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https://it.wikipedia.org/wiki/Atri
Atri
Atri è un comune italiano di abitanti della provincia di Teramo in Abruzzo, situato nel comprensorio delle Terre del Cerrano. Già capitale dell'omonimo ducato, è un importante centro storico e artistico dell'Abruzzo. Per un breve periodo alla fine degli anni venti del secolo scorso, furono uniti ad Atri i comuni confinanti di Pineto e Silvi Marina. Geografia fisica La città sorge su tre colli (Maralto, Muralto e Colle di Mezzo) che si affacciano sul mare Adriatico, verso il quale digradano, e su diverse formazioni di calanchi, dal 1995 tutelate dalla riserva naturale dei Calanchi di Atri. Il centro storico di Atri è sito a breve distanza dalle spiagge di Cerrano, dove sorge la cinquecentesca torre di Cerrano nell'area dell'antico porto di Atri, nel ventunesimo secolo nel territorio di Pineto. Storia Preistoria Non è dato per certo, come sostiene qualcuno, che siano stati gli Illiri, provenienti dalla Dalmazia, durante le migrazioni tra il X e il IX secolo a.C., a dare il nome alla città, la cui forma più antica, Hatria, potrebbe derivare da Hatranus o Hadranus, divinità illirica - sicula. Con le ultime scoperte archeologiche è dato per certo che la parte centrale dell'Italia era abitata dagli Osci - Oschi- Sabelli - Sabini - Safin, già dal IX millennio a.C., in grotta nella parte montana e sui terrazzi fluviali dell'Aterno, Vomano, Tordino e Tronto: culture- Bertoniana, di Catignano, del Casarino e di Ripoli. Praticavano la pastorizia transumante già dal tardo neolitico, quando il Mare Adriatico era in fase di formazione, all'inizio dello scioglimento delle acque dell'ultima glaciazione Würm, iniziato all'incirca 11.000 anni fa. Il peso della moneta è quello italico (come pure le misure) adottato prima del secolo IV a.C., diverso da quello greco, sia antico che classico adottato da Roma dal IV secolo a.C. al II secolo a.C. circa e da quello romano dal sec. II a.C. fino alla caduta dell'Impero. Secondo alcuni storici, da Atri derivò il nome del mare Adriatico, secondo altri il toponimo deriva invece da Adria, nella attuale provincia di Rovigo. Atri diede i natali alla famiglia italica, trasferitasi in Spagna, dalla quale nacquero (in Spagna) l'imperatore Adriano e l'imperatore Traiano. Età romana Atri ebbe una florida attività commerciale con gli Etruschi, Umbri e con la Grecia verso la quale esportava vino e olio; i più interessanti monili etruschi o forse italici (v. anche museo archeologico nazionale di Campli o museo Paludi di Celano) qui rinvenuti sono conservati al British Museum di Londra. Faceva parte, con Teramo e Campli, del popolo dei Pretuzi che formarono la lega italica assieme ai vestini, marrucini, frentani, peligni, marsi, cerecini, sanniti, piceni ecc., tutte genti italiche, confederate contro Roma. Il suo importante porto le permise di vantare una temuta flotta e di avere contatti commerciali floridi con la Grecia, nonostante le navi venissero spesso attaccate dai pirati Illirici (v.anche Roma si interessò per proteggere Atri dai pirati). Divenuta colonia latina nel 290 a.C., Hatria continuò comunque a battere la sua moneta. Si distinse in battaglia accumulando premi e privilegi. Nel periodo imperiale la città continuò ad essere un centro importante, diede origine alla famiglia dell'imperatore Adriano, che la riteneva sua seconda patria ed in essa ricoprì la carica di quinquennale a vita e di curator muneris pubblici. Dalla stessa famiglia, italica, trasferitasi in Spagna nacque anche l'imperatore Traiano, suo consanguineo. L'Ager Hatrianus si estendeva a nord dal fiume Tordino, comprendeva il Vomano, e finiva a sud fino al fiume Saline, dove aveva inizio il territorio dei Vestini, mentre il confine occidentale coincideva con le pendici del Gran Sasso. Medioevo Nel Basso Medioevo a causa delle invasioni dei barbari e poi dei pirati Illirici, dei Saraceni, degli Ungari, ecc. fu soggetta a un lungo periodo di decadenza e di abbandono. Fino al XIII secolo si hanno scarse notizie della città che, sotto i Longobardi, faceva parte del Ducato di Spoleto e nel XII secolo era feudo principale dei Conti d'Apruzio. Nel 1082 Trasmondo, Conte di Penne, concede il Castello di Atri al Monastero di Farfa. Durante la dominazione normanna nel Catalogus Baronum a metà secolo XII, con 10 milites, insieme a San Flaviano era tra i principali feudi dei conti di Aprutio. Il comune atriano Atri, per prima tra le città del Regno, si schierò dalla parte guelfa. Nel 1251 papa Innocenzo IV istituì la Diocesi e concesse autonomia comunale, con territorio corrispondente a quello dell'antico agro coloniale romano. L'anno successivo la Diocesi di Atri fu unita "ad invicem" a quella di Penne. Nel 1305 fu completata la maestosa cattedrale, monumento nazionale, dedicata a Santa Maria Assunta e celebre per il pregevole ciclo di affreschi quattrocenteschi dell'artista abruzzese Andrea De Litio. Nel 1384 si verificò un terremoto che scosse anche Teramo. Gli Acquaviva e il ducato Nel 1393, Atri fu venduta per 35.000 ducati al conte di San Flaviano Antonio Acquaviva, che fu il primo di 19 duchi, i quali dal 1455 ottennero per matrimonio la contea di Conversano, e Atri divenne capitale del ducato. La famiglia Acquaviva dalla fine del XV secolo aggiunse al proprio cognome l'appellativo d'Aragona con diploma regio del 1479 e fu autorizzato a fregiarsi delle insegne araldiche degli Aragona quale segno perpetuo di riconoscimento ricevuto da Andrea Matteo III Acquaviva da parte del re di Napoli Ferdinando I, per il coraggio mostrato da suo padre Giulio Antonio Acquaviva nella battaglia di Otranto del 1480 contro i turchi che avevano assediato quella città e sterminato il suo popolo in nome della fede musulmana. Nel 1563 (18 settembre) si verificò un terremoto che provocò la caduta del frontespizio della porta maggiore della cattedrale (cfr Sorricchio); Fra Sei e Settecento i duchi Acquaviva confermano una particolare sensibilità per la letteratura e le arti. Nel 1757 Atri tornò sotto il dominio diretto del Regno di Napoli, fino al momento in cui entrò a fare parte del Regno d'Italia. Il 10 giugno 1884 il terremoto che abbracciò tutto il versante adriatico creò conseguenze alle costruzioni di Atri come pure di Penne e Città Sant'Angelo. Monumenti e luoghi d'interesse Il centro storico conserva l'antico aspetto medievale, in alcuni punti ricalcato sul modello della città romana. Il Corso Elio Adriano, per esempio, collega i due più importanti punti della città, Piazza del Duomo e Piazza Duchi Acquaviva (detta Piazza del Comune, già Piazza Guglielmo Marconi), che nell'epoca romana erano precisamente le Terme ed il Foro. Caratteristico soprattutto il rione di Capo d'Atri, quello di Santa Maria e quello di San Giovanni (nei pressi di Porta San Domenico), con delle minuscole vie che a volte permettono il passaggio di una sola persona per volta. L'architettura esterna dei monumenti è rimasta in prevalenza medievale, mentre l'interno nel barocco ha subito molti ritocchi, come è successo alle chiese di San Domenico e Santa Chiara. Molti anche i musei (ben 6), . La ricchezza del patrimonio storico-artistico ed in genere culturale testimonia la grande importanza e la grande storia che Atri ha avuto nel passato. Architetture religiose Il duomo di Atri: la basilica concattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo La basilica concattedrale di Santa Maria Assunta, monumento nazionale, fu costruita a partire dal 1260 circa e finita nel 1305. La chiesa era stata costruita sull'Ecclesia de Sancta Maria de Hatria (IX secolo), a sua volta costruita su una cisterna romana che ne divenne cripta, costruita a sua volta su un tempio di Ercole poggiante su antichissime mura ciclopiche tuttora visibili nella cripta. Nel 1335, sul lato sud, fu edificata la chiesa di Santa Reparata, modificata nel Cinquecento. La facciata, un tempo forse cuspidata, presenta un grande portale, un grande rosone e una nicchia con una statua della Madonna con Bambino di Raimondo del Poggio e Rainaldo d'Atri (capostipiti di una florida scuola di scultura e pittura detta "Atriana"); sul lato sud si aprono tre portali del XIV secolo che presentano, nelle lunette, affreschi dello stesso periodo: il primo, di Raimondo del Poggio, è anche la Porta Santa; il secondo di Rainaldo d'Atri; il terzo di Raimondo del Poggio. Il campanile, sul lato nord, è il più alto d'Abruzzo (ben 57 metri), per questo è visibile da più punti, dai centri della costa adriatica a quelli delle vallate circostanti. La prima parte della torre campanaria, in pietra, fu iniziata nel Duecento fino alla cella campanaria e completato in mattoni, con la cuspide ottagonale, da Antonio da Lodi (1502), che costruì campanili simili anche a Teramo, Campli, Corropoli. L'interno è a tre navate. Nella navata sinistra, vi è una serie di affreschi di vari artisti, tra cui Giacomo d'Atri, il Maestro di Offida, Andrea de Litio, del Trecento-Quattrocento tra i quali spicca un affresco del trasporto della Santa Casa, del 1460, opera del più famoso dei pittori abruzzesi Andrea de Litio. Vi è anche un pregevole battistero rinascimentale del 1503, opera del lombardo Paolo de Garviis di Bissone e la Cappella Arlini (1618), con una tela di scuola napoletana dello stesso periodo. Nella navata destra si possono ammirare una serie di affreschi che vanno dal Duecento al Quattrocento, opera di artisti locali come Luca d'Atri, Giovanni di Cristoforo e Giacomo d'Atri. Vi è anche una serie di cappelle rinascimentali: Cappella de' Corvi (1503, Paolo de Garviis); la Cappella di San Nicola dei Sarti (eretta da un mercante arabo dopo esser scampato ad un naufragio); la cappella degli Acquaviva, eretta nel 1503 dal duca Andrea Matteo III Acquaviva, è impreziosita da una tela di scuola fiorentina del XVII secolo, ora al Museo Capitolare. Nei pressi del coro, lato nord, è presente il noto affresco del XIII secolo rappresentante la leggenda francese de "L'incontro dei vivi e dei morti". Nella navata centrale, due acquasantiere, una delle quali (1400 o 1500) è retta da una scultura che rappresenta una donna in costumi locali. Sulle colonne vari affreschi del Trecento-Quattrocento, tra i quali una Trinità a tre volti (XIV secolo), una Madonna adorante il Bimbo (1460-70) di Andrea de Litio e del suo allievo Ugolino da Milano e una Madonna di Loreto (1450) di Andrea de Litio. Sul coro, il capolavoro di Andrea de Litio: le storie della Vita di Maria e Cristo (1480-81) e sulla volta le virtù teologali e negli spicchi i quattro evangelisti e i quattro dottori della Chiesa. Inoltre, molte raffigurazioni di santi. Questo ciclo di affreschi è il più grande d'Abruzzo e uno dei più grandi dell'Italia centro-meridionale. Chiesa di Santa Reparata Si trova lungo Via Roma ed è annessa alla concattedrale; l'elegante chiesa ha due entrate, una lungo il marciapiede accanto alla concattedrale e un'altra, minore, lungo la navata destra del Duomo. Venne eretta nel 1355, in onore di Santa Reparata (martire di Cesarea), la quale era stata dichiarata patrona della città due anni prima; venne però ritoccata alla fine del Seicento e intorno al 1740 da Gian Battista Gianni, e si presenta in veste barocca. La chiesa, a croce greca, ha una facciata con un portale settecentesco che ha una nicchia con una statua del Trecento di Santa Reparata con la palma e la città di Atri sulla mano;la statua, però, si trovava sulla medievale Porta Macelli, che venne demolita nel 1859 dal sindaco per rendere più agevole il passaggio, ma gli atriani salvarono la statua che si trovava sull'arco e la misero sulla facciata della chiesa di S.Reparata. Il modellino di Atri che la santa porta sulla mano presenta il campanile del duomo con la punta ottagonale: si deve pensare allora ad un rifacimento successivo, perché il completamente della torre con il tamburo ottagono risale al 1502. L'interno è ad una navata e presenta ricchi stucchi barocchi e, su un altare, le statue ottocentesche dell'addolorata e del Cristo morto, portati in processione il venerdì Santo. Ma il vero tesoro della chiesa è il grande e pesantissimo baldacchino ligneo realizzato da Carlo Riccione nel 1690-92, noto intagliatore e scultore (infatti il Baldacchino è molto simile a quello del Vaticano). Anticamente il baldacchino era in concattedrale e fu spostato nel 1970. Chiesa di Sant'Agostino (Auditorium Civico) Si trova lungo il centralissimo Corso Elio Adriano. Venne eretta probabilmente nel XIII secolo e modificata nel XIV secolo ma dedicata ai Santi Giacomo e Caterina. Venne poi modificata ancora e dedicata a Sant'Agostino; probabilmente subì un rifacimento barocco; la chiesa é adibita ad auditorium civico e conserva ancora alcuni elementi antichi. La chiesa ha una facciata con portale decorato con santi e motivi vegetali. È del 1420, opera di Matteo da Napoli, ed è considerato uno dei capolavori dell'artista; nelle decorazioni lo scultore scolpì una lumaca, perché era molto lento nei lavori tanto che gli atriani gli assegnarono il nome di "ciammaica", che in dialetto locale significa lumaca e l'artista volle scolpire quell'animale a ricordo. Vi è poi un campanile simile a quello del Duomo, ma di dimensioni ridotte, probabilmente dello stesso Antonio da Lodi. L'interno è ad una navata e, anche se è sconsacrata, presenta ancora gli elementi originari: le vetrate, gli altari barocchi, una cappella con resti di affreschi e, pezzo forte, un grande affresco della Madonna delle Grazie tra santi e devoti (XV secolo), opera di Andrea De Litio, che si trova accanto all'ingresso laterale sul lato sinistro. Chiesa di San Francesco d'Assisi Situata lungo Corso Elio Adriano, a metà strada tra il Duomo e il Palazzo Ducale, la chiesa di San Francesco è uno dei più antichi conventi francescani visto che fu fondata nel 1226 su iniziativa di Filippo Longo, discepolo di Francesco d'Assisi. La grandiosa costruzione gotica, crollata a seguito di un terremoto nel 1690, è sostituita dal nuovo edificio barocco inaugurato verso il 1715, su progetti di Giovan Battista Gianni: la facciata ad ali inflesse, schema che sarà frequentemente ripetuto in varie chiese abruzzesi successive, è preceduta dalla scalinata a doppia rampa (1776) che è un unicum in Abruzzo. L'interno ad una navata è ornato da otto cappelle laterali decorate, nel corso del XVIII secolo, da artisti lombardi (Gianni) e napoletani (Giuseppe Sammartino: di lui, che si occupò anche della decorazione del presbiterio, spiccano i fastosi cappelloni di San Francesco e Sant'Antonio). Sul retro della chiesa, oltre che sui muri esterni laterali, si conservano i resti della chiesa medievale, oltre allArco dei Francescani (collegamento tra la chiesa e il convento), edificato nel XIV secolo sul sito di una porta del circuito murario altomedievale; è sede della Caritas cittadina. Chiesa di San Liberatore Questa cappella votiva, che si trova in piazza dei Duchi Acquaviva, nei pressi del palazzo ducale, doveva già esistere nel XV secolo e doveva essere la cappella degli Acquaviva, dove il Beato Rodolfo Acquaviva amava pregare. Venne ristrutturata dopo la prima guerra mondiale in memoria dei Caduti atriani; perciò rimane poco dell'antica chiesa. La facciata, semplice, presenta un'iscrizione commemorativa dei Caduti in guerra. L'interno, ad unica navata e sobrio, presenta alcune nicchie con reliquie (spade, medaglie e divise) di caduti atriani; sopra l'altare maggiore, una stupenda vetrata della Crocifissione della Camper, ditta di vetrate atriana aperta nel 1933 e che ha riscosso presto grande fortuna, producendo opere non solo per le chiese del territorio ma anche per vari edifici esteri. Chiesa di San Nicola Situata in Via Picena, a pochi metri da Piazza Duchi d'Acquaviva e dal Belvedere di Viale delle Clarisse, la chiesa di San Nicola è una delle tre parrocchie di Atri. Considerata tradizionalmente la chiesa più antica della città (ne fa menzione la prima volta Papa Lucio III nel 1181), la sua struttura romanica si è sostanzialmente mantenuta intatta fino ai giorni nostri, anche se nel 1256 il documentato intervento di un tal Mastro Giovanni comportarono forse l'aggiunta del campanile e il rialzo del pavimento. L'esterno, di semplice fattura, si caratterizza per le scodelle dipinte opere delle primitive fabbriche di Castelli (metà XIII secolo); l'interno, invece, ha tre navate con tozze colonne decorate da capitelli diversi tra di loro, si presenta austero e buio come le chiese del periodo. Sono ancora visibili alcuni affreschi (che forse un tempo adornavano tutta la chiesa), e si segnala in particolare l'importante e bella Madonna di Loreto tra i santi Rocco e Sebastiano di Andrea De Litio (1450 circa). Vi sono inoltre anche tre tele seicentesche e altri arredi liturgici notevoli come pulpito e statue. Chiesa della Santissima Trinità La chiesa, che si trova nei pressi dell'ex giardino degli Acquaviva, è detta popolarmente di San Rocco, per via della statua del Santo che vi è all'interno, per il quale gli atriani hanno profonda venerazione. La costruzione della chiesa deve risalire al Duecento, e nel Trecento divenne probabilmente Cappella degli Acquaviva; però, per accedere alla chiesa, bisognava passare per il giardino, e inoltre era spesso usata dal popolo, cose che fecero cambiare idea alla famiglia che scelse come cappella privata quella di San Liberatore, a cui si poteva accedere da un corridoio interno. Tra Seicento e Settecento tutta la chiesa venne rifatta e l'altare maggiore divenne barocco, e vi furono aggiunte statue e dipinti barocchi. La facciata è semplice, con una vetrata della ditta Camper e un piccolo campanile; sul lato sinistro, una decorazione medievale scoperta di recente, mentre su quello destro vetrate della ditta atriana. L'interno è ad unica navata, molto essenziale. Sul lato sinistro troviamo la nicchia con la venerata statua di San Rocco; sul lato sinistro, una nicchia con una piccola statua barocca di Sant'Antonio, il cui Bimbo sembra essere di fattura popolare e più recente; una tela del XVII-XVIII secolo (attribuita alla scuola napoletana) con "Sant'Anna educa la Vergine", un piccolo altare con un quadro della Madonna di Pompei (XVIII secolo circa). L'altare maggiore è in stile barocco, ma anche questo è semplice e sono pochi gli ornamenti: timpano, colonne doriche e qualche puttino. Al centro una nicchia accoglie una statua della Madonna con Bambino (XVIII secolo, detta "delle SS.Grazie"), con ai lati due piccole tele di scuola napoletana del Settecento, con San Michele Arcangelo e l'Angelo Custode. Chiesa del Santo Spirito (detta santuario di Santa Rita da Cascia) La chiesa del Santo Spirito, popolarmente chiamata Santuario di Santa Rita, si trova nell'omonimo largo nei pressi di Rocca Capo d'Atri, all'estremità del paese. La chiesa fu edificata sul finire del XIII secolo dagli agostiniani scalzi. Nel Cinquecento la chiesa fu ceduta ai francescani per poi tornare dopo un breve periodo in mano agli agostiniani scalzi. Nel XVII secolo la chiesa e il convento ad essa annesso furono passati alle monache agostiniane che vi introdussero il culto di Santa Rita da Cascia. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo, le suore modificarono completamente la chiesa fino ai primi dell'Ottocento, portandola all'aspetto attuale. All'inizio del XIX secolo la chiesa e il convento furono abbandonati, ma gli atriani continuarono a curarla. La facciata è in stile barocco ed è affiancata da un campanile a vela, che si differenzia da tutti gli altri campanili atriani in mattoni. Il portale di ingresso in origine apparteneva ad un'altra chiesa, quella di Sant'Antonio dei Cappuccini, già in degrado all'inizio del XVIII secolo. L'interno è ad un'unica navata e sul soffitto decorato sono posti alcuni lampadari in vetro di Murano. Sul lato sinistro è possibile ammirare la cappella di Santa Rita con la statua dell'omonima Santa ed altre opere di artisti locali. Sul lato destro si può ammirare un affresco del XVI secolo presumibilmente di scuola fiorentina. La chiesa di Santa Chiara d'Assisi e il monastero delle Clarisse Il monastero e la chiesa furono fondati nel 1260 da due clarisse, compagne di Santa Chiara, grazie anche all'aiuto di Filippo Longo di Atri (costruttore anche del monastero dei Francescani in Atri), settimo discepolo del santo di Assisi e grande amico di santa Chiara. Nel corso del tempo tutto il monastero e la chiesa furono oggetto di diversi rifacimenti: il più importante fu quello avvenuto nel XVI secolo, quando i duchi Acquaviva modificarono sia la chiesa che il monastero, donando a quest'ultimo (come celle per le monache) le ex-scuderie che ormai non servivano più. Se l'aspetto esteriore è quello conferitogli nel Cinquecento, non si può parlare così per quello interno: la chiesa subì le trasformazioni barocche, mentre i vari locali del monastero, tra cui il chiostro, il giardino e la grotta di Lourdes, furono ristrutturati e rimessi a nuovo dalle suore negli anni cinquanta del Novecento, dopo alcuni danni causati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. La facciata della chiesa è semplice, tipica del territorio, quasi schiacciata da un lato dalle mura del monastero, mentre dall'altro ha respiro grazie alla via; presenta un portale cinquecentesco di maestranze locali, mentre sul lato sinistro c'è un piccolo portale che presenta un'elaborata decorazione in ferro battuto con il calice e l'ostia. C'è anche un campanile a vela. L'interno non è molto grande, a unica navata, ma ricco di sorprese. In fondo c'è l'altare maggiore (detto Cappella Maggiore) che "copre" la cella del Santissimo Sacramento. È un tripudio di stucchi, opera di colte maestranze locali del XVII secolo, con raffigurazioni di putti, medaglioni con Santa Caterina da Bologna, l'Immacolata e Gesù, oltre a due statue in stucco di san Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista. Tutto attorno alla nicchia con la statua lignea, di recente fattura, di Santa Chiara. Sul lato destro vi sono: Altare dei tre santidel 1650, così chiamato perché la pala centrale raffigura appunto tre santi: Santo Stefano, San Lorenzo e san Pietro da Verona. L'altare è ricco di stucchi, attribuito a maestranze napoletane. La Pala centrale è preziosissima, opera della "Scuola degli Illuminati", la scuola di pittura aperta a Bologna dai Carracci. Altare di San Gaetano da Thiene, realizzato nel 1766. Fu edificato sopra un altro, a spese di due clarisse, ricordate nell'iscrizione dell'altare. La doratura fu fatta in malo modo e perciò rifatta agli inizi del XIX secolo. Tutti gli stucchi sono di scuola napoletana, mentre la tela Madonna adorata da San Gaetano, opera del 1766 di Francesco De Mura e bottega, è copia della Madonna conservata in san Luca a Bologna, opera di Guido Reni: unica differenza il colore dell'abito del santo, che nel caso di Atri è nero. Sempre sul lato destro un'iscrizione ricorda che nella chiesa fu sepolto Don Tracanna, parroco della vicina chiesa di san Nicola. Sul lato sinistro abbiamo: Altare della Madonna delle Grazie, opera di modesti artisti locali del XVII secolo. Sull'altare c'è la statua in cartapesta del XVII secolo della Madonna delle Grazie, opera di scuola umbro- abruzzese. Ma l'opera più preziosa di questo altare è L'incoronazione di S.Agnese alla presenza di S.Chiara, opera del 1856 di Gennaro Della Monica, il noto pittore teramano. Sostituì una precedente tela ormai invecchiata. Altare dell'Addolorata, della prima metà del XVIII secolo, con stucchi di scuola abruzzese. La nicchia, dove c'è la statua vestita del Settecento, era un tempo occupato da una pala dipinta conservata nel monastero. Alcuni riquadri sopra l'altare ospitano due tele di scuola napoletana della fine del Seicento. Curiosità: tutti gli altari sono sormontati da "baldacchini" in legno con raffigurazioni di Dio e gli angeli. Da vedere, infine, le vetrate della ditta Camper e il pavimento realizzato nel 1852 dal veneziano Giovanni Pellarini. Il monastero, all'esterno, presenta un frammento di affresco del XVI secolo e un bassorilievo con lo stemma degli Acquaviva del 1460. Si entra e ci si trova in una grande stanza dove si trova una campanella, una grata e la "ruota girevole" dove fino a qualche secolo fa era uso mettere i bambini che erano poi presi dalle clarisse, mentre si vengono a posare dolci, vestiti e cibo, mentre le suore ricambiano donando le ostie (sconsacrate) da loro preparate e alcuni buoni dolci. Gli altri locali del monastero non sono accessibili, perché riservati alle sole suore. All'interno di alcuni locali sono conservate opere stupende e importanti, come: alcuni codici, con disegni del Settecento delle Clarisse; un quadro del XIX secolo con la raffigurazione della Madonna che appare ad una clarissa (all'epoca della realizzazione era Suor Veronica de Petris;); una santa Chiara del Settecento, scuola napoletana; una tela con l'Addolorata del Seicento, attribuita a Carlo Dolci. Ma l'opera più importante è la Madonna del Rosario, modesta opera seicentesca di un artista locale, collocata nel Coro Superiore, a cui le suore sono molto devote. Tra la prima metà del XIX secolo e gli anni cinquanta del Novecento, il Monastero arrivò a situazioni di gravi difficoltà che ne stavano causando la chiusura. Soprattutto nel XIX secolo, con la soppressione dei monasteri da tutto l'Abruzzo si riversarono nel monastero di Atri le monache dei monasteri chiusi. Le Clarisse di Atri temevano di fare la stessa fine ed erano preoccupate. Suor Veronica de Petris, la più preoccupata, decise di pregare la Madonna conservata nel Coro Superiore. La Madonna cominciò a parlare, dicendo che "se tutti i monasteri del mondo dovessero finire, questo qui, per te, non lo farò mai finire". E tutto ciò che ha detto si è avverato. Pure dopo il secondo dopoguerra le suore non si diedero per vinte e ristrutturarono i loro locali e nel ventunesimo secolo le Clarisse vivono nel monastero senza problemi, lavorando e pregando intensamente. Comunque, alla Madonna del monastero di Atri sono legate altre leggende, alcune delle quali parlano di briganti e ladri che fuggirono per intervento della Madonna. Altri locali interessanti sono il grande giardino, il chiostro e la Grotta di Lourdes. Interessante anche il presepe napoletano di fine Settecento, esposto in chiesa durante il periodo di Natale. Altre chiese Chiesa di San Giovanni Battista (conosciuta anche come chiesa di San Domenico): sorge nella parte nord, presso Porta San Domenico. Fu edificata insieme al convento dei Domenicani nel 1298-1317, l'edificio originario, edificato sopra una residenza regia dell'imperatore Federico II, conserva di originale il portale gotico e una bifora duecentesca, poi fu fortemente rimaneggiato nei secoli seguenti, soprattutto nel XVI secolo. In facciata, a coronamento piano, si apre un portale in pietra decorata, analogo a quello di Rainaldo d'Atri della concattedrale di Santa Maria Assunta in Piazza Duomo. Il portale è sormontato da un lunettone, che viene arricchito al vertice da una formella con la raffigurazione dell'Agnus Dei, fiancheggiato da due leonesse; al di sopra dell'effigie, è insolitamente raffigurata la Rosa di Sion, simile al sigillo dei Templari. Alla parete posteriore della parete destra, si poggia il tozzo campanile turrito a base quadrata; sulla destra si apre la Porta di San Domenico, che faceva parte della cinta muraria, dotata di doppio fornice, quello esterno ad arco ogivale. All'interno della chiesa, a navata unica, si aprono 8 cappelle con altari, ornate da stucchi barocchi con delle tele, da destra sono di San Liborio, Cappella Brigotti, del Santo Nome di Gesù e Cappella Forcella; da sinistra Cappella Tribuni, cappella De Paulo, quella di San Tommaso d'Aquino e quella dell'Annunciazione. L'organo sulla cantoria della controfacciata è del 1716, il soffitto a volta è ornato dalla Gloria di San Domenico, opera di Giovan Battista Savelli del 1724; che secondo alcuni si ispira alla "Gloria di Sant'Ignazio di Loyola" di Andrea Pozzo, conservata a Roma. L'annesso convento domenicano nel XIX secolo fu trasformato in fabbrica di liquirizia, ma conserva il chiostro porticato. Chiesa di Sant'Andrea Apostolo (sconsacrata; sede della Schola Cantorum "A.Pacini"); Chiesa di San Gabriele dell'Addolorata (nel quartiere Croce Sant'Antonio, nei pressi dell'ospedale civile); Chiesa di Santa Maria delle Grazie (in contrada Cona, sulla strada per Silvi e Pescara, ma inglobata nell'espansione moderna); Chiesa di Santa Croce (in contrada Crocifisso, sulla strada per Pineto, anch'essa ora parte della città). Architetture civili Palazzo dei Duchi Acquaviva Noto anche come palazzo ducale, fu costruito nel 1395 e fino al 1760 fu la residenza degli Acquaviva d'Aragona, duchi di Atri. Dal 1917 vi è ospitato il Municipio. Nota per il suo caratteristico torrione medievale, dà nome alla piazza antistante (Piazza Acquaviva, ex Piazza Marconi). Il palazzo sorse su edifici romani, a loro volta rielaborati per il Palazzo del Capitano Regio durante il governo di Federico II (XIII secolo). Riedificato dal Conte Antonio Acquaviva sul finire del Trecento, il palazzo venne ristrutturato nella metà del Cinquecento, e divenne sede municipale nell'Ottocento. La torretta caratteristica è frutto di una ricostruzione del primo Novecento, seguendo lo stile medievale. Il palazzo conserva all'interno conserva qualche copertura a sarcofago, una Natività affrescata del XVI secolo, la pittura è posta all'ingresso della gradinata per i sotterranei, dove pare si trovassero le carceri e la stanza della tortura. Gli stipiti in legno massello delle porte ducali, e quel che resta degli arredi, furono portate via dalle famiglie Sorricchio e Pretaroli, proprietari del palazzo nel XVIII-XIX secolo. La facciata in grosse e squadrate pietre di travertino, è massiccia e imponente, con finestre che spiccano dal risalto della trabeazione. Il portone di accentuate proporzioni è rialzato da una lieve gradinata, l'imponente struttura fu distrutta nel 1707 dagli austriaci di Carlo III di Borbone, durante le battaglie contro gli Spagnoli per recuperare il Regno. Costoro spogliarono il palazzo degli arredi originari, insieme al Palazzo Ducale di Giulianova, il duca Giovan Girolamo II, che era al comando della guarnigione della fortezza di Pescara, fu privato del titolo di duca di Atri, perse il palazzo e i poteri, esiliato a Roma dove morì nel 1709. Andarono distrutti gli affreschi, trafugate le tele di Tiziano Vecellio, di Paolo Veronese, che finirono in Germania. All'ingresso del portone, si apre un cortile quadrangolare, ornato da un loggiato di ispirazione romanica, come mostrano i poderosi pilastri e la curvatura degli archi, tendenti a tutto sesto. L'effetto del gotico invece appare nei quattro archi acuti e nelle slanciate finestre del primo piano. Il salone ducale di rappresentanza, divenuto in seguito sede del consiglio comunale, era ornato dai ritratti dei duchi, spiccavano le opere di Tiziano, con le immagini delle vicende del ducato. La cappella di ducale di San Liberatore, posta accanto nella piazza, aveva le immagini di 10 papi, 10 cardinali, del beato Rodolfo Martire e del cugino San Luigi Gonzaga. Gli affreschi di Giacomo Farelli che ornavano le sale, con i ritratti dei duchi degli Acquaviva, andarono distrutti nei primi anni del Novecento, per disinteresse del Regno d'Italia (il Ministero per i Beni Culturali), e della famiglia Pretaroli. Di interesse nella sala consiliare gli affreschi di F. De Felici (1883) con la Disfida di Barletta, in un'altra sala ci sono affreschi sulla disputa degli Ebrei, Cristiani e Musulmani, con paesaggi dei Balcani e del Bosforo. Si conserva inoltre il ritratto della duchessa Isabella Acquaviva d'Aragona, morta nel 1755, e il tondo di Diana cacciatrice, in stile tardo barocco, affresco che avrebbe ispirato la bottega di Francesco Grue, famiglia di illustri ceramisti della vicina Castelli. Il palazzo conserva, sulla destra dell'entrata principale, le stanze delle scuderie, con volte a crociera, una cisterna romana sotto il chiostro porticato, scoperta per la prima volta nel XVIII secolo da Nicola Sorricchio; tale cisterna alimentava le acque del giardino e dell'abbeveratoio delle scuderie. Il Teatro comunale Fu progettato nel 1857 dell'ingegnere teramano Nicola Mezucelli. La costruzione iniziò solo nel 1872 sotto la direzione dall'architetto Francesco Consorti. Nel 1879 la volta della platea venne decorata dal pittore napoletano Giustino di Giacomo con un affresco dal titolo “Armonia e melodia” raffigurante la musa Euterpe su un cavallo alato. L'opera, che nell'ambito dei lavori di restauro degli anni ottanta presentava forti lacune, fu oggetto nel 1987 di un restauro-ripristino da parte dell'artista Ireneo Janni. Il teatro, dal tipico impianto neoclassico, con tre ordini di palchi, costituisce un esempio di teatro all'italiana. Altre residenze Palazzo di Valforte: imponente edificio situato di fronte al municipio, fu costruito nel XVIII secolo da un ramo cadetto della nobile famiglia Sorricchio, allora divenuta proprietaria delle tenute vinicole di Valforte (nei pressi di Città Sant'Angelo). Casa Paolini: elegante edificio rinascimentale, posto quasi di fronte alla chiesa di San Francesco. Perfettamente conservato è il portale, del XVI secolo. Albergo Nuovo: edificio in stile liberty costruito nel 1922, in Piazza Francesco Martella. Ospitò per lungo tempo l'unico vero hotel della città. Palazzo Forcella: grande edificio che occupa tutta Via Probi, sul lato destro della chiesa di San Francesco. Costruito alla fine del Seicento, dal XIX secolo in poi fu diviso tra vari proprietari (che in parte ne modificarono l'assetto in base ai propri gusti). Il nucleo più importante del palazzo, completamente affrescato, è di proprietà della famiglia Scalone. Palazzo del Municipio: si trova lungo Corso Elio Adriano ed è il palazzo più grande della città (dopo il municipio). Costruito nel 1882, dal 1883 al 1917 ospitò sia la sede comunale che il carcere; quindi, fino al 1987, è stato sede del liceo classico; nel ventunesimo secolo ospita la sede distaccata del tribunale di Teramo. Caratteristica dell'edificio sono i suoi portici. Palazzo Mambelli: in Piazza Duomo, fu edificato intorno al 1750 su un preesistente edificio. Della costruzione precedente è ancora rimasto il porticato. Il palazzo si sviluppa per buona parte di Via Card. Cicada, fino a Piazza San Pietro (anche se è diviso tra varie famiglie). Casa Illuminati: bella costruzione neogotica, dietro la chiesa di San Nicola. Fu costruita dalla famiglia Illuminati su una precedente casa medievale dei Grue, i noti ceramisti di Castelli. Palazzo Arlini: costruzione sobria ed elegante, in Via Ferrante. Appartenuto a questa nobile famiglia lombarda, nonostante le trasformazioni barocche ha conservato quasi del tutto il suo carattere rinascimentale. Palazzo Bindi: tutto in mattoni, sito tra Via San Domenico e Via Santa Chiara. È del XVIII secolo, ma l'aspetto attuale risale a rifacimenti dell'inizio del XX secolo. Palazzo Guidetti: si trova accanto a Palazzo Bindi. Risale alla fine del Settecento e i soffitti delle stanze sono ornati da delicati affreschi neoclassici con le scene della Divina Commedia. Palazzo Cardinal Cicada sec. XVI (sorge sull'omonima via del centro storico) Archeologia Le fontane Sparse nel territorio del comune, sono presenti diverse fontane del secolo X a.C. (come la Canale e la Pila, sulla strada per il mare, la SP 28 per Pineto). Il teatro romano L'area archeologica è posta in via del Teatro, nei pressi di Palazzo Cicada, sec. III - II a.C. Nell'autunno 1993 sono iniziati gli scavi per riportare alla luce del manufatto, quando il dottor Giovanni Azzena, studente dell'Istituto "Cardinal Cicada", ipotizzò che l'area, per la sua conformazione, potesse celare delle vestigia italiche. Completati gli scavi, il teatro è stato in larga parte riportato alla luce, ha un diametro di 70 metri, può contenere persone a sede, nella zona della cavea si trova, nelle cantine del palazzo Cicada, al suo interno, dove il paramento dell'originale struttura è visibile, lo stato di conservazione risulta ottimo. Al contrario i pavimenti non sono conservati, per un generalizzato abbassamento dei piani delle cantine del palazzo. Le volte parzialmente distrutte per permettere l'innalzamento dei soffitti moderni, erano costruite in calcestruzzo, con setti delimitati da nervature in laterizi tagliati, posti di coltello. Sono venuti alla luce parti dell'antico convento dei Gesuiti, sorto sulle rovine di questo teatro nel XVII secolo, e resti di varie abitazioni; inoltre molti mattoni del teatro presentano la scritta PH, ossia Hatrianus Populus (popolo di Atri, oppure "Hatria"). L'antico porto di Atri Fortificazioni La città di Atri è sempre stata dotata di mura molto solide, fin dai primi secoli della sua storia. Abbiamo notizia di mura ciclopiche nell'epoca pre-romana, e di altre fortificazioni durante il dominio romano. Tra il X e l'XI secolo, quando ci fu un forte calo demografico e la città si era ridotta ad una piccola zona compresa tra il vecchio Foro romano (attuale piazza Acquaviva) e il Duomo, ci fu una nuova murazione. Nel XIII secolo ci fu la ricostruzione delle mura, su cui si aprivano ben 13 (o 14) porte, spiegabile col fatto che allora Atri era molto più grande di adesso. Ad est, sulle colline di Maralto (cimitero) e Muralto (ospedale) vi erano due fortilizi. Alla fine del XIV secolo il centro storico si ridusse alla conformazione attuale; questo comportò una nuova riedificazione delle mura e la riduzione della porte a sette. Le fortezze di Maralto e Muralto persero importanza e, di contro, sul versante occidentale sorse la nuova Rocca di Capo d'Atri. Nel 1528, in vista della guerra franco-spagnola, il marchese di Bucchianico e il conte di Maddaloni, per una spese di soli 4000 ducati, ricostruirono e ammodernarono completamente le fortificazioni cittadine: l'importanza militare della città crebbe così ancor più che in passato, visto che, almeno fino al XVIII secolo, chiunque volesse penetrare all'interno del Regno di Napoli doveva prima fronteggiarsi con le fortezze di Civitella, Atri e Pescara. Purtroppo, tra il XIX e il XX secolo, sono state demolite gran parte delle mura e delle porte, ma fortunatamente una piccola parte è giunta integra a noi. Porta San Domenico È l'unica delle sette porte cittadine ad essere ancora in piedi e prende nome dalla chiesa di San Giovanni Battista detta di San Domenico, a cui è annessa. Fu edificata in laterizio tra il 1528 e il 1530 prendendo a modello la porta trecentesca che sorgeva poco più avanti ed era nota come Porta San Giovanni o Porta Orientale: infatti l'arco è a sesto acuto. Dalla vecchia porta vengono anche i grandi conci squadrati della base e lo stemma angioino sulla parte alta; dalla parte interna, verso la città, troviamo un arco con volta a botte e una trave lignea degli inizi del Novecento su cui erano fissati i due pesanti battenti lignei che erano chiusi di notte. Nel XVI secolo, però, la chiusura avveniva con una grata in ferro che veniva scesa dall'alto (si notano due vani in cui erano allocati i tiranti delle corde). Accanto alla porta si notano i resti di un bastione. Nel XIX secolo questa porta rischiò di essere demolita: nel 1885 il sindaco Antonio Finocchi, che non apprezzava la qualità artistica della porta e spiegava che le sue dimensioni non erano sufficienti a smaltire il traffico di merci durante la festa dell'Assunzione per la fiera boaria che si teneva sull'antistante Piazzale Maralto, propose la sua demolizione. Per tener conto dei malumori che sorgevano anche all'interno del Consiglio, il sindaco incaricò due anni dopo Gaetano Crugnola, capo dell'Ufficio tecnico provinciale, di progettare una nuova porta simile a quella realizzata per Viale Umberto I. La cosa però si portò per le lunghe perché il progetto della nuova porta non arrivava e ciò impediva la demolizione, che gli atriani iniziarono a contestare apertamente. E infatti nel 1895 gli atriani, quando videro lo scempio compiuto alla medievale Porta Macelli, al cui posto erano state messe due basse colonne di scarsa qualità, non ne vollero sapere di abbattimento e nuova porta e si accalcarono, per protesta, a Porta San Domenico. Infine scadde anche il mandato del Finocchi per cui la porta scampò definitivamente all'abbattimento. Rocca di Capo d'Atri Si trova all'estremità occidentale della città, in Largo Santo Spirito, e prende nome dal quartiere circostante. La Rocca fu costruita nel 1392. Era un fortilizio molto potente che, oltre a controllare tutte le fortificazioni cittadine, permetteva il controllo di tutto il territorio dal Tordino fino al Pescara; infatti era secondo ad importanza solo a Civitella del Tronto. Riuscì a respingere molti attacchi nemici, ma nel XVIII secolo, cessate le sue funzioni, cadde in rovina. Restaurata, ne rimangono un grande bastione e un pezzo di mura. Sotto il bastione, su quella che era la casa del castellano, è stato costruito nel Settecento un palazzetto signorile. Le mura Nonostante le gravi distruzioni subite nei tempi passati, rimangono ancora alcuni tratti di mura. Le tracce più consistenti e integre si trovano in Viale Gran Sasso, in prossimità della rocca di Capo d'Atri, dove troviamo tra l'altro tre bastioni e degli archi di rinforzo della collina. Sulla stessa via troviamo un altro breve tratto di mura, molto più basse rispetto ad un tempo, dove sono state aperte delle botteghe artigiane, e ancora, vicino alla Villa Comunale, possiamo riconoscere un bastione semicircolare nella costruzione di una casa. Le mura trecentesche Come già detto, la ricostruzione del 1528 comportò la distruzione delle precedenti mura, ma un tratto delle fortificazioni medievali rimane ancora lungo Viale del Teatro Romano. Un tratto molto cadente, coperto da erbacce, si trova al di sotto del mercato coperto e, nonostante lo sporco, si possono notare tre archi di rinforzo a sesto acuto. Poco oltre, all'altezza di Palazzo Cicada e addossato alle strutture del Teatro Romano, si vede un altro tratto caratterizzato dalla presenza di una bassa torre quadrangolare alla cui base si diparte un cunicolo che molto probabilmente comunica con la fontana della Stufa, presente sotto la strada. Bastione della Villa In via Domenico Tinozzi, sotto il belvedere della Villa, vi sono i resti di un bastione che faceva parte della cerchia muraria duecentesca. Probabilmente aveva accanto la Porta del Poggio e della Vigna, nota anche come di Mutignano perché rivolta verso l'omonimo borgo. Il bastione rimase ancora in funzione almeno fino al XVI secolo quando, proprio nell'area dell'attuale parco pubblico, vi era la residenza vescovile. Fortificazioni altomedievali Delle mura di cinta del periodo altomedievale non rimane più nulla, anche se possiamo ricostruirne un possibile andamento grazie allArco del Comune (XVI secolo) e allArco dei Francescani (XIV secolo), che sono stati costruiti sull'area di due porte urbiche. Muraglione delle Clarisse A cingere l'orto del convento di Santa Chiara, nell'area del Belvedere, vi è un lungo e alto muro che, dalla parte che guarda Viale delle Clarisse, è in laterizio e risale al XV secolo, mentre sul tratto affacciato in Vico Mariocchi è costituito da grandi blocchi squadrati di epoca romana, per cui si presuppone che si tratti di una piccola parte delle fortificazioni della romana Hadria. Mura ciclopiche Risalenti, sembra, al VI secolo a.C. (per altri sono ancora più antiche), appartengono alla Atri picena e sono costituite da blocchi in pietra di varie dimensioni. Si trovano presso la Fonte della Strega, poco fuori dal centro storico. Porte demolite Le porte non più esistenti sono: quelle del circuito murario duecentesco, tra cui la Porta del Poggio e della Vigna, nota anche, nei documenti cinquecenteschi, come di Mutignano perché rivolta verso l'omonimo borgo, che sarà quella a durare più a lungo venendo demolita solo nel 1570; la Porta dei Cappuccini, poi Porta Umberto I (1885 circa), distrutta nel 1944; la Porta Macelli, trecentesca, demolita nel 1895; la Porta di Capo d'Atri (1392), abbattuta negli anni sessanta; la Porta della Stufa, o di San Pietro, tardo-trecentesca, scomparsa verso il 1850; le porte di Muralto e di Panice, quattrocentesche, demolite in epoca imprecisata. Aree naturali Villa Comunale dei Cappuccini sec. XVI (splendido parco cittadino con belvedere adriatico) Riserva naturale guidata Calanchi di Atri (oasi WWF alle porte del centro storico) Le grotte (parte di un sistema idrico di antichissima ed incerta origine) Belvedere mare-monti di viale Vomano con sculture in pietra, frutto di simposi di scultura Parco Sorricchio (antico polmone verde collegato al giardino di Palazzo Ducale, chiuso) Monumenti storici scomparsi Tra XIX e XX secolo molti edifici, in genere palazzi e chiese, andarono distrutti, altri scomparvero a causa dell'incuria dell'uomo, anche se di tutti quei monumenti distrutti dopo il 1870 ci è rimasta la documentazione fotografica. Nonostante ciò, l'armonia del centro storico di Atri non è stata spezzata. Chiesa di San Leonardo e convento dei Cappuccini: sorgevano all'ingresso della Villa Comunale. La chiesa di San Leonardo fu costruita tra il 1569 e il 1570 allorquando i Cappuccini arrivarono ad Atri e chiesero una dimora stabile. Fu poi ristrutturata in stile neoclassico tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento. Salvatosi dalle soppressioni napoleoniche, il convento fu comunque soppresso successivamente, nel 1866, anche perché vi erano rimasti solo quattro frati; l'edificio divenne quindi, all'inizio del XX secolo, sede di una casa di riposo. La chiesa invece continuò le sue funzioni fin quando fu demolita, assieme all'ex convento, nel 1961, opportunamente salvando tutte le opere d'arte mobili (statue, quadri, arredi lignei.) che si ammirano nel Museo Capitolare. La demolizione permise un ulteriore ampliamento della Villa sull'area della chiesa e dell'orto dei frati, mentre pochi anni dopo, sul perimetro del convento, fu costruito l'Hotel du Parc. Cancello della villa: si trovava accanto alla chiesa di San Leonardo e fin dal 1928 segnava l'ingresso alla Villa Comunale. Nelle linee riprendeva lo stile della Porta Umberto I che si trovava dall'altra parte del viale. Fu distrutta da una bomba nel 1944. Porta Umberto I: apriva la passeggiata alberata di Viale Umberto I ed era stata costruita verso il 1885 dal sindaco Antonio Finocchi che fece abbattere la medievale Porta dei Cappuccini per dare alla zona centrale della città un accesso più grande e monumentale, dedicato al re Umberto I. La porta era composta da otto colonne in laterizio, quattro per lato, di cui le due centrali, che determinavano la vera e propria porta, presentavano artistici lampioni, mentre le altre statue femminili raffiguranti le allegorie delle quattro stagioni: il tutto completato da un'artistica cancellata in ferro battuto. Fu distrutta da una bomba nel 1944, anche se le due colonne centrali, senza lampioni, rimasero per tutti gli anni cinquanta. Arco di Monsignore: era un imponente cavalcavia, in Via Roma (attuale Via De Litio, che permetteva un comodo collegamento tra il Duomo e il Palazzo Vescovile, passando per la chiesa di Santa Reparata. tant'è vero che il Vescovo, spesso, non si recava in processione in Cattedrale ma passava direttamente da qui. Nella parte bassa vi si apriva un arco per il passaggio dei pedoni e dei veicoli. Fu costruito verso il 1595 dal duca Alberto Acquaviva d'Aragona per celebrare i festeggiamenti di Santa Reparata. Il Vescovo Bufalini, nel Settecento, vi fece fare alcuni lavori; nel corso dei secoli, sulla parte retrostante, vi si addossarono varie case. L'arco di Monsignore fu demolito nel 1935, dopo un lungo carteggio tra il sindaco e il Vescovo, perché considerato d'intralcio alla viabilità. Porta Macelli: si trovava in fondo alla discesa nota come Via Macelli, a pochi passi dalla chiesa di Sant'Agostino. Come possiamo vedere dalla foto scattata poco prima della demolizione, aveva un arco a tutto sesto chiuso da battenti lignei e su cui erano collocati due capitelli con visi umani e una chiave di volta raffigurante un putto; il fronte esterno era adornato dagli stemmi della città e degli Acquaviva e dalla statuetta medievale di Santa Reparata, che sono le uniche cose salvatesi della porta (gli stemmi sono al Municipio, mentre la statuetta fu collocata sul portale della chiesa di santa Reparata). Il suo nome originario era Porta dell'Ancellaria (e con tale nome è ancora ricordata la fontana sita nelle immediate vicinanze, sotto l'attuale distributore di benzina) e fu costruita nel 1252; alla metà del XIV secolo, con la nuova murazione, la porta fu ricostruita nel sito dove si è trovata fino alla demolizione. Nel XVI secolo abbiamo notizia di un intervento di restauro e la porta viene chiamata Macelli, segno che il nome popolare, derivante dalla presenza del mattatoio (macello) presenta in Via Ricciconti fino all'inizio del XX secolo, aveva finito per prevalere. Ricostruita nei primi anni del XIX secolo (peraltro ricalcando fedelmente la porta medievale), la porta fu abbattuta, tra le accese proteste della popolazione, nel 1895 per ordine del sindaco Finocchi, che voleva allargare questo tratto di strada. Per accontentare gli atriani (che già avevano ottenuto lo stacco della statua della patrona), il Finocchi fece erigere due basse colonne di cemento, di scarsa qualità, su cui pochi anni dopo furono posti due leoni in pietra. Anche questa fu smantellata, verso il 1950 e i leoni adornano la fontana della Villa Comunale. Ancora adesso gli atriani, riferendosi alla zona tra le vie Macelli, Cherubini e Ricciconti, parlano di Porta Macelli. Porta di Capo d'Atri: fu eretta alla fine del XIV secolo in contemporanea con l'annessa Rocca di Capo d'Atri. Era la più importante e imponente della città, tant'è che da qui facevano il loro ingresso i personaggi che venivano in visita solenne ad Atri. Si differenziava da tutte le altre porte perché non era costituita da un arco, ma da un'apertura tra le mura, che però erano state adornate nel tratto prossimo all'accesso urbico da colonne e nicchie. Fu demolita alla fine degli anni sessanta. Chiesa di San Pietro delle Cistercensi: il grande complesso conventuale delle monache cistercensi, affacciato su Via cardinale Cicada e buona parte di Via San Pietro (odierna Via dei Musei), non lontano dal duomo, fu fondato nel 1312. Il convento accolse sempre monache provenienti dalle famiglie più in vista di Atri e per tutta la sua esistenza fu noto per la poca religione e la dissolutezza che correvano tra le suore di un monastero così ricco, tant'è vero che nel 1421 il vescovo Gozzadini lo fece chiudere, anche se il successore, Giovanni da Palena, lo riaprì. Soppresso nel 1866, mentre la chiesa continuò ad essere officiata, nell'ex convento fu aperta la fabbrica del cosiddetto saponetto di Atri, che però durò poco. Tra il 1957 e il 1958 chiesa e convento furono demoliti, anche in questo caso spostando tutte le opere d'arte nel museo capitolare. Fu aperta così Piazza San Pietro, su cui si affacciano edifici occupanti tutti l'area dell'antico complesso: l'Ufficio Postale, l'ex cinema (abbandonato), mentre il museo etnografico occupa una piccola porzione del convento rimasta in piedi. Chiesa di Sant'Antonio a li Cappuccinn: dedicata a Sant'Antonio abate, la piccola chiesa si trovava dietro al duomo, accanto all'attuale Palazzo Tascini (Museo Archeologico). Il palazzo stesso era anticamente un convento, come testimonia ancora il cortile che ricalca l'antico chiostro, anche se nei documenti non si trova nessuna menzione. Nella seconda metà del XVI secolo il piccolo cenobio doveva essere in abbandono e fu restaurato per potervi ospitare, temporaneamente, i Cappuccini, nell'attesa che il convento di San Leonardo fosse completato. Da allora la proprietà della cappella di Sant'Antonio abate rimase a quell'ordine, cosa che determinò anche il nome popolare a li Cappuccinn (ai Cappuccini). Agli inizi del XIX secolo le truppe napoleoniche devastarono l'edificio, che fu adibito a stalla, togliendolo ai Cappuccini. I danni riportati furono così gravi che intorno al 1850 se ne decise l'abbattimento, permettendo così anche l'allargamento di quella che è chiamata Via dei Musei. L'edificio conventuale, invece, diventò palazzo privato. Porta della Stufa: nota anche come di San Pietro, essendo vicina all'omonima chiesa, era stata costruita alla fine del XIV secolo; la sua posizione è ancora discussa tra due punti comunque vicini tra loro: al di sopra del largo dove fu poi scoperto il Teatro romano, oppure la discesa di Via dei Cistercensi. Fu abbattuta a metà Ottocento. Il nome deriva dal fatto che, nella valletta antistante (chiamata dell'Ascensione, ma anche la Stufa), vi era una specie di discarica, che in dialetto atriano (parola ormai quasi dimenticata) viene indicata con tale nome. Chiesa di Sant'Antonio di Padova e convento degli Osservanti: furono costruiti nel 1450, sotto spinta del vescovo Giovanni da Palena, sulla collina di Muralto, che da allora iniziò ad essere chiamata anche di S.Antonio. Il cenobio, che era dotato di una grande farmacia, su soppresso la sera del 17 settembre 1809 e la sua proprietà passò al Comune; la chiesa fu sconsacrata. Tutto il complesso cadde in uno stato di totale abbandono (nel 1866 era ridotto ad un rudere) e infatti nel 1833 l'Amministrazione comunale provvide a togliere dalla chiesa tutte le opere d'arte mobili (ad Atri sono rimasti solo il portale, collocato nella chiesa del Santo Spirito, e la pala d'altare nel museo capitolare); sull'area dell'ex convento, di cui non è rimasto più nulla, è stato costruito l'Ospedale "San Liberatore", e il nome della chiesa viene perpetuato dal moderno quartiere circostante sviluppatosi nel secondo dopoguerra. Croce di Sant'Antonio: si trovava dove è il parcheggio dell'ospedale (anticamente occupato dal convento degli Osservanti) e fu eretta lì nel XVIII secolo. Era un'edicola sacra, da dove sgorgava un piccolo getto d'acqua, ed era costituita da un alto basamento con una croce di ferro e al centro l'immagine di Sant'Antonio da Padova. Attorno alla croce di Sant'Antonio ruotavano molte leggende di fatti miracolosi. Scomparve durante la realizzazione del parcheggio negli anni cinquanta. Chiesa di Sant'Ilario: si trovava nei pressi dell'ospedale, lungo una strada di campagna che si diparte da Viale Aldo Moro. Dava nome all'omonima fonte tuttora rimasta e una via porta il suo nome. Eretta nel XIII secolo, già nel XV secolo se ne segnalava lo stato di abbandono. Nel Settecento furono abbattuti il campanile e il tetto. Nei primi anni del XX secolo tra i muri cadenti si potevano ancora scorgere pezzi di affreschi; sono visibili solo alcuni resti. Monumenti scomparsi prima dell'Ottocento Si devono segnalare inoltre alcuni edifici demoliti prima delle più grandi distruzioni ottocentesche che, sebbene possano essere riuniti nell'insieme delle grandi trasformazioni subite in genere dai centri storici fino al XVIII secolo, hanno comunque avuto parte importante se sono segnalati più volte dai documenti cittadini. Porta del Poggio e della Vigna, detta di Mutignano, parte delle mura del XIII secolo e demolita nel 1570 per la costruzione della Villa Comunale; numerose chiese, tra cui: San Biagio (XVI secolo), dietro la chiesa di Sant'Agostino, distrutta dal sisma del 1690; Santa Reparata ai Macelli e Santa Reparata sotto la torre, due chiese vicine ma situata una dentro la città e l'altra fuori dalle mura, distrutte ad un secolo di distanza tra di loro (1709-1809); le contigue Santa Caterina e San Giacomo alle Ripe, oltre la Rocca di Capo d'Atri, probabilmente sul bivio per Treciminiere; San Savino, piccola cappella situata forse vicino alla Rocca di Capo d'Atri, la cui proprietà fu contesa tra numerosi ordini religiosi e famiglie private, demolita quindi nel XVII secolo; Santo Stefano, con il convento dei Celestini, costruita nel XV secolo e demolita nel secolo successivo per far posto al palazzo dei Ricciconti; Santa Maria e San Leonardo, piccolo edificio situato poco oltre il cimitero e convertito verso il 1790 in abitazione, di cui ancora si può riconoscere la struttura esterna con cupolino; lAddolorata, più che una cappella un vero e proprio sacello stradale contenente solo l'immagine della Vergine, situato all'ingresso del piazzale del cimitero e distrutto nel 1933. Monumenti e opere d'arte del '900 Tra i monumenti del ‘900 si ricorda la scultura in bronzo Monumento alla Resistenza, dedicata al partigiano Francesco Martella, assassinato dai fascisti il 17 novembre del 1943, posta nell'omonima piazza in occasione del quarantesimo anniversario della morte nel 1983. La scultura in bronzo, di di altezza, è opera dell'artista atriano Ireneo Janni. La città ospita in più luoghi, e in particolare nel Belvedere Vomano, numerose sculture realizzate nell'ambito del 1° Simposio Internazionale di Scultura in marmo del 1993 e del 2°Simposio Internazionale di Scultura in pietra bianca della Maiella del 1995, a cura di Ireneo Janni e Giorgio di Genova. Si ricordano oltre alle opere dei due vincitori, Toshihiko Minamoto e Lim Won Haeng, tra gli altri Paul Alexandre Bourieau, Mariassunta Carini, Aziz Fuad Alì, Leonardo Cumbo, Pilar Aldana Mendez, Raven van Enckevort. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Nel 2016 la popolazione straniera residente ad Atri risulta essere il 4% del totale. La comunità più numerosa è quella rumena (1,2% del totale della popolazione residente); seguono, tra le più consistenti, quella albanese (0,5%), quella macedone (0,34%). Lingue e dialetti Il dialetto atriano appartiene alla famiglia dialettale abruzzese orientale-adriatica, e in particolare rientra nel sottogruppo centro-settentrionale teramano, il quale cioè comprende quasi tutte le parlate della provincia, eccezion fatta per la Val Vibrata. È obbligatorio premettere che sul territorio comunale di Atri, anche così come è perimetrato, il dialetto in uso solo per comodità è definibile come “atriano”, perché nella realtà invece ci sono tantissime varianti tra il capoluogo e le diverse frazioni e contrade specie nella pronuncia, nell’impianto fonetico e nella cadenza. Tali fenomeni sono dovuti molto probabilmente alla scarsa coesione territoriale, poiché le frazioni verso il Vomano, come S. Margherita, Casoli, Fontanelle, hanno da sempre patito una difficoltà di comunicazione con il capoluogo: questi disagi permangono tuttora, ed è facile comprendere, dunque, come quelle popolazioni abbiano sempre vissuto uno scollamento con il capoluogo che non è solo politico e culturale, ma anche linguistico. Per Casolani e Fontanellesi infatti è molto più facile avere rapporti con Roseto, specialmente per le generazioni più giovani, il cui accento e pronuncia hanno molti punti di contatto con il dialetto rosetano piuttosto che con l’atriano. Stesse considerazioni e conseguenze valgono per il territorio a sud del “trimontium”: in particolare l’area delle Tre Ciminiere ha da sempre sviluppato maggiori rapporti con Silvi e la vicina costa è sempre più attratta nell’orbita gravitazionale dell’area metropolitana pescarese. Ad esempio “il pane” ad Atri si dice lu pàn, mentre a Fontanelle lu pàen; “il sole” ad Atri lu sàel, a Fontanelle lu sòl, mentre a Casoli diventa lu sal; Tu ad Atri té, a Fontanelle t e a Casoli tu. Se poi si attraversa il confine comunale sul Vomano, “li Uman’sc”’ come dicono a Fontanelle o “li Uman’s”’ come dicono ad Atri, si nota che hanno tutta un’altra pronuncia. Possono essere ora passate in rassegna le vocali, esaminando la particolare pronuncia che esse assumono nel dialetto atriano più antico ed incontaminato, ormai vivo solo sulla bocca dei parlanti più anziani: - La a vocale “a” in realtà non presenta grandi difficoltà. È quasi sempre “a” con leggere sfumature di sonorità, ma non si trasforma mai in suoni irrepetibili. Ad esempio “lu mar”’, “l’ alm”’ (il mare, l’anima); - la vocale “o” molto spesso nel mezzo della parola assume, come pure la “e”, il suono “ae” cosiddetto ash. È di non facile pronuncia: occorre una media elevazione della lingua, ammassandola verso la parte posteriore del palato, con ampio angolo mascellare. È un suono combinato di “a” e “e”. Ad esempio: “l’amàer"(l’amore); - la vocale “e” in finale di parola è sempre muta, al pari di tutte le altre vocali. In posizione interconsonantica assume anch’essa spesso il suono ash, come la “o”. Ad esempio: “hé lu vàer”’ (è vero; mentre nel dialetto “colto” si direbbe “hé lu ver”’; - la vocale “i” nel mezzo della parola spesso è muta. Ad esempio “lu f’j”’ (il figlio), “p’j’ quàess”’ (prendi questo) che in dialetto alto borghese diventerebbero rispettivamente, “lu fij”’ e “pij’ quess”. Ecco invece una panoramica sulle consonanti: - la “g” quando è velare, spesso diventa aspirata (la hatt’ – la hobb’ – la gatta, la gobba); il digramma “gli” si trasforma sempre in i , come in “lu g’j”’ il giglio, “lu ‘mbruj”’ l’imbroglio, “lu cun’j”’ il coniglio; - la “t” da sorda si sonorizza spesso nella corrispondente “d”, come in “'Ndonij”’ Antonio. La “t” a volte cambia suono e si raddoppia in “nn”, come in “quann”’, quando. Se non si riscontra un’alta frequenza di aferesi, ) molto praticato invece il troncamente, come in “Giuvà, Fiumé” Giovanni, Filomena. Relativamente ai verbi, nella terza persona singolare del passato remoto, si è usato moltissimo fino a non molti anni fa - non solo ad Atri ma in pressoché tutto il medio-basso teramano - l’aggiunta di “ZZ”. Ad esempio: “iozz” andò, “parlozz” parlò, “partozz” parti, “sciozz” uscì, “vulozz” volle. Ad atri è riscontrabile la presenza di due dialetti; uno popolare ed un altro più “colto”. Quello popolare, è stato ed è tuttora almeno in parte usato prevalentemente, se non esclusivamente, da contadini, artigiani, braccianti, manovali. Una lingua d’uso che si è conservata per secoli, con poche naturali modifiche. Una lingua sostanzialmente esente da influssi letterari e da contaminazioni culturali, perché, per secoli, ai ceti popolari è stata negata una alfabetizzazione culturale, strutturata e finalizzata. Quando infatti i ceti popolari si dovevano rivolgere a esponenti dei ceti sociali superiori, all’alta borghesia, alla nobiltà, ai possidenti, ai dottori, insomma a coloro che erano identificati come “li signèr”’, ricorrevano a modalità espressive e a un vocabolario un po’ più gentili, aggraziati, acculturati. Molti vocaboli “atriani” in particolare quelli popolari, sono ormai del tutto desueti, inutilizzati e a molti sconosciuti; sono perciò entrati a far parte dell’archeologia linguistica vocaboli come: li varesc’l’ – per dire le onde del mare li sgràej’ – le penne (pasta) lu risc’dàenz’ – spuntino lu ‘ndruvatàer’ – crivello grande lu jacqu’l’ – piccola fune con un anello in ferro lu sc’dijen’ – prima colazione li sc’trangajaen’ – piccole protuberanze sulla pelle lu sc’tupell’ – cestino di paglia per attingere farina lu candàen’ – l’angolo A fianco, o meglio al di sopra, del dialetto popolare c’era quello dell’alta borghesia e di chi si sforzava di imitarne i modi e i vezzi. Era certamente un dialetto costruito, artefatto, inventato. Molto aggraziato e raffinato, cantilenante, scevro dalle durezze e depurato dalle “sguaiatezze” del dialetto popolare. Una lingua prodotta probabilmente dall’affettazione e da esigenze sociali, culturali. Un dialetto scaturito anche dalla necessità di servirsi di un mezzo di comunicazione più forbito nelle relazioni con loro pari. Si tratta perciò di un dialetto tutto interno alle classi dominanti, e dunque minoritario, che però è stato quello utilizzato da molti, se non da tutti, quando si è trattato di scrivere di cose dialettali. Tradizioni e folclore I Faugni (li Faégnë) Ogni anno, all'alba dell'8 dicembre, ad Atri si ripete l'antichissima tradizione popolare dei faugni (dal latino "fauni ignis", cioè fuoco di Fauno). Essa nasce dalla fusione di una consuetudine pagana e contadina. Un tempo, nelle campagne attorno ad Atri, i contadini accendevano dei fuochi, a fini propiziatori prima del solstizio d'inverno, in onore di Fauno, divinità pagana associata alla fertilità della terra. Da questo magico rito deriva appunto la tradizione dei faugni, che consiste nell'accendere e portare in processione per la città, all'alba dell'8 dicembre, alti fasci di canne legati da lacci vegetali. La sera del 7 dicembre il parroco della concattedrale benedice il falò che servirà all'accensione dei Faugni all'alba del giorno dopo. Il giro dei faugni all'alba dell'8 dicembre per vie e piazze del centro storico di Atri termina nella piazza del Duomo, dove i fasci di canne ardenti formano un grande falò. Il corteo è molto festoso, accompagnato dalla banda e dai ragazzi che cantano pieni di allegria, e vede procedere i Faugni (che a volte possono arrivare anche a 100) per le strade della città, che diventano "fiumi" di fuoco. Nei secoli l'originario rito pagano s'è mescolato a quello della festa cattolica per l'Immacolata Concezione di Maria, per cui la processione dei fuochi e il grande falò davanti alla concattedrale sono seguiti dalla celebrazione della messa mattutina in onore della Madonna. Tra le 18:00 e le 19:00 c'è la processione con la statua dell'Immacolata, statua vestita della Madonna del 1800 issata su un baldacchino dello stesso periodo (l'altezza della statua può essere di ) Nella sera dell'8 dicembre, infine, dopo la processione il tutto si conclude con l'accensione di due pupe, fantocci dalle fattezze femminili che vengono animati da due persone che si nascondono nell'interno cavo dei fantocci. Le pupe danzano al suono della musica della banda e si accendono di fuochi pirotecnici. Dopo questo spettacolo pirotecnico, diffuso in tutto l'Abruzzo ma che ad Atri assume una forma particolare per la presenza di due pupe e non una, ce n'è un altro, da terra, lanciati da particolari macchinari in legno che rischiarano il cielo notturno del giorno dell'Immacolata e danno appuntamento all'anno prossimo. Dal 2006, alla festa dei Faugni si è correlata una notte bianca, con l'apertura notturna di tutti i bar, locali, pub e anche musei e alcune chiese. Vi possono essere anche concerti, come è accaduto nell'edizione 2008. Ogni anno la manifestazione richiama una gran quantità di pubblico. Santa Reparata di Cesarea di Palestina (Lunedì in Albis) I festeggiamenti, una volta molto più grandi, onorano la patrona santa Reparata. Il clou avviene il pomeriggio del lunedì, quando la processione muove dalla concattedrale, accompagnata dalla banda per portare il busto argenteo della Santa (1608, fratelli Ronci), per le vie cittadine. A mezzanotte gli stupendi fuochi artificiali. Santa Rita da Cascia (19-20-21-22 maggio) È una festa molto sentita dalla popolazione, anche perché la santa avrebbe fatto molto miracoli agli atriani affetti da malattie molto gravi. Il 22, nella piccola chiesa di santo Spirito, vi è un grande via vai di gente per salutare la santa, posta in un grande baldacchino dorato. Vi è la messa cantata, la benedizione delle rose, in sacrestia si danno dei petali benedetti e i preziosi ex voto. Alle 19.00, i confratelli dell'Annunziata trasportano il simulacro per le vie cittadine piene di luminarie, accompagnati da tre bande. Durante la processione le strade diventano fiumi di petali di rose lanciati dai fedeli dai balconi. Ogni anno vi sono spettacoli musicali, bandistici e teatrali. Madonna delle Grazie (2 luglio) La festa è molto sentita dagli atriani, che celebrano la patrona della contrada Cona, che sorge ai lati della strada provinciale 553 per Silvi Marina-Pescara. Nove giorni prima (novena), la Madonna e il Bambino indossano un vestito a festa con tanto di collane e orecchini. La mattina del 2 luglio, una processione dalla nuova chiesa di San Gabriele percorre per arrivare alla chiesetta barocca di Santa Maria delle Grazie, detta Madonna della Cona, dove la statua vestita della santa sta aspettando i fedeli, che assistono alla messa all'aperto e fanno una colazione collettiva. A sera, la processione. È considerata la festività religiosa più partecipata e famosa di Atri (dopo i Faugni e Santa Rita). Madonna del SS. Rosario (prima domenica di ottobre e sabato precedente) La festa è molto sentita dagli atriani, che nutrono un forte culto verso il Rosario grazie anche all'azione dellArciconfraternita del Rosario che ha sede nella chiesa di San Giovanni Battista (detta San Domenico). Per l'occasione, una stupenda statua della Madonna del Settecento, conservata nella chiesa di San Domenico viene tolta dalla sua cappellina e il suo vestito le viene cambiato con uno più ricco, interamente ricamato con fili d'oro. La domenica la statua, dopo la messa delle 18.00, viene portata in processione per le vie della città. Anticamente la statua veniva interamente ricoperta di ori e gioielli ma, a causa di reiterati furti, fu vietato il rito del "dono degli ori alla Vergine". Dal 2009 è tornata in auge la Festa dell'Uva, manifestazione di origine contadina interrottasi nel 1989. Il sabato pomeriggio una decina di carri e trattori addobbati con festoni e uva sfilano per le vie della città (dove intanto si tiene una rassegna di vini locali) per arrivare a Piazza Duomo, dove ci sarà la premiazione del carro più bello e l'esibizione dei gruppi folcloristici invitati. Madonna di Pompei (Lunedì dell'Angelo) Viene festeggiata fin dal 1899 nella contrada suburbana della Cona; il gruppo scultoreo (costituito dalle statue vestite della Madonna, di San Domenico e di Santa Caterina) è conservato in una cappella della chiesa ed esposto alla venerazione; per l'occasione alla Vergine viene fatto indossare un vestito diverso e più sontuoso rispetto a quello che indossa normalmente. La processione avviene la mattina, dopo la messa di mezzogiorno (unica processione che ad Atri ancora si svolge prima del Vespro). A sera spettacoli bandistici e di cabaret e, a chiudere, i fuochi d'artificio. Santa Croce (1-2-3 maggio) I festeggiamenti sono più che altri religiosi e si svolgono nella contrada Santa Croce (o Crocifisso, che si trova lungo la direttrice per il mare, a lato della strada provinciale 28 per Pineto), dove si trova la chiesa del Crocifisso, fatta ristrutturare negli anni cinquanta da un emigrato atriano tornato in patria. L'emigrato, partito da Atri per la guerra negli anni quaranta e poi trasferitosi negli Stati Uniti, fece voto al Crocifisso di ristrutturare la chiesa in suo onore all'epoca abbandonata se gli avrebbe portato fortuna nel viaggio. L'emigrato in America fece fortuna e tornato in Abruzzo ristrutturò la chiesa di S.Croce (che si presenta nell'aspetto conferitogli intorno al 1950) e vi mise anche una piccola reliquia della Croce. I festeggiamenti principali interessano il 3 maggio, quando al pomeriggio vengono portati in processione nelle vie adiacenti alla chiesa il Crocifisso (portato dal sacerdote, sotto un baldacchino di stoffa) e la reliquia della Croce. La piazza antistante la chiesetta è decorata da luminarie e bancarelle e si esibisce la banda della frazione Casoli di Atri. Sant'Antonio da Padova (13 giugno) La statua del santo viene esposta giorni prima nella chiesa di San Francesco d'Assisi, in corso Elio Adriano, e la mattina del 13 giugno, durante la messa, vengono distribuiti i pani benedetti. Dal 1944, anno in cui nacque la festa come ringraziamento per la fine della seconda guerra mondiale, fino al 1961 ci fu anche la processione mattutina con la statua del santo, poi soppressa perché spesso cadeva in concomitanza con il Corpus Domini. Corpus Domini (Domenica dopo la SS. Trinità) La festa del Corpus Domini, come nel resto d'Italia, è variabile ed è collegata alla data della Pasqua e quindi può capitare a maggio o a giugno, ma sempre dopo la festa della Santissima Trinità. Vi è la tradizionale Infiorata tipica di moltissime città italiane; fin dalla mattina donne e uomini preparano i petali e disegni per il grande tappeto floreale che verrà preparato in Piazza Duomo e dove passerà la processione. Sempre in piazza Duomo viene allestito il palco dove viene celebrata la messa all'aperto. Nel pomeriggio, verso le 17.00, parte la processione dal palazzo vescovile, con in testa tutti i preti della diocesi, il vescovo, i bimbi della Prima Comunione (con il loro abito bianco) e infine il baldacchino di stoffa con il Corpus Domini, l'ostia contenuta in un ostensorio d'argento diverso ogni anno (spesso si tratta dei ricchi ostensori barocchi delle chiese di Atri). Si arriva quindi in piazza Duomo, con lo sfondo della magnifica concattedrale, si sale sul palco e si celebra la messa davanti a tutti i fedeli (in caso di pioggia, la messa viene celebrata in concattedrale). Dopo la messa, verso le 18.30 inizia la processione del Corpus Domini con l'ordine già menzionato prima: questa volta, però, dietro al baldacchino ci sono tutti i fedeli. La processione passa sopra l'Infiorata, con un tema diverso ogni anno (ma sempre inneggiante a Cristo e all'Eucaristia), e attraversa tutte le vie del centro storico. La processione poi rientra nel Duomo. Processione del Cristo Morto (Venerdì Santo) La processione è molto antica, anche se gli attuali simulacri sono dell'Ottocento. La processione si avvia dalla Concattedrale con i soli simulacri del Cristo morto (posto su un grande baldacchino dorato, coperto di veli e velluto nero, opera stupenda dell'Ottocento di scuola napoletana, considerata la più bella bara d'Abruzzo) e dell'Addolorata, che si incontrano nella piazza antistante con la processione, proveniente da San Francesco della Croce con i simboli della Passione. Arrivati a San Domenico si unisce "il Calvario", gruppo scultoreo delle tre croci. La processione rientra in Duomo, mentre "il Calvario" riparte per ritornare a san Domenico, dov'è conservato. Festa dell'Assunta e apertura della Porta Santa del Duomo (14-15 agosto) La festa dell'assunta è molto sentita dagli atriani. La statua della Madonna viene esposta molti giorni prima nella concattedrale. Il 14 agosto vi è un grande corteo storico preceduto dal vescovo che, arrivato in Piazza Duomo, dopo gli spettacoli medievali, procede all'apertura della Porta santa (primo portale su lato destro, opera di Raimondo del Poggio, XIV secolo), istituita nel 1300 forse da Papa Celestino V (che aveva la madre originaria di Atri) o da Papa Bonifacio VIII. Un tempo, accanto alla Porta Santa, si trovavano le spoglie del Beato Nicola (povero errante morto in Duomo), ora spostate nel Museo Capitolare; la porta rimane aperta per i successivi 8 giorni. Sfilata dei carri trainati da buoi (Maggiolata) (15 agosto) La sfilata è la riproposizione delle maggiolate che un tempo erano d'uso. La festa consiste nell'addobbare antichi carri aprutini e sfilare per la città al suono di canti e balli di gruppi folcloristici provenienti anche da altre regioni. Un tempo vi era anche una grande fiera del bestiame e la sagra delle cipolle per le provviste invernali. Atri a Tavola (in luglio ed in agosto) La manifestazione è nata nel 2001 grazie all'opera dell'Amministrazione Comunale e rappresenta la maggiore manifestazione gastronomica dell'Abruzzo. Vi partecipano oltre 100 espositori, provenienti dall'Abruzzo ma anche dalle regioni limitrofe come l'Umbria e le Marche. I vari stand sono dislocati da Viale Umberto I fino a Piazza del Comune, occupando tutto il Corso e Piazza Duomo. È interessata anche buona parte del centro storico con vari spettacoli. In Piazza del Duomo si tengono anche spettacoli gastronomici e folcloristici o la riproposizione degli antichi mestieri. Durante i giorni di festa si tengono anche alcuni convegni, in cui si parla soprattutto di vari aspetti culturali della città di Atri e non solo. L'affluenza di persone, provenienti da molte parti, è grande anche perché c'è l'occasione di visitare vari monumenti della città dove si svolgono alcune particolari eventi, come la chiesa di san Francesco dove sulla sua teatrale scalinata a doppia rampa si svolgono concerti di musica classica; l'affluenza di persone è maggiore soprattutto nei giorni del 12 e 13 agosto, perché precedono i festeggiamenti di Ferragosto il 14 e 15 agosto. Casoli Pinta Dal 1996 si svolge nella frazione di Casoli e prevede la realizzazione di murales sulle pareti delle case da parte di pittori di tutto il mondo che hanno ricoperto di opere d'arte le pareti esterne delle case, rinnovando l'aspetto di Casoli e trasformando il piccolo borgo in un museo all'aperto. Gli artisti vengono ospitati dagli abitanti per tutto il tempo della realizzazione delle opere. Reportage Atri Festival È un Festival dedicato ai reportage fotografici istituito nel 2009 dall'amministrazione comunale. Presenta un denso programma di eventi, mostre e incontri che raccontano singolarmente e nel loro insieme l'anima e il significato del mestiere di reporter. La direzione artistica è di Toni Capuozzo inviato del TG 5. Hanno partecipato: Paolo Woods, Marco Anelli, Marco Di Lauro, Paolo Pellegrin. Ospedale civile San Liberatore Atri è nota in Abruzzo anche per i servizi sanitari garantiti dall'ospedale civile "San Liberatore", efficiente struttura sanitaria pubblica con un vasto bacino d'utenza. Cultura Istruzione Biblioteche Biblioteca comunale (che ha sede nel palazzo ducale) Biblioteca capitolare (in via dei Musei, alle spalle del duomo) Biblioteca del Centro servizi culturali (in corso Elio Adriano, nei pressi della chiesa di San Francesco) Studio araldico atriano Archivio storico e pergamenaceo Comunale (300 pergamene, uniche e restaurate nel 2000) Scuole e università Oltre alle scuole dell'infanzia e alle scuole d'obbligo, presenti, oltre che nel capoluogo comunale, con varie sedi anche nelle frazioni (ognuna ha un asilo e una scuola elementare, mentre la scuola media di riferimento delle frazioni si trova a Casoli di Atri), Atri vanta numerose scuole superiori, riunite nell'Istituto d'Istruzione Superiore "Adone Zoli", creato nel 1995, comprendente: il Liceo Luigi Illuminati, prima tutt'uno con l'istituto Adone Zoli e separato nel 2019. possiede lo storico Liceo Classico (istituito nel 1900) e la nuova specializzazione Liceo Classico della Comunicazione; il Liceo Linguistico (1988) con la nuova sperimentazione del Liceo Linguistico del Turismo; il Liceo Scientifico (2007) con la sperimentazione (2010) Scientifico opzione Scienze applicate; l'''Istituto Tecnico Commerciale "Adone Zoli" (1954), con la nuova sperimentazione in Relazioni Internazionali per il Marketing; lIstituto Professionale, erede della Scuola d'Arte e Mestieri (1893), con la nuova sperimentazione in Servizi socio-sanitari. Collegata all'attività dei licei è la Scuola Civica "Claudio Acquaviva", nota anche come scuola dell'eccellenza, istituita nel 2010, per la promozione, la formazione e la valorizzazione delle eccellenze, ovvero i migliori allievi del territorio; la scuola è a numero chiuso, poiché vi possono entrare, dopo un esame di cultura generale, solo 60 ragazzi. Era presente inoltre una sede periferica dell'Università degli studi di Teramo con il Corso di Laurea in Scienze Giuridiche economiche e manageriali dello Sport; Corso di Laurea Specialistica in Management dello Sport e delle Imprese Sportive; Master di Primo Livello in Diritto ed Economia dello Sport nell'Unione Europea, . Teatro Il Teatro di Atri è il più antico teatro della Provincia, ed è una copia più piccola del vecchio teatro comunale di Teramo. Musei Il Museo Capitolare (con visita al chiostro del Duomo e all'attigua cripta e cisterna romana, con affreschi databili ai primi decenni del sec. XV) Il Museo civico etnografico, nei pressi dell'Ufficio postale di piazza San Pietro Il Museo-archivio musicale "Antonio Di Jorio" Il Museo archeologico civico De Galitiis-De Albentiis-Tascini, in via dei Musei, alle spalle del duomo Il Museo didattico degli strumenti musicali medievali e rinascimentali, che ha sede nel palazzo ducale "Casoli Pinta": Museo all'aperto di murales d'autore nella frazione di Casoli-"museo sotto le stelle" Raccolta preziose Ceramiche (mattonelle) di Grue e di Gentile e frammenti della Casa Ducale, nonché Monete dell'antica Numismatica della città di Atri (sec. VI-V a.C.) Emittenti televisive L'emittente televisiva Tv Atri nasce nel 1975, in seno all'associazione sociale e culturale di volontariato C.A.R.T.A. (Club Amatori Radio Televisione Atriani) ONLUS, concessionaria dell'emittente televisiva "TV Atri", il primo canale televisivo in Abruzzo. Possiede una testata giornalistica, "Tele Atri Notizie" (registrata al tribunale di Teramo nel 1989). Direttore della testata giornalistica è Cosimo Daidone, mentre il caporedattore e caposervizi (dal 2003) è il giornalista Rosario Di Blasio. La conduzione della struttura avviene con un benemerito volontariato che impegna mezzi e tempo libero. Le trasmissioni avvengono sui canali 32 UHF e H VHF con il sistema analogico di giorno e nelle ore notturne in digitale terrestre. Il presidente è la giornalista/pubblicista Elvira Ferrari. Il direttore e coordinatore dell'associazione è stato l'ing. Domenico Muscianese. Tradizione corale La secolare tradizione canora, alla quale hanno dato un determinante contributo i frati Francescani, ha dato vita nei secoli nella cittadina a numerosi cori. Cucina Formaggio pecorino di Atri Arrosticini Liquirizia di Atri Miele Maccheroni con la mollica Olio extravergine d'oliva Pretuziano delle colline teramane D.O.P. Dolce pan ducale Vini: Montepulciano d'Abruzzo e altri prodotti da uve Trebbiano e Chardonnay Economia Turismo L'importante patrimonio storico culturale della cittadina, che la distingue dalle città costiere di più recente fondazione, la rende una delle tradizionali mete turistiche della costa teramana. Industria L'area industriale Stracca, sita lungo la vallata del Vomano, è sede di piccole e medie imprese che operano nei settori dei mobili, chimica e metalmeccanica. Infrastrutture e trasporti Strade La cittadina è raggiungibile attraverso l'autostrada A/14 Adriatica, uscendo al casello Atri-Pineto. Dalla Strada Statale 16 Adriatica, si raggiunge Atri imboccando la strada provinciale 28 da Pineto, oppure la strada statale 553 di Atri da Silvi. Ferrovie La stazione ferroviaria più vicina è quella di Stazione di Pineto-Atri (). Amministrazione Gemellaggi Conversano (BA), dal 17 giugno 2010. Atri fu dal 1395 dominio degli Acquaviva (poi Acquaviva d'Aragona) che dal 1455 ebbero anche Conversano. Nardò (LE), dal 17 giugno 2010. Atri (dal 1395), Conversano (dal 1455) e Nardò (dal 1497) furono dominio della potente casata degli Acquaviva. Litochoro (in greco Λιτόχωρο), comune soppresso da gennaio 2011 ed annesso al comune di Dion-Olympos (in greco Δίο-Όλυμπος). Lecce nei Marsi (AQ), dal 7 novembre 2013. Ad Atri ha vissuto per un lunghi periodi ed è morto Andrea De Litio, pittore del rinascimento nato, con ogni probabilità a Lecce nei Marsi. Sport Come infrastrutture sportive, la cittadina ospita uno stadio comunale, due palazzetti dello sport, un circolo tennis e una piscina comunale. Note Bibliografia Anton Ludovico Antinori, Annali degli Abruzzi, Vol. I; Luigi Sorricchio, Hatria-Atri I volume, Roma, Tip. del Senato, 1911; II volume - Dalle invasioni barbariche alla fine della dinastia Angioina (476 - 1382), Pescara, de Arcangelis, 1929; III volume - Dalla dinastia Durazzesca alla morte di Filippo II di Spagna (1382 - 1598); in due parti, a cura di Bruno Trubiani, Atri Tipografia Fratelli Colleluori, 1981; Luigi Illuminati, Un paese d'Abruzzo nella seconda metà dell'Ottocento, Pescara, Donato e Nicola De Arcangelis, 1946; Nicola Mattucci, Note di storia atriana, a cura di Francesco Barberini, Pescara, Ferretti, 1964; Giovanni Azzena, Atri, forma e urbanistica, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1987; Domenico Zincani, Immagini di vita atriana 1930-1975, s.l., Gildo e Cettina Di Febo, 1991; Giuseppe Di Filippo, Gli Uomini e la Storia - Personaggi illustri di Atri'', Ass. Cult. L. Illuminati, Atri 1996 Giuliano Giuliani, " Atri: una storia per immagini ", Hatria Edizioni, 2011. Voci correlate Riserva naturale guidata Calanchi di Atri Valle del Vomano Ducato di Atri Duomo di Atri Antico porto di Atri Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Vastese%20Calcio%201902
Vastese Calcio 1902
La Vastese Calcio 1902, nota semplicemente come Vastese, è una società calcistica italiana con sede nella città di Vasto, in provincia di Chieti. Milita in Eccellenza, la quinta divisione del campionato italiano. Gioca le sue partite casalinghe nello storico stadio Aragona, impianto del 1931 capace di ospitare 5.500 spettatori circa. Storia Le origini Il calcio a Vasto nasce nel lontano 1902 attraverso alcuni studenti della Regia Scuola Tecnica "Gabriele Rossetti". Dalla confusa e scarna memorialistica d'inizio Novecento, maggiori notizie si hanno nel maggio 1911 quando per iniziativa di un pastore evangelico inglese ed un discreto numero di appassionati (Michele Trivelli, Antonio Cieri, Giuseppe Peluzzo, Salvatore Celano, Cesario Valentini, Giuseppe Natarelli e altri) venne fondata la "Società Sportiva Umberto I" con sede sociali in via del Lago, nelle vicinanze della scomparsa chiesa di S. Pietro. La squadra iniziò l'attività disputando alcuni incontri amichevoli ad Ortona, Roseto, San Vito e piccoli campionati provinciali.Nel frattempo anche la "Stella Azzurra" allestì una squadra calcistica, indossando una divisa biancorossa. Si hanno in merito notizie di un'amichevole in campo avversario con il "Teramo Gran Sasso", finita con il punteggio di 0-2 nel maggio 1914. Lo scoppio della prima guerra mondiale, che portò via voglia di divertimento e vite umane, costrinse logicamente le due piccole società vastesi ad interrompere ogni attività agonistica. Alla fine della grande guerra venne fondata la "Società Sportiva Histonium" che dopo qualche amichevole di collaudo partecipò ad un pioneristico torneo calcistico a Pescara con calciatori tutti rigorosamente vastesi. Dai primi anni alla Seconda Guerra Mondiale Il 4 luglio 1922 la "Società Sportiva Histonium" si fuse con la "Forza e Coraggio", altra società sportiva locale, dando vita alla "Unione Sportiva Vastese" con sede sociale in Via Barbarotta e con presidente Giuseppe Galante; la prima partita della U.S Vastese risale al 30 settembre 1922 contro la Virtus Lanciano con il risultato di 2-0 per i locali adriatici. Nel 1923 venne organizzato a Pescara un mini torneo che all'epoca costituiva un vero e proprio campionato locale e al quale parteciparono U.S. Vastese, Carsoli, Avezzano, Pratola Peligna, Scafa, Lanciano, Pro Sulmona e Chieti. La U.S. Vastese dopo aver battuto l'US Chieti per 6-1 venne eliminata in semifinale dall'Avezzano con il risultato di 2-3. Il 12 febbraio 1925 partecipò al primo campionato regionale abruzzese di calcio. Alla fine dell'estate del 1930, dopo cinque anni di stasi calcistica e dotatasi di una squadra decisamente competitiva, la squadra vastese partecipò il 1º ottobre alla coppa Bottari organizzata dalla società teatina Pippo Massangioli, dove ebbe inizio la rivalità con la squadra di Chieti (sospensione della partita per incidenti in campo). Conclusa l'esperienza di coppa, la società dell'U.S. Vastese tornò nel limbo degli incontri amichevoli, nonostante potessero contare su giocatori di discreto livello, il tutto a causa dei pochi mezzi economici a disposizione in quel periodo e soprattutto a causa della mancanza di un campo, l'Aragona, ancora sprovvisto di recinzioni e spogliatoi. Si ricordano alcuni risultati in partite amichevoli contro il Lanciano, (5-0, 6-2, 2-1, 1-8), Manfredonia (2-0, 2-4), Termoli (4-0, 5-1, 3-1), Molfetta (2-1), pareggi contro il Delfino Pescara, Chieti, Foggia, Sambenedettese e sconfitte contro l'Hellas Verona (1-2). Nel pieno del ventennio fascista la società sportiva cambio nome in "Istonio". A fine degli anni trenta seguì un periodo oscuro per il calcio cittadino fatto di poche e negative prestazioni, preludio al secondo conflitto mondiale. C'erano in quei tempi ben altri problemi. Dal Dopoguerra agli anni sessanta Con il cessare della Seconda guerra mondiale, la ripresa dell'attività sportiva si registrò nel 1944-45 con la Società Sportiva Vastese, sotto la presidenza dell'avvocato Silvio Ciccarone e del Cav. Floriano Cannarsi. Si allestì subito una squadra molto competitiva con giocatori di Serie A e B (tra cui Pietro Arcari, detto Arcati III, Giuseppe Spinola ex giocatori dell'A.C. Milan, Italo Romagnoli ex del Pescara e Vittorio Coccia ex campione d'Italia con l'Ambrosiana Inter) e con la partecipazione al campionato misto abruzzese composto da 13 squadre. In quella stagione, la prima del dopoguerra, si piazza quarta. L'anno successivo, 1945-1946, la dirigenza riesce ad iscrivere la squadra nel campionato di serie C-centro/sud dove militerà per tre anni consecutivi attraverso anche salvezze con unici fatti salienti i derby contro Chieti, Giulianova, Sulmona e Teramo. Allenatori più rappresentativi in quel periodo furono Walter Crociani, Giuseppe Cavanna (ex portiere del Napoli) e Gyorgy Orth, ex giocatore della Nazionale ungherese. La struttura pletorica dei tornei consigliò però la FIGC ad operare una riforma, e nel 1948-49 la Vastese venne iscritta nel campionato di Promozione. Dopo aver militato per alcuni anni in quarta serie e dopo una mancata promozione in Serie C a favore della Fermana, la S.S. Vastese retrocede due volte consecutive a causa di problemi societari: nel campionato 1951-52 in Promozione Abruzzese e nel 1952-1953, nell'ultima giornata sul campo del Termoli, in Prima Divisione, con l'allenatore Rodolfo Volk, in precedenza sulla panchina della Roma. Nel 1953 cambia nome: assume il nome di "A.C. Pro Vasto". Nel 1953-1954 con la modifica della denominazione sociale e con nuova linfa da parte di alcuni nuovi dirigenti locali (tra cui Ettore De Simone) la Pro Vasto riesce subito a tornare in Promozione Abruzzese (torneo caratterizzato da una sola sconfitta) e dopo 4 anni tra alti e bassi, nella stagione 1957-58 dopo un avvio decisamente mediocre si centra la promozione in Serie D con 14 risultati utili consecutivi (di cui 12 vittorie) nel solo girone di ritorno, con Vincenzo Mileno capocannoniere (21 gol) e sotto la guida dell'allenatore-giocatore Orlandi. Seguiranno in Serie D successivamente quattro campionati sotto le presidenze di Giuseppe D'Ugo e Nicola Ferrara appena sufficienti a causa della mancanza di fondi, campionati caratterizzati solo da salvezze anticipate o da derby accesi contro Giulianova e Teramo. Da ricordare in quel periodo la presenza del bomber Ascatigno nella stagione 1960-1961 che realizzò 16 reti in 32 partite, diventando di conseguenza il nuovo idolo degli sportivi locali. Gli anni sessanta I primi due campionati del nuovo decennio si aprirono con due salvezze in serie D, salvezze faticose a causa anche di gironi molto competitivi sotto l'aspetto tecnico. (da segnalare nel 1961-1962 uno storico derby vinto allo Stadio Aragona contro l'Avezzano per 2-1, match ricordato per i toni molti accesi espressi sia in campo che fuori.) Nel 1962-1963 il Pro Vasto retrocede in Promozione Abruzzese dopo il match contro i marchigiani della Maceratese, dopo aver disputato un campionato modesto. Unica nota positiva è la presenza emergente del giovane Tonino Lo Vecchio, il calciatore che con la maglia vastese ha realizzato dopo 13 stagioni il più alto numero di gol con la casacca biancorossa: 128 in ben 387 partite ufficiali. Sotto le presidenze di Giuseppe Bottari prima e Federico De Mutiis poi seguiranno quattro annate caratterizzate da vari fatti: nel 1963-1964 i fatti extrasportivi lasciarono il segno all'interno del sodalizio biancorosso. Nel 1964-1965 si affacciò all'interno del sodalizio calcistico biancorosso l'avv. Federico De Mutiis, una figura la cui passione e competenza gioveranno non poco all'attività calcistica vastese negli anni seguenti. La compagine biancorossa si piazzò seconda in quel campionato, per un solo punto, alle spalle della Rosetana, nonostante le lunghe squalifiche di Lo Vecchio e del trainer locale Di Santo; Nel 1965-66 la Pro Vasto vinse il proprio girone ma nello spareggio con l'Avezzano, nella terza gara disputata allo Stadio Adriatico di Pescara, subì una inaspettata sconfitta che consentì ai marsicani di festeggiare la promozione; Nel 1966-67 finalmente si ottenne la serie D grazie al lancio della monetina nello spareggio sempre all'Adriatico di Pescara contro il Termoli. Fu questo anche l'anno del raggiungimento della Pro Vasto alle semifinali nazionali di Coppa Italia Dilettanti allo Stadio Flaminio di Roma. Di quella squadra bisogna ricordare sicuramente i vari Amodio, Lo Vecchio, Della Penna, Fanesi, Monteferrante, De Filippis, Romoli, Ercolano. Finalmente e con molta sofferenza la Pro Vasto nel 1967-1968 tornò a partecipare un campionato di serie D, nel girone H, mostrando comunque la volontà di non fermarsi. La società infatti rinunciò all'allenatore Di Santo ed ingaggiò per vincere il campionato Feliciano Orazi, tecnico estroverso che divise subito la tifoseria locale. L'Aragona per la prima volta si vestì con un manto erboso e balzò subito agli occhi una nuova organizzazione societaria, più seria e completa sotto vari aspetti. Si concluse il torneo al 4º posto ma il duo Orazi - De Mutiis pretendeva di più, voleva il ritorno in Serie C e così fu, già nella stagione seguente. L'annata 1968-1969 diede vita ad una cavalcata verso i professionisti, con 17 vittorie e 13 pareggi nell'infuocato girone abruzzese-pugliese. Ritornato nel calcio professionistico, alla guida tecnica per la stagione 1969-1970 fu confermato sempre Orazi che modellò la squadra con alcuni nuovi arrivi di categoria. Il debutto ufficiale avvenne il 14 settembre 1969 a Napoli contro l'Internapoli con una sconfitta tonda per 2-0. Dalla domenica successiva però una serie di risultati entusiasmanti portarono il Pro Vasto alla fine del girone d'andata al secondo posto a 3 punti dalla Casertana poi vincitrice del torneo ma nel girone di ritorno, a causa di un vistoso calo fisico, la squadra perse posizioni e si salvò solamente in casa all'ultima giornata. Da segnalare in questa stagione la vittoria nel derby casalingo contro il Chieti davanti a 7000 spettatori con gol di Taverna. Gli anni settanta L'anno dopo (1970-1971) Enzo Savelli prese in mano la società e portò in panchina Amos Mariani (ex giocatore della nazionale italiana) poi successivamente sostituito da Giammarco. Nonostante ciò anche quell'anno il Pro Vasto si salvò all'ultima giornata a Torre Annunziata, giocando contro il Savoia in una caldissima domenica di giugno. Nel terzo anno consecutivo in Serie C (1971-1972), sotto la guida di Tony Giammarinaro, venne allestita una formazione competitiva (vennero ingaggiati Lamia Caputo, Tancredi, Bonetti) che non solo ottenne un quinto posto di altissimo spessore tecnico ma diede numerose soddisfazioni, tra le quali le vittorie nel derby esterno contro il Pescara con un gol di Lo Vecchio e quello casalingo contro il Chieti. Nel quarto anno consecutivo di Serie C la presidenza passò a Giuseppe Baiocco che, con l'aiuto del tecnico Pietro Castignani, portò a fine stagione il Pro Vasto a una posizione di centroclassifica. Vennero inoltre valorizzati giovani tra i quali Savastio, De Filippis e Donato Anzivino. Nella quinta stagione consecutiva in Serie C (1973-1974), caratterizzata da un rimpasto nell'organico tecnico, il Pro Vasto ottenne la salvezza anticipata nonostante una piccola crisi societaria. Anzivino e Castellini ottennero la convocazione nella Nazionale di Serie C. Al sesto anno di fila nei professionisti (1974-1975) sotto la guida dirigenziale del presidente Giuseppe Baiocco e quella tecnica di Renzo Uzzecchini, il Pro Vasto si presentò al via con la grossa novità del girone centrale: squadre di rilievo nazionale come Empoli, Pisa, Modena, Livorno fecero da contorno ad una bellissima stagione culminata con un onorevole sesto posto in classifica generale. La stagione seguente (1975-1976, la settima consecutiva tra i professionisti) vide il via con il Comm. Giuseppe Soria al timone dirigenziale e il ritorno nell'infernale raggruppamento meridionale; tuttavia il campionato si concluse per i biancorossi con la salvezza comunque conquistata sul campo. Nell'annata 1976-1977 ci furono le dimissioni di Soria dalla presidenza del sodalizio, l'esonero del trainer Gino Pivatelli a favore di Pasinato e Lenzi a metà stagione e la presenza di giocatori di buon livello quali Ludwig e Zamparo. Il Pro Vasto cadde in una forte crisi societaria ma il miracolo sportivo avvenne, riuscendo ad ottenere un'insperata salvezza all'ultima giornata per differenza reti a spese dell'Alcamo. Tuttavia nel sodalizio biancorosso la crisi dirigenziale non venne sanata e l'anno successivo portò ad una retrocessione a quel punto davvero inevitabile. A causa della riforma dei campionati per la stagione 1978-1979 venne inserita nel campionato di Serie C2 ma a causa dei debiti sulle spalle venne allestita una squadra modesta con il chiaro obbiettivo di mantenere almeno la categoria; così non fu e all'ultima giornata, dopo la sconfitta interna con la diretta concorrente Gallipoli che suscitò non pochi malumori, si chiuse un ciclo d'oro e mai dimenticato durato quasi 15 anni iniziato dall'avvento dell'Avv. De Mutiis (1964-1979). Dopo i fasti della Serie C e l'inevitabile retrocessione in Serie D, per la stagione 1979-1980 fu difficile effettuare anche l'iscrizione. Nonostante tutto grazie al nuovo presidente Pino Jubatti e il ritorno del mister Orazi si sfiorò l'immediato ritorno tra i professionisti. Il sogno svanì miseramente a Nocera Inferiore contro il Martina Franca in un amaro spareggio perso dopo la lotteria dei rigori per 4-3 davanti a centinaia di vastesi che invasero il centro campano. Gli anni ottanta Al termine della stagione 1980-1981 la squadra biancorossa si salvò. La prima squadra cittadina divenne la Società Sportiva Incoronata e ripartì dalla promozione Abruzzese, che con Renzo Rossi come trainer perse subito lo spareggio nel 1981-1982 ad Atri contro l'Angizia Luco davanti a 1200 sostenitori biancorossi. L'anno seguente ci fu il cambio di denominazione sociale in Associazione Calcio Vasto 82 ma la storia non cambiò. Questa volta, sempre con Rossi allenatore, a Pineto all'ultima giornata sfumò la vittoria del campionato regionale. Con il morale a terra nel 1983-1984, con Giovanni Bolognese nuovo presidente e Pietro Castignani allenatore tecnico la squadra adriatica riuscì a risalire la china ottenendo una bella vittoria finale che le consentì di tornare in un campionato più consono alla propria storia, ovvero la Serie D. L'annata 1984-85, nonostante la presenza di molti errori, si concluse all'ultima giornata con una salvezza batticuore sul campo del già retrocesso Avezzano. A contribuire a quella salvezza aiutarono i gol di Vincenzo Fiorillo che da lì in poi, per varie stagioni, scrisse pagine importanti con la casacca biancorossa con ben 78 marcature ufficiali. Anche l'annata successiva si concluse, con Mimì Lamia Caputo trainer e Giovanni Bolognese presidente, con una salvezza anticipata ed un anonimo sesto posto finale in serie D. La stagione 1986-87 nata sotto gli auspici di un rilancio e con l'acquisizione della società da parte di Mario Tenaglia, per una serie di errori, fu caratterizzata dalla retrocessione in Promozione Regionale Abruzzese. Taverna prima e Bertuccioli poi furono gli allenatori di quella disfatta. L'ingresso di G. Tumini, giovane imprenditore vastese affiancato da una cordata locale, portò immediatamente dei risultati sportivi degni di nota. La nuova denominazione sociale in Vastese Calcio e il campionato 1987-1988 vinto in volata all'ultima giornata sul Termoli poi ripescato in Serie D (sconfitto ad Altino con autorete del terzino Rinaldi) ricrearono entusiasmo. Il ritorno in Serie D quindi si materializzò al primo anno con il tecnico Renzo Rossi. L'anno successivo, stagione 1988-89, la Vastese guidata dal bomber Scotini diede vita ad un affascinante duello con una forza emergente nel panorama calcistico nazionale: il Castel di Sangro del costruttore Gabriele Gravina. Sempre sotto la guida di Rossi, infatti, per un punto l'undici biancorosso fallì la seconda promozione consecutiva piazzandosi al secondo posto con 50 punti alle spalle della formazione sangrina. Si giunse così alla stagione 1989-90, una stagione segnata da voglia di rivalsa da parte di tutto la staff biancorosso dopo l'epilogo non fruttuoso dell'anno precedente. Il presidente Tumini affidò la squadra ad un tecnico emergente, Aldo Ammazzalorso prelevandolo dal Pineto. Aggiunse ad una rosa già valida tra cui spiccavano De Santis, Gaeta, Paolucci, Vecchiotti e Castorani elementi di sicuro valore quali Naso, Frioni, Giancamilli, Di Giulio, Marcone ed Acanfora, il tutto miscelato con alcuni promettenti giovani locali. La compagine biancorossa con un girone di andata a ritmi elevatissimi ed una sequenza di pareggi nel girone di ritorno diede vita ad una cavalcata riconquistando quella Serie C che mancava da 10 anni. Da segnalare l'attaccante Scotini capocannoniere per il secondo anno consecutivo con 18 reti. Gli anni novanta Con la società ben ricompattata la Vastese quindi riesce a riagguantare la Serie C2. L'anno del rientro tra i professionisti, 1990-1991, è caratterizzato dal ritorno in panchina di Giammarinaro, vecchia conoscenza del calcio vastese che portò con notevoli spese in riva all'adriatico, giocatori del calibro di Russo, Tortora, Genovasi, Negri, Vantaggiato, De Felice e Valenzano a cui si affiancarono i già presenti Vecchiotti,Baiocco M, Scotini e Castorani. La squadra vincitrice del campionato precedente venne quindi in parte smantellata. Il campionato si concluse con un onorevole piazzamento (quarta) dietro al Chieti ed alla Sambenedettese. Sempre nel 1991 venne venduto per 600 milioni Mario Lemme, giovane promessa locale, al Parma di Tanzi. A maggio Tumini lasciò la presidenza per motivi personali ed alla guida tecnica per il campionato 1991-1992 venne chiamato Ambrogio Pelagalli (ex giocatore del Milan) che venne sostituito a metà stagione ancora una volta da Tony Giammarinaro. Giocatori di rilievo in quella annata furono gli acquisti di Artibani, Pedroni e Domenico Giacomarro dall'Hellas Verona. Il Campionato si chiuse con la formazione biancorossa a metà classifica. Notizia positiva fu, però, l'entrata in società a fine stagione, per dare nuova linfa alle casse sociali, di un imprenditore pescarese mai dimenticato a Vasto, Dante Marramiero. Nel campionato seguente, 1992-1993, la famiglia Marramiero decide di puntare sui giovani ed affida la conduzione tecnica ad un allenatore emergente, Gianni De Biasi. Il piazzamento finale al 6º posto fu la conferma dell'ottimo lavoro portato avanti con ragazzi allora sconosciuti quali Malaccari, Manganiello, Lunardon, Simeoni e Sarracino a cui si aggiunsero elementi più esperti già presenti in rosa quali Picasso, Castorani, Giacomarro, Pino De Filippis e Russo. Nel 1993-1994 la dirigenza vastese ancora nelle mani della famiglia Marramiero nonostante la morte del commendatore puntò ancora sui giovani e chiamò alla conduzione tecnica un altro tecnico emergente, Sandro Salvioni. Dopo un girone di andata pessimo (9 punti nel girone di andata), i ragazzi di Salvioni iniziarono una grande rimonta (25 punti nel girone di ritorno) con un gioco spumeggiante che balzò agli occhi anche delle cronache sportive nazionali; nonostante ciò la Serie C svanì all'ultima giornata davanti a 4800 persone nel derby casalingo fratricida con l'Avezzano (0-1, gol di Orocini). La squadra, nonostante la retrocessione, uscì dal campo con lo stadio in piedi che applaudiva. La spuntò la squadra marsicana ma, in virtù di un ripescaggio, la Vastese venne riammessa nel campionato di C2 nell'annata 1994-1995. La famiglia Marramiero passò la mano ad un immobiliarista romano sconosciuto in zona, Armando Scopelliti. L'imprenditore portò alla guida tecnica Mauro Giacomini (esonerato a favore di Pino Petrelli a metà stagione) e giocatori di indubbio valore tecnico quali Alessandro Cesaretti, Claudio Fermanelli, Augusto Gabriele, Mosca a cui di aggiunsero elementi del posto tra i quali Naccarella, Menna V. e Ventrella. Bel campionato finito con un lusinghiero 6º posto e con play-off svaniti per qualche punto, nonostante anche qualche scandalo extracalcistico; lo spettro però era dietro l'angolo ed a sorpresa il secondo fallimento si concretizzò. Con la squadra e l'allenatore (Carmelo Bagnato) già in ritiro precampionato a Gubbio la società non venne iscritta a favore della Ternana per colpa di una fideiussione di 400 milioni non versata. Dopo due anni senza calcio (con un logico disinteresse generale la prima squadra cittadina veniva considerata il Vasto Marina in Promozione Regionale Abruzzese) si giunse, dopo anche una partita virtuale all'Aragona davanti a 1500 persone senza squadra avversaria per sollecitare le autorità competenti, all'inizio della stagione 1997-1998 con il cambio tanto atteso di nome ed il ritorno all'antico: Pro Vasto. Sotto la guida tecnica dell'ex giocatore dell'Ascoli Donato Anzivino, il Pro Vasto conseguì una vittoria storica in termini numerici e di record in Promozione Abruzzese a spese dell'Angolana, trascinata dal trio Luongo, D. Ruscitti e F. Nepa. L'anno successivo in Eccellenza Abruzzese sempre con Anzivino trainer, 1998-1999, fu il bis, con la vittoria del campionato regionale a spese del Celano sempre grazie ai gol dell'attaccante Nepa e del centrocampista D. Ruscitti. Da ricordare la vittoria davanti a 600 vastesi proprio a Celano per 1-3. Il Pro Vasto dunque nel giro di due anni era tornato subito in serie D ma la gioia durò relativamente poco. Al primo anno di interregionale la squadra, sempre guidata da Anzivino ma con una società estremamente latitante, arrivò quartultima nel difficile girone pugliese grazie anche dei punti di penalizzazione causati dal tesseramento errato di Nepa di ritorno dall'esperienza per alcuni mesi a Chieti nei professionisti. Gli anni duemila La svolta societaria attesa diventò realtà: il notaio Camillo Litterio subentrò come nuovo presidente nel 2000-2001 e raccolse la squadra in eccellenza regionale abruzzese. Venne immediatamente allestita una squadra di categoria superiore per vincere il campionato con giocatori quali Gabriele, V. Menna, Di Tommaso, D'Eustacchio, Cicchini, Antonaci, Di Pietro ed il giapponese Nakai. Come allenatore venne chiamato Vivarini e come dirigente sportivo l'ex portiere vastese Pino De Filippis e dopo qualche difficoltà iniziale che portarono all'inevitabile licenziamento del tecnico a favore di D. Giacomarro il Pro Vasto vinse il campionato a spese di una coriacea Val di Sangro, trascinata a sua volta dai gol del bomber Giannico. La vittoria finale sul campo del Montereale davanti a 750 persone, il massimo che quel campo poteva contenere, fu il coronamento di una stagione sempre vissuta in cima alla classifica. L'anno successivo, 2001-2002, in serie D fu una semplice stagione di transizione con una salvezza arrivata solamente all'ultima giornata sul campo del Gladiator (vincitore del torneo) grazie al risultato di 2-2. Stagione mediocre dunque, rappresentata dal cambio di tre allenatori: Giacomarro, Castiello e Lomonaco (allenatore-giocatore). Il notaio Litterio la stagione seguente rilanciò tutte le aspettative: venne chiamato dal Grottaglie per la stagione 2002-2003 il tecnico pugliese Pettinicchio. Si cerca di aprire un ciclo con giocatori conosciuti al tecnico quali Mascioli, Gallo, Miglietta, Sansonetti; la Pro Vasto venne inserita nel girone laziale-marchigiano. La fiducia nei confronti di squadra e tecnico è palpabile ma è destinata a sciogliersi come neve al sole. L'avvio è disastroso e la Pro Vasto sprofonda in piena zona play-out e alla decima giornata, dopo l'ennesima sconfitta a Sansepolcro (autorete dell'attaccante Sansonetti), c'è il cambio di allenatore: viene ingaggiato Vincenzo Cosco (ex jolly difensivo della Vastese) che portò in dono nuovi giocatori di categoria (Cordua, Manco, Marcucci, Caliano, Antic, Gioffrè, Sibilli) e nuovo entusiasmo. La squadra inizia subito con il passo giusto e nonostante la possibilità di vincere il campionato persa con la Rosetana in casa in diretta Tv, raggiunge i play-off a tre che possono valere l'ipotetico ripescaggio. La prima partita all'Aragona contro il Monterotondo davanti a 3000 persone finisce 3-1. Ai biancorossi serve almeno un pareggio a Tolentino. L'attesa è tanta e partono per il piccolo centro marchigiano 750 biancorossi, ma il risultato di 2-1 a favore dei cremisi (gol di Monti, Cordua, Ciabattoni) condannano i biancorossi a rimandare la festa. L'anno successivo, 2003-2004, vengono confermati l'allenatore Cosco, il D.S. De Filippis e buona parte dell'ossatura della squadra che per un soffio ha mancato la Serie C. Vengono ceduti Caliano, Marcucci, Sibilli e vengono acquistati M. Lemme, R. Innocenti e Daleno che si vanno ad aggiungere ad altri elementi di categoria già presenti in rosa, quali Antic, Gioffrè e Cordua. La squadra inizia un duello serrato con il Manfredonia per la vittoria del campionato. I risultati non si fanno attendere ma la squadra, complice una panchina troppo corta, non riesce a tenere il passo della squadra pugliese e si piazza seconda. I play-off vinti in semifinale contro l'Isola Liri (1-1 ed 1-0) ed in finale contro il Bojano davanti a 4500 persone (1-2 ed 1-1) consentono ai biancorossi abruzzesi di mettersi in posizione di rilievo in vista di un ipotetico ripescaggio, in attesa di buone notizie che arrivano in un pomeriggio afoso di fine estate. Il Pro Vasto, nonostante una partita già disputata in serie D contro il Venafro con la juniores ed in virtù di una serie di fallimenti di altri club, il 6 settembre 2004 torna in Serie C. La festa chiaramente è appena cominciata. Il ritorno tra i professionisti nella stagione 2004-2005 vede una svolta societaria: al fianco del notaio C. Litterio si affiancano il presidente del Teramo Romano Malavolta che garantirà la fideiussione bancaria necessaria all'iscrizione e Giuliano Fiorini, ex bandiera della Lazio. Come direttore sportivo viene ingaggiato l'esperto Luca Evangelisti e come direttore generale Maurizio Natali. L'allenatore, dopo un ripensamento di Adriano Cadregari, sarà l'esperto Fausto Silipo. Vengono ingaggiati giocatori di categoria e spessore come Bochu, Marziano, Di Meo, Parente, Maury, Braca, Bonomi, Marconato, Campanile affiancati da qualche giovane interessante quali Cazzola e Bruno. La squadra, dopo un avvio difficoltoso, ottiene una serie di risultati utili che la portano a ridosso delle prime posizioni ad inizio girone di ritorno ma nonostante ciò la parte finale del girone di ritorno vedrà la squadra calare ed ottenere a fine anno semplicemente la salvezza. Ciò che preoccupa però è la situazione societaria, anche a causa della morte di Fiorini e delle dimissioni sia di Malavolta che di Litterio. La società nella stagione 2005-2006, tra mille difficoltà, viene ceduta agli imprenditori locali Crisci, Moscato e Natale. Come d.s. viene confermato Natali e come allenatore c'è il ritorno di Donato Anzivino, poi sostituito da Pierini. La squadra ottiene un lusinghiero 4º posto con 55 punti a pari merito con il Rende, preceduta solo dal Gallipoli e dal Taranto, venendo trascinata da gol spesso decisivi di D. Morante. Tutto ciò vale l'accesso ai play-off per accedere in Serie C1. Ma la speranza si infrange a Rende (1-1 ed 1-0) e il rammarico è tutto per un rigore sbagliato sullo 0-0 nella gara di ritorno da Esposito. La sensazione è quella di esser andati veramente vicino a qualcosa di importante. Per l'anno successivo 2006-2007, forse convinti di poter ripetere lo stesso campionato al vertice, viene ingaggiato l'allenatore Puccica ma la squadra, infarcita di giovani, stenta giocando male. Naviga subito nei bassifondi della classifica ed il trainer viene allontanato a metà girone di ritorno a favore di S. Trillini. All'ultima giornata riesce clamorosamente ad agguantare gli spareggi play-out contro il Celano. All'andata a Vasto finisce 1-1. L'ambiente biancorosso crede nel miracolo ma a Celano si consumerà una delle pagine più nere della storia vastese. La squadra deve assolutamente vincere in virtù di un miglior piazzamento dei marsicani in regular season e si porta in vantaggio al 90' con Mignogna (1-2). Ma la beffa nello sport è dietro l'angolo e 3 minuti più tardi, al 93', la squadra marsicana trova il pareggio all'ultimo assalto (2-2) con Morgante. La retrocessione in Serie D si materializza. La stagione 2007-2008, tra i dilettanti con la collaborazione tecnica di D. Genovese e con l'avvicendamento di tre allenatori (Bivi, Ferretti e Baiocco), vedrà la squadra biancorossa conquistare la salvezza solamente all'ultima giornata attraverso il pareggio interno con il Venafro. La stagione 2008-2009 vedrà la rocambolesca vittoria del Girone F del campionato di Serie D. Sotto la guida del trainer Pino Di Meo alla sua prima esperienza su una panchina e dei dirigenti Vitelli e Crisci, dopo un avvio stentato la squadra biancorossa compie una lunga serie di vittorie e risultati positivi consecutivi (10 vittorie ed un pareggio) che la porta ad un testa a testa con i marchigiani del Fano. In questa striscia positiva spicca la vittoria esterna nel derby con il Chieti per 0-1 con gol di Mario Bonfiglio. Segue un periodo difficile nel periodo invernale causa campi pesanti e cali di forma di alcuni uomini chiave della rosa ma un filotto incredibile di 10 vittorie di fila, culminata il 17 maggio 2009 con la vittoria al 93' con rigore di Bonfiglio sul campo del Tolentino in piena lotta per i play-out ed il recupero conseguente di addirittura 10 punti sul Fano, vedrà riconsegnare la Serie C all'ambiente biancorosso davanti all'esodo di 1200 persone festanti in terra marchigiana. Tra gli elementi chiave di questa clamorosa promozione vanno citati su tutti Ludovisi, Bonfiglio, Cioffi, Ciotti, Okoroji, Digno, Gaudino, Soria, Della Penna, Potenza, Avvantaggiato, Fiore e il capitano Cristian Ferreyra. Il Pro Vasto quindi, dopo 2 anni di purgatorio, è tra i professionisti. Sabato 20 giugno ad Aprilia la Pro Vasto scendeva in campo per affrontare il Siracusa: in palio c'era lo scudetto dilettanti. La gara viene sospesa dopo 45 minuti per incidenti tra le due tifoserie, ma gli abruzzesi conducevano per 2-0 grazie ai gol di Potenza (25') e Okoroji (43'). I tifosi del Siracusa creavano disordini con fitto lancio di oggetti rendendo necessario l'intervento delle Forze dell'Ordine: per motivi di sicurezza, si decideva di sospendere l'incontro. La Pro Vasto giungeva alla finale della Poule Scudetto dopo aver eliminato nel Gruppo 2 (girone triangolare) la Lucchese (battuta 2-1, reti di Potenza e Soria, sul neutro di Pescina per la squalifica di tre turni dell'Aragona) ed i Crociati Noceto (mirabolante 4-4 a Noceto con 2 gol di Bonfiglio, il secondo su rigore, Fiore e Potenza, da segnalare che sotto 2-0 il primo tempo, agguantato il pareggio con doppietta di Bonfiglio, i parmensi segnavano al 90' il gol del 4-2, nei 2 minuti di recupero si concretizzava il "miracolo" degno di una squadra indomita e dalla volontà d'acciaio); in semifinale il sorteggio assegnava ai biancorossi la Sacilese, vincitrice del girone C di Serie D: l'andata in casa si giocava sul neutro di Città Sant'Angelo il 7 giugno e finiva 4-2 per i locali con reti di Soria (5'), Suriano (41'), Fiore (43') e Dell'Oglio (67'), il ritorno in friuli il 13 giugno finiva con un pareggio per 2-2, in gol Soria e Potenza: il risultato assicurava ai ragazzi di mister Di Meo la meritata finale. Il 22 giugno 2009, ossia dopo 2 giorni dalla sospensione della gara contro il Siracusa per incidenti sugli spalti sul neutro di Aprilia, il giudice sportivo della lega di serie D delibera la vittoria a tavolino del Pro Vasto. La partita era stata interrotta al 45' del primo tempo sul risultato di 2-0 per gli adriatici. I biancorossi, che vincendo la Poule Scudetto entrano negli almanacchi del massimo campionato dilettantistico diventando per la prima volta nella storia della società Campioni d'Italia Dilettanti, coronano così una stagione fantastica ed irripetibile. Nella stagione 2009-2010 ha militato in Lega Pro Seconda Divisione, avendo vinto il campionato di Serie D (girone F) e lo Scudetto Dilettanti nella stagione precedente, fregiandosi così del titolo di "Campione d'Italia Dilettanti" con lo scudetto tricolore cucito sulle maglie da gioco. Dopo la non iscrizione al campionato di Lega Pro Seconda Divisione della stagione 2010-2011, la città di Vasto non ha avuto, per due anni, una squadra rappresentativa della città, finché, nel giugno 2012, i dirigenti della San Paolo Calcio Vasto, squadra di un quartiere della città, hanno cambiato denominazione in Vastese Calcio 1902, nome già adottato nella storia biancorossa, giocando nel campionato di Promozione Abruzzese, dopo l'avvenuto ripescaggio. Gli anni duemiladieci Nel giugno 2012 finalmente i dirigenti della San Paolo Calcio Vasto decisero di aprirsi alla città, spinti da una raccolta firme indetta da alcuni tifosi (755 firme raccolte), affermando il loro interesse a far ripartire la gloriosa Pro Vasto dopo due anni di anonimato. Ne seguirono alcuni incontri con l'amministrazione comunale e con i dirigenti del Vasto Marina, in cui non si riuscì a trovare un accordo tra le due società, e allora il 25 giugno 2012, termine ultimo fissato dalla FIGC Abruzzese per il cambio di denominazione sociale, i dirigenti della San Paolo Calcio Vasto presentarono i documenti per il cambio del nome in "A.S.D. Vastese Calcio 1902". L'intenzione dei dirigenti vastesi era di chiamare la squadra con il vecchio nome Pro Vasto, ma la FIGC non avrebbe approvato il cambio di denominazione sociale perché quel nome appartiene ancora ad una società già esistente, visto che la F.C. Pro Vasto Srl non è fallita, e quindi si è tornati al nome Vastese, già assunto in precedenza negli anni '50 e negli anni '80/'90. Siccome la vecchia San Paolo Calcio Vasto aveva disputato i play off del campionato di Prima Categoria Abruzzese, non riuscendo a vincerli, i dirigenti vastesi presentarono comunque la domanda di ripescaggio al campionato di Promozione Abruzzese, che verrà accolta il 24 luglio 2012 dalla Figc Abruzzese. Il 4 agosto 2012, esattamente due anni dopo la definitiva esclusione della Pro Vasto dal campionato di Seconda Divisione, la nuova dirigenza vastese, con una conferenza stampa, si mostra alla città, presentando anche il nuovo allenatore Luigi Baiocco. Dopo diversi campionati di medio livello e con il rischio di un nuovo fallimento, finalmente, nella stagione 2015-2016, la Vastese Calcio cambia proprietà, e guidata dal “duo” Pietro Scafetta e Franco Bolami, riparte dal Campionato d’Eccellenza. Il vero artefice della rinascita è tutto il gruppo: a partire dalla Società che affida l’incarico di Direttore Generale a Carlo Della Penna, il quale riesce a mettere a disposizione della squadra ottimi elementi come Armando Iaboni, Girolamo D’Alessandro, Lorenzo Cattafesta, Francesco Faccini, Sebastian Guerrero, Nando Giuliano, Mattia Balzano, Nicola Della Penna, Alessio Natalini, ma soprattutto il Mister Gianluca Colavitto. Ed è proprio da lui che si costruisce la vittoria del Campionato di Eccellenza per approdare in Serie D. La Vastese vince all'ultima giornata il campionato di Eccellenza Abruzzese, con un solo punto di vantaggio sul Paterno e torna in Serie D a distanza di ben 7 anni dall'ultima volta. Nella stagione 2016-2017 è inserita nel girone F di Serie D, ritrovando il derby casalingo con il Chieti (che mancava dal 2009) nella prima giornata di campionato (vinta 4-0). Cronistoria Colori e simboli Colori La Vastese adotta come colori sociali il rosso e il bianco, ripresi da quelli della città di Vasto. Simboli ufficiali Stemma Lo stemma della Vastese si ispira a quello della casata aragonese dei d'Avalos, ovvero uno scudo contenente in alto a sinistra lo stemma cittadino, mentre in basso a destra si trova una torre, il tutto è tagliato in diagonale da quattro leoni rampanti. Lo stemma è sormontato da una corona cui inferiormente è riportata la denominazione societaria. Inno L'inno della squadra si intitola Grazie Vasto ed è cantato da Gianni Drudi. Strutture Stadio La Vastese gioca le partite di casa allo stadio Aragona. Inaugurato nel 1931 ha una capienza posti e un campo in erba naturale largo 165 x 65 m. Centro di allenamento La squadra si allena allo stadio Aragona, sede delle partite interne. Società Organigramma societario Di seguito l'organigramma societario. Sponsor Di seguito l'elenco dei fornitori tecnici e degli sponsor ufficiali. Allenatori e presidenti Di seguito l'elenco degli allenatori della società. Di seguito l'elenco dei presidenti della società. Calciatori Palmarès Competizioni nazionali 2008-2009 Competizioni interregionali 1968-1969, 2008-2009 1984-1985, 1989-1990 Competizioni regionali Eccellenza: 3 1998-1999, 2000-2001, 2015-2016 Promozione: 4 1983-1984, 1987-1988, 1997-1998, 2012-2013 Prima Categoria: 2 1965-1966, 1966-1967 Campionato Dilettanti: 1 1957-1958 Prima Divisione: 1 1953-1954 Altri piazzamenti Secondo posto: 2003-2004 (girone H) Terzo posto: 1979-1980 (girone E), 2002-2003 (girone F) Secondo posto: 1988-1989 (girone E) Semifinalista: 2008-2009 Semifinalista: 1966-1967 Statistiche e record Partecipazione ai campionati In 65 stagioni sportive disputate a livello nazionale a partire dalla fusione dal dopo guerra. Statistiche di squadra Pro Vasto - 2-1 (8 marzo) - Pro Vasto 0-1 (15 marzo) Pro Vasto - Luco Canistro 2-1 (22 marzo) - Pro Vasto 0-2 (28 marzo) Pro Vasto - Grottammare 1-0 (4 aprile) - Pro Vasto 1-2 (19 aprile) Pro Vasto - 3-1 (26 aprile) - Pro Vasto 0-1 (3 maggio) Pro Vasto - 2-1 (10 maggio) - Pro Vasto 1-2 (17 maggio) Statistiche individuali Di seguito i primatisti di presenze e reti. Tifoseria Storia Il primo gruppo di tifosi fu quello dei "Fedelissimi" negli anni settanta, sciolto dopo la retrocessione in Serie D e il fallimento dell'A.C. Pro Vasto. Negli anni ottanta nascono altri nucleo di tifosi, i "Rangers Vasto" (1982) e "Bronx Kaos Vasto" (1989). Negli anni novanta nacquero anche la "Gioventù Sballata" e la "Brigata Alcolica", oltre alla formazione degli "Aragonesi" dall'eredità dei "Bronx Kaos Vasto" nel 1999. Negli anni 2000 ci fu la formazione del gruppo "Gioventù Biancorossa Vasto" (nata nel 2004, dopo la promozione in Serie C2 e sciolta nel 2007 dopo la retrocessione in Serie D) e l'autosospensione dei "Ranger Vasto" il 21 ottobre 2007, in polemica con il presidente Domenico Crisci. (sospesa il 26 aprile 2009, dopo 18 mesi) Attualmente le anime più calde che compongono la tifoseria organizzata della Curva d'Avalos dello Stadio Aragona sono le "Teste Quadre" (fondati nel 2013), il gruppo "Antica Tradizione" (2016) "Popolari 167" (2017) e il gruppo storico "Aragonesi" (1999), riunitisi nel 2019 in un unico gruppo ultras chiamato "Curva Sud Vasto". Gemellaggi e rivalità La tifoseria vastese non ha nessun gemellaggio ufficiale ma a livello regionale ha buoni rapporti con i tifosi del Francavilla e del Pescara, mentre fuori regione con le tifoserie di Isola Liri e Vis Pesaro. Le rivalità maggiori sono quelle con Chieti e Avezzano, frequentemente a rischio incidenti. Altre accese rivalità riguardano il vicinato locale, come alcune tifoserie molisane (Termoli, Campobasso, Isernia), marsicane o gemellate con l'Avezzano (come la Fermana), abruzzesi (L'Aquila, gemellata con Chieti e Termoli, e Lanciano, sentita soprattutto negli anni sessanta e settanta), ed alcune vecchie ruggini con le tifoserie di , e Fano risalenti alle competizioni di Serie C del passato.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Massimo%20Oddo
Massimo Oddo
Biografia Nato a Pescara da famiglia siciliana, è figlio di Francesco Oddo, ex calciatore e successivamente allenatore, e nipote di Giovanni Oddo, campione italiano universitario di salto triplo (Littore d'Italia) nel 1934 e nel 1937. Nel 2010, in qualità di portavoce dell'Associazione Italiana Calciatori, ha condotto le trattative tra i calciatori e la Lega Serie A sul rinnovo del contratto collettivo. L'anno seguente si laurea all'Università degli Studi di Teramo in scienze giuridiche, economiche e manageriali. Caratteristiche tecniche Giocatore Il suo ruolo naturale era quello di terzino destro, ma all'occorrenza poteva essere impiegato anche come difensore centrale. Abile rigorista (24 segnati su 27 calciati, alla media realizzativa di 88,9%), era dotato nei calci da fermo. Carriera Giocatore Club Gli inizi Inizia a giocare nelle giovanili della Renato Curi, con cui ha vinto il Campionato Allievi Dilettanti. Dopo aver disputato anche 3 partite con la prima squadra nel Campionato Nazionale Dilettanti 1992-1993, nel 1993, a 17 anni, è passato nelle giovanili del Milan. Nel 1995, dopo due anni nella Primavera rossonera, il Milan lo ha ceduto in prestito al , in Serie C1, dove Oddo ha esordito tra i professionisti. Negli anni successivi ha giocato, sempre in prestito e sempre nella stessa serie, nel , nel e infine nel Lecco, dove l'allenatore Adriano Cadregari lo ha schierato come difensore centrale e con cui ha segnato la prima rete in carriera. Nel 1998 è tornato nuovamente in prestito al Monza, con cui ha esordito in Serie B, collezionando 30 presenze e segnando 4 gol, tutti su punizione. L'anno successivo è stato acquistato in comproprietà dal Napoli, con cui Oddo ha disputato il campionato di Serie B 1999-2000 (36 presenze e un gol) ottenendo la promozione in Serie A. Verona Nell'estate 2000 Oddo si è trasferito a titolo definitivo al Verona, con cui ha esordito in Serie A il successivo 30 settembre contro il . Nella prima stagione in Serie A Oddo ha totalizzato 32 presenze e segnato 4 gol, tutti su rigore. Lazio Nel 2002, dopo la retrocessione in Serie B del Verona, Oddo è stato acquistato dalla Lazio. Nella capitale è rimasto per 4 anni e mezzo disputando 172 partite nelle quali ha realizzato 17 gol ed esordendo nelle competizioni UEFA per club: il 19 febbraio 2002 in Coppa UEFA contro lo Skoda Xanthi e il 13 agosto 2003 in Champions League contro il Benfica. Con la Lazio Oddo ha vinto una Coppa Italia nel 2003-2004 e nel 2006, dopo la cessione di Fabio Liverani, è diventato capitano della squadra biancoceleste. Milan Nel gennaio 2007 è stato acquistato dal Milan in cambio di 7 milioni e 750 000 euro e della cessione a titolo definitivo alla Lazio del cartellino di Pasquale Foggia, che vestiva già la maglia biancoceleste. Ha esordito con la maglia rossonera il 28 gennaio 2007 in Milan- 1-0 e ha segnato il suo primo gol con la nuova squadra in Milan-Chievo 3-1. Al termine della stagione ha vinto la UEFA Champions League, nella cui finale, ad Atene contro il , ha giocato come titolare. Bayern Monaco Nell'agosto 2008 è passato in prestito con diritto di riscatto alla squadra tedesca del Bayern Monaco, dove già militava il suo compagno di nazionale, Luca Toni. Nel maggio 2009, dopo una stagione nella quale il difensore italiano ha collezionato 26 presenze, il Bayern Monaco ha deciso di non riscattare il cartellino del giocatore, che è quindi rientrato al Milan alla scadenza del prestito. Ritorno al Milan Il 26 gennaio 2011, in occasione dei quarti di finale di Coppa Italia contro la Sampdoria, ha indossato per la prima volta la fascia di capitano del Milan. Il 7 maggio 2011 ha vinto lo scudetto con i rossoneri a due giornate dal termine del campionato grazie allo 0-0 contro la Roma. Il 6 agosto 2011 il Milan vince la Supercoppa italiana nel derby contro l' ma Oddo non prende parte alla sfida. Lecce Il 31 agosto 2011 è passato in prestito al Lecce. Il 23 ottobre 2011 ha segnato il suo primo gol con la maglia dei salentini, realizzando un calcio di rigore contro il . In totale con il Lecce ha disputato 27 partite e segnato un gol. Il 6 giugno 2012 ha annunciato il ritiro dal calcio giocato. Nazionale Nell'agosto 1997 Oddo ha fatto parte della selezione universitaria italiana che in Sicilia ha vinto il torneo di calcio della XIX Universiade. Oddo ha esordito in nazionale maggiore il 21 agosto 2002, a 26 anni, nella partita amichevole Italia-Slovenia (0-1), subentrando all'inizio del secondo tempo a Matteo Brighi. È stato convocato prima da Trapattoni, per l'Europeo 2004 e dopo anche da Lippi per il Mondiale 2006. Nella competizione vinta dagli Azzurri ha collezionato una presenza contro l'Ucraina nei quarti di finale. Ha segnato su calcio di rigore all'Olimpico di Roma il suo primo e unico gol in nazionale, nel 2-0 contro l'Ucraina, il 7 ottobre 2006. Dopo il Mondiale, nella fase iniziale della gestione di Donadoni, Oddo è diventato il terzino destro titolare, ma dopo la stagione 2007-2008 non è stato più preso in considerazione. Ha giocato la sua 34ª e ultima partita in nazionale il 6 febbraio 2008 contro il Portogallo. Allenatore Gli inizi Nel novembre del 2012 consegue la qualifica da direttore sportivo a Coverciano e a dicembre inizia a frequentare il corso di abilitazione per il master di allenatori professionisti Prima Categoria-UEFA Pro. Il 16 agosto 2013 è stato ufficializzato il suo ingaggio da parte del Genoa come tecnico della squadra degli Allievi Regionali B rossoblù. Pescara Il 28 luglio 2014 assume l'incarico di allenatore della squadra Primavera del Pescara. Il 16 maggio 2015, a una sola giornata dal termine del campionato di Serie B, subentra all'esonerato Marco Baroni assumendo la guida tecnica della prima squadra, panchina che fu anche del padre Francesco dal 1994 al 1996, primo caso nella storia del calcio professionistico italiano in cui padre e figlio abbiano allenato la stessa squadra. Il 22 maggio vince lo scontro diretto contro il scavalcando in classifica i labronici e l', sconfitto in casa del già retrocesso Brescia, portando il Pescara ai play-off. Successivamente vince lo scontro preliminare dei play-off in gara secca a Perugia per 2-1 e la sfida di andata e ritorno di semifinale contro il Vicenza (1-0 all'Adriatico e 2-2 al Menti) ma in finale il Bologna, dopo due pareggi per 0-0 e 1-1, ha la meglio per il miglior piazzamento in classifica. Il 30 gennaio 2016, contro il , eguaglia il record di vittorie del Pescara di Zeman in Serie B con 7 vittorie consecutive. Il 9 giugno 2016, dopo aver battuto ai play-off in semifinale e il in finale, ottiene la promozione in Serie A. Il 14 febbraio 2017, dopo la 24ª giornata, viene esonerato dalla carica di allenatore del Pescara, con la squadra all'ultimo posto in classifica e senza alcuna vittoria conseguita sul campo. Udinese e Crotone Il 21 novembre 2017 subentra sulla panchina dell' al posto dell'esonerato Luigi Delneri. Al debutto perde con il per 0-1, mentre la prima vittoria arriva il 30 novembre in Coppa Italia contro il per 8-3. Terminato il mese di dicembre con 5 vittorie consecutive, nei mesi successivi le cose peggiorano e tra febbraio e aprile colleziona 11 sconfitte di fila, stabilendo così un nuovo primato negativo per la società friulana (quello precedente era di 7). Il 24 aprile 2018 viene esonerato, anche a causa del forte rischio retrocessione a sole quattro giornate dal termine del campionato. Sarà poi sostituito da Igor Tudor. Il 29 ottobre 2018 è nominato nuovo allenatore del , in Serie B, al posto dell'esonerato Giovanni Stroppa. Solo per la partita valida per la decima giornata contro il va in panchina il tecnico della Primavera Ivan Moschella. Il 4 novembre, al debutto, pareggia per 1-1 contro il . Il 28 dicembre, dopo la sconfitta per 0-3 contro lo , si dimette avendo collezionato 2 pareggi e 6 sconfitte compresa quella in Coppa Italia contro il (15 gol subiti e 2 fatti). Perugia, ritorno a Pescara e Padova Il 7 giugno 2019 è ingaggiato dal , in Serie B. Con gli umbri è autore di un buon cammino in Coppa Italia, dove raggiunge gli ottavi di finale dopo avere superato formazioni di categoria superiore quali e ; tuttavia le altalenanti prestazioni raccolte in campionato lo portano a essere sollevato dall'incarico, pur con la squadra in zona play-off, il 4 gennaio 2020. Viene richiamato a Perugia il successivo 19 luglio, in sostituzione dell'esonerato Serse Cosmi, con la squadra nel frattempo scivolata in zona play-out: costretto a disputare gli spareggi contro la sua ex squadra del , non riesce a salvare dalla Serie C la compagine umbra che perde il doppio confronto ai tiri di rigore. A stagione conclusa, il 19 agosto 2020 risolve consensualmente il contratto con la società biancorossa. Appena dieci giorni dopo, e a tre anni di distanza dalla sua precedente esperienza abruzzese, Oddo si accorda proprio con il Pescara: una decisione che, per via della tempistica e di addotte ragioni di opportunità, provoca non pochi malumori presso la piazza perugina. La sua seconda prova sulla panchina biancazzurra si rivela però breve e negativa tanto che, con la squadra relegata sul fondo della classifica, il 29 novembre 2020 viene sollevato dall'incarico. Dopo un periodo d'inattività, trascorso come opinionista sportivo per Canale 5 e Amazon Prime Video, il 24 febbraio 2022 torna ad allenare poiché chiamato dal , in Serie C, in sostituzione dell'esonerato Massimo Pavanel. Debutta sulla panchina patavina tre giorni dopo, con un successo 2-1 sulla . Il 6 aprile vince la Coppa Italia Serie C, battendo 1-0 il nella decisiva finale di ritorno giocata a Bolzano: conquista così il suo primo trofeo da allenatore. Dopo aver chiuso la stagione regolare al secondo posto nel proprio girone, alle spalle dei succitati bolzanini, nei play-off guida i biancoscudati fino alla finale per la promozione, persa nella doppia sfida contro il . Lascia il club al termine della stagione, tornando a fare l'opinionista per Prime Video. SPAL Il 14 febbraio 2023 viene ingaggiato dalla SPAL, militante in Serie B, in sostituzione dell'esonerato Daniele De Rossi, con la squadra al terz'ultimo posto in classifica. Debutta sulla panchina spallina quattro giorni dopo, nel pareggio casalingo contro il (1-1), mentre la prima vittoria arriva al quarto tentativo, il 5 marzo in casa contro il per 2-1. Ciò nonostante, nel prosieguo del campionato non riesce a invertire il trend negativo della squadra che, penultima in classifica, retrocede a una giornata dal termine dopo la sconfitta per 0-1 contro il . Per la stagione 2023-2024 vista l’inattività torna a fare l’opinionista delle gare di Champions per Prime Video. Statistiche Presenze e reti nei club Cronologia presenze e reti in nazionale Statistiche da allenatore Statistiche aggiornate al 19 maggio 2023. In grassetto le competizioni vinte. Palmarès Giocatore Club Competizioni nazionali Lazio: 2003-2004 Milan: 2010-2011 Milan: 2011 Competizioni internazionali Milan: 2006-2007 Milan: 2007 Milan: 2007 Nazionale Sicilia 1997 Allenatore Padova: 2021-2022 Onorificenze
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https://it.wikipedia.org/wiki/Serie%20B%202006-2007
Serie B 2006-2007
La Serie B 2006-2007 è stata la 75ª edizione del secondo livello del campionato italiano di calcio a girone unico, disputata tra il 9 settembre 2006 e il 10 giugno 2007 e conclusa con la vittoria della , al suo primo titolo. Capocannoniere del torneo è stato Alessandro Del Piero (Juventus) con 20 reti. Stagione Novità L'edizione 2006-2007 si rivela tra i più competitivi campionati di Serie B dal secondo dopoguerra. A causa degli effetti dello scandalo Calciopoli emerso nei mesi precedenti, per la prima volta la plurititolata si ritrova declassata d'ufficio in seconda serie, con una forte penalizzazione in classifica (–30, poi ridotta a –17 e infine a –9 dall'Arbitrato del CONI). I bianconeri trovano in cadetteria altre blasonate rivali quali il e le neopromosse e , queste ultime in risalita dalle serie minori dopo, rispettivamente, una retrocessione per illecito e un fallimento societario: un quartetto di candidate alla promozione che conta, all'epoca, un totale di quarantacinque scudetti, catalizzando l'attenzione di addetti ai lavori, media e tifosi come mai era accaduto prima alla Serie B, colloquialmente appellata per questa edizione come una sorta di «Serie A2». Tra le altre formazioni, anche l' paga una penalizzazione di –6 per i fatti di Calciopoli, mentre la subisce un –1 per ritardi nella gestione economica; per lo stesso motivo, identica penalizzazione verrà assegnata a campionato in corso anche al . Tra le prime volte di questa edizione, oltre alla succitata Juventus c'è il debutto in B del neopromosso oltreché la novità della premiazione in campo per la formazione prima classificata con un trofeo dedicato, la Coppa Ali della Vittoria. Calciomercato La Juventus, come conseguenza della retrocessione d'ufficio, vede partire molti dei protagonisti delle stagioni precedenti come Emerson, Ibrahimović, Thuram e Vieira, insieme a Fabio Cannavaro e Zambrotta, gli ultimi due neocampioni del mondo con gli azzurri; altri tre campioni ai Mondiali di Germania, Buffon, Camoranesi e il capitano bianconero Del Piero, insieme a Nedvěd e Trezeguet, decidono invece di seguire la Juventus tra i cadetti con l'obiettivo di riportarla immediatamente in massima serie. Su questa intelaiatura i piemontesi vanno a inserire il francese Boumsong in difesa, Marchionni e Palladino a centrocampo e Božinov in attacco, facendo inoltre affidamento tra le seconde linee a promettenti elementi del vivaio quali De Ceglie, Giovinco, Paro e soprattutto Marchisio, questo ultimo futura bandiera bianconera. Tra le altre candidate alla promozione, il Napoli si rinforza con Paolo Cannavaro, di ritorno nella sua città natale e nella squadra in cui è cresciuto, e Domizzi in difesa, integrando Bucchi nel reparto avanzato. Anche il Genoa puntella la retroguardia con Criscito, in prestito dalla Juventus, e De Rosa; dopo l'inserimento in mezzo al campo di Milanetto, si punta poi sull'attacco con il brasiliano Adaílton e un altro ex juventino, Sculli. Molti arrivi al Bologna che riprende il portiere Antonioli e il difensore Castellini, entrambi dalla Sampdoria, insieme all'altro centrale Manfredini; si scommette inoltre sul fantasista franco-algerino Meghni, prelevato oltralpe dal . Dietro al lotto delle favorite, il prende lo slovacco Petras e il brasiliano Angelo, mentre in avanti accoglie dall' il promettente italo-argentino Osvaldo. L'altra retrocessa dalla massima serie, il , pensa soprattutto alla retroguardia con il portiere Avramov e il difensore Lorenzi. Il potenzia l'attacco con la coppia Serafini-Colombo, dando definitivamente fiducia al giovane slovacco Hamšík. Il inserisce Gervasoni in difesa e Ganci in avanti. Il punta sul fantasista Cossu mentre il prende il portiere Coppola e il futuro nazionale Nocerino. Il si affida al centrocampista Lazzari e al promettente attaccante Pellè. Al arrivano il difensore Abate e il trequartista Pinardi, così come al giunge Raimondi e, ad Arezzo, Goretti e la punta Volpato. L' cede la bandiera Regonesi al in cambio di Rabito, oltre a mettere sotto contratto Ferrari; da par loro i romagnoli, che acquistano Pagano, ottengono inoltre in prestito due prospetti quali il portiere Handanovič e l'attaccante Matri. Il scommette in difesa su Cristante. Il Pescara si assicura il "colpo" Ferrante per l'attacco, cedendo alla Triestina l'esperto Pesaresi; gli alabardati fanno propria anche la coppia di ex modenesi Pivotto-Graffiedi. Il si affida all'attaccante argentino Dante Lopez, mentre lo pesca nella con Frara e la punta Dionigi. Infine la matricola Frosinone si assicura tre nomi di rilievo per la categoria quali Cannarsa, il fantasista Lodi e la punta Margiotta. Avvenimenti Girone di andata Con partenza fissata per il 9 settembre 2006, nelle prime giornate a combattere per il vertice della classifica sono numerose società, ossia Bologna, Brescia, Genoa, Lecce, Mantova, Napoli, Piacenza e Rimini. Per via di alcuni passi falsi delle inseguitrici, partenopei e genoani riescono a guadagnare un certo vantaggio; ma da dietro è la Juventus che, dopo un avvio in sordina a causa del difficile impatto con la categoria, e giovando di alcuni successivi sconti di penalizzazione, si fa sempre più vicina alla testa della classifica tanto che già alla nona giornata si ritrova catapultata dal terzultimo al secondo posto. Al termine del girone di andata i bianconeri sono in vetta e cominciano a mettere tra sé e gli inseguitori sempre più punti; mentre le altre si contendono il secondo posto, sul fondo Pescara, Crotone e anche il Verona si fanno distanziare dalle altre squadre rimanendo bloccate in fondo alla graduatoria. Girone di ritorno Nella seconda parte del girone di ritorno la Vecchia Signora prosegue la sua marcia trascinata dalle reti del trio offensivo Nedvěd-Trezeguet-Del Piero — quest'ultimo a fine stagione capocannoniere con 20 reti —, raggiungendo la promozione aritmetica dopo la vittoria sull'Arezzo alla quart'ultima giornata; tuttavia nel turno successivo il tecnico Deschamps, entrato in rotta coi vertici societari, rassegna le dimissioni. Intanto dietro la capolista, Napoli e Genoa tengono il passo, anche grazie a una vittoria dei partenopei in casa del Brescia di un sempre più lanciato Hamšík. All'ultima giornata, in programma il 10 giugno 2007, è previsto lo scontro diretto tra la compagine campana e quella ligure, distanziate di un punto in favore dei partenopei; le candidate agli eventuali play-off si affidano al Piacenza, staccato di dieci punti dalla terza e che, vincendo, potrebbe ricucire lo svantaggio a nove lunghezze dalla terza classificata, distanza massima per la disputa degli spareggi promozione. Invece Napoli e Genoa pareggiano e la stessa cosa fanno i piacentini, mantenendo così i distacchi invariati, sicché anche azzurri e rossoblù vengono promossi direttamente in una Serie A che vede il ritorno di tre importanti società, il trio che ha monopolizzato questa particolare edizione del campionato cadetto. Frattanto, in coda alla classifica la situazione diviene molto più incerta rispetto al girone di andata. Pescara e Crotone confermano le negative prestazioni avute nella tornata iniziale e retrocedono con diverse giornate di anticipo, mentre Arezzo, Modena, Spezia, Triestina e Verona si contendono la salvezza fino all'ultimo; in particolare gli aretini e i veneti tentano due belle rimonte, seppure l'esito del campionato sia diverso per le due squadre. I gialloblù mettono insieme undici risultati utili consecutivi nel corso della tornata, che li portano fuori dalla zona retrocessione diretta e consentono loro di accedere quantomeno al play-out, invece agli amaranto non bastano le sette vittorie conquistate nelle ultime nove giornate e retrocedono ugualmente per il terzultimo posto finale; ai toscani è fatale la vittoria dei rivali spezzini all'ultimo turno sul campo di un'ormai demotivata Juventus, risultato che vale la conquista del play-out anche per i liguri. D'altra parte, si salvano il Modena, vittorioso in casa contro il Frosinone, e la Triestina, grazie al pareggio ottenuto nella giornata conclusiva col Piacenza, risultato che consente agli alabardati di terminare il campionato a pari punti con gli scaligeri, evitando tuttavia il play-out grazie agli scontri diretti favorevoli. A questo punto, lo Spezia e il Verona, nonostante le vittorie ottenute nel turno finale di campionato, si devono misurare in un doppio spareggio salvezza. Le due gare si concludono con la vittoria casalinga dei liguri per 2-1 all'andata e con uno pareggio per 0-0 al ritorno in trasferta: dopo sessantasei anni dall'ultima retrocessione nell'allora Serie C, davanti al proprio pubblico del Bentegodi il Verona cade in C1. Squadre partecipanti Allenatori e primatisti Classifica finale Legenda:       Promosso in Serie A 2007-2008.   Partecipa ai play-off o ai play-out.       Retrocesso in Serie C1 2007-2008. Regolamento: Tre punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta. In caso di arrivo di due o più squadre a pari punti, la graduatoria verrà stilata secondo la classifica avulsa tra le squadre interessate che prevede, in ordine, i seguenti criteri: Punti negli scontri diretti. Differenza reti negli scontri diretti. Differenza reti generale. Reti realizzate in generale. Sorteggio. Note: La Juventus ha scontato 9 punti di penalizzazione. L'Arezzo ha scontato 6 punti di penalizzazione. Il Pescara ha scontato 1 punto di penalizzazione. La Triestina ha scontato 1 punto di penalizzazione. Squadra campione Risultati Tabellone Calendario Spareggi Play-off Non disputati. Il è stato promosso direttamente in Serie A in quanto il distacco in classifica sulla quarta piazzata era di dieci punti. La regola per la disputa dei play-off prevedeva infatti che il distacco dovesse essere non superiore ai nove punti. Play-out Statistiche Squadre Capoliste solitarie Primati stagionali Maggior numero di vittorie: Juventus (28) Minor numero di sconfitte: Juventus (4) Migliore attacco: Juventus (83 gol fatti) Miglior difesa: Napoli (29 gol subiti) Miglior differenza reti: Juventus (+53) Maggior numero di pareggi: Albinoleffe (20) Minor numero di pareggi: Lecce (7) Maggior numero di sconfitte: Pescara (27) Minor numero di vittorie: Pescara (5) Peggiore attacco: Verona (34 gol fatti) Peggior difesa: Pescara (77 gol subiti) Peggior differenza reti: Pescara (-41) Individuali Classifica marcatori
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https://it.wikipedia.org/wiki/Riserva%20naturale%20guidata%20Sorgenti%20del%20Fiume%20Pescara
Riserva naturale guidata Sorgenti del Fiume Pescara
La riserva naturale guidata Sorgenti del Fiume Pescara è un'area naturale protetta situata nel comune di Popoli, in provincia di Pescara, istituita nel 1986. Descrizione La zona umida si trova a occidente della ferrovia e dell'autostrada Pescara-Roma, da cui è ampiamente visibile. La riserva ha un'estensione di circa 135 ettari, tra l'area protetta (49 ha) e la zona di rispetto (86 ha) in una località denominata Capo Pescara. Anche se istituita nel 1986, solo negli ultimi anni sono stati avviati diversi progetti per studiarne le biodiversità. La gestione è affidata al Comune di Popoli, con la collaborazione di WWF e Legambiente. Flora La flora è quella tipica delle zone umide, tra cui ricordiamo la Myosotis scorpioides, la peste d'acqua (Elodea canadensis), diverse specie del genere Potamogeton, il giunco fiorito (Butomus umbellatus), la Echium parviflorum, la Agrostis gigantea, e altre più comuni. Fauna La fauna è quella tipica delle zone umide. Voci correlate Pescara (fiume) Popoli (Italia) Altri progetti Collegamenti esterni Sorgenti del Fiume Pescara Sorgenti del Fiume Pescara Sorgenti del Fiume Pescara
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https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia%20di%20San%20Liberatore%20a%20Maiella
Abbazia di San Liberatore a Maiella
Labbazia di San Liberatore alla Maiella, ubicata nel comune di Serramonacesca in provincia di Pescara, è uno dei più antichi monasteri dell'Abruzzo. Divenuta monumento nazionale dal 1902, la struttura è in realtà dedicata a Cristo Liberatore, benché in passato se ne attribuisse la fondazione a san Liberatore martire. Storia La fondazione di questa abbazia viene fatta risalire all'opera di Carlo Magno (di cui la chiesa conserva raffigurazione in un frammento di affresco); in realtà possediamo solo una falsificazione in forma di copia semplice dell'anno 798, confezionata alla metà del XII secolo, nella quale Carlo Magno su domanda dell'abate Teodemaro di Montecassino conferma allo stesso monastero cassinese i beni e le immunità, tra i quali la chiesa di San Liberatore, già a lui conferiti da suo padre Pipino e da Carlo, fratello di quest'ultimo. La prima attendibile testimonianza documentaria circa San Liberatore è il Memoratorium dell'abate cassinese Bertario di Montecassino (856-883), una delle cui redazioni è contenuta nella Chronica sacri monasterii casinensis di Leone Marsicano, dove sono indicate le ormai numerose pertinenze liberatoriane (terre, chiese, monasteri). Qui appare come a San Liberatore nel IX secolo facesse capo un patrimonio che si estendeva dalla Maiella all'Adriatico tra le valli del Sangro e del Pescara, abbracciando l'area degli odierni territori di Serramonacesca, Manoppello, Roccamontepiano, Fara Filiorum Petri. La fabbrica fu innalzata nell'anno 1007 per volere del monaco Teobaldo su una costruzione preesistente databile intorno al IX secolo. E proprio a Teobaldo, che ha radicalmente ristrutturato la chiesa e gli edifici della comunità, si deve un Commemoratorium, cioè un inventario testamentario nel quale, prima come preposito di San Liberatore, poi in qualità di abate di Montecassino (dal 1022), egli attesta il suo impegno edilizio per San Liberatore, oltre che la dotazione liturgica e l'attività scrittoria da lui promosse in favore della chiesa monastica majellese. Tale e tanto grande fu l'amore di Teobaldo per questo Monastero, che vi venne seppellito, e nello stesso luogo fu sepolto nel 1055 anche un altro Abate cassinense, Richerio, morto in Aterno (Pescara) durante un viaggio compiuto in compagnia del conte di Chieti Trasmondo III. Intorno al 1070 la chiesa venne completamente rinnovata per volere dell'Abate cassinense Desiderio e sotto la diretta cura di Adenolfo, monaco e preposto dell'epoca. Tra alterne vicende, in pratica dal IX sino alla fine del XVIII secolo, San Liberatore, che rimase sempre una prepositura dipendente dall'abbazia cassinese, costituisce appunto il polo intorno al quale gravita la presenza di Montecassino in Abruzzo, come testimonia proprio la documentazione relativa al monastero majellese che comprende oltre 800 unità. Sulla base delle fonti è stato possibile anche ricostruire la serie cronologica dei prepositi di San Liberatore, che vanno da Poterico (856?-883?) a Cherubino de Luna d'Aragona di Napoli (1804). Le attuali forme della chiesa rimandano all'epoca in cui, Desiderio, abate di Montecassino, vi trasportò nel 1080, nuove maestranze che diedero vita ben presto ad una scuola artistica locale. L'abbazia andò in decadenza dal XV secolo, insieme alle badie dell'ordine cistercense, e andò in commenda a vescovi e abati fuori Abruzzo, sino al XVIII secolo. La presenza di un ciclo d'affreschi rinascimentale che celebra la storia del monastero e dei santi e abati a esso legato testimonia l'ultimo bagliore di splendore dell'abbazia. Il terremoto del 1706 danneggiò la chiesa, che venne restaurata alla maniera barocca, con un finestrone al posto dell'apertura centrale a tutto sesto, visibile dalla controfacciata, e soffitto a cassettoni. All'epoca di Ignazio Carlo Gavini, studioso di architettura medievale abruzzese, la chiesa benedettina era in grave stato di abbandono, con l'erba che ricopriva l'edificio e il tetto sfondato in più punti; dopo che l'incuria l'aveva lasciata allo stato di rudere per lunghissimi anni, fu restaurata nel periodo 1967-71 dal soprintendente Mario Moretti e rivalorizzata notevolmente. Architettura L'abbazia si trova immersa in uno scenario di suggestivo valore naturalistico, si presenta con una facciata bianca equilibrata nei volumi e affiancata da un campanile a pianta quadrata sviluppato in tre piani traforati da monofore, bifore e trifore. La facciata ha uno schema disegnato da rilievi verticali con un gusto lombardo. La ripartizione interna dell'impianto basilicale è a tre navate con sette arcate a tutto tondo che insistono su pilastri quadrangolari. Al presbiterio si accede attraverso tre archi di trionfo (manca quello centrale), che poggiano su piloni a forma di croce e terminanti con belle decorazioni a ovuli e dentelli; questo stesso tipo di decorazione divide in senso orizzontale le muraglie della navata centrale sino a portarsi sull'abside, terminando in tre ordini circolari. Il soffitto è a capriate lignee; nella navata sinistra si scorgono gli originari accessi al chiostro e alla residenza del monastero, rappresentate da due porte decorate; è possibile notare sull'architrave della seconda porta il caratteristico motivo a fiori tipico del romanico abruzzese. Il pavimento della navata centrale presenta una bella e rara composizione geometrica policroma databile intorno al 1200, mentre gli affreschi che ornavano il catino dell'abside, un tempo uniti, oggi sono ammirabili separatamente dopo l'ultimo restauro; il primo, posizionato su pannelli è del XVI secolo e raffigura il monaco Teobaldo, fondatore dell'abbazia, il secondo, più antico (XII secolo), rimasto nella sua posizione originaria presenta tracce di figure di santi. L'ambone si presenta a cassa di forma quadrata e presenta notevoli somiglianze con la pari struttura dell'Abbazia di San Clemente a Casauria e di San Pelino a Corfinio. Affreschi Nella chiesa di San Liberatore sono conservati due cicli di affreschi medievali, risalenti ad epoche diverse. Lo stato di grave usura in cui si presentano oggi è dovuta soprattutto all'assenza di un tetto per lungo periodo. Nel Cinquecento furono ricoperti da altre pitture che recentemente sono state staccate e affisse su pannelli esposti nella navata destra. L'affresco più antico risale al periodo dell'abate francese Bernardo Ayglerio, nella seconda metà del XIII secolo. Seppur stilisticamente diversi, i due cicli trattano lo stesso tema, cioè illustrare e difendere i privilegi, i possedimenti e i diritti feudali dell'abbazia stessa. Le pitture duecentesche dell'abside rappresentano episodi inerenti alla storia del monastero: un monaco (probabilmente Teobaldo) che offre un modellino della chiesa a San Benedetto, Sancio di Villa Oliveti che dona le sue proprietà al monastero, Carlo Magno e (forse) il giovane figlio Pipino mentre confermano il monastero all'ordine benedettino. Al centro vi era San Benedetto che regge con la mano destra il pastorale di Vescovo-Abate della diocesi di Cassino, che oggi è solo parzialmente riconoscibile. Di autore ignoto, secondo alcuni un certo Teodino, quest'opera rappresenta un'importante testimonianza di pittura gotica. Gli affreschi cinquecenteschi sono invece un esempio di influenza lombarda e veneta. Tombe rupestri di San Liberatore
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https://it.wikipedia.org/wiki/Stazione%20meteorologica%20di%20Pescara%20Aeroporto
Stazione meteorologica di Pescara Aeroporto
La stazione meteorologica di Pescara Aeroporto è la stazione meteorologica di riferimento per il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare e per l'Organizzazione Mondiale della Meteorologia, relativa all'entroterra della città di Pescara. Caratteristiche La stazione meteorologica, gestita dall'ENAV S.p.A., si trova nell'area climatica dell'Italia centrale, in cui è compreso l'intero territorio regionale dell'Abruzzo, nel comune di Pescara, nell'area aeroportuale, a 11 metri s.l.m. e alle coordinate geografiche . Tale stazione si trova al lato della pista aeroportuale su un manto erboso. Essa comprende una capannina meteorologica, ben visibile anche a occhio nudo dalle strade adiacenti, all'interno della quale c'è un sensore di temperatura e di umidità, un anemometro, costituito da un alto palo posto a fianco della capannina, un pluviometro, di colore grigiastro e un barometro. La posizione della stazione meteorologica, così come la strumentazione, rispettano le norme OMM. Medie climatiche ufficiali Dati climatologici 1971-2000 In base alle medie climatiche del trentennio 1971-2000, le più recenti in uso, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, è di +6,5 °C, mentre quella del mese più caldo, luglio, è di +23,2 °C; mediamente si contano 27 giorni di gelo all'anno e 29 giorni annui con temperatura massima uguale o superiore ai 30 °C. Nel trentennio esaminato, i valori estremi di temperatura sono i +40,0 °C dell'agosto 1988 e i -13,2 °C del gennaio 1979. Le precipitazioni medie annue si attestano a 658 mm, mediamente distribuite in 73 giorni, con minimo relativo in estate, picco massimo in autunno e massimo secondario in inverno per gli accumuli totali stagionali. L'umidità relativa media annua fa registrare il valore di 72,8% con minimo di 70% a luglio e massimo di 76% a novembre; mediamente si contano 25 giorni all'anno con episodi nebbiosi. Di seguito è riportata la tabella con le medie climatiche e i valori massimi e minimi assoluti registrati nel trentennio 1971-2000 e pubblicati nell'Atlante Climatico d'Italia del Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare relativo al medesimo trentennio. Dati climatologici 1961-1990 In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, ancora in uso per l'Organizzazione meteorologica mondiale e definita Climate Normal, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +6,1 °C; quella del mese più caldo, luglio, è di +23,0 °C; mediamente, si verificano 30 giorni di gelo all'anno. Nel medesimo trentennio, la temperatura minima assoluta ha toccato i -13,2 °C nel gennaio 1979 (media delle minime assolute annue di -5,1 °C), mentre la massima assoluta ha fatto registrare i +40,0 °C nell'agosto 1988 (media delle massime assolute annue di +36,6 °C). La nuvolosità media annua si attesta a 4 okta giornalieri, con minimo a luglio di 2,2 okta giornalieri e massimo di 5,1 okta giornalieri a febbraio. Le precipitazioni medie annue sono di poco inferiori ai 700 mm, distribuite mediamente in 74 giorni; presentano un contenuto minimo in estate e un moderato picco tra l'autunno e l'inverno. L'umidità relativa media annua fa registrare il valore di 72,6% con minimo a luglio di 69% e massimi di 76% a novembre e dicembre. L'eliofania assoluta media annua si attesta a 6,1 ore giornaliere, con massimo di 9,8 ore giornaliere a luglio e minimo di 2,9 ore giornaliere a dicembre. La pressione atmosferica media annua normalizzata al livello del mare è di 1014,7 hPa, con massimo di 1017 hPa ad ottobre e minimo di 1012 hPa ad aprile. Il vento presenta una velocità media annua di 3,6 m/s, con minimi di 3,3 m/s ad agosto, settembre ed ottobre e massimo di 4,2 m/s a febbraio; le direzioni prevalenti sono di libeccio tra settembre ed aprile e di grecale tra maggio ed agosto. Valori estremi Temperature estreme mensili dal 1947 ad oggi Nella tabella sottostante sono riportati i valori delle temperature estreme mensili registrate presso la stazione meteorologica dal 1947 ad oggi. Nel periodo esaminato, la temperatura minima assoluta ha toccato i -13,2 °C nel gennaio 1979 mentre la massima assoluta ha raggiunto i +41,0 °C nell'agosto 2017 (nettamente sovrastimati in base ai dati di altre stazioni i +45 °C del 30 agosto 2007 e i +43,8 °C del 24 luglio 2007).
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https://it.wikipedia.org/wiki/Stazione%20di%20Sulmona
Stazione di Sulmona
La stazione di Sulmona è la stazione ferroviaria principale dell'omonimo comune e il secondo nodo ferroviario d'Abruzzo per importanza dopo quello di Pescara. Sorge alla periferia della città a . Storia La stazione di Sulmona nacque in conseguenza della costruzione, tra il 1873 ed il 1875, della ferrovia di collegamento della città di Pescara, posta sulla dorsale costiera Adriatica con il centro montano abruzzese dell'Aquila. La costruzione venne eseguita dalla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali che ne era la concessionaria. Tale stazione era "passante" e si trovava in una zona più a nord dell'edificio contemporaneo, su una curva (dismessa nel 1888) che permetteva il collegamento diretto Pescara-L'Aquila. Il terrapieno su cui posava il binario è visibile sia mediante osservazione sul posto che mediante foto aerea (è la naturale prosecuzione di una curva di cui solo le parti estreme fanno ancora parte delle linee Sulmona-L'Aquila e Sulmona-Pescara). Nel 1888 venne aperta al traffico ferroviario anche la tratta Roma-Sulmona che realizzava il collegamento più breve con la capitale, trasformando così la stazione da semplice impianto ferroviario passante in stazione di diramazione. Negli stessi anni prendeva forma il progetto, a lungo proposto, di collegamento verso il sud e Napoli attraverso il valico di Campo di Giove, la stazione di Rivisondoli-Pescocostanzo (punto più alto della linea a ), e Carpinone. La realizzazione di una linea così complessa richiese molto tempo e la costruzione di una ferrovia di servizio a cremagliera a scartamento ridotto tra Cansano e Roccaraso; il primo tratto della futura linea fu aperto all'esercizio il 18 settembre 1892 ed aveva come stazioni capolinea Sulmona e Cansano, mentre l'intera tratta venne inaugurata il 18 settembre 1897 realizzando l'importante collegamento trasversale, e più breve, tra le stazioni di Napoli sul Tirreno e quella di Pescara sull'Adriatico. A seguito di ciò venne costruito anche un deposito locomotive sul lato sud-ovest del piazzale binari, mentre sul fianco ovest, dal lato esterno, trovarono posto gli edifici sussidiari per gli alloggi del personale. La tratta Roma-Sulmona fu sede, nel 1927, dell'attivazione sperimentale della trazione trifase a e frequenza industriale di ; il 23 marzo 1929 vi fu l'inaugurazione ufficiale della stazione elettrificata di Sulmona. La seconda guerra mondiale colpì duramente la stazione e i suoi impianti (perché vitale nodo della rete), che vennero devastati. La stazione venne interamente ricostruita rientrando in funzione nel 1947. Gli edifici e gli impianti contemporanei infatti risalgono tutti al dopoguerra. Fu realizzato un monumento ai ferrovieri che persero la vita nel bombardamento. Nel 2018 la stazione è stata riammodernata con l'aggiunta di nuove banchine, sistemi di illuminazione a led, di accessibilità e di informazione audiovisiva, ascensori e rampe esterne, riqualificazione dell'atrio, della sala d'attesa, dei sottopassaggi pedonali e dello sportello della biglietteria, rimozione delle barriere architettoniche e riverniciatura bianca delle pareti esteriori del fabbricato viaggiatori. Strutture e impianti La stazione è gestita da Rete Ferroviaria Italiana, che la colloca nella categoria "Silver". È posta sulla linea ferroviaria Roma-Pescara ed è altresì origine delle linee ferroviarie di collegamento per L'Aquila, Rieti e Terni verso nord e per Carpinone, Isernia e Napoli verso sud. La stazione possiede 14 binari, di cui 4 per il servizio viaggiatori e 10 a servizio dell'officina. Adiacente alla stazione, vi è il deposito locomotive di Sulmona. Tra i binari del piazzale vi sono due colonne idrauliche, utilizzate in passato per rifornire di acqua i tender delle locomotive a vapore, e una piattaforma girevole ferroviaria; la loro funzionalità è stata ripristinata nel 2017. La stazione sorge a circa a nord del centro cittadino a cui è collegata da un viale alberato. Di recente è stato aggiunto un bar-pizzeria per agevolare i viaggiatori. Nella piazza esterna di accesso è posta come monumento una locomotiva FS 835.092. Movimento Il traffico passeggeri è costituito da treni regionali da e per le direttrici di Pescara (con eventuale prosecuzione per Teramo e Lanciano), Roma (passando per Avezzano) e L'Aquila. Servizi La stazione dispone dei seguenti servizi: Sportello informazioni Biglietteria a sportello Biglietteria automatica Sala d'attesa Servizi igienici Interscambi La stazione è connessa con i seguenti interscambi: Autobus urbani ed interurbani
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https://it.wikipedia.org/wiki/Circondario%20di%20Penne
Circondario di Penne
Il circondario di Penne era uno dei due circondari in cui era suddivisa la provincia di Teramo, esistito dal 1861 al 1926. Nei suoi territori erano compresi tutti i comuni dell'area Vestina. Istituzione e soppressione Fu istituito insieme alla provincia di Teramo, di cui era parte, dopo l'annessione del regno delle Due Sicilie al regno d'Italia nel 1861. I circondari erano stati istituiti come ente amministrativo subordinato alle province con la legge Rattazzi (Regio decreto n. 3702 del 23.10.1859). Il circondario di Penne venne soppresso nel 1926 e il territorio assegnato l'anno successivo alla nascente provincia di Pescara, salvo il mandamento di Bisenti che invece resterà nella provincia di Teramo. Suddivisione amministrativa all'atto dell'istituzione (1861) All'atto dell'istituzione, il circondario era diviso in 7 mandamenti, a loro volta suddivisi in 36 comuni: Variazioni amministrative 1863 Carpineto ridenominata Carpineto della Nora Castagna ridenominata Castel Castagna Castellammare ridenominata Castellammare Adriatico Castiglione alla Pescara ridenominata Castiglione a Casauria Loreto ridenominata Loreto Aprutino 1904 Cappelle si distacca da Montesilvano e diventa comune autonomo 1905 Bacucco ridenominata Arsita 1912 Cappelle ridenominata Cappelle sul Tavo 1913 Villa Celiera si distacca da Civitella Casanova e diventa comune autonomo 1922 Montesilvano Marina si distacca da Montesilvano e diventa comune autonomo (successivamente, nel 1928, i due comuni verranno riaccorpati; il nuovo ente prenderà il nome di Montesilvano, e avrà la sede municipale a Montesilvano Marina, mentre il centro che ospitava il municipio dell'originario comune di Montesilvano ne diventerà una frazione, con il nome di Montesilvano Colle.) 1926 Soppressione del circondario di Penne e trasferimento di tutti i comuni nel circondario di Teramo 1927 I due comuni di Castellammare Adriatico e Pescara (nel circondario di Chieti) vengono uniti nel nuovo comune di Pescara e contestualmente alla soppressione dei restanti circondari viene istituita la provincia di Pescara
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https://it.wikipedia.org/wiki/Opere%20di%20Gabriele%20D%27Annunzio
Opere di Gabriele D'Annunzio
Cronologia dell'opera dannunziana divisa per generi e periodi della sua vita. L'arco di tempo abbracciato dal poeta spazia dal 1879 al 1936. Primo periodo: la poesia (1879 - 1893) Primo vere (1879) L'esordio dannunziano avviene a Chieti, vicino a Pescara, presso la casa editrice Rocco Carabba. Il padre pubblica la prima raccolta di poesie, e con un espediente pubblicitario (la propria morte con una caduta a cavallo), il giovane d'Annunzio riesce a riscuotere grande successo. Il poeta sedicenne dedicò tutto il periodo delle vacanze estive per redigere la sua prima opera, e poi con l'accordo del padre, decide di farlo stampare a spese della famiglia. Svanita però l'illusione di fare pubblicare la raccolta da uno dei migliori editori milanesi, il padre ripiega sul tipografo Giustino Ricci di Chieti, con cui viene combinata per 500 lire, un'edizione in 500 copie. Il volumetto, condotto sull'edizione zanichelliana delle poesie dello Stecchetti si compone di circa 150 pagine. La prima edizione di Primo vere comprende ventisei poesie, quasi tutte dedicate ad un rappresentante della famiglia, ad un amico oppure alla musa ispiratrice, di nome Lilia; è poi presente un'appendice che contiene quattro traduzioni di Orazio. Con Primo vere, l'autore vuole raccontare la sua età giovanile (l'espressione latina, infatti, significa proprio "all'inizio della primavera") nella quale si affaccia per la prima volta alle gioie della vita e dell'amore. Sono riscontrabili le influenze di Carducci ed in modo particolare si evidenziano alcune espressioni e immagini tipiche del poeta toscano, nonché l'uso del metro barbaro. D'altra parte, il libro, come confessato dallo stesso autore, era nato sotto lo stimolo delle Odi barbare carducciane. Al di là dell'imitazione, nel giovane D'Annunzio si vede la capacità di operare una scelta tra le sfaccettature della poetica del modello che più gli erano congeniali e che più si adeguavano alla sua personalità già spiccatamente originale. Canto novo (1882) Questa raccolta fu dedicata a Elda Zucconi, il primo amore per l'autore. Comprende 63 liriche composte in sonetti assomiglianti a quelli carducciani. La prima edizione è divisa in cinque libri, più un preludio e un sonetto dedicato alla Zucconi. Dalla "filologia" di Primo vere, D'Annunzio passa alla "fisiologia" di Canto novo (anche se in realtà non abbandona affatto i libri). Si tratta di testi "impressionistici" già pubblicati separatamente, arricchiti da illustrazioni dell'amico pittore Michetti. La seconda edizione è ridotta a soli 23 testi e ogni argomento politico o sociale ne è tagliato fuori: ne deriva un "poema lirico panteistico", dove D'Annunzio fonda un nuovo paganesimo. Fonti di D'Annunzio sono alcune riduzioni delle teorie di Darwin. Non scompare il filtro libresco che si frappone tra il poeta e la natura. Si scorge già la volontà della creazione del mito di sé. Il racconto è stato definito da gran parte della critica introspettivo e personale. In particolare i critici Riva, Iori e Springolo del gruppo Xyz, in occasione di un convegno a Bologna nel luglio 2014, ne hanno apprezzato la descrizione fatta del popolo italiano. Intermezzo di rime (1884) D'Annunzio abbandona la "metrica barbara" carducciana e si cimenta in altre forme metriche più chiuse e tradizionali. La sperimentazione caratteristica della poesia dannunziana è presente sia nei temi sia nella forma di queste poesie che presentano figure di donne degradate, amori lascivi e spinte scene di sesso. Intermezzo di rime è riconducibile al "periodo romano" dannunziano ed infatti così come Canto novo rifletteva la vita abruzzese di D'Annunzio, così "Intermezzo di rime" ne testimonia la frequentazione degli ambienti della più moderna società romana, ricercatrice di temi piccanti e soprattutto più aperta agli sperimentalismi della poesia decadente. Isaotta Guttadauro, poi L'Isottèo e la Chimera (1886) In quest'opera, poi divisa in due libri nell'edizione del 1890, d'Annunzio si propone di gareggiare con i poeti contemporanei, iniziando la prima vera sperimentalizzazione della poesia decadente. Nel primo libro sono descritte varie scene di gusto decadente ed erotico. Nel secondo libro d'Annunzio ripercorre la figura mitica della Chimera, narrando episodi dei più grandi poeti fiorentini del Rinascimento e dell'Italia tutta. Elegie romane (1892) e Poema paradisiaco (1893) La prima raccolta fu scritta a Roma, dopo la lettura dell'omonima opera di Goethe, in cui erano descritti i sentimenti di passione e avventura del giovane autore tedesco, quando era in viaggio tra le rovine dell'antico impero degli Augusti e dei Cesari. D'Annunzio tenta lo stesso sperimentalismo, narrando gli amori clandestini vissuti in quel periodo (1886 - 1889 ca.), con Barbara Leoni. Il Poema paradisiaco è l'ultima delle opere del primo periodo dannunziano, quando il poeta aspetterà il 1903 per la pubblicazione delle Laudi. L'opera costituisce una svolta della produzione letteraria dannunziana, che a partire dal Poema si avvicina in modo più netto alla poesia decadente e crepuscolare. Il poema d'annunziano è anche una parabola di conversione verso uno stile di vita casto e frugale, quasi francescano. Il protagonista infatti è un uomo soggetto alla prigione dei sensi, sedotto da figure insidiose e enigmatiche: le larve. Soltanto il ritorno del protagonista nel rassicurante orticello di casa, mantenuto con modestia e lavoro sarà la sua ancora di salvezza, proprio qui infatti avverrà la sua purificazione. Il protagonista riesce quindi a raggiungere un traguardo di salvezza adottando uno stile di vita in perfetta antitesi rispetto allo stesso D'Annunzio. Il decadentismo: il poeta veggente Il Decadentismo è caratterizzato da una nuova tipologia di poeta: esso non è più il vate che guidava il popolo del Romanticismo, né il promotore della scienza come nell'Illuminismo o cantore della bellezza nel Rinascimento. Diventa così veggente, cioè colui che vede e sente mondi arcani ed invisibili in cui si chiude scoprendo «l'universale corrispondenza e analogia delle cose [...] E in tal modo il Dio perduto vive come una memoria e un desiderio» (Francesco Flora). Il poeta è così un artista solitario, capace di scavare nell'interiorità umana e nel mistero dell'ignoto. Anche la parola poetica cambia: non si usa più per descrivere sentimenti ma, soprattutto, per decifrare sensazioni e per illuminare l'oscuro che è in noi utilizzando un linguaggio polisemico comprensibile solo da spiriti che riescono a percepire le stesse sensazioni. Da qui la grande importanza della poesia come mezzo per esprimere il proprio intimo. Caratteristica generale è quindi un forte senso d'individualismo e soggettivismo. Per la sua oscurità l'argomento della poesia sfugge alla comprensione del lettore che può interpretarla in modi differenti. Secondo periodo poetico (1903 - 1918) Laudi del cielo, della terra, del mare e degli eroi Le Laudi nascono come progetto non unitario, ma d'Annunzio tentò un grande sforzo per celebrare l'apice massimo della sua poetica superomistica decadentista, narrando esperienze di vari viaggi in Grecia, Umbria e Toscana, collegando ciascuna sensazione con miti dell'antica Grecia e soprattutto in comunione panica con la natura e con le "compagne", in questo caso Eleonora Duse. Un valido esempio è La pioggia nel pineto, tra le liriche più conosciute del libro Alcyone, assieme ai Pastori, dove d'Annunzio rievoca la vecchia transumanza abruzzese delle sue terre pescaresi. Maia - Laus vitae Il primo libro, Maia, fu composto nel 1903 e pubblicato nello stesso anno; è la mitizzazione del suo viaggio in Grecia, spunto per un'esaltazione panica della natura. Il sottotitolo, Laus Vitae, ne chiarisce i motivi ispiratori: una vitalistica celebrazione dell'energia vitale ed un naturalismo pagano impreziosito dai riferimenti classici e mitologici. Contiene diverse liriche famose come l'Inno alla vita, l'Annunzio, il Canto amèbeo della guerra, la Preghiera alla Madre Immortale e La quadriga imperiale. Il tema principale è quello del superuomo e artista perfetto, incarnato nel poeta stesso, profeta di un nuovo mito. Elettra Il secondo libro, Elettra, composto tra il 1899 e il 1902 e pubblicato nel 1903, è dedicato al mito del superuomo nell'arte e nell'eroismo universale. Segna anche la nascita del nazionalismo dannunziano. D'Annunzio stesso rimane in genere in secondo piano e diviene il cantore degli eroi immortali: nelle prime due parti celebra principalmente gli eroi della patria (La notte di Caprera dedicata a Garibaldi), in cui l'Italia viene trasformata nella "supernazione", proprio come il poeta è diventato "superuomo", e dell'arte (A Dante, Per la morte di Giuseppe Verdi, ma anche le liriche dedicate a Victor Hugo e a Nietzsche); nella terza parte, i "Canti della ricordanza e dell'aspettazione", sono cantate venticinque "Città del silenzio" (Ferrara, Ravenna, Pisa, ecc.), simbolo del passato glorioso dell'Italia; nella quarta si trovano il Canto di festa per Calendimaggio e il famoso Canto augurale per la Nazione eletta, che infiammò di entusiasmo i nazionalisti, e chiude il libro. Alcyone Il terzo libro, Alcione, fu pubblicato assieme al secondo e contiene per acquisito giudizio il meglio del D'Annunzio poeta (La pioggia nel pineto, La sera fiesolana, Stabat nuda Aestas, I pastori, Meriggio, Le stirpi canore, La tenzone e vari "ditirambi"). Esso è un unico e vasto poema solare, che raffigura l'estate trascorsa dal poeta con la compagna Ermione (Eleonora Duse) sulla costa della Versilia. In essa il superuomo si fonde totalmente con la natura, divenendone parte ("panismo dannunziano"). La raccolta si sviluppa attraverso un ampio percorso culturale di citazioni e riferimenti al repertorio letterario classico italiano, greco e latino. La prima sezione sviluppa elementi duecenteschi, da San Francesco (Lungo l'Affrico, La sera fiesolana) a Dante (Beatitudine), passando attraverso il recupero di motivi virgiliani ed esiodei (La spica, Le opere e i giorni, L'aedo senza lira). Essa è ambientata tra Firenze e la campagna circostante, attraverso una struttura cronologica che attraversa, nell'ordine, tramonto, sera, mattina e pomeriggio. La seconda sezione, che comprende i giorni tra l'estremo giugno" e l'otto luglio, è ambientata nel clima selvaggio del litorale tra le foci dell'Arno e del Serchio (Marina di Pisa, Il Gombo e San Rossore). È la sezione nella quale a un minimo di cultura letteraria corrisponde il massimo di naturalismo panico nietzscheano, attraverso i temi dell'ascolto (La tenzone, Innanzi l'alba) e della visione epifanica (I tributarii, Il Gombo) della natura. La terza sezione - il passaggio tra luglio e agosto - concentra la descrizione spaziale attorno alle pinete alla foce del Serchio. Essa è dedicata al mito ovidiano di Glauco, il pescatore della Beozia divenuto dio del mare; nel suo sviluppo il poeta si fa personaggio mitico dialogante con la natura - marittima (L'oleandro), equestre (Bocca di Serchio) e venatoria (Il cervo). La quarta sezione - la fine di agosto - prosegue la rappresentazione mitica della precedente e inaugura, nella sua seconda parte, un ciclo scultoreo e allegorico che ha il suo culmine ne L'arca romana. Notevole, in questa sezione, la serie naturalistica costituita dai Madrigali dell'estate. Nell'ultima sezione, ambientata nella prima metà di settembre, si sviluppa il tema del trapasso e delle rievocazione, giocato sul registro stilistico del sogno e della memoria (i sette componimenti dei Sogni di terre lontane ne costituiscono quindi il culmine centrale). Con l'Alcyone D'Annunzio introduce nel panorama letterario nazionale una tematica panico-naturalistica che nella cultura europea risaliva già al romanticismo - limitatamente al contesto germanico - ma che per l'Italia rappresentava una novità assoluta. Il classicismo italiano aveva sempre privilegiato il versante retorico delle Humanae litterae, intese come modello apollineo e razionalistico di stile e di contenuto. In questo contesto - da Petrarca all'Ottocento - ciò che contava era il rispetto di una tradizione di regole e di autori, di auctoritates (Virgilio, Cicerone, Orazio soprattutto), appartenenti esclusivamente all'ambito letterario latino così come l'avevano delimitato Dante, Petrarca e i classicisti del Cinquecento. I poeti e filosofi romantici tedeschi, scavalcando polemicamente il primato umanistico dei Latini, alla ricerca di una propria originalità storica avevano invece privilegiato il classicismo greco, con particolare riferimento ai filosofi presocratici e alle filosofie neoplatoniche. Seguiti su questa strada dai filosofi irrazionalisti del tardo Ottocento - Schopenhauer e Nietzsche - e dalla scuola ermeneutica del Novecento, essi istituirono un modello di interpretazione del classicismo centrato principalmente sui concetti di vitalismo e panismo, cioè su una rappresentazione animistica della natura, intesa come luogo di manifestazione del divino più che come cornice esteriore e indifferente delle vicende spirituali dell'uomo, come invece era intesa dall'Umanesimo latino. Attraverso Nietzsche D'Annunzio fa propria una tematica inconsueta per la storia della letteratura italiana: la metamorfosi e il deismo panico, con i loro correlati dell'epifania e della metafisica della luce. Merope (Canti della guerra d'oltremare) Il quarto libro, Merope, raccoglie i canti celebrativi della conquista della Libia e della guerra italo-turca in Dodecaneso, composti ad Arcachon, e pubblicati dapprima sul Corriere della Sera e poi in volume nel 1912. Si tratta di una nuova divagazione sul tema patriottico e nazionalista e sul mito di Roma. Famosa è La canzone dei Dardanelli, inizialmente censurata per alcuni versi ritenuti offensivi nei confronti dell'imperatore Francesco Giuseppe d'Austria. Asterope (Canti della guerra latina) Il quinto libro, incluso nelle Laudi dopo la morte di D'Annunzio, fu in realtà concepito e pubblicato a sé stante nel 1933 col titolo Canti della guerra latina. Racconta l'esperienza del poeta nella prima guerra mondiale e le imprese compiute dagli italiani per il completamento dell'Unità d'Italia contro l'Austria. L'ultima parte è dedicata all'impresa di D'Annunzio come Comandante a Fiume della Reggenza italiana del Carnaro. In essa si trova la famosa lirica La canzone del Quarnaro, celebrazione della beffa di Buccari a cui aveva partecipato lo stesso poeta nel febbraio del 1918. La prosa e i romanzi (1882 - 1936) Terra vergine (1882) La raccolta Terra vergine, assieme al Libro delle vergini e San Pantaleone risulta essere uno dei primi esperimenti letterari in prosa di d'Annunzio, che si ispira alla raccolta siciliana Vita dei campi di Giovanni Verga. Tutte e tre queste raccolta verranno rimaneggiate dal d'Annunzio nel 1902 per la versione definitiva del volume Le novelle della Pescara. Il verismo dannunziano è molto sentito nella sua terra natale abruzzese, ancora legata prevalentemente alla transumanza, all'agricoltura e alle superstizioni. Terra vergine è il primo esempio: le storie riguardano amori fugaci campagnoli, tragedie di poveri nullatenenti (spesso ragazzi) che periscono per cause naturali durante inverni gelidi o per incidenti sul lavoro. Compaiono anche episodi raccapriccianti di sordomuti e malati mentali che per la loro natura, sono ritenuti dalla comunità "posseduti" dal demonio, e quindi ostracizzati, o peggio uccisi come "eretici". San Pantaleone (1886) Nel San Pantaleone, d'Annunzio tratteggia bozzetti di società più variegati; il panorama rimane sempre l'entroterra abruzzese attorno a Pescara. Si narra di nobili decaduti e di mezzadri che vedono la loro proprietà andare in fumo a causa delle rivolte contadine. Tra le novelle più note, c'è quella ambientata nel santuario di Miglianico, vicino a Pescara, dove un fanatico credente si taglia la mano in onore di San Pantaleone. Le novelle della Pescara (1884-1886) L'antologia è una rielaborazione definitiva delle precedenti raccolte de Terra vergine - Il libro delle vergini - San Pantaleone. Come nelle precedenti, d'Annunzio rielabora stilisticamente le novelle, creando un Abruzzo naturalistico e selvaggio, composto da istinti primordiali per quanto concerne la caratterizzazione della massa, ed estrema decadenza morale per la descrizione delle classi medie e nobili. Il progetto come gli altri si ispira alla Vita dei campi di Giovanni Verga e al naturalismo; anche se d'Annunzio prende delle distanze per inserimento dei dialoghi in dialetto e usa una descrizione composta da stile elevato, anziché usare la tecnica della "forma inerente al soggetto". Le storie narrano scene di vita della popolazione di una Pescara ancora provinciale, ridotta a semplice villaggio di mare, in rivalità con il comune vicino di Castellammare Adriatico, come dimostra la novella La guerra del ponte; i personaggi principali sono i cafoni abruzzesi in lotta con il destino e con il loro istinto primordiale quasi animalesco di rapportarsi con la realtà e con il prossimo, spesso accecato e deviato da superstizioni e interpretazioni religiose troppo estremiste, come i casi de La vergine Orsola e Gli idolatri. Trilogia dei romanzi della Rosa Il piacere (1889) Il primo romanzo dannunziano è ambientato tra Roma e Francavilla al Mare (CH), dove il nobile dandy Andrea Sperelli, simbolo del poeta decadente per eccellenza, vive la forte passione per Elena Muti. Costei è ritenuta la fèmme fatale di tutta la storia, perché Elena non si farà mai conquistare, benché Andrea faccia di tutto per lei. Dopo un conflitto a duello, Andrea è in convalescenza a Francavilla, dove incontra Maria Ferres, di cui si innamora, scrivendone le sensazioni in un diario, riportato nel II libro dell'opera. Nel Piacere è ravvisabile una fitta rete di rimandi a vari modelli letterari e artistici, legati sia all'ambiente romano in cui il poeta era inserito, sia alla lettura di autori a lui contemporanei, per lo più francesi. Parigi fu, negli anni della Terza Repubblica e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, la capitale culturale d'Europa, la città in cui vennero elaborati i modelli, gli atteggiamenti, i programmi dei principali movimenti culturali, il luogo di attrazione di tutti gli artisti e scrittori europei. D'Annunzio utilizzò il suo impiego giornalistico alla "Tribuna" di Roma per esplorare e assimilare i nuovi modelli letterari francesi ed europei in generale, attraverso il continuo rapporto con altri intellettuali e scrittori. Alle sue influenze precedenti, che comprendevano Charles Baudelaire, Théophile Gautier, l'estetica preraffaellita elaborata dai critici del giornale Cronaca bizantina, e Goethe, si aggiunsero dunque quelle provenienti dalla nuova fonte di ispirazione francese, come Gustave Flaubert, Guy de Maupassant, Émile Zola, ma anche Percy Bysshe Shelley, Oscar Wilde e forse la lettura di À rebours di Joris Karl Huysmans. Di grande importanza sono poi gli influssi dell'ambiente romano. D'Annunzio giunse nella capitale nel 1881, e i dieci anni che vi trascorse furono decisivi per la formazione del suo stile: nel rapporto con l'ambiente culturale e mondano della città si formò il nucleo della sua visione del mondo. Centrale fu in particolare la sua collaborazione alla rivista Cronaca Bizantina, di proprietà dello spregiudicato editore Angelo Sommaruga, il primo a pubblicare libri del giovane poeta. La rivista, che aveva una linea editoriale orientata alle concezioni letterarie moderne in voga allora (tanto da parlare di una «Roma bizantina») e di cui lo stesso D'Annunzio fu direttore per breve tempo nel 1885, ospitava rubriche di letteratura firmate da importanti artisti e scrittori inseriti nell'ambiente giornalistico, tra cui spiccano Edoardo Scarfoglio, Ugo Fleres, Giulio Salvadori e altri. Sempre a questi anni risale l'amicizia con il musicista Francesco Paolo Tosti e il pittore Francesco Paolo Michetti. Inoltre, D'Annunzio fu collaboratore di molte altre testate romane, e dal 1884 al 1888 scrisse di arte e di cronaca mondana per il quotidiano La Tribuna, firmando con vari pseudonimi e occupandosi di mostre d‘arte, ricevimenti aristocratici e aste d'antiquariato. Attraverso questa intensissima attività D'Annunzio si costruì un personale e inesauribile archivio di stili e registri di scrittura, da cui attinse poi per le sue opere di narrativa. In questo rito di iniziazione letteraria egli mise rapidamente "a fuoco" il proprio mondo di riferimento culturale, nel quale si immedesimò fino a trasfondervi tutte le sue energie creative ed emotive, condannandosi così per molti anni ad accumulare debiti e a fuggire dai creditori. Si può quindi parlare, tanto nelle opere quanto nella vita di D'Annunzio, di una idealizzazione del mondo, che viene ad essere circoscritto nella dimensione del mito. La sua fantasia lottò prepotentemente per imporre sulla realtà del presente, vissuto con disprezzo, i valori alti ed eterni di un passato visto come modello di vita e di bellezza. Valore assoluto del Piacere è l'arte, la quale rappresenta per Andrea Sperelli un programma estetico e un modello di vita, a cui subordina tutto il resto, giungendo alla corruzione fisica e morale (è il tipico dandy, formatosi nell'alta cultura e votato all'edonismo). È, insomma, la realizzazione di un'elevazione sociale e di quel processo psicologico che affina i sensi e le sensazioni: Dopo la convalescenza, successiva alla ferita procuratasi a causa del duello con Giannetto Rutolo, Andrea scopre che l'unico amore possibile è quello dell'arte, Questa attrazione per l'arte viene rappresentata dall'inclinazione di Andrea verso la poesia, che Il culto «profondo e appassionato dell'arte» diventa per Andrea l'unica ragione di vita, tirato in gioco anche nei rapporti con Elena Muti e Donna Maria Ferres, perché egli è convinto che la sensibilità artistica illumini i sensi e colga nelle apparenze le linee invisibili, percepisca l'impercettibile, indovini i pensieri nascosti della natura. Senza dubbio, . Tuttavia, messe da parte l'autosuggestione decadente e la tendenza alla spettacolarizzazione di D'Annunzio, l'accostamento tra arte e bellezza, arte e vita è una risposta, energica ed eloquente, verso la massificazione dell'arte e la mercificazione del letterato e della letteratura. Il Piacere è l'agonia dell'ideale aristocratico di bellezza. Racconta la vacuità e la decadenza della società aristocratica, infettata dall'edonismo, vicina al proprio annichilimento morale, poiché il valore del profitto ha sostituito quella della bellezza. Emblematica è la fine del romanzo: Andrea, vinto, disfatte le proprie avventure amorose, vaga per le antiche stanze del palazzo del ministro del Guatemala, disabitato, in rovina, il cui arredamento è stato venduto all'asta. L'innocente (1892) Il secondo romanzo della trilogia, mescola in un certo senso l'estetismo romano e il tema dell'evangelismo russo di Tolstoj e Dostoevskji. Tullio Hermil, ex diplomatico e ricco proprietario terriero, è da sette anni marito di Giuliana, dalla quale ha avuto due figlie. Uomo dai gusti raffinati e privo di moralità, ha un temperamento inquieto e sensuale e tradisce la moglie continuamente. Una grave malattia di Giuliana sembra riavvicinarlo a lei, ma è un'illusione. Quando poi, veramente pentito, Tullio torna da lei, deve apprendere che la donna lo ha tradito a sua volta e aspetta un figlio dallo scrittore Filippo Arborio; il protagonista comincia a nutrire odio verso "quel figlio non suo", sin da quando il bambino è ancora in grembo alla madre. Il nascituro viene visto dai due come un elemento di disturbo del loro improbabile amore. Ma la gravidanza è difficile e i coniugi sperano che il bimbo muoia prima di venire alla luce, oppure lo uccideranno loro stessi, sollevandosi da un grave problema. Venuto al mondo l'innocente, Giuliana si fa silenziosa complice del piano disumano del marito. Tullio, approfittando della breve assenza della governante, espone il bambino al gelo di una notte natalizia. Questo ovviamente si ammala e muore poco dopo, fra la disperazione dei parenti e dei servitori. Il trionfo della morte (1894) Il terzo libro della trilogia è di grande importanza, in quanto mostra l'avvicinamento dannunziano al filosofo Friedrich Nietzsche, e al tema del "superomismo", di cui d'Annunzio creerà una creatura "superomista" del tutto legata al carattere letterario e al decadentismo, ovviamente. La vicenda è ambientata brevemente a Roma, durante una scena di suicidio, poi definitivamente in Abruzzo, presso Guardiagrele. Nel borgo montano giunge il nobile Giorgio Aurispa, messo in crisi dalla visione della morte. La sua ricca famiglia è in decadenza, perché suo padre sta sperperando gli ultimi averi con prostitute, e il resto della famiglia vive in miseria. L'unica persona a cui Giorgio è affezionato è lo zio, che però muore suicida. Giorgio, esasperato dalla dura vita di paese, e dalla orripilante presenza di superstizione di streghe e di malocchi, fugge a San Vito Chietino, al mare, affittando una villetta sul litorale dei cosiddetti "trabocchi", ossia macchine da pesca in legno assai popolari. Giorgio contatta anche la sua amata Ippolita Sanzio, pregandola di consolarlo da Roma. Mentre Giorgio si tuffa nella lettura dello Zarathustra di Nietzsche, scoprendo un mondo nuovo, Ippolita si affascina alle superstizioni abruzzesi riguardo alla stregoneria e al malocchio, vedendo la morte di un bambino per affogamento e quella di un infante, che si dice essere stato risucchiato nell'anima da una maga. Giorgio spera di redimersi dalla "maledizione della morte" andando in pellegrinaggio nella vicina Casalbordino, al santuario della Madonna dei Miracoli, ma vede soltanto uno spettacolo raccapricciante di infermi e moribondi che chiedono invano grazia alla Vergine. Sconsolato, decide il suicidio con la fidanzata. I temi del romanzo, oltre a confermare l'autorità del superuomo dannunziano esteta e poeta, mostrano anche l'aspetto debole di questa figura: un uomo acculturato che però vive in una società corrotta e dissoluta, ossia la borghesia italiana emergente, e la massificazione sociale con la costruzione delle fabbriche. La cosiddetta "fiumana del progresso" verghiana. L'esteta non può far altro che reagire con l'isolamento in un luogo sicuro, stando a contatto con la natura. Nel caso però del Trionfo della morte, Giorgio incontra la plebe orrorifica e gli aspetti "soprannaturali" delle leggende abruzzesi, che lo sconfiggono. Complice della sconfitta è la stessa amante del protagonista, che rimane attratta da tali pratiche superstiziose. Il libro è tratto da un fatto veramente vissuto dallo stesso d'Annunzio nel 1899 a San Vito, in presenza della sua amata Barbara Leoni. Oggi esiste ancora la villetta affittata dal poeta sul cosiddetto "eremo dannunziano" nel cuore della costa dei Trabocchi. Anche l'episodio macabro del pellegrinaggio a Casalbordino è minuziosamente documentato dal poeta nelle lettere inviate nell'estate dell'89 a Barbara a Roma. La parentesi dostoevskiana di Giovanni Episcopo (1892) Il romanzo è un unicum nella prosa dannunziana, in quanto in quei tempi d'Annunzio, nel suo sperimentare stili diversi, si avvicinò all'evangelismo russo di Tolstoj e Dostoevskij. Da ciò nacque Giovanni Episcopo, non accolto favorevolmente dalla critica, tantomeno dallo stesso autore. Giovanni è un povero diavolo, felicemente sposato, vittima del suo stesso carattere bonario, che conosce uno strano figuro di nome Giulio Wanzer, che si approfitta di lui, installandosi nella sua casa e corteggiandone la consorte. Nessuno riesce a capire come mai Giovanni non reagisca alle ingiustizie della vita, finché un giorno Giulio non è freddato da un colpo di pistola. Le vergini delle rocce (1895) Il progetto di una nuova trilogia, quella del giglio, andò in fumo, e d'Annunzio scrisse solo il primo libro. Nel romanzo, ambientato intorno a Popoli (PE), roccaforte dei duchi Cantelmo, Claudio è uno degli ultimi superstiti dell'antica famiglia nobile. Egli tenta l'approccio con tre sorelle, figlie del principe Montaga, per garantire la continuazione di una stirpe superiore, ma la scelta resta sospesa e incerta. Il progetto di d'Annunzio era di tentare una nuova via del superuomo decadente, ossia quella di procreare una nuova stirpe, per dominare la massa ignorante della borghesia a Roma, legandosi al mito dei Sette Re. Il fuoco (1900) Nel romanzo il protagonista Stelio Effrena si trova a Venezia con la sua amante Foscarina (Eleonora Duse), detta Perdita in segno di rapporto di padronanza con il suo innamorato. Stelio incontra vari amici intellettuali, e progetta la costruzione di un nuovo potere dell'intellettuale superomista nella Città del Silenzio, che ha a che fare con il teatro. Perdita, sebbene in un primo momento gelosa dell'aura d'ombra che Stelio esercita su di lei, alla fine decide di concedersi totalmente al poeta, finché la comunione panica non passa il suo momento migliore, per una nuova vita. Forse che sì forse che no (1910) L'ultimo romanzo dannunziano abbandona il tema dell'esteta decadente, per allacciarsi alla nuova corrente novecentesca del futurismo. D'Annunzio mescola il suo stile tipico alla nuova protagonista del secolo: l'automobile e l'aeroplano. Nella storia infatti il nobile Paolo Tarsis è innamorato di Isabella, con cui fa visita a Mantova al Palazzo Gonzaga, sede degli Estensi, famiglia ricca da cui discende lo stesso protagonista. Nel frattempo però Isabella è segretamente innamorata del fratello Aldo, e quando si scopre l'incesto, ella si uccide folle di dolore. Paolo decide di suicidarsi compiendo un gesto folle: arrivare in aeroplano fino alla Sardegna. Contro il suo volere, Paolo riesce nell'impresa e involontariamente è acclamato come eroe. Contemplazione della morte (1912) e Vita di Cola di Rienzo (1913) Nella prima opera, il libro è preceduto da un messaggio a "Mario Pelosini da Pisa" ed è dedicato "Alla memoria di Giovanni Pascoli e di Adolphe Bermond", quest'ultimo il proprietario della villa di Saint-Dominique (a pochi chilometri da Arcachon) in cui D'Annunzio soggiornò tra il 1910 e il 1916. Il poeta, colpito dalla morte a brevissima distanza di questi due personaggi molto importanti per lui, seppure per motivi diversissimi, ne commemora la scomparsa. Il testo appartiene alla fase memorialistica della scrittura dannunziana iniziata con la pubblicazione delle Faville del Maglio da parte del Corriere della Sera grazie alle quali D'annunzio riuscì a mantenersi durante il soggiorno francese risolvendo almeno in parte il suo cronico bisogno di denaro. La Vita di Cola di Rienzo è parte di un ciclo incompiuto di autori antichi scelti dal poeta per essere celebrati. D'Annunzio narra l'esistenza del romano Cola di Rienzo, che seppe destreggiarsi in senato contro la tirannia del papato e dei baroni, venendo acclamato come un antico "tribuno della plebe". Le Faville del maglio (1911-1914) Scritti di prosa lirica usciti sulla Terza pagina de Il Corriere della Sera, in quattro serie, tra il 1911 e il 1914, furono redatte durante il soggiorno in Francia. L'autore li raccolse in due volumi, pubblicati dall'Editore Treves con aggiunte e scritti spurii: Il venturiero senza ventura e altri studii del vivere inimitabile nel 1924, dedicato a Eleonora Duse; il secondo, Il compagno dagli occhi senza cigli nel 1928. Il titolo allude alla simultaneità dell'opera, costituita come uno scritto di intermezzo tra i grandi capolavori dannunziani del passato e quelli che devono sopraggiungere: le sue riflessioni, ricordi, confessioni sono come le "faville" sprizzanti dall'incudine battuto dal poeta fabbro (il maglio). Tra gli scritti figura quello in cui D'Annunzio accoglie, dopo tanti anni, un vecchio compagno conosciuto al Liceo Cicognini di Prato. Il ragazzo, di nome Dario, è mostrato malato e febbricitante, mentre d'Annunzio si tratteggia in splendida forma, addirittura un giorno seduto seminudo sul tetto di casa, sfidando il temporale e la pioggia. Il Notturno (1916) Si tratta di un memoriale della prima guerra mondiale, in cui d'Annunzio dà prova del suo stile, narrando in tre parti le sofferenze del conflitto. Il titolo allude all'incidente di d'Annunzio durante il volo su Vienna, quando fu ferito ad un occhio, battendo la tempia dentro l'aereo. Essendo costretto a letto, bendato, nella convalescenza, il poeta volle esprimere le sue sensazioni scrivendo alla cieca su lunghi fogli di carta. La scrittura è asciutta, piena di frasi brevi e spezzate, disposte a colonna, in un verticalismo lirico che ricorda la metrica di Giuseppe Ungaretti. Tra gli episodi più famosi descritti, vi è quello del rientro della salma, a Venezia, dell'aviatore Giuseppe Miraglia, amico intimo di d'Annunzio. Il poeta si sofferma a lungo per tutta la prima parte dell'opera su questa scena, descrivendo in maniera minuziosa il suo stato d'animo, mentre è seduto davanti al letto dove giace il corpo. Il libro segreto (1936) Ossia Le cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele d'Annunzio tentato di morire è l'ultima opera in prosa ufficiale del poeta, redatta nel Vittoriale degli italiani. Il poeta si abbandona al ricordo delle sue imprese fiorentine e alla sua infanzia soprattutto, dichiarando di essere stato scelto dal destino e dalla volontà divina di esser poeta, patriota e combattente, mettendo sempre a rischio la vita. Infatti d'Annunzio sostiene di aver ricevuto una visione durante la visita al santuario di Pescara, affermando che i suoi progetti per il futuro consistevano in una semplice vita da erudito. Il teatro dannunziano (1896 - 1914) D'Annunzio entrò in contatto con il teatro grazie ad Eleonora Duse, circa nel 1895. Il suo intento era di riformare da un punto di vista totalmente sperimentale la drammaturgia italiana, incentrata in storie che ricalcavano i grandi avvenimenti del passato rinascimentale o romano-greco. Il tutto doveva svolgersi in scenografie di ampia suggestione emotiva, che avrebbero dovuto mettere in comunicazione panica lo spettatore con la natura e l'aura di ombra e mistero del destino, facendo provare sensazioni oniriche. Il Sogno di un mattino di primavera e Sogno d'un tramonto d'autunno (1896-7) Queste due opere prime teatrali sono strettamente legate tra loro, per quanto riguarda la tensione del protagonista con la sensazione della morte imminente e la sconfitta dinanzi alla vita. Nella prima opera una povera donna di Firenze sta vivendo gli ultimi momenti con la famiglia, che cerca invano di farla rinsavire, prima di entrare in manicomio. Il motivo di tale follia è un amore non corrisposto. Nella seconda opera, ambientata nel '700 a Venezia, la moglie di un Doge non precisato, chiama una fattucchiera perché il nuovo Doge, il suo amante per cui lei ha assassinato il vero Doge, suo marito, adesso è in un bordello, a sollazzarsi con una crudele prostituta. La fattucchiera, con un rito magico a base di cera e capelli dello sventurato, fa prendere fuoco il bordello. La città morta (1896) D'Annunzio, a circa vent'anni di distanza, celebra la scoperta archeologica di Troia e Micene da parte dello Schliemann. La scena mette in mostra una compagnie di giovani arricchiti che a Micene rinviene la tomba di Agamennone. Due ragazze, nel frattempo (l'una delle quali cieca), leggono l'Antigone di Sofocle per legarsi maggiormente nello spirito alla sensazione di grande rinascita della culla della civiltà greca, per cui autori come Omero, Eschilo ed Euripide hanno contato le gesta. La figlia di Iorio (1904) Il primo successo vero di d'Annunzio nella drammaturgia teatrale avviene con il ritorno alle origini abruzzesi. D'Annunzio infatti nell'opera descrive situazioni di cui è pienamente conoscitore e cesellatore, del tutto sconosciute al grande pubblico italiano, come appunto le vicende dell'Abruzzo. Il figlio di Lazzaro di Roio del Sangro sta per sposarsi, presso Taranta Peligna, quando improvvisamente nel clima di pace irrompe una ragazza, Mila di Codra, ritenuta strega. Il ragazzo immediatamente se ne innamora, e decide di isolarsi dalla comunità peligna, fuggendo nella grotta del Cavallone. Lazzaro si innamora anch'esso, ma suo figlio, nella follia, lo uccide, recandosi poi a Roma per chiedere l'indulgenza al papa. Ma i paesani nel frattempo rapiscono Mila e la bruciano come strega. Ciò che colpisce di più della tragedia è la sensazione di pace e calma apparente, espressa dalla gioiosità popolare dei personaggi minori dell'opera, formata da canti in dialetto e scene di profonda fede cattolica, mischiata alle tradizioni pagane che corrono attorno alla "grotta". La fiaccola sotto il moggio (1905) La seconda opera drammaturgica del ciclo abruzzese ha ambientazione ad Anversa degli Abruzzi, sede della nobile famiglia dei Sangro. D'Annunzio visitò il vecchio castello con il filologo sulmonese Antonio De Nino per poter costruire la storia, e il risultato fu un compendio del superomismo dannunziano con la leggenda popolare abruzzese tradizionale del malocchio. La nobile famiglia dei Sangro vive in condizioni misere nei resti del castello medievale. La baronessina è osteggiata dal severo padre, che ha ucciso la madre per poter vivere in perdizione con una fattucchiera di Luco dei Marsi. Disperata, la ragazza si fa consigliare da un "serparo" (termine dei cacciatori di serpenti locali, che celebrano una festa cristiano-pagana) di evocare con una fiaccola lo spirito della madre. Il suo sacrificio farà andare in cielo la ragazza, e farà crollare definitivamente il vecchio mastio, simbolo di decadenza e corruzione, con tutti i nobili della famiglia, ormai in preda alla pazzia. La crociata degli innocenti (1911) D'Annunzio tratteggia una scena di una sgangherata compagnia di crociati che, dopo la guarigione dalla lebbra di un membro per mano di una donna misteriosa, naufraga presso le coste della Terrasanta. Il martirio di San Sebastiano (1911) Sotto un'atmosfera di misticismo, d'Annunzio ripercorre la vita di San Sebastiano. Il santo è un giovane soldato della scorta di Diocleziano, che decide di salvare due ragazzi dalla morte perché appunto seguaci di Cristo. Diocleziano tenta di corrompere Sebastiano con il gozzoviglio e i piaceri, ma è offeso da costui, e dunque condannato ad essere ucciso con delle frecce. D'Annunzio ne approfitta per descrivere la distruzione dell'Olimpo, in una maniera del tutto originale, dalle trombe di Dio e dai Cherubini, mentre Sebastiano è trafitto e ucciso dalle frecce, e sale al Cielo. Cronologia Opere giovanili All'augusto sovrano d'Italia Umberto I di Savoia nel 14 marzo del 1879. Suo giorno natalizio. Augurii e voti, con Vittorio Garbaglia, Prato, Tipografia Giachetti, 1879. (ode) Primo vere. Liriche, come Floro, Chieti, Tipografia di G. Ricci, 1879; Lanciano, Carabba, 1880. (1ª raccolta poetica) In memoriam. Versi, come Floro Bruzio, Pistoia, Tipografia Niccolai, 1880. (2ª raccolta poetica per la morte della nonna) Cincinnato, in "Fanfulla della Domenica", anno II, n. 50, 12 dicembre 1880; poi in Terra vergine, Roma, Sommaruga, 1882. (1º racconto) Poesia Canto novo, Roma, Sommaruga, 1882. Intermezzo di rime, Roma, Sommaruga, 1884. Isaotta Guttadàuro ed altre poesie, Roma, La tribuna, 1886. L'Isotteo; La Chimera. 1885-1888, Milano, Treves, 1890. Elegie romane. 1887-1891, Bologna, Zanichelli, 1892. Poema paradisiaco. (1891-1892); Odi navali. (1891-1893), Milano, Treves, 1893. Sonnets cisalpins, in Gabriele D'Annunzio a Georges Hérelle. Correspondance accompagnée de douze sonnets cisalpins, Paris, Denoel, 1946 (ma 1896). Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi I, Maia, Milano, Treves, 1903. II, Elettra, Milano, Treves, 1904. III, Alcyone, Milano, Treves, 1904. IV, Merope, Milano, Treves, 1912. (già edite in "Corriere della Sera" come Canzoni delle gesta d’oltremare fra l'ottobre 1911 e il febbraio 1912) Asterope. Canti della guerra latina, Bologna, Zanichelli, 1948. Prosa Racconti e prose Terra vergine, Roma, Sommaruga, 1882. Il libro delle Vergini, Roma, Sommaruga, 1884. San Pantaleone, Firenze, Barbera, 1886. Le novelle della Pescara, Milano, Treves, 1902. Prose scelte, Milano, Treves, 1906. (antologia) Contemplazione della morte, Milano, Treves, 1912. La vita di Cola di Rienzo. Vite di uomini illustri e di uomini oscuri, Milano, Treves, 1913. (biografia) Le Faville del maglio, in "Corriere della Sera", dal 23 luglio 1911 al 24 settembre 1914, poi raccolte in: Tomo I, Il venturiero senza ventura e altri studii del vivere inimitabile, Milano, Treves, 1924. Tomo II, Il compagno dagli occhi senza cigli e altri studii del vivere inimitabile, Milano, Treves, 1928. La Leda senza cigno. Racconto, 3 voll., Milano, Treves, 1916. Notturno, Milano, Treves, 1921. (ma 1916) Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele d'Annunzio tentato di morire, Milano, Mondadori, 1935. Romanzi Il piacere, Milano, Treves, 1889. (romanzo della Rosa) Giovanni Episcopo, Napoli, Pierro, 1892. L’innocente, Napoli, Bideri, 1892. (romanzo della Rosa) Il trionfo della morte, Milano, Treves, 1894. (romanzo della Rosa) Le vergini delle rocce. I romanzi del giglio, Roma, De Bosis, 1895. (romanzo del Giglio) Il fuoco, Milano, Treves, 1900. (romanzo del Melagrano) Forse che sì, forse che no, Milano, Treves, 1910. Drammaturgia Sogno d'un mattino di primavera, in "Italia", a. I, fasc. I, 1º luglio 1897. Sogno d'un tramonto d'autunno. Poema tragico, Milano, Treves, 1898. La città morta. Tragedia, Milano, Treves, 1898. La Gioconda. Tragedia, Milano, Treves, 1898. La gloria. Tragedia, Milano, Treves, 1899. Francesca Da Rimini tragedia di Gabriele D'Annunzio rappresentata in Roma nell'anno 1901 a di 9 del mese di decembre, Milano, Treves, 1902. (Trilogia de I Malatesta) La figlia di Iorio. Tragedia pastorale, Milano, Treves, 1904. La fiaccola sotto il moggio. Tragedia, Milano, Treves, 1905. Più che l'amore. Tragedia moderna. Preceduta da un discorso ed accresciuta d'un preludio, d'un intermezzo e d'un esodo, Milano, Treves, 1906. La nave. Tragedia, Milano, Treves, 1908. Fedra. Tragedia, Milano, Treves, 1909. Le martyre de Saint Sébastien. Mystère composé en rythme français, Paris, Calmann-Lévy, 1911. Parisina. Tragedia lirica, Milano, Sonzogno, 1913. (Trilogia de I Malatesta) La Pisanelle, ou Le jeu de la rose et de la mort. Comedie, Paris, 1913, poi in Tutte le opere di Gabriele D'Annunzio, XXXII, Milano, Istituto Nazionale per l'edizione di tutte le opere di Gabriele D'Annunzio, 1935. Il ferro. Dramma in tre atti, Milano, Treves, 1914. La crociata degli innocenti. Mistero in quattro atti, in "L'eroica", a. V, n. 6-7, agosto-settembre 1915. Oratoria politica L'Armata d'Italia. Capitoli estratti dal giornale La Tribuna, Roma, Stabilimento tipografico della Tribuna, 1888. Per la più grande Italia. Orazioni e messaggi, Milano, Treves, 1915. Orazione per la Sagra dei Mille, in "Corriere della Sera", 6 maggio 1915. (ma 5 maggio 1915) La riscossa, Milano, Bestetti & Tumminelli, 1918. Lettera ai dalmati, Venezia, a cura delle associazioni Trento-Trieste e Dante Alighieri, 1919. Carta del Carnaro. Disegno di un nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiume, 8 settembre 1920. Teneo te Africa, 6 voll., Gardone Riviera, Officine del Vittoriale degli italiani, 1936. Le dit du sourd et muet qui fut miraculé en l'an de grâce 1266, de Gabriele d'Annunzio qu'on nommoit Guerri de Dampnes, Roma, L'Oleandro, 1936. Epistolari Solus ad solam, Firenze, Sansoni, 1939.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Associazione%20Sportiva%20Waterpolis%20Pescara%20Pallanuoto
Associazione Sportiva Waterpolis Pescara Pallanuoto
LAssociazione Sportiva Waterpolis Pescara Pallanuoto è stata una squadra di pallanuoto della città di Pescara. Storia Campione d'Europa nel 1988, il Pescara ha vinto per tre volte la massima serie italiana (serie A1): la prima nel 1987 con il nome di Sisley Pescara e poi due anni di seguito nel 1996-97 e nel 1997-98 con il nome di Waltertosto Pescara. Negli anni precedenti alle ultime due vittorie nazionali la squadra abruzzese era spesso riuscita ad arrivare in finale dei play-off scudetto: splendide le sfide contro il Posillipo, squadra con la quale il Cus Pescara ha condiviso il dominio del massimo campionato italiano a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, e contro la quale ha vinto la Supercoppa europea del 1987 e, in seguito, perso la finale dell'allora LEN Champions League (1997-98). Dal 1986 al 1996 è stata quattro volte vice campione d'italia, nel 1990 e 1994 disputò la finale di Supercoppa Len , nel 1995 la finale di Coppa delle Coppe .e nel 2000 la finale di Coppa Len. Il Pescara rimane l'unica squadra di pallanuoto in Italia ad aver vinto almeno una volta in tutte le competizioni continentali. L'ultimo trofeo europeo conquistato è stata la coppa LEN nel 1996 e l'ultima finale continentale disputata è stata quella del 2000 contro lo Jug Dubrovnik sempre in Coppa Len. Nella squadra di pallanuoto pescarese hanno militato campioni mondiali e olimpici, e, in generale, grandi nomi della pallanuoto italiana ed estera come i fratelli Roberto e Alessandro Calcaterra, Marco D'Altrui, Amedeo Pomilio, Francesco Attolico, il serbo Dubravko Simenc e lo spagnolo Manuel Estiarte. Negli anni 2000 la squadra ha conosciuto un lento declino sportivo e societario, perdendo la partecipazione alle coppe europee e, poi, alla massima serie. All'inizio della stagione 2009-10 la Water Polis Pescara ha comunicato la propria rinuncia all'affiliazione ed il conseguente ritiro da tutti i campionati. Palmarès Competizioni nazionali 1986-87, 1996-97, 1997-98 1985, 1986, 1989, 1992, 1998 Competizioni internazionali 1987-88 1990, 1993, 1994 1995-96 1988, 1993 Competizioni giovanili 1984 1979 Note
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https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto%20Calcaterra
Roberto Calcaterra
È il fratello di Alessandro e padre di Enrico, giocatore in Serie A1 e A2. Carriera Roberto Calcaterra inizia la sua carriera con le giovanili della SNC Civitavecchia, dove vince lo scudetto juniores, per poi esordire in Serie A1 il giorno del suo sedicesimo compleanno contro il RN Camogli. All'età di 19 anni si trasferisce a Pescara con il quale negli anni '90 vince due scudetti, due Coppe delle Coppe, una Coppa LEN, una Supercoppa LEN e due Coppe Italia. Tra le finali disputate spicca quella in Coppa dei Campioni, unico trofeo che non riuscì a conquistare in Abruzzo. Convocato per prima volta in nazionale a 18 anni, tra il 1993 ed il 1995 con il Settebello di Ratko Rudić conquisterà due Campionati Europei ed un Campionato Mondiale. L'avventura col Settebello si conclude nel 2004 con l'Olimpiade di Atene. In questi 14 anni colleziona 430 presenze e partecipazioni a 3 Olimpiadi, 4 campionati del mondo e 7 campionati europei. Nel 1999 passa alla Rari Nantes Florentia con la quale è due volte vicecampione d'Italia, arriva in finale di Coppa delle Coppe e nell'anno successivo la conquista. Dopo due anni ritorna al Pescara per poi trasferirsi dopo solo una stagione alla Leonessa Brescia. Col Brescia vince subito la Coppa LEN e lo scudetto 2003 battendo in una finale memorabile la Pro Recco, in cui è proprio lui a segnare il golden gol nel terzo tempo supplementare di gara-5. Nel 2006 conquista un'altra Coppa LEN ed è per altre due volte vicecampione d'Italia dietro la Pro Recco, oltre a giocare due finali di Supercoppa LEN. Nel 2011 arriva al secondo posto in Coppa Italia, trofeo che conquista l'anno successivo. Conclude la sua carriera agonistica nel 2013, sempre nella An Brescia. Dal 2014 oltre ad essere allenatore ed organizzatore di tornei giovanili è stato anche dirigente di Monza, Roma Vis Nova e Pescara. Palmarès Club Pescara: 1996-97, 1997-98 Leonessa: 2002-03 Pescara: 1991-92, 1997-98 Leonessa: 2011-12 Pescara: 1995-96 Leonessa: 2002-03, 2005-06 Pescara: 1992-93, 1993-94 Florentia: 2000-01 Pescara: 1993 Nazionale Olimpiadi Atlanta 1996: Mondiali Roma 1994: Barcellona 2003: Coppa del Mondo Atlanta 1995: Sidney 1999: World League New York 2003: Europei Sheffield 1993: Vienna 1995: Firenze 1999: Budapest 2001: Giochi del Mediterraneo Tunisi 2001: Riconoscimenti 2012 L'atleta di Ieri, Oggi e Domani, UNVS - Unione Nazionale Veterani dello Sport Onorificenze
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https://it.wikipedia.org/wiki/Mario%20Fiorillo
Mario Fiorillo
Fu capitano della nazionale italiana vincitrice dell'oro ai giochi olimpici di Barcellona 1992. Allenatore e Presidente della Roma Olympic in Serie A2. Carriera da giocatore Squadre di club Posillipo Il nome di Fiorillo è legato al Posillipo, club della sua città natale e uno dei più titolati della pallanuoto italiana. Inizia l'attività nel 1975 e accompagna la squadra nel percorso che la porterà ai vertici nazionali. Dopo il terzo posto nel campionato del 1983 arriva il secondo posto in quello successivo, perdendo la finale dei playoff contro la Pro Recco per 2-0 dopo aver dominato la stagione regolare. Nel campionato 1984-1985 vince il suo primo titolo, che è il primo anche per la Posillipo e arriva nella finale dei play-off nel derby con la Canottieri Napoli, battuta nella terza partita dopo che le prime due si erano chiuse con un successo per parte. È l'inizio del dominio del Posillipo in Italia, nella stagione seguente i napoletani vincono di nuovo lo scudetto piegando in finale il Pescara, nuovamente alla terza partita. Gli abruzzesi si prendono la rivincita nella finale dell'anno dopo battendo per 2 vittorie a 0 il Posillipo, che quello stesso anno conquista la sua prima Coppa Italia e si riprende lo scudetto nel campionato 1987-1988 sconfiggendo la Canottieri Napoli dopo 3 partite equilibrate. Nel 1988 arriva anche il primo successo dei napoletani nella Coppa delle Coppe, oltre al secondo posto in Coppa Italia e nella Supercoppa LEN. Al termine della stagione, Fiorillo viene ingaggiato dal Pescara. Pescara Rimane ai vertici anche con il Pescara, che dopo aver dominato la stagione regolare nel campionato 1988-1989 perde la serie finale proprio contro il Posillipo per 3-1, ma vince la Coppa Italia. Nella stagione seguente gli abruzzesi vengono eliminati in semifinale nei playoff di campionato ma si rifanno vincendo la Coppa delle Coppe. Nella stagione 1990-1991 il Pescara torna in finale nel campionato, perdendola contro il Savona. Dopo 3 annate in Abruzzo, Fiorillo annuncia il suo ritorno al Posillipo. Ritorno al Posillipo Negli ultimi 5 anni di carriera Fiorillo rimane con la sua vecchia squadra, che dopo essere stata eliminata nei quarti dei playoff nel campionato 1991-1992 vince 4 scudetti consecutivi. Chiude la carriera con 7 titoli nazionali vinti con il Posillipo, oltre alle due Coppe Italia e due Coppe delle Coppe vinte tra Posillipo e Pescara. Nazionale Juniores Debutta con la Nazionale juniores agli Europei del 1980 a Sittard classificandosi 5º. Vince il titolo nei successivi Europei del 1982 a Varna. Nazionale maggiore L'esordio con la Nazionale maggiore avviene nei Campionati europei del 1981 a Spalato, dove si classifica al 6º posto. L'anno dopo giunge la delusione dei Mondiali del 1982 a Guayaquil, dove l'Italia campione uscente non va oltre al 9º posto. Il periodo negativo continua nel 1983 con il 6º posto nei Campionati europei disputati a Roma. Quell'anno è terzo con gli azzurri sia in Coppa del mondo a Malibù che nei Giochi del Mediterraneo di Casablanca. Fa il suo debutto olimpico nei Giochi del 1984 a Los Angeles, dove malgrado l'assenza di Unione Sovietica, Ungheria e Cuba per il boicottaggio l'Italia si deve accontentare del 7º posto. Fiorillo è comunque il vice-cannoniere della manifestazione con 19 gol dietro al fuoriclasse spagnolo Manuel Estiarte. L'anno successivo arriva la 4ª piazza agli Europei di Sofia e i quinti posti nella Coppa del Mondo a Duisburg e alle Universiadi di Kobe. Il Settebello si riscatta ai Mondiali del 1986 di Madrid con il 2º posto dietro alla Jugoslavia, che si impone in finale per 12-11 dopo 4 tempi supplementari. Ai Campionati europei del 1987 a Strasburgo Fiorillo e compagni si piazzano al 3º posto mentre nella Coppa del Mondo a Salonicco sono quinti. Arrivano invece i successi ai Giochi del Mediterraneo 1987 di Latakia e alle Universiadi di Zagabria. La sfortunata Olimpiade del 1988 a Seoul si chiude con un settimo posto. Quello stesso anno gli azzurri si arrendono alla Jugoslavia nella semifinale degli Europei di Bonn, giungendo terzi, e in finale nella Coppa del Mondo di Berlino. Nel 1991 l'Italia di Fiorillo è 6ª ai Mondiali di Perth, 4ª agli Europei di Atene, dove perde di nuovo in semifinale dalla bestia nera Jugoslavia, e vince i Giochi del Mediterraneo di Atene. Ha quindi inizio uno dei periodi più gloriosi della pallanuoto italiana, che coincide con l'arrivo sulla panchina azzurra dell'ex tecnico della Jugoslavia Ratko Rudić e con gli ultimi anni in Nazionale di Fiorillo. Nel 1992 il Settebello trionfa alle Olimpiadi di Barcellona battendo in finale per 9-8 dopo 3 tempi supplementari i padroni di casa della Spagna. Il periodo d'oro continua nel 1993 con la vittoria negli Europei di Sheffield, sconfiggendo in finale l'Ungheria, e con i successi nella Coppa del Mondo ad Atene e nei Giochi del Mediterraneo a Canet-en-Roussillon. Fiorillo chiude la carriera in Nazionale con un nuovo trionfo, che arriva con la vittoria per 10-5 in finale contro la Spagna ai Mondiali del 1994 davanti al pubblico di Roma. Con le sue 444 partite disputate, ha detenuto per alcuni anni il record di presenze in Nazionale. A tutto il 10 gennaio 2016 era il terzo della graduatoria superato da Carlo Silipo con 482 presenze e da Alessandro Calcaterra con 449. Dirigente e allenatore Dal 1998 al 2003 è stato direttore generale della Roma Pallanuoto, con cui al primo anno ha vinto il titolo di campione d'Italia. Nel 2010 viene nominato presidente onorario dell'emergente club di pallanuoto Roma Nuoto, per il quale nel 2014 debutta nella veste di allenatore. Esonerato durante i playoff per la promozione in A1 nel giugno 2017, nell'agosto successivo firma come direttore sportivo per la Roma 2007. Nel 2018 è nominato allenatore della Roma 2007 in serie A2. Nel 2022 fonda la Fiorillo Accademy , inoltre diventa allenatore e presidente della Olympic Roma in serie A2 . Riconoscimenti È stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica per meriti sportivi. Nel 2015 gli viene consegnato il collare d'oro al merito sportivo. Nel 2016, una targa con il nome di Mario Fiorillo è stata inserita nel percorso Walk of Fame inaugurato l'anno precedente al parco olimpico del Foro Italico a Roma, riservato agli sportivi italiani che si sono distinti per i risultati ottenuti in campo internazionale. Palmarès Club Posillipo: 1984-1985, 1985-1986, 1987-1988, 1992-1993, 1993-1994, 1994-1995, 1995-1996 Posillipo: 1986-1987 Pescara: 1988-1989 Coppa delle Coppe: 2 Posillipo: 1987-1988 Pescara: 1989-1990 Nazionale Barcellona 1992 Europei Sheffield 1993: Mondiali Roma 1994: Onorificenze
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale%20di%20San%20Cetteo
Cattedrale di San Cetteo
La cattedrale di San Cetteo è un edificio di culto cattolico della città di Pescara, cattedrale dell'arcidiocesi di Pescara-Penne e sede dell'omonima parrocchia. È dedicata a san Cetteo, il patrono della città. Il nome originale dell'odierna costruzione, Tempio della Conciliazione, è legato al concordato dello Stato italiano con la chiesa cattolica. Edifici precedenti Vecchia chiesa di San Cetteo o del Sacramento La chiesa storica di San Cetteo (detta anche del Santissimo Sacramento) ospitava la parrocchia dedicata al santo patrono amiternino, da almeno il XVII secolo. La chiesa del Santissimo Sacramento era una piccola struttura con la facciata rivolta verso piazza Garibaldi. Viene descritta, in una relazione della visita pastorale dell'arcivescovo di Chieti del 1841, di forma irregolare, non conforme a qualsiasi ordine architettonico e priva di abbellimenti rilevanti all'esterno, se non il portale in stile classico rinascimentale. Il campanile era a torre, con cuspide conica, modificata nel primo Novecento in cuspide cipollinea, per poi essere abbattuto insieme a gran parte della torre perché pericolante. La facciata aveva il portale in stile classico e due piccoli rosoni circolari; l'interno era a due navate irregolari, con otto finestre laterali per le luci. Il portale corrispondeva alla navata di destra, vi erano un piccolo organo, il pulpito in gesso, otto altari e una piccola cappella dedicata a San Cetteo. Le due navate erano divise da cinque arcate, quella di destra era più piccola. La chiesa fu descritta nelle Novelle della Pescara da Gabriele D'Annunzio, nel racconto de "La vergine Orsola", accennando ai pilastri, ai lacerti di mosaici e all'ambone decorato con motivi vegetali. Edificio attuale Storia La costruzione della chiesa è legata all'attività edilizia intensificatasi in città dopo l'istituzione della provincia di Pescara del 1927: la vecchia chiesa del Santissimo Sacramento risalente al XVII secolo, situata dove sorge l'odierna Cattedrale e ridotta in pessimo stato venne demolita per fare posto alla nuova. Era infatti necessario un nuovo edificio religioso nel centro storico di Pescara, essendo presente solo un'altra modestissima parrocchia nella zona oltre alla chiesa del SS. Sacramento, cioè quella di San Giacomo in via dei Bastioni, andata perduta nei bombardamenti del 1943. Sino al 1892 era in piedi l'adiacente chiesetta si Santa Maria di Gerusalemme, del XIII secolo a pianta circolare, poi demolita. Rimaneva insieme alla torre campanaria l'arco di ingresso, volgarmente detto Porta Nuova, da cui il nome allo storico quartiere di Pescara vecchia. Nel 1902 anche l'arco e la torre furono abbattuti per realizzare il piazzale della parrocchia, benché questa avesse la facciata ruotata su via dei Bastioni e piazza Garibaldi; restano, di questa chiesa dei ruderi lungo viale D'Annunzio presso il sagrato di San Cetteo, riemersinegli scavi archeologici del 1992. La costruzione della chiesa nuova fu fortemente voluta da Gabriele D'Annunzio, il quale mise a disposizione anche fondi finanziari propri. D'Annunzio si consultò con l'architetto Cesare Bazzani e volle trovare in questa chiesa un luogo di sepoltura per la madre, la cui cappella si trova sulla destra dell'altare maggiore. L'opera giunse a termine nel 1938, ma la facciata dovette essere ricostruita già dopo gli eventi della seconda guerra mondiale. Fu nominato abate di Santa Gerusalemme, e poi parroco don Pasquale Brandano che benedisse la prima pietra, e ne fu il primo curatore. Il tempio divenne cattedrale nel 1949 e sede dell'Arcidiocesi Metropolitana nel 1982. Negli anni '70 la chiesa tornò ad ospitare la storica statua lignea di San Cetteo del XVII secolo, nel frattempo conservata per sicurezza a Chieti nella relativa cattedrale. Nel 2018 è stato restaurato il campanile con nuova cuspide. Esterno La chiesa fu costruita seguendo i criteri della tradizione romanica abruzzese, dalla facciata di forma rettangolare e decorata a rosoni. Sulla facciata sono presenti tre portali strombati con lunetta a botte dipinta, ad archi a tutto sesto. Il portale centrale inoltre è sormontato da tre statue di santi tra cui San Cetteo, il patrono. La lunetta è decorata con in mosaico bizantino del Cristo Pantocratore. Due lesene aggettanti mettono in evidenza la suddivisione interna in tre navate. A sinistra della facciata, un campanile a torre su base quadrata si conclude con tamburo a pianta ottagonale, dove sono collocate le 3 campane maggiori del concerto, una base superiore per ospitare ai quattro lati l'orologio parrocchiale e il resto del concerto delle campane minori, e infine la cuspide conica, mentre a destra la facciata è fiancheggiata dal piccolo battistero. Sulla parete c'è un bassorilievo diviso in quattro parti coi simboli dei Quattro Evangelisti, progettati dal prof. Restituto Ciglia. Interno Ha un impianto architettonico a basilica a tre navate. La tripartizione è data da colonne in marmo. Il soffitto della navata principale è a cassettoni lignei non intagliati, le colonne delle arcate sono cilindriche con capitelli ionici; il coro è sottolineato da un'abside semicircolare. La chiesa dispone di un transetto, rialzato come nella tradizione romanica: da un lato del transetto si trova una cappella dedicata a San Cetteo, con un suo busto in argento. Tale busto è di Luciano Primavera, l'originale di Arrigo Minerbi del 1951 fu rubato. Presso la cappella di San Cetteo si trova anche il busto ligneo di fattura popolare del XVII secolo, restaurato di recente, e un reliquiario col "braccio miracoloso" e la cassa delle reliquie. Dall'altra parte, il transetto si conclude con la tomba di Luisa De Benedictis, madre di Gabriele D'Annunzio, alla quale Arrigo Minerbi ha dedicato il monumento funebre: si tratta di un'arca sormontata dalla figura di una giovane donna addormentata. All'interno della chiesa si trovano varie effigi di santi, un altare privilegiato dedicato alla Madonna Regina degli Angeli con quadro, e anche un dipinto attribuito al Guercino donato da D'Annunzio, e intitolato "San Francesco in adorazione del crocifisso". L'organo a canne è opera della ditta Mascioni (opus 497) ed è stato costruito nel 1937. Dispone di 53 registri e la sua consolle ha tre tastiere di 61 note e pedaliera concavo-radiale di 32 note. Si trova sulla cantoria in controfacciata.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio%20Mazzotta
Antonio Mazzotta
Biografia È nato e cresciuto a Palermo nel quartiere Falsomiele. Il 7 dicembre 2012 è diventato padre di Ethan, avuto con la moglie Federica (sposi il 26 giugno 2014). Il 14 novembre 2014 è nato il suo secondogenito Cristian. Caratteristiche tecniche Dopo aver iniziato la carriera come ala offensiva nel campionato regionale di Eccellenza Siciliana, dal suo approdo nelle giovanili rosanero è stato riadattato a ruoli più difensivi; da diversi anni viene impiegato come terzino sinistro in una difesa a 4, o come tornante in una difesa a 5. Dotato tecnicamente, fa della corsa e della resistenza le sue armi migliori, potendo garantire spinta e sovrapposizioni. Carriera Club Settore giovanile e l'esordio gli inizi nel dilettantismo Cresciuto nella Fortitudo Golden Boys (una scuola calcio di Palermo). Durante l’estate del 2006 ha accompagnato un amico a Cammarata per sostenere un provino con il Kamarat, squadra locale. Invitato a giocare da un dirigente locale, fu notato dallo staff tecnico della squadra. Così nella stagione 2006-2007 ha giocato in Eccellenza con il Kamarat, mettendosi in mostra grazie ai 7 goal realizzati. Nel 2007 dopo una partita amichevole disputata tra la Primavera del Palermo e il Kamarat, viene prelevato dal , che lo inserisce nella formazione Primavera, per appena 5.000 euro. Durante l’esperienza in rosanero entra nel giro delle nazionali giovanili e consegue la vittoria del Campionato Primavera 2008-2009, competizione nella quale è stato uno dei giocatori più importanti, meritandosi successivamente l'aggregazione per il ritiro estivo 2009 della squadra della sua città. Lecce: il primo anno da professionista Cercato da e , a ritiro concluso viene ceduto in prestito con diritto di riscatto della compartecipazione al Lecce, in Serie B, per la stagione 2009-2010. Esordisce con la nuova maglia alla prima giornata di campionato contro l' (3-0), giocando tutta la partita da titolare. La prima parte della stagione – in cui è stato un giocatore importante per la squadra – è stata dunque positiva per lui, mentre in seguito ha accusato un infortunio che non lo ha fatto esprimere al meglio. Chiude la sua prima stagione tra i professionisti con 20 presenze e con la promozione in massima serie dopo la vittoria del campionato. Il 22 giugno 2010 la società pugliese esercita il diritto di riscatto della metà del cartellino del giocatore per 350 000 euro. Il giocatore non segue comunque la squadra in massima serie, perché il 14 luglio viene girato in prestito al Pescara, sodalizio neopromosso in Serie B. La conferma in Serie B: Pescara e Crotone In panchina nel secondo turno di Coppa Italia perso per 3-1 in casa dell'AlbinoLeffe, esordisce con la nuova maglia alla prima giornata di campionato, entrando al 38' al posto di Filippo Petterini nel pareggio per 1-1 contro il . Lascia Pescara nel gennaio del 2011, collezionando in totale 11 presenze di campionato: il 10 gennaio, infatti, il Lecce lo presta al fino alla fine della stagione con il benestare del Palermo, l'altra società che ne detiene il cartellino. Esordisce con la nuova maglia il 22 gennaio in -Crotone (1-0), chiudendo la stagione in rossoblu con 13 presenze. Il 24 giugno 2011 è stata rinnovata la compartecipazione fra Lecce e Palermo. Il 30 agosto 2011 viene nuovamente ceduto al in prestito con diritto di riscatto. Gioca 25 partite in Serie B ed una in Coppa Italia. Il 22 giugno 2012, termine ultimo per la risoluzione delle compartecipazioni, Lecce e Palermo non depositano offerte, per cui il giocatore resta a titolo definitivo alla società titolare del tesseramento, quella giallorossa, come previsto dalle norme federali. Il 3 settembre seguente torna al in compartecipazione. Per la stagione 2012-2013 sceglie la maglia nº 13. Il 21 febbraio 2014 segna il suo primo gol in carriera, su calcio di rigore, decisivo per la vittoria (1-0) nella partita Crotone-Brescia valida per la 26ª giornata di Serie B. Della squadra è stato anche il capitano. Al termine della stagione, viene nominato miglior terzino sinistro della categoria. L'approdo in Serie A: Cesena Il 1º settembre 2014 passa a titolo definitivo al . L'esordio nella massima serie avviene il successivo 14 settembre nella partita in casa della Lazio, persa per 3-0, giocando il secondo tempo in sostituzione di Giuseppe De Feudis. Con la società romagnola disputa 10 presenze in Serie A, per poi essere girato in prestito nel mese di gennaio. Il ritorno in Serie B: Catania, Cesena, Pescara, Frosinone e ancora Pescara Il 21 gennaio 2015 si trasferisce in prestito con diritto di riscatto al Catania. Inizia la stagione 2015-2016 di nuovo al Cesena, ma il primo giorno del mercato invernale fa ritorno al Pescara, in prestito con diritto di riscatto, dopo cinque anni. Il 18 agosto 2016 viene ufficializzato il suo trasferimento al Frosinone con la formula del prestito con diritto di riscatto. Con la casacca gialloblu realizza anche una rete nella vittoria esterna per 1-3 contro la . Dopo la buona stagione (l'ottava da professionista), fa ritorno al Pescara, fortemente voluto dal nuovo allenatore Zdeněk Zeman. Il ritorno al Palermo Svincolatosi dal Pescara, il 12 luglio 2018 fa ritorno al Palermo a parametro zero firmando un contratto biennale. Debutta in maglia rosanero il 5 agosto 2018, schierato titolare nella sfida contro il Vicenza vinta per 8-7 dcr (2-2 dts) valevole per il secondo turno di Coppa Italia. L'esordio in campionato avviene il 25 agosto, nella prima giornata di Serie B disputata all'Arechi contro la Salernitana e terminata 0-0. Il 31 agosto realizza il suo primo goal in maglia rosanero, il terzo complessivo in carriera, all’88º minuto del match pareggiato per 2-2 contro la Cremonese allo Stadio Renzo Barbera. Terzo ritorno al Crotone, Bari e Catania Il 19 agosto 2019, viene tesserato dal Crotone. Il 26 dicembre segna il primo gol stagionale portando in vantaggio i pitagorici in casa della sua ex Frosinone, nella partita poi vinta per 2-1. Il 4 agosto 2021 firma per il . In due stagione mette insieme 46 presenze. Il 21 luglio 2023 viene ingaggiato dal Catania in Serie C. Nazionale Under-20: Il Mondiale in Egitto Tra il settembre e l'ottobre 2009 ha partecipato al Campionato mondiale di calcio Under-20 2009, svoltosi in Egitto, esordendo nella seconda partita contro Trinidad e Tobago il 28 settembre (2-1), giocando tutta la partita da titolare. Il 9 ottobre ha segnato il suo primo gol in maglia azzurra nei quarti di finale contro l', all'82' minuto: l'Italia esce sconfitta per 3-2 da quest'incontro, e quindi il Mondiale di Mazzotta si conclude con 4 presenze ed una rete. Under-21 Il 12 febbraio 2010 viene convocato da Pierluigi Casiraghi nella Nazionale Under-21 per uno stage a Coverciano di tre giorni dal 17 al 17 febbraio in vista della partita di qualificazione al Campionato europeo di categoria del 2011 Italia- in programma mercoledì 3 marzo a Rieti. Il 6 agosto riceve la convocazione per una partita ufficiale, quella dell'11 agosto contro la . In tale partita, finita 2-2, esordisce subentrando all'81' ad Angelo Ogbonna. Il 3 settembre 2010 gioca per la prima volta in una competizione ufficiale, disputando la partita di qualificazione agli Europei Under-21 del 2011 contro la vinta in trasferta per 1-0; Mazzotta è entrato all'83' al posto di Alberto Paloschi. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate all'8 ottobre 2023. Palmarès Club Competizioni giovanili Palermo: 2008-2009 Competizioni nazionali Lecce: 2009-2010 Bari: 2021-2022 (girone C)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Museo%20civico%20Basilio%20Cascella
Museo civico Basilio Cascella
Il Museo civico Basilio Cascella è una pinacoteca italiana con sede a Pescara nel quartiere di Porta Nuova, sorto presso l'ex stabilimento litografico istituito nell'Ottocento dal pittore Basilio Cascella. L'edificio, per mezzo secolo centro di produzione artistica e luogo d'incontro per intellettuali come Gabriele D'Annunzio, Luigi Pirandello e Giovanni Pascoli, è stato donato al Comune di Pescara nel 1966 per volere degli eredi del pittore. Grazie all'iniziativa di Giuseppe Quieti, nel 1975 la struttura viene adibita a museo civico dedicato alla dinastia di artisti dei Cascella. La pinacoteca raccoglie una collezione che conta circa 600 opere di pittura, scultura, ceramica e grafica, realizzate tra XIX e XX secolo da Basilio e dai suoi discendenti, inclusi i figli Tommaso e Michele, e i nipoti Andrea e Pietro. Dal 2017, il museo è gestito dalla Fondazione Genti d'Abruzzo. Sede Il museo ha sede presso l'ex stabilimento litografico fondato da Basilio Cascella nel 1895. L'edificio si presenta come una villa in stile eclettico su due piani, caratterizzata da una struttura fatta interamente di mattoncini in cotto con alcune maioliche artistiche. Situata nel quartiere di Porta Nuova, la pinacoteca sorge in viale Guglielmo Marconi, che nella toponomastica cittadina di quegli anni prendeva il nome di via delle Acacie, in riferimento al territorio incolto e umido situato tra il porto e il fiume Aterno-Pescara. La villa è stata residenza di Basilio Cascella fino al 1929, anno in cui si è trasferito a Roma dopo esser stato eletto deputato. Tommaso Cascella, suo primogenito, ha continuato ad abitarci assieme alla prima moglie e ai loro sei figli, tra cui Andrea e Pietro, fino al 1966, quando la villa è stata donata al Comune di Pescara. La pinacoteca è separata da viale Marconi da un cortile in cui sono collocate delle maioliche realizzate dai Cascella. Il corpo principale del museo, che consiste nel laboratorio storico della famiglia, ha un'architettura che si distingue dalla parte aggiunta al momento dell'ampliamento della struttura. Il museo ospita al suo interno una biblioteca con volumi tematici sull'arte e la storia culturale di Pescara e un laboratorio didattico multimediale. Storia Dopo aver partecipato alle esposizioni di Torino (1884), Venezia (1887) e Londra (1888), Basilio Cascella ricevette dal Comune di Pescara la cessione di un terreno in zona Porta Nuova per potervi costruire uno stabilimento di pittura, litografia ed arti affini, annesso alla sua abitazione. In tal modo, nacque nel 1895 un istituto artistico-professionale che in pochi anni diventò un centro di riferimento per la cultura locale e nazionale, attirando un gran numero di giovani. Il laboratorio garantì una solida formazione ai figli Tommaso, Michele e Gioacchino Cascella, avviati alla carriera artistica sotto la guida paterna. Dopo aver raccolto attorno a sé un cenacolo di scrittori ed artisti locali, Cascella pubblicò nel 1899 il primo numero della rivista L'illustrazione abruzzese. Tra i suoi collaboratori figura Gabriele D'Annunzio, che utilizzò i suoi versi per accompagnare le illustrazioni del periodico. Intorno allo stabilimento si sviluppò progressivamente un circolo letterario al quale parteciparono, tramite le riviste L'illustrazione meridionale e La Grande Illustrazione, personalità come Luigi Pirandello, Umberto Saba, Gennaro Finamore, Filippo Tommaso Marinetti, Sibilla Aleramo, Matilde Serao, Grazia Deledda, Ada Negri, Guido Gozzano e Giovanni Pascoli. L'attività litografica dello stabilimento proseguì fino al 1966, anno in cui il laboratorio fu acquisito dal Comune di Pescara. L'idea di istituire un museo civico dedicato all'arte di Basilio Cascella fu promossa dal deputato Giuseppe Quieti, che inaugurò la struttura museale nel 1975. La collezione iniziale prevedeva circa 500 opere di pittura, scultura, ceramica e grafica, appartenenti alle generazioni di artisti della famiglia Cascella. La struttura originale è stata notevolmente ampliata nel corso degli anni attraverso l'inclusione di lavori firmati da Andrea e Pietro Cascella, figli di Tommaso e nipoti di Basilio. Una volta passato in gestione alla Fondazione Genti d'Abruzzo nel 2017, il museo è stato sottoposto ad un restauro generale; Mariano Cipollini, curatore artistico della struttura, si è occupato di una nuova collocazione delle opere, riorganizzate secondo un criterio che mira ad evidenziare non solo l'evoluzione culturale del singolo artista, ma anche quella storico-culturale di tutti i componenti della famiglia. Un museo diffuso dedicato all'arte scultorea di Pietro Cascella e intitolato Fuga dal Museo è stato inaugurato nel 2018 da Cordelia von den Steinen in collaborazione con il museo civico Basilio Cascella. Collezione Il Museo civico Basilio Cascella si estende su due livelli suddivisi in dodici sale, di cui dieci sono poste nella parte originaria dell'edificio e due sono situate nell'ala nuova. La disposizione delle opere risale agli ultimi lavori di restauro che si sono tenuti nel corso del 2018. La pinacoteca raccoglie circa 600 opere della famiglia Cascella, realizzate tra XIX e XX secolo con svariate tecniche artistiche, quali dipinti su tela, ceramiche, sculture, disegni, opere grafiche e cartoline di cinque generazioni di artisti. Una posizione di rilievo è occupata dal capolavoro di Basilio Cascella dal titolo Il bagno della pastora (1903), che raffigura una fanciulla in un ambiente bucolico tipicamente abruzzese. Una volta completata, l'opera fu inviata alla Biennale di Venezia ma andò dispersa durante il trasporto; fu restituita al mittente trent'anni dopo, quando fu ritrovata intatta nei pressi di Ancona. All'interno del museo, oltre a mobili originali dell'epoca, sono conservati bozzetti, pietre litografiche che servirono per le celebri incisioni e numeri de L'illustrazione abruzzese, La Grande Illustrazione e della Divina Commedia, tra gli altri. Alcune realizzazioni di Pietro Cascella si presentano con il solo prenome dell'autore, a causa delle sue scelte stilistiche in contrasto con i gusti del capostipite Basilio, il quale inizialmente proibì al nipote di utilizzare il nome di famiglia.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Economia%20dell%27Abruzzo
Economia dell'Abruzzo
L'Abruzzo è riuscito nel corso degli anni a diventare la regione del meridione d'Italia più industrializzata e ha avuto notevoli miglioramenti e crescita anche a livello economico; la regione ha raggiunto e scavalcato molte regioni italiane nella specializzazione dei diversi comparti industriali ed oggi risulta la più ricca delle regioni del Meridione d'Italia. Caratteristiche generali L'Abruzzo a partire dagli anni 50-60 ha sviluppato processi di innovazione che hanno attirato grandi aziende e multinazionali, le quali si sono stabilite nella regione creando un volano per l'economia regionale trasformando quasi radicalmente l'economia abruzzese e la struttura produttiva, che se prima poggiava principalmente sul settore primario dell'agricoltura, dell'allevamento e della pesca, oggi è quasi completamente sorretta dall'industria, dal settore terziario, dei servizi e infine del turismo. L'economia abruzzese ha avuto forti trasformazioni dal 1950, anno in cui è cominciato un grande progresso economico e sociale, con conseguente aumento progressivo del PIL; nel 1951 il reddito pro capite è stato del 53%; nel 1971 del 65%, mentre nel 1994 si è attestato al 76%; nel 2006 è arrivato all'84,4 dando all'Abruzzo il più alto PIL pro capite del Sud Italia, che ha superato il tasso di crescita di ogni altra regione d'Italia; a dare un forte impulso all'economia regionale, hanno contribuito inoltre la costruzione delle autostrade principali della regione Roma-Teramo (Autostrada A24) e Roma-Avezzano-Chieti (Autostrada A25) che hanno aperto la regione a nuovi investimenti, e molte aziende e multinazionali hanno stabilito le loro industrie in varie località della regione. Secondo Eurostat nel 2009 l'Abruzzo aveva un reddito pro capite a parità di potere di acquisto pari all'84,0% della media dell'Unione europea, il più alto reddito tra le regioni del Sud Italia; le regioni italiane più povere erano la Sicilia e la Calabria con il 68%, le più ricche erano la Provincia Autonoma di Bolzano con il 148% e Valle d'Aosta e Lombardia con il 133%. Per ciò che riguarda l'occupazione a fine 2020 i lavoratori abruzzesi occupati erano stimati in 520.900 unità. A fine 2020 il tasso di disoccupazione era all'9,3%, percentuale minore però tra le regioni del Meridione d'Italia. La serie storica dal 2000 al 2008, mostra l'andamento del reddito delle regioni meridionali e insulari. Negli corso degli anni, l'Abruzzo ha scavalcato molte regioni italiane ed oggi ha il PIL procapite più alto del Mezzogiorno. Di seguito la tabella che riporta il PIL nominale e il PIL procapite secondo l'ISTAT prodotto nella regione dal 2000 al 2009: Di seguito la tabella che riporta il Pil prodotto in Abruzzo ai prezzi correnti di mercato nel 2006, espresso in milioni di euro, suddiviso tra le principali macro-attività economiche: Settore primario: Agricoltura, allevamento e pesca Agricoltura Un tempo primaria risorsa economica della regione, l'agricoltura con lo sviluppo economico ed industriale ha subito un notevole ridimensionamento; nonostante questo e la geologia del territorio principalmente montuoso poco adatto a certi tipi di coltura, la regione anche grazie allo sviluppo economico e industriale, oggi è comunque in grado di offrire svariati prodotti di altissima qualità; nelle zone pianeggianti e collinari della regione vengono coltivate numerose colture come fichi, carote, patate, uva che pongono la regione tra le prime in Italia per la produzione queste colture; altri prodotti importanti sono la barbabietola, il grano, orzo, farro e il tabacco; importante anche la produzione di olive e della vite; infine importantissimi sono i prodotti tipici della regione come lo zafferano e la liquirizia; altri prodotti tipici della regione sono il Centerba, e la Genziana. Per ciò che riguarda le cifre, la regione produce circa 850.000 quintali di frutta, 5 milioni di quintali di ortaggi, 1.600.000 quintali di patate, 5.000.000 di quintali d'uva prodotta, sia da tavola che per la produzione di vino; quest'ultima è stimata in tra i 3 e i 4 milioni di ettolitri con la produzione di vini come il Montepulciano d'Abruzzo nelle varietà rosso e cerasuolo (rosato), il Trebbiano d'Abruzzo, il Pecorino e lo Chardonnay; la produzione olearia invece si attesta in 1.350.000 quintali di olive e 240.000 quintali di olio (Aprutino Pescarese, Pretuziano delle Colline Teramane, Olio extra vergine di oliva delle Valli Aquilane e Colline Teatine), cifre che pongono l'Abruzzo al sesto posto tra le regioni italiane; per quanto riguarda i cereali, il grano duro con oltre 1,5 milioni di quintali costituisce il cereale principe, seguito dal grano tenero (un milione di quintali), quindi l'orzo (0,5 milioni di quintali); inoltre vengono coltivate altre colture quali la barbabietola (2.500.000 quintali), e il tabacco (45.000 quintali); la liquirizia invece viene perlopiù coltivata e lavorata ad Atri e dintorni e vede la regione al secondo posto in Italia per produzione dietro solo la Calabria. Allevamento Oltre all'agricoltura, prima dello sviluppo economico e industriale l'economia regionale si reggeva anche sull'allevamento; quest'ultimo era molto praticato adoperando la tecnica della transumanza verso l'Agro romano e il Tavoliere delle Puglie; oggi le tecniche di allevamento sono cambiate e si preferisce l'allevamento stanziale negli ovili; ancora oggi la regione ha un buon patrimonio di ovini, mentre sta diffondendosi sempre di più l'allevamento bovino. Pesca Anche la pesca (anche se in misura minore) era una delle attività economiche più importanti della regione soprattutto per alcuni centri costieri; essa nel passato veniva praticata con delle antiche macchine da pesca in legno dette trabocchi da cui oggi prende appunto il nome il tratto di costa abruzzese; oggi l'Abruzzo ha una discreta produzione ittica, in misura minore se rapportata però con regioni come Marche e Puglia; c'e da rimarcare però che la regione in questo settore ha scavalcato regioni con più ampie superfici costiere come la Sardegna, la Calabria, la Toscana, la Campania e il Lazio; per quanto concerne le statistiche del settore ittico, nel 2007 in Abruzzo la produzione ittica è stata di 14.657 tonnellate di pesce, cifra che colloca la regione al quinto posto tra le regioni italiane dopo la Sicilia, la Puglia, le Marche, il Veneto e Emilia Romagna per numero di tonnellate pescate con un 5,5 % di incidenza sul totale nazionale e un ricavo di circa 51 milioni di euro complessivi pari al 3,8 % sul totale nazionale.. Settore secondario: Industria e artigianato Industrie Tra gli anni '60 e '70 la regione ha conosciuto una notevole industrializzazione, tanto che è diventata la regione più industrializzata del meridione d'Italia con un tasso di industrializzazione dell'83,9%, più del doppio della media meridionale; l'industria si è sviluppata nei settori dell'alimentare, del trasporto e delle telecomunicazioni. Altre industrie importanti sono quella chimica ,alimentare, del mobile, dell'artigianato e tessile. La provincia di Teramo è una delle zone più industrializzate d'Italia e della regione, con numerose piccole e medie aziende; segue poi la provincia di Chieti e quella di Pescara che sono sostenute anche dal turismo; la Val Vibrata (provincia di Teramo), al confine con la regione Marche, è sede di una miriade di piccole e medie imprese soprattutto del settore tessile e calzaturiero. La Val di Sangro (provincia di Chieti) invece è sede di importanti multinazionali e di uno stabilimento del gruppo Fiat (Sevel). La zona della Valle Peligna (provincia dell'Aquila) è anche sede di industrie (famosa quella dei confetti di Sulmona), mentre altre zone come il pescarese e il teatino sono sede di numerose industrie, anche multinazionali (ad esempio la De Cecco, Procter & Gamble, Monti & Ambrosini Editori, Brioni, Ennedue e Miss Sixty, concentrate per lo più nel distretto industriale della Val Pescara in provincia di Chieti). Importante anche la produzione di energia idroelettrica nei bacini artificiali, che pongono la regione nona in questa graduatoria. Discrete anche le risorse regionali del sottosuolo, con giacimenti di petrolio, metano ed alluminio; la regione però ha fatto sapere che proseguirà la sua politica di sviluppo di tipo ambientalista per salvaguardare le bellezze dell'ambiente, quindi non si adopererà per lo sfruttamento dei giacimenti del petrolio stesso. Altro settore industriale floridissimo della regione è quello riguardante la ricerca nei campi della farmaceutica, della biomedicina, dell'elettronica, e della fisica nucleare soprattutto nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso che impiega molti lavoratori; i più importanti nuclei industriali della provincia aquilana si concentrano nella Marsica ovvero nella città di Avezzano dove sono presenti industrie ad alta tecnologia (LFoundry-Smic, Micron, Telespazio), cartiera Burgo ed industrie di trasformazione di prodotti agricoli ed attorno ai poli industriali di L'Aquila e Sulmona; le zone interne montane sono le meno sviluppate della regione ma sono comunque sostenute dallo sviluppo del turismo montano e invernale. Anche l'industria dei trasporti pubblici ha avuto un buon sviluppo, con numerose aziende di trasporto operanti nella regione come le Autolinee regionali pubbliche abruzzesi che servono l'intera regione, la Gestione Trasporti Metropolitani che serve la provincia di Pescara, l'Azienda per la Mobilità Aquilana che serve la provincia dell'Aquila, La Panoramica e Satam che servono la provincia di Chieti ed infine la Società Cooperativa Autoservizi Avezzano che serve la provincia dell'Aquila (Marsica). Dal 2015 è nata la Società Unica Abruzzese di Trasporto che gestisce il trasporto pubblico urbano, suburbano, interurbano e ferroviario dell'Abruzzo ed altre linee che giungono nelle regioni limitrofe, nata dalla fusione di Sangritana, ARPA, e GTM. Per quanto riguarda le infrastrutture, importantissimo è l'aeroporto di Pescara che smista il traffico aereo regionale collegando la regione con molte destinazioni italiane ed europee; per il settore portuale gli scali principali sono il porto di Pescara e il porto di Ortona, mentre il settore ferroviario poggia principalmente sulla ferrovia Roma-Sulmona-Pescara e la ferrovia Adriatica; infine le principali autostrade della regione sono l'autostrada A24, l'autostrada A25 e l'autostrada A14. Artigianato Da non trascurare l'artigianato, attività molto sviluppata nella regione che è stata conservata nel corso dei secoli e che produce prodotti come ceramica, il ferro, l'oro, i merletti, i tessuti, il rame, gli strumenti musicali, la pietra, il legno e la lana; i principali centri di produzione sono Pescocostanzo, Scanno (merletti e tessuti), Castelli (ceramica), Guardiagrele, Pescocostanzo, Scanno, Sulmona e Giulianova (oro), Guardiagrele, Pescocostanzo, Lanciano, Ortona, Vasto, Tossicia e Scanno (rame e ferro), Giulianova, Teramo e L'Aquila (strumenti musicali), Lettomanoppello, Pretoro, Pennapiedimonte e Pacentro (pietra), l'Aquila (cuoio). Settore terziario: Turismo e servizi Turismo Con lo sviluppo economico e industriale, anche il settore del turismo nella regione ha avuto notevole sviluppo ed oggi è uno dei principali comparti dell'economia abruzzese. Il turismo in Abruzzo ha fatto registrare una notevole crescita con migliaia di visitatori in arrivo da tutta Italia e anche dall'Europa stessa; nel 2022 gli arrivi sono stati di 1.601.094. La regione nel corso degli anni è diventata la quinta tra le regioni italiane in ordine di destinazione dopo la Calabria, le Marche, la Sardegna e il Trentino-Alto Adige. Il turismo in Abruzzo si può classificare in tre tipi diversi di turismo; il turismo montano e ambientale, il turismo costiero e balneare ed infine il turismo storico-religioso e culturale. Molto frequentati dai visitatori di tutta Italia e Europa i parchi naturali della regione come il Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, il Parco nazionale della Maiella e il Parco naturale regionale Sirente-Velino che ogni anno attraggono migliaia di visitatori grazie alla loro natura incontaminata e alle rare specie di fauna e flora selvatica come il Camoscio d'Abruzzo; inoltre la regione può vantare moltissime riserve e aree naturali protette. Nelle zone interne montane sono presenti gli impianti sciistici di Campo Imperatore, Campo Felice, Ovindoli, Roccaraso, Passolanciano-Maielletta, Prati di Tivo, Rivisondoli, Pescocostanzo, Pescasseroli, Scanno/Passo Godi, Campo di Giove, Passo San Leonardo, Centomonti, Camporotondo, Ceppo, Voltigno, Monte Piselli, Pizzoferrato/Gamberale, Caramanico/Sant'Eufemia a Maiella, Rocca di Mezzo, e Pianoro Campitelli. Notevole importanza riveste anche il turismo estivo costiero e balneare, che vede la presenza di numerosi stabilimenti turistici balneari attrezzati in vari centri della costa come Pescara, Montesilvano, Pineto, Roseto degli Abruzzi, Giulianova, Alba Adriatica, Tortoreto, Ortona, Vasto, Martinsicuro, Silvi Marina, San Vito Chietino, San Salvo, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro e la Costa dei trabocchi. Infine è importante anche il turismo a scopo storico e culturale, concentrato soprattutto nelle città di Chieti, Teramo, Vasto, Giulianova, Sulmona, e soprattutto L'Aquila che possono vantare moltissimi monumenti, musei, castelli e chiese di importanza nazionale; anche Pescara pur essendo una città moderna, vanta monumenti, chiese e musei di importanza storica come ad esempio il Museo casa natale Gabriele D'Annunzio; nelle zone interne montane sono presenti antichi borghi, castelli, eremi, santuari, abbazie, e chiese antiche. Servizi Per quanto riguarda il settore dei servizi è in crescita quello bancario; nella regione sono presenti dislocati nelle varie province diversi istituti di credito e banche come la Banca Tercas, la Banca Caripe la Cassa di Risparmio della provincia di Chieti e la Cassa di Risparmio della provincia dell'Aquila oltre a varie banche di Credito Cooperativo; altro settore in crescita è quello della grande distribuzione che ha visto nel corso degli anni incrementare il numero dei centri commerciali in tutte e quattro le province.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Pasquale%20Celommi
Pasquale Celommi
A detta di Luigi Illuminati, non fu soltanto un maestro del pennello, fu anche maestro di vita per la disciplina del lavoro e per l’austerità dei costumi e sentimenti. Biografia Nacque il 5 gennaio 1851 da Isaia, calzolaio, e da Marina De Bernardinis a Montepagano, una frazione di Roseto degli Abruzzi. Già da piccolo dava dimostrazione dell’amore verso la pittura disegnando, con il carbone, lungo le fiancate delle “paranze” poste a riva, sulla spiaggia. Fu notato quand'era solo tredicenne da Camillo Mezzopreti, un facoltoso collezionista locale e pittore dilettante, che fu il suo primo maestro e, soprattutto, il finanziatore dei suoi primi studi. Nel 1873 vinse il concorso del pensionato artistico indetto dall'amministrazione provinciale di Teramo, che gli permise di frequentare la Scuola libera del nudo presso l'Accademia di belle arti di Firenze, dove ebbe come maestro Antonio Ciseri. Tra le frequentazioni fiorentine di Celommi, rientra quasi sicuramente lo scultore giuliese Raffaele Pagliaccetti, vista la loro comprovata amicizia negli anni successivi al soggiorno toscano. A Firenze si sposò, il 18 agosto 1880, con la diciassettenne Giuseppina Giusti (nipote del poeta Giuseppe Giusti), dalla quale ebbe 11 figli. Nel 1881, poco dopo la nascita del suo primogenito Raffaello, a causa della salute precaria del piccolo, tornò a Roseto. Il cambio di residenza fu felice "per lui che lasciata Firenze e tornatosene nella sua ridente Rosburgo, poté sciogliersi dalle pastoie onde lo aveva avvinto quell'accademia e studiare da vicino quella natura rustica, che egli aveva tanto amato. Il Celommi cambiò stile tanto tosto ne risentì anche un benefico effetto, perocché i suoi quadri divennero ricercatissimi, le sue figure non più modelli travestiti ma quali si vedono nella vita, e però i suoi quadri ebbero impronta singolare di vitalità e di sentimento vero”. Divenne ben presto ospite gradito delle maggiori famiglie del teramano, come scrisse Raffaele D'Ilario : “il successo delle opere fruttò al giovine artista abruzzese le simpatie delle famiglie aristocratiche che facevano a gara per averlo nei loro principeschi ricevimenti”. Nell'ultimo ventennio dell'Ottocento, Celommi si dimostrò un pittore molto prolifico e, diversamente da quanto fece in seguito, partecipò di frequente alle mostre, locali e non, come ad esempio la II Esposizione Operaia di Teramo del 1888, la mostra "Italo Americana" di Genova (Colombiana) del 1892 e la LXVI Esposizione di Belle Arti di Roma del 1895. La numerosa committenza, italiana e straniera, non impedì a Celommi d'interessarsi alle questioni amministrative della giovane cittadina: lui ed altri consiglieri proposero la creazione di un viale a mare di circa un chilometro. In quel periodo, pur rimanendo a Roseto, ebbe la possibilità di ricevere nuovi stimoli e di conoscere le opere di autori diversi. Infatti, rafforzò l'amicizia con Vincenzo Bindi, colto collezionista d’arte e genero di Consalvo Carelli, e col pittore Francesco Paolo Michetti, che spesso veniva a trovarlo nel suo studio, posto al primo piano di un castelletto fatto costruire da Celommi in riva all'amato mare Adriatico. Nacque anche un rapporto epistolare con Teofilo Patini. Dal 1900 l'artista, oltre ad avvalersi dell'aiuto del figlio Raffaello Celommi, lavorò in maniera continuativa per la galleria dei fratelli D'Atri di Roma e per alcune gallerie estere: la Winterstein di Vienna e le gallerie Bekerans di Monaco di Baviera e di Berlino, che gli assicurarono una buona commercializzazione delle sue tele nei paesi mitteleuropei. Nel 1925 ricevette il titolo di "Commendatore" dell'Ordine della Corona d'Italia. Negli ultimi anni, pur non partecipando alle mostre o ad altre occasioni ufficiali, il pittore poté godere dell'attenzione costante della stampa italiana, che ormai era solita definirlo "il pittore della luce". Pasquale Celommi morì a Roseto il 9 agosto 1928, in seguito a una nefrite. Così fu ricordato dai suoi contemporanei: alto, magro, dall'occhio bruno brillante, un po' rude, ma gentile e di una bontà smisurata; viveva alla giornata, lavorava con gioia, pago della sua arte, della sua famiglia e della sua modesta realtà provinciale. Per rendere onore al celebre concittadino, il comune di Roseto degli Abruzzi gli ha intestato una scuola elementare e il tratto centrale del lungomare. Lo stile All'inizio della sua carriera, si dedicò principalmente alla realizzazione di tele o di gusto accademico-classicista, o di atmosfera esotica in stile morelliano. Tornato da Firenze e a contatto con la propria gente, il suo stile di pittura, con la maturità, si evolvé diventando fortemente verista. Al contrario di quanto si può dire di opere posteriori, i quadri di fine '800 mostrano una pennellata particolarmente pastosa e, nella maggior parte dei casi, un uso di colori scuri e "pieni", comunque mai squillanti. Dopo l'esperienza di alcuni temi sociali (Operaio 1888, Ciabattino 1895), si dedicò a soggetti religiosi con La Crocefissione, per la Madonna delle Grazie (Teramo), e la Sacra Famiglia, nella chiesa parrocchiale di Roseto. Di fronte a temi fondamentali della pittura sacra, Celommi riuscì a trasmettere un'emozione libera da retorica e da convenzionalismi, attraverso l'essenzialità del supremo momento rappresentato e la casualità dei particolari realistici, che collocano lo spettatore dinanzi a un 'tableau vivant'. La produzione degli ultimi anni di Celommi è costituita principalmente da pitture di marine, in cui il pittore usa colori più chiari e una pennellata più leggera, dedicandosi alla resa della luce naturale, dimostrando la sua grande abilità nel riprodurre l'atmosfera delle albe e dei tramonti sul mare, tanto che iniziò a sentirsi l'espressione: "Questo è un quadro alla Celommi". Le sue marine sono splendidi spaccati di vita quotidiana: lungi da essere quadri paesaggistici, hanno sempre come protagonisti i pescatori. Celommi fu un "cantore del mare" del quale subì il fascino mutevole, l'infinita e misteriosa bellezza, gli effetti vibranti della luce. La fedeltà al reale della sua pittura, scaturita da un bisogno istintivo di narrazione, permette all'osservatore di sfogliare le pagine di un libro che racconta la terra abruzzese, attraverso immagini prive di retorica e senza forzati lirismi. I sentieri dei pastori, i gesti sapienti degli artigiani e le occupazioni quotidiane delle donne sono ciò che davvero definiva la vita di allora; ci vengono mostrati con una veridicità scevra da ogni tipo di intellettualismo e di distaccata interpretazione, ma anzi vissuti dall’interno come intimo contesto quotidiano, radice profonda della propria cultura. Il pittore fu definito "l'Abruzzese autentico", che venera la sua patria per la bellezza dei suoi panorami e per la semplicità della sua natura. Per la gran parte della produzione artistica di Celommi, la luce definisce i contorni e dà la propria consistenza agli oggetti e ai personaggi. Le albe e i tramonti sono i momenti prediletti dal pittore, non soltanto per ragioni puramente estetiche e luministiche: le barche che vanno e che tornano, le rive affollate di uomini e donne che si affaticano sulle reti descrivono i momenti più frenetici della giornata dei pescatori, sul loro “personale” tratto di Adriatico. Un omaggio all’Abruzzo, che nelle sue tele si rivela in tutta la bellezza della sua natura rigogliosa, composta seppur ribelle, e nel consimile carattere della sua gente. Pasquale Celommi è stato definito da Vittorio Sgarbi "maestro del mondo agreste e delle marine abruzzesi": «quello che lui ha visto e ritratto è l'ultimo momento di felicità di una bellezza per sempre». Produzione artistica Pasquale Celommi ha prodotto molte tele nella sua vita, ma tra le più famosi possiamo ricordare: Lo sposalizio abruzzese (1886), nel Museo civico di Teramo; L'operaio politico (1888), nel Museo civico di Teramo; Il mio gioiello (1898), opera dispersa in seguito al furto del 2001; La lavandaia (1888), nella Pinacoteca civica V. Bindi a Giulianova; Il Ciabattino (1895), nella Villa comunale di Roseto degli Abruzzi; La crocifissione (1900); Le tre Marie alla croce (1900), nel Santuario della Madonna delle Grazie (Teramo); La Sacra Famiglia (1904), nella chiesa di Santa Maria Assunta a Roseto degli Abruzzi; La sposa del pescatore (1906); Alba sul mare (1910); Burrasca (1910).
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https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea%20Gessa
Andrea Gessa
Caratteristiche tecniche Esterno destro di centrocampo, abile nei cross. La sua intelligenza tattica gli permette di ricoprire più ruoli. Durante la permanenza di Zeman sulla panchina del Pescara è stato schierato come mezz'ala. Carriera Muove i suoi primi passi nel settore giovanile del Brugherio. Nel 1998 passa al Voghera, con cui debutta fra i professionisti. Nel 2000 passa alla Cremapergo con cui vince il campionato di Eccellenza. In seguito passa al Pizzighettone - società militante in Serie D - ottenendo la promozione al termine della stagione. A questa esperienza segue quella tra le file del . Il 26 luglio 2005 si trasferisce al , in Serie C1. Esordisce con i toscani il 4 ottobre contro il , subentrando al 5' della ripresa al posto di Filippo Breschi. Il 13 maggio 2007 la squadra ottiene la sua prima storica promozione in Serie B. Il 24 maggio 2007 il Grosseto vince - contro il - la Supercoppa di Lega di Serie C1. Esordisce in Serie B il 25 agosto 2007 in -Grosseto (3-0), giocando titolare. Il 30 agosto 2008 una sua rete a 15' dal termine decide a favore dei biancorossi il derby contro il Pisa. Il 14 luglio 2009 passa a parametro zero al Pescara, in Lega Pro Prima Divisione. Esordisce con gli abruzzesi il 24 agosto in Pescara- (2-0). Il 19 gennaio 2010 viene operato a causa di una lussazione alla spalla. Rientra in campo il 3 aprile contro il , subentrando al 35' della ripresa al posto di Massimo Bonanni. Conclude l'annata - terminata con la promozione in Serie B degli abruzzesi - con 27 presenze. Il 20 maggio 2012 il Pescara torna in Serie A dopo 20 anni di assenza. Il 9 luglio 2012 passa a titolo definitivo al , in cambio di Giuseppe Colucci che si trasferisce al Pescara. Esordisce in campionato il 27 agosto contro il Sassuolo (sconfitta per 0-3). Nonostante un ottimo avvio di stagione, nel corso della stagione - a causa di vari infortuni - è costretto a stare fermo ai box. Il 2 settembre 2013 il Frosinone ne rileva il cartellino a titolo definitivo. Dopo un'iniziale fase di adattamento, si ritaglia un ruolo da titolare all'interno della rosa. L'8 giugno 2014 i canarini vengono promossi in Serie B. Poco utilizzato e spesso a partita in corso, il 26 gennaio 2015 viene escluso dalla lista dei giocatori che prenderanno parte alla seconda parte di stagione. Il 27 gennaio torna in prestito - dopo due anni e mezzo - al Pescara, nello scambio che porta Uroš Ćosić a compiere il percorso inverso. Il 17 giugno 2015 il presidente del Pescara Daniele Sebastiani annuncia che, a fine stagione, Gessa lascerà il calcio giocato ed entrerà nella dirigenza del club abruzzese, ricoprendo il ruolo di team manager. Dopo il ritiro Per circa 7 anni fino al 2022 è stato dirigente accompagnatore dei biancazzurri, nell'estate 2022 diventa direttore del settore giovanile del in Promozione abruzzese. Il 10 luglio 2023 torna nuovamente al diventando il nuovo allenatore dell'Under 17 giovanile. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 2 aprile 2015. Palmarès Club Competizioni regionali Cremapergo: 2001-2002 Competizioni nazionali Pizzighettone: 2002-2003 Grosseto: 2006-2007 Grosseto: 2007 Pescara: 2011-2012
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https://it.wikipedia.org/wiki/Trasporti%20in%20Abruzzo
Trasporti in Abruzzo
I trasporti in Abruzzo consistono di un sistema infrastrutturale suddiviso in linee ferroviarie, autostradali, stradali, marittime e impianti aeroportuali. Sistema ferroviario In Abruzzo, la ferrovia fa la sua comparsa solo con l'Unità d'Italia con l'attivazione, il 13 maggio 1863 del tratto della ferrovia Adriatica tra Ancona e Pescara. In generale il sistema abruzzese risente della difficile morfologia della regione, soprattutto nelle aree interne. Attualmente la rete si sviluppa per 566 km di lunghezza, di cui 524 km gestiti dalla Rete Ferroviaria Italiana (RFI) ed i restanti 186 km dalla Ferrovia Adriatico Sangritana (FAS). Il sistema comprende un'unica linea fondamentale, ossia la già citata ferrovia Adriatica che è anche l'unica a doppio binario, e numerose altre linee complementari; la ferrovia Sulmona-Isernia, inoltre, è attiva solo nella stagione invernale a scopo turistico. Sono in progetto, oltre che il prolungamento della ferrovia Sangritana da Lanciano a Castel di Sangro, altri servizi d'integrazione del sistema nelle principali aree urbane, come la ferrovia urbana nell'aquilano e la filovia nel pescarese. Linee ferroviarie esistenti Linee ferroviarie soppresse Linea L'Aquila-Capitignano soppressa nel 1935 Linea Pescara-Penne soppressa nel 1963 Sistema aeroportuale La regione è servita dall'Aeroporto di Pescara, un aeroporto internazionale che serve un bacino d'utenza superiore ai 700.000 passeggeri annui; collega la città di Pescara e la regione con destinazioni nazionali e internazionali. L'Aeroporto dell'Aquila, ristrutturato in occasione del G8 dell'Aquila tenuto nel capoluogo abruzzese nel 2009, è chiuso dal 2015 ai voli civili. Autostrade L'Abruzzo è la terza regione italiana per sviluppo autostradale in rapporto alla superficie territoriale, con un valore pari a 32,7 km per km². La rete autostradale si estende per 352,3 km ponendo l'Abruzzo decima tra le regioni italiane e terza tra quelle del mezzogiorno dopo la Sicilia e la Campania. La regione è servita da tre autostrade e due raccordi autostradali: Autostrada Adriatica: la lunga dorsale adriatica percorre tutta la costa abruzzese da nord a sud, collegando i principali centri della regione al resto del Paese. Strada dei Parchi: è stata costruita negli anni settanta e collega Roma con L'Aquila e Teramo; dopo molti anni di lavoro, la costruzione dell'autostrada venne interrotta a Teramo, lasciando incompiuto il tratto finale, che avrebbe dovuto ricongiungersi alla A14 presso Alba Adriatica. All'interno del traforo del Gran Sasso vi è l'accesso ai Laboratori nazionali del Gran Sasso, costruiti contestualmente all'autostrada. Strada dei Parchi: diramazione meridionale dell'A24, l'autostrada collega le città di Pescara e Chieti al Lazio e Roma Ascoli-mare: il raccordo autostradale, che collega Ascoli Piceno con l'A14, si sviluppa per un breve tratto in territorio abruzzese, in corrispondenza dello svincolo Ancarano-Castel di Lama Asse attrezzato: breve asse viario di tipo autostradale che collega i caselli dell'A25 ed A14 della Val Pescara alle città di Chieti e Pescara, fungendo anche da tangenziale est-ovest della conurbazione. Strade Le principali strade statali della regione, in molti casi in seguito alla costruzione delle autostrade e di numerose varianti, sono diventate itinerari per lo più turistici attraversando spesso i diversi parchi abruzzesi e zone di alto valore paesaggistico: Sistema portuale In Abruzzo sono presenti 4 principali porti; che nell'anno 2009 secondo l'Istat hanno movimentato 757'000 di tonnellate di merci, mentre per i passeggeri il dato aggiornato al 2010 dava 23.541 passeggeri imbarcati e sbarcati totali (esclusi i porti di Vasto e Giulianova). Porto di Pescara Porto di Ortona Porto di Vasto Porto di Giulianova Nella regione sono presenti altri piccoli porti di tipo turistico che si trovano a San Vito Chietino, Fossacesia, Roseto degli Abruzzi e Francavilla al Mare. Autolinee regionali La regione per quanto riguarda i trasporti pubblici è servita da diverse aziende di trasporto pubblico; la TUA serve l'intera regione ; Società Unica Abruzzese di Trasporto, che serve l'intera regione Azienda Mobilità Aquilana che serve la provincia dell'Aquila La Panoramica e Satam che servono la provincia di Chieti Società Cooperativa Autoservizi Avezzano che serve l'area marsicana della provincia dell'Aquila
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Antonio Balzano
Caratteristiche tecniche Il suo ruolo naturale è quello di terzino destro, tuttavia può essere schierato sulla fascia opposta o anche come esterno destro di centrocampo. Carriera Ha iniziato la sua carriera nel , con cui ha debuttato in Serie B nella stagione 2004–2005 collezionando una sola presenza. Nel gennaio 2006 passa alla Cisco Roma senza giocare alcuna partita e nel luglio dello stesso anno al Rieti, con cui disputa 13 incontri in Serie C2. Nel gennaio 2008 torna nuovamente alla Cisco Roma giocando 69 partite. Il 22 agosto 2010 esordisce in Lega Pro Prima Divisione in -Atletico Roma 0-1. Nel luglio 2011 si trasferisce al Pescara, con cui esordisce il 26 agosto in Hellas Verona-Pescara 1-2. Chiude la stagione con 38 presenze ed 1 gol, ottenendo la vittoria del campionato e risultando il miglior terzino della categoria. Il 26 agosto 2012 esordisce in Serie A in Pescara-Inter 0-3. Durante il campionato è uno dei pochi, insieme al compagno di squadra Ivan Pelizzoli, a mettersi in luce, e la squadra retrocede in Serie B al termine di un disastroso girone di ritorno, concluso con appena 2 punti conquistati, a fronte dei 20 ottenuti nel girone di andata. Per il campionato di Serie B 2013-2014 viene nominato capitano. Al termine della stagione lascia il Pescara; club con il quale ha giocato complessivamente 104 partite e segnato un gol. Dopo essersi svincolato dal Pescara il 9 luglio 2014 viene acquistato a titolo definitivo dal Cagliari, in Serie A, voluto fortemente da Zeman, già suo allenatore al Pescara nell'anno della promozione nella massima serie italiana. Esordisce in campionato nella partita -Cagliari (1-1), prendendo il posto di Pisano nel primo tempo, e fornendo l'assist per il pareggio di Marco Sau. Nella sua prima stagione in rossoblù, conclusasi con la retrocessione in Serie B, ha disputato complessivamente 26 partite. Il 26 settembre 2015 segna il suo primo gol con la maglia del Cagliari nella partita casalinga contro il , vinta dalla sua squadra per 3-2. Con 25 presenze e un gol contribuisce al ritorno dei rossoblù nella massima serie, vincendo il campionato cadetto. Il 15 luglio 2016 viene ceduto al con la formula del prestito con obbligo di riscatto in caso di promozione in Serie A. Fa il suo esordio con la nuova maglia il 7 agosto 2016 contro l' in Coppa Italia, il 13 agosto 2016 segna la sua prima rete con la nuova maglia contro la . Nella stagione 2017-2018 fa ritorno, a titolo gratuito, al Pescara, dove ritrova mister Zeman col quale aveva trionfato nel campionato cadetto sei stagioni prima. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 14 giugno 2023. Palmarès Competizioni nazionali Pescara: 2011-2012 Cagliari: 2015-2016
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Agostino Renna
Biografia Dopo aver frequentato studi classici si iscrive alla Facoltà di Architettura di Napoli. Qui partecipa al movimento studentesco e frequenta architetti del calibro di Luigi Cosenza. Si laurea nel 1964 insieme a Salvatore Bisogni con una tesi sul disegno urbano della città di Napoli. Dopo la laurea tra la metà e la fine degli anni '60 collabora alla didattica nella Facoltà di Architettura di Napoli e in quella, appena fondata, di Pescara, dove è assistente di Aldo Rossi e conosce tra gli altri Giorgio Grassi e Antonio Monestiroli. Anche nel decennio 1970-1980 continua a lavorare sia a Napoli che in Abruzzo. Estremamente significative e rappresentative di questo periodo sono le esperienze delle "composizioni urbane" messe a punto specialmente a Napoli e che verranno esposte nella mostra d'architettura della XV Triennale dedicata da Aldo Rossi all'Architettura razionale nel 1973. Dopo alcuni progetti in collaborazione con Uberto Siola in questo stesso decennio mette a punto dei progetti di quartieri popolari per Napoli studiandone sia le zone periferiche che quelle centrali. Nella Facoltà di Architettura di Pescara parteciperà al "Gruppo composizione architettonica" insieme a Giorgio Grassi, Antonio Monestiroli, Carlo Alessandro Manzo, Rosaldo Bonicalzi e altri. Assai significativo di questa fase è lo studio, redatto tra 1974 e 1975, sulla normativa architettonica e i regolamenti edilizi messo a punto insieme agli altri docenti della Facoltà pescarese. Nel 1979 dà alle stampe La valle del Belice. Del 1980 è L'illusione e i cristalli. Negli anni '80 la sua definitiva consacrazione come insegnante di Composizione alla Facoltà di Napoli e gli incarichi più importanti: è del dopo terremoto del 1980 il progetto di ricostruzione di Teora, in provincia di Avellino, concepito insieme a Giorgio Grassi; inizia nel 1983 a lavorare per il progetto del nuovo quartiere di Monteruscello a Pozzuoli, in provincia di Napoli, dopo il bradisismo che la colpì nello stesso anno; progetto che rappresenta, nonostante le pesanti critiche sulla cosiddetta deportazione dei cittadini di Pozzuoli dai loro quartieri d'origine e l'uso di materiali dozzinali nell'esecuzione uno degli esempi migliori di quartiere di nuova fondazione nell'esperienza architettonica italiana del dopoguerra. L'architettura di Agostino Renna Gli inizi di Agostino Renna, intorno agli anni della laurea, nel 1964, lo vedono alle prese con le teorie di Giancarlo De Carlo e Ludovico Quaroni. La sua tesi di laurea (redatta insieme a Salvatore Bisogni) lo mostra infatti attento alle questioni della progettazione a scala territoriale e della definizione di modelli aperti a diversi scenari progettuali. Il riferimento apparente è Kevin Lynch, ma in realtà si tratta ancora di una fase di ricerca degli strumenti attraverso i quali impadronirsi, stanti il disegno e i modelli, di quella cosa concreta che è la città e che sono i fenomeni che la riguardano. Questa tensione rivolta a conoscere il fatto urbano nel suo carattere materiale lo porterà ad avvicinarsi alle teorie e agli architetti di scuola milanese, a cominciare da Aldo Rossi, che col suo L'architettura della città scrive il libro più rappresentativo della nuova attenzione che gli architetti di tendenza razionalista rivolgono a cominciare dagli anni '60 alla città e alla sua costruzione. Con Rossi, e con Giorgio Grassi, Renna collaborerà a Pescara. Sempre Rossi, per la XV Triennale del 1973 intitolata Architettura razionale selezionerà alcuni lavori suoi e dei suoi allievi, le "composizioni urbane", ossia esperimenti nei quali accanto a pezzi della città storica vengono fatti reagire come elementi chimici pezzi della città contemporanea e monumenti riletti attraverso il linguaggio architettonico razionalista. Razionalista sarà sempre più la sua cifra compositiva proprio a cominciare da questo periodo, come testimonia la sua lunga frequentazione prima e collaborazione poi con Giorgio Grassi che sfocerà nei progetti di ricostruzione per Teora e per due aree di Berlino devastate dalla seconda guerra mondiale. In questi progetti approfondisce da un lato il rapporto tra rovina e nuova architettura e dall'altro prosegue un lungo addestramento all'impiego di uno stile architettonico rigoroso e misurato. Il razionalismo di Renna si può in specie paragonare a quello del Giuseppe Pagano alle prese con gli studi sulla casa popolare italiana, sul recupero di un linguaggio architettonico in continuità con la tradizione costruttiva anche più povera e anonima. Allora non solo il nome di Pagano deve venire alla mente ma soprattutto quello del Luigi Cosenza da Renna frequentato quand'era ancora studente che in studi come il suo Esperienze di architettura proprio alla tradizione costruttiva anonima e popolare guarda per costituire un vocabolario architettonico di elementi semplici. Questa accezione del linguaggio architettonico razionalista Renna la metterà in pratica specialmente a Teora nei progetti delle case da ricostruire "com'erano-dov'erano", sia all'interno del tessuto abitato del paese che nelle contrade di campagna, realizzando una campionatura per tipi esemplari dell'abitazione, sia urbana che rurale. Ma uno scarto ulteriore in questa ricerca linguistica è dato dal progetto per il quartiere di nuova fondazione di Monteruscello, con il quale Renna dà anche una risposta in termini di architettura ai nuovi fenomeni di urbanizzazione da lui studiati col modo che il nuovo insediamento ha di inserirsi in un paesaggio e in un quadro territoriale. Qui, a partire da una pianta urbana del settore centrale mutuata dal modello planimetrico di Priene, progetta alcuni edifici, tra cui la Chiesa madre e una scuola, di grande semplicità e chiarezza compositiva e stabilisce il principio insediativo dell'isolato, in analogia proprio con Priene, a stabilire misura e forma degli edifici residenziali: un isolato con un carattere aperto eppure identificato attorno a uno spazio centrale, lettura contemporanea dell'elemento della corte. A Monteruscello approfondisce anche un tema a mano a mano sviluppato in tutte le sue ricerche precedenti, quello del rapporto tra rovina e architettura, quando cioè decide di lasciare visibili le vestigia archeologiche rinvenute sul sito per dare agli abitanti del quartiere una nuova memoria sulla quale ricostituire la loro identità. Questo tema della rovina sembra essere anche la chiave per leggere alcuni dei suoi ultimi progetti, quello per l'Albergo dei Poveri di Napoli, che corrisponde a un ritorno sulle tracce delle ricerche di alcuni lustri prima, e quello per una piccola piazza a Pescopagano, sull'appennino lucano. Tra gli scritti più significativi di Renna si segnalano il volume su La valle del Belice, del 1979, e, di appena un anno successivo, quello sull'Abruzzo subappenninico, L'illusione e i cristalli. In entrambi prevale la dimensione del racconto dello svilupparsi del fenomeno architettonico dell'insediamento nei secoli fino alle scelte da compiere nell'epoca contemporanea. Per il Belice Renna svolge una critica argomentata e serrata all'importazione delle New Town di derivazione britannica e al loro stravolgere un territorio fatto di misure e moduli insediativi e costruttivi legati al lavoro contadino. Per l'Abruzzo Renna allarga lo sguardo ai fenomeni di dispersione urbana che stanno per avere luogo, e che avranno luogo in modo marcato nei tre decenni che seguiranno. Cronologia dei progetti di Agostino Renna 1964, Quartiere di edilizia sovvenzionata a Fuorigrotta, Napoli. Progetto. 1965, Quartiere di edilizia sovvenzionata a Secondigliano, Napoli. Progetto. 1966, Casa unifamiliare a Teora, Avellino. Progetto. 1966, Case in acciaio per la Ceca. Progetto di concorso internazionale. 1968, Casa unifamiliare a Pesaro. Progetto. 1968, Albergo ad Agnano, Napoli. Luciana De Rosa, Luigi Pisciotti, Agostino Renna, Uberto Siola. Realizzato. 1968, Padiglione italiano alla XIV Triennale di Milano. Progetto 1973, Nuovo palazzo di giustizia di Napoli. Salvatore Bisogni, Luigi Pisciotti, Agostino Renna, Uberto Siola. Progetto. 1973, Composizioni urbane per Napoli. Agostino Renna con Italo Ferraro, Ludovico Maria Fusco, Enzo Mendicino, Francesco Domenico Moccia. Progetto. 1973, Quartiere urbano per la parte del Vasto a Napoli. Agostino Renna con Italo Ferraro, Ludovico Maria Fusco, Enzo Mendicino, Francesco Domenico Moccia. Progetto. 1973, Quartiere popolare a Secondigliano, Napoli. Agostino Renna con Italo Ferraro, Ludovico Maria Fusco, Enzo Mendicino, Francesco Domenico Moccia. Progetto. 1973, Negozio di abbigliamento della ditta «Barbaro» nella Galleria Principe Umberto, Napoli. 1974, Casa privata a Capri (Napoli). Agostino Renna, Enzo Mendicino. Progetto. 1975, Negozio di abbigliamento della ditta «Barbaro» a Santa Brigida, Napoli. Agostino Renna, Enzo Mendicino. Progetto. 1976, Negozio di abbigliamento della ditta «Barbaro» a via Toledo, Napoli. Agostino Renna, Enzo Mendicino. Progetto. 1976, Piano per Lomé, capitale del Togo. Agostino Renna. Progetto. 1976, Sporting residence a Baia Domizia (Caserta). Agostino Renna, Enzo Mendicino. Progetto. 1977, Mobili per le stanze dei bambini di casa Barbaro, Napoli. Agostino Renna, Enzo Mendicino. Realizzati. 1978, Casa bifamiliare con officina, Napoli. Agostino Renna, Enzo Mendicino. Progetto. 1979, Restauro di una villa suburbana, Napoli. Agostino Renna, Enzo Mendicino. Progetto. 1980, Complesso residenziale e alberghiero a Montesilvano (Pescara). Agostino Renna, Enzo Mendicino. Progetto. 1981, Lützowplatz a Berlino. Giorgio Grassi e Agostino Renna, con Adalberto Del Bo, Edoardo Guazzoni. Progetto di concorso, premiato. 1981, Installazione dei prefabbricati sul territorio comunale di Teora, Avellino. Progetto. 1981, Piano di recupero del centro storico di Teora (Avellino). Giorgio Grassi e Agostino Renna con L. Fratianni, Edoardo Guazzoni, Carlo Alessandro Manzo, Valeria Pezza. Realizzato. 1981, Piano di recupero di Visciano (Napoli). Agostino Renna, Romano Bernasconi, Pellegrino Sirignano, Mariarosaria Torbinio. Realizzato. 1981, Piano di edilizia economica e popolare di Visciano (Napoli). Agostino Renna, Romano Bernasconi, Pellegrino Sirignano, Mariarosaria Torbinio. Realizzato. 1983, Recupero di case urbane a Teora (Avellino). Agostino Renna con Valeria Pezza. Realizzato. 1983, Casa rurale in contrada Pagliara a Teora (Avellino). Agostino Renna con Carlo Alessandro Manzo e Valeria Pezza. Realizzato. 1983, Casa rurale in contrada Serra dei Colli a Teora (Avellino). Agostino Renna con Valeria Pezza. Realizzato. 1983, Quartiere Monteruscello (o Monterusciello o Monte Ruscello, secondo i toponimi legati alle parlate locali) a Pozzuoli (Napoli). Agostino Renna. Realizzato in parte. 1984, Piano regolatore generale del comune di Teora (Avellino). 1984, Casa comunale e presidio socio-sanitario per il quartiere Monteruscello a Pozzuoli (Napoli). Agostino Renna con V. Biasibetti, Francesco Escalona, Marina La Greca, Virgilio Patitucci. Realizzata. 1984, Chiesa e casa parrocchiale per il quartiere Monteruscello a Pozzuoli (Napoli). Prima fase: Agostino Renna con V. Biasibetti, Francesco Escalona, Marina La Greca, Virgilio Patitucci. Seconda fase: Agostino Renna con F. Russo Cardone, Neri Salvatori. Realizzata. 1984, Teatro per il quartiere Monteruscello a Pozzuoli (Napoli). Agostino Renna con V. Biasibetti, Francesco Escalona, Marina La Greca, Virgilio Patitucci. Progetto. 1984, Scuola media per il quartiere Monteruscello a Pozzuoli (Napoli). Agostino Renna con A. Calligaris, Neri Salvatori, P. Pozzo. Realizzata. 1984, Area dell'ex Prinz Albrecht Palais a Berlino. Giorgio Grassi e Agostino Renna con Nicola di Battista e F. Collotti. Progetto di concorso, secondo premio. 1986, Ricostruzione del comparto «Pianistrello» a Teora (Avellino). Agostino Renna con Carlo Alessandro Manzo e V. Sommella. Piano di fattibilità e progetto di massima. 1986, Ricostruzione del comparto «Castello» a Teora (Avellino). Agostino Renna con Carlo Alessandro Manzo e V. Sommella. Piano di fattibilità e progetto di massima. 1987, Sistemazione dell'edificio e dell'area dell'Albergo dei Poveri a Napoli. Agostino Renna. Progetto. 1987, Piazza Girolamo Orlando a Pescopagano (Potenza). Agostino Renna con Carlo Alessandro Manzo. Progetto di massima. Pubblicazioni Vanni Pasca Raymondi, Agostino Renna, La linea di palazzo Gravina, in «Studenti architetti», numero unico, aprile 1961, responsabile Salvatore Bisogni, con scritti di Claudio Greppi, Salvatore Bisogni, Vanni Pasca Raymondi e Agostino Renna, Pier Luigi Crosta, Vittorio Foa, Luigi Cosenza, Massimo Teodori. Alcune voci dell'urbanistica contemporanea, a cura di Urbano Cardarelli, Mario Lauro, Gino Palomba, Emanuele Pasca, Giovanni Pasca Raymondi, Agostino Renna, Luciano Scotto, Op. cit., n. 6, maggio 1966 Salvatore Bisogni, Agostino Renna, Contributo per un'idea di città, «Controspazio», n. 3, 1969. Salvatore Bisogni, Agostino Renna, Il contributo italiano al dibattito, in Urbanistica, voce del Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica, diretto da Paolo Portoghesi, Istituto editoriale romano, Roma 1969. Lezioni di architettura, corso di "Caratteri dell'architettura moderna" 1967-68 1968-69, a cura di Agostino Renna, con scritti di Aldo Rossi, Adriano Di Leo, Giovanna Gavazzeni, Giorgio Grassi, Agostino Renna, Paolo Rizzato, Consorzio per la Libera università "G. D'Annunzio", Facoltà di Architettura, Pescara 1969, contiene i seguenti scritti di Agostino Renna: Analisi del discorso scientifico in architettura, Teorie e tendenze nell'attuale dibattito italiano, Relazione introduttiva ad un'ex tempore di progetto. Agostino Renna, con Italo Ferraro, Ludovico Maria Fusco, Enzo Mendicino, Francesco Domenico Moccia, Napoli: prospettive per l'architettura del Centro storico, «Edilizia popolare», n. 111, 1973. Agostino Renna, La trasformazione della città e il Movimento di architettura e urbanistica, in «Che fare», novembre-dicembre 1973. Salvatore Bisogni, Agostino Renna, Il disegno della città. Napoli, Cooperativa Editrice di Economia e Commercio, Napoli 1974. Agostino Renna, Progetto di quartiere popolare alla periferia di Napoli, in «Nord-Sud», giugno 1974. Agostino Renna, Gli spazi liberi nella costruzione della città, in Normativa architettonica e regolamenti edilizi, Cooperativa libraria universitaria abruzzese, Pescara 1975, con scritti di Giorgio Grassi, Agostino Renna et alii. Agostino Renna, La ville de Lomé: analyses et propositions, in Republique tegolaise. Plan d'amenagement de la region maritime. Rapport Preliminaire, Technital, Roma 1976. Agostino Renna, Il fallimento della professione, in «Casabella», n. 420, 1976, pp. 2-5. Primo dibattito sulla letteratura e l'arte, Gruppo di studi gramsciani promosso dal Partito comunista (marxista-leninista) italiano, 4ª riunione plenaria – Milano, fascicolo ciclostilato s.d., con scritti di Francesco Leonetti, Franco Prattico, Paule Lejenne, Raffaele De Grada, Aldo Brandirali, Duccio Bigazzi, Diego Pasquariello, Enzo Todeschini, Agostino Renna, Di Marco s.n. Agostino Renna, Architettura ideologia consumo, in «Università-Architettura», n. 1-2, giugno 1977. Agostino Renna, L'aria della campagna rende liberi, in «Lotus International», n. 21, 1978. Agostino Renna, Antonio De Bonis, Giuseppe Gangemi, Costruzione e progetto. La valle del Belice, clup, Milano 1979. Agostino Renna, Introduzione a Giorgio Grassi, in «2C – Construccion del la ciudad», n. 10, poi in Giorgio Grassi e il progetto per la casa dello studente a Chieti, con scritti di Carlos Martì Aris e Agostino Renna, Clua, Pescara 1980. Agostino Renna, L'architettura della città storica come memoria del passato, in I centri storici tra conflitto e crisi: il caso di Napoli, a cura di Attilio Belli, Pica editore, Napoli s. d. Agostino Renna, L'illusione e i cristalli, Clear, Roma 1980. Agostino Renna, L'architettura della città nell'esperienza olandese: struttura e caratteristiche delle nuove parti urbane, in Funzione e senso. Architettura-Casa-Città. Olanda 1870-1940, a cura di Salvatore Bisogni, presentazione di Salvatore Bisogni, Società Editrice Napoletana, Napoli 1980, con scritti di Maristella Casciato, Renato De Fusco, Giulio Di Donato, Vittorio Gregotti, Luigi Imbimbo, Antonio Monestiroli, Massimo Nunziata, Franco Panzini, Agostino Renna, Uberto Siola, Fabrizio Spirito, Maurizio Valenzi. La città, le idee. Pescara nelle interviste a cinque architetti, a cura di Adriana Carnemolla e Carlo Pozzi, con interviste a Franco Donato, Federico Gorio, Luigi Piccinato, Agostino Renna, Uberto Siola, Marcello Ferri Editore, L'Aquila, 1981. Agostino Renna, Corso Garibaldi e l'Albergo dei Poveri, in Progetti per Napoli, Guida Editori, Napoli 1987. Monteruscello l'impianto urbano e gli edifici pubblici, a cura di Francesco Escalona e Dora Francese, introduzione di Uberto Siola, con uno scritto di Agostino Renna, Progetto Pozzuoli, Quaderni di documentazione, n. 3, Giannini, Napoli 1987. Scritti su Agostino Renna Vittorio Gregotti, La forma del territorio, in «Edilizia moderna», n. 87-88, s.d. Vittorio Gregotti, Il territorio dell'architettura, Feltrinelli, Milano 1966, 1993. Luigi Pisciotti, Uberto Siola, Progetti di Luigi Pisciotti e Uberto Siola, «Contropazio», n. 8, agosto 1972. Salvatore Bisogni, Discussione sulla Triennale, in «Controspazio», n. 6, 1973. Daniele Vitale, Le scuole di architettura. Presentazione di alcuni progetti, in Architettura razionale, a cura di Ezio Bonfanti, Rosaldo Bonicalzi, Gianni Braghieri, Franco Raggi, Aldo Rossi, Massimo Scolari, Daniele Vitale, Franco Angeli, Milano 1973, 1979. Giorgio Grassi, Sei risposte a «2C-Construccion de la ciudad», pubblicato come Conversaciòn con G. Grassi, in «2C-Construccion de la ciudad», n. 10, numero monografico su Giorgio Grassi, dicembre 1977, ora in ID., Scritti scelti 1965-1999, Franco Angeli, Milano 2000. Marco Romano, Agostino Renna. Monteruscello (Pozzuoli), «domus» n. 674, 1986. Giorgio Grassi, Architettura lingua morta, «Quaderni di Lotus», n. 9, ELECTA, Milano 1988, contiene due scritti di Giorgio Grassi sulle opere progettate e realizzate insieme ad Agostino Renna: Piano di recupero del centro storico di Teora; Ricostruzione del Prinz Albrecht Palais a Berlino. «qa 12», Quaderni del dipartimento di progettazione dell'architettura, clup, Milano 1991. Contiene scritti su "Agostino Renna: il pensiero e l'opera", di Antonio Monestiroli, Giorgio Grassi, Salvatore Bisogni, Valeria Pezza, Carlo Alessandro Manzo, Rejana Lucci, Daniele Vitale, Mario Losasso, Neri Salvatori, Francesco Escalona, Antonio Lavaggi, Adalberto Del Bo, Rosaldo Bonicalzi. La città di fondazione. Il quartiere di Monteruscello, con scritti di Uberto Siola, Paolo Giordano, Ferruccio Izzo e Pasquale Miano et alii, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995. Pasquale Belfiore, Benedetto Gravagnuolo, Napoli. Architettura e urbanistica del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1994. Carlo Alessandro Manzo, Architetture 1974/1994, Clean, Napoli 1995, contiene quattro scritti di Carlo Alessandro Manzo sulle opere progettate e realizzate insieme ad Agostino Renna: Casa Rurale in Contrada Pagliara a Teora (Av), Ricostruzione del comparto Pianistrello a Teora (Av), Ricostruzione del comparto Castello a Teora (Av). Giorgio Grassi, I progetti, le opere e gli scritti, a cura di Giovanna Crespi e Simona Pierini, ELECTA, Milano 1996, contiene tre scritti di Giorgio Grassi sulle opere progettate e realizzate insieme ad Agostino Renna: Lützowplatz a Berlino, 1981; Piano di recupero del centro storico di Teora (Avellino), 1981; Area dell'ex Prinz Albrecht Palais a Berlino, 1984. Giorgio Grassi, Agostino Renna (1988), in id., Scritti scelti 1965-1999, Franco Angeli, Milano 2000. Giorgio Grassi, Una vita da architetto, Franco Angeli editore, Milano 2008. Collegamenti esterni Uno studio sulla concezione del quartiere di Monteruscello * https://web.archive.org/web/20180425034927/http://www.esempidiarchitettura.it/ebcms2_uploads/oggetti_articolo_171_ITA_nd9xrNQYHuRcFs2C4D37cSn43P53zK5MN495HQUf.pdf Un breve documentario realizzato da Ludovico Maria Fusco,Sergio Stenti, Ivana Greco, sulle differenze tra progetto e realizzazione del quartiere di Monteruscello https://www.youtube.com/watch?v=86i6_sKOvGg
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https://it.wikipedia.org/wiki/Tour%20di%20Antonello%20Venditti
Tour di Antonello Venditti
Questa pagina contiene le informazioni sui tour del cantautore italiano Antonello Venditti. 1974 - 1975 In Tour con Perigeo Udine, Teatro Cristallo 10 aprile, Roma, Liceo Francesco D'Assisi 9 dicembre, Roma, Teatro Brancaccio 10 dicembre, Arezzo, Teatro Politeama 11 dicembre, Siena, Teatro Impero 12 dicembre, Bologna, Palasport 13 dicembre, Bassano del Grappa, Teatro Remondini ?? dicembre, Foligno 16 dicembre, Perugia, Teatro Turreno 17 dicembre, Livorno, Teatro Goldoni 18 dicembre, Macerata, Teatro Lauro Rossi 19 dicembre, Ancona, Teatro Metropolitan http://www.sopi.it/nuovosound/nscop074.htm 1975 Tour "Lilly" con Orchestra Musica Cultura di Roma e Saro Liotta ? ottobre, Sassuolo Poker club 6 dicembre, Padova, Palasport 9 dicembre, Reggio nell'Emilia, Palasport 10 dicembre, Torino, Palasport 11 dicembre, Milano, PalaLido 12 dicembre, Pesaro, Palasport 15 dicembre, Genova, Teatro Genova (pomeriggio) 15 dicembre, Genova, Teatro Genova (sera) 16 dicembre, Brescia, Palasport 17 dicembre, La Spezia, Teatro Monteverdi 18 dicembre, Novara, Palasport 19 dicembre, Varese, Palasport ?? Crema ?? Trento 1976 Concerti con Saro Liotta 30 gennaio, Milano, PalaLido 2 febbraio, Caltanissetta, Supercinema 3 febbraio, Palermo, Teatro Biondo Stabile 4 febbraio, Siracusa, Teatro Verga 5 febbraio, Milano, Teatro Quartiere Quarto Oggiaro 6 febbraio, Milano, Teatro Quartiere Quarto Oggiaro 7 febbraio, Milano, Teatro Quartiere Quarto Oggiaro 8 febbraio, Milano, Teatro Quartiere Quarto Oggiaro 10 febbraio, Savona, Teatro Astor 11 febbraio, Genova, Teatro Ambra 12 febbraio, Genova, Teatro Roma 13 febbraio, Bordighera 17 febbraio, Cucciago, Palasport Pianella ? aprile,Modena, Dancing Mac II 1977 Concerti con Ivan Graziani e Latte e Miele 1º febbraio, Palermo, Teatro Biondo Stabile 2 febbraio, Palermo, Teatro Biondo Stabile 3 febbraio, Catania, Teatro Ambasciatori 22 aprile, Roma, Tenda a strisce 1978 Tour "Sotto il Segno dei Pesci" con Stradaperta, Carlo Siliotto e Marcello Vento 16 maggio, Roma, Cinema Harlem/Labaro (concerto prova) 19 maggio, San Mauro Mare, Geo club 20 maggio, Argenta, Nuovo Mondo club 21 maggio, Gualtieri, 501 club 22 maggio, Formigine, Picchio Rosso club 25 maggio, Sanremo, Tenda Mins 27 maggio, Torino, Palasport 28 maggio, Collecchio, Taro Taro club 29 maggio, Bologna, Palasport 30 maggio, Rimini, Palasport 31 maggio, Toscanella di Dozza, Piro Piro club 1º giugno, Carpi, Picchio Rosso club 2 giugno, Ancona, Teatro Goldoni (pomeriggio & sera) 3 giugno, Cancelli, Boomerang club 4 giugno, San Polo d'Enza, Tartaruga club 5 giugno, Firenze, Campo Sportivo 8 giugno, Finale Emilia, Jeans club 9 giugno, Mantova, Caravel club 10 giugno, Arezzo, Principe club 11 giugno, Prato Sesia, La Pipa club 13 giugno, Piumazzo, Kiwi club 15 giugno, Lucca, Festival Avanti 16 giugno, Borgo San Lorenzo, Festa de l'Unità 17 giugno, Reggio nell'Emilia, Festa de l'Unità/Palasport 18 giugno, Oscasale, DiedRon club 20 giugno, Piacenza, Festa de l'Unità 21 giugno, Grone di Casazza, Stadio 22 giugno, Borgo Vercelli, Globo club 23 giugno, Fontanellato, Jumbo club 24 giugno, Arquà Polesine, Popsy club 25 giugno, Reggio nell'Emilia, Marabù club (pomeriggio) 25 giugno, Reggio nell'Emilia, Marabù club (sera) 26 giugno, Montevarchi, Stadio Gastone Brilli Peri 27 giugno, Melzo, Stadio comunale 28 giugno, Lugano, Tenda 29 giugno, Acqui Terme, Festa de l'Unità 2 luglio, Marmirolo, El Patio club (pomeriggio) 2 luglio, Marmirolo, El Patio club (sera) 3 luglio, Santhià, Sporting club 4 luglio, Cucciago, Palasport Pianella 5 luglio, Prato, Festa de l'Unità 6 luglio, Roma, Villa Doria Pamphili 7 luglio, Ravenna, Festival Avanti 8 luglio, Valenza, Festa de l'Unità 9 luglio, Ferrara, Festa de l'Unità 10 luglio, Ceggia, Festa de l'Unità/Campo Sportivo 11 luglio, Cento, Festa di Sant'Agostino 12 luglio, Castel San Pietro Terme, Festa de l'Unità 13 luglio, Montecatini Terme, Festival Avanti 14 luglio, Castelfiorentino, Festa de l'Unità 15 luglio, Cesena 17 luglio, Arzignano, Campo Sportivo/Piscina 18 luglio, Bibione, Teatro Tenda 19 luglio, Mira, Festa de l'Unità 20 luglio, San Mauro Mare, Geo club 21 luglio, Miramare, Altro Mondo Studios 22 luglio, Castel del Piano, Piazza 23 luglio, Fano, Stadio Borgo Metauro 24 luglio, Ancona, Parco Cittadella 25 luglio, Termoli, Festa de l'Unità/Stadio Gino Cannarsa 26 luglio, Ortona, Festa de l'Unità 28 luglio, Venturina Terme 29 luglio, Chiavari, Stadio Comunale 30 luglio, Verrua Po, Campo Sportivo 31 luglio, Cittadella, Campo della Marta 1º agosto, Acquanegra sul Chiese, Festa de l'Unità 2 agosto, Caorle, Campo Sportivo 3 agosto, Porto Recanati, Arena Beniamino Gigli 4 agosto, Ischia, Stadio del Porto 5 agosto, Castellammare di Stabia, Stadio Romeo Menti 6 agosto, Cava de' Tirreni, Stadio Comunale 8 agosto, Miramare, Altro Mondo Studios 9 agosto, San Mauro Mare, Geo club 10 agosto, Pescara, Le Najadi 11 agosto, Lignano Sabbiadoro, Stadio Comunale 12 agosto, Chiesina Uzzanese, Dancing Don Carlos club 16 agosto, Riccione, La Baita club 17 agosto, Orbetello, Teatro Tenda Argentario 2000 18 agosto, Viareggio, Stadio Dei Pini 19 agosto, Sarzana, Stadio Miro Luperi 20 agosto, Agordo, Stadio 24 agosto, Cuneo 26 agosto, San Mauro Mare, Geo club 27 agosto, Maserà di Padova, Tuca-Tuca club 28 agosto, Rimini, Festival Avanti 29 agosto, Savona, Stadio Valerio Bacigalupo 30 agosto, Livorno, Stadio Comunale Ardenza 31 agosto, Castiglione della Pescaia, Orto del Lilli 1º settembre, Pavia, Castello Visconteo 2 settembre, Varese, Palasport 3 settembre, Treviso, Castello 4 settembre, Villafranca di Verona, Stadio Comunale 5 settembre, Imola, Festa de l'Unità 6 settembre, Terni 9 settembre, Genova, Festival Avanti (pomeriggio) 10 settembre, Ravenna, Ca' del Liscio (pomeriggio) 11 settembre, Formigine, Picchio Rosso club 12 settembre, Macerata, Arena Sferisterio 13 settembre, Gualtieri, 501 club 14 settembre, Vicenza, Festa de l'Unità 15 settembre, Bologna, Palasport 16 settembre, Russi 17 settembre, Migliaro, Dancing Severi club 18 settembre, Pordenone, Stadio Ottavio Bottecchia 1980 Tour "Buona Domenica" Inverno con Stradaperta, Carlo Siliotto, Marcello Vento e Alessandro Centofanti 30 gennaio, Torino, Palasport 31 gennaio, Genova, Palasport 1º febbraio, Pisa, Palasport 2 febbraio, Siena, Palasport 3 febbraio, Forlì, Palasport 7 febbraio, Padova, Palasport San Lazzaro 8 febbraio, Cucciago, Palasport Pianella 9 febbraio, Brescia, Palasport 12 febbraio, Napoli, Palasport 14 febbraio, Roma, Tenda a Strisce (sera) 15 febbraio, Roma, Tenda a Strisce (sera) 16 febbraio, Roma, Tenda a Strisce (sera) 17 febbraio, Roma, Tenda a Strisce (pomeriggio) 22 febbraio, Firenze, Teatro Tenda 23 febbraio, Firenze, Teatro Tenda 24 febbraio, Firenze, Teatro Tenda 26 febbraio, Piumazzo, Kiwi Club 27 febbraio, Reggio nell'Emilia, Marabù Club 28 febbraio, Mirabello Monferrato, Life Club 29 febbraio, Lugo, Bacarà Club 1º marzo, Ellera, Quasar Club 6 marzo, Milano, Palasport 7 marzo, Milano, Palasport 10 marzo, Bologna, Palasport 11 marzo, Parma, Palasport 12 marzo, Udine, Palasport 1980 Tour "Buona Domenica" Estate con Stradaperta, Carlo Siliotto, Bruno Bergonzi e Alessandro Centofanti 17 luglio, Palermo, Stadio Comunale 18 luglio, Catania, Stadio Cibali 19 luglio, Siracusa, Stadio Vittorio Emanuele III 20 luglio, Scicli, Stadio Ciccio Scapellato 22 luglio, Lecce, Stadio Comunale 23 luglio, Taranto, Stadio Erasmo Iacovone 24 luglio, Bari, Stadio Comunale 26 luglio, Cesena, Stadio La Fiorita 27 luglio, Formia, Stadio S. Pietro 28 luglio, Nettuno, Stadio Comunale 29 luglio, Cittadella, Castello 1º agosto, Savona, Stadio Valerio Bacigalupo 2 agosto, Sanremo, Stadio Comunale 4 agosto, Sestri Levante, Stadio Giuseppe Sivori 5 agosto, Frugarolo, Piazza 7 agosto, Senigallia, Piazza del Duca 8 agosto, Porto Recanati, Arena Beniamino Gigli 9 agosto, Sarzana, Stadio Miro Luperi 10 agosto, Acilia, Campo Sportivo Cristal 11 agosto, Grosseto, Stadio Comunale Olimpico 12 agosto, Viareggio, Stadio dei Pini 14 agosto, Martinsicuro, Stadio 16 agosto, Porto San Giorgio, Stadio Comunale 17 agosto, San Marino, Campo Sportivo Serravalle 4 settembre, Voghera, Stadio Comunale 5 settembre, Brescia, Stadio 6 settembre, Padova, Palasport 8 settembre, Fiuggi, Stadio Comunale 9 settembre, Bologna, Festival Unità 10 settembre, Genova, Palasport 11 settembre, Torino, Palasport 12 settembre, Firenze, Cascine/Prato delle Cornacchie 13 settembre, Terni, Villa 14 settembre, Schio, Stadio de Rigo 15 settembre, Mestre, Stadio Comunale 16 settembre, Piumazzo, Kiwi Club 1982 Tour "Sotto la Pioggia" 13 agosto, Cesenatico, Stadio Moretti 17 agosto, Letojanni, Stadio Comunale 18 agosto, Bagheria, Stadio Comunale 19 agosto, Piazza Armerina, Piazza 22 agosto, Messina, Caserma Ainis 26 agosto, Nogara, Stadio Comunale 27 agosto, Massa, Villa Malaspina 4 settembre, Garlasco, Campo Sportivo 5 settembre, Arezzo, Fortezza Medicea 6 settembre, La Spezia, Stadio Comunale Alberto. Picco 7 settembre, Reggio Emilia, Campovolo 11 settembre, Verona, Arena Festival Bar -Video Rai 13 settembre, Roma, Piazzale del Pincio 15 settembre, Tirrenia, Festival Unità 18 settembre, Bormio, Palasport 24 settembre, Padova, Palasport 25 settembre, Fiano Romano, Campo Sportivo 26 settembre, San Rufo, Palasport 29 settembre, Vercelli, La Peschiera Club 30 settembre, Torino, Palasport 2 ottobre, Gualdo Tadino, Papillion Club Musicisti Derek Wilson: batteria Maurizio Boriolo, Alessandro Centofanti: tastiere Renato Bartolini: chitarra acustica ed elettrica, mandolino, cori Rodolfo Lamorgese: chitarra acustica, armonica, percussioni, cori Claudio Prosperini: chitarra elettrica (lead) Claudio Bazzarri: chitarra elettrica (lead) Marco Vannozzi: basso Marco Valentini: sax e flauto 1983 - Circo Massimo I 12 maggio, Dortmund, Westfalenhallen, Concerto insieme a: Al Bano & Romina Power, Alice, Ricchi e Poveri, Umberto Tozzi, Toto Cutugno, Loredana Bertè e Gianna Nannini 15 maggio, Roma, Circo Massimo, concerto gratuito "Grazie Roma" Musicisti Derek Wilson: batteria Maurizio Boriolo: tastiere Alessandro Centofanti: tastiere Renato Bartolini: chitarra acustica ed elettrica, mandolino, cori Rodolfo Lamorgese: chitarra acustica, armonica, percussioni, cori Claudio Prosperini: chitarra elettrica (lead) Mario Schillirò: chitarra elettrica (lead) Marco Vannozzi: basso Marco Valentini: sax e flauto 1984 - Circo Massimo II 30 maggio, Roma, Circo Massimo, Concerto Ripresa Rai TV Estate - One Man Band Tour 1º luglio, Torre del Greco 5 luglio, Gardone Riviera 6 luglio, Fermignano 7 luglio, Rieti 13 luglio, Piumazzo 14 luglio, Finale Ligure 18 luglio, Forlì 21 luglio, Grado 25 luglio, Cirigliano di Aversa 26 luglio, Ruvo di Puglia 28 luglio, Noicattaro 29 luglio, Vieste 31 luglio, Locorotondo 2 agosto, Rossano Scalo 3 agosto, Polistena 5 agosto, Marsala 6 agosto, Augusta 7 agosto, San Cataldo 8 agosto, Bagheria 10 agosto, Ramacca 11 agosto, San Martino Valle Caudina 12 agosto, Amaseno 13 agosto, Civitanova Marche 15 agosto, Cortina d'Ampezzo 20 agosto, Roccaraso 26 agosto, Amatrice 29 agosto, Treviso 30 agosto, Ravenna 1º settembre, Fiuggi 1º settembre, Città di Castello 9 settembre, Tivoli, Villa Adriana 10 settembre, Quindici 11 settembre, Calvi Risorta 21 settembre, Piove di Sacco 23 settembre, Teramo 30 settembre, Scorrano 6 ottobre, Varese 7 ottobre, Brescia 18 ottobre, Milano 19 ottobre, Milano 20 ottobre, Milano 20 novembre, Torino, Palasport 1986 Tour Venditti & Segreti Estate: 21 luglio, Melendugno, Stadio 22 luglio, Bari, Fiera del Levante 23 luglio, Ostuni, Parco Bianco 25 luglio, Sapri, Stadio Italia 26 luglio, Marconia, Stadio Comunale 27 luglio, Catanzaro, Stadio Comunale 29 luglio, Bagheria, Stadio Comunale 30 luglio, Caltagirone, Villa 31 luglio, Messina, Stadio Giovanni Celeste 2 agosto, Noto, Stadio Comunale 3 agosto, Belmonte Calabro, Campo Sportivo 6 agosto, Arma di Taggia, Ex Caserma Revelli 7 agosto, Pietra Ligure, Campo Sportivo 9 agosto, Trivento, Campo Sportivo 10 agosto, Pescara, Stadio Adriatico 11 agosto, Alba Adriatica, Stadio 14 agosto, Nettuno, Stadio Comunale 15 agosto, Civitavecchia, Stadio Giovanni Maria Fattori 16 agosto, Sestri Levante, Stadio Giuseppe Sivori 17 agosto, Cairo Montenotte, Stadio polisportivo Vesima 19 agosto, Salerno, Stadio Donato Vestuti 21 agosto, Minturno, Stadio Caracciolo - Carafa 24 agosto, Lido di Camaiore, Campo Sportivo 28 agosto, Castellucchio, Campo Sportivo 30 agosto, Macerata, Arena Sferisterio 31 agosto, Moie, Stadio Pierucci 2 settembre, Varese, Stadio Franco Ossola 3 settembre, Modena, Festa de l'Unità 6 settembre, Milano, Arena Civica (Festa nazionale de l'Unità) 8 settembre, Treviso, Piazza dei Signori 12 settembre, Firenze, Piazza della Signoria, Video Rai 14 settembre, Cologna Veneta, Piazza del Duomo 16 settembre, Dogliani, Campo Sportivo 18 settembre, Genova, Palasport 19 settembre, Novara, Stadio Comunale 20 settembre, Cassano d'Adda, Villa Borromeo 21 settembre, La Spezia, Stadio Alberto Picco 23 settembre, Terni, Stadio Libero Liberati 26 settembre, Torino, Palasport Musicisti Derek Wilson - batteria Fabio Pignatelli - basso elettrico Alessandro Centofanti - pianoforte, organo e tastiere Nico Gaeta - tastiere Renato Bartolini - chitarre Marco Rinalduzzi - chitarra elettrica Inverno: 11 ottobre, , Toronto, Massey Hall, con Luca Carboni 2 dicembre, Padova, Palasport 5-7 dicembre, Roma, Palazzo dello Sport 9 dicembre, Milano, Palatrussardi 11 dicembre, Napoli, Palasport 14 dicembre, Livorno, Palasport Musicisti Derek Wilson - batteria Fabio Pignatelli - basso elettrico Alessandro Centofanti - pianoforte, organo e tastiere Nico Gaeta - tastiere Renato Bartolini - chitarre Marco Rinalduzzi - chitarra elettrica 1987 Tour Venditti & Segreti 3 agosto, Rionero in Vulture, Stadio Pasquale Corona 5 agosto, Vieste, Stadio 6 agosto, Conversano, Stadio Peppino Lorusso 8 agosto, Torrenova, Fiera 9 agosto, Acireale, Stadio Comunale 11 agosto, Palermo, Stadio La Favorita 13 agosto, Paola, Stadio Eugenio Tarsitano 14 agosto, Crotone, Stadio Ezio Scida 16 agosto, Avellino, Piazza Municipio 19 agosto, San Salvo, Stadio 21 agosto, Ischia-Lacco Ameno, Negombo Dancing 22 agosto, Marina di Ascea, Stadio 25 agosto, Frosinone, Fiera 26 agosto, L'Aquila, Stadio Tommaso Fattori 27 agosto, Venafro, Stadio Comunale Pedemontana 29 agosto, Cava de' Tirreni, Stadio Simonetta Lamberti 4 settembre, Canicattì, Stadio Carlotta Bordonaro 5 settembre, Palazzo Adriano, Piazza 7 settembre, Modica, Stadio Polisportivo Caitina 12 settembre, Rieti, Stadio Comunale Nuovo 15 settembre, Genzano di Roma, Stadio Comunale 17 settembre, Cosenza, Stadio San Vito 19 settembre, Francavilla Fontana, Stadio Comunale Umberto I 22 settembre, , Zurigo, Volkshaus 23 settembre, , Lugano, Palasport 25 settembre, , Montreux, Casinò 26 settembre, , Zurigo, Volkshaus Musicisti Derek Wilson - batteria Fabio Pignatelli - basso elettrico Alessandro Centofanti - pianoforte, organo e tastiere Nico Gaeta - tastiere Renato Bartolini - chitarre Marco Rinalduzzi - chitarra elettrica 1988 Tour In questo mondo di ladri 7 ottobre, Roma, Stadio Flaminio 8 ottobre, Torino 11 ottobre, Milano 14 ottobre, Padova 15 ottobre, Parma, PalaRaschi 17 ottobre, Modena, Palasport 18 ottobre, Villorba, PalaVerde 22 ottobre, Siena, Palasport 25 ottobre, Torino, Palasport 27 ottobre, Pistoia, Palasport 29 ottobre, Castel Morrone, PalaMaggiò 7 novembre, Genova, Palasport 8 novembre, Forlì, PalaGalassi 10 novembre, Livorno, Palasport 15 novembre, Perugia, Palasport 16 novembre, Napoli, PalaPartenope 19 novembre, Chieti, Palasport 22 novembre, Firenze, Palasport 24 novembre, Bergamo, Palasport 27 novembre, , Locarno 30 novembre, Padova, Palasport 4 dicembre, Milano, PalaTrussardi 9 dicembre, Caraglio 12 dicembre, Brescia, Palasport 16 dicembre, Verona, Palasport 17-18 dicembre, Roma, Palazzo dello Sport ? Bassano del Grappa, Stadio Rino Mercante 1989 16 maggio, Colleferro, Teatro Tenda 9 agosto, Ostuni 11 agosto, Alba Adriatica 12 agosto, Nettuno 14 agosto, San Vincenzo 16 agosto, Pietra Ligure 17 agosto, La Spezia 19 agosto, Fano 20 agosto, San Martino Valle Caudina 22 agosto, L'Aquila 26 agosto, Castagnole delle Lanze 2 settembre, Viterbo 3 settembre, Rieti 8 settembre, Torino, Stadio Comunale 9 settembre, Genova, Festa de l'Unità 11 settembre, Guidonia Montecelio, Stadio Comunale 15 settembre, Campi Bisenzio 16 settembre, Livorno 1990 28 luglio, Sezze (Latina) Sassari 11 agosto, Ariano Irpino, Teatro Tenda 16 agosto, Avellino, Piazzale stadio Partenio 9 settembre, Messina, Ente Fiera 11 settembre, Catania, Ente Fiera Playa 14 settembre, Salerno, Stadio Donato Vestuti 22 settembre, Campobasso, Stadio Nuovo Romagnoli 1991 agosto, Provincia di Latina 23 agosto, Taormina, Tout' 'Va 10 ottobre, Roma, Stadio Flaminio 7 novembre, Torino, Palastampa 11 novembre, Villorba, PalaVerde 14 novembre, Firenze, Palasport 16 novembre, Torino, Palastampa 19 novembre, Modena, Palasport 21 novembre, Genova, Palasport 23 novembre, Forlì, PalaFiera 25 novembre, Milano, Mediolanum Forum 29 novembre, Parma, PalaRaschi 3 dicembre, Siena, Palasport 1992 Alta marea tour 22 maggio, Cava de' Tirreni, Stadio Simonetta Lamberti 25 maggio, Verona, Arena di Verona 28 maggio, Milano, Stadio San Siro 4 giugno, Roma, Stadio Flaminio 5 giugno, Roma, Stadio Flaminio 9 giugno, Bari, Stadio San Nicola 11 giugno, Bologna, Stadio Renato Dall'Ara 13 giugno, Ascoli Piceno, Stadio Cino e Lillo Del Duca 16 giugno, Firenze, Stadio del baseball 18 giugno, Torino, Stadio Delle Alpi 20 giugno, Perugia, Stadio Renato Curi 23 giugno, Merano, Ippodromo di Maia 26 giugno, Passariano di Codroipo, Villa Manin 28 giugno, Foggia, Stadio Pino Zaccheria 2 agosto, Cecina, Stadio Comunale 4 agosto, La Spezia, Stadio Alberto Picco 6 agosto, Porto Recanati, Nuovo stadio comunale 8 agosto, Rimini, Stadio Romeo Neri 10 agosto, Silvi Marina, Stadio comunale 12 agosto, Fondi, Stadio comunale 14 agosto, Nettuno, Stadio comunale 16 agosto, Catanzaro, Stadio Nicola Ceravolo 18 agosto, Bernalda, Stadio comunale Michele Lorusso 20 agosto, Lecce, Stadio Via del Mare 23 agosto, L'Aquila, Stadio Tommaso Fattori 25 agosto, Milazzo, Stadio Grotta Polifemo 27 agosto, Palermo, Stadio La Favorita 29 agosto, Caltagirone, Stadio Agesilao Greco 31 agosto, Reggio Calabria, Stadio comunale 2 settembre, Viterbo, Stadio comunale 4 settembre, Dicomano, Stadio comunale 6 settembre, , Locarno, Piazza Grande 8 settembre, Reggio nell'Emilia, Festa de l'Unità 10 settembre, Bassano del Grappa, Stadio Rino Mercante 12 settembre, Castagnole delle Lanze, Piazza Carlo Giovannone 15 settembre, Genova, Stadio Giacomo Carlini 17 settembre, Pisa, Piazza dei Cavalieri 21 settembre, Napoli, Stadio Arturo Collana 23 settembre, Cosenza, Stadio San Vito 25 settembre, Potenza, Stadio comunale Macchia Giocoli 29 settembre, Andria, Area concerti L'ottagono 1º ottobre, Salerno, Stadio Donato Vestuti 3 ottobre, Castel Morrone, PalaMaggiò 1992 11 ottobre, Roma, Circo Massimo, concerto gratuito contro il razzismo 1995 28 settembre, Palermo, Stadio La Favorita 7 ottobre, Roma, Stadio Olimpico 9 ottobre, Roma, Stadio Olimpico 9 novembre, Torino, Palastampa 13 novembre, Villorba, PalaVerde 16 novembre, Bolzano, PalaOnda 18 novembre, Casalecchio di Reno, Palasport 23 novembre, Milano, Mediolanum Forum 28 novembre, Firenze, Palasport 30 novembre, Verona, Palasport 2 dicembre, San Benedetto del Tronto, Palacongressi 6 dicembre, Bari, PalaFlorio 8 dicembre, Castel Morrone, PalaMaggiò 12 dicembre, Genova, Palasport 1996 Ogni volta tour estate 5 luglio, Napoli, nell'ambito della trasmissione "Te voglio bene assaje" 2 agosto, Caltanissetta, Stadio Pian del Lago 6 agosto, Reggio Calabria, Stadio comunale 8 agosto, Catanzaro, Stadio Nicola Ceravolo 11 agosto, Lecce, Stadio Via del Mare 13 agosto, Nettuno, Stadio comunale 16 agosto, Sanremo, Stadio comunale 18 agosto, Saint Vincent, Stadio Pier Giorgio Perrucca 20 agosto, Livorno, Stadio Armando Picchi 24 agosto, Pescara, Stadio Adriatico 27 agosto, Cava de' Tirreni, Stadio Simonetta Lamberti 29 agosto, Firenze, Stadio del baseball 31 agosto, Brescia, Stadio rugby 6 settembre, , Locarno 14 settembre, Rosà 19 settembre, Modena 26 settembre, Bari 2 ottobre, Cosenza, Stadio San Vito 10 ottobre, Cagliari 12 ottobre, Olbia 17 ottobre, Torino, Palastampa 19 ottobre, Milano, Mediolanum Forum 5 novembre, Forlì, PalaFiera 7 novembre, Pordenone, Palasport 9 novembre, Treviglio, Palasport 11 novembre, Parma, PalaRaschi 16 novembre, Porto San Giorgio, Palasport 12 dicembre, Acireale, Palasport 1997 13 giugno, Bari, Stadio San Nicola, Inaugurazione giochi del Mediterranero 8 agosto, Catania, Villa Bellini 16 agosto, Viareggio, Festival Puccini, Teatro all'aperto, chiusura del festival 18 agosto, Santa Margherita Ligure, Covo di Nord-Est 25 agosto, Foggia, Fiera 9 settembre, Caltanissetta, Stadio Pian del Lago ? , Montecarlo, Sporting club/Salle des Etoile 1998 14 febbraio, Roma, Palazzo dello Sport, Voci libere per Amnesty international con Simple Minds e Khaled 15 giugno, Bari, Fiera del Levante 3 luglio, Campione d'Italia, Piazzale a Lago 16 agosto, Ischia-Lacco Ameno, Negombo Dancing 18 agosto, Cirella Antica, Anfiteatro dei Ruderi 20 agosto, Siracusa, Palamare 28 agosto, Cagliari, Fiera Campionaria ? Messina 30 novembre, Roma, Teatro Sistina, concerto di beneficenza con Renato Zero e Pino Daniele 12 dicembre, Plan de Corones 1999 Goodbye N9vecento 8 marzo, Roma, Università La Sapienza, Lezione/concerto in occasione dei cinquant'anni di Antonello 8 ottobre, Roma, Stadio Olimpico, "L'evento" 16 dicembre, Milano, Mediolanum Forum 31 dicembre, Reggio Calabria, Lungomare corso Matteotti, Capodanno in diretta su Rai 1 2000 Che tesoro che sei Tour 2000 2 gennaio, Taormina, Teatro Antico ? febbraio, Festival di Sanremo, presenta Fabio Fazio, Antonello canta "Che tesoro che sei" e "Su questa nave chiamata musica" 2000 Su questa nave chiamata musica 1º aprile, Torino, Teatro Colosseo 3 aprile, Napoli, Teatro Augusteo 7 aprile, Firenze, Teatro Verdi 10 aprile, Vercelli, Teatro Civico 12 aprile, Piacenza, Teatro Politeama 15 aprile, Venezia, Palafenice 17 aprile, , Lugano, Palacongressi 19 aprile, Bologna, Teatro Europauditorium 26 aprile, Reggio nell'Emilia, Teatro Municipale Romolo Valli 28 aprile, Livorno, Teatro La Gran Guardia 2 maggio, Udine, Teatro Nuovo Giovanni da Udine 4 maggio, Bergamo, Teatro Gaetano Donizetti 6 maggio, Brescia, Teatro Tenda 8 maggio, Mantova, Teatro Ariston 16 maggio, Sulmona, Teatro Comunale Maria Caniglia , Montecarlo, Sporting club/Salle des Etoile 22 luglio, Bisceglie, Sporting Club 24 luglio, Brindisi, Stadio Comunale 27 luglio, Lucera, Castello Svevo 8 agosto, Sora, Piazza 11 agosto, Ischia-Lacco Ameno, Negombo Dancing 13 agosto, Scerni, Stadio Giovanni di Vittorio 15 agosto, Giulianova, Parco Chico Mendes 17 agosto, Scalea 19 agosto, Lamezia Terme, Stadio Guido D'Ippolito 23 agosto, Celano, Piazza 29 settembre, Senigallia, Piazza Garibaldi 6 ottobre, Roma, Ippodromo Tor di Valle 11 novembre, Cagliari 17 novembre, Torino, Parcheggio Caio Mario 2 dicembre, Palermo, Porto 9 dicembre, Modena 23 dicembre, Napoli 2001 13 gennaio, Verona, Piazzale Atleti Azzurri d'Italia 20 gennaio, Milano 3 febbraio, Roma, Piazza Conca d'Oro 24 maggio, , Asmara, Concerto per il decennale dell'indipendenza dell'Eritrea 24 giugno, Roma, Circo Massimo, concerto gratuito 28 giugno, , Malta, Stadio di Ta' Qali, nell'ambito dell'Heineken Jammin' Festival 2001 One man band... or not? 9 luglio, Firenze, Piazzale Michelangelo 19 luglio, Santa Maria Capua Vetere, Istituto Angiulli 24 luglio, Lignano Sabbiadoro, Arena Alpe Adria 27 luglio, Massa Marittima, Piazza del Duomo 29 luglio, Ventimiglia, Piazza della Libertà 1º agosto, Alassio, Parco S.Rocco/Auditorium Enrico Simonetti 4 agosto, Otranto, Fossato del Castello 6 agosto, Villapiana, Anfiteatro 9 agosto, Rimini, Piazza Cavour 12 agosto, Barletta, Castello Svevo 15 agosto, Viareggio, Festival Puccini, Teatro all'aperto 17 agosto, Pescara, Teatro D'Annunzio 19 agosto, Termoli, Piazza S.Antonio 21 agosto, Cerveteri, Parco della Legnara 23 agosto, Anagni, Piazza Cavour 25 agosto, Marina Di Leporano, Canneto Beach 28 agosto, Siracusa, Anfiteatro Romano 30 agosto, Agrigento, Teatro Valle dei Templi 1º settembre, Catania, Villa Bellini 3 settembre, Selinunte, Parco Archeologico 5 settembre, Palermo, Teatro di Verdura 7 settembre, Paestum, Valle dei Templi 9 settembre, Modena, Festa de l'Unità/Arena Spettacoli 13 settembre, Milano, Festa de l'Unità/Palavobis 18 settembre, Bari, Stadio della Vittoria 20 settembre, Genova, Festa de l'Unità/Palasport 22 settembre, Alba, Piazza S.Paolo 24 settembre, Isola di Lampedusa, Lungomare 28 settembre, , Bellinzona, Palabasket 2 ottobre, Priolo Gargallo, Piazzale del Municipio 5 ottobre, Biancavilla, Piazza Roma 7 ottobre, Palermo, Teatro di Verdura 14 ottobre, Palermo, Teatro di Verdura 25 novembre, Bologna, Teatro Europauditorium 27 novembre, Torino, Teatro Colosseo 29 novembre, Prato, Teatro Politeama Pratese 9 dicembre, Lecce, Teatro Politeama Greco 12 dicembre, Ravenna, Pala De Andrè 14 dicembre, Sulmona, Teatro Comunale Maria Caniglia 16 dicembre, Trieste, Teatro Politeama Rossetti 18 dicembre, Carrara, Teatro Verdi 20 dicembre, Arezzo, Centro Affari e Convegni 2002 One man band... or not? forever 4 gennaio, Cosenza, Teatro Comunale Alfonso Rendano 22 gennaio, La Spezia, Teatro Tenda 24 gennaio, Ascoli Piceno, Teatro Ventidio Basso 26 gennaio, Ascoli Piceno, Teatro Ventidio Basso 31 gennaio, Martina Franca, Teatro Nuovo 2 febbraio, Montecatini Terme, Nuovo Teatro Verdi 7 febbraio, Piacenza, Teatro Politeama 14 febbraio, Livorno, Teatro La Gran Guardia 22 febbraio, Legnano, Teatro Galleria 24 febbraio, Alassio, Palasport 28 febbraio, Jesi, Teatro Comunale Giovan Battista Pergolesi 2 marzo, Orvieto, Teatro Luigi Mancinelli 13 aprile, , Atlantic City, Trump Taj Mahal 14 aprile, , Toronto, Massey Hall 9 giugno, , Sendai, Casa Azzurra 2 luglio, Vigevano, Castello Sforzesco 4 luglio, Sesto Fiorentino, Parco Villa Solaria 6 luglio, Gubbio, Piazza Grande 13 luglio, Pescara, Arena Gaslini 19 luglio, Treviso, Piazza Burchiellati 20 luglio, Asti, Piazza della Cattedrale 27 luglio, Zoagli, Piazza XXVII Dicembre 29 luglio, Paternò, Rocca Normanna 31 luglio, Noto, Stadio Comunale 2 agosto, Brolo, Campo Sportivo 4 agosto, Orbetello, Parco Della Crociere 6 agosto, Pesaro, Piazza Roma 12 ottobre, Eboli, PalaSele 19 ottobre, Varese, Palaignis 24 ottobre, Parma, Palaraschi 26 ottobre, Porto Sant'Elpidio, Piazzale ex Stadio Serafini 28 dicembre, Potenza, Palatenda, il ricavato della serata è andato ai terremotati del Molise 2003 One man band... or not? forever 1º gennaio, Vibo Valentia, Piazza S. Leoluca, Concerto Gratuito 4 gennaio, Barcellona Pozzo di Gotto, Pala Alberti 18 febbraio, Bergamo, Teatro Gaetano Donizetti 25 febbraio, Gallipoli, Teatro Italia 27 febbraio, Sassari, Palasport 1º marzo, Rieti, Palaloniano 27 marzo, Cesena, Nuovo Teatro Carisport 29 marzo, Savigliano, Teatro Tenda 2 aprile, , Lugano, Palazzo Dei Congressi 21 giugno, , Vienna, Danube Island Festival 13 luglio, Ascoli Piceno, Centro Commerciale Stella 2 agosto, Ladispoli, Arena Spettacoli 4 agosto, Bacoli, Stadio Tony Chiovato 6 agosto, Otranto, Fossato Del Castello 8 agosto, Vieste, Piazzetta Hotel Pizzomunno 10 agosto, San Lucido, Stadio Comunale Provenzano 12 agosto, Cittanova, Stadio Comunale 17 agosto, Sciacca, Stadio Luigi Riccardo Gurrera 19 agosto, Catania, Villa Bellini 21 agosto, Cefalù, Teatro Arena Dafne 23 agosto, Terracina, Area Del Molo 25 agosto, Catanzaro, Arena Magna Grecia 27 agosto, Trenta, Campo Sportivo 30 agosto, Marina Di Pietrasanta, Teatro La Versiliana 3 settembre, Gela, Stadio Vincenzo Presti 5 settembre, Viterbo, Prato Giardino 9 settembre, Chianciano Terme, Parco Fucoli 12 settembre, Pagani, Arena Pignataro 14 settembre, Solopaca, Campo Sportivo 29 settembre, Palermo, Circolo Del Tennis 21 novembre, Padova, Teatro Giuseppe Verdi 11 dicembre, Milano, Magazzini Generali 13 dicembre, Pianello Di Genga, Stabilimento Merloni Termosanitari 31 dicembre, Salerno, Piazza Giovanni Amendola 2003 One man band... or not? forever tour/ Che fantastica storia è la vita 7 febbraio, Saint-Vincent, Sala gran paradiso grand'hotel billia 24 febbraio, Venezia, ca'noghera venice casino 1º maggio, Porto d'Ascoli, Campo sportivo sabatino d'angelo 9 maggio, Manfredonia, Piazzale S.Giuseppe 2004 Che fantastica storia è la vita 5 giugno, Codrongianos, Piazza della cattedrale SS.Trinità di Saccargia 19 giugno, Senise, Stadio Giabattista Rossi 2004 Campus Live Tour 7 dicembre, Torino, Mazda Palace 9 dicembre, Genova, Mazda Palace 11 dicembre, Milano, Mazda Palace Formazione Amedeo Bianchi: sax, sax clarino Alessandro Centofanti: organo Hammond, tastiere Marco Rinalduzzi: chitarra classica ed elettrica Giovanni Di Caprio: chitarra elettrica ed acustica Maurizio Perfetto: chitarra classica ed elettrica Fabio Pignatelli: basso Derek Wilson: batteria 2005 Campus Live Tour 8 gennaio, Trieste, Palatrieste 5 febbraio, Ancona, Palarossini 10 febbraio, Andria, Palasport 12 febbraio, Palermo, Palasport 14 febbraio, Acireale, Palasport 25 febbraio, Firenze, Nelson Mandela Forum 12 marzo, Roma, PalaLottomatica 14 marzo, Lanciano, Fiera 18 marzo, Verona, Palasport 21 marzo, Bologna, Paladozza 31 marzo, Cuneo, Palasport 2 aprile, Padova, PalaFabris 9 aprile, Castel Morrone, PalaMaggiò 11 aprile, Taranto, Palamazzola 15 aprile, Livorno, PalaMacchia 17 aprile, Ravenna, Pala De Andrè 25 aprile, Mestre, Parco S.Giuliano 1º maggio, Pescara, Piazza Della Stazione 7 maggio, Capo Rizzuto, Piazza 7 giugno, Cinquevie di Nola, Piazza Vittorio Narni Mancinelli 26 giugno, Grottaminarda, Campo Sportivo 14 luglio, Sirolo, Teatro Alle Cave 16 luglio, Santa Severa, Castello 20 luglio, Foggia, Anfiteatro Del Mediterraneo 23 luglio, Pontinia, Piazza Indipendenza 26 luglio, Massa, Piazza Aranci 28 luglio, Parma, Piazzale Della Pilotta 30 luglio, Cagliari, Piazza Dei Centomila, nell'ambito di Tim Tour Venditti esegue alcuni brani 31 luglio, Trapani, Stadio Polisportivo Provinciale 2 agosto, Vittoria, Gran Teatro Fiera Emaia 4 agosto, Manduria, Stadio Nino Dimitri 6 agosto, Giulianova, Stadio Rubens Fadini 8 agosto, Casamicciola Terme, Piazza Delle Terme 10 agosto, Trani, Piazza Duomo 12 agosto, Montepaone Lido, Spiaggia "Via Del Mare", Tour Arancio 15 agosto, Pontecorvo, Piazza De Gasperi 17 agosto, Ostuni, Stadio Comunale 20 agosto, Lecce, Piazza Sant'Oronzo, nell'ambito di Tim Tour Venditti esegue alcuni brani 25 agosto, Spello, Villa Fidelia/Prato Della Magnolia 27 agosto, Viareggio, Festival Puccini, Teatro all'aperto 29 agosto, Palinuro, Porto 31 agosto, Lauro, Piazza Municipio 2 settembre, Palermo, Teatro di Verdura 5 settembre, Viggiano, Piazza Giovanni Xxii 8 settembre, Milano Mazda Palace 10 settembre, Gallipoli, Area Portuale 13 settembre, Carini, Piazza Duomo 15 settembre, Modena, Festa de l'Unità/Arena sul Lago 17 settembre, Genova, Festa de l'Unità/Padiglione C Fiera di Genova 22 settembre, , Nova Gorica, Hit Casinò Perla (Extra Tour) 23 ottobre, , Rama (Ontario), Orillia Casinò Rama 9 novembre, Firenze, Saschall 14 novembre, Este, Palaeste 16 novembre, Pavia, Palaravizza 18 novembre, Napoli, Palapartenope 25 novembre, Messina, Piazza Duomo 10 dicembre, Rieti, PalaSojourner Formazione Marco Rinalduzzi: chitarra classica ed elettrica Amedeo Bianchi: sax, sax clarino Alessandro Centofanti: organo Hammond, tastiere Giovanni Di Caprio: chitarra elettrica ed acustica Maurizio Perfetto: chitarra classica ed elettrica Fabio Pignatelli: basso Derek Wilson: batteria 2006 15 marzo, Torino, Medals Plaza, in occasione delle Paralimpiadi invernali Torino 2006 29 aprile, Avellino, Teatro Carlo Gesualdo, concerto di beneficenza 8 maggio, Bologna, Europa Auditorium Mario Cagli, concerto di beneficenza 11 maggio, Melilli, Piazza S.Sebastiano 9 giugno, Salerno, Piazza Mazzini 16 giugno, Oppido Lucano, Piazza Salvo D'Acquisto 18 giugno, Campobasso, Piazza Prefettura 7 luglio, Sanremo, Roof Garden Casinò 14 luglio, Varallo Sesia, Piazza Vittorio Emanuele 16 luglio, Colubro-Artena 19 agosto, Palestrina, Piazza Italia 24 agosto, Oliena, Campo Sportivo 3 settembre, Palagonia, Stadio Comunale 5 settembre, Campofelice di Roccella, Piazza 10 settembre, Scala, Piazza del Duomo 16 settembre, Casal Velino, Piazza Marconi 18 settembre, Mirabella Eclano, Piazza XXIV Maggio 30 settembre, Napoli, Mostra D'oltremare, durante la Notte Bianca di Napoli 31 dicembre, Corato, Piazza Cesare Battisti 2007 1º maggio, Raffadali, Piazza Progresso 19 maggio, Canepina, Piazza Primo Maggio 28 luglio, Mazara del Vallo, Piazzale Quinci 4 agosto, Monte San Giovanni Campano, località La Lucca 16 agosto, Cisterna di Latina, Piazza XIX Marzo 19 agosto, Reggio Calabria, Piazza Indipendenza Lungomare 3 settembre, Portici, Reggia 8 settembre, Sala Consilina, Campo Sportivo "O. Rossi" 23 settembre, Chieti, Scalo Piazzale del Campus Universitario G. D'Annunzio 2008 Dalla pelle al cuore Tour 8 marzo, Padova, Pala Net 9 marzo, Padova, Pala Net 13 marzo, Conversano, Pala San Giacomo 15 marzo, Palermo, Palazzetto dello sport 20 marzo, Bologna, Palamalaguti 27 marzo, Milano, Mediolanum Forum 29 marzo, Torino, Mazda Palace 4-5 aprile, Roma, PalaLottomatica 10 aprile, Mantova, Pala Bam 12 aprile, Firenze, Nelson Mandela Forum 17 aprile, Genova, Vaillant Palace 19 aprile, Pescara, Pala Giovanni Paolo II 2 agosto, Barletta, Fossato del Castello 4 agosto, Grosseto, Stadio del Baseball 6 agosto, Sabaudia, Teatro del Mare 10 agosto, Marsala, Piazza della Vittoria 12 agosto, Lecce, Stadio Via del Mare 21 agosto, Cagliari, Anfiteatro Romano 23 agosto, Alghero, Anfiteatro Maria Pia 30 agosto, Taormina, Teatro Antico 4 settembre, Napoli, Arena Flegrea 15 novembre, Ancona, Pala Rossini 18 novembre, Roma, Palalottomatica 22 novembre, Conegliano, Palasport 29 novembre, Torino, Pala Olimpico Isozaki 11 dicembre, Perugia, Pala Evangelisti 13 dicembre, Livorno, Pala Algida 18 dicembre, Forlì, Pala Fiera 20 dicembre, Milano, Mediolanum Forum Regali Di Natale 25 dicembre, Roma, Auditorium Parco Della Musica, Sala Santa Cecilia 27 dicembre, Roma, Auditorium Parco Della Musica, Sala Santa Cecilia 29 dicembre, Roma, Auditorium Parco Della Musica, Sala Santa Cecilia 31 dicembre, Roma, Auditorium Parco Della Musica, Sala Santa Cecilia Unica Tour 2012 8-9 marzo, Roma, PalaLottomatica 17 marzo, Acireale, Palasport 24 marzo, Conegliano, Spes Arena 27 marzo, Milano, Mediolanum Forum 31 marzo, Ancona, Pala Rossini 14 aprile, Bologna, PalaDozza 19 aprile, Genova, 105 Stadium 21 aprile, Torino, PalaOlimpico 23 aprile, Firenze, Nelson Mandela Forum 26 aprile, Bari, Palaflorio 28 aprile, Napoli, Palapartenope 5 maggio, Roma, PalaLottomatica 24 maggio, Perugia, PalaEvangelisti 9 luglio, Verona, Arena di Verona Musicisti Derek Wilson - batteria Alessandro Canini - batteria, percussioni e chitarra Fabio Pignatelli - basso elettrico Alessandro Centofanti - pianoforte, organo e tastiere Danilo Cherni - tastiere Toti Panzanelli - chitarra elettrica Maurizio Perfetto - chitarre Amedeo Bianchi - sax Sandy Chambers e Julia St. Louis - cori Unica Tour 2013 16 luglio, Piombino, Piazza Bovio 25 luglio, Sarzana, Piazza Matteotti 1º agosto, Cassino, Archi Village 4 agosto, Chieti, Piazza San Giustino 13 agosto, Nettuno, Stadio del baseball 17 agosto, Castel di Sangro, Stadio Teofilo Patini 26 agosto, Taormina, Teatro Antico 28 agosto, Agrigento, Valle dei Templi 1º settembre, , La Valletta, Stadio di Ta' Qali 6 ottobre, Rimini, 105 Stadium 13 ottobre, Padova, Gran Teatro Geox 5 novembre, , Basilea, Avo Session 21 dicembre, Caltanissetta, Palazzo Dello Sport Musicisti Derek Wilson - batteria Alessandro Canini - batteria, percussioni e chitarra Fabio Pignatelli - basso elettrico Alessandro Centofanti - pianoforte, organo e tastiere Danilo Cherni - tastiere Toti Panzanelli - chitarra elettrica Maurizio Perfetto - chitarre Amedeo Bianchi - sax Sandy Chambers e Julia St. Louis - cori 70-80...Ritorno al futuro 3 febbraio, Bologna, Teatro Europauditorium 5 febbraio, Bergamo, Teatro Creberg 11 febbraio, Trieste, Teatro Rossetti 15 febbraio, Cesena, Nuovo Teatro Carisport 24 febbraio, Milano, Teatro Degli Arcimboldi 28 febbraio, Cremona, Teatro Ponchielli 3 marzo, Firenze, Teatro Verdi 11 marzo, Napoli, Teatro Augusteo 15 marzo, Catania, Teatro Metropolitan 19 marzo, Genova, Teatro Carlo Felice 22 marzo, Campione d'Italia, Salone delle Feste del Casinò 28 marzo, Padova, Gran Teatro Geox 30 marzo, Montecatini Terme, Teatro Verdi 9 aprile, Torino, Auditorium del Lingotto 15 aprile, Milano, Teatro Degli Arcimboldi 17 aprile, Mantova, Granteatro 11 luglio, Siena, Piazza del Campo GRATUITO Musicisti Alessandro Canini - batteria, chitarra, basso, ritmica Alessandro Centofanti - pianoforte, organo, tastiere Danilo Cherni - tastiere Amedeo Bianchi - sax La Festa 8-9 marzo, Roma, Palalottomatica Musicisti (Gruppo 1, contrassegnato in scaletta con *) Alessandro Canini - batteria, chitarra, basso, ritmica Alessandro Centofanti - pianoforte, organo, tastiere Danilo Cherni - tastiere Amedeo Bianchi - sax (Gruppo 2, contrassegnato in scaletta con °) Stradaperta, formati da: Renato Bartolini - chitarra acustica, chitarra elettrica, mandolino Rodolfo Lamorgese - chitarra acustica, armonica Claudio Prosperini - chitarra elettrica Marco Vannozzi - basso (Gruppo 3, contrassegnato in scaletta con ^) Mario Schilirò - chitarra elettrica Benedetto "Toti" Panzanelli - chitarra elettrica Derek Wilson - batteria Fabio Pignatelli - basso Maurizio Perfetto - chitarra acustica, chitarra elettrica Carlo Verdone - batteria Scaletta In occasione di queste due tappe speciali del tour "70.80 Ritorno Al Futuro", la scaletta non è la stessa del tour. (I brani senza i simboli *, °, ^ sono stati eseguiti da Antonello Venditti da solo al pianoforte) 1. Sotto il segno dei pesci*° 2. Bomba o non bomba*° 3. Sara*° 4. Giulia*° 5. Le tue mani su di me* 6. Modena*° 7. Dimmelo tu cos'è* 8. Grazie Roma 9. Roma capoccia 10. Ci vorrebbe un amico 11. Notte prima degli esami*^ 12. Lilly* 13. Piero e Cinzia*^ 14. Che fantastica storia è la vita*^ 15. Il compleanno di Cristina*^ 16. Dalla pelle al cuore*^ 17. Indimenticabile*^ 18. Unica*^ 19. Settembre* 20. Amici mai*^ 21. Alta marea*^ 22. Benvenuti in paradiso*^ 23. In questo mondo di ladri*^ (con Carlo Verdone) 24. Ricordati di me*^ 25. Le cose della vita Tortuga Il Tour 5 settembre, Roma, Stadio Olimpico 17 settembre, Taormina, Teatro Antico 19 settembre, Palermo, Teatro di Verdura 21 novembre, Padova, Arena Spettacoli Padova Fiere pad.7 25 novembre, Casalecchio di Reno, Unipol Arena 28 novembre, Torino, Pala Alpitour (ex Palaolimpico) 1º dicembre, Assago, Mediolanum Forum 3 dicembre, Pescara, Palasport Giovanni Paolo II 5 dicembre, Firenze, Nelson Mandela Forum 8 dicembre, Napoli, Teatro PalaPartenope 10 dicembre, Taranto, PalaMazzola 12 dicembre, Andria, Palasport 19 dicembre, Ancona, Palarossini 7 maggio, Acireale, Palasport 10 maggio, Bari, Teatro Team 12 maggio, Cesena, Carisport 14 maggio, Montichiari, Pala George 20 maggio, Milano, Teatro degli Arcimboldi 22 maggio, Livorno, Modigliani Forum 24 maggio, Genova, Teatro Carlo Felice Musicisti Alessandro Canini - batteria, percussioni, chitarre Derek Wilson - batteria Amedeo Bianchi - sax Fabio Pignatelli - basso Maurizio Perfetto - chitarre Toti Panzanelli - chitarre Danilo Cherni - tastiere, hammond Angelo Abate - pianoforte, hammond Fabiana Sirigu - violino Marzia Foglietta - cori Laura Ugolini - cori Laura Marafioti - cori Gianni Savelli - sax Mario Corvini - trombone Claudio Corvini - tromba Al concerto del 5 settembre 2015 allo Stadio Olimpico di Roma ha partecipato a 5 brani il gruppo storico Stradaperta, formato da: Rodolfo Lamorgese - chitarra acustica, armonica Renato Bartolini - chitarre, mandolino Claudio Prosperini - chitarra elettrica Marco Vannozzi - basso Tortuga In Paradiso 15 luglio, Roma, Auditorium Parco Della Musica, Cavea Il concerto del 15 luglio 2016 è conseguenza del rinvio delle date previste il 27 e 28 dicembre 2015 alla Sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco Della Musica di Roma in occasione di un tour denominato "Tortuga Natale In Paradiso". 8 ottobre, Milano, Open Air Theatre - ex area Expo (concerto gratuito).
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https://it.wikipedia.org/wiki/Corte%20d%27appello%20dell%27Aquila
Corte d'appello dell'Aquila
Il distretto della Corte d'appello dell'Aquila è formato dai circondari dei Tribunali ordinari di Avezzano, Chieti, Lanciano, L'Aquila, Pescara, Sulmona, Teramo e Vasto. Costituisce l'unica Corte d'appello nel territorio della regione Abruzzo. Competenza territoriale civile e penale degli uffici del distretto La soppressione dei Tribunali di Avezzano, Lanciano, Sulmona e Vasto e delle sezioni distaccate di Ortona e Atessa è stata differita per i danni alle strutture giudiziarie determinati dal terremoto dell'Aquila del 2009. La competenza vale per tutto il territorio regionale, escluso il comune di Valle Castellana in Provincia di Teramo, sito sotto la giurisdizione del Tribunale di Ascoli Piceno e Corte d'appello di Ancona. Tribunale dell'Aquila Giudice di pace dell'Aquila Barete, Barisciano, Cagnano Amiterno, Calascio, Campotosto, Capestrano, Capitignano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel del Monte, Castelvecchio Calvisio, Collepietro, Fagnano Alto, Fontecchio, Fossa, L'Aquila, Lucoli, Montereale, Navelli, Ocre, Ofena, Pizzoli, Poggio Picenze, Prata d'Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San Benedetto in Perillis, San Demetrio ne' Vestini, San Pio delle Camere, Sant'Eusanio Forconese, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi, Tornimparte, Villa Santa Lucia degli Abruzzi, Villa Sant'Angelo Tribunale di Avezzano Giudice di pace di Avezzano Aielli, Avezzano, Balsorano, Canistro, Capistrello, Cappadocia, Carsoli, Castellafiume, Celano, Cerchio, Civita d'Antino, Civitella Roveto, Magliano de' Marsi, Massa d'Albe, Morino, Oricola, Ovindoli, Pereto, Rocca di Botte, San Vincenzo Valle Roveto, Sante Marie, Scurcola Marsicana, Tagliacozzo Giudice di pace di Pescina Bisegna, Cocullo, Collarmele, Collelongo, Gioia dei Marsi, Lecce nei Marsi, Luco dei Marsi, Ortona dei Marsi, Ortucchio, Pescina, San Benedetto dei Marsi, Trasacco, Villavallelonga Tribunale di Chieti Tribunale, sede centrale: Ari, Arielli, Bucchianico, Canosa Sannita, Carpineto Sinello, Carunchio, Casacanditella, Casalbordino, Casalincontrada, Chieti, Civitella Messer Raimondo, Crecchio, Fara Filiorum Petri, Fara San Martino, Filetto, Francavilla al Mare, Furci, Gissi, Giuliano Teatino, Guardiagrele, Guilmi, Lama dei Peligni, Lettopalena, Liscia, Miglianico, Orsogna, Ortona, Palena, Pennapiedimonte, Poggiofiorito, Pollutri, Pretoro, Rapino, Ripa Teatina, Roccamontepiano, Roccaspinalveti, San Buono, San Giovanni Teatino, San Martino sulla Marrucina, Scerni, Taranta Peligna, Tollo, Torino di Sangro, Torrevecchia Teatina, Vacri, Villalfonsina, Villamagna Tribunale, sezione distaccata di Ortona: Ari, Arielli, Canosa Sannita, Crecchio, Filetto, Francavilla al Mare, Giuliano Teatino, Orsogna, Ortona, Poggiofiorito, Tollo, Vacri Giudice di pace di Chieti Ari, Bucchianico, Canosa Sannita, Casalincontrada, Chieti, Civitella Messer Raimondo, Fara Filiorum Petri, Fara San Martino, Francavilla al Mare, Giuliano Teatino, Lama dei Peligni, Lettopalena, Miglianico, Palena, Ripa Teatina, Roccamontepiano, San Giovanni Teatino, Taranta Peligna, Torrevecchia Teatina, Vacri, Villamagna Giudice di pace di Gissi Carpineto Sinello, Carunchio, Furci, Gissi, Guilmi, Liscia, Roccaspinalveti, San Buono Giudice di pace di Guardiagrele Casacanditella, Filetto, Guardiagrele, Orsogna, Pennapiedimonte, Pretoro, Rapino, San Martino sulla Marrucina [Giudice di pace di Ortona] Arielli, Crecchio, Ortona, Poggiofiorito, Tollo Tribunale di Lanciano Tribunale, sede centrale: Altino, Casoli, Castel Frentano, Fossacesia, Frisa, Lanciano, Mozzagrogna, Palombaro, Rocca San Giovanni, Roccascalegna, San Vito Chietino, Santa Maria Imbaro, Sant'Eusanio del Sangro, Treglio Tribunale, sez. dist. di Atessa: Archi, Atessa, Bomba, Borrello, Casalanguida, Civitaluparella, Colledimacine, Colledimezzo, Fallo, Gamberale, Gessopalena, Montazzoli, Montebello sul Sangro, Monteferrante, Montelapiano, Montenerodomo, Paglieta, Pennadomo, Perano, Pietraferrazzana, Pizzoferrato, Quadri, Roio del Sangro, Rosello, Tornareccio, Torricella Peligna, Villa Santa Maria Giudice di pace di Lanciano Altino, Archi, Atessa, Bomba, Borrello, Casalanguida, Casoli, Castel Frentano, Civitaluparella, Colledimacine, Colledimezzo, Fallo, Fossacesia, Frisa, Gamberale, Gessopalena, Lanciano, Montazzoli, Montebello sul Sangro, Monteferrante, Montelapiano, Montenerodomo, Mozzagrogna, Paglieta, Palombaro, Pennadomo, Perano, Pietraferrazzana, Pizzoferrato, Quadri, Rocca San Giovanni, Roccascalegna, Roio del Sangro, Rosello, San Vito Chietino, Santa Maria Imbaro, Sant'Eusanio del Sangro, Tornareccio, Torricella Peligna, Treglio, Villa Santa Maria Tribunale di Pescara Giudice di pace di Penne Collecorvino, Farindola, Loreto Aprutino, Montebello di Bertona, Penne, Picciano, Villa Celiera Giudice di pace di Pescara Abbateggio, Alanno, Bolognano, Brittoli, Bussi sul Tirino, Cappelle sul Tavo, Caramanico Terme, Carpineto della Nora, Castiglione a Casauria, Catignano, Cepagatti, Città Sant'Angelo, Civitaquana, Civitella Casanova, Corvara, Cugnoli, Elice, Lettomanoppello, Manoppello, Montesilvano, Moscufo, Nocciano, Pescara, Pescosansonesco, Pianella, Pietranico, Popoli, Roccamorice, Rosciano, Salle, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Sant'Eufemia a Maiella, Scafa, Serramonacesca, Spoltore, Tocco da Casauria, Torre de' Passeri, Turrivalignani, Vicoli Tribunale di Teramo Giudice di pace di Atri Arsita, Atri, Basciano, Bisenti, Castel Castagna, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti, Cellino Attanasio, Cermignano, Montefino, Penna Sant'Andrea, Pineto, Silvi Giudice di pace di Teramo Alba Adriatica, Ancarano, Bellante, Campli, Canzano, Castellalto, Castelli, Civitella del Tronto, Colledara, Colonnella, Controguerra, Corropoli, Cortino, Crognaleto, Fano Adriano, Giulianova, Isola del Gran Sasso d'Italia, Martinsicuro, Montorio al Vomano, Morro d'Oro, Mosciano Sant'Angelo, Nereto, Notaresco, Pietracamela, Rocca Santa Maria, Roseto degli Abruzzi, Sant'Egidio alla Vibrata, Sant'Omero, Teramo, Torano Nuovo, Torricella Sicura, Tortoreto, Tossicia Tribunale di Vasto Giudice di pace di Casalbordino Casalbordino, Pollutri, Scerni, Torino di Sangro, Villalfonsina Giudice di pace di Vasto Castelguidone, Castiglione Messer Marino, Celenza sul Trigno, Cupello, Dogliola, Fraine, Fresagrandinaria, Lentella, Monteodorisio, Palmoli, San Giovanni Lipioni, San Salvo, Schiavi di Abruzzo, Torrebruna, Tufillo, Vasto Tribunale di Sulmona Giudice di pace di Castel di Sangro Alfedena, Ateleta, Barrea, Castel di Sangro, Civitella Alfedena, Opi, Pescasseroli, Pescocostanzo, Rivisondoli, Roccaraso, Scontrone, Villetta Barrea Giudice di pace di Sulmona Acciano, Anversa degli Abruzzi, Bugnara, Campo di Giove, Cansano, Castel di Ieri, Castelvecchio Subequo, Corfinio, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, Introdacqua, Molina Aterno, Pacentro, Pettorano sul Gizio, Pratola Peligna, Prezza, Raiano, Rocca Pia, Roccacasale, Scanno, Secinaro, Sulmona, Villalago, Vittorito Altri organi giurisdizionali competenti per i comuni del distretto Sezioni specializzate Corti d’assise di Chieti, L'Aquila e Teramo Corte d'assise d'appello dell'Aquila Sezioni specializzate in materia di impresa presso il Tribunale e la Corte d'appello dell'Aquila Tribunale regionale delle acque pubbliche di Roma Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea presso il Tribunale dell'Aquila Giustizia minorile Tribunale per i minorenni dell'Aquila Corte d'appello dell'Aquila, sezione per i minorenni Sorveglianza Ufficio di sorveglianza: L'Aquila e Pescara Tribunale di sorveglianza dell'Aquila Giustizia tributaria Commissione tributaria provinciale (CTP): Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo Commissione tributaria regionale (CTR) Abruzzo: sede dell'Aquila e sezione staccata di Pescara Giustizia militare Tribunale militare di Roma Corte d’appello militare di Roma Giustizia contabile Corte dei Conti: Sezione Giurisdizionale, Sezione regionale di controllo, Procura regionale presso la sezione giurisdizionale (L'Aquila) Giustizia amministrativa Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo (L'Aquila) e Sezione staccata di Pescara Usi civici Commissariato per la liquidazione degli usi civici degli Abruzzi, con sede all'Aquila
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https://it.wikipedia.org/wiki/Serie%20A%202016-2017%20%28calcio%20a%205%29
Serie A 2016-2017 (calcio a 5)
Il campionato di Serie A 2016-2017 è stato il ventottesimo campionato di Serie A e la trentaquattresima manifestazione nazionale che assegna il titolo di campione d'Italia. La stagione è iniziata il 7 ottobre 2016 e si è conclusa il 22 aprile 2017. A parità di punteggio fra due o più squadre, la graduatoria finale è determinata in base alla classifica avulsa (stesso parametro valevole anche al termine del girone d'andata, per definire le otto formazioni qualificate alla Coppa Italia). I criteri imposti sono: punti ottenuti negli scontri diretti, differenza reti negli scontri diretti, differenza reti generale, reti realizzate in generale, sorteggio. Rimasta immutata la formula dei play-off (le prime otto classificate accedono direttamente agli spareggi-scudetto) è invece variato il numero di retrocessioni: scenderà in Serie A2 la perdente delle gare di play-out tra la dodicesima e l'undicesima classificata. Qualora tra queste vi siano 11 o più punti di differenza, i play-out non avranno luogo e retrocederà direttamente la dodicesima classificata. La società campione d'Italia otterrà il diritto di partecipare alla Coppa UEFA 2017-18. Anche per questa stagione il pallone ufficiale del campionato è il Bola Futsal fornito da AGLA, sponsor tecnico della Divisione Calcio a 5. Nelle gare del campionato di Serie A, comprese le gare dei play-off e play-out, è fatto obbligo alle società di impiegare almeno cinque calciatori formati in Italia cioè tesserati per la FIGC prima del compimento del diciottesimo anno di età. Nelle stesse gare è inoltre fatto obbligo di impiegare almeno quattro calciatori che siano cittadini italiani di cui almeno uno nato dal 1 gennaio 1994. Stagione Il Consiglio Direttivo della Divisione Calcio a cinque, preso atto della iscrizione di 11 società aventi diritto, della non ammissione di Asti e Montesilvano e della rinuncia alla partecipazione del Corigliano, ha provveduto al ripescaggio della società Lazio e definito l’organico per la stagione sportiva 2016-2017 in 12 società. Squadre partecipanti Allenatori e primatisti Stagione regolare Classifica Verdetti Luparense campione d'Italia 2016-2017. Luparense e Pescara qualificate alla Coppa UEFA 2017-18. Isola retrocesso dopo i play-out in Serie A2 2017-18. Cogianco non iscritta al campionato successivo. Calendario e risultati Statistiche Classifica marcatori Capoliste solitarie Dalla 3ª alla 10ª giornata: Pescara Dalla 10ª alla 11ª giornata: Napoli Dalla 11ª alla 22ª giornata: Pescara Record Statistiche aggiornate al 2 aprile 2017 Maggior numero di vittorie: Pescara (16) Minor numero di vittorie: Isola (3) Maggior numero di pareggi: Kaos (8) Minor numero di pareggi: Lazio, Real Rieti (1) Maggior numero di sconfitte: Isola, Lazio (15) Minor numero di sconfitte: Pescara (2) Miglior attacco: Luparense (98) Peggior attacco: Lazio (48) Miglior difesa: Pescara (58) Peggior difesa: Isola (92) Miglior differenza reti: Pescara (+35) Peggior differenza reti: Lazio (-43) Miglior serie positiva: A&S (14) Maggior numero di vittorie consecutive: A&S, Napoli (8) Maggior numero di sconfitte consecutive: Dosson (8) Partita con maggiore scarto di gol: 6 partite (6) Partita con più reti: Napoli-A&S 7-6 (13) Maggior numero di reti in una giornata: 10ª (62) Minor numero di reti in una giornata: 1ª, 8ª (35) Play-off Regolamento Gli incontri dei quarti di finale e delle semifinali sono a eliminazione diretta con gare di andata e ritorno. Gli incontri di ritorno saranno effettuati in casa delle squadre meglio classificate al termine della "stagione regolare". Al termine degli incontri saranno dichiarate vincenti le squadre, che nelle due partite di andata e di ritorno, avranno ottenuto il maggior punteggio. In caso di parità di punti tra le due squadre al termine delle due gare, indipendentemente dalla differenza reti, si disputerà una terza gara di spareggio da giocarsi sempre sul campo della migliore classificata al termine della stagione regolare. In caso di parità al termine della terza gara si giocheranno due tempi supplementari di 5 minuti ciascuno. Qualora anche al termine di questi le squadre fossero in parità sarà considerata vincente la squadra in migliore posizione di classifica al termine della "stagione regolare". La finale si disputerà al meglio delle cinque gare secondo l'ordine di seguito evidenziato: 1ª gara in casa della squadra meglio classificata al termine della "stagione regolare"; 2ª e 3ª gara in casa della squadra peggio classificata al termine della “stagione regolare”; 4^ (eventuale) e 5ª gara (eventuale) in casa della squadra meglio classificata al termine della "stagione regolare". Al termine degli incontri saranno dichiarate vincenti le squadre, che avranno ottenuto il maggior punteggio. In caso di parità al termine della prima gara, della seconda gara, della terza gara e della eventuale quarta gara, si procederà direttamente all'effettuazione dei tiri di rigore. In caso di parità al termine della (eventuale) quinta gara si giocheranno due tempi supplementari di 5 minuti ciascuno. Qualora anche al termine di questi le squadre fossero in parità si procederà all'effettuazione dei tiri di rigore. Tabellone Risultati Quarti di finale Gara 1 Gara 2 Gara 3 Semifinali Gara 1 Gara 2 Gara 3 Finale Gara 1 Gara 2 Gara 3 Gara 4 Classifica marcatori play-off Play-out Formula Le squadre che hanno concluso il campionato all'undicesima e alla dodicesima posizione si affronteranno in un doppio spareggio (andata e ritorno, la prima partita verrà giocata in casa dell'ultima classificata) per determinare l'unica squadra a retrocedere in Serie A2. Al termine degli incontri sarà dichiarata vincente la squadra che nelle due partite (di andata e di ritorno) avrà ottenuto il maggior punteggio ovvero a parità di punteggio la squadra che avrà realizzato il maggior numero di reti. Nel caso di parità gli arbitri della gara di ritorno faranno disputare due tempi supplementari di 5 minuti ciascuno. Qualora anche al termine di questi le squadre fossero in parità sarà considerata vincente la squadra in migliore posizione di classifica al termine della stagione regolare. Risultati Andata Ritorno Supercoppa italiana A causa della rinuncia dell'Asti, la diciannovesima edizione della Supercoppa ha opposto i vicecampioni d'Italia del Real Rieti e i detentori della Coppa Italia del Pescara. L'incontro si è disputato sul campo neutro di Teramo. Copertura televisiva Per la prima volta sarà Sportitalia a trasmettere le partite di Serie A in diretta ed in esclusiva, proponendo settimanalmente una gara del venerdì e una del sabato, trasmettendo integralmente o in differita anche la finale della supercoppa. Tutte le partite della fase finale di Winter Cup e della final eight di coppa e campionato saranno trasmesse in diretta su Fox Sports. Questi saranno visibili anche negli USA dopo che ESPN ha acquistato i diritti il 23 gennaio.
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Alfredo Luciani
Biografia Nato da una famiglia benestante, Alfredo Luciani frequenta il Ginnasio a Chieti e poi a Sulmona. Si laurea in Lettere all'Università Federico II di Napoli con una tesi sul marchese Cappelli, umanista abruzzese; suo relatore è il professor Francesco Torraca. Nel 1910 si innamora di una contadina e suo padre lo caccia di casa, ma lui si sposa e, dopo aver girato l'Abruzzo come insegnante di scuola media, stabilisce la sua residenza a Pescara. Conosce Benedetto Croce e Gabriele D'Annunzio, che dimostrano di apprezzare le sue poesie, tanto che il poeta dell'Alcyone scrive all'editore Rocco Carabba di Lanciano per raccomandarne l'opera in versi. Ma con Carabba non si conclude niente, e quando Luciani riesce a pubblicare con l'editore Bonanni di Ortona (CH), il prefatore D'Annunzio si rende irreperibile. La prima raccolta del poeta di Pescosansonesco, intitolata Stelle lucende: canzoniere abruzzese, uscirà nel 1913, con la sola lettera di presentazione di D'Annunzio. La versificazione di Luciani è aderente al più perfetto metro tradizionale, senza alcun artificio retorico; le immagini evocate nei suoi versi sono quelle di un passato paesano, delle delicatezze bucoliche, della carnale innocenza delle sue genti. La sua lingua poetica è un riuscito tentativo di dialetto regionale, una koinè, Luciani preferirà l'idioma della provincia di Chieti, a lui più congeniale. Tale primo tentativo di unificazione dialettale dell'Abruzzo troverà il suo successo col poeta Ottaviano Giannangeli. Nel 1924 la prematura morte del figlio Domenico segnerà profondamente lo spirito di Luciani, operando in lui una vera e propria conversione religiosa. Col tempo sarebbe divenuto, come egli stesso amava definirsi, un giullare cristiano, mettendo in versi la vita del Beato Nunzio Sulprizio e di San Gabriele. Nel 1934 fonda a Pescara, insieme a Luigi Polacchi, la Casa di Poesia, ritrovo di poeti ed artisti da ogni parte d'Italia. Alla cerimonia d'inaugurazione partecipa il celebre Trilussa, e della prima tessera di socio viene insignito Gabriele D'Annunzio. L'opera di Alfredo Luciani giunge alla fama nazionale grazie all'antologia Poeti dialettali del Novecento, curata da Pier Paolo Pasolini (che loda il "sentimento di calore, di offerta" della sua poesia, la quale "resta affidata ai momenti più felici dell'ispirazione") e Mario dell'Arco, edita nel 1952 da Guanda. La sua ultima raccolta di versi, Poesie, edita da Trebi di Pescara, risale al '63. Muore a 81 anni. Nel 1996 il professor Ottaviano Giannangeli realizza un'edizione critica dell'intero corpus poetico di Luciani, dal titolo L'opera in dialetto (L'Aquila, Edizioni Textus), curando anche la traduzione italiana dei versi in vernacolo insieme a Rino Panza e Mario D'Arcangelo. Opere Stelle lucende. Canzoniere abruzzese, Ortona, Vincenzo Bonanni Editore, 1913 Poesie, Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1921 Collane di Sonetti, Firenze, Frontespizio, 1931 A Padre Pio da Pietralcina O.M.C. Tre sonetti abruzzesi, Pescara, Tipografia Alessandro Verrocchio, 1936 La vera storia de Sante Nunzie. Poemetto abruzzese in sette canti, Lanciano, Tipografia Masciangelo, 1936 (2ª edizione, Pescara, Tipografia Donato e Nicola De Arcangelis, 1936; 3ª edizione, Pescara, Casa editr. Nunzio Sulplizio, 1954; 4ª edizione, Pescara, Casa editr. Nunzio Sulplizio, 1964) Poesie: Fronne d'ulive, Roma, Banco dei Poeti, 1947 La vera storia de San Gabbriele. Poemetto in dialetto abruzzese in dieci canti, Teramo, San Gabriele dell'Addolorata, 1952 Gocce di poesia. Liriche, Milano, Edizioni del Cavalluccio, 1962 Poesie, Pescara, Trebi, 1963 Collegamenti esterni Vincenzo Gerace, Poeti contemporanei: Alfredo Luciani, in "Il Mondo", 19 febbraio 1922 Scrittori dialettali italiani Poeti in dialetto abruzzese Studenti dell'Università degli Studi di Napoli Federico II Italianisti italiani
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https://it.wikipedia.org/wiki/Storia%20di%20Sulmona
Storia di Sulmona
La storia di Sulmona copre un vasto arco temporale, dalle origini neolitico-italiche dalla rifondazione dei Peligni, dallo sviluppo nell'epoca romana alla decadenza medievale, dalla rinascita del prestigio grazie a Federico II di Svevia la fece diventare capitale del "Giustizierato d'Abruzzo" al pieno Rinascimento, quando fu nominata "Siena degli Abruzzi", e fino al disastroso terremoto del 1706 e al successivo sviluppo nel secondo '800 fino ad oggi. Prime notizie Non si hanno precise notizie sulla fondazione della città, fatto sta che il poeta Ovidio nel IV libro dei Fasti parla della mitica fondazione della città da parte di Solimo, compagno d'armi di Enea, che costruì la città nel 2810 a.C. circa (ossia poco dopo il 1166 a.C., ipotetica data della distruzione di Troia, e della marcia di Enea verso l'Italia), e su questo è concorde anche lo storico sulmontino Enrico De Matteis. Il mito di Solimo è riportato anche da Silio Italico nei Punica. Tuttavia Solimo è un personaggio mitico, e non ci si può fidare completamente dei racconti di Ovidio e Silio Italico, anche perché la leggenda del fondatore Solimo è presente anche a Lanciano (Chieti), ossia la città di Anxa sarebbe stata fondata 2000 anni prima di Cristo dal compagno di Enea. Le uniche certezze si hanno nel momento in cui gli Italici conquistarono e colonizzarono il Sannio abruzzese, stabilendosi anche nell'area della conca Peligna, dove prima nella Preistoria esisteva un lago, poi prosciugato. Nella vasta piana attorniata dalle montagne, venne fondata la città nel luogo dove oggi sorge l'impianto urbano medievale-barocco, che divenne capitale dei Peligni, e siamo intorno al IV secolo a.C., quando la città è in pieno sviluppo e viene citata anche nelle tarde testimonianze (almeno 2 secoli più tardi) dagli storici romani, tra i quali Tito Livio (I secolo a.C.), in riferimento ai primi scontri con Roma e poi alle grandi battaglie delle guerre sannitiche. Secondo Sesto Pompeo Festo, le origini di Sulmona risalirebbero ai Liburni, i quali per mezzo di Pelico Nipote, conquistando le contrade presso il territorio sotto il Morrone, avrebbero creato il nome di questa zona. Invece secondo i pareri più accettati, Ovidio compreso, gli Italici giunsero nel territorio sulmonese con la discesa dei Sabini che dopo aver sconfitto gli Umbri essendosi consacrati a Marte, iniziarono il pellegrinaggio del "ver sacrum", facendosi guidare da un Toro. Immediatamente la città, attraversata dalla via Corfinium-Aequum Tuticum, divenne un punto strategico lungo il passaggio della vicina via Tiburtina-Valeria che da Aterno (Pescara) portava a Roma passando attraverso la forca di Koukulon (Cocullo) nella Marsica, attraverso i Monti Carseolani, fino a Tivoli. Tale percorso viene citato anche da Strabone. Epoca italica: i Peligni Nella valle Peligna i principali centri erano Sulmona, Corfinium e Superaequum (Castelvecchio Subequo-Castel di Ieri), e Tito Livio parla per la prima volta della città quando vi stazionò Annibale durante la seconda guerra punica, per arrivare a Partenope passando per l'Abruzzo. Immediatamente i Peligni si guadagnarono la nomea di fortissimorum virorum Marsorum, dato che erano in contatto con quest'altra tribù; nel 1449 a.C. dopo la prima guerra contro Roma, divenne confederati della Repubblica, insieme agli altri Italici Nel III secolo a.C. si combatterono le tre guerre sannitiche, ma Sulmona non fu teatro degli scontri. Lo divenne nel 90 a.C., quando la vicina città di Corfinium fu scelta come luogo simbolo della "lega italica", resistenza degli Italici contro Roma; divenne la capitale di un nuovo stato chiamato "Italia" (dal nome osco Viteliù). In quest'anno scoppiò la guerra sociale contro Silla, poiché il senato romano non aveva concesso la cittadinanza agli Italici e agli Etruschi, nonostante questi popoli da anni fossero costretti a pagare dazi e a fornire uomini per l'esercito dell'Urbe. Nell'89 le sorti della guerra andarono a vantaggio dei Romani, ma i tribuni Papirio e Plauzio reputarono che sarebbe stato prudente concedere la cittadinanza, ed i Peligni furono ascritti alla tribù Sergia. Tuttavia in questo momento storico c'è una controversia tra gli storici tardi, come dimostra anche Panfilo Serafini, se Sulmona in questo periodo sarebbe stata distrutta completamente da Silla, poiché nella guerra tra il dittatore e Caio Mario i soldati sulmonesi presero le parti di quest'ultimo. Serafini sostiene che la Sulmona distrutta, di cui parlava anche lo storico romano Floro, non fosse quella abruzzese, ma una città con nome simile posta tra Castro dei Volsci e Velletri. Silla non avrebbe distrutto una città così grande e popolosa, utile per scopi economici. La città inoltre era anche molto fedele a Gneo Pompeo, che combatté nella guerra tra Silla e Mario; ma i capi del partito Luerezio e Azio che governavano la città, impedivano qualsiasi ribellione dei sulmonesi all'esercito pompeiano. Lo stesso Giulio Cesare nel De bello civili ricorda che quando spedì Marco Antonio in città con l'VIII Legione, i sulmonesi aprirono calorosamente le porte, mentre Azio e Leuterio si suicidavano per non finire prigionieri. Dunque in questo periodo molto teso, durante la guerra sociale, alcune città italiche si fecero corrompere dall'oro romano per non essere distrutte e saccheggiate, me così fece anche Sulmona. Al contrario Corfinio fu la roccaforte degli ultimi guerrieri italici che desideravano la libertà, e fu espugnata l'anno seguente e distrutta, con lo sfregio del cambiamento del nome in Pentima, poi Valva, dal nome del contado circostante. Periodo romano Nel I secolo a.C. a Sulmona nacque il famoso poeta Publio Ovidio Nasone, della gens dei Nasoni, che dette notevole fama e prestigio alla città di provincia, tanto che ancora nei secoli successivi e nei giorni nostri, perfino nello stemma civico, si ricorrerà al famoso verso dei Tristia "Sulmo mihi patria est", abbreviato in SMPE. Si tratta di un simbolo d'orgoglio del poeta, accolto anche dalle generazioni successivi di sulmonesi. Di Ovidio non si conserva molto nella città, e non si riesce a definire con precisione la presenza di due edifici del I secolo a.C. presenti in città, ossia una cosiddetta "villa di Ovidio" presso Fonte d'Amore, o la presenza di una casa patrizia, o di un sepolcro, presso la chiesa di Santa Maria della Tomba, il cui nome lascia intendere la fondazione del tempio cristiano sopra una preesistente costruzione. Da qui il problema dei reperti antichi riaffiorati in determinati punti della città: a causa delle varie ricostruzioni, anche per causa dei terremoti, la città di Sulmona dentro le mura conserva poco del patrimonio romano, se non alcuni mosaici pavimentali conservati nel Museo civico della Santissima Annunziata, insieme ad oggetti domestici, utensili vari eccetera. Reperti ritrovati fuori Porta Romana lasciano intendere che la città, riedificata nel I secolo secondo gli schemi romani, si estendesse fuori le mura, e che per mezzo della via Corfinium-Aequum Tuticum che la attraversava, si ricollegasse alla via Tiburtina Valeria in direzione della Marsica o del mare Adriatico. L'antico perimetro urbano del castrum romano è ancora oggi ben visibile, composto di assi ortogonali, a differenza delle strade storte e sinuose dei borghi edificati attorno alla primitiva cerchia muraria nel XIV secolo. Il perimetro murario era compreso più o meno tra Via discesa Porta Romana e via Circonvallazione Orientale a nord, poi andando verso ovest, via Giovanni Quatrario, via Porta Molina, via Panfilo Mazara, Corso Ovidio, vicolo del Vecchio, via Morrone, via Vella, Circonvallazione Orientale. Il cardo maximus era il Corso Ovidio, e il Di Pietro precisa come comprendesse i sestieri di Porta Iapasseri, Porta Bonomini, Porta Filiamabili, Borgo San Panfilo, Porta Romana, Porta Molina e Sestiere Porta Manaresca. La villa di Ovidio, alle pendici del Monte Morrone, è in opus reticulatum, tipica del I secolo d.C., un muraglione lungo 70 metri, alto 8 e formato con 12 zone sovrapposte. La leggenda vuole che la villa appartenesse ad Ovidio in ricordo dei carmi che il poeta da giovane dedicava a Corinna, presso la cosiddetta "Fonte d'Amore", ancora oggi esistente, e decorata da un'iscrizione che fa riferimento all'opera ovidiana. I pavimenti musivi dentro le mura sono riaffiorati presso le case di via Sardi, via Umberto I, via Quatrario, via Regina Elena (1912). Un sensazionale contributo alla riscoperta delle proprie radici italiche, fu dato nella metà dell'800 anche dall'archeologico locale Antonio De Nino, che scoprì vari siti nella zona Peligna, ma anche presso la Marsica, nella valle Subequana e nella zona dell'antica Aufidena di Alfedena, cuore dei Sanniti. Il più importante monumento archeologico ancora oggi abbastanza intatto e leggibile è il santuario di Ercole Curino alle pendici del Morrone, sotto l'eremo di Sant'Onofrio al Morrone. Negli scavi sono leggibili l'area circondata dal perimetro murario, il luogo delle preghiere e dei sacrifici, e il tempietto vero e proprio con decorazioni a mosaico. Una statuetta bronzea di Ercole a riposo è stata trasferita nel Museo Archeologico Nazionale d'Abruzzo a Chieti. Nel 147-148 d.C., come testimonia una moneta di Antonino Pio, avvenne nella vallata un terremoto. Medioevo Origini del cristianesimo La città romana, benché oggi scomparsa, godette di grande prestigio a partire dal governo dell'imperatore Augusto, e sebbene l'architettura non lo dimostri, ci sono vari reperti, come le varie statuette, le lapidi, i bassorilievi, e appunto la statua di Ercole a riposo, che segna l'apice dell'arte scultorea locale nell'epoca imperiale. Nel III secolo d.C. la città, come tutto l'impero, iniziò a decadere, e in questo periodo iniziò ad affermarsi il cristianesimo. Il vescovo San Feliciano di Foligno è documentato nel 237 in città, e ciò è testimoniato anche dalla festa patronale del vicino comune di Introdacqua, di cui il santo è patrono insieme a Sant'Antonio di Padova. Tuttavia il cristianesimo in città penetrò molto tempo prima, come testimonia una lapide dedicata al neofita "Petieio Habentio" di 23 anni, recante il monogramma di Cristo, risalente alla fine del II secolo. Alcuni affermano che San Feliciano fondò la diocesi, istituendo la cattedrale episcopale presso la chiesa di Sant'Andrea (oggi scomparsa), m l'affermazione non regge. Infatti questa chiesa che sorgeva presso Porta Romana, fu edificata nel XII secolo, e benché andò distrutta nel 1706, di essa si conserva una lanterna di questo periodo, dapprima posta in via Quatrario, e oggi conservata nel Museo civico. L'evangelizzazione in città continuò con Panfilo di Sulmona e Pelino di Brindisi, rispettivi santi per cui furono edificate a Sulmona la Cattedrale di San Panfilo, e a Corfinio la Basilica Valvense, entrambe sedi della diocesi. San Panfilo visse tra il 600 e il 700 d.C., figlio di un pagano che lo ripudiò quando si convertì al cristianesimo. La leggenda vuole che in occasione della fondazione della diocesi, Panfilo fosse sottoposto da Dio a una prova: scendere da un carro a ridosso di un dirupo. L'impresa era impossibile, e il carro rischiava di precipitare, ma gli angeli apparvero in cielo e gli zoccoli dei buoi e le ruote affondarono nel terreno, conducendo lentamente Panfilo sano e slavo a valle. Il giovane allora divenne vescovo, e successivamente fondò la diocesi, venendo seppellito in un luogo sacro fuori le mura, che successivamente diventerà la Cattedrale. I segni delle orme sarebbero ancora ben visibili in questo territorio, e si pensano che appartenessero proprio ai buoi di Panfilo per testimoniare il miracolo. Morendo a Corfinio, di cui fu vescovo (esistendo già la concattedrale di San Pelino), quattro chierici ne ritrovarono il corpo, e mentre lo riportavano a Sulmona, esso divenne pesantissimo. Allora i monaci si fermarono nella contrada Ficoroni, e apparve una fontana. In questo posto fu eretta la Cattedrale sulle rovine di un tempio pagano, successivamente ricostruita nel 1075 dal vescovo Trasmondo di Valva, e terminata nel 1119 dal successore Gualtiero. Per quanto riguarda Pelino di Brindisi, visse nel VII secolo, formatosi come monaco a Durazzo, trasferitosi a Brindisi con Gorgorio e Sebastio, e il discepolo Ciprio, in quanto non aderente all'editto dogmatico di Costante II di Bisanzio (648 d.C.). Pelino difendette l'ortodossia bizantina presso Brindisi, attirandosi le ire di papa Onorio I e degli imperatori, poiché il suo mediatore con Roma, il vescovo Proculus, era morto, non riuscendo a compiere l'opera di riconoscimento dell'ortodossia bizantina in Italia. Il vescovato di Pelino fu visto come eretico, e dunque il santo fu imprigionato e deportato a Corfinio, giustiziato nel 662, secondo il calendario il 5 dicembre. Da qui, nello stesso periodo in cui moriva Panfilo di Sulmona, iniziò il culto del santo, venne eretto un tempio sopra il luogo di sepoltura, nei secoli ingrandito e consacrato nel XII secolo, come Concattedrale valvense della diocesi sulmonese. Dai Goti ai Longobardi Ovviamente, per mancanza di fonti, poco si sa del periodo storico che va dal I al IV secolo d.C., ad eccezione del fatto che, a quanto apre, Sulmona condividesse con Corfinio la sede centrale del potere, poiché in quest'ultima v'era la seconda sede del prefetto Nel 569 Sulmona entrò nel ducato di Spoleto insieme al resto dell'odierno Abruzzo con la conquista longobarda di re Alboino, a confine meridionale con il ducato di Benevento. Era amministrata dai conti Castaldi (da cui il termine Gastaldia Peligna), successivamente divenuti Conti di Valva o Peligni. Nell'876 fu fondato il monastero di San Rufino in Campo (oggi scomparso), come testimonia il Chronicon Vulturnense dell'abbazia di San Vincenzo al Volturno (che aveva la giurisdizione riguardo ai possedimenti cristiani e vescovili) presso la zona della stazione ferroviaria per volere di Geltrude moglie di Guido duca di Spoleto. Nell'877 il territorio viene citato come "Oppido Valvense", e non si ha certezza su quale delle due città di Corfinio e Sulmona fosse sede del potere centrale, nell'826 si era verificata una carestia in città, e solo le preghiere dei cittadini a San Panfilo permisero che accadesse una sorta di miracolo. Il corpo del santo, che si trovava in un semplice sepolcro, venne allora prelevato e custodito nella primitiva cattedrale fatta erigere dal vescovo (all'epoca dedicata a Santa Maria Maggiore), anche se poi nell'XI secolo verrà rifatta daccapo. Pochi anni più tardi nell'881 la valle fu saccheggiata dai Saraceni venuti da sud, da Benevento, che però entrarono a Sulmona passando dal valico della Marsica. La città però seppe resistere, e non venne completamente distrutta come accadde per le altre grandi città vicine di Chieti e Penne. Nel 939 la città fu nuovamente saccheggiata dagli Ungari. Gastaldia e contea di Valva (dalle origini al Mille) Le fonti principalmente sono documenti e cartulari riportati da Antonio Ludovico Muratori in Antiquitates Italicae Medii Aevi e nello studio di Cesare Rivera in Valva e' suoi Conti in Bullettino della Deputazione abruzzese di Storia patria, anno 1926, che confrontò i documenti dei vari Chronica di Farfa, Montecassino, San Vincenzo al Volturno e Casauria per ricostruire la storia della contea di Valva, seguendo anche le dissertazioni di Antonio Ludovico Muratori, Anton Ludovico Antinori, Ignazio Di Pietro e Nunzio Federico Faraglia (suo Saggio corografico dell'Abruzzo medievale). Col nome di "Balba - Balva o Valba" si designa la regione abitata dagli antichi Peligni, come dimostra anche la descrizione territoriale della diocesi di Valva (San Pelino a Corfinio), dalle bolle di papa Leone IX, papa Innocenzo II e papa Clemente III. Istituita dai Longobardi, la contea confinava con quella di Teate (Chieti), della Marsica (provincia Valeria) e di Forcona (L'Aquila), venendo tutte quante inglobate nel ducato di Benevento. I confini con Chieti stavano presso il fosso Luparello (Civitaluparella), dove scorre il Sangro, poi con Palena, la valle di Taranta, il guado di Monte Coccia (Campo di Giove), quello di Monte Orsa (il Morrone con le rovine del castello di Roccacasale) fino a Tremonti, presso Popoli. Qui iniziavano i confini con il Contado di Penne, presso la valle Tritana e i monti Sigillo e Cinerario, fino a Forcona, mentre dall'altra parte i confini con la Marsica stavano nel Monte Celico, la terra di Monte Cagno, Rovere (Rocca di Mezzo), Carrito, Colonnella e Campomizzo, dove si trovavano le sorgenti del Sangro, che tornano a scendere nuovamente verso Civitaluparella. Il territorio insomma abbracciava tutta la valle sino ai confini con la Baronia di Carapelle Calvisio, Ofena e Calascio, confinando poi con la valle di Peluino e Subequana, il piano di Sulmona, la valle del Flaturno (il fiume Sagittario, presso Anversa), Cocullo e la piana delle Cinque Miglia fino appunto al Sangro. La dominazione dei Franchi di Carlo Magno lasciò i territori immutati nei loro confini, e l'annessione ci fu nel nuovo ducato di Spoleto dopo la conquista di Chieti nell'801 da parte di Pipino il Breve. Nell'843 la contea di Valva andò a formare la provincia di Marsia insieme al territorio fucense, divenendo un contado autonomo, così come Paolo Diacono nell Historia Langobardorum, annovera nell'Abruzzo le province di Marsia, Reatinus, Furconensis, Valvensis, Teatinus, Pinnensis, Aprutium. Il territorio aquilano da una parte (quello dell'antica Amiterno) faceva parte del circondario di Rieti, l'altro ad est, quello con la città di Forcona, era compreso nell'omonimo, dipendendo fortemente dal controllo dei Conti Berardi dei Marsi. La contea Marsicana si sarebbe creta, secondo una leggenda, per volere della contessa Imilla figlia di Ludovico II, a cui venne donato il feudo di Morino. I primi Conti dei Marsi, ufficialmente con la venuta di Berardo I, e poi di Oderisio, si successero dall'843 al 926. Ildeberto tenne il potere sino all'860, gli successe poi Gerardo che combatté contro i Saraceni invasori, morendo nella battaglia. Nell'871 Ludovico II faceva sorge il potente monastero dell'abbazia di San Clemente a Casauria lungo il fiume Aterno, tra il territorio di Sulmona e quello di Chieti-Penne. Nell'876 sotto Guido di Valva nasceva il monastero di San Rufino in Campo di Valva, sotto la giurisdizione di San Vincenzo al Volturno; suo figlio Lamberto nell'881 sotto Guido, combatté nuovamente contro i saraceni, combattuti sino all'855, poiché si erano nascosti nelle montagne di Torano e del fiume Sangro, incendiando abbazie e villaggi. Dopo la sciagura degli Ungari, nella Marsia faceva le veci di Alberico di Spoleto il visconte Gualdeperto, che guidò la lega papale di Giovanni X contro i Saraceni, debellandoli definitivamente nel territorio della Tuscia. Venendo in un primo momento Alberico ricompensato dal papa, venne ucciso a tradimento i suoi possedimenti usurpati. Pietro, fratello di papa Giovanni, che compì la congiura, concesse la Marsia a Gottifredo figlio di Giuseppe di Rieti. Con l'ascesa al potere di Rodolfo II di Borgona, anche il contado di Marsia divenne ereditario. Quando nel 926 Ugo d'Arles scese in Italia per la corona, lo seguì anche un certo Attone di Borgogna, suo zio e parente di Berardo il Francisco, che fondò la contea dei Marsi; mentre il primo installava il presidio del potere a Chieti, Berardo ebbe la Marsia, Rieti, Amiterno e Forcona, inclusa Valva; il territorio venne diviso in 3 gruppi: il Reatino-Amiternino, il Forconese-Marsicano e quello di Valva, con sede del potere il castello di Celano. Nel 937 una nuova ondata di invasioni da parte degli Ungari venuti dalla Puglia sconvolse il territorio abruzzese: il monastero di Sant'Angelo in Flaturno (oggi i ruderi di Santa Maria delle Grazie presso le vicinanze di Anversa degli Abruzzi) veniva saccheggiato ed occupato, vi si consumò un cruento scontro con una carneficina. Gli Ungari furono debellati, e non tornarono più nel territorio. Nel 962 in occasione dell'incoronazione di Ottone I di Sassonia, elargiva a Giovanni XII la conferma delle antiche donazioni di Pipino e Carlo Magno, ad eccezione di Valva, sotto il Conti Marsi, mentre le chiese territoriali come San Pietro in Valva faceva sempre parte di San Vincenzo al Volturno. Durante il governo di Pandolfo di Spoleto, Ottone il 12 febbraio 964 giunse in Abruzzo, acquartierandosi a Raiano, rilasciando un diploma per l'abate di Sant'Angelo di Barregio (Villetta Barrea). Nel 967 ci fu un'altra cerimonia in cui ai Conti dei Masi Berardo e Rainaldo veniva riconosciuta l'unione dei territori sotto la giurisdizione ecclesiastica della chiesa di Santa Giusta. Nuovamente nel 970 Ottone I giunse in Abruzzo, confermando a Grimoaldo vescovo di Valva, i beni della mensa episcopale. A quest'epoca si fa risalire anche la presenza del corpo autentico della Santa Lucia, conservato nell'omonima chiesa presso Prezza, poco distante da Corfinio. Alla morte di Berardo il Francisco, i suoi tre figli Berardo, Rainaldo e Teodino si distribuirono il potere tra i territori di Marsica, Valva e Forcona. Nel 977 a Sulmona si celebrò la lettura del placito in cui l'abate di Montecassino Aligerno rivendicava i territori di Santo Stefano e Sant'Eleuterio nella valle di Pettorano sul Gizio: importante notare che nel documento Oderisio è citato come Conte di Valva. Nel 981 Oderisio con i fratelli giunse da Ottone II, morto il padre, e ottennero l'investitura dei beni di Amiterno e Forcona. Riconosciuto Oderisio primo conte di Valva, scontrandosi subito con gli abati di Cassino e di San Vincenzo al Volturno, cosa che dovette essere risolta nel 983 con un placito in cui il conte di Valva sarebbe stato in possesso anche dei territori del monastero del Volturno. Ottone III nel 994 giunse in Abruzzo, confermando ai conti anche il possesso di Sant'Angelo in Barregio, sottoscritto da Oderisio, alla presenza anche di Attone II conte di Chieti. Oderisio sopravvisse al fratello Teodino, e andò a fondare anche il monastero di Santa Maria Assunta di Bominaco, estendendo di molto i propri territori a ridosso delle Svolte di Popoli, della piana di Navelli e della Valle Subequana. Nell'ultimo periodo della gastaldia, prima che i Conti di Valva si unissero alla causa di Federico II, una parte del territorio della gastaldia si trovò coinvolto nelle mire espansioniste del Conte Ugo Malmozzetto (o de Mamouzet), che nella metà del Mille entrò in possesso della Contea di Manoppello, con numerosi feudi che arrivavano sino ai confini di Popoli e Casauria. Il conte, imparentando con Roberto il Guiscardo e Roberto di Loritello, esercitò il governo con la forza e la violenza, ricorrendo spesso ad usurpazioni, soprattutto dopo la morte dell'abate Trasmondo di Casauria, quando vi fece installare appositamente un suo adepto per controllare anche le rendite del monastero. Nel 1097 Malmozzetto, assediando il castello di Prezza, vicino a Corfinio, fu ingannato da uno stratagemma riguardo a una sua debolezza amorosa, venendo catturato imprigionato, morendo di lì a poco per le ferite subite. Il periodo normanno La città incominciò a riprendersi con l'arrivo dei Normanni, poiché con i franchi e i longobardi, benché fossero stati fissati i confini territoriali sia dal livello amministrativo dei conti che religioso, con l'usurpazione dei territori di Sant'Angelo in Barregio, Sulmona e Cordinio non erano cresciute al livello economico e urbano. Sulmona entrò nel nuovo governo normanno con questo evento: il pontefice Leone IX, nonché signore di Benevento, mosse contro i Normanni che avevano iniziato dalla Puglia a saccheggiare antichi feudi dei Franchi, chiedendo aiuto al sovrano Enrico III il Nero di Germania, e nell'esercito si arruolarono anche dei sulmonesi, comandati dal Conte Umfredo, combattendo a Civitella nel 1053, dove però il pontefice fu sconfitto e imprigionato dalla coalizione del conte Umfredo, Riccardo d'Aversa e Roberto il Guiscardo. Nel frattempo dal 1078 sino al 1124 si protrassero per volere di Trasmondo di Valva i lavori di rifacimento della nuova cattedrale di San Panfilo, con concessioni di indulgenza da parte di papa Alessandro II per chi vi si fosse recato in visita. L'entrata ufficiale di Sulmona nei nuovi possedimenti dell'ex ducato di Spoleto avvenne con la presa del potere di Ruggero I di Sicilia a Palermo nel 1130. Il territorio della "Marsia-Valva" fu occupato dai figli completamente nel 1143, con il riconoscimento dei conti neri confronti del Normanno. Alla sua morte, nella successione dei governanti, ci fu Guglielmo II di Sicilia nel 1166, che strinse buoni rapporti con il vescovo di Valva, confermando anche dei privilegi, come testimonia la Cronaca di Casauria. Nel 1167 iniziarono i rapporti di rottura con Valva per la presenza della cattedra vescovile, poiché il vescovo Siginolfo sosteneva che questa dovesse stare a San Pelino presso Corfinio; ne nacque una disputa con tumulti a Sulmona, e con un accordo siglato alla presenza dell'abate di Casauria nel 1168, in cui la sede vescovile sarebbe stata condivisa tra le due chiese con eguali poteri dei canonici di eleggere il vescovo. Tuttavia sempre in quell'anno col vescovo successore Odorisio, le controversie di Corfinio contro Sulmona ripresero, soprattutto quando in alcune bolle di Lucio III (1183) e Clemente III (1188) il territorio vescovile era nominato come "di San Pelino". Nel 1178 questo vescovo ospitò a Sulmona i Cavalieri Gerosolimitani di Malta, concedendo loro la facoltà di edificare una chiesa. In questi anni continuarono le controversie territoriali, sia tra Sulmona che Valva, con San Clemente a Casauria, poiché la basilica di San Pelino per non subire usurpazioni, oltre a sede diocesana, cercò di divenire abbazia, non essendo inclusa tra i possedimenti di San Clemente. Gli Svevi: Sulmona capitale del Giustizierato Durante il governo di Federico Barbarossa, iniziò l'espansione edilizia vera e propria di Sulmona. si costituì il Borgo San Panfilo attorno alla cattedrale, che stava fuori dalla cerchia muraria, che iniziava presso l'attuale Piazzale Carlo Tresca all'ingresso di corso Ovidio, dove si trovava Porta Sant'Agostino, presso l'omonimo monastero. Gran parte del territorio compreso tra le mura non era abitato, ma occupato da giardini ed orti dei monaci; nella bolla di papa Onorio III del 1220 si ha conferma che la sede ufficiale della cattedrale era presso San Panfilo, con un totale di 12 canonici. Nel 1225 un tale Gentile di Gualtiero comprò un terreno vicino a San Panfilo per farci erigere la chiesa di Sant'Agata con annesso ospedale dei pellegrini, ed era ancora in piedi nel XVII secolo, e dipinta nel disegno della città di Sulmona dell'abate Giovan Battista Pacichelli, usata principalmente come "grancia" di San Panfilo, ossia ripostiglio principale e granaio. Nel 1237 si andò estendendosi il secondo Borgo di Sulmona fuori San Panfilo, detto del "Salvatore", oppure di Sant'Agata, ed andò allargandosi in maniera così vasta, da unirsi presto col Sestiere di Porta Filiamabili, accessibile da Porta Sant'Antonio. Tale borgo di Sant'Agata, dopo il 1710 iniziò a chiamarsi del Carmine per la presenza della chiesa omonima. La svolta vera e propria nel panorama politico ed economico avvenne con Federico II di Svevia. Federico scese in Abruzzo per sedare le lotte tra i baroni delle varie contee, tra le quali, nei pressi di Sulmona, figurava la contea di Celano (1223), contro cui il sovrano svevo mosse una campagna bellica spietata. Alla fine degli anni Venti del 1200 anche la valle Peligna venne conquistata, spodestati i conti di Valva, e nel 1233 la città divenne capitale del nuovo Giustizierato d'Abruzzo, una sorta di stato satellite del Regno di Napoli e di Sicilia separato dallo smembrato ex ducato di Spoleto. Prima di ciò, nel 1229 i sulmonesi si erano posti al fianco di Giovan Battista Nicolosio per liberare il duca Rinaldo di Spoleto, asserragliato dalle truppe pontificie di Gregorio IX al comando di Giovanni di Brenno. I sulmonesi lo liberarono, e lo condussero in città, inseguiti dalle milizie papali. Il re Giovanni tenne sotto assedio Sulmona per settimane, i cittadini resistettero, nonostante le case fossero bruciate, compresa la cattedrale, e alla fine re Giovanni dovette abbandonare Sulmona. In questo contesto il vescovo Niccolò, eletto nel 1229, ne approfittò per spostare la cattedra a San Pelino, e di progettare la riconquista della città per mezzo delle truppe di Gregorio IX e del cardinale Colonna. Mentre Federico II tornava da Gerusalemme, venutolo a sapere il duca Rinaldo e volendosi vendicare dell'offesa subita da Niccolò, attaccò la basilica di San Pelino insieme ai sulmonesi, mentre il vescovo si trincerava presso la torre campanaria e iniziava a gettare scomuniche contro i miliziani. I sulmonesi distrussero il villaggio attorno alla basilica, misero in salvo le reliquie di San Pelino e bruciarono l'abbazia, facendo infine scendere il vescovo consegnatosi prigioniero. Giunto nel 1229 Federico a Sulmona, confermò la sede vescovile a Sulmona, davanti all'umiliato vescovo Niccolò e alla gioia dei sulmonesi. Per la benevolenza dei sulmonesi nell'accogliere Federico, si instaurò un florido rapporto con la città, arricchendola con varie istituzioni, come la scuola di Diritto civile, esistente allora soltanto a Napoli, migliorando la biblioteca diocesana della Cattedrale con nuovi volumi. Federico volle anche che le fiere delle sette principali città del nuovo reame iniziassero da Sulmona, il 23 aprile, con la festa di San Giorgio, concedendo privilegi ai mercanti che giungevano in città, ed ai pastori transumanti, eliminando la tassa da pagare alla dogana. In città la famiglia Tabassi era tra le più influenti, e nel periodo dell'arrivo di Federico, Valerio Tabassi ebbe la carica di Maggiordomo, in ricompensa dei servigi militari, ottenendo la signoria della città, per sé e per il figlio Federico. L'atto di donazione è riportato in un documento del Mugnos datato 29 marzo 1235. La famiglia Tabassi era originaria della Germania e secondo la leggenda discenderebbe dall'eroe mitico Sigfrido, della regione tedesca della Svevia. Tale casato insieme agli Hechingen-Sigmaringen costituivano un unico ceppo svevi, provenienti dagli antichi Conti di Zollerant, esistenti sin dall'800 d.C. Con Aldemaro Tabasso iniziarono le origini del trasferimento di un ramo della famiglia a Sulmona; Aldemaro Conte di Tabasso (fiorito nel 1150) fu signore all'epoca di Federico Barbarossa, e i suoi successori si stabilirono con Enrico VI, e poi Federico a Sulmona, amministrando la nuova capitale del giustizierato. Valerio Tabassi nel 1239 prese possesso ufficiale della città e lì stabilì la sua sede nel potere nel Palazzo Tabassi, ancora oggi esistente, che conserva in parte i fasti del gotico duecentesco. Prima dell'arrivo di Federico II, la città di Sulmona era nel regio demanio e non concessa in feudo, e il governo sino agli inizi del Duecento era mantenuta dai capitano del re di Napoli. Nelle lotte di parte il vincitore lasciava libertà di governo a coloro che avevano servito il re, delegando loro il potere. Infatti Federico II nel 1229 punì severamente Sulmona per le insurrezioni sottoponendola a pesanti tributi fiscali a sostegno delle sue compagne di conquista. Valerio Tabassi ebbe due figli, Federico e Alberico, che si dimostrarono valenti guerrieri nella guerra con re Manfredi di Svevia (poi di Sicilia) contro Corradino, e di conseguenza contro re Carlo I d'Angiò di Napoli. Della presenza di Manfredi a Sulmona resta il maestoso acquedotto medievale che convoglia le acque del fiume Sagittario dalla montagna verso la città, edificato nel 1256. Con l'estinzione della famiglia sveva dopo la morte di Manfredi, Carlo I perseguitò i seguaci dell'antico regime, e i due figli di Valerio Tabassi furono esiliato a Venezia. Successivamente vennero richiamati in patria da Carlo II d'Angiò per indulto, voluto anche dal monaco Pietro da Morrone, nel frattempo divenuto papa Celestino V. I Tabassi rientrarono in patria tra il 1294-95 ed ottennero nuovi dignitosi incarichi, ricostruendo il rapporto di fiducia con il nuovo casato francese. Pietro da Morrone e la schiera di eremiti della Maiella La storia della città, che riguarda la fine del 1200 riguarda specialmente il cristianesimo, poiché già Carlo II d'Angiò nel 1290 ampliò il convento di San Francesco della Scarpa, fondato da Carlo I, uno dei monasteri francescano più prestigiosi d'Abruzzo, che nacque insieme all'ex convento di Santa Chiara d'Assisi, è indubbiamente legata alla figura dell'eremita Pietro da Morrone, noto come papa Celestino V. Pietro Angelerio sarebbe nato a Isernia nel 1215 circa, e a 16 anni andò nel monastero di Santa Maria di Faifoli nel Molise per approfondire gli studi Benedettini. Nel 1231 veste l'abito benedettino ed iniziò il suo eremitaggio spirituale, andando in una grotta nei pressi di Castel di Sangro, dove fondò un romitorio. Vi stette 10 giorni in isolamento, nutrendosi solamente di pane e pesci, e il cammino ascetico lo portò fino al monte di Palena, presso il valico della Forchetta, dove trovò un nuovo rifugio, e dove poi venne edificato l'eremo della Madonna dell'Altare. Pietro Angelerio trascorse nella grotta tre inverni, digiunando, flagellandosi il corpo e stando in continua meditazione. L'isolamento per Pietro da sempre cercato però trovò la risposta di una popolazione osannante, poiché la voce del sant'uomo si sparse nella vallata, arrivando fino a Sulmona. Ordinato sacerdote a Roma nel 1237 da papa Gregorio IX, che gli concesse il privilegio di eremitaggio, iniziato nel 1241 presso il Monte Morrone, la fama per Pietro divenne sempre maggiore, anche perché vari discepoli aveano iniziato a seguirlo, tra i quali il beato Roberto da Salle, che fonderà i monasteri ed i romitori nei luoghi ritenuti sacri dove Pietro Angelerio si era rifugiato, fondendo ex novo dei monastero anche a Lanciano, Vasto e Atessa, insieme al neonato Ordine dei Celestini. Avendo un centinaio di seguaci, Pietro nel 1264 ebbe l'ispirazione di fondare un ordine monastico vero e proprio, votata alla regola di San Benedetto, chiamata dapprima "Compagnia dei Fratelli Penitenti dello Spirito Santo", poi ordine dei Celestini. La montagna Maiella divenne il luogo simbolico per l'opera spirituale di predicazione, dove Pietro era visto come una sorta di santone taumaturgo, che viveva in astinenza perpetua. La sede dei Celestini venne fondata presso un antico tempio cristiano dedicato a Santa Maria della Maiella, e divenne la "Badia Morronese", sorgente proprio ai piedi del Morrone, sopra cui Pietro aveva fondato un ennesimo romitorio vicino al paese scomparso di Sagizzano, l'eremo di Sant'Onofrio al Morrone, altro santo pellegrino a cui l'Angelerio volle rendere omaggio. In questo momento nacquero dei contrasti con la Santa Sede poiché Gregorio IX volle sopprimere tutti gli ordini nati dopo il Concilio Lateranense del 1215. Pietro raggiunse a piedi la città di Lione dove avrebbe dovuto svolgersi il sinodo, chiedendo al pontefice di risparmiare il suo ordine. Di ritorno dalla città, Pietro volle fondare un nuovo grande monastero, e si fermò a L'Aquila, che in quel periodo di stava risollevando, grazie a Carlo I, dalle distruzioni portate nel 1259 da Manfredi. Presso un vecchio romitorio fuori le mura, sul Colle Maggio (o di Maio), Pietro Angelerio fondò la celebre Basilica di Santa Maria di Collemaggio, caldamente patrocinata da Carlo I nel 1287; l'anno successivo fu solennemente consacrata il 25 agosto. Il 5 luglio 1294 a Perugia il collegio cardinalizio riunito in conclave, dopo due anni dalla morte di papa Niccolò IV, elesse al soglio pontificio Pietro Angelerio. Una delegazione costituita da alti prelati, notai e un cardinale, portò la notizia a frate Pietro, rinchiuso nell'eremo di Sant'Onofrio. Il 29 agosto alla presenza di Carlo II nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, l'anziano eremita fu incoronato pontefice con il nome di Celestino V. Per commemorare l'evento il papa emanò la "bolla del Perdono", la concessione dell'indulgenza plenaria a quanti avessero visitato la chiesa di Collemaggio tra i vespri della vigilia e i vespri della festa della decollazione di San Giovanni Battista (29 agosto). Periodo angioino Federico II aveva inserito a Sulmona, oltre alla residenza del gran connestabile o giustiziere, anche la scuola di Diritto canonico, che aveva immediatamente suscitato l'acrimonia di re Carlo I d'Angiò quando nel 1268 prese in possesso la città, e che cercò invano di smantellare (cesserò di esistere nel 1308 con Carlo II). Nel 1236 fiorì un altro Borgo di Sulmona: Sant'Agata, che andò a confluire con i terreni di Santa Maria della Tomba nel 1241. Nel 1235 la sede vescovile rimase vacante dopo la morte di Niccolò, e per mancato accordo dei canonici, il vescovo di Chieti Gregorio de Polo ne assunse ad interim le funzioni, sino a tre anni dopo, quando la chiesa cattedrale di San Panfilo venne rifatta con la consacrazione dell'altare maggiore. Alla morte di Federico II, Sulmona ottenne una buona parte del Monte Morrone durante il regno di Corrado IV (1251), la parte con la chiesa di Santa Maria della Croce dove Pietro Angelerio fondò l'abbazia di Santo Spirito al Morrone, il quale già in quegli anni si era ritirato sulla montagna a vista monastica. Nel 1254 dopo il vescovado di Andrea e di Gualtiero di Ocre, ripresero le controversie per la situazione delle due prepositure delle cattedre di San Pelino e San Panfilo, nel 1262 veniva fondato il monastero di Sant'Agostino a Porta San Panfilo, di cui purtroppo resta solo il bellissimi portale in gotico angioino rimontato sulla facciata di San Filippo Neri a Piazza Garibaldi, dopo che il terremoto del 1706 aveva distrutto quasi del tutto la struttura. Nel 1269 con Carlo I d'Angiò vennero concessi privilegi alla cattedrale, e per mano del notaio Oddone Sulmontino venne riordinata l'amministrazione dei quartieri (sestieri) in 6 unità, ognuna con un nobile rappresentante. La piazza del mercato, fuori le mura a sud, dall'antico tracciato ortogonale del castrum romano, iniziò a popolarsi sempre di più con i commerci, e venivano costruiti i "nuovi borghi" come il Pacentrano a sud-est (o di Porta d'Oriente) e il Porta Sant'Antonio. Il Borgo Pacentrano, per amministrazione e rendite, fu affidato al monastero di Santa Chiara d'Assisi (voluto nel 1269 dalla beata Floresenda di Palena), fondato da poco, insieme al convento di San Francesco della Scarpa. Circa cent'anni dopo la nascita del Pacentrano, nacque il Sestiere di Porta Manaresca, detto anche "ghetto" per la presenza di ebrei nel XV secolo, collegato a nord con il Pacentrano attraverso via Morrone. Nel 1270 avvenne per mano di Corrado l'incendio della cattedrale, rifatta da Carlo I. Nel 1272 una disputa tra Giovanni di Sammartino e Riccardo di Chiaromonte per il possesso di terreni, si risolse con un accordo, stipulato anche da parte dei cittadini di Lanciano, con cui i sulmonesi riconobbero pubblica amicizia nella piazza nel 1278. L'anno seguente per ordine di re Carlo, i baroni e i conti del Giustizierato dovettero dichiarare il reddito per la tassazione, nel 1290 venne edificato il monastero di San Domenico, con quello accanto di Santa Caterina delle Domenicane, presso il Sestiere Porta Iapasseri. La chiesa divenne la prediletta della regina Giovanna I di Napoli e Ludovico Principe di Taranto, che con l'amicizia di Pietro dei Tabassi, formavano un trio politico speciale per il benessere di Sulmona. Dagli Angiò ai Durazzeschi Il 15 luglio 1294 il re Carlo II d'Angiò, insieme a Carlo Martello re d'Ungheria, andò a prelevare dall'eremo di Sant'Onofrio sul Morrone il venerando monaco Pietro Angelerio, appena eletto dal conclave vaticano papa Celestino V, e fu fatto sfilare per la città e per i feudi circostanti di Raiano e Prezza, fino a L'Aquila, dove presso la Basilica di Santa Maria di Collemaggio venne incoronato papa. Nel 1306 Francesco de Letto, fratello del giustiziere d'Abruzzo, occupò la carica del connestabile; nel 1313 ad Avignone il papa riconosceva ufficialmente l'Ordine dei Celestini presso la Badia del Morrone. Crisi di Sulmona durante il governo angioino Con il successore di Carlo II nel 1309, Roberto d'Angiò, a Sulmona fu evidentissima la preferenza del casato Angioino per L'Aquila anziché per lei, poiché i privilegi concessi dagli Svevi furono ridotti o aboliti. Nel 1309 la scuola di Diritto civile fu chiusa, come riporta anche un documento presente nell'Archivio di Stato di Napoli; l'insegnamento elementare era concesso solo a semplici maestri. In questo periodo iniziarono anche le lotte di partito tra Guelfi e Ghibellini, che avevano trovato degni sostenitori nella città. Iniziarono anche aspri contrasti con L'Aquila, poiché la città nel 1320 aveva combattuto al fianco di 600 sulmonesi contro Rieti, in una guerra di confine, quando la città laziale aveva umiliato la città aquilana rubandole la campana "Reatinella" posta sulla torre civica del Palazzo del Capitano. Scoppiarono schermaglie anche contro il castello di Pescocostanzo, che aveva in feudo una buona quantità di terre a ridosso del Monte Coccia di Campo di Giove (che verranno concesse da Roberto d'Angiò a Sulmona nel 1339). La repressione degli Angioini fu sentita, ma Sulmona non subì mai saccheggi, anzi continuò a produrre uomini di fiducia e d'intelletto, come il notaio Giovanni Quatrario (1336-1402). Insieme a Marco Barbato, Quatrario rappresentò il flebile pre-umanesimo sulmonese, allacciando rapporti con Coluccio Salutati, mentre il Barbato era intimo di Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Il rapporto culturale dell'Abruzzo con la Toscana è dato anche dai rapporti dei traffici commerciali molto fiorenti. Quatrario scrisse dei carmi in latino, tra i quali il Carmen maternum. Nelle sue poesie si possono desumere anche fatti storici importanti della città, come la pestilenza del 1348, il terremoto del 1349 che danneggiò molte case, insieme alla città di L'Aquila. Insomma si percepisce la nostalgia per l'antico splendore degli Svevi, completamente appannato dalla decadenza portata dagli Angioini. L'allargamento della città Per quanto riguarda la politica, l'amministrazione spettò ai Tabassi, che ottennero nuovi incarichi sotto il regno di Roberto d'Angiò: i cavalieri Giovanni e Antonio, figli di Federico Tabassi, si distinsero nuovamente in campo militare. Nel 1315 il Borgo San Panfilo fu in parte sloggiato, i cittadini ammessi nelle case dentro le mura, ma il mercato continuò a tenersi, presso le due chiese di Santa Maria de Foras e di Sant'Andrea, che dovevano stare nei pressi della villa comunale, ridotte a poca cosa dopo il grave terremoto del 1706. La principale porta di accesso alla città adesso era diventata quella di Sant'Agostino. Sempre in questi anni si formarono due "borghi", piccolo rioni a differenza degli storici sestieri medievali di Sulmona, cioè il Borgo Santa Maria della Tomba, già esistente da un centinaio d'anni attorno alla chiesa omonima, si allargò a tal punto da inglobare la porta di accesso, detta "della Tomba", mentre presso la grancia dei Celestini di Santa Lucia, si formava il Borgo di Porta Nuova o Reale, al termine del Corso Ovidio a sud. Altri sobborghi erano quelli di Sant'Agata, attuale chiesa del Carmine, a ridosso di Sestiere Porta Filiamabili, e il Borgo Pacentrano o di Porta Orientale, compreso nell'area della chiesa di San Filippo, fino a Porta Manaresca. Nel 1320 sotto il vescovado di Andrea Capograssi (una delle famiglie patrizie della città), venne eretta la Santa Casa della Santissima Annunziata con la basilica annessa; l'edificio sarebbe stato ospedale per gli infermi, ostello dei pellegrini e scuola di studio. Nel 1325 venne fondato il monastero delle Domenicane femmine di Santa Caterina martire, accanto a quello di San Domenico dei Maschi, nel Sestiere di Porta Iapasseri, lungo viale Antonio De Nino. Roberto d'Angiò si occupò anche di confermare a Sulmona, come aveva già fatto Carlo II, i possedimenti a sud, sino alla piana delle Cinquemiglia: Pacentro, Pettorano, Canzano e Pescocostanzo (quest'ultimo entrò nel definitivo possesso solo nel 1339). Nell'anno precedente Sulmona era stata dichiarata dagli Angiò "città libera", incamerata nel regio demanio, con l'esenzione dal pagamento dei dazi, privilegio che terrà sino al XVI secolo, quando verrà infeudata a Carlo di Lannoy durante il vice regno spagnolo. Il regno di Giovanna I d'Angiò A Roberto successe Giovanna I di Napoli, e Sulmona andò in mano di Carlo Tabassi, divenuto Gran Consigliere Reale, ottenendo vari privilegi tra cui il feudo di Pacentro. I suoi figli Berardo e Masullo militarono sotto il successore Ladislao di Durazzo, che nel 1413 li dichiarò "familiari fedeli e diletti" con tutti gli onori, la dignità e le prerogative annesse per provvedimento dello stesso re, che ebbe la città come pupilla, riempiendola di varie concessioni. Dopo l'infelice matrimonio con Andrea di Carloberto, morto nel 1345 per mano violenta, il fratello Ludovico d'Ungheria per vendicarne la morte giunse in Italia, inviando un legato ad Aquila con una ricca somma, al fine di ingraziarsela, e di usarla per la spedizione contro Napoli. Il signore della città, Lalle I Camponeschi (da non confondere con Pietro Lalle Camponeschi), che immediatamente si mobilitò per assediare Sulmona nel 1347. La città resistette valorosamente, mentre l'Ungaro si trovava nel palazzo del Capitano a L'Aquila. Gli giunse la falsa notizia che Sulmona era stata presa, e fece suonare le campane, una di queste al quinto tocco si ruppe, il che venne interpretato come un cattivo augurio, dato che infatti Sulmona ricevette l'aiuto di Carlo di Durazzo e Ludovico di Taranto (che nel frattempo si era unito in matrimonio con Giovanna d'Angiò), e l'esercito del Camponeschi venne respinto, e ricacciato verso Chieti. I sulmonesi avevano chiesto agli aquilani 20 giorni di tregua, quanto bastasse a Giovanna per giungere con il suo personale esercito, e sbaragliare Pietro Lalle con i suoi mercenari Ungari presso Popoli. Ristabilita la concordia tra Giovanna e i Durazzeschi Ludovico e Carlo, la città fu occupata. Lalle Camponeschi schierò le truppe presso Cittaducale, inviando a Sulmona il messo Ugolino da Fano con 2.000 cavalieri, ma dato che non riusciva a prendere la città, abbandonò per sempre l'assedio. Dato che i sulmonesi si dimostrarono largamente fedeli e ospitali verso i Durazzeschi, la città ottenne vasti privilegi, oltre a possedere le terre di Pettorano, Pacentro, del Morrone. Nel 1352 il re Luigi d'Angiò soggiornò a Sulmona, e si vendicò dell'assedio degli Aquilani durante il governo dei Durazzeschi, sequestrano gli ambasciatori, e costringendo i cittadini a pagare 800 once per riaverli. La rivalità con Aquila non continuò soltanto dal punto di vista politico, ma si acuì nel 1355 al livello territoriale della diocesi, poiché il vescovo Paolo di Bazzano iniziò ad espropriare alcuni terreno, mentre il pontefice Urbano V favoriva il vescovo Stefano Sanità (eletto nel 1362). Entrata nelle grazie di Ladislao di Durazzo, Sulmona il 28 dicembre 1406 ebbe il privilegio di battere moneta, istituita di una zecca propria, dove si poteva ricopiare il marco reale, con l'aggiunta si SUL (Sulmona) per indicare il luogo di provenienza. Con i privilegi vari, la città era divenuta molto fiorente sul panorama culturale, e anche artigiano, con la grande produzione d'argento, tanto che poteva concedersi di battere moneta. Il diploma con cui Sulmona poté incidere le sue iniziali sui marchi venne stipulato nel 1410, specialmente per quanto riguarda la celebre frase ovidiana Sulmo mihi patria est (SMPE). I privilegi continuarono anche con Carlo III di Napoli, fino all'arrivo di Giovanna II. Dagli Angiò agli Aragona Nel 1417 Giovanna II di Napoli salì al trono di Napoli, e i sulmonesi immediatamente la riconobbero come regina, guadagnandosi dei privilegi, anche se nel 1420, guastatisi i rapporti della regina con papa Martino V, venne inviato in Abruzzo il luogotenente Braccio da Montone. Nell'ambito del matrimonio tra Giovanna e re Alfonso d'Aragona, Sulmona si trovò nelle mire espansionistiche di Braccio da Montone, Giovanna II e Jacopo Caldora. Quest'ultimo, capitano di ventura, era fedele a Giovanna e si batté contro l'esercito di Muzio Attendolo Sforza, che sconfisse Jacopo quando volle assediare Napoli da Porta Marina. Jacopo si ritirò in Abruzzo, nel 1421 Braccio a tappe forzate era partito da Perugia per aspettare Alfonso V d'Aragona alle porte di Napoli il 7 giugno, dove Giovanna lo nominò gran connestabile. Jacopo si contrappose a Braccio, che aveva mire di conquista in Abruzzo, e fortificò il castello di Pacentro, e cacciò i funzionari di Giovanna da Sulmona. Dispose le sue forze sui monti Peligni per arrestare l'armata di Braccio, ma perso il feudo di Campo di Giove, si spostò a Castel di Sangro dove fuggì successivamente attraverso la Terra di Lavoro. Braccio insieme ad Alfonso ed a 4000 cavalieri aveva in mano l'Abruzzo e iniziò la campagna della riconquista del Regno di Napoli. Jacopo giungerà con un nuovo esercito qualche anno più tardi, dove si scontrerà contro Braccio presso L'Aquila, nella famosa guerra del 1424. Quando la regina Giovanna riempì il vittorioso Jacopo di privilegi e castelli, tra questi c'erano Raiano, Caramanico Terme, Campo di Giove e Pacentro, mentre i fiorenti Cantelmo si erano presi Popoli, importante punto di passaggio attraverso le gole della Maiella per la via Tiburtina Valeria, raggiungibile da Sulmona tramite la via Corfinium-Aequum Tuticum. Jacopo sarà al servizio della corona specialmente presso Sulmona, quando nel 1426 scoppiò in città una rivolta anti-aragonese, immediatamente sedata. Inoltre in occasione della riappacificazione di Giovanna II con Alfonso, a Sulmona fu istituita la "giostra cavalleresca", che verrà abolita per mancanza di cavalieri nel XVII secolo, e ripresa alla fine del Novecento fino ad oggi. Nel 1435 alla morte di Giovanna, si creò uno scontro di successione, tra Renato d'Angiò e Alfonso, per cui i sulmonesi parteggiarono. Renato tentò anche si assalire Sulmona, ma Alfonso vi aveva installato una guarnigione. Nuovamente ribellatasi, nel 1437 fu minacciata d'assedio da Jacopo Caldora se non avesse abbandonato la fedeltà agli aragonesi per entrare nel regio demanio. I sulmonesi non rispettarono l'accordo e scoppiò una guerra che si combatté a Castel di Sangro tra aragonesi e caldoreschi il 27 giugno 1438. Negli anni successivi Jacopo tentò più volte di espugnare la città senza riuscirci e nel 1441 tornò ufficialmente sotto il controllo di Alfonso. Alla sua morte, avvenuta nel 1439, Jacopo Caldora fu sepolto nell'abbazia di Santo Spirito al Morrone, nella Cappella Caldora-Cantelmo. In essa vi si trova anche il monumento funebre realizzato dallo scultore Gualtiero d'Alemagna, su commissione di Rita Cantelmo, per commemorare la morte di suo figlio Restaino Caldora, fratello minore di Jacopo, avvenuta nel 1412. Nel 1440 le truppe di Antonio Caldora, figlio di Jacopo, al servizio di Renato d'Angiò, assediarono la città e l'occuparono. I sulmonesi per non subire la distruzione e il saccheggio non opposero resistenza, ma continuarono a coltivare la fedeltà verso il partito aragonese. Ferrante I d'Aragona nel 1454, prendendo momentaneamente il posto di Alfonso nella campagna di conquista contro Renato d'Angiò, arrivò a Sulmona, spedendo un privilegio dove riconosceva quelli accordati in precedenza, essendo ormai caduto Antonio Caldora in disgrazia, ricacciato e privato dei suoi feudi. Il terremoto del 1456 Il 5 dicembre 1456 la zona del Sannio fu scossa da un terremoto di magnitudo 7.1, e i danni si ebbero nelle principali città di Napoli, Benevento, Campobasso, L'Aquila, Sulmona, mentre i centri della zona risultarono in gran parte distrutti. Sebbene Sulmona non fu direttamente coinvolta, come avverrà nel 1706, verrà danneggiata nelle abitazioni civili, nelle chiese, e nelle mura. Benché oggi sia difficile leggere le ricostruzioni che si ebbero a causa delle ulteriori ricostruzioni ex novo avvenute dopo il 1706, è possibile leggere gli effetti di questo sisma nella chiesa di San Francesco della Scarpa, che già dopo il 1456 perse gli antichi fasti del monastero voluto da Carlo I. Nella parte posteriore rimase il portale romanico, nella facciata il portale gotico del Trecento rimase intatto, ma la facciata fu restaurata in stile gotico con conci di pietra squadrati, ed un rosone, oggi semplice oculo, a causa della ricostruzione della facciata superiore dopo il 1706. Insomma, il terremoto contribuì a una spinta di ricostruzione seguendo lo stile tardo-gotico e rinascimentale, di cui oggi si hanno pochi esempi, a causa del sisma del 1706. Urbanistica della città medievale L'aspetto importante della città di Sulmona riguarda, nel Medioevo (XIV secolo) il forte sviluppo urbano che portò la città a dotarsi di una doppia cinta muraria. Molto probabile è che nel III secolo a.C. esistesse già una cinta muraria, nel I secolo la città era un oppidum, e lo stesso Ovidio negli Amores ne parla come una città fortificata (Le mura dell'umida Sulmona). Ancora oggi è leggibile l'impianto quadrangolare di un castrum romano, attraversata da cardo e due decumani. La cinta muraria altomedievale rispettò le forme della preesistente e mantenne le dimensioni fino al XII secolo; la città era servita di 6 porte, due alle estremità del cardo e quattro agli angoli del quadrato, e da un ingresso secondario ad occidente. Alle porte corrispondevano altrettanti sestieri amministrativi, i cui abitanti erano tenuti alla custodia, al mantenimento e al consolidamento dell'apparato difensivo. Durante il governo di Federico II di Svevia Sulmona divenne capitale della regione, le possibilità economiche e politiche contribuirono ad ingrandire la città a tal punto che necessitò una seconda cinta muraria, dato che l'espansione in senso trasversale era impedita dai fiumi Gizio e Vella. Sorsero così 6 borghi extramurari di varia grandezza; alla dominazione angioina risalgono le nuove mura, che raddoppiò l'estensione dell'antico centro romano, inglobando nuove realtà abitative. Già prima del 1290 doveva essere completata la parte meridionale, e nel 1302 fu ultimata quella settentrionale, e la cerchia fu dotata di 7 nuove porte: due alle estremità del prolungamento dell'asse viario (corso Ovidio), 5 in corrispondenza dei nuovi borghi, mentre la modesta Porta Saccoccia fu aggiunta più tardi. L'adeguamento delle mura avvenne con Alfonso V d'Aragona nel 1443, che edificò dei torrione quadrangolari a scarpata, lungo il filo delle cortine, dei quali resta solo una torretta presso il Borgo San Panfilo. Il terremoto del 1706 distrusse le mura, che vennero inglobate nelle nuove case ricostruite, mentre i restanti tratti furono iniziati ad essere smantellati nel XIX secolo, per permettere l'espansione della città. I resti delle mura ancora visibili risalgono al XIV secolo, nei tratti di Porta Romana, lungo la Circonvallazione orientale Nord, tra Porta Napoli e Porta Pacentrana, e in prossimità di Porta Iapasseri. Delle 7 porte che si aprivano nella prima cinta rimangono 4: la meglio conservata è Porta Filiorum Amabilis, anche se fu ampiamente rimaneggiata nel Trecento; gli altri due accessi sono Porta Iapasseri e Porta Bonorum Hominum, delle quali si conservano solo gli stipiti; mentre l'ultimo accesso di Porta Molina si presenta diverso dall'aspetto medievale, in un rimaneggiamento settecentesco. Delle 8 porte della seconda cerchia muraria rimangono attualmente 6, in buono stato, ancora in uso tranne Porta Napoli, bloccata nell'accesso per impedire dei danneggiamenti. Questi accessi sono Porta Sant'Antonio (corrispondente a Porta Filiorum Amabilis), Porta Pacentrana (detta anche Porta Orientis), Porta Saccoccia, che è più tarda e sta in sua corrispondenza, Porta Santa Maria della Tomba. L'antico impianto medievale, sebbene alterato nel 1706, è ancora leggibile nel nucleo quadrangolare storico romano, attraversato dal cardo di Corso Ovidio a partire dal piazzale Carlo Tresca fino allo sbocco di Piazza Garibaldi: i sestieri sono il Borgo San Panfilo, il Sestiere Porta Molina, il Sestiere Porta Iapasseri, il Sestiere di Porta Bonomini. All'accesso di Piazza Garibaldi, dove le mura sorgevano a ridosso del complesso di San Francesco della Scarpa, e dove i monasteri del Carmine e di Santa Chiara d'Assisi si trovavano in aperta campagna, nel XIII secolo venne aggiunta la seconda cerchia. I borghi che si formarono erano quello di Santa Maria della Tomba, il Borgo Pacentrano, Sestiere Porta Filiorum Amabilis, Sestiere Porta Salvatore, Sestiere Porta Manaresca. Attorno alla Cattedrale di San Panfilo sorgevano altre chiese oggi scomparse, quelle di San Lorenzo e Sant'Andrea extra moenia, e Santa Maria del Fiore; sorsero i borghi di San Lorenzo e del Pinciano, poi il villaggio Magnaporci (oggi Borghetto), i borghi di Sant'Agata, Santa Maria della Tomba (XIII secolo) e Santa Margherita (il Borgo Pacentrano, dal nome della chiesa scomparsa), La Piazza Garibaldi era il luogo d'incontri per il mercato, e vi si trovava l'acquedotto svevo del 1256, inizialmente progettato fuori le mura, e successivamente inglobato. Un'altra importante chiesa medievale era Santa Maria intus moenia, oggi di San Gaetano. Epoca moderna Il Rinascimento Il rinascimento a Sulmona, nel campo artistico, fu molto breve, data la decadenza irreversibile della città dopo il terremoto del 1456. Mentre si perdeva il privilegio di battere moneta, erano rimasti soltanto i lanifici, le cartiere fuori le mura dei monasteri, le concerie e i mercati del bestiame, mentre anche l'oreficeria, che ebbe pieno sviluppo nel XIII secolo, andò lentamente perdendo importanza. Il personaggio di spicco culturale più famoso fu Ercole Ciofano, umanista abruzzese che studiò greco e latino, uno dei primi studiosi delle opere di Ovidio, che pubblicò in stampa le Metamorfosi nel 1574, con l'approvazione di Paolo Manuzio. Nel 1578 Ciofano pubblicò a Venezia il commento a tutte le opere di Ovidio presso l'editore Aldo Manuzio. Nel 1459 Sulmona subì ancora un altro assedio da parte di Antonio Caldora, mentre una coalizione di eserciti a favore del casato angioino conquistavano anche Aquila e gran parte della Puglia. Mentre Alfonso e Ferrante si mobilitavano da Sarno per rispondere a questa provocazione, il capitano Niccolò Piccinino, seguace di Renato, veniva in Abruzzo, riducendolo all'obbedienza, ad eccezione di Sulmona e qualche altra città che ancora resistevano saldamente. Tuttavia nel 1460 anche Sulmona per fame dovette cedere. La città andò in dominio a Ferrante I d'Aragona, e nel 1460 lo sostenne nella guerra contro Giovanni e Renato d'Angiò, che spedì in città il luogotenente Jacopo Piccinino insieme a Niccolò. La città fu cinta d'assedio, e resistette sette mesi. Ma il Piccino aveva intanto ottenuto la vittoria nella battaglia di San Flaviano il 22 luglio (Giulianova) contro Alessandro Sforza, assumendo il controllo di tutte le forze angioine abruzzesi. Capitolata anche Sulmona, il Piccinino si abbandonò a saccheggi e distruzioni. Acquartieratosi davanti alle mura, chiese al capitano Giovanni Antonio Caldora, signore di Pacentro, di aprire le porte, ma alla risposta negativa, il Piccinino si mise a saccheggiare i borghi circostanti fino ad entrare in città. Tentò anche di assediare Caramanico Terme, ma le abbondanti nevicate glielo impedirono. Per un breve periodo re Ferrante concesse a Jacopo Piccinino il governo della città, fino al guastarsi dei rapporti con la corona, e alla morte nel 1465. Sulmona rientrò nel regio demanio, e quando Ferrante si sposò con Giovanna d'Amalfi nel 1477 le dette il controllo di Sulmona, dunque si trattò di una perdita della semi-autonomia della città, una profonda umiliazione, che rendeva la città uguale a qualsiasi feudo del regno. Nel 1479 si verificò una grave pestilenza che flagellò la città, pochi anni più tardi esplose la guerra dei Baroni, e la città fu costretta a fornire vettovaglie e cibo alle truppe di passaggio, subendo maggiori privazioni e depredazioni, nel 1486 si accese la rivalità tra le potenti famiglie Quatrario e Merolini, che prima della pace, compirono stragi e assassini, fino alla riappacificazione per via di San Giovanni da Capestrano, che volle l'erezione del convento di Sant'Antonio fuori le mura. La guerra tra le potenti famiglie sulmonesi avvenne per le discordie intestine nella Casa di Napoli, con l'arrivo dei Durazzeschi. Lo storico De Matteis riporta che nel 1457 Raimondo Quatrario uccise in rissa Gentile De Merolinis e Germano d'Onofrio. I partigiani dei Quatrario furono esiliati nel 1470. Nel 1486 i tumulti furono più accesi, e fu mandato da Napoli il capitano Bernardino Mormile. Nelle zuffe rimasero uccisi o feriti Pietro Gagliardo De Merolinis e il mastrogiurato della città. L'anno seguente i Quatrario malgrado l'esilio tornarono in città e uccisero Pietro Gagliardo, incendiandone il palazzo. Ferrante I mandò una nuova pattuglia per punire i colpevoli, ma non si accanì nel saccheggiare la città, poiché gli era stata fedele nelle varie spedizioni militari. Infatti prima del 1706, presso l'ex Porta San Salvatore si trovava una statua pomposamente addobbata del sovrano a cavallo, a testimonianza della fedeltà del popolo. A Ferrante succedette Alfonso II, e dopo la breve guerra contro Carlo VIII di Francia, quando L'Aquila che si era schierata con i francesi capitolò, non subendo però vendette da Napoli, anche Sulmona fu intimata a mantenere la fedeltà agli Aragona. Sulmona però giurò fedeltà a Carlo VIII per non subire saccheggi, nel breve lasso di tempo in cui la Francia controllò Napoli, ed ebbe riconfermati i privilegi di Ferrante I, rimanendo comunque infeudata a Giovanna, ma con il privilegio di continuare a battere moneta. Nel 1496 però Carlo VIII fu sconfitto e la città tornò pienamente sotto il controllo di Napoli. Il Cinquecento Più tardi però nel 1500 fu stipulato il trattato a Cordova il trattato tra Luigi XII di Francia e Ferdinando il Cattolico, per la spartizione del regno di Napoli, e Sulmona andò in mano ai Francesi di Francesco. Quando Ferdinando II di Napoli assunse la reggenza del trono nel 1516, Sulmona dovette giurare fedeltà, due anni dopo l'università venne affidata al controllo degli ufficiali di Giovanna D'Aragona, mentre papa Leone X nel 1521 concludeva il trattato di controllo del Regno di Napoli colla Francia, determinando il destino anche della città abruzzese. Fu però cosa breve perché i francesi vennero sconfitti dalla Spagna di Carlo V, che conquistò anche l'Abruzzo, infeudando Sulmona a Carlo di Lannoy, che perse tutti i privilegi che erano stati riconosciuti durante il governo di Ferrante II, riconfermati ancora da Carlo VIII. Lannoy venne a Sulmona con Odet de Foix conte di Lautrec, che installò dei presidi nei territori strategici, come la piana delle Cinquemiglia e a Popoli. Intanto a Sulmona si tentò la ribellione al nuovo feudatario, eleggendo il procuratore Girolamo Capograssi, che si dichiarò fedele al sovrano di Napoli, ma non servì a niente. Lautrech si installò con la forza, pretendendo con vessazioni il pagamento di somme di denaro per le spese di guerra, arrivando a pretendere l'erario anche delle chiese. Morto nel 1528, a Carlo Lannoy successe il figlio Filippo, che si comportò come un despota, scatenando l'ira popolare e del senato dei nobili, che si concluse con transazione nel 1563. Nel 1535 i sulmonesi cercarono con un'ambasciata di riottenere lo status dell'epoca aragonese, ma senza successo, poiché il feudo era stato confermato perpetuamente ai Lannoy. Nel 1558 con Carlo II di Lannoy ci furono altri tentativi dei sulmonesi di un perdere i privilegi, poiché questa seconda richiesta, che sfociò in aperta controversia legale, riguardava proprio il fatto di non vedere più attuati i privilegi aragonesi di cui godevano i cittadini, che furono uno ad uno rimossi. Il Seicento Nel 1604 la dinastia dei Principi Lannoy di Sulmona si estinse, e la città tornò nel regio demanio. Due anni dopo, contro l'illusione dei cittadini di tornare ancora una volta a godere degli antichi privilegi, fu venduta al Principe di Conca, e poi passò ai Borghese; in questo periodo visse l'umanista Ercole Ciofano, che introdusse in città l'arte della stampa, anche se però fu cosa breve. La situazione politico-economica della città nel Seicento apparve, come L'Aquila, cristallizzata, senza particolari eventi d'interesse. I nobili e gli accademici vivevano nelle loro dimore, frequentando circoli autoreferenziali, rimpiangendo il glorioso passato, mentre l'economia era stagnante, né in grave decadenza, ma nemmeno in forte sviluppo. Fatto sta che i monasteri, come quelli di Santa Chiara e dei Santi Cosma e Damiano, andarono lentamente impoverendosi, il nuovo clima politico incise fortemente anche sui mercati e le fiere. Dal punto di vista culturale, a Sulmona nel 1603 fiorì l'Accademia degli Agghiacciati, ispirata all'Arcadia romana nel comporre poesie d'argomento bucolico ed idilliaco classico, tramandandosi il ricordo del poeta locale Publio Ovidio Nasone. Nel 1607 nacque il convento dei Carmelitani presso la chiesetta di Santa Maria lungo l'acquedotto svevo, nel 1620 fu eretto il monastero dei Padri Paolotti presso la chiesa di San Francesco da Paola al cimitero, fuori Porta Napoli, eretto sopra la diroccata Santa Maria delle Grazie. Nel 1626 finirono i secolari litigi tra le due cattedre di San Panfilo e San Pelino, dove ne uscì vincente Valva. Nel 1639 fu costituita la Congrega di San Filippo Neri presso la chiesa affacciata in Piazza Garibaldi, nel 1647, sulla scia della rivolta di Masaniello, anche in città scoppiarono tumulti popolari contro il magistrato, venne assaltato Palazzo Mazzara, mentre l'esercito regio passava da Celano, poi per Popoli, occupando Sulmona con rappresaglie feroci. Il 1647 e il '48 furono anni difficili per Sulmona e per l'Abruzzo, contrassegnati da una grave carestia. Nel 1668 il fenomeno del banditismo colpì anche Sulmona, che subì vari saccheggi sino al 1683, quando il viceré instaurò una truppa speciale per ciascuna città del regno. Nel 1686 si costituì in città la Compagnia del Gesù di Sant'Ignazio, che per beneficio di Francescantonio Sardi, nell'attuale Piazza XX Settembre fondarono il monastero (oggi si conserva solo l'ex convento del Palazzo del Gran Caffè, poiché la chiesa rimase distrutta col terremoto del 1706, e nel primo Novecento se ne vedevano ancora degli avanzi dell'abside). Pianta di Sulmona del Pacichelli La città appare cristallizzata anche nelle carte geografiche, come quelle di Giovan Battista Pacichelli, o in quella del XVI secolo del Braun & Hogenberg. La carta più importante e più dettagliata a fornire un panorama urbano della città nel XVII secolo, prima del 1706, è quella del Pacichelli. La città è mostrata dal lato est, con i due estremi del cardo: Porta Napoli e Porta San Panfilo rispettivamente ad ovest ed est (ossia sud e nord). Chiaramente visibile è il cardo del corso Ovidio, insieme a vaste aree degli orti dei conventi come quello della Cattedrale, di San Francesco della Scarpa e di Santa Chiara, l'acquedotto medievale sulla Piazza Maggiore risulta costituito da doppia cinta, che si collega direttamente col monastero dei Francescani, e si interrompe tra le case, segno che già aveva perso la sua importanza. Partendo da ovest verso est, delle lettere dell'alfabeto indicano i monumenti più importanti: Q è il monastero dei Padri Minimi (ossia San Francesco di Paola), P il convento degli Zoccolanti, ossia di Sant'Antonio, A è Porta Nuova (o Porta Napoli), G è Porta Pacentrana, B è Porta del Crocifisso (o Santa Maria della Tomba), I è il complesso di San Francesco con l'acquedotto, H è il complesso della Santissima Annunziata, C è Porta Bonorum Homunum, K è il convento dei Domenicani, F è Porta Iapasseri, D è Porta Sant'Agostino, che era posta all'imbocco del corso Ovidio dalla villa del Duomo, O è il fiume Gizio, nella mappa posto a nord, ma in realtà situato ad Occidente; M è il fiume Vella, nella mappa a sud, ma in realtà ad est, L è l'abbazia di Santo Spirito al Morrone, il complesso dei Celestini, ed infine ad est (ossia a nord) N ed E rappresentano la Cattedrale e la Porta San Panfilo. Il terremoto del 1706 Nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1706 due fortissime scosse di terremoto sconquassarono la parte sud dell'Abruzzo a confine col Molise, nelle province dell'Abruzzo Ultra II aquilano, dell'Abruzzo Citeriore teatino e del contado di Isernia. La faglia fu riconosciuta sul Monte Morrone-Coccia, presso Campo di Giove: la città di Sulmona fu completamente distrutta, e danni gravissimi si ebbero nei comuni limitrofi di Campo di Giove, Lama dei Peligni, Pacentro, Cansano, Corfinio, Palena, Gamberale, Manoppello, Caramanico Terme, Popoli e Bussi sul Tirino. L'Aquila, già pesantemente danneggiata nel 1703, subì ulteriori danni, la scossa fu avvertita anche nel Lazio, nella Campania e nella Puglia foggiana. Nella valle Peligna le vittime furono 2.400, e più di mille soltanto a Sulmona. Testimonianze storiche sono oggi giunte a noi, in una relazione del viceré Marchese di Vigliena. Nella sua relazione, oltre alla descrizione dei danni nei vari centri limitrofi della Maiella, si parla soprattutto della desolazione di Sulmona, un tempo definita la "Siena degli Abruzzi". Solo il convento dei Cappuccini, il campanile della chiesa dell'Annunziata e il Palazzo del questore Galparo Monti erano rimasti in piedi, e nel resto tutti gli edifici erano abbattuti con gravissimi danni. Tra la popolazione, fuggita nelle campagne, si diffuse il panico, temendo il castigo divino per il terremoto, nella Maiella si aperse una frana, da cui uscì zolfo. La testimonianza del fumo di zolfo uscente dalla Maiella la dette anche il duca Acquaviva di Atri, venuto in città per offrire denaro e soccorsi. La ricostruzione avvenne abbastanza celermente, ma molti secoli di storia medievale e rinascimentale della città andarono perduti per sempre, poiché molte chiese e palazzi dovettero esser ricostruiti daccapo, e ciò si vede nelle chiese di Santa Chiara, della Santissima Annunziata nel Duomo di San Panfilo, nelle chiese di San Gaetano, San Pietro, nella chiesa di San Filippo Neri, nella chiesa del Carmine. Fino alla metà dell'800 inoltre il complesso di Sant'Agostino rimase in abbandono, e sopravviveva solo la facciata che si trovava prezzo Piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazzale Carlo Tresca), che fu smontata e ricollocata presso la chiesa di San Filippo su Piazza Garibaldi, visto l'alto valore storico del portale gotico. Solo sparuti elementi medievali sopravvissero alla catastrofe del 1706, ossia la chiesa di Santa Maria della Tomba, il cui interno fu ripristinato negli anni '60 in stile gotico, la casa di Giovanni Sardi e la porzione dell'acquedotto svevo nella piazza. Fatti del Settecento La ricostruzione della città avvenne simbolicamente con gli edifici della Cattedrale e del nuovo Episcopio nel 1713, con la viva partecipazione del papa Clemente XI. Nel 1744 scoppiò la guerra tra Spagnoli e Austriaci per il possesso del regno, e l'Abruzzo venne coinvolto. Gli spagnoli, guidato dal duca di Modena, che entrò insieme al duca di Castropignano nella città, riunendosi in un presidio di guerra dentro la Cattedrale per decidere il da farsi. Il barone Vincenzo Mazzara ospitò nel suo palazzo il quartier generale delle truppe, e divenne capo della coalizione per ricacciare gli austriaci, mentre questi scendevano in Abruzzo da Teramo e L'Aquila. Tuttavia non ci fu verso di contrastarli, poiché fino al ritorno al potere di Carlo III di Borbone, gli Austriaci governarono il regno di Napoli. A Sulmona si riaccesero delle diatribe riguardo l'ordinamento amministrativo, temendo nuove spoliazioni, dopo quelle avute col Conte di Lannoy. Tuttavia non cambiò quasi nulla, vennero soltanto scelti dei baroni-sindaci che amministravano la giustizia e la politica dei feudatari, in nome del sovrano. Una decina d'anni dopo nel 1764 ci fu una grave carestia, e il prezzo delle salme e del grano dovette essere rivista. I popolani suonarono la campana del convento dei Frati Minori Cappuccini, chiamando la gente a rapporto, che assediò la casa del sindaco. Benché i colpevoli vennero arrestati e processati, alla fine per evitare nuovi tumulti il prezzo del grano venne ribassato. La notte del 6 febbraio 1777 ci furono nuove forti scosse di terremoto, anche se i danni non furono considerevoli, ma tanto bastò perché i cittadini il 28 maggio si accordassero con quelli di Ascoli Piceno per eleggere Sant'Emidio compatrono. L'occupazione francese del 1799 Un considerevole episodio della storia sulmonese riguarda i tumulti abruzzesi contro i francesi nel 1798-99. In seguito ai fatti politici che coinvolsero Ferdinando I delle Due Sicilie, all'arrivo dei francesi di Gioacchino Murat nel 1798, il 15 dicembre le masse del Regno di Napoli, capeggiate dai nobili filoborbonici, dettero via ad insurrezioni e squadre di controllo di matrice antigiacobina. L'arrivo dei francesi in Abruzzo iniziò con la conquista di Rieti e Terni alla volta di L'Aquila, quando il generale Lemoine sconfitte le truppe del generale Sanfilippo a Terni, entrò a Cittaducale senza incontrare alcuna resistenza. Il Camerlengo dell'Aquila Giovanni Pica indisse una pubblica riunione nella Cattedrale di San Massimo per incitare la popolazione a prendere le armi, per ostacolare l'avanzata francese presso Antrodoco, ma l'inesperienza militare delle masse determinò anche questa sconfitta, e Lemoine entrò a L'Aquila il 16 dicembre, conquistando il Castello spagnolo e ponendo il quartier generale. Il bando di guerra dell'amministrazione provvisoria della città del generale Lemoine venne fatto pervenire a Duhesme, avvisandolo dei suoi movimento verso Sulmona. Il messaggio fu ricevuto a Tocco da Casauria, nel quale si contenevano le disposizioni generali per occupare e amministrare la città, con obbligo di donare armi, campane, denari, e di abbandonare la fede cattolica, cedendo i tesori delle chiese e delle congreghe. Lemoine, lasciato un presidio a L'Aquila, partì verso il mare di Pescara, passando per Sulmona e Popoli, dove l'attendeva il generale Duhesme, che aveva conquistato l'Abruzzo settentrionale di Teramo, passando per il Tronto. Passata la valle Peligna e l'alto Sangro, i francesi arrivarono il 23 dicembre a Pescara, dove la fortezza borbonica fu occupata. Il 16 dicembre fu terminato il saccheggio dell'Aquila, e tumulti si ebbero anche a Sulmona. Le truppe francesi si dimostravano sprezzanti, irruente e voraci nei confronti delle ricchezze delle città e della miseria della popolazione. Ad esempio a Popoli, nell'atto notarile di Michele Antonio Carosi, si comprende come i francesi intirizziti dal freddo, si fossero abbandonati immediatamente al saccheggio, con fuga della popolazione. Il 24 dicembre i francesi entrarono a Popoli mettendo a ferro e fuoco il paese, devastando anche le chiese, senza ritegno, occupando la taverna ducale per il pagamento dei dazi, fecero il quartier generale nella casa di don Vincenzo De Vera, e dopo aver depredato le dispense, incendiarono l'abitazione. In questo momento in Abruzzo si ebbero i primi focali del brigantaggio, poiché i contadini di Popoli, dopo che ebbero ritrovate le donne con i bambini morti assiderati, poiché erano fuggiti dal paese, si accordarono per scacciare il nemico. Il popolese Pietro Rico presso il lanificio Cantelmo uccise a fucilate il generale Point, secondo di Lemoine, che rispose con efferata durezza, scatenando la guerra civile. I popolesi resistettero, ma essendo meno equipaggiati e in minor numero, presto abbandonarono la città, i francesi rientrarono a Popoli e nuovamente la saccheggiarono, stavolta per vendetta, ma non mancarono episodi di eroismo civile, come una donna che con una pietra uccise un capitano francese, ma venne giustiziata immediatamente. Tutto ciò avvenne il 25 dicembre, giorno di Natale. I francesi, dopo aver saccheggiato L'Aquila e il suo contado, la Marsica ed Avezzano, nei primi di gennaio del 1799 si diressero verso Napoli., dovendo passare per Sulmona. Il generale Duhesme dette ordini a Rusca, Monnier e Thiébault di presidiare i principali centri di Pratola Peligna, Corfinio (allora Pentima) e Roccacasale onde evitare nuovi tumulti, poiché in quel periodo l'introdacquese Giuseppe Pronio, prefetto di Chieti, aveva iniziato una campagna antifrancese più organizzata degli isolati tumulti popolari. Giuseppe Pronio infatti volle attaccare i francesi presso il castello di Roccacasale. La battaglia iniziò presso l'eremo di San Terenziano di Corfinio, dove Pronio fece rovinare nella strada da Popoli a Sulmona una gran quantità di sassi, accompagnata da sparatorie. Il capitano Rusca si vendicò contro la popolazione di Roccacasale con esecuzioni sommarie, credendo che i cittadini parteggiassero per il Pronio. Costui si accordò con il barone Giuseppe Maria De Sanctis, per bloccare l'avanzata francese, per cui scoppiò una guerriglia durata 5 giorni, terminata il 14 gennaio con l'arrivo di rinforzi francesi. Pronio si asserragliò nel castello medievale posto in cima al paese, resistendo 3 giorni, fino alla morte quando salì sulla torre maestra per difenderla. Il 5 gennaio i francesi compirono a Roccacasale una tremenda carneficina di civili, credendoli cospirazionisti, come si legge nell'archivio parrocchiale del comune. Nonostante la morte di Giuseppe Pronio, si costituì una nuova lega anti-francese dei comuni di Bugnara, Anversa degli Abruzzi e Introdacqua capeggiata dal sacerdote don Gaetano Gatta e da Giovanni Raffaele d'Espinosa, che combatterono i francesi a Roccacasale il 15 marzo. I francesi alla fine procedettero verso Sulmona, non prima di aver compiuto l'ennesimo saccheggio. Il 24 dicembre 1798 le truppe di Lemoine erano entrate a Sulmona, senza che i cittadini opponessero resistenza, e la città non fu saccheggiata, data l'importanza militare che poteva avere. Tuttavia ci furono alcuni episodi d resistenza, con 30 fucilati; Lemoine vi ripasserà il 29 dicembre, e combatterà contro Giuseppe Pronio presso Corfinio; intanto il capitano Rusca, concluso il saccheggio di Popoli, rioccupò Sulmona il 2 gennaio 1799, seguito da Duhesme, e scoppiò la rivolta popolare. Pronio all'alba del 4 gennaio con la sua banda di pastori, contadini e carcerati giunse alla chiesa di San Domenico da Porta Iapasseri, dove si trovavano le truppe del Duhesme, e si unì alle truppe di Giovanni Raffaele d'Espinosa: simulando di nascondere zappe sotto i pastrani e mantelle, aprirono il fuoco al segnale contro i francesi, e ben presto il sestiere fu cinto d'assedio: Giuseppe Pronio appiccò il fuoco alla caserma del convento, costringendo il grosso delle truppe a fuggire, il combattimento durò tutto il giorno, con gettiti d'acqua bollente, tegole, sedie, sassi, e tanto forte fu la reazione della popolazione civile che si unì alle truppe armate che i francesi dovettero abbandonare la città. Costoro però in breve tempo ricevettero rinforzi da L'Aquila e attaccarono nuovamente Sulmona, e stavolta Pronio dovette ritirarsi a Introdacqua, seminando la strada di alberi abbattuti per rallentare l'inseguimento. Sulmona temette un grave saccheggio, impedito però dal fatto dell'arrivo del generale Lemoine per acquartierare l'esercito, tuttavia Duhesme fece fucilare gli insorti: i francesi rimasero a guardia della città fino al 5 gennaio, quando le trippe di Duhesme partirono il 9 per Isernia. La vendetta degli abruzzesi però giunse presso Castel di Sangro, nel passaggio di Rocca Valleoscura (oggi Rocca Pia) e Pettorano sul Gizio, il 10 gennaio 1799. Giuseppe Pronio, temendo che anche la sua Introdacqua venisse attaccata, decise di non attaccare i francesi nel passo di Valleoscura, benché avesse potuto compiere una vera carneficina per le favorevoli condizioni geologiche del passo. All'arrivo presso Castel di Sangro, i francesi trovarono la strada sbarrata da barricate, mentre in paese il popolo aveva sbarrato porte e trasformato le chiese ed i conventi in vere fortezze militari. Il generale Thiébault attaccò Castel di Sangro, e dopo sanguinosi combattimenti riuscì ad espugnarla, avendo perso però moltissimi uomini. Altri uomini mandati da Sulmona in soccorso dei francesi dalla brigata di Monnier, vennero uccisi dal freddo inverno presso Pettorano, moderno assiderati. Il Risorgimento e il primo Novecento Nel 1806 Napoleone Bonaparte decretò la fine del feudalesimo, quando il Regno di Napoli passò in mano al fratello Giuseppe Bonaparte, Sulmona entrò in un distretto proprio, compreso nella provincia di Abruzzo ulteriore secondo; nel 1815 Ferdinando IV di Borbone (ossia Ferdinando I delle Due Sicilie) divenne sovrano del neocostituito Regno delle Due Sicilie. Nel frattempo la svendita dei feudi in Abruzzo vide svilupparsi l'economia capitalistica delle maggiori città di L'Aquila, Avezzano, Cittaducale e Sulmona. Il rapporto tuttavia tra clero, contadini e sovrano di Napoli si andò guastando sempre più, quando nel 1820 iniziarono i primi focali carbonari a Nola, Avellino e Salerno. Presso Sulmona e la Marsica, in un primo momento prese l'iniziativa carbonara don Pierantonio Sipari da Pescasseroli, ex murattiano, quando si propose di vendere per via di Giandomenico Cerri il comune di Avezzano (26 luglio). Nel primo gruppo carbonaro marsicano figuravano il Gran Maestro Gialloreto Tomassetti, e personaggi delle famiglie Alojsi, De Clemente, Spina, Porcari, Jatosti, Lanciani, Mosca, Brogi, Ranieri, Mattei e via dicendo. La legge costituzionale prevedeva un deputato ogni 70.000 abitanti e nell'Abruzzo Ultra II (attuale provincia aquilana) si riuscirono a eleggere quattro rappresentanti del Parlamento Nazionale: Antonio Ferrante, Giuseppe Coletti, Valerio Mancini, Giampietro Tabassi, e il mazziniano don Francesco Saverio Incarnati. I tentativi di svecchiamento dell'antico regime monarchico borbonico terminarono il 29 gennaio 1821, quando Ferdinando I si rimangiò la parola della promulgazione della costituzione, scatenando tumulti popolari a Napoli e in Sicilia, mentre il Papa-Re di Roma firmava scomuniche per tutti i giacobini-mazziniani. Dopo la sconfitta dell'esercito costituzionale mazziniano il 7 marzo 1821 nella battaglia di Antrodoco, le truppe austriache di Giovanni Filippo Frimont entrarono prima a L'Aquila e poi nella Marsica, costringendo i carbonari alla fuga. Mentre ad Avezzano si instaurava un regime atto a perseguire ogni tentativo di liberalismo, a Sulmona figurò il tipografo Ubaldo Angeletti, arrestato e poi rilasciato per sospetto di affiliazione alla carboniera. Il clima, benché i principali eventi della carboneria abruzzese si consumarono tra L'Aquila e Avezzano, era sempre teso anche nella valle Peligna, dove ad esempio nel dicembre 1814 fu decapitato il carbonaro Gaetano Cercone di Pacentro, il quale organizzò una congiura per far cadere il governo. Nel corso del 1848 e del 1860 a Sulmona figurò il pensatore Panfilo Serafini, nato nel 1817, e studiò retorica e filosofia nel seminario vescovile di Sulmona. Completò la formazione a Napoli nel 1838, seguendo la scuola di Pasquale Galluppi, che introdusse in Italia la filosofia di Immanuel Kant. A Napoli, Serafini divenne giornalista presso "Il progresso", nel 1846 insegnò nel seminario dell'abbazia di Montecassino, per poi tornare a Sulmona come insegnante di lettere e filosofia. Il suo insegnamento si ispirava ai principi liberali, condivisi da altri connazionali abruzzesi come Silvio Spaventa, Cesare de Horatiis e Clemente de Caesaris. Nel 1849 l'istituto dove Serafini insegnava le sue teorie venne chiuso dal re, e il maestro dovette subire l'esilio. Ciò accadde nella notte del 27 aprile 1849, quando venne affisso un manifesto con dei versi che ridicolizzavano la politica repressiva di Ferdinando II delle Due Sicilie. Serafini si rifugiò prima ad Introdacqua, e poi a Roma, dove venne arrestato l'11 novembre 1853, incarcerato a L'Aquila insieme ad Ubaldo Angeletti. L'anno successivo la corte dell'Aquila lo condannò a 20 anni di lavori forzati e pagamento di 200 ducati. Alla fine Serafini scontò solo 5 anni prima a Montefusco, poi Montesarchio. Graziato nel 1859 per essersi ammalato di tisi, si ritirò a Chieti, e poi nel 1861 tornò a Napoli, divenendo Ispettore Distrettuale degli Studi di Napoli. Morì a 47 anni nel 1864. Sulmona nel 1860 accolse calorosamente la visita di Vittorio Emanuele II in viaggio per Chieti e Pescara a cavallo, lungo il percorso dal Nord Italia a Teano per incontrare Garibaldi, e venne firmata la petizione popolare per l'annessione al Regno d'Italia. Nonostante i primi clamori di gioia per far parte del nuovo Regno unificato, anche in Abruzzo si fecero evidenti i segni del malcontento popolare per la crisi economica. E presto anche la valle Peligna venne funestata dal fenomeno del brigantaggio postunitario; anzi ne divenne uno dei covi principali presso la montagna Maiella, dove si costituì la "banda della Maiella". Nel 1861 una banda di oltre 50 membri imperversò nell'Abruzzo Citeriore, da Caramanico Terme a Guardiagrele, da Palena a Salle, da Pereto a Roccacasale. La comitiva brigantesca suscitò panico tra la popolazione, poiché le imboscate erano frequenti, con saccheggio del bestiame, sequestri di persona, estorsioni e omicidi isolati, ma raccolse anche l'adesione di scontenti braccianti del contado. A Sulmona si crearono barricate difensive presso le mura, che venne rifortificate, e ripristinando per un momento Porta Sant'Agostino all'ingresso della città. I briganti più noti della zona furono Domenico Valeri, alias "Cannone" e Croce di Tola, i quali insieme ai loro accoliti trovavano facile rifugio nelle cave e nelle gole della Maiella, dove spartire il bottino dopo le razzie. Tra i briganti più temuti nel 1861 c'era Antonio La Vella di Sulmona, che capitanava la "banda dei Sulmontini", che operò solamente nella valle Peligna, fino al Bosco di Sant'Antonio di Pescocostanzo, e non superò i 30 elementi. Attivissima fu la banda degli Introdacquesi, che aveva rifugio sul Monte Plaia, e presso Scanno, capeggiata da Pasquale Mancini, il quale con Luca da Caramanico emerse tra le file dei carcerati latitanti, insieme agli sbandati dell'esercito borbonico. Nei dintorni di Pacentro, Roccacasale, Pratola Peligna e Popoli si compivano svariati omicidi, sequestri di persona, e il bandito più famoso di queste bande fu Primiano di Campo di Giove, preso e ucciso nel 1866, che portò le sue scorribande fino ai confini di Chieti e del Molise di Venafro. Vincenzo Tamburrini, nel circondario di Sulmona, non compì omicidi, ma solo ruberie, e si fece beffe dei carabinieri presentandosi in vari travestimenti. La banda più longeva fu quella di Croce di Tola da Roccaraso, sciolta nel 1871 per cattura del capo, fucilato l'anno seguente. La repressione avvenne per via dell'esercito piemontese, anche se fu faticosa e dura alle pendici della Maiella, dove venne costruito un piccolo fortino del Blockhaus, sopra il monte di Pretoro. In questa zona, al confine con Caramanico Terme e Serramonacesca, i banditi scolpirono la cosiddetta "tavola dei briganti" sul calcare della Maiella, che recita: Leggete la mia memoria per i cari lettori. Nel 1820 nacque Vittorio Emanuele Re d'Italia. Prima era il regno dei fiori, ora è il regno della miseria, con una serie di nomi degli affiliati alle varie bande. Nel secondo Ottocento, Sulmona, nonostante la crisi economica, non attraversò anni bui, anzi la modernizzazione della città portò grandi benefici, ancora oggi visibili, come la costruzione del nuovo acquedotto, che terminava sotto piazza Garibaldi (intitolata al patriota nel 1880) dove venne eretta la fontana monumentale; le mura vennero smantellate per permettere l'espansione delle case coloniche, vennero costruite caserme nuove, istituti di studio, il campo incolto davanti al Duomo venne bonificato e fu costruita la villa comunale per il passeggio, venne creato lo slargo all'ingresso del corso dedicato a Vittorio Emanuele, e costruiti nuovi ponti sopra il Gizio e il Vella. Alla fine del secolo venne inaugurata anche la ferrovia Sulmona-Isernia (1897), presso la cui stazione arrivava la strada ferrata dall'Aquila (1882) che passava per Avezzano, e dalla città peligna venne costruito un secondo ramo che portava fino a Pescara passando sotto lo scalo di Chieti. Nel corso del Novecento, presso Castel di Sangro (1912-1915) venne costruita la nuova tratta ferrata della ferrovia Sangritana, che dalla montagna delle Cinque Miglia avrebbe collegato i comuni della Maiella orientale fino al mare di San Vito Chietino, attraversando l'importante città di Lanciano. Nel 1915 la città fu danneggiata, non particolarmente, dal grave terremoto di Avezzano che sconvolse completamente la Marsica, radendo al suolo intere città. Il fascismo e il terremoto del 1933 Nel 1922 Sulmona accolse il podestà, incaricato dal governo fascista di amministrare la città. Il fascismo e Sulmona si integrarono abbastanza pacificamente, nonostante sporadici episodi di violenza e protesta. La politica continuò a promuovere le attività economiche principali, come la transumanza, l'artigianato, le prime industrie, e soprattutto l'attività confettiera iniziata nel 1783 dalla famiglia Pelino. Nel 1925 venne inaugurato il monumento a Ovidio nella Piazza XX Settembre, e negli anni seguenti furono costruiti edifici ancora oggi visibili, come lo stadio Francesco Pallozzi, l'ex Casa del Fascio in via Gramsci, la costruzione del palazzo dei grandi magazzini all'ingresso del corso, con i portici in stile razionalista. Nell'ottobre 1929 però ci fu una dimostrazione di 2000 persone contro l'inasprimento delle tariffe del dazio, e il commissario prefettizio venne preso a sassate, due carabinieri restarono feriti, e 13 furono gli arresti. A rendere la situazione molto tesa fu anche un ennesimo terremoto. La mattina presto del 26 settembre 1933, verso l'una di notte, ci fu una scossa con epicentro nella Maiella, e alle 3 una seconda più forte fu avvertita sul versante orientale dei comuni di Palena e Lama dei Peligni. Alle ore 4 la terza, più forte, causò i danni maggiori, classificata del IX grado della scala Mercalli, cioè distruttiva. I danni maggiori si ebbero a Lama, Palena, Taranta Peligna, Colledimacine, Fara San Martino, Gessopalena, Civitella Messer Raimondo, mentre i comuni a ridosso del versante occidentale come Roccacasale, Pacentro, e Popoli non ebbero particolari danni. Al contrario rilevanti danni si ebbero a Caramanico, dove il castello venne abbattuto, e a Salle vecchia, il cui antico abitato sprofondò a valle, rendendosi necessaria la costruzione di un villaggio completamente nuovo, chiamato Salle del Littorio. L'ospedale di Popoli fu seriamente danneggiato, i morti furono in tutto dodici, 65 i comuni colpiti dal sisma. Il resoconto degli edifici danneggiati o inagibili ammontava alle 10.000 case, e il governo in brevissimo tempo stanziò dei fondi per una celere ricostruzione, predisponendo un ufficio speciale del Genio Civili a Chieti, tuttora esistente. i lavori iniziarono il 7 ottobre 1933, e si conclusero già a dicembre. Il fascismo a Sulmona terminò la sua storia, prima della collaborazione nazi-fascista nel 1943-44, con l'assassinio dell'anarchico sulmonese Carlo Tresca a New York il 9 gennaio 1943, fiero oppositore del fascismo nell'America, dove impedì le adesioni degli italiani al partito. Seconda guerra mondiale Durante l'occupazione tedesca, Sulmona assunse un ruolo importante per la mobilità delle truppe e dei materiali bellici, per via dello snodo ferroviario delle quattro linee dirette a Roma (via Avezzano), Pescara, Napoli (via Castel di Sangro), e Terni (via L'Aquila). A poca distanza a Pratola Peligna sorgeva uno stabilimento adibito a polveriera per la fabbricazione di munizioni, e ciò risultò un buon centro di acquartieramento delle truppe, e successivamente per la cattura di prigionieri politici, e di combattenti nemici da internare in campi di lavoro, data l'asprezza del territorio del Morrone. Sulmona si trovava inoltre nei pressi della "linea Gustav" fortificata dai tedeschi da Ortona fino a Cassino, e ciò comportava il rischio di incursioni aeree degli alleati, incursione che ci fu il 30 agosto 1943 presso la stazione ferroviaria. Il campo numero 78 di Fonte d'Amore venne costruito per imprigionare i militi anglosassoni, provenienti soprattutto dalle operazioni belliche in Africa, e venne realizzato ampliando un campo di guerra già esistente per le operazioni belliche del 1915-18. Il campo di prigionia fu inaugurato nel 1940 e continuò la sua attività fino al settembre 1943, quando dopo la notizia dell'armistizio, le guardia e i gerarchi nazifascisti abbandonarono il controllo della città, permettendo l'evasione di massa dei prigionieri, che furono aiutati dai pastori e dai cittadini locali a scalare la montagna, per raggiungere le città di collina e di pianura, nonché il gruppo ribelle della "Brigata Maiella", che preparava l'attacco contro i nazisti. Tuttavia da parte dei tedeschi che avevano il comando in città ci furono vari rastrellamenti di dissidenti politici e cospiratori contro il governo nazifascista, che favorivano la fuga dei prigionieri. Il campo oggi è in abbandono, benché sia ancora conservato, ed è costituito da una grande muraglia perimetrale che cinge il campo vero e proprio con le baracche dei prigionieri molto semplice, dal tetto a spioventi, e la baracca maggiore dove c'era la sede delle massime autorità. Nella tarda serata del 13 settembre 1943, dopo l'armistizio dell'8, giunsero a Sulmona i tedeschi. Il 14 venne affisso nei comuni della vallata il primo manifesto del comitato militare germanico. Il 23 un manifesto del commissario prefettizio invitò la popolazione alla "scrupolosa obbedienza", mentre nasceva a Salò la Repubblica Sociale Italiana. Il carcere della Badia fu svuotato, e i detenuti politici che vi erano rinchiusi furono condotti presso la stazione, e caricate per partire verso i campi di sterminio della Germania. Tra di essi c'era anche il giornalista Giovanni Melodia, che raccontò nelle sue memorie come i detenuti del carcere riuscirono a liberarsi, poiché le guardie avevano abbandonato le loro postazioni. I prigionieri studiarono il percorso da seguire lungo il Morrone, ma al momento di giungere presso l'ufficio del direttore, furono accolti a fucilate: 5 furono i morti e 8 i feriti. Quando giunsero i tedeschi il direttore del carcere abbandonò la postazione, facendo fuggire dapprima i prigionieri politici britannici, che furono ospitati nelle campagne dalla popolazione. I restanti prigionieri, tra cui il Melodia, furono fatti uscire dalla pattuglia di tedeschi giunta a Sulmona, e fatti sfilare lungo la stazione per la nuova destinazione. Il 27 agosto 1943 la stazione era stata bombardata dagli aerei anglo-americani per bloccare il passaggio delle merci. Rimasero uccisi 100 uomini, tra cui i ferrovieri, per cui venne innalzato nel dopoguerra un monumento speciale. Il 30 maggio 1944, quando la stazione era stata in parte ripristinata, un nuovo bombardamento alleato distrusse completamente la stazione, rendendo inservibili i binari. 52 furono i morti. Benché Sulmona non abbia subito la distruzione casa per casa della tecnica della "terra bruciata", adottata dai tedeschi per arrestare l'avanzata americana nei vari borghi della "linea Gustav", a cominciare dalla città di Ortona, ci furono ugualmente dei morti per rappresaglia nazista, o per mitragliamento degli aerei americani, che attaccavano a sorpresa, per cogliere impreparati i tedeschi. Il 30 maggio 1944 ci fu un mitragliamento violentissimo degli alleati, che forse scambiarono Piazza Garibaldi con Piazza XX Settembre, e uccisero 50 civili, tra i quali dei tedeschi che avevano fatto da scudo umano per il loro generale, tutti ammucchiati ai piedi della statua di Ovidio. Il mitragliamento di quel giorno interessò anche Piazza Garibaldi, nella zona dell'acquedotto, dunque una postazione abbastanza scoperta, dove delle ragazze fecero da scudo umano per salvare la vita a un bambino. Dal secondo dopo guerra all'attualità Dopo la liberazione americana, la città si riprese abbastanza in fretta, divenendo uno dei maggiori centri di produzione dell'Abruzzo centrale, grazie anche al ripristino della ferrovia. Negli anni '50 vennero costruite nuove infrastrutture fuori le mura, i primi impianti industriali nella campagna verso Pratola, e nuove vie di comunicazioni statali. Significativi furono gli episodi delle rivolte contadine degli anni '50, culminate nella Marsica con l'eccidio di Celano. A Sulmona la sommossa durò dal 2 al 3 febbraio 1957, al grido dell'espressione dialettale "Jamm' mò" (Andiamo ora!). A scatenare le sollevazioni della popolazione fu la soppressione del Distretto militare, un colpo grave all'importanza amministrativa della città, in un contesto politico abruzzese che stava lentamente minando tutte le comunità di montagna, L'Aquila compresa, per concentrate tutte le risorse verso la costa di Pescara, Vasto e Montesilvano. La sollevazione sulmonese ebbe eco in tutta Italia, tanto che dall'Aquila giunsero reparti corazzati e l'esercito in assetto da guerra. Il prefetto aquilano Ugo Morosi venne invitato a lasciare la città, ma si diresse verso il comune, e ciò fu visto dai cittadini come una provocazione. Il Palazzo San Francesco con il sindaco dimissionario Panfilo Mazzara venne preso d'assalto, ma alla pronta reazione dell'esercito, la popolazione iniziò a filare per le vie della città, al grido di "Jamm mò!". Tuttavia le giornate di Sulmona si conclusero con il trasferimento a Chieti del servizio militare, e con il depotenziamento della caserma Battisti. Nel 1979 un altro fatto increscioso colpì la città, poiché il 3 giugno una comitiva di tifosi aquilani che andava a Cassino per la partita della promozione in C2, avvenne un grave incidente presso gli archi dell'acquedotto medievale. L'autobus dei ragazzi tifosi, in segno di sfregio goliardico verso la città, si apprestò a passare sotto uno degli archi, ma essendo troppo largo, rimase incastrato nelle mura, e sporgenti dal finestrino c'erano le teste di 4 tifosi: Carlo Dionisi, Maurizio Climastone, Paolo Centi e Carlo Risdonne, che morirono sul colpo. Oggi una lapide commemorativa è scolpita sotto l'arco dell'acquedotto dove si consumò la tragedia, a ricordo dell'avvenimento così triste. Nel corso degli anni successivi Sulmona migliorerà l'offerta ricettiva per il turismo culturale (molto frequentati gli aventi della Giostra cavalleresca sulmonese, della Processione del Venerdì santo e della Madonna che scappa il giorno di Pasqua) e gastronomico, vista la sempre più crescente importanza del confetto sulmontino, per cui non solo la famiglia Pelino si adoperò per una produzione sempre più crescente, ma fu spalleggiata anche dalla famiglia Cocco, e dalla ditta Marcone. Nel 1991 Sulmona insieme a Guardiagrele divenne sede amministrativa del parco nazionale della Maiella, che ha notevolmente contribuito a migliorare l'offerta turistica dell'hinterland. Tuttavia alcuni mali che affliggono la società odierna sono la stagnante situazione economica, e il semi-isolamento economico causato dalle montagne, e dal fatto di altre realtà economiche come L'Aquila ed Avezzano, il che ha causato un lieve spopolamento, e una stagnazione socio-amministrativa che lascia trasparire un clima di decadenza.
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Storia di Vasto
La storia di Vasto percorre un lungo arco temporale, partendo dal periodo greco-romano, passando per la decadenza medioevale, la rinascita signorile e rinascimentale, e i prestigiosi secoli XVIII e XIX, dove la Città proclamata per concessione di Carlo III nel 1710 acquisì l'appellativo di "Atene degli Abruzzi" grazie alla sua produzione culturale, artistica e letteraria, fino ad arrivare ai giorni nostri. Età antica La leggenda vuole che la città fosse fondata da Diomede, re d'Etolia, che, dopo l'assedio di Troia, sbarcò con il suo popolo in Italia meridionale fondando diverse città. L'antico nome di Histon da lui dato sarebbe dovuto al fatto che il suo promontorio dal mare ricordasse il monte Histone di Corfù. I coloni greci furono indotti a stabilirsi in loco per via dell'industria e il commercio della lana. Di certo, intorno al V secolo a.C. si stanziarono i Frentani nella zona nord di Vasto (Punta Penna), fondando il centro noto come Buca, ed entrando in stretto contatto con le popolazioni dei Sanniti e delle colonie greche del Sud Italia e della Sicilia (fra cui Siracusa). Ci sono altresì teorie su un antico centro abitato sprofondato per bradisismo al largo dell'attuale Faro, noto come "Aspra", la cui esistenza si cela tra leggenda e testimonianze di pescatori e archeologi subacquei. In seguito, dopo il 305 a.C., l'influsso romano fece costruire vari edifici in parte ancora visibili oggi. Tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. (dopo la Guerra sociale del 91-98 a.C.) entrò definitivamente nell'orbita romana con lo status di foederati (alleati). Nel 91 a.C. il popolo di Histonium, insieme a tutti i popoli italici prende parte alla confederazione dei popoli italici per ottenere il titolo di municipio. Il dittatore Fabio Massimo fece restaurare il campidoglio. La città fu devastata da Silla nella lotta contro Mario e ricostruita e nel 117 venne inserita nella provincia del Sannio. In seguito la città man mano perse d'importanza e decadde. I vari edifici romani furono saccheggiati durante le invasioni barbariche subendone anche le lotte che si susseguirono fino in epoca feudale. Il centro abitato, che si era andato formando qualche chilometro più a sud, divenne municipio romano e fu latinizzato da Histon in Histonium, acquisendo importanza in età imperiale. Degli esempi lasciati dalla cultura romana sono la trama viaria ortogonale visibile soprattutto nella parte nord del centro storico di cui sono ancora riconoscibili il Decumano e il Cardine massimi, le Terme, diversi luoghi di culto, un anfiteatro (sotto l'attuale Piazza Rossetti), una cinta muraria cittadina (inglobata in quella medioevale successiva), ville e necropoli attestate fuori dal centro urbano. Un vastese illustre di epoca romana fu il tredicenne Lucio Valerio Pudente, incoronato poeta nel 106 in Campidoglio da Traiano, durante i Giochi Capitolini che si svolgevano a Roma, e ricoprendo in seguito la carica di curatore delle rendite pubbliche durante l'impero di Antonino Pio. Ipotesi sulle origini di Vasto I villaggi di Punta d'Erce Secondo le ipotesi dello storico locale Luigi Marchesani nella sua Storia di Vasto: Città in Abruzzo Citeriore (1838), la città di Histonion sarebbe stata fondata dagli Etruschi, oppure dai Liburni, basandosi su ipotesi fatte già da Strabone, e congetturate poi anche da Domenico Romanelli. Anch'egli riporta la leggenda della fondazione dei traci da parte dell'eroe mitico Diomede che circa nel 1184 a.C. approdò nelle coste adriatiche, conquistando anche le Isole Tremiti. Buca Nella zona di Punta Penna secondo molti scrittori, tra cui Marchesani e Muzio Febonio, si trovava la città frentana di Buca, riportata anche nella Naturalis historia da Plinio il Vecchio, e da Pomponio Mela. Tuttavia la menzione sin dagli antichi di Buca, non scongiura il fatto che potesse trattarsi di un'altra città rispetto a quella vastese, come già si chiedeva il Romanelli, poiché esistono lungo la costa adriatica varie località con questo nome, a partire dall'antica Peucezia presso Bari, poi Teano Appulo (Larino), e infine Termoli. I ruderi di Buca, che sarebbe franata a mare nel XV secolo, consistono nelle vestigia di un teatro romano, rinvenuti nel 1429 circa da Giacomo Caldora allora capitano di Vasto, e poi dai membri della famiglia D'Avalos, per decorare il palazzo marchesale del Vasto, dopo la distruzione turca del 1566. Di recente una colonna romana è riaffiorata dalla spiaggia di Punta Aderci. Due lapidi ivi dissotterrate dimostrano come Buca fosse una città fiorente di mare, e che sorgesse appunto presso Punta Penna. Una di queste dice: "I Teramani, gli Istoniesi, e i Bucani, al benemerito Marco Flavio, figlio di Quinto, Quatuorviro a giudicare le liti edili, Curatore delle strade Valerio-Claudia e Traiano-Frentana, il funerale, il sepolcro marmoreo e la maceria decretarono."; mentre un'altra lapide di Antonino Pio riguarda una riconoscenza pubblica Scavi del 1882 presso un fabbricato del porto, fu rinvenuta una colonna in marmo bianco venato, alta 1, 16 metri, con l'iscrizione frammentaria: "NNNN Costantino Max Aug...et Constantino...et Constantio...bbb Caesar M. III"; si tratta di un cippo posto lungo il tracciato della via Traiana in direzione di Brindisi, e ciò è confermato anche dai rinvenimenti di un'antica stazione di servizio romana posta presso Lido Casalbordino. Il porto di Buca si trovava lungo cala Mottagrossa, nel principio del IX secolo, quando Pipino il Breve entrò nella provincia Arniense per reprimere la ribellione di Grimoaldo, questo approdo fu distrutto insieme alla città, e ciò accadde anche con le invasioni saracene e ungare, determinandone la definitiva scomparsa, anche per gli smottamenti successivi verso il mare. Villaggio di Aspra Una leggenda vuole che nella parte del promontorio volta più verso il mare, oggi scomparsa per frane, si trovasse la città di Aspra, sommersa appunto per un cataclisma naturale. Ciò è confermato al livello storico sia da Marchesani, Romanelli sia da Giuseppe Del Re Il toponimo deriverebbe dall'abbondanza nel piccolo golfo della specie di "pesce mandorla" (infatti si ricorda una grande pesca nel 1928 di oltre 180 quintali di mennole). In uno studio del 1989 di Michele Benedetti, si ricorda che nella mareggiata del 1966 vennero portati alla luce colonne, capitelli, mura varie, ricoperte dalla sabbia con successive mareggiate. Anche il ricercatore Achille Muratore riporta una testimonianza, sicché nel 1981 vennero avviate le prime campagne di scavo da parte dell'Istituto di Fisiologia Umana dell'Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio" di Chieti, per far luce sulla città sommersa. Vennero rinvenuti relitti risalenti al III-IV secolo a.C., e strutture sommerse da un fenomeno di bradisismo. Villaggio di Pennaluce Seconda città dopo Buca era il villaggio di Pennaluce, o anticamente "Pinna de Luco" presso l'attuale Faro di Punta Penna, nell'area del golfo con il promontorio di Punta Aderci. Sempre da rinvenimenti archeologici fatti nel mare, si è scoperto che qui esisteva un abitato romano. L'abitato continuò ad esistere per secoli, sino al tardo Medioevo. Il castello di Pennaluce infatti, anche se ha origini precedenti l'arrivo dei romani, è documentato come una piccola fortezza nel 1252, quando faceva parte delle università del feudo di San Giovanni in Venere, ed era uno dei porti ufficiali del Regno di Napoli nei diplomi di Federico II. Era dotata di un castello di guardia e di una chiesa dedicata a San Martino, come riporta la bolla di papa Alessandro III. Aveva un sicuro approdo portuale per i commerci, ebbe dei privilegi nel 1304 da Carlo III di Napoli d'Angiò, nei primi anni del XV secolo fu colpita da una pestilenza che decimò la popolazione. Nel 1317 fu data in feudo a Carlo Arcus, nel 1391 il Re di Napoli Ladislao di Durazzo unì il feudo ai possedimenti dei Conti di Manoppello. Vari disastri naturali, nonché arrecati dall'uomo come saccheggi vari (si ricordano quelli compiuti dai veneziani), portarono Pennaluce alla distruzione, nell'anno 1416. Rimasero solo la piccola torretta di difesa, crollata già nel XVI secolo, e la chiesetta della Madonna della Penna, ancora oggi in piedi. Di Pennaluce si hanno notizie sin dal 1006, come testimonia l'abate Romanelli, quando era possedimenti dell'abbazia di Santo Stefano in Rivomaris presso il lido di Casalbordino: il villaggio era dotato di un faro e della chiesetta di Sant'Eustachio, sorgente alle porte di Buca. All'epoca della redazione della Storia di Vasto, Città in Abruzzo Citeriore (1838), il Marchesani testimonia che il castello di Pennaluce di Colle Martino era ancora in parte in piedi, dove venivano sepolti i morti di febbre malarica nel 1817. L'area è scomparsa del tutto a causa dei fenomeni di avvallamento del promontorio. Con diploma del 1º ottobre 1417, Giovanna II d'Angiò concedeva a Vasto il possesso di Pennaluce. Alfonso II d'Aragona nel 1494 confermava il possesso del "casale" disabitato, riconfermato nel 1499 a Innico II d'Avalos, marchese del Vasto e di Monteodorisio.Nel villaggio si ricorda la presenza della chiesetta di Santa Maria di Pennaluce, eretta probabilmente sopra un tempio romano nel IX secolo. Nel 1304 era annessa al monastero di Sant'Agostino, che però cadde in decadenza dopo il 1416. La chiesetta venne rifatta daccapo nei primi del XVIII secolo, nel 1618 erano stati effettuati lavori di ristrutturazione, nel 1676-89 don Diego I d'Avalos Marchese del Vasto la fece rifare daccapo mentre costruiva la sua villa del Palazzo della Penna. Oggi la chiesa si presenta in un ulteriore rifacimento della metà dell'Ottocento, che le dà un carattere pseudo medievale neogotico; negli anni '80 sono stati effettuati scavi archeologici presso l'abside, rinvenendo fondaci di capanne risalenti al 1000 a.C., (periodo finale dell'età del bronzo) con reperti ceramici, vasellame d'importazione, provenienti dalla cultura della Dunia in Puglia. Punta d'Erce Il terzo villaggio situato in questo promontorio era Punta d'Erce (oggi area naturale di Punta Aderci), situata a nord di Punta Penna. A poca distanza da questo villaggio sorgeva anche Buca. Dall'opera di Romanelli si apprende che degli studi sul sito vennero effettuati da Lucio Canacci nel XVI secolo, scoprendo un teatro, due templi e resti di mura, colonne, tegoloni (sepolcri), ruderi di acquedotto. Si trovavano esattamente presso l'antica Via Traiano-Frentana che conduceva da Anxanum (Lanciano) a Histonium, piegando verso il sito di Termoli, fino a Brindisi. Il castello di Erce resistette alle devastazioni degli ungari e dei crociati di Enrico VI nel 1194, poi Colle Martino (Pennaluce), dove papa Alessandro III approdò nel 1176 in visita nella Città del Vasto, per confermare i possedimenti all'Abbazia di San Giovanni in Venere. Il castello di Erce aveva una chiesa dedicata a San Martino nel 1345. La denominazione potrebbe provenire dal greco HERCOS (recinto fortificato) oppure ERCE derivato dal latino ARX (sommità), facendo ipotizzare che vi si trovasse un'acropoli o una roccaforte; oppure il nome deriverebbe da ARKHAIOS (cioè antico) per giustificare la presenza remota del sito, considerando che in queste zone esisteva una colonizza greca, prima dell'arrivo degli italici. Per le campagne di scavi condotte dall'Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio" di Chieti, si può dire che il sito era abitato sin dal I millennio a.C. per i fondaci di capanne. Si ipotizza anche la presenza di un "lucus" ossia Bosco Sacro (in riferimento al toponimo Pennaluce -Pinna de Luco); trattandosi soltanto di congetture, per una citazione dello storico Muzio Febonio nella Storia della Marsica (XVI secolo) riguardante la presenza di una colonia marsa nella costa vastese, si pensa che il tempio potesse essere dedicato alla dea Angizia, oppure vi si venerava Cerere o Ercole. In località Selvotta venne rinvenuta la lapide che riporta: HERRCVLI EX VOTO ARAM / L.SCANTIVS / L LIB.MODESTVS.MAG. / AVG.MAG.LARVM. AVGVST. / M AG. / CERIALLIVM VRBANORVM, riferita a Lucio Scanzio Modesto, capo dei cereali urbani (sacerdoti addetti alla città). Elementi urbanistici dell'antica Histonium La configurazione urbanistica di Vasto, ancorata ai sistemi di edificazione romanici e medievali, in prevalenza nell'agglomerato del centro storico, è il processo di una riedificazione della città sulle rovine di quella romana di Histonium, almeno per una larga porzione della parte storica, detta Guasto d'Aimone (o rione San Pietro). Come concezione urbanistica, Vasto risale al periodo romano della conquista del I secolo a.C., quando divenne municipium con la denominazione che conosciamo, vantava un Campidoglio, numerosi templi dedicate alle divinità romane, eretto sopra i preesistenti italici dei frentani, edifici pubblici e privati di notevole importanza, inclusi l'anfiteatro e le terme. Man mano che le civiltà si sono avvicendate, la conformazione urbanistica, legata alla naturale espansione demografica e sociale, non subì sensibili mutamenti, ancorata ai vecchi schemi del periodo medioevale. Si parla dell'epoca dell'XI-XIV secolo, quando Vasto ebbe una riassetto urbanistico con la costruzione del rione Guasto Gisone, ossia la parte attorno alla chiesa collegiata di Santa Maria Maggiore, con la Loggia Amblingh, e la porzione convessa volta su Piazza G. Rossetti. Le costruzioni dei cittadini più facoltosi erano sistemate dentro la cerchia muraria completata nel primo trentennio del '400 durante il governo di Jacopo Caldora, che ristrutturò ampiamente anche il castello. Al di fuori delle mura stavano le abitazioni povere dei contadini, ancora oggi è possibile vedere una netta divisione di stile leggendo la toponomastica della città, visibile soprattutto nei tratti del Corso Garibaldi, via Roma, via Vittorio Veneto, via Giulia, via Naumachia, via Francesco Crispi e via Istonia. Gli agglomerati urbani nel Medioevo sorgevano attorno a qualche edificio di notevole portata, come una chiesa parrocchia (a Vasto si hanno gli esempi di chiesa-fortezza di Santa Maria Maggiore e San Pietro, dove si rifugiavano i civili durante le incursioni via terra e via mare), oppure un castello. Il caratteristico borgo, singolare nella sua conformazione, sorto all'interno dell'area di Santa Maria Maggiore, costituisce forse il classico esempio di tale schema. Al centro la torre maestra del campanile, detta "Battaglia", cioè il nucleo difensivo, sulla quale venne innalzata la cella campanaria, e poi le tre navate della chiesa (XVIII secolo); all'intorno un dedalo di piccole vie con sviluppo circolare (via Santa Maria Maggiore, via Giosia, via Tiziano, via Tripoli, via Lupacchino, via San Gaetanello, Piazza Mattioli, Porta Catena, Loggia Amblingh), strettoie varie, delimitate da costruzioni, non superiori a tre piani, sorte a seconda delle esigenze demografiche. Urbanistica del Guasto d'Aimone, ossia Histonium Nella prima parte si riscontra il tipico esempio dell'urbanistica romana detta "per scanna", con tecnica costruttiva allungata con i lati corti in corrispondenza degli assi trasversali, che costituiscono i cosiddetti cardi. Infatti il Corso Palizzi è considerato il cardo maximus, e il Corso Dante il decumanus maximus, mentre altri cardi sono costituiti da Corso Plebiscito e di via Adriatica. I decumani minori sono via Anelli, via San Teodoro, via San Francesco d'Assisi, via Laccetti, via Lago. C'è poi una seconda traccia di isolati che presenta la caratteristica costruttiva, detta "per strigas", con i lati corti degli isolati attestati sui decumani, il cui raccordo è costituito dall'asse longitudinale di via Laccetti-via Lago, il decumano. I cardi di quest'area sono le vie San Pietro, via Osidia, via Beniamino Laccetti, via Pampani, via Marchesani, mentre i decumani sono via Valerico Laccetti, via Barbarotta. I lati realizzati per strigas sono abbastanza conservati, gli altri nella zona orientale nel corso dei secoli hanno subito notevoli modifiche. Il gruppo di via comprese tra via Roma, via Crispi e via Roma nord, strada Barbarotta sud, Corso Plebiscito-via Marchesani-via Sant'Antonio-via San Pietro, risalgono per il tracciato all'epoca romana (I secolo a.C. - I secolo d.C.), le scoperte archeologiche hanno infatti rivelato la pavimentazione originaria sotto gran parte lo strato di calpestio delle singole case, specialmente nell'area di San Pietro. Nella zona del Muro delle Lame, teatro di varie scoperte, anche dopo la tragica frana del 1956, che inghiottì una consistente porzione del quartiere, ci fu l'affioramento della parte stradale della Via Frentana-Traianea, di un pavimento a mosaico di grande valore, e delle fondamenta dell'edificio termale presso l'ex convento di San Francesco. Nella parte di via Anelli, all'altezza della Scuola d'Arte, è ancora visibile un muro di 20 metri risalente all'epoca romana, nella facciata di una casa civile; in via Pampani nel 1854 venne estratto un pavimento musivo, lungo via Santa Maria Maggiore sono visibili tracce di antiche fondazioni, che corrispondono all'anfiteatro di Piazza Rossetti, in via Tagliamento affiorano resti di un muro in opus caementitia. In via B. Laccetti la chiesetta della Trinità poggia su fondamenta di un'abitazione romana, con visibili resti sulla destra. Monumenti romani di Histonium L'antica Histonium andava fiera dei suoi monumenti, di cui si ha notizia dell'anfiteatro in Piazza Rossetti, fuori dal perimetro urbano, realizzato in opus cementizia: misurava circa 225 piedi (67 m ca.) di lunghezza per 210 (62 m) di larghezza. Gli edifici situati nella parte nord-est della piazza sorgono a forma ellittica, presso la Torre di Bassano, segno che dopo la caduta di Roma, l'anfiteatro fu smantellato per ricavarci materiale di costruzione di nuove case, se si tiene conto che il vicino Castello Caldoresco era collegato con la cinta di difesa al torrione cilindrico di Bassano, per costruire un baluardo contro le scorrerie dei turchi, che spesso sbarcati alla Marina, risalivano il pendio della cappella di Santa Maria della Catena per saccheggiare la città, benché i cittadini fossero messi al corrente del pericolo abbastanza prima, grazie alla Torre Battaglia della chiesa di Santa Maria. La presenza vicino alla piazza di tal via Naumachia, a fianco della chiesa dell'Addolorata, ha fatto ipotizzare che l'anfiteatro fosse stato usato anche per le celebri battaglie navali, inscenate anche a Roma. Un'alluvione avvenuta nel tardo impero romano ricoperse l'anfiteatro di fango, determinando di fatto l'abbandono; l'ipotesi sul fatto che l'anfiteatro fosse usato anche per questi spettacoli è fornita dalla presenza degli acquedotti di alimentazione idrica: nel 1614 furono rinvenute in via Lago delle condotte, che si dirigevano verso le chiese di San Giovanni dei Templari e di San Pietro (il Murello), l'acquedotto delle Luci invece era già disseccato, e servì per i mulini dell'Angrella, in quanto le acque giacevano copiose nel vallone dopo aver servito i bisogni della popolazione, e dopo aver alimentato la fontana di Porta Palazzo, Porta Castello e della Piazza. Acquedotti romani di Histonium Questo acquedotto fu usato dai vastesi sino alla costruzione del moderno acquedotto del Sinello nel 1926, successivamente il percorso venne dirottato verso una fontana di via Tre Segni sotto la villa comunale, dove c'era una forte pressione; oggi la condotta è disseccata per mancata manutenzione già dai secoli XVII-XVIII secolo, e forse per la dispersione delle acque e per le infiltrazioni nel terreno poroso del centro storico, avvennero a Vasto varie frane, anche importanti, di cui l'ultima catastrofica del 1956. Histonium era dotata anche di templi, di cui si ha riferimento da antichi documenti, riordinati dallo storico Luigi Marchesani: quello dedicato al Dio Helios si trovava presso la chiesa di Sant'Antonio di Padova, sopra cui oggi poggia la cappella della Madonna delle Grazie, quello della dea Cerere si trovava nell'area dove venne eretta la chiesa collegiata di San Pietro, il tempio di Giove Delicheno sorgeva presso Piazza del Popolo, insieme al vicino tempio di Bacco. In località Selvotta si trovava il tempio di Ercole, con la lapide conservata nel Museo archeologico del Palazzo d'Avalos. Personaggi famosi di Histonium e complesso termale di Sant'Antonio Altre testimonianze epigrafiche sono conservate nel Palazzo d'Avalos, insieme a sculture come il busto in marmo con basamento, che componeva la scultura del poeta vastese Lucio Valerio Pudente, un busto acefalo di donna, diverse statue e lucerne in terracotta, idoli in bronzo. Infatti dalle lapidi di ha la testimonianza dei politici e dei magistrati che avevano ottenuto privilegi da Roma, come Caio Hosidio Geta, che nel 43 d.C. fu legato dell'Imperatore Claudio, al comando dell'esercito romano, sbaragliando i nemici in Inghilterra; divenne console e ricevette le insegne del trionfo a carico dell'impero, testimonianza se ne ha dai resti del monumento pedestre che gli venne dedicato a Histonium. Poi vi fu Publio Paquio Sceva, questore e giudice, pretore dell'erario e proconsole di Cipro. Il suo sepolcro si conserva nel museo del Palazzo d'Avalos, con la sua sepoltura e della moglie Flavia; poi Marco Bebio che fu edile della città, e questore e sacerdote, nominato dall'imperatore Tito Flavio Vespasiano. Alla sua morte gli histoniensi gli eressero una statua, di cui si conservano elementi nei musi civici. Il personaggio di maggiore spicco fu il poeta decorato d'alloro al Campidoglio (106 d.C.), Lucio Valerio Pudente, nominato da Antonino Pio procuratore delle imposte a Isernia. Le famiglie maggiori di Histonium erano i Didia, gli Helvidia e i Vibia. Nel 1992 lungo la via Adriatica è stata rinvenuto un "porticus" con un muro alto tre metri e basi di colonne con capitelli, come a suo tempo confermato dall'ispettore Andrea Staffa. Rimasto illeso dalla frana del 1956, il portico risalirebbe al 346 d.C. nell'aspetto attuale, quando venne ristrutturato con le mura e le colonne a sostegno. Il porticus è tra gli edifici pubblici di maggio pregio di Vasto; c'è anche da dire che la città era dotata di due principali acquedotti, scoperti negli anni '70 nella zona di Madonna delle Grazie (per l'alimentazione delle terme), e in via Incoronata e in contrada Sant'Antonio. Si tratta dell'acquedotto delle Luci, e del Murello: il primo è sotterraneo, in laterizio, avente origine a sud della città, presso contrada Sant'Antonio, e giungeva seguendo il declivio del colle sino alle cisterne sotterranee di Largo Santa Chiara e in Piazza Marconi, per un percorso di lunghezza di 4 km, e per un totale di 12 cisterne sotterranee e nove ambienti in laterizio; il primo giace sotto Piazza Marconi, vico Moschetto, Piazza Santa Chiara, il secondo troncone dell'acquedotto, è compreso tra via Cavour, via De Amicis, Piazza Marconi. Di queste cisterne parla anche lo storico Giuseppe De Benedictis, descrivendole nel totale di 5, grandi, alte 30 piedi, larghe oltre 100, suddivise l'una dall'altra con mura, per contenere l'acqua, uscente in parte fuori dal monastero delle Clarisse (che venne demolito negli anni '30 del Novecento) Il secondo acquedotto del Murello, in parte sopraelevato e in parte murato, si trova a nord-ovest della città, entrava all'altezza di via Murello, all'incrocio con Corso Garibaldi, insinuandosi sotto la chiesa di San Giovanni dei Cavalieri di Malta, oggi distrutta, proseguendo sotto il Corso Dante, alimentando la cisterna scoperta sotto via Tacito, uscendo sotto via Laccetti, per giungere in Piazza V. Caprioli e in via Barbarotta. Fino al 1500 ca. c'era un crollo nel Piano delle Cisterne, dove si riversava molta acqua, per il sostentamento della popolazione. Lo storico Nicola Alfonso Viti nella sua Memoria storica del Vasto (1759), riportata dal Marchesani parla di una muraglia antica ben visibile fuori dal terreno, che don Cesare Michelangelo d'Avalos fece demolite per servirsi di materiale, lasciando l'acqua sgorgare dal terreno, citando sempre il percorso sotto la chiesa di San Giovanni, nel percorso a discesa verso il convento di San Francesco, con una cisterna a metà strada (Piazza Caprioli). Necropoli romani di Histonium Di Histonium si trovano tracce anche di necropoli: la più grande risalente all'epoca italica (V-II sec a.C.) si trovava lungo viale Incoronata, le sepolture erano allineate lungo la via del tratturo che collegava le città di Egnazia, Anxanum, Ortona, Larinum, Cliternia; in corrispondenza della città, le tombe si dispongono lungo i lati nord e ovest, e una via lastricata che forse scendeva al mare presso la chiesa della Madonna delle Grazie, si scoprirono due tratti che racchiudevano l'area di un grande cimitero.La prima parte comprende via Crispi e via Roma sud, il vallone San Sebastiano a ovest e la chiesa della Madonna delle Grazie a est, con tombe a tegoloni, pavimento musivi, in opus spicatum e cementizia, con rivestimento in opus reticulatum; dal vallone di San Sebastiano le tombe perdono l'orientamento est-ovest per assumere uno a nord-sud, proseguendo in Piazza Diamante, scendendo a sud sino a Piazza Barbacani, dove si hanno i ritrovamenti maggiori. La forma tipica di sepoltura è l'inumazione, mentre l'incinerazione seppur presente, è assai rara, la tipologia di costruzione dei sepolcri è a tegoloni, con copertura a cappuccina, ma ce ne dovevano essere di altri tipi, come testimonia il sarcofago monumentale di P. Paquius Sceva, che implica una tomba di notevoli proporzioni. Di queste tombe, molti ritrovamenti sono stati fatti nell'area di Santa Maria del Soccorso, dove si trova una cappella, con pavimenti musivi rinvenuti fuori dall'abitato, coincidendo nell'area della Madonna delle Grazie, e in quelli in opus spicatum presso la stessa area, e nei nuclei sepolcrali rinvenuti nell'area conventuale di Santa Lucia, fuori Vasto. Alcune lapidi, tra le meglio leggibili, riportano, nella traduzione: di Faustina, vissuta 15 anni / di Caio Figellio Frontone vissuto 9 anni otto mesi e due giorni (presso la chiesa di Santa Maria Maggiore / di Tito Giulio Hilari Pudente (presso la raccolta dei baroni Genova Rulli) / di Mevia Vittoria dedicata alla sorella Cassandra (rinvenuta in Piazza Barbacani). Rapporti con roma: le guerre sannitiche e l'inclusione nell'impero Le prime citazioni degli storici romani risalgono a Plinio il Vecchio e Marco Valerio Probo, mentre una lapide marmorea di Tito Statorio Proclo attesta per la prima volta il toponimo romano. Successivamente venne citata anche da Claudio Tolomeo e da Strabone, che la definì "covo di pirati", anche se dall'opera dell'abate Domenico Romanelli La Frentania ci sono dei dubbi se il geografo greco si fosse riferito a Vasto oppure Ortona, il principale porto dei Frentani. Fatto sta che probabilmente il verso di Strabone venne mal interpretato poiché la città godeva di ottimi benefici da parte di Roma, era adorna di templi e monumenti, di un anfiteatro e di un complesso termale e idrico, con due acquedotti. La città di Histonion prima dell'arrivo di Roma nel I secolo a.C. era un agglomerato di villaggi, abitati sino al porto frentano di Buca e Punta d'Erce. Vigeva la politica tipica dei Sanniti con il meddix touticus capo supremo e sacerdote, sicuramente esistevano rapporti commerciali con le principali città frentane di Anxanum (Lanciano), Ortona e Larinum. L'attività locale di pesca e commercio via mare, iniziò a cambiare politicamente dopo che i Romani sconfissero gli Equi, e nel 1449 a.c. i Marrucini con altri gruppi del Sannio chiesero amicizia e alleanza all'Urbe. Formatasi una confederazione sociale, entro cui stavano anche i Frentani, non si esclude che anche truppe istoniesi parteciparono alla guerra contro Pirro d'Epiro nella battaglia di Taranto.Anche gli istoniesi si unirono alla Lega Italica contro Roma nel 90 a.C., ma dopo la fine della "guerra Marsicana", la città fu agevolata con vari benefici e privilegi, divenendo municipium. Venne inclusa nella provincia amministrata dalla gens Arniense (ossia proveniente dall'Arno), insieme con Anxanum. Durante l'impero di Augusto la X Legione era capitanata dall'istoniese Tito Sartorio Proclo; la città venne poi inserita nell'ordine della riorganizzazione amministrativa dell'Impero, spostata nella Regio IV Samnium. Origine del nome Histonium Alcuni come Romanelli, Viti, Marchesani affermano che il nome derivi dall'etimo greco "Hison(n)t" (istmo, altura), legato all'amenità del luogo presso il costone tufaceo a strapiombo sul mare. Tale affermazione tuttavia trova debole conferma nella leggenda sulla fondazione da parte dell'eroe Diomede, e sull'ipotesi che i coloni quando fondarono le città nella Magna Grecia, dettero alle città stesse i toponimi in base alla conformazione geografica locale, o di derivazione della antiche poleis, come Napoli (nuova città), così per Istonio sarebbe stato scelto il Monte Iston nella località di Corcira Il villaggio dei Frentani divenne muncipium con Augusto, e investita di privilegi. Medioevo Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente la città decadde, passando in potere prima degli Ostrogoti, poi dei Bizantini e infine dei Longobardi con il Ducato di Benevento. Proprio dalla città di Benevento è ispirato lo stemma a scacchi, che originariamente erano composti dai metalli oro e argento, sostituiti poi dai colori bianco (simboleggiante la "Giustizia") e rosso ("Fermezza" e "Integrità). Dal VII secolo in poi fece parte dei maggiori centri toccati dal tracciato del Tratturo L'Aquila-Foggia, uno dei maggiori lasciti della pastorizia del Mezzogiorno. Nell'anno 802 la città fu distrutta dai Franchi di Pipino il Breve su ordine di Carlo Magno nella guerra per soffocare la rivolta di Grimoaldo e concessa una parte in feudo ad Aimone Duca di Dordona. L'antica città di Histonium divenne il nuovo nucleo di "Guasto d'Aimone", mentre un secolo dopo, fu costruito più a sud (l'attuale rione di Santa Maria Maggiore) il Guasto Gisone. Nel 1047 l'Imperatore Enrico III lo assegnò sotto il possesso dell'Abbazia di San Giovanni in Venere. Successivamente vennero costruite altre abitazioni verso la contrada di Chiesa di Santa Maria Maggiore, che diedero origine a un agglomerato che prese la denominazione di Guasto Gisone, con amministrazione autonoma da Guasto d'Aymone (appartenente alla Chiesa di San Pietro, quasi totalmente franata nel 1956). Il primo documento che possa attestare l'esistenza della "Ecclesia Sacte Marie in Guastoaymonis" (Chiesa di Santa Maria Maggiore) risale al 1195, consistente nel diploma rilasciato dall'imperatore e re di Sicilia Enrico VI a Odorisio, abate benedettino di San Giovanni in Venere, confermandogli «omnia castella et obedientias» posseduti. Dal documento si può inoltre comprendere chiaramente la gerarchia delle due principali istituzioni ecclesiastiche di Vasto in quel periodo, ovvero la chiesa di Santa Maria e la chiesa di San Pietro, autrici di più scontri nel corso del tempo. Nel documento suddetto infatti la prima viene definita ecclesia in servitio del monastero venerese, la seconda viene detta obedientiain demanio dell'abbazia stessa, ovvero dipendenza monacale, rientrando tra le sue proprietà. La città romana fu completamente ricostruita: un vasto spiazzo fu realizzato presso l'anfiteatro romano (attualmente Piazza Rossetti), i cui spalti furono trasformati in mura, torri e residenze civili. Presso le terme romane sorse il complesso di Sant'Antonio di Padova nel XIV secolo, mentre il cosiddetto "Campidoglio" affacciato verso il mare fu occupato dalla chiesa di San Pietro. Tra il 7 febbraio e il 9 marzo 1177 ospitò Papa Alessandro III, qui costretto da una tempesta, e dal 12 dicembre 1777, in segno di ringraziamento, la città ottenne un'Indulgenza plenaria in forma di Giubileo presso la Chiesa di San Pietro da parte di Papa Pio VI. La città fu presa dai Crociati nel 1194 e dai Veneziani nel 1240. Dalla caduta di Roma al saccheggio di Aimone di Dordona Il periodo di decadenza avvenne intorno al 330, durante l'impero di Costantino, quando il territorio del Sannio era abbandonato alle angherie dell'esercito romano, con depredazioni e saccheggi. Nel 413 il passaggio dei Goti provocò distruzioni e saccheggi nel Sannio, probabilmente anche a Histonium; nel 574 durante la Guerra gotica, i longobardi s'impadronirono della città. Nel 774 la città sperimentò il governo franco di Carlo Magno, che lasciava le "province" amministrate dai vecchi Duchi longobardi con pagamento di un'imposta. Nell'802, come si sa, la città fu devastata dalle truppe di Aimone di Dordona, luogotenente di Pipino il Breve, nell'ambito della guerra contro la ribellione del duca di Benevento Grimoaldo: Chieti fu distrutta, lo stesso avvenne con la già malconcia Histonium, che perse per sempre l'aspetto delle glorie passate. Histonium venne atterrata, e ricostruita, venendo assegnata ad Aimone di Dordona, da cui prese il nome "Guasto d'Aimone". Divenne capoluogo di una sorta di provincia, detta "guastaldia" (Wasthalden), da cui si formerà il nome attuale. Il toponimo era detto anche castrum, perché Aimone vi eresse la sua residenza fortilizia, che divenne poi il Castello Caldora. Nel 1047 l'imperatore Enrico III il Nero assegnò Guasto al possesso dell'abbazia di San Giovanni in Venere, successivamente vennero costruite altre abitazioni verso l'area della Chiesa di Santa Maria Maggiore, che prese il nome di "Guasto Gisone", con amministrazione autonoma. I due Guasti rimasero municipalità separate sino alla riunificazione nel 1385. Castel Gisone era composto dalla contrada Castello, dove si trovava la fortezza del Conte, prima che fosse eretto il castello Caldoresco a guardia di Porta Castello, in Piazza Rossetti. La prima chiesa di Vasto: Sant'Eleuterio Di questo castello sopravvive solo il basamento della torre campanaria della chiesa di Santa Maria Maggiore, detta "Battaglia" (poiché il campanile attuale è frutto di un rifacimento del 1714, eccettuato il basamento della facciata). Dalle fonti, già nel 427 esisteva un tempio cristiano in città, dedicato a Sant'Eleuterio, sopra cui oggi sorge la collegiata di Santa Maria. All'interno, la base ha struttura adatta a essere riconosciuta come già separata dal tempio, formata da un forte zoccolo che sopra una fondazione in mattoni, oggi scoperta, reca tre filari di pietra concia, oltre una ricorrenza modanata, in pietra, la cui sezione richiama il profilo della base delle torri di Castel del Monte in Puglia, solo differendone di poco. La linea esterna dello zoccolo è mossa da tre sporgenze rettangolari, due agli estremi e una al centro le quali, superiormente allo zoccolo, si prolungano in 3 contrafforti o grandi pilastri verticali, con paramento frontale in pietra e con fianchi a mattoni addentati. Sopra questi archi la fabbrica continua a mattoni e si arresta senza cornice, che lascia pensare che la "Battaglia" perdette antiche merlature o spalti. Tra i bassorilievi si intravede una lastra con croce greca, un agnello mistico e la scritta COC (del 300), poiché non era stato ancora introdotto l'uso di contare gli anni della Natività. Comparsa del Cristianesimo e le due prepositure Nelle prime lettere papali (Papa Gelasio I) riguardo alla presenza cristiana a Vasto (V secolo), si fa riferimento alla città di "Stomense", e alla chiesa di Sant'Eleuterio (Santa Maria Maggiore), come riporta anche una lapide oggi perduta. Nel 530 dentro la chiesa fu tumulato Feliciano Diacono, durante il consolato di Postumio Lampadio e Oreste. Un'osservazione dell'abate Romanelli ipotizza che una cattiva lettura della lapide potesse far slittare la presenza della chiesa all'anno 927, e non 427 all'epoca di Papa Gelasio I, al tempo in cui già le lotte delle due collegiate di San Pietro e Santa Maria nella città erano al culmine. La leggenda vuole che il primo vescovo in città fosse stato posto da San Pietro apostolo sbarcato nel meridionale. Per la mancanza di documenti certi, soprattutto dopo la distruzione di Histonium, non si sa qualche chiesa fosse sorta prima, se San Pietro sopra il tempio di Cerere (IX secolo), o appunto Santa Maria Maggiore sopra Sant'Eleuterio; motivo per cui i canonici, dopo che il controllo delle chiese vastesi non spettò più all'abbazia di San Giovanni in Venere (dal XIII secolo), iniziarono a combattere sino alle soglie del XIX secolo per spartirsi i privilegi. Era consuetudine che ad ogni anno il Clero di San Pietro nelle processione accedesse alla chiesa di Santa Maria, prendesse il Capitolo e sotto il braccio destro, percorresse le strade della città tornando nello stesso ordine. Nel 1626 il vescovo Marsilio Peruzio di Chieti fu il primo a esercitare la giurisdizione spirituale a Vasto, emanando il 26 maggio dei capitoli d'ingiunzione, stabilendo che durante il Sanato Santo le campane della chiesa a suonare per prima sarebbero state quelle di Santa Maria.Da qui nacque la discordia tra le due chiese, coinvolgendo anche il Tribunale della Sacra Congregazione dei Riti di Roma. sino al 1690. Il toponimo del Guasto Sin dall'epoca della conquista di Aimone, la città prese il nome di "Guasto", dal termine della gastaldia, e nei documenti successivi venne sempre nominata "Il Vasto" o "Città del Vasto", a partire dai testi in volgare, dopo che le due città di Castello d'Aimone e Castello Gisone vennero unite nel 1385. Il toponimo della città, come annota il professor Luigi Murolo storico vastese, è di genere maschile, definito "lo Guasto" anche nella Cronaca rimata di Buccio di Ranallo (benché si riferisca al castello assergese che fondò la città nel 1254). Dalla consonante iniziale gutturale G alla velare V si passò mediante il dialetto locale, poiché le velari -"ga"-, -"go"-, precedute dalla -u- maschile, dittongano insieme con la spirantizzazione della "g", sicché "lo Guasto" diventi "lu ɣuɑ̃stə" (lu Uàste), velarizzando la -"u"- nel dialetto. Così anche dell'originaria voce dell'antico alto tedesco "wosti" da cui provenivano i Franchi che conquistarono Histonium. Il termine completo "Città del Vasto" è presente nel titolo concesso da Carlo VI d'Asburgo al "Vasto Aimone" il 29 marzo 1710 All'epoca della conquista, Histonium fu nota come "Aymone" o Gastaldia d'Aymone, da cui "Guaito" e poi "Guasto". Vasto Aimone, corrottamente noto anche come Vasto Ammone, oggi è solamente Vasto o "il Vasto". Stemma civico del Vasto Nel 589 Histonium venne aggregata dal re Autrai dei Longobardi al ducato di Benevento: furono rimosse le insegne romane per essere sostituite con quelle nuove, identiche allo stemma beneventano. Nelle Memorie di Nicola Alfonso Viti c'è l'interpretazione de L'Arma del Vasto, così come il re longobardo Autari l'aveva concesso nel 1589: i due angoli bianchi (argento) dimostrano il candore della fede adamantina al Ducato, e i due vermigli (oro) il colore dei principi magistrati, a simbolo di carità, giustizia, vigore. Lo stemma venne poi arricchito ai lati da fronde di lauro in ricordo dei poeti quali Pudente e Lupacchino, sormontato dalla corona marchesale. Con l'autorizzazione reale del 1841, lo scudo è attualmente quadripartito a scacchiera con i colori del rosso e dell'argento tra di loro incrociati, con l'iscrizione "VASTUM OLIM HISTONIUM ROMANUM MUNICIPIUM" ("Vasto ossia l'antica Histonium municipio romano") Dai Franchi agli Svevi Il territorio di Vasto fu unito alla Gastaldia di Chieti, amministrata dagli Attoni. Trasmondo duca e marchese di Chieti edificò alcuni possedimenti presso il fiume Sangro nel 105, tra cui la famosa abbazia di San Giovanni in Venere alla foce del fiume, nel territorio di Fossacesia. L'abbazia immediatamente possedette numerosi feudi nel territorio costiero dell'Abruzzo Citra, dividendoseli con gli altri monastero di Santo Stefano in Rivomaris (Casalbordino) e San Salvo (che aveva un'abbazia nel centro cittadino, sopra cui oggi sorge la chiesa parrocchiale). Vasto rientrava nei possedimenti di San Giovanni in Venere già nel 1047 Nel 1189 morì Guglielmo II di Sicilia senza lasciare eredi, a parte Costanza, che si era sposta a Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa. Nella guerra di successione del regno tra Tancredi ed Enrico, venne scelta la campagna di Termoli, e la battaglia influì anche su Vasto (anno 1191). Nel 1194 le truppe crociate di Enrico in partenza dal porto per Gerusalemme, si abbandonarono prima di salpare al saccheggio, arrivando a danneggiare i castelli di Buca e Punta d'Erce, nonché Torricella (promontorio San Nicola), senza che i Cavalieri Templari residenti nel monastero di San Giovanni Gerosolimitano a Vasto (oggi distrutto) opponessero valida resistenza. Questo saccheggio è testimoniato nel Chronicon di Berardo dell'abbazia di Santo Stefano Rivomaris: Piangile Saricolae, Vastanae plangite gentes / Piangile Rusticolae, praedia nuda pagi. Il regno degli Svevi per Vasto si rivelò infelice, poiché durante le varie contese di territorio, i veneziani nel 1240 approdarono al posto, saccheggiando Vasto, Termoli e altre città della capitanata. Vasto continuava a rimane nei possedimenti di San Giovanni in Venere, come confermato da Papa Alessandro III (1147), da Federico II di Svevia (1227), e probabilmente anche se in assenza di documenti, anche da Manfredi di Svevia e Corradino. Nel 1269 fu conquistata insieme al Regno di Napoli da Carlo I d'Angiò, dopo la sconfitta di Corradino a Tagliacozzo, e infeudata a metà: il Guasto d'Aimone fu dato a Tommaso Fasanella, e il Guasto Gisone a Bertrando Del Balzo. Guasto Aimone dopo Tommaso fu data al feudatario Guglielmo Scillata nel 1273, e passò al figlio Guglielmo II alla sua morte, con altri feudatari Giacomo del Vasto e Giovanni di Solliaco sotto il regno di Carlo II d'Angiò (1294), poi Errico del Guasto sino al 1304. Nel 1309 era feudatario un tal Ugone di Solliaco sotto Roberto d'Angiò. Età signorile Nel XIII secolo grazie a Federico II tra il 1231 e il 1239 si ebbe la fondazione di un centro portuale nella zona di Punta Penna, che si sviluppò con la fondazione della città di Pennaluce (sul promontorio orientale), e la costruzione di un magazzino-fortezza (sul promontorio occidentale, Punta della Lotta), inglobando una struttura preesistente risalente al secolo precedente. Entrambe occupano la sommità di una motte artificiale, che a sua volta ha probabilmente coperto un edificio d'età romana, i cui resti sono databili al I secolo d.C. Sempre nel XIII secolo ci fu la costruzione di una delle più antiche e importanti strutture religiose della città, il Duomo di Vasto, inizialmente intitolato a Santa Margherita, poi a Sant'Agostino nel '600 e nel 1808 a San Giuseppe. Venne elevata a cattedrale nel 1853 e concattedrale nel 1986. Il convento di Sant'Agostino si trovava nello spartiacque dei due quartieri storici, alla fine della cosiddetta "via Corsea" (oggi Corso De Parma), sede dei mercati cittadini. Nel 1362 è attestata la costruzione della chiesa di San Nicola degli Schiavoni officiata dalla Confraternita omonima, sorta fra la numerosa colonia croata qui residente. Da questo secolo la storia della città, insieme a quella della Regione, fu legata prima a quella del Regno di Napoli e successivamente al Regno delle Due Sicilie. Le due terre di "Guasto Aimone" e "Guasto Gisone" si fusero nel 1385 in una sola città per volere del Re di Napoli Carlo III di Durazzo, e inizialmente introdotta come "Vasto Aimone superiore ed inferiore" nella prima tassazione aragonese del 1443-7. In età angioina (XIV secolo) il paese fu infeudato ai Caldora, di cui il maggior esponente fu Jacopo Caldora, che apportò durante il suo dominio numerose modifiche al sistema difensivo, danneggiato dalle guerre precedenti, come la costruzione del Castello Caldoresco e delle torri di avvistamento (l'odierna Torre di Bassano in Piazza Rossetti, Torre Diomede del Moro e Torre Santo Spirito). L'unione delle due città (1385) Secondo il Marchesani a causa della necessità di rifare la città avvenne l'unione dei due "Guasti, con primo capitano di giustizia Buzio Avlappario", dopo le guerre di Ladislao contro Ludovico di Taranto; unione che avvenne sotto il regno di Carlo III di Napoli nel 1385. Il terremoto del 1456 provò danni anche a Vasto, con la morte di 300 persone. Come riportato dallo storico De Benedictis, nel 1385 in occasione dell'unificazione della due città, vennero censite le abitazioni della città, per un totale di 13 contrade, che erano: Torrione: per la torre di guardia addossata alla chiesa di Santa Maria Maggiore, e alle case della famiglia Moschetti, con una fontana alimentata dall'acquedotto delle Luci. Le case erano uno scudo di abitazioni-mura contro gli assalti dal mare, in uno dei quali il marchese Alfonso I d'Avalos inviò vari soldati per arrestare l'assedio. In questa contrada si trovava il monastero delle Clarisse presso Largo Santa Chiara, edificato nel 1585 circa. Castello: per la presenza del castello di Gisone (oggi di Giacomo Caldora), edificato in posizione elevata tanto da comunicare con il Castello angioino (poi aragonese) di Ortona. Il castello vastese era munito di vari cannoni, e aveva in possesso la contrada di Santa Maria Maggiore, sotto la giurisdizione di San Giovanni in Venere (1195). Sulle rovine del castello nel 1331 venne sopraelevata la torre campanaria, i turchi il 1º agosto 1566 la devastarono, incendiandola, un altro incendio ci fu nel 1645, che costrinse a una riedificazione totale della collegiata. Nella chiesa collegiata di Santa Maria Maggiore si conserva ancora la reliquia della sacra spina della corona di Cristo, donata a don Diego d'Avalos da Pio V nel 1647 per aver presieduto in sua vece al Concilio di Trento, il corpo di San Cesario poi vi è custodito, sarcofagi delle famiglie d'Avalos e Mayo, e dipinti barocchi. Questa contrada corrisponde all'attuale Piazza Rossetti, via Cavour, Piazza Diomede. I quartieri medievali del Vasto Contrada Guarlati: fronteggia da ovest Piazza Rossetti, iniziando dall'area della chiesa dell'Addolorata o di San Francesco da Paola. La contrada è detta anche "naumachia" o "Barbacani" a imitazione delle muraglie costruite a forma di scarpa, vi si trovava la chiesa della Madonna dei Guarlati, sopra cui venne edificata quella dei Paolotti, recuperando l'icona sacra della Madonna, e traslata nel muro del coro. La contrada è compresa dalle strade di via Giulia, via Naumachia, via XXIV Maggio, via Boccaccio. Contrada Buonconsiglio: prende nome dalla cappella della Madonna del Buonconsiglio, oggi scomparsa, con l'icona votiva traslata nella Cattedrale di San Giuseppe. Nella contrada si trovava la casa del nobile Buzio d'Alvappario che nel 1339 venne assalito dai briganti, uscendone illeso, mentre la sua casa veniva devastata. Il suo sarcofago è conservato nei musei del Palazzo d'Avalos. L'area della contrada è compresa tra Piazza Caprioli, via San Pietro, via Buonconsiglio e via Vescovado. Contrada Piazza: concentrata sull'attuale Piazza Lucio Valerio Pudente e Corso De Parma, vi si trovava il convento di Sant'Agostino, oggi trasformato nel Duomo di San Giuseppe. Nel convento prese i voti il beato Angelo da Furci, di cui nella cattedrale si conservano delle reliquie, e una ricca biblioteca con volumi donati da Virginia Magnacervo. La strada era la via del Mercato principale di Vasto, che nel Novecento fu ampiamente trasformata con la costruzione di nuovi palazzi signorili. Piano del Forno: delimitata da via del Fornorosso, l'edificio venne demolito per la creazione nel XVII secolo del Collegio del Carmine, annesso alla chiesa omonima, edificato nel 1689 presso la vecchia chiesa di San Nicola di Mira. Nella contrada si trovava anche la casa di Virgilio Caprioli eValerio di Clemente, che nel suo testamento lasciò l'abitazione ai Padri Lucchesi per l'edificazione del monastero. Contrada Palazzo: delimitata da Piazza L.V. Pudente e Piazza del Popolo, dove si trova il palazzo d'Avalos, insieme al Palazzo Mayo. Il palazzo era la residenza del capitano di venuta Giacomo Caldora, successivamente ampliata nel XV secolo da Alfonso I d'Avalos, a cui fu dato il feudo di Vasto da Alfonso I d'Aragona re di Napoli. L'area era difesa dalle mura di Porta Palazzo, già demolita nel XVIII secolo. Contrada Lago: vi vennero cavati pozzi in numerosi edifici, si presume che l'acqua provenisse dall'antica condotta idrica del Murello. L'area è delimitata da via Adriatica, via del Lago, via Osidia, Corso Dante. Contrada San Pietro: l'area compresa tra il piazzale con la facciata della chiesa, via Adriatica, via San Pietro, via Botto. La chiesa era esistente già dal 1047, fu eretta a collegiata con 13 canonici per volere di papa Clemente XIII. La frana del 1956 inghiottì gran parte del Muro delle Lame e della porzione della contrada, incluso il Palazzo Marchesani-Nasuti, usato come sede delle poste e del convitto elementare. Contrada San Giovanni: area delimitata dalla vecchia strada di San Giovanni (oggi Corso Plebiscito), Corso Dante, Largo del Carmine e via Giovanni Pascoli. Vi si trovava il monastero dei Cavalieri di Malta presso la chiesa di San Giovanni di Gerusalemme (XIII secolo). La chiesa andò nei secoli in lento degrado, dopo la soppressione dell'ordine dei Templari, fino alla scomparsa totale nel XIX secolo. Contrada Annunziata: così chiamata perché delimitata dal Corso Palizzi, all'altezza di Porta Nuova, via Anelli con la chiesa dell'Annunziata e di Santa Filomena (una posta di fronte all'altra). L'ospedale dell'Annunziata fu additato al frate Giovan Battista di Chieti dell'ordine Domenicano, dal marchese Alfonso d'Avalos nel 1523. La chiesa fu incendiata dai turchi nel 1566, e rifatta daccapo. Conserva il sepolcro di Maria Zocchi, monaca di Santa Caterina, morta nel 1645. Contrada Santo Spirito: posta più a nord della precedente, comprende l'area di Piazza G. Verdi, via Aimone e Corso Plebiscito. Vi si trovava il monastero di Santo Spirito dei Celestini (XIII secolo), retto nel 1553 dal priore Placido da Manfredonia con la cappella di San Biase. Il monastero era difeso dalla torre Diomede del Moro, ancora oggi esistente. La chiesa invece dopo l'abolizione dell'ordine cadde in lento abbandono, sino a quando nel 1819 non fu trasformata nel teatro San Ferdinando, attualmente intitolato a Gabriele Rossetti. Questa è l'ultima delle contrade storiche di Vasto. L'area di Corso Garibaldi e via Roma invece si chiamata "San Giovanni fuori", in quanto terreno appartenente per le rendite al monastero di San Giovanni Gerosolimitano dei Templari di Malta, come dimostra uno strumento redatto dal notaio Mastro Di Cola da San Giovanni Teatino (1362). Altre rendite sono documentate nell'anno 1695 e nel catalogo dei beni del 1749. L'Ordine dei Cavalieri fu abolito nel 1815 e la chiesa cadde in degrado, passando la regio demanio. La chiesa nel 1833 era quasi crollata del tutto, acquistata dalla famiglia De Pompeis, che ridusse la fabbrica a granaio, finché non venne demolita. I Templari a Vasto avevano altre "domus", sparse nel territorio, costituivano la resistenza dei crociati, consistenti in latifondi con piccole masserie fortificate o torri di guardia. Il territorio vastese fu teatro di un episodio alquanto drammatico, durante il raduno dell'esercito crociato da parte di Enrico VI di Svevia nel 1194, per imbarcarsi alla volta di Gerusalemme. Gli armati accampati dai vari Templari, vennero fatti confluire alla foce del fiume Sinello, poco distante da una delle domus Castello Sinello, Castello d'Erce (Punta Aderci) e Castello di Colle Martino, con saccheggi e devastazioni, senza che i Templari riuscissero a respingere l'attacco predatorio. L'episodio è narrato nella cronaca dell'abbazia di Santo Stefano in Rivomaris, presso la costa di Casalbordino. Nel 1345 sotto Giovanna I di Napoli era capitano di Vasto Raimondo Caldora, barone di Castel del Giudice, da cui ebbe origine la famiglia. A causa delle turbolenze di governo, Giovanna infeudò Vasto alla sorella Maria, sposata a Carlo di Durazzo principe di Taranto. Dato che i vastesi mal sopportavano il governo di Maria, e anche quello del marito Luigi d'Angiò, essi colsero l'occasione dell'imminente guerra tra il Principe di Taranto e l'ungaro Ladislao, che occupò Vasto nel 1347-51, anno in cui Luigi riuscì a riprendersela, senza però saccheggiarla. Benché fosse stata celebrata la pace tra Giovanna I e Ladislao, alcuni cavalieri: Fra Moriale di Provenza, cavaliere dei Gerosolimitani e Corrado Lupo raccolsero una truppa di sbandati ungari, razziando le città dell'Abruzzo Citeriore, fino a giungere a Vasto nel 1352, con saccheggi e uccisioni.Morta Maria d'Angiò nel 1366 senza eredi, Vasto cadde nel regio demanio, fino al 1410, così come lo erano Lanciano e Chieti. Durante il governo di Giovanna II di Napoli, gli anni del regno furono segnati da un clima turbolento di congiure, e di pretese al trono da parte degli Aragona, nella persona di Alfonso I. Giunto nella terra di Vasto il capitano Jacopo Caldora nel 1420, i vastesi gli chiesero protezione, e lui insediò il quartier generale in nome dell'alleato Muzio Attendolo Sforza, capitano fidato di Giovanna II. Vasto fu tolta, e poi ridata al Caldora nel 1423, quando il capitano passò al partito della regina. Dal regio demanio al Marchesato Dopo il periodo angioino il comando passò prima alla famiglia dei De Guevara, poi al Re e infine alla dinastia aragonese dei d'Avalos, artefici dell'omonimo Palazzo, che governarono la città dal 1496 al 1798 circa. Nel 1496 infatti re Federico d'Aragona incoronò Innigo II d'Avalos "Marchese del Vasto" e sotto di lui, specialmente con Fernando Francesco d'Avalos, Vasto visse un florido periodo culturale, negli anni del Rinascimento. Nel 1439 alla morte di Giacomo Caldora signore del Vasto, il figlio Antonio prese il feudo di Vasto e gli altri sparsi per l'Abruzzo, ma la sua ribellione ad Alfonso V d'Aragona per appoggiare il partito angioino, gli costarono l'esilio nel 1442, e la confisca di tutti i castelli. Vasto si trovò ancora nel demanio regio, investita però di molti privilegi con atto notarile rogato nel chiostro della chiesa di Sant'Agostino (oggi Duomo); un clima di tranquillità interrotto bruscamente dal nuovo infeudamento da parte di Alfonso al signore Innico I d'Avalos il 28 settembre 1444. Nel 1464 Antonio Caldora tentò la ripresa di Vasto con le truppe di Giovanni II d'Angiò, dichiarando guerra a Ferrante d'Aragona, il quale venne di persona a sconfiggere Antonio. Acquartierò le truppe nel colle di Cona San Giacomo, mentre Antonio, asserragliatosi nel castello, cannoneggiava le truppe aragonesi. Insediamento dei D'Avalos con Ferrante d'Aragona Ferrante lasciò al comando delle truppe Giacomo Carafa, che cinse d'assedio la città, sperando di prenderla per fame. Infatti l'assedio durò 3 mesi, nei quali i cittadini di Vasto, ridotti allo stremo, furono condotti in rivolta da emissari del Re, che li invitarono ad acclamare la corona aragonese per terminare la guerra. Così Antonio Caldora con l'inganno venne arrestato e imprigionato, mentre Ferrante ricompensava l'azione del popolo con la conferma dei privilegi di Alfonso, riportandola nel regio demanio. In quest'occasione, nel 1465, si costituì il consiglio civico dei 14 membri del parlamento vastese, rinnovato ogni trimestre, per comporre il maggiore consiglio dei 60. Nel 1570 il consiglio fu ridotto a 40 membri. Il privilegio di Ferrante durò sino al 1471, quando venne infeudata a Pietro di Guevara; in questi anni non bisogna pensare che la famiglia D'Avalos non godesse di privilegi da parte di Napoli. Avevano posto la residenza nella casa patrizia di Giacomo Caldora, che nel 1573-87 verrà trasformata nel palazzo patrizio rinascimentale che conosciamo. Nell'ambito della guerra di Ferrante contro papa Sisto IV, alleato di Venezia, delle galee partirono dalla Serenissima, e nel 1482 distrussero il porto di Vasto; nel 1485 Vasto cambiò feudatario, dopo che il Guevara partecipò alla congiura dei baroni contro Ferrante, ma non prima del 1493, ultimo anno di tranquillità nel regio demanio. Il 13 marzo di quell'anno fu creata l'Università regia del Vasto, sotto la mediazione degli emissari napoletani Nicola e Valerio Cellitto. Nel 1496 sotto Ferdinando II di Napoli, Vasto passò a Rodrigo d'Avalos, figlio di Innico I, ma alla sua morte quasi immediata dopo esserne entrato in possesso, la città non rientrò nel regio demanio, nel 1497 Innico II d'Avalos divenne il secondo Marchese del Vasto effettivo. L'entrata al porte di Innico però ci fu solo nel 1499, perché l'Università si adoperò per bloccare l'infeudamento, desiderando ardentemente i privilegi di "paradiso fiscale" ottenuti con Alfonso e Ferrante I nel demanio regio. Al tempo del governo di Roberto di Guevara, venne fondato il monastero di Sant'Onofrio, fuori le mura, ad ovest. Il monastero era il terzo principale della città, dopo la fondazione di quello di San Giovanni Gerosolimitano dei Cavalieri Templari (che sorgeva intorno l'attuale Corso Plebiscito, davanti alla chiesa del Carmine) nel XIII secolo, e di quello di Santo Spirito sopra San Biase dei Padri Celestini nel XIII-XIV secolo. Mentre il primo andò distrutto nel XIX secolo, il secondo visse periodi alterni dopo il XVII secolo, essendo stato per secoli uno dei cenobi più importanti della regola Benedettina del sud Abruzzo, fino a che, sconsacrato, venne adibito nel 1189 a teatro civico borbonico, oggi intitolato a Gabriele RossettiIl convento di Sant'Onofrio eremita dei Frati Minori Osservanti risale al 1406, quando i monaci abitavano presso capanne di legno, e cercavano di erigere una chiesa vera e propria sul colle occidentale fuori Vasto. 10 frati edificarono un cenobio con ospedale per assistere gli ammalati, finché da Campobasso non venne in città Padre Strangone col beneplacito del vescovo di Chieti. La moglie del Guevara Gisetta Del Balzo mandò a chiamare dal convento frate Angelo da Specchio, e nell'avvenimento semi-fantasioso riportato dal De Bendictis, il monaco, ascoltando musica nel palazzo del Capitano, si librò in aria, venendo osannato come un santo, e l'opera di edificazione venne immediatamente finanziata. Dopo Innico II, gli successe Alfonso d'Avalos, poi Francesco Ferrante d'Avalos e Alfonso II. Il governo di Vasto fu però retto nella maggioranza dai capitano di guardia del Palazzo dell'Università. Vasto nel XVI secolo Prima dell'arrivo della famiglia D'Avalos, il palazzo in piazza Lucio Valerio Pudente era residenza di Giacomo Caldora, costruita dal capitano nel 1427. Nel 1587 la casa fu ristrutturata ampiamente dalla famiglia d'Avalos, nel programma di ricostruzione della città dopo l'assedio turco del 1566. Alcune parti della storica casa, come archi di portale e finestre, sono state scoperte nel 1991, risalenti circa al XIV secolo, segno che esisteva una casa patrizia ancor prima dell'arrivo del Caldora. Ai due lati del portone barocco sono venute alla luce decorazioni in pietra scolpita che adoravano l'accesso. La casa esisteva all'epoca della fondazione del monastero di Sant'Agostino (oggi Duomo), con privilegio di Carlo II D'Angiò il 24 febbraio 1300.La casa di Giacomo Caldora fu decorata con tegoloni e fregi prelevati dal villaggio italico di Buca (Punta Penna), e dalle relazioni dei cronisti, la casa patrizia era una delle più belle del regno di Napoli: vi si poteva vedere il fregio di un grande pesce, lo storico Flavio Biondo scrive: "Vastum Aymonis nobile et vetus oppidum quod prisci dixere Histonium, idque Theatri Vetustissimi Vertigiis et Palatio es Tornatum, quod Jacobus Caldora, est in ea superbissimum aedificavit" Incendiato dai turchi nell'estate 1566, il palazzo venne ricostruito dalla famiglia d'Avalos, che già era feudataria della città dal 1484, spendendo 5.000 ducati. La facciata venne edificata con il contributo di frate Valerio De Sanctis del convento di San Francesco nell'anno 1587, a imitazione dei più illustri palazzi rinascimentali italiani. I D'Avalos provenivano da Castiglia, trasferitisi a Napoli con il sovrano Alfonso I d'Aragona che sposò Giovanna II d'Angiò. Il capostipite del Marchesato del Vasto, a cui Alfonso dette il governo fu Innico I, morto nel 1484, che ebbe tre figli: Alfonso (morto nel 1495), Rodrigo morto nel 1496 e Innico II morto nel 1504. Oltre a Vasto, i d'Avalos acquisirono i feudi circostanti di Monteodorisio, San Salvo, Casalbordino, Pollutri, Cupello, arrivando sino al medio Sangro con i feudi di Montazzoli e Colledimezzo. Il 14 giugno 1590 truppe di banditi guidate da Marco Sciarra penetrarono nella città dal torrione Santo Spirito nella cinta muraria a nord, saccheggiando la città. Dopo l'attacco dello Sciarra, furono marchesi di Vasto Innico III, Ferrante Francesco, don Diego, Ferdinando Francesco e don Cesare Michelangelo d'Avalos, spogliato della signoria del Vasto nel 1701 da Filippo V di Spagna, che la cedette ad Antonio Lante Montefeltro della Rovere, II duca di Bomarzo. Nel 1522 le famiglie slave erano 50, in seguito si ridussero di numero, fino a essere completamente assorbite. Durante il XVI secolo la città riuscì a scampare alla Peste del 1536. La città soffrì molto le incursioni di Turchi e Saraceni, così come tutta la Costa dei Trabocchi, sbarcati il 1º agosto 1566. L'esercito di Piyale Paşa danneggiò edifici storici come Palazzo d'Avalos, l'abbazia di San Giovanni in Venere e quella di Santo Stefano in Rivomaris, nonché lo stesso Duomo di Vasto (allora dedicato a Sant'Agostino) di cui rimase in piedi solo la facciata gotica. Per questo motivo, l'8 marzo 1568, si iniziò la costruzione di 14 torri costiere di avvistamento e difesa, di cui una è ancora esistente in località Punta Penna. L'attacco turco del 1566 Il 1 agosto 1566 Vasto subì il tremendo assedio delle galee turche capeggiate dall'ammiraglio Piyale Paşa. Spedito sulla costa adriatica da Solimano il Magnifico a saccheggiare le città, nel luglio Pyali si fermò a Pescara, distrusse Francavilla, Miglianico, Ortona, Fossacesia, Casalbordino, arrivando a Vasto, e spingendosi sino a Manfredonia. Gli abitanti della città abbandonarono le case, rifugiandosi dentro le mura, fronteggiando l'attacco proveniente da nord (Torre Diomede) con lanci di pietre e olio bollente. Vennero erette barricate nel rione Santa Maria Maggiore contando sulla strettezza delle viuzze per ostacolare l'avanzata, sprangando Porta Catena.I turchi tuttavia riuscirono a entrare da Porta Castello e Porta Catena, incendiando la città e catturando molti uomini che vennero venduti come schiavi: vennero bruciati il convento di Sant'Agostino, distrutta la chiesa di Santa Maria in Valle (area dell'Agrella) sotto la chiesa convento di Santa Lucia, poi anche le chiese di San Francesco, San Pietro e dell'ospedale dell'Annunziata vennero incendiate, insieme al Palazzo d'Avalos, mentre il castello di Caldora riuscì a resistere grazie alle bocche da fuoco. La gente scappò anche nei paesi vicini di Cupello e Monteodorisio, che ugualmente vennero saccheggiate poiché vicine alla costa, il porto di Punta Penna fu distrutto, i pirati risalirono il fiume Sinello compiendo altri saccheggi nell'entroterra, incendiarono il convento di Sant'Onofrio fuori Vasto. Tentando un nuovo assalto dal Muro delle Lame, dopo essere ridiscesi dal fiume Sinello, i turchi preferirono andare oltre per la numerosa folla schieratasi minacciosa lungo il costone, e assediarono San Salvo. I turchi riuscirono a prendere Vasto evitando il sistema fortificato di prevenzione voluto da Carlo V, e messo in pratica dal viceré Pedro Afán de Ribera, duca di Alcalá de los Gazules, mediante costruzioni di piccole torri di guardia sui promontori costieri, a piccola distanza l'una dall'altra, partendo da Martinsicuro (TE), fino a Santa Maria di Leuca nel Salento pugliese. Vasto sotto il marchesato di Diego d'Avalos Al Seicento risale la costruzione del "Palazzo della Penna" e della demolizione della Chiesa di San Nicola degli Schiavoni (1638), che venne demolita ricostruita per essere intitolata a Maria Santissima del Carmine, in cui, in un altare minore, si continuò a venerare san Nicola; anche la confraternita assunse la nuova denominazione. Vennero chiamati a Vasto da Diego d'Avalos i "clerici regolari della Madre di Dio", o "padri Lucchesi" che vi giunsero da Napoli a fondare un convento con annesso collegio. All'opera concorsero il marchese, l'università e la confraternita, che concesse la chiesa e una rendita annua di 50 ducati. Alcuni vastesi entrarono nell'ordine e Giuseppe Ricci e Luigi Barbotta ne divennero generali. Nel 1690 venne istituito a Vasto il Collegio dei Chierici Regolari della Madre di Dio, come scuola dei confratelli del Carmine per l'educazione dei giovani, fortemente voluta dai Marchesi d'Avalos nelle persone di don Diego e sua moglie Ippolita. Nella metà dei Seicento non mancarono episodi di banditismo, carestie e sconvolgimenti naturali come frane. Oltre agli smottamenti, nel 1656 la città fu colpita dalla pestilenza proveniente dalla Puglia, ma siccome venne portata in processione per la città la statua del Santo Michele, le vittime non furono numerose come nelle altre località. Da questo momento iniziò il primo segale della fede devozionale vastese vero l'Arcangelo, e in occasione del punto dove terminò la processione, nel 1657 venne realizzata la primitiva cappella dedicata a San Michele, rifatta poi nell'aspetto attuale nella prima metà dell'Ottocento, dopo l'ulteriore conferma di "protezione" del santo dall'epidemia di colera del 1837. Il Settecento Nel primo settecento figura il personaggio del Marchese don Cesare Michelangelo d'Avalos: fu l'8vo marchese della città e di Pescara, passato alla storia per le sue gesta, la sua vita eccentrica e per aver rielaborato il palazzo marchesale, impiantandovi il giardino alla napoletana. Nel 1701 venne dichiarato ribelle da Filippo V di Spagna perché fedele al partito austriaco, e costretto a fuggire dalla città, rifugiandosi a Vienna. Rientrò a Vasto, facendovi giungere la reliquie del corpo di San Teodoro, e conducendo una vita fastosa, come si ricorderà dall'episodio della cerimonia del Toson d'Oro del 1723, accumulando per questo anche molti debiti. Alla sua morte nel 1729, senza eredi, alcune parti della città sperarono di tornare nel regio demanio, ma i debiti lasciati dal marchese fecero sì che la città fosse sottoposta a sequestro, e data in mano a un commissario regio. Per una quarantina d'anni la vita sociale ed economica fu paralizzata, sino ai primi spiragli di ripresa nel 1772, quando il potere venne ripreso da Giambattista d'Avalos, e poi al figlio Diego II. 12º Marchese del Vasto fu Tommaso d'Avalos, che governò sino allo scoppio della rivoluzione giacobina nel 1799. Il 29 marzo 1710 fu conferito ufficialmente il titolo di città da Carlo d'Austria, nel periodo in cui era al potere don Cesare Michelangelo d'Avalos, e nell'ottobre del 1723 divenne luogo della cerimonia di consegna della collana dell'ordine del Toson d'oro da parte del marchese Cesare Michelangelo d'Avalos al principe Fabrizio I Colonna, su incarico dell'imperatore Carlo VI. La cerimonia fu celebrata con solenni feste e battute di caccia nelle campagne circostanti. Proprio in questo periodo la balconata del quartiere di Santa Maria prende il nome di "Loggia Amblingh", dall’austriaco Guglielmo Amblingh di Graz, segretario di Cesare Michelangelo d’Avalos, residente a Vasto all'inizio del Settecento. La città, inoltre, conosce in questo secolo un primo sviluppo piccolo-industriale (con la presenza di vetrerie in via Aimone e fornaci in vico Moschetto), artigianale e agricolo. Onorificenze Tra il 1758 e il 1761 la Chiesa del Carmine venne ricostruita su disegno di Mario Gioffredo; i lavori interessarono anche il contiguo collegio. Nel 1762 l'interno dell'edificio fu decorato con stucchi per opera di Michele Saccione di Napoli. La nuova chiesa neoclassica, con influenze vanvitelliane, presenta una pianta a croce greca con cinque cappelle. Non mancarono tuttavia momenti di alti e bassi nell'economia politico-sociale cittadina, soprattutto durante gli anni della "depressione" per indebitamento del marchese don Cesare Michelangelo, fino al 1774, anni caratterizzati ugualmente da frane e smottamenti, soprattutto nella parte del Muro delle Lame. La rivoluzione del 1799 Nel novembre 1798 il consiglio di Napoli decretò lo stato di guerra, e mandò le truppe al comando del generale Micheoux sul Tronto, a L'Aquila e Tagliacozzo, sbaragliando gli insorti repubblicani che parteggiavano per i "repubblicani" di Gioacchino Murat. Ferdinando IV di Borbone entrò a Roma dove era stata proclamata la repubblica, costringendo papa Pio VII a recarsi prigioniero in Francia, ma il 29 novembre 1989 il generale Championnet sconfisse i napoletani, ricacciandoli oltre i confini del regno, mandando il generale Duhèsme a difendere l'Abruzzo da insurrezioni filo-borboniche. Il 20 dicembre conquistò la fortezza borbonica di Civitella del Tronto, dirigendosi alla piazzaforte di Pescara, che capitolò in breve tempo. Con il bando dell'8 dicembre, re Ferdinando di Borbone si rifugiava con i reali in Sicilia, sancendo di fatto la caduta temporanea del suo governo sul regno. Proclamata la Repubblica Partenopea, la notizia fu accolta a Vasto da clamori e confusione generale, mentre i massimi esponenti politici: il barone Pasquale Genova, Levino Mayo, Antonio Tiberi, Arcangelo e Giuseppantonio De Pompeis, assoldarono in fretta e furia un'armata affidata al governatore Andrea Gaiulli per raggiungere Chieti, già presa dalle truppe francesi di Mounier, il quale prevenne l'azione vastese, ordinando di proclamare la repubblica giacobina. La notizia fu accolta dai vastesi con l'anarchia generale, i ceti più infimi della popolazione si abbandonarono alla rapina e al saccheggio della città, vennero assaltate le barche al porto provenienti da Pescara con i beni del re di Napoli: i capi rivoltosi erano Paolo Codagnone e Filippo Tambelli, reduci dal carcere di Napoli; i quali inviarono a Lanciano Francescantonio Ortensie, Floriano Pietrocola ed Epimenio Sacchetti quali deputati del popolo, con l'incarico di conferire col generale Mounier, costoro infatti vennero nominati municipalisti di Vasto, con l'eccezione del Scchetti, riconosciuto come ergastolano evaso da Napoli, e sostituito con Romualdo Celano. Il 5 gennaio a Vasto vennero dichiarati caduti tutti gli incarichi e i privilegi reali, sostituiti con altri e con l'obbligo di fregiarsi della coccarda tricolore, vennero ammassati vettovagliamenti per le truppe francesi che dovevano transitare per Vasto, fissando il quartier generale a Palazzo d'Avalos, il cui proprietario don Tommaso d'Avalos fu costretto, il 21 dicembre, a raggiungere Ferdinando IV a Palermo. Gli stemmi borbonici a palazzo vennero abbattuti, e in Piazza Rossetti piantato l'albero della Libertà e della Repubblica. L'agente del Marchese d'Avalos: Vincenzo Mayo, litigando con i municipalisti appena nominati: Codagnone e Tambelli, recatisi a Pescara per conferire col generale Mounier, furono costretti ad approdare all'improvviso al porto di Ortona, dove vennero trucidati dal popolo in fermento. La notizia fu portata in città da un servitore di Codagnone il 2 febbraio 1799, e i vastesi della guarnigione repubblicana iniziarono ad ammutinarsi: erano composti principalmente da avanzi di galera e vari scalzacani della peggior specie, che si abbandonarono al saccheggio della vittà, profanando chiese e tombe per rubare gli oggetti preziosi. Il sacco della città durò 25 giorni, testimoniato anche dal giovane poeta (allora sedicenne) Gabriele Rossetti nelle sue Memorie, vennero incendiati gli archivi per distruggere le documentazioni e le rendite dei proprietari sulle loro terre, fu assaltato il palazzo marchesale, le chiese di Santa Maria Maggiore, Sant'Agostino e San Pietro. Oltre al fatto che molte donne vennero violentate davanti ai mariti, nell'orda di ferocia morirono Tommaso Lemme, Epimenio Sacchetti, Alfonso Bacchetta, mentre il Barone Genova-Rulli, Francesco Maria Marchesani, Leopoldo Cieri e Venceslao Mayo venivano eletti generali della città per garantire l'ordine. Formazione della municipalità liberale Durante questi giorni venne arrestato anche il giovane studente di giurisprudenza Giovanni Barbarotta (a cui è intitolata la piazza del castello), che avrebbe gridato Morte al Giacobino!, e condannato a morte, ma salvato in extremis dall'arringa di un popolano, e proclamato capo del governo rivoluzionario di Vasto. Il 6 gennaio 1799 intanto i municipalisti Pietrocola e Ortensio, fuggiti da Vasto, vennero catturati a Casalbordino e ricondotti in città per essere fucilati, presso Porta Castello, denudati e decapitati, lasciati alle intemperie per almeno un mese, fino alla sepoltura il 2 marzo, onde evitare contadi, grazie all'intervento del generale Couthard. Le rapine continuavano, e vennero saccheggiati i vicini centri di San Buono, Gissi, Dogliola, Lentella; il popolo in rivolta mirò anche a perseguitare i prelati, rinchiusi nel Palazzo del Collegio del Carmine, circondato di sterpaglie per essere dato alle fiamme, ma per fortuna tale supplizio fu risparmiato dall'intervento di Nicola Marchesani, deputato del popolo, promettendo l'indulto popolare da parte del generale Couthard per i delitti commessi. Il perdono venne accordato, meno ai municipalisti Mayo, Genova-Rulli, Marchesani e Cieri, accusati come fautori della rivolta; e così il 12 febbraio 1799, senza una guardia civica abbastanza resistente, il popolo tornò al saccheggio, quel giorno venne assaltata l'abitazione dell'arciprete di Santa Maria Maggiore: Serafino Monacelli, divelta la porta del convento di Santo Spirito, fracassate due tombe di pietra per cercarvi oro; l'arciprete veniva arrestato, deriso e insultato, costretto a fare il giro della città tre volte sotto gli scherni, e infine costretto a sposare al convento di Santo Spirito 9 dei rivoluzionari con delle prostitute, senza alcuna formalità religiosa. In seguito a questo matrimonio, alcuni ribelli pretesero di sposarsi con altre donne, mentre i nobili della città, rinchiusi nelle celle del Collegio dei Padri Lucchesi, venivano condannati alla fucilazione, salvati ancora una volta dalla perorazione di Giovanni Barbarotta, il quale convinse i rivoltosi a trasportare i letti del collegio nella chiesa di San Francesco da Paola. Il processo della milizia francese contro gli insorti Dentro i letti v'erano nascoste le armi per i prigionieri per poter fronteggiare la rivolta; il 19 febbraio la folla tentò l'assalto al palazzo del Collegio per acciuffare Raffaele De Luca, rifugiatosi ivi dopo il saccheggio della sua casa, il quale venne salvato dall'ostinazione del prelato Padre Bruni, che sparò colpi di fucile contro i popolani. Nel frattempo si componeva l'organo municipale di Vasto, con governatori il Barone Alessandro Muzii, Nicolantonio Cardone, Francesco Bucci, Giovanni Barbarotta supplente, poi Carlo De Nardis, Nicola Ricci, Arcangelo De Pompeis come capitano della guardia; mentre i deputati del popolo furono Agostino De Guglielmo, Francescantonio e Felice Antonio Rossi, Giovanni Forte, Nicola Marchesani. Ricostituitasi la guardia nazionale civica, il generale Gouthard per ristabilire l'ordine pretese da Vasto il pagamento di 2.000 ducati per riparazione e contribuzione, più altri denari per i suoi segretari e per la truppa, più inoltre 5.000 ducati per risparmiare dalla fucilazione gli accusati Mayo, Genova-Rulli, Marchesani e Cieri; infine elesse capo della municipalità Filotesio Mayo, con altri componenti diversi dagli eletti del popolo. In seguito fu composto un tribunale per la condanna del "mese di saccheggio" della città, e vennero emesse le condanne dei rivoltosi macchiatisi di furto e omicidio: in tutto 26 responsabili, fucilati presso la Torre di Bassano. Il Gouthard fece ritorno a Lanciano con 800 soldati, lasciando in città il comandante Larieu, che acquartierò la guarnigione a Palazzo d'Avalos; il comandante abusò della folla ignorante che non s'intendeva di armi, e compì alcune esecuzioni sommarie prevaricando la legge, sicché Gouthard fu richiamato in città, concedendo il perdono, mentre Larieu minacciò per ripicca la Municipalità di compiere una carneficina. Il 18 marzo il tutto si risolse con la fucilazione di alcuni prigionieri vastesi fatti sfilare per la città verso Serracapriola, mentre altri rinchiusi a Foggia. Il sanfedista Giuseppe Pronio riconquista Vasto Il 20 aprile 1799 passò in città una colonna francese della Legione Napoletana capitana dal Marchese Carafa, a cui la Municipalità chiese di ammettere nella guardia alcuni ergastolani vastesi, e in città venne lasciato il nuovo comandante Ghilm. In maggio il comandante Giuseppe Pronio, sotto l'osservazione di Ferdinando IV di Borbone, iniziò a provocare moti insurrezionali filo-borbonici a Sulmona, Chieti e L'Aquila, e la notizia raggiunse anche la città di Vasto, dove però il commissario lancianese Nicola Neri stroncò possibili insurrezioni anti-francesi, eliminando la guardia civica. Tuttavia il Pronio dopo aver preso Lanciano, si diresse anche a Vasto, cingendola d'assedio il 28 marzo, accampandosi sulla Piana d'Aragona. Nicola Neri fece arrestare la Municipalità temendo tradimenti. Il commissario Neri aveva solo 1.00 uomini contro i 4.000 di Pronio, e oppose valida resistenza sino a notte, quando scappò dalla città, mentre alcuni disertori che cercavano la fuga dal Muro delle Lame, vennero acciuffati, tra questi Francescantonio Rossi, fatto prigioniero da Giuseppe Pronio e ucciso con la decapitazione, la sua testa fu inchiodata al muro del convento dei Cappuccini dell SS. Vergine Incoronata, presso il cimitero. Il 19 maggio durante la processione del Sacramento, la folla arrivò al campo dove stanziava Giuseppe Pronio, formalizzando i patti per la capitolazione, per poi ritornare alla chiesa di Sant'Agostino. Occupata la città, il 20 maggio fu firmata la capitolazione nel convento di Sant'Onofrio alla presenza di Pronio, con lo sversamento di 1.400 doppia, in gran parte elargite dal conte Venceslao Mayo. Il nuovo governatore di Vasto sotto il regno di Ferdinando I delle Due Sicilie fu Giovan Battista Crisci. La questione delle due prepositure di Santa Maria e San Pietro Nel 1695 il preposto di San Pietro, uscito in processione il Sabato Santo, non volle portare per primo l'asta del Baldacchino, facendo ricorrere i preposti di Santa Maria al tribunale, per osservare i capitoli Peruziani. Dal 1707 al 1729 il clero di Santa Maria, fiancheggiato dal protettore don Cesare Michelangelo d'Avalos, si procurò il titolo di Insigne Collegiata con papa Innocenzo III (1723), suscitando l'ira degli altri preposti di San Pietro; la città di Vasto era da anni divisa in due fazioni, coinvolgendo anche famiglie nobili nella rivalità. Nel 1807 l'intendente francese della provincia di Chieti Briot, in visita nella città per Pasqua, venendo a conoscenza dei disordini scatenati per il voler primeggiare sul trasporto del Baldacchino del Capitolo in occasione della Settimana Santa, fece in modo di risolvere drasticamente la questione. Un uomo introdottosi nel campanile di San Pietro, fece rintoccare le campane il sabato, prima della campana privilegiata di Santa Maria Maggiore, scatenando la sommossa generale. I prepositi di Santa Maria ricorsero al tribunale di Napoli. Briot volle cassare la discussione proponendo il 15 agosto 1807, in ricorrenza del compleanno di Napoleone Bonaparte, alle due collegiate di esporre in trono l'immagine del regnante. La chiesa di Santa Maria essendone priva, venne ingannata con un'icona del generale russo Swyaiow (metodo usato proprio in vista della guerra tra Francia e Russia), sicché Briot, infuriatosi per l'immagine vista come una provocazione e ribellione, dichiarò soppresse ambedue le collegiate, nominato sede del Collegio la vecchia chiesa di Sant'Agostino, assurta il 13 gennaio 1808 a sede della Cattedra, e intitolata a San Giuseppe in ricordo di Giuseppe Bonaparte. XIX secolo L'Ottocento e i moti carbonari vastesi Convento e collegio dei "padri lucchesi" della Chiesa del Carmine furono abbandonati poi nel 1807, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi decretata da Giuseppe Bonaparte. Dal XIX secolo la città vantò il titolo di "Atene degli Abruzzi", grazie a elementi culturali e artistici rilevanti. Degli esempi sono il lascito architettonico del periodo Signorile caldoresco e aragonese, aver dato i natali a intellettuali del calibro di Gabriele Rossetti nel 1783, pittore, poeta e patriota, anche noto come "Tirteo d'Italia" (fratello di Domenico anche lui letterato oltre che speleologo, e genitore di intellettuali come Maria Francesca, William Michael, Christina e il più famoso Dante Gabriel, tra i fondatori del movimento inglese dei Preraffaelliti), al medico Francesco Romani, per l'inaugurazione del secondo teatro d'Abruzzo (il Real Teatro Borbonico, poi divenuto Teatro Rossetti, e alla cui inaugurazione il 15 settembre 1832 partecipò anche Re Ferdinando II), oltre ad avere il ruolo politico di capoluogo di Distretto nell'amministrazione dell'Abruzzo Citeriore dal 1816. Il 1817 fu un anno funesto, a causa di un'importante carestia, della prima frana che interessò il costone orientale della città e di un'epidemia di febbre petecchiale che decimò la popolazione cittadina (di cui alcuni resti furono trovati nel 2014 nella zona di Punta Aderci, allontanati e seppelliti lì per motivi igienico sanitari da una delibera comunale del tempo. Nonostante il tributo di sangue che la città pagò nel 1799 per la repressione Sanfedista, durante il Risorgimento l'anelito di libertà che da tempo infiammava i cuori dei vastesi trova viva testimonianza nella Battaglia di Antrodoco combattuta all'alba del 7 marzo 1821, quando un battaglione di volontari al comando del Barone Luigi Cardone e su incitamento di Gabriele Rossetti accorse sotto le insegne del Generale Guglielmo Pepe in difesa della Repubblica Partenopea contro le truppe di Frimont, fatte giungere in Italia dai Borboni. Tra il 1817 e il 1818 la cittadinanza attribuì la salvezza dall'ennesima epidemia di peste grazie al miracolo dell'Arcangelo Michele, la cui statua era presente nella chiesa di San Giuseppe. Il 1817 tra frane e briganti Durante il periodo murattiano, Giuseppe Nicola Durini di Chieti venne inviato a Vasto nel 1811 come consigliere dell'Intendenza, rimanendoci sino al 1820. Nel 1814 la città fu assediata da 7 bande di briganti, nel 1816 subì una grave frana presso Porta Palazzo e sul promontorio di San Michele, e nel 1817 un'epidemia di colera flagellò la popolazione. L'attacco dei briganti (molti dei quali delle Puglia e del Molise) avvenne il 12 e il 13 aprile 1814, che cinsero d'assedio le mura presso Torre Diomede. La banda era capeggiata da Pasquale Quici di Trivento, Pasquale Preside, che bruciò la caserma di gendarmeria, uccidendo le mogli e i figli dei gendarmi. Il barone Durini arringò la folla, convincendola a prendere le armi contro gli assalitori, sprangando le porte della città, asserragliandosi sui bastioni del castello, rispondendo con le bocche di fuoco all'assedio. I briganti retrocessero, provando un nuovo assalto verso la torre di Santo Spirito con il convento dei Celestini, rifugiatisi nella cappella di San Giacomo. Il barone Diomede appostò dei tiratori su Torre Diamante, proprio dirimpetto la cappella, sparando raffiche a ogni tentativo di fuga, finché non indietreggiarono verso torre Santo Spirito. Furono messi in fuga 2.000 briganti, anche se l'attacco provocò ingenti danni alla città: fu distrutto il palo del telegrafo presso Piano d'Aragona, che venne poi spostato sopra la Torre di Bassano, fu danneggiato l'acquedotto della Fontana d'Avalos presso il sagrato del Duomo, furono sequestrate le merci portate via terra alla città, fu divelto l'organo a canne del monastero di Sant'Onofrio e fuso per farci le palle dell'archibugio. Il sindaco Pietro Muzii il 24 aprile offerse la cittadinanza onoraria al Durini, e venne coniato un medaglione con l'effigie baronale, realizzato da Florindo Naglieri. La giovinezza di Gabriele Rossetti In questi anni visse in città anche il poeta Gabriele Rossetti, nato nel 1783. Educato agli studi classici e all'esegesi dei testi danteschi, durante il governo di Gioacchino Murat nel 1798-99 egli sperimentò le violenze degli insorti repubblicani, vedendo con i proprie occhi la barbarie della repubblica Vastese. Rossetti visse a Vasto sino al 1804 quando il conte Venceslao Mayo lo mandò a studiare a Napoli. A Vasto non tornerà mai più, fece appena in tempo a conoscere Gabriele Smargiassi, il precettore dei fratelli pittori Palizzi, che rivedrà anni più avanti a Londra. Avendo studiato a Napoli, Rossetti scrisse opere di stampo anacreontico e libretti per il teatro San Carlo. Le sue poesia di stampo liberale nel 1820 gli costarono l'esilio da parte del re Ferdinando II delle Due Sicilie, ma Rossetti nelle sue Memorie o Il veggente in solitudine ricorderà per sempre la piccola cittadina adriatica. Nel 1818 l'ex monastero dei Celestini a Porta Nuova fu riqualificato e l'anno seguente alla presenza di re Ferdinando di Borbone fu inaugurato come nuovo teatro civico regio, che nel 1860 diventerà il Teatro Rossetti, in omaggio al poeta esule. Conseguenze della frana Nel 1816 la città fu interessata da un'importante frana che danneggiò il costone di Piazza del Popolo, Porta Palazzo e il promontorio di San Michele. Il canonico Florindo Muzii sostenne che il movimento franoso verso il mare fu causato dalla dispersione delle acque degli acquedotti romani ormai da anni danneggiati e rotti in più punti. I movimenti franosi iniziarono il 1 aprile, venne inghiottito l'accesso di Porta Palazzo, una porzione del palazzo d'Avalos con i giardini alla napoletana, e vennero persi numerosi olivi che crescevano appena dosso il muro. Secondo Erasmo Colapietro che pubblicò una relazione nel 1817, la frana fu causata dalle numerose nevicate e dalle piogge, e l'acqua in sovrabbondanza non fu contenuta dai punti rotti dell'acquedotto romano Murello. Il barone Durini ordino l'evacuazione delle case a rischio, anche nella parte della loggia Amblingh nel rione Santa Maria Maggiore; tra le perdite ci furono delle case civili, il deposito del sale, la cappella di San Leonardo presso contrada Tre Segni, e la cappella della Madonna della Neve, che sorgeva presso la chiesa della Madonna delle Grazie. La balconata con loggiato del Palazzo d'Avalos che conduceva sino alla chiesa di Sant'Antonio di Padova rovinò a mare, ma gli interventi tecnici non risolsero il problema di modificare l'antico impianto idrico con uno più moderno, tamponando solo i punti più critici, come i lavori del 1892, quando venne rinforzato il Muro delle Lame, venne creata una muraglia spessa 60 cm., senza fondazioni solide, dimodoché nel 1956 le nuove piogge provocheranno la grande frana.Nel biennio 1818-19 venne recuperato anche ciò che restava del convento di Santo Spirito da anni in rovina, con la trasformazione in regio teatro civico, dedicato a San Ferdinando in onore di Ferdinando I delle Due Sicilie, venuto in visita nella città. Il chiostro del monastero divenne carcere, mentre il teatro veniva inaugurato il 30 maggio 1819, anche se incompleto, con progetto esterno di Taddeo Salvini, uno dei costruttori ufficiali di teatro nell'Abruzzo Citeriore. Il teatro di Vasto fu il secondo nella provincia dopo il teatro Marrucino di Chieti; nel 1830 l'apprato in legno fu realizzato da Nicola Maria Pietrocola con l'aiuto del maestro Pasquale Monacelli, venendo terminato nel 1832. Il sipario fu abbellito con il dipinto del poeta Lucio Valerio Pudente incoronato con l'alloro sul Campidoglio, opera del Franceschini su disegno di Nicola De Laurentiis. Nel 1860 il teatro cambiò la denominazione in quella attuale. Epidemia di colera del 1837 Nel 1837 Vasto fu colpita da una nuova epidemia, stavolta il colera. Nel luglio 1805 con il grave terremoto del Matese, che distrusse metà del Molise insieme alla provincia di Benevento, le scosse telluriche arrivarono sino a Vasto, non causando però danni, e i cittadini si appellarono a San Michele. Tra il 1817 e il '18 l'epidemia di colera uccise 2.500 cittadini. Mentre la chiesa era in preghiera nella cattedrale dove era esposta la statua del santo, venne richiesta la nomina di patrono della città, e nel 1827 venne formulata la richiesta ufficiale al pontefice Leone XII. Le richieste aumentarono quando nel 1836 il colera, il cui focolaio primo iniziò a Rodi, con delle navi mercantili si diffuse prima a Termoli e poi per la costa vastese. La popolazione si appellò nuovamente alla protezione dell'arcangelo Michele, e venne coniato anche un medaglione speciale il 31 dicembre dell'anno. Nel luglio 1837 il colera infestò le comunità molisane di Portocannone e Ururi, e la statua del santo a Vasto venne fatta sfilare, sino all'altura dove sorge la cappella attuale. Il colera infestò le coste della città, ma non penetrò dentro le mura, sicché i cittadini fecero lavorare un nuovo elmo per la corazza da guerra del santo, e ricostruirono il santuario a pianta a croce greca in stile neoclassico, inaugurato nel 1852. Il 14 settembre 1827, dopo che i cittadini vastesi chiesero ufficialmente a Papa Leone XII l'ottenimento della nomina di San Michele Arcangelo come patrono della città, iniziarono la costruzione della Chiesa di San Michele Arcangelo nella parte meridionale del promontorio del centro storico, curiosamente ubicata a metà della cosiddetta "Linea di San Michele Arcangelo", direttrice che parte da Skellig Michael, in Irlanda, a Monte Carmelo, in Israele, passando anche attraverso i santuari italiani della Sacra di San Michele in Piemonte e Monte Sant'Angelo in Puglia), per poi essere restaurata e ampliata nel 1852. Nel 1819 fu edificato il teatro "Rossetti" sopra il vecchio monastero di Santo Spirito, progetto di Taddeo Salvini. I lavori, interrotti, vennero ultimati nel 1830, con solenne inaugurazione del teatro il 15 settembre 1832 alla presenza del Re Ferdinando II delle Due Sicilie. Presso il sipario fu raffigurato il poeta romano istoniense Lucio Valerio Pudente, incoronato a Roma con l'alloro. La Carboneria vastese (1820) Nel 1926 fu ritrovato presso la spiaggia un sigillo riguardante la comunità dei "Liberi Muratori" di una loggia massonica, quella vastese. La moneta reca sulla destra un ramo di agrifoglio verde (nel cristianesimo è ritratto a volta l'albero della Croce), in alto a destra un braccio che impugna una scure volto ad abbattere una corona (simbolo del potere), e al centro il sole nascente, con in alto il berretto frigio, simbolo della libertà, accompagnato da una zappa e una scure. All'interno del sigillo ci sono le scritte RV (rivendita) dei Filantropi Istoniesi di Vasto. La "vendita" era il luogo di riunioni carbonare, che a Vasto si tenevano presso il sotterraneo di Portone Panzotto, a vico Paquia nel rione Santa Maria Maggiore. La carboneria era nota già dal 1811, anno in cui la sede cambiò, spostandosi nel convento di Santo Spirito, poi in quello di San Francesco e infine in locali sotterranei del Palazzo d'Avalos, nel 1820, quando era capo il canonico don Romualdo Casilli. Alla statua di San Michele il 21 luglio 1820 venne conferita, nel Duomo di San Giuseppe, la Fascia del Gran Maestro della Carboneria, accompagnata dal clero in processione, per venire portata nella cappella santuario fuori le mura. Il gesto venne severamente punito da Ferdinando I delle Due Sicilie. Nel 1840 viene redatto il primo progetto per il Porto di Vasto da Luigi Dan. La Giovine Italia a Vasto (1842) Nel 1842 i patrioti vastesi si unirono sotto le insegne della "Giovine Italia” fondata a Vasto da Gaetano Crisci, seguace mazziniano. Convinto assertore degli ideali mazziniani, presso la sua casa a Porta Santa Maria, gli affiliati di Crisci comunicavano con quelli di Termoli e di Montenero presso la luce di fuoco usato per mezzo di apparecchiature ottiche. Nel 1845 furono scoperti e denunciati come cospiratori contro la corona, portati a Napoli e processati, ma salvati da una dura condanna da Roberto Betti, allora intendente di Reggio Calabria. Per evitare disordini a Vasto, il 16 novembre 1847 la città venne sorvegliata da oltre 1000 fanti della guardia civica, comandata dal colonnello Controfiano. Nel 1848 Ferdinando II concesse la Costituzione, salvo poi rimangiarsi la stessa concessione, scatenando la furia popolare, che venne repressa con condanne ed esecuzioni sommarie. Il primo fermento di rivolta venne dalla Guardia Nazionale con la notizia dello Sbarco a Melito. Al grido "Abbasso!" nel confronti del giudice De Pascinìs, occupò la Sottintendenza con la milizia del Maggiore Silvio Ciccarone il 4 settembre 1860, dichiarando decaduta la monarchia Borbonica, proclamando il governo provvisorio, disarmando la gendarmeria e abbattendo le insegne borboniche sostituite dal Tricolore, e chiamando a Sindaco Filoteo D'Ippolito. Il proclama del Maggiore Ciccarone, precedente di tre giorni all'ingresso di Garibaldi a Napoli, rende Vasto la prima città abruzzese a insorgere contro i Borboni, proclamando l'indipendenza nazionale in nome di Vittorio Emanuele II di Savoia e di Giuseppe Garibaldi (che fu nominato "Primo Presidente Onorario della Società Operaia di Vasto" nella sua inaugurazione il 3 novembre 1864). Il Risorgimento Infatti, il 20 ottobre 1860 in occasione della venuta del Re in Abruzzo, dal Municipio di Vasto venne mandato Filoteo Palmieri e il dott. Filoteo D'Ippolito, per porgere il saluto della Città al primo Re d'Italia ospite nella villa di Emidio Coppa a Pescara. Vasto è ricordata per essere stato il primo comune abruzzese ad aver istituito il plebiscito per l'annessione al nuovo Regno. Il 4 settembre 1860 la popolazione disarmò i gendarmi borbonici, abbattendo gli stemmi reali di Ferdinando II, e innalzando il tricolore. A guidare la rivolta fu la guardia nazionale municipale al comando di Silvio Ciccarone, che riuscì a non far degenerare la rivolta nell'anarchia totale. Ciò avvenne 3 giorni prima dell'entrata trionfale di Giuseppe Garibaldi a Napoli. Il censimento del 1861 documenta la popolazione di Vasto a abitanti. Non mancarono dopo l'unificazione episodi di banditismo, come quelli del 1868, quando vennero scoperti e giustiziati i fratelli Pomponio, che avevano messo a ferro e fuoco mezzo distretto vastese. La Biblioteca civica Gabriele Rossetti, sita nella Loggia Amblingh, fu istituita con la delibera comunale del 29 maggio 1865. Il numero degli abitanti sale a nel censimento del 1871, e quello del 1881 Nel 1883 il figlio di Gabriele, William Michael Rossetti, donò il "Fondo Rossetti", consistente in opere e lettere mentre il pittore Filippo Palizzi donò dei materiali autografi suoi e dei suoi fratelli, e il poeta Romualdo Pantini donò degli scritti concernenti la sua produzione artistica e letteraria, nonché parte del suo epistolario con Giovanni Pascoli. Il fondo prima conservato nella Collezione museale civica nel palazzo d'Avalos, è ora conservata nel Museo casa natale di Gabriele Rossetti, sulla Loggia Amblingh. Tuttavia, scrive Gianni Oliva, il lassismo dell'attuale amministrazione comunale e la disattenzione dello studio, verso il prezioso materiale d'archivio, determinarono la perdita di molti documenti. Il 16 novembre 1899 fu una data tragica per la città. A causa di un fortunale che si abbatté lungo il litorale vastese, ben 21 pescatori appartenenti alla marineria di Vasto ed a quella di San Vito persero la vita nel naufragio di quattro barche a vela a circa 500 metri dal litorale mentre erano intenti nelle operazioni di pesca nelle acque dell’Adriatico. Primo Novecento Nel primo decennio del XX secolo avvenne la dichiarazione della Chiesa di Santa Maria Maggiore a monumento nazionale (1902) e la prima costruzione del Faro di Vasto (1906), oltre che la prima importante espansione urbanistica in una città che contava nel 1901 una popolazione di abitanti. Viene costruita la scogliera di levante del porto nel 1910 La città pagò pesantemente la partecipazione alla Prima Guerra Mondiale, con 198 vastesi caduti in guerra, ricordati nel monumento ai caduti (attualmente presente in Piazza Caprioli) e in Viale delle Rimembranze nella villa comunale. Durante questo periodo viene ospitata una comunità di 157 profughi friulani durante la Grande Guerra nel convento di Santa Chiara (ora franato). Il Ventennio a Vasto Durante il Ventennio la città conobbe importanti cambiamenti: quello demografico (incremento dai abitanti del 1921 ai del 1936) e quello urbanistico (costruzione di edifici in stile Liberty, come in Corso Nuova Italia, il Teatro Cinema Ruzzi e gli esempi di Villa Marchesani (ora Villa Santoro) nel quartiere di Vasto Marina. Prima della nuova rinomina, lo stradibe monumentale che collegava la nuova piazza Gabriele Rossetti (ricavata dalla piazza del Mercato, dedicata a Cavour) alla Villa comunale di viale Rimembranze, era chiamato Corso del Littorio. Per volere di Benito Mussolini, anche la città cambiò nome in Istonio nel 1938, in omaggio all'origine romana della città. Nel 1939 viene redatto il primo piano regolatore portuale. Nel 1924 la biblioteca fu spostata nella casa natale di Gabriele Rossetti, la quale venne dichiarata monumento nazionale. Altri aspetti urbani riguardarono la demolizione nel 1933 del convento delle Clarisse, nella zona Largo Santa Chiara, perché pericolante, la sistemazione della piazza Cavour nella nuova piazza dedicata al poeta vastese Gabriele Rossetti, con tanto di monumento, e l'ampliamento della frazione Marina. Il campo d'internamento di Vasto Marina In Abruzzo vennero creati 15 campi d'internamento per la conformazione orografica aspra e difficile da attraversare, delimitata in molti punte da catene montuose (la Majella, il Gran Sasso, il Sirente-Velino). A Vasto ossia Istonio (come era nota sal 1938 al 1944), venne realizzato il campo di prigionia nella frazione Marina, presso Villa Marchesani-Santoro, e presso il vicino albergo Ricci. Il campo era sorvegliato da 12 carabinieri, gli internati non erano ebrei, come in altri campi, ma prigionieri politici, dissidenti, antifascisti e prigionieri di guerra come francesi, inglesi, slavi, greci. Aperto nel 1940, venne chiuso nel 1943 per l'eccessivo sovraffollamento, e per le sorti negative che stava avendo la guerra per l'Italia e i tedeschi, dato che il fiume Sinello e il Trigno, presso Vasto, vennero scelti per le opere di fortificazione tedesche della linea Viktor-Stellung, che precedeva la famigerata linea Gustav sul Sangro. Direttore del campo era il Commissario Giuseppe Prezioso, poi sostituito da Giuseppe Geraci. Nel luglio 1940 gli internati erano 79, tutti italiani (sovversivi e antifascisti), il 15 settembre passò a 109, nel 1941 il campo era già saturo, arrivando nell'autunno dell'anno a 185 presenze. Nel gennaio di quest'anno venne scoperta un'organizzazione sovversiva che progettava una rivolta, con promotori Mauro Venegoni e Angelo Pampuri, trasferiti nel campo delle Isole Tremiti. Il numero degli internati iniziò a diminuire dal 1943, man mano che venivano deportati o in Germania, o negli altri campi maggiore di Chieti e Sulmona, mentre il campo si riempiva di prigionieri di guerra, tra cui jugloslavi. All'inizio la villa non era dotata di servizio mensa, ma gli internati erano costretti a recarsi in trattorie sulla Marina, ricevendo soltanto cibo avariato o di scarsa qualità. Il campo venne definitivamente chiuso il 25 luglio 1943 (anche se venne effettivamente chiuso nel settembre 1945), quando iniziarono i lavori di fortificazione contro l'Armata VIII di Montgomery, che era da poco sbarcata in Sicilia, risalendo la Puglia. Oggi la villa è ancora in piedi, privata, ma con una lapide sulla facciata che ricorda i tristi giorni di prigionia degli internati. Seconda guerra mondiale Per ordine di Benito Mussolini venne edificato sul litorale di Istonio Marina nel secondo conflitto anche un campo di concentramento per antifascisti e slavi (odiernamente ricordato con un monumento alla memoria di fronte Villa Santoro). La liberazione della città avvenne il 5 novembre 1943 con l'aiuto degli inglesi del Generale Montgomery (che risiedette in città durante l'avanzata a nord, verso la Linea Gustav), tornando a chiamarsi "Vasto" nel 1944. Nello stesso anno l'esercito tedesco in ritirata distrusse parzialmente il Faro, che fu demolito e ricostruito nei due anni successivi (con nuova inaugurazione il 2 maggio 1948, come secondo faro più alto d'Italia, primato odiernamente mantenuto), insieme alla redazione del progetto esecutivo delle opere foranee. La "battaglia del Trigno" si combatté nelle campagne tra Vasto, Cupello e San Salvo dal 23 ottobre fino al 3 novembre, con ripetuti cannoneggiamenti della Eighth Army (8ª Armata Britannica) di Bernard Law Montgomery contro la 29. Panzergrenadier-Division. Gli Alleati mandarono più volte in avanscoperta un piccolo drappello di indiani, accorpati nell'armata, per prendere i paesi attorno a San Salvo, Tufillo e Cupello, ma senza esisti favorevoli, e così Montgomery optò per attacchi a sorpresa notturni incominciando dalla notte del 2 novembre, con serie di bombardamenti aerei. Dato lo scarso numero di tedeschi in confronto a quello degli inglesi, il nemico si ritirò più a nord, fortificandosi nella "Linea Gustav" di Ortona e lasciando Vasto, che diventò meta di sfollati abruzzesi. Battaglia del Trigno I precedenti della cosiddetta "battaglia del Sangro" nell'area Frentana lancianese, avvennero nei dintorni di Vasto, San Salvo e Cupello, al confine col Molise della costa termolese. La campagna d'Italia era già iniziata da luglio in Sicilia con il famoso sbarco, e mentre l'8 settembre veniva dichiarato l'armistizio, e i reali Savoia fuggivano da Ortona per Brindisi via mare, sostando una notte soltanto nel castello ducale di Crecchio (CH), già parte dell'VIII Armata Britannica del generale Bernard Law Montgomery risaliva velocemente la Calabria, mentre la parte restante sbarcava in Puglia al porto di Taranto, per poter avanzare verso Foggia; mentre la V Armata americana del generale Clark sbarcava a Salerno (9 settembre), per dirigersi a Napoli.In sostanza l'obiettivo dei due schieramenti era di accerchiare le due fasce costiere estreme dell'Italia meridionale per potersi ricongiungere a Roma per liberarla dall'occupazione tedesca, l'obbiettivo di Montgomery infatti, dopo Foggia, era di raggiungere immediatamente Pescara, già provata da duri bombardamenti alleati che distrussero gran parte della città, mietendo migliaia di vittime; da Pescara l'armata britannica avrebbe percorso la strada della via Tiburtina Valeria per raggiungere così Roma. Vasto nella linea Viktor Il Comando Supremo della Wehrmacht all'inizio era incerto se impegnare gli angloamericani a sud di Roma, come voleva il generale Albert Kesselring, oppure sull'Appennino tosco-emiliano, come voleva Rommel; intanto decideva, dal 15-20 settembre di accrescere l'opposizione all'avanzata nemica e ordinava alle truppe della X Armata di von Vietinghoff, acquartierata nell'Italia meridionale, di ripiegare a nord, ma lentamente, e in attesa di rinforzi, di attestarsi sulle linee difensive dei fiumi Biferno-Volturno (la linea Viktor-Stellung), del Trigno-Alto Volturno (linea Barbara-Stellung), del Sangro-Garigliano (linea Bernhard-Stellung), per contrastare ed arrestare se possibile gradatamente l'avanzata delle due armate. Le operazioni tedesche in Abruzzo iniziarono appunto nelle campagne attorno a Vasto, tra il settembre e l'ottobre 1943, con la distruzione di tutte le ferrovie e le stazioni, poi con le requisizioni di armi, viveri, vettovaglie, obbligando gli uomini civili validi a lavorare gratuitamente per realizzare le trincee di fortificazione lungo i fiumi. Intanto l'VIII Armata di Montgomery aveva occupato i principali proti pugliesi, rifornendosi di viveri e di altri uomini, e alla fine di settembre era pronta per raggiungere il Molise, e poi l'Abruzzo. Le nuove divisioni dell'armata erano l'8° Indiana e la 78° Britannica, che vennero impiegate per la linea sul biferno e poi sul Trigno. L'attacco a sorpresa di Termoli (CB), caposaldo della deboli linea del Biferno, ci fu la notte del 2 ottobre, con circa 1000 commandos britannici provenienti da Manfredonia (FG), con l'aiuto della 78ª proveniente da Serracapriola e Foggia; dopo la conquista di Termoli gli uomini furono spediti all'interno verso Larino e Vinchiaturo (CB), mentre i tedeschi richiamavano la 16ª Panzerdivision, reduce dai combattimenti di Salerno. La battaglia di Termoli durò il 4, 5 e il 6 ottobre con gravi perdite, ma Montgomery, grazie all'arrivo di altri uomini della 78ª divisione, costrinse gli uomini della Panzerdivisione a ritirarsi a Guglionesi, poco distante, poi a Petacciato e infine a San Salvo, in Abruzzo.Già l'episodio della guerriglia di Termoli-San Giacomo degli Schiavoni rappresentò per gli alleati un chiaro messaggio dei tedeschi di voler resistere sino alla fine, cosa che avrebbero fatto infatti anche sulle altre linee adriatiche del Trigno, del Sangro e del Moro presso Ortona. La battaglia di Montenero e San Salvo Nei gironi seguenti dell'8-22 ottobre, Montgomery concesse riposo alle truppe, mentre una parte veniva inviata sul Biferno verso Petacciato e Montenero di Bisaccia (CB) il 22 ottobre, poi ad Acquaviva Collecroce il 24, a San Felice del Molise, Montemitro e Montefalcone nel Sannio (CB) il 27, per un altro scontro contro i tedeschi lungo la linea difensiva San Salvo-Colli a Volturno. I tedeschi erano inizialmente incerti se trascorrere l'inverno sul Trigno alla sua foce tra San Salvo e Marina di Montenero, ma poi per guadagnare tempo sull'opera di maggiore fortificazione della linea del Sangro, si ritirarono in maggio parte, per resistere ad oltranza sulla "linea Bernhard-Stellung". La precedente linea del Trigno, la "Barbara-Stellung", assunse il compito tattico di semplice postazione di guerriglia ritardatrice delle operazioni alleate, per permettere a quella successiva di distruggere definitivamente il già sfiancato reparto dell'8° Indiana e dell'VIII Britannica di Montgomery.In questi giorni iniziarono anche i primi malumori delle truppe alleate, soprattutto per difficoltà logistiche e per le cattive condizioni del tempo autunnale (quell'anno fu particolarmente piovoso, con notevoli difficoltà di trasporto lungo le strade, come si vedrà ad Ortona), mentre invece i tedeschi pianificavano, grazie anche alle cartine geografiche più accurate, nei minimi dettagli le postazioni delle truppe, dei mortai, e dei carri. Nella metà d'ottobre sulla linea San Salvo-Colli, i tedeschi disponevano 4 divisioni: la 16° Panzer, la 1° paracadutisti, la 26° Panzer e la 29° Panzergrenadier, raggruppate insieme come la LXXVI Panzer Korps capitanata dal generale Herr, che avrebbero fronteggiato la 78° Britannica, l'8° Indiana, la 1° Canadese a la 5° Britannica, con 18.000 uomini ciascuna. I tedeschi, minacciati da incursioni aeree alleate di giorno, lavorarono nelle operazioni quasi esclusivamente di notte, facendo saltare ferrovie, strade e ponti tra San Salvo e Tufillo, imponendo il coprifuoco alla popolazione, razziando cibo e bestiame ai contadini, veicoli, macchine. La linea di fortificazione era accompagnata da una seconda: la "Hauptkampfline", tra San Salvo, Tufillo, Torrebruna, Poggio Sannita, Sessano, Pesche, Colli al Volturno, e da una terza linea più arretrata di riserva, tra Vasto, Furci, Carunchio, Castiglione M. Marino, Forlì del Sannio; intanto gli alleati si assicuravano il territorio basso-molisano conquistato di Termoli-san Giacomo-Petacciato-Montenero-Mafalda-San Felice-Montemitro-Montefalcone.Il piano di Montgomery per lo sfondamento della linea del Trigno prevedeva l'attacco sulla direttrice Vinchiaturo-Isernia per il 28 ottobre, e il secondo decisivo sulla costa adriatica nella notte tra il 20-31 ottobre, volendo sorprendere i tedeschi col primo attacco simulatore, proseguendo per la strada statale 17 sull'asse Tufillo-Palmoli, quando invece il piano fu di sfondare la difesa di San Salvo, lungo la statale 16 Adriatica. L'imboscata di Tufillo e Celenza La battaglia del Trigno ebbe inizio nella notte del 22-23 ottobre, un battaglione della 78 Divisione riuscì ad attraversare il fiume presso San Salvo e a stabilire una testa di ponte sulla riva sinistra nel bosco Monticce-Padula, ma la risposta tedesca indusse Montgomery ad accelerare le operazioni di sfondamento a San Salvo tra il 27 e il 28 ottobre: le truppe della 38ª Brigata e della 78ª Britannica tentarono di conquistare il paese il 28 ottobre, ma senza successo. Il mese di ottobre dunque si concluse per gli alleati con la sola conquista di Cantalupo nel Sannio (CB), il 31, con le principali città di Isernia e San Salvo ancora in mano tedesca. Montgomery allora concentrò le forze lungo la costa tra il 2 e il 3 novembre, mentre all'interno l'8° Indiana avrebbe preceduto tra il 1 e il 2 novembre le operazioni nell'entroterra tra Tufillo e Palmoli (CH). Il nuovo assalto alleato fu progettato con maggior cura, poiché era in gioco la stessa avanzata verso il Sangro: Tufillo però venne attaccata senza successo da pakistani e inglesi la notte del 1/2 novembre, mentre il 2 bombardamenti alleati colpivano Cupello, Furci, Fresagrandinaria, Dogliola, Celenza e Carunchio, provocando più morti civili che nemici, con obiettivo tuttavia di demoralizzare e isolare le truppe tedesche a difesa del territorio San Salvo-Tufillo, che sarebbe stato assaltato dai carri la notte del 3. Nella tarda sera del 2 novembre, mentre l'8° Indiana tentatava un secondo assalto a Tufillo con la 19ª Brigata di fanteria, fallendo ancora contro il 3º Reggimento Paracadutisti del Colonnello Heilmann, lo scontro in terra sulle colline di San Salvo, Cupello e Vasto divenne violentissimo; nella notte del 3 novembre i cannoni Bofors sparavano proiettili traccianti, simulando un'azione sulla direttrice Montenero-Montalfano, i battaglioni d'assalto della 78ª Britannica iniziarono l'avanzata verso le posizioni nemiche a San Salvo, sul fronte lungo 5 km che partiva dal mare sino all'inizio di contrada Bufalara. Nella notte intorno alle 3:30, una flottiglia di motosiluranti alleati simulava uno sbarco a tergo delle posizioni germaniche, al punto di mezza strada della foce del Trigno e la Marina di Vasto per tenere sotto pressione il nemico. La simulazione bbe effetto positivo, perché all'alba del 3 novembre la battaglia vide gli effetti a favore degli alleati: i carii Sherman della 46ª Royal Tank Regimet aprendo un varco negli avamposti nemici in località "Colli", lungo la direttrice della via vecchia di Montenero e dell'attuale via Bellisario, consentirono alle fanterie irlandesi e inglesi di raggiungere la periferia sud di San Salvo. La prima e la seconda offensiva alleata Il battaglione irlandese della "Inniskilling" iniziò lo sgombero del paese di San Salvo, con alcune scaramucce contro i tedeschi, tra cui l'uccisione di 2 militari tedeschi da parte dei civili; nel frattempo il contado di Cupello (CH) veniva costantemente bombardato dagli alleati, causando però la morte di 74 persone per alcune granate lanciate in mezzo al paese. Sul fronte tedesco di San Salvo, il 2º Reggimento Panzer tentò un contrattacco con i carri in mezzo alle campagne d'olivo, uno dei più cruenti d'Abruzzo, che costrinse gli Sherman alleati a ritirarsi verso il fiume, mentre i tedeschi, fiaccati dalle precedenti operazioni, non riuscivano in tempo a richiudere la falla difensiva sfondata dai britannici.Il generale Sieckenius, comandante della 16ª Panzerdivision, preparò una nuova controffensiva a sorpresa per riprendersi San Salvo, concentrandosi sullo scalo ferroviario dove si trovava il 64º Reggimento Panzergrenadier, che resisteva agli alleati. Questo contrattacco a cannonate respinse momentaneamente le fanterie britanniche dei "Buffs" del Royal East Kent Regiment, che presidiava l'area di contrada Sant'Antonio; nella sera di quel giorno, l'ordine del generale Herr, impose la ritirata tattica tedesca lungo la linea Vasto-Cupello-Furci; dopo alcuni scontri il 4 novembre, lungo la linea di Colle Pizzuto (la Vineyard Hill) in Masseria Genova-Rulli, il 5 novembre le prime unità dell'VIII Armata poterono entrare a Vasto e Cupello, ormai abbandonate dai tedeschi, che ripiegavano sulla linea Scerni-Paglieta-Atessa, e soprattutto sul Sangro. La terza offensiva definitiva La marcia d'inseguimento dei britannici continuò, dopo aver posto il quartier generale a Vasto, lungo le campagne, verso nord, sino a raggiungere la riva destra del Sangro presso l'abitato di Torino di Sangro già tra l'8 e il 9 novembre, mentre il contiguo schieramento dell'8° Indiana al quarto assalto riuscì il 4 novembre, finalmente ad occupare Tufillo, sconfiggendo la 1ª Divisione Paracadutisti di Heidrich, raggiungendo Palmoli il 5 novembre, e sgomberando la strada statale 86 tra Vasto e Torrebruna (CH). Più nel centro del Molise, la città strategica di Isernia, attaccata gli stessi giorni dalla 5ª Divisione britannica, era stata raggiunta e occupata il 4 novembre, mentre le truppe infine pattugliava le sponde del Trigno lungo l'asse dei centri di Lentella, Fresagrandinaria, Dogliola, Furci, fino a Vasto, questo fino all'8 novembre, quando vennero richiamate lungo il Sangro. Prima degli episodi del Moro e del Sangro, già lungo la direttrice Campobasso-Torella del Sannio, occupata dalla 1ª Divisione Canadese, i tedeschi di Kesselring avevano praticato la tattica della terra bruciata, distruggendo interi paesi pietra dopo pietra. Ad esempio Capracotta (IS), raggiunta dagli alleati il 19 novembre, venne trovata pressoché demolita, distrutta dalla X Armata tedesca di Kesselring, poiché era compresa nel piano distruttivo dell'Alta Val di Sangro e dell'Aventino, con obiettivo finale Castel di Sangro e Roccaraso. In tutto 20 comuni posti in quest'area, verranno letteralmente cancellati dalla storia, tra questi Gessopalena, Taranta Peligna, Lettopalena, Roccaraso, San Pietro Avellana, Lama dei Peligni, Torricella Peligna, Montenerodomo, Capracotta, Castel di Sangro, Alfedena, Roio del Sangro, Borrello, Quadri. Vasto durante la battaglia L'entrata delle truppe alleate a Vasto, il 5 dicembre 1943, fu preceduta in città da una serie di eventi. Man mano che l'VIII Armata di Montgomery si avvicinava alla città, dei carri armati tedeschi posizioni in contrada Sant'Antonio abate (a sud dell'abitato), e sulla via Incoronata (a nord), bersagliavano le truppe sulla Marina, simulando la presenza di un corposo contingente nazista a difesa della città. A Vasto intanto il podestà Silvio Ciccarone operò un piano di salvaguardia della popolazione civile, temendo un grande scontro tra le due forze, e parlamentò con i civili stessi affinché non ci fossero disordini, a cui avrebbero seguito feroci rappresaglie. Il 16 ottobre gli alleati effettuarono un rapido bombardamento aereo che colpì la cappella del Sacramento e del Monte dei Morti presso la chiesa di San Pietro; due giorni dopo due cacciatorpediniere inglesi si posizionarono nel golfo, cannoneggiando la città, danneggiando due abitazioni della Loggia Amblingh, la cappella della Madonna delle Grazie, e il campanile della chiesa di Santa Maria Maggiore. I comandanti tedeschi al momento della ritirata, abbandonarono frettolosamente la città, prendendo cinque ostaggi, tra cui Silvio Ciccarone, che si consegnò spontaneamente. Altri bombardamenti si effettuarono tra il 2 e il 3 novembre su Cupello, danneggiando alcune abitazioni e mietendo delle vittime. Cupello rappresentava per l'VIII Armata una base logistica per il traffico militare, collegato alla statale 16, e sin dal mese di settembre del 1943, i tedeschi avevano assunto il controllo della cittadina, requisendo alcuni civili affinché potessero fortificare la linea di difesa, e fornire viveri alle truppe tedesche sul Trigno. Stazionava nel paese la XXVI Panzer Divisionen per contrastare l'avanzata alleata, a fine settembre un gruppo di guastatori della Wehrmacht si installò nel paese, presso Palazzo Marchione, mentre il comando decretò la consegna di tutte le armi, e il bando per il reclutamento dei civili abili al lavoro; il 2 ottobre numerosi uomini vennero infatti trasportati su automezzi militari per lavorare non solo alla linea del Trigno, ma anche sul Sangro presso Fossacesia.Il primo bombardamento alleato di Cupello avvenne il 2 novembre pomeriggio, con danneggiamenti di case, e morte di persone sorprese in mezzo alla strada; il secondo grave bombardamento ci fu la mattina del 3 novembre: i bombardieri Lancaster a doppia fusoliera si scagliarono sul centro del paese, crivellandolo di bombe. In tutto i morti, tra paese e compagne, furono 106. Intanto a Vasto i tedeschi nella ritirata avevano minato alcune postazioni, facendo esplodere due abitazioni sul Corso Italia, in via del Cimitero, per sbarrare l'accesso agli alleati. Minarono altri palazzi sul Corso Mazzini, e uno in via San Francesco d'Assisi, con morti e feriti. Ritiratisi a Casalbordino, Vasto venne lasciata abbandonata, venendo occupata dagli alleati con l'avanzata dei carri armati Sherman. Le principali cariche politiche, decisero in un incontro a Piazza Rossetti di andare incontro agli alleati per tranquillizzare la situazione, presso la contrada Sant'Antonio, venendo fatti salire sugli autoblindo. Il generale Montgomery soggiornò alcuni giorni presso la Villa Marchesani, dove si trovava il campo d'internamento dei dissidenti politici, evacuato nel 1943 con trasferimento dei detenuti alla Caserma Rebeggiani di Chieti e a Fonte d'Amore a Sulmona. Età contemporanea Nel secondo dopoguerra la città arriva a una popolazione di abitanti nel 1951. Proprio in questo anno l'11 maggio un terribile incidente colpì il quartiere di San Michele: un caccia militare Lockheed P-38 Lightning proveniente dal campo di Palese si schianta sul rione abbattendo due case, provocando la morte di 7 persone (compreso il pilota). La frana del 1956 Tra il febbraio e il giugno 1956, Vasto fu sconvolta da una serie di frane e smottamenti causata dalla gran quantità di precipitazioni, anche di carattere nevoso, che si erano prodotte in quei mesi. Secondo alcuni, la frana, tra le più gravi della storia di Vasto, fu dovuta ancora una volta alle pessime condizioni delle condutture idriche sotterranee, inesistenti sino agli anni '60, poiché le famiglie attingevano l'acqua ancora dai ruderi dei due acquedotti romani. Una parte di uno fra i più antichi rioni del centro storico sprofondò a valle, verso il mare, e andarono distrutti alcuni edifici pubblici e religiosi di notevole valore architettonico, fra cui la Chiesa di San Pietro, di età medievale, oltre a circa centocinquanta alloggi privati. L'immediata evacuazione della popolazione residente dalla zona colpita, subito dopo la prima frana del 22 febbraio 1956, evitò tuttavia che si producessero vittime fra i civili. Il 28 agosto 1957 un'autocorriera cittadina precipita con 39 persone a bordo in un burrone nella località di Casarza, straordinariamente senza provocare vittime (32 feriti di cui solo 3 in gravi condizioni). Il Genio Civile, con l'aiuto del governo italiano, arginò la frana del costone orientale costruendo delle condotte per lo smaltimento delle acque delle falde sotterranee, e nel 1960 demolì la pericolante chiesa di San Pietro, poiché parte dell'abside era rimasto sporgente verso il baratro. Ci furono sollecitazioni da parte della Soprintendenza, dei fedeli e del parroco per salvare il prezioso manufatto, ma per evitare pericoli, si decise con la demolizione in tronco della chiesa, lasciando solo la facciata medievale, senza che però questa chiesa fosse ricostruita in seguito, come promesso. Gli arredi sacri e la stessa sede parrocchiale furono trasferiti, dove ora stanno ancora, nella chiesa di Sant'Antonio con l'ex convento dei francescani. Gli sfollati vennero ospitati nell'ex scuola elementare di piazza Rossetti, e in case popolari prontamente costruite per far fronte all'emergenza. Fino alla fine degli anni 50 oltre alle attività artigianali, come la lavorazione della ceramica e l'arte dei vetrai, l'economia del Vastese era basata essenzialmente su agricoltura, commercio e pesca, e soggetta ad alto tasso di emigrazione (soprattutto verso Belgio, Stati Uniti, Canada, Argentina, Brasile e Australia), portando la popolazione a nel 1961 (unica flessione demografica negativa insieme alle perdite dovute alle grandi guerre del Novecento). Dagli anni '60 a oggi Negli anni 60 del Boom economico, al pari delle altre città costiere italiane e abruzzesi, Vasto è incominciata a essere una delle prime città abruzzesi a beneficiare del turismo balneare, con la costruzione di strutture adeguate nella frazione di Vasto Marina, e lo sviluppo industriale interessò la località di Santa Maria Incoronata, dove si trova l'antico convento, nonché tutta l'area portuale di Punta Penna (progetto di ampliamento tra il '64 e '67 del prof. G. Ferro). Enrico Mattei, che frequentò la Regia Scuola Tecnica a Vasto, contribuì al riscatto del comprensorio da presidente dell'Eni, che, assieme all'IRI decise di creare nel 1962 la Società Italiana Vetro (SIV, ora Pilkington), sfruttando il metano rinvenuto nella zona di Cupello che conferì a Mattei la cittadinanza onoraria nella seduta di Consiglio Comunale del 2 ottobre 1961. Fu costituito il CO.A.S.I.V. - Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale del Vastese per "favorire lo sviluppo economico e il sorgere di nuove iniziative industriali"; e fu anche avviato l'Istituto Tecnico Industriale di Vasto per la formazione dei giovani. Il Consorzio Industriale predispose un piano di sviluppo che prevedeva la creazione di agglomerati industriali a Punta Penna, San Salvo, Val Sinello, Vallata del Trigno, facendo sui finanziamenti per il Mezzogiorno, la disponibilità di manodopera e buone vie di comunicazione (autostrada, ferrovia, porto). Nel 1971 la popolazione sale a , grazie anche all'occupazione che la Società Italiana Vetro (SIV) inizialmente dava con il lavoro a 3500 persone, e facendo sorgere un indotto contante piccole aziende. Il grande impulso industriale avvenne nel 1972 con l'insediamento della Magneti Marelli (ora Denso), che con i suoi 2000 posti di lavoro determinò il definitivo decollo del Vastese. Negli anni 80 la popolazione arriva a abitanti (1981) e nel 1989, in ricordo della notevole emigrazione avvenne il gemellaggio con la città australiana di Perth, in omaggio alla città che più di tutte accolse emigranti vastesi, e l'attivazione della Stazione di Vasto-San Salvo. Nel 1988 si arrivò alla realizzazione del prolungamento del molo di ponente del porto. Il 1991 conta vastesi, il 2001 una popolazione di . Nel 1995 venne inaugurato uno dei principali parchi acquatici del centro-sud Italia: l'Aqualand del Vasto, nella pianura che divide Vasto dal porto di Punta Penna (località Lebba), contribuendo di molto al turismo estivo della città, oltre a quello balneare e culturale. Nel 2003 il lungometraggio "il posto dell'anima"di Riccardo Milani viene ambientato in gran parte a Vasto. Il censimento del 2011 documenta una popolazione di abitanti. Nel settembre 2014 uno straordinario spiaggiamento di cetacei (7 capodogli) si verificò nella riserva naturale guidata Punta Aderci; tuttavia, grazie alla pronta reazione della Guardia costiera, dei biologi marini dell'Università degli Studi di Padova e dei molti volontari giunti da tutto il Vastese, si riuscirono a riportare al largo quattro esemplari con la sola forza delle braccia. Secondo uno studio pubblicato su Scientific Reports, la principale motivazione alla base dello spiaggiamento dei suddetti cetacei, sarebbe consistita nel fatto che la femmina alla guida del gruppo era affetta da una grave patologia renale, la quale, compromettendole le sue capacità organiche, l'ha resa incapace di orientarsi in maniera adeguata e, di conseguenza, ha comportato lo spiaggiamento di tutti e sette gli esemplari del gruppo. Nel 2017, come conseguenza della Legge Rosato, diventa capofila del collegio uninominale Abruzzo - 05 per la Camera dei deputati come comune più popoloso della circoscrizione. Oggi il Comprensorio del Vastese, nonostante la riduzione dell'occupazione, appare come uno dei modelli più riusciti di industrializzazione. La crescita economica ha raggiunto un buon livello, turismo, agricoltura e servizi hanno beneficiato del "volano" dell'industria, rendendo Vasto il comune capofila della Costa dei Trabocchi, secondo comune della Provincia per popolazione e settimo a livello regionale con una popolazione di abitanti.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo%20Masci
Carlo Masci
Biografia Dopo essersi diplomato al liceo scientifico "Leonardo Da Vinci" della sua città, si è laureato in giurisprudenza all'Università di Parma e ha poi iniziato la professione di avvocato. Entrato in politica nel 1994 alla guida di una lista civica che lo portò in consiglio comunale a Pescara, rivestì la carica di assessore durante i due mandati del sindaco Carlo Pace. Iscrittosi a Forza Italia, si candidò la prima volta alle elezioni comunali del 2003 alla carica di sindaco di Pescara per la coalizione di centro-destra, perdendo al ballottaggio contro il candidato Luciano D'Alfonso del centro-sinistra. Nel 2004 si candidò alla carica di presidente della provincia di Pescara, perdendo contro il presidente uscente Giuseppe De Dominicis del centro-sinistra. Sedette comunque in consiglio provinciale per due anni, dal 2004 al 2005, al termine dei quali fu candidato al Senato per le elezioni politiche del 2006, non venendo eletto. Tre anni più tardi, fu nuovamente candidato alle elezioni comunali per la carica di sindaco di Pescara con l'Unione di Centro, perdendo al primo turno contro il sindaco uscente Luciano D'Alfonso. Alle regionali del 2008 venne eletto al Consiglio regionale dell'Abruzzo con una lista civica di centro-destra, venendo nominato assessore al bilancio, alle riforme istituzionali, allo sport e per gli enti locali. Riavvicinatosi a Forza Italia, nel 2014 entrò in consiglio comunale all'opposizione, eletto con la sua lista civica. Nel 2019 si è candidato per la terza volta alle elezioni comunali alla carica di sindaco di Pescara, sostenuto da una coalizione di centro-destra composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia, Unione di Centro e altre due liste civiche. Vince al primo turno con il 51,33% delle preferenze, trainato dal consenso della Lega e prevalendo sulla candidata per il centro-sinistra Marinella Sclocco. Procedimenti giudiziari A seguito di una vasto incendio che ha colpito la Pineta Dannunziana durante l'estate del 2021, la Procura di Pescara ha iscritto Masci nel registro degli indagati a causa di omissioni, imperizia e negligenza riscontrate nella gestione dell'emergenza e nella manutenzione ordinaria della riserva. L'Autorità nazionale anticorruzione ha aperto, nell'ottobre del 2022, un fascicolo su un presunto illecito commesso da Masci nella gestione di fondi comunitari destinati alla mobilità sostenibile. Sulla scia di tali accuse, il Tribunale amministrativo regionale ha sospeso una serie di appalti promossi dall'amministrazione di Carlo Masci per la messa in opera della filovia di Pescara, riscontrando violazioni in materia di sicurezza stradale e gestione dei lavori pubblici. La stessa autorità giudiziaria ha respinto la pianificazione del verde cittadino adottata da Masci, ritenendo illegittimi il declassamento di parchi a spazi edificabili, la riduzione del patrimonio arboreo urbano per l'esecuzione di opere pubbliche e una gestione non adeguata di fondi provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Controversie L'amministrazione di Carlo Masci ha più volte negato misure di sensibilizzazione verso la comunità LGBT, generando forti e numerose critiche in seguito alla bocciatura di una mozione avanzata nel giugno 2020 per condannare episodi di omofobia, transfobia e discriminazione di genere. Masci ha inoltre negato il patrocinio agli eventi del pride dello stesso anno, originariamente patrocinati dall'uscente amministrazione di centro-sinistra. Nel novembre 2019, Masci ha negato il riconoscimento di cittadinanza onoraria alla senatrice e superstite dell'Olocausto Liliana Segre, bocciando una mozione avanzata per contrastare fenomeni di razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio. Masci si è giustificato sostenendo che a Segre mancherebbe il legame con la città aternina, suscitando le critiche unanimi del mondo politico e istituzionale, che ha ribadito come la cittadinanza onoraria non sia vincolata da legami territoriali, facendo inoltre presente che Segre è professoressa onoraria all'Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio" di Chieti e Pescara. Le posizioni di Masci sono state condannate dai suoi stessi alleati di partito, tra cui Giorgia Meloni e Matteo Salvini. A seguito delle polemiche, Masci ha ritrattato le proprie posizioni, conferendo la cittadinanza onoraria a Segre, all'Unione delle comunità ebraiche italiane, ai sopravvissuti dei campi di concentramento e alla Brigata Ebraica. La carica di Masci è stata oggetto di discussione nell'ambito dell'inchiesta denominata "Tana delle Tigri" che, nel giugno 2023, ha condotto all'arresto di Fabrizio Trisi, dirigente del settore lavori pubblici, assunto da Masci attraverso l'assegnazione di un incarico fiduciario. Insieme ad altri funzionari dell'ente, Trisi è chiamato a rispondere dei reati di corruzione, peculato, turbativa d'asta, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Masci, che aveva espresso pubblicamente il suo "personale apprezzamento come uomo e come professionista" nei confronti di Trisi solamente due giorni prima dell'arresto, è stato contestato per il rapporto di fiducia riposto nel dirigente e per non aver adempiuto alle responsabilità di supervisione, indirizzo e controllo che spetterebbero al sindaco secondo quanto stabilito dal Testo unico degli enti locali. In ragione di tali omissioni, l'inchiesta ha generato richieste di dimissioni nei confronti di Masci, in virtù dei dubbi sollevati in merito alla gestione dell'ente e al monitoraggio delle attività amministrative.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Giuliano%20Cotellessa
Giuliano Cotellessa
Biografia Giuliano Cotellessa fin dall'adolescenza respira l'arte attraverso il padre, il pittore figurativo Nicola Cotellessa, e il nonno Giuseppe Cotellessa, professore di disegno presso le scuole superiori. Consegue il diploma di maturità quinquennale presso il Liceo Artistico Statale di Pescara dove è stato allievo dell'artista di fama internazionale Ettore Spalletti da cui apprende la lezione della luce, della forma e del colore. Successivamente frequenta la Facoltà di Architettura della città adriatica. Da ragazzo è vicino agli ambienti ecclesiastici dove ha modo di conoscere cardinali, vescovi e alcuni frati dell'ordine francescano che lo indirizzano nella vita spirituale e artistica. Svolge il servizio militare nel Battaglione San Marco come incursore della Marina Militare. Terminata la parentesi del militare rimane a Roma, dove frequenta le gallerie di punta e i musei. Conosce tra gli altri i pittori Tano Festa e Enrico Manera, esponenti di spicco della cosiddetta Pop Art romana, e Piero Dorazio, fondatore del Gruppo Forma 1. Nel corso degli anni rincontrerà più volte il pittore Dorazio e andrà anche a trovarlo alcune volte nel suo studio di Todi. Si reca a Parigi dove visita la mostra del transavanguardista Nicola De Maria presso la Galleria Maeght Lelong e rimane affascinato dagli stupendi affreschi di poesia colorata e di grande spiritualità, da cui rimane influenzato. Studia approfonditamente e con serietà le avanguardie storiche del Novecento Italiano e internazionale in particolar modo le secessioni astratte che si sono succedute nel corso del secolo, a partire dal gruppo del Milione di Milano per arrivare alla Transavanguardia di Achille Bonito Oliva e i Nuovi-nuovi di Renato Barilli e a livello internazionale l'Astrazione Americana con i suoi maggiori interpreti, per dare vita alla sua ricerca innovativa e al passo con i tempi. Attività artistica Il suo esordio come artista risale al 1989 con l'Invito alla decima biennale del Premio Penne a cura di Antonio Gasbarrini e Renzo Margonari, accanto ai maggiori artisti abruzzesi del momento, quali Ettore Spalletti, Franco Summa, Elio Di Blasio, Alfredo Del Greco, Pasquale Di Fabio e altri. Giuliano Cotellessa ha allestito 40 mostre personali, in musei, gallerie, e spazi pubblici nazionali e internazionali. La prima mostra personale risale al 1990 presso la Galleria L'Idioma di Ascoli Piceno, con testi in catalogo di Giuseppe Rosato e Isabella Monti. Segue la personale presso la "Galleria del Vicolo Quartirolo" di Bologna con presentazione critica in catalogo del Professore Matteo D'Ambrosio. Viene invitato alla 42ma edizione del Premio Salvi di Sassoferrato dove vince il secondo premio e l'opera viene acquisita dalla Galleria Civica di Sassoferrato. Nel 1992 tiene una mostra personale presso il Museo casa natale Gabriele D'Annunzio di Pescara con testo critico in catalogo dello storico di Ascoli Piceno Carlo Melloni. Nel 1994 vi è un importante mostra personale presso la Fondazione F.P. Michetti di Francavilla al Mare con testi in catalogo del Professore Leo Strozzieri e del Maestro Achille Pace. Tiene altre mostre personali di rilievo presso il Museo delle genti d'Abruzzo di Pescara a cura di Leo Strozzieri, presso la Galleria comunale d'arte contemporanea di Teramo a cura del Professore Sandro Melarangelo e Achille Pace, quella presso la Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, la grande mostra Antologica presso L'ex Aurum di Pescara con testi in catalogo del Premio Oscar Ennio Morricone, Erminia Turilli, Francesco Nuvolari, Emiliano Giannetti, Giorgio Dorazio, Armando Ginesi, Enrico Manera e Achille Pace, con un grande successo di pubblico. La bipersonale con il professore Leonardo Santoli di Bologna presso la Galleria AxA di Campobasso e la Mostre presso la Galleria Puccini di Ancona e presso il Museo Crocetti di Roma a cura dello storico Roberto Gramiccia di Roma sono altri momenti importanti della sua carriera. Giuliano Cotellessa è stato invitato a oltre 250 mostre collettive in tutto il mondo curate da critici nazionali e internazionali. Tra i premi più importanti a cui è stato invitato possiamo ricordare il 52º Premio Termoli, mostra internazionale d'Arte contemporanea, Galleria civica d'arte contemporanea a Termoli; il 40° Premio Vasto Mostra Nazionale d'Arte Contemporanea, Musei Civici di Palazzo D'Avalos, (Vasto); il 24º e il 33º Premio Sulmona, la rassegna Internazionale d'Arte Contemporanea, il 25º e 37º Premio Valle Roveto, Rassegna Internazionale d'Arte Contemporanea; il 41° e 42° Premio G.B.Salvi e Piccola Europa Sassoferato (AN); il 7° e 8° Premio Internazionale Limen Arte Vibo Valentia; il 12° e il 13° Trasalimenti per L'arte Contemporanea Rocca Calascio (L'Aquila); la V Triennale Arte Sacra Jesi; la X Mostra Stanze Aperte Altidona (AP); Linee di Ricerca Omaggio a Osvaldo Licini Sala del Bramante Fermignano (PU); la X biennale d'Arte Città di Penne; Mostra d'arte contemporanea "Via col vento" (Treviso) a cura di Edoardo Di Mauro.;La Formazione dell'uno, 150 artisti per l'unità d'Italia: quinta edizione a cura di Mimma di Pasqua e Franco Gordano galleria Vertigo (Cosenza);Partecipa a diverse edizioni della mostra Pescarart presso il Museo d'arte moderna Vittoria Colonna di Pescara e alla mostra d'arte contemporanea "Avanguardie Discrete": omaggio alla Scuola Romana di Piazza del Popolo a cura di Galleria Soligo e Gian Ruggero Manzoni. Dannunziana parco dei Priori, Fossacesia (CH) e sala celeste, Bologna, a cura di Bruno Bandini. Cento artisti per Carditello, Palazzo Mazziotti. Caiazzo, a cura di Massimo Sgroi ed Enzo Battara.. Il giro del mondo in 80 opere, Palazzo De Petra, Castel di Sangro (AQ), a cura di Gian Ruggiero Manzoni. "La scienza del fare", Palazzetto dei nobili, L'aquila, a cura di Gian Ruggiero Manzoni, omaggio a Enrico Manera e Alberto Parres. All'estero si ricordano la II Biennal de Art De Milheiros Maia, Porto (Portogallo) e la Mostra Big Apple New York Boyer Foundation Hudson Park Branch (Stati Uniti D'America). L'incontro con il premio Oscar Ennio Morricone Giuliano Cotellessa incontra, nel 2006, il Premio Oscar Ennio Morricone, autore di oltre 500 colonne sonore per il cinema mondiale, che scrive per lui un memorabile testo critico-musicale sulle sue opere. Bibliografia Giuseppe Rosato, Isabella Monti. Giuliano Cotellessa "Astrattoidi" Leo Strozzieri, Achille Pace. Giuliano Cotellessa "Ombre Atomiche" (Grafiche Del Romano) Ennio Morricone, Erminia Turilli, Armando Ginesi. Giuliano Cotellessa "Impact Form, la generazione del Segno" (Byblos Pescara) Vincenzo Centorame, Carlo Melloni. Giuliano Cotellessa "La luce, lo spazio, l'infinito" (Pae Edizioni) Bruno Bandini. Giuliano Cotellessa "Double Face" (Palladino edizioni) Musei - Spazi pubblici - Gallerie Giuliano Cotellessa è presente nei seguenti musei e spazi pubblici e privati: Museo Civico Diocesano di Jesi. Museo dell'Erotismo di Salerno. Museo Civico Sassoferrato (AN). Museo Civico Guglionesi (CB). Musei Civici San Benedetto Del Tronto (AP). Museo Civico San Martino In Pensilis (CB). Museo Civico Pianella (PE). Museo dell'Etichetta Cupramontana (AN). Museo Mail Art Palazzetto Dei Nobili (AQ). Museo Del Biroccio Filottrano. Museo Pieve Torina (MC). Museo Belvedere Ostrense (AN). Museo Nazionale Limen Di Vibo Valentia. Museo Dell'Arte Contadina (Sperlinga). Museo Quartu Sant'Elena (CA). Museo Mucaco Loreto Aprutino (PE) Boyer Foundation (New York) Cattedrale San Cetteo (Pescara). Camera Di Commercio (Chieti). Comune di Avezzano. Sala Celeste (Bologna). Agenzia Snai di Montesilvano (PE). Spazio Il Pettine di Vittorio Veneto (TN). Galleria Il Triangolo (Cosenza) Galleria L'idioma (Ascoli Piceno). Galleria Vertigo Arte (Cosenza). Galleria il Campo Campomarino (CB) Galleria Respirart Giulianova (TE) Collegamenti esterni http://1995-2015.undo.net/it/mostra/140228 http://1995-2015.undo.net/it/mostra/128708 http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=119856 http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=165217
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https://it.wikipedia.org/wiki/Romanico%20abruzzese
Romanico abruzzese
L’arte romanica in Abruzzo fu una corrente della storia dell'arte, che ebbe sviluppo dall' XI secolo al XV secolo circa, abbracciando i settori dell'architettura, della scultura, e in parte la pittura. Principalmente abbracciò le architetture delle abbazie, cattedrali e monasteri, ebbe l'apogeo nella metà del XII secolo, per poi venire assorbita dallo stile gotico internazionale (il tardo gotico italiano) a partire dalla metà del Duecento, che poi si diffuse ampiamente nel Trecento. Per la moderna critica della storia dell'arte (tra i più autorevoli Bindi, Gavini, Bertaux, Moretti), il "romanico abruzzese", seppe coadiuvare nei cantieri della regione (abbazie, conventi, chiese, cattedrali, castelli) le influenze nordiche lombarde, ma anche romane e umbre, dandone un'originale interpretazione sincretica, specialmente per le botteghe degli amboni e cibori abbaziali. Le fonti La fonte primaria è Vincenzo Bindi, che ha raccolto gran parte delle notizie storico-artistiche nel suo voluminoso Monumenti storici e artistici degli Abruzzi (1889), con citazioni di autorevoli font, come la Cronaca di San Clemente a Casauria, Muzio Muzii, Nunzio Federigo Faraglia, Ferdinand Gregorovius, Giacinto Pannella, Ferdinando Ughelli, Muzio Febonio e altri. Il Bindi, avendo studiato la storia dell'arte, fu prima di Carlo Ignazio Gavini l'autorevole storico che si occupò di descrivere i monumenti abruzzesi. Il lavoro bindiano tuttavia si concentra soltanto sulle principali architetture abruzzesi, e non le descrive tutte. Sicché il Gavini, quando viaggiò in Abruzzo tra la fine dell'800 e il primo decennio del '900 per restaurare anche alcune chiese ammalorate dall'abbandono, o da cattivi restauri tardo barocchi e neoclassici (restaurò infatti parzialmente Santa Maria Assunta di Assergi e Santa Giusta di Bazzano), compose infine i 2 volumi della Storia dell'architettura in Abruzzo (1927), ristampata poi da Adelmo Polla editore. Gavini si proponeva di tracciare una storia generale dell'architettura romanica, gotica e tardo gotica in Abruzzo, dal VI secolo, quando inizia con la trattazione dell'ex cattedrale di Santa Maria Aprutiense, l'attuale chiesa di Sant'Anna dei Pompetti di Teramo, fino alla basilica di San Bernardino all'Aquila, spaziando dunque nella ricerca fino al Rinascimento. Benché l'opera gaviniana risultasse obsoleta già all'epoca del soprintendente Mario Moretti, altra autorevole fonte per la storia dell'architettura in Abruzzo (anni '60), a causa di nuovi lavori di restauro e scoperte di lapidi, datazioni diverse intercorsi tra gli anni '50 e gli anni '60, resta tuttavia ancora una buona fonte per quanto riguarda la documentazione storica, che Gavini raccolse a riguardo di ciascuna chiesa, come Pietro Piccirilli, suo contemporaneo, Giuseppe Celidonio per le chiese sulmonesi, il Faraglia, il Muzii, il Bindi, Aniceto Chiappini per i monasteri e conventi francescani, anche in parte Antonio De Nino per il suo Sommario dei monumenti abruzzesi (1904). Inoltre il manuale di Gavini rimane come fonte per conoscere la storia dei restauri di alcune chiese che all'epoca sua si presentavano in forme ancora barocche, oppure neoclassiche, malgrado originalmente fossero medievali (e i restauri furono effettuati negli anni '60 o più tardi), come nei casi di Santa Maria Assunta di Bominaco, di Santa Maria delle Grazie di Civitaquana (restauri effettuati nel 1935), di San Liberatore alla Maiella, che addirittura all'epoca di Gavini si trovava in completo abbandono e con il tetto sfondato, idem per Santa Maria di Cartignano a Bussi, di Santa Maria Assunta di Assergi, di San Giovanni in Venere, anch'essa in stato di semi-abbandono, delle chiese dell'Aquila che avevano subito un forte restauro barocco dopo il terremoto del 1703, come San Pietro di Coppito e San Marciano, che non avevano ancora beneficiato del restauro morettiano negli anni '60 (San Marciano fu restaurata come ricorda Francesco Verlengia negli anni '40), ecc. A parte studi successivi al nuovo manuale di Mario Moretti, come quelli di Francesco Gandolfo, le tre fonti principali ancora oggi di riferimento per la storia del romanico abruzzese sono Gavini, Bindi e Moretti. Contesto Fioritura delle abbazie benedettine Bisogna capire che oggigiorno la lettura delle varie architetture abruzzesi, soprattutto per le chiese, i monasteri, i castelli, è completamente stratigrafica, in quanto tali monumenti furono oggetto di saccheggi, distruzioni e rifacimenti attraverso i secoli; e per comprendere il passaggio da uno stile all'altro nell'ambito architettonico, è necessario conoscere le vicende storiche della regione d'Abruzzo. Nell'ambito chiesastico dunque, nel IX-X secolo abbiamo la fioritura dei grandi monasteri benedettini e poi cistercensi, quali l'abbazia di San Clemente a Casauria, la chiesa di San Clemente al Vomano, la chiesa di Santa Maria di Propezzano, l'abbazia di San Pietro ad Oratorium (prima metà dell'VIII secolo), il complesso benedettino di Santa Maria a Bominaco con il celebre pittoresco oratorio di San Pellegrino. Ma moltissimi altri furono i monasteri, oggi non più esistenti, che vennero fondati, testimoniati dei regesti dei monasteri di Farfa, San Vincenzo al Volturno e Montecassino, che prima dell'872, con la fondazione di San Clemente a Casauria, si spartivano il territorio ecclesiastico abruzzese. A causa, dunque dei rifacimenti, soprattutto a partire dall'XI-XII secolo con l'ingresso dell'arte romanica, non è possibile stabilire con certezza quale fosse il tipico stile dell'epoca franco-longobarda, e restano solo scarne testimonianze da documenti, come ad esempio la presenza di un pavimento a mosaico presso la chiesa di San Maurizio a Lanciano, stessa presenza riscontrata a Santo Stefano in Rivomaris, on in torri di avvistamento, comunque restaurate e manomesse nei secoli successivi alla loro costruzione. L'architettura ecclesiastica primaria, come si è visto, specialmente durante la ricostruzione delle antiche città romane di Teate, Histonium, Interamnia, Anxanum, durante l'arrivo dei Longobardi e poi dei Franchi, si è mostrata attraverso la conversione degli antichi templi pagani in cenobi e cappelle votive dedicate alla Madonna, a San Michele Arcangelo (protettore dei Longobardi), a Santissimo Salvatore, o a San Pietro. E questi sono gli esempi della chiesa di San Giorgio, poi San Biagio di Lanciano, eretta sopra il tempio di Minerva (altri esempi in città si hanno con la chiesa di Santa Lucia sopra Giunone, Santa Maria Maggiore sopra Apollo), San Paolo di Chieti sopra il tempio dei Dioscuri, Santa Maria Aprutiensis in San Getulio sopra la domus romana del I secolo, San Pietro di Vasto sopra Cerere, Santa Maria Intus di Sulmona (oggi San Gaetano). Insomma, non solo per i centri, ma la colonizzazione e la riconversione cristiana degli antichi templi si sparse anche in quei piccoli santuari presenti lungo i tracciati antichi della via Valeria, della via Claudia Nova, della via Traiana, come ad esempio è stato dimostrato per Santa Maria a Vico nel teramano, da Francesco Savini e confermato dal Moretti Caratteristiche del romanico in Abruzzo Come ha ben evidenziato il Gavini nella parte finale del suo primo volume sulla Storia dell'architettura in Abruzzo, tirando le somme delle varie tipologie di maestranze che si sparsero in Abruzzo, si possono individuare tre "scuole", come lui le definì, attirandosi le successive critiche di Moretti per la troppo facile categorizzazione di scuole d'arte ben definite in assenza di documenti precisi. La scuola aprutina: che agì nel teramano, in particolare a Teramo, fino al nord della Pescara, con maestranze marchigiano-umbre. La scuola della Maiella o di San Liberatore, i cui maestri originari del Lazio attorno Montecassino furono chiamati dall'abate Desiderio per i cantieri di San Liberatore alla Maiella, San Clemente a Casauria,San Pietro ad Oratorium, San Pelino e San Panfilo Alcuni maestri lombardi che posero mano alle chiese di Santa Maria delle Grazie a Civitaquana, Sant'Angelo di Pianella, nonché a chiese del teramano, come San Giovanni ad Insulam (Isola del Gran Sasso) e Santa Maria di Ronzano La scuola aquilana: che come di recente ha affermato orlando Antonini, ex vescovo dell'Aquila, si affermò tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, influenzata dalla presenza umbro-laziale, ma anche dai maestri di Sulmona, che dettero avvio ai cantieri della basilica di Santa Maria di Collemaggio. Impianto: la chiesa-abbazia è massiccia, a pianta rettangolare, in alcuni casi irregolare, come Santa Maria Aprutiensis, e il duomo di Santa Maria Assunta a Teramo, o anche San Pietro di Coppito all'Aquila. Robusti pilastri o contrafforti a volte proteggono la chiesa, come la basilica di Sant'Eusanio Forconese. Gran parte delle chiese esistenti già nell'VIII-IX secolo, le cattedrali e le abbazie, presentano il presbiterio rialzato per lasciare spazio alla cripta, sacello antico della chiesa originaria, che presenta quasi sempre un impianto irregolare, quasi ottagonale, con scansione in campate da ordini regolari di colonne, quasi sempre materiale di spoglio da templi romani, come i sacelli di San Clemente a Casauria, Santa Maria Aprutiensis, San Giovanni in Venere, San Massimo di Penne, San Panfilo. Finestre e rosone: eccezion fatta per San Liberatore alla Maiella, la cui facciata in parte fu ricostruita negli anni '60 per l'apertura sciagurata di un finestrone rettangolare nell'epoca barocca, ci sono due scuole individuate da Gavini: la scuola lombarda, che sul modello della basilica di Sant'Ambrogio realizzò delle facciate a salienti, tripartire, e con finestre semplici al posto dei rosoni, e poi la scuola umbro-laziale che realizzò le monumentali facciate a salienti con i rosoni,oppure gli oculi (in alcuni casi erano dei rosoni, le cui colonne caddero con i terremoti, o che furono riutilizzate per altre costruzioni). Eccezion fatta per San Pelino a Corfinio, il cui cantiere rimase incompiuto (la facciata doveva essere impostata sul modello, forse, di San Paolo a Ripa d'Arno di Pisa), queste facciate sono tripartire, mostrano alla base tre portali, quelle pi+ felicemente riuscite, come appunto San Liberatore alla Maiella (malgrado la ricostruzione della parte di sopra), mostrano la decorazione in cornice di arcatelle cieche, sul modello lombardo e toscano. Portale: quasi sempre le grandi chiese abruzzesi, eccezion fatta per le cattedrali, e qualche abbazia (San Giovanni in Venere, San Bartolomeo di Carpineto, San Pietro ad Oratorium, Santa Maria Assunta di Bominaco) mostrano un'impostazione di tre portali, dei quali quello centrale è più grande. Non esiste un modello specifico, perché il caso di San Clemente a Casauria, riccamente decorato da scene di "Bibbia parlante", fu un caso sui generis voluto dall'abate Leonate. L'impostazione più convenzionale si rifece al romanico lombardo, con il portale a tutto sesto lunettato, decorato da fregi e girali vegetali e animali. Soltanto a San Liberatore alla Maiella abbiamo tutti e tre i portali riccamente decorati, mentre sembra che le altre chiese abbiano preferito la decorazione solo nel portale maggiore. La decorazione del fregio e la scelta dei modelli, secondo Gavini, fu di determinante importanza per datare e distinguere i diversi stili usati nel romanico abruzzese. Capitello: il capitello romanico all'inizio, come propone Gavini, prese il modello classico del blocco trapezoidale capovolto, sopra cui incidere i fregi naturali, animali, fantastici e umani. Molti capitelli dell'area sulmontina e non (San Liberatore, San Panfilo, cripta, Santa Maria del Lago, San Getulio) dimostrano di essere stati legati, nella prima fase del romanico, molto alle sculture fitomorfe dell'epoca franco-longobarda per la grossolanità delle figure realizzate, che danno l'idea di immagini molto tozze e abbozzate, non adeguatamente rifinite, in cui prevale un ideale di "horror vacui", cioè di una intenzione di ricoprire l'intero spazio con disegni, piuttosto che di concentrarsi sulla perfetta resa del disegno. Tipicità di questi colpi di coda longobardi sono i vasti girali geometrici a ventagli, tipici. Nella seconda fase del romanico (tardo XII secolo-XIII sec) abbiamo dei capitelli più compositi e ricchi di soggetti, specialmente al tralcio vegetale viene preferito l'elemento fantastico o bestiale e la figura umana, che emergono nei capitelli dei colonnati di San Clemente a Casauria, San Pelino e Santa Maria del Lago, con maggiore tridimensionalità. Tribuna: le tribune classicamente, a ispirazione delle basiliche romane, sono tre per le cattedrali e le abbazie, ciò dipende principalmente dall'importanza della chiesa, dato che quelle minori ne hanno solo una. Le tribune, eccettuate quelle sperimentali del tardo romanico aquilano (le tribune all'interno semicircolari, e fuori semiottagonali, come a Santa Giusta, San Domenico e San Flaviano), sono semicircolari, quella centrale come i portali, è maggiore, e sono decorate da piccole finestre. Le tribune romaniche rispecchiarono quelle già esistenti delle antiche cripte longobarde, eccezion fatta per la cattedrale di San Giustino di Chieti, che mostra nell'impianto vari rifacimenti, e solo la cripta denuncia la presenza originaria di tre tribune. San Clemente a Casauria, la prima abbazia romanica Parlando del romanico, si sviluppò in Abruzzo nel XII secolo circa, quando i monasteri, danneggiati da incursioni e da terremoti, dovettero essere restaurati. Dal Chronicon Casauriense di San Clemente si può ben comprendere il periodo di ricostruzione dell'abbazia da parte dell'abate Leonate, che nel 1075 volle restaurare questo cenobio, insieme alla Cattedrale di San Panfilo a Sulmona e la Basilica di Corfinio. A questo periodo risale la facciata monumentale con il portico ad arcate che precede l'ingresso dato da tre portali, riccamente scolpiti con le scene di vita iniziale del monastero, che rievocano la sua fondazione da parte di Ludovico II il Giovane.Dall'esempio di Casauria, uno dei più eminenti del romanico abruzzese, questo stile si diffuse, in maniera piuttosto eterogenea in tutto l'Abruzzo oggi conosciuto. Nel territorio della Maiella i monasteri vennero restaurati con la pietra bianca della montagna, venendo arricchiti nell'ambito scultoreo e monumentale seguendo le orme dei monasteri di Roma e della Lombardia, con impianti rettangolari ad abside posteriore semicircolare, facciata tripartita ornata da archetti, lesene logge cieche, e portali a tutto sesto con lunette riccamente decorate, e grandi torri di guardia come campanile. Scuola della Maiella Per quanto è possibile desumere dalle chiese, che ancora in parte conservano l'aspetto romanico, lo stile della Maiella si differenziò notevolmente dalle altri correnti romaniche dell'Aquila, di Teramo e di Chieti. Nel teramano venne impiegata sia la pietra sia il mattone, e il romanico risentì dell'influsso umbro-marchigiano, come è visibile dalla facciata della Cattedrale di San Berardo a Teramo, dalla chiesa dei Cappuccini e, prima del suo restauro neogotico, dal santuario della Madonna delle Grazie, in cui l'impianto della facciata era o a salienti, tripartito da pilastri, oppure a coronamento orizzontale dalla forma quadrata, con ampio nartece di base porticato, e oculo centrale, solitamente ornato da rosone. Romanica è anche la facciata della Basilica di Santa Maria Assunta di Atri, che rappresenta il più felice esempio del tardo-romanico teramano (XIII secolo), che è a coronamento orizzontale, quadrata, con portale a tutto sesto strombato, che riporta già quelle decorazioni a tralci e fitomorfe più care allo stile gotico, così come la decorazione molto fine ed elaborata della raggiera del rosone. Romanico nell'Abruzzo Citeriore Del romanico a Chieti in provincia si hanno pochi esemplari, poiché la città fu più volte ricostruita, sino alla completa trasformazione barocca, benché l'antica Cattedrale di San Giustino, riconsacrata nel 1069, all'epoca avesse dovuto mostrare, come ipotizza Gaviniun aspetto romanico, cosa che oggi è in parte rintracciabile dell'abside della cripta ridatta poi nel gotico. All'epoca a Chieti esistevano monasteri dall'aspetto romanico quali Sant'Agata de' Goti, San Salvatore e Santa Maria sopra San Pietro, nel rione Trivigliano, ma oggi non è giunta alcuna traccia architettonica medievale causa rifacimenti barocchi, se non una lastra della vecchia chiesa di Santa Maria de Contra, poi di san Francesco di Paola, rimontata all'ingresso della sagrestia. Lo stesso vale per Ortona, anche se la martoriata Cattedrale fu più volte distrutta e ricostruita fino al restauro del 1949, e oggi restano i pochi resti rintracciabili nell'impianto, se si escludono i portali gotici, e tracce della basilica di San Marco in contrada San Donato di Ortona, del IX secolo. Tra gli esempi più rivelanti figura l'abbazia di San Giovanni in Venere sulla costa dei Trabocchi, fondata dall'abate Trasmondo II di Chieti sopra un piccolo tempio, molto importante per comprendere l'eterogeneità del romanico abruzzese, poiché mostra chiari influssi d'arte siculo-pugliese, specialmente per quanto concerne la triplice abside semicircolare, con motivi decorativi del tutto assenti nelle altre abbazie abruzzesi, che rievocano paesaggi d'Oriente. Tipicamente abruzzese invece è il "portale della Luna" della facciata, dove è rappresentata la Deesis, insieme con delle scene dell'Antico Testamento, in un conglomerarsi di personaggi e natura tipico della regione. Romanico marsicano Nella Marsica, a causa dei disastrosi terremoti, l'ultimo del 1915, resta poco dell'architettura antica, sia romanica, sia gotica o barocca, e i pochi esempi rimasti sono la Basilica dei Santi Cesidio e Rufino, in particolare il "portale degli Uomini", posto sul lato Piazza Umberto I di Trasacco, la facciata della chiesa di San Giovanni di Celano, la chiesa di San Pietro d'Albe ad Alba Fucens e l'interno della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo dei Marsi. Si tratta di un romanico molto simile a quello della Maiella, ma che riprende più che altro il romanico laziale, e soprattutto quello aquilano, per lo stile delle facciate, dei portali e delle rose. Romanico aquilano Parlando del romanico aquilano, costituisce un caso a sé, che ha fatto scuole per i centri limitrofi della valle d'Aterno e del Gran Sasso. La presenza di chiese è attestata sin dalla fondazione della città nel 1254, anche se a causa della distruzione di Manfredi di Svevia nel 1259, e del terremoto del 1349, si possono avere solo delle idee sullo stile primario dei principali edifici religiosi del centro. Lo stesso vale per il monumento simbolo del romanico abruzzese e aquilano: la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, completata nel 1288, ma sicuramente più volte restaurata. Dunque il romanico all'Aquila prese avvio molto tardi, e risentì sicuramente degli influssi del nascente gotico. E la differenza tra questo romanico e quello di chiese di villaggi già esistenti prima della fondazione, come Camarda, Paganica, Arischia e Bazzano, è molto evidente in templi come la chiesa di San Giustino extra moenia di Paganica o la chiesa di Santa Giusta fuori le mura di Bazzano: il romanico è molto più sobrio, che si addice alle piccole chiese, con un semplice portale a tutto sesto lunettato, e una rosa di dimensioni minuscole, ma comunque molto ben ornata nella raggiera, tanto che si è parlato di collegamento con le altre strutture della chiesa di San Paolo di Peltuinum, dell'oratorio di San Pellegrino con la chiesa di Santa Maria a Bominaco, dell'abbazia di San Pietro ad Oratorium a Capestrano; lo stesso vale per Santa Giusta fuori Bazzano, risalente al XII-XIII secolo, mostrante tutti i tipici aspetti dell'antico romanico abruzzese primario.L'Aquila invece, nelle facciate di Collemaggio, di Santa Maria Paganica, di San Silvestro, di San Pietro di Coppito (post restauro 1974), di Santa Giusta, di San Marciano, di San Pietro di Sassa, di Santa Maria di Roio, Santa Maria di Forfona, mostra lo stesso schema, adottato anche nelle chiese di alcune frazioni, di cui si parlerà: una facciata quadrata a coronamento orizzontale di archetti pensili, suddivisa da cornici, con una grande rosa centrale a raggiera a colonnine tortili che culminano in un piccolo cerchio baricentrico, e portale fortemente strombato ad arco a tutto sesto, con doppia cornice, e lunetta ornata da affreschi oppure da sculture, come nei casi di San Silvestro, Santa Maria di Roio e Santa Maria Paganica, che solitamente rappresentano l'incoronazione della Vergine col Bambino. La scuola aquilana nel circondario Questo stile rappresentò all'Aquila e nella vallata il modello da seguire per la costruzione, e per la ricostruzione stessa delle chiese, visto che la zona è da secoli soggetta a terremoti. Il carattere romanico aquilano è stato così forte da resistere ai secoli delle trasformazioni rinascimentali e barocche, tanto che esempi eclatanti di chiese completamente barocche all'interno e romaniche all'esterno si riscontrano in quasi tutte le contrade della città e dei borghi circostanti. Una bell'esempio di romanico è dato dalla facciata della chiesa di Santa Maria Assunta di Assergi, con uno dei più elaborati rosoni della vallata, mentre il romanico più modesto del modello Santa Giusta fuori Bazzano e San Giustino si riscontra più o meno nei centri di Camarda, Lucoli, Tornimparte, Aragno, Ocre, Calascio, e ogni chiesa mostra il classico inconfondibile schema aquilano.Per quanto concerne l'architettura civile, militare e monumentale, si hanno purtroppo sparuti esemplari, sempre per via di distruzioni e trasformazioni. Parlando dell'architettura militare medievale, essa comparve con i Longobardi sotto forma di torri di avvistamento e di difesa, alcune delle quali ancora esistenti, come la torre di Picenze a Barisciano, la torre di Sutrium a Bussi sul Tirino, la torre della Fara a Celenza sul Trigno, la torre di Goriano Valli. Si tratta di strutture realizzate senza particolare criterio artistico, molto spoglie, a pianta quadrata, triangolare o circolare, suddivise a più piani. Si conserva in Abruzzo solo un caso di strutture castellata d'epoca longobarda, ossia il castello di Spoltore, che domina il centro, a pianta quadrata irregolare con torri angolari rompitratta. Architettura dei castelli nell'era normanna Nel X-XII secolo con il passaggio dai Franchi ai Normanni, l'Abruzzo divenne una serie di contadi e comitati amministrati da diverse città. Nella Marsica si ha la contea di Celano dei Marsi-Berardi, a Chieti il comitato omonimo, all'Aquila un insieme di baronie gestite da Carapelle Calvisio e dal Celano stessa. I conti dei Marsi, insieme con i loro parenti conti di Valva nella valle Peligna, tessettero una rete di fortificazioni di piccola taglia, perlopiù torri di guardia, sopra i picchi di montagna, a guardia della Marsica tutta, della valle del Fucino e della Piana del Cavaliere al confine col territorio pontificio a Carsoli, e lo stesso venne fatto nel territorio di Sulmona, con castelli e torrette che erano sotto la giurisdizione di Corfinio e San Clemente a Casauria. Nella terra d'Aquila abbiamo gli esempi più classici del castello-recinto a pianta poligonale o triangolare, ossia un reticolato di mura alternato da torri rompitratta angolari, con la torre puntone situata nel punto più elevato, esempi sono il castello di San Pio delle Camere, il castello di Barisciano, il castello di Bominaco, il castello di Ocre. Questi castelli divennero inservibili, soprattutto dopo l'assedio di Braccio da Montone 1424 nella guerra contro L'Aquila, e gli abitati si svilupparono più a valle. Impianto dei castelli Nell'epoca normanna, dall'XI secolo al XIII, i castelli si moltiplicarono, e da antichi presidi-fortezza, come l'esempio di Rocca Calascio, divennero delle vere e proprie strutture gentilizie, mantenendo comunque la funzione militare. Scarni sono gli esempi, a causa delle corpose ristrutturazioni del XIV secolo, e specialmente nei secoli XVI-XVIII, quando molti castelli divennero delle residenze principesche, perdendo ogni carattere difensivo. Con il passaggio di Federico II di Svevia in Abruzzo, alcune strutture vennero restaurate, anche se la svolta vera e propria ci fu con Jacopo Caldora, Giacomo Cantelmo, Alfonso I d'Aragona, la famiglia Orsini, e Antonio Piccolomini. Il Caldora fortificò il castello di Pacentro, il castello Caldoresco a Vasto, il fortino di Ortona, il castello di Civitaluparella, e anche fortificazioni che oggi però portano il nome dei Cantelmo di Popoli, che soppiantarono la dinastia, modificando le strutture di Pettorano sul Gizio, Popoli stessa, Roccacasale, spartendosi il territorio della Maiella con i feudatari De Sangro. Il miglioramento delle tecniche apportate dal Caldora, come il sistema di bastioni lanceolati del castello di Vasto, fu ripreso dai Cantelmo, che ampliarono il castello di Pettornao dall'antica torre puntone normanna, con recinto circondato da mura alternate a torri di guardia, così come a Popoli, dove alla classica torre quadrata rompitratta, venne sostituita la torre circolare aragonese con base a scarpa e coronamento a merlature sulla sommità.Nella Marsica gli Orsini di Avezzano e d i Piccolomini di Celano e Ortucchio dettero notevole contributo alla modernizzazione delle strutture militari, basandosi l'uno sul modello romano, l'altro su quello napoletano, con ampio recinto a fossato, muratura doppia alternata da torri angolari, spesso cilindriche con coronamento a merlature e beccatelli, inglobando le grandi torri pentagonali rimasuglio delle antiche fortificazioni dei Berardi di Celano. Periodizzazione del romanico Nell'843 la subregione dell'Abruzzo Citeriore, facente parte dell'antico Sannio, si staccò dal ducato di Spoleto, formando vari territori: la Contea dei Marsi, articolata nei gastaldati di Rieti, Amiternum, Forcona, Marsica, Valva, Penne e Chieti, trasformati poi in comitati longobardi, che poi vennero conquistati dai Normanni, Nel 1076 Roberto I di Loritello conquistò il comitato di Chieti, il suo capitano Ugo Malmozzetto si impossessò del comitato di Penne, istituì una signoria a Manoppello, e poi penetrò anche nel comitato di Valva, occupando l'abbazia di San Clemente a Casauria. Nel corso dell'Alto Medioevo si verificò una saldatura perfetta fra assetto diocesano e amministrativo degli ex comitati longobardi nel riunito Giustizierato d'Abruzzo (1233) con capitale Sulmona; infatti ai sette gastaldati dell'ex Contea dei Marsi corrispondono infatti altrettante diocesi, coincidenti con l'estensione dei confini. Meno vincolato a queste rigide forme amministrative è il fenomeno di fondazione dei cenobi dell'Ordine Benedettino, incidendo in forma più capillare e profonda nelle realtà socio economiche dei castelli e dei feudi. Abbazie dipendenti da Montecassino e Farfa La rete di fondazioni è fitta, basti pensare che alcuni monasteri erano dotati di possedimenti dentro e fuori dai confini dell'Abruzzo, quali l'abbazia di San Clemente a Casauria, indipendente dalle abbazie storiche di Montecassino e Farfa, che venne realizzata sopra un'isoletta lungo il fiume Pescara, presso le gole della Maiella e del feudo di Popoli, posta in posizione strategica per controllare i traffici commerciali e fluviali, e per questo occupata anche dal conte Ugo Malmozzetto, dato che si innestava sul tracciato dell'antica via Tiburtina Valeria, che dal porto di Aterno, lambendo Chieti, andava raggiungere Sulmona, oppure la Marsica attraverso la forca di Cocullo.Con il dominio angioino (XIII secolo), l'Abruzzo divenne passaggio obbligatorio tra Napoli e il nord Italia, tanto che si andò a definire una "via degli Abruzzi", ricalcante le direttrici dell'età romana, che passavano da Castel di Sangro a Sulmona e L'Aquila, mentre seguendo la via Claudia Nova, si raggiungevano l'alto Lazio, l'Umbria e la Toscana. Con l'eccezione della chiesa di Santa Maria a Vico nel teramano, una delle più antiche dell'Abruzzo, fondata nell'XI secolo, in questo contado retto dai Conti Aprutini sino all'inglobo nel Giustizierato Abruzzese, a cui dette anche il nome, in Teramo esisteva la storica cattedrale di Santa Maria Aprutiense. Prima del Mille, oltre alle già citate San Pietro in Oratorium (prima metà dell'VIII secolo) e San Clemente a Casauria (871), si conosce la fondazione di altri monasteri, oggi non pervenuti integralmente o addirittura scomparsi, che vennero fondati nell'epoca di transizione dal potere longobardo al franco, con la discesa in Italia di Ottone I di Sassonia: vale a dire i monasteri di Sant'Angelo in Barregio a Villetta Barrea, dipendente da Montecassino, Santa Maria in Propezzano a Morro d'Oro, San Vincenzo de Flaturno ad Anversa degli Abruzzi (oggi cex chiesa della Madonna delle Grazie in via Vittorio Emanuele), la collegiata di San Michele a Città Sant'Angelo, il monastero di Santo Spirito alla Maiella presso Roccamorice, la chiesa benedettina di San Salvatore alla Maiella, sopra Rapino (il portale del cenobio scomparso è stato rimontato presso la chiesa di Sant'Antonio di Rapino), che ebbe in possedimento sino al XV secolo varie chiese del territorio guardiese, la chiesa di Sant'Agata di Chieti.Appare significativo l'apporto delle testimonianze archeologiche al problema della diffusione del cristianesimo, se in base alle sole fonti la presenza delle comunità cristiane non può farsi risalire anteriormente al V secolo. In base alle evidenze offerteci dai cimiteri, dalle catacombe e dalla iscrizioni parietali, può fissarsi al massimo al IV secolo, e tralasciando i centri di Forcona, Amiterno, Priferno, San Clemente in Fratta, si ricordano le catacombe di San Vittorino d'Amiterno presso la chiesa di San Michele fuori dall'Aquila, di Santa Giusta presso la chiesa di contrada Bazzano, e infine della catacomba di Saupraequum sotto il convento di San Francesco a Castelvecchio Subequo, che scoperta nel 1943, per il materiale rinvenuto, rappresenterebbe il luogo cristiano più antico d'Abruzzo. Dall'epoca longobarda ai primi cenobi Di importazione romana sarebbero invece i due sarcofagi di Clemente I papa presso la cripta di San Clemente a Casauria e quello della chiesa di San Pietro in Campovalano: il primo fu usato per accogliere appunto il corpo del papa dedicatario del cenobio, concesse da papa Adriano II a Ludovico il Giovane quando era abate Leonate, il secondo di Aurelio Ausonio, fondatore della chiesa di San Pietro nel V secolo, sopra l'abitato italico di Campovalano. Sarcofagi e fronti d'epoca più tarda si hanno nella chiesa di San Pietro di Alba Fucens, del VI secolo, del vescovo Albino già nella cattedrale di San Massimo presso Forcona (L'Aquila), che attestano il diramarsi di una produzione plastica di radice locale,ma informata a livello di scelte tipologiche, iconografiche e formali. Non esente è il sarcofago rinvenuto nel piazzale antistante la basilica di San Pelino a Corfinio, con dispositivo a loggette, che condivide la morfologia caratterizzante di un gruppo di sepolture barbariche diffuse in Italia, nel bacino del MediterraneoLe sculture d'epoca alto medievale riguardano la cattedrale di Forcona, con un portale scandito in tre pannelli a rilievo ritraenti un grifo, un leone e una leonessa, dalla formulazione plastica, non facilmente databile; poi si conservano transenne di finestre a San Pietro di Campovalano, conservate nel Museo Nazionale dell'Aquila, accostabili al IX secolo. Elementi di reimpiego, come plutei e arredi liturgici, sono conservati all'Aquila e provengono dalla chiesa di San Giustino di Paganica, Alba Fucens, San Pietro ad Oratorium, Santa Maria Aprutiense di Teramo, San Giovanni in Venere e San Massimo di Penne, resti di un ciborio di San Giustino di Paganica, un davanzale di ambone proveniente da San Michele a Città Sant'Angelo. Avvio del romanico abruzzese L'inizio di questa parabola avviene con la costruzione di tre grandi cenobi: San Pelino in Valva (Corfinio) con l'annesso oratorio di Sant'Alessandro Papa (1075) da parte dell'abate Trasmondo, la Cattedrale di San Panfilo a Sulmona e l'abbazia di San Liberatore a Maiella nel 1080, rifatta sopra un monastero voluto da Carlo Magno. Nel giro di alcuni decenni segue a ruota di compimento una nutrita serie di edifici fondarti ex novo o su siti preesistenti, la chiesa di Santa Maria Assunta di Bominaco nel 1092-1130, San Pietro ad Oratorium nel 1100, San Clemente al Vomano nel 1108, Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo dei Marsi nell'XI secolo, e San Pietro di Alba Fucens nel 1123-26 Il tratto incisivo della Campania e di Roma va riconoscendosi principalmente nell'impulso provocato dalla ridefinizione dall'ampliamento dell'assetto diocesano, e delle sedi monastiche, non senza il concorso della nobiltà normanna in cerca di consenso. Gli abati e vescovi preposti furono indotti a sollecitare una massiccia campagna di riedificazione dei cenobi già esistenti, sia per causa naturali come distruzioni telluriche, sia per le invasioni, o semplicemente per convenzioni politiche e ragioni di Stato. I modelli di San Clemente, San Liberatore, San Giovanni in Venere Tale fattore prese avvio con il rifacimento dell'abbazia di Montecassino da parte dell'abate Desiderio, che fu d'esempio per la spinta al rinnovamento edilizio dei monasteri benedettini; dato che Cassino da secoli aveva in feudo la Marsica, oggi alcuni elementi dei siti romanici, come la chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta, presentano notevoli affinità. Quanto a questa chiesa è da sottolineare l'affinità dell'iconostasi cosmatesca, insieme a quella di San Pietro di Alba Fucens, con quella di Montecassino, insieme alle ante lignee del portale, alle stesse formelle del portale di San Clemente a Casauria con i riquadri dei castelli e dei feudi in possedimento. Abbazia di San Liberatore a Maiella In un passo della Cronaca Cassinese di Pietro Diacono, si fa riferimento all'esistenza di San Liberatore alla Maiella, rifatta dal preposto Adenulfo per volere di Desiderio abate nel 1080, stile ancora oggi visibile secondo lo schema dell'invasivo restauro del 1968, quando l'abbazia era da anni in abbandono, e oggetto di vari rifacimenti per via dei terremoti. La chiesa ha tre navate, senza transetto, con la copertura lignea del soffitto a capriate, all'esterno a destra la grande torre campanaria, mentre scomparso è il portico iniziale. San Liberatore rappresenta la fusione degli schemi architettonici dell'arte campana quanto a impianto, e lombardi quanto a impaginazione della decorazione, che si ispira alla radice bizantina per la rielaborazione degli stipiti, degli archivolti, dei portali della facciata, mentre benedettina è la matrice dei singoli elementi ornamentali come ovoli, fuseruole, tortiglioni delle colonne.L'intelaiatura è esaltata dall'uso del pilastro, invece che dalla più plastica colonna, chiusi entro una griglia metrica di prensilità visiva,, la lunghezza dell'edificio è pari al doppio della larghezza, e il medesimo rapporto è riproposto fra l'ampiezza della navata centrale e le laterali. L'invaso spaziale raggiunge la qualità del pensiero architettonico singolare, seppur ricco di addentellati sul piano della trafila paradigmatica dei singoli elementi, tra l'altro assimilati, sicché il pensiero architettonico di San Liberatore si discosta in parte dal progetto desideriano di Montecassino. Abbazia di San Clemente a Casauria La chiesa è stata sempre vista come il modello ufficiale del romanico abruzzese, che in parte farebbe riferimento al romanico pugliese come i cenobi di Castel Castagna e Pianella. Nel 1176 l'abate Leone fece rifare la chiesa, e i lavori si conclusero nel 1182. L'atrio antistante è sovrastato da una cappella, aperta grazie a un mirabile loggiato verso la navata centrale, pur rimandando ai modelli borgognoni, trova il suo corrispondente nella chiesa del Santo Sepolcro di Barletta. La facciata è divisa da una cornice che la divide orizzontalmente: in alto c'è un attico coronato con quattro bifore architravate e ogivali, collocate con i restauri del dopo terremoto 1448. Il portico di base è riccamente decorato nelle tre arcate di accesso, con costoloni prismatici: il portale maggiore ha l'archivolto formato da tre archi a ferro di cavallo, concentrici e gradualmente rientranti, figure a rilievi che rappresentano la storia dell'abbazia: San Clemente Papa seduto al centro con a sinistra i santi Fabio e Cornelio e alla sinistra l'abate Leonate che mostra il modellino dell'abbazia. Nel grosso architrave sono raffigurate in ordine di successione le storie relative alla fondazione dell'abbazia da parte dell'imperatore Ludovico il Giovane, e quelle successive sino al XII secolo, di cui esiste anche la fonte cartacea della Cronaca di Casauria. I battenti bronzei del portale centrale apparterrebbero alla committenza dell'abate Ioele nel 1192, sono suddivisi in 72 riquadri occupati da formelle con le croci, figure di abati, rosoni e i Castelli posseduti dall'abbazia, sparsi per l'Abruzzo e il Molise (oggi si conservano 14 formelle originali, le altre sono state rifatte).L'interno è a pianta a croce latina, anche se i bracci del transetto sono spariti, con abside semicircolare, e presbiterio preceduto da arco trionfale, leggermente rialzato per consentire l'accesso alla cripta sotterranea. L'interno è diviso da tre navate da pilastri quadrangolari e archi leggermente ogivali, il soffitto è a capriate lignee. Sulla destra è da ammirare l'ambone romanico a lettorino con riquadri decorati a fioroni e con scene tratte dall'Antico Testamento, opera di frate Giacomo da Popoli. Abbazia di San Giovanni in Venere Rimanda invece a modelli campani, con accenni alla facciata tardo romanica del duomo di Monreale, la soluzione adottata nelle absidi di San Giovanni in Venere presso Fossacesia (1180-1190), ornate da archi e dischi colorati negli spazi di risulta Nella configurazione dell'architettura medievale, prima dei dettami cassinesi, il pugliese influenzò di molto i cenobi situati sulla costa regionale, e le absidi di San Giovanni in Venere rappresentano l'esempio più felice, oltre al fatto di aver rimaneggiato, per il colonnato della cripta, elementi di spoglio in granito e marmo policromo e nervato dal tempio di Venere preesistente. L'interno a tre navate con pilastri ad arcate a tutto sesto è stato manomesso dagli attacchi turchi del 1566, e dai rifacimenti, e dai restauri degli anni '50, che hanno cambiato il pavimento originario. Architettura romanica Le fortificazioni militari I primi incastellamenti ufficiali dei centri d'Abruzzo ci furono con l'arrivo dei Normanni nell'XI secolo, i quali edificarono delle fortezze vere e proprie sopra i villaggi sorvegliati dalla torre di controllo longobarda. A un paesaggio costantemente mutevole, come quello abruzzese, corrisponde una non comune varietà di tipi e forme di architettura fortificata diffusi nel territorio, qualificato da singolari rielaborazioni di modelli importanti, e da espressioni del tutto originali. Si parla del castello di Rocca Calascio o del Forte spagnolo dell'Aquila, il primo sorto nell'epoca normanna come presidio centrale fortificato sopra un borgo, il cui elemento più antico è la torre quadrata centrale, o maschio, mentre le torri angolari a scarpa sono più tarde, del XV-XVI secolo, costruite durante la dominazione mediceo-farnesiana; il forte Cinquecentesco è un caso del tutto particolare per la città, poiché si adottarono tecniche innovative da parte dell'architetto Pedro Luis Escrivà (1534), e venne edificato come presidio militare per contrastare eventuali attacchi dei cittadini contro i nuovi dominatori spagnoli, piuttosto che elemento costituente del tessuto edilizio ed economico sociale della città. Numerose sono le torri isolate nei boschi e nelle montagne abruzzesi, quasi tutte di origine medievale (Torre della Fara, Torre di Goriano Valle, Torre di Beffi Vecchio, la Torre di Sperone Vecchio, Torre di Forca di Penne), dall'impianto quadrangolare, circolare o poligonale (come la torre del Castello Piccolomini di Pescina, o del Castello Mediceo di Capestrano), usate come punti di avvistamento. Con il sopraggiungere di nuove esigenze tattiche, le torri dapprima isolate, sono divenute elementi di più ampie e articolate fortificazioni. Si parla del sistema di fortificazione militare delle coste del Regno di Napoli voluto da Carlo V d'Asburgo, e poi dal successore Duca D'Alba, che a intervalli regolari e in base alla caratteristica orografica del territorio (alture, punti aspri e difficilmente conquistabili dal mare), eresse varie torri di guardia per prevenire attacchi via mare (tipo da Venezia) da pirati turchi. In Abruzzo soprattutto nella costa teramana si hanno le torri meglio conservate (Torre della Vibrata, del Vomano, la torre Carolina di Martinsicuro); il punto divisorio dei "due Abruzzi" costituito dalla foce della Pescara,m presso l'antica città romana di Aternum rifatta nel XIII secolo attorno a un sistema fortificato bizantino-longobardo, fu ampiamente fortificato dal 1510 al 1563 ca. dal Duca D'Alba sotto il progetto di Eraldo di Balreduc, e venne così edificato il mastodontico fortino del Pescara, a pianta trapezoidale irregolare, con sette grandi bastioni lanceolati, cella stessa tecnica del Castello Cinquecentesco dell'Aquila, che racchiudeva in sostanza il piccolo abitato di Pescara, l'attuale quartiere Porta Nuova, posto a sud del fiume, benché all'epoca fosse quasi completamente abitato da una parte dai militari alloggiati nelle casermette, e dall'altro parte del forte, a nord del fiume, dalla caserma di guardia con la gabella del dazio del sale. Tra le torri più antiche dell'Abruzzo c'è quella del paese di Castel di Ieri (AQ), mentre uno degli esempi più tardi di torri di guardia, anche se in questo caso a carattere monumentale e di sorveglianza del passaggio dei pastori sul tratturo, è la torre Medicea di Santo Stefano di Sessanio, eretta nel XV secolo. Più rare sono gli esempi di torri cintate, ossia "dongioni" collegati alla cerchia muraria del paese, erette per la propria estrema difesa, di cui l'esempio migliore è la Torre di Introdacqua (AQ).La torre unita al castello-recinto invece, come si è detto, ha origini molto antiche: tale torre puntone, a pianta quadrata, irregolare o pentagonale, era posta a monte del recinto fortificato, quasi sempre a forma triangolare, benché esistano eccezioni quali il castello recinto di Fagnano, il castello di Barisciano, il castello di Ocre. L'esempio più felice, ancora in piedi benché gravemente danneggiato nel marzo 1424 dalle truppe di Braccio da Montone durante l'assedio dell'Aquila è il castello di San Pio delle Camere, a pianta triangolare, con le torri laterale, ancora in parte riconoscibili, e la grande torre puntone parallelepipeda; il castello è completamente staccato dal paese risorto nel XV secolo, quasi a pelo col terreno della piana di Navelli, e del tratturo Centurelle-Montesecco. Nella Marsica si hanno esempi di continue sovrapposizioni architettoniche, poiché si tratta quasi sempre di ricostruzioni e miglioramento per resistere agli assedi di antiche strutture risalenti alla prima edificazione di torri-puntone di controllo nel X-XI secolo dai Conti dei Marsi, che avevano ereditato e comprato, mediante matrimoni combinati e accordi con le abbazie di Farfa e Montecassino, tutto ilo territorio dell'ex provincia Valeria, vale a dire l'attuale Marsica, dalla forca di Cocullo alla Val Sorana (il confine è Balsorano), da Tagliacozzo alla Piana del Cavaliere di Carsoli e Pereto. Questi castelli furono realizzati nella caratteristica mista, ossia alcuni si svilupparono dalla originale torre puntone a pianta triangolar,e come le rocche di Oricola, Pereto e Scurcola, e in seguito alla conquista di Gentile Virginio Orsini, e poi dei Colonna nella metà del Quattrocento, vennero ampiamente ristrutturati, pur seguendo l'antico impianto. Vennero però rifatte daccapo le torri a muratura circolare o a scarpa, modificando le storiche strutture a pianta poligonale, vennero scavati fossati, create delle piazze d'armi all'interno del cortile, create le bocche da fuoco e le archibugiere. Monasteri maggiori romanico-gotici in Abruzzo La religione cristiana in Abruzzo è una delle componenti fondamentali, già dai primi tempi dei martiri, che impiegavano la propria vita per predicare la fede cattolica, venendo accettata dalla popolazione, la quale costruì all'istante edifici adibito al loro culto. Per questo esempio si ricorda la costruzione della Basilica concattedrale valvense di San Pelino da Brindisi, rifatta però nell'VIII e nel 1000 dopo il saccheggio del 937, seconda sede della diocesi di Sulmona Valva. Anche per San Panfilo da Sulmona, benché non martirizzato, in quanto primo vescovo della città, già nel VII secolo esisteva una cappella a lui dedicata, ampiamente rifatta dall'abate Trasmondo nel Mille. Per la presenza di chiese già adibite al culto cristiano, si hanno gli esempi di Penne, Vasto e Guardiagrele. Per la prima la fondazione della diocesi è dovuta alla figura semi-leggendaria di San Patras, discepolo dell'apostolo Pietro, che in pellegrinaggio raggiunse la città dei Vestini. Tuttavia con il martirio di San Massimo Levita di Aveia nel III secolo, quando nel IX secolo le sue reliquie vennero trasportate a Penne da Castiglione della Pescara (oggi Castiglione a Casauria) presso il tempio sacro eretto sull'altura del tempio di Diana, ossia la Cattedrale della Beata Vergine degli Angeli, poi di San Massimo Levita, Penne poté avere completamente il suo punto di riferimento religioso. A Guardiagrele invece già dal V secolo vennero costruite, sopra templi romani, le chiese di San Donato (oggi San Nicola) e di San Silvestro, e Vasto insisteva la chiesa di Sant'Eleuterio a Castello Gisone, sopra cui oggi sorge la parrocchia di Santa Maria Maggiore. Come già spiegato, il romanico in Abruzzo procedette a fasi alterne, e sperimentò varie caratteristiche differenti in base alla conformazione territoriale. Il romanico all'Aquila dopo il 1349 Il romanico ante 1349 Ad esempio all'Aquila si utilizzò la pietra calcarea locale giallognola, o quella bianco-rossiccia di Sassa, ricorrente nelle facciate di Santa Maria di Collemaggio e della fonte delle 99 cannelle; oltretutto occorre tener conto del fatto che le chiese furono ricostruite, insieme ai palazzi, a più riprese, benché si possa notare che il romanico aveva raggiunto da subito una piena caratterizzazione, seguendo il modello romano e umbro. Il 1308 è l'anno del completamento del portale di facciata della chiesa di Santa Maria Paganica del Quarto Santa Maria, esso mostra la caratteristica forte strombatura a colonnine caratterizzate da capitelli finemente lavorati a motivi fitomorfi, e la lunetta con il bassorilievo centrale della Madonna col Bambino, mentre altri portali, come quelli di Collemaggio, Santa Giusta, San Marciano, vennero ornati da affreschi del XV-XVI secolo. Le chiese romaniche presenti all'Aquila, prima dei rifacimenti dovuti ai terremoti del '300, erano quella di Santa Maria di Acquili (oggi chiesa di Santa Chiara sotto via XX Settembre), di Sant'Apollonia, di San Nicola d'Anza, di San Flaviano o San Giorgio e Sant'Antonio fuori Porta Barete. Queste chiese oggi sono state ricostruire in vari stili, tuttavia dagli studi dell'Antonini si possono riconoscere i portali e i fregi conservatisi in collocazioni diverse e non, e si riconoscono gli esemplari maggiori del: Portale di Santa Maria d'Acquli, a fianco della chiesa delle Clarisse Portale laterale della chiesa di San Marco Portale della chiesa di Sant'Antonio fuori le mura Portale rimontato nella chiesa di San Vito alla Rivera Evidente è l'eleganza dei girali presso le modanature dell'arco a tutto sesto, e la decorazione della lunetta, quelle che non sono state adornate nel XV secolo da affreschi. Evidentissima la povertà e la semplicità rispetto alla vera scuola aquilana che prenderà avvio dopo il 1349, con architetture più complesse e scene figurate di devozione, come il gruppo di Cristo con gli apostoli nel portal di San Pietro a Coppito e la Madonna Assunta in trono col Bambino nel portale del 1308 di Santa Maria Paganica. L'impianto delle chiese romaniche Le facciate delle altre chiese risalgono alla ricostruzione post sisma del 1349, alcune come quella della chiesa di San Silvestro mostrano un'impronta decisamente più gotica, seguendo lo stile umbro del gotico internazionale italiano di Assisi.Il romanico della Maiella e della Valle Peligna si avvalse sempre dell'uso della pietra, subendo influenze napoletane, ma anche una caratterizzazione a sé stante per quanto riguarda la lavorazione dei preziosi amboni abbaziali della bottega di Guardiagrele dei maestri Nicodemo, Roberto e Ruggero; tuttavia rimase sempre la caratteristica comune dell'impianto con facciata a salienti, croce latina o impianto rettangolare, abside semicircolare, facciata a salienti, un portale centrale, o tre, dei quali maggiore doveva essere sempre quello centrale, e in asse con uno o più rosoni radiali. Ne sono ancora esempio le abbazie di San Liberatore alla Maiella, la chiesa di San Panfilo a Sulmona prima dei sostanziali rifacimenti trecenteschi e quattrocenteschi, la chiesa di Santa Maria della Tomba e quella di San Francesco della Scarpa dei Frati Minori, di cui resta l'esempio del portale della "Rotonda" prospettante sul Corso Ovidio. Nel pescarese il romanico interessò i centri di Moscufo, Pianella, Città Sant'Angelo, Loreto Aprutino, anche se oggi soltanto alcuni esemplari sono ben riconoscibili, l'abbazia dei SS. Giovanni e Vincenzo a Turrivalignani, la chiesa di Santa Maria Maggiore fuori le mura a Pianella, e la chiesa di Santa Maria del Lago di Moscufo. L'impiantistica rimane la stessa, cambia l'uso del materiale, non più pietra calcarea, ma ciottoli di fiume e laterizio in conci lavorati, alternati alla pietra bianca per le cornici dei portali, dei rosoni, degli amboni, dei cibori e degli altari. Stessa cosa può dirsi per il romanico teramano, di cui si conservano alcuni esempi a Teramo (Duomo di Santa Maria Assunta, chiesa di Santa Caterina, chiesa di San Luca, ex monastero di San Giovanni a Scorzone, il convento dei Cappuccini, e la facciata antica del monastero di Sant'Angelo delle Benedettine, trasformato selvaggiamente in stile neogotico da Francesco Savini negli anni '30, quando era ormai conosciuto come il santuario della Madonna delle Grazie), poi ad Atri, con la pianta del Duomo di Raynaldo d'Atri (il portale maggiore è del 1305), Morro d'Oro, Sant'Omero, Notaresco, di cui si hanno i bellissimi esemplari della chiesa di Santa Maria di Propezzano, della chiesa di San Clemente al Vomano, della chiesa di Santa Maria a Vico, insieme ad altri complessi abbaziali della Valle delle Grandi Abbazie, come Santa Maria di Ronzano, San Giovanni ad Insulam (Isola del Gran Sasso), San Salvatore di Canzano. Architetture nel chietino Nel chietino si conservano gli esemplari dell'abbazia di San Giovanni in Venere, fondata nel 1000, di cui Gavini ha fatto un confronto, per l'impianto voltato a crociera, con la navata maggiore della basilica concattedrale di Atri (TE); la città di Chieti doveva avere l'originario impianto della Cattedrale di San Giustino in stile romanico, ma a causa di vari rifacimenti, essa si presenta in uno stile misto, poi a Lanciano la storica facciata volta su via Garibaldi della chiesa di Santa Maria Maggiore, prima che l'asse fosse completamente ruotato verso l'abside nel 1317 dall'architetto Francesco Petrinie infine presso la Maiella orientale il borgo di Guardiagrele, di cui resta l'esempio della facciata monumentale con torre campanaria centrale del Duomo di Santa Maria Maggiore, eretta alla stessa maniera di altre chiese quali quella di San Pietro in Alba Fucens, nella Marsica, caratteristica non estranea ai primi cenobi benedettini sorti in tutto l'Abruzzo nel IX secolo, dotati di torri di guardia e di protezione dagli attacchi ungari e saraceni, che erano assai frequenti all'epoca.L'uso della torre fortificata infatti comparve anche nei nuovi monasteri cistercensi, quali quello di Santa Maria di Casanova nella valle omonima, di Santo Spirito d'Ocre presso Fossa e Santa Maria Assunta a Bominaco. Il Duomo di Teramo, rifatto nel 1168 e consacrato a San Berardo da Pagliara e Santa Maria Assunta dal 1933, quando si conclusero i restauri che vollero riportare alla luce il romanico dal barocco settecentesco, risale al 1158, quando iniziarono i lavori di rifacimento dopo che la storica cattedrale di Santa Maria Aprutiense in Largo Torre Bruciata venne distrutta dal Conte Roberto di Loritello. La caratteristica di questa chiesa, dallo stile misto, è l'impianto classico a pianta a croce latina, leggermente curvata, con interno a tre navate sostenute da robusti pilastri quadrati, poggianti su pulvini, e dall'arco trionfale che introduce all'altare. L'elemento principe romanico è il portale di Diodato Romano, realizzato seguendo già lo stile gotico, per la presenza della svettante ghimberga che arriva sino alla sommità della facciata, inglobando il portale romanico strombato ad arco a tutto sesto, e il rosone a oculo in asse. Presso Chieti si conserva in stile romanico-gotico, benché con evidenti rifacimenti tardo ottocenteschi in stile revival, la chiesetta della Madonna del Tricalle, edificata sopra la struttura circolare del tempio di Diana Trivia (primi anni del XIV secolo). Ad Atri, come detto, c'è la Basilica cattedrale di Santa Maria Assunta consacrata nel 1100, celebre per il portale di Raynaldo d'Atri e Raimondo del Poggio, che mostra una strombatura più lieve. Alla metà del XIV secolo in città risalgono i complessi di San Domenico o San Giovanni, e di Sant'Agostino, con il portal realizzato, insieme a quello di Santa Maria Nuova di Cellino Attanasio, da Matteo Capro da Capua. Tardo romanico nel teramano e a Lanciano Presso Giulianova si conserva il notevole esemplare della chiesa di Santa Maria a Mare, con il portale sempre di Matteo Capro, decorato con segni enigmatici.In Guardiagrele oltre al duomo con il portale strombato ad arcata ogivale e gruppo scultoreo di Nicola da Guardiagrele dell'Annunciazione, si conserva la facciata della chiesa di San Francesco, dal portale a cornice a spina di pesce e tralci vegetali, incassato in una ghimberga gotica. La chiesa di Santa Maria Maggiore di Lanciano invece risulta il complesso e articolato esito del rifacimento intorno al 1317, dell'intero impianto. L'antica facciata romanica, di cui resta un arco ogivale del portico, che precede il portale romanico vero e proprio con arco a tutto sesto e decorazione vegetale, prospetta su via Garibaldi, e la facciata trecentesca era l'abside dell'impianto di metà XIII secolo, eseguito con i contrafforti e le finestre tipiche dei cenobi cluniacensi. La facciata fu rifatta da Francesco Petrini da Lanciano, come testimonia l'epigrafe della lunetta del portale maggiore, che risulta essere il trionfo dell'interpretazione abruzzese dell'area Citeriore, della scultura gotica francese, che già aveva fatto la sua comparsa nell'area con Nicola Mancino da Ortona, che realizzò i portali di San Tommaso nella città, e di Santa Maria in Civitellis a Chieti. Sul fianco di via Garibaldi, è da notare anche il portale che attualmente consente l'accesso alla chiesa, frutto di maestranze pugliesi, forse di Castel del Monte, dato che l'aspetto è molto simile al castello ottagonale federiciano, segno che la città di Lanciano, essendo sin dall'epoca angioina molto importante al livello commerciale, attraesse a sé anche maestranze e culture diverse che andavano oltre il confine regionale. Andando a Ortona, si conserva la Cattedrale di San Tommaso Apostolo, anche se in uno stile piuttosto artificioso e impoverito dell'originale fasto ante distruzione del 21 dicembre 1943. La chiesa esisteva sin dal XII secolo, fu ampliata con il portico ad archi ogivali e i due portali di Nicola Mancino, unici elementi medievali, dato che il corpo della cattedrale fu rifatto ampiamente dopo il saccheggio turco del 1566 in stile barocco. Monumenti architettonici romanici Seguendo i parametri di Ignazio Carlo Gavini, aggiornati da Mario Moretti in Storia dell'architettura in Abruzzo (1927, riediz."Adelmo Polla" in 2 voll.) e Architettura medioevale in Abruzzo: dal VI al XV secolo (1968), i monumenti maggiori sono: Chiesa di Santa Maria a Vico presso Sant'Omero, dell'XI secolo Antica cattedrale di Santa Maria Aprutiense presso la chiesa di Sant'Anna dei Pompetti di Teramo Cattedrale di San Berardo a Teramo, facciata tardoromanica (portale del 1308) su piazza Orsini, facciata secondaria su piazza Martiri, impianto. La prima fabbrica è del 1178, nel XIV secolo c'è l'ampliamento a tre navate. Abbazia di Santa Maria Assunta a Bominaco ed oratorio di San Pellegrino, Caporciano chiesa di San Clemente al Vomano, Notaresco, località Guardia Vomano Chiesa di San Michele a Vittorito, interni, ambone chiesa di Santa Maria ad Cryptas di Fossa, esterni (portale proto-gotico), interno con ambone La Scuola Casauriense, dall'influsso dell'abbazia di Montecassino secondo l'abate Desiderio, poi papa Vittore III Abbazia di San Clemente a Casauria Abbazia di San Clemente al Vomano Cattedrale Valvense di San Pelino a Corfinio Cattedrale di San Panfilo a Sulmona, portale laterale Abbazia di San Pietro ad Oratorium Chiesa di Sant'Angelo o Santa Maria Maggiore di Pianella San Nicola di Pescosansonesco vecchio Palazzo de' Petris a Castiglione a Casauria (portale) Basilica concattedrale di Santa Maria Assunta di Atri Chiesa di San Pietro di Albe vecchia (Alba Fucens) Santa Maria delle Grazie a Ortona dei Marsi Cattedrale di Santa Maria Maggiore di Guardiagrele, portale chiesa di Santa Maria di Cartignano (Bussi) Abbazia di San Bartolomeo di Carpineto Santa Maria delle Grazie a Civitaquana, caso di romanico lombardo San Tommaso di Paterno a Caramanico Scuola benedettina del XII secolo Santa Maria di Antrodoco San Dionisio di Borgo Velino chiesa di Santa Giusta fuori le mura di Bazzano (L'Aquila) San Giustino di Paganica chiesa di San Paolo di Peltuinum (Prata d'Ansisonia) chiesa di San Nicola di Atri chiesa di San Giovanni ad insulam, Isola del Gran Sasso d'Italia Collegiata di Santa Maria in Platea a Campli abbazia di San Martino in Valle - Fara San Martino Chiesa di San Pietro in Campovalano (Campli) La Scuola Marsicana chiesa di San Giovanni Battista di Celano Santa Maria delle Grazie di Luco dei Marsi San Salvatore di Paterno San Nicola di Avezzano (distrutta nel 1915) chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo dei Marsi basilica dei Santi Cesidio e Rufino a Trasacco Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Rosciolo dei Marsi San Giovanni in Leopardo Collegiata di Santa Lucia di Magliano dei Marsi Collegiata di Santa Maria del Ponte di Fontecchio (nel comune di Tione degli Abruzzi, località omonima) Chiesa abbaziale di Santa Maria del Lago a Moscufo, interni, ambone La Scuola Romano-Marsicana San Pietro di Albe Santuario di San Pietro eremita di Rocca di Botte L'Ambone di Corcumello (San Nicola) L'ambone di Trasacco (San Cesidio) Scuola aquilana: prima fase due-trecentesca, il più antico portale è quello della chiesa di Santa Maria Paganica del 1308 chiesa di Santa Giusta dentro le mura Chiesa di San Flaviano della Torre chiesa di Santa Maria Paganica chiesa di San Pietro a Coppito San Martino (demolita nel 1930 ca., sorgeva in piazza Chiarino) basilica di Santa Maria di Collemaggio Chiesa di San Pietro o della Madonna delle Grazie (località Coppito), portale e absidi Tardo romanico trecentesco La Cattedrale di Atri Santa Maria di Propezzano a Morro d'Oro San Salvatore a Morro d'Oro Santa Maria in Colleromano (Penne), il portale Santa Maria a Mare - Giulianova Chiesa e convento di San Francesco in Città Sant'Angelo (portale sul corso Vittorio Emanuele) Santa Maria di Paganica - L'Aquila Sant'Andrea di Atri dei Gesuiti (oggi è l'attuale teatro comunale in piazza Duomo ad Atri) San Domenico di Atri o San Giovanni (portale) Sant'Agostino di Penne (tracce dell'ambone), la facciata è stata rifatta negli anni '60 Duomo di Penne: portale, rifatto nel 1954, e cripta, lastre conservate nel Museo diocesano Cattedrale collegiata di Città Sant'Angelo dedicata a San Michele, portale laterale San Francesco di Loreto Aprutino, portale chiesa di Santa Maria di Ronzano a Castelcastagna La Scuola Aquilana Sant'Antonio abate all'Aquila (loc. Pile) San Nicola d'Anza - scomparsa mediante demolizione negli anni '20, portale rimontato nella parrocchia di Antrodoco chiesa di San Marciano chiesa di Santa Maria di Roio chiesa di San Pietro di Sassa - scomparsa dopo il 1703, portale rimontato in San Quinziano di Pile San Marco di Pianola Santa Giusta, portale San Silvestro, portale e rosone Chiesa di San Domenico, facciata inferiore San Francesco di San Pio di Fontecchio (portale) Santa Maria di Collemaggio, portali chiesa di Santa Maria Assunta, Assergi, portale e rosone I monumenti di Chieti e dintorni Basilica di San Tommaso di Ortona, portale di Nicola Mancino, 1312 Santa Maria della Civitella o dei Celestini a Chieti, portale di Nicola Mancino, 1310 ca. Cattedrale di Chieti, esterni, perduti nel XVIII secolo con la ricostruzione barocca, tracce della cripta e della tribuna esterna dell'altare maggiore Sant'Antonio abate di Chieti, portale San Francesco di Guardiagrele, portale Sant'Agata a Fara Filiorum Petri, portale rimontato nella parrocchia del Santissimo Salvatore Parrocchia di San Nicola di Manoppello, portale Architetture minori Ex abbazia di Santa Maria in Monteplanizio, nel centro di Lettopalena Portale dell'ex abbazia di San Salvatore alla Maiella, rimontato nell'ex convento di Sant'Antonio a Rapino Portale di San Clemente in Badia, chiesa distrutta di Guardiagrele (loc. Comino), conservato nell'Antiquarium medievale del palazzo comunale Casa di Buccio di Ranallo all'Aquila, via Accursio Chiesa della Madonna della Mazza, Pretoro, portale tardo romanico Ex monastero di Santa Croce dei Celestini, dintorni di Roccamontepiano, portale trecentesco Chiesa di Santa Maria Maggiore di Lanciano, facciata originale in via Garibaldi con portale del primo Duecento Chiesa di San Nicola a Lanciano, portale di ingresso della vecchia fabbrica di San Pellegrino, laterale Abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia, portale della Luna e portale laterale, cripta Ex monastero di Santo Spirito a Lanciano, ora Polo museale, portale a cavallo tra romanico e gotico (primo '300) chiesa di Santa Croce di Atessa, parte della facciata Chiesa abbaziale di San Pancrazio a Roccascalegna, tardo romanico: esterni e interni Ex chiesa di Santa Maria a Porta da Piedi, o di Sant'Antonio, Crecchio: facciata e rosone murato Chiesa di San Martino a Nereto Leoni stilofori presso l'ingresso della parrocchia di Santa Maria del Soccorso, Picciano, provenienti dalla scomparsa abbazia benedettina della Beata Vergine Assunta Scultura romanica Reminiscenze franco-longobarde L'Abruzzo è ricchissimo di materiale scultoreo medievale, che testimonia l'antica vita dei suoi insediamenti religiosi urbani e monastici. Oggetto della ricerca sono essenzialmente i frammenti di arredo sacro più apprezzabili e meglio conservati, ossia amboni, cibori, paliotti, lastre di recinzione presbiteriale, candelabri. Ovverosia il materiale scultoreo più ricco e scenografico vale a dire. Di grande rilievo sono i preziosi frammenti altomedievali nelle chiese e nei musei diocesani (recinto di Santa Giusta di Bazzano, altare del duomo di Penne, Santa Maria Aprutiensis), spesso utilizzati in contesti estranei alla collocazione originaria, per via di grossolani restauri successivi. Tali pezzi rappresentano l'unica testimonianza artistica sopravvissuta dall'età longobarda e carolingia, dato che in tutto l'Abruzzo si sono conservati edifici di culto appartenenti al periodo, che va dalla tarda età imperiale del V secolo al Mille.Pertanto tutto ciò che rimane, di questo periodo storico, è un insieme piuttosto ingente e variegato di reperti scultorei provenienti per lo più delle antiche chiese diocesane o dalle grandi abbazie benedettine e cistercensi, sopravvissuti grazie alla loro "trasportabilità", come dimostrano elementi scultorei di alcune chiese oggi non più esistenti, rimontati in altre parrocchie. Sculture rimontate nelle chiese A partire dall'XI secolo incomincia la stagione del romanico abruzzese, che lascerà testimonianze in tutto il territorio regionale, e conferirà all'Abruzzo quel suo carattere monastico e benedettino, monumentale e possente. Vengono ricostruite le storiche abbazie del IX-X secolo, arricchite da un fantasioso e variegato arredo liturgico. Tra le opere di età normanno-sveva riguardano soprattutto l'operato della bottega di Guardiagrele di Nicodemo, Roberto e Ruggero, maestri scalpellini che realizzarono gli splendidi amboni delle principali abbazie abruzzesi di San Clemente a Casauria, Santa Maria in Valle Porclaneta, Santa Maria del Lago, San Paolo di Peltuino, Santa Maria di Bominaco, San Bartolomeo di Carpineto e Santo Stefano di Cugnoli. Quest'ultimo esempio, insieme con San Paolo di Peltuino, fa riferimento al fenomeno di rimontaggio delle sculture, prelevati da chiese in decadenza e rimontati (San Paolo fu rimontato nella parrocchia di San Nicola, quello di Santo Stefano proviene dalla chiesa di San Salvatore). Questi amboni rappresentano il manifesto scultoreo del romanico abruzzese, nonché incarnano la fase storico-artistica più tipica dell'Abruzzo, ovverosia il fatto che l'Abruzzo avesse assimilato e digerito sempre tardi le principali correnti artistiche d'Europa e d'Italia; ma ciò non significa che le maestranze, spesso esterne dalla regione, eccettuando i maestri di Guardiagrele, avessero riproposto delle pallide imitazioni di modelli quali quelli d'Umbria, Lombardia e Toscana. Anzi, è stato riconosciuto che l'Abruzzo, malgrado la necessità di ricostruzione delle strutture per via di devastazioni e terremoti, più che per dare sfoggio di nuovi stili, seppe dare un tocco di originalità a ciascuna corrente artistica della storia dell'arte, le cui peculiarità convogliarono nella ricercatezza e nel particolarismo delle figure, soprattutto in ambito scultore, per quanto riguarda la tipica decorazione fantasiosa a motivi arabeschi, fitomorfi, animaleschi e vegetali dell'arte romanica. Ugualmente l'Abruzzo dette slancio vitale con la propria originalità alla pittura sia gotica sia rinascimentale, incominciando con gli esempi di San Pellegrino di Bominaco e Santa Maria ad Cryptas di Fossa, fino all'arte pittorica di Andrea De Litio ad Atri e Saturnino Gatti all'Aquila. Gli amboni romanici Il particolarismo abruzzese consiste principalmente nell'abbondanza di decorativismo nelle scene rappresentate, e nell'inclusione di alcuni elementi caratteristici della propria identità culturale, come paesaggi, vestiti, volti, ornamenti femminili, quasi gli artisti locali avessero voluto imprimere un segno distintivo della propria cultura per caratterizzare l'identità non tanto regionale, ma di quella particolare fascia territoriale dove operavano, come ad esempio nell'altopiano di Navelli, nella Marsica, nel teramano, tutte fasce territoriali ben distinte l'una dall'altra, benché dal 1233 fossero rientrate, con Federico II di Svevia, in un solo Giustizierato con capitale Sulmona. In questo contesto, sia dal punto di vista scultoreo sia pittorico dunque, nacquero gli amboni abbaziali e i cicli rappresentativi di Fossa, Rocca di Cambio e Bominaco, che verranno seguiti da altri esemplari nell'epoca gotica, rinascimentale e così via, nell'ambito ormai consolidato del particolarismo abruzzese. Scuola di maestro Nicodemo In merito, sempre al fatto che l'Abruzzo avesse recepito tardi le correnti artistiche scultoree e architettoniche, la trasformazione e l'amalgamazione dei modelli già consolidati nel resto d'Italia del nord con la tradizione variegata e prettamente popolare abruzzese, gli amboni dei maestri dimostrano la sintesi della fusione di vari elementi fantastici del romanico tradizionale unito alla tradizione locale, e ciò è dimostrato da elementi longobardi, arabi, celtici, figure animate da ermetici programmi iconografici tesi alla rappresentazione simbolica della liberazione dell'uomo dal peccato. Le opere di Nicodemo, Roberto e Ruggero, nella loro singolarità, rimarranno senza seguito, per essere soppiantate preso dallo "stile fiorito", che si diffonderà nello stesso periodo, metà del XII secolo, come dimostra l'ambone della basilica di San Pelino a Corfinio) (1180), segnato dal ripetersi del motivo a fiorone, per altro presente anche a San Clemente a Casauria, dalle cornici a motivi vegetali stilizzati, dai tralci che disegnano anse ritmiche, tutti elementi della natura che rimarranno tipici nell'epoca, in vista dello stretto legame dei popoli abruzzesi con la natura della Maiella e del Gran Sasso. Lo stile della bottega dunque è apparso come una meteora del romanico locale, poiché lo slancio creativo fu molto più originale del secondo stile, come dimostrano le figure dell'uomo che sorregger il Vangelo del lettorino, affiancata dalla rappresentazione del Tetramorfo, solitamente presente in tutti gli amboni, e da scene dell'Antico Testamento, come mostra l'ambone della chiesa di Santa Maria del Lago a Moscufo, uno dei più belli della bottega, con il Tetramorfo e la scena di Giona inghiottito dalla balena, e San Giorgio che uccide il drago. L'ambone di San Paolo di Peltuino invece, conservato nella chiesa di San Nicola di Prata d'Ansidonia, mostra una figura femminile in vesti campestri, fatto del tutto inedito nel romanico, che testimonia l'eclettismo del particolarismo abruzzese nel voler lasciare una testimonianza della vita quotidiana pastorale. Gli amboni abruzzesi romanici Ambone e ciborio della chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta a Rosciolo dei Marsi, 1150; maestro Nicodemo Ciborio nella chiesa badiale di San Martino di Tour a San Martino sulla Marrucina, 1151; maestro Nicodemo, come riporta l'iscrizione alla base. Il Gavini la colloca l'opera erroneamente nella parrocchiale martinense di S. Cristinziano annota che l'ambone stava presso l'altare maggiore della chiesa, e denunciava il fatto che fosse un'opera minore o almeno non finita dal maestro. L'opera purtroppo è andata distrutta nel 1919, quando un forte vento ha fatto crollare il campanile sopra la vecchia chiesa, distruggendo l'opera, la cui base con iscrizione era stata collocata da Francesco Verlengia nella Biblioteca provinciale di Chieti, e dal 2005 era stata ricondotta a San Martino, nell'atrio del palazzo comunale. Pulpito di Santa Maria del Lago a Moscufo, 1159; maestro Nicodemo Pulpito della chiesa di Santo Stefano a Cugnoli, 1166; maestro Nicodemo, proveniente dall'abbazia scomparsa di San Salvatore sul Pescara Pulpito della chiesa di San Clemente al Vomano (Notaresco) e San Clemente a Casauria - metà XII secolo; magister Ruggero con Roberto (secondo altri l'ambone Casauriense andato distrutto con il terremoto del 1456, restaurò nel XV secolo frate Giacomo da Popoli) Ambone e pulpito di San Paolo di Peltuino (anonimo) metà XII secolo Ambone di San Pelino a Corfinio (anonimo) metà XII secolo. Non di Nicodemo Ambone di San Liberatore alla Maiella (metà XII secolo) anonimo Ambone di Santa Maria Assunta di Bominaco (metà XII secolo) di anonimo Pulpito e cero pasquale della chiesa di Santa Maria in Cellis di Carsoli (ante XII secolo) anonimo Ambone cosmatesco di San Pietro in Alba Fucens (ante 1150) di anonimo Decorazioni cosmatesche marsicane Alla seconda tendenza dei fioroni, a cui hanno fatto riferimento gli amboni di San Clemente al Vomano, Santa Maria di Bominaco, Santa Maria di Pianella e via dicendo, lo stile si è limitato nel mostrare raffigurazioni tratte dai bestiari, con animali reali e altri fantastici, in pose innaturali. Il maestro Acuto di Pianella, che firmò l'ambone di Santa Maria Maggiore (XIII secolo), realizzò una scultura interessante poiché mostra le tendenze del primo gotico abruzzese, dando un aspetto tardoromanico all'opera.Nei secoli successivi la scultura abruzzese, specialmente quella in pietra, dal XIV secolo in poi venne soppiantata dalle influenze esterne del Lazio, e gli ultimi esempi del romanico riguardano le decorazioni cosmatesche tipiche del romanico di Roma, che a sua volta prendeva ispirazione dagli ornati delle antiche basiliche paleocristiane, nonché dalle opere dell'età augustea. Questi sono i casi di San Pietro ad Alba Fucens, Santa Maria dei Bisognosi a Rocca di Botte, l'ambone di San Nicola a Corcumello e le sculture dell'abbazia di Santa Maria Arabona a Manoppello, con mosaici scintillanti vitrei e modelli decorativi romanici tipici dell'Urbe.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Gaetano%20Schimmenti
Gaetano Schimmenti
Record nazionali Staffetta 4×100 m: 43"26 ( Brisbane, 10 ottobre 2019) Staffetta 4×100 m (società): 46"83 ( Nuoro, 4 settembre 2021) Staffetta 4×200 m indoor: 1'35"64 ( Istanbul, 9 febbraio 2018) Staffetta 4×200 m indoor (società): 1'39"28 ( Ancona, 25 gennaio 2020) Campionati Nazionali 5 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 100 m piani (2014, 2015, 2017, 2019, 2020) 2 volta campione nazionale juniores paralimpico dei 100 m piani (2014, 2016) 3 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 200 m piani (2013, 2014, 2015) 1 volta campione nazionale juniores paralimpico dei 200 m piani (2014) 5 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 60 m piani indoor (2015, 2016, 2018, 2020, 2021) 2 volte campione nazionale juniores paralimpico dei 60 m piani indoor (2013, 2014) 3 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 200 m piani indoor (2015, 2018, 2019) 1 volte campione nazionale juniores paralimpico dei 200 m piani indoor (2014) 3 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 4x100 m piani (2019, 2020, 2022) 4 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 4x400 m piani (2019, 2020, 2022, 2023) 3 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 4x200 m indoor (2020, 2021, 2023) 1 volte campione nazionale assoluto paralimpico dei 4x400 m indoor (2020) 2013 ai campionati italiani juniores paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 8"04 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Pescara), 200 m - 25"81 ai campionati italiani juniores paralimpici (Pescara), 200 m - 26"77 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Pescara), 100 m - 12"77 ai campionati italiani juniores paralimpici (Pescara), 100 m - 12"65 2014 ai campionati italiani juniores paralimpici indoor (Ancona), 200 m - 26"28 ai campionati italiani juniores paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"91 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Padova), 100 m - 12"50 ai campionati italiani juniores paralimpici (Padova), 100 m - 12"34 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Padova), 200 m - 25"36 ai campionati italiani juniores paralimpici (Padova), 200 m - 26"21 2015 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 200 m - 26"21 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"84 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Macerata), 200 m - 24"64 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Macerata), 100 m - 12"33 2016 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"69 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 200 m - 24"80 ai campionati italiani juniores paralimpici (Ancona), 100 m - 11"92 ai campionati italiani juniores paralimpici (Ancona), 200 m - 24"44 2017 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Roma), 200 m - 23"92 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Roma), 100 m - 11"59 2018 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 200 m - 24"05 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"38 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Firenze), 200 m - 23"69 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Firenze), 100 m - 11"63 2019 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 200 m - 24"12 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"51 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Macerata), 4x100 m - 47"63 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Macerata), 4x400 m - 3’48"30 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Macerata), 200 m - 24"94 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Macerata), 100 m - 11"82 2020 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 4x200 m - 1’39"28 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 4x400 m - 3’50"20 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"46 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 200 m - ? ai campionati italiani assoluti paralimpici (Pescara), 4x100 m - 49"60 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Pescara), 4x400 m - 3’54"30 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Pescara), 200 m - 24"45 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Pescara), 100 m - 11"87 2021 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 4x200 m - 1’42"35 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"50 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 200 m - 24"24 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Nuoro), 100 m - 11"60 2022 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Molfetta), 4x100 m - 48"38 ai Campionati italiani FISDIR di atletica leggera 2022 (Molfetta), 4x400 m - 4’29"45 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Molfetta), 100 m - 11"56 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Molfetta), 200 m - 24"08 2023 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 4x200 m - 1'41"93 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 200 m - 23"99 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 4x400m - 4'38"18 ai campionati italiani assoluti paralimpici indoor (Ancona), 60 m - 7"47 ai campionati italiani assoluti paralimpici (Montebelluna), 4x400m - 3'58"47 Progressione 60 metri piani indoor 100 metri piani 200 metri piani 200 metri piani indoor Palmarès Altre competizioni internazionali 2022 al Golden Gala Pietro Mennea ( Roma), 100 m piani (T20) - 11"72 Onorificenze Collegamenti esterni Velocisti italiani
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https://it.wikipedia.org/wiki/Capestrano
Capestrano
Capestrano (Capëstrànë in abruzzese) è un comune italiano di 833 abitanti situato nella provincia dell'Aquila, in Abruzzo. Situato nella valle del Tirino, al margine sud-occidentale di un vasto piano di origine carsica compreso tra l'altopiano di Navelli e le estreme propaggini sud-orientali del massiccio del Gran Sasso d'Italia, parte del territorio del comune rientra nel territorio del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Centro agricolo e pastorale di antica origine e discreta importanza, in età moderna fu dominato delle famiglie Piccolomini Todeschini, Medici e Borbone divenendo sede di un marchesato e, successivamente, di un principato. Geografia fisica Capestrano è situato nella parte orientale della provincia dell'Aquila, in posizione baricentrica tra l'altopiano di Navelli e la valle del Tirino al centro della regione Abruzzo. L'abitato principale si sviluppa sul versante orientale di un colle, a 465 metri s.l.m. in posizione dominante sulla vallata sottostante, attraversata dal fiume Tirino, affluente dell'Aterno-Pescara e a sua volta alimentato da tre sorgenti, tra cui il lago di Capodacqua. Il suo territorio è circoscritto a nord-est dalle propaggini sud-orientali del Gran Sasso d'Italia e a sud-est da quelle settentrionali della Maiella; al suo interno è situato il valico di Forca di Penne, antico collegamento l'area dei vestini adriatici. Clima Capestrano è caratterizzato da un clima temperato mediterraneo con inverni freddi ed estati secche; le precipitazioni, nella stagione invernale, possono essere di carattere nevoso.. La temperatura media annuale è di circa , decisamente più mite di quella degli altri centri della provincia dell'Aquila e con valori che raramente scendono sotto lo zero. Origini del nome Il toponimo ha etimo incerto, tuttavia apparentemente ha forma di un prediale (ma il nome è sconosciuto). È però più probabile che sia connesso al latino capestrum ‘corda, capestro’. Secondo lo storico aquilano Anton Ludovico Antinori, il toponimo di Capestrano deriverebbe da Caput Presanum (‘città a capo di Presciano’) o da caput Tritanum (‘dal sito alla sorgente del Tritano’). Altre fonti ritengono, invece, che esso derivi da Caput trium amnium (‘città a capo delle tre fonti’), in riferimento alle sorgenti che alimentano il Tirino. Storia Età antica Le prime testimonianze nel territorio si fanno risalire ai Vestini che si stanziarono nella valle del Tirino sin dal IX secolo a.C. In questo periodo, sul colle Sant'Antonio a valle dell'attuale abitato, nacque l'antica città di Aufinum che prosperò grazie alla sua strategica posizione lungo il tracciato della via Claudia Nova e in corrispondenza dell'accesso ai territorio dei Peltuinui e dei Peligni. Di Aufinum – menzionata da Plinio il Vecchio come centro principale dei vestini cismontani – rimane oggi la vasta area archeologica con la necropoli in cui, nel 1934, fu rinvenuta il celebre Guerriero di Capestrano, simbolo dell'Abruzzo e oggi conservato al Museo archeologico nazionale d'Abruzzo a Chieti. Secondo gli storici, la statua raffigurerebbe il misterioso re vestino Nevio Pompuledio, vissuto nel VI secolo a.C. La città fu conquistata dai romani intorno al III secolo a.C. e continuò a svilupparsi per tutta l'età imperiale, andando poi in disgrazia nei secoli successivi alla caduta dell'Impero romano d'Occidente, con la popolazione che si disperse sulle alture circostanti la vallata. Medioevo A partire dal VI secolo, il territorio di Capestrano cadde nelle mani dei longobardi che lo ricompresero nel Ducato di Spoleto. Nell'VIII secolo re Desiderio vi fece costruire l'abbazia di San Pietro ad Oratorium, direttamente dipendente dai benedettini di San Vincenzo al Volturno, poi ricostruita in stile romanico intorno all'anno 1100. Alle dipendenze dell'abbazia erano i tre centri di Capodacqua, San Pelagia e Presciano che ben presto decisero di arroccarsi sul colle sopra quest'ultimo, dando origine all'attuale abitato di Capestrano. Durante l'età normanna la città beneficiò della stabilità politica, sviluppandosi grazie all'indotto economico legato alla transumanza e al commercio dello zafferano. Già feudo di Matteo di Raiano nel primo periodo angioino, passò insieme all'intera valle del Tirino agli Acquaviva nel 1283, quando Riccardo d'Acquaviva – fratello di Berardo e nuovo signore di Capestrano, Ofena e Castel del Monte – subentrò a Berardo di Raiano. Nel 1318 il feudo tornò nelle mani dei Conti dei Marsi, che lo controllavano già nel X secolo, e nel 1382 il suo territorio fu unito a quello della vicina baronia di Carapelle. Alla metà del XV secolo, intorno alla preesistente torre trecentesca di guardia sulla valle del Tirino, Lionello Accrocciamuro fece costruire un grande castello. Con il passaggio di Capestrano nelle mani di Antonio Piccolomini d'Aragona, nipote di papa Pio II e nuovo conte di Celano, il forte fu rinnovato e prese il nome di castello Piccolomini, costituendo una strategica roccaforte durante la congiura dei baroni e difendendo la città dal tentativo di riconquista degli Accrocciamuro. Età moderna Sotto la dominazione dei Piccolomini, Capestrano ebbe un primo momento di grande splendore e, nel XVI secolo arrivò a generare oltre un quinto della rendita di tutta la contea. La sua vivace economia, dominata dal già citato zafferano e dalla produzione della pregiata lana carfagna, attirò in Abruzzo imprenditori provenienti da tutta Europa. Nel 1579, Costanza Piccolomini, indebitatasi per la costruzione della basilica di Sant'Andrea della Valle a Roma, decise quindi di cedere l'intero marchesato di Capestrano al granduca di Toscana Francesco I, della famiglia Medici, per un importo complessivo di scudi. Nel 1584, su richiesta dei Medici, Filippo II di Spagna lo elevò al rango di Principato. Successivamente, il feudo di Capestrano, unito alla baronia di Carapelle, fu annesso ai territori di Bussi (1599), Amatrice, Accumoli e Cittareale (1639-1643) costituendo gli Stati medicei d'Abruzzo. Capestrano visse una seconda età d'oro, godendo di un discreto potere – sia politico che religioso, con San Pietro che beneficiava di una particolare autonomia rispetto alla diocesi di Sulmona-Valva – ed accrescendo grazie all'immigrazione di nuove famiglie dalla Toscana. I Medici regnarono su Capestrano sino alla morte della principessa Anna Maria Luisa de' Medici. Per evitare che il feudo cadesse nelle mani degli Asburgo, essendosi estinto il casato fiorentino per la mancanza di eredi maschi, i Borbone decisero di trasformare il principato in uno stato allodiale posto sotto il dominio diretto del Regno di Napoli. Nel 1806, con l'eversione della feudalità, lo stato fu smantellato per essere ricompreso come circondario nel distretto di Aquila. Età contemporanea Con l'unità d'Italia, il comune fu ricompreso nella provincia dell'Aquila che, nel 1927, perse i vicini comuni di Bussi sul Tirino e Popoli – passati alla costituenda provincia di Pescara – rompendo l'unità della valle del Tirino. A partire dagli anni Trenta, inoltre, cominciarono gli scavi archeologici che portarono alla luce la necropoli e numerosi importanti reperti d'età romana. Nel dopoguerra, con l'abbandono della pastorizia e della transumanza, si verificò un progressivo e costante spopolamento di tutta la vallata che ha portato, in breve tempo, al dimezzamento dei residenti. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Abbazia di San Pietro ad Oratorium Abbazia di antichissima origine, è situata appena fuori dall'abitato, al centro della valle del Tirino. Deve la sua realizzazione a re Desiderio che la fece edificare nel VII secolo sul luogo di una preesistente chiesa e fu rinnovata in stile romanico nel 1117, come testimoniato da un'iscrizione sull'architrave del portale principale. Dipendeva direttamente dall'abbazia di San Vincenzo al Volturno e godette, fino al XIX secolo, di particolare autonomia all'interno della diocesi di Valva. La facciata reca il misterioso bassorilievo noto come «quadrato del Sator» (). All'interno, è il ciborio appartenente alla scuola di Guardiagrele e l'affresco duecentesco con il Cristo Redentore tra gli Evangelisti. Chiesa di Santa Maria della Pace È la chiesa parrocchiale del paese e fu realizzata nel XVII secolo sul luogo della preesistente chiesa di Santa Maria della Macchia. La sua edificazione cominciò nel 1643 per volontà dalla famiglia Capponi ma si protrassero a lungo, tanto che l'edificio fu consacrato solamente nel 1768, mentre il campanile fu terminato nel 1857. La chiesa è un compendio del barocco abruzzese, con richiami rinascimentali. L'edificio è a pianta rettangolare con facciata monumentale a pannello, con tre portali e tre finestre. La cupola è a tiburio ottagonale. L'interno barocco ha tre navate con decorazioni di Carlo Antonio Santini, come il fonte battesimale del 1839. Convento di San Francesco Anche noto come Convento di San Giovanni, in omaggio al suo fondatore, fu realizzato nel 1447 per volere di San Giovanni da Capestrano su un terreno dalla contessa Jacovella da Celano. Il convento fu ampliato e rinnovato più volte dopo la morte del santo: nel 1654 fu dotato di un lanificio, nel 1709 fu realizzato il chiostro e nel 1742 fu completata l'attuale biblioteca. L'edificio attuale è in stile barocco, con facciata monumentale neoclassica dotata di portico ad arcate. All'interno vi sono affreschi rinascimentali sulla vita di San Francesco d'Assisi e il museo su Giovanni da Capestrano. Chiesa della Madonna del Rosario Risalente al XVII secolo, presenta la facciata esterno in pietra grezza, con campanile a torretta, e un interno affrescato e raccolto. Chiesa di San Biagio Chiesa minore situata presso Capodacqua. Chiesa di Santa Maria di Loreto Chiesa minore situata presso la sorgente di Presciano Architetture civili Casa natale di San Giovanni da Capestrano Si trova nel rione del Rosario, a nord del castello. È un edificio semplice in architettura rinascimentale, adattato in parte a museo ed in parte a cappella dedicata al santo. Parco delle Rimembranze dei Caduti Sentiero selciato attorno al colle di San Giovanni, contornato da cipressi e croci di ferro per commemorare i capestranesi caduti nelle due guerre mondiali del Novecento. È stato restaurato nel 2016 dall'amministrazione comunale in collaborazione con il gruppo alpini e imprese locali. Architetture militari Castello Piccolomini Conosciuto anche come castello mediceo, è il monumento principale di Capestrano. Una prima fortezza – di cui rimane la torre normanna al centro del castello – risale al XIII secolo; l'edificio fu poi riedificato da Lionello Accrocciamuro nel 1447 e nuovamente rinnovato da Antonio Piccolomini Todeschini nel 1485. Nel XVI secolo, con il passaggio alla famiglia dei Medici e l'istituzione del Principato, il castello divenne la sede del governatore. La fortezza, a pianta irregolare, è situata al centro del paese con il lato maggiore rivolto verso la piazza, mentre sul retro l'accesso avveniva attraverso un ponte levatoio oggi scomparso. La cinta muraria è caratterizzata da torri angolari circolari con merlature cinquecentesche. Torre di Forca di Penne Torre isolata posta in corrispondenza dell'omonimo valico, al confine tra la provincia dell'Aquila e quella di Pescara. La sua edificazione si fa risalire al XII secolo, quando è possibile che esistesse nelle vicinanze anche un piccolo villaggio con monastero, controllati dalla Baronia di Carapelle. La torre si presenta a pianta quadrata con lati stretti e tozzi. Siti archeologici Area archeologica di Capestrano A valle di Capestrano, nei pressi delle sorgenti del Tirino e lungo il tracciato della via Claudia Nova, è l'area archeologica che corrisponde al sito dell'antica città vestina di Aufinum. Si tratta di uno dei siti archeologici più importanti d'Abruzzo e vanta reperti databili dal VI secolo a.C. fino al III secolo, tra cui il celebre Guerriero di Capestrano (attualmente al museo archeologico nazionale d'Abruzzo a Chieti). Le indagini di scavo, condotte a partire dal 1934, hanno portato alla luce una vasta necropoli e i resti di una cavea e di una cinta muraria, oltre a numeroso materiale epigrafico e numismatico. Siti naturalistici Fiume Tirino Il Tirino è il breve fiume (circa in superficie) che attraversa la valle di Capestrano, detta appunto valle del Tirino o valle Tritana. Si tratta di uno dei principali siti naturalistici dell'Abruzzo aquilano per la pulizia e limpidezza delle acque che, nel territorio di Capestrano, sono in larga parte navigabili. Lago di Capodacqua Alle pendici del monte Scarafano, nei pressi dell'omonima frazione, è il piccolo lago artificiale di Capodacqua. Fu realizzato nel 1965 per scopi agricoli mediante lo sbarramento dell'acqua che fuoriesce dalla sorgente di Capodacqua e che alimenta il Tirino. L'acqua, proveniente direttamente dall'altopiano di Campo Imperatore attraverso un corso sotterraneo, si mantiene limpida e con una temperatura di 10 °C costante tutto l'anno; l'assenza di vegetazione e la presenza di numerosi resti sul fondo, conferiscono al lago l'appellativo di «Atlantide d'Abruzzo». Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2019 i cittadini stranieri residenti a Capestrano erano 111. La nazionalità più rappresentata era quella rumena con 42 cittadini residenti. Lingue e dialetti Il dialetto parlato a Capestrano si inserisce nel gruppo occidentale dei dialetti d'Abruzzo, a loro volta facenti parte dei dialetti italiani meridionali. Manifesta quindi diversità rispetto ai dialetti dei centri vicini, come ad esempio l'aquilano, parlato già nel vicino comune di Navelli, e l'abruzzese adriatico, tipico dell'area vestina. Tratto qualificante del capestranese è l'isocronismo sillabico, ossia l'apertura in sillaba complicata (sillaba terminante in consonante) di è, ò delle vocali chiuse é, ó, e la contemporanea chiusura in sillaba libera (sillaba terminante in vocale) di é, ó delle vocali aperte è, ò. Geografia antropica Capestrano si divide nel centro storico e nel rione moderno orientale. Il centro storico parte da piazza Mercato con la fontana monumentale e la chiesa madre, dove si affaccia anche il castello mediceo. Il borgo è attraversato da via Oberdan, via Rosario, via Porta Lago, via fuori le Mura. La parte moderna è attraversata da via Toro e via Dante. Frazioni Forca di Penne Ex feudo, fu proprietà della famiglia Bonanni Il barone Cesidio Bonanni d'Ocre richiese nel 1856 che cambiasse nome in "Rocca Teresa", in onore della regina Maria Teresa, moglie di Ferdinando II delle Due Sicilie; la richiesta fu accettata. La frazione è posta al confine con la provincia di Pescara di Brittoli, vi si trova ancora l'antica torre di controllo sul tratturo a pianta quadrangolare, e con più finestre di controllo. La torre è stata in parte danneggiata dal terremoto del 2009. Capodacqua Esistente sin dal Medioevo, la parte più antica è stata sommersa da un lago artificiale, che ha ricoperto i mulini medievali, visitabili su prenotazione e immersione subacquea. La frazione nuova Novecentesca è posta più a nord, attorno alla chiesa di San Biagio. Economia La valle del Tirino è denominata anche «Forno d'Abruzzo» per il suo clima particolarmente mite, tendente al caldo nella stagione estiva, e le poche precipitazioni; queste caratteristiche hanno favorito, nel corso dei secoli, la coltivazione dell'uva e la produzione del vino. I vigneti utilizzati sono quasi interamente quelli autoctoni di Montepulciano d'Abruzzo DOC (i vigneti di Capestrano ricadono nella sottozona «Alto Tirino»), Pecorino e Trebbiano. La forte tradizione enologica del territorio è anche testimoniata dalla rassegna di vino artigianale Naturale che si tiene annualmente in primavera. Particolarmente intensa è anche la produzione olearia – certificata dal riconoscimento dell'olio extra vergine di oliva delle Valli Aquilane nei prodotti agroalimentari tradizionali abruzzesi (P.A.T.) –, nonché quella di mandorle, ortaggi, cereali e legumi. Altri prodotti tipici della zona sono il grano Solina e lo zafferano, che nel vicino centro di Navelli assume la qualifica di prodotto a denominazione di origine protetta (zafferano dell'Aquila). La produzione agricola ha dato origine a piccole industrie di trasformazione (sgusciatura meccanica delle mandorle, pastifici, molini). Capestrano è inoltre meta di turismo di tipo principalmente naturalistico, legata alle bellezze paesaggistiche della valle che rientra parzialmente nel parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga; nel territorio sono presenti percorsi cicloturistici ed equituristici (Ippovia del Gran Sasso) ed è possibile andare in canoa o kayak sul Tirino o fare attività subacquee nel lago di Capodacqua. Infrastrutture e trasporti Strade Il territorio comunale di Capestrano è servito dalla SS 153 della Valle del Tirino, che attraversa la vallata da Navelli fino a Bussi sul Tirino, e dalla SR 602 di Forca di Penne, diramazione che dalla SS 153 passa per Ofena e la provincia di Pescara. Sempre grazie alla SS 153 è messa in comunicazione con la SS 17 dell'Appennino Abruzzese, che la collega all'Aquila e Sulmona, con la SS 5 Via Tiburtina Valeria, che la collega con la Val Pescara e la Valle Peligna, nonché con il casello Bussi-Popoli sull'autostrada A25. Il centro abitato vero e proprio è attraversato dalla SP 72 di Capestrano e dalla SP 94 del Tirino. Ferrovie Nel territorio comunale non sono presenti servizi ferroviari; la stazione di Bussi, posta sulla ferrovia Roma-Sulmona-Pescara, dista circa dal paese. Amministrazione Elenco dei sindaci di Capestrano dal 1812. Gemellaggi
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Cappelle sul Tavo
Cappelle sul Tavo (li Cappéllë in abruzzese) è un comune italiano di abitanti della provincia di Pescara in Abruzzo. Fa parte dell’area metropolitana di Pescara. Geografia fisica Il territorio comunale è delimitato a nord da Città Sant'Angelo e Montesilvano, a sud-est da Spoltore, a sud-ovest da Moscufo e ad ovest da Collecorvino. Il centro storico è posto su una collina a 122 metri sul livello del mare, mentre nei territori pianeggianti della valle del fiume Tavo si sono sviluppate le frazioni di Staffieri e Terra Rossa, quest'ultima in continuità urbana con Montesilvano. Al confine con Collecorvino e Città Sant'Angelo confluiscono i fiumi Tavo e Fino, e il corso d'acqua da quel punto prende il nome di Saline. Storia Il toponimo deriva dal tardo latino cappella nel senso di aedicula o locus tectus, in foro. Il paese sorse nel XVII secolo come agglomerato di case contadine, ed era una frazione dipendente dall'università di Moscufo: si trattava di una serie di insediamenti creatisi a seguito dell'arrivo di popoli di origine balcanica chiamati Schiavoni, che si stabilirono anche in altre località della campagna abruzzese. Dal 1811 fu contrada di Montesilvano, e dal 1904 ottenne l'autonomia comunale con il nome di Cappelle, mutuato in Cappelle sul Tavo nel 1912. Nel secondo dopoguerra il paese conosce un primo importante sviluppo, affermandosi come centro agricolo e commerciale di raccordo tra l'area metropolitana di Pescara e l'Area Vestina. Simboli Lo stemma e il gonfalone del comune di Cappelle sul Tavo sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 27 luglio 1972. Il gonfalone è un drappo partito di bianco e di rosso. Monumenti e luoghi d'interesse Chiesa della Beata Vergine Lauretana Risale al XVI secolo, tuttavia i numerosi restauri subiti nel corso dei secoli ne hanno alterato l'aspetto originario. La facciata, originariamente di stile barocco come negli interni, in seguito ai danneggiamenti del secondo conflitto mondiale fu ripristinata tra gli anni 1940 e 1950 priva di ogni elemento decorativo, seguendo i canoni dello stile romanico abruzzese. I mattoni a vista sul lato destro, sul posteriore e nel campanile, testimoniano l'antichità dell'edificio. All'interno la chiesa si presenta a navata unica. Palazzo De Landerset Risalente al XVIII secolo, fu dimora dei baroni locali. Decorato secondo gli stili barocchi del tempo, presenta mensole scolpite e rilievi a dentelli e altri elementi decorativi su mensole e balconi. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Al 31 dicembre 2020 nel comune risiedevano, su un totale di abitanti, 218 stranieri che rappresentavano quindi il 5,5% della popolazione. Le comunità più numerose provenivano dalla Romania e dall'Albania, con rispettivamente 50 e 24 residenti. Tradizioni e folclore Palio delle pupe Organizzato dal 1976 nei giorni di ferragosto, il Palio delle pupe è una competizione tra le diverse contrade della cittadina sul modello del ballo della pupa, dove vengono premiate le pupe di cartapesta preparate dai partecipanti. Cultura Sono presenti una biblioteca comunale presso il municipio e, riunite in un unico plesso scolastico, una scuola primaria e una scuola secondaria di primo grado. Economia Oltre alle tradizionali produzioni agricole di frutta e ortaggi come l'aglio e la cipolla, dalla seconda metà del XX secolo il paese ha conosciuto uno sviluppo industriale nei settori dell'alimentare, dell'abbigliamento, del mobile, delle materie plastiche e dei materiali per l'edilizia. Infrastrutture e trasporti Il comune è attraversato dalla strada statale 16 bis Adriatica e dalla strada statale 151 della Valle del Tavo; alla congiunzione di queste strade, al centro del paese, si dirama la strada regionale 16 bis Adriatica. Sia la SS 16 bis che la SR 16 bis facevano parte nella loro interezza del Circuito di Pescara, il cui percorso transitava all'interno del centro storico e su cui si tenne dal 1924 al 1961 la Coppa Acerbo. Dal 1929 al 1963 il comune è stato servito dalla ferrovia Pescara-Penne, che con le due stazioni di Cappelle e Cappelle-Campotino, in seguito riconvertite in abitazioni private, collegava il paese al capoluogo adriatico e all'Area Vestina. Sul suo tracciato, ancora leggibile, è prevista la creazione di una pista ciclabile dell'Area Vestina.
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Giacomo Acerbo
Biografia Origini, famiglia e formazione Il padre Olinto apparteneva a una famiglia della vecchia borghesia locale; la madre Mariannina era figlia del barone de Pasquale di Caprara d'Abruzzo (PE). Giacomo Acerbo si laureò in Scienze Agrarie a Pisa nel 1912. Allo scoppio della prima guerra mondiale , insieme con il fratello Tito, di un folto gruppo di interventisti e volontari. Tito Acerbo, a cui Giacomo era molto legato, caduto in combattimento, fu insignito di due medaglie d'argento e una d'oro al valor militare. Giacomo, invece, fu decorato con tre medaglie d'argento al valor militare e congedato con il grado di capitano. Nel 1924, Giacomo istituì la Coppa Acerbo in memoria del fratello Tito. Sempre nel 1924, fu insignito del titolo di barone dell'Aterno. Il 18 novembre 1928, a Milano, Giacomo Acerbo sposò Giuseppina Marenghi, appartenente a una delle famiglie milanesi più facoltose dell'epoca e specializzata nell'imprenditoria tessile; testimoni delle nozze furono Francesco Paolo Michetti e Gabriele D'Annunzio. Massone, Giacomo Acerbo era membro della Gran Loggia d'Italia, nella quale fu regolarizzato con il grado di Maestro il 13 dicembre 1921, nella Loggia "24 Maggio 1915" , e il 6 novembre 1922 raggiunse il 32º e il 33º grado del Rito scozzese antico ed accettato. L'adesione al fascismo e l'attività politica e accademica Terminato il conflitto, Giacomo Acerbo si avviò alla carriera universitaria come assistente di discipline economiche. Contemporaneamente, promosse l'Associazione dei combattenti di Teramo e Chieti, che dopo le elezioni del 1919 si staccò dall'Associazione nazionale, e costituì il Fascio di combattimento provinciale. Eletto deputato nel 1921 con i "Blocchi Nazionali", si pose come guida dei conservatori locali e . Con Giovanni Giuriati, Giuseppe Ellero e Tito Zaniboni contribuì al patto di pacificazione con i socialisti, e a novembre fu eletto nel comitato centrale del PNF. Durante la marcia su Roma tenne i contatti con il Quirinale presidiando Montecitorio, su richiesta del presidente della Camera dei deputati Enrico De Nicola, nel timore di azioni squadristiche. Accompagnò poi Mussolini a ricevere dal re l'incarico ministeriale e lo assistette nella formazione del governo, assumendo l'incarico di sottosegretario alla presidenza. Legò il suo nome alla riforma elettorale maggioritaria - la «legge Acerbo» - votata nel novembre 1923. Nuovamente deputato nel 1924, fu coinvolto marginalmente nelle inchieste sul delitto Matteotti e lasciò il sottosegretariato alla presidenza del consiglio. Nel gennaio 1926 fu eletto vicepresidente della Camera dei deputati, carica che detenne sino al 1929. Ministro dell'agricoltura e delle foreste dal 1929 al 1935, si dedicò, tra gli altri, ai progetti di bonifica integrale e di raggiungimento dell'autosufficienza cerealicola. Contribuì con Gabriele D'Annunzio all'istituzione della provincia di Pescara nel gennaio 1927, e ricoprì la carica di Presidente Generale della Croce Rossa Italiana dal 10 febbraio 1927 al 25 aprile 1927. In ambito accademico, nel 1926 conseguì, primo in Italia, la libera docenza in Storia dell'agricoltura presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Roma. Nel 1928 vinse il concorso per la cattedra di Economia e legislazione agraria nel Regio Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali di Roma, del quale fu Rettore dal 1928 al 1934. Successivamente, divenuto l'Istituto Facoltà di Economia e Commercio, ne fu Preside fino al 28 febbraio 1943. Nel 1929 fu nominato accademico ordinario della Accademia dei Georgofili. Dal 1935 al 1943 fu presidente dell'Istituto internazionale di agricoltura. Nello stesso periodo ricoprì la carica di presidente della Reale Accademia Filarmonica Romana. Membro del Gran Consiglio del Fascismo, nel 1938 fu relatore sul disegno di legge per la trasformazione della Camera dei deputati in Camera dei fasci e delle corporazioni. Nella seduta del Gran Consiglio del 6 ottobre 1938 che trattò delle leggi razziali, prese posizione moderata (come Balbo, De Bono, Federzoni e Ciano), ma non è noto in che termini. Nel 1940 venne pubblicato il suo libro su I fondamenti della dottrina fascista della razza, ove la questione antisemita è quasi elusa e viene osteggiato il razzismo di tipo biologico, ripiegando su un nazionalismo spiritualistico. Anche in scritti posteriori Acerbo ribadì l'infondatezza delle tesi razziste in Italia. Come altri esponenti del regime, e in primis la stessa Corona, Acerbo era per nulla convinto dell'alleanza con il Terzo Reich; in particolare mise in dubbio una delle basi fondamentali del credo nazionalsocialista, scrivendo sulla mancanza di fondamento scientifico del mito della "razza ariana" (che taluni falsi scienziati contrapponevano a una parimenti inesistente "razza ebraica"). Il suo tentativo di moderare la ormai decisa posizione sulla cosiddetta "difesa della razza" lo pose in condizione di essere facile bersaglio di razzisti e antisemiti come Giovanni Preziosi o Telesio Interlandi. Quest'ultimo il 24 settembre 1938 pubblicò su Il Tevere, da lui diretto, una lettera anonima dove Acerbo era definito «il più autentico dei marrani». Durante la seconda guerra mondiale si arruolò volontario e fu assegnato allo Stato maggiore sui fronti alpino e balcanico con il grado di colonnello. Nel 1939 fu eletto presidente della Commissione generale del Bilancio della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, restando in carica fino al 6 febbraio 1943, quando fu nominato ministro delle finanze al posto di Paolo Thaon di Revel. La caduta del fascismo e la detenzione Il 25 luglio votò l'ordine del giorno Grandi, che sostanzialmente esautorava Benito Mussolini, restituendo il comando delle forze armate al re, definendosi servo umile e assoluto di Vittorio Emanuele III. Tornato presso la propria casa di Loreto Aprutino, dopo l'8 settembre sfuggì all'arresto da parte della Polizia italiana, che per cinque membri del Gran Consiglio si trasformò nella condanna a morte emessa nel Processo di Verona dalla RSI. Per mesi si rifugiò presso i suoi contadini, dando asilo nelle proprie campagne agli aviatori alleati abbattuti in quelle zone, fino a quando fu catturato dagli Alleati e condannato dall'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo a 48 anni di reclusione, successivamente ridotti a 30. In quel periodo, amministratore dei suoi beni fu l'avvocato Pasquale Galliano Magno (già presidente del CLN, legale della famiglia Matteotti nel processo di Chieti e capolista del PCI nelle elezioni amministrative di Pescara). La cattura di Acerbo da parte di un funzionario di Pubblica sicurezza, di due agenti di P.S. e di otto partigiani, presso la sua fattoria Gallo, nella provincia di Pescara, è stata ricostruita da Vito de Luca, da un fondo della Prefettura di Pescara, conservato nell'Archivio di Stato di Pescara, in un articolo pubblicato sulla Rivista Studi Medievali e Moderni. Trasferito presso il carcere dell'isola di Procida, nel breve periodo in cui vi rimase insegnò matematica agli ergastolani presenti. Annullata la sentenza dalla Cassazione il 25 luglio 1947, fu poi riabilitato e nel 1951, in seguito a sentenza del Consiglio di Stato, fu riammesso all'insegnamento universitario. Il ritorno all'attività politica e la morte Nel 1953 e nel 1958 si candidò alle elezioni con i monarchici, ma senza successo. Nel 1962 fu decorato dal Presidente della Repubblica Antonio Segni della "medaglia d'oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte". Nel 1963, in occasione del suo collocamento a riposo per limiti d'età, fu insignito all'unanimità del titolo di Professore Emerito di Economia e politica agraria dal Senato Accademico dell'Università La Sapienza di Roma. Subito dopo, tuttavia, venne richiamato in servizio in qualità di docente di Ordinamento e tecnica dei crediti speciali nel corso di specializzazione in Discipline bancarie. Appassionato e collezionista di antiche ceramiche di Castelli, nel 1957 aprì ai visitatori di tutto il mondo le porte della Galleria delle antiche ceramiche abruzzesi. Morì a Roma il 9 gennaio 1969. Opere Acerbo è stato autore di numerose pubblicazioni, legate soprattutto alla sua attività di studioso e di docente di materie agrarie, e di altre più strettamente connesse alla attività politica. L'elenco che segue racchiude le pubblicazioni più significative. Per la trasformazione del latifondo e la colonizzazione interna, Roma, 1922. I primi tre mesi della rivoluzione fascista, Giorgio Berlutti Editore, Roma, 1923. Il fascismo nel primo anno di governo: discorso pronunciato nel teatro comunale di Bologna il 29 ottobre 1923 per il primo anniversario della marcia su Roma, Giorgio Berlutti Editore, Roma, 1923. Tre discorsi politici, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1923. Studii corporativi con saggio bibliografico generale sulle associazioni professionali e sui problemi sindacali, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1927. Studii riassuntivi di agricoltura antica, Sindacato nazionale fascista tecnici agricoli, Roma, 1927. Problemi ed interessi dell'agricoltura italiana, Tip. della Camera dei Deputati, Roma, 1927. Le basi economiche della colonizzazione romana nell'Africa settentrionale, Roma, 1928. Storia ed ordinamento del credito agrario nei diversi paesi, Federazione italiana dei consorzi agrari, Piacenza, 1929. Il frumento: superficie - produzione - commercio - prezzi - consumo, nel ventennio 1909-1928, Sindacato nazionale fascista tecnici agricoli, Roma, 1929. Le riforme agrarie del dopoguerra in Europa, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1931. Mussolini e la battaglia del grano, coautore, Sindacato nazionale fascista tecnici agricoli, Roma, 1931. L'azione del governo per la difesa dell'agricoltura italiana, Tipografia della Camera dei Deputati, 1932. La cooperazione agraria in Italia: con notizie sommarie per gli altri paesi, Federazione italiana dei consorzi agrari, Piacenza, 1932. Studio storico-economico sulla floricoltura mondiale: con notizie particolari per l'Italia, Sindacato nazionale fascista tecnici agricoli, Roma, 1932. L'agricoltura e l'economia nazionale, Tipografia della Camera dei Deputati, 1933. Problemi rurali nell'anno XI, Tipografia del Senato, 1933. I progressi dell'agricoltura italiana in regime fascista, Sindacato Italiano Arti Grafiche, Roma, 1934. La economia dei cereali nell'Italia e nel mondo: Evoluzione storica e consistenza attuale della produzione del consumo e del commercio, politica agraria e commerciale, U. Hoepli Editore, Milano, 1934. Dal Regno all'Impero: 17 marzo 1861 - 9 maggio 1936; pubblicazione commemorativa della proclamazione dell'Impero, coautore, Tip. della R. Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 1937. La marcia storica dell'olivo nel bacino del Mediterraneo, Roma, 1937. L'Istituto internazionale di agricoltura, Istituto di studi romani, 1938. L'agricoltura italica al tempo d'Augusto, Istituto di studi romani, 1938. La politica finanziaria dell'Italia fascista, Firenze, 1938. La Camera dei fasci e delle corporazioni: con scritti, L'Economia italiana, 1939. I fondamenti della dottrina fascista della razza, Azienda Tipografica Editrice Nazionale Anonima, Roma, 1940 Dalla vecchia alla nuova economia europea, Bologna, 1942. I cereali: studio storico-economico, Ramo Editoriale degli Agricoltori, Roma, 1954. Compendio delle lezioni di economia e politica agraria, coautore, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1959. Il finanziamento dell'agricoltura nell'Italia meridionale e insulare, Palermo, 1960. Distribuzione e consumo dei prodotti agricoli, Roma, 1961. L'agricoltura italiana dal 1861 ad oggi, Giuffrè, Milano, 1961. Fra due plotoni di esecuzione: Avvenimenti e problemi dell'epoca fascista, autobiografia, Cappelli Editore, Bologna, 1968. Onorificenze Onorificenze italiane Onorificenze straniere
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Serie B 2004-2005
La Serie B 2004-2005 è stata la 73ª edizione del secondo livello del campionato italiano di calcio a girone unico, disputata tra il 10 settembre 2004 e l'11 giugno 2005 e conclusa con la vittoria dell', al suo primo titolo. Capocannoniere del torneo è stato Gionatha Spinesi () con 30 reti. Stagione Il calendario fu sorteggiato il 12 agosto 2004, mentre il torneo partì il 10 settembre con un anticipo, per poi concludersi l'11 giugno 2005 (26 giugno se si considera il ritorno della finale play-off). Per la settima stagione consecutiva, TIM è lo sponsor ufficiale del campionato, che prese dunque il nome di Serie B TIM 2004-2005. Furono previsti cinque turni infrasettimanali: 21 settembre, 6 ottobre, 26 ottobre, 6 gennaio e 3 febbraio, poi diventati sei con l'aggiunta del 20 aprile (necessario, dopo lo slittamento di una settimana dei due turni precedenti in seguito alla morte di Papa Giovanni Paolo II) e tre soste: 26 dicembre e 2 gennaio per la pausa natalizia e 20 marzo per sosta tecnica. A sostituire , Cagliari, , Messina, Atalanta e Fiorentina, salite in Serie A la precedente stagione, scesero dalla massima serie solamente il Perugia (dopo sei stagioni di A), il e l'Empoli (entrambi dopo due), mentre a rimpiazzare le retrocesse e , salirono dalla C1 l' (al ritorno in B dopo 16 anni), il (dopo 14 anni), il (dopo 4 anni) e il Crotone (dopo 2 anni). In seguito ai fallimenti avvenuti in estate dell' (retrocesso dalla Serie A e poi iscritto in serie C2) e del Napoli (iscritto poi alla serie C1), vennero riammessi il e il Pescara. Orari di gioco Dalla 1ª all'11ª giornata e nuovamente dalla 31ª alla 42ª, i normali turni di campionato si giocavano al sabato sera alle 20:30, con le sole eccezioni della 7ª giornata che si giocò di domenica alle 15:00, della 31ª che si giocò di sabato alle 15:00 (entrambe per via del turno di riposo della Serie A) e della 41ª, spostata alla domenica sera per la concomitanza con la partita di qualificazione ai Mondiali 2006 della Nazionale. Dalla 12ª alla 30ª giornata, invece, si giocava alla domenica pomeriggio alle 15:00, in contemporanea con la Serie A. Solitamente si disputava un anticipo al venerdì e un posticipo al lunedì entrambi alle 20:30 (dalla 8ª giornata l'orario passò alle 20:45), con le eccezioni della 13ª giornata (dove venne giocato un anticipo aggiuntivo al sabato alle 20:30 mentre il posticipo si giocò alla domenica sera alle 20:30), della 27ª con un posticipo aggiuntivo alla domenica sera alle 20:45 e della 30ª con due posticipi aggiuntivi giocati al giovedì, uno alle 19:00 e uno alle 20:45 (le partite in questione erano AlbinoLeffe-Treviso e Verona-Triestina, posticipate in quanto il loro stadio era già occupato dalle partite di Serie A, Atalanta-Parma e Chievo-Juventus). Nei turni che ne precedevano uno infrasettimanale, si giocavano due anticipi al venerdì senza il posticipo, mentre nei turni che ne seguivano uno infrasettimanale giocato al mercoledì o al giovedì, si giocavano due posticipi al lunedì, con la sola eccezione della 7ª giornata dove uno dei due posticipi venne giocato alla domenica sera. I turni infrasettimanali si giocavano al martedì (3ª e 10ª giornata), al mercoledì (6ª e 34ª) e al giovedì (19ª e 24ª) alle 20:30, con la sola eccezione della 19ª giornata, giocata alle 15:00. Nella 3ª giornata venne giocato un posticipo al mercoledì alle 20:30. Per gli ultimi quattro turni (dalla 39ª alla 42ª) venne osservata la contemporaneità di tutte le gare. Questo fu l'ultimo campionato di Serie B fino a quello 2017-2018 in cui alcune giornate si giocarono alle 15:00 della domenica in contemporanea con quelle di Serie A. Novità Novità regolamentari Dopo il torneo a 24 squadre della precedente stagione, l'organico della Serie B venne ridotto e stabilizzato a 22 partecipanti, in seguito alla riforma dei campionati approvata l'anno precedente. L'ultimo campionato di Serie B con 22 squadre al via risaliva a 54 anni prima, e fu quello del 1949-1950. Furono apportate modifiche anche ai criteri di promozione: tre sole promozioni in A (invece delle 5/6 dell'anno prima) con l'introduzione regolamentare dei play-off in sostituzione dell'inedito spareggio interdivisionale usato nella precedente stagione. Le retrocessioni invece, rimasero immutate, quattro squadre sarebbero scese in C1, mantenendo la formula dei play-out già usata nello scorso campionato. Promozioni La promozione in massima serie era diretta per le prime due classificate, mentre la terza classificata sarebbe stata subito promossa se il distacco dalla quarta in graduatoria era uguale o maggiore di 10 punti. In caso contrario si sarebbero resi necessari i play-off, a cui avrebbero preso parte i quattro team piazzatisi dal 3º al 6º posto i quali si sarebbero affrontati in gare di semifinale e finale di andata e ritorno tramite il seguente schema: Semifinali: 3ª classificata - 6ª classificata 4ª classificata - 5ª classificata Le semifinali d'andata si giocavano in casa della squadra peggio piazzata in classifica. La squadra vincente del doppio confronto sarebbe stata quella che aveva ottenuto più punti, secondo il tradizionale sistema di punteggio (3 punti per la vittoria, 1 per il pareggio e 0 per la sconfitta). In caso di parità si sarebbero seguiti i seguenti criteri: Passava la squadra con la miglior differenza reti nel doppio confronto. In caso di ulteriore parità era premiata la squadra meglio classificata nella stagione regolare. Finale: Vincente semifinale 1 - Vincente semifinale 2 La finale d'andata si giocava in casa della squadra peggio piazzata in classifica. La squadra vincente del doppio confronto sarebbe stata quella che aveva ottenuto più punti, secondo il tradizionale sistema di punteggio (3 punti per la vittoria, 1 per il pareggio e 0 per la sconfitta). In caso di parità si sarebbero seguiti i seguenti criteri: Veniva promossa la squadra con la miglior differenza reti nel doppio confronto. In caso di parità erano previsti i tempi supplementari. In caso di ulteriore parità, andava in Serie A la squadra meglio classificata nella stagione regolare. Retrocessioni Per quanto concerne le retrocessioni, sarebbero scese direttamente le ultime tre squadre in graduatoria cioè quelle giunte dal 20º al 22º posto. La 19ª classificata sarebbe stata subito retrocessa se il distacco dalla 18ª sarebbe stato uguale o superiore a 5 punti. In caso contrario si sarebbero resi necessari i play-out, a cui avrebbero preso parte proprio queste due squadre. La partita d'andata si sarebbe giocata in casa della squadra peggio piazzata in classifica. La squadra vincente del doppio confronto sarebbe stata quella che aveva ottenuto più punti, secondo il tradizionale sistema di punteggio (3 punti per la vittoria, 1 per il pareggio e 0 per la sconfitta). In caso di parità si sarebbero seguiti i seguenti criteri: Si salvava la squadra con la miglior differenza reti nel doppio confronto. In caso di ulteriore parità, rimaneva in Serie B la squadra meglio classificata nella stagione regolare. Novità disciplinari Dal punto di vista disciplinare, venne introdotta la regola dell'ammonizione tassativa a chi si toglieva la maglia per esultare dopo un gol. In precedenza il cartellino giallo poteva scattare se ciò comportava una perdita di tempo tale da svantaggiare la squadra avversaria. Un'altra novità fu l'introduzione del divieto di fumare all'interno dell'area tecnica durante la partita, norma approvata dalla UEFA nel dicembre 2003. Altre novità Per quanto riguarda gli sponsor delle squadre, venne approvata una nuova normativa, infatti, fu concesso alle società di apporre un secondo logo commerciale, accanto al jersey-sponsor principale (opportunità colta solo da Arezzo, Catanzaro, Modena, Treviso e Vicenza). Avvenimenti Antefatti Calciomercato (sessione estiva, dal 1/7 al 31/8) Tra le retrocesse dalla A, il Perugia, dopo la retrocessione sancita dallo spareggio e sotto la guida del nuovo presidente Alessandro Gaucci (figlio di Luciano), si affidò al nuovo allenatore Stefano Colantuono e puntò a rinforzare l'attacco comprando Antonio Floro Flores, Jaroslav Šedivec e Giuseppe Mascara, oltre a Davide Baiocco e Ferreira Pinto a centrocampo. Il puntò sulla nuova guida tecnica di Stefano Pioli e acquistò Maurizio Ganz, Ivan Tisci e Juri Tamburini e il portiere Giorgio Frezzolini oltre ai prestiti di Asamoah Gyan e Andrea Fabbrini. L'Empoli mise sotto contratto il nuovo mister Mario Somma e prese Sergio Almirón e Richiard Vanigli. Tra le altre squadre, la chiamò come allenatore Corrado Verdelli e comprò Giorgio Di Vicino, Emanuele Troise e Stefano Fattori, il Piacenza si affido a Giuseppe Iachini e si assicurò Salvatore Masiello, Simone Pepe e Jeda, il sotto la guida del nuovo presidente Antonino Pulvirenti affidò la panchina a Maurizio Costantini e acquistò Davor Vugrinec, Marco Ferrante, Johan Walem e il portiere Armando Pantanelli oltre al prestito di Salvatore Bruno. La Triestina prese Alessandro Tulli e Gianni Munari oltre al prestito di Daniele Galloppa, l' ingaggiò come allenatori Massimo Silva e Marco Giampaolo e comprò Cristian Bucchi, Marco Capparella e Michele Fini, il Torino rinforzò l'attacco con Filippo Maniero e Massimo Marazzina oltre agli acquisti di Paul Costantin Codrea e Maurizio Peccarisi. Il chiamò ad allenare Maurizio Viscidi e acquistò Davide Drascek, Carlo Cherubini e Dražen Bolić, Il Treviso ingaggiò come nuovo mister Giancarlo D'Astoli e puntò sui nuovi acquisti Stefano Dall'Acqua e Alessio Sestu e al prestito di Andrea Capone, il Genoa chiamò ad allenare Serse Cosmi dopo aver esonerato prima dell'inizio del campionato Luigi De Canio; tra gli acquisti più importanti figurarono Roberto Stellone, Nicola Zanini, Nikola Lazetić, Vittorio Tosto e Andrea Sottil oltre al prestito di Sabri Lamouchi. La Salernitana chiamò in panchina Aldo Ammazzalorso e comprò tra gli altri Massimo Borgobello e Claudio Ferrarese oltre al prestito di Raffaele Palladino, l'AlbinoLeffe mise sotto contratto Alessandro Diamanti, Joelson e Roberto Previtali, il Verona chiamò ad allenare Massimo Ficcadenti e ingaggiò Erjon Bogdani, Tiberio Guarente e arrivò in prestito Valon Behrami, il affidò la panchina a Julio César Ribas e acquistò Horacio Erpen e Gonzalo Vicente. Il , ripescato in agosto, ingaggiò come nuovo mister Guido Carboni e comprò Vincenzo Santoruvo, Davide Carrus e Massimiliano Scaglia oltre al portiere Jean François Gillet. Il Pescara, anch'esso ripescato in agosto, chiamò in panchina Giovanni Simonelli e la campagna acquisti incluse Luca Cavallo, Michele Zeoli e Pierluigi Brivio. Tra le neopromosse, l' si affidò a Pasquale Marino e si rinforzò con Gionatha Spinesi, Umberto Del Core, Roberto De Zerbi e Daniele Amerini, il prese in prestito Maurizio Ciaramitaro e Leandro Rinaudo e acquistò Emiliano Salvetti, il Crotone comprò Tomas Guzman, Vito Grieco oltre al prestito di Abdoulay Konko e infine il si assicurò Benito Carbone, Julio César León, Sergio Campolo, Alessandro Dal Canto, Mauro Bonomi ed Emanuele Manitta. Fallimenti di Ancona e Napoli, ripescaggi di Bari e Pescara Il 25 luglio 2004 la Coavisoc non ammise alla Serie B l'Ancona (retrocesso dalla A) e il Napoli in quanto non avevano i conti in regola per una corretta iscrizione al campionato. La commissione, infatti, respinse i ricorsi presentati in precedenza dai due club come aveva già fatto in precedenza la Covisoc. Per quanto riguarda la società partenopea, in seguito, sia il TAR che la VII sezione fallimentare di Napoli diedero parere negativo per l'ammissione al campionato, mentre per l'Ancona a fronte di una situazione già grave, si dimise anche il presidente Ermanno Pieroni, decretando così il fallimento della società. L'11 agosto venne definitivamente decisa dalla FIGC la non ammissione dei due club e il ripescaggio di Bari (perdente dei play-out della precedente stagione) e Pescara (retrocessa direttamente). Le due vicende si trascinarono però fino agli ultimi giorni d'agosto, tenendo in sospeso i calendari di B e C1 e alcune partite di Coppa Italia. Il Napoli, dopo vari ricorsi, ma fallito anch'esso ai primi d'agosto (nonostante gli sforzi di Luciano Gaucci), ripartì così dalla Serie C1 aderendo al Lodo Petrucci, mentre l'Ancona venne iscritto in Serie C2. Calendario Il calendario di questa stagione è stato sorteggiato il 12 agosto 2004 alle ore 12:00 presso il Grand Hotel Excelsior di Roma. Fu compilato con le ripescate Bari e Pescara in luogo di Ancona e Napoli, escluse il giorno precedente. Il 13 agosto il tribunale di Napoli sospese il calendario di Serie B con la motivazione per cui il titolo sportivo del club partenopeo apparteneva alla società fallita e ai suoi aventi causa: pertanto gli azzurri avrebbero avuto il diritto di giocare in B: sostituendo il Napoli con il Bari e il Pescara nel campionato cadetto si sarebbero lesi i diritti dei dirigenti e creditori del club azzurro. Il calendario fu poi confermato il 28 agosto 2004. Sentenze Calcioscommesse 2004 Lo scandalo che scoppiò alla fine della precedente stagione e riguardante l'alterazione di alcune partite al fine di scommesse illegali, vide coinvolte diverse società e alcuni tesserati, nonché giocatori. Il processo terminò il 24 agosto 2004 (con un'appendice il 5 settembre); alcune delle sentenze emesse vennero ridotte in appello l'8 settembre: Il Modena fu penalizzato di 4 punti, oltre alla squalifica del giocatore Antonio Marasco per 3 anni. Il Catanzaro fu penalizzato di 5 punti, oltre alla squalifica dei giocatori Pasquale Logiudice (3 anni), Fabrizio Ferrigno, Ivano Pastore e Luca Gentili (5 mesi). Campionato Girone d'andata L'inizio del torneo vide protagonista il Torino di Ezio Rossi, che si issò in solitaria al comando alla classifica alla quinta giornata dopo cinque vittorie consecutive, ma venne superato già alla sesta dall'Empoli. Complice una crisi di risultati della squadra granata, i toscani poterono allungare in classifica, arrivando allo scontro diretto del 30 ottobre con tre punti di vantaggio: l'Empoli vinse 3-0 al Castellani e aumentò il proprio vantaggio a quattro punti sulla seconda, che nel frattempo era diventato il Genoa. Fino a dicembre le posizioni di testa rimasero stabili, con i rossoblu che gradualmente recuperavano terreno oltre all'inserimento del Perugia nella zona play-off; alla sedicesima giornata ci fu il sorpasso in vetta, con il Genoa nuovo capolista. Lo scontro diretto del 19 dicembre tra i liguri e i toscani premiò il Genoa, che imponendosi di misura al Ferraris per 3-2, portò a cinque i punti di vantaggio sugli inseguitori Empoli e Torino. I grifoni si laurearono campioni d'inverno il 9 gennaio con un turno d'anticipo, con sei punti di vantaggio sul Torino, divenuti poi sette sulla nuova seconda in classifica, il Perugia, al termine del girone d'andata. Tra i fatti di nota di questa prima parte di campionato si riportano l'annullamento della penalizzazione di 5 punti del Catanzaro, sancita dalla CAF il 24 settembre, che permise ai calabresi di lasciare l'ultima posizione oltre alla revoca della squalifica del loro giocatore Pasquale Lo Giudice, mentre il Bari venne penalizzato di 1 punto dal giudice sportivo il 22 settembre, in seguito al lancio di un petardo da parte dei propri tifosi, nella partita Cesena-Bari (3ª giornata), che stordì il portiere dei bianconeri Indiveri. Un evento simile si verificò il 19 dicembre in Crotone-Venezia, dove i tifosi calabresi lanciarono un petardo che ferì il portiere dei lagunari Benussi; il giudice sportivo inflisse 3 punti di penalizzazione al Crotone il 7 gennaio. Girone di ritorno Alla 24ª giornata ci fu un altro scontro diretto, tra il Genoa e il Torino (che si trovava secondo in coabitazione con Empoli e Perugia), il quale finì in pareggio, mantenendo invariato il distacco di +8 dei grifoni sulle seconde, alle quali si erano aggiunte anche Verona e Treviso, lasciando il Perugia leggermente indietro. Il Genoa rimase saldo al comando, mentre in seconda posizione si stabilizzò dalla 29ª giornata l'Empoli, con distacchi da un massimo di sei a un minimo di tre punti (in precedenza in coabitazione con altre squadre). Il 31 marzo la Camera di Conciliazione e Arbitrato del Coni, scontò al Modena tre dei quattro punti di penalizzazione comminati in estate. Nella tarda mattinata di sabato 2 aprile, il CONI annullò tutte le manifestazioni sportive per due giorni in segno di rispetto per la lunga agonia di Papa Giovanni Paolo II, che morì la sera stessa. La 32ª giornata di Serie B, prevista proprio nei giorni del 2-4 aprile fu rinviata alla settimana successiva (Cesena-Arezzo fu invece giocata il 1º aprile come anticipo). Di conseguenza slittò di una settimana anche la 33ª giornata, mentre la 34ª fu giocata in un turno infrasettimanale extra per riprendere il normale corso previsto dal calendario. Il sorpasso dell'Empoli ai danni della capolista, avvenne alla 38ª giornata dopo aver vinto 3-1 a Catania e grazie al pareggio (il terzo di fila) del Genoa sul Cesena. Il turno seguente presentò subito la sfida al vertice tra empolesi e genoani che terminò in pareggio per 0-0 lasciando i toscani con un punto di vantaggio e quindi tutto immutato, ma ne approfittò il Torino che, terzo, battendo la Triestina si portò a -3 dal primo posto e a -2 dal secondo, diventati poi -5 e -4 in seguito al pareggio dei granata a Terni e alle concomitanti vittorie delle prime due, facendosi raggiungere anche dal Perugia. Così, il 5 giugno, ad un turno dalla fine (giocato alla domenica per via della concomitanza della partita di qualificazione ai Mondiali 2006 Norvegia-Italia), all'Empoli bastava un pari per centrare la promozione diretta in Serie A, indipendentemente dai risultati del Torino e del Perugia, grazie alla classifica avulsa favorevole ai toscani. Gli azzurri ottennero il punto necessario pareggiando 1-1 in casa nel derby toscano con l'Arezzo, mentre la seconda promozione diretta si decise all'ultima giornata. Si arrivò così all'ultimo turno con ancora tre squadre in lizza per salire direttamente in A senza passare dai play-off, Genoa (73 punti), Torino e Perugia (71); con una vittoria il Genoa sarebbe stato matematicamente promosso. I rossoblu infatti vinsero per 3-2 in casa contro il Venezia già retrocesso e conquistarono la Serie A, vincendo anche il campionato grazie alla sconfitta dell'Empoli a Bari. Ai play-off andarono dunque il Torino (a pari punti con Empoli e Perugia, ma terzo classificato per classifica avulsa sfavorevole verso i toscani, ma favorevole verso gli umbri), il Perugia (quarto), il Treviso (quinto) e l'Ascoli (sesto). Tra i fatti di nota del girone di ritorno si riporta la sanzione di una gara a porte chiuse, inflitta al Verona per via dei cori razzisti dei propri tifosi, rivolti al giocatore del Perugia Ferdinand Coly durante la gara Verona-Perugia della 38ª giornata. La partita a porte chiuse fu Verona-Salernitana della 40ª giornata. Combine Genoa-Venezia Dopo soli cinque giorni dalla fine della stagione regolamentare che vide il Genoa promosso in A, emersero le prime ipotesi di una combine tra la squadra ligure e il Venezia, protagoniste della partita della 42ª e ultima giornata Genoa-Venezia (3-2), giocata a Marassi, che permise al Genoa di salire in massima serie. Dalle indagini e dalle intercettazioni, emerse come il presidente genoano Enrico Preziosi in collaborazione con il direttore generale Stefano Capozucca, chiese a Franco Dal Cin, amministratore delegato del Venezia di disputare una partita regolare evitando di schierare tutti i giocatori che, con fondato sospetto, avevano accettato un premio a vincere da parte del Torino. Sospetti infatti caddero quindi sulla squadra lagunare in quanto si presentò alla sfida con una rosa decisamente rimaneggiata oltre ad alcuni cambi effettuati a partita in corso, ritenuti "strani" dagli inquirenti (tra cui quello del portiere Lejsal). Del Venezia furono deferiti anche il direttore generale Michele Dal Cin e il giocatore Massimo Borgobello. Ma la prova chiave fu quando il 14 giugno i carabinieri, nei pressi di Cogliate (vicino alla sede della Giochi Preziosi, di proprietà di Enrico Preziosi, presidente del club ligure), fermarono un'auto su cui viaggiava Giuseppe Pagliara, dirigente del . Durante la perquisizione, in una valigetta Carpisa venne rinvenuta una busta gialla formato A4 contenente un modulo di contratto di vendita intestato al Genoa CFC che riguardava il giocatore paraguaiano Rubén Maldonado e 250.000 euro in contanti: i carabinieri chiesero a Pagliara il perché di tutti quei soldi, e Pagliara rispose di essere un dirigente del Venezia e di avere appena venduto al Genoa il giocatore, e i 250.000 euro sarebbero stati un anticipo della somma pattuita. Il contratto, però, non era redatto su modulo federale utile ai fini fiscali, e i carabinieri, prospettando il reato di appropriazione indebita, invitarono dunque Pagliara a seguirli e posero sotto sequestro i soldi per accertamenti. Secondo i PM genovesi, su mandato dei quali avevano agito i militi, quelli erano in realtà i soldi con cui le due squadre avrebbero truccato la partita. Dalle indagini emerse anche la responsabilità oggettiva di un ex dirigente del Torino, Roberto Cravero, che tentò di convincere Franco Dal Cin a far impegnare al massimo il Venezia nella partita col Genoa dopo aver vinto in maniera a dir poco sospetta la partita precedente in casa del Treviso. Infatti anche i granata erano in ballo per la promozione nell'ultima giornata e una vittoria contro il Treviso li avrebbe premiati in caso di sconfitta o pareggio del Genoa sul Venezia e contemporanea vittoria o pareggio dell'Empoli col Bari. Nel caso di un arrivo di quattro squadre a pari punti in testa alla classifica (Empoli, Torino, Genoa e Perugia) cioè se all'ultima giornata l'Empoli avesse perso, il Genoa pareggiato e Torino e Perugia avessero vinto, i granata sarebbero stati promossi in A. La sentenza finale, che fu provato essere stata scritta giorni prima del dibattimento davanti ai giudici, emessa dalla CAF l'8 agosto emanò il declassamento all'ultimo posto del Genoa nel campionato di Serie B 2004-05 e conseguente retrocessione in Serie C1 a 34 anni di distanza dall'ultima apparizione in terza serie. Molti i lati oscuri di quel processo, compresi i “pizzini” ritrovati in un cestino e scritti dai giudici che deridevano il presidente del Genoa Preziosi. Applicazioni del lodo Petrucci Torino Dopo aver guadagnato la promozione grazie ai play-off, la società granata dovette far fronte a gravi inadempienze economiche che compromisero l'iscrizione in Serie A. Già a luglio la Guardia di Finanza, che indagava la società per le combine con il Treviso e il Venezia, perquisì la sede della società scoprendo vari buchi nel bilancio e la mancanza di una fideiussione necessaria per iscriversi alla massima serie. Furono indagati il patron Franco Cimminelli, il presidente Attilio Romero e il direttore finanziario del club granata Paiuzza. Si preferì quindi far fallire il club per evitare il coinvolgimento nel processo Genoa-Venezia, e conseguente declassamento all’ultimo posto in classifica, non presentando garanzie necessarie per iscriversi in A e il Torino venne quindi escluso dai campionati il 15 luglio, successivamente aderì al Lodo Petrucci e con la nuova società si reiscrisse in Serie B il 3 agosto. Perugia Il Perugia, oberato dai debiti derivanti dalla gestione della famiglia Gaucci, non si iscrisse in Serie B e fu escluso dai campionati il 15 luglio. Aderendo al Lodo Petrucci, venne iscritto in Serie C1 il 3 agosto a 11 anni di distanza dall'ultima partecipazione. Decretò poi il fallimento a novembre. Salernitana Anche la Salernitana non riuscì ad iscriversi in Serie B e il 15 luglio venne esclusa dai campionati per la grave situazione economico finanziaria e per i vari debiti accumulati. Il 3 agosto aderì al Lodo Petrucci e così poté ripartire dalla Serie C1, 11 anni dopo dall'ultima volta. Dichiarò il fallimento in agosto. Venezia Il Venezia, già retrocesso in Serie C1 sul campo, dichiarò il fallimento per la grave situazione finanziaria che affliggeva il club da vari mesi (oltre a svariati debiti), tanto da non riuscire quasi più a pagare gli stipendi ai giocatori. Dichiarò il fallimento il 23 giugno quando era ancora implicata nella vicenda della combine con il Genoa evitando il giudizio della sentenza. Aderendo al Lodo Petrucci riuscì ad iscriversi in Serie C2, campionato al quale non partecipava da 17 anni. Scandalo Calciopoli Lo scandalo Calciopoli, che scoppiò l'anno seguente, vide coinvolto in piccola parte anche questo torneo di Serie B. Dalle indagini e dalle intercettazioni telefoniche, emerse che anche nel campionato cadetto vi furono arbitraggi tesi a favorire certe squadre, in particolare le due squadre toscane Empoli e , o sfavorirne altre. Indagati furono il designatore arbitrale Gennaro Mazzei, il dirigente Leonardo Meani, l'arbitro Danilo Nucini, i guardalinee Stefano Titomanlio e Claudio Puglisi. Tra arbitraggi volti a favorire o sfavorire (direttamente o indirettamente) certe squadre, furono cinque le partite sotto inchiesta di questo torneo nelle quali in quattro compariva l'Arezzo e in una l'Empoli. Successivamente si arrivò ad ipotizzare un totale di addirittura 22 partite sospette nel torneo di Serie B 2004-05. Le sanzioni decise dalle sentenze vennero applicate alla stagione 2006-2007 e riguardarono solo l'Arezzo. Squadre partecipanti Allenatori e primatisti Classifica finale Per approfondire sui ripescaggi e le penalizzazioni che hanno modificato i verdetti, vedi la sezione "Avvenimenti" nelle voci Serie A 2005-2006, Serie B 2005-2006, Serie C1 2005-2006 e Serie C2 2005-2006. Legenda:       Promosse in Serie A 2005-2006   Partecipa ai play-off o ai play-out.       Retrocessa in Serie C1 2005-2006 Regolamento: Tre punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta. In caso di arrivo di due o più squadre a pari punti, la graduatoria è stilata secondo la classifica avulsa tra le squadre interessate che prevede, in ordine, i seguenti criteri: Punti negli scontri diretti Differenza reti negli scontri diretti Differenza reti generale Reti realizzate in generale Sorteggio Note: Il Crotone ha scontato 3 punti di penalizzazione per intemperanze dei tifosi. Il Modena ha scontato 1 punto di penalizzazione per le sentenze del Calcioscommesse. Il Bari ha scontato 1 punto di penalizzazione per intemperanze dei tifosi. Il Genoa viene declassato all'ultimo posto e conseguentemente retrocesso in Serie C1 2005-2006 per illecito sportivo nel Caso Genoa. Il Torino, terzo per classifica avulsa ed inizialmente promosso in Serie A dopo aver vinto i play-off, viene reiscritto in Serie B 2005-2006 a causa del dissesto economico-finanziario, aderendo al Lodo Petrucci. Il Perugia, quarto per classifica avulsa e finalista dei play-off, viene iscritto in Serie C1 2005-2006 a causa del dissesto economico-finanziario, aderendo al Lodo Petrucci. Il Treviso, semifinalista ai play-off, promosso in Serie A 2005-2006 a seguito al declassamento all'ultimo posto del Genoa, alla non iscrizione del Torino in Serie A e al fallimento per dissesto economico-finanziario del Perugia. L'Ascoli, semifinalista ai play-off, promosso in Serie A 2005-2006 a seguito al declassamento all'ultimo posto del Genoa, alla non iscrizione del Torino in Serie A e al fallimento per dissesto economico-finanziario del Perugia. La Salernitana, a causa del dissesto economico-finanziario, viene iscritta in Serie C1 2005-2006 aderendo al Lodo Petrucci. Il Venezia, a causa del dissesto economico-finanziario, viene iscritta in Serie C2 2005-2006 aderendo al Lodo Petrucci. Il Catanzaro viene poi ripescato in Serie B 2005-2006 a seguito ai fallimenti di Perugia, Salernitana e Venezia. Il Pescara viene poi ripescato in Serie B 2005-2006 a seguito ai fallimenti di Perugia, Salernitana e Venezia. Il Vicenza perde i play-out venendo retrocesso ma viene successivamente riammesso in Serie B 2005-2006 in seguito del declassamento all'ultimo posto del Genoa. Squadra campione Risultati Tabellone Calendario Spareggi Play-off Tabellone Semifinali Finali Play-out Statistiche Squadre Capoliste solitarie Primati stagionali Squadre Maggior numero di vittorie: Perugia e Torino (21) Minor numero di sconfitte: Genoa (4) Maggior numero di pareggi: Genoa (19) Minor numero di vittorie: Catanzaro (5) Maggior numero di sconfitte: Catanzaro (26) Minor numero di pareggi: Piacenza (8) Migliore attacco: Genoa (72 gol fatti) Miglior difesa: Torino (31 gol subiti) Miglior differenza reti: Genoa (+28) Peggiore attacco: Venezia (33 gol fatti) Peggior difesa: Catanzaro (82 gol subiti) Peggior differenza reti: Catanzaro (-42) Peggior quoziente-reti: Catanzaro (0,49) Miglior seria positiva: Empoli (22) Partite Partita con più reti segnate: Verona-Arezzo 5-3 e Verona-Vicenza 5-3 (8) Partita con il maggiore scarto di reti: Salernitana-Cesena 6-1, Genoa-Salernitana 5-0 e Vicenza-Catanzaro 5-0 (5) Individuali Classifica marcatori
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cucina%20abruzzese
Cucina abruzzese
La cucina abruzzese è la tradizionale cucina dell'Abruzzo; molto variegata, è originaria sia delle tradizioni pastorali delle zone interne montane che marinare della zona costiera. Storia La cucina abruzzese ha risentito fortemente dell'isolamento geografico che ha caratterizzato la regione per secoli; l'asperità dei monti ha sempre consentito un'agricoltura limitata a pochissime colture e le popolazioni locali accostavano a queste colture anche l'allevamento, mentre nella zona costiera la pesca era l'attività più praticata, che veniva effettuata con le antiche macchine da pesca abruzzesi dette trabocchi; l'isolamento che per decenni ha caratterizzato la regione ha fatto sì che quest'ultima mantenesse un'arte culinaria viva ed indipendente. I prodotti più utilizzati sono il grano Solina, il pane, la pasta, la carne, i formaggi, l'olio e il vino, mentre sulla costa il pesce occupa un ruolo preponderante; tra i prodotti abruzzesi che sono entrati nell'immaginario collettivo di tutto il mondo troviamo i classici confetti di Sulmona, lo zafferano dell'Aquila coltivato principalmente nell'altopiano di Navelli, gli arrosticini di pecora, gli spaghetti alla chitarra e il prestigioso vino Montepulciano d'Abruzzo. Altri prodotti regionali riconosciuti ed apprezzati sono: l'aglio rosso di Sulmona, il Miele d'Abruzzo, il carciofo di Cupello, la carota del Fucino, la cicerchia, il farro, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, la mortadella di Campotosto, il peperone dolce di Altino e Serranella, la patata degli Altipiani d'Abruzzo ed in particolare la patata del Fucino, coltivata nella conca di Avezzano, il salsicciotto (o lumello) di Guilmi e il diavoletto d'Abruzzo, varietà di peperoncino molto apprezzata ed usata in cucina. Nel vasto panorama dei salumi non va dimenticata la ventricina, prodotta in particolare a Guilmi e più ampliamente nel resto dell'entroterra vastese. Antipasti Alici sperone: alici fritte con farina, uova, olio, aceto bianco, prezzemolo e sale. Antica salsa abruzzese: è una salsa fatta con prezzemolo, basilico, salvia, sedano, rosmarino, carote e sale; si utilizza come condimento per carni, arrosti, sughi e minestre. Antipasto alla giuliese: misto di pesce con trito di aglio, prezzemolo, succo di limone, olio e sale e salsa verde ottenuta con tonno, alici, capperi, peperoni verdi, olio e aceto. Antipasto alla marinara: antipasto misto di pesce con calamari, vongole e scampi conditi con una salsa composta da alici, tonno, capperi, aceto, aglio, e prezzemolo. Antipasto di arance: sono fettine di arance con filetti d'acciughe, olio extravergine d'oliva e sale. Antipasto di fegatini: tipico antipasto di carne della tradizione culinaria teramana, è composto da: fegatini di pollo, cipolla, peperoni sott'aceto, zucchero, vino secco, pepe macinato, sale, olio. Baccalà o stoccafisso: baccalà cotto in padella con patate, pomodoro, olio, aglio, prezzemolo, cipolla, peperoncino, sale e olive nere. Bruschetta alla salsiccia di fegato: classica bruschetta con salsicce di fegato, pane casereccio, olio e sale quanto basta. Bruschette al profumo di aglio di Sulmona: bruschetta classica con spalmata di aglio, sale, e olio. Cazzimperio: versione abruzzese del classico pinzimonio con caciocavallo, latte intero, burro, tuorli d'uovo, farina, sale, pepe, fette di pane raffermo. Cozze alla vastese: cozze ripiene con un impasto di pangrattato, aglio e prezzemolo tritati, olio, qualche goccia di limone ed un poco di salsa di pomodoro. Cozze allo zafferano: classiche cozze cotte preparate con prezzemolo, cipolla, alloro, vino bianco, olio d'oliva e condite con salsa di zafferano. Crocchette di ceci al forno: sono crocchette fatte con ceci, acqua, pomodoro, carote, peperoncino, alloro, cipolla, aglio, sale, prezzemolo tritato e olio. Crostini alla chietina: fette di pane triangolari caserecce bagnate nell'uovo sbattuto e fritte in padella, preferibilmente con dell'olio d'oliva guarnite di acciughe, capperi e burro. Crudo di calamaretti: tipico di Pescara, sono calamaretti lessati nell'aceto, e poi conditi con salsina d'aglio tritato, l'olio extravergine d'oliva, il succo di limone, il sale e in peperoncino piccante. Intingolo all'aquilana: miscuglio di midollo di bue con zafferano abruzzese, uova, panna da cucina, burro. Pizza con le sfrigole: si tratta di una pizza bianca con impasto di massa, strutto, sale e appunto le "sfrigole", ovvero le croccanti scaglie di grasso e tessuti connettivi che restavano nella padella quando un tempo si preparava lo strutto in casa. Scapece alla vastese: piatto antichissimo della tradizione vastese, è composto da ali di razza, pesce palombo, aceto, zafferano, farina, olio di semi e sale. Primi piatti Ceppe: pasta fatta in casa. Si forma da un impasto privo di uova, ed ha la forma caratteristica che si ottiene passando su una striscia di pasta lunga circa 3-4 centimetri e larga 1 centimetro, attorno ad un ceppo. È ottima con ragù di carne di cinghiale. Tipica della zona di Civitella del Tronto, nel teramano. Fettuccine all'abruzzese: sono tipiche fettuccine abruzzesi condite con pancetta, cipolle, pecorino, sale, olio, prezzemolo e parmigiano. Maccheroni alla molinara: pasta acqua e farina simile ad una tagliatella. Si accompagna con sugo di agnello o castrato ma originariamente venivano utilizzati, come condimento, pesce di fiume o, più semplicemente, olio con punte di foglie di aglio, peperoni, prezzemolo. Ottima anche con sugo di pesce; si mangia sulla spianatora (cioè una superficie piana di legno), dove è stata preparata e condita, senza piatti o altri orpelli inutili. Tipica di Bisenti, nel teramano. Nella accezione più tipica essa è composta da un unico spaghetto, che poi viene tagliato dai commensali. Maltagliati o tajulini : pasta da accompagnare ad esempio con zuppa di fagioli. Mazzarelle: prodotto tipico della cucina teramana, sembrano un secondo, per tanto considerate da molti come tale e, di certo, la prima impressione sarà quella di considerarle come una portata successiva ad altri piatti della cucina teramana come timballo o ai maccheroni alla chitarra, ma invece, le mazzarelle diventano un primo, anzi di fatto il primo obbligatorio del pranzo pasquale, una sorta di tradizionale ouverture dedicata all'agnello ed evocatrice di un indimenticato e indimenticabile passato di quotidianità contadina. Piatto semplice, all'apparenza, coratella di agnello avvolta in foglie di indivia legate con budelline dello stesso agnello, ma soggetto all'irrisolto dibattito tra due scuole di pensiero: quella della mazzarella semplice, cotta in un soffritto che ne esalti il sapore, e quella della mazzarella in umido, lasciata cuocere in un sughetto che si impreziosisce degli umori delle carni d'agnello. Minestra di ceci: minestra invernale preparata con prodotti come ceci, baccalà, castagne, carciofi, patate, pomodori, pasta e cavoli. Ndurciulline: questa pasta è caratteristica del territorio attraversato dall'antico tratturo L'Aquila-Foggia, detto anche Tratturo Magno, nel tratto fra Lanciano e Cupello. Si tratta di una pasta fresca lavorata a mano, a base di semola di grano duro e farina di grano tenero, di colore avorio opaco, tagliata in spaghetti lunghi e sottili a sezione rettangolare. Per poterli gustare appieno gli 'ndurcciullune vanno conditi con sugo a base di carne di castrato o di pecora (con cui vanno preparati degli involtini con un ripieno composto da un battuto di erbe aromatiche, aglio, prezzemolo, pancetta di maiale o lardo) pomodoro a pezzetti, olio extravergine di oliva e varie spezie aromatiche. Questo piatto nasce dall'incontro della civiltà contadina con quella pastorale, che avveniva durante la transumanza. Pasta alla mugnaia: pasta all'uovo risultato di un mix di farine, che si caratterizza per la sua forma allungata e irregolare e la particolare consistenza, condita solitamente con un sugo di carne molto ricco. È tipica di Elice dove ogni anno si celebra anche l'omonima sagra. Pasta allo sparone: lo sparone in dialetto significa strofinaccio; infatti questa pasta fresca (ripiena di spinaci, ricotta e formaggio grattato) viene cucinata tutta avvolta in uno strofinaccio bianco. Dopo aver fatto bollire, viene tolto lo sparone e tagliata a rondelle la pasta che, condita con sugo di pomodoro, si fa gratinare in forno. Polenta all'abruzzese: far soffriggere la pancetta con le salsicce e la cipolla, aggiungere un po' di sale e far rosolare il tutto. Versare il pomodoro e far cuocere per circa 1 ora. Mettere sul fuoco un capace tegame, con acqua nelle proporzioni di una tazza da latte a persona, e farvi cadere un filo di olio d'oliva. Quando sta per bollire, far cadere a pioggia la farina di granoturco, avendo cura con l'altra mano di mescolare continuamente per evitare la formazione di grumi. Raggiunta una certa consistenza, continuare a cuocere la polenta sempre mescolando. Una "buona" polenta ha bisogno di circa 20 minuti di cottura. Per vedere se la polenta è cotta, metterne una mezza cucchiaiata in un piatto, lasciarla raffreddare e se, alzandone una parte con la forchetta, la stessa si stacca dal piatto, significa che la polenta è cotta. Rovesciarla sulla spianatoia e livellarla con un mestolo di legno, quindi condirla con il sugo e abbondante pecorino grattugiato. Rintrocele o Rintrocilo o i'ntrucioloni: il Rintrocele è una pasta (impasto povero e senza uova, solo grano duro e acqua) lunga tipica del lancianese. In genere si fa con il sugo di pecora o con il tipico ragù di castrato (in dialetto sughe d'agnelle). La sezione è quadrata e può arrivare a 5 mm di diametro. Un tempo, durante le feste, le massaie capaci di stendere il rintrocilo erano chiamate dalle famiglie più ricche per il pranzo di Natale. Questo piatto infatti per molte famiglie frentane è considerato il vero primo piatto natalizio. Da non confondere con la pasta alla mugnaia che è formata da un unico spaghetto a sezione rotonda. Sagne e fagioli (fasciule): pasta fatta con acqua, sale e farina, dalla caratteristica forma a strisciolina, accompagnata da un sugo di pomodoro e fagioli molto umidi. Scrippelle: le scrippelle sono un piatto tipico della cucina teramana e, nonostante si stiano diffondendo sempre più in tutto l'Abruzzo, rimangono comunque un elemento caratterizzante delle zone da cui hanno origine. Sono costituite da sottilissime frittatine preparate versando su una padella caldissima una pastella di farina, acqua e uova; sono in effetti molto simili alle crêpes francesi che, secondo alcuni, da Teramo furono portate oltralpe al seguito dei loro eserciti. Le scrippelle sono alla base di diversi piatti fondamentali della cucina teramana tra i quali: le scrippelle 'mbusse, cioè bagnate, immerse in un leggero brodo di gallina dopo essere state cosparse di parmigiano o pecorino d'Abruzzo stagionato ed arrotolate; il timballo di scrippelle, dove sostituiscono la pasta sfoglia nel separare gli strati di ingredienti; le scrippelle in forno dove vengono farcite e cotte in forno in modo simile ai cannelloni. Spesso si fa riferimento alle scrippelle teramane intendendo il piatto delle scrippelle 'mbusse e questo, molto probabilmente, è legato alla difficoltà della forma dialettale. Altro tipo di scrippelle sono quelle fatte con farina o fecola di patate fritte dolce / aperitivo tipico delle feste natalizie (principalmente diffuse nel vastese). Spaghetti all'amatriciana: si tratta di un condimento originario della zona di Amatrice che fino al 1927 era compresa nella provincia dell'Aquila, successivamente diventata un piatto tipico della cucina romana. L'amatriciana rimane tuttavia molto diffusa in tutta l'area sabina dell'Abruzzo e in particolar modo all'Aquila e nel Cicolano. Gli ingredienti principali sono guanciale, pecorino e pomodoro; non è molto utilizzata la cipolla, frequente invece nella versione romana. Spaghetti alla chitarra: primo piatto simbolo della cucina abruzzese, è una varietà di pasta all'uovo di sezione quadrata e spessore di circa 2-3 mm. Vengono realizzati con uno strumento detto chitarra: la sfoglia è posta sopra la chitarra e pressata con il matterello in modo che i fili della chitarra taglino la sfoglia in maccheroni conferendo alla pasta il tipico profilo quadrato e una consistenza porosa che consente al condimento di aderire. I maccheroni alla chitarra vengono generalmente preparati con ragù misto di carne di manzo, maiale e agnello. Meno tradizionali i sughi di cinghiale, di lepre e di cacciagione. Virtù: le virtù sono un piatto della cucina teramana, caratteristico del primo di maggio. Secondi piatti Arrosticini: altro piatto simbolo della regione; nella cucina povera tradizionale abruzzese troviamo assai spesso l'utilizzo della carne di agnello, di pecora e di castrato. Una particolare preparazione a base di questo tipo di carni sono gli arrosticini (in alcune zone rrustelle o arrustelle), originari della zona pedemontana del Gran Sasso in provincia di Pescara ma diffusi in tutto il territorio regionale, consistente in carne ovina (tradizionalmente di castrato, in alternativa di pecora) tagliata a tocchetti ed infilata in spiedini, la cui cottura avviene su un braciere dalla caratteristica forma allungata definito canala (in dialetto furnacell) per la sua somiglianza ad un canale di gronda. Capra alla neretese: il prodotto, con carni di colore rosso ambrato, viene presentato con sugo di pomodoro accompagnato da peperoni rossi fritti su un tegame separato. Coratella: interiora di animale dove vengono utilizzate parti come cuore, fegato e polmoni, reni, milza, trachea e animelle. 'Ndocca 'Ndocca: è il classico piatto povero dei contadini nel quale si utilizzano tutte le parti del maiale (orecchie, muso, cotenna, piedi, costate) che non possono diventare prosciutti o salumi. Tipico della zona di Teramo. Pecora alla cottora: tipica di tutta l'area montana delle province dell'Aquila e di Teramo (dove è chiamata anche pecora alla callara o pecora al caldaro) e in particolar modo della conca aquilana e della Marsica, è un'antica ricetta risalente ai tempi della transumanza quando, le pecore vecchie, azzoppate o morte nel lungo cammino dagli Abruzzi al Tavoliere delle Puglie, venivano di solito lasciate ai custodi del gregge. Per ammorbidire la dura carne di pecora si sottoponeva ad una lunghissima cottura, con gli aromi e le spezie trovate per strada, in un paiolo: la cottora o callara appunto, mentre a turno i pastori badavano al fuoco e schiumavano il sugo. Porchetta: simile a quella laziale, è caratterizzata dalla preparazione di un maiale adulto (anziché di un maialino come in altre regioni). Una curiosità che pochi sanno è che la porchetta abruzzese era molto apprezzata a Roma e il papa spesso ordinava quella della zona teatina. Tacchino alla canzanese: piatto tipico di Canzano, piccolo centro vicino Teramo, il tacchino viene servito freddo, insieme alla gelatina ottenuta facendo riposare e raffreddando il brodo di cottura dello stesso. Piatti unici Pallotte cace e ove: le polpette di formaggio e uova sono una delle espressioni culinarie più semplici e più buone della cucina abruzzese. Si prepara semplicemente facendo delle polpette con solo mollica di pane raffermo, uova, formaggio da grattugia (pecorino, formaggi grana), aglio. Si fanno dorare friggendole e si saltano in un semplice sugo di pomodoro e basilico (o sughi segreti delle massaie locali). Una curiosità: qualche anno fa un cuoco le ha presentate in una gara culinaria internazionale, vincendola, con un nome assai altisonante che depurato della ricercatezza linguistica significava semplicemente "polpette di uova e formaggio al sugo". Patate maritate: ricetta tipica di Pescasseroli, nella Marsica. Si devono pelare, lavare e affettare le patate, tritare il prezzemolo e sminuzzare la mollica. Quindi insieme prezzemolo, mollica, pecorino (in assenza parmigiano) e sale. Si unge il fondo di una pirofila e si stende uno strato di patate, ricoprendolo con il miscuglio, continuando a strati alternati e terminando con la mollica del pane. Infine si bagna ogni strato con olio e si inforna a 200° per un'ora. Pizz'e'fuje: si utilizza una pizza gialla fatta con la farina di grano per polenta e acqua bollente, si "strascinano" le verdure di campo (rape, bietola e cicoria) con olio, aglio e peperoncino dolce e piccante e, infine sbriciolare un po' di pizza gialla nelle verdure "strascinate" ovviamente il tutto salato a piacere. Una volta amalgamate le verdure con la pizza gialla si aggiungono delle sarde fritte ai lati e un pezzo di peperone secco. Cucina di pesce Anche la cucina di pesce riveste un ruolo importante nella gastronomia abruzzese, soprattutto per la sopravvivenza, l'economia e la storia dei centri costieri abruzzesi; tra i piatti di pesce abruzzesi più famosi si possono menzionare: Acciughe marinate: sono acciughe condite e fatte marinare con aglio, prezzemolo, origano, limone, olio, sale, pepe. Antipasto alla giuliese: misto di pesce con trito di aglio, prezzemolo, succo di limone, olio e sale e salsa verde ottenuta con tonno, alici, capperi, peperoni verdi, olio e aceto. Antipasto alla marinara: antipasto misto di pesce con calamari, vongole e scampi conditi con una salsa composta da alici, tonno, capperi, aceto, aglio, e prezzemolo. Baccalà all'abruzzese: baccalà cotto in padella con patate, pomodoro, olio, aglio, prezzemolo, cipolla, peperoncino, sale e olive nere. Brodetto di pesce: tipico delle zone marinare, è un piatto abruzzese nelle sue varianti di Silvi, Giulianova, Pescara e Vasto. Coregone di Campotosto: prodotto tipico del lago di Campotosto, viene cucinato arrostito alla brace e poi conservato alla marinara in un preparato di aceto e con olio e peperoncino. Cozze alla vastese: cozze ripiene con un impasto di pangrattato, aglio e prezzemolo tritati, olio, qualche goccia di limone ed un poco di salsa di pomodoro. Crostini alla chietina: fette di pane triangolari caserecce bagnate nell'uovo sbattuto e fritte in padella, preferibilmente con dell'olio d'oliva guarnite di acciughe, capperi e burro. Crudo di calamaretti: tipico di Pescara, sono calamaretti lessati nell'aceto, e poi conditi con salsina d'aglio tritato, l'olio extravergine d'oliva, il succo di limone, il sale e in peperoncino piccante. Pasta alla chitarra con i pelosi: altro piatto della cucina marinara abruzzese fatto con i grandi granchi pelosi (genere Pilumnus hirtellus) trovati sulle scogliere tra Pescara e Vasto. La quasi scomparsa di questi granchi ne ha proibito la cattura, ma ancora si può gustare in alcuni ristoranti della costa (se si conosce il cuoco). Si fa soffriggere il carapace nell'olio e si versano i pomodori pelati. Pasta con gli scampi o paste nghe l'aragustine: piatto tipico del tratto di costa tra Pescara e Vasto. Scampi dell'Adriatico, pomodoro, aglio e prezzemolo. Si prepara un sugo leggero con il quale si condiscono spaghetti alla chitarra o rintrocilo. Scapece alla vastese: tipico pesce del litorale chietino, per la sua preparazione si utilizzano pezzi di palombo o razza, infarinati, fritti nell'olio di semi e posti a marinare nell'aceto aromatizzato con lo zafferano, da cui assume la tipica colorazione gialla. Frutta Agrumi della Costa dei Trabocchi; Castagna Roscetta della valle Roveto; Ciliegia di Giuliano Teatino e Raiano; Mandorle di Navelli; Marrone di Valle Castellana; Mela della valle del Giovenco; Uva di Ortona e Tollo. Dolci Bocconotti: tartelette di pasta frolla farcite, spolverate di zucchero a velo, dalla forma di un tronco di cono rovesciato. Cagionetti, calgionetti, caggiunitt', caggionetti, caviciunette, cawcinitt, caucinetti: dolce natalizio simile ad un raviolo, con impasto di farina, olio e vino bianco. Il ripieno è composto da ceci, cacao, mosto cotto, cannella e bucce di arancio che viene fritto; nella zona di Teramo e di Montorio al Vomano il ripieno è composto da pasta di castagne, mandorle tritate, cioccolata fondente, buccia di limone, rum, miele, cannella; ad Ortona e Chieti invece il ripieno è composto da un impasto di marmellata di uva nera di Montepulciano, mandorle e noci tostate e macinate, cannella e cacao. Celli ripieni: mezzalune composte da una sfoglia croccante di pasta fatta con farina, olio e vino bianco dentro la quale si nasconde un morbido ripieno di marmellata, mandorle, zucchero, biscotti secchi. Cicerchiata: il dolce è a base di pasta di farina, uova e, in alcuni varianti, burro o olio d'oliva, zucchero, liquore o succo di limone. Da questa si ricavano palline di circa un centimetro di diametro che vengono fritte nell'olio d'oliva o nello strutto. Scolate, vengono mescolate con miele bollente e disposte a mucchio. Il miele raffreddandosi cementa le palline fra loro e dà solidità alla struttura. Come spesso avviene con i dolci tradizionali e antichi, esistono varianti che aggiungono ingredienti diversi alla ricetta base. Confetti di Sulmona: il confetto è un simbolo dolciario tipico della regione, in particolare della città di Sulmona; i confetti di Sulmona sono rinomati in tutto il mondo e sono uno dei prodotti gastronomici abruzzesi più esportati. Di solito sono raggruppati in fiorellini: i confetti fanno da petali. Croccante di mandorle: si presenta come una tavoletta sottile, dura e croccante di colore bruno ambrato, realizzata con mandorle amalgamate con lo zucchero fuso e rappreso. Cumbriziun' o sbattute: simili a panini soffici e morbidi di consistenza, vengono preparati con farina, uova, zucchero, olio di oliva, latte, ammoniaca e limone. Una volta realizzato l'impasto, si versa con un cucchiaio in una teglia senza far subire la lievitazione, e si passa subito in forno. Ferratella: chiamata anche cancellata, catarretta, pizzella o neola, è un dolce tipico abruzzese creato con pasta da biscotto cotto tramite una doppia piastra arroventata sul fuoco, che stringendo la pasta sopra e sotto, dà al dolce la forma caratteristica di cialda percorsa da nervature. Tra le varie varianti di disegno, la trama a rombi, o cancello, dà origine al nome cancellate. Preferibilmente di forma rettangolare, alla festa di san Valentino vengono preparate anche a forma di cuore. In alcune province abruzzesi viene chiamato anche nuvola o neola. In alcuni casi questo dolce viene arrotolato come un cannolo con ripieno di marmellata, tradizionalmente d'uva, ma anche con crema pasticcera o cioccolato. La variante con due cialde sovrapposte farcite prende il nome di coperchiola, dalla copertura della prima cialda con la seconda, il coperchio. Fiadone: ha la forma di un raviolo, la sfoglia esterna viene preparata con un impasto di uova, olio, vino bianco, farina, mentre il ripieno può variare, ma è a base di formaggio con prodotti a pasta dura come il rigatino e il pecorino, uova e spezie diverse (noce moscata e/o pepe macinato, e, nell'aquilano, anche lo zafferano). Lattacciolo: è un dolce al cucchiaio tipico abruzzese che si presenta come un budino a base di latte, uova e zucchero e va servito e consumato freddo. Libretto di fichi secchi: si presenta come un pacchetto rettangolare avvolto con carta argentata che contiene fichi secchi, cioccolato fondente, mandorle, zucchero, cedro candito, cacao, cannella, vaniglia, zucchero a velo, buccia di limone grattugiata e noci. Lingue di suocera: sono piccoli dolci diffusi prevalentemente nella provincia di Chieti, fatti con mandorle, farina o farina di farro biologico, zucchero, cioccolato fondente, burro o margarina, anice, un bicchierino di punch, mezzo bicchierino di grappa, una bustina di vanillina. Mostaccioli di Scanno: biscotti tipici del famoso borgo abruzzese, con cuore di mandorle e mosto cotto, ricoperti solitamente da glassa di cioccolato. Pan dell'orso: è un dolce abruzzese, simile al parrozzo, da cui differisce nella preparazione dell'impasto, perché c'è l'aggiunta del miele e del burro per dare più morbidezza all'impasto. Pan ducale: la ricetta tradizionale prevedeva uova, zucchero, farina e mandorle a cui si è aggiunto, a partire dal XIX secolo, il cioccolato puro, caratteristica fondamentale del dolce. È di solito sempre presente nelle occasioni importanti o nelle visite di parenti e amici; ne esistono diverse varianti: Dolce del papa: è la variante più nota del pan ducale. Fu creato in occasione della visita di papa Giovanni Paolo II ad Atri, il 30 giugno 1985, e venne anche dato in dono al papa come ricordo. La classica forma rettangolare del pan ducale è un po' diversa, visto che la parte superiore è arrotondata: La ricetta è invece la stessa del pan ducale classico, con solo una spolverata di zucchero a velo. Pan d'Amore: ne esistono due tipi: quello con la classica forma allungata del pan ducale, rivestita di zucchero a velo, e quello a forma di cuore, con la pasta rivestita di cioccolato puro. Pan Ducale Prestige: è il classico pan ducale, farcito di crema al cioccolato e rivestito di zucchero a velo. Parrozzo: dolce tipico di Pescara reso celebre da Gabriele d'Annunzio, il parrozzo è fatto con semolino o, in alternativa, la farina gialla o farina bianca con fecola, zucchero, mandorle tritate, succo di limone ed è ricoperto di cioccolato fondente. Pasticci di Rapino, di forma simile a una tartelletta e ripieni di un composto cremoso a base di latte, cioccolato fondente, limone e mandorle tostate e cannella in polvere. Pepatelli: i pepatelli (localmente chiamati pappatill) sono dolci natalizi con le mandorle tipici abruzzesi originari di Teramo, di forma rettangolare, così chiamati per la presenza di pepe nell'impasto. Pigna: tipica di Castel di Sangro, è una ciambella molto particolare fatta da uova, burro, zucchero, farina, limone grattugiato, anice o sambuca, lievito di birra. Pizza Dolce: dolce composto da vari strati di pan di spagna di colore giallo intenso, bagnati con l'alchermes o altri liquori, generalmente farciti con crema pasticciera e crema al cacao. Pulsatilla: dolce tipico realizzato, in occasione dei cento anni di sci a Roccaraso, dalla pasticceria cioccolateria l'Ombrellone. Di piccole dimensioni, a base di uova, zucchero, farina e cosparso di zucchero a granelli, ispirato alla pulsatilla alpina che sboccia sulle montagne più alte della regione. Sfogliatella di Lama dei Peligni: sfoglie ovali ripiene di marmellata d'uva di amarena, mosto cotto e noci. Sgaiozzi. Sise delle monache: dolce tipico di Guardiagrele, in provincia di Chieti, dalla forma un po' particolare, la cui base è costituita da tre palline di pan di spagna, ricoperto con crema pasticcera. Soffione di ricotta: sono dei pasticcini a base di ricotta, zucchero, uova e scorza di limone racchiusi in una frolla all'olio d'oliva. Esiste anche la variante a torta. Taralli di Sant'Antonio. Tarallucci: dolce tipico di Casalbordino impasto fatto con farina, vino e olio. Il ripieno con mostocotto, mandorle, cioccolato fondente e caffè. Torrone di Guardiagrele: dolce tipico di Guardiagrele, dove è realizzato molto simile al croccante, è composto da mandorle intere tostate mescolate a zucchero, frutta candita e cannella. Torrone tenero al cioccolato aquilano: tipico dell'Aquila, il torrone tenero al cioccolato aquilano è una varietà di torrone nocciolato morbido prodotto in città fin dall'inizio del XIX secolo e caratterizzato dalla presenza di cacao nell'impasto. Questa varietà di torrone è prodotto in forma di stecca ed e costituita da un impasto morbido, spugnoso, di colore marrone con nocciole tostate. Ciò che lo differenzia dal torrone classico di Cremona è la presenza nell'impasto, oltre ad albume d'uovo, miele e zucchero, anche del cacao e la consistenza molto morbida della pasta. Torta al limone: è il classico pan ducale, questa volta però con un delicato profumo di limone, dato che nell'impasto viene aggiunta della scorza di limone. Totere casolane: cannoli di forma conica dalla sfoglia friabile con ripieno di crema pasticciera o crema al cioccolato. Zeppole: ne esistono due varianti: sulla costa e nel teramano la zeppola è una specie di bignè con la crema, fritto o cotto al forno, con una piccola amarena al centro. All'Aquila, invece, la zeppola è una specie di ciambella lievitata, fritta e cosparsa di zucchero. Come per molte altre zone d'Italia, sono tipiche della festa di San Giuseppe. Pane Il pane in Abruzzo è un alimento che riveste un ruolo predominante nella gastronomia regionale; ecco l'elenco dei prodotti tipici regionali: Pagnotte da forno di Sant'Agata; Pane Cappelli; Pane casareccio aquilano; Pane con le patate; Pane di Solina; Pane nobile di Guardiagrele; Pane parruozzo; Panonta; Pizza di Pasqua; Pizza scima. La pizza di pasqua è dolce, ed è il centro della colazione di Pasqua, assieme alle uova sode e ai primi salami di stagione. Formaggi Essendo stata una regione con una forte tradizione pastorale, nella gastronomia abruzzese i formaggi hanno un posto di rilievo; i principali sono: Caciocavallo; Caciofiore aquilano; Caciotta di vacca; Caprino; Giuncata; Giuncatella abruzzese; Incanestrato di Castel del Monte; Mozzarella; Pampanella; Pecorino d'Abruzzo; Pecorino di Atri; Pecorino di Farindola; Pecorino marcetto; Ricotta salata; Scamorza. Salumi Tra i salumi si menzionano: Annuje; Annuje teramana; Coppa; Guanciale amatriciano; Lonza; Mortadella di Campotosto; Mucischia; Porchetta abruzzese; Prosciuttello; Salame; Salame Aquila; Salsiccia di fegato; Salamelle di fegato al vino cotto; Salsiccia di fegato con miele; Salsiccia di maiale sott'olio; Salsicciotto; Salsicciotto di Pennapiedimonte; Salsicciotto frentano; Salsicciotto (o lumello) di Guilmi; Soppressata; Ventricina del vastese. Olio d'oliva Varietà di olio Importante l'utilizzo dell'olio nelle ricette regionali sia di montagna che di mare; tra i prodotti oleari più diffusi troviamo l'Aprutino Pescarese, il Colline Teatine, l'olio extra vergine di oliva delle Valli Aquilane e il Pretuziano delle Colline Teramane. Varietà di cultivar di olivo Le cultivar di olivo prodotte in Abruzzo sono: Carpinetana; Castiglionese; Crognalegna; Dritta; Gentile dell'Aquila; Gentile di Chieti; Intosso; Monicella; Morella; Nebbio di Chieti; Raja; Toccolana; Tortiglione. Vini e liquori Per quanto riguarda i vini abruzzesi, è famoso nel mondo il Montepulciano d'Abruzzo prodotto in tutta la regione, in particolare il Montepulciano d'Abruzzo Colline Teramane DOCG, da qualche anno dichiarato uno dei migliori vini d'Italia; altri vini della regione sono il Cerasuolo d'Abruzzo, il Controguerra, il Montonico, il Tollum e il Trebbiano d'Abruzzo, e altri vini IGT, come la Cococciola, il Monsonico, il Moscato di Castiglione a Casauria, la Passerina e il Pecorino. Tra i liquori troviamo l'Aurum, il Centerbe, il Corfinio, il liquore allo zafferano, il liquore di genziana e il Ratafià. Da ultimo, vi sono l'amaro abruzzese, il mosto cotto e il vino cotto. Prodotti tipici Liquirizia di Atri: coltivata e commercializzata in Abruzzo ad Atri sin dai tempi dei Romani, la regione è la seconda in Italia dopo la Calabria per la maggior produzione.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Montepulciano%20d%27Abruzzo%20%28vino%20DOC%29
Montepulciano d'Abruzzo (vino DOC)
Il Montepulciano d'Abruzzo è un vino a DOC la cui produzione è consentita nelle quattro province abruzzesi (Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo). Non è da confondere con il Vino Nobile di Montepulciano prodotto in Toscana e proveniente da un altro vitigno autoctono. Nel 2007 il Montepulciano d'Abruzzo è risultato essere il primo vino italiano (della categoria DOC) per produzione. Può venire commercializzato anche nella tipologia riserva. Caratteristiche organolettiche colore: rosso rubino intenso con lievi sfumature violacee, tendenza al granato con l'invecchiamento; odore: profumi di frutti rossi, spezie, intenso, etereo; sapore: pieno, asciutto, armonico, giustamente tannico. Storia L'uva Montepulciano è presente in Abruzzo da tempo immemore, ma solamente dal XVII secolo si è iniziato a chiamarla con il nome attuale. L'origine del vitigno sembra essere comune alle altre tipologie a bacca nera del Meridione, tutte chiaramente derivanti dalla Grecia. Da più di due secoli va avanti la disputa sulla paternità del nome "montepulciano", conteso tra gli abruzzesi e i viticoltori di Montepulciano (SI). La confusione fu dovuta alla similitudine di alcune caratteristiche ampelografiche e alla capacità di produrre vini simili, anche se il montepulciano primutico (primaticcio o anche precoce) risultò essere il prugnolo gentile, clone del sangiovese grosso, mentre invece l'uva degli Abruzzi era tardiva rispetto a quella toscana e dava vini decisamente più strutturati, longevi e carichi di profumi e colore. La confusione venne a crearsi nella Baronia di Carapelle, tenuta de' Medici in Abruzzo, areale nel quale vennero importate le prime tecniche viticole ed enologiche evolute dalla Toscana in Abruzzo. Il punto di partenza del Montepulciano attualmente coltivato in Abruzzo, dopo l'avvento della fillossera (Daktulosphaira vitifoliae), fu la zona di Tollo verso l'Adriatico. Da diversi archivi risulta anche che alcuni cloni, scampati alla devastazione della fine dell'Ottocento, vennero reperiti nella Marsica, nei cui suoli la fillossera non riesce a diffondersi, situati probabilmente a Gioia dei Marsi, Aielli o San Pelino-Paterno. Attualmente le nuove tecniche viticole ed enologiche consentono di coltivare il Montepulciano ovunque, ma l'areale ottimale, nel quale sembra acclimatarsi in maniera ideale, è la Valle Peligna, tanto che ne cantò anche il poeta latino Ovidio: "terra ferax Cereris multoque feracior uvis", "terra fertile cara a Cerere (dea del grano) e molto più fertile per l'uva". Dalla vendemmia 2003, alla sottozona "Colline Teramane" è stata concessa la DOCG. Con opportune modifiche al disciplinare di produzione nel 2005, ad altre aree è stata concessa anche la menzione "Riserva"; alcune IGT sono passate a sottozone DOC e probabilmente, a breve, verranno richieste altre DOCG per determinate sottozone. Abbinamenti consigliati Il Montepulciano giovane supporta grigliate di carne suina e ovina. I vini più vecchi sono comunque preferibili con carni rosse, pezzature nobili di bovino o ovino. Ottimo il confronto con formaggi pecorini, di stagionatura crescente di pari passo con l'invecchiamento del vino. Accompagna bene primi piatti asciutti con sughi a base di carne, arrosti e umidi di carni bianche e rosse, cacciagione e formaggi stagionati. Zona di produzione La zona di produzione comprende i terreni collinari la cui altitudine non sia superiore ai 500 metri sul livello del mare (eccezionalmente 600 metri s.l.m. per i terreni rivolti a sud) posti nelle province di Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo. L'areale comprende dunque l'intera fascia adriatica, la Val Pescara la valle Peligna, la valle del Tirino, la bassa valle dell'Aterno, la valle Subequana e la valle Roveto. Sottozone La denominazione comprende le sottozone: Alto Tirino: riservata al vino, anche nella tipologia riserva, proveniente dai vigneti situati nei comuni di Capestrano, Ofena e Villa Santa Lucia in provincia dell'Aquila; Casauria o Terre di Casauria: riservata al vino, anche nella tipologia riserva, proveniente dai vigneti situati nei comuni di Alanno, Bussi sul Tirino, Bolognano, Brittoli, Castiglione a Casauria, Corvara, Cugnoli, Lettomanoppello, Manoppello, Pescosansonesco, Pietranico, Popoli, Scafa, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Serramonacesca, Tocco da Casauria, Torre de' Passeri e Turrivalignani in provincia di Pescara; Teate: riservata al vino, anche nella tipologia riserva, proveniente dai vigneti situati nei comuni di Altino, Archi, Ari, Arielli, Atessa, Bomba, Bucchianico, Canosa Sannita, Casacanditella, Casalanguida, Casalincontrada, Carpineto Sinello, Casalbordino, Casoli, Castel Frentano, Chieti, Crecchio, Cupello, Fara Filiorum Petri, Filetto, Fossacesia, Francavilla al Mare, Fresagrandinaria, Frisa, Furci, Gissi, Giuliano Teatino, Guardiagrele, Lanciano, Lentella, Miglianico, Monteodorisio, Mozzagrogna, Orsogna, Ortona, Paglieta, Palmoli, Perano, Poggiofiorito, Pollutri, Ripa Teatina, Roccamontepiano, Rocca San Giovanni, San Buono, Sant'Eusanio del Sangro, San Giovanni Teatino, Santa Maria Imbaro, San Martino sulla Marrucina, San Salvo, San Vito Chietino, Scerni, Tollo, Torino di Sangro, Torrevecchia Teatina, Treglio, Vasto, Villalfonsina, Villamagna e Vacri in provincia di Chieti; Terre dei Peligni: riservata al vino, anche nella tipologia riserva, proveniente dai vigneti situati nei comuni di Bugnara, Corfinio, Introdacqua, Pacentro, Pettorano sul Gizio, Pratola Peligna, Prezza, Raiano, Roccacasale, Sulmona e Vittorito in provincia dell'Aquila; Terre dei Vestini: riservata al vino, anche nella tipologia riserva, proveniente dai vigneti situati nei comuni di Cappelle sul Tavo, Catignano, Cepagatti, Città Sant'Angelo, Civitaquana, Civitella Casanova, Collecorvino, Elice, Farindola, Loreto Aprutino, Montebello di Bertona, Montesilvano, Moscufo, Nocciano, Penne, Pescara, Pianella, Picciano, Rosciano, Spoltore e Vicoli in provincia di Pescara. La precedente sottozona Colline Teramane ha ricevuto, nel 2011, la denominazione DOCG. Produzione Stagione, volume in ettolitri 2016: 870.640 2017: 847.383 2018: 826.028 2019: 864.957 2020: 853.524 2021: 814.073 Il Consorzio di tutela A garantire il rispetto dei Disciplinari di produzione del Montepulciano d'Abruzzo rosso DOC è il Consorzio di tutela dei vini d'Abruzzo. In virtù dello statuto approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in data 4 giugno 2012, il Consorzio svolge attività di vigilanza, tutela, promozione e salvaguardia delle denominazioni DOC "Abruzzo", "Montepulciano d'Abruzzo", "Cerasuolo d'Abruzzo", "Trebbiano d'Abruzzo", "Villamagna".
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https://it.wikipedia.org/wiki/Fiumi%20d%27Italia
Fiumi d'Italia
I fiumi italiani sono generalmente più brevi rispetto a quelli delle altre regioni europee perché l'Italia è in parte una penisola lungo la quale si eleva la catena degli Appennini che divide le acque in due versanti opposti. In compenso essi sono numerosi (circa ) e danno vita, rispetto agli altri paesi europei, ad un gran numero di foci marine: ciò è dovuto alla relativa abbondanza delle piogge di cui fruisce l'Italia in generale, alla presenza della catena alpina ricca di nevai e di ghiacciai nella parte nord del Paese, alla presenza degli Appennini nel centro-sud e all'estensione costiera dell'Italia. La loro importanza (portata, lunghezza, ecc.) dipende naturalmente anche dai caratteri del suolo, cioè più precisamente dalla sua ripidità e dalla sua maggiore o minore permeabilità. Il fiume italiano più lungo situato interamente in territorio italiano è il Po, il quale scorre per lungo la Pianura Padana. Il fiume più lungo tra quelli che scorrono almeno in un tratto in Italia è invece la Drava, con i suoi 749 km. Caratteristiche dei fiumi italiani Si possono fare le seguenti considerazioni: I fiumi più larghi e di maggiore portata appartengono alla regione alpina data la disposizione e l'elevatezza del rilievo. Lungo la penisola, invece, data la disposizione della catena appenninica e il diverso declivio dei due versanti, i corsi d'acqua sui versanti adriatico e ionico percorrono brevi valli trasversali e, tranne il Reno, non superano i in lunghezza, mentre una decina appena supera i ; sul versante tirrenico invece, sono mediamente più lunghi perché i contrafforti appenninici e la fascia sub-appenninica sono più ampie. I fiumi che si versano nel Tirreno sono più lunghi anche perché per il primo tratto, seguono valli longitudinali (valli appenniniche) e corrono poi trasversali rispetto all'asse della catena, nella zona sud-appenninica. Data la collocazione delle sorgenti e il regime della piovosità locale, i fiumi d'Italia si dividono in: fiumi alpini: di origine glaciale, soggetti a piene nella stagione primaverile ed estiva perché quando fa caldo i ghiacciai si sciolgono. I laghi che frequentemente occupano le parti più depresse delle valli alpine servono a smorzare l'impeto dei fiumi e a chiarificare le loro acque torbide. Infatti, data la rapidità delle valli da cui i fiumi scendono, notevole è la velocità delle loro acque e sensibile la loro attività di erosione e di trasporto di detriti rocciosi. La decantazione è appunto il processo, per cui questo materiale viene abbandonato nei laghi di cui tali fiumi sono immissari. fiumi appenninici: soggetti a piene improvvise primaverili e autunnali per via delle piogge. Il periodo di magra è in estate accentuate nell'Appennino Settentrionale, quasi assolute in quello meridionale, fatta eccezione per alcuni corsi d'acqua (Aterno-Pescara, Sele, Volturno, Liri-Garigliano, per limitarsi a quelli che sfociano direttamente in mare, cui s'aggiungono Velino, Nera, Aniene tutti nel bacino del Tevere, ecc.) che sono alimentati da grosse sorgenti carsiche che scaturiscono al margine di zone caratterizzate da rocce permeabili fessurate. Mancano infatti sull'Appennino nevai e ghiacciai (l'unico ghiacciaio, seppur esiguo, è quello del Calderone, sul versante settentrionale del Corno Grande, nel massiccio del Gran Sasso, in Abruzzo); non sempre poi l'acqua piovana si raccoglie in alvei fluviali costituiti da terreno impermeabile, tale cioè da permettere una discreta media portata annua. I fiumi Sardi e Siciliani sono di carattere torrentizio (pieni d'acqua d'inverno e quasi secchi d'estate), ad eccezione del Tirso, Flumendosa, Coghinas e del Simeto. Elenco dei fiumi d'Italia sopra i 100 km Elenco dei fiumi italiani sopra i 10 m³/s I fiumi del versante adriatico Sfociano nel Mar Adriatico: il Po, è il più importante fiume d'Italia. È ricco di affluenti che discendono in parte dal versante meridionale della Catena alpina e in parte dal versante emiliano della Catena Appenninica. i fiumi defluenti dalle Alpi Orientali direttamente nell'Adriatico e alcuni altri che, con i primi, costituiscono il cosiddetto sistema idrografico padano-veneto, di gran lunga il più importante d'Italia. I fiumi che scendono dal versante orientale della Catena Appenninica nella zona di penisola compresa tra la Romagna e la Puglia. Il Po Il Po nasce dal Monviso, in Piemonte, e sfocia nell'Adriatico tra le province di Rovigo (Veneto) e di Ferrara (Emilia-Romagna), dopo aver percorso circa 652 chilometri e drenato un bacino di quasi , con portate medie annue dell'ordine di . Tale valore, rispetto a quello dei maggiori fiumi europei, tutti più lunghi del Po, è inferiore, per esempio, rispetto al Volga, la cui portata è circa 6 volte quella del Po, al Danubio (4 volte), al Reno e al Rodano (1,5 volte), e maggiore di quello dell'Elba, dell'Oder, della Senna e della Garonna (circa il doppio), del Tago, del Duero e dell'Ebro (circa il triplo), della Loira e la Mosa (4 volte tanto). Tra i fiumi la cui portata è pressoché uguale figurano la Vistola, la Pečora e la Dvina Settentrionale. In effetti il Po, a fronte di un percorso relativamente breve su scala continentale, drena un bacino relativamente vasto e, soprattutto, impostato su territori montani relativamente elevati con presenza anche di cospicui ghiacciai che ne assicurano una buona alimentazione estiva (la parte delle Alpi, di cui drena almeno metà del versante mediterraneo; molto più marginalmente l'Appennino settentrionale che offre il suo tributo prevalente con le piogge autunnali e primaverili). In ragione di ciò l'afflusso da sinistra è più regolare, mentre quello di destra varia su base stagionale; il corso medio-inferiore del Po è protetto da dighe e argini, talora in duplice e triplice ordine, al fine di preservare da inondazioni le campagne circostanti. Fra i fiumi d'Italia che sfociano direttamente in mare è quello che ha il rapporto fra superficie di bacino e lunghezza maggiore, pari a , ovvero due volte e mezza quanto il Tevere, che in tale classifica lo segue immediatamente; terzo è l'Arno, meno di un terzo del valore del Po; solo il Sele, peraltro assai più corto degli altri, ha un rapporto di oltre . Il Po ha una larghezza massima di circa 800 metri e una profondità media tra i due e i quattro metri tra Saluzzo fino alla confluenza con il Ticino; da lì alla foce raggiunge anche i 9-10 metri di profondità. A circa dal mare Adriatico si stacca il primo ramo del suo delta, il Po di Volano; a seguire vengono gli altri cinque grandi canali in cui il delta si sviluppa, il Po di Maestra, il Po di Pila, il Po di Tolle, il Po di Gnocca e il Po di Goro. Quest'ultimo segna il confine effettivo tra Veneto ed Emilia-Romagna. Il fiume convoglia grandi quantità di sabbia per erosione; ciò porta alla formazione di banchi e isole instabili, visibili nel delta, e che furono all'origine della pianura padana (un esempio simile si ha poco distante con Ravenna, il cui centro storico si trovava in antichità sul mare e oggi, per via dei detriti trasportati nell'Adriatico dai fiumi romagnoli Montone e Ronco, si trova a circa nell'entroterra). A causa di questi fenomeni sabbiosi la navigazione fluviale è fortemente limitata; in effetti il Po è percorribile da imbarcazioni di media grandezza solo tra l'inizio della foce fino all'altezza di Pavia. Il rapporto tra portate massime e minime assolute è di circa 60 (la sua portata di picco fu dai circa durante l'alluvione del Polesine ai durante l'estate del 2003), che caratterizzano il Po come fiume a regime quasi torrentizio: in Italia vi sono fiumi la cui portata è più regolare, quali per esempio il Nera, principale affluente del Tevere, il cui analogo rapporto è di circa 20, il Velino, circa 5, il Mincio, affluente del Po stesso, circa 4 volte. Il tratto finale del Po scorre in argini pensili, vale a dire che il letto si trova a una quota più elevata rispetto alla pianura circostante; questo ha portato spesso a fenomeni di esondazione del fiume in occasione di piogge di eccezionale portata, tra cui si cita l'alluvione che avvenne in Polesine nel novembre del 1951. I fiumi del Triveneto Attraverso il prolungamento veneto della Pianura Padana scorrono (in senso orario): il Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, il cui bacino di scolo è di importanza fondamentale per la bonifica idraulica delle Valli Grandi Veronesi, di parte della bassa mantovana e dell'alto e medio Polesine. Nasce da numerose risorgive in provincia di Verona e gran parte del suo tratto è stato modificato sia per motivi di riassesto idrologico sia per motivi di navigazione. l'Adige, lungo circa , è il secondo fiume d'Italia per lunghezza, ma il terzo per superficie di bacino (). Nasce presso il Passo di Resia. Lungo il suo corso tocca Merano (Val Venosta), qui riceve il Passirio. Poco dopo giunge a Bolzano, dove raccoglie le acque dell'Isarco (il quale ne incrementa la portata più del doppio), che nasce dal Passo del Brennero e che a sua volta riceve, a Bressanone, la Rienza, la quale, drenando una delle sezioni più elevate e ricche d'acqua delle Alpi, gli versa oltre i 4/5 della portata. Poco prima di Trento confluiscono nell'Adige: sulla destra, il torrente Noce, che percorre la Val di Sole e la Val di Non; sulla sinistra, il torrente Avisio, che nasce dalla Marmolada. Giunto a Trento riceve da sinistra il Fersina, Entra quindi in Val Lagarina e giunto a Rovereto riceve sempre da sinistra il Leno, sbocca quindi in pianura bagnando Verona e nell'ultimo tratto scorre paralleno al Po fino alla foce nei pressi di Chioggia. Ha un regime prevalentemente alpino con magre invernali, piene primaverili ed autunnali e morbide assai cospicue in estate, soprattutto in conseguenza del forte tributo della Rienza, attraverso l'Isarco e nel Noce. il Brenta nasce nell'alta Valsugana dai laghi di Caldonazzo e di Levico. Scorre in una valle nella maggior parte profonda e stretta (Canale di Brenta), ricevendo il tributo del fiume Cismòn (che scende dal Passo Rolle, drena il Cimon della Pala, le Pale di San Martino e ne raddoppia la portata); scorre tra il Grappa e l'Altopiano di Asiago, ricevendo anche il forte tributo idrico () dal fiume Oliero, fino a Bassano; di qui scende fin presso Padova e, dopo aver ricevuto il Bacchiglione, si dirige verso il mar Adriatico dove sfocia, a pochi chilometri da Chioggia. le sue portate nel basso corso sono copiose e superiori anche a quelle di fiumi più lunghi, come il Tagliamento, soprattutto per merito del tributo regolare del Bacchiglione (in pratica un fiume di risorgiva) e delle altre risorgive carsiche che emunge al piede dell'Altopiano di Asiago (o dei Sette Comuni). il Sile, tipico fiume di risorgiva (come il Dese, lo Zero, lo Stella, ecc.), sviluppa il suo tortuosissimo corso di completamente in pianura, fra la gigantesca risorgiva che lo origina presso le località di Casacorba, in provincia di Treviso(è la maggiore sorgente italiana, con una portata, pressoché costante, di circa ) e la foce nella Laguna di Venezia, in parte mescolando le proprie acque con quelle del Piave. il Piave nasce dalle Alpi Carniche (Monte Peralba) in comune di Sappada (UD) e riceve le acque di alcuni torrenti che scendono dalle Dolomiti (Boite, Maè, Cordevole, Vajont, ecc.). Bagna Belluno e, dopo aver attraversato la pianura trevigiana si getta nel mar Adriatico. Mentre un tempo sfociava nell'antico porto di Jesolo, al margine orientale della laguna veneta, attualmente la sua foce (porto di Cortellazzo) è stata spostata di una decina di chilometri più ad oriente, in seguito all'accumularsi di detriti trasportati dalle sue acque. Il suo bacino imbrifero è relativamente piccolo (con è solo il 14º per grandezza in Italia) in rapporto alla lunghezza che ne fa il 9º fiume italiano. Le portate medie alla foce sono di oltre ma con regime molto irregolare con piene imponenti (anche ) e minimi inferiori a quelli di fiumi veneti assai più brevi, quali Brenta e Livenza. la Livenza nasce nelle vicinanze di Polcenigo, in provincia di Pordenone, da due grosse risorgive carsiche (Il Gorgazzo e La Santissima), poste al piede delle prealpi Carniche (massiccio del Cavallo, altopiano del Cansiglio e Piancavallo). Dopo un corso molto sinuoso in una pianura ricca d'acqua, si getta nell'Adriatico (nella piccola laguna di Santa Margherita) presso Càorle con portate minime che non scendono mai sotto i . Fra i suoi affluenti merita menzione il sistema Cellina-Meduna, a carattere eminentemente torrentizio, con piene che possono superare addirittura i . il Tagliamento nasce nelle Alpi Carniche. Scorre dapprima rapido in una valle dirupata e poi nella conca di Tolmezzo riceve le acque provenienti dal passo di Monte Croce Carnico e dal Canal del Ferro il (torrente Fella); il letto del Tagliamento, per quasi tutto il tratto successivo è larghissimo (anche ), poiché si divide in vari rami separati fra di loro da isole ghiaiose, sommerse solo nel tempo delle piene, che sono assolutamente rovinose con portate che possono raggiungere anche i come nel novembre 1966. l'Isonzo nasce dalle Alpi Giulie in Slovenia, passa presso Gorizia e sbocca a Punta Sdobba, presso Monfalcone. Dapprima percorre una valle selvaggia e boscosa, la quale si allarga dopo Caporetto, per restringersi nuovamente nel tratto che conduce a Gorizia, ai bordi del corso. Da sinistra (Alpi Giulie) riceve il Vipacco e da destra il Torre (che a sua volta riceve le acque dello Iudrio alimentato anche dal fiume Versa) con il sub-affluente Natisone e, nei pressi di Gorizia, il torrente Piumizza e il torrente Groina. Ha regime sì torrentizio, ma le portate minime non scendono mai sotto i (ciò grazie all'alimentazione carsica anche subalvea che ne caratterizza il suo alto bacino, peraltro anche soggetto ad elevatissima piovosità) mentre le massime possono superare anche i ; le portate medie () sono superiori a quelle di qualsiasi altro fiume veneto, friulano o tridentino, escluso l'Adige e ne fanno uno dei fiumi più ricchi d'acqua della Penisola. il Timavo, dal corso apparentemente brevissimo (circa ), nasce in Slovenia sulle pendici del Monte Nevoso. Presso le Grotte di San Canziano (sempre in Slovenia) il corso del fiume scompare sotto terra, per riaffiorare come risorgiva al confine tra le province di Trieste e ((Gorizia)), in località San Giovanni di Duino; qui poi procede verso il mare per l'ultimissimo tratto; La risorgiva è considerata una delle maggiori risorgive italiane ( di portata minima). I fiumi del versante orientale degli Appennini I fiumi, che dal versante orientale dell'Appennino scendono all'Adriatico, sono in genere brevi e tranne il Reno nessuno supera i di corso. In genere sono anche scarsi d'acqua nella stagione estiva (ad eccezione solo dell'Aterno-Pescara che è l'unico fiume a sud del Po ad avere portate minime estive alla foce superiori a ), ma soggetti a piene violente in primavera e in autunno. Scorrono inoltre per la maggior parte paralleli tra di loro con andamento delle valli perpendicolare alla costa (sempre ad eccezione del Reno e lo stesso Aterno-Pescara che disegnano infatti una sorta di 'L'). I principali sono: il Reno che nasce dal massiccio de Le Lari (Appennino Pistoiese) e sfocia nell'Adriatico tra Ravenna e le Valli di Comacchio. Un tempo si congiungeva con il Po; attualmente, a metà circa del suo corso, devia verso sud-est e si dirige verso il mare scorrendo nell'antico alveo del Po di Primaro e raccogliendo le acque dell'Idice, del Sillaro, del Santerno e del Senio. È di gran lunga il maggiore per lunghezza (), superficie di bacino () e portata media annua ( alla foce) dei fiumi che sversano in Adriatico a sud del Po, anche se in estate la sua portata alla foce si riduce drasticamente ben al di sotto dei . il Lamone che nasce dalla Colla di Casaglia, sull'Alpe di San Benedetto e termina il suo corso in una cassa di colmata presso Ravenna che lo mette poi in comunicazione col mare Adriatico presso Marina Romea, nella Pineta di San Vitale; il Fiumi Uniti, si forma nei pressi della periferia di Ravenna dalla confluenza dei fiumi Ronco e Montone che scendono dall'Appennino Romagnolo: rispettivamente il primo dal Passo del Muraglione ed il secondo dall'unione, a sua volta, del Rabbi, che scende dall'Alpe di San Benedetto, e del Bidente che sua volta si forma da tre rami distinti (di cui uno proviene dal Monte Falterona) presso Santa Sofia. il Savio, che nasce da vari rami presso il Monte Fumaiolo, e che dopo un corso lungo (risultando così il fiume più lungo della Romagna) sfocia nell'Adriatico presso Lido di Classe. il Marecchia nasce dal Monte Fumaiolo e sfocia a Rimini, dove il fiume è incanalato e forma il porto della città stessa. il Metauro, fiume principale della regione Marche, è alimentato dai torrenti Meta e Auro, i quali scendono dalla Bocca Trabaria e dalla Bocca Serriola e soprattutto il suo affluente Candigliano. All'altezza di Calcinelli e Cerbara (Piagge) forma il canale Albani, che rifornisce d'acqua la città di Fano, città dove esso sfocia. il Cesano, fiume che segna lo storico confine tra le province di Pesaro e Urbino e Ancona, che nasce sul Monte Catria e sfocia a Senigallia. l'Esino nasce dall'appennino Umbro-marchigiano e, dopo un percorso di , sfocia poco a nord di Ancona. Fra tutti i fiumi marchigiani è sicuramente quello col regime idrografico più regolare con portata media di e con minime non inferiori ai . Il suo principale affluente, il Sentino è il fiume che nel corso dei secoli ha formato tramite la sua erosione le famose grotte di Frasassi; altri affluenti degni di nota sono il fiume Giano, il torrente Esinante, il torrente Granita e il torrente Triponzo. il Potenza nasce nel Comune di Fiuminata dal Monte Vermenone e dopo un percorso di , sfocia a Porto Recanati. il Chienti nasce nell'appennino Umbro-Marchigiano e sfocia in mare presso Civitanova Marche dopo aver bagnato le cittadine di Camerino, Tolentino e Macerata. La sua valle è percorsa dalla superstrada Civitanova-Foligno denominata proprio della valdichienti. l'Ete morto, affluente del Chienti che attraversa vari comuni della provincia di Fermo e della provincia di Macerata il Tenna, principale fiume della provincia di Fermo che nasce nel comune di Montefortino e percorre tutta la Val Tenna per poi sfociare, dopo , a Porto Sant'Elpidio nel Mare Adriatico. I suoi affluenti sono i torrenti Ambro, Tennacola e Salino. l'Ete vivo, nasce al confine tra i comuni di Santa Vittoria in Matenano e Montelparo e nel suo percorso di circa sfocia in località Santa Maria a Mare di Porto San Giorgio. il Tronto, secondo fiume delle Marche, nasce sui Monti della Laga e lungo il suo corso bagna Ascoli Piceno. Sfocia tra Porto d'Ascoli di San Benedetto del Tronto e Martinsicuro e costituisce il confine fra le regioni Marche ed Abruzzo. Tra gli affluenti ha il Torrente Castellano. il torrente Vibrata, il quale nasce nei pressi della Montagna dei Fiori e sfocia nell'Adriatico tra le località costiere di Villa Rosa e Alba Adriatica. il Salinello nasce dal Monte Panaccio e sfocia fra Tortoreto e Giulianova, per una lunghezza di circa . il Tordino nasce da Monte Gorzano, la montagna più alta della catena dei Monti della Laga. Il suo affluente principale è il torrente Vezzola. I due fiumi cingono il centro storico di Teramo per poi incontrarsi subito a valle della città. Sfocia a sud di Giulianova ed è lungo circa . il fiume Vomano nasce dal Monte San Franco, sul versante aquilano del Gran Sasso d'Italia, e sfocia nell'Adriatico tra le località costiere di Roseto degli Abruzzi e la frazione Scerne di Pineto. il fiume Piomba nasce dal Monte Giove e sfocia nell'Adriatico tra le località costiere di Silvi e Città Sant'Angelo. il Saline che ha origine dall'unione dei fiumi Fino (affluente di sinistra) e Tavo (affluente di destra) e sfocia nell'Adriatico tra le località di Città Sant'Angelo e Montesilvano. l'Aterno-Pescara, fiume principale d'Abruzzo, ha origine con il nome Aterno dai Monti dell'Alto Aterno presso Montereale. Scorre prima tra selvagge montagne e poi nella piana ubertosa dell'Aquila fino alla Conca Peligna; unendosi al torrente Pescara, raccogliendo le acque di numerosi affluenti — tra cui il Tirino — attraversa con il nome di Pescara l'omonima valle toccando Chieti e sfocia nel mare là dove sorge la città di Pescara. Ha regime assai regolare e portata minima e media di gran lunga maggiore () fra i fiumi che sfociano in Adriatico a sud del Po. il Sangro, secondo fiume dell'Abruzzo, nasce sui monti che circondano a sud la Conca Marsicana e scorre quasi sempre lungo l'omonima valle alpestre e ristretta aprendosi un letto più ampio solo nel tratto medio ed inferiore. il Biferno, principale fiume del Molise, nasce dai monti del Matese (Appennino Molisano) e sfocia presso Termoli nel Mare Adriatico. il Fortore, formato da diversi rami che scendono dall'Appennino campano, separa il Molise dalla Puglia. il Cervaro, sorge nei monti della Daunia tra Puglia e Campania, percorre poi l'omonima valle impervia e boscosa, penetrando infine nel Tavoliere delle Puglie. Ha due foci: una naturale nel lago Salso, l'altra artificiale (Cervaro Nuovo) nel golfo di Manfredonia. l'Ofanto, principale fiume della Puglia nasce dai monti dell'Irpinia da dove hanno origine anche i fiumi Sele e Calore del versante tirrenico. Ha regime spiccatamente torrentizio con acque abbastanza scarse e melmose e andamento serpeggiante nell'ultimo tratto. Separa il Tavoliere dal calcareo altopiano delle Murge, ove i fiumi mancano. I fiumi del versante ionico Sfociano nel Mar Ionio vanno soggetti ad impetuose piene invernali, aggravate dal fatto che l'Appennino Lucano, da cui discendono, è scarsamente coperto di vegetazione. Data la rilevante quantità di detriti trasportati in tali periodi e la scarsa pendenza d'una gran parte del loro corso, questi fiumi finiscono per diventare acquitrinosi creando zone malsane. Tra questi fiumi si ricordano: il Bradano, principale fiume della Basilicata per estensione di bacino, che nasce poco a sud del Monte Vulture e sfocia nel Golfo di Taranto presso l'antica colonia greca di Metaponto. il Basento, il fiume più lungo della Basilicata, che ha le sue sorgenti presso Potenza; sfocia esso pure nella piana di Metaponto l'Agri nasce dal Monte Volturino e scende nel Golfo di Taranto, scorrendo in un alveo ghiaioso e sinuoso. È il principale corso d'acqua della Basilicata per portata d'acqua. il Sinni nasce dal Monte di Papa (o Sirino) il Crati, principale fiume della Calabria, che discende dalla Sila raggiungendo la piana di Sibari; in essa raccoglie anche le acque che scendono dal monte Pollino. il Neto, secondo fiume della Calabria, proveniente anch'esso dalla Sila. I fiumi del versante ligure - nord tirreno Sono generalmente caratterizzati da un regime torrentizio con accentuatissime magre estive (per i fiumi calabresi avvengono addirittura vere e proprie secche); questo regime interessa anche corsi d'acqua lunghi e importanti come l'Arno e l'Ombrone Grossetano, che in estate presso le foci scaricano valori modestissimi di portata rispettivamente di e . A questo regime sfuggono invece alcuni corsi d'acqua dell'Italia centro-meridionale come il Tevere con alcuni suoi affluenti e sub affluenti come il Nera, il Velino e l'Aniene; il Liri-Garigliano, il Volturno, il Sele con il suo affluente Tanagro e pochi altri, in quanto alimentati da grosse sorgenti carsiche talvolta subalvee che scaturiscono ai piedi di massicci calcarei che caratterizzano ad esempio la Sabina, il Matese, il Cilento, ecc.; sfuggono alla regola (anche se solo in parte) i fiumi Magra e Serchio, non tanto per l'alimentazione carsica (che ha molta meno importanza rispetto ai fiumi del centro-sud), ma per la collocazione dei loro bacini (specie quello del Serchio), su territori montani ad elevatissima piovosità anche nel periodo estivo (Alpi Apuane, Appennino Tosco-Emiliano) in quanto soggetti l'influenza del Mar Tirreno da ovest, fornitore di forti correnti umide. I fiumi tirrenici sono quelli con il corso più lungo e i bacini più estesi del centro Italia, (anche rispetto a quelli peninsulari del versante adriatico), ma nessuno di essi (Arno e Tevere a parte) supera i di corso, né vi s'avvicina. Solo tre di essi (Volturno, Ombrone Grossetano e Liri-Garigliano), superano i . L'Arno presenta un corso più lungo della media perché la prima parte di esso compie un giro quasi completo attorno al massiccio appenninico del Pratomagno prima di assumere la direzione prevalente est-ovest verso il mare. Il Tevere invece, ha un andamento prevalentemente longitudinale rispetto alla penisola e questo gli consente di drenare un bacino assai più vasto di tutti gli altri fiumi peninsulari, con tributi sia da destra (a carattere torrentizio), sia da sinistra (a prevalente carattere carsico, quindi assai più regolare), il che gli fornisce una certa copiosità delle portate minime. Ancor più torrentizi sono i fiumi del versante ligure, a causa anche dell'estrema brevità del loro corso dovuta allo spartiacque molto prossimo alla costa. Anche in questo caso sono pochissime le eccezioni: il Roia (il cui corso di tuttavia si sviluppa per gran parte in territorio francese), la Magra (il maggiore fiume per portata media e minima sfociante in Liguria, che scorre però per gran parte in Toscana) e il Vara (principale affluente della Magra, che con quasi di corso è il fiume più lungo interamente ligure); questi ultimi inoltre sono gli unici corsi d'acqua della regione che non seccano in estate. I principali fiumi del versante ligure-tirrenico sono: il Roia, che origina presso il Colle di Tenda; nasce in Francia, dopo aver percorso un'angusta valle entra in Italia, si getta nel Mar Ligure a Ventimiglia dopo di corso. l'Arroscia, che dopo un corso di circa sfocia ad Albenga, mutando nel tratto finale, dopo la confluenza col Neva, il suo nome in Centa. i torrenti Polcevera e Bisagno, che racchiudono la città di Genova. In particolare, il Polcevera nasce presso il Passo dei Giovi e scorre in una valle importante, in quanto lungo essa discendono la strada e la linea ferroviaria che mettono in comunicazione la Pianura Padana con Genova. il Lavagna, proveniente dal Passo dello Scoffera, che sfocia presso Chiavari con il nome di Entella. Il suo nome ci ricorda il noto materiale roccioso, che si estrae dalle montagne circostanti col quale si fabbricano le lavagne didattiche. la Magra, che nasce e scorre per gran parte in Toscana dal Passo della Cisa e raccoglie le acque del Vara, il quale scende dal Monte Penna, sfociando poi in Liguria presso Sarzana nel Mar Ligure. il Frigido, breve ma copioso fiume che nasce dalle Alpi Apuane e sfocia nel Mar Ligure presso la città di Massa (Italia). il Carrione, piccolo corso d'acqua perenne che bagna la città di Carrara, esondato violentemente nel settembre 2003 durante l'alluvione che ha colpito la città causando anche alcune vittime. il Serchio, fiume che separa le Alpi Apuane dall'Appennino. Nel suo tratto superiore scorre lungo la valle Garfagnana dove raccoglie le copiose acque che discendono dal Passo dell'Abetone per poi percorre la piana di Lucca e sfociare nel Tirreno. l'Arno che è, per estensione del suo bacino idrografico, il 5º dei fiumi d'Italia ed è lungo . Nasce dal Falterona, percorre la Valle del Casentino, risale quindi, tra il gruppo del Pratomagno e le colline del Chianti, verso Firenze. Prima di questa città confluisce in esso il Sieve, che dalla Futa scende lungo il Mugello. Dopo Firenze, sempre dalla destra, riceve le acque del Bisenzio; e dalla sinistra quelle dell'Elsa e dell'Era, ambedue defluenti delle Colline Metallifere. Bagna Pisa lungo il suo ultimo tratto. È un fiume che, a dispetto della sua lunghezza e soprattutto alla sua estensione di bacino, ha un regime estremamente torrentizio. La valle percorsa dall'Arno viene divisa in tronchi così chiamati: Valdarno casentinese, aretino, superiore, fiorentino, inferiore e pisano, a seconda della zona percorsa. I versanti da cui scendono i suoi affluenti e le conche che si allagano lungo il suo corso sono ubertose, ricche di coltivazioni e di centri popolosi agricoli ed industriali. il Cecina che nasce dalle Colline Metallifere e si versa nel Mar Tirreno a Bocca di Cecina, a metà circa tra Livorno e Piombino. l'Ombrone che nasce dai monti del Chianti, attraversa la Maremma e sfocia nel Tirreno presso Grosseto. 2º fiume della Toscana per lunghezza, ha regime ancor più torrentizio dell'Arno. l'Albegna che nasce dal Monte Aquilaia e sfocia nel Mar Tirreno presso Albinia. il Chiarone, breve corso d'acqua a carattere torrentizio che, nel suo ultimo tratto fino alla foce, segna il confine tra Toscana e Lazio. il Fiora, le cui sorgenti si trovano sul Monte Amiata, attraversa la Toscana meridionale ed entra nel territorio laziale dove sfocia a valle di Montalto di Castro. Il bacino del Tevere Maggior fiume dell'Italia Peninsulare, nasce dal Monte Fumaiolo a di altezza. È, con di corso il 3º fiume della penisola per lunghezza dopo Po e Adige risultando però il 2º per ampiezza di bacino dopo il Po e ancora il 3º per volume d'acque dopo Po e Ticino. Il suo corso si snoda lungo i territori di ben quattro regioni italiane: Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Lazio. Le sue acque, giallastre e limacciose, sono abbondanti tutto l'anno grazie al notevole apporto sorgivo fornito dal suo affluente Nera. Le piene del Tevere, data la notevole portata dei suoi numerosi affluenti, sono molto imponenti: si verificano di solito in autunno a causa delle precipitazioni, giungendo talvolta a livelli anche di di altezza presso Roma. La sua sorgente si trova in Emilia-Romagna ma il fiume entra quasi subito in Toscana per alcuni chilometri. Entra poi in Umbria percorrendo la Valle Tiberina. Poco dopo essere entrato nel territorio umbro riceve le acque del Chiascio a Bastia Umbra. Il fiume Chiascio ha solo affluente di rilievo, il Topino, che con una lunghezza di 77 km è lungo quanto il Chiascio stesso (). Il Tevere dopo aver raccolto le acque del torrente Puglia presso Collepepe, a Marsciano riceve le acque del Nestore, che sviluppa il proprio corso nell'Umbria centrale con una lunghezza di . I maggiori affluenti sono il Genna, il Caina e il Fersinone. Pochi chilometri prima di Todi riceve il torrente Faena ed il torrente Rio; poco oltre la stessa Todi riceve invece il torrente Naia. Ad Orvieto riceve le acque del fiume Paglia, che scende dal monte Amiata. Presso Orte, da sinistra, discende nel Tevere il Nera, che a sua volta ha ricevuto le acque del Velino alimentato da seconda maggiore sorgente carsica italiana (la prima è costituita dalla risorgiva del Fiume Sile, in Veneto), detta Sorgente del Peschiera che sgorga poco a valle di Antrodoco, in sinistra idraulica, quasi subalvea, con l'enorme portata minima di ; Il Velino, prima di gettarsi nel Nera, poco sopra l'importante centro di Terni, precipita dalla sua vallata con un balzo di , formando la Cascata delle Marmore. Il Nera fornisce il 50% della portata del Tevere e in estate non scende mai sotto i , di cui almeno 30 sono dovuti al Velino. Prima di giungere a Roma, il Tevere riceve ancora da destra il Treja e da sinistra l'Aniene (o Teverone), le cui acque formano presso Tivoli una famosa cascata dell'altezza di . Dopo aver attraversato per circa una trentina di chilometri la Campagna Romana, si divide in due bracci: uno (il vero alveo) sfocia a Ostia, l'altro a Fiumicino (ed è un canale artificiale); tra i due bracci è compresa l'Isola Sacra. Le bocche, come quelle dell'Arno, sono alquanto ostruite dalle sabbie, trasportate dal fiume. I fiumi della penisola sul versante sud Tirreno il Liri-Garigliano, coi suoi ed un bacino imbrifero di , è uno dei principali fiumi del centro-sud e abbonda di acque in ogni stagione (la sua portata media alla foce è seconda solo a quella del Tevere, attestandosi ad oltre ); ha origine con il nome di Liri ad ovest della Conca Marsicana, donde viene alimentato attraverso un condotto sotterraneo. Deriva le sue acque da quelle del Liri e del Gari riunite insieme. Scorre dapprima in una valle ristretta, che prende il nome di Roveto; forma dopo Sora due belle cascate; dopo la confluenza col Sacco, che proviene dalle alture di Palestrina, scorre in un'ampia conca tra l'appennino e l'antiappennino (Monti Ausoni e Monti Aurunci); quindi riceve le acque del Gari, che discende dalla valle di Cassino i due fiumi si uniscono presso la località Giunture nel territorio di Sant'Apollinare, località che prende il nome dalla confluenza del fiume. Con il nome di Garigliano, il fiume si apre poi la via tra i Monti Aurunci ed il cono vulcanico di Roccamonfina, per sboccare nel Golfo di Gaeta. il Volturno, lungo e con un bacino imbrifero di , è il maggiore fiume della Campania e del sud-Italia per lunghezza, superficie di bacino e portata, e il suo maggior tributario è il Calore Irpino, a sua volta alimentato perennemente dal Tammaro che dà al Volturno una portata perenne. Nasce presso il Passo di Rionero tra la Meta ed il Matese. Dopo aver ricevuto le acque del Calore Irpino, attraversa la valle vicina alle Localizzazione delle Forche Caudine e poi la piana di Capua prima di gettarsi nel Golfo di Gaeta. il Sele nasce presso la sella di Conza. Parte delle acque della sua grande sorgente carsica (Caposele, con portate prossime ai ) alimentano l'Acquedotto Pugliese. Nel Sele confluiscono le acque del Tanagro, che scaturiscono dal Monte di Papa (Appennino Lucano); il Tanagro ha un corso più lungo del suo collettore, separa l'appennino Lucano dal massiccio del Cilento, scorrendo nel lungo solco pianeggiante detto Vallo di Diano. Il Sele sbocca nel mare del Golfo di Salerno, dopo aver attraversato una pianura costiera di origine alluvionale, molto ricca e popolata già dall'antichità (essa prende il nome dall'antica ed opulenta città di Pesto (Paestum), i ruderi della quale si possono vedere precorrendo in treno la linea ferroviaria Napoli-Reggio Calabria). Seppur breve (appena una sessantina di chilometri) il Sele è il 2º fiume del sud-Italia per volume d'acqua dopo il Volturno con quasi di portata media annua. l'Alento, il Mingardo, il Lambro e il Bussento brevissimi fiumi campani che nascono dal Cilento e sfociano nel Tirreno. Essi sono da citare più che altro per la loro portata, che è abbastanza consistente se messa in relazione ai modesti bacini di raccolta, e per alcune loro interessanti particolarità fisiche e naturalistiche. Il Bussento, in particolare, è degno di nota perché interessato da un importante fenomeno carsico che lo porta a sparire in un'imponente grotta nei pressi di Caselle in Pittari per poi riemergere, dopo un percorso sotterraneo di circa , da un'imponente parete rocciosa a picco nel comune di Morigerati. Dal versante tirrenico calabro-lucano non scendono corsi d'acqua importanti ad esclusione del fiume Noce-Castrocucco proveniente dal Monte Sirino e soprattutto del Lao, , che raccoglie le copiose acque provenienti dal massiccio del Pollino e sfocia nel Tirreno presso Scalea risultando il maggior fiume della Calabria tirrenica per portata media alla foce; per il resto gli altri corsi d'acqua hanno regimi stagionali e sono spesso definite fiumare, mostrando le stesse caratteristiche di quelle lucane e, nei periodi in cui sono asciutte, servono anche come vie di comunicazione (mulattiere). I fiumi insulari I fiumi di Sicilia In Sicilia i corsi d'acqua assomigliano più che altro a dei grossi torrenti piuttosto che a veri e propri fiumi, alcuni in un certo senso classificati come fiumare, tipiche della Calabria. Molta della loro acqua scorre spesso sotto la superficie ghiaiosa del loro letto. Tra i più importanti si ricordano: l'Imera Meridionale o Salso, il fiume più lungo della Sicilia che si getta nel Mar Mediterraneo a Licata, dopo aver attraversato da nord a sud quasi tutta l'isola, discendendo dalle Madonie fino a Caltanissetta, tra montagne ricche di zolfo e salgemma. Nonostante l'ampiezza del suo bacino con appena di portata presso la foce è un fiume poverissimo di acque. il Simeto, che è il maggiore corso d'acqua della Sicilia per superficie di bacino imbrifero () e portata d'acqua media alla foce (), e che dopo avere drenato anche il versante occidentale dell'Etna e formato la maggiore pianura sicula, si getta nel Mar Ionio. il Platani, fiume della Sicilia centro-occidentale dal regime spiccatamente torrentizio, il 3º della regione per portata. il Belice, costituito da due bracci che si uniscono a metà percorso, scorre nella Sicilia occidentale e viene alimentato - dalla parte del Belice Destro - dalle acque del lago di Piana degli Albanesi, in una località montuosa in provincia di Palermo. Sfocia al mare nel Canale di Sicilia tra i ruderi di Selinunte. l'Alcantara, che seppur breve, mostra la 2º più alta portata media d'acque della regione dopo il Simeto e una regolarità di regime sconosciuta agli altri corsi d'acqua siculi. il Gela, un tempo navigabile, che viene deviato in ben due grandi dighe (Disueri e Cimia) e la cui portata è per questo molto ridotta. I fiumi di Sardegna In Sardegna i fiumi più importanti sono il Coghinas che discende al Golfo dell'Asinara, raccogliendo le acque defluenti dall'altopiano di Buddusò. Lungo il suo corso sono stati eretti potenti sbarramenti, che formano bacini artificiali di raccolta delle acque, ossia notevoli riserve idriche utilizzate per l'irrigazione e la produzione di energia elettrica. il Riu Mannu sfocia pure nel Golfo dell'Asinara, dopo aver attraversato la Piana di Sassari. Sulla sua foce sorge Porto Torres, la principale città portuale della Provincia di Sassari. il Cedrino sfocia nel Mar Tirreno ed origina dalla maggiore sorgente perenne sarda, quella carsica di Su Gologone, con portata minima assoluta di e portata massima di . il Tirso, principale fiume dell'isola per lunghezza e bacino, raccoglie le acque che scendono, verso sud-ovest, dall'altopiano di Buddusò e dal Gennargentu. Anche lungo il suo corso è presente un notevole bacino artificiale (il Lago Omodeo), costruito mediante un'imponente diga. Sfocia presso Oristano al limite nord occidentale del Campidano. il Flumini Mannu (dal latino flumen magnum, grande fiume) scende dal Gennargentu, lungo il Campidano, fino a Cagliari. il Flumendosa scende da Gennargentu e sfocia nel Tirreno. 2º fiume dell'isola per lunghezza dopo il Tirso è invece il maggiore per portata d'acqua media alla foce (). il Temo che sbocca sulla costa occidentale a Bosa Marina nella zona compresa fra Alghero e Oristano Il Cixerri è un fiume a carattere torrentizio che scorre in Sardegna meridionale, attraversando le provincie di Cagliari e di Carbonia-Iglesias. Il suo corso è lungo circa . I fiumi del Mar Nero La Drava (oltre al suo affluente Rio Sesto) nasce nei pressi di Dobbiaco (Toblach) in Alto Adige, entra in territorio austriaco, è affluente di destra del Danubio. Il fiume misura 749 chilometri: questa estensione lo rende il maggiore fiume che nasce in Italia e il più lungo tra quelli che scorrono almeno parzialmente su territorio italiano. È il quarto affluente del Danubio per lunghezza, dopo Tibisco, Prut e Sava. Il suo bacino idrografico copre un'area superiore agli che si estende su 5 stati e la sua portata media alla foce è di . L'Aqua Granda nasce dalla Forcola di Livigno, si getta nel Lago del Gallo, entra in Svizzera prima di affluire nell'Eno e quindi nel Danubio, costituendo così, nel suo complesso, il più lungo bacino idrico che nasce in territorio politicamente appartenente all'Italia. Lo Slizza alimentato anche dal suo affluente Bartolo, nasce presso Tarvisio, entra in Austria e da qui nella sopracitata Drava. Il fiume del Mare del Nord Il Reno di Lei nasce in Val di Lei in Provincia di Sondrio, alimenta un lago artificiale, entra in Svizzera in corrispondenza di una diga per un tratto di pochi metri, ritorna brevemente in Italia, rientra definitivamente nello Stato elvetico dove sbocca nel Reno. Complessivamente se al tratto italiano si somma il fiume Reno dalla sua confluenza alla foce, è il secondo bacino idrico, in ordine di lunghezza tra quelli che nascono in territorio appartenente alla Repubblica Italiana. Grafo dei fiumi italiani Si tratta di una strutturazione ad albero dei fiumi italiani per cui vengono riportati i fiumi in base al mare in cui sfociano indicando i relativi affluenti come rami secondari dell'albero.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Manoppello
Manoppello
Manoppello (Manuppèllë in abruzzese) è un comune italiano di abitanti in provincia di Pescara in Abruzzo. Faceva parte della comunità montana della Maiella e del Morrone. Nel territorio è presente il santuario che custodisce la reliquia religiosa del Volto Santo. Origini del nome L'origine del nome del paese deriva forse dal "manoppio", cioè la quantità di grano che può essere contenuta tra le braccia, cioè il covone, simbolo che ritroviamo nello stemma del paese. Tutto ciò conferma l'origine del nome Manoppello che si deve dall'unione delle parole latine manus e plere cioè "mano piena". Il covone di grano indica la fertilità della terra, che in epoche passate, soprattutto in epoca romana, garantiva prosperità e abbondanza di raccolti. Storia L'insediamento romano L'attuale centro storico del paese sorge sulle rovine di un'antica città romana, a riprova di ciò il territorio è oggetto di numerosi ritrovamenti di reperti archeologici conservati presso il museo archeologico nazionale d'Abruzzo di Chieti, molti dei quali rinvenuti nella zona oggi denominata Valle Romana. Tra i ritrovamenti più importanti c'è da segnalare una villa patrizia romana (località Arabona) con mosaici ancora intatti, recentemente restaurata e riaperta alla fruizione del pubblico. Medioevo Nel XII secolo fu costruito il monastero di San Pietro in Vallebona, che sopravvisse fino al XVII secolo. Un documento riguardante la fondazione del nuovo castrum longobardo è il diploma dell'imperatore Ludovico II il Giovane dell'874, che testimonia la donazione del castello all'appena nata abbazia di San Clemente a Casauria. Il borgo fu il centro dell'omonima contea che controllava buona parte della marca di Chieti. Il normanno Ugo Malmozzetto occupò diversi territori della contea di Manoppello nel 1076. Malmozzetto amministrò con spregiudicatezza e violenza, usurpando territori, e mettendosi in guerra anche con i conti di Valva e con i monaci di San Clemente a Casauria, occupando l'abbazia per un ventennio sino al 1097, quando morì a Prezza. Successivamente la contea divenne feudo dei Signori di Palearia, che fecero costruire l'abbazia di Santa Maria Arabona tra il 1197 e il 1208. In seguito Manoppello fu infeudata a Pardo Orsini, che ebbe la facoltà di battere moneta insieme ad altre realtà abruzzesi. Nel 1391, una di queste stesse monete reca l'iscrizione PARDUS UR MAC (Pardo Orsini Conte di Manoppello). Feudo dei conti di Chieti, passò per matrimonio agli Orsini che la tennero con titolo di contea fino alla prima metà del secolo XVI. Benché infeudata all'inizio del '500 a Fabrizio Colonna per volere degli spagnoli, nel 1553 Manoppello tornò agli Orsini, tuttavia questa famiglia aveva iniziato a perdere terreno in Abruzzo, vedendo concessi vari feudi ai signori Valignani, e alla fine del secolo, agli Orsini non restava altro che qualche feudo nella Val Pescara, e nella Valle Siciliana, dunque Manoppello passò ai Caracciolo. Epoca moderna e contemporanea Secondo una leggenda nel 1506 un viandante portò a Manoppello la tela del Volto Santo. Nei primi anni del Settecento la tela fu trasportata nel convento dei Cappuccini fuori le mura, dove rimase sino ad oggi. Manoppello divenne municipio durante il periodo francese (1797- ~1813) e fu incluso nella provincia dell'Abruzzo Citeriore e vi rimase sino al 1927, quando fu incluso nella neo costituita provincia di Pescara. L'8 agosto 1956 persero la vita nel Disastro di Marcinelle 23 lavoratori originari di Manoppello, ricordati da un monunmento dell'artista pescarese Pietro Cascella. Il terremoto della Val di Comino del 1984 ha lesionato la torre campanaria dell'ex chiesa di San Lorenzo. A partire dagli anni '50-'60 avrà un certo sviluppo la frazione Manoppello Scalo, che ben presto supererà l'antico comune per densità e dove sorgerà la zona industriale unitamente all'infrastruttura dell'Interporto d'Abruzzo. Nel 2006 il centro è stato visitato da Papa Benedetto XVI, assieme al santuario del Volto Santo. Onorificenze Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Basilica del Volto Santo Vi è conservato il Volto Santo di Manoppello. Fu costruita nel 1620, e intorno al 1965 è stata profondamente cambiata nello stile con una facciata in stile maiolica medievale e l'interno pseudo-neoclassico a tre navate, con giochi di luci policrome e chiaroscuri, altare del Volto barocco, e soffitto a cassettoni lignei. Abbazia di Santa Maria Arabona Risalente al XIII secolo, posta su un colle della contrada omonima. Ogni facciata ha un rosone a raggi per un impianto modificato nel XIII secolo, per una planimetria longitudinale a croce latina. La chiesa rappresenta un esempio del gotico cistercense abruzzese, e solo due irregolarità si riscontrano nella scansione delle facciate: il campanile che doveva stare al centro della chiesa sorge sulla facciata ad ovest, ponendo il rosone in modo asimmetrico, mentre l'ingresso principale a sud è rimasto incompiuto, con un oculo al posto del rosone. L'interno è arricchito da un candelabro a colonna tortile con raffigurazioni antropomorfe e religiose; l'interno è scandito da archi poggianti su pilastri che dividono la chiesa in tre navate, e presso una cappella c'è un ciclo pittorico rinascimentale della "Madonna del Cane" di Antonio di Atri. Chiesa di San Nicola di Bari Della primitiva forma medievale rimane soltanto la cripta gotica, insieme al portale di ingresso tardo romanico ad arco a tutto sesto con forti strombature, poggianti su colonnine a capitelli a motivi floreali, e lunetta interna affrescata in epoca rinascimentale. L'impianto è tardo barocco a pianta rettangolare con soffitto a spioventi, ordine di finestre laterali, e abside poligonale retrostante, con campanile a vela. L'interno è ottocentesco a navata unica, completato dopo il rifacimento della chiesa in seguito al sisma del 1706. Ci sono alcuni motivi architettonici tardo barocchi come gli altari laterali e gli stucchi, ma la volta a botte è neoclassica, nella sagrestia si trova una statua del Gesù Bambino di Antonio Santarelli, stesso autore del Cristo morto nella parete sinistra della navata, lungo il fianco sinistro invece si trova una pietra cinquecentesca raffigurante lo stemma civico. Chiesa di San Pancrazio Vecchio La facciata è semplice in pietra a vista con un portale architravato affiancato da varie lapidi commemorative, tra le quali quella ai caduti della grande guerra. L'interno di stile barocco è a pianta rettangolare a navata unica con l'altare maggiore il cui dossale presenta una tela della Vergine del Carmine con San Simone, fiancheggiata da statue in gesso di Davide e Salomone. Ex convento di San Lorenzo La concessione del terreno in data 1278 sancisce la data di fondazione. Nel XVII secolo la famiglia Colonna ingrandì la chiesa con trasformazione barocca, successivamente nel 1806 il monastero fu soppresso e sostituito da abitazioni civili. Il terremoto del 1984 ha fatto crollare la parte superiore del campanile, e per lungo tempo la struttura, inagibile, fu lasciata in abbandono. La chiesa ha pianta rettangolare, con facciata in stucco. Sul transetto vi è una sorta di cupola quadrata, l'interno è stato restaurato nella forma medievale, conservando le due navate irregolari (frutto di ricostruzioni per i terremoti passati), e presso l'altare vi è un'abside semicircolare. Chiesa della Santissima Annunziata Piccola cappella romanica a navata unica, poi trasformata nel XVIII secolo e restaurata dopo il terremoto del 1706. La chiesa ha portale a timpano ribassato e interno barocco della metà del XVIII secolo, con tre altari dove sono alloggiate le tele di Francesco Maria De Benedictis, pittore di Guardiagrele della metà Ottocento, che ritraggono Santa Chiara e la Madonna col Bambino, una terza mostra San Filippo Neri, mentre la tela settecentesca dell'altare maggiore ritrae l'Annunciazione. Rovine del Monastero di San Pietro in Vallebona Fu edificato da Stefano del Lupo. Il monastero benedettino nel 1278 passò ai Celestini, e dopo la soppressione nel 1643 venne comprato dall'abate di Santo Spirito. Nel 1807 con le leggi di Gioacchino Murat il monastero fu definitivamente soppresso. Rimangono resti cospicui della planimetria a pianta a croce latina, e del campanile turrito. Chiesa di San Callisto papa La chiesa di Ripacorbaria viene menzionata una prima volta nel 1104 nella donazione di Roberto, conte normanno di Manoppello, a favore del Monastero di San Liberatore a Maiella, con cui l'allora abate Adinolfo entrò in possesso per conto dell'Abbazia dell'intero "castellare" di Ripa Corbaria; dell'edificio medievale resta il solo portale romanico. La chiesa ha pianta rettangolare, movimentata facciata inclusa nella base a un portico ad archi che precede l'ingresso dato dal portale romanico a tutto sesto con strombature; invece la facciata vera e propria è divisa in tre settori da paraste doriche che si raccordano con due delle quattro colonne del portico, e mostra tre bassorilievi, sovrastati dal centro d un oculo, e ai lati da finestre. L'architrave termina a volute e forme ondulate, tipiche del barocco. Architetture civili e militari Palazzo Verratti (XVIII secolo) Struttura rettangolare in pietra sbozzata, tipica dei palazzi signorili rurali del XVII secolo in stile napoletano. Palazzo Pardi Il palazzo presenta una facciata tardo ottocentesca neorinascimentale, con due avancorpo laterali leggermente aggettanti, fasciati negli spigoli in bugnato, scanditi verticalmente da paraste, e orizzontalmente in tre settori, insieme al quello centrale, da due cornici marcapiano. Porta San Leonardo Dà accesso al borgo da discesa San Leonardo. La porta è un semplice arco a sesto ribassato, inglobato nel tessuto murario dove oggi sorgono case civili. Resti di Porta Fara Detta anche "Porta del Pulone", è la più antica posta a sud-est, collegata alle mura medievali. Si tratta di un arco a tutto sesto in conci di pietra squadrati. Villa romana La domus risale al V secolo a.C. e si conserva perfettamente la planimetria e la suddivisione delle varie stanze. Le basi delle colonne alla greca sonoconservate, come il pavimento a mosaico. Altro Monumento ai caduti di Marcinelle Venne realizzato nel 1958 da Pietro Cascella in ricordo del disastro dove morirono diversi minatori abruzzesi. L'opera poggia su una base circolare, e sintetizza le caratteristiche tipiche del modellamento della pietra e del laterizio di Pietro Cascella, con contrasti di forme spigolose e di forme ondulate. Società Evoluzione demografica Religione Il Volto Santo di Manoppello Si tratta di un velo tenue che ritrae l'immagine di un volto, un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande, ritenuto essere quello di Cristo. Secondo Chiara Vigo il velo è di bisso marino, ma c'è anche chi, come Gian Marco Rinaldi, ritiene che tale affermazione non sia provata. L'immagine ritratta, secondo una tradizione, è acheropita, cioè un'immagine che sarebbe "non disegnata o dipinta da mano umana", ed ha una caratteristica unica al mondo, l'immagine è visibile identicamente da ambedue le parti. Stilisticamente simile alle immagini che datano al tardo Medioevo o primo Rinascimento, tipico delle rappresentazioni della figura umana di questo periodo, sembrerebbe ingenuamente eseguito, con numerose funzionalità stilizzate, che dimostrerebbero che il presunto artista o non ha capito, o non ha voluto rispettare i principi di base della proporzione che normalmente si applicano per rendere realistica la forma umana. Non c'è certezza che il volto, da alcuni supposto dipinto, abbia qualche collegamento con Gesù: Ian Wilson sostiene che, poiché l'immagine non reca una somiglianza familiare alle copie conosciute, non può essere la versione della Veronica che era venerata nel Medioevo. Il primo settembre 2006 il papa Benedetto XVI giunse al Santuario per raccogliersi in preghiera dinanzi al Volto Santo. Cultura Musei Museo civico "Giovannantonio Santarelli" La struttura museale è considerata il più interessante centro di documentazione iconografica regionale sull'arte del glittico abruzzese. Il nucleo più consistente delle opere nel museo è costituito dalle interpretazioni grafiche di Vito Giovannelli, relative ai cammei e ai ritratti in cera. Per questi studi è stata conferita al Giovannelli una medaglia d'oro della "Contea di Manoppello". La sua donazione comprende 70 disegni originale firmati dall'autore, del periodo 1975-2004, tutte trasposizioni grafiche di opere del Santarelli Geografia antropica Frazioni Il comune è diviso in 4 nuclei distinti: Manoppello Manoppello Scalo Ripacorbaria Santa Maria Arabona Economia Il territorio di Manoppello, grazie alla sua posizione favorevole e ben collegata, è stato scelto per l'insediamento di molte industrie, alcune delle quali di livello internazionale. L'industria più nota è la Dayco Europe Srl, conosciuta anche come Dayco o Isoran, dai nomi dei suoi marchi, azienda presente sul territorio da oltre 30 anni, con due dei quattro siti abruzzesi, uno stabilimento produttivo e un magazzino prodotti finiti.Fondata dalla Pirelli con il nome di PTI Spa (Pirelli Trasmissioni Industriali Spa) e poi ceduta, nel 1993, alla multinazionale Dayco Corporation, da cui ha successivamente preso il nome. La Dayco si occupa della produzione di sistemi di trasmissione di potenza, in sostanza le cinghie dentate, in gomma, ad uso automobilistico o industriale, nella quale occupa una posizione leader a livello mondiale. Altra azienda importante è la Novares Spa, appartenente al gruppo Emsar Spa, divisione della multinazionale Aptar. Fondata nel 1997 produce micropompe nebulizzatrici e dispenser, normalmente utilizzate in cosmetica, farmaceutica e nelle bombolette spray. Anche questa azienda detiene, insieme alle altre società del suo gruppo, una posizione leader nel mondo. Altra società importante è la Raicam Spa, fondata nel 1952 con il nome di Facam Srl, che si occupa della produzione di apparati frenanti e frizioni per auto, moto e mezzi agricoli, la Raicam è divenuta la più importante produttrice indipendente di pastiglie per freno a disco, di ganasce per freno a tamburo e di frizioni, anche grazie all'acquisizione nel 2005 della Automotive Products SpA di Moie (Ancona) e nel 2009 della Ap Driveline Technologies Ltd, ridenominata Raicam Clutch Ltd di Leamington Spa in Inghilterra. Oltre a queste aziende, sul territorio sono presenti altre realtà produttive medio-piccole, soprattutto nel campo meccanico, come ad esempio la Remu Srl (meccanica di precisione) o la Klindex Srl (Produzione di macchine per levigare/lucidare pavimenti e superfici). Il territorio di Manoppello è anche sede del sito produttivo della Luigi D'Amico Parrozzo Sas, ditta pescarese produttrice del Parrozzo, tipico dolce abruzzese. Tra le attività economiche più tradizionali e rinomate vi sono quelle artigianali, come la lavorazione del ferro battuto. In ultimo, il territorio di Manoppello, è stato scelto per la costruzione dell'Interporto d'Abruzzo, già operativo e in fase di completamento, ubicato nella frazione di Manoppello Scalo a cavallo tra l'Autostrada A25 e il fiume Pescara. Infrastrutture e trasporti La frazione di Manoppello scalo rientra nell'area del biglietto UNICO del TPL, area Chieti-Pescara, pertanto gode di collegamenti molto favorevoli; inoltre, l'appartenenza a tale area consente di usufruire del biglietto unico valido sui servizi offerti da tutte le società di trasporto convenzionate che sono TUA spa, La Panoramica e Satam spa. Ferrovie Manoppello ha una stazione ferroviaria, situata nella frazione dello Scalo, ubicata sulla direttrice ferroviaria Roma-Sulmona-Pescara. I locali della stazione non sono presidiati da alcun addetto, al suo interno c'è la sala d'attesa con biglietteria automatica. Trasporti pubblici Il territorio è coperto da vari servizi di trasporto pubblico (TUA spa, La Panoramica, Satam) e servizi di trasporto pubblico gestiti da privati (Cardinale & Blasioli, Prontobus). Amministrazione Sport Calcio La principale squadra calcistica del comune è l'A.S.D. Manoppello Arabona, nata nel 2001 dalla fusione dell'A.C. Manoppello 1956 e della Polisportiva Arabona 1983. Il club, con ottimi trascorsi in Promozione Abruzzo tra la fine degli anni novanta e l'inizio degli anni 2000, milita attualmente in Prima Categoria Abruzzo. I colori sociali sono il rosso ed il blu, le partite casalinghe della prima squadra vengono disputate nel Campo Rodolfo Restinetti, localizzato a Manoppello Paese, mentre il settore giovanile utilizza gli impianti del Campo Valerio Zappacosta, a Manoppello Scalo, e del Campo Imte, situato invece nel confinante comune di Rosciano. Tra i calciatori che hanno vestito la maglia rossoblu, il più noto è Marco Verratti, tesserato nelle giovanili del club dal 2000 al 2006. Da sempre con un discreto seguito di pubblico, dal 2013 la squadra manoppellese è sostenuta dal neonato gruppo organizzato di tifosi denominato Ultras Manoppello. Pallavolo Un importante ruolo nello sport manoppellese è rivestito dalla pallavolo femminile: il locale club dell'A.S. Arabona Volley 1990 disputa da molti anni con ottimi risultati campionati di livello nazionale. Attualmente la compagine rossoblu è impegnata nel campionato nazionale di Serie B2. L'Arabona allestisce annualmente anche squadre per i campionati regionali di Serie C e Serie D, oltre che per quello provinciale di Prima Divisione. Importante riferimento per la zona è anche il nutrito settore giovanile, che dal 2014 ha tra i propri allenatori tesserati l'ex campione del mondo cubano Joël Despaigne. Il club è seguito dal 2012 durante i propri match dal gruppo organizzato di tifosi Vigilantes Arabona.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Maiella
Maiella
La Maiella (variante: Majella) è il secondo massiccio montuoso più alto degli Appennini continentali dopo il Gran Sasso. È situato nell'Appennino abruzzese, al confine tra le province di Chieti, L'Aquila e Pescara, con la cima più alta rappresentata dal monte Amaro, . È sede dell'omonimo parco nazionale e su di essa insistevano la comunità montana Peligna, la comunità montana della Maiella e del Morrone, la comunità montana della Maielletta e la comunità montana Aventino-Medio Sangro. Descrizione Territorio Il massiccio della Maiella fa parte della dorsale più orientale dell'Appennino abruzzese assieme al Gran Sasso posto più a nord; è abbastanza esteso (perimetro di oltre ) e costituito da calcare molto compatto, sotto forma di una dorsale stretta e allungata a ovest (lunghezza circa ), allargata in blocco a est verso il chietino (larghezza circa ), delimitato ad ovest dalla Conca Peligna, a nord dalla Val Pescara, a est e sud dalle colline della provincia di Pescara e Chieti, a sud-ovest dagli altipiani maggiori d'Abruzzo, pianori calcarei sui di altitudine, che la separano dai monti Marsicani e dal parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. La valle dell'Aterno-Sagittario e le Gole di Popoli la dividono rispettivamente dalla catena del Sirente-Velino e dal massiccio del Gran Sasso. Intorno ad essa si trovano i gruppi del monte Morrone, del monte Porrara e dei monti Pizzi: i primi due sono divisi dal massiccio dalle valli dell'Orta e dell'Aventino; la zona dei monti Pizzi, invece, è collegata alla Maiella dagli altipiani maggiori d'Abruzzo che la dividono dai monti Marsicani ad sud-ovest. La vetta della Maiella è visibile da oltre di raggio: nelle giornate serene e limpide si può scorgere dal Gargano e dai monti della Daunia e dell'Irpinia (a cavallo tra Puglia e Campania), mentre da nord è visibile persino dal monte Amiata in Toscana e da San Benedetto del Tronto nelle Marche, persino dalle alture dell'entroterra dalmata oltre il mare Adriatico. Geomorfologia A differenza del Gran Sasso, la Maiella si presenta in media più erbosa e meno rocciosa ovvero più in linea con gli altri massicci montuosi appenninici sebbene anche qui non manchino zone aspre caratteristiche di alta montagna. È caratterizzata da una serie di pianori sommitali, dolcemente tondeggianti per effetto dell'azione millenaria dei ghiacciai che qui erano molto estesi durante le ere glaciali, tra cui emerge il valle di Femmina Morta ad oltre . Sulla sommità si trovano le cime principali del gruppo: monte Amaro (), monte Acquaviva (), monte Focalone (), monte Pesco Falcone (), monte Rotondo (), monte Macellaro (), cima delle Murelle () e vasti altopiani a quote elevate (fino a ). Altre cime importanti sono la Tavola Rotonda (), il monte Martellese (), cima Blockhaus () e cima Mammarosa (). Mentre la parte ovest scende ripidissima verso la Conca Peligna, i fianchi est e sud e nord-ovest del massiccio sono solcati da profondi e ripidi valloni fino a gole profonde, mentre che giungono a valle dopo - di dislivello, scavati da fiumi come l'Orfento, il Foro o altri: valle di Femmina Morta, nel territorio del comune di Rapino; valle dell'Orfento, nel territorio del comune di Roccamorice; valle di Pennapiedimonte, nel territorio del comune di Pennapiedimonte; valle del Foro, nel territorio del comune di Vacri; valle di Selvaromana, nel territorio del comune di Guardiagrele; valle di Taranta, nel territorio del comune di Palombaro; valle delle Mandrelle e valle di Santo Spirito, nel territorio del comune di Fara San Martino. Il fiume Orta, che raccoglie le acque di un vasto bacino, separa con un'ampia valle il massiccio della Maiella dal Morrone. La valle è profondamente incisa nei territori dei comuni di Bolognano e San Valentino, formando un vero e proprio canyon. Sono presenti anche dei nevai. Cime principali Monte Amaro () Monte Acquaviva () Monte Focalone () Cima dei Tre Portoni () Monte Sant’Angelo () Monte Pesco Falcone () Monte Rotondo () Cima Pomilio () Monte Macellaro () Cima delle Murelle () Tavola Rotonda () Monte Martellese () Cima Blockhaus () Monte Porrara () Monte Rotella () Monte Morrone () Monte Rotondo () Cima Mammarosa () Monte Corvo () Geologia Si tratta di un massiccio calcareo-dolomitico di età mesozoica e cenozoica. Da più di un secolo e mezzo, la geologia dell'area della montagna della Maiella è stata studiata da numerosi studiosi italiani e stranieri. Soprattutto per la ricostruzione delle sequenze sedimentarie carbonatiche, la Maiella è conosciuta per un motivo particolare: si tratta di una delle poche località dove un margine deposizionale di una piattaforma carbonatica può essere osservata nella sua completezza in affioramento. La zona è ad elevato pericolo sismico con presenza di diverse faglie attive; in particolare di rilevanza storica è il grande terremoto della Maiella del 1706. Glaciologia I nevai della Maiella sono dei nevai semi-perenni presenti sul massiccio montuoso della Maiella. Nonostante sia situato più a meridione del Gran Sasso e di elevazione poco più bassa, il massiccio presenta infatti condizioni più favorevoli per lo sviluppo di talune formazioni nevose; essi rappresentano un'importante riserva di approvvigionamento idrica. Clima Il clima della zona è quello tipico di montagna e alta montagna: le precipitazioni nevose sono particolarmente abbondanti, registrando spesso record di accumuli nevosi, sebbene questi siano particolarmente variabili di anno in anno. Fresco e ventilato d'estate. Storia Nell'epoca preromana la Maiella fu popolata al lato est dai Marrucini e dai Sanniti, e al lato ovest dai Peligni. Le città maggiori erano Sulmona, Guardiagrele, famosa per la presenza di necropoli, Juvanum e Teate. L'economia principale era l'allevamento e la pastorizia, e già esistevano dei percorsi appositi pastorali per la transumanza in Puglia. Nell'89 a.C. gli Italici ribelli furono definitivamente conquistati da Roma, dacché a Corfinium una delegazione italica aveva costituito una Lega, nominando la città come capitale degli Italici. Le vicende della zona rimasero invariate, fino alla trasformazione del Medioevo. Nell'XI secolo, dopo l'invasione dei Longobardi, la Maiella divenne oggetto di culto cristiano, e molti monaci fondarono delle abbazie, oppure si ritirarono in eremitaggio. Nel XIII secolo tale pratica raggiungerà il suo apice grazie a Pietro da Morrone, che fondò gli eremi di San Giovanni, Sant'Onofrio e Santo Spirito a Maiella. Le abbazie erano molto floride e influenti grazie appunto alla ricchezza del terreno, ed esempi sono l'abbazia di San Liberatore a Maiella e quella di San Clemente a Casauria, del IX secolo. Sorsero ovviamente cattedrali e basiliche importanti, come San Panfilo a Sulmona e San Pelino a Corfinio. Il territorio fu anche ben fortificato, con l'installazione di torri di avvistamento e castelli, per non parlare di veri e propri borghi-fortezza, come ad esempio il Castello De Sanctis di Roccacasale, quello dei Cantelmo a Popoli e il borgo diroccato di Civita di Danzica a Rapino. Sul versante est Guardiagrele era la città più influente, tanto che aveva il diritto di coniare moneta, ed era importante fulcro religioso per la Cattedrale di Santa Maria Maggiore; nonché commerciale grazie alla lavorazione dei metalli. Nel XV secolo la città più florida era Sulmona, benché colpita da un violento terremoto, era considerata la "Siena degli Abruzzi". Il terremoto della Maiella del 1706 danneggiò gravemente gli abitati della Maiella, in particolare Sulmona, che fu ricostruita in forme rinascimentali-barocche. Nel XIX secolo la Maiella fu rifugio del brigantaggio postunitario, che imperversò a Serramonacesca, Sant'Eufemia a Maiella e Pescocostanzo. Il simbolo storico delle scorrerie è una pietra incisa a graffiti presso il Passo Blockhaus sopra Pretoro, tale roccia chiamata "Tavola dei Briganti". Nel 1915 la Maiella occidentale fu colpita in parte dal terremoto di Avezzano, ma nel 1933 un nuovo terremoto danneggiò i centri di Gessopalena e Montenerodomo, mentre franarono i borghi di Pescosansonesco e Salle, ricostruiti più a valle dalla zona storica. Durante la seconda guerra mondiale, la Maiella venne presa d'assedio dai tedeschi nel 1943, e furono occupate Sulmona e Guardiagrele. Rocca Pia e Campo di Giove furono usati come centri di detenzione, mentre il versante di Fara San Martino veniva bombardato dagli americani e dato alle fiamme dai nazisti in fuga lungo la linea Gustav. Nel 1955 venne effettuato uno studio sulla Maiella e si concluse che la montagna era ammirevole per la conservazione fisica e culturale del patrimonio, rispetto ad altre aree italiane già industrializzate, ma necessitava un ammodernamento del territorio. Negli anni ottanta furono installati a Pretoro i primi impianti da sci, così come a Campo di Giove, incrementando il turismo. Successivo fattore di frequenza di visitatori fu la creazione del parco nazionale della Maiella nel 1992, con scopo di valorizzare il territorio. Ambiente Flora Il 37% delle specie italiane è presente sul territorio del parco, tra le endemiche ricordiamo la soldanella del calcare ed il fiordaliso della Maiella. Fauna Il parco della Maiella ospita il nucleo di orsi marsicani più importante presente fuori dal parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise e relativa zona di protezione esterna: la stima del 2015 è da 5 a 9 esemplari, saliti ad almeno 13, di cui almeno due femmine riproduttive, nel 2018. Nel 2014 è stata infatti avvista la prima femmina con due cuccioli e nel 2018 è avvenuto un parto di tre orsetti. Il monitoraggio effettuato nel 2019 ha confermato la presenza di almeno 15 orsi, di cui 6 stabilmente presenti (un maschio, due femmine e tre giovani di un anno), oltre a 9 esemplari erratici. Nel parco è presente la popolazione di camosci appenninici più importante in assoluto: oltre capi nel 2018, in aumento. Da ricordare che il camoscio si era estinto in passato, ma fu reintrodotto nel 1991 prelevando alcuni esemplari dal parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Il lupo appenninico è presente con una popolazione (2013) di almeno 50 esemplari stabili, raggruppati in 11 branchi, più numerosi individui isolati ed erratici, per un totale di 70-80 lupi. Il cervo fu rientrodotto negli anni ottanta nelle riserve naturali statali e ora conta circa 700-800 capi. Anche il capriolo fu reintrodotto nello stesso periodo del cervo e ora è una presenza comune in questa area protetta, anche se non se ne conosce il numero esatto. Mammiferi: cinghiale, lepre, camoscio d'Abruzzo, cervo, capriolo, donnola, faina, gatto selvatico, istrice, orso marsicano, lontra, lupo appenninico, martora, moscardino, puzzola, riccio, rinolofo maggiore, tasso, talpa, vespertilio smarginato, volpe. Rettili: il colubro di riccioli, la vipera dell'Orsini, la lucertola campestre, il ramarro; Anfibi: salamandrina terdigitata, l'ululone dal ventre giallo Uccelli: l'aquila reale, l'astore, la cinciarella, il codibugnolo, il falco pecchiaiolo, la coturnice, il falco pellegrino, il fringuello alpino, il gheppio, il gracchio alpino, il gracchio corallino, il lanario, il merlo, il picchio dorsobianco, il picchio muratore, il piviere tortolino, il sordone, lo sparviero. Aree naturali protette Parco nazionale della Maiella Riserva naturale Piana Grande della Maielletta Riserva naturale Valle dell'Orfento I Riserva naturale Valle dell'Orfento II Riserva naturale Lama Bianca di Sant'Eufemia a Maiella Riserva naturale Monte Rotondo Riserva naturale Fara San Martino-Palombaro Nel marzo 1999 è stata abrogata e inglobata nel parco nazionale la riserva naturale Maiella Orientale, istituita con legge regionale nel giugno 1991 e oasi WWF, sui comuni di Lama dei Peligni e di Civitella Messer Raimondo. Geografia antropica Comuni interessati Abbateggio Ateleta Bolognano Bussi sul Tirino Campo di Giove Cansano Caramanico Terme Civitella Messer Raimondo Corfinio Fara San Martino Gamberale Guardiagrele Lama dei Peligni Lettomanoppello Lettopalena Manoppello Montenerodomo Pacentro Palena Palombaro Pennapiedimonte Pescocostanzo Torricella Peligna Pettorano sul Gizio Pizzoferrato Popoli Pratola Peligna Pretoro Rapino Rivisondoli Roccamorice Roccaraso Roccacasale Rocca Pia Salle Sant'Eufemia a Maiella San Valentino in Abruzzo Citeriore Serramonacesca Sulmona Taranta Peligna Tocco da Casauria Monumenti e luoghi di interesse Al livello artistico e culturale, la Maiella è molto ricca di borghi medievali arroccati sulla roccia, come Pacentro, Caramanico Terme, Fara San Martino e Palena. Inoltre molti altri centri, incluse le maggiori città di Sulmona e Guardiagrele sono stati inseriti nel Parco nazionale della Maiella. La montagna all'epoca di papa Celestino V fu molto frequentata dagli eremiti, che fondarono dei veri e propri monasteri, o piccoli conventi-romitorio dove meditare in silenzio. I castelli fortificati erano posti a guardia delle grandi abbazie che si trovavano nella pianura, a controllo del traffico di merci. Molto materiale storico si è perfettamente conservato, in stile più che altro gotico per quanto concerne la struttura delle chiese, realizzate con la caratteristica "pietra della Maiella". Architetture religiose Abbazia di San Clemente a Casauria (Castiglione a Casauria) Abbazia di San Liberatore a Maiella (Serramonacesca) Eremo di Sant'Onofrio a Serramonacesca Santuario di San Rocco (Roccamontepiano) Monastero di San Pietro a Maiella (Roccamontepiano) Abbazia di Santa Maria Arabona (Manoppello) Cattedrale di Santa Maria Maggiore (Guardiagrele) Abbazia di San Martino in Valle (Fara San Martino) Chiesa dei Santi Nicola e Clemente (Lama dei Peligni) Eremo della Madonna dell'Altare (Palena) Eremo della Madonna di Coccia (Campo di Giove) Cattedrale di San Panfilo (Sulmona) Eremo di Sant'Onofrio al Morrone (Sulmona) Abbazia di Santo Spirito al Morrone (Sulmona) Santuario di Ercole Curino – tempio romano di Sulmona Parco Archeologico di Ocriticum – santuario italico-romano di Cansano Chiesa abbaziale di San Tommaso Becket (Caramanico Terme) Eremo di Santo Spirito a Maiella (Roccamorice) Eremo di San Bartolomeo in Legio (Roccamorice) Cattedrale di San Pelino (Corfinio) Architettura militare Castello Caldora di Pacentro Torre Orsini di Guardiagrele Castello De Sanctis di Roccacasale Castello di Salle Borgo fortificato di Roccacaramanico Castel Menardo di Serramonacesca Castello ducale di Palena Castello ducale Cantelmo a Popoli Borgo fortificato di Pennapiedimonte Castello Caracciolo di Tocco da Casauria Infrastrutture e trasporti Su ogni versante il massiccio è solcato da strade pedemontane che raggiungono tutti i vari centri abitati collinari e montani. Sul lato nord è lambita dall'autostrada A25 Roma-Pescara che attraversa dai margini settentrionali della Conca Peligna la valle del Aterno-Sagittario prima e l'inizio della Val Pescara poi nei pressi delle Gole di Popoli. Sport Stazioni sciistiche Il massiccio ospita in tutto tre stazioni sciistiche su differenti versanti, geograficamente non collegate tra loro: la più nota e frequentata è la stazione di Passolanciano-Maielletta sul versante chietino, le altre sono quelle di Campo di Giove e passo San Leonardo in territorio aquilano. Il loro bacino d'utenza tipico è il basso Abruzzo con le province di Chieti e Pescara e il basso aquilano. Escursionismo ed arrampicata Tutto il massiccio della Maiella è percorso da sentieri escursionistici e percorsi alpinistici, come quello della "direttissima" per monte Amaro. Numerose le falesie per la pratica dell'arrampicata su roccia. Da segnalare la falesia di Roccamorice (Pescara) dove sono presenti più di 200 vie, il vallone di Pennapiedimonte (Chieti), la parete di San Domenico-Valle del Sole a Pizzoferrato (Chieti), la falesia presso le Gole di Fara San Martino (Chieti) con ben 8 settori. Ciclismo Per sette volte, Passolanciano, la Maielletta e il Blockhaus sono stati complessivamente sedi di arrivo di una tappa del Giro d'Italia, la prima nel 1967, l'ultima nel 2022. L'ascesa fino al Blockhaus da Pretoro, Scafa-Lettomanoppello o Roccamorice, posta al termine di una lunga e impegnativa salita, passando per Passolanciano-Maielletta, rappresenta una delle ascese più lunghe e più dure del Centro Italia e d'Italia. Bivacchi e rifugi Bivacco Carlo Fusco (Pennapiedimonte) Bivacco Cesare Mario Pelino (Fara San Martino) Bivacco Grotta dei Porci (Fara San Martino) Bivacco Piano della Casa (Fara San Martino) Rifugio Accio di Cotica (Ateleta) Rifugio Addiaccio della Chiesa (Sant'Eufemia a Maiella) Rifugio Bruno Pomilio (Rapino) Rifugio Capoposto (Sant'Eufemia a Maiella) Rifugio Casa del Pastore (Civitella Messer Raimondo) Rifugio Ciro Manzini (Fara San Martino) Rifugio Colle delle Vacche (Pratola Peligna) Rifugio Colle Fauni (Palena) Rifugio Colle Strozzi (Pennapiedimonte) Rifugio del Blockhaus di Pietra Cernaia (Ateleta) Rifugio Diana e Tamara (Roccacaramanico) Rifugio d'Ugni (Pennapiedimonte) Rifugio Grotta dei Diavoli (Fara San Martino) Rifugio Filippo Di Donato (Sant'Eufemia a Maiella) Rifugio Fonte Tarì (Lama dei Peligni) Rifugio Guado di Coccia (Campo di Giove) Rifugio Iaccio della Madonna (Caramanico Terme) Rifugio Iaccio Grande (Salle) Rifugio Iaccio Rosso (Pratola Peligna) Rifugio il Majo (Cansano) Rifugio La Cesa (Caramanico Terme) Rifugio Lama Bianca (Sant'Eufemia a Maiella) Rifugio Marcello Di Marco (o Maielletta) (Caramanico Terme) Rifugio Martellese (Pennapiedimonte) Rifugio Monte Corvo (Popoli) Rifugio Monte Rotella (Roccapia) Rifugio Paolo Barrasso (Caramanico Terme) Rifugio Piano della Corte (Caramanico Terme) Rifugio Pischioli (Pennapiedimonte) Rifugio Piazza del Re (Roccaraso) Rifugio Puzzacchio (Roccacasale) Rifugio Raffaele Paolucci (Pretoro) Rifugio Vicenne (Sulmona)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Musei%20dell%27Abruzzo
Musei dell'Abruzzo
Elenco in ordine alfabetico per province dei musei della regione Abruzzo. Organizzazione La gestione dei musei statali è affidata dal 2014 al polo museale dell'Abruzzo, mentre molti musei minori sono gestiti da enti locali, associazioni o privati. Provincia dell'Aquila L'Aquila Museo nazionale d'Abruzzo (MUNDA): inaugurato nel 1951 presso il Forte spagnolo, dopo il terremoto del 2009 è stato riaperto in forma ridotta nei locali dell'ex mattatoio . Ospita la collezione archeologica dell'ex museo di Santa Maria dei Raccomandati e numerosi dipinti, polittici, statue lignee, di terracotta e pietra. Museo archeologico di Santa Maria dei Raccomandati Museo di scienze naturali e umane Museo sperimentale d'arte contemporanea Casa museo Signorini Corsi MAXXI L'Aquila Avezzano Aia dei Musei : composto dai reperti dei musei delle lapidi marsicane e del prosciugamento del Fucino, fu aperto nel 1888. Museo della civiltà contadina e pastorale: allestito nel 1977 presso la Villa Torlonia di Avezzano, dedicato agli attrezzi usati dai contadini per lavorare il Fucino. Pinacoteca d'arte moderna: allestito ufficialmente nel 1994 presso il castello Orsini. Museo dell'intrattenimento elettronico: dedicato al retrogaming e al retrocomputing ospita in un edificio prossimo al nucleo industriale computer, console, flipper e videogiochi arcade realizzati tra gli anni settanta e gli anni duemila. Bisegna Museo dell'orso Museo del capriolo Castel di Sangro Museo civico aufidenate, Castel di Sangro: ospitato nell'ex convento della Maddalena, è dedicato alle ricerche archeologiche di Antonio De Nino e ai reperti archeologici rinvenuti in loco. Museo internazionale della pesca a mosca Stanislao Kuckiewicz, Castel di Sangro, presso l'ex convento della Maddalena Pinacoteca Patiniana : all'interno del Palazzo De Petra, ospita una collezione di dipinti del pittore Teofilo Patini Celano Museo d'arte sacra della Marsica, Celano: ospitato all'interno del castello Piccolomini, conserva varie opere d'arte, affreschi, dipinti, tele, statue, lapidi provenienti dalle principali chiese della Marsica. Museo e biblioteca di Santa Maria Valleverde Museo archeologico preistorico Paludi : ospitato in località Paludi, è dedicato allo studio di questo villaggio di palafitte dell'epoca neolitica. Pescina Casa museo Ignazio Silone Casa museo Mazzarino Rocca di Mezzo Museo archeologico Museo d'arte sacra cardinale Agnifili Sulmona Museo civico di Sulmona nel Palazzo del complesso della Santissima Annunziata: si compone della sezione archeologica, del museo del costume tipico abruzzese, e del Museo dell'arte sacra. Museo dell'arte e della tecnologia confettiera : è ospitato nella fabbrica dell'industria Pelino, e ripropone con ricostruzione il modello della fabbricazione dei confetti tra Ottocento e Novecento. Museo di storia naturale nel Palazzo Gagliardi Sardi. Museo diocesano di Sulmona: ospitato nell'ex convento di Santa Chiara in piazza Garibaldi, accoglie opere d'arte sacra delle chiese sulmonesi e del monastero. Museo delle tecniche fotografiche Pinacoteca d'arte moderna e contemporanea nell'ex convento di Santa Chiara Tagliacozzo Area museale Beato Tommaso da Celano nei locali del convento di San Francesco. Museo orientale di Tagliacozzo nel santuario della Madonna d'oriente. Altri Museo della Luna (Aielli) MAAG - Museo Abruzzese di Arti Grafiche (Castel di Ieri) Museo civico aufidenate Antonio De Nino (Alfedena) Centro di documentazione archeologica (Anversa degli Abruzzi) Centro visite del Gran Sasso d'Italia e antiquarium assergese (Assergi) Osservatorio astronomico di Campo Imperatore (Assergi) Museo della civiltà contadina (Ateleta) Museo della pastorizia (Balsorano) Antiquarium della Civiltà Safina (Barrea) Museo delle Fortificazioni (Calascio) Museo civico di Palazzo Nanni (Campo di Giove) Museo diocesano (Castelvecchio Subequo) Museo civico di Cerchio Museo Antinum (Civita d'Antino) Museo della civiltà contadina e pastorale (Civita d'Antino) Museo del lupo appenninico (Civitella Alfedena) Museo pinacoteca Enrico Mattei (Civitella Roveto) Museo etnografico de' Colucci (Civitella Roveto) Museo civico archeologico (Collelongo) Museo civico archeologico Antonio De Nino (Corfinio) Museo dell'orso (Gagliano Aterno) Museo dell'uomo e della natura (Magliano de' Marsi) Ecomuseo della riserva naturale Zompo lo Schioppo (Morino) Museo del camoscio (Opi) Museo Caldora (Pacentro) Casa museo di palazzo Sipari (Pescasseroli) Museo naturalistico del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (Pescasseroli) Centro verde (Ortona dei Marsi) Museo del merletto a tombolo (Pescocostanzo) Parco di Archeologia Industriale (Pettorano sul Gizio) Museo della documentazione delle tradizioni locali (Roccacasale) Museo del brigantaggio e dell'Unità d'Italia (Sante Marie) Museo multimediale di Astrofisica (Sante Marie) Museo di speleologia Vincenzo Rivera (San Demetrio ne' Vestini) Museo Loreto Grande (Villavallelonga) Museo dell'acqua (Villetta Barrea) Museo della lana (Scanno) Museo delle tradizioni contadine (Cappadocia) Museo delle tradizionali locali (Villalago) Museo delle telecomunicazioni (Ortucchio) Provincia di Chieti Chieti Museo d'arte Costantino Barbella, presso il palazzo Martinetti-Bianchi, dedicato alla collezione d'arte teatina del Barbella, delle ceramiche di Castelli, e di affreschi della scomparsa chiesa di San Domenico. Museo palazzo de' Mayo: di proprietà della Fondazione CariChieti, ospita collezioni di opere di vari pittori, tra cui Aligi Sassu e Francesco Polo Michetti. Museo archeologico nazionale d'Abruzzo (MANDA): situato nella casina Frigerj nella villa comunale di Chieti, ospita il guerriero di Capestrano al piano terra, la sala della numismatica abruzzese, la sala della collezione "Giovanni Pansa", e al piano superiore un percorso storico dei popoli italici d'Abruzzo. Museo archeologico La Civitella: situato presso l'anfiteatro romano della Civitella, è stato realizzato nel 2014 in forma definitiva, ed è dedicato alle opere archeologiche rinvenute a Chieti, e a una ricostruzione storico-urbana dell'antica città di Teate Marrucinorum. Di interesse il sepolcro funebre di Lusius Storax. Museo di storia delle scienze biomediche (o anche Museo Universitario): si trova presso l'ex palazzo OND, in piazza Trento e Trieste, è gestito dall'Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio", e ospita nel piano superiore una collezione di reperti che mostrano la storia della flora e della fauna geologica nell'Abruzzo, specialmente nella provincia di Chieti, con ricostruzioni di scheletri animali e umani, come quello dell'australopiteco Lucy, o dell'uomo del Similaun. Il piano inferiore ospita tre collezioni molto ricche di reperti scientifici, animali impagliati, provenienti dal collegio del Convitto Nazionale di Chieti, dall'istituto tecnico commerciale Gagliani, e dall'istituto "Isabella Gonzaga" di Chieti. Museo diocesano teatino: attualmente è in fase di riallestimento, si trova in alcune sale della chiesa di San Domenico al corso, e ospita opere d'arte sacra prelevate dalle chiese di Chieti e della sua provincia, come tele, affreschi e statue di pregevole valore. Guardiagrele Museo archeologico di Guardiagrele "Don Filippo Ferrari": ospitato nei locali dell'ex convento di San Francesco, è dedicato principalmente alla collezione archeologica della necropoli di Comino (frazione guardiese), raccolta dal canonico don Ferrari nel 1913, successivamente ospita le nuove scoperte effettuate nella frazione e in altre località del circondario di Guardiagrele. Museo del costume e della tradizione della nostra gente: situato all'interno dell'ex convento di San Francesco, zona del chiostro, ospita strumenti e utensili di lavoro della campagna Museo del duomo "Don Domenico Grossi": ospitato in un'ala della Cattedrale, è dedicato alla raccolta di oggetti sacri di valore provenienti dalla stessa chiesa, di interesse il ricomposto Crocifisso di Nicola da Guardiagrele (XV sec). Museo dell'artigianato artistico abruzzese: museo situato in via Roma presso l'ex convento delle Clarisse, protagonista anche della mostra omonima che si tiene in agosto, è dedicato alla valorizzazione dell'artigianato popolare abruzzese, specialmente la lavorazione della pietra della Maiella, della ceramica dipinta, e dell'arte orafa che vanta una lunga tradizione a Guardiagrele. Antiquarium medievale "Antonio Cadei": allestito nel 2018, accanto al museo archeologico, è dedicato alla conservazione di oggetti d'arte sacra, specialmente frammenti di statue e bassorilievi provenienti dalle chiese di Guardiagrele. Ortona Museo diocesano di Ortona (Museo Capitolare): situato in un'ala della cattedrale di San Tommaso, è dedicato alla collezione di opere d'arte (tele settecentesche di Pasquale Bellonio, affreschi, frammenti di sculture, dell'orologio a meridiana) provenienti dall'antica cattedrale distrutta nel 1943, e da altre chiese ortonesi. Museo civico d'arte contemporanea - Pinacoteca Cascella nel Palazzo Farnese, è dedicato alla memoria di Basilio Cascella e dei figli Michele e Tommaso, anch'essi artisti, di cui si conservano tele, sculture in ceramica di Rapino (CH), e progetti, come le geometrie che sono state realizzate in pietra marina presso il corso Vittorio Emanuele di Ortona, progetto di Tommaso Cascella. Il museo al piano terra del palazzo, ospita anche la collezione Ex Libris Mediterraneo. Museo della battaglia di Ortona (MUBA): ospitato dal 2002 nell'ex convento di Sant'Anna in via Garibaldi, è dedicato alla memoria della tragica battaglia di Ortona (21-28 dicembre 1943), con esposizione di cimeli di guerra, donazioni da parte di ex soldati canadesi, e testimonianze fotografiche e filmiche. Nel 2018 il museo ha subito un riallestimento e riammodernamento, con la costruzione di un plastico gigante di Ortona prima e dopo la guerra. Museo musicale d'Abruzzo e Archivio Francesco Paolo Tosti: ospitato nel palazzo Corvo in corso Matteotti, si propone di ricostruire l'ambiente vittoriano londinese in cui visse il giovane Tosti quando fu precettore dei figli della Casa Reale di Londra. Il museo si compone di sue stanze riarredate alla maniera tardo ottocentesca, con esposizione di fotografie e lettere originali del Tosti e dei suoi colleghi, e una sala con pianoforte per le esercitazioni musicali; infine il museo dispone di un'aula biblioteca con l'archivio, che conserva anche opere di Luigi Dommarco e Guido Albanese, i massimi esponenti del festival musicale popolare della Maggiolata ortonese. Palena Museo dell'orso marsicano o MOM, ospitato nell'ex convento di Sant'Antonio. Museo geopaleontologico Alto Aventino: ospitato nel castello ducale. Raccolta "O. Recchione": in via Trento e Trieste Museo Casa degli artisti e uomini illustri di Palena, di cui fa parte la raccolta "Oreste Recchione" Lanciano Museo di Archeologia Urbana e dei Commerci antichi in Abruzzo, confluito nel 2011 nel Polo museale "Santo Spirito", presso l'ex convento dei Celestini Museo diocesano, ospitato nel Palazzo arcivescovile, allestito nel 2002, principale museo civico di Lanciano, dedicato alla conservazione di opere d'arte sacra provenienti dalle principali chiese di Lanciano, anche da quelle oggi scomparse. Polo museale archeologico di Santo Spirito, allestito nel 2011 nell'ex convento dei Celestini, ospita la collezione archeologica di ceramiche rinvenute nel territorio lancianese e negli scavi nel centro storico, oltre a statuette, come la testa di Mercurio. L'allestimento offre anche cartellonistica con citazioni delle ricerche del dott. Andrea Staffa. Museo Civico, sino al 2011 era ospitato nel palazzo Stella in via Cavour, poi nel 2011 è stato parzialmente riallestito nell'ex convento dei Celestini. Casa Museo di Federico Spoltore, visitabile su prenotazione verso i discendenti di Spoltore, si trova in via Garibaldi, davanti all'abside della chiesa di Santa Maria Maggiore. Conserva le stanze della casa interamente affrescate da Federico in stile eclettico e allegorico. Vasto Musei Civici di Palazzo D'Avalos: Pinacoteca, Vasto, dedicata ai fratelli Palizzi e ad altri pittori vastesi del XIX-XX secolo Musei Civici di Palazzo D'Avalos: Museo del costume antico, Vasto Musei Civici di Palazzo D'Avalos: Sezione Archeologica, Vasto Altri Museo del peperone dolce, Altino, via Roma, su prenotazione Museo Aligi Sassu, Atessa, in un palazzo settecentesco in corso Vittorio Emanuele Mostra permanente del presepe abruzzese, Atessa, presso l'ex mercato coperto in piazza Oberdan, su prenotazione Museo Etnografico, Bomba Museo civico memorie della vita contadina, Borrello, presso il palazzo comunale in piazza Marconi Museo del santuario di San Camillo de Lellis, Bucchianico, presso il santuario in piazza San Camillo Museo del maiale, Carpineto Sinello Museo della storia del santuario della Madonna dei Miracoli, cripta e sala Fagiolo, Casalbordino Museo polifunzionale del castello ducale, Casoli, presso il castello ducale Masciantonio: Museo del costume tradizionale, museo dannunziano e "sala Ariel", Museo della memoria della guerra con la sala "Lionel Wigram" Centro di documentazione permanente sulle Case di terra Cruda, Casalincontrada, via Michetti Museo civico, Castel Frentano, presso il palazzo comunale, su prenotazione Museo delle tradizioni familiari, Castiglione Messer Marino Museo civico Calliope, Civitaluparella, piazza Marconi Museo archeologico dell'Abruzzo bizantino ed alto medievale, Crecchio, presso il castello ducale Museo naturalistico e centro visite della Maiella, Fara San Martino, palazzo comunale Museo Michetti (MuMi), Francavilla al Mare, ospitato nel palazzo San Domenico, nel centro storico, dedicato a Francesco Paolo Michetti e ad artisti contemporanei. Museo navale "E. Masci", Francavilla al Mare, presso Torre Ciarrapico Pinacoteca del palazzo baronale Caccianini, Frisa, via dei Frisi, su prenotazione "Museo all'aperto del Gesso", Gessopalena, il borgo antico distrutto dai tedeschi, costruisce la passeggiata museale. Museo per l'Arte e l'Archeologia del Vastese, San Buono, presso il convento di Sant'Antonio; dal 2012 è ospitato nel castello D'Avalos della vicina Monteodorisio. Museo Naturalistico Archeologico "M. Locati", Lama dei Peligni, in via S. Rocco, dedicato all'archeologia locale e allo studio del camoscio appenninico abruzzese. Museo itinerante, "i luoghi del borgo", costituisce il borgo di Montelapiano col belvedere della villa comunale Museo per l'economia tra l'antichità ed il Rinascimento, Monteodorisio, presso il castello D'Avalos, insieme al "Museo archeologico del Vastese". Museo dell'area archeologica di Juvanum, Montenerodomo, località Palazzo nel sito archeologico di Juvanum. Museo della Civiltà Contadina e dei Castelli Abbandonati del Vastese, Palmoli, presso il castello marchesale Museo archeologico della Torre Romana, Pennapiedimonte, via Umberto I, centro storico Museo del Lupo, Pretoro, via Salita Purgatorio Museo delle ceramiche "Fedele Cappelletti", Rapino, presso l'ex convento di Sant'Antonio, su prenotazione Museo delle armi medievali e del brigantaggio, Roccascalegna, castello medievale Centro di documentazione sulla flora e fauna locale, Rocca San Giovanni, località Vallevò, costa dei trabocchi Museo civico di scienze naturali, San Giovanni Teatino alta Parco archeologico del Quadrilatero, San Salvo EnoMuseo - Museo del vino - Tollo, via Cesare Battisti Museo civico del palazzo baronale, Torrevecchia Teatina, presso il palazzo Valignani in piazza San Rocco Mostra archeologica "Cercando Herentas", Tufillo Museo dei cuochi, Villa Santa Maria, presso l'istituto alberghiero Museo e casa di San Francesco Caracciolo, Villa Santa Maria, corso Umberto I, chiesa di San Francesco Caracciolo. Altri locali del museo civico sono a poca distanza, nel palazzo ex orfanotrofio di Vico Supportico. Provincia di Pescara Pescara Museo Paparella Treccia Devlet: presso villa Urania in via Regina Margherita, ospita la collezione Treccia Devlet delle ceramiche di Castelli (TE) Museo casa natale Gabriele D'Annunzio: nella zona storica Portanuova sul corso Manthonè Museo d'arte moderna Vittoria Colonna: sul lungomare Matteotti, ospita opere d'arte di autori contemporanei Museo delle genti d'Abruzzo: principale museo di Pescara, ospitato nella zona Portanuova, lungo via delle Caserme, presso le casermette borboniche; è dedicato alla storia dell'uomo in Abruzzo, dalla Preistoria sino all'epoca contemporanea, con allestimenti di ricostruzione della tipica abitazione contadina abruzzese, e strumenti domestici. Il museo ospita anche la galleria della vecchia fortezza spagnola, un auditorium, e la biblioteca civica "Vittoria Colonna". Imago Museum: inaugurato nel febbraio 2021 nei locali dell'ex Banco di Napoli, lo spazio espositivo di 1200 metri quadrati è destinato a mostre temporanee di opere d’arte moderna, contemporanea e di fotografia. Museo civico Basilio Cascella: situato in viale Marconi presso lo storico stabilimento litografico di Cascella, è dedicato elle opere pittoriche e ceramiste di Cascella, di cui si ricorda Il bagno della pastora. Mediamuseum: allestito nel 2005 in piazza Alessandrini, presso l'ex tribunale civile di Pescara, è dedicato al cinema e alle pellicole girate in Abruzzo. Fuga dal Museo: progetto del 2017 indirizzato come un museo itinerante per Pescara, dedicato alla memoria di Pietro Cascella e non, e alle sue opere a Pescara, la Nave sul lungomare, il monumento ai caduti della guerra (piazza Garibaldi), il monumento a Ettore Carafa e Gabriele Manthonè in piazza Alessandrini, al museo civico "Basilio Cascella", al monumenti ai Martiri della Libertà in piazza Unione, ecc.. Maison des Arts: museo di recente apertura dedicato all'arte, in un palazzo liberty di corso Umberto I CLAP (Comics · Lab · Art · Pescara): museo del fumetto inaugurato nel 2022, dedicato anche alla figura del fumettista Andrea Pazienza e alle sue opere. Loreto Aprutino Antiquarium "Casamarte", ospitato nell'omonimo palazzo nobiliare, è dedicato alla collezione archeologica di Loreto Museo della civiltà contadina Galleria delle antiche ceramiche abruzzesi (Museo Acerbo) Penne Museo archeologico civico diocesano "G. B. Leopardi", ospitato nel palazzo arcivescovile, accanto al Duomo Museo civico diocesano, chiusa a causa del terremoto del 2016, è ospitato nella cripta del Duomo Museo d'arte moderna e contemporanea (MAMEC), temporaneamente chiuso, è ospitato nel Palazzo Teseo Castiglione, in restauro Museo e biblioteca del convento di Santa Maria in Colleromano Museo naturalistico "N. De Leone", ospitato nella riserva naturale del lago di Penne Torre de' Passeri Museo Iconografico Dantesco, Torre de' Passeri, ospitato nel castello Gizzi Pinacoteca Dantesca "Fortunato Bellonzi", Torre de' Passeri, castello Gizzi Altri Museo naturalistico "P. Barrasso" (Majambiente), Caramanico Terme, presso la riserva naturale Valle dell'Orfento Museolaboratorio di Arte Contemporanea, Città Sant'Angelo, vico Lupinato, centro storico Museo civico "Luigi Chiavetta", Città Sant'Angelo, presso l'ex chiesa del SS. Salvatore Museo dell'Abbazia, Castiglione a Casauria, presso l'abbazia di San Clemente Pinacoteca civica, Cepagatti Museo del Santuario del Volto Santo di Manoppello Museo del treno, Montesilvano, presso la vecchia stazione ferroviaria Museo delle arti, Nocciano, castello De Sterlich Luoghi della vita di San Nunzio Sulprizio, Pescosansonesco vecchio Museo civico della ceramica, Pianella Museo delle tradizioni ed arti contadine, Picciano Taverna ducale, Popoli Museo internazionale delle Sacre Icone Bizantine, Rosciano, frazione Villa Badessa, chiesa di Santa Maria Assunta [Museo medievale borbonico], Salle, presso il castello medievale Genova a Salle vecchio Museo dei fossili e delle ambre, San Valentino in Abruzzo Citeriore, presso il palazzo Olivieri Casa natale di Francesco Paolo Michetti, Tocco da Casauria, vico II Cavour Museo del convento di Santa Maria del Paradiso, Tocco da Casauria Provincia di Teramo Teramo Museo archeologico Francesco Savini, ospitato nel palazzo Savini Museo Civico (Pinacoteca comunale), presso la villa dei Tigli, è dedicato alla raccolta di opere di artisti locali e non, quali Raffaello Pagliaccetti, Pasquale Celommi, tele e polittici sacri medievali. Osservatorio astronomico d'Abruzzo "Vincenzo Cerulli". Museo del Gatto, presso la casa Urbani in piazzetta del Sole Atri Museo Capitolare, ospitato nei locali del Duomo, dedicato all'arte sacra del teramano Museo Etnografico Museo "Antonio Di Jorio" Museo archeologico civico De Galitiis-De Albentiis-Tascini Museo didattico degli Strumenti musicali Pinacoteca sotto le stelle "Casoli Pinta", ospitato nel palazzo ducale Acquaviva Giulianova Casa Museo "Vincenzo Cermignani" Museo Archeologico "Torrione La Rocca", ospitato nel torrione delle mura medievali Museo d'Arte dello Splendore, presso i locali del monastero di Santa Maria dello Splendore Pinacoteca civica Vincenzo Bindi, presso la casa natale del filologo Sala civica di scultura Raffaello Pagliaccetti, presso la scuola elementare De Amicis in piazza della Libertà Museo casa del musicista Gaetano Braga Roseto degli Abruzzi Civica Raccolta d'Arte Museo Civico della Cultura Materiale Civitella del Tronto Fortezza e Museo delle Armi e delle Mappe Antiche, ospitato dentro la fortezza, nel palazzo pretorio Nina, museo delle arti creative tessili, nel centro antico, in corso Mazzini Altri Museo archeologico nazionale, Campli, presso l'ex convento di San Francesco, sezione distaccata archeologica del Museo Nazionale d'Abruzzo a L'Aquila Museo della necropoli di Campovalano, Campli, loc. Campovalano Museo delle ceramiche di Castelli, Castelli, presso l'ex convento dei Francescani. Museo etnografico, Cerqueto di Fano Adriano Museo della Civilta' Contadina in Val Vibrata, Controguerra Museo Staurós, Isola del Gran Sasso, presso il santuario di San Gabriele Museo del cervo, Fano Adriano Museo delle Armi Antiche, Martinsicuro Museo di scienze naturali, Mosciano Sant'Angelo Presepe artistico di Giovanni Gavioli, Montorio al Vomano, convento degli Zoccolanti Museo Civico Romualdi, Notaresco Museo civico, Pineto, villa Filiani Museo e osservatorio di Torre di Cerrano, Pineto Collezione Etnografica 'Gino Di Benedetto' e le Genti della Laga, Torricella Sicura Museo della Cultura Marinara, Tortoreto Lido Museo delle tradizioni artigiane, Tossicia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Locomotiva%20FS%20851
Locomotiva FS 851
Le locomotive del gruppo 851 sono state un gruppo di locomotive a vapore delle Ferrovie dello Stato (FS) italiane. Furono progettate e fatte costruire dalla Rete Adriatica (RA) quali macchine per il servizio di linea. Nel 1905, insieme alle locomotive dei gruppi poi FS 290, 600 e 870 anch'esse ex RA, vennero inserite tra quelle che le FS reputarono meritevoli di ulteriori commesse nell'attesa del completamento dei progetti dei nuovi gruppi idonei a fronteggiare lo sviluppo del traffico viaggiatori e merci conseguente alla statalizzazione. L'avvento delle locomotive del gruppo 940 le relegò al ruolo di locomotive da manovra. Con una distribuzione geografica complementare a quella del gruppo 835, queste "interessanti macchine" prestarono servizio fino al termine dell'era della trazione a vapore in Italia negli anni settanta. Premesse Alla fine dell'Ottocento il completamento delle linee Sulmona–Isernia e Candela–Potenza e l'aumento delle composizioni dei treni e delle masse delle carrozze viaggiatori determinarono la dirigenza della Rete Adriatica al progetto di un nuovo gruppo di locomotive a vapore destinato a sostenere, collocandosi in testa o in coda ai convogli, lo sforzo di trazione delle macchine titolari specialmente sulle acclivi linee di valico. Perciò furono studiate locomotive-tender dotate di buone massa aderente, potenza e velocità e di autonomia sufficiente per quei tipi di servizi. Inserite nel nuovo gruppo RA 270 e consegnate nel 1898 in un primo sottogruppo di 18 unità, esse furono destinate alle citate linee Sulmona–Isernia e Candela–Potenza e ai tronchi Terni–Ancona della Roma–Ancona e Pescara–Avezzano della Roma–Pescara. I buoni risultati d'esercizio indussero a costruire un secondo sottogruppo in due distinti lotti di 18 e 24 unità, che furono consegnati fra il 1900-01 e nel 1904. Le FS, subentrate nel 1905 alle precedenti società private, dovettero impostare rapidamente i piani di sviluppo e di rinnovo del loro parco. Mentre l'Ufficio Studi e Collaudi del Servizio Trazione progettava nuovi tipi costruttivi riprendendo anche studi precedenti, si decise di commissionare altre unità dei tipi preesistenti eventualmente con le modifiche suggerite dalla pratica dell'esercizio (gruppi FS 290, 320, 600, 630, 670, 750, 830, 851, 870, 904 e 910; inoltre si vollero saggiare le tecniche costruttive statunitensi ordinando le 20 macchine dei gruppi 666 e 720). Tra essi furono scelte le ex RA 270, che costituirono il gruppo 851 FS. La costruzione continuò fino al 1911 per complessive 207 unità, che dal 1917 vennero numerate 851.001-207. Progetto Il progetto delle RA 270 fu sviluppato dall'Ufficio Studi di Firenze della Rete Adriatica e in alcuni particolari dimostra un rapporto col coevo gruppo 350 bis RA, poi FS 290 Come tipico della "scuola fiorentina" fu privilegiata la semplicità di progetto, specialmente del motore e del meccanismo della distribuzione. Tale scelta generò una significativa economicità dell'esercizio, che ebbe tra le sue conseguenze anche un marcato apprezzamento da parte del personale di macchina e di officina. Secondo l'ingegner Bruno Bonazzelli le RA 270, poi FS 851, si possono considerare la versione migliorata delle locomotive del gruppo RA 250, poi FS 827. Il parere è condiviso da Giovanni Cornolò e da Gian Guido Turchi, che fanno notare la comune destinazione al servizio di rinforzo, in testa o in coda ai treni, sulle rampe più acclivi delle linee transappenniniche. Caratteristiche Per i servizi che si prevedeva dovessero espletare su linee di montagna con pendenze fino al 28 per mille e numerosi tronchi armati con rotaie della massa di 27 kg per metro fu scelto un rodiggio (UIC) C con ruote di 1 510 mm di diametro, interasse fra le sale estreme di 4 000 mm, massa tutta aderente e un modesto carico per sala (14,3 e 14,4 t nel primo sottogruppo e 14,6 e 14,7 t nel secondo sottogruppo). Nelle macchine del secondo sottogruppo la considerazione della possibilità di frequenti soste per il rifornimento spinse a ridurre le scorte d'acqua da 5 700 L a 5 000 L e quelle di carbone da 1,4 a 1,2 t (l'aumento della massa complessiva fu dovuto all'irrobustimento del telaio). Il generatore di vapore era del tipo normale in uso all'epoca della progettazione. Il forno aveva una graticola con una superficie di 1,53 m². Il corpo cilindrico della caldaia era lungo (compresa la camera a fumo) 4,41 m e conteneva 213 tubi bollitori lunghi 3,2 m tra la piastra del forno e quella della camera a fumo. La caldaia, che conteneva 2,9 m³ d'acqua, aveva una superficie di riscaldamento di 94,16 m², di cui 87,8 m² dei tubi bollitori e 6,36 m² della parte del forno sopra la graticola ("cielo del forno"). Generava vapore saturo con una produzione di 4 700 kg all'ora. Il motore era a semplice espansione, con due cilindri esterni gemelli, aventi alesaggio di 430 mm e corsa dello stantuffo di 580 mm, meccanismo Walschaerts e distributori a cassetto. Come le locomotive poi FS 290 tutte le 851 erano dotate di uno scappamento variabile, però del tipo "a pera". La potenza normale era di 294 kW a 30 km/h (ciò spiega il successivo impiego nella manovre: nella trazione a vapore la potenza, e quindi il carico trainabile, è massima nell'intervallo centrale delle velocità sviluppabili). Il primo sottogruppo fu dotato del freno a vuoto. Successivamente, in ottemperanza agli obblighi legislativi, dapprima le macchine di nuova costruzione e poi le altre furono dotate del freno ad aria compressa automatico e moderabile del tipo Westinghouse, con installazione del compressore (monostadio) sul lato destro. Tutte le macchine erano predisposte per erogare il vapore per il riscaldamento delle carrozze viaggiatori. Le macchine della prima fornitura avevano una cabina aperta sul lato posteriore, poi chiusa con una parete dotata di tre ampi finestrini di cui quello centrale era apribile per aumentare la ventilazione in cabina. Gli schemi di verniciatura adottati furono quelli utilizzati normalmente prima della RA e poi delle FS. Ad alcune fu applicato lo schema, in grigio, utilizzato provvisoriamente per le riprese fotografiche a fini di documentazione dell'attività delle industrie costruttrici. Prestazioni Le prestazioni assegnate dal Servizio Materiale e Trazione FS e pubblicate nelle Prefazioni generali all'orario di servizio (PGOS) erano le stesse per i gruppi 851 e 981 (fonte:): Costruzione Le locomotive furono costruite dal 1898 al 1911 in complessive 207 unità. Numerate dapprima RA 2701-2760, poi FS 8511-8699 e 85290-86307, dal 1917 assunsero la numerazione definitiva FS 851.001-207, applicata praticamente nel 1919 (le ex RA 2732-2755 diventarono le FS 851.001-024; le ex RA 2701-2712, 2718-2731, 2713-2717 e 2756-2760, seguendo l'ordine di consegna, diventarono le FS 851.079-114). Altre quattro macchine corrispondenti al gruppo 851 furono costruite nel 1924 dall'Ansaldo per la ferrovia Siena–Buonconvento–Monte Antico che fu riscattata dalle FS nel 1956. Le tre macchine rilevate (l'unità 02 era stata danneggiata durante il conflitto mondiale e fu demolita nel 1947) avevano la numerazione 851.01 e 03–04 e la mantennero fino alla loro radiazione che avvenne tra il 1958 e il 1961 (Peter Michael Kalla-Bishop accenna alla possibilità, non attuatasi, della loro rinumerazione come FS 851.208-210). Inoltre la Società Anonima Strade Ferrate Sovvenzionate (SFS), esercente la Ferrovia della valle Caudina (linea Benevento–Cancello), nel 1911 fece costruire dalle Officine Meccaniche sei locomotive identiche alle 851 FS. Le FS suddivisero le proprie 851 in due sottogruppi: il primo comprendeva quelle costruite nel 1898 che, nel 1917, ricevettero la nuova numerazione 851.079-090 e 105-109 e il secondo tutte le altre. La ripartizione delle unità fra i costruttori e la successione delle numerazioni è nella seguente tabella. La numerazione delle ex RA 2701-2772 fu mantenuta dalle ricostituite Strade Ferrate Meridionali (SFM), che tra il 1903 e il 1906 assunsero l'esercizio della Rete Adriatica in attesa della sua statalizzazione, avvenuta nel 1906. Le unità 851.139-158 furono costruite dalle Officine Meccaniche nel loro stabilimento di Napoli. Secondo il Briano nel 1906 erano in servizio 72 unità su un totale di 409 locomotive-tender presenti nel parco FS. Gian Guido Turchi, invece, scrive che nel 1906 le unità in esercizio erano 88, più altre 26 in costruzione. Modifiche Diversamente dalle altre locomotive di rodiggio C pervenute alle FS nel 1905-1906) le 851, progettate per servizi di rinforzo sulle linee di valico, si dimostrarono sufficientemente potenti, veloci e versatili da potere espletare anche servizi di linea con treni viaggiatori diretti. Perciò le FS stabilirono che, in occasione delle grandi riparazioni, le loro caldaie fossero sostituite con quelle del gruppo 875, progettato nel 1911 per il traino di treni merci e viaggiatori su linee secondarie a scarso traffico. Il montaggio sull'851.181 di una caldaia di 870, eseguito nell'Officina Grandi Riparazioni di Pietrarsa nel marzo 1930, fu probabilmente dovuto a necessità contingenti piuttosto che di sperimentazione. Oltre alla sostituzione del freno a vuoto con quello ad aria compressa e a quella della caldaia, la modifica più importante subita da alcune 851 fu quella della predisposizione per la combustione mista (nafta e carbone). Ispirata dalla pratica d'esercizio con le locomotive del gruppo 736 lasciate in Italia dall'United States Transportation Corps, alimentate a nafta, essa fu studiata per ridurre il consumo di carbone (la nafta veniva usata per il servizio normale e il carbone per l'accensione e per il fuoco di stazionamento). Tra il 1947 e il 1948 almeno 122 locomotive di vari gruppi (835, R.302 e 27 unità del gruppo 851) furono così modificate a cura dell'OGR di Verona Porta Vescovo e dell'Officina Grandi Riparazioni di Rimini. Furono dislocate principalmente negli impianti di smistamento di Napoli, Bologna, Reggio di Calabria, Bari, Roma e Parma, e arrivarono quasi tutte con questa modifica fino alla radiazione. Esercizio Servizi Le 851 espletarono i servizi per cui erano state progettate fino agli anni venti. Poi l'aumento delle composizioni dei treni e l'introduzione nel parco d'un numero crescente di carrozze a cassa metallica, insieme a quella delle locomotive del gruppo 940, suddivise fra i depositi di Sulmona e Campobasso, permise di ritirare le 851 da molti servizi di linea (in alcuni dei quali avevano dovuto essere impegnate in doppia e in tripla trazione a causa dell'aumento delle masse da trainare) e di assegnarle a quelli di manovra, specialmente nell'Italia centrale e meridionale. In essi ebbero modo di fare apprezzare le loro buone caratteristiche di potenza e di velocità massima, che grazie alla massa tutta aderente permettevano l'erogazione di prestazioni significative, migliori di quelle delle 835, anche nel regime di funzionamento tipico delle manovre. Tra gli ultimi servizi di linea si cita quello al traino di treni passeggeri locali svolto sulla Rovigo-Chioggia fino al 1969 circa. Le locomotive 851.011, 040, 121 furono noleggiate al Ministero della Marina dal 1939 fino a una data ignota. Furono vendute le locomotive: 851.006 al Ministero della Marina nel 1935, 037 alla Breda nel 1939, 181 e 187 alla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali nel 1930. Gian Guido Turchi aggiunge alle precedenti unità la 150, venduta ai Raccordi Ferroviari di Marghera nel 1943. Depositi Assegnazioni nel 1906: Antrodoco (11), Avellino (13), Salerno (4), Sulmona (22) e Tivoli (35). 3 erano in officina per grandi riparazioni o riparazioni speciali e 26 erano in costruzione. Assegnazioni nel 1910: Antrodoco (15), Avellino (38), Benevento (1), Catanzaro (16), Cosenza (10), Foggia (12) Roma Tuscolana (2), Salerno (9), Sulmona (49), Tivoli (39). 14 erano in officina e 1 in costruzione. Assegnazioni nel 1918: Brescia (19), Catanzaro (17), Cosenza (9), Foggia (16), Livorno (2), Roma San Lorenzo (15), Salerno (14), Sulmona (33), Taranto (11), Terni (24), Tivoli (29). 19 erano in officina. Assegnazioni nel 1929: Ancona (1), Bari (7), Barletta (4), Cassino (4), Catania (14), Catanzaro (5), Civitavecchia (9), Crotone (2), Fabriano (2), Foggia (41), Foligno (3), Lecce (3), Messina (11), Mestre (1), Orte (4), Palermo (12), Paola (6), Pescara (5), Reggio Calabria (7), Rimini (6), Siena (4), Sulmona (41), Taranto (6), Terni (5). Assegnazioni nel 1934: Ancona (7), Bari (18), Bologna (8), Cassino (18), Catania (6), Catanzaro (3), Civitavecchia (3), Cosenza (2), Fabriano (1), Firenze (1), Foggia (20), Foligno (6), La Spezia (2), Lecco (1), Livorno (1), Messina (7), Mestre (23), Milano Centrale (13), Milano Smistamento (2), Orte (4), Palermo (13), Paola (3), Pescara (1), Pisa (4), Reggio di Calabria (7), Sulmona (20), Taranto (9). Assegnazioni nel 1940: Ancona (12), Bari (15), Bologna (25), Cagliari (3), Caltanissetta (1), Catania (4), Catanzaro (2), Civitavecchia (1), Cosenza (1), Firenze (8), Foggia (10), Foligno (7), Lecco (8), Livorno (5), Mantova (2), Messina (7), Mestre (7), Milano Centrale (1), Napoli (8), Palermo (7), Paola (1), Pescara (6), Pisa (7), Reggio di Calabria (6), Rimini (3), Sassari (3), Savona (7), Sulmona (14), Taranto (1), Trieste (1), Udine (9), Venezia (2), Verona (5). Assegnazioni nel 1951: Ancona (12), Bari (17), Bologna Centrale (22), Brescia (4), Cagliari (2), Caltanissetta (5), Castelvetrano (2), Catanzaro (4), Catania (1), Fabriano (2), Foggia (12), Foligno (6), Mestre (7), Napoli (10), Padova (13), Palermo (13), Paola (5), Pescara (5), Pistoia (4), Reggio di Calabria (7), Sassari (4), Savona (3), Udine (7), Verona (1), Voghera (1). Assegnazioni nel 1959: Ancona (8), Bologna San Donato (16), Caltanissetta (7), Castelvetrano (3), Catanzaro (3), Cosenza (4), Foligno (10), Padova (10), Palermo (11), Paola (5), Pescara (3), Reggio di Calabria (8), Rimini (4), Siracusa (3). Assegnazioni nel 1969: Bologna (6), Padova (1) Assegnazioni nel 1971: Alessandria (1), di cui 1 accantonata; Bologna Centrale (1), di cui 1 accantonata; Bologna San Donato (3), di cui 1 accantonata; Caltanissetta (1); Genova Rivarolo (1), di cui 1 accantonata; Lecco (1), di cui 1 accantonata; Paola (1), di cui 1 accantonata; Verona (1), di cui 1 accantonata. Conservazione museale La longevità del gruppo, dovuta alle sue qualità, favorì i sostenitori della conservazione di alcune sue unità. La locomotiva 851.110, restaurata dall'officina del deposito locomotive di Bologna Centrale, è conservata nel Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa. Altre sono conservate presso privati o in giardini pubblici. Nel 1992 la situazione era la seguente: 851.043 in consegna al Centro per la storia delle ferrovie e tramvie, Bologna; 057 monumento a Osnago; 066 presso l'Impresa Furlanis, Fossalta di Portogruaro; 074 di proprietà dell'Associazione Treni Storici Emilia-Romagna-Adriavapore a Rimini; 103 monumento nel Museo Bersano di Nizza Monferrato; 105 monumento a Faenza; 112 monumento a Mestre, sede del Gruppo Fermodellistico Mestrino; 113 monumento a Bitonto; 130 monumento a Rapallo; 186 monumento a Como; 203 a Bologna Centrale in attesa di trasferimento a Guastalla per monumentazione. Nel 2013 la situazione era la seguente: 851.036 monumento a Laghi di Sibari; 043 di proprietà dell'associazione Amici della Ferrovia Suzzara-Ferrara a San Benedetto Po; 851.057 di proprietà dell'associazione Gruppo ALe 883 a Tirano; 066 di proprietà dell'Impresa Furlanis a Fossalta di Portogruaro; 074 di proprietà dell'Associazione Treni Storici Emilia-Romagna-Adriavapore a Rimini; 097 monumento a Ponton di Domegliara; 103 monumento a Nizza Monferrato; 105 monumento a Faenza; 112 monumento a Mestre; 113 monumento a Palagianello; 130 monumento a Rapallo; 186 monumento a Como; 203 monumento a Novafeltria. Nel 2016 la situazione era invariata, con l'eccezione delle unità 036, demolita al principio del 2015, e 203, spostata a Perticara. Riproduzioni modellistiche Modelli delle locomotive 851 FS sono stati prodotti da diverse ditte specializzate tra cui la Rivarossi a partire dal 1964. Modelli completamente nuovi, in scala H0, sono stati immessi sul mercato nel 2016 da parte delle ditte LE Models, Hornby (sotto il marchio Lima) e OsKar.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi%20Piccinato
Luigi Piccinato
Biografia Si laurea in architettura all'Università "La Sapienza" di Roma nel 1923, avviando sin dai primi anni un'intensa attività didattica e professionale, soprattutto nel campo dell'urbanistica. Dimostra subito la sua estrema sensibilità per le matrici storiche del territorio e per l'ambientale. Nell'ambito sempre di una sua vasta visione di soluzioni derivanti da una sintesi quotidiana di tutti i problemi urbanistici, fra i molti suoi interventi per Napoli, è bene ricordare il progetto per la Stazione Centrale e il progetto per il Concorso Nazionale per la Facoltà di Medicina e Chirurgia (premio IN/ARCH Domosic) dove esaltò particolarmente il problema dell'ambientamento. Negli stessi anni la sua presenza è segnalata anche a Benevento, dove oltre ad un importante Piano Regolatore del 1932, costruisce anche la sede del Liceo Classico (1938), dallo stile asciutto, severo e privo di accenti decorativi, senza dubbio uno dei suoi edifici più rilevanti, sospeso tra Metafisica e Razionalismo. Dal 1941 si dedica alla conclusione della costruzione del Teatro Salieri, nella sua città natale, ma i lavori secondo il suo progetto non vennero mai completati. II premio IN/ARCH Domosic gli viene assegnato anche nel 1961 per lo Stadio Adriatico di Pescara. Per quanto concerne l'urbanistica, nel 1954 riceve il Premio Nazionale Olivetti per l'Urbanistica, motivato fra l'altro dall'«equilibrio fecondo» con cui egli seppe cogliere «gli aspetti storico-problematici e creativo-pratici dell'attività urbanistica». La profonda conoscenza delle matrici storiche del territorio gli permette altresì di intervenire con raro equilibrio, nel delicato tessuto di numerosissimi centri urbani in Italia: da Brescia a Matera, da Napoli a Roma, le sue analisi e le sue previsioni si sono sempre dimostrate profetiche, come pure la sua fama di grande urbanista lo ha portato ad affrontare temi internazionali prestigiosi. Autore di una vastissima serie di pubblicazioni e di studi nel campo dell'urbanistica, viene chiamato a tenere corsi e conferenze ad altissimo livello scientifico in numerose città, sia italiane che straniere, facendo parte contemporaneamente di Commissioni e Comitati di studio e partecipando a Congressi urbanistici nazionali e internazionali. Nel 1942 viene chiamato dalla casa di produzione SAGIF Artisti Associati per la realizzazione delle scenografie del film La fortuna viene dal cielo, girato negli Stabilimenti FERT di Torino, che rappresenta il suo unico lavoro nel campo della cinematografia. Membro di numerose Accademie ed Istituti culturali italiani e stranieri, quali: l'Accademia nazionale di San Luca, l'Accademia Ligustica di Genova, la Deutsche Akademie für Städtebau und Landesplanung di Düsseldorf, è stato Vicepresidente dell'INU dal 1952 al 1969. Nel 1945 fonda insieme a Bruno Zevi, Mario Ridolfi e Pier Luigi Nervi l'A.P.A.O. (Associazione Per L'architettura Organica) per promuovere quel tipo di architettura derivante dalle opere di Frank Lloyd Wright. Lo stesso anno, insieme a Cino Calcaprina, Bruno Zevi e altri fonda la rivista Metron. Nel 1946-47 Piccinato fu chiamato a Pescara per il progetto del Piano Regolatore per la ricostruzione della città, distrutta dai bombardamenti. Piccinato progettò l'arretramento della strada statale Adriatica che sarebbe passata rasente la ferroviaria, anch'essa arretrata verso l'entroterra, prevedendo che Pescara in pochi decenni avrebbe riempito lo spazio lasciato con l'edilizia; progettò la nuova città con ampi viali ortogonali, e aperse lungo il corso piazza della Rinascita, poi Salotto, prevedendo una città sviluppata a T. Malgrado ciò, il Piano fu cambiato e non rispettato dalle amministrazioni locali, sicché presto ci fu un'urbanizzazione veloce e disordinata di Pescara. Dal 1937 al 1950 svolge attività didattica presso l'Università di Napoli, passando poi, quale Professore Ordinario di Urbanistica, alla Facoltà di Architettura di Venezia, dove rimane fino al 1963, anno in cui si trasferisce alla stessa cattedra della Facoltà di Architettura di Roma. Professore emerito dal 1975, la sua carriera universitaria comincia fino dai primi anni di laurea con la Libera Docenza in Urbanistica. È stato consigliere comunale di Roma per il Partito Socialista Italiano dal 1956 al 1960. Principali opere 1927/1935 - Piani Regolatori di Foggia, Benevento, Cagliari, Arezzo, Sabaudia, Catania. 1928/1939 - Piano di sistemazione di S. Maria degli Angeli, Assisi (Perugia). 1931 - Progetto di casa coloniale e realizzazione, per la V Fiera di Milano. 1933 - Complesso per abitazioni e uffici, Sabaudia. 1934 - Piani Regolatori di Sabaudia di Napoli. 1936/1938 - Liceo Classico di Benevento. 1938/1943 - Casa-Albergo (oggi Residence Prati) in Via Nicotera 26 a Roma, con Giulio Landi. 1939 - Teatro « Puccini » a Milano. Interni del Teatro Mediterraneo a Napoli. Fontane luminose, parco zoologico, giardini, ecc. alla Mostra d'Oltremare a Napoli. Quartiere « Dalmine-Techint » a Buenos Aires. Villaggio-vacanze a Sierra S. Luis (Argentina). 1940/1946 - Piani di ricostruzione di Campobasso, Padova, Civitavecchia (Roma), Legnago (Verona), Palestrina (Roma) e Pescara. 1943 - Villa Bossiner a Roma. Teatro Quirino a Roma. Casa-albergo di via Nicotera a Roma. 1945 - Piano di Ricostruzione di Civitavecchia (Roma). 1947 - Piazza della Rinascita detta "Salotto", Pescara. 1953 - Piani Regolatori di Matera, Padova, Caprarola (Viterbo), L'Aquila, Siena e Bassano del Grappa (Vicenza). 1953/1957 - Nuova sede dell’amministrazione provinciale di Treviso. 1955 - Stadio Adriatico di Pescara. Chiesa, Municipio e complesso scolastico del quartiere “Borgo Venusio” di Matera. Chiesa, scuola materna, ginnasio e mercato ortofrutticolo coperto del quartiere « Serra Venerdì » di Matera. 1956 - Consulente dell'Atakoy Housing Complex, Bakirkoy, Istanbul. 1956 - Quartiere IACP, Civitavecchia (Roma). 1956/1959 - Piani Regolatori di Benevento, Carrara, Macerata, Venezia, Legnago (Verona) e Rosignano Marittimo (Livorno). Piano Regolatore di Istanbul. 1959 - Stazione di Napoli Centrale. Nuova città universitaria a Catania. 1960 - Quartieri «Santa Chiara» e «Nepi» a Siena. 1960/1965 - Piani Regolatori di Pisa, Fano (Pesaro, Catania, Orvieto (Terni), Siena, Gorizia, Grosseto, Latina, Monza (Milano) e soprattutto Roma e Napoli. 1962 - Istituti di Botanica e di Zoologia, Catania. 1964 - Piano regolatore generale di Bolzano. 1964 - Collegio per ragazzi, Catania. Palazzo dello sport a Siena. 1965 - Sede della succursale del “Monte dei Paschi di Siena” a Grosseto. 1966 - Edifici per abitazioni economico-popolari (Legge 167) a Grosseto, quartiere Gorarella. Piano Regolatore di Macerata. 1968 - Piano regolatore generale di Civitavecchia (Roma). 1970 - Piano regionale della Campania. 1970/1972 - Piscina coperta a Taranto. 1972 - Piano regolatore generale di Latina. 1973 - Piano di risanamento del centro storico di Padova. I suoi scritti Urbanistica medioevale, Firenze 1943 (nuova ed. Bari 1978) La strada come strumento di progettazione urbanistica, Roma 1960 La progettazione urbanistica, la città come organismo, Padova-Venezia 1988 Riconoscimenti Nel 1983 è stato insignito dall'Accademia dei Lincei del Premio Internazionale Feltrinelli per l'Architettura.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Riserva%20naturale%20Pineta%20di%20Santa%20Filomena
Riserva naturale Pineta di Santa Filomena
La riserva naturale Pineta di Santa Filomena è un'area naturale protetta situata in Abruzzo nella provincia di Pescara e si estende in un'area di circa 20 ettari, al confine tra i comuni di Pescara e di Montesilvano. Territorio La riserva, che si sviluppa in lunghezza per circa 3,2 chilometri e in larghezza per una media di circa 60-70 metri (200 nel punto più ampio), si trova nella parte nord del territorio comunale di Pescara e nella parte meridionale del territorio di Montesilvano, nel quartiere di Villa Verrocchio. Insieme alla riserva Dannunziana costituisce l'ultima area di quella che nei secoli fu una grande pineta che si estendeva su tutto il litorale circostante. La riserva è circondata a nord, a sud e ad ovest da aree edificate, mentre, nella parte orientale, si affaccia sulla riviera di Pescara e Montesilvano e quindi sul mare. All'interno della pineta, si trova un centro di recupero dei rapaci gestito dalla Guardia forestale. Flora e fauna La flora della pineta è caratterizzata dalla prevalenza di , con una modesta presenza di pino domestico. Quest'ultimo non è autoctono sulla costa del medio adriatico ed è stato quindi introdotto nell'area per incrementare la produzione di resina durante gli anni dell'autarchia fascista, quando si sperimentava l'uso dei sottoprodotti vegetali nell'industria chimica. Sono altresì riscontrate alcune latifoglie sempreverdi, come l'alloro ed il leccio. Nella pineta trovano riparo alcune specie di uccelli tra i quali la rondine di mare, mignattini, il gabbiano reale ed alcuni cormorani. Inoltre, alcune specie trovano rifugio nella riserva per la nidificazione: il rampichino, la cinciallegra, la cinciarella, la capinera, il saltimpalo. Voci correlate Pescara Montesilvano Aree naturali protette dell'Abruzzo Altri progetti Collegamenti esterni Pineta di Santa Filomena Pescara Aree naturali protette della provincia di Pescara Montesilvano
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https://it.wikipedia.org/wiki/085%20%28prefisso%29
085 (prefisso)
085 è il prefisso telefonico del distretto di Pescara, appartenente al compartimento omonimo. Il distretto comprende la provincia di Pescara e i comuni di Atri, Giulianova, Morro d'Oro, Mosciano Sant'Angelo, Notaresco, Pineto, Roseto degli Abruzzi, Silvi (appartenenti alla provincia di Teramo); Francavilla al Mare, Ortona, San Giovanni Teatino (appartenenti alla provincia di Chieti). Confina con i distretti di Teramo (0861) a nord, dell'Aquila (0862) e di Sulmona (0864) a ovest, di Chieti (0871) e di Lanciano (0872) a sud. Aree locali e comuni Il distretto di Pescara comprende 57 comuni suddivisi nelle 6 aree locali di Giulianova, Penne (ex settori di Città Sant'Angelo, Penne e Pianella), Pescara (ex settori di Ortona e Pescara), Scafa (ex settori di Catignano e Scafa), Silvi (ex settori di Atri e Silvi) e Torre de' Passeri (ex settori di Caramanico Terme, Popoli e Torre de' Passeri). I comuni compresi nel distretto sono: Abbateggio, Alanno, Atri (TE), Bolognano, Brittoli, Bussi sul Tirino, Cappelle sul Tavo, Caramanico Terme, Carpineto della Nora, Castiglione a Casauria, Catignano, Cepagatti, Città Sant'Angelo, Civitaquana, Civitella Casanova, Collecorvino, Corvara, Cugnoli, Elice, Farindola, Francavilla al Mare (CH), Giulianova (TE), Lettomanoppello, Loreto Aprutino, Manoppello, Montebello di Bertona, Montesilvano, Morro d'Oro (TE), Mosciano Sant'Angelo (TE), Moscufo, Nocciano, Notaresco (TE), Ortona (CH), Penne, Pescara, Pescosansonesco, Pianella, Picciano, Pietranico, Pineto (TE), Popoli, Roccamorice, Rosciano, Roseto degli Abruzzi (TE), Salle, San Giovanni Teatino (CH), San Valentino in Abruzzo Citeriore, Sant'Eufemia a Maiella, Scafa, Serramonacesca, Silvi (TE), Spoltore, Tocco da Casauria, Torre de' Passeri, Turrivalignani, Vicoli e Villa Celiera . Note Prefissi telefonici italiani Provincia di Chieti Provincia di Pescara Provincia di Teramo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Emmanuel%20Cascione
Emmanuel Cascione
Biografia Il padre Armando Cascione è stato calciatore e, tra l'altro, ha disputato una stagione con la , come Emmanuel, in Serie B nel 1989-1990. Ha anche un fratello minore, Davide (nato nel 1987), che come lui ha mosso i primi passi da calciatore professionista con la : proprio in omaggio all'anno di nascita del fratello ha deciso di indossare l'87 come numero di maglia alla sua prima stagione a . Caratteristiche tecniche Giocatore sia in un centrocampo a quattro che in uno a tre. Ottime qualità difensive. Possiede un gran tiro dalla distanza. Carriera Giocatore Gli inizi Dopo una esperienza in Inghilterra, nel West Ham, torna in Italia, trasferendosi alla , dove rimane per quattro stagioni. Qui disputa un campionato di Serie B e tre campionati di Serie C1, totalizzando in tutto 76 presenze e 5 gol in campionato, oltre a 10 partite di coppa. Passa poi al dove gioca due anni in Serie B, scendendo in campo 56 volte e siglando 4 reti. Nell'estate 2007 viene acquistato dalla dove ritrova Massimo Ficcadenti, suo allenatore ai tempi della Pistoiese, che gli dà l'opportunità di debuttare in Serie A nella stagione 2007-2008. La stagione seguente la squadra retrocede in Serie B. Nelle stagioni successive alla prima, gioca sempre meno, forse per screzi con l'allenatore o la società, perdendo il posto da titolare. Pescara Il 16 luglio 2010 passa in compartecipazione al Pescara. Sotto la guida di Eusebio Di Francesco, il 25 settembre contro il Torino trova il suo primo gol con la maglia del Pescara. Il 24 giugno 2011 il Pescara riscatta alle buste l'altra metà del cartellino del giocatore dalla Reggina. Il 30 agosto 2011 segna il gol del decisivo 3-2 contro l'Empoli nella seconda giornata di campionato. Il 6 gennaio 2012 mette a segno il suo quarto gol stagionale nella partita vinta per 4-2 sul campo della (la rete segnata è quella dell'1-1). In questa occasione stabilisce il suo record di marcature in una sola stagione, superando i tre gol segnati nelle stagioni 2004-2005 con la Pistoiese e 2010-2011 con il Pescara: il record viene poi battuto con la rete al Crotone, nella vittoria dei biancazzurri all'Ezio Scida il 31 gennaio 2012. Il 20 maggio 2012 ottiene con la sua squadra la promozione in Serie A, vincendo per 3 a 1 contro la Sampdoria allo Stadio Ferraris di Genova. La stagione appena conclusasi è stata, sotto la guida di Zeman, la più prolifica per lui in termini realizzativi. Durante la pausa estiva prolunga fino al 2015 il contratto con i biancoazzurri. Torna a giocare in Serie A il 26 agosto 2012, nella partita persa 0-3 all'Adriatico contro l'Inter. Realizza la sua prima rete in Serie A il 10 novembre, nella sconfitta interna (1-6) contro la . Anche il secondo gol in Serie A viene realizzato alla , nella partita di ritorno, con un bel sinistro da 35 metri, centrando l'incrocio dei pali alla sinistra di Storari. Cesena, Santarcangelo e Forlì Il 25 agosto 2013 lascia il Pescara per trasferirsi al , che lo cede subito in prestito al . In cinque stagioni mette insieme complessivamente 118 presenze e 9 gol. Nel 2018, dopo il fallimento dei romagnoli, si accasa al in Serie D con cui colleziona 14 presenze e andando in rete in 3 occasioni, ma l'esperienza con i gialloblù dura pochi mesi: il 18 dicembre viene ingaggiato a titolo definitivo dal sempre in D. Allenatore Nell'estate del 2019, Cascione inizia la sua esperienza da allenatore sulla panchina del Cattolica S.M., con cui concluderà la stagione al quattordicesimo posto nel girone F di Serie D. Il 1º settembre 2020, viene ingaggiato dal Napoli come allenatore della Primavera per la stagione 2020-2021 e, poco dopo, inizia anche a frequentare a Coverciano il corso per acquisire la licenza UEFA A, necessaria per poter allenare le prime squadre fino alla Serie C ed essere allenatori in seconda in Serie A e B. Il campionato si conclude con un successo: i ragazzi di Cascione concludono terzi nel loro girone (dietro solo a e ), accedendo così agli spareggi per la promozione in Primavera 1, che ottengono battendo il ai calci di rigore. Terminata l'esperienza a Napoli, nell'estate del 2021 Cascione viene chiamato dal Sassuolo per guidare la formazione Under-18 nel campionato sperimentale di categoria. Con la stessa squadra, partecipa anche al Torneo di Viareggio del 2022, in cui porta i giovani nero-verdi alla vittoria del loro secondo titolo nella competizione, dopo il successo del 2017. Nell'estate 2022 assume la guida della Pistoiese, in Serie D. L'esperienza con gli arancioni toscani però si chiude in anticipo. Infatti il 25 ottobre seguente, dopo la sconfitta contro il Forlì, viene esonerato. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche da allenatore Statistiche aggiornate al 23 ottobre 2022. Giovanili Statistiche aggiornate al 29 settembre 2020. Palmarès Giocatore Pescara: 2011-2012 Allenatore Competizioni giovanili Sassuolo: 2022
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https://it.wikipedia.org/wiki/Stazione%20meteorologica%20di%20Pescara%20Centro
Stazione meteorologica di Pescara Centro
La stazione meteorologica di Pescara Centro è la stazione meteorologica di riferimento per l'area urbana della città di Pescara. Coordinate geografiche La stazione meteorologica si trova nell'area climatica dell'Italia centrale, in cui è compreso l'intero territorio regionale dell'Abruzzo, nell'area urbana del comune di Pescara, a 2 metri s.l.m. e alle coordinate geografiche . Dati climatologici In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +6,5 °C circa; quella del mese più caldo, luglio, è di +23,5 °C. Le precipitazioni non raggiungono i 700 mm annui e presentano un minimo contenuto in luglio e un massimo nel cuore dell'autunno.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Storia%20di%20Lanciano
Storia di Lanciano
La storia di Lanciano è molto antica essendo stata la città un centro di primaria importanza politica e commerciale. Dal Paleolitico alla conquista romana Il territorio di Lanciano è stato abitato con continuità fin dal Paleolitico: la presenza umana più antica è testimoniata da ritrovamenti di strumenti in selce e pietra, risalenti a trentamila anni fa. Diversi, poi, sono i reperti di epoca neolitica. I più importanti furono portati alla luce nel 1969 in contrada Marcianese, nel cosiddetto Villaggio Rossi: di questo insediamento sono riemersi fondi di capanna con frammenti di utensili e resti animali ed umani, il tutto risalente ad una comunità che lo avrebbe abitato nel periodo tra VI e V millennio a.C.. Successivi scavi nel corso degli Anni Novanta hanno permesso di ritrovare altre testimonianze risalenti al III millennio a.C. nel sito dell'attuale centro storico. Parlando di Lanciano come città, le sue origini affondano nel mito. La tradizione, tramandata da due storici del Seicento come Giacomo Fella e Pietro Pollidori, vuole che essa sia stata fondata nel 1179 a.C. da Solima, profugo troiano approdato in Italia insieme ad Enea, un anno dopo la distruzione della stessa Troia nel 1180 a.C., col nome di Anxanon o Anxia (dal nome di un compagno morto in guerra). Solima, secondo altre credenze di epoca medioevale, avrebbe fondato di lì a poco anche la città di Sulmona. Il nome si sarebbe poi evoluto in Anxanum con la conquista romana (II secolo a.C.) e in Lanzano nel Medioevo sino a divenire quello attuale. Al di là della leggenda, riportata anche da altri storici abruzzesi quali Anton Ludovico Antinori, Domenico Romanelli e Luigi Renzetti, i rinvenimenti archeologici, riportati negli studi di Andrea Staffa e Florindo Carabba, hanno testimoniato la presenza sin dall'epoca preistorica dell'uomo a Lanciano, con gli scavi degli anno 90 presso Largo San Giovanni, piazza Plebiscito e via dei Bastioni reperti conservati nel museo civico archeologico dell'ex convento di Santo Spirito. Secondo le notizie di alcuni storici romani (Varrone, Livio e Plinio il Vecchio), in seguito Anxanon fu capitale del popolo Frentano, gente di stirpe sannitica che occupò l'area costiera tra il Pescara ed il Fortore a partire dal V secolo a.C. In quest'epoca, probabilmente, la città subì l'influsso culturale dei Greci, che allora controllavano i traffici commerciali sulla sponda occidentale dell'Adriatico. Tra il IV secolo a.C. ed il III secolo a.C. i Frentani presero parte alle prime due guerre sannitiche, accettando di diventare foederati dei Romani dopo la sconfitta subita nel 304 a.C.. Nel periodo tra il V secolo e il IV secolo a.C. la città di Anxa con tutti gli altri centri Frentani, escluso Larinum (stato autonomo), formava un unico unione federale Frentano-Sannita. Nel suo tentativo di espansione, Roma rivolse la sua attenzione ai Sanniti, di conseguenza anche i Frentani furono coinvolti nella guerra romana. Nel 319 a.C. Roma, dopo numerosi insuccessi, accordò ai Sanniti l'antica alleanza. Nel 304 appunto i Frentani si staccarono dai Sanniti, alleandosi con Roma, conservando sempre l'autonomia, determinate fu l'aiuto che dettero ai Romani nella seconda guerra punica contro Annibale Barca.Il territorio frentano era diviso in tanti centri che costituivano, con il circondario della Val di Sangro, vere e proprie comunità politiche. Tali centri possedevano statuti e magistrati, ed erano indipendenti gli uni dagli altri. Anche Anxa costituì un centro importante, essendo la Capitale, ebbe un ruolo preminente nell'ambito del governo della valle, ed ebbe leggi proprie. Il commercio principale era di carattere agricolo-pastorale, ma anche artigiano presso Anxa, poiché presso la valle passava un tratturo che collegava la Maiella alla Puglia foggiana. Nel Sannio pre-romano esistevano collegamenti viari non solo tra la fascia costiera e i monti, ma anche da sud a nord. Questi percorsi erano utilizzati da popolazioni che nel flusso migratorio, provenienti dalla sponda opposta del Mar Adriatico, in parte restavano lungo la costa, in parte si spingevano verso l'entroterra. Le ceramiche rinvenute negli scavi, molte delle quali di importazione dalla Daunia o dall'Africa, hanno testimoniato che l'economia lancianese era molto sviluppata e variegata, e che la città mediante il porto di Ortona riusciva a garantire lunghe rotte commerciali. Il fenomeno della "transumanza" caratterizzò molto per secoli l'Abruzzo, e in particolare la zona frantana del Sangro, i cui percorsi permettevano collegamenti fino a Taranto, e con i Dauni del Tavoliere delle Puglie. Epoca romana Come detto, Anxanon entrò nella sfera di influenza di Roma intorno al 304 a.C.. A differenza delle altre popolazioni di ceppo sannita, essi rimasero fedeli a Roma durante le guerre puniche. Nella guerra sociale del 90 a.C., invece, furono tra i fautori della Lega Italica. Al termine di questo conflitto i Frentani beneficiarono dell'estensione della cittadinanza romana a tutti i popoli italici. In quest'epoca dovette subire anche la romanizzazione del nome, da Anxanon in Anxanum. Alcuni decenni dopo, con la riorganizzazione amministrativa dell'Italia voluta da Augusto, la città fu ascritta alla tribù Arniense, all'interno della Regio IV Samnium. La città fu ordinata in seno alla Repubblica Romana come municipium: fatto attestato da una lapide, dapprima murata nel campanile di Piazza Plebiscito e, poi, fortemente danneggiata in seguito ai bombardamenti tedeschi del 6 aprile 1944. I frammenti della lapide furono in seguito ricomposti ed oggi si trovano nella parete sinistra del secondo piano del Palazzo Comunale. L'autenticità della lapide fu riconosciuta da Theodor Mommsen in una sua opera (vol. IX - Berlino 1883 pag. 280 n. 2998), nella quale afferma che questa fu rinvenuta dal poeta Oliviero nel 1510; questi la portò in Contrada Santa Giusta e da qui, nel 1520, fu ritrasferita in città per ordine del pretore Alfonso Belmonte. Lo stesso Mommsen afferma che "Lanciano fu senza dubbio un municipio romano". In epoca romana Lanciano dovette conoscere una buona prosperità grazie alle sue fiere, dette nundinae, come testimoniato anche dagli scritti di in scritti di Varrone, Livio, Sigonio e Plinio il Vecchio. In effetti, fin dall'età antica la città ha dovuto la sua prosperità al commercio. Questa vocazione le deriva da una collocazione strategica: è a pochi chilometri dal mare ma è in collina, quindi meglio difendibile; inoltre, è vicino ad un'antichissima rotta commerciale che collegava la Puglia all'Italia settentrionale già in età preromana. Questo tracciato, probabilmente legato al tratturo L'Aquila-Foggia per la transumanza delle greggi, in epoca romana divenne una strada, detta Via Traiana, che partiva da Hostia Aterni (l'attuale Pescara) ed arrivava fino in Puglia passando per Ortona, Anxanum ed Histonium (Vasto). Il primo a dare delle coordinate di Anxanum fu Tolomeo nella Descrizione del mondo. Anxanum venne indicata anche nella Tavola Peutingeriana e nell'itinerario di Antonino Pio risalente al 262, come stazione (mansio) della Via Traiana. I due itinerari sono stati pubblicati da Mommsen nel volume IX del "Corpus inscriptionum latinarum" a pag. 204. Per usare le parole di un altro storico, Anton Ludovico Antinori che scrisse un saggio "Istoria critica della città di Lanciano", memorie manoscritte edite poi da Domenico Romanelli nel 1790. Secondo l'Antinori si può dire "che fosse stata una città colta, ricca, ben governata, e non ignota ai Romani, le di cui pratiche ed usanze cercavano sempre di emulare nelle cose civile e sacre". Qui si trovavano non solo importanti mercati, ma anche la sede di istituzioni e magistrature, importanti manifatture di pelle, rinomata era l'arte farmaceutica e l'unguentaria come attestato da una lapide che menzionava una certa Lucilla di professione unguentaria. A causa della scarsità di monumenti d'epoca imperiale, non tramandatici, storici locali come Domenico Romanelli e don Uomobono Bocache scrissero diversi saggi con rinvenimenti di presunte lapidi romane, rinvenimenti di lapidi giudicate dal Mommsen false e spurie. Nell'Alto Medioevo Dalle invasioni ai Normanni A seguito del crollo dell'Impero Romano, Lanciano subì saccheggi dai Goti. In seguito, con l'invasione dell'Italia da parte dei Longobardi, fu conquistata e rasa al suolo (probabilmente nel 571). I nuovi dominatori si insediarono sul colle Erminio dove, secondo la tradizione, costruirono un castello (di cui però non sono mai state ritrovate tracce). In questa zona, sulle rovine di Anxanum, iniziò a ricostituirsi un nucleo abitativo, il Castrum Anxani, da cui trarrà origine il più antico quartiere medioevale, l'attuale Lancianovecchia. Nel 2006 scavi archeologici hanno riportato alla luce alcune vestigia della città romana nel quartiere Lancianovecchia, tra cui le fondamenta di una domus ed alcuni tratti di strada: ciò ha dimostrato che tra la città antica e quella medioevale c'è stata una sostanziale continuità. Lanciano rimase fedele ai Longobardi nelle guerre che li opposero ai Bizantini, ma dovette subire la conquista di questi ultimi nel 610, dopo l'assedio del greco Comitone. Dopo questi fatti, la città venne almeno parzialmente riedificata, come testimoniato dalla costruzione della chiesa di San Maurizio (abbattuta nel 1825, era nel sito dell'attuale Largo dei Frentani) e del monastero dei Santi Legonziano e Domiziano, che ospitava fin dal VII secolo una comunità di monaci basiliani di rito greco (sul suo sito, in seguito, fu edificata la chiesa di San Francesco, in cui, secondo la tradizione, nell'anno 800 avvenne il Miracolo eucaristico di Lanciano). Antiche tradizioni locali stabiliscono una corrispondenza tra i siti di sette antichi santuari pagani e quelli di altrettante chiese medioevali: in particolare, la chiesa di San Maurizio sarebbe sorta su un tempio della dea Pelina, la chiesa della Ss. Annunziata sul tempio di Marte, Santa Lucia sul tempio della dea Lucina e così via. I ritrovamenti archeologici, finora, hanno permesso di confermare, almeno in parte, solo i primi due casi: nell'area di San Maurizio è stato attestato un santuario molto probabilmente dedicato al culto di Minerva, mentre nell'area della Ss. Annunziata (attuale Piazza Plebiscito) sono state sì rinvenute le fondamenta di un edificio sacro, ma non ancora si è scoperto a chi fosse dedicato. Sul finire dell'VIII secolo Lanciano fu conquistata dai Franchi, i quali l'aggregarono prima al ducato di Spoleto e, in seguito, a quello di Benevento. In una pergamena del 981 viene nominata città e castaldia: in pratica, era una città governata da un funzionario nominato direttamente dal re e non soggetta a nessun feudatario. Nel 1060 fu annessa dai Normanni all'istituendo Regno di Sicilia (che diverrà Regno di Napoli nel 1372). Di fatto, Lanciano seguì le vicende politiche e dinastiche di questo regno fino all'Unità d'Italia. Estinta che fu la dinastia Normanna, vide il susseguirsi delle dominazioni degli Svevi, degli Angioini e degli Aragonesi. Dal 1060 al 1097 Lanciano fu governata da Ugo Malmozzetto, capitano Normanno che aveva guidato la conquista dell'Abruzzo. A lui si deve l'ordine, nel 1062, di racchiudere l'abitato entro un'unica cinta muraria. Infatti, a quell'epoca lo sviluppo urbano altomedievale aveva portato la città a frammentarsi in tre parti: il già citato castrum fortificato sul Colle Erminio, un secondo nucleo abitato sul Colle Pietroso, gravitante intorno al monastero dei Santi Legonziano e Domiziano, ed un terzo insediamento sul Colle della Selva, nell'area denominata Vallebona. Furono costruite, perciò, mura intorno al Colle Pietroso, delimitando quello che sarebbe diventato il quartiere del Borgo, e fu fortificata la parte più esposta del Colle della Selva, attraverso fortificazioni in parte ancora visibili nel sito delle Torri Montanare. Il quartiere di Vallebona fu in seguito accorpato a quello di Civitanova, per dare luogo alla ripartizione tuttora vigente. Superati gli anni bui, Lanciano prosperò grazie al rifiorire delle sue fiere (una in maggio ed una in settembre), tanto da diventare, nel Trecento, il più grande centro abitato d'Abruzzo (6500 abitanti nel 1340). L'incremento demografico si accompagnò all'espansione urbanistica del centro urbano: nel corso dell'XI secolo fu edificato il quartiere di Civitanova; pochi decenni dopo vi fu la sistemazione degli altri due quartieri storici, il Borgo e la Sacca, mentre il centro politico e commerciale della città si spostò definitivamente nella Corte Anteana (l'attuale Piazza del Plebiscito). Sul finire del XII secolo fu ultimata la nuova cinta muraria, dotata di nove porte (solo una delle quali è sopravvissuta fino ad oggi: Porta San Biagio), e la struttura urbana di Lanciano arrivò ad essere quella tuttora visibile nel centro storico. Il periodo degli Svevi La sua importanza come emporio fu riconosciuta conferendole lo status di università demaniale, cioè di città non sottoposta a nessun feudatario, ma amministrata direttamente dal re. Questo privilegio le fu accordato nel 1212 dall'imperatore Federico II di Svevia e fu confermato e reso perpetuo nel 1259 da Manfredi, re di Napoli. Ad esso si accompagnava l'esenzione delle merci da dazi e dogane ed il diritto di eleggere, oltre agli amministratori ordinari, un magistrato, detto Mastrogiurato, che durante le fiere deteneva i poteri normalmente in mano al Giudice Regio (privilegio ricevuto nel 1304). È interessante osservare che lo status di gastaldato e, poi, quello di università demaniale sono, molto probabilmente, la diretta continuazione dell'ordinamento municipale di epoca romana. Ciò testimonia che questa città, pur non essendo mai stata un libero comune, godette fin da tempi remoti e per molti secoli di ampia autonomia amministrativa e commerciale. Durante il periodo medievale il nome della città si è evoluto dal latino Anxanum fino alla forma attuale, passando per le forme intermedie Anxano (probabilmente già in epoca tardo-imperiale, a causa della caduta della "m" finale dell'accusativo nel parlato) ed Anciano o Anzano (per semplificazione della pronuncia). La "L" iniziale è dovuta all'assorbimento dell'articolo determinativo nel nome, come nel caso dell'Aquila. Ciò è testimoniato anche dal dialetto, in cui la "L" è sentita come un articolo e declinata separatamente dal nome (L'Anciane, Quest'Anciane). Durante il papato di Clemente IV ci fu la fine del Casato Svevo, e l'avvento di Carlo I d'Angiò, re di Francia e di Napoli. Lanciano perse la demanialità e fu data in feudo a Rodolfo di Cauternay nel 1269. Alla sua morte succedette la figlia Matilde, che nel 1279 cedette il governo a Giovanni De Montanson e Roberto De Messe. Successivamente la Contessa Matilde andò in sposa a Filippo di Fiandra, Conte di Loritello, e Lanciano fu governata direttamente dal nuovo feudatario.Sotto Filippo ci fu un governo basato sulla tirannia e la prepotenza, e causò molte ribellioni popolari. I lancianesi nel 1302 fecero appello Carlo II d'Angiò, il quale accolse le richieste e dichiarò Lanciano "Città Terra Demaniale". Successivamente nel 1304 Lanciano fu aggregata al Demanio Reale di Napoli e separata dal Contado Teatino di Chieti, istituendo la figura del "Mastrogiurato" (la cui rievocazione storica folkloristica è stata ripresa dal 1981). Tale magistrato aveva il diritto di amministrare la città durante le feste, proteggendola da eventuali soprusi politici.Sotto re Roberto ci fu un periodo di buon governo, con concessioni di vari privilegi alla città. Più avanti con la regina Giovanna I di Napoli Lanciano e altri centri dell'Abruzzo (in particolare del Sangro, come Atessa) acquistarono notorietà e prestigio nel Regno. Trecento e Quattrocento Dagli Angiò a Carlo di Durazzo Nel Medioevo troviamo a Lanciano una popolazione il cui grado di civiltà e benessere è additato all'ammirazione di tutti da molte città del Mezzogiorno, soprattutto per le sue attività mercantili. Le nundinae diventano le famose Fiere che richiamano mercanti da ogni dove, anche da paesi esteri come testimonia un autore il cui nome ci resta ignoto: «V'erano genti del contado col giubbetto rosso e turchino, poi Ebrei dalle fasce gialle, e Albanesi e Greci, e Dalmati e Toscani: era un insieme di lingue diverse, era una confusione, era [...] un incubo». Le porte di Lanciano di epoca medioevale, di cui unica superstite è quella di S. Biagio, accoglievano sotto l'immunità mercanti provenienti da ogni parte e le Fiere (note in particolare per il commercio dello zafferano) duravano tanto che nacque anche il detto riportato dal vocabolario della Crusca: «tu non giungeresti a tempo alle Fiere di Lanciano, che durano un anno e tre dì». Fin dal Medioevo, a Lanciano sorsero molte industrie: in primo luogo, fabbriche di tele finissime e di stoffe di lana e seriche. Nel XV secolo si affermarono molte altre produzioni: le ceramiche, la fabbricazione degli aghi, l'oreficeria e l'industria del ferro, dei bronzi, dei cuoi e delle pelli. In particolare, riguardo alla fabbricazione degli aghi, si racconta che, ai tempi di Carlo III di Napoli, un certo Mastro Giovanni Milascio introdusse nella città "l'arte di fare gli aghi" e "l'insegnò ai cittadini", evento che provocò una rapida specializzazione cittadina nella produzione di aghi come ricordano due poeti veneziani nelle loro commedie: "due aghi de Lanzan pungenti e fini per un pezo pigliai"; "Cabaleo, che prima vendea ménole, adesso va vendendo aghi de pomole, ed aghi de Lanzan pe' 'ste pettegole". Una via, quella degli "agorai" nel Quartiere Lancianovecchia, attesta ancora quanto fosse sviluppata questa arte. La Regina Giovanna nel 1373 si arrese a Carlo III di Napoli e riprese il dominio del Regno per conto della Casa d'Ungheria. Al nuovo re i lancianesi giurarono fedeltà, offrirono appoggio militare e ricevettero benefici. Per ricompensa per l'aiuto prestato contro gli Angioini, specialmente per la battaglia combattuta a Bari contro Luigi II d'Angiò, Carlo III confermò a Lanciano il Regio Stato Demaniale, donò a essa i castelli di Frisa, Sant'Apollinare e Guastameroli. Nello stesso periodo iniziarono i progetti per un nuovo porto a San Vito Chietino, affinché Lanciano avesse diretto controllo dei traffici anche sul mare.I lancianesi dopo l'avvento del re Ladislao d'Angiò-Durazzo (1387) fecero richiesta affinché fosse confermata la Regia Demanialità alla loro Città, e il titolo fu confermato nel 1401 con regio diploma. A Lanciano furono riconosciuti anche i feudi di Pizzoferrato, Quadri, Fallo, Sant'Angelo del Pesco, Civitaluparella, Pescopennataro (Pescopignataro), Rosello Castel Pito e Rizzacorno. e, nel 1406 Crecchio e Castelfrentano. Nel 1414 l'Università di Lanciano, rivolta una nuova istanza a Giovanna II d'Angiò-Durazzo, succeduta al defunto fratello, venne inclusa perpetuamente nel Regio Demanio. Giovanna però, minacciata da Luigi III d'Angiò, adottò come successore Alfonso V d'Aragona, da cui ricevette aiuto e protezione. Nel 1423, guastatisi i rapporti, Giovanna ne revocò la nomina, alleandosi con Luigi III. Cosicché tra i Frentani vennero a crearsi due partiti che favorivano sia Giovanna che Luigi, con a capo Muzio Attendolo Sforza, e gli altri per Alfonso, capitanato da Braccio da Montone. Nella guerra che ne sfocerà, l'Abruzzo sarà coinvolto nella zona dell'Aquila, con la guerra del 1424, quando Braccio assedierà la città di partito angioino.Nella guerra, Lanciano restò fedele agli Aragonesi, mentre la vicina Ortona preferì l'alleanza con Giovanna II. Quando lo Sforza entrò in Abruzzo, trovò la resistenza di Fortebraccio, aggravando la situazione di tensione tra le due città, ossia Lanciano e Ortona. Il periodo aragonese, guerra tra Lanciano e Ortona Sotto il successore di Carlo II, Roberto d'Angiò, Lanciano trascorse un sereno periodo economico, e venne confermati dei privilegi compreso la demanialità statale, come evidenziano gli studi di Corrado Marciani su Lanciano, la città ebbe modo di arricchirsi grazie ai commerci con i mercanti di Venezia, che abitualmente passavano dal porto di Ortona per estendere i loro traffici anche nell'hinterland abruzzese, come a Chieti mediante il porto di Pescara, o a Vasto, seguendo la via del tratturo frentano. Dato che Lanciano percepì il vantaggio enorme di un porto al mare di propria proprietà, senza dover pagare le tasse a Ortona per far attraccare le navi veneziane, a causa di questa idea sorsero le prime idee di allargarsi commercialmente anche presso lo scalo fluviale d San Vito Chietino, perché il feudo non era più dell'abbazia di San Giovanni in Venere. Nel frattempo il governo passò a Giovanna I di Napoli, sposatasi in seconde nozze con Luigi Principe di Taranto, vennero confermati i privilegi, tanto che Lanciano raggiungendo i 6.000 abitanti, divenne una delle città più grandi d'Abruzzo. In questo periodo relativamente felice per la città, iniziarono i primi dissapori con la storica rivale Ortona. Il momento dello scoppio della guerra tra Lanciano rappresenta un momento particolare della storia d'Abruzzo, nella branca delle speculazioni economiche, che finivano per coinvolgere direttamente anche la politica dei vari signori della zona. Infatti agli albori della lotta commerciale vennero coinvolte anche le famiglie dei Quatrario di Sulmona, esiliati nella città, e i patrizi di Chieti, da anni ostili allo sviluppo economico lancianese. Si narra che la storia rivalità tra Lanciano e Ortona fosse nata il 4 ottobre 1250, quando venne incendiata una nave lancianese nel porto di Ortona. Gli ortonesi, dato che Lanciano allora non aveva ancora un sbocco marino, aumentarono le tasse per far usufruire i lancianesi del porto, fino a rispedire, con l'acuirsi della rabbia, le navi mercantili straniere che dovevano raggiungere Lanciano per le grandi fiere. Tali scaramucce durarono fino a una prima battuta d'arresto nel 1252 quando il 24 gennaio si giunse ad una tregua, che prevedeva il rimborso da parte di Ortona del danno della nave bruciata, oltre ad esentare dai dazi i mercanti di Lanciano. La battaglia del 1427, la colonna infame, il loro di San Giovanni di Capestrano I lancianesi si sarebbero impegnati a liberare i prigionieri catturati l'anno prima. Tale pace durò a lungo fino al 10 giugno 1321, quando il principe Roberto concesse ai lancianesi il privilegio in cui si affermava che le navi mercantili straniere non avrebbero più dovuto attraccare a Ortona raggiungere la città frentana. Gli ortonesi si infuriarono e assalirono le navi mercantili lancianesi nei pressi di Francavilla al Mare. Così nacque il progetto esposto alla regina Giovanna di costruire il porto di San Vito, permesso accordato nel 1365. I lavori si interruppero nel 1380 per l'acuirsi delle discordie di confine tra le due città, perché gli ortonesi dopo Giovanna si appellarono al re Ladislao, che ordinò la sospensione di lavori pena una multa di 1000 ducati. I lancianesi progettarono la costruzione dello scalo alla foce del Sangro, ma la regina Giovanna II di Napoli su richiesta ortonese vietò i lancianesi l'uso di tutti gli scali posti tra Ortona e Vasto, e ancora il condottiero Muzio Attendolo Sforza, amico del nobile ortonese Francesco Riccardi, nonché al servizio di Giovanna, fece in modo che tutta quella fascia costiera appartenesse al potere d'Ortona.In quel particolare momento storico in cui l'Abruzzo veniva direttamente coinvolto nella "guerra di successione" della corona aragonese-angioina di Napoli, Lanciano si appellò al luogotenente Braccio da Montone affinché per mezzo di Alfonso d'Aragona il 23 gennaio 1421 ottenessero il nuovo permesso di costruire il porto di San Vito. Ortona reagì incendiando ancora le navi lancianesi, costoro catturarono un gruppo di ortonesi per risposta. La battaglia avvenne sul fiume Feltrino, i lancianesi respinsero i soldati e fecero dei prigionieri, su cui si vendicarono barbaramente, mutilandoli dei nasi e delle orecchie, con cui fabbricarono una colonna infame, per la cui calcina usarono anche il sangue dei prigionieri trucidati, posta sul portico della Zecca, alla fine del Corso Roma. Gli ortonesi risposero, attaccando direttamente il porto di San Vito come una banda di pirati, facendo dei prigionieri, e la situazione di guerra era diventata talmente insostenibile, che Alfonso convocò nel 1423 a Napoli i sindaci delle due città per evitare una vera carneficina. Nel frattempo la guerra continuava lungo l'Adriatico, e dovette intervenire il frate San Giovanni da Capestrano, che giunse a Lanciano il 6 dicembre 1426, e mandò un suo confratello a Ortona, per stipulare il trattato di pace. Nel 1427 ci fu il famoso "lodo" di Giovanni di Capestrano, ratificato il 17 febbraio nella Cattedrale di San Tommaso Apostolo a Ortona, e si decise che, in base alla concessione del feudo di San Vito dall'abate di San Giovanni in Venere, i lancianesi avrebbero avuto l'autorizzazione di edificare finalmente il porto. Conseguenze e nuove guerriglie tra le due città Benché l'atto di pace fosse stato pubblicamente perpetuato nella cattedrale con giuramento religioso, già nel 1433 i rapporti tra Ortona e Lanciano erano di nuovo deteriorati, perché la prima paventava un indebolimento dello scalo portuale, l'altra di sentirsi tradita da inganni futuri per la tranquillità dei commerci marittimi. Alla morte di Giovanna II il 2 febbraio 1435 le due città scesero in battaglia a guerra dichiara: gli ortonesi comandati dal capitano Riccardi, schieratisi con l'angioino Renato, i lancianesi appoggiando Alfonso. Dopo un nulla di fatto, il 17 ottobre 1438 l'ortonese Agamennone Riccardi ebbe in concessione un privilegio in cui era nominato capitano dei feudi lancianesi di Fossacesia, Rocca San Giovanni e Palombaro. Lanciano aspettò che Alfonso salisse al trono partenopeo il 22 gennaio 1441 per annullare ufficialmente il "lodo di pace" di frate Giovanni di Capestrano, e dichiarò apertamente valido il commercio sul mare mediante l'inaugurato porto di San Vito. Nelle vicende successive immediate del potere a Napoli, Renato d'Angiò fu esiliato da Alfonso, e le pretese del Riccardi furono nulle, cosicché Ortona si ritrovò in parte privata dei vantaggi dei dazi imposti negli anni passati a Lanciano, e per di più fiaccata da anni di guerre e spese militari, e inoltre non più sotto il favore della Corona di Napoli. Dopo la vicenda dell'assalto veneziano nel 1447 al porto, Ortona si rivolse al re, e nel 1450 fu concesso un privilegio affinché la città potesse aprire un'annuale fiera mercantile alla maniera di Lanciano. I cittadini Frentani si ribellarono subito, appellandosi al re,l e il privilegio fu immediatamente revocato, cosicché tale mossa fu l'anticamera di una nuova dichiarazione di guerra. Nel 1452 gli ortonesi assoldarono il corsaro Mylo Pavone che bloccò i traffici marina lungo l'intera costa abruzzese dietro pagamento per i trafficanti. Il 26 aprile 1453 il re di Napoli ordinò al sindaco Bartolomeo Riccardi di levare il blocco sotto pena di 4000 ducati, ma gli ordini non furono nemmeno ascoltati, e si arrivò a un punto di non ritorno, tanto che i lancianesi si armarono e presero sotto assedio direttamente la città di Ortona. Il Palazzo Riccardi (quello sito tra piazza San Tommaso e corso Matteotti sud) venne bruciato, fu trafugato lo stemma nobiliare fu portato a Lanciano in segno di spregio. Tuttavia entrambe le città uscirono debilitate da quasi quarant'anni di guerra, e nel 1460 giunsero alla pace definitiva.Favorita dalla casa d'Aragona, Lanciano nel 1463 ottenne ulteriori privilegi contro l'angioina Ortona, i Riccardi furono esiliati, e venne fortificato il castello di Giacomo Caldora, affinché il porto comunque, malgrado i benefici perduti, continuasse a far ruotare l'economia locale, senza ulteriori danni, poiché la città e i paesi della costa, oltre alla guerra contro Lanciano, spesso doveva affrontare scorribande di pirati e degli Ottomani. Dal Cinquecento al Settecento Da Ferdinando il Cattolico a Carlo V Il prestigio acquisito dalla città durante gli aragonesi, si conservò anche durante il regno di Ferdinando il Cattolico, il quale nel 1507 confermò tutti i privilegi ad essa concessi nei secoli passati. Dalla lotta in corso tra Spagnoli e Francesi per il dominio del Regno di Napoli, anche Lanciano subì le conseguenze: si formarono due partiti che appoggiavano gli Spagnoli (la famiglia Ricci) e l'altro composto dai Florio per i Francesi.Morto Ferdinando nel 1516, il potere passò a Carlo V, e in quel periodo a Lanciano esplode un'epidemia di peste, che assieme agli sconvolgimenti politici, causarono una grave crisi, la prima delle numerose che indeboliranno il prestigio della città. Nel 1520 la corona di Napoli fu aggregata a quella di Spagna dall'imperatore Carlo V d'Asburgo. Questi combatté numerose guerre con Francesco I, re di Francia, per il predominio sull'Italia, uscendone infine vincitore nel 1544 (pace di Crepy). Lanciano si schierò con Francesco I: per questo, il nuovo sovrano la punì sottraendole molti dei suoi feudi. A quest'epoca si può ascrivere l'inizio di una fase di declino per l'economia lancianese. Una prima causa di ciò va ricercata nel nuovo assetto politico, con un viceré spagnolo sul trono di Napoli. Quella che è ricordata come una cattiva amministrazione ebbe i suoi effetti anche su Lanciano, che, nel suo piccolo, si impoverì a causa dell'incapacità amministrativa dei Capitani del Popolo spagnoli e dei forti tributi imposti. Contemporaneamente, la città risentì di un fenomeno geopolitico su scala mondiale: dopo la scoperta dell'America, i grandi traffici commerciali cominciarono a spostarsi dal Mar Mediterraneo all'Atlantico. L'Italia peninsulare venne così a perdere il suo ruolo centrale nei commerci e subì una progressiva decadenza. Il regno di Napoli, persa la sua autonomia, si ridusse ad una pedina di scambio nelle contese tra le grandi potenze europee. A causa della sua posizione di frontiera, l'Abruzzo soffrì particolarmente per queste contese, che videro opposti spagnoli e francesi per tutti il XVI ed il XVII secolo e sfociarono nella guerra aperta tra spagnoli ed austriaci all'inizio del XVIII secolo. La ripresa sociale ed economica nella metà del '500 portò anche al risveglio civile e culturale della comunità. Si ebbero fermenti che fecero accrescere il bisogno di un maggior prestigio ed una più precisa identità, anche nel campo religioso per cui venne rivendicata l'autonomia dalla Diocesi Teatina di Chieti. La lotta ebbe esito positivo nel 1562 con la nomina di Leonardo Marini Arcivescovo di Lanciano-Ortona, e con il riconoscimento del Concilio di Trento Lanciano ebbe anche un proprio arcivescovado.Nel campo culturale fiorì il pittore rinascimentale Polidoro da Lanciano, Oliviero da Lanciano fu insegne studioso di antichità frentane, e nella musica figurò Ippolito Sabino, compositore manierista. Il territorio di Lanciano, sul finire del Cinquecento, si era molto ridotto. Con un apposito verbale redatto il 15 maggio 1578, i regi tavolari della Provincia di Chieti ne stabilirono i confini. Dalla copia del verbale autenticata il 20 aprile 1777 dal notaio Francesco Paolo Renzetti di Lanciano, risulta che i confini del comune si estendevano fino a comprendere le località di San Rocco di Castel Frentano, Mozzagrogna, il feudo di Sette a Piazzano, Villa Scorciosa e Santa Maria Imbaro. Nel 1595 una grave carestia colpì la città, causandone il definitivo declino economico. La guerra dei Ricci e dei Florio A causa della lotta tra Spagnoli e Francesi, per il dominio della città, dal 1493 si vennero a formare a Lanciano due partiti, quello dei Petroniani e quello degli Antoniani: al primo aderirono i componenti della famiglia Ricci, al secondo gli altri nemici della stessa famiglia, insieme ai Florio. La faziosità delle due famiglie ebbe momenti di aspre liti sfociate spesso e volentieri nel sangue. Nel 1501 Denno Ricci, riuscì a prevenire l'invasione della città da parte degli Antoniani che minacciavano di mettere Lanciano a ferro e fuoco. Nel 1505 Pietro Ricci, "mastrogiurato" delle feste di Lanciano, offrì la protezione alla vedova di Bernardino da Pelliccioni, ucciso dai fratelli. Pietro Ricci degli Antoniani, dopo che era stata emessa la condanna a morte di coloro che avevano requisito i beni, uccise egli stesso il nobile e omonimo Pietro.I fedeli del Mastrogiurato ucciso, cercarono di vendicare la sua morte, senza riuscirci, e seguirono luttuosi avvenimenti. Il 30 ottobre 1512 ci fu una tregua, rotta il 13 luglio dell'anno successivo quando fu ucciso Sallustio Florio per mandato di Riccio e Achille Ricci. I parenti dei Florio fecero lega con gli Antoniani, uccidendo due esponenti dei Ricci, insieme a sostenitori. Nel 1516 Raffaele Florio e Pietro Ricci con i loro partigiani uccisero Filippo e Tuccio Ricci, e fu l'ultimo omicidio della prima sanguinosa scia di omicidi, poiché lo stesso sovrano di Napoli intervenne per placare l'odio. Nel 1519 furono imprigionati alcuni criminali, come Giovanbattista Ricci e Achille Ricci, presto però evasi. Nel 1527 gli Antoniani riaccesero le ostilità, l'anno successivo con l'arrivo dei Francesi il gruppo ne approfittò per sconvolgere completamente l'equilibrio politico lancianese. L'anno successivo Tuccio Ricci con trecento uomini cercò di ricacciare gli invasori, scontrandosi nuovamente con gli Antoniani, che riuscirono a penetrare dentro le mura, compiendo scelleratezze e saccheggi. Tuccio Ricci si impegnò nuovamente per rientrare in città e scacciare Antonio Ricci, approfittando degli esiti favorevoli negli scontri tra Spagnoli e Francesi. Tuccio attirò gli Antoniani presso Paglieta per terminare lo scontro, essendo stati cacciati i Francesi. Anche gli Antoniani furono annientati, e poco dopo a Lanciano fu installato un presidio di cinque armate spagnole per il controllo della città.Nel frattempo la guerra fratricida a Lanciano non si placò e altre vittime furono Sallustio Ricci e suo fratello minore Riccio. La situazione peggiorò quando il Presidio delle armate necessitava di fondi per il mantenimento, ma la popolazione, complice la carestia e la crisi economica, non poteva elargire il denaro. Il Presidio venne tolto, con solo 150 uomini a capo dei Lanzichenecchi. Antonio Ricci, impegnato a Barletta, ne venne a conoscenza e ne approfittò con i Francesi per riconquistare Lanciano che, il 14 maggio 1530, venne saccheggiata. Gli Spagnoli immediatamente per ripicca la invasero, ricacciando i Francesi, ma compiendo tuttavia soprusi. Date le rimostranze dei popolani, Lanciano venne accusata di tradimento nei confronti del Regno di Spagna (stessa sorte accadde in quel periodo per i cittadini dell'Aquila, condannati a pagare la costruzione del Forte spagnolo), e venne privata di tutti i privilegi che aveva guadagnato nel Medioevo.Virgilio Florio, con un manipolo di Antoniani, penetrò di notte a Palazzo Ricci, uccidendo cinque membri della famiglia, e colpirono in casi isolati anche nel biennio 1531-32. Nell'ultima di questi assalti morì anche Antonio Ricci stesso, il quale per anni aveva organizzato omicidi e spedizioni contro la città e i suoi avversari.Nel 1534 l'Universitas per porre fine alla lotta, chiamò in soccorso il capitano Sciarra Colonna, il quale indusse le due famiglie a stipulare un accordo di pace con promessa di indulto generale. La crisi irreversibile di Lanciano La lenta decadenza della città iniziò quando entrò in possesso degli Spagnoli d'Asburgo, ma ci furono altri fatti, oltre alla guerra dei Florio e dei Ricci, che incisero sul crollo definitivo del potere di prestigio sociale ed economico che Lanciano vantava sulla fascia adriatica dell'Abruzzo.Nel corso del '550, in particolar modo nell'estate del 1566, le truppe ottomane capitanate da Piyale Paşa compirono scorrerie da Giulianova a Vasto, devastando la vicina Ortona. Lanciano non fu colpita, perché era ben organizzata dal punto di vista difensivo, ma video il proprio porto di San Vito distrutto. L'ex monastero di Santo Spirito, fondato da Celestino V, aveva in possesso le rendite dei principali convento ortonesi, che furono saccheggiati nel 1566, insieme alle terre e agli orti fuori dalla città. Il monastero celestiniano non avrà più indietro le terre, dato che anche i popolani di Lanciano ne godevano.Fu così che si formarono della bande di predoni che scorrazzavano per le campagne frentane, saccheggiando e rubando raccolto e bestiame. Dato che il controllo dei contadini, che partecipavano alle fiere del grande marcato cittadino, era compromesso, sempre maggiori furono le ingerenze del Governatore nella giurisdizione della Fiera, e il fatto dell'incidente della festa del 1578 fu l'occasione affinché il Capitano Regio di Chieti si intromettesse negli affari di Lanciano, con conseguente turbamento degli stessi regolari traffici commerciali a Lanciano, tanto che i Decurioni fecero ricorso al Governatore Generale delle Province d'Abruzzo. Il Seicento e il governo spagnolo Il momento peggiore fu nel 1640: Lanciano perse i suoi privilegi di città demaniale, fu creata baronia e fu venduta al duca Castro Alessandro Pallavicino dal viceré di Napoli, Ramiro Felipe Núñez de Guzmán duca di Medina de las Torres. Nel 1646 venne ceduta al marchese Ferdinando Francesco d'Avalos, 10º marchese di Pescara, 6º marchese del Vasto. Il vassallaggio durò più di un secolo e portò un notevole impoverimento della città, vessata dai nuovi padroni. Le sue fiere, per di più, dal 1718 subirono la concorrenza diretta del nuovo mercato franco di Senigallia. Nonostante le numerose ribellioni, Lanciano riacquistò la sua libertà solo nel 1778, dopo l'ascesa al trono di Napoli dei Borboni. Il governo spagnolo, in seguito alla Guerra dei trent'anni, subì una grave crisi economica, che richiese l'imposizione di tasse. Anche Lanciano, che viveva principalmente degli incassi dei mercati e delle fiere, ricevette il duro colpo, con perdita di altri privilegi sulle terre e sui feudi. Il Duca Alessandro Pallavicino, avendo fornito vettovaglie all'esercito spagnolo, era creditore della Regia Corte, e chiedeva il pagamento, allorché il viceré Ramiro Felipe Núñez de Guzmán duca di Medina de las Torres dispose che il pagamento fosse effettuato mediante la vendita di una città, e fu scelta Lanciano con le "ville" del circondario.Immediatamente in città ci furono moti popolari di protesta, e il sovrano spagnolo turbato riaffidò la causa in esame al Tribunale della Regia Camera. Morendo il Pallavicino nel 1646, gli eredi furono costretti a vendere vari feudi per pagare i debiti, e Lanciano ne uscì ancora più fortemente depredata. Il 14 ottobre dell'anno, visto l'imminente tracollo economico-politico della città, Ferdinando (anche chiamato con il nome Ferrante) Francesco d'Avalos, 10º marchese di Pescara e 6º marchese del Vasto, acquistò Lanciano per 56.400 ducati, benché il popolo si fosse ribellato ugualmente. Anche Lanciano nel 1647 fu influenzata dalla ribellione di Masaniello, così come tutto il Mezzogiorno; nella città il fomentatore d'odio fu Carlo Mozzagrugno, ribellandosi al Marchese, scacciando i suoi rappresentanti e togliendo le sue insegne dal Palazzo del Governo, lasciando solo quelle reali. Il 21 luglio intervenne l'esercito regio, sedando la rivolta, con l'uccisione di Mozzagrugno, e il ripristino del governatorato. Benché il Marchese del Vasto credeva di aver finalmente ripristinato l'ordine, essendo appoggiato anche dalla Curia Frentana, tra il '600 e il '700 nelle campagne del Sangro si succedettero molte scorrerie di briganti.Le fiere, sempre un vanto economico per Lanciano, subirono nel '600 un notevole ridimensionamento dovuto all'insicurezza e ai pericoli a cui i mercanti forestieri andavano incontro, e anche perché nell'aspetto fiscali essi erano senza protezione. Il ridimensionamento delle Grandi Fiere comportò la sottomissione della cittadinanza a nuovi prelievi fiscali, come il mantenimento dell'Arcivescovado, gli uomini addetti alla difesa dell'ordine pubblico e via dicendo.Nel 1682 quando la città sembrava in via di ripresa, subì una grave carestia e un'invasione di locuste che mandò in distruzione vari raccolti. Il Settecento: periodo dei D'Avalos Nel 1707 il Regno di Napoli, governato da un viceré, era sotto il dominio austriaco, ma solo con il trattato di Utrecht (1713), con il quale ebbe termine la guerra di successione spagnola, Filippo V di Spagna venne riconosciuto re legittimo; vennero ceduti all'Austria tutti i domini italiani e il Regno fu consegnato a Carlo VI. Il governo durò poco perché Carlo III di Borbone entrò a Napoli il 10 maggio 1734 e pose fine alla dominazione austriaca.I Lancianesi non si arresero alla contrarietà degli eventi, continuando a chiedere una lunga serie di cause, come la reintegrazione della città nel Demanio Regio, mantenendo le ostilità contro il Marchese del Vasto.Nel 1729 alla morte del Marchese Cesare Michelangelo d'Avalos, il popolo tornò a sperare in una reintegra, non avendo il feudatario eredi diretti, chiedendo consiglio a Carlo VI. La Regia Camera della Sommaria nel 1730 riconobbe come erede Giovanni Battista d'Avalos, il quale prese possesso del Palazzo d'Avalos (oggi sostituito da Palazzo De Crecchio), del governo di Lanciano e delle sue Ville.Fino al governo borbonico (XIX secolo) i lancianesi si opposero fermamente ai d'Avalos, sperando in un governatore che si interessasse seriamente all'amministrazione della giustizia e ai poderi feudali. Il Settecento: da Carlo III alla Restaurazione Con l'avvento dell'illuminismo, Lanciano trasse beneficio dalle varie innovazioni in campo socio-economico, le cui finalitò furono il passaggio da un tipo di società statica immobilista a una più dinamica e moderna. Infatti ci fu uno sviluppo dell'artigianato e delle attività dei bottegai, il cui fine non era più il semplice sostegno privato, ma anche l'esportazione dei propri prodotti.Nel campo culturale ci fu una nuova fioritura di intellettuali e studiosi di memorie storiche della città, come Omobono Delle Bocache e il Cardinale Anton Ludovico Antinori. Le scienze principali praticate erano l'avvocatura e la medicina, ma anche l'economia, e intellettuali nacquero dai casati dei Ravizza e dei Liberatore. L'artista più prolifico proveniente da Lanciano, che si fece notare molto bene fuori dai confini abruzzesi, fu il compositore Fedele Fenaroli, che studiò a Napoli al Conservatorio di San Pietro a Maiella. Nel 1778 si riaccese con forza la controversia della reintegrazione di Lanciano nel Regio Demanio: se ne diede incarico l'avvocato Matte De Angelis, il quale nello stesso anno presentò la vertenza a Napoli. Nel 1796 nasceva la Repubblica Cispadana, e nello stesso anno adottò il tricolore, futuro simbolo della bandiera italiana. In quell'anno il re Ferdinando IV fece visita alla città, meta di un lungo viaggio in Abruzzo, ospitato al Palazzo Vergilj.Lanciano dal 1797 in poi sarà coinvolta nelle vicende di Napoleone Bonaparte, con la firma del trattato di Campoformio (2 maggio 1797). Già con la rivoluzione francese del 1789 nella città ancora una volta si formarono due fazioni politiche: i tradizionalisti fedeli al re e di illuministi seguaci delle nuove idee di uguaglianza e fratellanza. Nel dicembre 1798 all'Abruzzo venne destinata un'armata francese di 8000 uomini sotto il comando del Generale Duhesme, che entrò a Teramo l'11 dicembre, dove costituì la prima municipalità abruzzese avulsa dal governo borbonico. Tentativi di resistenza si organizzarono a Lanciano, Ortona e Chieti. Pescara e la sua fortezza fu occupata mitarmente. Queste ultime due furono occupate militarmente, mentre a Lanciano fu riservato un trattamento di riguardo, e il 4 gennaio il Generale Coutard fece eleggere la Municipalità. Dopo la parentesi della "Repubblica Lancianese", costituitasi nel 1799 insieme alle "repubbliche sorelle" della Repubblica Partenopea, il 12 maggio, dopo le scorribande del generale filoborbonico Giuseppe Pronio contro le guarnigioni francesi, a Lanciano tornarono i borbonici al governo di Napoli. A Lanciano fu abbattuto l'"albero della libertà" piantato in Piazza Plebiscito (oggi ricordato da una targa), le truppe furono guidate dal Generale Pronio e fu restaurato il precedente governo con gravi persecuzioni, perché Lanciano si era ribellata con forti proteste ai Borbone. La Repubblica Lancianese (1799) Il 1799 rappresentò per Lanciano un momento di confusione ed anarchia, in quanto molti avvenimenti si susseguirono nell'arco di poco tempo. Lo storico Omobono Delle Bocache visse in prima persona i fatti: il 6 febbraio la popolazione insorse contro i fautori della Repubblica Partenopea, assalendo il Tribunale della Municipalità (nel quartiere Borgo), distruggendo tutte le carte relative al passato governo; si ebbe per vari giorni uno stato di confusione generale, e dunque fu formato un corpo di guardia per garantire l'ordine con ronda mattutina, pomeridiana e notturna. Fu riconosciuto Fioravante Giordano come capo moderatore e sollecitatore di tutti coloro che prendevano le armi in aiuto del Regno, o per arrestare il passo ai francesi. Con l'imminente arrivo delle truppe di Gioacchino Murat, la mattina del 20 febbraio il popolo, benché sollecitato ad abbandonare le difese della città, aumentò le postazioni di guardia per respingere il nemico. Nella notte si tentò una mediazione, e un buon numero di cittadini, incluso il comandante Giordani, considerarono buona la proposta di riconoscimento dei diritti, ma presto la situazione degenerò la notte stessa, e i francesi occuparono la città. Lanciano venne scelta come Centrale del Dipartimento, con a capo don Felice Gigliani, già Presidente della Municipalità. Nel contempo venne ordinata l'erezione dell'Albero della Libertà in Piazza del Plebiscito, simbolo dell'unione repubblicana alla Nazione Francese, e si provvide anche all'elezione di Beniamino Vergilj come Capo Battaglione della Guardia Civica. Il 30 marzo ci fu la festa per l'innalzamento dell'albero, con ufficiale adesione alla Repubblica Partenopea il successivo 27 aprile, quando i francesi partirono da Pescara e da Teramo per raggiungere Firenze, furono seguiti da molti simpatizzanti.Con l'allontanamento dei francesi dalla città, i membri fedeli alla vecchia monarchia borbonica dettero segni d'insofferenza, scatenando sommosse popolari. I tentativi di sedare le rivolte furono infruttuosi, il 7 maggio il Generale Pronio giunse da Chieti, e prima di entrare in città convinse l'arcivescovo a fare da tramite per calmare la popolazione. L'ordine fu ristabilito il 12 maggio, il vecchio governo monarchico ristabilito, arrestati i fautori della repubblica, l'Albero della Libertà abbattuto.L'intera mobilia fatta costruire dai repubblicani per il nuovo governo repubblicano, fu fatta a pezzi nella piazza e data elle fiamme.Il 17 giugno una croce colossale venne eretta nel punto dove fu piantato l'albero della Libertà, con feste e canti. Dall'Ottocento ad oggi Periodo napoleonico (1806-1811) Nel 1801 si formò la Repubblica Italiana, che comprendeva tutte le precedenti repubbliche, e con Papa Pio VII venne stipulato un "concordato" che porto alla riconciliazione dello Stato con la Chiesa. Nel 1805 Napoleone dette vita al Regno d'Italia, il Regno di Napoli fu assegnato a Giuseppe Bonaparte, Abruzzo incluso, e successivamente a Gioacchino Murat. A Lanciano, quando giunse la notizia delle riforme napoleoniche, incluso l'abolizione del feudalesimo, si ebbero numerosi tumulti.Già nel 1801 c'erano stati tumulti: il 2 gennaio l'uditore Girolami ricevette la carica di Capitano di Pattuglia dal Generale Pronio Biase Di Iilio, mentre Comandante di Piazza divenne Giuseppe Brasile. Costoro però peggiorarono solo la situazione, fomentando le rivolte degli scontenti del popolo. Oltretutto ci furono delle persecuzioni contro i sostenitori repubblicani, terminati in omicidi, come quelli contro i coniugi Francesco Carabba e Scolastica Della Morgia i cui cadaveri, dopo essere stati decapitati e trascinati per le vie, furono bruciati nel Largo della Fiera. Il 30 aprile il Preside di Chieti Francesco Marescotti notificò alla Provincia l'atto di ratifica avvenuto a Firenze. Il 2 maggio ne seguì un atto di clemenza, ma il successivo editto del 18 luglio, che ridava libertà ai soggetti più feroci della rivolta, causò nuovi episodi di violenze e omicidi. I francesi tornarono in Abruzzo i primi di giugno 1803, il Generale De Soult si insediò a Lanciano, nel Palazzo De Giorgio, e nonostante la carestia, mostrò disprezzo per le condizioni popolari, facendosi trattare con tutti gli onori. L'odio dei borbonici contro i democratici non si placava, ed a Lanciano venne inviato il Preside di Teramo, Francesco Carbone, non appena i francesi si spostarono in Puglia, il 21 luglio 1804, e iniziò un'indagine persecutoria contro coloro che parteggiavano per la causa repubblicana; ma fuggì non appena i francesi risalirono lo Stivale, tornando a Lanciano il 13 ottobre.Nel 1805 Lanciano con il Governatore Antonio Schiavelli e il Preside della Provincia Marescotti, e con la mobilitazione degli uomini migliori, seppe opporsi ai capi massa Rodio e Carbone, intenzionati a vendicarsi contro i giacobini, garantendo l'ordine pubblico. Il 10 febbraio 1806, dopo la notizia che i francesi erano di nuovo entrati nel Regno, il Giordano pregò l'arcivescovo di convocare tutti i gentiluomini e di voler accettare le idee repubblicane definitivamente.Nello stesso anno il governo francese per volere di Giuseppe Bonaparte suddivise il Regno in vari "distretti", affinché fossero maggiormente governabili. Anche Lanciano ebbe il suo distretto, sciolto nel 1860, con i circondari di Orsogna, Casoli, Lama dei Peligni, Ortona, Palena, San Vito Chietino, Torricella Peligna e Villa Santa Maria. In questa parentesi amministrativa, le tre "ville" di Santa Maria Imbaro, Treglio e Mozzagrogna furono unite in un solo comune delle Ville. Con il ritiro delle truppe francesi, a Lanciano si rafforzarono gli ideali di libertà e di progresso sia culturale che economico ed edilizio. Presto infatti nella città antica dei quattro quartieri storici ci saranno importanti modifiche urbane, mentre il 20 marzo 1808 veniva istituito il Tribunale di Prima Istanza ed il Tribunale del Commercio, sempre nel rione Borgo; il 17 luglio il Tribunale di Primo Appello veniva insediato in città, staccandosi da quello di Chieti, e così la città ebbe modo di accrescere la sua giurisdizione territoriale in gran parte del sud Abruzzo, a confine col Molise e la provincia di Caserta.Chieti, antica rivale di Lanciano, fece di tutto per riavere la Corte d'Appello, e nel 1810 approfittò di un inghippo burocratico per impossessarsi nuovamente del tribunale, e così anche due anni dopo.In questi anni si rafforza anche il malessere popolare verso la causa repubblicana francese, con le prime associazioni carbonare, anche in Abruzzo. Nel 1813 l'Arcivescovo di Chieti Saverio Bassi si mostrava preoccupato per la situazione e incaricò l'Arciprete di Orsogna don Filippo Didone di essere informato circa la penetrazione dei carbonari nel comune e nei dintorni. Il Risorgimento e l'Unità d'Italia Negli anni dell'800 che precedettero il Risorgimento italiano, a Lanciano, pur perdurando da parte dei più illuminati la simpatia per le idee di libertà francesi e democratiche, ci si rese conto che l'abbandono della causa borbonica costò la perdita alla città della Corte d'Appello, trasferita all'Aquila, e di altri privilegi, oltre alle benemerenze derivate dalla fedeltà alla Regia Corona. La borghesia lancianese tentò di rimediare, cercando tutte le occasioni che avessero potuto ricucire lo strappo della Real Casa e riconquistare il prestigio dell'età murattiana.Come sempre in città, in vista dei primi focolai di ribellione dei patrioti italiani, e delle lotte di Giuseppe Mazzini per uno stato italiano unito, fiorirono illustri intellettuali quali Raffaele Liberatore, Giuseppe Palizzi, Carlo Madonna, Giuseppe Vergilj, Luigi De Crecchio, Carlo Tommasini e Francesco Masciangelo. Alcuni di questi intellettuali furono definiti dalla polizia borbonica massoni e rivoluzionari, poiché nel 1830 Lanciano era la città abruzzese con più iscritti alla causa carbonara.La causa ovviamente faceva parte solo degli animi dei più illuminati, dacché la popolazione ignorante era completamente estranea agli avvenimenti storici di quel periodo. La città contribuì alle guerre d'indipendenza, e Giuseppe Garibaldi, nell'impresa dei Mille, avendo saputo dare al popolo la carica di cui aveva bisogno, vide tra i suoi patrioti anche un folto gruppo di Frentani, accorsi numerosi al richiamo. l'8 settembre 1860, il giorno seguente l'entrata di Garibaldi a Napoli, il consiglio comunale di Lanciano aderì al Regno d'Italia, divenendo una delle prime città abruzzesi ad entrare nel nuovo Stato.Nel corso del Risorgimento e dei moti insurrezionali, a Lanciano ci furono alcuni patrioti di rilievo, come Gian Vincenzo Pellicciotti che aveva fondato il periodico "La Maiella" e poi "Monte Amaro", poi Filippo Sbetico, Nicodemo Bomba, Giacomo De Crecchio e altri. Quando nel 1849 i Borboni sciolsero la Camera, a Lanciano reagirono con sommosse, dimostrazioni e proclami che invitavano il popolo alla rivolta. La polizia respinse i tumulti capeggiati da Carlo Madonna, mentre sostenitore, a Napoli, della causa abruzzese risorgimentale era Silvio Spaventa, nato nella vicina Bomba. I patrioti di Lanciano e di Chieti parteciparono culturalmente alla causa dello Stato mediante il quotidiano "La Maiella" del Pellicciotti; nel '53 i lancianesi Palmiro Castagni e Pasquale Colacioppo si distinsero nelle battaglie per l'Unità. Il secondo Ottocento e la costruzione della nuova città La spinta di rinnovamento che nel orso dell'800 proiettò le città verso il futuro, coinvolse anche Lanciano, che vide la classe dirigente e strati influenti della popolazione impegnati in uno sforzo di rinnovamento, in un ideale di costruire una società del tutto nuova, partendo dall'assetto urbanistico, tentando di cambiarlo seguendo quell'ottica di abbandono del vecchio per guardare con speranza al nuovo. Il sentimento di rottura sia politico che sociale con le vecchie classi dirigenti, a partire dal primo ventennio dell'800 si riversò nel campo architettonico, allora giudicato positivamente dalle amministrazioni comunali e dell'alta borghesia, oggi visto dagli studiosi come un esempio di autentica devastazione da parte della cittadinanza del proprio passato.Il primo caso di questi fu la demolizione tra il 1819 e il 1822 delle Scuole Pie, in concomitanza con l'abbattimento dell'antica chiesa quattrocentesca della Santissima Annunziata in Piazza del Plebiscito, affinché l'architetto teramano Eugenio Michitelli avesse potuto ricostruire in stile neoclassico, con un ambizioso progetto mai completato, la facciata della Cattedrale della Madonna del Ponte. Insieme alla chiesa fu demolito anche l'antico portico di logge, usato per le riunioni del tribunale e per i mercati, vennero sventrati alcuni edifici ritenuti di scarsi valore storico presenti nella Piazza, che la rendevano più stretta e più opprimente. Architetto mente di queste operazioni fu sempre il Michitelli, il quale portò in atto un primo intervento di chiusura delle acque paludose di fosso Malvò, presso il rione Borgo, la cui palude impediva il collegamento tra la Piazza ed i rioni Civitanova-Sacca, se non tramite il Ponte dei Calzolari, demolito successivamente durante il piano regolatore di Filippo Sargiacomo. Michitelli intanto continuò con le demolizioni di gran parte delle mura medievali, lasciando i tratti inglobati di via Agorai e via Bastioni con le case civili. Nel 1819 fu demolito il torrione normanno di Porta Sant'Angelo, citato anche da Ugo Malmozzetto nell'XI secolo, per allargare l'ingresso alla fonte del Borgo in Piazza Memmo. Nel 1846 anche Porta Sant'Angelo, ritenuta una delle più belle di Lanciano, capitolò, e così anche Porta Santa Chiara all'ingresso di Corso Roma, Porta San Nicola e Porta Diocleziana.Lo sfregio peggiore avvenne nel rione Lancianovecchia, quando tre chiese risalenti all'XI secolo furono rase al suolo in un'ipotetica speranza di edificazione di case civili, ossia quella di San Martino (dove oggi sorge il Palazzo del Capitano), quella di San Maurizio (in Largo dei Frentani) e quella di San Lorenzo nella piazzetta omonima. Il progetto prevedeva l'abbattimento anche della chiesa di San Biagio e di quella di San Giovanni (quest'ultima sarà distrutta dal bombardamento del 1943), ma per fortuna non se ne fece nulla. In contemporanea con le demolizioni della città vecchia, i monumenti più antichi e illustri venivano restaurati e riportati all'antico splendore, come ad esempio la ricostruzione x novo della vecchia Fontana di Civitanova, risalente al III secolo d.C., il ripristino del Ponte dell'Ammazzo presso Porta San Nicola e regolamentate le acque pubbliche. Nel 1860 costruito anche il primo cimitero civile, bloccando così la sepoltura dei cadaveri dentro l chiese.Tra le opere più importanti del cambiamento urbano di Lanciano nel primo '800 ci furono la ristrutturazione del palazzo comunale, e soprattutto l'edificazione del teatro pubblico presso l'antico convento di San Giuseppe, edificato nel 1834 da Taddeo Salvini e completato nel 1841, solennemente inaugurato nel '46 alla presenza di Ferdinando II delle Due Sicilie. Lanciano fu anche una delle prime città abruzzesi a beneficiare dell'illuminazione pubblica con 17 fanali nel 1822, per raggiungere 40 lampioni solo pochi anni più tardi. Il secondo grande progetto urbanistico di Lanciano, dati i scarsi risultati dell'architetto Michitelli, ci fu immediatamente dopo l'Unità. Nel 1856 circa l'architetto e ingegnere lancianese Filippo Sargiacomo si era occupato del risanamento di quasi tutte le chiese del centro, che si trovavano in grave stato di degrado, e successivamente sotto l'amministrazione di Gerardo Berenga nel 1879 presentò il primo piano regolatore della città. Tra le prime opere di Sargiacomo ci fu la colmata del fosso Malavalle e l'abbattimento del ponte di collegamento, la costruzione di un vero e proprio circolo culturale ospitato nella Casa di Conversazione, annessa al palazzo comunale, e più avanti venne progettata un'intera nuova città da edificarsi presso il piano delle fiere, nell'agro del convento di Sant'Antonio (ex Sant'Angelo della Pace). L'intera area del Corso Trento e Trieste venne realizzata intorno ai primi del '900, e nel corso degli anni si arricchì sempre più di palazzi liberty e decò, e anche dei caratteristici portici, voluti da vari lancianesi dell'alta borghesia. Venne pertanto realizzata, tra l'ingresso del corso e l'area di Sant'Antonio anche la villa comunale, con la futura stazione ferroviaria Sangritana nel 1915. Nel 1887 il regime protezionistico produsse alcuni effetti positivi, dando modo a diversi settori dell'industria di poter crescere. Lanciano ancora oggi, benché in rovina, mostra gli edifici delle antiche industrie del lanificio presso il Borgo Mancini, a ridosso della villa comunale e delle fornaci di mattoni a Santa Liberata. In quegli anni altri stabilimenti sorsero presso il fosso della Pietrosa, oggi Piazzale Memmo, e nel quartiere dei Cappuccini, il tabacchificio, successivamente demolito, e anche lo stabilimento tessile Tinari e il calzificio Torrieri (1924).Altri avvenimento degni di rilievo in città nella seconda metà dell'800 furono la costruzione del secondo principale Real Liceo Ginnasio d'Abruzzo nel 1865, dopo quello di Chieti, dedicato a Vittorio Emanuele II, e la fondazione da parte del facoltoso Rocco Carabba dell'omonima casa editrice (1878), tra le più influenti della regione, che si occupò anche della pubblicazione della prima opera poetica di Gabriele D'Annunzio (1879), e di molte altre raccolte antologiche e culturali. Il primo '900 Nel 1900 lo "Stabilimento Industriale Meccanico" di Luigi Majella che produceva pompe idrauliche e forni da campagna, presso Santa Liberata, e anche locombobili e trebbiatrici inglesi, fu premiato con diverse medaglie d'oro nelle esposizioni di Cannes, Napoli, Parigi e Roma. Per Lanciano iniziò nel '900 un florido periodo economico che non contava più soltanto sulla forza agricola, ma anche specialmente su quella industriale. Presso il "corso nuovo" vennero aperti i moderni istituti di credito, delle poste e vari uffici comunali, insieme alle nuove botteghe per un commercio più ampio e non solo di stampo artigiano. Il 1 ottobre del 1900 il Ginnasio diventò Governativo, acquisendo prestigio. Nel 1905 l'ingegnere Ernesto Besenzanica fece redigere un nuovo progetto per la linea ferrata "Sangritana" con trazione elettrica e a vapore. L'intera ferrovia Adriatico-Sangritana, che collegava Castel di Sangro a San Vito Chietino fu terminata nel 1915, e la stazione inaugurata presso la villa comunale.Nell'anno 1908 lo scrittore celebre Luigi Pirandello fu presidente di commissione nella maturità di liceo ginnasio, e singolare fu una sua diatriba con l'editore Rocco Carabba per la pubblicazione di alcune sue novelle. Nel 1911 si inaugurò nel quartiere dei Cappuccini il moderno stabilimento tessile ad opera di Raffaele Tinari, insieme allo stabilimento di tabacchi. E sempre nel primo decennio del '900 l'architetto Annio Lora ebbe il merito di ammodernare il Corso Trento e Trieste con eleganti costruzioni in stile liberty, finanziate dalle facoltose famiglie lancianesi; oltre alle residenze normali, anche alberghi, scuole, circoli e luoghi di ritrovo avrebbero dovuto figurare nel contesto della nuova città.Benché anche Lanciano avesse dovuto inviare i suoi uomini in battaglia per la prima guerra mondiale, la città non rimase colpita dalle vicende, e continuò a proliferare economicamente. Nel 1915 iniziò a funzionare ufficialmente la ferrovia elettrica, nel 1916 la ditta Fratelli Mari aprì una grande officina per la costruzione di macchine olearie, nel 1917 erano attivi i Pacifici Ciarelli-Torrieri e Frentano. La crisi economica si manifestò nel 1920, anche se il corso nuovo si dotava sempre di più di nuovi uffici, come l'apertura del Banco di Roma (nel Palazzo De Angelis) e la fondazione si una succursale dell'Editrice Rocco Carabba. Visto l'arrivo della crisi economica, si portarono a compimento i lavori della rete fognaria del corso, mentre si temeva la chiusura della Sottoprefettura del Tribunale di Chieti. Il fascismo Nel 1924 nel quartiere della "Fiera" aprì lo stabilimento tessile Torrieri, mentre il quartiere nuovo del Corso Trento e Trieste si ampliò sempre più in direzione delle contrade Serroni e Sant'Antonio. Anche il quartiere dei Cappuccini, chiamato così per il monastero di San Bartolomeo, si dotò di un viale sontuoso con palazzine liberty.Il 19 luglio 1925 presso il Palazzo Cipollone sul corso venne inaugurata la filiale della Banca Agricola Italiana. Nel 1926 s'iniziò il progetto per la costruzione delle case popolari, e presso Piazza del Plebiscito venne abbattuta la storica fontana rotonda per erigere il Monumento ai Caduti. Concesse le licenze edilizie per la costruzione di palazzi popolari, ancora oggi visibili nel quartiere novecentesco, in Piazza Unità (ex della Vittoria) e in via Vittorio Veneto, in quest'anno venne anche inaugurato presso la villa l'ippodromo. Nel 1927 a Roma si costituì L'A.T.I. (Azienda Tabacchi Italiani) che consentiva il monopolio dei tabacchi, e la giunta lancianese prese tempestivamente i contatti con la Direzione Generale, affinché nel 1929 si fosse potuto costruire un nuovo grande stabilimento nel quartiere Cappuccini per dare lavoro almeno a un centinaio di operaie donne. Il 1930 fu l'anno d'oro dell'Editrice Carabba, poiché per la terza volta nella storia di Lanciano s'ebbe un'ondata culturale di scrittori, poeti, novellieri e musicisti, tra questi l'abruzzese Cesare De Titta. La Carabba tuttavia allacciò contatti anche con scrittori nazionali come Alberto Moravia, Nicola Moscardelli e Corrado Alvaro per la pubblicazione delle loro opere.Nel periodo del fascismo a Lanciano, specialmente nel decennio degli anni '30, ci fu la costruzione di altre opere edilizie. Nella storia del Novecento di Lanciano una pagina molto importante è quella dell'adesione alla Resistenza. Subito dopo l'occupazione nazista, tra il 5 ed il 6 ottobre 1943, alcuni gruppi di giovani lancianesi presero le armi contro gli invasori e li impegnarono in due giorni di combattimenti (la rivolta degli martiri ottobrini). Alla fine dell'insurrezione ebbero perso la vita 11 ragazzi. Altri dodici civili sarebbero stati uccisi nelle rappresaglie dai nazisti. Questo episodio segnò l'inizio della partecipazione attiva di tutta la cittadinanza alla Resistenza, motivo per il quale Lanciano è stata insignita della medaglia d'oro al valore militare dal presidente Einaudi nel 1952, è quindi tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione. Campo di internamento di Villa Sorge Poco dopo l'entrata in guerra dell'Italia, il 27 giugno 1940, iniziò anche l'agonia dei prigionieri ebrei, slavi o semplicemente dissidenti politici, nei campi d'internamento. In Abruzzo aprirono circa 15 campi, e anche Lanciano ebbe il suo campo di prigionia a Villa Sorge, nel quartiere Cappuccini. La villa era composta di 3 piani, piano terra con 4 camere, primo piano con 5 e un secondo con 3, ed era proprietà dell'avvocato Filippo Sorge. Il 15 settembre 1940 risultavano internate a Villa Sorge 49 donne ebree con 4 bambini, anche se giù 71 internate erano state già alloggiate ivi, e successivamente smistate in altri campi. Le donne internate non erano solo della città, ma anche di altre zone dell'Europa.Gran parte delle notizie sono tratte dal racconto della prigioniera Maria Eisenstein, internata n. 6, che soggiornò alla villa tra il 4 luglio e il 13 dicembre 1940, in cui spiega le varie mansioni a cui le donne erano dedite (cucinare, lavare, pulire), per poi essere smistate e trasferite in altri alloggiamenti. Guerriglia degli Eroi Ottobrini (5-6 ottobre 1943) Lanciano, città più grande di Ortona, era considerata di importante valore strategico sul tutta la valle del fiume Sangro. In città la situazione economica e politica già si era fatta molto difficile dall'estate del '43, con la notizie della deposizione e dell'arresto di Mussolini, traslato a Campo Imperatore. Il 22 agosto degli aerei alleati gettarono sulla città una pioggia di volantini dove si invitava ala popolazione a ricacciare i tedeschi Il 13-14 settembre i tedeschi arrivarono a Lanciano, stabilendosi nel quartier generale di Villa Paolucci e a Castelfrentano presso Villa Lanza, sul Colle della Vittoria; già prima dell'azione dei "martiri ottobrini" del 5-6 ottobre, nel mese di settembre si era costituito un gruppo partigiano di resistenza, comandato da Carlo Shoneim e altri 16 elementi, di cui Trentino La Barba, mentre sempre nello stesso anno esisteva un gruppo di resistenza a carattere però prettamente politico, comandato dall'avvocato e poeta Federico Mola, che intendeva rovesciare il governo fascista della città. Altri gruppi, come quello dei sabotatori del Di Ienno, erano semplicemente animati da spirito patriottico, ma senza adeguata preparazione. Nei momenti in cui Kesselring ordinava la costruzione della linea Gustav, la presenza tedesca a Lanciano iniziò a farsi sempre più pressante, con la requisizione di viveri e vettovaglie, addirittura di 10.000 litri d'olio da trasportare a Villa Paolucci. Tutti questi atti di intimidazione delle squadre tedesche contro la popolazione, comportò la nascita di un gruppo di giovani d'ideali liberali, che il 2 ottobre penetrarono nella caserma militare presso la chiesa di Santa Chiara, requisendo delle armi di nascosto. Il 4 giunse a Lanciano la notizie della presa alleata di Termoli, i tedeschi s'innervosirono ancora di più, mettendosi a requisire altri viveri, suscitando l'ira del Generale italiano Genesio Mercadante, che li apostrofò come ladri, rischiando l'arresto Si scongiurò per questo anche una possibile guerriglia urbana, anche perché la cittadinanza venne minacciata di venire ridotta in macerie dalla Panzerdivisionen dei paracadutisti, acquartierata a Piazzano d'Atessa.Nel frattempo i giovani d'ispirazione patriottica nascosero le armi requisite in una grotta di Pozzo Bagnaro, nei pressi del Ponte romano di Diocleziano; il 5 ottobre iniziò la guerriglia urbana dei giovani, risalendo da Porta San Biagio, incendiando delle camionette tedesche, dirigendosi presso il rione Borgo. Tuttavia nel disordine in via dei Bastioni, i tedeschi giunti immediatamente con rinforzi da Villa Paolucci, catturarono Trentino La Barba e Antonio Memmo, che riuscì in seguito a fuggire. La Barba fu condotto nel quartier generale, interrogato e torturato, con l'abbrustolimento degli occhi, e condotto all'inizio del viale Cappuccini, fucilato e impiccato al primo albero.Il 6 ottobre il resto della brigata partigiana lancianese occupò i punti strategici della città, le Torri Montanare, Porta Santa Chiara con la caserma militare, il torrione aragonese. Nello scontro immediato coi tedeschi, avvertiti da una spia fascista, presso Porta Santa Chiara, perirono nella zona dei Cappuccini i componenti della banda di Trentino La Barba: Remo Falcone, Nicolino Trozzi presso via Marconi, Achille Cuonzo, Adamo Giangiulio e Giuseppe Marsilio nelle vicinanze del viale. In seguito alla loro morte, lo scontro col resto della brigata si spostò per le vie del centro storico, tra Corso Roma, via del Commercio (oggi via Fenaroli) e il quartiere della Fiera su corso Trento e Trieste. Questo episodio segnò l'inizio della partecipazione attiva di tutta la cittadinanza alla Resistenza, motivo per il quale Lanciano è stata insignita della medaglia d'oro al valore militare dal presidente Einaudi nel 1952, è quindi tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione. Negli anni '70 è stato realizzato un monumento commemorativo presso il Piazzale VI Ottobre all'inizio di via Ferro di Cavallo, a ricordo dei martiri, mentre nel 2016 veniva realizzata una statua, posta in Largo dell'Appello, ritraente Trentino La Barba in veste di martire cristiano, mentre guarda verso la Maiella. Lanciano: dalla rappresaglia tedesca al bombardamento del 20 aprile 1944 La rappresaglia tedesca, il 6 stesso, fu tremenda contro Lanciano: vennero incendiati i portici del Corso Trento e Trieste, prese a fucilate le case e le vetrine dei negozi, incendiata la Casa di Conversazione del palazzo comunale, mentre i partigiani "ottobrini" si ritiravano verso la Civitanova da Piazza Garibaldi o della Verdura; durante la ritirata Guido Rosato venne scoperto da un tedesco e fucilato per rappresaglia davanti alla chiesa di Sant'Agostino, mentre era appostato dietro la chiesa della Candelora I morti civili che non parteciparono alla guerriglia furono 12, mentre i caduti tedeschi 47. Il 7 ottobre il vescovo Monsignor Tesauri organizzò un'ambasciata presso Villa Lanza a Castelfrentano per chiedere ai tedeschi di non compiere ulteriori rappresaglie, ma il capitano Foltsche accusò il podestà Antonio Di Ienno di essere stato l'organizzatore della rivolta, ma alla fine si riuscì a trovare l'accordo. Dopo il seppellimento delle salme l'8 ottobre, i tedeschi non badarono per il momento alla vendetta su Lanciano, per concentrarsi a fortificare la "Winter Line" lungo i centri di Fossacesia Marina, Pianibbie-Altino, schierando la 65ª Divisione di fanteria comandata dal generale von Ziehlbergh, comprendente il 145º e il 146º Reggimento Granatieri, e il 165° Regg. d'Artiglieria. L'area di Lanciano era difesa dal 145° Regg. del Colonnello Kroekel con comando operativo a Treglio. Per mettere in piano la tattica della terra bruciata kesselringhiana, i tedeschi distrussero la ferrovia Sangritana, i ponti, le strade, mentre cominciava anche il rastrellamento degli uomini abili per l'opera di fortificazione della linea. Il podestà Di Ienno a Lanciano riuscì a ridurre il rastrellamento da 600 a 60 unità, commutando il lavoro degli altri graziati a mansioni di servizio meno gravose. Tutti i ponti sul Sangro, da Fossacesia a Lanciano e Casoli, vennero fatti saltare in aria il 24 ottobre.Il 28 ottobre, dopo i bombardamenti dei due giorni precedenti, giunse l'ordine tedesco di sgombero civile della città per le operazioni belliche, ma essendo la popolazione relativamente numerosa, circa 30.000 persone, l'ordine ricevette la risposta negativa del podestà, andando a chiedere udienza dal prefetto di Chieti, trattando col Colonnello Kroekel. La soluzione fu consegnare a ciascun cittadino uno speciale lasciapassare, a partire dal 3 novembre, sotto la minaccia di immediata fucilazione come nemico spia per chi non l'avesse esibito ai posti di blocco. In seguito all'entrata alleata a Vasto, i bombardamenti aerei americani iniziarono a comparire anche a Lanciano, con il danneggiamento il 4 novembre del Calzificio Torrieri presso la villa comunale, mettendo a dura prova i nervi del podestà Di Ienno, che temeva un nuovo ordine tedesco di sgombero civile. In un nuovo colloquio col prefetto di Chieti, Di Ienno assicurò ogni cura e premura per la popolazione, soprattutto per i vecchi e i bambini, e in caso estremo di evacuazione, pretese che in città rimanessero soltanto 7.000 persone, ossia le parti della società più vulnerabili necessitanti di cure. Queste persone nei giorni seguenti, vista la "bolla d'aria" entro cui si trovava Chieti dichiarata città aperta, verranno trasferite nell'ospedale teatino.Profittando del mancato controllo tedesco sulla strada tra San Vito e Ortona, il podestà iniziò pian piano a far sfollare altri civili, mentre l'8 novembre, come prevedeva, venne affisso un nuovo manifesto che intimava un nuovo massiccio sfollamento civile; anche se Di Ienno comunicò alla prefettura di Chieti che erano sfollate dalla città 22.000 persone, quando in realtà solo 5.000 avevano lasciato la città<ref>F. Carabba, Lanciano..''', p.386</ref> Intanto i territori di Paglieta e Montecalvo dall'altra parte del Sangro venivano occupati da Montgomery il 17 novembre; il 22 fu gettata una testa di ponte dalla divisione neozelandese dell'VIII Armata, sotto il territorio di Atessa, presso Piazzano-Saletti, nonostante vi fosse la piena del Sangro. Altri ponte all'altezza delle campagne di Paglieta e Piane d'Archi vennero realizzate tra il 23 e il 26 novembre, e il 28 il tempo fu abbastanza buono per scavalcare il fiume verso contrada Sant'Onofrio e Fossacesia.Nel frattempo Lanciano subì il primo vero bombardamento aereo il 20 novembre, mentre la gente si riparava nei sotterranei, e sotto i locali della Cattedrale. Il 22 novembre un secondo bombardamento colpì il rione Lanciano Vecchio, danneggiando la chiesa di San Giovanni, il 23 al terzo bombardamento, i tedeschi intimarono lo sgombero degli ultimi residenti di Lanciano per poter minare la città dalle fondamenta, ma il podestà Di Ienno riuscì a ritardare lo sfollamento di 6 giorni, mentre le mine di distruzione venivano accumulate nel campo sportivo. I bombardamenti alleati continuarono il 24, il 25 e il 26, facendo interrompere l'afflusso di energia elettrica, mentre venivano danneggiati gravemente l'ospedale civile, le carceri e l'attigua chiesa di Santa Giovina. I feriti vennero trasportati a Palazzo De Giorgio. Il 27 novembre, con la visita di Kesselring della Winter Line, ci fu un nuovo bombardamento alleato lungo la riva del Sangro. I mezzi di trasporto dell'VIII Armata erano giunti nelle campagne lancianesi, e presidiavano gli accessi principali alla città, il XIII Corpo d'Armata con la 2ª Divisione neozelandese e l'8° Indiana Sick, che puntavano verso Castelfrentano, mentre la 78ª Divisione inglese e l'8° Indiana Gurkha puntata verso il mare, passando per Mozzagrogna e Santa Maria Imbaro A Mozzagrogna ci furono combattimento corpo a corpo coi tedeschi, che il 29 novembre contrattaccarono con la XXVI Divisione Panzer, ricacciandoli, e venendo sostenuti dai 3 Battaglioni Irlandesi di riserva. All'alba del giorno successivo, i due piccoli paesi posti a metà tra Lanciano e Fossacesia, lungo la strada Nazionale, vennero abbandonati per l'intervento massiccio degli aerei alleati. Vennero organizzate due divisioni per raggiungere Lanciano, una passò per Rocca San Giovanni, conquistata il 1 dicembre senza combattimenti, l'altra si recò a Fossacesia. I Neozelandesi avevano passato il Sangro da sud, ma arrivati a contrada Cotti (comune di Castelfrentano) il 28 novembre, si divisero per raggiungere Lanciano, passando da una parte per Colle Campitelli e Rizzacorno, dall'altra attraverso Sant'Onofrio-Villa Elce, raggiunsero la città frentana; il 29 novembre raggiunsero contrada Castello-Cotti di Castelfrentano, e poi Crocetta e Colle San Tommaso. L'attacco a Castelfrentano fu sferrato il 1 dicembre, con intensi bombardamenti, e il paese fu occupato il giorno seguente. Tutte le contrade circostanti: Trastulli, Paludi, San Tommaso, Moscete, vennero occupate, mentre la divisione avanzava in direzione di Orsogna e Guardiagrele, occupando, discendendo il colle, anche le contrade di Nasuti, Madonna del Carmine e Sant'Amato. Così si concluse lo sfondamento della cosiddetta Winter Line del Sangro. Precedendo i fatti della campagna del fiume Moro e della battaglia di Ortona (tra novembre e fine dicembre 1943), i tedeschi approfittarono del ritardo di Montgomery di dirigersi immediatamente a nord di Lanciano, di abbandonare la città frentana per fortificarsi in una nuova linea sul fiume Moro, tra Orsogna e Ortona. Il 30 novembre il Colonnello Kroekel abbandonò velocemente la postazione a Treglio (paese posto tra San Vito e Lanciano), dirigendosi verso Ortona da San Vito, ma l'autovettura fu intercettata da mitragliatori britannici, che uccisero il colonnello. Per via del clima di indecisione e nervosismo generale, i tedeschi non fecero in tempo a distruggere l'ultimo ponte sul Feltrino, e si concentrarono su una micro-linea di difesa sul grande fossato di Pagliaroni-Treglio-Serroni, resistendo sino al 3 dicembre, quando vennero sconfitti. Lo sfollamento di Lanciano, iniziato il 1 dicembre, fu interrotto alla volta del vicino paese di Frisa alla notizia dell'abbandono dei tedeschi del quartier generale di Treglio, e così la gente tornò in città; il 3 dicembre reparti dell'8ª Divisione Indiana e della 78ª inglese giunsero presso il convento di Sant'Antonio di Padova, come testimonia lo sfollato Angelo Ciavarelli, uscito dalle grotte del Ponte di Diocleziano dove stazionava con donne e bambini. La mattina del 3 dunque la truppe indiane marciarono trionfalmente con alcune cariche politiche della città per il Corso Trento e Trieste, raggiungendo Piazza Plebiscito. Tra i lancianesi a scortarli c'era un tal Angelo Ciavarelli, poi divenuto noto nel panorama politico cittadino per gli incarichi al Comune, e per la nomina di presidente onorario della sezione ANPI di Lanciano. Tal Ciavarelli a differenza di lancianesi che combattevano dal 1941, chi morti, chi catturati dagli inglesi o dai tedeschi, si rifugiò con donne e bambini sotto il ponte, ed ebbe rapporti con il Comando Speciale installatosi al Municipio. Con il nuovo governo ottenne promozioni, a differenza di altri concittadini che dovettero faticare per ritornare a un normale rapporto sociale, dopo il loro ritorno in patria dalla guerra. Il Maggiore Patterson si installò nel palazzo municipale, a capo dell'Allied Militaru Government, mostrandosi in alcuni casi assai spigoloso nella gestione dell'emergenza e della cosa pubblica.Il periodo di ripresa sociale ed economico della città dal novembre alla fine dell'anno fu lento, segnato anche da una nuova incursione tedesca, con bombardamenti della città iniziati il 22 dicembre 1943, sino al 9 gennaio 1944, quando i bombardamenti si concentrarono nelle contrade. Dato che l'ospedale civile Renzetti e quello di via del Mare erano inagibili per danneggiamenti, vennero costituiti piccoli presidi di ricovero nel liceo ginnasio, nel seminario e nell'ex Casa del Fanciullo e nel Collegio Suore del Bambin Gesù.Il 31 dicembre 1943 il generale Bernard Montgomery, dopo aver passato il giorno precedente a un concerto speciale nel teatro Rossetti di Vasto, lasciò l'Abruzzo partendo da un aereo sul campo di Villa Romagnoli, abbandonando di fatto il comando dell'VIII Armata per interessarsi alla preparazione dello sbarco in Normandia. Il comando passò al generale Leese, che impose il coprifuoco alla città, mentre l'attività di ricostruzione e ripresa della vita quotidiana veniva riavviata. Tuttavia i frequenti bombardamenti tedeschi misero a dura prova i nervi del Comandante Patterson, che amministrava la politica di Lanciano, il quale scongiurò un secondo possibile sfollamento coatto della popolazione. Nel marzo 1944 un nuovo reparto di paracadutisti della Divisione "Nembo", proveniente da contrada Santa Maria dei Mesi, pacificò gli animi, e dal 29 marzo iniziò lo sgombero parziale delle truppe armate nella città. Tuttavia il 20 aprile 1944 un micidiale attacco a sorpresa tedesco danneggiò il corso principale e la Piazza del Plebiscito, con gravi danni alla torre civica, alla facciata del palazzo municipale, al Palazzo del liceo classico e al teatro comunale, mietendo delle vittime: 300 militari e 45 civili.L'attacco aereo fu solamente un atto dimostrativo e beffardo dei tedeschi, volendo celebrare il compleanno del Fǘhrer. Fine della guerra e il miracolo economico Il 6 ottobre 1944 l'Onorevole Giuseppe Spataro, delegato del Governo, celebrò il primo anniversario della guerriglia dei martiri ottobrini, mettendo in risalto il valore dei combattenti e dell'intera città. Il 25 settembre 1952 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, riconoscente al popolo lancianese, per il sacrificio durante la guerra, decorò la città con la Medaglia d'Oro al Valor Militare.Nel corso del dopoguerra, la città venne immediatamente ricostruita, poiché i danni bellici non erano particolarmente gravi, come era accaduto ai paesi vicini di Ortona, quasi completamente distrutta, Orsogna (che subì la stessa sorte), Fossacesia e San Vito Chietino. Vennero ripristinate le vie di comunicazione stradali e ferrate, e negli anni '50 ci fu la prima grande espansione della moderna città lungo il quartiere Cappuccini, con la costruzione successiva del velodromo comunale, successivamente lo stadio "Guido Biondi". Nel 1954-56 ci fu la proposta del Senatore Raffaele Caporali di realizzare una provincia di Lanciano, distaccando il centro e alcuni comuni dalla provincia di Chieti, proposta di legge che fu avversata e infine non approvata Nel 1968 la città fu sconvolta da una protesta delle operaie del tavacchificio cittadino, che intendeva ridurre il personale. L'azienda fu occupata e ci furono scontri. Sempre in questi anni, si costituì da parte degli intellettuali della città, la sezione locale di Italia Nostra, per osteggiato un progetto di realizzazione di una raffineria di petrolio nella valle del Sangro, definita la "Sangro chimica". Negli anni '60-'70 si svilupparono i quartieri di Sant'Antonio in direzione di Fossacesia, presso la cava di breccia, dell'ospedale nuovo, e del rione popolare Olmo di Riccio, alle porte di Santa Giusta.Negli anni '80-'90 ci fu l'apice dell'espansione edilizia della città nel rione Cappuccini, con la costruzione di numerosi stabilimenti industriali, e in zona Villa Stanazzo, con la costruzione completa del nuovo quartiere residenziale di Santa Rita.Benché provata in parte dalla crisi economica del 2008, Lanciano ha saputo risollevarsi con la costruzione di un nuovo complesso industriale nelle campagne di Treglio, già avviato negli anni '90, collegandosi perfettamente con il casello dell'autostrada A14, e negli ultimi anni, con le nuove politiche, incentivando l'economia del turismo, data la fama mondiale della città per il Miracolo Eucaristico. Note Bibliografia Giacomo Fella, Chronologia Urbis Anxani, XVII sec, manoscritto Pietro Pollidori, Antiquitates Frentanorum, XVIII secolo, manoscritto Anton Ludovico Antinori, Memoria storica della città di Lanciano, edita da Luigi Coppa Zuccari (1902) Omobono Bocache, Raccolta fi memorie storiche di Lanciano, 14 voll, manoscritto Domenico Romanelli, Quadro istorico della città di Lanciano, Napoli, 1794 su appunti dell'Antinori; Domenico Romanelli, Scoverte patrie di città distrutte, e di altre antichità nella regione Frentana oggi Apruzzo Citeriore nel Regno di Napoli colla loro storia antica, e de' bassi tempi, Napoli, 1805 (2 volumi); Luigi Renzetti, Notizie storiche di Lanciano, Carabba 1880 Corrado Marciani Lanciano in "Scritti di storia", Carabba 1998 Luigi Coppa Zuccari, L'Abruzzo durante la Rivoluzione francese nel 1798-1799, IV voll, Carabba Domenico Priori, La Frentania, 3 voll, Carabba, 1941-1963 Florindo Carabba, Lanciano. Un profilo storico, 3 voll. Carabba- Tabula editrice 2000-2003 Maurizio Angelucci, 1ª Storia di tutto il territorio di Lanciano - 1st History of the entire Lanciano's territory. Alessandra Bulgarelli Lukacs, L'economia ai confini del Regno: economia, territorio, insediamenti in Abruzzo (15º-19º secolo), Lanciano, Carabba, 2006. Enzio d'Antonio, Franco Fanci, Giovanni Nativio, Domenico Policella, Riccardo Urbano, Lanciano di ieri... oggi (pp. 175), Ed. Luca Gamberale, 2005. Vittorio Renzetti, Il Feudo e il Castello di Septe, Ed. Tabula, Lanciano, 2010. Vittorio Renzetti, Il Museo di Antologia Urbana e dei Commerci antichi in Abruzzo, Terra e Gente 1993, Ed. Itinerari, Lanciano. Maurizio Angelucci, Come ho completato la storia della mia Lanciano'', I Tascabili 2011 Voci correlate Miracolo eucaristico di Lanciano Lanciano Lanciano
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ciro%20Immobile
Ciro Immobile
Cresciuto nei settori giovanili di prima e poi, emerge tra le file di e vincendo con queste ultime due titoli di capocannoniere, rispettivamente in Serie B (2011-2012) e in Serie A (2013-2014). Alla Lazio si afferma tra i migliori attaccanti italiani della sua generazione, trionfando per altre tre volte nella classifica marcatori della Serie A (2017-2018, 2019-2020 e 2021-2022) — divenendo il primo calciatore italiano a vincere il titolo di capocannoniere per quattro volte — e per una in quella della UEFA Europa League (2017-2018): diventa inoltre il migliore marcatore di sempre della squadra biancoceleste in tutte le competizioni. A livello di palmarès, con il club biancoceleste annovera una Coppa Italia (2018-2019) e due Supercoppe italiane (2017 e 2019), mentre in precedenza aveva conquistato una Supercoppa di Germania (2014) con il e un campionato di Serie B (2011-2012) con il Pescara. Nel campionato 2019-2020 ha eguagliato il record di reti segnate in Serie A in una singola stagione, 36, le stesse che gli hanno valso la vittoria della Scarpa d'oro. Sempre a livello individuale, è stato nominato per due volte miglior attaccante ai Premi Lega Serie A (2019-2020 e 2021-2022) oltreché inserito quattro volte nella squadra dell'anno AIC (2014, 2018, 2020 e 2022) e una nella squadra della stagione della UEFA Europa League (2018). Biografia È sposato dal 2014 con Jessica, conosciuta durante i trascorsi a Pescara: la coppia ha quattro figli. Nel biennio 2016-2017 è stato presidente onorario del . Caratteristiche tecniche Centravanti capace di spaziare su tutto il fronte d'attacco, tra i suoi principali punti di forza annovera senso del gol, dribbling nello stretto e tiro di prima intenzione, da ogni posizione e con entrambi i piedi. Dotato di buona tecnica di base — «un formidabile stoccatore pur senza avere fondamentali ineccepibili» —, ciò nonostante il fisico possente, l'esplosività e la resistenza nella corsa gli permettono di eccellere all'interno di sistemi tattici che esaltano queste caratteristiche, cioè volti a creare spazi che Immobile, impiegato al meglio come unica punta centrale, può attaccare in verticale; al contrario, risulta meno efficace se costretto a giocare da pivot all'interno dell'area di rigore o al fraseggio coi compagni di squadra. Nonostante il già significativo score sottorete, nella prima parte di carriera ha continuato a dividere gli addetti ai lavori tra suoi estimatori, che lo vedevano vittima di stereotipi e pregiudizi duri a morire, e altrettanti detrattori; questi ultimi, in particolare, ne riscontravano una certa fragilità caratteriale — ammessa dallo stesso Immobile, nello specifico davanti a difficoltà ambientali — che, a loro dire, ne avrebbe impedito l'affermazione anche al di fuori del contesto italiano o in club con ambizioni di primo livello. Dopo la vittoria della Scarpa d'oro e il record di gol in una stagione in Serie A, malgrado il persistere di critiche — provenienti soprattutto dalla stampa estera — circa la capacità di esprimersi al massimo solo grazie a una squadra che giochi per lui, c'è chi gli riconosce di avere raggiunto una definitiva maturità, avendo imparato «a caricarsi la propria squadra sulle spalle» oltreché essere diventato più perseverante e in grado di trovare sempre la via del gol, arrivando anche a definirlo «l'attaccante italiano più di talento e più costante» degli anni 2010. Carriera Club Sorrento e Juventus Muove i primi passi nella scuola calcio Torre Annunziata '88, per poi trasferirsi nella società Maria Rosa e infine nel vivaio della , dove tuttavia non riesce a emergere. Approda pertanto nelle giovanili del , dove con la formazione Allievi nella stagione 2006-2007 realizza 30 reti, tra cui una doppietta ai pari età del Torino che impressiona gli osservatori della Juventus. Nel 2007, a 17 anni, viene quindi acquistato per 80.000 euro sotto consulenza di Ciro Ferrara, proprio dal club bianconero, che lo aggrega alla propria formazione Primavera. Il 23 febbraio 2009 contribuisce alla vittoria del Torneo di Viareggio, mettendo a segno una doppietta nella vittoriosa finale contro la . Esordisce in prima squadra e in Serie A a 19 anni, il 14 marzo 2009, in Juventus- (4-1), subentrando nei minuti di recupero ad Alessandro Del Piero. La stagione successiva fa il suo esordio anche nelle coppe europee, rilevando ancora Del Piero al 68' della partita -Juventus (2-0) del 25 novembre 2009, valevole per la fase a gironi della UEFA Champions League; nel corso dell'annata 2009-2010 esordisce anche in Coppa Italia e ottiene due ulteriori presenze in Serie A. Il 15 febbraio 2010 conquista nuovamente il Torneo di Viareggio, segnando una tripletta nella finale vinta contro l' (4-2): nell'occasione è stato nominato migliore giocatore dell'edizione, ricevendo il "Golden Boy", e ottenuto il titolo di capocannoniere con 10 reti. Nelle due edizioni del Viareggio a cui ha partecipato, con 14 gol totali eguaglia l'allora record di Renzo Cappellaro mentre, con le 10 reti del 2010, stabilisce l'allora primato di marcature in una singola edizione del torneo; entrambi i record saranno successivamente battuti da Andrea Mazia tra il 2022 e il 2023. Siena e Grosseto Il 1º luglio 2010 passa in prestito al , in Serie B, insieme a Luca Marrone. Esordisce con i bianconeri il successivo 13 agosto in Siena- (2-0), valevole per il secondo turno di Coppa Italia, subentrando al 31' della ripresa a Emanuele Calaiò. Esordisce poi in campionato alla quarta giornata contro il (3-1 per i toscani), rilevando Calaiò al 55'. Segna la sua prima rete tra i professionisti il 27 ottobre 2010 contro il (sconfitta per 3-2), nell'incontro valido per il terzo turno di Coppa Italia. La prima rete in campionato arriva il 20 novembre contro il . Con i senesi non riesce a trovare spazio sicché il 25 gennaio 2011 la Juventus lo dirotta in prestito, nella stessa categoria, ai corregionali del . Esordisce con i biancorossi quattro giorni dopo, nella trasferta vinta contro il (0-1 il finale), sostituendo Ferdinando Sforzini al 64'. Segna la sua prima e unica rete con i maremmani il 18 febbraio nel derby toscano contro l'. Pescara Il 17 agosto 2011 viene ceduto in prestito al , in Serie B. Segna la sua prima rete con gli abruzzesi alla prima giornata di campionato contro il (vittoria per 1-2). Frattanto il 30 gennaio 2012, la Juventus cede metà del cartellino al per 4 milioni di euro, lasciando il giocatore in prestito in Abruzzo fino al termine della stagione. Sotto la guida dell'allenatore Zdeněk Zeman e giocando al fianco di altri promettenti elementi quali Marco Verratti e Lorenzo Insigne, nella stagione 2011-2012 contribuisce alla vittoria del campionato e al ritorno in Serie A del Pescara dopo vent'anni di assenza; sul piano personale realizza 28 reti in campionato, laureandosi capocannoniere e diventando il giocatore pescarese ad aver segnato più gol in una sola stagione, superando le 21 reti di Stefano Rebonato nel campionato di Serie B 1986-1987. Il 18 giugno 2012 la compartecipazione tra Genoa e Juventus viene rinnovata con diritti sportivi in favore dei rossoblù. Genoa e Torino Esordisce con la squadra ligure il 18 agosto 2012 nella partita valida per il terzo turno di Coppa Italia persa ai rigori contro il Verona, subentrando al 31' della ripresa al posto di Davide Biondini. Esordisce in Serie A il 26 agosto 2012 contro il (vittoria per 2-0), siglando, a 5' dal termine, la sua prima rete nella massima serie. Conclude la stagione con 34 presenze e 5 gol segnati in totale. Il 12 luglio 2013, la Juventus risolve a proprio favore la compartecipazione con il Genoa e nello stesso giorno cede la metà del cartellino di Immobile al . il 17 agosto 2013 esordisce in granata nella sconfitta interna di Coppa Italia contro il Pescara (1-2), e in quella stessa occasione va a segno per la prima volta con la maglia del Toro al 53'. Il 25 agosto 2013 fa quindi il suo esordio in campionato (Torino- 2-0). Il campionato 2013-2014 è particolarmente positivo per il centravanti campano, che - con il partner d'attacco Cerci - conduce la formazione allenata da Ventura alla qualificazione in UEFA Europa League dopo 20 anni di assenza dalle manifestazioni europee. Con 22 reti in 33 presenze, Immobile si laurea capocannoniere della Serie A: è il primo calciatore del Torino a riuscirci dagli anni 1970, nonché il tredicesimo calciatore ad aver vinto la classifica marcatori sia in Serie A sia in Serie B. A fine stagione il Torino riscatta dalla Juventus, per 8 milioni di euro, l'intero cartellino del giocatore. Borussia Dortmund Il 2 giugno 2014 viene formalizzato il passaggio del giocatore al club tedesco del per 19,4 milioni di euro; Esordisce con la nuova squadra il 13 agosto seguente, nella Supercoppa di Germania contro il , vinta 2-0 dalla formazione giallonera. Esordisce in campionato il 23 dello stesso mese, nella partita persa in casa per 0-2 contro il . Il 16 settembre, all'esordio in UEFA Champions League coi colori gialloneri, segna il suo primo gol con la maglia del Borussia nella vittoria per 2-0 contro l'. Il 27 settembre evita la sconfitta dei suoi realizzando all'86' la rete, la prima per lui in Bundesliga, del definitivo 2-2 contro lo . Il 28 ottobre mette invece a referto la sua prima marcatura in Coppa di Germania nella trasferta vinta 3-0 sul campo del , fornendo anche l'assist per il gol di Reus. Il 3 marzo 2015, sempre in Coppa di Germania, mette a segno la sua prima doppietta con la maglia del Borussia nella vittoria in trasferta per 2-0 contro la ; questa vittoria qualifica i gialloneri ai quarti. Immobile conclude quella che rimarrà la sua unica stagione in Germania totalizzando 10 reti tra campionato e coppe, di cui sole 3 in Bundesliga dove, peraltro, spesso si ritrova a partire dalla panchina; ben diverso è il rendimento in Champions dove l'attaccante realizza 4 gol in 6 partite con il Borussia, eliminato agli ottavi dalla Juventus. Siviglia e ritorno a Torino Dopo una stagione in terra tedesca con più ombre che luci, dettata anche da problemi ambientali, il 12 luglio 2015, il Borussia Dortmund lo cede in prestito con obbligo di riscatto agli spagnoli del . Esordisce con gli andalusi l'11 agosto seguente, nella Supercoppa UEFA persa 5-4 ai supplementari contro il , subentrando nel secondo tempo e fornendo a Konopljanka l'assist del momentaneo 4-4. Segna il suo primo gol con la nuova maglia l'8 novembre seguente, nella Liga, mettendo nell'occasione fine a un digiuno di gol lungo otto mesi, nella vittoria per 3-2 contro il . Tuttavia, neanche in Spagna l'attaccante riesce a esprimersi su livelli soddisfacenti, sicché il 14 gennaio 2016 chiude la sua esperienza a Siviglia e, contemporaneamente, viene ceduto in prestito al club dov'era salito alla ribalta diciotto mesi prima, il Torino. Il 16 gennaio 2016 torna al gol al suo secondo esordio in maglia granata, aprendo le marcature su rigore nella sfida vinta 4-2 sul . In seguito realizza due doppiette contro (1-3) e (persa 3-2). Lazio I primi trofei (2016-2019) Il 27 luglio 2016 il Siviglia comunica di aver ceduto il giocatore, a titolo definitivo, alla . Il 21 agosto successivo, oltre a esordire con la squadra capitolina, realizza il primo dei suoi 26 gol stagionali aprendo le marcature nella partita vinta, per 3-4, contro l'. Il 1º ottobre 2016 arriva la prima doppietta in occasione della trasferta vinta, per 3-0, contro l'. Il 1º marzo 2017 mette a segno la sua prima rete in un derby di Roma in occasione della semifinale di Coppa Italia vinta 2-0; nella finale del 17 maggio, la sua squadra viene superata per 2-0 dalla Juventus. Il 13 agosto 2017, all'inizio della stagione successiva, mette a segno una doppietta contro la Juventus nella partita valida per l'assegnazione della Supercoppa italiana 2017, contribuendo alla vittoria sui bianconeri per 2-3. Il 10 settembre successivo mette a segno la sua prima tripletta con la maglia della Lazio in occasione della vittoria casalinga contro il , battuto 4-1. Quattro giorni più tardi sigla la sua prima rete in campo internazionale con indosso la casacca biancoceleste in occasione della trasferta vittoriosa, per 2-3, contro gli olandesi del . Il 6 gennaio 2018 realizza una quaterna nella vittoria per 5-2 sul campo della , mentre il successivo 22 febbraio mette a segno la sua prima tripletta in ambito internazionale contro la . Nel corso della stagione, la più brillante della sua carriera sul piano realizzativo, entra nella top ten dei migliori marcatori biancocelesti di tutti i tempi, diventando inoltre il più prolifico cannoniere stagionale nella storia del club capitolino, considerando sia i gol totalizzati fra tutte le competizioni sia quelli messi a segno nel solo campionato. Alla conclusione della UEFA Europa League 2017-2018 vince con 8 reti, al pari di Aritz Aduriz, la classifica cannonieri della competizione, venendo anche inserito nella squadra ideale del torneo. Il 20 maggio, con la conclusione del campionato, vince anche la classifica dei marcatori della Serie A per la seconda volta in carriera, a pari merito con l'interista Mauro Icardi, con un totale di 29 reti; in precedenza i soli Zlatan Ibrahimović e Luca Toni erano stati capaci di laurearsi capocannonieri della Serie A con due squadre diverse. Conclude la sua seconda stagione con la maglia biancoceleste con un bottino di 47 presenze e 41 gol. Il 25 ottobre 2018 disputa la sua centesima partita con indosso la maglia della Lazio, in occasione della trasferta europea, vinta per 1-3, contro i francesi dell'. La stagione 2018-2019 non vede Immobile ripetersi in fase realizzativa come l'annata precedente; tuttavia solleva la Coppa Italia, il suo secondo trofeo in maglia biancoceleste, realizzando 3 gol in 5 gare nella manifestazione. Conclude la stagione realizzando 15 gol in campionato. La Scarpa d'oro, i primi record societari (2019-2021) Il 25 agosto 2019, alla prima gara ufficiale della stagione 2019-2020 (la sua quarta a Roma), realizza una doppietta nel 3-0 esterno alla Sampdoria che gli permette di raggiungere il traguardo dei 100 gol in Serie A. Il successivo 3 novembre, aprendo le marcature nella vittoria di campionato 2-1 a San Siro sul Milan, tocca anche le 100 reti totali con la maglia laziale; quattro giorni dopo, nella sconfitta interna di UEFA Europa League contro il , trova comunque una rete che, limitatamente alla Coppa UEFA/Europa League, gli permette di staccare Pierluigi Casiraghi e diventare il migliore marcatore biancoceleste nella seconda manifestazione continentale per club. Sul finire del 2019, il 22 dicembre scende poi in campo da titolare nella vittoriosa sfida di Supercoppa italiana a Riad contro la Juventus (3-1), che gli vale il suo terzo trofeo nella Capitale. Al giro di boa del campionato realizza 23 reti: meglio di lui ha fatto solo Antonio Angelillo nella stagione 1958-1959. Chiude il campionato con 36 gol in 37 gare che, oltre a issarlo per la terza volta a capocannoniere del campionato italiano, gli permettono di eguagliare il primato di reti in una singola stagione della Serie A a girone unico, stabilito quattro anni prima da Gonzalo Higuaín, e soprattutto di vincere la Scarpa d'oro quale migliore marcatore della stagione calcistica europea, terzo italiano dopo Luca Toni e Francesco Totti. Il 20 ottobre 2020, alla quinta stagione a Roma, esordisce coi colori biancocelesti in UEFA Champions League, aprendo le marcature nella gara vinta 3-1 contro la sua ex squadra del . Il 12 maggio 2021, alla terz'ultima giornata di campionato, realizza allo scadere il gol dell'1-0 contro il , raggiungendo quota 150 gol in maglia laziale: supera così una prima volta la leggenda biancoceleste Silvio Piola, diventando il primatista sottorete del club per quanto concerne le sole competizioni ufficiali. Le stagioni da capitano (2021-) Nell'estate seguente, stante le partenze del capitano Senad Lulić e del suo vice Marco Parolo, Immobile eredita la fascia di capitano dei biancocelesti. Il 4 novembre 2021, in occasione della trasferta di UEFA Europa League contro l' (2-2), segna il suo 160º gol per la Lazio: supera così definitivamente Piola nella storia capitolina e assurge a migliore marcatore laziale di tutti i tempi. Nella stessa stagione, grazie al rigore trasformato nella vittoria esterna contro il (0-3) del 5 marzo 2022, realizza il suo 143º gol in Serie A con la maglia biancoceleste, eguagliando Piola anche per quanto concerne questo record societario, per poi superarlo, sempre dagli undici metri, nove giorni dopo con la rete decisiva ai danni del (1-0). Il 16 aprile, con il gol del definitivo 1-1 segnato nella partita casalinga contro il Torino, diventa il primo calciatore italiano nella storia della Serie A a realizzare almeno 25 reti in tre campionati differenti, il terzo in assoluto dopo Gunnar Nordahl e István Nyers. Conclude il campionato con 27 marcature all'attivo, ottenendo il titolo di capocannoniere e diventando il primo italiano nella storia a vincere la classifica marcatori per quattro volte in carriera; i risultati ottenuti in stagione gli consentono di bissare la vittoria quale miglior attaccante ai Premi Lega Serie A, già ottenuta nell'edizione 2019-2020, diventando il primo calciatore a trionfare per due volte nella categoria dalla sua istituzione. Il 13 ottobre 2022, all'esordio della sua settima stagione capitolina, sblocca il punteggio della sfida di UEFA Europa League contro lo (2-2), superando Simone Inzaghi e diventando così il primatista laziale di reti nelle competizioni confederali. Con la squadra biancoceleste nel frattempo declassata in UEFA Europa Conference League, il 16 febbraio 2023 realizza il suo primo gol — nonché il primo nella storia della Lazio — nella suddetta competizione, che vale il successo per 1-0 sul nell'andata dei play-off. Il 2 settembre 2023, nella partita vinta per 1-2 sul campo del e valida per la terza giornata di Serie A 2023-2024, sua ottava stagione a Roma, gioca la sua 300ª gara in tutte le competizioni in maglia biancoceleste. Nazionale Nazionali giovanili Il 25 marzo 2009 esordisce con la nazionale Under-21 diretta dal commissario tecnico Pierluigi Casiraghi, nella partita amichevole -Italia (2-2) giocata a Vienna. Nello stesso anno entra anche nella nazionale Under-20 di Francesco Rocca, con la quale partecipa ai Giochi del Mediterraneo 2009 di Pescara. Torna in Under-21 a tre anni dall'esordio, il 25 aprile 2012, realizzando il suo primo gol con la maglia degli azzurrini nella partita amichevole vinta 4-1 contro la . Con l'Under-21 guidata da Devis Mangia partecipa all'europeo Under-21 2013 in Israele, dove realizza un gol nella finale persa 4-2 contro la . Nazionale maggiore Gli inizi (2014-2017) Il 2 marzo 2014 ottiene la prima convocazione con la nazionale maggiore da parte del commissario tecnico Cesare Prandelli. Esordisce il 5 marzo 2014, a 24 anni, nell'amichevole contro la persa 1-0 a Madrid. Le ottime prestazioni offerte alla sua prima stagione nel Torino, con la conseguente vittoria della classifica marcatori in Serie A, lo portarono a essere convocato per il in Brasile. Dopo l'esordio da subentrante nella vittoria per 2-1 contro l', gioca da titolare l'ultima partita della fase a gironi contro l', che determina l'eliminazione dell'Italia. Il successivo 4 settembre mette a segno il suo primo gol in nazionale, al debutto della gestione tecnica di Antonio Conte, aprendo le marcature nell'amichevole di Bari vinta 2-0 sui . Nelle prime partite delle qualificazioni al viene schierato titolare nel tandem d'attacco azzurro, in coppia con Simone Zaza; i due verranno poi scavalcati nelle gerarchie da Éder e Graziano Pellè. Immobile viene comunque convocato per la fase finale dell'europeo in Francia, in cui ottiene due presenze, entrambe nella fase a gironi, contro e . Confermato nel gruppo azzurro, Immobile è titolare nella gestione del nuovo selezionatore Gian Piero Ventura, già suo allenatore ai tempi del . Il 9 ottobre 2016, durante la sfida per le qualificazioni al giocata a Skopje contro la , realizza la sua prima doppietta in maglia azzurra, che consente all'Italia di vincere in rimonta per 3-2. Con 6 reti in dieci gare si laurea capocannoniere del girone G di qualificazione al mondiale, chiuso dall'Italia al secondo posto dietro la : viene schierato titolare nelle due partite del play-off del novembre 2017 contro la , che elimina gli azzurri dalla fase finale della rassegna iridata, a sessanta anni dall'unico precedente. Dal dualismo con Belotti alla vittoria dell'europeo (2018-2022) È confermato in azzurro all'avvio del ciclo di Roberto Mancini, il quale nel corso della sua gestione tecnica andrà a porre Immobile in diretta concorrenza con Andrea Belotti, dando vita di gara in gara a una vera e propria staffetta tra i due. Il 10 settembre 2018, in occasione della sconfitta 0-1 a Lisbona contro il e valevole per la prima edizione della UEFA Nations League, scende in campo per la prima volta come capitano della nazionale. Nelle successive qualificazioni al ottiene quattro presenze e realizza 3 reti – significativa è quella che sblocca il risultato nel 2-1 alla dell'8 settembre 2019, che vale il ritorno al gol in maglia azzurra dopo due anni. Dopo tre partite senza trovare la rete – che però vanno a comporre un altro lungo digiuno sottoporta in azzurro, stavolta protrattosi per sedici mesi –, il 25 marzo 2021 torna al gol siglando il definitivo 2-0 all', nella gara valida per le qualificazioni al . Nel giugno 2021 è tra i convocati per la fase finale dell'europeo itinerante del 2020, posticipato di un anno a causa della pandemia di COVID-19. Vinto il ballottaggio con Belotti, Immobile ben si comporta nella fase a gironi, andando a segno nella gara inaugurale dell'11 giugno a Roma contro la , in cui realizza il momentaneo raddoppio nel 3-0 finale, per poi ripetersi nella partita seguente contro la , siglando il definitivo 3-0. Le sue prestazioni risultano meno brillanti nella successiva fase a eliminazione diretta, dove non riesce più a trovare la via del gol; mantiene comunque la maglia da titolare fino alla finale di Wembley dell'11 luglio, in cui l'Italia supera i padroni di casa dell' ai tiri di rigore e vince il secondo titolo continentale della sua storia. Nell'autunno seguente viene inizialmente inserito tra i convocati per la fase finale della UEFA Nations League 2020-2021, ma è poi costretto a saltare la final four a causa di un infortunio, venendo sostituito da Moise Kean. Il 24 marzo 2022 scende in campo, con la fascia da capitano, nella partita di semifinale degli spareggi di qualificazione al mondiale in Qatar, persa 1-0 contro la a Palermo, che sancisce l'eliminazione dell'Italia. Senatore azzurro (2023-) Ormai tra i senatori del gruppo azzurro, nel giugno 2023 è tra i convocati per la fase finale della UEFA Nations League 2022-2023, ospitata dai Paesi Bassi: realizza dal dischetto il gol del momentaneo pareggio nella sconfitta 1-2 in semifinale contro la Spagna – ponendo fine a un'altra lunga astinenza sottorete in maglia azzurra, che perdurava da due anni –, mentre non scende in campo nella successiva vittoria 3-2 contro i padroni di casa, che vale il terzo posto finale agli italiani. Nel settembre dello stesso anno, con l'inizio del ciclo di Luciano Spalletti sulla panchina azzurra e stante la mancata convocazione del capitano uscente Leonardo Bonucci, a Immobile viene affidata la fascia in occasione degli impegni dell'Italia nelle qualificazioni al . Statistiche Ciro Immobile, tra club, nazionale maggiore e nazionali giovanili, ha collezionato globalmente 584 partite segnando 303 reti, alla media di 0,52 reti a partita. Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 30 ottobre 2023. Cronologia presenze e reti in nazionale Record Lazio Calciatore con il maggiore numero di gol realizzati in tutte le competizioni ufficiali (199). Calciatore con il maggiore numero di gol realizzati in Serie A (165). Calciatore con il maggiore numero di gol realizzati in Coppa UEFA/Europa League (16). Calciatore con il maggiore numero di gol realizzati nelle competizioni UEFA per club (22). Calciatore, insieme a Giuseppe Signori, ad aver vinto più classifiche marcatori della Serie A (3) nella storia della Lazio. Individuali Uno dei tre calciatori nella storia della Serie A, insieme a Zlatan Ibrahimović e Luca Toni, ad avere vinto il titolo di capocannoniere con la maglia di due squadre differenti (Torino e Lazio). Insieme a Gonzalo Higuaín, è il calciatore ad aver segnato più reti (36) in una singola stagione del campionato italiano di Serie A a girone unico. Calciatore italiano ad aver vinto più classifiche marcatori (4) nella storia della Serie A. Primo calciatore italiano capace di realizzare almeno 25 reti in almeno tre campionati di Serie A (2017-18, 2019-20 e 2021-22). Terzo giocatore assoluto a riuscirci dopo Gunnar Nordahl e István Nyers. Calciatore in attività con il maggior numero di gol segnati in Serie A (197). Palmarès Club Competizioni giovanili Juventus: 2009, 2010 Competizioni nazionali Pescara: 2011-2012 Borussia Dortmund: 2014 Lazio: 2017, 2019 Lazio: 2018-2019 Nazionale Individuale Capocannoniere del Torneo di Viareggio: 1 2010 (10 gol) Golden Boy del Torneo di Viareggio: 1 2010 Capocannoniere della Serie B: 1 2011-2012 (28 gol) Gran Galà del calcio AIC: 5 Miglior giovane della Serie B: 2012 Squadra dell'anno: 2014, 2018, 2020, 2022 Capocannoniere della Serie A: 4 2013-2014 (22 gol), 2017-2018 (29 gol, a pari merito con Mauro Icardi), 2019-2020 (36 gol), 2021-2022 (27 gol) Premio nazionale Andrea Fortunato nella categoria Calciatori: 1 2017 Capocannoniere della UEFA Europa League: 1 2017-2018 (8 gol, a pari merito con Aritz Aduriz) Squadra della stagione della UEFA Europa League: 1 2017-2018 Premi Lega Serie A: 2 Miglior attaccante: 2019-2020, 2021-2022 Scarpa d'oro: 1 2019-2020 Gazzetta Sports Awards: 1 Categoria Uomo dell'anno in ambito italiano: 2020 Onorificenze
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Mario Tontodonati
È stato uno dei calciatori abruzzesi più noti a livello nazionale negli anni quaranta e cinquanta e rimane ad oggi il miglior marcatore nella storia del Pescara, con 120 reti in 143 presenze. Caratteristiche tecniche Impiegato come centravanti, o più raramente come ala, era veloce e opportunista; per la sua abilità nel colpo di testa e nel gioco acrobatico era soprannominato Testina d'oro. Carriera Giocatore Iniziò l'attività agonistica in Serie C, militando nella SIME Popoli (poi chiamata Simaz e Dinasimaz), nel triennio 1937-1940. Nella stagione 1940-1941, a 19 anni, venne acquistato dal : inserito in una squadra composta quasi esclusivamente da pescaresi, e per questo detta Strapaesana, vinse il campionato di Serie C del quale fu capocannoniere con 23 reti, sotto la guida di Mario Pizziolo. L'anno successivo gli abruzzesi sfiorarono la promozione in Serie A, e Tontodonati realizzò altre 12 reti. Nel 1946 il Pescara lo cedette al dove rimase per due anni, segnando complessivamente 16 reti in 77 presenze in Serie A. Rilevato dall' insieme al compagno di squadra Tommaso Maestrelli, furono entrambi ceduti alla Roma di Fulvio Bernardini nell'ambito del trasferimento di Amedeo Amadei all': con i capitolini totalizzò 28 reti in 3 stagioni, sostituendo il Fornaretto al centro dell'attacco romanista nonostante un certo scetticismo dell'ambiente. Sul finire della sua ultima stagione viene posto fuori rosa insieme ad altri tre compagni di squadra, a causa di presunte frequentazioni giudicate inopportune dalla dirigenza romanista. Dopo la retrocessione del 1951 fu ceduto insieme a Maestrelli alla Lucchese, in comproprietà; nella formazione toscana realizzò 7 reti, senza evitare la retrocessione tra i cadetti. Nell'autunno 1952 fu acquistato dal , dove disputò una stagione da riserva, e nel novembre 1953 ritornò al Pescara: la tifoseria e il quotidiano Mattino d'Abruzzo lanciarono una sottoscrizione per raccogliere i fondi per l'acquisto, e il giocatore stesso pagò di tasca sua la differenza dovuta al Torino. Con il Pescara disputò sei stagioni tra IV Serie e Serie C, chiudendo la carriera nel 1959 nel doppio ruolo di capitano e allenatore (svolgeva il ruolo di assistente già da diverse stagioni, giocando poche partite). Con 120 reti realizzate in maglia biancoazzurra, si trova ancora oggi in cima alla classifica dei cannonieri del club abruzzese. Ha totalizzato 51 reti in 206 presenze nella Serie A a girone unico. Allenatore Allena a più riprese il Pescara, sempre nelle serie minori, come assistente di Aurelio Marchese e Ljubo Benčić, e in seguito guida il , l'Angolana e la rappresentativa regionale abruzzese nel Trofeo delle Regioni 1971. Tra il 1978 e il 1980 è tornato al Pescara, come responsabile del settore giovanile e poi come vice di Gustavo Giagnoni, sostituendolo in occasione di una squalifica nella partita disputata contro la Roma. Nel corso della stagione fu anche allenatore ad interim, dopo l'esonero di Giagnoni. Palmarès Club Pescara: 1940-1941 Individuale Capocannoniere della Serie C: 1 1940-1941 (23 gol)
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Alessandro Crescenzi (calciatore)
Caratteristiche tecniche In possesso di una notevole resistenza, è un terzino - può essere utilizzato sia a destra che a sinistra - preciso nel servire cross ai compagni e in grado di svolgere con efficacia entrambe le fasi di gioco. Inizia la carriera da esterno, salvo poi abbassarsi a terzino sotto la guida di Andrea Stramaccioni, ai tempi in cui militava nelle giovanili della Roma. Carriera Club Gli inizi, l'esordio in A e il Grosseto Compie i suoi primi passi nell'A.S. Marino '90, squadra della sua città natale. Passa quindi alla Roma, dove effettua tutta la trafila nel settore giovanile. Esordisce in Serie A il 15 marzo 2009 in Sampdoria-Roma (2-2), subentrando al 35' della ripresa al posto di Jérémy Ménez. Il 6 agosto successivo va in prestito al , in Serie B. Esordisce coi maremmani il 17 ottobre 2009 in Grosseto-Padova (2-2), sostituendo nei minuti finali Thomas Job. Chiude la stagione con sole 6 presenze. Crotone, Bari e prestito al Pescara Il 17 luglio 2010 viene ceduto in prestito dai capitolini al Crotone. Debutta coi calabresi il 22 agosto nel derby esterno terminato a reti bianche contro la , rilevando al 57' Marco Cabeccia. Chiude la stagione con 33 presenze. Al termine del campionato viene riscattato dalla Roma per euro. Il 5 agosto 2011 passa in prestito al . Esordisce coi pugliesi il 14 agosto in Bari-Spezia (1-0), valida per il secondo turno di Coppa Italia, giocando titolare. Il 21 dello stesso mese, alla vigilia della partita di coppa da disputare contro l', rimane ferito durante un diverbio scoppiato tra Salvatore Masiello e Zdeněk Zlámal, al termine di uno scherzo (avvenuto in un ristorante) e poi degenerato, procurandosi due profonde ferite al braccio destro e un'emorragia, bloccata in seguito con quaranta punti di sutura. Esordisce in campionato alla quarta giornata, nella trasferta persa contro il Padova (1-0), giocando titolare. Chiude la stagione con 30 presenze in Serie B e 2 in Coppa Italia. Il 2 agosto 2012 viene ufficializzato il suo passaggio in prestito al Pescara. In sei mesi ottiene, tuttavia, solamente una presenza in Coppa Italia, nella partita persa ai sedicesimi di finale contro il Cagliari per 4-2. Novara, Ajaccio e ritorno a Novara Il 25 gennaio 2013 rescinde il contratto che lo legava agli abruzzesi, facendo dapprima ritorno a Roma per poi essere girato al Novara, in Serie B. Il 16 marzo 2013 segna il suo primo gol in carriera da professionista, nella partita Novara-Crotone terminata 5-1. Nella prima esperienza a Novara ottiene 18 presenze (20 contando i play-off) e quest'unico gol. Il 30 agosto seguente i giallorossi lo cedono in prestito al club francese dell'Ajaccio. Il 17 gennaio 2014, dopo 11 presenze tra campionato di Ligue 1 e le due coppe (Coppa di Lega e Coppa di Francia), fa ritorno ai capitolini che lo girano di nuovo al Novara; conclude la sua seconda esperienza in Piemonte con 21 presenze comprese i play-off in Serie B. Perugia e promozione in A con il Pescara Il 9 agosto dello stesso anno passa in prestito al Perugia, neopromosso in Serie B; con gli umbri totalizza 42 presenze stagionali raggiungendo i play-off, persi al turno preliminare contro il Pescara, club con il quale gioca nella stagione seguente sempre in prestito. Con gli abruzzesi vince i play-off promozione per salire in Serie A totalizzando ben 27 presenze. L'11 luglio 2016 viene acquistato a titolo definitivo dagli abruzzesi per euro. Approdo al Verona e prestito alla Cremonese Il 12 luglio 2018 passa a titolo definitivo al Verona, neo-retrocesso in Serie B, firmando un contratto triennale fino al giugno 2021. Dopo avere trovato poco spazio in Serie B, la squadra ottiene la promozione in Serie A ma lui non gioca mai, indi per cui il 28 gennaio 2020 viene ceduto in prestito alla Cremonese, che il 24 agosto 2020 lo riscatta a titolo definitivo. Ritorno al Pescara Il 29 settembre del 2022, dopo essersi svincolato in estate, firma un contratto di un anno con opzione per il secondo con il Pescara, facendo ritorno alla squadra abruzzese dopo quattro anni. Nazionale Il 25 marzo 2009 esordisce invece nella Nazionale Under-21 allenata da Pierluigi Casiraghi, entrando al posto di Di Gennaro al 41' del secondo tempo della partita amichevole Austria-Italia (2-2). Il 23 aprile 2009 viene incluso tra i convocati dell'Under-18 che prende parte alla Slovakia Cup, poi vinta dagli azzurri, venendo eletto miglior giocatore del torneo. Il 9 giugno 2009 viene incluso dal tecnico Francesco Rocca tra i giocatori che disputeranno i Giochi del Mediterraneo Pescara 2009 con la Nazionale Under-20. Esordisce nella competizione il 25 giugno nel match di apertura disputato contro la Siria, poi pareggiato 1-1, subentrando al 23' del secondo tempo a Silvano Raggio Garibaldi. A fine torneo arriva secondo vincendo l'argento. L'11 settembre 2009 viene convocato dall'allenatore Rocca per il Mondiale Under-20. Fa il suo debutto nel pareggio a reti bianche contro il Paraguay, subentrando al 37' della ripresa al posto di Matteo Gentili. Il 1º luglio 2010 il tecnico dell'Under-19 Massimo Piscedda lo include nella lista dei giocatori che parteciperanno agli Europei U-19, disputati in Francia. Esordisce nella competizione il 18 luglio nella sconfitta contro il Portogallo (0-2), giocando titolare. Nel 2011 gioca invece in Torneo di Tolone giungendo al terzo posto. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 13 giugno 2023.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Presidio%20ospedaliero%20%22Santo%20Spirito%22
Presidio ospedaliero "Santo Spirito"
Il Presidio ospedaliero "Santo Spirito" di Pescara è l'ospedale pubblico della città abruzzese, e fa parte dell'azienda sanitaria locale di Pescara che comprende le preesistenti unità locali socio sanitarie di Pescara, Penne e Popoli. Serve un bacino di utenza di circa 300.000 persone, ripartiti nei 46 comuni della provincia. Storia Un primo ricovero per ammalati e pellegrini con funzione di ospedale, venne istituito presso l'antica sede dei Cavalieri di Malta in via Petronio, a Pescara vecchia. Con il governo napoleonico dei primi anni dell'800, un nuovo ricovero per ammalati entrò in attività nell'allora comune di Castellammare Adriatico, presso l'ex convento di San Giuseppe dei Cappuccini, nelle vicinanze dell'odierna struttura. Anche questa nuova sistemazione si rivelò presto inadeguata, come dimostrato dalle frequenti epidemie che colpivano ciclicamente la popolazione locale. Solamente nel 1934 fu istituito il primo vero ospedale civile della città, occupando l'edificio dallo stile ottocentesco di via Paolini, in precedenza adibito a stabilimento bacologico. In seguito al vigoroso sviluppo urbano della città, anche l'edificio degli anni '30 si rivelò insufficiente a garantire tutti i servizi necessari all'accresciuta popolazione residente, e già nei primi piani di ricostruzione del dopoguerra si ipotizzava una nuova sede per il presidio ospedaliero. Dopo molti anni di lavoro nel 1994 venne inaugurata la nuova struttura di via Fonte Romana, adiacente alla sede precedente. Durante la pandemia di COVID-19 del 2020 in Italia, il presidio ospedaliero è stato individuato come centro di riferimento regionale per i test di positività al virus e trattamenti ai pazienti, aggiungendo altri 214 posti letto dedicati esclusivamente al trattamento dei pazienti positivi al virus pandemico. Il pronto soccorso, che con circa accessi l'anno è il tredicesimo d'Italia, è stato dotato di una nuova e più ampia struttura di metri quadrati inaugurata nel 2021. Struttura L'edificio a forma di croce si sviluppa su otto livelli per circa 114.000 metri quadri, e ha una capacità di 700 posti letto. All'interno della struttura è presente un eliporto, di proprietà del comune di Pescara. Unità operative Unità operative complesse Anatomia patologica Cardiologia Centro trasfusionale Chirurgia generale e d’urgenza Chirurgia pediatrica Chirurgia toracica Chirurgia vascolare Radiologia Direzione amministrativa dei presidi ospedalieri Direzione medica di presidio Ematologia clinica Endocrinologia e malattie metaboliche Gastroenterologia ed endoscopia digestiva Geriatria Laboratorio analisi cliniche Malattie infettive Medicina interna Medicina nucleare Nefrologia e dialisi Neurochirurgia Oculistica Oncologia medica Otorinolaringoiatria Ortopedia e traumatologia Ostetricia e ginecologia Pediatria Pneumologia Medicina e chirurgia d’urgenza Reumatologia Terapia intensiva e anestesiologia 118 Neonatologia e terapia intensiva neonatale Urologia Unità di terapia intensiva cardiologica e cardiologia interventistica Neurologia d’urgenza e stroke unit Psichiatria Microbiologia e virologia Unità operative semplici Chirurgia del bacino e politrauma Citomorfologia ed emostasi di 2º livello Diagnostica ematologica integrata Medicina d’urgenza e gestione paziente critico Osservazione breve intensiva Ostetricia Rianimazione Angiografia interventistica Patologie ad alta intensità di cure Sepsi Nefrologia d’urgenza e interventistica Dialisi peritoneale Broncoscopia interventistica Anestesiologia pediatrica Aritmologia ed elettrofisiologia Chirurgia robotica e mininvasiva Unità operative semplici dipartimentali Terapia intensiva ematologica Chirurgia plastica Radioterapia Centro diagnosi e terapia emofilia, malattie trombotiche emorragiche ereditarie Centro diagnosi e terapia linfomi Chirurgia maxillo-facciale Day hospital Day surgery Ecografia internistica Ecografia pediatrica Oncoematologia pediatrica Fisica sanitaria Gestione del blocco operatorio Ginecologia sociale Istituto tessuti e bio-banche Laboratorio genetica molecolare oncoematologica Neuroradiologia Dermatologia Degenza ematologica e chemioterapia ad alte dosi Farmacotossicologia e qualità analitica Chirurgia mammaria Gestione del blocco operatorio Neurochirurgia e neurotraumatologia d’urgenza
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https://it.wikipedia.org/wiki/Piscine%20Le%20Naiadi
Piscine Le Naiadi
Le Piscine "Le Naiadi" sono un impianto sportivo di Pescara dedicato alle discipline acquatiche. Storia e descrizione La struttura, inaugurata nel 1968, ha ospitato nel 2009 i campionati italiani di nuoto e le gare delle discipline di nuoto, tuffi, pallanuoto e handisport dei XVI Giochi del Mediterraneo. Dal 17 al 19 giugno 2010 ha ospitato il Trofeo Settecolli. A partire dal 2011 è sede di eventi di carattere internazionale di pallanuoto di cui la Humangest Waterpolo Cup o la GEA Cup. Con la collaborazione della Federazione Italiana Nuoto l'impianto è anche un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale per gli allenamenti e collegiali non solo della nazionale italiana. La struttura inoltre è stata la sede della società sportiva Simply Sport Pescara, società specializzata in nuoto, nuoto sincronizzato e pallanuoto a livello agonistico nazionale, non più esistente. Era inoltre la sede della più volte campione d'Italia Associazione Sportiva Waterpolis Pescara Pallanuoto e in seguito ha ospitato la Pescara Nuoto e Pallanuoto, che permette alle piscine la continuazione delle attività sportive agonistiche di carattere nazionale. La struttura funziona anche per l'organizzazione di corsi per bambini, ragazzi e adulti, campi estivi, ed eventi negli spazi predisposti. Caratteristiche La struttura dispone di: 1 piscina pallanuoto 33x21 m 2 piscine nuoto 25x10 m 1 piscina olimpica 50x20 m 1 sala Wellness 1 sala Fitness 1 palestra d'arrampicata 1 palestra judo 1 palestra isocardio 1 centro di fisioterapia 1 centro benessere 1 parco 1 teatro all'aperto per spettacoli vari 2 campi calcio a 5 Attività culturali Nel parco delle piscine sono state tenute numerose edizioni dei festival musicali Pescara Jazz e IndieRocket Festival e diversi concerti e DJ set di artisti di fama nazionale e internazionale, tra i quali i Soft Machine nel 1974, i Premiata Forneria Marconi nel 1975, Fabrizio De André nel 1975, Antonello Venditti nel 1978, Vasco Rossi nel 1983, Miles Davis nel 1986, B.B. King nel 1995, Patty Pravo nel 1997, Dub FX nel 2014, i Subsonica nel 2015, Levante nel 2015, Paolo Nutini nel 2015 e Nina Kraviz nel 2015.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Circolo%20Tennis%20Pescara
Circolo Tennis Pescara
Il Circolo Tennis Pescara è un impianto sportivo di Pescara, che comprende 8 campi da tennis, in terra rossa di cui 3 coperti, altri 2 in cemento e 1 in erba sintetica. Storia La storia del Circolo Tennis di Pescara risale all'inizio degli anni Sessanta quando chiesero l'assegnazione gratuita dei terreni tra via Elettra, viale Marconi e via Pepe che a quel tempo erano un acquitrino. Nove i padri fondatori del circolo: Uberto Crescenti, Giovanni Guazzone, Gaetano Novello, Arturo Ciampoli, Bruno Faieta, Nino Cutò, Diego De Sisto, Marcello Ciferni e Sergio Simoncini. L'attuale consiglio direttivo, composto da undici persone, è presieduto da Franco Leone; Paola De Angelis vice presidente; Paola Di Carmine è il direttore; Fabrizio De Vanna è il direttore sportivo e Michela Valentini è il tesoriere. A livello di risultati sportivi gli anni d'oro per il Circolo Tennis furono quelli tra gli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta in concomitanza con la carriera di Adriano Panatta, quando le sorelle Francesca e Marina Crescenti disputavano i tornei della categoria A, Maria Rita Paoni era tra le prime venti in Italia e la squadra maschile giocava in serie B. Tre gli eventi storici vissuti sui campi in terra rossa del Circolo Tennis: l'incontro di Coppa Davis contro il Portogallo del 1965 con la squadra azzurra composta da Nicola Pietrangeli, Giordano Maioli e Orlando Sirola e la vittoria al campionato italiano di Corrado Barazzutti del 1976, anno in cui Panatta trionfò sia al Foro Italico che al Roland Garros. Sui campi pescaresi passò anche Paolo Bertolucci che partecipò nel 1969 al campionato italiano juniores a squadre. Dal 1981 al 1990 venne anche organizzato il torneo di Pescara sia circuito Atp che Challenger: tra i campioni che hanno calcato la terra rossa del Circolo Tennis anche il francese Cedric Pioline, finalista a Wimbledon e all'Us Open. Indimenticabile per il successo di pubblico e il livello tecnico delle partite rimangono i Giochi del Mediterraneo del 2009. Manifestazioni Ospitate Coppa Davis (1965); Coppa de Galea Campionato europeo per dilettanti Campionati Italiani Assoluti del Tennis 12 edizioni del "Torneo Internazionale ATP" Campionati Italiani Assoluti under 14 Torneo Internazionale "Città di Pescara" "TTF Futurea men's Tour 20 edizioni del Torneo Internazionale under 14 "Tennis Europe" Giochi del Mediterraneo 2009 per la disciplina del tennis.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Storia%20del%20Calcio%20Foggia%201920
Storia del Calcio Foggia 1920
Di seguito viene trattata la storia del Calcio Foggia 1920 fino ai nostri giorni. Le origini Prima della prima guerra mondiale La Daunia Storicamente, la prima formazione di cui si ha notizie nella provincia di Foggia è la Daunia, fondata nel 1909; la casacca ufficiale era a strisce bianconere e la seconda maglia era rosa. Il campo di gioco era un campetto di periferia, nella zona che oggi corrisponde al Tiro a Segno. Le polisportive Sardegna e Calciatori Nel 1911 a Foggia erano nate l'U.S. Sardegna e l'Unione Sportiva Calciatori. L'U.S. Sardegna prese il suo nome da Marinucci, un sardo figlio del preside dell'Istituto Magistrale. L'Unione Sportiva Calciatori, che vestiva una maglia bianca a strisce nere orizzontali, vinse il 26 maggio 1912 la "Coppa Città di Foggia", battendo il Bari 1-0. Giuseppe Comei, foggiano proveniente da Firenze, viene acquistato dall'Unione Sportiva Calciatori insieme ai fratelli Tiberini, provenienti da Milano; il minore dei due tornerà in Lombardia. L'Atleta Quest'ultimo, a Milano, pensa di fondere le due squadre: da quest'unione nacque nel 1912 la polisportiva U.S. Atleta, in maglia bianca, capeggiata dal presidente Gustavo Nannarone. Il suo esordio è un derby giocato nel campo casalingo di Pila e Croce, contro il Liberty Bari finito 2-2. Successivamente l'Atleta vincerà un torneo a Bisceglie contro alcune squadre pugliesi. In quegli anni il problema era trovare una sede, infatti prima la società si riuniva in una piazza prospiciente al Convitto Liceale, che successivamente diventerà il Tribunale. Molti atleti e dirigenti cercarono di convincere il podestà Mandara per avere dei locali su via Galliani ma il podestà rifiutò. Così alcuni dirigenti occuparono illegalmente il locale, trovandoci una grandissima quantità di mattonelle destinate alla pavimentazione dei marciapiedi; successivamente Mandara cambiò idea e l'Atleta ebbe una sede sociale. Con l'attentato di Sarajevo nel 1915 verrà la tragica parentesi della prima guerra mondiale. Dopo la grande guerra La guerra uccise molti calciatori, anche foggiani, ed in quel periodo era molto difficile continuare a pensare al calcio. Nonostante ciò, grazie alla collaborazione di Gustavo Nannarone si riuscì a continuare la storia di questo sport, ed a collaborare alla ricrescita del calcio fu l'Aviatori Foggia, una squadra di soldati foggiani della Marina e dell'Aviazione, che si scontrò con il F.B.C. Liberty, una formazione barese, pareggiando per 2-2. L'U.S. Atleta, che ormai stava conquistando un posto tra le grandi, venne invitata a partecipare a numerose competizioni, come il "Torneo Pasquale" a Bari nell'aprile del 1919, primo torneo pugliese del dopoguerra, o il "Torneo di football a sei di Molfetta", il 3 ottobre 1919, dove l'U.S. Atleta arrivò al quarto posto, perdendo 2-0 per rinuncia la finale per il terzo posto contro la Fulgor A Molfetta. Il 1º novembre l'Atleta vince 4-0 al campo Madonna della Spiga di Lucera contro lo Sporting Club Luceria. Nel frattempo, a Foggia, viene creata una nuova formazione chiamata Vis et Vir, in maglia gialla, dove milita Renato Sarti, in prestito dall'Atleta. Alcuni componenti dell'U.S. Atleta, intanto, abbandonano la società per formarne una nuova, la Maciste. Qualche tempo dopo Alfredo Cicolella fonda l'U.S. Pro Foggia. Queste tre squadre, però, non avranno molto futuro. Difatti, il 12 maggio del 1920 viene annunciata la fusione in un unico sodalizio, il cui presidente sarà il colonnello Carlo Gigliotti. Esordi Dalla nascita al Foggia delle 3 M Il club fu costituito ufficialmente come Sporting Club Foggia il 5 luglio 1920. Il sodalizio era una società polisportiva, ovvero erano tesserati non solo calciatori, ma anche pugili, atleti e ciclisti. Lo Sporting Club Foggia dopo un periodo di inattività partita nel 1920, inizia l'attività calcistica il 18 marzo 1922, quando viene battuta per 2-0 la 225º Fanteria, e nella rivincita, tre giorni più tardi, il 21 marzo 1922 lo Sporting Club Foggia vinse 3-0, con una tripletta di Peppino Comei. Un altro match, sempre con le stesse squadre, fu vinto dallo S.C. Foggia per 5-0. Queste sono le prime partite giocate e vinte, anche se non ufficiali, della squadra di Capitanata. Vennero scelti come colori sociali il rosso ed il nero, scelti dai fratelli Tiberini, tifosi milanisti. Lo Sporting Club Foggia si affiliò alla FIGC il 31 maggio del 1922, e di conseguenza poté partecipare al Campionato Pugliese, ma prima disputò alcune amichevoli nel campo casalingo, quello del Parco Comunale, come quella del 18 giugno 1922, dove perse 2-0 contro l'U.S. Biscegliese, o quella del 22 ottobre contro l'Andrea Doria Foggia dove vinse 4-1, e la rivincita di quest'ultima del 13 dicembre, sempre vinta dallo S.C. Foggia per 2-1. Arrivò automaticamente nel girone finale pugliese del campionato di Seconda Divisione 1922-1923 dove arrivò direttamente al primo posto, con l'allenatore Roberto Fini. Naturalmente lo Sporting Club doveva avere una preparazione atletica, perciò organizzò alcune amichevoli, come la trasferta a Molfetta, contro la Fulgor, finita 1-1 e con un anticipo di 15 minuti per il malridotto campo di gioco (è la prima trasferta rossonera) e la trasferta al San Lorenzo di Bari contro l'U.S. Ferrovieri, persa per 2-0. Inoltre, organizzò un torneo, dove pareggiò 0-0 con l'Ideale Bari, e vinse a Torremaggiore contro una squadra mista. La squadra venne perfezionata dai primi acquisti in rossonero, come quelli del portiere Raffaele Ferraretti (primo acquisto del Foggia in assoluto), dell'ala Luigi D'Onofrio, e del centravanti Mario Casale dall'Andrea Doria-Foggia, del centromediano Romano dal Savoia, o del terzino Michele Camero dalla Fulgor Molfetta. Da notare che le squadre da cui il Foggia ha prelevato nuovi giocatori sono tutte pugliesi, e specialmente l'Andrea Doria e il Savoia, che sono due squadre foggiane. Arriva il girone finale e lo Sporting Club esordisce il 9 settembre 1923 in casa contro il Garibaldino Taranto, vincendo per 1-0, in quella che sarà la prima gara ufficiale giocata dal Foggia. Il Foggia vince sempre, tranne che a Taranto contro lEnotria, dove pareggia, e viene promosso in prima divisione. Per festeggiare organizza un'amichevole contro il , finalista perdente della finale scudetto, che vince a Foggia per 3-0. Il 28 ottobre, il Comitato Regionale Pugliese, diede la vittoria a tavolino per l'Enotria, nell'ultima gara, poiché c'era stata un'invasione di campo che ha portato al prolungamento di 5 minuti della partita, ma il 2 novembre la lega Sud annullò il verdetto del Comitato Regionale Pugliese, promuovendo regolarmente il Foggia. Così promosso nel campionato di Prima Divisione 1923-1924, lo Sporting Clug Foggia cambiò presidente, che divenne Carlo Irace, ed inaugurò il nuovo campo di Pila e Croce il 18 novembre nel match contro l'Ideale Bari vinto 2-0 dagli ospiti, ma successivamente il risultato non fu convalidato per un errore arbitrale, ovvero sospese la partita per 23' al 13 minuto di gioco per la rottura del pallone, ed al posto di continuare la partita, ne ricominciò un'altra da capo, facendo durare il tempo di gioco complessivamente a 103 minuti, ed ovviamente lo Sporting Club chiese di annullare la gara, riuscendoci. Alla fine del girone, però, arrivò con due punti al sesto ed ultimo posto. Tuttavia, si aprì una sottile speranza per il Foggia di rimanere in prima divisione, dato che il Comitato Regionale Pugliese concesse uno spareggio promozione/retrocessione all'ultima della prima divisione ed alla prima della seconda divisione, ovvero lo Sporting Club Foggia ed il F.C. Bari. Lo spareggio finì 2-1 per il Foggia, ma il Bari reclamò, poiché, dato che era stato promosso sul campo, doveva essere promosso a tutti gli effetti, ed infatti ebbe la meglio la società barese. Nella stagione 1924-1925 il presidente fu Vincenzo Gaito ed il campionato non doveva essere disputato, poiché la sola squadra iscritta, lo S.C. Foggia fu ammessa direttamente allo spareggio promozione/retrocessione con l'U.S. Ideale di Bari, spareggio che non fu disputato per rinuncia del Foggia. Si era verificata la stessa situazione dell'anno precedente ed il Foggia sembrava in procinto di essere promosso; alla compilazione dei quadri stagionali 1925-26 non fu però ammesso direttamente a disputare la Prima Divisione Pugliese, poiché il Comitato Regionale Pugliese aveva iscritto verso la fine di giugno il F.B.C. Lecce. Quindi il Foggia vinse l'andata in casa per 4-0, ma il ritorno fu vinto dal Lecce per 2-1. Sul campo neutro del San Lorenzo di Bari, il Foggia sconfisse nello spareggio promozione il Lecce, grazie a una doppietta di Peppino Comei, promuovendo nuovamente la squadra rossonera in prima divisione. Nel campionato successivo di Prima Divisione, il campionato 1925-1926, il Foggia, con il nuovo presidente Pietro De Vita e l'entrata in società del nuovo segretario Medardo D'Angiò (ruolo che abbandonerà solamente nel 1961, con la sua morte), nonostante avesse fatto acquisti come quello di Edmondo Della Valle arrivò ultimo con 2 punti, venendo perciò nuovamente retrocesso in quella che ora era divenuta Prima Divisione (secondo livello del calcio italiano). Questo accadde perché il Foggia aveva tesserato irregolarmente un giocatore, Oscar Varola, quindi le ultime tre gare di campionato vennere dichiarate perse a tavolino. Nell'esordio del 22 novembre 1925, pareggiando contro l'Ideale per 0-0, il Foggia ha inaugurato il nuovo campo di via Ascoli (non ancora completato del tutto). Intanto, viene creata la formazione Foggia B, ovvero le riserve, che disputano campionati diversi da quelli della squadra maggiore. Nella stagione 1926-1927 disputò il girone D della Prima Divisione Sud, e con l'emanazione della carta di Viareggio, il Foggia può acquistare due stranieri, ma può schierarne solo uno a partita, comprando così l'ungherese Babaj, un centromediano, che corrisponde al primo straniero della storia del Foggia, ed inoltre furono acquistati Giosuè Poli e Giovanni Visentini dalla Fulgor di Molfetta. Questi, si dimostreranno i giocatori più importanti nella stagione, soprattutto Poli, anche campione italiano di pentathlon nel 1928, vicecampione di decathlon, e nuotatore professionista. Inoltre, l'ala Raffaele Costantino, che successivamente vestirà la maglia azzurra, venne scartato dal Foggia, dopo aver giocato solo due amichevoli, la prima vinta, contro la Bagnolese, e la seconda pareggiata 1-1 con gol di Babaj su punizione, nel primo incontro assoluto contro il Napoli. Il campionato inizia bene, ma le cessioni di alcuni giocatori, come Babaj, indeboliscono la squadra. Un esempio di ciò fu la trasferta contro la Libery di Bari, sospesa per oscurità sull'1-1, e che venne cominciata con 42 minuti di ritardo, senza Visentini ed Alessandro Sarti, che non erano presenti per un incidente d'auto, e per queste mancanze, la partita venne giocata dal Foggia in 10 uomini (8 giocatori titolari, una riserva, e Migotti per solo 20 minuti). Intanto divenne sempre più importante nel Foggia la figura del portiere Renato Sarti, detto "il divo", ad un passo dalla convocazione nazionale. A fine campionato il Foggia arrivò settimo, ma a seguito alle esclusioni dal campionato di Ilva Bagnolese, Casertana e Pro Italia Taranto arrivò effettivamente quarto. Nella stagione 1927-1928 il Foggia ebbe un nuovo presidente, Giovanni Sarti, ed una nuova figura, quella del giocatore-allenatore, interpretata da Severino Rosso, e nuovi acquisti importanti come quelli di Giovanni Storchi e Ettore Zini. L'esordio nel derby d'Apulia col Bari fu sfavorevole, ma la stagione si rianimò presto, infatti il Foggia piegò la , e vinse il derby di ritorno. Per quella occasione era presente sugli spalti il commissario tecnico della nazionale Augusto Rangone, per visionare Renato Sarti del Foggia e Raffaele Costantino del Bari. Tuttavia i dirigenti foggiani, dato che Costantino era un militare, contattarono un maresciallo che gli impedì di giocare. Dopo una vittoria in trasferta contro il Tivoli, il Foggia non continuò a brillare, ed alla fine arrivò quarto in Prima Divisione Sud. Il 19 giugno dello stesso anno si fuse con il Velo Club e cambiò la denominazione in Unione Sportiva Foggia. La stagione successiva il Foggia non disputò la seconda divisione, ma un campionato speciale, il campionato meridionale. Il presidente inizialmente era Pasquale De Biase, ma poi divenne Luigi Turtur. Il campo di via Ascoli cambiò il nome in Sportivo del Littorio, e fu cambiato l'allenatore, che divenne Severino Rosso. Inoltre venne allestita un'importante campagna acquisti, dall'Ambrosiana-Inter furono acquistati Giuseppe Giustacchini ed Ettore Mussi, e dal Viareggio fu preso Giovanni Pavanello, che diventerà uno dei più grandi cannonieri del Foggia, ma fu ceduto Edmondo Della Valle alla Juventus, e Giosuè Poli smise di giocare. Il campionato fu un testa a testa tra Foggia e Pippo Massangioli, e andò così bene che il Foggia organizzò un'amichevole casalinga contro il Wacker Wien finita 2-1 per gli austriaci. Alla fine, il Foggia e il Pippo Massangioli terminarono il girone entrambi a 19 punti, e il successivo spareggio tra queste ultime finì 1-1. Tuttavia, la Federazione ammise entrambe le squadre al girone finale, che però andò male per il Foggia, che finì terzo, battendo solo il Palermo per 2-0. L'unica soddisfazione fu per il portiere Renato Sarti, che in estate fu chiamato dall'allenatore Carlo Carcano per un provino nell', dove a Zurigo parò un rigore a Max Abegglen. Nella successiva stagione di Prima Divisione, gestita dal Direttorio Meridionale, il Foggia cambiò nuovamente allenatore, che divenne l'ungherese Béla Károly, primo allenatore straniero sulla panchina rossonera. Inoltre, Renato Sarti fu a un passo dalla convocazione con l'Italia per il match contro la Svizzera, dove all'ultimo giorno fu preferito Ezio Sclavi, suscitando clamore tra i giornali, come Il Piccolo (ora Il Giornale d'Italia). All'inizio della stagione il Foggia acquistò Eligio Vecchi dal Mantova e Alfredo Marchionneschi dalla , pallino dell'allenatore Karolj. Il pre-campionato fu buono, infatti su cinque partite non arrivò neanche una sconfitta. Anche il campionato iniziò bene, addirittura il Foggia realizzò 5 gol al portiere della nazionale e del , Clemente Morando. Contro il Macerata successe uno strano episodio. Infatti Marchionneschi segnò un rigore, che però l'arbitro volle far ripetere, così fu ripetuto, ma da Vittorio De Rosa, che dopo la respinta del portiere mise il pallone in rete. Ma l'arbitro Trama di Torre Annunziata, convinto che De Rosa avesse preso la traversa, non convalidò il gol, e mentre i giocatori del Foggia continuavano a protestare, Filippi del Macerata andò in rete, e l'arbitro convalidò il gol. Così il Foggia presentò reclamo e ottenne di giocare una ripetizione, poi vinta dal Macerata 3-2. La partita più importante della stagione fu vinta in trasferta contro il Cagliari per 1-0, ma in seguito il Foggia non continuò a brillare particolarmente, addirittura finendo in crisi. La crisi terminò quando i rossoneri riuscirono a battere in casa il Palermo per 2-1. Alla fine del campionato il Foggia arrivò secondo, a pari punti con la (che poi fallirà) e il Messina. Nel 1930 fu composto il primo inno del Foggia. La stagione 1930-1931 iniziò con un'amichevole casalinga contro il Bohn Sport Club di Budapest, invitata da Karolj, e finita 3-0 per gli ospiti. Il campionato iniziò bene, infatti l'esordio a Brindisi fu molto convincente: il Foggia vinse 7-2 con 5 gol di Marchionneschi. Ma dopo il ritiro di Renato Sarti il 9 novembre 1930 nella partita contro il finita 3-2 per i rossoneri, il Foggia smise di brillare. In sua sostituzione arrivò Giuseppe Baldi, e in seguito, nonostante i 27 goal di Marchionneschi, il Foggia finì il campionato terzo in classifica. Intanto i giocatori del Foggia divennero per tutti i "Satanelli", grazie al giornalista Mario Taronna. Qualcosa cambiò nell'anno dopo, nella stagione 1931-1932. Venne effettuata una grande campagna acquisti, e furono acquistati Aldo Bedogni, Raggio Montanari, Arduino Marchetti e Antonio Silgich, inoltre ad inizio ottobre il presidente cambiò e divenne Ferdinando Nardella. Il Foggia disputò un buon campionato, ma verso fine febbraio, con i momenti bui di Aldo Bedogni e Raggio Montanari, finì a metà classifica. Nonostante ciò la squadra compì un autentico miracolo, arrivando seconda in classifica, a tre punti dal , e di conseguenza si qualificò al girone A della fase finale. Nella fase finale il Foggia arrivò sempre secondo, sfiorando la promozione per un punto, che invece conquistò il Grion Pola. In questa stagione l'attaccante Alfredo Marchionneschi segnò 29 gol stabilendo il record di marcature in un campionato per il Foggia, e con Montanari e Marchetti formò il celebre "Foggia delle 3 M". Di questo trio ben 71 furono le reti sulle 94 totali del Foggia. La promozione in B del '33 e la serie cadetta Il Foggia stava man mano crescendo, e le cose stavano cambiando. Nella stagione 1932-1933 fu cambiato l'allenatore, che divenne Tony Cargnelli. Inoltre vennero ceduti Marchionneschi e Marchetti, protagonisti della stagione precedente, che furono sostituiti da Antonio Bellotti. Un ulteriore acquisto fu quello di Fioravante Baldi, poi titolare del Grande Torino. La stagione iniziò con un 6-0 casalingo al Tosi Taranto, e con una vittoria esterna per 2-0 contro le riserve del Bari. Fu disputata anche un'amichevole contro la prima squadra del Bari il 28 ottobre 1932, per celebrare il decimo anniversario del Regime Fascista, che finì 5-1 per il Foggia, con una tripletta di Montanari, mentre per il Bari segnò l'ex Marchionneschi. La prima sconfitta arrivò solamente alla nona giornata, contro le riserve del Napoli, ma col mercato di riparazione il Foggia si rinforzò ulteriormente con l'ala Giorgio Pitacco, e le sconfitte a fine stagione saranno solamente tre. Il Foggia arrivò primo in classifica, qualificandosi per il girone finale. L'inizio fu pessimo, infatti venne sconfitto a Ferrara contro la SPAL, ma con le vittorie sul e nel girone di ritorno sulla SPAL, il Foggia con 5 punti vinse il girone finale, e così i rossoneri dopo vari tentativi tornarono finalmente in Serie B. Il Foggia era riuscito a partecipare al campionato di Serie B 1933-1934, ma prima vennero cambiate molte cose. Per questioni economiche, il presidente cambiò, e divenne Paolo De Tullio, inoltre Tony Cargnelli andò ad allenare il Bari, ed il Foggia chiamò come allenatore Engelbert König, ex Milan. Sul fronte acquisti il Foggia richiamò Arduino Marchetti dal Novara, comprò i due attaccanti Attilio Sudati e Benedetto Benedetti, ed il laterale Bruno Kazianka, ma cedette Bellotti, Montanari e Silgich. Nel campionato si succedettero prestazioni altalenanti, ma alcune di queste furono importanti, come la vittoria contro il Grion Pola per 6-2, oppure il derby casalingo contro il Bari degli ex Cargnelli e Marchionneschi vinto dai rossoneri per 2-1. Il Foggia terminò il girone B del campionato al settimo posto. Nella stagione 1934-1935 arrivò un altro cambio di presidenza, Paolo De Tullio venne sostituito da Giovanni Quarato, ed anche l'allenatore Koenig, come Cargnelli, andò al Bari; ad allenare il Foggia fu chiamato un altro austriaco, Silvio Stritzel. Ritornò Montanari, che fu l'unico acquisto degno di nota, poiché gli altri giocatori acquistati, come Alberto Rosso, Vittorio Torti e Arturo Boniforti, erano solo giovani. Ci furono molte cessioni, infatti entrambi i portieri se ne andarono, Giuseppe Baldi alla Pistoiese e Aristide Bossi alla , inoltre Aldo Bedogni fu ceduto alla , Bruno Kazianka al Manfredonia, Fioravante Baldi al Torino e Arduino Marchetti alla Torres Sassari. A causa di tutte queste cessioni il Foggia non disputò un grande campionato, e verso la fine di ottobre, dopo quattro sconfitte di fila e prima del derby col Bari, Stritzel fu esonerato, e sostituito da Giovanni Battista Rebuffo. Il suo esordio fu convincente, il Foggia vinse 3-1 il derby, ma nelle partite seguenti continuò a deludere. I rossoneri, disputando un buon girone di ritorno, dove conquistarono 17 dei 29 punti totali, furono costretti ad andare agli spareggi contro la Cremonese. Entrambi gli spareggi vennero disputati in campo neutro, il primo ad Ancona e finì 1-1, mentre il secondo a Fano ed il Foggia vinse 1-0 grazie ad un gol di Benedetto Benedetti. Secondo la classifica il girone B della serie cadetta venne terminato all'ottavo posto. Dalla retrocessione in Serie C alla seconda guerra mondiale Nella stagione 1935-1936 il Foggia è costretto a vendere per motivi economici, e cedette al Torino Attilio Sudati, e Raggio Montanari al ottenendo in totale 65.000 lire. Per rinnovare la squadra, la presidenza comprò Giuseppe Calò e Riccardo Di Santo dal , Luigi Torti dal e Marco Lorini dalla Sanremese. La mediana fu affidata al giovane Vincenzo Marsico, che la stagione precedente era stato schierato solo 2 volte, ma che poi diverrà uno dei simboli del Foggia. Inoltre cambiò anche l'allenatore, che divenne Wilmas Wilhelm, tecnico ungherese. La stagione inizia male, durante Novara-Foggia, finita 4-2 per i piemontesi l'ala Calò si infortuna, provocandosi la lacerazione dei tendini. Il Foggia tenta di sostituirlo provvisoriamente con Alfredo Galante, giovane della primavera, e poi definitivamente con Dante Rossi, acquistato dal . Dopo un girone d'andata alquanto anonimo, venne quello di ritorno abbastanza disastroso. Infatti al Foggia vennero inflitte quattro sconfitte di fila, che influirono sulla posizione finale in classifica. A fine girone si trovano tredicesimi a 28 punti: Viareggio, Foggia, e Pistoiese. L'ultima opportunità per rimanere in serie cadetta furono gli spareggi. Contro il Viareggio a Roma finì 2-0 per i toscani, contro la Pistoiese sempre a Roma finì addirittura 6-0 per gli avversari e la partita di Fano contro la SPAL non fu neanche giocata per la matematica retrocessione del Foggia. Dopo tre anni di Serie B il Foggia retrocesse in Serie C. L'unica soddisfazione di quella stagione arrivò nei derby di Coppa Italia, dove nel doppio confronto i rossoneri eliminarono il Taranto nelle qualificazioni (1-1 a Taranto e 2-1 a Foggia), ma nei sedicesimi vennero eliminati in casa dalla Roma per 4-0. Il ritorno in Serie B avvenne dopo otto anni in Serie C, infatti in quelle stagioni il Foggia ebbe prestazioni molto altalenanti. Per la stagione 1936-1937 l'allenatore ritornò Béla Károly, che l'ultima stagione è stato l'allenatore del Taranto. Purtroppo le pessime condizioni economiche e la discesa in serie C costrinsero, come l'anno precedente, ad effettuare un gran numero di cessioni, tra le quali quella di Luigi Torti al Genoa, di Ettore Mussi al , di Pietro Lavè al Lecce, di Giuseppe Calò al Molfetta, di Benedetto Del Re al , di Arturo Boniforti alla SPAL oppure quella di Riccardo Di Santo al Manfredonia. Inoltre la bandiera Giovanni Pavanello smise di giocare. La squadra non venne rivoluzionata con grandi acquisti, ma tuttavia vennero comprati il terzino oriundo Arcangelo Di Reda, il laterale Francesco Maggiori e le mezze ali Alido Chiaruttini e Armando Creziato (poi allenatore dell'Acireale). La Coppa Italia 1936-1937 finisce alla seconda giornata eliminatoria, infatti la compagine rossonera dopo aver eliminato nel turno preliminare il Benevento per 2-0 e la Bagnolese per 4-0, si fermò a Molfetta dove perse 5-2 con tripletta dell'ex Giuseppe Calò. Il girone E ha ben tre formazioni della provincia di Foggia, infatti, oltre ai rossoneri ci sono il Cerignola ed il Manfredonia. Il sogno del ritorno in serie B sembra avvicinarsi con la vittoria sul per 1-0, dove il Foggia, secondo in classifica, è a due punti dal primo posto. Il match successivo è il derby di Capitanata contro il Manfredonia, il primo in assoluto della loro storia, che finisce 1-1, con i sipontini che agguantarono il pareggio negli ultimi minuti. Comunque il pensiero di un ritorno in serie cadetta rimane costantemente vivo, soprattutto grazie al supporto dei tifosi che aumentarono, e addirittura nella gara contro il Tosi Taranto del 14 marzo 1937 lo stadio fu aperto per la prima volta anche alle donne (anche se accompagnate). Tuttavia i desideri del ritorno in serie B vennero placati con la sconfitta in casa per 3-0 ad opera della e con la seguente sconfitta esterna a Cerignola per 2-1. Poche furono le restanti vittorie come quella sul Lecce per 4-0. Il campionato finisce al quinto posto, davanti ai propri tifosi, costretti a vedere una sconfitta casalinga con il Taranto appena promosso per 5-2. La stagione successiva, la 1937-1938 fu un'altra rivoluzionaria. Ad allenare la squadra fu chiamato Angelo Benincasa, e a fine agosto venne nominato dal segretario della Federazione dei Fasci di Combattimento come nuovo presidente Luigi Sbano. Vennero ceduti Dante Rossi al Padova, Ubaldo Narducci al Bari, e Vito Natale Labate e Arcangelo Di Reda allo Spolettificio Torre Annunziata. Gli acquisti furono solo quello di Adelchi Fariello, di ritorno dopo il prestito al Manfredonia, e di Vasselli, un pilota romano che lavorava all'Aeroporto di Amendola. Nonostante i satanelli avessero disputato un grande girone d'andata finito alla quinta posizione, il girone E venne terminato al nono posto con 20 punti, a causa dello scarso girone di ritorno, nel quale i rossoneri subirono quattro sconfitte nelle ultime cinque partite e conquistarono solamente 7 punti. La causa di questo scarso girone di ritorno furono le partenze di Armando Creziato e Luciano Valenti per gli arruolamenti nell'esercito, ma soprattutto il clamoroso comportamento di Fariello, che dopo l'intervallo contro il Popoli, non tornò in campo per una lite con Benincasa, lasciando il Foggia in inferiorità numerica, e poi facendolo perdere per 3-0. Nonostante i buoni propositi, i successivi campionati furono deludenti. Nel campionato 1938-1939 il presidente era diventato Luigi Ippolito, famoso a Foggia per essere stato presidente dell'Unione Commercianti di Foggia per 30 anni e vicepresidente della Confindustria di Foggia per 12, e successivamente presidente della fiera di Foggia nel 1953. Le disponibilità economiche sembrano aumentarsi con la vicina cessione di Vincenzo Marsico al Milan, ma i milanesi offrono solo 20 000 lire, il Foggia chiede il doppio, ed il trasferimento viene annullato. A bilanciare le poche cessioni ci sono i pochi acquisti, di Luigi Caruso e di Giuseppe Serio dal Palermo, di Ermenegildo Soci dal Rimini, e di Ilio Ganni dal Livorno, che con sole quattro presenze ed un gol lascerà la squadra in anticipo. Inoltre arriva anche Walter Del Medico, il quale, a 18 anni, disputa due partite, ma che poi dal 1942 al 1944 vestirà un'altra casacca rossonera, quella del Milan. Cinque sconfitte di fila aprono il campionato, che tra l'altro sono tutte in trasferta perché nel campo "Sportivo del Littorio" viene realizzata una tribuna da 2000 posti ed una pista di atletica. Per cercare la vittoria il Foggia si affida a tutto, e vengono usate diverse strategie scaramantiche, come quella di usare una maglia verde contro il Mater, ma purtroppo questa idea si rivelerà fallimentare. La prima vittoria del campionato arriva solo a dicembre nel derby di Capitanata contro il Manfredonia. Nel mercato di riparazione i satanelli acquistano il giovane attaccante Gilberto Zappaterra, che recupererà lo svantaggio, e portando alla vittoria il Foggia per tre volte di fila. Tuttavia a causa del pessimo girone d'andata il Foggia non riesce ad evitare il nono posto. Nel luglio del 1939 l'Unione Sportiva Foggia diventa Unione Polisportiva Foggia, infatti la società si dedica anche atletica, al ciclismo, alla pallacanestro, al pugilato, alla scherma ed al tennis. La situazione del Foggia non era delle migliori, e per la stagione 1939-1940 il presidente diventa Enea Farina e Benincasa passa al Brindisi, dal quale arriva il nuovo allenatore del Foggia, István Fögl, ex allenatore dell'Udinese. Tra gli acquisti è da segnalare il ritorno di Dante Rossi, e tra le cessioni quelle di Caruso e della giovane promessa Del Medico. L'esordio in Coppa Italia non è dei migliori, i rossoneri vengono sconfitti dal Brindisi di Benincasa per 5-1. Tuttavia, un'altra perdita si abbatte sul Foggia, è quella del terzino Raffaele De Meo, chiamato alle armi. Non arriva nessuna vittoria, fino a che il 23 novembre il presidente Farina se ne va, e viene sostituito da Oscar Taronna. La vittoria arriva soltanto alla nona giornata, ma sembra ripetersi lo stesso campionato dell'anno precedente, ed a gennaio la dirigenza rinforza la squadra acquistando Giuseppe Bradaschia, che in 16 gare segna 13 reti. Grazie a lui il Foggia riesce a salvarsi, ed arriva al nono posto a 29 punti a pari merito con il Brindisi. Il 12 maggio 1940 viene celebrato il ventesimo anniversario della fondazione del Foggia, in una giornata che inizia con delle gare sulla pista di atletica, ma che poi finisce con una partita, finita 0-0, tra due squadre di veterani del Foggia, una capitanata da Giuseppe Comei, ed un'altra da Giosuè Poli, e con un arbitro d'eccezione, Roberto Fini. La seconda guerra mondiale era appena iniziata, ma il calcio non si ferma. La stagione 1940-1941 inizia con il presidente reggente Roberto Fini, che è costretto a cedere ben 33 giocatori, e a prelevare giocatori dalla seconda e dalla terza squadra. Il 30 luglio viene eletto il presidente, Filippo Guglielmi, che porterà al Foggia il nuovo allenatore, Ferenc Plemich, un altro ungherese. Nell'immediato inizio di campionato il Foggia perde Chiaruttini, che va al Vicenza, e gli acquisti sono solo giovani provenienti da formazioni locali come la Falcone-Foggia. I giornalisti lo chiamano il Foggia delle 3 B, di Ernesto Bertè, di Giuseppe Bradaschia e di Giovanni Bratta, e sembra poter essere una squadra in grado di puntare alla promozione. Il Foggia ha un inizio altalenante, 2 vittorie e 2 sconfitte, ma Plemich lascia la squadra al suo predecessore, István Fögl. Il Foggia continua con le sue prestazioni altalenanti, ed a fine dicembre Fögl se ne va, e ritorna Plemich come allenatore del Foggia. Il Foggia ha solo due giocatori non originari della Daunia, Soci e Bradaschia, che verranno anche ceduti nel mercato di riparazione. Ma alcuni giocatori come Umberto Caputo o Antonio Ragno contribuiscono al peggioramento del Foggia, perché si fanno squalificare, il primo per sei mesi, il secondo per un anno, per aver giocato una partita con un nome ed un cartellino falso. Il Foggia finisce la stagione al decimo posto in classifica, con un punto di penalizzazione per aver rinunciato a giocare l'ultima partita a Siracusa. Roberto Fini torna presidente per la stagione 1941-1942, ed assume come tecnico Angelo Benincasa, ritornato a Foggia. Il Foggia è ancora un prodotto di giocatori locali, le poche cessioni si equilibrano con i pochi acquisti, la maggior parte dei quali provenienti da Foggia. L'inizio campionato è da dimenticare, nelle prime sei partite arriva solo un punto, la prima vittoria arriva a dicembre in una gara esterna contro il Potenza, ma sarà solo una piccola soddisfazione in un mare di ulteriori sconfitte, come quella contro il finita 5-2, con una doppietta dell'ex Sudati. Nel girone di ritorno l'andamento cambiò sensibilmente, il Foggia migliorò, ma non riuscì ad andare oltre il decimo posto. Per la stagione 1942-1943 il presidente cambiò un'altra volta, e diventò Alceo Gigli. Benincasa venne confermato, e la squadra dopo diverse stagioni, torna ad acquistare elementi di spessore, come quello di Paolo Todeschini o di Walter Zironi, entrambi ex giocatori di serie A. Un altro acquisto importante è quello dell'ala goleador Lischi, che dopo aver segnato in trasferta al Brindisi uscì dal campo e lasciando il Foggia in dieci uomini, costretto a subire la rimonta della squadra salentina. Con questi innesti il Foggia riesce ad arrivare quarto in classifica, mantenendo il passo di Lecce, Taranto e Cosenza. La guerra lascia il segno anche nel calcio, infatti muoiono Antonio Ragno, ucciso in Africa mentre pilotava un carro-armato, e Walter Zironi, ucciso dai nazisti. A causa della seconda guerra mondiale, che ha portato a Foggia morte e violenza, la compagine rossonera fu costretta a fermarsi per due anni. Il Foggia del dopoguerra La ripresa post-bellica Durante la guerra il calcio giocato è pochissimo, ed a Foggia le squadre in attività sono poche, come la Nuova Daunia oppure la formazione dell'Aeronautica, che nell'aprile del 1943 affrontò a Foggia la rappresentativa tedesca. Il campo "Sportivo del Littorio" nel 1946 venne intitolato alla memoria di Pino Zaccheria, un cestista foggiano morto a Tirana sul fronte greco-albanese. Così, dopo lo stop causato dalla guerra, il Foggia partecipa ad uno dei tanti campionati bellici, il Campionato Dauno, che i rossoneri vinceranno il 2 settembre 1945 nel match di San Severo contro il Lucera ai supplementari. Solo pochi giorni più tardi il Foggia si fuse con il G.S. Cartiera e cambiò la denominazione in IPAS Foggia (Istituto Poligrafico Associazione Sportiva Foggia). Nella stagione 1945-1946 Roberto Fini torna presidente, ed il Foggia dopo la guerra si iscrive al campionato di Serie C, ma i costi per qualunque cosa sono elevati, e il Foggia riesce ad acquistare soltanto Nevio Giangolini. Tuttavia, saranno importanti anche Attilio De Brita e Guido Citarelli, adesso giovani, ma che poi saranno colonne fontamentali dei satanelli, e nel caso di Citarelli, successivamente, del Bari. Il campionato inizia benissimo, viene battuta anche la capolista Lecce, ma nel mese di marzo nel derby con l'Audace Taranto i tifosi dello Zaccheria invadono il campo all'87' sull'1-1. L'aggressione continuò anche negli spogliatoi, e i risultati saranno pessimi: l'arbitro e dei giocatori dell'Audace sono finiti in ospedale, e la Commissione Disciplinare squalifica lo Zaccheria per ben 10 mesi. Il Foggia termina di nuovo quarto, ma, nonostante la sua posizione in classifica, con le nuove riforme di ampliamento dei campionati, il Foggia aveva le carte in regola per ipotizzare una promozione per meriti sportivi. Nell'attesa del verdetto finale, il Foggia ritornò ad essere l'Unione Sportiva Foggia, ed ebbe come commissario straordinario Luigi Formica, ed intanto venne annullata la squalifica dello stadio. A livello economico i rossoneri ebbero solo l'appoggio economico dell'Unione dei Vinai, del concerto bandistico e del Conservatorio Umberto Giordano. Successivamente, il 7 luglio, alla compilazione dei quadri stagionali, la lega Centro-Sud ammise il Foggia per meriti sportivi alla Serie B 1946-1947. Grazie al ripescaggio, per la stagione 1946-1947, i rossoneri poterono riprendere in grande stile l'attività sportiva, partecipando al girone C della serie cadetta. Il presidente definitivo divenne Antonio Frezza, che scelse come allenatore Pietro Andreoli. Gli acquisti furono necessari per competere con le altre squadre, tra i quali ci sono quelli del portiere Antonio Bisson dal , del centromediano Luigi Buin dalla Bonifacese, della mezzala Giovanni Calvani dal Bari, del laterale Antonio Maran dal Padova, delle ali Michele Catalano dal Molfetta e Antonio Spatuzzi dall'Asti. Le possibilità economiche aumentano, e per la prima volta vengono introdotti a bordocampo i cartelloni pubblicitari. Quell'anno comparve nel girone del Foggia una nuova formazione foggiana, il Foggia Incedit, la squadra della Cartiera di Foggia (vedi Gruppo Sportivo Incedit), i cui i colori erano giallo-blu. Il 19 settembre nacque il giornale Il Satanello, creato dal giornalista Mario Taronna, e che seguiva particolarmente la squadra rossonera. In campionato, nonostante un buon inizio, dove i rossoneri riuscirono a battere anche la capolista con un gol di Spatuzzi, il Foggia non disputò un gran girone di ritorno, ed arrivato al penultimo posto in classifica, la dirigenza fu costretta ad esonerare Andreoli, per chiamare Raffaele Costantino, che il Foggia clamorosamente scartò quando era un giocatore. Con Costantino il Foggia ritornò alla vittoria, fino ad arrivare alla gara salvezza in trasferta contro il . Al 78', sull'1-1, Venditto, giocatore del Catanzaro, colpisce la palla, che colpisce il palo, e torna in campo, e tra lo stupore di tutti l'arbitro convalida la rete, facendo scoppiare una rissa, e successivamente la gara verrà vinta 2-0 a tavolino dal Catanzaro. Un altro torto arbitrale verrà eseguito ai danni del Foggia la settimana successiva, infatti, nella gara casalinga contro il Palermo, al 90' non viene dato un evidente rigore al Foggia, condannando così il Foggia alla retrocessione. Il Foggia arrivando quattordicesimo nel girone, fu nuovamente retrocesso in serie C. Inoltre, a causa degli scontri di Catanzaro, la Lega Nazionale escluse il Foggia da ogni gara ufficiale fino al 31 luglio 1948. Nel luglio del '47, dopo varie proteste dei tifosi foggiani, la FIGC diminuì la squalifica di un anno al Foggia a solo quattro giornate, e quindi la squadra partecipò nel girone S del campionato di serie C 1947-1948. Il ritorno nella terza serie non fu tanto fortunato, infatti il Foggia si trovò a gareggiare per la supremazia cittadina con l'Incedit, allenata dall'ex rossonero Vincenzo Marsico. I rossoneri cambiarono allenatore, infatti la squadra fu consegnata all'ungherese Lajos Politzer, che acquistò solamente Virginio Nicoli, Bruno Torri ed Alfredo Diotalevi. Tuttavia grazie a quest'ultimo, e alla giovane ala Attilio De Brita il Foggia riesce a segnare e a portarsi tra le potenze della classifica. Ma il 28 dicembre arrivò il primo derby ufficiale tra il Foggia e l'Incedit, che finì 1-0 per i canarini. Tuttavia dopo quella sconfitta il Foggia si riprese, battendo il capolista, il San Severo, e il San Ferdinando di Puglia per 14-0 (anche se venne rimediata una sconfitta con il Nicastro), arrivando al primo posto a pari punti con l'Incedit. Altre vittorie giunsero a febbraio con il ritorno di Angelo Benincasa e l'inaspettato esonero di Politzer, infatti nel girone di ritorno su 13 partite la squadra rossonera ha colto 12 vittorie (8 di fila) ed un pareggio, arrivando al primo posto in classifica, mentre l'Incedit si dovette accontentare di un quarto posto in classifica. Verso l'inizio di giugno una struttura dello stadio Pino Zaccheria crollò, provocando tre morti, ed a tal proposito il Foggia e l'Incedit hanno organizzato un'amichevole il 6 giugno, e l'incasso è stato devoluto alle famiglie delle vittime. Tuttavia, quasi sfidando un fato beffardo, il 1º luglio per la legge della riduzione dei quadri societari e dei campionati il Foggia non venne ammesso alla serie B, ed il Foggia Incedit, che era finito quarto, venne retrocesso in Promozione, sempre in seguito alla legge della riduzione dei quadri societari. Quindi nel campionato successivo, il campionato 1948-1949, il Foggia fu costretto a continuare a militare in Serie C, nonostante il suo primo posto ottenuto l'anno prima. Bruno Torri e Michele Catalano vennero sostituiti da Arnaldo Leonzio e Berardo Lanciaprima, inoltre vennero perfezionati altri acquisti minori. La stagione è piuttosto anonima, complice anche l'invecchiamento di Alfredo Diotalevi, unica punta di peso tra i rossoneri, e tra i risultati spiccano le vittorie sul Crotone per 1-0, dove Benincasa sperimentò per la prima volta il sistema, ed il 3-0 alla capolista , che poi verrà retrocessa per illecito sportivo. Al termine del girone D del campionato di serie C, il Foggia arrivò al sesto posto, ed anche l'altra squadra foggiana, l'Incedit, arrivò sesta, ma in promozione interregionale. Nella stagione successiva, la stagione 1949-1950, il Foggia era dato tra le favorite, anche grazie al cambio dell'allenatore, che divenne Andreas Kutik, che la stagione precedente ha fatto arrivare il quinto in serie C. Con lui il Foggia cambia schema di gioco, dandosi definitivamente al sistema, dopo qualche tentativo di Benincasa nella stagione precedente. Il Foggia vuole ringiovanirsi, sul mercato è scatenato, e compra il centravanti Vincenzo Geraci, il laterale ungherese Pal Kovi, la mezzala Giorgio Sbardellini, ed i terzini Vincenzo Ferrante e Giorgio Lazzeri, e cede i veterani Carlo Ponzanibbio, Alfredo Diotalevi, Antonio Pultrone e Michele Catalano. A settembre i rossoneri perdono 3-1 in un'amichevole contro l'I.R.O., che un anno dopo sarebbe diventato il Ferencvaros. L'esordio è favorevole, in casa il Foggia batte 4-1 il Catanzaro, ma successivamente, dopo due derby casalinghi sbagliati, ovvero la sconfitta per 3-1 ad opera del Lecce, ed il pareggio per 1-1 col Brindisi, Kutik venne sostituito il 30 ottobre dal foggiano Vincenzo Marsico. Marsico è il primo allenatore foggiano a sedersi sulla panchina rossonera, che durante il corso per allenatori nel 1948 si è classificato, a pari punti con Cesare Gallea al primo posto, precedendo Nereo Rocco, storico allenatore del Milan. Il debutto per Marsico è in Sicilia, contro il , e la partita finisce 1-1. Dopo un altro pareggio e due sconfitte di fila, il Foggia scese all'ultimo posto, soprattutto grazie alla clamorosa sconfitta interna contro la Juvealfa Pomigliano, ed il presidente Frezza esonerò Marsico, per richiamare Kutik. Il suo esordio è una sconfitta per 6-3 a Crotone, ma allo Zaccheria il Foggia batté la , e poi sempre in casa, sconfigge la capolista Messina con una doppietta di Vincenzo Geraci, che successivamente diventerà il capocannoniere del girone con 24 gol. La squadra sembra riprendersi, ma a causa di una crisi economica, non aiutata dall'allora sindaco di Foggia, Paolo Telesforo, ma l'8 gennaio il presidente Antonio Frezza si dimette, ed al suo posto viene nominato come commissario straordinario Ferdinando Nardella. Per la prima volta si pensa ad una fusione tra il Foggia e l'Incedit, unendo le forze economiche. La crisi economica si fa sentire anche sulla squadra, a Brindisi il Foggia perde 4-0, ed il 16 marzo, prima della partita con l'ArsenalMessina, l'allenatore Kutik viene nuovamente rimpiazzato da Vincenzo Marisico, che era contemporaneamente allenatore dell'Incedit. Dopo un esordio sfavorevole a Cosenza, dove i satanelli persero 5-0, il Foggia si riprese, vincendo cinque partite e pareggiandone due. Il Foggia concluse il campionato nono in classifica, anche se ebbe l'attacco più prolifico della stagione. Per l'annata 1950-1951 il Foggia aumentò la capienza dello stadio a 10.000 posti, ampliando una tribuna, e costruendone una nuova, inoltre creò un sottopassaggio, gli spogliatoi, ed il muro di cinta danneggiato dalla seconda guerra mondiale. A livello economico le risorse erano piuttosto scarne, ed il presidente Nardella è costretto a nominare il nuovo consiglio d'amministrazione. Le cessioni sono tante, tra le quali quelle di Bisson al Trento, e quella di Buin alla Salernitana, mentre tra gli acquisti spiccano quelli di Marino Brenco dal Bari, di Marino Di Fonte dall'ArsenalTaranto, e soprattutto quello di Luigi Silvestri dal Lecce. Dopo una vittoria sul campo neutro di Siracusa contro l'Igea Virtus Barcellona, la squadra allenata da Marsico subisce un sonoro 8-0 nel derby esterno contro il Lecce. Ma col ritorno del mediano Buin, i rossoneri ottengono una serie di risultati positivi, ed infatti a dicembre la squadra diventerà terza in classifica, a quattro punti dalla Stabia, per poi accorciare, ed arrivare seconda. Successivamente il Foggia ottiene 15 risultati utili di fila, serie interrotta dalla sconfitta per 4-1 con il Marsala. Dopo l'acquisto del terzino Bruno Cappellini a marzo, allo Zaccheria c'è lo scontro diretto tra il Foggia e lo Stabia, finito 2-0 per i rossoneri. Dopo molti cambi di classifica, si arriva a fine campionato con il Foggia e lo Stabia prime in classifica pari a 52 punti. Così viene scelto di giocare uno spareggio il 17 giugno a Firenze, che finirà 2-0 per i campani. I tifosi non sono certo felici del risultato, accusando l'allenatore Marsico di non aver schierato tra i pali il portiere titolare Rino Pandolfo, e successivamente il 24 giugno Marsico verrà esonerato. Nella stagione successiva, la stagione 1951-1952, come allenatore tornò Tony Cargnelli, diciott'anni dopo l'ultima esperienza rossonera, mentre Marsico divenne dapprima allenatore del Lallo Madami di Bari, e poi, a campionato in corso, sostituì Costantino nel Bari. Luigi Silvestri, che l'anno prima aveva totalizzato 24 gol, venne ceduto all'Arsenaltaranto per 3 milioni di lire, ed inoltre lo storico Giovanni Bratta, dopo 180 presenze con il Foggia, venne svincolato, e finì all'Incedit. Vennero acquistati dallo Spezia il centrocampista Giuseppe Pozzo e l'attaccante Nerone Reddi, mentre dall' venne preso in prestito il terzino Glauco Buttazzoni, e vennero perfezionati acquisti minori come quello del portiere Agostino Scaglioni dall'Acireale o del centromediano Giovanni Di Pasquale dalla . Il 18 agosto inizia la stagione del Foggia, con gli allenamenti ginnici sulla pista di atletica, e quelli tecnico-tattici nell'aeroporto Gino Lisa, poiché lo stadio era indisponibile per il rifacimento del manto. Inoltre, prima dell'inizio del campionato, venne acquistata dal Livorno l'ala Enrico Candiani, già campione d'Italia con l'Inter di Cargnelli, e successivamente giocatore di Juventus e Milan. Tuttavia dall'inizio, si capisce che non sarebbe stata una grande annata per il Foggia, a causa delle sue prestazioni anonime. Anche con l'acquisto invernale dell'attaccante Antonio Aiello dal Padova, il Foggia continuò a deludere, finché il 9 dicembre il Foggia perde nella gara casalinga contro il Colleferro, ed il presidente Nardella lascia il posto al commissario straordinario Antonio Frezza, che tornò al timone del Foggia, esonerando immediatamente Cargnelli, per chiamare Cesare Migliorini. L'esordio sembra essere buono: i rossoneri vincono in trasferta 2-1 contro la Casertana, ma purtroppo per il Foggia, questa che sembra una vittoria, diverrà una sconfitta. Infatti l'allenatore della Casertana Brioschi, senza essere contattato da alcun dirigente del Foggia, chiese al suo portiere Scarpellini di giocare al minimo delle sue qualità. Successivamente Scarpellini denuncia tutto ciò agli organi federali, e la Lega retrocesse il Foggia all'ultimo posto a 0 punti, dando a tavolino per 2-0 il match contro la Casertana, e squalificò a vita il tecnico Silvio Brioschi. Il nuovo commissario straordinario Vittorio Alberini, prima di essere sostituito dopo poco tempo da Pasquale De Biase, sostenne che Brioschi non avesse mai avuto contatti con la dirigenza rossonera. Il Foggia, in grande agonia, continuò a fare ciò che poteva, ottenendo risultati altalenanti. L'agonia era dovuta al fatto che la Lega aveva più volte rimandato delle decisioni al riguardo di questo episodio. Alla fine vengono dati 14 punti di penalizzazione, ed il Foggia, con 20 punti, arrivò sedicesimo in classifica, e fu condannato alla retrocessione in quarta serie. L'unica parte bella di quel campionato fu la vittoria esterna a Bari nel derby per 3-1. Il Foggia rimase in quarta serie per ben sei anni. La retrocessione in IV Serie La stagione 1952-1953 iniziò male, infatti il 5 luglio il commissario straordinario Pasquale di Biase si dimette, lasciando il posto a Ferdinando Nardella. Nella società i debiti ammontavano ad oltre 23 milioni di lire, e per cercare di equilibrare questa situazione di difficile controllo economico, ogni socio del Foggia dovette versare una quota. Tuttavia, nell'assemblea del 30 luglio il commissario Nardella si dimesse, lasciando il Foggia ai rischi della radiazione. Verso i primi di agosto venne dato un grande aiuto economico dal comune di Foggia, e specialmente dal suo sindaco Ferdinando Lupo, e, successivamente, un'altra mano venne data da tutti i foggiani, che versarono 5.000 lire ciascuno alla società. Il sindaco nominò presidente Raffaele Apicella, che chiamò Vincenzo Marsico come allenatore. Il suo primo acquisto fu il portiere Antonio Cortigiano dal Bari, ma oltre a lui vennero perfezionati anche altri grandi acquisti, come quello degli attaccanti Nibbio Bacci, Aldo Piani e Carmine Buonpensiero, giovane diciassettenne, ma soprattutto quello del centrocampista di grande esperienza Vincenzo Orlando, prelevato sempre dai biancorossi del Bari. L'inizio di campionato è totalmente anonimo, l'unico avvenimento degno di nota avviene il 16 novembre, ed è il gol di Nerone Reddi al 66' di Brindisi-Foggia del momentaneo 1-3 (la partita finirà 2-3), ovvero il 1000º gol della storia rossonera. La situazione migliora di poco con il mercato di riparazione, dove il Foggia acquista dall'Arsenaltaranto il centrocampista Antonio De Vitis e l'attaccante Cosimo Luzzi. Saranno le ultime sconfitte con Frosinone, Colleferro, Bari e Campobasso ad impedire al Foggia di tornare in serie C. Alla fine i rossoneri ottennero il terzo posto, a tre punti dall'Avellino promossa e dal Colleferro. Anche la stagione 1953-1954 iniziò con difficoltà economiche, e con oltre 14 milioni di debiti il Foggia sembra non potersi iscrivere al campionato. Tuttavia, in una riunione di fine giugno nel Palazzo Comunale, viene ideato un progetto dalla dirigenza rossonera, ovvero la creazione di tre categorie di soci: benemeriti, sostenitori ed ordinari, e successivamente, dopo un appello alla città del sindaco Lupo, il Foggia viene aiutato anche dall'amministrazione comunale e dai cittadini. La carica di commissario straordinario è affidata al sindaco Ferdinando Lupo, che è riuscito a risollevare la società rossonera, mentre Vincenzo Marsico si trasferisce all'Incedit, lasciando il posto di allenatore all'ex Cesare Migliorini. I "veterani" Cortigiano, Leonzio, Buin, Reddi e Di Fonte se ne vanno, e vengono sostituiti dalle giovani promesse di centrocampo Severino Gorini dal Pisa, Ferruccio Pavarano dal , e Sergio Ballarin dal Piacenza, inoltre vennero acquistati due portieri, Mario Rossi dal Mantova, e Piero De Pinto dal Cosenza, quest'ultimo preso a causa dell'infortunio di Rino Pandolfo; e la rosa venne ulteriormente ringiovanita con gli arrivi degli attaccanti Gualtiero Marchiani dal Villanova Rovigo e di Sergio Rizzini dal Margherita di Savoia. Il campionato inizia con due trasferte sarde, entrambe vittoriose, la prima contro il Monteponi Iglesias, vinta per 2-1, la seconda contro l' finita per 10-0, nel risultato migliore della storia del Foggia. Le vittorie continuano ad arrivare, e la dirigenza pensa di continuare a migliorare, attraverso ulteriori acquisti, come quello del centrocampista Piero Micucci dalla , o quello dell'ala Franco Volpi dal Bologna. Dopo quattro vittorie di fila, il Foggia ha un piccolo calo di tensione, dove perde negli ultimi minuti due partite di fila, contro il Frosinone e la Nocerina. Subito la squadra rossonera si rifà con due vittorie sulla Torres e sul Montevecchio, ed a novembre il Foggia si stabilisce primo in classifica. Alla fine del girone d'andata i rossoneri si possono vantare di essere la squadra italiana con più vittorie (11 su 15) e con il maggior numero di reti fatte (38). Tuttavia, dopo un'impressionante lunga serie di infortuni, il Foggia sembra abbandonarsi, quando, dopo essere stata in vantaggio solo di 1 punto dalla seconda in classifica, il Cirio Napoli, ottenne una vittoria contro l'Avellino, ed un pareggio esterno contro la Puteolana, così classificandosi prima in classifica, e guadagnandosi la qualificazione al girone finale Centro-Sud contro il Bari, il Prato e il Colleferro. Purtroppo il girone finale non fu brillante come il campionato, infatti il Foggia perse tutte le partite, terminando ultimo in classifica il girone con 0 punti, e dovette rimanere ancora in IV Serie. Prima dell'inizio del campionato 1954-1955, verso la fine di giugno, l'allenatore divenne l'ungherese Nemes Lajos Kovacs, nell'ultima stagione all'Avellino. Dalla società campana arrivano anche i fratelli Pasquale e Carlo Mupo, il primo attaccante e il secondo terzino, Gloriano Risos, anche lui attaccante, e il centrocampista Vincenzo Pulcinella. Oltre a loro la società completa altri acquisti come quello del centrocampista Antonio Stornaiuolo dalla Cavese, del portiere Simone Despal dalla Nocerina e della mezzala Pietro Colombo. All'inizio sembrava quasi certo anche l'acquisto di un giovane Carlo Parola, che però non può trasferirsi, poiché era occupato col servizio di leva. Tra le cessioni più importanti sono quelle di Giuseppe Pozzo, che passa all'Incedit, e quella di Sergio Ballarin, che finisce al Forte dei Marmi. Tuttavia, con la sconfitta interna rimediata contro il Molfetta, il commissario Lupo, dopo aver multato quasi tutta la squadra, continua a perfezionare acquisti come quello dell'ala Fabrizio Bartolini dal Modena, e la mezzala Piero Gola dal Mantova. Nonostante ciò il Foggia continua a disputare un brutto campionato, finché il 1 dicembre Kovacs viene sostituito da Leandro Remondini, che appena arrivato, acquista il giovane Paolo Maroncelli dalla Lazio. Dal ritorno in serie C agli anni d'oro della serie A Anni di assestamento Nella stagione 1958-1959, dopo la fusione tra le due società foggiane e il ripescaggio in serie C, il Foggia deve riuscire ad arrivare alla somma di 15 milioni, per l'iscrizione in serie C. Alla fine i soldi vengono prestati dal Banco di Napoli, ed i rossoneri, dopo sei anni possono tornare a calcare i campi della serie C. Il presidente è diventato Armando Piccapane, che farà pochi acquisti come quello del portiere Bruno Furlan dal Colleferro, del difensore Marco Galetti o dell'ala Francesco Malinghetti, questi ultimi prelevati dalla Salernitana. Importanti saranno anche i ritorni dai prestiti della mezzala Piero Colombo dall'Avellino e del centromediano Matteo Rinaldi dallo Squibb Roma, mentre il capitano e bandiera del Foggia, Attilio De Brita, si ritira dal calcio. La Coppa Italia inizia con una vittoria casalinga sul Cirio Napoli per 3-1, ma i rossoneri, una settimana dopo, saranno fermati in trasferta dal Bari in un roboante 5-1. Gli inizi non sono tra i migliori, infatti a fine ottobre il bilancio è pesante, in 6 giornate si sono ottenute solo 2 vittorie (contro Anconitana e Lecce) e 4 sconfitte. L'allenatore Marsico, non in efficienti condizioni di salute, viene sostituito per un brevissimo lasso di tempo dal suo vice Osvaldo Iannantuoni, e successivamente da Leonardo Costagliola, che vuole rinnovare immediatamente la squadra. Ed infatti, grazie a lui, alla riapertura delle liste, arriva dal Cagliari l'ala Domenico La Forgia, dalla giunge il mediano Alberto Baldoni, mentre dal viene prelevato il portiere Dante Bendin. Gli acquisti sembrano dare un notevole ritocco alla squadra, tuttavia la prima vittoria della gestione Costagliola arriva col Trapani, dopo quattro pareggi e due sconfitte in un mese e mezzo. Tuttavia, con Costagliola il rendimento dei rossoneri cresce, ed infatti viene confermato, anche grazie ad alcune prestazioni convincenti verso marzo. Il Foggia chiude il girone B del campionato al dodicesimo posto a 27 punti, senza però, mai vincere in trasferta. In questa stagione, tuttavia, non c'era pericolo di essere retrocessi in Serie D (la nuova IV Serie), a causa delle nuove riforme dei campionati. La stagione 1959-1960 fu quella trionfale ritorno in serie B. Costagliola cerca subito il sostituto di Bendin, che ha finito il suo periodo di prestito tra le file dei rossoneri, e trova Renzo Biondani, prelevato dalla Salernitana. Inoltre arriva dal Secondigliano un giovane, che sarà destinato ad entrare tra le leggende dei "satanelli", Cosimo Nocera, che l'ultima stagione con 28 gol è stato capocannoniere del girone campano. Nocera arriva per un milione e mezzo, dopo aver rifiutato varie offerte, tra le quali quelle del Cirio Napoli, della Casertana, ma soprattutto della , con la quale Nocera aveva quasi raggiunto un accordo. A 5 milioni arriva anche l'attaccante Marcello Panattoni dal Rapallo (con i "ruentini" ha siglato 25 reti in 30 partite), dopo averlo strappato alla concorrenza di Juventus e Bologna, e successivamente l'attacco fu ulteriormente ritoccato, grazie ad altri acquisti tra i quali quelli di Cesare Peruzzi e Giampiero Merlo dal Chieti. La difesa venne rafforzata solo con l'acquisto di Luigi Despase dal Campobasso. Vennero ceduti in prestito al Chieti Alberto Allegretti ed il giovane Vincenzo Faleo, inoltre La Forgia abbandonò i rossoneri, per accasarsi al Molfetta. Con 15 milioni, il presidente Piccapane era riuscito ad effettuare una campagna acquisti in grado di puntare alla promozione in serie B. L'esordio in campionato è a Caserta contro la Casertana, e l'allenatore Costagliola è dubbioso al riguardo di Nocera. Alla fine Nocera venne schierato, e risolse la partita con una doppietta, firmando la prima vittoria stagionale per 2-1. Grazie a Merlo arriva anche la vittoria contro il Cosenza, ma la giornata successiva, i rossoneri perdono di misura (2-1) in trasferta contro il Barletta, fallendo due calci di rigore. Il Foggia continua a convincere, fin quando allo Zaccheria arriva il , allenata da Oronzo Pugliese, che negli anni a seguire diverrà una leggenda rossonera. I siciliani hanno ottenuto grandi vittorie in trasferta, e infatti vincono anche a Foggia, dopo essere stati per 49' piegati da un gol di Nocera. Per Costagliola c'è ancora bisogno di perfezionarsi, ed acquista dal l'ala Francesco Patino. Frattanto i "satanelli" si distinsero per le loro iniziative umanitarie, infatti donarono 50.000 lire al simbolo del Foggia degli anni '40, Giovanni Bratta, affetto da una malattia causata dal calcio, che purtroppo morirà il 14 settembre, e disputarono verso la fine di novembre un'amichevole con la Roma, dove l'incasso venne devoluto per la costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. I rossoneri continuano a brillare, fin quando alla quattordicesima giornata ad Agrigento contro l'Akragas, vincono e si portano in testa alla classifica. Tuttavia, la giornata successiva il Foggia perde 3-0 in trasferta contro il Trapani, consentendo al Cosenza di agganciare i dauni. Il Foggia arriva al girone di ritorno reduce da due vittorie contro Chieti (2-0) e Crotone (1-0 sul campo, ma 2-0 a tavolino), e, dopo aver battuto la Casertana per 2-1 si arriva allo scontro diretto con il Cosenza, che finisce in parità, e con questo pareggio i rossoneri possono continuare ad allontanarsi dalle inseguitrici. Il Foggia sembra destinato alla promozione, anche se rimediò qualche sconfitta, come le due consecutive in Sicilia, contro e Siracusa. Dopo questi sbandamenti il Foggia torna con una grande vittoria sul per 3-0, che permette di allungare sul Cosenza, caduto sul campo dell'Avellino. Intanto, l'acquisto di Nocera, sembra essere più che azzeccato, infatti firma ancora un'altra doppietta, contro l'Avellino, lasciando il Marsala e il Cosenza a tre punti di differenza. Dopo altre vittorie, arriva il derby esterno col Lecce, che il Foggia perde 3-2, ma il distacco dal Marsala rimane invariato, a causa della sconfitta di quest'ultima a Crotone. La tensione si fa sentire anche nel match successivo, dove i pugliesi in casa, pareggiano 1-1 contro l'Akragas, in un match dominato dai rossoneri, che però, verso la fine, rischiano addirittura di perdere la gara. Successivamente, dopo aver battuto il Trapani, il Foggia cade a Chieti, ma la diretta concorrente per la promozione, il Marsala, non sfrutta l'occasione, perdendo nel derby esterno a Trapani. Il Foggia, con due punti di vantaggio, gioca l'ultima partita allo Zaccheria contro il Crotone, e, grazie al gol del capitano Antonio Stornaiuolo, vince e festeggia la promozione in serie B, dopo tredici anni. Il campionato del Foggia del presidente Armando Piccapane, dell'allenatore Nardino Costagliola e del nuovo pilastro dei rossoneri, Cosimo Nocera, fu vinto alla grande. Per l'annata 1960-1961 il Foggia rifiuta offerte importanti come quella di 30 milioni per Nocera e 15 milioni per Despase dal Bologna o quella di Rinaldi, conteso da Cosenza, Marsala, Pescara e Taranto. Un contributo economico fu dato dal Consiglio Provinciale, che firma la fideiussione per iscrivere al campionato la società rossonera, ed inoltre promise un contributo mensile. Tra gli acquisti si segnalano quelli di Giorgio Longo, mezzala con 18 gol nell'ultima stagione prelevata dal Maglie, dal Barletta arriva il terzino Angelo Bertuolo, in cambio di Buonpensiero e Peruzzi, mentre dall' viene comprato per 13 milioni il centromediano Giorgio Odling, ed infine dalla Fiorentina per 12 milioni è stato acquistato il terzino Giampiero Bartoli. Inoltre arrivarono dal , Franco Diamantini e dalla Maceratese, Carlo Orlandi, entrambi mediani. Oltre a Buonpensiero e Peruzzi, al Barletta viene ceduto Alberto Allegretti, ed all'Avellino tornano Elio Grappone e Vincenzo Pulcinella. In Coppa Italia il Foggia arrivò al secondo turno, dopo aver vinto a Catanzaro per 1-0 dopo i supplementari, venne eliminato dal Bari. L'inizio del campionato non è brillante, infatti, complice la momentanea assenza di Nocera, partito per il servizio militare, il Foggia nelle prime otto partite rimane penultimo ottenendo solo 5 punti, mentre la prima vittoria arriva solo a novembre per 1-0, con un gol di Nocera alla . Per il mercato di riparazione arriva dalla Roma l'ala Manlio Compagno. Tuttavia il Foggia è in un momento di crisi, ed il presidente Piccapane, assieme al consiglio d'amministrazione, si dimettono; ma la decisione sarà solamente momentanea, infatti la decisione venne revocata dopo poco tempo. Inoltre arrivano sempre dalla Roma il mediano Maurizio Thermes e dal Verona la mezzala Piero Fiorindi, mentre Panattoni tornò al Rapallo, ma solo in prestito. La situazione non cambia, e dopo la sconfitta esterna per 3-0 contro il Marzotto Valdagno Piccapane affianca a Costagliola, Paolo Tabanelli, ma dopo pochissimo tempo Costagliola lascia interamente il suo posto a Tabanelli. Subito arriva la prima vittoria della gestione Tabanelli contro il Catanzaro, ma il 5 febbraio allo Zaccheria il Foggia gioca col Venezia, dopo aver concesso due rigori ai veneti e ad un quarto d'ora dalla fine le due squadre sono in parità per 1-1, quando l'arbitro Cirone convalida un gol del veneziano Raffin viziato da tocco di mano, ed i tifosi del Foggia, arrabbiati, cercano di aggredire il direttore di gara. Immediatamente la partita viene vinta dal Venezia 2-0 a tavolino, lo Zaccheria viene squalificato per tre giornate, e dopo una sconfitta a Monza il Foggia sprofonda all'ultimo posto. Anche se ottiene una vittoria sul neutro di Caserta contro l'Alessandria, ed in trasferta riesce a strappare un punto al Mantova capolista, il 21 marzo, alcuni giorni dopo la sconfitta in trasferta contro la , Tabanelli dà le sue dimissioni. Torna come allenatore Costagliola, ma le giornate rimaste sono troppo poche per cercare di salvarsi, e nonostante una vittoria per 2-1 sul campo neutro di Napoli contro la nuova capolista, il Messina, i rossoneri retrocessero nuovamente in serie C. Il campionato in cadetteria durò appena un anno. Come si era visto negli anni precedenti, il Foggia non riusciva ad affermarsi nella serie cadetta. Infatti, ogni volta che il Foggia veniva promosso, l'anno dopo veniva retrocesso, ad eccezione delle stagioni 1934-1935 e 1935-1936, le uniche due consecutive in B. La stagione 1961-1962 incominciò con una notizia incredibile: Nocera è ad un passo dal Napoli, che ha offerto 30 milioni, tuttavia la trattativa si bloccò anche grazie al nuovo allenatore del Foggia Oronzo Pugliese. Un'altra pessima notizia arriva dalla riunione di fine luglio: Piccapane si presenta dimissionario, ed inoltre si chiede un aumento dei contributi comunali per gli stipendi dei giocatori rossoneri, ed una proroga in Lega per l'iscrizione. Il Foggia è attivo nelle Marche, infatti dal Del Duca Ascoli arrivano la mezzala Antonio Santopadre ed il mediano Antonio Ghedini, e dalla Vis Pesaro viene preso il portiere Gastone Ballarini, invece dall' vengono prelevati la mezzala Franco Danova ed l'ala Vittorio Morelli. Antonio Stornaiuolo, dopo sette anni in rossonero, decide di andarsene e di accasarsi all'Avellino, e Giampiero Merlo finisce alla Reggiana. Intanto il 16 luglio muore a 70 anni il segretario del Foggia, Medardo D'Angiò, dalla stagione 1925-1926 membro della società rossonera, e verrà sostituito da Osvaldo Iannantuoni, anch'egli già membro del Foggia, ed allenatore per un brevissimo periodo nella stagione 1958-1959. La stagione inizia con una vittoria schiacciante per 3-0 sulla Reggina, ridotta in 7 uomini per 3 espulsioni ed 1 infortunio, successivamente pareggia in trasferta contro il Trapani, e poi ad Agrigento, viene sconfitto dall'Akragas. I rossoneri si rifanno subito, ed il 15 ottobre battono la Tevere Roma, capolista a punteggio pieno, e dopo essere arrivati al secondo posto, vincono nel derby esterno col Barletta. Nel seguente derby allo Zaccheria contro il Taranto, la squadra ha l'opportunità di diventare capolista, ma dopo il rigore fallito da Despase, la partita termina 0-0. Intanto, il 4 novembre la squadra venne affidata all'imprenditore di Castellammare di Stabia, Domenico Rosa Rosa, industriale del legno. L'aggancio arriva qualche settimana più tardi, il 12 novembre con la vittoria sul Chieti. La rosa venne potenziata ulteriormente con gli acquisti dell'attaccante Giampiero Turci dalla , e del terzino Roberto Corradi dal Milan. Il 19 novembre i rossoneri vincono in trasferta col e diventano primi, e dopo alcune giornate, il divario dall'inseguitrice si allunga a 3 punti, grazie al pareggio di quest'ultima con il Marsala. Tuttavia, il Foggia subì dapprima una sconfitta a Siracusa, e successivamente una a Lecce, e le inseguitrici divennero 4: Akragas, Lecce, Salernitana e Taranto. Più tardi, il 14 gennaio, il Foggia vinse un altro derby esterno, con il Bisceglie, laureandosi campione d'inverno. La prima partita del girone di ritorno è una sconfitta a Reggio Calabria, che porta i giallorossi del Lecce ad una sola lunghezza dal Foggia, che si trova in un particolare momento di disagio, aumentato anche con la sconfitta a Roma con la Tevere. Si arriva all'11 marzo, che è una delle gare più importanti della stagione, il Foggia allo Zaccheria affronta la Salernitana, e dopo essere stati in vantaggio di due gol, i rossoneri si fanno rimontare, ma grazie ad un gol nel finale di Santopadre, riescono a trovare un'importante vittoria. Una settimana dopo il Foggia ritornò alla sconfitta, contro il Chieti penultimo, ed il Lecce agguantò in cima la capolista Foggia. Dopo questo avvenimento i rossoneri, spinti dall'orgoglio, non delusero più, tornando a vincere con il Pescara, allenato dall'ex allenatore foggiano, Costagliola, che riportò il Foggia capolista solitario a due punti dalle altre squadre. Un'ultima battuta d'arresto avvenne con la sconfitta in trasferta con il , diretta concorrente per la promozione, che si portò a 2 punti dai rossoneri, mentre il Lecce ne approfittò, agganciando il Foggia. Approfittando delle due partite casalinghe consecutive contro Marsala e Siracusa, il Foggia tornò con due punti di vantaggio dal Lecce, prima dello scontro diretto allo Zaccheria. Allo Zaccheria però il Foggia viene battuto per 2-1, a due partite dal termine. Dopo quest'ultima sconfitta, il Foggia sconfisse con facilità il Bisceglie, mentre il Lecce pareggiò 1-1 con il Potenza, e il 3 giugno a Benevento con il San Vito, il Foggia vinse 2-1 con i gol di Nocera e Rinaldi, firmando così il ritorno in serie B. Prima dell'inizio della stagione 1962-1963, ci furono varie polemiche da parte dei tifosi, non convinti della squadra. Nonostante le polemiche, il Foggia fece una campagna acquisti degna di nota: per la difesa arrivarono dalla SPAL Ambrogio Valadè ed Antonio Bettoni, il primo terzino, il secondo libero; ma il centrocampo fu il reparto più rafforzato con gli acquisti di Roberto Oltramari (prestito con diritto di riscatto) ala proveniente dal , Paolo Lazzotti dalla , e Cataldo Gambino dalla e pagato 33 milioni. La prima competizione da giocare è la Coppa Italia, il primo turno venne superato facilmente con una vittoria secca per 3-0 ai danni del , mentre il secondo turno vide allo Zaccheria, per la prima volta nella storia la Juventus, che vinse 2-0 grazie a due autogol di Odling. Il campionato inizia con qualche difficoltà, infatti l'esordio è un pareggio casalingo per 2-2 con il , e la giornata successiva i rossoneri vennero sconfitti per 4-2 a Padova. La prima vittoria, per 1-0, arriva alla terza giornata grazie ad un gol di Nocera che stese il Brescia, aprendo un ciclo di sei vittorie consecutive, di cui la più importante fu quella a Udine, dove i "satanelli" vinsero 7-2, con Nocera ed Oltramari autori di due triplette, e con l' che schierò tra i pali il futuro portiere campione del mondo Dino Zoff. Il Foggia, di ritorno dal Friuli, è sommerso dai tifosi, orgogliosi della vittoria, ed il maestro Ottavio De Stefano compose l'inno rossonero, chiamato Forza Foggia cha-cha-cha. Tuttavia tra i piani di Pugliese avvenne un rallentamento, causato dalla sconfitta esterna per 4-1 con la , e chiuse il girone d'andata al terzo posto con 23 punti. Il girone di ritorno non fu bello quanto il primo, ma, anche a causa dei grandi cammini di Bari, Messina e Lazio, che verranno promosse, il Foggia riuscì a classificarsi solamente al quinto posto con 43 punti, rimandando l'appuntamento con la massima serie. Il titolo di capocannoniere, con 24 gol, fu vinto da Cosimo Nocera. Nel complesso la società rossonera aveva i conti in regola per guadagnarsi un posto nel campionato massimo italiano. Con Rosa Rosa e Pugliese, il Foggia conquista la A La promozione in massima serie Storica fu la stagione 1963-1964, in cui il Foggia di Rosa Rosa e Oronzo Pugliese riuscì a conquistare, per la prima volta, la Serie A. La squadra non venne cambiata moltissimo, infatti l'unico acquisto importante fu quello del portiere Giuseppe Moschioni, che sostituì Biondani, finito al Rimini, ed inoltre Roberto Oltramari venne definitivamente riscattato. L'inizio campionato non ha lasciato presagire nulla di buono, dopo una vittoria non convincente con il Cosenza come esordio, i rossoneri vennero sconfitti due volte di fila in trasferta, con il Cagliari e con il , sconfitte che però vennero seguite da due vittorie interne con e . A questo punto il Foggia gioca a Catanzaro, ma viene sconfitta dai giallorossi per 1-0, in una partita che lascia molti dubbi sulla nuova squadra gestita da Pugliese. Quella fu una delle ultime sconfitte di quella stagione, infatti da lì i rossoneri rimasero imbattuti per ventiquattro partite, dal 3 novembre 1963, ovvero dal pareggio interno con il , al 3 maggio 1964, quando i rossoneri vennero sconfitti a Napoli per 3-0. Nella serie positiva il Foggia non concesse nulla alle sue dirette concorrenti, come il , conquistando 34 punti (10 vittorie e 14 pareggi), ed uguagliando il record d'imbattibilità raggiunto negli anni '40 dal Grande Torino. Dopo la sconfitta in Campania, il Foggia ottiene allo Zaccheria un pareggio con la Triestina, ed una vittoria per 1-0 con l'Udinese con un gol di Lazzotti. Il Foggia, a cinque giornate dal termine, è a 43 punti, e per la promozione matematica deve ottenere altri 3 punti, di cui uno arriva nel pareggio esterno con il , e gli altri due vengono incassati nella vittoria per 4-1 con la Pro Patria, dove la bandiera rossonera, Nocera, sfodera una tripletta. Le restanti partite non furono molto combattute dai rossoneri, infatti ad Alessandria ed a Varese, con i lombardi già promossi in A, il Foggia venne sconfitto, mentre nel frattempo il , che mirava al quarto posto, perse in casa, staccandosi ulteriormente dal Foggia. Fu inutile ai fini della classifica l'ultima partita allo Zaccheria con il , il Foggia venne sconfitto, ma sugli spalti c'è comunque festa, per il terzo posto a 46 punti, che è valso la promozione in massima serie, dopo 44 anni. In Coppa Italia il cammino dei "satanelli" terminò ad aprile, dopo le vittoria interna con il nei sedicesimi, e quella esterna con il negli ottavi, i rossoneri vennero eliminati nei quarti in casa con la . Un'ulteriore manifestazione del grande cammino rossonero avvenne verso l'inizio dell'estate, dopo aver guadagnato la promozione in A; infatti il Foggia conquistò la Coppa delle Alpi-Bis, una competizione destinata alle squadre classificatesi terze nei campionati di seconda divisione italiana e svizzera, battendo il Thun sia il 28 giugno allo Zaccheria per 8-1, che il 4 luglio in Svizzera per 4-3, mettendo in bacheca il primo trofeo della storia rossonera. La Serie A Promosso, il Foggia riuscì a disputare 3 campionati consecutivi nella massima serie. Un altro riconoscimento importante per la promozione in A, il seminatore d'oro, venne dato all'allenatore Pugliese. Per la stagione 1964-1965, il Foggia potenziò soprattutto la difesa, comprando il terzino Romano Micelli dal Catanzaro e il libero Vasco Tagliavini dall'Udinese, ed il centrocampo, acquistando dalla SPAL il mediano Dante Micheli, prelevando dall'Inter l'ala Armanno Favalli (ma giocò l'ultima stagione a Brescia) e la mezzala Renzo Brotini, ed inoltre dal Verona venne presa un'altra mezzala, Giorgio Maioli. Per l'esordio in serie A, lo Zaccheria venne ampliato a 25.000 posti, realizzando due nuove curce ed eliminando la pista di atletica. Il debutto è a Firenze, ma non è dei migliori, con la dello svedese Kurt Hamrin il Foggia venne sconfitto 3-1, portandosi a quattro minuti dall'inizio in vantaggio con Matteo Rinaldi, primo goleador del Foggia in serie A, e facendosi rimontare con un gol di Hamrin, ed una doppietta di Alberto Orlando, capocannoniere in quella stagione. La partita successiva era contro l'Inter, che quattro giorni più tardi avrebbe dovuto giocare il ritorno della finale di coppa Intercontinentale, e venne vinta dalla milanese per 2-0. La prima vittoria per la formazione di Capitanata arriva una settimana dopo, con il , con una rete di Francesco Patino, in una partita dove esordisce Vincenzo Faleo, primo foggiano a giocare in serie A, con la squadra della sua città. Il Foggia ottiene cinque risultati utili di fila, ottenendo sette punti, e successivamente continuerà a rimanere in una posizione stabile, fino ad arrivare nella partita casalinga contro l'Inter campione del mondo di Helenio Herrera. La partita si disputa il 31 gennaio, lo stadio è colmo, ottenendo un incasso di 32 milioni, e, dopo un primo tempo a reti bianche, nel secondo il Foggia riuscì a trionfare per 3-2. Nocera e Micelli vennero convocati in nazionale azzurra, nella partita del 1º maggio contro il Galles, dove Nocera riuscì anche a siglare il gol del definitivo 4-1 per l'Italia. Più tardi il Foggia ottenne un'altra grande vittoria, allo Zaccheria contro la Juventus, vinta grazie ad una rete di Maioli, prima di concludere il campionato con il pareggio casalingo con la Sampdoria, e con la sconfitta esterna con la Roma, arrivando al nono posto in classifica con 31 punti. L'incasso totale dell'intera annata fu incredibile, vennero guadagnati più di 287 milioni di lire. Questo clima di festa però, venne interrotto da una sconvolgente notizia, Armanno Favalli morì in un incidente stradale, mentre tornava nella sua cittadina natale, Cremona. Tra l'altro Favalli aveva quasi raggiunto un accordo con la Juventus, mancava solamente la firma sul contratto. Prima dell'inizio del campionato 1965-1966 Pugliese lascia, va alla . Al suo posto arriva suo cognato Egizio Rubino, che l'ultima stagione era arrivato quinto in serie B con il di Silvino Bercellino. La squadra non verrà cambiata molto, ma l'unica cessione di peso è quella di Micelli, comprato dal Bologna per 100 milioni più il cartellino di un altro terzino, Bruno Capra, che non sarà molto impiegato per via di un grave infortunio. Per sostituire Armanno Favalli, prematuramente scomparso, il presidente dell'Inter Angelo Moratti fece un grande gesto di generosità nei confronti dei rossoneri, vendendo al Foggia il fratello di Armanno, Erminio Favalli per la piccola cifra di 25 milioni, rinunciando ai 60 offerti dall'Alessandria. Inoltre il Foggia perfezionò anche l'acquisto del mediano Romeo Benetti, ma all'ultimo momento Rosa Rosa non volle comprarlo perché Benetti doveva partire per il servizio di leva, lasciandolo al Taranto, che promise che l'anno successivo sarebbe arrivato finalmente tra le file dei rossoneri. Tuttavia, la stagione successiva questo accordo non venne rispettato dagli ionici, che poi lo vendettero al Palermo. Inoltre ad agosto, verso l'inizio del campionato Micheli e Maioli vennero deferiti dalla Lega per il mancato accordo economico con la società, infatti fecero richiesta di uno stipendio maggiore rispetto al normale. Tuttavia i due giocatori, dopo l'ultimatum di Rosa Rosa, per poter continuare a giocare, si arresero e diedero ragione alla società, chiedendo uno stipendio normale. In Coppa Italia il Foggia viene subito eliminato al primo turno, dove il Foggia pareggia 0-0 in trasferta con il , che però vinse il sorteggio. L'esordio in campionato fu a Torino con la Juventus, dove i rossoneri vennero sconfitti 1-0, in una partita rimasta nella storia, infatti per la prima volta nel campionato avviene una sostituzione durante la partita, e a causa dell'infortunio del portiere Moschioni, Rubino è costretto a mettere in campo Gastone Ballarini. Un'altra sconfitta arriva ad un quarto d'ora dalla fine nella trasferta successiva, con il , che riesce a vincere con un gol di Angelo Benedicto Sormani. L'esordio allo Zaccheria, a cui è stato appena sostituito il manto erboso, è contro il Bologna, unica antagonista nella lotta scudetto con l'Inter, ed il Foggia riesce a vincere 2-0 con un gol dell'ex Capra ed un altro di Lazzotti. La vittoria con il Bologna sarà una delle poche soddisfazioni della stagione, anche se sono da registrare la vittoria di febbraio con la Sampdoria per 3-0 e quella di maggio con la Roma per 1-0 dell'ex Pugliese. Proprio Pugliese, fu protagonista di un grande gesto, infatti all'andata all'Olimpico, colto dall'emozione si diresse verso la panchina del Foggia anziché quella della Roma, ed il pubblico rossonero lo accolse con un grande applauso. Il Foggia perse molti punti in trasferta, mentre in casa si rivelò un fortino inespugnabile, saranno soltanto 5 i gol subiti allo Zaccheria dalla compagine rossonera, in un record che ancora oggi è mantenuto, seppur sia stato eguagliato dalla Juventus e dal Cagliari. Le delusioni ottenute in questa stagione furono dovute al calo di Nocera, che in 23 partite segna soltanto 4 gol, e che, dopo 132 gare consecutive disputate, saltò per infortunio la partita contro il . I rossoneri terminarono il loro campionato al dodicesimo posto, insieme all'Atalanta ed alla Lazio. Ed il Foggia, pur con qualche difficoltà in più, centrò la seconda salvezza della sua storia. Dopo il termine del campionato il Foggia partecipò alla Coppa Rappan, ma venne eliminata nel terzo gruppo, dove militava insieme al Go Ahead Eagles (poi vincitrice del girone), Tilleur e Sion, perdendo solamente nelle due gare con il Deventer, e vincendo le restanti. In questo torneo Roberto Oltramari si espresse bene, siglando cinque gol, ed assieme ai due fatti in campionato, divenne il miglior marcatore del Foggia nella stagione 1965-1966. Nel campionato 1966-1967, però, il Foggia retrocede in un torneo che è da dimenticare per i tifosi rossoneri. Erminio Favalli venne ceduto alla Juventus, in cambio di 70 milioni e del centravanti Vincenzo Traspedini, che rimarrà l'unico arrivo nella campagna acquisti estiva. In Coppa Italia il Foggia esce al secondo turno, dopo aver passato il primo, con la vittoria esterna sul , i rossoneri verranno sconfitti ed eliminati allo Zaccheria a novembre dal Vicenza. In campionato inizia male, il Foggia viene sconfitto in casa dall'Inter per 4-0. Tre giorni dopo la sconfitta con l'Inter, il 21 settembre, don Mimì Rosa Rosa se ne va, dopo aver regalato a Foggia ed ai tifosi foggiani un periodo strepitoso, ed al suo posto viene chiamato alla carica di commissario reggente Vincenzo Micucci. Il cambio di presidenza non favorì per niente la squadra, che a Bologna venne sconfitto 5-0, e la giornata successiva subì un'ulteriore sconfitta a Vicenza, rimanendo ultimo in classifica a 0 punti. Il primo punto della stagione arriva nel pareggio interno con il Cagliari, seguito da una vittoria contro il Venezia, ma furono soltanto degli episodi. Infatti il Foggia nelle partite seguenti continuò a deludere, fino ad arrivare al 4 dicembre, dove il Foggia subì una sconfitta esterna con il , e Rubino, venne sostituito da Luigi Bonizzoni, dopo un rifiuto da parte di Nils Liedholm. Dopo 10 giornate ha collezionato solo tre punti subendo 24 gol e siglandone solamente 6. Con l'esordio di Bonizzoni il Foggia sembra svegliarsi grazie alla vittoria sul , ma il cammino non fu continuativo, e terminò il girone d'andata ad 8 punti. Nel girone di ritorno, dopo la sconfitta col Milan, data a tavolino per una bottiglietta che colpì Amarildo, il Foggia ottenne una fila di otto risultati utili consecutivi, partita dalla vittoria sul campo della grazie ad un gol di Traspedini. A due giornate dalla fine il Foggia incontra allo stadio Olimpico la Lazio, in uno spareggio salvezza, dove però a spuntarla sono i biancocelesti che vincono 2-1, e spediscono il Foggia in serie B, ed a nulla servirà l'ultima vittoria ottenuta allo Zaccheria sull'Atalanta. Il Foggia terminò il campionato con 24 punti al sedicesimo posto, ma grande fu l'amarezza dei tifosi per la disastrosa partenza, riparata con troppo ritardo. Solo dopo tre anni il Foggia riuscirà ad essere promosso. Tra Serie B e Serie A La lotta per la promozione e la finale di Coppa Italia con la coppia Fesce-Maestrelli La stagione 1967-1968 fu quella di una squadra di grandi campioni come Giorgio Maioli, Cosimo Nocera, Ambrogio Valadè e di promesse come il centrocampista Giuseppe Pavone, arrivato dalla Panetti Barletta e il difensore Giovanni Pirazzini, preso dal . Oltre ai due giovani arrivarono il centrocampista Giampiero Dalle Vedove dall', e dalla Massese gli attaccanti Claudio Montepagani e Roberto Rolla, mentre sfuma l'acquisto del futuro capocannoniere della serie A e campione d'Italia Giorgio Chinaglia, sempre dalla società toscana; mentre la cessione più importante è quella di Ballarini al Ravenna. In Coppa Italia il Foggia non superò neanche il primo turno, perdendo sul neutro di Reggio Calabria 1-0 con il . L'inizio non fu tra i migliori, il Foggia in nove giornate colleziona soltanto 5 punti. Intanto, il 6 ottobre il presidente diventa il commendatore Antonio Fesce. Il 12 novembre arriva la partita esterna con il , ma, indipendentemente dal risultato, il destino dell'allenatore Bonazzoni è già scritto, dovrà abbandonare il Foggia. Il Foggia vince 1-0 con un gol di Oltramari, ed a Mestre, il presidente Fesce, per comunicare l'esonero di Bonizzoni in maniera raffinata, gli disse di avergli affiancato il direttore tecnico Serafino Montanari, che ovviamente, dopo l'indiscutibile rifiuto di Bonizzoni per questa collaborazione, divenne l'allenatore. Montanari rivoluzionò la squadra, seguendo il movimento totale di Herrera, affidò a Pirazzini il ruolo di libero, fece tornare a giocare Gambino, e sostituì l'"anziano" Nocera con Rolla. Inoltre, durante il suo periodo vennero acquistate le mezzali Francesco Carrera dal e Luciano Zanardello dal . Con questi cambi il Foggia, dopo la vittoria in Veneto, conquistò quindici risultati utili di fila, realizzando 22 punti, diventando una delle candidate principali per la promozione in A. Il 10 marzo allo Zaccheria il Foggia affronta la , ma arriva un'inattesa sconfitta, dopo che i rossoneri si erano portati in vantaggio con Rolla, ma che poi sono stati agguantati grazie ad un gol di Fanello, ed infine all'88º minuto Del Fabbro firmò la sconfitta per i pugliesi. Per la promozione il Foggia punta all'ultima piazza disponibile, il terzo posto, ma deve lottare con il Bari. Alla fine per il Foggia risulteranno fatali le sconfitte esterne di fila con e Messina, ed a causa di un'ulteriore sconfitta alla penultima giornata contro la rinunciò così alla promozione per un solo punto. L'ultima giornata vede la vittoria inutile ai fini della classifica, del Foggia sulla capolista Palermo, nella gara in cui esordisce Pavone, definito il "nuovo Mazzola" dall'ex allenatore rossonero, Bonizzoni. Il Foggia si classifica al quarto posto insieme al Bari con 47 punti. La maggior parte dei gol fatti dal Foggia (17 su 40) erano di Vincenzo Traspedini, vice-capocannoniere del torneo. Il campionato 1968-1969 fu quella dell'apertura di un nuovo ciclo, quello del presidente Antonio Fesce e del nuovo allenatore Tommaso Maestrelli, che successivamente sarebbe diventato uno dei migliori allenatori in circolazione, conquistando uno scudetto con la Lazio. Oltre ai loro membri storici, il Foggia fu rinnovato con una serie di innesti, come quello del portiere Raffaele Trentini, proveniente dal Frosinone, dove l'ultima stagione è rimasto imbattuto per 1208 minuti, quello del terzino Eugenio Fumagalli, preso dal Novara, seguiti dall'acquisto dello stopper Orio Luciano Teneggi dal , di Pietro Camozzi, potente mediano prelevato dal , della duttile mezzala Paolo Garzelli, acquistata dal e degli attaccanti Paolo Nuti, centravanti proveniente dal Verona e Nello Saltutti, ala presa dal . La maggior parte degli acquisti sono serviti per sostituire i giocatori che sono stati ceduti, come Oltramari e Traspedini. Gli acquisti sono azzeccati, infatti soprattutto grazie a loro il Foggia riesce a vincere il IV girone della Coppa Italia, eliminando Bari, Fiorentina (che quell'anno divenne campione d'Italia) e Pisa, e qualificandosi ai quarti di finale contro il . Con Maestrelli si utilizza un antenato del 4-3-3, con la variante di Pirazzini, che da centrale durante il gioco cambia ruolo diventando libero. In campionato il Foggia inizia bene, nelle prime nove giornate rimane imbattuto e conquista 12 punti subendo una sola rete, mentre la prima sconfitta arriva in casa contro il Lecco. La promozione è un sogno che viene seguito dai rossoneri anche grazie alle vittorie sul e sul , ma non appena il Foggia perde in trasferta contro la la corsa verso il primo posto viene stroncata, ed i "satanelli" chiusero il girone d'andata a 22 punti. Intanto il Foggia supera anche i quarti di finale, qualificandosi al girone finale, battendo in entrambi i confronti il Napoli, vincendo 2-1 allo Zaccheria grazie ai gol di Fumagalli e Nocera, e 2-0 al San Paolo dove Nuti sfodera una doppietta. In campionato il Foggia non continua a giocare come prima, in sei partite il Foggia subisce quattro sconfitte, lasciando da parte il campionato e concentrandosi solamente sulla coppa Italia. La prima partita del girone finale si gioca in trasferta contro il . Il Foggia sfiora il colpaccio, quando fino al 60' era in vantaggio per 2-0, ma si fece rimontare, pareggiando 2-2. La domenica seguente il Foggia affrontò nel derby d'Apulia il Bari, trionfando con un secco 4-0, ma sarà l'unica vittoria degna di nota del campionato, dato che i rossoneri si concentreranno solamente sulla Coppa Italia. In coppa il Foggia incontra allo Zaccheria il Cagliari, e, dopo essere stati in vantaggio, vengono raggiunti da un gol di Riva all'86'. L'anno dopo i sardi, contando soprattutto su Gigi Riva, sarebbero diventati campione d'Italia. All'Olimpico il Foggia incontra la Roma, che però vince con un netto 3-0, insidiandosi in testa al girone assieme al Cagliari. Intanto il campionato venne definitivamente chiuso all'ottavo posto a pari punti con il , con un pareggio sul neutro di Taranto contro il , dove Nocera sigla il suo ultimo gol con la maglia rossonera. Così il Foggia tenta di tutto per arrivare primo nel girone, affrontando il Torino in casa, ma riesce solamente a pareggiare per 2-2. All'Amsicora di Cagliari i rossoneri, dopo aver pareggiato con Camozzi ed essere passati in vantaggio con Rolla, vengono raggiunti da Boninsegna, ma a tre minuti dalla fine il Foggia si porta a casa la vittoria con un gol di Saltutti. L'esito della coppa dipende dall'ultimo match del 29 giugno con la Roma allo Zaccheria, che però vince 3-1 grazie a una doppietta di Fabio Capello e un gol di Joaquín Peiró, mentre per il Foggia ad accorciare le distanze ci pensò Saltutti, ma troppo tardi per ribaltare il risultato. Così in virtù di questo successo la Roma conquista la coppa Italia con 9 punti, mentre il Foggia rimase fermo a 5. Dopo una grande cavalcata, si fece conoscere anche la formazione "primavera", guidata da Giuseppe Pozzo, già giocatore del Foggia e allenatore in seconda, che arrivò in finale a Salsomaggiore, perdendola col Brescia. La stagione 1969-1970 fu importante per il Foggia, poiché fu quella della seconda promozione in massima serie. Il Foggia rinnovò la formazione arrivata in finale di Coppa Italia, con una serie di acquisti importanti come Alberto Bigon, Mauro Colla, Giuseppe Fusi, Franco Pezzato e Luciano Re Cecconi; mentre cedette Gambino al Barletta, Pavone in prestito al Torino e Nocera alla Massiminiana. In Coppa Italia il Foggia vince il girone 7, e per qualificarsi ai quarti è costretta a disputare uno spareggio con la Juventus, che perde sul neutro di Roma per 2-1. In campionato il Foggia parte bene, nelle prime sei gare conquista 11 punti, pareggiando solamente con il Pisa. Da sottolineare la grande prova dei rossoneri, che, in 10 uomini per l'espulsione di Pirazzini al Ferraris riuscirono a vincere con una doppietta di Bigon. La prima sconfitta arriva alla settima giornata, in Emilia Romagna contro il , ma fu solamente un piccolo episodio, infatti il Foggia continuò a brillare, conquistando altri 11 punti in sette gare, proiettandoli in testa alla classifica. In questo periodo il Foggia riuscì a fare un record: in 14 gare i rossoneri fecero propri 22 punti, uno in più del di Enrico Migliavacca. Fatto il record, il Foggia nel finale del girone d'andata subì un calo, quando mise insieme soltanto 2 punti in 5 gare, perdendo con il e con il , ed infine a Livorno il Foggia rimediò un'altra sconfitta, perdendo il primo posto, conquistato dal Varese, e si piazzò in seconda posizione con Mantova e , ad un punto dalla capolista. Anche l'inizio del girone di ritorno fu come la fine di quello d'andata, arrivati due pareggi con Atalanta e il Foggia subì una sconfitta con il , facendo perdere serenità all'ambiente. Ma il futuro di Maestrelli è ancora in bilico, soprattutto dopo i successivi pareggi con Cesena e Modena e la pesante sconfitta esterna per 3-1 con il . Ma Maestrelli non mollò, e nelle ultime dieci gare del torneo rimediarono la bellezza di 15 punti su 20 disponibili, piegando anche la capolista Varese allo Zaccheria per 2-0 con i gol di Saltutti e Bigon. Il 14 giugno, mentre l'Italia di Ferruccio Valcareggi si qualificò alle semifinali battendo il Messico, il Foggia batte 3-1 il , riapprodando dopo tre anni in serie A. I rossoneri, imbattuti allo Zaccheria (11 vittorie ed 8 pareggi), vengono sconfitti solamente in trasferta (5 vittorie, 8 pareggi e 6 sconfitte). Il Foggia con 48 punti, a pari merito con il Catania, arriva secondo in classifica dopo il Varese di Nils Liedholm, guadagnando così un'altra storica promozione in Serie A. L'addio di Maestrelli e l'altalena tra Serie A e Serie B La stagione 1970-71 fu l'ultima di Maestrelli, nel frattempo premiato con il Seminatore d'oro come migliore allenatore della stagione appena conclusa. Gli acquisti più importanti furono il mediano Vincenzo Montefusco dal e lo Piero Lenzi dal , mentre tra le cessioni vi furono quelle di Teneggi allo stesso Pisa e Rolla allo . In Coppa Italia i rossoneri vennero eliminati all'ultimo posto con 0 punti dal girone 7. L'inizio fu stabile: 5 pareggi consecutivi con Torino, Milan, Napoli, Bologna e Cagliari (campione d'Italia in carica), mentre la prima vittoria arrivò allo Zaccheria contro il , con un gol di Mola, appena tornato da un grave infortunio. In sei partite in Foggia aveva accumulato 7 punti, ed era a 4 punti dalla vetta occupata dal Napoli. La prima sconfitta arrivò alla giornata successiva, all'Olimpico il Foggia venne sconfitto 3-1 dalla Roma, ma subito dopo i rossoneri si ripresero, battendo in casa il Verona per 2-0 e la Lazio per 5-1. Verso la fine dell'anno il Foggia, quinto in classifica, era visto come la rivelazione del campionato. Tuttavia, primi piccoli segni di sbandamento vennero rivelati alla fine del girone d'andata, che il Foggia terminò nel centro della classifica. Nel girone di ritorno la squadra sembrava stanca, e vi fu un incredibile declino che lo portò a retrocedere. Dopo la vittoria per 1-0 con la Roma, il Foggia, nelle ultime otto giornate di campionato non ottenne più una vittoria. In questa serie negativa vi fu anche un pareggio con la Fiorentina, diretta concorrente del Foggia per la salvezza, che secondo il pubblico foggiano ed i principali quotidiani sportivi, fu favorita dall'arbitro Riccardo Lattanzi. Tuttavia la retrocessione sembrava lontana, anche alla terzultima giornata, quando i rossoneri vennero sconfitti a Milano dall'Inter per 5-0, che con questa vittoria festeggiò il titolo di campione d'Italia. Dopo un pareggio interno con la Juventus, i rossoneri subirono una beffa all'ultima giornata sul campo del , che vinse 3-0, ma con degli errori arbitrali di Concetto Lo Bello. Sugli spalti era giunta la voce che la Fiorentina, avesse perso a Torino con la Juventus, e ci fu una grande festa, fermata però dal risultato vero, ovvero uno 0-0. Il Foggia, finito al dodicesimo posto con 25 punti, nonostante avesse gli stessi punti di Sampdoria e Fiorentina, venne retrocesso per la peggiore differenza reti. La retrocessione fu alquanto strana, infatti in pochissimi casi una squadra retrocessa, ad una partita al termine del campionato aveva cinque avversari dietro di lei, e che in casa avesse perso solo una partita (lo 0-3 con il Napoli). Fesce a fine campionato liberò Maestrelli, cercato insistentemente dalla Lazio e dalla Roma, ma alla fine scelse la società biancoceleste. Per il campionato 1971-1972 il successore di Maestrelli è Ettore Puricelli, che il presidente Fesce prese dal Lanerossi Vicenza, andandolo a trovare direttamente in Canada, dove i vicentini sono in tournée. La società è costretta a cedere Montefusco (perso alle buste con il Napoli) e Villa, ed alla riapertura delle liste Maioli. Ma la cessione più importante è quella di Bigon, che il Milan vuole in cambio di Angelo Benedicto Sormani, che però il Foggia rifiuta per via dell'alto ingaggio. Così il Foggia sceglie dalle file del Milan la mezzala Giorgio Rognoni, che assieme a 170 milioni conclude l'affare. Il Foggia acquista anche il terzino Rodolfo Cimenti dal Treviso e l'ala Ivano Bosdaves dall'Atalanta, inoltre alla riapertura delle liste compra anche dalla Lazio il regista Juan Carlos Morrone. Tra le "invenzioni" di Puricelli vi sono quelle di Pellegrino Valente, giovane difensore che si guadagnò il posto da titolare, e di Giuseppe Pavone, che con Nello Saltutti forma una delle coppie d'attacco più prolifiche del campionato, con ben 20 gol messi a segno dai due. In coppa Italia la squadra terminò il girone 7 all'ultimo posto, con 2 punti arrivati con i pareggi interni con Cagliari ed Arezzo. Già dall'inizio si capisce che questo è un anno di formazione per i rossoneri, infatti a causa della discontinuità dei risultati la squadra non è mai riuscita ad affermarsi tra le prime. Degna di nota è la vittoria allo Zaccheria sulla Lazio, che stava per essere promossa, dell'ex Maestrelli. Il Foggia conclude il campionato all'ottavo posto con 41 punti, dopo una striscia di dieci risultati utili consecutivi arrivati nel girone di ritorno. Nella stagione 1972-1973 il Foggia fu guidato da Lauro Toneatto, che aveva allenato il Bari la stagione precedente, senza avere risultati brillanti. Per far quadrare il bilancio Fesce fu costretto a vendere Saltutti, prima destinato al Napoli, ma successivamente venduto alla Fiorentina per 216 milioni più la comproprietà dell'attaccante Giorgio Braglia, e Re Cecconi alla Lazio di Maestrelli per 210 milioni ed il cartellino del mediano Giuseppe Trinchero. Con le entrate ricavate da queste vendite Toneatto, in prima persona, eseguì importanti operazioni di mercato, e oltre a Braglia ed a Trinchero, arrivarono tra i rossoneri lo stopper Novilio Bruschini dal Livorno e il centravanti Bruno Zanolla dalla SPAL. Dalla società ferrarese il Foggia acquistò ad ottobre anche la mezzala Luigi Delneri, per sopperire al grave infortunio di Paolo Garzelli, rimasto fermo per quasi tutta la stagione. Toneatto, dopo aver messo in ordine la difesa con l'acquisto di Bruschini ed aver rifatto il centrocampo con l'energia di Trinchero e Villa e la fantasia di Delneri e Rognoni, conferisce ai veloci Pavone e Braglia la funzione di distruggere le difese avversarie. Il campionato inizia con la vittoria esterna sul campo del , grazie ad una rete a quattro minuti dal termine di Trinchero. Il Foggia vince anche allo Zaccheria con la Reggina, prima di pareggiare il derby esterno con il Taranto. La partita successiva è valida per la promozione, infatti si incontrano due dirette concorrenti, il Foggia (che gioca in casa) ed il Genoa, ma sarà quest'ultima a spuntarla con una vittoria per 2-1. I rossoneri però si riprendono, ma alla nona giornata i padroni di casa del di Luigi Radice demoliscono il Foggia con un netto 3-0. Dopo una vittoria sul Lecco, la crisi continua nelle ultime quattro giornate del girone d'andata, dove i rossoneri collezionarono solamente un punto. Nel girone di ritorno il Foggia si risollevò, e collezionò 19 punti, frutto di una striscia di undici risultati utili di fila. Un altro record fu quello del portiere Raffaele Trentini, dove per dieci giornate e per 1002 minuti rimane imbattuto, finché Giampietro Spagnolo della Reggiana, interruppe il suo record. A quattro giornate dalla fine il Foggia perde allo Zaccheria con il Mantova per 2-0, conservando solamente quattro punti di distacco dal quarto posto, ed anche la giornata successiva il Foggia non concluse la pratica promozione, pareggiando a Novara 1-1. Il Foggia così, per essere promosso, il 10 giugno deve battere allo Zaccheria il Como. Il gol del vantaggio contro i lombardi lo realizza il capocannoniere della squadra, Giorgio Braglia, al secondo minuto su rigore, e questa rete regalò al Foggia un'altra promozione in massima serie. L'ultima giornata, a conti già fatti, i rossoneri persero a Varese. Nel campionato 1973-1974, dopo la promozione in massima serie, la società rossonera dovette acquistare l'attaccante Silvano Villa dal Milan, in sostituzione di Braglia, rientrato per fine prestito alla Fiorentina, ed i mediani Franco Liguori dal Bologna e Bernardino Fabbian dall'Inter, in seguito alla cessione di Trinchero alla Reggina ad ottobre. Inoltre il Foggia acquistò anche la mezzala Elvio Salvori dalla Roma. Il Foggia chiuse il calciomercato con un passivo di 740 milioni di lire, e per rimediare alle inadempienze finanziarie, il presidente Fesce, grazie anche all'aiuto del presidente della FIGC Franco Carraro, riuscì a rendere esecutivi i contratti dei nuovi acquisti, riuscendo a risparmiare, in quanto all'atto dell'acquisto la società rossonera avrebbe dovuto versare solamente il 30%, mentre i restanti due terzi sarebbero stati versati tramite fidejussioni bancarie. La stagione non iniziò nel migliore dei modi: durante il precampionato Salvori si infortuna. All'esordio i rossoneri incontrarono fuori casa i campioni d'Italia in carica, la Juventus di Čestmír Vycpálek, ed i rossoneri dopo essersi subito portati in vantaggio con un pallonetto da oltre quaranta metri di Pavone, vennero rimontati dapprima da un rigore di Antonello Cuccureddu sullo scadere del primo temp, e poi da un gol di Roberto Bettega ad un quarto d'ora dalla fine. La settimana successiva il Foggia pareggiò con il Cagliari allo Zaccheria, dopo che i sardi si erano portati in vantaggio con un gol di Riva, ma grazie ad un rigore di Silvano Villa i rossoneri riuscirono ad evitare la seconda sconfitta di fila. La prima vittoria arrivò a Firenze con la Fiorentina, grazie ancora ad una rete di Villa, mentre il turno successivo sul finale i rossoneri riuscirono a pareggiare con il Cesena, portatosi in vantaggio grazie ad un gol di Ariedo Braida, ma venendo raggiunti all'ultimo dal gol di Liguori. Subito dopo la sosta il Foggia venne sconfitto a Milano dall'Inter per 5-1, dove Roberto Boninsegna segnò ben 4 reti, ma il Foggia si riprese immediatamente battendo la Roma, ed iniziando una serie di sette risultati utili consecutivi. La formazione dauna è tra le principali candidate per un posto in Coppa UEFA, e questa idea si rafforzò soprattutto in un "derby del Sud", con la vittoria interna sul Napoli, l'ultimo risultato utile di fila, infatti il Foggia subì tre sconfitte di fila con Verona, Lazio e Milan; prima di finire il girone d'andata. Il girone di ritorno si aprì con un pareggio interno a reti bianche con la Juventus, prima della sconfitta all'ultimo minuto di Cagliari. Come all'andata, la prima vittoria arrivò con la Fiorentina, ma il Foggia cadde in crisi a causa della sconfitta in Romagna con il Cesena, quella interna con l'Inter (vittoriosa grazie ancora a Boninsegna, autore di una doppietta) e quella esterna con la Roma. Successivamente i rossoneri dovettero affrontare allo Zaccheria la Sampdoria, ultima in classifica, ma il Foggia riuscì solamente a pareggiare, dopo essersi portata due volte in vantaggio con Rognoni, ed essersi fatta raggiungere all'ultimo minuto grazie ad un gol di Domenico Arnuzzo, l'unico nella sua carriera da calciatore. Il Foggia non riuscì più a vincere costantemente, dapprima perdendo in casa del Vicenza dell'ex Puricelli, e successivamente venendo sconfitti dal Genoa, dove il portiere del Foggia, Trentini, trattiene la palla fuori, ma l'arbitro Stefano Trono considerò il pallone entrato, convalidando il gol. Di lì la squadra ottenne quattro pareggi per 1-1 di fila con Torino, Bologna, Napoli e Verona (rivale del Foggia per la salvezza). Ad una giornata dal termine il Foggia venne retrocesso dalla Lazio di Maestrelli, che con quella vittoria si laureò campione d'Italia per la prima volta. Nell'ultimo turno il Foggia incontrò il Milan, e la partita finì 0-0, con un gol annullato di Villa. Nel frattempo scoppiò il cosiddetto scandalo della telefonata, ed emerse che al termine della gara tra Verona e Napoli, vinta 1-0 dai veneti il 21 aprile 1974, un giornale napoletano riportò la notizia di una telefonata tra il presidente del Verona Saverio Garonzi e il calciatore brasiliano Sergio Clerici, all'epoca centravanti napoletano con un passato in giallo-blu, in cui il massimo dirigente scaligero avrebbe promesso al calciatore di aiutarlo ad aprire una concessionaria FIAT al suo rientro in patria, a fine carriera. In seguito a questo articolo, i dirigenti del Foggia si recarono all'Ufficio Inchieste della FIGC per ottenere l'apertura di un'indagine, al fine di aver diritto al ripescaggio in Serie A (a fine campionato il Verona si salvò e il Foggia retrocesse in Serie B assieme a Sampdoria e Genoa). Il presidente giallo-blu - una volta convocato dalla Procura Federale - inizialmente, negò l'esistenza di quella telefonata ma, successivamente, il giocatore Clerici confermò per filo e per segno che quella conversazione telefonica, in effetti, era avvenuta. A quel punto, Garonzi ammise di aver parlato; per la Giustizia Sportiva la negazione del dirigente al primo interrogatorio e il contenuto della conversazione furono sufficienti per decretare la retrocessione del Verona e riammettere in Serie A il Foggia. Successivamente, però, fu proprio il Foggia ad essere protagonista in negativo della seconda parte dello scandalo. Infatti prima della gara Foggia-Milan, il segretario pugliese Giuseppe Affatato cercò di corrompere l'arbitro, il fiorentino Gino Menicucci e i due guardalinee, regalando loro tre rolex d'oro. Menicucci rifiutò sdegnato e raccontò tutto all'Ufficio Inchieste prima e al Giudice sportivo poi. Al termine del processo di primo grado il Verona venne penalizzato di 3 punti, che avrebbe dovuto scontare nel campionato 1974-1975; il Foggia, invece fu penalizzato di 3 punti, da scontare in Serie B l'anno successivo. A quel punto fece ricorso la Sampdoria - penultima in classifica - affermando che il Verona doveva scendere in Serie B per aver commesso illecito sportivo e il Foggia doveva essere penalizzato in quel campionato, con conseguente ripescaggio dei doriani. Alla fine il Verona fu declassato all'ultimo posto ed il Foggia fu retrocesso con una penalizzazione di 6 punti. La penalizzazione è stata determinante nella stagione del Foggia, che è stato costretto a disputare la stagione 1974-1975 in serie B, sempre con Toneatto allenatore. Il presidente Antonio Fesce rinunciò a molte offerte, e non volle vendere i suoi pilastri, rinnovando la squadra con acquisti, tra i quali il giovane Carlo Bresciani dalla , Giovanni Lodetti dalla , Giuseppe Doldi dall'Inter, Renato Sali dalla e Fabio Enzo dal Novara. Per il Foggia gli esordi in campionato non furono certo tra i migliori, rimediando solamente una vittoria contro il Pescara in sette giornate. Con il mercato di riparazione in autunno il Foggia corre ai ripari acquistando due mediani, ovvero Fausto Inselvini e Sergio Borgo dalla Lazio. Nonostante la sconfitta rimediata all'ultimo minuto contro il Palermo, il presidente Fesce continuò a dare fiducia all'allenatore Toneatto. Infatti le cose sembrano risollevarsi con una vittoria sulla Spal, un pareggio esterno con il Parma ed un'altra vittoria sul Genoa, dove Carlo Bresciani si rese protagonista segnando due gol, e successivamente arrivarono altre vittorie con l'Arezzo e con il Verona. Tuttavia dopo questi risultati positivi, il Foggia ebbe delle prestazioni piuttosto altalenanti tali che la società fu costretta ad esonerare Toneatto. Al suo posto venne chiamato un campione d'Europa in panchina, Cesare Maldini. L'esordio di Maldini non fu dei migliori, perdendo 1-0 ad Alessandria e poi pareggiando 1-1 in casa con la , e dopo questi risultati molti tifosi rivolevano Toneatto come allenatore. Alla fine Maldini non riuscì a risollevare la squadra rossonera, reduce da molte prestazioni anonime, che arrivò settima in classifica alla pari con il Genoa, con nessuna vittoria esterna, ma anche nessuna sconfitta interna, ed inoltre la squadra rossonera fu capace di non subire sconfitte per otto turni consecutivi. Al termine della stagione Carlo Bresciani si laureò capocannoniere della serie B con 13 reti, premiato anche con il Premio Sportman per la serie B. Inoltre si fece conoscere anche la formazione "under 23" rossonera allenata da Roberto Balestri che venne eliminata nella doppia finale contro l'. La stagione successiva, la 1975-1976, vide la cessione di Raffaele Trentini, Carlo Bresciani e Peppino Pavone, gli acquisti importanti di Aldo Nicoli e il ritorno di Luigi Delneri, ed un inizio di campionato non brillantissimo, seguito dall'esonero di Cesare Maldini dopo una sconfitta ad Avellino. A sostituirlo è il vice-allenatore Roberto Balestri, che riesce ad arrivare alla quarta promozione in serie A a pari punti con e , ma terzo per differenza reti. La stagione 1976-1977 in Serie A, con Ettore Puricelli ritornato come nuovo allenatore, cominciò male, infatti il calendario iniziale non era favorevole, Inter, , Juventus, , , e . Tuttavia, le uniche sconfitte registrate in quelle giornate furono contro il Perugia di Ilario Castagner, la Juventus di Giovanni Trapattoni e la Roma di Nils Liedholm, ma il Foggia per 4 partite non ha segnato neanche un gol. Il primo arriva contro il Napoli, in un pareggio finito 2-2,, e la prima vittoria del Foggia arriva contro la Sampdoria. Neanche successivamente il calendario fu favorevole ai rossoneri, due trasferte consecutive, contro la e la , di cui la prima persa per 4-1 e la seconda pareggiata 0-0. Nel girone d'andata fu importante la vittoria interna contro il per 2-1. Con il nuovo anno il Foggia incassa 4 sconfitte consecutive, contro , , e . Ritorna alla vittoria il 6 febbraio contro il Verona guidati da Ferruccio Valcareggi per 4-1. Successivamente il Foggia guadagnò a Milano un punto contro l'Inter, vinse contro il Perugia, perse contro la Juventus, ma batté il Bologna in una sfida salvezza per 1-0, con gol di Nerio Ulivieri. Il Foggia si aggiudicò il "derby del Sud" contro il Napoli, che era passato due volte in vantaggio, ma alla fine perse per 3-2, ed il gol vittoria portò la firma sempre di Nerio Ulivieri. Successivamente pareggia contro il Milan, e batte il Genoa 2-1 a Genova, ma le sfide successive furono importantissime. Infatti il Foggia a quattro giornate dalla fine gioca in casa contro il Catanzaro, e vince per 1-0, superando in classifica il Milan ed il Bologna. La partita successiva venne giocata in trasferta contro il Cesena già retrocesso; ma il Foggia per ottenere quella vittoria ha sprecato tutte le forze necessarie, infatti è passata in vantaggio 2 volte per poi essere raggiunta, ma alla fine è riuscita a vincere grazie di nuovo a Nerio Ulivieri. Il Foggia con questa vittoria si era guadagnato automaticamente la salvezza, e le due partite successive, contro Torino e Verona, furono perse. Il girone di ritorno fu fondamentale per la salvezza del Foggia, dove fu una delle migliori compagini a conquistare punti, dopo Juventus, Torino, Bologna e Fiorentina. In due anni dalla Serie A alla Serie C In Serie B per differenza reti Il campionato successivo, il 1977-1978, non fu così fortunato, infatti l'inizio fu terribile, un 6-0 contro la Juventus,, tuttavia l'esordio in casa con la Fiorentina sembrava dare qualche speranza alla compagine rossonera, infatti la partita finì 1-1 ed il Foggia pareggiò grazie ad una rete dell'ex Nevio Scala. Contro la Roma di Gustavo Giagnoni il Foggia tornò a perdere per 1-0 con gol di Guido Ugolotti, futuro allenatore del Foggia. Le partite successive furono le prime due vittoriose in campionato, contro il Bologna e il Torino, entrambe giocate in casa, e dopo una sconfitta col Milan in trasferta ed un pareggio esterno contro il Genoa, il Foggia tornò a vincere contro il . Il Foggia sembrava una delle formazioni più in forma del campionato, e non sembrava fosse una squadra destinata alla retrocessione. Altri segni buoni furono il pareggio esterno contro la Lazio, e quello interno contro il Vicenza, ma da qui inizia la decaduta del Foggia. Infatti il Foggia perse 5-0 a Napoli e subì una sconfitta interna contro il Perugia prima che si concludesse il 1977 col Foggia al quartultimo posto con dieci punti. Nonostante ciò il Foggia comincia il 1978 con una vittoria contro l'Atalanta, e tutto sembra che le due sconfitte precedenti fossero nate da un calo di attenzione da parte del Foggia, ma non fu così. Infatti il Foggia subì una sconfitta esterna contro il Verona ed una interna contro l'. Il girone di ritorno iniziò con un pareggio a reti bianche contro la Juventus, dove al Foggia viene negato un calcio di rigore. Dopo due pareggi contro Fiorentina e Roma, il Foggia subì due sconfitte esterne consecutive contro Bologna e Torino, ed una interna contro il Milan, con la squadra rossonera che sprofondò al penultimo posto. Il Foggia in casa pareggiò 1-1 col Genoa, anch'essa in lizza per la retrocessione, ma realizzò due vittorie consecutive, una in trasferta contro il Pescara terminata 2-1, ed una a Foggia contro la Lazio finita 3-1. La sconfitta tornò contro il Vicenza, e da lì il Foggia pareggiò contro il Napoli, perse contro il Perugia, ma vinse nuovamente contro l'Atalanta a Bergamo per 2-1 e contro il Verona per 4-0. L'ultima partita era a San Siro contro l'Inter. L'Inter vinse la partita 2-1, ed il Foggia a pari punti con Genoa e Fiorentina retrocesse in serie B per differenza reti. Il momentaneo addio di Fesce e la retrocessione in C1 Con la retrocessione in serie B se ne va, anche se momentaneamente, il presidente Antonio Fesce, e la carica di presidente va a Raffaele Augelli, consigliere regionale della Democrazia Cristiana e a Pasquale Izzo. La campagna del Foggia ha puntato più sulle cessioni che sugli acquisti, viene infatti ceduto al Torino Maurizio Iorio, appena diciottenne, il Bologna comprò Maurizio Memo, Antonio Bordon e Renato Sali in cambio di Giuliano Fiorini e la fece uno scambio con la Lazio: Aldo Nicoli per Ernesto Apuzzo. Vengono acquistati Elio Gustinetti dall', Roberto Bacchin dal Novara, Giorgio Pellizzaro dal e Giacomo Libera dall'Atalanta. Il nuovo allenatore è Sidney Colônia Cunha, meglio noto come "Cinesinho", e la stagione 1978-1979 inizia male. Infatti viene sconfitto tre volte in Coppa Italia contro la SPAL, il Milan ed il Catanzaro, ma riesce a vincere contro il Lecce. Anche il precampionato è brutto, il Foggia prende cinque gol in amichevole contro il . Tuttavia il campionato inizia con una vittoria a Ferrara, proprio contro la SPAL con la quale qualche giorno prima aveva perso in Coppa Italia, e alla seconda giornata il Foggia è in vetta a punteggio pieno, poiché aveva battuto la Sampdoria allo Zaccheria. La prima sconfitta della stagione arriva a Udine contro l'Udinese neopromossa, che successivamente, salirà in serie A. Inoltre il Foggia ha affrontato due derby casalinghi di fila, il primo fu un Foggia-Lecce vinto dalla compagine rossonera 2-0; mentre il secondo fu il derby d'Apulia, Foggia-Bari, e venne vinto sempre dal Foggia per 3-1. Il Foggia è di nuovo in testa alla classifica, assieme al , ma pochi giorni dopo venne dapprima sconfitto a Pistoia contro la , poi in casa perse contro il , ma vinse a Nocera Inferiore contro la , in quella che fu l'ultima vittoria esterna della stagione. Il Foggia sembrava una delle squadre favorite per la promozione, ma il sogno svanì subito. Un altro derby casilingo, Foggia-Taranto, finì 1-1, perse a San Benedetto del Tronto contro la , ma vinse la sua ultima partita del girone d'andata, in casa contro il Varese. Bisogna aspettare il girone di ritorno infatti per vedere il Foggia vincere, per il resto del girone d'andata il Foggia incassò due sconfitte esterne a Brescia e a Palermo, cinque pareggi di fila contro Cesena, Genoa, Monza, Cagliari e Ternana, e per ultimo una sconfitta allo stadio Adriatico di Pescara per 4-1. Il ritorno alla vittoria tornò contro la SPAL, ma per colpa delle sconfitte rimediate in precedenza i tifosi erano molto scontenti e la situazione economica non era delle migliori. Perse con la Sampdoria, pareggiò contro l'Udinese, di nuovo perse contro il Lecce e successivamente pareggiò a Bari. La Pistoiese vinse a Foggia, e il Foggia dovette successivamente pareggiare a Rimini e vincere 3-0 contro la Nocerina. Tuttavia, il Foggia si affermava solo nei primi tempi, come si è potuto vedere anche nel pareggio contro il Taranto e nella sconfitta contro la Sambenedettese. Il Foggia arriva in zona retrocessione, e pareggia a Varese e perse col Brescia. Risultati negativi ci furono anche nelle sfide salvezze col Cesena, dove il Foggia rimediò una sconfitta, e col Genoa, dove non si andò oltre il pareggio. I rossoneri persero anche a Monza e in casa contro il Cagliari 2-0, dove ormai si era verificata una rottura nella società e nello spogliatoio, infatti Giovanni Pirazzini venne espulso e squalificato per sei giornate per aver insultato l'arbitro Alberto Michelotti e ci furono numerosi incidenti tra i tifosi. Per continuare a sperare nella salvezza bisognava vincere contro la a Terni, ma ci fu solo un pareggio. Il campo del Foggia, dopo gli incidenti di Cagliari, è squalificato, e rimaneva solo una partita da giocare contro il Pescara, che venne disputata sul neutro di Napoli e venne vinta dai biancazzurri per 2-1. Il Foggia retrocesse in serie C1, ma l'unica nota positiva, è che, a seguito delle richieste dei tifosi, tornò presidente Antonio Fesce. Tra la Serie B e la Serie C1 Il ritorno in terza serie A distanza di ben 17 anni il Foggia tornò nella terza divisione del calcio italiano, dopo aver chiuso un ciclo indimenticabile per gli appassionati del calcio in generale, un ciclo creato grazie ai presidenti Domenico Rosa Rosa e Antonio Fesce, e gli allenatori Oronzo Pugliese e Tommaso Maestrelli. Questo ciclo verrà riaperto successivamente negli anni novanta con Pasquale Casillo e Zdeněk Zeman, con i quali verrà riaccesa la passione calcistica a Foggia. Il nuovo allenatore è Giorgio Sereni, e la squadra viene completamente rifatta, trattando soprattutto con il . Alla società barese vengono venduti Roberto Bacchin, Giacomo Libera e Rosario Sasso, in cambio di più di un miliardo di lire e Franco Fasoli, Vito Petruzzelli, Arcangelo Sciannimanico e Costante Tivelli, e inoltre la società richiama Fabio Enzo dalla ed acquista dall'Avellino Stanislao Bozzi. La stagione 1979-1980 comincia con la Coppa Italia Semiprofessionisti, dove i rossoneri arrivano fino agli ottavi, dove vengono eliminati dalla . In campionato non inizia bene, il Foggia alterna vittorie scarse con pareggi o sconfitte anche contro squadre nei bassifondi della classifica. A metà campionato, dopo un pareggio in casa con la Cavese, ed uno esterno contro il Benevento il presidente Fesce decise di cambiare allenatore, richiamando Ettore Puricelli. I risultati si incominciano a vedere, il Foggia ingrana una serie di risultati positivi, ma viene fermato in due confronti esterni, uno contro la e il Campobasso. Da lì il Foggia perderà solo contro la , e otterrà risultati incredibili, come la vittoria a Foggia contro la capolista e quella, sempre interna, contro il , inseguitrice del Foggia, entrambe vinte per 2-0, e successivamente pareggierà in campo neutro contro la Cavese, in una partita ricca di scontri tra le tifoserie. L'ultima partita rimasta è in casa contro il Benevento. Il Foggia vince 2-0 e ritorna in serie B, dopo un solo anno di inferno in C1. Il Foggia dei miracoli di Zeman Nel 1989, con l'ingaggio dell'allenatore ceco Zdeněk Zeman, si aprì il periodo di massimo splendore per la società. Il calcio aggressivo e divertente dell'allenatore boemo era basato sul modulo tattico 4-3-3 a zona: squadra corta, pressing, tattica del fuorigioco e movimento frenetico sia dei giocatori che della palla. Dopo il ritorno in Serie A, nella stagione 1991-92 il Foggia dei miracoli dimostrò di essere competitivo con qualunque avversario e fu apprezzato dalla stampa, anche perché in grado di offrire spettacolo. Fu coniato il termine Zemanlandia per indicare la realtà costruita da Zeman. Anche dopo la cessione di molti calciatori di notevole qualità (tra cui gli attaccanti che costituivano un valido trio, Giuseppe Signori, Francesco Baiano e Roberto Rambaudi), sostituiti da giovani talenti, il Foggia concluse altri due campionati di Serie A nella zona centrale della classifica. Il passaggio di Zeman alla Lazio segnò la fine di Zemanlandia, nata dal felice connubio tra le idee innovative dell'allenatore, l'intraprendenza del presidente Pasquale Casillo ed il fine intuito del direttore sportivo Giuseppe Pavone: il suo successore, Enrico Catuzzi, non fu in grado di mantenere la squadra allo stesso livello. Doppia retrocessione e promozione in C1 Con la fine di questa era ebbe inizio il periodo buio del Foggia, che culminò con le retrocessioni consecutive in Serie C1, nel campionato cadetto 1997-1998, e in Serie C2, nel campionato di Serie C1 1998-1999. Dopo quattro anni di militanza nell'ultima serie professionistica, nella stagione 2002-2003 il Foggia del tecnico Pasquale Marino e dei "gioielli" Roberto De Zerbi e Michele Pazienza ritrovò l'assetto vincente e pervenne in modo convincente alla promozione in Serie C1. Dopo la stagione 2003-2004, terminata a metà classifica, ma carica di buoni propositi per quella seguente, il Foggia Calcio fallì per cause economiche, perdendo il tecnico Marino e tutti i giocatori migliori. La notizia gettò nello sconforto i tifosi, ma Giuseppe Coccimiglio prese in mano le redini della società e diede fiducia all'ambiente: la nuova società assunse il nome storico della squadra, Unione Sportiva Foggia, e fu in grado di mantenere la categoria di appartenenza. Dopo aver concluso altre due stagioni a metà classifica, cambiando cinque allenatori, Coccimiglio attirò su di sé le critiche dell'ambiente non pagando più gli stipendi, situazione che creò instabilità. Dopo una complessa trattativa, la società passò nel 2006 nelle mani di una compagine di imprenditori locali presieduti da Tullio Capobianco. La Serie C1 e la maledizione dei play-off Stagione 2006-2007 Dopo un possibile arrivo di Davide Ballardini sulla panchina rossonera, per la stagione 2006-07 il nuovo allenatore divenne Stefano Cuoghi, proveniente dalla , condusse a Foggia molti giocatori granata che con lui, la stagione precedente, avevano sfiorato la promozione in B. Il 21 gennaio 2007 Cuoghi venne esonerato dopo 6 partite senza vittoria consecutive: dal 23 gennaio il nuovo allenatore fu Salvo Fulvio D'Adderio, che nella stagione precedente aveva allenato il Manfredonia. Con D'Adderio la squadra ottenne la prima vittoria in Coppa Italia di Serie C, chiudendo con il 3-1 casalingo al Cuneo nella finale del 25 aprile 2007. La squadra concluse il torneo di Serie C1, Girone B, in quarta posizione a 59 punti, qualificandosi per i play-off. Nella semifinale di play-off contro la Cavese vinse l'andata per 5-2 in casa e perse per 3-1 a Cava dei Tirreni, accedendo dunque alla finale dei play-off. Nella finale di andata prevalse con il risultato di 1-0 contro l', mentre nel ritorno al Partenio fu sconfitto per 3-0 dopo i tempi supplementari. Stagione 2007-2008 In seguito alla sconfitta nella finale dei play-off, l'allenatore Salvo Fulvio D'Adderio fu sollevato dall'incarico e sostituito da Salvatore Campilongo, che quell'anno aveva allenato la Cavese. L'inizio della stagione è altalenante e il girone di andata si chiude a 21 punti, a 5 punti dalla zona salvezza. Nel girone di ritorno il Foggia ottiene dieci punti in cinque giornate, ma ciononostante il tecnico Campilongo viene esonerato, ed al suo posto arriva Giuseppe Galderisi: con lui la squadra ottiene 19 punti in otto giornate, risalendo fino al sesto posto, mentre nelle tre giornate successive si stabilisce nella zona play off. All'ultima giornata i rossoneri pareggiano 0-0 con la Ternana guadagnando, così, il 5º posto valido per la qualificazione ai play off. Il 18 maggio il Foggia affronta la Cremonese allo Zaccheria per disputare la semifinale play off di andata. La partita termina in parità, 0-0. Allo Stadio Giovanni Zini di Cremona la gara termina sull'1-1. Non essendo in vigore la regola dei gol in trasferta, è la Cremonese, in virtù del miglior piazzamento (quarto posto) ottenuto in stagione, ad accedere alla finale di play off. Stagione 2008-2009 Dopo l'assunzione del tecnico Raffaele Novelli, ed un inizio altalenante come l'anno precedente, viene eliminato al Primo turno in Coppa Italia dal Barletta e chiude il girone d'andata con 26 punti. Il Foggia, all'inizio del girone del ritorno ottiene una serie di nove risultati utili consecutivi, ottenendo 15 punti. La serie venne chiusa il 29 marzo 2009 con la sconfitta in trasferta contro l'Arezzo, ma ne ripartì una nuova la settimana seguente, battendo il e per sette settimane, fino alla fine del campionato, il Foggia continuò una nuova striscia di risultati utili. La sconfitta esterna con l'Arezzo risultò dunque l'unica nel girone di ritorno del Foggia, che stabilì il record di minor numero di sconfitte, con sei partite perse, come il Benevento. All'ultima giornata, contro il secondo in classifica, il Foggia, sfavorito dai pronostici,riuscì a vincere e a ottenere la quinta piazza in classifica, accedendo così ai play-off per il terzo anno di fila. Tuttavia i play-off per il Foggia furono ancora infausti: dopo il pareggio interno contro il Benevento per 0-0, fuori casa il club pugliese pareggiò per 2-2 e per la regola della posizione in classifica fu eliminato. Retrocessione sfiorata Stagione 2009-2010 Il 7 luglio 2009 l'incarico di allenatore fu affidato ad Antonio Porta e quello di vice-allenatore a Fabio Pecchia, che furono esonerati nel marzo 2011 dopo la sconfitta nel derby con l'Andria, a causa di una serie di risultati negativi. Il ruolo di allenatore fu assegnato a Guido Ugolotti, che rifondò il gruppo nel mercato di riparazione e riuscì a compiere la scalata dagli ultimi posti, mancando per un soffio la salvezza diretta. La squadra riuscì comunque a salvarsi ai play-out contro il Pescina, grazie a un gol dell'argentino Franco Caraccio negli ultimi minuti di una partita che sollevò più di un dubbio sul proprio regolare svolgimento (il match fu segnato da un clima di alta tensione, culminato con una minacciosa invasione di campo da parte dei tifosi locali). Al termine del campionato la dirigenza annunciò il proprio disimpegno dalla gestione societaria, mentre l'ex presidente degli anni d'oro Pasquale Casillo annunciò la propria volontà di tornare alla guida del club con una cordata di imprenditori. Intanto L'Energesco, società laziale per le energie rinnovabili, manifestò interesse per l'acquisizione del club dauno, ma si fece da parte poco dopo. A questo punto Casillo presentò una nuova offerta per la società (la prima era decaduta), mentre l'amministratore unico Francavilla iscrisse la squadra al campionato dopo il ricorso alla Covisoc. Dal ritorno di Casillo e Zeman al fallimento Stagione 2010-2011 Il 14 luglio 2010 l'imprenditore Pasquale Casillo, con il proprio gruppo, capeggiato dal figlio Gennaro, tornò alla guida del Foggia (la carica di presidente onorario fu affidata a Matteo Biancofiore), riportando Zdeněk Zeman in panchina e Giuseppe Pavone nel ruolo di direttore sportivo. Alla prima giornata del campionato di Lega Pro, il Foggia batté la Cavese per 3-0 con gol di Romagnoli, Varga e Sau, per poi subire due sconfitte contro (per 3-2) e (per 5-3). Una settimana dopo la squadra rossonera pareggiò per 4-4 contro il , dopo che i satanelli sul 2-4 erano rimasti in dieci uomini, sfiorando anche l'impresa di passare in vantaggio al 90'. Sette giorni più tardi il Foggia vinse in casa del per 2-1, grazie alle reti del bomber Marco Sau e di Lorenzo Insigne. I due andarono ancora in gol la domenica successiva (sesta giornata) in casa della , dove il Foggia si impose per 2-0. Nonostante l'impronta del tecnico boemo, la squadra, troppo giovane e inesperta, perse terreno nelle ultime giornate, non riuscendo a qualificarsi ai play-off. Il campionato finì con Sau capocanonniere del campionato con 20 reti. Il 23 maggio 2011 Zeman dichiarò in conferenza stampa l'intenzione di lasciare il club, poiché deluso dai risultati conseguiti. Malgrado i tentativi del presidente Casillo di far cambiare idea all'allenatore ceco, questi rimase fermo nella propria decisione. Stagione 2011-2012 La stagione 2011-2012 iniziò il 9 giugno con l'ingaggio del nuovo tecnico rossonero, Valter Bonacina, prelevato dalla Primavera dell'. La stagione si rilevò fallimentare, con la squadra costantemente in lotta per non retrocedere. Nel corso del campionato, Bonacina fu esonerato e sostituito da Paolo Stringara, a sua volta esonerato e sostituito dallo stesso Bonacina. La squadra fu anche penalizzata di 4 punti e chiuse una stagione molto deludente all'undicesimo posto, ad appena 2 punti dalla zona play-out. La società, in grave difficoltà da mesi, non si iscrisse al successivo campionato di Lega Pro. Risalita in Serie B, nuovo fallimento e ritorno Nell'estate del 2012, in ragione dell'esclusione dal professionismo dell'U.S. Foggia, dichiarata fallita il 15 luglio 2014 dal Tribunale di Foggia, fu fondata l'Associazione Calcistica Dilettantistica Foggia Calcio con l'intento di aderire all'articolo 52 comma 10 delle NOIF (Norme Organizzative Interne Federali) FIGC, richiamando idealmente la tradizione della vecchia compagine e quindi adottandone i colori sociali (con maglie a strisce rosse e nere). Con il direttore sportivo Giuseppe Di Bari, ex difensore del Foggia ai tempi della massima serie negli anni novanta, la squadra ottenne l'ammissione in Lega Pro Seconda Divisione (dalla Serie D, in cui era stata piazzata dalla federazione) nel 2013, e la qualificazione alla nuova terza serie, la Lega Pro, nel 2014. Nel frattempo, nell'estate 2013, con il ritorno nel professionismo, il club aveva mutato ragione sociale in Foggia Calcio S.r.l. Nel 2014 arrivò sulla panchina del Foggia Roberto De Zerbi, sotto la cui guida i rossoneri vinsero per la seconda volta la Coppa Italia di Lega Pro battendo nella doppia finale del 2015-2016 il . Nella stessa stagione, dopo aver concluso il gruppo C della Serie C al secondo posto dietro il , ebbero accesso ai play-off, dove eliminarono l' nel turno preliminare (vittoria per 2-0) e il in semifinale (vittorie per 2-3 e 2-1), ma l'obiettivo della promozione in Serie B fallì nella doppia finale contro il , vittorioso per 4-2 in casa prima del pareggio per 1-1 allo Zaccheria. Nell'agosto del 2016 la panchina dauna fu affidata ad un altro ex calciatore del Foggia, Giovanni Stroppa. Il 7 luglio 2015 la società acquisì il marchio storico del club scomparso due anni prima. Nel 2016-2017 i satanelli guadagnarono il primo posto nel proprio girone, che valse il ritorno in Serie B dopo 19 anni, assieme alla Supercoppa di Lega Pro, vinta dopo aver sconfitto il e nel triangolare tra le vincitrici dei gironi. Nella stagione 2017-2018, malgrado un inizio difficile, nella seconda parte di campionato la squadra allenata da Stroppa si risollevò fino a piazzarsi nona, sfiorando i play-off e ottenendo così una tranquilla salvezza. La stagione 2018-2019 si rivelò, invece, tribolata. Il Foggia, inizialmente penalizzato dalla giustizia sportiva di 15 punti, poi ridotti a 6 in appello, fece registrare 4 vittorie, 5 pareggi e 5 sconfitte sotto la guida del tecnico Gianluca Grassadonia, esonerato nel dicembre 2018 per fare spazio a Pasquale Padalino, di nuovo alla guida del Foggia dopo quattro anni, ma sollevato dall'incarico nel marzo 2019 dopo aver raccolto 12 punti in 12 giornate. Lo sostituì il rientrante Grassadonia, che tuttavia non evitò la retrocessione in Serie C, giunta all'ultima giornata a causa della sconfitta sul campo del . Il 25 luglio 2019, sulla base dell'articolo 52 comma 10 delle NOIF, il Comune di Foggia assegnò, con un bando pubblico, la tradizione sportiva alla neonata Calcio Foggia 1920 Società Sportiva Dilettantistica, che ereditò la tradizione sportiva cittadina. Alla direzione della società si insediò l'imprenditore sardo Roberto Felleca, mentre la conduzione tecnica fu assegnata ad Alessandro Faiolhe Amantino, che rassegnò le dimissioni dopo la prima giornata di campionato, lasciando il posto a Ninni Corda. La stagione fu sospesa nel marzo 2020 a causa della pandemia di COVID-19, con il Foggia primo in classifica nel girone H della Serie D con 54 punti raccolti in 26 giornate; stante la media punti dei rossoneri, superiore a quella di qualsiasi altra squadra del girone, il club pugliese fu dichiarato vincitore del campionato e ottenne la promozione in Serie C. La stagione sportiva 2020-2021 vede i calciatori indossare sulle maglie il logo celebrativo del centenario del club. L'annata inizia con una vittoria per 2-0 contro il , ma nelle successive quattro giornate il Foggia subisce quattro sconfitte. La striscia negativa dei foggiani termina con la vittoria nel derby d'Apulia (1-0 con gol realizzato da Alessio Curcio su rigore) contro il Bari. Noni in classifica, i satanelli centrano brillantemente l'obiettivo della salvezza e si qualificano ai play-off, nei quali escono al secondo turno dopo il derby contro il Bari. Il 26 giugno 2021 viene ufficializzato il ritorno sulla panchina del Foggia di Zdeněk Zeman, alla terza esperienza sulla panchina dauna. Dopo un importante calciomercato, la compagine foggiana esordisce allo Zaccheria per il primo turno della Coppa Italia Serie C 2021-2022 contro la Paganese, mentre in campionato l'esordio è all'Enrico Rocchi contro la neopromossa Monterosi Tuscia, con i dauni fermati sul pari. La stagione è molto altalenante, con l'alternanza di piazzamenti tra il quinto e nono posto. Settimo nella classifica finale, il club accede al primo turno dei play-off di Serie C. Dopo le vittorie nei doppi turni con Turris e Avellino, la corsa si ferma sul campo della Virtus Entella. Il 26 maggio 2022 Zdeněk Zeman lascia la panchina del Foggia e viene rimpiazzato da Roberto Boscaglia. A causa di risultati scadenti e in seguito alla sconfitta casalinga per 0-4 contro il del 24 settembre 2022, Boscaglia risolve il contratto con il club; la squadra viene provvisoriamente affidata al collaboratore tecnico Antonio Gentile, che esordisce perdendo per 1-0 sul campo del . Il 4 ottobre 2022 viene nominato nuovo tecnico del Foggia Fabio Gallo, che firma un contratto fino a fine stagione ed esordisce perdendo per 2-0 in trasferta contro la . Verso la fase finale della stagione Fabio Gallo rassegna le dimissioni e viene sostituito da Mario Somma, che si dimette poco dopo. La stagione viene quindi conclusa sotto la guida tecnica di Delio Rossi, che conduce i pugliesi al quarto posto, con qualificazione ai play-off. Al primo turno, dopo aver perso per 4-1 sul campo dell', il Foggia ribalta l'esito della qualificazione nella gara di ritorno, sconfiggendo i rivali per 3-0 allo Zaccheria e superando il turno in virtù della migliore posizione di classifica nella stagione regolare. L'avversaria del secondo turo è il , battuto per 1-0 all'andata in Puglia e bloccato sul 2-2 in Calabria e quindi eliminato. La semifinale, che vede il confronto con il Pescara del ex tecnico Zeman, si risolve in due pareggi, per 2-2 all'andata in Puglia e per 1-1 al ritorno in Abruzzo, così, dopo i tempi supplementari, si decide ai tiri di rigore, dove hanno la meglio i foggiani. La finale contro il , vede il Foggia sconfitto per 1-2 all'andata in casa.
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Birkir Bjarnason
È soprannominato Thor e il Vichingo. Caratteristiche tecniche Forte fisicamente e combattivo, duro nei contrasti, resistente, con buona elevazione e bravo anche in progressione. Sa sacrificarsi per gli equilibri tattici della squadra, abile negli inserimenti senza palla, riesce anche a coniugare una discreta tecnica con un'ottima fisicità che gli permette di non sprecare palloni. Calcia con entrambi i piedi essendo ambidestro, ma in zona gol riesce a rendersi pericoloso soprattutto di testa, qualità che sfrutta in entrambe le fasi di gioco offensiva e difensiva. Gioca principalmente come centrocampista, ma grazie alla sua duttilità può giocare anche come incontrista o mezz'ala sinistra Ha un buon dinamismo abbinato alla sua consistenza fisica. Carriera Club Gli inizi e il Viking Cresciuto nelle giovanili degli islandesi del Knattspyrnufélag Akureyrar prima e in quelle norvegesi dell'Austrått e del Figgjo poi, nell'estate 2005 viene acquistato dal Viking. Debutta in prima squadra il 30 novembre 2005, durante la gara di Coppa UEFA CSKA Sofia-Viking 2-0, subentrando al 79' a Trygve Nygaard. Il 9 aprile 2006 esordisce in Tippeligaen, giocando da titolare nel pareggio a reti inviolate contro lo HamKam. Il 17 settembre seguente realizza la sua prima rete nella massima divisione norvegese, siglando il gol del definitivo 3-1 contro lo Stabæk. Nella stagione seguente gioca solo 6 partite, di cui 5 da subentrante, totalizzando solamente 180 minuti effettivi di gioco. Il prestito al Bodø/Glimt e il ritorno al Viking Nel 2008, dopo 25 presenze ed un gol con il Viking, viene ceduto in prestito al Bodø/Glimt. Gioca il suo primo incontro con il nuovo club il 30 marzo, quando sostituisce Runar Berg nella gara vinta 2-0 contro il HamKam. Il 6 aprile segna la sua prima rete con la squadra di Bodø, nella partita persa per 3-1 in casa del Lyn. Chiude la stagione con 26 incontri totali disputati e 5 reti segnate. La stagione seguente torna al Viking dove riesce a ritagliarsi uno spazio importante nella formazione titolare. Nella prima stagione dal ritorno gioca 30 partite della Tippeligaen siglando 7 reti, riuscendo persino il 5 luglio 2009 a realizzare la sua prima doppietta da professionista durante la partita Viking-Lillestrøm 4-2. Nelle due stagioni successive gioca altre 50 partite, di cui 43 da titolare, mettendo a segno 8 gol. Il 31 dicembre 2011, non avendo rinnovato il suo contratto con i Di mørkeblå, va in scadenza e rimane svincolato. Standard Liegi e Pescara Il 13 gennaio 2012 si trasferisce in Belgio allo Standard Liegi. Disputa il suo primo incontro nella Pro League il 22 gennaio 2012, subentrando al 74º a Sébastien Pocognoli nel pareggio per 0-0 sul campo del Westerlo. Conclude la sua mezza stagione con i Les Rouches giocando 10 partite in Jupiler Pro League, 6 nei play-off, 3 di Europa League ed una di Coppa del Belgio. Nell'estate del 2012 passa in prestito alla società italiana del Pescara. Il 1º settembre gioca la sua prima partita di Serie A, venendo schierato nella formazione titolare che perde 3-0 contro il Torino. Il 2 dicembre 2012 allo Stadio San Paolo di Napoli realizza il suo primo gol in Italia nella partita Napoli-Pescara 5-1. Trova il suo secondo gol nel pareggio in trasferta sul campo del Palermo. A fine anno i Delfini, anche se retrocessi in Serie B, decidono di riscattare l'intero cartellino del giocatore. Sampdoria e il ritorno al Pescara La stagione seguente gioca da titolare la prima partita di campionato contro la Juve Stabia ma il 2 settembre 2013 la Sampdoria comunica di aver acquisito a titolo di compartecipazione, i diritti sportivi dell'islandese. Il 15 settembre seguente esordisce con la maglia blucerchiata giocando dal primo minuto il Derby della Lanterna contro il Genoa (0-3). Il 5 dicembre 2013 realizza invece la sua prima rete con i Doriani siglando il gol del momentaneo 2-0 nella sfida di Coppa Italia Samp-Verona 4-1. La stagione si conclude con 14 presenze in Campionato e 2 presenze ed un gol in Coppa Italia. Il 20 giugno 2014, la Sampdoria comunica di aver perso alle buste la metà del cartellino del giocatore, che torna così al Pescara a titolo definitivo. Il 16 agosto torna a giocare una partita ufficiale con i Biancazzurri, si tratta del secondo turno di Coppa Italia dove il Pescara affronta e vince ai rigori contro il Renate. Il 6 dicembre va in gol nel 4-0 del Pescara contro la Pro Vercelli. Il 7 febbraio segna a pochi minuti dallo scadere il gol del definitivo 1-1 contro il Cittadella. Il 24 maggio, all'ultima giornata di campionato, segna la sua prima doppietta in maglia biancoazzurra, nella partita vinta per 3-0 contro il . Segna ai preliminari vinti con il Perugia (2-1) e al ritorno delle semifinali pareggiato con il Vicenza (2-2), risultando importante per il raggiungimento della doppia finale persa con il Bologna, dove salterà il ritorno. In totale sono 12 i suoi gol tra campionato e play off nella sua migliore stagione a rivello realizzativo. Basilea Il 9 luglio 2015 viene acquistato dal , con cui firma un contratto triennale, per circa 2 milioni di euro, vincendo il campionato svizzero. Aston Villa Il 25 gennaio 2017 durante la sessione invernale di calciomercato passa all'Aston Villa squadra inglese militante in Championship (seconda serie inglese) per 3 milioni di euro, con cui firma un contratto di un anno e mezzo. Il 22 agosto 2017 segna la sua prima rete con la maglia dei Villans nella partita interna di English Football League Cup vinta 4-1 sul . Il 1º gennaio 2018 segna la sua prima rete in campionato nella vittoria per 5-0 contro il . Nell'agosto 2019 scade il proprio contratto con la squadra di Birmingham e rimane svincolato. Al Arabi Il 16 ottobre 2019 si accasa all'Al-Arabi, in Qatar, tramite un accordo trimestrale. Gioca 5 partite realizzando un gol, nella partita pareggiata per 2-2 contro l'Al-Wakrah, e a fine contratto rimane svincolato. Brescia Il 18 gennaio 2020 firma un contratto di diciotto mesi con il Brescia. Debutta con la squadra lombarda il giorno successivo, nel pareggio interno col Cagliari (2-2), giocando l'intero secondo tempo. Il primo gol con le rondinelle lo segna nella successiva stagione di Serie B, nella partita contro la Salernitana del 12 dicembre 2020, in cui segna la rete del definitivo 3-1 per i lombardi. Tuttavia, nella prima parte di stagione troverà poco spazio, venendo tuttavia rilanciato come titolare con l'arrivo di Clotet sulla panchina delle Rondinelle. Con il nuovo allenatore, ritroverà la sua forma ideale e chiuderà la stagione con 6 reti e 3 assist in 26 presenze, per la maggior parte nella seconda metà di stagione. Tuttavia, non rinnoverà il contratto con il Brescia che scadrà il 30 giugno 2021. Adana Demirspor e ancora al Viking Il 12 agosto 2021 firma per l'. Esordisce nella Super Lig il 20 agosto, nel pareggio interno con il Kayserispor (1-1). Il 18 settembre, nella prima partita da titolare, troverà il suo primo gol in Turchia, segnando il 3-1 finale ai danni del Caykur Rizespor. Chiuderà la prima stagione all'Adana Demirspor con 5 gol e 1 assist in 32 presenze. Il 31 marzo 2023 fa ritorno in Norvegia, al Viking, firmando un contratto annuale. Ritorno al Brescia Il 10 agosto 2023 viene ufficializzato il suo ritorno al Brescia. L'esordio-bis con le Rondinelle avviene il 3 settembre, in Brescia-Cosenza, proprio un suo gol decide l'incontro terminato 1-0. Nazionale Dopo aver giocato 22 partite con 5 gol tra Under-17 e Under-19, il 16 ottobre 2007 Birkir esordisce in Under-21 giocando da titolare la partita Islanda-Austria 1-1. Il 29 maggio 2010 esordisce invece in nazionale maggiore nella partita Islanda-Andorra 4-0, giocando gli interi 90 minuti di gioco. Nel giugno 2011 prende parte all'Europeo Under-21 giocando 3 partite della competizione e riuscendo il 18 giugno a segnare anche un gol nella partita vinta contro la Danimarca per 3 a 1. Il 27 maggio 2012 realizza la sua prima rete con la nazionale islandese, siglando il gol del provvisorio 1 a 0 nella partita Francia-Islanda 3-2. Birkir va a segno anche in altre tre occasioni: il 12 ottobre 2012 a Tirana in Albania-Islanda 1-2, il 7 giugno 2013 in Islanda-Slovenia 2-4 e il 10 settembre seguente nella partita vinta dall'Islanda 2-1 sull'Albania. Questa sua rete contro l'Albania è stata l'ultima fino al 28 marzo 2015, giorno in cui è tornato a segnare con l'Islanda realizzando una doppietta contro il Kazakistan. Viene convocato per gli Europei 2016 in Francia.. Il 14 giugno, nella partita di debutto contro il Portogallo, sigla il gol del definitivo 1-1; si tratta di un gol storico, in quanto è la prima marcatura in assoluto di un giocatore islandese in una grande competizione internazionale. Segna il suo secondo gol nel quarto di finale contro la Francia disputando un'ottima partita nonostante la sconfitta 5-2. Dopo avere segnato una rete nelle qualificazioni ai Mondiali 2018 nello 0-3 contro la Turchia, viene convocato per la manifestazione iridata in cui disputa tutte e 3 le gare della squadra che è stata eliminata al primo turno. Il 5 settembre 2021 raggiunge quota 100 presenze in nazionale in occasione del pareggio per 2-2 contro la . L'11 novembre seguente raggiunge quota 104 presenze in nazionale eguagliando il record di partite giocate con gli islandesi precedentemente detenuto da Rúnar Kristinsson in occasione della sfida pareggiata 0-0 in casa della . Tre giorni dopo diventa il capolista solitario partendo titolare nella sconfitta per 3-1 in casa della . Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 16 settembre 2023. Cronologia presenze e reti in nazionale Palmarès Club Competizioni nazionali Basilea: 2015-2016
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Ante Vukušić
Caratteristiche tecniche Nel 2010 è stato inserito nella lista dei migliori calciatori nati dopo il 1989 stilata da Don Balón. Le sue caratteristiche tecniche sono la velocità ed il dribbling. Carriera Club Hajduk Spalato Ha esordito in prima squadra il 22 aprile 2009 in una vittoria per 5-0 con il Croatia Sesvete. Mise a segno la sua prima rete il 31 maggio seguente nel 2-2 con la Dinamo Zagabria, nell'ultimo turno di campionato. Il 5 maggio 2010 aprì le marcature nel ritorno della finale di Coppa di Croazia, vinta per 2-0 con lo Šibenik; in virtù anche del 2-1 dell'andata, la coppa andò all'Hajduk. Il 9 agosto 2012 realizzò, su calcio di rigore, il primo dei due gol che permisero alla squadra di Spalato di vincere per 2-0 a San Siro con l'Inter nel ritorno del 3º turno preliminare di Europa League; la sua squadra però non passò il turno per il 3-0 nerazzurro dell'andata. Pescara Il 27 agosto 2012 viene acquistato dal Pescara appena promosso in Serie A per una cifra di 3,8 milioni di euro. Il 2 settembre 2012 fa il suo esordio in Serie A subentrando a Jonathas. Esordisce dal primo minuto il 16 settembre 2012 contro la Sampdoria. Il 9 dicembre 2012 realizza il primo ed unico gol con la maglia del Pescara nella partita Pescara-, gara terminata 2 a 0 per gli abruzzesi. Al termine della stagione il Pescara retrocede in Serie B e il giocatore finisce ai margini della rosa totalizzando soltanto 3 presenze, tutte da subentrato. Losanna Il 31 gennaio 2014 passa in prestito al Losanna. Esordisce in campionato con gli svizzeri il 16 febbraio 2014 nella gara contro lo Young Boys (5-3) andando subito in gol. Chiude il campionato con 13 presenze e 4 gol. Terminato il prestito, torna al Pescara. Waasland-Beveren Il 13 agosto 2014 la società abruzzese lo cede nuovamente in prestito, questa volta in Belgio al Waasland - Sportkring Beveren. Gioca la prima partita il 24 agosto nella sconfitta per 1-0 contro l'. Trova il suo primo gol nella vittoria esterna per 4-1 contro lo . Termina anticipatamente il prestito e così anche la sua stagione e a fine marzo torna al Pescara. Il 14 ottobre 2015 rescinde consensualmente il contratto che lo legava al club abruzzese fino al 2017. Messina Il 31 agosto 2021 torna in Italia, ingaggiato dal Messina. Il 19 settembre segna il suo primo gol con i siciliani, realizzando il gol vittoria sulla Virtus Francavilla. Tuzla City Il 28 febbraio 2022 firma fino al termine della stagione con il . Nazionale Il 15 agosto 2012 fa il suo esordio in Nazionale nell'amichevole contro la Svizzera, gara terminata 4 a 2 per gli elvetici. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 28 febbraio 2022. Cronologia presenze e reti in nazionale Palmarès Club Competizioni nazionali Hajduk Spalato: 2009-2010 Tosno: 2017-2018 Individuale Capocannoniere del campionato sloveno: 1 2019-2020 (26 gol)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Antonino%20Ragusa
Antonino Ragusa
Caratteristiche tecniche Gioca principalmente come esterno destro offensivo, ma può essere impiegato anche come trequartista o seconda punta, possiede una buona corsa, dimostrandosi abile soprattutto nel dribbling e nel contropiede.. Molto abile anche tecnicamente, da Gian Piero Gasperini fu soprannominato un piccolo Sculli e Ronzinante, per la sua facilità di corsa. Carriera Club Cresciuto a Trappitello, comincia a giocare a calcio nel settore giovanile del Giardini Naxos, società siciliana della medesima città messinese. Nel 2006 si trasferisce al , dove cresce ulteriormente mettendosi in mostra con la formazione Primavera nella stagione 2008-2009, dove fa coppia con Gianmarco Zigoni. Il 7 febbraio 2009 l'allenatore della prima squadra, Luca Gotti, lo fa esordire in Serie B nel corso della partita Rimini-Treviso (2-2). Genoa e il prestito alla Salernitana Al termine della stagione la società veneta non riesce ad evitare il fallimento, e il giocatore viene tesserato dal che lo inserisce nel proprio settore giovanile. Grazie al suo contributo (22 presenze e 4 reti) e a quello di giocatori come Stephan El Shaarawy e Diego Polenta la squadra allenata da Luca Chiappino trionfa in Campionato Primavera e si aggiudica anche la Supercoppa Primavera. Nella stagione 2010-2011 viene ceduto in prestito alla , in Lega Pro. Con 32 presenze e 7 gol nella stagione regolare si rivela come uno dei protagonisti della squadra, ma nonostante le ulteriori 4 partite disputate nei playoff, la squadra non riesce a conseguire la promozione in Serie B, persa nella doppia finale contro il . Reggina Torna dunque al , ma il 27 giugno 2011, dopo un forte interessamento della , passa in compartecipazione alla , ritrovando così Roberto Breda, già suo allenatore con la . Segna il suo primo gol in maglia amaranto il 26 settembre 2011 nella sconfitta per 3-2 contro l'Empoli e segna un'importante doppietta nel derby del sud il 9 ottobre, contro il . Durante la militanza nella formazione calabrese nasce il suo particolare modo di esultare dopo aver realizzato un gol, consistente in un salto terminante con un calcio contro la bandierina del calcio d'angolo. Il 24 giugno 2012 la esercita il diritto di riscatto, ma il lo controriscatta, riportandolo così a titolo definitivo nella propria squadra. Pescara, prestito alla Ternana e ritorno al Pescara Tornato al , nei primi giorni di luglio sembra imminente il suo passaggio alla , ma il giocatore rifiuta la destinazione. Il 30 luglio si trasferisce in compartecipazione al Pescara, neopromosso in Serie A. Il 31 agosto passa in prestito secco alla . Dopo una stagione sempre ad alto livello, colleziona 36 presenze e una rete risultando uno dei maggior trascinatori alla salvezza degli umbri. Fa ritorno al Pescara, sempre in comproprietà col . Terminato il prestito a Terni, fa ritorno al . Realizza il primo gol con la maglia degli abruzzesi il 17 agosto, nel terzo turno di Coppa Italia vinto per 2-1 contro il . Ritorno al Genoa e prestito al Vicenza Il 20 giugno 2014 Genoa e Pescara rinnovano la comproprietà del giocatore. La squadra abruzzese ne mantiene i diritti sportivi e lo gira ai rossoblù con la formula del prestito. Il 31 agosto fa il suo esordio nella massima serie entrando al secondo tempo nella prima partita di campionato in casa contro il , partita che terminerà 2-1 per i partenopei. Il 12 settembre dopo aver rinnovato il suo contratto col fino al 2017, passa in prestito secco al in Serie B. Esordisce in maglia biancorossa il 14 settembre in occasione della sconfitta interna (0-1) contro la . Segna la sua prima doppietta con i biancorossi contro il il 20 settembre. il 25 ottobre 2014 durante la partita -Vicenza si rompe il crociato anteriore destro. Chiude la stagione con 16 presenze e 3 gol, oltre due presenze nei play off, poi persi nel doppio confronto con il . Il 25 giugno 2015 termina ufficialmente la sua esperienza al Vicenza in quanto Antonino Ragusa viene riscattato completamente dal . Cesena Il 14 luglio 2015 viene ceduto a titolo definitivo al . Il 5 settembre 2015 segna il suo primo goal in bianconero in casa contro il Brescia. Realizza la sua prima doppietta in maglia bianconera il 19 settembre 2015 contro l'. Dopo 11 giornate di digiuno, torna ad esultare con un decisivo colpo di testa che decide la gara, nella partita vinta dai romagnoli contro il Pescara per 1-0. Contro il Novara segna un'altra rete decisiva su lancio di Falco insaccando con un potentissimo siluro sotto la traversa da posizione defilata. La vittoria contro i piemontesi sancisce matematicamente l'accesso ai Play Off per i romagnoli. La sua stagione al Cesena dura solo un anno, collezionando 41 presenze condite da 9 goal e 8 assist. Sassuolo Il 26 agosto 2016 viene ceduto al per 2.3 milioni di euro. Il 28 agosto esordisce nel match casalingo contro il Pescara, vinto per 2-1, ma in seguito a una irregolarità legata al suo schieramento il Sassuolo ha perso 3-0 a tavolino. Segna la sua prima rete col Sassuolo il 20 novembre 2016 nella partita persa 3-2 a Genova contro la Sampdoria. Il 24 novembre 2016 segna la sua prima rete in UEFA Europa League nella partita persa per 3-2 dal Sassuolo allo stadio San Mamés di Bilbao contro l'Athletic Club. Segna un'altra rete, il 4 dicembre 2016 contro l'Empoli, nella partita vinta dal Sassuolo per 3-0. Segna in totale 4 reti (in Serie A) al Sassuolo (tutte nella prima stagione), con cui termina la sua esperienza nell'estate 2018 dopo 2 anni. Verona e Spezia Il 3 agosto 2018 viene ufficializzato il suo trasferimento al , in prestito oneroso con obbligo di riscatto. Il 17 dicembre successivo, durante la partita di campionato giocata in casa contro il , subisce la rottura del legamento crociato del ginocchio destro, costringendolo ad uno stop forzato di almeno sei mesi. Quella è la sua ultima gara coi gialloblù che a fine anno ottengono la promozione. Nell'estate 2019 viene ceduto in prestito nuovamente in Serie B, allo Spezia. Segna la sua prima rete con la maglia dei liguri il 29 settembre successivo, nella sconfitta interna col Trapani (2-4). Il 9 novembre successivo, realizza la sua prima doppietta con la maglia aquilotta nella gara persa per 3-2 in trasferta contro il . Con 8 reti è stato (a pari merito con Emmanuel Gyasi) il miglior marcatore della sua squadra, che a fine anno ha raggiunto la promozione in massima serie. Brescia e rientro a Verona Il 1º ottobre 2020 viene ceduto nuovamente in prestito in cadetteria, questa volta al Brescia. Segna il suo primo gol con le Rondinelle il 5 dicembre successivo, in occasione della sconfitta per 2-1 contro la Reggina, sua ex squadra. Rientrato a Verona a fine stagione, segna il suo primo gol con gli scaligeri il 15 dicembre 2021, nella sconfitta interna di Coppa Italia contro l'Empoli per 3-4. Lecce e Messina Il 29 gennaio 2022 si trasferisce al , in Serie B, a titolo definitivo; debutta il 5 febbraio, da subentrante, nella trasferta di (1-1), e realizza il primo gol con i salentini in occasione del successo per 4-1 in casa della . Colleziona 15 presenze e una rete fino a maggio, quando i salentini, vincendo il campionato, vengono promossi in Serie A. Il 31 gennaio 2023 viene ingaggiato dal , squadra della sua città natale, in Serie C, firmando un contratto valido fino al 30 giugno 2024.. Il 13 maggio 2023 va a segno per la prima volta con la maglia peloritana nella sfida di ritorno dei playout contro la Gelbison (che all'andata aveva vinto 1-0), rete che risulterà decisiva per la permanenza in Serie C del Messina in virtù del miglior piazzamento in classifica. Nazionale Il 10 novembre 2011 ha esordito nella nazionale Under-21 italiana, disputando la partita di qualificazione agli Europei 2013 vinta per 2-0 sulla Turchia fornendo a Mattia Destro l'assist per il 2-0 finale. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 13 giugno 2023. Cronologia presenze e reti in nazionale Palmarès Competizioni giovanili Genoa: 2009 Genoa: 2009-2010 Competizioni nazionali Hellas Verona: 2018-2019 Spezia Calcio: 2019-2020 U.S. Lecce : 2021-2022
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https://it.wikipedia.org/wiki/Consegna%20della%20flotta%20italiana%20agli%20Alleati
Consegna della flotta italiana agli Alleati
La consegna della flotta italiana agli Alleati avvenuta durante la seconda guerra mondiale fu effettuata in base ad una delle condizioni imposte dall'armistizio di Cassibile all'Italia. Tale armistizio – che prevedeva la resa incondizionata delle forze armate italiane e, quindi, conteneva anche la clausola relativa al trasferimento della flotta, sia mercantile che militare, nei porti controllati dagli Alleati – fu firmato il 3 settembre 1943 e divenne pienamente operativo nella serata dell'8 settembre seguente, dopo l'annuncio del medesimo dato da Radio Algeri dal generale statunitense Dwight Eisenhower, confermato poco dopo dal proclama Badoglio. Gli Alleati tenevano molto a porre sotto il proprio controllo le navi da battaglia italiane, soprattutto le tre grandi corazzate Roma, Italia e Vittorio Veneto, basate a La Spezia: se esse fossero cadute nelle mani dei tedeschi, infatti, sarebbe stato necessario mantenere nel Mediterraneo le ingenti forze navali (soprattutto britanniche) necessarie a fronteggiarle, incluse corazzate e portaerei, che essi intendevano invece trasferire al più presto nel teatro del Pacifico per combattere il Giappone. Al momento dell'armistizio la Regia Marina italiana si ritrovò con ordini precisi da eseguire diramati da Supermarina (comando SUPERiore della Regia MARINA) che contemplavano il rispetto dell'armistizio e, quindi, il trasferimento della flotta. Escludendo la Xª Flottiglia MAS, che si divise in due tra chi continuò a essere fedele al Re e chi invece decise di continuare la guerra a fianco dei tedeschi, tre sommergibili stanziati in Estremo Oriente e le basi di sommergibili GAMMASOM a Gotenhafen e BETASOM a Bordeaux, e altre eccezioni minori, gran parte della flotta ubbidì agli ordini ricevuti e navigò verso i porti Alleati. La vicenda più nota della flotta italiana in questo frangente è l'affondamento da parte dell'aeronautica tedesca della corazzata Roma, gioiello della Regia Marina, uscita insieme al resto della Forza Navale da Battaglia da La Spezia. Il contesto dell'8 settembre 6-7 settembre Il ministro della marina (e capo di stato maggiore della Regia Marina, incarico, quest'ultimo, tenuto sino al dicembre del 1946, già sotto la denominazione di Marina Militare) italiano, ammiraglio Raffaele De Courten, era stato informato dell'armistizio, così come i suoi colleghi Antonio Sorice (ministro della guerra) e Renato Sandalli (ministro dell'aeronautica), lo stesso giorno della sua firma (3 settembre) direttamente dal capo del governo e maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, che fece giurare ai tre ministri di non farne parola con alcuno. Il 6 settembre De Courten ricevette dal capo di stato maggiore generale Vittorio Ambrosio il cosiddetto "promemoria Dick" (le istruzioni per il trasferimento delle navi da guerra e mercantili italiane), dal nome del commodoro che lo compilò il 4 settembre, Roger Dick, capo di stato maggiore dell'ammiraglio Andrew Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet britannica; questo promemoria elencava tutti i dettagli operativi di trasferimento della flotta italiana, previsti al punto 4 dell'armistizio breve. In particolare, i porti nei quali le navi da guerra italiane potevano recarsi erano Gibilterra, Palermo, Malta, Augusta, Tripoli, Haifa e Alessandria d'Egitto (punto 2 del promemoria), seguendo però rotte prestabilite e differenziate a seconda di dove si trovavano le imbarcazioni: tutte le navi militari di grandi dimensioni nel mar Tirreno dovevano arrivare a Bona, in Algeria, dove avrebbero ricevuto istruzioni per l'ulteriore rotta, mentre le piccole unità a sud del 42º parallelo (quelle a nord dovevano recarsi anch'esse a Bona) dovevano rimanere in porto, salvo salpare per Augusta nel caso ci fosse stato il pericolo di cattura da parte dei tedeschi. La destinazione delle navi ormeggiate nei porti orientali era invece direttamente Malta, mentre per quelle schierate nel mar Egeo era Haifa. Stesse disposizioni per i sommergibili, tranne per quelli in mare che dovevano navigare, in superficie, per il più vicino dei porti indicati nel punto 2. Sempre il 6 settembre De Courten, d'accordo con Ambrosio, diede disposizioni affinché per la mattina del 9 settembre fossero pronti a Civitavecchia due cacciatorpediniere (lUgolino Vivaldi del capitano di vascello Francesco Camicia e lAntonio da Noli del capitano di fregata Pio Valdambrini) per trasferire la famiglia reale a La Maddalena, in Sardegna. Due motoscafi avrebbero invece stazionato a Fiumicino, forse per traghettare a La Maddalena anche i vertici delle tre forze armate. De Courten convocò a Roma, per l'indomani 7 settembre, i propri ammiragli di squadra e di dipartimento marittimo, per metterli genericamente al corrente che con i tedeschi si era arrivati ai ferri corti, e occorreva prepararsi ad affrontarli se avessero tentato un colpo di mano, pur non rivelando nulla a riguardo sia dell'armistizio, sia del promemoria Dick (e, quindi, non fece nessun accenno sul previsto trasferimento delle navi nei porti Alleati). Per primo, alle ore 10:00, venne ricevuto l'ammiraglio Carlo Bergamini, comandante della Forza Navale da Battaglia di La Spezia a cui venne ordinato di concentrarsi a La Maddalena a protezione del governo e della corte, e a cui venne reso noto anche l'eventuale schema di autoaffondamento da attuare nel caso i tedeschi si fossero impossessati dei grandi porti, mettendo dunque la Forza Navale da Battaglia nella scomoda posizione di non sapere dove ormeggiare per non cadere in mano agli Alleati o ai tedeschi. Alla domanda di De Courten su quale fosse lo spirito degli uomini della flotta, Bergamini rispose che comandanti e ufficiali « erano consapevoli della realtà cui andavano incontro, ma che in tutti era fermissima la volontà di combattere fino all'estremo delle possibilità ». Il sottocapo di stato maggiore Luigi Sansonetti lesse poi gli ordini superiori che imponevano agli ammiragli, una volta ricevuto il messaggio "attuate misure ordine pubblico Promemoria n. 1 Comando Supremo", di ricoverare le navi da guerra nei porti di Sardegna, Corsica, Elba, Sebenico e Spalato, mentre quelle della flotta mercantile andavano condotte a sud di Livorno sul Tirreno, e di Ancona sull'Adriatico. Per De Courten, che fece affidamento su quanto gli venne detto da Ambrosio, i tempi previsti per l'applicazione di questo trasferimento erano tra il 10 e il 15 settembre, quando, cioè, si credeva fosse stato reso pubblico l'armistizio di Cassibile. Eppure Supermarina (Comando SUPERiore operativo della Regia MARINA), quando verso le 20:00 aveva ricevuto conferma che convogli Alleati stavano dirigendo verso le coste della Campania, evidentemente per sbarcare a Salerno, ordinò di spostare cinque vecchi sommergibili (H 1, H 2, H 4, H 6 e Francesco Rismondo) ad Ajaccio, le motonavi Vulcania e Saturnia a Venezia, e preallarmando immediatamente solo la corazzata Giulio Cesare, che si trovava a Pola, ed il Comando marina Maddalena. Nella notte tra il 7 e l'8 settembre il comandante in capo delle forze Alleate, il generale statunitense Dwight Eisenhower, rifiutò di concedere a re Vittorio Emanuele III, per trasferirsi a La Maddalena, la scorta delle navi più importanti riunite nella Forza Navale da Battaglia di La Spezia, dal momento che la misura del trasferimento delle navi nei porti controllati dagli Alleati era una misura politica discussa dai governi statunitense, britannico e sovietico, e pertanto non poteva farci nulla. Comunque, se il Re avesse avuto l'intenzione di recarsi ugualmente a La Maddalena, gli venne lasciato a disposizione per il trasferimento un incrociatore e quattro cacciatorpediniere italiani. Eisenhower inoltre, con lo sbarco a Salerno imminente, richiamò urgentemente Roma affinché rispettasse gli impegni presi firmando l'armistizio. 8 settembre: annuncio dell'armistizio Alle 09:30 dell'8 settembre arrivò a Roma la notizia che alle 07:30 navi nemiche dirette verso le coste di Salerno, erano state individuate dal posto di avvistamento di Capo Suvero. Supermarina, con messaggio di priorità PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute), inviò al comando delle Forze Navali da Battaglia l'ordine di approntamento in due ore, che comportava il trasferimento alle boe in rada delle navi dislocate a La Spezia e a Genova, per tenerle pronte a salpare. Benché alcune fonti riportino che questo ordine fu funzionale al contrasto dello sbarco degli Alleati a Salerno, nella realtà il messaggio di Supermarina conteneva solamente l'ordine di "Accendere e passare agli ormeggi in rada pronti in due ore con tutte unità (alt) 8ª Divisione [incrociatori] resti pronta in due ore a Genova". Occorreva infatti mettere le navi in condizioni di salpare per raggiungere i porti Alleati. Prime di dare l'ordine di partenza delle navi a Supermarina occorreva l'autorizzazione del generale Ambrosio, che a sua volta doveva ricevere il via libera da Badoglio. Quest'ultimo in quelle ore stava tentando di convincere il re Vittorio Emanuele III a non perdere altro tempo, e nel contempo cercava di trovargli una nuova destinazione, dopo che era sfumata la possibilità di raggiungere La Maddalena, in quanto, come aveva riferito il ministro della Real Casa Pietro d'Acquarone, il Sovrano non voleva « cadere in mano ai tedeschi » restando a Roma nel corso dei previsti combattimenti. De Courten parlò con Ambrosio, ma non fu impartito nessun ordine perché nel frattempo Eisenhower aveva fatto conoscere che la flotta italiana non doveva andare a La Maddalena, come richiesto da Roma, ma trasferirsi a Bona, come fissato dal promemoria Dick. Fu per questo motivo che alle 18:00 venne annullato l'ordine di trasferimento a La Maddalena delle navi cisterna acqua Volturno e Dalmazia con il carico completo. Nel frattempo Bergamini, giunto a La Spezia da Roma, era stato informato, dal suo capo di stato maggiore contrammiraglio Stanislao Caraciotti, degli ordini ricevuti da Supermarina per l'approntamento delle navi alla partenza. Alle 13:30 di quell'8 settembre secondo l'ammiraglio De Courten – alle 15:40 secondo un intercettato dell'OVRA (la polizia segreta) – il comandante delle Forze Navali da Battaglia fu chiamato al telefono da Sansonetti che lo invitò a prepararsi per due possibilità: o autoaffondare la flotta eseguendo l'ordine «Fuori, al largo, dovunque ti trovi», o trasferirla «quella notte o la notte dell'indomani». Visto che nel corso di un altro colloquio telefonico De Courten aveva parlato ad un riluttante Bergamini del promemoria Dick, probabilmente la seconda opzione di Sansonetti era intesa non certamente per andare a combattere a Salerno ma evidentemente per raggiungere i porti degli Alleati. Quando poi le stazioni radio degli Alleati cominciarono a trasmettere in via ufficiosa la notizia che l'Italia aveva firmato l'armistizio con le Nazioni Unite, l'ammiraglio Bergamini telefonò a Supermarina per sapere se la notizia era vera, ricevendo in risposta che lo era. Riferisce Sansonetti che il comandante della Forza Navale da Battaglia, dopo aver ricevuto alle ore 16:00 dell'8 settembre l'ordine di partenza per raggiungere Bona direttamente dal ministro della marina, si irritò nei confronti di Supermarina ma soprattutto di De Courten, accusandolo di aver avuto scarsa fiducia nei suoi confronti, poiché il giorno prima non lo aveva informato della « conclusione dell'armistizio »; e in un successivo colloquio telefonico con Sansonetti disse che « non intendeva assolutamente andare a fare il guardiano di navi in consegna al nemico ». In quel momento De Courten si era dovuto allontanare per raggiungere il palazzo del Quirinale, convocato presso il Re per il cosiddetto "consiglio della corona", fissato per le ore 18:00, dove poi arrivò la notizia che il generale Eisenhower aveva annunciato al mondo il concluso armistizio delle Nazioni Unite con l'Italia. Alle 18:30, ora italiana, Eisenhower dette ufficialmente la notizia dell'entrata in vigore dai microfoni di Radio Algeri dell'armistizio di Cassibile. In quel momento al consiglio della corona partecipavano, oltre al re Vittorio Emanuele III, il capo del governo Badoglio, il capo di stato maggiore generale Ambrosio, il ministro degli esteri Raffaele Guariglia, i tre ministri delle forze armate (De Courten, Sandalli e Sorice), il sottocapo di stato maggiore dell'esercito Giuseppe De Stefanis, il capo del Servizio informazioni militare e comandante del Corpo d'Armata Motocorazzato a difesa di Roma Giacomo Carboni, l'aiutante di campo del Re generale Paolo Puntoni, il ministro della Real Casa d'Acquarone e il maggiore Luigi Marchesi del comando supremo, tornato a Roma da Cassibile con i documenti armistiziali consegnati dagli anglo-americani. Dopo discussioni, a volte drammatiche (Badoglio fu messo sotto accusa per come aveva condotto le trattative con gli anglo-americani, tanto che lo stesso ammiraglio De Courten sostenne di dover sconfessare l'armistizio), il Re decise infine di rispettare la parola data agli Alleati con la firma del 3 settembre, e alle 19:42, come concordato con Eisenhower, il maresciallo Badoglio, con un breve proclama letto alla radio, informò la popolazione italiana dell'armistizio. Immediatamente dopo il consiglio della corona, i capi delle tre forze armate si recarono a palazzo Vidoni, dove Ambrosio fece loro consultare i documenti degli Alleati (poi trasmessi agli stati maggiori), riguardo alle varie clausole punitive per l'Italia, che per la loro durezza non aveva ancora fatto conoscere. Il ministro della marina scrisse che « la lettura di tali clausole per la parte che riguardava la Marina » gli « permisero di comprendere il significato del Promemoria Dick ». Discusse con Ambrosio sull'eventualità di autoaffondare la flotta, ma vi rinunciò dopo che il capo di stato maggiore generale gli aveva mostrato « un foglio aggiuntivo allegato al testo dell'armistizio » (memorandum di Quebec) « nel quale era esplicitamente affermato che il trattamento definitivo del quale avrebbe fruito l'Italia sarebbe stato connesso con la lealtà con la quale sarebbero state eseguite le clausole dell'armistizio ». Anche il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante delle forze tedesche in Italia, era venuto a sapere dell'armistizio italiano già prima dell'annuncio di Badoglio, grazie all'ascolto delle trasmissioni radio Alleate provenienti da Palermo. Nonostante l'iniziale scetticismo (il 3 settembre Badoglio aveva dato la sua parola d'onore al nuovo ambasciatore tedesco in Italia, Rudolf Rahn, che l'Italia sarebbe rimasta fedele alle potenze dell'Asse) Kesselring mise al corrente della notizia l'alto comando delle forze armate a Berlino che, da tempo preparato ad un evento del genere, diede a sua volta immediata esecuzione all'operazione Achse che in una decina di giorni neutralizzò le forze armate italiane schierate nei vari teatri bellici del Mediterraneo e occupò militarmente la penisola. Quando fu annunciato pubblicamente via radio l'armistizio dato da Eisenhower, Bergamini, riuniti i propri ufficiali, diede loro indicazione che le navi non cadessero né in mani tedesche, né Alleate, e fossero autoaffondate non appena si fosse profilato il pericolo di una cattura, all'arrivo dell'ordine "Raccomando Massimo riserbo". Bergamini contattò immediatamente Supermarina, parlando prima con Sansonetti e successivamente con De Courten, che diede la responsabilità delle mancate informazioni alla flotta ad « ordini superiori » ed insistette sul fatto che alla Regia Marina era richiesto « che le clausole dell'armistizio siano lealmente eseguite » (la flotta doveva cioè trasferirsi in zone controllate dagli Alleati, e non autoaffondarsi). La stessa richiesta fu reiterata a Bergamini da Sansonetti in una telefonata successiva, specificando chiaramente che l'opzione dell'autoaffondamento era stata scartata. Al ritorno dal consiglio della corona, De Courten ebbe un altro colloquio telefonico con Bergamini, in cui questi chiese addirittura l'esonero immediato dal comando in capo della flotta (richiesta respinta), esprimendo inoltre il proprio rammarico per non essere stato precedentemente informato dell'armistizio. De Courten, come egli stesso scrisse nelle sue memorie, si decise a comunicare al resto dei propri ufficiali comandanti le sue direttive circa l'entrata in vigore dell'armistizio per la Marina solo dopo aver preso parte al già citato consiglio della corona. La notizia dell'armistizio ascoltata alla radio, a cui si aggiunse in tutte le basi l'ordine del Re di salpare con tutte le navi per trasferirsi nei porti controllati dagli Alleati, provocò in alcuni casi la viva protesta degli equipaggi; ma a parte le proteste di alcuni ufficiali che rifiutarono di partire, in particolare a Taranto (l'ammiraglio Giovanni Galati, comandante del gruppo incrociatori, il capitano di vascello Baslini e il tenente di vascello Adorni), e di altri che avrebbero preferito affondare le proprie navi, non vi furono gravi incidenti, né tanto meno ammutinamenti. Il più grave dei tumulti si verificò sulla corazzata Giulio Cesare salpata da Pola, dove un gruppo di facinorosi rinchiuse nella sua cabina il comandante, capitano di vascello Vittore Carminati. La loro intenzione, non volendo consegnare la nave da battaglia agli Alleati, era di farla affondare al largo di Ortona, ma il resto dell'equipaggio non partecipò a quei disordini e il moto di ribellione fu domato. L'ordine di eseguire le condizioni dell'armistizio (e la trasmissione esplicita di queste condizioni) fu trasmesso alle Forze Navali da Battaglia alle 20:30, e Bergamini convocò per le 22:00 gli ammiragli ed i comandanti delle unità sul Vittorio Veneto (unica nave che aveva ancora i collegamenti telefonici con la terra) per spiegare il significato dell'armistizio e ciò che andava fatto (dirigersi a La Maddalena anziché autoaffondare le navi). Forse non potendo, o non volendo, fornire per ordini superiori informazioni sulla destinazione finale delle sue navi in un porto degli Alleati, si limitò a mettere al corrente i comandanti sulla situazione politica in atto; dopo lunghe discussioni, convinse i suoi ufficiali a ubbidire ad un ordine che arrivava direttamente dal Re particolarmente duro da accettare, rispondendo loro che non si poteva escludere che le navi fossero attaccate tanto dai tedeschi che dagli Alleati, e che pertanto bisognava essere pronti a reagire ad ogni offesa da chiunque fosse pervenuta. Dalle testimonianze del capitano di vascello Giuseppe Marini, comandante della 12ª Flottiglia cacciatorpediniere, e del capitano di fregata Antonio Raffai, comandante del cacciatorpediniere Velite, risulta che Bargamini affermò che se qualche comandante non si sentiva di partire, doveva dirlo subito, ma tutti rimasero in silenzio. Bergamini informò quindi i presenti che a breve avrebbe riparlato con De Courten, e che l'indomani mattina li avrebbe riuniti di nuovo per trasmettergli nuove eventuali comunicazioni. Evidentemente, Bergamini era convinto di poter rimanere a La Maddalena. Alquanto polemico sul comportamento di Bergamini riguardo alla sua conoscenza sull'armistizio si mostrò nel dopoguerra l'ammiraglio Romeo Oliva, Comandante della 7ª Divisione navale, il quale scrisse in una nota inviata a De Courten, che egli ormai sapeva tutto ma durante il rapporto « non disse niente né agli Ammiragli né ai Comandanti ». Alle 23:00, dopo un ultimo tempestoso colloquio con Bergamini, De Courten convinse definitivamente il suo interlocutore a lasciare La Spezia, autorizzandolo a recarsi a La Maddalena, dove si sarebbe trovato anche il Re, il quale, tuttavia, stava già cercando un'altra destinazione. La presenza del Re a La Maddalena era infatti una scappatoia fatta da un disperato De Courten al solo scopo di convincere Bergamini a partire, evidentemente per evitare ulteriori complicazioni con gli Alleati nel rispetto degli accordi sull'armistizio. La fuga di De Courten All'alba del 9 settembre De Courten fuggì da Roma insieme alla famiglia reale, a Badoglio e ad altre personalità militari. La Maddalena era stata scartata per il pericolo di essere intercettati nella strada da Roma per il Tirreno dalle unità tedesche (Ostia infatti venne occupata la sera dell'8 settembre) e per il già citato divieto emanato da Eisenhower di servirsi della Forza Navale da Battaglia come scorta durante la navigazione. De Courten giunse quindi verso le 16:00 all'aeroporto di Pescara, dove partecipò a un improvvisato consiglio della corona che optò alla fine per trasferirsi via mare a Bari o a Brindisi (dietro le linee Alleate ma nominalmente in mani italiane), imbarcandosi nel porto di Ortona. Al contrario della famiglia reale che tornò nel castello ducale di Crecchio, vicino a Ortona, Badoglio e De Courten rimasero a Pescara, imbarcandosi per primi nella corvetta Baionetta proveniente da Pola che, assieme alla corvetta Scimitarra (da Brindisi) e all'incrociatore Scipione Africano (da Taranto), alle 06:30 di quel 9 settembre aveva ricevuto da Supermarina l'ordine di dirigersi verso il litorale abruzzese. La Baionetta, con a bordo De Courten e Badoglio, nei primi minuti del 10 settembre stazionò al largo di Ortona recuperando con dei motopescherecci i reali e poche altre persone, mentre la Scimitarra, giunta alle 07:00 della mattina, non trovando nessuno da imbarcare ripartì arrivando a Taranto verso le 11:00 dell'11 settembre. Fino a quel momento la Regia Marina era stata non solo l'unica forza armata che si era schierata compatta con il Re, ma che aveva mantenuto l'efficienza logistica e di comando attraverso il centro operativo dello stato maggiore, che continuò a funzionare da una stazione radio sotterranea della via Cassia grazie al sottocapo di stato maggiore Sansonetti, che ripassò il comando a De Courten il 12 settembre. Nonostante la frammentarietà e l'impossibilità di verificare le informazioni che riceveva, Sansonetti riuscì a tenere i contatti radio con le navi che si stavano trasferendo nei porti Alleati. Ad esempio, quando alle 11:45 del 9 settembre l'ammiraglio Bruto Brivonesi, comandante di Marina Taranto, richiese a Supermarina di conoscere le clausole dell'armistizio, di cui si lamentò di non sapere anche il comandante di Marina Maddalena, alle 12:30 Supermarina compilò un messaggio PAPA da trasmettere a tutti i principali comandi (Marina Taranto, La Spezia, Venezia, Napoli e Albania) in cui si portava a conoscenza: Nelle ore successive questo messaggio circolare fu ripetutamente trasmesso, a partire dalle 14:15 e fino alle ore 00:38 del 10 settembre, a tutte le autorità, a terra e in mare. Dislocazione della flotta all'8 settembre Le unità della flotta presenti nel Mediterraneo all'8 settembre avevano questa dislocazione La Spezia IX Divisione corazzate: navi da battaglia (Vittorio Veneto, Italia, Roma, Gorizia - incrociatore) VII divisione: incrociatori (Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli) Gruppo cacciatorpediniere di squadra (Attilio Regolo - incrociatore facente parte della VII divisione incrociatori) X Squadriglia: cacciatorpediniere (Grecale, aggregato temporaneamente alla XIV Squadriglia, Velite, aggregato temporaneamente alla XI Squadriglia) XI Squadriglia: cacciatorpediniere (Mitragliere, Carabiniere, Fuciliere) 14ª squadra: cacciatorpediniere (Legionario, Artigliere, Alfredo Oriani) XVI Squadriglia cacciatorpediniere (Ugolino Vivaldi, Nicolò Zeno - non pronto, Antonio da Noli, Dardo - non pronto) XXI squadriglia: cacciatorpediniere (FR 21, FR 22) IV Squadriglia: torpediniere (Pegaso, Procione - non pronta, Orsa, Orione) V squadriglia: torpediniere (Ariete) VI Squadriglia: torpediniere (Impetuoso, Indomito, Impavido, pronta in efficienza ridotta, Ghibli, non pronta) 1º gruppo torpediniere (Generale Carlo Montanari, non pronta, Antonio Mosto, Generale Antonio Cascino, non pronta, Giacinto Carini) I Gruppo sommergibili (Ambra, Antonio Bajamonti entrambi non pronti) Lira, non pronta, in forza alla II Squadriglia torpediniere Ardimentoso, pronta in efficienza ridotta, in forza alla III Squadriglia torpediniere Persefone, ai lavori, in forza alla I Squadriglia corvette Folaga, in forza alla II Squadriglia corvette Euterpe, ai lavori, in forza alla 2ª Squadra corvette FR 51, ai lavori, in forza all'XI Squadriglia corvette Sirena, ai lavori, in forza al 5º Gruppo sommergibili Volframio, non pronto, in forza al 7º Gruppo sommergibili Anteo (nave di salvataggio), non pronta Genova VIII divisione: incrociatori Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi II squadriglia torpediniere (Libra) Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, pronto, in forza alla VII divisione: incrociatori Maestrale, ai lavori, in forza alla X Squadriglia cacciatorpediniere Corazziere, ai lavori, in forza alla XI Squadriglia cacciatorpediniere Premuda, ai lavori, in forza alla XI Squadriglia cacciatorpediniere Animoso - pronta, in forza alla II Squadra torpediniere Generale Achille Papa, ai lavori, in forza al III Gruppo torpediniere Aradam e FR 113, ai lavori, in forza al II Gruppo sommergibili Toscana Livorno Antilope, Camoscio e Artemide, tutte ai lavori, in forza alla I Squadriglia corvette Portoferraio Ape, in forza alla II Squadriglia corvette Sardegna La Maddalena 2ª squadra corvette (Minerva, Danaide) Filippo Corridoni, in forza al IV gruppo sommergibili Antonio Pacinotti (nave appoggio) Porto Conte Ibis, in forza alla I Squadriglia corvette Corsica Bastia III Squadriglia torpediniere (Aliseo, Ardito) Cormorano, in forza alla II Squadriglia corvette Bonifacio Francesco Rismondo e H 6, in forza al I gruppo sommergibili Aiaccio H 1, H 2 e H 4, in forza al I gruppo sommergibili Campania Napoli Partenope - ai lavori, in forza alla II squadriglia torpediniere Giuseppe La Masa - ai lavori, in forza al 2º gruppo torpediniere Pozzuoli II gruppo torpediniere (Nicola Fabrizi) Calliope, in forza alla II squadriglia torpediniere FR 115, non pronto, in forza alla 2ª squadra sommergibili Vespa, corvetta non assegnata a squadriglie Gaeta 1ª Squadra corvette (Gabbiano, Pellicano, Gru) Axum, pronto in efficienza ridotta, in forza alla II squadriglia sommergibili Quarnaro (nave officina), non pronta Castellammare di Stabia FR 114, ai lavori, in forza alla II squadriglia sommergibili Taranto V Divisione navi da battaglia (Duilio, Andrea Doria) Gruppo incrociatori leggeri (Luigi Cadorna, Pompeo Magno, Scipione Africano) XV Squadriglia cacciatorpediniere (Nicoloso da Recco, Granatiere, FR 23, FR 31, ai lavori) I Squadriglia torpediniere (Sirio, Sagittario, Clio, Aretusa, Cassiopea, ai lavori) IV Gruppo sommergibili (Atropo, Giovanni da Procida, non pronto, Tito Speri, non pronto in riserva) III Squadriglia corvette (Driade, ai lavori, Flora) Enrico Dandolo, ai lavori, in forza al VII gruppo sommergibili Murena e Sparide, non pronti, non assegnati ai gruppi sommergibili Brindisi III Gruppo torpediniere (Giuseppe Sirtori, Francesco Stocco, Enrico Cosenz) IV Squadra corvette (Chimera, Sibilla, Fenice) Luciano Manara, non pronto, in forza al IX gruppo sommergibili Pomona, in forza alla III squadriglia corvette Venezia Sebenico - non pronto, in forza alla I squadriglia cacciatorpediniere Quintino Sella, in forza alla IV squadriglia cacciatorpediniere Nautilo, in efficienza ridotta, non assegnato a gruppi sommergibili Audace, non pronta, in forza al IV gruppo torpediniere Giuseppe Miraglia (nave approggio idrovolanti), non pronta Nave scuola Marco Polo Trieste Berenice, corvetta non assegnata a squadriglie Navi scuola Colombo, Vespucci e Palinuro Monfalcone Beilul, ai lavori, in forza al V gruppo sommergibili Argo, ai lavori, in forza al VII gruppo sommergibili Pola XII gruppo sommergibili e Scuola sommergibili (Goffredo Mameli, Vettor Pisani, Serpente) Insidioso, in forza al IV gruppo torpediniere Giulio Cesare (corazzata), a equipaggio ridotto, in forza alla V Divisione corazzate Baionetta e Urania, corvette in addestramento II squadriglia sommergibili classe CB, CB 7-12 Fiume Antonio Pigafetta, ai lavori, in forza alla XV Squadriglia cacciatorpediniere Giuseppe Dezza, ai lavori, in forza al III gruppo torpediniere T 3, ai lavori, in forza al IV gruppo torpediniere Otaria, Ruggiero Settimo, in forza al IV Gruppo sommergibili Ametista, in forza al V Gruppo sommergibili Dalmazia Cattaro Giuseppe Cesare Abba, in forza al III gruppo torpediniere Rosolino Pilo, in forza al IV gruppo torpediniere T 1, in forza al V gruppo torpediniere Spalato 5º gruppo torpediniere (Ernesto Giovannini, T 5) Sebeneico T 6, in forza al V gruppo torpediniere Ragusa T 8, in forza al V gruppo torpediniere Gravosa T 7, in forza al 5º gruppo torpediniere Durazzo Giuseppe Missori, in forza al II gruppo torpediniere Sfinge, in forza alla III squadriglia corvette Scimitarra, in forza alla IV squadriglia corvette Grecia Pireo XVI Squadriglia torpediniere (San Martino, Calatafimi) Francesco Crispi e Turbine, in forza alla IV Squadriglia cacciatorpediniere Patrasso Monzambano, in forza alla XVI Squadriglia torpediniere Suda Solferino, Castelfidardo, entrambe in forza alla XVI Squadriglia torpediniere Lero Euro, in forza alla IV squadra cacciatorpediniere Volta (nave appoggio) In navigazione Alagi, Diaspro, Galatea, Topazio, Turchese, Marea, Vortice, in missione di guerra, in forza alla II squadriglia sommergibili Bragadino, Ciro Menotti, Luigi Settembrini, Zoea in missione di guerra, in forza alla IV squadriglia sommergibili Onice, in missione di guerra, in forza al V gruppo sommergibili, ma aggregatro al IX gruppo sommergibili Benedetto Brin, Giada, Nichelio, Platino, in forza al VII gruppo sommergibili Fratelli Bandiera, Jalea, Squalo, in missione di guerra, in forza al IX gruppo sommergibili Augusto Riboty da Venezia a Bari, in forza alla I squadriglia cacciatorpediniere Oltre a queste unità erano disponibili circa 90 MAS e motosiluranti a: La Spezia (1ª Flottiglia MAS e X Flottiglia MAS) Basso Tirreno (2ª Flottiglia MAS) Mar Egeo (3ª Flottiglia MAS) Mar Jonio (4ª Flottiglia MAS) Sardegna (5ª Flottiglia MAS) Grecia (6ª Flottiglia MAS) Dalmazia (7ª Squadriglia autonoma MAS) Provenza (23ª Squadriglia autonoma MAS) Pola (Flottiglia addestramento MAS) Movimenti della flotta italiana Forze navali da battaglia a La Spezia Movimenti iniziali L'ordine di partenza delle Forze Navali da Battaglia, con destinazione La Maddalena, fu trasmesso da Supermarina alle 23:45 dell'8 settembre e fu attuato dall'ammiraglio Bergamini dalla corazzata Roma su cui aveva issato le sue insegne, alle 01:45 del 9 settembre, quando le unità efficienti delle Forze Navali da Battaglia cominciarono a muovere: in tutto erano tre corazzate (Roma, Italia e Vittorio Veneto della IX Divisione navale), quattro incrociatori (Raimondo Montecuccoli, Eugenio di Savoia, Duca d'Aosta e Attilio Regolo della VII Divisione incrociatori), otto cacciatorpediniere (Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite della XII Squadriglia e Legionario, Oriani, Artigliere e Grecale della XIV Squadriglia) e cinque torpediniere (Pegaso, Orsa, Orione, Ardimentoso e Impetuoso). Tuttavia, occorsero ancora due ore prima che l'ultima nave, la Vittorio Veneto (nave di bandiera del comandante la IX Divisione navale, ammiraglio Enrico Accorretti), uscisse dal porto di La Spezia. L'ordine di partenza fu inviato per conoscenza alle 04:04 dal Comando marina di La Spezia a Supermarina, che, però, non lo decrittò fino alle 04:22, quindi diciotto minuti dopo che la flotta aveva già lasciato il porto ligure. Poche ore dopo i reparti tedeschi fecero irruzione nella base. Rispetto a quanto previsto nel promemoria Dick per la partenza delle navi, subito dopo il tramonto del sole per avere l'indomani la scorta aerea degli Alleati al largo di Bona ed incontrarsi con una formazione navale britannica (Force H) comprendente due corazzate e sette cacciatorpediniere, la Forza Navale da Battaglia aveva accumulato un ritardo di circa sei-sette ore che, come si vedrà, fu fatale per gli attacchi aerei tedeschi, che sorpresero le navi in mare aperto e senza nessuna scorta aerea. Le cause del ritardo sono imputabili, oltre alle estenuanti discussioni tra De Courten e Bergamini, anche alla dichiarazione dell'armistizio avvenuta improvvisamente il pomeriggio dell'8 settembre, che non permise, a detta del sottocapo di stato maggiore della marina Sansonetti, di « seguire strettamente » le norme del promemoria Dick, « tanto più che dovevano partire le navi effettivamente pronte, ma anche quelle non pronte ma approntabili rapidamente. Per conseguenza, era stato deciso di far sostare la Squadra [navale di La Spezia] a La Maddalena nel pomeriggio del 9 e farla ripartire di li a notte. » Dopo una notte di navigazione tranquilla, con mare calmo e luce lunare, circa alle 06:30 la formazione si congiunse al largo di Capo Corso con le forze provenienti da Genova (VIII Divisione incrociatori su Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi), proseguendo in un'unica formazione con rotta sud lungo la costa occidentale della Corsica. La squadra era ripartita in cinque colonne: le torpediniere, tranne la Libra, navigavano a qualche miglio di distanza di prora al resto della flotta, che aveva gli incrociatori divisi su due colonne, preceduti dalla stessa Libra, e con i cacciatorpediniere disposti sui fianchi; seguivano in posizione centrale rispetto alle due colonne degli incrociatori, le corazzate. Per premunirsi dagli attacchi aerei tedeschi Bergamini alle 04:13 segnalò a tutte le navi della sua formazione di fare « attenzione agli aerosiluranti all'alba » e alle 07:07 aggiunse: « Massima attenzione a tutti ». Alle 07:27, con messaggio compilato dall'ammiraglio Sansonetti, lasciato da De Courten a Roma a dirigere Supermarina, fu trasmesso al Comando Forze Navali da Battaglia, Marina Taranto e Comando 5ª Divisione corazzate (Taranto): "[...] Truppe tedesche marciano su Roma (alt) Fra poco Supermarina potrà non poter comunicare (alt) Per ordine del Re eseguite lealmente clausole armistizio (alt) Con questa leale esecuzione la Marina renderà altissimo servizio al Paese (alt) De Courten". Alle 09:01 il centro radiotelegrafico di Roma trasmise al Comando della 5ª Divisione corazzate e al Comando delle Forze Navali da Battaglia un ordine compilato per Supermarina da De Courten, che al momento si trovava in viaggio con il Re per Pescara: "[...] Esecutivo promemoria ordine pubblico n. 1 (uno) Comando Supremo alt In quanto non contrasta con clausole Armistizio [...]". Era questo l'ordine che per la prima volta invitava apertamente a reagire contro i tedeschi. Esso era stato diramato tardivamente quando ormai il Sovrano si trovava vicino a Pescara. Il messaggio di De Courten fu poi ritrasmesso da Supermarina a tutte le autorità e comandi della marina, a terra e in mare. Sempre intorno alle 09:00 Supermarina informò il comandante della base di La Maddalena, ammiraglio Bruno Brivonesi, dell'arrivo all'isola delle Forze Navali da Battaglia « verso le 14:00 » e che le istruzioni relative al trasferimento a Bona avrebbero dovuto essere consegnate a Bergamini appena questi avesse ormeggiato la squadra a terra. Alle 09:41 un ricognitore tedesco Junkers Ju 88 avvistò la Forza Navale da Battaglia al largo della costa occidentale della Corsica. Tra le 09:45 e le 10:56 si verificarono quattro allarmi per l'avvistamento di altrettanti ricognitori, tre britannici e uno tedesco, che si mantennero fuori tiro. In seguito a ciò, la corazzata Roma chiese a Supermarina la protezione della caccia, richiesta che l'ammiraglio Sansonetti, informato sui movimenti dei velivoli tedeschi tenuti sotto controllo dall'intercettazione delle loro trasmissioni radio, alle 10:30 passò a Superaereo, il quale dispose che vi provvedessero gli aerei della Sardegna, senza però dargli le giuste informazioni: ossia specificare che le navi italiane non percorrevano il mar Tirreno ma che transitavano a ponente della Corsica. Ne conseguì che quando alle 12:13 decollarono, al comando del capitano Remo Mezzani, quattro caccia Macchi M.C.202 dell'83ª Squadriglia del 13º Gruppo Caccia, essi ricercarono la flotta italiana al largo della costa occidentale della Corsica per poi rientrare alle 14:10, dopo aver sorvolato l'ancoraggio di La Maddalena, senza aver incontrato le navi che erano in ritardo di navigazione, e della cui rotta i piloti non conoscevano le esatte coordinate avendo ricevuto alla partenza soltanto notizie alquanto generiche e approssimative. Alle 11:50 fu diramato in linguaggio chiaro a tutte le navi e a tutti i comandi della marina un proclama del ministro De Courten per incoraggiare gli uomini e spiegargli che era necessario deporre le armi, lodandoli inoltre per l'impegno profuso durante la guerra. Questo proclama, compilato quasi dieci ore prima dell'inizio della trasmissione, fu ritrasmesso varie volte nelle ore seguenti e anche nella giornata dell'indomani 10 settembre. La situazione dell'Italia in quel momento fece apparire il messaggio spiritualmente appropriato e giustificato, ma giunse agli uomini della Regia Marina tardi, dopo che fu accertato che il Re si trovava al sicuro, lontano da Roma, e che le basi di La Spezia e Napoli erano già entrate in possesso della Wehrmacht. Alle 12:10 Bergamini, dopo aver ricevuto dell'ammiraglio Brivonesi la segnalazione che la sosta della flotta a La Maddalena doveva essere breve, trasmise a tutte le unità i punti di ormeggio in rada, e successivamente comunicò di segnalare quale era, per ogni nave, la rimanenza di acqua. Brivonesi, quando comprese che le navi di Bergamini, dovendo proseguire per Bona, potevano evitare la sosta a La Maddalena, propose a Supermarina di autorizzarlo ad inviare al Roma le istruzioni con un mezzo veloce a sua disposizione, ma l'ammiraglio Carlo Giartosio, sottocapo di stato maggiore aggiunto della marina (vice di Sansonetti), forse perché non sapeva cosa volesse fare l'ammiraglio Bergamini che non aveva dato il ricevuto a quattro messaggi inviatigli, confermò a Brivonesi di consegnare le istruzioni dopo l'arrivo della flotta. Alle 13:05 il Vittorio Veneto fu informato da un messaggio della corvetta Danaide dell'occupazione di La Maddalena (in realtà era stato occupato solo il centro di comando e la stazione radio da un massimo di 200 soldati delle unità Brandenburg sbarcati da alcuni trasporti provenienti da Palau, nonostante la guarnigione italiana fosse forte di oltre 10.000 uomini, sufficientemente armati e protetti da alcune navi in rada). Brivonesi, con il consenso del comandante tedesco capitano di fregata Helmut Hunaeus, mise Supermarina al corrente della sua posizione di prigioniero di guerra, pregando Sansonetti di riferire la stessa cosa a Bergamini, con tutti i rischi che la nuova situazione comportava. Alle 13:16 Sansonetti fece trasmettere alle Forze Navali da Battaglia l'ordine di dirigere direttamente su Bona invece che sulla Maddalena. Questo ordine, tuttavia, non poté essere decifrato dalla corazzata Roma per mancanza di una tabella di decifrazione. Se il messaggio fosse giunto a Bergamini trasmesso con altra tabella, egli avrebbe proseguito direttamente per Bona, saltando la sosta a La Maddalena. Quest'ordine poteva essere consegnato direttamente allo stesso Bergamini dopo la riunione degli ammiragli a Roma del 7 settembre, ma così non fu, probabilmente perché a Supermarina si sapeva benissimo quale fosse il pensiero di Bergamini riguardo alle proprie navi, che egli avrebbe voluto autoaffondare invece di consegnarle agli Alleati. I dettagli di navigazione e i segni distintivi di riconoscimento da usare per raggiungere Bona arrivarono al Roma solo alle 14:24, quando la Forza Navale da Battaglia si trovava ad est dell'Asinara. Bergamini, quindi, salpando da La Spezia, non era ancora stato autorizzato ad innalzare sugli alberi delle sue navi il pannello nero e a pitturare sui ponti gli altri segni distintivi fissati dagli Alleati nel promemoria Dick. I sospetti secondo cui le intenzioni dell'ammiraglio fossero quelle di non voler rispettare gli ordini ricevuti di andare a Bona sono quindi infondati. Allo stesso tempo arrivò la notizia che La Maddalena era stata occupata. Alle 14:27 il Vittorio Veneto intercettò un messaggio diretto ai cacciatorpediniere Vivaldi e Da Noli e per conoscenza al Comando delle Forze Navali da Battaglia, in cui Supermarina ordinava di uscire dalle Bocche di Bonifacio e di attaccare tutto il naviglio tedesco avvistato fra la Sardegna e la Corsica; in seguito a questo messaggio alle 14:41 Bergamini ordinò alle proprie forze, con le navi che procedevano in linea di fila per la presenza di campi minati, un'accostata a un tempo per 180° con nuova rotta a nord-ovest, confermando Supermarina dell'avvenuto cambiamento di rotta e, quindi, di voler ubbidire all'ordine di andare a Bona. Il Roma passò dalla testa alla coda della formazione delle corazzate, che aveva ridotto ulteriormente la velocità a 18 nodi. Prima del Roma, in ordine, stavano lItalia e il Vittorio Veneto, mentre a seguire c'erano sei incrociatori, otto cacciatorpediniere e cinque torpediniere. La formazione molto allungata, la meno adatta a fronteggiare un attacco aereo, si era resa necessaria sempre per minimizzare i rischi di incappare in qualche mina. Forze aeree tedesche La Luftwaffe, l'aeronautica militare tedesca, aveva disponibile nella penisola italiana, in Sardegna e in Corsica, la Luftflotte 2 (2ª flotta aerea) del Generalfeldmarschall Wolfram von Richthofen. Ad esso non vennero assegnate speciali disposizioni per attaccare le navi italiane, sebbene la sera dell'8 settembre il comando supremo delle forze aeree ordinò di dare attuazione all'operazione Achse, la quale specificava, tra le altre cose, che « le navi da guerra italiane che fuggono o provino a passare dalla parte del nemico devono essere costrette a ritornare in porto, o essere distrutte. » Quando la sera dell'8 settembre, nell'imminenza dello sbarco degli anglo-americani sulle coste di Salerno, i tedeschi conobbero da Radio Algeri l'avvenuta entrata in vigore dell'armistizio, molti di loro considerarono la resa dell'alleato come un "voltafaccia"; addirittura il comandante della marina germanica in Italia, ammiraglio Wilhelm Meendsen-Bohlken giunse a definirlo «un meschino tradimento». I tedeschi, impegnati a contrastare lo sbarco degli Alleati a Salerno, non si trovarono in condizione di reagire in massa con l'aviazione contro i porti dell'ex alleato durante quella notte; né poterono impedire la partenza delle navi italiane facendo affluire davanti a quegli stessi porti lo scarso naviglio offensivo a disposizione (in particolare i sommergibili e le motosiluranti), posare sbarramenti minati, ed avanzare celermente con le truppe di terra. Ne conseguì, almeno per le molte unità efficienti della flotta italiana, la possibilità di prendere il mare dalle loro basi navali, in ottemperanza alle disposizioni dell'armistizio contenute nel noto promemoria Dick e diramate dall'ammiraglio Sansonetti nelle prime ore del 9 settembre. Comunque, la reazione tedesca fu ovunque così pronta ed efficace che, praticamente, le Forze Navali da Battaglia ed altre unità minori uscirono da La Spezia appena in tempo per non esservi bloccate, mentre quelle di Genova, salvo l'VIII Divisione incrociatori, restarono nel porto e furono catturate. In quel momento l'unità aerea della Luftwaffe più vicina alle Forze Navali da Battaglia era la 2ª Fliegerdivision (2ª divisione aerea) del General der Flieger Johannes Fink, facente parte organicamente della Luftflotte 2, ma alle dirette dipendenze territoriali del Generalfeldmarschall Hugo Sperrle, comandante della Luftflotte 3 dislocata negli aeroporti della Francia e dei Paesi Bassi. Il compito di attaccare la flotta italiana partita da La Spezia fu assegnato al maggiore Fritz Auffhammer, comandante del Kampfgeschwader 100 "Wiking" (KG 100 – 100º stormo da bombardamento) che per l'occasione era stato messo temporaneamente alle dipendenze territoriali della Luftflotte 2. Il KG 100 aveva immediatamente disponibili il II e III gruppo (II./KG 100 e III./KG 100), dislocati rispettivamente a Cognac e Istres, due cittadine della Provenza. Il capitano Franz Hollweck, comandante del II gruppo, e il maggiore Bernhard Jope, comandante del III gruppo, avevano in carico bombardieri Dornier Do 217 caricabili con bombe convenzionali o con speciali missili aria-superficie radiocomandati, gli Henschel Hs 293, o, ancora, con bombe plananti perforanti Ruhrstahl SD 1400 (dette anche "Fritz" o "PC 1400 X"), costruite appositamente per la lotta antinave. Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni storici, entrambi gli ordigni speciali erano già stati usati dalla Luftwaffe contro obiettivi Alleati nell'estate del 1943, ottenendo scarsi risultati la Fritz e distruggendo uno sloop e danneggiando un cacciatorpediniere l'Hs 293. Attacco aereo tedesco e affondamento della Roma Dalle ore 14:00 decollarono in tre ondate, da Istres, ventotto Do 217 (undici del II./KG 100 e diciassette del III./KG 100) per dirigersi verso le navi italiane. Non decollarono invece, per motivi ignoti, gli aerosiluranti del I e III gruppo del Kampfgeschwader 26, anch'essi disponibili in Provenza e sottoposti alla 2ª Fliegerdivision. Poco prima delle ore 14:00 del 9 settembre, il cacciatorpediniere Legionario (capitano di vascello Amleto Baldo) segnalò aerei allo zenit, riconoscendoli per tedeschi. Nessuna segnalazione preventiva era stata fatta dai mediocri radiolocalizzatori EC3/ter «Gufo» (italiani) e Dete (tedeschi) di cui erano dotate quasi tutte le navi. Secondo il rapporto del comando della VII Divisione navale, sull'incrociatore Eugenio di Savoia l'allarme a vista scattò alle 15:10. Doveva trattarsi di un ricognitore tedesco, che alle 15:15 segnalò la flotta italiana, come costituita da tre navi da battaglia, sei incrociatori e sei cacciatorpediniere, con rotta sud a circa 20 miglia a sud-ovest di Bonifacio. Alle 15:37 la formazione navale venne attaccata per la prima volta da undici Do 217 del III./KG 100 (dalle navi italiane scambiati erroneamente per Ju 88), al comando del maggiore Bernhard Jope. In seguito, gli equipaggi tedeschi affermarono di aver inquadrato due corazzate ed un incrociatore con tre bombe e di aver centrato con altre tre bombe due corazzate, su una delle quali fu vista una grande esplosione. Queste valutazioni risultarono quasi esatte. Nel primo passaggio sopra le navi italiane cinque Do 217 riuscirono a far cadere una bomba a una cinquantina di metri dalla prora dellEugenio di Savoia e un'altra a pochissima distanza dalla poppa della corazzata Italia, causando, con la concussione dell'esplosione in acqua, la momentanea avaria del timone principale. La corazzata Roma non rappresentò il bersaglio di questo primo passaggio, ed è quindi da escludere che a colpire la nave sia stato il velivolo del maggiore Jope, come più volte sostenuto da giornalisti e storici. La reazione della contraerea italiana non fu adeguata alla situazione: stando alla Commissione d'inchiesta speciale della marina italiana, questo fu dovuto alla velocità e all'angolo (80° invece dei 60° previsti in un attacco convenzionale) con cui la Luftwaffe condusse l'attacco. Alle 15:46 il Roma venne colpito da una bomba perforante teleguidata "Fritz" sganciata da uno dei tre aerei della 7ª Staffel (squadriglia) del III./KG 100, al comando del tenente Ernst Michelis. La bomba partita dal Dornier del diciannovenne tenente pilota Klaus Duemling, alla sua prima missione di guerra, scese, guidata dal puntatore sottufficiale Penz, dai 7.000 metri fino a perforare il ponte corazzato della nave da battaglia esplodendo sotto lo scafo, aprendovi una grossa falla e provocando l'arresto di due caldaie con conseguente riduzione della velocità della nave a sedici nodi. La già citata Commissione d'inchiesta speciale stabilì che in questo frangente il tiro contraereo del Roma fu abbastanza rapido (sei salve con i cannoni da 90 mm), considerando che i calibri da 152 mm non poterono essere usati perché il loro alzo non gli permise di inquadrare gli aerei. A questo punto sopraggiunsero tre Dornier dell'11ª Staffel del III./KG 100, agli ordini del capitano Heinrich Schmetz, sempre alla quota di 7.000 metri dove le granate italiane non potevano arrivare. Il sergente Kurt Steinborn manovrò il suo bombardiere per permettere al puntatore, sergente Eugen Degan, di inquadrare la nave più grande della formazione italiana, vale a dire il Roma: alle 15:52 l'ordigno colpì la nave italiana a prua, sotto il torrione comando e vicino ad un deposito di cariche di lancio dei proietti. L'incendio che si sviluppò generò un altissimo calore che avvolse tutto il torrione comando, determinando la morte pressoché istantanea di tutti quelli che si trovavano nelle plance "ammiraglio" e "comandante", compresi l'ammiraglio Bergamini, il suo capo di stato maggiore contrammiraglio Stanislao Caraciotti e il comandante della nave, capitano di vascello Adone Del Cima. Alle 16:12 la corazzata si capovolse, per poi spezzarsi in due tronconi che, fotografati da un aereo britannico, affondarono dopo tre minuti. Stando alle testimonianze dei marinai a bordo dell'incrociatore Duca degli Abruzzi quando il Roma venne colpito furono viste solo due enormi fiammate, senza rumore di scoppio. La Commissione d'inchiesta speciale concluse quindi che il munizionamento deflagrò invece di esplodere, evitando quindi l'immediata scomparsa della corazzata e la perdita di tutto l'equipaggio. Le perdite totali furono di 1.392 uomini. Come determinò la Commissione d'inchiesta, la mancanza di un'azione di comando dovuta alla scomparsa degli ufficiali nel torrione di comando impedì il rapido abbandono della nave, che alla fine fu ordinato dal tenente di vascello Agostino Incisa della Rocchetta. La Commissione lodò il comportamento dell'equipaggio e non mosse nessun addebito nei confronti dei vertici militari a bordo del Roma. Alle 16:29, quando la corazzata Roma era già affondata, l'unità gemella Italia del capitano di vascello Sabato Bottiglieri venne danneggiata da una bomba "Fritz" lanciata probabilmente da un ritardatario Dornier dell'11ª Staffel, che perforò il castello, la coperta e la murata del primo corridoio esplodendo quindi in mare, causando uno squarcio di circa ventuno metri per nove. Nonostante avesse imbarcato 1.246 tonnellate d'acqua (830 dopo l'esplosione e 416 per controbilanciare la stabilità della nave), lItalia riuscì a continuare la navigazione mantenendo la velocità di 24 nodi della squadra navale, salvo ridurla in seguito a 22 nodi. La Luftwaffe ebbe a soffrire la perdita di un solo Dornier Do 217 della 4ª Staffel del II./KG 100, finito in mare mentre rientrava in Francia dalla missione. Perirono tutti i quattro membri dell'equipaggio, incluso il tenente pilota Erhard Helbig. La perdita di Bergamini e di tutto il suo Stato maggiore comportò la perdita di tutte le istruzioni trasmesse direttamente all'ammiraglio, che questi non aveva diramato ai comandi in sottordine. Il comando delle Forze Navali da Battaglia passò all'ammiraglio Romeo Oliva, comandante più anziano in mare. Oliva, dopo una discussione con l'ammiraglio Luigi Biancheri, comandante dell'VIII divisione incrociatori, che voleva rientrare a La Spezia per evitare la resa, diede ordine di far rotta su Bona. Nel corso della giornata la Luftwaffe attaccò le navi italiane anche una seconda e una terza volta, come dimostrano i rapporti caduti in mano britannica dopo la fine della guerra. La seconda incursione avvenne tra le 19:30 e le 19:34 da un'altitudine tra i 1.300 e i 1.700 metri, e in questa occasione furono sganciate, dai Do 217 del II./KG 100, sette missili Hs 293. Fu ritenuto che uno di questi missili avesse colpito il fianco di un cacciatorpediniere. Un altro missile cadde a cinque metri da un incrociatore e un'esplosione fu osservata a prora di quella nave. Un terzo missile cadde tra i cinque e i dieci metri da un altro incrociatore, ma non ebbe effetti apparenti. Il terzo e ultimo attacco si verificò tra le 19:20 e le 19:40, e vi parteciparono sei Do 217 del III./KG 100 che dopo essere rientrati alla base dal primo attacco si erano riforniti ad Istres e ripartiti per ripetere l'azione, suddivisi in due formazioni di tre velivoli. La prima formazione non riuscì ad individuare le corazzate italiane e sganciò le bombe PC 1400 X da un'altezza di 7.000 metri contro una squadra di incrociatori a dieci miglia a nord-nordovest da Punta Caprera, ma gli equipaggi dei Do 217 non osservarono colpi a segno, secondo loro perché due delle tre bombe ebbero un mal funzionamento a causa di problemi tecnici. La seconda formazione del III./KG 100 individuò ed attaccò a venti miglia a nord-ovest di Alghero la forza navale italiana, osservando una PC 1400 X colpire una nave da battaglia, e gli equipaggi dei velivoli dichiararono che essa era in fiamme. Il colpo a segno fu osservato da un aereo da ricognizione tedesco che, nel fare un servizio di mantenimento del contatto, alle 19:40 notò diverse esplosioni, ma soltanto su un incrociatore che poi fu visto arrestarsi in precarie condizioni. In realtà, nel corso degli ultimi due attacchi vi fu molto ottimismo da parte degli equipaggi degli aerei tedeschi, poiché non vi furono colpi a segno sulle navi italiane, che sfuggirono alle bombe guidate con abili manovre dirette dai loro comandanti. Dopo il successo contro la flotta italiana il maggiore Bernhar Jope venne nominato comandante del KG 100, sostituito alla guida del III gruppo dal maggiore Gerhard Döhler. Il maggiore Fritz Auffhammer, per far posto a Jope, fu mandato in Unione Sovietica a comandare il Kampfgeschwader 3 "Blitz", mentre a comandare il II./KG.100 fu destinato il capitano Heinz Molinnus, che subentrò al capitano Franz Hollweg. Alle 04:49 del 10 settembre Oliva diede l'ordine di dipingere i cerchi neri e di alzare a riva i pannelli neri richiesti dagli Alleati come segno di resa. L'ordine era stato trasmesso alle 14:24 del 9 da Supermarina al Roma con un cifrario non in possesso dei comandi di divisione, e pertanto questi ultimi erano rimasti all'oscuro. Dopo la perdita della corazzata l'ordine fu ripetuto da Roma a tutte le navi, compresi i sommergibili, e ai comandi periferici. Alle 08:38 la forza navale incontrò a nord di Bona una forza navale britannica a cui erano stati aggregati i cacciatorpediniere e Le Terrible in rappresentanza delle marine greca e francese che volevano presenziare alla resa italiana. Nelle sue seguenti osservazioni sullo svolgimento e sulle conseguenze degli attacchi tedeschi, Oliva criticò i vertici della Marina per non aver saputo sfruttare la protezione aerea che Superaereo aveva fornito dalla primavera del 1943, spendendo simili parole anche per il mancato ordine di decollo al primo allarme dei Reggiane Re.2000 imbarcati nelle tre corazzate. Oliva disse invece che nel corso degli attacchi aerei « tutte le unità hanno sempre manovrato con prontezza e decisione e ciascuna per proprio conto » visto che l'iniziale disposizione delle imbarcazioni su una lunga fila impediva manovre d'insieme. Questo fatto, a detta dell'ammiraglio Oliva, si dimostrò « molto efficace ed ha consentito agli incrociatori di evitare parecchie bombe ad essi dirette. » Di diverso avviso fu invece il capitano di fregata Marco Notarbartolo, che nel suo "rapporto di navigazione" stilato il 22 settembre 1943 scrisse che le forze navali « hanno scarsamente reagito con la manovra all'azione avversaria. [...] Le due accostate ad un tempo durante la prima fase dell'attacco hanno portato [...] a inopportuni avvicinamenti tra le unità » mentre, per quanto concerne il tiro contraereo, questo fu « alquanto fiacco e disordinato e quindi inefficace » e gli scoppi delle granate « erano radi e assai distanziati da essi [gli aerei tedeschi] ». L'affondamento dei cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Antonio da Noli I cacciatorpediniere della classe Navigatori Ugolino Vivaldi e Antonio da Noli, avevano lasciato La Spezia la sera dell'8 settembre con destinazione Civitavecchia, dove si sarebbero dovuti imbarcare il Re e il governo per raggiungere La Maddalena, ma essendo stata l'isola occupata dai tedeschi, venne deciso che il Re si recasse a Brindisi e le due unità, ormai in prossimità del porto laziale, ricevettero il contrordine di ricongiungersi con la squadra partita da La Spezia e proseguire per Bona, ma costrette a passare attraverso le Bocche di Bonifacio le due unità vennero attaccate dalle batterie di cannoni da 88 mm tedeschi posizionate in Sardegna e in Corsica. LAntonio da Noli, ripetutamente colpito, affondò poco dopo a causa di una mina di uno sbarramento realizzato il 26 agosto, a sud di Capo Fenu, dai posamine Pommern e Brandenburg, causando la morte di circa 228 uomini su 267 dell'equipaggio, tra cui il comandante capitano di vascello Pio Valdambrini. Il capitano di vascello Francesco Camicia, comandante dellUgolino Vivaldi, proseguì con la nave gravemente danneggiata verso ovest, ma venne colpito da un missile aria-superficie Henschel Hs 293 radiocomandato da un solitario Dornier Do 217 del II./KG 100, per poi affondare l'indomani 10 settembre 50 miglia a ponente del golfo dell'Asinara. Ventuno uomini dellAntonio da Noli furono recuperati il 10 settembre da un idrovolante tedesco Dornier Do 24 (altri tre Do 24 impegnati nell'opera di salvataggio furono incendiati e distrutti dopo l'ammaraggio da un velivolo B-24 Liberator statunitense). Il 12 settembre il sommergibile britannico raccolse quarantadue uomini dellAntonio da Noli, e il 15 settembre la motozattera Mz.780 (guardiamarina Alfonso Fappiano) raccolse altri sette uomini dellUgolino Vivaldi portandoli poi alle Baleari. Il trasporto dei naufraghi alle Baleari I comandanti delle torpediniere Pegaso e Impetuoso, Riccardo Imperiali e la medaglia d'oro Cigala Fulgosi, dopo aver soccorso i naufraghi della corazzata Roma trasportandone i feriti alle Baleari, e aver usufruito delle 24 ore di ospitalità regolamentari, l'11 settembre 1943, al momento di ripartire, invece di navigare verso il punto di consegna delle loro navi, rifiutarono di consegnarle agli inglesi autoaffondandole all'uscita del porto. Per contro l'incrociatore Attilio Regolo e i tre cacciatorpediniere Mitragliere, Fuciliere e Carabiniere, che avevano anch'essi trasportato alle Baleari naufraghi della Roma, vennero internati, dopo che al Regolo vennero sabotate le turbine per evitarne la consegna agli Alleati. In base alla convenzione dell'Aia del 1907, le navi militari di stati belligeranti non potevano restare più di 24 ore nei porti di uno stato neutrale, salvo avarie o impossibilità dovuta alle condizioni del mare, e potevano rifornirsi nei porti neutrali solo per le necessità normali del tempo di pace, potendo quindi fare scorta di combustibile solo per raggiungere il porto più vicino del proprio Stato. Superate le 24 ore, lo Stato neutrale, previa notificazione, aveva il diritto e il dovere di trattenere la nave con il suo equipaggio per tutta la durata del conflitto. Il comandante Marini chiese immediatamente rifornimento di nafta e acqua che gli spagnoli con vari espedienti non concessero. Nel primo pomeriggio del 10 settembre vennero sbarcati e trasportati all'ospedale 133 tra feriti e ustionati. Nella notte tra il 10 e l'11 settembre, a bordo del Regolo, per evitare che al momento di lasciare le acque spagnole la nave fosse consegnata agli Alleati, alcuni componenti dell'equipaggio sabotarono le turbine, e nella stessa notte i comandanti del Pegaso e dellImpetuoso (Imperiali e Cigala Fulgosi), sempre per evitare l'eventuale consegna agli Alleati o la cattura dei tedeschi o l'internamento delle loro navi, dopo avere sbarcato i feriti lasciarono gli ormeggi alle 03:00 del mattino dell'11 settembre ed autoaffondarono le due unità, i cui equipaggi raggiunsero terra con le imbarcazioni di bordo e furono internati. Anche lOrsa, rimasta a Pollensa, venne internata con il suo equipaggio ancora prima che fossero trascorse le 24 ore di sosta nel porto, e nel pomeriggio dell'11 settembre le autorità spagnole comunicarono al comandante Marini che le navi, non avendo lasciato gli ormeggi entro le previste 24 ore, erano sotto sequestro per ordine del governo spagnolo. I mesi che seguirono l'internamento furono carichi di tensione. Il clima venne appesantito anche a causa dell'astio che militari e civili spagnoli di fede falangista covavano verso gli equipaggi delle navi, ritenuti badogliani. Nel gennaio 1944 i naufraghi della corazzata e gli equipaggi di Pegaso e Impetuoso vennero ospitati in un albergo di Caldes de Malavella (Catalogna), dove vennero organizzati ed inquadrati sotto i comandanti Imperiali e Cigala Fulgosi fino al loro rimpatrio, avvenuto nell'estate 1944, poco dopo la liberazione di Roma. Il 22 giugno 1944 le autorità spagnole tennero a Caldes de Malavella (dov'erano internati i naufraghi di Roma, Pegaso, Impetuoso ed alcuni superstiti del Vivaldi) una consultazione; ad ogni ufficiale e marinaio venne chiesto di scegliere tra il Regno del Sud e la Repubblica Sociale Italiana. I votanti sarebbero stati poi rimpatriati attraverso la frontiera con la Francia, se avessero optato per la RSI, oppure via nave attraverso Gibilterra, se avessero scelto il Regno del Sud. Su 1013 votanti, 994 optarono per il Regno del Sud e 19 per la RSI. Dopo molte trattative diplomatiche le navi vennero autorizzate a lasciare le acque spagnole il 15 gennaio 1945, e giunsero a Taranto il 23 gennaio. La base di Taranto L'ordine di approntare le navi della 5ª divisione, dislocata a Taranto, giunse da Supermarina con un messaggio trasmesso alle 20.51 dell'8 settembre. In seguito alla comunicazione della cessazione delle ostilità, trasmessa da Supermarina a Marina Taranto alle 24.00, mezz'ora dopo l'ammiraglio Bruto Brivonesi, comandante di Marina Taranto, informava i comandanti in mare (Da Zara e Galati) che le unità non dovevano essere consegnate a "militari di altre nazioni" senza ulteriori ordini e che, in caso non fosse possibile opporsi [a tentativi di abbordaggio], dovevano essere affondate. La mattina del 9 settembre, alle 7.27 Sansonetti (rimasto a Roma, in quanto De Courten era in viaggio per Pescara) trasmetteva a Taranto l'ordine di "eseguire lealmente le clausole dell'armistizio", mentre ordinava all'incrociatore di Scipione Africano di muovere a 28 nodi per Pescara. L'ordine di muovere per Malta e le istruzioni per i segnali di riconoscimento furono trasmessi a Taranto alle 9.20 dello stesso giorno. In seguito a queste notizie il contrammiraglio Giovanni Galati, comandante di un gruppo di incrociatori, rifiutò la resa e dichiarò che non avrebbe mai consegnato le navi ai britannici a Malta, mostrando l'intenzione di salpare per il Nord, o per cercare un'ultima battaglia, o per autoaffondare le navi. L'ammiraglio Brivonesi, suo superiore, dopo aver tentato invano di convincerlo ad ubbedire agli ordini del Re, al quale aveva prestato giuramento, lo fece mettere agli arresti in fortezza, insieme a Galati furono sbarcati il Capitano di vascello Baslini ed il Tenente di vascello Adorni, che si erano rifiutati di consegnare agli alleati le navi al loro comando. Così solo alle 17.00 poté partire l'ammiraglio Da Zara con le corazzate Duilio e Doria e «sarà anche il primo ad entrare a La Valletta, con il pennello nero del lutto sui pennoni». L'ammiraglio Galati la sera del 13 settembre venne condotto a Brindisi, portato alla presenza dell'ammiraglio De Courten e al termine del colloquio il giorno dopo venne reintegrato. L'ammiraglio Galati era uno dei giovani e brillanti ammiragli con un passato militare di prim'ordine Solo a guerra finita, l'ammiraglio Galati seppe che a ordinare la sospensione di qualsiasi processo era stato il Re in persona, che aveva ritenuto necessario che il suo primo atto di Regno del Sud nascesse sotto il segno della conciliazione. Pola Il più grave dei tumulti che fecero seguito alla notizia dell'armistizio e all'ordine di salpare per navigare verso i porti degli Alleati si verificò a bordo della corazzata Giulio Cesare, partita la mattina del 9 settembre da Pola, dove si trovava in cantiere. Parte dell'equipaggio, compresi il direttore di macchina, quattro ufficiali e alcuni sottufficiali, una volta capito che la destinazione sarebbe stata la base navale britannica di Malta, decise di affondare la corazzata al largo di Ortona per non consegnarla agli Alleati. Il gruppo rinchiuse nella sua cabina il comandante, capitano di vascello Vittore Carminati, ma il resto dell'equipaggio non partecipò ai disordini. Carminati, dopo una notte di trattative ed un messaggio delle 09:40 in cui Supermarina assicurava che « in clausole armistizio è esclusa cessione navi o abbassamento bandiera », riuscì a riprendere il controllo della situazione raggiungendo Taranto, proseguendo poi per Malta. Bastia Il 9 settembre 1943 il capitano di fregata Carlo Fecia di Cossato, già esperto sommergibilista dell'Atlantico decorato dai tedeschi con la Croce di Cavaliere, al comando della torpediniera Aliseo, invertì la rotta della sua nave dopo l'uscita dal porto di Bastia (Corsica) per soccorrere la torpediniera Ardito, danneggiata e catturata da dieci unità tedesche. Di Cossato e il suo equipaggio, sostenuti a maggiore distanza dalla corvetta Cormorano, affondarono due cacciasommergibili (UJ 2203 e UJ 2219) e, in seguito e grazie anche al fuoco dalle batterie costiere, cinque motozattere (F 366, F 387, F 459, F 612 e F 629) danneggiandone altre tre, evitando la cattura dellArdito e riuscendo a navigare a Palermo, raggiungendo quindi il resto della flotta italiana a Malta. Per l'episodio e per il suo passato da abile comandante di sommergibili, il 27 maggio 1949 di Cossato venne premiato con la medaglia d'oro al valor militare postuma. La X Flottiglia MAS La X MAS si divise in due con una parte, tra cui il capitano di vascello Ernesto Forza, rimase fedele al Regno d'Italia formando l'unità speciale denominata Mariassalto e l'altra al seguito del comandante della X MAS Junio Valerio Borghese decise di continuare la guerra contro gli alleati. Oceano Atlantico Al momento dell'armistizio a Bordeaux presso la base navale di Betasom, comandata dal capitano di vascello Enzo Grossi, che aderì alla Repubblica Sociale Italiana, erano distaccati tre sommergibili oceanici, il Cagni, il Finzi e il Bagnolini. Il Cagni che era in missione accettò l'armistizio e si reco nel porto Alleato di Durban dove fu ricevuto con l'onore delle armi. Gli equipaggi degli altri due optarono per l'adesione alla RSI e i due sommergibili operarono per circa un mese sotto la bandiera della Repubblica Sociale Italiana. Poi il 14 ottobre 1943 furono incorporati nella Kriegsmarine. In seguito alle vicende armistiziali Betasom confluì nella Marina Nazionale Repubblicana. Cinquanta specialisti rientrarono in Italia e furono incorporati nella Xª Flottiglia MAS. Gli altri continuarono a fare parte della Marina Nazionale Repubblicana e, integrati da altri marinai provenienti dagli Internati Militari Italiani, furono impiegati come difesa costiera. In seguito fu costituito il battaglione Longobardo che rientrato in Italia fu incorporato anch'esso nella Xª Flottiglia MAS. Il Bagnolini, che imbarcava personale misto italo-tedesco, fu utilizzato per missioni di trasporto di materie prime con il Giappone e fu affondato nei pressi del Capo di Buona Speranza l'11 marzo 1944. Mare del Nord A Gotenhafen si trovavano, nella base denominata GAMMASOM, nove battelli di tipo U-Boot VII (U428, U746, U747, U429, U748, U430, U749, U1161 e U750, ribattezzati nell'ordine da S1 a S9) che avrebbero composto la Classe S con i relativi equipaggi in addestramento; i battelli vennero presi in forza dalla Kriegsmarine e parte degli equipaggi decise di continuare la lotta con i tedeschi. Estremo Oriente Per le unità in estremo Oriente l'ordine fu “Navi et sommergibili tentino raggiungere porti inglesi aut neutrali oppure si autoaffondino”. L'8 settembre l'incrociatore coloniale Eritrea era in navigazione tra Singapore e Sabang per dare supporto al sommergibile oceanico Cagni. Al momento dell'annuncio dell'armistizio l'Eritrea obbedì agli ordini e di diresse alla massima velocità verso la base navale britannica di Colombo. Le cannoniere Lepanto e Carlotto, oltre al transatlantico Conte Verde, che si trovavano a Shanghai si autoaffondarono il 9 settembre per evitare il sequestro da parte delle forze giapponesi. Stessa sorte per l'incrociatore ausiliario Calitea in porto a Kobe per lavori. I tre sommergibili oceanici Giuliani, Cappellini ed il Torelli ormai inadatti per scopi bellici erano stati nel frattempo convertiti in trasporti e destinati allo scambio commerciale di materiali strategici tra la Germania e il Giappone. I tre sommergibili vennero catturati dai giapponesi mentre erano a Singapore ed a Sebang (il Cappellini). Dopo alcune settimane di dura segregazione, disobbedendo alle indicazioni degli ufficiali, dei battelli decise di continuare a combattere a fianco degli ex-alleati tedeschi e giapponesi, aderendo di fatto alla Repubblica Sociale Italiana. Il Giuliani, Cappellini e Torelli, furono incorporati nella marina tedesca con matricole rispettivamente U.IT.23 (venne affondato da un sommergibile britannico il 14 febbraio 1944, con a bordo 34 uomini di equipaggio tedeschi e 5 italiani), U.IT.24 (mai impiegato, dai tedeschi) e U.IT.25 (utilizzato per il trasporto) e comandati da ufficiali tedeschi. Il Cappellini (U.IT.24) ed il Torelli (U.IT.25), con la resa della Germania, passarono ai giapponesi (denominati I.503 e I.504) e, ancora con equipaggio misto giapponese-italiano e comando giapponese continuarono la guerra fino alla resa del Giappone. Consegnati agli Stati Uniti presso il porto di Kobe, furono successivamente affondati al largo nell'aprile del 1946. Mar Egeo Il governatore delle Isole Italiane dell'Egeo, all'8 settembre 1943, era l'ammiraglio di squadra Inigo Campioni, competente anche per le Sporadi settentrionali e le Cicladi. Egli risiedeva a Rodi e fungeva anche da comandante superiore delle forze armate (abbreviazione del comando: Egeomil). Nello scacchiere del mar Egeo (escluse Cerigo, Cerigotto e altre isole del Peloponneso dipendenti da Marimorea) la Regia Marina gestiva le sue unità attraverso il "comando della zona militare marittima delle Isole Italiane dell'Egeo" (Mariegeo) guidato dal contrammiraglio Carlo Daviso di Charvensod. La sede di Mariegeo era Rodi città. Le forze a disposizione del contrammiraglio Daviso erano divise tra la IV Squadriglia cacciatorpediniere (Francesco Crispi e Turbine al Pireo più lEuro a Lero – il Quintino Sella si trovava invece a Venezia per dei lavori), la III Flottiglia MAS che comprendeva una squadriglia di motosiluranti e tre squadriglie MAS, alcuni gruppi antisommergibile e di dragaggio, unità per i servizi locali, alcune unità ausiliarie e il V Gruppo sommergibili, i cui battelli però erano dislocati tutti fuori dall'Egeo. Il totale del personale della Marina era di 2.000-2.200 uomini, unità navali comprese. Verso le 20:30 dell'8 settembre, dopo aver ascoltato il proclama Badoglio che annunciava l'armistizio alla Radio, il governatore Campioni riunì al castello di Rodi tutte le autorità superiori ai suoi ordini, ma, a causa della mancanza di ordini dai comandi in Italia, non venne presa nessuna decisione. In effetti il comando supremo in Italia aveva preparato per l'Egeo un "promemoria n.2" con le direttive da seguire in caso di armistizio, ma l'aereo che doveva trasportare tale promemoria non riuscì a decollare, a causa del maltempo, prima del 9 settembre. Atterrato per caso a Pescara per fare rifornimento, vi ritrovò il Re e la sua corte in fuga, e gli fu ordinato di seguirli. Il promemoria n.2 quindi non arrivò mai a destinazione, ed è per questo che il capo di stato maggiore generale Ambrosio ne inviò un riassunto via telegramma nella notte tra l'8 e il 9 settembre. I comandi delle unità navali tuttavia erano già stati messi in guardia contro possibili colpi di mano tedeschi già dopo il 25 luglio (arresto del Duce). Daviso, inoltre, ordinò a tutte le unità in navigazione di concentrarsi a Lero (salvo le motosiluranti e i MAS di Rodi che dovevano rimanere sul posto), informò i comandi di Lero, Stampalia e Sira della situazione e li autorizzò ad opporsi con le armi a qualsiasi atto ostile tentato dai tedeschi, anticipando in tal modo gli ordini di Supermarina e del comando supremo giunti più tardi e decifrati nelle prime ore del 9 settembre (il riassunto del promemoria 2). Daviso invece non venne a sapere né delle clausole dell'armistizio trasmesse da Supermarina (tra cui c'erano quelle di evitare la cattura dei mezzi da parte dei tedeschi e di trasferire – senza consegnare o abbassare la bandiera – la flotta ad Haifa), né delle istruzioni per il concentramento delle unità navali date dal comandante delle forze navali Alleate nel Mediterraneo ammiraglio Cunningham. Dal 9 settembre le forze tedesche entrarono in azione prima a Rodi, poi in tutte le isole italiane, dove in alcune, come a Coo o a Lero, erano sbarcati anche dei rinforzi britannici in aiuto alle truppe italiane. Le forze navali della Regia Marina si trovarono quindi in vario modo ad appoggiare i combattimenti terrestri. Nelle vicende che seguirono alcune vennero distrutte dai tedeschi (o, dopo che vennero da questi requisite, dai britannici), altre catturate, mentre altre ancora fuggirono nella neutrale Turchia dove vennero requisite dalle autorità e gli equipaggi internati. Le unità superstiti furono condotte ad Haifa e riunite nel "Comando superiore navale del levante", costituito il 16 ottobre 1943. Il 24 aprile 1944 nacque anche il "Gruppo MAS del levante". In particolare, quasi tutte le unità navali (e aeree) riuscirono ad evacuare l'isola di Rodi prima di essere catturate, grazie ad un ordine di partenza di cui non si è certi della paternità, attribuibile o al governatore Campioni, o all'ammiraglio Daviso (senza autorizzazione di Campioni) o, ancora, al capitano di corvetta Corradini, capo del settore militare che comprendeva il porto. Un MAS si rifugiò in Turchia, mentre le altre imbarcazioni proseguirono per Castelrosso o Lero. In quest'ultima isola i bombardamenti tedeschi cominciati il 26 settembre affondarono un totale di dodici navi italiane, tra cui il cacciatorpediniere Euro e il posamine Legnano, mentre un'altra imbarcazione venne affondata per errore da alcune motocannoniere della Royal Navy. Un altro posamine, lAzio, venne fatto allontanare da Lero per evitarne l'affondamento e, attaccato dai tedeschi nelle acque di Lisso, calò l'ancora in un porto turco per sbarcare il morto che aveva avuto dopo l'attacco e altri feriti. Il comandante si vide rifiutare la richiesta di avere quindici giorni di tempo per riparare le avarie e ripartire, sicché nave ed equipaggio vennero internati. Quando, il 16 novembre, italiani e britannici si arresero, i mezzi navali ancora efficienti a Lero erano principalmente quattro MAS, una motozattera e quattro motopescherecci. I MAS e tre motopescherecci vennero internati in Turchia (due MAS furono poi liberi di raggiungere Haifa il 29 febbraio 1944), mentre la motozattera e un altro motopeschereccio, una volta arrivati ad Haifa, furono usati dai britannici. Unità perse dalla Regia Marina in conseguenza dei fatti armistiziali Oltre al numeroso naviglio catturato od autoaffondato nei porti perché ai lavori o comunque impossibilitato a muovere, numeroso naviglio della Regia Marina andò perduto in combattimento a seguito dell'armistizio, e precisamente: La nave da battaglia Roma affondata da aerei tedeschi il 9 settembre 1943 con 1393 morti e 622 sopravvissuti; Il cacciatorpediniere Antonio Da Noli affondato su mine il 9 settembre nelle bocche di Bonifacio con 228 morti e 39 sopravvissuti; Il cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi autoaffondatosi il 10 settembre in seguito ai gravi danni subiti dapprima a causa del tiro delle batterie costiere e poi di attacchi aerei tedeschi (58 morti e 240 sopravvissuti); Il cacciatorpediniere Quintino Sella affondato l'11 settembre in Alto Adriatico dalle motosiluranti tedesche S 54 ed S 61, con la morte di 27 membri dell'equipaggio e di circa 170 dei 300 profughi civili saliti a bordo; La torpediniera T 8 affondata il 10 settembre da aerei tedeschi in Dalmazia con perdita di metà dell'equipaggio; La corvetta Berenice affondata il 9 settembre da tiro d'artiglieria tedesco a Trieste con gravi perdite tra l'equipaggio; La cannoniera Aurora affondata l'11 settembre al largo di Ancona dalle motosiluranti tedesche S 54 ed S 61 (26 morti e 62 sopravvissuti); Il sommergibile Topazio affondato accidentalmente da un aereo britannico il 12 settembre con perdita dell'intero equipaggio di 49 uomini; L'incrociatore ausiliario Piero Foscari affondato in combattimento con unità tedesche il 10 settembre insieme al piroscafo Valverde da esso scortato; Il trasporto munizioni Buffoluto catturato in combattimento con unità tedesche il 9 settembre; La nave officina Quarnaro catturata a Gaeta dopo duri combattimenti il 9 settembre; Il posamine Pelagosa affondato dal tiro d'artiglieria tedesco il 9 settembre, nel tentativo di lasciare Genova. Tra il numeroso naviglio minore perduto vi fu la vedetta antisommergibile VAS 234, affondata in combattimento con motosiluranti tedesche il 9 settembre 1943, sulla quale perse la vita il contrammiraglio Federico Martinengo, comandante superiore dei mezzi antisommergibile, alla cui memoria fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare. Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre, inoltre, diverse altre unità andarono perdute durante le operazioni di evacuazione delle truppe italiane dall'Albania e durante i combattimenti tra forze italiane e tedesche per il possesso delle isole greche: Il cacciatorpediniere Euro, affondato da attacchi aerei tedeschi a Lero il 1º ottobre 1943; La torpediniera Giuseppe Sirtori, danneggiata da attacchi aerei tedeschi il 14 settembre 1943, fatta incagliare a Corfù ed ivi autodistrutta il 25 settembre; La torpediniera Francesco Stocco, affondata da aerei tedeschi al largo di Corfù il 24 settembre 1943; La torpediniera Enrico Cosenz, autoaffondata al largo di Lagosta il 27 settembre dopo essere stata danneggiata da aerei tedeschi (e da una collisione con il piroscafo Ulisse); Il posamine Legnano, affondato a Lero da attacchi aerei tedeschi il 5 ottobre 1943; La nave appoggio sommergibili Alessandro Volta, accidentalmente danneggiata da motocannoniere britanniche l'8 ottobre 1943 mentre tentava di allontanarsi da Lero, incagliata a Lisso con gravissimi danni e qui distrutta dalla Luftwaffe; La cannoniera Sebastiano Caboto, catturata dalle forze tedesche alla caduta di Rodi. La quasi totalità della flotta mercantile venne catturata nei porti; un piccolo gruppo di mercantili riuscì a raggiungere Malta, mentre altri vennero affondati o catturati dalle forze tedesche mentre tentavano di raggiungere porti sotto il controllo con gli Alleati ed altri furono affondati durante le operazioni di evacuazione delle truppe italiane dalla sponda orientale dell'Adriatico. Tra questi ultimi andarono perduti con pesanti perdite umane i piroscafi Dubac, colpito da aerei tedeschi e portato ad incagliare presso Capo d'Otranto con circa 200 vittime a bordo il 25 settembre 1943, e Diocleziano, più volte bombardato e fatto incagliare sull'isolotto di Busi (Lissa) con la perdita di circa 600-700 uomini il 24 settembre 1943. Il suicidio di Fecia di Cossato Il comandante Carlo Fecia di Cossato, "asso" dei sommergibilisti della Regia Marina, con 17 imbarcazioni nemiche affondate e medaglia d'oro al valor militare al comando del Sommergibile "Tazzoli", dopo l'armistizio operò anche durante la cobelligeranza in missioni di scorta, al comando della torpediniera "Aliseo". Quando nella primavera 1944 si diffuse la notizia che, nonostante la cobelligeranza, le navi italiane sarebbero state comunque cedute alle potenze vincitrici Di Cossato ordinò alla propria squadra, quando fosse venuto il momento, di non accettare l'ordine di consegna e piuttosto di aprire il fuoco contro le navi Alleate e poi di autoaffondarsi. Nel giugno 1944 il nuovo governo presieduto da Ivanoe Bonomi si insediò rifiutandosi di giurare fedeltà al Re; gli alti comandi della Marina si adeguarono alla scelta ministeriale ma, il 22 giugno, Carlo Fecia di Cossato, di fronte alla richiesta dell'ammiraglio Nomis di Pollone di riconoscere con giuramento di fedeltà il nuovo Governo del Sud ed uscire in pattugliamento, si rifiutò, dicendo di non riconoscere come legittimo un governo che non aveva prestato giuramento al Re e che pertanto non avrebbe eseguito gli ordini che venivano da quel governo e rifiutandosi ad un esplicito ordine dell'ammiraglio.. Fecia di Cossato fu sbarcato, messo agli arresti per una notte in fortezza per insubordinazione e quindi privato del comando. La mattina successiva ci furono gravi tumulti fra gli equipaggi che si schierarono dalla parte di Fecia di Cossato rifiutando di prendere il mare e reclamando la liberazione del comandante e il reintegro. In breve Fecia di Cossato fu rimesso in libertà ma posto in licenza per tre mesi. Nell'agosto 1944, già psicologicamente segnato dalla morte dei marinai del Sommergibile "Tazzoli" scomparso nel maggio 1943, poco tempo dopo che ne ebbe lasciato il comando, si suicidò a Napoli, lasciando una lettera testamento a sua madre in cui accusava la grave crisi dei valori nei quali aveva sempre creduto e come denuncia morale contro tutti coloro per i quali il giuramento di fedeltà, a suo tempo prestato, sarebbe stato solo una parola al vento. La consegna della flotta ai vincitori, a seguito dell'Armistizio dell'8 settembre 1943, costituiva a suo giudizio una "resa ignominiosa della Marina" a cui si era "rassegnato" "perché ci è stata presentata come un ordine del re, che ci chiedeva di fare l'enorme sacrificio del nostro onore militare per poter rimanere il baluardo della Monarchia al momento della pace". Però "siamo stati indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobile senza alcun risultato". Inoltre "da questa constatazione me ne è venuta una profonda amarezza, un disgusto per chi ci circonda e, quello che più conta, un profondo disprezzo per me stesso. Il destino della flotta dopo i trattati di pace Il trasferimento permise il salvataggio di gran parte della flotta che venne internata ad Alessandria d'Egitto. Al 21 settembre, le cifre ufficiali italiane, sulle 319 imbarcazioni da guerra in organico, ne indicano come consegnate agli Alleati una cifra variabile dalle 79 alle 173 unità; quelle britanniche dicono che furono 133. Nelle sue memorie De Courten parla di 39 navi autoaffondate dall'equipaggio o comunque sabotate e impossibilitate a prendere il largo. Nonostante a Taranto il 23 settembre fosse stato firmato un accordo, tra De Courten e Cunningham, che sanciva una collaborazione tra le due marine da guerra, l'ammiraglio Oliva disse che « Il periodo trascorso ad Alessandria è stato alquanto duro per le condizioni di spirito, per le difficoltà dei rifornimenti, soprattutto acqua, per il clima, per l'inazione, per l'incertezza dell'avvenire e per il trattamento piuttosto rigido usatoci dalle Autorità navali britanniche ». L'ammiraglio Giovanni Galati da Brindisi dispose l'invio di due torpediniere, Clio e Sirio, stipate di viveri e munizioni, verso Cefalonia, in soccorso della Divisione Acqui che aveva rifiutato l'ultimatum tedesco di arrendersi. Le due torpediniere erano a disposizione del Comando Marina in Puglia per servizi di scorta e pattugliamento locale; avuta notizia della partenza, il comando Alleato di Taranto nella persona dell'ammiraglio Peters ordinò perentoriamente di richiamare le navi. «Il 13 ottobre 1943 l'Italia dichiarò guerra alla Germania iniziando così il periodo detto della "cobelligeranza" con gli alleati. Tutte le navi fecero quindi ritorno a Taranto, eccezion fatta per il Vittorio Veneto e la ribattezzata Italia (ex Littorio) che furono trasferite ai Laghi Amari dove rimasero per i successivi tre anni». In seguito buona parte venne demolita o consegnata agli Alleati secondo le condizioni imposte all'Italia dal trattato di pace, tra il 1948 ed il 1955. La Regia Marina terminò la guerra con 105 navi per 268.000 tonnellate. Secondo i trattati di pace di Parigi del 1947 avrebbe dovuto mantenere solo 46 unità per 106.000 tonnellate. La Francia ottenne tre incrociatori più quattro cacciatorpediniere e una nave appoggio. La Jugoslavia tre torpediniere. L'URSS ottenne una corazzata, un incrociatore, due cacciatorpediniere, tre torpediniere e una nave scuola. I greci ebbero l'incrociatore Eugenio di Savoia che divenne la nave ammiraglia della flotta. Le due corazzate moderne della classe Littorio vennero demolite assieme a molte altre unità. Durante i lavori dell'Assemblea Costituente nel 1947, il filosofo Benedetto Croce, nel suo discorso contro la ratifica del trattato di pace da parte dell'Italia, rivolgendosi idealmente alle potenze vincitrici ricordò la consegna della flotta: «Così all'Italia avete ridotto a poco più che forza di polizia interna l'esercito, diviso tra voi la flotta che con voi e per voi aveva combattuto, aperto le sue frontiere vietandole di armarle a difesa». Poi concluse: «Ricordare che, dopo che la nostra flotta, ubbidendo all'ordine del re ed al dovere di servire la Patria, si fu portata a raggiungere la flotta degli alleati e a combattere al loro fianco, in qualche loro giornale si lesse che tal cosa le loro flotte non avrebbero mai fatto. Noi siamo stati vinti, ma noi siamo pari, nel sentire e nel volere, a qualsiasi più intransigente popolo della terra».
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https://it.wikipedia.org/wiki/Stazione%20di%20Pescara%20Tribunale
Stazione di Pescara Tribunale
La stazione di Pescara Tribunale è una fermata ferroviaria, posta sulla ferrovia Adriatica, a servizio dell'omonimo quartiere della città di Pescara. Storia La fermata di Pescara Tribunale venne attivata il 9 dicembre 2007. Strutture e impianti Movimento La fermata è servita esclusivamente da treni regionali gestiti da Trenitalia e Trasporto Unico Abruzzese. Al 2007, l'impianto risultava frequentato da un traffico giornaliero medio di 180 persone. Servizi La stazione dispone di: Biglietteria automatica Interscambi Fermata autobus
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https://it.wikipedia.org/wiki/Lobsters%20Pescara
Lobsters Pescara
Le Lobsters Pescara sono una squadra italiana di football americano femminile della federazione italiana di football americano con sede a Pescara, in Abruzzo. Partecipano al Campionato Italiano di Football Americano Femminile. Sono le detentrici del Rose Bowl I, avendo battuto in finale le Furie di Cernusco sul Naviglio. Storia Nascita Con le Pescara Lobsters nasce la prima squadra femminile di American Football in Abruzzo. Le Lobsters sono nate ufficialmente il 31 ottobre 2011 quando un gruppetto di ragazze, già membri della tifoseria della prima squadra maschile Pescara Crabs, hanno messo in pratica progetti dei quali si parlava già da un po'. Grazie all'impegno dei coach Leo Lupo e Cristiano Barbiero, ex giocatori dei Crabs, e di tutti i dirigenti, questo progetto, sta diventando una realtà. Le Lobsters nascono da una costola dei Pescara Crabs, storica squadra di Football Americano, nata nel 1983. L'esordio La squadra esordisce ufficialmente nel luglio 2012 a Bologna, durante un triangolare organizzato per far conoscere il movimento del football femminile. La prima partita della compagine pescarese si conclude con una sconfitta per 26-6 contro le Black Marines. Il primo Td della storia delle Lobsters è stato segnato da Sofia Esposito, figlia d'arte (il padre, Ettore, è stato un runner dei Crabs, ed attuale offense coach delle aragostine). La prima vittoria non tarda ad arrivare. Nella seconda partita giocata nella stessa giornata, le aragoste affrontano le padroni di casa delle Neptunes Bologna, vincendo per 26-2. Gli unici punti delle bolognesi arrivano quasi subito, con una safety. A segno per le Lobsters Anna Vannozzi con una corsa di 28 yrds circa. Raddoppia Angelica Vannozzi su intercetto. Il secondo tempo si riapre con una safety di Anna Vannozzi, che porta il punteggio sul 14-2. Palla ancora alle Lobsters ed ancora Td con la Esposito che percorre l'intero campo. Chiude la pratica Di Pietro, che intercetta la palla sulle proprie 5 yards e la riporta in Td. Il primo campionato Il primo campionato di tackle femminile parte ufficialmente il 28 aprile 2013, ma le aragoste esordiranno nella seconda settimana, giocata il 12 maggio 2013 a Castellanza (VA), contro le padroni di casa delle Tempeste/Sirene. Le ragazze guidate in regia da Di Pietro, alla sua prima partita da Qb, si impongono 24-12, cominciando così il loro cammino verso il primo Rose Bowl. A segno, dopo due safety iniziali, Angelica Vannozzi su corsa da 32 yrds, raddoppia Camplone Luisa sempre su corsa. Chiude Crocetta Karen. Nella week 3, giocata proprio a Pescara, le Lobsters affrontano le Furie, squadra che poi rincontrerà in finale. Le ragazze di Esposito-Lupo si impongono per 25-19. A segno Anna Vannozzi con 3 Td su corsa per un totale di 153 yrds guadagnate, e Campolone Luisa che riporta in Td un intercetto. Nella week 4, le pescaresi affrontano le Neptunes Bologna, imponendosi per 26-12. A segno Di Pietro, Crocetta e due volte Camplone, tutti su corsa. La week 5 vede le blu-arancio affrontare le Black Marines. Il punteggio è di 13-6 per le Black Marines, ma la sconfitta non pregiudica la presenza della compagine pescarese al Rose Bowl Italia. Le Lobsters termineranno la regular season con un record di 3-1, come le Furie e le Black Marines, ma quest'ultima, a seguito dell'applicazione della regola della differenza punti, sarà esclusa dalla finale, a beneficio delle Furie arrivate prime, e delle stesse Lobsters, seconde in campionato. Il primo Rose Bowl e il titolo nazionale Il primo Rose bowl si gioca a Ferrara, con le Lobsters opposte alle Furie già battute in campionato. Le ragazze, sono costrette a recuperare un doppio svantaggio con a disposizione poco più della metà del secondo tempo. Le abruzzesi non demordono, e grazie a due drive d'attacco, e ad una difesa attenta a recuperare immediatamente palla, riescono nell'impresa di pareggiare una partita che sembrava volgere al termine in favore delle Furie. Punteggio sul 19-19 e squadre all'overtime. Cominciano le Furie, ancora Pezza e punteggio sul 25-19. La difesa delle lobsters chiude gli spazi ed evita la trasformazione. Palla all'attacco che pareggia immediatamente con Camplone. 25-25 ma con la possibilità di trasformazione. Crocetta riceve la palla dalle mani di Di Pietro, si allarga sulla destra e varca la linea di end zone. Punteggio 26-25 e il primo Rose bowl è vinto dalle Lobsters. Uniformi Per le partite in casa la maglia è blu con bande verticali laterali arancioni. Il numero è arancione con contorno bianco. In occasione del primo Rose Bowl, è stata realizzata una seconda maglia da trasferta, bianca con bande verticali arancioni e numeri arancioni. I pantaloni sono blu, con bande verticali arancioni. Il casco è arancione con a lato due chele di aragosta (Lobster in inglese) in arancione con bordi blu. Risultati stagione per stagione Palmarès 1 Rose Bowl Italia (2013) Voci correlate CIFAF Rose Bowl Italia Collegamenti esterni Squadre italiane di football americano Sport a Pescara Football americano in Abruzzo
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Ostavo Mincarelli
Carriera Giocatore Inizia la carriera nella stagione 1936-1937 in Prima Divisione al Giulianova; successivamente, dopo una stagione senza presenze in Serie C al Pescara, nella stagione 1938-1939, con il Pescara in Serie C; continua a giocare in terza serie fino al termine della stagione 1940-1941, nella quale ottiene una promozione in Serie B con la maglia del Pescara. Rimane in rosa anche l'anno seguente, nel quale gioca 23 partite in Serie B e nella stagione 1942-1943, nella quale colleziona altre 25 presenze nella serie cadetta, con anche un gol segnato. Nella stagione 1945-1946 è ancora al Pescara, con cui gioca 17 partite e segna una rete in Divisione Nazionale; gioca nella squadra abruzzese anche nel successivo campionato di Serie B, nel quale disputa altre 14 partite, oltre che nella stagione 1947-1948, sempre in seconda serie. Chiude la carriera da calciatore giocando per una stagione in Promozione regionale con il Chieti. Nel corso della sua carriera ha anche giocato nel Campobasso. Allenatore Inizia ad allenare nelle giovanili del Pescara. Dopo aver guidato per due anni il Pescara in Serie C (fino al termine della stagione 1964-1965), nella stagione 1970-1971 ha lavorato per mezza stagione come allenatore in seconda del Chieti, per poi subentrare a stagione in corso ad Alberto Eliani sulla panchina della squadra abruzzese. Palmarès Giocatore Competizioni nazionali Pescara: 1940-1941
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Persone di nome Andrea
__EXPECTED_UNCONNECTED_PAGE__ Abati (1) Andrea di San Vittore, abate francese (Inghilterra - Wigmore, † 1175) Agronomi (1) Andrea Segrè, agronomo e economista italiano (Trieste, n.1961) Allenatori di atletica leggera (1) Andrea Bartoli, allenatore di atletica leggera italiano (Vetralla, n.1940 - † 2018) Allenatori di calcio (56) Allenatori di calcio a 5 (3) Andrea Bearzi, allenatore di calcio a 5 italiano (La Spezia, n.1975) Andrea Bucciol, allenatore di calcio a 5 italiano (Venezia, n.1967) Andrea Cristoforetti, allenatore di calcio a 5 e ex giocatore di calcio a 5 italiano (Johannesburg, n.1974) Allenatori di hockey su ghiaccio (1) Andrea Ambrosi, allenatore di hockey su ghiaccio e ex hockeista su ghiaccio italiano (Trento, n.1987) Allenatori di hockey su pista (1) Andrea Perin, allenatore di hockey su pista e ex hockeista su pista italiano (Valdagno) Allenatori di pallacanestro (10) Andrea Capobianco, allenatore di pallacanestro italiano (Napoli, n.1966) Andrea Cattani, allenatore di pallacanestro e ex cestista italiano (Catanzaro, n.1978) Andrea Crosariol, allenatore di pallacanestro e ex cestista italiano (Milano, n.1984) Andrea Diana, allenatore di pallacanestro italiano (Livorno, n.1975) Andrea Liberalotto, allenatore di pallacanestro italiano (Piazzola sul Brenta, n.1979) Andrea Maghelli, allenatore di pallacanestro italiano (Brindisi, n.1971) Andrea Mazzon, allenatore di pallacanestro italiano (Venezia, n.1966) Andrea Niccolai, allenatore di pallacanestro, ex cestista e dirigente sportivo italiano (Pistoia, n.1968) Andrea Petitpierre, allenatore di pallacanestro italiano (Brescia, n.1949) Andrea Trinchieri, allenatore di pallacanestro italiano (Milano, n.1968) Allenatori di pallavolo (6) Andrea Anastasi, allenatore di pallavolo e ex pallavolista italiano (Poggio Rusco, n.1960) Andrea Burattini, allenatore di pallavolo italiano (Chiaravalle, n.1967) Andrea Gardini, allenatore di pallavolo, dirigente sportivo e ex pallavolista italiano (Bagnacavallo, n.1965) Andrea Giani, allenatore di pallavolo e ex pallavolista italiano (Napoli, n.1970) Andrea Radici, allenatore di pallavolo italiano (Città di Castello, n.1966) Andrea Tomatis, allenatore di pallavolo italiano (Milano, n.1978) Allenatori di rugby a 15 (3) Andrea Marcato, allenatore di rugby a 15 e rugbista a 15 italiano (Padova, n.1983) Andrea Masi, allenatore di rugby a 15 e ex rugbista a 15 italiano (L'Aquila, n.1981) Andrea Moretti, allenatore di rugby a 15 e ex rugbista a 15 italiano (Mantova, n.1972) Alpinisti (1) Andrea Oggioni, alpinista italiano (Villasanta, n.1930 - Monte Bianco, † 1961) Altiste (2) Andrea Bienias, ex altista tedesca (Lipsia, n.1959) Andrea Mátay, ex altista ungherese (Budapest, n.1955) Altisti (1) Andrea Bettinelli, altista italiano (Bergamo, n.1978) Ammiragli (2) Andrea Doria, ammiraglio, politico e nobile italiano (Oneglia, n.1466 - Genova, † 1560) Andrea Pisani, ammiraglio italiano (Venezia, n.1662 - Corfù, † 1718) Anarchici (1) Andrea Salsedo, anarchico italiano (Pantelleria, n.1881 - New York, † 1920) Anatomisti (1) Andrea Vesalio, anatomista e medico fiammingo (Bruxelles, n.1514 - Zante, † 1564) Arbitri di calcio (3) Andrea Colombo, arbitro di calcio italiano (Como, n.1990) Andrea De Marco, ex arbitro di calcio e opinionista italiano (Sestri Levante, n.1973) Andrea Gervasoni, ex arbitro di calcio italiano (Castiglione delle Stiviere, n.1975) Arbitri di calcio a 5 (1) Andrea Lastrucci, arbitro di calcio a 5 italiano (Prato, n.1960 - Prato, † 2020) Arbitri di rugby a 15 (1) Andrea Piardi, arbitro di rugby a 15 italiano (Brescia, n.1992) Archeologi (2) Andrea Carandini, archeologo italiano (Roma, n.1937) Andrea de Jorio, archeologo e etnografo italiano (Procida, n.1769 - Napoli, † 1851) Architetti (26) Andrea Belli, architetto maltese (n.1703 - † 1772) Andrea Biffi, architetto italiano (Milano, n.1645 - Milano, † 1686) Andrea Bonistalli, architetto italiano Andrea Branzi, architetto e designer italiano (Firenze, n.1938) Andrea Bruno, architetto italiano (Torino, n.1931) Andrea Buora, architetto e scultore italiano (Venezia - † 1556) Andrea Busiri Vici, architetto italiano (Roma, n.1818 - Roma, † 1911) Andrea Busiri Vici, architetto e storico dell'arte italiano (Roma, n.1903 - Roma, † 1989) Andrea Calamech, architetto e scultore italiano (Carrara, n.1524 - Messina, † 1589) Andrea Ceresola, architetto italiano (Lanzo d'Intelvi) Andrea Ciccione, architetto e scultore italiano (Firenze, n.1388 - Napoli, † 1455) Andrea Galassini, architetto e stuccatore svizzero (Lugano, n.1680 - Schrozberg, † 1766) Andrea Giganti, architetto italiano (Trapani, n.1731 - Palermo, † 1787) Andrea Maffei, architetto italiano (Modena, n.1968) Andrea da Faenza, architetto, religioso e presbitero italiano (Faenza, n.1319 - Bologna, † 1396) Andrea Marchesi, architetto, intagliatore e scultore italiano (Formigine - Bologna, † 1559) Andrea Moroni, architetto italiano (Albino - † 1560) Andrea Pagnossin, architetto italiano (Treviso) Andrea Palladio, architetto, teorico dell'architettura e scenografo italiano (Padova, n.1508 - Maser, † 1580) Andrea Palma, architetto e ingegnere italiano (Trapani - Palermo, † 1730) Andrea Pizzala, architetto italiano (n.1798 - † 1862) Andrea Ruffolo, architetto, scrittore e pittore italiano (Grosseto, n.1953) Andrea Scala, architetto italiano (Udine, n.1820 - Udine, † 1892) Andrea Tirali, architetto italiano (Venezia, n.1657 - Monselice, † 1737) Andrea Vici, architetto italiano (Arcevia, n.1743 - Roma, † 1817) Andrea da Valle, architetto italiano (Valle di Capodistria - † 1578) Archivisti (1) Andrea Da Mosto, archivista italiano (Graz, n.1868 - Venezia, † 1960) Arcieri (1) Andrea Parenti, ex arciere italiano (Casalecchio di Reno, n.1965) Arcivescovi cattolici (12) Andrea Bellandi, arcivescovo cattolico italiano (Firenze, n.1960) Andrea Buondelmonti, arcivescovo cattolico italiano (Firenze, n.1465 - Firenze, † 1542) Andrea Cardamone, arcivescovo cattolico italiano (Tramonti, n.1729 - Rossano, † 1800) Andrea Caron, arcivescovo cattolico italiano (Rosà, n.1848 - Montecassino, † 1927) Andrea Casasola, arcivescovo cattolico italiano (Buja, n.1806 - Rosazzo, † 1884) Andrea Cassone, arcivescovo cattolico italiano (Villa San Giovanni, n.1929 - Scilla, † 2010) Andrea Cassulo, arcivescovo cattolico italiano (Castelletto d'Orba, n.1869 - Istanbul, † 1952) Andrea Charvaz, arcivescovo cattolico italiano (Hautecour, n.1793 - Moûtiers, † 1870) Andrea Jordán, arcivescovo cattolico italiano (Gorizia, n.1845 - † 1905) Andrea Mugione, arcivescovo cattolico italiano (Caivano, n.1940 - Napoli, † 2020) Andrea Pangrazio, arcivescovo cattolico italiano (Budapest, n.1909 - Roma, † 2005) Andrea Zamometić, arcivescovo cattolico croato (n.1420 - Basilea, † 1484) Armatori (1) Andrea Corrado, armatore italiano (Albissola Marina, n.1873 - Genova, † 1963) Arpisti (1) Andrea Pozzoli, arpista e compositore italiano (Torino, n.1970) Artigiani (1) Andrea Ferrara, artigiano italiano (Fonzaso - † 1612) Artiste (1) Andrea Büttner, artista tedesca (Stoccarda, n.1972) Artisti (6) Andrea Afferni, artista italiano (Novara, n.1976) Andrea Colomba, artista e decoratore svizzero (Arogno, n.1567 - Arogno, † 1627) Andrea Fogli, artista italiano (Roma, n.1959) Andrea Martinelli, artista italiano (Prato, n.1965) Andrea Vaccaro, artista e pittore italiano (Pallanza, n.1939 - Legnano, † 2019) Andrea Vizzini, artista, pittore e scultore italiano (Grotte, n.1949) Artisti marziali (1) Andrea Stravaganti, artista marziale italiano (Mirandola, n.1988) Assassini seriali (1) Andrea Matteucci, serial killer italiano (Torino, n.1962) Astisti (2) Andrea Giannini, ex astista italiano (Grosseto, n.1976) Andrea Pegoraro, ex astista italiano (Camposampiero, n.1966) Astrofisici (2) Andrea Carusi, astrofisico italiano (n.1946) Andrea Possenti, astrofisico italiano (Treviglio, n.1963) Astronomi (2) Andrea Boattini, astronomo italiano (Firenze, n.1969) Andrea Di Paola, astronomo italiano (n.1970) Atlete paralimpiche (2) Andrea Piribauer, ex atleta paralimpica austriaca Andrea Scherney, ex atleta paralimpica austriaca (Vienna, n.1966) Atleti paralimpici (3) Andrea Cionna, atleta paralimpico italiano (Osimo, n.1968) Andrea Lanfri, atleta paralimpico e alpinista italiano (Lucca, n.1986) Andrea Mattone, atleta paralimpico italiano (Vigevano, n.1995) Attivisti (3) Andrea Tamburi, attivista e politico italiano (Firenze, n.1948 - Mosca, † 1994) Andrea Valcarenghi, attivista, editore e scrittore italiano (n.1947) Andrea Venzon, attivista e politico italiano (Milano, n.1992) Attori (46) Andrea Arcangeli, attore italiano (Pescara, n.1993) Andrea Ascolese, attore italiano (Atripalda, n.1979) Andrea Aureli, attore italiano (Terni, n.1923 - Roma, † 2007) Andrea Azzarito, attore italiano Andrea Balestri, attore e cantante italiano (Pisa, n.1963) Andrea Beltramo, attore e doppiatore italiano (Torino, n.1974) Andrea Bermani, attore italiano (Chieri, n.1974) Andrea Bosca, attore e regista italiano (Canelli, n.1980) Andrea Bosic, attore sloveno (Maribor, n.1919 - Bologna, † 2012) Andrea Buscemi, attore, regista teatrale e conduttore televisivo italiano (Pisa, n.1963) Andrea Carpenzano, attore italiano (Lugo, n.1995) Andrea Castelli, attore italiano (Trento, n.1950) Andrea Checchi, attore italiano (Firenze, n.1916 - Roma, † 1974) Andrea Coppola, attore italiano (Lecce, n.1950) Andrea De Rosa, attore e drammaturgo italiano (Roma, n.1986) Andrea Di Maria, attore italiano (Polla, n.1984) Andrea Di Stefano, attore e regista italiano (Roma, n.1972) Andrea Dianetti, attore, regista e conduttore televisivo italiano (Roma, n.1987) Andrea Gattinoni, attore italiano (Novara, n.1973) Andrea Giordana, attore italiano (Roma, n.1946) Andrea Iaia, attore italiano (Ostuni, n.1982) Andrea Lala, attore e doppiatore italiano (Palermo, n.1939) Andrea Lattanzi, attore e musicista italiano (Roma, n.1992) Andrea Lintozzi Senneca, attore italiano (Roma, n.1999) Andrea Maggi, attore italiano (Torino, n.1850 - Milano, † 1910) Andrea Marrocco, attore italiano (Napoli, n.1971) Andrea Midena, attore, comico e autore televisivo italiano (Milano, n.1965) Andrea Montovoli, attore italiano (Porretta Terme, n.1985) Andrea Muzzi, attore e regista italiano (Grosseto, n.1967) Andrea Occhipinti, attore e produttore cinematografico italiano (Roma, n.1957) Andrea Paciotto, attore e regista teatrale italiano (Spoleto, n.1969) Andrea Pennacchi, attore, drammaturgo e regista teatrale italiano (Padova, n.1969) Andrea Perroni, attore e comico italiano (Roma, n.1980) Andrea Piedimonte, attore e produttore cinematografico italiano (Napoli, n.1971) Andrea Piovan, attore e doppiatore italiano (Spinea, n.1963) Andrea Pittorino, attore italiano (Roma, n.2002) Andrea Prodan, attore e musicista italiano (Roma, n.1961) Andrea Refuto, attore italiano (Castellammare di Stabia, n.1990) Andrea Rivera, attore, cantautore e personaggio televisivo italiano (Roma, n.1971) Andrea Roncato, attore, comico e personaggio televisivo italiano (San Lazzaro di Savena, n.1947) Andrea Santonastaso, attore, comico e conduttore radiofonico italiano (Bologna, n.1967) Andrea Sartoretti, attore italiano (New York, n.1971) Andrea Scotti, attore italiano (Napoli, n.1931) Andrea Tidona, attore e doppiatore italiano (Modica, n.1951) Andrea Ward, attore, doppiatore e direttore del doppiaggio italiano (Roma, n.1963) Andrea Zalone, attore, doppiatore e autore televisivo italiano (Torino, n.1968) Attori pornografici (1) Andrea Moranty, attore pornografico spagnolo (Las Palmas de Gran Canaria, n.1973) Attori teatrali (2) Andrea Calcese, attore teatrale italiano (Napoli o Acerra, n.1595 - Napoli, † 1656) Andrea Niccoli, attore teatrale italiano (Firenze, n.1862 - Montecatini, † 1917) Attrici (19) Andrea Anders, attrice statunitense (Madison, n.1975) Andrea Barber, attrice statunitense (Los Angeles, n.1976) Andrea Bendewald, attrice statunitense (New York, n.1970) Andrea del Boca, attrice, cantante e conduttrice televisiva argentina (Buenos Aires, n.1965) Andrea Deck, attrice cinematografica, attrice teatrale e doppiatrice statunitense (Grosse Pointe, n.1994) Andrea Duro, attrice e modella spagnola (Fuenlabrada, n.1991) Andrea Feldman, attrice statunitense (New York, n.1948 - New York, † 1972) Andrea Guasch, attrice, cantante e ballerina spagnola (Barcellona, n.1990) Andrea King, attrice statunitense (Parigi, n.1919 - Woodland Hills, † 2003) Andrea Leeds, attrice statunitense (Butte, n.1914 - Palm Springs, † 1984) Andrea McArdle, attrice e cantante statunitense (Filadelfia, n.1963) Andrea Navedo, attrice statunitense (New York, n.1969) Andrea Palma, attrice messicana (Durango, n.1903 - Città del Messico, † 1987) Andrea Rau, attrice tedesca (Stoccarda, n.1947) Andrea Ros, attrice spagnola (Terrassa, n.1993) Andrea Roth, attrice canadese (Woodstock, n.1967) Andrea Sawatzki, attrice tedesca (Schlehdorf, n.1963) Andrea Schober, attrice tedesca (Germania, n.1964) Andrea Trepat, attrice e modella spagnola (Linyola, n.1986) Attrici teatrali (1) Andrea Jonasson, attrice teatrale tedesca (Friburgo in Brisgovia, n.1942) Autori di giochi (2) Andrea Angiolino, autore di giochi e giornalista italiano (Roma, n.1966) Andrea Chiarvesio, autore di giochi italiano (Torino, n.1970) Aviatori (1) Andrea Zotti, aviatore italiano (Asiago, n.1905 - Mar Tirreno, † 1940) Avvocati (6) Andrea Belluzzi, avvocato e politico sammarinese (n.1968) Andrea Botturi, avvocato italiano (Castel Goffredo, n.1823 - Mantova, † 1902) Andrea Cavicchioli, avvocato e politico italiano (Murlo, n.1953) Andrea Galasso, avvocato e politico italiano (San Paolo di Civitate, n.1932 - Torino, † 2022) Andrea Guglielminetti, avvocato e politico italiano (Torino, n.1901 - Torino, † 1985) Andrea Manna, avvocato e politico italiano (Spoleto, n.1929 - Perugia, † 2009) Banchieri (3) Andrea Ardinghelli, banchiere italiano (Firenze, n.1531 - L'Aquila, † 1602) Andrea Gibellini, banchiere italiano (Azzano San Paolo, n.1931) Andrea Orcel, banchiere italiano (Roma, n.1963) Bassi (2) Andrea Concetti, basso italiano (Grottammare, n.1965) Andrea Mongelli, basso italiano (Bari, n.1901 - Roma, † 1970) Batteristi (2) Andrea Ge, batterista italiano (Milano, n.1966) Andrea Vadrucci, batterista italiano (Scorrano, n.1983) Biatlete (2) Andrea Eskau, biatleta tedesca (n.1971) Andrea Henkel, ex biatleta tedesca (Ilmenau, n.1977) Biochimiche (1) Andrea Gamarnik, biochimica argentina (Buenos Aires, n.1964) Bobbisti (3) Andrea Clemente, bobbista italiano (San Nicola la Strada, n.1942 - Breuil-Cervinia, † 1970) Andrea Meneghin, ex bobbista italiano (Conegliano, n.1958) Andrea Zambelli, bobbista italiano (Cortina d'Ampezzo, n.1927 - Cortina d'Ampezzo, † 1994) Botanici (2) Andrea Cesalpino, botanico, medico e anatomista italiano (Arezzo - Roma, † 1603) Andrea Di Martino, botanico italiano (Misilmeri, n.1926 - Palermo, † 2009) Calciatori (113) Calciatrici (4) Andrea Norheim, calciatrice norvegese (Stavanger, n.1999) Andrea Pereira, calciatrice spagnola (Barcellona, n.1993) Andrea Scarpellini, calciatrice italiana (Trescore Balneario, n.1989) Andrea Stašková, calciatrice ceca (Znojmo, n.2000) Canoisti (4) Andrea Benetti, ex canoista italiano (Torino, n.1980) Andrea Facchin, canoista italiano (Padova, n.1978) Andrea Romeo, canoista italiano (n.1985) Andrea Salvietti, ex canoista italiano (Fiesole, n.1952) Canottiere (1) Andrea Proske, canottiera canadese (North Vancouver, n.1986) Canottieri (5) Andrea Caianiello, canottiere italiano (Napoli, n.1987) Andrea Cattaneo, canottiere italiano (Cremona, n.1998) Andrea Micheletti, canottiere italiano (Gallarate, n.1991) Andrea Panizza, canottiere italiano (Lecco, n.1998) Andrea Re, ex canottiere italiano (Pavia, n.1963) Cantanti (14) Andrea, cantante bulgara (Sofia, n.1987) Andrea Bonomo, cantante e compositore italiano (Gallarate, n.1978) Andrea Bruschi, cantante e attore italiano (Genova, n.1968) Andrea Croci, cantante e attore italiano (Gallarate, n.1976) Andrea Demirović, cantante montenegrina (Titograd, n.1987) Andrea Koevska, cantante macedone (Skopje, n.2000) Andrea Motis, cantante, trombettista e sassofonista spagnola (Barcellona, n.1995) AnNa R., cantante e cantautrice tedesca (Berlino, n.1969) Andrea Pacini, cantante, compositore e religioso italiano (Lucca, n.1690 - Lucca, † 1764) Andrea Sacco, cantante e musicista italiano (Carpino, n.1911 - Carpino, † 2006) Andrea Sannino, cantante e cantautore italiano (Napoli, n.1985) Andrea Vigentini, cantante, compositore e musicista italiano (Milano, n.1985) Andrea Zanini, cantante italiano (Genova) Andrea Šušnjara, cantante croata (Spalato, n.1987) Cantautori (14) Andrea Appino, cantautore, chitarrista e produttore discografico italiano (Pisa, n.1978) Bresh, cantautore e rapper italiano (Genova, n.1996) Andrea Chimenti, cantautore italiano (Reggio Emilia, n.1959) Andrea Lo Vecchio, cantautore, compositore e paroliere italiano (Milano, n.1942 - Roma, † 2021) Marquez, cantautore e compositore italiano (Cesena, n.1972) Andrea Mazzacavallo, cantautore italiano (Thiene, n.1971) Andrea Mingardi, cantautore e scrittore italiano (Bologna, n.1940) Andrea Nardinocchi, cantautore e musicista italiano (Bologna, n.1986) Andrea Parodi, cantautore e produttore discografico italiano (Porto Torres, n.1955 - Quartu Sant'Elena, † 2006) Andrea Parodi, cantautore italiano (Cantù, n.1975) Andrea Ra, cantautore e bassista italiano (Roma, n.1972) Andy Surdi, cantautore e polistrumentista italiano (Palermo, n.1944) Andrea Tich, cantautore italiano (Augusta) Venerus, cantautore, produttore discografico e polistrumentista italiano (Milano, n.1992) Cantautrici (3) Andrea Begley, cantautrice irlandese (Dundee, n.1987) Medina, cantautrice danese (Århus, n.1982) Andrea Mirò, cantautrice, compositrice e musicista italiana (Rocchetta Tanaro, n.1967) Cantori (1) Andrea Adami da Bolsena, cantore italiano (Bolsena, n.1663 - Roma, † 1742) Cardinali (12) Andrea Aiuti, cardinale e arcivescovo cattolico italiano (Roma, n.1849 - Roma, † 1905) Andrea Baroni Peretti Montalto, cardinale e vescovo cattolico italiano (Montalto delle Marche, n.1572 - Roma, † 1629) Andrea Báthory, cardinale rumeno (Șimleu Silvaniei - Sândominic, † 1599) Andrea Bontempi, cardinale e arcivescovo cattolico italiano (Perugia, n.1326 - Macerata, † 1390) Andrea Corner, cardinale e vescovo cattolico italiano (Venezia, n.1511 - Roma, † 1551) Andrea Corsini, cardinale e vescovo cattolico italiano (Firenze, n.1735 - Roma, † 1795) Andrea della Valle, cardinale e vescovo cattolico italiano (Roma, n.1463 - Roma, † 1534) Andrea Ghilini, cardinale e vescovo cattolico italiano (Firenze - Perpignano, † 1343) Andrea Gioannetti, cardinale e arcivescovo cattolico italiano (Bologna, n.1722 - Bologna, † 1800) Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, cardinale e arcivescovo cattolico italiano (Torino, n.1925 - Roma, † 2017) Andrea Negroni, cardinale italiano (Roma, n.1710 - Roma, † 1789) Andrea Santacroce, cardinale e arcivescovo cattolico italiano (Roma, n.1655 - Roma, † 1712) Cestiste (16) Andrea Belanská, ex cestista slovacca (Levice, n.1973) Andrea Boquete, cestista argentina (Mendoza, n.1990) Andrea Brabencová, ex cestista ceca (Brno, n.1974) Andrea Garner, ex cestista statunitense (Filadelfia, n.1979) Andrea Harder, ex cestista tedesca (Kassel, n.1977) Andrea Hohl, ex cestista romena (Satu Mare, n.1975) Andrea Károlyi, ex cestista ungherese (Budapest, n.1975) Andrea Kuklová, ex cestista slovacca (Poprad, n.1971) Andrea Nagy, ex cestista ungherese (Budapest, n.1971) Andrea Reiter, ex cestista tedesca (Essen, n.1960) Andrea Riley, ex cestista statunitense (Dallas, n.1988) Andrea Samsonová, ex cestista ceca (Bruntál, n.1974) Andrea Sepsei, ex cestista ungherese (Budapest, n.1962) Andrea Slošiarová, ex cestista slovacca (Žilina, n.1972) Andrea Tarkovács, ex cestista ungherese (Budapest, n.1958) Andrea Vilaró, cestista spagnola (Barcellona, n.1993) Cestisti (41) Andrea Amato, cestista italiano (Milano, n.1994) Andrea Ancellotti, cestista italiano (Correggio, n.1988) Andrea Bargnani, ex cestista italiano (Roma, n.1985) Andrea Bartolucci, ex cestista italiano (Pesaro, n.1985) Andrea Bassani, cestista italiano (Lecco, n.1989) Andrea Blasi, cestista italiano (Trieste, n.1965 - Bologna, † 2002) Andrea Camata, ex cestista italiano (San Donà di Piave, n.1973) Andrea Casella, cestista italiano (Pisa, n.1990) Andrea Cessel, ex cestista italiano (San Vito al Tagliamento, n.1969) Andrea Cinciarini, cestista italiano (Cattolica, n.1986) Andrea Conti, ex cestista e dirigente sportivo italiano (Rho, n.1974) Andrea Coronica, ex cestista italiano (Trieste, n.1993) Andrea Dallamora, ex cestista italiano (Cervia, n.1970) Andrea De Nicolao, cestista italiano (Camposampiero, n.1991) Andrea Donda, cestista italiano (Trieste, n.1999) Andrea Forti, ex cestista e procuratore sportivo italiano (Venezia, n.1962) Andrea Ghiacci, ex cestista italiano (Bologna, n.1981) Andrea Giampaoli, cestista italiano (Pesaro, n.1990) Andrea Gianolla, ex cestista italiano (Castelfranco Veneto, n.1965) Andrea Gjinaj, ex cestista e allenatore di pallacanestro albanese (Tirana, n.1986) Andrea Gracis, ex cestista e dirigente sportivo italiano (Treviso, n.1960) Andrea Iannicelli, cestista italiano (Avellino, n.1991) Andrea Iannilli, ex cestista italiano (Roma, n.1984) Andrea La Torre, cestista italiano (Viterbo, n.1997) Andrea Marusic, cestista italiano (Busto Arsizio, n.1989) Andrea Meneghin, ex cestista, allenatore di pallacanestro e commentatore televisivo italiano (Varese, n.1974) Andrea Mezzanotte, cestista italiano (Almenno San Bartolomeo, n.1998) Andrea Michelori, ex cestista italiano (Milano, n.1978) Andrea Negri, cestista italiano (Lecco, n.1988) Andrea Pecchia, cestista italiano (Segrate, n.1997) Andrea Pilotti, cestista italiano (Monza, n.1980) Andrea Quarisa, cestista italiano (Venezia, n.1992) Andrea Raschi, cestista sammarinese (San Marino, n.1979) Andrea Renzi, cestista italiano (Genova, n.1989) Andrea Rovatti, cestista italiano (Montecchio Emilia, n.1996) Andrea Saccaggi, cestista italiano (Massa, n.1989) Andrea Tassinari, cestista italiano (Cento, n.1996) Andrea Toso, ex cestista italiano Andrea Traini, cestista italiano (Loreto, n.1992) Andrea Valentini, ex cestista e allenatore di pallacanestro italiano (Teramo, n.1971) Andrea Zerini, cestista italiano (Firenze, n.1988) Chirurghi (4) Andrea Majocchi, chirurgo e scrittore italiano (Bascapè, n.1876 - Milano, † 1965) Andrea Massimini, chirurgo italiano (Roma, n.1727 - Roma, † 1792) Andrea Ranzi, chirurgo italiano (Pesaro, n.1810 - Firenze, † 1859) Andrea Vaccà Berlinghieri, chirurgo italiano (Montefoscoli, n.1772 - Orzignano, † 1826) Chitarristi (5) Andrea Braido, chitarrista e polistrumentista italiano (Trento, n.1964) Andrea Fornili, chitarrista italiano (Reggio Emilia, n.1961) Andrea Martongelli, chitarrista italiano (Isola della Scala, n.1979) Andy Panigada, chitarrista e produttore discografico italiano (Milano, n.1963) Andrea Vettoretti, chitarrista e compositore italiano (Treviso, n.1974) Ciclisti su strada (24) Andrea Bagioli, ciclista su strada italiano (Sondrio, n.1999) Andrea Barro, ciclista su strada italiano (Conegliano, n.1931 - Conegliano, † 2018) Andrea Brognara, ex ciclista su strada italiano (Isola della Scala, n.1971) Andrea Carrea, ciclista su strada italiano (Gavi Ligure, n.1924 - Cassano Spinola, † 2013) Andrea Chiurato, ex ciclista su strada italiano (Montebelluna, n.1965) Andrea Fedi, ex ciclista su strada italiano (Prato, n.1991) Andrea Ferrigato, ex ciclista su strada italiano (Schio, n.1969) Andrea Garosio, ciclista su strada italiano (Chiari, n.1993) Andrea Guardini, ciclista su strada e pistard italiano (Tregnago, n.1989) Andrea Masciarelli, ex ciclista su strada italiano (Pescara, n.1982) Andrea Minasso, ciclista su strada italiano (Torino, n.1910 - Saint-Étienne, † 1982) Andrea Moletta, ex ciclista su strada italiano (Cittadella, n.1979) Andrea Noè, ex ciclista su strada italiano (Magenta, n.1969) Andrea Pagoto, ex ciclista su strada italiano (Montecchio Emilia, n.1985) Andrea Palini, ex ciclista su strada italiano (Gardone Val Trompia, n.1989) Andrea Pasqualon, ciclista su strada italiano (Bassano del Grappa, n.1988) Andrea Peron, ex ciclista su strada italiano (Varese, n.1971) Andrea Peron, ciclista su strada italiano (Camposampiero, n.1988) Andrea Piccolo, ciclista su strada italiano (Magenta, n.2001) Andrea Piechele, ex ciclista su strada italiano (Cles, n.1987) Andrea Rossi, ex ciclista su strada italiano (Senigallia, n.1979) Andrea Tafi, ex ciclista su strada italiano (Fucecchio, n.1966) Andrea Vatteroni, ex ciclista su strada italiano (La Spezia, n.1969) Andrea Vendrame, ciclista su strada italiano (Conegliano, n.1994) Circensi (1) Andrea Bernabè, circense italiano (Faenza, n.1850 - Bologna, † 1920) Clavicembalisti (2) Andrea Coen, clavicembalista, organista e musicologo italiano (Roma, n.1960) Andrea Marcon, clavicembalista, organista e direttore d'orchestra italiano (Treviso, n.1963) Collezionisti d'arte (1) Andrea Accornero, collezionista d'arte italiano (Torino, n.1966) Combinatisti nordici (1) Andrea Longo, combinatista nordico, saltatore con gli sci e fondista italiano (Cavalese, n.1971) Comici (5) Andrea Agresti, comico, cantautore e personaggio televisivo italiano (Pistoia, n.1974) Andrea Pucci, comico, cabarettista e attore italiano (Milano, n.1965) Andrea Cambi, comico e attore italiano (Firenze, n.1962 - Firenze, † 2009) Andrea Di Marco, comico e cabarettista italiano (Genova, n.1969) Ruggero de I Timidi, comico e cantautore italiano (Udine, n.1975) Compositori (19) Andrea Adolfati, compositore italiano (Venezia - Padova, † 1760) Andrea Amati, compositore e paroliere italiano (Brescia, n.1977) Andrea Basili, compositore italiano (Città della Pieve, n.1705 - Loreto, † 1777) Andrea Battistoni, compositore, violoncellista e direttore d'orchestra italiano (Verona, n.1987) Andrea Bernasconi, compositore italiano (n.1706 - Monaco di Baviera, † 1784) Andrea Bolognesi, compositore e musicista italiano (Genova, n.1775 - Arequipa, † 1834) Andrea Farri, compositore italiano (Roma, n.1982) Andrea Favi, compositore e organista italiano (Forlì, n.1743 - Forlì, † 1822) Andrea Ferrante, compositore, musicista e docente italiano (Palermo, n.1968) Andrea Ferretto, compositore e inventore italiano (Barbarano Vicentino, n.1864 - Barbarano Vicentino, † 1942) Andrea Gabrieli, compositore e organista italiano (Venezia, n.1510 - Venezia, † 1585) Andrea Guerra, compositore italiano (Santarcangelo di Romagna, n.1961) Andrea Liberovici, compositore, regista e cantautore italiano (Torino, n.1962) Andrea Mattioli, compositore e presbitero italiano (Faenza, n.1611 - Mantova, † 1679) Andrea Molino, compositore e direttore d'orchestra italiano (Torino, n.1964) Andrea Morricone, compositore, musicista e direttore d'orchestra italiano (Roma, n.1964) Andrea Portera, compositore italiano (Grosseto, n.1973) Andrea Rota, compositore italiano (Bologna - Bologna, † 1597) Andrea Tonoli, compositore, pianista e polistrumentista italiano (Gandellino, n.1991) Compositrici (1) Andrea Reinkemeyer, compositrice statunitense (Portland, n.1976) Condottieri (2) Andrea Carafa, condottiero italiano (Napoli - Napoli, † 1526) Andrea Malatesta, condottiero italiano (n.1373 - † 1416) Conduttori radiofonici (4) Andrea e Michele, conduttore radiofonico italiano (Cremona, n.1973) Andrea Prevignano, conduttore radiofonico e giornalista italiano (Casale Monferrato, n.1967) Andrea Rock, conduttore radiofonico, personaggio televisivo e musicista italiano (Milano, n.1982) Andrea de Angelis, conduttore radiofonico e politico italiano (Roma, n.1975) Conduttori televisivi (2) Andrea Fusco, conduttore televisivo, telecronista sportivo e giornalista italiano (Roma, n.1959) Andrea Pezzi, conduttore televisivo e imprenditore italiano (Ravenna, n.1973) Conduttrici televisive (2) Andrea Delogu, conduttrice televisiva, conduttrice radiofonica e scrittrice italiana (Cesena, n.1982) Andrea Lehotská, conduttrice televisiva, modella e attrice slovacca (Detva, n.1981) Costituzionalisti (1) Andrea Manzella, costituzionalista italiano (Palermo, n.1933) Costumisti (2) Andrea Cavalletto, costumista italiano (Padova, n.1981) Andrea Viotti, costumista, scenografo e saggista italiano (Roma, n.1947) Criminali (1) Andrea Ghira, criminale italiano (Roma, n.1953 - Melilla, † 1994) Criminologi (1) Andrea Di Nicola, criminologo e scrittore italiano (n.1973) Critici letterari (2) Andrea Battistini, critico letterario e italianista italiano (Bologna, n.1947 - Bologna, † 2020) Andrea Cortellessa, critico letterario e storico della letteratura italiano (Roma, n.1968) Cuochi (1) Andrea Mainardi, cuoco e conduttore televisivo italiano (Bergamo, n.1983) Designer (2) Andrea Castrignano, designer, conduttore televisivo e blogger italiano (Milano, n.1969) Andrea Rauch, designer e illustratore italiano (Siena, n.1948) Diplomatici (4) Andrea Bulgaro, diplomatico e poeta italiano (n.1359) Andrea Carlotti, diplomatico italiano (Verona, n.1864 - † 1920) Andrea Ferrero, diplomatico italiano (Bianzè, n.1903 - Roma, † 1996) Andrea Trevisan, diplomatico e politico italiano (Venezia, n.1458 - Venezia, † 1534) Dirigenti d'azienda (4) Andrea Fabiano, dirigente d'azienda italiano (Bari, n.1976) Andrea Guerra, dirigente d'azienda italiano (Milano, n.1965) Andrea Viero, dirigente d'azienda italiano (Marostica, n.1964) Andrea Zappia, dirigente d'azienda italiano (Tripoli, n.1963) Dirigenti sportivi (21) Andrea Adamo, dirigente sportivo e ingegnere italiano (Cuneo, n.1971) Andrea Arrica, dirigente sportivo italiano (Santu Lussurgiu, n.1926 - Cagliari, † 2011) Andrea Berta, dirigente sportivo italiano (Brescia, n.1972) Andrea Bottazzi, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Piacenza, n.1967) Andrea Caracciolo, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Milano, n.1981) Andrea Catellani, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Reggio nell'Emilia, n.1988) Andrea Cossu, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Cagliari, n.1980) Andrea Fabbrini, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Torino, n.1974) Andrea Gadaldi, dirigente sportivo, allenatore di calcio e calciatore italiano (Leno, n.1907 - Brescia, † 1993) Andrea Galassi, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Savignano sul Rubicone, n.1964) Andrea Gaudenzi, dirigente sportivo, imprenditore e ex tennista italiano (Faenza, n.1973) Andrea Iaconi, dirigente sportivo italiano (Giulianova, n.1953) Andrea Mangoni, dirigente sportivo, allenatore di calcio e ex calciatore italiano (Pistoia, n.1960) Andrea Milardi, dirigente sportivo e allenatore di atletica leggera italiano (Contigliano, n.1945 - Rieti, † 2016) Andrea Paulgross, dirigente sportivo e cavaliere italiano (Viareggio, n.1965) Andrea Pecile, dirigente sportivo e ex cestista italiano (Trieste, n.1980) Andrea Romeo, dirigente sportivo e ex arbitro di calcio italiano (Casale Monferrato, n.1970) Andrea Sartoretti, dirigente sportivo, allenatore di pallavolo e ex pallavolista italiano (Perugia, n.1971) Andrea Seno, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Burano, n.1966) Andrea Silenzi, dirigente sportivo e ex calciatore italiano (Roma, n.1966) Andrea Tonti, dirigente sportivo e ex ciclista su strada italiano (Osimo, n.1976) Disc jockey (5) Andres Diamond, disc jockey, wrestler e telecronista sportivo italiano (Monza, n.1986) Andrea Mazza, disc jockey e produttore discografico italiano (Sabaudia, n.1976) Andrea Pellizzari, disc jockey, conduttore televisivo e editore musicale italiano (Udine, n.1967) Andrea Roma, disc jockey, produttore discografico e compositore italiano Deda, disc jockey, rapper e produttore discografico italiano (Ravenna, n.1971) Disegnatori (2) Andrea Artusi, disegnatore italiano (Venezia, n.1964) Andrea Denegri, disegnatore e sceneggiatore italiano (Alessandria, n.1969) Dogi (3) Andrea Centurione Pietrasanta, doge (Genova, n.1471 - Genova, † 1546) Andrea Contarini, doge (Venezia - Venezia, † 1382) Andrea Spinola, doge (Genova, n.1562 - Genova, † 1641) Doppiatori (5) Andrea De Nisco, doppiatore italiano (Napoli, n.1958) Andrea Di Maggio, doppiatore italiano (Roma, n.1998) Andrea Lavagnino, doppiatore italiano (Genova, n.1970) Andrea Mete, doppiatore italiano (Roma, n.1985) Andrea Oldani, doppiatore italiano (Cuggiono, n.1987) Drammaturghi (5) Andrea Balzola, drammaturgo e saggista italiano (Torino, n.1961) Andrea Calmo, commediografo, attore teatrale e poeta italiano (Venezia - Venezia, † 1571) Andrea Ciullo, drammaturgo, compositore e artista italiano (Rossano, n.1949) Andrea Cosentino, drammaturgo, attore teatrale e regista teatrale italiano (Chieti, n.1967) Andrea Perrucci, drammaturgo, librettista e gesuita italiano (Palermo, n.1651 - Napoli, † 1704) Economisti (8) Andrea Beltratti, economista e banchiere italiano (Torino, n.1959) Andrea Enria, economista italiano (La Spezia, n.1961) Andrea Fumagalli, economista italiano (Milano, n.1959) Andrea Ichino, economista italiano (Milano, n.1959) Andrea Monorchio, economista e dirigente pubblico italiano (Reggio Calabria, n.1939) Andrea Prencipe, economista italiano (Manfredonia, n.1968) Andrea Sironi, economista italiano (Milano, n.1964) Andrea Zambelli, economista italiano (Rovato - Milano) Editori (3) Andrea Corno, editore italiano (Milano, n.1937 - Como, † 2007) Andrea Rizzoli, editore, imprenditore e dirigente sportivo italiano (Milano, n.1914 - Nizza, † 1983) Andrea Viglongo, editore e giornalista italiano (Torino, n.1900 - Torino, † 1986) Editori musicali (1) Andrea Antico da Montona, editore musicale e compositore italiano (Montona - † 1540) Enigmisti (1) Andrea Maraventano, enigmista italiano (Savona, n.1973) Fantini (5) Andrea Chelli, fantino italiano (Grosseto, n.1973 - Siena, † 2014) Andrea Chessa, fantino italiano (Orosei, n.1983) Andrea Coghe, fantino italiano (Siena, n.1989) Andrea Degortes, fantino italiano (Olbia, n.1943) Andrea Mari, fantino italiano (Rosia, n.1977 - Bolgheri, † 2021) Filosofi (7) Andrea Angiulli, filosofo e pedagogista italiano (Castellana, n.1837 - Napoli, † 1890) Andrea Bacci, filosofo, medico e scrittore italiano (Sant'Elpidio a Mare, n.1524 - Roma, † 1600) Andrea Bonomi, filosofo italiano (n.1940) Andrea Caffi, filosofo, politico e giornalista italiano (San Pietroburgo, n.1887 - Parigi, † 1955) Andrea Emo, filosofo italiano (Battaglia Terme, n.1901 - Roma, † 1983) Andrea Tagliapietra, filosofo e saggista italiano (Venezia, n.1962) Andrea Vasa, filosofo italiano (Aggius, n.1914 - Firenze, † 1980) Fisici (3) Andrea Frova, fisico, divulgatore scientifico e scrittore italiano (Venezia, n.1936) Andrea Naccari, fisico italiano (Padova, n.1841 - Torino, † 1926) Andrea Prosperetti, fisico e matematico italiano Fisiologi (1) Andrea Capparelli, fisiologo italiano (Randazzo, n.1854 - Catania, † 1921) Flautisti (1) Andrea Griminelli, flautista italiano (Correggio, n.1959) Fondiste di corsa in montagna (1) Andrea Mayr, fondista di corsa in montagna, maratoneta e siepista austriaca (Wels, n.1979) Fondisti (2) Andrea Sammaritani, ex fondista sammarinese (Rimini, n.1957) Andrea Vuerich, fondista e combinatista nordico italiano (Pontebba, n.1907 - Udine, † 1964) Fondisti di corsa in montagna (1) Andrea Regazzoni, fondista di corsa in montagna italiano (Faenza, n.1978) Fotografi (3) Andrea Abati, fotografo italiano (Prato, n.1952) Andrea De Giovanni, fotografo italiano (Lugo di Vicenza, n.1912 - Assisi, † 1987) Andrea Giacobbe, fotografo, regista e pittore italiano (Firenze, n.1968) Fotoreporter (1) Andrea Frazzetta, fotoreporter italiano (Lecce, n.1977) Francescani (1) Andrea da Modena, francescano italiano (Meldola - Modena, † 1455) Fumettisti (14) Andrea Accardi, fumettista italiano (Palermo, n.1968) Andrea Bormida, fumettista italiano (Casale Monferrato, n.1967) Andrea Cascioli, fumettista italiano (Roma, n.1964) Casty, fumettista italiano (Gorizia, n.1967) Andrea Cuneo, fumettista, disegnatore e grafico italiano (Chiavari, n.1974) Andrea Domestici, fumettista e disegnatore italiano (Roma, n.1964) Andrea Fanton, fumettista italiano (Vicenza, n.1935) Andrea Ferraris, fumettista italiano (Genova, n.1966) Andrea Lavezzolo, fumettista, scrittore e giornalista italiano (Parigi, n.1905 - Chiavari, † 1981) Andrea Mantelli, fumettista, scrittore e editore italiano (Merano, n.1946) Andrea Mutti, fumettista italiano (Brescia, n.1973) Tuono Pettinato, fumettista e illustratore italiano (Pisa, n.1976 - Pisa, † 2021) Andrea Scoppetta, fumettista, animatore e regista italiano (n.1977) Andrea Venturi, fumettista italiano (Bologna, n.1963) Funzionari (2) Andrea Lo Jacono, funzionario italiano (Piazza Armerina, n.1911 - Roma, † 2001) Andrea Redusi, funzionario, diplomatico e militare italiano († 1442) Generali (7) Andrea Cucino, generale italiano (Montecorvino Rovella, n.1914 - † 1989) Andrea De Gennaro, generale italiano (Roma, n.1959) Andrea Ferrari, generale italiano (Napoli, n.1770 - Roma, † 1849) Andrea Fornasiero, generale e aviatore italiano (Este, n.1937) Andrea Graziani, generale italiano (Bardolino, n.1864 - Prato, † 1931) Andrea Massena, generale francese (Nizza, n.1758 - Parigi, † 1817) Andrea Viglione, generale italiano (Torino, n.1914 - Roma, † 1992) Geologi (1) Andrea Bina, geologo, matematico e fisico italiano (Milano, n.1724 - Milano, † 1792) Gesuiti (1) Andrea Pozzo, gesuita e architetto italiano (Trento, n.1642 - Vienna, † 1709) Ginnaste (1) Andrea Bodó-Molnár, ginnasta ungherese (Budapest, n.1934 - Novato, † 2022) Ginnasti (3) Andrea Cingolani, ginnasta italiano (Tolentino, n.1990) Andrea Coppolino, ginnasta italiano (Novedrate, n.1979) Andrea Russo, ginnasta italiano (Roma, n.1997) Giocatori di biliardo (2) Andrea Paoloni, giocatore di biliardo italiano (Fermo, n.1971) Andrea Quarta, giocatore di biliardo italiano (Nardò, n.1982) Giocatori di bowling (1) Andy Varipapa, giocatore di bowling italiano (Carfizzi, n.1891 - Hempstead, † 1984) Giocatori di calcio a 5 (3) Andrea Famà, ex giocatore di calcio a 5 e allenatore di calcio a 5 italiano (Roma, n.1964) Andrea Rubei, giocatore di calcio a 5 italiano (Roma, n.1966) Andrea Terenzi, giocatore di calcio a 5 italiano (Latina, n.1989) Giocatori di curling (4) Andrea Pappacena, ex giocatore di curling italiano (Trieste, n.1965) Andrea Pavani, ex giocatore di curling italiano (Caracas, n.1954) Andrea Pilzer, giocatore di curling italiano (Trento, n.1991) Andrea Tabanelli, giocatore di curling italiano (Perugia, n.1961 - Courmayeur, † 2020) Giocatori di poker (1) Andrea Dato, giocatore di poker e ingegnere italiano (Roma, n.1979) Giocatrici di curling (1) Andrea Schopp, giocatrice di curling tedesca (Garmisch-Partenkirchen, n.1965) Giornalisti (31) Andrea Barbato, giornalista, scrittore e politico italiano (Roma, n.1934 - Roma, † 1996) Andrea Berton, giornalista e telecronista sportivo italiano (Milano, n.1970) Andrea Boscione, giornalista italiano (Alassio, n.1927 - Torino, † 1983) Andrea Canestri, giornalista, scrittore e poeta italiano (Alessandria, n.1896 - Alessandria, † 1959) Andrea Cangini, giornalista e politico italiano (Roma, n.1969) Andrea Colombo, giornalista e scrittore italiano (Roma, n.1954) Andrea De Pino, giornalista e attore italiano (Amalfi, n.1892 - Roma, † 1966) Andrea Frailis, giornalista e politico italiano (Cagliari, n.1956) Andrea Giubilo, giornalista italiano (Roma, n.1946) Andrea Lucatello, giornalista, conduttore radiofonico e opinionista italiano (Sorengo, n.1966) Andrea Melodia, giornalista italiano (Varese, n.1944) Andrea Molino, giornalista e conduttore televisivo italiano (Roma, n.1964) Andrea Monda, giornalista e scrittore italiano (Roma, n.1966) Andrea Montanari, giornalista italiano (Ravenna, n.1958) Andrea Montemurro, giornalista e scrittore italiano (Colleferro, n.1977) Andrea Monti, giornalista italiano (Milano, n.1955) Andrea Palladino, giornalista italiano (Milano, n.1965) Andrea Pamparana, giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano (Milano, n.1953) Andrea Pancani, giornalista e conduttore televisivo italiano (Napoli, n.1961) Andrea Pesciarelli, giornalista italiano (Roma, n.1964 - Roma, † 2011) Andrea Pucci, giornalista italiano (Roma, n.1961) Andrea Purgatori, giornalista, sceneggiatore e saggista italiano (Roma, n.1953 - Roma, † 2023) Andrea Rocchelli, giornalista, fotoreporter e fotografo italiano (Pavia, n.1983 - Andreevka, † 2014) Andrea Romeo, giornalista e critico cinematografico italiano (Padova, n.1974) Andrea Salerno, giornalista, autore televisivo e dirigente d'azienda italiano (Roma, n.1965) Andrea Sarubbi, giornalista, politico e blogger italiano (Roma, n.1971) Andrea Scanzi, giornalista, scrittore e drammaturgo italiano (Arezzo, n.1974) Andrea Tornielli, giornalista e scrittore italiano (Chioggia, n.1964) Andrea Torre, giornalista e politico italiano (Torchiara, n.1866 - Roma, † 1940) Andrea Vianello, giornalista, conduttore radiofonico e conduttore televisivo italiano (Roma, n.1961) Andrea di Robilant, giornalista, scrittore e storico italiano (Roma, n.1957) Giuristi (16) Andrea Amatucci, giurista italiano (Napoli, n.1938) Andrea Barbazza, giurista e avvocato italiano (Messina - Bologna, † 1480) Andrea Belli, giurista e letterato italiano (Ruvo del Monte, n.1760 - Napoli, † 1820) Andrea Belvedere, giurista italiano (Pavia, n.1944) Andrea Berardi, giurista, avvocato e pubblicista italiano (Roma, n.1907 - San Polo dei Cavalieri, † 1984) Andrea Bonello, giurista italiano (Barletta, n.1190 - † 1275) Andrea Comba, giurista italiano (Torino, n.1936 - Torino, † 2020) Andrea Fachinei, giurista italiano (Forlì, n.1549 - † 1609) Andrea Ferrara, giurista italiano (Tursi, n.1882 - Roma, † 1954) Andrea da Isernia, giurista italiano (Napoli, † 1316) Andrea Monti, giurista e editore italiano (Pescara, n.1967) Andrea Platzaert, giurista e politico italiano Andrea Rapisardi Mirabelli, giurista italiano (Mascalucia, n.1883 - Siena, † 1945) Andrea Torrente, giurista e magistrato italiano (Casoria, n.1908 - Roma, † 1965) Andrea Zoppini, giurista italiano (Roma, n.1965) Andrea da Bari, giurista italiano (Bari) Hockeisti in-line (1) Andrea Alberti, hockeista in-line e ex hockeista su ghiaccio italiano (San Candido, n.1985) Hockeisti su ghiaccio (6) Andrea Carpano, ex hockeista su ghiaccio italiano (Trento, n.1976) Andrea Grassi, hockeista su ghiaccio svizzero (n.1992) Andrea Moser, ex hockeista su ghiaccio italiano (San Candido, n.1988) Andrea Rodeghiero, ex hockeista su ghiaccio italiano (Asiago, n.1982) Andrea Schina, hockeista su ghiaccio italiano (Torino, n.1993) Andrea Vanetti, hockeista su ghiaccio italiano (Varese, n.1990) Hockeisti su pista (3) Andrea Fantozzi, hockeista su pista italiano (Massa Marittima, n.1997) Andrea Gori, hockeista su pista italiano (Lodi, n.2001) Andrea Malagoli, hockeista su pista italiano (Modena, n.1991) Hockeisti su slittino (1) Andrea Chiarotti, hockeista su slittino, hockeista su ghiaccio e allenatore di hockey su ghiaccio italiano (Torino, n.1966 - Torre Pellice, † 2018) Illustratori (1) Andrea Freccero, illustratore e fumettista italiano (Genova, n.1968) Imprenditori (12) Andrea Agnelli, imprenditore e dirigente sportivo italiano (Torino, n.1975) Andrea Bulgarella, imprenditore e dirigente sportivo italiano (Erice, n.1946) Andrea Colonna di Stigliano, imprenditore e politico italiano (Napoli, n.1820 - Napoli, † 1872) Andrea Della Valle, imprenditore italiano (Sant'Elpidio a Mare, n.1965) Andrea Ercoli, imprenditore, dirigente sportivo e calciatore italiano (Roma, n.1908 - Roma, † 2005) Andrea Gabrielli, imprenditore e dirigente sportivo italiano (Cittadella, n.1957) Andrea Illy, imprenditore italiano (Trieste, n.1964) Andrea Pininfarina, imprenditore italiano (Torino, n.1957 - Trofarello, † 2008) Andrea Ponti, imprenditore, dirigente d'azienda e mecenate italiano (Gallarate, n.1821 - Biumo Superiore, † 1888) Andrea Sassetti, imprenditore italiano (Fermo, n.1960) Andrea Vecchio, imprenditore e ex politico italiano (Santa Venerina, n.1939) Andrea Zenesini, imprenditore e dirigente sportivo italiano (Quistello, n.1923 - Milano, † 1984) Incisori (3) Andrea Andreani, incisore italiano (Mantova - Mantova, † 1629) Andrea Bolzoni, incisore italiano (Ferrara, n.1689 - Ferrara, † 1760) Andrea Pannonio, incisore ungherese (Ungheria, n.1430 - Bologna, † 1471) Informatici (1) Andrea Mazzucchi, informatico e imprenditore italiano (Roma, n.1966) Ingegneri (6) Andrea Accomazzo, ingegnere italiano (Domodossola, n.1970) Andrea Chiarugi, ingegnere italiano (Firenze, n.1937 - Firenze, † 2010) Andrea Dolcini, ingegnere e cartografo italiano (Livorno) Andrea Pigonati, ingegnere italiano (Siracusa, n.1734 - Napoli, † 1790) Andrea Rinaldo, ingegnere, idrologo e ex rugbista a 15 italiano (Venezia, n.1954) Andrea Stella, ingegnere italiano (Orvieto, n.1971) Intagliatori (2) Andrea da Milano, intagliatore italiano (Saronno) Andrea Moranzone, intagliatore e scultore italiano (n.1347 - Venezia, † 1398) Inventori (1) Andrea Romagnoli, inventore, progettista e imprenditore italiano (Bologna, n.1928 - Bologna, † 2013) Judoka (2) Andrea Regis, ex judoka italiano (Piemonte, n.1991) Andrea Stojadinov, judoka serba (n.2000) Karateka (1) Andrea Minardi, karateka italiano (n.1991) Kickboxer (1) Andrea Lucchese, kickboxer italiano (Palermo, n.1979) Letterati (2) Andrea Memmo, letterato, politico e diplomatico italiano (Venezia, n.1729 - Venezia, † 1793) Andrea Mustoxidi, letterato e storico greco (Corfù, n.1785 - Corfù, † 1860) Librettisti (1) Andrea Leone Tottola, librettista italiano (Napoli - Napoli, † 1831) Liutai (3) Andrea Amati, liutaio italiano (Cremona - Cremona, † 1577) Andrea Ballarin, liutaio italiano (Thiene, n.1962) Andrea Guarneri, liutaio italiano (Cremona, n.1626 - Cremona, † 1698) Lottatori (2) Andrea D'Amico, lottatore italiano Andrea Minguzzi, ex lottatore italiano (Castel San Pietro Terme, n.1982) Maestri di scherma (2) Andrea Borella, maestro di scherma e ex schermidore italiano (Venezia, n.1961) Andrea Cipressa, maestro di scherma e ex schermidore italiano (Venezia, n.1963) Marciatori (2) Andrea Agrusti, marciatore italiano (Sassari, n.1995) Andrea Cosi, marciatore italiano (Firenze, n.2001) Matematici (4) Andrea Argoli, matematico, astronomo e astrologo italiano (Tagliacozzo, n.1570 - Padova, † 1657) Andrea Caraffa, matematico e fisico italiano (n.1789 - † 1845) Andrea Malchiodi, matematico e fisico italiano (Piacenza, n.1972) Andrea Milani Comparetti, matematico e astronomo italiano (Firenze, n.1948 - Ghezzano, † 2018) Medaglisti (1) Andrea Guazzalotti, medaglista italiano (Prato, n.1435 - Prato, † 1495) Medici (11) Andrea Alpago, medico e arabista italiano (Belluno, n.1450 - Padova, † 1521) Andrea Alverà, medico, storico dell'arte e linguista italiano (Vicenza, n.1799 - Vicenza, † 1845) Andrea Amici, medico italiano (Roma, n.1870 - Roma, † 1928) Andrea, medico greco antico (Caristo - Rafah, † 217 a.C.) Andrea Ballabio, medico italiano (Napoli, n.1957) Andrea Comparetti, medico e scienziato italiano (n.1745 - Padova, † 1801) Andrea Corsini, medico e storico della scienza italiano (Firenze, n.1875 - Firenze, † 1961) Andrea Lenzi, medico italiano (Bologna, n.1953) Andrea Pasquali, medico italiano (Firenze, n.1496 - Firenze, † 1572) Andrea Pasta, medico e letterato italiano (Bergamo, n.1706 - Bergamo, † 1782) Andrea Verga, medico e politico italiano (Treviglio, n.1811 - Milano, † 1895) Mercanti (1) Andrea Gritti, mercante, militare e politico italiano (Bardolino, n.1455 - Venezia, † 1538) Meteorologi (2) Andrea Baroni, meteorologo, generale e conduttore televisivo italiano (Fabriano, n.1917 - Roma, † 2014) Andrea Giuliacci, meteorologo e climatologo italiano (Roma, n.1971) Mezzofondisti (5) Andrea Agostini, ex mezzofondista e fondista di corsa in montagna italiano (Breno, n.1970) Andrea Benvenuti, ex mezzofondista italiano (Negrar, n.1969) Andrea Giocondi, ex mezzofondista italiano (Tivoli, n.1969) Andrea Lalli, mezzofondista italiano (Firenze, n.1987) Andrea Longo, ex mezzofondista italiano (Piove di Sacco, n.1975) Microbiologi (1) Andrea Crisanti, microbiologo, divulgatore scientifico e politico italiano (Roma, n.1954) Militari (18) Andrea Adorno, militare italiano (Belpasso, n.1980) Andrea Aguyar, militare uruguaiano (Montevideo - Roma, † 1849) Andrea Angelucci, militare italiano (Spello, n.1974 - Volperino, † 2009) Andrea Bafile, militare italiano (Monticchio di Bagno, n.1878 - Cortellazzo, † 1918) Andrea Baldi, militare italiano (Roma, n.1895 - Monte Dunun, † 1936) Andrea Brezzi, militare e aviatore italiano (Ollomont, n.1891 - Vojussa, † 1940) Andrea Capozzi, militare italiano (Valenzano, n.1898 - Quota 717 di Bregu Rapit, † 1941) Andrea Colonna di Stigliano, IV principe di Sonnino, militare italiano (Napoli, n.1748 - Napoli, † 1820) Andrea d'Avalos, militare e politico italiano (Napoli, n.1618 - Napoli, † 1709) Andrea Gerbolini, militare italiano (San Remo, n.1913 - Russia, † 1943) Andrea Ghiazza, militare italiano Andrea Lombardini, militare italiano (Borghi, n.1940 - Argelato, † 1974) Andrea Marchini, militare italiano (Massa, n.1921 - Passo del Pitone, † 1944) Andrea Mazzitelli, militare e marinaio italiano (Parghelia, n.1753 - Napoli, † 1800) Andrea Millevoi, militare italiano (Roma, n.1972 - Mogadiscio, † 1993) Andrea Sgarallino, militare italiano (Livorno, n.1819 - Livorno, † 1887) Andrea Valiante, militare e rivoluzionario italiano (Jelsi, n.1761 - Isola di Pantelleria, † 1829) Andrea di Chavigny, militare francese (n.1150 - † 1202) Miniatori (1) Andrea Amadio, miniatore italiano (Venezia) Missionari (1) Andrea Sciortino, missionario italiano (Burgio, n.1705 - Palermo, † 1772) Modelle (2) Andrea Huisgen, modella spagnola (Barcellona, n.1990) Andrea Radonjić, modella montenegrina (Podgorica, n.1992) Modelli (2) Andrea Denver, modello italiano (Verona, n.1991) Andrea Zanchini, modello italiano (Cervia, n.1969) Monaci cristiani (1) Andrea Amrhein, monaco cristiano svizzero (Gunzwil, n.1844 - Beuron, † 1927) Montatori (1) Andrea Maguolo, montatore italiano (Roma, n.1980) Mountain biker (1) Andrea Tiberi, mountain biker italiano (Torino, n.1985) Musicisti (8) Andrea Amendola, musicista italiano (Palermo - Napoli) Thomas Hand Chaste, musicista italiano (Ancona, n.1957) Andrea Falconieri, musicista, cantante e compositore italiano (Napoli - Napoli, † 1656) Andrea Mei, musicista, compositore e produttore discografico italiano (Civitanova Marche, n.1965) Andrea Ridolfi, musicista, compositore e direttore d'orchestra italiano (Roma, n.1963) Andrea Salvadori, musicista e compositore italiano (Volterra, n.1974) Andrea Sigona, musicista italiano (Genova, n.1969) Andrea Tofanelli, musicista italiano (Viareggio, n.1965) Musicologi (2) Andrea Della Corte, musicologo e critico musicale italiano (Napoli, n.1883 - Torino, † 1968) Andrea Lanza, musicologo italiano (Pecetto Torinese, n.1947) Navigatori (3) Andrea Bianco, navigatore e cartografo italiano (Venezia) Andrea Corsali, navigatore italiano (Firenze, n.1487) Andrea Mansi, marinaio italiano (Ravello, n.1919 - Napoli, † 1943) Nobili (18) Braccio da Montone, nobile e condottiero italiano (Perugia, n.1368 - L'Aquila, † 1424) Andrea Cantelmo, nobile e condottiero italiano (Pettorano sul Gizio, n.1598 - Alcubierre, † 1645) Andrea Chiaramonte, nobile italiano (Palermo, † 1392) Andrea Concublet, nobile italiano (Arena, n.1648 - Napoli, † 1675) Andrea Corner, nobile, storico e poeta italiano (Trapezonta, n.1547 - Candia, † 1616) Andrea Corsini, V principe di Sismano, nobile, politico e diplomatico italiano (Firenze, n.1804 - Roma, † 1868) Andrea Gerini, nobile e mecenate italiano (Firenze, n.1691 - Firenze, † 1766) Andrea Ghisi, nobiluomo italiano Andrea Giustiniani, I principe di Bassano, nobile italiano (Messina, n.1605 - Roma, † 1676) Andrea Gonzaga, nobile italiano (Palermo, n.1539 - Mantova, † 1586) Andrea Gonzaga, nobile († 1686) Andrea Malaspina, nobile italiano (Fosdinovo - Fosdinovo, † 1610) Andrea Paleologo, nobile (Mistra, n.1453 - Roma, † 1502) Andrea Piccolomini Todeschini, nobile e politico italiano (Sarteano, n.1445 - Siena, † 1505) Andrea Sanfelice, nobile italiano (Napoli, n.1763 - Napoli, † 1808) Andrea Saraceno, nobile italiano (Taranto, n.1739 - Catania, † 1829) Andrea Thopia, nobile albanese Andrea di Slavonia, nobile ungherese (Ungheria, n.1268) Notai (3) Andrea Corradi, notaio italiano (Mantova) Andrea Fasolo, notaio italiano (Chioggia - Chioggia, † 1467) Andrea Lancia, notaio italiano (Firenze) Nuotatori (12) Andrea Beccari, ex nuotatore italiano (Moncalieri, n.1978) Andrea Bondanini, nuotatore italiano (Milano, n.1983) Andrea Busato, nuotatore italiano (Treviso, n.1987) Andrea Ceccarini, ex nuotatore italiano (Roma, n.1964) Andrea Cecchi, ex nuotatore italiano (Casale Monferrato, n.1968) Andrea Manzi, nuotatore italiano (Massa di Somma, n.1997) Andrea Oriana, nuotatore italiano (Gravedona, n.1973) Andrea Righi, ex nuotatore italiano (Prato, n.1979) Andrea Rolla, ex nuotatore italiano (Piano di Sorrento, n.1983) Andrea Toniato, ex nuotatore italiano (Cittadella, n.1991) Andrea Vergani, nuotatore italiano (Milano, n.1997) Andrea Volpini, nuotatore italiano (Empoli, n.1978) Nuotatrici (7) Andrea Eife, ex nuotatrice tedesca orientale (Lipsia, n.1956) Andrea Fuentes, sincronetta spagnola (Valls, n.1983) Andrea Gyarmati, ex nuotatrice ungherese (Budapest, n.1954) Andrea Hübner, ex nuotatrice tedesca orientale (Karl-Marx-Stadt, n.1957) Andrea Nugent, ex nuotatrice canadese (Montréal, n.1968) Andrea Pollack, nuotatrice tedesca (Schwerin, n.1961 - Berlino, † 2019) Andrea Schwartz, nuotatrice canadese (Winnipeg, n.1977) Orafi (3) Andrea Arditi, orafo italiano (Firenze) Andrea Cagnetti, orafo, designer e scultore italiano (Corchiano, n.1967) Andrea di Jacopo d'Ognabene, orafo italiano (Pistoia) Ostacolisti (2) Andrea Ercolani Volta, ostacolista sammarinese (n.1995) Andrea Giaconi, ex ostacolista italiano (Reggio nell'Emilia, n.1974) Paleografi (1) Andrea Gloria, paleografo e storico italiano (Padova, n.1821 - Padova, † 1911) Pallamaniste (2) Andrea Barnó, ex pallamanista spagnola (Estella, n.1980) Andrea Farkas, ex pallamanista ungherese (Budapest, n.1969) Pallamanisti (2) Andrea Bašić, pallamanista croato (Pola, n.1985) Andrea Colleluori, pallamanista italiano (Penne, n.2000) Pallanuotiste (1) Andrea Blas, pallanuotista spagnola (Saragozza, n.1992) Pallanuotisti (9) Andrea Amelio, ex pallanuotista italiano (Imperia, n.1986) Andrea Biondi, ex pallanuotista e dirigente sportivo italiano (Genova, n.1965) Andrea Di Fulvio, pallanuotista italiano (Pescara, n.1988) Andrea Fondelli, pallanuotista italiano (Genova, n.1994) Andrea Mangiante, ex pallanuotista e allenatore di pallanuoto italiano (Chiavari, n.1976) Andrea Pisano, ex pallanuotista e allenatore di pallanuoto italiano (La Spezia, n.1961) Andrea Razzi, pallanuotista italiano (Firenze, n.1988) Andrea Scotti Galletta, ex pallanuotista italiano (Napoli, n.1982) Andrea Tartaro, pallanuotista italiano (Napoli, n.1998) Pallavoliste (1) Andrea Fuentes, pallavolista portoricana (San Juan, n.1999) Pallavolisti (25) Andrea Aiello, ex pallavolista italiano (Parma, n.1970) Andrea Argenta, pallavolista italiano (Verona, n.1996) Andrea Ariaudo, pallavolista italiano (Cuneo, n.1987) Andrea Bari, ex pallavolista italiano (Senigallia, n.1980) Andrea Bartoletti, ex pallavolista italiano (Chiaravalle, n.1978) Andrea Battilotti, pallavolista italiano (Valdagno, n.1978) Andrea Bernabè, ex pallavolista e ex giocatore di beach volley italiano (Roma, n.1969) Andrea Brogioni, ex pallavolista italiano (Firenze, n.1968) Andrea Cesarini, pallavolista italiano (Roma, n.1987) Andrea Coali, pallavolista italiano (Trento, n.1992) Andrea Galaverna, pallavolista italiano (Cuneo, n.1994) Andrea Galliani, pallavolista italiano (Desio, n.1988) Andrea Garghella, pallavolista italiano (Padova, n.1982) Andrea Giovi, ex pallavolista italiano (Perugia, n.1983) Andrea Lucchetta, ex pallavolista e ex pallavolista italiano (Treviso, n.1962) Andrea Marchisio, pallavolista italiano (Cuneo, n.1990) Andrea Mattei, pallavolista italiano (Marino, n.1993) Andrea Nannini, pallavolista e allenatore di pallavolo italiano (Formigine, n.1944 - Modena, † 2021) Andrea Nencini, ex pallavolista italiano (Sesto Fiorentino, n.1948) Andrea Rossi, pallavolista italiano (Bibbiena, n.1989) Andrea Sala, ex pallavolista italiano (Gallarate, n.1978) Andrea Sardos Albertini, pallavolista italiano (Trieste, n.1955 - Torino, † 1981) Andrea Segnalini, ex pallavolista italiano (Roma, n.1988) Andrea Semenzato, pallavolista italiano (Venezia, n.1981) Andrea Zorzi, ex pallavolista italiano (Noale, n.1965) Paraciclisti (1) Andrea Pusateri, paraciclista, triatleta e maratoneta italiano (Monfalcone, n.1993) Parolieri (1) Andrea Cason, paroliere e scrittore italiano (Treviso, n.1920 - Treviso, † 2005) Partigiani (1) Andrea Gualandi, partigiano italiano (Dozza, n.1911 - Modigliana, † 1944) Patriarchi cattolici (2) Andrea Bondumier, patriarca cattolico italiano (Venezia - Venezia, † 1464) Andrea Riggio, patriarca cattolico italiano (Palermo, n.1660 - Roma, † 1717) Patrioti (5) Andrea Brenta, patriota e condottiero italiano (Varenna, n.1813 - Como, † 1849) Andrea Cuffaro, patriota italiano (Bagheria, n.1796 - Palermo, † 1860) Andrea Rivasi, patriota italiano (Calerno, n.1758 - Montechiarugolo, † 1796) Andrea Tonelli, patriota italiano (Coccaglio, n.1793 - † 1859) Andrea Vochieri, patriota italiano (Alessandria, n.1796 - Alessandria, † 1833) Pattinatori di short track (1) Andrea Cassinelli, pattinatore di short track italiano (Torino, n.1993) Pattinatori di velocità su ghiaccio (1) Andrea Giovannini, pattinatore di velocità su ghiaccio italiano (Trento, n.1993) Pattinatrici artistiche su ghiaccio (1) Andrea Kékesy, ex pattinatrice artistica su ghiaccio ungherese (Budapest, n.1926) Pattinatrici di short track (1) Andrea Keszler, pattinatrice di short track ungherese (Tatabánya, n.1989) Pattinatrici di velocità su ghiaccio (1) Andrea Ehrig-Mitscherlich, ex pattinatrice di velocità su ghiaccio tedesca (Dresda, n.1960) Pedagogiste (1) Andrea Stauffacher, pedagogista svizzera (Zurigo, n.1950) Pedagogisti (1) Andrea Canevaro, pedagogista e editore italiano (Genova, n.1939 - Ravenna, † 2022) Percussionisti (2) Andrea Centazzo, percussionista, compositore e produttore discografico italiano (Udine, n.1948) Andrea Piccioni, percussionista italiano (Roma, n.1970) Personaggi televisivi (1) Andrea Maggi, personaggio televisivo e scrittore italiano (Pordenone, n.1974) Pianisti (8) Andrea Alberti, pianista, compositore e tastierista italiano (Trapani, n.1949) Andrea Bacchetti, pianista italiano (Genova, n.1977) Andrea Bonatta, pianista e direttore d'orchestra italiano (Bolzano, n.1952) Andrea Cavallo, pianista, tastierista e compositore italiano (Torino, n.1974) Andrea D'Alpaos, pianista, compositore e direttore di coro italiano (Venezia, n.1966) Andrea Lucchesini, pianista italiano (Massa e Cozzile, n.1965) Andrea Pellegrini, pianista e compositore italiano (Genova, n.1963) Andrea Pozza, pianista italiano (Genova, n.1965) Pilote motociclistiche (1) Andrea Mayer, pilota motociclistica e pilota di rally tedesca (Kaufbeuren, n.1968) Piloti automobilistici (7) Andrea Belicchi, pilota automobilistico italiano (Parma, n.1976) Andrea Bertolini, pilota automobilistico italiano (Sassuolo, n.1973) Andrea Caldarelli, pilota automobilistico italiano (Pescara, n.1990) Andrea De Cesaris, pilota automobilistico italiano (Roma, n.1959 - Roma, † 2014) Andrea Gilardi, pilota automobilistico italiano (Alessandria, n.1969) Andrea Montermini, pilota automobilistico italiano (Sassuolo, n.1964) Andrea Piccini, pilota automobilistico italiano (Sansepolcro, n.1978) Piloti di rally (7) Andrea Aghini, pilota di rally italiano (Livorno, n.1963) Andrea Crugnola, pilota di rally italiano (Varese, n.1989) Andrea Dallavilla, pilota di rally italiano (Brescia, n.1969) Andrea Fovana, copilota di rally italiano (Borgomanero, n.1985) Andrea Navarra, pilota di rally italiano (Cesena, n.1971) Andrea Nucita, pilota di rally italiano (Catania, n.1989) Andrea Zanussi, ex pilota di rally e editore italiano (Pordenone, n.1961) Piloti motociclistici (13) Andrea Antonelli, pilota motociclistico italiano (Castiglione del Lago, n.1988 - Syčëvo, † 2013) Andrea Balestrieri, pilota motociclistico italiano (Parma, n.1959) Andrea Ballerini, pilota motociclistico italiano (Firenze, n.1973) Andrea Bartolini, ex pilota motociclistico italiano (Imola, n.1968) Andrea Dovizioso, pilota motociclistico italiano (Forlimpopoli, n.1986) Andrea Iannone, pilota motociclistico italiano (Vasto, n.1989) Andrea Iommi, pilota motociclistico italiano (Montegranaro, n.1977) Andrea Locatelli, pilota motociclistico italiano (Alzano Lombardo, n.1996) Andrea Mantovani, pilota motociclistico italiano (Ferrara, n.1994) Andrea Marinoni, pilota motociclistico italiano (Clusone, n.1955) Andrea Migno, pilota motociclistico italiano (Cattolica, n.1996) Andrea Occhini, pilota motociclistico italiano (Codogno, n.1986) Andrea Zappa, pilota motociclistico italiano (Giussano, n.1974) Pistard (1) Andrea Collinelli, ex pistard e ciclista su strada italiano (Ravenna, n.1969) Pittori (70) Poetesse (1) Andrea Meyer, poetessa, artista e modella tedesca (Hannover, n.1969 - Kongsberg, † 2021) Poeti (11) Andrea Cramarossa, poeta, attore e regista italiano (Bari, n.1972) Andrea Garbin, poeta, scrittore e drammaturgo italiano (Castel Goffredo, n.1976) Andrea Gibellini, poeta e scrittore italiano (Sassuolo, n.1965) Andrea Maffei, poeta, librettista e traduttore italiano (Molina di Ledro, n.1798 - Milano, † 1885) Andrea Mazzarella, poeta, avvocato e patriota italiano (Cerreto Sannita, n.1764 - Cerreto Sannita, † 1823) Andrea Navagero, poeta, oratore e botanico italiano (Venezia, n.1483 - Blois, † 1529) Andrea Peschiulli, poeta italiano (Corigliano d'Otranto, n.1601 - Roma, † 1691) Andrea Stagi, poeta italiano Andrea Tosto De Caro, poeta, compositore e critico d'arte italiano (Trapani, n.1906 - Trapani, † 1977) Andrea Volpini, poeta italiano (Castel Goffredo) Andrea Zanzotto, poeta, italianista e partigiano italiano (Pieve di Soligo, n.1921 - Conegliano, † 2011) Politiche (2) Andrea Kalavská, politica slovacca (Trenčín, n.1977) Andrea Nahles, politica tedesca (Mendig, n.1970) Politici (105) Poliziotti (1) Andrea Moneta, carabiniere italiano (Roma, n.1969 - Bologna, † 1991) Presbiteri (14) Agnello Ravennate, presbitero e storico italiano (Ravenna) Andrea Beltrami, presbitero italiano (Omegna, n.1870 - Torino, † 1897) Andrea Caccioli, presbitero italiano (Spello, n.1194 - Spello, † 1254) Andrea Czortek, presbitero, storico e archivista italiano (Arezzo, n.1971) Andrea Dotti, presbitero e religioso italiano (Sansepolcro, n.1256 - Barucola, † 1315) Andrea Dũng Lạc, presbitero vietnamita (Bac Ninh - Hanoi, † 1839) Andrea Gaggero, presbitero e pacifista italiano (Mele, n.1916 - Cennina, † 1988) Andrea Gallo, presbitero, partigiano e educatore italiano (Campo Ligure, n.1928 - Genova, † 2013) Andrea Gasparino, presbitero e scrittore italiano (Fontanelle di Boves, n.1923 - Cuneo, † 2010) Andrea Ghetti, presbitero, educatore e attivista italiano (Milano, n.1912 - Tours, † 1980) Andrea Kim Taegon, presbitero coreano (Dangjin, n.1821 - Saenamteo, † 1846) Andrea Merini, presbitero, politico e politico italiano (San Donato Milanese, n.1799 - Milano, † 1867) Andrea Santoro, prete italiano (Priverno, n.1945 - Trebisonda, † 2006) Andrea Vittorelli, presbitero, scrittore e storico italiano (Bassano del Grappa, n.1590 - Roma, † 1653) Principi (4) Andrea di Grecia, principe greco (Atene, n.1882 - Monte Carlo, † 1944) Andrea, duca di York, principe britannico (Londra, n.1960) Andrea Doria Landi Pamphili, principe italiano (Genova, n.1747 - Roma, † 1820) Andrea Karađorđević, principe serbo (Bled, n.1929 - Irvine, † 1990) Produttori cinematografici (1) Andrea Paris, produttore cinematografico italiano (Roma, n.1972) Produttori discografici (1) Sixpm, produttore discografico italiano (Napoli, n.1988) Produttori televisivi (1) Andrea Salvetti, produttore televisivo e conduttore televisivo italiano (Padova, n.1967) Psichiatri (1) Andrea Devoto, psichiatra italiano (Firenze, n.1927 - Monteloro di Pontassieve, † 1994) Psicologi (1) Andrea Smorti, psicologo italiano (Firenze, n.1949) Pugili (1) Andrea Magi, ex pugile italiano (Pesaro, n.1966) Rapper (4) Shiva, rapper italiano (Milano, n.1999) C.U.B.A. Cabbal, rapper italiano (Pescara, n.1972) Alfa, rapper, cantautore e conduttore radiofonico italiano (Genova, n.2000) Axos, rapper italiano (Milano, n.1990) Registe (1) Andrea Arnold, regista, sceneggiatrice e attrice britannica (Dartford, n.1961) Registi (25) Andrea Barzini, regista e sceneggiatore italiano (Roma, n.1952) Andrea Bettinetti, regista italiano (Pavia, n.1962) Andrea Bevilacqua, regista italiano (Roma, n.1953) Andrea Bianchi, regista italiano (Castel Gandolfo, n.1925 - Nizza, † 2013) Andrea Costantini, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano (Roma, n.1966) Andrea D'Ambrosio, regista e sceneggiatore italiano (Roccadaspide, n.1975) Andrea De Rosa, regista italiano (Napoli, n.1967) Andrea De Sica, regista italiano (Roma, n.1981) Andrea Forte Calatti, regista, scenografo e scrittore italiano (Milano, n.1974) Andrea Forzano, regista e sceneggiatore italiano (Viareggio, n.1915 - Roma, † 1992) Andrea Frazzi, regista e sceneggiatore italiano (Firenze, n.1944 - Firenze, † 2006) Andrea Frezza, regista, sceneggiatore e scrittore italiano (Laureana di Borrello, n.1937 - Vibo Marina, † 2012) Andrea Jublin, regista e sceneggiatore italiano (Torino, n.1970) Andrea Lodovichetti, regista e sceneggiatore italiano (Fano, n.1976) Andrea Magnani, regista e sceneggiatore italiano (Rimini, n.1971) Andrea Manni, regista, sceneggiatore e scrittore italiano (Roma, n.1958) Andrea Molaioli, regista e sceneggiatore italiano (Roma, n.1967) Andrea Pallaoro, regista cinematografico e sceneggiatore italiano (Trento, n.1982) Andrea Porporati, regista, scrittore e produttore cinematografico italiano (Roma, n.1964) Andrea Prandstraller, regista e sceneggiatore italiano (Padova, n.1959) Andrea Rovetta, regista e sceneggiatore italiano (Brescia, n.1971) Andrea Segre, regista italiano (Dolo, n.1976) Andrea Tonacci, regista italiano (Roma, n.1944 - San Paolo, † 2016) Andrea Zaccariello, regista e sceneggiatore italiano (Sassuolo, n.1966) Andrea Zingoni, regista, scrittore e artista italiano (Firenze, n.1955) Registi teatrali (3) Andrea Adriatico, regista teatrale e regista cinematografico italiano (L'Aquila, n.1966) Andrea Chiodi, regista teatrale italiano (Varese, n.1979) Andrea Renzi, regista teatrale e attore italiano (Roma, n.1963) Religiosi (8) Andrea Abellon, religioso e pittore francese (Saint-Maximin - Aix-en-Provence, † 1450) Andrea Corsini, religioso italiano (Firenze, n.1301 - Fiesole, † 1374) Andrea Costaguta, religioso e architetto italiano (Chiavari, n.1610 - Sassoferrato, † 1670) Andrea Gallerani, religioso italiano (Siena - Siena, † 1251) Andrea Grego da Peschiera, religioso italiano (Peschiera del Garda, n.1400 - Morbegno, † 1485) Andrea Lazzari, religioso, letterato e storico italiano (Urbino, n.1754 - Roma, † 1831) Andrea Salos, religioso bizantino (Costantinopoli, † 956) Andrea Trabucco, religioso, poeta e avvocato italiano (Benevento) Rugbisti a 15 (18) Andrea Bacchetti, rugbista a 15 e agente di Polizia italiano (Rovigo, n.1988) Andrea Barbieri, rugbista a 15 italiano (Piombino, n.1986) Andrea Benatti, ex rugbista a 15 italiano (Viadana, n.1979) Andrea Castellani, ex rugbista a 15 e allenatore di rugby a 15 italiano (L'Aquila, n.1972) Andrea Cavinato, ex rugbista a 15, allenatore di rugby a 15 e dirigente sportivo italiano (Treviso, n.1963) Andrea Cococcetta, ex rugbista a 15 e allenatore di rugby a 15 italiano (L'Aquila, n.1972) Andrea De Marchi, rugbista a 15 italiano (Montebelluna, n.1988) Andrea De Rossi, ex rugbista a 15, allenatore di rugby a 15 e dirigente sportivo italiano (Genova, n.1972) Andrea Di Giandomenico, rugbista a 15, allenatore di rugby a 15 e dirigente sportivo italiano (L'Aquila, n.1975) Andrea Gavazzi, ex rugbista a 15 italiano (Manerbio, n.1982) Andrea Gritti, ex rugbista a 15 e avvocato italiano (Treviso, n.1974) Andrea Lo Cicero, rugbista a 15 e conduttore televisivo italiano (Catania, n.1976) Andrea Lovotti, rugbista a 15 italiano (Piacenza, n.1989) Andrea Manici, ex rugbista a 15 italiano (Parma, n.1990) Andrea Pratichetti, rugbista a 15 italiano (Roma, n.1988) Andrea Sartoretto, rugbista a 15 italiano (Treviso, n.1984) Andrea Scanavacca, ex rugbista a 15 e dirigente sportivo italiano (Rovigo, n.1973) Andrea Sgorlon, ex rugbista a 15 e allenatore di rugby a 15 italiano (San Donà di Piave, n.1968) Saggisti (2) Andrea Colamedici, saggista e filosofo italiano (Roma, n.1987) Andrea Vento, saggista e giornalista italiano (L'Aia, n.1967) Saltatori con gli sci (2) Andrea Cecon, ex saltatore con gli sci e combinatista nordico italiano (Gemona del Friuli, n.1970) Andrea Morassi, ex saltatore con gli sci italiano (Tolmezzo, n.1988) Santi (1) Andrea, santo (Betsaida - Patrasso, † 60) Sassofonisti (3) Andrea Ferrario, sassofonista italiano (Milano, n.1973) Andrea Innesto, sassofonista italiano (Bologna, n.1964) Andrea Poltronieri, sassofonista, polistrumentista e cantante italiano (Ferrara, n.1965) Scacchisti (1) Andrea Stella, scacchista italiano (Cremona, n.1993) Sceneggiatori (3) Andrea Agnello, sceneggiatore italiano (Terracina, n.1976) Andrea Cavaletto, sceneggiatore e fumettista italiano (Castellamonte, n.1976) Andrea Di Robilant, sceneggiatore, produttore cinematografico e regista italiano (Venezia, n.1899 - Roma, † 1977) Sceneggiatrici (1) Andrea Berloff, sceneggiatrice e regista statunitense (Framingham, n.1974) Scenografi (1) Andrea Crisanti, scenografo e costumista italiano (Roma, n.1936 - Roma, † 2012) Schermidori (7) Andrea Aquili, schermidore italiano (Marino, n.1980) Andrea Baldini, schermidore italiano (Livorno, n.1985) Andrea Bermond, ex schermidore italiano (Ivrea, n.1964) Andrea Cassarà, schermidore italiano (Brescia, n.1984) Andrea Cipriani, schermidore italiano (n.1989) Andrea Marrazzi, schermidore e dirigente sportivo italiano (Livorno, n.1887 - Roma, † 1972) Andrea Santarelli, schermidore italiano (Foligno, n.1993) Schermitrici (1) Andrea Millán, schermitrice messicana (n.1979) Sciatori alpini (4) Andrea Arban, ex sciatore alpino italiano (n.1961) Andrea Ballerin, sciatore alpino italiano (n.1989) Andrea Fraschini, ex sciatore alpino italiano (n.1951) Andrea Zinsli, ex sciatore alpino svizzero (Coira, n.1972) Sciatori nautici (1) Andrea Alessi, ex sciatore nautico italiano (Omegna, n.1966) Sciatrici alpine (17) Andrea Bédard, ex sciatrice alpina canadese (Sutton, n.1963) Andrea Dettling, ex sciatrice alpina svizzera (Altendorf, n.1987) Andrea Ellenberger, sciatrice alpina svizzera (n.1993) Andrea Felber, ex sciatrice alpina austriaca (Bruck an der Mur, n.1981) Andrea Filser, sciatrice alpina tedesca (n.1993) Andrea Fischbacher, ex sciatrice alpina austriaca (Eben im Pongau, n.1985) Andrea Haaser, ex sciatrice alpina austriaca (n.1961) Andrea Komšić, ex sciatrice alpina croata (Kiseljak, n.1996) Andrea Mead Lawrence, sciatrice alpina e ambientalista statunitense (Rutland, n.1932 - Mammoth Lakes, † 2009) Andrea Pospisilová, ex sciatrice alpina ceca (n.1988) Andrea Raffeiner, ex sciatrice alpina italiana (n.1971) Andrea Rothfuss, sciatrice alpina tedesca (Freudenstadt, n.1989) Andrea Salvenmoser, ex sciatrice alpina austriaca (n.1968) Andrea Schwarzenberger, ex sciatrice alpina tedesca (n.1972) Andrea Straub, ex sciatrice alpina austriaca Andrea Thürler, ex sciatrice alpina svizzera (n.1993) Andrea Zemanová, ex sciatrice alpina e ex sciatrice freestyle ceca (Vrchlabí, n.1993) Sciatrici freestyle (1) Andrea Limbacher, sciatrice freestyle e ex sciatrice alpina austriaca (Bad Ischl, n.1989) Sciatrici nordiche (1) Andrea Grossegger, ex sciatrice nordica austriaca Scrittori (32) Andrea Bajani, scrittore italiano (Roma, n.1975) Andrea Ballarini, scrittore e pubblicitario italiano (Milano, n.1961 - Roma, † 2019) Andrea Berrini, scrittore e imprenditore italiano (Milano, n.1953) Andrea Bouchard, scrittore, sceneggiatore e musicista italiano (Milano, n.1963) Andrea Canobbio, scrittore e traduttore italiano (Torino, n.1962) Andrea Cappellano, scrittore e religioso francese (n.1150 - † 1220) Andrea Carraro, scrittore italiano (Roma, n.1959) Andrea Concas, scrittore italiano (Cagliari, n.1982) Andrea Cotti, scrittore, poeta e sceneggiatore italiano (San Giovanni in Persiceto, n.1971) Andrea D'Angelo, scrittore italiano (Trieste, n.1972) Andrea Damiano, scrittore, traduttore e giornalista italiano (Milano, n.1900 - Milano, † 1963) Andrea Darmarios, scrittore greco Andrea De Carlo, scrittore italiano (Milano, n.1952) Andrea Della Rossa, scrittore, poeta e saggista italiano (Firenze, n.1961 - Firenze, † 2011) Andrea Di Consoli, scrittore, giornalista e critico letterario svizzero (Uster, n.1976) Andrea Fazioli, scrittore, giornalista e docente svizzero (Bellinzona, n.1978) Andrea Franco, scrittore italiano (Roma, n.1977) Andrea Gentile, scrittore e editore italiano (Isernia, n.1985) Andrea Giovene, scrittore italiano (Napoli, n.1904 - Sant'Agata de' Goti, † 1995) Andrea Guarna, scrittore e umanista italiano (Cremona - Milano) Andrea Kerbaker, scrittore e direttore artistico italiano (Milano, n.1960) Andrea Lo Forte Randi, scrittore italiano (Palermo, n.1845 - Palermo, † 1915) Andrea Maietti, scrittore e giornalista italiano (Milano, n.1941) Andrea Malabaila, scrittore italiano (Torino, n.1977) Andrea Molesini, scrittore e poeta italiano (Venezia, n.1954) Andrea Piva, scrittore, sceneggiatore e giocatore di poker italiano (Salerno, n.1971) Andrea Pomella, scrittore italiano (Roma, n.1973) Andrea Tarabbia, scrittore italiano (Saronno, n.1978) Andrea Valente, scrittore e illustratore italiano (Merano, n.1968) Andrea Villani, scrittore e drammaturgo italiano (Salsomaggiore Terme, n.1960) Andrea Vitali, scrittore italiano (Bellano, n.1956) Andrew Faber, scrittore e poeta italiano (Roma, n.1978) Scrittrici (2) Andrea Barrett, scrittrice statunitense (Boston, n.1954) Andrea Levy, scrittrice britannica (Londra, n.1956 - † 2019) Scultori (20) Andrea Alessi, scultore e architetto italiano (Alessio, n.1425 - Spalato, † 1505) Andrea Pisano, scultore e architetto italiano (Pontedera - Orvieto) Andrea Bolgi, scultore italiano (Carrara, n.1606 - Napoli, † 1656) Andrea Bregno, scultore e architetto italiano (Osteno - Roma, † 1503) Andrea Briosco, scultore italiano (Trento, n.1470 - Padova, † 1532) Andrea Brustolon, scultore italiano (Belluno, n.1662 - Belluno, † 1732) Andrea Cariello, scultore e incisore italiano (Padula, n.1807 - Napoli, † 1870) Andrea Cascella, scultore, pittore e ceramista italiano (Pescara, n.1919 - Milano, † 1990) Andrea Cominelli, scultore e architetto italiano (Venezia) Andrea dell'Aquila, scultore e pittore italiano (L'Aquila) Andrea della Robbia, scultore e ceramista italiano (Firenze, n.1435 - Firenze, † 1525) Andrea Falcone, scultore italiano (Napoli, n.1630 - Napoli, † 1677) Andrea Fantoni, scultore italiano (Rovetta, n.1659 - Bergamo, † 1734) Andrea Fusina, scultore italiano (Fusine, n.1470 - Milano, † 1526) Andrea Guardi, scultore italiano Andrea Malfatti, scultore italiano (Mori, n.1832 - Trento, † 1917) Andrea Mancino, scultore italiano (Lombardia) Andrea Parini, scultore, ceramista e incisore italiano (Caltagirone, n.1906 - Gorizia, † 1975) Andrea Sansovino, scultore e architetto italiano (Monte San Savino - Monte San Savino, † 1529) Andrea Spadini, scultore italiano (Roma, n.1912 - Roma, † 1983) Slittiniste (2) Andrea Tagwerker, ex slittinista austriaca (Bludenz, n.1970) Andrea Vötter, slittinista italiana (Bressanone, n.1995) Sociologi (1) Andrea Tiddi, sociologo e antropologo italiano (Roma, n.1968) Soprani (2) Andrea Gruber, soprano statunitense (New York, n.1966) Andrea Rost, soprano ungherese (Budapest, n.1962) Sovrani (1) Andrea di Galizia, sovrano russo († 1323) Sportivi (2) Andrea Ferro, sportivo italiano (Trento, n.1967) Andrea Valentini, sportivo italiano (Roma, n.1977) Storici (14) Andrea Balletti, storico, letterato e avvocato italiano (Reggio Emilia, n.1850 - Reggio Emilia, † 1938) Andrea Bernardi, storico italiano (San Giovanni in Persiceto, n.1450 - Forlì, † 1522) Andrea Cambini, storico, umanista e scrittore italiano († 1527) Andrea Frediani, storico e scrittore italiano (Roma, n.1963) Andrea Gallandi, storico italiano (Venezia, n.1709 - Venezia, † 1779) Andrea Giardina, storico italiano (Palermo, n.1949) Andrea Graziosi, storico italiano (Roma, n.1954) Andrea Lombardi, storico e politico italiano (Tramutola, n.1785 - Potenza, † 1849) Andrea Morosini, storico italiano (Venezia, n.1558 - † 1618) Andrea Riccardi, storico, politico e attivista italiano (Roma, n.1950) Andrea Santangelo, storico e scrittore italiano (Torino, n.1970) Andrea Vitali, storico, regista teatrale e musicologo italiano (Faenza, n.1952) Andrea da Bergamo, storiografo italiano (Bergamo) Andrea da Ratisbona, storico tedesco (Reichenbach, n.1380 - Ratisbona, † 1444) Storici dell'arte (2) Andrea Bruciati, storico dell'arte italiano (Corinaldo, n.1968) Andrea Emiliani, storico dell'arte italiano (Predappio, n.1931 - Bologna, † 2019) Tastieristi (1) Andrea De Paoli, tastierista e produttore discografico italiano (Savona, n.1976) Tennistavolisti (1) Andrea Borgato, tennistavolista italiano (Monselice, n.1972) Tenniste (11) Andrea Betzner, ex tennista tedesca (Friburgo in Brisgovia, n.1966) Andrea Glass, ex tennista tedesca (Darmstadt, n.1976) Andrea Gámiz, tennista venezuelana (Caracas, n.1992) Andrea Holíková, ex tennista cecoslovacca (Praga, n.1968) Andrea Jaeger, ex tennista e religiosa statunitense (Chicago, n.1965) Andrea Leand, ex tennista statunitense (n.1964) Andrea Lázaro García, tennista spagnola (Spagna, n.1994) Andrea Petković, ex tennista tedesca (Tuzla, n.1987) Andrea Sestini Hlaváčková, ex tennista ceca (Plzeň, n.1986) Andrea Strnadová, ex tennista cecoslovacca (n.1972) Andrea Temesvári, ex tennista ungherese (Budapest, n.1966) Tennisti (5) Andrea Arnaboldi, tennista italiano (Milano, n.1987) Andrea Collarini, tennista statunitense (New York, n.1992) Andrea Pellegrino, tennista italiano (Bisceglie, n.1997) Andrea Stoppini, ex tennista italiano (Trento, n.1980) Andrea Vavassori, tennista italiano (Torino, n.1995) Tenori (2) Andrea Bocelli, tenore e cantante pop italiano (La Sterza, n.1958) Andrea Carè, tenore italiano (Torino, n.1981) Teologi (2) Andrea Carlostadio, teologo tedesco (Karlstadt - Basilea, † 1541) Andrea Saramita, teologo italiano (Milano, † 1300) Tipografi (2) Andrea Paltassich, tipografo dalmata (Cattaro) Andrea Torresano, tipografo e editore italiano (Asola, n.1451 - Venezia, † 1528) Tiratori a segno (1) Andrea Liverani, tiratore a segno italiano (Milano, n.1990) Tiratori a volo (1) Andrea Benelli, tiratore a volo italiano (Firenze, n.1960) Traduttori (1) Andrea Plazzi, traduttore e saggista italiano (Bologna, n.1962) Triatlete (1) Andrea Hewitt, triatleta neozelandese (Christchurch, n.1982) Triplisti (1) Andrea Dallavalle, triplista italiano (Piacenza, n.1999) Trombettisti (2) Andrea Giuffredi, trombettista italiano (Parma, n.1965) Andrea Spione, trombettista, compositore e direttore d'orchestra italiano (Cerignola, n.1938 - Cerignola, † 2006) Trombonisti (1) Andrea Andreoli, trombonista italiano (Bergamo, n.1983) Tuffatori (2) Andrea Chiarabini, ex tuffatore italiano (Roma, n.1995) Andrea Cosoli, tuffatore italiano (Roma, n.1999) Tuffatrici (1) Andrea Spendolini-Sirieix, tuffatrice britannica (Londra, n.2004) Umanisti (5) Andrea Brigenti, umanista e poeta italiano (Agna, n.1681 - Venezia, † 1750) Andrea Della Rena, umanista italiano (Lucca, n.1476 - Londra, † 1517) Andrea Dudith-Sbardellati, umanista e vescovo cattolico ungherese (Buda, n.1533 - Breslavia, † 1589) Andrea Fulvio, umanista, antiquario e numismatico italiano (Palestrina - Roma, † 1527) Andrea Marone, umanista e poeta italiano (Roma, † 1528) Velisti (4) Andrea Baldini, velista italiano (Roma, n.1968) Andrea Fantini, velista italiano (Ferrara, n.1982) Andrea Mura, velista e ex politico italiano (Cagliari, n.1964) Andrea Stella, velista italiano (Sandrigo, n.1976) Velociste (2) Andrea Bouma, velocista olandese (Sassenheim, n.1999) Andrea Philipp, ex velocista tedesca (n.1971) Velocisti (5) Andrea Amici, ex velocista italiano (n.1971) Andrea Barberi, velocista italiano (Tivoli, n.1979) Andrea Colombo, ex velocista italiano (Bollate, n.1974) Andrea Nuti, ex velocista italiano (Milano, n.1967) Andrea Oliverio, velocista italiano (Bergamo, n.1982) Vescovi (3) Andrea, vescovo italiano (Firenze) Andrea, vescovo italiano (Torino) Andrea, vescovo italiano Vescovi cattolici (21) Andrea Andreozzi, vescovo cattolico italiano (Macerata, n.1968) Andrea Bon, vescovo cattolico italiano (Venezia - † 1466) Andrea Bon, vescovo cattolico italiano (Venezia) Andrea Bratti, vescovo cattolico italiano (Capodistria, n.1759 - Forlì, † 1835) Andrea d'Austria, vescovo cattolico, cardinale e abate austriaco (Březnice, n.1558 - Roma, † 1600) Andrea Fiore, vescovo cattolico italiano (Carmagnola, n.1853 - Cuneo, † 1914) Andrea Formica, vescovo cattolico italiano (Alessandria, n.1812 - Cuneo, † 1885) Andrea Franchi, vescovo cattolico italiano (Pistoia, n.1335 - Pistoia, † 1401) Andrea Gemma, vescovo cattolico e scrittore italiano (Napoli, n.1931 - Roma, † 2019) Andrea Lucchesi Palli, vescovo cattolico e nobile italiano (Messina, n.1692 - Agrigento, † 1768) Andrea Massa, vescovo cattolico italiano (Melfi, n.1607 - Gallipoli, † 1655) Andrea Migliavacca, vescovo cattolico italiano (Pavia, n.1967) Andrea Rapicio, vescovo cattolico e giurista italiano (Trieste, n.1533 - Trieste, † 1573) Andrea Righetti, vescovo cattolico italiano (Cornice di Sesta Godano, n.1843 - Carpi, † 1924) Andrea Ripa, vescovo cattolico italiano (Rimini, n.1972) Andrea Sarti, vescovo cattolico italiano (Rontano, n.1849 - Pistoia, † 1915) Andrea Segazeno, vescovo cattolico italiano (Cremona) Andrea Turazzi, vescovo cattolico italiano (Stellata di Bondeno, n.1948) Andrea Veggio, vescovo cattolico italiano (Manerba del Garda, n.1923 - Negrar di Valpolicella, † 2020) Andrea Zantani, vescovo cattolico italiano (Venezia) Andrea de Aptis, vescovo cattolico italiano Violinisti (2) Andrea Costa, violinista italiano (Cesena, n.1971) Andrea Restori, violinista, direttore d'orchestra e compositore italiano (Pontremoli, n.1778) Zoologi (1) Andrea Aradas, zoologo e anatomista italiano (Catania, n.1810 - Viagrande, † 1882) Senza attività specificata (5) Andrea Di Giovanni y Centellés, (Messina, n.1742 - Catania, † 1821) Andrea Guasconi, (Arezzo) Andrea Kaggwa, ugandese (Bugangayizi, n.1856 - Munyonyo, † 1886) Andrea Oxner da Rinn, tedesco (n.1459 - Rinn, † 1462) Andrea Schivo, italiano (Villanova d'Albenga, n.1895 - campo di concentramento di Flossenbürg, † 1945) Andrea
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https://it.wikipedia.org/wiki/Serie%20B%202014-2015
Serie B 2014-2015
La Serie B 2014-2015 è stata l'83ª edizione del campionato italiano di calcio di Serie B (la 79ª a girone unico), disputato tra il 29 agosto 2014 e il 22 maggio 2015 e concluso con la vittoria del , al suo primo titolo. Capocannonieri del torneo sono stati Andrea Cocco (), Andrea Catellani () e Pablo Granoche () con 19 reti a testa. Stagione Il campionato è iniziato il 29 agosto 2014 con il primo anticipo del torneo, a cui è seguito sabato 30 agosto la prima giornata effettiva. La stagione regolare si è conclusa il 22 maggio 2015, con la 42ª e ultima giornata del campionato. Sono stati disputati 5 turni infrasettimanali: il 23 settembre, il 28 ottobre, il 24 dicembre, il 3 marzo e il 28 aprile. La regione più rappresentata in questo campionato è stata l'Emilia-Romagna con 3 squadre (Carpi, Bologna e Modena), di cui due appartenenti alla stessa provincia. Sono invece 7 le regioni rappresentate da due club, rispettivamente: Abruzzo (Pescara e Virtus Lanciano), Lombardia (Brescia e Varese), Lazio (Frosinone e Latina), Liguria (Spezia e Virtus Entella), Sicilia (Catania e Trapani), Umbria (Ternana e Perugia) e Veneto (Cittadella e Vicenza). Infine una sola rappresentante ciascuna per Calabria (Crotone), Campania (Avellino), Piemonte (Pro Vercelli), Puglia (Bari) e Toscana (Livorno). Antefatti Il torneo sarebbe dovuto partire in linea eccezionale con 21 squadre, a fronte della mancata iscrizione del fallito . Questa defezione non doveva essere compensata da alcun ripescaggio, nell'intento di riportare gradualmente il numero delle squadre iscritte da 22 a 20. Tuttavia l'11 agosto 2014 l'Alta Corte del CONI ha accolto il ricorso del Novara, retrocesso in Lega Pro nella stagione precedente dopo i play-out, il quale sosteneva che il principio del blocco non fosse lecito poiché stabilito a stagione in corso. In vista della partenza del campionato, spettava quindi alla FIGC la decisione sulla squadra che sarebbe andata a completare l'organico della Serie B, per quanto le formazioni che erano state condannate in tempi recenti per illecito sportivo (tra cui lo stesso club piemontese) non avevano diritto a essere ripescate; per l'inizio della stagione di Serie B (e della Lega Pro) si profilava il caos, con l'eventualità di veder slittare la partenza di entrambi i campionati. Pochi giorni prima dell'inizio del torneo, la Federcalcio ha stabilito che i criteri di scelta non si sarebbero limitati alla posizione in classifica nell'ultima annata, ma avrebbero incluso altre due discriminanti, la tradizione sportiva e la media spettatori a partire dalla stagione 2008-2009. Dodici squadre hanno presentato domanda per essere riammesse in serie cadetta, benché diverse non avessero concrete speranze di occupare il posto lasciato vacante dai senesi. Prima che venisse designata la squadra prescelta, contro questa disposizione è insorta nuovamente la società del Novara, che ha sporto un secondo ricorso nella speranza di un "reintegro" in Serie B, gravame peraltro respinto dal Collegio di Garanzia due giorni prima dell'inizio del torneo, sul concetto che seppur fosse stato illecito stabilire a stagione in corso il blocco dei ripescaggi, non lo fosse stato lo stabilirne i criteri; contestualmente, è stato dichiarato inammissibile un intervento del Matera, il quale si era classificato primo in Serie D e aspirava a un doppio salto in cadetteria scavalcando la Lega Pro. In testa alla graduatoria stilata dalla FIGC, dietro tre società escluse dal ripescaggio per illecito sportivo (Novara, Lecce e Reggina), si trovava il : la domanda della società toscana presentava tuttavia un errore di forma, sicché il posto vacante è stato occupato dal Vicenza. Per quanto riguarda il calendario precedentemente sorteggiato, la compagine veneta è andata a occupare gli spazi inizialmente riservati ai turni di riposo. Novità Concluso il rapporto di sponsorizzazione con Eurobet, il campionato assume ufficialmente la denominazione di Serie B, senza legarsi ad un nuovo title sponsor. Tra le squadre partecipanti, la di Chiavari è all'esordio assoluto nel torneo cadetto. La Puma, fornitore unico per quanto riguarda i palloni ufficiali del campionato, porta al debutto "evoPower 2". Questo è costituito da 22 pannelli termosaldati la cui superficie ricalca quella di una pallina da golf, caratteristiche che ne aumentano la sfericità riducendo l'assorbimento dell'acqua, oltre a migliorarne l'aerodinamicità influendo positivamente sulla stabilità delle traiettorie e sulla velocità impressa alla palla; la grafica strizza invece l'occhio al passato, reinterpretando in chiave moderna gli storici palloni bianconeri d'un tempo. Per la prima volta nel calcio italiano, dalla stagione 2014-2015 gli arbitri sono dotati del cosiddetto vanishing spray, una speciale bomboletta di schiuma delebile per segnalare, in occasione di calci piazzati, la distanza delle barriere e la posizione del pallone sul terreno di gioco; questa innovazione viene adottata, oltreché dalla Serie B, anche dai campionati di Serie A e Lega Pro. L'anticipo della prima giornata del torneo cadetto, Perugia-Bologna del 29 agosto 2014, giocato sul campo del "Renato Curi", è stata la partita che ha visto l'esordio assoluto di questa novità nei campionati professionistici nazionali. Calciomercato Sessione estiva (dal 1º luglio al 1º settembre) Le tre squadre retrocesse dalla massima serie, , e , pensano a rinforzare l'attacco ingaggiando rispettivamente Cacia gli emiliani, Calaiò e Rosina gli etnei, e Gǎlǎbinov e Cutolo i toscani. Le formazioni eliminate ai play-off nel precedente torneo, , e , scommettono invece su promesse come la punta De Luca i pugliesi, la mezzala offensiva Sbaffo e l'attaccante Petagna i laziali, e il centrocampista Schiavone e la punta Ferrari gli emiliani. Tra le neopromosse, il piazza uno dei "colpi" della stagione con l'innesto in mezzo al campo di Taddei, oltre a Giacomazzi in difesa, mentre la debuttante Virtus Entella accoglie Pelizzoli tra i pali e il giovane Battocchio a centrocampo; il rimpolpa poi il reparto avanzato con Dionisi, e la fa posto al centrocampista Castiglia. Il , rimasto tra i cadetti dopo i vittoriosi play-out, dà fiducia al terzino Tamás. Il si rinforza a centrocampo col giovane Minotti, così come lo rinnova il prestito del coetaneo trequartista Čulina e si affida in avanti ad Ardemagni, mentre la accoglie l'acerbo Monachello nel suo parco attaccanti. Linea verde anche per l', che affida la porta a Gomis e l'attacco a Comi, e per il , dove arriva il portiere Gabriel e la punta De Silvestro. Il fa suoi il difensore Boccaccini e il centrocampista Bentivoglio. A giunge un altro giovane come Aramu, mentre il si affida in avanti a Mathias Pogba (fratello maggiore di Paul) e a Pasquato. Il mette sotto contratto l'estremo difensore Valentini, oltre a vedere il ritorno di Sgrigna in attacco. La punta sul centrocampista Eramo e sulla voglia di rivalsa del fantasista Božinov, il ripescato innesta Ragusa e Cocco nel suo reparto offensivo. Sessione invernale (dal 5 gennaio al 2 febbraio) Il è molto attivo e acquista gli attaccanti Sansone dalla Sampdoria e Mancosu del , il difensore Gastaldello e il centrocampista Krstičić sempre dai blucerchiati, inoltre prende il centrocampista Lora dal Cittadella. Il Catania acquista il portiere Gillet dal e l’attaccante Maniero dal Pescara. Il Bari ingaggia l’attaccante Ebagua dallo e il difensore Rinaudo dalla Virtus Entella. Gli spezzini prendono la punta Nenè dal . Scambio di attaccanti tra Entella e : ai liguri va Sforzini,ai laziali Litteri, inoltre, lo stesso Entella cede al Pescara Sansovini, che torna così in Abruzzo dopo 2 anni e mezzo, in cambio di Cutolo. Il Trapani sostituisce Mancosu con Curiale dal Frosinone e i ciociari ingaggiano il centrocampista Santana dal Genoa e l’attaccante Lupoli dal . Il Vicenza mette sotto contratto il difensore Manfredini, ex . Il prende la punta Fedato dalla e cede la punta Stanco al Cittadella. Il Carpi, rescisso il contratto con Concas, ingaggia il centrocampista Molina dall’Atalanta. Il Perugia prende il difensore Mantovani, svincolato dal e la punta Ardemagni, tramite i bergamaschi nerazzurri. Il Crotone si riprende Matute dalla Pro Vercelli. Infine il Livorno prende il centrocampista Strasser in prestito dal . Avvenimenti In avvio di torneo è il neopromosso Perugia di Camplone, tornato in cadetteria dopo nove anni nelle serie minori, a distinguersi conquistando la testa solitaria alla seconda giornata. Sottotono risultano invece le partenze di due squadre appena retrocesse dalla Serie A, il Bologna e, soprattutto, il Catania, con quest'ultimo che dopo tre turni vede il primo avvicendamento tecnico del campionato, tra Pellegrino e Sannino. Dal dodicesimo turno passa in testa il Carpi che, grazie ad un filotto di 13 risultati utili consecutivi, arriva al giro di boa con ben 9 punti di vantaggio su Frosinone e Bologna. Nel girone di ritorno è sempre il Carpi a mantenere il primo posto e il 28 aprile 2015 viene promosso per la sua prima volta in Serie A e vince la Coppa Ali della Vittoria. La lotta per il secondo posto è spettacolare perché conteso da Bologna, Vicenza e Frosinone. Alla fine sono i ciociari a spuntarla, ottenendo pure loro la prima promozione in Serie A. Tramite i play-off è il Bologna ad essere promosso in Serie A (dopo aver vinto la finale play-off contro il Pescara). In coda subito tagliate fuori le lombarde Brescia e , colpite da una forte penalizzazione in classifica (le Rondinelle non scendevano nella terza serie da ben 30 anni) alle quali si aggiungono il Cittadella (all'ultima giornata del campionato) e la Virtus Entella (dopo i playout contro il Modena). Le retrocessioni di Brescia e Virtus Entella sono state successivamente annullate in estate a causa della mancata iscrizione del Parma, neoretrocesso dalla Serie A e poi dichiarato fallito, e dalla retrocessione del Catania in Lega Pro per illecito sportivo. Squadre partecipanti Allenatori e primatisti Classifica finale Legenda:       Promossa in Serie A 2015-2016. Qualificata ai play-off o ai play-out.       Retrocessa in Lega Pro 2015-2016. Regolamento: Tre punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta. In caso di arrivo di due o più squadre a pari punti, la graduatoria verrà stilata secondo la classifica avulsa tra le squadre interessate che prevede, in ordine, i seguenti criteri:: Punti negli scontri diretti. Differenza reti negli scontri diretti. Differenza reti generale. Reti realizzate in generale. Sorteggio. Note: Il Brescia ha scontato 6 punti di penalizzazione. Il Varese ha scontato 4 punti di penalizzazioneSERIE B/ News, Varese: altri due punti di penalizzazione e inibizione per Laurenza. Il Catania viene declassato all'ultimo posto e conseguentemente retrocesso in Lega Pro 2015-2016 per il coinvolgimento nello scandalo italiano del calcioscommesse del 2015. Il Brescia è stato poi ripescato in Serie B 2015-2016 a completamento dell'organico dopo il fallimento del Parma discendente dalla massima serie. Squadra campione Risultati Tabellone Leggendo per riga si avranno i risultati casalinghi della squadra indicata in prima colonna, mentre leggendo per colonna si avranno i risultati in trasferta della squadra in prima riga. Calendario Il calendario del campionato è stato presentato dalla Lega Serie B il 7 agosto 2014, presso Villa Marigola in località San Terenzo a Lerici. Spareggi Play-off Il terzo e ultimo posto utile alla promozione in Serie A è assegnato tramite play-off a sei – strutturati attraverso un turno preliminare, semifinali e finale –, a cui accedono le formazioni classificate dalla terza all'ottava posizione della graduatoria: la quinta affronta l'ottava e la vincitrice gioca poi con la quarta; la sesta incontra la settima e la vincitrice sfida la terza. Le due vincenti disputano infine la finale per la promozione. Gli incontri di finale e semifinali – questa fase è denominata Play-off Compass per ragioni di sponsorizzazione – si svolgono con gare di andata e ritorno, mentre i turni preliminari prevedono una partita unica sul campo della meglio piazzata nella stagione regolare. Turno preliminare Tabellone (dalle semifinali) Semifinali Finali Play-out Il play-out per la retrocessione in Lega Pro, disputato tra le squadre piazzatesi quintultima e quartultima nella stagione regolare, assunse in questa stagione la denominazione ufficiale di Playout Compass, per ragioni di sponsorizzazione. Le sentenze estive del calcioscommesse ne annullarono poi di fatto gli esiti. Statistiche Squadre Capoliste solitarie Classifica in divenire Note: Vicenza-Latina della 1ª giornata è stata effettivamente giocata tra la 2ª e 3ª giornata, pertanto la tabella potrebbe rispecchiare solo in parte il reale andamento delle squadre in quel periodo di tempo. Virtus Entella-Ternana dell'8ª giornata è stata effettivamente giocata tra la 12ª e 13ª giornata, pertanto la tabella potrebbe rispecchiare solo in parte il reale andamento delle squadre in quel periodo di tempo. Virtus Entella-Modena della 14ª giornata è stata effettivamente giocata tra la 18ª e 19ª giornata, pertanto la tabella potrebbe rispecchiare solo in parte il reale andamento delle squadre in quel periodo di tempo. Modena-Catania della 25ª giornata è stata effettivamente giocata tra la 30ª e 31ª giornata, pertanto la tabella potrebbe rispecchiare solo in parte il reale andamento delle squadre in quel periodo di tempo. Frosinone-Latina della 33ª giornata è stata effettivamente giocata tra la 35ª e la 36ª giornata, pertanto la tabella potrebbe rispecchiare solo in parte il reale andamento delle squadre in quel periodo di tempo. Classifiche di rendimento Rendimento andata-ritorno Rendimento casa-trasferta Primati stagionali Maggior numero di vittorie: Carpi (22) Minor numero di vittorie: Cittadella e Varese (9) Maggior numero di pareggi: Virtus Lanciano (20) Minor numero di pareggi: Frosinone (11) Maggior numero di sconfitte: Varese (21) Minor numero di sconfitte: Carpi (6) Maggior numero di vittorie consecutive: Vicenza (6) Maggior numero di pareggi consecutivi: Perugia (6) Maggior numero di sconfitte consecutive: Varese (5) Maggior numero di risultati utili consecutivi: Carpi e Perugia (13) Miglior attacco del torneo: Pescara (69) Peggior attacco del torneo: Ternana (36) Miglior difesa del torneo: Carpi (28) Peggior difesa del torneo: Trapani e Varese (67) Miglior differenza reti del torneo: Carpi (+31) Peggior differenza reti del torneo: Varese (-27) Partite Partita con più reti: Varese-Trapani 5-2, Carpi-Cittadella 5-2, Livorno-Bari 5-2, Virtus Entella-Pescara 2-5 e Spezia-Pro Vercelli 5-2 (7) Partita con maggiore scarto di gol: Livorno-Trapani 6-0 (6) Partita con più espulsi: Avellino-Virtus Lanciano (10ª giornata), Modena-Pescara (15ª giornata), Cittadella-Catania (20ª giornata) e Frosinone-Vicenza (21ª giornata) (4) Giornata con maggior numero di gol: 20ª giornata (33) Giornata con minor numero di gol: 36ª giornata (14) Individuali Classifica marcatori
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https://it.wikipedia.org/wiki/Il%20libro%20delle%20vergini
Il libro delle vergini
Il libro delle vergini è una raccolta di quattro racconti scritta da Gabriele D'Annunzio nel 1884. Si tratta della prima esperienza letteraria del poeta in campo di prosa, dopo le raccolte di Primo vere (1879) e Canto novo (1881), e dopo la raccolta di prose di Terra vergine (1882), tutti bozzetti di ambientazione abruzzese. Assieme a quindici novelle della raccolta San Pantaleone, nel 1902 l'autore estrarrà la prima per comporre il nuovo volume de Le novelle della Pescara. Struttura e contenuto La struttura è molto semplice e si compone di sole 4 novelle (qui intitolate Le vergini, Favola sentimentale, Nell'assenza di Lanciotto, e Ad altare Dei), ambientate nell'Abruzzo pastorale della fine dell'1800, precisamente nella zona di Pescara e dintorni. A differenza dei bozzetti abruzzesi della "Terra vergine" (1882), le novelle sono più ampie, e D'Annunzio si ispira a una visione più sensuale del naturalismo, incentrata sull'amore, piuttosto che sulla miseria e sul contesto sociale dei protagonisti delle storie. Protagoniste dei racconti sono delle contadine abruzzesi. D'Annunzio si distacca dalla descrizione da cartolina dei contadini abruzzesi, inserendo l'elemento dello squilibrio e dello sconvolgimento, a partire dalle scelte errate della protagonista della prima novella "Le vergini", che da vergine devota per Voto di castità, sorofonderà in un abisso di perversioni ed errori, cedendo alle passioni. Nella versione definitiva delle Novelle della Pescara (1902) la storia sarà ampliata e corretta assai dal D'Annunzio, e intitolata La vergine Orsola. Le vergini Nella città di Pescara la giovane Giuliana vive con la sorella maggiore Camilla, conducendo un'esistenza tranquilla e mite, sempre fedele a Cristo per Voto di castità. La notte di Natale improvvisamente Giuliana si ammala gravemente tanto da chiamare il prete per l'estrema unzione. La scena è tutta incentrata sull'atmosfera di morte nella stanza della ragazza, con amici e parenti che la danno per spacciata , ma successivamente Giuliana guarisce dopo che si è affidata completamente al Signore. La ragazza pensa che questo sia un segno diDio, affinché lei viva con più slancio la sua esistenza. Durante la convalescenza Giuliana comincia a concedersi però delle libertà, e a rifiutare il ruolo di maestra che ha sempre svolto con dedizione insieme alla sorella. Arrivato il periodo di Pasqua, Giuliana è in chiesa, e incontra il bandito Lindoro, di cui s'innamora. Giuliana si sente mancare, perché fino a quel momento aveva condotto una vita casta da vergine assieme a Camilla, ma ora tutto è cambiato.Giunge l'estate, e Giuliana è incinta per la sua unione con Lindoro, ma improvvisamente pochi giorni prima del parto sente che non vuole più il bambino. Inoltre i rimorsi per aver abbandonato la fede e sua sorella la attanagliano, a tal punto da spingere Giuliana ad andare nella campagna per incontrare una fattucchiera, affinché la liberi dal bambino con una magia. Costei le dà un intruglio da ingurgitare per abortire. Quando torna in casa la donna, stremata dalle sofferenze a causa dell'aborto, muore. Favola sentimentale Galatea è una ragazza che ha fatto voto di castità dopo la morte della madre. Lavora come copiatrice nella biblioteca del conte Cesare, di cui pian piano inizia ad innamorarsi, specialmente quando la va a trovare la zia Vinca. Galatea è terrorizzata dal tradimento del voto, e dopo che spinge Cesare a dichiararle in privato vero amore, piomba in una misteriosa e veloce malattia che la porta alla morte, pentita di aver tradito la fiducia della madre in punto di morte. Nell'assenza di Lanciotto Donna Clara è una malata moribonda, assistita dalla figlia Francesca, giunta apposta da Napoli, liberandosi del marito. Donna Clara reputa la figlia molto buona e fedele, assieme alla nipotina. Ma quando giunge un nipote di donna Clara, Gustavo, Francesca si innamora perdutamente di lui. Vanno a fare una gita, senza che donna Clara sospetti nulla, e vanno a cavallo nel bosco, dove si baciano appassionatamente, benché Francesca abbia un ripensamento e fugga via. Una notte Francesca dice alla madre che verrà assistita tutta la notte dalla figlia, e confida sul fatto che sia troppo debole per la malattia per non accorgersi della lunga assenza. Tuttavia donna Clara a un tratto si rende conto dell'incesto della figlia e muore di infarto. Ad altare Dei D'Annunzio descrive una processione campestre in una contrada di nome Fontanelle, presso Pescara. La narrazione è in prima persona e riguarda le vicende di un ragazzo innamorato di una fanciulla, che aspetta con passione il termine della messa per l'inizio della processione. La partecipazione emotiva è legata sia alla religione che al desiderio amoroso verso la ragazza, che si realizza in una cappella dopo che parte verso l'esterno la processione. Tematiche: il naturalismo verghiano Cercando di ripercorrere le tematiche del naturalismo di Giovanni Verga, d'Annunzio lesse le novelle di Vita dei campi e il romanzo I Malavoglia. Egli si allontana così dalle poesie periodo carducciano, intendendo rappresentare in maniera schietta la crudezza della vita semplice e umile degli abitanti della sua terra. Come si proponeva Verga nel suo "ciclo dei vinti", D'Annunzio analizza le perplessità e la freddezza di ogni componente delle classi sociali di Pescara e dei borghi limitrofi, condannando sia ricchi che poveri nella loro cecità e nella loro provincialità esistenziale, completamente chiusi e ostili a qualsiasi forma di novità, e fedeli solo alle vecchie e logore tradizioni. Tuttavia d'Annunzio non riesce completamente a raggiungere gli obiettivi di Verga, giacché la sua prosa, anziché ripercorrere le tematiche dell'artificio di regressione, e dell'eclissi del narratore nella vicenda trattata, usa pur sempre artifici retorici e sufficientemente ricchi di vocaboli complessi e nobili; tuttavia egli a differenza di Verga riesce a far calare il lettore nella narrazione e nel contesto storico e ambientale, facendo parlare i personaggi nel dialetto tipico abruzzese, fattore non presente nei romanzi di Verga. Bibliografia Gabriele d'Annunzio, Le novelle della Pescara, Oscar Mondadori, Milano, 1995, ISBN 9788804411109 Raccolte di racconti di Gabriele D'Annunzio
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Ireneo Janni
Biografia Dopo aver conseguito la maturità al Liceo artistico di Pescara nel 1966, inizia a lavorare nello stesso anno per una vetreria artistica collaborando con diversi artisti, tra cui Tommaso Cascella con cui realizza le vetrate per la basilica di San Tommaso Apostolo di Ortona. Si laurea in architettura all'Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio" di Pescara. Nei primi anni settanta vive a Milano, dove frequenta l'ambiente artistico dell'Accademia di Brera, esponendo a Milano e in altre città europee, e si trasferisce infine a Roma. Negli anni ottanta, oltre a partecipare a numerose esposizioni in Italia, in Europa e negli USA, realizza il monumento ai caduti della Resistenza in bronzo per la città di Atri dove nel 1986 effettua il restauro-ripristino dell'affresco di Giustino di Giacomo Armonia e melodia, dell'ottocentesco teatro comunale di Atri. Nel 1988 e nel 1997 illustra il Calendario storico dell'Arma dei Carabinieri e nel 1998 e 1999 il Calendario dei Vigili Urbani di Roma, le cui tavole originali sono conservate in Campidoglio. Nel 1993 cura con Giorgio Di Genova la direzione artistica del Primo Simposio Internazionale di Scultura di Atri a cui segue il Secondo Simposio Internazionale in pietra della Majella. Negli anni novanta espone in Italia e in Belgio e nel 1997 gli viene dedicata una personale dall'Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio" di Pescara. È autore di alcuni monumenti in bronzo, tra cui nel 1998 il monumento ai caduti Soldato morente per la città di Pianella, nel 2000 il Monumento alla Solidarietà per la città di Silvi Marina, collocato a piazza Marconi, di cui progetta anche la sistemazione, nel 2001 il Monumento ai caduti di Sella Ciarelli. Nel 2002 cura il progetto di restauro della Chiesa di S. Agostino in Atri di cui realizza anche le vetrate artistiche. Nel 2006 e nel 2008 viene invitato a partecipare alla 4ª Biennale Internazionale di Grafica 2006- Terra e alla 5a Bienal internacionale d'art gràfic – Ignis, con esposizioni presso il Museo Michetti Mu.Mi., di Francavilla al Mare e la Biennale Internazionale d'arte di Pechino -BIAB. Negli anni 2000 gli vengono dedicate importanti mostre antologiche. Alcune sue opere sono state acquisite dal Museo d'arte dello Splendore-MAS di Giulianova, e dal Museo delle genti d'Abruzzo di Pescara. L'attività artistica Dopo una prima fase astrattista negli anni sessanta, vicina alla corrente dell'Arte informale e in seguito al Movimento arte concreta con richiami al costruttivismo, tra gli anni sessanta e settanta si dedica quasi esclusivamente alla pittura figurativa, in una ricerca ricca di riferimenti letterari, che risente, dapprima dell'esistenzialismo francese e della pittura di Francis Bacon, per poi abbracciare temi politici ed ecologici negli anni settanta. Le opere di questo periodo descrivono un'umanità che vive nelle pieghe dei conflitti della società capitalista, una realtà urbana degradata ed estraniante, in cui l'alienazione personale diventa metafora della condizione umana. Il tema politico si fonde con quello ecologico nelle grafiche che hanno per sfondo le periferie di Roma, le discariche, gli sfasciacarrozze, le strade della prostituzione, tema ripreso dall'artista in una serie di opere degli anni novanta. Dagli anni ottanta in poi al tema politico dell'alienazione subentra nella serie delle Situazioni teatrali quello dell'uomo come personaggio, in una «poetica dell'incomunicabilità tra il sé e il sé …che richiama alla drammaturgia di Eugène Ionesco e Samuel Beckett». Dagli anni novanta in poi la sua pittura è caratterizzata dalla ricerca di un nuovo classicismo, che si attua attraverso il rigore geometrico della composizione del quadro, in cui agli elementi figurativi si contrappongono dialetticamente sfondi materici, ed elementi architettonici classici o moderni «stilizzati dal rigore razionalista» creando un equilibrio incentrato sulle «asimmetrie prospettiche delle masse fisiche tridimensionali, armonicamente distribuite nello spazio bidimensionale della superficie». La ricerca pittorica è sempre stata accompagnata dall'attività di architetto, di scultore, con la realizzazione di grandi opere in bronzo come il Monumento alla Solidarietà per la città di Silvi Marina, e da un'intensa attività grafica, con un'estesa produzione di incisioni ad Acquaforte, tanto da essere definito «artista neorinascimentale». La critica La sua poetica è stata così descritta dal critico Franco Simongini: Mostre Mostre personali: Galleria Treves, Milano, 1970 Galleria Burdeke, Zurigo, 1972 Galerie Le Belvedere, Parigi, 1974 Galleria Remo Croce, Roma, 1975 Galleria Pinacoteca, Roma, 1980 Palazzetto dell'Arte, Foggia, 1990 Art Gallery Jaques Mesmin, Bruxelles, 1991 Gallerie Azur, Spa, Belgio, 2000 Partecipazione a premi e collettive: II Biennale d'Arte Contemporanea, Roma 1969 XXIV Rassegna G.B. Salvi, Piccola Europa, Sassoferrato 1974 Premio Mazzacurati, 5ª edizione, Casa della Cultura di Teramo, agosto 1974 20th Century Art from Italy, Graziani Rizzoli, New York, 1981 4ª Biennale Internazionale di Grafica 2006. Terra, a cura di Antonio Grimaldi e Joan-Lluìs de Yebra, Mu.Mi., Museo Michetti di Francavilla al Mare, 2006 5a Bienal internacionale d'art gràfic – Ignis, a cura di Antonio Grimaldi e Joan-Lluìs de Yebra, 21 giugno-13 luglio 2008 al Pavellò Firal de Sant Carles de la Rapita-Spagna; dall'8 luglio a settembre 2008 presso la BIAB - The Bejing International Art Biennale-Cina; 18 ottobre-11 gennaio 2008 al Museo Michetti di Francavilla al Mare Tra le recenti mostre antologiche si ricordano: Ireneo Janni. Mostra antologica di pittura, Ex Tempio S. Croce, Tuscania, maggio 2004 (con il patrocinio del Comune di Tuscania e della Regione Lazio) Ireneo Janni, Museo d'arte dello Splendore-MAS, Giulianova, giugno 2008 (a cura di Marialuisa De Santis) Ireneo Janni, mostra antologica1971-2011, Sala Carino Gambacorta BCC Teramo, novembre-dicembre 2011, (a cura di Vincenzo Centorame) L'opera di Ireneo Janni dal 1962 al 2012, Scuderie del Palazzo Ducale di Atri, agosto 2012 (a cura di Vincenzo Centorame) Ireneo Janni, Museo delle genti d'Abruzzo, Spazio Arte, Pescara, gennaio-febbraio 2013 (a cura di Vincenzo Centorame e Giovanni Benedicenti) Una figurazione in divenire, mostra antologica 1964-2014, Palazzo dei Capitani del Popolo, Ascoli Piceno, ottobre 2014 (a cura di Antonio Gasbarrini) Galleria d'immagini
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Simone Angelini
Autore del noto fumetto Anubi, collabora con case editrici, agenzie di comunicazione, riviste, fiere e festival di settore, e si dedica ad una autoproduzione sperimentale che abbraccia fumetto, illustrazione e animazione. Biografia Nasce a Chieti ma vive da sempre a Pescara, città di origine della sua famiglia. Laureato in architettura, si avvicina giovanissimo al mondo del fumetto da autodidatta. Nel 2009 crea la fanzine pescarese Carta Straccia, dove sperimenta con il fumetto e l'illustrazione. Negli anni successivi i suoi racconti a fumetti vengono pubblicati in riviste, fanzine e antologici indipendenti Unknown Species, Aggiotaggio, MiAmi, Pastiche, La Morte ti fa belva, Dirty Bites, Then It was Dark, Atomic Rocket, Crack Capitale, KrangLSD. Nel 2012 inizia la collaborazione con lo scrittore Marco Taddei, dando vita alle raccolte Storie brevi e senza pietà e Altre Storie brevi e senza pietà con prefazioni del fumettista Ratigher per la casa editrice romana Bel-ami edizioni. Il secondo volume viene tradotto e pubblicato per il mercato americano con il nome Short and merciless stories dall'editore Tinto press con prefazione di Noah Van Sciver e note di Gary Dumm, Jason Waltz, Sam Spina e Sophie Crumb. Le "Storie brevi e senza pietà" verranno ristampate nel 2017 per Panini Comics in una riedizione definitiva contenente una selezione di storie dal primo e secondo volume. La collaborazione con Taddei prosegue con la storia breve di fantascienza Malloy apparsa nel primo volume dell'antologico B-Comics a cura di Maurizio Ceccato per lo studio romano Ifix nel novembre 2014. Nel 2013 crea il Canale delle Mazzate, una sperimentazione a cavallo tra un fight club, il fumetto, l'illustrazione e l'animazione. Utilizza questo progetto per sfidare con il disegno, fumettisti e illustratori noti e meno noti di tutto il mondo. Da questa esperienza scaturisce una autoproduzione Book of Mazzate e una serie di workshop svolti durante fiere e festival di settore. Nel Maggio 2020 utilizza il format in un Torneo delle Mazzate in diretta streaming sui canali facebook e youtube ufficiali del Napoli Comicon coinvolgendo altri sei fumettisti, Carmine di Giandomenico, Dottor Pira, Vincenzo Filosa, Spugna, Paolo Cattaneo, Enrico Macchiavello, Martoz e nell'arbitraggio Davide Toffolo, Alessandro Baronciani e Francesco Artibani. Nel 2013 è direttore artistico del P.I.C.S., sezione fumetto del Festival delle letterature dell'Adriatico di Pescara, organizzando incontri con Gipi, Ratigher, Maicol&Mirco, Dottor Pira, Marco Taddei, Matteo Farinella, Roberto Battestini, Vitt Moretta, Spugna, Cammello, Maurizio Ceccato e Cristian Di Clemente. Nel settembre 2014 vince il premio Missaglia "Miglior Autore" al Treviso Comic Book Festival. Al Lucca Comics & Games 2015 Angelini e Taddei presentano il graphic novel Anubi edito da Grrrz Comic Art Books, nominato nei mesi seguenti come miglior fumetto dell'anno da critica e pubblico.. Anubi riappare con delle storie brevi nei numeri di febbraio e agosto 2016 della storica rivista Linus, su Alias Comics, allegato de Il Manifesto, nel Novembre 2018 e sulla Smemoranda 2021. Angelini realizza il booktrailer promozionale di "Anubi", un cartone animato parodia della sigla della Pimpa di Altan e Enzo D'Alò, che arriva finalista nel 2016 al Trailers Film Festival di Milano. Il Book Trailer farà parte delle proiezioni celebrative dedicate ad Altan durante il festival internazionale di fumetto e animazione "La città Incantata 2017" di Civita di Bagnoregio a cura del giornalista Luca Raffaelli. Durante la cerimonia del Premio Attilio Micheluzzi 2016, ANUBI si aggiudica il premio speciale La Repubblica XL. Bissa lo stesso anno al Treviso Comicbook Festival vincendo il premio Carlo Boscarato come Miglior fumetto italiano del 2016. Sempre nel 2016 collabora con l'Espresso e Coconino/Fandango sulla collana "Tutto Pazienza", in particolare sul numero 13 dedicato agli anni pescaresi di Andrea Pazienza e all'esperienza di Convergenze. Tornerà sull'argomento nel novembre del 2018 come relatore insieme ad Albano Paolinelli, Sandro Visca e Rita D'Emilio nella conferenza "Andrea Pazienza e gli anni Pescaresi" tenutasi nella Maisons des Arts della Fondazione Pescarabruzzo a conclusione della mostra antologica "Andrea Pazienza, trent'anni senza" organizzata da Napoli Comicon e Arf festival a Pescara. Al Napoli Comicon 2017 viene presentato un graphic novel di fantascienza di Angelini "Malloy, Il Gabelliere Spaziale" su testi di Marco Taddei per la collana 9L di Panini Comics. La copertina del fumetto Malloy, ideata e disegnata da Angelini, è tra le prime tre "Migliori copertine di libri 2017" per "Buona la Prima" una mostra ideata da Stefano Salis, giornalista de Il Sole 24 ore, per la fiera Tempo di Libri di Milano e il The London Bookfair in collaborazione con l'Istituto di Cultura italiana di Londra. È tra i creatori di Zapp!, festival indipendente di autoproduzioni nato a Pescara nel 2018 e legato principalmente al fumetto, all’illustrazione, al gioco e alla piccola editoria. Ha ideato il nome del festival anagrammando la sigla del fumettista PAZ e il logo usando il Capodoglio conservato nel Museo Ittico di Pescara da contrapporre al gioioso Delfino, simbolo della città adriatica. Il festival è inserito nel network di festival indipendenti costituito da altri collettivi che lavorano a mostre-mercato in varie città tra cui Bari (Caco), Bologna (Olè), Lucca (Borda), Macerata (Ratatà), Milano (AFA), Napoli (Uè) e Roma (Crack!). Figura tra gli autori selezionati per la mostra e relativo catalogo "1938 - 2018 Ottant'anni dalle leggi raziali in Italia", ideata da Roberto Genovesi e organizzata da Arf Festival, Rai Com e Cartoons on the bay. Al Lucca Comics & Games 2018 viene presentato in anteprima il nuovo graphic novel d'orrore di Angelini "4 Vecchi di Merda" su testi di Marco Taddei per Coconino Press, il libro riscuote immediatamente un grande successo ed è subito sold out. Con il titolo "4 vieux enfoirés" viene pubblicato anche in lingua francese da Rackham. Dal 2018 collabora nella collana Hinc Junior della Giulio Perrone Editore illustrando i volumi "Marina" di Ritanna Armeni e Eleonora Mancini, "Onda Marina e il Drago spento" di Dacia Maraini e Eugenio Murrali, "Gli Eroi di Leucolizia" di Angela Iantosca, "Tutti su per terra" di Loretta Cavaricci. Nel 2019 viene pubblicato "Enrico", libro a fumetti che espande l'universo narrativo di Anubi. Nel 2019 ha partecipato al progetto “Fumetti nei Musei” promosso dal MiBACT e da Coconino Press con la storia Il Tema di Ascanio per il Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo a Roma, utilizzando i personaggi dei suoi fumetti, Anubi, Horus, Enrico. Nel Marzo 2020 partecipa con Milo Manara, Gipi, Zerocalcare, Giuseppe Palumbo, Mirka Andolfo, Davide Toffolo, ZUZU, Carmine Di Giandomenico, Sara Pichelli e altri fumettisti alla realizzazione del volume corale COme VIte Distanti con prefazione di Alessandro Baricco, promosso dal festival Arf! e all'asta benefica su Catawiki organizzata dall'Area Performance del Lucca Comics and Games entrambi per raccogliere fondi in sostegno dell’Istituto Spallanzani e del Sistema Sanitario Toscano per la lotta alla COVID-19. Dall'edizione 2021/2022 dell'agenda Smemoranda esordiscono i fumetti delle "Storie Zitte", nuove storie su carta della sua serie omonima di animazioni. Una sua "Storia Zitta" appare anche nell'inserto a fumetti Dopodomani del quotidiano Domani diretto da Stefano Feltri. Dal 2021 un suo autoritratto è presente nella Collezione degli Uffizi ed esposto al Palazzo Ducale in occasione di Lucca Comics & Games 2021 nell’ambito della mostra “Fumetti nei musei | Gli autoritratti degli Uffizi” a cura di Mattia Morandi e Chiara Palmieri. L'ultimo suo Graphic Novel è "Storie Zitte" pubblicato nel maggio 2022 da Ifix di Maurizio Ceccato. Dal 2023 collabora con il Clap Museum di Pescara. Sua e di Oscar Glioti la curatela della mostra "Scòzzari ride ancora". Stile Graphic Novel Storie Brevi e senza pietà (Bel-ami edizioni, 2012) Altre Storie Brevi e senza pietà (Bel-ami edizioni, 2013) Short and merciless stories (Usa, Tinto press, 2014) Anubi (Grrrz Comic Art Books, 2015) Malloy, Contro i Mucchi D'Ossa (Panini 9L, 2016) Malloy, Gabelliere Spaziale (Panini 9L, 2017) Storie brevi e senza pietà - riedizione (Panini 9L, 2017) Anubi - riedizione (Coconino press/Fandango, 2018) Horus (Coconino press/Fandango, 2018) 4 vecchi di merda (Coconino press/Fandango, 2018) Enrico (Coconino press/Fandango, 2019) Il tema di Ascanio (MiBACT-Coconino Press, 2019) 4 vieux enfoirés (Editions Rackham, 2020) Storie Zitte (Ifix, 2022) Collaborazioni Then it was dark (Usa, Peppermint Monsters, 2014) Dieci Lune: Preistoria (Bel-ami edizioni, 2014) B-Comics - Crack (Ifix, 2014) Dirty Bites vol.5 (Eng, 2015) Linus (Baldini&Castoldi 2016) TuttoPazienza n.13 "Convergenze" (Espresso/Fandango 2016) Dirty Bites vol.7 (Eng, 2016) Manuale illustrato dell'idiota digitale di Diego Cajelli (Panini Comics 2017) "Magnotta Wars" di Antonio Recupero e Fabrizio Di Nicola (Magic Press 2017) Quel Piccolissimo Giganteschio n.4 (Uomini nudi che corrono 2017) Snuff Comix n.12 (2017) Built on Strange Ground (Usa, Peppermint Monsters, 2017) "1938 - 2018 Ottant'anni dalle leggi raziali in Italia" (Rai Com 2018) Čapek magazine n.1 (2018) "Marina" di Ritanna Armeni e Eleonora Mancini (Giulio Perrone Editore, 2018) Alias Comics (Il Manifesto, 2018) "Onda Marina e il Drago spento" di Dacia Maraini e Eugenio Murrali (Giulio Perrone Editore, 2019) "Gli Eroi di Leucolizia" di Angela Iantosca (Giulio Perrone Editore, 2020) Come Vite Distanti (Arf Festival, 2020) Smemoranda 2021 con "Anubi" (Gut Distribution) "Tutti su per terra" di Loretta Cavaricci (Giulio Perrone Editore, 2021) Smemoranda con "Storie Zitte" (Gut Distribution, 2022) Dopodomani allegato a fumetti del quotidiano Domani con "Storie Zitte" (RCS, 2022) Cibo allegato del quotidiano Domani (RCS, 2023) Smemoranda con "Storie Zitte" (Giochi Preziosi, 2023) Autoproduzioni Musici Tragici (2006) Carta Straccia (2009) Unknown Species (2011) La possibilità di morire per un motivo ridicolo (2014) Book Of Mazzate vol.1 (2014/2018) Ponte (Independent Comics 2019) Pianoterra (Independent Comics 2019) BIP (Independent Comics 2022) Animazioni Canale delle Mazzate (2013) Booktrailer Anubi (2015) Booktrailer Malloy (2017) Storie Zitte (2020) Riconoscimenti Premio Missaglia - Autore rivelazione con "Altre storie brevi e senza pietà" al Treviso Comic Book Festival (2013) Premio Micheluzzi La Repubblica XL - Miglior fumetto italiano 2015 con "Anubi" al Napoli Comicon (2016) Premio Carlo Boscarato - Miglior fumetto italiano 2016 con "Anubi" al Treviso Comic Book Festival (2016) Buona la prima - Terza "Miglior copertina di Libro 2017" con "Malloy Gabelliere Spaziale" al Tempo di Libri di Milano (2018) Premio Carlo Boscarato con "COme VIte Distanti" aa.vv. al Treviso Comic Book Festival (2020) Audience Award per le "Storie Zitte" al Max3min Festival di Milano (2021) Premio speciale della Giuria per le "Storie Zitte" all' Anìmator Festival di Poznar (2021)
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Mario Di Iorio
È stato il primo imprenditore indipendente e regista teatrale in Abruzzo con la Produzione Don Chisciotte e poi con oltre 30 messe in scena nell'arco di 25 anni. Ha diretto, prodotto, coprodotto e scritto più di 50 programmi per la Rai, lavorando come regista e produttore indipendente. Tra le sue opere più famose La figlia di Iorio - Il Film (2005). Biografia Nacque a Chieti, il padre Cesare era educatore e Direttore Didattico, la madre, Serafina era detta Lina, di Faenza. Il padre è stato, presso il Comune di Chieti, Consigliere comunale e Assessore tra il 1956 e il 1964. Centro Sperimentale di Cinematografia Nel 1973 fu allievo di Roberto Rossellini al Centro Sperimentale di Cinematografia, compiendo ricerche interdisciplinari sull'insieme dei mezzi di comunicazione di massa, con un occhio di riguardo per la televisione. Rossellini proponeva di ripensare radicalmente i normali corsi. A quelli tecnici si affiancavano infatti corsi di psicologia, storia, economia e sociologia, in un nuovo ordinamento che non prevedeva più la parcellizzazione dei diversi mestieri del cinema, ma mirava alla formazione di "cineasti globali". Mario frequentò successivamente da volontario gli ultimi set di Rossellini. Teatro Stabile dell'Aquila e la Signora Ava Dal 1971 lavorò per il TSA, Teatro Stabile dell'Aquila come aiuto regista di Antonio Calenda e come regista di svariati spettacoli maturando esperienza da organizzatore. Inoltre, nel 1975, il TSA svolse un ruolo di collaborazione diretta nella produzione del primo sceneggiato televisivo in RVM "La Signora Ava" tratto dal libro omonimo di Francesco Jovine, ne fu il Consulente Etnografico e aiuto regista per lo stesso Antonio Calenda. La vicenda ruota intorno a un preciso momento storico nella storia del Mezzogiorno: il biennio 1860-61, che vide il crollo del Regno delle Due Sicilie, l'effimero entusiasmo garibaldino, la nascita dello Stato Sabaudo, l'esplosione della "diversità" meridionale e il primo tempo del brigantaggio. Tra gli attori, Gerardo Amato, Claudia Marsani, Romina Power, Amedeo Nazzari, Remo Girone. Lo sceneggiato RAI 2, si svolse in 3 puntate. Film Location Nel 1976, partecipò come location-man (Pescara) e aiuto regista in due film del regista di commedie erotiche Sergio Bergonzelli: La Sposina (con Carlo De Mejo, Antiniska Nemour, Tiberio Murgia, Riccardo Garrone) e Taxi Love, servizio per signora (con Malisa Longo, Blanca Estrada, Tiberio Murgia, Marisa Mell.) La Figlia di Iorio - Il Film Nel 2005 produsse e diresse il film La Figlia di Iorio - Il Film in occasione delle celebrazioni ufficiali del Comune di Pescara nel centenario della prima rappresentazione della Tragedia di Gabriele D’Annunzio, scritta nel 1903 e messa in scena nel 1904. Fu realizzato in accordo con la Fondazione Il Vittoriale degli Italiani e col contributo finanziario de il Comune di Pescara, la Provincia di Chieti, la Fondazione Caripe, la Provincia di Pescara. Girato nelle modalità e con le metodologie del cinema indipendente a basso costo, il film fu ambientato nelle stesse località citate da D'Annunzio: nel Parco Nazionale della Majella e in altri suggestivi luoghi. Gli interni furono ricostruiti a Pescara, la recitazione in presa diretta. È l'unico film parlato e a colori de La Figlia di Iorio. Una curiosità: il fazzoletto che indossava Candia della Leonessa nel primo atto è lo stesso che fu impiegato nella messa in scena diretta da Luigi Pirandello. Infatti l'attrice Igea Sonni è la nipote dell'attrice che prese parte all'edizione del 1934, e quel fazzoletto fu tramandato come cimelio da una famiglia che ha dato all'arte sei generazioni di attori e gente di teatro. Tra Cinema, Cultura e Arte Fu regista degli aspetti teatrali Fuori Uso 1991, una rassegna d'arte contemporanea internazionale, che si è svolta per molti anni a Pescara. Tramite un concorso popolare i cittadini interpretarono se stessi secondo il copione pensato per ambientare uno spaccato della società dell'epoca all'ombra dell'ex municipio di Castellamare. A Roma tra il 22 dicembre 1995 e il 18 febbraio 1996 è stato regista degli aspetti filmici e multimediali della mostra multimediale Lupo. Dall’Abruzzo all’immaginario. Altre opere Fu direttore, produttore, coproduttore e spesso scrittore di oltre 30 programmi per RAI 3, girando anche in Australia e Sud America. Ha prodotto e diretto oltre 70 documentari e video istituzionali aziendali per piccole imprese e grandi multinazionali come Cirio e Fiat. Nelle ultime due stagioni estive dell'Ente Manifestazioni Pescaresi scrisse e diresse la Gran Serata Simenon e la Gran Serata Orson Welles, due spettacoli teatrali con proiezioni, dance e talk show. Diresse e scrisse due sceneggiati radiofonici per RAI 1. Didattica Ha diretto e insegnato in diversi corsi finanziati dal Fondo Sociale Europeo, nelle scuole medie, nei centri di formazione e nelle Università, materie di teatro, cinema, marketing culturale, organizzazione culturale e gestione delle risorse umane nello spettacolo. Filmografia Sceneggiati 1975 Aiuto regista – Signora Ava (Sceneggiato Rai) Film 2005 Regista e produttore - La figlia di Iorio - Il Film Teatro Don Chiscotte Spettacoli Florian, Teatro Stabile di Innovazione 1996 Cassaria di Ariosto, mise en espace di Mario Di Iorio - L'Aquila, Teatro Sant'Agostino 1997 Umanità, città, pubblicità di Mario Di Iorio, progetto "Nuove scritture drammaturgiche" - Pescara, Florian Espace Collegamenti esterni Teche Rai Catalogo Regioni- Abruzzo Florian teatro- spettacoli Il Centro Gelocal - Lutto nel cinema La Figlia di Iorio - Curriculum Vitae di Mario di Iorio Intervista youtube al regista Mario di Iorio Teatro Stabile Abruzzo Arte e Musica - Giampaolo Guerrini Vario numero 74, Articolo relativo a "La Sposina"
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https://it.wikipedia.org/wiki/Metro%20Olografix
Metro Olografix
Metro Olografix è la più antica associazione culturale in Italia nel campo della telematica. Fondatore e primo presidente nel 1994 è stato Stefano Chiccarelli; dal 2012 la presidenza è a guida di Lucia Zappacosta. Nel corso dei quasi 30 anni di attività, l'associazione - che ha sede a Pescara - si è distinta realizzando eventi di alfabetizzazione informatica e consapevolezza come "L'Hacker e il Magistrato", "TiG", "MOCA (Metro Olografix CAmp)"; quest'ultimo è un raduno/campeggio per hacker che richiama analoghi eventi nordeuropei quali il Chaos Communication Camp. Molti soci di Metro Olografix sono diventati esperti di sicurezza informatica ed hanno fondato loro società nel settore; altri hanno scritto articoli e libri che toccano diversi aspetti dell'information technology, dell'hacking e della sicurezza informatica, come "Spaghetti Hacker" di Stefano Chiccarelli e Andrea Monti e "Segreti, Spie e Codici Cifrati" di Corrado Giustozzi, Andrea Monti ed Enrico Zimuel. Metro Olografix CAmp Il Metro Olografix CAmp, conosciuto anche con l'acronimo di MOCA, è un raduno internazionale di Hacker che si svolge in Italia, a Pescara, con cadenza quadriennale. L'evento ospita conferenze su tematiche tecniche, politiche e sociali legate alla Società dell'informazione, in particolare privacy, sicurezza informatica e diritti civili. Le conferenze si svolgono in lingua inglese o italiana. Edizioni del Metro Olografix CAmp 2004 Stadio ex-gesuiti a Pescara 2008 Parco della ex caserma Di Cocco a Pescara 2012 Parco della ex caserma Di Cocco a Pescara 2014 Centro Polivalente "Britti" a Pescara 2016 Parco della ex caserma Di Cocco a Pescara
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https://it.wikipedia.org/wiki/Fater
Fater
Fater S.p.A. è una società per azioni italiana fondata nel 1958 da Francesco Angelini e dal 1992 joint venture paritetica tra Gruppo Angelini e Procter & Gamble. È un player di rilievo nel mercato dei prodotti igiene casa e igiene persona. Produce e distribuisce prodotti assorbenti per la persona e prodotti per la cura della casa in 38 paesi. I principali marchi commercializzati da Fater sono Pampers, Lines, Lines Intervallo, Tampax, Lines Specialist, ACE, Hero Solo. L’azienda, con sede legale e amministrativa a Pescara, conta 1.600 dipendenti, un fatturato di € 874 milioni di euro nell’anno fiscale 2020-2021 ed opera attraverso 4 stabilimenti: Pescara (prodotti assorbenti per la persona) Campochiaro (CB) Porto (Portogallo) Gebze (Turchia) (prodotti per la pulizia della casa e dei tessuti). Storia Le origini dell'azienda risalgono al 1867 quando i fratelli Beniamino, Vito e Federico Bucco fondarono l'azienda chimico-farmaceutica "F.lli Bucco", a Pescara. L'azienda viene rilevata da Francesco Angelini nel 1958 che la ribattezza Fater, acronimo di "Farmaceutici Aterni" ad indicare il core business dell'impresa e la sua localizzazione nella città di Pescara, mediante il richiamo al nome del fiume Aterno. Angelini adotta il managerialismo affidando il governo dell'impresa a dirigenti esterni. All'inizio degli anni '60 la crescita demografica e il consistente sviluppo economico italiano favoriscono la crescita dell'azienda nel settore dei beni di consumo. Con l'ingresso di Iginio Angelini ai vertici del gruppo, viene introdotta una nuova strategia di comunicazione pubblicitaria che combinata con le favorevoli opportunità del mercato permetterà a Fater di conseguire i suoi primi successi commerciali. Nel 1963 Fater comincia la produzione di pannolini lanciando il marchio Lines e, nel 1965, la linea di prodotti Lines Lady. Nel 2006-2008 viene realizzato il nuovo edificio della sede Fater di Pescara, opera dell'architetto Massimiliano Fuksas. Nel 2016 l’azienda acquisisce un opificio industriale presso la città di Spoltore (PE) e lo adibisce a nuovo centro direzionale e di ricerca della società, accogliendo circa 400 persone oggi dislocate presso la sede di Pescara e le persone operanti presso il dipartimento di ricerca e sviluppo di Pomezia. La joint venture con Procter & Gamble Nel 1992 Procter & Gamble, il colosso statunitense dell'igiene personale e della farmaceutica, nell'impossibilità di "scalzare dagli scaffali" i prodotti a marchio Lines, acquisisce il 50% delle quote di Fater dando vita a una joint venture paritetica con il gruppo Angelini. Grazie a questa operazione l'offerta commerciale di Fater si apre ai prodotti per bambini con marchio Pampers. La commercializzazione combinata dei prodotti a marchio Lines e Pampers garantisce a Fater una consistente quota di mercato che attira l'interesse della Commissione europea, in veste di autorità Antitrust, la quale ingiungerà a Fater di cedere uno dei due marchi. L'azienda vende Lines Pannolini per bambini. L’innovazione L’azienda Fater da sempre si contraddistingue per la sua capacità di innovare e saper anticipare i tempi, annoverando nella sua storia anche vari primati e andando incontro alle necessità delle persone. - 1958- 1960: produce farmaci da banco. - 1960: il primo successo giunge con il collirio Stilla, un’originale formulazione che ha sostenuto il posizionamento cosmetico del prodotto. - 1963: sviluppa e commercializza per prima in Italia il mercato dei pannolini per bambini. - 1965: sviluppa e commercializza per prima il mercato degli assorbenti femminili. - 1992: prima in Italia a sviluppare assorbenti ultrasottili. - 1992: nasce la joint venture con P&G (confluiscono in Fater i brand afferenti ai mercati dei prodotti assorbenti: da Angelini Industries, i Lines pannolini, Lines assorbenti e Linidor prodotti per incontinenza; da P&G, i Pampers pannolini). - 1994: l’Autorità antitrust dispone la cessione di parte del business pannolini. Fater spa cede a terzi Lines pannolini. - 1996-2000 riassetto produttivo-logistico che concentra le produzioni a Pescara. - 2002: Tampax (brand di P&G) entra a far parte dei prodotti commercializzati da Fater per l’Italia. - 2008: Fater inizia a sviluppare una tecnologia innovativa capace di riciclare i prodotti assorbenti usati. - 2013-2015: Fater acquisisce da P&G il marchio ACE, prima per western Europe e l’anno successivo per CEEMEA (Central Eastern Europe Middle East and Africa), fino ad aggiungere anche il marchio Comet (per Eastern Europe). Questo porta all’acquisizione degli stabilimenti di Campochiaro (CB) e Porto (Portogallo). - 2017: si costruisce un nuovo stabilimento in Turchia a Gebze, per i prodotti per la detergenza casa/tessuti. - 2018: realizzazione di un nuovo polo logistico automatizzato per una distribuzione più efficace presso lo stabilimento di Campochiaro (CB). Al 2021, tale stabilimento risulta aver quadruplicato i volumi prodotti e triplicato i dipendenti (da 83 a 231). - 2020: Fater distribuisce i prodotti Hero (categoria baby food). Filosofia aziendale Valori Logo I colori sono rappresentativi di ciascun brand, nell’ordine: Tampax, ACE, Pampers, Lines, Hero Solo. Marchi Pampers Lines Lines Intervallo Lines Specialist Tampax ACE Hero Solo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Alberto%20Battinelli
Alberto Battinelli
Biografia È stato Campione d'Italia e d'Europa con la Sisley Pescara nel 1987-1988. Ha vinto anche la Supercoppa d'Europa nel 1988 e due Coppe Italia sempre con la Sisley Pescara. Palmarès Giocatore Club Pescara: 1987-1988 Pescara: 1988 Pescara: 1986-1987 Pescara: 1984-1985, 1985-1986 Pescara: 1987-88
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https://it.wikipedia.org/wiki/Centro%20storico%20di%20Penne
Centro storico di Penne
La pagina illustra il centro storico di Penne, che rappresenta l'area maggiormente abitata del Comune in provincia di Pescara, suddiviso in più strati e colli. Esso è suddiviso in 6 quartieri, che annualmente si sfidano in una rievocazione storica detta "Palio dei Rioni". Storia Dalle origini al Medioevo Le origini dell'abitato italico risalgono alla conquista dei Vestini, esso è citato da Strabone nella "Geografia" come Pinna Vistinorum, per l'altezza e l'asprezza del colle. Lo storico Tito Livio inoltre parla della popolazione sannita stanziata in questi luoghi intorno al 326-325 a.C., citando le vicende delle guerre sannitiche contro Roma. Il territorio in questi anni fu occupato dal console Giulio Bruto Scevola, e i Vestini dovettero stipulare insieme gli Italici un patto di alleanza con Roma. Dopo la definitiva conquista nell'88 a.C. da parte di Roma, Pinna venne inserita da Augusto nella "Regio IV del Sannio", con i confini presso Interamnia Praetuttiorum (Teramo) nella Regione V Picena. Dell'abitato italico si conserva molto poco a causa dei vari rifacimenti della città, durante la conquista Longobarda nell'VIII secolo Penne divenne sede di una gastaldia o contea. Nel 773 all'arrivo di Carlo Magno, Penne fu investita di una provincia autonoma dai feudi in possesso dei due monasteri di Montecassino e Farfa, e inoltre godette di vari benefici per l'istituzione della diocesi Vestina. Con la visita di Ludovico II il Giovane, nell'874 fu firmato un documento di concessione all'appena nata abbazia di San Clemente a Casauria, in cui una parte di Penne sarebbe rientrata sotto la sua giurisdizione. Tali possedimenti furono rinnovati con l'imperatore Ottone I di Sassonia nel 968, poi con Papa Pasquale nel 1110 e con Ruggero I di Sicilia nel 1127, quando Penne fu occupata dai Normanni. Della loro presenza oggi si conserva solo una torre di guardia, situata presso Porta San Francesco. Penne tuttavia, prima dell'arrivo di Federico II di Svevia nel 1223 circa, conservò l'istituzione della provincia o gastaldia, avendo confini a nord col fiume Vomano, a est con il mare, presso il porto di Aterno (Pescara), e a sud col fiume Aterno-Pescara. Inoltre vi erano contese tra il potere spirituale esercitato dal vescovo, e quello temporale esercitato dal conte o barone di turno di stirpe normanna. All'epoca svevo-angioina (XIII secolo) risale la riedificazione delle mura medievali, difese da ben quattro piccoli castelli, che sorgevano sui crinali dei 4 colli: Cappuccio, Castello, Colle Romano e Roccabruna, dove venne edificato sin dall'VIII secolo il Duomo di San Massimo, rifatto daccapo però nel XIII secolo. Purtroppo questi castelli oggi non sono pervenuti, e di essi rimane solo la testimonianza della poderosa torre campanaria del Duomo, in cima al colle, che divenne il centro spirituale della cittadina. L'Ordine dei Cavalieri di Malta di San Giovanni Di particolare interesse a Penne è l'istituzione dell'Ordine dei Cavalieri di Malta nel monastero di San Giovanni Gerosolimitano delle monache Femmine. Queste monache entrarono a Penne per volere dei conti Trasmundi agli inizi del XIII secolo, ed edificarono il primo monastero fuori le mura. Il monastero però nel 1436 fu distrutto da Giacomo Caldora durante la persecuzione dei signori che si ribellavano al sovrano Alfonso I d'Aragona ed a Giovanna II d'Angiò. Caldora, capitanando una schiera di Aquilani, a lui fedeli per il partito angioino, saccheggiarono la città bruciandola, non vennero risparmiati nemmeno il monastero di San Giovanni Gerosolimitano e quello di San Francesco d'Assisi, fondato appena fuori Porta San Francesco dal santo stesso, venuto nel 1216 in città per sanare una disputa tra vescovo e signori. Il monastero fu dunque riedificato dentro le mura nel rione di Piazza, le monache continuarono a dedicarsi all'attività di assistenza agli infermi e agli indigenti. Nel 1523 le Gerosolimitane ottennero da Giuliano De Rodolphis, Gran Priore dell'ordine di Malta, il permesso di edificare il monastero, adiacente alla chiesa dell'Annunziata. I lavori terminarono nel 1701, come descritto anche da Anton Ludovico Antinori, che video una competizione di potere tra le monache di San Giovanni e quelle di Santa Chiara d'Assisi a Porta da Capo per ingrandire e abbellire i conventi. Dopo la soppressione dell'Ordine nel 1816, il convento è stato sconsacrato, adibito dapprima a Istituto d'Arte, poi a sezione distaccata del Tribunale di Pescara. La chiesa ugualmente è stata sconsacrata nella seconda metà del Novecento, per fortuna le opere ivi custodite sono state trasferite nel Museo civico diocesano "G. Leopardi", presso il Duomo. Consistono in tele del XVII secolo di Samberlotti, del XVIII secolo di Paola Gamba e Antonio Zanchi, una Pietà lignea del XVI secolo. La chiesa è caratterizzata dalla presenza di croci dei Cavalieri di Malta scolpite sia all'esterno che all'interno, il progetto dell'impianto è attribuito a Giovan Battista Gianni, per la particolarità degli stucchi interni e gli ornamenti barocchi a pennacchi. Ha pianta a croce greca coperta da cupola centrale, con braccio d'ingresso allungato, con due cappelle laterali. Dallo Stato Farnesiano a oggi Penne dopo la quasi distruzione del 1436 ad opera di Giacomo Caldora e degli Aquilani, nei primi anni del XVI secolo fu infeudata quando a Napoli si installò il viceregno spagnolo di Carlo V. Penne fu venduta ad Alessandro De Medici, che a sua volta la dette a Ottavio Farnese, signore di Sulmona e marito di Margherita d'Austria, figlia di Carlo V. I due coniugi amministrarono con visione illuminata i possedimenti abruzzesi di Ortona, L'Aquila, San Valentino, Penne, Campli, si accordarono in città con la famiglia degli Scorpioni per realizzare un palazzo di rappresentanza, e importarono un programma di rinnovamento stilistico della città, che si avvalse soprattutto dell'uso del mattone cotto. La prosperità economica è citata anche dal frate Serafino Razzi nel Viaggi in Abruzzo (1600), poiché in quell'epoca la città entrò sotto il dominio delle due casate De Sterlich e Aliprandi, già presenti dal Cinquecento, ma anche in seguito ebbero modo di arricchirsi e garantire la stabilità economica, data soprattutto dalla presenza de fiumi, dai campi di ulivi e di grano. Dopo i moti insurrezionali contro i francesi di Gioacchino Murat nel 1814 e contro Ferdinando II delle Due Sicilie nel 1837 per la rivolta di Clemente De Caesaris, Penne fu istituita di un distretto a sé nella provincia d'Abruzzo Ulteriore I (capoluogo Teramo), confinante col distretto di Città Sant'Angelo, e dotata di un tribunale penale. Nel 1860 col plebiscito, entrò nel Regno d'Italia, e nel 1927 con la riforme amministrative fasciste, Penne entrò con Città Sant'Angelo nella nuova provincia di Pescara, che ne divenne capoluogo. Durante la seconda guerra mondiale nel 1943-44, a Penne si registrarono bombardamenti alleati che colpirono il Duomo e Piazza Luca da Penne, distruggendo il teatro civico e il campanile del convento di San Domenico. San Massimo Levita Il patrono di Penne è San Massimo d'Aveia, patrono anche dell'Aquila, vissuto nel III-IV secolo d.C., nacque e visse nella cittadina di Aveia (oggi comune di Fossa), nella biografia agiografica di Giovanni De Caesaris, il soldato romano, avendo abbracciato la fede cattolica, venne rinchiuso in prigione e torturato dal procuratore Cerso, che pensò di farlo abiurare offrendogli in sposa sua figlia. Al suo rifiuto, Massimo venne ancora torturato, e infine annegato sul fiume Aterno scaraventato dalla rupe del colle con una pietra legata al collo. La tradizione vuole che Massimo morì il 7 maggio 306, il fiume riportò il corpo sino alla foce verso Aterno, e venne raccolto e sepolto nella chiesetta di San Comizio presso Castiglione di Pescara. Nell'anno 868 il corpo fu riesumato e traslato a Penne sul Colle Sacro, sepolto presso il Duomo di Santa Maria degli Angeli, che da allora prese la seconda intitolazione. Nei Capitoli del 1504 del vescovo Giambattista Valentini di Cantalice, la festa patronale si celebrava la prima domenica di maggio, ciò è confermato anche nei documenti comunali e della Cattedrale. In onore del santo si celebravano nella città i palii, simili a quelli di Siena, che consistevano nella cavalcata di poche persone scelte, vestite con costumi speciali, accompagnate da strumenti musicali, che dovevano sfidarsi in duelli a cavallo con lance. Le spese erano sostenute dal Notaio dei Capitoli, dal Camerario, dal Giudice, dall'Erario e dal Capitano di Guardia della città, e nei giorni di festa i lavoratori e gli artigiani erano esentati dalle fatiche. Il busto di San Massimo Levita oggi si trova nel Museo diocesano, collocato ivi dalla Cattedrale, è stato realizzato nel XVI secolo su commissione della Congrega della Misericordia, e venne incaricato lo scultore Giuseppe di San Martino, lo stesso che realizzò la statua patronale di San Zopito a Loreto Aprutino (PE). La statua fu scolpita con ricercata raffinatezza in argento, con sfumature in oro e poi venne cesellata con pregio da altri artisti. Aveva la base pesante in ottone, con angioletta che reggeva tra le mani la città di Penne, rappresentata da 4 punti architettonici: Cattedrale, Porta San Francesco, la cinta muraria e la chiesa di San Giovanni Evangelista. La statua fu rubata nel 1982 e fu sostituita da una in legno del XVII secolo, dotata di reliquiario; il santo regge nella destra il vecchio ospedale della Misericordia e la chiesetta di Santa Maria della Libera presso Porta Marzia. La statua fu messa nell'ospedale dalla Congrega di San Massimo presso la chiesa della Madonna della Libera, poi spostata nel Municipio e nella Cattedrale, presso la cappella del Marchese Castiglione, dove rimase sino al 1932 Tradizioni ed eventi Palio dei Rioni La festa si celebra in agosto, e si tratta di una rievocazione storica dei Palii che si celebravano in onore di San Massimo. La città di Penne essendo divisa in 6 rioni (Porta da Capo, Rione di Mezzo, Porta da Piedi, San Comizio, San Paolo, la Piazza), pare che, stando alla leggenda riportata dallo storico Alfonso Ceccarelli, ripresa anche da Serafino Razzi nei Viaggi negli Abruzzi, fosse stata dotata di un'investitura dal principe Siriaco Itarco che governò durante l'epoca bizantino-longobarda. Il pretore ebbe due figlie: Rocca e Bruna ambedue gemelle, che si sistemarono in una villa sul colle omonimo Roccabruna, mentre il resto della famiglia andò ad abitare su Colle Sacro e Colle Castello. I figli dei Bruna appartennero alla dinastia dei Rocca che pare avessero rifondato daccapo Penne, che entrò subito in rivalità con la cittadina vecchia. Per evitare la guerra civile, il vescovo di Penne organizzò la Giostra dei Sei Rioni, dove attraverso giochi e sfide a cavallo si affrontavano i cavalieri delle due città. Per la regina Rocca scendevano in campo il rione San Comizio, il San Paolo e Rione da Piazza; per la regina Bruna si affrontavano il rione Da Capo, il rione di Mezzo e il rione da Piedi. Chi vinceva avrebbe ricevuto il Gonfalone nel Duomo.Nella rievocazione storica moderna, la festa dura tre giorni, la gara prende il via con il Palio degli Scacchi viventi, dopo che le due principesse Rocca e Bruna sono scese in corteo dai due rispettivi Colli. Successivamente viene il Palio degli Asini e dello spettacolo Crusuader, durante il quale i cavalieri si sfidano a duello. Il giorno seguente c'è il Palio della Cuccagna con lo spettacolo itinerante "Re e cavalieri", con sfilata di sbandieratori e signori in costume. Avviene la rievocazione della disfida di Barletta, con apertura delle locande antiche e degustazione. Processione del Cristo Morto La processione è tra le più antiche dell'Abruzzo, insieme a quella di Chieti, e si svolge nell'ambito dei preparativi sacri della Settimana Santa. Citata ufficialmente dagli storici a partire dal 1570, venne istituita dal Cappuccini frate Girolanio da Montefiore per ridare nuovo ardore alla Confraternita del Monte di Pietà, avente sede nella chiesa dell'Annunziata, il quale trasformò l'altare maggiore con lo scenario del Golgota dove venne crocifisso Gesù. La mattina del Venerdì santo ancora oggi l'altare maggiore viene addobbato a lutto con l'esposizione della tela ritraente l'ascesa al Golgota, i confratelli prelevano dalla Cattedrale la statau dell'Addolorata, portandola nella chiesa lungo il Corso Alessandrini, dove si trova la statua del Cristo morto, prelevata dalla teca di vetro, e adagiata su una bara listata a lutto, lavorata in fili d'oro e argento, opera del XIX secolo di Vincenzo Alierà su disegno di Salvatore Colapietro. All'imbrunire, la processione prende avvio dalla chiesa, e si snoda per i due colli principali di Penne, accompagnata dalle penitenti, dai fedeli con delle candele, e dalla banda musicale all'intonazione del Miserere di Saverio Selecchy di Chieti. Centro storico La città medievale è situata su due colli principali: Colle Sacro (area a sud-ovest col Duomo) e Colle Castello (a nord-est), circondata ancora dal perimetro murario in parte sufficientemente conservato. L'elemento che contraddistingue la muratura del centro è il mattone, utilizzato per gli esterni delle fortificazioni, degli accessi, degli esterni delle chiese e dei palazzi. Percorrendo le strade della città si possono facilmente notare il laterizio e i mattone infisso nelle facciate, sotto i tetti a coccio pesto, alternati nei palazzi nobiliari all'intonaco a vista o parziale che ricopre le cornici delle finestre e dei portali, o le intere facciate. Si notano ancora le lanterne in ferro battuto, poste davanti agli ingressi, come a quello della chiesa di Santa Chiara con l'ospedale vecchio, mentre davanti a case si trovano gli anelli in ferro battuto infissi nei muri, dove venivano legati gli animali. Nel vicolo Catena si trova la catena di ferro al quale era legato il Codice Catena, la prima legge scritta della città. Oggi il manoscritto originale del 1468 è conservato nell'Archivio municipale, e si tratta del primo codice di leggi civili e giuridiche riguardanti l'amministrazione sociale, economica e politica di Penne. Sulla sommità di Porta San Francesco, accesso primario al centro, ai due lati si notano le bocche da fuoco per respingere gli assalti. Le facciate dei principali palazzi (Palazzo Leopardi, Palazzo Aliprandi, Palazzo Margarita), si trovano gli stemmi nobiliari, alcuni situati anche all'interno delle chiese, nelle cappelle delle famiglie della città. Fu rinvenuta sulla Circonvallazione Aldo Moro negli anni '90 un dromos, trattasi di una tomba del II secolo a.C.: un dromos che forniva l'accesso al sepolcro vero e proprio sotterraneo. La tomba testimonia i forti contatti dei Vestini con le popolazioni elleniche, dato lo stile prezioso delle decorazioni, e l'architettura stessa della tomba a sepolcro sotterraneo, chiamato tholos I Rioni e monumenti Rione da Piazza Si trova nella parte centrale del Colle Sacro, e racchiude le strade di via Leopardi, Piazza Duomo, via Sant'Agostino, Lungo costa Sant'Agostino, salita Civitavecchia. Lo stemma del rione è uno scudo a sfondo d'argento con tre colli alla base in colore verde, sovrastati da una grande croce, simbolo del Duomo sopra l'altura, edificato sopra un tempio pagano. Il rione dunque si snoda attorno al sagrato del Duomo di San Massimo, il cui largo antistante era detto "Platea"; comprendeva anche l'area dell'ex parrocchia di Santa Marina. L'arx antica culminava con la imponente torre del Duomo, accessibile dalle rampe e dalle coste di Sant'Agostino, dal nome della chiesa (già via di Sotto, e via Muzio Pansa (via di Sopra). Lungo i palazzi signorili (tra cui si ricorda quello di Giovanni Leopardi), vi sono le torri, la meglio conservata non essendo completamente inglobata tra le case è la Torre Normanna presso la strada della chiesa di San Nicola di Bari a Porta San Francesco. In questa parte si trovava anche la chiesa di Santa Marina, ridotta a rudere e demolita nel 1971. I monumenti sono Duomo di San Massimo e Santa Maria degli Angeli - Piazza Duomo Palazzo vescovile e Museo diocesano - Piazza Duomo Chiesa di Sant'Agostino - via Sant'Agostino Palazzo Leopardi - via G. Leopardi Palazzo Ferdinando Castiglione - via G. Leopardi Palazzo Abati - via M. Pansa Palazzo Sigismondo De Sanctis - via Roma Palazzo del Bono - via Leopardi, via Roma (parte bassa) Palazzo Tucci - salita Ronzi, presso Sant'Agostino Rione San Paolo Abbraccia via Sant'Agostino, vico Critica, via Muzio Pansa, via Gaudiosi, via Armeni, vico Generale, via san Panfilo. Lo stemma è uno scudo nero con la presenza di una chiesa dalla svettante torre (quella di San Paolo) e in alto a sinistra un riquadro piccolo ritraente un paesaggio. Il rione si trova sotto via Sant'Agostino, e si estende a sud sino alle mura, fino alla salita Civitavecchia. La cinta muraria in alcuni tratti ha conservato il camminamento interno a grotte con balaustra di arcate a tutto sesto. Il nome deriva dalla chiesa di San Paolo, già scomparsa nel XVIII secolo. Da quest'epoca in poi iniziò a chiamarsi "san Panfilo" per la chiesa esistente, detta anche santuario della Madonna della Libera per la presenza di questa confraternita. I monumenti sono: Porta Marzia (demolita nel 1949) - accesso situato all'inizio di via San Panfilo, presso la chiesa Palazzo De Caesaris con torretta - Largo San Panfilo Portello Marzio - vico de Crollis Chiesa di o Santuario della Madonna della Libera - Largo San Panfilo Palazzo Vestini - via Pansa-via Discesa del Polipo, coevo di Palazzo del Bono Rione San Comizio Occupa la parte centro-occidentale di Penne, delimitato dal Corso E. Alessandrini, strada Pultone, salita Annunziata, via San Comizio, Largo San Giovanni, via Roma, via Bernardo Castiglione. Lo stemma è uno scudo a sfondo argentato, tagliato diagonalmente da striscia rossa, con a destra la figura di un monaco dell'Ordine Gerosolimitano dei Cavalieri di Malta e a sinistra una bandiera a sfondo verde con pallino giallo, stilizzazione dello stemma dei Cavalieri Templari. Il rione è compreso entro il tratto di mura da Porta dei Conci a Porta San Nicola (o di San Francesco). Via Pultone, via Solario, sono parallele ma comunicanti, penetrando nel nucleo centrale del quartiere, che sorge sopra uno sperone tufaceo. Ridotto a semplice varco è il Portello San Comizio, notevole un torrione poligonale ancora in piedi, che copre un'ala del Palazzo Coletti. Le chiese sono San Comizio (sconsacrata, ma è ancora leggibile l'impianto col campanile), San Nicola di Bari e l'ex monastero di San Giovanni Battista dei Templari. Di interesse i palazzi Teseo-Castiglione (del XIV secolo, ma rifatto nella facciata tardo barocca nel XVIII secolo), il Prospero Rosa (XVII sec) e del Capitano Regio (XIV secolo), appartenuto poi ai De Caesaris, di cui si conserva la rinascimentale Loggia Carbonara, usata dallo stesso Clemente per le riunioni antiborboniche. La linea di confine di San Comizio con Rione di Mezzo è data da Porta dei Conci, e finisce sulla rampa della chiesa dell'Annunziata, dopo i Portici Salconio del corso. Di fronte al vicolo dei Nobili c'era una catena per impedire di notte l'accesso agli uomini a cavallo. Sorge ai piedi del Colle Sacro, che divideva il centro in due realtà, con la parte di Castello. Più sopra c'è il Rione di Mezzo con Piazza Luca da Penne e il complesso dei Domenicani, affiancato al nuovo Municipio. La Piazza dei Martiri Pennesi in epoca passata era l'orto privato dei Domenicani, circoscritto da botteghe; le mura con le torri laterali si sono conservate sul lato della Circonvallazione, le porte si trovano a cavallo dei confini. Per l'edilizia civile si annoverano il Cortile di vico Caponetti, Palazzo Leopardi posto a confine del Colle Sacro, il Palazzo Gaudiosi e quello del Principe Caracciolo, già De Simone, col portale rinascimentale. Monumenti: Ex chiesa di San Comizio - Largo San Comizio Chiesa dell'Annunziata - salita Annunziata, Corso Alessandrini Ex monastero delle Suore Gerosolimitane di San Giovani Battista - Largo San Giovanni Portici Salconio - Corso Alessandrini Palazzo del Capitano - via Roma (elegante struttura del XIV secolo, rifatta nel 1697, con loggiato interno) Palazzo Prospero-Rosa Carassai - Corso Alessandrini (facciata neoclassica del 1892) Porta dei Conci o dei Ferrari - imbocco al Corso Alessandrini da vico Catena Palazzo Teseo-Castiglione - Largo San Nicola (uno dei palazzi più monumentali e artistici di Penne con facciata del 1776 e orologio civico realizzato 6 anni prima da Antonio Papa) Chiesa di San Nicola di Bari - Largo San Nicola, chiesa a pianta circolare del XIX secolo presso Porta San Francesco Porta San Francesco - viale San Francesco: accesso principale alla città provenendo da sud. La più monumentale (XIX secolo) delle porte di Penne Rione da Capo Si tratta della parte più a nord di Penne, presso Colle Castello. Delimitato da Piazza Santa Croce, via Santa Chiara e piazzale, via Angelica, salita Castello, salita Orti, vico Niccola Palma, vico De Sanctis, Corso dei Vestini nord. Lo stemma è uno scudo diviso in due, in alto un sole su sfondo rosso e in basso una torre, quella del castello, posta tra due stelle laterali, entro sfondo argenteo. Le stelle sono quelle della famiglia degli Scorpioni. Il quartiere è diviso a sud dal Rione di Mezzo, per una strozzatura lungo la quale corre il confine del Corso dei Vestini. La parte più alta ha la caratteristica forma del bosco a spina di pesce (via salita castello), che portava alla fortezza oggi scomparsa. Il sistema viario è "a polipo", e ricorda quello del Codacchio, tratti di mura sono visibili in via Giovanni d'Alfonso (XV secolo) in via Battaglione degli Alpini L'Aquila, e qui si apre Porta da Capo (o di Sant'Erasmo), presso la chiesa cappella di Santa Croce. I monumenti principali sono: Chiesa di Santa Croce (già Sant'Erasmo del XIV secolo) - Piazzale Porta Santa Croce Chiesa e convento di Santa Chiara d'Assisi - via Santa Chiara, chiesa del XIII secolo, rifatta nel 1523 e poi nel XVII secolo da G.B. Gianni Chiesa e monastero di San Ciro - corso dei Vestini Palazzo Margarita d'Austria-Scorpione - Corso dei Vestini Palazzo De Dura - Corso dei Vestini Palazzo De Paschiniis - Corso dei Vestini Rione di Mezzo Occupa la parte centrale del Corso dei Vestini, scendendo verso Rione da Piedi mediante vico del Forno, vico Vestini, via Tre Re, via Giovanni d'Alfonso (circonvallazione occidentale), e Corso Martiri Pennesi, dove si trova anche lo slargo XX Settembre con il monumento ai Martiri del 1837, che segna il limite di confine tra i due rioni. Detto anticamente "rione San Giovanni", è separato dal quartiere sottostante anche mediante Porta della Ringa, che si trova al limite di questi due quartiere ad ovest, lungo Viale Ringa. La porta faceva parte della cinta muraria, ma l'attuale è frutto di una ricostruzione a carattere monumentale neoclassico del 1852. Altre porte di separazione sono il Portello San Domenico, accessibile da Piazza Luca da Penne, e qui v'erano le ultime case della Civitas Novellae Pinnae, al di sotto della quale c'era il Casale, citato sino dal 1195, il quartiere di fondazione longobarda. Nel rione si trovano il Largo di San Giovanni Evangelista con la chiesa collegiata e l'ex convento, oggi Istituto tecnico "G. Marconi", che costituisce il fulcro della porzione storica, e il punto di convergenza con gli altri rioni sottostanti. Altre strutture di interesse sono il Palazzo Aliprandi con la cappella di Sant'Antonio di Padova, e il Palazzo del Giustiziere del XV secolo. Chiesa collegiata di San Giovanni Evangelista - vico Mandrocchia Palazzo Aliprandi De Sterlich e chiesa di Sant'Antonio - Corso dei Vestini Palazzo di Giulio Scorpione - Corso dei Vestini Palazzo De Paschiniis o del Giustiziere - al confine con Porta da Capo - corso dei Vestini Porta dell'Aringo - viale Ringa Rione da Piedi È la parte centrale di Penne, abbracciato da Piazza Luca da Penne, mentre in origine era il luogo di confine tra le città del Colle Sacro e del Castello. Attraversato da via De Sterlich, via Dante, vico Catena, lo sbocco del Corso Alessandrini sulla piazza, ha lo stemma a scudo diviso in due, in alto ha sfondo nero e una croce dell'Ordine dei Domenicani, in basso tre palle, simbolo del dominio Mediceo e di Margherita d'Austria, racchiuse in uno sfondo rosso. Il rione è l'antico Casale longobardo, che nel 1168 contava appena 132 abitanti, e che il vescovo del Colle Sacro teneva in potere. L'attuale piazza era il largo del mercato, e nello sviluppo nei secoli andò a lambire il Portello San Domenico con la Civita Nuova, fino a fondersi, nel territorio parrocchiale di San Giovanni Evangelista. Ciò era già avvenuto nel XV secolo, quando il sobborgo era detto "ai Piedi di San Giovanni". Il rione è quello che ha subìto maggiormente i danni della seconda guerra mondiale, poiché nel bombardamento del 1943 vennero perduti il teatro civico attaccato alla chiesa di San Domenico, il suo campanile, e il palazzo comunale, rifatto in uno stile più moderno. Piazza XX Settembre con il monumento ai Martiri del 1837 Chiesa e convento di San Domenico - Piazza Luca da Penne Palazzo Gaudiosi - Piazza Luca da Penne Ex monastero di San Giovanni Evangelista - Corso Martiri Pennesi Palazzo Simeone Caracciolo - vicolo Catena (elegante struttura del XVI secolo costruita sopra una preesistente, di cui si conserva il portale di accesso ad arco ogivale. Interno ha chiostro barocco) Palazzo Stefanucci e torre merlata - Piazza Fontemenente Portello San Domenico - Corso dei Vestini, Piazza Luca da Penne Strade e piazze maggiori Piazza Luca da Penne: centrale, con il Municipio e la chiesa conventuale di San Domenico Corso Martiri Pennesi: parte a nord-ovest, unisce Rione di Mezzo, Rione da Piedi e Rione da Capo, vi si trova l'ex monastero di San Giovanni Evangelista, oltre a Piazzetta XX Settembre Corso dei Vestini; stradone principale del quartiere Casale-Castello, che parte da Porta da Capo (o di Santa Croce), e raggiunge l'intersezione dl Corso Martiri Pennesi presso il sagrato della chiesa di San Giovanni Evangelista, arrivando poi a Piazza Luca da Penne.- Vi si affacciano vari palazzi storici (Palazzo Margarita, Scorpione, Casa del Giustiziere, complesso monastico di San Ciro) Corso Emilio Alessandrini: unisce da sud il rione San Comizio e il Rione San Panfilo col Colle Sacro. Parte da sud a Porta San Francesco, con la chiesa di San Nicola e il Palazzo Teseo Castiglione, e attraversa i Portici Salconio, il sagrato di San Giovanni Gerosolimitano e quello della chiesa dell'Annunziata. Bibliografia Vincenzo Gentili, Quadro di Città di Penna, Napoli 1832 AA.VV., Pescara e provincia, Collana Guide verdi d'Italia, Touring Club Editore, 2006 Centri storici Penne
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https://it.wikipedia.org/wiki/Marchesato%20del%20Vasto
Marchesato del Vasto
Il marchesato del Vasto fu un'istituzione territoriale storica che comprendeva gran parte dell'Abruzzo Citeriore, vale a dire l'attuale provincia di Chieti, inclusi alcuni feudi nell'attuale Molise e nella moderna provincia di Pescara. Dipendente dal regno di Napoli, fu costituito nel 1444 (secondo altre fonti nel 1447) da Alfonso V d'Aragona per Innico de Guevara. Nel 1806, a causa dell'eversione della feudalità, Tommaso I d'Avalos è stato l'ultimo marchese sovrano. Territorio La "capitale" del marchesato era Vasto, storica roccaforte dei Caldora prima che re Alfonso togliesse il feudo al capitano Antonio Caldora, figlio di Giacomo. I feudi acquisiti negli anni furono Casalbordino, Cupello, Penna de Luco (Punta Penna), Monteodorisio, Gissi, San Salvo, Casalanguida, Dogliola, Furci, Lanciano, Le Ville di Lanciano, Colledimezzo, Monteferrante, Torino di Sangro, Carpineto Sinello, Fresagrandinaria, San Buono, Pescara e Francavilla al Mare. Storia Inizio del marchesato Dopo il periodo angioino il potere passò prima alla famiglia dei Guevara, poi al re di Napoli e infine alla dinastia aragonese dei d'Avalos, costruttori dell'omonimo palazzo, che rimasero feudatari di Vasto dal 1496 al 1806, anno dell'abolizione della feudailtà. Occorre tuttavia dare un ragguaglio della situazione che precedette tale stato di cose. Nel 1439 alla morte di Giacomo Caldora, il figlio Antonio ereditò il feudo di Vasto e altri sparsi per l'Abruzzo. La sua fallimentare ribellione contro Alfonso V d'Aragona per appoggiare il partito angioino, culminata nella sconfitta patita nella battaglia di Sessano, gli costò la confisca di vari possedimenti, tra cui Vasto. Vasto si trovò ancora nel demanio regio, investita però di molti privilegi con atto notarile rogato nel chiostro della chiesa di Sant'Agostino (oggi duomo); un clima di tranquillità interrotto bruscamente dal nuovo infeudamento da parte di Alfonso al signore Innico de Guevara il 28 settembre 1444 (altre fonti collocano la data dell'infeudamento nell'anno 1447). Nel 1464 Antonio Caldora tentò la ripresa di Vasto con le truppe di Giovanni II d'Angiò, dichiarando guerra a Ferrante d'Aragona, il quale venne di persona a sconfiggere Antonio. Acquartierò le truppe nel colle di Cona San Giacomo, mentre Antonio, asserragliatosi nel castello, cannoneggiava le truppe aragonesi. Ferrante lasciò al comando delle truppe Giacomo Carafa della Spina, che cinse d'assedio la città, sperando di prenderla per fame. Infatti l'assedio durò 3 mesi, nei quali i cittadini di Vasto, ridotti allo stremo, furono condotti in rivolta da emissari del re, che li invitarono ad acclamare la corona aragonese per terminare la guerra. Così Antonio Caldora con l'inganno venne arrestato e imprigionato, mentre Ferrante ricompensava l'azione del popolo con la conferma dei privilegi di Alfonso, riportandola nel regio demanio. In quest'occasione, nel 1465, si costituì il consiglio civico dei 14 membri del parlamento vastese, rinnovato ogni trimestre, per comporre il maggiore consiglio dei 60. Nel 1570 il consiglio fu ridotto a 40 membri. Il privilegio di Ferrante durò sino al 1471, quando Vasto venne infeudata al figlio di Innico, Pietro de Guevara; in questi anni la famiglia Guevara godeva del favore del sovrano. Aveva posto la residenza nella casa patrizia di Giacomo Caldora, che nel 1573-87 verrà trasformata in un palazzo patrizio rinascimentale. Nell'ambito della guerra di Ferrante contro papa Sisto IV, alleato di Venezia, alcune galee partirono dalla Serenissima e, nel 1482, distrussero il porto di Vasto; nel 1485 la città cambiò feudatario, dopo che Guevara partecipò alla congiura dei baroni contro Ferrante, ma non prima del 1493, ultimo anno di tranquillità nel regio demanio. Il 13 marzo di quell'anno fu creata l'Università regia del Vasto, sotto la mediazione degli emissari napoletani Nicola e Valerio Cellitto. Nel 1496 sotto Ferdinando II di Napoli, Vasto venne infeudata a Rodrigo d'Avalos, figlio di Innico I, ma alla sua morte quasi immediata prima di esserne entrato in possesso, la città non rientrò nel regio demanio, e nel 1497 Innico II d'Avalos (fratello di Rodrigo) divenne il secondo marchese del Vasto effettivo. Innico, però, acquisì il potere solo nel 1499, perché l'Università si adoperò per bloccare l'infeudamento, desiderando conservare i privilegi connessi allo status di universitas nel demanio regio ottenuti con Alfonso e Ferrante I. Al tempo del governo dei Guevara, venne fondato il monastero di Sant'Onofrio, il terzo principale della città, dopo la fondazione di quello di San Giovanni Gerosolimitano dei Cavalieri Templari (presso l'attuale corso Plebiscito) nel XIII secolo, e di quello di Santo Spirito sopra San Biase dei Padri Celestini del XIII-XIV secolo. Mentre il primo andò distrutto nel XIX secolo, il secondo visse periodi alterni dopo il XVII secolo, essendo stato per secoli uno dei cenobi più importanti della regola benedettina del sud Abruzzo, fino a che, sconsacrato, venne adibito nel 1889 a teatro civico, oggi intitolato a Gabriele RossettiIl convento di Sant'Onofrio eremita dei Frati Minori Osservanti risale al 1406, quando i religiosi abitavano presso capanne di legno, e cercavano di erigere una chiesa vera e propria sul colle occidentale fuori Vasto. Dieci frati edificarono un cenobio con ospedale per assistere gli ammalati, finché da Campobasso non venne in città padre Strangone col beneplacito del vescovo di Chieti. La moglie del Guevara Gisetta Del Balzo mandò a chiamare dal convento frate Angelo da Specchio, e nell'avvenimento semi-fantasioso riportato dal De Bendictis, il monaco, ascoltando musica nel palazzo del Capitano, si librò in aria, venendo osannato come un santo, e l'opera di edificazione venne immediatamente finanziata. Dopo Innico II, gli successe Alfonso d'Avalos, poi Francesco Ferrante d'Avalos e Alfonso II. Il governo di Vasto fu però retto nella maggioranza dai capitano di guardia del palazzo dell'Università. Prima dell'arrivo della famiglia d'Avalos, il palazzo in piazza Lucio Valerio Pudente era residenza di Giacomo Caldora, costruita dal capitano nel 1427. Nel 1587 la casa fu ristrutturata ampiamente dai d'Avalos, nel programma di ricostruzione della città dopo l'assedio turco del 1566. La città soffrì molto le incursioni di turchi e saraceni, così come tutta la costa dei Trabocchi, sbarcati il 1º agosto 1566. L'esercito di Piyale Paşa danneggiò edifici storici come palazzo d'Avalos, l'abbazia di San Giovanni in Venere e quella di Santo Stefano in Rivomaris, nonché lo stesso duomo di Vasto (allora dedicato a Sant'Agostino) di cui rimase in piedi solo la facciata gotica. Per questo motivo, l'8 marzo 1568, si iniziò la costruzione di 14 torri costiere di avvistamento e difesa, di cui torre di Punta Penna, ancora esistente. Alcune parti dello storico edificio, come archi di portale e finestre, sono state scoperte nel 1991, risalenti circa al XIV secolo, segno che esisteva una casa patrizia ancor prima dell'arrivo di Caldora. Ai due lati del portone barocco sono venute alla luce decorazioni in pietra scolpita che adornavano l'accesso. La costruzione esisteva all'epoca della fondazione del monastero di Sant'Agostino (oggi duomo), con privilegio di Carlo II d'Angiò del 24 febbraio 1300.La casa di Giacomo Caldora fu decorata con tegoloni e fregi prelevati dal villaggio italico di Buca (Punta Penna), e dalle relazioni dei cronisti, la casa patrizia era una delle più belle del regno di Napoli: vi si poteva vedere il fregio di un grande pesce, lo storico Flavio Biondo scrive: "Vastum Aymonis nobile et vetus oppidum quod prisci dixere Histonium, idque Theatri Vetustissimi Vertigiis et Palatio es Tornatum, quod Jacobus Caldora, est in ea superbissimum aedificavit" Incendiato dai turchi nell'estate 1566, il palazzo venne ricostruito dalla casata d'Avalos spendendo 5.000 ducati. La facciata venne edificata con il contributo di frate Valerio De Sanctis del convento di San Francesco nell'anno 1587, a imitazione delle più illustri residenze rinascimentali italiane. Il 14 giugno 1590 gruppi di banditi guidati da Marco Sciarra penetrarono nella città dal torrione Santo Spirito nella cinta muraria a nord, saccheggiandola. Dopo l'attacco di Sciarra, furono marchesi di Vasto Innico III, Ferrante Francesco, don Diego, Ferdinando Francesco e don Cesare Michelangelo d'Avalos, spogliato della signoria nel 1701 da Filippo V di Spagna che la cedette ad Antonio Lante Montefeltro della Rovere, II duca di Bomarzo. Nel 1522 le famiglie slave erano cinquanta, in seguito si ridussero di numero, fino a essere completamente assorbite. Durante il XVI secolo la città riuscì a scampare alla peste del 1536. Crescita, decadenza e fine Al Seicento risale la costruzione del "palazzo della Penna" e della demolizione della chiesa di San Nicola degli Schiavoni (1638), poi ricostruita e intitolata a Maria Santissima del Carmine, in cui, in un altare minore, si continuò a venerare san Nicola; anche la confraternita assunse la nuova denominazione. Vennero chiamati a Vasto da Diego d'Avalos i "clerici regolari della Madre di Dio", o "padri Lucchesi" che vi giunsero da Napoli a fondare un convento con annesso collegio. All'opera concorsero il marchese, l'università e la confraternita, che concesse la chiesa e una rendita annua di 50 ducati. Alcuni vastesi entrarono nell'ordine e Giuseppe Ricci e Luigi Barbotta ne divennero generali. Nel 1690 venne istituito a Vasto il Collegio dei Chierici Regolari della Madre di Dio, come scuola dei confratelli del Carmine per l'educazione dei giovani, fortemente voluta dai marchesi d'Avalos nelle persone di don Diego e sua moglie Francesca Carafa della Roccella. Nella metà dei Seicento non mancarono episodi di banditismo, carestie e sconvolgimenti naturali come frane. Oltre agli smottamenti, nel 1656 la città fu colpita dalla pestilenza proveniente dalla Puglia, ma siccome venne portata in processione per la città la statua del Santo Michele, le vittime, secondo le credenze popolari, non furono numerose come nelle altre località. Da questo momento iniziò il primo segnale della fede devozionale vastese vero l'arcangelo, e in occasione del punto dove terminò la processione, nel 1657 venne realizzata la primitiva cappella dedicata a San Michele, rifatta poi nell'aspetto attuale nella prima metà dell'Ottocento, dopo l'ulteriore conferma di "protezione" del santo dall'epidemia di colera del 1837. L'annessione di Lanciano e le ville Lanciano all'epoca del dominio spagnolo carolino, stava attraversando una grave crisi sociale ed economica per le guerre di partito spagnolo e francese, i cui fautori erano i Petroniani e gli Antoniani. La città oppressa da tempo per le varie ribellioni alla corona spagnola, aveva subito ammonizioni e confische di feudi, arrivando a perdere per insubordinazione il grado massimo d'importanza politica nei rapporti con la Corona di Napoli:lo status di città libera nel Regio Demanio. Il momento peggiore della decadenza della città fu nel 1640: Lanciano perse i suoi privilegi di città demaniale, fu eretta a baronia e venduta al duca Castro di Pallavicini dal viceré di Napoli, Medina las Torres, senza l'assenso del re. Nel 1646, poi, venne ceduta al marchese Ferdinando Francesco d'Avalos del Vasto. Il vassallaggio durò più di un secolo e portò un notevole impoverimento della città, vessata dai nuovi padroni. Le sue fiere, per di più, dal 1718 subirono la concorrenza diretta del nuovo mercato franco di Senigallia. Nonostante le numerose sommosse, Lanciano riacquistò la sua libertà solo nel 1778, dopo l'ascesa al trono di Napoli dei Borbone. Il governo spagnolo, in seguito alla Guerra dei trent'anni, subì una grave crisi economica, che richiese l'imposizione di tasse. Anche Lanciano, che viveva principalmente degli incassi dei mercati e delle fiere, ricevette il duro colpo, con perdita di altri privilegi sulle terre e sui feudi. Il Duca Alessandro Pallavicino, avendo fornito vettovaglie all'esercito spagnolo, era creditore della Regia Corte, e chiedeva il pagamento, allorché il viceré Medina Las Torres dispose che il pagamento fosse effettuato mediante la vendita di una città, e fu scelta Lanciano con le "ville" del circondario.Immediatamente in città ci furono moti popolari di protesta, e il sovrano spagnolo turbato riaffidò la causa in esame al Tribunale della Regia Camera. Morendo il Pallavicino nel 1646, gli eredi furono costretti a vendere vari feudi per pagare i debiti, e Lanciano ne uscì ancora più fortemente depredata. Il 14 ottobre dell'anno, visto l'imminente tracollo economico-politico della città Ferdinando Francesco d'Avalos, 10º marchese di Pescara e 6º marchese del Vasto, acquistò Lanciano per 56.400 ducati, benché il popolo si fosse ribellato ugualmente. Anche Lanciano nel 1647 fu influenzata dalla ribellione di Masaniello, così come tutto il Mezzogiorno; nella città il fomentatore d'odio fu Carlo Mozzagrugno, ribellandosi al Marchese, scacciando i suoi rappresentanti e togliendo le sue insegne dal Palazzo del Governo, lasciando solo quelle reali. Il 21 luglio intervenne l'esercito regio, sedando la rivolta, con l'uccisione di Mozzagrugno, e il ripristino del governatorato. Benché il Marchese del Vasto credeva di aver finalmente ripristinato l'ordine, essendo appoggiato anche dalla Curia Frentana, tra il '600 e il '700 nelle campagne del Sangro si succedettero molte scorrerie di briganti.Le fiere, sempre un vanto economico per Lanciano, subirono nel '600 un notevole ridimensionamento dovuto all'insicurezza e ai pericoli a cui i mercanti forestieri andavano incontro, e anche perché nell'aspetto fiscali essi erano senza protezione. Il ridimensionamento delle Grandi Fiere comportò la sottomissione della cittadinanza a nuovi prelievi fiscali, come il mantenimento dell'Arcivescovado, gli uomini addetti alla difesa dell'ordine pubblico e via dicendo.Nel 1682 quando la città sembrava in via di ripresa, subì una grave carestia e un'invasione di locuste che mandò in distruzione vari raccolti. La cerimonia del Toson d'Oro La storia racconta, che con dispaccio dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo, don Cesare Michelangelo d'Avalos, marchese del Vasto, venne incaricato di conferire il collare del Toson d'Oro al connestabile del regno, il principe romano Fabrizio Colonna, come riconoscimento per i servigi che la sua famiglia rese alla Corte di Napoli e validissimo elemento per la diffusione del Cattolicesimo in Europa (visti i legami di parentela che intercorrevano tra lo zio cardinale Carlo Colonna e il nipote Fabrizio). "Il principe Colonna giunse a Vasto con un corteo di 186 cavalli riccamente bardati. All'arrivo fu accolto dagli spari e salve dei 57 pezzi di artiglieria del castello, dalle campane suonate a festa e da scoppi di mortaretti. La mattina seguente la cerimonia di consegna si svolse a palazzo D'Avalos: il principe inginocchiato giurò fedeltà all'imperatore e ricevette dal marchese le insegne. La cerimonia fu seguita dal canto di un Te Deum e da spari a salve delle artiglierie del castello e dei fucili e dal festosi scampanii. Dalle finestre del palazzo vennero gettati al popolo vari generi commestibili e dalla fontana davanti alla chiesa di San Giuseppe, venne fatto uscire vino bianco e rosso. Seguirono giochi e fuochi d'artificio e musica, mentre alla finestre del palazzo ardevano torce". Sotto lo sguardo attento del maestro di cerimonia, il marchese Giovan Battista Castiglioni (nominato segretario regio), si svolse la solenne cerimonia del rito. La celebrazione si svolse il 24 ottobre 1723 e i festeggiamenti si protrassero fino al 2 novembre. Attualmente la rievocazione della cerimonia, si svolge ogni estate nel centro storico, durante la stagione turistica, con la partecipazione di circa 250 figuranti che indossano costumi appositamente confezionati che s'ispirano alla moda del XVIII secolo, interpretando principi, dame di corte, nobili e prelati, cavallerizzi e popolani, convenuti a piedi o su carrozze trainate da cavalli, in corteo, lungo le strade della città imbandierata con i simboli delle casate dei d'Avalos e dei Colonna. La Repubblica Vastese del 1799 e l'Unità d'Italia Proclamata la Repubblica Partenopea, la notizia fu accolta a Vasto da clamori e confusione generale, mentre i massimi esponenti politici: il barone Pasquale Genova, Levino Mayo, Antonio Tiberi, Arcangelo e Giuseppantonio De Pompeis, assoldarono in fretta e furia un'armata affidata al governatore Andrea Gaiulli per raggiungere Chieti, già presa dalle truppe francesi di Mounier, il quale prevenne l'azione vastese, ordinando di proclamare la repubblica giacobina. La notizia fu accolta dai vastesi con l'anarchia generale, i ceti più infimi della popolazione si abbandonarono alla rapina e al saccheggio della città, vennero assaltate le barche al porto provenienti da Pescara con i beni del re di Napoli: i capi rivoltosi erano Paolo Codagnone e Filippo Tambelli, reduci dal carcere di Napoli; i quali inviarono a Lanciano Francescantonio Ortensie, Floriano Pietrocola ed Epimenio Sacchetti quali deputati del popolo, con l'incarico di conferire col generale Mounier, costoro infatti vennero nominati municipalisti di Vasto, con l'eccezione di Epimenio Sacchetti, riconosciuto come ergastolano evaso da Napoli, e sostituito con Romualdo Celano. Il 5 gennaio a Vasto vennero dichiarati caduti tutti gli incarichi e i privilegi reali, sostituiti con altri e con l'obbligo di fregiarsi della coccarda tricolore, furono ammassati vettovagliamenti per le truppe francesi che dovevano transitare per Vasto, fissando il quartier generale a palazzo d'Avalos, il cui proprietario don Tommaso fu costretto, il 21 dicembre, a raggiungere Ferdinando IV a Palermo. Gli stemmi borbonici a palazzo vennero abbattuti, e in piazza Rossetti piantato l'albero della Libertà e della Repubblica. L'agente del marchese d'Avalos: Vincenzo Mayo, litigando con i municipalisti appena nominati: Codagnone e Tambelli, recatisi a Pescara per conferire col generale Mounier, furono costretti ad approdare all'improvviso al porto di Ortona, dove vennero trucidati dal popolo in fermento. Nel 1860 quando fu indetto il 14 settembre il plebiscito per volere di Silvio Ciccarone, era dodicesimo marchese del Vasto (solo nel titolo) Alfonso V d'Avalos, poiché Il marchesato era stato abolito nel 1806 con Tommaso I. La nobile famiglia continuò ad abitare il palazzo sino alla metà del Novecento, quando fu ceduto all'amministrazione comunale in parte, che lo ristrutturò, lo adibì ad ospitare una serie di "musei civici", per ospitare la collezione archeologico di Histonium e la galleria d'arte dei pittori Palizzi. Ancora oggi a Vasto avviene in estate la rievocazione storica della cerimonia del Toson d'Oro, voluta da don Cesare Michelangelo d'Avalos. Marchesi del Vasto dal 1444 al 1862
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https://it.wikipedia.org/wiki/Campionato%20italiano%20a%20squadre%20di%20calcio%20da%20tavolo%201986-1987
Campionato italiano a squadre di calcio da tavolo 1986-1987
Voce principale: Campionato italiano di calcio da tavolo. Al campionato italiano di calcio da tavolo a squadre 1986-1987 organizzata dall'AICIMS parteciparono 19 squadre . La fase finale fu’ organizzata a Genova. Risultati Girone A GIORNATA 1 Bossico Milano – La Mole Torino 3 – 2 Warriors Torino – Genova 0 - 5 GIORNATA 2 Warriors Torino – Bossico Milano 1 – 3 La Mole Torino – Bottini Genova 4 - 1 GIORNATA 3 Bossico Milano – Bottini Genova 3 – 0 Genova – La Mole Torino 4 - 1 GIORNATA 4 Genova – Bossico Milano 3 – 1 Bottini Genova – Warriors Torino 3 - 1 GIORNATA 5 La Mole Torino – Warriors Torino 3 – 1 Bottini Genova – Genova 1 - 3 Girone B GIORNATA 1 Alarm Trieste – Jaegermeister Mestre 2 – 3 Serenissima Mestre – F.lli Pesaro Bologna 3 - 1 GIORNATA 2 Alarm Trieste – Serenissima Mestre 4 – 1 F.lli Pesaro Bologna – Jaegermeister Mestre 2 - 1 GIORNATA 3 Jaegermeister Mestre – Serenissima Mestre 0 – 1 F.lli Pesaro Bologna – Alarm Trieste 4 - 1 Girone C GIORNATA 1 Alamas Roma – Latina 3 – 1 Mars Palermo - Sardinia Cagliari GIORNATA 2 Latina – Il Giocattolo Palermo 3 – 1 Mars Palermo – Almas Roma 4 - 1 GIORNATA 3 Almas Roma – Sardinia Cagliari 3 – 2 Il Giocattolo Palermo – Mars Palermo 1 - 4 GIORNATA 4 Il Giocattolo Palermo – Almas Roma 1 – 1 Sardinia Cagliari – Latina 4 - 0 GIORNATA 5 Latina-Palermo 2-2 Sardinia Cagliari-Giocattolo Palermo 2-2 Girone D GIORNATA 1 Reichelbrau Bari – Perugia 2 – 3 Adriatico Pescara – F.lli Laterza Bari 2 – 1 Ascoli – Chicolandia Chieti 3 - 2 GIORNATA 2 Perugia – Adriatico Pescara 3 – 2 F.lli Laterza Bari – Ascoli 3 – 1 Chicolandia Chieti – Reichelbrau Bari 2 - 3 GIORNATA 3 Reichelbrau Bari – Ascoli 5 – 0 Adriatico Pescara – Chicolandia Chieti 4 – 0 F.lli Laterza Bari – Perugia 1 – 3 GIORNATA 4 Adriatico Pescara – Reichelbrau Bari 1 – 2 Ascoli – Perugia 1 – 3 Chicolandia Chieti – F.lli Laterza Bari 2 – 2 GIORNATA 5 Reichelbrau Bari – F.lli La Terza Bari 4 – 1 Perugia – Chicolandia Chieti 4 – 0 Ascoli – Adriatico Pescara 1 – 3 Ottavi La Mole Torino - F.lli Pesaro Bologna 2 - 3; Bossico Milano - Serenissima Mestre 3 - 2; Almas Roma - Reichelbrau Bari 3 - 2; Adriatico Pescara - Cagliari 5 - 0 (forfait); Quarti S.C. Genova - F.lli Pesaro Bologna 3 - 2; Bossico Milano - Serenissima Mestre 3 - 1; Mars Palermo - Almas Roma 3-2; ACS Perugia - Adriatico Pescara 3-1 Semifinali Bossico Milano -ACS Perugia 1 -3 / 1 - 3 Genova - Mars Palermo 3 - 1 / 2 - 2 Finale S. C. Genova - A.C.S. Perugia 2 - 3 dopo spareggio Spareggio Massimo Davide-De Francesco Stefano 1 - 2 1986
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Campionato Primavera 1 2021-2022
Il Campionato Primavera 1 TIMVISION - Trofeo "Giacinto Facchetti" 2021-2022 è stata la 60ª edizione del torneo Primavera, la 5ª nella formula della massima divisione a girone unico. Il campionato è stato vinto dall', che si è laureata campione d'Italia per la decima volta nella sua storia, staccando il in testa all'albo d'oro della competizione. Per i nerazzurri si è trattato del ritorno al successo a quattro anni di distanza dalla volta precedente. Stagione Novità Nella stagione precedente sono retrocesse e . Dal Campionato Primavera 2 sono state promosse , , e . Regolamento Il campionato Primavera 1 si articola nelle seguenti fasi: Prima fase - Girone unico "all'italiana": le 18 società partecipanti sono inserite in un girone unico. Al termine di questa fase, le prime sei società classificate accedono alla fase finale. Le ultime due società classificate retrocedono direttamente al campionato Primavera 2. Play-out per la permanenza nel campionato Primavera 1: le due società classificatesi al 15º e al 16º posto disputano il play-out per la permanenza nel campionato Primavera 1, con gare di andata, in casa della 16ª, e ritorno, a campo invertito. Nel caso in cui dovessero esservi almeno 10 punti di differenza tra le squadre classificate al 15º e 16º posto, non è prevista la disputa del play-out, pertanto le tre squadre classificatesi al 16º , 17º e 18º posto retrocedono direttamente al Campionato Primavera 2 2022-2023. Fase finale: la fase finale ha luogo con il sistema dell'eliminazione diretta in gara unica ed è suddivisa in tre turni: 1º turno, semifinali e finale. Le sei società qualificate sono concentrate nella/e località ove si disputano tutte le gare della fase finale. Le due società classificatesi al 1º e 2º posto al termine del campionato sono considerate teste di serie e accedono direttamente alle semifinali. Le società classificatesi dal 3º al 6º posto accedono al primo turno. 1º turno: le quattro società ammesse sono accoppiate fra loro secondo il seguente schema: gara 1: 4ª classificata contro 5ª classificata; gara 2: 3ª classificata contro 6ª classificata. In caso di parità al termine di ogni gara del 1º turno, si qualifica alla semifinale la squadra meglio classificata al termine della prima fase (non è previsto lo svolgimento dei tempi supplementari né l'esecuzione dei calci di rigore). Semifinali: le due società teste di serie e le due società vincenti le gare del 1º turno sono accoppiate fra loro secondo il seguente schema: 1ª classificata contro vincente gara 1; 2ª classificata contro vincente gara 2. In caso di parità, al termine di ogni gara di semifinale, le squadre disputano due tempi supplementari della durata di 15' ciascuno. Qualora, al termine del secondo tempo supplementare, il punteggio dell'incontro dovesse rimanere ancora in parità, si qualifica alla finale la squadra meglio classificata al termine della prima fase (non è prevista l'esecuzione dei calci di rigore). Finale: le società vincitrici delle semifinali si affronteranno in finale. In caso di parità, al termine dei 90 minuti regolamentari, le squadre disputano due tempi supplementari della durata di 15' ciascuno. Qualora, al termine del secondo tempo supplementare, il punteggio dell'incontro dovesse rimanere ancora in parità, si procederà all'esecuzione dei calci di rigore per determinare la società Campione d'Italia 2021-2022. Squadre partecipanti Allenatori e primatisti Classifica Legenda: Campione d’Italia Ammesse ai play-off       Ammesse direttamente in semifinale.       Ammesse al 1º turno della fase finale. Ammesse ai play-out. Retrocesse in Campionato Primavera 2 2022-2023. Note: Tre punti per la vittoria, uno per il pareggio, zero per la sconfitta. Risultati Calendario Il calendario è stato reso noto dalla Lega Serie A il 4 agosto 2021. Statistiche Primati stagionali Squadre Maggior numero di vittorie: Roma (21) Minor numero di vittorie: Pescara (5) Maggior numero di pareggi: Genoa (11) Minor numero di pareggi: Bologna, Milan e Pescara (4) Maggior numero di sconfitte: Pescara (25) Minor numero di sconfitte: Roma (5) Miglior attacco: Juventus (68 gol fatti) Peggior attacco: Pescara (35 gol fatti) Miglior difesa: Inter e Roma (33 gol subiti) Peggior difesa: SPAL (80 gol subiti) Miglior differenza reti: Roma (+31) Peggior differenza reti: Pescara (-44) Miglior serie positiva: Roma (15, 1ª-16ª giornata, esclusa la 14ª) Peggior serie negativa: SPAL (16, 10ª-25ª giornata) Maggior numero di vittorie consecutive: Atalanta (6, 25ª-30ª giornata) Maggior numero di pareggi consecutivi: Napoli (4: 24ª, 21ª, 25ª e 26ª giornata) Maggior numero di sconfitte consecutive: Pescara (7, 12ª-18ª giornata) Partite Partita con più gol: Sampdoria-Cagliari 5-3 (8, 6ª giornata) e Verona-Sampdoria 4-4 (8, 31ª giornata) Pareggio con più gol: Verona-Sampdoria 4-4 (8, 31ª giornata) Maggior scarto di gol: Genoa-Pescara 6-0 (6, 1ª giornata), Empoli-SPAL 6-0 (6, 3ª giornata) e Verona-Bologna 6-0 (6, 33ª giornata) Maggior numero di reti in una giornata: 40 (33ª giornata) Minor numero di reti in una giornata: 17 (23ª giornata) Maggior numero di espulsioni in una giornata: 7 (6ª giornata) Maggior numero di pareggi in una giornata: 4 (2ª e 11ª giornata) Individuali Classifica marcatori Play-out Fase finale Squadre ammesse (semifinali) (semifinali) (1º turno) (1º turno) (1º turno) (1º turno) Tabellone Incontri 1º turno Semifinali Finale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Polisportiva%20Ogan%20Pescara
Polisportiva Ogan Pescara
La Polisportiva Ogan Pescara è una società polisportiva con sede a Pescara, conosciuta principalmente per la sezione pallamanistica, nominata Prestiter Pescara per motivi di sponsorizzazione. Milita nel girone B di Serie A2, il secondo livello del campionato italiano di pallamano maschile. Storia Fondata nel 2008 da Tatiana Borisova, distaccatasi dall’altra società di pallamano cittadina, l’AS Pescara Handball, il sodalizio della Ogan Pescara si affaccia sul panorama dell’handball italiana partecipando sin da subito a ben cinque campionati federali: Serie B Femminile, Under 18 Femminile, Under 16 Femminile ed Under 14 Maschile e Femminile. Nel 2020 post pandemia, si iscrive alla Serie B per la prima volta una formazione senior maschile; la stagione è trionfale e si conclude con la promozione in Serie A2. Cronistoria Rosa Pescara Pallamano a Pescara
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https://it.wikipedia.org/wiki/Sulmona
Sulmona
Sulmona (Sulmóne in abruzzese, Solmona fino al 1902) è un comune italiano di abitanti della provincia dell'Aquila in Abruzzo. Situata nel cuore dell'Abruzzo, a ridosso del parco nazionale della Maiella, Sulmona è nota nel mondo per la secolare tradizione nella produzione dei confetti. Inoltre è sede vescovile dell'omonima diocesi di Sulmona-Valva. Già oppidum dei Peligni, successivamente municipio romano, nel 43 a.C. Sulmo diede i natali al poeta latino Publio Ovidio Nasone. Nel Medioevo, per volontà di Federico II, fu dal 1233 al 1273 sede del giustizierato d'Abruzzo. È tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita della medaglia d'Argento per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale. Geografia fisica Territorio Sulmona sorge al centro della Valle Peligna, tra il torrente Vella ed il fiume Gizio, ad ovest delle montagne della Maiella e del Morrone, che sovrastano la città. Il territorio della Valle Peligna, il cui nome deriva dal greco peline = "fangoso, limaccioso", in età preistorica era occupato da un vastissimo lago. In seguito a disastrosi terremoti la barriera di roccia che ostruiva il passaggio verso il mare dell'acqua crollò; in compenso il terreno rimase fertile. Sismicità Situata nel distretto sismico della Maiella, Sulmona fu duramente colpita dal terremoto del 3 novembre 1706 (detto anche terremoto di Sulmona) che provocò immani distruzioni, la perdita di gran parte dell'antico patrimonio artistico nonché la morte di un migliaio di cittadini. Classificazione sismica: zona 1 (alta sismicità) Clima La città è distante dal mare (circa ) da far sì che le estati siano calde e spesso torride, in quanto priva del benefico influsso della brezza marina. L'isoterma di luglio, , nasconde valori massimi talvolta pari anche a (30 luglio 2005) e ripetuti (2003-2006-2007-2011). I temporali primaverili ed estivi, anche se non frequenti data la conformazione della Valle Peligna, possono essere di moderata intensità, e raramente sono accompagnati da grandine. Gli inverni sono ben più rigidi di quanto i valori altimetrici potrebbero far pensare: infatti nel mese più freddo, gennaio, il termometro raggiunge valori medi pari a circa . I venti predominanti provengono dai quadranti occidentali: durante il periodo caldo prevalentemente da SW al mattino, N-NW alla sera; nel periodo freddo da S al mattino, da W-NW alla sera; ovviamente con variazioni in seguito alle condizioni atmosferiche del Centro-Italia. Il clima è in sintesi di tipo continentale, con una possibile escursione termica fra il dì e la notte molto elevata (anche ). Le perturbazioni, provenienti sia da Ovest che da Est, spesso vengono fermate dai rilievi portando così quantitativi scarsi di piogge. Le precipitazioni sono pertanto molto più ridotte di quanto l'altitudine farebbe supporre: basti pensare che la città, pur trovandosi a circa , presenta valori pluviometrici (scarsi ) pari a poco più della metà di quelli che si registrano a Chieti, che beneficiando dei venti umidi di origine marina, fa registrare valori di circa , pur essendo situata a , un'altitudine dunque più bassa di quella del capoluogo peligno. È da rilevare che la valle, per un verso è protetta da tutti i suoi monti, ma per lo stesso motivo può essere molto afosa nei periodi più caldi e molto umida nei periodi piovosi. In inverno gli episodi di gelate e neve sono frequenti, come avvenuto nel gennaio 2002-2005, e nel dicembre 2007. Dal punto di vista legislativo il comune di Sulmona ricade nella Fascia Climatica D in quanto i Gradi giorno della città sono 2038, dunque limite massimo consentito per l'accensione dei riscaldamenti è di 12 ore giornaliere dal 1º novembre al 15 aprile. Qui di seguito è illustrata una tabella riassuntiva dei fenomeni, riferita alla stazione meteorologica di Sulmona: Storia Le origini Gli antichi scrittori, tra i quali Ovidio e Silio Italico, concordano sulla remota origine di Sulmona, ricollegabile alla distruzione di Troia. Il nome della città deriverebbe infatti da Solimo (), uno dei compagni di Enea. Le prime notizie storiche, però, ci giungono da Tito Livio che cita l'oppidum italico e narra come la città, nonostante le battaglie perse del Trasimeno e di Canne, rimase fedele a Roma chiudendo le proprie porte ad Annibale. Sulle alture del monte Mitra si hanno testimonianze archeologiche dell'oppidum; si tratta di una zona posta più in alto della sede attuale della città, che assunse tale posizione solo nel periodo romano. L'età Romana Durante l'epoca romana, Sulmona (allora nota come Sulmo) fu sede di uno dei tre municipi peligni assieme a Corfinium e Superaequum. Nell'81 a.C. si ha il secondo avvenimento narrato dagli storici, ossia la distruzione della città da parte di Silla, a seguito della ribellione per ottenere l'integrale applicazione della Lex Cornelia de Suffragiis. Dopo trentadue anni però si ebbe la rinascita, con la costituzione di una guarnigione pompeiana, che dovette arrendersi, per l'ennesima rivolta dei sulmonesi, a Marco Antonio, inviato da Cesare. La data storica più importante per Sulmona è il 43 a.C., anno di nascita dell'illustre poeta latino Publio Ovidio Nasone, il cantore dell'amore e delle Metamorfosi, poi relegato a Tomi, in Romania, dall'imperatore Augusto (la relegatio a differenza dellexilium non comportava la perdita della cittadinanza romana e dei diritti conseguenti né comportava la confisca dei beni). Dalle iniziali del celebre emistichio ovidiano Sulmo Mihi Patria Est, la città ha preso le lettere contenute nel suo stemma, 'SMPE'. Scrive Ovidio: "Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus undis, milia qui novies distat ab Vrbe decem" (Ovidius, Tristia IV, 10 - versi 3-4), "Sulmona è la mia patria, ricchissima di gelide acque, che dista nove volte dieci miglia da Roma". E ancora: "Pars me Sulmo tenet Paeligni tertia ruris parva, sed inriguis ora salubris aquis. ... arva pererrantur Paeligna liquentibus undis ... terra ferax Cereris multoque feracior uvis" "Sono a Sulmona, terzo dipartimento della campagna Peligna, piccola terra ma salubre per le acque che la irrigano... nei campi peligni scorrono limpide acque... Terra fertile di grano e molto più fertile di uve" (Amores II, 16). Si trattava delle acque sorgive del fiume Gizio. Le tracce della Sulmona romana sono riemerse dagli scavi nel tempio di Ercole Curino, posto ai piedi del monte Morrone in cui, secondo un'antica leggenda, vi sarebbero i resti della villa di Ovidio. Le ricerche hanno portato alla luce una copia in bronzo rappresentante l'Ercole in riposo, oggi custodito nel Museo archeologico nazionale d'Abruzzo, a Chieti. Si tratta di un bronzetto, dono di un mercante, databile intorno al III secolo a.C., rappresentante l'eroe appoggiato col braccio sinistro sulla clava da cui pende una pelle di leone: viene considerato uno dei capolavori della piccola plastica antica. Oltre all'Ercole, sono stati ritrovati materiali architettonici e immagini votive. Medioevo La tradizione fissa nel III secolo l'avvento del Cristianesimo: inizialmente il territorio peligno era costituito da un'unica grande diocesi, quella di Valva, a cui si aggiunse quella di Sulmona, dopo controversie nate con il capitolo di Corfinio. Tuttavia la prima notizia di un vescovo sulmonese risale al V secolo. La dinastia degli Svevi agì a sostegno di Sulmona costringendo il vescovo a porre la sua sede entro le mura della città. Durante il regno di Federico II si ebbe la costruzione di eccezionali opere civili, come l'acquedotto medioevale, uno dei monumenti dell'epoca più importanti dell'Abruzzo. Dal punto di vista politico, Sulmona divenne comune sotto i Normanni e, unita alla Marsica, costituì un'unica grande provincia. Federico II, grazie agli statuti di Melfi, promosse la città a capitale e sede della curia di una delle grandi province in cui divise la parte continentale del regno. Infine Sulmona fu sede del giustizierato e di uno studio di diritto canonico equivalente a quello di Napoli. Importantissima, inoltre, la disposizione per cui delle sette fiere annuali che si tenevano in sette città del regno, la prima si svolgesse a Sulmona ("primae nundinae erunt apud Sulmonam") dal 23 aprile all'8 maggio. Alla fine del XIII secolo, Sulmona seguì da vicino la vicenda del papa dimissionario fra' Pietro da Morrone, meglio conosciuto come papa Celestino V. Oltre alla vicenda più nota bisogna ricordare l'istituzione a Sulmona della congregazione monastica degli eremiti di San Damiano, poi detti Celestini. La cella di Celestino V è ancora visitabile nel vicino Eremo di Sant'Onofrio al Morrone, a ridosso del quale sorgeva il paese scomparso di Sagizzano. Nel XIV secolo Sulmona ebbe una propria Zecca e batté monete che recavano sul dritto le iniziali del motto ovidiano S M P E (Sulmo mihi patria est), inserite ciascuna all'interno di un quarto del campo scompartito da una croce, mentre sul rovescio portavano l'immagine di Pietro da Morrone in abiti papali. Rinascimento La caduta degli Svevi portò all'avvento degli Angioini, che osteggiarono fieramente la città, non perdonandole la fedeltà a Federico II e il successivo appoggio al giovane Corradino di Svevia. Così Sulmona venne privata del giustizierato e poi della facoltà di diritto canonico. Nonostante tutto nel XIV secolo la città triplicò la sua superficie e si cinse di una seconda cerchia di mura e di ben sei porte. Sempre in questo secolo si costruì il palazzo dell'Annunziata, dapprima asilo per orfani, poi ospedale e oggi uno dei simboli della città. Nel corso del XVI secolo nacque la Scuola Orafa Sulmonese, i cui manufatti esponevano il marchio SUL. Si ebbe la nascita dell'industria della carta e furono impiantati vari opifici lungo il fiume Gizio. Anche il commercio ebbe una notevole crescita, grazie al mercato di stoffe preziose (la seta sermontina). Venne innalzato, inoltre, il campanile dell'Annunziata che è ancora oggi la costruzione più alta della città, con i suoi 65,5 metri. Alla fine del secolo, infine, fu introdotta l'arte della stampa, grazie al letterato e studioso ovidiano Ercole Ciofano. Vennero edite le opere di Ovidio e pubblicati i capitoli della giostra cavalleresca. Storia moderna e contemporanea Nel 1610, dopo che per tutto il secolo XVI era stata tenuta (1526-1600) dalla famiglia De Lannoy, venuta al seguito di Carlo V che la diede loro col titolo di principato, la Città fu nuovamente infeudata con titolo principesco a Marcantonio II Borghese nipote del Papa Paolo V dal re di Spagna Filippo III. Nel 1656 fu dismessa la giostra cavalleresca che si teneva due volte l'anno, per mancanza e disapplicazione dei cavalieri, oltre che per la terribile peste: la manifestazione è rinata nel 1995. Ma il Seicento fu anche il secolo in cui le chiese sulmonesi vennero dotate degli organi di tipo italiano opera di organari locali, tra i quali Marino e Vincenzo da Sulmona, che realizzarono in San Pietro a Roma l'organo della cappella gregoriana. Il 3 novembre 1706, tre anni dopo quello dell'Aquila si verificò un disastroso terremoto che distrusse l'intera città e che risvegliò la cittadinanza. Erano le 13:00 circa. I morti furono oltre mille (oltre 1/4 della popolazione). Molti i danni: fu semidiroccata la cattedrale (con rovina degli affreschi, crollo delle volte e della copertura, danneggiamento della facciata e dell'abside); rimasero rovinate tutte le chiese antiche, alcune delle quali non più ricostruite, rovinate le porte urbiche, caduti a terra tratti di mura, crollate alcune arcate dell'acquedotto medioevale. Poco rimase dei palazzi e chiese che Sulmona vantava. XIX secolo L'Ottocento segnò un nuovo periodo di rinascita, in cui il nodo ferroviario sulmonese, grazie alla sua strategica posizione, ebbe notevole sviluppo e con esso si ebbe una eguale crescita economica e demografica. Nel 1889 nacque un'altra grande personalità della città, Giuseppe Capograssi, insigne studioso di filosofia del diritto. XX secolo Il Novecento è stato caratterizzato da periodi di alterna fortuna, tra i quali vale la pena ricordare la costruzione nel 1933 del teatro comunale, la ricostruzione dello storico cinema Pacifico e i vari passaggi del giro d'Italia. Durante la seconda guerra mondiale Sulmona subì gravissimi danni e, vista la sua posizione a ridosso della Linea Gustav, vide lo spopolamento di tutta la zona sud (dalla Maiella occidentale alla zona dell'alto Sangro). La città venne bombardata il 27 agosto 1943 in quanto nodo viario e ferroviario strategico. La stazione ferroviaria fu colpita poco prima di mezzogiorno dagli angloamericani con 69 aerei B17, le famose "fortezze volanti", e da altrettanti Liberator. Si conteranno un centinaio di morti (uomini, donne, bambini) e un migliaio di feriti. L'altro obiettivo era lo stabilimento industriale "Dinamitificio Nobel" che produceva materiali esplodenti e impiegava tremila lavoratori. Nonostante tutte le avversità si colgono i primi segni di rinascita a partire dalla visita del primo presidente della Repubblica Enrico De Nicola nel novembre del 1946. Inoltre venne ricostituito l'Archivio di Stato, sottratto dal regime fascista per vendicarsi di una rivolta popolare del 1929. Il comune di Sulmona è tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione in quanto insignito della Medaglia d'Argento al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale. Nel corso della seconda metà del Novecento è stata avanzata la proposta di fare di Sulmona il capoluogo di una nuova provincia, ma il progetto non arrivò a buon fine. La città, inoltre, venne spogliata di istituzioni che contribuivano alla propria ricchezza, come il distretto Militare. Ne nacquero dei moti di protesta, ricordati come i moti di Jamm' mò, culminati con le giornate del 2 e 3 febbraio 1957. Simboli La città ha come segno distintivo lo stemma concesso nel 1410 da re Ladislao I di Napoli. La descrizione araldica è la seguente: Onorificenze Sulmona è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita della medaglia d'argento al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale: Monumenti e luoghi d'interesse Il centro storico ha un aspetto ellittico, con gli estremi dell'ovali posti a nord e sud della valle Peligna. Il cardo massimo è il corso Ovidio, che lambisce nella zona baricentrica piazza Garibaldi, mentre le vie principali dei decumani sono viale Antonio De Nino, via San Cosimo, via Corfinio, via Mazara, via del Vecchio. I principali slarghi, oltre alla piazza maggiore, sono piazzale Carlo Tresca, largo Mazara, piazza XX Settembre, piazza del Popolo. Il centro storico è inoltre lambito da una circonvallazione continua che cinge tutto il perimetro delle mura fino al piazzale della villa comunale, a nord mediante viale Roosevelt e poi via Pescara si collega con la città nuova, mentre a est mediante il ponte Capograssi alla Cittadella della Giustizia, ed a sud verso Pacentro, il centro si collega al quartiere dell'ospedale mediante viale Mazzini. Il centro storico è ricco di monumenti, suddiviso in sette quartieri, o "sestieri": borgo Pacentrano, borgo Santa Maria della Tomba, borgo San Panfilo, Sestiere porta Manaresca, Sestiere porta Japasseri, Sestiere porta Bonomini e Sestiere porta Filiamabili (o Filiorum Amabilis). Ognuno di questi sestieri ha uno stemma e una storia, e ha dei rappresentanti che gareggiano in estate nella manifestazione medievale della "Giostra cavalleresca". Mura Mura fortificate di Sulmona: è probabile che la cinta muraria originaria sia del III secolo a.C., quando Sulmona era la capitale dei Peligni italici, successivamente conquistata da Roma. Giulio Cesare nel 49 a.C. parla di Sulmona come una città fortificata, e il poeta Ovidio negli Amores ricorda "le mura dell'umida Sulmona". La città antica si strutturò più o meno come un castrum, con forma quadrangolare, composto da cardo e decumano. La cinta muraria altomedievale ricalcò l'area romana, e ne mantenne le dimensioni sino al XIII secolo. La parte romana abbracciava la zona di Campo San Panfilo e la parte del Corso Ovidio sino allo sbocco in Piazza Maggiore, le porte medievali erano 6, due alle estremità del cardo e quattro agli angoli del quadrato, e un ingresso secondario a occidente. Alle porte corrispondevano altrettanti distretti amministrativi, ossia i sestieri, i cui abitanti erano tenuti anche alla custodia, al mantenimento e al consolidamento dell'apparto difensivo. Durante l'età sveva, Sulmona assunse il ruolo di capitale del Giustizierato d'Abruzzo (1233) fondato da Federico II, le prospere condizioni socio-economiche e la centralità geografica della città nel nuovo territorio abruzzese, favorirono l'ampio popolamento dell'antica città romana. Ben presto gli spazi urbani divennero saturi, e si iniziarono a occupare zone campestri fuori dalle mura sia a nord sia a sud, dato che l'espansione trasversale era impedita dai fiumi Vella e Gizio. Sorsero i borghi extraurbani di Porta Pacentrana, Borgo San Panfilo, Porta Filiamabili e Porta Sant'Antonio, che furono cinti di un nuovo perimetro murario, completato nel 1302 nella parte settentrionale. La città di Sulmona assunse un aspetto fusiforme che ancora oggi si conserva abbastanza bene, con nuove 7 porte aggiunte a quelle storiche, con l'aggiunta più avanti di Porta Saccoccia, presso Porta Orientale (o Pacentrana). Durante il regno di Alfonso I d'Aragona nel 1443 furono edificati dei torrioni angolari con muratura a scarpa, di cui rimane solo la torre presso Porta Iapasseri. Nel XVI secolo la cinta muraria iniziò a perdere importanza, anche se era ancora ben consolidata, come dimostra la carta geografica del Pacichelli. Il terremoto disastroso del 1706 e le successive ricostruzioni fecero cadere alcune porte, mentre più tratti di mura venivano inglobati nelle case civili. Benché sia ancora ben leggibile l'impianto murario, le mura vere e proprie dell'epoca aragonese sono visibili solo in alcuni tratti, come a Porta Romana, presso la torre di Porta Iapasseri in via Circonvallazione Orientale, a Porta Pacentrana e dietro il convento di Santa Chiara, dove si trova il parcheggio multipiano. Delle sette porte che si aprivano nella prima cinta, rimangono solo 4, di cui la meglio conservata è Porta Filiamabili (o Filiorum Amabilis), risalente al Trecento nell'attuale conformazione, mentre gli altri accessi di Porta Bonomini e Porta Iapasseri sono scomparsi, e ne rimangono solo tracce degli stipiti. Delle 8 porte successive della seconda cinta, rimangono 6, tutte in buono stati di conservazione, e in uso, con l'eccezione di Porta Napoli, nel cui arco è stato posto un grande vaso per impedire l'accesso alle automobili. La torre a nord-est, presso Porta Iapasseri, è dell'epoca aragonese, composta da un bastione a scarpata, e di muratura in conci squadrati. Un'altra torre-bastione si trova a ovest, presso Porta Bonomini, edificata dal Duca di Calabria nel corso del sopralluogo alle fortificazioni del 1485. Le porte ancora in piedi sono: Porta Pacentrana - Porta Napoli - Porta Bonomini - Porta Filiorum Amabilis - Porta Sant'Antonio Abate - Porta Molina - Porta Romana - Porta Santa Maria della Tomba - Porta Saccoccia. Architetture religiose Cattedrale di San Panfilo: Chiesa cattedrale della città di Sulmona e della Diocesi di Sulmona-Valva, la cui costruzione risale all'anno 1075. Si presenta oggi come il risultato di una serie di stratificazioni architettoniche sovrappostesi nei secoli a partire dall'originaria edificazione (secondo la tradizione) su un tempio di età romana. In origine dedicata a Santa Maria, subì una serie di trasformazioni già nel XII secolo e in tale epoca fu dedicata al santo patrono di Sulmona, San Panfilo appunto. Colpita e gravemente danneggiata in seguito al terremoto del 1706, fu ricostruita con forme barocche, in parte ancor oggi visibili, nonostante i recenti restauri. Ha il rango di basilica minore. Di originale resta la facciata dal punto di vista esterno, in stile gotico, incentrata sul portale di Nicola Salvitti, con lunetta affrescata trecentesca, incorniciato in un arco a tutto sesto, affiancato da colonne con guglie che contengono le statue di San Panfilo e San Pelino. L'interno barocco a tre navate possiede all'ingresso due sarcofagi, uno dei quali del vescovo Bartolomeo de Petrinis. L'altare è rialzato con una rampa di scale, che portano da un lato verso la sacrestia, dall'altro conducono alla cripta gotica con il sarcofago del vescovo. Complesso della Santissima Annunziata: si tratta di un complesso edilizio religioso fondato nel 1320 come ospedale per i pellegrini, ospitato nel Palazzo Annunziata, con una chiesa. La chiesa fu ricostruita nel XV secolo, con il portale rinascimentale del 1415, anche se dell'edificio medievale oggi non resta quasi nulla se non il campanile tardo gotico. La chiesa e gran parte del palazzo vennero riedificati quasi daccapo dopo il forte terremoto del 1706. Anche sul fronte monumentale del palazzo vi sono elementi quattrocenteschi legati all'arte tardo gotica. Sulla parte retrostante della chiesa sorge il poderoso campanile a torre con arcate a bifore. L'interno della chiesa è barocco a tre navate, quattro campate con cupole. Vi sono conservate tele di Alessandro Salini. Il palazzo ospita il Museo Civico. La facciata del post terremoto 1706 risale al maestro Norberto Cicco da Pescocostanzo. L'interno è stuccato con affreschi barocchi di Giambattista Gamba e Alessandro Salini. L'abside ha opere di Giuseppe Simonelli. L'altare policromo della Santissima Annunziata è di Giacomo Spagna (1620). Ciò che colpisce della chiesa è l'adiacente Palazzo Annunziata, con monumentale facciata gotica, e portale ogivale del 1415, con la statua di San Michele Arcangelo. Lo stemma cittadino sulla finestra è di Antonuccio di Rainaldo. Altro elemento importante è la finestra trifora gotica, tempestata di figure clericali in rilievo e appunto due figure angeliche che reggono lo stemma cittadino. Chiesa di San Francesco della Scarpa: si tratta di un complesso monastico costruito nel 1290 per volere di Carlo II di Napoli, destinato a essere fino al 1706 uno dei complessi francescani più importanti d'Abruzzo. L'edificio anche dopo il sisma del 1456 presentava una struttura originale e articolata, come dimostrano anche le tracce della cosiddetta "Rotonda" presso l'ingresso laterale dal corso, ma dopo il terremoto del 1706 la chiesa è stata completamente riedificata in forme barocche, con un impianto planimetrico molto più semplificato. L'impianto longitudinale attuale è rettangolare con navata unica, conservando sul lato del corso il relitto di un secondo ingresso tardo-gotico, forse la parte più interessante della zona esterna. La facciata un tempo era a coronamento orizzontale e oggi è a salienti, con due ali curvilinee, frutto del ridimensionamento delle strutture interne, con la parte gotica soltanto nel settore di base, che conserva il portale ogivale strombato, opera del Salvitti. L'interno è a croce greca allungata, le cui cappelle si alternano presso le pareti, dando vita a un gioco di forme. Presso il transetto ci sono due altari laterali, il presbiterio è quadrangolare, nella controfacciata è situato l'rogano ligneo del 1754, opera di Domenico Antonio Fedeli di Camerino, incorniciato da una monumentale mostra in legno intagliato dai maestri pescolani. Gli arredi lignei sono di Ferdinando Mosca, che lavorò anche alla Cappella dei Lombardi. Al centro della navata campeggia un Crocifisso ligneo rinascimentale, sulla destra presso la cappella dei Lombardi si trovano le raffigurazioni di sant'Ambrogio, san Carlo Borromeo e la "Pala della Visitazione" di Giovanni Paolo Olmo. Presso il presbiterio si innalza anche la grande cupola ottagonale. Lungo il corso si staglia il portale gotico strombato, di dimensioni sproporzionate rispetto al principale portale di ingresso, a dimostrazione della maestosità originaria del complesso. Accanto alla chiesa si trova il settecentesco Palazzo San Francesco, fino al 1867 sede del convento dei Francescani, e poi requisito per diventare l'attuale sede municipale del comune di Sulmona. L'interno è preceduto da un ampio chiostro centrale con arcate. Chiesa di Santa Maria della Tomba: secondo la tradizione, la chiesa fu eretta sopra la casa del poeta Ovidio, o forse sopra un sepolcro pagano, da cui il nome "della Tomba". La costruzione attuale risale al XIII secolo, restaurata nel 1619, e ricostruita dopo il 1706 in forme barocche, completamente smantellate nei restauri interni degli anni '60, che riportarono la sobrietà gotico-medievale. La facciata è tardo romanica a coronamento orizzontale, suddivisa in due ordini da cornice. Il portale ogivale è gotico, simile per forma ad altri delle chiese cittadine, come quelli di San Francesco d'Assisi (di un certo Jacopo del 1441) e di San Panfilo. Il suo profilo è definito da una coppia di colonne ottagonali, e dall'alternanza di pilastrini e colonnine lisce poggianti su un basamento in pietra, culminanti in delicati capitelli in foglie d'acanto. La lunetta mostra tracce di un affresco dell'Incoronazione di Maria. Il rosone centrale è del XV secolo, composto da raggiera. L'interno è a tre navate con arcate ogivali e presbiterio con abside semicircolare, e soffitto a capriate lignee. Chiesa della Congrega della Santissima Trinità: si affaccia sul corso Ovidio. Benché abbia origini antiche, è stata riedificata completamente dopo il 1706. Sul portale venne inserito il busto del Padreterno, l'impianto planimetrico fu ridotto a una navata, il piccolo campanile fu ricostruito nel 1744 in forme ridotte rispetto all'originale edificato da Cesare Lombardo. Nel 1954 la chiesa fu anche "tagliata", ossia fatta arretrare per permettere maggiore accessibilità al corso, con lo smontamento e rimonto della facciata. Essa è realizzata in conci di pietra a terminazione orizzontale, determinata lateralmente da paraste e suddivisa in due ordini, da una cornice marcapiano modanata simile a quello del coronamento. Nella campata inferiore si apre il portale architravato, affiancato da due colonne classiche poggianti su piedistalli, che sostengono la trabeazione modanata, sormontata da timpano triangolare, dentro cui si trova il busto di Dio. L'interno è a navata unica, e lascia intendere tuttavia l'originario impianto a croce latina, poiché sul presbiterio si aprono due brevi bracci laterali con cappelle. Le pareti sono scandite da lesene scanalate da capitelli impreziositi da dorature, la copertura è a cassettoni in gesso decorato a stelle e rosoni, che obliterano la volta dipinta del 1915, in sostituzione di altre pitture deteriorate, opera di Carlo Patrignani. Presso la controfacciata si trova il prezioso organo con cantoria del 1761 lavorata da Ferdinando Mosca. La balaustra del palco mostra scene dell'Antico e Nuovo Testamento, realizzate da Crescenzo Pizzala (1777). Chiesa del Carmine: fu eretta nel 1225, usata come sede ospedale per gli ammalati. Nel 1634 divenne proprietà dei Carmelitani, dapprima situati nella chiesetta fuori le mura di Santa Maria d'Arabona, i quali misero in cantiere una serie di lavori di ricostruzione che fecero perdere l'antico aspetto medioevale alla chiesa. La facciata è stata realizzata in barocco napoletano da Carlo Faggi, tripartita verticalmente da doppie paraste, divisa orizzontalmente da trabeazione con iscrizione riguardante la presa di possesso dei Carmelitani. Alla base di erge il portale centrale architravato, con il timpano semicircolare spezzato, che accoglie al centro un medaglione in rilievo che raffigura la Madonna col Bambino. Nella trabeazione e nel sottostante architrave c'è la scritta: "Novo Inalbatum Decore 1822", in riferimento a un restauro. L'interno della chiesa è a pianta rettangolare a navata unica, coperta da volta a botte lunettata, con cappelle laterali presso le pareti, impreziosite da partiti decorativi a stucco e dipinti settecenteschi. Presso l'abside si trova un'iconostasi con due aperture laterali, sormontata da pala d'altare con immagini della Madonna del Carmine, affiancata dalle statue di Elia profeta e il discepolo Eliseo. Badia Morronese - Abbazia di Santo Spirito al Morrone: fu fondata fuori le mura del monaco Pietro da Morrone nel XIII secolo per ospitare l'Ordine dei Celestini. Nel XVI secolo l'abbazia venne ampliata nel 1596 sotto l'abate Donato da Taranto, dotata di un campanile a torre in stile tardo gotico, e ricostruita dopo il 1706. Nel 1730 fu riconsacrata, come attesta la data sotto l'orologio civico di Giovanni De Sanctis. Successivamente nel 1867 con la soppressione dell'ordine il monastero divenne scuola e carcere, fino all'abbandono e al successivo recupero nel Novecento, come sede di Sulmona dell'ente Parco nazionale della Maiella. La corte centrale del complesso, detta dei "platani", costituisce il sagrato della chiesa. Il fronte di Donato di Rocco da Pescocostanzo è della prima metà del XVIII secolo, di impronta borrominiana, con l'alternanza di linee concave e convesse e l'impiego dell'ordine gigante nelle colonne, che richiamano il modello della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane. Il portale affiancato da colonne ioniche su basamento, è sormontato da un riquadro che incornicia una nicchia. Un'alta trabeazione ondulata divide la facciata, che ripropone anche nell'ordine superiore la sovrapposizione di aperture rettangolari nelle sezioni laterali, e la presenza di una finestra centrale. Una balaustra di coronamento intervallata da pilastrini media il passaggio tra la facciata e il cielo retrostante, con al centro un grande orologio. Nella ricostruzione post terremoto 1706, la pianta della chiesa longitudinale venne trasformata a croce greca, con cupola centrale su colonne corinzie, e prolungamento dell'asse della profonda abside. L'interno conserva gli altari marmorei policromi, decorazioni in stucco e arredi lignei, tra cui la cantoria del 1681 della controfacciata, opera di Giovan Battista del Frate, dorata da Francesco Caldarella di Santo Stefano. La decorazione pittorica comprende i "Ritratti degli abati" nella cupola, di Joseph Martinez (metà del XVIII sec), una grande tela di scuola napoletana del XVI secolo con la "Discesa dello Spirito Santo", e altre due tele ritraenti San Benedetto di Norcia (1758) e "Apoteosi di San Pietro Celestino" (1750), realizzate da Antonio Raffaello Mengs. Eremo di Sant'Onofrio al Morrone: fu fondato nel 1293 da Pietro da Morrone, che lo dedicò all'eremita Sant'Onofrio. Si trova a 600 metri di altezza, conficcato sulla parete rocciosa del Monte Morrone, e si affaccia sulla valle Peligna. Nell'agosto 1294 Pietro fu raggiunto presso l'eremo dai legati del conclave, insieme al sovrano Carlo II di Napoli per annunciargli l'elezione a pontefice. Dopo la rinuncia al papato, Celestino V tornò presso l'eremo, abbandonato nella sua fuga nel 1295 per scampare all'ira di papa Bonifacio VIII. L'eremo successivamente fu frequentato da vari pellegrini e asceti, fino alla soppressione dell'ordine dei Celestini, la cui sede era la Badia Morronese. Nonostante le ristrutturazioni, l'eremo mantiene le caratteristiche originarie: un breve passaggio immette in un piazzale dal quale si accede alla chiesa principale, costruita sopra la cappella e la grotta di Pietro Angelerio. La chiesa è molto semplice, in stile barocco, con affreschi quattrocenteschi ritraenti Cristo Re e San Giovanni Battista. In corrispondenza della parete di fondo si trova l'oratorio originale di Celestino V, insieme alle celle degli eremiti e alla grotta naturale. La piccola cappella è rivestita da affreschi di un certo "Magister Gentilis", che rappresentano la Crocifissione, la Madonna e San Giovanni Minore; nella lunetta sovrastante è dipinta la Madonna col Bambino su un fondo azzurro decorato da stelle. Chiesa di San Filippo Neri: si affaccia su piazza Garibaldi, nel lato est. La chiesa fu costruita nel 1677 e aveva dimensioni minori rispetto alla conformazione attuale; la sede principale dei Gesuiti era nella chiesa di Sant'Ignazio che si trovava in piazza XX Settembre (oggi scomparsa). In origine la chiesa esisteva già nel XIV secolo, dove avevano sede i monaci Agostiniani, e di essa si conserva solo il portale in stile gotico-angioino, rimontato nell'attuale parrocchia di San Filippo. Dopo il terremoto del 1706, la chiesa venne ricostruita nel 1785 per volere del barone Giambattista Mazaram, e terminata nel 1794, in occasione della visita a Sulmona di Ferdinando IV di Borbone. Con la soppressione dell'ordine dei Filippini, la chiesa fu usata per vari scopi, tra i quali la sede della Guardia di Finanza. Il principale elemento di interesse è il portale della vecchia chiesa di Sant'Agostino, demolita definitivamente nel 1885; ha un arco a sesto acuto con strombatura sottolineata da una sequenza di colonne tortili, e dalla grande cornice a ghimberga che lo sovrasta. Il frontone cuspidato mostra gli stemmi del casato angioino e dei Sanità, che elargirono diverse somme di denaro per l'arricchimento della chiesa. Al centro dell'architrave c'è l'Agnello Mistico crocifero, mentre ai lati quattro stemmi nobiliari. L'interno è a navata unica, con impianto rettangolare settecentesco, decorato da quattro altari laterali, diviso in due campate quadrate coperte da false cupole, a base circolare su pennacchi. Presso il presbiterio ci sono tele settecentesche, come quello della Madonna col Bambino di Amedeo Tedeschi, l'altare del 1888 mostra le tele del Sacro Cuore e l'Immacolata Concezione di Vincenzo Conti. Chiesa di San Domenico: fu costruita nel 1280 per volere di Carlo II d'Angiò, inizialmente dedicata a San Nicola di Bari. Il convento compreso nel complesso monastico dei Domenicani comunicava con quello vicino di Santa Caterina d'Alessandria, usato per le monache donne, e fu ampliato nel XV secolo grazie alle offerte di Giovanna II di Napoli e di Ludovico da Taranto, arricchito di una vasta biblioteca. Nel 1815 l'ordine fu soppresso, la biblioteca fu spostata nel palazzo comunale. Il complesso oggi si presenta manomesso a causa dell'incompiuta ricostruzione post terremoto 1706, come dimostra la facciata principale. Il tempio conserva la pianta rettangolare a tre navate, la facciata ha un paramento a conci squadrati che arriva e metà dell'asse: soltanto la parte del primo piano è stata ricostruita in stile neoclassico con il portale a timpano curvilineo. Esso è decorato da una scultura dell'Agnello Mistico che porta la croce, sormontato da una rosetta a quattro petali, simbolo dell'ordine Domenicano. L'interno ha tre navate con arcate a tutto sesto, sostenute da robusti pilastri quadrati. Il fonte battesimale si trova all'ingresso, realizzato nell'800 da don Vincenzo Pantaleo; lungo le pareti sono collocati numerosi altari, con tele settecentesche, e di antico c'è una pala d'altare umbra del XVI secolo raffigurante la "Deposizione", successivamente traslata nel Museo diocesano, in seguito al terremoto del 2009. Ex Monastero di Santa Chiara: si affaccia su piazza Maggiore (o piazza Garibaldi), risalente al 1269. Fu costruita per volere della beata Floresella da Palena. Dopo il terremoto del 1706, fu quasi completamente ricostruita, e inclusa nel centro storico, però perdendo presto la funzione di chiesa, venendo trasformata in un collegio, nel 1866. Oggi ospita il Museo diocesano. La ristrutturazione dell'architetto Fantoni si limitò a conferire una nuova veste all'edificio medievale, senza alternarne l'impianto. La spazialità interna venne però trasformata grazie alla sopraelevazione dell'area presbiteriale con l'inserimento di una cupola ellittica a profilo ribassato, e alla creazione di nicchie laterali con altari lignei della scuola di Pescocostanzo. Le pareti sono scandite da paraste corinzie, che sostengono un'alta trabeazione modanata, su cui imposta la copertura a volta a botte. Sulle pareti laterali sono collocati sei cori in legno intagliato, destinati alle monache di clausura fino al 1866. L'altare maggiore è del 1735 con la pala della "Gloria di Santa Chiara" di Sebastiano Conca. Il primo altare lungo il fianco destro è ornato da una tela della Natività, e quelli successivi contengono i dipinti di San Francesco nella tomba della beata Floresenda, lo "Sposalizio della Vergine" di Alessandro Salini e il dipinto di Sant'Antonio abate. Chiesa di Santa Caterina d'Alessandria: fu costruita nel 1325 con il convento domenicano femminile, in stretta corrispondenza con il vicino monastero di San Domenico; fu restaurata nel XV secolo dal barone Pietro Giovanni Corvo. Questo apparato rinascimentale fu distrutto nel 1706, e la chiesa ricostruita in forme barocche attuali. Nel XIX secolo il complesso d'avviò verso un lento declino, finché nel Novecento il comune, con la soppressione dell'ordine domenicano femminile, acquistò la struttura destinandola ad edificio scolastico, con alcuni ambienti riservate alle suore rimanenti. La chiesa concessa nel 1967 all'Accademia Cateriniana di Cultura, svolse per un certo periodo la funzione di auditorium. Il prospetto principale in pietra concia, è caratterizzata dall'andamento curvilineo del profilo, realizzato attraverso brevi concavità laterali, da cui aggetta il corpo centrale, protendendosi verso lo spazio urbano antistante. La facciata si articola su due livelli, quello inferiore da cui si diparte un doppio ordine di paraste composite su alto basamento, e quello superiore con paraste ioniche, che sorreggono in alto il coronamento di facciata a timpano semicircolare spezzato dietro il quale fa capolino il tiburio ottagonale della cupola ellittica. La parte mediana è rimarcata dall'elegante portale con ordine a fascia e timpano semicircolare spezzato che riecheggia, la soluzione del coronamento e dal sovrastante finestrone con cornice modanata, timpano triangolare a profilo curvilineo che accoglie il simbolo della ruota dentata, strumento di tortura di Santa Caterina. L'interno ha pianta ellittica, unico esempio sulmonese, con ingresso in corrispondenza dell'asse maggiore e due profonde cappelle lungo quello minore, che nell'insieme conferiscono un aspetto cruciforme. Anche la cupole è ellittica, costruita da Ferdinando Fuga. Chiesa di San Gaetano: si tratta di una delle prime chiese di Sulmona, fondata nell'VIII secolo, anche se nei secoli successivi fu ampiamente rimaneggiata. La chiesa attuale conserva poco dello stile medievale, essendo in forme barocche. La facciata è molto semplice, in pietra concia, inquadrata da cantonali e suddivisa in due livelli da una cornice modanata. L'asse mediano è sottolineato dall'elegante portale di pietra, rimaneggiato nel 1853 con lesene tuscaniche, architrave a coronamento mistilineo con volute, che accoglie al centro una conchiglia in rilievo. Il finestrone centrale è ornato nella cornice superiore da una testa angelica del 1739. Sul muro perimetrale della chiesa è stato trovato un bassorilievo raffigurante una scena di transumanza, risalente al I secolo d.C., oggi conservato nel Museo Civico di Sulmona, e mostra un pastore con bastone ricurvo insieme al gregge e un carro con tre cavalli. L'interno di questa chiesa è molto semplice, in stile sobrio barocco a navata unica con volta a botte, cappelle laterali, delle quali l'ultima a destra del XVII secolo conserva una teca con reliquiario di San Gaetano Thiene. Chiesetta di San Rocco: la chiesa esisteva già nel XV secolo, usata probabilmente come "Sedile" del popolo nella piazza Maggiore, e dopo la pestilenza del Cinquecento venne intitolata al santo attuale. Nel 1521 alcuni fedeli fecero realizzare dei dipinti per decorare l'intero della cappella. Gli studiosi pensano che la chiesa fosse il Sedile popolare nel XV secolo, dove si riuniva la rappresentanza popolare dei tre sindaci della città. La chiesa fu danneggiata nel 1706 dal terremoto, e ricostruita. La chiesa ha una struttura semplice a pianta quadrata in cui, su tre lati, si apre ampio arco centrale a tutto sesto. La facciata prospetta sulla piazza, presentando un coronamento ad andamento curvilineo, convesso al centro, con decorazioni laterali a forma di lanterna. Sul suo apice è collocato il piccolo campanile barocco a vela, con gli archetti a tutto sesto che contengono le campane. Il piccolo vano interno è a navata unica, con calotta circolare decorata col motivo dei cassettoni. La statua interna in legno dipinto raffigura San Rocco, di scuola napoletana. Faceva parte del corredo anche una statua argentea, poggiante su una base cilindrica, donato da Camilla di Giovanni de Capite, il quale veniva esposto il giorno della festa di San Rocco. Tale scultura oggi è conservata per motivi di sicurezza nei musei civici di Palazzo Annunziata. Chiesa di Santa Lucia: si trova sul corso, presso porta Napoli. Probabilmente faceva parte di un complesso più ampio delle suore Benedettine. Il monastero fu poi chiuso nel 1406 a causa delle lotte familiari dei Merlino e dei Quatrario, sedate poi da San Giovanni da Capestrano; il complesso passò ai Celestini che lo tennero fino al 1656. Dopo il terremoto del 1706 la chiesa fu ricostruita, ma perse completamente il prestigio del passato, poiché non vi aperto più il monastero, e gli ordini si trasferirono altrove. La semplice facciata a coronamento orizzontale e muratura in pietra, presenta un portale in pietra a cornice modanata, sormontato da un piccolo scudo di pietra con le lettere N.G.V.M. (Natività della Gloriosa Vergine Maria). A sottolineare l'asse mediano della facciata è una finestra rettangolare centrale, lungo la parete verso il corso c'è un portale murato di stampo romanico, con lunetta a tutto sesto, e in alto un bassorilievo dell'Albero della Vita con Adamo ed Eva, sormontati a loro volta da un pellicano con l'Agnus Dei. Il simbolo del pellicano fu adottato nel cristianesimo poiché si riteneva si strappasse le carni per darle in pasto ai piccoli in periodo di carestia. L'interno è a navata unica con soffitto a capriate lignee, arricchito da dipinti settecenteschi e statue di Sant'Antonio di Padova e Santa Lucia. Parrocchia di Cristo Re: è la principale chiesa moderna di Sulmona, nonché la più interessante. Chiesa principale della zona moderna sulmonese, che si affaccia in piazza Capograssi. Fu realizzata nel 1973 da Carlo Mercuri, concepita come uno spazio chiuso delimitato da un soffitto piano e da un muro in cemento a vista, che si snoda lungo un perimetro sinuoso, con anse e scissure. Un nastro continuo che determina spazi concavi e convessi, nicchie e pilastri; un cilindro a generatrice fantastica che crea un gioco chiaroscurale negli ambienti interni come all'esterno, positivi e negativi. L'illuminazione è realizzata seguendo due principi: dall'alto gruppi di cilindri disposti a rosoni, coperti esternamente con lenti di perspex a doppia parete lasciano vedere il cielo; lateralmente dove in alcuni punti la parete si spezza e si raddoppia il creando delle asole, alcune vetrate strette e alte lasciano filtrare la luce di intensità e tono variabile a seconda dell'ordinamento e dell'altezza del sole. Chiesa di San Francesco di Paola: fu costruita nel 1620 dai Padri Paolotti, che ricevettero il terreno dal comune. Il capitano Vincenzo De Benedictis ampliò l'edificio nel 1662, donandolo all'Ordine dei Minimi, e fu ricostruito dopo il 1706, riconsacrato nel 1742. A causa delle precarie condizioni economiche, i Paolotti cedettero la chiesa nel 1770, che divenne la principale cappella delle funzioni cimiteriali, insieme al terreno. I Cappuccini nel 1866 dovettero lasciare il convento di San Giovanni, e rilevarono nella loro proprietà il Convento e il vicino orto, dove si stabilirono. La chiesa però, custodita da un eremita, rimase di proprietà del vescovo fino al 1906. A partire da tale data il vescovo di Sulmona, mons. Nicola Iezzoni, affidò ai Cappuccini la cura pastorale della chiesa. La chiesa ha un prospetto barocco con l'andamento curvilineo della facciata, diviso in due campate di diversa altezza, tripartito da un doppio ordine di lesene. Al centro della porzione inferiore il portale architravato è sormontato da una lunetta poggiante su slanciate lesene che si protendono in alto con pulvini. Nei settori laterali fiancheggiano il portale due ovali con lo stemma dei Minimi con la scritta "Charitas". Al centro della campata superiore in una nicchia c'è la statua del santo dedicatario, e un timpano mistilineo con croce sommitale funge da coronamento del settore mediano del prospetto. In posizione arretrata si trova lo slanciato campanile del 1966, in stile falso barocco, alto 30 metri, traforato da due ordini di monofore su ciascuno dei lati. L'interno è a croce latina di gusto barocco: l'apparato decorativo in stucco e le superfici in finto marmo sono da riferirsi a interventi ottocenteschi. Convento di San Giovanni Evangelista dei Cappuccini: il monastero fu eretto presso l'antica chiesetta di San Giovanni fuori porta Latina (oggi porta Pacentrana), poiché il luogo della nuova sede dei padri cappuccini sembrò essere più salutare rispetto al vecchio edificio presso la chiesa di San Francesco di Paola. La chiesa di San Giovanni esisteva già nel XV secolo, come dimostra la facciata, e fu ampliata nel Seicento in stile barocco, e i frati vi celebrarono 8 capitolo provinciali. Nel 1866 con la soppressione degli ordini, il convento passò al demanio, e i frati dovettero lasciarlo, trasferendosi presso la chiesa di San Francesco di Paola. Tentativi infruttuosi di riapertura ci furono nel 1885, quando i frati si stabilirono presso porta Napoli, comprendono i terreni di San Francesco di Paola. Nella nuova sede fu celebrato il capitolo provinciale del 21 maggio 1897 che rielesse ministro il padre Giuseppe Incani. Negli anni successivi i cappuccini poterono far ritorno nell'antico convento di San Giovanni, oggi immerso nella zona di espansione nord-est. Il convento ha pianta rettangolare con un grande edificio usato come chiostro e alloggio dei padri, e la strutture della chiesa a pianta longitudinale. Il sagrato ha una croce stazionaria centrale, la facciata a salienti è nello stile rinascimentale abruzzese, con un portico ad arcate alla base. Il campanile è del 1962, realizzato in mattoni, rispettando lo stile antico delle torri abruzzesi. L'interno è a navata unica, conservando lo stile sobrio del primo barocco seicentesco, che si è semplicemente adeguato all'antica pianta medievale con decorazioni di stucchi presso le volte a crociera. L'altare in legno e il prezioso tabernacolo furono eseguiti durante il provincialato del padre Angelo Urbanucci di Bucchianico, secondo la testimonianza di Filippo Tussio; autore fu frate Andrea da San Donato con aiuti. Convento di Sant'Antonio di Padova: fu realizzato con l'originale intitolazione a San Nicola della Forma, citato nel catasto del 1376; il convento antoniano con l'ospedale fu realizzato nel 1443 per volere di San Giovanni da Capestrano, quando intervenne per sanare le lotte intestine tra le famiglie Merlino e Quatrario. Il convento fu affidato ai Padri Zoccolanti, a cui seguirono i Riformati nel 1592. Benché danneggiato nel 1706, il convento visse sempre un periodo di grande sviluppo, e si dotò anche di infermeria e di biblioteca, e riconsacrata nel 1740. Il decreto di abolizione degli ordini religiosi del 1809 comportò la chiusura della struttura monastica, usata come caserma delle milizie, lasciando soltanto la chiesa aperta al culto. Nel 1815 il convento fu riaperto per essere nuovamente chiuso nel 1866 con il decreto di Vittorio Emanuele II: il convento divenne carcere giudiziario, attivo fino al 1891, noto col nome di "San Pasquale". Quando il nuovo carcere fu costruito, i locali del convento sono diventati una sezione distaccata dell'Archivio di Stato di Sulmona-L'Aquila. La facciata della chiesa è frutto di una ricostruzione seguita al sisma della Maiella del 1933, rispettando tuttavia i canoni classici dell'architettura romanico-monasteriale abruzzese. La campata inferiore è coperta da un portico, composto da cinque arcate a tutto sesto. Il portale settecentesco è inquadrato da un'elegante cornice modanata in pietra e da un ordine a fascia sormontato da mensole; il timpano spezzato accoglie un'edicola fatta realizzare dalla famiglia Mazzara, che ebbe il patronato della chiesa nel Settecento. La pianta interna a croce latina con unica navata è coperta da volta a botte lunettata e cupola presso il presbiterio. Le pareti sono scandite da lesene dipinti a finto marmo, con capitelli corinzi dorati; gli affreschi e le decorazioni fanno parte del rimaneggiamento tardobarocco dell'Ottocento. L'organo ligneo monumentale si trova in controfacciata, realizzato dalla famiglia Fedeli di Camerino (1756). Architetture civili Palazzo Annunziata: fa parte del complesso monastico della Santissima Annunziata. L'attuale conformazione è del tardo '400, con alterazioni all'interno dopo il sisma del 1706. La facciata è quella meglio conservata nel progetto originale, dato che l'interno è stato modificato dopo la soppressione dell'ordine, e l'installazione del Museo Civio. La parte più antica del palazzo è il settore con la porta dell'Orologio; tale orologio fu installato nel XVI secolo; il portone presenta come elementi decorativi la statua di San Michele, due coppie di colonne per lato che si prolungano oltre i capitelli, attorcigliandosi in simmetriche volute, per poi assottigliarsi e terminare in rosoncini. Di poco superiore c'è la trifora ornata da colonnine tortili poggianti su leoni accovacciati e statuine a tutto tondo; presso gli stipiti sono raffigurate le Quattro Virtù, sul lato opposto il simbolo dell'Agnello Mistico dentro una raggiera, sostenuta da due angeli. Al di sopra è posto lo stemma civico. La parte centrale del palazzo è di stampo rinascimentale; il portale principale dà accesso alla Cappella del Corpo di Cristo, adornato da ghirlande, festoni, timpani, volute, figure animali di rettili e uccelli, nella parte mediana ci sono due piedritti con due tondi e un gruppo scultoreo della "Madonna col Bambino tra angeli". Il portale è sovrastato da una bifora con due angeli che sorreggono lo stemma del Pio Ente della Casa Santa dell'Annunziata, decorato da motivi a candelabra e ricchi trafori. L'ultima parte laterale del 1519-22 possiede un portale abbastanza classico, privo di timpano e di ridotte dimensioni; entro due tondi posti nei pennacchi sono rappresentati l'Angelo Gabriele e la Vergine. Nella base dei piedritti c'è lo stemma dell'Annunziata, e presso i pilastri i Quattro Dottori della Chiesa Gregorio Magno, Bonaventura, Sant'Agostino e San Girolamo. Palazzo Sardi: è una struttura tardo cinquecentesca, e settecentesca. Del prospetto cinquecentesco originale rimangono sul largo Angeloni, le finestre quadrotte del pianterreno, il portale in bugnato liscio con men sole che sorreggono il balcone superiore, e infine lo stemma araldico in chiave di volta, con la testa di un satiro. Nella ricostruzione post 1706, varie modifiche furono apportate, come nel settore delle finestre del secondo piano, il cornicione con le mensole usato per unire la composizione della facciata. Nel cantonale su via Marselli è riconoscibile l'imposta dell'arco di porta Manaresca, e delle mura medievali. Dell'epoca settecentesca sono il fronte meridionale, un contrafforte in pietra e l'aggiunta di un balcone presso l'ordine delle finestre cinquecentesche, e le coppie di bifore dell'ultimo piano. Palazzo Tabassi: è tra i più significativi esempi di dimora gentilizia rinascimentale, costruito nel XV secolo da Mastro Pietro da Como (1449), come indica la scritta sul portale. Il palazzo fu di proprietà dei Tabassi, che lo comprarono nel 1672 dalla famiglia De Capite. Dopo il 1706 fu in parte ricostruito, senza che però la pianta originale fosse alterata. Il palazzo si sviluppa su due livelli, conservando il portale classico durazzesco; agli angoli della cornice in mostra appaiono due scudi con lo stemma dei Tabassi. Ciò che colpisce di più è la splendida finestra bifora in stile tardo gotico, unica superstite del piano superiore, ricambiato dopo il 1706. La finestra richiama le decorazioni del complesso dell'Annunziata, finemente lavorata con fregi e decori: sugli stipiti fiancheggiati da colonnine poggia una grande mostra a sesto acuto, che ne ripete il motivo a girali vegetali; il pilastro centrale sostiene due arcatelle a sesto acuto trilobate e nella partitura superiore, un oculo centrale esalobato ad archetti laterali. Palazzo del Vescovado: il palazzo si trova accanto alla villa comunale, ricostruito completamente dopo il 1706 come voluto dal vescovo Bonaventura Martinelli. Il vecchio episcopio era adiacente alla cattedrale, ma nel progetto fu spostata la collocazione di poche centinaia di metri. Con le somme elargite da papa Clemente XI il progetto doveva essere di imponenti proporzioni, ma non venne realizzato secondo il disegno originale. Il palazzo fu ricostruito nel 1715, comprendente sede vescovile, seminario e piccola chiesa della Concezione. Il palazzo venne saccheggiato nel 1799 per l'acquartieramento delle truppe francesi, e danneggiato non in maniera grave coi terremoti del 1915 e del 1933. La facciata è impostata su due livelli sovrapposti, divisi da un'alta fascia modanata, e si conclude con un sottotetto con aperture ellittiche. L'asse mediano è rimarcato dalla successione verticale portale-balcone-orologio civico; le mensole sono arricciate a rocchetto, e sorreggono la balconata centrale sopra il portale. Il coronamento è in pietra a volute, cartiglio centrale e stemma apicale; il cartiglio reca un'iscrizione dipinta riguardante l'erezione del palazzo, iniziato a costruire dal 1709, per volere del Martinelli. Dalla zona centrale si dipartono al piano terra i semplici ingressi dei locali commerciali, e dal piano nobile coppie di finestre rettangolari impreziosite da sottodavanzali con ordine a fascia. Accanto all'edificio, sulla destra, c'è la barocca chiesa della Concezione. Palazzo Capograssi: si trova in via Papa Innocenzo VII, costruito nel 1319 quando la famiglia Capograssi si trasferì a Sulmona. Confine con il rione Sestiere porta Iapasseri. Il palazzo fu ristrutturato nel XV secolo, inglobando parte del Palazzo Meliorati, e probabilmente vi nacque Cosmato di Gentile nel 1336, che diventerà papa Innocenzo VII. Le insegne araldiche dei Meliorati (uno scudo dalla banda caricata da stella caduta accompagnata da due cotisse e chiavi di San Pietro decussate) sono scolpite sull'architrave dell'ultimo balcone di sinistra, insieme all'iscrizione in cui si menziona, oltre al nome del pontefice, quello del nipote Ludovico Meliorati II, che possedette il palazzo nel 1470. La parte più antica del palazzo risale al 1574, anno della ristrutturazione di Dionisio Capograssi; ha caratteri a salienti, con davanzali poggianti su mensole modanate e il portale, che conserva le affinità di quelli durazzeschi quattrocenteschi. L'impaginato fa uso di specchiature, vicine al gusto classico cinquecentesco. Altra particolarità sono gli stemmi: scudo troncato nel I (azzurro) del grifo (d'oro), uscente dalla partizione; nel II (d'argento) alle tre bande (di rosso). Palazzo Corvo o Corvi: si articola in due corpi di fabbrica, uno del XVI secolo, con il portale simile a quello di Palazzo Sardi, e l'enorme edificio settecentesco che sorge sul vicolo del Vecchio, articolato verticalmente su tre piani, di cui l'ultimo modificato nel Novecento. Il portale principale immette nel cortile, sul fianco destro si accede attraverso una doppia rampa di scale, che conduce al piano nobile. Il linguaggio architettonico è caratterizzato da una compostezza del tipo classico, con decorazioni a motivi vegetali e floreali, di gusto cinquecentesco. Il prospetto dell'edificio è asimmetrico, poiché il progetto prevedeva la costruzione di un grande palazzo che arrivasse fino al corso Ovidio, mai realizzato, con l'uso di paraste tuscaniche al piano terra e ioniche, con intelaiature orizzontali e delle cornici del davanzale. Bisogna ricordare che a Sulmona esistono molti palazzi della famiglia Corvi, un altro è il Palazzo Corvi-Zazzera oppure il condominio Corvi di viale Roosevelt civico 33. Teatro comunale "Maria Caniglia": si trova sul viale Antonio De Nino, uno dei cardi di porta Iapasseri che confluiscono nel corso Ovidio. Noto anche come "Teatro Littorio", è uno dei teatri d'opera rappresentativi dell'Abruzzo. L'avancorpo d'ingresso richiama lo stile neoclassico; il prospetto principale presenta semicolonne doriche, che inquadrano cinque arcate a tutto sesto, che sostengono una trabeazione con fregio costituito dall'alternanza di metope e triglifi. La parte superiore della facciata, dove si aprono finestre con timpano triangolare, è conclusa da un classico frontone; all'interno una ricca decorazione a stucco contraddistingue vestibolo e fumoir; ad impreziosire la sala sono i piccoli lampadari in cristallo di Boemia. I posti a sede sono 700, distribuiti tra l'ampia platea, con orma a ferro di cavallo, su 65 palchi, separati da archi ribassati ripartiti in 4 ordini, un anfiteatro e il loggione. Palazzo Colombini: risale al XVI secolo, anche se la struttura attuale è settecentesca, con interventi del dopoguerra. Della struttura originaria rimane il portale durazzesco, con l'emblema della famiglia; tracce di un altro stemma dei Colombini si trovano sul pilastrino di pietra posto all'inizio della gradinata dell'attiguo palazzo al civico 26. Lo stemma rappresenta un'alleanza matrimoniale: ovale accartocciato e partito con le insegne dei De Capite. Palazzo Sanità: appartenne alla nobile famiglia umbra di Todi, e risale al XV secolo, benché dopo il 1706 sia stato modificato. Il portale durazzesco a sesto ribassato sarebbe opera di Pietro da Como, che lavorò a Sulmona nel 1449 presso il Palazzo Tabassi. L'arco è inquadrato da cornice rettangolare modanata, che nasce poco al di sotto della linea d'imposta; i piedritti sono lisci e privi di elementi decorativi. Al piano superiore esterno ci sono due finestre bifore gotiche, che sono l'emblema artistico del palazzo. Attraverso il portale si accede a una corte interna rettangolare, caratterizzata da un portico a quattro arcate, sul quale si affacciano portali ogivali; l'accesso da via Solimo ha un arco a tutto sesto con decorazioni a specchiature, che si raccorda con volute al timpano curvilineo di coronamento. Presso i lati del portico sono conservati scudi gotici delle famiglie influenti di Sulmona nel periodo del XIV secolo. Palazzo Grilli De Capite: il palazzo dopo il 1706 fu acquistato e ristrutturato dalla famiglia Grilli di Pescocostanzo, che lo possedette fino al 1887, quando passò ai De Capite. Gli stemmi in pietra posti sul portale sono delle copie degli originali, nel restauro del 2006; il palazzo rappresenta uno dei maggiori esempi del barocco civile sulmonese: gli episodi di maggior rilievo sono situati in corrispondenza dei due sistemi portale-finestra; il tono decorativo e chiaroscurale si riduce i corrispondenza dei settori intermedi (portali minori-sopraluce-finestra), per poi rinvigorirsi e marcare le estremità del prospetto con il motivo portale minore-sopraluce-balcone minore. Tutti gli elementi architettonici concorrono al ritmo del prospetto con forme e soluzioni decorative diverse, sempre più complesse a partire dalle finestre quadrate con conchiglia sopraluce, per passare alle finestre con stipiti a terminazione piana, e fastigio centrale con conchiglia, alle porte finestre dei balconi minori e a quelle dei balconi maggiori con terminazione a profilo curvilineo, per giungere alla fine ai portali di accesso inquadrati da lesene ribattute, e sormontate da volute che inquadrano il fastigio barocco. Palazzo Giovanni Veneziano Dalle Palle: si trova lungo il corso Ovidio, con un lato rivolte in piazza XX Settembre, fatto erigere nel 1484 dal veneziano Giovanni Dalle Palle. In origine l'ingresso principale era verso la piazza XX Settembre, ma modifiche ci furono dopo il 1706. Il portale antico fu ricollocato al centro della nuova facciata come ingresso principale, ed è sormontato dalla nicchia con San Giorgio a cavallo. Il portale gemello a sesto ribassato risale al Settecento, con profilo a chiglia, fiancheggiato da colonne ioniche su basamento, e trattato con bugnato rustico che si insinua fin sul fusto delle colonne. Il fornice d'ingresso reca al centro uno scudo, con le insegne delle famiglia Trasmondi Sala, sormontato dall'elegante balaustra del davanzale del piano nobile. Su questo prospetto si apriva un portico sostituito da tre arcate. Sui piloni di sostegno erano collocate delle statue su mensole, una delle quali rappresentante una sirena con due delfini. Le uniche strutture superiori, risalenti al tardo Quattrocento, sono le eleganti finestre bifore ingentilite da esili colonnine centrali, e la finestra del balcone centrale. Casa gotica di Giovanni Sardi: si trova nel vico dei Sardi. Il piccolo edificio medievale appartenne ai Sardi della Sardegna, ristrutturato da Giovanni nel 1477, come attesta l'insegna sull'architrave della finestra. Il prospetto frontale in pietra faccia vista presenta un portale durazzesco, molto frequente nell'architettura locale nel Medioevo; il pilastro centrale ottagono reca le stesse modanature della cornice, e le quattro luci sono arricchite ciascuna da una coppia di mensole angolari a voluta. In alto si trova un'ampia finestra guelfa leggermente fuori dall'asse rispetto al portale, con motivi decorativi tardogotici e rinascimentali. L'interno è strutturato attorno a una piccola corte centrale a pianta trapezoidale, con pavimentazione in selci, di cui tramite una breve scalinata con parapetto e corrimano, si sale al piano superiore; un appartamento in particolare è decorato da un loggiato coperto da una tettoia in legno, costituito da arcate impostate su quattro colonne angolai a ottagono. Palazzo Mazzara: il palazzo fu costruito su un antico edificio completamente distrutto nel 1706, presenta motivi decorativi tipici del barocco, con prospetti compatti e fasciati alle estremità da possenti cantonali in pietra da taglio, sul modello dei palazzi nobiliari sulmonesi del periodo. Il palazzo fu costruito intorno al 1748, anno in cui il notaio Patrizio di Sebastiano redasse l'atto di proprietà dei Mazzara. La pianta è quadrata, al piano terra ci sono vari ingressi per i locali commerciali, con trattamento decorativo ottocentesco a fasce orizzontali. Il piano nobile vi sono finestre con lesene scanalate di ordine ionico e timpani curvilineo; si alternano balconi mistilinei con ringhiere in ferro battuto "alla spagnola". Il cortile interno, a pianta quadrata, è circondato su tre lati da un portico ad archi sostenuti da pilastri. Il piano nobile è molto decorato da volte con rilievi a stucco dorato, medaglioni vari a soggetto mitologico; il vano minore ossia la sala da pranzo ha un affresco della favole di Amore e Psiche. Due porte lignee di Ferdinando Mosca mettono in comunicazione la stanza con la grande sala da ballo con affreschi barocchi del Giudizio di Paride. Altre stanze hanno pitture a tempera con scene sempre a sfondo mitologico classico, bucolico e pastorale. Nella stanza matrimoniale del palazzo c'è una volta a padiglione con un rosone centrale a motivi vegetali e medaglioni ovali con una coppia di sposi uniti da una catena e altri simboli estetizzanti della vita coniugale. Adiacente c'è la biblioteca privata con l'attiguo studiolo, dal soffitto riccamente decorato. Palazzo Alicandri - Ciufelli: appartenuto alla fine del '600 alla famiglia Zavatta di Pacentro, il palazzo fu da questa ricostruito, e poi passò alla famiglia Granata, acquistato nel 1819 dal sacerdote don Nicola Ciufelli che lo lasciò in eredità alla nipote Rosa Maria Ciufelli, sposata nel 1811 con Carlantonio Alicandri. Da questo momento la famiglia prese il nome Alicandri-Ciufelli, e anche il palazzo venne così chiamato: uno stemma di alleanza matrimoniale tra le due casate si trova sul balcone sovrastante l'ingresso. La facciata è interamente intonacata, ad eccezione dei cantonali in pietra squadrata, si articola su tre livelli che si caratterizzano per la diversa tipologia delle aperture e delle decorazioni. Al piano terra il portale ad arco è incorniciato da lesene ioniche arricchite da specchiature e ribattute lateralmente con motivo di orecchioni, dall'ordinanza architettonica e dalla chiave di volta dell'arco di accesso si dipartono le mensole che sostengono il balcone; finestre quadrotte, alternate a portali, scandiscono il piano. Gli affacci del piano nobile, caratterizzato dall'alternanza di balconi e finestre, sono accomunati dall'elegante motivo di mostre modanate in pietra, e dal timpano mistilineo con il motivo a conchiglia. Palazzo Tabassi da Pescina - Mazzara: il palazzo conserva l'aspetto originale, ad eccezione del prospetto su via Mazara, restaurato nel XIX secolo, con l'aggiunta di un monumentale portale d'ingresso, in cornici marcadavanzale in stucco, delle finestre quadrotte del piano ammezzato, e del cornicione modanato. Elemento di spicco del prospetto è il portale durazzesco ad arco ribassato, inserito nella cornice rettangolare che, in corrispondenza della linea d'imposta dell'arco, si ripiega su sé stessa. L'interno di pregevole ha il piano nobile, sulla volta a crociera dell'atrio è dipinto dentro una ricca cornice lo stemma del casato, e lungo la parete di sinistra una targa ricorda il soggiorno di inglesi illustri nella struttura, legati al nobile Angelo Maria Scalzitti, giornalista e scrittore. La corte interna presenta sul lato destro l'arco di accesso alla gradinata che porta ai piani superiori, e più in alto una loggia su due ordini, con coppia di arcate al piano nobile e tre arcatelle in quello sovrastante; gli altri lati del cortile sono movimentati dalla presenza di finestre rinascimentali. Palazzo Mazzara di porta Filiamabili: i Mazzara a Sulmona sono presenti già dal 1332, e iscritti nell'elenco delle case patrizie censite nel 1572. Dopo il 1865 la famiglia si divise in due tronconi: i Mazara marchesi di Torre de' Passeri e l'altro legato con la baronia di Schinaforte, i quali comunque ebbero numerose dimore in città. Il fronte principale del palazzo, articolato su tre ordini, è caratterizzato dalla successione dell'ingresso monumentale, al pianterreno, dell'unico balcone al piano nobile, e della finestra al livello superiore. Il portale è inquadrato da una coppia di lesene che sorreggono una trabeazione di gusto classico con triglifi, sormontata dalle mensole del balcone, con finestra a coronamento orizzontale, sulla quale campeggiano le insegne della famiglia. Lo stemma è inquadrato da volute che fungono da raccordo con la finestra rettangolare del piano superiore. Al secondo piano le finestre presentano mostre in pietra a coronamento orizzontale, le aperture al piano nobile sono invece arricchite da mensole inginocchiate. Attraverso l'androne di ingressi si accede al terrazzo, collegato con gradinata al giardino interno. Sulla volta dell'androne risalta lo scudo con l'arma del casato, del fine '800. Palazzo Pretorio: risale al 1490, sede del Capitano di Città. L'edificio si inseriva nel cuore del centro storico, nel distretto di porta Salvatoris (borgo Santa Maria), Fontana del Vecchio, voluta dal capitano Polidoro Tiberti, e l'acquedotto medievale. Sembra che la regina Giovanna I d'Aragona, venuta a conoscenza che la città si stava adoperando per edificare un palazzo di corte, invitò la comunità a contenere le spese, per concentrarsi sull'industria della lana. E forse per questo il palazzo ha un aspetto molto austero. Tuttavia poco rimane dell'opera originale perché fu riedificato nell'800. Il 18 giugno 1863 siccome il vecchio palazzo era in condizioni precarie, venne demolito e ricostruito, ultimato nel 1914. Lo schema compositivo dell'edificio originale è noto grazie alla testimonianza di Augusto Campana su un disegno di Pietro Piccirilli: aveva l'ingresso principale su via Mazara, mentre il prospetto laterale si affacciava sul corso. Al livello superiore erano collocate eleganti bifore rinascimentali, e aveva un'iscrizione: "Per volontà dei sovrani aragonesi il divino Ferdinando Re di Sicilia e Giovanna sua inclita moglie Sulmona edificò come sede del Capitano e dei Nobili un palazzo piuttosto austero che sontuoso nell'anno della nascita di Cristo 1490". Per la nuova costruzione ottocentesca venne scelto il linguaggio neorinascimentale, articolato su tre livelli, al pianterreno trattato a bugnato liscio, sei portali. Palazzo Anelli: è in piazza Garibaldi, ricostruito dopo il 1706. Nel 1844 il palazzo, nominato Zampichelli, divenne proprietà di Luigi Anelli-La Rocca. La struttura ha imponente facciata articolata su tre livelli principali: il piano terra con le botteghe con portali di pietra a sesto ribassato e finestre quadrotte; il piano nobile fasciato di sotto da cornici marcapiano e marca-davanzale, sulle quali poggiano le finestre a timpano mistilineo; il secondo piano dove si alternano finestre a timpano curvilineo, spezzato con volute. La facciata si conclude con l'alto cornicione di pietra su mensole; lo spigolo orientale che immette su via Margherita, è sottolineato dal possente cantonale in pietra che si alleggerisce verso l'alto, seguendo il passo delle cornici marcapiano del prospetto sulla piazza. Il portale è ad arco con voluta in chiave, inquadrato da un ordine di paraste tuscaniche che sorreggono l'architrave sormontato da un fastigio barocco con volute a conchiglione. Palazzo Meliorati Liberati: il palazzo fu costruito nel XVI secolo, appartenuto prima ai Meliorati, in seguito a Ludovico Magagnini e infine definitivamente ai Liberati. Alla luce di studi sui piccoli scudi a testa di cavalli presso il fregio del portale, è stato sfasato il legame dell'edificio con il casato papale di Innocenzo VII. Marino Liberati nel 1563 avrebbe acquistato il portale da Gerolamo De Capite, a cui aggiunse i due stemmi. La facciata principale vede una persistenza di caratteri decorati tardogotici, che si innestano in un impaginato di facciata ormai tardorinascimentale. Un esempio è rintracciabile nel trattamento decorativo delle finestre del piano nobile, dove il sobrio disegno cinquecentesco delle aperture a coronamento rettilineo, inquadrate da ordine a fascia, è impreziosito da lobature tardogotiche dell'intradosso degli archi. Pienamente cinquecenteschi sono gli accessi al piano terra, le finestre del secondo piano e il portale d'ingresso. La struttura si organizza attorno a una corte interna con un porticato con scala di raccordo al piano superiore, e piccolo loggiato laterale con archi a tutto sesto, su colonnine scanalate di ordine composito ed intradosso a lacunari con rosoncini. Antica fabbrica di confetti Pelino: l'antico stabilimento ha un aspetto austero che rievoca i caratteri liberty, fondato dal Cavalier Mario Pelino. Oggi è sede del Museo dell'Arte e Tecnologia Confettiera (1988), diviso in due ambienti. Nel primo la stanza è dedicata all'esposizione delle antiche macchine del mestiere per la produzione dei vari tipi di confetti. La sezione riguarda anche la storia del confetto sulmonese, mediante pannelli espositivi e cimeli, insieme a ritratti della famiglia Pelino. La seconda stanza è una ricostruzione del tipico laboratorio di lavorazione del XVIII secolo, con utensili e apparecchiature speciali per macinare, tostare e lucidare il confetto. Palazzina liberty di piazza Vittorio Veneto: è stata realizzata nel primo decennio del Novecento. Si caratterizza per un elegante impaginato di facciata, giocato sulla sovrapposizione di quattro settori orizzontali, sovrapposti e trattati con materiali, decorazioni e cromie differenti. Alla fascia del basamento in pietra grigia, che accoglie le aperture dei locali, fa da contrappunto la muratura d'intonaco chiaro, a ricordi orizzontali, che si interrompe all'altezza d'imposta degli archi ribassati delle finestre e dei portali del pianterreno, per lasciare posto alla porzione del prospetto, finita ad intonaco di color ocra, nella quale si aprono slanciate bifore a sesto ribassato, in corrispondenza dei balconi, e monofore in versione scala minore delle prime. Il cornicione, sorretto da elaborate mensole in cemento decorato a finto legno, e la linea d'imposta delle finestre del piano nobile, corre un'elegante fascia decorata con motivi vegetali e geometrici dai toni chiari. Acquedotto Svevo Secondo alcune fonti all'epoca romana era già presente un acquedotto. L'Acquedotto Svevo fu costruito nel XIII secolo da Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, per creare un canale nel centro cittadino per il trasporto acquifero dalla montagna di Pacentro fino alla piana di Pratola Peligna. Fu ridimensionato nel XVII secolo e tagliato nel 1706 con il grave terremoto. Oggi l'acquedotto si trova nella parte occidentale di piazza Garibaldi, delimitandone il confine con il corso Ovidio. Ha arcate a tutto sesto in bianca pietra della Maiella; è composto da tre tronchi: il primo lungo 76 metri con 15 archi gotici, il secondo 24 metri con 5 archi, e l'ultimo pezzo che ha un solo arco a tutto sesto lungo 4,92 metri. Il dislivello complessivo tra il primo e l'ultimo punto dell'acquedotto è di 106 metri di lunghezza, per un totale di 10 metri di dislivello. Il traffico vi scorre a passaggio limitato alfine di non danneggiare la struttura. Su un lato è posta una lapide commemorativa per un incidente automobilistico del 3 giugno 1979, quando dei giovani tifosi in trasferta a Cassino morirono picchiando la testa che sporgeva dai finestrini del bus. Porte cittadine e fontane porta Romana (1428): la prima citazione nel catasto è del 1376, successivamente venne chiamata porta San Matteo, perché vicino ai ruderi dell'omonima chiesa fuori le mura. Il restauro definitivo ancora oggi visibile è del 1429, come attesta l'iscrizione, dove si trova uno scudo con l'iniziale M. Probabilmente si tratta di Meo de Buzu, cittadino vissuto in quell'epoca, che la fece restaurare. La porta è l'unica ad avere un arco a tutto sesto, e fa parte della prima cinta muraria trecentesca; l'arco è sostenuto da robusti pilastri che si concludono verso l'imposta con una cornice modanata che fascia i due prospetti, interrompendosi in corrispondenza della chiusura a saracinesca. Il danno probabilmente è dovuto al terremoto del 1706. porta Napoli (1338): Eretta nei primi anni del XIV secolo come porta Nova, ha conservato intatta la sua struttura a pianta rettangolare, anche se con il terremoto del 1706 ha perso le merlature della sommità. La decorazione del fronte si articola in bugnato rustico marcato in basso, e attenuato verso l'alto; negli ultimi cinque fianchi compaiono rosoncini centrali, che si appiattiscono perché sotto la cornice marcapiano al bugnato fanno comparsa conci più regolari. In asse con la porta si apre una finestra in origine bifora, con motivi simili ai piccoli rosoni; vi sono rilievi con una scena di caccia a sinistra, e di sacrificio a destra: fungono da mensole per i piedritti da cui si eleva l'arco a sesto acuto. A fianco c'è il finestrone centrale gotico con sotto degli stemmi angioini; la decorazione è completata da capitelli scolpiti e leoncini provenienti da altri monumenti scomparsi, posti all'estremità della cornice. Nella facciata che volge sul corso c'è un'icona della Madonna col Bambino, recuperata da una chiesa distrutta, risalente al 1338 porta Pacentrana (1376): detta anche "porta Orientis", restaurata nel 1376, è posta nel lato orientale dove si giunge da Pacentro. La facciata esterna intonacata è dipinta con un motivo a cubi prospettici sui toni del color mattone su fondo bianco, disposti a spina di pesce. L'arco a sesto acuto s'imposta su semplici cornici modanate. I piedritti di sostegno, soprattutto quello di sinistra, non sembrano accordarsi con le cornici d'imposta, poiché la porta subì rimaneggiamenti. Al di sopra della chiave dell'arco c'è uno scudo araldico in pietra scalpellato, difficilmente leggibile. Ai lati si trovano tratti della cinta muraria. porta S. Antonio (XVIII secolo): sostituì nel Trecento la vecchia porta Filiamabili, inclusa nel primo recinto. Prima di essere intitolata a Sant'Antonio di Padova era nota come "porta delle Capre", e nel Seicento "porta del Crocifisso". La parte superiore per l'alloggio delle guardie, quando cadde in disuso, fu adibita come casa privata. In un documento decurionale del 1816 si evince che Domenico Granata, gestore della cartiera cittadina fuori le mura, aveva ridotto ad abitazione la parte superiore la porta, appendendo inoltre lo stemma del suo casato sull'arco. L'arco ogivale esterno risale alla fine del Duecento, quello del prospetto interno invece è posteriore, realizzato con materiale di minor pregio. Entrambi gli archi sono ribassati da lunette, e quello di fuori presenta un affresco rinascimentale di Sant'Antonio da Padova. porta Filiamabili (XIV secolo): la porta è situata presso l'angolo sud-occidentale della prima cinta muraria in via Manlio d'Eramo, l'unica conservatasi perfettamente senza manomissioni nei secoli. Fu solamente rafforzata quando venne costruita la seconda porta di Sant'Antonio, posta alla base di rampa d'accesso nel più ampio recinto murario. La prima menzione della porta risale al 1196, e il nome proviene da un canonico: Amabile de' figli Amabili, probabilmente il finanziatore di un restauro. La porta infatti venne rinominata "Filiorum Amabilis" e poi in italiano Filiamabili. Le attuali strutture della porta sono trecentesche; il fronte esterno è caratterizzato dal paramento in conci di pietra, che giunge fino al vertice dell'arco a sesto acuto del fronte esterno. L'arco è decorato da cornice modanata, e s'imposta su mensole modanate, sostenuto da robusti piedritti in pietra squadrata. Il varco del prospetto interno è intonacato, e segue il profilo della curva della volta a botte, che copre il passaggio e sostiene il corpo soprastante. porta Japasseri (XIV- XV secolo), della porta rimangono le imponenti fondamenta laterali. porta Bonomini (XV - XVIII secolo): il nome è l'italianizzazione di Johannis Bonorum Hominum, un personaggio che provvide alla ricostruzione della stessa durante il Medioevo. Il varco si apre a nord-ovest dell'antico recinto murario, sull'angolo opposto a porta Iapasseri. La prima costruzione risale all'Alto Medioevo, ripristinata in forme gotiche nel Trecento. Oggi la porta purtroppo conserva i piedritti di base in pietra, che risalgono a un restauro del 1708, immediatamente dopo il grave terremoto, che distrusse la parte superiore dell'arco a sesto acuto. Esso fu sostituito da un architrave in legno, rimosso negli anni '80 perché fatiscente. porta Santa Maria della Tomba (XV- XVI secolo): risale al XIV secolo circa, anche se oggi appare in forme seicentesche: ha un arco a tutto sesto, tamponato da una lunetta affrescata con la Deposizione, opera del pittore Vincenzo Conti (1808). L'inserimento della lunetta ha trasformato l'originaria struttura ad arco in rettangolare, costituita da piedritti a blocchi di pietra terminanti in mensole di sostegno e architrave ligneo. Si apre lungo il secondo tratto di cinta muraria, proprio presso la strada che costeggia la chiesa da cui la porta prende il nome. porta Saccoccia (XV secolo): la porta si apre lungo il tratto orientale della seconda cinta muraria, che tra la fine del Duecento e del Trecento estese il perimetro dell'abitato. Nel 1755 fu apposto uno stemma sulla porta, aperta dopo il terremoto del 1706. La porta però è già esistente come entrata secondaria nel Medioevo; il nomignolo Saccoccia risale al XVI secolo, quando la zona del rione era dominata dalla famiglia. La porta consta di un arco a sesto ribassato, sostenuto da piedritti, in blocchi squadrati di pietra. Il piedritto di destra è fortemente smussato, riparato da cemento. All'interno dell'arco dall'alto restano i supporti di legno dei cardini, e presenta un aspetto settecentesco. Lo stemma di una pecora reca la data 1755 con il nome di Pietro Antonio Pecorillo. porta Molina (XIII secolo): era un secondo accesso del sestiere, esistente già dal 1168, come riferisce il Chronicon di Casauria. Per la prima volta è stata definita "molina" dal presbitero Giovanni Ardengi, benché nel XIII secolo fosse chiamata "porta Sant'Andrea" per via della vicina chiesa oggi scomparsa. Tale chiesa era detta Sant'Andrea Intus, successivamente distrutta nel 1706. La porta tuttavia si è conservata perfettamente, poiché restaurata, e presenta un arco a tutto sesto in pietra concia, senza mensole d'imposta e con le ante in legno in situ. All'interno è preceduta da una volta a botte di altezza maggiore, raccordata alla porta per mezzo di una lunetta. Fonte Sant'Agata: si trova presso la chiesa di San Filippo, e ha origini medievali. Ma è stata ricostruita nel XVI secolo dalle maestranze lombarde, decorata con lo stemma cittadino e di quello della famiglia Lannoy, i principi di Sulmona. La vasca in pietra è decorata dal bassorilievo con i due stemmi ai lati estremi, affiancati da due formelle a motivi floreali di stampo romanico. Sotto di questi ci sono tre mascheroni dalle forme umane e faunistiche che dalla bocca mostrano le cannelle. Fontana del Vecchio: si trova lungo il corso Ovidio, collegata all'estremità dell'acquedotto medievale, il che la rende tra le fontane storiche sulmontine più famose e apprezzate. La fontana esisteva prima del 1474, quando il capitano Polidoro Tiberti la fece restaurare secondo il gusto rinascimentale. Benché modificata nella parte inferiore nel 1901, poiché la semplice vasca quadrata fu sostituita da una a sarcofago molto più decorata, con motivi a baccellature, il monumento si presenta abbastanza conservato nell'aspetto originario. La fontana è composta dalla vasca appoggiata alla parete dell'acquedotto, e dal monumento scolpito sulla parete stessa, con il mascherone dalle forme antropomorfe, molto simile a un fauno, da cui il nome "vecchio", affiancato da due rosoncini laterali, e da una cornice monumentale con due putti che sorreggono lo stemma civico. Lo stemma si trova in una profonda lunetta di gusto rinascimentale, e vari rilievi sono il coronamento all'aragonese entro una ghirlanda di fiori e frutti, sorretta dagli angioletti, in funzione acroteriale la testa barbuta del fauno. Una tradizione identifica il vecchio con il mitico fondatore di Sulmona: Solimo, uno degli amici dell'eroe troiano Enea, altri invece dicono che sarebbe una rappresentazione araldica della nobile famiglia de' Vecchis. Fontanone monumentale di piazza Garibaldi: è una delle fontane più note della città, situata al centro di piazza Maggiore, realizzata per il refrigerio dei commercianti e dei popolani. Nel 1821 ci fu un primo progetto comunale, con affidamento dell'opera al pescolano Felice di Cicco, il quale propose di usare la pietra della piazza, e venne ultimata nel 1823. La fontana è organizzata su una vasca ottagonale di di diametro, al cui centro si erge una scogliera tufacea che sorregge il tronco di una colonna decorata con motivo di larghe foglie in caulicoli. Sullo stelo di quest'ultima poggia un grande bacile, sovrastato da un più piccolo, sempre sorretto da una colonna. L'intera struttura originalmente poggiava su un basamento di tre gradoni digradanti, a cordonatura. Nel 1933 in occasione della ripavimentazione della piazza, fu realizzato il secondo bacino ottagonale. Fonte di porta Iapasseri: collocata ai piedi del tratto nord-orientale dell'ex cinta muraria, esisteva già prima del 1600, dato che in quell'epoca fu restaurata, con l'aggiunta di due vasche laterali in funzione di abbeveratoio. Si tratta di un grande abbeveratoio lavatoio che raccoglieva le acque sorgive da una polla situata nei pressi della chiesa di Santa Maria della Potenza (oggi scomparsa). La fontana in pietra concia è giocata sul motivo di tre arcate cieche a tutto sesto a profilo modanato: quella centrale poggia su mensole; le due laterali minori insistono lateralmente su possenti piedritti a base quadrata. Nelle tre lunette sono collocati gli stemmi di Sulmona, ai due lati e al centro quello dell'alleanza matrimoniale del principe Filippo II Lannoy e la consorte Porzia Guevara. I mascheroni delle cannelle sono antropomorfi, e risalgono al Medioevo. Fontana monumentale della Santissima Annunziata: si trova sul sagrato della basilica omonima, datata 1847, anche se per via di un'iscrizione si ritiene che la fonte abbia origini più antiche, almeno XVIII secolo, quando i popolani richiesero un prolungamento delle acque della Fontana del Vecchio fino alla zona dell'Annunziata. La fontana si erge su un basamento di pietra ad anello, di due gradini su cui è alloggiata la vasca circolare, dal profilo a gola rovesciata, e decorata da baccellature; uno stelo centrale con scanalature ad elementi vegetali sorregge un bacile più piccolo, con lo stesso motivo ornamentale. Fonte di Santa Maria di Roncisvalle: si trova presso la chiesetta omonima, tra le più antiche della città, lungo il tratturo Celano-Foggia. Benché la fontana sia datata 1376, forse ha origini più remote, se non addirittura romane: si presenta a forme tardo cinquecentesche, con struttura semplice del tipo a muro e coronamento orizzontale. Il paramento è in pietra squadrata, possiede quattro mascheroni a getto dall'aspetto antropomorfo. Fontana di Fonte d'Amore: collocata ai piedi del Monte Morrone, presso l'Abbazia di Santo Spirito, la fontana avrebbe dei collegamento con il poeta Ovidio, poiché la stessa targa commemorativa riporta Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus undis milia qui novies distat ab Urbem decem (Tristia, IV), e poiché il poeta negli Amores fa riferimento al suo amore per la sulmontina Corinna. Inserita in un piccolo spiazzo con pavimentazione in selciato, la fontana presenta una struttura semplice, costituita da muro rettangolare in pietra squadrata a cornice. L'acqua sgorga dalle cannule di due rosoncini laterali, oltre che da una fenditura molto larga, al centro. Monumenti pubblici Statua di Publio Ovidio Nasone: si trova in piazza XX Settembre, e fu voluta sin dal 1857 per celebrare il poeta sulmonese. Il progetto però si trascinò per vari anni fino all'inaugurazione il 20 aprile 1925. Il monumento è stato realizzato dallo scultore romano Ettore Ferrari, e mostra un pilastro in marmo con delle sculture bronzee in rilievo, la dedica al poeta a dei versi latini dedicati alla città. Sopra il piedistallo sta la statua in forme classiche in bronzo, rappresentante il poeta pensoso, con un libro stretto nella mano sinistra, poggiata sotto il gomito della destra con cui sorregge la guancia, nell'atto di meditare. Monumento a Celestino V: si trova sul corso Ovidio sud, da piazza Garibaldi, e rappresenta l'eremita raffigurato come un viandante anziano, seduto sopra un tronco, con gli animali ai suoi piedi, e il bastone da pellegrino. Monumento ai caduti: si trova presso l'ingresso al corso dalla villa. Noto anche come "Cippo di Carlo Tresca", dedicato all'anarchico antifascista sulmonese, assassinato nel 1943. Il grande cippo in marmo ha pianta quadrangolare, la cui linearità è spezzata da una cornice marcapiano verso la cima. Su ogni lato ci sono delle corone d'alloro in bronzo, mentre sul lato principale è rappresentato un bassorilievo bronzeo di un uomo giacente, con accanto la dea Vittoria. Il monumento infatti è stato costruito anche per celebrare i caduti sulmonesi nella prima guerra mondiale, per cui era stato costruito dopo il 1918, durante il periodo fascista, con forme classiche. Monumento a Benedetto XVI: è stato realizzato nel 2016 in occasione della visita pastorale di Papa Benedetto XVI nel 2010, fortemente voluto dal vescovo Monsignor Angelo Spina. Realizzato in bronzo, si trova dietro la cattedrale di San Panfilo, in una piccola aiuola, e raffigura il pontefice nell'atto di benedire. Monumento al ferroviere: si trova presso la stazione ferroviaria e si tratta di un antico locomotiva a vapore con targa commemorativa, in ricordo dei ferrovieri morti durante il bombardamento della città il 30 agosto 1943. Il campo d'internamento 78 di Fonte d'Amore Si trova nella località omonima, e rappresenta uno dei campi di prigionia di guerra più grandi dell'Abruzzo, nonché uno dei meglio conservati. Durante l'occupazione tedesca, Sulmona assunse un ruolo importante per la mobilità delle truppe e dei materiali bellici, per via dello snodo ferroviario delle quattro linee dirette a Roma (via Avezzano), Pescara, Napoli (via Castel di Sangro), e Terni (via L'Aquila). A poca distanza a Pratola Peligna sorgeva uno stabilimento adibito a polveriera per la fabbricazione di munizioni, e ciò risultò un buon centro di acquartieramento delle truppe, e successivamente per la cattura di prigionieri politici, e di combattenti nemici da internare in campi di lavoro, data l'asprezza del territorio del Morrone. Siti archeologici Santuario di Ercole Curino: si trova alle pendici del Monte Morrone, sotto l'eremo di Sant'Onofrio. Il culto di Ercole presso i Peligni era diffuso già nel V secolo a.C., e probabilmente a quest'epoca risale il tempio originario, ampliato nel II secolo a.C., e trasformato durante il dominio romano in un vero e proprio santuario, seguendo i canoni di matrice ellenistico-romana. Nel II secolo d.C. un terremoto provocò una frana che fecero collassare le strutture di riempimento, benché il sito continuò ad essere frequentato, soprattutto come cava di materiale per la costruzione di chiese. La struttura è organizzata su due livelli a terrazze artificiali, dopo gli scavi e i restauri effettuati nel 1957. La base inferiore è costituita da un muro di sostruzione in opus reticulatum, con un piazzale con 14 ambienti a volta, evidentemente locali di servizio, tranne l'ultimo locale, adibito a ingresso porticato al santuario. Sulla gradinata superiore erano collocati un piccolo donario e una fontana in pietra, dove i fedeli su purificavano prima di accedere al tempio. Si conservano decorazioni parietali a mosaico policromo, con elementi decorativi tipici del repertorio ellenistico, vegetali, delfini, onde del mare, folgori, con riferimento a Giove. Vi si trova un'iscrizione di un restauro voluto dall'ex pretoriano Caio Settimo Pompilio. Notevole è stato il ritrovamento della scultura di Eracle a riposo, conservata nel museo archeologico di Chieti. Domus romana: si trova presso il museo civico della Santissima Annunziata. Fu rinvenuta nel 1991, e risale al II secolo d.C.: l'ambiente si identifica attorno allo spazio meglio conservato dell'impluvium, sopra cui furono costruite le strutture medievali. Notevoli sono degli affreschi del terzo stile pompeiano, ritraenti la Hierogamia tra Dioniso e Arianna, e la disputa di Eros e Pan. Tale domus è stata inclusa nella sezione archeologica dei musei civici. Strade e Piazze Corso Ovidio (arteria principale del centro storico), fruibile dalla villa o dalla porta Napoli, con i monumenti della piazza Garibaldi, la piazza XX Settembre con la statua di Ovidio, la piazzetta dell'Annunziata e lo slargo della villa. Piazza XX Settembre, caratteristica principale il monumento a Ovidio, il palazzo del "gran caffè" e delle botteghe storiche del confetto. Piazza Garibaldi (piazza Maggiore), caratterizzata da planimetria rettangolare, con uno spicchio dell'acquedotto medievale e una fontana monumentale sul versante opposto, coronato dalle chiese di San Filippo Neri e San Rocco. Piazza Carlo Tresca, si trova all'ingresso della villa, adornata dal monumento commemorativo. Piazza Plebiscito, piccola piazza caratterizzata dalla chiesa di Santa Maria della Tomba. Piazza Duomo, la piazza della cattedrale, diminuita nell'area dalla costruzione della villa comunale. Piazza Giuseppe Capograssi, piazza moderna, con la sede del tribunale e procura della Repubblica, rappresentata dalla chiesa di Cristo Re. Parchi e aree naturali Villa comunale: costituisce un'ampia porzione del centro cittadino, che parte da sud allo sbocco del corso Ovidio su piazzale Carlo Tresca, fino al sagrato del duomo di San Panfilo. Con la delibera comunale del 4 maggio 1867 si attuò il progetto della costruzione di un'area di svago e passeggio; l'area fu livellata, bonificata, abbellita con fontane, piante da giardino e la costruzione di un'orchestra per i concerti pubblici della banda. Specialmente, prima della rimozione di essa, l'orchestra si esibiva durante la festa del patrono San Panfilo. Nel primo '900 l'area divenne uno dei punti nevralgici della vita sociale sulmonese, e nei pressi vi fu costruito lo stadio Pallozzi. Nel dopoguerra l'area fu circondata da palazzine costruite durante il boom economico, senza che però ne venisse alterata l'armonia. Il giardino è stato realizzato da Luigi Rovelli, avente una forma geometrica rettangolare allungata, che si sviluppa per 800 metri, dal piazzale Tresca fino alla cattedrale. In posizione simmetrica al suo interno si trovano due fontane peschiere circolari con la colonna centrale in tufo. Parco fluviale Augusto Daolio: si trova lungo le scarpate del fiume Vella attorno al centro storico. Anticamente coperto da terreni coltivati e dall'originale vegetazione a pioppeto, l'area è rimasta a lungo inutilizzata fino al progetto realizzato del parco fluviale, inaugurato nel 1999. Il parco è multiuso, per i giochi dei bambini, per le passeggiate e per le escursioni, nonché provvisto di un anfiteatro per gli spettacoli. Società Evoluzione demografica Lingue e dialetti Il dialetto parlato a Sulmona e nel suo circondario, oltre che nell'area pescarese appena ad est delle gole di Popoli, si inserisce nell'area peligna del gruppo dei dialetti abruzzesi occidentali. Le parlate dell'area peligna metafonizzano, come quelle sabine, date -u/-i finali, utilizzando però la cosiddetta metafonesi "napoletana" o "sannita": perciò per le vocali aperte è/ò si verifica la dittongazione, generalmente con esito ié/uó, mentre per le chiuse é/ó vi sono i rispettivi esiti i/u. Istituzioni, enti e associazioni Istituzioni di cui Sulmona è sede: Comunità montana Peligna Parco nazionale della Maiella (sede operativa) Cultura Istruzione Biblioteche Biblioteca comunale Publio Ovidio Nasone Archivio di Stato dell'Aquila sezione di Sulmona Biblioteca diocesana (Polo Museale di Santa Chiara) Biblioteca dell'agenzia regionale per la promozione culturale "Giuseppe Capograssi" Biblioteca convento di Sant'Antonio Biblioteca convento di San Francesco di Paola Biblioteca - Emeroteca della casa per la pace di Sulmona Scuole Hanno sede a Sulmona Università Il polo universitario di Sulmona ospita alcuni corsi dell'università degli Studi dell'Aquila. Musei Museo civico nel Palazzo della SS.ma Annunziata (con le sezioni archeologica, storico-artistica e Domus di Arianna) Museo dell'arte e della tecnologia confettiera Museo di storia naturale Museo diocesano Pinacoteca civica “E. Ferrari” Museo del costume popolare abruzzese-molisano e della transumanza Pinacoteca Provinciale “I. Picini” Media Stampa Magazine Sulmona Radio La6radio Televisione Onda Tv Sulmona Videoesse Teatro Teatro comunale Maria Caniglia Piccolo teatro di via Quatrario Opera dei Pupi Italici Cinema Elenco dei film girati in tutto o in parte a Sulmona: Fontamara (1977) di Carlo Lizzani. Parenti serpenti (1992) di Mario Monicelli The American (2010) di Anton Corbijn Un Natale con i fiocchi (2012) di Giambattista Avellino Cloro (2015) di Lamberto Sanfelice Cucina La gastronomia sulmonese impiega i prodotti orticoli della Valle Peligna, fertile terra già apprezzata da Plinio: fra questi spicca l'aglio rosso di Sulmona, un ecotipo d'antica e tradizionale coltivazione, prodotto unico in Italia per il colore rosso vinoso delle tuniche, nonché per il sapore particolarmente intenso. Accanto agli immancabili maccheroni alla chitarra conditi con sugo d'agnello, alle sagne e fagioli e alle carni ovine (tra cui gli arrosticini, piccoli spiedini di pecora), l'autentica particolarità della gastronomia locale è l'uso alimentare di ingredienti insoliti, la cui disponibilità è connessa alle colture specifiche. Tra essi emergono le zolle, scapi fiorali dell'aglio, preparate lesse in insalata o conservate sott'olio, e i fiori di zucca, passati in una pastella e fritti. I piaceri della tavola hanno il loro contributo D.O.C.: il rosso montepulciano d'Abruzzo, il rosato cerasuolo e il bianco trebbiano nascono dal frutto della viticoltura Peligna, anch'essa nota già ai Romani. Sulmona è nota non solo per aver dato i natali al poeta latino Ovidio ma anche per la produzione dei confetti, le cui tecniche di produzione e ricette si tramandano da secoli, documentato con certezza dal 1783, e successivamente prodotto principalmente dallo stabilimento della famiglia Pelino. Non solo confetti fra i dolci: anche torroni artigianali, scarponi e ceci ripieni, tradizionali dolci natalizi, fiadoni, dolci al formaggio pecorino, immancabili a Pasqua e, regina dei dolci, la cassata sulmonese, insieme di pan di Spagna creme e croccante. Arte Sulmona, al livello architettonico, è la "città del gotico abruzzese", poiché nel tessuto urbano si conservano molto bene, che in altri borghi circostanti, abitazioni, chiese ed altre tracce varie del periodo XIII-XV secolo. Uno dei primi esempi dell'arte locale, a parte la scultura romana, è il mosaico pavimentale del santuario di Ercole Curino, ritraente l'eroe greco e Giove attorniato da cornici a festoni.Tuttavia come detto lo stile architettonico che prevale a Sulmona è il gotico internazionale italiano, o "tardo gotico", visibile specialmente nell'esterno delle chiese, e in un solo caso nell'interno della chiesa di Santa Maria della Tomba. Quasi sempre ricorrente nelle principali facciate di quest'epoca artistica, è il portale ad arco a tutto sesto, con ampio strombo, realizzato nella maggior parte degli esemplari sulmontini (della facciata del duomo, di Santa Maria della Tomba, di San Francesco d'Assisi, da Nicola Salvitti, quello di San Panfilo, è datato 1391). Quello più antico risulta essere il portale d'epoca angioina della chiesa di Sant'Agostino, rimontato dopo il sisma del 1706 sulla chiesa di San Filippo Neri, ornato da magnifica ghimberga a gattoni, mostrando delle affinità con portali dello stesso periodo (metà XIII secolo) della cattedrale di Ortona e del duomo di Teramo, benché questo fosse stato realizzato mezzo secolo più tardi. Altri esempi di architettura civile gotica di metà XV secolo, nella ricostruzione della città dopo il sisma del 1456, si hanno nella casa medievale di Giovanni Sardi, con la finestra bifora, nel Palazzo dei Tabassi, famiglia favorita della casata Sveva, di cui oggi resta l'esempio della finestra gotica ad archi trilobati, mentre in piazza del Mercato si staglia la mole dell'acquedotto di Manfredi di Svevia, realizzato nel 1256, in puro stile gotico. A causa di ricostruzioni e terremoti, Sulmona si presenta in una veste architettonico-urbana molto variegata, a cominciare dalle tracce romane sparse nei fondaci delle abitazioni del centro, alle fortificazioni medievali della doppia cinta muraria, di cui restano i più famosi accessi (quasi tutti gotici del XIV-XV secolo) di porta Napoli, porta Sant'Antonio, porta Filiorum Amabilis, porta Pacentrana, porta Romana, le abitazioni, e i portali delle chiese, di cui si registrano i tardo romanici (XII-XIII secolo) presenti sul fianco del duomo e sulla "rotonda" della chiesa di San Francesco della Scarpa. Il gotico, come si è detto, non ha interessato soltanto le facciate con i rosoni a raggiera ed archetti in mostra, ma anche i campanili che hanno fatto scuola e sono stati modello d'imitazione per i borghi dell'area Peligna, di cui oggi restano tre esemplari: quello migliore della torre campanaria della basilica dell'Annunziata, quello dell'abbazia di Santo Spirito al Morrone, coevo del primo, e quello della chiesa madre della Misericordia a Pacentro. Il primo fu progettato dal napoletano Matteo Colli, nel 1565-1590 completato dal maestro Alessio da Sulmona, caratterizzato da uno squisito stile tardo gotico, scandito a più livelli da cornici con finestre bifore, e una terminante cuspide piramidale. Esemplare resta anche la facciata del complesso monumentale dell'Annunziata, prospettante sul corso Ovidio, eretta nel XIV secolo, ma rifatta più volte a causa dei terremoti; tale passaggio di vari stili è rintracciabile nella diversità dei tre portali di accesso, da sinistra verso destra, e nei finestroni che li sovrastano: da sinistra il primo settore è chiaramente gotico con eleganti ed elaborate cornici che racchiudono personaggi sacri, santi e in un girale del finestrone a trifora il monogramma di Cristo con la Madonna col Bambino; gli altri invece, man mano che si avvicinava l'arte rinascimentale, persero la decorazione molto particolareggiata, riaccostandosi a un modello più classico.Dell'epoca rinascimentale, a causa della grave devastazione tellurica del 1706, si conserva poco e niente, se non esempi scultorei presenti nei palazzi o nelle chiese. La ricostruzione ovviamente in stile barocco ha interessato tutta la città, i palazzi e le chiese, quasi nessun interno è rimasto in piedi, se non quello di Santa Maria della Tomba, e la cripta al piano sotterraneo del duomo, sicché quasi tutte si presentano in una veste barocca o neoclassica. Gli esempi migliori sono gli interni della basilica di Santa Chiara affacciata su piazza Garibaldi, la chiesa di Santa Caterina Martire e l'interno della Badia Morronese, insieme all'esterno. L'esterno e l'interno di Santa Chiara furono rifatti da Andrea Fantoni (famiglia ticinese), rappresentano un modello unico del barocco abruzzese montano, che ha fatto scuola a varie altre maestranze locali per la ricostruzione delle chiese circostanti. Il prospetto inquadrato da un ordine di lesene binate su alto basamento di pietra, è finito da intonaco e si conclude in alto col timpano curvilineo spezzato, che accoglie nel mezzo un fastigio barocco in stucco e oculo ellittico centrale. Classico esempio ricorrente sulla cornice del portale centrale, come in molti altri di Sulmona e delle chiese circostanti, è il timpano mistilineo con il motivo della conchiglia centrale, mentre in altri casi c'è una coppia di putti. Per l'interno, Fantoni, che curò anche la ricostruzione a pianta ellittica della chiesa di Santa Caterina, ripropose il semplice impianto planimetrico a sala unica della chiesa, misurando nuovamente la distribuzioni degli spazi con elegante alternanza di pieni e di vuoti, venne realizzata all'altezza del transetto una cupola ellittica a profilo ribassato, sui perimetrali vennero aggiunte due nicchie per lato con gli altari minori, mentre la distribuzione e la realizzazione dei marmi lavorati, così come per la basilica dell'Annunziata e per il cappellone della SS. Vergine Annunciata, fu commissionata alle maestranze di Pescocostanzo, già attive in vari cantieri abruzzesi tra L'Aquila e Sulmona, per la ricostruzione dei soffitti lignei. Sostanzialmente la ricchezza dell'interno delle chiese sulmonesi, oltre alle tele e ad opere scultoree in legno o in pietra, consiste nella sapiente distribuzione, su ispirazione di modelli romani e napoletani, di stucchi, pennacchi, cornici di altari e statuette di santi e putti. L'ispirazione romana è ancora più presente nel caso della facciata dell'Abbazia di Santo Spirito, ispirata forse al modello della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane di Francesco Borromini, così come lo scalone monumentale a doppia rampa, che introduce all'interno. La cantoria della controfacciata fu realizzata da Giovanni Battista Del Frate (1682); mentre nella cappella Caldora-Cantelmo, si conservano i due lavori del mausoleo di Giacomo Caldora di Gualtiero d'Alemagna, che realizzò anche il sepolcro funebre di Pietro Lalle Camponeschi nella chiesa di San Biagio a L'Aquila, esempio della presenta del pieno gotico in Abruzzo in ambito di scultura (un altro mirabile esempio di scultura sacra a carattere monumentale è la Madonna col bambino o "Madonna delle fornaci", del XII secolo, conservata su una parete della cripta del duomo), e del ciclo di affreschi della cappella della metà del Quattrocento (sulle Storie della Vita di Cristo, con al centro la Deposizione). Si tratta di uno dei pochi esempi di pittura parietale ancora conservata in città, dopo il ciclo delle "storie Francescane" del convento di Santa Chiara. In sostanza, ancora oggi è possibile vedere numerose corrispondenze, nei borghi della valle Peligna, con gli edifici civili e religiosi della città di Sulmona, soprattutto per quanto concerne l'arte barocca, e più avanti l'arte eclettica del liberty e decò (anni '10-'20 del Novecento), come dimostrano i villini del viale Kennedy, o dei casali all'ingresso del borgo medievale di Pacentro, o del tessuto urbano barocco-ottocentesco di Pratola Peligna. Al livello artigianale, Sulmona conserva una parte di un lontano passato di fiorenti botteghe artigiane, specializzate nell'oreficeria. Le botteghe e le maestranze produssero su committenza, di reali e monaci, varie opere, per lo più a carattere religioso, come piccole cassette reliquario, o croci astili. Su ispirazione dei maestri del centro Italia, l'oreficeria sulmonese si fece conoscere a Roma e Napoli dal XIII al XV secolo, iniziando dal momento in cui grazie a Federico II divenne nel 1233 la capitale d'Abruzzo. Con i privilegi di Ladislao di Durazzo re di Napoli, quando la città poté coniare i Bolognini, Sulmona divenne il principale centro dell'oreficeria in Abruzzo, con il proprio marchio di fabbrica impresso sulle, opere ossia l'iscrizione SMPE (abbreviazione del verso ovidiano "Sulmo mihi patria est"). Tra i maestri si ricordano Barbaro da Sulmona che realizzò il busto reliquario di San Nicandro per Venafro (Molise), e Cicco di Francesco da Bentenvenga, di cui alcune opere sono conservate nel museo civico della città di Sulmona. Tale fenomeno artistico culminò nei lavori del maestro Nicola da Guardiagrele, che rappresentò il canto del cigno di quest'arte, già decaduta nella metà del Quattrocento. Eventi Aprile: Sulmona Comics & Games Inizio agosto: Giostra cavalleresca terza settimana di agosto: Muntagninjazz, piano piano per Sulmona Fine agosto: Sulmona Rock Festival - Eremo di S. Onofrio settembre: Concorso Internazionale di canto lirico "Maria Caniglia" ottobre: Concorso Internazionale di pianoforte "Città di Sulmona" - Sulmona Comics & Games Da ottobre ad aprile: stagione concertistica della camerata musicale sulmonese novembre: Sulmonacinema Film Festival festival del giovane cinema italiano a concorso, dal 2016 Sulmona International Film Festival, concorso internazionale di cortometraggi. dicembre - Premio nazionale "Un giorno insieme - Augusto Daolio - città di Sulmona" per cantautori e gruppi emergenti (organizzato dall'associazione culturale Premio Augusto Daolio in collaborazione con il Nomadi fans club "Un giorno insieme"). Settimana santa I riti della Settimana santa sulmonese sono i più suggestivi d'Abruzzo, conosciuti sia in Italia che all'estero. La loro origine risale documentariamente al Medioevo (anche se, nella loro forma attuale, sono solo del XVII o XVIII secolo) e sono organizzate dalle più importanti confraternite cittadine: l'arciconfraternita della Trinità (con sede nell'omonima chiesa lungo corso Ovidio) e la confraternita di Santa Maria di Loreto (con sede nella chiesa di Santa Maria della Tomba). I membri dei due sodalizi sono detti rispettivamente trinitari e lauretani; a Sulmona sono chiamati popolarmente anche rossi (i trinitari, per la loro tunica rossa) e verdi (i lauretani, per il colore della loro mozzetta). Il rito della settimana santa prevede la processione del Venerdì santo dalla chiesa della congrega della Santissima Trinità per le vie del centro storico, con solenne marcia. Su ispirazione della ben più antica "Madonna che véle" di Introdacqua, il giorno di Pasqua è diventata tradizione far incontrare le statue della Madonna con Gesù Cristo risorto in piazza Garibaldi. La statua della Vergine Addolorata, in veste nera per il lutto, viene fatta uscire dalla chiesa di San Filippo Neri, mentre la statua di Gesù è posta presso l'acquedotto medievale, ed a mezzogiorno la statua della Vergine, scortata da San Pietro e San Giovanni Evangelista, si libera delle vesti del lutto, mostrando un vestito verde (quello della confraternita dei lauretani), una rosa rossa nella mano, e viene fatta correre verso il figlio, e da qui il rito della "Madonna che scappa". Giostra cavalleresca di Sulmona La giostra cavalleresca di Sulmona era una manifestazione rinascimentale della città che si teneva due volte l'anno, in aprile e a ferragosto, e consisteva in tre assalti alla lancia portati contro un bersaglio umano, il cosiddetto "mantenitore", da un cavaliere munito di una lancia con vernice bianca sulla punta. Il punteggio era assegnato da un "mastrogiurato", il cui giudizio era insindacabile, che dichiarava il vincitore in base alla parte del corpo colpita ed all'eventuale perdita di sangue. La manifestazione è stata rievocata a partire dal luglio del 1995 e vede la partecipazione dei quattro sestieri e dei tre borghi in cui è stato diviso il territorio cittadino, che si affrontano nella piazza Maggiore (piazza Garibaldi). Si svolge in due giornate, l'ultimo sabato e l'ultima domenica di luglio. I cavalli corrono percorrendo un ovale completo e quindi un otto, in circa 30 secondi e i cavalieri devono colpire degli anelli. Il punteggio di ogni singola sfida viene determinato dal numero di "botte" agli anelli (massimo 3 per ogni cavaliere); in caso di parità si tiene conto del valore dei singoli anelli, di diverso diametro (quello da 10 cm di diametro vale 1 punto, da 8 cm 2 punti e da 6 cm 3 punti); in caso di ulteriore parità si tiene conto della velocità. Alla gara seguono un corteo storico, la sfida dei capitani, e cene all'aperto nei borghi e nei sestieri. Lotteria Nazionale di Sulmona Nel 1992 la città di Sulmona fu sede di una delle lotterie nazionali, la "Lotteria di Sulmona": il concorso internazionale di canto lirico "Maria Caniglia" venne legato alla lotteria con primo premio da 2 miliardi abbinato alla cantante vincitrice, Mariana Tarassova (biglietto E 37149, venduto a Pontedera). La serata finale dell'evento lirico, il 29 marzo, fu trasformata in evento televisivo nazionale RAI per la lotteria di Sulmona e si tenne al Teatro comunale. La lotteria fu fortemente voluta dall'allora sottosegretario alle finanze, Domenico Susi. Economia Artigianato Tra le attività economiche più tradizionali, diffuse e rinomate vi sono quelle artigianali, come la tessitura finalizzata alla realizzazione di tappeti, arazzi e coperte caratterizzati da temi geometrici e vegetali, oltreché l'arte orafa e quella del confetto. Importanti sono anche le produzioni di mobili rustici e le lavorazioni del ferro battuto. Industria Dagli anni '60 in poi Sulmona si è sviluppata verso nord, ai confini con Roccacasale e Pratola Peligna, creando un grande complesso industriale denominato "Località produttiva", attraversato dal viale della Repubblica. Il comprensorio è vario, e le attività più note sono la produzione all'ingrosso di tessuti e confetti. Turismo Sin dal primo Novecento, ma con sviluppo economico al livello regionale, poi nazionale e infine mondiale, Sulmona è stata frequentata dal turismo. Inizialmente il turismo era di matrice culturale, per le bellezze architettoniche angioino-aragonesi che la città ancora mostra, nonostante i vari terremoti e la disarticolazione degli elementi architettonici rinascimentali-barocchi. Successivamente, dal secondo dopoguerra, Sulmona è diventata famosa in Italia grazie alla produzione dei tipici confetti, per la valorizzazione del patrimonio artistico-culturale-monumentale, e successivamente grazie all'istituzione del Parco nazionale della Maiella, di cui Sulmona è sede amministrativa insieme a Guardiagrele. Il trovarsi alle pendici del Monte Morrone, o delle sorgenti delle gole di San Venanzio a Raiano, ha permesso una nuova forma di turismo basato sull'escursionismo, oltre a quello culturale gastronomico nel centro della città. Geografia antropica Sulmona ha sostanzialmente conservato l'aspetto antico, raccolto attorno alle mura, benché siano state smantellate, o inglobate nelle abitazioni tra il Settecento e l'Ottocento. Il centro storico ha una forma ellittica, sopra un'altura lambita dal fiume Vella, con i relativi quartieri (sestieri), attraversato dal cardo massimo del corso Ovidio, che nella zona baricentrica attraversa piazza Maggiore (o di Giuseppe Garibaldi). La zona moderna a sud, appena fuori porta Napoli, fa parte del quartiere dell'ospedale, antico contado dei Frati Cappuccini (che risiedevano presso la chiesa di San Francesco di Paola), zona soggetta allo sviluppo edilizio già dal primo Novecento, con la costruzione della caserma "Cesare Battisti", del primo ospedale civile, poi ospedale "Santissima Annunziata", e del cimitero civile comunale. Ad est la favorevole posizione di una seconda altura lambita dal fiume, ha permesso lo sviluppo negli anni '60 della Cittadella Giudiziaria, collegata al centro antico mediante ponte Capograssi, che immette al viale De Nino, fino al corso. La cittadella è provvista del Tribunale, dei principali istituti scolastici superiori, e della chiesa moderna di Cristo Re. Una sorta di piccolo "borgo" costituitosi nel tardo Ottocento è quello di San Panfilo, alle porte del centro storico, conservato attorno alla cattedrale di San Panfilo, composto di caratteristiche abitazioni in stile locale, con la villa comunale attorniata dal villini liberty, e da un grande viale che porta a nord alla stazione ferroviaria. Centro storico Diviso in sei distretti: distretto di porta Sancti Pamphili o di san Martino a nord, sull'asse dell'attuale corso Ovidio, affiancato a nord-ovest dal distretto di porta Bonomini e a nord-est dal distretto di porta Iapasseri. Il distretto di porta Salvatoris occupa il territorio posto a sud lungo l'asse del corso ed è affiancato a sud-ovest dal distretto di porta Filiamabili e a sud-est dal distretto di porta Manaresca. Extra moenia, cioè oltre la prima cinta muraria, sorgono a sud il borgo di Santa Maria della Tomba e il borgo di Sant'Agata, affiancati dal borgo Pacentrano (detto anche di Sanctae Margheritae) e a sud-est dal Borghetto. A nord, invece, si sviluppa il borgo di San Panfilo. Dal 1995, per ragioni eminentemente organizzative e funzionali alla disputa della giostra cavalleresca, l'associazione culturale che organizza l'evento equestre ha diviso il centro abitato in 4 "sestieri" (all'interno della prima cinta muraria) e 3 "borghi" (due a sud circondati dalle mura della seconda cinta) ed uno a nord: ciascuna entità territoriale, che è stata dotata di uno stemma, di uno scudo e di un motto, partecipa annualmente al palio della "giostra cavalleresca". Sestiere porta Manaresca: pende il nome dalla scomparsa porta posta tra via Federico II e largo Mercatello (la stessa porta prenderebbe il nome dal conte Manero, fiscale del rione e Conte di Valva), situata alla sommità di via Marselli (Costa dei Sardi), delimitato dal vico del Vecchio, dalla via nuova Federico II, la circonvallazione orientale, via Pansa, via Antonio De Nino e corso Ovidio. Si tratta di uno dei quartiere più grandi della città. Ha vinto il Palio della Cordesca nel 2003-2004-2006-2011, il Palio della giostra nel 1995-2001-2009-2011-2013-2015-2016. I colori: azzurro, rosso e oro, il blasone è trinciato, nel I d'azzurro al grappolo d'uva d'oro, nel II di rosso pieno; lo scudo timbrato da elmo d'acciaio a becco di passero, posto di tre quarti a destra, ornato di cercine e coppia di svolazzi di rosso d'azzurro. Il cimiero: un leocorno nascente d'oro, il motto: primus inter pares. I monumenti maggiori sono il Palazzo di Giovanni Falle Palle sul corso Ovidio, il monumento a Ovidio su piazza XX Settembre, Palazzo Sardi, Palazzo Corvi, la chiesa di Santa Caterina, Palazzo Grilli-De Capite, il Palazzo Colombini, la casa gotica di Giovanni Sardi. Sestiere porta Filiamabili: in latino era detto "Filiorum Amabilis", prendendo il nome dalla porta medievale perfettamente conservata nelle forme trecentesche. Agli inizi dell'XI secolo l'antico Solimona era descritta come rinchiusa in un'originaria cinta muraria disposta seguendo il castrum romano. La porta di accesso posta a sud-ovest, e a nord di piazza Garibaldi, è menzionata nel 1196. In questi anni il sestiere divenne uno dei fulcri della vita cittadina e commerciale, con le botteghe poste lungo via Quatrario, antico decumano della romana Sulmo. Il blasone è troncato, trinciato, tagliato d'oro e d'azzurro, alla punta squamata d'azzurro e d'oro di tre file. Scudo timbrato da elmo d'acciaio, con la visiera chiusa, posto di tre quarti a destra e ornato di cercine e coppia di lambrecchini d'azzurro e d'oro. Il cimitero: un drago nascente d'argento, il motto: Semper Amabilis. Comprende la porzione sud ovest del centro storico che lambisce il corso Ovidio fino all'asse di piazza Garibaldi. Ha come confini via Manlio d'Eramo, la circonvallazione orientale, corso Ovidio, via San Cosimo, via Quatrario, parte di via Corfinio, via Salvatore Tommasi e il largo Mazara. I monumenti principali sono porta Filiamabili e la coeva di Sant'Antonio, il Palazzo San Francesco con annessa biblioteca civica, sede comunale (via Mazara), la chiesa di San Francesco della Scarpa, con il caratteristico portale strombato e la "rotonda" prospettante sul corso Ovidio, la chiesa del Carmine, Palazzo Meliorati e Palazzo Mazzara. Sestiere porta Iapasseri: comunemente conosciuto come "porta Japasseri", in latino Joannes Passarum dal nome di Giovanni de Passeri, coltore fiscale, è posto all'angolo sud-orientale del primitivo abitato tra la circonvallazione orientale, ponte nuovo Capograssi che si collega a via De Nino, via Pansa, via De Nino, corso Ovidio e piazzale Carlo Tresca. La porzione quadrangolare del sestiere è delimitata da via De Nino, via Gramsci, che comincia dal sagrato della chiesa di San Domenico, arrivando sino a via Panfilo Scudieri, confluendo con via Papa Innocenzo VII; altre vie d'importanza che delimitano il quartiere all'interno sono via Iapasseri, via Morrone, via Pastore. Il sestiere ha vinto il Palio della Cordesca nel 2014, il palio della giostra cavalleresca nel 1998, 2002 e 2018. I colori dello stemma sono nero, rosso e argento; il blasone è troncato, inchiavato, nel primo di nero al triplo arco d'argento, il mediano più alto, nel secondo di rosso pieno. Lo scudo da torneo ha tacca a destra, timbrato da elmo d'acciaio e becco di passero, di tre quarti a destra, ornato di cerchie e coppia di svolazzi, a destra di rosso foderati d'argento, a sinistra di nero foderati d'argento. Il cimiero ha un'aquila, il motto è: "per aspera ad astra". Si conservano gli stipiti di questa porta sulla via orientale, poi di interesse la chiesa di San Domenico, il teatro comunale "Maria Caniglia", la fonte Japasseri e il Palazzo Sanità. Sestiere porta Bonomini: adiacente alla porta omonima, situata all'inizio della discesa di porta Romana (prende il nome da Giovanni Buonuomo, ebreo aquilano che si arricchì a Sulmona, restaurando probabilmente la cinta muraria); comprende tutta l'area nord ovest adiacente alla porta stessa, da via Barbato fino al corso Ovidio, piazza XX Settembre a nord, ed a largo Salvatore Tommasi, parte di via Corfinio (nord) e via San Cosimo. Il sestiere ha vinto il Palio della Cordesca nel 2016, quello della giostra cavalleresca nel 2000 e 2010. I colori sono l'oro, il rosso e il verde, il blasone: d'oro tagliato e innestato di quattro pezzi sul losangato di rosso e di verde, trinciato di otto pezzi e tagliato in due. Lo scudo timbrato da elmo d'acciaio, a bigoncia, posto di pieno profilo e ornato da coppia svolazzi a destra di rosso e d'oro, a sinistra di verde e d'oro. Il cimiero: testa di cinghiale al naturale, strappata e difesa di rosso; il motto è: fato et facto. I monumenti sono: il complesso della Santissima Annunziata con chiesa e palazzo che include le sedi del Museo civico, poi la domus romana sotterranea del I sec., la chiesa della Santissima Trinità lungo il corso Ovidio, la chiesa di San Gaetano, il Palazzo Tabassi, casa Caldirari, la chiesa di San Pietro e quella di Santa Maria ad Nives e infine i piedritti dell'antica porta Bonomini che chiudeva le mura ad ovest. Borgo Pacentrano: abbraccia la parte sud-orientale del centro, e prende il nome da porta Pacentrana (perché si accedeva da Pacentro), oppure porta Orientis. All'esterno è attraversato dalla circonvallazione orientale, e le vie principali sono via di porta Pacentrana, via del Borghetto, via Federico II, via Probo Mariano e via Margherita. Comprende anche porta Saccoccia con la Piazzetta Sant'Agata. Ha vinto il Palio della Cordesca nel 2012-2017, il Palio della giostra nel 1999. I colori sono l'oro, rosso e argento, il blasone: di rosso, ai due leoni affrontati e coronati, l'uno d'oro l'altro d'argento, armati e lampassati, dell'uno nell'altro, accompagnati nel campo da un'ombra di sole dorato, al disco bordato e cuneato di 16 pezzi di rosso, alternati a raggi. Lo scudo è timbrato da elmo d'acciaio e becco di passero, di tre quarti a destra e ornato di svolazzi di rosso, foderati d'oro. Il cimiero è a testa di leone strappata d'oro e lampassata di rosso, il motto: unguibus et dentibus. I monumenti di interesse sono la piazza Garibaldi, la chiesa di San Filippo Neri, la fontana di Sant'Agata, il fontanone della piazza maggiore, la chiesa e convento di Santa Chiara d'Assisi con l'acquedotto svevo, la porta orientale, la chiesetta di San Rocco, il Palazzo Alicandri-Ciufelli su piazza Garibaldi Borgo Santa Maria della Tomba: include la zona di piazza Plebiscito con la chiesa di Santa Maria, via del Tempio, via Capitolina, la circonvallazione Occidentale, via Panfilo Serafini e la parte del corso Ovidio fino a porta Napoli. Ovviamente il suo nome proviene dalla chiesa principale, affacciata su piazza Plebiscito; ha vinto il Palio della Cordesca nel 2013, il Palio della giostra nel 2007-2014. I colori sono l'oro, argento e verde, il blasone è d'oro al giglio di verde, calzato e ritondato del secondo. Lo scudo è sagomato e timbrato da elmo d'acciaio a becco di passero, posto di tre quarti a destra e ornato di cerchie e coppia di svolazzi di verde foderato d'oro. Il cimitero: grifone nascente d'oro, armato e lampassato di rosso, il motto: assunta est Maria. I monumenti sono la chiesa di Santa Maria della Tomba, la chiesa di Santa Lucia dei Benedettini, porta Napoli, porta Santa Maria della Tomba. Borgo San Panfilo: include tutta la parte settentrionale del centro storico da via di porta Romana, piazzale Carlo Tresca, la circonvallazione orientale, via Matteotti e via Roosevelt. All'interno si trova la cattedrale di San Panfilo, posta dietro la villa comunale. Il tutto era circondato da una cinta muraria poi demolita, che presso la cattedrale includeva porta San Panfilo, e all'ingresso del corso la porta Sant'Agostino, demolita dopo il 1706. Fuori le mura si trovavano anche due chiese, oggi scomparse, dedicata a Sant'Andrea extra moenia e a Sant'Agata. Ha vinto il Palio della Cordesca nel 2015, il Palio della giostra nel 1997-2017. I colori: oro, rosso porpora e argento, il blasone: d'oro alla losanga di rosso porpora confinante ai quattro bordi dello scudo, caricata della conchiglia di San Giacomo, d'oro. Scudo è timbrato da elmo d'acciaio a visiera chiusa, di pieno profilo a destra e ornato di cercine e coppia di svolazzi d'oro, foderati di rosso porpora. Il cimiero: una testa di cigno strappata al naturale, tenente il becco nero e una conchiglia d'oro. Il motto: salus mea Pamhpilus est. I monumenti di interesse sono la cattedrale di San Panfilo posta davanti alla monumentale villa pubblica, il Palazzo Episcopale su via Roosevelt, la torretta cilindrica della circonvallazione orientale, il cippo di Carlo Tresca e la porta Romana, al confine col sestiere di porta Bonomini. Frazioni Acqua Santa, Albanese, Cavate, Badia-Bagnaturo, Banchette, Case Bruciate, Case Lomini, Case Panetto, Case Susi Primo, Case Susi Secondo, Casino Corvi, Faiella, Fonte d'Amore, Le Marane, Santa Lucia, Torrone, Tratturo Primo, Tratturo Secondo, Vallecorvo, Zappannotte. Infrastrutture e trasporti Autostrade Autostrada Roma-Torano-Pescara, uscita Pratola Peligna - Sulmona Strade Strada statale 17 dell'Appennino Abruzzese ed Appulo-Sannitico Strada statale 479 Sannite Strada statale 487 di Caramanico Terme Ferrovie La stazione di Sulmona, importante nodo ferroviario, è servita dalle seguenti linee: Ferrovia Roma-Sulmona-Pescara Ferrovia Sulmona-Isernia Ferrovia Terni-Sulmona In passato era attiva anche una linea tranviaria, che collegava la stazione ferroviaria con il centro cittadino. Amministrazione Consolati Consolato del Canada Il Consolato del Canada è stato presente sul territorio per 9 anni: dal 1998 al 2007; attivo per le regioni Abruzzo, Molise e Marche. Il console onorario fu Laureano Leone. Per effetto di una riduzione dei costi delle rappresentanze canadesi all'estero, il consolato di Sulmona è stato infine soppresso. Gemellaggi Sulmona è gemellata con: città dove Ovidio fu relegato dall'imperatore Augusto nell'anno 8 d.C. e dove morì nel 18 d.C. Sport Ha sede nel comune la società calcistica Sulmona Calcio, fondata nel 1921. Per cinque volte Sulmona è stata sede di arrivo di tappa del Giro d'Italia. 1911 9ª tappa Ancona-Sulmona, vinta da Ezio Corlaita. 1925 8ª tappa Benevento-Sulmona, vinta da Giovanni Brunero. 1926 7ª tappa Foggia-Sulmona, vinta da Alfredo Binda. 1928 4ª tappa Arezzo-Sulmona, vinta da Alfredo Binda. 1992 6ª tappa Porto Sant'Elpidio-Sulmona, vinta da Franco Vona. Nel 2004 il comune ha ospitato le specialità su strada dei XXXII Campionati mondiali di pattinaggio di velocità in linea. Impianti sportivi Stadio Comunale "Francesco Pallozzi" Impianti sportivi "Nicola Serafini" comprensivi di Palazzetto dello sport, Stadio del rugby e Stadio di atletica. Tennis Club Sulmona e Piscina comunale.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Catignano
Catignano
Catignano (Catignènë in dialetto locale) è un comune Italiano di abitanti della provincia di Pescara in Abruzzo. Storia Il più antico insediamento stabile di gruppi di umani nel territorio di Catignano risale al periodo Neolitico. A partire dagli anni ’60-’70 del Novecento una serie di ricognizioni e scavi archeologici, effettuati in località Ponte Rosso al km 39 della SS. 602, portarono alla luce una ricca serie di reperti databili al VI – V millennio a.C. In questo luogo, nei pressi di un rigoglioso corso d’acqua, gruppi di umani organizzarono un villaggio del quale restano interessantissime tracce, oggi visibili presso l’area archeologica. Sulla superficie del sito sono state rilevate cavità di varie forme che testimoniano le attività e l’organizzazione di vita di questi gruppi preistorici: capanne, fosse di combustione, pozzetti (silos) e sepolture. Nell’area archeologica, inoltre, sono stati rinvenuti numerosi reperti che testimoniano delle abitudini quotidiane, delle prime forme culturali e di artigianato artistico elaborate da questi preistorici insediamenti umani. Si tratta soprattutto di vasi in ceramica figulina con elementi decorativi impressi o dipinti, oggetti d’uso domestico e qualche idoletto fittile in forme antropomorfe. Nel periodo protostorico e fino ai primi secoli d.C., tali comunità si spostarono occupando altre zone limitrofe all’attuale centro abitato. Probabilmente Catignano sorse sulle rovine dell’antica Cutina. Secondo quanto riferito da Tito Livio nei suoi libri dedicati alla storia di Roma, Cutina risulterebbe essere stato uno dei centri più forti e tenaci del popolo dei Vestini. Insieme con Cingilia fu tra i centri che più a lungo resistettero all’occupazione dell’esercito romano, per questo intorno al IV secolo a.C. venne completamente distrutto e se ne persero così definitivamente le tracce. Il toponimo del paese durante il Medioevo si trasformò in Catenianum e Catigitanum, due termini che fanno riferimento alla parola “catena”. Tale riferimento potrebbe avere diverse spiegazioni tra cui quella più suggestiva ed evocativa di un luogo destinato alla deportazione e alla prigionia; oppure quella per cui la parola deriverebbe da catonius + anus con riferimento a un prediale, ovvero a una tassa sui terreni le cui dimensioni furono per secoli calcolate con l’utilizzo della catena, intesa quale antica misura di lunghezza e superficie, specialmente agraria. Durante il Medioevo e soprattutto in epoca moderna, il paese rivestì sempre una certa rilevanza politica e sociale. Del castrum medioevale non resta che qualche traccia nelle mura a scarpa e nella tipica distribuzione abitativa a cerchio del borgo fortificato, oggi identificato come via del Castello. Secondo quanto riferito dal Chronicon del monastero di San Bartolomeo di Carpineto, nel 964 Rodelando di Penne donò al monastero un terreno presso Catuniano, dove sorgeva una piccola chiesa dedicata a S. Agnea; è possibile che si trattasse di un’antica ecclesia, forse dedicata a S. Agnese o a S. Anna, che potrebbe avere subito alterazioni linguistiche nelle trasmissioni scritte e orali. Probabilmente il documento si riferisce all’attuale chiesa di S. Irene, già della Natività della Vergine, situata in Contrada Cappuccini. L’edificio così come noi oggi lo vediamo venne realizzato dai Benedettini tra l’XI e il XII secolo, ed è uno splendido esempio di arte romanica abruzzese. Nel 1090 il toponimo appare cambiato in Cateniano come è attestato in un contratto tra il vescovo di Penne Pampone e l'abate del monastero di San Bartolomeo di Carpineto, in cui il castello di Catignano è ceduto dal Vescovato all'Abbazia. Con l’arrivo degli Svevi in Abruzzo nel Duecento, per l’antico borgo si registrò un momento di crisi. Dopo una rivolta ghibellina Mario Bruxerio, signore del castello di Catignano, venne imprigionato e il re Carlo d’Angiò ne ordinò la confisca dei beni; da questo momento il castello e le sue proprietà vennero frammentati e divisi tra diversi signori di Loreto. Nel XV secolo Alfonso d’Aragona concesse Catignano e tutti i suoi possedimenti al conte Battista Camponesco di L’Aquila. Nel 1469 il borgo venne acquistato, insieme con altri vicini, da Michele D’Afflitto, figlio di Luigi regio consigliere di Ferdinando I d’Aragona. Durante l’invasione francese tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, Catignano fu meta e rifugio per i briganti, molti dei quali uccisi dai francesi durante l’invasione nella città di Pianella nel 1806. Di questo periodo si hanno poche notizie perché durante la prima metà dell'Ottocento buona parte dell’archivio comunale venne distrutto da un violento incendio. Prima della Legge n. 30 del 2 agosto 1806 con la quale il governo francese avviò il definitivo processo di abolizione della feudalità, il Comune di Catignano risultava essere una terra baronale sottoposta al controllo del Duca di Alanno Michele Bassi. Nel 1807 quest'ultimo, un nobile filo francese al servizio del governo napoleonico, venne eletto Intendente in Capua. In quegli anni Catignano, per la sua congeniale posizione geografica divenne Capoluogo del Circondario dell’allora provincia di Teramo. Ivi quindi ebbe sede, dal 1811 al 1817 il Giuducato di Pace, che sostituì i Governatori e i Baiuli nella giurisdizione locale. Biografia di riferimento: Centri storici della Val Pescara dall’Evo Medio ai nostri giorni, a cura di G. Chiarizia, Pescara 1990. - AA.VV., Terra Vestina. L’area vestina della Provincia di Pescara, Pescara 1992 - R. Mancini, Viaggiare negli Abruzzi, L’Aquila 2006 - Dalla Valle dell’Orta alla Valle del basso Pescara, in Documenti del’Abruzzo Teramano, a cura di L. Franchi Dell’Orto, vol. VI, Teramo 2006 Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Convento di Santa Irene e della Natività Il convento fu possedimento dei Cappuccini nel Medioevo e oggi si è conservato nelle forme originali. La chiesa, costruita nel corso dell'XI secolo dai Benedettini e di cui si ha menzione nel 1090 come pieve intitolata a Santa Maria di Cateniano, ha facciata a capanna con rosone e portale con lunetta. Il campanile è a vela e è separato dalla chiesa, sorgente su un piedistallo. Il retro ha tre absidi. Sul fianco destro della chiesa sorge un palazzetto come rifugio dei frati e dei pellegrini. Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista Rimaneggiata nel XVIII secolo, ha una facciata del 1795 bipartita in due settori. Quello centrale ha il finestrone e un piccolo orologio. Il portale è decorato da un architrave con due angeli. L'interno a navata unica ha stucchi di colore giallo canarino. La volta è suddivisa da affreschi riguardanti la vita del santo. Torre campanaria di Santa Maria delle Grazie Posta lungo via Madonna delle grazie, è l'unico elemento rimasto della storica chiesa del XVIII secolo, demolita negli anni 70 a causa della scarsa manutenzione e di una frana. La torre è a pianta quadrata, divisa da cornicioni in cinque settori, gli ultimi dei quali hanno gli archi della cella campanaria (uno per lato nel terzultimo), due a bifora nei lati del punultimo settore, e infine un settore più piccolo a torretta con cupoletta. Siti archeologici Area archeologica di Catignano Nel sito archeologico sono stati ritrovati resti di un importante centro abitato del Neolitico. Sport Calcio Attualmente il paese gioca nel campionato di calcio regionale insieme al vicino Vicoli, prendendo il nome di Catignano Vicoli, militante in Terza Categoria. Società Evoluzione demografica Amministrazione
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https://it.wikipedia.org/wiki/Pianella
Pianella
Pianella (Pianòllë in dialetto locale) è un comune italiano di abitanti della provincia di Pescara in Abruzzo. Geografia fisica Il territorio è del tipo collinare. Il paese si trova nell'area Vestina a circa 20 km da Pescara e 7 km da Chieti. La sede comunale è a circa 236 metri s.l.m. ma le altezze variano dai 100 ai 280 metri s.l.m. Pianella è attraversata dal torrente Nora. Origini del nome La leggenda vuole che la figlia della Regina Giovanna, perse la sua pianella (la scarpetta) girando il regno con la madre. Fu proprio quella ciabatta a dare il nome all'attuale città. Altre fonti, decisamente più attendibili, attribuiscono al nome della città una sorta di evoluzione, iniziata dal nome dell'antica fortificazione Castrum Planellae, risalente all'anno 1500, la quale fu eretta in memoria del luogotenente Cristiano Pellegrini (1313-1340), passando poi per le varie Plenina, Plenilia, fino ad arrivare all'attuale Pianella. Il tema viene ampiamente affrontato da Enrico Sappia De Simone in Appunti sui Popoli Plenilenses e Pianella della Rivista Abruzzese di scienze e lettere, anno IV, fascicoli V-VI (maggio e giugno 1889), pp. 276 e ss. Ma quanto detto in precedenza è solo frutto di tradizioni e leggende popolari, poiché l'origine dell'attuale nome di PIanella è da ricercarsi nella corruzione o alterazione della voce latina, "plana", intesa come piana, planula, planello, pianello, piccola pianura, attestato nel Regesto di Farfa di Gregorio da Catino (cfr. Ernesto Giammarco, Toponomastica Abruzzese e Molisana, Edizioni dell'Ateneo, 1990, p. 301; ed anche Eliseo Marrone, Il granaio d'Abruzzo dal Comune all'età farnesiana, Pescara, Tracce, 2012, pp. 48–49). Storia Antico centro dei Vestini. Le prime testimonianze risalgono al 953 d.C., anno in cui , principe di Capua, decise la costruzione della chiesa di Santa Maria Maggiore, edificata sui resti del tempio romano, dedicato al culto della dea Vesta. Tuttavia, i numerosi manufatti sabellici, greci, romani e medievali rinvenuti negli ultimi due secoli, fanno pensare ad una presenza umana continua ed ininterrotta nei secoli successivi. La città ha avuto una lunga storia di invasioni ed attacchi. Nel IX secolo fu, ad esempio, devastata dai Saraceni, cosicché i superstiti si rifugiarono sul colle e cominciarono a fortificarlo. Al X secolo risale la prima testimonianza del toponimo Castrum Planellae nella contea di Manoppello e sotto il dominio dei Normanni. Nel 1078 o nel 1080 il Castello con le sue porte, le mura, le carbonaie e la scomparsa chiesa monastica di Santo Stefano passano come effetto di una donazione privata da parte di Sansone di Adelberto, di origine longobarda, al monastero di Montecassino. Passò successivamente al dominio di Carlo d'Angiò prima e di Corrado Acquaviva poi. La presenza di molte monete coniate per le crociate fa ipotizzare che Pianella fosse stato un centro di incontro di pellegrini, frati e commercianti prima di procedere alla volta di Brindisi. Nel 1473 Ferdinando d'Aragona riconobbe lo status demaniale a Pianella, con tutti gli statuti di una vera e propria "universitas". Tuttavia nel 1496 fu concessa col titolo di conte al segretario del marchese di Mantova, Iacopo Probi, il quale non fu mai accettato dalla comunità, pur conservandone il titolo sino alla morte. Nel 1522 Pianella diventò feudo di Margherita d'Austria Farnese, alla cui famiglia rimase fino all'eversione della feudalità. Infine, Ferdinando IV di Borbone assegnò a Pianella il titolo di Città regia. Simboli Il gonfalone municipale è un drappo di bianco. Onorificenze Monumenti e luoghi d'interesse Chiesa di Santa Maria Maggiore: detta anche Sant'Angelo, è una chiesa romanica, situata poco lontana dal centro abitato di Pianella. L'aspetto attuale risale all'incirca al XII secolo, anche se è attestata nelle fonti a partire almeno dal secolo precedente (1075) come chiesa di un contiguo monastero benedettino. Sulla facciata spiccano il Portale e l'ampio rosone ad otto raggi. L'interno è a tre navate, divise da archi a tutto sesto. Particolarmente suggestivi sono il pulpito con i simboli dei quattro Evangelisti, finemente scolpito da Acuto, e gli affreschi tra i quali spicca il Giudizio Universale. Qui viene custodita una statua in onore di San Michele Arcangelo che viene portata in processione l'8 maggio. Arco di San Silvestro: è una delle porte antiche della città. A causa dell'espansione urbana ha perso oggi la sua funzione di chiusura delle mura. Centralmente all'arco vi è una nicchia con un busto di San Silvestro che dà il nome alla porta. Parrocchia Sant'Antonio Abate: dove sono contenute le spoglie di Santa Ciriaca, la statua di San Pantaleone e il busto di San Silvestro di scuola napoletana. Chiesa del XVI secolo. I Santi patroni vengono portati in processione dall'ultimo venerdì del mese di luglio all'ultimo lunedì di luglio. Chiesa della Madonna del Carmine: chiesa tardo-barocca del XVI secolo, all'esterno si notano le numerose linee verticali che slanciano il fabbricato; la facciata nel complesso risulta indubbiamente di stampo settecentesco. All'interno la chiesa presenta una sola navata, sette altari e sei cappelle. Qui viene custodita la statua della Madonna del Carmine, patrona dei carmelitani di Pianella, che viene portata in processione il 16 luglio. Anche questa chiesa è rimasta inagibile dopo il 6 aprile 2009. Cappella Privata di Santa Lucia: questa cappella è di proprietà dei Marchesi di Casalincontrada de Felici. Qui vengono contenuti i corpi di due nobili di Pianella e il quadro delle Anime Sante che viene portato in processione la domenica dopo il Corpus Domini. Viene custodito anche il quadro di Santa Lucia (la statua di Santa Lucia viene conservata dalla famiglia Cipriani di cui ne è proprietaria). Chiesa agibile. Cappella Privata di Santa Maria delle Grazie: questa cappella, invece, è della famiglia Sabucchi. In questa cappella viene conservata la statua della Madonna delle Grazie e un quadro raffigurante la Madonna delle Grazie con alle sue spalle la città di Pianella. La Madonna delle Grazie viene portata in processione il 1 e 2 luglio. Chiesa agibile. Chiesa di San Domenico: Conserva all'interno sei pale d'altare settecentesche di Nicola Maria Rossi. Monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale, costituito da lapide in marmo con Vittoria Alata in bronzo, opera di Nicola Antino, posta nel 1922 sulla facciata di Palazzo De Caro in Piazza della Vittoria. Nel 1999 è stata aggiunta, ai piedi della Vittoria Alata, l'opera Soldato morente di Ireneo Janni, e sono stati aggiornati i nomi dei caduti grazie allo studio dello storico Vittorio Morelli. Società Evoluzione demografica Cultura Nel paese è presente un complesso bandistico risalente alla seconda metà dell'Ottocento. Economia Pianella fa parte dell'associazione città dell'olio, formando con i comuni limitrofi di Loreto Aprutino e Moscufo un comprensorio dove le caratteristiche geomorfologiche e microclimatiche consentono la produzione dell'olio extravergine Aprutino Pescarese D.O.P., e dal 2006 fa parte dell'associazione Città Slow. L'economia del paese è infatti incentrata sull'agricoltura, rendendo Pianella l'unico centro abruzzese ad aver ottenuto, nel 2013, il riconoscimento Bandiera verde dell'agricoltura. Geografia antropica Frazioni Cerratina: piccolo centro urbano di circa 1600 abitanti risalente al periodo italico e romano. Situato ad Est rispetto a Pianella, è oggi noto per l'attività dei suoi abitanti nel campo artigianale ed agricolo. Qui, la prima domenica di Settembre si festeggiano San Nicola Vescovo di Bari e San Vincenzo Ferrer. Castellana: vecchio possedimento del monastero benedettino del SS.Salvatore a Maiella presso Rapino, passò sotto il dominio degli Aquaviva e dei Valignani fino all'inizio del XIX secolo. Qui si festeggia Santa Maria Lauretana. Amministrazione Gemellaggi Pianella è gemellata con: Sport Ha sede nel comune la società di calcio Polisportiva Dilettantistica Pianella 2012, che ha disputato campionati dilettantistici regionali. Nella stagione 2021/22 milita nel campionato di Promozione, mentre la ASD Sporting Pianella milita nel campionato di seconda categoria.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Villa%20Celiera
Villa Celiera
Villa Celiera è un comune italiano di 555 abitanti della provincia di Pescara in Abruzzo. Geografia fisica Territorio Centro agricolo dell'Appennino abruzzese, facente parte del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Si trova sul versante orientale del Gran Sasso, nell'area Vestina. Sorge su una rupe calcarea di forma allungata che, tra ampi querceti, domina l'alta valle del torrente Schiavone. A parte una piccola porzione di Faggete, il territorio è caratterizzato da orno ostrieti e da querceti che lasciano spazio a oliveti e a prati pascolo. Tra gli animali sono presenti poiane, falchi pellegrini, caprioli, il lupo appenninico e il gatto selvatico; spesso l'orso bruno marsicano viene avvistato con esemplari di passaggio. Storia Si sviluppò come castrum longobardo nel VI secolo, popolato dalle persone scappate all'invasione bizantina di Bertona. Con la dominazione franca del IX secolo, il feudo divenne una "fara", dipendente dalla diocesi di Penne. Nel 1191 la contessa Margherita di Loreto Aprutino, concesse ai monaci Benedettini la fondazione del primo cenobio di Casanova, che poi divenne sede dei Cistercensi, ossia il primo sito di questo ordine in Abruzzo (dopo Santa Maria d'Arabona, Santa Maria della Vittoria, San Salvo del Trigno e Santo Spirito d'Ocre), ossia l'abbazia di Santa Maria di Casanova, posta sotto la dorsale collinare del paese di Villa Celiera. La fondazione fu dovuta all'evento propiziatorio della partecipazione del figlio di Margherita Berardo III di Laureto, nonché al voto fatto dopo la morte del marito Berardo I, fratello di Ottone XV vescovo di Penne. Il monastero di Casanova fu assai potente nel territorio della Nora, di Penne, avendo feudi anche presso Lucera e le isole Tremiti. Nel circondario aveva i castelli di Pianella, Civitella Casanova, Brittoli, Carpineto della Nora, Cordano. In quest'epoca si formò il toponimo dell'abitato, "villa" sta a significare villaggio, mentre "Celiera" proverrebbe da celliera in riferimento alle celle dei monaci nell'abbazia, tanto che in dialetto il paese è ancora nominato Li Cilìre. Con l'avvento nel Regno di Napoli di Carlo I d'Angiò nel 1268, avendo fondato nel 1273 il cenobio di Santa Maria della Vittoria a Scurcola Marsicana, presso l'area della battaglia contro Corradino di Svevia, il sovrano francese fece installare i Cistercensi a Casanova, sotto la giurisdizione dei vescovi di Penne Gualtiero (1200) e Giacomo (1251). In quest'epoca il monastero visse il suo apogeo, salvo poi perdere sempre di più prestigio, sino alla soppressione nel 1807, in quest'anno i cittadini di Civitella Casanova, paese a fianco a Villa, presero l'organo ligneo, la statua della Madonna, per la loro chiesa parrocchiale, dato che l'abbazia versava in rovina. In questi anni il convento di Casanova fu affidato ai Padri Carmelitani, anche se nel periodo delle leggi piemontesi del 1866, il convento subiva nuove spoliazioni sino a scomparire quasi del tutto, eccettuata la grande torre difensiva e campanaria, ancora oggi ben conservata.Con l'indipendenza in un certo senso dei paesani di Villa Celiera dall'abbazia di Casanova, il centro iniziò a svilupparsi, e divenne sede municipale nel 1913 dopo che aveva fatto parte del Comune di Civitella Casanova, incluso nel distretto amministrativo di Penne, sino al 1927, quando fece parte della provincia di Pescara appena nata. Simboli Lo stemma e il gonfalone del Comune di Villa Celiera sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 16 febbraio 1955. Monumenti e luoghi d'interesse Abbazia di Santa Maria di Casanova La storica abbazia del 1191 si trova in contrada Casanova, ai piedi del borgo medievale. Fu costruita nel X secolo, prima delle grandi cinque abbazie abruzzesi. Era costituita da una torre vedetta con convento, e più a valle il monastero vero e proprio, circondato da mura. La chiesa crebbe al massimo splendore nel XIII secolo, fino alla decadenza nel XVIII secolo. All'epoca il convento era già danneggiato, ed è raffigurato in vignette da Edward Lear nel XIX secolo nel suo Viaggio in Abruzzo. Fino al 2009 l'abbazia era abbandonata, perché il monastero gravemente danneggiato dal tempo, con solo alcune arcate e mura perimetrali, e la torre semi diroccata. Con la riscoperta dei monumenti del territorio, in seguito al terremoto aquilano, l'abbazia è stata restaurata nel 2011-13, soprattutto la porzione meglio conservata intorno alla torre. La torre è a pianta quadrata ed è accessibile. Il complesso è visibile su prenotazione, sopravvivono le mura e le arcate romaniche. Chiesa madre di San Giovanni Battista è la chiesa parrocchiale del paese, sorge nella parte alta, dove si trovava l'antica torre di avvistamento. La chiesa attuale è frutto di un corposo rifacimento del 1933, dopo il terremoto di Avezzano del 1915 che la danneggiò gravemente, e presenta uno stile eclettico e medievaleggiante, con impianto rettangolare a capanna, facciata decorata da archetti pensili, oculo centrale, e portale in asse, strombato, in pietra concia e ad arco a sesto acuto, ce riecheggia le architetture medievali. Sul fianco sorge il campanile a torre. L'interno della chiesa ha soffitto voltato a crociera, con i pilastri polilobati che scandiscono le nicchie laterali del vano a navata unica. Il presbiterio è a terminazione curvilinea, è introdotto da un arco trionfale leggermente ribassato che poggia su colonne binate, e delimitato da una balaustra in marmo. Società Evoluzione demografica Economia Principali risorse economiche sono l'agricoltura (patate, legumi e cereali) e l'allevamento di bovini e ovini. Il paese è dagli ultimi anni divenuto famoso per la riscoperta, da parte nazionale e internazionale, del prodotto tipico degli arrosticini. Tradizioni orali e locali testimoniano che l'arrosticino avrebbe le sue origini proprio nell'area vestina compresa tra Civitella Casanova e Villa Celiera. Anche secondo studiosi, l'area pedemontana orientale verso il Gran Sasso d'Italia, principalmente nell'attuale provincia di Pescara, ai piedi del Voltigno, e sulla sponda sinistra della Pescara, e nelle valli della Nora e del Tavo (Civitella Casanova, Carpineto della Nora, Catignano, Farindola, Pianella), si sarebbe sviluppata la cultura del taglio della carne di pecore, a pezzetti regolari inseriti l'uno attaccato all'altra in uno spiedino. Altre tradizioni vogliono che l'arrosticino sarebbe nato nella zona teramana nella Valle del fiume Fino. La macellazione della carne, data la ricca affluenza, sino agli anni '60, dei greggi di pecore lungo i tratturi per raggiungere le fiere di Foggia, avrebbe le sue origini nel XVIII-XIX secolo, e negli anni '50, con l'industrializzazione della Valle della Pescara, da Spoltore a Montesilvano e Pescara stessa, la cultura dell'arrosticino arrivò per mezzo dei migranti dai piccoli centri montani posti ad oriente del Gran Sasso, tra cui Villa Celiera. Proprio questa, per l'alta concentrazione di prodotti di ovini, fu da subito considerata la patria dell'arrosticino. Il nome dialettale "rustelle" e la variante "rroste deriverebbero proprio da quest'area, termine con cui veniva, e viene ancora oggi, delineato questo particolare prodotto composto da tagli regolari di pecora e grasso inseriti in uno spiedo, carne arrostita alla brace, detta localmente "la fornacelle". Ben presto, dagli anni '60 in poi, questa cultura si è diffusa in tutto l'Abruzzo, divenendo un biglietto da visita dal punto di vista gastronomico per i turisti. Amministrazione Sport Calcio La principale squadra di calcio della città è l'A.S.D. Atletico Celiera, oramai non più attiva che militava nel girone A pescarese di 3ª Categoria. I colori sociali sono: il rosso e l'arancione.
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https://it.wikipedia.org/wiki/L%27Aquila%201927
L'Aquila 1927
La Società Sportiva Dilettantistica a responsabilità limitata L'Aquila 1927, meglio nota come L'Aquila, è una società calcistica italiana con sede nella città dell'Aquila. Milita in Serie D, la quarta divisione del campionato italiano. La fondazione della società originaria, secondo l'ipotesi più comune, risalirebbe al 1927, e nella stagione seguente fu iscritta al suo primo campionato, disputato con il nome di Associazione Sportiva L'Aquila. Nel 1934-1935 è stata la prima formazione abruzzese a partecipare alla Serie B, torneo in cui annovera 3 campionati consecutivi disputati negli anni trenta. Dopo un incidente ferroviario che ha decimato la rosa e la successiva retrocessione, l'undici aquilano non è più riuscito a tornare in serie cadetta, trascorrendo numerosi campionati in Serie C e molti altri tra i dilettanti. Ha subito tre fallimenti, nel 1994, nel 2004 e nel 2018. I suoi colori sociali sono il rosso e il blu, mentre il suo simbolo è l'aquila. Gioca le sue partite interne allo stadio Gran Sasso d'Italia-Italo Acconcia. Storia Gli inizi del calcio aquilano Le primissime origini del calcio all'Aquila si fanno risalire intorno al 1910. Il primo sodalizio sportivo è ritenuto essere la Folgore, una polisportiva i cui atleti, oltre al calcio amatoriale, praticato a partire dagli anni venti, erano dediti anche a discipline come sci, pugilato e tiro a segno. Il primo documento storico certificato è, tuttavia, una stampa del 25 aprile 1915, in cui viene citata per la prima volta lAquila Foot-Ball Club, con ogni probabilità la prima società calcistica della città. Nella metà degli anni venti, in seguito all'arrivo del portiere di origine bolognese, il professor Rusconi, la squadra adottò i colori sociali rosso e blu. A partire dal 1926 è documentata l'esistenza di un Football Club L'Aquila: la squadra inizialmente vestiva una maglia a scacchi rossi e blu anche se successivamente venne utilizzata anche una maglia bianco-nera e una azzurro Savoia. La fondazione dell'Aquila Calcio Sul finire del decennio (alcune fonti parlano del 1929 ma ne è documentata l'esistenza sin dal 1927) fu, invece, costituito un nuovo club con il nome di Società Sportiva Città dell'Aquila, dai colori sociali bianco-blu, di cui si hanno poche notizie e che ebbe vita breve; da essa tuttavia scaturì nel 1930 la compagine del GUF Aquila (Gruppo Universitario Fascista) che fu la prima squadra aquilana iscritta, nel 1930-1931, ad un campionato ufficiale, seppur a carattere regionale, che concluse al sesto posto. Le partite venivano disputate sul campo di gioco di piazza d'Armi che era privo di qualsiasi struttura accessoria. La stagione successiva il direttorio abruzzese non organizzò il torneo e, pertanto, la squadra rimase inattiva per un anno. Negli anni seguenti il gruppo abbandonò completamente il calcio. L'eredità del GUF venne raccolta l'8 ottobre 1931 dallAssociazione Sportiva L'Aquila, il cui organico era composto proprio dai calciatori del gruppo universitario nonostante le due società non avessero nulla in comune a livello dirigenziale. Anche lA.S. L'Aquila fu con ogni probabilità una polisportiva, dal momento che la società viene citata anche per incontri di pugilato. Presidente della nuova società era Adelchi Serena, all'epoca podestà (sindaco) della città e in seguito ministro dei lavori pubblici e segretario del Partito Nazionale Fascista, mentre furono confermati i colori sociali rosso e il blu già utilizzati dallAquila F.C., nonostante i dirigenti Gualtieri e fratelli Agamben preferissero il neroverde cittadino in omaggio alla municipalità del post sisma 1703 e poi spendibile dal futuro rugby di Tommaso Fattori. L'A.S. L'Aquila esordì in campionato nel 1931-1932. Al termine della stagione chiese ed ottenne l'ammissione in Prima Divisione. Il campo da gioco era sito a piazza d'Armi, anche se precedentemente le compagini aquilane giocarono anche in piazza San Basilio, di fronte l'omonimo convento, o sul prato antistante la basilica di Santa Maria di Collemaggio; dal 1933 la squadra iniziò a disputare le gare casalinghe nel nuovo stadio XXVIII Ottobre, un impianto all'avanguardia per l'epoca, successivamente condiviso con L'Aquila Rugby e, a partire dagli anni sessanta, intitolato alla memoria dell'ex rugbista e allenatore Tommaso Fattori. Nel 1933-1934 la compagine guidata dal tecnico Ottavio Barbieri (già campione d'Italia da giocatore con la maglia del ) vinse il girone e, superando gli spareggi finali contro Andrea Doria, Falck e Pro Gorizia, centrò la promozione in Serie B, prima abruzzese a riuscirci. La Serie B All'esordio in cadetteria, la società aquilana si presentò con un nuovo presidente, l'avvocato Giovanni Centi Colella. Nonostante l'inesperienza, al suo primo campionato nel 1934-1935, i rossoblù allenati dall'italo-ungherese Joseph Ging si piazzarono al quarto posto del loro girone con 32 punti, a 5 lunghezze dal , vincitore del raggruppamento. Meno brillante fu il campionato successivo, nella stagione 1935-1936, il primo che prevedeva la Serie B a girone unico: gli aquilani conclusero la stagione al nono posto, centrando peraltro una tranquilla salvezza e mantenendo quindi la categoria. La tragedia di Contigliano, la sfida con l'Ambrosiana-Inter e la retrocessione La terza stagione di fila dell'Aquila in Serie B (1936-1937) fu segnata irreparabilmente dalla tragedia di Contigliano, un incidente ferroviario in cui morirono 8 persone tra cui il tecnico aquilano Attilio Buratti mentre tutti gli altri componenti della rosa (tredici giocatori, due dirigenti e una massaggiatore) rimasero gravemente feriti. La littorina sulla quale il 3 ottobre 1936 la comitiva aquilana viaggiava verso Verona, per disputare il giorno seguente la quarta giornata di andata contro la compagine locale, centrò nei pressi della cittadina reatina un vagone postale partito da Terni. Il motivo dello scontro è probabilmente dovuto ad un errore del capostazione di Rieti. Le dimensioni della tragedia potevano aumentare ulteriormente qualora il convoglio, rimasto in bilico sulla tratta ferroviaria, fosse precipitato nello strapiombo sottostante, cosa che fortunatamente non si verificò. Dei calciatori sopravvissuti, pochissimi tornarono a calcare i campi di gioco. Marino Bon, addirittura, perse i sensi per le gravi ferite riportate e fu dichiarato morto all'arrivo dei primi soccorritori; solo in seguito alla richiesta del presidente Centi Colella venne medicato e riuscì a salvarsi. La tragedia risparmiò solo tre giocatori aquilani: gli squalificati Brindisi e Michetti, e il giovanissimo portiere Stornelli che non riuscì a svegliarsi in tempo per prendere il treno. In virtù della tragedia, il direttorio federale della FIGC propose alla società la salvezza d'ufficio senza dover disputare il campionato, ma il club rifiutò. Vennero invece accolti gli aiuti delle altre società calcistiche italiane che offrirono gratuitamente dei giocatori per ricomporre la rosa, tra cui Otello Trombetta e Giacomo Valentini arrivati dalla ; nonostante il calciomercato fosse chiuso, la società fu autorizzata a tesserare calciatori senza contratto o che ancora non avessero disputato gare di campionato. La squadra venne affidata al tecnico ungherese András Kuttik, che ebbe a disposizione solo una dozzina di uomini, e tornò a giocare il 1º novembre contro la Pro Vercelli. Alla fine del torneo non riuscì tuttavia a salvarsi e retrocedette in Serie C; pesò sul rendimento soprattutto la disputa dei recuperi di partite durante la settimana e la sterilità dell'attacco. Da allora i rossoblù non sono più riusciti a tornare tra i cadetti. Inoltre L'Aquila era impegnata anche in Coppa Italia dove fece un discreto cammino arrivando, dopo aver battuto il nel turno eliminatorio, sino ai sedicesimi di finale. Il 6 gennaio 1937 i rossoblù sfidarono a Milano l'Ambrosiana-Inter di Giuseppe Meazza venendo battuti 4-3 al termine di una partita epica che le cronache raccontano essere stata giocata dagli aquilani «con le unghie e con i denti». Dalla sfida con la Juventus all'arrivo della guerra Dopo la retrocessione, il primo torneo di Serie C (1937-1938), ancora con Kuttik in panchina, fu concluso dall'Aquila al secondo posto alle spalle della , con i rossoblù che mancarono solo all'ultima giornata il ritorno in Serie B. L'Aquila, in compenso, fece molta strada in Coppa Italia, competizione nella quale, dopo aver eliminato SIME Popoli, Ilva Bagnolese, e , si ritrovò ad affrontare nei sedicesimi di finale la titolata . La partita in gara secca si giocò in posticipo l'8 dicembre 1937 sul terreno dell'allora stadio Mussolini, e terminò 4-1 per i bianconeri; secondo le cronache dell'epoca, la formazione abruzzese (in vantaggio dopo 5 minuti con Battioni) giocò un'ottima partita e poté recriminare per le numerose palle gol sfumate nel corso del primo tempo, oltre che per un rigore non concesso dall'arbitro. La Juventus vinse poi il trofeo. Successivamente, L'Aquila giocò altre cinque stagioni in terza serie, alternando annate positive ad altre più anonime. Nel 1938-1939, in particolare, la squadra aquilana fu caratterizzata dalla più alta presenza di calciatori locali, sette. Per qualche stagione ancora si riuscì a giocare senza il timore della seconda guerra mondiale, anche se alcuni calciatori furono chiamati alle armi, mentre spesso erano i militari a rimpolpare le rose. A partire dal 1940-1941, i rossoblù vennero inclusi nel girone a prevalenza umbro-laziale, al di sopra delle loro possibilità, e, nel 1942-1943 (ultimo campionato che si disputò a guerra in corso), si classificarono penultimi con una squadra di giovani locali, tra cui il giovane talento Italo Acconcia. Dopodiché, gli eventi bellici posero fine a tutte le attività sportive. Il dopoguerra Nell'ottobre del 1943 fu fondata la Sportiva L'Aquila 1944, così chiamata dall'anno in cui avrebbe ripreso le attività. Il presidente Giuseppe Scipioni, proprietario di un noto ristorante del centro storico, confermò alla guida tecnica Pietro Piselli, già allenatore dellA.S. L'Aquila: il sodalizio partecipò al campionato misto non ufficiale abruzzese, arrivando in quarta posizione. L'anno successivo, il 1945-1946, L'Aquila riprese le attività disputando il girone centro-meridionale della Serie C, classificandosi sesta. In quella stagione si misero in luce definitivamente tre giovani talenti rossoblù, il già citato Acconcia, Leonzio e Masci, poi ceduti per far cassa e ripianare il deficit in bilancio tra le vibranti proteste dei tifosi aquilani. L'attività continuò tra alti e bassi a causa delle ristrettezze economiche. Nel 1947-1948 L'Aquila, guidata dall'ex calciatore Marino Bon, non riuscì a centrare l'ammissione nella nuova Serie C e si ritrovò retrocessa nel quarto livello nazionale, la Promozione (poi IV Serie) in cui rimase per un intero decennio. Nel 1948-1949 L'Aquila arrivò a pari punti con la in testa alla classifica, ma fu sconfitta per 2-0 nello spareggio giocato a Foligno il 3 luglio 1949. Per quasi tutti gli anni in quarta serie la dirigenza, presieduta da Ubaldo Lopardi (il più longevo presidente dell'Aquila Calcio essendo stato a capo della società per nove anni, seppur non consecutivi) prima e da Antonio Cicchetti e dal suo vice Lorenzo Natali poi, rivoluzionò di anno in anno la squadra, ma questa strategia non produsse risultati. Tra i trascinatori di quegli anni, il centrocampista triestino Aldo Di Bitonto che, arrivato nel 1952, disputò ben sette stagioni con la maglia rossoblù diventandone capitano. Nel campionato 1954-1955 ci fu l'esordio dell'aquilano Angelo Caroli, che l'anno seguente arriverà a giocare addirittura in Serie A con la maglia della Juventus. Nel 1956-1957 L'Aquila riuscì a segnare ben 68 reti in 34 incontri (con una perfetta media di 2 gol a partita, un record per la formazione rossoblù) ma riuscì a stento ad evitare la retrocessione nei campionati regionali. La ristrutturazione dei campionati e il decennio in Serie C Dopo due settimi posti consecutivi, le continue ingerenze tecniche del presidente Cicchetti (in una gara pretese di stilare la formazione) portarono alla sua cacciata e all'inizio dell'era di Euro Barattelli che guidò L'Aquila in maniera pressoché continuativa (solo in un anno la guida della società passò nelle mani dell'avvocato Nello Mariani) per cinque stagioni, venendo ricordato come uno dei dirigenti più attenti alla gestione economica del sodalizio. Il primo campionato della sua presidenza, nel 1957-1958 vide i rossoblù piazzarsi al secondo posto con Cirio e Marsala, a due soli punti dalla capolista Cosenza, ma la promozione arrivò lo stesso; in seguito alla riorganizzazione dei campionati, infatti, L'Aquila fu ammessa alla nuova Serie C. Il rientro in terza serie sancì anche il ritorno della compagine abruzzese nella Coppa Italia, competizione in cui i rossoblù arrivarono sino al terzo turno prima di essere sconfitti dall'Atalanta con un perentorio 4-0. Per un intero decennio L'Aquila disputò la terza serie nazionale senza mai centrare piazzamenti di vertice, ma senza anche mettere mai in pericolo la permanenza nella categoria. Tra i tecnici alla guida dei rossoblù in quegli anni vanno ricordati Arnaldo Leonzio e Aroldo Collesi, mentre in campo si mise in luce Guido Attardi, figura storica del calcio aquilano. Attardi successivamente diventò allenatore di buon successo, anche se non riuscì mai ad imporsi alla guida della squadra della sua città; in uno dei suoi nove anni trascorsi alla , rigenerò da una crisi profonda il futuro Campione del Mondo Luca Toni, che ancora oggi lo considera «l'allenatore decisivo della sua carriera». Non mancarono i periodi di crisi: per trovare i fondi destinati all'iscrizione nel campionato 1960-1961 la società dovette far cassa con la cessione della stella Agostino Di Bartolomeo al Lanerossi Vicenza. Decisamente curioso fu anche il caso di Paolo Braca; in un'amichevole disputatasi nel 1966 l'attaccante di origine giuliese impressionò a tal punto il Napoli di Bruno Pesaola (che in quegli anni veniva in ritiro all'Aquila) da essere immediatamente tesserato per gli azzurri. Nel frattempo era definitivamente terminata l'era di Euro Barattelli e ritornò presidente Ubaldo Lopardi, futuro sindaco dell'Aquila e già a capo del sodalizio nell'immediato dopoguerra, che esordì con un nono posto nel 1964-1965. Dopo altri campionati interlocutori, nel 1968-1969 L'Aquila si classificò all'ultimo posto con appena 25 punti e retrocesse amaramente in Serie D concludendo così una stagione cominciata male, a causa di problemi societari e rivoluzioni tecniche, e finita anche peggio. Dovranno passare dieci anni prima di rivedere i rossoblù in terza serie. Gli anni settanta e ottanta Gli anni settanta furono contrassegnati dalla disperata rincorsa ad una promozione che sembrava non dover arrivare mai. Nel 1969-1970 L'Aquila, del neo-presidente Ioannucci, terminò il campionato al terzo posto, dietro e Frosinone; l'anno successivo, dopo un avvio promettente, i rossoblù si piazzarono a metà classifica. Nel 1971 ebbe inizio la presidenza di Ermenegildo De Felice, per quasi sette anni alla guida del club. Furono stagioni difficili a causa della crisi economica che impose un ridimensionamento delle ambizioni dei rossoblù e, di conseguenza, portò a campionati di minor profilo; per questi motivi, De Felice (fondatore nel 1948 della polisportiva Libertas, tra le più gloriose dell'ambiente sportivo aquilano) fu spesso contestato aspramente dalla tifoseria. Sotto la nuova società, L'Aquila centrò comunque un sesto posto nel 1971-1972 e, addirittura, un terzo posto nel 1972-1973 prima di rischiare la retrocessione nel 1973-1974 e scivolare inevitabilmente a metà classifica negli anni seguenti. La crisi dirigenziale si acuì nel 1977 e, a campionato in corso, De Felice fu costretto a lasciare la presidenza, sostituito da Salvatore Petrilli che chiamò in panchina l'ex bandiera rossoblù Guido Attardi; i risultati non furono ancora una volta soddisfacenti, Petrilli si dimise e lasciò il posto, dall'anno seguente, a Tonino Angelini. La sospirata promozione arrivò proprio al termine della stagione 1978-1979, giudicata come una delle più belle annate rossoblù del dopoguerra. Giunta seconda a pari punti con l'Avigliano, L'Aquila affrontò la squadra lucana nello spareggio giocatosi a Cassino il 3 giugno 1979 e terminato 2-0 per i rossoblù, con una doppietta del bomber Militello davanti ad oltre 7.000 supporters giunti dall'Abruzzo, in quello che può essere considerato uno dei primi esodi della tifoseria aquilana. La giornata di festa venne tuttavia rovinata dalla notizia della morte, in un incidente stradale a Sulmona, di quattro tifosi che andavano ad assistere allo spareggio: Paolo Centi, Maurizio Climastone, Carlo Dionisi e Carlo Risdonne. Durante il passaggio sotto l'acquedotto romano di piazza Garibaldi, i ragazzi si sporsero dal finestrino di uno dei sedici autobus che formavano la carovana rossoblù e rimasero incastrati tra le lamiere del mezzo e le arcate dell'acquedotto. A ricordo della tragedia, vennero realizzate la statua e la targa poste all'interno del settore Distinti dello stadio Tommaso Fattori; inoltre, grazie ad una petizione popolare avviata dalla tifoseria, dal 2011, nella frazione aquilana di Sant'Elia, è presente una via denominata appunto «3 giugno 1979». L'avventura tra i professionisti fu comunque brevissima durando appena tre anni. Nel 1979-1980, al primo campionato di Serie C2, L'Aquila si piazzò all'ottavo posto, dopo un ottimo girone di andata ed un pessimo girone di ritorno. La società passò quindi nelle mani di Luigi Galeota, la squadra venne indebolita e, dopo numerosi avvicendamenti in panchina (ben cinque solo nel 1980-1981), al termine della stagione 1981-1982 i rossoblù guidati in panchina da Corrado Petrelli e successivamente da Giorgio Bettini si piazzarono penultimi, nonostante il bel gioco espresso, e retrocessero nuovamente in Interregionale. Cominciò così un periodo tormentato, in cui la formazione aquilana, nonostante i continui ribaltoni tecnici e societari, tentò nuovamente di tornare in terza serie, senza riuscirci. In questi anni l'elemento di continuità può essere identificato in Valdo Cherubini: lo storico capitano disputò ben 13 stagioni all'Aquila (dal 1972 al 1977, dal 1978 al 1982 e dal 1983 al 1987) arrivando a tagliare il traguardo delle 440 presenze in magia rossoblù, record assoluto nella storia del club. Pur tra le difficoltà, nel 1982-1983, L'Aquila, affidata a un giovane Carlo Florimbi, si classificò al secondo posto, alle spalle della allenata dall'ex giocatore e allenatore rossoblù Guido Attardi, perdendo per una manciata di punti la possibilità di ritornare immediatamente in Serie C2. Un gradino più in basso, al terzo posto, arrivò nella stagione successiva, disputata con Nazzareno Cerusico in panchina. Nel 1986-1987 la formazione aquilana, guidata dal tecnico Aldo Anzuini e trascinata dalla stella Branislav Anikic (che durante l'estate, dopo aver segnato una spettacolare rete in amichevole contro la , si era guadagnato i complimenti dell'allora tecnico giallorosso Sven-Göran Eriksson), tornò a lottare per il vertice chiudendo il campionato in terza posizione, a pari merito con il Castel di Sangro. Nel 1988-1989 i rossoblù che raggiundero la notevole quota di 50 punti (frutto di 19 vittorie, 12 pareggi e sole 3 sconfitte) sfiorarono nuovamente la promozione giungendo secondi, a soli due punti dalla capolista Ostia Mare. In questi anni la guida del sodalizio cambiò più volte passando da Dante Prosperini a Piemonte Veglione a Paolo Valentini e, quindi, a Franco Di Fabio. L'era Circi e il fallimento Con l'inizio degli anni novanta l'organico societario viene nuovamente rivoluzionato con l'entrata nel club dell'imprenditore romano Antonio Circi che sembrò dare nuova linfa all'ambiente calcistico aquilano. Tuttavia, nel campionato 1990-1991, il primo con il neo-presidente Circi al timone della società, i rossoblù, allenati prima da Giuliano Fiorini e poi da Federico Caputi, chiusero il torneo solo in terza posizione. Ancora più cocente fu la delusioni nei due campionati successivi con L'Aquila chiuse in entrambi i casi al primo posto il proprio girone d'Interregionale senza riuscire a centrare, perlomeno sul campo, l'agognata promozione in Serie C2. Nel 1991-1992 gli aquilani, allenati da Leonardo Acori, chiusero la stagione a pari merito con l'Acilia e furono costretti ad affrontare la squadra pontina nello spareggio disputatosi il 16 maggio 1992 allo stadio Flaminio di Roma e vinto 2-0 ai tempi supplementari; a quel punto L'Aquila, vincitrice del girone F, dovette disputare un ulteriore spareggio con la vincente del girone E, il Gualdo, venendo sconfitta con un risultato totale di 3-1 (2-0 nella gara d'andata a Gualdo Tadino e 1-1 nel ritorno allo stadio Tommaso Fattori, una partita che fece registrare la capienza record di 12.838 spettatori). L'anno successivo, nel campionato 1992-1993, l'undici aquilano guidato da Massimiliano Cherri, dopo aver dominato per lungo tempo il torneo, terminò la stagione con tre pareggi consecutivi finendo a pari punti con un'altra compagine, la Torres, con cui disputò e perse per 2-1 lo spareggio decisivo giocatosi nuovamente al Flaminio. Ciò nonostante, nell'estate del 1993, la promozione arrivò lo stesso, grazie ad un ripescaggio per meriti sportivi e, nel 1993-1994, L'Aquila fece il suo ritorno in C2 dopo undici anni dall'ultima volta. Al termine di una stagione particolare, segnata dalla morte del tifoso Nicola Mezzacappa (morto in un incidente stradale mentre si recava in trasferta a Pontedera mentre l'amico, Lorenzo Castri, rimase in coma per 15 giorni) e caratterizzata da un andamento altalenante e da un sesto posto finale, arrivò l'ennesima doccia fredda: la società, affossata dai debiti, venne radiata dalla FIGC e ai rossoblù non restò che ripartire dalle serie minori con un nuovo sodalizio. La risalita dai dilettanti LAssociazione Sportiva L'Aquila venne rifondata da un gruppo di appassionati guidati dal Dottor Antonello Bernardi nell'estate del 1994 e nel 1994-1995 fece il suo esordio in Eccellenza con un organico interamente aquilano guidato dall'ex calciatore rossoblù Pietro Ferzoco terminando il campionato in terza posizione. La fusione con il Paganica Calcio, club di una frazione cittadina che sotto la guida di Eliseo Iannini era giunto alle soglie della Serie C, permise all'Aquila un pronto ritorno nei Dilettanti con il nuovo nome di Vis L'Aquila. La stagione 1995-1996 si chiuse con l'ottavo posto, nonostante i ripetuti cambiamenti di panchina effettuati dal neo-presidente Gabriele Valentini, tra Bruno Nobili, Fabrizio Scarsella e Silvio Paolucci, quest'ultimo allenatore-giocatore. Poco meglio andò l'anno successivo, il 1996-1997, quando i rossoblù, assunta la denominazione di Gruppo Sportivo L'Aquila Calcio, arrivarono al quinto posto trascinati in campo da Francesco Fonte e guidati in panchina da Angelo Crialesi (anch'egli ex calciatore aquilano, subentrato a Eugenio Natale dopo una massiccia rivoluzione tecnica invernale operata dalla dirigenza). La promozione dei record Degno di nota fu invece il campionato 1997-1998 che entrò di diritto nella storia del calcio aquilano dal momento che la formazione abruzzese (che aveva nuovamente cambiato nome in L'Aquila Calcio) vinse per la prima volta il campionato in senso assoluto, conquistando cioè la promozione sul campo e non grazie a spareggi o ripescaggi. Partita a fari spenti, la formazione allenata da un esordiente Stefano Sanderra (affiancato dal fratello Luca) cominciò ben presto un serrato duello in vetta con le due corazzate del girone, la che poi restò indietro e, soprattutto, il Rieti che solo all'ultima giornata cedette il passo ai rossoblù, giungendo secondo a un solo punto dagli aquilani. La quota di 74 punti raggiunta quell'anno, frutto di 21 vittorie, 11 pareggi e 2 sole sconfitte, è la più alta mai realizzata dall'Aquila Calcio in tutta la sua storia. Con la vittoria del campionato, L'Aquila fu ammessa al torneo finale per la conquista dello Scudetto Dilettanti venendo però eliminata in semifinale dalla Sanremese. L'era Passarelli e il sogno della Serie B Il ritorno tra i professionisti, nel 1998-1999, vide la formazione aquilana classificarsi al sesto posto, a due sole lunghezze dalla qualificazione agli spareggi promozione, persi nell'ultima giornata a vantaggio della Turris. L'annata fu caratterizzata da ottime prestazioni all'inizio e alla fine del campionato, rese vane da un rendimento mediocre nella parte centrale del torneo, in cui i rossoblù collezionarono una lunga serie di pareggi, perdendo terreno dalle posizioni di testa. Nel finale di stagione, inoltre, si formalizzò il passaggio di consegne dal presidente uscente Gabriele Valentini all'imprenditore calabrese Michele Passarelli; la nuova società si mise in luce da subito per numerose iniziative che richiamarono l'attenzione della città sul sodalizio calcistico tra cui l'inaugurazione del primo negozio ufficiale, in piazza del Duomo, e la carta di credito personalizzata per i tifosi. L'Aquila si presentò, dunque, ai ranghi di partenza del campionato 1999-2000 con un organico finalmente competitivo e in un clima di rinnovato entusiasmo, dando vita ad un appassionante rincorsa alle zone alte della classifica con Fasano prima e Foggia poi, e chiudendo la stagione al 2º posto dietro il . Nei play-off, dopo aver battuto in semifinale il Fasano, un sofferto pari a reti bianche contro l' sul neutro di Avellino premiò L'Aquila in virtù del miglior piazzamento in classifica. I rossoblù conquistarono così la seconda promozione in tre anni, la prima della loro storia in Serie C1. Durante l'estate la squadra, affidata al nuovo tecnico Paolo Stringara, fu nuovamente rivoluzionata grazie all'acquisto di innesti di spessore come il trequartista Lorenzo Battaglia e il bomber Davide Di Nicola. All'avvio del campionato L'Aquila si confermò come la squadra rivelazione del girone e, dopo un inizio straripante (15 punti in 6 partite, con 14 gol fatti) chiuse il girone d'andata al primo posto togliendosi lo sfizio di battere, in un Tommaso Fattori pressoché esaurito, la capolista Palermo. Nel girone di ritorno, tuttavia, la formazione abruzzese accusò un notevole calo di rendimento e concluse la stagione con un modesto 9º posto, piazzamento ben lontano da quegli spareggi a lungo sognati. Inoltre la società, gravata da impegni economici che non avevano portato al risultato sperato, dovette ridimensionare le proprie ambizioni negli anni a venire. Già nel 2001-2002 i rossoblù, inizialmente guidati da Gabriele Morganti, sembrarono destinati alla retrocessione, poi il cambio in panchina tra Morganti e il suo vice Augusto Gentilini contribuì a far centrare la salvezza con una giornata d'anticipo. Durante la stagione la squadra disputò anche la prima amichevole internazionale della storia del club andando a sconfiggere a Tripoli l'Al-Ittihad del presidente libico Muʿammar Gheddafi e guidato in campo dal terzogenito di Gheddafi, Saadi. L'incontro, organizzato nell'ottica di un tentativo (poi fallito) di collaborazione tecnica tra il presidente aquilano Passarelli e il figlio del leader libico, terminò 4-1 per i rossoblù. Ancor più difficoltoso fu il campionato 2002-2003; nonostante il peggioramento della situazione societaria e i numerosi capovolgimenti in panchina (Augusto Gentilini fu sostituito da Bruno Giordano, quindi la squadra venne affidata al preparatore atletico William Marcuzzi con la collaborazione del difensore Maurizio Vincioni per tornare, infine nelle mani di Gentilini) i rossoblù furono protagonisti di un'incredibile rimonta finale con ben 15 punti conquistati nelle ultime 8 giornate e riuscirono, all'ultima giornata, ad evitare la retrocessione diretta, qualificandosi per i play-out; l'impresa si concluse con la vittoria negli spareggi finali con il e la conquista della salvezza. Il secondo fallimento Nell'estate del 2003, tuttavia, la FIGC sembrò rendere vani gli sforzi fatti cancellando nuovamente L'Aquila dal campionato per la situazione debitoria della società. Con il defilarsi del presidente Passarelli cominciò quindi un'aspra battaglia legale, al termine della quale il sodalizio rossoblù (passato nelle mani dall'imprenditore aquilano Eliseo Iannini) ottenne la riammissione in Serie C1 dall'arbitrato del CONI. Fu un fatto storico perché mai prima un club professionista aveva avuto la meglio sulla FIGC in queste diatribe fra giustizia sportiva ed ordinaria. La rosa fu allestita in fretta e furia e sostenuta dai tifosi con oltre mille abbonamenti ma i risultati sul campo furono disastrosi e L'Aquila terminò il campionato all'ultimo posto con soli 13 punti in una stagione che passerà alla storia come la peggiore mai disputata dai rossoblù. Dopo la retrocessione non si trovò chi iscrivisse la società alla Serie C2 così il sodalizio, da tempo in liquidazione e svanita la prospettiva del Lodo Petrucci, viene definitivamente radiato e qualche mese più tardi dichiarato fallito. È la seconda cancellazione in un solo decennio. Il quinquennio in Eccellenza All'inizio della stagione 2004-2005, per la prima volta nel dopoguerra, nessuna società con i colori e con il nome del capoluogo abruzzese è iscritta ai campionati federali. Alla lacuna si pone parzialmente rimedio tramite un accordo tra l'amministrazione comunale e Pasquale Specchioli, presidente del Montereale Calcio, club dell'omonimo comune della provincia aquilana disputante l'Eccellenza abruzzese; durante la stagione, chiusa in 14ª posizione, il sodalizio abbandona i colori arancio-verde, cominciando ad utilizzare maglie rosso-blu, ed infine muta denominazione sociale diventando Associazione Sportiva Dilettantistica L'Aquila Calcio Real, suffisso quest'ultimo omaggiante alla società d'origine ma mai digerito dalla piazza aquilana. Acquisito il titolo sportivo della ex L'Aquila Calcio, la nuova società si presta a disputare la stagione 2005-2006, sostanzialmente divisa in due parti: al termine di un girone d'andata fallimentare, la società passa dalle mani di Specchioli a quelle dall'imprenditore romano Massimo Severoni e la squadra, affidata a Francesco Montarani, sfiora per un solo punto la qualificazione agli spareggi promozione. Il copione si ripete nella stagione successiva che, nonostante le ambizioni iniziali, viene chiusa ancora una volta fuori dalla zona play-off e con la società che viene ceduta da Severoni ad Alfredo D'Urbano. Unica soddisfazione è la conquista della Coppa Italia Dilettanti Abruzzo, il primo trofeo (escluse le promozioni) in ottant'anni di storia di calcio aquilano; i rossoblù vengono poi eliminati nei quarti di finale della fase nazionale dal Castelsardo precludendosi la possibilità di raggiungere, tramite la conquista del trofeo, l'agognata Serie D. Nel 2007-2008 ha inizio l'era di Elio Gizzi, il costruttore aquilano che guiderà il club ininterrottamente per cinque anni; la rosa e lo staff tecnico vengono nuovamente rivoluzionati ma i rossoblù mancano ancora una volta la promozione chiudendo il campionato in terza posizione (e fuori dai play-off in virtù dei 12 punti di distacco dalla seconda classificata) e venendo battuti in finale di Coppa Italia Dilettanti dall'Atessa. L'anno seguente la squadra sembra finalmente essere proiettata verso la conquista del campionato e, dopo aver conquistato la seconda Coppa Italia Dilettanti Abruzzo, a due giornate dal termine si trova in testa al campionato insieme al Miglianico; impossibilitata a giocare le ultime due gare dopo il terremoto del 6 aprile 2009, i rossoblù vengono promossi d'ufficio in Serie D. Dalla Serie D alla conquista della Lega Pro Prima Divisione Nel Serie D 2009-2010 L'Aquila torna quindi a disputare un campionato nazionale dilettanti. La società di Gizzi, nonostante le difficoltà logistiche del dopo-sisma (la squadra è costretta ad allenarsi a Tortoreto e disputa le gare casalinghe nella spettrale cornice di un Fattori semideserto nel mezzo di una città devastata), disputa un discreto campionato, stabilendosi nelle prime posizioni per buona parte del torneo e conquistando in più d'una occasione la vetta; nel finale, in vistoso calo atletico, cede il primato al Chieti e nell'ultima giornata precipita addirittura al quarto posto. La promozione giunge ugualmente grazie a un ripescaggio per meriti sportivi che riporta L'Aquila tra i professionisti dopo sei anni. Già al primo campionato di Seconda Divisione, nel 2010-2011, i rossoblù guidati dapprima da Leonardo Bitetto e, nel finale di stagione, da Maurizio Ianni centrano l'ingresso ai play-off ma vengono clamorosamente sconfitti in finale dal con un gol realizzato al settimo minuto di recupero. Nel campionato seguente, dopo un ottimo girone di andata, L'Aquila viene a mancare nell'ultima parte del torneo e non riesce a qualificarsi per gli spareggi promozione. A fine stagione Elio Gizzi cede la presidenza all'amico costruttore Corrado Chiodi, decidendo comunque di rimanere all'interno della società. Con il nuovo assetto societario, la panchina affidata all'emergente Archimede Graziani ed una rosa altamente competitiva, i rossoblù si presentano ai ranghi di partenza del campionato 2012-2013 con ambizioni di promozione ma scivola, già sul finire del girone d'andata, a metà classifica. Dopo due cambi in panchina, la squadra affidata infine alla guida di Giovanni Pagliari chiude il torneo al quinto posto qualificandosi per i play-off; proprio negli spareggi promozione, L'Aquila si riscatta superando, in due avvincenti derbies, dapprima il in semifinale quindi il Teramo in finale e conquistando, davanti ai 5.000 spettatori dello stadio Fattori (tra cui molte vecchie glorie), la prima promozione in Lega Pro Prima Divisione ed il ritorno nel terzo livello del campionato italiano dopo 9 anni di assenza. Nel campionato 2013-2014, sotto la guida del confermato Giovanni Pagliari, i rossoblù disputano un buon torneo qualificandosi, a distanza di 80 anni dall'ultima volta, agli spareggi per la promozione in Serie B venendo però eliminati già ai quarti di finale dal . L'anno seguente, il primo nella Lega Pro riunificata, L'Aquila chiude con un deludente settimo posto al termine di un campionato molto altalenante caratterizzato dal cambio in corsa della guida tecnica, da Giovanni Pagliari a Nunzio Zavettieri; inoltre, al termine del torneo viene arrestato Ercole Di Nicola, allora direttore sportivo dei rossoblù, nell'ambito di un'inchiesta relativa al calcioscommesse. Il 29 agosto 2015 la Società viene condannata ad un punto di penalizzazione dalla Corte d'Appello Federale della Figc per illecito sportivo da scontare nel successivo campionato di Lega Pro. Nel successivo campionato di Lega Pro la squadra viene affidata al tecnico Carlo Perrone e la rosa profondamente cambiata, allestendo una compagine con il chiaro obiettivo della permanenza nella categoria. L'Aquila non inizia male, alla fine del girone di andata si trova in una posizione di classifica tranquilla, ma a dicembre i punti di penalizzazione diventano 14, poi ridotti a 7; da questo momento in poi i risultati cominciano a peggiorare, la società entra in confusione, il tecnico Perrone viene sostituito, a sei giornate dalla fine, con Giacomo Modica, per poi essere richiamato nelle battute finali. I rossoblù terminano il torneo in sedicesima posizione, retrocedendo poi in seguito al play-out con il Rimini. Gli anni in Serie D Nel 2016-2017 L'Aquila, al termine di una stagione molto travagliata iniziata con la contestazione della tifoseria e culminata con l'abbandono a stagione in corso dell'allenatore Massimo Morgia, del direttore sportivo Alessandro Battisti e di diversi calciatori — tra cui il capitano dei rossoblù, Giorgio La Vista — arriva quinta; dopo aver vinto la semifinale play-off contro il Monterosi per 2-3, gli abruzzesi vengono sconfitti in finale dal Rieti per 4-1, fallendo così l'obiettivo di un immediato ritorno tra i professionisti. Nella stagione seguente viene confermato in panchina Pierfrancesco Battistini, subentrato a Morgia nel precedente torneo terminando ancora in quinta posizione: la semifinale, giocata fuori casa, vede il club rossoblù perdere 0 a 3 contro il Matelica. La terza cancellazione e la ripartenza Il 27 luglio 2018 viene ufficializzata la mancata iscrizione in Serie D per motivi finanziari e nell'estate viene fondata lAssociazione Sportiva Dilettantistica Città di L'Aquila che riparte dalla Prima Categoria con Roberto Cappellacci in panchina. Il campionato dell'Aquila è contrassegnato da molte vittorie tra cui anche goleade (viene anche sancito un nuovo record di reti segnate in una gara ufficiale dai rossoblù, per la precisione in A.S.D. Città di L'Aquila-Atletico Civitella Roveto terminata 12-0) che portano il club a conquistare, il 1º maggio 2019, a seguito della vittoria per 9-0 contro il San Francesco (un derby cittadino), il salto nel campionato abruzzese di Promozione. La stagione 2019-2020 vede protagonisti i tifosi che, sulla spinta del Supporters'Trust L'Aquilame' e del gruppo storico del tifo aquilano Red Blue Eagles 1978, diventano a tutti gli effetti proprietari del club, scongiurando così l'ennesimo fallimento. Chiusa la breve parentesi della presidenza di Paolo Fioravanti e dell'apporto del Trust, in società assumono una parte preminente i R.B.E.78. Il club, composto interamente dai tifosi e presieduto dall'avvocato Stefano Marrelli, conferma alla guida tecnica il mister della vincente cavalcata in Prima Categoria, Roberto Cappellacci e nomina Direttore sportivo l'esordiente Luca Di Genova. Viene così allestita una rosa di grande spessore per la categoria, grazie al sostegno della cittadinanza aquilana tramite abbonamenti e sponsor. A fine stagione la squadra viene promossa in Eccellenza essendo al primo posto in classifica (con dodici punti di vantaggio dall'inseguitrice Mutignano), al momento dell'interruzione del campionato a causa della pandemia di COVID-19. Nella stagione successiva, il campionato viene interrotto prematuramente il 25 ottobre 2020 a causa della seconda ondata di COVID-19, con i rossoblù primi in classifica. Il campionato, tuttavia, riprende nel successivo mese di aprile con soltanto 7 delle 20 società ai nastri di partenza: vengono resettati tutti i risultati ottenuti nelle prime otto giornate e i rossoblù terminano la stagione al secondo posto, alle spalle del Chieti che a ottobre si trovava a sette punti di distanza dalla formazione aquilana. Nella stagione 2021-2022, caratterizzata da un andamento di risultati altalenante e dal cambio di tre allenatori in panchina (Federico Giampaolo, Michele De Feudis e Sergio Lo Re), L'Aquila termina il campionato al terzo posto. Successivamente vince i play-off regionali contro Torrese e , ottenendo la qualificazione ai play-off nazionali nei quali passa il turno semifinale contro i sardi del Taloro Gavoi, ma perde in finale contro la squadra piemontese Chisola. Da segnalare la vittoria della Coppa Italia Dilettanti Abruzzo per la terza volta nella storia rossoblù e la successiva eliminazione nella fase a gironi di Coppa Italia Dilettanti contro l'. Il ritorno in Serie D All'inizio della stagione sportiva 2022/23 L'Aquila presenta l'imprenditore Salvatore Di Giovanni, che affianca Massimiliano Barberio nella carica di presidente. La conduzione tecnica della squadra, fortemente rinnovata con l'innesto di calciatori di grande spessore per la categoria, viene affidata a Massimo Epifani. Dopo un inizio di stagione non semplice (7 punti nelle prime 4 partite), L'Aquila inanella una lunga serie di risultati utili consecutivi, issandosi in vetta solitaria della classifica fin dal mese di dicembre. Il distacco sulla seconda cresce partita dopo partita, fino ad arrivare a 10 punti a 4 giornate dal termine. Il 26 marzo 2023 L'Aquila ha il match point, contro il Capistrello, per ottenere la vittoria del campionato. Dopo il vantaggio iniziale firmato su punizione da Nicolò Corticchia, i marsicani ribaltano la partita nel secondo tempo, ma le reti di Nicola Santirocco e Jonatan Alessandro al 92º e 95º minuto ribaltano ancora il risultato (2-3) e fanno esplodere di gioia gli oltre 700 tifosi aquilani accorsi allo stadio. La vittoria sancisce il ritorno dei rossoblù in Serie D con tre turni di anticipo. In Coppa Italia Dilettanti Abruzzo, dopo aver eliminato Alba Adriatica, Spoltore e Pontevomano, i rossoblù capitolano 7-5 d.c.r. contro Sambuceto (2-2 al termine dei supplementari), nella finale giocata allo stadio "Francesco Pallozzi" di Sulmona. Cronistoria Colori e simboli Colori I colori sociali sono il rosso ed il blu. Caso raro all'interno del panorama calcistico nazionale ed internazionale, detti colori non sono mai stati cambiati a partire dalla fondazione della società, avvenuta nel 1927, e sono ritenuti essere un omaggio al professor Rusconi, radiologo di origine bolognese e tifoso del Bologna, prima portiere dellAquila F.C. e in seguito direttore tecnico dellA.S. Aquila. Alcuni dirigenti avrebbero voluto adottare i colori civici nero e verde, poi adottati dalla squadra di rugby, ma la loro proposta non fu accolta. La prima maglia era interamente rossa bordata di blu mentre le strisce fecero la loro comparsa solo a partire dal 1936. La larghezza e il numero delle strisce sono variate più volte nel corso del tempo: la casacca tradizionale è quella con 9 strisce (generalmente 5 di colore blu e 4 rosse) molto strette, ma non sono mancate vistose modifiche a questa consuetudine come nel caso della maglia utilizzata nel 2000-2001 e caratterizzata da sole tre strisce (di cui, quella centrale, di un blu molto più tenue rispetto allo standard). Calzoncini e calzettoni sono stati quasi sempre di colore blu o in alternativa bianchi, solo raramente di colore rosso. Il rosso-blu, come detto, aveva già fatto la sua comparsa all'Aquila prima della costituzione dellA.S. Aquila: nella metà degli anni venti il F.C. L'Aquila scese in campo con una maglia rosso-blu a scacchi, una stoffa acquistata a Pescara che si dice fosse l'ultimo colore rimasto al venditore. Le risate degli spettatori presenti sul campo di Collemaggio portarono alla sua sostituzione con una maglia bianca con risvolti e calzoncini neri e, successivamente, una maglia azzurro Savoia. La S.S. Città dell'Aquila adottò, invece, i colori sociali bianco e blu. La divisa da trasferta invece è stata nelle gran parte delle stagioni di colore bianco con il rosso-blu limitato alle rifiniture laterali o alle bande, disposte verticalmente, orizzontalmente o diagonalmente; sul finire degli anni novanta la squadra utilizzò una maglia da trasferta bianca con lo stemma societario al centro del busto e alcuni piccoli scacchi di colore rosso e blu ai lati. Calzoncini e calzettoni sono bianchi o talvolta blu. La terza maglia, nei pochi anni in cui è comparsa, è stata quasi sempre di colore giallo, con rifiniture rosso-blu; nei primi anni novanta questa maglia è stata caratterizzata dalla presenza della figura di un'aquila stilizzata sul petto, simile a quella adottata dalla Lazio nel decennio precedente. Non sono mancate, tuttavia, le eccezioni all'utilizzo del giallo: in un caso (nel 2000-2001) si ricorda una curiosa maglia celeste chiaro, nel 2012-2013 è stata realizzata una terza maglia nero-verde — onorando così i colori della città e i cugini della squadra di rugby, che a loro volta, in quella stagione, utilizzarono una seconda maglia rosso-blu — mentre nel 2014-2015 il club è sceso in campo con un'inedita casacca mimetica per celebrare l'88ª Adunata nazionale degli alpini. Simboli ufficiali Stemma Lo stemma societario è tradizionalmente identificato con un'aquila, coerentemente allo stemma civico e in evidente richiamo al nome della città. È tuttavia doveroso ricordare che, fino alla metà degli ottanta, lo stemma prevedeva semplicemente un pallone rosso-blu con, sullo sfondo, due bande diagonali anch'esse recanti i colori societari. Con il succedersi delle stagioni e delle gestioni societarie di volta in volta lo stilema dell'aquila è stato rielaborato in modo diverso e addirittura in alcuni periodi (soprattutto negli anni seguenti alle due rifondazioni del 1994 e del 2004) lo scudo societario è cambiato quasi ogni anno, rendendo impossibile l'identificazione del sodalizio con uno stemma univoco. I simboli che vantano un'anzianità maggiore appartengono proprio alle società radiate. Il primo in ordine cronologico, utilizzato dal 1991 al 1994, presentava il rapace stilizzato, di profilo e ad ali spiegate. Il secondo, utilizzato dal 1999 al 2003, era costituito da uno scudo svizzero, inquartato di rosso e blu, recante la vista frontale di un'aquila in picchiata, un pallone posto di lato e il profilo del Gran Sasso d'Italia stilizzato sullo sfondo; l'animale disegnato non era l'aquila reale, effettivamente presente nei territori intorno alla città, bensì l'aquila di mare testabianca già simbolo degli Stati Uniti d'America. Quest'ultimo è comunque l'unico simbolo dell'Aquila Calcio depositato presso l'Ufficio italiano marchi e brevetti (Uibm) e, nonostante la sua particolarità, è sicuramente tra i più diffusi ed amati dalla tifoseria, anche in virtù dei risultati sportivi raggiunti in quegli anni. Negli anni seguenti vanno ricordati i simboli del 2003-2004, quando L'Aquila ha giocato con lo stemma comunale sulle maglie, e quello in uso dal 2005 al 2007, adottato su indicazione della tifoseria, anche se modificato con l'aggiunta della scritta Real, poco gradita ai sostenitori rossoblù. Nel 2007 l'allora presidente Elio Gizzi rinnovò nuovamente il simbolo che è stato utilizzato fino alla mancata iscrizione al campionato di Serie D nell'estate del 2018. Si tratta di un circolo di colore blu, inquartato di rosso e di bianco, sul quale è rappresentata un'aquila blu con la testa bianca; lo stemma presenta alcuni riferimenti alla storia della città come l'evidenziamento della bicromia bianco-rossa e la suddivisione in quattro parti, rispettivamente in omaggio agli antichi colori civici e ai quattro rioni cittadini. Nell’estate del 2018, a seguito della mancata iscrizione al campionato di Serie D, la neo società nascente ha adottato un nuovo logo disegnato dagli ultras dei Red Blue Eagles e di proprietà dell'associazione "Aps Aquile Rossoblù", la quale si è fatta carico di custodirlo e concederlo in comodato d'uso gratuitamente alle varie società che si susseguiranno, con l'obiettivo di svincolare il logo da futuri fallimenti sportivi, facendo sì che possa continuare a rappresentare la squadra rossoblù. Il logo è composto nella parte alta dal rapace coronato in stile svevo che campeggia sullo stemma civico del capoluogo d'Abruzzo; la parte bassa è composta da uno scudo medievale rossoblù dentro il quale trovano posto la scritta "L'AQUILA 1927" e la stilizzazione di un pallone di cuoio. Inno L'inno ufficiale della squadra è stato scritto nel 1954, da Umberto Taccola, messo in musica da Giorgio Cavalli ed arrangiamento di Enrico Canelli. Strutture Stadio Le prime partite di calcio all'Aquila furono giocate in piazza San Basilio, nel centro storico della città; successivamente fu utilizzato il prato antistante la basilica di Santa Maria di Collemaggio. Il GUF, prima squadra aquilana iscritta ad un campionato ufficiale nel 1930-1931, disputava invece le sue partite sul campo di Piazza d'Armi dove, l'anno successivo, esordì anche l'A.S. L'Aquila. Il campo era situato all'angolo tra le attuali viale Corrado IV e via del Beato Cesidio, dove oggi sorge lo stadio d'atletica. Nel 1933 i rossoblù fecero il loro ingresso nel nuovo stadio del Littorio (poi Stadio XVIII Ottobre), fortemente voluto da Adelchi Serena, presidente della società e podestà cittadino, e costato circa 6 milioni di lire. L'impianto –dotato di un campo di gioco, una pista per l'atletica (poi eliminata, e un velodromo - fu progettato dall'architetto milanese Paolo Vietti-Violi, mentre i lavori di costruzione furono diretti dall'architetto Mario Gioia e dall'ingegner Gaetano Lisio. La capienza originale era di 12.000 posti a sedere. Dal dopoguerra, lo stadio venne utilizzato in condivisione con L'Aquila Rugby 1936 e fu intitolato alla memoria di Tommaso Fattori, ex-tecnico dei neroverdi. In occasione della XVII Olimpiade, il Fattori ospitò alcune partite del torneo preliminare di calcio e in quell'occasione la capienza fu attestata a 20.000 persone. Il record di spettatori (12.838) è stato registrato in occasione dello spareggio tra L'Aquila e il Gualdo valevole per il Campionato Interregionale 1991-1992. Nel 2016 il club si è trasferito in un impianto dedicato al calcio e realizzato riutilizzando una vecchia struttura rugbistica. Lo stadio Gran Sasso d'Italia ha una capienza complessiva di posti — suddivisi su due tribune coperte, una curva scoperta ed un settore ospiti — ed è intitolato alla memoria di Italo Acconcia, tra i più noti atleti calcistici della città. Centro di allenamento L'Aquila svolge le sue sedute d'allenamento allo stesso stadio Gran Sasso d'Italia-Italo Acconcia, struttura che dispone anche d'un campo secondario alle spalle del settore ospiti non ancora completato. Le formazioni giovanili utilizzano anche i campi sportivi di Montereale, San Gregorio e Barisciano. Società La prima sede della società era collocata in via Marrelli 63; qui erano depositati i pali delle porte che, ogni domenica, venivano prelevati per essere piantati nel terreno di gioco. Oggi la sede è situata all'interno del locali dello stadio Gran Sasso D'Italia. Organigramma societario Sponsor Sezione femminile Nell'estate del 2021 la società ha deciso di costituire la propria sezione di calcio femminile, risultando vittoriosa del campionato di Eccellenza femminile e della Coppa Italia Dilettanti Abruzzo nella stagione 2022-2023. Nella stagione 2023-2024 milita in Serie C. Allenatori e presidenti Di seguito l'elenco di allenatori e presidenti della società aquilana dall'anno di fondazione a oggi. Massimo Epifani, in carica da luglio 2022, è l’82º tecnico dei rossoblù. L'allenatore che ha collezionato più panchine è Arnaldo Leonzio, già centro-mediano degli abruzzesi, alla guida della squadra in quattro periodi differenti per un totale di dieci stagioni tra il 1960 ed il 1977. Il presidente della società è Massimiliano Barberio, subentrato nel 2022 a Stefano Marrelli; è il 34º presidente nella storia del club. Il primo fu il podestà cittadino Adelchi Serena, uno dei fondatori dell'Associazione Sportiva Aquila, l'8 ottobre 1931, mentre, il più longevo è stato Ubaldo Lopardi (in seguito sindaco dell'Aquila) che ha ricoperto la carica per nove anni, seppur non consecutivi, tra il 1948 e il 1969. Calciatori Tra i giocatori più celebri a vestito la maglia rossoblù si cita Italo Acconcia; centrocampista di talento, l'aquilano si mise in luce giovanissimo già negli anni quaranta prima di lasciare l'Abruzzo per andare a giocare con Fiorentina, Udinese e Genoa in Serie A. Una volta terminata la carriera da giocatore, Acconcia divenne selezionatore della Nazionale B e commissario tecnico della Nazionale Juniores lanciando talenti come Paolo Rossi, Antonio Cabrini, Marco Tardelli e Franco Baresi. A lui è intitolato lo stadio in cui il club gioca le sue partite dal 2016. Molti altri giocatori dell'Aquila hanno disputato la massima serie con un'altra formazione. Tra questi, coloro che vantano titoli nazionali o internazionali sono Annibale Frossi (2 campionati italiani con l'Ambrosiana-Inter nel 1937-1938 e nel 1939-1940 oltre a una Coppa Italia, sempre con i nerazzurri, nel 1938-1939), Angelo Caroli (1 scudetto con la Juventus nel 1960-1961, unico aquilano di nascita a vincere il campionato italiano), Sergio Petrelli (1 scudetto con la Lazio nel 1973-1974) e Sergio Spuri (1 scudetto con l'Hellas Verona nel 1984-1985). Tra i record-man è doveroso citare Valdo Cherubini, bomber con oltre 440 presenze in maglia rossoblù collezionate tra gli anni settanta e ottanta. Capitani Imperio Carcione (2011-2013) Marco Pomante (2013-2015) Claudio De Sousa (2015-2016) Giorgio La Vista (2016-2017) Simone Minincleri (2017) Alessandro Steri (2017-2018) Nicola Di Francia (2018-2020) Damiano Zanon (2020) Giuseppe Catalli (2020-2021) Andrea Venneri (2021) Cosmo Palumbo (2021) Vincenzo Scognamiglio (2021-2022) Alessandro Brunetti (2022-) Contributo alle nazionali L'unico giocatore dell'Aquila ad aver vestito la casacca azzurra della Nazionale è stato il già citato Annibale Frossi; l'esterno si mise in luce con la maglia rossoblù nel 1935-1936, in Serie B, segnando anche 9 reti, e ricevette la sua prima convocazione appena prima di trasferirsi all'Ambrosiana-Inter. Con l'Italia, Frossi, disputò 5 partite e segnò 8 reti vincendo sia le Olimpiadi 1936 che la classifica marcatori della stessa competizione. Tra i calciatori che vantano almeno una convocazione nelle rappresentative giovanili ci sono Domenico Maietta, all'Aquila nel 2001-2002, con 1 convocazione nell'Under-20, Francesco Scardina, all'Aquila nel 2003-2004, con 10 convocazioni nell'Under-18 e Marco Frediani, all'Aquila nel 2013-2014, con 13 convocazioni tra Under-18, Under-19 e Under-20. Per quanto riguarda le altre Nazionali si citano Jehad Muntasser (in rossoblù nel 2001-2002), che ha disputato 34 partite e segnato 8 reti con la Libia, e Kenneth Zeigbo (anch'esso in rossoblù nel 2001-2002), con all'attivo 3 presenze e 1 rete con la Nigeria, mentre Daniel Ola (in rossoblù nel 2002-2003) pur essendo stato convocato dalla stessa Nazionale nigeriana non è mai sceso in campo. Per quanto riguarda le Nazionali giovanili, infine, Marco Villa, attaccante dell'Aquila dal 2008 al 2010, vanta 9 presenze e 1 rete con la Nazionale tedesca Under-21 mentre Hrvoje Miličević, mediano rossoblù nel 2015-2016, ha collezionato 17 presenze tra la Nazionale Under-21, quella Under-20 e quella Under-19 della Croazia e 4 presenze con la Bosnia ed Erzegovina. Palmarès 1933-1934 (girone finale A) 1997-1998 (girone F) 2022-2023 2006-2007, 2008-2009, 2021-2022 Promozione Abruzzo: 1 2019-2020 (girone A) Prima Categoria Abruzzo: 1 2018-2019 (girone A) Statistiche e record Partecipazione ai campionati L'Aquila ha disputato 92 stagioni sportive a partire dall'esordio in Seconda Divisione nel 1931-1932, prendendo parte a 81 campionati nazionali. La società ha sospeso le sue attività solo nella stagione 1943-1944, per cause belliche, mentre nella stagione 1944-1945 ha disputato il campionato abruzzese di guerra. Campionati nazionali Campionati regionali Partecipazione alle coppe L'Aquila ha preso parte a 34 competizioni nazionali a partire dall'esordio in Coppa Italia nel 1935-1936; il massimo risultato raggiunto sono i quarti di finale (Coppa Italia Serie C 2002-2003). Negli anni trenta L'Aquila ha disputato due edizioni della Coppa dell'Italia Centrale, torneo interregionale organizzato dalla FIGC ad imitazione della Coppa dell'Europa Centrale, arrivando in finale nel 1938-1939. In tre occasioni (2006-2007, 2008-2009 e 2021-2022) i rossoblù hanno inoltre vinto la Coppa Italia Dilettanti Abruzzo, la massima competizione regionale. Tifoseria Storia I primi gruppi di tifo organizzato nel capoluogo abruzzese cominciarono ad apparire negli anni sessanta; oltre allo storico Commandos Rossoblù, originariamente posto nel settore Distinti dello stadio Tommaso Fattori, Commandos Tigre, Fedelisimi, Potere Rossoblù, Boys e altri ancora si avvicendarono fino al 1978, anno di nascita dei Red Blue Eagles L'Aquila, il gruppo più antico e numeroso tra quelli che ancora oggi sostengono L'Aquila Calcio. Inizialmente posti anch'essi nel settore Distinti, si spostarono sul finire degli anni ottanta nella parte occidentale della Curva, insieme ai ragazzi dellUltima Fila (questi ultimi posizionati a ridosso dell'entrata del settore). Al 1990 risale invece la formazione di un altro gruppo storico, quello del N.a.M., sigla che sta per "Nucleo anti-Marsica", dal nome della zona della provincia dell'Aquila che ospita la città di Avezzano, con la cui tifoseria c'è stata spesso una rivalità asperrima; il gruppo si è sciolto il 21 marzo 2009, dopo 19 anni di storia. A partire dal 1998, anno del ritorno dell'Aquila tra i professionisti, si assistette alla nascita di molti nuovi gruppi organizzati, la maggior parte dei quali però scomparve nel giro di poche stagioni: Torcida rossoblù, I peggiori, La banda dello Sciamano e 721 s.l.m.. L'unico gruppo recente rimasto in vita per un periodo significativo è quello dei Viking che, formatosi nel 2000 si è sciolto nel 2007. Negli anni duemiladieci, dalle ceneri dei N.a.M., è sorto invece il gruppo Novantanove. Gemellaggi e rivalità Attualmente la tifoseria rossoblù non presenta gemellaggi ufficiali. Un gemellaggio storico è stato con i corregionali del , sorto negli anni ottanta anche in virtù della comune rivalità con il Pescara, terminato negli anni duemiladieci. Una seconda amicizia a livello regionale legava i rossoblù alla tifoseria del , poi conclusasi per motivi ignoti. Degno di nota anche il gemellaggio con il , sorto il 30 gennaio 1994 quando gli aquilani ricevettero il cordoglio dei toscani per la scomparsa di Nicola Mezzacappa, tifoso rossoblù morto in un incidente d'auto proprio mentre stava raggiungendo Pontedera per la partita. Le rivalità principali sono quelle con il già citato Pescara e l'Avezzano, che rappresentano anche due dei principali derby d'Abruzzo; a testimonianza della seconda è anche la presenza, in curva aquilana negli anni novanta, del gruppo N.a.M., acronimo di Nucleo anti-Marsica. Sorte per motivi campanilistici (la disputa con Pescara può essere ricondotta addirittura agli anni sessanta, precedentemente alla querelle per la scelta del capoluogo regionale) sono entrambe sfide molto sentite anche se sono state disputate con molta discontinuità nel corso degli anni. mentre a livello regionale si possono citare quelle con Teramo, . Al di fuori dell'Abruzzo sono stati registrati scontri, negli anni duemila, con le tifoserie di (gemellata con quella pescarese) e . Ben più storica è, invece, la rivalità con il Sora sorta negli anni settanta e che sfociò, nel 1978-1979 in un'aggressione dei tifosi laziali agli atleti aquilani punita con la vittoria a tavolino per i rossoblù.
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Serie A 1987-1988
La Serie A 1987-1988 è stata l'86ª edizione della massima serie del campionato italiano di calcio (la 56ª a girone unico e l'ultima a 16 squadre), disputata tra il 13 settembre 1987 e il 15 maggio 1988 e conclusa con la vittoria del , al suo undicesimo titolo. Capocannoniere del torneo è stato Diego Armando Maradona () con 15 reti. Stagione Novità Con la decisione di aumentare, dalla stagione 1988-1989, il numero di partecipanti a 18, per quest'edizione del campionato le retrocessioni furono solo due. In estate la giustizia sportiva colpì l', che proprio l'anno prima aveva esordito in Serie A anche grazie alla condanna di altre società: i toscani, coinvolti in uno scandalo su alcune partite truccate, vennero penalizzati di cinque punti. Calciomercato Il torneo 1987-1988 segnò la seconda "riapertura" delle frontiere, provvisoriamente chiuse nell'estate del 1984: ogni società del campionato riacquisì il diritto di prelevare calciatori stranieri da divisioni estere, fermo restando il tetto massimo di due tesseramenti per squadra. Silvio Berlusconi, patron del Milan, portò nel calcio stili e metodi operativi nuovi: cercò in Europa la migliore coppia di stranieri, trovandola negli olandesi Gullit e van Basten; come tecnico fu scelto l'emergente Arrigo Sacchi, proveniente dalle buone stagioni a Parma e all'esordio assoluto in Serie A. La Roma, che riabbracciò Nils Liedholm, rivoluzionò la difesa mentre in attacco puntò sul tedesco Völler. La Fiorentina, orfana della bandiera Antognoni, con il nuovo allenatore Eriksson si affidò al centrale svedese Hysén per la difesa a zona, mentre la Sampdoria non cambiò faccia affidandosi ai talenti già in rosa, su tutti l'ormai rodata coppia Mancini-Vialli. La Juventus, preso atto dell'addio di Platini, confermò il tecnico Rino Marchesi, acquistò i mestieranti Magrin e De Agostini e realizzò quello che sulla carta era il "colpo" dell'estate, portando a Torino il prolifico attaccante del Liverpool Rush il quale, tuttavia, non riuscì a lasciare il segno nel calcio italiano. L'Inter di Trapattoni si affidò al belga Scifo e al ritorno di Serena, mentre il Napoli campione in carica si rafforzò ulteriormente con l'acquisto del brasiliano Careca: affiancato a Maradona e Giordano, nacque il trio d'attacco "Ma.Gi.Ca." Avvenimenti Fu un campionato che segnò la rinascita del . In quello che sembrava destinato a essere l'anno del secondo scudetto del , nell'ultima parte del torneo, la rimonta da parte dei rossoneri vanificò le ambizioni della squadra di Maradona. Guidati dall'allenatore Arrigo Sacchi, esordiente in Serie A ma che pochi mesi prima, con il meno quotato , aveva eliminato proprio il Milan dagli ottavi di finale della Coppa Italia, vincendo a San Siro, i rossoneri superarono l'inatteso infortunio occorso a van Basten nelle prime giornate e trovarono la loro forza in una difesa a zona che subì 14 gol in 30 partite, dodici dei quali sul campo (per via della sconfitta a tavolino con la Roma), e che lanciò in Nazionale, oltre al veterano Baresi, anche giovani come Costacurta e Maldini. Il campionato iniziò il 13 settembre 1987 sotto il segno del Napoli, che vinse le prime cinque partite andando in fuga. Inizialmente la provò a inseguire, ma con passo non abbastanza deciso per tenere testa ai campani: il 17 gennaio 1988 a Genova, all'ultimo turno del girone di andata, un gol di Maradona nel finale pose fine alla rincorsa dei blucerchiati. Gli azzurri diventarono campioni d'inverno e continuarono la loro corsa nella tornata di ritorno, arrivando il 14 febbraio ad accumulare un vantaggio di cinque punti sul Milan, secondo in graduatoria. In precedenza, due mesi prima, a pochi secondi dal calcio d'inizio del secondo tempo di Milan-Roma, partita ancora ferma sullo 0-0, due petardi partiti dalla curva rossonera fecero perdere i sensi al portiere giallorosso Tancredi che venne sostituito dal diciassettenne Peruzzi; nonostante la partita fosse stata vinta sul campo dai lombardi, grazie a un rigore di Virdis, la rete non avrà alcun valore poiché la Disciplinare decreterà il successo per 2-0 della formazione capitolina. Analoghi provvedimenti erano stati precedentemente presi contro il Pisa, in occasione della gara interna col Napoli, e la Juventus allorché ospitò il Cesena, sempre per lanci di oggetti dagli spalti che avevano colpito giocatori delle squadre ospiti. Il 10 aprile, a cinque giornate alla fine, il Napoli conduceva con quattro punti di vantaggio sui rossoneri, che non avevano saputo approfittare appieno di alcuni tentennamenti della capolista nei due mesi precedenti. Ma il Milan, a partire dalla settimana successiva, sfruttò il calo atletico di cui furono vittime i partenopei inanellando tre successi che si rivelarono decisivi: il 17 aprile vinsero a Roma, mentre gli azzurri perdevano a Torino di fronte alla ; il 24 fecero loro il derby meneghino mentre i rivali pareggiavano a Verona; infine, nello scontro diretto del San Paolo, si imposero per 3-2 grazie alla doppietta di Virdis e a un gol di van Basten. La crisi del Napoli, aggravata da una spaccatura all'interno dello spogliatoio fra una parte della squadra (i cosiddetti "ribelli di maggio") e il tecnico Ottavio Bianchi, portò i campioni in carica allo sbando: i partenopei, che avevano perso solo due partite nelle prime 25 giornate, caddero quattro volte negli ultimi cinque turni e ottennero solo un punto sui 10 disponibili. All'ultima giornata al Milan bastò un pareggio a Como, il 15 maggio, per festeggiare uno scudetto che mancava da nove difficili anni e che sarebbe rimasto l'unico dell'era-Sacchi. Le retrocessioni furono solamente due, dato che la FIGC optò per un allargamento del campionato a diciotto squadre, ventun anni dopo la precedente riforma (1967). Vana la lotta del penalizzato Empoli; diverso il destino di un'altra toscana, il , che si salvò in extremis a detrimento dell': gli irpini tornarono tra i cadetti dopo dieci anni. Oltre al Pisa si salvarono anche le altre due neopromosse, il e il . Uno spareggio per l'ammissione alla Coppa UEFA pose di fronte Juventus e per una stracittadina che i bianconeri vinsero ai rigori. Squadre partecipanti Allenatori e primatisti Classifica finale Legenda:       Campione d'Italia e qualificato in Coppa dei Campioni 1988-1989.       Qualificate in Coppa UEFA 1988-1989.       Qualificata in Coppa delle Coppe 1988-1989.       Retrocessi in Serie B 1988-1989. Regolamento: Due punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta. A parità di punti valeva la classifica avulsa, eccetto per l'assegnazione dello scudetto, dei posti salvezza-retrocessione e qualificazione-esclusione dalla Coppa UEFA per i quali era previsto uno spareggio. Note: La Juventus, a pari merito con il Torino, ha ottenuto il sesto posto dopo spareggio. L'Empoli ha scontato 5 punti di penalizzazione a causa di illecito sportivo. Squadra campione Risultati Tabellone Calendario Spareggi Spareggio per il 6º posto Lo spareggio servì a determinare, fra le due formazioni a pari merito, quale avrebbe definitivamente occupato il sesto posto con la conseguente qualificazione alla Coppa UEFA 1988-1989. Statistiche Squadre Capoliste solitarie Classifica in divenire Primati stagionali Squadre Maggior numero di partite vinte: 18 (Napoli) Minor numero di partite perse: 2 (Milan) Massimo dei pareggi: 15 (Torino) Minor numero di partite vinte: 5 (Avellino) Maggior numero di partite perse: 14 (Pescara) Minimo dei pareggi: 6 (Napoli) Miglior attacco: 55 (Napoli) Miglior difesa: 14 (Milan) Miglior differenza reti: 29 (Milan) Peggior attacco: 19 (Avellino) Peggior difesa: 44 (Pescara) Peggior differenza reti: −20 (Pescara) Partite più gol: (6) Inter-Roma 4-2 Napoli-Pescara 6-0 Roma-Pescara 5-1 Maggior scarto di reti (6): Napoli-Pescara 6-0 (6) Individuali Classifica marcatori Media spettatori Media spettatori della Serie A 1987-88: 30.621
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https://it.wikipedia.org/wiki/Domenico%20Tinozzi
Domenico Tinozzi
Biografia Nacque da Francesco Paolo ed Elisabetta De Pasquale. Si laureò in medicina a Napoli ed intraprese inizialmente la carriera universitaria, rientrando poco dopo nel paese natale per necessità famigliari. Qui esercitò la professione di medico condotto; sposò Maria Volpe dalla quale ebbe una figlia, Aurora. Seguendo una precoce passione giovanile, fu sempre studioso ed appassionato della cultura latina; in questa lingua scrisse soprattutto versi. Molto noto come epigrafista, fu autore, tra l'altro, delle iscrizioni latine del "ponte littorio" di Pescara e del motto della Sanità militare ("fratribus ut vita servare", ossia "affinché salviate la vita ai fratelli"). Fu legato a molti uomini di cultura abruzzesi del suo tempo, tra i quali il latinista Luigi Illuminati ed il poeta Cesare De Titta. Nel 1895 fu eletto deputato nella XIX legislatura per il collegio di Penne, succedendo a Gaetano Paolucci, anch'egli medico. Tenne la carica fino al termine della XXIV legislatura, nel 1919, e poi di nuovo nella XXVI legislatura, dal 1921 al 1924. Tenne posizioni politiche vicine alla sinistra liberale. In seguito, dal 1927 al 1934, fu il primo presidente della appena costituita provincia di Pescara; in questo ruolo si adoperò, tra l'altro, per l'acquisto della grande tela di Francesco Paolo Michetti La Figlia di Jorio, allora di proprietà di una istituzione tedesca. Promosse inoltre la fondazione della Biblioteca provinciale Gabriele D'Annunzio a Pescara. Fu nominato nel 1935 Cavaliere dell'ordine mauriziano. Gli è intitolata una scuola media a Pescara (D.Tinozzi). Onorificenze
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https://it.wikipedia.org/wiki/Mille%20Miglia
Mille Miglia
La Mille Miglia è stata una competizione automobilistica stradale di granfondo disputata in Italia in 24 edizioni tra il 1927 e il 1957. Si trattava di una gara di velocità in linea con partenza e arrivo a Brescia in cui i concorrenti arrivavano fino a Roma attraverso il centro-Nord Italia. Il nome della gara deriva dalla lunghezza del percorso; infatti, nonostante diverse variazioni nel corso degli anni, rimase lungo circa 1600 chilometri equivalenti a circa mille miglia imperiali. Dal 1977 la Mille Miglia rivive sotto forma di gara di regolarità storica a tappe la cui partecipazione è limitata alle vetture, prodotte entro il 1957, che avevano partecipato (o risultavano iscritte) alla corsa originale. Il percorso Brescia-Roma-Brescia ricalca, pur nelle sue varianti, quello della gara originale mantenendo costante il punto di partenza/arrivo in viale Venezia all'altezza dei giardini del Rebuffone. L'edizione del novantesimo anniversario del 2017 è quella con il record di iscritti: 705. Prima della guerra La corsa venne ideata ed organizzata, come gara di velocità in linea (non a tappe) da quattro amici in risposta alla mancata assegnazione a Brescia, loro città natale, del Gran Premio d'Italia, organizzato nel nuovo autodromo di Monza.I quattro, che divennero poi noti come i quattro moschettieri della Mille Miglia, sono il conte Aymo Maggi, pilota e finanziatore, il conte Franco Mazzotti, giornalista, pilota, finanziatore e presidente del RACI di Brescia, Renzo Castagneto, l'organizzatore vero e proprio, e Giovanni Canestrini, il decano dei giornalisti italiani nel settore automobilistico. Fu scelto un percorso a forma di "otto" da Brescia a Roma e ritorno lungo circa 1600 km, equivalenti a circa 1000 miglia, da cui il nome, suggerito da Franco Mazzotti, di recente ritorno da un viaggio in America. A Mazzotti nel secondo dopoguerra sarà poi intitolato il trofeo "Coppa delle Mille Miglia", attribuito ai vincitori della gara, che venne quindi denominata anche "Coppa Franco Mazzotti". La prima edizione partì alle 13 del 26 marzo 1927, con la partecipazione di 77 equipaggi, 2 soli dei quali stranieri (al volante delle piccole Peugeot 5 CV). Di loro 55 portarono a termine la corsa mentre 22 vetture furono costrette al ritiro. Alla fine un equipaggio bresciano composto da Ferdinando Minoia e Giuseppe Morandi a bordo di una bresciana OM 665 "Superba" S torpedo tagliò per primo il traguardo completando il percorso in 21 ore, 4 minuti, 48 secondi e 1/5 alla media di 77,238 km/h. Solo dopo l'enorme successo della prima Mille Miglia si decise di ripetere la prova negli anni a venire e l'evento divenne così importante che il tracciato fu modificato per ben tredici volte per far passare la gara anche da altre città.L'anno seguente l'equipaggio composto da Giuseppe Campari e Giulio Ramponi ottenne la prima di undici vittorie per l'Alfa Romeo a bordo di una 6C 1500 SS Spider Zagato, infatti tra il 1928 e il 1938, ad eccezione del 1931, la gara fu sempre appannaggio delle vetture Alfa Romeo, che dominarono la scena prima con le agili 6C e poi con le potenti 8C e piloti del calibro di Tazio Nuvolari, Achille Varzi e Clemente Biondetti. Il 1938 fu segnato da un grave incidente a Bologna, infatti una Lancia Aprilia uscì di strada, finì sulla folla, uccise dieci spettatori, di cui sette bambini, e ferì altre ventitré persone. In seguito a tale sciagura il capo del governo, Benito Mussolini, decise di non concedere più l'autorizzazione per svolgere gare di velocità su strade pubbliche. Dopo la pausa del 1939, nel 1940, a guerra iniziata, si riuscì a organizzare una nuova gara, chiamata ufficialmente Gran Premio di Brescia delle 1000 Miglia, che consisteva in nove giri di un circuito chiuso triangolare che toccava le città di Brescia, Cremona e Mantova in modo da raggiungere la lunghezza di circa 1000 Miglia. Tra il 1941 e il 1946 non fu possibile organizzare la corsa a causa della seconda guerra mondiale. Dopo la guerra La corsa poté essere organizzata di nuovo soltanto nel 1947, due anni dopo la fine della guerra; riprese il via alle 14:00 del 21 giugno e si concluse con la vittoria dell'Alfa Romeo 8C 2900 B berlinetta Touring privata dei compressori di Emilio Romano guidata da Clemente Biondetti in 16 ore 16 minuti e 39 secondi, dopo un'aspra battaglia contro la Cisitalia 202 Spyder Mille Miglia di Tazio Nuvolari. Questa fu l'ultima vittoria di un'Alfa Romeo alla Mille Miglia, l'anno dopo si aprì la schiera di successi Ferrari continuata fino al 1957 e interrotta solo nel biennio 1954-55 dalle vittorie di Lancia e Mercedes-Benz. Proprio alla Mercedes-Benz 300 SLR #722 di Stirling Moss e Denis Jenkinson appartiene il record assoluto della gara con i 1.592 km percorsi in 10 ore, 7 minuti e 48 secondi a 157,650 km/h di media. Il segreto di questa straordinaria prestazione risiedeva in un rotolo di carta lungo quattro metri e mezzo che Jenkinson usò per dirigere Moss durante la gara e su cui aveva annotato le caratteristiche della strada in base delle ricognizioni del percorso effettuate prima della corsa.Nel 1957 una Ferrari 335 S fu coinvolta in un incidente sulla Goitese nei pressi di Guidizzolo (ma nel territorio comunale di Cavriana), in provincia di Mantova, causato dallo scoppio di uno pneumatico, che costò la vita al pilota spagnolo Alfonso de Portago, al navigatore americano Edmund Gurner Nelson, e a nove spettatori, cinque dei quali bambini. A causa dello shock provocato nell'opinione pubblica la corsa venne definitivamente soppressa. A seguito dell'incidente Enzo Ferrari, costruttore della vettura coinvolta nell'incidente, subì un processo che durò alcuni anni e dal quale uscì assolto. L'Automobile Club di Brescia effettuò un tentativo per dare continuità alla corsa e nel 1958, nel 1959 e nel 1961, di fronte alla irremovibilità delle autorità che non concessero i nulla-osta necessari per le corse di velocità su strada, organizzò tre edizioni ancora denominate Mille Miglia ma disputate secondo una formula che prevedeva brevi tratti di velocità alternati a lunghe tratte di trasferimento da percorrere alla velocità media di 50 km/h (con penalizzazione per gli eventuali ritardi). La Mille Miglia rese vittoriosi e noti in tutto il mondo marchi di auto sportive italiane come Alfa Romeo, Lancia e Ferrari. La Mille Miglia classica Escludendo l'edizione del 1940 (svoltasi su un veloce circuito stradale Brescia-Cremona-Mantova) e le ultime tre Mille Miglia del 1958, 1959 e 1961 (edizioni di regolarità e velocità), le altre 23 edizioni della corsa - quelle che potremmo definire le "classiche" Mille Miglia - si sono disputate con partenza e traguardo a Brescia e giro di boa intermedio a Roma, su itinerari di lunghezza prossima ai 1600 km (approssimativamente 1000 miglia). Negli anni sono state ben tredici le variazioni apportate al percorso Brescia-Roma-Brescia, che ha avuto una lunghezza compresa tra un minimo di 1512 km (edizione 1953) e un massimo di 1830 km (edizione 1948) e che ha avuto un senso talvolta "orario" e talvolta "antiorario". Poiché il tracciato ha subito nel corso degli anni parecchie variazioni più o meno rilevanti, un confronto delle prestazioni ottenute dai diversi vincitori, anno dopo anno, non è formalmente corretto, in particolare se ci si riferisce ai tempi di percorrenza. È invece invalso l'uso di prendere a riferimento la media oraria per stabilire l'evoluzione delle prestazioni. Ciò premesso, la media ottenuta dai vincitori delle diverse edizioni della Mille Miglia su questo percorso classico Brescia-Roma-Brescia è più che raddoppiata, passata nel corso degli anni dai 77,238 km/h ottenuti nella prima edizione della corsa (1927) dalla OM 665 "Superba" di Ferdinando Minoia e Giuseppe Morandi ai 157,650 km/h raggiunti nel 1955 da Stirling Moss e Denis Jenkinson: questa media oraria non sarà più superata e pertanto verrà unanimemente considerata la "media record" della corsa. Albo d'oro e percorsi I Coppa delle Mille Miglia 26-27 marzo 1927 / 1628,200 km 1° Ferdinando Minoia / Giuseppe Morandi - OM 665 "Superba" S torpedo (1991 cm³) - 21h04'48"1/5 - 77,238 km/h 2° Tino Danieli / Renato Balestrero - OM 665 "Superba" S torpedo (1991 cm³) - 21h20'53"3/5 - 76,268 km/h 3° Mario Danieli / Archimede Rosa - OM 665 "Superba" S torpedo (1991 cm³) - 21h28'02"1/5 - 75,845 km/h Percorso Brescia — Montichiari — Asola — Canneto sull'Oglio — Piadena — Casalmaggiore — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Loreto — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cornuda — Feltre — Primolano — Bassano — Marostica — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. II Coppa delle Mille Miglia 31 marzo-1º aprile 1928 / 1618,200 km (Km 10,000 in meno rispetto al 1927 per qualche variazione di modesta entità) 1° Giuseppe Campari / Giulio Ramponi - Alfa Romeo 6C 1500 SS spider Zagato (1485 cm³) - 19h14'05"4/5 - 84,128 km/h (media = nuovo record) 2° Archimede Rosa / Franco Mazzotti - Om 665 "Superba" SMM spider (1991 cm³) - 19h22'22"2/5 - 83,529 km/h 3° Ermenegildo Strazza / Attilio Varallo - Lancia Lambda 221 spider passo corto Casaro (2569 cm³) - 19h37'37"2/5 - 82,447 km/h Percorso Brescia — Montichiari — Asola — Canneto sull'Oglio — Piadena — Casalmaggiore — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Loreto — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cornuda — Feltre — Primolano — Bassano — Marostica — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. III Coppa delle Mille Miglia 13-14 aprile 1929 / 1621,000 km (Km 2,800 in più rispetto al 1928 per qualche variazione di modesta entità) 1° Giuseppe Campari / Giulio Ramponi - Alfa Romeo 6C 1750 SS spider Zagato (1752 cm³) - 18h04'25" - 89,688 km/h (media = nuovo record) 2° Giuseppe Morandi / Archimede Rosa - OM 665 "Superba" SMM spider (1991 cm³) - 18h14'14" - 88,884 km/h 3° Achille Varzi / G. Colombo - Alfa Romeo 6C 1750 SS spider Zagato (1752 cm³) - 18h16'14"2/5 - 88,721 km/h Percorso Brescia — Montichiari — Asola — Canneto sull'Oglio — Piadena — Casalmaggiore — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Loreto — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cornuda — Feltre — Primolano — Bassano — Marostica — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. IV Coppa delle Mille Miglia 12-13 aprile 1930 / 1639,000 km (18,000 km in più rispetto al 1929 dovuti essenzialmente alla deviazione di Cremona) 1° Tazio Nuvolari / G.Battista Guidotti - Alfa Romeo 6C 1750 GS spider Zagato (1752 cm³) - 16h18'59"2/5 - 100,450 km/h (media = nuovo record) 2° Achille Varzi / Carlo Canavesi - Alfa Romeo 6C 1750 GS spider Zagato (1752 cm³) - 16h29'51" - 99,348 km/h 3° Giuseppe Campari / Attilio Marinoni - Alfa Romeo 6C 1750 GS spider Zagato (1752 cm³) 16h59'53"3/5 - 96,421 km/h Percorso A seguito dell'improvviso crollo di un ponte sull'Oglio a Canneto (MN) l'itinerario iniziale deve essere modificato per cui, da Brescia, si dirige verso Cremona e poi, attraverso San Giovanni in Croce, raggiunge Casalmaggiore e da lì prosegue seguendo il medesimo percorso dell'anno precedente. Brescia — Cremona — San Giovanni in Croce — Casalmaggiore — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Loreto — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cornuda — Feltre — Primolano — Bassano — Marostica — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. V Coppa delle Mille Miglia 11-12 aprile 1931 / 1635,500 km (Km 3,500 in meno rispetto all'anno precedente, dovuti essenzialmente alla variazione di Porto Recanati) 1° Rudolf Caracciola / Wilhelm Sebastian - Mercedes-Benz SSKL spider (7069 cm³) - 16h10'10" - 101,147 km/h (media = nuovo record) 2° Giuseppe Campari / Attilio Marinoni - Alfa Romeo 6C 1750 GS Testa Fissa spider Zagato (1752 cm³) - 16h21'17" - 100,001 km/h 3° Giuseppe Morandi / Archimede Rosa - OM 665 "Superba" SSMM spider (2221 cm³)- 16h28'35" - 99,263 km/h Percorso Rispetto al tracciato del 1930, si ha una variazione in provincia di Macerata: dopo Villa Potenza, infatti, si raggiunge Porto Recanati (in luogo di Loreto) e poi ci si dirige verso Ancona e si prosegue sullo stesso percorso del 1930. Brescia — Cremona — San Giovanni in Croce — Casalmaggiore — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Porto Recanati — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cornuda — Feltre — Primolano — Bassano — Marostica — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. VI Coppa delle Mille Miglia 9-10 aprile 1932 / 1639,700 km (Km 4,200 in più rispetto all'anno precedente per qualche variazione di modesta entità) 1° Mario Umberto Baconin Borzacchini / Amedeo Bignami - Alfa Romeo 8C 2300 spider Touring (2336 cm³) - 14h55'19"2/5 - 109,884 km/h (media = nuovo record) 2° Carlo Felice Trossi / Antonio Brivio - Alfa Romeo 8C 2300 spider Zagato (2336 cm³) - 15h10'59" - 107,995 km/h 3° Luigi Scarfiotti / Guido d'Ippolito - Alfa Romeo 6C 1750 GS Testa Fissa spider Zagato - 15h44'41"3/5 - 104,141 km/h Percorso Brescia — Cremona — San Giovanni in Croce — Casalmaggiore — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Porto Recanati — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cornuda — Feltre — Primolano — Bassano — Marostica — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. VII Coppa delle Mille Miglia 8-9 aprile 1933 / 1650,000 km (Km 10,300 in più rispetto all'anno precedente, dovuti sostanzialmente alla deviazione su Vetralla) 1° Tazio Nuvolari / Decimo Compagnoni - Alfa Romeo 8C 2300 spider Zagato (2336 cm³) - 15h11'50" - 108,572 km/h 2° Carlo Castelbarco / Franco Cortese - Alfa Romeo 8C 2300 Monza spider (2336 cm³) - 15h38'22"2/5 - 105,501 km/h 3° Piero Taruffi / Aurelio Pellegrini Quarantotti - Alfa Romeo 8C 2300 spider Zagato (2336 cm³) - 16h00'57" - 103,023 km/h Percorso Rispetto al tracciato dell'anno precedente, si ha una variazione tra Viterbo e Roma: dopo Viterbo, infatti, il percorso devia toccando Vetralla prima di giungere a Monterosi e proseguire sullo stesso itinerario dell'edizione 1932. Brescia — Cremona — San Giovanni in Croce — Casalmaggiore — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Vetralla — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Porto Recanati — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cornuda — Feltre — Primolano — Bassano — Marostica — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. VIII Coppa delle Mille Miglia 8-9 aprile 1934 / 1615,700 km (Km 34,300 in meno rispetto all'anno precedente, soprattutto a seguito delle tre rilevanti variazioni di percorso) 1° Achille Varzi / Amedeo Bignami - Alfa Romeo 8C 2600 Monza 2.6 spider Brianza (2557 cm³) - 14h08'05" - 114,307 km/h (media = nuovo record) 2° Tazio Nuvolari / Eugenio Siena - Alfa Romeo 8C 2300 Monza spider (2336 cm³) - 14h16'58" - 113,122 km/h 3° Louis Chiron / Archimede Rosa - Alfa Romeo 8C 2600 Monza 2.6 spider Brianza (2557 cm³) - 15h24'00" - 104,915 km/h Percorso Rispetto al tracciato dell'anno precedente, si hanno tre variazioni di un certo rilievo: tra Cremona e Parma (dove si transita attraverso Piacenza anziché attraverso Casalmaggiore), tra Padova e Treviso (con deviazione su Venezia/Mestre) e tra Treviso e Vicenza (eliminato il passaggio da Feltre). Brescia — Cremona — Piacenza — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Vetralla — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Porto Recanati — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Mestre — Venezia — Mestre — Treviso — Cittadella — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. IX Coppa delle Mille Miglia 14-15 aprile 1935 / 1615,700 km 1° Carlo Pintacuda / Alessandro Della Stufa - Alfa Romeo Tipo B P3 biposto (2905 cm³) - 14h04'47" - km/h 114,753 (media=nuovo record) 2° Mario Tadini / Leopoldo Chiari - Alfa Romeo 8C 2300 Monza 2.6 spider (2557 cm³) - 14h46'38" - km/h 109,337 3° Gianni Battaglia / Giuseppe Tuffanelli - Alfa Romeo 8C 2300 Monza 2.6 spider (2557 cm³) - 15h04'08" - km/h 107,220 Percorso Del tutto identico a quello dell'anno precedente X Coppa della Mille Miglia 5-6 aprile 1936 / km 1597,000 (Km 18,700 in meno rispetto all'anno precedente essenzialmente a seguito dell'eliminazione della deviazione su Venezia/Mestre) 1° Antonio Brivio / Carlo Ongaro - Alfa Romeo 8C 2900 A spider "botticella" (2905 cm³) - 13h07'51" - km/h 121,622 (media=nuovo record) 2° Nino Farina / Stefano Meazza - Alfa Romeo 8C 2900 A spider "botticella" (2905 cm³) - 13h08'23" - km/h 121,539 3° Carlo Maria Pintacuda / Aldo Stefani - Alfa Romeo 8C 2900 A spider "botticella" (2905 cm³) - 13h44'17" - km/h 116,246 Percorso La variazione di percorso riguarda la eliminazione della deviazione su Venezia/Mestre e il conseguente ripristino dell'originario itinerario diretto (attraverso Noale) tra Padova e Treviso. Brescia — Cremona — Piacenza — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Vetralla — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Porto Recanati — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Noale — Treviso — Cittadella — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. XI Coppa delle Mille Miglia 4-5 aprile 1937 / km 1640,000 (Km 43,000 in più rispetto all'anno precedente essenzialmente a seguito dell'introduzione della deviazione su Venezia-Mestre-Mirano-Santa Maria di Sala) 1° Carlo Maria Pintacuda / Paride Mambelli - Alfa Romeo 8C 2900 A spider "botticella" (2905 cm³) - 14h17'32" - km/h 114,747 2° Nino Farina / Stefano Meazza - Alfa Romeo 8C 2900 A spider "botticella" (2905 cm³) - 14h35'11" - km/h 112,433 3° Laury Schell / René Carrière - Delahaye 135MS spyder (3558 cm³)- 14h54'55" - km/h 109,954 Percorso La variazione di percorso riguarda la reintroduzione della deviazione su Venezia tramite un inedito itinerario che, da Padova, si dirige su Venezia (tramite l'autostrada Padova-Venezia) e poi tocca Mestre, Mirano, Santa Maria di Sala, Noale e Treviso per proseguire secondo il percorso classico da Treviso sino a Brescia. Brescia — Cremona — Piacenza — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — San Casciano in Val di Pesa — Poggibonsi — Siena — San Quirico d'Orcia — Radicofani — Bolsena — Viterbo — Vetralla — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Perugia — Gubbio — Fossato di Vico — Fabriano — Castelraimondo — Tolentino — Macerata — Villa Potenza — Porto Recanati — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Venezia — Mestre — Mirano — Santa Maria di Sala — Noale — Treviso — Cittadella — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. XII Coppa delle Mille Miglia 3-4 aprile 1938 / km 1621,270 (Km 18,730 in meno rispetto all'anno precedente) 1° Clemente Biondetti / Aldo Stefani - Alfa Romeo 8C 2900 B MM spider Touring (2905 cm³) - 11h58'29" - km/h 135,391 (media=nuovo record) 2° Carlo Maria Pintacuda / Paride Mambelli - Alfa Romeo 8C 2900 B MM spider Touring (2905 cm³) - 12h00'31" - km/h 135,008 3° Piero Dusio / Rolando Boninsegni - Alfa Romeo 8C 2900 A spider "botticella" (2905 cm³) - 12h37'31" - km/h 128,414 Percorso Notevoli le variazioni apportate al percorso. Innanzitutto viene soppresso il classico percorso che da Firenze portava verso Roma attraverso Siena e Viterbo (Via Cassia), sostituito da un nuovo itinerario che tocca invece, dopo Firenze, Pisa, Livorno e Grosseto (Via Aurelia). La seconda variazione di rilievo riguarda il tratto dopo Foligno che, evitando Perugia, punta verso l'Adriatico attraverso il Passo della Scheggia e quello del Furlo e giungendo così a Fano. Brescia — Cremona — Piacenza — Parma — Reggio Emilia — Modena — Bologna — Passo della Raticosa — Passo della Futa — Firenze — Pisa — Livorno — Cecina — Grosseto — Bivio Tarquinia — Vetralla — Monterosi — Madonna di Bracciano — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Valico della Somma — Spoleto — Foligno — Passo della Scheggia — Passo del Furlo — Fano — Pesaro — Rimini — Cesena — Forlì — Faenza — Imola — Bologna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Venezia — Mestre — Mirano — Santa Maria di Sala — Noale — Treviso — Cittadella — Vicenza — Lonigo — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia. I Gran Premio Brescia delle Mille Miglia 28 aprile 1940 / km 1486,000 / circuito triangolare 1° Fritz Huschke von Hanstein / Walter Baumer - BMW 328 Touring coupé (1971 cm³) - 8h54'46"3/5 - km/h 166,723 2° Nino Farina / Paride Mambelli - Alfa Romeo 6C 2500 SS Torpedino Brescia Touring (2443 cm³) - 9h10'16"2/5 - km/h 162,028 3° Adolf Brudes / Ralph Roese - Bmw 328 roadster Mille Miglia (1971 cm³) - 9h13'27"3/5 - km/h 161,095 Giro più veloce: Fritz Huschke von Hanstein - Bmw 328 Kamm coupé (1971 cm³) - 56'51"4/5 - 174,101 km/h Percorso Dopo la soppressione avvenuta nel 1939 (a seguito dei gravi incidenti accaduti nel corso della gara dell'anno precedente) l'edizione 1940 della Mille Miglia abbandona le strade della penisola ed emigra in quel di Brescia, mutando anche la denominazione, che, ufficialmente è “1º Gran Premio Brescia delle Mille Miglia”. La gara si disputa su un circuito stradale triangolare i cui vertici sono rappresentati dalle città di Brescia, Cremona e Curtatone (Mantova) da percorrere 9 volte. Più in dettaglio, il percorso tocca le seguenti località: Brescia — Bagnolo Mella — Manerbio — Cremona — Piadena — Bozzolo — Castellucchio — Curtatone — Goito — Castiglione delle Stiviere — Montichiari — Castenedolo — Brescia. Ogni giro misura 165 km, anche se occorre sottolineare che il primo dei 9 giri previsti è di 166 km (un chilometro in più perché la linea di partenza non coincide con quella d'arrivo, come risulta dal Regolamento di gara che recita testualmente: "Le partenze verranno date alla “Curva del Foro Boario” appena dopo il sottopassaggio della linea Milano-Venezia, circa 1 km prima del traguardo d'arrivo"). La distanza totale è dunque di km 1486,000 (un giro da 166 km più 8 giri da 165 km)Poiché questo circuito è stato utilizzato una sola volta, non è evidentemente possibile parlare di "record". XIV Coppa delle Mille Miglia 21-22 giugno 1947 / km 1827,000 (177,000 km in più rispetto all'edizione del 1933, anno dell'anteguerra in cui si raggiunse la distanza maggiore) 1° Clemente Biondetti / Emilio Romano - Alfa Romeo 8C 2900 B berlinetta Touring (senza compressore) (2905 cm³) - 16h16'39" - km/h 112,240 2° Tazio Nuvolari / Francesco Carena - Cisitalia 202 Spyder Mille Miglia (1089 cm³) - 16h32'35" - km/h 110,439 3° Inico Bernabei / Tullio Pacini - Cisitalia 202 MM coupé (1089 cm³) - 16h38'17" - km/h 109,808 Percorso Condizionato dal pessimo stato delle strade, il tracciato utilizzato per la prima Mille Miglia del dopoguerra, risulta profondamente modificato rispetto a quello classico delle Mille Miglia degli anni venti e trenta. La prima variazione appariscente è la inversione del senso di marcia, ma la grossa novità è l'inserimento di Torino e Milano tra le città toccate dalla corsa. Tutto questo comporta, tra l'altro, l'allungamento della distanza da percorrere, che arriva a superare i 1800 km. Brescia — Desenzano del Garda — Peschiera del Garda — Verona — Vicenza — Padova — Monselice — Rovigo — Ferrara — Ravenna — Forlì — Cesena — Rimini — Pesaro — Fano — Passo del Furlo — Passo della Scheggia — Foligno — Spoleto — Valico della Somma — Terni — Narni — Civita Castellana — Roma — Civitavecchia — Tarquinia — Grosseto — San Vincenzo — Cecina — Livorno — Pisa — Firenze — Passo della Futa — Passo della Raticosa — Bologna — Modena — Reggio Emilia — Parma — Piacenza — Stradella — Voghera — Tortona — Alessandria — Asti — Villanova d'Asti — Chieri — Torino — Novara — Milano — Bergamo — Brescia. XV Coppa delle Mille Miglia 2-3 maggio 1948 / km 1830,000 (Km 3,000 in più rispetto all'anno precedente per qualche variazione di modesta entità; con i suoi 1830 chilometri, questa Mille Miglia passerà alla storia come l'edizione con maggior chilometraggio) 1° Clemente Biondetti / Giuseppe Navone - Ferrari 166 S coupé Allemano (1995 cm³) - 15h05'44" - km/h 121,227 2° Alberto Comirato / Lia Comirato Dumas - Fiat-Comirato 1100 Sport spyder (1089 cm³) - 16h33'08" - km/h 110,559 3° Francesco Apruzzi / Angelo Apruzzi - Fiat 1100 S coupé (1089 cm³) - 16h52'30" - km/h 108,444 Percorso Brescia — Desenzano del Garda — Peschiera del Garda — Verona — Vicenza — Padova — Monselice — Rovigo — Ferrara — Ravenna — Forlì — Cesena — Rimini — Pesaro — Fano — Passo del Furlo — Passo della Scheggia — Foligno — Spoleto — Valico della Somma — Terni — Narni — Civita Castellana — Roma — Civitavecchia — Tarquinia — Grosseto — San Vincenzo — Cecina — Livorno — Pisa — Firenze — Passo della Futa — Passo della Raticosa — Bologna — Modena — Reggio Emilia — Parma — Piacenza — Stradella — Voghera — Tortona — Alessandria — Asti — Villanova d'Asti — Chieri — Torino — Novara — Milano — Bergamo — Brescia. XVI Coppa delle Mille Miglia 24-25 aprile 1949 / km 1593,000 (237,000 km al di sotto del chilometraggio dell'anno precedente) 1° Clemente Biondetti / Ettore Salani - Ferrari 166 MM spyder Touring (1995 cm³) - 12h07'05" - km/h 131,456 2° Felice Bonetto / Francesco Cassani - Ferrari 166 MM spyder Touring (1995 cm³) - 12h35'07" - km/h 126,576 3° Franco Rol / Vincenzo Richiero - Alfa Romeo 6C 2500 competizione coupé (2443 cm³) - 12h51'10" - km/h 123,942 Percorso Per il '49 il percorso subisce ulteriori variazioni: il senso di marcia torna ad essere anti-orario ma soprattutto la corsa non transita più né per Firenze né per Bologna in quanto, dopo Parma, si dirige verso Sarzana (SP) (attraverso il Passo della Cisa) per raggiungere poi la Capitale tramite Livorno e Grosseto. Altra innovazione è l'inserimento, dopo Rieti, delle città dell'Aquila e di Pescara. Tutte queste varianti riconducono il chilometraggio, ora prossimo ai 1600 km. Brescia — Cremona — Piacenza — Parma — Berceto — Passo della Cisa — Aulla — Sarzana — Massa — Pisa — Livorno — Cecina — San Vincenzo — Grosseto — Tarquinia — Civitavecchia — Ponte Tre Denari — Malagrotta — La Storta — Roma — Civita Castellana — Narni — Terni — Rieti — Antrodoco — L'Aquila — Popoli — Chieti scalo — Pescara — Giulianova — San Benedetto del Tronto — Porto Civitanova — Ancona — Senigallia — Fano — Pesaro — Rimini — Ravenna — Ferrara — Rovigo — Monselice — Padova — Vicenza — Verona — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Brescia XVII Coppa delle Mille Miglia 23-24 aprile 1950 / km 1682,500 (Km 89,500 in più rispetto all'anno precedente) 1° Giannino Marzotto / Marco Crosara - Ferrari 195 S coupé Touring (2341 cm³) - 13h39'20" - km/h 123,209 2° Teodoro Serafini / Ettore Salani - Ferrari 195 S spyder Touring (2341 cm³) - 13h46'53" - 122,084 km/h 3° Juan Manuel Fangio / Augusto Zanardi - Alfa Romeo 6C 2500 competizione coupé (2443 cm³) - 14h02'05" - v119,881 Percorso Il tracciato utilizzato nel '49 non soddisfa pienamente gli organizzatori che optano per il ritorno al senso di marcia orario. Le variazioni riguardano la eliminazione della digressione verso La Spezia che aveva escluso Bologna e Firenze (città che dunque rientrano tra quelle attraversate dalla corsa) e il reinserimento del tratto Firenze-Pisa-Livorno Il percorso si allunga sino a sfiorare i 1700 km. Brescia — Desenzano del Garda — Peschiera del Garda — Verona — Vicenza — Padova — Monselice — Rovigo — Ferrara — Ravenna — Rimini — Pesaro — Fano — Senigallia — Ancona — Porto Civitanova — San Benedetto del Tronto — Giulianova — Pescara — Chieti scalo — Popoli — L'Aquila — Antrodoco — Rieti — Terni — Narni — Civita Castellana — Roma — La Storta — Malagrotta — Ponte Tre Denari — Civitavecchia — Tarquinia — Grosseto — San Vincenzo — Cecina — Livorno — Pisa — Firenze — Passo della Futa — Passo della Raticosa — Bologna — Modena — Reggio Emilia — Parma — Piacenza — Cremona — Brescia. XVIII Coppa delle Mille Miglia 28-29 aprile 1951 / Km 1564,000 (Km 118,500 in meno rispetto all'anno precedente) 1° Gigi Villoresi / Pasquale Cassani - Ferrari 340 America coupé Vignale (4102 cm³) - 12h50'18" - km/h 121,822 2° Giovanni Bracco / Umberto Maglioli - Lancia Aurelia B20 GT 2000 coupé Pininfarina (1991 cm³) - 13h10'14" - km/h 118,749 3° Piero Scotti / Amos Ruspaggiari - Ferrari 212 Export spyder Motto (2563 cm³) - 13h22'04" - km/h 116,997 Percorso Acquisito ormai definitivamente il senso orario, la più consistente novità di quest'anno è data dal tratto Roma-Firenze che, abbandonata la Via Aurelia (direttrice Civitavecchia-Grosseto-Livorno-Pisa), torna a seguire la Via Cassia (direttrice Viterbo-Siena) Altra variazione tra Rimini e Ravenna, dove viene inserita la deviazione su Forlì. Il percorso torna al di sotto dei 1.600 km Brescia — Desenzano del Garda — Peschiera del Garda — Verona — Vicenza — Padova — Monselice — Rovigo — Ferrara — Ravenna — Forlì — Cesena — Rimini — Pesaro — Fano — Senigallia — Ancona — Porto Civitanova — San Benedetto del Tronto — Giulianova — Pescara — Chieti scalo — Popoli — L'Aquila — Antrodoco — Rieti — Terni — Narni — Civita Castellana — Roma — Madonna di Bracciano — Monterosi — Vetralla — Viterbo — Bolsena — Radicofani — San Quirico d'Orcia — Siena — Poggibonsi — San Casciano in Val di Pesa — Firenze — Passo della Futa — Passo della Raticosa — Bologna — Modena — Reggio Emilia — Parma — Piacenza — Cremona — Goito — Brescia. XIX Coppa delle Mille Miglia 3-4 maggio 1952 / km 1564,000 1° Giovanni Bracco / Alfonso Rolfo - Ferrari 250 S coupé Vignale (2953 cm³) - 12h09'45" - km/h 128,591 2° Karl Kling / Hans Klenk - Mercedes 300 SL coupé (2996 cm³) - 12h14'17" - km/h 127,798 3° Luigi Fagioli / Vincenzo Borghi - Lancia Aurelia B20-2000 coupé Pininfarina (1991 cm³) - 12h40'05" - km/h 123,460 Percorso Identico a quello dell'anno precedente XX Coppa delle Mille Miglia 25-26 aprile 1953 / km 1512,000 (Km 52,000 in meno rispetto all'anno precedente, dovuti all'accorciamento del tratto tra Rieti e Roma) 1° Giannino Marzotto / Marco Crosara - Ferrari 340 America spyder Vignale (4102 cm³) - 10h37'19" - km/h 142,347 (media=nuovo record) 2° Juan Manuel Fangio / Giulio Sala - Alfa Romeo 6C 3000 CM berlinetta Colli (3495 cm³) - 10h49'03" - km/h 139,773 3° Felice Bonetto / U. Peruzzi - Lancia D20 coupé Pininfarina (2962 cm³) - 11h07'40" - km/h 135,876 Percorso Per l'edizione 1953 il tracciato si presenta modificato. La variazione è nel tratto Rieti-Roma dove viene eliminato il passaggio da Terni, Narni e Civita Castellana. Brescia — Desenzano del Garda — Peschiera del Garda — Verona — Vicenza — Padova — Monselice — Rovigo — Ferrara — Ravenna — Forlì — Cesena — Rimini — Pesaro — Fano — Senigallia — Ancona — Porto Civitanova — San Benedetto del Tronto — Giulianova — Pescara — Chieti scalo — Popoli — L'Aquila — Antrodoco — Rieti — Roma — Madonna di Bracciano — Monterosi — Vetralla — Viterbo — Bolsena — Radicofani — San Quirico d'Orcia — Siena — Poggibonsi — San Casciano in Val di Pesa — Firenze — Passo della Futa — Passo della Raticosa — Bologna — Modena — Reggio Emilia — Parma — Piacenza — Cremona — Brescia. XXI Coppa delle Mille Miglia 1-2 maggio 1954 / km 1597,000 (Km 85,000 in più rispetto all'anno precedente, per l'inserimento, tra Cremona e Brescia, della deviazione su Mantova in onore di Nuvolari) 1° Alberto Ascari - Lancia D24 Carrera spyder Pininfarina (3284 cm³) - 11h26'10" - km/h 139,645 2° Vittorio Marzotto - Ferrari 500 Mondial spyder Scaglietti (1985 cm³) - 12h00'01" - km/h 133,080 3° Luigi Musso / Augusto Zocca - Maserati A6GCS/53 spyder (1986 cm³) - 12h00'10" - km/h 133,052 Percorso Nell'edizione 1954, si registra quella che è destinata ad essere l'ultima variazione di tracciato. La modifica è determinata dal desiderio degli organizzatori e dell'intero mondo sportivo di onorare la memoria di Tazio Nuvolari (morto nell'agosto 1953) inserendo la sua città natale (Mantova) tra quelle toccate dalla corsa e istituendo un premio speciale a lui dedicato (Gran Premio Nuvolari) da assegnarsi al concorrente che farà registrare la velocità media più elevata nel tratto finale Cremona-Mantova-Brescia. Brescia — Desenzano del Garda — Peschiera del Garda — Verona — Vicenza — Padova — Monselice — Rovigo — Ferrara — Ravenna — Forlì — Cesena — Rimini — Pesaro — Fano — Senigallia — Ancona — Porto Civitanova — San Benedetto del Tronto — Giulianova — Pescara — Chieti scalo — Popoli — L'Aquila — Antrodoco — Rieti — Roma — Madonna di Bracciano — Monterosi — Vetralla — Viterbo — Bolsena — Radicofani — San Quirico d'Orcia — Siena — Poggibonsi — San Casciano in Val di Pesa — Firenze — Passo della Futa — Passo della Raticosa — Bologna — Modena — Reggio Emilia — Parma — Piacenza — Cremona — Mantova — Montichiari — Brescia. XXII Coppa delle Mille Miglia 30 aprile-1º maggio 1955 / km 1597,000 1° Stirling Moss / Denis Jenkinson - Mercedes-Benz 300 SLR spyder (2982 cm³) - 10h07'48" - km/h 157,650 (media=nuovo record; il valore rimarrà imbattuto e questa resterà la media oraria più elevata mai ottenuta sul percorso classico Brescia-Roma-Brescia) 2° Juan Manuel Fangio - Mercedes-Benz 300 SLR spyder (2982 cm³) - 10h39'33" - km/h 149,824 3° Umberto Maglioli / Luciano Monteferrario - Ferrari 118 LM spyder Scaglietti (3747 cm³) - 10h52'47" - km/h 146,786 Percorso Identico a quello del 1954 XXIII Coppa delle Mille Miglia 28-29 aprile 1956 / km 1597,000 1° Eugenio Castellotti - Ferrari 290 MM Mille Miglia spyder Scaglietti (3491 cm³) - 11h37'10" - km/h 137,442 2° Peter Collins / Louis Klementaski - Ferrari 860 Monza spyder Scaglietti (3432 cm³) - 11h49'28" - km/h 135,059 3° Luigi Musso - Ferrari 860 Monza spyder Scaglietti (3432 cm³) - 12h11'49" - km/h 130,934 Percorso Identico a quello del 1954 XXIV Coppa delle Mille Miglia 11-12 maggio 1957 / km 1597,000 1° Piero Taruffi - Ferrari 315 S spyder Scaglietti (3783cm³) - 10h27'47" - km/h 152,632 2° Wolfgang von Trips - Ferrari 315 S spyder Scaglietti (3783cm³) - 10h30'48" - km/h 151,902 3° Olivier Gendebien / Jacques Washer- Ferrari 250 GT Berlinetta Scaglietti Tour de France (2953 cm³) - 10h35'53" - km/h 150,688 Percorso Identico a quello del 1954 Mille Miglia 1958 21-22 giugno 1958 / km 1593,000 (dei quali solo Km 83,500 di velocità) Luigi Taramazzo / Giovanni Gerino - Ferrari 250 GT coupé (2953 cm³) - 55'02"4/5 - km/h 91,013 Percorso Dopo la tragica Mille Miglia 1957 (Tragedia di Guidizzolo), gli organizzatori tentano di far sopravvivere la corsa e indicono una edizione 1958 secondo una formula mista di regolarità/velocità. È un genere di manifestazioni sportive che anticipa la formula ancor oggi in vigore per i Rallyes e che era adottata in quegli anni con un buon successo, particolarmente in Francia (piuttosto famoso il suo Tour de France automobile). Questa Mille Miglia 1958 si sviluppa lungo un tracciato di km 1593,000, di cui però soltanto 83,500 km di velocità (sette tratti in salita e un tratto pianeggiante); i restanti 1509,500 km sono di trasferimento e debbono essere percorsi ad una velocità media (minima) di 50 km/h: penalizzazioni sono previste soltanto per coloro che non dovessero riuscire a realizzare questa media oraria. Questo il dettaglio del percorso, con indicazione dei tratti di velocità tra parentesi. Brescia — Nave — (Nave — Colle S.Eusebio, Km 8,400) — Colle S.Eusebio — Salò — Riva del Garda — Trento — Primolano — Belluno — Vittorio Veneto — Conegliano — Pordenone — Palmanova — Trieste — (Trieste — Opicina, Km 8,500) — Opicina — Gorizia — Udine — Tolmezzo — Ampezzo — Pieve di Cadore — Fiera di Primiero — San Martino di Castrozza — (S.Martino di Castrozza — Passo Rolle, Km 9,000) — Passo Rolle — Predazzo — Dobbiaco — Brunico — Bressanone — Bolzano — Appiano — (Appiano — Passo della Mendola, Km 13,600) — Passo della Mendola — Fondo — Sondrio — Colico — Lecco — Bergamo — Edolo — Ponte di Legno — (Ponte di Legno — Passo del Tonale, Km 10,500) — Passo del Tonale — Dimaro — (Dimaro — Campo Carlo Magno, Km 16,000) — Madonna di Campiglio — Barghe — (Barghe — Sant'Eusebio, Km 12,500) — Sant'Eusebio — Stocchetta — (Stocchetta — Brescia, Km 5,000 pianeggianti) — Brescia Mille Miglia 1959 30-31 maggio 1959 / km 1453,300 (dei quali solo Km 188,000 di velocità) Carlo Mario Abate / Gianni Balzarini - Ferrari 250 GT coupé (2953 cm³) - 2h 06'16"4/5 - km/h 89,325 Percorso Rimane la formula mista regolarità/velocità. Il percorso è lievemente abbreviato ma in compenso è più che raddoppiato il chilometraggio dei tratti cronometrati di velocità. Percorso complessivo di 1453,300 km, di cui 188,000 km di velocità (9 tratti praticamente tutti in salita) e i restanti 1265,300 km di trasferimento/regolarità. Questo il dettaglio del percorso, con indicazione dei tratti di velocità tra parentesi. Brescia — Cremona — Piadena — Casalmaggiore — Parma — Fornovo di Taro — (Fornovo — Passo della Cisa, Km 38,000) — Passo della Cisa — Aulla — Fivizzano — (Fivizzano — Cerreto, Km 18,500) — Cerreto — Reggio Emilia — Modena — Pievepelago — (Pievepelago — Abetone, Km 12,000) — Abetone — Pistoia — Firenze — Cafaggiolo — (Cafaggiolo — Passo della Futa — La Casetta, Km 23,700) — La Casetta — Passo della Raticosa — Bologna — Ferrara — Padova — Fiera di Primiero — Siror — (Siror — Passo Rolle, Km 25,500) — Passo Rolle — Canazei — (Canazei — Passo Pordoi, Km 12,000) — Passo Pordoi — Cortina d'Ampezzo — Misurina — Dobbiaco — Brunico — Bressanone — Bolzano — Appiano — (Appiano — Passo della Mendola, Km 13,600) — Passo della Mendola — Dimaro — (Dimaro — Campo Carlo Magno, Km 16,000) — Campo Carlo Magno — Trento — Peschiera del Garda — Desenzano del Garda — Barghe — (Barghe — Brescia, Km 28,700) — Brescia Mille Miglia 1961 27-28 maggio 1961 / km 1576,000 (dei quali solo Km 388,750 di velocità) Gunnar Andersson / Carl Lohmander - Ferrari 250 GT berlinetta (2953 cm³) - 3h32'53"4/5 - km/h 109,560 Percorso Dopo un anno di pausa, nel 1961 si registra l'ultimo tentativo di far risorgere la Mille Miglia. Fermo restando la formula mista regolarità/velocità che già caratterizzò le edizioni del 1958 e del 1959, questa ultima Mille Miglia sembra dedicare maggiore spazio alle prove velocistiche, che ora sfiorano i 400 km e che includono una gara a Monza di quasi 150 km. Il percorso complessivo risulta di km 1576,000, di cui Km 388,750 di velocità (7 tratti di velocità in salita, 25 giri sulla pista stradale di Monza e 2 giri di un anello stradale Barghe-Brescia) e Km 1187,250 di trasferimento/regolarità. Questo il dettaglio del percorso, con indicazione dei tratti di velocità tra parentesi. Brescia — Bergamo — Monza — (Monza, pista stradale, 25 giri x Km 5,750 = Km 143,750) — Melegnano — Piacenza — Parma — Fornovo di Taro — (Fornovo — Passo della Cisa, Km 38,000) — Passo della Cisa — Fivizzano — (Fivizzano — Cerreto, Km 18,500) — Cerreto — Reggio Emilia — Modena — Pievepelago — (Pievepelago — Abetone, Km 12,000) — Abetone — Firenze — Cafaggiolo — (Cafaggiolo — Passo della Futa — Passo della Raticosa — Pianoro, Km 64,000) — Pianoro — Bologna — Ferrara — Padova — Fiera di Primiero — Siror — (Siror — Passo Rolle, Km 25,500) — Passo Rolle — Bolzano — Appiano — (Appiano — Passo della Mendola, Km 13,600) — Passo della Mendola — Dimaro — (Dimaro — Campo Carlo Magno, Km 16,000) — Barghe — (Barghe — Brescia, anello stradale, 2 giri x Km 28,700=Km 57,400) — Brescia. Rally Mille Miglia Dal 1977 l'Automobile Club di Brescia organizza, sulle strade della provincia di Brescia, il Rally 1000 Miglia. La Mille Miglia di regolarità Dal 1977, prima con cadenza biennale e poi annuale, viene organizzata una gara di regolarità a tappe riservata alle auto storiche che parteciparono o risultavano iscritte ad almeno una edizione della corsa originale. L'edizione 2019 è stata vinta dalla coppia Moceri - Bonetti su un'Alfa Romeo 6C 1500 SS di proprietà del Museo Storico Alfa Romeo. L'edizione 2020, tenutasi a ottobre a causa del Covid-19, è stata vinta da Roberto e Andrea Vesco, che già avevano vinto entrambi alcune Mille Miglia di regolarità, ma mai in coppia padre/figlio. Hanno trionfato su un'Alfa Romeo 6C 1750. 1977 (I edizione di regolarità) Heppe / Bauer - Alfa Romeo RL Super Sport 1982 (II edizione di regolarità) Bacchi / Montanari - OSCA MT4 1984 (III edizione di regolarità) Palazzani / Campana - Stanguellini 1100 1986 (IV edizione di regolarità) Schildbach / Netze - Mercedes-Benz SSK 1987 (V edizione di regolarità) Nanni / Marin - Maserati 200 SI 1988 (VI edizione di regolarità) Rolino / Gaslini - Fiat 1100 S MM 1989 (VII edizione di regolarità) Valseriati / Favero - Mercedes-Benz 300 SL 1990 (VIII edizione di regolarità) Agnelli / Cavallari - Cisitalia 202 1991 (IX edizione di regolarità) Panizza / Pisanelli - Renault 4CV 750 S 1992 (X edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 507 1993 (XI edizione di regolarità) R. Vesco / Bocelli - Cisitalia 202 1994 (XII edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 507 1995 (XIII edizione di regolarità) Ferrari / Salza - Fiat Abarth 750 GT Zagato 1996 (XIV edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 507 1997 (XV edizione di regolarità) Valseriati / Sabbadini - Mercedes 300 SL 1998 (XVI edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 328 MM 1999 (XVII edizione di regolarità) Canè / Auteri - Ferrari 340 MM 2000 (XVIII edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 328 MM 2001 (XIX edizione di regolarità) Sisti / Bernini - Healey Silverstone 2002 (XX edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 328 Touring 2003 (XXI edizione di regolarità) Sielecki / Hervas - Bugatti Tipo 23 Brescia 2004 (XXII edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 328 MM Coupé 2005 (XXIII edizione di regolarità) Viaro / De Marco - Alfa Romeo 6C 1500 SS 2006 (XXIV edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 328 MM 2007 (XXV edizione di regolarità) Viaro / Bergamaschi - Alfa Romeo 6C 1500 SS 2008 (XXVI edizione di regolarità) Viaro / Viaro - Alfa Romeo 6C 1500 SS 2009 (XXVII edizione di regolarità) Ferrari / Ferrari - Bugatti Tipo 37 2010 (XXVIII edizione di regolarità) Canè / Galliani - BMW 328 MM 2011 (XXIX edizione di regolarità) Mozzi / Biacca - Aston Martin Le Mans 2012 (XXX edizione di regolarità) Scalise / Claramunt - Alfa Romeo 6C 1750 GS Spider Zagato 2013 (XXXI edizione di regolarità) Tonconogy / Berisso - Bugatti Tipo 40 2014 (XXXII edizione di regolarità) Mozzi / Biacca - Lancia Lambda 221 2015 (XXXIII edizione di regolarità) Tonconogy / Berisso - Bugatti Tipo 40 2016 (XXXIV edizione di regolarità) A. Vesco / Guerini - Alfa Romeo 6C 1750 GS Spider Zagato 2017 (XXXV edizione di regolarità) A. Vesco / Guerini - Alfa Romeo 6C 1750 GS Spider Zagato 2018 (XXXVI edizione di regolarità) Tonconogy / Ruffini - Alfa Romeo 6C 1500 GS Testa Fissa Spider Zagato 2019 (XXXVII edizione di regolarità) Moceri / Bonetti - Alfa Romeo 6C 1500 SS Spider Stabilimenti Farina 2020 (XXXVIII edizione di regolarità) A. Vesco / R. Vesco - Alfa Romeo 6C 1750 GS Spider Zagato 2021 (XXXIX edizione di regolarità) A. Vesco / F. Salvinelli - Alfa Romeo 6C 1750 Super Sport 2022 (XL edizione di regolarità) A. Vesco / F. Salvinelli - Alfa Romeo 6C 1750 Super Sport Zagato Statistiche Piloti Il medagliere dei piloti Nell'elenco sotto riportato sono indicati i nominativi di tutti i piloti che hanno conseguito almeno una vittoria. Per ognuno sono peraltro indicati anche le piazze d'onore e i terzi posti. Le prestazioni ottenute sono indicate tra parentesi e i numeri si riferiscono, nell'ordine, alle vittorie, ai secondi posti, ai terzi posti. Naturalmente il numero può anche essere lo zero. A titolo di esempio, il pilota che è in testa alla classifica, Clemente Biondetti, ha ottenuto 4 vittorie, nessun secondo posto e nessun terzo posto e i numeri tra parentesi sono pertanto 4,0,0. Il computo non tiene conto dei risultati delle ultime 3 edizioni (disputate secondo la formula mista regolarità/velocità) per cui le edizioni prese in considerazione sono soltanto le 24 comprese nell'arco di tempo che va dal 1927 al 1957 e le vittorie dei piloti sono in numero di 45 (21 edizioni con 2 conduttori vittoriosi e 3 edizioni con 1 solo conduttore vittorioso). L'ordine di elencazione è decrescente, ad iniziare dunque dal pilota che vanta le migliori prestazioni. Poiché, nella stragrande maggioranza dei casi, le vetture in gara alla Mille Miglia avevano un equipaggio formato da due conduttori, il "medagliere" è stato compilato assegnando la vittoria (o il piazzamento) ad entrambi i conduttori presenti sulla vettura. È chiaro però che molto spesso il coequipier aveva funzioni di meccanico e comunque era palesemente una "seconda guida". Per questo motivo, i piloti "titolari" sono elencati con la bandiera delle mille miglia . In caso di prestazioni equipollenti, è rispettato l'ordine alfabetico. A parità di prestazione, tuttavia, si è assegnata la priorità ai piloti "titolari" e a quelli che hanno gareggiato pilotando la vettura per l'intera corsa senza presenze di coequipiers (o meccanici che fossero) a bordo. Le vittorie consecutive Soltanto 3 piloti sono riusciti nell'impresa di vincere più di una Mille Miglia consecutivamente: Biondetti, Campari e Ramponi. Il primo si è aggiudicato le prime tre edizioni del dopoguerra (1947, 1948 e 1949), mentre l'equipaggio formato da Giuseppe Campari (primo pilota) e Giulio Ramponi (meccanico e/o secondo pilota) ha vinto nel biennio 1928-1929. Questa dunque la graduatoria: 1. Biondetti Clemente (1947-1948-1949) 2. Campari Giuseppe (1928-1929) 3. Ramponi Giulio (1928-1929) Marche Il medagliere delle Marche Nell'elenco riportato sotto sono indicati i nominativi di tutte le Case automobilistiche che hanno conseguito prestazioni "da podio" (vittorie, piazze d'onore e terzi posti). Il computo non tiene conto dei risultati delle ultime 3 edizioni (disputate secondo la formula mista regolarità/velocità) per cui le edizioni prese in considerazione sono soltanto le 24 comprese nell'arco di tempo che va dal 1927 al 1957. L'ordine di elencazione è decrescente, ad iniziare dunque dalla Marca che vanta le migliori prestazioni. In caso di prestazioni equipollenti, è rispettato l'ordine alfabetico. En plein Marche "triplette" Tre sole sono le Marche che, nel corso degli anni, hanno ottenuto "triplette" (1º, 2º e 3º posto, tutti di vetture della medesima Marca). È accaduto dodici volte. Ecco le Marche protagoniste: 1. Alfa Romeo (1928, 1929, 1930, 1932, 1933, 1934, 1935, 1936, 1938), 9 triplette 2. Ferrari (1956, 1957), 2 triplette 3. OM (1927), 1 tripletta En plein Marche "doppiette" Tre Marche hanno ottenuto, nel corso degli anni, una "doppietta" (1º e 2º posto). È accaduto 4 volte. Ecco le Marche protagoniste: 1. Ferrari (1949, 1950), 2 doppiette 2. Alfa Romeo (1937), 1 doppietta 3. Mercedes-Benz (1955), 1 doppietta Marche vittorie "consecutive" In tre periodi si sono registrate vittorie a ripetizione, anno dopo anno, di vetture di una stessa marca, segnatamente Alfa Romeo e Ferrari. Ecco il dettaglio: Alfa Romeo con 7 vittorie consecutive (dal 1932 al 1938) Ferrari con 6 vittorie consecutive (dal 1948 al 1953) Nel caso dell'Alfa Romeo, occorre rilevare che, oltre alle 7 vittorie consecutive di cui sopra, in un altro periodo (1928-1930) ha ottenuto la vittoria per tre anni consecutivi. Due vittorie consecutive figurano anche all'attivo della Ferrari (biennio 1956-1957) Museo Nel novembre del 2004, è stato inaugurato a Sant'Eufemia (Brescia), il Museo della Mille Miglia, a scopo conoscitivo e rievocativo delle edizioni passate. Al suo interno è possibile trovare 9 sezioni suddivise in ordine temporale che ripercorrono tutta la storia delle Mille Miglia, all'interno delle quali sono inserite alcune macchine storiche che parteciparono alla corsa. Filmografia Film che trattano le Mille Miglia: 1936 La danza delle lancette di Mario Baffico 1973 Amarcord di Federico Fellini 2015 Rosso Mille Miglia di Claudio Uberti Musica Brani musicali che parlano delle Mille Miglia: Mille miglia (prima e seconda) di Lucio Dalla - 1976 - Automobili (RCA Italiana, TPL 1-1202) Videogiochi Videogiochi inerenti alle Mille Miglia: 1000 Miglia, simulatore di guida realizzato dalla Simulmondo nel 1991 Mille Miglia: Great 1000 Miles Rally, videogioco arcade realizzato dalla Kaneko nel 1994 Mille Miglia 2: Great 1000 Miles Rally, videogioco arcade realizzato dalla Kaneko nel 1995 Giochi da tavolo Giochi da tavolo inerenti alla Mille Miglia: Legend: la storia della Mille Miglia Legend: Winds of war 1934-1940
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https://it.wikipedia.org/wiki/Gabriele%20Manthon%C3%A9
Gabriele Manthoné
Biografia Figlio di un Savoiardo, Cesare de Manthoné, aiutante maggiore nel presidio della fortezza di Pescara, e di Maria Teresa Fernandez d'Espinosa, figlia di Don Gioacchino Fernandez d'Espinosa, Governatore della Fortezza, e di Donna Bernarda Carascon. Nel 1776 fu ammesso come cadetto nel Reggimento Borgogna e successivamente studiò le armi dotte nell'Accademia militare della Nunziatella di Napoli, da dove uscì a vent'anni con il grado di Alfiere. Era ufficiale delle artiglierie nel 1787, capitano tenente nel 1789, e capitano comandante nel 1798, dopo aver presieduto alla Real Fabbrica d'Armi di Torre Annunziata. Atto Vannucci descrive Gabriele Manthoné come Al servizio della Repubblica Partenopea Nella Repubblica Partenopea fu membro del governo provvisorio con il difficile incarico di occuparsi della riorganizzazione di un esercito efficiente. A tal fine, riorganizzò la guardia nazionale nominando anche dei nuovi comandanti. Manthoné dapprima, sbagliando, tenne in poco conto il cardinale Fabrizio Ruffo —il quale aveva costituito un esercito reazionario (Esercito della Santa Fede)— e non provvide a contrastarlo; ma quando vide che il Cardinale avanzava incontrastato alla volta di Napoli, tentò di ricorrere al popolo per un massiccio reclutamento: in particolare, propose con decreto che alle madri "private dei figli per la libertà" si dessero stipendi lauti e onorificenze. L'iniziativa non ebbe grande riscontro. Manthoné, scrive il Vannucci, Nel tentativo di evitare la imminente sconfitta, il Manthoné propose una sortita notturna per liberare parecchie migliaia di Repubblicani tenuti in prigione, e quindi marciare con essi su Capua e Gaeta. Così 5000 Francesi e circa 15.000 Repubblicani, riunendosi ai patrioti di Roma e alle guarnigioni delle altre province d'Italia, avrebbero provveduto a sé stessi e alla Repubblica. Il progetto non ebbe l'approvazione degli altri, che inorridivano al pensiero di lasciare la città in balia delle feroci orde del Ruffo, e dall'altro canto speravano dal nemico patti onorati. Anche a causa del tradimento delle promesse dell'ammiraglio Horatio Nelson, e dello stesso cardinale Ruffo, i paventati accordi non furono rispettati e si arrivò alla fine della Repubblica. La morte Gabriele Manthoné fu condannato a morte. Sulla sua esecuzione avanza un documento che il Vannucci legge così: Il comune di Pescara gli ha dedicato il corso omonimo nel quartiere Pescara Vecchia e nel 1949, volendo celebrare i protagonisti della sua storia, fece realizzare nell'attuale piazza Alessandrini un monumento a Gabriele Manthonè ed Ettore Carafa conte di Ruvo.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Societ%C3%A0%20Sportiva%20Virtus%20Lanciano%201924
Società Sportiva Virtus Lanciano 1924
La Società Sportiva Virtus Lanciano 1924, meglio nota come Virtus Lanciano, è una società calcistica italiana con sede nella città di Lanciano, in provincia di Chieti. La prima formazione cittadina nacque ufficialmente il 7 marzo 1920, e a questa sono succedute diverse altre società a partire dagli anni trenta e quaranta per poi averne altre nel 1992 e nel 2008. Il massimo livello raggiunto storicamente dal club è la Serie B, cui ha avuto accesso per la prima volta a seguito della vittoria nei play-off promozione del campionato di Lega Pro Prima Divisione 2011-2012: ha poi partecipato al campionato cadetto per le successive quattro stagioni consecutive (conseguendo quale miglior risultato il decimo posto nell'annata 2013-2014), risultando la seconda squadra abruzzese per numero di partecipazioni alla serie cadetta, dopo il Pescara. Nel suo palmarès annovera una vittoria nazionale con lo Scudetto di Serie D nel 1998-1999. Il 21 luglio 2016, dopo essere retrocessa dalla Serie B, la Virtus Lanciano ha rinunciato all'iscrizione in Lega Pro ed avviato la procedura di liquidazione volontaria, proseguendo l'attività col solo settore giovanile. Nell'estate del 2017, la squadra di quartiere della Marcianese militante nei campionati regionali, cambia denominazione in A.S.D. 1920 Lanciano Calcio (poi Lanciano Calcio 1920) e assume i colori rossoneri, proseguendo l'attività nei campionati senior interrotta un anno prima dalla Virtus Lanciano e raccogliendo il sostegno della tifoseria prima vicina alla Virtus stessa. La formazione è comunque giuridicamente distinta dalla Virtus Lanciano 1924. Storia La fondazione La prima squadra di calcio fondata a Lanciano della quale si abbia notizia certa è la Polisportiva Virtus Lanciano, creata il 7 marzo 1920 su iniziativa di un gruppo di soci presieduto da Giuseppe Cotellessa. Il club, che inizialmente raccoglieva praticanti anche di altre discipline sportive, si affermò poi come squadra di calcio (assumendo nel 1924 la denominazione Unione Sportiva Virtus Lanciano) e alla fine degli anni '20 partecipò ai primi campionati interregionali. Tra il 1928 e il 1930 la squadra si affermò come una delle principali della regione, tanto che nella stagione 1929-1930 era l'unico club abruzzese a prendere parte a competizioni interregionali. In particolare per il torneo di Prima divisione 1929-1930, all'epoca terzo livello del calcio italiano, fu allestita una formazione particolarmente competitiva. Tuttavia la società non riuscì a terminare il campionato per mancanza di liquidità: i giocatori forestieri e l'allenatore straniero tornarono nelle proprie zone d'origine grazie a un contributo dell'amministrazione comunale, e il club fu radiato dai ruoli federali per le mancanze economiche. Una serie di squadre tentarono di raccogliere l'eredità della Virtus negli anni '30, ma con scarsa fortuna, fino a quando nella seconda metà del decennio, con la presidenza di Alberto D'Alessandro e la guida tecnica di Giuseppe Baccilieri, la squadra non riuscì a riconquistare la serie C, nata come terzo livello del calcio italiano nel 1935. Nel campionato 1940-1941 la società allestì una squadra ambiziosa, integrando il gruppo che aveva vinto il campionato con numerosi giocatori di club piemontesi e liguri. La squadra allenata da Enrico Migliavacca però si sfaldò nel corso della stagione, anche a causa delle vicende belliche che incombevano sull'Italia: molti giocatori lasciarono Lanciano, compreso lo stesso allenatore, e il campionato fu portato a termine con i giovani calciatori del posto. Negli anni della Seconda guerra mondiale una squadra di Lanciano partecipò ad alcuni tornei regionali con il nome di Frentana. La Virtus rinacque ufficialmente nel 1946-1947, sotto la presidenza di Alberto Giovannelli. Di nuovo con Giuseppe Baccilieri in panchina, grazie alla vittoria nel campionato di Prima divisione, che all'epoca era il quarto livello del calcio italiano oltre che competizione di respiro regionale, i rossoneri furono promosso in Serie C. Il club restò però solo una stagione nel terzo livello del calcio italiano, che nel 1947-1948 era strutturato in tre leghe indipendenti che raccoglievano complessivamente quasi 300 squadre. La ristrutturazione dei campionati permetteva infatti solo alle prime due classificate di conservare la categoria. Dopo alcuni anni di permanenza nel campionato di Promozione interregionale, quinto livello del calcio italiano, la Virtus retrocede al termine del torneo 1950-1951, in seguito a un contestato doppio spareggio contro la Vastese giocato al campo Rampigna di Pescara: la prima partita finisce 3-3, e nella ripetizione si impongono i biancorossi 1-0. I rossoneri risalgono in IV Serie al termine del campionato di Promozione regionale 1955-1956, vinto con buon margine su alcune delle principali rivali dell'epoca, quali Ortona, Vasto e Termoli che, nell'ordine, seguivano la Virtus in classifica. La fine degli anni '50 segna però un periodo di crisi per il club rossonero, che culmina con la retrocessione e il fallimento nel 1959, anno in cui la Virtus cessa di esistere. Dalla Virtus alla Pro Lanciano Dal campionato 1959-1960, grazie alla fusione con un'altra squadra cittadina, il Borgo, nasce la Pro Lanciano. Il club per qualche anno conserverà i colori sociali giallo e azzurro utilizzati dal Borgo e mutuati dallo stemma della città, e solo nel campionato 1962-1963 tornerà a indossare esclusivamente le maglie rossonere a strisce verticali che hanno contraddistinto la Virtus Lanciano fin dai primi anni di attività. La Pro Lanciano milita per diversi anni nel torneo di Prima Categoria, campionato regionale e quinto livello del calcio italiano: la squadra è composta da un nucleo consolidato di giocatori locali, integrato da altri elementi comunque sempre di origine abruzzese. Nel 1963-1964 il club sfiora la Promozione in serie D, mancata a causa della sconfitta nello spareggio contro il : 1-1 a Ortona e 2-0 per i molisani nella ripetizione a Pescara. Il tanto agognato salto di categoria arriva al termine della stagione 1967-1968, quando la squadra che il presidente Mimì Di Lallo affida al tecnico Rinaldo Olivieri prima si impone nel proprio girone con ben dieci punti di distacco sul Roseto secondo in classifica, e in seguito batte nello spareggio il , vincendo 1-0 in casa e 0-2 in trasferta. Negli anni seguenti la Pro Lanciano partecipa con buoni risultati ai vari campionati di Serie D, raggiungendo sempre la salvezza. Tra gli eventi rilevanti per il calcio rossonero in questo periodo è da ricordare la costruzione del nuovo stadio nel quartiere Cappuccini, che sostituisce l'impianto di Villa delle Rose, oggi intitolato a Enrico Esposito: lo stadio è stato inaugurato il 21 settembre 1969, e dal 2001 è intitolato a Guido Biondi, ex calciatore di serie A nato a Lanciano. Gli anni settanta Negli anni '70 la Pro Lanciano tenta ripetutamente il salto verso l'allora serie C unica, terzo livello del calcio italiano dove aveva militato l'ultima volta nell'immediato Dopoguerra. Leonardo Petruzzi, presidente dal 1972-1973 tenta con convinzione la scalata alla Serie C allestendo formazioni rinforzate con diversi giocatori di categoria superiore, alcuni provenienti anche dalla serie B. La squadra di Petruzzi si contende la promozione con alcuni tra i principali club abruzzesi e delle regioni vicine: nel 1972-1973 ad esempio la Pro Lanciano si classifica terza alle spalle di Pescara e . Negli anni successivi alla presidenza del club c'è Luciano Pozzolini, e per due volte la rincorsa dei rossoneri alla Serie C si ferma al secondo posto: nel 1974-1975 alle spalle del Campobasso, e nel campionato successivo del . Dopo la mancata promozione in Serie C, il presidente Pozzolini passa la mano. Le ambizioni del club vengono leggermente ridimensionate, ma viene comunque sempre allestita una squadra competitiva. Nel frattempo cambia la denominazione della società, che dalla stagione 1976-1977 non è più Unione Sportiva Pro Lanciano bensì Unione Sportiva Lanciano e dalla stagione successiva diventa Associazione Calcio Lanciano. L'appellativo "Pro Lanciano" resterà tuttavia a lungo nell'uso comune degli sportivi e dei tifosi lancianesi. Dalla stagione 1978-1979 viene riformata la Serie C: non ci saranno più tre gironi di Serie C, ma due di Serie C1 e quattro di Serie C2. Alla nuova categoria saranno ammesse le prime quattro classificate di ogni girone di Serie D. La formazione di Manlio Mauri, allenata da Felicano Orazi, alla fine del torneo conquisterà il primo posto a pari punti con il Gallipoli. Gli anni ottanta Nei primi anni di Serie C2 il Lanciano raccoglie buoni risultati. Dopo una prima stagione conclusa a metà classifica, i rossoneri arrivano sempre a ridosso delle prime posizioni, tra il quarto e il settimo posto. Il 1982-1983 la squadra crolla, e alla fine del campionato si ritrova all'ultimo posto che costa la retrocessione nel Campionato Interregionale. Il 1983 è anche l'anno in cui alla presidenza del club arriva uno dei principali personaggi della storia calcistica lancianese: Ezio Angelucci. Nei primi due anni alla guida del Lanciano, Angelucci raccoglie un settimo e un quinto posto. Alla terza stagione conquista il ritorno in Serie C2, grazie a una lunga rincorsa sul nella stagione 1985-1986, culminata con la vittoria ai calci di rigore nello spareggio giocato sul neutro di Latina. La prima esperienza di Ezio Angelucci alla guida del Lanciano si conclude durante il campionato successivo, quando il club viene ceduto a Felice Paolucci, esponente della DC locale, che guiderà il Lanciano per diversi anni. I rossoneri anche nei primi anni di Serie C2 confermano comunque l'attitudine a lottare nelle posizioni di vertice, almeno per un paio di campionati. Negli anni '90 alla presidenza della squadra è arrivato Oliviero Mazziotti, imprenditore nel settore del turismo e dell'autonoleggio. Il Lanciano termina la permanenza in Serie C2 con il fallimento del 1991-1992: la stagione si conclude con la squadra che retrocede tra i dilettanti e con la successiva mancata iscrizione al campionato di competenza. Gli anni novanta Fallita l'Associazione Calcio Lanciano, le sorti del calcio cittadino sono affidate al Lanciano '90, club presieduto da Stefano Mercadante, che milita nel campionato di Promozione, torneo regionale e settimo livello del calcio italiano. I rossoneri, che devono vedersela ora con le realtà del calcio minore regionale, centrano subito la vittoria del campionato e salgono in Eccellenza. Il ritorno nel Campionato Nazionale Dilettanti avviene due anni dopo: il Lanciano si piazza al secondo posto e accede agli spareggi nazionali, ma pur non avendo fortuna contro i sardi dell'Iglesias, viene ripescato. La permanenza nel Campionato Nazionale Dilettanti però dura solo un anno: pur annoverando tra le proprie fila il capocannoniere del torneo e Davide Bombardini, manca di un punto la salvezza e torna in Eccellenza. Nella stagione 1996-1997 la società si allarga ad altri imprenditori locali che supportano Mercadante, ma la formazione manca il ritorno in Cnd. Il calcio cittadino risorge solo un anno dopo con il ritorno di Ezio Angelucci, che nel frattempo è alla guida della Spal Lanciano, seconda squadra della città. In due anni Angelucci riporta Lanciano tra i professionisti. Il Lanciano, che cambia denominazione in Società Sportiva Lanciano, vince il campionato di Eccellenza 1997-1998: con il tecnico Giuseppe Di Pasquale arrivano la vittoria del campionato e la Coppa Italia Dilettanti Abruzzo. Nel 1998-1999 la formazione allenata da Fabrizio Castori vince il campionato con 10 punti sul Campobasso secondo e 16 sul terzo, che a lungo avevano conteso la vittoria ai rossoneri, e in seguito si aggiudica anche lo Scudetto Dilettanti. La marcia trionfale del Lanciano non si ferma qui: al primo anno di C2 la società di Ezio Angelucci conosce un campionato di transizione, che si conclude con la salvezza, caratterizzata dal cambio di panchina che passa da Giancarlo Morrone a Carlo Florimbi, già alla guida dei rossoneri nell'anno dello spareggio di Latina. Gli anni duemila Nel campionato 2000-2001 Angelucci si affida di nuovo a Castori, e la scelta viene ampiamente premiata: i rossoneri terminano il campionato a pari punti con il esattamente come 15 anni prima in Interregionale, ma stavolta vige la regola degli scontri diretti che arridono ai rossoneri. Lanciano passa così direttamente in C1, e dopo circa mezzo secolo rimette piede nella terza serie nazionale. Al primo anno di Serie C1, il Lanciano ottiene un traguardo insperato: si qualifica ai play-off strappando all'ultima giornata il quinto posto al , che batte 3-2 in casa e agguanta in classifica. Il sogno dei rossoneri si ferma però presto, perché la squadra viene eliminata ai play-off in semifinale dal . L'ottimo risultato spinge Angelucci ad allestire un organico competitivo, ma l'anno seguente la squadra di Castori non ripete l'exploit e deve accontentarsi di un settimo posto. Il campionato 2003-2004 viene segnato dalla scomparsa di Ezio Angelucci: a novembre lo storico presidente rossonero viene a mancare, e la guida del club passa al figlio Riccardo. La squadra, affidata da quest'anno al tecnico Rosolino Puccica, si mantiene tuttavia nei quartieri alti della classifica: si piazza al sesto posto ad appena 3 punti dal Benevento che accede ai play-off. Tra l'altro, tra le squadre ammesse agli spareggi per la promozione in Serie B c'è la , che a fine stagione fallirà. A pochi punti dai play-off si piazza anche il Lanciano allenato da Maurizio Pellegrino l'anno dopo, con la squadra che annovera in organico il capocannoniere del girone Andrea Soncin. Un netto ridimensionamento delle ambizioni del club si registra per il torneo 2005-2006. Riccardo Angelucci punta su un tecnico emergente, Francesco Monaco, già calciatore nonché capitano del Lanciano nella C2 1986-1987, e reduce dalle esperienza con la primavera dell'Ascoli e come secondo sulla panchina della Lucchese, squadra con la quale ha consumato quasi tutta la sua carriera di calciatore. La scelta di Monaco, come testimoniano anche i risultati successi del tecnico. Si rivela tuttavia quantomeno azzeccata: i rossoneri, pur con un organico risicato, si salvano. Tra i giovani più promettenti in squadra ci sono Salvatore Bocchetti, Davide Caremi e Francesco Di Gennaro; torna inoltre a vestire la maglia del Lanciano Luca Leone, protagonista della scalata dall'Eccellenza alla C1 tra il 1998 e il 2001. La stagione 2006-2007 è soprattutto l'anno che porta al passaggio di mano della famiglia Angelucci. Già in precedenza si era parla di una possibile cessione del club a una cordata della quale fa parte l'ex calciatore della Lazio Giorgio Chinaglia, ma non se ne era fatto nulla. Nell'estate 2006 invece la società viene ceduta a Paolo Di Stanislao e Giuseppe Ielo, che però dopo alcune settimane quest'ultimo si defila. Di Stanislao, dopo un paio di anni di alti e bassi in campo, tra grandi promosse e rapporti sempre più tesi con la piazza, conduce la società al fallimento, dichiarato nell'aprile del 2008. Nello stesso periodo la formazione allenata da Francesco Moriero, nonostante una buona partenza, conosce un drastico calo di risultati, ai quali si sommano i punti di penalizzazione ricevuti a causa delle mancanze della società. In campo arriva la retrocessione ai play-out persi contro la , ma fortunatamente al salvataggio del titolo sportivo grazie alla famiglia Maio, si somma anche il ripescaggio (ufficiale a luglio) e quindi la possibilità di giocare ancora nella terza serie nazionale, che si appresta a cambiare nome in Lega Pro Prima divisione. Con le ultime partite di campionato da giocare, i Maio delineano i contorni della nuova società: Franco Maio, imprenditore nel settore dello smaltimento dei rifiuti, assume la presidenza onoraria del club, mentre la figlia Valentina ne è la presidente e il figlio Guglielmo vicepresidente e amministratore delegato. La società riassume la storica denominazione Virtus, nella dicitura completa Società Sportiva Virtus Lanciano 1924, dall'anno in cui è stato redatto il primo statuto del club tuttora conservato. Per il campionato di Lega Pro Prima Divisione 2008-2009, la squadra ha come obiettivo la salvezza, con il raggiungimento del 7-8 posto in classifica. La squadra chiude la stagione al 14º posto in zona play-out, che dovrà disputare per peggior differenza reti con la , che ha chiuso a pari punti con la formazione abruzzese. Andrà quindi a giocarsi con successo, contro la , che aveva terminato il campionato regolare in penultima posizione, la salvezza ai play-out ribaltando la sconfitta per 2-1 incassata fuori casa con un memorabile 1-0 fra le mura amiche, firmato da Daniele Morante. Da ricordare inoltre che la Lanciano ha la peggior difesa (46 gol subiti), e il suo bomber è Daniele Morante (6 gol fatti). Per la Virtus Lanciano la stagione 2009-2010 comincia molto bene sotto la luce di una campagna acquisti molto ricca. Arrivano infatti alla corte di Dino Pagliari giocatori di caratura importante tra i quali spunta il nome del lancianese Di Cecco ed acquisti di spessore ed esperienza dal neopromosso come Vastola e Antonioli. Esordisce in Coppa Italia con un buon 3-0 sul campo del Celano. Accadrà poi uno spiacevole fatto durante la terza partita di Coppa Italia contro la Cisco Roma, dove la Virtus perderà a tavolino per eccesso di espulsioni fra le fila rossonere (cinque per l'esattezza: Mammarella, Vastola, Di Cecco, Colombaretti ed Oshadogan, senza contare l'espulsione di mister Pagliari). Il Lanciano si riprenderà comunque e con l'arrivo di un altro paio di innesti si presenterà al Giglio di Reggio Emilia per la prima giornata del Campionato 2009-2010, esordendo proprio contro la e riuscendo ad imporsi per una rete a zero, merito di uno spunto di Dayo Oshadogan. La stagione è una alternanza di alti e bassi, con una inspiegabile tendenza a perdere proprio le gare al Guido Biondi: a metà del girone di ritorno ci sarebbe potuta essere l'opportunità di agganciare la zona play-off, ma la sconfitta contro l'Andria BAT, oltre a togliere lo 0 alla voce sconfitte esterne, elimina le chance di ingresso nelle zone nobili della classifica. Con la vittoria esterna ottenuta a Ravenna, nella penultima gara della stagione, la Virtus ottiene la matematica salvezza e permanenza in Prima Divisione. Gli anni duemiladieci: il quadriennio in Serie B e il fallimento La stagione 2010-2011 inizia con la rescissione del contratto con mister Dino Pagliari, esonerato insieme a parte dello staff tecnico. Nelle ore successive viene annunciato l'ingaggio dell'allenatore Andrea Camplone, che già si era seduto sulla panchina rossonera nel 2006. La squadra, forte di elementi talentuosi come l'attaccante Francesco Di Gennaro, si propone come elemento di vertice del campionato e pretendente concreta per la qualificazione ai play-off: il rendimento complessivo è tuttavia incostante, alternando brillanti prestazioni ad altre insoddisfacenti, anche contro squadre di livello tecnico teoricamente inferiore, sicché a fine stagione la Virtus si piazza all'ottavo posto e non riesce ad accedere agli spareggi-promozione. Nel 2011-2012 la società riduce gli investimenti e ringiovanisce la rosa, includendovi giocatori come Daniele Rosania, Cosimo Chiricò, Vincenzo Sarno, Salvatore Margarita e Leonardo Pavoletti (che sarà capocannoniere del campionato), affiancati da giocatori più esperti come Gaetano Vastola, Roberto D'Aversa (capitano), Manuel Turchi e Ilyas Zeytulaev. La squadra, guidata dal tecnico Carmine Gautieri, si propone nuovamente nell'alta classifica e chiude la stagione al quarto posto, qualificandosi per i play-off promozione. Nelle semifinali i rossoneri incrociano i siciliani del , superati con una vittoria per 1-0 in casa (gol di Manuel Turchi) e un pareggio per 2-2 in trasferta (reti di Vincenzo Sarno e Carlo Mammarella. La finale vede i rossoneri opposti al : nell'incontro di andata allo stadio Guido Biondi la partita si conclude con il risultato di 1-1 (rigore di Alessandro Volpe). Nella gara di ritorno i frentani subiscono una rete dei siciliani al 1' e al 12' restano in dieci uomini per l'espulsione di Federico Amenta: nonostante ciò riescono a ribaltare il risultato e infine a prevalere per 1-3, grazie ai gol di Pavoletti, Sarno e Margarita. La Virtus Lanciano conquista così per la prima volta, dopo ottantotto anni di attività, la promozione in Serie B. La stagione di Serie B 2012-2013, che segna il debutto dei frentani in cadetteria, inizia timidamente e la prima vittoria arriva solo alla sesta giornata, nel turno infrasettimanale del 25 settembre 2012, nella partita -Virtus Lanciano giocata allo Stadio Oreste Granillo di Reggio Calabria e terminata 0-1 con rete di Carlo Mammarella. Da notare che fino al 14 ottobre 2012 la squadra neopromossa disputa le partite interne allo Stadio Adriatico di Pescara: la prima partita di Serie B al Biondi di Lanciano sarà quella disputata il 20 ottobre 2012 contro l'Empoli, che termina con un secco 0-3 in favore dei toscani. Al termine del campionato i rossoneri conquistano la salvezza, sancita grazie all'1-1 sul campo del Novara all'ultima giornata, con gol di Falcinelli. La stagione successiva vede la squadra affidata a Marco Baroni, allenatore esordiente in Serie B. Alla settima giornata, per la prima volta nella loro storia, gli abruzzesi conquistano il primato solitario nella serie cadetta. Il Lanciano mantiene il primo posto fino alla tredicesima giornata, per poi rimanere comunque nei piani alti della classifica, in zona play-off e ben lontano dalla zona retrocessione. L'ingresso nei play-off sfuma solo nell'ultima giornata, e la squadra conclude il campionato al decimo posto. Il capocannoniere frentano è il difensore Federico Amenta, mentre il capitano Carlo Mammarella è il leader della classifica degli assist (15). Nella stagione 2014-2015, la terza in Serie B, il Lanciano si affida per la terza volta consecutiva a un allenatore esordiente nella categoria, l'ex giocatore e capitano frentano Roberto D'Aversa. La squadra conduce un buon campionato di centro classifica, senza mai rischiare la retrocessione e, anzi, coltivando qualche speranza di raggiungere la zona play-off. Da segnalare le brillanti vittorie sul (4-0) e sul (3-0). Nel girone di ritorno, però, il rendimento cala (anche per via di alcuni infortuni di troppo) e la formazione abruzzese conclude il campionato solo al quattordicesimo posto. Capocannonieri di stagione sono Gaetano Monachello, Antonio Piccolo e Mame Thiam, tutti con 8 reti. Al termine della stagione 2015-2016 gli abruzzesi retrocedono in Lega Pro dopo 4 anni, complici i 4 punti di penalizzazione che gli sono stati inflitti a campionato in corso e che hanno portato la squadra al quartultimo posto al termine del campionato. Ha dunque giocato lo spareggio play-out contro la Salernitana, che il 4 giugno 2016 ha battuto per 4-1 gli abruzzesi, ripetendo la vittoria anche nella gara di ritorno dell'8 giugno per 1-0. La squadra è dunque retrocessa di nuovo in Lega Pro. Il capocannoniere degli abruzzesi è stato Nicola Ferrari con 9 gol segnati, seguito dal figlio d'arte Federico Di Francesco con 8 gol e da Guido Marilungo con 7. I tecnici sono stati Roberto D'Aversa e dopo l'esonero di quest'ultimo nel gennaio 2016, Primo Maragliulo. Il 6 luglio 2016, con un comunicato apparso sul sito ufficiale del club, la società rappresentata da Franco, Guglielmo e Valentina Maio annuncia che la Virtus Lanciano non sarà iscritta al successivo campionato di Lega Pro per inadempienze finanziarie, certificandone così il fallimento. Il 19 luglio, il Consiglio Federale esclude la società frentana dalla Lega Pro e dal calcio professionistico ed un mese dopo il 5 agosto arriva anche l'esclusione dai Dilettanti. Il club prosegue pertanto l'attività con il solo settore giovanile. 2017: nasce l'A.S.D. Lanciano Calcio 1920 Nella stagione 2016-2017 la Marcianese, club di una contrada della città di Lanciano partecipante al campionato di Prima Categoria abruzzese, d'accordo con l'associazione Lanciano Rossonera (fondata nell'agosto 2016 da privati cittadini interessati a preservare il nome di Lanciano nei campionati di calcio) adotta come campo casalingo lo stadio Biondi e annuncia l'intenzione di cambiare denominazione in Lanciano 1920 a partire dalla stagione seguente, ammettendo al contempo nel direttivo rappresentanti dell'associazione. Il 19 giugno 2017 il presidente Fabio De Vincentiis prende le redini calcistiche dei frentani con la nuova denominazione Associazione Sportiva Dilettantistica 1920 Lanciano Calcio e formalizza la propria iscrizione al campionato regionale di Prima Categoria. Si nomina come presidente onorario Mario Giancristofaro e contestualmente il club assume gli storici colori sociali rosso e nero. La squadra, già A.S.D. Lanciano Calcio 1920, nel 2019 ottiene la promozione al campionato regionale di Eccellenza. Cronistoria Colori e simboli Colori I tradizionali colori sociali del Lanciano sono il rosso ed il nero. Il consueto disegno della divisa prevede l'alternanza di strisce rossonere. Tuttavia, negli anni antecedenti la seconda guerra mondiale, rappresentante del calcio cittadino fu la Frentana, con colori giallo e blu, ricollegabili al gonfalone del comune abruzzese. Nel 1959, in seguito al primo fallimento della Virtus, l'eredità della tradizione sportiva cittadina passò alla Pro Lanciano, che proprio come la Frentana aveva colori giallo e blu. Nel 1962 il sodalizio tornò ad assumere i colori sociali rosso-nero. Simboli ufficiali Stemma Il simbolo del Lanciano Calcio 1920 contiene al suo interno lo stemma della città con un pallone da calcio, l'anno di nascita e la dicitura "Antica Città dei Frentani", riferita al popolo che nel IV secolo a.C. occupava la zona adriatica tra i fiumi Sangro e Biferno. La dicitura è il simbolo della coesione che la società Lanciano Calcio ha intenzione di creare con l'intera zona della Frentania. Inno Il Lanciano ha cambiato spesso inno nel corso degli anni. Dal novembre 2011 è stato adottato Noi con Voi, un inno cantato dai giocatori, che ha sostituito il precedente interpretato da Domenico D'Amelio e Kiara Crocetti, con testo e musica di Stefania Appignanesi e arrangiamenti di Omar Marincola, composto in occasione dell'arrivo della famiglia Maio alla guida del club. Fino al 2008 all'ingresso delle squadre in campo allo stadio veniva diffuso Rossonero composto e interpretato da Mario Berghella su arrangiamenti di Victor Solaris. L'inno di Berghella è stato diffuso allo stadio a partire dal campionato 2001-2002, e ripreso a partire dalla stagione 2017-2018. In alcune occasioni, nel novembre 2007, allo stadio fu diffuso un altro inno composto da Berghella, che però fu ritirato in quanto considerato diffamante da un avvocato lancianese: la vicenda ebbe anche strascichi giudiziari. Nel campionato di Serie C2 2000-2001 è stato utilizzato l'inno ufficiale composto dal gruppo locale Il Tarlo e la Noce, che aveva sostituito quello storico utilizzato fin dagli anni '80 composto sulla musica della trasmissione televisiva di Renzo Arbore Indietro tutta. Si ha notizia anche di una canzone chiamata Forza Frentana, antecedente la Seconda guerra mondiale e dedicata a una squadra di Lanciano. Strutture Stadio L'impianto che ospitava le partite casalinghe dei frentani era lo stadio Guido Biondi, ex Cinque Pini, che ha una capienza di spettatori. Lo stadio è stato inaugurato il 21 settembre 1969, nella prima giornata della Serie D 1969-1970: la prima partita di campionato che vi è stata giocata fu Lanciano-Manfredonia 1-1. L'impianto tuttavia non ha mai avuto un'intitolazione ufficiale: col tempo si è affermata come uso comune la denominazione Cinque Pini, fino a quando nel settembre del 2001 non è stato intitolato ufficialmente all'ex calciatore Guido Biondi, che pur non avendo mai giocato nella prima squadra di Lanciano, si è distinto per diversi anni in Serie A e Serie B. La struttura comprende anche un velodromo intitolato ad Alessandro Fantini, ciclista originario della vicina Fossacesia. Alcune parti delle tribune sono tuttavia più recenti: il settore Distinti è stato ultimato nel corso del campionato 2015-2016, ed è andato a sostituire la precedente struttura in ferro; la curva Nord riservata ai tifosi ospiti è stata aperta durante il campionato 2001-2002; la curva Sud, che accoglie invece la tifoseria locale, è stata aperta l'anno successivo. Centro di allenamento Il Lanciano svolge le sue sedute di allenamento al campo comunale Lucio Memmo e nel nuovo impianto intitolato a Marcello Di Meco, situato nel quartiere Santa Rita e che ospita anche le partite ufficiali del settore giovanile. Società Sponsor Di seguito i fornitori tecnici e gli sponsor ufficiali. Allenatori e presidenti Annotazioni Calciatori Capitani Di seguito la cronologia parziale dei capitani del Lanciano. ... (1920-1999) Luca Leone (1999-2001) Mirko Taccola (2001-2003) Maurizio Nassi (2003-2005) Luca Leone (2005-2007) Dražen Bolić (2007-2009) Domenico Di Cecco (2009-2011) Roberto D'Aversa (2011-2013) Carlo Mammarella (2013-gen. 2016) Antonio Aquilanti (gen.-giu. 2016) Palmarès Competizioni nazionali 1998-1999 Competizioni interregionali 2000-2001 (girone B) 1985-1986 (girone H) 1998-1999 (girone G) Competizioni regionali 1997-1998 1955-1956, 1992-1993 (girone A) 1967-1968 (girone A) 1927-1928 1997-1998 Altri piazzamenti Vittoria play-off: 2011-2012 (girone A) Secondo posto: 1939-1940 (Abruzzi e Molise), 1951-1952 (girone B) Secondo posto: 1974-1975 (girone H), 1975-1976 (girone H), 1977-1978 (girone H) Terzo posto: 1972-1973 (girone H) Secondo posto: 1994-1995 Terzo posto: 1993-1994 Secondo posto: 1953-1954 Secondo posto: 1963-1964 (girone A) Terzo posto: 1960-1961 (girone A), 1961-1962 (girone A), 1966-1967 (girone A) Statistiche e record Partecipazione ai campionati Campionati nazionali Campionati regionali Partecipazione alle coppe Statistiche individuali Il calciatore del Lanciano che detiene il record di presenze in Serie B è Antonio Aquilanti con 132 a cui seguono Domenico Di Cecco (131), Carlo Mammarella (130), Federico Amenta (113) e Gaetano Vastola (110). Per quanto riguarda le reti, il miglior marcatore è Antonio Piccolo con 25 gol; dietro di lui Carlo Mammarella (12), Mame Thiam e Gaetano Vastola (11), e Manuel Turchi (10). Tifoseria Storia Il movimento ultrà, nella città frentana ha origini verso la fine degli anni settanta. I primi gruppi organizzati al seguito dei rossoneri furono i Boys e le Brigate Rossonere. Durante il Campionato Interregionale 1985-1986, che terminerà con la promozione dei frentani in Serie C2, nasce, precisamente nel mese di ottobre, il Commando Ultrà Curva Sud, abbreviato in C.U.C.S.. Di particolare risalto in questo periodo, la trasferta che vide l'esodo di oltre mille lancianesi alla volta dello stadio Domenico Francioni di Latina, scelto come sede dello spareggio per la promozione in Serie C2 fra frentani e teatini per evitare duri scontri che avevano già coinvolto le due tifoserie in passato. Il C.U.C.S. attraversa il suo periodo buio durante la stagione 1991-1992 che coincide dapprima con la retrocessione degli abruzzesi e successivamente con il fallimento della stessa società che riparte così dai campionati regionali. Nonostante la presenza in curva dello striscione relativo al gruppo, il Commando si scioglie per poi ritornare al comando del tifo frentano a cavallo del 1993. Al termine della stagione 1994-1995 il Lanciano ritorna nel Campionato Nazionale Dilettanti e nasce quello che sarà il nuovo gruppo portante del movimento ultrà frentano: gli Ultras Lanciano, nati da una costola di ex militanti del C.U.C.S. La formazione abruzzese successivamente non attraverserà un buon periodo e tornerà in Eccellenza dove rimarrà fino al 1998, centrando poi la promozione in Serie C2 nel 2001, in Serie C1 l'anno successivo e arrivandosi a giocare la promozione in Serie B nel 2002, perdendo la semifinale dei play-off contro il Taranto. In questi anni nascono vari gruppi, in primis i Diffidati Lanciano, Nuova Guardia, Sangre y Muerte, Scottish Clan, Gioventù Frentana e Ultras 31. Tuttavia la novità più importante nel panorama del tifo frentano è costituita dal ritorno del C.U.C.S., che si compatta dietro lo striscione "Vecchia Guardia '85". Nel 2004 nascono gli Ultras Curva Sud Lanciano che riuniscono dietro un unico striscione tutti gli altri gruppi organizzati. Il suddetto striscione comprende a destra la presenza del simbolo della città di Lanciano e a sinistra uno scudo che racchiude un pallone antico. Nascono anche altre fazioni come Gioventù Frentana, Quelli della Sud, Incubo Frentano, Rooligans, alcune delle quali con sede in altre città italiane come Sezione Perugia, Sezione L'Aquila e Bologna Frentana. Gemellaggi e rivalità Il principale gemellaggio sostenuto dalla tifoseria frentana è quello con la tifoseria pugliese della Fidelis Andria. Questo rapporto, nato sul finire degli anni ottanta e rinnovato recentemente proprio nella città andriese, è caratterizzato dalla presenza più o meno frequente di esponenti della tifoseria pugliese agli incontri del Lanciano e di tifosi frentani alle partite della formazione biancoazzurra. Altro gemellaggio molto solido e sentito da ambe le parti è quello che coinvolge la tifoseria abruzzese con un'altra pugliese, questa volta quella di . Nato nella stagione 1998-1999, anche qui come nel caso del gemellaggio con l'Andria, sono frequenti le visite reciproche che si scambiano le due fazioni. Con la tifoseria toscana del Montevarchi Calcio Aquila 1902 si chiude la cerchia dei gemellaggi dei frentani. Inizialmente si trattava di un gemellaggio diretto con gli Ultras Giglio Montevarchi, consolidato dopo la visita dei toscani a Terni nel campionato di Serie B 2013-2014 che ha visto il Lanciano fronteggiare la . Nonostante la lontananza e le difficoltà logistiche esiste una solida amicizia con gli svizzeri del Losanna, rinnovata in occasione della presenza di esponenti della tifoseria d'oltralpe alla partita Lanciano-Pisa della stagione 2005-2006. Per l'occasione gli svizzeri hanno esposto lo striscione del loro gruppo principale. Amicizia di vecchia data è quella con i romagnoli del . Altri rapporti di amicizia sono quelli con le tifoserie di e , dovuti all'amicizia che lega le suddette tifoserie a quella andriese. La rivalità per eccellenza, invece, è quella verso i neroverdi del Chieti.. Rimanendo in Abruzzo, rapporti tesi anche con le tifoserie dell'Aquila, del e del Pescara. Quest'ultima è una rivalità molto giovane, in quanto prima del 2009, quando alcuni sostenitori biancoazzurri si recarono sotto la curva rossonera, non si erano mai verificati attriti tra le due tifoserie.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Luciano%20Zauri
Luciano Zauri
Caratteristiche tecniche Giocatore Giocatore molto duttile, considerato un jolly della difesa, durante la sua carriera da calciatore ha ricoperto prevalentemente il ruolo di terzino destro. Occasionalmente è stato impiegato anche come difensore centrale ed esterno di centrocampo. Carriera Giocatore Club Atalanta e ChievoVerona Zauri, cresciuto nelle giovanili dell'Atalanta, esordisce in Serie A nella stagione 1996-1997 nella partita Atalanta-Roma (0-4). L'anno seguente è stato ceduto in prestito al ChievoVerona dove colleziona 24 presenze. Nella stagione 1998-1999 torna a Bergamo. Qui ha disputato altri cinque campionati, due in Serie B e tre in Serie A, ottenendo la convocazione in Nazionale. Lazio Nel 2003 è stato acquistato dalla Lazio insieme al compagno di squadra Ousmane Dabo, dopo che l'Atalanta era retrocessa in Serie B. Nel primo anno con la Lazio il tecnico Roberto Mancini gli preferiva Giuseppe Favalli, così Zauri partiva spesso dalla panchina In campionato ha segnato 3 reti ad Inter, Empoli e . Nella stessa stagione ha fatto il suo esordio in Champions League il 13 agosto 2003 in occasione di Lazio-Benfica (3-1) e messo in bacheca il primo trofeo da professionista, la Coppa Italia. Nella stagione 2004-2005 ha collezionato una ventina di presenze. Nella penultima giornata di campionato, nonché sfida salvezza tra Lazio e Fiorentina, ha salvato la rete laziale con un fallo di mani in area di rigore al 30' non visto dall'arbitro Roberto Rosetti. Con questa famosa parata, ha costretto la Fiorentina al pareggio 1-1 e ha tolto la Lazio dal rischio retrocessione. In questa stagione esordisce in Coppa UEFA il 17 settembre 2004 in occasione di Metalurg Donetsk-Lazio (0-3). Nella stagione 2005-2006 ha collezionato 37 presenze in campionato. In quell'anno ha realizzato anche la rete decisiva, a una manciata di minuti dal termine, della sfida interna contro la Fiorentina. Nella stagione 2006-2007 ha giocato quasi tutte le partite, dal primo all'ultimo minuto. Dalla gara Lazio-Milan (0-0) del gennaio 2007, in seguito alla cessione di Massimo Oddo, è diventato il capitano della squadra di Delio Rossi. L'anno seguente ha messo a segno anche un gol nella Champions League 2007-2008 ad Atene contro l'Olympiacos Pireo (1-1). In campionato ha collezionato 18 presenze Fiorentina Il 17 luglio 2008 passa in prestito alla per con diritto di riscatto prestabilito a 3 milioni per l'anno successivo. Mette a segno il suo primo goal in maglia viola contro il portando il risultato sul 2-0. Al termine della stagione la Fiorentina non esercita il diritto di riscatto e il giocatore ritorna alla Lazio. Sampdoria Il 10 luglio 2009 viene ceduto a titolo temporaneo con diritto di opzione per la compartecipazione alla Sampdoria. Iniziando la stagione come riserva di Reto Ziegler, diventa il terzino destro titolare della squadra, a discapito del lituano Marius Stankevičius. A giugno, terminando il prestito torna alla Lazio, e il 19 agosto 2010 torna nuovamente ai blucerchiati in prestito, con diritto di riscatto. Il ritorno alla Lazio Il 1º luglio 2011 fa il suo ritorno alla Lazio, dopo che la Sampdoria, retrocessa in Serie B, non ha esercitato il diritto di riscatto. Nel dicembre del 2011 spalma l'ingaggio e prolunga il suo contratto con la società romana fino al 30 giugno 2013. Pescara Il 31 gennaio 2013 passa a titolo definitivo al Pescara, tornando a giocare così nella sua terra natia. A fine stagione 2013-2014 decide di ritirarsi dal calcio giocato. Nazionale Zauri, dopo aver giocato 6 partite nella Nazionale Under-17 e 9 nella Nazionale Under-18, esordisce nella Nazionale maggiore il 5 settembre 2001 in Italia-Marocco (1-0). In totale è stato convocato 12 volte in Nazionale, giocando 5 partite. Allenatore Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Zauri nell'estate 2014 viene nominato dal Pescara nuovo allenatore della formazione Berretti. L'anno successivo, sempre per i Delfini, ricopre invece il ruolo di collaboratore tecnico, che svolgerà successivamente anche nell'Udinese al fianco di Massimo Oddo, proprio come ai tempi del Pescara. Proprio a Pescara torna nel luglio 2018 come allenatore della Primavera. Vince il girone B del Campionato Primavera 2 perdendo però la Supercoppa Primavera 2 contro il Bologna. Il 5 giugno 2019 viene chiamato a dirigere la prima squadra del club abruzzese in Serie B. Il 20 gennaio 2020, dopo la sconfitta interna per 1-2 con la , rassegna le dimissioni con la squadra al decimo posto avendo raccolto 27 punti in 20 partite. Il 22 agosto 2020 viene ingaggiato come nuovo allenatore della Primavera del . Il 5 aprile 2022, in seguito all'esonero di Gaetano Auteri, torna sulla panchina del , in quel momento quinto in Serie C. Zauri non riuscirà a migliorare la posizione in classifica, arrivando quinto, a pari punti con la , ma con una peggior differenza reti; ai play-off, dopo aver avuto la meglio su e solo grazie al miglior piazzamento in classifica, uscirà al primo turno della fase nazionale per mano della . Al termine dell'avventura playoff, gli abruzzesi decidono di cambiare guida tecnica. Il 29 aprile 2023, Zauri viene ufficialmente annunciato come nuovo allenatore dell’, squadra della massima serie maltese, a partire dal giugno seguente. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 25 maggio 2014. Cronologia delle presenze in nazionale Statistiche da allenatore Statistiche aggiornate al 6 settembre 2023. Giovanili Statistiche aggiornate al 29 settembre 2020. Fuori dal campo Il 20 gennaio 2013 Zauri salva la vita ad una bambina di 7 anni, Giulia Santopadre, figlia dell'ex tennista Vincenzo e di Karolina Boniek, figlia dell'ex calciatore polacco Zibi, calandosi con una corda all'interno di un pozzetto profondo 4 metri, dove la stessa bimba era caduta. Per tale gesto è stato proposto come medaglia d'argento al valor civile. Palmarès Giocatore Club Competizioni giovanili Atalanta: 1997 Competizioni nazionali Lazio: 2003-2004 Allenatore Competizioni giovanili Pescara: 2018-2019 (girone B)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cesare%20Bazzani
Cesare Bazzani
Accademico d'Italia, fu uno dei maggiori e più prolifici artefici dell'architettura pubblica italiana del primo Novecento, particolarmente in età fascista. Biografia Figlio di Luigi, valente scenografo, Bazzani si laureò brillantemente in architettura tecnica (ingegneria civile) nel 1896. Inizialmente, dopo aver progettato la sede del Circolo Canottieri Aniene di Roma nel 1897, si dedicò al restauro di edifici medievali romani, tra cui l'Albergo dell'Orso, il palazzotto della Fornarina e alcune casette di San Paolino alla Regola. Nel 1908 la vittoria del concorso per la Galleria d'Arte Moderna della capitale, che seguì l'affermazione fiorentina dei suoi progetti per la facciata di San Lorenzo (1905) e per la Biblioteca Nazionale Centrale (1906) nonché il Gran Premio Reale vinto a Milano nel 1906, lo portò prepotentemente alla ribalta nazionale, dando una decisa accelerata alla sua prestigiosa carriera d'architetto, costellata di eminenti incarichi pubblici. Bazzani fu infatti professore al Museo Artistico Industriale di Roma dal 1903 al 1920, consigliere comunale della sua città dal 1913 al 1920, membro straordinario del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici dal 1915 al 1923, membro di diverse accademie di belle arti, tra cui quella di Brera, nominato Grande Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia nel 1922 (quindi Cavaliere di Gran Croce decorato del Gran Cordone dello stesso Ordine nel 1936), dal 1929 accademico d'Italia e, nel 1936, presidente della Consulta Centrale dell'edilizia e dell'urbanistica presso il ministero dell'Africa Italiana. Alle esposizioni internazionali di Venezia (1908) e di Roma (1911), inoltre, vinse la Grande Medaglia d'Oro. Tra le sue opere, improntate a magniloquenza e grandiosità, di stile sostanzialmente eclettico e spesso costellate di simboli massonici, spiccano la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (1911), la Galleria d'Arte Moderna di Roma (1911), il Palazzo della Cassa di Risparmio ad Ascoli Piceno (1912-1915)), il Palazzo del Governo (1920) e la chiesa del Carmine di Messina, il Casinò di Anzio, conosciuto anche come Paradiso sul mare (1924), la facciata della basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi (1924-1930), la sede del Ministero della Pubblica Istruzione a Roma (1928), il Teatro del Littorio a San Severo (1929-1937), la sistemazione dell'Isola Tiberina a Roma (1930-1935), la Caserma dei Carabinieri sul lungomare di Bari (1932-1935), il Palazzo del Governo di Foggia (1934), la Stazione Marittima a Napoli (1936), il Palazzo delle Poste di Taranto (1937), la Cattedrale di Addis Abeba (1938) e la cattedrale di Pescara (1939), il Santuario del Santissimo Crocifisso a Treia (MC) (inizio '900). Altre notevoli architetture bazzaniane emergono nel tessuto urbano di Forlì, durante il fascismo centro simbolicamente importante in quanto "Città del Duce". Si tratta del Palazzo delle Poste (1930-1933), del monumento alla Vittoria, o ai Caduti (1931-1933), della Casa del Mutilato (1930-1932), delle Palazzine Gemelle, rispettivamente sede dell'Impresa Bazzani e dell'impresa Benini, (1932) e del Palazzo degli Uffici Statali (1935-1936). A Bazzani si devono inoltre moltissimi interventi di edilizia di qualità nella città di Terni come ad esempio: la Palazzina Alterocca (1901-1903), il Palazzo Pontecorvi (1902-1916), Villa Fongoli (1903), la Regia Scuola Industriale (1915-1926), il Palazzo delle Poste (1918-1936), la Palazzina Manni (1919-1923), la chiesa di sant'Antonio (1923-1935), Villa Bazzani (1928-1936), il Palazzo della Provincia (1930-1936), l'edificio dell'INFPS (1932-1934) e l'Albergo Beta (1935-1936), nonché il complesso di Galleto (1927) nei pressi della cascata delle Marmore. Proprio nella città di Terni e in particolare nell'Archivio di Stato è conservato l'archivio dei progetti dell'architetto. Suoi sono anche alcuni dei lavori nella città di Rieti: la riparazione e ampliamento del Municipio (1909), il Palazzo delle Poste e dei Telegrafi (1934) e la sistemazione a esedra dell'ingresso di Porta Romana sulla Via Salaria. A Bazzani si deve inoltre la progettazione del palazzo dell'INFPS di L'Aquila (lavori iniziati nel 1937) realizzato all'ingresso del Corso Federico II, che vedeva sul lato prospiciente la realizzazione di analogo edificio INFAIL. L'edificio, danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009, è stato recentemente ristrutturato ed ancora oggi ospita gli uffici INPS. Per Pescara, città in fervente sviluppo edilizio durante il fascismo, dopo l'unione con il comune di Castellammare Adriatico nel 1927, Bazzani viene chiamato insieme a Vincenzo Pilotti per la realizzazione di nuovi edifici di rappresentanza e sedi di uffici pubblici. Realizzò la nuova Cattedrale di San Cetteo nel quartiere Portanuova (1933-38), nota anche come "Tempio della Conciliazione", il Palazzo della Camera di Commercio in via Conte di Ruvo, il Palazzo delle Poste centrali nel 1934 sul corso Vittorio Emanuele, il palazzo INPS, l'ex Banco di Napoli sul corso Umberto, e infine il Ponte Littorio, per collegare i due nuclei di Pescara (1935), opera distrutta dai tedeschi nel 1944 e ricostruita come Ponte Risorgimento. Opere 1903, ricostruzione del Santuario del SS. Crocifisso a Treia; 1910, Monumento ai Caduti del 1860 a Spoleto; 1911, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; 1911, Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma; 1912, Palazzo Bazzani (o palazzo della Cassa di Risparmio) ad Ascoli Piceno; 1912, Villa Ravà a Roma; 1920, Palazzo del Governo di Messina; 1924, facciata di Santa Maria degli Angeli ad Assisi; 1925, Torre degli Alvitreti di Ascoli Piceno; 1924, Paradiso sul mare (ex casinò) ad Anzio; 1926, Chiesa del Carmine a Messina; 1928, Palazzo del Ministero della Pubblica Istruzione; 1928, Palazzo delle Poste di Ascoli Piceno; 1929, Teatro del Littorio di San Severo; 1930, Chiesa della Gran Madre di Dio a Ponte Milvio, Roma; 1930, Palazzo degli Studi a Macerata; 1930, Monumento ai Caduti a Macerata; 1930, Casa del Mutilato di Forlì; 1930, Palazzo delle Poste di Forlì; 1930, sistemazione ad esedra della piazza di Porta Romana a Rieti; 1931, Facciata della Chiesa dei SS. Antonio e Francesco di Pollenza; 1932-1934, Monumento ai Caduti a Bosa (Piazza IV Novembre), con Publio Morbiducci; 1934, Palazzo della Posta, Pescara (corso Vittorio Emanuele); 1934-35, Ponte del Littorio, Pescara (archi e struttura), distrutto nel 1944 e sostituito dal Ponte Risorgimento; 1934, Palazzo delle Poste e dei Telegrafi di Rieti; 1935, Santuario di Sant'Antonio di Padova a Terni; 1936, Stazione Marittima di Napoli; 1937, Palazzo delle Poste di Taranto; 1937, Palazzo Banca d'Italia di Taranto; 1937, Casa del Fascio di Taranto; 1938, Cattedrale di San Cetteo a Pescara. Archivio Il fondo Cesare Bazzani conservato presso l'Archivio di Stato di Terni comprende i disegni di progetti; l'archivio è stato riordinato, digitalizzato e corredato di una banca dati disponibile sul web.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Civitella%20del%20Tronto
Civitella del Tronto
Civitella del Tronto (AFI: ) è un comune italiano di abitanti della provincia di Teramo in Abruzzo. Fa parte dell'unione dei comuni Città Territorio-Val Vibrata ed è incluso nel club de I borghi più belli d'Italia. Geografia fisica Territorio Il territorio comunale varia d’altitudine da un minimo di 135 m a un massimo di  m, con un’escursione altimetrica pari a  m. Il centro storico di Civitella del Tronto si trova a 589 m s.l.m. su una rupe rocciosa di travertino ed è sovrastata dalla fortezza, ultimo baluardo dei Borbone di Napoli e del Regno delle Due Sicilie che resistette strenuamente all'assedio della Regia Armata Sarda, arrendendosi solamente tre giorni dopo l'Unità d'Italia. Il comune di Civitella del Tronto, con la sua superficie di 77,74 km², è il più esteso della Val Vibrata. Ad ovest la Montagna dei Fiori, facente parte della catena montuosa dei Monti della Laga e dell’omonimo Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, segna il confine con Valle Castellana, mentre a nord il territorio confina con Sant'Egidio alla Vibrata e con i comuni marchigiani di Folignano e Ascoli Piceno. Ad est il terreno digrada gradualmente verso la bassa Valle del Salinello fino al confine con Sant'Omero, mentre verso sud, dove sono ben visibili il massiccio montuoso della Maiella e la catena del Gran Sasso d'Italia, il territorio confina con Campli. Classificazione sismica: Zona 2 (sismicità medio-alta), Ordinanza PCM n. 3274 del 20/03/2003 Idrografia Il territorio civitellese fa parte dei bacini idrografici dei fiumi Salinello e Vibrata, quest'ultimo ha origine ad ovest del paese, nel versante orientale della Montagna dei Fiori a quota   e dà origine all'omonima valle. Oltre a questi, ci sono diversi torrenti o rigagnoli minori che confluiscono nei due corsi d’acqua principali, come il Goscio e il Rio per il Salinello e la Vibratella per il Vibrata. Clima Per la sua posizione ai piedi dei Monti della Laga e la contemporanea vicinanza al litorale adriatico, Civitella del Tronto ha un clima di tipo temperato umido sub-litoraneo con inverni piuttosto miti, estati calde e caratterizzato da una piovosità significativa durante tutto l’anno, con una media annuale di precipitazioni pari a circa 871 mm. Classificazione climatica: Zona E, 2327 GG. Storia Dalle origini al XV secolo Le origini di Civitella del Tronto non sono chiare, anche se in località Ripe di Civitella e nelle grotte Sant'Angelo e Salomone, sono stati rinvenuti reperti risalenti al Neolitico e al Paleolitico superiore. Civitella del Tronto si crede sorga sull'antica area della picena Beregra. La prima testimonianza storica certa risale all'anno 1001. Civitella viene citata come Tibitella in un atto notarile rogato nella città di Penne. Per gli storici, dunque, Civitella avrebbe avuto origine nei secoli IX-X (l'origine dell'abitato attuale è altomedioevale) come città incastellata per sfuggire alle scorribande ungare e saracene. Il paese fu invaso dagli Ascolani quattro anni dopo che nel 1251 avevano dichiarato guerra ai Teramani per fini espansionistici. A salvare i civitellesi intervenne papa Alessandro IV che pose fine ai cruenti e sconsiderati saccheggi ascolani evidenziati dal Vescovo aprutino Matteo I. Memore dell'invasione ascolana e consapevole dell'importanza strategica di avere in zona di confine una fortificazione efficiente Carlo I d’Angiò ordinò la fortificazione di Civitella che cominciò il 25 marzo 1269. Già nel secolo XIII il paese, appartenente al Regno di Napoli, era cinto da mura e, per la sua particolare posizione geografica di confine con lo Stato della Chiesa, ebbe sempre una grande rilevanza strategica. Civitella passò dagli Angioini agli Aragonesi nel 1442. Alfonso d’Aragona, dopo aver sconfitto Francesco Sforza e riconquistato anche Civitella nel 1443, trasformò il castello civitellese in una Piazza Forte nel 1450 in vista dei venti di guerra con la Francia. Il luogotenente Alfonso, figlio di Ferdinando I, notando una donna posseduta dal maligno chiede aiuto a San Giacomo della Marca che compie il miracolo nel 1472. Nel 1495 i civitellesi continuano però a soffrire degli abusi del Castellano e, per protesta, danneggiano ben quattro delle cinque torri del castello che viene brutalmente saccheggiato. Le tasse del tribunale della Grascia, il fenomeno del banditismo e l'ospitalità militare che i civitellesi devono affrontare continuano anche dopo il trattato di pace di Blois portano la popolazione allo stremo. Dal XVI al XVIII secolo Nel 1557 fu posta d'assedio dalle truppe francesi del Duca di Guisa, generale di Enrico II, alleate con il Papa Paolo IV. Benché feroce e violento, l'assedio, cominciato il 24 aprile, non ebbe gli esiti sperati per la compagine francese che dovette togliere l'assedio e ritirarsi verso Ancona il 16 maggio dello stesso anno. La vittoriosa e valorosa resistenza portata avanti dal popolo della cittadella, oltre che dalla guarnigione, fu particolarmente apprezzata dai consiglieri e strateghi militari di Filippo II e dall'intero Regno, tanto che ai suoi cittadini furono tolti gli oneri fiscali per quarant'anni e, a spese del demanio regio, furono restaurati gli edifici cittadini e il castello, potenziato come fortezza. Per lo stesso episodio, nel 1589, fu elevata al grado di Civitas e le fu conferito il titolo di Fidelissima da Filippo II di Spagna. Da quel 16 maggio, inoltre, ogni anno i civitellesi festeggiano il loro nuovo patrono Sant'Ubaldo (in precedenza era San Lorenzo). Erroneamente il toponimo viene collegato alla guerra del Tronto, in realtà esso era già in uso almeno dal 1544 quando venne pubblicato: Le tre giornate dello infallibile viaggio del cielo composto da frate Feliciano da Civitella del Tronte. Nel 1627 a Civitella furono avvertiti terremoti. Un altro sisma si verificò il 21 gennaio 1703. La fedeltà di Civitella agli Asburgo continua anche negli anni bui di Filippo IV e Carlo II. Nel 1707 i civitellesi, caduti in mano austriaca, anche per via legittima del Trattato di Utrecht, perdono ogni beneficio fiscale. Il 16 agosto 1734 gli austriaci lasciano Civitella alle truppe di Filippo V. La dominazione borbonica ha inizio. Il XIX secolo Venne assediata nuovamente dalle truppe francesi nel 1798 cadendo con disonore. Nel 1806 il forte, difeso dal maggiore irlandese Matteo Wade, sostenne un nuovo assedio della durata di quattro mesi (dal 22 gennaio al 21 maggio) contro le ben più numerose e armate truppe napoleoniche capitolando onorevolmente. Assedio di Civitella Una famosa pagina di storia legata a Civitella e alla sua fortezza è quella relativa al Risorgimento. Il 26 ottobre 1860, dopo aver attraversato l'Emilia-Romagna e le Marche, l'esercito di Vittorio Emanuele II di Savoia strinse d'assedio Civitella; i soldati borbonici resistettero per ben duecento giorni. Nonostante la fine del Regno delle Due Sicilie suggellata il 13 febbraio 1861 con la caduta di Gaeta, la resa della piazzaforte siciliana di Messina avvenuta il 12 marzo e la proclamazione in Parlamento a Torino del Regno d'Italia il 17 marzo, Civitella continuò a combattere, resistendo fino al 20 marzo 1861, quindi tre giorni dopo che fu sancita l'Unità d'Italia. Questo episodio ne fa l'ultima roccaforte borbonica ad arrendersi all'unità nazionale. Come sempre, durante un assedio coevo, una volta isolata la fortezza da possibili aiuti esterni, gli assedianti, guidati dal generale Luigi Mezzacapo (un napoletano di scuola borbonica), bombardarono la struttura per demoralizzare gli ultimi reparti borbonici. Sapendosi isolati e privi d'ogni speranza di soccorso, diversi reparti situati in alcune ali della fortezza si arresero. Eppure un'ultima parte dei militari, nonostante l'uscita dei camerati, decisero, pur allo stremo delle forze, di resistere ancora, per poi arrendersi solo alla fine. I 291 superstiti furono presi prigionieri e trasferiti ad Ascoli Piceno. Brigantaggio Negli anni immediatamente successivi all'Unità, nel territorio di Civitella operarono svariati briganti, dei quali alcuni erano semplici banditi, altri invece partigiani del cessato regno borbonico. Purtroppo proprio in quegli anni il Forte, non più strategicamente importante, venne abbandonato e saccheggiato dagli stessi civitellesi, creando così la rovina di una delle maggiori opere architettoniche militari degli Abruzzi. Si segnala che già qualche decennio prima fu distrutta la fortezza di Pescara. Dal XX secolo a oggi Durante la seconda guerra mondiale, nel 1944, vennero qui approntati ben tre campi di concentramento per l'internamento di 187 ebrei. Gli interni dei campi di prigionia furono alloggiati nell'antico Convento Francescano della Madonna dei Lumi, in un'abitazione privata del palazzo Migliorati in pieno centro storico e nell'Ospizio cittadino. Nell'archivio comunale di Civitella del Tronto sono presenti due elenchi, uno per gli internati politici, l'altro per quelli civili. Nel primo furono inclusi centoventi persone, la maggior parte dei quali di religione ebraica e alcuni classificati come 'ariani' tra cattolici e no. Fu inoltre scortato nel campo di concentramento il medico e partigiano italiano Simone Teich Alasia oltre a numerosi ebrei tedeschi, polacchi o apolidi privati di cittadinanza. Il 20 febbraio 1959, alle 9 del mattino, si verificò una scossa di terremoto del 4º grado della Scala Mercalli con epicentro il territorio di Civitella del Tronto. Il 1º dicembre 1972 si registrano scosse di terremoto avvertite anche a Sant'Omero, Torano Nuovo e Colonnella. Onorificenze Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Santuario di Santa Maria dei Lumi Il santuario mariano è una delle realtà monumentali più note del territorio teramano e conserva tuttora memoria d'arte romanica, di misticismo e spiritualità. Dedicato alla Madonna dei Lumi, sorge al di fuori della cinta muraria del paese di Civitella. L'intero complesso religioso è costituito dalla chiesa, dalla casa monastica e dal chiostro. Il 31 maggio di ogni anno vi si organizza una fiaccolata con i lumi, per rendere omaggio alla Madonna. Chiesa di San Lorenzo La chiesa Parrocchiale di Civitella del Tronto, dedicata all'antico protettore San Lorenzo Martire, in origine sorgeva al di fuori delle mura cittadine, ma venne trasformata in bastione per la difesa del borgo nell'assedio del 1557 per poi essere ricostruita all'interno delle mura, addossata a Porta Napoli. Nel 1777 ha inizio una notevole trasformazione di ordine strutturale ed estetico in stile barocco della chiesa. Di rinascimentale resta solo la facciata, di elegante semplicità, il suo portale e i grandi finestroni dalla profonda strombatura sui fianchi dell'edificio. L'interno, a croce latina, è composto da una sola navata alla quale furono aggiunte due cappelle laterali a formare un braccio di transetto coronato da una cupola entro un tiburio ottagonale. La torre campanaria si innesta tra il braccio di transetto e l'abside del presbiterio. La chiesa è ornata da grandi nicchie con altari, stucchi settecenteschi, ed impreziosito da arredi lignei di raffinata fattura e l'organo del 1707, oltre ai vari arredi sacri, tra cui un busto e una croce in bronzo, conservati in Sacrestia insieme ad una statua barocca in legno di Sant'Ubaldo con in mano la città di Civitella di cui è il Protettore. Per quanto riguarda le tele, meritano particolare attenzione una Visitazione e una Madonna del Rosario risalenti al XVI secolo, mentre sono di quello successivo un'Annunciazione e una Deposizione. Nella chiesa è inoltre presente anche una statua dedicata alla Madonna Addolorata. Chiesa di San Francesco La chiesa di San Francesco, inizialmente dedicata a San Ludovico, fu fondata nel 1326, sotto Roberto d'Angiò, dal conventuale civitellese Fra' Guglielmo, eminente personaggio della famiglia De Savola, vescovo di Alba e poi arcivescovo di Brindisi e di Benevento. Per oltre trecento anni il convento è, per Civitella, un centro di incisiva promozione religiosa e culturale di cui beneficiarono diverse generazioni di cittadini. Infatti proprio grazie al monastero molti uomini sia chierici che laici impararono a leggere e a scrivere. Nel corso dei secoli il complesso subì varie soppressioni, finché, nel 1866 per effetto di un decreto di Vittorio Emanuele II, i conventuali dovettero abbandonarlo. La facciata, che conserva ancora oggi le caratteristiche originarie, di stile gotico-romanico, è caratterizzata dal rosone trecentesco in pietra con cornice intagliata proveniente, secondo la tradizione, dalla chiesa di San Francesco di Campli. Nell'interno, rielaborato in stile barocco, a navata unica, si conserva un coro in noce con colonnine tortili, del Quattrocento, e al di là del presbiterio si trova l'originaria abside a pianta quadrata dalla volta a crociera e costoni gotici impostati su capitelli decorati con il motivo a foglie ripiegate, mentre per il resto la chiesa presenta decorazioni e stucchi settecenteschi. Parte degli arredi furono trasferiti nel 1924 in Santa Maria dei Lumi e un crocifisso d'argento in San Lorenzo. La chiesa di S. Francesco ha subito nuove ristrutturazioni a partire dai primi anni del XXI secolo. Chiesa di Santa Maria degli Angeli La fondazione della chiesa di Santa Maria degli Angeli, detta anche della Scopa, o delle Laudi secondo la tradizione, è assegnata ai primi del Trecento, durante il pontificato di Giovanni XXII, per quel che si legge sulle sue murature, invece secondo una più attenta analisi appare un edificio databile tra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI secolo. La chiesa è costituita da un'unica navata con tetto a capriate. Il portale ha cornici lisce in travertino e architrave sostenuto dalle tipiche mensole con sfera, che in questo caso hanno superficie esterna contornata da una fila di perline e decorata con una rosetta centrale. Sotto il cornicione appaiono mattoni dipinti a losanghe bianche e rosse. All'interno, sulla parete sinistra, sotto la moderna intonacatura, resta un residuo della elegante decorazione policroma rinascimentale. Nella chiesa si conserva, sotto l'altare maggiore, un Cristo deposto ligneo, di moderna fattura, le cui forme rigide potrebbero far pensare ad opera di mano o di influenza tedesca; nell'altare laterale destro un Cristo deposto ligneo, di difficile datazione, ed una Vergine Addolorata con struttura a conocchia, ossia uno scheletro ligneo su cui adagiare le vesti - che mutano in base alle feste liturgiche - e con un viso ligneo dipinto finemente. Abbazia Santa Maria in Montesanto L'Abbazia di Montesanto è un complesso monastico appartenuto all'Ordine benedettino, dedicato all'Assunta. Nel passato è stata tra le abbazie più importanti della regione Abruzzo. Organo a canne voluto da monsignor Ettore De Filippo rettore dell'abbazia, comissionando l'acquisto al Maestro organaro Alessandro Girotto di Postioma (TV) che recuperò e restaurò l'antico organo di scuola bolognese, trasformazione da 4 a 8 piedi, restauro e completamento cassa e rimesse canne antiche, concerto inaugurale il giorno dell’assunta 15 agosto 1999 organista Massimo Ciferri di Grottammare. Chiesa di San Giacomo La chiesa di San Giacomo, dedicata a San Giacomo di Compostela, è stata costruita in fortezza nel 1585 e consacrata nel 1604. Attualmente è sconsacrata, ma adibita a sala convegni. Architetture civili Porta Napoli Unica porta urbana conservatasi, consente l'accesso al borgo da est. Arco a tutto sesto risalente al Duecento, realizzato in conci di travertino e addossata ad alcuni resti delle mura di cinta e all'abside della chiesa di San Lorenzo. Al di sopra della chiave campeggia lo stemma urbico della cittadina che raffigura le cinque torri merlate. È notevole che Porta Napoli e il portale della chiesa di San Francesco sono identici sul profilo delle modanature e nelle misure dei blocchi di pietra con cui sono fabbricate. Ruetta Le vie del centro storico di Civitella del Tronto che permettono di salire verso la fortezza sono spesso molto strette e ripide, poiché originariamente progettate per incanalare gli assalitori in stretti o per sorprenderli alle spalle. La via più stretta di Civitella del Tronto è la Ruetta che consente il passaggio a una persona per volta. Una targa all'imbocco della stretta viuzza dichiara: “La Ruetta, d'Italia la via più stretta”, ma in realtà il primato è conteso con un vicolo di Ripatransone, che in questo momento detiene il record italiano, anche se il rilevamento è oggetto di molte diatribe. Fontana degli amanti La fontana eretta nel 1863 le cui acque scaturiscono dalle viscere della Fortezza. È posta sulla circonvallazione panoramica, ai piedi della pineta. Architetture militari Fortezza spagnola La fortezza di Civitella del Tronto, costruita per scopi difensivi e trasformata nel corso del tempo, si eleva sulla zona più alta del paese. È una delle più imponenti opere di ingegneria militare, articolata in un complesso di elementi interdipendenti e complementari, che danno vita ad un organismo difensivo, concepito per rispondere ad esigenze tecniche e funzionali. Il suo insieme si compone di architetture di varie epoche disposte su diversi livelli, collegate tra loro da varie rampe. Voluta, nella sua rinascimentale conformazione, da Filippo II d'Asburgo, re di Spagna, nel XVI secolo, rappresenta un'importante memoria di storia militare e di arte per il territorio di confine che la ospita. Da secoli è spettatrice e protagonista delle tante vicende, lotte e contese tra Regno di Napoli e Stato Pontificio che hanno designato la sua sorte e determinato l'avvicendarsi di autorità governative al suo comando. Monumento a Matteo Wade Monumento marmoreo neoclassico voluto nel 1829, da Francesco I di Borbone, re delle Due Sicilie, alla memoria dell'ufficiale irlandese Matteo Wade, che difese la piazzaforte di Civitella del Tronto durante l'assedio del 1806. In gran parte opera dello scultore Bernardo Tacca, venne completato da Tito Angelini. È composto da un grande sarcofago con le figure in rilievo della Fedeltà e del Dolore poste ai lati del ritratto del generale, rappresentato in un medaglione. Due sfingi, ai lati del sottostante gradino, e lo stemma borbonico completano la composizione. Collocato nel 1832 all'interno della Fortezza nella prima piazza, chiamata dal quel momento Piazza del Cavaliere, vi rimase fino al 1861 quando, in occasione dell'assedio unitario, l'esercito piemontese decise di trasferirlo a Torino, ritenendolo opera del Canova. Lo scultore veneto influenzò lo stile di Angelini e per questo le opere dello scultore napoletano finirono per divenire simili a quelle del Canova. Tuttavia il monumento non giungerà mai nell'allora capitale d'Italia poiché ad Ancona fu appurato, con certezza, che non era opera del grande scultore veneto. Sottovalutato, rimase nel capoluogo marchigiano in un magazzino per quindici anni. Nel 1876 fu restituito a Civitella e posto in largo Pietro Rosati. Si trova ancora oggi dal 1938 e seppur privo di alcuni elementi a sinistra dell'ex Palazzo del Governatore. Alcuni resti della base del monumento sono ancora presenti nella fortezza spagnola. Aree naturali Grotte di Sant'Angelo e Salomone I frequenti fenomeni carsici hanno dato origine sul versante meridionale della Montagna dei Fiori (metri 1814), in una zona dal vistoso disturbo tettonico, a numerose grotte ricche di stalattiti e stalagmiti delle quali la più nota è la Grotta di Sant'Angelo insieme a quella di Salomone. Affascinanti ricerche e pazienti scavi, iniziati negli anni sessanta dal grande archeologo Antonio Mario Radmilli, hanno portato alla luce tracce della presenza dell'uomo in queste grotte dal neolitico ai tempi più recenti. Sono state scoperte varie testimonianze a partire da quelle più antiche lasciate da un gruppo di cacciatori primitivi, testimonianze della "Cultura di Ripoli", a qualche frammento di epoca romana e medioevale fino al Duecento quando le caverne cominciarono a essere frequentate dagli eremiti. Infatti nella grotta di Sant'Angelo esistono ancora oggi resti delle celle degli anacoreti che abitarono questa grotta sino alla fine del secolo scorso trasformando la caverna in una chiesa, già intorno al 1200. Da allora la grotta è rimasta sempre luogo di culto e di pellegrinaggio anche quando sono scomparsi gli eremiti. La grotta di Salomone si trova proprio al di sotto di quella di Sant'Angelo e con essa comunicava prima della frana avvenuta dopo il 1400 il cui crollo travolse e seppellì una casetta eretta dagli eremiti della quale rimasero qualche lembo di muro, il pavimento e il focolare. Oltre a queste due, che sono le più ampie, ve ne sono innumerevoli altre, oltre una trentina, molti delle quali, nei primi tempi cristiani, furono dedicate a Santi e adibite a uso sacro come per esempio la Grotta di Santa Maria Maddalena, di San Francesco, di San Marco e di Santa Maria Scalena. Tutte queste caverne, insieme ad altre aree archeologiche situate sul territorio di Civitella del Tronto, si sono rivelate importantissime perché hanno permesso la ricostruzione della storia dei Monti Gemelli attraverso il ritrovamento di numerosi resti preistorici come frammenti di terracotta, schegge, raschiatoi, alcune lame, ossi di orso, di stambecco, di cavallo e soprattutto ceramiche. Nelle vicinanze delle suddette grotte vi sono le suggestive Gole del Salinello, molto interessanti paesaggisticamente in modo particolare per gli amanti della natura senza dimenticare i gloriosi avanzi del castello di re Manfrino che si ergono ai piedi della parete sud della Montagna dei Fiori. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere I cittadini stranieri residenti a Civitella del Tronto, al 31 dicembre 2016, sono pari al 7,53% della popolazione. Le comunità nazionali più numerose sono: - 97 - 1,93% - 82 - 1,63% - 71 - 1,41% - 69 - 1,37% Tradizioni e folclore Santa Maria dei Lumi Dal 25 al 27 aprile ricorrono i festeggiamenti di Santa Maria dei Lumi nei pressi del vicino santuario omonimo. Sant'Ubaldo Il 16 maggio si festeggia il protettore Sant'Ubaldo, sulla cui figura storica e religiosa si registra un recente rifiorire di studi, attraverso pubblicazioni e convegni. Eventi in fortezza Dal 13 al 16 agosto si teneva, all'interno della fortezza, il banchetto in costume d'epoca denominato A la Corte de lo Governatore. Cultura Istruzione Scuole Nel territorio comunale sono presenti due scuole secondarie di primo grado (Capoluogo e Villa Lempa), tre scuole primarie (Capoluogo, Favale e Villa Lempa) e tre scuole dell'infanzia (Capoluogo, Borrano e Villa Lempa) tutte facenti parte dell'Istituto Comprensivo "Civitella - Torricella", con sede in Via Sandro Pertini a Civitella del Tronto. A Civitella del Tronto è presente anche un asilo nido di proprietà comunale situato nella frazione di Villa Lempa. Musei Museo delle Armi e delle Mappe Antiche All'interno della fortezza civitellese, è stato inaugurato nell'agosto 1988 il Museo delle Armi e delle Mappe Antiche. Nelle quattro stanze che lo compongono, un tempo destinate alle cucine e alle mense dei soldati, sono raccolte armi e mappe antiche del periodo storico della fortezza di Civitella che vanno dal Cinquento al 1861. Ci sono ulteriori cimeli, immagini e vicissitudini che raccontano meglio le vicende di Civitella. Il 28 agosto 2015 il Museo delle Armi è stato intitolato alla memoria del vice-comandante don Raffaele Tiscar de Los Rios. Museo delle Arti creative tessili Il museo Nact (acronimo di Nina, museo delle Arti Creative Tessili) è stato inaugurato il 14 agosto 2013 e conserva una collezione di abiti antichi risalenti principalmente al periodo dal Settecento fino al primo dopoguerra. Media Radio L'artista Phedy ha scelto la fortezza come ambientazione per il video del suo singolo Il cerchio. Cinema Civitella del Tronto, nell'estate del 2007, è stato il set di alcune riprese del film Colpo d'occhio diretto da Sergio Rubini e interpretato da Vittoria Puccini, Riccardo Scamarcio e Paola Barale al suo debutto cinematografico. Il film Il ricordo di una lacrima, uscito nel marzo 2015, è stato girato anche a Civitella del Tronto. Cucina Particolari e tipici della cucina di Civitella del Tronto sono i caratteristici maccheroni con le ceppe, così denominati perché si tratta di grossi fusilli fatti a mano arrotolando la pasta intorno a un bastoncino. Questo storico piatto di Civitella del Tronto è stato inventato in tempi di guerra dai cuochi civitellesi che, pur non avendo molto tempo per cucinare bene la pasta ai soldati, hanno creato e dato vita a questo piatto unico. Tuttora viene servito a tavola nei ristoranti della zona e ci sono addirittura delle signore che sanno cucinare questo piatto come si faceva all'epoca.Un altro piatto storico è il filetto alla borbonica, una specie di panino preparato con una fetta di pane sulla quale viene messa una fetta di carne che, a sua volta, viene ricoperta con una mozzarella e filetti di acciuga sotto sale e insaporita con marsala. Sempre connesso con la Fortezza lo spezzatino alla Franceschiello, così denominato dall'ultimo Re Francesco II di Borbone, realizzato con pollo o agnello e insaporito con vino e sottaceti. Rinomati sono i formaggi pecorini della Montagna dei Fiori e delle Tre Caciare. Geografia antropica Frazioni Civitella del Tronto ha trentuno frazioni: Borrano, Carosi, Cerqueto del Tronto, Collebigliano, Collevirtù, Cornacchiano, Favale, Fucignano, Gabbiano, Le Casette, Lucignano, Mucciano, Pagliericcio, Palazzese, Piano Risteccio, Piano San Pietro, Ponzano, Ripe, Rocche, Sant'Andrea, Sant'Eurosia, Santa Croce, Santa Maria, Santa Reparata, Tavolaccio, Valle Sant'Angelo, Villa Chierico, Villa Lempa, Villa Notari, Villa Passo, Villa Selva. Ci sono anche le località: Acquara, Arneto, Idra, Oltre Salinello, Raieto, San Cataldo, Villa Olivieri. Economia Turismo Il territorio civitellese viene raggiunto ogni anno da migliaia di turisti attratti dall'imponente fortezza spagnola che rimanda ad altri luoghi d'interesse, anche se non strettamente collegati, come le gole del Salinello ovvero l'Abbazia di Santa Maria in Montesanto eccetera. Discretamente sviluppate sono le attività alberghiere, legate all'afflusso turistico connesso alla fortezza. Diverse sono, poi, le piccole aziende di confezioni tessili tipiche di tutta l'area della Val Vibrata. Infrastrutture e trasporti Strade Il comune è interessato dalle seguenti direttrici stradali: Strada Statale 81, Strada Provinciale 8, Strada Provinciale 14, Strada Provinciale 53, Strade Provinciali 54 e 54a. Mobilità urbana I trasporti urbani e interurbani di Civitella del Tronto vengono svolti con autoservizi di linea gestiti dalla società ARPA, poi divenuta TUA. Amministrazione Gemellaggi ; 26-27 maggio, 28-29 luglio 1989 (gemellaggio con la fortezze di Hohensalzburg, Mauterndorf e Werfen) ; dal 18 giugno 2015 (protocollo d'intesa per lo sviluppo del turismo, sindaci Guido Castelli e Cristina Di Pietro) Sport Arrampicata sportiva Nella parete rocciosa sita sul lato ovest della rupe di Civitella del Tronto esiste una palestra di roccia intitolata a Gianmario Camillini, scomparso in un incidente durante un'esercitazione con l'elicottero il 13 novembre 1989. La falesia è costituita da un travertino compatto, con vie lunghe non oltre i 25 m. Escursioni Il territorio si presta, grazie alla Montagna dei Fiori, a numerose escursioni da fare a piedi o in mountain bike. Ciclismo su strada Civitella del Tronto è stata sede di partenza della 7ª tappa della 42ª Tirreno-Adriatico, il via fu dato dall'allora sindaco Mario Tulini. Proprio a Civitella è partita il 10 giugno 2011 la 38ª edizione del Girobio.
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Manoppello Scalo
Manoppello Scalo è una frazione del comune di Manoppello, in provincia di Pescara. La frazione, che si sviluppa lungo la statale Tiburtina è uno dei centri industriali e commerciali della Val Pescara. Storia La nascita e lo sviluppo di Manoppello Scalo (anni Cinquanta), come accaduto ad altri centri di recente fondazione della Val Pescara come Scafa, è dovuta alla presenza della ferrovia, dell'autostrada ed in genere delle principali vie di comunicazione della regione, unitamente a spazi idonei allo sviluppo industriale. Interporto d'Abruzzo La realizzazione di un interporto è stato l'ultimo progetto in ordine di tempo a contribuire allo sviluppo della frazione. La struttura, che occupa una superficie di , è una delle più importanti della regione. Si trova accanto all'autostrada Torano-Pescara. Monumenti Abbazia di Santa Maria Arabona, del XII Secolo, fondata nel 1197. Ha pianta a croce greca irregolare, con transetto a cinque campate coperte da volte a crociera a costoloni. Il coro rettangolare è composto da due cellule trasversali e illuminato da cinque finestre a piramide, sormontate da un rosone a raggi. Ciascun lato ha il suo rosone. La campata centrale ha volta a otto spicchi doveva sostenere un tiburio a campanile, ma il progetto cambiò durante la costruzione. All'interno si ammirano affreschi di Antonio da Atri del '300 e un pregevole cero pasquale. Chiesa di San Callisto, situata in contrada Ripacorbaria, del XVII secolo. Si suppone dal portale romanico strombato che la chiesa sia più antica, anche se oggi si presenta in stile tardo barocco rurale, con la base scandita da portico e il settore principale suddiviso da paraste. Il timpano centrale è a semicerchio. Presso il settore principale ci sono due finestre laterali, un uroboro al centro e dei rilievi sottostanti a motivi vegetali e simbolici. L'interno a navata unica è molto semplice, con cappelle laterali. Chiesa parrocchiale di San Pancrazio, chiesa consacrata negli anni '50. Ha pianta rettangolare a capanna e un campanile a torre. Infrastrutture e trasporti L'interporto è stato dotato di uno svincolo dell'autostrada A25 nel mese di aprile 2014 e di un collegamento diretto con la ferrovia Roma-Pescara, tramite raccordo ferroviario della lunghezza totale di 10 km di cui 3,8 km elettrificati. La frazione è attraversata dalla S.S. 5 Via Tiburtina Valeria ed è collegata al capoluogo Manoppello tramite la S.R. 539, che si dirama dalla Tiburtina. Galleria d'immagini
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Danilo Soddimo
Carriera Club Arrivato a Genova molto giovane, nel 2004, inizia a mettersi in mostra nelle giovanili blucerchiate, presentandosi come una delle maggiori promesse del vivaio della Sampdoria. Le prestazioni nella Primavera allenata da Attilio Lombardo, gli valgono le prime convocazioni tra i titolari: all'età di 17 anni debutta in Coppa Italia contro il . Ha esordito in Serie A il 30 aprile 2006 contro l'Udinese. Nella stagione successiva colleziona altre 2 presenze in Serie A. Nell'estate 2007 la Sampdoria lo cede in prestito in Serie C1 alla per fargli acquisire esperienza. Il 20 luglio 2009 viene mandato sempre in prestito, in Serie B, alla . A gennaio, la società granata, alle prese con problemi di varia natura, effettua la rescissione del prestito. Qualche giorno dopo i genovesi girano il centrocampista romano al Pescara, tramite la formula della comproprietà. Sigla il suo primo gol contro il Marcianise, ripetendosi in occasione della semifinale dei playoff contro la . Contribuirà alla promozione della sua squadra in Serie B. Il 24 giugno 2010 il Pescara comunica ufficialmente l'acquisizione totale del cartellino dell'ala romana, Soddimo si appresta così a disputare il nuovo Campionato di Serie B 2010-2011 con gli adriatici. Nel corso della nuova stagione con i biancazzurri viene inizialmente impiegato come rimpiazzo di Bonanni e Gessa sulle ali destra e sinistra ma successivamente trova molto spazio come punta di movimento accanto a Sansovini. Alla 5ª giornata contro il Torino griffa il vantaggio biancazzurro al 46' con un bel gesto tecnico su azione da calcio d'angolo. Nella stagione successiva, con Zeman in panchina, colleziona poche presenze in campionato, quasi sempre partendo dalla panchina, e mette a segno un solo gol nella gara finita in parità (1-1) contro il . A fine campionato ottiene la promozione in Serie A, e rimane al Pescara anche nella stagione 2012-2013. Con Stroppa in panchina finisce ai margini della rosa ma alla prima di Cristiano Bergodi in panchina (che ha preso il posto del dimissionario Stroppa) contro la Roma subentra al posto di Togni nella ripresa collezionando così la sua prima presenza in Serie A con la casacca biancazzurra. Il 31 gennaio 2013 passa in prestito al insieme al compagno di squadra Gastón Brugman nell'ambito della trattativa che porta Ferdinando Sforzini al Pescara. Esordisce con i toscani il 2 febbraio in Grosseto-Padova (1-1), sostituendo Lupoli al 62'. Conclude l'annata, terminata con la retrocessione dei toscani, con 15 presenze. Il 23 luglio 2013 viene acquistato dal Frosinone contribuendo con 25 presenze e 1 gol alla promozione in Serie B. Confermato per la stagione successiva, il 17 marzo 2015 il giudice sportivo lo squalifica per 4 giornate per aver rifilato una gomitata a un avversario durante Frosinone-Entella 3-3 del 14 marzo. In seguito alla storica promozione della squadra ciociara in A, diviene cittadino onorario di Frosinone insieme al resto della società. Il 23 agosto, nella prima giornata del campionato 2015-16, realizza contro il Torino la prima rete dei frusinati in massima serie. Segna un altro gol storico il 24 ottobre 2017 contro la , questa volta in Serie B, e cioè il primo del Frosinone nel nuovo stadio. L'8 gennaio 2019, dopo 157 presenze e 13 gol messi insieme con i ciociari in 5 anni e mezzo, passa alla in Serie B,, il 30 settembre seguente segna il primo gol con i grigiorossi, decisivo per la vittoria sull'Ascoli per 1-0. Il 16 gennaio 2020 viene ceduto al Pisa in Serie B, il 26 giugno seguente segna il primo gol con i nerazzurri, decisivo per la vittoria sul Pescara per 2-1. Il 31 agosto 2021, dopo 31 presenze e 2 gol in tutto, rescinde il contratto con il club toscano. Il 10 settembre 2022 viene ufficializzato il suo tesseramento per il Real San Basilio, squadra del quartiere di Roma dove è nato e cresciuto, partecipante al campionato di Promozione Laziale. Nazionale Ha disputato tre amichevoli con le selezioni giovanili azzurre Under-18 e Under-19. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 27 maggio 2021. Palmarès Club Competizioni nazionali Pescara: 2011-2012
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https://it.wikipedia.org/wiki/Strada%20statale%205%20Via%20Tiburtina%20Valeria
Strada statale 5 Via Tiburtina Valeria
La strada statale 5 Via Tiburtina Valeria è un'arteria viaria, istituita come strada statale nel 1928, che attraversa nel suo percorso Lazio e Abruzzo, con una lunghezza di . Storia L'antica via consolare Tiburtina Valeria fu elevata a strada consolare dal console Marco Valerio Massimo attorno al 286 a.C.. Collegava Roma all'antica Tibur (Tivoli) già nel 450 a.C. e dopo qualche tempo collegò Alba Fucens. Nel 308/302 a.C. la strada raggiunse Collarmele con una deviazione per Marruvium. La strada percorsa dai soldati durante i conflitti locali e dai pellegrini che visitavano i santuari ivi presenti. In seguito divenne la strada percorsa dalla nobiltà romana che soggiornava nelle ville costruite nella campagna di Tivoli. La strada statale 5 Via Tiburtina fu istituita nel 1928 con il seguente percorso: «Roma - Tivoli - Avezzano - Innesto con la n. 83 presso Cerchio - Raiano - Popoli - Pescara». Nel 1933 la denominazione della strada fu mutata da "Via Tiburtina" a "Via Tiburtina Valeria". In seguito al decreto legislativo n. 112 del 1998, dal 2001, la gestione di una gran parte della struttura è passata dall'ANAS alle regioni Lazio e Abruzzo, che hanno ulteriormente devoluto le competenze rispettivamente alla città metropolitana di Roma Capitale e alle province dell'Aquila, di Chieti e di Pescara. Attualmente l'ANAS gestisce dal km 15,800 al km 70,000 e dal km 98,200 al km 216,600: la prima tratta si trova nella quasi totalità nel Lazio, dalla intersezione con Marco Simone (Guidonia Montecelio) fino al km 65,000 dove si trova il confine regionale; la seconda si trova in Abruzzo e si estende dall'innesto della SS5 quater fino all'intersezione con l'asse attrezzato Chieti-Pescara, anch'esso gestito dall'ANAS. Percorso Il tracciato della strada, che segue l'antico, parte dalla città di Roma da Porta Tiburtina e, in prossimità della stazione omonima nel quartiere San Lorenzo, costeggia il cimitero del Verano, attraversa Portonaccio e prosegue verso il quartiere di Ponte Mammolo dove ha sede il secondo istituto penitenziario romano ossia il carcere di Rebibbia. Nel suo percorso verso Tivoli, la strada attraversa le frazioni di Settecamini con l'area industriale del Tecnopolo tiburtino, Villalba e Villanova di Guidonia, Tivoli Terme e Villa Adriana. Tale tratta fra il 1879 e il 1934 ospitò il binario della tranvia Roma-Tivoli. Da Tivoli il percorso prosegue alla volta di Vicovaro lungo la valle dell'Aniene (dove inizia ad affiancare l'autostrada A24), Castel Madama, Roviano, Arsoli, Riofreddo ed entra in Abruzzo. Tocca poi i comuni e le località di Oricola, Carsoli, qui il vecchio tracciato si separa dalla variante SS 5 Quater (che invece prosegue verso il caratteristico borgo di Pietrasecca), attraversando il centro cittadino e, successivamente, salendo di quota con alcuni tornanti, passando dapprima per la frazione di Colli di Montebove e di conseguenza raggiungendo il Valico di Monte Bove ai piedi del Monte Guardia d'Orlando e del Monte Bove stesso. Il valico, che separa la Piana del Cavaliere dai Piani Palentini, con i suoi 1220 m s.l.m. rappresenta la massima altitudine raggiungibile dall'arteria. Nei pressi dello stesso valico ha inizio anche la strada che, salendo di quota, conduce alla vicina località di Marsia (Tagliacozzo), piccola stazione sciistica e punto di partenza per le innumerevoli escursioni verso le grandi foreste di faggio dei Monti Carseolani. Si tratta quindi di un tratto di notevole interesse paesaggistico. La strada, scendendo, prosegue quindi verso, Tagliacozzo, lambendo Scurcola Marsicana, Avezzano (dove inizia a costeggiare la piana del Fucino e l'autostrada A25), Collarmele, quindi salendo nuovamente, stavolta verso il valico di Forca Caruso (1107 m s.l.m.), che fa da spartiacque tra il versante tirrenico ed il versante adriatico da un lato e dall'altro separa il massiccio del Velino-Sirente dai Monti del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Molto amato dai motociclisti, è contraddistinto da un ampio panorama sulle montagne abruzzesi e dalla presenza di alcune pale eoliche. Passato il valico la strada prosegue per Castel di Ieri, Castelvecchio Subequo, Raiano, Corfinio. Da qui la strada entra nella val Pescara costeggiando il fiume Pescara dalla sorgente, sita nei pressi di Popoli, fino alla foce. Qui la strada attraversa: Popoli, Bussi sul Tirino, Tocco da Casauria, Piano d'Orta, Scafa, Manoppello, Chieti e arriva poi a Pescara, dove si immette nella strada statale 16 Adriatica. Il tratto Carsoli-Pietrasecca-Tagliacozzo è superato tramite un percorso in variante, la SS 5 quater, alternativo alla strada statale 5 che invece raggiunge il bivio di Tremonti, Roccacerro e il valico di monte Bove a 1220 m s.l.m. passando nei pressi della frazione carseolana di Colli di Monte Bove. Varianti e diramazioni ex SS 5 racc, ora SP 209, da Bivio Brecciarola a Chieti in provincia di Chieti ex SS 5 bis Vestina Sarentina, ora SS 696 del Parco Regionale Sirente-Velino e SR 5 bis, dall'Aquila a Celano in provincia dell'Aquila ex SS5 bis dir, ora SS 696 dir Vestina, da Celano a Paterno (Avezzano) in provincia dell'Aquila ex SS5 ter da Tivoli a Guidonia Montecelio nella città metropolitana di Roma Capitale SS 5 quater da Carsoli a Tagliacozzo in provincia dell'Aquila SS 5 quater dir del Casello di Tagliacozzo, da Pietrasecca (Carsoli) allo svincolo Tagliacozzo dell'autostrada A24 in provincia dell'Aquila ex SS 5 dir, ora SR 5 dir, da Raiano a Pratola Peligna in provincia dell'Aquila ex SS 5 dir/A raccordo Raiano-Nucleo area artigianale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Emanuele%20Calai%C3%B2
Emanuele Calaiò
Biografia È sposato con Federica Del Deo dalla quale ha avuto due figli . È il cognato del calciatore ed ex compagno di squadra Nicola Mora. Caratteristiche tecniche Era una prima punta, mancino di piede, forte di testa e nel gioco aereo. Si è dimostrato un abile rigorista: ha messo a segno 41 penalty su 49 calciati. Per il suo modo di esultare era soprannominato l'arciere. Carriera Club Torino Cresce calcisticamente nella Panormus, scuola calcio palermitana, città natale del calciatore. In seguito passa nel settore giovanile del Torino. Esordisce in Serie A il 6 gennaio 2000 in Reggina-Torino (2-1), subentrando al 49' a Fabio Pecchia e andando a segno otto minuti dopo il suo ingresso in campo. Chiude la stagione con 7 presenze e una rete. Rimane con i piemontesi anche per le due seguenti stagioni. Seguono le esperienze in prestito con e . Pescara In seguito passa in prestito al Pescara, in Serie C1, ottenendo la promozione in Serie B. Il 10 luglio 2003 il prestito viene rinnovato anche per la stagione seguente. Esordisce in campionato il 7 settembre in Pescara-Fiorentina (0-0), giocando titolare. Segna la sua prima rete in campionato il 23 settembre nella trasferta terminata in parità contro il (1-1). Il 29 maggio, in Pescara-AlbinoLeffe (4-3), realizza la sua prima tripletta in carriera. Chiude la stagione con 44 presenze e 21 reti, rivelandosi capocannoniere degli adriatici. Il 23 giugno 2004 viene riscattato dal Pescara. La prima esperienza al Napoli Dopo aver chiuso il girone di andata con 19 presenze e 6 reti, il 10 gennaio 2005 scende di categoria, passando in compartecipazione al Napoli, contribuendo alla doppia promozione dalla Serie C1 alla Serie A dei campani con 18 reti nella Serie C1 2005-2006 (caponnoniere del girone) e 14 reti l'anno seguente in Serie B, laureandosi in entrambi i casi capocannoniere stagionale dei partenopei. Esordisce in Serie A con la maglia del Napoli il 26 agosto 2007 nella gara interna contro il Cagliari (0-2), giocando titolare e venendo sostituito nell'intervallo da Marcelo Zalayeta. Relegato ad un ruolo di comprimario (in campionato viene schierato titolare in sette gare su trentotto), segna le sue uniche reti in massima serie con la maglia azzurra il 24 febbraio 2008 nella trasferta vinta contro il (1-2), in cui mette a segno una doppietta siglando di testa entrambe le reti. Chiude la stagione con 31 presenze e 3 reti complessive. Durante la sua prima permanenza a Napoli è soprannominato L'arciere per il suo modo di esultare. Siena Il 1º luglio 2008 passa in compartecipazione al . Esordisce con i toscani il 23 agosto in Siena-AlbinoLeffe (4-0), sbloccando l'incontro con un colpo di testa. In campionato si sblocca alla seconda giornata contro il Cagliari. Chiude la stagione con 33 presenze e 5 reti, l'ultima contro il Palermo, che sancisce la matematica salvezza dei toscani. Il 26 giugno viene rinnovata la compartecipazione tra le due società. La stagione successiva, dopo aver saltato la prima giornata per squalifica, esordisce in campionato alla seconda giornata in Cagliari-Siena (1-3), realizzando una doppietta. Chiude la stagione con 33 presenze e 8 reti, che non bastano ad evitare ai toscani la retrocessione in Serie B. Il 25 giugno la compartecipazione viene risolta a favore del Siena. Rimasto anche a seguito della retrocessione, esordisce in campionato alla prima giornata contro il Pescara. Segna le sue prime reti in campionato alla quarta giornata in Siena-Cittadella (3-1), mettendo a segno una doppietta. Va poi a segno sette volte nelle ultime cinque partite, contro Novara, Torino, e . Chiude la stagione con 39 presenze e 18 reti, contribuendo al ritorno in Serie A dei toscani. L'11 giugno rinnova il suo contratto fino al 30 giugno 2014. Esordisce in campionato alla seconda giornata contro il , giocando titolare. Mette a segno le sue prime reti in campionato il 25 settembre in Siena-Lecce (3-0), siglando una doppietta. Il 13 marzo in -Siena (0-2), riporta la frattura del perone sinistro, chiudendo anzitempo la stagione, con 25 presenze e 11 reti, suo record di reti in massima serie. Rientra in campo il 19 agosto in Siena- (4-2), valida per il terzo turno di Coppa Italia, andando a segno con un colpo di testa. Debutta in campionato il 26 agosto contro il Torino, giocando titolare. Segna la sua prima rete in campionato il 16 settembre contro l'Udinese (2-2). Il 27 settembre contro il Bologna segna il gol della vittoria della squadra toscana (1-0). Grazie al gol segnato allo Stadio Is Arenas contro il Cagliari, il 31 ottobre 2012, l'attaccante palermitano diventa il miglior marcatore della storia del Siena con 50 reti all'attivo. Il ritorno al Napoli e il prestito al Genoa Il 12 gennaio 2013 torna al Napoli con la formula del prestito con diritto di riscatto, a otto anni di distanza dal suo primo trasferimento in maglia azzurra, con contratto depositato presso la Lega Calcio cinque giorni dopo. Esordisce nuovamente con la maglia azzurra il 9 febbraio seguente, in Lazio-Napoli (1-1) della 24ª giornata, entrando all'80' al posto di Juan Camilo Zúñiga. Il 14 febbraio fa il suo esordio nelle coppe europee in occasione dei sedicesimi di finale d'Europa League, nella partita persa dal Napoli contro il Viktoria Plzeň per 3-0, entrando al 59' al posto di Omar El Kaddouri; nella gara di ritorno di sette giorni dopo gioca invece da titolare in Europa. Il 2 settembre 2013, ultimo giorno di calciomercato, viene ceduto in prestito al Genoa. Esordisce con la formazione ligure il 15 settembre seguente, in occasione del Derby della Lanterna contro la Sampdoria vinto per 3-0, realizzando all'esordio il suo primo gol in maglia rossoblu: è il gol del momentaneo 2-0. Nell'allenamento del 15 aprile 2014 riporta una lesione capsulare del legamento peroneo-astragalico anteriore. Chiude la stagione con 22 presenze e 3 gol. Il ritorno in Serie B: Catania e Spezia L'11 luglio 2014 si trasferisce a titolo definitivo al , in Serie B, firmando un contratto biennale con opzione per un terzo anno. Chiude con 18 reti segnate in 35 partite giocate il campionato di Serie B con il Catania. Il 3 agosto 2015, in seguito allo scandalo del calcioscommesse riguardante il club etneo, viene ceduto a titolo definitivo allo Spezia sempre in Serie B. Passaggio al Parma, il ritorno in A e la squalifica Il 4 agosto 2016 passa al , in Lega Pro. Nel 2016-2017 contribuisce alla promozione dei gialloblu in Serie B con 17 gol e nel 2017-2018 alla promozione dei parmensi in Serie A con 13 gol. Il 23 luglio 2018 il Tribunale Federale Nazionale della FIGC infligge una squalifica di due anni a Calaiò, reo di aver tentato di «alterare il regolare svolgimento e il risultato finale» della partita Parma-Spezia, vinto dagli emiliani, che sancì la promozione di questi ultimi in A. La Procura, inoltre, adotta come prove i messaggi inviati da Calaiò tramite WhatsApp ai suoi ex compagni Filippo De Col e Claudio Terzi. Il 9 agosto seguente, in seguito al ricorso degli emiliani presso la Corte federale d'Appello, la durata della squalifica inflitta a Calaiò viene ridotta fino al 31 dicembre 2018, con l'aggiunta tuttavia di una sanzione di 30.000 euro. Chiude l’esperienza emiliana con 79 presenze e 32 gol senza più scendere in campo. Salernitana Il 31 gennaio 2019 si accorda con la in Serie B. Debutta l'8 febbraio, nella gara casalinga col Benevento, subentrando al 79' ad Andrè Anderson, e segna il primo gol con i campani otto giorni dopo, aprendo le marcature nel successo in casa dell'Ascoli (4-2). Il 17 settembre, tramite i canali social, l'US Salernitana annuncia il ritiro del calciatore, decidendo di affidargli un ruolo dirigenziale all'interno del settore giovanile granata. Nell'aprile del 2022 consegue il diploma da direttore sportivo. Nazionale Ha giocato in numerose rappresentative nazionali giovanili, dall'Under-15 all'Under-21. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 21 luglio 2019. Palmarès Club Competizioni giovanili Panormus: 1996-1997 Competizioni nazionali Torino: 2000-2001 Napoli: 2005-2006 Nazionale Italia Under-20: 2002-2003 Individuale Miglior marcatore del Torneo Quattro Nazioni: 1 2002-2003 (7 gol) Capocannoniere della Serie C1: 1 2005-2006 (18 gol)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Michele%20Cascella
Michele Cascella
Nel corso della sua lunga vita artistica articolatasi in quasi otto decenni di intensa attività, Cascella ha saputo mantenere uno stile unico, inconfondibile e pressoché immune dalle contaminazioni delle correnti ed avanguardie pittoriche del Novecento. Le sue opere, comprendenti tele, tavole, pastelli e disegni, sono esposte in numerosi musei italiani e internazionali, tra i quali il Victoria and Albert Museum di Londra, la Galerie nationale du Jeu de Paume di Parigi, il National Museum of History and Art in Lussemburgo, il Musée d'Art Moderne a Bruxelles e la De Saisset Art Gallery dell'Università di Santa Clara in California, dove è esposta una vasta collezione permanente di opere. Copiosa risulta pure l'opera grafica, comprendente litografie, cromolitografie, serigrafie e acqueforti, tecniche che utilizzò sin da ragazzo e grazie alle quali conobbe - soprattutto sul finire del XX secolo - e mantiene tuttora una notevole notorietà presso il grande pubblico. I tratti distintivi del pittore contemperano la superba capacità compositiva, cui si aggiungono la grande padronanza del disegno e le vibranti cromìe, di cui sono esemplari fattispecie le composizioni floreali, nelle quali Cascella tocca vette espressive elevatissime, così come lo sono le vedute, ove raggiunge esiti di impareggiabile freschezza, luminosità e atmosfera. Biografia Nacque a Ortona, nella casa in corso Matteotti (allora corso Vittorio Emanuele), con Tommaso e Gioachino, come oggi ricorda una lapide. Dopo aver svolto le prime attività artistiche sotto la guida del padre Basilio, nel 1907 tiene, assieme al fratello Tommaso, la sua prima mostra personale nelle sale della Famiglia Artistica Milanese. Nel 1909, sempre col fratello Tommaso, allestisce una mostra nella Galleria Druet di Parigi, partecipando nello stesso anno al Salon d'Automne. Nel 1911 organizza una mostra di disegni a pastello nel ridotto del Teatro dell'Opera di Roma. Tra il 1914 ed il 1915 collabora a La Grande Illustrazione pubblicata dal padre Basilio con disegni ed illustrazioni grafiche, esponendo nel 1917 al Salone dell'Associazione della Stampa e nella Galleria Centrale d'arte a Milano. Partecipa alla prima guerra mondiale. A Roma, nel 1919, tiene una mostra personale alla Galleria Bragaglia e conosce in quella occasione Carlo Carrà che consente poi il trasferimento della mostra a Milano nella Galleria Lidel. Nel 1920 si stabilisce definitivamente a Milano dove frequenta con entusiasmo il poeta Clemente Rebora, da cui confesserà di aver tratto ispirazione per la realizzazione di alcune sue opere. Dal 1928 al 1932 viaggia tra l'Italia e Parigi dove, nel 1937, gli viene assegnata la medaglia d'oro all'Esposizione Internazionale. Nel 1938 esegue le scenografie dell'opera Margherita da Cortona rappresentata al Teatro alla Scala. Dal 1928 al 1942 è presente a tutte le edizioni della Biennale d'arte di Venezia, e nell'edizione del 1948 avrà una sala personale. Dal 1938 risiede a Portofino che diventa una fonte d'ispirazione delle sue opere tarde. Tra il 1937 e il 1938 realizza un grande mosaico nella nuova stazione di Messina Marittima, raffigurante Mussolini che, in una visita a Palermo, "elevava la Sicilia all'onere di essere il Centro dell'Impero". Negli anni 1950 realizza per la società ceramica italiana di Laveno una serie di disegni (circa 40) denominati, l'Italia vista da Michele Cascella. Questi furono utilizzati per il decoro di importantissimi servizi da tavola realizzati dalla manifattura di Laveno. Dopo la seconda guerra mondiale si fanno più frequenti le sue mostre all'estero: Parigi (negli anni cinquanta e sessanta) ma anche Sudamerica (soprattutto Buenos Aires e Montevideo) e Stati Uniti. E proprio negli USA, in California, si stabilirà per lunghi periodi di tempo, alternando periodi di permanenza in Italia (ha risieduto per alcuni anni in campagna nei pressi di Colle di Val d'Elsa) ed in Europa. I soggetti più rappresentati sono fiori, campi di grano e papaveri, i paesaggi abruzzesi e Portofino. Importanti sono state le mostre antologiche di questo periodo. Caratteristiche stilistiche Nelle opere giovanili, fra Abruzzo, Milano e Parigi Michele Cascella rivela immediatamente il talento di colorista. Opere quali il Paesaggio con figure, Trabocco di San Vito, Primavera presso Ortona e Figure sulla Pescara, tutte antecedenti al 1908, possono classificarsi fra le più moderne del panorama nazionale di inizio '900, ricche di svaporamenti cromatici che stilizzano la natura per introdurla in una dimensione simbolista, estranea alla caducità delle cose terrene. La sperimentazione della sensorialità impressionista, caratteristica delle esperienze di Cascella fino al 1913, denota una visione della natura come oggetto di contemplazione che deve suscitare, in primo luogo, coinvolgimento emotivo, come si denota in opere come Giallo e verde e La giacca rossa, entrambe del 1918. La specializzazione nel paesaggio e nella veduta, in un momento di crisi dei generi, assicura a Cascella un successo di portata internazionale, con i consueti soggetti abruzzesi che vengono alternati a quelli di Portofino e delle maggiori metropoli. Con tutto ciò, specie dopo il 1916, in precoce percezione del rappel à l'ordre, Cascella non disdegna di associare il colore vibrante a un uso equilibratore del disegno, cosa che lo induce a prospettare una particolare variante del primitivismo italiano, fra tradizione nazionale e francesismo, come si denota in opere come Giallo e verde e La giacca rossa, entrambe del 1918. La specializzazione nel paesaggio e nella veduta, in un momento di crisi dei generi, assicura a Cascella un successo di portata internazionale, con i consueti soggetti abruzzesi che vengono alternati a quelli di Portofino e delle maggiori metropoli, come un carnet di viaggio, e il ventaglio di opzioni espressive che varia di volta in volta, dal sentimentalismo tardo-simbolista, improntato su tonalità fredde, al bozzettismo da Ecole de Paris, pittoricistico, che lo faceva definire l'“Utrillo italiano”, con incursioni in terreni comuni che gli fanno sfiorare ora Strapaese, ora il Chiarismo, ora l'Espressionismo di Sassu (Solennità in San Pietro, 1939) o dei Sei di Torino (Rachele, 1943). Dopo il 1945, condizionato in Italia dal Neo-Cubismo e dal recupero di Cézanne, quando non dall'abiura della figurazione, la pittura di Michele Cascella si connota come precisa reazione agli eccessi di intellettualismo che stavano trasformando l'arte in fenomeno fortemente elitario, rivolto a cerchie specializzate, stabilizzandosi sui soggetti e i caratteri di massima individuati negli anni precedenti, ma secondo accenti sempre più solari e diretti che limitano al minimo le mediazioni nella comunicazione fra l'artista e il suo pubblico. “Quando Michele Cascella decise di diventare artista, il padre Basilio, mostrandogli colori e pennelli, gli disse che avrebbe imparato cos’è la pittura il giorno in cui sarebbe stato capace di dipingere l’aria. Michele non se lo dimenticò mai, cercò sempre di raggiungere quell’obiettivo. Quando ci riuscì, da buon individualista, non lo disse a nessuno. Gli bastava la sua soddisfazione, intima, mai esibita. Io continuo a occuparmi di Michele Cascella perché la sua arte continui a vivere.” (dal saggio Saper dipingere l’aria. Un ricordo di Michele Cascella di Pier Paolo Cimatti). Di Michele Cascella, in occasione della Mostra Retrospettiva presso il Museo Michetti di Francavilla al Mare nel 2008, Vittorio Sgarbi, curatore della stessa mostra, ebbe a dire che: "Vituperato in vita perché troppo indulgente nei confronti della popolarità, perché troppo ‘commerciale’, come si diceva allora, Cascella si prende ora le sue rivincite. Diciannove anni dalla morte sarebbero bastati a spazzarlo via non solo dalla memoria dei critici, ma anche del grande pubblico. E invece, eccolo ancora fra noi, eccoci ancora ad occuparci di lui. Della sua arte intenzionalmente semplice, votata a individuare un'idea istintiva del bello, di quanto più larga condivisione possibile, quasi francescana nel concepire il senso della natura, un sermo communis per il quale una marina è sempre una marina e un fiore un fiore.” Curiosità In occasione del centenario della nascita, a Milano, presso il Palazzo della Permanente è stata allestita una grande rassegna di opere realizzate tra il 1907 ed il 1946. Particolare rilievo è da attribuirsi ai suoi ritratti di donne, realizzati con raffinate tecniche prefuturiste. Pare che uno di questi, intitolato "Paola", sia andato perduto nelle aste di una famiglia nobile decaduta. Opere nei musei Musei in Italia Abruzzo Museo casa natale Gabriele D'Annunzio di Pescara con l'opera: La camera dov'è nato il poeta (1940). Museo civico Basilio Cascella di Pescara con la maiolica (Brocca) Fiori di garofano (1940-1960). Museo Civico d'Arte Contemporanea - Pinacoteca Cascella di Ortona (CH) Museo Nazionale d'Abruzzo di Pescara con le opere: Portofino, Bagni di Portofino, Portofino il Castello, Piazzetta Sant'Angelo, Pescara (1931), Veduta del fiume Pescara con il bagno penale (1932). Museo Nazionale d'Abruzzo dell'Aquila Calabria Palazzo della Cultura "Pasquino Cupri" di Reggio Calabria: Vaso di fiori con arancia (seconda metà del XX secolo), Casolare in Abruzzo; Portofino; Casa della cultura di Palmi Pinacoteca Leonida ed Albertina Repaci di Palmi con l'opera: Città del Messico (1962). Campania Emilia-Romagna Ca' La Ghironda Ponte Ronca di Zola Predosa Galleria d'arte moderna Aroldo Bonzagni di Cento Galleria d'arte moderna Ricci Oddi di Piacenza con le opere: Ave Maria a Guardiagrele (1927), Vecchio ulivo nel prato fiorito (1927). Raccolta Lercaro di Bologna MAGI '900 di Pieve di Cento (BO) Lazio Museo permanente arte contemporanea di Amatrice (RI). Patrimonio artistico Inps - Museo Inps di Roma con l'olio Esultanza papale 1939. Liguria Pinacoteca Civica di Savona, con l'opera ad olio su tela Portofino. Lombardia Collezioni d'arte della Fondazione Cariplo di Milano con le opere: L'ingresso del Portello (1928), Londra (1929), Lungo il Naviglio (1929), Portofino (1956), e Via San Calimero a Milano (1966). MAGA museo d'arte moderna e contemporanea di Gallarate con l'opera: Paesaggio (1981). Museo del Risorgimento di Milano Piemonte Galleria civica d'arte moderna e contemporanea di Torino Galleria d'arte moderna (ex Museo Broletto) di Novara Veneto Museo d’arte moderna Rimoldi di Cortina d'Ampezzo (BL) Musei all'estero Belgio Musée d'Art Moderne di Bruxelles Francia Galleria nazionale del Jeu de Paume di Parigi Lussemburgo Musée national d'Histoire et d'Art di Lussemburgo Regno Unito Victoria and Albert Museum di Londra Repubblica di San Marino Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea a Città di San Marino USA De Saisset Art Gallery Museum of University S. Clara California
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https://it.wikipedia.org/wiki/Riserva%20naturale%20controllata%20Lago%20di%20Penne
Riserva naturale controllata Lago di Penne
La Riserva naturale controllata Lago di Penne è un'area naturale protetta situata nel comune di Penne, in provincia di Pescara ed è stata istituita nel 1987. Storia Negli anni 1980, un gruppo di naturalisti iniziò dei progetti di tutela ambientale, intorno al bacino artificiale denominato Lago di Penne, che si è creato grazie allo sbarramento del fiume Tavo. Infatti la creazione del lago artificiale, aveva creato un luogo importante per la sosta dell'avifauna di passo e nidificante, oltre alla già numerosa avifauna stanziale. Quindi già nel 1985 la Provincia di Pescara vietò in quelle zone la caccia, preludio alla creazione della Riserva nel 1987, con apposita legge regionale. Gestione della riserva Anche se ufficialmente la gestione sarebbe del comune di Penne, in effetti la gestione operativa e tecnica, è svolta principalmente dalla cooperativa COGECSTRE, e dal WWF. Luoghi d'interesse All'interno e nelle vicinanze della riserva, è possibile visitare l'orto botanico, il centro lontra, il Museo naturalistico Nicola De Leone, il Giardino delle farfalle, il Centro di Educazione Ambientale Antonio Bellini, il centro anatre mediterranee, lo stagno anfibi, e l'area faunistica testuggini comuni. La maggior parte dei luoghi di interesse si trova sul sentiero natura, che è completamente accessibile, infatti il percorso è tutto tavolato, e quindi anche persone con difficoltà motorie, possono muoversi facilmente ed usufruire delle bellezze della riserva. Flora All'interno della riserva c'è l'orto botanico di Penne, il cui simbolo è la tifa, ma ci sono anche diverse piante aromatiche come il timo, la maggiorana, la lavanda, e la menta. Fauna All'interno della riserva c'era il centro lontra, infatti nel 1991 il WWF per le acque pulite e la vegetazione ideale, aveva indicato questa riserva come la migliore per la riproduzione in cattività del mammifero, attività che era coordinata con altri centri italiani ed europei. Altro mammifero oggi ancora visibile nella riserva è il tasso, oltre a numerosi piccoli roditori, abbastanza comuni anche al di fuori dell'area protetta. Avifauna Lo svasso maggiore, la garzetta, la nitticora, la grus grus, la cicogna nera e la bianca, il mignattaio, la spatola, il cardellino, il frosone, il beccafico, lo zigolo muciatto, l'averla capirossa, ed il merlo. Bibliografia Fernando Tammaro. Il paesaggio vegetale dell'Abruzzo Pescara, Cogecstre, 1998. ISBN 8885312411 Fernando Di Fabrizio. La gestione imprenditoriale di un'area protetta. Un progetto di ecosviluppo nella riserva naturale lago di Penne Pescara, Cogecstre, 1995. ISBN 8885312322 Nicola De Leone. Uccelli d'Abruzzo e Molise Pescara, Cogecstre, 1994. ISBN 8885312276 Altri progetti Collegamenti esterni Galleria d'immagini Lago di Penne Aree naturali protette della provincia di Pescara Penne (Italia) Lago di Penne
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https://it.wikipedia.org/wiki/Serie%20A%202006-2007%20%28calcio%20a%205%29
Serie A 2006-2007 (calcio a 5)
Il campionato di Serie A 2006-2007 è stato il diciottesimo campionato di Serie A e la ventiquattresima manifestazione nazionale che assegnasse il titolo di campione d'Italia. La stagione regolare ha preso avvio il 16 settembre 2006 e si è conclusa il 14 aprile 2007, prolungandosi fino al 30 maggio 2007 con la disputa delle partite di spareggio. La fusione avvenuta in estate tra il neopromosso Cinecittà che confluisce nella Roma e quella tra Lazio e Nepi a formare la Lazio Nepi, comportano il ripescaggio di Pescara e Bisceglie, entrambe finaliste dei play-off promozione la precedente stagione in A2. Avvenimenti La stagione è contraddistinta da un dominio schiacciante della Luparense guidata da Jesús Velasco e del capitano azzurro Fernando Grana. La superiorità si è concretizzata nei nove punti di vantaggio sulla seconda classificata, la Lazio Nepi e da distacchi ancora più consistenti dalle altre: 13 punti al Montesilvano e 16 all'Arzignano, in parte distratto dall'ambizioso traguardo della Coppa UEFA sfumato al cospetto dei campioni del mondo del Boomerang Interviú. Nella parte bassa della classifica si contraddistingue la stagione del Bisceglie che ripescato solo il 20 luglio 2006 riesce ad allestire una formazione che giunge al quinto posto contendendo fino all'ultima giornata la quarta piazza all'Arzignano. I nerazzurri guidati dall'inossidabile Leopoldo Capurso, sulla panchina pugliese dal 2001, compiono un girone di ritorno quasi impeccabile sino a due partite dal termine, con una sola sconfitta, ma le due ultime gare, dopo la qualificazione ai play-off, finiscono in 2 sconfitte che pregiudicano la possibilità di evitare un turno in più alla squadra del presidente Alfonso Russo. La stagione termina in maniera piuttosto deludente anche per l'Augusta, partita nelle prime file ma poi scivolata sino all'ottavo posto, ma più ancora per il Reggio Calcio a 5 dalle ambizioni di alta classifica ma salvatosi solo dopo lo spareggio con il Cagliari. Le retrocessioni dirette di Marcianise e Romagna non lasciano molto spazio a recriminazioni: le due società terminano con distacchi consistenti sia dall'ultimo piazzamento utile per la salvezza diretta sia dalla zona play-out. L'euforia post-qualificazione ai play-off non ha permesso al Bisceglie di continuare l'avventura, la formazione pugliese si è arresa dopo i tempi supplementari di gara 2 alla Marca Trevigiana: la Marca diventa così la prima squadra di A2 nella storia dei play-off a qualificarsi al secondo turno. La qualificazione sorride anche alla Roma contro i freschi vincitori della A2 della Pro Scicli, il Perugia ed il Pescara che eliminano rispettivamente l'Augusta e il Napoli. Nei quarti di finale va tutto come previsto per le prime tre della classe: Luparense, Lazio e Montesilvano liquidano rispettivamente Perugia, Pescara e Roma. La sfida veneta tra i campioni uscenti dell'Arzignano Grifo ed i freschi neopromossi della Marca Trevigiana sembra già a favore dei primi dopo la sconfitta in casa del Marca per 5-3 (primo stop stagionale per la squadra di Ramiro López Díaz). La Marca invece riesce nell'impresa di battere due volte i campioni d'Italia al PalaTezze: la prima per 6-3, la seconda per 4-1, giungendo inaspettatamente alle semifinali. Le semifinali propongono un altro derby veneto tra la Marca e la Luparense, che termina con il passaggio di turno dei padovani, grandi favoriti dopo la vittoria per 7-3 a Ponzano ed il pareggio 4-4 a San Martino di Lupari. Nell'altra semifinale tiratissima, è la Lazio Nepi a spuntarla solo dopo i tiri dal dischetto di gara3 ed i tre pareggi tra Montesilvano e Colleferro. La finale vede a contendersi lo scudetto per il secondo anno consecutivo le regioni Lazio e Veneto. A spuntarla è ancora il Veneto: la Luparense non dà scampo alla Lazio Nepi che aveva impattato Gara 1 a Colleferro con reti di Moreira e Grana. Il ritorno segna la vittoria dei ragazzi di Velasco per 4-2, ed il primo titolo per la Luparense già vincitrice l'anno passato della Coppa Italia. Stagione regolare Classifica Verdetti Luparense campione d'Italia 2006-2007 e qualificata alla Coppa UEFA 2007-08. Arzignano, Lazio-Nepi, Luparense e Montesilvano qualificati al secondo turno dei play-off. Augusta, Bisceglie, Napoli, Perugia, Pescara e Roma qualificatI al primo turno dei play-off. Marca Trevigiana e Pro Scicli qualificate al primo turno dei play-off in quanto vincitrici della Serie A2. Reggio e Circolo Lavoratori Terni salvi dopo i play-out. Marcianise e Romagna retrocessi in Serie A2 2007-08. Calendario e risultati Statistiche e record Record Maggior numero di vittorie: Luparense (20) Minor numero di sconfitte: LazioNepi (3) Migliore attacco: Arzignano (126) Miglior difesa: LazioNepi (48) Miglior differenza reti: Luparense (+59) Maggior numero di pareggi: Augusta (9) Minor numero di pareggi: Roma (1) Minor numero di vittorie: Romagna (3) Maggior numero di sconfitte: Marcianise (17) Peggiore attacco: Romagna (64) Peggior difesa: Pescara (119) Peggior differenza reti: Marcianise (-44) Partita con più reti: Arzignano-Pescara 11-5 (16) Partita con maggiore scarto di gol: Romagna-Luparense 1-9 (8) Miglior serie positiva: ? Risultato più frequente: 2-2 (16) Totale dei gol segnati: 1220 Classifica marcatori Play-off Ai play-off si qualificano le prime 10 squadre della serie A e le vincenti dei due gironi di serie A2, ovvero Marca Trevigiana e Pro Scicli. Le prime quattro della serie A aspettano ai quarti mentre le altre otto disputano un turno in più ad eliminazione diretta con gare di andata e ritorno. Il regolamento prevede che accedano ai quarti di finale le squadre che, nell'arco del doppio confronto, avranno realizzato il maggior numero di reti. In caso di parità,al termine del secondo incontro, si disputeranno due tempi supplementari da 5' ciascuno. In caso di ulteriore parità, passeranno il turno le squadre di categoria superiore o quelle meglio classificate al termine della stagione regolare. I quarti, le semifinali e la finale si giocano al meglio delle tre partite. Passerà il turno la squadra che totalizzerà più punti, indipendentemente dalla differenza reti, nelle prime due gare. In caso di un successo per parte o di due pareggi, si disputerà una terza gara sullo stesso campo di gara 2. In caso di parità al termine dei tempi regolamentari di questa terza gara, si procederà a due tempi supplementari da 5' ciascuno e, se necessario, ai tiri di rigore. Tabellone Risultati Primo turno Andata Ritorno Quarti di finale Gara 1 Gara 2 Gara 3 Semifinali Gara 1 Gara 2 Gara 3 Finale Gara 1 Gara 2 Play-out I play-out si svolgono con gare di andata e ritorno tra le vincitrici dei play-off di serie A2 e l'11ª e 12ª classificata in serie A. Se al termine della partita di ritorno le squadre si troveranno in parità di differenza reti si andrà ai supplementari ma se anche dopo l'extra-time il risultato non cambiasse resteranno in serie A le squadre di categoria superiore. Andata Ritorno Supercoppa italiana La nona edizione della Supercoppa Italiana si è svolta martedì 12 settembre ad Arzignano presso il PalaTezze tra i Campioni d'Italia dell'Arzignano Grifo e la Luparense vincitrice della Coppa Italia.
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Antonio Aquilanti
Carriera Cresciuto nel Pescara con cui debutta in Serie B il 20 novembre 2003 nella partita Bari-Pescara (2-2), totalizza 20 presenze nel campionato 2003-2004 conclusosi con la retrocessione degli adriatici. Nel 2004 entra a far parte della Nazionale Under 20 nella quale militano giovani di grandi prospettive come Viviano, Coda e Galloppa. L'anno successivo lo ingaggia la Fiorentina, ma con i viola non riesce ad esordire in Serie A e nell'estate del 2005 rientra al Pescara tra i cadetti dove totalizza ben 15 presenze. Dopo aver disputato un'altra stagione con la maglia del Pescara guidato dal tecnico Luigi De Rosa in serie B (26 presenze in campionato condite dai primi due gol tra i professionisti), si trasferisce all' nell'agosto del 2007 con cui disputa 27 partite in Serie B. Successivamente gioca sempre in Prima Divisione vestendo le maglie di Benevento, Pro Patria e Virtus Lanciano (squadra della sua città dove approda a febbraio 2010). Nell'agosto del 2010 torna ancora al Pescara, sempre in B, dove però non raccoglie nessuna presenza. Così a gennaio 2011 scende di nuovo in Prima Divisione per vestire la maglia del con cui realizza il gol del momentaneo 1-1 proprio al suo esordio in rossoblu nella gara interna contro la Lucchese (partita poi finita 4-2 per i toscani). Proprio due giorni dopo questo suo gol all'esordio, sarà Gigi De Rosa il nuovo allenatore del Cosenza, così Aquilanti ritrova il tecnico che lo aveva guidato nel Pescara. Raccoglie in totale 12 presenze e 2 gol in un campionato che si conclude con la retrocessione della sua squadra ai play-out, anche se la squadra ha raggiunto la salvezza sul campo ma i problemi societari avevano portato i rossoblu ad avere 6 punti di penalizzazione in classifica; tra l'altro, nella successiva stagione il Cosenza non riesce ad iscriversi in nessun torneo professionistico. Il difensore, per fine prestito, torna alla Virtus Lanciano, diventando un pilastro inamovibile dei rossoneri. Il 21 luglio 2016 il difensore frentano, dopo la non iscrizione del club ad alcun campionato, si accasa ai lombardi della FeralpiSalò. Il 20 marzo 2021 fa ritorno in Abruzzo vestendo i colori neroverdi del Chieti in Serie D, totalizzando 24 presenze in campionato. Il 18 luglio 2022 passa ai neo promossi in Eccellenza abruzzese dell'Union Fossacesia. A fine stagione dopo una carriera ventennale, si ritira dal Calcio giocato. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 24 maggio 2021.
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Antonio Di Jorio
Noto soprattutto come autore di canzoni popolari abruzzesi, ha scritto anche molta musica sinfonica, cameristica, operistica e sacra. Biografia Pietro Antonio Di Jorio, detto familiarmente Angeluccio, nasce nel 1890 da una famiglia decimata dalla mortalità infantile: sopravviveranno, di sette fratelli, solo lui e il primogenito Pasquale, di tredici anni più anziano. Pasquale gioca un ruolo molto importante nella formazione musicale di Antonio. Con la banda di cui è direttore conduce il fratello, cornista, in un tour nell'Europa dell'est (1902), e di lì a poco persuade il padre, Girolamo, a tentare di iscrivere il ragazzo al conservatorio di Napoli. Grazie all'aiuto del maestro Camillo De Nardis, che esamina i suoi primi lavori, Antonio viene ammesso a studiare armonia e composizione. Diplomatosi il 15 novembre 1909, Di Jorio intraprende la sua carriera nella Napoli del primo Novecento, mantenendosi con la sua arte: come direttore di spettacoli di rivista e come pianista, non di rado prestandosi ad accompagnare le prime pellicole cinematografiche mute. Ma intanto scrive canzoni napoletane e inizia a riscuotere i primi successi, facendosi conoscere e apprezzare da grandi nomi della cultura, come Di Giacomo, E. A. Mario, Scarfoglio e Serao. Su questa scia, dal 1911, si decide a un nuovo passo avanti, cimentandosi con il genere dell'operetta. Vedono così la luce La pecorella smarrita, La traversata dell'Atlantico e altri sedici lavori di qui al 1948. Dopo la prima guerra mondiale, nel 1919, il maestro rientra al paese natale, Atessa, dove un anno dopo sposa la fidanzata Caterina Rafanelli, da cui avrà la figlia Pasquina. Torna così, stavolta da direttore, alla banda musicale cittadina. Si apre a questo punto il periodo dominato dalla canzone abruzzese. Forte dell'esperienza bandistica, conosciuti i poeti Cesare De Titta e Luigi Illuminati, Di Jorio avvia una commistione tra forme strumentali e canore, trasponendo le proprie canzoni in marce o facendole accompagnare dalla banda. Non abbandonerà mai questo genere, e comporrà, nell'arco di tutta la vita, ben 112 canzoni abruzzesi che tuttora popolano i repertori dei cori regionali, imponendosi come autore di melodie popolari e introducendo in esse anche un nuovo gusto, più sobrio, delle realizzazioni armoniche. Per molti anni Di Jorio dirige la banda di Atri, e in seguito quella di Ripatransone, nelle Marche, dove sarà impegnato anche nell'insegnamento, e presso il teatro "Luigi Mercantini". Finché, nel 1932, vince il concorso per una cattedra di musica e canto alle magistrali, risultando secondo a livello nazionale. Nominato professore a Forlimpopoli e ancora attivo come direttore bandistico a Rimini, Di Jorio inaugura qui un'altra fase importante della propria carriera musicale sperimentando il genere sinfonico (con Abruzzo, Prima rapsodia abruzzese, Sogno di bimbi, Terra d'Aligi e altri lavori), quello lirico (con le opere A la fonte, L'inghippo, La Magalda e La vergine di Cesarea) e quello sacro (con le messe Assumpta est Maria, Est vita ventura, Haec dies e Jesus Redemptor), senza dimenticare la musica da camera. Ma l'estro di Di Jorio continua a esprimersi contemporaneamente in vari ambiti, come è testimoniato dalle collaborazioni con la coreografa Liliana Merlo, con la quale realizza il balletto Egloga abruzzese, fantasia coreografica su trama di Giuseppe Garofalo rappresentata al Cineteatro Pomponi di Pescara nel 1960 con repliche al Teatro romano di Juvanum nel 1962 e nel 1964 al Teatro Comunale di Atri, e da quella con il regista Guido Salvini per la messa in scena di La Figlia di Iorio di Gabriele D'Annunzio, presso il Teatro-monumento di Pescara, nell'agosto del 1963, interpretata da Salvo Randone, Laura Carli, Giulio Bosetti, Claudia Giannotti, Elena Zareschi e Giuliana Lojodice. L'orizzonte espressivo prediletto rimarrà sino in ultimo quello dei generi popolari, inclusa la canzone italiana (ne comporrà 120, fra cui anche alcune per bambini, come La barchetta di carta, finalista allo Zecchino d'Oro 1961). Muore a Rimini nel 1981. I manoscritti del maestro, donati al comune di Atri, hanno formato l'Archivio Di Jorio, istituito nel 1996. Il comune natio di Atessa gli ha intitolato il teatro comunale presso il Municipio. Il 12 dicembre 2001 il Comune di Atri e l'Archivio Di Jorio celebrano il ventennale della scomparsa del musicista con una serata in suo onore che si svolge al Teatro Comunale di Atri. Oltre ad un intervento del direttore dell'archivio Concezio Leonzi su L'opera e la vita di Antonio Di Jorio, Liliana Merlo rappresenta con gli allievi della sua scuola una delle sue ultime creazioni coreografiche, il Trittico abruzzese, su musiche del repertorio cameristico di Di Jorio. Opere Cameristiche Concertino per corno Lento appassionato per violoncello Quartetto per archi Sestetto per due flauti, clarinetto, tromba, violoncello e pianoforte Sonata in fa minore Sonatina per viola Sinfoniche Abruzzo Il diavolo in campagna Prima rapsodia abruzzese Rapsodia ortonese Sogno di bimbi Terra d'Aligi Sacre Assumpta est Maria Est vita ventura Haec dies Jesus Redemptor Santa Caterina - Marcia religiosa Liriche A la fonte L'inghippo La Magalda La vergine di Cesarea Balletti Egloga abruzzese (1962) - Azione coreografica in 1 atto (la musica è la stessa del lavoro sinfonico Prima rapsodia abruzzese) Operette La pecorella smarrita (1911) La traversata dell'Atlantico Da Livorno a Portoferraio (1917) Le tre stelle (1917) Costa azzurra (1919) Il centro di Firenze (1927) Oh, oh, Zozò (1932) La bottega fantastica (1933) L'isola delle donne (1935) varie operette per bambini Canzoni abruzzesi A la fonte (versi di Luigi Illuminati) Amore mé (versi di Cesare De Titta) Lu pazziarelle sfasciate (versi di Guido Giuliante) Serenata a mare (versi di Guido Giuliante) Addie, addie muntagne (versi di Ottaviano Giannangeli) Amore che se ne và (versi di L. Illuminati) Caruline (versi di C. De Titta) Chi và... Chi vé... (versi di Evandro Marcolongo) Ciele e mmare (versi di L. Illuminati) Gli uocchie de la regginelle (versi di Nicolò D'Eramo) La canzone de l'amore (versi di C. De Titta) La ciardiniera (versi di C. De Titta) Core ferite (versi di Luigi Illuminati) Dindò (versi di C. De Titta) Famme murì (versi di C. De Titta) Luntane cchiù luntane (versi di L. Illuminati) Mare nostre (versi di L. Illuminati) Nen ci abbadà (versi di C. De Titta) Oilì oilà! (versi di C. De Titta) Paese mé (versi di Antonio di Jorio) Lu parrozze (versi di C. De Titta) Lu piante de li staggiune (versi di L. Illuminati) Quande mamme mi dicè (versi di E. Marcolongo) La ruella (versi di A. Di Jorio) Scioscia mé (versi di C. De Titta) Serenata spassose (versi di E. Marcolongo) Teresine (Versi di C. De Titta) Vuccuccia d'ore (versi di C. De Titta) Canzoni napoletane Ah, che te voglio fa'! Ah, core, core! Fuoco 'e vint'anne Nun ne sai cchiù Primmo ammore Incisioni "Le Periodiche - Il Salotto musicale nella Napoli del Primo Novecento" Annalisa D'Agosto (Soprano)- Vncenzo Zoppi (Pianoforte) Archivio Di Jorio Le Periodiche - Il salotto musicale nella Napoli del primo Novecento Le Periodiche - Il salotto musicale nella Napoli del primo Novecento Canzoni italiane La barchetta di carta La casetta a righe blu Come la neve Farfalla Giovinezza Una gondola a Dakar Il passerotto Non dischiudere il veron Paquita Per te Prima passione Stornelli modernissimi Stratosfera Un Gran Galà dijoriano fu dedicato al musicista dalla Settembrata abruzzese,all'interno della XLI edizione della manifestazione. Un grande evento che si tenne al Teatro Massimio di Pescara organizzato dall'allora Presidente della settembrata Antonio De Laurentis e curata dall'attrice e studiosa Franca Minnucci Bibliografia AA.VV., Omaggio della terra d'Abruzzo al musicista Antonio Di Jorio, a cura di Fernando Aurini, Pescara, Tip. Tontodonati, 1960 (Pubblicazione di 36 pagine, commissionato dall'editoriale de Il Giornale d'Abruzzo e Molise in occasione dei 70 anni della nascita del musicista); AA.VV., Manifestazioni musicali in onore del musicista Antonio di Jorio nel suo ottantesimo compleanno, a cura di Fernando Aurini, Teramo, Amministrazione Provinciale di Teramo, 1969 (opuscolo di 48 pagine, realizzato per i festeggiamenti tenuti dal 16 al 18 ottobre 1969); Antonio Di Jorio, Canti d'Abruzzo, con prefazione di Ottaviano Giannangeli e Giuseppe Rosato, a cura della Federazione delle Casse di Risparmio degli Abruzzi e del Molise, Milano, Curci Editore, 1974; Franco Celenza, Il Teatro a Pescara nel Novecento, Pescara, Ediars, 1995 Marco Della Sciucca, Antonio Di Jorio. Percorsi della vita e dell'arte, Lucca, Akademos, 1999 Silvio Paolini Merlo (a cura di), Cronologia dell'attività artistica di Liliana Merlo, in La Città di Teramo ricorda Liliana Merlo nel primo anniversario della scomparsa. Sessant'anni per la Danza / Mostra documentaria (Aula Magna del Convitto Nazionale di Teramo, 18 ottobre-18 novembre 2003), a cura di S. Paolini Merlo, con interventi di Alberto Testa, Giuliana Penzi, Giammario Sgattoni, Teramo, Tip. Duemila, 2003 Lucio De Marcellis, Fernando Aurini. Memorie d'Abruzzo, a cura di Lucio De Marcellis, Teramo, Edigrafital, 2006 (contiene numerosi riferimenti ad Antonio Di Jorio) Marco Della Sciucca, Di Jorio, Antonio, in Gente D'Abruzzo. Dizionario biografico, Castelli (TE), Andromeda Editrice, 2006, Vol. 4 Concezio Leonzi, Dai microfoni della radio (Giannangeli e la musica di Di Jorio), in AA.VV., Un gettone di memoria. 23 voci per Ottaviano Giannangeli, a cura di Andrea Giampietro, Ortona, Edizioni Menabò, 2019, pp. 145-162. Altri progetti Collegamenti esterni Archivio Liliana Merlo - Home page del canale YouTube Gruppi e musicisti dell'Abruzzo Autori partecipanti allo Zecchino d'Oro
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Andrea Pazienza
Ritenuto uno degli artisti più rappresentativi e innovativi nel campo del fumetto italiano; la sua produzione, incentrata su personaggi come Zanardi e Pentothal, è stata negli anni ristampata più volte e oggetto di mostre e riconoscimenti. Alla sua vita e alle sue opere fu dedicato il film Paz!. Biografia Pazienza nacque a San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, il 23 maggio del 1956, figlio di Enrico Pazienza, docente di educazione artistica originario di San Severo (in provincia di Foggia), e della sambenedettese Giuliana Di Cretico, insegnante di educazione tecnica. La famiglia risiedeva stabilmente a San Severo ma la madre volle dare alla luce Andrea nel proprio paese d'origine. All'età di dodici anni, Pazienza si trasferì per studi a Pescara, tornando quasi ogni fine settimana a San Severo, dove continuò a frequentare gli amici di sempre e a lasciare tracce della sua genialità, tra l'altro realizzando le scenografie di alcuni spettacoli presso il Teatro Verdi; nella città abruzzese frequentò il liceo artistico «Giuseppe Misticoni» e strinse amicizia con l'autore di fumetti Tanino Liberatore. In questi anni realizzò i suoi primi fumetti, in parte rimasti inediti, e una serie di dipinti; collaborò inoltre con il Laboratorio Comune d'Arte "Convergenze" che dal 1973 espose i suoi lavori in mostre sia collettive sia personali. Nel 1974 si iscrisse al corso di laurea in Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo (DAMS) presso l'Università di Bologna, ma abbandonò gli studi a due esami dal conseguimento della laurea. Nel capoluogo emiliano visse appieno gli anni della contestazione legata al Movimento del '77, che fanno anche da sfondo al suo primo lavoro edito: il fumetto Le straordinarie avventure di Pentothal, (Alter Alter, 1977) e nello stesso periodo frequentò anche altri artisti e scrittori come Enrico Palandri, Pier Vittorio Tondelli, Gian Ruggero Manzoni, Freak Antoni e Francesca Alinovi. Nel 1977 entrò a far parte assieme a Filippo Scozzari del gruppo che realizzava una rivista sperimentale di fumetti per adulti di genere umoristico e satirico: Cannibale, fondata da Stefano Tamburini e Massimo Mattioli, al quale si unì in seguito anche il suo amico Tanino Liberatore. Dal 1979 al 1981 collaborò col settimanale di satira Il Male. Nel frattempo, con il gruppo di Cannibale più Vincenzo Sparagna fondò nel 1980 il mensile Frigidaire, sulle cui pagine fece il suo debutto il suo personaggio di Zanardi. La collaborazione con Frigidaire rivelò un Pazienza prolifico, per quanto insofferente a scadenze e pressioni editoriali. Nei soli primi mesi di vita della rivista realizzò soggetti e disegni per decine di storie in bianco e nero, a colori e con tecniche miste; tra i personaggi: Francesco Stella, l'Investigatore senza nome, Pertini (per un albo speciale «disegnato in tre giorni» - disse Pazienza). Nello stesso periodo realizzò anche copertine di dischi, un calendario, alcuni poster e spot grafici. Inoltre omaggiò Tamburini e Scòzzari di collaborazioni, e illustrò articoli e racconti su richiesta del direttore Sparagna. Pazienza si dedicò anche all'insegnamento, dapprima presso la Libera Università di Alcatraz di Dario Fo a Gubbio (coordinata dal figlio Jacopo), quindi nel 1983 partecipò a Bologna alla Scuola di Fumetto e Arti Grafiche Zio Feininger, fondata da Brolli e Igort in collaborazione con l'Arci locale, e insegnò a fianco di Magnus, Lorenzo Mattotti, Silvio Cadelo e altri. Qui tenne un corso fino al giugno del 1984 (tra gli allievi Francesca Ghermandi, Alberto Rapisarda, Enrico Fornaroli e Sauro Turroni), raccontando quell'esperienza di insegnante qualche anno più tardi nel romanzo a fumetti Pompeo. Senza limitarsi al fumetto, Pazienza firmò in questi anni manifesti cinematografici (tra i quali quello della Città delle donne di Fellini nel 1980, e quello per Lontano da dove, regia di Stefania Casini e Francesca Marciano, nel 1983), videoclip (Milano e Vincenzo di Alberto Fortis e Michelle dei Beatles per il programma Mister Fantasy di Rai 1), copertine di dischi (come Robinson di Roberto Vecchioni, S.o.S brothers di Enzo Avitabile e Passpartù della Premiata Forneria Marconi) e campagne pubblicitarie. Lavorò anche per il mondo del teatro, realizzando scenografie e ideando locandine, come nel caso dello spettacolo di teatro-danza Dai Colli (coreografia di Giorgio Rossi) della compagnia Sosta Palmizi. Si cimentò anche nella pittura, esponendo nuove opere sia nel 1982, in occasione della rassegna Registrazione di Frequenza presso la Galleria Comunale d'Arte Moderna di Bologna, sia nel 1983, presso la galleria milanese Nuages e alla mostra Nuvole a go-go presso il palazzo delle Esposizioni di Roma (con Francesco Tullio Altan e Pablo Echaurren). , e realizzò il gigantesco Zanardi equestre a Cesena. Se in questi anni conobbe una grande popolarità grazie al suo lavoro, contemporaneamente come tanti della sua generazione si avvicinò alle droghe pesanti e in particolare all’eroina, alternando astinenza e dipendenza. Ben presto si guadagnò la fama di "tossico", e nel contempo cominciò a lavorare di meno e fu anche lasciato dalla sua fidanzata storica, Elisabetta Pellerano, che aveva iniziato una relazione con l'amico comune Marcello Jori. Trasferitosi a Montepulciano nel 1984 e apparentemente uscito dalla dipendenza, nel giugno 1985 conobbe la fumettista Marina Comandini, che sposò l'anno seguente. Nel frattempo continuò a collaborare con le più importanti riviste italiane del fumetto tra cui Linus e partecipò alla creazione del mensile Frizzer (affiancato a Frigidaire) e collaborò alla rivista Tempi Supplementari. Dal 1986 collaborò anche con Avaj, supplemento del mensile Linus, con Tango, settimanale del quotidiano L'Unità, con Zut, rivista satirica diretta da Vincino, e con Comic Art. Nel 1987 firmò la scenografia dello spettacolo di danza Dai colli del coreografo Giorgio Rossi e collaborò alla sceneggiatura de Il piccolo diavolo di Roberto Benigni il quale non accreditò il suo contributo, ma gli dedicò l'intero film, uscito nelle sale dopo la sua morte. In quegli anni nacquero opere legate alla sua crescente passione per la poesia e la storia: Pompeo, Campofame (da un poema di Robinson Jeffers) e Astarte. Nella notte del 16 giugno 1988 Pazienza morì improvvisamente nella sua abitazione a Montepulciano; la moglie disse che Andrea si era chiuso nel bagno la notte precedente e, dopo circa venti minuti, sarebbe stato trovato morto. Secondo il racconto di Sergio Staino, dopo un soggiorno in Brasile per uscire dalla tossicodipendenza, Pazienza era rientrato in Italia apparentemente disintossicato ma con un espediente gli aveva chiesto un'ingente somma di denaro, con la quale avrebbe poi acquistato eroina e il giorno seguente sarebbe morto per overdose. La causa della morte non fu però mai ufficialmente rivelata dalla famiglia la quale lasciò intendere che fosse deceduto per un malore improvviso dovuto a cause naturali. Pazienza fu sepolto nel cimitero di San Severo. Al padre aveva detto: "Se mi dovesse succedere qualcosa, voglio solo un po' di terra a San Severo, e un albero sopra". Il desiderio, più volte espresso, fu ricordato anche dalla madre del disegnatore durante l'orazione funebre. Pochi giorni dopo, si aprì a Peschici la prima mostra che Andrea avrebbe dovuto tenere insieme al padre. Filmografia Nel 2001 Stefano Mordini realizza il film documentario Paz'77, dove ci presenta un Pazienza alle prese con Pentothal, la sua prima opera. Il documentario, presentato al Torino Film Festival, è andato in concorso alla Triennale di Milano. Nel febbraio 2002 è uscito il film Paz!, diretto da Renato De Maria, che ha per protagonisti alcuni dei personaggi più importanti di Andrea Pazienza, tra i quali Pentothal, Fiabeschi e Zanardi, un'operazione legittimata dal fatto che già lo stesso Pazienza aveva sceneggiato un film su Zanardi (esiste una registrazione audio con l'artista che recita stralci della sceneggiatura). Nel 2013 esce Fiabeschi torna a casa diretto dallo stesso Max Mazzotta che torna ad interpretare l'omonimo personaggio già visto in Paz!. Omaggi La Bandabardò gli dedica la canzone Quello che parlava alla luna contenuta nell'album Iniziali bì-bì. "Sorrideva, aveva uno strano viso pieno di graffi e lotte da raccontare. Piaceva alle donne e si faceva amare”. Roberto Benigni, legato da amicizia nei confronti dell'artista, dedica a Pazienza e a Donato Sannini il film Il piccolo diavolo (1988) Nel libro di poesie Ballate del 1991 di Stefano Benni compare la poesia Zanardi (per Andrea Pazienza) Il nome di Andrea Pazienza compare in due libri di grande tiratura come Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi, Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia e nel brano Presente di Piero Pelù. Nel primo si fanno espliciti riferimenti alla collaborazione di Pazienza alla rivista Frigidaire e il nome di Pazienza è citato nella dedica del libro, benché solo con le iniziali, assieme a quello di Pier Vittorio Tondelli. Nel secondo, il protagonista Step racconta di essersi introdotto nottetempo in una casa editrice per rubare alcune tavole originali di Paz. Inoltre, un fumetto-ritratto di Zanardi appare sulla copertina di Bastogne, il secondo romanzo di Enrico Brizzi Nell'albo di Dylan Dog Il numero duecento fa la sua apparizione un personaggio fino a quel punto mai comparso nella continuity di Dylan Dog: Virgil, il figlio dell'ispettore Bloch, che non è altro che la trasposizione sclaviana dello Zanardi di Pazienza. Alla pagina 68 dello stesso albo un personaggio secondario ha le sembianze dello stesso Pazienza: un "cammeo a fumetti" con il quale gli autori della collana hanno voluto rendere ulteriore omaggio all'artista. Rimanendo nell'universo di Dylan Dog, nel videogioco Gli uccisori fra i quadri presenti all'interno della villa compare un ritratto di Zanardi. In una storia a fumetti di Cattivik titolato "Danceteria" (Silver-Lusso-Sommacal), appaiono Zanardi e i suoi compagni. La storia è dedicata alla memoria di Andrea Pazienza. Ancora tra i fumetti della Sergio Bonelli Editore, Gea, protagonista della serie omonima di Luca Enoch, frequenta il Liceo "Paz". Il musicista, compositore e produttore Sergio Cossu gli dedica il brano Apaz. La canzone 1977 dei Bisca cita Pazienza tra i ricordi dell'Italia del 1977 La videoinstallazione AncorA di Ernst Pantofalo, realizzata nel 1984 a partire da materiale girato sul litorale riminese, contiene alcuni cripto-riferimenti all'immaginario onirico/balneare adriatico così come tratteggiato da Pazienza nella tavola Sogno (ambientata invece nella natale San Benedetto del Tronto) Il 5 agosto 2008 il cantautore italiano Vinicio Capossela si è esibito al Carpino Folk Festival in un concerto omaggio ad Andrea Pazienza a coronamento della rassegna Vite im Pazienti (organizzata dal Comune di Vico del Gargano con mostra di tavole al Palazzo Della Bella), rassegna dedicata al fumettista Viene citato il nome di Pazienza nel film Ovosodo di Paolo Virzì, dove è anche ripresa una scena tratta da un suo fumetto Nell'album Controverso del 2000, il gruppo rock Gang gli dedica la traccia numero nove (Paz) Andrea condivide parte della sua gioventù con l'artista pescarese Antonio Matarazzo al quale ha dedicato diversi fumetti, uno dei quali si evince anche nella pellicola PAZ! e precisamente nella scena in cui Zanardi e i suoi compagni entrano nel bagno della scuola con l'intento di mandare tutti i presenti fuori, ma uno di loro si rifiuta di uscire dicendo: "Se c'era Matarazzo, non lo cacciavi fuori " e Zanardi risponde " No, se c'era Matarazzo no, lui non è tipo da farsi sbattere fuori, tu sì! Fuoriii!" Dalla sua opera Favole è stata tratta la serie animata Uffa! Che pazienza, trasmessa da Rai Yoyo nel 2008. Sulla copertina del libro Se trovo il coraggio, di Dario Buzzolan, del 2013, è presente un disegno di Andrea Pazienza, che viene citato anche nei ringraziamenti dell'autore Nell'album Siamo noi quelli che aspettavamo, uscito nel 2016, di Marco Cantini, gli viene dedicata la traccia numero sette (Pazienza) Viene citato da Danno nel brano W l'Italia traccia numero 13 dell'album "Latte e Sangue" di Ice One e Don Diegoh e inoltre in Il Mistero della Sfinge, contenuto nell'album Ketam-City del rapper romano Ketama126. Luoghi ed edifici intitolati a Pazienza Bologna: una targa sull'edificio in via Emilia Ponente nº223 ricorda gli anni vissuti a Bologna (dal 1975 al 1984) Bologna: una area verde è stata intitolata nel 2014 nel quartiere delle Lame; Cosenza: sale espositive della Casa delle Culture; Cremona: il Centro Fumetto "Andrea Pazienza"; Foggia: Palazzetto dell'arte; Istituto Tecnico Economico "Blaise Pascal": Aula Multimediale; Fusignano, nel Parco Piancastelli: busto di Zanardi, storico personaggio di Andrea Pazienza. Realizzato da Luca Tarlazzi e da Stefano Trentini, il busto venne inaugurato il 23 aprile del 1994 durante l'esposizione dedicata alle opere di Pazienza negli spazi del centro culturale Il Granaio. Il busto è andato distrutto ed è stato riparato e restaurato nel 2012; Napoli: una via del quartiere Scampia; Pescara: Micro Biblioteca Sociale della SO.HA GiovaniCittadiniAttivi; Via Andrea Pazienza in zona Naiadi; centro aggregativo giovanile "Lo sPaz", a cura di Collettivo studentesco Pescara, associazione universitaria 360 Gradi e SO.HA; Roma: una piazza nella zona di Mezzocammino; San Benedetto del Tronto: la piazza della vecchia pescheria nel centro cittadino; San Menaio, frazione di Vico del Gargano (FG): il lungomare; San Nicandro Garganico: un istituto d'arte; San Severo: un centro di documentazione permanente SPLASH! Archivio "Andrea Pazienza" presso il MAT Museo dell'Alto Tavoliere, una scuola elementare e una piazzetta nel centro storico, nei pressi della sua abitazione, dedicati alla sua memoria; Spilamberto (MO): anfiteatro; Vittorio Veneto: una scuola materna; Opere La più completa edizione delle opere di Pazienza è Tutto Pazienza pubblicata in venti volumi, tra il 18 giugno e il 1º ottobre 2016, nella collana Biblioteca di Repubblica-l'Espresso. Prodotta da Fandango libri a cura di Giovanni Ferrara e Oscar Glioti, con la consulenza editoriale di Luca Raffaelli, la collana ripropone tutte le opere pubblicate dall'autore e una vasta selezione delle opere postume tra cui alcuni inediti. Fumetti La settimana ha otto dì - 1977 Edizioni squilibri - a cura di Francesco Schianchi - illustrazioni di Andrea Pazienza Aficionados - 1981 Primo Carnera Editore - Suppl. Frigidaire n. 8-9 - spillato - col.; 1992 Editori del Grifo - I classici del Grifo n. 8 - Montepulciano (SI) - brossurato - col.; 1993 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - cartonato - col. Il libro rosso del male - 1981 Il Male edizioni - I quaderni del Male n. 1 - Suppl. Il Male n. 49 del 29/12/1980 - Roma - col.- b/n; 1991 Editori del Grifo - La nuova mongolfiera - Montepulciano (SI) - brossurato - col.- b/n Le straordinarie avventure di Pentothal - 1982 Milano Libri Edizioni - Milano - cartonato - b/n; 1989 Rizzoli Milano Libri - Milano - b/n; 1997 Baldini & Castoldi - Milano - brossurato - b/n - Edizione critica - a cura di Felice Cappa: 2010 Fandango - Roma - a cura di G. Ferrara Zanardi - 1983 Primo Carnera Editore - Milano - brossurato - col.- b/n; 1988 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - col.- b/n; 1993 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - brossurato - col.- b/n; 1994 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - cartonato - col.- b/n; 1998 Baldini & Castoldi - Milano - brossurato - col.- b/n - Edizione critica - a cura di Felice Cappa Perché Pippo sembra uno sballato - 1983 Primo Carnera Editore - Milano - brossurato - col.- b/n; 1992 Editori del Grifo - I classici del Grifo n. 4 - Montepulciano (SI) - brossurato - col.- b/n; 1992 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - cartonato - col.- b/n - Edizione a tiratura limitata (1500) Pertini - 1983 Primo Carnera Editore - Milano - brossurato - b/n; 1998 Baldini & Castoldi - Milano - brossurato - b/n - Edizione critica - a cura di Felice Cappa Glamour Book - 1984 Glamour International Production - Firenze - brossurato - col.- b/n Tormenta - 1985 Milano Libri Editore - Milano - brossurato - col.- b/n; 1992 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - brossurato - col.- b/n; 1993 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - cartonato - col.- b/n Cattive compagnie - 1985 Babel editore - Atene (Grecia) Glamour Book 2 - 1986 Glamour International Production - Firenze - brossurato - col.- b/n I diritti umani - 1986 Editrice Comic Art - Roma - cartonato - b/n Pazeroticus - 1987 Glamour International Production - Firenze - The secret book of glamour - b/n-col. Pompeo - 1987 Editori del Grifo - La nuova mongolfiera - Montepulciano (SI) - brossurato - b/n; 1994 Editori del Grifo - I classici del Grifo n.14 - Montepulciano (SI) - brossurato - b/n; 1997 Edizioni Di - Castiglione del Lago (PG) - cartonato - b/n; 2000 Baldini & Castoldi - Milano - brossurato - b/n - Edizione critica - a cura di Felice Cappa Zanardi e Altre storie - 1988 Comic Art - Serie Grandi Eroi n. 20 - Roma - cartonato - col.- b/n; 1988 Comic Art - Serie Grandi Eroi n. 20 - Roma - brossurato - col.- b/n;1995 Comic Art - Serie Best Comics n. 40 - Roma - brossurato - col.- b/n Agenda Verde 1988 - 1988 Editori del Grifo/Lega per l'Ambiente - Montepulciano (SI) Cose d'A. Paz. - 1988 Primo Carnera Editore - Milano - brossurato - b/n The Great- 1988 Primo Carnera Editore - Milano - brossurato - b/n Zanardi. La prima delle tre - 1988 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - brossurato - b/n; 2004 Edizioni Di - Castiglione del Lago (PG) - brossurato - b/n Andrea Pazienza - 1989 Comic Art - Serie Grandi Eroi n. 32 - Roma - cartonato - col.- b/n; 1989 Comic Art - Serie Grandi Eroi n. 32 - Roma - brossurato - col.- b/n; 1995 Comic Art - Best Comics n. 41 - Roma - brossurato - b/n Sturiellet - 1989 Editori del Grifo - La nuova mongolfiera - Montepulciano (SI) - brossurato - col.- b/n; 1992 Editori del Grifo - I classici del Grifo n. 6 - Montepulciano (SI) - brossurato - col.- b/n; 1993 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - cartonato - col.- b/n - Edizione a tiratura limitata (1500) Sotto il cielo del Brasil - 1990 Editori del Grifo - La nuova mongolfiera - Montepulciano (SI) - brossurato - col.; 2000 Edizioni Di - Castiglione del Lago (PG) - cartonato - col. Sulla via della seta n. 1 - 1991 Edizioni ART Core - col.- b/n Zuttango - 1991 Editori del Grifo - La nuova mongolfiera - Montepulciano (SI) - brossurato - col.- b/n Bestiario - 1992 Editori del Grifo - Montepulciano (SI) - cartonato - b/n; 2002 cartonato - b/n "Bestiario 2"- 2002 Grifo Edizioni - Frattamaggiore (NA) - cartonato Il Male sconosciuto di Andrea Pazienza - 1993 Edizione pirata fuori commercio senza un editore - spillato - b/n La Leggenda di Italianino Liberatore - 1994 Editori del Grifo - Moltepulciano (SI) - brossurato - b/n Sulla via della seta n. 4 - 1995 Edizioni ART Core - Speciale Umbria Fumetto - col.- b/n Antologica - 1997 Baldini & Castoldi - Milano - brossurato - col. Paz. Scritti, Disegni, Fumetti - 1997 Einaudi - Milano - a cura di Vincenzo Mollica - brossurato - b/n Favole - 1998 Edizioni Di - Castiglione del Lago (PG) - cartonato - col. Campofame - 2001 Edizioni Di - Castiglione del Lago (PG) - cartonato - col. – in allegato Tre canti di Moreno Miorelli, con copertina e retrocopertina di Andrea Pazienza Satira 1977-1988 - 2001 Baldini & Castoldi - Milano - brossurato - b/n Zanardi 2 – ISTANTANEE - 2001 Baldini & Castoldi - Milano - brossurato - b/n Francesco Stella - 2002 Coconino Press - Bologna - brossurato - col. Superpaz 1 - 2003 Coconino Press - Bologna - spillato - b/n Extra Paz - 2004 Coconino Press - Bologna - spillato - b/n L'arte di Andrea Pazienza - 2004 Panini Comics/Gruppo editoriale L'Espresso - Modena/Roma – I classici del fumetto di Repubblica n. 48 - brossurato - col.- b/n Visca - 2006 Fandango Libri S.r.l. – Roma – brossurato – col. Jacques Prevert -2009 Fandango Libri S.r.l. - Roma - cartonato Copertine di dischi Pazienza ha lavorato come illustratore a tutto campo realizzando anche manifesti per il cinema e per il teatro (ad esempio l'immagine della locandina del film La città delle donne di Federico Fellini) e numerose copertine di dischi, sia album che singoli. Singoli 1979 - Roberto Vecchioni - Signor giudice/Vorrei 1980 - Roberto Vecchioni - Montecristo/La città senza donne 1982 - Roberto Vecchioni - Dentro gli occhi/Hollywood Hollywood 1983 - Roberto Vecchioni - Hotel degli assassini/Morgana (luce di giorni passati) 1986 - Enzo Avitabile - Black Out/Soul Express Album in studio 1978 - Premiata Forneria Marconi - Passpartù 1979 - Roberto Vecchioni - Robinson, come salvarsi la vita 1980 - Roberto Vecchioni - Montecristo 1982 - Roberto Vecchioni - Hollywood Hollywood 1983 - Claudio Lolli - Antipatici Antipodi 1984 - Roberto Vecchioni - Il grande sogno (contenente un volume con poesie di Vecchioni, disegni e storie di Andrea Pazienza, Hugo Pratt, Milo Manara e Moebius) 1986 - Enzo Avitabile - S.O.S. Brothers (contenente un albo a fumetti) 1986 - Amedeo Minghi - Cuori di pace 1991 - David Riondino - Non svegliate l'amore (copertina di Pazienza e retro di copertina di Milo Manara). Manifesti cinematografici La città delle donne (1980) regia di Federico Fellini (1980) - locandina 33x70 e manifesto 100x300 Lontano da dove (1983) regia di Francesca Marciano e Stefania Casini - locandina 33x70 e manifesto 100x140 Altro 1988 - Le Canzoni di Totò (antologia di due cofanetti, a cura di Vincenzo Mollica; picture disc realizzati da Pazienza e Hugo Pratt) Su riviste "Alter Alter" Anno 1977, numeri 4, 6-8, 11 Anno 1978, numeri 2, 3, 5, 12 Anno 1979, numeri 1, 3, 5 Anno 1980, numeri 5, 6, 9 Anno 1981, n. 7 Anno 1982, n. 12 Anno 1984, numeri 4, 5, 11 Anno 1985, numeri 1, 2, 4-7, 10-12 Anno 1986, n. 2 Linus Anno 1977, n. 8 Anno 1982, numeri 4, 5, 9 Anno 1983, numeri 1, 2, 3, 5, 8, 9, 11, 12 Anno 1986, n. 3 Anno 1988, n. 3 (esce postuma la storia Suite for Benka) Cannibale Pazienza partecipa in modo attivo dal secondo numero in poi, cioè dall'inverno 1977 al giugno 1979. Anno 1978, numeri 1, 10 Anno 1979, numeri 1, 11-13 Il Male Anno 1978, numeri 9, 23, 26-32, 36-38 Anno 1979, numeri 1, 6, 8, 9, 15, 18, 30, 33, 34, 36, 39, 40-50 Anno 1980, numeri 1-9, 11-31, 33, 35-39, 41-43, 45, 47-49 Anno 1981, numeri 1-6, 9-11, 13, 14, 17, 20, 25, 26, 28 Anno 1982, n. 7 Frigidaire Anno 1980, numeri 1, 2 Anno 1981, numeri 3-13 Anno 1982, numeri 14-25 Anno 1983, numeri 26-29, 31, 34-37 Anno 1984, numeri 38-42, 48, 49 Anno 1985, numeri 51-61 Anno 1986, numeri 65-74 Anno 1987, numeri 75-78, 81-83, 85 Anno 1988, numeri 92, 93 Anno 2002, n. 204 Glamour International Magazine Anno 1984, n. 14 Anno 1985, n. 1 Anno 1986, numeri 5-8 Corto Maltese Anno 1983, numeri 1-3 Anno 1984, numeri 1-3, 5, 7 Anno 1985, n. 11 El Vibora dal 1983 Ottovolante Supplemento al quotidiano Paese Sera Anno 1983, numeri 1-10 Panorama Anno 1984, n. 949 (articolo e illustrazione) Babel dal 1984 Frizzer Anno 1985, numeri 1-9 Anno 1986, numeri 10, 11 Satyricon Supplemento al quotidiano la Repubblica dal 1/05/1985 al 12/06/1985 L'Echo des Savanes dal 1984 Zut Anno 1987, numeri 1-13, 16, 17 (settimanale) Anno 1988, numeri 3, 4 (mensile) La Nuova Ecologia Anno 1985, numeri 16, 17 Anno 1986, numeri 23-29, 31, 32 Anno 1987, numeri 36, 40, 41, 45 Anno 1988, numeri 48-52, 55 Tango Tango contiene un'ampia produzione vignettistica di Pazienza, successivamente ripubblicate da Cuore. Anno 1985, n. 0 Anno 1986, numeri 1-3, 5, 6, 8-11, 13, 14, 17-20, 22, 26-28, 30, 38-40, 42 Anno 1987, numeri 43, 46, 48, 50-58, 60, 61, 72-77, 80, 81, 83-92 Anno 1988, numeri 95, 96, 99bis, 101, 105, 107, 109, 110, 112, 120 Comic Art Anno 1986, numeri 18, 22, 23, 28 Anno 1987, numeri 29-39 Anno 1988, numeri 40-44, 46, 47 Tempi supplementari Anno 1985, n. 3 Anno 1986, numeri 6-12 Agenda verde 1985 1986 1987 1988 Reporter 1986 A.V.A.J. Il titolo della rivista è ricavato dai nomi dei suoi fondatori: Angese, Vincino, Andrea Pazienza, Jacopo Fo. Non è una rivista vera e propria ma un allegato a "Linus" che esce tra marzo e settembre 1988. Due storie, poi raccolte in Sotto il cielo del Brasil Be Bop a Lula Anno 1988, numeri 24, 27 Il Grifo Anno 1991, numeri 1-9 Anno 1992, numeri 10-12, 14, 16, 19 Anno 1993, numeri 20-27, 29 Anno 1994, numeri 30-33, 35 Zapple Anno 2008 (esce postuma la storia LSD del 1984) Lobotomia Anno 1984, n. 0, Calendario Lobotomia Cataloghi Dalla pop(ular) art all'arte popolare, catalogo della mostra collettiva Laboratorio Comune d'Arte "Convergenze", Pescara 1973. Storia di una convergenza, catalogo della mostra personale Laboratorio Comune d'Arte “Convergenze”, Pescara 1975. Italia chiama Francia. Immagini a confronto, Pescara Fumetto, 1976. Satira e attualità politica. 41 disegnatori dal 1914 al 1981, Electa, Milano 1981. Registrazione di frequenze, a cura di F. Alinovi, C. Cerritelli, F. Gualdoni, L. Parmesani e B. Toso, catalogo mostra Galleria d'arte moderna, Bologna 1982. Nuvole a go-go: Altan Echaurren Pazienza, catalogo mostra Roma, settembre-ottobre 1983. I love Paperino, catalogo mostra Roma, 29 novembre 1984, Editori del Grifo, Montepulciano 1984. Zark! Le Tavole Narranti, catalogo mostra Jesi, 20 luglio-4 agosto 1985, Editori del Grifo, Montepulciano 1985. Catalogo 7ª mostra Napoli Comics, 9-15 dicembre 1985. Satyrhumor. Il fumetto satirico e umoristico, Glamour International, Firenze 1987. Catalogo 3ª Fiera del Fumetto di Napoli, 22-25 maggio 1986, Napoli 1986. Vampir/Vampart, catalogo 6ª Mostra Internazionale del Cinema di Fantascienza e del Fantastico, Roma, Cinema Capranica, 26-30 maggio 1986, Editori del Grifo, Montepulciano 1986. Catalogo 5ª Fiera del Fumetto di Napoli, giugno 1988, Napoli 1988. Nuovo Fumetto Italiano: Frigidaire, Valvoline, Dolce Vita e dintorni, catalogo mostra Reggio Emilia, 29 giugno-18 agosto 1991, Fabbri Editori, Milano 1991. Andrea Pazienza, catalogo mostra Roma, 1-18 marzo 1991, Editori del Grifo, Montepulciano 1991. Andrea Pazienza, catalogo mostra Siena, 24 marzo-5 maggio 1991, Editori del Grifo, Montepulciano 1991. Andrea Pazienza, catalogo mostra San Severo, 12 marzo-3 aprile 1992, Editori del Grifo, Montepulciano 1992. Lo spettacolo di Andrea Pazienza, catalogo mostra Ancona, 4 luglio-4 agosto 1995, Associazione Fahrenheit 451/Arci Nova, Ancona 1995. Gulp! 100 anni a fumetti, catalogo mostra Ferrara, 3 aprile-30 giugno 1996, Electa, Milano 1996. Schizzi e scazzi di Andrea Pazienza, catalogo mostra "Acquaviva nei fumetti", 21-28 luglio 1996. Sogno, catalogo mostra San Benedetto del Tronto, 8 dicembre 1996-19 gennaio 1997. Antologica, catalogo mostra Bologna, 5 ottobre-16 novembre 1997, Baldini & Castoldi, Milano 1997. Il fumetto italiano. 90 anni di avventure disegnate, catalogo mostre storiche di Cartoomics 1998, a cura di Luigi F. Bona e Sergio Giuffrida, Editrice Superart, Milano 1998. Andrea Pazienza. La vita e le opere, catalogo mostra Romics, 3-6 ottobre 2002, Centro Fumetto Andrea Pazienza, Cremona 2002. Andrea Pazienza. Segni e memorie per una Rockstar, a cura di ArteFumetto, catalogo mostra Galleria Comunale d'Arte Contemporanea di Monfalcone (Go), 19 marzo-26 aprile 2005. Andrea Pazienza. Amore, è tutto ciò si può ancora tradire, catalogo mostra Complesso del Vittoriano, Roma, 17 settembre-9 ottobre 2005, Fandango Libri, Roma 2005. Andrea Pazienza. La musica che gira attorno, catalogo mostra Centro Espositivo alla Rocca Paolina, Perugia, 16-24 settembre 2006, Il Grifo-Edizioni Di, Castiglione del Lago 2006.
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