'aeroporto sono visibili dall'edificio. Il Centro di controllo delle operazioni di Air France (OCC, francese: Centre de Contrôle des Opérations, CCO), che coordina i voli Air France in tutto il mondo, è situato presso la sede centrale di AF. Per circa 30 anni prima del dicembre 1995, la sede di Air France si trovava in una torre adiacente alla stazione ferroviaria Gare Montparnasse nella zona di Montparnasse e nel 15º arrondissement di Parigi. Nel 1991 furono fatte due offerte per l'acquisto dell'edificio Square Max Hymans. Nel 1992 il complesso fu venduto a Mutuelle générale de l'Éducation nationale (MGEN) per 1,6 miliardi di franchi. Entro quell'anno Air France aveva pianificato di spostare la sua sede principale a Roissypôle, occupando 50.000 metri quadrati di spazio all'interno dell'hotel, degli uffici e del complesso commerciale sul terreno dell'aeroporto Charles de Gaulle. Dopo che Air France si è trasferita a Tremblay-en-France, la proprietà dell'ex complesso della sede centrale è stata trasferita. Gli uffici all'estero Gli uffici di Air France negli Stati Uniti si trovano nell'edificio della 125 West 55th Street a Midtown Manhattan, New York City. Air France ha firmato per la prima volta un contratto di locazione per occupare l'edificio nel 1991. Il sito ospitava anche la biglietteria della città di New York per Air France. La sede principale di Air France-KLM per le operazioni nel Regno Unito e in Irlanda, che comprende strutture per Air France e KLM, si trova a Plesman House a Hatton Cross. L'inaugurazione della struttura è stata il 6 luglio 2006. Air France ha spostato l'ufficio da Hounslow a Hatton. Base per gli equipaggi Air France Cité PN, situata presso l'aeroporto Charles de Gaulle, funge da base per gli equipaggi della compagnia aerea. L'edificio, sviluppato da Valode & Pistre, è stato inaugurato nel febbraio 2006. L'edificio è collegato alla sede principale di Air France. Centro per le vaccinazioni Air France gestisce il Centro di vaccinazione Air France nel 7º arrondissement di Parigi. Il centro distribuisce vaccini per i viaggi internazionali. Dal 2001 il centro è stato l'unico centro di vaccinazione francese certificato dall'Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) 9001. Nel 2005, il centro si è trasferito dall'Aérogare des Invalides alla sua posizione attuale. Aérogare des Invalides L'Aérogare des Invalides nel 7º arrondissement di Parigi ospita l'Agence Air France Invalides e il Museo Air France. Fino al 2005 l'edificio ha ospitato il Centro di vaccinazione Air France. Il 28 agosto 1959, Air France aprì un'agenzia di biglietti e informazioni nell'ex terminal aereo di Invalides, che si rivolgeva ai passeggeri in transito e ai clienti degli uffici e delle società nell'area degli Invalides. Sussidiarie Le controllate di Air France includono: Air France Hop Servair Air France e l'affiliata olandese Transavia hanno costituito Transavia France, una joint venture a basso costo nel maggio 2007, con sede all'aeroporto di Orly. Air Corsica, CityJet e Air France Hop operano tutte voli per conto di Air France, sia come affiliate che come controllate. A gennaio 2019, Air France stava studiando come chiudere la sua controllata a basso costo Joon e assorbire i suoi dipendenti e gli aerei nella società madre. Air France Asie e Air France Cargo Asie A causa dello status controverso di Taiwan, Air France non poteva operare voli per l'isola con il proprio nome. Nel 1993, la sua controllata, Air Charter, iniziò a operare voli tra Parigi e Taipei via Hong Kong, ma dopo che Air Charter cessò le operazioni nel 1998, venne fondata una controllata chiamata Air France Asie. Era una delle numerose sussidiarie della compagnia aerea che volavano con il nome "Asia" con lo scopo di volare a Taiwan, che includeva Japan Asia Airways (una controllata di Japan Airlines), KLM Asia, British Asia Airways, Swissair Asia e Australia Asia Airlines (una controllata di Qantas). La livrea di Air France Asie differiva da quella di Air France per avere strisce blu e bianche sull'impennaggio, piuttosto che blu, bianche e rosse, che rappresentano il tricolore francese. Air France Asie utilizzava due Airbus A340-200, F-GLZD e F-GLZE, e due Boeing 747-428M, F-GISA e F-GISC. Allo stesso modo, Air France Cargo Asie utilizzava un 747-200 Combi (per passeggeri e merci), F-GCBH) o all-cargo (F-GCBL, F-GPAN e F-GBOX). Air France Asie ha cessato le attività nel 2004, mentre Air France Cargo Asie nel 2007. Outsourcing Nel 2010, Air France è migrata da un sistema di servizi passeggeri gestito internamente (Alpha3) che gestisce prenotazioni, inventario e prezzi a un sistema esterno (Altéa) gestito da Amadeus. La livrea L'attuale livrea di Air France è uno schema "Eurowhite", comprendente una fusoliera bianca con il titolo e il design blu di Air France. La coda è bianca con una serie di linee rosse e blu parallele attraverso la coda ad angolo e una piccola bandiera europea in alto. Questa livrea è in uso dalla fine degli anni '70. Prima della livrea "eurowhite", gli aerei Air France avevano una parte inferiore in metallo nudo, che si estendeva fino a una linea blu che attraversava i finestrini della cabina. Al di sopra della linea dei finestrini, la fusoliera era di nuovo bianca, con i titoli Air France e una bandiera francese. La coda era bianca con due spesse linee blu, che si rastremavano dalla parte posteriore della coda e si incontravano in un punto verso il fondo anteriore. Questa livrea di base, con piccole variazioni, sarebbe apparsa su tutti gli aerei dell'Air France del dopoguerra fino alla fine degli anni '70. Nel gennaio 2009, in concomitanza con il nuovo logo di Air France, è stata svelata una nuova livrea. Air France ha lanciato la sua nuova livrea l'11 febbraio 2009. La livrea del 2009 ha visto la coda leggermente modificata, con 3 barre blu che scendono invece di 4. Anche le barre ora si curvano nella parte inferiore, riflettendo il design del logo. Nel 2017, Air France ha ricevuto il suo primo Boeing 787 con una livrea rivista che includeva titoli Air France più grandi. Nel 2019, Air France ha rivisto la livrea con l'arrivo dell'Airbus A350, con le alette blu raffiguranti l'ippocampo ailé. Allo stesso tempo, Air France ha restituito la tradizione di nominare ciascuno dei propri aerei, con il nome scritto sotto i finestrini della cabina anteriore. Marketing La nuova canzone ufficiale suonata prima e dopo i voli Air France (durante l'imbarco e dopo l'atterraggio) è "The World Can Be Yours" di Telepopmusik. Air France ha utilizzato diversi gruppi di musica popolare per il suo marketing e l'atmosfera a bordo, da The Chemical Brothers nel 1999 a Télépopmusik nel 2010. Air France ha lanciato una nuova campagna pubblicitaria nel 2015 progettata da BETC e diretta da We Are From LA, incentrata sulla cultura francese. Insieme alla campagna pubblicitaria e agli annunci stampati, Air France ha anche introdotto un video sulla sicurezza a tema simile. La musica è una versione personalizzata della canzone di Glass Candy Warm in the Winter. Le divise Le divise di Air France denotano i ranghi degli assistenti di volo. Due strisce d'argento sulle maniche denotano un capo commissario. Una striscia argentata sulla manica denota un Commissario. Gli assistenti di volo non hanno strisce sulle maniche. Le divise femminili dell'equipaggio di cabina presentano le strisce sul taschino piuttosto che sulla manica per le loro controparti maschili. Le attuali divise di Air France sono state create dallo stilista francese Christian Lacroix. Logo Al momento della sua formazione, Air France ha adottato il logo del cavalluccio marino del suo predecessore Air Orient, noto come hippocampe ailé (a volte chiamato in modo derisorio "la crevette", o gambero, dai suoi dipendenti), come sua insegna. Prima della fusione Air France-KLM, l'ippocampe ailé veniva utilizzato nella sezione anteriore degli aeromobili accanto a "Groupe Air France"; dopo la fusione, il logo Air France-KLM è stato sostituito nella zona del muso e l'ippocampe ailé è stato trasferito nelle gondole dei motori. L'acronimo "AF" è stato anche messo in evidenza sulla bandiera della compagnia aerea. Il 7 gennaio 2009, Air France ha sostituito il proprio logo con una striscia rossa. Cabina Air France offre un mix di tre e quattro configurazioni di cabina per rotte internazionali a lungo raggio, con La Première (aeromobili selezionati), Business, Premium Economy ed Economy. Schermi personali con audio video on demand sono disponibili in tutte le cabine di tutti gli aeromobili a lungo raggio. I voli europei a corto e medio raggio sono caratterizzati da una configurazione a tre cabine con Business, Premium Economy ed Economy. La Première La Première, la prima classe a lungo raggio di Air France, è disponibile su Boeing 777-300ER selezionati. La cabina dispone di sedili in legno e pelle reclinabili di 180°, formando letti lunghi due metri. Ogni sedile è dotato di uno schermo personale touchscreen da 10,4 "con giochi interattivi e audio video on demand, un divisorio per la privacy, funzione di automassaggio, luce di lettura, cassetto portaoggetti, cuffie con cancellazione del rumore, telefono personale e porte di alimentazione per laptop. Ogni passeggero è dotato anche di un servizio di cappotti personalizzato, coperta in pura lana merino, un cuscino "stile boudoir" e un kit da viaggio con prodotti Biologique Recherche per la cura del viso e del corpo per idratare e rinfrescare la pelle. Il servizio di couverture comprende un materasso, un piumone, un cuscino di piume ipoallergenico, indumenti da notte, un sacchetto per la polvere per le scarpe e un paio di pantofole. I servizi di pasti su richiesta à la carte includono antipasti creati dallo chef Guy Martin. L'accesso alla lounge privata è offerto in tutto il mondo con un'auto con autista per l'aereo. La Première non è disponibile su Airbus A330-200, Airbus A340-300, Boeing 777-200ER e Boeing 777-300ER selezionati dove la business è la classe di cabina più alta. Business Business, la business class a lungo raggio di Air France, è disponibile su tutti gli aeromobili a lungo raggio. È dotata di sedili reclinabili ad angolo fino a due metri di lunghezza. Ogni posto include un monitor TV touchscreen da 10,4 pollici con giochi interattivi e AVOD, luce di lettura, telefono personale e prese di alimentazione per laptop. Il servizio pasti comprende pasti di tre portate e un servizio di formaggi o un menu espresso servito subito dopo il decollo. Air France ha rilasciato un nuovissimo prodotto di classe business, il sedile è uno Zodiac Aerospace Cirrus ed è progettato da Mark Collins di Design Investment, specializzato nel mondo dei trasporti di fascia alta e dall'agenzia di design e branding, Brandimage. Il nuovo sedile è stato installato sui Boeing 777 da giugno 2014 fino all'estate 2016, tutti gli altri tipi di aeromobili sono poi stati adattati ad eccezione del Boeing 747-400, Airbus A380 e Airbus A340-300 in quanto sarebbero dovuti essere ritirati dal flotta rispettivamente entro il 2016, 2019 e 2020. Sono stati installati 2.102 posti a sedere. La nuova cabina presenta un layout 1-2-1 rispetto al layout 2-3-2 che si trova attualmente sul 777. Il nuovo schermo da 16 pollici (41 cm) offre un'esperienza di navigazione a bordo unica simile a un tablet. Con un'interfaccia utente completamente ridisegnata e disponibile in 12 lingue (francese, inglese, spagnolo, portoghese brasiliano, cinese, giapponese, coreano, tedesco, italiano, olandese, russo e arabo), scegliendo un programma di intrattenimento tra oltre 1.000 ore di intrattenimento. Il sedile si trasforma in un letto completamente piatto con inclinazione di 180 gradi, è dotato di telecomando touchscreen, porta USB, presa elettrica universale, nuove cuffie con cancellazione del rumore, schermo per la privacy, testiera imbottita firmata Air France, ampio spazio di archiviazione, poggiatesta regolabile e un piumone con cuscino XXL in piuma d'oca. Premium Economy Premium Economy, è la classe premium economy di Air France per i voli a lungo raggio, che è diventata disponibile sui Boeing 777-200ER, 777-300ER, Airbus A330-200 tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010. I sedili sono stati installati anche sull'ex Airbus A340-300 tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010 e l'Airbus A380-800 tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011. Si tratta di una sezione di cabina dedicata con un layout 2-4-2 (2-3-2 sulla flotta Airbus a lungo raggio e 3-3-3 per Alize sul 777-300 che serve le rotte dell'Oceano Indiano e dei Caraibi) con passo da 38" (36" per i sedili Alize a lungo raggio), sedili fissi reclinabili a 123°, incluso un poggiatesta regolabile, un touchscreen da 10,4", lampada da lettura personale, prese di alimentazione universali e poggiagambe regolabile (40% di spazio in più rispetto ai sedili Voyageur; i sedili sono più larghi del 20% e offrono il 20% di spazio per le gambe in più). Ce ne sono 32 sui Boeing 777-300ER, 24 sui Boeing 777-200 e 21 sugli Airbus A340-300 e A330-200 (tra la cabina Business ed Economy). I passeggeri ricevono una franchigia bagaglio doppia, servizi aeroportuali prioritari, accesso alla lounge (a pagamento) e miglia extra per il programma frequent flyer. A bordo, i servizi includono cuffie Sennheiser con cancellazione del rumore, un kit di cortesia (con calze, maschera per gli occhi, spazzolino da denti e dentifricio e tappi per le orecchie), coperte migliorate e un servizio pasti migliorato con secondo pasto caldo, caramelle e gelato il tutto servito con posate in vero vetro e metallo. Un nuovo tipo di sedile Premium Economy migliorato che utilizza lo stesso guscio è stato introdotto a partire da giugno 2014 sui Boeing 777, caratterizzato da una migliore ammortizzazione e un migliore poggiapiedi. Economy Economy, la classe economica di Air France, dispone di sedili reclinabili fino a 118°. L'attuale sedile Economy a lungo raggio, che ha debuttato sul Boeing 777-300ER, include poggiatesta alati, un telefono personale e un monitor TV touchscreen con AVOD Interactive Entertainment System che sono stati installati su tutta la flotta a lungo raggio di Air France. Sui voli a lungo raggio, viene presentato un menu con una scelta di due pasti. I servizi Economy a corto e medio raggio sono operati da aeromobili della famiglia Airbus A320 con diverse disposizioni dei posti. Air France è una delle poche compagnie aeree che dispone di poggiatesta alati su aeromobili di corto e medio raggio in entrambe le classi. Sui voli a corto raggio viene servito uno spuntino, mentre sui voli a medio raggio viene servito un pasto freddo di tre portate. Le bevande alcoliche gratuite sono disponibili su tutti i voli, compreso lo champagne. Sulla maggior parte degli aeromobili, Air France offre posti con spazio extra per le gambe in economy chiamati Seat Plus. Questi posti si trovano nelle file di uscita della classe economica e in altre file a seconda dell'aereo, così come i sedili economici sul ponte superiore del 747, offrendo almeno 4" di spazio in più (36" contro i normali 32" nei sedili standard economici), la sezione Seat Plus del 747 offriva anche un ulteriore mezzo pollice di larghezza del sedile. Air France ha introdotto un nuovissimo prodotto economico a lungo raggio che presenta un nuovo sedile slimline che offre fino a un pollice in più di spazio per le gambe, tavolo più ampio, prese elettriche universali, braccioli retrattili, poggiatesta in pelle con alette, più spazio di archiviazione, schermi da 10 pollici ad alta definizione con l'intrattenimento di volo più recente con una porta USB, un supporto per le cuffie e cuscini di nuova concezione con diversi modelli del logo Air France. I sedili sono stati installati insieme ai nuovi posti La Première, Business e Premium Economy da giugno 2014 fino all'estate 2016 sui Boeing 777, il cuore della flotta. Tutti gli altri aeromobili sono stati adattati ad eccezione degli Airbus A340-300, Airbus A380-800 e Boeing 747-400 poiché tutti e tre i tipi sarebbero stati ritirati entro il 2020. Servizi Pasti a bordo Per La Première, il menu di prima classe di Air France è disegnato da Guy Martin, chef di Le Grand Vefour, un ristorante tre stelle Michelin a Parigi. Le voci del menu includono antipasti, primi piatti, cestino del pane e formaggi, insieme a un carrello dei dolci che include pasticcini, pasticcini e tortine. Sui voli a lungo raggio, Air France serve anche champagne in omaggio ai passeggeri di tutte le classi. Intrattenimento Air France offre Audio Video on Demand (AVOD) in tutte le cabine di tutti gli aeromobili a lungo raggio. Il sistema di intrattenimento in volo offre più canali di video, audio, musica e giochi. Air France Magazine, la pubblicazione a bordo della compagnia aerea, è inclusa in ogni posto, e Air France Madame, una rivista di moda di lusso con una prospettiva femminile, è inclusa nelle cabine e lounge La Première e Business. Su tutti i voli, tutti i film possono essere visti in inglese, spagnolo e francese. I film selezionati su tutti i voli sono disponibili anche in cinese, giapponese, hindi e coreano. La compagnia aerea offre corsi di lingua Berlitz International tramite il sistema di intrattenimento in volo. Il 29 maggio 2013, KLM e Air France hanno lanciato un progetto per testare il Wi-Fi in volo. Entrambe le compagnie aeree hanno dotato di Wi-Fi un Boeing 777-300ER di ciascuna delle loro flotte. Utilizzando il Wi-Fi in volo, i passeggeri possono rimanere online utilizzando i loro smartphone, laptop o tablet abilitati Wi-Fi. Il servizio wireless inizierà una volta che il volo avrà raggiunto i . Le Salon Le lounge di Air France sono conosciute come Le Salon e sono aperte ai passeggeri La Première e Business, nonché ai soci Flying Blue Gold, Flying Blue Platinum, SkyTeam Elite ed Elite Plus. In tutto il mondo, ci sono 530 lounge Air France e Skyteam in 300 aeroporti internazionali in tutti i continenti tranne l'Antartide. Flying Blue Flying Blue, il programma frequent flyer di Air France-KLM, assegna ai soci punti in base alle miglia percorse e alla classe di servizio. L'iscrizione al programma è gratuita. Il programma è suddiviso in status standard (Explorer), Elite (Silver) ed Elite Plus (Gold e Platinum). Explorer è il livello base che si ottiene entrando nel programma. Lo stato Elite si ottiene accumulando un certo numero di miglia entro un anno solare. Le carte Elite Silver, Elite Plus Gold ed Elite Plus Platinum offrono vantaggi aggiuntivi. Una carta solo su invito chiamata Club 2000 è attribuita ad alcuni VIP, celebrità e politici. Ufficialmente, fornisce gli stessi vantaggi dello status Platinum, ma numerose fonti confermano che garantisce quasi l'upgrade a Business o La Première. Flying Blue è succeduto al precedente programma frequent flyer di Air France, Fréquence Plus, attivo fino alla fusione Air France-KLM nel 2003. Destinazioni Accordi commerciali Al 2022 Air France ha accordi di code-share con le seguenti compagnie: Aeroflot Aerolíneas Argentinas Aeroméxico Air Antilles Air Astana Air Austral Air Corsica Air Europa Air France Hop Air Malta Air Mauritius Air Serbia Air Tahiti Nui airBaltic Aircalin Alaska Airlines Atlantic Airways Austrian Airlines Azerbaijan Airlines Bangkok Airways Belavia Bulgaria Air China Airlines China Eastern Airlines China Southern Airlines Comair Copa Airlines Croatia Airlines Czech Airlines Delta Air Lines Etihad Airways Finnair Garuda Indonesia Gol Transportes Aéreos Georgian Airways IndiGo ITA Airways Japan Airlines Kenya Airways KLM Korean Air Luxair Middle East Airlines Qantas Saudia Singapore Airlines TAROM Transavia Airlines Ukraine International Airlines Vietnam Airlines Virgin Atlantic Airways WestJet Widerøe Winair Alleanze Il 22 giugno 2000 Air France è entrata a far parte di SkyTeam. Flotta Flotta attuale A dicembre 2022 la flotta di Air France risulta composta dai seguenti aerei: Flotta storica Nel corso degli anni Air France ha operato con i seguenti modelli di aeromobili: Aérospatiale-BAC Concorde Airbus A300 Airbus A310 Airbus A340-200 Airbus A340-300 Airbus A380-800 Blériot 5190 Bloch MB 120 Bloch MB 220 Boeing 707 Boeing 727 Boeing 737 Boeing 747 Boeing 767 Breguet 393T Breguet 763 Provence Convair 990 De Havilland DH.106 Comet Dewoitine D.338 Douglas DC-3 Douglas DC-4 Farman 2200 Lockheed L-049 Constellation Lockheed L-1049 Super Constellation Lockheed L-1649 Starliner Lockheed L-1011 TriStar McDonnell Douglas DC-10 Sud Aviation Caravelle Sud-Est SE-161 Languedoc Vickers Viscount Wibault 282 Altri aerei utilizzati da Air France: ATR 42 ATR 72 Bae 146/Avro RJ Canadair Regional Jet Caudron C-449 Goeland de Havilland Canada Dash 7 Dornier 328 Douglas DC-8 Embraer EMB 120 Embraer ERJ Embraer E-Jets Fairchild Hiller FH-227 Fokker F27 Fokker F28 Fokker F70 Fokker F100 Raytheon 1900D Saab 2000 Saab 340 Transall C-160 VFW-Fokker 614 Gli aerei Airbus A380 Air France ha firmato come cliente di lancio per l'Airbus A380-800 "superjumbo" nel 2001. Aveva ordinato 12 Airbus A380-800, con opzioni su altri due. È stata la prima compagnia aerea in Europa a utilizzare l'A380, con in primo esemplare consegnato il 30 ottobre 2009; veniva utilizzato sulla rotta Parigi-New York. Tutti gli Airbus A380 di Air France partivano dall'hub internazionale della compagnia aerea presso l'aeroporto Charles de Gaulle nel Terminal 2E. Nel 2018, il presidente e CEO di Air France-KLM, Benjamin Smith, ha annunciato che la compagnia aerea avrebbe ritirato il 50% della flotta di Airbus A380 entro il 2021 a causa di costi elevati, della scarsa efficienza e del maggiore ricavo degli Airbus A350-900 e Boeing 787 Dreamliner. Il 23 giugno 2019, Air France-KLM ha iniziato a prendere in considerazione la dismissione di tutti i suoi Airbus A380 prima del previsto a causa delle preoccupazioni per gli investimenti per l'adeguamento della cabina. Nell'agosto 2019, Air France-KLM ha rivisto i piani di pensionamento sull'Airbus A380 e ha annunciato che l'intera flotta di Airbus A380 sarebbe stata ritirata entro il 2022. Ciò ha portato Air France-KLM a eliminare tutti i quad-jet dalla propria flotta entro il 2022 con il ad eccezione dei Boeing 747-400ERF di KLM Cargo operati da Martinair. Il 2 gennaio 2020, Air France ha ritirato il suo primo A380. A causa della pandemia di COVID-19, Air France-KLM ha ritirato i suoi nove A380 rimanenti prima del maggio 2020 invece che nel 2022. Il 26 giugno 2020 è stato operato il volo d'addio con un tour sopra la Francia. Boeing 747 La compagnia aerea iniziò a operare il 747 il 3 giugno 1970, quando fu messo in servizio un 747-100 che era stato consegnato il 20 marzo di quell'anno. Continuò a operare le varianti -200, -300 e -400. Nel gennaio 2016, Air France ha ritirato il suo ultimo Boeing 747-400. Sono stati sostituiti dagli Airbus A380 e dai Boeing 777-300ER. Le versioni cargo sono state sostituite dai Boeing 777F. Concorde Gli ultimi cinque Concorde dell'Air France sono stati ritirati il 31 maggio 2003, a causa della domanda insufficiente a seguito dell'incidente del 25 luglio 2000 a Gonesse (vicino all'aeroporto Charles de Gaulle), nonché dei maggiori costi di carburante e manutenzione. British Airways ha effettuato il suo ultimo servizio Concorde il 24 ottobre 2003. Il Concorde F-BVFA è stato trasferito allo Steven F. Udvar-Hazy Center dell'aeroporto Internazionale di Washington Dulles. F-BVFB fu dato allo Sinsheim Auto & Technik Museum in Germania, F-BTSD al Musée de l'Air et de l'Espace dell'aeroporto Le Bourget di Parigi, mentre F-BVFC tornò al suo luogo di produzione a Tolosa, presso la fabbrica Airbus. F-BVFF è l'unico esemplare a rimanere all'aeroporto Charles de Gaulle. Incidenti Il 9 maggio 1934, un Wibault 280 precipitò nel canale della manica. Le vittime furono sei. Il 27 ottobre 1949, il volo Air France 009, un Lockheed Constellation L-749A, si schiantò contro una montagna dell'isola, a causa di un errore di navigazione durante la fase di avvicinamento a vista. Il 12 e 14 giugno 1950, due Douglas DC-4 precipitarono per cause simili durante l'avvicinamento in Bahrein. Il 3 agosto 1953, il volo Air France 152, un Lockheed Constellation, precipitò dopo un guasto meccanico. Il 1º settembre 1953, il volo Air France 178, un Lockheed L-049 Constellation, precipitò sul monte francese Cimet durante il volo sulla tratta Parigi-Nizza. Il 10 maggio 1961, il volo Air France 406, un Lockheed Constellation, precipitò dopo l'esplosione di un ordigno nei cieli dell'Algeria. Il 12 settembre 1961, il volo Air France 2005, un Sud Aviation Caravelle, precipitò in Marocco. Il 3 giugno 1962, il volo Air France 007, un Boeing 707, si schiantò dopo che i piloti avevano abortito il decollo per un'avaria meccanica allo stabilizzatore. Dei 132 a bordo, solo due assistenti di volo sopravvissero. Il 22 giugno 1962, il volo Air France 117, un Boeing 707, si schiantò su una collina a Dos D'Ane, 25 chilometri a Ovest-Nord-Ovest di Pointe-à-Pitre, durante l'avvicinamento all'isola di Guadalupa. Tutti i 113 a bordo perirono nello schianto. Il 5 marzo 1968, il volo Air France 212, un Boeing 707, si schiantò contro una collina a Nord dell'isola di Guadalupa, durante l'avvicinamento allo stesso aeroporto. Meno di due anni dopo, nel dicembre del 1969, il volo Air France 212, che percorreva la stessa rotta di quello precipitato nel 1968, si inabissò nell'Oceano Atlantico pochi minuti dopo il decollo da Caracas. L'11 settembre 1968, il volo Air France 1611, un Sud Aviation Caravelle, precipitò nel sud della Francia dopo un incendio a bordo. Il 3 dicembre 1969, il volo Air France 212, un Boeing 707, precipitò nell'Oceano Atlantico al largo di Caracas poco dopo il decollo dall'aeroporto Internazionale Simón Bolívar. Tutti i 62 a bordo persero la vita. Il 27 dicembre 1987, il volo Air France 1919, un Embraer EMB 120, precipitò durante l'avvicinamento a Bordeaux. Le vittime furono 16. Il 26 giugno 1988, il volo Air France 296, un Airbus A320, partecipando a un air-show, avrebbe dovuto sorvolare l'aeroporto di Mulhouse-Habsheim a un'altitudine di circa a bassa velocità e con il carrello d'atterraggio abbassato; invece, l'aereo in violazione dell'altezza minima consentita e del piano di volo, effettuò il passaggio a un'altitudine di appena andando a impattare contro le cime degli alberi presenti a fine pista, causando la morte di tre passeggeri durante la fase di evacuazione. Il 26 dicembre 1994, il volo Air France 8969, un Airbus A300, fu dirottato da 4 terroristi del Gruppo Islamico Armato (GIA) ad Algeri, luogo in cui furono uccisi 3 passeggeri. Quando l'aereo raggiunse Marsiglia, il GIGN, il gruppo di intervento della Gendarmerie nationale fece irruzione nell'aereo uccidendo i dirottatori. I terroristi avevano intenzione di schiantarsi sulla Torre Eiffel. Il 20 aprile 1998, il volo Air France 422, un Boeing 727-200 che copriva l'ultima tratta di un collegamento aereo tra Parigi e la capitale ecuadoriana Quito, operato da TAME per conto di Air France, si schiantò nelle vicinanze di Bogotá a causa della scarsa visibilità dopo il decollo dall'aeroporto internazionale El Dorado, uccidendo tutte le 53 persone a bordo. Il 25 luglio 2000, il volo Air France 4590, un Concorde, precipitò poco dopo il decollo dopo aver impattato con un detrito lasciato sulla pista da un DC-10 decollato minuti prima. L'impatto con il pezzo metallico causò un incendio al serbatoio dell'ala sinistra che rese l'aereo incontrollabile; questo si schiantò contro un hotel. Le vittime furono 113. Il 22 giugno 2003, il volo Air France 5672, un Bombardier CRJ100ER, precipitò durante l'avvicinamento a Brest. Il 2 agosto 2005, il volo Air France 358, un Airbus A340-300, uscì di pista durante l'atterraggio a Toronto per errori dei piloti. Non ci furono vittime, ma l'aereo venne consumato dall'incendio che si sviluppò in seguito. Il 1º giugno 2009, il volo Air France 447, un Airbus A330-200 in rotta tra Rio de Janeiro e Parigi, scomparve dai radar mentre si trovava sopra l'Oceano Atlantico; l'aereo era precipitato causando la morte di tutte le 228 persone che portava a bordo, di cui 216 passeggeri, 3 piloti e 9 assistenti di volo. La zona dell'oceano in cui si verificò l'incidente è situata a circa metà percorso tra l'Africa e l'America meridionale. L'incidente era avvenuto a causa del ghiaccio formatosi nei tubi di Pitot che, di conseguenza, portò ad indicazioni errate riguardanti la velocità disorientando così l'equipaggio. Il 30 settembre 2017, il volo Air France 66, un Airbus A380, subì un guasto distruttivo ad uno dei quattro motori e dovette effettuare un atterraggio di emergenza alla base aerea di Goose Bay, in Canada. L'incidente si era verificato mentre il velivolo si trovava a 150 km a sud-est di Paamiut, in Groenlandia. Secondo l'Air Safety Network, Air France è stata vittima di 11 dirottamenti aerei: 1973, 18 ottobre: Marsiglia (Volo Parigi - Nizza) 1976, 27 giugno: Bengasi-Entebbe (Operazione Entebbe, Volo Air France 139 Atene - Parigi) 1976, 28 agosto: Ho Chi Minh (Volo Ho Chi Minh - Bangkok) 1977, 12 agosto: Bari (Volo Nizza - Il Cairo) 1983, 27 agosto: Teheran (Volo Vienna - Parigi) 1984, 7 marzo: Ginevra (Volo Francoforte - Parigi) 1984, 31 luglio: Teheran (Volo Francoforte - Parigi) 1989, 23 agosto: Algeri (Volo Parigi - Algeri) 1993, 10 dicembre: Nizza (Volo Air France 2306 Parigi - Nizza) 1994, 26 dicembre: Marsiglia (Volo Air France 8969 Algeri - Parigi) 1999, 2 marzo: Parigi (Volo Air France 5029 Marsiglia - Parigi) Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Membri di SkyTeam Compagnie aeree francesi Compagnie aeree di bandiera
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alfabeto
Alfabeto
L'alfabeto o trascrizione fonetica è un sistema di scrittura i cui segni grafici (i grafemi) rappresentano singolarmente i suoni delle lingue (foni e fonemi). Nei sistemi di scrittura alfabetici, generalmente un grafema rappresenta un fonema, ma spesso uno stesso grafema può rappresentare più fonemi o, viceversa, uno stesso fonema può essere rappresentato da più grafemi. Un alfabeto propriamente deve contenere anche le vocali, altrimenti si preferisce indicarlo col nome abjad. La parola "alfabeto" deriva dall'unione dei nomi delle prime due lettere dell'alfabeto greco, alfa (la prima vocale) e beta (la prima consonante) (simboli greci: α e β). I sistemi alfabetici sono tra i sistemi di scrittura più diffusi al mondo e, data la caratteristica di possedere un numero limitato di segni, sono anche sfruttati per la trascrizione fonetica: inoltre la quasi totalità degli alfabeti del mondo usa i grafi della scrittura latina, a volte assegnando loro valori fonetici diversi da un sistema all'altro e a volte modificandoli aggiungendo o togliendo tratti grafici. Alcuni studiosi sostengono che l'alfabeto sia il vertice della scrittura e chi legge «ragiona diversamente». Alfabeti, abugida e abjad Genericamente per alfabeto, si intende un sistema di scrittura segmentale a livello fonemico che ha glifi separati per suoni individuali. I grafemisti distinguono invece tre tipi diversi di scrittura segmentale: alfabeto, abjad e abugida. Questi tre differiscono l'uno dall'altro nella maniera in cui sono trattate le vocali: gli abjad hanno le lettere per le consonanti e lasciano le vocali inespresse; gli abugida sono anch'essi basati sulle consonanti, ma indicano le vocali con segni diacritici o con modificazioni grafiche sistematiche alle consonanti; gli alfabeti rappresentano le consonanti e le vocali come lettere indipendenti. Il più antico alfabeto conosciuto in senso ampio è la scrittura Wadi el-Hol, che si crede sia un abjad. Questo, attraverso il suo successore il fenicio, è l'antenato dei moderni alfabeti, tra cui l'arabo, il greco, il latino (attraverso gli antichi alfabeti italici), il cirillico (attraverso l'alfabeto greco) e l'ebraico (attraverso l'aramaico). Gli Abjad dei giorni nostri sono le scritture araba e ebraica; alfabeti veri invece comprendono il latino, il cirillico e l'hangŭl coreano; e gli abugida sono usate per scrivere il tigrino, l'amarico, l'hindi e l'alfabeto thai. I sillabici aborigeni canadesi sono anche abugida piuttosto che un sillabario come il suo nome farebbe pensare, giacché ogni glifo sta per una consonante che è modificata dalla rotazione per rappresentare la vocale seguente. In un vero sillabario, ogni combinazione vocale-consonante sarebbe rappresentata da un glifo separato. Questi tre tipi possono essere incrementate con i glifi sillabici. L'ugaritico, per esempio, è di base un abjad, ma ha lettere sillabiche per /ʔa, ʔi, ʔu/. Il cirillico è di base un alfabeto vero, ma ha lettere sillabiche per /ja, je, ju/ (я, е, ю); il copto ha una lettera per /ti/. L'alfabeto devanagari è tipicamente un abugida incrementato con lettere dedicate per le vocali iniziali, sebbene alcune tradizioni usano अ come una consonante zero come base grafica per quelle vocali. I confini tra i tre tipi di scritture segmentali non sono sempre ben delineati. Per esempio il curdo sorani è scritto con l'alfabeto arabo, che di norma è un abjad. Sebbene, nel curdo, scrivere le vocali sia obbligatorio, e sono usate lettere complete, così la scrittura è un alfabeto in senso stretto. Altre lingue possono usare un abjad semitico con vocali obbligatorie diacritiche, facendo effettivamente di loro un abugida. D'altro canto, la scrittura Phagspa dell'impero Moghul fu basata strettamente sull'abugida tibetano ma tutti i segni vocalici sono scritti dopo la consonante che le precede piuttosto che come segni diacritici. Ancora più estremo è l'alfabeto Pahlavi, che è un abjad che diventa logografico. Gli alfabeti nelle lingue tonali Questa prima classificazione degli alfabeti riflette la condizione di come essi trattano le vocali. Per le lingue tonali c'è un ulteriore classificazione basata su come trattano il tono, sebbene non esista un nome per distinguere i differenti tipi. Alcuni alfabeti ignorano il tono del tutto, in particolare quelli che non portano alcun significato funzionale forte, come nel somalo e altre lingue africane e delle Americhe. Alcune scritture trattano i toni come gli abjad trattano le vocali. La maggior parte dei toni è indicata con segni diacritici, alla stessa maniera con cui sono trattate le vocali negli abugida. Questo è il caso del vietnamita, un alfabeto vero, e del Tailandese (abugida). In tailandese, il tono è determinato prima di tutto dalla scelta della consonante, con l'uso di diacritici per la disambiguazione. Nella scrittura Pollard, un abugida, le vocali sono indicate da diacritici, ma il posizionamento del relativo diacritico alla consonante è modificato per indicare il tono. Più raro, è il caso in cui una scrittura abbia lettere separate per indicare i toni, come nel hmong e nello Zhuang. Per la maggior parte di queste scritture, indipendentemente dal fatto che si usino lettere o segni diacritici, il tono più comune non è contrassegnato, proprio come la vocale più comune non è contrassegnata negli abugida indoari, nello Zhuyin non solo è uno dei toni non segnati, ma vi è un diacritico per indicare la mancanza di tono, come il virama indiano. Le origini dell'alfabeto Gli alfabeti spesso vengono associati con un ordine standard delle loro lettere, che può essere usato per scopi di confronto, vale a dire per l'elencazione di parole e altri oggetti in quello che viene chiamato ordine alfabetico. L'ordine di base dell'alfabeto latino (A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z), che è derivato dall'ordine del Abgad semitico nord-occidentale, è ben consolidato, sebbene le lingue che usano questo alfabeto abbiano diverse convenzioni per il trattamento delle lettere modificate (come nel francese é, à, e ô) e di certe combinazioni di lettere (multigrafi). Ad esempio, in Francia, le lettere accentate non sono considerate lettere aggiuntive per quanto concerne l'ordinamento e il confronto. Nell'islandese invece, le lettere accentate e con segni diacritici come á, í, e ö sono considerate lettere distinte. In spagnolo la ñ è considerata una lettera separata, ma le vocali accentate come á ed é invece non lo sono. La ll e la ch sono considerate lettere singole, ma nel 1994 la Real Academia Española cambiò l'ordine cosicché la "ll" figurasse nel dizionario tra "lk" e "lm", e "ch" tra "cg" e "ci"; nel 2010 l'associazione delle accademie di lingua spagnola cambiò ulteriormente definizione, non considerandole più lettere. Nei dizionari inglesi, la sezione lessicale con l'iniziale th- trova posto tra te- e ti-. In Germania, le parole che iniziano con "sch" (che rappresenta il fonema tedesco ) dovrebbero essere intercalate tra parole con l'iniziale "sca" e "sci" (tutti prestiti linguistici), invece di questo cluster grafico appare dopo la lettera "s", come se fosse una singola lettera, una scelta analoga a quanto avviene in un dizionario di albanese con dh-, ë-, gj-, ll-, rr-, th-, xh- e zh- (tutti rappresentano fonemi e sono considerate lettere singole separate) che seguono rispettivamente le lettere d, e, g, l, n, r, t, x e z. Le parole tedesche con l'umlaut sono ordinate come se non l'avessero, a differenza del turco con i grafemi ö e ü, e dove una parola come "Tüfek" viene dopo "Tuz", nel dizionario. Un'eccezione si trova negli elenchi telefonici tedeschi dove le lettere con l'umlaut sono ordinate diversamente, considerando le vocali con dieresi come fossero seguite da "e" (es. ä = ae). Gli alfabeti danese e norvegese terminano con "æ", "ø", "å", considerate lettere distinte, come anche l'islandese, lo svedese e il finlandese, che convenzionalmente collocano le parole che iniziano con "å", "ä" e "ö" alla fine. La famiglia delle scritture Brahmi usate in India usano un unico ordine basato sulla fonologia. Le lettere sono arrangiate secondo come e dove sono prodotte nel cavo orale. Questa organizzazione è usata anche nel Sud-est asiatico, in Tibet nell'hangŭl coreano, e anche nei sillabari kana giapponesi. Gli alfabeti oggi Alfabeti africani Alfabeto ge'ez Alfabeto N'Ko Tifinagh Alfabeti asiatici Alfabeto arabo Alfabeto avestico Alfabeto ebraico Alfabeto fenicio Alfabeto gujarati Alfabeto khmer Alfabeto laotiano Alfabeto mandaico Alfabeto mongolo latino Alfabeto persiano-arabo Alfabeto tamil Alfabeto thai Alfabeto tibetano Alfabeto ugaritico Brahmi Devanagari Hangeul Hiragana Jawi Katakana Thaana Zhuyin Alfabeti europei Alfabeto armeno Alfabeto cirillico Alfabeto georgiano Alfabeto greco Alfabeto latino Alfabeti americani Rongo rongo Alfabeti speciali Alfabeto fonetico internazionale Alfabeto fonetico NATO Alfabeto manuale Alfabeto marittimo Alfabeto Morse Braille Nova Help-Alfabeto Alfabeti artificiali Alfabeto Mandaloriano Aurebesh Belter Creole - Belta Cirth Sarati Tengwar Note Voci correlate Abjad Abugida Alfabeto italiano Fonema Fono Grafema Lettera alfabetica Sistema di scrittura Storia dell'alfabeto Traslitterazione Vocoide Altri progetti Collegamenti esterni TerritorioScuola EduSoftware - Collezione di alfabeti interattivi, visuali e sonori, in diverse lingue. Elenco dei vari alfabeti con traslitterazione (in inglese)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aa
Aa
Botanica Aa – genere della famiglia delle Orchidacee Codici AA – codice di carrozzeria (Direttiva 2001/116/CE) della berlina aa – codice ISO 639-2 alpha-2 per la lingua afar AA – codice United States Department of Defense per missile aria-aria del blocco sovietico AA – codice vettore IATA di American Airlines Geologia ʻAʻā – tipo di colata lavica basaltica emessa in particolare nei territori delle Hawaii Geografia Aa è una contrazione della parola celtica o forse germanica per “acqua”, col significato di “acqua corrente”, può riferirsi a: Aa – villaggio dell'Estonia, situato nella contea Ida-Virumaa Aa – fiume della Francia Aa – fiume del Distretto governativo di Münster (Germania) Aa – fiume della Vestfalia (Germania) Aa – fiume del Brabante settentrionale (Paesi Bassi) Aa – fiume del Groningen (Paesi Bassi) Aa di Curlandia – antica denominazione del fiume Lielupe (Lettonia) Aa di Engelberg – fiume della Svizzera Aa di Livonia – antica denominazione del fiume Gauja (Lettonia) Aa di Sarnen – fiume della Svizzera Aa en Hunze – comune della provincia di Drenthe (Paesi Bassi) Informatica .aa – estensione dei file Audible Audio Musica Aa! – gruppo musicale giapponese Persone Abraham Jacob van der Aa – scrittore, biografo e geografo olandese Pieter van der Aa – editore olandese Terje Aa – giocatore di bridge norvegese Personaggi Aa – personaggio DC Comics, Lanterna Verde del Settore 904 Mitologia Aa – divinità egizia Aa – divinità antropomorfa delle isole Cook e Australi, cui si chiedeva consiglio per guerre, malattie e altre calamità. Altro aa – abbreviazione di “ana”, utilizzata con lo stesso significato, nelle ricette mediche aa – indica un amalgama (alchimia) AA – abbreviazione di Amminoacido AA – abbreviazione di Acido arachidonico AA – tipo standard di pila AA – acronimo degli Alcolisti Anonimi AA – abbreviazione della Architectural Association School of Architecture AA – sigla di Athletics Australia, federazione australiana di atletica leggera A.A. – sigla degli Agostiniani dell'Assunzione A.A. – assiste arbitrale A.A. – abbreviazione di anno accademico Doppio-A – secondo livello della Minor League Baseball AA – classe di rating A∴A∴ - Argenteum Astrum, organizzazione magica descritta nel 1907 dall'occultista Aleister Crowley Note Pagine correlate A Aaa Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alfiere%20%28scacchi%29
Alfiere (scacchi)
Nel gioco degli scacchi lalfiere () è uno dei pezzi a disposizione dei giocatori. Assieme al cavallo è uno dei cosiddetti "pezzi leggeri", in contrapposizione a donna e torre chiamati "pezzi pesanti". L'alfiere viene spesso rappresentato con il copricapo da vescovo dato che nei paesi anglofoni è chiamato appunto bishop (vescovo); il nome è invece di origine arabo-persiana: "alfiere" deriva infatti da al-fil che significa "l'elefante" (al = articolo determinativo; fil = elefante), in quanto nei paesi del Medio Oriente questo pezzo raffigurava tale animale. Nella lingua italiana, invece, il termine significa portabandiera e indica il soldato che, diversi secoli addietro, era deputato a portare il vessillo del suo esercito. In alcune marine del mondo, inoltre, questo termine continua a persistere, riferendosi al grado di ufficiale di vascello più basso nella scala gerarchica. Il movimento La partita inizia con quattro alfieri, due per colore, uno a sinistra della donna e l'altro a destra del re nelle case indicate in notazione algebrica come c1, f1, c8 e f8. L'alfiere si muove diagonalmente per il numero di caselle libere che ha a disposizione. Come è il caso della maggior parte dei pezzi l'alfiere cattura un pezzo dell'avversario tramite l'occupazione della casa su cui si trova il pezzo da catturare. Alfiere camposcuro e campochiaro I termini alfiere camposcuro e alfiere campochiaro si riferiscono agli alfieri che si muovono esclusivamente nelle case di colore rispettivamente nere e bianche: l'alfiere infatti è l'unico pezzo che non può cambiare il colore delle case su cui si appoggia nei suoi movimenti in diagonale. Pertanto ogni colore possiederà un alfiere campochiaro e un alfiere camposcuro. L'espressione alfieri di colore contrario è usata, specialmente nei finali, per indicare che un colore ha soltanto l'alfiere campochiaro e l'altro solamente l'alfiere camposcuro. Il ruolo durante il gioco Poiché l'alfiere ha accesso solo a 32 delle 64 case della scacchiera (essendo legato ad un unico colore), è considerato più debole di una torre che ha accesso a tutte le case presenti. Inoltre una torre, su una scacchiera vuota, controlla (attacca) sempre 14 case, mentre l'alfiere ne controlla da un massimo di 13 ad un minimo di 7, in funzione della sua posizione più o meno centrale. Una torre viene dunque valutata più di un alfiere. La forza (e dunque anche il valore) dell'alfiere è considerata equivalente a quella del cavallo. Durante la partita l'alfiere acquista più forza in quanto i numeri dei pezzi presenti diminuiscono e dunque si aprono più linee (diagonali) su cui può operare. Quando la scacchiera è vuota l'alfiere può operare contemporaneamente su due ali mentre il cavallo deve usare diverse mosse (tratti) per cambiare ala su cui è attivo. Nel finale di partita la coppia di alfieri è decisivamente superiore alla combinazione di un alfiere e un cavallo o alla coppia di cavalli. Il giocatore in possesso di una coppia di alfieri ha a sua disposizione un'arma strategica, nella forma di una minaccia seria, da usare nel lungo termine per ottenere un finale di partita a lui favorevole. Un solo alfiere con il sostegno del proprio re non è in grado di forzare la vittoria sul re avversario, benché quest'ultimo sia rimasto da solo. D'altro canto durante l'apertura un alfiere rischia di essere circondato da pedoni di entrambi i giocatori, risultando in tal modo poco efficiente e dunque meno potente di un cavallo che può passare sopra altri pezzi. Inoltre, su una scacchiera affollata, il cavallo ha molteplici possibilità di effettuare delle forchette sui pezzi dell'avversario mentre per l'alfiere, anche se tecnicamente possibile, le opportunità sono rare. Se l'alfiere trova difficoltà a svilupparsi nel centro della scacchiera, non trovando una casa disponibile, esiste la possibilità di organizzare un fianchetto. In questo caso si sviluppa l'alfiere lateralmente giocando, per esempio, il pedone g2-g3 e successivamente l'alfiere di re da f1 a g2. Si forma così una struttura difensiva molto forte dietro il quale sistemare un arrocco, arroccando il re in g1. Da questa posizione l'alfiere esercita anche una pressione molto forte lungo la diagonale h1-a8. Tuttavia in questa situazione non si scambia l'alfiere coinvolto in un fianchetto con leggerezza, in quanto la sua mancanza crea debolezze pericolose nella struttura dell'arrocco, che possono diventare fatali. Un giocatore in possesso di solo un alfiere, generalmente, deve manovrare i suoi pedoni in modo che occupino case di colore opposto al colore della casa dell'alfiere, lasciandolo così in grado di muoversi senza limitazioni passando fra i pedoni. Questo permette al giocatore di controllare case di ambedue i colori e di fare muovere l'alfiere sulle case libere. Oltre a facilitare i movimenti dell'unico alfiere, gli permette anche di attaccare con più facilità i pedoni dell'avversario. Un alfiere che è impedito nei suoi movimenti dai pedoni amici viene chiamato "alfiere cattivo" (cioè con delle strade chiuse). L'alfiere nei finali Nei finali dove ogni giocatore è in possesso di un solo alfiere di colore opposto a quello dell'avversario, le possibilità di arrivare a una patta sono maggiori. Ogni giocatore tende a prendere il controllo delle case del colore del suo alfiere e si arriva ad una situazione in cui nessun giocatore può progredire. Tuttavia, se le donne sono ancora sulla scacchiera, la presenza di alfieri di colori opposti rende il gioco meno a rischio di patta perché ogni giocatore ha la possibilità di difendere le case di entrambi i colori. Nei finali in cui sono presenti alfieri dello stesso colore anche una differenza minima (per esempio un pedone) può creare il vantaggio sufficiente per arrivare alla vittoria. I finali in cui sono presenti sulla scacchiera soltanto i due re e un alfiere, indipendentemente dal fatto che sia di campo chiaro o scuro, finiscono in patta: non è infatti possibile dare scaccomatto al re avversario controllando solamente re e alfiere. Note Altri progetti Collegamenti esterni Pezzi degli scacchi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Antisemitismo
Antisemitismo
L'antisemitismo, per alcuni sinonimo di giudeofobia, è il pregiudizio, la paura o l'odio verso i giudei, cioè gli ebrei. Secondo la Working Definition of Antisemitism ("definizione pratica dell'antisemitismo"), dell'Agenzia europea dei diritti fondamentali "l'antisemitismo è quella certa percezione descrivibile come odio verso gli ebrei. Le manifestazioni retoriche e fisiche dell'antisemitismo sono dirette contro singoli ebrei o non ebrei, e/o contro la loro proprietà, contro le istituzioni comunitarie e contro le strutture religiose ebraiche". L'antisemitismo accusa frequentemente gli ebrei di cospirare ai danni del resto dell'umanità, ed è spesso utilizzato per incolpare gli ebrei di uno o più problemi politici, sociali ed economici. Trova espressione orale, scritta e impiega stereotipi sinistri e tratti caratteriali negativi. Etimologia Il termine "antisemitismo" venne coniato nel settembre 1879, a Berlino, in Germania, da parte del nazionalista Wilhelm Marr, nello scritto La strada verso la vittoria del Germanismo sul Giudaismo, da una prospettiva aconfessionale, come eufemismo di Judenhass («odio per gli ebrei»): nonostante l'etimologia, esso non si riferisce all'odio nei confronti dei "popoli semiti" (cioè quelli che parlano lingue appartenenti al gruppo semitico, quali l'arabo, l'ebraico, l'aramaico e l'amarico), ma unicamente all'odio e alla discriminazione nei confronti degli ebrei. Il concetto espresso da Marr, che nei suoi scritti successivi verrà visto come un errore e ritrattato, nel secolo successivo assumerà valenze diverse, più ampie e coinciderà spesso con la definizione degli atteggiamenti persecutori, tra i più gravi della storia contemporanea. Alcuni rifiutano il termine, utilizzando altre definizioni quali giudeofobia, antigiudaismo, antiebraismo. Storia Atti di odio verso gli ebrei si vedono in tutti i periodi storici esistiti. Storicamente si può individuare un antisemitismo di carattere religioso (antigiudaismo), espresso nel paganesimo, nel cattolicesimo (Concilio Lateranense IV del 1213 relativamente ai decreti 67, 68, 69, 70, e bolle pontificie Cum Nimis Absurdum, Caeca et Obdurata, Hebraeorum Gens), nel luteranesimo (opera di Martin Lutero del 1543 intitolata "Degli ebrei e delle loro menzogne") e nell'Islam, oltre a un antisemitismo di carattere razziale e culturale. Sempre nel Medioevo, la Crociata dei poveri, risalente al 1096, si imbatte e saccheggia numerosi villaggi composti prevalentemente da ebrei e localizzati tra il Reno e il Danubio. Oltre a ciò, in Franconia, gli ebrei furono ingiustamente accusati di avvelenare segretamente i pozzi nel 1319, cosa che andava a danneggiare moltissimo diverse comunità della zona, soprattutto se erano lontane dai corsi d'acqua. Anche in Francia l'odio per i giudei era molto diffuso, tantoché vennero bruciati vivi centinaia di individui appartenenti a questa religione senza motivi validi. È quindi sottinteso che in Europa i pregiudizi e i miti relativi agli ebrei sono sempre stati molteplici, talvolta alimentati da testi pseudo-storici come Il libro del Kahal di Jacob Brafman o palesemente falsi come gli anonimi Protocolli dei Savi di Sion. Gli ebrei sono stati accusati di corporativismo e di elitarismo religioso per il fatto di prevedere il diritto a partecipare al culto ebraico in base alla linea di sangue. Furono inoltre accusati di refrattarietà alle altre culture e di essere attaccati al denaro. Paradossalmente agli ebrei si rinfacciava di essere ciò che la maggioranza imponeva loro, cioè di separarsi dagli altri quando erano costretti per legge a vivere in quartieri separati; di praticare laddove la legge permetteva loro – e anzi, li incoraggiava – il prestito a interesse, che a cristiani e musulmani era ufficialmente interdetto; di non favorire le conversioni, quando queste erano duramente sanzionate dalla legge (si veda la persecuzione dei marrani in Spagna). Nella Spagna del XV secolo, i cristiani provenienti dal giudaismo erano visti con sospetto: erano infatti diffuse le persecuzioni contro i marranos, ovvero gli ebrei che si convertivano solo esteriormente al Cristianesimo, erano originate da motivi religiosi poiché i cristiani si sentivano traditi e ingannati dal fenomeno delle false conversioni volte a ottenere vantaggi di ordine politico-economico. Tali vantaggi venivano revocati nel momento in cui si scopriva il comportamento giudaizzante del falso convertito. C'è stato anche un grande pogrom a Siviglia nel 1391, a causa delle orazioni di predicatori antisemiti e dell'odio popolare. Nel 1449 la Sentencia-Estatuto di Toledo sancì che dovevano considerarsi ebrei tutti i nati da genitori di origine ebraica, anche nel caso non professasero più la fede religiosa, questa definizione di ebraicità per sangue e non per fede, che affermava il primo criterio prevalente sul secondo, fu utilizzata per condannare i marrani all'espulsione e giustificata come tutela della limpieza de sangre . L'antisemitismo era particolarmente diffuso nell'Europa dell'Ottocento, venendo accolto non solo da pensatori nazionalisti come Richard Wagner o Adolf Stoecker, anche pensatori anarchici fecero fatica a sradicare questo sentimento come Proudhon e Bakunin e progressisti come Charles Fourier, nonché da scrittori apolitici come Thomas Eliot, fino a sfociare in questioni pubbliche come l'Affare Dreyfus. In tempi più recenti, fra le tante azioni attribuite agli ebrei c'è anche quella di aver preparato teoricamente la Rivoluzione russa. Di origine ebraica (il padre si era convertito dall'ebraismo al luteranesimo) era infatti Karl Marx, il principale e più illustre teorico del socialismo scientifico; di origine ebraica era Emma Goldman, filosofa anarchica lituana; Rosa Luxemburg, fondatrice del Partito Comunista Tedesco e Lev Trockij, il famoso fondatore dell'Armata Rossa. Anche Lenin, principale fautore della Rivoluzione russa, aveva remote origini ebraiche, e dei 12 membri del Comitato Centrale del Partito Comunista Russo del 1918, nove erano ebrei. Gli ebrei occidentali hanno ottenuto parità di diritti a norma di legge (negli Stati Uniti nel 1787, in Francia nel 1791 e in seguito nei paesi conquistati da Napoleone e in parte in Austria nel 1781), mentre in Russia si ottenne solo a partire dalla Rivoluzione d'Ottobre; tuttavia, anche dopo l'avvento del comunismo si verificarono dei pogrom nei paesi sovietici, come a Kielce, in Polonia, il 4 luglio 1946.. In Italia Si hanno tracce di antisemitismo sin dall'epoca romana, in particolare nelle "Historiae" di Tacito è presente una digressione sugli usi e costumi del popolo ebraico, dove l'autore latino esprime con disprezzo la diffidenza del pagano colto nei confronti di un popolo di cui fraintende volutamente le usanze e la religione, incentrata sul culto di un unico dio. Anche in Italia l'antisemitismo è stato secolare; per esempio nel Medioevo i giudei furono più volte espulsi dal Regno di Napoli e, dove erano invece accettati, erano considerati con diffidenza. Nel 1493 il governatore veneziano di Corfù, essendo arrivata nell'isola una nave carica di giudei scacciati appunto dal Regno di Napoli e poiché quei profughi chiedevano di stabilirsi nell'isola, chiese istruzioni al Senato di Venezia; gli fu risposto che li accettasse purché s'impegnassero di rinunziare alla pratica dell'usura. Il più antico documento italiano di cui ci sia rimasta notizia a proposito dell'obbligo per i giudei di mostrare un contrassegno giallo cucito sul petto, è il seguente bando milanese del 31 agosto 1473: MCCCCLXXIII, DIE ULTIMO AUGUSTI, MEDIOLANI PROCLAMATUM EST UT INFRA. Per parte et comandamento de li spettabili e generosi Maestri dell'intrate del nostro ill. Principe, et excell. Signor Duca, Galeazzo Maria Sforza Vesconte ecc. – (la cui ill. Signoria el summo Iddio accreschi e mantenga longamente in stato felice). – In executione de lettere de sua Excellentia, date a Cropello a dì 27 del mese presente, et signate A. Iacobus, per le quale vuole sua Celsitudine, como convene al vero e christianissimo Principe, che nel dominio suo siano distincti et cognosciuti li Hebrey da li Christiani, como etiam è usato in altri paesi de' Christiani; per la presente crida, la quale habeat vim decreti ducalis, se ordina et se comanda ad caduno como se voglii Hebreo, che deba portare uno O gialdo nel pecto per segnale, et de tal forma e grandezza, ch'ello sia distintamente cognosciuto da Christiani, et se gli dà termine quindeci dì proximi a venire ad mettersi detto signale nel petto. Li quali quindeci giorni proximi passati che saranno, qualunque di essi Hebrei serà da può trovati senza dicto O gialdo nel pecto apertamente, come è predicto, debbia incorrere in la pena de tracti quattro di corda, e de pagare ducati mille d'oro da ser applicati alla camera ducale irremissibilmente. Signat. GABRIEL. (Carlo Sgorbio, Codice visconteo-sforzesco ecc. P. 418. Milano, 1846.) Seppur anticipato da alcune sporadiche dichiarazioni di esponenti del regime, l'antisemitismo dell'Italia fascista incomincia ufficialmente il 14 luglio 1938 con la pubblicazione del Manifesto della razza ed è preceduto dalla venuta di Hitler in Italia, dal 3 al 9 maggio. Due mesi dopo la visita in Italia del Führer, viene pubblicato il Manifesto redatto quasi tutto da Mussolini, ma sottoscritto da un gruppo di scienziati. Tra questi Nicola Pende che risultò dai giornali dell'epoca tra i firmatari del Manifesto ma venne assolto in un processo postbellico per non aver mai aderito alle posizioni degli scienziati razzisti. I giornali aprono subito una campagna antisemita: esce La difesa della razza diretta da Telesio Interlandi, che ha come segretario di redazione Giorgio Almirante. La razza di riferimento è la razza ariana. A partire dal 5 settembre 1938, una serie di disposizioni legislative, le cosiddette "leggi razziali", introducono una serie di pesanti discriminazioni nei confronti degli ebrei, che, tra l'altro, vengono espulsi da ogni incarico nella pubblica amministrazione (e quindi anche dall'insegnamento nelle scuole e nelle università), e non possono accedere ad alcune professioni come quella di notaio e di giornalista. L'antisemitismo italiano, al contrario di quello tedesco (basato su pregiudizi razziali/biologici/sessuali), aveva una forte componente religiosa/spirituale: tendeva cioè, almeno nelle intenzioni iniziali di alcuni dei suoi padri (tra cui diversi religiosi cattolici), a discriminare principalmente gli ebrei non convertiti. Lo stesso Mussolini elaborò lo slogan "Discriminare e non perseguitare" per indicare la filosofia che, secondo la versione data dal regime, sarebbe stata adottata nell'applicazione delle leggi razziali e, in un discorso tenuto a Trieste nel settembre 1938, affermò esplicitamente che "gli ebrei che hanno indiscutibili titoli di benemerenze militari e civili troveranno la giusta comprensione del Regime". Questo esplicitare un distinguo rispetto all'ondata antisemita "biologica" europea, era probabilmente dovuto, tra le altre cose, al tentativo di rassicurare quella parte degli ebrei italiani (soprattutto tra le classi più benestanti) che fino ad allora avevano appoggiato prima il movimento fascista e poi la dittatura. Con l'avvento della Repubblica Sociale Italiana questa distinzione tra antiebraismo spirituale e antiebraismo biologico venne completamente a cadere, e gli ebrei italiani vennero perseguitati alla pari di quelli tedeschi. In Germania Nel periodo tra le due guerre mondiali in Germania gli ebrei furono ritenuti responsabili o capri espiatori della grave crisi economica in cui versava la Repubblica di Weimar dopo la prima guerra mondiale, in virtù anche dei debiti di guerra acquisiti. Gli ulteriori effetti della Grande Depressione a livello mondiale accelerarono gli eventi che portano all'ascesa al potere di Adolf Hitler e del Terzo Reich fino all'epilogo della seconda guerra mondiale (vedi Dolchstoßlegende e Criminali di novembre). Nel mondo islamico e in Medio Oriente Anche nel mondo islamico le persecuzioni contro gli ebrei furono diffuse fin dall'inizio della predicazione, a partire dagli episodi che si verificarono a Yathrib all'epoca del profeta Maometto che però possono essere ricondotti a uno scontro essenzialmente politico, gli ebrei ebbero numerosi atti persecutori durante tutta la storia. La loro condizione era normalmente quella di cittadini discriminati in alcuni diritti pubblici, in quanto appartenenti a una comunità sottomessa a quella islamica (i cosiddetti dhimmī). Una condizione, questa, riservata anche ai cristiani e a tutti coloro che i musulmani pensavano facessero riferimento a un libro divinamente ispirato, anche se (secondo la visione islamica) corrotto dal tempo e dagli uomini. In questi "popoli del Libro" o Ahl al-Kitāb, erano posti anche Zoroastriani e Sabei, mentre ai politeisti l'unica scelta permessa era tra la conversione o la morte. I pogrom antiebraici più gravi sono avvenuti nella Spagna islamica con il massacro di Granada nel 1066 e nel Marocco con il massacro di Fez del 1033. La situazione è precipitata dopo la seconda guerra mondiale, quando il mondo arabo è stato attraversato da un grande moto di ostilità anti-ebraica relativo all'immigrazione ebraica dall'Europa e al successivo conflitto arabo-israeliano, concluso con la dichiarazione della nascita dello Stato di Israele. In particolare, a seguito della nascita di Israele, e soprattutto in coincidenza delle guerre del 1948 e 1967, circa un milione di ebrei sono stati indotti a emigrare (in gran parte verso Israele) e a lasciare i paesi arabi nei quali avevano costituito da secoli importanti comunità, come reazione all'espulsione di un numero analogo di Arabi palestinesi da parte di Israele. Questo esodo ha ridotto ai minimi termini la consistenza numerica degli ebrei che ancora oggi vivono nelle principali capitali dei Paesi a maggioranza musulmana, da Teheran a Damasco. Recentemente la dirigenza della Repubblica dell'Iran - decisamente isolata però in questo - ha ripetutamente denunciato la politica del governo di Israele, affermando, tra l'altro, che la Shoah sarebbe stata esagerata nella sua immane portata, con intento mistificatorio da parte dei vincitori del secondo conflitto mondiale e che il ricordo di tale tragedia sarebbe utilizzato a fini strumentali da quello che viene definito il "regime" di Israele, al fine di giustificare il proprio operato e l'occupazione di terre palestinesi in base al diritto bellico. Antiebraismo teologico In ambito cristiano il termine antigiudaismo indica sentimenti di commiserazione, deprecazione, disprezzo nei confronti degli ebrei, popolo eletto, ritenuti collettivamente responsabili della morte di Gesù e/o del mancato riconoscimento come Messia: sentimenti, questi, presenti in tutta la storia cristiana. Alcuni accusano i padri della Chiesa di aver causato indirettamente degli atti antisemiti a causa di alcune dichiarazioni in cui definiscono questo popolo "assassini... nemici di Dio, avvocati del diavolo, demòni" (San Gregorio di Nissa); "serpenti la cui immagine è Giuda e la cui preghiera è un raglio d'asino" (San Girolamo); "banditi perfidi, distruttori, dissoluti, simili ai maiali... Per il loro deicidio non c'è possibilità di perdono, dispersi in schiavitù per sempre... Dio odia gli ebrei e li ha sempre odiati" (San Giovanni Crisostomo). I difensori della tradizione cristiana ribattono che l'antigiudaismo non è un odio razzista bensì una posizione di natura prettamente teologica, poiché ha come oggetto non l'etnia di appartenenza ma il credo religioso in quanto tale. Chi sostiene questa tesi aggiunge sovente che nessun vero cristiano potrebbe ragionevolmente essere antisemita, poiché i primi cristiani e lo stesso Gesù erano tutti ebrei. Attualmente, anche autorevoli studiosi cristiani ammettono come i primi cristiani e i Padri e Dottori della Chiesa usarono gli stessi vangeli in maniera antiebraica. Ad esempio, una delle frasi più note, in merito all'assunzione di responsabilità della morte di Gesù da parte degli Ebrei, è il passo : "E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli»", contenuto nel solo Vangelo secondo Matteo dopo la condanna a morte di Gesù da parte di Pilato; tale frase "com'è noto [...] non è storica: proietta all'indietro le polemiche tra i Giudei e i seguaci di Gesù della fine del I secolo" e gli esegeti del cattolico "Nuovo Grande Commentario Biblico" evidenziano in merito come "l'amaro, sgradevole carattere di questo versetto può essere solo capito come risultato della polemica contemporanea [tra Cristiani ed Ebrei] e alla luce della prospettiva storica di Matteo". Il teologo John Dominic Crossan, ex sacerdote cattolico e tra i cofondatori del Jesus Seminar, sottolinea che "questa reiterata giustapposizione tra gli ebrei che domandano la crocifissione di Gesù e le dichiarazioni romane sull'innocenza di Gesù stesso non è profezia e neanche è storia. È propaganda Cristiana" e "alla luce del successivo antigiudaismo Cristiano e alfine dell'antisemitismo genocida, non è più possibile in retrospettiva pensare che questa finzione della passione fosse una propaganda relativamente benigna. Per quanto spiegabili le sue origini, difendibili le sue invettive e comprensibili i suoi motivi tra i Cristiani che lottavano per la sopravvivenza, la sua ripetizione è adesso diventata la più duratura menzogna e, per la nostra integrità, noi Cristiani dobbiamo alla fine definirla in tal modo", inoltre "una volta che l'Impero Romano divenne Cristiano questa finzione diventò letale". Anche il biblista cattolico tedesco Josef Blinzler riconosce: "la storia della passione di Gesù si è realmente trasformata nella storia della sofferenza degli Ebrei; la strada del Signore verso la croce è diventata una via dolorosa della gente ebraica attraverso i secoli". Il teologo e sacerdote cattolico Raymond Brown evidenzia che "mentre l'intero Nuovo Testamento è stato mal usato in maniera antiebraica, questo testo, con tutta la gente che urla «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli», ha avuto un ruolo speciale. È stato trattato come se fosse una auto maledizione con la quale la gente ebraica attirò su sé stessa il sangue di Gesù per tutti i tempi successivi. [...] Questa è una di quelle frasi che sono state responsabili per oceani di sangue umano e un incessante flusso di miseria e desolazione"; aggiunge tale teologo come la stessa frase fu poi usata dai primi cristiani e dai Padri e Dottori della Chiesa: "Origene andò drasticamente aldilà del giudizio di Matteo quando nel 240 dopo Cristo egli scrisse: «per questa ragione il sangue di Gesù ricade non solo su quelli che vissero al momento ma anche su tutte le generazioni di Giudei che seguirono, fino alla fine dei tempi». Sfortunatamente egli fu seguito nella sua valutazione da alcuni dei più grandi nomi della Cristianità" e ad esempio "Sant'Agostino, Giovanni Crisostomo, Tommaso d'Aquino, Lutero, etc, sono citati come sostenitori, con preoccupante ferocia, del diritto e anche del dovere dei Cristiani di disprezzare, odiare e punire gli Ebrei". Anche in altri passi dei vangeli si trovano simili tendenze antiebraiche e gli studiosi del cattolico "Nuovo Grande Commentario Biblico" osservano - in merito al verso "Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il Sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano" - come "Marco sta presentando l'udienza come un vero e proprio processo davanti a tutto il Sinedrio. Questa tendenza faceva probabilmente parte dello sforzo generale dei Cristiani di diminuire il coinvolgimento dei Romani nella morte di Gesù e di accrescere quello dei Giudei". Anche nel Vangelo secondo Luca - in merito al verso : "Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà" - gli studiosi dell'interconfessionale "Parola del Signore Commentata" rilevano che "in modo ancora più forte di Matteo, Luca giudica i Romani liberi dalla «colpa» della morte di Gesù. Luca tace addirittura il fatto che sia stato Pilato a pronunziare la sentenza di morte. L'unico fatto che egli ci riferisce è che il governatore lasciò che fossero gli abitanti di Gerusalemme a decidere sulla sorte di Gesù". In merito ad un altro scritto attribuito a Luca, "non ci possono essere dubbi che una serie di passaggi degli Atti degli Apostoli inaspriscono la visione del coinvolgimento giudaico nella morte di Gesù [e] andando oltre all'idea della condanna di Gesù, alcuni di questi brani presentano gli stessi Ebrei come coloro che lo uccisero". Anche nelle lettere di Paolo si sottolinea come "Cristo crocifisso fu considerato essere un ostacolo per gli Ebrei (), il rifiuto di Cristo un più grande ostacolo per Israele ()"; inoltre, nella Prima lettera ai Tessalonicesi - che, scritta attorno al 50 d.C., è il più antico documento neotestamentario esistente - con "forte tono antisemitico [...] Paolo enumera una serie di accuse contro i Giudei: l'uccisione di Gesù e dei profeti, la persecuzione contro Paolo e i suoi collaboratori, la disubbidienza verso Dio, l'inimicizia nei confronti degli uomini, il porre impedimenti al vangelo perché non raggiunga i pagani laddove possa servire alla loro salvezza". Secondo lo storico Jeremy Cohen la tradizione cristiana ha imposto «l'affermazione del cristianesimo attraverso la negazione dell'ebraismo», perché fin dalle origini del cristianesimo i suoi dirigenti avevano considerato «la polemica contro gli ebrei come loro dovere religioso». Anche laddove essi non costituivano alcuna minaccia immediata per la Chiesa, e perfino dove erano del tutto assenti, la tradizione Adversus Iudaeos aveva continuato a fiorire Durante il Concilio Vaticano II, con la dichiarazione Nostra Aetate del 1965 la Chiesa cattolica ha drasticamente ridotto o eliminato ogni accenno all'antigiudaismo, proprio allo scopo di evitare l'equivoco tra antigiudaismo teologico e antisemitismo. Già dal 1959, infatti, la liturgia cattolica del Venerdì Santo, nella quale era presente il termine latino Oremus et pro perfidis Judaeis (dove perfidi indica la mancanza di fede: la radice è per + fides) era stata modificata da papa Giovanni XXIII (fu papa Pio XII nei primi anni cinquanta a cancellare questa parola); tre anni dopo il termine fu eliminato dall'intero messale. Analoghe modifiche teologiche furono effettuate nel mondo protestante negli anni sessanta. Resta invece fortemente antigiudaica la liturgia cristiana ortodossa. Alcuni accusano la Chiesa di avere appoggiato Ante Pavelić, il dittatore croato, che in cinque anni massacrò circa un milione di persone tra cui molti ebrei. Il dibattito tuttavia è ben lungi dall'essere chiuso e la questione è ancora molto controversa. Per la Chiesa cattolica, che ritiene sé stessa legittimo successore spirituale dell'ebraismo antico e più autentico interprete delle Scritture, il ruolo dell'ebraismo moderno in rapporto al cristianesimo si evince, anzitutto, da due celebri documenti del Concilio Vaticano II, Lumen Gentium (1964) e la già citata Nostra Aetate. Il primo documento definisce il "Popolo di Dio", ricordando che esso è composto anzitutto dai battezzati, ma che anche quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio. In primo luogo quel popolo al quale furono dati i testamenti e le promesse e dal quale Cristo è nato secondo la carne (cfr. Rm 9,4-5), popolo molto amato in ragione della elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (cfr. Rm 11,28-29). Il secondo documento, Nostra Aetate, condanna la superstizione secondo la quale tutti gli ebrei sarebbero responsabili della condanna a morte di Gesù. Questo atteggiamento è stato successivamente approfondito da papa Giovanni Paolo II. Il fenomeno in epoca contemporanea L'Italia e la definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance Il 17 gennaio 2020, il Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana ha adottato ufficialmente delle definizioni di antisemitismo contenute nel documento dell'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) , e ha nominato come coordinatrice nazionale per la lotta contro l'antisemitismo la professoressa Milena Santerini, volendo «con ancora più decisione affermare la necessità della lotta ad ogni forma di discriminazione». La definizione di antisemitismo dell'IHRA, al 17 gennaio 2020, era già stata adottata da diverse nazioni come «Austria, Bulgaria, Canada, Francia, Germania, Israele, Lituania, Macedonia del Nord, Regno Unito, Romania e Stati Uniti», ma non dall'Italia». La definizione dell'IHRA sull'antisemitismo adottata ora anche in Italia, recitaː Note Riferimenti Bibliografia Libri di autori antisemiti Anonimo dell'Okhrana, Protocolli dei Savi di Sion (1903) Henry Ford, L'ebreo internazionale (1920) Adolf Hitler, Mein kampf (1924) Julius Evola, Sintesi di una dottrina della razza (1941) Louis-Ferdinand Céline, Bagatelle per un massacro (1937) Louis-Ferdinand Céline, La scuola dei cadaveri (1938) Louis-Ferdinand Céline, Les Beaux Draps (1941) Libri sull'antisemitismo In italiano Maria Mantello, Ebreo, un bersaglio senza fine, Scipioni editore, 2002. Roberto Finzi, L'antisemitismo: dal pregiudizio contro gli ebrei ai campi di sterminio, Giunti, 1997 Giancarlo Elia Valori, Antisemitismo, olocausto, negazione, Mondadori, 2007 Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, Einaudi 1961. Stefano Zen, Bartolomeo Cambi e la predicazione antiebraica nel Ducato di Mantova al tempo di Clemente VIII, in La Sho'ah tra interpretazione e memoria. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Biblioteca Europea, 13), Napoli, 5-9 maggio 1997, a cura di P. Amodio, R. De Maio, G. Lissa, Napoli, Vivarium, 1999, pp. 73–85. Pierre-André Taguieff, L'antisémitisme, PUF, Paris, 2015; tr. it., L'antisemitismo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2016. Mariateresa Amabile, Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de Iudaeis’ tra repressione, protezione, controllo, I, Jovene, Napoli, 2018. Giovanni De Bonfils, Gli ebrei nell'impero romano, Cacucci, Bari, 2005. In inglese Yosef Bodansky. Islamic Anti-Semitism as a Political Instrument, Freeman Center For Strategic Studies, 1999. Carr, Steven Alan. Hollywood and anti-Semitism: A cultural history up to World War II, Cambridge University Press 2001. Chanes, Jerome A. Antisemitism: A Reference Handbook, ABC-CLIO, 2004. Cohn, Norman. Warrant for Genocide, Eyre & Spottiswoode 1967; Serif, 1996. Freudmann, Lillian C. Antisemitism in the New Testament, University Press of America, 1994. Jane Gerber (1986). "Anti-Semitism and the Muslim World". In History and Hate: The Dimensions of Anti-Semitism, ed. David Berger. Jewish Publications Society. ISBN 0-8276-0267-7 Raul Hilberg. The Destruction of the European Jews. Holmes & Meier, 1985. 3 volumi. Paul Johnson. A History of the Jews (New York: HarperCollins Publishers, 1987) ISBN 0-06-091533-1 Walter Laqueur. The Changing Face of Antisemitism: From Ancient Times To The Present Day. Oxford University Press. 2006. ISBN 0-19-530429-2 Bernard Lewis (1984). The Jews of Islam. Princeton: Princeton University Press. ISBN 0-691-00807-8 Lewis, Bernard (1999). Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice. W. W. Norton & Co. ISBN 0-393-31839-7 Deborah Lipstadt. Denying the Holocaust: The Growing Assault on Truth and Memory, Penguin, 1994. McKain, Mark. Anti-Semitism: At Issue, Greenhaven Press, 2005. Michael, Robert and Philip Rosen. Dictionary of Antisemitism, The Scarecrow Press, Inc., 2007 Leon Poliakov (1997). "Anti-Semitism". Encyclopedia Judaica (CD-ROM Edition Version 1.0). Ed. Cecil Roth. Keter Publishing House. ISBN 965-07-0665-8 Prager, Dennis, Telushkin, Joseph. Why the Jews? The Reason for Antisemitism. Touchstone (reprint), 1985. Perednik, Gustavo Daniel, "La judeofobia", 2001 (in Spanish, Portuguese and Hebrew). Roth, Philip. The Plot Against America, 2004 Michael Selzer (ed). "Kike!" : A Documentary History of Anti-Semitism in America, New York 1972. Steinweis, Alan E. Studying the Jew: Scholarly Antisemitism in Nazi Germany. 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Austrians and Jews in the Twentieth Century: From Franz Joseph to Waldheim [1 ed.], 978-1-349-22380-0, 978-1-349-22378-7, 978-0-312-08106-5 Palgrave Macmillan UK 1992 Voci correlate Accusa del sangue Campo di sterminio Cristianesimo ed Ebraismo Fascismo Filosemitismo Genocidio Germania nazista Ghetto Governo di Vichy Ilan Halimi Jacob Brafman Negazionismo dell'Olocausto Notte dei cristalli Pogrom Popolo eletto Protocolli dei Savi di Sion Pulizia etnica Razzismo Sionismo Teoria del complotto giudaico Test 3D dell'antisemitismo Neoantisemitismo Cristianesimo e antisemitismo Lega internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo Metapedia Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aaa
Aaa
Biologia AAA – codone adenina-adenina-adenina che codifica per la lisina, nella biologia molecolare Chimica AAA – sigla con cui si identifica il composto chimico acetoacetanilide Codici AAA – codice aeroportuale IATA dell'Aeroporto di Anaa (Polinesia francese) aaa – codice ISO 639-3 della lingua ghotuo Sigle Advanced Amiga Architecture – tipologia di chipset All About Apple – museo di informatica dedicato ad Apple Alleanza Anticomunista Argentina o Tripla A – organizzazione di estrema destra argentina Amateur Athletic Association – e per estensione indica anche gli AAA Championships American Accounting Association American Ambulance Association American Anthropological Association American Arbitration Association American Automobile Association Aneurisma dell'aorta addominale – in medicina Anti-Aircraft Artillery – armi contraeree Asian Athletics Association – federazione asiatica di atletica leggera Asociación Acuariófila Argentina Asociación Argentina de Astronomía Asociación Argentina de Aeronavegantes Asociación Argentina de Artroscopía Associazione arma aeronautica Australian Automobile Association Authentication Authorization Accounting – protocollo AAA in informatica Anemia Aplastica Acquisita – in medicina Lucha Libre AAA Worldwide – federazione messicana di wrestling Altro A.A.A. – stratagemma utilizzato generalmente per mettere in evidenza un annuncio su un giornale, un sito di annunci o, in generale, dovunque siano pubblicati annunci di vario tipo in ordine alfabetico. La pubblicazione in ordine alfabetico garantisce infatti che gli annunci che iniziano con questa lettera siano messi all'inizio della lista e quindi ottengano una maggiore visibilità. Vale per tutte le varianti che si ottengono mettendo una accanto all'altra lettere a o A separate o meno da segni di interpunzione (generalmente il punto). Di solito le lettere sono 3 ma talvolta lo stratagemma è svilito o ridicolizzato dall'indisciplinato uso di file di decine di a AAA – acronimo inglese di "Ads Always Above" (traduzione letterale italiana: Annunci Sempre Sopra, inteso come prima di altri) che pone gli annunci in evidenza nella elencazione per ordine alfabetico AAA – nella tradizione manoscritta medievale, il trigramma AAA, costituito da tre lettere triangolari, rappresenta la trinità divina AAA – tipo di batteria (la pila mini-stilo da 1,5 Volt, quella della maggior parte dei telecomandi) AAA – tipo di traccia audio, indica che registrazione, mixing e masterizzazione sono analogici AAA – classe di rating AAA – gruppo musicale pop giapponese Aaa! – raccolta di racconti di Aldo Busi Triplo-A – massimo livello della Minor League Baseball Pagine correlate A (disambigua) Aa
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https://it.wikipedia.org/wiki/%C3%84%C3%A4nekoski
Äänekoski
Äänekoski è una città finlandese di abitanti (dato 2012), situata nella regione della Finlandia centrale, a nord della città di Jyväskylä. Società Evoluzione demografica La municipalità ha una popolazione di circa abitanti e copre un'area di della quale è acqua. La densità di popolazione è 23 abitanti per km²; la cittadina rappresenta un importante centro per i villaggi dei dintorni in quanto è sede di scuole e piccole industrie. In passato l'economia della cittadina era basata sul legname, e vi si trova una grande industria cartaria inaugurata nel 1985. È un comune di sola lingua finlandese. Nel 2004 vi accadde uno dei peggiori incidenti stradali mai registrati in Finlandia, conosciuto come il disastro dell'autobus di Äänekoski. Note Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aapaj%C3%A4rvi
Aapajärvi
Aapajärvi è il lago più grande della regione della città finlandese di Tornio e della relativa frazione di 128 abitanti. È situato a circa 10 km dal centro del paese di Karunki e a circa 60 km da Tornio. Il lago si trova a circa 60 m sopra il livello del mare e ha una lunghezza di circa 3,5 km e una larghezza massima di circa 1 km. L'emissario del lago è il fiume Liakanjoki che a sua volta confluisce nel Tornionjoki. Prima della sua eutrofizzazione il lago aveva una profondità di circa 12 m. Oggigiorno il suo fondale è ricoperto da circa un metro di limo e sono scomparse le sue spiagge, in precedenza sabbiose. Nel lago sono presenti cinque isole, delle quali due di appena pochi metri quadrati. Voci correlate Tornio (Finlandia) Laghi della Finlandia Lapponia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aargau
Aargau
Aargau – Cantone svizzero Aargau – Pianeta immaginario di Guerre stellari Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aarhus
Aarhus
Aarhus, o Århus (pronuncia , ) è la seconda città della Danimarca per popolazione e la prima per numero di abitanti della penisola dello Jutland (Jylland in lingua danese), nonché il principale porto del paese e il capoluogo del comune di Aarhus. È stata scelta come capitale europea della cultura per il 2017 assieme a Pafo. Geografia fisica Aarhus (soprannominata "") è situata sulla costa orientale dello Jutland in corrispondenza della foce del fiume Aarhus, e si affaccia sulla baia omonima. La posizione geografica si riflette nell'etimologia del nome che in danese antico significa "foce del fiume". Origini del nome La città di Århus, col nome latino di Harusa, viene menzionata per la prima volta in Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum, un'opera di Adamo da Brema della fine dell'XI secolo che cita «Regibrando, vescovo della chiesa di Harusa» (op. cit., 2.4) come partecipante ad un consiglio ecclesiastico nella città di Ingelham in Germania. Nel Medioevo la città era nota col nome di Arus o Áróss (nelle cronache islandesi). Si tratta di una parola composta da ār, genitivo di ā ("fiume" in antico danese; å in danese moderno) e ōss ("bocca" col significato di foce; il termine danese è oramai desueto, ma in islandese questa parola indica ancora un "delta fluviale"). L'etimologia è connessa con la posizione geografica della città che è situata sulla foce del piccolo fiume Århus Å. Attraverso regolari modifiche fonologiche, il vocabolo medioevale divenne Aars o Oes, una forma che si è mantenuta, nei dialetti delle parrocchie circostanti, fino al XX secolo. Nel 1406 la forma Aarhus divenne quella prevalente nelle fonti scritte e gradualmente si impose nell'uso regolare a partire dal XVII secolo. Questa forma probabilmente ricalca i toponimi tedeschi che terminano in -husen, forse come risultato dell'influenza che avevano i commercianti tedeschi in questa città portuale. Storia Il vescovado di Aarhus risale almeno al 951, ma ritrovamenti archeologici recenti permettono di retrodatare il sito cittadino al VII secolo, all'inizio dell'epoca vichinga, facendo di Århus una delle più antiche città della Scandinavia. Tra il XIII e il XIV secolo l'insediamento originale subì un notevole sviluppo urbanistico trasformandosi in un'importante città commerciale. La sua posizione riparata sulla costa occidentale del Kattegat (il tratto di Mar Baltico compreso tra Svezia e Danimarca), la rendeva (e la rende ancora oggi), infatti, un punto nodale per gli scambi commerciali tra lo Jutland e le isole dell'arcipelago danese, e un importante scalo per le tratte tra la Germania, la Scandinavia e i Paesi Baltici. Dal punto di vista demografico, il suo sviluppo è stato molto più recente: la sua popolazione non superava quella di Randers fino alla fine del XIX secolo e fino agli anni venti del XX secolo, la città più grande della penisola rimaneva Aalborg. La relativamente rapida crescita demografica è stata il frutto delle dinamiche sociali innescate dalla rivoluzione industriale che comportarono un consistente flusso migratorio dalle aree rurali verso le nuove aree industriali urbane come Århus. VII-XI secolo Il villaggio vichingo I più antichi ritrovamenti archeologici a Århus sono alcune perle di vetro risalenti al VII secolo, ma il più antico nucleo abitativo ritrovato risale approssimativamente al IX secolo: si tratta di una casa lunga vichinga, che aveva sia funzione di alloggio comune che di luogo di lavoro come evidenziato dall'analisi degli strati di scavo e degli oggetti recuperati quali pettini, gioielli, e vari strumenti di lavoro quotidiano (Skov, 2005). Scavi della primavera del 2005 hanno portato alla luce, edifici risalenti all'850 ed un canale intorno al quale sorgeva il villaggio. Intorno all'870 il canale venne interrato e fu costruita una strada. Piccoli agglomerati urbani, nei pressi, come Holmstrup risalgono al IX secolo secondo fonti del 1294. Secondo alcuni studi Århus sarebbe stata un fiorente villaggio già nel VII secolo. Il villaggio sorgeva lungo il fiume, non lontano da Åby e ad est del lago di Brabrand. Si suppone che in tempi remoti una chiesa di legno sorgesse nei pressi del luogo ora sorge la Chiesa di Nostra Signora (Vor Frue Kirke, X-XI secolo). Il ritrovamento, nel suolo cittadino e nel circondario, di sei pietre runiche, databili intorno all'anno 1000, sono una testimonianza dell'importanza dell'insediamento vichingo in quanto solo i nobili più facoltosi le utilizzavano (Nissen, 2005). Intorno al 1040 si cominciò a battere moneta; le prime erano di Canuto III e di Magnus il Buono. Ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza di raffinati artigiani del legno ed abili mercanti che commerciavano in ceramiche provenienti dall'est, e pietre dalla Scandinavia del Nord. Le fortificazioni Århus al tempo dei vichinghi era circondata da posti di guardia, che essenzialmente seguivano le vie che ora portano il loro nome - Graven, Volden, Borgporten - e che quindi sorgevano lungo il fiume. Il villaggio era costruito alla foce del fiume, presso un guado, in modo da essere posizionato tra il fiume e le opere di difesa. Alcuni scavi archeologici condotti nella primavera del 2005, dimostrano che le strutture difensive furono costruite già in una fase relativamente antica, intorno al 934, forse in relazione all'attacco di Henrik Fuglefængers alla penisola dello Jutland. Nella seconda metà del X secolo, le difese furono rafforzate e nel XII secolo furono costruiti i bastioni. Al termine della loro costruzione, le fortificazioni erano larghe 20 metri e alte 6-7 metri. XII-XVI secolo Su ordine del vescovo Peder Vognsen iniziò, intorno al 1200, la costruzione della Cattedrale di San Clemente in stile romanico, che fu completata all'incirca nel 1300 e sostituì la Chiesa di Nostra Signora come cattedrale. La Katedralskolen fu istituita, probabilmente, prima della cattedrale, quando, nel 1195, Peder Vognsen fornì libri per l'istruzione dei prelati e dei funzionari ecclesiastici. Nello stesso periodo la città conobbe una notevole espansione urbanistica: il vecchio municipio di fronte alla cattedrale, la grande residenza arcivescovile presso Rosengade, a nord della chiesa, un edificio per l'amministrazione della chiesa presso Bispetorv, insieme ad alloggi per i parroci furono costruiti in quell'epoca. Infine fu costruito un ponte sul fiume presso Immervad o l'Ospedale dello Spirito Santo a Lilletorv. Il porto cominciò ad acquisire importanza attorno al 1300, e molti edifici della parte sud del centro della città furono terminati in quel secolo. Århus acquisì privilegi di città commerciale il 2 luglio 1441. Il lavoro in città crebbe considerevolmente quando nel 1477 Christian I le diede uno statuto, nuove strade come Volden og Graven e le difese, che avevano perso valore militare, furono ricostruite. A Brobjerg, si costruì un convento di carmelitani con chiesa, e all'angolo tra Vestergade og Grønnegade si costruì il Sct. Karensgård, che fu usato come lazzaretto. Il duomo venne rimodernato in stile gotico e fu aggiunta l'alta torre, la cui guglia aveva un'altra forma rispetto a quella odierna. XVII-XVIII secolo Nel XVII secolo la città ebbe poche possibilità di salvezza dalla guerra. Dell'incursione delle truppe imperiali del 1627-1629 si ricorda ancora Wallensteins, che si trovava a sud della città, più o meno, dove oggi si trova Skansegården. Nel 1644 la città fu incendiata dagli svedesi, che nel 1657-1659 ripeterono l'operazione. Altri flagelli, come la peste ed un gigantesco rogo, si abbatterono sulla città nel XVII e XVIII secolo. La città aveva, nel XVII secolo, importanti commerci con la Norvegia con Lubecca, Amsterdam, con l'Inghilterra, la Francia e la Spagna. La flotta commerciale consisteva di 100 navi e le esportazioni di cereali verso la Norvegia e altri paesi era di circa 20.000 tonnellate annue, aumentate a 36.000 nel XVII secolo. Il declino colpì la città nel XVIII secolo: nel 1735 terminarono i commerci con Norvegia e Lubecca; la flotta venne dimezzata, il porto cominciò ad insabbiarsi, nel 1768 c'erano solo 31 navi. Nel 1769 Århus aveva circa 3.500 abitanti. XIX secolo Nel XIX secolo Århus divenne, dopo l'emancipazione dalla capitale, e dopo la seconda guerra dello Schleswig per Amburgo, città dominante dello Jutland. Se nel 1800 era la terza città dello Jutland, nel 1840 aveva superato Randers e, nel 1850, Aalborg. Per il trasporto verso l'entroterra dei materiali giunti nel porto si rese necessaria la costruzione di una ferrovia. La ferrovia tra Århus e Randers fu inaugurata nel 1862, e a quell'epoca risale anche la prima stazione. L'aumentare delle connessioni portò alla costruzione di un'altra stazione nel 1884. La nuova stazione fu la terza e fu inaugurata nel 1929. L'aspetto culturale non fu tuttavia trascurato nella "capitale dello Jylland", che nel giro di pochi anni si dotò di un museo (Århus Museum 1877), biblioteca di Stato (1902), di numerose scuole superiori, di eccellenti ospedali, e del nuovo teatro (1900). In entrambe le guerre dello Schleswig la città fu invasa da truppe nemiche. Il 31 maggio del 1849 la periferia di Århus si trovò tra gli ussari prussiani ed i dragoni danesi. Su Randersvej, presso l'ospedale (Kommunehospitalet), sorge un cippo commemorativo dello scontro. Il vicino caseggiato, detto Rytterparken, è così nominato in memoria degli scontri del 1849. Monumenti e luoghi d'interesse La sua cattedrale, che risale al XIII secolo, è la più grande della Danimarca; all'interno sono ancora visibili gli affreschi che furono imbiancati dopo la Riforma Protestante del 1536, e una curiosa nave votiva. La Vor Frue Kirke è un'altra chiesa storica della città e vecchia cattedrale. Il Palazzo di Marselisborg (Marselisborg Slot) è invece residenza reale, all'interno del parco omonimo: il nome è quello di una potente famiglia locale, i Marselis. La città vanta anche tra i suoi monumenti: Il museo d'arte ARoS, Il Teatro, Il Municipio Den Gamle By, ossia "l'antico borgo", ricostruzione piuttosto fedele e pittoresca di un villaggio danese. Altra attrazione è il parco Tivoli Friheden. È sede dell'Università di Aarhus, il cui campus occupa buona parte della "città alta" e la cui biblioteca ospita la Collezione di Ruben. Cultura Istruzione Università La fondazione dell'università, Aarhus Universitet, risale al 1928. Il campus fu terminato nel 1933, quando l'università fu inglobata nel sistema educativo danese, e da allora ha conosciuto continue espansioni. È la seconda università di Danimarca, con più di studenti. Geografia antropica Suddivisioni amministrative Quartieri La città è suddivisa nei quartieri di: Brabrand Egå Frederiksbjerg Gellerup Hasle Hasselager Holme Højbjerg Kolt Midtbyen Risskov Rosenhøj Skejby Slet Skæring Skåde Stavtrup Tilst Tranbjerg Trøjborg Vejlby Vesterbro Viby Åbyhøj Åby Inoltre sono individuati otto distretti postali: Aarhus C, Aarhus Porto (detto anche Aarhus Ø), Aarhus N, Aarhus V, Højbjerg, Åbyhøj, Viby e Brabrand. Frazioni Il comune comprende le seguenti località: Aarhus (capoluogo) Beder Harlev Hjortshøj Lisbjerg Lystrup Malling Mårslet Sabro Solbjerg Løgten-Skødstrup Studstrup Trige Economia L'economia locale si fonda sulla produzione agricola e le attività portuali. Vi si trovano inoltre importanti aziende del settore petrolchimico, del settore meccanico e cantieri navali. Vi è inoltre la sede della importante marca di birra Ceres. Qui fu aperto nel 1979 il primo negozio della catena JYSK. Infrastrutture e trasporti La città è servita dall'Aeroporto di Aarhus (situato a circa a nord-est del centro, presso Tirstrup) e dall'Aeroporto di Billund (a circa a sud-ovest). I trasporti ferroviari possono contare su una linea nazionale di collegamento con Copenaghen e su diverse linee locali, tutte convergenti sulla Stazione Centrale di Aarhus. Esistono inoltre diverse linee urbane ed extraurbane di autobus con terminal principale la stazione degli autobus nel centro cittadino. Esiste poi il progetto di rete di tram-treno chiamato Aarhus Letbane. La città è dotata di un importante porto in cui sono attive anche linee di traghetti della compagnia Mols-Linien che collegano la città all'isola di Selandia sulla penisola di Sjællands Odde. All'interno del centro urbano è disponibile un sistema di bike sharing gratuito detto Aarhus Bycykler. Amministrazione Gemellaggi Sport Calcio La squadra principale della città è l'Aarhus Gymnastikforening. Football americano La squadra cittadina, gli Aarhus Tigers, ha vinto 4 volte il Mermaid Bowl e una volta la Euro Cup. Note Bibliografia Hans Skov, Aros 700-1000, in Vikingernes Aros Århus 2005, pp 15–39. Gundhild Øeby Nissen, Runesten, in Vikingernes Aros Århus 2005, pp. 46–51. Voci correlate Århus GF Den Gamle By Uomo di Grauballe Convenzione di Aarhus Festival di Aarhus Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ammasso%20aperto
Ammasso aperto
Un ammasso aperto è un gruppo di stelle nate insieme da una nube molecolare gigante, e ancora unite dalla reciproca attrazione gravitazionale. Sono anche chiamati ammassi galattici, poiché si trovano solo all'interno del disco galattico. Si distinguono dagli ammassi globulari per il minor numero di stelle, un'attrazione gravitazionale meno forte e per il fatto che questi ultimi giacciono esternamente al piano galattico. Gli ammassi aperti sono oggetti giovani (astronomicamente parlando) e contengono quindi molte stelle calde e luminose. Questo rende gli ammassi aperti visibili da grandi distanze, nonché un tipo di oggetti facili da osservare anche con piccoli strumenti. La nube molecolare "genitore" è a volte ancora associata all'ammasso, che ne illumina alcune parti che diventano visibili come una o più nebulose. Tutte le stelle di un ammasso aperto hanno all'incirca la stessa età e la stessa composizione chimica, perciò ogni eventuale differenza tra di loro è dovuta unicamente alla loro massa (si veda la voce su evoluzione stellare per maggiori dettagli). La maggior parte degli ammassi aperti sono dominati dalle loro stelle massicce di classe O e B, che sono molto luminose ma di vita breve. Analizzando la luce proveniente da un ammasso aperto è possibile stimare la sua età, misurando il rapporto tra le abbondanze di stelle blu, gialle e rosse. Una grande abbondanza di stelle blu indica che l'ammasso aperto è molto giovane. L'uniformità delle stelle di un ammasso lo rende un buon banco di prova per i modelli di evoluzione stellare, perché nel fare confronti tra due stelle la maggior parte dei parametri variabili è adesso fissa. Il modello in questo modo risulta infatti più semplice. Le stelle che compongono un ammasso aperto sono inizialmente molto vicine e si muovono con la stessa velocità attorno al centro della Galassia. Dopo un tempo dell'ordine del mezzo miliardo di anni, un normale ammasso aperto tende a essere disturbato da fattori esterni; le sue stelle iniziano a muoversi con velocità leggermente differenti e l'ammasso inizia a sfaldarsi. L'ammasso diventa quindi più simile a una corrente di stelle, le quali non sono abbastanza vicine per essere considerate un ammasso, sebbene siano tutte legate tra di loro e posseggano lo stesso moto proprio. Osservazione Gli ammassi aperti si osservano in massima parte in quelle aree di cielo dove corre la scia luminosa della Via Lattea, in particolare in quei tratti in cui questa non appare oscurata da polvere interstellare; diverse centinaia di ammassi sono osservabili direttamente, a occhio nudo o con l'ausilio di strumenti, mentre una parte può essere osservata soltanto tramite telescopi a infrarosso, a causa della forte estinzione a opera della densa polvere interstellare. Sulla volta celeste, gli ammassi aperti osservabili e risolvibili in stelle a occhio nudo sono relativamente pochi: quello più noto e più luminoso è l'ammasso delle Pleiadi, che è visibile anche dalle aree urbane, e appare come un agglomerato di stelle azzurre, molto vicine fra loro; nell'emisfero boreale domina le notti autunnali e invernali. Un secondo ammasso che appare già risolto a occhio nudo è quello che forma la costellazione della Chioma di Berenice, noto anche con la sigla Mel 111. Dall'emisfero australe si possono risolvere a occhio nudo altri ammassi brillanti, anche se meno noti: è il caso delle Pleiadi del Sud o di IC 2391. Altri ammassi, come quello del Presepe, appaiono come delle macchie chiare e nebulose, apparentemente prive di stelle, mentre se osservati con un binocolo rivelano la loro natura stellare. Un semplice binocolo consente di moltiplicare il numero degli ammassi aperti osservabili, oltre che di risolvere quelli già visibili a occhio nudo; un telescopio amatoriale può offrire degli scorci eccezionali degli ammassi più concentrati, come M37 nell'Auriga o NGC 3532 nella Carena. Gli ammassi più luminosi non si osservano in direzione del centro galattico come potrebbe sembrare logico, ma nella direzione opposta, e in particolare fra le costellazioni dell'Auriga, del Toro, Orione, Poppa, Vele e Carena; ciò è dovuto soprattutto alla presenza in quest'area di cielo del Braccio di Orione, ossia quello alla cui periferia interna si trova il nostro Sistema Solare, pertanto gli ammassi in quest'area di cielo sono di gran lunga più vicini di quelli del braccio più interno del nostro, quello del Sagittario, visibile fra il Centauro e l'omonima costellazione. Le località ideali per l'osservazione degli ammassi aperti più brillanti ricadono nell'emisfero australe, in particolare nella fascia tropicale, in modo da potere osservare la gran parte della volta celeste, poiché la gran parte degli ammassi aperti si trova nel ramo australe della Via Lattea. Storia delle osservazioni Gli ammassi aperti più luminosi, come le Pleiadi, sono noti fin dall'antichità; altri ammassi più deboli (come il Presepe) erano conosciuti come delle macchie di luce deboli e irregolari, e si dovette attendere l'invenzione del cannocchiale o del telescopio perché venissero risolti in gruppi di stelle. Le osservazioni telescopiche hanno rilevato due tipi distinti di ammassi di stelle: uno che contiene migliaia di stelle con una distribuzione sferica, più concentrati al centro e osservabili in prevalenza in direzione del centro galattico, e un altro consistente in popolazioni di stelle sparse e di forma irregolare, osservabili in tutta la volta celeste. I primi vennero chiamati ammassi globulari e gli ultimi ammassi aperti. Fu subito ipotizzato che le stelle degli ammassi aperti fossero fisicamente legate; il reverendo John Michell calcolò nel 1767 che la probabilità che un gruppo di stelle come le Pleiadi fossero il risultato di un allineamento casuale di stelle di simile luminosità fosse di 1 su 496.000. Quando l'astrometria diventò una scienza sempre più precisa, si scoprì che le stelle degli ammassi possedevano un simile moto proprio attraverso lo spazio, mentre le misure spettroscopiche rivelarono pure una velocità radiale comune, mostrando senza dubbio come queste fossero nate nello stesso periodo di tempo e fossero legate assieme in un gruppo. Mentre gli ammassi aperti e globulari formano due gruppi ben distinti, esistono degli ammassi di stelle che possono sembrare a metà via fra un ammasso globulare molto poco concentrato e un ammasso aperto molto ricco. Alcuni astronomi credono che i due tipi di ammassi si formino tramite lo stesso processo di base, con la differenza che le condizioni che consentono la formazione degli ammassi globulari particolarmente ricchi con centinaia di migliaia di stelle non prevalgono più nella nostra Galassia. Formazione Gran parte delle stelle si formano inizialmente come sistemi multipli, poiché solo una nube di gas di diverse masse solari può diventare sufficientemente densa da collassare sotto la sua stessa gravità; tuttavia, una nebulosa di questo genere non può collassare in una stella singola. La formazione di un ammasso aperto inizia con il collasso di una parte di una nube molecolare gigante, una nube fredda e densa di gas contenente diverse migliaia di volte la massa del Sole; una nube può collassare e formare così un ammasso aperto a causa di diversi fattori, fra i quali le onde d'urto derivanti dall'esplosione di una vicina supernova. Una volta che la nube inizia a collassare, la formazione stellare procede tramite diverse frammentazioni della nube stessa in tanti piccoli bozzoli, processo questo che può durare alcune migliaia di anni. Nella nostra Galassia, il tasso di formazione degli ammassi aperti si stima che sia attorno a uno ogni poche migliaia di anni. Una volta che il processo di formazione è iniziato, le stelle più calde e massicce (stelle di classe spettrale O e B) emetteranno una gran quantità di radiazione ultravioletta, la quale ionizza rapidamente il gas circostante della nube molecolare gigante, che diventa una regione HII. Il vento stellare delle stelle massicce e la pressione di radiazione inizia a spingere via il gas non collassato; dopo alcuni milioni di anni, il nuovo ammasso sperimenta la prima esplosione di supernova, che contribuisce a espellere il gas residuo dal sistema. Di solito, meno del 10% del gas originario della nube collassa per formare le stelle dell'ammasso, prima di essere espulso. Un altro modo di vedere la formazione degli ammassi aperti considera una loro rapida formazione a seguito della contrazione della nube molecolare, a cui segue una fase non superiore ai tre milioni di anni, in cui le stelle più calde espellono a grande velocità le nubi di gas ionizzato. Dato che solo il 30-40% del gas della nube collassa per formare le stelle, il processo di espulsione del gas residuo fa in modo che l'ammasso perda molte o tutte le sue componenti stellari potenziali. Tutti gli ammassi perdono una notevole quantità di massa durante la loro prima giovinezza e molti si disgregano prima ancora di essersi formati del tutto. Le stelle giovani rilasciate dal loro ammasso natale diventano così parte della popolazione galattica diffusa, ossia delle stelle prive di legami gravitazionali, che si confondono fra le altre stelle della galassia. Poiché la gran parte delle stelle, se non tutte, quando si formano fanno parte di un ammasso, gli ammassi stessi vengono considerati come gli elementi fondamentali delle galassie; i violenti fenomeni di espulsione di gas che modellano e disgregano molti ammassi aperti alla loro nascita lasciano la loro impronta nella morfologia e nelle dinamiche strutturali delle galassie. Spesso accade che due o più ammassi apparentemente distinti si siano formati nella stessa nube molecolare: nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della nostra, per esempio, sia Hodge 301 che R136 si sono formati dai gas della Nebulosa Tarantola, mentre nella nostra Galassia, ripercorrendo indietro nel tempo i movimenti nello spazio delle Iadi e del Presepe, due grandi ammassi aperti relativamente vicini a noi, si scopre che essi si sono formati dalla stessa nube, circa 600 milioni di anni fa. Talvolta due ammassi aperti formatisi nello stesso periodo possono formare ammassi doppi; l'esempio più noto nella nostra Via Lattea è quello dell'Ammasso Doppio di Perseo, formato da h Persei e da χ Persei, ma sono noti un'altra decina di ammassi doppi. Moltissimi sono noti pure nella Piccola Nube di Magellano e nella stessa Grande Nube, sebbene sia spesso più facile riconoscerli come realmente tali in galassie esterne, dato che la prospettiva può fare sembrare due ammassi della nostra galassia vicini quando invece non lo sono. Morfologia e classificazione Gli ammassi aperti variano da esempi di insiemi di poche stelle poco concentrate fino a larghi agglomerati contenenti migliaia di stelle; di solito consistono in un nucleo più denso, circondato da una "corona" diffusa di stelle meno vicine fra loro. Il nucleo misura di solito 3-4 anni luce di diametro, mentre la corona può estendersi fino a venti anni luce dal centro dell'ammasso. Una tipica densità di stelle nelle regioni centrali è di circa 1,5 per anno luce cubico (per confronto, la densità di stelle nella regione galattica in cui si trova il Sole è di circa 0,003 stelle per anno luce cubico). Gli ammassi aperti sono classificati secondo uno schema sviluppato da Robert Trumpler nel 1930. Questo schema si basa sulla determinazione di tre parametri: il primo, espresso in numeri romani da I a IV, indica la concentrazione e il contrasto rispetto al campo stellare circostante (da più concentrato a meno concentrato); il secondo, espresso in numeri arabi da 1 a 3 indica l'escursione di luminosità fra le sue componenti (da una piccola a una grande escursione); il terzo parametro infine è espresso dalle lettere p, m e r, indica se l'ammasso è povero, medio o ricco di stelle. Una n segue questi tre parametri, nel caso in cui fra le componenti dell'ammasso vi siano nebulosità. Per esempio lo schema di Trumpler per l'ammasso delle Pleiadi è I3rn (ammasso fortemente concentrato, con una grande escursione di luminosità fra le sue componenti, riccamente popolato e con nebulosità presente), mentre le vicine Iadi sono classificate come II3m (ammasso debolmente disperso e con meno componenti). Problema della distinzione degli ammassi aperti Un problema che può sorgere nell'identificazione degli ammassi aperti è la reale esistenza degli stessi: può infatti capitare che alcune stelle, viste dalla Terra, si mostrino condensate in una piccola area di cielo, sembrando così effettivamente vicine fra loro; tuttavia potrebbe anche trattarsi di un effetto prospettico, per cui stelle che in realtà sono lontane fra loro sembrano vicine solo perché si trovano sulla stessa linea di vista. Altri ammassi, al contrario, possono essere composti da pochissime stelle che, a causa della loro vicinanza a noi o della loro dispersione, non sono proprio evidenti all'osservazione, e le sue componenti appaiono sparse su un campo stellare molto ampio, come nel caso di Cr 173, che conta alcune decine di stelle sparse su un campo stellare già di per sé molto ricco, o come nel caso limite di Platais 8, che conta appena 8 componenti sparse su circa 16º di volta celeste. Con l'evoluzione e il miglioramento della tecnologia per la costruzione di strumenti di precisione, è stato possibile eseguire delle analisi di diversi addensamenti di stelle tramite lo studio della metallicità, della parallasse e del moto proprio delle singole stelle componenti, allo scopo di determinare se le caratteristiche di moto e di composizione degli astri analizzati sono compatibili. Nel 2002 è stato completato un lavoro di catalogazione meticolosa, frutto di un complesso studio, volto a determinare i parametri di tutti gli ammassi aperti noti all'interno della nostra Galassia e a eliminare gli oggetti in precedenza considerati ammassi aperti e in seguito riconosciuti solo come allineamenti casuali di stelle non legate fra loro da alcuna relazione. I dati utilizzati sono quelli forniti dal satellite Hipparcos, partendo da ricerche condotte in precedenza, come il catalogo WEBDA e le opere dell'European Southern Observatory; il risultato di ciò è un catalogo astronomico che nella sua versione originale contava ben 1537 ammassi aperti, completi di parametri come coordinate, diametro, numero di componenti, età, distanza e tanti altri dati. Questo catalogo viene costantemente tenuto aggiornato con le nuove scoperte ed è associato a una lista di oggetti scartati perché riconosciuti come asterismi o duplicati di altri oggetti. Distribuzione Nella nostra Galassia sono noti circa un migliaio di ammassi aperti, ma si calcola che in realtà ce ne possano essere fino a dieci volte tanto. Nelle galassie spirali, come la nostra, gli ammassi aperti si trovano quasi esclusivamente nei bracci di spirale, dove la densità delle nubi gassose è molto più alta, favorendo di fatto la formazione stellare; gli ammassi di solito si disperdono prima che abbiano il tempo di attraversare i vari bracci di spirale. La loro concentrazione è molto più elevata in vicinanza del piano galattico, dal quale si possono distaccare (nella nostra Galassia) fino a un massimo di 180 anni luce, poco se paragonato al diametro della nostra Galassia, che è pari a 100.000 anni luce. Nelle galassie irregolari gli ammassi aperti si possono osservare in tutte le regioni, sebbene vi sia una concentrazione maggiore in corrispondenza delle grandi aree nebulose. Nelle galassie ellittiche invece non si osservano ammassi aperti, poiché la formazione stellare è cessata molti milioni di anni fa, così le stelle che originariamente erano legate gravitazionalmente hanno avuto il tempo di disperdersi. Nella Via Lattea la distribuzione degli ammassi dipende dall'età: quelli più vecchi si trovano infatti alle distanze maggiori dal centro galattico; ciò accade perché le forze mareali sono più forti verso le regioni centrali della galassia, aumentando così il tasso di disgregazione degli ammassi, senza contare che la gran quantità di nubi molecolari giganti persistenti costituisce un elemento fortemente disgregante. Pertanto gli ammassi aperti formatisi nelle regioni interne tendono a disgregarsi in un'età meno avanzata di quelli formatisi nelle aree più periferiche. Composizione stellare Poiché gli ammassi aperti tendono a disperdersi prima che la gran parte delle loro componenti terminino il loro ciclo vitale, la luce irradiata dalle stelle degli ammassi proviene da calde e giovani stelle blu; queste sono le più massicce e possiedono un ciclo vitale di poche decine di milioni di anni. Gli ammassi più vecchi contengono invece molte stelle gialle. Alcuni di essi contengono delle stelle blu e calde che sembrano essere più giovani di quelle del resto dell'ammasso; queste cosiddette stelle vagabonde blu si osservano anche negli ammassi globulari, dove si crede che siano il frutto di collisioni fra due stelle, formandone così una più massiccia e più calda. Tuttavia, negli ammassi aperti la densità è estremamente più bassa che in quelli globulari e la teoria della collisione fra stelle non è in grado di spiegare una così grande presenza di vagabonde blu. Si crede in questo caso che molte di queste si originino quando le interazioni dinamiche con altre stelle fanno sì che queste si leghino a formare un sistema stellare, che successivamente collassa in una stella singola. Una volta esaurita la riserva di idrogeno tramite la fusione nucleare, le stelle di massa media e piccola perdono i loro strati esterni formando nebulose planetarie ed evolvendo in nane bianche. Sebbene molti ammassi aperti si disperdano prima che la gran parte delle stelle membri raggiungano lo stadio di nana bianca, il numero di nane bianche è in genere molto più basso di quanto ci si potrebbe aspettare, considerando l'età degli ammassi e la massa iniziale prevista delle stelle. Una possibile spiegazione di ciò è che come le giganti rosse espellono i loro strati esterni per formare una nebulosa planetaria, una leggera asimmetria nella perdita di materiale potrebbe dare alla stella una spinta di alcuni chilometri al secondo, abbastanza per espellerla dall'ammasso. Età L'età della gran parte degli ammassi aperti è compresa fra 1 milione e 10 milioni di anni; molti possiedono un'età inferiore ai 50 milioni di anni, mentre la durata media degli ammassi aperti è di 350 milioni di anni. Gli ammassi aperti più vecchi conosciuti nella Via Lattea sono NGC 6791, nella costellazione della Lira, e Berkeley 17, nell'Auriga, con'un'età stimata attorno ai 7 miliardi di anni. Il calcolo dell'età di un ammasso aperto è più semplice di quello di una singola stella, poiché si possono confrontare risultati di diversi astri con la medesima età; questa può essere calcolata tramite l'osservazione della luminosità delle stelle più massicce dell'ammasso stesso che ancora si trovano sulla sequenza principale. infatti le stelle di grande massa consumano più velocemente la loro riserva di idrogeno e dunque tendono a evolversi molto rapidamente; un ammasso che contiene molte stelle blu luminose ha un'età molto piccola, dell'ordine di pochi milioni di anni, mentre uno che appare dominato da stelle rosse è indice di un'età avanzata. L'età degli ammassi può essere determinata anche tramite lo studio della sua velocità radiale e dalla massa totale delle stelle componenti. Gli ammassi molto vecchi, peraltro molto rari, tendono a disperdersi, per cui non ve ne sono in gran numero. Fra gli ammassi osservabili agevolmente più giovani in assoluto noti nella nostra Galassia vi è NGC 2362, nella costellazione del Cane Maggiore: la sua età sarebbe di 1-2 milioni di anni e le sue stelle sono appena entrate nella fase di sequenza principale. Evoluzione Molti ammassi aperti sono instabili, con una massa sufficientemente piccola da far sì che la velocità di fuga del sistema sia più bassa della velocità media delle stelle che lo formano; questi ammassi tendono a disperdersi rapidamente, entro pochi milioni di anni. In molti casi, l'espulsione del gas da cui l'ammasso si è formato a opera della pressione di radiazione delle giovani stelle calde riduce la massa dell'ammasso a sufficienza da permettere una veloce disgregazione dello stesso. Gli ammassi che invece hanno una massa sufficiente per restare integri possono restare tali anche per diverse decine di milioni di anni dopo che i residui nebulosi sono stati spazzati via, sebbene alla lunga tenderanno a disperdersi anch'essi a causa di fattori di destabilizzazione sia interni che esterni. Cause interne possono essere ricercate negli incontri ravvicinati fra le stelle membri: durante l'incontro ravvicinato fra due stelle, la velocità di una delle due può aumentare oltre la velocità di fuga dell'ammasso, causandone l'espulsione dal sistema. Alla lunga questo processo porterà alla progressiva dissoluzione dell'ammasso. Esternamente, mediamente ogni mezzo miliardo di anni, un ammasso aperto tende a essere disturbato da fattori esterni, come il transito nei pressi o attraverso una nube molecolare gigante. Le forze gravitazionali di marea generate da questi incontri tendono a destabilizzare e a disgregare l'ammasso; può capitare così che questo diventi una corrente stellare, le cui stelle non sono sufficientemente vicine per essere considerate un ammasso, pur restando tutte legate da un moto che punta nella stessa direzione e a velocità simili. La scala temporale in cui un ammasso si disgrega dipende dalla sua densità stellare iniziale: gli ammassi più densi persistono più a lungo. La vita media di un ammasso, ossia l'età in cui la metà delle componenti degli ammassi si sono allontanate, varia fra i 150 e gli 800 milioni di anni, a seconda della densità iniziale. Dopo che un ammasso non è più legato gravitazionalmente, molte delle sue componenti stellari si saranno già separate, muovendosi in una direzione comune; l'ammasso si sarà trasformato in una associazione stellare. Molte delle stelle più luminose del Grande Carro sono membri di un antico ammasso aperto che ora si è disperso, assumendo l'aspetto e le caratteristiche di un'associazione stellare, ora nota come Associazione dell'Orsa Maggiore. Alla fine, la leggera differenza fra le velocità relative delle stelle le porterà a disperdersi nella galassia. Un ammasso più grande è noto invece come "corrente stellare". L'ammasso da cui ebbe origine il Sole, formatosi cinque miliardi di anni fa, è ormai completamente dissolto e le sue stelle sono disperse nel disco della galassia, senza possibilità di poterle distinguere dalla popolazione galattica generale. Studi sull'evoluzione stellare Quando viene creato un diagramma Hertzsprung-Russell sulle stelle di un ammasso aperto, risulta che la gran parte delle componenti giace sulla sequenza principale. Le stelle più massicce hanno iniziato invece a evolversi in giganti rosse; il punto in cui emerge sul diagramma l'uscita delle stelle dalla sequenza principale può essere utilizzato per determinare l'età dell'ammasso. Poiché le stelle di un ammasso aperto sono approssimativamente alla stessa distanza dalla Terra e si sono formate tutte nello stesso periodo di tempo, dagli stessi elementi nelle stesse quantità, la differenza di magnitudine apparente fra le componenti dell'ammasso è dovuta esclusivamente alla differenza di massa. Ciò rende gli ammassi aperti molto utili nello studio dell'evoluzione stellare, dato che tramite la semplice comparazione fra le sue stelle vengono perfezionati molti parametri variabili. Lo studio dell'abbondanza del litio e del berillio nelle stelle degli ammassi può fornire delle indicazioni importanti riguardo all'evoluzione delle stelle e alla loro struttura interna. Mentre nel nucleo l'idrogeno non può fondere in elio finché non si raggiunge una temperatura di circa 10 milioni di kelvin, il litio e il berillio vengono distrutti a temperature di 2,5 milioni di K e 3,5 milioni di K rispettivamente. Ciò significa che la loro abbondanza dipende fortemente dal livello di rimescolamento a cui è sottoposto il plasma all'interno della stella. Studiando la loro abbondanza negli ammassi aperti, alcune variabili come l'età e la composizione chimica sono risolte. Gli studi hanno mostrato che l'abbondanza di questi elementi leggeri è molto inferiore di quanto i modelli di evoluzione stellare predicano. Sebbene la ragione di questa carenza non sia ben compresa, vi è la possibilità che i moti convettivi all'interno delle stelle possano estendersi in regioni dove il trasporto radiativo è normalmente il modo di trasporto dominante dell'energia. Gli ammassi aperti e la scala delle distanze astronomiche La determinazione della distanza degli oggetti astronomici è di fondamentale importanza per la loro comprensione, ma la gran parte di essi sono troppo lontani perché la loro distanza possa essere determinata direttamente. La calibrazione della scala delle distanze cosmiche si basa su una sequenza di misure indirette e talvolta incerte relative agli oggetti più vicini per i quali le distanze possono essere misurate direttamente e applicate poi agli oggetti lontani. Gli ammassi aperti sono un punto cruciale di questa sequenza. La distanza degli ammassi aperti più vicini può essere misurata direttamente con due metodi: il primo è quello della parallasse (il piccolo cambiamento della posizione apparente nel corso di un anno causato dal movimento della Terra da un lato all'altro della sua orbita attorno al Sole), che consente di misurare la distanza delle stelle dell'ammasso come se fossero una qualunque altra stella; ammassi come le Pleiadi, le Iadi e pochi altri compresi entro un raggio di 500 anni luce da noi sono sufficientemente vicini da potere consentire lo sfruttamento di questo metodo. Il satellite Hipparcos ha fornito delle misure accurate per alcuni ammassi tramite la parallasse. Il secondo metodo diretto è quello chiamato metodo degli ammassi in movimento; si basa sul fatto che le stelle di un ammasso possiedono un moto proprio comune attraverso lo spazio. Le misure del moto proprio dei membri di un ammasso e la determinazione del loro moto apparente nel cielo rivela il loro punto di fuga; la velocità radiale degli stessi può essere determinata tramite la misurazione dell'effetto Doppler del loro spettro elettromagnetico, e una volta note velocità, moto proprio e distanza angolare dall'ammasso al punto di fuga, tramite la trigonometria si può ottenere la distanza dell'ammasso. La misura della distanza delle Iadi è l'esempio più noto dell'applicazione di questo metodo, che ha fornito un valore di 46,3 parsec. Una volta stabilite le distanze degli ammassi più vicini, queste prime tecniche possono essere estese per calcolare la scala delle distanze di ammassi più lontani. Incrociando la sequenza principale sul diagramma HR per un ammasso a una distanza nota con quella di un altro ammasso più lontano, si può stimare la distanza di quest'ultimo ammasso. Gli ammassi aperti più vicini sono le Iadi, mentre l'associazione stellare dell'Orsa Maggiore si trova alla metà della distanza delle prime; l'ammasso aperto più distante noto nella nostra Galassia è Berkeley 29, posto a circa 15.000 parsec da noi. Gli ammassi aperti sono individuabili con facilità pure in molte galassie del Gruppo Locale. Una conoscenza accurata della distanza degli ammassi aperti è fondamentale anche per calibrare la relazione di periodo di luminosità delle stelle variabili come le Cefeidi o le variabili RR Lyrae, utilizzate come candele standard; queste stelle luminose possono essere individuate a grandi distanze e sono utilizzate per determinare le scale di distanza delle galassie del Gruppo Locale. Note Bibliografia Libri Pubblicazioni scientifiche Carte celesti Voci correlate Voci generali Oggetto del profondo cielo Galassia Ammasso stellare Ammasso globulare Associazione stellare Nube molecolare gigante Regione H II Voci specifiche :Categoria:Ammassi aperti Catalogo di Messier Pleiadi (astronomia), l'ammasso aperto più brillante del cielo. Altri progetti Collegamenti esterni Gruppi stellari
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https://it.wikipedia.org/wiki/Association%20a%C3%A9ronautique%20et%20astronautique%20de%20France
Association aéronautique et astronautique de France
LAssociation aéronautique et astronautique de France, in acronimo AAAF, è una associazione francese del settore aerospaziale. È nata nel 1971 dall'unione dell'Association française des ingénieurs et techniciens de l'aéronautique et de l'espace (AFITAE) fondata nel 1945, e della Société française d'astronautique (SFA), fondata nel 1955. L'attività dell'AAAF consiste nel mettere in contatto persone interessate per ragioni professionali o personali al settore aerospaziale per rappresentare il loro punto di vista e per portare avanti la divulgazione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche legate all'industria aerospaziale e della sua storia. I suoi soci sono in prevalenza tecnici, ingegneri e ricercatori. Tra i suoi partner industriali ci sono le più grandi industrie nazionali ed europee del settore, come Thales Alenia Space, EADS e Arianespace. I suoi soci onorari comprendono tra l'altro l'ex presidente della Federazione astronautica internazionale Roger Chevalier e l'astronauta Jean-François Clervoy. È socio fondatore della Confederazione europea delle associazioni aerospaziali (CEAS) insieme con l'associazione equivalente tedesca Deutsche Gesellschaft für Luft – und Raumfahrt Lilienthal – Oberth e.V. (DGLR), la britannica Royal Aeronautical Society (RAES) e l'italiana Associazione italiana di aeronautica e astronautica (AIDAA). Collegamenti esterni Sito ufficiale dell'Association aéronautique et astronautique de France Enti spaziali Enti e associazioni aeronautiche
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aree%20protette%20in%20Tasmania
Aree protette in Tasmania
Lista delle aree protette in Tasmania La Tasmania è un piccolo Stato, ma ha un notevole numero di aree protette distinte, che coprono il 32,23% del territorio (2.203.383 ettari), 19 di queste sono Parchi Nazionali (20,94%, 1.403.762 ettari). Aree di conservazione Adamsfield Alpha Pinnacle Ansons Bay Arthur-Pieman Asbestos Range Badger Corner Bay Of Fires Bernafai Ridge Boltons Beach Bouchers Creek Briggs Islet Brougham Sugerloaf Burnie Fernglade Calverts Lagoon Cape Portland Cat Island Central Plateau Chalky Island Chuckle Head Clifton Beach Coles Bay Coswell Beach Cradle Mountain-Lake St Clair Cressy Beach Deal Island Denison Rivulet Detention Falls Double Sandy Point Douglas-Apsley Eaglehawk Bay-Flinders Bay Egg Beach Egg Islands Foochow Inlet Fossil Bluff Four Mile Creek George Town Goose Island Granite Point Granite Tor Great Western Tiers Gull Island Harry Walker Tier Heazlewood Hill Hunter Island Judbury Kelvedon Beach Lackrana Lagoons Beach Lake Beatrice Lake Dulverton Lees Point Lillico Beach Little Beach Little Boobyalla River Little Green Island Little Quoin Logan Lagoon Low Head Maatsuyker Island Mayfield Bay Medeas Cove Mile Island Millingtons Beach Mole Creek Karst Mount Bethune Mount Direction Mount Faulkner Mount Roland Mount Rumney Musselroe Bay Night Island Oyster Rocks Pardoe Northdown Parnella Peggs Beach Perkins Island Peter Murrell Pieman River Port Cygnet Port Sorell Ralphs Bay Randalls Bay Raspins Beach Redbill Point Reef Island River Derwent Roaring Beach Sandspit River Scamander Sensation Gorge Seymour Sister Islands South Arm Southport Lagoon Southwest Spiky Beach St Clair Lagoon St Helens Stanley Strickland Surveyors Bay Swansea Table Cape Table Mountain Tamar River Tathams Lagoon Tatlows Beach The Steppes Three Hummock Island Tiger Rise Truganini Tunbridge Tier Vale Of Belvoir Waddles Creek Waterhouse West Inlet Wingaroo Wright And Egg Islands Wybalenna Island Riserve Forestali Andersons Creek Apslawn Arm River Arthur River Arve Loop Avenue River Badger River Balfour Track Bells Marsh Big Sassy Creek Black Creek Black Jack Hill Blue Tier Boco Creek Bond Tier Bonneys Tier Borradaile Boyd Break O'day Bridgenorth Brookerana Brown Mountain Brushy Rivulet Burns Peak Buxton River Caroline Creek Castle Cary Chicks Perch Christmas Hills Coppermine Creek Crayfish Creek Cygnet River Dalgarth Dans Hill Deep Gully Den Hill Den Ranges Denison Ridge Derby Dial Range Dickies Ridge Dip Falls Dip River Dismal Range Doctors Peak Dogs Head Hill Dove River Drys Bluff Duck River Eastern Tiers Emu Ground Emu River Esperance River Evercreech Fisher Tier Fletchers Hill West Flowerdale River Fords Pinnacle Franklin Rivulet Frome German Town Gravelly Ridge Griffin Hardings Falls Hatfield River Henty Hollybank Hopetoun Huntsmans Cap Huskisson River Jackeys Creek Jean Brook John Lynch Joy Creek Julius River Kenmere Creek Kohls Falls Lady Binney Lady Nelson Lake Binney Lake Chisholm Lanes Tier Laurel Creek Lawrence Rivulet Lefroy Liffey Lizard Hill Lobster Rivulet Long Hill Long Ridge Lost Falls Lovells Creek Lower Marsh Creek Luncheon Hill Lutregala Creek Mackintosh Maggs Mountain Martins Hill Mathinna Falls Meander Meetus Falls Mersey River Mersey White Water Midday Hill Milkshake Hills Millers Bluff Montagu River Montagu Swamp Mount Arthur Mount Bruny Mount Careless Mount Dromedary Mount Foster Mount Horror Mount Kershaw Mount Mangana Mount Maurice Mount Midway Mount Morrison Mount Ponsonby Mount Puzzler Mount Stronach Mount Thunderbolt Mount Victoria Mount Wedge Nicholas Range North Esk North Scottsdale Nunamara Old Park Oldina Ouse River Oxberry Plains Paradise Plains Parangana Sugerloaf Peaked Hill Pepper Hill Pipers River Plains Creek Porcupine Hill Promised Land Prossers Pruana Quamby Bluff Rayners Hill Rebecca Creek Reedy Marsh Remarkable Rock Rimons Hill Ringarooma River River Hill Roaring Magg Hill Royal George Sandspit River Sawmill Creek Sawpit Ridge Scamander Shakespeare Hills Snow Hill Snowy River South Esk South Weld Spinning Gum Springfield Staverton Stringybark Sumac Swan River Tahune Tanina Bluff Tarraleah Teds Flat Teepookana The Dog Kennels Tippogoree Hills Tombstone Creek Tooms Lake Trowutta Tungatinah Upper Natone Virginstow Warra Creek Warrawee Wayatinah Weavers Creek Welcome Swamp Wentworth Creek Wes Beckett Wild Bee Winterbrook Falls Yellow Bluff Creek Parchi Actaeon Island Bird Island Bruny Island Neck Farm Cove Lake Tiberias Little Dog Island Moulting Lagoon New Year Island North East River Petrel Islands Stack Island Siti storici Batchelors Grave Callington Mill Coal Mines Currie Lightkeepers Residence D'entrecasteaux Monument D'entrecasteaux Watering Place Eaglehawk Neck Entally House George III Monument Highfield Kangaroo Bluff Lyons Cottage Macquarie Harbour Mount Direction Old Trinity Church-Criminal Courts Port Arthur Richmond Gaol Ross Female Convict Station Shot Tower Strahan Customs House Sydney Cove Tasman Monument The Female Factory Toll House Waubadebar's Grave Yorktown Aree protette indigene Oyster Cove Risdon Cove Preminghana Riserve marine Governor Island Ninepin Point Tinderbox Parchi Nazionali Parco nazionale Ben Lomond Parco nazionale del monte Cradle-lago St Clair Parco nazionale Douglas-Apsley 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ARPANET
ARPANET (acronimo di "Advanced Research Projects Agency NETwork", in italiano "Rete dell'Agenzia per i progetti di ricerca avanzati"), anche scritto ARPAnet o Arpanet, fu una rete di computer studiata e realizzata nel 1969 dalla DARPA, l'agenzia del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti responsabile dello sviluppo di nuove tecnologie ad uso militare di cui anche gli universitari potevano fare uso. Da questa rete, creata per collegare due università americane e utilizzata solo in seguito a scopi militari, si originò a partire dal 1983 l'attuale rete Internet. Storia Nel 1958 il Governo degli Stati Uniti decise di creare un istituto di ricerca. L'istituto venne denominato ARPA (acronimo di Advanced Research Projects Agency) e il suo compito era ambizioso: cercare soluzioni tecnologiche innovative. Fra gli incarichi dell'Agenzia c'era quello di trovare una soluzione alle problematiche legate alla sicurezza e disponibilità di una rete di telecomunicazioni. Il progetto venne sviluppato negli anni sessanta in piena Guerra fredda con la collaborazione di varie università americane e, secondo molte fonti, aveva lo scopo di costruire una rete di comunicazione militare in grado di resistere anche ad un attacco nucleare su vasta scala (questa idea deriva dagli studi che Paul Baran aveva iniziato nel 1959 alla RAND Corporation sulle tecnologie di comunicazione sicura). Secondo altre fonti, invece, questa tesi è una leggenda alimentata da un articolo sul "Time" del 1993 di Philip Elmer-Dewitt.. Alle origini ARPAnet era una rete militare finalizzata allo scambio di informazioni, un sistema che doveva essere veloce e sicuro. Nel 1969 fu pubblicata la prima RFC. Per tutti gli anni Settanta ARPAnet continuò a svilupparsi in ambito universitario e governativo, ma dal 1974, con l'avvento dello standard di trasmissione TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), il progetto della rete prese ad essere denominato Internet. È negli anni ottanta, grazie all'avvento dei personal computer, che un primo grande impulso alla diffusione della rete al di fuori degli ambiti più istituzionali e accademici ebbe il suo successo, rendendo di fatto potenzialmente collegabili centinaia di migliaia di utenti. Fu così che gli "utenti" istituzionali e militari cominciarono a rendere partecipi alla rete i membri della comunità scientifica, che iniziarono così a scambiarsi informazioni e dati, ma anche messaggi estemporanei ed a coinvolgere, a loro volta, altri "utenti" comuni. Nacquero in questo modo, spontaneamente, l'e-mail o posta elettronica, i primi newsgroup e di fatto una rete: Internet. Da Arpanet a Internet Nel 1983 ARPA esaurì il suo scopo: lo stato chiuse l'erogazione di fondi pubblici, la sezione militare si isolò, necessitando di segretezza assoluta a protezione delle proprie informazioni, e nacque perciò MILNET. Con il passare del tempo, l'esercito si disinteressò sempre più del progetto (fino ad abbandonarlo nel 1990), che rimase sotto il pieno controllo delle università, diventando un utile strumento per scambiare le conoscenze scientifiche e per comunicare. In seguito, nei primi anni novanta, con i primi tentativi di sfruttamento commerciale, grazie a una serie di servizi offerti da varie aziende, ebbe inizio il vero boom di Arpanet, nel frattempo rinominata Internet, e negli stessi anni nacque una nuova architettura capace di semplificare enormemente la navigazione: il World Wide Web, inventato da Tim Berners-Lee nel 1989. ARPANET fu la prima rete a commutazione di pacchetto del mondo. La commutazione di pacchetto, ora base dominante della tecnologia usata per il trasferimento di voce e dati in tutto il mondo, era un concetto nuovo e importante nelle telecomunicazioni. Mediante questa tecnica, i messaggi e le informazioni vengono suddivisi in pacchetti dati di lunghezza fissa e ogni singolo pacchetto diventa un'unità a sé stante, capace di viaggiare sulla rete in modo completamente autonomo. Non è importante che tutti i pacchetti che compongono un determinato messaggio rimangano uniti durante il percorso o arrivino nella sequenza giusta. Le informazioni che essi convogliano al loro interno sono sufficienti per ricostruire, una volta arrivati a destinazione, l'esatto messaggio originale. La sostanziale differenza con Internet è che quest'ultima si compone di migliaia di singole reti, ciascuna che raccoglie a sua volta un numero più o meno grande di host. Il sistema di connessione può essere vario: fibra ottica per le grandi distanze, cavo coassiale e doppino telefonico, satellite, onde radio, raggi infrarossi. Si tratta di un mondo in continua trasformazione, ma nel suo insieme lo spazio Internet è sempre disponibile e la sua esistenza non dipende dall'iniziativa di una singola azienda oppure di un singolo governo. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Storia di Internet
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Anime
è un termine con cui si indicano le opere di animazione di produzione giapponese. In Giappone invece il lemma designa tutti i tipi di animazione, sia quelli prodotti in patria sia quelli importati dall'estero. I primi esempi commerciali di anime risalgono al 1917, ma è solo negli anni sessanta, grazie soprattutto all'influenza delle opere e delle pratiche produttive di Osamu Tezuka, che il medium ha acquisito le sue caratteristiche salienti. Nel corso dei decenni successivi gli anime hanno ottenuto grande popolarità in Giappone e all'estero, e dagli anni novanta godono di una distribuzione e di un richiamo globale. Gli anime possono essere prodotti in diversi formati: per il cinema come lungometraggi, mediometraggi o cortometraggi, per la televisione come serie televisive, direttamente per il mercato home video come original anime video (OAV) e, più di recente, per Internet e la web TV come original net anime (ONA). Gli anime costituiscono un medium eterogeneo e variegato: possono infatti trattare di soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro, e indirizzarsi a diverse tipologie di pubblico, dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, da grandi platee fino a categorie socio-demografiche più piccole e specifiche. Rispetto all'animazione occidentale, gli anime si concentrano meno sulla rappresentazione del movimento, impiegando tecniche come l'animazione limitata, effetti di camera cinematografici, e una maggiore enfasi sulla narrazione, la veste grafica e la caratterizzazione dei personaggi. Seppure non esista uno stile unico, è possibile individuare degli elementi estetici e visuali comuni, quali un design semplice ma con dettagli estremizzati come pettinature e colori di capelli innaturali o dimensione degli occhi esagerata. Il medium è strettamente legato ad altri settori della cultura di massa e dell'intrattenimento giapponese, come manga, light novel e videogiochi, con cui spesso condivide storie, personaggi e interi media franchise. Il mercato degli anime rappresenta un'importante branca economica in costante crescita e nel XXI secolo costituisce da solo il 60% di tutte le opere di animazione nel mondo. Definizione In giapponese "anime" indica qualsiasi forma di animazione, indipendentemente dall'origine geografica e dallo stile. Al di fuori del Giappone il termine viene invece utilizzato per riferirsi esclusivamente alle opere di animazione di produzione giapponese. Secondo l'ipotesi più accreditata, la parola deriva dall'abbreviazione di , traslitterazione giapponese della parola inglese animation, ovvero "animazione". Un filone minoritario ritiene invece che l'origine del termine sia da individuarsi nel francese animé, "animato". In Giappone l'uso del neologismo iniziò ad attestarsi negli anni sessanta e settanta, sostituendo denominazioni precedenti, come , kuga ("flip-book"), o . Dal Paese il lemma si è poi diffuso in tutto il mondo nel corso degli anni ottanta. Sebbene nell'accezione più generica e accettata "anime" venga appunto usato come sinonimo di "cartone animato giapponese", in ambito accademico, giornalistico e commerciale questa definizione è controversa e ne sono state proposte anche formulazioni alternative. Per Susan J. Napier anime è allo stesso tempo un prodotto di intrattenimento commerciale, un fenomeno culturale popolare di massa e una forma d'arte tecnologica. Studiosi come Tsunaga Nobuyuki, Thomas Lamarre e Marco Pellitteri ne hanno proposto una definizione più ristretta, come una tipologia di animazione giapponese che si è diversificata a partire dagli anni sessanta con le produzioni televisive, e incentrata su un insieme di stilemi comuni fatto di tecniche, processi e multimedialità. Seguendo questa prospettiva, altri accademici come Jonathan Clements hanno sottolineato che una definizione complessiva di anime non può prescindere dal suo essere oggetto ed evento, analizzandolo quindi nel contesto di come viene generato, distribuito e fruito: sarebbero quindi elementi indissolubilmente legati a esso i processi produttivi degli studi di animazione nipponici, il mercato, i canali di distribuzione e l'intermedialità con altre forme espressive come i manga, le light novel o le visual novel. In questo modo l'anime non sarebbe quindi un'entità precisa e immutabile, ma «un'articolazione di sistemi concettuali che si è formata e modificata nel corso del tempo in risposta a problematiche, tradizioni e influenze». Più spesso, in termini non rigorosi, gli anime vengono identificati in base alle loro caratteristiche narrative, estetiche, stilistiche e visuali, che sono anche quelle più immediatamente riconoscibili dai fruitori. Secondo questa lettura il medium in oggetto è definito come un insieme di immagini, tematiche e linguaggi comuni, tra cui quelli più frequentemente citati sono: una narrazione continua che si dipana per più episodi, l'utilizzo di cliffhanger e la loro risoluzione tramite eucatastrofi, un character design minimale e iconico, grande varietà cromatica, l'uso della tecnica di animazione limitata, la creazione di un senso di spazio tramite il movimento, una grande abbondanza di tagli, e l'utilizzo di tecniche cinematografiche e di montaggio per rappresentare più prospettive e dettagli di una stessa scena. Considerando questa definizione di anime come stile e non per forza legato a una particolare area geografica e viste le caratteristiche di transnazionalità proprie del medium, alcuni autori, giornalisti e case di produzione occidentali hanno iniziato a riferirsi a certe opere di animazione occidentali come "anime", sebbene la tendenza prevalente sia di considerarle animazioni "in stile anime" o "influenzate dagli anime". Nella definizione di anime viene spesso anche posto l'accento su quanto l'animazione giapponese differisca da quello che gli spettatori occidentali sono soliti aspettarsi dai cartoni animati, ovvero opere destinate ai bambini e con contenuti e tematiche perlopiù leggeri. Gli anime sono infatti indirizzati a diverse tipologie di pubblico, bambini così come adulti, e possono trattare di soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro come amore, avventura, fantascienza, sport, fantasy, dramma, erotismo, pornografia e molto altro ancora. Storia Le origini Le origini dell'animazione giapponese vengono fatte risalire a una ricca tradizione nel Paese di forme di narrazione e di intrattenimento basate sulle immagini. Gli emakimono, ovvero dei racconti illustrati che contenevano storie e leggende realizzati su rotoli, erano diffusi dall'XI secolo e furono d'ispirazione per forme artistiche successive che tendevano a riprodurre dettagliatamente sequenze di movimenti, come gli ukiyo-e o i manga. Tra gli spettacoli e le rappresentazioni teatrali, importanti apripista furono anche il kamishibai, il teatro d'ombre, il teatro di burattini noto come bunraku e l', una sorta di variante della lanterna magica che si sviluppò alla fine del periodo Edo e che veniva impiegata come forma di precinema in spettacoli fissi o itineranti o venduta come giocattolo alle classi più abbienti. Fu in questo humus culturale che all'inizio del XX secolo cominciarono a diffondersi in Giappone le prime animazioni rudimentali, composte da brevi filmati di disegni fotografati in sequenza, provenienti dalla Francia, Germania, Stati Uniti e Russia, che spinsero artisti nipponici a sperimentare con queste nuove tecniche pioneristiche. Katsudō Shashin, un filmato ritenuto antecedente al 1915 di autore sconosciuto e mai proiettato pubblicamente, viene a volte citato come il primo esempio di anime. I pionieri dell'animazione giapponese furono il pittore Seitarō Kitayama e i vignettisti Oten Shimokawa e Jun'ichi Kōuchi. A partire dal 1917, a pochi mesi l'uno dall'altro, furono presentati diversi filmati d'animazione, all'epoca chiamati , frutto dei loro sforzi. A essere proiettato per primo fu probabilmente di Shimokawa, nel gennaio del 1917 per lo studio cinematografico Tenkatsu; la prima opera di Kitayama, , seguì a maggio per lo studio Nikkatsu, mentre a giugno uscì di Kōuchi, che lavorava per lo studio Kobayashi Shokai. I tre realizzarono 18 filmati nel solo 1917 e furono anche i primi a fondare studi di animazione dedicati: Kitayama nel 1921 e Kōuchi nel 1923; tuttavia già negli anni trenta avevano abbandonato il medium e gran parte delle loro opere venne distrutta nel grande terremoto del Kantō del 1923. Questi primi lavori erano realizzati con tecniche sperimentali e artigianali: con illustrazioni fatte su lavagna o carta e poi fotografate, disegnando direttamente sulla pellicola o usando la più economica e pratica cutout animation. Con il terremoto del Kantō la nascente industria dell'animazione giapponese si trasferì nella regione del Kansai, che ne rimase il fulcro per i successivi trent'anni. Durante questo periodo il settore subì una radicale trasformazione verso una produzione più strutturata e industrializzata, che poteva reggersi autonomamente grazie ai propri profitti, e vennero fissati i primi standard per le tecniche e i processi produttivi. Influenzata dalle contemporanee produzioni animate statunitensi, una nuova generazione di autori contribuì a raffinare e ad apportare innovazioni al medium. Tra le figure di riferimento ci furono Sanae Yamamoto, che nel 1924 realizzò il cortometraggio , e Noburō Ōfuji, autore nel 1927 di , il primo anime a incorporare una traccia audio in forma dell'ouverture del Guglielmo Tell. Nel 1932 vide la luce la prima produzione con il sonoro parlato, di Kenzō Masaoka, che però non reggeva ancora il confronto con le più raffinate produzioni coeve americane. Masaoka fu anche il primo a utilizzare come materiale di lavoro i cosiddetti cel, ovvero fogli trasparenti di acetato di cellulosa, che diventeranno lo standard del settore. In questo periodo avvennero inoltre i primi esperimenti con il colore, che però si impose definitivamente solo negli anni cinquanta. I filmati prodotti erano di breve durata e raffiguravano soprattutto commedie umoristiche o racconti di miti e favole orientali, ma anche opere a scopi didattici e pubblicitari, ovvero produzioni che avrebbero più facimente potuto aggirare la rigida censura di quegli anni. Venivano proiettati prevalentemente nelle sale cinematografiche, ma anche in negozi, scuole e istituzioni pubbliche per le quali spesso erano commissionati. Tali rapidi progressi furono possibili per via della politica espansionistica e nazionalista del governo giapponese degli anni trenta, il quale incoraggiò e finanziò l'industria cinematografica e dell'animazione soprattutto come strumento di propaganda e valorizzazione della cultura nipponica. Così il primo lungometraggio animato giapponese, di Mitsuyo Seo, venne prodotto nel 1945 con fondi della Marina imperiale per raccontare la storia patriottica di Momotarō, che con il suo esercito di animali antropomorfi pone sotto assedio e conquista una base navale nemica in Nuova Guinea. Complessivamente, tra il 1917 e il 1945 furono realizzati almeno 400 filmati d'animazione, dei quali però, tra terremoti, bombardamenti e censura governativa, è rimasto ben poco. Dal dopoguerra agli anni ottanta Al termine della seconda guerra mondiale, la grave crisi economica e i contrasti politici e sociali resero molto difficile l'impiego di risorse nel settore. Le dimensioni degli studi d'animazione, le produzioni e la qualità diminuirono, e ci vollero diversi anni perché l'attività riprendesse in modo costante. Un ruolo chiave giocò la neonata Toei Dōga, che nel 1958 fece uscire di Taiji Yabushita, il primo lungometraggio anime a colori. Questa produzione segnò l'inizio della «nuova era dell'animazione nipponica», caratterizzata da una serie di film dello stesso studio che divennero dei classici dell'animazione e che ebbero un'influenza notevole sulle opere successive. Alle loro produzioni erano inoltre coinvolti numerosi artisti che in seguito fonderanno propri studi di animazione, portando con sé le esperienze maturate alla Toei. In questo periodo due fattori si rivelarono decisivi per lo sviluppo dell'animazione giapponese: da un lato l'esistenza in Giappone di un mercato estremamente fiorente e dinamico dei fumetti, detti manga, che avrebbero formato un campionario inesauribile di materiale a cui attingere e un traino economico da sfruttare; dall'altro la diffusione della televisione negli anni sessanta, che allargherà enormemente la platea e le possibilità commerciali degli anime. del 1960 fu il primo film anime a essere trasmesso in televisione, seguito nel 1961 dalla prima serie televisiva con . Fu però il successo della serie Astro Boy di Osamu Tezuka a segnare uno spartiacque nella storia del settore. Tezuka, che era già attivo come mangaka e aveva lavorato a tre film della Toei, realizzò il progetto dopo aver fondato il suo proprio studio di animazione, Mushi Production, nel 1961. La serie, tratta dal manga omonimo dello stesso Tezuka, segue le avventure di Atom, un robot dall'aspetto di un bambino che protegge il mondo dai crimini e dalle ingiustizie. La serie televisiva in bianco e nero durò per ben 193 episodi, dal 1963 al 1966, e fu la prima a presentare puntate di trenta minuti. Nel 1965 Tezuka realizzò sempre con la Mushi anche la prima serie televisiva animata a colori di successo, Kimba - Il leone bianco, basata su un altro suo manga. Influenzato dall'estetica e dalla tecnica dei film di Walt Disney, Tezuka emulò e affinò i processi produttivi statunitensi per permettere una produzione continua, ridurre i costi e limitare il numero di fotogrammi nelle sue produzioni. Inoltre aprì la strada a nuovi canali di finanziamento come la vendita di licenze e il merchandising. Le sue opere e le sue pratiche ebbero un'influenza profonda e duratura sui suoi successori e sullo sviluppo dell'animazione giapponese in una vera e propria industria. Dalla metà degli anni sessanta in poi la scena dell'animazione giapponese conobbe una crescita continua, gli studi di produzione si moltiplicarono, si affinarono sempre più le tecniche e le televisioni private, così come la televisione di Stato NHK, aumentarono progressivamente la loro domanda di serie animate. Inoltre i personaggi degli anime vennero sfruttati a fini pubblicitari per i prodotti più disparati, garantendo così alle case di produzione entrate ulteriori, e cominciò anche a prendere piede il finanziamento diretto delle serie da parte di comitati produttivi e sponsor, finalizzato al successivo merchandising di gadget e modellini. Questo vero e proprio anime boom continuò fino agli anni ottanta, tanto che dal dopoguerra alla metà degli anni novanta si stima siano state prodotte complessivamente circa opere ufficiali. Contemporaneamente si assistette all'articolazione della produzione in una molteplicità di target, formati e generi, per venire incontro alle richieste di un pubblico sempre più vasto e variegato. Tra i filoni più rappresentativi si affermarono gli anime robotici o mecha, che conobbero il loro apice negli anni settanta con le saghe dei super robot di Gō Nagai e il realismo inaugurato da Yoshiyuki Tomino nel franchise Gundam. Per i più piccoli abbondarono le serie fantasy, fiabesche o storiche prodotte da grandi studi come Toei Animation e Nippon Animation, la quale con il World Masterpiece Theater diede avvio nel 1975 a una popolare serie di adattamenti di romanzi occidentali per ragazzi. Le commedie e le opere drammatiche furono altresì tra i generi più diffusi, soprattutto i drammi sportivi. Risalgono a questo periodo anche le prime opere indirizzate a un pubblico femminile: una corrente inaugurata da La principessa Zaffiro di Tezuka e Mimì e la nazionale di pallavolo della Tokyo Movie Shinsha sul finire degli anni sessanta, a cui si aggiunse negli anni ottanta il sottogenere mahō shōjo, e che portò nuovi temi nel medium come l'emancipazione, la scoperta di sé stessi e le storie d'amore. La diffusione delle videocassette e dei videoregistratori e la conseguente esplosione del mercato home video negli anni ottanta diede origine a un nuovo tipo di produzione, il cosiddetto original anime video (OAV), nato ufficialmente nel dicembre 1983 con il primo episodio di Dallos. Questo nuovo canale di distribuzione favorì la nascita di studi e progetti più piccoli, che potevano finanziarsi anche senza i cospicui budget televisivi, e costituì la valvola di sfogo per contenuti più maturi o pornografici che non avrebbero potuto trovare spazio nei palinsesti tv. In questo periodo emersero anche alcuni autori innovativi che segneranno i decenni a seguire, quali tra gli altri Isao Takahata, Hayao Miyazaki e Katsuhiro Ōtomo, il cui film colossal Akira del 1988, in particolare, contribuì in maniera determinante alla diffusione e al successo degli anime in Occidente. Sviluppi contemporanei Con lo scoppio della bolla speculativa giapponese nel 1991 e la seguente recessione e stagnazione economica, anche il mercato degli anime subì una brusca battuta di arresto, e gli studi di animazione dovettero affrontare debiti crescenti, difficoltà finanziarie e una generale crisi di idee. La risposta furono una serie di opere innovative che uscirono a partire dal 1995, esemplificate da Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno, che segnarono i canoni di una cosiddetta «nuova animazione seriale»: ossia una maggiore autorialità, la concentrazione delle risorse in serie più brevi e facili da vendere, un'impostazione registica ancora più vicina alla cinematografia dal vero, un drastico ridimensionamento del rapporto di dipendenza dai soggetti dei manga e una maggiore libertà dai vincoli del merchandising. È nell'ambito di questo rilancio che emersero nuovi talenti e figure di riferimento quali, oltre al già citato Anno, Mamoru Oshii, Satoshi Kon e Shin'ichirō Watanabe. Intanto se in Giappone gli anime faticavano, a livello internazionale negli anni novanta e duemila raccolsero sempre più interesse e un bacino di spettatori in costante crescita. Questo permise ad alcuni franchise e studi di animazione di consolidarsi e fece aumentare la domanda per nuove serie, al cui finanziamento iniziarono a interessarsi anche aziende occidentali. Nei primi venti anni del XXI secolo la produzione di animazione commerciale in Giappone è cresciuta enormemente, contando più della metà delle oltre opere prodotte dal 1958 nei vari formati. In questo periodo si è assistito a un aumento della polimedialità, alla diffusione dell'animazione digitale e della computer grafica 3D per contenere i costi di produzione, e a un'apertura a fasce di mercato sempre più diversificate. L'avvento di Internet ha assicurato nuove possibilità di distribuzione, come lo streaming, il simulcast e gli original net anime (ONA), garantendo una diffusione e una richiesta senza precedenti dell'animazione giapponese, ma generando anche una serie di sfide e interrogativi per il futuro del medium, come la copia e la fruizione illegale di contenuti, lo sviluppo di animazione in "stile anime" al di fuori del Giappone, la concorrenza di altri media, la necessità di nuovi impulsi creativi e tecnici, o la saturazione del mercato. Contenuti e riferimenti culturali Gli anime presentano spesso storie più complesse e articolate rispetto a quelle dei cartoni animati occidentali. La caratterizzazione e lo sviluppo dei personaggi hanno un peso maggiore: così per i protagonisti è più importante la loro motivazione, lealtà e forza di volontà invece della semplice vittoria; i cliché sugli antagonisti vengono deliberatamente evitati, rendendo i cattivi spesso particolarmente belli d'aspetto o dando loro trascorsi e motivazioni convincenti che spiegano il loro comportamento; frequenti sono poi gli antieroi e i cambi di fazione dei personaggi, e anche la morte di protagonisti o figure amate dal pubblico non è rara. Il ruolo delle donne spazia da figure di primo piano che godono della stessa considerazione degli uomini, quali donne guerriere o ragazze con poteri magici, a parti femminili più tradizionali come quella della madre e casalinga premurosa che resta in secondo piano o della studentessa carina, tranquilla ed empatica, epitomizzate dal concetto di yasashii, ovvero "semplice, dolce, gentile". La corrispondenza di queste immagini femminili con la reale condizione della donna nella società giapponese è tuttora oggetto di dibattito. Gli anime sono radicati nella cultura giapponese e presentano pertanto frequenti richiami a elementi del costume e della società nipponici: elementi che spesso sono determinanti nel definirne il contenuto e l'estetica e che possono risultare difficili da comprendere per gli spettatori stranieri. Questo fenomeno è più marcato nelle produzioni più vecchie, che erano state realizzate considerando il solo mercato domestico, mentre, con l'internazionalizzazione del medium, nelle opere più recenti si assiste di frequente a una contaminazione delle fonti. I riferimenti culturali giapponesi risultano più evidenti nelle opere storiche, mitologiche o slice of life, ma sono riscontrabili come sottotesto anche in tanti altri generi, compresi quelli che meno hanno a che fare con la realtà, come il fantasy e la fantascienza. Le religioni e i sistemi di pensiero tradizionali giapponesi hanno grande influenza sul medium. Lo shintoismo si esplicita in una visione animistica della natura, popolata da spiriti e demoni, nella citazione di innumerevoli miti, leggende e figure folcloristiche, spesso reinterpretati in chiave moderna e con una morale esplicita, e nell'inclusione nella vita quotidiana di elementi fantastici e appartenenti a realtà situate oltre la normale soglia della percezione umana. Il rispetto tipicamente asiatico per la società e le gerarchie trae origine dagli insegnamenti del confucianesimo, mentre dal buddhismo giapponese e dallo zen derivano compassione e un approccio pragmatico e diretto alla realtà, che si manifesta anche nella scelta di storie d'azione, significando gli anime pur sempre intrattenimento e spettacolarità. Altro fattore che porta nell'animazione nipponica tradizioni, aneddoti e situazioni è il bushido, il codice di condotta del nobile guerriero. Le storie degli anime tendono in particolare a unire gli aspetti del e del per fornire il giusto grado di spettacolarizzazione dei combattimenti, ma anche per rappresentare il percorso morale e formativo del protagonista e le sue qualità di giustizia, senso del dovere, lealtà, compassione, onore, onestà e coraggio, che possono esprimersi negli ambiti più disparati. Talvolta il fine ultimo di tale processo di crescita è addirittura l'acquisizione di una consapevolezza della vacuità della realtà, dell'ego e dell'esistenza materiale, così che nemmeno la morte sia più motivo di timore. Classico è anche il conflitto tra giri e ninjō, ovvero tra il senso del dovere nei confronti degli altri e più in generale della società, e la propria felicità personale, che si riflette nei comportamenti e nelle scelte dei protagonisti degli anime, fino ad arrivare anche all'estremo . Un ruolo importante riveste il rispetto delle relazioni e delle regole sociali, che vanno dall'attenzione alla famiglia, al rispetto per i più anziani e in generale per le figure guida come il o il senpai, all'uso di linguaggio e suffissi onorifici, a cui fa da contraltare la vita allettante, libera ma anche pericolosa dei lupi solitari. A questi temi sociali si aggiungono tematiche ambientali come il complesso rapporto tra uomo, natura e tecnologia, la protezione dell'ambiente, o i vantaggi e i pericoli della tecnica, a cui è strettamente legato il trauma collettivo tutto giapponese della bomba atomica, che prende forma nell'animazione in ordigni e catastrofi dalle conseguenze spaventose per il mondo e per l'umanità. Sotto altro profilo, il rapporto uomo-tecnologia costituisce anche il versante privilegiato attraverso il quale gli anime recepiscono e rielaborano la modernità, risultando un connubio inscindibile di antico e di nuovo. A livello politico e militare, a fianco a opere pacifiste ambientate in mondi fantastici, realistici o distopici, esistono anche storie legate alla propaganda, apologetiche della guerra, che minimizzano l'imperialismo giapponese o che attribuiscono al Paese un ruolo di vittima nella seconda guerra mondiale. Infine un certo grado di sessualità e di nudità non è considerato tabù neanche nell'ambito più mainstream o nelle opere rivolte ai più piccoli, e trae origine dal diverso rapporto che i giapponesi hanno col corpo umano rispetto agli occidentali. Anche personaggi velatamente o esplicitamente omosessuali, figure androgine o ambigue, e comportamenti in contrasto coi tradizionali ruoli di genere compaiono frequentemente, e si manifestano in immagini ideali di uomini bishōnen, in donne che agiscono in ambiti tipicamente maschili, nel travestitismo e nel gender bending. Conseguenza di questa diversa sensibilità è anche l'abbondanza di comicità legata all'umorismo scatologico e sessuale. Generi Nel loro insieme gli anime si rivolgono all'intero campionario di fasce d'età e strati sociali. Mutuando la tradizionale classificazione dei manga in target demografici, anche i prodotti animati vengono spesso catalogati per pubblico di destinazione in base all'età e al sesso. Per molti anime, tuttavia, specie quelli non tratti da fumetti, questa attribuzione può rivelarsi difficile o addirittura impossibile. E non è infrequente che opere concepite per un particolare target finiscano per accattivare anche altre fasce. Si distinguono le seguenti tipologie di massima: kodomo, opere indirizzate ai bambini; shōnen, produzioni per ragazzi e adolescenti, che spesso ricadono nei generi azione, fantascienza e fantasy; shōjo, anime per ragazze, principalmente storie sentimentali e d'amore; seinen, per un pubblico maschile dai 18 anni in su, con contenuti più sofisticati, violenti o erotici; josei, per un pubblico femminile dai 18 anni in su, che tratta soprattutto della vita quotidiana, lavorativa o sentimentale di giovani donne. I target hanno un'influenza anche sui generi, sui formati e sulla distribuzione degli anime. Ciascun gruppo demografico privilegia infatti determinati soggetti rispetto ad altri, per cui un anime che ad esempio tratti di fantascienza sarà più probabilmente uno shōnen che uno shōjo, e così via. Similmente, le produzioni cinematografiche e televisive sono destinate principalmente ai bambini e alle famiglie, mentre nel mercato home video o nella fascia televisiva notturna è più probabile incontrare opere indirizzate a un pubblico più maturo. Gli anime presentano la stessa varietà di generi narrativi di qualsiasi altro medium: dalla commedia al drammatico, storie per bambini, letteratura, storico, avventura, azione, fantascienza, fantasy, orrore, thriller, giallo, sportivo, romantico, slice of life, umoristico o erotico. Si ritrovano tuttavia anche generi, sottogeneri e tipi esclusivi della narrativa giapponese. Aniparo, ad esempio, indica parodie di altri anime spesso realizzati in stile super deformed. Nel campo dell'azione e sportivo, frequenti sono le storie di arti marziali, che pescano a piene mani dalla cultura giapponese e orientale, oppure i cosiddetti spokon, anime sportivi in cui il protagonista raggiunge la vittoria tramite un percorso di crescita fatto di fatica, tenacia, coraggio e duri allenamenti. A fianco agli sport tradizionali e popolari in tutto il mondo, trovano spazio anche storie incentrate su attività più sedentarie e locali, come il go, lo shōgi, il mah jong, il pachinko, il collezionismo, o la cucina. Uno dei sottogeneri più vecchi e diffusi è il mecha, una tipologia di anime fantascientifici incentrata sulla tecnologia e le macchine, in cui a dominare la scena sono sovente robot giganti. Due correnti del fantastico tipicamente giapponesi sono invece l'isekai, storie in cui il protagonista viene trasportato in un universo parallelo o mondo alternativo, e il mahō shōjo, un sottogenere con protagoniste dotate di poteri magici che solitamente impiegano ricorrendo a vistose trasformazioni. In ambito sentimentale l'harem denota ambientazioni in cui un personaggio è circondato e riceve le attenzioni di diversi membri del sesso opposto, tipicamente dai tre in su. Una nicchia dell'animazione giapponese è occupata dai generi erotico e pornografico, per i quali si è diffusa a livello internazionale la dizione di hentai. Gli hentai presentano contenuti espliciti e si manifestano in una varietà di sottogeneri e tipologie. Di contro, più diffuso è l'ecchi, ovvero l'inclusione in altri generi di tematiche o allusioni sessuali senza mostrare atti amorosi espliciti, in quella che può essere considerata una forma di fanservice. Alcuni generi infine esplorano rapporti omosessuali, come yaoi (omosessualità maschile), bara (per maschi gay adulti), e yuri (lesbismo). Sebbene spesso utilizzati in contesto pornografico, i termini yaoi e yuri nelle loro varianti shōnen-ai e shōjo-ai possono essere usati anche per riferirsi a storie focalizzate sullo sviluppo della relazione affettiva senza contenuti sessuali espliciti. In ogni caso una categorizzazione per genere e soggetto che sia esaustiva e univoca non è riscontrabile nella letteratura in materia, e comunque essa trova accreditamento spesso e volentieri più presso il pubblico che da parte degli autori. Molti anime, inoltre, non si lasciano ascrivere facilmente nelle categorie esistenti, ricadendo in più generi contemporaneamente o mischiando generi e temi in modo creativo. Linguaggio, stile e forme di espressione Soprattutto se paragonati ad altre opere di animazione, gli anime presentano delle peculiarità nel linguaggio, nel simbolismo e nello stile, che sono il risultato dei processi di animazione che a lungo hanno dominato il medium in Giappone, della cultura estetica giapponese, e di influssi da parte dei manga e dell'animazione statunitense delle origini. Queste caratteristiche si ritrovano in gran parte delle opere dagli anni sessanta in poi, anche se sono sempre esistite eccezioni e in tempi più recenti, vista la crescente varietà e contaminazione, è sempre più difficile parlarne in termini generali. A differenza dell'animazione occidentale, l'enfasi nell'animazione giapponese non è posta sulla rappresentazione di un movimento realistico. Trova infatti largo impiego l'animazione limitata, in cui dai quindici disegni al secondo, tipici della media delle produzioni cinematografiche della Disney, i creatori di anime scendono fino a cinque, con la conseguenza di un'animazione meno fluida. Questa tecnica è impiegata non solo per risparmiare tempo e denaro, ma anche come vero e proprio espediente artistico. Il movimento finisce quindi per avere minore peso nella narrazione, laddove diventano invece più importanti la forza del soggetto, la qualità dei disegni, la storia, il ritmo narrativo fatto anche di pause e di silenzi, il character design e la caratterizzazione dei personaggi. Nell'animazione limitata giapponese viene risparmiato in prima linea sulle pose intermedie, così che la narrazione procede soprattutto come alternanza di fotogrammi chiave in cui si sottolineano pose volutamente espressive dei personaggi. Ciò è dovuto anche alla tradizione estetica giapponese, basti pensare alle forme narrative del teatro kabuki o del kamishibai, in cui la fisicità e la mimica hanno un ruolo centrale. Momenti importanti possono essere anche solo accennati od omessi del tutto, e sta all'immaginazione dello spettatore completare le ellissi rappresentative. Una delle innovazioni cruciali introdotte dagli anime e utilizzata per compensare le mancanze dell'animazione limitata è l'impiego di tecniche di ripresa simili a quelle usate nella cinematografia dal vero. Tale approccio, in cui il movimento è simulato muovendo fisicamente il disegno, si pone in antitesi con l'impostazione teatrale predominante nell'animazione americana. Tra gli effetti più usati si possono distinguere: il fix, ossia il fermo immagine; lo zoom, in cui la cinepresa si avvicina o si allontana; movimenti di camera come lo slide, il pan e il tilt; frequenti tagli; inquadrature angolate; prospettive multiple; variazioni di piano e campo; lo split screen, in cui l'inquadratura viene suddivisa in più parti, ciascuna con una visuale diversa della stessa o di più scene. Frequente è anche l'impiego di tali tecniche e il riuso di fotogrammi per ottenere un effetto di dilatazione temporale, che può portare in casi estremi un combattimento, una partita o un incontro di pochi istanti a durare per più di un episodio; una tendenza dovuta anche a questioni di risparmio, ma soprattutto per aumentare la tensione e la partecipazione emotive, e nell'ottica della mentalità giapponese di non considerare il tempo in semplici termini cronometrici, ma valorizzando invece la qualità dell'istante, l'intensità con cui lo si vive. Le figure vengono rappresentate generalmente in modo semplice e stilizzato, mentre gli sfondi sono più dettagliati e realistici. In questo modo si facilita l'immedesimazione degli spettatori nei personaggi e l'immersione nell'ambientazione della storia. Nelle scene d'azione i fondali spariscono invece del tutto e viene dato risalto al solo movimento. I dettagli sono impiegati con parsimonia ma in modo molto preciso, in modo da dare l'impressione di una maggiore ricchezza di particolari di quella effettiva. Tipico è anche l'uso abbondante di colori, il ricorso alle linee cinetiche (dōsen) per esaltare i movimenti, e la resa iperbolica dei gesti per aumentare il pathos. Un'attenzione particolare viene inoltre riservata a sottolineare lo stato d'animo e le emozioni dei personaggi, in modo da coinvolgere e generare empatia negli spettatori. Il character design è fortemente influenzato dai manga e segue sovente i canoni di bellezza giapponesi per ragazze e ragazzi attraenti, bishōjo e bishōnen, o i concetti di cool ("affascinante", carismatico") e di kawaii ("carino", "adorabile"). I personaggi mantengono alcuni tratti espressamente fanciulleschi, come gli occhi molto grandi o comunque preponderanti rispetto al resto del viso. Questo segno caratteristico degli anime, che è stato diffuso dalle opere di Osamu Tezuka, a sua volta influenzato da figure dell'animazione occidentale con occhi esageratamente grandi come Betty Boop, è funzionale a una maggiore resa espressiva. I capelli sono spesso rappresentati in modo innaturale, con acconciature peculiari e colori sgargianti come il verde, il blu o il rosa; e stesso discorso si può fare anche per il fisico e l'abbigliamento. Tutte queste caratteristiche servono a rendere i personaggi più attrattivi e riconoscibili, e veicolano a volte anche un significato simbolico. L'aspetto risultante appare spesso ben diverso da quello tipico dei giapponesi, che hanno solitamente occhi a mandorla e capelli scuri, risultando invece più marcatamente europeo; mentre però in Occidente questa tendenza può risultare evidente e contraddittoria, gli autori e gli spettatori giapponesi non percepiscono i soggetti ritratti in questo modo come più o meno stranieri, o legati a una particolare provenienza etnica o geografica. Nel disegno dei personaggi trova largo impiego un ventaglio consolidato di espedienti grafici ed espressioni facciali, per denotare in modo sintetico, velato o comico particolari stati d'animo. Tra la grande varietà di simboli utilizzati: una croce pulsante sul capo per indicare l'ira, una goccia di sudore per nervosità o tensione, arrossamento per l'imbarazzo legato all'attrazione sentimentale, occhi lucidi per uno sguardo intenso e carico di emozione, o una bolla dal naso per il sonno profondo. Un'altra varietà di design è il chibi o super deformed, uno stile caricaturale in cui i personaggi assumono dimensioni ridotte, teste sproporzionatamente grandi e altri tratti infantili e graziosi, e che viene impiegato in serie parodistiche, in commedie o per siparietti comici improvvisi. Va tenuto presente, tuttavia, che non tutti gli anime seguono queste convenzioni, e in opere di certi autori o per adulti trova invece impiego un design più realistico. Formati Gli anime si presentano in una varietà di formati. I film sono stati la prima forma espressiva del medium e si dividono in base alla durata in lungometraggi, mediometraggi o cortometraggi. Hanno solitamente un budget e una qualità superiore alle altre produzioni anime e vengono concepiti per ampie platee, soprattutto di bambini, giovani e famiglie. Vengono distribuiti principalmente al cinema o più raramente prodotti per la televisione. La presentazione di film, cortometraggi o brevi filmati promozionali da parte degli studi di animazione è diventata anche una caratteristica di vari festival e convention annuali in Giappone a tema anime e manga. Tra gli anni 2000 e 2020 il numero di lungometraggi anime prodotti annualmente è passato da 31 a 91. Le serie televisive rappresentano la fetta più grande e importante delle produzioni anime. Hanno una portata molto eterogenea, in quanto possono essere trasmesse su grandi network nazionali o anche su piccole stazioni che coprono solo una parte del territorio nipponico. Inoltre le serie televisive diurne hanno ascolti più alti e si indirizzano a un pubblico di bambini e giovani, mentre dagli anni novanta ha preso piede la programmazione notturna con gli , che contengono temi più maturi e hanno ascolti sensibilmente più bassi. Nei primi vent'anni del XXI secolo a causa dell'invecchiamento della popolazione in Giappone e della maggiore richiesta di esportazione di anime, l'animazione per adulti si è affermata sempre più e rappresenta ora la maggior parte delle produzioni televisive. Il numero di serie tv è andato progressivamente aumentando: negli anni ottanta e novanta si registravano tra i 50 e i 100 nuovi titoli all'anno, negli anni duemila si è passati da 100 a 200, nel 2013 si sono superate per la prima volta le 300 serie annuali, e da allora il valore oscilla tra 300 e 350. Le serie tv anime sono caratterizzate da scadenze più serrate e da una qualità media inferiore rispetto ad altre produzioni. Contano generalmente 12-13, 24-26, o più raramente 52 o più episodi, così che, trasmesse settimanalmente, raggiungono una durata di un trimestre, un semestre o un anno di programmazione. Un intervallo di tre mesi viene definito e ha una collocazione tipicamente stagionale che si riflette sui palinsesti televisivi giapponesi: ci sono infatti cour invernali, primaverili, estivi e autunnali che iniziano rispettivamente a gennaio, aprile, luglio e ottobre. La maggior parte delle serie ha una durata prestabilita, ma ad esempio adattamenti di manga lunghi e di successo possono essere prodotti continuativamente e arrivare a contare anche centinaia di episodi. Una caratteristica delle serie anime è che presentano solitamente una trama continua che si snoda attraverso i diversi episodi e che si conclude con la fine dell'opera, a differenza delle produzioni animate occidentali che hanno tipicamente un formato episodico in cui ogni puntata narra una storia autoconclusiva. Anime prodotti direttamente per il mercato home video prendono il nome di original anime video (OAV). Si tratta solitamente di singoli film o di brevi serie composte da pochi episodi. La durata è variabile e può andare da puntate di trenta minuti a film di due ore. Generalmente è un formato che riguarda storie non sufficienti a sviluppare una serie televisiva o per le quali non si prevede un grande pubblico, in quanto si possono produrre anche per nicchie specifiche di mercato e con budget sensibilmente più contenuti rispetto a film e serie tv. Poiché non sono sottoposti alla censura televisiva, gli OAV si possono permettere di includere fanservice, azione, violenza e contenuti pornografici, ma trovano spazio anche opere più tradizionali, artistiche, innovative o storie extra e spin-off a corredo di franchise famosi. La qualità può essere molto variabile, in alcune produzioni anche piuttosto bassa, ma spesso sensibilmente più alta delle serie per la tv. I formati degli OAV seguono i principali supporti multimediali, quali laserdisc, VHS, DVD e Blu-ray. Infine, gli original net anime (ONA) sono un formato di anime sviluppatisi nei primi anni duemila e distribuiti originariamente in streaming su Internet e web TV. Spesso, come nel caso degli OAV, si tratta di serie brevi o con episodi di breve durata, alcune volte, specie nei primi tempi, a carattere amatoriale o promozionale. Processo produttivo Pianificazione Il processo produttivo di un anime è preceduto da una fase di pianificazione, che può essere di due tipi: l'uno, il , consiste nella scelta di un manga, un romanzo, una light novel o un videogioco su cui basare la sceneggiatura e comporta una serie di negoziazioni tra autori, editori e produttori; l'altro, il cosiddetto , vede un soggetto originale concepito dal regista o da un altro autore appositamente per la creazione dell'anime. Poiché inoltre difficilmente uno studio di animazione si imbarca in una produzione contando solo sui propri mezzi finanziari, vengono coinvolti sponsor esterni, oltre al composto da case di produzione, emittenti televisive ed editori, i quali investono i propri capitali più facilmente su soggetti già collaudati, come nel caso dei gensaku, piuttosto che al buio, come in un gen an. Conseguenza dell'alto numero di persone coinvolte nei processi decisionali e produttivi dell'opera è che nei prodotti finiti è spesso difficile riconoscere l'autorialità dei singoli contributi. Un apporto creativo più marcato è individuabile nei film cinematografici di particolari autori e registi illustri, che mantengono un controllo più serrato sulle idee e le decisioni, anche se tali opere d'autore sono piuttosto rare negli anime. Produzione Scelto il soggetto, si procede alla stesura della sceneggiatura, in base alla quale il regista, affiancato dal direttore di produzione, comincia a fornire le prime direttive al character designer, al direttore artistico e, ove necessario, al mecha designer per un primo abbozzo delle ambientazioni e dei personaggi. Con il materiale così elaborato si passa alla realizzazione dell', una sorta di storyboard dell'anime che funge da traccia base per tutto lo staff, fornendo dettagli quali il numero di frame per scena, gli effetti visivi e gli sfondi necessari, le inquadrature, i movimenti di camera, la dinamica e la composizione delle scene. Per la realizzazione di circa mezz'ora di ekonte sono necessarie normalmente circa tre settimane di lavoro. Nel caso di trasposizioni si assiste sovente a modifiche del materiale originale, come la rimozione di parti di storia o l'aggiunta di archi narrativi inediti, detti filler. Anche un adattamento a un'altra fascia di pubblico è possibile, con conseguenze nell'estetica, nei temi e nel tono della narrazione. Nel caso di serial un regista e uno sceneggiatore principale si occupano della composizione generale della serie, ma poi spetta ai registi e agli sceneggiatori dei singoli episodi applicare e declinare concretamente le direttive. In questa fase il character designer si occupa di definire l'aspetto dei vari personaggi e di tracciare dei modelli di riferimento, detti , che ne illustrano le caratteristiche principali come fisionomia, proporzioni e principali espressioni facciali, fornendo una guida il più possibile dettagliata per il successivo lavoro degli animatori. Una volta definiti lekonte, il character design, il mecha design e gli sfondi, viene poi realizzato lanimatic, ossia una versione filmata dellekonte necessaria per verificare sia il ritmo delle scene sia — con l'aggiunta dei dialoghi e delle musiche in versione grezza — la coerenza di suoni e immagini. Superato il vaglio del regista, dallanimatic si passa quindi alla fase di realizzazione dell'animazione vera e propria coordinata dal direttore dell'animazione. Gli anime vengono realizzati comunemente impiegando l'animazione tradizionale, e per lungo tempo il medium è stato caratterizzato dall'uso della cel animation. In essa i fotogrammi vengono disegnati su fogli di acetato trasparenti, detti cel appunto, e poi sovrapposti in più strati sugli sfondi per comporre i frame da fotografare: a ogni scatto corrisponde la sostituzione di uno o più cel contenenti la variazione necessaria per rendere il movimento. Questo procedimento viene quindi ripetuto per ogni scena. Per ricreare l'illusione di un movimento fluido, in animazione così come in cinematografia si considerano standard 24 fotogrammi al secondo. Negli anime è d'uso invece impiegare l'animazione limitata, nella quale da 24 frame si può passare a 12 o 8 o anche meno, in modo da risparmiare tempo e denaro, ma da garantire una fluidità comunque soddisfacente. A tal fine lo stesso cel viene filmato per più fotogrammi successivi; si può avere quindi ad esempio un'animazione shot on twos in cui i frame al secondo sono 12, o shot on threes in cui ogni fotogramma viene ripreso per 3/24, ossia 1/8, di secondo. Negli anime la media è 8 ma si può arrivare a numeri inferiori, per scene statiche, o superiori, fino anche a 24, per sequenze particolarmente cariche d'azione. La frequenza dei fotogrammi dipende dal budget e dalla qualità che si vuole ottenere: solitamente i film hanno un numero di fotogrammi al secondo più alto delle produzioni televisive. L'animazione si compone di , ossia i disegni che definiscono gli stati chiave del movimento, e di , i fotogrammi di passaggio da un key frame all'altro, necessari a dare l'illusione del movimento. Negli studi di animazione giapponesi i key frame vengono affidati ai capi animatori, lavoratori esperti e meglio pagati, che definiscono anche i time sheet dei fotogrammi, ovvero le impostazioni di ripresa delle scene e la posizione che devono occupare nella sequenza di montaggio finale. Le intercalazioni invece, che sono in numero maggiore e richiedono meno creatività, vengono svolte dagli inbetweener, animatori più giovani o alle prime armi e peggio retribuiti. Gli animatori seguono il modello del settei ma questo processo a cascata può portare a delle difformità di stile; spetta quindi al direttore dell'animazione ricontrollare, correggere o ricommissionare i singoli fotogrammi. I disegni sono eseguiti solitamente su carta e devono essere poi trasferiti su cel; nel primo periodo dell'animazione giapponese quest'operazione veniva svolta con della carta copiativa soprattutto da donne, poi l'introduzione della xerografia ha permesso di accelerare e meccanizzare il processo. Su cel le tavole sono poi colorate, tradizionalmente a mano. Tra gli anni sessanta e settanta le fasi più semplici dell'intercalazione e della colorazione venivano affidate a studenti e massaie pagati al ribasso, e dallo stesso periodo si è iniziato a subappaltare tali operazioni ad altri studi di animazione, in Giappone ma soprattutto all'estero, in particolare Cina, Corea, Filippine e Thailandia; il fenomeno è andato consolidandosi, tanto che attorno al 2010 si stimava che circa il 60-70% del personale impiegato nella produzione di anime risiedeva fuori dal Giappone. Una volta che i fotogrammi sono completati, vengono assemblati davanti alla fotocamera e filmati. Quest'operazione è solitamente svolta da due operatori: uno che riporta le indicazioni del time sheet, e uno incaricato di comporre e muovere i vari elementi per formare le scene e creare gli effetti cinematografici. I cel vengono fissati al banco di lavoro tramite dei fori posti sul bordo e che ricadono fuori dall'inquadratura, questo permette di evitare disallineamenti indesiderati e di velocizzare la variazione dei vari livelli agendo su delle manovelle. Il formato più comune per le riprese è la pellicola da 16 millimetri, che viene poi convertita per la televisione o l'home video tramite telecinema. Dagli anni novanta l'animazione al computer trova sempre più spazio nella produzione di anime, e ogni studio l'impiega ormai correntemente per ridurre tempi e costi. In essa tutti i disegni vengono digitalizzati tramite scanner o realizzati direttamente su supporti appositi come una tavoletta grafica, e colorati digitalmente tramite appositi programmi; vengono poi sovrapposti agli sfondi, anch'essi digitalizzati o dipinti digitalmente, e composti impiegando software appositi con i quali i vari fotogrammi vengono memorizzati in sequenza, anziché fotografati uno per uno. Questi processi di animazione digitalizzati non hanno però soppiantato la resa grafica tradizionale 2D della cel animation, tanto che la maggior parte dei disegni è tuttora realizzata a mano. Produzioni anime interamente in computer grafica 3D restano limitate a pochissimi esperimenti, mentre le tecniche di animazione digitale vengono più spesso impiegate a corredo dell'animazione tradizionale, ad esempio per aggiungere effetti particolari come cel-shading, illuminazione o rendering. Questa modernizzazione dell'industria ha reso necessarie nuove competenze e figure professionali. Secondo i dati di uno studio del 2013 gli addetti nel campo degli anime lavorano in media 10-11 ore al giorno per 25-26 giorni al mese. Il salario annuale medio è di 3,3 milioni di yen (circa €) e la norma è di 4 milioni ¥ ( €): a partire dai 1,1 milioni ¥ ( €) dei ruoli meno qualificati e iniziali come gli intercalatori, 2,8 milioni ¥ ( €) per i capi animatori, i 3,8 milioni ¥ ( €) degli storyboarder/animatori 3D, fino ai 6,5 milioni ¥ ( €) dei registi. I disegnatori sono pagati secondo uno schema che prevede un compenso fisso e una parte variabile che dipende dal numero di tavole disegnate; una situazione che insieme al basso stipendio fisso causerebbe turni di lavoro massacranti per le nuove leve. Dagli anni sessanta agli anni novanta, a ridosso delle scadenze, era inoltre frequente lavorare a oltranza fino a passare la notte nello studio, in quelle che venivano soprannominate satsujin shūkan ("settimane della morte"). Un retaggio di questa impostazione è che comunque le donne e gli uomini con famiglia vengono penalizzati, e gli studi di animazione preferiscono ingaggiare giovani maschi single, che sono più flessibili per quanto riguarda orari e salari. Le condizioni di lavoro e gli stipendi sono comunque migliorati sensibilmente a partire dagli anni novanta grazie a tre fattori: l'avvento dell'industria dei videogiochi, che ha offerto per la prima volta agli animatori un'alternativa meglio retribuita; la nascita nel 2007 dell'associazione di settore Japanese Animation Creators Association (JAniCA); e una riforma delle pratiche lavorative degli studi d'animazione imposta dall'amministrazione giapponese. Una volta completata l'animazione ha luogo la sonorizzazione, consistente nell'aggiunta delle voci e della colonna sonora, costituita dagli effetti sonori, dalla musica di sottofondo e dalle canzoni. Poiché a differenza delle produzioni occidentali il doppiaggio avviene dopo l'animazione e per risparmiare vengono utilizzate solo poche animazioni della bocca dei personaggi, è possibile che il suono non corrisponda sempre precisamente al labiale. Gli attori vocali, o seiyū, sono scelti dal regista, dal produttore musicale o affidandosi a un'agenzia. Il doppiaggio avviene in studi di registrazione e si avvale in alcuni casi di animatic o di copie dei frame con informazioni sul tempo e sul ritmo delle battute, ma più spesso fornendo agli attori solo un'immagine del personaggio e i propri dialoghi. La musica degli anime viene composta seguendo le indicazioni del regista e dei produttori, e vanta una tradizione di compositori eccellenti. Il direttore degli effetti si occupa della creazione degli effetti sonori, ormai realizzati quasi esclusivamente con generatori di suoni elettronici, quali sintetizzatori e campionatori, mentre il direttore del suono sovrintende alle registrazioni e alla qualità dell'audio. Canzoni vengono impiegate per le sequenze di apertura e di chiusura o come insert song all'interno delle opere. Sono generalmente composte da band J-pop o J-rock, tenendo presente sia l'anime che devono andare a corredare sia il mercato discografico più ampio, per questo spesso non alludono se non molto vagamente all'ambientazione della storia. Distribuzione e localizzazione Della distribuzione degli anime si occupano le compagnie di distribuzione, che spesso siglano i loro accordi con gli studi di animazione in anticipo ed entrano a far parte del comitato produttivo come finanziatori. Al cinema entrano in gioco case di distribuzione cinematografiche, per le serie televisive sono le emittenti a fare da tramite, mentre nel mercato home video aziende specializzate si occupano della conversione dei filmati nei diversi formati commerciali. La distribuzione internazionale è effettuata da aziende che si assicurano i diritti di localizzazione delle opere. Si tratta perlopiù di pochi grandi distributori concentrati in Occidente. Come prima cosa l'adattamento della sceneggiatura originale viene affidato a un traduttore, che è spesso un professionista con un'ottima padronanza della lingua giapponese e di destinazione. Il traduttore è responsabile di fornire un adattamento che salvaguardi il senso dell'originale e che sia fluido anche nella lingua di destinazione; un compito difficile per via delle marcate differenze linguistiche e culturali tra il giapponese e le lingue occidentali, e che può portare in questa fase a derive semantiche, perdita di significati e giochi di parole voluti o a una traduzione più libera e meno letterale. La traduzione serve come base per la realizzazione dei sottotitoli e del doppiaggio. Le opere solo sottotitolate sono la minoranza, mentre una localizzazione doppiata risulta più costosa ma anche più facile da rivendere e quindi più proficua. La traccia vocale viene registrata dai doppiatori locali in studi di registrazione ed è poi sostituita e sincronizzata digitalmente al posto di quella giapponese. In questa fase possono avvenire ulteriori modifiche alla traduzione e deviazioni dal significato originale. Poiché gli anime presentano dei marcati riferimenti alla cultura giapponese e dei contenuti spesso più maturi o in contrasto con la concezione occidentale tradizionale dei cartoni animati, che li rendono non sempre facilmente comprensibili e adatti alle platee straniere, i distributori internazionali hanno operato frequentemente degli adattamenti invasivi. Una prima strategia è stata di esportare inizialmente solo quelle opere con contenuti neutri o basate su fiabe e racconti di tradizione occidentale, che venivano avvertite come di origine non giapponese, prima che prendessero piede anche prodotti più marcatamente nipponici. Frequenti nella localizzazione sono anche modifiche e censure al materiale originale, al fine soprattutto di rendere i prodotti più adatti al target televisivo dei più piccoli e allinearsi alle linee guida più stringenti in materia di censura, con conseguente rimozione di scene o interi episodi di nudità e violenza, o allusioni alla sessualità, la religione, gli alcolici o le droghe. Semplificazioni culturali sono state messe in atto per evitare riferimenti espliciti al Giappone e ai suoi costumi, come la sostituzione di sigle e canzoni, cibo, festività, nomi o titoli onorifici. In anni più recenti tuttavia questo fenomeno si è ridotto, ed è pratica comune eseguire un adattamento che mantiene inalterate le opere rispetto all'originale giapponese. Ai canali distributivi legali si affianca il fenomeno del fansubbing, in cui gli anime vengono resi disponibili in modo non autorizzato con l'aggiunta di sottotitoli da parte di gruppi di appassionati e distribuiti su Internet tramite portali web o programmi di file sharing. Questa pratica è nata per poter fruire di opere giapponesi non disponibili in Occidente, ma prosegue spesso indisturbata anche dopo un'eventuale uscita licenziata. Per limitare le perdite derivate dal fansubbing e rimuovere la necessità di intermediari, canali e distributori hanno iniziato a diffondere le opere sottotitolate e in alcuni casi anche doppiate in simulcast o poco dopo l'uscita giapponese su piattaforme online a sottoscrizione ma anche libere, quali Funimation o Crunchyroll, alle quali si aggiunge l'offerta di servizi video on demand internazionali come Amazon Prime o Netflix. Industria e mercato L'industria degli anime in senso stretto si riferisce al mercato generato dalle sole case di produzione, che ammontano a 622 studi di animazione in Giappone, la quasi totalità dei quali ha sede a Tokyo con una particolare concentrazione nei quartieri di Nerima e Suginami. L'associazione di categoria principale è la Association of Japanese Animations. Questo mercato annuale è in costante espansione e ha superato i 300 miliardi di yen nel 2019. Le fonti di reddito principali per gli studi sono rappresentate dalla televisione, dal cinema, dall'home video, da Internet, dal merchandising, dalla musica, dalla commercializzazione all'estero e da altri canali, quali licenze pachinko a tema ed eventi. Negli ultimi vent'anni si è assistito a un aumento dei ricavi da televisione e cinema, e contestualmente a un forte calo nell'home video, vendita e noleggio, settori che soffrono la concorrenza della distribuzione digitale e che sono passati da essere la fonte principale di guadagni a cavallo degli anni novanta e duemila a fornire un apporto trascurabile; questo calo è però compensato dall'emergere della distribuzione su Internet, che in percentuale ha avuto l'incremento maggiore e rappresenta una delle branche più promettenti del settore. In senso più ampio nel mercato degli anime vengono contate anche tutte quelle aziende che fanno parte dell'indotto e che sono attive in campi come la distribuzione o il merchandising, in Giappone e all'estero. Se si considera tutta questa catena produttiva il mercato annuale sale a oltre 2500 miliardi di yen, con i ricavi maggiori che derivano dai settori del merchandising e delle licenze. Inoltre una parte cospicua dei guadagni proviene dall'estero, con una tendenza in costante aumento dato che sempre più spettatori e distributori si interessano agli anime negli ultimi anni. Nel 2020 per la prima volta il mercato internazionale ha superato quello giapponese ammontando a più della metà dei ricavi mondiali di anime. Gli anime rappresentano una parte sostanziale del comparto economico video in Giappone. Negli anni duemila l'animazione costituiva il 7% del mercato dei film, superiore al 4,6% delle opere in live action. Pur ammontando ad appena il 10% del totale dei film giapponesi, i lungometraggi anime figurano tra le opere più viste del Paese, rappresentano da soli la metà del botteghino cinematografico annuale nipponico, e molti dei film di maggiore incasso in Giappone sono anime. Nello stesso periodo le vendite di anime nel Paese ammontavano al 70% del mercato home video. A livello internazionale gli anime non arrivano a emulare i successi domestici o di produzioni più consolidate e popolari, come i film Disney o le pellicole di Hollywood, ma si sono attestati come un'importante industria e fenomeno globale, tanto che nel 2004 si stimava che il 60% dell'animazione in circolazione in tutto il mondo era di produzione giapponese. I mercati internazionali maggiori sono, nell'ordine, l'Estremo Oriente, l'Europa e il Nord America. I costi di realizzazione degli anime sono andati costantemente aumentando: un singolo episodio di 30 minuti per la TV richiedeva mediamente attorno ai 5-10 milioni di yen nel 2005, 12-15 milioni nel 2010, e ha raggiunto i 20 milioni nel 2020, con punte che possono arrivare fino a 30-50 milioni per alcune serie. Ciononostante questo non si traduce sempre in un guadagno per le case di produzione, e anzi più di un terzo di loro ha i conti in rosso. Infatti i finanziamenti da parte dei committenti in Giappone — che possono essere comitati produttivi, fondi, banche, o investitori stranieri — e i ricavi della prima trasmissione non sono spesso sufficienti a coprire i costi i produzione. Per questo si rendono necessarie altre fonti di guadagno, attraverso il merchandising o la vendita di diritti all'estero o di licenze per altri media, per permettere la sopravvivenza degli studi di animazione. Il mercato degli anime è strettamente legato a quello di altri media. Storicamente infatti molti anime, se non la maggior parte, sono basati su manga di successo, tanto che alcuni esperti li stimano in oltre il 90%. In tempi più recenti si è invece assistito a un incremento di adattamenti derivanti da light novel, visual novel e videogiochi. Anche il percorso inverso è però comune: dagli anime spesso si sviluppano interi franchise composti da prodotti quali manga, romanzi, merchandising, artbook, drama CD, colonne sonore o giocattoli. Questo è dovuto in parte alla multimedialità propria del medium, in parte alla già citata esigenza da parte degli studi di animazione di trovare altri canali di finanziamento sfruttando il traino economico delle loro opere. Il sistema produttivo stesso degli anime incoraggia d'altronde questo processo, in quanto i comitati di produzione sono composti da aziende attive in svariati settori — emittenti tv, compagnie di distribuzione, case editrici, agenzie pubblicitarie, ditte di giocattoli — le quali investono negli anime come piattaforma su cui poi sviluppare prodotti tie-in per la propria branca. Per questo, nel caso degli anime gli ascolti e i ricavi diretti giocano non di rado un ruolo trascurabile, e la trasmissione può servire anche e principalmente da pubblicità per la successiva pubblicazione home video, l'uscita del merchandising o lo sviluppo del franchise, con cui vengono fatti i veri guadagni. Diffusione nel mondo Gli anime hanno avuto nel tempo una diffusione planetaria. Nel Sud-est asiatico, a causa della pregressa larga diffusione dei manga, della vicinanza geografica col Giappone e dell'assenza di un'industria dell'animazione consolidata, gli anime iniziarono a circolare presto nel secondo dopoguerra in Paesi come Corea, Taiwan, Hong Kong, Singapore, Thailandia e Filippine. Anche se in molti di questi Paesi le importazioni dal Giappone erano scoraggiate, il fiorire di un vasto mercato illegale permise alle opere di circolare ugualmente e di raggiungere un'ampia popolarità nella regione già dagli anni ottanta, influenzando notevolmente artisti e stili della produzione locale. Quello asiatico è il mercato internazionale più grande, soprattutto con la crescita di importazioni da parte della Cina a partire dagli anni novanta. In Occidente l'animazione giapponese giunse a cavallo degli anni cinquanta e sessanta, con alcuni film a distribuzione limitata quali La leggenda del serpente bianco, Shōnen Sarutobi Sasuke e Le 13 fatiche di Ercolino. Il primo Paese a importare regolarmente prodotti anime furono gli Stati Uniti, dove tra il 1963 e il 1964 venne trasmessa Astro Boy, praticamente in contemporanea con il Giappone, a cui fecero seguito altre serie molto popolari come Kimba - Il leone bianco e Speed Racer (Superauto Mach 5). Negli anni ottanta la richiesta di nuovi cartoni a basso costo per la programmazione tv e il mercato dei giocattoli diede ulteriore spinta alle importazioni, soprattutto di serie mecha. Queste furono frequentemente modificate e adattate nei dialoghi e nella trama ai gusti del pubblico nordamericano, come nel caso di Tranzor Z (Mazinga Z), Battle of the Planets (Gatchaman) e Star Blazers, o in quelli più eclatanti di Force Five, Voltron e Robotech, che sono serie di montaggio risultanti dalla fusione di un gran numero di anime distinti e scollegati tra loro. Nel corso degli anni novanta, sull'onda del successo di opere come Akira, Pokémon, Sailor Moon e Dragon Ball Z, il fenomeno anime in Nord America raggiunse la definitiva consacrazione. Al 2020 gli Stati Uniti costituiscono il secondo mercato di anime dietro quello nipponico. L'Europa si aprì a una maggiore diffusione di anime con le serie giunte negli anni settanta. In particolare in Francia, Italia e Spagna si sviluppò un forte interesse verso la produzione giapponese, per via dei prezzi abbordabili e dell'elevata offerta. Inoltre, poiché questi primi anime orientati alle esportazioni non presentavano espliciti legami alla loro origine nipponica o questi potevano essere facilmente espunti tramite l'adattamento, i cartoni giapponesi ben si prestavano a essere fruiti come forma di intrattenimento culturalmente neutrale. Per questo alcuni dei primi anime in Europa furono coproduzioni, come Vicky il vichingo, Heidi e L'ape Maia in Germania, Barbapapà e Ulysse 31 in Francia, Calimero in Italia o D'Artacan in Spagna. Le serie che aprirono la strada alla popolarità dell'animazione giapponese furono UFO Robot Goldrake in Francia e in Italia e I Cavalieri dello zodiaco in Spagna. Da allora questi Stati sono quelli che hanno importato il maggior numero e varietà di anime. In questi stessi Paesi, tuttavia, gli anime hanno suscitato anche forti polemiche per via della loro dose di violenza e i loro contenuti maturi, e sono andati incontro a occasionali campagne di ostracismo, interruzioni e censure. Nei Paesi di lingua tedesca la diffusione degli anime è rimasta storicamente limitata e la programmazione televisiva degli anime è un fenomeno che si è radicato solo a partire dalla seconda metà degli anni novanta. Nel Regno Unito l'animazione nipponica non ha praticamente mai trovato spazio nei palinsesti televisivi, ma al contrario un fiorente mercato home video degli anime ha preso piede già dalla fine degli anni ottanta. I maggiori importatori occidentali di anime, ovvero gli Stati Uniti, la Francia e l'Italia, sono anche responsabili della diffusione delle opere in Paesi confinanti e in altre parti del mondo, come la penisola iberica, la Germania, il Medio Oriente e l'America Latina. A partire dagli anni duemila la diffusione degli anime ha beneficiato dell'apertura di palinsesti e canali satellitari internazionali dedicati, come ad esempio Animax, che è stato attivo nel Sud-est asiatico, India, America Latina, Nord America, Australia e diversi Paesi dell'Europa e dell'Africa. Contemporaneamente diverse piattaforme online hanno iniziato a trasmettere le opere in simulcast mondiale e i servizi di streaming quali Netflix, Crunchyroll, Prime Video e Hulu hanno sviluppato un sempre maggior interesse per la coproduzione e l'acquisizione nel proprio catalogo di opere anime, aprendo le porte a una diffusione globale dell'animazione giapponese. Accoglienza Impatto culturale Gli anime sono una parte integrante della cultura di massa giapponese. Infatti, a differenza di altri Paesi in cui l'animazione risente di un certo grado di pregiudizio, in Giappone questa viene accettata e fruita ad ampio spettro all'interno della società: il pubblico è composto da tutte le fasce d'età, e immagini o citazioni di anime sono onnipresenti nei vari aspetti della vita quotidiana nipponica, dalla pubblicità, all'intrattenimento, fino all'istruzione, al giornalismo o alla cultura. Pur con evidenti finalità commerciali, di divertimento e di evasione, gli anime sono stati riconosciuti anche per i loro meriti artistici ed espressivi e per la loro complessità tematica. Diversi critici li hanno definiti una forma di arte contemporanea e di massa, che colma cioè il divario tra la storica divisione in cultura alta e cultura popolare, ponendosi come oggetto che può essere fruito da tutti e che si inserisce nel panorama di una proliferazione mediatica globale sempre più vasta, veloce e digitalizzata. Ne sono una testimonianza le varie mostre dedicate agli anime in Giappone o le loro influenze nei settori dell'arte e della moda. In Occidente e nel resto del mondo gli anime hanno inizialmente riscosso scarsa attenzione critica e di pubblico a causa di preconcetti storici nei confronti dell'animazione in generale, ritenuto un medium per bambini o per opere astratte. Inoltre, la presenza tra le prime opere importate di anime per adulti e hentai ha fatto diffondere all'estero un luogo comune che riduce l'animazione giapponese all'iper-violenza e alla pornografia. Per questi motivi e a causa dell'iniziale limitata diffusione, gli anime nel mondo sono rimasti a lungo un prodotto di nicchia relegato a una particolare sottocultura. Con l'aumento delle esportazioni a partire dagli anni novanta l'animazione giapponese si sta però ritagliando uno spazio anche all'interno della cultura mainstream occidentale. L'imprevista popolarità degli anime in Occidente è stata definita dall'accademica Antonia Levi come una «vittoria del multiculturalismo» e un fenomeno che ha arricchito il mondo dell'animazione e del fumetto in America e in Europa con nuove idee. Insieme ad altri ambiti della cultura pop nipponica, a partire dalla fine del Novecento anche gli anime si sono consolidati nel Paese come un rilevante fenomeno produttivo e un'«importante risorsa culturale e turistica». A livello istituzionale sono ritenuti una forma cruciale di soft power per la promozione dell'immagine del Giappone nel mondo e per migliorare le relazioni con altri Stati nel contesto della strategia nota come Cool Japan. Come ha sottolineato il critico Gilles Poitras nel 2000, «fuori dal Giappone, gli anime sono diventati il mezzo principale con il quale i non giapponesi entrano in contatto con la cultura nipponica». Una ricerca di mercato di Crunchyroll effettuata nel 2021 ha mostrato che il 94% dei nati tra il 1996 e il 2010 e il 73% della popolazione rimanente ha familiarità con gli anime. Il crescente interesse per l'animazione e i videogiochi giapponesi ha provocato in Occidente un notevole incremento nello studio della lingua giapponese tra i giovani, anche a livello universitario. I principali motivi del successo internazionale degli anime sono riconducibili alla loro duplice natura: da un lato queste opere vengono indicate come scevre di riferimenti etnici precisi e per questo definite mukokuseki, cioè prive di nazionalità, culturalmente inodori, risultando perciò universalmente godibili; d'altro canto in quasi tutti gli anime è possibile individuare un'intrinseca "giapponesità", che è quella che conferisce loro un fascino esotico agli occhi dei fruitori stranieri e motiva l'interesse ad apprendere di più su una cultura diversa attraverso la loro visione. Per gli spettatori occidentali l'attrattività degli anime è legata in primo luogo alle marcate differenze — narrative, stilistiche e tematiche — rispetto all'animazione a cui sono abituati, tanto che in molti restano colpiti dalle loro storie lunghe e coinvolgenti, dal modo in cui vengono messi in risalto la fisicità e la sessualità, e dalla massiccia presenza di temi adulti o di crescita e maturazione, che facilitano l'immedesimazione soprattutto da parte degli spettatori più giovani e della comunità dei fan. Anche per la platea femminile gli anime offrono un'abbondanza di opere in cui identificarsi, con interi generi rivolti principalmente a donne e ragazze o storie in cui sono presenti figure femminili forti e in ruoli di primo piano, che scardinano la concezione tradizionale dei ruoli e dei generi e che spesso vengono apprezzate anche dai maschi. Come segnalato dalla critica Susan J. Napier, un altro motivo della popolarità dell'animazione giapponese è il fatto che, con il suo eclettismo, trasformismo, rapidità e focus tematico sull'identità, si può leggere come una metafora estremamente attuale del ruolo dell'individuo e della società contemporanea in costante mutamento, in cui si valorizza sempre di più la velocità, l'imprevedibilità, il cambiamento e lo spettacolo. L'influenza degli anime si riscontra in numerose opere e autori in tutto il mondo, che ne riprendono lo stile e i temi. Queste produzioni vengono chiamate animazioni "in stile anime" o "influenzate dagli anime" e sono in costante aumento sia in Occidente sia negli emergenti mercati in Cina, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia a causa dell'elevata richiesta del pubblico internazionale. Gli influssi si estendono anche a pellicole e serie live action, fino a veri e propri remake hollywoodiani di anime di successo; tuttavia la maggior parte di questi adattamenti è stata accolta negativamente dal pubblico e dalla critica, a causa dei frequenti cambiamenti di sceneggiatura e cast rispetto al materiale originale e alle minori possibilità creative ed evocative del live action rispetto all'animazione. Fandom Attorno agli anime esiste una nutrita comunità di fan, che si sovrappone in larga parte a quella dei manga e di altri settori della cultura pop giapponese. Nata prima in Giappone intorno agli anni settanta come aggregazione di appassionati della già avviata comunità fantascientifica e della prima generazione di spettatori che era cresciuta guardando anime in televisione, negli anni ottanta e novanta, con la maggiore diffusione internazionale del medium, prese poi piede anche in Occidente. Strumentali nello sviluppo della comunità furono l'introduzione sul mercato di supporti video, che slegarono la fruizione delle opere dall'evento cinematografico o televisivo, e l'avvento di Internet, che permise nuove forme di comunicazione e di diffusione delle informazioni come chat, forum, social media e banche dati. Per questa sottocultura di fan di anime si è diffuso l'appellativo di otaku, che è usato sia dagli stessi appassionati sia come connotazione dispregiativa per sottolineare un interesse ossessivo. Gli appassionati rappresentano una componente molto rilevante del mercato, in quanto sono forti consumatori disposti a spendere regolarmente elevate somme di denaro nelle edizioni home video e nel collezionismo. Gli editori e i produttori hanno preso in considerazione il crescente fenomeno con pubblicazioni e opere indirizzate principalmente al fandom, come ad esempio le riviste Animage e Newtype o l'OAV Otaku no video. Poiché il medium stesso invita alla creatività, gli anime e gli spettatori sono legati da un certo grado di interazione. Nel fandom è diffusa ad esempio la pratica di riprendere situazioni e personaggi delle opere animate all'interno di fumetti amatoriali autoprodotti (dōjinshi), fanfiction o fan art. Sovente queste produzioni trattano di storie d'amore che non compaiono o vengono solo suggerite nelle opere originali, e che spesso vengono reinterpretate in chiave omosessuale. Alcuni fan sviluppano anche un particolare attaccamento, che sfocia nell'adorazione, per certi personaggi di anime; un fenomeno che è conosciuto come moe. Frequenti tra i fan sono, inoltre, la creazione di anime music video, ovvero montaggi video e musicali con spezzoni di filmati o immagini tratte dagli anime, o il cosplay, cioè il travestirsi da personaggi immaginari. Quest'ultima pratica in particolare trova molto spazio nelle anime convention: fiere e convegni dedicati ad anime, manga e altri media giapponesi in cui gli appassionati si ritrovano e vengono organizzati conferenze, approfondimenti, discussioni, concorsi e mercatini. Le più grandi raccolgono decine di migliaia di partecipanti e si trovano non solo in Giappone ma anche in Europa e Nord America. Note Bibliografia In italiano In altre lingue Voci correlate Adattamento e censura degli anime Animazione Anime comic Anime in Italia Anime music video Character design Cosplay Fanservice Fansub Glossario di anime e manga Manga Mecha design Otaku Storia dell'animazione Altri progetti Collegamenti esterni Terminologia degli anime e dei manga
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Autunno
L'autunno è una delle quattro stagioni in cui è suddiviso l'anno, segue l'estate e precede l'inverno. Durata Nell'emisfero boreale, l'inizio dell'autunno è convenzionalmente individuato attorno al 23 settembre: al verificarsi dell'equinozio d'autunno. La fine della stagione corrisponde invece al 20 dicembre, quando avviene il solstizio invernale. L'inizio e la fine dell'autunno corrispondono a due particolari posizioni del Sole nel suo apparente movimento intorno alla Terra: nelle date indicate entra rispettivamente nel segno della Bilancia ed esce da quello del Sagittario. In autunno, tra le due costellazioni, il Sole ne attraversa una terza: quella dello Scorpione. Meteorologicamente, la stagione va dal 1º settembre al 30 novembre. Nell'emisfero australe, si definisce invece "autunno" il periodo che va dal 21 marzo al 21 giugno: durante tale lasso di tempo, nella parte opposta del globo è in corso invece la primavera. La stagione Il primo giorno della stagione vede, al pari del corrispettivo primaverile, l'equinozio, ossia l'eguale durata delle ore di luce e buio. Altro evento correlato all'autunno è il passaggio, negli Stati che la adottano, dall'ora legale all'ora solare, che si verifica a fine ottobre. Elemento che caratterizza la stagione è la caduta delle foglie da alberi e piante. Nella cultura di massa L'immaginario collettivo inquadra l'autunno come la stagione della decadenza, dopo i calori portati dall'estate. Per altri, invece, si tratta di un periodo di rinascita. I raccolti e le vendemmie, propri della stagione, rappresentano invece una preparazione in vista dell'inverno. Una serie di ricerche condotte in America è giunta alla conclusione che le persone nate in autunno, specialmente nel mese di novembre, possano vivere più a lungo toccando anche i 100 anni. L'astrologia occidentale associa alla stagione i segni di Bilancia, Scorpione e Sagittario. Tra i quattro elementi classici l'autunno corrisponde alla terra, tra le età della vita alla maturità adulta e alla vecchiaia, tra i punti cardinali all'Ovest, fra i temperamenti umorali al malinconico, tra le parti della giornata alla sera, tra le fasi dell'opera alchemica alla rubedo. Le feste maggiormente conosciute della stagione autunnale sono: la festa dei nonni e il ricordo degli angeli custodi, che cadono entrambe il 2 ottobre; l'Oktoberfest, in italiano comunemente detta «festa della birra», che ha luogo tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre; Halloween, Ognissanti e la Commemorazione dei defunti: tali feste si celebrano in 3 giorni consecutivi, dal 31 ottobre al 2 novembre; la notte dei falò, che ricorre il 5 novembre per ricordare la cosiddetta "congiura delle polveri"; l'estate di San Martino, celebrata l'11 novembre; il giorno del ringraziamento: essendo una festa mobile, la data precisa varia di anno in anno. In Canada si celebra il secondo lunedì di ottobre (settimana dall'8 al 14 ottobre), mentre negli Stati Uniti il quarto giovedì di novembre (ossia nella settimana che va dal 22 al 28 novembre); l'immacolata Concezione, che si festeggia l'8 dicembre. Etimologia Il nome deriva dal latino autumnus, prev. auctumnus, formato da auctus (participio di augere: 'aumentare, arricchire') e desinenza -mnos (dal greco μένος: desinenza propria dei participi medi e passivi), a significare la stagione ricca di frutta che segue l'estate e aumenta la ricchezza dei contadini. Note Voci correlate Equinozio Estate Inverno Primavera Solstizio Stagione Foliage Altri progetti Collegamenti esterni Stagioni
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Andrew Stuart Tanenbaum
Biografia Andrew Stuart Tanenbaum nasce nello stato di New York nel 1944. Si laurea in fisica nel 1965 presso il MIT e consegue il dottorato, sempre in fisica, nel 1971 all'Università della California a Berkeley. Si trasferisce nei Paesi Bassi con sua moglie, di nazionalità olandese, ma conserva la cittadinanza statunitense. È autore di alcuni dei più famosi libri di informatica, spesso usati come testo per studenti universitari come: Structured Computer Organization (Architettura dei calcolatori) Computer Networks (Reti di calcolatori) Operating Systems: Design and Implementation Modern Operating Systems (I moderni sistemi operativi) Distributed Systems: Principles and Paradigms (Sistemi distribuiti: principi e paradigmi) È anche autore di parecchi progetti informatici molto importanti per la tecnologia informatica moderna; tra questi: Minix un piccolo sistema operativo Microkernel, di tipo Unix, creato a scopo didattico, che fu modello e fonte di ispirazione per Linus Torvalds, nella creazione del kernel Linux; Amoeba, un sistema operativo di rete distribuito; Paramecium, un altro sistema operativo distribuito. Amsterdam Compiler Kit compilatore C multitarget Tanenbaum è diventato noto a un più ampio pubblico anche per una discussione pubblica avvenuta tra lui e Linus Torvalds sui vantaggi e svantaggi dei Microkernel e i sistemi monolitici, svoltasi dal 29 gennaio 1992, nella quale pronunciò una frase rimasta famosa, per lo sviluppo che successivamente ebbe Linux nell'immediato futuro: Voci correlate Amoeba (sistema operativo) Minix Linux (kernel) Linus Torvalds MIC-1 Altri progetti Collegamenti esterni https://web.archive.org/web/20121003060514/http://www.dina.dk/~abraham/Linus_vs_Tanenbaum.html http://www.cs.vu.nl/~ast (Pagina personale di Andrew S. Tanenbaum)