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https://it.wikipedia.org/wiki/AABP
AABP
American Association of Bovine Practitioners Austrian Association for Body-Psychotherapy
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https://it.wikipedia.org/wiki/Anno%20tropico
Anno tropico
L'anno tropico (dal greco tropos, rotazione) o anno solare è il tempo impiegato dal Sole per tornare nella stessa posizione vista dalla Terra, corrispondente al ciclo delle stagioni. A causa del moto precessionale della Terra tale posizione viene raggiunta circa venti minuti prima che la Terra compia una rivoluzione completa attorno al Sole. In gergo tecnico è la durata necessaria perché la longitudine solare media cresca di 360°. Il calcolo L'anno tropico può essere calcolato anche come la durata intercorrente tra due equinozi primaverili consecutivi dell'emisfero boreale. Occorre tenere presente però che tale durata è leggermente diversa da quella fra due solstizi d'inverno boreale consecutivi, oppure da quella tra due solstizi d'estate o tra due equinozi d'autunno. La durata dell'anno tropico infatti è diversa a seconda del giorno dell'anno che si utilizza come riferimento a causa della velocità non uniforme con cui la Terra percorre la propria orbita. Per questi motivi è stato definito un anno tropico medio, pari a 365,2422 giorni (365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi). Per dare l'ordine di grandezza delle variazioni, l'anno tropico misurato a partire dal punto vernale è lungo 365,2424 giorni SI (circa 17 secondi in più); quest'ultima valutazione è spesso usata per la redazione dei calendari solari e in particolare del calendario gregoriano, quello oggi in uso, che ha una durata di 365,2425 giorni SI. Tuttavia, l'anno tropico è per definizione quello medio, definito sopra. Alla data 1º gennaio 2000 ore 12:00 (TT), l'anno tropico medio era pari a 365,242189670 giorni SI. Cambi nella velocità della precessione, nell'orbita della Terra e nella sua rotazione, portano a una variazione della lunghezza dell'anno tropico; tale variazione è di circa 5 ms/anno. Più precisamente, l'anticipo viene espresso da una polinomiale, il cui termine lineare è dato da: Δt = × y dove y sono gli anni giuliani a partire dal 2000. Anche se tale termine può sembrare piccolo, diventa determinante nella misura di eventi come vengono osservati dalla Terra (p.es. nel caso di un'eclissi). Approfondimenti Come accennato, la lunghezza effettiva dell'anno tropico dipende dal punto di riferimento scelto. A causa della precessione tale punto si muove incontro al Sole determinando la maggior brevità dell'anno tropico rispetto a quello siderale. Mentre, però, la velocità di precessione degli equinozi è praticamente costante, e quindi il punto di riferimento si sposta sempre della stessa frazione dell'orbita, la velocità apparente con cui il Sole percorre l'orbita è variabile ed è variabile il tempo risparmiato evitando di percorrere la frazione di orbita siderale mancante. Quando la Terra è vicina al perielio si muove più velocemente della media, quindi il tempo impiegato per coprire una certa distanza angolare è minore, perciò l'anno tropico misurato su questo punto sarà più lungo della media in quanto il tempo risparmiato sarà in proporzione minore. Viceversa, se si considera un punto vicino all'afelio, la Terra (e quindi il Sole, visto dalla Terra) si muove più lentamente, quindi siccome il tempo impiegato per coprire quella stessa distanza è maggiore, l'anno tropico per questo punto è più breve. Per i punti di equinozio l'anno tropico è più vicino al valore medio indicato prima. Poiché la linea degli equinozi compie un giro completo rispetto al perielio in circa anni, la durata dell'anno tropico rispetto a un punto dell'eclittica oscilla con tale periodo attorno al valore medio. Le seguenti formule riportano la durata dell'anno tropico per i punti principali dell'eclittica (il risultato è in giorni; mentre y è il numero di anni a partire dal 2000): Effetti sul calendario Il punto di riferimento per alcuni calendari è stata spesso la data della Pasqua, normalmente identificata come la prima domenica dopo la prima luna piena dopo l'equinozio di primavera, previsto per il 21 marzo. Era quindi obiettivo di ogni proposta di calendario il mantenere la data dell'equinozio il più vicino possibile al 21 marzo. Per questo motivo, l'anno del calendario doveva essere sincronizzato con l'anno tropico, misurato come l'intervallo tra due equinozi di primavera. Da circa il 1000 a.C., l'anno tropico (in giorni SI) è, come si è visto, diventato più corto dell'intervallo tra gli equinozi (misurato in giorni normali). La lunghezza dell'anno del nostro Calendario Gregoriano è in media 365 + 97/400 = 365,2425 giorni. Sebbene sia vicino a quanto richiesto, è leggermente più lungo. In più, i calcoli mostrano che la distanza tra due equinozi è rimasta tra 365,2423 e 365,2424 giorni di calendario per gli ultimi 4 millenni e tale resterà per alcuni altri millenni. Questo è dovuto alla fortuita cancellazione reciproca di molti effetti agenti sulla misura dell'anno tropico. Astrologia tropica L'astrologia occidentale, sin dai tempi di Ipparco e Tolomeo, si basa sull'anno tropico anziché su quello siderale, perché assume come suoi riferimenti principali il Sole ed i pianeti del sistema solare, piuttosto che le remote costellazioni dell'astronomia, le quali consistono soltanto in raggruppamenti arbitrari di stelle, accomunati da una visuale illusoria. I segni zodiacali non coincidono pertanto con le suddette costellazioni, da cui per tradizione ricevono soltanto il nome, ma rappresentano dodici settori simbolici del cielo stellato di uguale ampiezza (30°) nei quali è suddivisa l'eclittica, il primo dei quali inizia nel punto in cui si trova il Sole all'equinozio di primavera. Note Voci correlate Calendario Moto di rivoluzione Tempo terrestre Tempo universale Equinozio e solstizio Anno siderale Altri progetti Collegamenti esterni Unità di misura astronomiche Unità di tempo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Armata%20Rossa
Armata Rossa
LArmata Rossa degli Operai e dei Contadini, in forma abbreviata Armata Rossa, fu il nome dato alle forze armate russe dopo la disintegrazione delle forze zariste nel 1917. L'aggettivo “rossa” fa riferimento al colore tradizionale del movimento socialista e comunista. L'Armata Rossa fu istituita su decreto del Consiglio dei commissari del popolo della RSFS Russa nel 1918 e divenne l'esercito dell'URSS al momento della fondazione dello Stato stesso, nel 1922. Lev Trockij, commissario del popolo per la guerra dal 1918 al 1924, ne è considerato il fondatore. L'Armata Rossa, guidata direttamente da Stalin con la collaborazione di vari generali, svolse una funzione decisiva durante la seconda guerra mondiale, sconfiggendo dopo quattro anni di violente e sanguinose battaglie una grande parte delle forze della Wehrmacht della Germania nazista e concludendo vittoriosamente il conflitto sovietico-tedesco con la conquista di Berlino e Vienna. Durante le operazioni sul fronte orientale, il 70-75% delle vittime che la Wehrmacht e le Waffen-SS subirono durante la guerra (i sovietici ebbero oltre 20 milioni di morti compresi i civili) furono ad opera dell'Armata Rossa. Nel suo periodo di massima espansione d'organico, nel 1943, l'Armata Rossa contava 10,5 milioni di effettivi tra ufficiali, sottufficiali e soldati ed era equipaggiata con migliaia di carri armati e cannoni moderni (grazie anche all'appoggio logistico degli Alleati soprattutto durante i primi anni di guerra); le perdite per raggiungere la vittoria furono elevatissime: 11,2 milioni di soldati morti per cause di guerra nel periodo 1941–1945. A partire dal febbraio del 1946, l'Armata Rossa, che insieme alla Marina sovietica incarnava la componente principale delle forze armate sovietiche, prese il nome ufficiale di Armata Sovietica (, in sigla SA), fino alla sua dissoluzione nel dicembre 1991. Storia La rivoluzione d'ottobre e l'ideazione Nel settembre del 1917, Lenin scrisse: "C'è un solo modo per evitare la rinascita delle forze di polizia regolare ed è quello di creare una milizia popolare e di fonderla con l'esercito (l'esercito permanente dovrà essere sostituito con l'armamento di tutto il popolo)". A quel tempo, l'Esercito imperiale russo, impegnato da tre anni nella prima guerra mondiale, aveva iniziato a crollare. Era stato mobilitato circa il 23% (approssimativamente 19 milioni di persone) della popolazione maschile dell'Impero russo; tuttavia una grande parte degli effettivi non era stata equipaggiata per il fronte ed era stata impiegata in ruoli di supporto come il mantenimento delle linee di comunicazione ed il controllo delle basi terrestri. Il generale zarista Nikolaj Nikolaevič Duchonin, l'ultimo comandante in capo dell'esercito imperiale, stimò che durante la guerra vi erano stati 2 milioni di disertori, 1.8 milioni di morti, 5 milioni di feriti e 2 milioni di prigionieri. Egli calcolò che le truppe ancora alle armi fossero circa 10 milioni. Il governo dei Soviet guidato da Lenin procedette subito allo scioglimento dell'Esercito imperiale russo, tuttavia divenne evidente "che le unità frammentarie delle Guardie Rosse e gli elementi dell'esercito imperiale che erano passate dalla parte dei bolscevichi erano insufficienti per difendere il nuovo governo contro forze esterne." Pertanto, il Consiglio dei commissari del popolo decise il 28 gennaio 1918 di costituire un nuovo esercito popolare che venne denominato Armata Rossa. I capi bolscevichi intendevano creare un esercito "formato dagli elementi provvisti di coscienza di classe e dagli elementi migliori delle classi lavoratrici." Tutti i cittadini della repubblica russa con un'età minima di 18 anni potevano arruolarsi. La missione del nuovo esercito era la difesa "del potere sovietico, la creazione di una base per la trasformazione dell'esercito permanente in una forza che derivi la sua potenza dalla nazione in armi, e, inoltre, la creazione di una base per il supporto della successiva Rivoluzione Socialista in Europa." L'arruolamento era subordinato alle "garanzie date da una commissione militare o civile funzionante nel territorio del potere sovietico, o dai comitati di partito o sindacali o, in casi estremi, da due persone che appartengono a una delle organizzazioni di cui sopra." In caso che un'intera unità volesse unirsi all'Armata Rossa, sarebbero stati necessari una "garanzia collettiva e il voto favorevole di tutti i suoi membri." Poiché l'Armata Rossa era composta principalmente di contadini, alle famiglie di coloro che prestavano servizio vennero garantite razioni e assistenza nei lavori agricoli. Alcuni contadini che erano rimasti a casa erano intenzionati ad unirsi al nuovo esercito popolare; gli uomini, insieme ad alcune donne, affollarono i centri di reclutamento. Se venivano rifiutati dall'esercito, ricevevano incarichi come la raccolta di rottami metallici e la preparazione di imballaggi per l'assistenza. In alcuni casi, i soldi guadagnati vennero impiegati per la costruzione di carri armati per l'esercito. Il Consiglio dei Commissari del Popolo stesso nominò il capo supremo dell'Armata Rossa, delegando il comando e la gestione dell'esercito al Commissariato per gli Affari Militari e all'Istituto Speciale di Tutte le Russie di questo commissariato. Nikolaj Krylenko fu il primo comandante in capo supremo, con Aleksandr Mjasnikjan come vice. Nikolaj Podvojskij divenne il commissario per la guerra, Pavel Dybenko commissario per la flotta. Anche Prošjan, Samouskij, Steinberg furono indicati come commissari del popolo così come Vladimir Bonč-Bruevič dall'Ufficio dei Commissari. Nel corso di una riunione congiunta di bolscevichi e socialisti rivoluzionari di sinistra, tenutosi il 22 febbraio 1918, Krylenko commentò: "Non abbiamo più un vero esercito. I soldati demoralizzati fuggono, presi dal panico, non appena vedono un elmetto tedesco apparire all'orizzonte, abbandonando la loro artiglieria, i convogli e tutto il materiale di guerra all'avanzata inesorabile del nemico. Le unità delle Guardie Rosse vengono spazzate via come mosche. Non abbiamo alcun possibilità di continuare la guerra, solo una firma immediata del trattato di pace ci salverà dalla distruzione". La guerra civile russa La Guerra civile russa si sviluppò in tre periodi: Ottobre 1917novembre 1918: dalla Rivoluzione bolscevica all'armistizio della prima guerra mondiale, Fin dai primi mesi dopo la rivoluzione d'ottobre, fu fondata l'Armata dei Volontari del generale Aleksej Maksimovič Kaledin nella regione del fiume Don. Il Trattato di Brest-Litovsk aggravò ulteriormente la situazione per i bolsevichi, provocando contrasti all'interno del governo e fornendo un pretesto per l'intervento alleato nella guerra civile russa, in cui dodici paesi stranieri supportarono le forze militari anti-bolsceviche. Gli scontri di questa fase della guerra civile coinvolsero anche le Legioni cecoslovacche, la 5ª Divisione di Fanteria polacca e i Fucilieri lettoni, che furono tra le unità bolsceviche più agguerrite e fidate. Gennaio 1919novembre 1919: inizialmente le armate bianche avanzarono con successo, politiche quali il terrore rosso e il comunismo di guerra portarono i contadini a essere scontenti verso il governo bolscevico, ora i contadini accoglievano nei loro villaggi i soldati dell'armata bianca come liberatori, ciò permise all'armata bianca di espandersi in numero, fino a contare 300.000 uomini. L'armata bianca stava avanzando verso Mosca: a sud, al comando del generale Anton Denikin; da est, sotto la guida dell'ammiraglio Aleksandr Vasil'evič Kolčak; e da nord-ovest, al comando del generale Nikolaj Nikolaevič Judenič. I Bianchi ottennero importanti successi su ogni fronte, ma l'energica azione del ministro della Difesa bolscevico Lev Trockij, insieme all'errore militare di Denikin, che decise di avanzare ancora e non prepararsi per difendere le zone conquistate, permise di rinforzare e riorganizzare l'Armata Rossa che passò al contrattacco: essa respinse l'armata dell'ammiraglio Kolčak nel mese di giugno e le armate del generale Denikin e del generale Judenič nel mese di ottobre. Entro la metà di novembre, le Armate Bianche si stavano ormai disgregando. Nel mese di gennaio 1920, la famosa Prima armata a cavallo rossa guidata dal popolare e aggressivo generale Semën Michajlovič Budënnyj entrò vittoriosamente a Rostov sul Don. Da fine 1919 al 1920: i comando dell'armata bianca passo al generale Wrangel, egli fece ritirare le truppe bianche in Crimea dove opposero una feroce resistenza all'armata rossa, fino all'evacuazione finale delle truppe e dei civili che si concluse il 14 novembre 1920. dal 1921 al 1923: nonostante le truppe dell'armata dei volontari e quelle di Judenic fossero state evacuate, restavano in Russia ancora le truppe dell'ammiraglio Kolchack, egli era stato consegnato dalla legione cecoslovacca all'armata rossa, la quale lo aveva fucilato nel 1920, ma le sue restanti truppe, rafforzate dai cosacchi, continuarono a occupare delle posizioni nell'estremo oriente fino al 6 giugno 1923, quando gli ultimi 333 soldati dell'armata bianca furono catturati e uccisi. All'inizio della guerra, l'Armata Rossa era costituita da 299 reggimenti di fanteria. La guerra civile s'intensificò dopo che Lenin sciolse l'Assemblea costituente panrussa (5-6 gennaio 1918) e il governo sovietico firmò il Trattato di Brest-Litovsk (3 marzo 1918), che permise alla Russia bolscevica di uscire dalla Grande Guerra. Nonostante le pesanti clausole della pace di Brest-Litovsk, la fine della partecipazione russa alla prima guerra mondiale permise all'Armata Rossa di affrontare le eterogenee forze controrivoluzionarie, tra cui, oltre alle truppe bianche filo-zariste, anche l'Esercito insurrezionale rivoluzionario d'Ucraina, l'"Armata Nera" guidata da Nestor Machno, e l'anti-bianca e anti-rossa Armata Verde. Il 23 febbraio 1918, "Giorno dell'Armata Rossa", ha un duplice significato storico: il primo giorno dell'arruolamento di reclute (a Pietrogrado e Mosca); e il primo giorno di combattimento contro l'occupante esercito imperiale tedesco. Il 6 settembre 1918 le milizie bolsceviche vennero consolidate sotto il comando supremo del Consiglio Militare Rivoluzionario della Repubblica (). Il primo presidente fu Lev Trockij ed il primo comandante in capo Jukums Vācietis dei Fucilieri lettoni; nel mese di luglio 1919 egli venne sostituito da Sergej Kamenev. Poco dopo Trockij istituì il GRU (intelligence militare) per fornire intelligence politica e militare ai comandanti dell'Armata Rossa. Trockij fondò l'Armata Rossa con una organizzazione iniziale della Guardia Rossa, e una truppa nucleo di miliziani delle Guardie rosse e cekisti della polizia segreta. La coscrizione iniziò nel giugno 1918 e l'opposizione ad essa venne violentemente repressa. Per controllare le milizie multietniche e multiculturali dell'Armata Rossa, la Čeka operò speciali brigate punitive che sopprimevano anticomunisti, disertori e "nemici dello stato". Il pragmatismo in tempo di guerra permise il reclutamento di ufficiali e sergenti (sottufficiali, NCO) ex-zaristi nell'Armata Rossa. La commissione speciale di Lev Glezarov li reclutò e selezionò. A metà agosto 1920 il personale ex zarista dell'Armata Rossa includeva 48.000 ufficiali, 10.300 amministratori e 214.000 sottufficiali. All'inizio della guerra civile, gli ex-zaristi costituivano il 75% del corpo ufficiali dell'Armata Rossa e vennero impiegati come specialisti militari (voenspetsy). La loro fedeltà venne occasionalmente imposta dalle loro famiglie tenute in ostaggio. Alla fine della guerra nel 1922, gli ex zaristi costituivano l'83% dei comandanti di divisione e di corpo d'armata dell'Armata Rossa. L'Armata Rossa utilizzò reggimenti speciali per le minoranze etniche, come il Reggimento di Cavalleria Dungano comandati dal Dungano Magaza Masanči. L'Armata Rossa collaborò anche con le unità armate volontarie del partito bolscevico, le Части особого назначения - ЧОН (unità incarichi speciali Časti osobogo naznačenija - o ČON) dal 1919 al 1925. Lo slogan "esortazione, organizzazione, e rappresaglie", espresse la disciplina e la motivazione garantendo il successo tattico e strategico dell'Armata Rossa. In campagna, le allegate Brigate punitive speciali della Čeka condussero a corti marziali di campo sommarie ed esecuzioni di disertori ed imboscati. Sotto il commissario Jānis K. Bērziņš, le Brigate punitive speciali presero ostaggi dei villaggi di disertori per costringerli alla resa; uno su dieci di coloro che tornavano veniva giustiziato. La stessa tattica soppresse anche le rivolte contadine nelle zone controllate da parte dell'Armata Rossa, come la Ribellione di Tambov. I sovietici rinforzarono la fedeltà dei vari gruppi politici, etnici e nazionali dell'Armata Rossa attraverso i commissari politici distaccati a livello di brigata e di reggimento. I commissari vennero incaricati di spiare i comandanti per scorrettezza politica. Nel mese di agosto 1918, Trockij autorizzò il generale Michail Tuchačevskij a posizionare unità di blocco dietro le unità dell'Armata Rossa politicamente inaffidabili, per sparare a chiunque si fosse ritirato senza permesso. Nel 1942, durante la grande guerra patriottica (1941-1945), Iosif Stalin reintrodusse la politica di blocco ed i battaglioni penali con l'Ordine numero 227. L'Armata Rossa controllata dalla Repubblica socialista federativa sovietica russa invase ed annesse terre non russe, contribuendo a creare l'Unione Sovietica. La guerra polacco-sovietica e la riorganizzazione L'offensiva sovietica verso ovest del 1918-19 si verificò nello stesso momento del passaggio generale sovietico nelle aree abbandonate dalle guarnigioni dell'Ober Ost. Ciò si fuse nella guerra polacco-sovietica del 1919-1921, in cui l'Armata Rossa raggiunse la Polonia centrale nel 1920, ma poi subì lì una sconfitta che mise fine alla la guerra. Durante la campagna di Polonia l'Armata Rossa contava circa 6.5 milioni di uomini, molti dei quali l'esercito aveva difficoltà a sostenere, circa 581.000 uomini nei due fronti operativi, occidentale e sud-occidentale. Circa 2.5 milioni di uomini e donne vennero immobilizzati nell'interno come parte delle armate di riserva. L'XI Congresso del partito comunista russo (bolscevico), adottò una risoluzione sul rafforzamento dell'Armata Rossa. Decise di stabilire forze armate rigorosamente organizzate, condizioni educative ed economiche nell'esercito. Tuttavia, venne riconosciuto che un esercito di 1.600.000 soldati sarebbe stato gravoso. Entro la fine del 1922, dopo il Congresso, il Comitato Centrale del Partito decise di ridurre l'Armata Rossa a 800.000 uomini. Questa riduzione richiese la riorganizzazione della struttura dell'Armata Rossa. L'unità militare suprema divenne il corpo d'armata di due o tre divisioni. Le divisioni consistevano di tre reggimenti. Le brigate vennero abolite come unità indipendenti. Iniziò la formazione dei reparti del corpo fucilieri. La nascita dell'"Unione Sovietica" Dopo quattro anni di guerra, la sconfitta dellArmata Bianca di Pëtr Nikolaevič Vrangel' nel sud ad opera dell'Armata Rossa nel 1920 permise la fondazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche nel 1922. Lo storico John Erickson fa risalire al 1º febbraio 1924, quando Michail Frunze divenne capo del personale dell'Armata Rossa, l'ascesa dello Stato Maggiore, che dominò la pianificazione sovietica militare e delle operazioni. Entro il 1º ottobre 1924 la forza dell'Armata Rossa diminuì a 530.000 uomini. L'elenco delle divisioni dell'Unione Sovietica (1917-1945) annota le formazioni dell'Armata Rossa in quel momento. Alla fine degli anni '20 e per tutti gli anni '30, i teorici militari sovietici guidati dal Maresciallo Michail Tuchačevskij svilupparono la dottrina delle operazioni in profondità, una diretta conseguenza delle loro esperienze della guerra polacco-sovietica e della guerra civile russa. Per raggiungere la vittoria, le operazioni profonde prevedevano manovre simultanee di unità delle dimensioni di corpo d'armata e d'armata e di attacchi paralleli simultanei in tutta la profondità delle forze terrestri del nemico, inducendo il fallimento catastrofico della difesa. La dottrina della battaglia in profondità si basava sui progressi dell'aviazione e dei corazzati, nella speranza che la guerra di manovra offrisse una vittoria rapida, efficiente, e decisiva. Il maresciallo Tuchačevskij disse che la guerra aerea doveva essere "utilizzata contro obiettivi al di là del raggio della fanteria, dell'artiglieria e di altre armi. Per ottenere il massimo effetto della tattica, avrebbero dovuto essere impiegati aerei en masse, concentrati nel tempo e nello spazio, contro obiettivi della massima importanza tattica." Le operazioni profonde dell'Armata Rossa vennero espresse formalmente nel Regolamento di Campo del 1929, e codificate nel provvisorio Regolamento di Campo 1936 (PU-36). La Grande Purga del 1937-1939 e la Purga del 1940-1942 rimosse molti ufficiali che conducevano l'Armata Rossa, tra cui Tuchačevskij e molti dei suoi seguaci, e la dottrina venne abbandonata. Così, nella battaglia del lago Chasan, nel 1938, e nella Battaglia di Khalkhin Gol, nel 1939, nei grandi scontri di confine con l'esercito imperiale giapponese, la dottrina non venne utilizzata. Fu fino alla seconda guerra mondiale che le operazioni profonde non vennero riutilizzate. I conflitti sino-sovietici L'Armata Rossa venne coinvolta in conflitti armati nella Repubblica di Cina durante la guerra sino-sovietica (1929), l'invasione sovietica dello Xinjiang (1934), quando venne assistita dalle forze russe bianche, e la ribellione dello Xinjiang (1937). L'Armata Rossa raggiunse i suoi obiettivi; mantenne il controllo effettivo sulla Ferrovia cinese orientale della Manciuria, e installò con successo un regime filo-sovietico nello Xinjiang. La guerra con la Finlandia La Guerra d'Inverno (, , ) fu una guerra tra Unione Sovietica e Finlandia. Iniziò con un'offensiva sovietica il 30 novembre 1939, tre mesi dopo l'inizio della seconda guerra mondiale e l'invasione sovietica della Polonia, e si concluse il 13 marzo 1940 con il Trattato di pace di Mosca. La Società delle Nazioni considerò l'attacco illegale ed espulse l'Unione Sovietica il 14 dicembre 1939. Le forze sovietiche avevano tre volte più soldati dei finlandesi, trenta volte più aerei e cento volte più carri armati. L'Armata Rossa, però, era stata paralizzata dalla Grande Purga del leader sovietico Iosif Stalin del 1937, che ridusse il morale e l'efficienza dell'esercito poco prima dello scoppio dei combattimenti. Con oltre 30.000 dei suoi ufficiali dell'esercito giustiziati o imprigionati, la maggior parte dei quali erano dei gradi più alti, l'Armata Rossa nel 1939 aveva molti alti ufficiali inesperti. A causa di questi fattori, e del forte impegno e morale delle forze finlandesi, la Finlandia riuscì a resistere all'invasione sovietica per molto più tempo di quanto i sovietici avessero previsto. Le forze finlandesi inflissero perdite mozzafiato all'Armata Rossa nei primi tre mesi di guerra, soffrendo poche perdite. Le ostilità cessarono nel marzo 1940 con la firma del Trattato di pace di Mosca. La Finlandia cedette l'11% del suo territorio prima della guerra e il 30% delle sue attività economiche in Unione Sovietica. Le perdite sovietiche sul fronte erano state pesanti e la reputazione internazionale del paese ne soffrì. Le forze sovietiche non realizzarono il loro obiettivo della conquista totale della Finlandia ma conquistarono un territorio significativo lungo il Lago Ladoga, Petsamo e Salla. I finlandesi mantennero la loro sovranità e migliorarono la loro reputazione internazionale, il che ne rafforzò il morale nella Guerra di continuazione. La seconda guerra mondiale (La Grande Guerra Patriottica) In conformità con il patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939, l'Armata Rossa invase la Polonia il 17 settembre 1939, dopo l'invasione nazista il 1º settembre 1939. il 30 novembre l'Armata Rossa attaccò anche la Finlandia, nella Guerra d'Inverno (1939-1940). Entro l'autunno 1940, dopo aver conquistato la sua parte di Polonia, il Terzo Reich condivideva un vasto confine con l'Unione Sovietica, con la quale rimase neutralmente vincolato dall'obbligo del patto di non aggressione e degli accordi commerciali. Un'altra conseguenza del patto Molotov-Ribbentrop fu l'occupazione sovietica della Bessarabia e della Bucovina settentrionale, effettuata dal Fronte meridionale nel giugno-luglio 1940. Anche questa conquista si aggiunse al confine che l'Unione Sovietica condivideva con le aree controllate dai nazisti. Per Adolf Hitler, la circostanza non era un dilemma, perché la politica segreta Drang nach Osten ("Spinta verso l'Est") rimase in vigore, concludendosi il 18 dicembre 1940 con la Direttiva n° 21, Operazione Barbarossa, approvata il 3 febbraio 1941, e in programma per la metà di maggio 1941. Quando la Germania invase l'Unione Sovietica nel giugno 1941, nell'Operazione Barbarossa, le forze terrestri dell'Armata Rossa avevano 303 divisioni e 22 brigate separate (6.8 milioni di soldati), tra cui 166 divisioni e 9 brigate (3.2 milioni di soldati) di guarnigione nei distretti militari occidentali. Le forze dell'Asse schierate sul fronte orientale consistevano in 181 divisioni e 18 brigate (3 milioni di soldati). Tre fronti, Nordoccidentale, Occidentale, e Meridionale conducevano la difesa dei confini occidentali dell'Urss. Nelle prime settimane della Grande Guerra Patriottica, la Wehrmacht sconfisse molte unità dell'Armata Rossa. L'Armata Rossa perse milioni di uomini prigionieri e gran parte del suo materiale d'anteguerra. Stalin aumentò la mobilitazione, e il 1º agosto 1941, a dispetto di 46 divisioni perse in combattimento, la forza dell'Armata Rossa era di 401 divisioni. Le forze sovietiche non erano apparentemente preparate, nonostante numerosi avvertimenti da varie fonti. Esse soffrirono molti danni sul campo a causa di ufficiali mediocri, una mobilitazione parziale e una riorganizzazione incompleta. La frettolosa espansione delle forze prima della guerra e l'eccessiva promozione di ufficiali inesperti (a causa delle purghe di ufficiali esperti) favorirono la Wehrmacht in combattimento. La superiorità numerica dell'Asse rese la forza divisionale dei combattenti approssimativamente uguale. Una generazione di comandanti sovietici (in particolare Georgij Žukov) apprese dalla sconfitta e le vittorie sovietiche nella Battaglia di Mosca, a Stalingrado, Kursk e più tardi nell'Operazione Bagration risultarono decisive. Nel 1941, il governo sovietico sollevò lesprit de corps insanguinato dell'Armata Rossa con la propaganda, sottolineando la difesa della Patria e della nazione, utilizzando esempi storici del coraggio russo e del coraggio contro gli aggressori stranieri. La Grande Guerra Patriottica anti-nazista venne paragonata alla Guerra Patriottica del 1812 contro Napoleone, e apparvero eroi militari russi storici, come Aleksandr Nevskij e Michail Kutuzov. La repressione della Chiesa ortodossa russa cessò temporaneamente, e i sacerdoti rivissero la tradizione di benedire le armi prima della battaglia. Per incoraggiare l'iniziativa dei comandanti dell'Armata Rossa, il PCUS abolì temporaneamente i commissari politici, introdusse gradi militari e decorazioni formali ed introdusse il concetto delle unità della Guardia. Le unità eccezionalmente valorose ed efficienti in combattimento ottennero il titolo di reparti "della Guardia" (ad esempio il 1º Corpo Speciale Fucilieri della Guardia, la 6ª Armata corazzata della Guardia), una designazione d'élite che indicava un addestramento, un equipaggiamento ed una retribuzione migliore. Vennero utilizzati anche metodi coercitivi: i fannulloni, i lavativi, quelli tendenti ad evitare il combattimento con ferite autoinflitte, i codardi, i ladri ed i disertori venivano disciplinati con percosse, retrocessioni, compiti indesiderabili/pericolosi e l'esecuzione sommaria dei distaccamenti punitivi del NKVD. Allo stesso tempo, gli osobist (ufficiali militari del controspionaggio del NKVD) divennero una figura chiave dell'Armata Rossa, con il potere di condannare a morte e di risparmiare la vita dei soldati e di quasi tutti gli ufficiali del gruppo presso il quale venivano distaccati. Nel 1942, Stalin istituì i battaglioni penali composti da detenuti dei gulag, prigionieri di guerra sovietici, soldati caduti in disgrazia e disertori, per compiti pericolosi di prima linea come "camminare" bonificando i campi minati tedeschi. Dati i pericoli, la pena massima era di tre mesi. Allo stesso modo, il trattamento sovietico dei soldati dell'Armata Rossa catturati dalla Wehrmacht era particolarmente duro. Una direttiva di Stalin del 1941 ordinò il suicidio di ogni ufficiale e soldato dell'Armata Rossa piuttosto che la resa; la legge sovietica considerava tutti i soldati dell'Armata Rossa catturati come traditori. Durante e dopo la seconda guerra mondiale i prigionieri di guerra liberati andarono negli speciali "campi di filtrazione". Di questi, nel 1944, oltre il 90% venne sgomberato e circa l'8% venne arrestato o condannato a prestare servizio nei battaglioni penali. Nel 1944, vennero inviati direttamente in formazioni militari di riserva per essere sgombrati dal NKVD. Inoltre, nel 1945, vennero allestiti circa 100 campi di filtrazione per prigionieri di guerra rimpatriati ed altri sfollati, che trattarono più di 4.000.000 di persone. Nel 1946 l'80% dei civili e il 20% dei prigionieri di guerra venne liberato, il 5% dei civili e il 43% dei prigionieri di guerra riarruolato, il 10% dei civili e il 22% dei prigionieri di guerra inviato ai battaglioni di lavoro e il 2% dei civili e Il 15% dei prigionieri di guerra (226.127 su 1.539.475 in totale) trasferito nei Gulag. Durante la Grande Guerra Patriottica, l'Armata Rossa coscrisse 29.574.900 uomini oltre ai 4.826.907 in servizio all'inizio della guerra. Di questo totale di 34.401.807 persero 6.329.600 uccisi in azione (UIA), 555.400 morti per malattia e 4.559.000 dispersi in azione (DIA) (più i catturati). Di questi, tuttavia, 939.700 rientrarono in fila nel territorio sovietico successivamente liberato, e altri 1.836.000 tornarono dalla prigionia tedesca. Così il totale complessivo delle perdite è pari a 8.668.400 uomini Questo è il totale dei morti ufficiali, ma altre stime danno il numero del totale dei morti fino a quasi 11 milioni di uomini, tra cui 7.7 milioni di morti e dispersi in azione e 2.6 milioni di prigionieri di guerra morti (su 5.2 milioni di prigionieri di guerra totale), oltre 400.000 perdite paramilitari e partigiani sovietici. La maggior parte delle perdite, esclusi i prigionieri di guerra, erano di etnia russa (5.756.000), seguita dall'etnia ucraina (1.377.400). Tuttavia, ben 8 milioni del 34 milioni mobilitati erano soldati di minoranza non slava e circa 45 divisioni formate da minoranze nazionali servirono tra il 1941 ed il 1943. Le perdite tedesche sul fronte orientale consistettero in una stima di 3.604.800 UIA entro i confini del 1937 ed oltre 900.000 d'etnia tedesca ed austriaca al di fuori del confine del 1937 (inclusi in questi numeri vi sono uomini indicati come dispersi in azione o dispersi dopo la guerra) e 3.576.300 uomini segnalati catturati (totale 8.081.100); le perdite dei satelliti tedeschi sul fronte orientale approssimarono a 668.163 UIA/DIA e 799.982 prigionieri (totale 1.468.145). Di questi 9.549.245, i sovietici rilasciarono 3.572.600 soldati dalla prigionia dopo la guerra, in tal modo il totale delle perdite dell'Asse è stimato a 5.976.645. Per quanto riguarda i prigionieri di guerra, entrambi i lati ne catturarono un gran numero ed ebbero molti morti in cattività - una recente stima britannica dice che 3,6 di 6 milioni di prigionieri di guerra sovietici morirono nei campi tedeschi, mentre 300.000 di 3 milioni di prigionieri di guerra tedeschi morirono in mani sovietiche. Dalla caduta della Prussia orientale, i soldati sovietici effettuarono stupri su vasta scala in Germania, particolarmente notati a Berlino fino all'inizio del maggio 1945. Nel 1941 il rapido progresso degli attacchi iniziali aerei e terrestri tedeschi verso l'Unione Sovietica rese il supporto logistico dell'Armata Rossa difficile, perché molti depositi, e la maggior parte della base di produzione industriale dell'URSS, giacevano nelle aree occidentali invase del paese, costringendo il loro ristabilimento ad est degli Urali. Fino ad allora all'Armata Rossa fu spesso richiesto d'improvvisare o di andare senza armi, veicoli ed altre apparecchiature. La decisione del 1941 di spostare fisicamente la sua capacità di produzione ad est dei monti Urali mantenne il principale sistema di supporto sovietico fuori dalla portata tedesca. Nelle fasi successive della guerra, l'Armata Rossa schierò alcune armi eccellenti, soprattutto artiglieria e carri armati. I carri armati pesanti KV-1 e medi T-34 dell'Armata Rossa surclassarono molti corazzati della Wehrmacht, ma nel 1941 la maggior parte delle unità corazzate sovietiche usava modelli più vecchi e inferiori. Amministrazione L'amministrazione militare dopo la Rivoluzione d'Ottobre venne rilevata dal Commissariato del Popolo della Guerra e degli Affari Marittimi, guidato da un comitato collettivo di Vladimir Antonov-Ovseenko, Pavel Dybenko, e Nikolaj Krylenko. Allo stesso tempo, Nikolaj Duchonin venne nominato Comandante in Capo Supremo dopo la fuga di Aleksandr Kerenskij dalla Russia. Il 12 novembre 1917 il governo sovietico nominò Krylenko come Comandante in Capo Supremo, e, a causa di un "incidente" durante lo spostamento forzato del comandante in capo, Duchonin venne ucciso il 20 novembre 1917. Nikolaj Podvojskij venne nominato Narkom degli Affari della Guerra, lasciando Dybenko Narkom degli Affari Marittimi e Ovseenko responsabile delle forze di spedizione nella Russia meridionale, il 28 novembre 1917. I bolscevichi inviarono anche i propri rappresentanti a sostituire i comandanti precedenti dell'esercito imperiale russo. Dopo la firma del Trattato di Brest-Litovsk il 3 marzo 1918, avvenne un importante rimpasto nell'amministrazione militare sovietica. Il 13 marzo 1918 il governo sovietico accettò le dimissioni ufficiali di Krylenko e il posto di comandante in capo supremo venne liquidato. Il 14 marzo, 1918 Lev Trockij sostituì Podvojskij come Narkom degli Affari di Guerra. Il 16 marzo 1918 Pavel Dybenko fu sollevato dalla carica di Narkom degli Affari Marittimi. L'8 maggio 1918 venne creato il Quartier Generale Capo di Tutte le Russie, guidato da Nikolaj Stogov e poi da Aleksandr Svečin. Il 2 settembre 1918 il Consiglio Militare Rivoluzionario (CMR) venne stabilito come principale amministrazione militare sotto Lev Trockij, il Narkom degli Affari della Guerra. Il 6 settembre 1918, a fianco del quartier generale principale, venne creato il Quartier Generale Campale del CMR, inizialmente guidato da Nikolaj Rattel. Lo stesso giorno venne creato l'ufficio del Comandante in Capo delle Forze Armate, e inizialmente assegnato a Jukums Vācietis (e dal luglio 1919 a Sergej Kamenev). Il Comandante in Capo delle Forze Armate esistette fino all'aprile 1924, la fine della guerra civile russa. A partire dal 1921 venne creato l'incarico di Capo di stato maggiore generale dell'Armata Rossa che da quel momento divenne il massimo responsabile tecnico dell'amministrazione, organizzazione e conduzione operativa delle forze armate dell'Unione Sovietica che sarebbe stata ufficialmente costituita l'anno seguente. Nel novembre del 1923, dopo la creazione dell'Unione Sovietica, il Narkom russo degli Affari della Guerra venne trasformato nel Narkom sovietico della Guerra e degli Affari Marittimi. Organizzazione All'inizio della sua esistenza, l'Armata Rossa funzionava come una formazione volontaria, senza gradi o insegne. Le elezioni democratiche selezionavano gli ufficiali. Tuttavia, un decreto del 29 maggio 1918 impose il servizio militare obbligatorio per gli uomini di età dai 18 ai 40 anni. Per la manutenzione dell'arruolamento di massa, i bolscevichi formarono commissariati militari regionali (voeennyj komissarjat, abbr. Voeenkomat), che a partire dal 2006 esistono ancora in Russia, in questa funzione e sotto questo nome. I commissariati militari, tuttavia, non devono essere confusi con l'istituzione dei commissari politici militari. A metà degli anni '20 venne introdotto il principio territoriale di Composizione dell'Armata Rossa. In ogni regione vennero chiamati uomini validi per un periodo limitato di servizio attivo in unità territoriali, che costituiva la forza circa la metà dell'esercito, ogni anno, per cinque anni. Il primo periodo di convocazione era di tre mesi, con un mese all'anno successivo. Un quadro normale forniva un nucleo stabile. Nel 1925 questo sistema fornì 46 delle 77 divisioni di fanteria e una delle undici divisioni di cavalleria. Il resto era costituito da ufficiali regolari e personale arruolato servente in termini biennali. Il sistema territoriale venne finalmente abolito, con tutte le formazioni rimanenti convertite in altri quadri di divisioni, nel 1937-1938. Meccanizzazione L'esercito sovietico ricevette ampi finanziamenti ed era innovativo nella sua tecnologia. Un giornalista americano scrisse nel 1941: Sotto la campagna di meccanizzazione di Stalin, l'esercito formò la sua prima unità meccanizzata nel 1930. La 1ª Brigata meccanizzata consisteva in un reggimento di carri armati, un reggimento di fanteria motorizzato, nonché battaglioni di ricognizione e di artiglieria. Da questo umile inizio, i sovietici avrebbero continuato a creare le prime formazioni corazzate a livello operativo nella storia, l'11 ° e il 45 ° Corpo meccanizzato, nel 1932. Queste erano formazioni pesanti di carri armati con forze di supporto di combattimento incluse in modo da poter sopravvivere mentre operavano in aree posteriori nemiche senza supporto da parte dei genitori. Da questo umile inizio, i sovietici avrebbero continuato a creare le prime formazioni corazzate di concezione moderna (cioè non solo come appoggio alla fanteria) a livello operativo, l'11° e il 45º Corpo meccanizzato, nel 1932. Queste erano formazioni pesanti di carri armati con forze di supporto di combattimento incluse in modo da poter sopravvivere mentre operavano nelle retrovie nemiche senza supporto da un fronte principale. Impressionato dalla campagna tedesca del 1940 contro la Francia, il Commissariato del Popolo della Difesa sovietico (Ministero della Difesa, sigla russa NKO) ordinò la creazione di nove divisioni meccanizzate, il 6 luglio 1940. Tra febbraio e marzo 1941, il NKO ne ordinò altre venti da creare. Tutte queste formazioni erano più grandi di quelle teorizzate da Tuchačevskij. Anche se 29 divisioni meccanizzate dell'Armata Rossa avevano una forza autorizzata di non meno di 29.899 carri armati nel 1941, dimostrarono di essere una tigre di carta. C'erano in realtà solo 17.000 carri armati disponibili al momento, che significava che molte delle nuovi divisioni meccanizzate erano gravemente sotto forza. Anche la pressione esercitata sulle fabbriche e sui pianificatori militari per mostrare numeri di produzione portò a una situazione in cui la maggior parte dei veicoli blindati erano modelli obsoleti, in modo critico privi di parti di ricambio ed attrezzature di supporto, e quasi tre quarti erano in ritardo per le manutenzioni. Entro il 22 giugno 1941 c'erano solo 1.475 dei moderni carri armati T-34 e serie KV a disposizione dell'Armata Rossa, e questi erano troppo dispersi lungo il fronte per fornire una massa sufficiente anche per il successo locale. Per illustrare ciò, il 3º Corpo Meccanizzato in Lituania era formato da un totale di 460 carri armati; 109 di questi erano i più recenti KV-1 e T-34. Questo corpo risulterebbe essere uno dei pochi fortunati con un numero considerevole di nuovi carri armati. Tuttavia, la 4ª Armata era composta da 520 carri armati, tutti erano obsoleti T-26, in opposizione alla forza autorizzata di 1.031 recenti carri armati medi. Questo problema era universale per tutta l'Armata Rossa, e avrebbe giocato un ruolo cruciale nelle sconfitte iniziali dell'Armata Rossa nel 1941 per mano delle forze armate tedesche. Tempo di guerra L'esperienza della guerra indusse cambiamenti al modo in cui le forze di prima linea erano organizzate. Dopo sei mesi di combattimento contro i tedeschi, la Stavka abolì temporaneamente il corpo fucilieri che era intermedio tra l'armata e la divisione perché, mentre era utile in teoria, nello stato dell'Armata Rossa nel 1941 si dimostrò inefficace nella pratica. Dopo l'importante vittoria nella battaglia di Mosca nel gennaio 1942, l'alto comando iniziò a reintrodurre i corpi fucilieri nelle sue formazioni più esperte. Il numero totale di corpi fucilieri iniziò dai 62 del 22 giugno 1941, scese a sei il 1º gennaio 1942, ma poi aumentò a 34 entro il febbraio 1943 e a 161 nel capodanno 1944. La forza reale delle divisioni di fanteria in prima linea, con un effettivo di 11.000 uomini nel luglio 1941, raggiungeva circa il 50% della consistenza organica delle vecchie divisioni del 1941, distrutte i primi giorni dell'invasione tedesca e le divisioni erano spesso logorate, a causa delle continue operazioni, per centinaia di uomini o anche meno. Allo scoppio della guerra, l'Armata Rossa schierò corpi meccanizzati e divisioni corazzate il cui sviluppo è stato descritto in precedenza. L'attacco iniziale delle Panzer-Division tedesche distrusse molti di questi reparti e, nel corso del 1941, praticamente quasi tutti, salvo due nel Distretto Militare del Transbaikal. I resti vennero sciolti. L'alto comando sovietico decise per il momento, soprattutto per l'inesperienza degli stati maggiori e le carenze di equipaggiamento dopo le enormi perdite iniziali, di costituire solo piccole brigate carri da impiegare in supporto delle unità di fanteria. Queste formazioni combatterono bene durante la battaglia di Mosca. Fu tra la primavera del 1942 e l'inizio del 1943, che l'Armata Rossa mise in campo di nuovo formazioni mobili più grandi paragonabili alle Panzer-Division; i "Corpi carri" (Tankovyj korpus), equipaggiati con un numero variabile di carri tra 146 e 180, e i "Corpi meccanizzati" (Mechanizirovannyj korpus), equipaggiati da 175 a 224 carri. Queste nuovi reparti motomeccanizzati, guidati da comandanti sempre più esperti e aggressivi, si dimostrarono con il tempo efficaci, mobili e in grado di affrontare con successo le famose divisioni corazzate tedesche. I corpi carri e i corpi meccanizzati nel corso della guerra elaborarono una serie di tattiche per contrastare le forze nemiche e per effettuare avanzate a grande distanza; ogni corpo generalmente impiegava una brigata di punta nel ruolo di "distaccamento avanzato" che penetrava, spesso isolato, alla massima profondità possibile aggirando eventuali punti di resistenza, per disorganizzare le retrovie nemiche e costituire un nucleo di aggregazione dietro il fronte tedesco che sarebbe stato rinforzato in un secondo momento. Nella primavera 1943, dopo alcuni tentativi non soddisfacenti nel 1942, vennero finalmente create anche le "Armate carri" (Tankovaja armija) formate in genere da due "Corpi carri" e un "Corpo meccanizzato"; equipaggiate con un numero di carri variabile tra 500 e 1000, le armate carri erano dotate di grande potenza d'urto per sfruttare in profondità gli sfondamenti e respingere i contrattacchi nemici. Nel corso della seconda guerra mondiale il "Direttorato centrale delle forze meccanizzate" dell'Armata Rossa, guidato dal maresciallo Jakov Nikolaevič Fedorenko, costituì sei "Armate carri" (1ª, 2ª, 3ª, 4ª, 5ª e 6ª), 24 "Corpi carri", ognuno con tre brigate corazzate e una motorizzata, e 14 "Corpi meccanizzati", ognuno con tre brigate meccanizzate e una brigata corazzata. I famosi comandanti della sei "Armate carri" furono i generali Michail Efimovič Katukov, Semën Il'ič Bogdanov, Pavel Semënovič Rybalko, Dmitrij Danilovič Leljušenko, Pavel Alekseevič Rotmistrov, Andrej Grigor'evič Kravčenko. Integrati nelle forze mobili erano anche i "corpi di cavalleria" che, nella seconda parte della guerra, vennero spesso integrati, insieme ad alcuni corpi carri, nei cosiddetti "gruppi di cavalleria meccanizzata" che venivano impiegati con buoni risultati nelle regioni più impervie o disagevoli, dove la cavalleria poteva costituire un utile complemento delle forze motorizzate. Personale Le autorità bolsceviche assegnarono ad ogni unità dell'Armata Rossa un commissario politico, o politruk, che aveva l'autorità di ignorare le decisioni dei comandanti di unità se andavano contro i principi del Partito Comunista. , la direzione del partito considerava il controllo politico sulle forze armate assolutamente necessario, mentre l'esercito era basato sempre più sugli ufficiali del periodo imperiale pre-rivoluzionario e comprensibilmente temeva un colpo di stato militare. Questo sistema venne abolito nel 1925, dato che in quel momento c'erano abbastanza ufficiali comunisti addestrati che non necessitavano più la contro-firma di tutti gli ordini. Gradi e titoli militari All'inizio della sua storia, l'Armata Rossa, abbandonò ogni riferimento al grado di ufficiale professionista, per marcare il distacco dal vecchio esercito zarista. In particolare, i bolscevichi condannarono l'uso della parola ufficiale e usarono invece la parola comandante. Anche le spalline vennero abbandonate e al posto dei gradi "classici" si usarono termini come "comandante di divisione", "comandante di corpo d'armata" ed altri simili. Esistevano insegne per questi titoli funzionali, composte da triangoli, quadrati e rombi (i cosiddetti "diamanti"). Nel 1924 (2 ottobre) vennero introdotte le categorie di personale, o di servizio, da K-1 (comandante di sezione, assistente comandante di squadra, fuciliere anziano, ecc.) a K-14 (comandante da campagna, comandante d'armata, comandante del distretto militare, commissario d'armata ed equivalenti). Le insegne di servizio delle categorie consistevano ancora di triangoli, quadrati e rombi, ma anche di rettangoli (1-3, per le categorie da K7 a K9). , e introdusse i gradi personali; che tuttavia consistevano in un misto di titoli funzionali e gradi tradizionali. Per esempio i gradi includevano quelli di "tenente" e di Komdiv (Комдив, comandante di divisione). Inoltre sorsero alcune complicazioni riguardo ai gradi da assegnare agli ufficiali politici ("commissario di brigata", "2º commissario d'armata"), ai corpi tecnici ("3º ingegnere", "ingegnere di divisione"), ai corpi amministrativi, medici e altri ruoli non combattenti. Il grado di maresciallo dell'Unione Sovietica (Маршал Советского Союза) venne introdotto il 22 settembre 1935. Il 7 maggio 1940 vennero apportate altre modifiche per razionalizzare il sistema dei gradi militari sulla proposta del maresciallo Vorošilov: i gradi di "generale" e di "ammiraglio" sostituirono i ranghi funzionali di Kombrig, Komdiv, Komkor, Komandarm nell'Armata Rossa e di 1° Alfiere, ecc., nella Marina rossa; gli altri alti gradi funzionali ("commissario di divisione", "ingegnere di divisione", ecc.) rimasero inalterati. Le distinzioni d'arma o di servizio rimasero (ad esempio generale di cavalleria, maresciallo delle truppe corazzate) Per la maggior parte il nuovo sistema ripristinava quello utilizzato dall'esercito imperiale russo a conclusione della sua partecipazione nella prima guerra mondiale. Nel 1943 una riunificazione del sistema segnò l'abolizione di tutti i ranghi funzionali rimanenti. Venne introdotta ufficialmente la parola "ufficiale", insieme alle spalline che sostituirono le precedenti insegne sulle divise militari. I gradi e le insegne del 1943 non cambiarono molto fino agli ultimi giorni dell'URSS; l'esercito russo contemporaneo utilizza in gran parte lo stesso sistema. Educazione militare Durante la guerra civile i quadri comandanti vennero addestrati presso l'Accademia di stato maggiore Nicola dell'Impero russo, che divenne l'Accademia militare Frunze negli anni '20. Gli alti comandanti e i comandanti supremi vennero addestrati nei corsi accademici militari superiori, ribattezzati corsi avanzati per il comando supremo nel 1925. L'istituzione nel 1931 di una facoltà operativa presso l'Accademia militare Frunze completò questi corsi. L'Accademia di stato maggiore venne ripristinata il 2 aprile 1936 e divenne la principale scuola militare per i comandanti supremi e supremi dell'Armata Rossa. Purghe La fine degli anni '30 vide le epurazioni della leadership dell'Armata Rossa avvenute contemporaneamente alla Grande Purga della società sovietica di Stalin. Nel 1936 e nel 1937, per ordine di Stalin, migliaia di alti ufficiali dell'Armata Rossa vennero dimessi dai loro comandi. Le purghe avevano l'obiettivo di ripulire l'Armata Rossa dagli "elementi politicamente inaffidabili", principalmente tra gli ufficiali di grado superiore. Ciò fornì inevitabilmente un comodo pretesto per l'insediamento di vendette personali o per eliminare la concorrenza da parte di ufficiali che cercavano lo stesso comando. Molti comandanti d'armata, di corpo d'armata e di divisione vennero dimessi: la maggior parte vennero imprigionati o inviati nei campi di lavoro; altri vennero giustiziati. Tra le vittime c'era il principale teorico militare dell'Armata Rossa, il maresciallo Mikhail Tuchačevskij, che venne percepito da Stalin come un potenziale rivale politico. Gli ufficiali che rimasero scoprirono presto che tutte le loro decisioni venivano attentamente esaminate dagli ufficiali politici, anche in questioni banali come la tenuta dei registri e le esercitazioni di addestramento sul campo. Un'atmosfera di paura e riluttanza a prendere l'iniziativa presto pervase l'Armata Rossa; i tassi di suicidio tra gli ufficiali più giovani salirono a livelli record. Le epurazioni compromisero notevolmente le capacità di combattimento dell'Armata Rossa. Hoyt conclude che "il sistema di difesa sovietico è stato danneggiato fino all'incompetenza" e sottolinea "la paura in cui vivevano gli alti ufficiali". Clark dice che "Stalin non ha solo asportato il cuore dall'esercito, ma gli ha anche commesso un danno cerebrale". Lewin identifica tre seri effetti: la perdita di alti ufficiali esperti e ben addestrati; la sfiducia che causò nei potenziali alleati, in particolare nella Francia; e l'incoraggiamento che diede alla Germania. Dati recentemente declassificati indicano che nel 1937, al culmine delle Purghe, l'Armata Rossa contava 114.300 ufficiali, di cui 11.034 vennero dimessi. Nel 1938, l'Armata Rossa contava 179.000 ufficiali, il 56% in più rispetto al 1937, di cui altri 6.742 vennero dimessi. Nei gradi più alti dell'Armata Rossa le Purghe rimossero 3 marescialli su 5, 13 generali d'armata su 15, 8 ammiragli su 8, 50 generali di corpo d'armata su 57, 154 generali di divisione su 186, tutti i 16 commissari d'armata e 25 commissari di corpo d'armata su 28. Il risultato fu che il corpo degli ufficiali dell'Armata Rossa, nel 1941, aveva molti alti ufficiali inesperti. Mentre, nel giugno 1941, il 60% dei comandanti di reggimento e quasi l'80% dei comandanti di divisione fucilieri aveva due o più anni di esperienza di comando, solo il 20% dei comandanti di corpo d'armata e il 5% o meno dei comandanti d'armata e di distretto militare avevano lo stesso livello di esperienza. La crescita significativa dell'Armata Rossa durante il culmine delle epurazioni potrebbe aver peggiorato le cose. Nel 1937, l'Armata Rossa contava circa 1.3 milioni di uomini, aumentando quasi tre volte quel numero entro giugno 1941. La rapida crescita dell'esercito rese necessaria a sua volta la rapida promozione degli ufficiali, indipendentemente dall'esperienza o dall'addestramento. Vennero nominati allievi ufficiali per ricoprire i gradi della leadership superiore, molti dei quali non avevano esperienza. Questa azione a sua volta portò a molti posti disponibili al livello inferiore del corpo degli ufficiali, che vennero riempiti da neodiplomati delle accademie di servizio. Nel 1937, l'intera classe allievi di un'accademia si era diplomata un anno prima per occupare i posti vacanti nell'Armata Rossa. Colpiti dall'inesperienza e dalla paura delle rappresaglie, molti di questi nuovi ufficiali non riuscirono a impressionare il gran numero di arruolati in arrivo tra i ranghi; le denunce d'insubordinazione salirono in cima alle offese punite nel 1941 e potrebbero aver esacerbato i casi di soldati dell'Armata Rossa che disertarono le loro unità durante le fasi iniziali dell'offensiva tedesca di quell'anno. Nel 1940, Stalin iniziò a cedere, ripristinando il servizio di circa un terzo degli ufficiali precedentemente dimessi. Tuttavia, l'effetto delle purghe si sarebbe presto manifestato nella Guerra d'Inverno del 1940, dove le forze dell'Armata Rossa in genere si comportarono male contro l'esercito finlandese molto più piccolo, e successivamente durante l'invasione tedesca del 1941, in cui i tedeschi furono in grado di sconfiggere i difensori sovietici in parte a causa dell'inesperienza tra gli ufficiali sovietici. Crimini di guerra In Lituania, il personale dell'Armata Rossa derubò i negozi locali. In seguito alla caduta della Prussia orientale, i soldati sovietici compirono stupri su larga scala in Germania, particolarmente noti a Berlino fino all'inizio di maggio 1945. Erano spesso commessi da unità di retroguardia. Equipaggiamento All'inizio l'Armata Rossa era equipaggiata con i fucili Mosin-Nagant e le pistole Tokarev TT-33. Le armi pesanti erano la mitragliatrice PM M1910 "Maxim" e vari mortai. Durante l'inizio della seconda guerra mondiale si era tentato di produrre un fucile semiautomatico che sostituisse i Mosin-Nagant a otturatore girevole-scorrevole, l'SVT-38 e il suo successore, l'SVT-40; ma l'inizio dell'Operazione Barbarossa fece interrompere la produzione per tornare al Mosin-Nagant. Vennero prodotti vari mitra lungo il conflitto; il più diffuso era il PPŠ-41, che sostituiva il PPD-40. Le mitragliatrici più usate furono la DP-28, seguita dalla SG-43 Goryunov, la DŠK e l'RPD. Vi era bisogno di armi anticarro, quindi vennero costruiti i fucili anticarro PTRD-41 e PTRS-41. Finito il conflitto, l'equipaggiamento standard divenne l'AK-47, usato nelle sue infinite varianti, come il fucile da tiratore scelto: l'SVD Dragunov e la mitragliatrice RPK. In seguito vennero tutte le loro derivazioni. Carri armati e mezzi corazzati All'inizio della guerra civile l'Armata Rossa aveva in dotazione alcuni carri ippotrainati, ma subito si tentò di produrne di moderni, basandosi principalmente sui modelli francesi. Nacque così il T-18. Ad esso seguirono il carro leggero T-26, impiegato nella guerra civile spagnola, dove sortiva lo stesso effetto che avrebbe fatto il Tiger nella guerra successiva. Vi erano il tankette T-27 e il carro armato medio T-28. C'erano poi i carri leggeri BT, le autoblindo BA-10 e BA-20 e insieme a loro il colosso multitorretta T-35. Fu durante il secondo conflitto mondiale che l'Unione Sovietica divenne leader mondiale dei carri armati, grazie al carro medio T-34, il carro pesante KV e i carri leggeri T-60 e T-70. I cacciacarri erano i SU-85 e il SU-100. Insieme a loro vi erano i semoventi SU-76, SU-122 e SU-152. Fu verso la fine della guerra che vennero sviluppati il carro medio T-34/85 e il carro pesante IS-2, ideati per combattere i Panzer e Tiger tedeschi. Armamento dopo la seconda guerra mondiale Alla fine della seconda guerra mondiale, nel febbraio 1946 la denominazione venne cambiata in Sovetskaja Armija. L'esperienza maturata nella guerra patriottica aveva dato ai sovietici grande fiducia nelle forze corazzate e nell'immediato dopoguerra vennero messi in produzione gli ottimi carri T-54/55, che durarono per tutta la metà finale degli anni quaranta e gli anni cinquanta. Fu sostituito dal T-62, a sua volta rimpiazzato dal T-64, dal T-72 e dal T-80. Nel 1957 l'Arma della fanteria venne sciolta e trasformata in fanteria motorizzata e le forze corazzate costituita da truppe meccanizzate e corazzate, con il corpo della fanteria meccanizzata che divenne il fulcro dell'Armata Sovietica. Per quanto riguarda i mezzi da trasporto truppe e i veicoli da combattimento della fanteria, durante la seconda guerra l'Unione Sovietica non aveva gli autocarri sufficienti per spostare le sue enormi truppe. Le vennero quindi forniti dagli Stati Uniti. Nel dopoguerra si cercò già dall'inizio di produrre mezzi da trasporto dal quale si potesse anche combattere senza scendere a terra. Vennero allora create le serie BRMD, BTR e BMP, tutte famiglie di mezzi da trasporto truppe, anche se potevano essere impiegati in molti altri ruoli. Dopo il 1956, il premier Nikita Chruščёv ha ridotto le forze di terra per costruire le forze missilistiche strategiche, enfatizzando le capacità nucleari delle forze armate e nel 1957, il maresciallo Žukov perse il suo posto al Politburo, per essersi opposto a queste riduzioni nelle forze terrestri. Cultura Tra i canti popolari dedicati ai soldati sovietici c'è la Marcia dei carristi sovietici (in russo: Марш советских танкистов), canto popolare. Oppure "Katjuša" un canto popolare sulla guerra dalla quale il lancia-missili Katjuša prese il nome. Altre "Armate Rosse" Erano comunemente chiamati "Armata Rossa" anche gli eserciti, derivati dalla presa del potere politico da parte di forze rivoluzionarie guerrigliere e partigiane, della Baviera sovietica, della Cina maoista, della Jugoslavia titina e altre. Nella resistenza rumena, prese il nome di "Armata Rossa" un gruppo di partigiani, che poco prima della fine della guerra confluì nell'altra formazione chiamata Bandiera Rossa, di assai più rilevante consistenza numerica. Note Bibliografia Voci correlate Guerra civile russa Guerra d'inverno Rivoluzione d'ottobre Rivoluzione russa Unione Sovietica Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale Crimini di guerra sovietici Crimini nazisti contro i prigionieri di guerra sovietici Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aree%20protette%20dell%27Australia%20Occidentale
Aree protette dell'Australia Occidentale
Aree protette dell'Australia Occidentale Parchi nazionali Parco nazionale Alexander Morrison Parco nazionale Avon Valley Parco nazionale di Badgingarra Parco nazionale Beedelup Parco nazionale Beelu Parco nazionale Boorabin Parco nazionale Brockman Parco nazionale Cape Arid Parco nazionale Cape Le Grand Parco nazionale Cape Range Parco nazionale Collier Range Parco nazionale D'Entrecasteaux Parco nazionale delle grotte di Drovers Parco nazionale del fiume Drysdale Parco nazionale Eucla Parco nazionale del fiume Fitzgerald Parco nazionale Francois Peron Parco nazionale Frank Hann Parco nazionale Geikie Gorge Parco nazionale Gloucester Parco nazionale Goongarrie Parco nazionale Gooseberry Hill Parco nazionale Greenmount Parco nazionale Gull Rock Parco nazionale Hassell Parco nazionale Hidden Valley Parco nazionale John Forrest Parco nazionale Kalamunda Parco nazionale Kalbarri Parco nazionale Karijini Parco nazionale Leeuwin-Naturaliste Parco nazionale Lesueur Parco nazionale marino di Marmion Parco nazionale Millstream-Chichester Parco nazionale Mirima Parco nazionale del fiume Mitchell Parco nazionale del fiume Moore Parco nazionale del monte Augustus Parco nazionale del monte Frankland Parco nazionale di Nambung Parco nazionale Neerabup Parco nazionale Peak Charles Parco nazionale Porongurup Parco nazionale Purnululu Parco nazionale Scott Parco nazionale Serpentine Parco nazionale Shannon Parco nazionale Sir James Mitchell Parco nazionale Stirling Range Parco nazionale Stokes Parco nazionale Torndirrup Parco nazionale Tuart Forest Parco nazionale Tunnel Creek Parco nazionale Walpole-Nornalup Parco nazionale Walyunga Parco nazionale Warren Parco nazionale Watheroo Parco nazionale Waychinicup Parco nazionale West Cape Howe Parco nazionale William Bay Parco nazionale Windjana Gorge Parco nazionale Wolfe Creek Meteorite Crater Parco nazionale Yalgorup Parco nazionale Yanchep Parchi naturali regionali Riserva naturale regionale di Beeliar Riserva naturale regionale del fiume Canning Riserva naturale regionale di Darling Range Riserva naturale regionale del Lago Herdsman Riserva naturale regionale dei Laghi Rockingham Riserva naturale regionale di Woodman Point Riserva naturale regionale di Yellagonga Riserve Lane-Poole Reserve Monkey Mia Reserve Riserve Marine Hamelin Pool Marine Nature Reserve Ningaloo Marine Park Rowley Shoals Marine Park Shark Bay Marine Park Shoalwater Islands Marine Park Swan Estuary Marine Park Altro Dryandra Woodland Kennedy Range National Two Peoples Bay Altri progetti Australia Occidentale Liste di aree protette
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https://it.wikipedia.org/wiki/ASCII
ASCII
ASCII (acronimo di American Standard Code for Information Interchange, letteralmente "codice standard americano per lo scambio di informazioni") è un codice per la codifica di caratteri. La prima edizione dello standard ASCII è stata pubblicata dall'American National Standards Institute (ANSI) nel 1963, quindi il codice ha subito un'importante revisione nel 1968. L'aggiornamento più recente risale al 1986. In italiano viene pronunciato aschi o asci , mentre la pronuncia originale inglese è askey . L'asteroide 3568 ASCII prende il nome da questa codifica dei caratteri. Storia Con US-ASCII si intende un sistema di codifica dei caratteri a 8 bit, comunemente utilizzato nei calcolatori, proposto dall'ingegnere dell'IBM Bob Bemer nel 1961, e successivamente accettato come standard dall'ISO, con il nome di ISO/IEC 646. Alla specifica iniziale basata su codici di 7 bit fecero seguito negli anni molte proposte di estensione ad 8 bit, con lo scopo di raddoppiare il numero di caratteri rappresentabili. Nei PC IBM si fa per l'appunto uso di una di queste estensioni, ormai standard de facto, chiamata extended ASCII o high ASCII. In questo ASCII esteso, i caratteri aggiunti sono ad esempio vocali accentate, simboli semigrafici e altri simboli di uso meno comune, pensati anche per adattarsi alle specificità delle diverse lingue. I caratteri di ASCII esteso sono codificati nei cosiddetti codepage. ASCII ed UTF-8 Lo standard successore di ASCII è l'UTF-8, che è diventato la codifica principale di Unicode per internet secondo il W3C, che pur non impedendo altre codifiche (purché correttamente dichiarate), lo consiglia e lo usa quasi sistematicamente negli esempi del suo sito, fornendo anche le istruzioni per convertire i documenti (cosa che non fornisce per tutte le codifiche). Questa codifica di Unicode, che ormai è universalmente accettata da ogni nuovo programma, offre caratteristiche interessanti grazie al fatto di sfruttare il bit di controllo del vecchio ASCII in modo più efficiente. Se da una parte lo prepara per la pensione, UTF-8 in un certo senso ha reso molto più longevo l'ASCII, inglobandolo in una codifica più adatta alle esigenze attuali. Infatti le comunicazioni sono in centinaia di lingue, ed inoltre diverse lingue possono convivere in uno stesso documento, o in uno stesso programma: si pensi ai software di messaggistica istantanea che possono contenere contatti da varie parti del mondo dei quali visualizzare correttamente i nomi. UTF-8 infatti si distingue dalle altre codifiche Unicode perché sfrutta il vecchio bit di parità di ASCII, non come bit di controllo, bensì come indicatore: analizza ogni byte, e se al posto del vecchio bit di parità c'è 0, allora il byte sarà letto come ASCII a 7 bit e teoricamente compatibile anche con programmi obsoleti; se però il byte corrente inizia con 1, allora sarà concatenato al byte successivo (o ai successivi, in realtà il meccanismo è un poco più complesso). In tal modo riesce ad includere tutti gli alfabeti delle lingue viventi, di alcune morte e potenzialmente può essere esteso per rappresentarne ancora altri (infatti spesso viene aggiornato). Il vantaggio è che è possibile scrivere un testo in Italiano ed usare un numero di byte di poco maggiore rispetto ad una codifica di ASCII esteso (solo le lettere accentate occuperanno 4 byte); un testo in lingua Cinese avrà ogni carattere di tre byte, con numeri, lettere, punteggiatura ed altri eventuali caratteri ASCII presenti nel testo di un solo byte. Tabella dei caratteri La tabella seguente è relativa al codice US ASCII, ANSI X3.4-1986 (ISO 646 International Reference Version). I codici decimali da 0 a 31 e il 127 sono caratteri non stampabili (caratteri di controllo). Il 32 corrisponde al carattere di "spazio". I codici dal 32 al 126 sono caratteri stampabili. Non stampabili Stampabili ASCII art Esiste anche un tipo di arte, chiamata ASCII art, che consiste nel creare immagini con i caratteri dell'alfabeto ottenendo una grossolana scala di grigi sfruttando il riempimento del carattere. Note Bibliografia Voci correlate ASCII esteso ASCII art Unicode UTF-8 Altri progetti Collegamenti esterni Repertori di caratteri
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https://it.wikipedia.org/wiki/AASA
AASA
American Association of School Administrators Architectural Association School of Architecture Australian Auto Sport Alliance Automobile Association of South Africa
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https://it.wikipedia.org/wiki/Automa%20%28informatica%29
Automa (informatica)
In teoria dei sistemi dinamici, un automa è un sistema dinamico discreto (nella scansione del tempo e nella descrizione del suo stato) e tempo-invariante (il sistema si comporta alla stessa maniera indipendentemente dall'istante di tempo in cui agisce). Quando l'automa si trova in un dato stato, esso può accettare solo un sottoinsieme dei simboli del suo alfabeto. L'evoluzione di un automa parte da un particolare stato detto stato iniziale. Un sottoinsieme privilegiato dei suoi stati è detto insieme degli stati finali o marcati. In genere gli automi sono deterministici, ovvero dato uno stato ed un simbolo in ingresso è possibile una sola transizione. Esistono comunque anche automi non deterministici, o stocastici. Descrizione Automi e linguaggi Gli automi sono spesso utilizzati per descrivere linguaggi formali in informatica teorica, e per questo sono chiamati accettori o riconoscitori di un linguaggio. L'insieme dei possibili simboli che possono essere forniti ad un automa costituisce il suo alfabeto. Una sequenza di simboli (detta anche stringa o parola) appartiene al linguaggio se essa viene accettata dal corrispondente automa, ovvero se porta l'automa in uno stato valido, che sia lo stesso o un altro stato. Un sottoinsieme del linguaggio riconosciuto, chiamato linguaggio marcato porta l'automa dal suo stato iniziale ad uno stato finale o marcato. A diverse classi di automi corrispondono diverse classi di linguaggi, caratterizzate da diversi livelli di complessità. Un automa può quindi riconoscere più linguaggi (produzione di più sequenze). Automi con blocchi Esistono principalmente due tipi di blocchi: deadlock e livelock. Il primo avviene quando si giunge in uno stato che non rientra fra gli stati finali e ha Γ={Φ}, ovvero in cui non ci sono uscite. Un livelock si verifica invece quando si giunge all'interno di un insieme di stati, nessuno dei quali è uno stato finale o uno stato di blocco, da cui non è più possibile uscire. La presenza di questi blocchi si può individuare con algoritmi che operano sui riguardanti i digrafi sottostanti. Operazioni con automi Esistono operazioni che si possono effettuare su un singolo automa o su più automi. Tra le prime possiamo citare: l'accessibilità, la coaccessibilità, il trim e il complemento. Tra le composizioni di automi si trova il prodotto e la composizione in parallelo. Quest'ultima è particolarmente utile quando si vuole costruire il modello di un sistema molto complesso andando a combinare le sue singole parti. Classificazione degli automi Elenchiamo una classificazione dei vari tipi di automi, elencati per capacità crescente. Una sintesi è riportata nella tabella presente nella pagina. Automi a stati finiti Gli automi a stati finiti sono dotati di un insieme finito di stati, scandiscono una stringa di simboli in ingresso (simbolo per simbolo) in maniera ordinata per decidere se essa appartenga o meno ad un linguaggio. Formalmente tali automi sono delle quintuple, (Q, I, f, q0, F ), formate da un alfabeto finito dei simboli in ingresso (I), un insieme finito di stati (Q) tra cui si distingue uno stato iniziale (q0) ed un sottoinsieme di stati, detti finali (F), ed una funzione di transizione (f). Tale funzione, descritta mediante una tabella di transizione degli stati, o un multidigrafo, è definita per coppie (stato corrente, simbolo scandito) e stabilisce la transizione da compiere, ossia lo stato in cui si transita leggendo il dato simbolo. Il funzionamento dell'automa può essere così descritto: partendo dallo stato iniziale e dal primo simbolo della stringa in ingresso si decide in base alla funzione di transitare in un determinato stato (potrebbe anche essere lo stesso stato); finché esiste un altro simbolo nella stringa da scandire si opera alla stessa maniera fino ad esaurire la stringa in ingresso; la stringa si dirà accettata se si giunge in uno stato appartenente al sottoinsieme degli stati finali. Tali automi sono in grado di riconoscere i linguaggi regolari. Automi con output Tale classe di automi a stati finiti può associare l'emissione di simboli appartenenti ad un altro alfabeto detto di output. Questi automi vengono chiamati macchina di Moore o macchina di Mealy, a seconda che l'output sia associato agli stati (caso più particolare), o alle transizioni fra stati. ω-automi Gli ω-automi sono particolari automi a stati finiti che accettano input di lunghezza infinita. Sono un'astrazione particolarmente utile nel campo dei metodi formali, in particolare per le tecniche model checking. Un noto esempio di ω-automa è l'automa di Büchi. Automi a pila Gli automi possono anche essere dotati di memoria supplementare (rispetto ai soli stati) ad esempio nella forma di una pila (push down automata). Tali automi sono in grado di riconoscere una classe più ampia di linguaggi rispetto agli automi a stati finiti, come quella dei linguaggi liberi dal contesto. Lo stato degli automi a pila è costituita da una pila di simboli. Solo il simbolo in cima alla pila in un dato momento è accessibile e può essere letto. Le transizioni negli automi a pila dipendono dal simbolo in ingresso e dal simbolo in cima alla pila; una transizione può comportare il deposito di un nuovo simbolo in cima alla pila e/o l'emissione di un simbolo in uscita. Gli automi a pila sono un sovrainsieme di quelli a stati finiti. Automi lineari limitati Un automa lineare limitato (in inglese linear bounded automata, LBA) è una particolare macchina di Turing non deterministica, nella quale la lunghezza del nastro è funzione lineare della dimensione dell'input. Questi automi sono in grado di accettare linguaggi dipendenti dal contesto generati da grammatiche dipendenti dal contesto (o di Tipo-1 secondo la gerarchia di Chomsky). Macchine di Turing Il massimo livello di complessità di un automa è raggiunto dalla macchina di Turing, modello che generalizza gli automi a pila (e a fortiori gli automi a stati finiti). Un sottoassieme di macchine di Turing è costituito dalle Macchine che terminano sempre, o decider nella terminologia inglese, che sono macchine per le quali è sempre garantita la terminazione della computazione, per qualunque input. Automi non deterministici Vengono studiati anche automi non deterministici, ovvero nei quali dato uno stato dell'automa ed un simbolo in ingresso è possibile più di una transizione. Questi hanno una utilità concettuale nella Teoria della complessità algoritmica. Bibliografia Voci correlate Informatica Linguaggio formale Multidigrafo Automa a stati finiti Macchina astratta Altri progetti Collegamenti esterni Teoria dei linguaggi formali Modelli di calcolo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Apprendimento%20automatico
Apprendimento automatico
Lapprendimento automatico (anche detto machine learning in inglese, abbreviato in ML) è una branca dell'intelligenza artificiale che raccoglie metodi sviluppati negli ultimi decenni del XX secolo in varie comunità scientifiche, sotto diversi nomi quali: statistica computazionale, riconoscimento di pattern, reti neurali artificiali, filtraggio adattivo, teoria dei sistemi dinamici, elaborazione delle immagini, data mining, algoritmi adattivi, ecc; che utilizza metodi statistici per migliorare la performance di un algoritmo nell'identificare pattern nei dati. Nell'ambito dell'informatica, l'apprendimento automatico è una variante alla programmazione tradizionale nella quale in una macchina si predispone l'abilità di apprendere qualcosa dai dati in maniera autonoma, senza istruzioni esplicite. Gli algoritmi di apprendimento automatico sono utilizzati in un'ampia varietà di branche del sapere, come la medicina, il filtraggio delle e-mail, il riconoscimento vocale e la visione artificiale, dove è difficile o non fattibile sviluppare algoritmi convenzionali per eseguire i compiti richiesti. Arthur Samuel, che coniò il termine nel 1959, in linea di principio identifica due approcci distinti. Il primo metodo, indicato come rete neurale, sviluppa macchine ad apprendimento automatico per impiego generale il cui comportamento è appreso da una rete di commutazione connessa casualmente, a seguito di una routine di apprendimento basata su ricompensa e punizione (apprendimento per rinforzo). Il secondo metodo, più specifico, consiste nel riprodurre l'equivalente di una rete altamente organizzata progettata per imparare solo attività specifiche. La seconda procedura, che necessita di supervisione e richiede la riprogrammazione per ogni nuova applicazione, è molto più efficiente dal punto di vista computazionale. L'apprendimento automatico è strettamente legato al riconoscimento di pattern e alla teoria computazionale dell'apprendimento ed esplora lo studio e la costruzione di algoritmi che possano apprendere da un insieme di dati e fare delle predizioni su questi, costruendo in modo induttivo un modello basato su dei campioni. L'apprendimento automatico viene impiegato in quei campi dell'informatica nei quali progettare e programmare algoritmi espliciti è impraticabile; tra le possibili applicazioni citiamo il filtraggio delle email per evitare spam, l'individuazione di intrusioni in una rete o di intrusi che cercano di violare dati, il riconoscimento ottico dei caratteri, i motori di ricerca e la visione artificiale. L'apprendimento automatico è collegato, e spesso si sovrappone, alla statistica computazionale, che si occupa dell'elaborazione di predizioni tramite l'uso di computer. L'apprendimento automatico è anche fortemente legato all'ottimizzazione matematica, che fornisce metodi, teorie e domini di applicazione a questo campo. Per usi commerciali, è conosciuto come analisi predittiva. Storia L'apprendimento automatico si sviluppa con lo studio dell'intelligenza artificiale, e vi è strettamente collegato: infatti già dai primi tentativi di definire l'intelligenza artificiale come disciplina accademica, alcuni ricercatori si erano mostrati interessati alla possibilità che le macchine imparassero dai dati. Questi ricercatori, in particolare Marvin Minsky, Arthur Samuel e Frank Rosenblatt, provarono ad avvicinarsi al problema sia attraverso vari metodi formali, sia con quelle che vengono definite reti neurali nei tardi anni '50. Le reti neurali erano allora costituite da singoli percettroni e da modelli matematici derivati dal modello lineare generalizzato della statistica, come l'ADALINE di Widrow. Si provò a sfruttare anche ragionamenti probabilistici, in particolare nelle diagnosi mediche automatiche. Sempre negli anni '50, Alan Turing propose l'idea di una macchina che apprende, ovvero in grado di imparare e dunque diventare intelligente. La proposta specifica di Turing anticipa gli algoritmi genetici. Tuttavia già dalla metà degli anni '50 lo studio dell'intelligenza artificiale si stava concentrando su approcci logici di tipo knowledge-based, nota oggi sotto il nome di GOFAI, causando un distacco tra lo studio dell'IA e quello dell'apprendimento automatico. Sistemi di tipo probabilistico erano invasi di problemi sia teoretici sia pratici in termini di acquisizione e rappresentazione dei dati. Negli anni Ottanta, i sistemi esperti dominavano il campo dell'IA, e i sistemi basati sulla statistica non venivano più studiati. Lo studio dell'apprendimento simbolico e knowledge-based continuò nell'ambito dell'IA, portando a sviluppare la programmazione logica induttiva, ma ora la ricerca più prettamente statistica si svolgeva al di fuori del campo vero e proprio dell'intelligenza artificiale, nel riconoscimento di pattern e nell'information retrieval. Un altro motivo per cui lo studio dell'apprendimento automatico fu abbandonato fu la pubblicazione del libro Perceptrons: an introduction to computational geometry di Marvin Minsky e Seymour Papert, che vi descrivevano alcune delle limitazioni dei percettroni e delle reti neurali. La ricerca sulle reti neurali subì un significativo rallentamento a causa dell'interpretazione del libro, che le descriveva come intrinsecamente limitate. Anche la linea di ricerca sulle reti neurali continuò al di fuori del campo dell'IA, portata avanti da ricercatori provenienti da altre discipline quali Hopfield, Rumelhart, Hinton e Fukushima. Il loro successo principale fu a metà degli anni '80 con la riscoperta della backpropagation e della self-organization. L'apprendimento automatico, sviluppatosi come campo di studi separato dall'IA classica, cominciò a rifiorire negli anni '90. Il suo obiettivo cambiò dall'ottenere l'intelligenza artificiale ad affrontare problemi risolvibili di natura pratica. Distolse inoltre la propria attenzione dagli approcci simbolici che aveva ereditato dall'IA, e si diresse verso metodi e modelli presi in prestito dalla statistica e dalla teoria della probabilità. L'apprendimento automatico ha inoltre beneficiato dalla nascita di Internet, che ha reso l'informazione digitale più facilmente reperibile e distribuibile. Un teorema pubblicato nell'agosto 2022 ha dimostrato che, nel caso di un computer quantistico, per una vasta classe di problemi è errata l'ipotesi secondo cui la dimensione del campione di dati che deve essere processato dalla macchina ad apprendimento automatico sia descritta da uno spazio di Hilbert che cresce esponenzialmente col numero di qubit addestrati. Ad esempio, per vari anni si è ipotizzato che per addestrare 30 qubit fosse necessario un miliardo di punti-dato. La quantità di dati che è necessario elaborare è significativamente inferiore e rende possibile eseguire la compilazione e l'addestramento del modello ad apprendimento automatico direttamente su un computer classico. Generalità Tom M. Mitchell ha fornito la definizione più citata di apprendimento automatico nel suo libro "Machine Learning": "Si dice che un programma apprende dall'esperienza E con riferimento a alcune classi di compiti T e con misurazione della performance P, se le sue performance nel compito T, come misurato da P, migliorano con l'esperienza E." In poche parole, si potrebbe semplificare dicendo che un programma apprende se c'è un miglioramento delle prestazioni dopo un compito svolto. Questa definizione di Mitchell è rilevante poiché fornisce una definizione operativa dell'apprendimento automatico, invece che in termini cognitivi. Fornendo questa definizione, Mitchell di fatto segue la proposta che Alan Turing fece nel suo articolo "Computing Machinery and Intelligence", sostituendo la domanda "Le macchine possono pensare?" con la domanda "Le macchine possono fare quello che noi (in quanto entità pensanti) possiamo fare?". Teoria dell'apprendimento L'obiettivo principe dell'apprendimento automatico è che una macchina sia in grado di generalizzare dalla propria esperienza, ossia che sia in grado di svolgere ragionamenti induttivi. In questo contesto, per generalizzazione si intende l'abilità di una macchina di portare a termine in maniera accurata esempi o compiti nuovi, che non ha mai affrontato, dopo aver fatto esperienza su un insieme di dati di apprendimento. Gli esempi di addestramento (in inglese chiamati training examples) si assume provengano da una qualche distribuzione di probabilità, generalmente sconosciuta e considerata rappresentativa dello spazio delle occorrenze del fenomeno da apprendere; la macchina ha il compito di costruire un modello probabilistico generale dello spazio delle occorrenze, in maniera tale da essere in grado di produrre previsioni sufficientemente accurate quando sottoposta a nuovi casi. L'analisi computazionale degli algoritmi di apprendimento automatico e delle loro prestazioni è una branca dell'Informatica teorica chiamata teoria dell'apprendimento. Dato che gli esempi di addestramento sono insiemi finiti di dati e non c'è modo di sapere l'evoluzione futura di un modello, la teoria dell'apprendimento non offre alcuna garanzia sulle prestazioni degli algoritmi. D'altro canto, è piuttosto comune che tali prestazioni siano vincolate da limiti probabilistici. Il bias-variance tradeoff è uno dei modi di quantificare l'errore di generalizzazione. Affinché la generalizzazione offra le migliori prestazioni possibili, la complessità dell'ipotesi induttiva deve essere pari alla complessità della funzione sottostante i dati. Se l'ipotesi è meno complessa della funzione, allora il modello manifesta underfitting. Quando la complessità del modello viene aumentata in risposta, allora l'errore di apprendimento diminuisce. Al contrario invece se l'ipotesi è troppo complessa, allora il modello manifesta overfitting e la generalizzazione sarà più scarsa. Oltre ai limiti di prestazioni, i teorici dell'apprendimento studiano la complessità temporale e la fattibilità dell'apprendimento stesso. Una computazione è considerata fattibile se può essere svolta in tempo polinomiale. Tipi di problemi e compiti I compiti dell'apprendimento automatico vengono tipicamente classificati in tre ampie categorie, a seconda della natura del "segnale" utilizzato per l'apprendimento o del "feedback" disponibile al sistema di apprendimento. Queste categorie, anche dette paradigmi, sono: apprendimento supervisionato, in cui al modello vengono forniti degli esempi nella forma di possibili input e i rispettivi output desiderati e l'obiettivo è quello di estrarre una regola generale che associ l'input all'output corretto; apprendimento non supervisionato, in cui il modello ha lo scopo di trovare una struttura negli input forniti, senza che gli input vengano etichettati in alcun modo; apprendimento per rinforzo, in cui il modello interagisce con un ambiente dinamico nel quale cerca di raggiungere un obiettivo (per esempio guidare un veicolo), avendo un insegnante che gli dice solo se ha raggiunto l'obiettivo. Un altro esempio è quello di imparare a giocare un gioco giocando contro un avversario. A metà strada tra l'apprendimento supervisionato e quello non supervisionato c'è l'apprendimento semi-supervisionato, nel quale l'insegnante fornisce un dataset incompleto per l'allenamento, cioè un insieme di dati per l'allenamento tra i quali ci sono dati senza il rispettivo output desiderato. La trasduzione è un caso speciale di questo principio, nel quale l'intero insieme delle istanze del problema è noto durante l'apprendimento, eccetto la parte degli output desiderati che è mancante. Un'altra categorizzazione dei compiti dell'apprendimento automatico si rileva quando si considera l'output desiderato del sistema di apprendimento automatico. Nella classificazione, gli output sono divisi in due o più classi e il sistema di apprendimento deve produrre un modello che assegni gli input non ancora visti a una o più di queste. Questo viene affrontato solitamente in maniera supervisionata. Il filtraggio anti-spam è un esempio di classificazione, dove gli input sono le email e le classi sono "spam" e "non spam". Nella regressione, che è anch'essa un problema supervisionato, l'output e il modello utilizzati sono continui. Un esempio di regressione è la determinazione della quantità di olio presente in un oleodotto, avendo le misurazioni dell'attenuazione dei raggi gamma che passano attraverso il condotto. Un altro esempio è la predizione del valore del tasso di cambio di una valuta nel futuro, dati i suoi valori in tempi recenti. Nel clustering un insieme di input viene diviso in gruppi. Diversamente da quanto accade per la classificazione, i gruppi non sono noti prima, rendendolo tipicamente un compito non supervisionato. Un tipico esempio di clustering è l'analisi del comportamento degli utenti di un sito web. Statistica e apprendimento automatico L'apprendimento automatico e la statistica sono discipline strettamente collegate. Secondo Michael I. Jordan, le idee dell'apprendimento automatico, dai principi metodologici agli strumenti teorici, sono stati sviluppati prima in statistica. Jordan ha anche suggerito il termine data science come nome con cui chiamare l'intero campo di studi. Leo Breiman ha distinto due paradigmi statistici di modellazione: modello basato sui dati e modello basato sugli algoritmi, dove "modello basato sugli algoritmi" indica approssimativamente algoritmi di apprendimento automatico come la foresta casuale. Alcuni statistici hanno adottato metodi provenienti dall'apprendimento automatico, il che ha portato alla creazione di una disciplina combinata chiamata "apprendimento statistico". Data mining e apprendimento automatico L'apprendimento automatico viene a volte unito al data mining, che si focalizza maggiormente sull'analisi esplorativa dei dati ed utilizza principalmente il paradigma di apprendimento chiamato "apprendimento non supervisionato". Invece, l'apprendimento automatico può essere anche supervisionato. L'apprendimento automatico e il data mining infatti si sovrappongono in modo significativo, ma mentre l'apprendimento automatico si concentra sulla previsione basata su proprietà note apprese dai dati, il data mining si concentra sulla scoperta di proprietà prima sconosciute nei dati. Il data mining sfrutta i metodi dell'apprendimento automatico, ma con obiettivi differenti; d'altro canto, l'apprendimento automatico utilizza i metodi di data mining come metodi di apprendimento non supervisionato o come passi di preprocessing per aumentare l'accuratezza dell'apprendimento. Gran parte della confusione tra le due comunità di ricerca scaturisce dall'assunzione di base del loro operato: nell'apprendimento automatico, le prestazioni sono generalmente valutate in base all'abilità di riprodurre conoscenza già acquisita, mentre in data mining il compito chiave è la scoperta di conoscenza che prima non si aveva. Ottimizzazione e apprendimento automatico L'apprendimento automatico ha legami molto stretti con l'ottimizzazione: molti problemi di apprendimento sono formulati come la minimizzazione di una qualche funzione di costo su un insieme di esempi di apprendimento. La funzione di costo (o funzione di perdita) rappresenta la discrepanza tra le previsioni del modello che si sta addestrando e le istanze del problema reale. Le differenze tra i due campi (l'apprendimento automatico e l'ottimizzazione) sorgono dall'obiettivo della generalizzazione: mentre gli algoritmi di ottimizzazione possono minimizzare la perdita su un insieme di apprendimento, l'apprendimento automatico si preoccupa di minimizzare la perdita su campioni mai visti dalla macchina. Soft computing e apprendimento automatico La risoluzione automatica di problemi avviene, nel campo dell'informatica, in due modi differenti: tramite paradigmi di hard computing o tramite paradigmi di soft computing. Per hard computing si intende la risoluzione di un problema tramite l'esecuzione di un algoritmo ben definito e decidibile. La maggior parte dei paradigmi di hard computing sono metodi ormai consolidati, ma presentano alcuni lati negativi: infatti richiedono sempre un modello analitico preciso e definibile, e spesso un alto tempo di computazione. Le tecniche di soft computing d'altro canto antepongono il guadagno nella comprensione del comportamento di un sistema a scapito della precisione, spesso non necessaria. I paradigmi di soft computing si basano su due principi: L'apprendimento a partire da dati sperimentali; L'integrazione di conoscenza umana, strutturata e preesistente, all'interno di modelli matematici computabili. L'apprendimento automatico si avvale delle tecniche di soft computing. Approcci Programmazione logica induttiva La programmazione logica induttiva (anche ILP, dall'inglese inductive logic programming) è un approccio all'apprendimento di regole che usa la programmazione logica come rappresentazione uniforme per gli esempi di input, per la conoscenza di base della macchina, e per le ipotesi. Data una codifica della (nota) conoscenza di base e un insieme di esempi rappresentati come fatti in una base di dati logica, un sistema ILP deriva un programma logico ipotetico da cui conseguono tutti gli esempi positivi, e nessuno di quelli negativi. La programmazione induttiva è un campo simile che considera ogni tipo di linguaggio di programmazione per rappresentare le ipotesi invece che soltanto la programmazione logica, come ad esempio programmi funzionali. Albero di decisione L'albero di decisione è un metodo di apprendimento per approssimazione di una funzione obiettivo discreta in cui l'elemento che apprende è rappresentato da un albero di decisione. Gli alberi di decisione possono essere rappresentati da un insieme di regole if-else per migliorare la leggibilità umana. Regole di associazione L'apprendimento automatico basato su regole di associazione è un metodo di apprendimento che identifica, apprende ed evolve delle "regole" con l'intento di immagazzinare, manipolare e applicare conoscenza. La caratteristica principale di questo tipo di apprendimento è l'identificazione ed utilizzo di un insieme di regole relazionali che rappresenta nel suo insieme la conoscenza catturata dal sistema. Ciò si pone in controtendenza con altri tipi di apprendimento automatico che normalmente identificano un singolo modello che può essere applicato universalmente ad ogni istanza per riuscire a fare su di essa una previsione. Gli approcci dell'apprendimento basato su regole di associazione includono il sistema immunitario artificiale. Reti neurali artificiali Una rete neurale artificiale è un sistema adattivo che cambia la sua struttura basata su informazioni esterne o interne che scorrono attraverso la rete durante la fase di apprendimento. In termini pratici le reti neurali sono strutture non-lineari di dati statistici organizzate come strumenti di modellazione. Esse possono essere utilizzate per simulare relazioni complesse tra ingressi e uscite che altre funzioni analitiche non riescono a rappresentare. Inoltre esse sono robuste agli errori presenti nei dati di addestramento. Programmazione genetica Gli algoritmi genetici forniscono un approccio all'apprendimento che è liberamente ispirato all'evoluzione simulata. La ricerca di una soluzione del problema inizia con una popolazione di soluzioni iniziale. I membri della popolazione attuale danno luogo a una popolazione di nuova generazione per mezzo di operazioni quali la mutazione casuale e crossover, che sono modellati sui processi di evoluzione biologica. Ad ogni passo, le soluzioni della popolazione attuale sono valutate rispetto a una determinata misura di fitness, con le ipotesi più adatte selezionate probabilisticamente come semi per la produzione della prossima generazione. Gli algoritmi genetici sono stati applicati con successo a una varietà di compiti di apprendimento e di altri problemi di ottimizzazione. Ad esempio, essi sono stati usati per imparare raccolte di norme per il controllo del robot e per ottimizzare la topologia dei parametri di apprendimento per reti neurali artificiali. Reti bayesiane Il ragionamento bayesiano fornisce un approccio probabilistico di inferenza. Esso si basa sul presupposto che le quantità di interesse sono disciplinate da distribuzioni di probabilità e che le decisioni ottimali possono essere prese a seguito dell'analisi di queste probabilità insieme ai dati osservati. Nell'ambito dell'apprendimento automatico, la teoria Bayesiana è importante perché fornisce un approccio quantitativo per valutare le prove a sostegno dell'ipotesi alternativa. Il Ragionamento bayesiano fornisce la base per l'apprendimento negli algoritmi che manipolano direttamente le probabilità. Macchine a vettori di supporto Macchine a vettori di supporto (Support Vector Machine, SVM) sono un insieme di metodi di apprendimento supervisionato usati per la classificazione e la regressione di pattern. Dato un insieme di esempi di addestramento, ciascuno contrassegnato come appartenente a due possibili categorie, un algoritmo di addestramento SVM costruisce un modello in grado di prevedere a quale categoria deve appartenere un nuovo esempio di input. Apprendimento profondo La discesa dei prezzi per l'hardware e lo sviluppo di GPU per uso personale negli ultimi anni hanno contribuito allo sviluppo del concetto di apprendimento profondo, che consiste nello sviluppare livelli nascosti multipli nelle reti neurali artificiali. Questo approccio tenta di modellizzare il modo in cui il cervello umano processa luce e suoni e li interpreta in vista e udito. Alcune delle applicazioni più affermate dell'apprendimento profondo sono la visione artificiale e il riconoscimento vocale. Tecniche non supervisionate Clustering La cluster analisi, o clustering, è in grado di rilevare similarità strutturali tra le osservazioni di un dataset attraverso l'assegnazione di un insieme di osservazioni in sottogruppi (cluster) di elementi tra loro omogenei. Il clustering è un metodo di apprendimento non supervisionato, e una tecnica comune per l'analisi statistica dei dati. Esempi di applicazioni pratiche Riconoscimento vocale del testo Tutti i sistemi di riconoscimento vocale di maggior successo utilizzano metodi di apprendimento automatico. Ad esempio, il SPHINXsystem impara le strategie di altoparlanti specifici per riconoscere i suoni primitivi (fonemi) e le parole del segnale vocale osservato. Metodi di apprendimento basati su reti neurali e su modelli di Markov nascosti sono efficaci per la personalizzazione automatica di vocabolari, caratteristiche del microfono, rumore di fondo, ecc. Guida automatica di veicoli Metodi di apprendimento automatico sono stati usati per addestrare i veicoli controllati da computer. Ad esempio, il sistema ALVINN ha usato le sue strategie per imparare a guidare senza assistenza a 70 miglia all'ora per 90 miglia su strade pubbliche, tra le altre auto. Con tecniche simili sono possibili applicazioni in molti problemi di controllo basato su sensori. Classificazione di nuove strutture astronomiche Metodi di apprendimento automatico sono stati applicati ad una varietà di banche dati di grandi dimensioni per imparare regolarità generali implicite nei dati. Ad esempio, algoritmi di apprendimento basati su alberi di decisione sono stati usati dalla NASA per classificare oggetti celesti a partire dal secondo Palomar Observatory Sky Survey. Questo sistema è oggi utilizzato per classificare automaticamente tutti gli oggetti nel Sky Survey, che si compone di tre terabyte di dati immagine. Giocatore di backgammon di classe mondiale I programmi per computer di maggior successo per il gioco del backgammon sono basati su algoritmi di apprendimento. Ad esempio, il miglior programma di computer al mondo per backgammon, TD-Gammon, ha sviluppato la sua strategia giocando oltre un milione di partite di prova contro se stesso. Tecniche simili hanno applicazioni in molti problemi pratici in cui gli spazi di ricerca molto rilevanti devono essere esaminati in modo efficiente. Apprendimento automatico in finanza Le istituzioni finanziarie hanno utilizzato a lungo sistemi di reti neurali artificiali per rilevare addebiti o reclami al di fuori della norma, segnalandoli per le indagini umane. L'uso dell'intelligenza artificiale nel settore bancario può essere fatto risalire al 1987, quando la Security Pacific National Bank negli Stati Uniti ha istituito una task force per la prevenzione delle frodi per contrastare l'uso non autorizzato delle carte di debito. Programmi come Kasisto e Moneystream utilizzano l'intelligenza artificiale nei servizi finanziari. Progettazione in ingegneria e architettura Diversi studi di architettura, urbanistica e ingegneria adottano metodi di apprendimento automatico per l'ottimizzazione topologica delle strutture, metodi che ricalcano processi genetici sono disponibili all'interno di alcuni programmi di modellazione tridimensionale , e vengono già utilizzati per ottimizzazione degli spazi sulla base di flussi o delle performance ambientali per gli edifici . Un numero ancora limitato di studi professionali e ricercatori ha iniziato ad adoperare le reti generative avversarie per organizzare la distribuzione spaziale degli ambienti e la Fluidodinamica computazionale . Relazioni con altre discipline Intelligenza artificiale. Rappresentazioni simboliche di apprendimento dei concetti. Macchina di apprendimento come un problema di ricerca. Apprendimento come approccio alternativo per migliorare la soluzione dei problemi. Metodi bayesiani. Teorema di Bayes come base per il calcolo delle probabilità di ipotesi. Il classificatore Naive Bayes. Teoria della complessità. Limiti teorici della complessità intrinseca dei diversi compiti di apprendimento, misurato in termini di sforzo computazionale. Teoria del controllo. Procedure per imparare a controllare i processi al fine di ottimizzare gli obiettivi predefiniti e che imparano a predire lo stato successivo del processo che si sta controllando. Teoria dell'informazione. Misure di entropia e di contenuto informativo. Lunghezza minima descrizione delle modalità di apprendimento. Codici ottimali e la loro relazione alle sequenze di allenamento ottimale per la codifica di una ipotesi. Filosofia. Rasoio di Occam, suggerisce che l'ipotesi più semplice è la migliore. Analisi della giustificazione per generalizzare i dati osservati. Psicologia e neurobiologia. La legge di potenza della pratica, che stabilisce che in un intervallo molto ampio di problemi di apprendimento, il tempo di risposta della gente migliora con la pratica secondo una legge di potenza. Gli studi neurobiologici motivano modelli di reti neurali artificiali di apprendimento. Etica L'apprendimento automatico solleva un numero di problematiche etiche. I sistemi addestrati con insiemi di dati faziosi o pregiudizievoli possono esibire questi pregiudizi quando vengono interpellati: in questo modo possono essere digitalizzati pregiudizi culturali quali il razzismo istituzionale e il classismo. Di conseguenza la raccolta responsabile dei dati può diventare un aspetto critico dell'apprendimento automatico. In ragione dell'innata ambiguità dei linguaggi naturali, le macchine addestrate su corpi linguistici necessariamente apprenderanno questa ambiguità. Note Bibliografia Diego Gosmar (2020), Machine Learning. Il sesto chakra dell'intelligenza artificiale, ISBN 979-8644551132. Amazon libri. Andrea De Mauro, Big Data Analytics. Analizzare e interpretare dati con il machine learning, ISBN 978-8850334780, Apogeo, 2019. Sanjeev Kulkarni, Gilbert Harman (2011): An Elementary Introduction to Statistical Learning Theory, J.Wiley, ISBN 978-1-118-02347-1 Trevor Hastie, Robert Tibshirani, Jerome Friedman (2009): The Elements of Statistical Learning: Data Mining, Inference, and Prediction, Springer, 2nd ed. Accessibile in https://web.archive.org/web/20150126123924/http://statweb.stanford.edu/~tibs/ElemStatLearn/ Witten, I. & Frank, E. (2005), Data Mining: Practical Machine Learning Tools and Techniques, Morgan Kaufmann. Alpaydin, E. (2020), Introduction to Machine Learning, 4e. MIT Press. ISBN 9780262043793 Murphy, P (2012), Machine Learning. MIT Press Vladimir Vapnik (1998): Statistical Learning Theory, Wiley-Interscience, ISBN 0-471-03003-1. Mitchell, T. (1997), Machine Learning, McGraw Hill. ISBN 0-07-042807-7 Langley, P. (1996), Elements of Machine Learning, Morgan Kaufmann. Domingos, P. (2015). The master algorithm: How the quest for the ultimate learning machine will remake our world. Basic Books. Voci correlate Overfitting Process mining Data mining Apprendimento profondo Apprendimento supervisionato Apprendimento non supervisionato Apprendimento per rinforzo Vladimir Vapnik, Alexey Cervonenkis 20q Teorema del brutto anatroccolo Rete neurale Rete neurale a base radiale Receiver operating characteristic Incorporamento del grafo di conoscenza Altri progetti Collegamenti esterni Visione artificiale Elaborazione digitale delle immagini Teoria dell'informazione Intelligenza artificiale Analisi dei dati
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aspidistra
Aspidistra
Aspidistra Ker Gawl. è un genere di piante angiosperme monocotiledoni della famiglia Asparagaceae (sottofamiglia Nolinoideae). Etimologia Il nome del genere deriva dal greco ασπίς, aspís, nel senso di scudo, per via dell'aspetto delle foglie. Descrizione Comprende piante dal rizoma carnoso e dalle foglie larghe e dure di colore verde intenso, lucide e sempreverdi; alcune specie hanno foglie striate di bianco (Aspidistra lurida). I fiori, che crescono quasi a diretto contatto con la terra, non sono vistosi, spesso nascosti dal folto fogliame (per questo alcuni ritengono che non fiorisca mai), di colore porpora-brunastro, a volte con macchioline chiare, sbocciano in estate generando una bacca nerastra. Biologia Sono piante molto longeve che possono vivere più di cento anni. Distribuzione e habitat Il genere è originario dell'Asia orientale, dall'Himalaya e dall'Indocina sino alla Cina meridionale e al Giappone. Tassonomia Il genere comprende le seguenti specie: Aspidistra acetabuliformis Y.Wan & C.C.Huang Aspidistra alata Tillich Aspidistra albiflora C.R.Lin, W.B.Xu & Yan Liu Aspidistra albopurpurea Aver. & Tillich Aspidistra alternativa D.Fang & L.Y.Yu Aspidistra anomala Aver. & Tillich Aspidistra arnautovii Tillich Aspidistra atrata Aver., Tillich & B.H.Quang Aspidistra atroviolacea Tillich Aspidistra attenuata Hayata Aspidistra australis S.Z.He & W.F.Xu Aspidistra austrosinensis Y.Wan & C.C.Huang Aspidistra austroyunnanensis G.W.Hu, Lei Cai & Q.F.Wang Aspidistra averyanovii N.S.Lý & Tillich Aspidistra babensis K.S.Nguyen, Aver. & Tillich Aspidistra bamaensis C.R.Lin, Y.Y.Liang & Yan Liu Aspidistra basalis Tillich Aspidistra bella Aver., Tillich & K.S.Nguyen Aspidistra bicolor Tillich Aspidistra bogneri Tillich Aspidistra brachypetala C.R.Lin & B.Pan Aspidistra brachystyla Aver. & Tillich Aspidistra cadamensis N.S.Lý & Tillich Aspidistra caespitosa C.Pei Aspidistra campanulata Tillich Aspidistra carinata Y.Wan & X.H.Lu Aspidistra carnosa Tillich Aspidistra cavicola D.Fang & K.C.Yen Aspidistra cerina G.Z.Li & S.C.Tang Aspidistra chishuiensis S.Z.He & W.F.Xu Aspidistra chongzuoensis C.R.Lin & Y.S.Huang Aspidistra chunxiuensis C.R.Lin & Yan Liu Aspidistra clausa Vislobokov Aspidistra claviformis Y.Wan Aspidistra cleistantha D.X.Nong & H.Z.Lü Aspidistra coccigera Aver. & Tillich Aspidistra columellaris Tillich Aspidistra connata Tillich Aspidistra corniculata Vislobokov Aspidistra crassifila Yan Liu & C.I Peng Aspidistra cruciformis Y.Wan & X.H.Lu Aspidistra cryptantha Tillich Aspidistra cyathiflora Y.Wan & C.C.Huang Aspidistra cylindrica Vislobokov & Nuraliev Aspidistra daibuensis Hayata Aspidistra daxinensis M.F.Hou & Yan Liu Aspidistra deflexa Aver., Tillich & V.T.Pham Aspidistra dodecandra (Gagnep.) Tillich Aspidistra dolichanthera X.X.Chen Aspidistra ebianensis K.Y.Lang & Z.Y.Zhu Aspidistra elatior Blume Aspidistra elegans Aver. & Tillich Aspidistra erecta Yan Liu & C.I Peng Aspidistra erosa Aver., Tillich, T.A.Le & K.S.Nguyen Aspidistra erythrocephala C.R.Lin & Y.Y.Liang Aspidistra extrorsa C.R.Lin & D.X.Nong Aspidistra fasciaria G.Z.Li Aspidistra fenghuangensis K.Y.Lang Aspidistra fimbriata F.T.Wang & K.Y.Lang Aspidistra flaviflora K.Y.Lang & Z.Y.Zhu Aspidistra foliosa Tillich Aspidistra fungilliformis Y.Wan Aspidistra geastrum Tillich Aspidistra glandulosa (Gagnep.) Tillich Aspidistra globosa Vislobokov & Nuraliev Aspidistra gracilis Tillich Aspidistra graminifolia Aver. & Tillich Aspidistra grandiflora Tillich Aspidistra guangxiensis S.C.Tang & Yan Liu Aspidistra guizhouensis S.Z.He & W.F.Xu Aspidistra hekouensis H.Li, C.L.Long & Bogner Aspidistra heterocarpa Aver., Tillich & V.T.Pham Aspidistra hezhouensis Q.Gao & Yan Liu Aspidistra huanjiangensis G.Z.Li & Y.G.Wei Aspidistra jiangjinensis S.R.Yi & C.R.Lin Aspidistra jiewhoei Tillich & Škornick. Aspidistra jingxiensis Yan Liu & C.R.Lin Aspidistra khangii Aver. & Tillich Aspidistra laongamensis C.R.Lin & X.Y.Huang Aspidistra laotica Aver. & Tillich Aspidistra lateralis Tillich Aspidistra leshanensis K.Y.Lang & Z.Y.Zhu Aspidistra letreae Aver., Tillich & T.A.Le Aspidistra leucographa C.R.Lin & C.Y.Zou Aspidistra leyeensis Y.Wan & C.C.Huang Aspidistra liboensis S.Z.He & J.Y.Wu Aspidistra linearifolia Y.Wan & C.C.Huang Aspidistra lingchuanensis C.R.Lin & L.F.Guo Aspidistra lingyunensis C.R.Lin & L.F.Guo Aspidistra lobata Tillich Aspidistra locii Arnautov & Bogner Aspidistra longanensis Y.Wan Aspidistra longgangensis C.R.Lin, Y.S.Huang & Yan Liu Aspidistra longiconnectiva C.T.Lu, K.C.CHuang & J.C.Wang Aspidistra longifolia Hook.f. Aspidistra longiloba G.Z.Li Aspidistra longipedunculata D.Fang Aspidistra longipetala S.Z.Huang Aspidistra longituba Yan Liu & C.R.Lin Aspidistra longshengensis C.R.Lin & W.B.Xu Aspidistra lubae Aver. & Tillich Aspidistra luochengensis B.Pan & C.R.Lin Aspidistra luodianensis D.D.Tao Aspidistra lurida Ker Gawl. Aspidistra lutea Tillich Aspidistra maguanensis S.Z.He & D.H.Lv Aspidistra marasmioides Tillich Aspidistra marginella D.Fang & L.Zeng Aspidistra medusa Aver., K.S.Nguyen & Tillich Aspidistra micrantha Vislobokov & Nuraliev Aspidistra minor Vislobokov, Nuraliev & M.S.Romanov Aspidistra minutiflora Stapf Aspidistra mirostigma Tillich & Škornick. Aspidistra molendinacea G.Z.Li & S.C.Tang Aspidistra multiflora Aver. & Tillich Aspidistra muricata F.C.How Aspidistra mushaensis Hayata Aspidistra nanchuanensis Tillich Aspidistra nankunshanensis Yan Liu & C.R.Lin Aspidistra neglecta Aver., Tillich & K.S.Nguyen Aspidistra nigra Aver., Tillich & K.S.Nguyen Aspidistra nikolaii Aver. & Tillich Aspidistra nutans Aver. & Tillich Aspidistra obconica C.R.Lin & Yan Liu Aspidistra oblanceifolia F.T.Wang & K.Y.Lang Aspidistra obliquipeltata D.Fang & L.Y.Yu Aspidistra oblongifolia F.T.Wang & K.Y.Lang Aspidistra obtusata Vislobokov Aspidistra omeiensis Z.Y.Zhu & J.L.Zhang Aspidistra opaca Tillich Aspidistra ovatifolia Yan Liu & C.R.Lin Aspidistra oviflora Aver. & Tillich Aspidistra papillata G.Z.Li Aspidistra patentiloba Y.Wan & X.H.Lu Aspidistra paucitepala Vislobokov, Nuraliev & D.D.Sokoloff Aspidistra petiolata Tillich Aspidistra phanluongii Vislobokov Aspidistra pileata D.Fang & L.Y.Yu Aspidistra pingfaensis S.Z.He & Q.W.Sun Aspidistra pingtangensis S.Z.He, W.F.Xu & Q.W.Sun Aspidistra pulchella B.M.Wang & Yan Liu Aspidistra punctata Lindl. Aspidistra punctatoides Yan Liu & C.R.Lin Aspidistra purpureomaculata H.C.Xi, J.T.Yin & W.G.Wang Aspidistra qijiangensis S.Z.He & X.Y.Luo Aspidistra quadripartita G.Z.Li & S.C.Tang Aspidistra quangngaiensis N.S.Lý, Haev. & Tillich Aspidistra radiata G.W.Hu & Q.F.Wang Aspidistra recondita Tillich Aspidistra retusa K.Y.Lang & S.Z.Huang Aspidistra revoluta Hao Zhou, S.R.Yi & Q.Gao Aspidistra ronganensis C.R.Lin, Jing Liu & W.B.Xu Aspidistra sarcantha Aver., Tillich, T.A.Le & K.S.Nguyen Aspidistra saxicola Y.Wan Aspidistra semiaperta Aver. & Tillich Aspidistra sessiliflora Aver. & Tillich Aspidistra sichuanensis K.Y.Lang & Z.Y.Zhu Aspidistra sinensis Aver. & Tillich Aspidistra sinuata Aver. & Tillich Aspidistra spinula S.Z.He Aspidistra stellata Aver. & Tillich Aspidistra stenophylla C.R.Lin & R.C.Hu Aspidistra stricta Tillich Aspidistra subrotata Y.Wan & C.C.Huang Aspidistra superba Tillich Aspidistra sutepensis K.Larsen Aspidistra synpetala C.R.Lin & Yan Liu Aspidistra tenuifolia C.R.Lin & J.C.Yang Aspidistra tillichiana O.Colin Aspidistra tonkinensis (Gagnep.) F.T.Wang & K.Y.Lang Aspidistra triloba F.T.Wang & K.Y.Lang Aspidistra triquetra Aver., Son, Tillich & K.S.Nguyen Aspidistra triradiata Vislobokov Aspidistra truongii Aver. & Tillich Aspidistra tubiflora Tillich Aspidistra typica Baill. Aspidistra umbrosa Tillich Aspidistra urceolata F.T.Wang & K.Y.Lang Aspidistra ventricosa Tillich & Škornick. Aspidistra verruculosa Aver., Tillich & D.D.Nguyen Aspidistra vietnamensis (Aver. & Tillich) Aver. & Tillich Aspidistra viridiflora Vislobokov & Nuraliev Aspidistra wujiangensis W.F.Xu & S.Z.He Aspidistra xichouensis Lei Cai, Z.L.Dao & G.W.Hu Aspidistra xilinensis Y.Wan & X.H.Lu Aspidistra xuansonensis Vislobokov Aspidistra yizhouensis B.Pan & C.R.Lin Aspidistra yunwuensis S.Z.He & W.F.Xu Aspidistra zhangii Aver., Tillich & K.S.Nguyen Aspidistra zhenganensis S.Z.He & Y.Wang Aspidistra zinaidae Aver. & Tillich Aspidistra zongbayi K.Y.Lang & Z.Y.Zhu Le specie più diffuse sono A. elatior, A. typica, A. caespitosa, A. linearifolia, A. tonkinensis e A. lurida. Coltivazione Pianta molto rustica e longeva, si adatta a qualunque tipo di terreno o esposizione, preferisce posizione ombreggiata e mai il sole diretto, sopporta climi con notevoli escursioni termiche (da -5° a +40 °C) anche se teme le forti gelate, si può usare terriccio universale ben drenato. L'Aspidistra necessita di una concimazione mensile nella bella stagione con fertilizzante minerale diluito nell'acqua delle innaffiature. Poco esigente come apporto idrico resiste bene a brevi periodi di siccità, le innaffiature in estate vanno effettuate quando il terreno è asciutto, diradarle d'inverno. I rinvasi vanno eseguiti a fine autunno solo se le radici hanno occupato tutto lo spazio disponibile. La moltiplicazione avviene per divisione dei cespi in primavera, invasando o interrando immediatamente le nuove piante, se si dispone dei frutti freschi si può seminare in autunno. Avversità I raggi solari troppo intensi provocano un sensibile rallentamento della crescita e una decolorazione delle foglie. In condizioni ambientali sfavorevoli le aspidistre possono subire attacchi di cocciniglie e afidi; nei terreni poco drenati si possono avere marciumi radicali per attacchi fungini. Negli appartamenti sono frequenti gli attacchi di acari. Riferimenti nella cultura Il loro nome è stato reso celebre dallo scrittore George Orwell nel romanzo Fiorirà l'aspidistra (Keep the aspidistra flying, 1936). Note Voci correlate Pianta ornamentale Altri progetti Collegamenti esterni Nolinoideae Piante ornamentali
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https://it.wikipedia.org/wiki/AASS
AASS
Sigle Azienda autonoma statale della strada – azienda italiana del passato Azienda autonoma di Stato per i servizi pubblici – azienda pubblica sammarinese Altro Aass Bryggeri – birrificio norvegese
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aau
Aau
Sigle Aalborg Universitet – università danese Amateur Athletic Union – organizzazione sportiva statunitense Association of American Universities – è un'organizzazione che raggruppa le migliori università del Nord America Biologia molecolare AAU – codone adenina-adenina-uracile che codifica per l'asparagina Codici AAU – codice aeroportuale IATA dell'Aeroporto di Asau, Asau (Samoa Occidentali) aau – codice ISO 639-3 della lingua abau
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https://it.wikipedia.org/wiki/Aavasaksa
Aavasaksa
Aavasaksa è un colle finlandese situato nella regione della Lapponia e alto 222 m. Il Tornedalen e il vicino colle Aavasaksa, nome di probabile origine sassone, costituiscono un posto ameno, che offre la possibilità di ammirare il sole di mezzanotte durante l'estate, ed il paesaggio della valle del fiume, che rappresenta uno dei tipici paesaggi finlandesi in Lapponia. All'inizio del XX secolo Aavasaksa era l'unica attrazione della Lapponia che poteva dirsi interessata da un certo turismo di massa, particolarmente a metà dell'estate. Il Tornedalen era una delle zone finlandesi meglio conosciute in Europa Occidentale già dal XVIII secolo. Storia I primi viaggiatori stranieri ad addentrarsi nella zona furono principalmente esploratori, fra questi il matematico e astronomo francese Pierre Louis Moreau de Maupertuis ed il viaggiatore italiano Giuseppe Acerbi. Le indagini del Maupertuis nella valle di Tornio durante il 1736 hanno confermato la teoria newtoniana che la terra non è completamente sferica ma appiattita ai poli. Acerbi fu il primo viaggiatore straniero che viaggiò lungo il fiume Tornio negli anni 1790 in direzione di Capo Nord, visitando anche la regione norvegese del Finnmark e producendo una vasta serie di scritti sulle sue esplorazioni. Nel XVIII e XIX secolo gli esploratori percorsero intensamente la Lapponia Occidentale, favoriti dagli itinerari vicini all'acqua. La zona di Aavasaksa è cresciuta grazie al commercio così come la vicina Tornio sul Golfo di Botnia. Gli insediamenti da entrambi i lati del fiume hanno una lunga storia data la posizione strategica sugli itinerari commerciali e l'agricoltura permessa dal clima mite della zona, oltre al fiume che permise lo sviluppo della pesca. In media la temperatura nel Tornedalen è più alta di altrove in Lapponia. Altri progetti Colline della Finlandia
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https://it.wikipedia.org/wiki/ASCII%20art
ASCII art
Larte ASCII è un mezzo artistico che si basa principalmente sui computer come supporto di presentazione; consiste in immagini prodotte componendo i 95 caratteri ASCII. In maniera leggermente impropria, il termine viene anche usato per indicare altre forme artistiche basate sull'uso di caratteri tipografici in generale. Immagini d'arte ASCII possono essere create con ogni editor di testo, e sono talvolta usate in combinazione con i linguaggi di programmazione per produrre programmi per computer il cui testo forma un disegno o una immagine. La maggior parte degli esempi di arte ASCII richiedono, per una corretta visualizzazione, l'uso di caratteri a larghezza fissa (come quelli di una tradizionale macchina per scrivere), come ad esempio il Courier. Storia L'uso diffuso dell'arte ASCII può essere ricondotto ai sistemi di bacheca informatici della fine degli anni '70 e dei primi anni '80. I limiti dei computer di quel periodo di tempo richiedevano l'uso di caratteri di testo per rappresentare le immagini. Insieme all'uso di ASCII nella comunicazione, tuttavia, iniziò anche ad apparire nei gruppi artistici online clandestini del periodo. Un fumetto ASCII è una forma di fumetto web che utilizza il testo ASCII per creare immagini. Al posto delle immagini in un normale fumetto, viene utilizzata l'arte ASCII, con il testo o la finestra di dialogo solitamente posizionati sotto. Il termine "PC Block ASCII" o "High ASCII" indica una variante di arte ASCII in cui si fa uso di caratteri con codici a 8 bit (la cosiddetta code page 437 o ANSI X3.16, uno standard proprietario introdotto da IBM nel 1979 per il PC IBM). Questa variante consente di sfruttare circa 100 caratteri in più, ed è stata molto in voga negli anni intorno al 1990 e fino a che la diffusione di Internet e del World Wide Web (che supportava nativamente la grafica) ha soppiantato i BBS testuali come principale mezzo di comunicazione fra appassionati di computer. All'inizio degli anni novanta, l'uso di "High ASCII" era la norma; l'unico altro stile diffuso in questo periodo, che usava soltanto i caratteri ASCII a 7 bit, è detto "Oldskool" (vecchia scuola) o "AMIGA style" (stile AMIGA), per via della sua origine e del frequente utilizzo sui computer Commodore Amiga. Lo stile "Oldskool" usa principalmente i caratteri _/\-+=.()<>:.;I disegni realizzati con questo stile ricordano più un disegno dei contorni che un'immagine reale. Durante gli anni '90, la navigazione grafica e i caratteri a larghezza variabile sono diventati sempre più popolari, portando a un declino nell'arte ASCII. Nonostante ciò, l'arte ASCII ha continuato a sopravvivere attraverso i MUD online, acronimo di "Multi-User Dungeon", (che sono videogiochi di ruolo multiplayer testuali), Internet Relay Chat, e-mail, bacheche e altre forme di comunicazione online che comunemente impiegano la larghezza fissa necessaria. L'arte ASCII ha avuto origine dalle scarse possibilità grafiche della prima generazione di stampanti: mancando la capacità di stampare immagini, si ricorreva all'uso di caratteri alfabetici come segni grafici. Sempre su queste stampanti, era comune inserire all'inizio di ogni stampa una pagina speciale, detta "banner", contenente il nome dell'utente autore della stampa in grandi caratteri realizzati come arte ASCII. Queste pagine consentivano poi all'operatore di distinguere e separare facilmente le stampe di diversi utenti. L'arte ASCII è tuttora usata in tutti quei casi in cui è possibile stampare o trasmettere testo ma non grafica, o in cui l'uso della grafica sarebbe eccessivamente complicato o oneroso. Ricadono in questa categoria le macchine per scrivere, le telescriventi, i terminali non-grafici di computer, forme primitive di comunicazione via rete quali i BBS, la posta elettronica, le news Usenet. L'arte ASCII è anche usata talvolta all'interno del codice sorgente di programmi per computer, per rappresentare dei logo di prodotti o società, o per includere diagrammi di controllo di flusso o di altro tipo a scopo di documentazione. In alcuni casi estremi, l'intero codice sorgente del programma costituisce un'immagine. Uso L'uso più estremo dell'arte ASCII è dato dalla riproduzione di video o filmati. Il popolare videogioco Quake dispone di un driver video che consente di visualizzare l'intero videogame in arte ASCII. Più generalmente, per i sistemi Unix-like è disponibile un software libero detto AAlib (ASCII art library) che consente di riprodurre l'output video di qualunque applicazione come arte ASCII. L'uso di caratteri di controllo e sequenze di escape come quelle definite in ANSI X3.64 per lo spostamento del cursore consentono anche di produrre animazioni in arte ASCII (in taluni casi, è necessario rallentare esplicitamente la stampa del testo a video per rendere visibile l'animazione). È frequente l'uso di questo modo espressivo per arricchire le firme delle e-mail e dei post degli utenti di Usenet. L'arte ASCII, benché abbia trovato la sua massima diffusione in ambito informatico, non è esclusiva di questo mezzo: un esempio di arte ASCII che precede l'uso dei computer è contenuto nel numero di ottobre 1948 di Popular Mechanics. Nei testi di dattilografia poi erano pure proposte delle esercitazioni per ottenere dei disegni battendo a macchina. Beck, un cantante pop, nel suo repertorio ha un video della canzone "Black Tambourine" fatto interamente di caratteri ASCII che rappresentano il video originale. L'Obfuscated C Contest è una competizione annuale fra programmatori nel linguaggio C che gareggiano fra di loro nella produzione di programmi funzionanti ma incomprensibili; è molto frequente che il sorgente del programma sia formattato in modo da rappresentare un'immagine, un diagramma o un simbolo che in qualche modo ricordi la sua funzione. Tipi ed esempi di arte ASCII Le più semplici forme di arte ASCII sono combinazioni di due o tre caratteri per esprimere emozioni in un testo. Esse sono comunemente chiamate emoticon, smile, oppure smiley, poiché la prima combinazione impiegata storicamente in tal senso rappresenta un faccino sorridente. Ruotare gli smile seguenti di 90 gradi in senso orario ne facilita l'assomigliamento a faccine. Le spiegazioni verbali qui addotte non hanno validità universale, ognuno potrebbe usare gli smile a modo suo; similmente alle espressioni facciali, lo smile "sorriso" potrebbe essere impiegato per scherno, e lo smile "triste" per gioco, e l'incertezza aumenta per gli smile meno somiglianti a espressioni facciali. C'è un altro tipo di arte ASCII su una sola linea che non richiede la rotazione virtuale delle figure, che è largamente conosciuta nel Giappone come Kaoani (letteralmente "facce di caratteri"). Tradizionalmente, sono chiamate "Visi (facce) ASCII". Possono essere chiamate anche Kirby, come il personaggio di Nintendo, o anche "verticons": Gli esempi più complessi usano più linee di testo per formare grandi simboli o figure più complesse. Alcuni esempi comuni: Un altro esempio intricato che raffigura la facciata di un palazzo: È comune mettere questo tipo di disegni nelle firme incluse nelle e-mail e nei messaggi di Usenet. Altre ASCII art ignorano i segni dei caratteri ed invece usano la loro grossezza o luminosità per creare vari gradienti. Un uso diverso dell'arte ASCII consente di creare uno stile tipografico unico, per esempio: Il programma Figlet (e altri programmi che supportano questi standard) permettono di disegnare e usare font in arte ASCII: Cowsay Cowsay è un programma che genera l'immagine ASCII di una mucca con un messaggio, diffuso nella cultura hacker. Il comando Unix fortune può essere rediretto nel comando cowsay: $ fortune | cowsay ___ / Your heart is pure, and your mind \ \ clear, and your soul devout. / ----------------------------------- \ ^__^ \ (oo)\___ (__)\ )\/\ ||----w | || || Video in ASCII art Il programma libero mplayer permette di vedere i filmati utilizzando come output l'ascii art; è possibile ottenere un risultato sia monocromatico che a colori. Il risultato è ottenuto tramite l'uso delle librerie aa. Sperimentalmente per un certo periodo di tempo lo stesso YouTube consentiva di riprodurre video in ASCII art. La funzionalità è stata introdotta come pesce d'aprile nel 2010: chiamata TEXTp, secondo il testo dello scherzo avrebbe consentito a YouTube di risparmiare 1 $ di costi di banda per ogni secondo di riproduzione. Metodi per generare ASCII art Mentre alcuni preferiscono usare un semplice editor di testo per fare arte ASCII, sono stati sviluppati programmi specializzati (ASCI art editors) che permettono di disegnare linee, rettangoli e riempire aree con testo, come in un normale programma di grafica. Altri programmi (ASCII art generators) permettono di convertire automaticamente un'immagine in ASCII art, ovvero uno speciale caso di quantizzazione vettoriale. Un metodo è quello di convertire l'immagine in toni di grigio con precisione minore di 8-bit e successivamente assegnare un diverso carattere ad ogni corrispondente valore dei pixel. Un esempio di immagine convertita, creata usando Ascgen dotNet, è disponibile qui sotto in due versioni, una in bianco e nero (quella a sinistra) ed una colorata (quella a destra), a fianco dell'originale che è quello al centro: ASCII a larghezza non fissa La maggior parte dell'ASCII art viene creata usando font monospace, in cui tutti i caratteri hanno identica larghezza (il Courier New è un tipico esempio). Comunque, la maggioranza dei font più utilizzati nei word processor sono font proporzionali (come Arial o Times New Roman) nei quali i caratteri non hanno tutti la stessa larghezza. L'ASCII art disegnata per un dato font apparirà distorta o addirittura irriconoscibile quando visualizzata in un font proporzionale. Alcuni artisti ASCII hanno prodotto opere visualizzabili con questo tipo di caratteri. Questa ASCII art, più che usare una rigorosa corrispondenza basata sulle tonalità, usa i caratteri per rappresentare gradienti e bordi, ed usa il block shading. Questa ASCII art generalmente offre una maggiore precisione ed attenzione al dettaglio delle ASCII art a larghezza fissa che usano un numero minore di caratteri, sebbene non sia accessibile a tutti essendo di solito correlata a specifici font. Altre arti basate su testo C'è una varietà di altri tipi di arte che usa simboli testuali da set di caratteri oltre che quello ASCII e/o alcune forme di codifica del colore. Malgrado non siano ASCII puri, sono spesso anche questi chiamati "ASCII art". La porzione del set di caratteri specificatamente designata per il disegno è conosciuta come i caratteri di disegno lineari o pseudo-graphics. IBM PC L'hardware grafico di IBM PC in modo testuale usa 16 bit per carattere. Supporta una varietà di configurazioni, ma nel suo modo originale sotto DOS sono utilizzati per fornire 256 glyphs da una delle pagine codice di IBM PC (Code page 437 per impostazione predefinita), 16 colori frontali, 8 colori di sfondo, e una opzione di lampeggiamento. Tale arte può essere caricata nella memoria video direttamente. ANSI.SYS, se caricato, permette inoltre a tale arte di essere posizionata sullo schermo tramite sequenze di escape che indicano movimenti del cursore e cambi di colore/lampeggiamento. Se questo metodo è utilizzato allora tale arte viene conosciuta come ANSI art. Il codice pagina di IBM PC include inoltre caratteri predisposti per un facile disegno che spesso fanno apparire questa arte più pulita rispetto a quella fatta con il tradizionale set di caratteri. I file di testo sono anch'essi visualizzati con questo tipo di caratteri, sebbene sono divenuti molto meno comuni da quando gli editor testuali della GUI di Windows (Usando il Windows ANSI code page) hanno largamente rimpiazzato quelli basati su DOS. Shift_JIS Shift_JIS un formato comune per l'arte basata su testo su Internet. Una grande selezione di caratteri, il largo uso del Giapponese in internet, e la disponibilità di font standard a spaziatura predicibile fa dello Shift_JIS un comune formato per l'arte testuale in Internet. Unicode Unicode sembrerebbe offrire la massima flessibilità nel produrre arte basata sul testo con la sua enorme varietà di caratteri. Comunque, trovare un opportuno font a larghezza fissa è molto difficile se si desidera ottenere un significante sotto-set di Unicode. Inoltre, la comune pratica di visualizzare Unicode con una miscela di font a grandezza variabile, rende arduo ottenere un display predicibile se più di un piccolo sotto-set di Unicode viene utilizzato. Overprinting Negli anni 70 e primi anni 80 era abbastanza popolare produrre un tipo di arte ASCII che si basava sull'uso massiccio di sovrastampe — la sicurezza globale di un particolare spazio di caratteri dipendeva da quanti caratteri, e dal tipo di caratteri, erano stampati nella stessa posizione. Grazie alla crescente granularità del grigio, i fotografi utilizzavano spesso questo tipo di stampa. Potevano essere utilizzate addirittura stampanti manuali o stampanti a margherita. La tecnica non è più popolare poiché tutte le stampanti economiche possono facilmente stampare fotografie, ed un normale file di testo (o un messaggio di posta elettronica o un post di Usenet) non può rappresentare testo da sovrastampare. Comunque qualcosa di simile è emerso per rimpiazzare l'Overprinting: L'Arte ASCII ombreggiata o colorata, usando un terminale video ANSI o codice di colori (come quelli trovati nell'HTML, IRC, e molti message boards di internet) per aggiungere un pizzico di ulteriore variazione del grigio. In questo modo, è possibile creare arte ASCII dove i caratteri differiscono solo nel colore. Visualizza i blocchi ASCII e ANSI in Windows Puoi vedere blocchi ASCII sotto Microsoft Windows dal prompt dei comandi di MS DOS. Basta andare (tramite una finestra di MS DOS Window) nella directory dove i file ASCII sono posizionati e premere: "type <nome_del_file>". Questo non funziona con i file ANSI di solito. Devi abilitare il driver "ANSI.SYS" per MS DOS Windows prima. Necessita solamente di una semplice aggiunta al file "Config.nt" nella directory system32 (Windows XP). apri il prompt dei comandi di MS DOS vai nella directory SYSTEM32 all'interno della tua directory di windows (<windrive>:\<windir>\system32\) scrivi: edit config.nt inserisci la seguente linea alla fine del file: device=%SystemRoot%\system32\ansi.sys premi ALT-f e poi "s" (salva i cambiamenti) premi ALT-f e poi "x" (per chiudere l'editor) riaccendi il tuo computer Dopo la riaccensione il "type <nome_del_file>" dovrebbe mostrare i file ANSI (*.ans) correttamente. Microsoft Windows non supporta l'ANSI Standard x3.16. Per visualizzare disegni in "PC Block ASCII" con questo sistema operativo occorre usare un editor di testi che supporti il font "Terminal", oppure un programma specifico come ACiDView for Windows. Note Bibliografia Voci correlate Cowsay Altri progetti Collegamenti esterni
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Biologia
La biologia (neologismo scientifico del XVIII secolo, composto dalle parole greche βίος, bìos = "vita" e λόγος, lògos = "studio") è la scienza che studia la vita, ovvero i processi fisici e chimici dei fenomeni che caratterizzano i sistemi viventi, inclusa la loro biochimica, meccanismi molecolari, genetica, anatomia, fisiologia, nonché processi emergenti come adattamento, sviluppo, evoluzione, interazione tra gli organismi e comportamento. È una scienza naturale con un'ampia portata ma ha diversi temi unificanti che la legano insieme come un campo unico e coerente. Nonostante l'elevata complessità della disciplina, vi sono alcuni concetti unificanti all'interno di essa che ne regolano lo studio e la ricerca: la biologia riconosce infatti la cellula come l'unità di base della vita, i geni come la struttura di base dell'ereditarietà e l'evoluzione darwiniana per selezione naturale come il processo che regola la nascita e l'estinzione delle specie. Tutti gli organismi viventi, sia unicellulari che pluricellulari, sono sistemi aperti che sopravvivono trasformando l'energia e diminuendo l'entropia locale del sistema per regolare il loro ambiente interno e mantenere una condizione stabile e vitale definita omeostasi. La biologia conduce ricerche utilizzando il metodo scientifico per testare la validità di una teoria in modo razionale, imparziale e riproducibile che consiste nella formazione di ipotesi, nella sperimentazione e nell'analisi dei dati per stabilire la validità o l'invalidità di una teoria scientifica. Le sottodiscipline della biologia sono definite dall'approccio d'indagine e dal tipo di sistema studiato: la biologia teorica utilizza metodi matematici per formulare modelli quantitativi mentre la biologia sperimentale effettua esperimenti empirici per testare la validità delle teorie proposte ed avanzare la conoscenza umana riguardo ai meccanismi alla base della vita e come questa sia comparsa e si sia evoluta da materia non vivente circa 4 miliardi di anni fa mediante un graduale aumento della complessità del sistema. Vedi settori della biologia. Storia della biologia Il termine biologia deriva dalla parola greca βιολογία, composto da βίος, bìos = "vita" e λόγος, lògos = studio. La forma latina del termine fece la sua prima apparizione nel 1736, quando Linneo (Carl von Linné) utilizzò "biologi" nella sua Bibliotheca botanica. Tale termine fu nuovamente utilizzato trent'anni dopo, nel 1766, in un'opera intitolata Philosophiae naturalis sive physicae: tomus III, continens geologian, biologian, phytologian generali, scritta da Michael Christoph Hanov, un discepolo di Christian Wolff. Il primo uso in tedesco, Biologie, è stato utilizzato in una traduzione del 1771 del lavoro di Linneo. Nel 1797, Theodor Georg August Roose utilizzò tale termine nella prefazione del libro Grundzüge der Lehre van der Lebenskraft. Karl Friedrich Burdach lo utilizzò nel 1800 con un senso più ristretto allo studio degli esseri umani da un punto di vista morfologico, fisiologico e psicologico (Propädeutik zum Studien der gesammten Heilkunst). Il termine è quindi entrato nell'uso moderno grazie al trattato di sei volumi Biologie, oder Philosophie der lebenden Natur (1802-1822) di Gottfried Reinhold Treviranus, che così sentenziava: Sebbene la biologia moderna si sia sviluppata relativamente di recente, le scienze collegate e comprese al suo interno furono studiate fin dai tempi antichi. Lo studio della filosofia naturale fu affrontato a partire dalle antiche civiltà della Mesopotamia, dell'Egitto, del subcontinente indiano e della Cina. Tuttavia, le origini della biologia moderna e il suo approccio allo studio della natura sono spesso riconducibili all'antica Grecia, mentre lo studio formale della medicina risale a Ippocrate di Coo (circa 460 a.C. - 370 a.C. Circa). Il filosofo e matematico Talete (624 a.C. - 548 a.C.) fu il primo ad intuire che molti fenomeni non avevano origine divina. I filosofi della scuola ionica, di cui proprio Talete è ritenuto il fondatore, sostenevano che ogni evento avesse una causa, senza che una volontà esterna al mondo potesse intervenire. Ma fu Aristotele (384 a.C. - 322 a.C.) a contribuire maggiormente allo sviluppo di questa disciplina. Particolarmente importanti sono la sua "storia degli animali" e altre opere in cui ha mostrato interesse verso la natura. Successore di Aristotele al Lyceum, Teofrasto dedicò una serie di libri alla botanica che rappresentarono il più importante contributo dell'antichità alle scienze vegetali fin dopo il Medioevo. Gli studiosi appartenuti al mondo islamico medievale che si occuparono di biologia inclusero: al-Jāḥiẓ (781-869), Al-Dinawari (828-896) che si occupò di botanica e Rhazes (865-925) che scrisse riguardo all'anatomia e alla fisiologia. La medicina fu ben approfondita dagli studiosi islamici che lavorarono a traduzioni dei testi greci e il pensiero aristotelico influì molto sulla storia naturale, soprattutto nel sostenere una gerarchia fissa della vita. Il Rinascimento fu un periodo florido per gli studi biologici. William Harvey dimostrò la circolazione del sangue umano, mentre Leonardo da Vinci si dedicò, tra l'altro, allo studio dell'anatomia umana. Di Leonardo ci sono rimaste tavole anatomiche molto dettagliate, frutto delle autopsie che egli, contro la legge, svolgeva. Un altro importante personaggio di quest'epoca fu Paracelso (1493 - 1541). Egli era un chimico o, più precisamente, un alchimista, conoscitore dei principi curativi di vegetali e minerali. Una grande svolta nello studio della biologia, come di tante altre scienze, fu data da Galileo Galilei (1564 - 1642), che introdusse il metodo scientifico, basato su osservazione, descrizione e riproduzione in laboratorio dei fenomeni naturali. In Francia, Cartesio formulò la teoria del meccanicismo, paragonando l'uomo ad una macchina e sostenendo quindi che potessero essere studiate e riprodotte le singole parti del corpo; Georg Ernst Stahl, con la "teoria del vitalismo", si contrappose a Cartesio affermando che le parti che compongono l'uomo sono indivisibili e irriproducibili perché tenute insieme da un'anima. La biologia incontrò un notevole sviluppo grazie alla scoperta del microscopio da parte di Anton van Leeuwenhoek. Per mezzo di esso gli studiosi scoprirono gli spermatozoi, i batteri e le diversità della vita microscopica. Le indagini di Jan Swammerdam portarono a sviluppare un certo interesse verso l'entomologia e contribuirono al progresso delle tecniche di base della dissezione microscopica e della colorazione. I progressi nella microscopia hanno prodotto un profondo impatto sul pensiero biologico. Nel XIX secolo, un certo numero di biologi sottolineava l'importanza centrale della cellula. Nel 1838, Schleiden e Schwann iniziarono a promuovere le idee ormai universali che: (1) l'unità di base di tutti gli organismi era la cellula e che (2) le singole cellule hanno tutte le caratteristiche proprie di una forma di vita, anche se si opposero all'idea (3) che esse provenissero tutte dalla divisione di altre cellule. Grazie al lavoro di Robert Remak e Rudolf Virchow, tuttavia, nel 1860 la maggior parte dei biologi accettava tutti e tre i principi che divennero noti come teoria cellulare. Nel frattempo, la tassonomia e la classificazione diventarono il focus degli storici naturalistici. Linneo, nel 1735, pubblicò una tassonomia di base per il mondo naturale (la quale, seppur con variazioni, è tuttora in uso) e nel 1750 introdusse i nomi scientifici per tutte le specie da lui conosciute. Georges-Louis Leclerc de Buffon, in un suo lavoro, rilevò le somiglianze tra l'uomo e la scimmia e la possibilità di una genealogia comune. L'attenzione che Buffon accordava all'anatomia interna lo pone tra gli iniziatori dell'anatomia comparativa. Anche se era contrario alla teoria dell'evoluzione, Buffon fu una figura chiave nella storia del pensiero evoluzionistico; il suo lavoro influenzò le teorie evolutive sia di Lamarck che di Charles Darwin. Il pensiero evoluzionistico ebbe origine con le opere di Jean-Baptiste Lamarck che fu il primo a presentare una teoria coerente dell'evoluzione. Egli postulò che l'evoluzione fosse il risultato di una pressione ambientale sulle proprietà degli animali, il che significa che una maggior frequenza e importanza nell'uso di un organo o di un apparato lo avrebbe fatto diventare più complesso ed efficiente, adattando così l'animale al suo ambiente. Lamarck credeva che questi tratti acquisiti potessero poi essere trasmessi alla prole che poi li avrebbe ulteriormente sviluppati e perfezionati. Tuttavia, il naturalista inglese Charles Darwin, che correlò l'approccio biogeografico di Alexander von Humboldt, l'uniformitarismo di Charles Lyell, gli scritti di Thomas Robert Malthus sulla crescita demografica e la sua esperienza proveniente da estese osservazioni naturali, permisero di forgiare in lui una teoria evoluzionistica di maggior successo, basata sulla selezione naturale. Un simile ragionamento portò Alfred Russel Wallace a raggiungere le medesime conclusioni in modo indipendente. Anche se tale teoria è stata oggetto di polemiche (che continuano ancora oggi), essa si diffuse rapidamente attraverso la comunità scientifica e presto divenne un assioma basilare della biologia. La scoperta della dimostrazione fisica dell'ereditarietà genetica è arrivata con i principi evolutivi e genetica delle popolazioni. Negli anni 1940 e primi anni 1950, i vari esperimenti hanno indicato il DNA come la componente dei cromosomi che conteneva le unità base della ereditarietà genetica, oggi noti come geni. L'inquadramento di nuovi tipi di organismi, come virus e batteri, insieme alla scoperta della struttura a doppia elica del DNA nel 1953, furono eventi che segnarono la transizione verso l'era della genetica molecolare. Dal 1950 a oggi, la biologia è notevolmente cresciuta nell'ambito molecolare. Il codice genetico è stato decifrato da Har Gobind Khorana, Robert W. Holley e Marshall Warren Nirenberg e nel 1990 è iniziato il Progetto Genoma Umano con l'obiettivo di mappare tutto il genoma umano. Questo progetto è stato sostanzialmente completato nel 2003, con ulteriori analisi, al 2014, ancora in corso di pubblicazione. Tale progetto è stato il primo passo di un impegno globalizzato di incorporare tramite una definizione funzionale e molecolare del corpo umano e degli altri organismi la conoscenza accumulata della biologia. Fondamenti della biologia moderna Scale di indagine della biologia La biologia studia la vita a molteplici livelli di scala: su scala molecolare con la biologia molecolare e la biochimica; su scala cellulare con la citologia; su scala multi-cellulare con l'istologia; su scala sistemica con le neuroscienze, l'immunologia ecc.; su scala di processi chimici e fisici dell'organismo con la fisiologia; su scala dello sviluppo di un organismo mediante la biologia dello sviluppo; su scala di singolo organismo con la zoologia, botanica, microbiologia ecc.; su scala di popolazione di organismi con l'ecologia, ed esame delle interazioni fra di essi con l'etologia e la psicobiologia; su scala evoluzionistica con la sistematica e la biologia evoluzionistica. Teoria cellulare La teoria cellulare afferma che la cellula sia l'unità fondamentale della vita e che tutti gli esseri viventi siano composti da una o più cellule o prodotti secreti di queste cellule (ad esempio le conchiglie, i peli, le unghie, ecc). Tutte le cellule derivano da altre cellule attraverso la divisione cellulare. Negli organismi multicellulari, ogni cellula del corpo di un organismo deriva, definitivamente, da una singola cellula in un uovo fecondato. La cellula è anche considerata l'unità di base di molti processi patologici. Inoltre, le funzioni di trasferimento dell'energia avvengono all'interno della cellula grazie a processi noti come metabolismo. Infine, la cellula contiene le informazioni genetiche ereditarie (nel DNA) che viene trasmesso da cellula a cellula durante la divisione cellulare (mitosi). Evoluzione Un concetto centrale della biologia è che le modifiche degli organismi viventi si verificano attraverso l'evoluzione e che tutte le forme di vita conosciute hanno una origine comune. La teoria dell'evoluzione postula che tutti gli organismi sulla Terra, sia vivi che estinti, discendono da un antenato comune o da un pool genico ancestrale. Quest'ultimo antenato comune universale di tutti gli organismi si crede sia apparso circa 3,5 miliardi di anni fa. I biologi generalmente considerano l'universalità e l'ubiquità del codice genetico come prove definitive a favore della teoria della discendenza comune universale per tutti i batteri, gli archeobatteri e gli eucarioti (vedere: l'origine della vita). Introdotta nel lessico scientifico da Jean-Baptiste de Lamarck nel 1809, la teoria dell'evoluzione è stata formulata per la prima volta da Charles Darwin cinquant'anni dopo quando propose un modello scientifico valido: la selezione naturale. (Alfred Russel Wallace è riconosciuto come il co-scopritore di tale teoria). L'evoluzione è oggi utilizzata per spiegare le grandi variazioni di vita presenti sulla Terra. Darwin teorizzò che le specie e le razze si sviluppino attraverso processi di selezione naturale o genealogica. Anche la dottrina della deriva genetica è stata accettata come un ulteriore meccanismo che spieghi lo sviluppo evolutivo nella sintesi moderna della teoria evoluzionistica. La storia evolutiva della specie - che descrive le caratteristiche delle diverse specie da cui discendono - insieme alla relazione genealogica di ogni altra specie, è conosciuta come la sua "filogenesi". Diverse metodiche sono in grado di generare informazioni su di essa. Queste includono i confronti delle sequenze di DNA e confronti tra i fossili o altre documentazioni paleontologiche di organismi antichi. I biologi organizzano e analizzano le relazioni evolutive attraverso vari metodi, tra cui la filogenesi, le fenetica e la cladistica. Genetica I geni sono le unità ereditarie fondamentali di tutti gli organismi. Un gene corrisponde ad una regione del DNA e che influenza la forma o la funzione di un organismo in modi specifici. Tutti gli organismi, dai batteri agli animali, condividono lo stesso meccanismo di base che copia e traduce il DNA in proteine. La cellula è in grado di trascrivere un gene contenuto nel DNA in una copia del gene in RNA e il ribosoma (un organulo cellulare) traduce l'RNA in una proteina, ovvero una sequenza di amminoacidi. Il codice genetico che codifica un amminoacido è lo stesso per la maggior parte degli organismi, ma leggermente diverso per alcuni. Ad esempio, una sequenza di DNA che codifica per l'insulina nell'uomo, codifica per l'insulina anche quando viene inserito in altri organismi, come le piante. Il DNA di solito è contenuto in cromosomi lineari negli eucarioti e in cromosomi circolari nei procarioti. Un cromosoma è una struttura organizzata costituita da DNA e da istoni. Negli eucarioti, il DNA genomico è situato nel nucleo della cellula, con piccole quantità anche nei mitocondri e nei cloroplasti. Nei procarioti, il DNA si trova all'interno di un corpo di forma irregolare posto nel citoplasma e chiamato nucleoide. Il set completo di tali informazioni relative ad un organismo, prende il nome di genotipo. Omeostasi L'omeostasi è la capacità di un sistema aperto di regolare il suo ambiente interno al fine di mantenere condizioni stabili grazie a molteplici adattamenti di equilibrio dinamico controllati da meccanismi interconnessi di regolazione. Tutti gli organismi viventi, sia unicellulari che pluricellulari, mostrano capacità di omeostasi. Per mantenere l'equilibrio dinamico e svolgere efficacemente alcune funzioni, un sistema deve essere in grado di rilevare e rispondere a eventuali perturbazioni. Dopo il rilevamento di una perturbazione, un sistema biologico normalmente risponde attraverso feedback negativo. Ciò significa che, in base alla perturbazione, il sistema riduce o aumenta l'attività di un organo o di un sistema al fine di neutralizzare la perturbazione stessa. Un esempio può essere il rilascio di glucagone quando i livelli di zucchero nel sangue risultano troppo bassi. Energia La sopravvivenza di un organismo vivente dipende dal continuo ingresso di energia. Le reazioni chimiche che sono responsabili per la sua struttura e la sua funzione sono deputate all'estrazione di energia da sostanze, come il cibo, e alla loro trasformazione in elementi utili alla formazione di nuove cellule o al loro funzionamento. In questo processo, le molecole delle sostanze chimiche che costituiscono gli alimenti compiono due ruoli: il primo è quello di contenere l'energia necessaria per le reazioni chimiche biologiche e per secondo di essere la base per sviluppare nuove strutture molecolari. Gli organismi responsabili dell'introduzione di energia in un ecosistema sono conosciuti come produttori o autotrofi. Quasi tutti questi organismi traggono l'energia dal sole. Le piante e altri fototrofi sono in grado di utilizzare l'energia solare attraverso un processo noto come "fotosintesi", al fine di convertire le materie prime in molecole organiche come l'ATP, i cui legami possono essere rotti per liberare l'energia. Alcuni ecosistemi, tuttavia, dipendono interamente dall'energia estratta per chemiotrofia dal metano, dai solfuri o da altre fonti di energia non-luminali. I processi più importanti per convertire l'energia intrappolata nelle sostanze chimiche in energia utile per sostenere la vita sono il metabolismo e la respirazione cellulare. Studio e ricerca Strutture La biologia molecolare consiste nello studio della biologia a livello molecolare. Questo campo si sovrappone ad altre aree della biologia, in particolare con la genetica e la biochimica. La biologia molecolare principalmente si occupa di comprendere le interazioni tra i diversi sistemi presenti in una cellula, compresa l'interrelazione tra DNA, RNA e sintesi proteica e quindi apprendere come queste interazioni siano regolate. La biologia cellulare studia le proprietà strutturali e fisiologiche delle cellule, inclusi i loro comportamenti, le interazioni e l'ambiente. Ciò avviene sia a livello microscopico che molecolare, sia per gli organismi unicellulari (come i batteri) che per le cellule specializzate degli organismi multicellulari (come gli esseri umani). Essere in grado di comprendere la struttura e la funzione delle cellule è fondamentale per tutte le scienze biologiche. Le somiglianze e le differenze tra i tipi di cellule sono particolarmente rilevanti per chi occupa di biologia molecolare. L'anatomia considera le forme di strutture macroscopiche, quali organi e sistemi di organi. La genetica è la scienza dei geni, dell'ereditarietà genetica e della variazione degli organismi. I geni codificano le informazioni necessarie per sintetizzare le proteine che a sua volta giocano un ruolo centrale nell'influenzare il fenotipo finale dell'organismo. Nella ricerca moderna, la genetica fornisce strumenti importanti per stabilire la funzione di un particolare gene o per comprendere le interazioni genetiche. All'interno degli organismi, le informazioni genetiche sono generalmente conservate nei cromosomi, formati da molecole di DNA. La biologia dello sviluppo studia il processo attraverso il quale gli organismi crescono e si sviluppano. A partire dall'embriologia, la moderna biologia dello sviluppo studia il controllo genetico sulla crescita cellulare, sulla differenziazione e sulla "morfogenesi" che è il processo che dà progressivamente luogo ai tessuti, agli organi e agli apparati. Gli organismi modello per la biologia dello sviluppo sono il verme tondo Caenorhabditis elegans, la mosca della frutta Drosophila melanogaster, il pesce zebra Danio rerio, il topo Mus musculus e la pianta Arabidopsis thaliana. Questi organismi modello sono particolari specie che sono state studiate ampiamente al fine di comprendere particolari fenomeni biologici, con l'obiettivo che le scoperte fatte su questi dati organismi possano fornire una conoscenza del funzionamento di altri organismi. Fisiologia La fisiologia studia i processi meccanici, fisici e biochimici degli organismi viventi, tentando di ricostruire tutte le funzioni nel loro complesso. Il tema della "struttura di funzione" è centrale per la biologia. Gli studi fisiologici sono stati tradizionalmente divisi in fisiologia vegetale e fisiologia animale, tuttavia alcuni principi della fisiologia sono universali e non dipendono pertanto da quale organismo viene analizzato. Ad esempio, quello che si è appreso al riguardo alla fisiologia delle cellule di lievito può valere anche per le cellule umane. Il campo della fisiologia animale estende gli strumenti e i metodi della fisiologia umana a specie non umane. La fisiologia vegetale prende in prestito le tecniche di entrambi i campi di ricerca. Studi di fisiologia come per esempio del sistema nervoso, del sistema immunitario, del sistema endocrino, del sistema respiratorio e circolatorio si occupano sia della funzione che della loro interazione. Lo studio di questi sistemi è condiviso con le discipline mediche orientate, quali la neurologia, l'endocrinologia e l'immunologia. La fisiologia si occupa anche di nuove discipline come la volabolomica, ovvero lo studio dei gas emessi con la respirazione e frutto del metabolismo denominati generalmente Composti Organici Volatili (VOCs), questa nuova branca consente di investigare le omeostasi del corpo e di conseguenza lo stato di malattia. Evoluzione La ricerca evolutiva è interessata a comprendere l'origine e la discesa della specie, così come il cambiamento nel tempo. Il suo studio comprende scienziati provenienti da molte discipline orientate alla tassonomia, ad esempio scienziati con una specifica formazione in organismi particolari come la mammologia, l'ornitologia, la botanica o l'erpetologia, ma che utilizzano tali organismi come sistemi per rispondere alle domande generali sull'evoluzione. La biologia evolutiva si basa in parte sulla paleontologia, che fa uso dei reperti fossili per rispondere alle domande circa il modo e il tempo dell'evoluzione e in parte sugli sviluppi della genetica delle popolazioni. Branche di studio correlate e spesso considerate parte della biologia evolutiva sono la filogenesi, la sistematica e la tassonomia. Sistematica Eventi multipli di speciazione creano un sistema strutturato ad albero di relazioni tra le specie (Albero filogenetico). Il ruolo della sistematica è quello di studiare queste relazioni e quindi individuare le differenze e le somiglianze tra le specie e i gruppi di specie. Tuttavia, prima che la teoria evolutiva divenisse di pensiero comune, la sistematica faticava a trovare una corretta metodologia di ricerca. Tradizionalmente, gli esseri viventi sono stati suddivisi in cinque regni: monera, protisti, funghi, piante, animalia. Tuttavia, molti scienziati oggi ritengono che questo sistema sia ormai obsoleto. I moderni sistemi di classificazione alternativi generalmente iniziano con il sistema a tre domini: archaea (originariamente archaebacteria), batteri (originariamente eubacteria) e eucarioti (compresi protisti, funghi, piante e animali). Questi domini si distinguono per avere cellule prive o meno di nucleo e dalle differenze nella composizione chimica di biomolecole fondamentali, come i ribosomi. Inoltre, ogni regno è ripartito in modo ricorsivo finché ogni specie sia classificata separatamente. L'ordine è: dominio, regno, phylum, classe, ordine, famiglia, genere, specie. Al di fuori di queste categorie, vi sono i parassiti intracellulari obbligati che sono "sul bordo della vita" in termini di attività metabolica, il che significa che molti scienziati non classificano effettivamente queste strutture come forme di vita per via della loro mancanza di almeno una o più delle funzioni o caratteristiche fondamentali che definiscono la vita. Essi sono classificati come virus, viroidi, o satelliti. Il nome scientifico di un organismo è generato dal suo genere e dalla specie a cui appartiene. Ad esempio, gli esseri umani sono elencati come Homo sapiens. Homo è il genere e sapiens la specie. Quando si scrive il nome scientifico di un organismo è opportuno mettere in maiuscolo la prima lettera, tutte le specie in minuscolo. Inoltre, l'intero nome può essere in corsivo o sottolineato. Il sistema di classificazione dominante si chiama tassonomia di Linneo. Esso comprende i ranghi e la nomenclatura binomiale. Come gli organismi debbano essere chiamati viene disciplinato da accordi internazionali come il codice internazionale per la nomenclatura delle alghe, funghi e piante (ICN), il codice internazionale di nomenclatura zoologica (ICZN) e il codice internazionale per la nomenclatura dei batteri (ICNB). La classificazione dei virus, dei viroidi e tutti gli altri agenti sub-virali che dimostrano caratteristiche biologiche, è condotto dal Comitato Internazionale per la Tassonomia dei Virus (ICTV) ed è noto come International Code of Viral Classification and Nomenclature (ICVCN). Tuttavia, esistono molti altri sistemi di classificazione dei virus. Un progetto di fusione, BioCode, è stato pubblicato nel 1997 nel tentativo di standardizzare la nomenclatura in questi tre settori ma ancora deve essere adottato formalmente. Il progetto di BioCode ha ricevuto una scarsa attenzione e la data di esecuzione inizialmente previsto del 1º gennaio 2000 è passata inosservata. Una rivisitazione del BioCode che, invece di sostituire i codici esistenti, fornisca un contesto unificato è stato proposto nel 2011. Tuttavia, il Congresso botanico internazionale del 2011 ha rifiutato di prenderlo in considerazione. Ecologia e ambiente L'ecologia studia la distribuzione e l'abbondanza degli organismi viventi e le interazioni tra essi e il loro ambiente. L'habitat di un organismo può essere descritto come i fattori abiotici locali quali il clima e l'ecologia, oltre agli altri organismi e ai fattori biotici che condividono il loro ambiente. I sistemi biologici possono risultare difficili da studiare per via delle tante interazioni differenti possibili con gli altri organismi e con l'ambiente, anche su piccola scala. Un batterio microscopico in un locale gradiente di zucchero risponde al suo ambiente tanto quanto un leone alla ricerca di cibo nella savana africana. Per qualsiasi specie, i comportamenti possono essere cooperativi, competitivi, parassitari o simbiotici. Questi studi diventano più complessi quando due o più specie interagiscono in un ecosistema. I sistemi ecologici sono studiati a vari livelli, dagli individui alle popolazioni e alla biosfera. Il termine "biologia delle popolazioni" è spesso usato in modo intercambiabile con "ecologia della popolazione", anche se il primo è più frequentemente utilizzato per lo studio delle malattie (provocate da virus e microbi) mentre il secondo termine è più comune quando si studiano le piante e gli animali. L'ecologia attinge a molte sotto-discipline. La biogeografia studia la distribuzione spaziale degli organismi sulla Terra, concentrandosi su temi come la tettonica delle placche, i mutamenti climatici, la dispersione biologica, la migrazione e la cladistica. L'etologia studia il comportamento degli animali (in particolare gli animali sociali, come i primati e i canidi) ed è a volte considerata una branca della zoologia. Gli etologi sono interessati ad analizzare l'evoluzione dei comportamenti e la loro comprensione nei termini della teoria della selezione naturale. In un certo senso il primo etologo moderno fu Charles Darwin, il cui libro The Expression of the Emotions in Man and Animals ha influenzato molti etologi a venire. Principali settori della biologia In ordine alfabetico: Anatomia - studio della struttura dell'organismo Anatomia comparata - studio evoluzionistico delle strutture biologiche Astrobiologia - studio dell'evoluzione, della distribuzione e del futuro della vita nell'universo Biochimica - studio dei fenomeni chimici che caratterizzano gli esseri viventi Biofisica - studio dei fenomeni biologici con metodi tradizionalmente utilizzati in fisica Bioinformatica - raccolta, archiviazione e analisi delle informazioni biologiche Biologia cellulare - studio della cellula come unità completa e dei processi all'interno di essa Biologia dei sistemi - approccio olistico all'interazione dei sistemi biologici Biologia dello sviluppo - studio dei processi di formazione di un organismo, dallo zigote all'organismo completo Biologia evolutiva - studio dell'origine e della variazione delle specie nel tempo Biologia forense - studio di dati e di metodi biologici in ambito forense Biologia marina - studio degli organismi e degli ecosistemi marini Biologia molecolare - studio dei fenomeni biologici a livello molecolare Biologia quantistica - studio dei meccanismi quantistici nei sistemi biologici Biologia sintetica - studio di funzioni biologiche non esistenti in natura Biologia strutturale - studio delle strutture che caratterizzano gli esseri viventi e in particolare le biomolecole Biologia teorica - studio matematico dei fenomeni biologici Biomeccanica - studio degli aspetti meccanici dei sistemi biologici Biotecnologia - studio della manipolazione della materia vivente, compresa la manipolazione genetica Botanica - studio delle piante Criobiologia - studio degli effetti delle basse temperature negli esseri viventi Cronobiologia - studio dei cicli di tempo negli esseri viventi Ecologia - studio delle interazioni degli organismi viventi tra loro e con gli elementi non viventi del loro ambiente Ecoacustica - studio dei suoni degli ecosistemi Ecologia applicata - studio delle applicazioni pratiche dei principi fondamentali dell'ecologia Ecotossicologia - studio degli effetti di agenti inquinanti sugli ecosistemi Farmacologia - studio dell'interazione tra le molecole fisiologicamente attive e l'organismo Fisiologia - studio del funzionamento degli organismi viventi Genetica - studio dei geni e dell'eredità Genetica molecolare - studio dei geni dal punto di vista molecolare Immunologia - studio del sistema immunitario Istologia - studio dei tessuti viventi Micologia - studio dei funghi Microbiologia - studio degli organismi microscopici e delle loro interazioni con gli altri esseri viventi Microbiologia ambientale - studio delle relazioni tra microorganismi e anbiente Virologia - studio dei virus Morfologia - studio della forma negli esseri viventi Nanobiologia - studio dell'organizzazione nell'ordine dei nanometri nei sistemi biologici Neuroscienze - studio del sistema nervoso, compresa la fisiologia, l'anatomia, la biochimica e le funzioni cognitive emergenti Parassitologia - studio degli organismi parassitari Psicobiologia - studio delle basi biologiche delle funzioni comportamentali Sistematica - studio della classificazione degli esseri viventi Zoologia - studio degli animali Etologia - studio del comportamento animale Categorizzazione per organismi studiati La tabella seguente riporta in ordine alfabetico le branche della biologia che si occupano dello studio di particolari tipi di organismi: Note Bibliografia Voci correlate Vita DNA Proteina Cellula Organismo vivente Ecosistema Scienze naturali Chimica organica Cronologia di biologia e biochimica Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bolzano
Bolzano
Bolzano (AFI: , , ; , AFI: ; o Bulsan o Busan, AFI: o ; Pouzen, Poazen o Pöazen in dialetto sudtirolese; Bolzan in dialetto trentino, AFI: ; Bolzan in veneto) è un comune italiano di abitanti, capoluogo dell'omonima provincia autonoma in Trentino-Alto Adige. La popolazione della città di Bolzano, secondo il censimento del 2011, è per il 73,30% di lingua italiana, per il 25,02% di lingua tedesca e per lo 0,68% di lingua ladina. L'agglomerazione bolzanina, comprendente i comuni di Appiano sulla Strada del Vino, Bronzolo, Cornedo, Laives, Ora, San Genesio, Terlano e Vadena, al 1 gennaio 2022 contava 167 912 abitanti. Geografia fisica Territorio Bolzano è situata alla quota di 265 m nella parte orientale dell'ampia conca originata dalla congiunzione delle valli dell'Isarco, Sarentina e dell'Adige. La conca è delimitata a ovest dalla catena della Mendola, a nord-ovest dell'Altopiano del Salto (Salten, 1.500 m), a nord-est da una cima minore del Renon (Ritten) chiamata Monte Tondo (Hörtenberg e Grumer Eck, 1110 m), e a sud-est dal Monte Pozza (1.619 m) sul cui versante settentrionale si trova la località Colle, il cui nome è spesso impropriamente usato per designare l'intero monte. Una piccola balza rocciosa di quest'ultimo, chiamata Virgolo, si erge verticalmente a ridosso della città. La città è collegata ai tre monti più vicini da funivie che superano ciascuna circa mille metri di dislivello: la funivia del Colle che risale il Monte Pozza sino al Colle di Villa (Herrenkohlern), quella del Renon con arrivo a Soprabolzano e quella di San Genesio che raggiunge l'omonimo paese sull'altopiano del Salto. Dalla città, guardando in direzione est lungo la val d'Isarco, si vede il poco lontano e suggestivo Catinaccio (Rosengarten, 3.004 m), che è parte delle Dolomiti, con le caratteristiche Torri del Vajolet. Bolzano è attraversata dal torrente Talvera che confluisce in città nel fiume Isarco, il quale a sua volta si getta nell'Adige pochi chilometri a sud della città stessa. Il nucleo storico della città risiede nel triangolo delimitato a ovest dal torrente Talvera, a sud dal fiume Isarco e a nord-est dal Monte Tondo. Clima Il clima della città, situata in un fondovalle alpino, risulta essere subcontinentale, con minime invernali di norma sotto lo zero e massime estive anche oltre i 35 °C; le precipitazioni non sono molto abbondanti, cadendo medialmente poco più di 700 mm di pioggia annui che si distribuiscono con un massimo in estate, quando possono svilupparsi temporali, e un minimo in inverno quando generalmente compaiono sotto forma di neve.Le aree del territorio comunale situate a quote superiori sono caratterizzate da un clima alpino, i cui caratteri variano in funzione dell'altitudine, dell'orografia e dell'esposizione. D'estate fa molto caldo e in inverno abbastanza freddo, per colpa anche della posizione in una conca che impedisce il ricambio d'aria. Origini del nome Il nome latino "Pons Drusi" non è alla base del nome odierno. Vi sono due principali ipotesi sulla derivazione del nome "Bolzano" e "Bozen". La più diffusa è quella che indica il territorio di Bolzano come un antico possedimento di un uomo di nome "Bautius" (o "Baudius"), da cui derivò "Praedium Bautianum" o "Baudianum", ovvero "podere di Bautius" (o Baudius), poi tramutatosi in "Bauzanum", da cui attraverso varie trasformazioni il nome in italiano, tedesco e ladino. La seconda ipotesi farebbe derivare il nome da un ipotetico "Castellum Balteanum", ossia "accampamento in terreno paludoso", dall'indoeuropeo *balt (la stessa radice da cui deriva la parola "Baltico"). Il toponimo è attestato già nell'VIII secolo come "Bauzanum, Bauzana, Pauzana" e "Pozana", dai quali nomi sono derivate l'odierna forma tedesca "Bozen", conosciuta già nel 1133 (nell'età moderna scritta anche "Botzen" o "Potzen") e quella italiana nel 1223 (nell'età moderna anche nella variante "Bolgiano"). I nomi dialettali tedeschi sono "Boazen" (//) o "Bouzen" (//) e la /p/ è una caratteristica molto diffusa nella storia toponomastica (Pauzana, Pozana, Poczen, Pozen e Potzen), anche per la particolarità della pronuncia bavaro-austriaca che scambia spesso le /b/ con le /p/. Da "Pulsan" del 1500 derivano i nomi ladini: Balsan (ladino badioto) Bulsan (gardenese) Bolsàn (fodom) Busan (fassano e ampezzano) Simboli Stemma La città di Bolzano possiede il suo stemma, unitamente all'istituzione del consiglio comunale, dal 1381, grazie al conferimento di apposito privilegio da parte del duca Leopoldo III d'Austria. Lo stemma evoca i colori austriaci invertendone semplicemente l'ordinamento (bianco-rosso-bianco); al centro campeggia una stella a sei punte dorata, che verosimilmente fa riferimento alla Stella Maris, tipica rappresentazione allegorica della Madonna (patrona del duomo cittadino) nella liturgia cattolica. Dopo essere stato modificato dal regime fascista nel 1931, nel contesto della sua campagna di italianizzazione dell'Alto Adige, lo stemma fu ristabilito nel dopoguerra, da ultimo con delibera del consiglio comunale di Bolzano nel 1988. Patroni Tradizionalmente considerati i due patroni della città sono la Beata Vergine e Arrigo da Bolzano. Storia Monumenti e luoghi d'interesse Castelli e residenze nobiliari Numerosi sono i castelli e le residenze storiche sul territorio comunale o nelle immediate vicinanze: per questo motivo la conca di Bolzano è considerata la zona con la più alta densità di castelli in Europa. Residenza Berndorf (Ansitz Berndorf o anche Ansitz Hepperger): dimora della famiglia patrizia dei von Hepperger, maniero del XVII secolo, rimaneggiato nel XIX secolo, posto a Gries Castel Firmiano (Schloss Sigmundskron): domina dall'alto il corso del fiume Adige. È stato ristrutturato e ora è la sede principale del Museo della Montagna ideato dal famoso alpinista Reinhold Messner. Castel Flavon (Haselburg): castello medievale dei signori von Haselberg, domina il rione di Aslago (Oberau-Haslach), e ha subito un'importante ristrutturazione Palazzo Gerstburg (Ansitz Gerstburg): dimora seicentesca dei Gerstl von Gerstburg, poi dei Giovanelli, con dipinti settecenteschi di Martin Knoller, sede del Tribunale amministrativo regionale Castel Hörtenberg (Schloss Hörtenberg): situato nel quartiere di S. Osvaldo (St. Oswald), eretto nel XVI secolo dalla famiglia Hörtmair, poi dei signori Fuchs von Fuchsberg e dei Giovanelli Castel Mareccio (Schloss Maretsch): situato in pieno centro storico, lungo il corso del Talvera, circondato da vigneti. Affreschi del XVI secolo; alcune sale vengono adibite a numerose e prestigiose mostre temporanee Palazzo Menz (Ansitz Menz): residenza della famiglia patrizia dei Menz, banchieri settecenteschi, in via della Mostra, adornato all'interno di pregevoli affreschi di Karl Henrici Castel Niederhaus, in via della Rena, abbattuto nel 1898 Castel Novale (Schloss Ried): situato all'imbocco della Val Sarentina (Sarntal) Palazzo Pock (Palais Pock): già dei signori locali von Liechtenstein, storica sede del primo Teatro a Bolzano e dell'albergo Kaiserkrone, in piazza della Mostra Castel Rafenstein (Burg Rafenstein): rovine dal Due al Cinquecento, risanate dal 2010 Castel Rendelstein (Burg Rendelstein): castelletto del 1200, lungo il corso del Talvera Castel Roncolo (Schloss Runkelstein): situato all'imbocco della Val Sarentina nel comune di Renon ma di proprietà della città di Bolzano. È detto "il maniero illustrato" (Bilderburg) per gli affreschi tre e quattrocenteschi. Ampio spazio dedicato a mostre permanenti e temporanee Residenza Rottenbuch (Ansitz Rottenbuch): dimora nobiliare del XVII secolo, eretta da David Wagner, originario di Augusta, capostipite dei conti von Sarnthein, sede della Soprintendenza ai beni culturali (Landesdenkmalamt) Castel Sant'Antonio (Schloss Klebenstein): dimora nobiliare del XIII secolo Palazzo Stillendorf (Ansitz Stillendorf): dimora dei nobili von Zallinger, presso la Chiesa al Sacro Cuore Palazzo Toggenburg (Ansitz Toggenburg): già sede dell'antico giudizio dei signori di Wanga, poi dei conti Sarnthein, dal XIX secolo proprietà dei conti Toggenburg Palazzo Trapp (Ansitz Trapp): residenza dei conti von Trapp, in via della Mostra Castel Treuenstein (Burg Treuenstein): torre merlata del XIII secolo, nota anche come Gescheibter Turm Castel Weinegg (Burg Weineck): ne è rimasto solo la cappella di San Vigilio alle pendici del Virgolo (Virgl) Ville storiche Villa Bittner Villa Defregger Villa Wendlandt Villa Zeltnerheim Chiese cattoliche Duomo di Bolzano, concattedrale della Diocesi di Bolzano-Bressanone in stile gotico e romanico dedicata a Santa Maria Assunta Chiesa dei Domenicani, con chiostro in stile gotico Chiesa dei Cappuccini, risalente al XVII secolo con sotterraneo contenente reperti archeologici di epoca romana e medievale Chiesa dei Francescani, con chiostro in stile gotico Chiesa dei Carmelitani, del 1948 Abbazia di Muri-Gries, antico castello principesco medievale, dai primi del Quattrocento monastero prima agostiniano, poi benedettino Chiesa di Sant'Agostino in stile barocco contigua all'abbazia di Muri-Gries Chiesa di San Giovanni in Villa, piccola chiesa del XII secolo nell'omonimo quartiere a ridosso del centro Chiesa dell'Ordine Teutonico, complesso del XIV secolo Vecchia Parrocchiale di Gries, contiene un crocifisso romanico del 1200 e il prezioso altare a scrigno di legno dello scultore Michael Pacher Chiesa di Santa Maddalena, chiesa del XII secolo nell'omonimo quartiere vinicolo Chiesa del Calvario al Virgolo, chiesa barocca del Settecento su una rupe dominante la città Chiesa di San Vigilio al Virgolo, chiesa romanica del XIII secolo Chiesa di San Martino a Campiglio, chiesa situata nella zona di Campiglio a fianco all'autostrada Chiesa di Cristo Re, del 1938-1940 Chiesa del Sacro Cuore, del XIX secolo Chiesa di San Paolo, contiene un organo costruito da Riccardo Lorenzini di Prato e inaugurato nel 2005 Architetture civili e monumenti Museo civico di Karl Delug (1905) Municipio di Carl Hocheder (1907) Palazzo delle Poste, progetto di Albert Canal (1889-1890) Monumento a Walther von der Vogelweide, nell'omonima piazza, opera dello scultore Heinrich Natter (1889) Monumento a Re Laurino, in piazza Silvius Magnago, opera dello scultore Andrä Kompatscher (1914) Monumento alla Vittoria, nell'omonima piazza, opera dell'architetto Marcello Piacentini (1928) Edificio Sede dell'EURAC e Convenzione delle Alpi (ex Casa GIL), Francesco Mansutti e Gino Miozzo (1934-1936), progetto di ampliamento Klaus Kada (1998-2001) ex Casa del Fascio del 1939-1942, diventati dopo la guerra Uffici finanziari Area ex Semirurali - Carlo Aymonino (1979-1986) Teatro Comunale - Marco Zanuso (1999) Museion - progetto di KSV Krüger Schuberth Vandreike (2008) Nuova sede della provincia "Palazzo II" (Landhaus 2) - Oswald Zöggeler (1997-2001) Società Evoluzione demografica La popolazione della città, dopo anni di continuo calo (con il minimo storico degli ultimi trent'anni al censimento del 2001 con meno di persone censite), è ora in netta ripresa, soprattutto grazie al saldo migratorio. Dopo avere contato una popolazione residente prossima ai abitanti per tutto il 2006 e all'inizio del 2007, ha superato nuovamente il limite nel mese di marzo 2007. Bolzano ha registrato il primo superamento della quota dei abitanti nel novembre 1966 arrivando al massimo il 31 dicembre 1975 con residenti, con un successivo calo progressivo fino a oltrepassare in negativo il limite nel corso del 1991. Come già menzionato, la popolazione cittadina ha subito negli anni ottanta e novanta un marcato decremento, in buona parte legato al trasferimento di molti bolzanini in comuni limitrofi (Laives, Bronzolo, Appiano, Terlano), la cui popolazione è fortemente cresciuta negli stessi anni. A Bolzano vive il 20,4% dell'intera popolazione provinciale, e considerando l'intera agglomerazione (circa abitanti), la popolazione concentrata in città e nei comuni limitrofi incide per circa il 30% a livello provinciale. Il territorio di Bolzano è stato allargato due volte: Dodiciville (1911) Gries (1925) I tre territori storici di Bolzano (centro storico), Dodiciville e Gries costituiscono i tre comuni catastali dell'odierna Bolzano. Evoluzione demografica per comuni storici: Città di Bolzano (fino al 1911 senza Dodiciville e fino al 1925 senza Gries) 1890: 1900: 1910: (con Dodiciville: ) Comune di Dodiciville (<1911) 1890: 1900: 1910: Comune di Gries (<1925) 1890: 1900: 1910: Gruppi linguistici Bolzano ha la caratteristica principale di essere una città dove convivono tre gruppi linguistici: quello italiano, quello tedesco e quello, seppur ampiamente minoritario, ladino. All'ultimo censimento della popolazione la maggioranza si è dichiarata appartenente al gruppo linguistico italiano (74%), chi si è dichiarato appartenente al gruppo linguistico tedesco raggiunge il 25,5% mentre chi si è dichiarato ladino è lo 0,68%. Bolzano è dunque uno dei cinque comuni (Bolzano, Bronzolo, Laives, Salorno e Vadena) dell'Alto Adige dove la maggioranza della popolazione è italofona e di questi è quello con la percentuale superiore e in aumento rispetto al precedente censimento del 2001 (73,00%). Gli italofoni sono sparsi in tutti i quartieri della città anche se sono in minoranza in alcuni quartieri storici (Centro Storico, Rencio, Gries) e una minoranza (perlopiù trentini) era già presente in città prima dell'annessione della città all'Italia. Secondo il censimento del 1890, gli italiani erano circa il 15% della popolazione bolzanina. Il censimento del 1910 registrò un calo dei parlanti italiano o ladino, in quanto erano scesi nel comune di Bolzano, inclusa Dodiciville (escluso il comune di Gries) al 6,43% (3,74% Bolzano; 10,27% Dodiciville). La maggior parte degli italofoni non nati a Bolzano (soprattutto anziani e immigrati dal Sud Italia) proviene (al 31.12.2005) da Veneto (8,20%), Trentino (5,67%) e Calabria (2,47%) e sono in diminuzione, mentre aumentano le immigrazioni da regioni come Campania, Puglia e Sicilia. Comunque il 51,23% (in diminuzione rispetto all'anno precedente) è bolzanino di nascita. Gli italofoni di Bolzano non possiedono un proprio dialetto regionale anche se nella lingua italiana parlata a Bolzano esiste una componente veneto-trentina. Molti parlano l'idioma della regione d'origine (soprattutto il veneto e il trentino). Alcune comunità regionali hanno proprie associazioni per mantenere la cultura d'origine (Club Rodigino, Fogolâr Furlan, Circolo Sardo). I germanofoni sono in maggioranza nei quartieri storici e ad Aslago e sono piuttosto numerosi nel quartiere popolare Europa a Don Bosco. I germanofoni abitano in gran maggioranza anche la campagna bolzanina. Numerosi sono anche i cittadini germanici residenti a Bolzano. Prima dell'annessione di Bolzano all'Italia e prima dell'italianizzazione, Bolzano era una città quasi totalmente di lingua tedesca (84,99% nel 1890). La comunità ladina di Bolzano è la più variegata dell'Alto Adige e infatti è composta da gardenesi, badioti, fassani, ampezzani e anche friulani (probabilmente anche nonesi, che pur essendosi dichiarati ladini, non vengono riconosciuti come tali). I dichiarati al gruppo linguistico ladino non superano comunque lo 0,71% e sono di fatto superati dalle comunità immigrate più numerose. A Bolzano hanno sede la Comunità ladina (Comunanza Ladina a Bulsan), la Consulta ladina istituita dalla Città di Bolzano, l'Assessorato provinciale alla Cultura Ladina e l'Istituto Pedagogico Ladino. A Bolzano è inoltre presente la minoranza dei sinti, composta da circa 180 persone residenti perlopiù nei campi sosta della periferia della città. I sinti sono cittadini italiani residenti in Alto Adige da molte generazioni ed esiste un'associazione romanés (Nevo Drom). Negli ultimi anni si sono aggiunti circa 130 rom provenienti dalla ex Jugoslavia. Etnie e minoranze straniere Negli ultimi anni la popolazione straniera residente a Bolzano è cresciuta in modo considerevole tanto da superare l'11% degli abitanti (fine 2008); nel 2006 nel capoluogo risiedeva il 31,8% della popolazione straniera in Alto Adige. Al 31 dicembre 2006 in due circoscrizioni su cinque, Centro-Piani-Rencio (Zentrum-Bozner Boden-Rentsch) e Oltrisarco-Aslago (Oberau-Haslach), gli immigrati superano il 10% (rispettivamente il 13,6% e l'11,7%). Due comunità straniere superano le unità (31 dicembre 2006): la maggiore è quella albanese, che al 31 dicembre 2006 contava residenti (l'1,82% della popolazione), seguita da marocchini (), pakistani (567), germanici (491), peruviani (371), ucraini (333) e macedoni (327). Abbondantemente sopra le 100 unità anche romeni, tunisini, serbi e montenegrini, moldavi, cinesi, austriaci, polacchi, bengalesi, senegalesi e croati. Le nazionalità presenti al 31 dicembre 2006 erano 105 e in numeri assoluti Bolzano ha il maggior numero di immigrati della regione. In città sono presenti molte associazioni di stranieri, una radio bolzanina dedica programmi multilingui alle principali comunità e il comune ha istituito la Consulta immigrati di Bolzano, eletta dai cittadini e dalle cittadine extracomunitari residenti in città: la consulta è composta da 16 membri e il presidente (con mandato di un anno) è l'albanese Artan Mullaymeri (dal giugno 2006). Le elezioni per la consulta registrarono una grossa affluenza. Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2020 la popolazione straniera residente era di 16 130 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Albania, Egitto, Pakistan, Romania, Ucraina, 809 Cina, 769 Germania, 688 Moldavia, 549 Bangladesh, 468 Perù, 440 Religione La maggioranza dei bolzanini, sia italofoni sia germanofoni, è di religione cattolica romana e Bolzano è dal 1964 sede vescovile della Diocesi di Bolzano-Bressanone. Inoltre Bolzano è suddivisa in due decanati e diciannove parrocchie (10 bilingui, 7 italiane e 2 tedesche). Sempre più spesso si svolgono messe soprattutto per la comunità polacca o ispanica. A Bolzano è però presente da più di un secolo la più numerosa comunità evangelico-luterana della regione composta da circa 600 fedeli e con una propria chiesa e un proprio pastore. La comunità fa parte della Chiesa evangelica luterana in Italia e il territorio della comunità di Bolzano va dal Brennero alla riva orientale del lago di Garda e inoltre ha a disposizione uno spazio sulla radio del Sender Bozen della RAI. La chiesa evangelico-luterana è il luogo di culto anche della comunità veterocattolica facente capo alla Chiesa vetero-cattolica d'Austria. A Bolzano sono presenti anche molti testimoni di Geova e seguaci di altre confessioni libere come quelli della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, Chiesa neo-apostolica e della Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni (mormoni), tutte con una sede a Bolzano. A Bolzano sono sempre state presenti piccole comunità ebraiche, anche se non sempre stabili e non numerose. La comunità ebraica più importante della regione è quella di Merano (falcidiata negli ultimi anni della seconda guerra mondiale dai nazisti, con gravi complicità locali) dove è presente una sinagoga e alla quale fanno capo tutte le famiglie ebraiche dell'Alto Adige (circa 60 membri) e quindi anche di Bolzano, dove si trova invece il più grande cimitero ebraico della regione. Con l'immigrazione sono giunti anche i cristiani ortodossi e cattolici di rito bizantino e latino. A Bolzano esiste una comunità greco-cattolica romena che celebra la messa bizantina in lingua romena nella cappella della chiesa di San Pio X in via Resia. La comunità ortodossa romena ha le sue celebrazioni liturgiche nella piccola chiesa vicina alla stazione ferroviaria. Una comunità russo-ortodossa storica è presente a Merano. I musulmani superano le 3.000 unità (ossia circa il 3% della popolazione) rendendo la comunità islamica la più numerosa tra le fedi minoritarie. Nonostante ciò non sono ancora presenti luoghi di culto stabili. Istituzioni, enti e associazioni Bolzano viene sempre più spesso definita e si definisce come Capitale delle Alpi o della Montagna. Anche il prestigioso quotidiano inglese Times descrive Bolzano come il «centro mondiale della storia della montagna». Infatti a Bolzano hanno sede il Museo archeologico con Ötzi, l'uomo dei ghiacci, il Museo internazionale della montagna di Reinhold Messner e Bolzano è anche sede, dal settembre 2003, con Innsbruck del Segretariato permanente della Convenzione delle Alpi. La sede è all'interno dell'EURAC. Bolzano è anche sede della segreteria dell'Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino. La città fa parte della comunità di lavoro Città delle Alpi ed è gemellata con la città ungherese di Sopron, ma da qualche anno intrattiene rapporti non ufficiali anche con la sua capitale Budapest, nonché con altre città europee. Nel 2008 la comunità di interessi "Città delle Alpi" ha attribuito a Bolzano il titolo di Città alpina dell'anno 2009. Qualità della vita La città, secondo quanto riportato nel rapporto di Legambiente "Ecosistema Urbano 2017", si è classificata al terzo posto nella classifica delle migliori città italiane per qualità dell'ambiente e della vita. Nell'anno successivo si è aggiudicata il secondo posto. Cultura Nel 2008 ha ospitato con Trento la settima edizione della biennale d'arte contemporanea Manifesta ed era candidata per diventare la capitale europea della cultura nel 2019. Istruzione Biblioteche Fra le numerose biblioteche spiccano: la Biblioteca provinciale Dr. Friedrich Tessmann la Biblioteca della Libera Università di Bolzano la Biblioteca Civica di Bolzano (Stadtbibliothek Bozen) la Biblioteca dell'Eurac Inoltre vi sono tre archivi di rilievo, l'Archivio Provinciale di Bolzano (Südtiroler Landesarchiv), l'Archivio di Stato di Bolzano (Staatsarchiv Bozen) e l'Archivio Storico della Città di Bolzano (Stadtarchiv Bozen). Ricerca Nel campo di ricerca e innovazione sono presenti le seguenti strutture: La Libera Università di Bolzano è un ente attivo nella ricerca tramite numerosi progetti di ricerca di base e ricerca in partenariato con le aziende tramite le 5 facoltà di cui si compone in vari campi delle scienze, della tecnologia, dell'economia, del design e nelle scienze umanistiche L'Accademia Europea di Bolzano (EURAC), operativa dal 1992, è un centro di ricerca suddiviso in nove istituti che operano su aree quali la linguistica, le minoranze e le autonomie territoriali, lo sviluppo sostenibile, scienze della vita e management. I suoi ricercatori provengono da tutto il mondo. L'EURAC gode di ampio riconoscimento internazionale ed è coinvolta anche nella ricerca di una soluzione per i problemi del Kosovo ed è stata visitata anche dal Dalai Lama, interessato a trovare una soluzione di autonomia per il Tibet simile a quella dell'Alto Adige. L'Istituto per lo studio delle mummie, polo di ricerca dedicato allo studio e alla conservazione di corpi mummificati e imbalsamati di interesse archeologico come la mummia del Similaun. Il Techno Innovation Park South Tyrol (TIS), fino al 2006 Business Innovation Centre (BIC), un polo d'innovazione per la crescita e lo sviluppo globale delle imprese altoatesine. La sede del TIS occupa le piccole "torri gemelle" nella zona produttiva di Bolzano Sud. Dal 1º gennaio 2016 il TIS, insieme ad altre tre aziende controllate dalla Provincia di Bolzano (SMG, EOS e una parte della BLS) è confluito nella IDM Alto Adige-Südtirol, l'azienda speciale della Provincia di Bolzano e della Camera di commercio dedicata all'economia altoatesina. Nel 2017 nasce a Bolzano Sud il parco tecnologico NOI Techpark Südtirol-Alto Adige all'interno della sede della ex-Alumix: era previsto che il TIS avrebbe gestito i contenuti del NOI Techpark. Il Fraunhofer Innovation Engineering Center IEC, organizzazione di ricerca applicata; Bolzano ne è la sede italiana dal 2009. Il Centro ricerche e sviluppo Leitner Technologies, che si occupa di innovativi sistemi di trasporto urbano e extraurbano, dal 2007. Nel febbraio 2010 un gruppo di ricercatori, tra cui il radiologo bolzanino Paul Gostner dell'EURAC, hanno svelato il segreto della morte di Tutankhamon., così come nel 2012 chiarì la morte violente del faraone Ramses III. Scuole A Bolzano sono presenti 29 scuole medie superiori frequentate da 7.864 studenti (anno scolastico 2006/2007). I bambini frequentanti le scuole elementari sono invece 4.639 (l'8,8% è straniero) e gli scolari delle medie inferiori sono 2.906 (il 7,62% è straniero): i dati sono riferiti all'anno scolastico 2004/2005. Per quel che riguarda l'istruzione superiore la città può vantare diverse strutture: la Scuola Provinciale Superiore di Sanità Claudiana, con 15 corsi di studio; Il Conservatorio Provinciale Claudio Monteverdi, già statale; la ZeLIG, scuola di cinema documentario triennale e trilingue (italiano, tedesco, inglese), nata nel 1988, con studenti da tutto il mondo. Dal 1780 esiste il Liceo dei Francescani di Bolzano. L'ex Istituto Musicale Antonio Vivaldi, presente dal 1977, era una scuola civica di musica a carattere provinciale: ora afferisce all'Intendenza scolastica in lingua italiana. L'Istituto tecnico economico Cesare Battisti è nato nel 1874 come Gewerbeschule. Università la Libera Università di Bolzano, un'università trilingue internazionale (tedesco, inglese, italiano) nata nel 1997 con sedi distaccate anche a Bressanone-Brixen e Brunico-Bruneck e che in totale conta 3.482 studenti provenienti da 63 nazioni. Quattro delle cinque facoltà dell'ateneo hanno sede a Bolzano. Musei e gallerie d'arte Diversi sono i musei. Il più importante – di rilevanza mondiale, con la media di 800 visitatori al giorno – è il Museo archeologico provinciale, in cui è conservato il corpo di Ötzi, il famoso uomo dei ghiacci o del Similaun. Museo archeologico provinciale di Bolzano Museo Civico - Dal 2003 è parzialmente chiuso per un lungo restauro e non è chiaro quando dovrebbe riaprire i battenti: il comune ha infatti problemi a sostenere l'intera somma necessaria e chiede un grosso contributo alla provincia. Nel progetto attuale la ristrutturazione comprende una nuova ala, costituita da un cubo di cinque piani (progetto Hitthaler-Schwienbacher); l'accesso dovrebbe essere in corrispondenza di uno slargo da realizzarsi presso via Museo, accanto alla Biblioteca comunale, e che probabilmente prenderà il nome di piazzetta Cassa di Risparmio (la Sparkasse infatti, come affermato dal suo presidente Norbert Plattner, dovrebbe contribuire all'opera con 400 000 Euro). È pure previsto un collegamento sotterraneo con il museo archeologico. Museion - Il museo di arte moderna e contemporanea della città. Nato nel 1985, fino al maggio 2008 è stato ospitato nell'edificio dove ha sede anche la Libera Università di Bolzano. Successivamente si è spostato nella nuova sede, in via Dante: un avveniristico cubo in vetro e acciaio. Museo di scienze naturali - Disposto su tre piani: il piano terra dedicato alle mostre temporanee, gli altri due alle mostre permanenti ("Geologia dell'Alto Adige" e "Ambienti naturali dell'Alto Adige") - considerato particolarmente interessante ed educativo per i bambini Museo della Scuola - Primo Schulmuseum in Italia. Ospitato all'interno delle elementari Dante Alighieri, raccoglie materiale documentario storico e didattico. Importante la raccolta di cartelloni e l'archivio fotografico Museo Mercantile – All'interno del Palazzo Mercantile, ospita una collezione di ritratti della Casa d'Austria e una sezione dedicata alla storia del magistrato mercantile e di Bolzano come capitale del commercio Museo dei Presepi - All'interno dell'abbazia benedettina di Muri nel quartiere storico di Gries Museo del duomo/Dommuseum – Allestito nel 2007 nella prepositura del duomo di Bolzano, mostra i tesori della chiesa collegiale di Bolzano MMM Firmian - Messner Mountain Museum - Ospitato all'interno di Castel Firmiano è il nuovo museo dedicato alla «montagne e le sue genti» e realizzato per volontà di Reinhold Messner. Lo spazio polifunzionale del Centro Trevi ospita frequenti mostre d'arte, ma anche convegni. La città è ricca di gallerie d'arte: Galleria Civica/Stadtgalerie ar/ge kunst Galleria Museo Galleria Prisma Galleria foto-forum Galleria Goethe Galleria Goethe2 Galleria Antonella Cattani Lungomare Kleine Galerie/Piccola Galleria Media A Bolzano hanno sede le principali testate giornalistiche e le emittenti radiotelevisive dell'Alto Adige: Stampa LAlto Adige, fondato nel 1945, è il più importante quotidiano in lingua italiana dell'Alto Adige. Settimanalmente pubblica una pagina in lingua ladina. La Dolomiten, fondata nel 1882 con il nome Der Tiroler ("Il Tirolese") è il quotidiano più importante e antico esistente in provincia di Bolzano e viene pubblicato in lingua tedesca (con una piccola parte in lingua ladina). Esce tutti i giorni esclusa la domenica. Il Corriere dell'Alto Adige è un quotidiano nato dal Mattino dell'Alto Adige ed è allegato al Corriere della Sera. La Neue Südtiroler Tageszeitung ("Nuovo quotidiano sudtirolese") è il secondo quotidiano in lingua tedesca dell'Alto Adige, nato nel 1996. la ff – Südtiroler Wochenmagazin è un magazine settimanale di attualità e inchiesta in lingua tedesca nato come rivista di televisione e tempo libero (ff sta per "Fernsehen und Freizeit"). la Zett – Die Zeitung am Sonntag è la versione domenicale della Dolomiten. la Südtiroler Wirtschaftszeitung ("Giornale economico sudtirolese") è un settimanale economico in lingua tedesca. Il Segno pubblicato dalla diocesi è l'unico settimanale in lingua italiana. il Katholisches Sonntagsblatt ("Il foglio domenicale cattolico") è il settimanale diocesano in lingua tedesca. kulturelemente (già distel) è un periodico che dal 1981 approfondisce tematiche culturali. InSide – Events in South Tyrol e Was Wann Wo (Cosa quando dove) sono guide gratuite mensili e bilingui che raccolgono il calendario degli eventi e appuntamenti culturali e ricreativi della provincia. Franz Magazine è una piattaforma per eventi culturali online, attivo dal 2010. METROpolis - Cultura & Sociale a Bolzano è l'unico periodico (mensile) in lingua italiana che segue in maniera specifica la vita culturale e sociale del capoluogo. Inoltre vengono pubblicate varie riviste di associazioni (per esempio Der Schlern e Geschichte und Region/Storia e regione, entrambe riviste di storia regionale, o Il Cristallo, curata dal Centro di Cultura dell'Alto Adige, enti (per esempio Bolzano Notizie – Bozner Nachrichten del Comune di Bolzano) o società. Molti quotidiani e riviste italiane, austriache e germaniche hanno un proprio corrispondente a Bolzano. Anche l'agenzia ANSA ha una propria sede a Bolzano, con un servizio in lingua italiana e tedesca. Radiotelevisione A Bolzano è presente la sede regionale della RAI (il Trentino-Alto Adige ha due sedi autonome) che produce una programmazione radiotelevisiva in tedesco, italiano e ladino. Nel mese di ottobre 2006, a seguito delle numerose proteste, l'inizio dei programmi radio regionali in onda su Radio 2 nel primo pomeriggio dal lunedì al venerdì è stato posticipato alle 15.10 per consentire l'ascolto del programma "Viva Radio2", condotto da Fiorello e Marco Baldini, che fino a quel momento era bruscamente interrotto dopo circa mezz'ora per fare spazio a rotocalchi trentini e altoatesini. A Bolzano ha sede una televisione privata in lingua italiana chiamata Video 33. Hanno una redazione in città anche le emittenti private regionali RTTR e TCA, la cui sede principale è a Trento. Con l'avvento del digitale terrestre sono nate alcune nuove emittenti private provinciali, sia in italiano sia in tedesco (Alto Adige TV, Südtirol24 TV, Südtirol Digital Fernsehen). Sono più numerose le emittenti radiofoniche private: in italiano vi sono Radio NBC, Radio Tandem (che però si caratterizza per trasmissioni mistilingui e in lingue straniere) e Radio Sacra Famiglia, mentre in tedesco vi è la popolare Südtirol 1, Radio Grüne Welle e Radio Nord. L'ORF (Radiotelevisione Austriaca) ha un ufficio a Bolzano e la redazione di Südtirol heute, il notiziario quotidiano della televisione austriaca per l'Alto Adige. A Bolzano ha sede anche la RAS, un'azienda pubblica che provvede alla trasmissione in Alto Adige dei programmi radiotelevisivi dell'area germanica, austriaca e svizzera. Teatro e musica Bolzano offre una ricca produzione nel campo teatrale e musicale. Il Teatro Stabile, nato nel 1950 è il secondo teatro stabile d'Italia (successivo solo al Piccolo di Milano, del 1947) e realizza numerose e importanti produzioni di successo; l'omologo in lingua tedesca sono le Vereinigte Bühnen Bozen (VBB, Teatri riuniti di Bolzano): entrambe le istituzioni presentano i loro spettacoli nel Nuovo Teatro Comunale di Bolzano, in piazza Verdi (il Teatro Stabile anche al Teatro civico di Merano). Oltre a ciò la stagione del Nuovo Teatro Comunale, che dura tutto l'anno, offre rappresentazioni teatrali, commedie, opera, operette, danza e musical. Tra le coproduzioni di grande successo vi è lo spettacolo di danza moderna Steel – The Legend of the Metal del Teatro Comunale di Bolzano e della Experidance Productions di Budapest. Molto attivo nella promozione culturale in lingua italiana è da anni il Circolo la Comune, con un fitto cartellone di eventi che spaziano dal teatro (per lo più di stampo brillante) a manifestazioni etnico-culturali, dall'organizzazione di convegni alla proiezione di film che rimangono fuori dalle grandi catene di distribuzione. A Bolzano sono presenti numerosi teatri: il Nuovo Teatro Comunale, modernissimo edificio inaugurato nel 1999, è il principale polo teatrale della regione e dispone di una sala grande con una capienza di 802 posti e di un teatro studio da 215. l'Auditorium Haydn è anch'esso stato inaugurato nel 1999 e ospita numerosi concerti sinfonici, tra cui vi è il Concorso Pianistico Internazionale Ferruccio Busoni. Ha una sala grande di 641 posti e una piccola di 100. il Kulturhaus Walther von der Vogelweide ("Casa della cultura Walther von der Vogelweide") è un teatro con 536 posti e mette in scena spettacoli in lingua tedesca. il Teatro Cristallo mette in scena spettacoli in lingua italiana e ha 436 posti. il Teatro Comunale di Gries mette in scena spettacoli in entrambe le lingue e ha una capienza di 373 posti. il Piccolo teatro Carambolage, nonostante la sua capienza di soli 99 posti, ha un'ampia offerta di spettacoli e cabaret. il Theater im Hof-Cortile, offre dal 1999 prevalentemente spettacoli per un pubblico giovanile. il Teatro Cinema Rainerum con una capienza di 405 posti, ristrutturato e ampliato nel 2010. Molto numerosi inoltre sono i centri e le sale polifunzionali e di quartiere o i circoli culturali con un'ampia offerta. Per quanto riguarda invece l'aspetto musicale a Bolzano è presente dal 1960 l'orchestra Haydn, voluta dalle Provincie e dai Comuni di Trento e Bolzano; l'Istituzione Concertistica Orchestrale (Konzertverein Bozen) è stata riconosciuta dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo. Eventi A Bolzano si tiene ogni anno un grande numero di manifestazioni culturali. Di seguito le più importanti: Bolzano Festival Bozen propone i concerti delle orchestre giovanili Gustav Mahler Jugendorchester ed EUYO dirette da Claudio Abbado, il Concorso Pianistico Internazionale Ferruccio Busoni (trasmesso in Euroradio), la rassegna Antiqua (musica rinascimentale e barocca) e l'Accademia Gustav Mahler. Grazie a ciò Bolzano viene definita la "capitale" europea della musica classica giovanile. Transart è una manifestazione regionale di musica contemporanea Bolzano Danza – Tanzsommer Bozen è una manifestazione estiva di danza Musica in Aulis è un festival di musica da camera Südtirol Jazz Festival Alto Adige è un importante festival jazzistico internazionale estivo 4 Film Festival è un festival cinematografico biennale, all'interno del quale vengono presentati film e documentari a tema (Borderlands – Terre di confine), film muti rimusicati (Rimusicazioni) e cortometraggi. ShortFilmFestival – a novembre di ogni anno due concorsi, nazionale e internazionale di cortometraggi (Opere Nuove e No Words) Bozner Filmtage è una rassegna cinematografica organizzata dal Filmclub museumnovember, iniziative culturali nei musei bolzanini durante il mese di novembre che si conclude con la Lunga Notte dei Musei – Lange Nacht der Museen, nella quale i musei rimangono aperti fino a notte fonda e l'ingresso è libero. Durante la Lunga Notte dei Musei provinciale (in contemporanea all'omologa iniziativa austriaca) che si tiene in ottobre è il turno del MMM Firmian e del Museo della Tecnica (centrale idroelettrica Enel aperta al pubblico in alcune occasioni). Wintermezzo, settimana musicale dedicata a Richard Strauss e Ludwig Thuille Festival Studentesco Provinciale, raccoglie esibizioni artistiche (canto, danza classica e moderna, recitazione, cabaret, musica classica e moderna, pittura, scultura, cinematografia, nonché alcune prove nello stile dei Giochi senza Frontiere) di studenti e studentesse di tutte le scuole superiori del capoluogo e più in generale della Provincia. ArtMaySound, festival no-profit di fumetto, musica e gioco, giunto nel 2013 alla sua settima edizione. Organizzato a cadenza annuale nel mese di maggio, porta a Bolzano fumettisti e artisti da tutta Italia, completando la sua offerta con mostre e concerti Altri eventi Seguendo una tradizione cattolica dell'area germanofona alpina a partire da qualche giorno prima allo stesso giorno dei Re Magi (6 gennaio) i bambini travestiti da Re Magi girano di casa in casa ad annunciare, cantando, la venuta di Cristo. Per questo motivo i bambini vengono chiamati Sternsinger o in italiano Cantori della Stella. Tra il 5 e il 6 gennaio è solito anche segnare le porte o i portoni con il gesso riportando le iniziali dei Re Magi e l'anno, che di norma dovrebbero essere lasciate per tutto l'anno. carnevale: nel sabato che precede il martedì grasso viene replicata a Bolzano la sfilata dei carri del Carnevale di Laives. 21 marzo: giornata FAI di Primavera. fine maggio: Festa dello Speck in piazza Walther. 10 agosto: Calici di Stelle (Lorenzinacht). Degustazioni di vini sotto i Portici. inizio ottobre: Festa della Zucca in piazza Walther e mercato d'autunno nel centro storico. 11 novembre: San Martino (Martinsnacht). Quando fa buio i bambini partecipano a una processione con in mano lanterne fatte spesso con le loro mani cantando canzoni sulle lanterne e la luce come la celebre "Laterne, Laterne, Sonne, Mond und Sterne" (Lanterna, lanterna, sole, luna e stelle). fine novembre – 23 dicembre (fino al 6 gennaio dal 2013): Mercatino di Natale di Bolzano (Christkindlmarkt). Incominciato all'inizio degli anni novanta, è il più antico d'Italia a cui sono seguite numerose imitazioni. Mercatini di natale si tengono anche in altre zone della città come a Gries in piazza Mazzini o in via Roma, tuttavia il periodo dell'Avvento è il più animato dal punto di vista delle manifestazioni e delle tradizioni. 6 dicembre: San Nicolò (Nikolausabend). Festa particolarmente sentita soprattutto dai bambini dove il Nikolaus regala loro dolciumi, mandarini e frutta secca contenuta spesso nel tradizionale sacchettino rosso. San Nicolò è accompagnato dal Krampus, il terribile diavolo che punisce i bambini cattivi. Ogni due anni si tiene il premio letterario Autori da scoprire, a cui si è affiancato anche un premio cinematografico. È punto d'incontro del LUG (Linux User Group) Bolzano-Bozen-Bulsan. Inoltre l'intero sistema operativo nelle scuole in lingua italiana è Linux. Nel 2006 si poté assistere alla solenne celebrazione del centenario dell'associazione studentesca Laurins Tafelrunde Bozen, associazione di ispirazione cattolica-patriottica fondata nel 1906. È sede del Convegno Internazionale CasaClima, riguardante tecniche edilizie per l'efficienza energetica degli edifici. Nel 2012 vi ha avuto luogo l'85ª Adunata dell'Associazione Nazionale Alpini. Romanzi ambientati a Bolzano Tutta quella brava gente, di Marco Felder, 2019 Casanova in Bolzano, di Sándor Márai, 1943 Salware oder Die Magdalena von Bozen, di Carl Zuckmayer, 1950 … ich geh zu Fuß nach Bozen und andere persönliche Geschichten, di Herbert Rosendorfer, 1988 Das Monster von Bozen, di Burkhard Rüth, 2011 (giallo) Villa Rubein, di John Galsworthy (sotto lo pseudonimo John Sinjohn) Roba da farci su un romanzo, di Beppe Mora Scautismo A Bolzano sono presenti due gruppi scout dell'Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI): il Bolzano 2 fondato nel 1948 con sede in piazza Don Bosco e avente il fazzolettone di colori blu, rosso e giallo e il Bolzano 4 fondato nel 1968 con sede in via Dalmazia e avente il fazzolettone di colori giallo e nero. Inoltre sono presenti due gruppi scout del Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani (CNGEI). Economia Bolzano, città di origini mercantili, era stata trasformata dalla politica in città industriale, ma nell'ultimo trentennio si è trasformata da città industriale a centro terziario con una buona attività industriale e nelle campagne della periferia è presente un'attività agricola (mele, uva) di qualità, molto importante è anche il turismo (culturale, business e escursionistico). A Bolzano esistono una vasta e attiva zona produttiva, già industriale (ricerca scientifica, autoveicoli pesanti, acciaio ecc.) in cui sorge il centro d'innovazione Techno Innovation Park South Tyrol (TIS, nato dal BIC-Business Innovation Center) e anche alcune aree artigianali dedite alle produzioni e alle attività più varie. Tra le produzioni artigianali si possono citare quella importante e rinomata di mobili in legno, di mobili d'arte, di arredamenti tipici campagnoli, di tessuti, di tappeti, di ceramiche, oltre all'attività di bottaio, alla realizzazione di presepi, di sculture, di strumenti musicali e alla lavorazione del cuoio, del ferro battuto, del rame e del bronzo finalizzata a numerosi usi, come per esempio gli oggetti decorativi. Il settore tradizionalmente più ricco e redditizio è in ogni caso il commercio (si veda la zona centrale, la più antica, con i caratteristici Portici o il quartiere fieristico). Questo può essere visto, ad esempio, nel grande magazzino Waltherpark. Nei prossimi anni dovrebbe nascere (nella stessa zona industriale) un polo economico che servirà di base per tutte le piccole e medie industrie/imprese del nord Italia come aiuto nello sviluppo nei primi anni di vita. La maggiore dimensione internazionale e l'incremento della ricerca scientifica delle principali aziende richiede anche un maggiore spazio edificabile. Una nuova area a Bolzano Sud, lungo via Einstein, è stata strappata alla campagna per potere ospitare nuovi insediamenti commerciali. In seguito alla sempre minore disponibilità di terreni edificabile (Bolzano è un comune con un territorio molto ridotto rispetto alla popolazione residente e alle attività operanti), sono stati comunicati nel corso dei primi mesi del 2007 i progetti per la costruzione di tre nuovi grattacieli: due torri gemelle ai Piani di rispettivamente 39 e 40 metri e una torre di 50 metri nell'area della nuova sede della Salewa, progettata dagli architetti milanesi Cino Zucchi e Park Associati, che ospita una palestra per l'arrampicata, un hotel, una caffetteria e un asilo, oltre al centro ricerca e sviluppo, uffici e sale conferenze. La torre quando venne terminata era il grattacielo più alto della regione, superando di mezzo metro le due torri residenziali nel quartiere Europa a Don Bosco, le più alte. In zona Piani è sorta la City Tower di 45 metri. Il primato della torre Salewa è stata però superato nel 2011 da una nuova torre in zona ex Magnesio di 57,50 metri, la torre Hafner. Nel 2018 la skyline della zona Piani è stata nuovamente mutata dalla torre Markas alta 40 metri. Con il cambiamento di legislatura nel 2006 sono entrate in vigore le nuove leggi provinciali sul commercio al dettaglio nelle zone produttive; infatti molte erano e sono tuttora le richieste di aprire spazi commerciali nella zona produttiva di Bolzano Sud e in quella di Bolzano Est. A seguito di ciò sono sorti nella zona di Bolzano Sud un ipermercato Interspar di 3.500 m² e un centro commerciale (Centrum) di circa 15.000 m² con un ipermercato Poli di 2.500 m², un negozio di elettronica Euronics, una palestra, un negozio di calzature Pittarello, uno di prodotti ittici surgelati e diversi altri esercizi commerciali minori. Da molto tempo si parla della realizzazione di un piccolo centro commerciale nel centro storico in un edificio ancora in fase di pianificazione e di un più grande centro commerciale nella zona dei Piani di Bolzano o nel futuro areale ferroviario. Aspetti negativi della vita a Bolzano sono la non ancora completa comprensione reciproca fra abitanti di lingua italiana e tedesca, il relativo inquinamento (traffico veicolare, riscaldamento prolungato, industria) aggravato dalla mancanza di una vera e propria circonvallazione, i costi elevati delle merci di prima necessità e soprattutto degli alloggi. Quest'ultimo punto è aggravato dalla scarsa disponibilità di immobili privati destinati all'affitto, anche se è molto forte la presenza dell'edilizia pubblica (tramite l'IPES, l'Istituto provinciale per l'edilizia sociale). Secondo dati Eurostat Bolzano con la sua provincia è l'area più ricca d'Italia e all'ottavo posto nell'Unione europea. Nel 2010 la città giunge prima nella classifica del giornale Il Sole 24 ore, precedendo Trento al secondo posto. Lavoro Secondo il censimento della popolazione 2001 al giorno di riferimento 22 ottobre lavoravano a Bolzano 61.376 collaboratori divisi in 11.672 luoghi di lavoro. Gli enti pubblici hanno primaria importanza con 315 luoghi di lavoro e 13.835 impiegati. Gli impiegati in organizzazioni no profit sono 2.308. Nella zona produttiva di Bolzano Sud lavorano all'incirca 11.000 persone. Nel 2006 il tasso di disoccupazione cittadino era dell'1,8%, contro una media provinciale del 2,6%. Essendo il principale centro politico, culturale, economico-finanziario e commerciale nonché industriale dell'Alto Adige, l'ente Provincia di Bolzano è il maggiore datore di retribuzione della provincia. Il tasso di occupazione è tra i più alti di Italia, soprattutto per quanto riguarda le donne. Aziende maggiori Bolzano è sede di aziende piccole, medie e grandi, con un numero maggiore di quelle medio-piccole. Molte operano anche su un mercato internazionale, mentre altre svolgono un ruolo di primaria importanza solo in Alto Adige. Bolzano è il maggior polo produttivo della provincia e annovera le aziende tra le più grandi dell'Alto Adige. Le aziende più grandi sono la Fercam e gli stabilimenti di produzione di autoveicoli Iveco. I media, nel novembre 2006 avevano riferito che la Fercam sarebbe dovuta essere la prima azienda bolzanina a entrare alla borsa di Milano nel corso del 2007. Nell'estate successiva l'azienda ha comunicato un rinvio a data da destinarsi. Quasi contemporaneamente, il 18 luglio 2007, era la FRI-EL Green Power a comunicare l'intenzione di approdare a Piazza Affari. L'autorizzazione alla quotazione è arrivata il 29 ottobre: il collocamento aveva avuto inizio il 12 novembre, ma proprio al termine del periodo di offerta, il 20 novembre lo sbarco a Piazza Affari saltava. Finanza Bolzano è un importante centro finanziario a livello regionale e la città è un'importante base per imprese, aziende, banche o imprese assicurative austriache e germaniche che vogliono entrare nel mercato italiano. Per contro molte imprese e aziende bolzanine operano nei mercati d'Oltralpe. Le banche bolzanine invece guardano in modo prioritario a un'espansione a sud. I maggiori istituti di credito bolzanini sono: Banca Popolare dell'Alto Adige (Südtiroler Volksbank), con filiali anche in Trentino e nel Bellunese Cassa di Risparmio di Bolzano (Südtiroler Sparkasse), con filiali anche in Trentino, Veneto e Lombardia Raiffeisen Landesbank Südtirol (Istituto centrale delle Casse rurali altoatesine) Cassa Raiffeisen di Bolzano (Cassa Rurale di Bolzano) Banca di Trento e Bolzano (Bank für Trient und Bozen), con filiali anche in Trentino, Veneto e Austria. Tra i principali istituti di credito stranieri sono da citare la sede italiana della Hypo Tirol Bank e le sedi italiane per leasing bancario di Hypo Vorarlberg e della Tiroler Sparkasse. Business Forum di Bolzano Dal 2011 la città ospita il Business Forum italo-germanico che riunisce nel Palazzo Mercantile i vertici dell'economia italiana e germanica, ovvero la Confindustria e il Bundesverband der Deutschen Industrie. Parco tecnologico Dal 2017 esiste a Bolzano Sud il parco tecnologico NOI Techpark Südtirol/Alto Adige che funge da polo di innovazione tecnologica nei quattro settori Alpine Technology, Green Technology, Food Technology e Automation. In esso confluiscono anche iniziative della Fraunhofer Italia Research, dell'Eurac e della Libera Università di Bolzano. Infrastrutture e trasporti Collegamenti internazionali e nazionali Bolzano è un importante nodo di comunicazioni tra il nord e il sud dell'Europa. È raggiungibile in automobile attraverso l'Autostrada del Brennero A22 con due uscite: Bolzano Sud e Bolzano Nord; dispone di una stazione ferroviaria internazionale con collegamenti tra Italia e Germania (vari treni Eurocity diurni e uno notturno collegano Monaco di Baviera a Verona, Venezia, Milano, Roma e Napoli) e di una stazione di autocorriere per i collegamenti regionali, nazionali e internazionali, di un aeroporto internazionale (Aeroporto Bolzano Dolomiti). Inoltre, sono presenti tre treni Frecciargento al giorno da e per Roma Termini. Collegamenti regionali Bolzano è il punto di partenza principale dei pullman per raggiungere le altre località del territorio. La società che gestisce il trasporto extraurbano, la SAD (Südtiroler Autobus Dienst), offre un servizio efficiente e puntuale. Bolzano dispone di diverse stazioni ferroviarie, che la collegano alle altre località sulla linea principale del Brennero (tra cui: Egna, Bressanone e Fortezza), ma anche alle località situate sui rami che arrivano fino a Merano e a San Candido: Stazione Centrale Stazione Bolzano Sud-Fiera Stazione di Ponte d'Adige-Frangarto Stazione di Bolzano Casanova Con la rinnovata Ferrovia della Val Venosta, gestita dalla provincia autonoma di Bolzano, si può arrivare da Bolzano a Malles in treno. Il capoluogo è collegato a Merano con partenze ogni ora anche dalla linea di autobus extraurbani. La mobilità pubblica in Alto Adige è inserita all'interno del Sistema di trasporto integrato Alto Adige, caratterizzato da titoli di viaggio, tariffe e orari unificati su tutto il territorio provinciale. Nello specifico sono inclusi nel sistema: tutti gli autobus urbani, extraurbani e i citybus i treni regionali per le tratte di competenza della Provincia e fino a Trento e Innsbruck il trenino del Renon e le funivie del Renon, di San Genesio, di Verano, di Meltina e di Maranza. Altrettanto sviluppata è la rete di Piste ciclabili dell'Alto Adige. Da Bolzano partono molte fra le più importanti piste ciclabili che consentono di visitare le Dolomiti. Collegamenti urbani Il sistema di trasporti pubblici bolzanino, gestito dalla società SASA, è ben sviluppato, puntuale ed efficiente. La rete urbana di autobus è costituita da 17 linee, inclusa la notturna 153 e le linee che collegano le principali località dell'hinterland, come Laives e Cardano. Tre funivie collegano la città a località montane poste a quota superiore ai 1.000 : San Genesio, Soprabolzano sul Renon e il Colle. Tra queste la Funivia del Colle è di importanza storica essendo la più antica del mondo per il trasporto di persone usate inizialmente per trasporto di materie prime. La nuova funivia del Renon, in servizio dal 23 maggio 2009, è invece degna di nota in quanto si basa su una moderna tecnologia a tre funi (due funi portanti e una fune traente). La doppia fune portante raggiunge un’elevata stabilità al vento. Il sistema, costruito dall’azienda altoatesina Leitner Spa, è in grado di trasportare fino a 720 persone all'ora. In passato vi erano anche due funicolari (Virgolo e Guncina). L'intera città è percorsa da una rete di 8 piste ciclabili per un totale di 39 km, e, nel confronto con le altre città italiane, vanta il maggior numero di spostamenti effettuati dai cittadini sulle due ruote. Con la costruzione dei nuovi quartieri a sudovest è stata proposta la costruzione di una metropolitana di superficie che colleghi l'ospedale centrale con i nuovi quartieri di Firmian e Casanova, la Fiera, Oltrisarco e il Centro. Per migliorare il sistema di trasporti e scoraggiare l'utilizzo del mezzo privato (tuttora intensissimo e concausa di problemi di inquinamento atmosferico e acustico) si è a più riprese suggerito di potenziare i collegamenti fra Bolzano e la Bassa Atesina e di costruire di una metropolitana suburbana (sul modello delle S-Bahn germaniche) che colleghi l'Oltradige al capoluogo. Da queste zone proviene gran parte degli oltre 85.000 pendolari che raggiungono quotidianamente il capoluogo altoatesino, riproponendo così la ferrovia Bolzano-Caldaro, abbandonata nel 1971. In passato la città disponeva inoltre di una rete tramviaria, la tramvia di Bolzano, della ferrovia a cremagliera del Renon, sostituita dalla funivia, della funicolare del Virgolo - poi sostituita nel secondo dopoguerra da una funivia aerea - e della funicolare del Guncina. Amministrazione Bolzano è capoluogo dell'omonima comunità comprensoriale ed è suddivisa in cinque circoscrizioni: Centro-Piani-Rencio (Zentrum-Bozner Boden-Rentsch) Oltrisarco-Aslago (Oberau-Haslach) Europa-Novacella (Europa-Neustift) Don Bosco (Don Bosco-Neugries) Gries-S.Quirino (Gries-Quirein) Politica e identità etniche A partire dalle prime elezioni democratiche successive al secondo dopoguerra Bolzano venne retta da governi di coalizione DC-SVP; dopo il cambiamento del sistema politico noto come seconda repubblica la coalizione si è evoluta in uno schieramento di centrosinistra allargato alla SVP. Dal 1995 al 2005 il sindaco della città fu Giovanni Salghetti Drioli, che portò un periodo di stabilità fra i gruppi linguistici. Dopo il referendum comunale del 7 ottobre 2002 per il ripristino del nome di "Piazza della Vittoria" (Siegesplatz), che era stato mutato precedentemente in "Piazza della Pace" (Friedensplatz) dal sindaco, nel tentativo di dare un maggiore segno di unione tra i gruppi linguistici, la situazione è tornata più tesa, almeno dal punto di vista politico. Gran parte della comunità italofona, indipendentemente dallo schieramento politico, ha percepito il gesto come un tentativo di cancellare l'"identità italiana" da parte del governo cittadino, votando quindi per il ripristino del nome. Elezioni comunali 2005 La situazione politica cittadina si fece ancora più incerta dopo le elezioni comunali del maggio 2005, con la vittoria considerata "storica" del sindaco esponente del centrodestra, l'architetto Giovanni Benussi, ma con il consiglio comunale in maggioranza di centrosinistra-SVP (che aveva 27 seggi su 50 contro i 21 del centrodestra). Si presentò così una situazione di sostanziale ingovernabilità. Le soluzioni erano due: una coalizione allargata ai partiti moderati del centrosinistra o elezioni anticipate. Il candidato di centrosinistra, il sindaco uscente l'avvocato Giovanni Salghetti Drioli, era stato sconfitto al ballottaggio per soli sette voti. Al primo turno Benussi era uscito con il 42,22% dei consensi contro il 34,83% di Salghetti. L'SVP, che aveva concorso con un proprio candidato al primo turno, il vicesindaco uscente e Obmann del partito Elmar Pichler Rolle, aveva avuto il 16,74% e di fatto, se si fosse alleata al primo turno con il centrosinistra avrebbe consentito la terza vittoria di Salghetti con il 51,57%, con tuttavia un forte calo di consensi, soprattutto nei quartieri popolari (se dal punto di vista delle circoscrizioni il centrosinistra poteva contarne 4 su 5, da quello dell'elezione del sindaco ne ha solo 2). Né Salghetti né Benussi erano iscritti a partiti, ma entrambi provengono da un ambiente cattolico (Salghetti dall'Azione cattolica e Benussi da Comunione e Liberazione). La situazione verificatasi fece sì che se il sindaco eletto fosse di centrodestra, mentre il presidente e vicepresidente del consiglio comunale eletti fossero di centrosinistra-SVP: Patrizia Trincanato dei Verdi e Norbert Clementi della SVP. Dopo i no ribaditi da SVP e Margherita, il "sindaco di maggio" presentò una giunta tutta di destra. La giunta Benussi non raccolse i consensi necessari e di conseguenza sia consiglio sia giunta decaddero (22 giugno 2005). Il sindaco aveva proposto al consiglio comunale una giunta formata da quattro assessori di Alleanza Nazionale, due di Forza Italia, uno della Lega Nord (il consigliere della Lega, Kurt Pancheri, è di lingua tedesca), uno di Unitalia e due assessori esterni di cui uno di lingua tedesca. Mancando la fiducia del consiglio comunale, il Commissario del governo per la provincia autonoma di Bolzano, Giustino di Santo, provvide a sciogliere il Consiglio comunale e a nominare un Commissario amministrativo straordinario coadiuvato da tre subcommissari (di cui uno di madrelingua tedesca), che hanno guidato la città alle successive elezioni comunali di novembre: in un primo momento era stato nominato Marcello Forestiere, prefetto vicario a Bologna; dopo venti giorni venne però sostituito da Maria Serena Pompili, vice prefetto vicario presso il commissariato del governo della stessa Bolzano. Il commissario del governo giustificò la scelta sostenendo che a guidare una città come Bolzano era necessaria una persona che conoscesse bene la realtà locale. Due giorni dopo, poiché il consiglio dei ministri aveva "messo a disposizione" (ossia, destituito) il commissario del governo, il commissario della città ha coperto per tre settimane anche la carica di commissario del governo. Alle nuove elezioni svoltesi il 6 novembre 2005 è stato eletto al primo turno, con il 50,4% dei voti, il candidato appoggiato dall'Unione (con l'eccezione del PdCI), dall'SVP e dall'UDC, Luigi Spagnolli. Per la prima volta la SVP ha rinunciato a presentare un proprio candidato sindaco. Consolati Bolzano è sede dei seguenti consolati onorari: Germania Federazione Russa Gemellaggi , dal 2018 Sport La città ospita ogni anno numerose manifestazioni sportive, contrariamente al resto d'Italia, qui lo sport più seguito e praticato non è il calcio, bensì è l'hockey su ghiaccio, inoltre ha dato i natali a moltissimi sportivi. Secondo alcuni studi, Bolzano risulta una delle città italiane dove la popolazione svolge più attività fisica. Bolzano è sede della Federazione Italiana Faustball. Impianti sportivi Sparkasse Arena – nota anche come Palaonda/Eiswelle, stadio del ghiaccio. Capace di 7.220 posti a sedere, prima delle Olimpiadi di Torino 2006 era il più grande e capiente impianto del settore in Italia. Stadio Druso/Drusus-Stadion – costruito come stadio polisportivo, perlopiù dedicato a calcio ed atletica leggera, tra il 2019 e il 2021 è stato ristrutturato e trasformato in impianto puramente calcistico, per una capienza di circa 5.500 spettatori. Stadio Europa/Europa-Stadion – stadio di football americano. Campo sintetico con 3.000 posti esclusivamente a sedere. Palasport/Stadthalle – noto anche come PalaResia (dal nome della via in cui sorge). Con i suoi 2608 posti a sedere ospita vari avvenimenti sportivi, nonché concerti e spettacoli. Palazzo dello Sport/Sporthalle di viale Trieste – noto anche come "PalaMazzali" (dal nome della cestista Paola Mazzali, scomparsa nel 2006), è il palazzetto dello sport situato dietro lo stadio Druso. Piscine: i maggiori impianti natatori cittadini sono la piscina coperta di via Maso della Pieve, dotata di una vasca da 25 m, che annualmente ospita un meeting internazionale di nuoto, nonché le tre vasche del Lido di Bolzano (una coperta e due scoperte, dedicate anche ai tuffi), costruito nel 1931 presso il già citato stadio Druso, su progetto di Ettore Sottsass e Willy Weyhenmeyer. Calcio Le principali società calcistiche di Bolzano sono il Fussball Club Südtirol (fondato nel 1974 a Bressanone e trasferito in città nel 2000), l'Associazione Calcio Virtus Bolzano (istituita nel 2015) e il Bozner Fussball Club (nato nel 1962). Tra di esse il Südtirol è di gran lunga la società più strutturata, avendo al suo attivo diverse partecipazioni alla terza serie e una promozione in Serie B. A livello storico la maggior realtà calcistica cittadina è stata, per circa ottant'anni, il , fondata nel 1931, il cui maggior successo è costituito dalla partecipazione al campionato di Serie B 1947-1948. Dopo un lungo periodo di crisi, nel 2015 si è unito alla Virtus Don Bosco (club dell'omonimo quartiere) per formare la già citata Virtus Bolzano. Maggiori sedi bolzanine deputate alla pratica di tale sport sono lo stadio Druso di viale Trieste (principale arena scoperta cittadina, storico campo casalingo del Bolzano e, dal 2000, del ) e la zona sportiva di viale Cadorna (ove hanno sede il campo sportivo ex-Righi - anche noto come Internorm Arena per motivi di sponsorizzazione -, sede della Virtus Bolzano, e il campo sportivo Talvera, ove gioca il Bozner). Nel periodo estivo a Bolzano si organizza il torneo calcistico amichevole Südtirol Cup. Hockey su ghiaccio Bolzano ha ospitato assieme a Milano e Canazei l'edizione 1994 del campionato del mondo di hockey su ghiaccio, sport che gode del maggior seguito di appassionati sia in città sia in tutta la provincia. La compagine locale, l'Hockey Club Bolzano Foxes, è la più titolata d'Italia, con diciannove scudetti all'attivo, oltre a tre coppe Italia, tre supercoppe Italiane e – a livello internazionale – un'Alpenliga e un Torneo 6 nazioni. Dalla stagione hockeystica 2013/2014 i biancorossi militano nel campionato austriaco, lega sovranazionale che comprende, oltre ad austriache ed italiane, anche squadre ungheresi, ceche, croate, slovacche e slovene. La prima stagione si concluse trionfalmente, con la vittoria nel campionato (prima volta di una squadra non austriaca), bissata poi nella stagione 2017-2018. Tra le file dell'Hockey Club Bolzano hanno militato giocatori come Jaromír Jágr, Kent Nilsson, Scott Young, Mark Pavelich, Niklas Hjalmarsson. In serie A2 militava invece l'EV Bozen 84 ma dal 2016 è attivo solo a livello giovanile. Nel 2006 le due squadre bolzanine, insieme all'HC Settequerce, avevano creato un farm team, per fare crescere i vivai: l'HC Future Bolzano, che ha militato per una sola stagione in serie A2, prima di passare a dedicarsi esclusivamente al settore giovanile. Un'altra squadra di Bolzano che ha militato in serie A è stata l'HC Latemar, che ha però terminato l'attività negli anni '90. Anche a livello femminile, Bolzano vanta diversi successi: l'Hockey Club Eagles Bolzano, sciolta nel 2008, era una delle squadre più titolate, con 7 scudetti. Dopo la sua scomparsa, a disputare il massimo campionato è l'EV Bozen 84, con la propria squadra femminile, l'EV Bozen Eagles, vincitrice a sua volta di undici titoli italiani, una coppa Italia e due edizioni della EWHL. Pallavolo Il Neruda Volley, club pallavolistico basato a Bronzolo, la cui prima squadra femminile milita nella prima divisione nazionale, disputa le gare casalinghe presso il PalaResia di Bolzano. Football americano e flag football La città vanta una lunga tradizione nel football americano. I Giants Bolzano, la squadra cittadina, militano nella massima serie (la IFL) e disputa le partite allo Stadio Europa, in via Resia. In passato è esistita una seconda squadra bolzanina, i Jets, con 10 anni di militanza in massima serie e 3 al secondo livello all'attivo. Un'ulteriore squadra bolzanina furono i Gators Bolzano, attivi un solo anno nel football (nel campionato Alpeadria, secondo livello della federazione austriaca) ma con buoni risultati nel flag football (3 Finalbowl giocati, due volte in semifinale assoluta). Kick Boxing/Muay Thai Bolzano vanta la presenza sul territorio di una rappresentanza di riguardo anche negli sport da ring, il plurititolato campione del mondo, nonché pioniere di tali sport in Italia, Franz Haller. Ciclismo Bolzano è stata sede della cosiddetta "Grande Partenza" del Giro d'Italia nell'edizione del 1964, con il via ufficiale della corsa dato sul viale Druso alla volta di Riva del Garda, dove si concluse la prima tappa con la vittoria di Vittorio Adorni. Inoltre, la città è stata sede di partenza di tappa in undici occasioni e sede di arrivo di tappa per tredici volte. Gli arrivi di tappa del Giro a Bolzano sono stati i seguenti: 1933, 16ª tappa, Bassano del Grappa-Bolzano, vinta da Gerard Loncke. 1949, 11ª tappa, Bassano del Grappa-Bolzano, vinta da Fausto Coppi. 1950, 9ª tappa, Vicenza-Bolzano, vinta da Gino Bartali. 1951, 18ª tappa, Cortina d'Ampezzo-Bolzano, vinta da Fausto Coppi. 1952, 11ª tappa, Venezia-Bolzano, vinta da Fausto Coppi. 1953, 19ª tappa, Auronzo di Cadore-Bolzano, vinta da Fausto Coppi. 1954, 20ª tappa, San Martino di Castrozza-Bolzano, vinta da Fausto Coppi. 1958, 17ª tappa, Levico Terme-Bolzano, vinta da Ercole Baldini. 1959, 15ª tappa, Trento-Bolzano, vinta da Miguel Poblet. 1966, 18ª tappa, Levico Terme-Bolzano, vinta da Michele Dancelli. 1970, 20ª tappa, Dobbiaco-Bolzano, vinta da Luciano Armani. 1986, 21ª tappa, Bassano del Grappa-Bolzano, vinta da Acácio da Silva. 2003, 15ª tappa, Merano-Bolzano (cron. individuale), vinta da Aitor González. Bolzano è inoltre un nodo importante della rete di piste ciclabili dell'Alto Adige. Podismo Il 31 dicembre di ogni anno si svolge l'importante manifestazione podistica di San Silvestro, la BOclassic, una gara sulla distanza dei 10 km (cinque per le donne) che attraversa il centro storico della città e che ha visto tra i vincitori atleti come Sergiy Lebid, Paul Kosgei, Salvatore Antibo, Tegla Loroupe. Basket A livello maschile sono presenti il Basket Europa (Serie C silver) e Piani Junior (serie D Regionale). Nel 2015 ha inoltre incominciato la propria attività anche Olimpia Bolzano con una formazione giovanile. A livello femminile, la società di maggior prestigio è il Basket Club Bolzano, che disputa il campionato di A2 Nazionale ma ha alle spalle anche due campionati di serie A1 (stagione 2003/2004 e 2005/2006). La società ha da qualche anno affidato il proprio settore giovanile al Basket Rosa Bolzano, società satellite che cura sia il settore giovanile femminile, sia il Minibasket, sia maschile sia femminile. È inoltre presente la Pallacanestro Bolzano, che milita nel campionato di Serie B Regionale. La struttura che ospita l'attività cestistica cittadina è il Palazzetto Paola Mazzali, in memoria dello storico capitano, deceduta in un incidente stradale nell'agosto del 2006. Pallamano Principale squadra di pallamano cittadina è il SSV Bozen Handball (a sua volta sezione della polisportiva SSV Bozen), più volte vincitrice del campionato italiano. Faustball Bolzano è l'unica città d'Italia a vantare una squadra di faustball. La squadra, appartenente alla società SSV Bozen, costituisce da sola anche la Nazionale Italiana Faustball. Gioca nella serie A austriaca (1. Österreichische Bundesliga). Baseball Per quanto riguarda il softball invece: Softball Club Dolomiti Rugby Sudtirolo Rugby, ha militato durante la sua storia in serie C. Cheerleading Cheerleaders Giants Bolzano Note Bibliografia Beda Weber, Die Stadt Bozen und ihre Umgebungen, Bolzano: Eberle 1849; ristampa del Heimatpflegeverband Bozen, 1987. ISBN 88-7014-459-3 Andrä Johann Bergmeister, Physisch-medizinisch-statistische Topographie der Stadt Bozen mit den drei Landgemeinden zwölf Malgreien, Gries und Leifers, oder des ehemaligen Magistratbezirkes Bozen, Bolzano: Selbstverlag 1854 Andreas Simeoner, Die Stadt Bozen, Bolzano: Wohlgemuth 1890, 1040 pp. Heinrich Noë, Bozen und Umgebung, 1898; ristampa Kessinger Publishing, LLC, 2010. ISBN 978-1-160-33028-2 Franz Huter, Beiträge zur Bevölkerungsgeschichte Bozens im 16.–18. Jahrhundert, Bolzano: Athesia 1948 Josef Weingartner, Bozner Burgen, 2ª ediz., Innsbruck: Tyrolia 1953 Bozner Bürgerbuch 1551–1806. 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https://it.wikipedia.org/wiki/Bressanone
Bressanone
Bressanone (AFI: ; Brixen in tedesco, ; Persenon, , o Porsenù in ladino) è un comune italiano di abitanti, il terzo per popolazione della provincia autonoma di Bolzano in Trentino-Alto Adige. È il capoluogo storico, artistico, culturale, economico, sociale ed amministrativo del comprensorio della Valle Isarco. Secondo la tradizione Bressanone venne fondata nel 901, tre secoli prima della costituzione della Contea del Tirolo. Dal 1004 e durante il corso dei secoli è stata sotto dominazione ecclesiastica del principe vescovo di Bressanone, del quale fu la residenza principale. È sede - insieme al capoluogo della provincia Bolzano - della diocesi di Bolzano-Bressanone, costituita nel 1964 staccando dall'arcidiocesi di Trento la città di Bolzano e il territorio a sud di quest'ultima e aggregandolo alla diocesi di Bressanone, mentre i territori della diocesi di Bressanone ora siti in Austria (Valle dell'Inn) sono stati staccati dalla diocesi di Bressanone ed aggregati a quella di Innsbruck. I santi patroni della città sono Cassiano di Imola - festeggiato il secondo sabato dopo Pasqua con festa esterna la domenica seguente - e i vescovi Albuino e Ingenuino - patroni contro la siccità e festeggiati il 5 febbraio. Le loro reliquie sono custodite nel duomo di Bressanone. Geografia fisica Territorio Situata in fondovalle a circa 560 , si trova alla confluenza della Rienza nell'Isarco. A est si trovano le cime del Gruppo della Plose con il monte Telegrafo (2.504 ), a ovest la cima Cane (2.354 ) e il monte Pascolo (2.439 ). È situata circa 40 km a nord di Bolzano, circa 45 km a sud del valico del Brennero (confine italo-austriaco) e 35 km a ovest del comune di Brunico (in val Pusteria). Viene attraversata dall'autostrada del Brennero, con un casello 5 km più a nord (Bressanone-Val Pusteria/Brixen-Pustertal) e uno 8 km più a sud (Chiusa-Val Gardena/Klausen-Gröden). Dal 3 gennaio 2007 è stato aperto anche il casello di Bressanone-Zona industriale, concepito solo in direzione nord in entrata e in direzione sud in uscita ma molto più vicino al paese e soprattutto alla sua zona industriale. È prevista anche l'apertura nella direzione opposta. Nella zona di Millan si trova il biotopo Prà Millan. Diverse sono le aree verdi della cittadina, tra cui i giardini Rapp (Rappanlagen), costruiti dopo l'inondazione disastrosa del 1882, quando si decise di spostare la confluenza dei due fiumi. I lavori, sostenuti anche grazie al barone e capitano von Rapp, iniziarono nel 1883 ed ebbero termine l'anno successivo: la confluenza fu spostata più a sud e l'immissione dell'Isarco non fu più così perpendicolare come in origine. La nuova lingua di terra venutasi a formare fu utilizzata per la creazione dei giardini. Karlspromenade Lungo la costa est di Bressanone, nella frazione di Millan, si trova la Karlspromenade: una storica passeggiata costruita nel 1903 in memoria dell'imperatore Carlo I d'Austria, che trascorse alcuni momenti della sua vita presso la Cura Guggenberg, amando passeggiare lungo questa via che anticamente partiva proprio da lì e conduceva sino alla vecchia chiesa di Millan, Maria am Sand e quindi alla residenza Karlsburg. Dal 2010 questa passeggiata prosegue con il cosiddetto sentiero dei Salmi e a seguire con una via crucis, sino ad incontrare la strada che porta a Luson. Da qui il sentiero, attraversando la strada, scende fino al fiume Rienza, dove è stato ricostruito un vecchio ponte, dedicato ad Andreas Hofer (18 luglio 2009). Oltrepassato il fiume, un sentiero che prosegue con alcune scale porta in località Seeburg, da dove è possibile scendere verso il centro storico passando dall'antico rione di Stufles. Sismologia Secondo la Classificazione sismica il comune appartiene alla zona 4 (sismicità molto bassa). Clima In base alla media di riferimento 1951-2010, la temperatura media del mese più freddo - gennaio - si attesta a -2,0 °C; quella del mese più caldo - luglio - è di +19,2 °C. Le precipitazioni medie annue si aggirano attorno ai 700 mm, mediamente distribuite in 85 giorni con un accentuato minimo invernale, stagione in cui si verificano generalmente a carattere nevoso, ed un picco in estate, quando possono verificarsi frequenti temporali per il contrasto di diverse masse d'aria, favorito dalla vicinanza della catena alpina. Bressanone appartiene alla zona climatica F. Origini del nome Il toponimo è attestato per la prima volta nell'827 come Pressena (menzionato in un documento di Quartinus, ma è controverso, se si tratti della stessa località). L'appartenenza dei fondatori della città, i Brixeneti, al gruppo etrusco-retico e il confronto con i nomi attuali della città in ladino (Persenù), ma anche in bellunese (Persenòn) conducono all'etimo con radice etrusca Φersu (Paersonius/Porsaenna, col significato di grande/i persona/e, (come, ad esempio, fu chiamato il re della etrusca Chiusi, Porsenna); quindi: città fondata/retta da grandi persone/grande personaggio). Documenti altomedievali dell'827 riportano per la città ancora il nome Pressena. Dal 901 troviamo la forma Prichsna, nel 935-955 appare come Prixina, nel 967 come Brihsine. La forma tedesca Brixen (1297) evolve probabilmente dal termine celtico brik/brig ("altura, sommità", analogamente a Brigantia (Bregenz) e Brixia (per Brescia e Bresso). La forma italiana corrisponde a quella ladina Persenù e a quella veneta settentrionale Persenón. Storia Dall'antichità al Medioevo I primi insediamenti in loco risalgono all'età mesolitica (uno di questi si trova nella zona di Stufles (Stufels). Altre testimonianze dell'antichità della città sono dei resti risalenti all'età del bronzo a Rivapiana (Plabach). Durante i lavori per il restauro ed il consolidamento della piazza Duomo (1996), sono stati scoperti i resti di una capanna risalente a circa 2500 anni fa, a una profondità di circa 4 metri nel sottosuolo. Attorno al 15 a.C. la zona fu integrata da Druso, figliastro dell'imperatore Augusto, nella sfera d'influenza romana. La conquista dei territori alpini fu ricordata nel monumento Trofeo delle Alpi dove, tra le varie tribù sconfitte, compare il gruppo etrusco-retico più settentrionale dei Brixeneti. Ai romani seguirono storicamente, in seguito alle invasioni barbariche, i baiuvari. Si hanno tracce di Bressanone in un antico scritto del 590 d.C., quando il territorio aggregato al Ducato di Baviera. A questo revirement politico corrispose ancora nel tardo VIII secolo l'aggregazione della struttura ecclesiastica regionale al principato arcivescovile di Salisburgo, sostituendo l'appartenenza tardoantica al patriarcato di Aquileia. Da un documento del 13 settembre 901, si sa che l'allora vescovo Zaccaria della diocesi di Sabiona, ricevette come regalo una grande tenuta agricola (nota come mansus Prihsna), dall'allora re Ludovico IV il Fanciullo, l'ultimo dei Carolingi. Tradizionalmente si considera questo documento come l'atto di fondazione della città. Tra il 960 e il 990 il paese ebbe un intenso sviluppo edilizio ad uso ecclesiastico, assieme a una prima versione dell'attuale Duomo di Bressanone, tanto che nel 965 i vescovi di Sabiona decisero di trasferirsi nella vicina cittadina di Bressanone. Da questa data Bressanone diventa il centro spirituale di una diocesi di vaste dimensioni. Fra i vescovi di allora spicca la figura di Albuino, discendente della casata degli Ariboni, che aveva importanti relazioni con diverse corti principesche ed in particolar modo con quella imperiale. Il suo successore, il vescovo Heriward (1017-1022) diede inizio alla costruzione delle mura della città, che furono portate a termine dal vescovo successivo, Arduico (, 1022-1039), con l'aggiunta di ampi fossati a nord e ad ovest e di torri da difesa a sud della città. Il 7 giugno 1027 l'intera Val d'Isarco, assieme alla Valle dell'Inn, fu sottratta al duca ribelle Welf II di Baviera, e data in dono al vescovo Arduico, dall'imperatore Corrado II, congiuntamente all'attribuzione del potere temporale come principe vescovo, analogamente a quanto in quegli anni accadeva per i vescovi delle vicine Arcidiocesi di Trento e di Coira (dal 1170 capoluogo del cantone dei Grigioni nella Confederazione elvetica). Nel 1038 la chiesa parrocchiale di Bressanone fu dedicata a San Michele Arcangelo. L'allora vescovo della diocesi di Bressanone, Poppo, fu eletto Papa, con il nome di Damaso II, nel 1048. Tra il 25 ed il 26 giugno 1080 nel duomo e nel battistero di San Giovanni si tenne il sinodo episcopale, in cui l'imperatore Enrico IV, coadiuvato dal vescovo Arduico, riuscì a far deporre Papa Gregorio VII, facendo insediare come antipapa Clemente III. Nell'anno 1091 ai Principi-vescovi di Bressanone fu concessa la contea della Pusteria. Nel 1179 l'imperatore Federico I concesse i diritti regali di sovranità. Venne successivamente completata la cinta muraria della città nel 1115, nel 1230 il nuovo convento per le monache clarisse (dove tuttora ha sede) e nel 1265 fu terminata la nuova versione del palazzo vescovile. Una menzione meritano sicuramente il beato Hartmann vescovo, fondatore dell'Abbazia di Novacella, il quale fu anche amico e consigliere di Federico Barbarossa, e il vescovo Bruno von Kirchberg (1250-1288), fondatore della città di Brunico e spesso in lotta con le potenti famiglie nobili del luogo come i Voitsberger, ai quali rase al suolo il castello. Durante tutto il periodo medioevale la fiorente città vescovile rimase uno dei più importanti centri artistico-culturali della zona alpina. Essa visse alterne vicende sull'effettivo potere temporale, conteso tra il principe vescovo di Bressanone e i conti di Tirolo. Nel 1363, per eredità, la Contea del Tirolo passò alla casata degli Asburgo. Nel 1444 il centro storico subì un brutto incendio che devastò la zona dei Portici. Nel 1450 Nicola Cusano fu eletto vescovo e quindi cardinale di Bressanone (1452-1464) con incarico papale per la riforma delle terre tedesche. Egli entrò in contrasto con i conti del Tirolo, con il duca Sigismondo e con la bellicosa Verena von Stuben, di Castel Badia, badessa del monastero delle Benedettine in Pusteria. Successivamente Cusano si autoproclamò duca, anche se dopo la sua morte il potere tornò agli Asburgo, in qualità di conti del Tirolo. Dal Medioevo ai nostri giorni Giovanni III del Portogallo regalò al nipote Massimiliano II d'Asburgo l'elefante indiano Solimano che transitò per Bressanone nel dicembre 1551, restandovi per due settimane. L'oste Andree Posch della locanda am Hohen Felde, nelle cui stalle il pachiderma fu ospite, da allora l'ha ribattezzata in Elephant, sulla cui facciata il pittore Leonhard Mair ne ha disegnato la scena. Agli inizi del XVI secolo si ebbe a Bressanone una prima incanalazione delle acque correnti, provenienti dalla zona di Varna, e portate a destinazione tramite tronchi scavati di larice. Nel 1558, si ebbe anche la prima fontana con acqua corrente, posta vicino alla torre Bianca. Nel 1607 nella città venne fondato il seminario di Bressanone, il cosiddetto Priesterseminar (attivo anche nel 2012, anche se sempre meno frequentato). Il 23 marzo 1797 12.000 uomini delle truppe napoleoniche, agli ordini del generale Joubert, arrivarono ed occuparono Bressanone. L'enorme massa di soldati portò al diffondersi di un'epidemia, causando la morte di migliaia di persone, che furono inumate in fosse comuni tra Millan e Bressanone. Ma, già il 3 aprile, le truppe si ritirarono. Dal 1803 la città, che allora contava circa 3000 abitanti, conobbe un periodo di decadenza legato alla fine del principato. Questa si rese sempre di più conto di quanto fosse legata ai principi. Solo sei anni dopo, nella notte del 6 dicembre 1809 le truppe napoleoniche devastarono tutte le residenze nobiliari ed i castelli, oltre a circa 200 masi attorno alla città. Nel 1814, con la sconfitta delle truppe francesi, il Tirolo e quindi Bressanone ritornano a far parte dell'Impero austriaco, che nel 1867 si trasformò nell'Impero austro-ungarico. Nel suo libro, 1830: Reisebilder. Dritter Teil (traducibile in italiano con, "Quadri di viaggio. Terza parte") Heinrich Heine descrisse ne "Il viaggio da Monaco a Genova", alcune caratteristiche al riguardo della città vescovile, annotando: "Ovunque una puzza asfissiante di immagini sacre e di fieno secco". Nell'anno 1865 lungo l'asse del Brennero iniziano i lavori per la realizzazione della ferrovia del Brennero, e il 24 agosto 1867 il primo convoglio giunge a Bressanone. La decisione di far partire la diramazione della ferrovia della Val Pusteria da Fortezza (invece che da Bressanone come era stato inizialmente stabilito), significò una perdita in termini economici per la città di Bressanone. Quasi contemporaneamente vi fu anche una rinascita in campo religioso e culturale. Furono fondate nuove scuole come il seminario vescovile (detto "maggiore") e più tardi anche il seminario minore (il Vinzentinum). La sistemazione dei bacini fluviali della Rienza e dell'Isarco negli anni 1883 e 1884 portò la città alla prosperità. La sistemazione delle condutture che inizialmente trasportavano l'acqua attraverso tronchi di larici, venne migliorata, e si costruì una nuova condotta d'acqua presso Scaleres. L'allora sindaco Otto von Guggenberg gettò nel 1889 le basi per il primo stabilimento idroterapico secondo il sistema Kneipp a sud del Brennero. Nel 1899 fu fondato il Kurverein (circolo per la cura) e quindi Bressanone divenne un rinomato centro di cura (il centro Guggenberg esiste tuttora). Nel 1903 fu costruita la centrale idroelettrica di Sciaves. La centrale venne inaugurata il 22 dicembre 1903 dal sindaco Otto von Guggenberg e l'avvenimento fu celebrato con una poesia di Albertine Luhde-Ilg. pubblicata il 24 dicembre sulla "Brixener Chronik". In seguito, a partire dal 1937, essa fu sostituita dalla centrale costruita nella stretta di Hachl, lungo la Rienza. Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale: la popolazione maschile di Bressanone venne mobilitata e spedita in guerra, e nel 1915 la città si trovò a breve distanza da un altro fronte, e cioè quello italiano. Nel novembre 1918 le truppe italiane occuparono Bressanone, che assieme all'intero Alto Adige entrò a far parte del Regno d'Italia, mentre il restante territorio del Tirolo (Tirolo del Nord e Tirolo Orientale) rimase all'Austria. Fino al 1925 nel centro cittadino vi era un servizio di sorveglianza, organizzato dai cosiddetti "guardiani notturni". Costoro sorvegliavano l'ordine pubblico durante la notte, dopo aver chiuso le porte della cinta muraria. Inoltre dovevano avvisare in caso di incendi, furti e avvistamenti di nemici, oltre ad annunciare ad alta voce l'ora esatta. In particolare a Bressanone avvenne che uno dei guardiani morì improvvisamente, e la moglie ne prese il posto, dando così origine alla leggenda della "dama della torre". Durante il fascismo, la città fu oggetto con l'intera regione di un processo di italianizzazione forzata. Successivamente furono attuate le "Opzioni", un accordo fra il Regno d'Italia e la Germania che obbligava i cittadini altoatesini a scegliere tra cittadinanza italiana e tedesca e tra rimanere nella provincia, accettando la definitiva italianizzazione, o trasferirsi oltreconfine. Nel 1928 al territorio comunale vengono aggregati i territori dei soppressi comuni di Millan (Milland), Sarnes (Sarns), Albes (Albeins) e Monteponente (Pfeffersberg), e la frazione di Elvas, staccata dal comune di Naz. Nel 1941 vengono invece aggregati i territori del soppresso comune di Sant'Andrea in Monte (St. Andrä). Dal 1943 al 1945 la città fece parte della Zona d'operazioni delle Prealpi. Nel 1964 vi è una nuova sistemazione dei confini della diocesi che corrispondono da allora a quelli della provincia di Bolzano, e la sede della diocesi, rinominata in diocesi di Bolzano-Bressanone, si spostò da Bressanone a Bolzano. Nel 1950, per il timore di possibili manifestazioni antitaliane in piazza Duomo, la polizia ha ordinato di limitare gli spazi liberi nella piazza. L'allora sindaco, Natale Dander, fece realizzare le due aiuole, recentemente rimosse quando vi è stata l'ultima revisione dell'intera piazza. Un momento importante per la comunità italiana di Bressanone fu nel 1952, quando don Giuseppe Franco, canonico del Duomo di Bressanone, pose la prima pietra dell'oratorio dedicato a don Bosco. Il complesso della struttura, dopo oltre cinquant'anni di attività è stato demolito nel gennaio 2010, per essere successivamente ricostruito nel 2011. Negli anni cinquanta, il clima a Bressanone era maggiormente freddo e dava la possibilità di pattinare sulla superficie ghiacciata del laghetto, originato per regolare il corso dell'Isarco negli anni 1882-1895. Nel 2001 la città di Bressanone ha festeggiato i suoi 1100 anni di storia, con un giubileo cittadino. Simboli Lo stemma più vecchio con l'agnello risale al 1297, noto dal 1305 come lo stemma dell'agnello. Il 13 novembre 1928 fu adottato uno stemma recante nella metà superiore le mura cittadine e una porta sul prato; nella metà inferiore l'agnello. Nel 1966 fu ripristinato il vecchio stemma rappresentante un agnello bianco rivoltato, con l'aureola d'oro, su sfondo rosso, che con la zampa sinistra sostiene una bandiera con la croce rossa. La bandiera è composta da un tricolore orizzontale giallo (rappresentante la Chiesa), bianco e rosso (rappresentanti il Tirolo storico). Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Duomo di Bressanone. Il Brixner Dom è un'imponente chiesa in stile barocco, che si erge nella centralissima piazza omonima. La chiesa, risalente al XIII secolo, subì successivi restauri, a causa di un susseguirsi di sfortunati incendi che si protrassero negli anni. Essa è dedicata a Santa Maria Assunta, di cui contiene un'artistica scultura di Hans Leinberger del 1520 circa.. Adiacente lato destro si trova l'antico chiostro romanico, risalente al XIV secolo, anche detta la "Bibbia dei Poveri", in quanto ricca di dipinti raffiguranti le principali scene narrate nelle Sacre Scritture. Presenta una particolare volta a crociera, che rappresenta l'evoluzione dell'arte medioevale. Alle sue pareti laterali si possono osservare antichi sarcofagi delle persone importanti dell'antichità e dei prelati oltre ad affreschi riguardanti l'età classica. Una porta del chiostro conduce inoltre ad un'antica cappella, da ammirare per i suoi antichi affreschi. Un angolo non affrescato era adibito a passaggio pubblico con bancarelle. Degne di nota sono la rappresentazione dell'elefante (terza arcata) e l'adorazione dei Tre Re Magi (tredicesima arcata).. Dal chiostro si accede al Battistero di San Giovanni Battista (Johanneskapelle am Kreuzgang) che rappresenta la più antica cappella di corte del Palazzo Vescovile. Al suo interno si possono trovare affreschi romanici di qualità e di indiscussa importanza. Inoltre la piccola chiesa ha una navata alta e rettangolare, suddivisa in due piani, ricoperta da una volta a botte; la luce riesce a filtrare all'interno da quattro piccole finestre (suddivise nei due piani). Nel 1400 circa la navata fu coperta con una volta a crociera. Chiesa di San Michele. La Pfarrkirche Sankt Michael è una chiesa romanica dell'XI secolo, che si trova in posizione parallela al Duomo. La chiesa è la parrocchia di Bressanone e del Decanato. È dedicata a San Michele arcangelo. La struttura ha un coro gotico, sette gli altari, un campanile (noto come "Torre Bianca") eretto nel XV secolo, mentre la navata è gotica del tardo Cinquecento. La chiesa è stata barocchizzata dopo il 1750 con affreschi di Josef Hautzinger di Vienna, uno dei discepoli di Paul Troger. Altro artista che partecipò fu il pittore Francesco Unterberger di Cavalese. Torre Bianca. LaWeißer Turm è la torre della parrocchiale. Risalente al XV secolo, in origine chiamata "torre Nera", ma nel 1591 il tetto nero fu murato e gli si cambiò il colore e quindi anche il nome. È stata ristrutturata nel 2007, riacquisendo di diritto il suo nome, infatti, è stata riportata la cima della torre al suo colore originale, il bianco. La torre, alta 72 metri, presenta anche un orologio lunare. La sua costruzione fu voluta da Nicolò Cusano. Al suo interno, 89 scalini conducono ad un carillon di 43 campane in grado di produrre oltre 100 melodie. Il carillon suona tutti i giorni alle ore 11. Oltre alle campane del carillon sono presenti altre 6 campane in Si2. Seminario Maggiore di Bressanone. Insieme alla sua biblioteca, sorge presso l'allora Insula Sanctae Crucis, ovvero un'antica isola che si era formata tra l'Isarco e la Roggia che separava l'isola dal centro urbano. Inizialmente qui si trovava l'ospedale Santa Croce, fatto edificare dal canonico Richer nel 1157. Solo dopo il 1600, venne costruito un edificio che divenne anche sede del principe-vescovo conte Leopold von Spaur (1747-1778). Da allora questa divenne la sede per istruire i futuri prelati. La sua biblioteca invece contiene affreschi di Franz Anton Zeiller, realizzati nel 1772. Chiesa della Madonna (St. Maria im Kreuzgang o Sancta Maria in ambitu): chiesa palatina solitamente chiusa e quindi non accessibile se non attraverso un'apposita visita guidata del chiostro. Vecchio Cimitero di Bressanone: il luogo è sito tra la parrocchiale ed il duomo, presenta al centro una struttura gotica risalente al 1483, dove si può porre un lumino. Qui, presso l'arcata occidentale, si trova anche la lapide del poeta Oswald von Wolkenstein (da lui stesso commissionata), rappresentante "un cavaliere dalla barba lunga, con cimiero corazza daga e stendardo recante la croce di Gerusalemme". Chiesa dei Santi Gottardo ed Erardo: edificata nel XIII secolo dalla famiglia Voitsberg nei pressi dell'antica prepositura. Subì un successivo restauro nel XIV secolo, in seguito ricostruita con forme barocche dal vescovo ausiliare Wilhelm von Vintler e consacrata nel 1695. Fin dal 1971 la chiesa è stata affidata alla chiesa evangelica. Educandato Femminile delle Dame Inglesi (Englische Fräulein anche nota come Kirche der Congregatio Jesu): primo insediamento della congregazione delle Dame Inglesi a Bressanone nel 1739. Il convento fu costruito successivamente (tra il 1742 e il 1745) ad opera di Anna von Sarnthein. La chiesa consacrata nel 1748 a San Giuseppe è stata ricostruita dopo un incendio nel 1839 in stile neoclassico. Nel XIX secolo e anche nel XX secolo l'annessa scuola fu più volte allargata. Chiesa di "Maria Hilf in Zinggen"; Santuario di "Maria am Sand", la Madonna delle Grazie: ovvero la vecchia chiesa parrocchiale di Millan. Al suo interno si trova un dipinto di Maria che dona una pera al figlio Gesù. L'edificio risale al XIV secolo, ma nella metà del secolo successivo, fu barocchizzato e ampliato; fu costruita una navata a volta assieme al campanile ed a un arco in stile gotico. Parrocchia Josef Freinademetz, la nuova chiesa parrocchiale di Millan, in arte contemporanea. Fu costruita tra il 1984 e il 1985 e dedicata a Josef Freinademetz, missionario altoatesino in Cina. Chiesa e convento dei frati Cappuccini (Kapuzinerkirche): la chiesa è dedicata a Santa Caterina e fu edificata nel 1340 da Federico di Villandro. Successivamente la chiesa fu data ai Cappuccini dal vescovo Karl Andreas von Spaur nel 1603. Nel 1630 si edificò una nuova chiesa e un convento, con le pale di F. Unterberger e S. Kessler. Dal 1970 è sede provinciale dell'Ordine dei Cappuccini. Chiesa e convento dei frati Francescani (Franziskanerkloster Brixen). Convento delle Suore Terziarie Francescane (Klarissenkloster Brixen): Questa fu la prima sede della congregazione, che fu fondata nel Settecento dalla brissinese Maria Hueber, per aiutare nell'educazione le povere ragazze. Fu inoltre sede della prima scuola femminile del Tirolo. Nel 2001 il Generalato viene spostato da Bressanone a Roma. Chiesa dei santi Angeli Custodi (Kreuzengelkirche), presso Stufles. Chiesa di San Cirillo ed il Sentiero dei Santi d'Europa, presso Monteponente, già documentata nel 1283 e ristrutturata nel 1992. Da qui si è soliti percorrere il "pellegrinaggio alle sette chiese", ovvero partendo da Bressanone, si visitano oltre alla chiesa di San Cirillo, quelle di La Mara, Scezze, Tecelinga, Tiles e Pinzago. Chiesa di San Giorgio, nella frazione di Eores. Chiesetta di San Giacomo nella frazione di Eores (St. Jakob in Afers): risalente al XV secolo con un campanile a cuspide, ha altari neogotici e varie raffigurazioni di santi ad opera di un artista della scuola di Bressanone. All'esterno si può invece ammirare un dipinto di Cristoforo. Chiesetta di San Nicolò presso Cleran (St. Nikolaus in Klerant), posta ad un'altezza di 850 metri, è caratterizzata da alcuni affreschi tardo-gotici. Risale alla prima metà del XV secolo, ma se ne hanno tracce anche in epoca romanica. Al suo interno si ha un altare, dove in uno degli scrigni si trova la Madonna con il bambino tra i santi Andrea e Nicola, San Lorenzo e San Sebastiano, oltre che la rappresentazione biblica della Strage degli innocenti. Chiesa di Sant'Andrea Apostolo nella frazione Sant'Andrea in Monte, con annesso cimitero e una piccola cappella dedicata a Maria Ausiliatrice, eretta nel 1696, su di un luogo dove già sorgeva una precedente cappella nel 1071. Chiesa di San Giovanni Battista presso Cornale (Karnol), consacrata nel 1113, dove però la sua forma attuale risale al 1500 circa. Al suo interno si trova raffigurato il martirio di Sant'Orsola e ai suoi lati sono raffigurati San Vito e Santa Margherita e il Cristo che indica la ferita del costato, Sant'Elena e Sant'Erardo. Sulla parete sinistra invece si trovano raffigurate tre scene: il banchetto di Erode, la decapitazione di Giovanni Battista, e il battesimo di Gesù. La custodita dell'edificio è da sempre affidata al proprietario del vicino maso Holderer. È famoso il missale della chiesa risalente al XII secolo e conservato presso la Biblioteca del Seminario di Bressanone. Chiesa di San Leonardo, presso l'omonima località sita a 1095 metri di quota, consacrata nel 1194, venne ampliata nel 1430 aggiungendone anche il campanile. Nel XVIII secolo la chiesa subì una barocchizzazione che ha cancellato alcune opere dei tempi più antichi. La chiesa è degna di nota per la storia della catena che la circonda una volta e mezza. La leggenda narra che quando tale catena avrà completato il terzo giro attorno all'edificio, la fine del mondo sarà arrivata. Chiesa di San Giovanni Evangelista presso Meluno (Mellaun). Chiesa dei Santi Ermagora e Fortunato nella frazione di Albes. Chiesa di San Vito nella frazione di Tiles Chiesa di San Sebastiano nella frazione di Sarnes Chiesa di San Giovanni Battista nella frazione di Sezze Architetture civili Palazzo Vescovile La cosiddetta Hofburg: antica residenza del Vescovo, quando ancora il vescovo risiedeva presso Bressanone. Il palazzo è disposto su tre piani, e le sue facciate esterne sono di un pallido giallo, decorato in porpora. Le facciate poste a nord e sud presentano due logge rinascimentali, mentre le altre due facciate sono in stile barocco, il tutto su progetto di Hans Reichle dello Schongau (1565-1642). Dal 1998 al suo interno si trova un importante museo, posto in ben 70 sale. Il palazzo ospita anche una mostra permanente di presepi, una delle collezioni più importanti d'Europa, di cui uno dei maggiori promotori fu il principevescovo Karl Franz Lodron. Il palazzo municipale Il palazzo, sede del municipio di Bressanone, sorge al centro della città. Il suo lato settentrionale sbocca sulla strada dei Portici Maggiori, mentre quella meridionale dà sulla centrale piazza Duomo. Al visitatore questa facciata presenta alcuni elementi rinascimentali, mentre il tetto merlato, la torre richiamano al tardo Medioevo, seppur costruito nei primi anni del XX secolo. Al suo interno invece le pitture sono più recenti, quelle del secondo piano infatti sono del Novecento, nonostante richiamino all'epoca medioevale. Cent'anni fa al posto dell'attuale palazzo, si trovava una casa borghese di proprietà del commerciante di farina Joseph Oberhaidacher. L'edificio all'epoca aveva due piani e i locali e le facciate erano di semplice fattura. Nel 1895 la famiglia Oberhaidacher vende la casa all'allora imperial-regio consigliere di Stato Ferdinand Kaltenegger, di origine viennese, che ne fece la sua dimora, modificandola nello stile e nell'architettura. L'edificio fu quindi rialzato di un piano, in modo tale che si poteva distinguere dalle altre case di piazza Duomo. Fu aggiunta quindi la torre, e il parapetto merlato. Anche all'interno si effettuarono delle modifiche, ad esempio fu decorata la scalinata nell'atrio meridionale con affreschi cavallereschi, mentre l'altra scalinata, quella settentrionale, con il suo andamento ripido e angolato, ricordava l'antichità del palazzo. Le pareti interne e i soffitti furono ricoperti da un rivestimento in legno, anche le porte furono rinnovate, e per finire Kaltenegger decise di attribuire al palazzo il (fantasioso) nome di castel Tauernstein, dove il proprietario sottolineava i suoi rapporti con la Carinzia e quindi con i Tauri. Il proprietario inoltre, in occasione dei festeggiamenti per il millennio del paese, decise di farsi ritrarre come un cavaliere crociato, dopo aver così sfilato durante i festeggiamenti. Kaltenegger morì il 13 maggio 1911, e nel novembre, la figlia Johanna Pejicic, sposandosi con un proprietario terriero della Bosnia, decise di vendere il palazzo. Il borgomastro Otto von Guggenberg e ai suoi assessori, in quanto necessitavano di nuovi spazi per l'amministrazione comunale, decisero di acquistare il palazzo nel 1912. Il palazzo ospita la sala consigliare e gli uffici del sindaco e degli assessori, mentre gli altri vari uffici sono sparsi nelle vie del centro storico. Ex sanatorio Nel 1910 s'iniziò a progettare l'ospedale di Bressanone: la prima pietra fu posta nel 1912 e nel 1914, alla presenza dell'imperatore Francesco Giuseppe, avvenne l'inaugurazione dell'allora Kaiser Franz Josef Jubiläums-Krankenhaus, ove lavorava come primario Lorenz Böhler. Già a quei tempi l'ospedale ospitava i reparti di medicina, chirurgia, ostetricia e ginecologia, traumatologia, pediatria, malattie infettive, sale operatorie, da raggi e da parto, ecc. Tutta la struttura era dotata di un impianto di aerazione ad aria ozonizzata, un composto particolarmente battericida. Tutte le stanze dei degenti erano inoltre dipinte con colori riposanti e rallegranti. All'interno della struttura trovava posto anche una piccola chiesetta a pianta ottagonale dedicata al nome del Sacro Cuore di Gesù. Tutto l'edificio era ed è contornato da un grande parco. Nel 1930 si pensò alla costruzione di un secondo edificio, dato che questo primo ospedale era l'unico attrezzato in tutta la provincia per trattare i "malati di petto" (ad esempio di tubercolosi), e quindi si andava via via riempiendo. Non si conosce bene il motivo vero, ma questo nuovo edificio venne designato come il nuovo ospedale (quello dei giorni nostri), mentre il vecchio edificio rimaneva solamente come sanatorio. Durante la seconda guerra mondiale, nell'ottobre del 1944, i germanici requisirono l'edificio per poterne fare un ospedale militare; fu quindi necessario liberarlo in pochi giorni. Nel 1945, finita la guerra e smantellato l'ospedale militare, scoppiò a Bressanone un'epidemia di tifo. Nel 1946, debellata l'epidemia e ripristinati i locali, il sanatorio riaprì con 170 posti letto. In un pomeriggio d'estate del 1954, sul tetto del sanatorio scoppiò un incendio, dovuto ad un difetto delle canne fumarie, che lo distrusse per due terzi. In poco più di tre mesi si riuscì a riparare con mezzi di fortuna i danni fatti. La struttura, oramai persa la sua primaria funzione (è stata attiva fino al 2002), è stata completamente ristrutturata per 9 anni, con una spesa di 22 milioni di euro, e dal 2004 è parte integrante dell'ospedale civile di Bressanone (blocco C). Oratorio Don Bosco Nel 1951 don Franco diede inizio a una raccolta di fondi tra i parrocchiani per la futura costruzione di un oratorio dedicato a San Giovanni Bosco anche a Bressanone, lungo il viale Mozart. I lavori furono affidati alla ditta Lamber di Bressanone e iniziarono nel 1952; il 25 aprile 1954 l'allora vescovo Joseph Gargitter benedisse la struttura ricreativa. E da lì in poi il nuovo oratorio iniziò a proporre diverse attività ricreative e culturali. Di seguito venne acquistato il campo di calcio e fu costruita una nuova struttura accanto a questo nel 1959. Dopo un periodo di fervente attività nel 1977 l'allora parroco don Hugo Senoner promosse un restauro della struttura che l'edificio necessitava, come ad esempio la ristrutturazione del tetto. A fine 2010 la giunta comunale affida i lavori di demolizione e ricostruzione dell'edificio che una volta completato ospiterà al suo interno anche l'istituto musicale "Antonio Vivaldi" e il circolo culturale e ricreativo Don Bosco, fondato nel 1981. La prima pietra viene posta il 21 agosto 2011 con una cerimonia alla presenza del presidente provinciale Luis Durnwalder e dell'assessore provinciale Christian Tommasini; da dicembre 2012 iniziano le nuove attività, fino alla sua nuova inaugurazione il 26 gennaio 2013. Durante gli scavi per la ricostruzione dell'edificio, si sono scoperti alcuni reperti che testimoniano come quest'area fu utilizzata come lazzaretto nel 1755. Si sono anche trovate tracce di un'antica cappella dedicata a San Michele; sono anche stati estratti quattro scheletri probabilmente risalenti alla peste del 1692. Architetture militari Bressanone è sempre stata una città di importanza strategica da quando dovette difendersi dalle invasioni delle truppe napoleoniche. Le attività militari ripresero soprattutto nel secondo dopo guerra, per la difesa del nord Italia da una probabile invasione delle truppe del patto di Varsavia attraverso il passo del Brennero o dalla Pusteria, da San Candido. Sorsero così dal 1945, o furono ristrutturati, diversi manufatti militari, non a caso nella città erano presenti diverse caserme della Brigata alpina "Tridentina" come la "Remo Schenoni", la "Verdone" (a Varna), la "Bortolotti", la "De Benedetti", la "Vodice" e la "Giovanni Ruazzi" (a Elvas) sede del 1º Gruppo artiglieria pesante "Adige" della 3ª Brigata missili "Aquileia", un'unità a capacità nucleare, ed in seguito del battaglio logistico della Tridentina (caserma dismessa dal 1º febbraio 2002). Inoltre vi era anche il "palazzo Reverberi", attuale sede del comando della "Tridentina". In particolare, la caserma "Remo Schenoni" è stata eretta nel biennio 1936—37 e fu subito destinata alla Guardia alla frontiera del XIV settore di copertura Isarco del Vallo alpino in Alto Adige. Dal 1938 ha ospitato il 18º reggimento di divisione "Acqui"; solamente dopo l'8 settembre 1943 è stata sede delle truppe tedesche provenienti da reparti del SS-Polizeiregiment “Brixen”. Soltanto del dopoguerra la caserma divenne sede delle truppe della Tridentina con il nome "Remo Schenoni". Con lo scioglimento della Brigata Alpina “Tridentina”, la caserma è stata dismessa e nel 23 luglio 2008 è stato siglato l'accordo con la provincia autonoma di Bolzano. Dal 2002, a parte la sede del Comando proiettabile della Tridentina nel palazzo Reverberi, tutte le altre caserme hanno chiuso, e sono passate di proprietà della provincia di Bolzano, in cambio della costruzione di nuovi alloggi per i dipendenti dell'Esercito Italiano (come ad esempio la "Vodice"). La "De Benedetti" venne demolita per far posto all'autosilo. Esisteva anche il 16º Centro Radar A.M. dell'Aeronautica Militare con base logistica a Plancios e base operativa in cima al Monte Telegrafo sulla Plose collegate da una funivia privata dell'Aeronautica. La funivia e il radar furono disattivati nel 1978, la base di Plancios qualche anno dopo. Entrambi i siti si trovano in stato di abbandono e in attesa di una futura sistemazione. Castelli Presso Bressanone si trovano anche diversi castelli: Castello Pallhaus o anche noto come Palazzo di Sarnes, sito nella periferia a sud della città. La prima costruzione dell'edificio è del XII secolo. L'ingresso è sovrastato dallo stemma dei Pallhauser e da un nucleo pittorico della "Madonna col bambino" e da "Sant'Anna" del XVI secolo. Il cancello esterno è un'opera del magnano Hans Waiz da Bressanone e risale al Settecento. L'intero perimetro del castello è circondato da un parco e cinto di mura. Campan: questa residenza patrizia si trova ai piedi del sovrastante Castello di Pallhaus. Del vecchio castello, distrutto da un incendio nella primavera del 1868, rimangono solo le fondamenta del corpo centrale. Una leggenda popolare vuole che i due castelli siano stati collegati da una galleria sotterranea. A sostegno di queste teorie vi è il fatto che esista tuttora un affossamento che rivela opere di tracce murarie. Karlsburg (traducibile in "casaforte di Carlo"), fu inizialmente un antico maso del capitolo, presso Millan, documentato nel 1217, e proprietà nobiliare dal 1392. Nell'anno 1618, Karl Hannibal von Winkelhofen ne fece sua residenza in stile rinascimentale, dandole il proprio nome. Al suo interno si trova una sala ed una cappella gentilizia. Dal 1855, è di proprietà di una famiglia di contadini. Castello della Famiglia Cusano: duchi di Bressanone e di Bolzano, discendenti di Nicola Cusano, dista 7 km da Bressanone, qui risiedono i duchi nel periodo natalizio e il castello solo in questo periodo è aperto al pubblico. Fu costruito per volontà di Nicola Cusano, ma costui non lo vide mai completo, in quanto morì poco prima. Castello Tauernstein, sede attuale del municipio. Castello Ratzötz: il complesso si trova presso la frazione di Millan ed è racchiuso da mura merlate. La sua attuale struttura risale ai restauri fatti su finire del XIX secolo dal barone Ernst von Schönberg il quale valorizzò i resti dell'incendio del 1809. Nell'agosto del 1956 si incontrarono in questa residenza l'allora ministro degli esteri italiano Martino e il suo collega austriaco Figl per un colloquio preliminare d'intesa per la controversia altoatesina. Hanberg: castello eretto sulle rovine del preesistente maso denominato "Kranebitt di fuori". È formato da un complesso di edifici articolati su vari elementi. I due blocchi maggiori sono divisi da via dei Vigneti e uniti da un raccordo. Del vecchio castello si sono conservati soltanto il portale interno di ingresso a forma arcuata, sovrastato dallo stemma dei baroni Han. Krakofl: questo castello si trova sulla collina di Elvas al di sopra della Rienza. Tutto il complesso era difeso da una cinta muraria in parte ancora conservata. Köstlan: è un palazzo rinascimentale eretto su un preesistente edificio noto con la denominazione di "Castellano inferiore". La pianta è pressoché quadrata con un cortile interno. Seeburg; si tratta di un edificio residenziale citato sin dal 1320 come masseria principescovile denominata "Sebe" per via di un laghetto presente tra lo Seeburg e il Castello di Krakofl. Il castello è di proprietà privata e non visitabile internamente. Cinta muraria Attorno al centro storico di Bressanone si erge una cinta muraria. Questa fu fatta costruire dal vescovo Heriward (1015-1022) e fatta completare dal suo successore, il vescovo Arduico (1022-1039). La planimetria presentava sin dal X secolo due distinti settori: a sud, il raggruppamento degli edifici ecclesiastici, contrapposto a nord dal compatto complesso cittadino, diviso dai portici. Nel loro insieme, formavano quasi un perfetto quadrilatero cintato da mura e torrioni difensivi oltre che da ponti e porte di accesso al centro. Anticamente i vertici di questo perimetro difensivo erano disposti nel seguente modo: a nord-est dal Castello dei signori di Porta San Michele (dal 1550 cartoleria Weger); a sud-est dal Castello dei signori di Rodengo (attuale Cassianeum); a sud ovest dal Castello del Capitano (ovvero il Palazzo vescovile); a nord-ovest dal Castello dei Signori di Sabiona, presso la porta omonima. La cinta lasciava tre punti di passaggio, le "tre porte". In origine tutto il quadrilatero era circondato da un fossato difensivo alimentato dal rio Scaleres, dal rio Ospedale (Castelliere) e da un braccio dell'Isarco. Contemporaneamente alla erezione delle mura perimetrali, a Bressanone venne anche riconosciuta la qualifica di "città", la prima di tutto l'Alto Adige e del Tirolo austriaco a vantare di questo ambito primato. Le porte urbane Il centro storico di Bressanone è racchiuso da una cinta muraria, accessibile da tre porte principali: Porta Sabiona (Säbener Tor), al disopra della quale è stata appesa una figura femminile tinta in rosso, opera recente di uno scultore. Già "Porta Fienili" (Stadeltor), l'attuale toponimo deriva dai Signori di Sabiona, che ebbero il compito di difendere quest'angolo della cinta muraria nel XII secolo. Nel XVII secolo questo castelletto difensivo passò alla famiglia Lachmuller e solo dagli anni 1980 è di proprietà della Comunità di valle. Una parte del castelletto risale però alla più antica costruzione, voluta dal vescovo Heriward attorno all'anno mille. Porta San Michele (St. Michaelstor), un tempo denominata anche "Porta scura" è annessa alla "Torre Bianca" della parrocchia. Questa è la porta urbana orientale, ovvero l'accesso principale alla Pusteria e all'Alta Valle d'Isarco, sino al XVII secolo. La facciata interna reca lo stemma affrescato dell'Agnello, simbolo della città e della diocesi brissinese. Porta Sole (Sonnentor), anche chiamata Porta Croce (Kreuztor), è la porta urbana occidentale, che permetteva l'accesso alla strada per Bolzano. Precedentemente era nota come Porta San Erardo o di San Gottardo (St. Erhards- o Gotthardstor). La porta in realtà consiste di due porte, dove quella a sud è stata costruita solo nel 1910 allo scopo di snellire il traffico sempre più intenso, alimentato anche dalle nuove arterie periferiche. La facciata esterna presenta uno stemma ormai consunto degli Asburgo-Lorena, in ricordo dei festeggiamenti in onore dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria. Una quarta porta degna di nota è la Porta del Chiostro. Il portone risale al XIII secolo ed è senz'altro da considerare come il più antico esistente a Bressanone. L'accesso ad arco romanico, assolve la funzione di accesso diretto agli edifici della Cattedrale e al Chiostro. Oltre a queste, esistevano altre porte al di fuori della cinta muraria, ora non più esistenti: Torre di Porta Mercato Vecchio (tra l'albergo Chiavi d'oro e la cartoleria Weger); Torre dei Rodengo (all'imbocco di Via Bruno, tra il Cassianeum e la casa Rienzner); Porta del Molino di Stufles (casa Mallepell); Porta Pusteria (via della Frana); Porta Stufles (via Terzo di Sotto); Porta Roncato (presso il convento delle Suore Terziarie in via Roncato). Colonna millenaria La Colonna millenaria (Jahrtausendsäule) è una colonna marmorea eretta nel 1909 sul lato meridionale della piazza Duomo in ricorrenza del primo millennio della città. La colonna fu progettata dallo scultore accademico Norbert Pfretzschner e raffigura in cima, l'agnello che è anche lo stemma cittadino mentre sul piedistallo si erge la figura in grandezza naturale del vescovo Zaccaria nell'atto di benedire la città. Alla sua destra, un angioletto gli porge il diploma con cui Ludovico il Fanciullo gli fece donazione del maso "Prihsna". Ai quattro lati del basamento sono altresì raffigurati su delle formelle bronzee, taluni importanti avvenimenti della storia della città: a destra: l'atto della solenne investitura feudale di Rodolfo IV d'Asburgo avvenuta il 2 febbraio 1363 da parte del Principe vescovo brissinese Mattheus An der Gassen; di fronte: il Sacro Cuore tra due angeli che veglia sulla conca di Bressanone; a sinistra: l'eroe tirolese Peter Mayr nell'atto di ricevere l'ultima visita della moglie prima di affrontare a Bolzano il plotone di esecuzione, il 20 febbraio 1810; sul retro: un'iscrizione in lingua tedesca a ricordo dei festeggiamenti del Millennio che recita: "Per commemorare il millennio della sua fondazione, la città vescovile di Bressanone eresse questo monumento, nel quadro delle celebrazioni per il primo centenario delle eroiche guerre di liberazione sostenute dai patrioti tirolesi. Per ringraziare la Chiesa, per onorare il sovrano, per glorificare la patria!" Il monumento, compreso l'Agnello pasquale, è alto 9,36 metri. Per la parte architettonica è stata impiegata pietra calcarea proveniente da Arco, mentre per la figura del vescovo e del putto sono stati usati blocchi marmorei proveniente da Lasa, in Val Venosta. Altri Uomo a tre teste, il Wilder Mann: statua lignea risalente al Cinquecento e rimaneggiata il secolo dopo. Raffigura un uomo selvaggio appeso ad un edificio (all'incrocio tra via Portici Maggiori e Portici Minori) che dovrebbe, secondo la tradizione popolare, espellere dalle sue tre bocche delle monete. Via Mercato Vecchio (Altenmarktgasse), diversamente dalla via Portici, è stata ed è tuttora una via dedita all'economia brissinese. Da tempo infatti trovano sede qui negozi e botteghe artigianali. Particolare l'ubicazione fuori dalle mura cittadine, volutamente fuori dalle attività del clero. Fontane A Bressanone sono presenti diverse fontane, dalla maggior parte delle quali sgorga acqua potabile: fontana di Piazza Duomo: ad opera dell'artista Martin Rainer, rappresenta il cammino della vita; fontana dell'amore: nei pressi del duomo; fontana Portici Maggiori; fontana in Via Mercato Vecchio; fontana in Via Portici Minori: è una piccola fontana a colonna e vasca monolitica, senza elementi decorativi e arrotondata, con un cannello metallico posizionato a metà della colonna portante; fontana della stazione dei treni; fontana di via Albuino: chiamata anche fontana di San Michele, con San Michele raffigurato in una statua bronzea intanto ad uccidere il drago a tre teste; fontana di via ponte Aquila; fontana di via Hartwig; fontana di via Tratten: ha la forma di una stella esagonale e si trova di fronte allo storico Hotel Elefante e l'attuale stazione dei Carabinieri; fontana del giardino dei Signori: fontana di bronzo con la statua di papa Pio VII; fontana di via San Cassiano: questa fontana è situata all'incrocio tra Via San Cassiano e Viale Ratisbona, vicino a uno dei tre passaggi che permettono di raggiungere il giardino dei signori; fontane di via Bastioni Maggiori: sono due semplici fontane dal design decisamente più moderno, e collegate da un piccolo canaletto al livello stradale. Sono state costruite durante i lavori di ristrutturazione della via intorno alla metà degli anni novanta del XX secolo. fontana di Vicolo dei Fornai, nei pressi della piazzetta dietro la biblioteca comunale. Ponti Bressanone è anche nota come città dei due fiumi, e quindi vi si trovano diversi ponti: ponte Mozart, principale via di collegamento al quartiere Millan; ponte Widmann (che attraversa entrambi i fiumi), costruito dopo l'alluvione del 1600, che distrusse il Kapuzinersteg; ponte Aquila, costruita al posto della precedente Mitterbrugge (distrutta nel 1927 da un'alluvione). Accanto al ponte sorge una statua raffigurante San Giovanni Nepomuceno di Praga, patrono dei ponti e protettore dalle alluvioni e dall'inclemenza del tempo. Una seconda statua dedicata al santo si trova presso i giardini Rapp; ponte Otto von Guggenberg, che attraversa la Rienza e si trova vicino ai giardini Rapp; ponte via dei Vigneti, che collega i quartieri Rosslauf e Kranebitt nella parte nord della città; ponte Andreas Hofer (pedonale), costruito nel 1909 in occasione del primo centenario dell'insurrezione tirolese. Ristrutturato nel 2009, collega la Karlspromenade con l'altra sponda del fiume Rienza. Aree naturali Giardino dei Signori o giardino del Palazzo Vescovile (Herrengarten): è un giardino floreale sito accanto al Palazzo Vescovile, che durante le stagioni calde assume dei bellissimi colori. Il cortile è stato ricostruito soltanto nel 1991, sulla base del progetto originale del 1831. Il giardino rinchiuso da alte mura è suddiviso in 4 aiuole, dove vengono piantati fiori colorati ed ortaggi. Al centro delle aiuole si trova una bronzea fontana del periodo Biedermair completamente restaurata. Giardino di Corte (Hofgarten): posto accanto al palazzo, inizialmente allestito dal cardinale Cristoforo Madruzzo, principe-vescovo di Trento. In seguito, nel 1595, fu il principe-vescovo Andrea d'Austria che realizzò la cinta muraria a sud del palazzo e le torrette cinese e giapponese ai due angoli meridionali. Società Evoluzione demografica Nel corso del 2007 la città ha superato per la prima volta la soglia dei 20.000 abitanti. A Bressanone nel periodo tra le due guerre mondiali vi fu una massiccia italianizzazione voluta dal regime fascista; molti italiani dal vicino Veneto e Trentino, ma anche dall'Italia meridionale, vennero a vivere qui. Etnie e minoranze straniere Gli stranieri residenti nel comune sono , ovvero il 9,94% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti: Germania, 277 Albania, 271 Pakistan, 267 Macedonia del Nord, 120 Romania, 110 Austria, 108 Slovacchia, 102 Cina, 86 Kosovo, 81 Ucraina, 80 Lingue e dialetti A Bressanone, terzo centro abitato della provincia per numero d'abitanti, si ha una maggioranza di popolazione germanofona; la popolazione di madrelingua italiana supera il quarto della popolazione, mentre la minoranza ladina si attesta poco al di sopra dell'1%. Religione A Bressanone, come in tutta la regione, la religione principale è quella cristiano-cattolica; vi sono inoltre fedeli di altre religioni, quali l'islam, i cristiani evangelici, i testimoni di Geova e altre minori. Bressanone e i papi Già fin dall'antichità Bressanone è stata legata alla figura del papa. Uno di questi infatti fu il vescovo Poppone di Bressanone, che fu eletto papa nel 1048, con il nome di Damaso II e che sostituì papa Clemente II. Damaso II servì fedelmente l'allora imperatore Enrico III il Nero, accompagnandolo spesso nei suoi viaggi. Nel 1782, e per altre tre volte, fu invece papa Pio VI che, recatosi in visita a Vienna su richiesta dell'imperatore Giuseppe II d'Asburgo-Lorena, sulla via del ritorno si fermò a Bressanone. Nell'estate 2008 l'allora pontefice Benedetto XVI decise di soggiornare presso il seminario maggiore di Bressanone dal 28 luglio al 12 agosto. Questa scelta non fu presa a caso; infatti il papa aveva in parte origini tirolesi. Sua nonna materna Maria Tauber-Peintner era nata il 29 giugno 1855 presso il maso Töll a Rasa (Raas), paesino nei pressi di Bressanone, e si era sposata il 9 febbraio 1858 nella chiesa di Sant'Elena a Rio di Pusteria; in seguito si trasferirono a Mühlbach, frazione del comune tedesco di Kiefersfelden. Già da vescovo, papa Benedetto XVI era stato a Bressanone. La prima volta fu nel 1967, quando era professore a Tubinga, e fece il relatore ad un convegno. Ancora nel 1968 e nel 1976 Ratzinger soggiornò in città, ma solamente come privato cittadino. Nel 1977 l'allora cardinale e arcivescovo di Monaco e Frisinga soggiornò nel seminario maggiore di Bressanone e nel 1990 vi ritornò ancora, come relatore ad un simposio sulla musica. Molte altre volte l'allora cardinale soggiornò nella cittadina vescovile, e forse anche per questi motivi ha voluto tornarci anche da papa. Benedetto XVI recitò l'Angelus in piazza Duomo il 3 e il 10 agosto 2008, dove erano presenti anche il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga e l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Tradizioni e folclore Sfilata dei Krampus, il 5 di dicembre; Törggelen, usanza culinaria di fine autunno; Mercatino di Natale nel periodo dell'Avvento; Processione di San Cassiano che si tiene la seconda domenica dopo Pasqua lungo le vie cittadine; Altstadtfest, una festa che dal 1978 si tiene ogni due anni durante il penultimo fine settimana di agosto, alternandosi con la città di Brunico. Cultura Istruzione Biblioteche A Bressanone esistono alcune biblioteche, tra cui la maggiore è quella comunale. La biblioteca comunale è stata recentemente spostata (2021) dalla sua sede storica a sud-est della Piazza Duomo, presso l'ex edificio della Finanza sotto tutela dei beni artistici, ampliato a una parte dell'edificio dell'ex Tribunale con l'aggiunta di una neo-costruzione. Nella nuova sede la biblioteca ha quadruplicato la sua superficie originaria. Altre biblioteche degne di citazione sono quelle dello Studio teologico accademico Bressanone, della facoltà di scienze della formazione della Libera Università di Bolzano e quella dei frati Cappuccini, che contiene libri qui trasferiti dai conventi di Appiano, Chiusa e Silandro, ovvero oltre 41.500 volumi. A Bressanone esistono altre biblioteche: biblioteca civica - Sezione staccata di Millan, presso scuola elementare di Millan biblioteca civica - Sezione staccata di Sarnes, presso scuola elementare di Sarnes biblioteca pubblica, presso Sant'Andrea biblioteca del centro diocesano per le biblioteche cattoliche pubbliche biblioteca del seminario vescovile Vinzentinum biblioteca della sede di Bressanone dell'Università degli studi di Padova biblioteca popolare cattolica biblioteca specializzata e servizio informazioni della "Bottega Terzo Mondo" biblioteca specializzata e cooperativa sociale di film documentari della "Casa della Solidarietà - OEW" Scuole Le scuole elementari primarie sono 12 (di cui 2 in lingua italiana), presenti anche nelle frazioni del comune. Le scuole medie secondarie di primo grado sono 3 (di cui una in lingua italiana). Per quanto riguarda le scuole secondarie di secondo grado, a Bressanone ne sono presenti 9 (di cui 2 in lingua italiana). Oltre alle scuole pubbliche, esistono nel comune alcune scuole paritarie, come: scuola elementare primaria Freie Waldorfschule scuola media secondaria di primo grado Vinzentinum liceo ginnasio Vinzentinum Università Bressanone è anche una città universitaria, in quanto è sede distaccata della Libera Università di Bolzano (LUB), con una facoltà di Scienze della formazione. A Bressanone ha la sede principale lo Studio teologico accademico Bressanone con la facoltà di teologia. Inoltre ospita la sede estiva dell'Università degli studi di Padova. Musei Museo della farmacia di Bressanone: nuovo museo allestito pochi anni or sono, su come veniva vista e adoperata la farmacia in Tirolo nel passato; Museo della Torre Bianca; Museo diocesano di Bressanone: esposizione dentro al Palazzo Vescovile, aperto nel 1901 in occasione della festa millenaria della città; Mostra permanente sulla tortura: la mostra è allestita con oltre settanta articoli esposti, dando la possibilità al visitatore di dare uno sguardo alle "Ordinanze criminali dell'imperatore Massimiliano I", ovvero l'ordinamento penale della Contea principesca del Tirolo, negli anni tra il 1499 ed il 1771. Gli oggetti danno una visione di come la regione tirolese sia stata in passato scandita dalla forza e dalla violenza. Grazie alla legge penale di Giuseppe II d'Austria, del 2 aprile 1787, la tortura fu abolita in Tirolo. La mostra è allestita presso il caffè "Rosa d'Oro" che dà sulla piazza Duomo. Cinema A Bressanone esistono due cinema, il cinema "Astra" (il primo in città, nell'edificio dell'ex-GIL) ed il cinema "Stella", il primo che proiettava film in lingua tedesca (oltre a film generalmente adatti ad un pubblico adulto), mentre il secondo quelli in lingua italiana. Dopo la chiusura definitiva del cinema Astra, avvenuta nel 2011, tra il 2011 e il 2018 i locali dell’Astra sono stati luogo di incontro di diverse associazioni e iniziative di tipo culturale, ma anche uno spazio espositivo unico nel suo genere. Nel 2012 l’edificio ha subito una prima ristrutturazione provvisoria. Il centro, inaugurato nell’ottobre del 2019 al termine di incisive opere di ristrutturazione (superficie complessiva di 670 metri quadri) è gestito dalla ASM Bressanone SpA e propone oggi eventi culturali con particolare attenzione alla cultura giovanile. Ogni lunedì e ogni primo venerdì del mese la sala cinematografica ospita una serie di proiezioni organizzate dal Filmclub di Bressanone. Teatro A Bressanone non esiste un vero e proprio teatro, ma negli scorsi anni spesso si utilizzavano la sala dell'oratorio Don Bosco e la sala della Kolpinghaus ("Casa Kolping") per le rappresentazioni teatrali. La sala del Kolping è stata demolita per dare spazio ad un nuovo convitto studentesco e nel 2010 è stato abbattuto anche l'oratorio Don Bosco. Nel 2001 è stata costruita una sede più adeguata, il Forum (edificato al posto della vecchia sede del GIL), dove si tengono spesso anche rappresentazioni teatrali. Cucina La cucina di Bressanone è caratterizzata da alcuni piatti tipici (comuni alla tradizione altoatesina) quali lo strudel, i canederli, i crauti, i würstel, lo strauben e lo speck. Altro piatto tipico sono gli spätzle, gnocchetti di forma irregolare a base di farina di grano tenero, uova e acqua. Nella zona attorno a Bressanone risulta la nascita di un'usanza detta Törggelen, che consiste nella tradizionale degustazione del vino nuovo in occasione della pressatura dell'uva assieme ad una mangiata di caldarroste. Esistono anche altre manifestazioni culinarie durante il corso dell'anno; tra queste si riportano qui le maggiormente note: "Mercato del pane e dello strudel", a fine settembre; "Settimana della buona cucina", durante il mese di marzo. Vini Alcune tipologie del vino DOC prodotto a Bressanone ed etichettato come "Alto Adige Valle Isarco" possono ottenere la menzione "Brixner", limitatamente ai vitigni Kerner, Silvaner, Riesling e Veltliner. Tra le manifestazioni riguardanti il vino in particolare, si cita "Il vino va in città - Incontro con i vini della Valle Isarco", un incontro annuale che si tiene a fine luglio. Geografia antropica I principali rioni della città -oltre al centro storico- sono: Stufles (Stufels); è il rione più antico della città. Si trova a est della città alle pendici di Costa d'Elvas ed è collegato al centro storico tramite il ponte Aquila. Caratteristica di Stufles sono le piccole vie strette che superano vari dislivelli. Il rione, così come il centro storico, si trova in un'area pedonale; Millan (Milland); che si trova nella zona sud-est della città, ai piedi della Plose. Alla fine del rione si trova la chiesa Nostra Signora “am Sand”, famoso luogo di pellegrinaggio, dalla quale parte anche la passeggiata Karlspromenade. Costa d'Elvas (Kranebitt); si trova a est, in una zona sopra elevata rispetto alla città di Bressanone. Attraverso Costa d'Elvas passa la strada dalla quale è possibile raggiungere Elvas. Castellano (Köstlan); rione che si trova tra Millan e Costa d'Elvas. Zona 13 (Rosslauf). Questo quartiere è sorto negli anni ottanta del XX secolo nella zona d'espansione a nord della città sulla base di una planimetria generale elaborata da Othmar Barth. Durante i lavori di scavo per la costruzione di case private e della palestra multipla sono emersi vari reperti di interesse archeologico. Nella palestra multipla, vicino all'ingresso è presente una vetrina che espone una breve documentazione e una piccola esposizione di alcuni reperti emersi durante gli scavi. A nord del quartiere è presente l'ospedale; Zona Tinigia (Zinggen); è la parte di territorio a ridosso della "Zona 13", in parte inglobata in quest'ultimo quartiere. In questo territorio troviamo la Chiesa di "Maria Hilf in Zinggen" e il complesso del "Vizentinium"; Zona Priel; è la parte di territorio sulla quale è stata costruita l'Acquarena e la palestra di roccia. Il quartiere del castelliere che si estende su tutto il lato del pendio occidentale e che comprende la via Velturno, via Monteponente, la zona della stazione ferroviaria, via Castelliere e via Havlicek fino al confine con il comune di Varna. Frazioni Le frazioni di Bressanone sono: Albes (Albeins), Elvas, Eores (Afers), La Mara (Mahr), Monteponente (Pfeffersberg), Sant'Andrea (St.Andrä) e Sarnes (Sarns). Fino al 1928 i "comuni rurali" di Monteponente, Millan-Sarnes, Albes ed Elvas furono annessi a Bressanone; nel 1940/41 seguirono anche Sant'Andrea ed Eores. La località di Monteponente, che da tempi antichi viene denominata Pfeffersberg, è un grande altipiano sopra la città. Il termine Pfeffer risale ad una tassa che riscossa dalle importazioni del pepe. In questa zona si trova anche il castello di Monteponente (anche noto come castello di Pfeffersberg), costruito attorno all'anno 1173, accanto all'attuale maso Burger. Nonostante questo fosse stato sede di un tribunale, venne distrutto poco dopo cent'anni. Monteponente comprende le località di Untereben, Tiles, Caredo, Pinzago, Tecelinga, Perara, Scezze e La Mara, anch'esse parte integrante del comune di Bressanone. Altre località Ricadono sempre nel territorio comunale le seguenti località: Caredo, Cleran, Cornale di Sopra, Cornale di Sotto, Meluno, Perara, Pian di Sotto, Pinzago, Rivapiana, Monte Ruzzo, San Giorgio di Eores, San Leonardo, Scezze, Semperbau, Tecelinga, Tiles e Villa. Economia Turismo Bressanone è una città di vocazione turistica, soprattutto grazie alle vicine piste di sci della Plose, ma anche quelle di Valles e Maranza. Oltre al turismo sciistico, durante la stagione invernale Bressanone è anche nota per lo slittino, lo sci da fondo e le passeggiate con le ciaspole che si possono effettuare nel suo territorio comunale. Probabilmente è maggiormente nota per il suo mercatino di Natale, che ogni anno porta molti turisti a visitare la città. Durante la stagione calda invece le zone attorno alla città offrono valide alternative per il trekking e per l'escursionismo (ad esempio a Bressanone arrivano le alte vie Europa e n. 2). Durante il corso dell'anno 2010, si contano 630.690 pernottamenti nella città vescovile, con una crescita del 1% rispetto all'anno precedente, quando se ne contavano 621.633. Nel 2010, 271.407 erano gli italiani, 257.859 i tedeschi, 25.653 gli austriaci, 16.561 gli svizzeri, 13.257 i cechi, 7.946 gli olandesi, 5.584 i francesi, 4.970 i polacchi e 3.520 gli americani. Servizi Come case di riposo per anziani, a Bressanone esiste la casa del "Santo Spirito" che offre in totale 173 posti letto in diverse sedi: struttura Bürgerheim, con 102 posti; struttura "Beato Artmanno", con 23 posti; struttura "ex-sanatorio", con 48 posti. Industria Bressanone possiede anche alcune importanti industrie sia a livello locale, che come filiali di ditte estere (soprattutto germaniche). Tra le maggiormente rinomate, si citano: Alupress, Beton Eisack, Brimi, Durst AG, Fonte Plose, Jungmann, Linel, Melix, Microtec, Nitz Electronics, Parton, Progress, Damiani-Holz & KO. Artigianato Per quanto riguarda l'artigianato, importante e rinomata è la produzione di mobili d'arte, di arredamenti tipici campagnoli e di lampadari di cristallo. Organizzazioni Organizzazione per un mondo solidale (Organisation für eine solidarische Welt - OEW) è la più grande organizzazione dell'Alto Adige a occuparsi di politiche di sviluppo. Infrastrutture e trasporti Strade Bressanone per la sua posizione geografica strategica, è sempre stata in mezzo alle vie di comunicazione del Brennero (val d'Isarco) e di Dobbiaco (val Pusteria). Il centro cittadino è attraversato dalla ex strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero, che nel territorio comunale si congiunge alla strada statale 49 della Pusteria. Il 16 aprile 2011 è stato inaugurato il primo tratto di tangenziale (ora SS 12). Inizialmente è stata aperta la parte principale dell'intero tracciato (circa 5 km) con lo svincolo sud e relativo sottopasso, assieme alla galleria sud, la galleria nord e lo svincolo Bressanone nord. In tutto la tangenziale è lunga 4,7 chilometri, partendo dalla zona sud, nei pressi della discoteca Max, e sbocca allo svincolo per la val Pusteria, affrontando una prima galleria lunga 1,2 km, uno svincolo per il centro della città e una seconda galleria lunga 768 metri. Ferrovie A Bressanone transita la linea ferroviaria del Brennero e (presso il vicino paese di Fortezza) la linea ferroviaria della Pusteria. Bressanone è dotata di una propria stazione ferroviaria sulla ferrovia del Brennero. Un'ulteriore stazione (dismessa nel corso del XX secolo) si trovava ad Albes. Mobilità urbana Per collegare le vie del centro con le frazioni, dal 2008 sono attive 3 linee di servizio urbano Citybus. Amministrazione Comprensorio: Valle Isarco/Eisacktal Gemellaggi Città in rapporto d'amicizia Sport Impianti sportivi La città offre diversi e polivalenti impianti sportivi, che permettono ai cittadini ed ospiti di poter svolgere molteplici attività sportive, sia d'inverno che d'estate. Sport invernali È possibile praticare sport invernali grazie a 9 impianti di risalita e 43 km di piste raggiungibili grazie alla funivia della Plose. La pista nera Trametsch con i suoi 9 km di lunghezza e 1.450 metri di dislivello rappresenta la discesa a valle più lunga dell'Alto Adige. Inoltre è possible slittare su molteplici piste naturali da slittino, come la RudiRun, lunga 10,5 km (la più lunga dell'Alto Adige). Nella zona sud della città si trova il "palaghiaccio Bressanone" per la pratica di pattinaggio e hockey. Sport estivi Esistono vari impianti sportivi, suddivisi in diverse zone della città: Nel complesso sportivo della zona sud si trovano lo stadio Raiffeisen Arena con una capienza di 2.000 posti, il palasport con una capienza di 2.000 posti e, presso il cosiddetto "laghetto", il campo sportivo sintetico Jugendhort, dedicato all'ex-sindaco Klaus Seebacher, dove esiste anche la possibilità di giocare a baseball. Nella zona sportiva nord è stata costruita nel 2000 una tripla palestra con un adiacente campo da calcio sintetico esterno da 100 x 60 metri. Altro importante impianto sportivo è la piscina, aperta 365 giorni all'anno: l'"Acquarena" un complesso architettonico con una superficie interna di oltre 12.000 m², con piscine indoor, saune, palestre, piste da bowling e la palestra di roccia adiacente. In estate il lido si estende ulteriormente su una superficie esterna di 14.000 m² con piscine all'aperto (vasca divertimento con scivolo e vasca olimpionica 50 metri con piattaforma per i tuffi), campi da beach volley e calcio da spiaggia. Eventi Nella primavera del 2007, sui campi di calcio di Vipiteno, Bressanone e Bolzano si è svolta la fase finale del Campionato Primavera TIM - Trofeo "Giacinto Facchetti". Presso lo stadio di Bressanone Raiffeisen Arena si sono svolti due quarti di finale, una semifinale e la finale vinta dall' contro la . Nell'estate del 2009, alla Raiffeisen Arena, si sono tenuti i campionati del mondo allievi di atletica leggera. La Raffeisen Arena ha inoltre ospitato i Campionati italiani assoluti di atletica leggera nel 2005 e nel 2012. Nell'ottobre 2011 si è svolta in piazza Duomo il "2. Slackline World Championship", una competizione dove è stato assegnato il titolo campione mondiale di slackline. La città ha avuto una risonanza internazionale grazie alla manifestazione sportiva riservata ai migliori monociclisti del mondo che si è svolta dal 20 al 31 luglio 2012 su strada sino a Bolzano, nelle piazze, sulla Plose e nelle palestre cittadine. In tale occasione il giapponese Seisuke Kobayashi ha stabilito un nuovo record mondiale sugli 800 metri con un tempo di 2 minuti e 33 secondi. Altre manifestazioni sportive si svolgono a Bressanone: tra queste lo Stricker Sprint (già Filasprint), manifestazione sportiva invernale, il Caidom, gara di downhill dalla cima della Plose alla piazza Duomo, il "Craft bike Transalp", maratona ciclistica a tappe, e il torneo di tennis Bressanone Challenger. Società sportive La principale società sportiva della città è il Südtiroler Sportverein Brixen (abbreviato SSV Brixen), particolarmente conosciuto per le sue sezioni di pallamano maschile e femminile, che militano ai vertici del campionato italiano, di cui sono tra le compagini più titolate. Il SSV gestisce anche una sezione calcistica, sia femminile (che vanta quale maggior successo la militanza in Serie A2) che maschile (spintasi sino all'Eccellenza), nonché di atletica leggera e altre. Altri club sono WSV Brixen, società di sci che ha portato diversi atleti in nazionale L. G. Brixen - Bressanone, dedita all'atletica leggera Falcons Brixen, società di hockey su ghiaccio; Bressanone Basket Brixen, società di basket che milita in serie "D" maschile; USD Bressanone, società di calcio che milita in "Prima Categoria"; Dynamic Dance, società di ballo più volte campioni del mondo; Note Bibliografia Leo Andergassen, Der Dom zu Brixen. Geschichte, Raum, Kunst. Bolzano: Athesia, 2009. ISBN 978-88-8266-597-5 Siglinde Clementi (a cura di), L'altra storia - contributi alla storia delle donne di Bressanone dal Basso Medioevo fino all XX secolo, Bressanone: Weger, 2005. ISBN 88-88910-18-2 Valerius Dejaco, Hubert Walder, Bressanone romanica, Bolzano: Athesia, 1984 Helmut Flachenecker, Hans Heiss, Hannes Obermair, Stadt und Hochstift: Brixen, Bruneck und Klausen bis zur Säkularisation 1803 / Città e principato: Bressanone, Brunico e Chiusa fino alla secolarizzazione 1803, Bolzano: Athesia, 2000. ISBN 88-8266-084-2 Barbara Fuchs, Carlo Milesi et al., Brixen. Die Geschichte / Bressanone. La storia, 2 voll., Bolzano: Athesia/Tappeiner, 2004-2006 Josef Gelmi, Geschichte der Stadt Brixen, Bressanone: A. Weger, 2000 Hans Heiss, Hermann Gummerer (a cura di), Brixen 1867-1882: Die Aufzeichnungen des Färbermeisters Franz Schwaighofer (Transfer- Kulturgeschichte, 1), Bolzano-Vienna: Folio, 1994. ISBN 3-85256-001-2 Hans Heiss, Il percorso dell'Elephant - storia di un grande albergo dal 1551, Vienna-Bolzano: Folio, 2002. ISBN 88-86857-21-7 Johann Kronbichler, Hofburg Brixen - von der Residenz zum Museum, Ratisbona: Schnell & Steiner, 2010. ISBN 978-3-7954-2307-0 Erika Kustatscher, Die Städte des Hochstifts Brixen im Spätmittelalter: Verfassungs- und Sozialgeschichte von Brixen, Bruneck und Klausen im Spiegel der Personengeschichte (1200-1550), 2 voll., Vienna-Innsbruck-Bolzano: Studienverlag, 2007. ISBN 978-3-7065-4402-3 Ignaz Mader, Anselm Mader, Brixner Häusergeschichte (Schlern-Schriften, 224), Innsbruck: Wagner, 1963 Norbert Parschalk, Brixen 1918-1939: vom Ersten Weltkrieg bis zur Option, Bressanone: A. Weger, 2003. ISBN 88-85831-93-1 Ernst Parschalk, Geschichtsparcours - Begleitbroschüre zum Themenweg in den Gemeinden Brixen, Vahrn und Franzensfeste, Bressanone, Weger, 2011. Liliana Prandini, Luci a Bressanone. La centrale idroelettrica cittadina nella prima metà del Novecento. Licht für Brixen. Das städtische Wasserkraftwerk in der ersten Hälfte des 20. Jahrhunderts, Bressanone, Heimat Brixen - Weger Verlag, 2015, ISBN 978-88-6563-157-7 Ludwig Tavernier, Der Dombezirk von Brixen im Mittelalter - bauhistorische Studien zur Gestalt, Funktion und Bedeutung (Schlern-Schriften, 294), Innsbruck: Wagner, 1996. ISBN 3-7030-0266-2 Voci correlate Diocesi di Bolzano-Bressanone Abbazia di Novacella Cimitero austro-ungarico di Bressanone Stazione meteorologica di Bressanone Libera Università di Bolzano Principato vescovile di Bressanone Principi-vescovi di Bressanone Studio teologico accademico Bressanone Jakobsweg in Alto Adige Ciclabile della Pusteria Valle di Eores Altri progetti Collegamenti esterni
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Bronzolo
Bronzolo (pronuncia: Bronzòlo; Branzoll in tedesco) è un comune italiano di abitanti della provincia autonoma di Bolzano in Trentino-Alto Adige. Geografia fisica Situato in fondovalle, sulla sinistra orografica dell'Adige, circa 13 km a sud di Bolzano, fa parte del comprensorio Oltradige-Bassa Atesina. Sulle sponde dell'Adige (a fianco del ponte per Vadena) si può vedere l'antico porto fluviale. Ha una stazione ferroviaria servita da tutti i treni regionali. Origini del nome Il toponimo è attestato per la prima volta nel 1181 come Branzol, nel 1237 come de Branzollo e nel 1249 come Prantzol e deriva dal nome di persona germanico "Berinza" con un suffisso latino -eolus. Storia La storia del piccolo insediamento è stata da sempre legata al fiume Adige, che proprio nella zona di Bronzolo diventa navigabile con meno rischi che non già a Bolzano. Il villaggio fu costruito, similmente alle città vicine di Laives ed Ora, su un ampio cono alluvionale, per evitare i pericoli d'inondazioni o esondazioni del fiume Adige, che si verificavano molto comunemente in origine. Sin dal medioevo sono attestate le zattere, che attraccavano in zona per trasportare le merci verso il meridione o per riportarle con l'aiuto del traino ippico, lungo le rive del fiume. Ne è testimonianza la cosiddetta Lende (la riva d'attracco), tuttora esistente. Di grande importanza sono stati da sempre gli argini del fiume, per prevenire le esondazioni dell'Adige. Amministrativamente, Bronzolo fece parte, prima delle riforme ottocentesche, della giurisdizione distrettuale (Landgericht) "Enn und Kaldiff", dislocata ad Egna. Ecclesiasticamente, la comunità di Bronzolo apparteneva a lungo alla parrocchia di Bolzano e ancora nel 1341 è chiamata nei documenti "villa Pranzol in plebatu Bozani". Simboli Lo stemma è tagliato di argento e di verde con al centro una cornetta nera guarnita con un cordoncino d'oro. Gli smalti argento e verde rappresentano le acque, le montagne e le vallate attraversate dal fiume e si riferiscono all'importanza della località, che era un tempo punto di partenza e di arrivo della navigazione sull'Adige. Il corno del postiglione ricorda che il paese è stato per lungo tempo una stazione di posta. Lo stemma è stato adottato nel 1968. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa del Santissimo Cuore di Gesù. Architetture civili Palazzo von Ferrari-Thomsen, situato nel centro del paese, a lungo proprietà di una famiglia patrizia. Società Ripartizione linguistica È uno tra i cinque comuni della provincia con popolazione in maggioranza di lingua italiana (gli altri sono Bolzano, Laives, Vadena e Salorno): Il comune di Bronzolo è stato storicamente a maggioranza italiana, già prima dell'annessione all'Italia. Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2015 la popolazione straniera residente era di 223 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Macedonia del Nord 50 (1,82%) India 25 (0,91%) Marocco 20 (0,73%) Cultura Dal 1954 è attiva la Heimatbühne Branzoll, compagine teatrale che offre spettacoli in lingua tedesca tratti da un repertorio sia popolare che classico. Amministrazione Sport A Bronzolo è attiva una società di pallavolo femminile, il Neruda Volley, fondato nel 1978, che nella stagione 2015-16, disputa il campionato di Serie A1, pur giocando le partite interne a Bolzano. Note Bibliografia Bruno Mahlknecht, Leifers, Branzoll, Pfatten (Südtiroler Gebietsführer), Bolzano, Athesia, 1977. Günther Pallaver, Freiwillige Feuerwehr Branzoll 1885-1985. Festschrift anläßlich des 100-jährigen Bestehens der Freiwilligen Feuerwehr Branzoll, Bronzolo, 1985. Fausto Turbiani (red.), Bronzolo ed il suo cammino - Branzoll und seine Entwicklung, Bronzolo, 1994. Giorgio D'Amico, Holzfischen auf der Etsch, in «Der Schlern», 83, 2009, pp. 40–45 (sul ripescaggio della legna nell'Adige a Bronzolo). Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Botanica
Botanica
La botanica (dal greco: βοτάνη [votáne] = pianta), chiamata anche fitologia, è la branca della biologia che studia le forme di vita del mondo vegetale (la flora), specie in rapporto alla loro citologia, istologia, anatomia, fisiologia, classificazione, utilità ed ecologia. Gli organismi più complessi studiati dalla botanica costituiscono il regno delle Piante (o Plantae). In passato tutto ciò che non si considerava animale veniva considerato "pianta", "vegetale". Attualmente, solo gli organismi pluricellulari autotrofi vengono considerati parte del regno Plantae: gli altri sono assegnati ai regni Monere, Protisti o Funghi. La botanica moderna è una materia ampia e multidisciplinare con contributi e approfondimenti dalla maggior parte delle altre aree della scienza e della tecnologia. I temi di ricerca includono lo studio della struttura vegetale, della crescita e della differenziazione, della riproduzione, della fisiologia e del metabolismo primario, dei prodotti chimici, dello sviluppo, delle malattie, delle relazioni evolutive, della sistematica e della tassonomia delle piante. Storia Il primo studioso conosciuto del mondo vegetale fu Teofrasto (371 a.C. – 286 a.C.) che descrisse oltre cinquecento piante ed il loro uso medicinale. In seguito Dioscoride (De materia medica) e Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) scrissero opere fondamentali per la conoscenza del regno vegetale. In particolare il secondo nella sua Naturalis Historia, enciclopedia scientifica in 37 libri, ricostruiva una summa delle conoscenze dell'epoca, attraverso la rilettura di oltre 2000 opere. Una parte cospicua della sua ricerca (libri 12-19) era specificamente dedicata alle piante ed alle loro qualità officinali. La Naturalis Historia ha costituito il compendio di riferimento della botanica, e non solo, fino all'epoca rinascimentale. Nella seconda metà del XVI secolo la botanica si affrancò definitivamente dalle altre scienze, spesso occulte, con la nascita dei primi orti botanici e delle prime raccolte sistematiche di piante essiccate. In questo periodo si rivelarono importanti le ricerche di Otto Brunfels (1488-1534), Hieronymus Bock (1498-1554) e Conrad Gessner (1516-1565). Quest'ultimo comprese che i caratteri differenziali principali per la classificazione delle piante si rilevano nei frutti e nei fiori. Negli anni successivi, il francese Charles de l'Ecluse (1526-1609), noto anche come Carolus Clusius, delineò i principi generali necessari per stabilire il concetto di specie. Tra gli italiani, si misero in evidenza in questo periodo, Bartolomeo Maranta (1500-1571), dal suo cognome deriva la denominazione dell'omonima pianta, Luca Ghini (1500-1556) e Andrea Cesalpino (1519-1603), noto per essere stato uno dei fondatori della sistematica del mondo vegetale. Fra fine Seicento e prima metà dell'Ottocento diverse spedizioni esplorative videro la partecipazione di giovani scienziati che tornando nel vecchio continente pubblicarono libri che divennero dei veri best seller. Le osservazioni naturalistiche, l'alto numero di nuove specie schedate e portate in Europa, come ad esempio le palme del Cile, gli eucalipti e i ficus macrophylla d'Australia, le araucarie dal sud America, o le più celebri sequoie dalla California, fecero aumentare l'interesse per la botanica. Fra questi viaggiatori scienziati che poi diverranno anche parte attiva nella crescita e nella diffusione degli orti e dei parchi botanici, si annoverano personalità quali Jean Robin (1550-1629), Engelbert Kaempfer (1651-1716), Louis Antoine de Bougainville (1729-1811), Georg Forster (1754-1794), André Michaux (1746-1802), Alexander von Humboldt (1769-1859), Guglielmo Gasparrini (1803-1866) fino al celebre Charles Darwin (1809-1882) che segnalò diverse specie di piante e fiori nel suo Viaggio di un naturalista intorno al mondo. Nel Settecento con la fondamentale figura del botanico svedese Carl von Linné (Råshult 1707 – Uppsala 1778), più comunemente conosciuto come Carlo Linneo, si venne sviluppando una vera e propria ricerca scientifica sul mondo vegetale, con particolare riguardo alla classificazione delle piante. Nel 1735 con l'opera Systema naturae, Linneo espone per la prima volta i suoi criteri di classificazione tassonomica binomiale dei regni animale, vegetale e minerale. Tuttavia, l'opera che influenzò maggiormente i botanici fu la Philosophia botanica, pubblicata nel 1751. In essa Linneo affermava che le specie vegetali, facendo parte del progetto divino del creato, erano classificabili secondo un sistema immutabile fondato sulle loro caratteristiche: era, quindi, possibile ricostruire le relazioni interne e le differenze fra varietà, specie, generi, ordini e classi. Partendo da questa regola tassonomica, Linneo introdusse il sistema di nomenclatura binomiale, secondo la quale ciascun essere vivente poteva essere identificato e descritto conoscendone soltanto il genere e la specie, mentre prima si doveva ricorrere a perifrasi impossibili da ricordare. Tale sistema classificatorio, riveduto ed aggiornato, costituisce ancora oggi il fondamento della classificazione del regno vegetale (e non solo). Successivamente altri studiosi introdussero nuovi generi e specie e dovendoli diversificare da quelli stabiliti da Linneo, si decise di aggiungere al binomio latino anche l'abbreviazione del cognome del naturalista coniatore; per Linneo la sola lettera elle maiuscola: L. Altro importante botanico del XVIII secolo è Georges-Louis Leclerc de Buffon che pubblicò dal 1746 al 1762 una poderosa Histoire naturelle. Buffon non condivideva la classificazione di Linneo perché la trovava troppo schematica e pensava che non desse ragione delle specie intermedie rispetto alle principali e più note. Ciò dipende dal fatto che egli aveva anticipato in qualche maniera idee evoluzioniste e alcuni studiosi vedono in lui un vero pre-evoluzionista. Nel 1785 Stephane Thibaud, un accademico di Montpellier, arguisce la similitudine tra le funzioni biologiche delle piante e quelle dell'uomo e congettura le loro capacità sensoriali nel suo trattato Disquisitio Utrum in Plantis existat principium vitale principio vitali in animalibus analogum. A diffondere in Italia il sistema di Linneo provvidero Gioachino Venturi e, soprattutto, il forlivese Cesare Majoli, che raccolse anche un'enorme mole di dati e disegni del mondo vegetale, ed è considerato uno dei più illustri botanici del XVIII secolo, tanto che si è parlato, a suo riguardo, di "prestigio raggiunto a livello mondiale". Branche Generali: Anatomia vegetale, studio dell'anatomia delle piante Fisiologia vegetale, studio della fisiologia delle piante Embriologia vegetale, studio degli embrioni di pianta (dall'impollinazione al seme) Paleobotanica, studio dei fossili di piante Palinologia, studio dei fossili di pollini e spore Sistematica vegetale, organizzazione e categorizzazione del regno vegetale e dei funghi Carpologia, studio di semi e frutti Dendrologia, studio delle piante legnose Fitogeografia, studio della distribuzione delle piante nel territorio Fitosociologia, studio di come le specie vegetali si uniscono per formare comunità Astrobotanica, studio delle piante in ambienti spaziali Per gruppi sistematici: Algologia, studio delle alghe Briologia, studio delle briofite Micologia, studio dei fungi Lichenologia, studio dei licheni Miste: Ecologia vegetale, studio dell'ecologia delle piante (molto connessa alla Fitosociologia) Botanica economica, studio dell'utilizzo commerciale delle piante Botanica marina, studio delle piante marine Agronomia, studio delle tecniche impiegate per rendere più efficiente l'agricoltura Etnobotanica, studio dell'uso delle piante presso le società umane Fitochimica, studio della struttura chimica e dell'attività biologica dei principi attivi delle piante Patologia vegetale, studio delle malattie delle piante Pseudoscienze: Criptobotanica, studio di piante di cui s'ipotizza l'esistenza Neurobiologia vegetale, studio dei calcoli e delle rielaborazioni delle piante superiori a determinati stimoli (pseudoscienza) Note Voci correlate Lista di specie botaniche in Italia Specie botaniche spontanee Lista delle abbreviazioni standard degli autori botanici Isoflora Botanica sistematica Teofrasto Dioscoride Pedanio Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Browser
Browser
In informatica il browser Web (o semplicemente browser ), in italiano navigatore Web, è un'applicazione per l'acquisizione, la presentazione e la navigazione di risorse sul Web. Tali risorse (come pagine web, immagini o video) sono messe a disposizione sul World Wide Web (la rete globale che si appoggia su Internet), su una rete locale o sullo stesso computer dove il browser è in esecuzione. Il programma implementa da un lato le funzionalità di client per il protocollo HTTP, che regola il download delle risorse dai server web a partire dal loro indirizzo URL; dall'altro quelle di visualizzazione dei contenuti ipertestuali (solitamente all'interno di documenti HTML) e di riproduzione di contenuti multimediali (rendering). Tra i browser più utilizzati vi sono Google Chrome, Mozilla Firefox, Microsoft Edge, Safari, Opera e Internet Explorer. Storia Il primo browser, chiamato WorldWideWeb, fu sviluppato da Tim Berners-Lee, uno dei precursori del concetto di World Wide Web e fondatore del World Wide Web Consortium. Serviva a scopi dimostrativi, era disponibile solo per sistema operativo NeXTSTEP (un derivativo dello Unix) e perciò in seguito fu chiamato Nexus. Il primo browser a raggiungere un'apprezzabile popolarità internazionale fu Mosaic, sviluppato da NCSA, seguito poi da Netscape Navigator, che crebbe in fretta e fu la piattaforma su cui vennero messe a punto alcune innovazioni che col passare del tempo si sono diffuse su larga scala (come ad esempio JavaScript). La netta prevalenza di Netscape presso l'utenza, a metà degli anni novanta, fu incrinata dalla cosiddetta guerra dei browser, una competizione inizialmente commerciale e poi di immagine cominciata da Microsoft quando le innovazioni introdotte da Netscape divennero così sofisticate da costituire una minaccia potenziale per i propri interessi. Per vincere la concorrenza, Microsoft incluse Internet Explorer nel proprio sistema operativo Windows (il più diffuso al mondo), stroncando sul nascere i possibili concorrenti. Questa mossa fu motivo di numerose cause legali per la difesa della libera concorrenza e contro la nascita di monopoli informatici. Netscape reagì distribuendo nel 1998 il proprio codice con una licenza open source. Il progetto Mozilla che ne derivò fornì il codice che è alla base di diversi browser, fra i quali Netscape, Mozilla Suite, Galeon, Firefox e uno dei programmi di accesso della AOL. La presenza di browser diversi con funzioni differenti ha portato alcuni webmaster a realizzare siti web destinati a essere visitati con un browser preferenziale, talvolta impedendo l'accesso a utenti che utilizzassero un browser differente da quello scelto. Questa consuetudine andava contro la filosofia del World Wide Web, che vede l'accessibilità come uno dei pilastri portanti, per cui ha suscitato forti critiche e campagne di protesta e di sensibilizzazione (come Campaign for a Non-Browser Specific WWW); inoltre a causa di ciò alcuni browser di uso comune (tra i quali Opera) vennero programmati per "fingersi" un altro browser (modificando il proprio user agent), in modo da avere accesso a un maggior numero di risorse online. Il browser più diffuso a livello mondiale era Internet Explorer, prodotto da Microsoft, che viene fornito gratuitamente e "di serie" con ogni sistema operativo Windows. Il secondo browser in ordine di utilizzo era Mozilla nelle sue varianti (e in particolare Firefox), prodotto e distribuito gratuitamente dalla Mozilla Foundation. Il terzo era Safari di Apple, distribuito assieme al sistema operativo macOS (più recentemente è stata messa a disposizione una versione gratuita anche per Windows). Altri browser molto diffusi sono Opera e il già citato Netscape Navigator, il cui sviluppo è ormai sospeso. La diversa diffusione dei vari browser, con tecnologie compatibili tra loro, ma con alcune peculiarità uniche, ha portato in passato con Internet Explorer 6 e attualmente con i sistemi basati sul WebKit a progettare le pagine web tenendo conto di un solo browser causando in alcuni casi il funzionamento solo su specifici browser, il che può portare a creare uno standard ancora prima che venga approvato dagli organi competenti. Alla fine del 2015, i principali browser hanno annunciato o eliminato il supporto ai plugin esterni "standard", come Adobe Flash, Silverlight e Java applet. Fra i vari linguaggi di markup, supportati, la maggior parte dei browser implementa HTML5, ultima versione proposta dal consorzio di standardizzazione W3C. La maggior parte dei browser supporta il JPEG, ma non ancora il più efficiente formato di compressione delle immagini, il JPEG 2000. Descrizione Un web browser si appoggia sempre ad un motore di ricerca per raggiungere i siti web interessati: una volta che quest'ultimo restituisce in output i risultati desiderati, cliccando sull'URL desiderato dall'utente viene eseguita in background una risoluzione tra URL e indirizzo IP interrogando una database DNS, a partire dalla quale parte la richiesta verso il server di destinazione della risorsa con annesso instradamento IP in richiesta e risposta. Le principali funzionalità dei browser disponibili includono: navigazione a schede supporto alla navigazione off-line tramite la memoria cache e plugin dedicati per mantenere i collegamenti tra le pagine salvate gestione di download con arresto/ripresa sempre tramite la memoria cache anteprima delle pagine da scaricare sintesi vocale integrazione dei feed RSS e di client di posta elettronica o di chat o di assistenza remota installazione di componenti aggiuntivi ed estensioni per diversi scopi comando di pulizia (cache, cookie, cronologia, dati di compilazione moduli, ecc) barre comandi di moltissime applicazioni. Tali programmi fanno utilizzo di protocolli di rete forniti dal sistema operativo (a partire da quelli di livello applicativo come HTTP, ma anche i meno noti FTP, Telnet per lo scambio di file o cartelle, ecc.) attraverso opportune API, permettendo di visualizzare i contenuti delle pagine dei siti web, specificandone l'URL, e interagendo con essi. Queste ultime funzionalità sono supportate dalla capacità del browser di interpretare l'HTML — il codice con il quale sono scritte la maggior parte delle pagine web — e di visualizzarlo in forma di ipertesto grazie al motore di rendering. Nell'architettura di rete client-server di Internet il browser rappresenta dunque il client che fa richieste di risorse web ai vari web server e application server ospitanti rispettivamente siti web e applicazioni web. Esso rappresenta dunque il sistema software di interfacciamento dell'utente con la rete che rende la navigazione dell'utente tipicamente user friendly, sebbene ai primordi della rete siano esistiti anche browser testuali da riga di comando su shell. I browser vengono principalmente utilizzati su personal computer, ma anche su altri dispositivi che consentono la navigazione in Internet, come i palmari, gli smartphone e gli Smart TV. In realtà non serve necessariamente un browser per ricevere cookie: le app che fruiscono di contenuti web on line sono normalmente raggiunte da cookie. Navigazione criptata e anonima HTTPS Everywhere è un'estensione per Google Chrome, Mozilla Firefox, Opera, su cellulari con sistema operativo Android, e inserita nell'installazione di Tor Browser, che forza i siti a creare una connessione HTTPS anziché HTTP, se essi supportano il protocollo HTTPS. HTTPS Everywhere è realizzato dalla Electronic Frontier Foundation, in collaborazione con la The Tor Project, Inc. Lato server HTTPS Elsewhere può essere sostituito e reso superfluo dal più sicuro e restrittivo HSTS, in cui il server non solo dichiara di supportare le connessioni HTTPS, ma le impone a tutti gli user agent, rifiutando la comune connessione HTTP non crittata. HTTPS Elsewhere non segnala all'utente se il sito supporta la sola connessione HTTPS, oppure in aggiunta anche gli standard HSTS e Perfect Forward Secrecy. AdBlock e Adblock Plus sono le prime e tra le più diffuse estensioni gratuite per bloccare qualsiasi tipo di annuncio pubblicitario. Tor Browser è un programma del progetto The Guardian Project che consente la navigazione anonima su rete Tor sia su siti accessibili dai comuni browser che nel cosiddetto deep web, ma non cifrata (che avviene se e sole viene settata una rete privata virtuale (VPN), che Tor Browser non ha): gratuito, a sorgente aperto, portabile (può essere lanciato da chiavetta USB) e stand-alone. Per la cifratura al 2016 l'utente deve affidarsi a una VPN esterna al programma, e in genere con un client proprietario. Tor Browser per Android e il suo plug-in Orbot (client per rete Tor) hanno le stesse caratteristiche per cellulari con sistema operativo Android. Android offre già di suo all'utente la possibilità di indirizzare tutto il traffico Internet del cellulare (da qualsiasi applicazione) ad una rete VPN, laddove Orbot VPN si limita invece a indirizzare verso una rete Tor di tipo VPN i soli siti aperti tramite Orbot (), e non quelli aperti con le altre applicazioni. Col termine "navigazione anonima" spesso si intende che al termine della sessione Internet (una volta chiusa la finestra del browser) i dati raccolti non saranno salvati nel PC locale, cosa che ovviamente non impedisce di visualizzare e salvare copia delle stesse informazioni durante la navigazione (indirizzo IP, luogo da cui si è connessi, cookie, password, siti precedenti visitati), né all'Internet Service Provider (l'operatore tlc che fornisce la connessione Internet) - e che peraltro vi è obbligato per legge -, né ai proprietari dei siti visitati. Dove non è possibile stabilire una connessione anonima e cifrata, se questa connessione è di tipo punto-punto con un altro utente, il contenuto può essere protetto prima di renderlo disponibile crittografandolo con programmi come VeraCrypt, che deve avere installato anche il destinatario per poter decrittare la chat e gli allegati; mittente e destinatario dovranno scambiarsi la relativa password tramite un canale indipendente, come cellulare o fax. I comuni programmi per la compressione dei dati, hanno l'opzione di crittografia con password e di scelta fra algoritmi di cifratura recenti e non ancora violati (quale è il diffuso AES 512). Modalità desktop Nei dispositivi mobili i browser includono solitamente un comando (variamente denominato) per visualizzare il sito web in modo "desktop" ovvero come si presenterebbe normalmente in dispositivi di tipo computer desktop o computer portatile. Quando si attiva questo modo è possibile usare le dita sullo schermo per allargare, restringere o spostare i contenuti. Disattivandola, la visualizzazione del sito web ritorna quella di tipo "mobile", quella specifica per questi dispositivi. Altri utilizzi I browser non si utilizzano solo per navigare sul web o visualizzare documenti offline. Infatti, anche strumenti di tipo aziendale (come i sistemi gestionali ERP o i CRM), sviluppati in versione con interfaccia web, richiedono l'impiego di un browser per navigare fra i menù e le procedure, presentare i dati elaborati all'utente, ecc. Un'opera enciclopedia, consultabile senza connessione ad internet, o un testo possono essere realizzati perché siano leggibili mediante un browser. Le impostazioni e le informazioni di diverse periferiche o servizi di rete sono comunemente configurabili e consultabili mediante browser. Le mail, le chat o i contenuti (documenti, musica, video, pacchetti software, credenziali di accesso, ecc) consultate via pagina web sono un esempio classico di browser utilizzato non per navigare. Numerose applicazioni di tipo aziendale sono fruibili unicamente mediante browser. Gli esempi possono essere tanti ed estesi ad altre tipologie di applicazioni o funzioni, di tipo professionale o domestico. Inoltre, come precisato sopra, qualsiasi pagina web salvata in locale può essere aperta dal browser, anche con la macchina non connessa ad internet. Diffusione Attualmente il browser più usato al mondo è Google Chrome Non esiste un unico metodo per verificare l'uso di un determinato tipo di browser rispetto agli altri, per questo i risultati dei diversi contatori possono differire anche di diversi punti percentuali. Cronologia dei browser più importanti Elenco di browser Elenco 11NET 1st Browser Amaya Arachne Arora Aurora Avant Browser AWeb Bird Huawei Browser Petal Search BitBox Brave Camino Chromium Cliqz Cyberdog Dillo Dooble DuckDuckGo Dragon Enigma Browser ELinks (testuale) Epic FastBrowser Flock Galeon GNU IceCat Google Chrome GreenBrowser Iceweasel Internet Explorer K-Meleon Kazehakase Kirix Strata Konqueror Kiwe (per bambini) Links (testuale) Lunascape Lynx (testuale) Maxthon (prima noto come Myie2) Microsoft Edge Midori Minimo Mosaic Mozilla Firefox NeoPlanet Netscape Netsurf Omniweb Opera QtWeb Qutebrowser Qwant Pale Moon RockMelt Safari SeaMonkey Sleipnir Slim Browser SRWare Iron Torch Vivaldi (browser) w3m (testuale) Web Waterfox Webligator WebPositive Yandex Browser Note Voci correlate Browser mobile Connessione (informatica) Guerra dei browser Internet Navigazione off-line Protocollo di rete Rete di computer Usabilità del web World Wide Web Motore di ricerca Lynx Links Altri progetti Collegamenti esterni Internet
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Byte
Il Byte (pron. ) è un'unità di misura della quantità di informazione derivata dal Bit. Il termine è derivato dall'inglese bite (boccone, morso), scelto per assonanza con bit, ma variato per evitare confusioni di pronuncia. Il simbolo utilizzato per il byte come unità di misura della quantità di informazione è B (identico al simbolo del bel); la lettera maiuscola sarebbe riservata alle sole unità di misura tratte dai cognomi degli ideatori, ma la Commissione Elettrotecnica Internazionale (IEC) ha deciso di fare un'eccezione dato che b è generalmente usato per indicare il bit (il cui simbolo standard sarebbe bit per esteso). Nel tempo il byte è divenuto l'elemento base dell'indirizzabilità nelle architettura dei calcolatori e l'unità di misura delle capacità di memoria. Storicamente sistemi diversi tendevano ad utilizzare un diverso numero di bit per codificare un "singolo carattere alfanumerico" e per questo non esisteva una definizione univoca del byte. Dal 1964 il byte si definisce come formato da 8 bit ed è pertanto in grado di assumere 28 = 256 possibili valori. Storia Il termine byte è stato coniato da Werner Buchholz nel luglio 1956, all'inizio del progetto del computer IBM Stretch. Secondo molte altre fonti, seguite anche dai dizionari, il termine byte è una sigla fatta derivare da BinarY octetTE", ovvero "ottetto binario". Agli inizi degli anni '60 esistevano due tipi di computer: scientifici e commerciali (business). Nei computer scientifici venivano usati, per la rappresentazione dei numeri decimali, 4 bit BCD (ovvero numeri decimali codificati in binario, es. 5 = 0101, 9 = 1001), mentre nei computer commerciali venivano usati 6 bit (64 configurazioni) per rappresentare il set grafico stampabile, che comprendeva 26 caratteri alfabetici (solo maiuscole), 10 numeri, e da 11 a 25 simboli speciali (+ - * / ( > ecc.). Il set grafico stampabile per i computer scientifici era ottenuto usando due cifre consecutive (4+4 bit) e sfruttando le configurazioni non utilizzate per la codifica decimale (con 4 bit si hanno 16 configurazioni, da 0 a 9 usate per i numeri, le altre, da 10 a 15 nominate da A a F usate per i segni "+" e "-" e per distinguere caratteri da numeri). In seguito, per includere i caratteri di controllo e permettere ai dispositivi di comunicare fra loro, memorizzare, trasferire caratteri per la scrittura dei testi comprendendo i caratteri minuscoli, è stato introdotto il codice ASCII a 7 bit (128 configurazioni). Successivamente, poiché 8 bit permettevano di contenere convenientemente due cifre decimali di 4 bit ciascuna (packed decimal), venne adottato e promulgato dall'IBM il codice EBCDIC a 8 bit, cioè l'attuale byte, come codice di rappresentazione standard nei computer System/360. Ambiguità nell'uso dei prefissi moltiplicativi Fino al 1995 erano diffuse due interpretazioni concorrenti dei prefissi moltiplicativi del Byte. In una versione essi erano basati sulle potenze di dieci, nell'altra sulle potenze di due. Queste due interpretazioni rispecchiavano esattamente quelle che ora sono rispettivamente le definizioni dei prefissi SI e dei prefissi binari per le unità di misura. Questa ambiguità nasce in un'era in cui grandezze dell'ordine del Mega erano considerate enormi nell'immaginario comune mentre quelle nell'ordine del Kilo erano decisamente più approcciabili e popolari. Tenendo conto che la differenza relativa tra quantità espresse usando le due convenzioni è di appena il 2.4%, era considerata pratica accettabile in quegli anni arrotondare, per comodità di calcolo, grandezze multiple di 210 tipiche dell'informatica a multipli di 103 decisamente più intuitivi da utilizzare per gli esseri umani. Sebbene per grandezze nell'ordine del Kilo questo risultasse in errori di calcolo accettabili, certamente la stessa cosa non è affermabile per grandezze di taglia superiore. Questa doppia nomenclatura viene sfruttata a fini commerciali dai produttori di dispositivi di archiviazione, utilizzando i corretti, ma ambigui, multipli decimali, in modo tale da far figurare quantità maggiori di archiviazione; ad esempio, in un disco rigido, di capacità dichiarata equivalgono a circa di capacità effettiva. Note Bibliografia Voci correlate Bit Ordine dei byte Ordini di grandezza (dati) Prefissi per multipli binari Unità di misura Altri progetti Collegamenti esterni Unità di informazione Tipi di dato
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Bertha von Suttner
La sua opera principale, che le garantì fama mondiale, è Giù le armi!, primo bestseller con tematiche pacifiste, pubblicato nel 1889. Per l'impegno profuso a favore delle tematiche pacifiste radicali, è considerata un simbolo del desiderio di pace dell'Austria. Biografia Nacque a Praga nel 1843. Suo padre, il feldmaresciallo Franz-Josef Graf Kinsky von Wchinitz und Tettau, morto poco prima della sua nascita, apparteneva a una delle famiglie più antiche e altolocate della Boemia, mentre sua madre, Sophia Wilhelmine von Körner, di quasi cinquant'anni più giovane del marito, proveniva dalla piccola nobiltà locale ed era amante della poesia. Bertha crebbe in un ambiente aristocratico, a ridosso della corte imperiale, e imparò diverse lingue. Dopo aver cercato, senza successo, di intraprendere la carriera di cantante lirica (cosa di cui in seguito si vergognò molto), fu costretta a cercarsi una occupazione quando l'eredità paterna con cui si manteneva si esaurì. Fu così che Bertha trovò un posto di governante e dama di compagnia, le uniche due occupazioni concesse a una giovane donna di nobili origini, nella casa del barone Carl von Suttner. Fu lì che conobbe l'ingegnere e romanziere Arthur Gundaccar Freiherr von Suttner, figlio del barone, con il quale allacciò una relazione segreta che, scoperta, costrinse Bertha ad abbandonare casa Suttner. Per un breve periodo, nel 1876, si trasferì a Parigi dietro invito dello scienziato Alfred Nobel in qualità di sua segretaria personale, dopodiché fece ritorno in patria per sposare segretamente il suo amato Arthur, contro la volontà della famiglia di lui. I due si trasferirono nella regione del Caucaso, dove Bertha aveva diversi amici che l'aiutarono a trovare lavori occasionali, soprattutto nel campo dell'insegnamento privato e della collaborazione con diverse pubblicazioni della regione. Quando si sollevarono i venti di guerra tra l'Impero russo e l'Impero austro-ungarico nel 1885, Bertha e suo marito fecero ritorno in patria, dove si riconciliarono con la famiglia von Suttner, che li ospitò nella loro dimora estiva di Harmannsdorf nella Bassa Austria. La convivenza con un ambiente conservatore e di campagna era troppo soffocante per i due, soprattutto a causa del loro acceso anti-clericalismo, e per alleviare la pesantezza di questa condizione Bertha ricominciò a scrivere novelle brevi, iniziando a interessarsi alle problematiche pacifiste. Fu così che venne a conoscenza della International Arbitration and Peace Association, fondata a Londra nel 1880 dal pacifista inglese Hodgson Pratt, il cui scopo era la promozione degli arbitrati e dei trattati di pace contro il metodo della guerra nelle relazioni tra gli stati. Nel 1887 Bertha entrò in contatto con questa organizzazione pacifista e nel 1889 il suo capolavoro venne pubblicato sia a Vienna che a Berlino. L'opera venne tradotta in più di 20 lingue e fu uno dei libri più letti e venduti del XIX secolo. Dopo i suoi successi come scrittrice, Bertha von Suttner, ormai quarantaseienne, divenne una figura centrale nell'attivismo pacifista internazionale. Nel 1891 fondò la Società Pacifista Austriaca di cui rimase presidente fino alla sua morte nel 1914. Sempre nel 1891 suo marito, Arthur, fondò la Associazione per il rifiuto dell'antisemitismo, con l'aiuto di importanti figure politiche austriache. Nel 1892 collaborò con il pacifista tedesco Alfred Hermann Fried alla fondazione della "Società pacifista germanica", per la quale collaborò alla pubblicazione della rivista Giù le armi! dal 1892 al 1899. Nel 1899 Bertha darà alle pubblicazioni il suo secondo romanzo dal titolo Das Maschinenzeiltalter, traducibile in L'era delle macchine, in cui si scagliava contro il nazionalismo predominante in Europa e contro la corsa agli armamenti. In questo stesso anno collabora con la pacifista ed attivista per i diritti delle donne Margarethe Selenka e con il marito per promuovere la Conferenza di Pace dell'Aia, patrocinata dallo zar Nicola II di Russia; lavorò come inviata per la Neue Freie Presse ai lavori della Conferenza stessa, mentre l'anno successivo compì diversi viaggi in ambito internazionale per promuovere la Corte permanente di arbitrato istituita dalla stessa Conferenza di Pace dell'Aia. Nonostante avesse subìto un duro colpo nel 1902 con la morte del suo amato marito, Bertha von Suttner continuò a sforzarsi di lottare per promuovere i loro ideali comuni e nel 1905 ricevette il premio Nobel per la pace che il suo grande amico e ammiratore Alfred Nobel aveva ideato pensando all'attività da lei svolta. Nobel infatti prima di morire scrisse già nel 1893 alla "Cara amica" : "Je voudrais disposer d’une partie de ma fortune pour en faire un prix à distribuer tous les cinq ans (mettons six fois, car si dans trente ans on n’a pas réussi à réformer le système actuel, on retombera fatalement dans la barbarie). Ce prix serait décerné à celui ou à celle qui aurait fait faire à l’Europe le plus grand pas vers les idées de pacification générale.". Bertha von Suttner dovette aspettare ben cinque anni prima di vedersi attribuire il premio Nobel per la pace e il primo anno non figura neanche nella lista dei candidati. Jean Henri Dunant primo vincitore del premio con Frédéric Passy, scriverà: " Ce prix, Chère Madame, est votre œuvre car c’est grâce à vous que Monsieur Nobel a été introduit dans le mouvement de la paix et c’est grâce à votre force de persuasion qu’il en est devenu le bienfaiteur".. Nel 1906 ebbe un ruolo fondamentale nell'organizzazione del "Comitato di Fratellanza Anglo-Tedesco", patrocinato dalla Conferenza di Pace del 1905 con l'obiettivo di riavvicinare i due paesi. Durante questo periodo tenne diverse conferenze in cui mise all'erta il suo uditorio sui pericoli della militarizzazione della Cina e sul progresso degli aerei come velivoli da guerra. Al Congresso per la Pace del 1908, che si tenne a Londra, proclamò la necessità dell'unità europea come unico mezzo contro la catastrofe della guerra ormai diffusasi a livello mondiale.. Nell'agosto 1913, sebbene già fortemente provata dalla sua malattia (si suppone una forma di neoplasia), Bertha partecipò alla Conferenza Internazionale di Pace dell'Aia, dove venne eletta "generalissimo" del movimento pacifista. Nel maggio del 1914 partecipò all'organizzazione della XXI Conferenza di Pace, che avrebbe dovuto tenersi a Vienna in settembre, ma morì il 21 giugno 1914, un mese prima dello scoppio della prima guerra mondiale. Onorificenze Omaggi La sua effigie appare sulla moneta austriaca da 2 €. Opere Ein schlechter Mensch. München 1885. Daniela Dormes. München 1886. High Life. 1886 Das Maschinenzeitalter. 1889. Giù le armi!, Dresden 1889 Vor dem Gewitter. Wien 1894. Einsam und arm. Dresden 1896. Schach der Qual. 1898. Die Haager Friedenskonferenz. Pierson, Leipzig 1900. Marthas Kinder (= Die Waffen nieder. Teil II). 1902. Franzl und Mirzl. Leipzig 1905. Die Entwicklung der Friedensbewegung. Leipzig 1907. Eva Siebeck. 1892. Randglossen zur Zeitgeschichte. 1892–1900 und 1907–1914. Rüstung und Überrüstung. Berlin 1909. Memoiren. Stuttgart 1909. Der Menschheit Hochgedanken. Berlin 1911. Die Barbarisierung der Luft. Berlin 1912. Edizioni italiane Bertha von Suttner, Abbasso le armi! Storia di una vita, a cura di Giuseppe Orlandi con prefazione di Laura Tirone, Centro Stampa Cavallermaggiore, 1996 Note Bibliografia Anne-Marie Käppeli, Scenari del femminismo in Georges Duby, Michelle Perrot (a cura di), Storia delle donne. L'Ottocento, Laterza, Bari, 1985 Nicola Sinopoli, Una donna per la pace, Fratelli Palombi Editori, Roma, 1986 Irwin Abrams, Bertha von Suttner and the Nobel Peace Prize, in Joumal of Central European Affairs, Vol. 22, No. 3 (October, 1962), 286-307. Beatrix Kempf, Bertha von Suttner: Das Lebensbild einer grossen Frau. Wien, Österreichischer Bundesverlag, 1964. Mariateresa Sivieri, Bertha von Suttner-Wangari Maathai Donne Nobel per la pace Cleup 2009, ISBN 978-88-6129-351-9 Paola Maria Delpiano, Viaggio intorno alla Dinamite Nobel, Editris, Torino, 2011, ISBN 978-88-89853-20-7 Voci correlate Jane Addams Altri progetti Collegamenti esterni Bertha von Suttner Project, sito ufficiale Austriaci del XIX secolo Bertha Pacifisti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Citrus%20%C3%97%20bergamia
Citrus × bergamia
Il bergamotto (Citrus × bergamia (Risso) Risso & Poit., 1819) è un agrume della famiglia delle Rutacee. Il nome deriva dal turco bey armudu = "pero del signore". Origini e storia Non si conosce l'esatta genesi di questo agrume; il colore giallo indicherebbe una derivazione per mutazione genetica a partire da preesistenti specie agrumarie, quali limone, arancia amara o limetta. L'etimologia più verosimile è Begarmundi, cioè pero del signore in turco, per la sua similarità con la forma della pera bergamotta. La prima piantagione intensiva di alberi di bergamotto (bergamotteto) fu opera, nel 1750, del proprietario Nicola Parisi lungo la costa reggina, nel fondo di Rada dei Giunchi, situato di fronte l'area dove oggi si trova, nel cuore della città, il Lido comunale Zerbi. Originariamente l'essenza veniva estratta dalla scorza per pressione manuale e fatta assorbire da spugne naturali (procedimento detto "a spugna"), collocate in recipienti appositi (detti concoline). Nel 1844, si documenta la prima vera industrializzazione del processo di estrazione dell'olio essenziale dalla buccia grazie a una macchina inventata dal reggino Nicola Barillà, denominata macchina calabrese, che garantiva una resa elevata in tempi brevi, ma anche un'essenza di ottima qualità, se paragonata a quella estratta a spugna. Descrizione È un albero alto tra i tre e i quattro metri, con una corona tra i tre e i quattro metri. I fiori sono bianchi, molto profumati. Le foglie sono lucide e coriacee come quelle dell'arancio e non cadono mai, nemmeno in inverno. La fioritura e le nuove foglie spuntano appena finita la stagione delle piogge, all'inizio di marzo. Il frutto è grande poco più di un'arancia e poco meno di un pompelmo; ha un colore giallo intenso più del pompelmo e meno del limone, esternamente ha la buccia liscia e sottile come un pompelmo, è meno rotondo del pompelmo in quanto è schiacciato ai poli. Coltivazione La superficie oggi coltivata a bergamotto è di circa 1.500 ettari, con una produzione media di 100.000 kg di essenza. Per ottenere un kg di essenza occorrono 200 kg di frutti. La produzione di bergamotto nella provincia di Reggio Calabria è circa l'80% della produzione mondiale. Gli addetti del settore sono stimati in ca. 4.000 unità. Le piante coltivate si ricavano tramite innesto di tre rami di bergamotto su un porta-innesto di arancio amaro di un anno. Rimane in vaso per un anno e viene interrato a due anni. L'innesto e il trapianto nell'anno successivo avvengono preferibilmente a febbraio o a settembre. Ha una vita produttiva di 25 anni, comincia la sua produzione da tre anni, arriva al massimo della produttività a 8 anni e può arrivare fino a un quintale per pianta se potato (vengono tagliate le cime in modo che il frutto cresca in basso al riparo dal forte sole estivo e dal forte vento). La produttività è fortemente influenzata dalle temperature e dalle piogge: è un albero che non sopporta gli sbalzi in basso della temperatura e l'eccessiva o scarsa piovosità, mentre ben sopporta il caldo. Si pianta un albero ogni quattro metri, si ripara il terreno con dei filari di pino di elevata altezza e fitti, nel lato del terreno in direzione del mare per riparare la coltivazione dal forte vento che spira dal mare dallo stretto di Messina tutto l'anno. Microclima e habitat La sua zona di produzione è prevalentemente limitata alla zona ionica costiera nella provincia di Reggio a tal punto da diventare un simbolo dell'intera zona e della città. L'area coltivata a bergamotto è costituita dalla fascia costiera Calabra, molto pianeggiante e riparata dal forte vento dello stretto di Messina, grazie alle colline circostanti, per un'estensione di circa 150 chilometri e situata a circa due chilometri di distanza dal mare. Molto nota è l'area di coltivazione della zona di Melito di Porto Salvo (RC) e in particolare le frazioni di Prunella e Caredia (Lacco), la quale ogni anno, nel periodo tra novembre e gennaio, contribuisce con le proprie piantagioni, al maggior raccolto del frutto del bergamotto. Dal punto di vista climatico l'area è caratterizzata da un microclima che nelle mappe climatiche viene classificato come area "tropicale temperata umida" caratterizzata da venti medio/forti che soffiano per quasi tutto l'anno, estati calde senza pioggia, inizio primavera e fine autunno molto piovosi e inverni con temperature giornaliere quasi sempre superiori ai dieci gradi. I giorni di sole sono mediamente 300 l'anno. Predilige i terreni argilloso-calcarei e alluvionali. Viene coltivato in tre cultivar: femminello, castagnaro e fantastico. Si distinguono in particolare per i frutti: il femminello è più produttivo, ma presenta frutti più piccoli delle altre cultivar e lisci, il castagnaro è vigoroso con frutti più grossi e rugosi, il fantastico è simile al femminello ma con frutti piriformi. Usi I prodotti del bergamotto sono: i frutti, l'olio essenziale, il succo e la polpa. Il frutto intero normalmente non è messo in vendita al dettaglio ma utilizzato solo per la trasformazione in essenza. Intero, si trova solo dai contadini da novembre a marzo; è possibile ottenere delle spremute come si fa con gli altri agrumi (per es. arancio), si può tagliare a spicchi per farne delle insalate o, come per il limone, metterlo nel tè (la buccia è aromatica come quella del limone). Il suo succo è molto amaro per la presenza di naringina e sembra essere attivo, grazie al contenuto in polifenoli, nell'abbassare il tasso di colesterolo. In particolare l'effetto sarebbe da imputare alla presenza di due flavonoidi statin-like (con attività simile a quella delle statine), denominati brutieridina e melitidina. Il contenuto di acido citrico è pari a 66 g/l, tale alta quantità ha determinato negli anni passati l'utilizzo del succo come fonte di acido citrico naturale. Il suo utilizzo riguarda soprattutto gli oli essenziali derivati dalla buccia dei frutti nonché dai fiori, dalle foglie e dai giovani rametti. L'olio essenziale di bergamotto è esportato in tutto il mondo per la sua proprietà di donare una nota estremamente fresca alle composizioni di profumeria. È componente essenziale dell'Eau de cologne e delle Eau de toilette, primi prodotti grazie al quale il bergamotto ha avuto un uso diffuso in tutto il mondo. Modernamente l'essenza si estrae sempre meccanicamente con macchine dette "pelatrici": tali macchine "raspano" l'esterno del frutto in corrente d'acqua ottenendo un'emulsione convogliata in centrifughe che separano per differenza di peso specifico (la densità relativa d20/4 è di circa 0,88) l'essenza dall'acqua. Quando non lavorata per l'estrazione dell'essenza, è possibile utilizzarne la buccia, riversa ed essiccata, per la realizzazione di piccoli contenitori. Tradizionalmente essi sono destinati all'uso come tabacchiere. Danni alla salute In passato, gli psoraleni contenuti nell'estratto di olio di bergamotto sono stati usati negli acceleratori d'abbronzatura e nei filtri solari. Gli psoraleni penetrano nella pelle, dove aumentano la quantità di danno al DNA. Questo danno è possibile nelle scottature solari ed è compresente con una maggiore produzione di melanina. Può anche portare a fitofotodermatosi, uno scurimento della pelle a causa di una reazione chimica che rende la pelle più sensibile alla luce UV. Queste sostanze sono note come cancerogene dal 1959, ma sono state bandite dai filtri solari dopo il 1995 (negli USA). Sono stati inoltre proibiti in molti altri stati, dopo aver causato numerosi casi di melanomi maligni con esito fatale. Gli psoraleni vengono ora usati solo nel trattamento di alcune patologie, come nella terapia PUVA Attraverso il processo di "defurocumarinizzazione" è possibile ridurre notevolmente il Bergaptene (5-MOP), una furocumarina fototossica e fotomutagena che per esposizione al sole può provocare ustioni anche agli strati cutanei più profondi. È preferibile acquistare in farmacia o in erboristeria l'essenza defurocumarinizzata. Prodotti e utilizzi Frutto giallo (frutto maturo, usato per estrarre l'olio essenziale impiegato come aromatizzante); verde (immaturo, usato per fare canditi e per estrarre l'olio essenziale impiegato in profumeria) e arancella (frutto del diametro di 2–4 cm immaturo, caduto alla pianta perché scottato dal sole). La cascola dei frutti immaturi, chiamata comunemente bergamottella, è utilizzata per la produzione di oli essenziali poco pregiati (nero o essenza di bergamottella a seconda del grado di maturazione raggiunto) più ricchi in linalolo rispetto all'olio essenziale di bergamotto. verde cinerino, usato intero per alcuni liquori e per ottenere un'essenza che viene denominata Neroli o Nero di bergamotto. I frutti non sono gradevoli da mangiare senza prima esser stati lavorati. Unico utilizzo del frutto quasi maturo o maturo, se si vuole un sapore non fastidioso (l'essenza, se assaggiata, ricorda un po' la nafta), è in spicchi, che sostituiscono il limone a spicchi nel tè. Dai semi nasce il bergamotto selvaggio, usato a volte come porta innesto in luogo dell'arancio amaro. Il frutto intero può essere candito; la polpa e gli scarti della buccia, che vengono chiamati "pastazzo", sono usati come alimento concentrato per gli animali d'allevamento, come suini o bovini da carne e latte. La buccia intera è usata al posto della carta da dolci, o per alcuni prodotti artigianali per realizzare souvenir (le famose tabacchiere); oppure, messa a macerare in alcool etilico, costituisce la base del liquore denominato bergamino o bergamello. Il succo ricavato dal bergamotto maturo (giallo) è usato, a volte e in piccole quantità, dall'industria dei succhi di frutta per la sua nota amara. Profumi e dopobarba essenza defurocumarinizzata: componente dell'acqua di Colonia, profumo bergamotto: alcool+bergamotto (1-10%) Secondo Gildemeister e Hoffmann, nel loro libro "Gli oli eterici" (Die etherischen Öle), il bergamotto venne introdotto fra il 1672 e il 1708. Nei registri commerciali dedicati all'Eau de Cologne della ditta profumiera Johann Maria Farina gegenüber dem Jülichs-Platz (ovvero "Giovanni Maria Farina di fronte alla piazza di Jülich"), altrimenti detta Farina Gegenüber, si trovano testimonianze dell'acquisto di bergamotti a partire dal 1714. A partire dal momento in cui il bergamotto viene nominato, precisamente nel 1750 quando venne piantato da un certo Nicolo Parisi, l'olio di bergamotto è divenuto una componente essenziale per l'industria profumiera e, in particolare, dona all'Acqua di Colonia la sua fragranza tipica. La raccolta del bergamotto ha come fine quasi esclusivo la produzione dell'essenza. L'olio eterico di bergamotto viene ricavato dalla buccia del piccolo frutto giallo-arancio. Originariamente i frutti venivano pressati a mano (sfumatura), successivamente con presse di legno, mentre oggigiorno il processo è stato meccanizzato. Per produrre un litro d'olio sono necessari 200 chili di bergamotti. L'essenza di bergamotto è utilizzata nella creazione di numerose fragranze. Alcoolici Il Bergamino (15% di frutto intero e fino al 40% di alcool), che ha ottenuto la qualifica di prodotto agroalimentare tradizionale. Lamaro al bergamotto, con erbe aromatiche e ad elevata percentuale alcolica. Lelisir digestivo al bergamotto, detto anche Amarotto, a bassa percentuale alcolica. La crema di bergamotto, ottenuta da un infuso di scorze di bergamotto e crema di latte. La grappa aromatizzata al bergamotto. Gastronomia Il suo uso nell'alimentazione risale almeno all'aprile del 1536, come risulta dal «menu di magro» offerto all'imperatore Carlo V, di passaggio per Roma, dal cardinale Lorenzo Campeggi. La scorza di bergamotto, se opportunamente trattata, ad esempio messa in salamoia e poi unita al succo, può essere utilizzata per aromatizzare primi e secondi piatti, ma anche dolci come la celebre Torta Nosside. Altri prodotti dolciari ricavati dal bergamotto sono le caramelle e le scorzette candite. L'aroma dell'olio di bergamotto è utilizzato per aromatizzare il tè, nella variante denominata Earl Grey, o per ricavarne un profumato e raffinato sorbetto. Bevande gassate Tra le numerose bevande gassate in bottiglia e lattina prodotte negli ultimi 10 anni ci sono: il Bergò, il Bergotto, il Bergood, il Gramotto (fatto anche con la melagrana) e la Calafrisca il quale condivide il gusto con la mela. Succo di frutta Il succo di bergamotto è usato come amaricante nei succhi di altri agrumi. Viene venduto in bottiglia di vetro da solo o mescolato col melograno Digestivo In forma di elisir a basso contenuto alcolico. Aromaterapia Olio essenziale: l'odore dell'olio essenziale di bergamotto è persistente e penetrante e annulla l'odore degli altri profumi; si usa mettere un bergamotto intero nel frigorifero, raschiandone la buccia con una forchetta periodicamente ogni due settimane, per eliminare i cattivi odori; basta qualche goccia di essenza nella vaschetta dei caloriferi o nella bacinella del liquido per lavare i pavimenti per aromatizzare per alcuni giorni gli ambienti. Pulizia personale Essenza defurocumarinizzata: è un ottimo pulente da colle sintetiche, grasso e catrame. Abbronzante Olio essenziale: utilizzato negli anni 60/70 in Calabria, al 2% in olio naturale (mandorla, cocco), risulta essere un amplificatore dell'abbronzatura; tale effetto è dovuto al bergaptene, che stimola la produzione di melanina; tale pratica è da considerarsi rischiosa. Aspetti medici La letteratura scientifica sul bergamotto, è molto ampia. Il bergamotto ha diverse proprietà terapeutiche riconosciute, tra queste: Anestetico Antisettico e antibatterico Antimalarico Anti-dislipidemico Contraffazione dell'essenza di bergamotto L'olio essenziale di bergamotto è particolarmente soggetto a contraffazioni essendo una essenza pregiata prodotta in quantità relativamente piccole. Generalmente la contraffazione consiste nel "tagliare" l'essenza, ovvero nell'aggiungere distillati di essenze di scarsa qualità e basso costo, ad esempio di arancia amara e di menta bergamotto e/o miscele di terpeni naturali o sintetici, o nel "ricostruire" l'essenza a partire da prodotti chimici di sintesi, colorandola con clorofille. A livello mondiale ogni anno si commercializzano circa tremila tonnellate di essenza dichiarata di bergamotto, mentre l'essenza genuina di bergamotto prodotta annualmente ammonta a non più di cento tonnellate. L'utilizzo dell'analisi gascromatografica con colonne aventi una fase stazionaria chirale consente di analizzare miscele di enantiomeri. L'analisi della distribuzione enantiomerica di vari composti, quali acetato di linalile e linalolo, permette la caratterizzazione dell'essenza di bergamotto in base al processo produttivo e consente di scoprire l'eventuale contraffazione dell'essenza. Note Bibliografia Pasquale Amato, "Storia del Bergamotto di Reggio Calabria – L'affascinante viaggio del Principe degli Agrumi", Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2005. Alfredo Focà, Dell'essenza di Bergamotta, Franco Pancallo Editore, Locri, 2005. Alfredo Focà, Francesco Calabro medico, patriota autore dei primi studi sul bergamotto, Laruffa RED, Reggio Calabria, 1998. Alfredo Focà, Sull'azione antimicrobica dell'essenza di bergamotto, Seal, Reggio Calabria, 2000. Carlo Mangiola, Giuseppe Polimeni, Un agrume molto colto. Il Bergamotto, mito e storia, Reggio Calabria, Culture, 1997. Angelo di Giacomo, Carlo Mangiola, Il Bergamotto di Reggio Calabria, Laruffa Editore, Reggio Calabria, 1989. Antonio Saltini, Mezzogiorno agricolo che cambia. Viaggio tra Tavoliere e Aspromonte, Edagricole, Bologna 1985 Vittorio Caminiti, il primo ricettario delle conserve al bergamotto. I primi esperimenti dei piatti e degustazione dal bergamotto, Officina Grafica, Villa San Giovanni RC 1999 Gianni Rodari, "Versi e Storie di Parole", Einaudi 1995 Alp Kunkar-Ennio Kunkar, " Bergamotto e le sue essenze", EDIZIONI "AZ.", Aprile 1997 Voci correlate Bergamotto di Reggio Calabria Acqua di Colonia Provincia di Reggio Calabria Reggio Calabria Bergamino Menta bergamotto Stazione Sperimentale per le Industrie delle Essenze e dei Derivati dagli Agrumi Altri progetti Collegamenti esterni bergamia Taxa classificati da Pierre-Antoine Poiteau Citrus bergamia Citrus bergamia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia%20di%20Stalingrado
Battaglia di Stalingrado
Con il termine battaglia di Stalingrado (, ) si intendono i duri combattimenti svoltisi durante la seconda guerra mondiale che, tra l'estate del 1942 e il 2 febbraio 1943, opposero i soldati dell'Armata Rossa alle forze tedesche, italiane, rumene e ungheresi per il controllo della regione strategica tra il Don e il Volga e dell'importante centro politico ed economico di Stalingrado (oggi Volgograd), sul fronte orientale. La battaglia, iniziata con l'avanzata delle truppe dell'Asse fino al Don e al Volga, ebbe termine, dopo una serie di fasi drammatiche e sanguinose, con l'annientamento della 6ª Armata tedesca rimasta circondata a Stalingrado e con la distruzione di gran parte delle altre forze germaniche e dell'Asse impegnate nell'area strategica meridionale del fronte orientale. Questa lunga e gigantesca battaglia, definita da alcuni storici come «la più importante di tutta la seconda guerra mondiale», segnò la prima grande sconfitta politico-militare della Germania nazista e dei suoi alleati e satelliti sul fronte orientale nonché l'inizio dell'avanzata sovietica verso ovest che sarebbe terminata due anni dopo con la conquista del palazzo del Reichstag e il suicidio di Hitler nel bunker della Cancelleria durante la battaglia di Berlino. Operazione Blu Nella primavera del 1942 Adolf Hitler era fermamente deciso a riprendere l'iniziativa sul fronte orientale dopo il brusco fallimento della battaglia di Mosca a causa della controffensiva dell'Armata Rossa durante il rigido inverno russo. Freddo, ghiaccio e neve, uniti ai potenti e inaspettati contrattacchi sovietici, avevano notevolmente indebolito la Wehrmacht che, pur mantenendo la sua coesione e avendo evitato una rotta "napoleonica" (secondo Hitler grazie alla sua risolutezza e alla sua decisione di ordinare la resistenza sul posto alle truppe), non disponeva più delle forze sufficienti a sferrare una nuova offensiva generale paragonabile all'operazione Barbarossa dell'estate precedente. Il 5 aprile 1942 Hitler emanava la fondamentale Direttiva 41 con la quale definiva sin nei dettagli tattici lo sviluppo previsto della nuova grande offensiva e delineava, in realtà in modo abbastanza nebuloso, gli obiettivi geostrategici dell'operazione Blu (Fall Blau in tedesco) da cui si aspettava un successo decisivo. L'offensiva tedesca, che avrebbe impegnato due gruppi di armate, oltre un milione di soldati con circa carri armati, supportati da quattro armate satelliti rumene, italiane e ungheresi (altri uomini circa) sarebbe stata scatenata nella Russia meridionale con lo scopo di conquistare i bacini del Don e del Volga, distruggere le importanti industrie di Stalingrado (nodo di comunicazioni ferroviarie e fluviali e centro produttivo meccanico importantissimo) e quindi puntare fino ai pozzi petroliferi del Caucaso, assicurando alla Germania le risorse energetiche sufficienti per proseguire la guerra. Tale ambiziosa direttiva si basava principalmente sull'errato assunto da parte di Hitler di un presunto esaurimento irreversibile, materiale e morale, dell'Armata Rossa dopo le enormi perdite subite nella campagna 1941-42. L'operazione, inizialmente prevista per i primi di maggio, subì notevoli ritardi a causa dell'aspra resistenza sovietica nell'assedio di Sebastopoli, della necessità di eseguire alcune operazioni preliminari di rettifica del fronte e di opporsi ad alcuni prematuri e inefficaci tentativi offensivi sovietici (seconda battaglia di Char'kov). Di fatto, dopo questi successi tedeschi che costarono oltre perdite ai sovietici e favorirono notevolmente il successo iniziale dell'operazione Blau, l'offensiva iniziò il 28 giugno nella regione di Voronež e il 30 giugno in quella del Donec. Il successo tedesco, favorito anche da grossi errori d'informazione e di pianificazione di Stalin e dello Stavka fu immediato e portò al rapido sfondamento generale del fronte russo meridionale. In realtà le ambiziose manovre di accerchiamento ideate da Hitler e dai suoi generali riuscirono solo in parte anche a causa dei tempestivi ordini di ritirata diramati da Stalin per evitare nuove catastrofiche sconfitte, ma i guadagni territoriali furono notevoli e rapidissimi. Mentre la ritirata sovietica in direzione del Don, di Stalingrado e del Caucaso rischiava di degenerare in rotta, i due gruppi d'Armate tedeschi procedevano verso est (Gruppo d'armate B del generale Maximilian von Weichs) e verso sud (Gruppo d'armate A del feldmaresciallo Wilhelm List) occupando in successione Voronež, Millerovo e Rostov. Mentre le truppe di Hitler procedevano nell'assolata steppa estiva, le truppe di appoggio satelliti italiane, rumene e ungheresi si schieravano progressivamente per difendere i fianchi allungati sul Don. A metà luglio la 6ª Armata tedesca, punta di diamante del Gruppo d'armate B, si avvicinava alla grande ansa del Don e affrontava le nuove truppe sovietiche affrettatamente impegnate da Stalin per frenare l'avanzata tedesca verso il Don e il Volga. Stalingrado, per la prima volta dall'inizio della "grande guerra patriottica", era realmente minacciata e aveva così inizio la grande battaglia. Prima fase della battaglia La marcia su Stalingrado Secondo la storiografia sovietica la battaglia di Stalingrado ebbe inizio il 17 luglio 1942; in questa data il raggruppamento offensivo tedesco del generale Friedrich Paulus, comandante in capo della 6ª Armata, entrava in contatto nella grande ansa del Don con le forze sovietiche che Stalin aveva raggruppato con grande difficoltà, essendo provenienti dalle riserve strategiche dello Stavka, schierate molto lontane dal settore meridionale del fronte orientale, per sbarrare l'accesso al Volga e alla città che portava il nome del dittatore. Fin dall'inizio le forze sovietiche (62ª Armata, 63ª Armata e 64ª Armata) pur in parte disorganizzate e demoralizzate dalla vista delle masse di truppe in rotta e dalla fiumana dei civili in fuga, dimostrarono combattività e cercarono, con i loro scarsi mezzi, di frenare le colonne corazzate tedesche le quali, pur apparentemente inarrestabili, avevano seri problemi di rifornimenti di carburante con conseguente necessità di alcune pause dell'avanzata. La città di Stalingrado era di fondamentale importanza strategico-economica per l'Unione Sovietica: la sua perdita avrebbe intaccato in modo rilevante le risorse industriali e avrebbe compromesso i collegamenti con il Caucaso e i suoi vitali bacini petroliferi. Per Stalin inoltre costituiva un motivo di propaganda bellica e di prestigio personale giacché era intitolata a lui; il dittatore sovietico era anche convinto del possibile rischio di un crollo morale dell'Armata Rossa e dell'intero Paese nel caso di ulteriori ripiegamenti senza combattere e dell'abbandono di terre della Russia "profonda". Per queste ragioni, dopo le iniziali ritirate estive, Stalin diramò il famoso prikaz n. 227 del 28 luglio con cui esortava alla resistenza sul posto e ordinava di rafforzare la disciplina e la lotta contro i "seminatori di panico". Stalin s'impegnò quindi con grande energia in una difesa a oltranza di Stalingrado e della regione Don-Volga, richiamando tutte le forze disponibili. A tale scopo decise di impiegare i suoi migliori generali, inviando prima sul posto Aleksandr Michajlovič Vasilevskij e quindi a fine agosto spedendo anche Georgij Konstantinovič Žukov, e sostituendo continuamente i comandanti sul campo alla ricerca di nuovi uomini più capaci. Il Fronte di Stalingrado, inizialmente al comando del maresciallo Semën Konstantinovič Timošenko, passò così prima all'incapace generale Vasilij Gordov e quindi venne assegnato all'esperto e duro generale Andrej Ivanovič Erëmenko; mentre alla 62ª Armata, nucleo principale delle difese sovietiche, il generale Anton Lopatin venne sostituito a partire dal 12 settembre, quando già l'armata era stata respinta dentro Stalingrado, con il generale Vasilij Ivanovič Čujkov. Le prime fasi della battaglia furono caratterizzate da tenaci sforzi difensivi sovietici, che vennero costantemente superati dalle forze tedesche dopo duri scontri, e da alcuni tentativi di contrattacco delle limitate forze corazzate sovietiche disponibili che vennero schiacciate, con pesanti perdite, dalle manovre delle Panzer-Division tedesche (24. e 16. Panzer-Division). Il generale Paulus fece piena mostra delle sue qualità di professionista estremamente preparato e di stratega meticoloso e intelligente: a fine luglio le difese sovietiche nella grande ansa del Don erano ormai state disperse o distrutte e le truppe rimaste tentavano di ripiegare combattendo a est del Don, mentre la situazione si aggravava ulteriormente con il profilarsi della minaccia da sud proveniente dalla 4. Panzerarmee del generale Hermann Hoth, che Hitler aveva dirottato dalla sua iniziale destinazione nel Caucaso per accelerare le operazioni contro Stalingrado da cui il Führer si aspettava un decisivo successo strategico e propagandistico. Durante la prima settimana di agosto il generale Paulus rastrellò metodicamente la regione a ovest del Don e si riorganizzò per attraversare il fiume puntando quindi su Stalingrado mentre il generale Hoth, già a est del fiume, progredì verso nord a partire dalla regione di Kotel'nikovo-Abganerovo sempre in direzione della città, frenato dalla tenace difesa delle truppe sovietiche. Agosto e settembre, la battaglia nelle rovine di Stalingrado La fase più drammatica della battaglia dal punto di vista sovietico ebbe inizio il 21 agosto 1942: in quella giornata la 6ª Armata del generale Paulus conquistava teste di ponte a est del Don e lanciava le sue forze corazzate concentrate in una puntata diretta nel corridoio Don-Volga in direzione di quest'ultimo fiume nella regione settentrionale della città. Il 23 agosto 1942 la 16. Panzer-Division del generale monco Hans-Valentin Hube, dopo aver superato una debole resistenza, irrompeva improvvisamente sul Volga a nord di Stalingrado tagliando fuori in questo modo la città dai collegamenti da nord. La guerra si manifestò per la prima volta agli abitanti di Stalingrado in tutta la sua drammaticità nel pomeriggio di quello stesso 23 agosto, quando la Luftwaffe eseguì il primo massiccio e devastante bombardamento a tappeto, colpendo duramente la popolazione civile. La coraggiosa difesa contraerea di un gruppo di ragazze-soldato rappresentò un primo segnale della volontà di battersi delle truppe. La popolazione era rimasta in gran parte bloccata dentro la città, sia a causa della rapidità dell'avanzata tedesca, ma anche per la volontà di Stalin di non autorizzare un'evacuazione per non scatenare il panico e per dare un segnale di ottimistica tenacia. Nella notte tra il 23 e il 24 agosto, Stalin intervenne personalmente telefonando al generale Erëmenko (passato al comando del Fronte di Stalingrado dal 9 agosto) spronandolo brutalmente a resistere, a contrattaccare e a non farsi prendere dal panico. Dietro la maschera di risolutezza, il dittatore sovietico era probabilmente consapevole della drammaticità della situazione, ma in quelle stesse ore egli continuò a mostrare ottimismo durante i burrascosi incontri al Cremlino direttamente con Winston Churchill, giunto a Mosca anche per comunicare al suo alleato l'infausta notizia che non ci sarebbe stato alcun secondo fronte in Europa nel 1942, e che quindi l'Unione Sovietica avrebbe dovuto resistere da sola. Nei giorni successivi Stalin richiamò a sud dalla regione di Mosca il generale Žukov per organizzare immediati e frettolosi contrattacchi (con truppe e mezzi inadeguati) a nord della testa di ponte tedesca sul Volga nella speranza di allentare la pressione nemica sulla città; questi contrattacchi, sferrati a più riprese alla fine di agosto e ancora a settembre, fallirono tutti con sanguinose perdite di uomini e mezzi. Le colline a nord di Stalingrado si trasformarono in un cimitero di carri armati sovietici distrutti dagli anticarro tedeschi. In questo modo, tuttavia, Stalin riuscì almeno a impedire un'estensione della testa di ponte verso sud e il centro della città, creando problemi ai tedeschi e al generale Paulus, anch'egli alla ricerca di rinforzi ed equipaggiamenti di rincalzo. Nei primi giorni di settembre, la situazione sovietica peggiorò ulteriormente con la comparsa da sud della 4ª Armata corazzata del generale Hoth che, con un'abile manovra di aggiramento, superò le precarie difese sovietiche, si collegò il 4 settembre con le truppe della 6ª Armata in avanzata frontale da ovest verso Stalingrado e raggiunse a sua volta il Volga a sud della città. Ora la 62ª Armata (di cui Čujkov avrebbe assunto il comando il 12 settembre) si trovava, gravemente indebolita, isolata da nord dai panzer di Hube, da sud dalle truppe di Hoth, attaccata frontalmente dal grosso della 6ª Armata di Paulus e con le spalle al Volga. In questa fase lo spazio occupato dai sovietici a ovest del fiume era appena di alcuni chilometri. Proprio il 12 settembre Hitler conferiva con i generali Paulus e von Weichs (comandante del Gruppo d'Armate "B" da cui dipendeva la 6ª Armata) al suo Quartier generale ucraino di Vinnycja; a dispetto dei resoconti post-factum, sembra che la riunione sia stata caratterizzata da un certo ottimismo generale anche da parte dei comandanti sul campo, prevalentemente preoccupati da aspetti di natura logistica ma piuttosto sicuri di ottenere una definitiva vittoria nell'area e di conquistare la città entro dieci giorni; inoltre si parlò a lungo dei piani da eseguire dopo la vittoriosa conclusione della battaglia. Sempre in quello stesso giorno, al Cremlino cominciavano anche le discussioni tra Stalin, Vasilevskij e Žukov, richiamati dal fronte per riesaminare la situazione dopo i fallimentari contrattacchi sovietici, da cui sarebbero scaturiti i primi progetti della successiva controffensiva strategica di novembre (operazione Urano). Il 13 settembre iniziò la fase più sanguinosa della battaglia: la 6ª Armata (alla quale, sotto il comando del generale Paulus, erano state aggregate operativamente anche le truppe del generale Hoth che erano posizionate a sud della città) sferrava il primo massiccio attacco frontale contro la città e la battaglia si trasformava in una lotta quartiere per quartiere, palazzo per palazzo, e stanza per stanza. La città si trovava ormai in una situazione drammatica: devastata dai bombardamenti e in preda agli incendi, gli approdi dei battelli per l'oltre-Volga distrutti, la popolazione evacuata nel caos, sui battelli colpiti sistematicamente dagli aerei tedeschi, le truppe sovietiche asserragliate nei palazzi in rovina o nelle fabbriche devastate, i quartier generali disposti in precari bunker sul margine del fiume, i depositi di petrolio in fiamme. Il generale Čujkov posizionò i suoi posti di comando vicinissimo alle prime linee, rischiando spesso la vita. Ufficiale molto energico, impermeabile al pessimismo e pieno di risorse, organizzò la ostinata resistenza della sua 62ª Armata con lo scopo di impedire la conquista della città da parte dei tedeschi, di logorare le forze nemiche e di guadagnare tempo per permettere allo Stavka e a Stalin di organizzare le forze di riserva necessarie per una grande offensiva invernale. Il generale Žukov aveva stabilito in 45 giorni, poi diventati due mesi, il tempo necessario a scatenare il grande attacco durante il quale la 62ª Armata combatté tenacemente sulle rovine di Stalingrado. «A Stalingrado il tempo è sangue», divenne il motto sovietico di quei giorni, parafrasando il più famoso «il tempo è denaro». L'attacco in forze del generale Paulus del 13 settembre, appoggiato dall'intervento in massa della Luftwaffe, si scatenò molto violento, con l'impiego diretto nelle vie cittadine dei panzer, nella parte centro-meridionale della città in direzione degli approdi principali sul Volga; era nel progetto del generale tedesco raggiungere il fiume in più punti, conquistare i vari imbarcaderi per i traghetti, frazionare e distruggere separatamente le varie sacche di resistenza, isolandole, se possibile, dal fiume con un'avanzata progressiva lungo la riva in direzione nord. Secondo Paulus la mancanza di mezzi adeguati rendeva impossibile un eventuale piano di attraversamento del fiume, prima di aver distrutto la 62ª Armata sovietica a ovest del Volga, per bloccare completamente l'afflusso degli aiuti che giungevano da est per mezzo dei traghetti. I tedeschi quindi dovettero sferrare una serie di attacchi frontali, dispendiosi e lenti, per conquistare in successione una via, un palazzo, una piazza, una stazione ferroviaria o una fabbrica in scontri ravvicinati sempre più aspri, affidandosi principalmente alla superiore potenza di fuoco derivante dai carri armati e dall'aviazione. I primi giorni sembrarono confortare i progetti del generale Paulus: i tedeschi riuscirono a sfondare e a raggiungere il Volga, bersagliarono i traghetti sovietici, occuparono la stazione ferroviaria principale (Stalingrad-1) ed estesero le loro conquiste verso il centro cittadino impossessandosi momentaneamente dell'importante Mamaev Kurgan (antica collina sepolcrale che dominava le rive del fiume). Altri reparti tedeschi rastrellarono anche i quartieri meridionali e conquistarono la stazione ferroviaria meridionale (Stalingrad-2). Čujkov, convinto della necessità di una difesa aggressiva basata su incursioni e scontri ravvicinati per diminuire il vantaggio di potenza di fuoco dei tedeschi, contrattaccò subito con l'aiuto di rinforzi scelti (13ª Divisione delle guardie del generale Rodimcev) traghettati faticosamente nella notte dall'oltre-Volga. Il contrattacco ebbe successo, frenando la spinta tedesca, riconquistando la Mamaev Kurgan e riprendendo momentaneamente la stazione che però sarebbe stata presto ripersa dopo scontri molto violenti. Risultò invece impossibile allontanare i tedeschi dal Volga. Il miglioramento della situazione per i sovietici fu solo momentaneo: i tedeschi progredirono ancora verso il centro cittadino, la Mamaev Kurgan continuò a cambiare di mano per numerose settimane, la parte meridionale della città a sud del torrente Tsaritsa venne completamente conquistata dopo i cruenti combattimenti nel grande silos del grano. Alla fine di settembre il generale Paulus arrivò a piantare la bandiera del Reich sulla Piazza Rossa di Stalingrado nel centro cittadino. Al di là degli apparenti successi tattici la situazione del generale Paulus rimaneva non facile come confermato dalle continue richieste di rinforzi e dal nervosismo, manifestato anche dall'accentuarsi del suo tic al volto e della sua gastroenterite somatica. I sovietici non apparivano scoraggiati e continuavano a battersi con contrattacchi che costringevano a riprendere i combattimenti sempre negli stessi posti e per le stesse rovine. Le perdite tedesche salivano, il morale delle truppe cominciava a risentire della durezza e della lunghezza inattesa degli scontri, i continui attacchi sui fianchi dello schieramento tedesco sul Volga costringevano Paulus a dirottare parte delle forze a nord per proteggere il corridoio Don-Volga. Di notte attraverso il Volga i sovietici ricevevano rinforzi freschi e equipaggiamenti senza che la Luftwaffe o l'artiglieria tedesca riuscissero a interromperne il flusso. Nonostante questi problemi il 30 settembre Hitler espresse pubblicamente per la prima volta la sua ottimistica certezza di vittoria e la convinzione dell'invincibilità delle armi tedesche: il successo a Stalingrado era sicuro e nessuno avrebbe più allontanato i tedeschi dal Volga. Ottobre, i tedeschi vicini alla vittoria La situazione del generale Čujkov appariva più grave (anche lui aveva problemi di salute, con una dermatite alle mani accentuata dalla tensione della battaglia): sottoposto ai continui attacchi tedeschi, in forte inferiorità numerica e di mezzi, con il cielo dominato dalla Luftwaffe, isolato dal resto delle forze sovietiche. Le perdite della 62ª Armata, data la natura degli scontri a distanza ravvicinata e la potenza di fuoco tedesca, erano ingenti; solo grazie al continuo afflusso di divisioni fresche attraverso il Volga con i traghetti notturni il generale riuscì ancora a sostenere la difesa e a contrattaccare localmente mentre la battaglia progressivamente si spostava verso la parte settentrionale della città nei quartieri operai adiacenti alle grandi fabbriche (Barrikady, Krasnij Oktjabr, Lazur e la fabbrica di trattori, una delle più grandi dell'Unione Sovietica che stava producendo carri armati). Entro i primi di ottobre almeno altre sei divisioni avevano rinforzato le indebolite truppe di Čujkov (tra cui alcuni reparti siberiani dei generali Batjuk, Gurtev, Gorisnij e Zoludev) permettendo di mantenere un perimetro difensivo oscillante, secondo i settori, tra i 2 km e le poche centinaia di metri a ovest del Volga nelle aree centrali e settentrionali di Stalingrado; la parte meridionale della città era ormai completamente perduta. I tedeschi sferrarono dentro la città tre grandi offensive (il 13 settembre, il 14 ottobre e l'11 novembre) cercando di ottenere risultati decisivi, ma in realtà gli scontri furono incessanti durante tutta la battaglia con combattimenti che si accendevano continuamente in tutti i settori, anche in aree già conquistate dalla 6ª Armata; non ci furono mai vere tregue e i tedeschi, secondo i piani di Čujkov, furono costantemente impegnati, sia di giorno sia di notte. I sovietici contrattaccavano soprattutto di notte, sfuggendo alla Luftwaffe, in piccole colonne d'assalto armate di fucili automatici o armi bianche per colpire i capisaldi avanzati tedeschi o i centri di comando nelle retrovie; improvvisi e violenti scontri ravvicinati esplodevano nelle palazzine diroccate, tra le macerie delle fabbriche o nei condotti di scolo delle acque verso il fiume. In tutti i quartieri operavano i cecchini delle due parti (molti tiratori scelti sovietici, uomini e donne, diventarono celebri, come Vasilij Grigor'evič Zajcev). Le "fortezze" sovietiche in mezzo alle rovine (spesso costituite solo da pochi uomini e poche mitragliatrici pesanti) si difendevano in tutte le direzioni fino all'ultimo uomo, come nel caso della famosa "casa di Pavlov" (un sergente sovietico che difese il caposaldo per settimane con poche decine di uomini). Non mancò un eccesso retorico della propaganda per magnificare queste imprese, ma nel complesso la 62ª Armata si batté con grande accanimento e abilità. Anche alcuni civili parteciparono agli scontri e vennero incorporati nei reparti; molto modesto invece fu il sostegno dell'aviazione sovietica, mentre importante fu il ruolo giocato dall'artiglieria pesante posizionata al riparo sulla riva orientale del Volga che, organizzata dal generale Nikolaj Nikolaevič Voronov, ripetutamente colpì i concentramenti tedeschi e sferrò a volte degli efficaci bombardamenti di sorpresa con effetti distruttivi sui reparti nemici colti allo scoperto. I tedeschi, nonostante tutte le difficoltà, ottennero numerosi successi e sembrarono più volte sul punto di giungere alla vittoria; il generale Paulus condusse la battaglia con tenacia, anche se il generale Wolfram von Richthofen, il comandante della Luftflotte 4, rimproverò al generale e alle truppe una certa mancanza di energia combattiva e un'insufficiente risolutezza. In realtà nel complesso i soldati della 6ª Armata si impegnarono con abilità e disciplina nei duri scontri casa per casa (un tipo di guerra che i tedeschi denominavano spregiativamente Rattenkrieg - "guerra dei topi"). Nella prima metà di ottobre il generale conquistò definitivamente il cosiddetto saliente di Orlovka nella parte settentrionale della città infliggendo dure perdite ai reparti sovietici che vi erano rimasti accerchiati, respinse nuovi tentativi di contrattacco da nord da parte delle truppe del generale Žukov e riorganizzò il suo dispositivo offensivo per l'attacco decisivo nella zona delle grandi fabbriche. A questo scopo ottenne finalmente alcune divisioni di rinforzo (ritirate dai fianchi del suo schieramento che quindi furono sempre più affidati alle truppe "satelliti" rumene e italiane) e soprattutto numerosi battaglioni di pionieri d'assalto (provenienti per via aerea dalla Germania e da Creta) esperti negli scontri a distanza ravvicinata. Il grande attacco tedesco del 14 ottobre nella parte settentrionale di Stalingrado ebbe inizio con un nuovo pesante bombardamento aereo seguito dall'avanzata di tre divisioni fresche precedute dai pionieri d'assalto e rinforzate da molti carri armati; fu questo il momento più critico per i sovietici e per il generale Čujkov che subì anche un bombardamento del suo comando, rischiò di morire bruciato nell'incendio dei depositi di benzina e perse per alcune ore tutti i collegamenti con le sue truppe. Il generale Erëmenko, momentaneamente trasferitosi sulla riva occidentale del Volga per osservare personalmente l'andamento della battaglia, fu testimone diretto della gravità della situazione: la divisione siberiana del generale Zoludev, posta a difesa della fabbrica di trattori, aveva subìto in pieno l'attacco tedesco ed era stata praticamente distrutta (solo piccoli reparti erano ancora in combattimento all'interno della fabbrica); nello squarcio si riversavano le truppe tedesche che, pur continuando a subire gravi perdite specie di mezzi corazzati, spesso vittime di imboscate a distanza ravvicinata nei labirinti delle strade dei quartieri operai e tra le macerie delle fabbriche, stavano progredendo verso il fiume per frazionare nuovamente la 62ª Armata. In effetti nella giornata le truppe d'assalto tedesche raggiunsero per la seconda volta il Volga, divisero in due parti le truppe sovietiche e cominciarono a progredire verso sud lungo la riva in direzione delle altre fabbriche. Nonostante questi importanti successi, i tedeschi giunsero nuovamente a un punto morto: l'avanzata verso sud a partire dalla fabbrica di trattori venne fermata dalle truppe del colonnello Gurtev e dalla nuova divisione del colonnello Ivan Ljudnikov (precipitosamente trasportata dall'oltre-Volga), l'artiglieria sovietica colpì sul fianco le colonne tedesche, alcuni contrattacchi ristabilirono la situazione, aspri scontri si prolungarono nelle fabbriche Barrikady e Krasnij Oktiabr (che si rivelarono praticamente imprendibili) esaurendo le forze d'assalto tedesche. I combattimenti si prolungarono quasi fino alla fine di ottobre ma anche questa volta la 62ª Armata, pur con gravi perdite e ridotta a due teste di ponte separate, aveva resistito. La situazione tuttavia si era fortemente aggravata (da cui i continui appelli di Čujkov per avere più rinforzi e rifornimenti): lo spazio di manovra era ormai quasi inesistente, le perdite erano molto elevate, i feriti si ammassavano abbandonati sulle rive del Volga in attesa di essere traghettati a oriente, i rimpiazzi e i rifornimenti erano resi sempre più precari a causa del fuoco delle armi tedesche che dominava il corso del fiume. Solo il morale degli uomini rimaneva buono, forse per la consapevolezza dell'importanza della lotta che stavano conducendo. Anche al centro la situazione si era ulteriormente complicata poiché i tedeschi avevano riconquistato ancora una volta la Mamaev Kurgan e alcuni capisaldi famosi come la "casa a forma di L", la "casa dei ferrovieri" e la "casa degli specialisti", mettendo in difficoltà la 13ª Divisione di Rodimcev; ma queste solide truppe d'assalto, non scoraggiate, continuarono a battersi nel centro cittadino, spalle al Volga, contrattaccando e riconquistando una parte del terreno perduto. Durante questi drammatici scontri di ottobre Stalin aveva sollecitato Žukov, Vasilevskij ed Erëmenko (in questo periodo ormai impegnati in pieno nell'organizzazione della grande controffensiva prevista dallo Stavka) a non abbandonare Čujkov, a costituire truppe di riserva a est del Volga e a sferrare contrattacchi di diversione sia a nord di Stalingrado (con le truppe del generale Rokossovskij), sia a sud della città (dalla zona dei laghi salati). Sempre dubbioso della capacità di resistenza delle sue truppe, Stalin temeva ancora che la caduta della città avrebbe causato, oltre alle enormi ripercussioni dal punto di vista politico, morale e propagandistico, anche la rovina dei suoi grandiosi progetti di controffensiva invernale. Il nervosismo, in realtà, era il sentimento predominante anche tra i tedeschi: Paulus era segnato psichicamente e fisicamente dalla lunga lotta e in parte anche dalle critiche a lui rivolte; le truppe erano esasperate ed esaurite dalle perdite e dalla durezza degli interminabili scontri; anche nell'opinione pubblica tedesca, dopo l'euforia iniziale di settembre, al di là della facciata di ottimismo ostentata dalla propaganda, regnava ormai un sentimento di ansiosa attesa e di preoccupazione per l'esito della battaglia. Novembre, gli ultimi scontri dentro la città L'8 novembre 1942 Adolf Hitler, durante la tradizionale cerimonia di commemorazione del "Putsch della birreria" a Monaco, tornava a far sentire la sua voce sull'argomento Stalingrado. Nonostante le notizie sfavorevoli provenienti dal Nordafrica (la Seconda battaglia di El Alamein finita con la sconfitta di Rommel e lo sbarco angloamericano in Algeria e Marocco), egli proclamò nuovamente la certezza della vittoria e anzi dichiarò virtualmente vinta la battaglia di Stalingrado. Quel che rimaneva da fare era solo rastrellare le ultime sacche di resistenza, il risultato era ormai definitivamente segnato a favore della Germania nazista. A parte le clamorose dichiarazioni pubbliche, i sentimenti di Hitler in questo periodo erano molto meno trionfalistici: mostravano in realtà una grande preoccupazione per l'avvicinarsi dell'inverno e per il continuo indebolimento delle truppe tedesche sul fronte Orientale. Al generale Paulus e alle truppe gli incitamenti del Führer servirono a rinsaldare il morale, a mostrare le difficoltà ancor maggiori dei sovietici e a invitare a sfruttare l'imminente congelamento del Volga per fare un ultimo sforzo. Ai primi di novembre grosse lastre di ghiaccio cominciavano a formarsi nel grande fiume rendendo progressivamente più difficile la navigazione con un'ulteriore forte riduzione dei rifornimenti per la 62ª Armata, abbarbicata alla sua precaria testa di ponte; inoltre in questo periodo le quote di rimpiazzi e rifornimenti assegnati al generale Čujkov vennero ancora ridotte per decisione dello Stavka a favore della costituzione delle due masse offensive per l'operazione Urano. Per Čujkov, pur a conoscenza dei progetti dell'Alto Comando Sovietico, la situazione diventava sempre più difficile («Eravamo all'ultimo respiro», avrebbe detto anni dopo, ricordando quelle giornate). L'11 novembre Paulus, seguendo gli incitamenti del Führer e sperando di sfruttare le difficoltà di rifornimento dei sovietici, sferrava la sua ultima offensiva generale con l'impiego di tutte le sue truppe più fresche, allo scopo di distruggere le ultime teste di ponte e ributtare nel fiume i resti della 62ª Armata. In un primo momento l'attacco sembrò avere successo: i tedeschi si spinsero nel cuore delle residue difese sovietiche al centro, frantumarono la divisione di Ljudnikov, conquistarono una parte della fabbrica Krasnij Oktiabr e raggiunsero per la terza volta le rive del Volga, provocando un'ultima crisi nel comando sovietico. Ma, nei giorni seguenti, anche quest'ultima offensiva si esaurì di fronte a nuove gravi perdite, a violenti contrattacchi dei resti della divisione di Ljudnikov e alla capacità di resistenza degli ultimi capisaldi sovietici. I tentativi di Paulus continuarono ancora per alcuni giorni; il 19 novembre 1942 la 62ª Armata di Čujkov era ormai confinata in tre teste di ponte separate. A nord della fabbrica di trattori quella al comando del colonnello Gorochov, al centro la piccola sacca di Ljudnikov e a sud il grosso delle truppe di Čujkov a est della Mamaev Kurgan con i resti delle divisioni di Rodmicev, Batjuk, Gurtev e Gorisnij; la profondità massima di terreno occupato dai sovietici era di un chilometro e mezzo e in alcuni punti si riduceva a poche centinaia di metri. Ma proprio il 19 novembre Paulus, apparentemente vicino alla vittoria, ricevette la sorprendente comunicazione proveniente dal comando del gruppo di armate di interrompere tutte le azioni offensive a Stalingrado e di disimpegnare forze mobili da impiegare a ovest verso il Don. Era cominciata l'operazione Urano. Operazione Urano Ordine di battaglia Ordine di battaglia dell'Armata Rossa nel settore meridionale del fronte orientale il 19 novembre 1942 (operazione Urano): FRONTE SUD-OVEST (generale Nikolaj Fëdorovič Vatutin) 1ª Armata delle guardie (generale Dmitrij Danilovič Leljušenko) 1ª Divisione di fucilieri 153ª Divisione di fucilieri 197ª Divisione di fucilieri 203ª Divisione di fucilieri 266ª Divisione di fucilieri 278ª Divisione di fucilieri 1º Corpo meccanizzato delle guardie (generale S. Russjanov) 1ª Brigata meccanizzata delle guardie 2ª Brigata meccanizzata delle guardie 3ª Brigata meccanizzata delle guardie 5ª Armata corazzata (generale Pavel L. Romanenko) 14ª Divisione di fucilieri delle guardie 47ª Divisione di fucilieri delle guardie 50ª Divisione di fucilieri delle guardie 119ª Divisione di fucilieri delle guardie 159ª Divisione di fucilieri delle guardie 346ª Divisione di fucilieri delle guardie 1º Corpo corazzato (generale V.V. Butkov) 89ª Brigata corazzata 117ª Brigata corazzata 159ª Brigata corazzata 44ª Brigata motorizzata 26º Corpo corazzato (generale Aleksej G. Rodin) 19ª Brigata corazzata 157ª Brigata corazzata 216ª Brigata corazzata 14ª Brigata motorizzata 8º Corpo di cavalleria (generale Borisiv) 21ª Armata (generale I.M. Čistjakov) 63ª Divisione di fucilieri 76ª Divisione di fucilieri 96ª Divisione di fucilieri 277ª Divisione di fucilieri 293ª Divisione di fucilieri 333ª Divisione di fucilieri 4º Corpo corazzato (generale Andrej Grigor'evič Kravčenko) 45ª Brigata corazzata 47ª Brigata corazzata 102ª Brigata corazzata 4ª Brigata motorizzata 3º Corpo di cavalleria delle guardie (generale Issa A. Pliev) 5ª Divisione di cavalleria 32ª Divisione di cavalleria 6ª Divisione di cavalleria delle guardie FRONTE DEL DON (generale Konstantin Konstantinovič Rokossovskij) 66ª Armata (generale A.S. Žadov) 64ª Divisione di fucilieri 99ª Divisione di fucilieri 116ª Divisione di fucilieri 226ª Divisione di fucilieri 299ª Divisione di fucilieri 343ª Divisione di fucilieri 58ª Brigata corazzata 24ª Armata (generale I.V. Galanin) 49ª Divisione di fucilieri 84ª Divisione di fucilieri 120ª Divisione di fucilieri 173ª Divisione di fucilieri 233ª Divisione di fucilieri 260ª Divisione di fucilieri 273ª Divisione di fucilieri 10ª Brigata corazzata 16º Corpo corazzato (generale M. Pavelkin) 107ª Brigata corazzata 109ª Brigata corazzata 164ª Brigata corazzata 15ª Brigata motorizzata 65ª Armata (generale P.I. Batov) 4ª Divisione di fucilieri delle guardie 27ª Divisione di fucilieri delle guardie 40ª Divisione di fucilieri delle guardie 23ª Divisione di fucilieri 24ª Divisione di fucilieri 252ª Divisione di fucilieri 258ª Divisione di fucilieri 304ª Divisione di fucilieri 321ª Divisione di fucilieri 121ª Brigata corazzata FRONTE DI STALINGRADO (generale Andrei I. Erëmenko) 64ª Armata (generale M.S. Sumilov) 36ª Divisione di fucilieri delle guardie 29ª Divisione di fucilieri 38ª Divisione di fucilieri 157ª Divisione di fucilieri 204ª Divisione di fucilieri 154ª Brigata fanteria di marina 13ª Brigata corazzata 56ª Brigata corazzata 57ª Armata (generale Fëdor I. Tolbuchin) 169ª Divisione di fucilieri 422ª Divisione di fucilieri 90ª Brigata corazzata 235ª Brigata corazzata 13º Corpo meccanizzato (generale T.T. Tanaščšin) 17ª Brigata meccanizzata 61ª Brigata meccanizzata 62ª Brigata meccanizzata 13ª Brigata corazzata 51ª Armata (generale N.I. Trufanov) 15ª Divisione di fucilieri delle guardie 91ª Divisione di fucilieri 126ª Divisione di fucilieri 302ª Divisione di fucilieri 254ª Brigata corazzata 4º Corpo meccanizzato (generale Vasilij Timofeevič Vol'skij) 36ª Brigata meccanizzata 59ª Brigata meccanizzata 60ª Brigata meccanizzata 4º Corpo di cavalleria (generale Šapkin) Riserve del fronte di Stalingrado: 330ª Divisione di fucilieri 85ª Brigata corazzata La manovra a tenaglia dell'Armata Rossa Mostrando notevoli capacità organizzative, Stalin e lo Stavka riuscirono a realizzare un piano (denominato in codice "operazione Urano", in russo Операция «Уран») molto semplice nella sua articolazione fondamentale ma di grande complessità per le dimensioni, gli obiettivi previsti e le forze da impiegare per ottenere un risultato decisivo non solo per l'esito della battaglia di Stalingrado, ma anche per i destini del fronte orientale e dell'intera seconda guerra mondiale. Si trattava di predisporre un'operazione risolutiva di grande ampiezza per accerchiare con una manovra a tenaglia il raggruppamento dell'Asse tra il Don e il Volga: un piano apparentemente prevedibile, ma reso efficace dall'assoluta segretezza in cui fu preparato e attuato. In aiuto dei sovietici vennero anche le decisioni della dirigenza politica e militare tedesca che, contrariamente a considerazioni prudenziali che avrebbero consigliato una ritirata invernale dalle posizioni raggiunte nella regione di Stalingrado (vista l'impossibilità di conquistare definitivamente la città e di stabilirsi saldamente sul Volga), decise invece di mantenere le posizioni conquistate. Hitler, l'OKW (Alto comando della Wehrmacht) e anche l'OKH (Alto comando dell'Esercito) in primo luogo erano convinti che le risorse dell'Armata Rossa, ancora efficaci in fase difensiva, non fossero assolutamente in grado di organizzare e condurre una controffensiva di ampiezza strategica; questa valutazione era condivisa anche da Reinhard Gehlen, l'esperto capo del Servizio segreto dell'Esercito sul fronte orientale. Hitler, inoltre, riteneva necessario non abbandonare le zone conquistate intorno e nella città al fine di rafforzare il proprio prestigio personale dopo le reiterate dichiarazioni di sicura vittoria, mantenere la coesione dei suoi alleati e controbilanciare a livello internazionale gli effetti della controffensiva anglosassone in Nordafrica. La tenace resistenza della 62ª Armata sovietica ebbe quindi due importanti conseguenze: innanzitutto impedì alla Wehrmacht di attestarsi saldamente sul Volga allo scopo di interrompere i collegamenti sovietici con i campi petroliferi caucasici; in secondo luogo, diede allo Stavka il tempo necessario a raccogliere e organizzare metodicamente forze adeguate alla gigantesca manovra programmata. La pianificazione sovietica si sviluppò a partire dalla riunione al Cremlino del 13 settembre 1942 tra Stalin e i generali Vasilevskij e Žukov. Il progetto prese corpo con la costante supervisione personale di Stalin (desideroso di prendersi finalmente la rivincita su Hitler ma preoccupato fino all'ultimo della fattibilità per l'Armata Rossa di un simile grandioso piano), coordinato dai due generali e con gli importanti contributi del generale Nikolaj Vatutin e del generale Andrej Erëmenko che, molto fiduciosi, spinsero per un ulteriore ampliamento del progetto e per un grande potenziamento dei reparti corazzati da impiegare. Durante la fase preparatoria durata quasi due mesi i corpi corazzati e meccanizzati, affluiti dalle retrovie o ricostituiti dopo le catastrofiche perdite estive, vennero equipaggiati con i moderni carri armati T-34 e riorganizzati per condurre avanzate veloci in profondità. Secondo la nuova direttiva di Stalin dell'ottobre del 1942, il compito dei nuovi corpi meccanizzati doveva d'ora in poi consistere nello sfruttamento in profondità, alla massima velocità e alla massima distanza, degli sfondamenti ottenuti con la fanteria e il massiccio intervento dell'artiglieria concentrata, disgregando le riserve del nemico, seminando il panico e la confusione nelle retrovie e nei comandi avversari. Queste tattiche causarono forti perdite e grandi difficoltà logistiche, ma nel complesso risultarono efficaci sorprendendo almeno inizialmente i comandi e le truppe tedesche. Nella fase iniziale sarebbero stati impegnati sette corpi corazzati o meccanizzati (circa carri armati). I concentramenti per gli attacchi principali si svolsero lentamente, a causa soprattutto delle carenze logistiche, nel massimo segreto e utilizzando vari stratagemmi di mascheramento per evitare la loro individuazione da parte dei tedeschi e quindi il rischio di attacchi aerei; in particolare i corpi corazzati furono portati avanti solo all'ultimo momento per sfruttare al massimo l'effetto sorpresa. I raggruppamenti avvennero a 200 chilometri a nord-ovest di Stalingrado sul Fronte di sud-ovest del generale Nikolaj Vatutin e sul Fronte del Don del generale Konstantin Rokossovskij, e a 100 km a sud della città sul cosiddetto Fronte di Stalingrado del generale Andrej Erëmenko nella regione dei laghi salati. Erano questi i tratti del fronte difesi prevalentemente dalle deboli forze rumene, scarsamente dotate di armi anticarro, con un morale non del tutto saldo e con riserve mobili insufficienti o ancora in fase di avvicinamento (XXXXVIII Panzerkorps tedesco, con circa 200 carri armati). Gli ultimi giorni prima dell'inizio dell'offensiva furono drammatici: a Stalingrado il generale Paulus aveva ripreso i suoi attacchi, i concentramenti offensivi erano ancora in corso, il generale Čujkov era in grave difficoltà, Stalin ansioso e preoccupato, alcuni generali sul campo ancora dubbiosi sulla riuscita del piano. I generali Žukov e Vasilevskij, più ottimisti, rassicurarono il dittatore sulla completezza dei preparativi, sulla prontezza e il morale delle truppe, sulle buone possibilità di successo. Il coordinamento operativo dei tre raggruppamenti d'attacco dei generali Vatutin, Rokossovskij ed Erëmenko fu affidato al generale Vasilevskij, l'abile stratega che era diventato il principale collaboratore militare di Stalin; Il generale Žukov, dopo aver giocato un ruolo fondamentale durante la preparazione dell'offensiva, si sarebbe invece portato sul fronte di Ržev per sferrare il 25 novembre l'operazione Marte, che sarebbe poi fallita in dicembre. Il 19 novembre 1942, la parola in codice "sirena" dava finalmente il via all'operazione Urano. La caratteristica fondamentale dell'attacco fu la grande velocità della progressione delle colonne corazzate sovietiche soprattutto sul fronte Sud-Ovest del generale Vatutin. Dopo una coraggiosa resistenza le truppe rumene in prima linea vennero distrutte o accerchiate; in mezzo alla nebbia e al nevischio i corpi corazzati sovietici progredirono in profondità nonostante la scarsa visibilità e il terreno irregolare, travolgendo le retrovie tedesco-rumene, spargendo il panico nei comandi e negli improvvisati reparti di blocco affrettatamente costituiti dai tedeschi, e respinsero o aggirarono le poche truppe mobili di riserva tedesche disponibili. In particolare il XXXXVIII Panzerkorps tedesco del generale Ferdinand Heim, su cui Hitler aveva puntato tutte le sue speranze di contenere l'offensiva sovietica, si disgregò nell'oscurità per carenza di collegamenti e comunicazioni e incappò alla cieca nelle colonne corazzate sovietiche in rapida progressione, finendo per ripiegare senza aver ottenuto alcun risultato. I carri armati sovietici (circa 500 macchine), senza lasciarsi agganciare e rallentare dai pochi panzer tedeschi disponibili affrontarono le riserve mobili nemiche con solo una parte delle forze, mentre altre colonne le superarono, le aggirarono e intercettarono le linee di comunicazione con le retrovie. La formazione corazzata rumena, rimasta completamente isolata, finì in mezzo alle forze corazzate sovietiche in rapida avanzata e venne praticamente distrutta dopo alcuni giorni di confusi scontri, mentre le riserve meccanizzate tedesche (22. e 14. Panzer-Division del XXXXVIII Panzerkorps) vennero costrette, dopo essersi battute coraggiosamente e aver subito gravi perdite, a ritirarsi precipitosamente per evitare di essere annientate. Anche il precipitoso intervento su ordine del generale Paulus delle divisioni corazzate del XIV Panzerkorps del generale Hube a ovest del Don si dimostrò completamente inefficace; la 24. Panzer-Division e la 16. Panzer-Division, ridotte a poche decine di carri, costituirono precari kampfgruppen che vennero attaccati il 21 e 22 novembre dal 4º Corpo corazzato, dal 26º Corpo corazzato e dal 3º Corpo di cavalleria delle guardie e subirono una serie di sconfitte perdendo tutte le posizioni senza riuscire ad arrestare l'avanzata delle forze corazzate sovietiche del Fronte Sud-Ovest. Già la sera del 21 novembre i corpi corazzati sovietici erano molto vicini ai ponti sul Don e minacciavano il Comando tattico della 6ª Armata del generale Paulus. Il 22 novembre le truppe del 26º Corpo corazzato sovietico conquistavano di sorpresa il fondamentale ponte di Kalač (nell'oscurità vennero scambiati dai posti di guardia al ponte per mezzi corazzati tedeschi in addestramento), attraversavano il Don, respingevano i tentativi tedeschi di contrattacco e progredivano a sud del fiume per ricongiungersi con le colonne sovietiche del Fronte di Stalingrado del generale Erëmenko che, a partire dal 20 novembre, aveva sferrato la sua offensiva con un distruttivo bombardamento di artiglieria. In questo settore la resistenza rumena fu più debole e il fronte rapidamente sfondato; il 4º Corpo meccanizzato sovietico (il più potente dell'intero schieramento sovietico) venne gettato nel varco e superò definitivamente le difese nemiche puntando verso ovest in direzione del Don. Anche in questo settore il contrattacco tedesco, sferrato dalla 29ª Divisione motorizzata, non riuscì, dopo qualche successo iniziale, a fermare l'avanzata del 4º Corpo e quindi non ottenne alcun risultato decisivo. Giorno cruciale fu il 23 novembre: nel primo pomeriggio, guidati da razzi di segnalazione di colore verde, le colonne corazzate sovietiche provenienti da nord (fronte di Vatutin, 26º Corpo corazzato e 4º Corpo corazzato) e da sud (fronte di Erëmenko, 4º e 13º Corpo meccanizzato) si congiungevano nella località di Sovetskij a sud del Don alcuni chilometri a sud-est di Kalač. Le scene di gioia e gli scambi di vodka e salsicce tra i carristi sovietici salutarono la riuscita della manovra. A questo punto la 6ª Armata e gran parte della 4ª Armata corazzata tedesche si trovarono accerchiate tra il Don e il Volga; contemporaneamente le truppe rumene erano state in parte distrutte nella sacca di Raspopinskaja; mentre i reparti superstiti erano completamente disgregati e quasi inutilizzabili. Le riserve mobili tedesche non erano disponibili o già esaurite; alcuni comandi di retrovia mostrarono segni di panico. Il generale Paulus era rimasto dentro la sacca secondo gli ordini del Führer; mentre nei posti di comando di Starobelsk e Rastenburg i generali Weichs e Zeitzler, e lo stesso Hitler, apparvero confusi e sorpresi dall'evoluzione rapidamente disastrosa degli avvenimenti. In quattro giorni Stalin e l'Armata Rossa avevano ottenuto l'attesa svolta decisiva della guerra da un punto di vista strategico-operativo ma anche dal punto di vista morale e politico-propagandistico. La guerra cambiava completamente volto. La sacca della 6ª Armata I ruoli furono improvvisamente e completamente ribaltati. Gli assedianti si erano ora trasformati in assediati e i difensori in attaccanti. Si calcola che tra i e i soldati dell'Asse furono accerchiati in quella che sarebbe passata alla storia come la "Sacca di Stalingrado"; per i soldati tedeschi era il Kessel, "il calderone", mentre Hitler denominò subito il territorio in cui era assediata l'armata del generale Paulus Festung Stalingrad ("Fortezza Stalingrado") per sottolineare il carattere di risoluta e incrollabile difesa che avrebbero dovuto assumere, nelle sue aspettative, le truppe accerchiate. Nella sacca erano bloccate 20 divisioni tedesche, di cui tre corazzate e tre motorizzate, 2 divisioni rumene, un reggimento croato e numerosi reparti logistici o di retrovia oltre a reparti specializzati di artiglieria e del genio. Vi furono anche 79 italiani, per lo più autieri, inviati in città per trasportare materiali nel momento più aspro della battaglia. Ordine di battaglia Ordine di battaglia della 6ª Armata tedesca accerchiata nella sacca di Stalingrado (25 novembre 1942): 6ª ARMATA comandante in capo: colonnello generale (poi feldmaresciallo) Friedrich Paulus capo di stato maggiore: maggior generale Arthur Schmidt Ia (Operazioni) colonnello Elchlepp Ib (approvvigionamenti) colonnello von Kunowski Ic (Informazioni) ten. colonnello Niemeyer IIa (Aiutante maggiore) colonnello Wilhelm Adam. XIV Panzerkorps (generale delle Panzertruppen Hans-Valentin Hube) 16. Panzer-Division (generale Angern) 60. Infanterie-Division (Mot) (generale Kohlermann) 3. Infanterie-Division (Mot) (generale Schlömer) XI Armee-Korps (tenente generale Strecker) 44. Infanterie-Division (generale Deboi) 376. Infanterie-Division (generale Edler von Daniels) 384. Infanterie-Division (generale von Gablenz) VIII Armee-Korps (generale d'artiglieria Heitz) 76. Infanterie-Division (generale Rodenburg) 113. Infanterie-Division (generale Sixt von Arnim) IV Armee-Korps (generale del genio Jaenecke) 29. Infanterie-Division (Mot) (generale Leyser) 297. Infanterie-Division (generale Pfeffer) 371. Infanterie-Division (generale Stempel) LI Armee-Korps (generale d'artiglieria Walther von Seydlitz-Kurzbach) 71. Infanterie-Division (generale von Hartmann) 79. Infanterie-Division (generale von Schwerin) 94. Infanterie-Division (generale Pfeiffer) 100. Jäger-Division (generale Sanne) 295. Infanterie-Division (generale Korfes) 305. Infanterie-Division (generale Steinmetz) 389. Infanterie-Division (generale Magnus) 24. Panzer-Division (generale von Lenski) Riserva d'Armata 14. Panzer-Division (generale Lattmann) 9. FlaK-Division (contraerea) (generale Pickert) Operazione Tempesta Invernale Decisioni operative dei comandi tedeschi e sovietici Dopo la chiusura della sacca (23 novembre 1942) Hitler si ritrovò a dover scegliere tra le due sole decisioni possibili: 1) ordinare un ripiegamento immediato delle sue truppe anche a costo della perdita di una parte dei materiali e delle truppe (feriti o debilitati); 2) ordinare la resistenza sul posto, organizzando una difesa in tutte le direzioni in attesa di un soccorso dall'esterno da parte di truppe tedesche fresche opportunamente richiamate da altri fronti. A livello di comando sia i generali sul posto (in primo luogo il generale Paulus e i suoi subordinati, generale Arthur Schmidt, capo di stato maggiore dell'armata, e i cinque comandanti di corpo d'armata) sia il generale von Weichs (Gruppo d'Armate "B"), sia il generale Zeitzler (capo dell'OKH) fecero ripetute pressioni su Hitler a favore di un'immediata ritirata, mettendo in dubbio la possibilità di resistenza delle truppe accerchiate in inverno e sottolineando la difficoltà di organizzare una pronta ed efficace controffensiva di salvataggio. Tuttavia i tentativi di convincere il Führer della pericolosità della situazione fallirono di fronte alla sua ostinata risolutezza nel tenere la "Fortezza Stalingrado". Le motivazioni, sanzionate definitivamente con il suo "Ordine tassativo" (Führerbefehl) diramato alla 6ª Armata il 24 novembre. non derivarono solo dalla sua ostinazione o dalle già ricordate ragioni di prestigio personale di fronte all'opinione pubblica mondiale, ma anche da alcune valutazioni strategiche: 1) una ritirata in massa e repentina della gran quantità di truppe e materiali era molto difficoltosa e poteva degenerare nel caos con conseguente perdita di truppe e materiali insostituibili per contenere l'offensiva sovietica; 2) la perdita del fronte sul Volga avrebbe compromesso i risultati già raggiunti dall'offensiva tedesca d'estate (in particolare sarebbe stata a rischio la copertura del fronte caucasico da cui Hitler sperava ancora di strappare le preziose risorse petrolifere di cui aveva bisogno); 3) precedenti battaglie invernali nel 1941-42, in cui grossi reparti tedeschi avevano resistito con successo benché accerchiati (battaglie della sacca di Demjansk e della sacca di Cholm), davano fiducia sulla possibilità di una difesa efficace e prolungata fino all'arrivo di una colonna di soccorso; 4) ottimistiche speranze erano riposte in un rifornimento regolare per via aerea delle truppe accerchiate nella sacca (dove erano disponibili almeno due importanti aeroporti: Pitomnik e Gumrak). In questo caso un ruolo decisivo ebbe la superficialità e l'arroganza di Hermann Göring (sostenuto almeno in parte anche dal generale Hans Jeschonnek, capo di stato maggiore della Luftwaffe) che diede piene assicurazioni sulla fattibilità del ponte aereo nonostante le carenze organizzative e le prevedibili intemperie invernali. Grande scetticismo manifestò invece von Richthofen, comandante sul posto dei reparti aerei tedeschi; 5) La costituzione di un forte raggruppamento strategico offensivo con numerose divisioni corazzate (inizialmente era previsto l'impiego di quattro nuove Panzer-Division richiamate dalla Francia o da altri settori del fronte Est) avrebbe potuto permettere una potente controffensiva e una rottura dell'accerchiamento. La nomina del prestigioso e capace feldmaresciallo Erich von Manstein alla testa del nuovo Gruppo d'Armate del Don con l'incarico di ristabilire la situazione e sbloccare l'armata accerchiata dava una concreta possibilità di strappare un nuovo successo anche dalla situazione difficile verificatasi. Von Manstein, in effetti, almeno inizialmente fece mostra di grande fiducia e supportò la decisione di Hitler di mantenere la 6ª Armata nella sacca di Stalingrado almeno fino a primavera ma, dopo pochi giorni, di fronte alla quantità e alla potenza delle forze sovietiche e alle difficoltà logistiche e operative evidenziatesi (e anche al ritardo e all'incompletezza dei rinforzi inizialmente promessi) il feldmaresciallo perse molta della sua sicurezza e del suo ottimismo. Questi elementi permettono di spiegare almeno in parte i motivi per cui il generale Paulus obbedì disciplinatamente all'ordine di Hitler, contro il parere di alcuni subordinati che lo sollecitavano a sganciarsi, e la 6ª Armata rimase ferma nella sacca, abbandonando i piani di ritirata, organizzando una difesa in tutte le direzioni, cercando di razionalizzare al massimo le scarse risorse logistiche e di vettovagliamento disponibili, mal reintegrate dal ponte aereo della Luftwaffe (che fin dall'inizio ottenne risultati molto deludenti) e attendendo il promesso soccorso dall'esterno. Peraltro anche dal punto di vista dell'alto comando sovietico la situazione non era priva di problemi e di questioni operative da risolvere. Dopo l'euforia iniziale del 23 novembre, Stalin si trovava di fronte alla necessità di riorganizzare il piano operativo complessivo dell'offensiva invernale. Questa prevedeva, secondo il progetto originario delle successive offensive "planetarie" (denominate con nomi in codice astronomici: "Urano", "Saturno", "Marte", "Giove", "Stella"), l'immediata distruzione delle truppe tedesche accerchiate (erroneamente calcolate dal servizio informazioni sovietico in soli uomini invece di oltre ) al fine anche di liberare e rendere disponibili le truppe sovietiche impegnate sul fronte della sacca per rafforzare altri settori del fronte, e il proseguimento, nel tempo più breve possibile, dell'offensiva con l'esecuzione del progetto "Saturno": un grande attacco diretto principalmente contro la debole 8ª Armata italiana (ARMIR), puntando direttamente su Rostov per isolare e distruggere l'intero raggruppamento tedesco avventuratosi nel Caucaso. Gli eventi che costrinsero Stalin e lo Stavka a una profonda revisione dei piani inizialmente progettati e che resero la battaglia ancor più accanita, prolungata e combattuta furono: 1) la prevista immediata distruzione delle truppe tedesche accerchiate nella sacca di Stalingrado si dimostrò impossibile e quindi grandi forze russe (sette armate al comando del generale Rokossovskij) rimasero impegnate nel blocco della sacca. Le truppe tedesche, almeno fino al Natale 1942, mantennero un morale sorprendentemente alto, fiduciose nelle promesse di Hitler, e combatterono in difensiva con il massimo accanimento a dispetto del crescente peggioramento della situazione dei rifornimenti e dell'inclemente inverno russo; 2) i tedeschi riuscirono fortunosamente a ricostituire, con affrettati reparti di blocco, un precario fronte difensivo impedendo un'immediata ripresa dell'avanzata sovietica, grazie soprattutto alle improvvisazioni organizzative del generale Walther Wenck e anche all'afflusso dei primi rinforzi; 3) si manifestarono i primi segni del raggruppamento di nuove forze tedesche per sbloccare la "Fortezza Stalingrado", con conseguente necessità per l'alto comando sovietico di impedire a tutti i costi il ricongiungimento con le truppe accerchiate. Di fronte a questi complessi problemi strategico-operativi le discussioni al livello della Stavka e dei comandi campali furono particolarmente aspre; il generale Vatutin era favorevole a proseguire ugualmente con l'ambizioso piano "Saturno" originale a differenza dei generali Vasilevskij ed Erëmenko che invece riteneva essenziale rafforzare l'anello d'accerchiamento e bloccare l'eventuale controffensiva del feldmaresciallo von Manstein. Le decisioni finali di Stalin, come sempre irritabile e oscillante tra euforia e preoccupazione, furono militarmente corrette: 1) interrompere gli inutili e costosi attacchi contro la "sacca di Stalingrado", al momento ancora molto solida, e limitarsi a rafforzare al massimo il perimetro di accerchiamento per impedire sortite da parte della 6ª Armata; 2) dirottare grandi forze di riserva (principalmente la potente 2ª Armata delle guardie del generale Rodion Jakovlevič Malinovskij) sul fronte di Erëmenko per bloccare la controffensiva tedesca di salvataggio; 3) ridurre la portata strategica di "Saturno", trasformandola in operazione Piccolo Saturno (in russo операция «Малый Сатурн») diretta principalmente a distruggere l'8ª Armata italiana e a mettere in pericolo (con una progressione delle colonne corazzate sovietiche verso sud-est invece che direttamente verso sud) le retrovie e le spalle del nuovo raggruppamento del feldmaresciallo von Manstein. Dicembre, il tentativo di salvataggio tedesco Dopo una fase preparatoria difficoltosa e piuttosto lenta a causa dei notevoli problemi logistici per effettuare gli spostamenti di truppe previsti per rafforzare la nuova massa offensiva destinata, secondo le aspettative di Hitler e dell'alto comando, a sbloccare la 6ª Armata accerchiata nel Kessel, l'offensiva del feldmaresciallo von Manstein (nome in codice "operazione Tempesta Invernale", in tedesco Wintergewitter) ebbe inizio solo il 12 dicembre a partire dalla regione di Kotel'nikovo. Le forze radunate erano in realtà fortemente ridotte rispetto agli ottimistici piani iniziali; il nucleo principale era costituito da tre Panzer-Division piuttosto incomplete: 6. proveniente dalla Francia, 23. ritornata dal Caucaso e 17. dirottata dal Gruppo d'Armate "Centro". Non fu possibile raggruppare altre formazioni d'attacco principalmente a causa delle continue necessità di rinforzi provenienti da altri settori del fronte orientale per la crescente pressione delle forze sovietiche lungo tutto il fronte; inoltre Hitler decise in un primo momento di non evacuare i territori conquistati nel Caucaso da cui avrebbero potuto essere teoricamente recuperate forze notevoli da impiegare nella regione di Stalingrado. Nonostante queste carenze, l'offensiva, diretta sul campo dall'esperto generale Hermann Hoth, inizialmente ottenne risultati incoraggianti e colse piuttosto di sorpresa i sovietici, ancora impegnati nei complessi riposizionamenti di truppe previsti da Stalin. Entro quattro giorni le colonne corazzate tedesche si spinsero, in mezzo alla neve, fino a portata tattica dalla sacca di Stalingrado, nonostante aspri contrattacchi sferrati dai sovietici con unità meccanizzate. Gli elementi di punta della 6. Panzer-Division giunsero il 19 dicembre a 48 km dal perimetro della sacca. L'avanzata tedesca aveva però ormai esaurito la sua energia propulsiva e di fronte alla crescente resistenza dei sovietici, divenne impossibile fare ulteriori progressi in direzione degli accerchiati. A questo punto, l'ultima speranza di salvezza per Paulus sembrò risiedere in una sortita autonoma dalla sacca da parte della stessa 6ª Armata, dopo aver abbandonato parte degli equipaggiamenti e dei mezzi, in direzione delle colonne del generale Hoth. Venne predisposto un piano di emergenza, la cosiddetta "operazione Colpo di tuono", in tedesco Donnerschlag. In questa fase il processo decisionale tedesco fu particolarmente ingarbugliato. Hitler rifiutò fermamente di autorizzare la sortita; egli ritenne tecnicamente impossibile la ritirata di un'intera armata, indebolita e quasi immobile a causa della carenza di carburante, attraverso la steppa in pieno inverno. Paulus e von Manstein apparvero incerti sul da farsi, pronti a scaricarsi reciprocamente le responsabilità della conduzione di un'operazione di ripiegamento così rischiosa da parte dell'armata ormai già fortemente logorata da un mese di accerchiamento. Alla fine, di fronte a queste indecisioni e contraddizioni, la 6ª Armata finì per rimanere ferma dentro la "sacca", in attesa del suo tragico destino, in mezzo all'inverno russo. Va anche sottolineato che, di fronte agli sviluppi catastrofici per i tedeschi e le forze dell'Asse dell'operazione Piccolo Saturno, iniziata dai sovietici il 16 dicembre, ormai il problema della 6ª Armata per l'OKH, von Manstein e anche Hitler passava in secondo piano. Diveniva essenziale dal punto di vista strategico generale impedire una disfatta definitiva dell'intero schieramento tedesco nel sud e nel Caucaso. In questo senso, a partire da questo momento (intorno al Natale 1942), il ruolo dell'armata accerchiata, ormai considerata virtualmente perduta dall'Alto Comando tedesco e dallo stesso von Manstein, fu di fatto soprattutto quello di mantenere attivo il più a lungo possibile un nucleo di resistenza che tenesse impegnate il massimo di forze sovietiche, che altrimenti avrebbero potuto essere impiegate per rafforzare l'offensiva generale sovietica, allora in pieno svolgimento. Quanto a Hitler, sembra che egli abbia preferito continuare a illudersi (a gennaio ancora discorreva di un nuovo tentativo di salvataggio con divisioni Waffen-SS richiamate dalla Francia); apparentemente confidò a lungo di riuscire ad evitare la catastrofe a Stalingrado; da ultimo, ormai cosciente della inevitabile perdita della 6ª Armata, preferì trasformare con artifici propagandistici la sconfitta in un esempio epocale della incrollabile resistenza fino all'ultima cartuccia e all'ultimo uomo della Germania nazista; egli quindi incitò sistematicamente alla resistenza a oltranza e rifiutò di approvare una resa formale delle truppe accerchiate. Operazione Piccolo Saturno L'operazione Piccolo Saturno ebbe inizio, dopo essere stata ridimensionata nei suoi obiettivi strategici rispetto all'originario progetto "Saturno" adottato da Stalin e Vasilevskij, il 16 dicembre 1942 principalmente contro la debole 8ª Armata italiana e le residue truppe rumene schierate sul fiume Čir. La resistenza iniziale italiana fu tenace, nonostante le evidenti carenze di armi anticarro, di equipaggiamenti invernali idonei e di riserve corazzate moderne ma già il 19 dicembre il fronte dell'8ª Armata cominciò a cedere per poi crollare completamente nei giorni successivi di fronte all'irruzione in massa delle ingenti truppe corazzate impegnate dai sovietici (cinque corpi corazzati o meccanizzati con un totale di circa carri armati). I generali Vatutin, comandante del Fronte Sud-Ovest, e Filipp Ivanovič Golikov, comandante del Fronte di Voronež, che conducevano questa offensiva, spinsero in profondità le loro colonne per aggirare e isolare i residui capisaldi nemici e minacciare le retrovie del raggruppamento del feldmaresciallo von Manstein. In pochi giorni la situazione dell'Asse si aggravò in maniera disastrosa con l'irruzione del 17º Corpo corazzato sovietico a Kantemirovka (importante centro di comando italiano) in mezzo alle colonne italiane in rotta a piedi nella neve, e l'audace penetrazione isolata del 24º Corpo corazzato che si spinse, il 24 dicembre, fino alla regione degli aeroporti di Tacinskaja e Morozovsk, da dove partivano gli aerei della Luftwaffe che cercavano di rifornire la sacca di Stalingrado. La precipitosa evacuazione degli aerodromi e il tempestivo intervento delle riserve corazzate del feldmaresciallo von Manstein, in parte provenienti proprio dal raggruppamento Hoth sul fronte di Stalingrado, costrinsero l'Alto comando tedesco ad arrestare l'operazione "Tempesta Invernale" e resero impossibile l'effettuazione di un'eventuale operazione "Colpo di Tuono", ma permisero di evitare una catastrofe irreversibile e di contenere in qualche modo la progressione sovietica. L'alto comando tedesco dovette abbandonare qualsiasi speranza di salvataggio della 6ª Armata, ripiegare ulteriormente e cominciare anche l'evacuazione del Caucaso che fu autorizzata dopo numerose tergiversazioni da Hitler il 30 dicembre 1942. Fu questa la svolta decisiva che suggellò il destino della 6ª Armata ormai isolata, affamata a causa del completo fallimento del rifornimento aereo nonostante le promesse di Göring senza speranza di aiuto e destinata a sacrificarsi in una disperata difesa fino all'ultimo per impegnare ancora il maggior numero di forze sovietiche e aiutare in questo modo l'alto comando tedesco a ristabilire un fronte più arretrato. Il generale Paulus, dopo aver eseguito disciplinatamente tutti gli ordini di Hitler (prima quello di rinchiudersi dentro la "Fortezza Stalingrado" e poi di non effettuare una disperata sortita solitaria), ora accettò anche questo ruolo finale di sacrificio e, almeno esteriormente e nei proclami finali alle truppe accerchiate, mantenne fiducia in Hitler e nel risultato della lunga battaglia. Un sentimento di amara delusione si diffuse peraltro ormai tra le truppe e anche nei comandi (Paulus e Schmidt inclusi) di fronte alle sempre maggiori difficoltà di vettovagliamento, al moltiplicarsi delle sofferenze, all'imperversare del clima invernale e alla consapevolezza di come fosse ormai impossibile ricevere aiuti dall'esterno. Operazione Anello: la battaglia finale Il 10 gennaio 1943 ebbe inizio l'ultimo atto della lunga battaglia di Stalingrado. Contemporaneamente Hitler, il generale Kurt Zeitzler e il feldmaresciallo von Manstein, comandante del Gruppo d'armate Don erano alle prese con le apparentemente inesauribili offensive sovietiche dirette a isolare il raggruppamento tedesco del Caucaso, ora in ripiegamento verso nord, e avevano dovuto impegnare tutte le residue forze dell'Asse nel settore meridionale del fronte orientale, dove il 12 gennaio 1943 era iniziata una nuova travolgente offensiva sovietica. L'offensiva Ostrogožsk-Rossoš' in pochi giorni provocò il crollo anche della 2ª Armata ungherese e del Corpo d'armata alpino italiano posizionati sul corso superiore del Don. Stalin e il comando sovietico poterono scatenare finalmente, dopo numerosi rinvii dovuti all'evolversi della situazione generale e alla necessità di raggruppare le forze necessarie per distruggere la massa di truppe tedesche accerchiate, l'offensiva finale per eliminare la sacca di Stalingrado: l'operazione Anello, in russo операция «Кольцо». Le ripetute sollecitazioni di Stalin indirizzate ai generali Rokossovskij e Nikolaj Voronov, i due comandanti sovietici incaricati di distruggere le forze accerchiate, per accelerare al massimo questa operazione finale sembrerebbero confermare l'importanza, anche per l'alto comando sovietico, di liberare il più presto possibile truppe da impiegare nell'offensiva principale a sud, e in parte confermerebbero la validità da un punto di vista di strategia militare (nonostante la cinica inumanità per le truppe ridotte allo stremo) della decisione di Hitler, e in parte anche di von Manstein e di Paulus, di evitare una resa prematura della 6ª Armata, che, continuando a resistere, ostacolava il dispiegamento delle forze sovietiche su altri fronti. Inutile risultò quindi la presentazione da parte dei comandi sovietici di un ultimatum, formalmente corretto, per invitare alla resa la 6ª Armata prima dell'attacco finale e per evitare un ulteriore spargimento di sangue. La lotta finale, che si svolse dal 10 gennaio al 2 febbraio, venne condotta dalle due parti con particolare accanimento fino all'ultimo: i sovietici fecero uso in massa dell'artiglieria per distruggere i nuclei di resistenza delle truppe tedesche fortemente indebolite dal lungo assedio; le successive linee di arroccamento predisposte dai tedeschi per prolungare al massimo la resistenza vennero superate. Con la conseguente perdita degli aerodromi si verificarono i primi episodi di panico collettivo e di dissoluzione dei reparti; nelle settimane precedenti per via aerea erano stati evacuati almeno soldati tra feriti, specialisti e ufficiali superiori. La maggior parte dei soldati furono uccisi sul posto. Chi scampò alla morte si riversò assieme a feriti e sbandati verso le rovine di Stalingrado dove si sviluppò l'ultima resistenza. Dopo la divisione in due parti della sacca e il congiungimento il 26 gennaio 1943 tra le forze sovietiche in avanzata da ovest e le truppe del generale Čujkov che tenevano ancora tenacemente la linea del Volga, ogni ulteriore resistenza risultò impossibile. Paulus, isolato nella sacca meridionale, venne catturato il 31 gennaio 1943 dalle truppe della 64ª Armata del generale Michail Šumilov senza opporre ulteriore resistenza e senza una resa formale; gli ultimi nuclei tedeschi nella sacca settentrionale, nell'area delle grandi fabbriche, al comando del generale Karl Strecker, si arresero definitivamente il 2 febbraio 1943. La 6ª Armata e tutte le truppe inizialmente accerchiate nella sacca erano state completamente distrutte. I prigionieri nella fase finale furono circa . Paulus, insieme alla maggior parte dei generali comandanti, condivise la resa dei superstiti e rifiutò il tacito invito di Hitler al suicidio per suggellare epicamente con un esempio di fedeltà nibelungica l'epopea tedesca di Stalingrado, nonostante questi lo avesse promosso feldmaresciallo pochi giorni prima della resa finale, sottolineando che nessun tedesco di tale grado si fosse mai arreso. La vittoria sovietica Dopo la resa dell'ultimo nucleo di resistenza, nel pomeriggio un aereo da ricognizione tedesco sorvolò la città, non riportando alcun segno di combattimento. La lunga battaglia era finita con la disfatta totale tedesca. Il computo delle perdite dalle due parti risulta particolarmente difficile e dipende anche dal periodo cronologico preso in considerazione; la battaglia inizia, secondo la storiografia sovietica, il 17 luglio 1942 e termina il 2 febbraio 1943. Le perdite umane da parte sovietica sono dettagliatamente riportate nelle opere storiche edite dopo l'apertura degli archivi segreti di Mosca: da questa documentazione prima riservata risulta un totale di morti o dispersi ( fino al 18 novembre 1942 e dopo l'inizio della controffensiva sovietica) e feriti. Il calcolo delle perdite umane dell'Asse risulta molto difficile. In termini di divisioni i tedeschi ne ebbero venti distrutte completamente a Stalingrado e altre dieci-quindici nelle battaglie del teatro meridionale del fronte orientale; i romeni persero diciannove divisioni, gli italiani e gli ungheresi dieci ciascuno. Le perdite dentro la sacca furono di morti e dispersi e prigionieri, di cui solo sarebbero tornati in Germania entro il 1955 ma a questi prigionieri devono aggiungersene altri soldati tedeschi catturati al di fuori della sacca e i prigionieri rumeni, circa , ungheresi, , e italiani, oltre . Stalin e lo Stavka rivendicarono in un comunicato straordinario di aver inflitto alle potenze dell'Asse la perdita di oltre 1 milione di uomini nel periodo novembre 1942-marzo 1943. Mancano inoltre dati precisi sulle perdite dell'Asse durante la fase offensiva dell'estate del 1942. Le perdite di materiale bellico sono ancor più difficili da computare. Tutto il materiale della 6ª Armata accerchiata fu distrutto (tra cui circa 170 carri armati e cannoni). Le perdite sovietiche di carri armati furono molto alte, visto il loro impiego audace in profondità: ammonterebbero a circa mezzi nella fase difensiva e a ulteriori in quella offensiva; l'Armata Rossa era in grado di subire tali perdite e mantenere ugualmente la coesione e l'efficienza offensiva dei reparti grazie alla capacità di resistenza delle truppe e alle continue nuove forniture, provenienti dalle fabbriche degli Urali. Le perdite di aerei sono calcolate a circa velivoli per tutto il periodo luglio 1942-febbraio 1943. Un preciso calcolo delle perdite totali dell'Asse è difficile: i romeni avevano circa 140 carri armati che furono quasi tutti distrutti, gli italiani e gli ungheresi un altro centinaio di mezzi che andarono ugualmente perduti; i tedeschi persero oltre 800 carri armati nella fase difensiva invernale. In realtà le perdite potrebbero essere state più alte: un rapporto dell'OKH calcola carri distrutti da novembre 1942 a febbraio 1943 su tutto il fronte orientale; inoltre mancano dati precisi sulle perdite durante la prima fase della battaglia. Il computo delle perdite aeree dell'Asse è complesso; sembra sicura soltanto la perdita di ben 488 aerei da trasporto durante la fase del rifornimento aereo della sacca.. Le fonti sovietiche riferiscono di almeno 800 perdite aeree dell'Asse nel periodo invernale; le fonti tedesche sono incomplete; i dati variano da 580 a 640 aerei perduti. La spinta al morale della coalizione anti-hitleriana data dalla sconfitta tedesca fu grande particolarmente in Unione Sovietica ma anche nei paesi alleati. Il mito dell'invincibilità della Germania e di Hitler venne distrutto per sempre, mentre tra le potenze dell'Asse le ripercussioni politico-morali furono notevoli sia a livello di opinione pubblica sia di quadri dirigenti (in Italia, Romania, Ungheria e anche nella Turchia non belligerante). La battaglia di Stalingrado rimane la più grande e decisiva sconfitta militare, politica e morale della Germania nella seconda guerra mondiale, nonché, in assoluto, una delle più grandi catastrofi della storia tedesca. Storici e memorialisti sovietici hanno sempre considerato questa battaglia il punto di svolta decisivo non solo della guerra sul fronte orientale ma di tutto il secondo conflitto mondiale. La vittoria sul Nazionalsocialismo apparve per la prima volta possibile anche se non in tempi così immediati come in un primo momento Stalin sembra aver creduto. «Eravamo convinti che le maggiori difficoltà fossero ormai alle nostre spalle», dirà il generale Vasilevskij, uno dei protagonisti della vittoria. Valutazioni storiografiche La battaglia di Stalingrado resta il simbolo della disfatta tedesca sul fronte orientale. Una parte della storiografia occidentale tuttavia, riprendendo in parte vecchie argomentazioni della propaganda bellica tedesca, ha proposto un'interpretazione della battaglia che ne riduce l'importanza storica nel contesto complessivo della seconda guerra mondiale. In particolare è stato preso in considerazione il ruolo delle truppe accerchiate nelle fasi finali della battaglia e l'importanza strategica globale della loro resistenza: la 6ª Armata tedesca da sola tenne impegnate per oltre due mesi sette armate russe che di fatto non poterono essere impiegate per ulteriori offensive e quindi rimasero bloccate sul posto. Se queste forze non avessero dovuto tenere accerchiate le truppe del generale Paulus, avrebbero potuto partecipare all'offensiva generale sovietica in corso su tutto il fronte. Il loro intervento avrebbe potuto causare il crollo irreversibile del fronte sud tedesco. Mentre la 6ª Armata resisteva a Stalingrado, le altre forze della Wehrmacht, dopo il tentativo del feldmaresciallo von Manstein, si stavano riorganizzando su un fronte più difendibile e avevano bisogno di guadagnare tempo. Il fronte così accorciato avrebbe permesso di resistere con le forze disponibili. L'argomento che la resistenza della 6ª Armata fosse necessaria e molto importante per mantenere agganciate cospicue forze sovietiche che altrimenti avrebbero potuto riversarsi contro il fronte tedesco e provocare una disfatta definitiva non è nuovo, ma risale a Hitler in persona, che lo utilizzò per motivare la sua dura decisione di impedire sia una sortita dell'ultima ora (a fine dicembre) delle truppe accerchiate, sia una loro resa a suo avviso prematura. Questo ragionamento, in parte condiviso dal feldmaresciallo von Manstein, è stato criticato in sede di analisi storiografica, al di fuori del fatto puramente umano legato alle sofferenze inflitte alle truppe accerchiate senza speranza di scampo. In primo luogo, secondo questi storici, è indimostrabile il presunto effetto risolutivo di queste truppe sovietiche impegnate contro la sacca, in ragione della loro non eccezionale consistenza numerica (circa uomini.), delle enormi difficoltà logistiche invernali anche per i sovietici e degli errori strategici che Stalin e lo Stavka spesso compivano. Infatti, quando queste truppe furono finalmente impegnate dopo la resa del 2 febbraio, vennero dirottate malamente e con grande difficoltà sul fronte centrale e non ottennero alcun risultato di rilievo. In secondo luogo, è altrettanto vero che se Hitler avesse disimpegnato prontamente la 6ª Armata già in novembre invece di mantenerla a tutti i costi nella "Fortezza", oppure avesse sganciato il raggruppamento del Caucaso già agli inizi di dicembre, senza aspettare la catastrofe dell'operazione Piccolo Saturno, si sarebbe ottenuto un rafforzamento del fronte tedesco molto più cospicuo, con conseguente maggiore solidità difensiva, e forse si sarebbero potuti salvare i soldati accerchiati. Tale argomento, ripreso a volte da una parte della storiografia occidentale, serviva a Hitler soprattutto per giustificare alcuni suoi evidenti errori di valutazione strategica e per trasformare epicamente la resistenza della sacca di Stalingrado in un evento eroico, in linea con la tradizione germanica. Una parte della storiografia occidentale ha utilizzato questo argomento e anche dati statistici incompleti per ridimensionare il significato storico della battaglia, accentuando invece la rilevanza di operazioni anglosassoni come la battaglia di El Alamein (dove furono impegnati in tutto non più di soldati tedeschi e italiani); la resa in Tunisia, nota anche come "Tunisgrado", dove in realtà le perdite complessive dell'Asse furono di circa uomini, ovvero meno di un quarto di quelle della battaglia di Stalingrado, o la stessa campagna di Normandia combattuta quasi due anni più tardi, con la Wehrmacht ormai decimata dalle campagne sul fronte sovietico e costretta a impiegare anche truppe volontarie straniere reclutate tra i prigionieri di guerra. L'importanza storico-politica delle vittorie anglosassoni in Africa, in Europa nord-occidentale e nel Pacifico non va sminuita in senso contrario. Tuttavia, dal punto di vista militare la lunga campagna di Stalingrado, come affermano la maggior parte degli storici, anche occidentali rimane senza paragoni e sostanzialmente decisiva nella storia della seconda guerra mondiale in Europa. Peraltro la Wehrmacht, anche dopo la sconfitta di Stalingrado, continuò a battersi tenacemente sul fronte orientale sia in difensiva sia contrattaccando localmente; ottenne un importante successo nella terza battaglia di Char'kov nel febbraio-marzo 1943 e tentò di prendersi la rivincita nella battaglia di Kursk (luglio 1943). La guerra sul fronte orientale sarebbe infatti durata ancora, aspra e sanguinosa, fino al maggio 1945 con il crollo finale del Terzo Reich. Tuttavia, come ha scritto lo storico statunitense David Glantz nel 2014, la battaglia di Stalingrado provocò realmente una svolta irreversibile, «perché fu una catastrofe da cui la Germania e la Wehrmacht non riuscirono più a riprendersi». La battaglia di Stalingrado nella cultura di massa Note Bibliografia Testi di riferimento Altri testi Libri di carattere generale Libri specifici sulla battaglia di Stalingrado Voci correlate Campagna italiana di Russia Volgogradskij Metallurgičeskij Kombinat "Krasnyj Oktjabr'" Operazione Blu Germania nella seconda guerra mondiale Terza battaglia di Char'kov Dmitrij Bal'termanc Madonna di Stalingrado Altri progetti Collegamenti esterni La battaglia di Stalingrado - Il tempo e la storia Battaglie della seconda guerra mondiale che coinvolgono la Germania Battaglie della seconda guerra mondiale che coinvolgono l'Unione Sovietica Battaglie della seconda guerra mondiale che coinvolgono la Romania
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Buddhismo Mahāyāna
Con il termine sanscrito composto Mahāyāna (devanāgarī: महायान, cinese: , giapponese: daijō, tibetano: , vietnamita: Đại Thừa; coreano: , taesŭng o dae-seung; "Grande veicolo") si intende un insieme di insegnamenti e di scuole buddhiste che rifacendosi, tra gli altri, ai Prajñāpāramitā sūtra e al Sutra del Loto, proclamano la superiorità spirituale della via del bodhisattva rispetto a quella dell'arhat, quest'ultima proclamata nel Buddhismo dei Nikāya. Il termine mahāyāna si compone dei termini sanscriti maha con il significato di "grande" e yāna con il significato di "veicolo", quindi "Grande veicolo" da intendersi come ciò che "conduce" gli esseri senzienti verso la liberazione spirituale. Attualmente tutte le scuole buddhiste esistenti sono di derivazione Mahāyāna, fatta salva la scuola Theravāda, la quale non ha mai accolto la canonicità degli insegnamenti riportati nei sūtra mahāyāna. Origine del termine Il termine "Mahāyāna" (Grande Veicolo) è comunque piuttosto tardo, probabilmente successivo alla stesura dei Prajñāpāramitā sūtra e alle prime stesure del Sutra del Loto. Forse persino successivo alla nascita della scuola Madhyamaka fondata da Nāgārjuna nel II secolo d.C. Le sue origini non sono certe. La prima menzione di questo termine sembrerebbe apparire in un'edizione del Sutra del Loto, ma il filologo Seishi Karashima ritiene che il termine mahāyāna lì utilizzato sia un'errata resa in sanscrito del termine gāndhārī mahājāna a sua volta resa del sanscrito mahājñāna ("grande conoscenza"). Quando il termine in lingua gāndhārī fu reso in sanscrito, per errore e forse perché condizionati dalla dottrina degli yāna (veicoli) riportata nella "parabola della casa in fiamme" inserita nel III capitolo del Sutra del Loto, fu reso come mahāyāna. Tuttavia l'origine di questo termine resta controversa ed esso non compare nelle iscrizioni indiane prima del V-VI secolo d.C.. È probabile invece che gruppi di monaci buddhisti che avevano accolto la canonicità degli insegnamenti dei Prajñāpāramitā sūtra e che convivevano nei monasteri insieme ad altri monaci che ne rifiutavano invece la canonicità, abbiano incominciato, dopo il II secolo d.C., a denominarsi come seguaci del Mahāyāna (Grande Veicolo) indicando gli altri come seguaci dello Śrāvakayāna (Veicolo degli ascoltatori della voce, ovvero di coloro che fondavano la propria dottrina sulla comprensione delle Quattro nobili verità) e, successivamente, Hīnayāna (Veicolo inferiore). Il dibattito storiografico sulle origini del Mahāyāna Gli storici del Buddhismo hanno elaborato diverse ipotesi sulla nascita degli insegnamenti mahāyāna. Richard H. Robinson e Williard L. Johnsons ritengono che i loro primi testi di riferimento, segnatamente lAṣṭa-sāhasrikāprajñā-pāramitā (Sutra della perfezione della saggezza in ottomila stanze; risale al I secolo a.C.), siano frutto di una reazione di alcuni monaci esegeti che rifiutavano l'impostazione degli Abhidharma delle scuole del Buddhismo dei Nikāya prodotti nello stesso periodo. Questo rifiuto era motivato dal fatto che, a detta di questi primi monaci mahāyāna, gli Abhidharma tradivano l'insegnamento del Buddha dimenticandone gli aspetti essenziali. Come rileva Paul Williams, i primi Prajñāpāramitā sūtra consistono essenzialmente in esortazioni agli altri monaci a non dimenticare alcune dottrine buddhiste, come la vacuità, già evidenziate negli Āgama-Nikāya e ritenute, in questi sūtra, a fondamento dello stesso Dharma buddhista. È opinione di Paul Williams, che in questo richiama anche Heinz Bechert che nonostante le differenze dottrinali con gli esponenti buddhisti non-Mahāyāna la nascita del Mahāyāna non sia comunque in alcun modo attribuibile ad uno "scisma" (saṅghabeda) all'interno delle scuole buddhiste indiane: "uno scisma non ha niente a che vedere con divergenze dottrinali, ma è il risultato di divergenze riguardanti la disciplina monastica". Quindi per questi autori: A controprova di queste tesi Williams ricorda anche l'evidenza che non esiste un codice disciplinare (vinaya) Mahāyāna oltre al fatto che i pellegrini buddhisti cinesi recatisi in India raccontassero nelle loro cronache di viaggio giunte fino a noi di come monaci mahāyāna condividessero con monaci non-mahāyāna, e in tutta tranquillità, gli stessi monasteri. Condividendo gli stessi monasteri, lo stesso codice monastico e lo stesso comportamento monastico i monaci mahāyāna si differenziavano dai monaci non-mahāyāna unicamente per una diversa visione del fine ultimo del Buddhismo. Sempre Williams in tal senso richiama l'opera di Atiśa, un dotto missionario indiano in Tibet dell'XI secolo, il Bodhipathapradīpa. In questa opera Atiśa suddivide i praticanti buddhisti in tre classi in base alle loro motivazioni religiose: nella prima sono collocati coloro che cercano di acquisire meriti per migliorare le loro esistenze presenti o future; nella seconda coloro che cercano di uscire dalla prigione del Saṃsāra guadagnando il Nirvāṇa conseguendo lo stato di arhat; nella terza si collocherebbero invece solo coloro che hanno come obiettivo religioso la liberazione della sofferenza per tutti gli esseri senzienti e che quindi mirano ad un Nirvāṇa superiore rispetto a quello degli arhat considerato 'inferiore' come la loro via spirituale (hīnayāna). Il Nirvāṇa di questi, detti i bodhisattva, è indicato come "non dimorante" (apratiṣṭhitanirvāṇa) ovvero oltre la dualità tra Saṃsāra e Nirvāṇa e che non abbandona gli altri esseri senzienti nella sofferenza. In questo senso Atteso che inizialmente il Mahāyāna sembra condividere gli stessi luoghi di pratica del Buddhismo non-Mahāyāna occorre chiarire quando queste due correnti buddhiste si separarono. Dopo un'accurata analisi dei reperti archeologici disponibilie Gregory Schopen conclude: Quindi, fatto salvo un'iscrizione epigrafica scoperta nel 1977 che fa riferimento al Buddha mahāyāna Amithāba nonché di un'iscrizione che menziona l'esistenza di "tre veicoli" (yāna) rinvenuta a Charsadda e risalente al 55 d.C., non ci sono prove di un'"istituzione" mahāyāna separata dalla restante comunità prima del IV secolo, nonostante sia evidente per gli studiosi che la letteratura scritta che va sotto l'alveo dottrinale mahāyāna fosse già presente in India da diversi secoli. Paul Williams ritiene improbabile una presenza della letteratura Mahāyāna prima della stesura per iscritto della letteratura buddhista riguardante gli Āgama-Nikāya ovvero prima del I secolo a.C., contro questa ipotesi si pone Tilmann Vetter per il quale vi sarebbero prove evidenti di una trasmissione orale del più antico materiale Mahāyāna. Se quindi c'è generale consenso tra gli studiosi nel ritenere che le prime opere scritte contenenti dottrine mahāyāniste compaiano nei secoli a cavallo della nostra Era e che, fatto salvo casi sporadici, non siano presenti rilevanze archeologiche che testimonino una presenza istituzionalizzata del Mahāyāna se non a partire dal IV secolo, resta da comprendere l'origine del movimento mahāyānista che si diffuse lentamente nei monasteri buddhisti. Akira Hirakawa ritiene che tale movimento sia di origine prevalentemente laicale e legato al culto degli stūpa. Schopen è di tutt'altro avviso notando che le iscrizioni archeologiche sono quasi tutte monastiche, concludendo che: Anche Paul Harrison e Sasaki Shizuka ritengono che il movimento mahāyānista sia di stretta origine monastica. Paul Williams ricorda come i recenti lavori di Paul Harrison sui frammenti della letteratura mahāyāna nonché i suoi antichi sūtra conservati nel Canone cinese, e solo recentemente studiati, nonché le conclusioni degli studi archeologici effettuati da Gregory Schopen, possano far concludere che il nucleo centrale del Mahāyāna sia certamente monastico e che il punto centrale del Mahāyāna primitivo corrisponda all'aspirazione della perfetta buddhità ovvero al voto del bodhisattva da contrapporre a coloro che seguivano un sentiero 'inferiore' mirando alla liberazione della sola propria sofferenza invece di mirare a quella di tutti gli esseri senzienti. Questi monaci mahāyāna corrisponderebbero ad asceti della foresta tesi a tornare allo spirito buddhista primitivo: Il fatto che i primi mahāyānisti fossero dei monaci asceti delle foreste spiegherebbe, secondo Harrison, la scarsità di testimonianze archeologiche nei loro confronti. La tesi di un Mahāyāna fondato da monaci conservatori e asceti delle foreste sarebbe dimostrata, secondo Gregory Schopen, anche dall'analisi di un sūtra mahāyāna molto antico, il Maitreyamahāsiṃhanāda (Ruggito del Leone di Maitreya), risalente al I secolo d.C. dove viene raccomandata l'ascesi monastica nelle foreste, la svalutazione della vita laicale e la denigrazione dell'adorazione degli stūpa. Anche l'origine geografica del "movimento" mahāyānista è stata a lungo dibattuta tra gli studiosi. Così Luis O. Gòmez: Mario Piantelli evidenzia come I sūtra Mahāyāna Il corpus dottrinale Mahāyāna è oggi raccolto nel Canone cinese (大藏經 Dàzàng jīng) e nel Canone tibetano (nel Kanjur e nel Tanjur), così denominati in base alle lingue con cui questa letteratura viene riportata. Conserviamo comunque diverse opere Mahāyāna, integrali, anche in sanscrito ibrido e in khotanese nonché numerosi frammenti in altre lingue spesso rinvenuti lungo le oasi della Via della Seta. Secondo la tradizione Mahāyāna molti di questi sūtra furono predicati dallo stesso Buddha Śākyamuni, Luis O Gòmez evidenzia tuttavia come siano le stesse tradizioni mahāyāna a smentire questo dato storico quando sostengono che questi sūtra furono trasmessi dal Buddha solo a dei bodhisattva e a degli "esseri celesti" che li nascosero per alcuni secoli nelle profondità della terra o degli oceani per farli riemerge nei primi secoli della nostra Era. La tradizione Mahāyāna sarebbe comunque originata dalla messa per iscritto della sua prima letteratura (I secolo a.C.), e quindi dalla sua diffusione lungo i monasteri buddhisti indiani; secondo Tilmann Vetter vi sarebbero tuttavia prove evidenti di una precedente trasmissione orale del più antico materiale Mahāyāna. La più antica letteratura Mahāyāna ad oggi conservata appartiene al ciclo dei Prajñāpāramitāsūtra. Successivamente tale letteratura si espande e si diffonde, raggiungengo oltre le mille opere che si propagano lungo l'Asia centrale e l'Estremo Oriente, giungendo, a partire dallo scorso secolo, in Occidente. Il "ciclo" dei Prajñāpāramitāsūtra Mario Piantelli riporta l'opinione di numerosi studiosi per cui lĀryaprajñāpāramitāratnaguṇasañcayagāthā (Strofe del cumulo di pregi [che sono] le gemme della Nobile Perfezione della Conoscenza) giunta a noi in sanscrito ibrido, raccolta nel Canone tibetano e risalente al I secolo a.C., sarebbe il testo più antico di questa letteratura ad oggi disponibile. Da questo primo testo originerebbe il successivo Aṣṭasāhasrikāprajñāpāramitā (Sutra della Perfezione della Conoscenza in ottomila versi) giunto fino a noi in alcune versioni sanscrite e cinesi. In cinese la prima traduzione di questo sūtra è in dieci fascicoli e risale al 172 d.C. per opera di Lokakṣema con il titolo 道行般若經 (Dàoxíngbōrějīng conservato nel Canone cinese al T.D. 179). Di poco successivo il Pañcaviṃśatisāhasrikāprajñāpāramitāsūtra (Sutra perfezione della saggezza in venticinquemila versi) tradotto nella lingua cinese nel 286 da Dharmarakṣa con il titolo 光讚般若波羅蜜經 (Guāngzànbōrěbōluómìjīng e conservato al T.D. 222). A seguire gli altri Prajñāpāramitāsūtra, tra i quali ricordiamo: Il Śatasāhasrikāprajñā-pāramitāsūtra (Sutra della perfezione della saggezza in centomila stanze). LAṣṭādaśa-sāhasrikā-prajñā-pāramitāsūtra (Sutra della perfezione della saggezza in diciottomila stanze). Il Daśa-sāhasrikā-prajñā-pāramitāsūtra (Sutra della perfezione della saggezza in diecimila stanze). Il Prajñāpāramitā ratnaguṇasaṃcayagāthā (Sutra condensato della perfezione della saggezza). Il Saptaśatika- prajñā-pāramitāsūtra (Sutra della perfezione di saggezza in settecento righe). Il Pañcaśatika- prajñā-pāramitāsūtra (Sutra della perfezione di saggezza in cinquecento righe). Il Prajnaparamita- arasadhika- sutra (Sutra della perfezione di saggezza in cinquanta righe). Il Prajñāpāramitā-naya-śatapañcaśatikā (Sutra della perfezione di saggezza in centocinquanta metodi). Il Pañcaviṃśatika- prajñāpāramitā-mukha (Venticinque porte della perfezione della saggezza). Lo Svalpākṣara-prajñāparamitā (La perfezione della saggezza in poche parole). LEka ksarimatanama sarva-tathāgata prajñāpāramitā (La perfezione della saggezza in una lettera madre dei Tathagata). Il Kauśika prajñāpāramitā (La perfezione della saggezza per Kausika). Il Suvikrāntavikrāmi-paripṛcchā-prajñāpāramitā-sūtra (Le domande di Suvrikantavikramin). Il Vajracchedika prajñāpāramitā sūtra (Il Sutra del Diamante che recide). Il Prajñāpāramitā Hṛdaya sūtra (Il Sutra del Cuore della perfezione di saggezza). L'autore o gli autori dei primi Prajñāpāramitā sūtra sono, a detta di Paul Williams, dei dharmabhāṇaka (predicatori del Dharma) piuttosto che degli esegeti. Essi ripetono costantemente, in questa letteratura religiosa, tre precisi messaggi: La perfezione (Pāramitā) più elevata è la prajñā (saggezza o conoscenza non mondana); Il contenuto della prajña è la vacuità (Śūnyatā); Il contesto realizzativo di tutto ciò è il sentiero del Bodhisattva (Bodhisattvayāna) ovvero quello intrapreso dal praticante buddhista che non mira alla salvezza personale raggiungendo lo stato di arhat, bensì alla salvezza di tutti gli esseri senzienti e quindi alla stessa buddhità. Il Sutra del Loto (Saddharmapuṇḍarīkasūtra) Composto nella sua forma definitiva tra il I secolo e il II d.C., il Sutra del Loto contiene alcune parti che si possono forse far risalire a poco prima dell'inizio della nostra Era. Tradotto in più lingue questo sutra è stato diffuso lungo l'Asia centrale e l'Estremo Oriente divenendo in molti luoghi il sutra buddhista di riferimento per quelle comunità religiose. Esso si compone di un insieme di racconti fantastici o sovrannaturali aventi lo scopo di 'rivelare' al suo lettore una diversa interpretazione del mondo. In questo sutra il Buddha Śākyamuni presenta il Buddhaekayāna (il veicolo unico del Buddha) in cui verrebbero riassunti tutte le altre 'vie' buddhiste compresa quella dello Śrāvakayāna (o Hīnayāna). Il Dharma profondo è espresso dal Buddha non con l'esposizione della dottrina delle Quattro nobili verità (catvāri-ārya-satyāni) ma con quella della Tathātā ovvero della Realtà per come essa è. In questo sutra tutti i buddha dei diversi mondi e universi vengono ad omaggiare con i loro bodhisattva il Buddha Śākyamuni, il buddha della terra di sahā, la nostra terra, come ad indicare la centralità della vita quotidiana per il praticante buddhista che non dovrebbe rivolgersi ad altri buddha cosmici. Infine il Buddha Śākyamuni afferma di essere il Buddha eterno, ovvero di non essere mai entrato nel parinirvāṇa (estinzione definitiva) e di aver conseguito la bodhi da tempo immemorabile. In questo il sutra vuole indicare che il buddha stesso è "incarnato" nel Dharma (così come il Dharma si "incarna" nel Buddha) e nelle pratiche bodhisattviche. L'Avataṃsakasūtra (Il Sutra della Ghirlanda fiorita) LAvataṃsakasūtra (il suo titolo completo è Buddhâvataṃsakamahāvaipulyasūtra) è una collezione di sutra che sono stati raccolti e collegati tra loro sotto questo titolo intorno al IV-V secolo d.C. La dottrina qui esposta, soprattutto nel Gaṇḍavyūhasūtra che ne rappresenta l'ultimo capitolo, è la descrizione del mondo visto dai buddha e dai bodhisattva avanzati (āryabodhisattva). Un mondo quindi fondato sulla visione della Realtà percepita da un profondo stato meditativo. Il mondo dei buddha viene indicato con il termine dharmadhātu (Regno della Realtà assoluta) esso si sovrappone a quello umano indicato come lokadhātu (Regno mondano). Nel dharmadhātu la Realtà esprime la sua vacuità (śūnyatā) e la totale compenetrazione tra tutti i fenomeni che lo compongono. I buddha agiscono nel lokadhātu affinché gli essere lì relegati possano percepire il dharmadhātu e quindi raggiungere la bodhi. Un altro capitolo importante dellAvataṃsakasūtra è il Daśabhūmikasūtra (Sutra delle dieci terre), il principale sūtra mahāyāna che enuncia la dottrina delle bhūmi mediante le quali il bodhisattva può procedere per realizzare il pieno risveglio, indicando nella bodhicitta (Mente del Risveglio, ovvero l'aspirazione ad ottenere il Risveglio) il primo passo per entrarvi. Il Śūraṃgamasamādhisūtra Il Mahāsaṃnipātasūtra Il "ciclo" dei sūtra Sukhāvatī (la letteratura della Terra Pura) Il Vimalakīrtinirdeśasūtra Il Mahāyāna Mahāparinirvāṇasūtra Il Mahāyāna Mahāparinirvāṇasūtra è la rivisitazione mahāyāna degli ultimi giorni di vita del Buddha Śākyamuni con i relativi ultimi insegnamenti. Se gli eventi riportati coincidono in parte con il Mahāparinirvāṇasūtra contenuto nello Āhánbù o con il Mahāparinibbānasutta del Canone pāli, questi di origine hīnayāna, gli insegnamenti riportati sono totalmente differenti, insistendo il testo mahāyāna su dottrine quali, ad esempio, il Tathāgatagarbha. La dottrina contenuta nella prima parte del sūtra consiste nel considerare il parinirvāṇa del Buddha Śākyamuni come una morte "apparente" e in realtà mai avvenuta. Il corpo del Buddha, qui indicato come Dharmakāya o abhedavajrakāya, sarebbe in realtà adamantino e indistruttibile e la sua vita sarebbe incalcolabile. Quello del Buddha è quindi un mahānirvāṇa, differente dal nirvāṇa degli arhat, i quali non hanno la consapevolezza del buddhadhātu ma solo l'assenza delle afflizioni (kleśa. La seconda parte contiene un insieme di dottrine che vanno da una lettura, sempre docetista, della vita terrena del Buddha e delle sue precedenti attività bodhisattviche, a delle interpretazioni delle regole monastiche (vinaya) alla dottrina del mòfǎ, a quella esoterica del tathāgatagarbha. Inoltre in questo sūtra buddhista il Buddha, il Tathāgata, è visto possedere le guṇapāramitā (la "perfezione delle qualità": "beatitudine", "permanenza", "purezza" e "Sé") ovvero le quattro qualità opposte che affliggono gli esseri senzienti (vedi: viparyāsa). Non solo, le guṇapāramitā sono potenzialmente in tutti gli esseri senzienti, in quanto la loro autentica natura è il tathāgatagarbha. Dal che, a differenza di altre dottrine buddhiste, la dottrina dello anātman viene indicata come saṃvṛtisatya (假諦) ovvero come "verità convenzionale" in quanto lo Śākyamuni avrebbe inteso rigettare solo il "sé" condizionato per liberare il vero "Sé" (mahātman; cinese: 大我, dàwǒ; giapponese: daigo)), nel nirvāṇa, per manifestare il buddhadhātu. Il Saṃdhinirmocanasūtra Il Laṅkāvatārasūtra Il Tathāgatagarbhasūtra Il Kṣitigarbhasūtra Le dottrine Mahāyāna Dal punto di vista dottrinale, il buddhismo Mahāyāna venne delineato nelle scuole Madhyamaka e Cittamātra che fiorirono nell'India settentrionale soprattutto presso l'Università buddhista di Nālandā. Questi insegnamenti contengono tra loro importanti differenziazioni, conservando tuttavia in comune l'importanza della figura del bodhisattva, ovvero del praticante buddhista, laico o monaco, che potendo raggiungere la meta del nirvāṇa vi rinuncia per aiutare tutti gli esseri senzienti ad entrarvi prima di lui, e la centralità dell'insegnamento della vacuità (sanscrito: śunyātā) peraltro già presente negli antichi Āgama-Nikāya. Va precisato che alcuni di questi insegnamenti, che solo successivamente acquisirono il nome Mahāyāna, almeno dal punto di vista scritturale sono databili nello stesso periodo di quelli riferiti al Buddhismo dei Nikāya, ovvero intorno l'inizio della nostra era. Questo fatto daterebbe l'avvio dottrinale del Mahāyāna, e quindi del Mahāyāna medesimo, intorno a quel periodo. Gli insegnamenti Mahāyāna si sono diffusi durante l'Impero Kushan e lì hanno progressivamente integrato e quindi sostituito le antiche scuole dette del Buddhismo dei Nikāya giungendo fino in Cina e in Tibet, per poi diffondersi in tutta l'Asia centrale e orientale. Secondo Icilio Vecchiotti il progressivo sviluppo dottrinale del Mahāyāna è causa di una graduale migrazione del Buddhismo stesso verso dottrine idealistiche: Il bodhisattva, la prajñā, la śūnyatā e la tathātā Lekayāna, il buddha eterno e il trikāya Il Madhyamaka e la Triplice verità Il Cittamātra e lālayavijñāna La natura di Buddha e il tathāgatagarbha Note Bibliografia Paul Williams. Il Buddhismo dell'India. Roma, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini , 2002 ISBN 978-88-340-09956 Paul Williams. Il Buddhismo Mahāyāna. Traduzione di Giorgio Milanetti. Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini , Roma, 1990 ISBN 978-88-340-09956 Richard H. Robinson e Williard L. Johnson. La religione buddhista. Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini , Roma, 1998 ISBN 978-88-340-12680 Voci correlate Bodhisattva Vacuità Tathātā Madhyamaka Cittamātra Natura di Buddha Altri progetti Collegamenti esterni
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Buddhismo
Il buddhismo (in sanscrito: buddha-śasana) o, più comunemente, buddismo è una delle religioni più antiche e diffuse al mondo. Originato dagli insegnamenti dell'asceta itinerante indiano Siddhārtha Gautama (VI, V sec. a.C.), comunemente si riassume nelle dottrine fondate sulle quattro nobili verità (sanscrito: Catvāri-ārya-satyāni). Nel mondo ha tra i 350 e i 550 milioni di fedeli. Con il termine buddhismo si indica quell'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato. Sorto nel VI-V secolo a.C. come disciplina spirituale assunse nei secoli successivi i caratteri di dottrina filosofica e, secondo alcuni autori, di religione "ateistica", intendendo con quest'ultimo termine non la negazione dell'esistenza degli dei (deva), quanto piuttosto il fatto che la devozione ad essi, fatto comunque considerato positivo, non condurrebbe alla liberazione ultima. Altri considerano i libri sacri buddhisti (Canone pāli, Canone cinese e Canone tibetano) testi che non divinizzano Siddhārtha Gautama Buddha sakyamuni ma Adi-Buddha o Buddha eterno, concetti buddhisti equivalenti a Dio; tuttavia non è una concezione affine a quella della divinità in senso occidentale, quanto, nel buddhismo Mahāyāna, il principio della buddhità, raffigurato a volte nelle figure dei Buddha come Vairocana o Amitabha, manifestatosi storicamente come Gautama. Il Mahāyāna venera anche i bodhisattva, esseri vicini all'illuminazione. A partire dall'India il buddhismo si diffuse nei secoli successivi soprattutto nel Sud-est asiatico e in Estremo Oriente, giungendo, a partire dal XIX secolo, anche in Occidente. Di seguito l'elenco dei praticanti Buddhisti per singolo paese: 98% 95% 95% 90% 85% 70% 53% 40% 35% 33% 23% 20% 20% 16% 9% 5% 2% Origini del termine La parola buddhismo fu introdotta in Europa nel XIX secolo per riferirsi a ciò che è correlabile agli insegnamenti di Siddhārtha Gautama in quanto Buddha. In realtà un'unica parola per esprimere questo concetto non esiste in nessuno dei paesi asiatici originari di tale tradizione religiosa.. La traduzione dei termini originari letteralmente va intesa come "insegnamento del Buddha" (sanscrito buddha-śāsana, pāli buddha-sāsana, cinese 佛教 pinyin fójiào Wade-Giles fo2-chiao4, giapponese bukkyō, tibetano sangs rgyas kyi bka''' , coreano 불교 pulgyo, vietnamita phật giáo). Originariamente "l'insegnamento del Buddha" si denominava come dharma Vinaya (pāli dhamma-vinaya, cinese 法律 fǎlǜ, giapponese hōritsu, tibetano chos 'dul ba, coreano 법률 pŏmnyul, vietnamita phật pháp), ma questa denominazione non ha avuto quella diffusione nelle lingue asiatiche diverse dal sanscrito quanto invece la denominazione buddha-śāsana. Altri termini sanscriti con cui viene indicato il buddhismo, nella sua accezione di religione esposta dal Buddha Shakyamuni, sono: buddhânuśāsana, jinaśāsana, tathāgataśāsana, dharma, buddhânuśāsti, śāsana, śāstuḥ ma anche buddha-dharma e buddha-vacana. Storia La storia del buddhismo inizia nel VI-V secolo a.C., con la predicazione di Siddhārtha Gautama. Nel lungo periodo della sua esistenza, la religione si è evoluta adattandosi ai vari Paesi, epoche e culture che ha attraversato, aggiungendo alla sua originale impronta indiana elementi culturali ellenistici, dell'Asia Centrale, dell'Estremo Oriente e del Sud-Est Asiatico; la sua diffusione geografica fu considerevole al punto da aver influenzato in diverse epoche storiche gran parte del continente asiatico. La storia del buddhismo, come quella delle maggiori religioni, è anche caratterizzata da numerose correnti di pensiero e divisioni, con la formazione di varie scuole; tra queste, le più importanti esistenti sono la scuola Theravāda, le scuole del Mahāyāna e le scuole Vajrayāna. I fondamenti del buddhismo I fondamenti del buddhismo dei Nikāya e del Buddhismo Theravāda All'origine e a fondamento del buddhismo dei Nikāya e del buddhismo Theravāda troviamo le quattro nobili verità. Si narra che il Buddha, meditando sotto l'albero della Bodhi, le comprese nel momento del proprio risveglio spirituale. Esse sono riportate in vari discorsi del Canone pāli, a cominciare dal Dhammacakkappavattana Sutta del Saṃyutta Nikāya, e nel Canone cinese nello Záhánjīng (雜含經, giapp. Zōgon agonkyō, collocato nello Āhánbù, T.D. 99.2.1a-373b), traduzione in cinese del testo sanscrito Saṃyuktāgama al cui interno è collocato il Dharmacakrapravartana Sūtra. Questo è, sempre secondo la tradizione, il primo discorso del Buddha, tenuto nel parco delle gazzelle nei pressi di Sarnath vicino Varanasi (detta anche Benares) nel 528 a.C. ai suoi primi cinque discepoli, all'età di 35 anni, dopo che nei pressi del villaggio di Bodhgaya, nell'odierno Stato del Bihar, aveva raggiunto il risveglio spirituale. Questo discorso è quindi anche detto il "Discorso di Benares", fondamentale per il buddhismo, che da esso prende le mosse, tanto da essere considerato l'evento che dà inizio al dharma, ossia la dottrina buddhista. La ricorrenza di questo evento è celebrata nei paesi di tradizione theravāda con la festa di Āsāḷha Pūjā. Da altri è invece considerato il punto d'inizio della prima comunità buddhista, formata proprio da quei cinque asceti che lo avevano abbandonato anni prima sfiduciati, dopo essere stati a lungo suoi discepoli. In questo discorso si identifica il buddhismo come "la via di mezzo" (sanscrito madhyamā pratipadā, pāli majjhimā pāṭipadā) in cui si riconosce che la retta condotta risiede nella linea mediana di condotta di vita evitando tanto gli eccessi e gli assolutismi, quanto il lassismo e l'individualismo. Nell'esposizione di questo insegnamento il Buddha enuncia le quattro nobili verità, frutto del proprio risveglio spirituale testé raggiunto, che contemplano l'aspetto pratico della condotta di vita e della pratica spirituale buddhista nel cosiddetto Nobile ottuplice sentiero, che costituisce il secondo cardine dottrinale del buddhismo. I punti salienti della visione buddhista della "realtà percettiva" indirizzata dall'insegnamento del Buddha, sono: La dottrina della sofferenza o duḥkha (sans., dukkha, pāli), ossia che tutti gli aggregati (fisici o mentali) sono causa di sofferenza qualora li si voglia trattenere ed essi cessino, oppure si voglia separarsene ed essi permangano. La dottrina dell'impermanenza o anitya (sans., anicca, pāli), ossia che tutto quanto è composto di aggregati (fisici o mentali) è soggetto alla nascita ed è quindi soggetto a decadenza ed estinzione con la decadenza ed estinzione degli aggregati che lo sostengono; La dottrina dell'assenza di un io eterno e immutabile, la cosiddetta dottrina dellanātman (sans., anattā, pāli) come conseguenza di una riflessione sui due punti precedenti. Tale visione è integrata nella: Dottrina della coproduzione condizionata (sans. pratītyasamutpāda, pāli paṭiccasamuppāda), ossia del meccanismo di causa ed effetto che lega gli esseri alle illusioni e agli attaccamenti che costituiscono la base della sofferenza esistenziale; Dottrina della vacuità (sans. śunyātā, pāli: suññatā) che insiste sull'inesistenza di una proprietà intrinseca nei composti e nei processi che formano la realtà e sulla stretta interdipendenza degli stessi. Un elemento importante del buddhismo, riportato in tutti i Canoni, è la conferma dell'esistenza delle divinità come già proclamate dalla letteratura religiosa vedica (i deva, tuttavia, nel buddhismo sono sottomessi alla legge del karma e la loro esistenza è condizionata dal saṃsāra). Così nel Majjhima Nikāya 100 II-212 dove al brahmano Sangarava che gli chiedeva se esistessero i Deva, il Buddha storico rispose: «I Deva esistono! È questo un fatto che io ho riconosciuto e su cui tutto il mondo è d'accordo». Sempre nei testi che raccolgono i suoi insegnamenti, testi riconosciuti tra i più antichi in assoluto e conservati sia nel Canone pāli che nel Canone cinese e che la storiografia contemporanea inquadra nel termine Āgama-Nikāya, il Buddha storico consiglia a due brāhmaṇa che, dopo aver dato da mangiare a uomini santi, si debba dedicare questa azione alle divinità (deva) locali che restituiranno l'onore concesso loro assicurando il benessere dell'individuo (Digha-nikāya, 2,88-89). È evidente, a partire da questi due antichi brani, la certezza da parte del Buddha storico che le divinità esistessero e andassero onorate. A differenza, tuttavia, delle altre correnti religiose dell'epoca, il Buddha ritiene che le divinità non possano offrire all'uomo la salvezza dal saṃsāra, né un significato ultimo della propria esistenza. Va precisato, peraltro, che non esiste, né è mai esistita alcuna scuola buddhista al mondo che affermi, o abbia affermato, l'inesistenza delle divinità. Tuttavia la totale mancanza di centralità delle divinità nelle pratiche religiose e nelle dottrine buddhiste di tutte le epoche ha fatto considerare, da parte di alcuni studiosi contemporanei, il buddhismo come una religione 'atea'. I fondamenti del buddhismo Mahāyāna A questo quadro dottrinario, proprio del buddhismo dei Nikāya e del buddhismo Theravāda, il buddhismo Mahāyāna aggiunge le dottrine esposte nei Prajñāpāramitā sūtra e nel Sutra del loto. All'interno di questi insegnamenti la dottrina della vacuità (sans. śunyātā) acquisisce un ruolo assolutamente centrale in quanto rende correlate, nella Realtà assoluta, tutte le altre realtà e dottrine. Questa unificazione nella vacuità, ovvero di privazione di sostanzialità inerente, fa dichiarare al patriarca del Mahāyāna, Nāgārjuna: Per il Sutra del Loto inoltre: Questa presentazione delle quattro nobili verità nella parte più antica del Sutra del Loto indica che, secondo le dottrine esposte in questo Sutra e attribuite da questo testo allo stesso Buddha Śākyamuni, tale dottrina non esaurisce l'insegnamento buddhista il quale deve invece mirare allanuttara-samyak-sambodhi ovvero all'illuminazione profonda e non limitarsi al nirvāṇa generato dalla comprensione delle quattro nobili verità. Nel suo complesso anche il Sutra del Loto non insiste sulle dottrine del duḥkha (la sofferenza, la prima delle quattro nobili verità) e dellanitya (impermanenza dei fenomeni) quanto piuttosto su quelle dellanātman e dello śūnyatā (assenza di sostanzialità inerente a tutti i fenomeni). Il Dharma esposto nei primi 14 capitoli del Sutra del Loto corrisponde alla verità dell'apparire dei fenomeni secondo la causazione che segue le dieci condizioni (o "talità", sanscrito tathata) descritte nel II capitolo del Sutra. Il Dharma profondo è quindi nella comprensione della causa dei fenomeni; la realizzazione spirituale, la bodhi profonda (lanuttarā-samyak-saṃbodhi), consiste nel comprendere questa "causa" dell'esistere, mentre la verità della sofferenza (duḥkha), come anche la dottrina dellanitya, implica solo un giudizio. Nel Sutra del Loto non viene quindi enfatizzata la verità della sofferenza contenuta nelle quattro nobili verità. Ecco perché quando il Buddha è sollecitato a insegnare la Legge "profonda" (nel II capitolo) non la esprime con la dottrina delle quattro nobili verità (considerata nel Sutra come dottrina hīnayāna) ma la esprime secondo le dieci talità (o condizioni, sanscrito tathātā, dottrina mahāyāna). I fondamenti del buddhismo Mahāyāna-Vajrayāna La terza grande corrente del buddhismo esistente in epoca contemporanea, la corrente Vajrayāna (Veicolo del diamante), è essa stessa uno sviluppo del buddhismo Mahāyāna. Alle dottrine proprie del Mahāyāna quali ad esempio la vacuità (śunyātā), karuṇā, la bodhicitta il Vajrayāna aggiunge, allo scopo di poter realizzare "in questo corpo e in questa vita" l'"illuminazione profonda", alcuni insegnamenti "segreti" denominati come tantra e riportati nella propria letteratura religiosa. Canoni buddhisti Fra i testi più antichi del buddhismo si annoverano i cosiddetti canoni: il Canone pāli (o Pāli Tipitaka), il Canone cinese (in cinese: ), e il Canone tibetano (composto dal Kangyur e dal Tenjur) così denominati in base alla lingua degli scritti. Il Canone pāli è proprio del buddhismo Theravāda, e si compone di tre piṭaka, o canestri successivamente raccolti in 57 volumi: il Vinaya Piṭaka, o canestro della disciplina, con le regole di vita dei monaci; il Sutta Piṭaka o canestro della dottrina, con i sermoni del Buddha; infine lAbhidhamma Piṭaka o canestro della fenomenologia in ambito cosmologico, psicologico e metafisico, che raccoglie gli approfondimenti alla dottrina esposta nel Sutta Piṭaka. Il Canone cinese si compone di 2.184 testi a cui vanno aggiunti 3.136 supplementi tutti raccolti successivamente in una edizione in 85 volumi. Il Canone tibetano si suddivide in due raccolte, il Kangyur (composto da 600 testi, in 98 volumi, riporta discorsi attribuiti al Buddha Shakyamuni) e il Tanjur (Raccolta, in 224 volumi, di 3.626 testi tra commentari e insegnamenti). Parte dei Canoni cinese e tibetano si rifanno ad un precedente Canone tradotto in sanscrito ibrido sotto l'Impero Kushan e poi andato in buona parte perduto. Questi due Canoni furono adottati dalla tradizione Mahāyāna che prevalse sia in Cina che in Tibet. Il Canone sanscrito riportava tutti i testi delle differenti antiche scuole e dei differenti insegnamenti presenti nell'Impero Kushan. La traduzione di tutte queste opere dalle originali lingue pracritiche a quella sanscrita (una sorta di lingua dotta 'internazionale' come lo fu il latino nel Medioevo europeo) fu voluta dagli stessi imperatori kushan. Buona parte di questi testi furono successivamente trasferiti in Tibet e in Cina sia da missionari kushani (ma anche persiani, sogdiani e khotanesi), sia riportati in patria da pellegrini. Da segnalare che le regole monastiche (Vinaya) delle scuole presenti in Tibet e in Cina derivano da due antichissime scuole indiane (vedi buddhismo dei Nikāya), rispettivamente dalla Mūlasarvāstivāda e dalla Dharmaguptaka. Correnti del buddhismo In India Il buddhismo nacque in India, paese d'origine, approssimativamente attorno al VI secolo a.C. Tuttavia, durante più di 1500 anni di storia il buddhismo indiano ha sviluppato indirizzi e interpretazioni diverse, anche estremamente complesse. Lo sviluppo di tale complessità si rese necessario con il continuo confronto dottrinale sia all'esterno delle Comunità monastiche con le scuole brahmaniche e jaina, sia all'interno delle stesse per svelare progressivamente gli insegnamenti (soprattutto i cosiddetti "inesprimibili", sanscrito avyākṛtavastūni) contenuti negli antichi Āgama-Nikāya. Le scuole nate nel sub-continente indiano nel corso di questi 1500 anni di storia sono suddivisibili in tre gruppi: Il buddhismo dei Nikāya, un insieme di scuole buddhiste sorte nei primi secoli dopo la morte del Buddha Śākyamuni (vedi anche Concili buddhisti) che non riconoscevano la canonicità degli insegnamenti riportati nei Prajñāpāramitā sūtra e nel Sutra del Loto, scritture successivamente denominate come sūtra Mahāyāna e che compaiono nel Canone cinese e nel Canone tibetano. Da una di queste scuole del buddhismo dei Nikāya, la Vibhajyavāda, origina l'importante scuola cingalese, ancora diffusa nel Sud-Est asiatico, denominata Theravāda. buddhismo Mahāyāna o del «Grande Veicolo», sviluppatosi a partire da alcune comunità buddhiste antiche ma con l'accoglimento degli insegnamenti riportati nei Prajñāpāramitā Sūtra e del Sutra del Loto. Buona parte del buddhismo indiano a partire dal II secolo fino alla sua scomparsa è rappresentato o influenzato da questa corrente, in seno alla quale meritano particolare menzione gli indirizzi Madhyamaka, Cittamātra e il buddhismo Vajrayāna. La quasi totalità delle differenti scuole presenti in Estremo Oriente appartengono a questo Veicolo. Il buddhismo tantrico è anch'esso Mahāyāna, e rappresenta la controparte buddhista di un fenomeno più ampio nelle religioni dell'India, il tantrismo, che ha influenzato anche l'Induismo. Si sviluppò in seno al buddhismo Mahāyāna e ne influenzò profondamente la pratica, almeno dal VI secolo in poi. Anche noto come Mantrayāna, la sua forma più organizzata è più conosciuta come buddhismo Vajrayāna o Veicolo del Diamante. Antiche cronache del buddhismo come la "Storia dell'avvento del dharma in India" (tib. rGyar-gar chos-'byung) redatta nel 1608 dallo storico tibetano Tāranātha Kunga Nyingpo attestano che, almeno dal X secolo, i centri universitari buddhisti in India dispensavano soprattutto insegnamenti tantrici. Pressoché tutte le scuole tibetane, ma anche diverse scuole estremo-orientali come la giapponese Shingon, appartengono a questa tradizione. Il buddhismo fuori dall'India Tra le tradizioni che fuori dall'India hanno avuto una lunga storia e un'evoluzione in parte indipendente ricordiamo: Il buddhismo Theravāda o degli Anziani: Sri Lanka, Myanmar, Thailandia, Cambogia e Laos. Il buddhismo cinese, che è storicamente all'origine del buddhismo coreano, del buddhismo giapponese e di una parte del buddhismo vietnamita. Dal buddhismo giapponese proviene la scuola buddhista Zen che unitamente al nuovo movimento religioso, anch'esso di origine giapponese, Soka Gakkai, risulta tra le scuole buddhiste più diffuse in Occidente. Il buddhismo tibetano praticato in Tibet e in Mongolia e in epoche diverse in Cina, Ladakh, Bhutan, parti del Nepal, presso i Tatari e i Calmucchi in Europa, nello Yunnan nord-orientale e, un tempo, come buddhismo Vajrayāna in Asia Centrale, Kashmir, Giava, Birmania e Bengala. Il buddhismo in Occidente presente negli Stati Uniti, in Europa (sono organizzati e rappresentati dall'Unione Buddhisti Europea) e anche in Canada in Australia. Note Bibliografia Di seguito una bibliografia ragionata dei testi 'del' e 'sul' buddhismo in lingua italiana. Testi storiografici sul buddhismo, tutte le scuole e tutti i paesi Testi canonici afferenti al buddhismo dei Nikāya o al buddhismo Theravāda Sono i testi ritenuti canonici da tutte le scuole buddhiste. Occorre ricordare che la scuola Theravāda considera "canoniche" solo le opere contenute nel Canone pāli. Nyanaponika Thera. Il cuore della meditazione buddhista, Roma, Ubaldini Editore, 1978. Contiene una selezione di scritti dal Canone pāli, dal Canone tibetano nonché un sūtra, lo Śālistambasūtra, scoperto agli inizi dello scorso secolo nel Gilgit. Contiene il Dhammapada, Itivuttaka e il Suttanipata estratti dal Canone pāli. È la pubblicazione della terza raccolta contenuta nel Sutta Piṭaka del Canone pāli, il Saṃyutta Nikāya «Raccolta dei gruppi» È la pubblicazione (in due volumi) della quinta raccolta contenuta nel Sutta Pitaka del Canone pali, il Khuddaka Nikāya «Raccolta dei testi brevi» il Majjhima Nikāya tradotto in italiano, tre volumi Testi canonici per il buddhismo Mahāyāna Sono testi considerati canonici solo dalle scuole del buddhismo Mahāyāna e del buddhismo Vajrayāna. Non sono ritenuti canonici dalla scuola Theravāda e dalle altre scuole del buddhismo dei Nikāya, queste ultime tutte scomparse. Contiene una raccolta di sūtra del buddhismo Mahāyāna (tra gli altri contiene una traduzione integrale del Śūraṃgamasamādhi sūtra) e di tantra'' del buddhismo Vajrayāna nonché commentari ed opere esegetiche estratti dal Canone cinese e dal Canone tibetano Contiene la traduzione del Sutra del Diamante e del Sutra del Cuore. Miscellanea Marco Simionato, Buddhismo e senso comune. Filosofia della meditazione, Padova University Press, Padova 2022, ISBN 978-88-6938-289-5; Free download. This work is licensed under a Creative Commons Attribution International License(CC BY-NC-ND) Voci correlate Gautama Buddha Buddha Storia del Buddhismo Concili buddhisti Buddhismo dei Nikāya Buddhismo Theravāda Buddhismo Mahāyāna Madhyamaka Vijnanavada Buddhismo Vajrayāna Buddhismo greco Buddhismo cinese Buddhismo giapponese Buddhismo coreano Buddhismo tibetano Buddhismo in Italia Quattro Nobili Verità Quattro Grandi Impegni Nobile Ottuplice Sentiero Precetti buddhisti Festività buddhiste Arte buddhista Bandiera buddhista Meditazione buddhista Devozioni buddhiste Adi-Buddha Buddha eterno Natura di Buddha Illuminazione nel buddismo Altri progetti Collegamenti esterni
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Battaglia di Morgarten
La battaglia di Morgarten fu combattuta alle falde del Morgarten il 15 novembre 1315 allorché un piccolo raggruppamento di fanti svizzeri inflisse una clamorosa sconfitta agli austriaci del duca Leopoldo I d'Asburgo, numericamente preponderanti. Morgarten fu una delle vittorie che segnarono la via all'indipendenza della Svizzera. Secondo la tradizione, l'eroe elvetico Guglielmo Tell avrebbe partecipato alla battaglia a fianco dei Confederati. Storia Antefatti Gli abitanti del Canton Svitto nei mesi precedenti avevano saccheggiato l'abbazia territoriale di Einsiedeln e il duca Leopoldo I, per chiudere la questione, decise di punire i confederati. Svolgimento Gli svizzeri, 1300 uomini circa, dei cantoni di Uri e Svitto, comandati da Lothold, presero posizione dietro il villaggio di Schornen, mentre un gruppo di 50 uomini circa si appostò sull'altura di Mattligürsch. Gli austriaci, forti del loro numero e della loro cavalleria pesante, avanzarono nella stretta tra il Mattligürsch e il lago di Ägeri, quando dal monte vennero colpiti da una pioggia di massi e tronchi, che gli svizzeri avevano appositamente preparato. Appena Lothold vide la cavalleria nemica scompigliata, inviò parte dei suoi uomini verso il monte e con il grosso delle sue forze attaccò. La cavalleria austriaca non poté manovrare per la strettezza della valle e per le pesanti armature. Le lunghe alabarde degli svizzeri, che attaccarono in colonne compatte e sostenute insieme alle truppe scese dal Mattligürsch, misero in fuga la cavalleria austriaca, che travolse la propria fanteria. Le compatte colonne svizzere continuarono l'attacco, piegando ogni resistenza. Alle 9 del mattino, a meno di 2 ore dall'inizio dello scontro, la battaglia era già vinta. Perdite 1500 austriaci rimasero sul terreno, mentre gli svizzeri subirono perdite minime, solo 14 uomini. Il duca Leopoldo si salvò a stento. Conseguenze nell'ars bellica La battaglia fu significativa perché vide l'affermazione della fanteria armata di picche e alabarde su unità di cavalleria pesante, una situazione precedentemente sperimentata anche nella battaglia di Courtrai dell'11 luglio 1302. In qualche misura segnò l'inizio della fine per la cavalleria pesante come elemento tattico decisivo, a vantaggio dei picchieri, che avrebbero dominato i campi di battaglia fino all'introduzione dei moschetti. Commemorazione della battaglia Il trionfo degli svizzeri fu completo e decisivo e un monumento sul luogo della battaglia ricorda il coraggio dei montanari. Il 15 novembre di ogni anno sul luogo si svolge un tiro storico commemorativo della battaglia. Il concorso si svolge sulle distanze di 300 m per il tiro con il fucile d'ordinanza militare e a 50 m per il tiro con la pistola d'ordinanza militare (dal 2015, 60 metri). Bibliografia Enciclopedia Militare, Milano, 1933 Annina Michel, Die Schlacht am Morgarten. Geschichte und Mythos. SJW Schweizerisches Jugendschriftenwerk, Zürich 2014, ISBN 978-3-7269-0654-2. Altri progetti Collegamenti esterni Morgarten, battaglia di Morgarten, battaglia di Morgarten, battaglia di Guerra nel 1315
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Ba'al Shem Tov
Noto anche con il soprannome di Besht (BeShT, acronimo di Baʻal Shem Tov), per la sua reputazione di guaritore itinerante, fondatore del moderno chassidismo: l'appellativo Baʿal Shem Ṭov significa infatti Maestro del Nome di Dio, ma può essere tradotto anche come Maestro del Buon Nome. Nome e origini Conosciuto principalmente tra gli ebrei religiosi come il santo Baal Shem, o più comunemente Baʿal Shem Ṭov. L'appellativo attribuito a ben Eliezer viene solitamente tradotto come Maestro del Buon Nome, ma sono possibili almeno altre due interpretazioni: Buon Maestro del Nome, considerando Baal Shem come un'unità, con il significato di un rabbino che usa i Nomi divini per curare malattie e fare miracoli - quindi un effettivo Baal Shem. Infatti, come si vedrà in seguito, Israel si creò una reputazione di guaritore e taumaturgo. Colui che ha una buona reputazione nella comunità, poiché idiomaticamente in ebraico Baal può significare uno caratterizzato da e Shem può significare reputazione, quindi: uno caratterizzato da una buona reputazione. Il nome Beshṭ (בעש"ט) — acronimo prodotto dalle parole iniziali del titolo, bet ajin šin tet — è tipicamente utilizzato nella scrittura piuttosto che durante un discorso. L'appellativo Baal Shem non era esclusivo di Ben Eliezer; tuttavia fu lui a divenire più strettamente identificato con tale titolo, dato che fu il fondatore dell'ebraismo chassidico. Le poche notizie biografiche del Besht sono così intrecciate a leggende e miracoli che in molti casi è difficile estrapolarne fatti storici. Gli stessi chassidim in merito a queste leggende ritengono che sia un insieme insolito di sospetti da un lato, e fede ingenua, quasi naïve, dall'altro. Il Rebbe Shlomo di Rodomsk ha dichiarato in sintesi: "Chi crede a tutte le storie di miracoli del Baal Shem Tov in Shivhei HaBaal Shem Tov è uno sciocco, ma chi nega che avrebbe potuto farli è un apikoros o miscredente." Allo stesso modo, il Rebbe Mordechai di Neshkiz spiega: "Anche se una storia su di lui in realtà non fosse mai avvenuta e non vi fosse stato un dato miracolo, era nel potere del Baal Shem Tov, possa la sua memoria essere una benedizione per la vita del mondo a venire, fare ogni cosa." Tuttavia, si ritiene che i suoi genitori fossero poveri - gente retta, onesta e pia. Quando Israel rimase orfano, la sua comunità si prese cura di lui. A scuola, si distinse solo per le sue frequenti sparizioni, ritrovandolo poi, sempre nei boschi che circondavano il luogo, mentre vagava tra le montagne dei Carpazi, godendone estaticamente della sua bellezza. Non dimostrò subito doti particolari, ma gli fu affidato l'incarico di radunare e portare i bambini allo Heder; svolse poi molti lavori, tra cui quello di assistente scolastico, guardiano di una sinagoga, minatore, taverniere. Soltanto verso i trent'anni divenne profondo studioso e mistico. Molti dei suoi discepoli credettero che discendesse dalla genealogia davidica, la Casa di Davide e, per estensione, dall'istituzione del Messia ebreo. Biografia Israel nacque da genitori in età matura, Eliezer e Sarah, in una comunità vicino a Okopy Świętej Trójcy, una fortezza di nuova costruzione nei pressi della località di Kameniec nell'Ucraina occidentale, dove il fiume Zbruč si unisce al Dnestr. La fortezza venne eretta sulla nuova frontiera tra il Regno di Polonia e l'Impero ottomano. Situata nella terra storica di Podolia, buona parte del territorio a quel tempo, e per un breve periodo, fece parte dell'Impero Ottomano. Okopy nel XXI° secolo è un villaggio sito nel distretto di Rajon di Borschiv dell'Oblast' di Ternopil'. Il Baal Shem Tov morì a Medzhybizh, a quel tempo parte della Corona del Regno di Polonia e nel ventunesimo secolo sita nella Oblast di Chmel'nyc'kyj in Ucraina. Quando aveva solo cinque anni e mezzo, suo padre prima di morire gli disse: "Non aver timore di niente e nessuno eccetto che di Dio e ama tutti gli ebrei, non importa chi siano o cosa facciano". Così nel 1703 divenne orfano, e la comunità ebraica di Tloste lo adottò, provvedendo alle sue prime necessità. Spesso, dopo la conclusione quotidiana dei suoi studi presso lo Heder locale, andava a "vagare per i campi e boschi che circondavano il villaggio a meditare e godere delle meraviglie del creato". Nel 1710, finito lo Heder, divenne assistente di un Melamed. Al suo sedicesimo compleanno, si narra che "il profeta Elia gli apparisse e gli descrivesse i grandi effetti che le preghiere della gente semplice avevano in cielo." Verso il 1712 divenne un shammash della sinagoga locale. Venne periodicamente assunto come assistente di un insegnante negli Heder, piccoli villaggi attraverso i quali entrambi passavano. Avrebbe poi raccontato che provava un grande piacere nell'accompagnare i bambini a scuola, utilizzando questa opportunità per recitare preghiere raccontandogli storie della Torah. L'innocenza dei bambini e la purezza con la quale pregavano, spiegava il Baal Shem Tov, donava all'Onnipotente grande soddisfazione. Il Mezritcher Maggid, successore del Baal Shem Tov, dirà più tardi: "Se solo potessimo baciare un rotolo della Torah con lo stesso amore che il mio maestro [il Baal Shem Tov] baciava i bambini quando li conduceva allo Heder come assistente didattico!" Il Baal Shem Tov aveva visioni durante le quali gli appariva il profeta Achia. Nel 1716 si sposò, ma la moglie morì poco dopo. Da quel momento viaggiò per tutta la Galizia orientale. Dopo aver prestato servizio per lungo tempo come aiutante in diverse piccole comunità dell'Ucraina occidentale, si stabilì come melamed a Tluste nei pressi di Zalischyky. Aderi' alla società segreta dei mistici chiamati Tzaddikim Nistarim, e ne divenne loro leader, all'età di 18 anni. Prendendosi cura degli ebrei poveri, li incoraggiava diventare agricoltori per sottrarsi alla cronica povertà che li affliggeva. Questa società segreta decise che c'era bisogno di occuparsi delle necessità educative dei bambini presenti nelle piccole comunità agricole. Se non si riusciva a trovare un insegnante adatto, i membri della società stessa se ne sarebbero occupati fino a quando non fosse emersa una soluzione alternativa. In base a ciò - e in linea con la dottrina ebraica "il portatore della lettera deve adempiere ai suoi contenuti" . Divenne così assistente didattico e con profondo fervore cercò di infondere in questi bambini il rispetto dei genitori e l'amore di Dio e del prossimo. Ebbe a commentare in seguito: "Questo è stato uno dei momenti più felici della mia vita". Grazie alla sua provata onestà e conoscenza della natura umana, venne scelto come arbitro e mediatore in cause giuridiche, e le sue prestazioni furono spesso portate in requisizione poiché gli ebrei avevano il loro propri tribunali civili in Polonia. In questa occasione si segnalò all'abbiente ed erudito ebreo Ephraim di Brody, che gli promise la mano della figlia Chana; purtroppo Ephraim morì senza aver avvertito la figlia di questa promessa di matrimonio, ma quando Chana seppe di tale promessa non esitò ad esaudirla. Il corteggiamento fu caratteristico. Negli abiti trasandati di un contadino, Israel si presentò a Brody davanti ad Abraham Gershon di Kitov, il fratello della ragazza e capo di una corte rabbinica locale, nonché autorità riconosciuta della Cabala e del Talmud. Abraham Gershon era sul punto di fargli l'elemosina, quando il Besht produsse una lettera dalla tasca, dimostrando di essere lo sposo designato. Abraham cercò allora di dissuadere la sorella Chana dallo svergognare la propria famiglia sposando un poveraccio, ma invano, dato che ella considerava quella del defunto padre la sola volontà autorevole. Dopo il suo matrimonio, Israel non rimase a lungo con suo cognato, che si vergogna va di lui e si recò in un villaggio nei Carpazi tra Brody e Kassowa. I suoi beni terreni consistevano di un cavallo donatogli da suo cognato. Israel lavorò come operaio, scavando argilla e calce, che la moglie consegnava ogni settimana col carro ai villaggi circostanti, e da ciò derivavano il loro totale sostentamento. Il magnifico paesaggio di "questa rigogliosa regione dei Carpazi e la possibilità di goderlo senza le interruzioni della vita cittadina, li ricompensavano delle grandi privazioni". Israel ben Eliezer e Chana ebbero due figli: Udel (nata nel 1720) e Zvi Hersh. Sviluppo come guida spirituale Migliorò la sua condizione quando assunse la funzione di macellaio rituale a Kshilowice, vicino a Iaslowice. Ben presto abbandonò questa posizione per gestire una taverna del villaggio grazie alla generosità di suo cognato. Durante i molti anni in cui era vissuto nei boschi ed entrato in contatto coi contadini, Israel aveva imparato ad usare le piante per scopi curativi ed effettuare numerose guarigioni. La sua prima apparizione in pubblico infatti fu come un "ordinario" Baal Shem – preparava amuleti e prescriveva cure. Dopo molti viaggi come Baal Shem, tra Podolia e Volinia, considerando il suo seguito abbastanza grande e la sua autorità ormai stabilita, decise, attorno al 1740 di esporre i suoi insegnamenti negli shtetl di Medzhybizh e la gente, per lo più dall'élite spirituale, veniva ad ascoltarlo. Medzhybizh divenne la sede del movimento e della dinastia chassidica Medzybizh. Il suo seguito gradualmente aumentò e con esso l'antipatia, per non dire ostilità, dei talmudisti. Tuttavia, il Baal Shem Tov venne sostenuto, all'inizio della sua carriera, da due talmudisti di spicco, i fratelli Meïr e Isaac Dov Margalios. In seguito acquisì sempre più supporti da varie autorità rabbiniche universalmente riconosciute, che divennero suoi discepoli e attestarono sia la sua profondità intellettuale che la sua santità. Tra questi si annoverano Rabbi Meir Margolius, Rabbino Capo di Lemberg ed in seguito di Ostroha e autore di Meir Netivim (opera di responsa halakhici) e di altri scritti; Rabbi Yaakov Yosef Hakohen, rabbino di Polnoy; Rabbi Dovid Halperin, rabbino di Ostroha; Rabbi Israel di Satinov, autore di Tiferet Yisrael; Rabbi Yoseph Heilperin di Slosowitz e Rabbi Dovber di Mezeritch la cui fama come talmudista fu dovuta principalmente alle dottrine del Besht che furono introdotte in numerosi circoli culturali. Da notare che il rinomato rabbino sefardita, Chaim Joseph David Azulai cita il Baal Shem Tov nelle sue opere in termini molto positivi. Sono reperibili diverse evidenze storiche dirette del Besht durante i giorni che visse a Medzhybizh. Il ricercatore Moshe Rosman ha scoperto numerosi documenti legali che fanno luce su questo periodo, ricevendoli dagli archivi della famiglia nobile polacca Czartoryski. La casa del Besht è menzionata su numerosi registri fiscali alla quale venne concessa l'esenzione fiscale dalle imposte locali, indicando così che egli era ben noto al magnate polacco come un importante personaggio cittadino. Molti colleghi del Besht nelle sue storie tratte dal Shivhei HaBesht appaiono anche in documenti dei tribunali polacchi, tra cui Ze'ev Lupo Kitses e Surkes Dovid. Rosman sostiene che i documenti polacchi dimostrano che il Baal Shem Tov ed i suoi seguaci non erano degli emarginati o dei paria, ma piuttosto una parte rispettata della vita comunitaria ebraica tradizionale. Medzhybizh all'epoca non era certo un villaggio arretrato ma una comunità fiorente, prospera e importante situata nella tenuta di Czartorysky. Altri reperti comprendono il libro delle preghiere, il Siddur del Baal Shem Tov, presso la Biblioteca Agudas Chabad di New York, con le sue note personali manoscritte ai margini. La sua tomba può inoltre essere visitata a Medzhybizh, presso l'antico cimitero ebraico. (Cfr. Galleria fotografica) Negli ultimi anni, l'organizzazione "Agudas Ohalei Tzadikim", con sede in Israele, ha restaurato molte tombe di Tzadikim (Ohelim) in Ucraina, tra cui quella del Baal Shem Tov. Una pensione e una sinagoga sono state costruite vicino all'Ohel del Baal Shem Tov e la sua sinagoga originale è stata meticolosamente ricostruita nel rispettivo villaggio. Entrambe le sinagoghe sono utilizzate dai molti visitatori che provengono da tutte le parti del mondo per pregare sulla tomba del Besht. (Cfr. Galleria). Dispute con i frankisti e morte Mentre il Baal Shem Tov era in vita, i conflitti tra le varie correnti dell'ebraismo, tra il talmudismo e il chassidismo erano ridotti al minimo. Infatti, il Baal Shem Tov considerava se stesso ed i suoi seguaci come parte della corrente principale ebraica. Il Baal Shem Tov si schierò con i talmudisti nelle loro controversie contro i frankisti. Dopo la conversione in massa dei frankisti al cristianesimo, molte figure ebree preminenti si sentirono sollevate, poiché ciò dimostrava chiaramente la drastica separazione degli eretici dall'ebraismo tradizionale. Tuttavia il Baal Shem Tov si rattristò profondamente dell'accaduto e avrebbe detto: "Fintanto che un arto malato è ancora collegato al corpo, c'è speranza che possa essere salvato; ma una volta amputato, se n'è andato e non c'è più speranza." Lo sconvolgimento causato dal movimento frankista sembrò minare la salute del Baal Shem Tov, che infatti morì poco dopo. L'insegnamento Israel ben Eliezer non ha lasciato libri; il commentario cabalistico di attribuito a lui, dal titolo Sefer mi-Rabbi Yisrael Baal Shem-Tov (Žytomyr, 1804) potrebbe essere un apocrifo. Per esaminare i suoi insegnamenti è quindi necessario considerare i suoi discorsi come riportati nelle opere dei discepoli chassidim. La maggior parte è reperibile nelle opere di Rabbi Jacob Joseph di Polnoy. A seguito della morte del suo fondatore, lo Chassidismo fu coinvolto in uno scisma, dove ogni parte si arrogava su il diritto di disporre per sé l'autorità del Besht, per cui, da quel momento in poi, fu necessaria la massima cautela per giudicare l'autenticità dei discorsi attribuiti a Baʿal Shem Ṭov. Gli autori Chapin e Weinstock sostengono che il Baal Shem Tov fosse essenzialmente la persona giusta, al posto giusto, al momento giusto. Nel XVIII secolo la Podolia era un luogo ideale per favorire un cambiamento nel pensiero ebraico. Sia i massacri di Bohdan Chmel'nyc'kyj che l'occupazione turca della Podolia causarono una forte diminuzione della popolazione, eventi che si verificarono proprio durante la vita di Ben Eliezer, di Sabbatai Zevi, la stirpe dei sabbatiani, come Malach e Jakob Frank, e i successivi discendenti spirituali. Una volta che i Magnati polacchi ripresero il controllo dai turchi, la Podolia visse un periodo di grande prosperità economica. I Magnati erano ben disposti verso gli ebrei, soprattutto per i benefici economici che ne derivavano, e incoraggiavano il reinsediamento ebraico per aiutare a proteggere la frontiera dalle future invasioni. Così la comunità ebraica si ritrovò a ricominciare tutto da capo. In questo contesto, gli ebrei della Podolia erano aperti a nuove idee: i nuovi e dinamici approcci di Ben Eliezer all'ebraismo erano quindi i benvenuti, espandendosi con poca resistenza in una parte della comunità desiderosa di cambiamento. Elementi della dottrina Il principio fondamentale sul quale si base lo chassidismo consiste in una concezione di Dio intensamente panenteistica, secondo la quale l'intero universo, la mente e la materia, sono una manifestazione del Divino e che tale manifestazione non è una emanazione di Dio, come i Mitnagdim interpretano la Cabala, poiché nulla può essere separato da Dio: tutte le cose sono forme in cui Dio si rivela. Quando l'uomo parla, dice il Besht, deve ricordarsi che il suo discorso è un elemento di vita e che la vita stessa è una manifestazione di Dio. In Dio esiste anche il male. Questa apparente contraddizione si spiega col fatto che il male non è male in sé, ma solo nella sua relazione con l'uomo. È sbagliato guardare una donna con desiderio, ma è divino ammirarla per la sua bellezza: è quindi sbagliato solo nella misura in cui l'uomo non considera la bellezza come una manifestazione di Dio, ma la fraintende e la pensa in riferimento a se stesso. Tuttavia, il peccato non è nulla di positivo, ma è identico con le imperfezioni delle azioni e del pensiero umano. Chi non crede che Dio risieda in tutte le cose, ma separa Dio da esse nei suoi pensieri, non ha la concezione giusta di Dio. È ugualmente fallace pensare ad una creazione nel tempo: la creazione, cioè l'attività di Dio, non ha fine. Dio è sempre attivo nei cambiamenti della natura: infatti, è in questi cambiamenti che consiste la continua creatività divina. Questo panenteismo sarebbe stato ignorato se Ben Eliezer non fosse stato un uomo del popolo. Diede alla sua concezione metafisica di Dio un significato pratico. Il primo risultato dei suoi principi fu infondere nella comunità un notevole ottimismo. Dal momento che Dio è immanente in tutto, tutto deve possedere qualcosa di buono in cui Dio possa manifestarsi come fonte di bene. Per questo motivo, Ben Eliezer insegnava che ogni uomo deve essere considerato buono ed i suoi peccati devono essere spiegati, non condannato. Una delle sue frasi preferite era che nessun uomo affonda così in basso da non essere in grado di risollevarsi verso Dio. Naturalmente, poi fu il suo sforzo principale di convincere i peccatori che Dio si trovava tanto vicino a loro quanto ai giusti, e che le loro malefatte erano soprattutto le conseguenze della loro follia. Un altro importante risultato delle sue dottrine, sul piano pratico, fu la sua negazione che l'ascetismo fosse gradito a Dio. "Chi sostiene che questa vita sia senza valore è in errore: vale invece molto; uno però deve sapere come usarla correttamente". Fin dall'inizio il Baal Shem Tov combatté contro una visione sprezzante del mondo, che, tramite l'influenza della Cabala lurianica, era diventata quasi un dogma tra gli ebrei. Egli considerava la cura del corpo necessaria quanto quella dell'anima, poiché anche la materia è una manifestazione di Dio e non deve essere considerata come ostile o a lui contraria. Così come Baʿal Shem Ṭov si opponeva agli asceti, così combatteva anche la rigidità e l'ipocrisia che si era accumulata sui rigorosi punti di vista talmudici, pur non abrogando nemmeno una singola osservanza o cerimonia religiosa. Il suo obiettivo di contesa era l'eccessiva importanza che l'interpretazione talmudica accordava al rispetto di una legge, mentre quasi del tutto trascurava il sentimento o la crescita della vita interiore dell'uomo. Mentre i rabbini del suo tempo consideravano lo studio del Talmud come la più importante attività religiosa, il Besht metteva tutta l'enfasi sulla preghiera. "Tutto ciò che ho raggiunto", osservò una volta, "l'ho ottenuto non attraverso lo studio, ma con la preghiera". La preghiera, tuttavia, non è semplicemente una petizione a Dio che conceda una richiesta e nemmeno necessariamente parlare con Dio, ma piuttosto un attaccamento a Dio - la gloriosa sensazione di unità con Dio Onnipotente, lo stato dell'anima in cui la persona rinuncia alla propria consapevolezza di esistenza separata e si unisce all'Essere Eterno di Dio Supremo. "Un tale stato produce beatitudine indescrivibile, che è il frutto più importante della vera adorazione di Dio". Influenza sullo chassidismo Gli sviluppi successivi della dottrina sono incomprensibili senza un esame dell'interpretazione del Besht riguardante il giusto rapporto dell'uomo con l'universo. La vera adorazione di Dio, come sopra spiegato, consiste nella separazione e l'unificazione con Dio. Per usare le sue stesse parole: "L'ideale dell'uomo è quello di essere egli stesso una rivelazione, chiaramente di riconoscere se stesso come manifestazione di Dio." Il misticismo, asserisce, non è la Cabala, che tutti possono imparare, ma quel senso di vera unità che di solito è così strano, inintelligibile e incomprensibile al genere umano come la danza lo è per una colomba. Tuttavia, la persona in grado di provare questa sensazione, è dotata di un'autentica intuizione ed è la percezione di tale persona che si chiama profezia, secondo il grado della sua intuizione. Da ciò risulta, in primo luogo, che la persona ideale potrebbe rivendicare un'autorità pari, in un certo senso, all'autorità dei Profeti. Questa attenzione all'unicità e alla rivelazione personale aiuta a comprendere il perché l'interpretazione mistica dell'Ebraismo da parte del Besht venga definita con il titolo di "panenteismo". Un secondo e più importante risultato della succitata dottrina è che attraverso la sua unità con Dio, l'uomo forma un anello di congiunzione tra Creatore e creazione. Pertanto, modificando leggermente il versetto della Bibbia , il Besht dice: "Il giusto si vivificherà con la sua fede." I seguaci di Israel ben Eliezer animarono questa idea e coerentemente ne dedussero la fonte della misericordia divina, delle benedizioni, della vita e che quindi, se uno ama Dio, può partecipare alla Sua misericordia. Ma c'è un rovescio della medaglia, e il Baal Shem Tov avverte i suoi chassidim: Amalek è vivo ancor oggi... Ogni volta che voi sentite una preoccupazione o un dubbio su come Dio stia governando il mondo — quello è Amalek che lancia un attacco contro la vostra anima. Dobbiamo cancellare Amalek dal nostro cuore sempre e ovunque egli attacchi, in modo da poter servire Dio con gioia completa. Sebbene il Besht non possa essere ritenuto responsabile delle concezioni a lui successive, non vi è alcun dubbio che la fiducia in se stesso fu un fattore importante per acquisire proseliti. Dello Chassidismo si può dire che non esiste altra setta ebraica in cui il fondatore sia importante quanto le sue dottrine. Il Baal Shem Tov è ancora il vero e proprio centro dello Chassidismo e dei suoi chassidim; i suoi insegnamenti sono quasi scomparsi nell'oblio ma, come Solomon Schechter osserva finemente, "per gli chassidim, il Baal-Shem [Besht] ... è l'incarnazione di una teoria e tutta la sua vita [è] la rivelazione di un sistema." Caratteristiche e interpretazioni Il Besht non si opponeva all'ebraismo rabbinico, ma era lo spirito della pratica che lo contrariava. I suoi insegnamenti sono il risultato non di speculazione, ma di un profondo temperamento religioso: pose l'accento infatti sullo spirito religioso (cfr. Spiritualità) e non sulle forme di religione. Sebbene considerasse la legge come santa ed inviolabile, e sottolineasse l'importanza dello studio della Torah, dichiarò che tutta la sua anima avrebbe dovuto essere al servizio di Dio e che ciò costituisce la vera adorazione dell'Onnipotente. Dal momento che ogni atto della vita è una manifestazione di Dio e deve per forza essere divino, è dovere dell'uomo vivere in modo che anche le cose terrene possano diventare nobili e pure, cioè divine. La sua vita fornì il migliore esempio ai suoi discepoli e i suoi rapporti con i locandieri offrì una protesta silenziosa ma efficace contro la pratica dei rabbini, i quali, nel loro senso inesorabile di rigorosa rettitudine, non avevano alcun rapporto con persone decadute moralmente. I chassidim raccontano di una donna i cui parenti cercavano di uccidere a causa della sua vita vergognosa, ma che fu salvata nel corpo e nell'anima da Besht. La storia è forse un mito, ma è caratteristica dell'attività del mistico nel guarire i più bisognosi ed indigenti. Più importante della preghiera era per lui il rapporto di amicizia con i peccatori, anche se la preghiera costituiva un fattore essenziale per la vita religiosa. La storia del Mistico del Baal Shem Tov offre molti esempi di altruismo e profonda benevolenza. Mentre queste qualità caratterizzano ugualmente una serie di rabbini del suo tempo, i suoi tratti distintivi furono l'atteggiamento misericordioso verso gli altri, la mancanza di paura, combinata con un'antipatia per le discordie e una gioia sconfinata per la vita. Inoltre i suoi metodi di insegnamento differivano decisamente da quelli dei suoi avversari, contribuendo molto al suo successo. Diresse molte osservazioni satiriche contro i suoi avversari, una in particolare caratterizza la sua designazione del talmudista tipico del suo tempo come "un uomo che per puro studio della legge non ha tempo di pensare a Dio". Il Besht illustrò le sue vedute dell'ascesi con la seguente parabola: "Un ladro una volta cercò di entrare in una casa, il cui proprietario, gridando, spaventò via il ladro. Lo stesso ladro poco dopo fece irruzione nella casa di un uomo molto forte che, vedendolo entrare, rimase silenzioso e nascosto. Quando il ladro arrivò abbastanza vicino, l'uomo lo prese e lo mise in prigione, privandolo così di ogni opportunità di fare ulteriori danni". Non con la fuga dai piaceri terreni per paura si assicura la potenza dell'anima, ma tenendo le passioni sotto controllo. Gran parte del successo di Israel ben Eliezer fu dovuto alla sua ferma convinzione che Dio gli aveva affidato una missione speciale di diffondere le proprie dottrine. Nel suo entusiasmo ed estasi, credette di aver spesso visioni celesti, che gli rivelavano la sua missione. In effetti, per lui ogni intuizione fu una rivelazione divina ed i messaggi divini furono all'ordine del giorno. Nel ventunesimo secolo Il chassidismo che scaturì dagli insegnamenti e dalla personalità carismatica del Baal Shem Tov continua a mantenere la fedeltà di segmenti ebraici significativi dell'Europa orientale e della nuova diaspora ebraica. I Rebbe, guide spirituali delle varie correnti chassidiche, continuano ad esercitare una notevole influenza tra centinaia di migliaia di seguaci. Durante il XVIII secolo il chassidismo era visto come una minaccia radicale all'ortodossia, ma dall'inizio del XXI secolo il movimento è diventato un baluardo della tradizione ebraica e dell'ortodossia stessa. Nonostante l'apparente conflitto con il mondo secolare postmoderno, una serie di nuovi movimenti religiosi e sociali - tra cui l'istruzione laica, l'alta tecnologia, l'ateismo, il materialismo, la Shoah, il sionismo, l'ascesa e la caduta del marxismo-leninismo (1917-1991) e l'immigrazione di massa verso il Nuovo Mondo dopo la seconda guerra mondiale - il movimento chassidico continua a sopravvivere e perfino a prosperare. Di fronte alla superficialità, crudeltà e grossolanità della cultura postmoderna – e nonostante i progressi degli ebrei modernizzati, riformati e laici, nel respingere il misticismo per un razionalismo più letteralista - lo chassidismo seguita ad offrire una forma distinta di vita culturale ebraica ricca, elaborata e passionale. Nella leggenda Nella tradizione chassidica esiste un detto: "Chi crede a tutte le storie di miracoli del Baal Shem Tov e di altri mistici e santoni, è uno sciocco, ma a chi osserva una qualsiasi storia individuale e dice 'questa non è vera', è un eretico." Circa i suoi genitori, la legenda narra che suo padre Eliezer, la cui moglie viveva ancora, fu catturato durante un attacco, forse dei Tatari, portato via dalla Valacchia e venduto come schiavo ad un principe. Grazie alla sua saggezza, ottenne il favore del principe, che lo diede al re affinché fosse suo ministro. Durante una spedizione intrapresa dal re, quando ogni altro consiglio si era dimostrato inutile e tutti erano sfiduciati, il consiglio di Eliezer fu accettato ed il risultato fu una vittoriosa battaglia di importanza decisiva. Eliezer fu nominato generale e poi Primo ministro, dopodiché il re gli diede la figlia del viceré in sposa. Tuttavia, essendo consapevole del suo dovere come ebreo e come marito di una donna ebrea in Valacchia, sposò la principessa solo di nome. Dopo essere stato interrogato a lungo per il suo strano comportamento, confessò alla principessa di essere ebreo e questa lo riempì di costosi regali e lo aiutò a scappare per ritornare al suo paese. Sulla via del ritorno il profeta Elia apparve ad Eliezer e gli disse: "Grazie alla tua pietà e fermezza, avrai un figlio che illuminerà gli occhi di tutto Israele e Israel sarà il suo nome, perché in lui si realizzerà il versetto (): 'Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria". Tuttavia Eliezer e sua moglie Sarah raggiunsero la tarda età senza figli e avevano abbandonato ogni speranza di averlo, quando invece, quasi all'età di cento anni, nacque il figlio promesso. I genitori del Besht morirono poco dopo la sua nascita, lasciandogli in eredità solo l'esortazione paterna sul letto di morte: "Credi sempre che Dio è con te e non temere di nulla." Israel rimase costantemente fedele a questa ingiunzione. Infatti, in una occasione, quando stava accompagnando degli scolari in sinagoga, fu visto un lupo, terrore di vecchi e giovani, cosicché i bambini vennero tenuti in casa. Ma il Besht, fedele al lascito del padre, non provava paura e, al secondo incontro col lupo, lo assalì così vigorosamente da indurlo a girarsi e fuggire. Ora, dice la leggenda, questo lupo era Satana. Satana era stato molto turbato nel constatare che le preghiere dei bambini avevano raggiunto Dio, il Quale si prendeva più diletto dalle canzoni infantili dei loro cuori puri che non dagli inni dei leviti nel Tempio di Gerusalemme – e fu per questo che Satana cercò di porre un freno all'insegnamento del Besht, che portava i bambini alla preghiera in sinagoga. Da quel momento in poi, le lotte con Satana, coi demòni e ogni sorta di spirito maligno furono le ricorrenze quotidiane del Besht. Il vero significato della storia è che anche il lupo/satana aveva una scintilla del Divino nel suo involucro. Galleria d'immagini Lascito Il Baal Shem Tov impartì direttamente i suoi insegnamenti ai propri discepoli, alcuni dei quali fondarono le rispettive dinastie chassidiche. Tra questi: Rabbi Yaakov Yosef di Polnoy (1710-1784) Rabbi Ze'ev Wolf Kitzes di Medzhybizh (~1685-1788) Rabbi Yechiel Michel di Zlotchov (1721–1786) Rabbi Dovber di Mezeritch (1704–1772) che risale a Re Davide attraverso Rabbi Yohanan, il calzolaio e maestro del Talmud Rabbi Pinchas di Korets (1728–1790) Rabbi Menachem Nachum Twersky di Černobyl' (1730–1797) fondatore della Dinastia Černobyl'. Rabbi Leib di Špola (1725–1812) Rabbi Abraham Gershon di Kitov, genero del Baal Shem Tov (1701–1761); discendente (forse nipote) di Shabbatai ha-Kohen (detto il "ShACh") (1625–1663). Rabbi Meir Margolius di Ostroha Rabbi Moshe Chaim Ephraim di Sudilkov/Ephrayim di Sudylkov (suo nipote) Rabbi Boruch di Medzhybizh (suo nipote) Rabbi Meir Hagadol di Premishlan (1703–1773) Note Bibliografia La fonte principale della biografia del Besht è Dov ben Samuel Baer, Shivchei ha-Besht, Kopys, 1814, ripubblicato frequentemente, come anche le tradizioni registrate nelle opere delle varie dinastie chassidiche — specialmente quelle dei leader del movimento Chabad. Per i metodi di insegnamento del Besht, si vedano particolarmente le seguenti opere: Jacob Joseph ha-Kohen, Toldot Yaakov Yosef Likutim Yekarim (Likut) — raccolta di dottrine chassidiche Le opere di Rabbi Dovber di Mezeritch Tzava'at HaRivash, dottrine e istruzioni per la condotta etico-religiosa Keter Shem Tov, antologia di insegnamenti, compilata principalmente dalle opere di Jacob Joseph ha-Kohen e Likutim Yekarim. Sefer Baal Shem Tov, antologia in due volumi dei suoi insegnamenti, compilata da oltre 200 testi chassidici e che rappresenta la raccolta più completa. Tzava'at HaRivash e Keter Shem Tov sono le antologie più popolari e sono state ristampate diverse volte. Tutte le edizioni sono comunque incomplete, con numerose omissioni, refusi, e citazioni errate. Entrambi i succitati testi appaiono in edizioni annotate con molte correzioni testuali. (Tzva'at HaRivash 1975, 5ª edizione riveduta nel 1998; Keter Shem Tov - Hashalem 2004, 2ª ristampa 2008). Queste nuove ed autorevoli edizioni sono state redatte da Rabbi Jacob Immanuel Schochet che ha anche aggiunto delle introduzioni analitiche, numerose note delle fonti e riferimenti incrociati, commenti, numerosi supplementi e indici dettagliati, e sono stati pubblicati dalla casa editrice di Chabad Lubavitch, Kehot Publication Society a Brooklyn (New York). Dalla rispettiva bibliografia della Jewish Encyclopedia: Dubnow, Yevreiskaya Istoria, ii. 426–431 idem, in Voskhod, viii. Nos. 5–10 Frumkin, Adat Ẓaddiḳim, Lemberg, 1860, 1865 Heinrich Grätz, Gesch. der Juden, 2d ed., xi. 94–98, 546–554 Jost, Gesch. des Judenthums und Seiner Sekten, iii. 185 et seq. A. Kahana, Rabbi Yisrael Baal Shem, Jitomir, 1900 D. Kohan, in Ha-Shaḥar, v. 500–504, 553–554 Rodkinson, Toledot Ba'ale Shem-Ṭob, Königsberg, 1876 Schechter, Studies in Judaism, 1896, pp. 1–45 Zweifel, Shalom 'al-Yisrael, i.–iii. Zederbaum, Aleksander, Keter Kehunah, pp. 80–103 Pubblicazioni recenti: Martin Buber, Storie e leggende chassidiche, a cura di Andreina Lavagetto, cronologia di Massimiliano De Villa, Milano: Mondadori, 2009 - tra cui: Le storie di Rabbi Nachman (tr. di Maria Luisa Milazzo riv. da Andreina Lavagetto) La leggenda del Baalschem (tr. Andreina Lavagetto) Martin Buber, Il messaggio dello Chassidismo, a cura di Francesco Ferrari, Giuntina, 2012. Buxbaum, Y, Light and Fire of the Baal Shem Tov, ISBN 0-8264-1772-8, Continuum International Publishing Group, NY, 2005 (420 pp). Israel Zangwill, Dreamers of the Ghetto, pp. 221–288 (romanzo). Chapin, David A. e Weinstock, Ben, The Road from Letichev: The history and culture of a forgotten Jewish community in Eastern Europe, Volume 1. ISBN 0-595-00666-3 iUniverse, Lincoln, NE, 2000. Rabinowicz, Tzvi M. The Encyclopedia of Hasidism: ISBN 1-56821-123-6 Jason Aronson, Inc., 1996. Rosman, Moshe, Founder of Hasidism, Littman Library of Jewish Civilization, 2ª ed. 2013. (Founder of Hasidism di Moshe Rosman, ed. 1996) Rosman, Moshe, “Miedzyboz and Rabbi Israel Baal Shem Tov”, Zion, Vol. 52, No. 2, 1987, p. 177-89. Reprinted within Essential Papers on Hasidism, cur. G.D. Hundert ISBN 0-8147-3470-7, New York, 1991. Schochet, Jacob Immanuel, Rabbi Israel Baal Shem Tov, Liebermann, Toronto 1961 Schochet, Jacob Immanuel, Tzava'at Harivash — The Testament of Rabbi Israel Baal Shem Tov (traduz. annotata con introduzione su storia ed impatto di questa opera e la controversia provocata tra chassidim e opponenti), Kehot, Brooklyn NY 1998. Testo completo online Schochet, Jacob Immanuel, The Mystical Dimension, 3 volumi, Kehot, Brooklyn NY 1990 (2nd ed. 1995) Sears, David, The Path of the Baal Shem Tov: Early Chasidic Teachings and Customs Jason Aronson, Queens NY 1997 ISBN 1-56821-972-5 Singer, Isaac Bashevis, Reaches of Heaven: A Story of the Baal Shem Tov, Farrar, Straus & Giroux, 1982. ISBN 978-0-374-24733-1 Voci correlate Cabala ebraica Chabad Chassidim Chassidut Dinastie chassidiche Filosofia chassidica Letteratura rabbinica Misticismo ebraico Rebbe Scismi ebraici Altri progetti Collegamenti esterni Tzava'at Harivash — Testamento di Rabbi Israel Baal Shem Tov trad. in Baal Shem Tov minisite su chabad.org Mappa dei viaggi del Baal Shem Tov e dei suoi discepoli , edito da Routledge Publishing Storie del Baal Shem Tov Nati nell'oblast' di Ternopil' Cabalisti polacchi Chassidismo Ebrei polacchi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Blocco%20note
Blocco note
Blocco note è un editor di testo proprietario incluso nei sistemi Microsoft Windows per l'elaborazione di file di testo semplici. Il programma originale in lingua inglese è chiamato Notepad. L'analogo programma nel sistema operativo Mac si chiama "Note". Caratteristiche Blocco note permette di visualizzare, creare e modificare file in formato di testo MS-DOS, ovvero il formato ASCII che i sistemi operativi Microsoft utilizzano per il ritorno a capo dei caratteri. Ciò comporta che il Blocco note sia di fatto incompatibile per la modifica di file creati da altri sistemi operativi Unix-like poiché si rischierebbe una perdita dei caratteri speciali per andare a capo. Per impostazione predefinita, salva i nuovi file con l'estensione .txt, permettendo comunque di manipolare file delle più svariate estensioni, quali ad esempio i file HTML (usati per creare le pagine web) o il codice sorgente di un software. Blocco note, essendo però privo di qualsiasi strumento di redazione avanzata dei testi, è di fatto poco efficiente per eseguire operazioni di manipolazione complessa dei file, perciò il suo utilizzo principale più comune si restringe solitamente nella creazione e modifica di file di testo semplici. Nel sistema operativo Windows 95, Fixedsys era l'unico carattere visualizzabile per Blocco note. Windows NT 4.0 e 98 ha introdotto la possibilità di cambiare carattere. Successivamente venne utilizzato di default il carattere Lucida Console. Le impostazioni di Blocco note, comunque, hanno effetto solo sulla visualizzazione del testo e sulla stampa, non su come il file viene salvato sul disco. Il carattere di default viene nuovamente cambiato in Windows 8 con Consolas. Su Windows 11 è possibile impostarlo in tema scuro, ed è aggiornabile dal Microsoft Store. Il bug dell'unicode Dalla versione per Windows NT, il programma può rilevare gli unicode che mancano dell'header standard 0xFFFE. Questo è possibile grazie all'utilizzo della API IsTextUnicode(). Questa funzione è imperfetta, con qualche effetto collaterale su piccole stringhe ASCII, in minuscolo, che vengono identificate come UTF-16. Il 18 maggio 2006 è stato annunciato che creare un file con solo 18 caratteri come "this app can break", causa un'errata interpretazione del file da parte del Notepad. Il file interpretato come Unicode verrà mostrato come 桴獩愠灰挠湡戠敲歡 (se i caratteri sono correttamente installati). Lo stesso accade con tutte le altre stringhe che rispettino lo stesso formato/lunghezza come ad esempio: "bush hid the facts". Proprio questa stringa aveva fatto inizialmente pensare a un easter egg, mentre in realtà si tratta di un bug, risolto a partire da Windows Vista. Programmi simili Notepad2 Notepad++ Note Voci correlate ASCII Easter egg Editor di testo Microsoft Windows Unicode Videoscrittura Altri progetti Collegamenti esterni Componenti di Windows
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bud%20Spencer
Bud Spencer
Ha raggiunto il successo per i suoi film in coppia con Terence Hill e la coppia di attori «ha ottenuto fama mondiale e ha attirato milioni di spettatori al cinema». Il 7 maggio 2010 ha ricevuto il David di Donatello alla carriera. Nel nuoto è stato il primo italiano a scendere sotto il minuto nei 100 m stile libero il 19 settembre 1950, e ha vinto più volte i campionati italiani di nuoto nello stile libero e nella staffetta. Ha conseguito la licenza di pilota di linea e di pilota di elicottero. Nel corso degli anni si è impegnato anche a sostenere e finanziare enti di beneficenza per bambini tra cui il Fondo Scholarship Spencer. Biografia Le origini Carlo Pedersoli nacque a Napoli il 31 ottobre 1929 in una famiglia benestante, da Rosa Facchetti, di Chiari, e da Alessandro Pedersoli, napoletano ma originario di Darfo Boario Terme in Provincia di Brescia, nel rione di Santa Lucia, precisamente in via Generale Giordano Orsini, al civico 40, come ricorderà più volte, nello stesso palazzo dello scrittore Luciano De Crescenzo con cui nel 1935 iniziò a frequentare le scuole elementari nella sua città, ottenendo buoni risultati. Pochi anni più tardi, il 28 giugno 1934, nacque la sorella minore di Carlo, Vera Pedersoli. Si appassionò a diversi sport, in particolare al nuoto, per il quale dimostrò una grande predisposizione, vincendo subito alcuni premi. Nel 1940 Pedersoli lasciò Napoli insieme alla famiglia per motivi legati al lavoro del padre e si trasferì a Roma, dove iniziò le scuole superiori ed entrò a far parte di un circolo di nuoto. Dopo essersi diplomato al liceo scientifico con il massimo dei voti, non ancora diciassettenne, si iscrisse al corso di laurea in Chimica presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Nel gennaio del 1947 la famiglia si trasferì nuovamente, questa volta in Sud America, e Pedersoli fu quindi obbligato ad abbandonare gli studi. In Brasile lavorò presso il consolato italiano di Recife, in una catena di montaggio e come chimico (professione che gli valse il soprannome di el quimico), in Argentina come bibliotecario del River Plate, e in Uruguay come segretario dell'ambasciata italiana a Montevideo. Carriera sportiva Pedersoli tornò in Italia verso la fine degli anni quaranta dietro tesseramento della S.S. Lazio Nuoto; si affermò ai campionati italiani di nuoto nello stile libero e nelle staffette miste. Nei stile libero è nella storia per essere il primo italiano a essere sceso sotto il minuto netto, 59"5 nel 1950 sia a Salsomaggiore in vasca da 25 metri, sia a Vienna, primato poi da lui stesso superato nel 1951 a Genova con il tempo di 58"9. Praticò anche il pugilato e fu, estemporaneamente, rugbista nel ruolo di seconda linea: le cronache dell'epoca riferiscono del sedicenne Pedersoli schierato, l', in un'amichevole contro l'Amatori Lazio nelle file della squadra del collegio San Gabriele ai Parioli e, nonostante la sconfitta, giudicato tra i migliori in campo. Nel 1949 esordì in nazionale di nuoto e l'anno seguente fu convocato per i campionati europei di Vienna dove nuotò in due finali, quinto nei e quarto con la staffetta . Nel 1951 ai Giochi del Mediterraneo di Alessandria d'Egitto vinse due medaglie internazionali nel nuoto: secondo sia nei , sia con la mista. Ripresi nel frattempo gli studi, Pedersoli si reiscrisse all'università di Roma migrando alla facoltà di Giurisprudenza senza laurearsi. Superati i sessant'anni diede anche alcuni esami alla facoltà di sociologia anche se non terminò tale corso di laurea. Il suo fisico massiccio e imponente venne tuttavia notato dall'ambiente cinematografico. Il suo esordio avvenne nel 1950 nel film di Camillo Mastrocinque Quel fantasma di mio marito, nel ruolo di un nuotatore impegnato in piscina nel salvataggio di una bagnante; poi nella grande produzione hollywoodiana Quo vadis, un peplum del 1951 nel quale impersonò una guardia dell'Impero romano. In seguito continuò occasionalmente a recitare in piccole parti, la più nota delle quali fu quella nel film di Mario Monicelli Un eroe dei nostri tempi, che lo vide contrapposto ad Alberto Sordi nei panni di Fernando, fidanzato manesco e nerboruto della giovane Marcella (interpretata da Giovanna Ralli). Nel 1954 figurò, insieme a Raf Vallone, tra gli interpreti di Siluri umani, film di guerra che rievoca alcuni aspetti particolari della guerra sul mare. Contemporaneamente gareggiò per i colori italiani ai Giochi della XV Olimpiade di Helsinki nel 1952 la gara dei 100 m stile libero, classificandosi al nono posto. Nel 1955 venne convocato ai Giochi del Mediterraneo di Barcellona come pallanuotista, e in quell'occasione vinse con la nazionale la medaglia d'oro. Nello stesso anno conquistò con la Lazio il campionato nazionale indoor. L'anno dopo partecipò ai Giochi della XVI Olimpiade a Melbourne in cui nei 100 m stile libero giunse ancora fino alla semifinale. Dopo i Giochi olimpici, insieme ad altri promettenti atleti, venne invitato alla Yale University, dove trascorse alcuni mesi negli Stati Uniti, ottenendo il suo record personale nei 100 m stile libero. Carriera cinematografica e televisiva Dopo le Olimpiadi di Melbourne Pedersoli decise di dare una svolta alla sua vita e ritornò in Sud America, luogo cui era rimasto legato. Per nove mesi lavorò alle dipendenze di un'impresa statunitense impegnata nella costruzione della strada di collegamento tra Panama e Buenos Aires (la celebre Panamericana) nel tratto tra il Venezuela e la Colombia. Dirà più tardi che quella vita tanto dura gli fece "ritrovare se stesso, nei limiti e nelle potenzialità". Era giunto a Caracas alla fine di dicembre 1957 ed assistette in prima persona al putsch condotto dal generale Wolfgang Larrazábal, il 23 gennaio 1958, da lui definita "il prolungamento dei botti di capodanno", ironizzando sul rumore degli spari uditi per le vie della capitale venezuelana, come lo stesso Pedersoli raccontò in un'intervista alla televisione di stato tedesca ZDF nel settembre 1983. Conclusa questa esperienza passò alle dipendenze dell'Alfa Romeo di Caracas, nella quale lavorò fino al 1960 e con cui disputò, come pilota, la Caracas-Maracaibo. Nel frattempo partecipò con la squadra venezuelana di nuoto a numerose gare nazionali e internazionali. Nello stesso anno tornò a Roma e partecipò alle Olimpiadi di Roma 1960. Il 25 febbraio 1960 presso la chiesa di San Giovanni a Porta Latina sposò Maria Amato, conosciuta ben quindici anni prima. Il padre della moglie era il produttore cinematografico Giuseppe Amato, ma inizialmente Carlo non sembrò interessato al grande schermo; ciò nonostante firmò un contratto con l'etichetta musicale RCA, scrivendo i testi per noti cantanti italiani, come Ornella Vanoni e Nico Fidenco e anche qualche colonna sonora. L'anno seguente, nel 1961, nacque Giuseppe, il primo figlio, al quale seguì nel 1962 Cristiana. Nel 1964 il suo contratto con la RCA scadde e il suocero morì. La situazione spinse Pedersoli a cambiare attività, diventando un produttore di documentari per la Rai. Nel giugno 1967 Giuseppe Colizzi, amico di suo suocero, si rivolse alla moglie di Pedersoli per sapere se la corporatura di suo marito fosse rimasta quella di qualche anno prima e gli offrì un ruolo in un film che accettò dopo qualche esitazione. Pedersoli raccontò infatti di esser prima indeciso (fu la moglie a convincerlo) e, poi, di avere inizialmente rifiutato la parte a causa della paga offerta di solo un milione di lire, di fronte alla sua richiesta di 4 milioni di lire dovuta alle due cambiali in scadenza. Anche il colloquio con il regista non andò particolarmente bene: non si faceva ancora crescere la barba, non parlava inglese (ma conosceva lo spagnolo) e non sapeva andare a cavallo. Nonostante questo il regista non riuscì a trovare nessuno con la sua struttura fisica, pertanto dopo qualche tempo lo richiamò e gli offrì la parte alle condizioni che Pedersoli aveva richiesto. Sul set conobbe il suo compagno di lavoro, un altro giovane attore con al suo attivo varie pellicole ma in ruoli secondari e sconosciuto al grande pubblico, Mario Girotti, il futuro inseparabile compagno, meglio noto come Terence Hill. Il film Dio perdona... io no! fu la prima pellicola della coppia, diventata poi nel tempo inossidabile per questo genere di produzioni. L'incontro con Girotti fu un caso del tutto fortuito. Come raccontato da entrambi gli attori, il coprotagonista del film, inizialmente, avrebbe dovuto essere Peter Martell. La sera prima della partenza per Almeria, in Spagna (il film si girava nel Deserto di Tabernas), Martell, in un litigio con la fidanzata, le sferrò un calcio che, schivato dalla donna, procurò la frattura del piede destro all'attore. Il regista dovette in fretta tornare a Roma per selezionare il sostituto di Martell e la scelta cadde su Girotti che aveva appena smesso di girare un film western con Rita Pavone (Little Rita nel West) su consiglio del regista di quel film, Ferdinando Baldi. Già dal primo film i due attori parvero al regista "perfettamente complementari", tanto da scritturarli nei seguenti due film I quattro dell'Ave Maria (1968) e La collina degli stivali (1969), secondo una testimonianza dei due attori durante una puntata del programma Domenica In trasmesso nel 1983 su Rai 1. Ai due attori venne consigliato, per le presentazioni in locandina, di cambiare i propri nomi, considerati "troppo italiani" per un film western e per fare colpo a livello internazionale; inoltre, questa trovata avrebbe reso più appetitose le opere e i personaggi interpretati. Carlo Pedersoli creò quindi il suo pseudonimo, ovvero Bud Spencer, in omaggio all'attore Spencer Tracy e giocando con ironia sul nome della birra Budweiser, commercializzata in Italia come "Bud". La figlia Cristiana, in un'intervista trasmessa su Rai 1 il 18 luglio 2020, dichiarò che il nome "Bud", che in inglese significa bocciolo o germoglio, lo aveva scelto anche come contrapposizione alle sue grandi dimensioni fisiche, mentre Mario Girotti scelse il suo da una lista di venti nomi inventati. Bud e Terence girarono insieme diciotto film, sedici dei quali come coppia protagonista: in Annibale (1959), Bud e Terence (ancora Carlo Pedersoli e Mario Girotti) recitarono infatti in scene separate senza mai incontrarsi sul set, mentre in Il corsaro nero (1971) l'interprete principale fu solo Terence e a Bud venne riservata una parte minore in un ruolo da cattivo. La notorietà nel mondo e il lungo sodalizio con Terence Hill Nel 1969 interpretò il ruolo di Mesito nel film Un esercito di 5 uomini, diretto da Italo Zingarelli e sceneggiato da Dario Argento. Nel 1970 la coppia girò lo spaghetti-western Lo chiamavano Trinità..., per la regia di E.B. Clucher (pseudonimo di Enzo Barboni), diventato nel tempo un vero e proprio film di culto del cinema, non solo in Italia: in particolare in Germania riscosse un grandissimo successo. Anche questo film ebbe delle vicissitudini all'inizio, perché l'idea - che poi si sarebbe rivelata vincente - di Barboni, di sostituire i duelli e le sparatorie dei western classici con delle scazzottate, che "avevano lo scopo di suscitare le risa della platea, composta da persone comuni che avevano bisogno di divertirsi e di evadere al termine d'una dura settimana lavorativa", come affermò il figlio del regista in un'intervista del 2004, venne rifiutata dalla gran parte dei produttori. Una volta trovato il produttore, la scelta della coppia di attori cadde inizialmente su Pedersoli e su Franco Nero, o in alternativa su Giuliano Gemma, entrambi, però, già scritturati in altri film. Fu così lo stesso Pedersoli a proporre al regista la candidatura di Girotti. L'anno seguente arrivò la consacrazione definitiva con il seguito del film ...continuavano a chiamarlo Trinità, sempre con la regia di E.B. Clucher, che riuscì a replicare il successo al botteghino in tutta Europa, elevando Bud e Terence al rango di stelle internazionali. Va sottolineato che, anche per gli attori, all'inizio quel film non parve rivestire il "punto di svolta" della loro carriera, stando a quanto affermò la figlia maggiore di Pedersoli in un'intervista del 2019, tanto che Pedersoli accettò di girarlo perché "era divertente più di quello girato l'anno precedente dallo stesso Zingarelli" (Un esercito di 5 uomini) e che Girotti dopo aver sottoposto il copione alla moglie che si mise a ridere divertita consigliando di "attenuare la serietà del film girato da Ferdinando Baldi" (Preparati la bara!) e che, per di più, entrambi gli attori, incuriositi dell'accoglienza del pubblico, presero visione, in incognito, della proiezione del film in una sala cinematografica alla fine di dicembre del 1970. Bud Spencer sperimentò anche altri generi cinematografici: il thriller, lasciandosi dirigere da Dario Argento in 4 mosche di velluto grigio (1971), e il dramma di denuncia civile con Gott mit uns (Dio è con noi) (1970) di Giuliano Montaldo e Torino nera (1972) di Carlo Lizzani, ma il successo fu sicuramente minore rispetto alla popolarità internazionale che riguardava le pellicole che lo accoppiavano a Terence Hill. Nel 1972 nacque Diamante, la terza figlia di Bud, che diverrà anch'essa attrice, lavorando col nome d'arte di Diamy Spencer insieme al padre in Superfantagenio (1986) di Bruno Corbucci e Un piede in paradiso (1991) di E.B. Clucher. Nel 1973 interpretò Piedone lo sbirro, cui seguirono Piedone a Hong Kong (1975), Piedone l'africano (1978) e Piedone d'Egitto (1980): questa tetralogia nacque da una sua stessa idea e lo vide protagonista assoluto (senza quindi la compagnia dell'amico Terence) per la regia di Steno, famoso maestro della commedia all'italiana. Negli stessi anni il collaudato sodalizio con Hill proseguì il proprio cammino trionfale, girando pellicole come ...più forte ragazzi! (1972), ...altrimenti ci arrabbiamo! e Porgi l'altra guancia (ambedue del 1974), che si piazzarono immancabilmente ai primi posti dei film più visti nelle sale cinematografiche italiane. Sei anni dopo il successo dei due Trinità, i due tornarono ad essere diretti da E.B. Clucher in I due superpiedi quasi piatti (1977), riscuotendo ancora una volta un ottimo successo di pubblico: pertanto, girarono altri due film insieme, Pari e dispari (1978) di Sergio Corbucci e Io sto con gli ippopotami (1979) di Italo Zingarelli. Nello stesso anno Bud ricevette il premio Jupiter come attore più popolare in Germania, e si cimentò anche nel genere fantascientifico con Uno sceriffo extraterrestre... poco extra e molto terrestre, per la regia di Michele Lupo. Nel 1981 tornò al genere western a quasi dieci anni dall'ultima esperienza con la pellicola Occhio alla penna. Dopo la breve parentesi con il western, tornò in coppia con Terence Hill per girare altre quattro pellicole di successo quali Chi trova un amico trova un tesoro (1981) di Sergio Corbucci, Nati con la camicia (1983) e Non c'è due senza quattro (1984) entrambi diretti ancora una volta da E.B. Clucher e Miami Supercops (I poliziotti dell'8ª strada) (1985) diretto da Bruno Corbucci. Da solo, Bud Spencer riscosse un grande successo con la serie televisiva Big Man (1988). Gli ultimi lavori Nel 1990 girò sei film per la televisione, Detective Extralarge, serie che vinse il Telegatto come miglior telefilm italiano della stagione. Nel 1994, nove anni dopo Miami Supercops, l'ultimo film insieme a Terence Hill, la coppia si ricompose senza troppa fortuna sul set di Botte di Natale, un western diretto dallo stesso Terence Hill. Nel 1997 fu in un'altra serie televisiva, Noi siamo angeli, prodotta per Rai 1 da suo figlio Giuseppe e, contemporaneamente, apparve in un cameo in Fuochi d'artificio di Leonardo Pieraccioni. Nel 1999, pochi giorni dopo la vittoria dell'Oscar del film di Roberto Benigni La vita è bella, la rivista statunitense TIME, sulla scia dell'evento, pubblicò una classifica degli «attori italiani più famosi del mondo» in cui Bud Spencer figurava primo davanti a Terence Hill secondo. Nonostante tale riconoscimento, non mancò in più occasioni di sottolineare l'indifferenza ricevuta da parte della critica cinematografica italiana: «in Italia io e Terence Hill semplicemente non esistiamo, nonostante la grande popolarità che abbiamo anche oggi tra i bambini e i più giovani. Non ci hanno mai dato un premio, non ci invitano neppure ai festival». Sempre per il cinema, prese parte alle produzioni spagnole Al limite (1997) e Figli del vento (2000), a quella australiana Tre per sempre (1998) e a quella tedesca Tesoro, sono un killer (2009), tornando a lavorare in Italia con la partecipazione al film di Ermanno Olmi Cantando dietro i paraventi (2003), che gli permise di dimostrare anche le sue qualità di attore drammatico, e come protagonista del film TV Padre Speranza (girato nel 2001), pilota di una serie poi mai realizzata mandato in onda su Rai 2 nel 2005, e della serie televisiva di Canale 5 I delitti del cuoco (2010). Ha inoltre partecipato nel 2007 a uno spot di Natale per la Melegatti, impersonando Babbo Natale, e nel 2009 a uno per la banca spagnola Bancaja. Insieme a Terence Hill, il 7 maggio 2010 ha ricevuto il David di Donatello alla carriera dopo essere stato pubblicamente lodato dal regista Ermanno Olmi. Vita privata Parallelamente al cinema, Spencer portò avanti le sue passioni, fra le quali anche quella del volo; nel 1975 conseguì la licenza di pilota di elicottero per l'Italia, la Svizzera e gli Stati Uniti. Il primo volo effettuato da Carlo Pedersoli, si ebbe sul set di ...più forte ragazzi!: Bud, dopo aver visto in diverse scene lo stuntman-pilota effettuare le manovre, su propria iniziativa e lasciando tutti di stucco spiccò il volo con l'aereo manovrando i comandi da solo e senza aiuti. Lo stesso Bud Spencer ricorderà il terrore del produttore in quei momenti. L'atterraggio, "a quaglia" (cioè effettuato a "balzi" sulla pista fino a fermarsi), fortunatamente riuscì. In seguito a quest'esperienza Carlo Pedersoli coltiverà la passione per il volo: possedeva infatti il brevetto sia per l'elicottero, con cui collezionò ore di volo, sia per gli aerei, con cui volò per ore e che ha continuato a pilotare fino alla sua morte. Nel 1976 Bud Spencer lanciò una linea di jeans. Nel 1981 fu tra i soci fondatori della compagnia aerea Mistral Air, poi diventata di proprietà di Poste italiane. In merito ha dichiarato: «Era una compagnia molto piccola, con appena tre aeroplani. Di fatto, l'avventura durò poco perché non la potevo supportare». Da non dimenticare è anche l'amore per la musica; nonostante egli avesse dichiarato più volte di non saper suonare alcuno strumento musicale, nel 1977 scrisse alcune canzoni per il suo film Lo chiamavano Bulldozer insieme ai fratelli Guido e Maurizio De Angelis (in arte Oliver Onions), delle quali una venne da lui stesso interpretata durante il film. Nel gennaio del 2007 la Federazione Italiana Nuoto (FIN) concesse a Carlo Pedersoli i brevetti di allenatore di nuoto e pallanuoto, iscrivendolo all'Associazione Nazionale Tecnici di nuoto. Nel 2010 pubblicò la sua biografia ufficiale, intitolata Altrimenti mi arrabbio: la mia vita, scritta assieme a Lorenzo De Luca, già sceneggiatore in tre delle sue serie televisive, e curata dal biografo David De Filippi. Nel 2011 pubblicò la seconda parte della biografia espressamente per il mercato tedesco, scrivendola nuovamente con Lorenzo De Luca. Nel 2014 apparve il suo terzo libro, Mangio ergo sum, in cui mescola filosofia e gastronomia, scritto nuovamente a quattro mani con De Luca, edito da NPE, con prefazione dell'amico Luciano De Crescenzo. Come spiegò in un'intervista uscita su Il Messaggero del 27 novembre 2014, il libro nacque dalla sua «sincera passione per il cibo e per la filosofia»: «Adoro mangiare e per questo non ho mai seguito una dieta, nonostante sia arrivato a pesare anche 156 kg. Inoltre, mi sono sempre dilettato nella lettura dei filosofi: da Platone ad Aristotele, da Cartesio a Kant. Nel libro mi immagino costretto dal medico a stare a stecchetto per un paio di settimane, un vero calvario! La sera, mentre mi rigiro nel letto per colpa della fame, mi vengono a trovare i maggiori filosofi per un dialogo divertente, ma allo stesso tempo profondo. Il titolo è un chiaro riferimento a Cartesio, che ha rivoluzionato la storia del pensiero dicendo "cogito ergo sum", ovvero "penso, dunque sono". Ma io credo che sarebbe più corretto affermare: "Mangio, dunque sono", perché non solo siamo quello che mangiamo, ma se non mangiamo non siamo e non pensiamo». Sapeva parlare sei lingue: italiano, inglese, spagnolo, francese, portoghese e tedesco; tuttavia nei film venne quasi sempre doppiato, salvo rare eccezioni. Carlo Pedersoli, durante la sua carriera giovanile nel mondo del nuoto, aveva praticato anche lotta greco-romana e pugilato. Era anche un grande appassionato di calcio, tifoso del Napoli e simpatizzante della Lazio. Politica Dichiaratamente schierato a destra, Bud Spencer si candidò alle elezioni regionali in Italia del 2005 nel Lazio nelle liste di Forza Italia, a sostegno del presidente uscente Francesco Storace, raccogliendo voti, che non gli valsero un seggio (a vincere le elezioni fu il candidato dell'Unione Piero Marrazzo). Alle elezioni comunali a Roma del 2013 sostenne attivamente la candidatura di sua figlia Cristiana con Il Popolo della Libertà (partito che poi decise di ri-candidare il sindaco uscente Gianni Alemanno, il quale fu sconfitto dallo sfidante del centro-sinistra Ignazio Marino). Morte Bud Spencer è morto il 27 giugno 2016, all'età di 86 anni, nella sua abitazione romana a causa di serie complicazioni derivate da una caduta in casa. La sua morte è stata annunciata dal figlio Giuseppe così: «Papà è volato via serenamente alle 18:15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto e la sua ultima parola è stata "grazie"». Il 29 giugno è stata allestita la camera ardente presso la sala della Protomoteca nel Palazzo Senatorio in Campidoglio. Le esequie si sono svolte il 30 giugno nella Chiesa degli artisti; all'uscita del feretro dalla chiesa, al termine del funerale, amici e ammiratori hanno cantato la canzone Dune Buggy (colonna sonora del film ...altrimenti ci arrabbiamo!). È sepolto nel cimitero del Verano, a Monte Portonaccio, di fronte al secondo gradone, cappella V. Nei giorni seguenti le reti Rai e Mediaset hanno adattato il palinsesto televisivo per rendere omaggio all'attore. La notizia della sua morte ha suscitato notevole clamore e messaggi di cordoglio in Italia e nel resto del mondo. Due anni dopo, nel 2018, la Fondazione Italia USA gli ha attribuito presso la Camera dei deputati il Premio America alla memoria. Palmarès Palmarès da nuotatore Campionati italiani Sette titoli individuali e quattro in staffetta, così ripartiti: Sette nei 100 m stile libero Uno nella staffetta 4×200 m stile libero Due nella staffetta 3×100 m mista Uno nella staffetta 4×100 m mista nd = non disputata Palmarès da pallanuotista Giochi del Mediterraneo 1955 Barcellona - : , 3 vittorie 0 sconfitte Riconoscimenti Premi cinematografici David di Donatello 2010 - David di Donatello alla carriera. (Ricevuto insieme a Terence Hill) Globo d'oro 2004 - Globo d'oro Speciale della Giuria Nastro d'argento 2004 - Candidatura al Miglior attore non protagonista per Cantando dietro i paraventi Telegatto 1989 - Miglior telefilm italiano per Big Man 1992 - Miglior telefilm italiano per Detective Extralarge 1992 - Premio speciale per il cinema italiano in TV. (Ricevuto insieme a Terence Hill) Premio Bambi 1975 - Premio Bambi per ...altrimenti ci arrabbiamo! e Porgi l'altra guancia. (Ricevuto insieme a Terence Hill) Giffoni Film Festival 1990 - Premio François Truffaut 1996 - Premio François Truffaut Premio Jupiter 1979 - Miglior attore protagonista per Lo chiamavano Bulldozer 1980 - Miglior attore protagonista per Io sto con gli ippopotami Premio Charlot 2005 - Premio alla carriera Premio IOMA (Italian Online Movie Awards) 2012 - Premio alla carriera. (Ricevuto insieme a Terence Hill) Goldene Leinwand 1973 - premio Goldene Leinwand per ...continuavano a chiamarlo Trinità 1974 - premio Goldene Leinwand per Anche gli angeli mangiano fagioli 1975 - premio Goldene Leinwand per ...altrimenti ci arrabbiamo 1976 - premio Goldene Leinwand per Porgi l'altra guancia 1979 - premio Goldene Leinwand per Lo chiamavano Bulldozer 1980 - premio Goldene Leinwand per Uno sceriffo extraterrestre... poco extra e molto terrestre 1980 - premio Goldene Leinwand per Io sto con gli ippopotami Onorificenze Citazioni e omaggi In suo onore è stata chiamata una pietanza a base di fagioli: i cosiddetti "fagioli alla Bud". Ogni anno l'Associazione Teatro-CineMasone di Masone organizza assieme al museo Passatempo di Rossiglione il Bud & Terence Film Festival che prevede, oltre alla proiezione integrale dei film della coppia e all'esposizione di tutte le locandine originali, una cena di congedo a base di birra, salsicce e fagioli. L'etichetta discografica indipendente tedesca Sunny Bastards ha pubblicato l'album tributo A Street Tribute to Bud Spencer & Terence Hill. Nell'album diverse band, soprattutto punk e Oi!, reinterpretano le canzoni dei film del duo. Il gruppo rock italiano Bud Spencer Blues Explosion si chiama così in suo onore, così come i Spencer & Hill, gruppo electro house tedesco. In Germania è stato coniato il verbo sich budspenceren, traducibile in italiano come "picchiare come Bud Spencer". La Miniatur Wunderland di Amburgo ha onorato Bud Spencer con una targa commemorativa con il volto dell'attore e la scritta «Grazie Carlo» nella sezione dedicata a Roma. Nel 2007 riceve simbolicamente le chiavi del Comune di Rotondella (MT) dal Sindaco Vito Agresti sul "Balcone dello Jonio" Nel 2011 il gruppo emiliano Controtempo dedica a lui e a Terence Hill il singolo Come Bud Spencer e Terence Hill, nel cui filmato musicale recitano entrambi, anche se mai insieme. Nel luglio 2016, a Budapest, è stato intitolato un parco naturale a suo nome: il Bud Spencer Park. In Ungheria l'attore italiano è sempre stato un personaggio di culto fin dagli anni '60, quando sotto il regime comunista rappresentava un simbolo di libertà accessibile, mentre i film western statunitensi erano censurati. L'11 novembre 2017 è stata eretta sulla Corvin Promenade di Budapest (nei pressi della fermata della metropolitana Corvin-negyed) una statua in bronzo della scultrice Szandra Tasnadi che raffigura Bud Spencer. La statua, alta 2,40 metri e dal peso di 500 kg, è stata definita dai suoi artefici «il primo monumento al mondo» a Carlo Pedersoli. Sul basamento di marmo c'è scritto "Carlo Pedersoli" e la traduzione della frase "Non abbiamo mai litigato" (in ungherese: Mi sohasem veszekedtünk), pronunciata da Terence Hill in occasione dei funerali di Bud. Gli rende omaggio il gioco di carte Bang!, che nella sua espansione Wild West Show presenta il personaggio di Big Spencer, caratterizzato da uno spropositato numero di punti vita come omaggio alla sua stazza ed incredibile forza fisica. Ha ricevuto postumo l'America Award dalla Fondazione Italia USA nel 2018. Nel 2019 i Pinguini Tattici Nucleari lo hanno citato nel brano La banalità del mare. Il 1º giugno 2019 il comune di Fontevivo in provincia di Parma intitola la prima strada in Italia a Carlo Pedersoli. Il 2 giugno 2019 viene esposta a Livorno la prima statua in Italia, realizzata completamente in vetroresina e inaugurata dal sindaco uscente alla presenza di alcuni familiari. Nel 2021 un francobollo italiano valido per la posta ordinaria diretta in Italia è dedicato all'attore Bud Spencer. Filmografia Cinema Come Carlo Pedersoli Quel fantasma di mio marito, regia di Camillo Mastrocinque (1950) - non accreditato Quo vadis, regia di Mervyn LeRoy (1951) - non accreditato Siluri umani, regia di Antonio Leonviola (1954) - accreditato come Carlo Pedersoli Un eroe dei nostri tempi, regia di Mario Monicelli (1955) - accreditato come Carlo Pedersoli Addio alle armi, regia di Charles Vidor (1957) - non accreditato Il cocco di mamma, regia di Mauro Morassi (1958) - accreditato come Carlo Pedersoli Annibale, regia di Carlo Ludovico Bragaglia ed Edgar G. Ulmer (1959) - accreditato come Carlo Pedersoli Come Bud Spencer Dio perdona... io no!, regia di Giuseppe Colizzi (1967) Oggi a me... domani a te, regia di Tonino Cervi (1968) Al di là della legge, regia di Giorgio Stegani (1968) I quattro dell'Ave Maria, regia di Giuseppe Colizzi (1968) Un esercito di 5 uomini, regia di Italo Zingarelli (1969) La collina degli stivali, regia di Giuseppe Colizzi (1969) Gott mit uns (Dio è con noi), regia di Giuliano Montaldo (1970) Lo chiamavano Trinità..., regia di E.B. Clucher (1970) Il corsaro nero, regia di Lorenzo Gicca Palli (1971) ...continuavano a chiamarlo Trinità, regia di E.B. Clucher (1971) 4 mosche di velluto grigio, regia di Dario Argento (1971) Si può fare... amigo, regia di Maurizio Lucidi (1972) Torino nera, regia di Carlo Lizzani (1972) ...più forte ragazzi!, regia di Giuseppe Colizzi (1972) Una ragione per vivere e una per morire, regia di Tonino Valerii (1972) Anche gli angeli mangiano fagioli, regia di E.B. Clucher (1973) Piedone lo sbirro, regia di Steno (1973) ...altrimenti ci arrabbiamo!, regia di Marcello Fondato (1974) Porgi l'altra guancia, regia di Franco Rossi (1974) Piedone a Hong Kong, regia di Steno (1975) Il soldato di ventura, regia di Pasquale Festa Campanile (1976) Charleston, regia di Marcello Fondato (1977) I due superpiedi quasi piatti, regia di E.B. Clucher (1977) Piedone l'africano, regia di Steno (1978) Lo chiamavano Bulldozer, regia di Michele Lupo (1978) Pari e dispari, regia Sergio Corbucci (1978) Uno sceriffo extraterrestre... poco extra e molto terrestre, regia di Michele Lupo (1979) Io sto con gli ippopotami, regia di Italo Zingarelli (1979) Piedone d'Egitto, regia di Steno (1980) Chissà perché... capitano tutte a me, regia di Michele Lupo (1980) Occhio alla penna, regia di Michele Lupo (1981) Chi trova un amico trova un tesoro, regia di Sergio Corbucci (1981) Banana Joe, regia di Steno (1982) Bomber, regia di Michele Lupo (1982) Cane e gatto, regia di Bruno Corbucci (1983) Nati con la camicia, regia di E.B. Clucher (1983) Non c'è due senza quattro, regia di E.B. Clucher (1984) Miami Supercops (I poliziotti dell'8ª strada), regia di Bruno Corbucci (1985) Superfantagenio, regia di Bruno Corbucci (1986) Un piede in paradiso, regia di E.B. Clucher (1991) Botte di Natale, regia di Terence Hill (1994) Fuochi d'artificio, regia di Leonardo Pieraccioni (1997) Al limite, regia Eduardo Campoy (1997) Figli del vento, regia di José Miguel Juarez (2000) Cantando dietro i paraventi, regia di Ermanno Olmi (2003) Tesoro, sono un killer, regia di Sebastian Niemann (2009) Televisione Big Man – serie TV, 6 episodi (1988) Detective Extralarge – serie TV, 12 episodi (1991-1993) Noi siamo angeli – serie TV, 6 episodi (1997) Tre per sempre, regia di Franco Di Chiera – miniserie TV, 8 episodi (2001) Padre Speranza, regia di Ruggero Deodato – film TV (2005) Pane e olio, regia di Gianpaolo Sodano – film TV (2008) I delitti del cuoco – serie TV, 11 episodi (2010) Videoclip Come Bud Spencer e Terence Hill dei Controtempo (2010) Let It Be dei Gyllene Tider Spot pubblicitari Maa Assicurazioni (1986-1987) Big Babol (1989) Lavazza (1994) Melegatti (2007) Bancaja (banca spagnola, 2009) Discografia Album in studio 2016 – Futtetenne Singoli 1961 – In una nuvola/Ciuf ciuf cia 1978 – Cock a doodle doo/My name is Zulu - con gli Oliver Onions 1979 – Grau-Grau-Grau/Freedom - con l'Orchestra Walter Rizzati 1979 – Cara Caravan - con gli Oliver Onions 1996 – Guardian Angels - con l'Orchestra Enrico Riccardi 2003 – Futtetenne Canzoni scritte per altri interpreti 1963 – Cleopatra (testo di Carlo Pedersoli; musica di Alex North); interpretata da Nico Fidenco nell'album Per noi due 1963 – Non mi chiedi mai (testo e musica di Carlo Pedersoli); interpretata da Nico Fidenco nell'album Per noi due 1963 – Ogni sera (testo di Carlo Pedersoli; musica di Carlo Rustichelli); interpretata da Ornella Vanoni nell'album Le canzoni di Ornella Vanoni 1973 – Flying through the air (testo di Susan Duncan-Smith; musica di Guido e Maurizio De Angelis e Carlo Pedersoli); interpretata dagli Oliver Onions 1973 – Angels and Beans (testo di Susan Duncan-Smith, Cesare De Natale e Carlo Pedersoli; musica di Guido e Maurizio De Angelis); interpretata da Kathy and Gulliver 1974 – Across the fields (musica di Guido e Maurizio De Angelis, Dandylion, Carlo Pedersoli e Marcello Fondato) Libri Videogiochi Dalla serie televisiva omonima nel 1997 è stato tratto il videogioco Noi siamo angeli con il personaggio principale ispirato all'attore Bud Spencer. Nel 2017 è stato pubblicato Bud Spencer & Terence Hill: Slaps and Beans, il primo videogioco ufficiale di Bud Spencer e Terence Hill, sviluppato dall'azienda italiana Trinity Team srls; uscito inizialmente solo per PC, il titolo è stato poi convertito per PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch il 24 luglio 2018, e nel 2023 è stato pubblicato il secondo capitolo della saga videoludica. Doppiatori Bud Spencer è stato doppiato da: Glauco Onorato in Dio perdona... io no!, I quattro dell'Ave Maria, Gott mit uns (Dio è con noi), La collina degli stivali, Un esercito di 5 uomini, Lo chiamavano Trinità..., ...continuavano a chiamarlo Trinità, ...più forte ragazzi!, Si può fare... amigo, Torino nera, Una ragione per vivere e una per morire, Anche gli angeli mangiano fagioli, Piedone lo sbirro, ...altrimenti ci arrabbiamo!, Porgi l'altra guancia, I due superpiedi quasi piatti, Lo chiamavano Bulldozer, Pari e dispari, Io sto con gli ippopotami, Uno sceriffo extraterrestre... poco extra e molto terrestre, Chissà perché... capitano tutte a me, Chi trova un amico trova un tesoro, Banana Joe, Bomber, Cane e gatto, Nati con la camicia, Non c'è due senza quattro, Miami Supercops (I poliziotti dell'8ª strada), Superfantagenio, Big Man, Un piede in paradiso Sergio Fiorentini in Charleston, Detective Extralarge, Botte di Natale, Noi siamo angeli, Al limite, Figli del vento, Pane e olio, Tesoro, sono un killer Giuseppe Rinaldi e Bruno Persa in Siluri umani Ferruccio Amendola in Oggi a me... domani a te Giancarlo Maestri in Al di là della legge Sergio Graziani in 4 mosche di velluto grigio Roberto Villa in Il corsaro nero Nino Pavese in Annibale Note Bibliografia Franco Grattarola - Matteo Norcini, Continuarono a chiamarlo Bud Spencer, Roma, Struwwelpeter Edizioni (2008) ISBN 88-6237-016-4. Francesco Carra, Terence Hill Bud Spencer. La vera storia di Giuseppe Colizzi, Falsopiano, (2010) Lorenzo De Luca, Bud Spencer, Mangio Ergo Sum, Edizioni NPE, 2014. Cristiana Pedersoli, BUD Un gigante per papà, Firenze, Giunti Editore, 2020. Voci correlate Bud Spencer e Terence Hill Terence Hill Western Western all'italiana Altri progetti Collegamenti esterni Attori cinematografici italiani Attori televisivi italiani Cantanti italiani del XX secolo Italiani emigrati in Brasile Italiani emigrati in Venezuela Produttori televisivi italiani Sceneggiatori italiani del XX secolo Sepolti nel cimitero del Verano Studenti della Sapienza - Università di Roma David di Donatello alla carriera
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Brian Kernighan
Biografia Si laurea in fisica tecnica all'University of Toronto nel 1964 e ottiene il dottorato di ricerca in elettrotecnica alla Princeton University, dove tuttora insegna. Ha lavorato nel dipartimento di ricerca informatico dei Bell Labs (conosciuti ora come Lucent Technologies). È famoso soprattutto per aver collaborato insieme a Dennis Ritchie, creatore del linguaggio di programmazione C, alla stesura del libro The C Programming Language, noto, nell'ambiente, come "il K&R" dalle iniziali dei suoi autori, reputato un testo fondamentale per i programmatori. È il creatore dei linguaggi AWK, insieme ad Alfred Aho e Peter Weinberger, e di AMPL, oltre di molti programmi Unix, come ad esempio troff. Legge di Kernighan Note Voci correlate AMPL Informatica Altri progetti Collegamenti esterni
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Basic
Informatica BASIC – linguaggio di programmazione. Basic access authentication – contesto di una transazione HTTP. Basic stamp – microcontrollore programmabile in BASIC Visual Basic – linguaggio di programmazione event driven. Visual Basic .NET – successore del vecchio Visual Basic basato sul .NET Framework. Altro Basic – film del 2003 con John Travolta e Samuel L. Jackson. Basic Galattico – lingua artificiale dell'universo di Guerre stellari BASIC – gruppo comprendente i quattro paesi più influenti all'interno del G20 dei Paesi in via di sviluppo Basic Role-Playing – sistema per gioco di ruolo realizzato dall'editore Chaosium Basic Connection – gruppo musicale italiano Altri progetti Pagine correlate Bašić
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Biometrika
La rivista britannica Biometrika venne creata nell'ottobre 1901 per iniziativa di Karl Pearson, Walter Frank Raphael Weldon e Charles Davenport. Tra i suoi finanziatori vi sono Francis Galton, tra i suoi editori Karl Pearson. Editori Responsabile editoriale (managing editor) 1906-1935: Karl Pearson 1935-1965: Egon Pearson 1966-1991: David R. Cox D. M. Titterington assistant editor 1924-19??: Egon Pearson Altri editori dal 1937: John Wishart Voci correlate Biometrics, altra rivista statistica Altri progetti Collegamenti esterni Riviste di statistica britanniche
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Brescia
Brescia (pronuncia , localmente , Brèsa o Bressa in dialetto bresciano, pronuncia , localmente o ) è un comune italiano di abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Lombardia. È il secondo comune della regione per popolazione, dopo Milano, e rientra nei venti comuni più popolosi d'Italia. Antica città le cui origini risalgono a oltre anni fa, Brescia possiede un cospicuo patrimonio artistico e architettonico: i suoi monumenti d'epoca romana e longobarda sono stati dichiarati dall'UNESCO Patrimonio dell'umanità. Attiva nei settori della manifattura, dell'industria metalmeccanica, tessile, chimica e alimentare, è tra i principali centri economico-produttivi d'Italia ed è conosciuta per la celebre corsa d'auto d'epoca Mille Miglia e per la produzione del Franciacorta. La città di Brescia è soprannominata "La Leonessa", originariamente per il valore e l’attaccamento dimostrato verso la Repubblica di Venezia: nel 1438, a tal proposito, lo stesso Senato veneziano proclamò la città di Brescia “Leonessa e degna sposa del Leone” conferendole il titolo di “Brixia Fidelis fidei et Iustitiae”, titolo riportato sul fronte del palazzo della Loggia, sede del comune. Geografia fisica Brescia sorge nell'alta Pianura Padana allo sbocco della Val Trompia, ai piedi del monte Maddalena e del colle Cidneo. Il territorio – delimitato a nord dalle Prealpi Bresciane, ad est dalle Prealpi Gardesane e a ovest dai territori della Franciacorta – è in maggior parte pianeggiante; tuttavia tutto il versante sud del Monte Maddalena (compresa la cima) ricade nel territorio comunale, così che il comune di Brescia si trova ad avere un'escursione altimetrica di 770 metri. Il centro storico è racchiuso nel perimetro della cinta muraria di epoca veneta, abbattuta tra la seconda metà dell'Ottocento e gli anni venti del Novecento, ed è sovrastato dal Cidneo sul quale è ben visibile il castello di Brescia. Il resto della città si espande geograficamente e visivamente su tutto il territorio circostante, racchiuso dalla cinta di monti prealpini, come il Monte Maddalena (ad est), ed il Monte Spina (a nord), anche se quest'ultimo non fa geograficamente parte del territorio cittadino, bensì dei comuni dell'hinterland Bovezzo, Lumezzane, Concesio e Nave. Il rischio sismico di Brescia secondo l'ordinanza PCM 3.274 del 20/03/2003 è riconducibile alla zona 3, ovvero di bassa sismicità; tuttavia nei secoli passati non mancarono episodi di rilievo che coinvolsero la città, fra questi si ricorda il terremoto di Brescia del 25 dicembre 1222. Clima Brescia gode di un clima sub-continentale umido, caratterizzato da una piovosità uniformemente distribuita in tutte le stagioni con estati molto calde ed un numero inferiore di giorni di freddo e nebbia rispetto alla vicina pianura padana. La presenza di piante tipicamente mediterranee (come l'olivo, il leccio, l'alloro, l'alaterno e il cappero), che crescono sulle colline che circondano la città, sono indicatori del fatto che il clima di Brescia è sub-mediterraneo, di transizione cioè tra il clima mediterraneo e quello sub-continentale della Val Padana. Le precipitazioni si concentrano nei periodi compresi tra maggio ed agosto, con un leggero calo nei mesi di luglio e settembre, e un riacutizzarsi nel periodo compreso tra ottobre e novembre inoltrato. L'inverno, compreso generalmente tra fine novembre e fine marzo, è caratterizzato da una percentuale di piovosità molto bassa. Idrografia La zona ovest del territorio comunale è attraversata longitudinalmente dal fiume Mella, che nasce nella zona del Maniva: dopo aver attraversato la Val Trompia, giunge in città da nord. È un fiume non navigabile e presenta anche problemi di inquinamento. Ci sono anche corsi d'acqua a carattere torrentizio, tra di essi il Garza nasce a metà strada tra i centri di Lumezzane e di Agnosine; dopo aver attraversato la valle omonima, raggiunge la città da nord-est e l'attraversa in tutta la sua lunghezza con un percorso misto scoperto e sotterraneo. Il Naviglio di Brescia è invece un canale, derivante dal fiume Chiese, che attraversa la città nella zona est per poi lambire i comuni della bassa bresciana orientale. Orografia Il monte Maddalena (già monte Denno) è un monte appartenente alle Prealpi Bresciane che si innalza a ridosso della città e più precisamente nella sua parte nord-orientale. Proprio per la vicinanza con la città è detta la montagna dei bresciani. Alta 874 metri s.l.m., la Maddalena costituisce un vero polmone verde per la città. Altra altura rilevante è il colle Cidneo, sopra il quale si erge il castello di Brescia. Origini del nome Il toponimo "Brescia" appare inizialmente su trattati veneti e nasce dalla probabile venetizzazione del lombardo "Brèsa" o "Brèssa", che a sua volta trae origine dal nome cenomane e poi romano della città, denominata da Augusto come "Colonia Civica Augusta Brixia". In età alto-medievale è attestata, accanto alla forma "Brixia", la variante "Brexia". Il nome latino "Brixia" (e anche la variante greca "Βρηξία") è ben documentato in epoca classica (Catullo, Livio, Plinio il Vecchio ed altri). Viene fatto solitamente risalire al termine celtico brik/bric/brig (sommità, colle, altura, rocca, fortezza) o alla dea celtica Brig/Brigid moglie di Bres (da A.M. Ardovino) con vari riscontri in altre aree di influenza celtica (Bressa in Gallia, Brexa in Spagna, Bressanone, Bresso e Brianza in Italia). Anche nel dialetto locale il termine bréc significa sentiero ripido e sconnesso. La "Leonessa d'Italia" Alla città fu dato l'appellativo "Leonessa d'Italia" da Aleardo Aleardi, nei suoi Canti Patrii. La fortuna dell'espressione si deve però a Giosuè Carducci, che volle rendere omaggio a Brescia per la valorosa resistenza contro gli occupanti austriaci durante l'insurrezione delle Dieci Giornate, nell'ode Alla Vittoria. Tra le rovine del tempio di Vespasiano in Brescia, contenuta nelle Odi barbare. Storia Età antica Le origini di Brescia risalgono al 1200 a.C., quando una popolazione, probabilmente di Liguri, costruì un insediamento nei pressi del Colle Cidneo. Nel VII secolo a.C. si insediarono i Galli Cenomani, che fecero di Brescia la loro capitale. Successivamente, a cavallo tra III e II secolo a.C., a seguito di scontri tra Insubri, Galli e Romani, Brixia iniziò il percorso di annessione alla Repubblica romana, culminato nel 42 a.C. quando gli abitanti ottennero la piena cittadinanza romana. Medioevo Dal 402 al 493 subì numerose invasioni barbariche, tra cui quelle dei Visigoti di Alarico, degli Unni di Attila, degli Eruli di Odoacre e passò poi sotto la dominazione degli Ostrogoti di Teodorico; proprio sotto quest'ultimo la città acquisì un'importanza chiave nel regno ostrogoto. Dal 568 divenne un importante ducato del regno longobardo. Dominio veneziano Proclamatosi comune autonomo già nel XII secolo, finì sotto la dominazione viscontea e poi si diede, con la dedizione del 24 novembre 1426, ai Domini di Terraferma della Repubblica di Venezia e ne rimarrà legata fino alla fine del 1797. Nel febbraio 1512, durante le guerra della Lega di Cambrai, le truppe francesi comandate da Pierre Terrail de Bayard e Gaston de Foix-Nemours conquistarono e saccheggiarono la città: tale drammatico evento portò alla draconiana decisione, da parte delle autorità veneziane, di demolire qualunque edificio nel raggio di un chilometro e mezzo dalla cinta muraria cittadina, in modo da poter proteggere con maggior efficacia la città da eventuali altri assedianti. Francesco Duodo, capitano di Brescia, nella relazione datata 23 gennaio 1579, stima che la città di Brescia nel contagio passato (epidemia di peste) abbia perso ventimila anime. Età contemporanea Annessa al Regno Lombardo-Veneto, durante il Risorgimento fu teatro delle dieci giornate di Brescia, per poi arrivare all'annessione al Regno d'Italia nel 1860. Nel 1932, tramite la demolizione del quartiere popolare delle Pescherie, su incarico del Duce Benito Mussolini viene realizzata in stile fascista piazza della Vittoria dall'architetto Marcello Piacentini, il quale vi realizza il primo grattacielo d'Italia, il Torrione che è tra i primissimi grattacieli in Europa. Il 13 luglio 1944 il centro della città fu bombardato dagli anglo-americani che sganciarono 124 tonnellate di esplosivo, provocando la morte di più di trecento persone. Durante la seconda guerra mondiale, con la creazione della Repubblica Sociale Italiana, denominata informalmente di Salò, Brescia divenne sede di alcuni ministeri. Al referendum istituzionale del 1946 nel comune di Brescia il 62,6% votò a favore della Repubblica contro il 37,4% che optò per la monarchia. La città ha vissuto la ricostruzione e il boom economico sotto la guida del sindaco democristiano Bruno Boni, ininterrottamente dal 1948 al 1975, con il quale la città si è dotata di numerose infrastrutture. Inoltre, nel 1972, Brescia è stata la prima città in Italia a dotarsi del teleriscaldamento. Il 28 maggio 1974 si verificò l'attentato in Piazza Loggia, mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati, causando la morte di otto persone e il ferimento di più di altre cento. Simboli Stemma Lo stemma di Brescia è contraddistinto dal leone azzurro su argento, a richiamo del leone cittadino, simbolo attribuitogli prima dell'epoca veneziana. La blasonatura dello stemma è stata emanata con un decreto ministeriale del 25 giugno 1925: A differenza di quanto comunemente si crede, a causa dell'appellativo Leonessa d'Italia (attribuito alla città di Brescia da Giosuè Carducci), quello che figura sullo stemma di Brescia è un leone maschio. Il gonfalone, invece, è formato da un drappo diviso verticalmente in due teli di colore bianco e azzurro, con al centro lo stemma comunale. Sul verso sono raffigurati i santi Faustino e Giovita, patroni della città. Stemma del Regno d'Italia napoleonico Lo stemma di Brescia introdotto da Napoleone Bonaparte prevedeva la sostituzione del leone azzurro con un leopardo rosso sebbene definito "illeonito" ovvero nella tipica posizione rampante del leone. Lo stemma napoleonico durò ben poco poiché meno d'un anno dopo, con il ritorno degli austriaci, il Comune di Brescia chiese la reintroduzione del precedente stemma. Tale richiesta venne ascoltata e il 28 giugno 1816 il generale Saurau ripristinò, con un decreto in nome di Francesco I, lo stemma precedente con l'aggiunta della corona patriziale e dell'austriaca aquila bicipite. Soltanto nel 1859, con la cacciata degli austriaci, vennero abolite la corona patriziale e l'aquila bicipite, le quali lasciarono posto alla cinta merlata come in uso in diverse città italiane. Blasonatura dello stemma Onorificenze La città di Brescia è: tra le città decorate con la medaglia d'oro di "Benemerite del Risorgimento nazionale" per le azioni altamente patriottiche compiute dalla città nel periodo del Risorgimento, periodo compreso tra i moti insurrezionali del 1848 e la fine della prima guerra mondiale nel 1918; tra le città decorate al valor militare per la guerra di Liberazione, insignita della Medaglia d'argento al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale; a seguito del coraggio mostrato dai bresciani durante le famose dieci giornate di Brescia, la città si meritò l'appellativo di Leonessa d'Italia (attribuitole da Aleardo Aleardi e Giosuè Carducci). Monumenti e luoghi d'interesse Brescia è un esempio di città sviluppatasi continuativamente e ininterrottamente per circa tremila anni, caratterizzata dall'interazione tra i diversi stili architettonici susseguitisi nel corso dei secoli, tant'è che il noto critico d'arte Philippe Daverio ha affermato che a Brescia si può osservare “la più potente stratificazione storica del Nord Italia”. Il cospicuo patrimonio artistico e l'importante eredità archeologica che costituiscono il suo centro storico sono composti da diversi monumenti, che spaziano dall'età antica a quella contemporanea, alcuni dei quali sono d'importanza mondiale. Monumenti di Brescia Patrimonio Mondiale dell'Umanità Il 25 giugno 2011, la riunione del 35º Comitato per il Patrimonio dell'Umanità, tenutasi a Parigi, ha iscritto nella lista dei beni patrimonio mondiale dell'UNESCO, facenti parte del sito “Longobardi in Italia: i luoghi del potere”, i seguenti monumenti di Brescia: L'area monumentale del Foro romano: costituisce il complesso archeologico in cui sono compresi alcuni tra i maggiori e meglio conservati edifici pubblici di epoca romana esistenti nell'Italia settentrionale. È composto dai seguenti monumenti: Il santuario repubblicano: situato sotto il tempio capitolino e costruito nel I secolo a.C., è l'edificio più antico del foro. È costituito da quattro aule rettangolari affiancate tra loro, all'interno delle quali si trovano i resti originali del pavimento a mosaico e degli affreschi parietali paragonabili, sia da un punto di vista stilistico che conservativo, a quelli riscontrabili a Pompei. Dalla primavera del 2015 l'aula più occidentale è stata aperta alle visite del pubblico, mentre il resto dell'edificio è ancora sottoposto a lavori di restauro e scavo archeologico. Il capitolium: costruito nel 73 d.C., era il tempio più importante dell'antica Brixia, in cui veniva venerata la Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva). È costituito da tre celle, una centrale, più grande, e le altre di minori dimensioni, che conservano gran parte dell‘originario pavimento in marmi policromi. Di fronte ad esse si trovano i resti dell'imponente porticato, con colonne aventi capitelli in ordine corinzio, culminante nel timpano, in cui compare una dedica all'imperatore Vespasiano. Sotterrato quasi interamente da uno smottamento del colle Cidneo, fu riportato alla luce attraverso diverse campagne archeologiche, cominciate nell'Ottocento. Dalla primavera del 2013, dopo nuovi lavori di scavo archeologico e di consolidamento strutturale, è stato riaperto al pubblico. Il teatro romano: si trova immediatamente a est del capitolium. Fu costruito in epoca flavia e rimaneggiato nel III secolo. Con i suoi 86 metri di larghezza, è uno dei teatri d'epoca romana più grandi d'Italia, e poteva contenere spettatori. Fu pesantemente danneggiato da un terremoto avvenuto nel V secolo, che fece crollare il secondo e terzo ordine di gradinate. Inoltre, nei secoli successivi, i suoi resti furono inglobati in nuovi edifici ivi costruiti, demoliti a partire dall'Ottocento. Della struttura originaria si sono conservati i muri perimetrali a forma di semicerchio, il primo ordine di gradinate (che in gran parte si trovano ancora sotto terra), le due uscite laterali e i resti della cavea e della scena, oltre a numerosi frammenti di colonne e fregi. I lavori di scavo archeologico dovrebbero riprendere nei prossimi anni. Il complesso monastico longobardo di San Salvatore-Santa Giulia: costituisce uno straordinario palinsesto architettonico, trasformato nel Museo di Santa Giulia, che contiene circa opere d'arte e reperti archeologici. È composto da: La basilica di San Salvatore: cuore dell'antico monastero longobardo, fu edificata nel 753 per volere del duca di Brescia Desiderio, futuro re longobardo, e di sua moglie Ansa. Caratterizzata dal contemporaneo utilizzo di stilemi longobardi e motivi decorativi classici e bizantini, rappresenta uno dei maggiori esempi di architettura religiosa altomedioevale. La basilica si presenta a tre navate ed ha un transetto a tre absidi. Vi si trova anche una cripta, anch'essa a tre absidi. Ampliata nei secoli successivi, conserva al suo interno diverse opere d'arte, tra cui le Storie di sant'Obizio dipinte dal Romanino e le Storie della Vergine e dell'infanzia di Cristo di Paolo da Caylina il Giovane. La chiesa di Santa Maria in Solario: costruita verso la metà del XII secolo come sacello interno al monastero, è a base quadrata e si articola su due livelli interni. Il piano inferiore è coperto da quattro volte a crociera sorrette al centro da un'antica ara romana, mentre l'aula superiore è coperta da una cupola emisferica e presenta, scavate nella muratura est, tre piccole absidi. Conserva all'interno pregevoli affreschi di Floriano Ferramola, eseguiti all'inizio del Cinquecento, e due fra i più importanti pezzi del tesoro dell'antico monastero: la Lipsanoteca di Brescia (composta da un piccolo scrigno d'avorio, risalente al IV secolo) e la Croce di Desiderio (realizzata in argento e lamina d‘oro, tempestata da 212 gemme preziose). Il coro delle monache: compreso tra la basilica di San Salvatore e la chiesa di Santa Giulia, è stato costruito tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento come coro per San Salvatore. L'edificio si sviluppa su due livelli: il piano inferiore costituisce l'antico sagrato coperto previsto per accedere a San Salvatore. Il piano superiore è invece il coro vero e proprio, formato da un ambiente coperto da una volta a botte, collegato a est con San Salvatore tramite tre piccole finestre dotate di grata, a ovest con Santa Giulia tramite un arcone. L'interno del coro è interamente ricoperto da affreschi eseguiti dal Ferramola e dal Caylina, e vi sono esposti diversi monumenti funerari di età veneta, tra cui il Mausoleo Martinengo, uno dei massimi capolavori della scultura rinascimentale bresciana. la chiesa di Santa Giulia: è stata costruita tra il 1593 e il 1599. La facciata è in marmo di Botticino, decorata da un doppio ordine di lesene di ordine corinzio, divisi da un ricco fregio marmoreo e connessi ai fianchi da volute. All'interno, la chiesa presenta una spaziosa navata unica coperta con volta a botte costolonata. Nella chiesa non rimane alcun arredo sacro o decorazione. Gli affreschi che originariamente ricoprivano ogni superficie sono quasi tutti scomparsi e ne rimangono poche tracce sulle pareti delle cappelle laterali e sulla volta. Scomparsi anche tutti gli altari laterali. Benché annessa al monastero, non rientra nel percorso di visita del Museo di Santa Giulia ed è adibita a sala conferenze. Fanno parte del sito UNESCO anche le Domus dell'Ortaglia (sono un gruppo di antiche domus romane, utilizzate tra il I e il IV secolo, chiamate in questo modo perché sono state rinvenute negli orti (ortaglia) del monastero di Santa Giulia), il cinquecentesco Palazzo Maggi Gambara, la seicentesca Casa Pallaveri e una porzione dell'antico decumano massimo (l'odierna Via dei Musei). Architetture religiose Brescia conserva nell'area del centro storico diverse decine di chiese appartenenti ad ogni periodo storico e artistico, dalle testimonianze longobarde alle opere del più estremo Settecento, fino ai prodotti dell'eclettismo ottocentesco. Il Duomo vecchio, la cattedrale invernale della città, è uno dei più importanti esempi di rotonda romanica in Italia, eretto nell'XI secolo e prezioso contenitore di svariate opere d'arte, come tele del Moretto e del Romanino, un sepolcro di Bonino da Campione, la cripta di San Filastrio, risalente all'VIII secolo e la grande arca sepolcrale di Berardo Maggi, risalente all'inizio del Trecento. Altro esempio di architettura romanica è la piccola chiesa di San Faustino in Riposo, dalla caratteristica forma esterna a cono. Importanti testimonianze di architettura gotica sono invece la chiesa di San Francesco d'Assisi, dalla caratteristica facciata a capanna in pietra grezza con un ampio rosone, la chiesa di Santa Maria del Carmine, edificata nel Quattrocento con molte aggiunte successive, e la chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, definita come la Cappella Sistina di Brescia per il ricco ciclo di affreschi rinascimentali che adorna il suo interno. La chiesa di Santa Maria dei Miracoli è invece il grande capolavoro della scultura rinascimentale bresciana, con la facciata di Giovanni Antonio Amadeo completamente lavorata a fine bassorilievo affiancata dalle sculture del Tamagnino. Di notevole interesse, dello stesso periodo storico, è la chiesa di San Giuseppe, il pantheon musicale bresciano con i sepolcri delle più grandi personalità nel campo, contenente uno dei organi antichi più grandi del mondo, opera degli Antegnati. Massimi esponenti del barocco cittadino sono la chiesa dei Santi Faustino e Giovita (costruita dall'architetto Stefano Carra) dove trovano sepoltura i due patroni di Brescia; il Duomo nuovo, la cattedrale estiva, costruito in sostituzione dell'antica Basilica di San Pietro de Dom e la cui pala dell'altare maggiore è l'Assunta di Giacomo Zoboli e la chiesa di Santa Maria della Carità, con la sua caratteristica pianta ottagonale e la riproduzione della Santa Casa di Nazaret posta dietro l'altare maggiore. La chiesa patronale, in particolare, conserva il grande affresco dellApoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica di Giandomenico Tiepolo, più altre opere d'arte scultoree e pittoriche. Di particolare rilevanza artistica è anche la chiesa di San Giovanni Evangelista con la Cappella del Santissimo Sacramento, decorata per metà da tele del Moretto e per metà dal quelle del Romanino. Altro monumento barocco, che spicca in assoluto per la sua unitarietà formale e architettonica in quanto costruito ex-novo, è la chiesa di Santa Maria della Pace, progettata dall'architetto veneziano Giorgio Massari con opere pittoriche di Pompeo Batoni e Giacomo Zoboli. Esempio di architettura neoclassica è la collegiata dei Santi Nazaro e Celso, che custodisce il prezioso Polittico Averoldi di Tiziano. Al di fuori degli edifici chiesastici si annovera infine il Cimitero Monumentale di Brescia, progettato da Rodolfo Vantini e costruito a più riprese durante l'Ottocento. Sempre del Vantini è la tomba Bonomini, chiamata popolarmente "tomba del cane", progettata su commissione del commerciante Angelo Bonomini, che emerge con il suo profilo neogotico sul pendio del monte Maddalena. Il cimitero di Brescia, denominato Vantiniano (dal nome del suo progettista, l'architetto Rodolfo Vantini), è il primo cimitero monumentale costruito in Italia, al centro del quale si erge il Faro di Brescia (alto 60 metri, rivestito di marmo di Botticino) alla cui forma si è ispirato l'architetto tedesco Heinrich Strack per progettare la Colonna della Vittoria, uno dei simboli della città di Berlino. Nel 1866 le spoglie del noto pittore bresciano Francesco Filippini sono state trasferite, per volontà della cittadinanza di Brescia, dal Cimitero Monumentale di Milano al Cimitero Vantiniano. Architetture civili Fra le opere di architettura civile di Brescia spicca piazza della Loggia, il complesso architettonico più omogeneo della città e importante esempio di piazza rinascimentale chiusa. L'edificio principale che fa da sfondo monumentale al piazzale è palazzo della Loggia, noto più semplicemente come "la Loggia", sede della giunta comunale, costruito a partire dal 1492 sotto la direzione di Filippo Grassi e infine completato nel Cinquecento sotto la supervisione del Sansovino e di Palladio. Nel Settecentesco, inoltre, venne realizzato dall'architetto Luigi Vanvitelli quello che viene appunto chiamato "Salone Vanvitelliano". Sul fianco sud della piazza sono invece allineati i due Monti di Pietà, il primo - detto anche "vecchio" - quattrocentesco e il secondo - il "nuovo" - costruito alla fine del Cinquecento, le cui facciate rappresentano il primo museo lapidario italiano (infatti, un decreto del Consiglio speciale della città di Brescia del 1480, sanciva che le lapidi di epoca romana rinvenute nell'area in cui sarebbero sorti questi due palazzi dovessero essere conservate per uso pubblico: furono quindi murate lungo le pareti di questi edifici e utilizzate come ornamento), mentre al centro del lato est si eleva il grande orologio astronomico del 1540. In questa piazza, il 28 maggio 1974 si è consumata la strage di piazza della Loggia. Centro di potere più antico è invece il Broletto, l'antico palazzo comunale situato in piazza del Duomo. Il nucleo originario dell'edificio risale al Duecento, in seguito ampliato a più riprese nel Trecento (ala ovest sulla piazza), nel Quattrocento (ali est e nord con rifacimento dell'ala ovest) e nel Seicento (porticato trasversale interno). Completa l'edificio la torre del popolo o del "Pégol", torre civica del XII secolo. Nell'ambito dell'architettura civile privata si distinguono numerosissimi palazzi disposti lungo tutte le vie del centro storico, in particolare quelli appartenuti alla potente famiglia dei Martinengo, tra i quali figurano palazzo Martinengo e palazzo Maggi Gambara in piazza del Foro, palazzo Martinengo Colleoni di Malpaga in piazzetta Sant'Alessandro, palazzo Uggeri lungo via Musei e palazzo Cigola Fenaroli in via Carlo Cattaneo. O ancora, palazzo Martinengo Colleoni di Pianezza in corso Matteotti e palazzo Martinengo di Villagana in corso Martiri della Libertà. Degni di menzione sono anche palazzo Martinengo di Padernello Salvadego, ritenuta la dimora signorile più imponente della città, palazzo Martinengo della Motella e palazzo Martinengo delle Palle, oltre che palazzo Colleoni alla Pace, dimora quattrocentesca del condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni. Altro edificio civile di rilievo è il Teatro Grande, fondato nel 1664 e più volte ricostruito, in particolare nel Settecento e per tutto l'Ottocento. Il teatro è noto per ospitare l'importante Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo. Più recenti sono invece la stazione ferroviaria, costruita in stile neoromanico nel 1854, e piazza della Vittoria, realizzata nel 1932 su progetto dell'architetto Marcello Piacentini demolendo parte dell'antico centro storico medievale. Architetture militari Il castello di Brescia si colloca al primo posto fra le antiche architetture militari di Brescia giunte fino a noi: costruito nel Duecento dai Visconti su un sito precedente, sulla cima del colle Cidneo, viene ampliato una prima volta nel Quattrocento e completato poi nel Cinquecento. Cessata ogni funzione strategica alla metà dell'Ottocento, il castello è un grandissimo parco pubblico che offre interessanti passeggiate fra le antiche strutture di difesa e un ampio panorama sull'intera città. Gli interni della fortezza ospitano invece due musei. In città, invece, importante superstite è la torre della Pallata all'estremità est di corso Garibaldi, costruita nel Duecento e rimaneggiata nel Quattrocento. Ai suoi piedi è posta una grande fontana barocca, opera di Pietro Maria Bagnadore. Si ricordano anche resti di porte cittadine dell'antica cinta muraria medievale, come porta Bruciata o anche porta Paganora, oltre che l'unico residuo dei tre chilometri di mura difensive di epoca romana, porta Sant'Eusebio: risalente al I secolo d.C., se ne possono ammirare i resti lungo le pendici del colle Cidneo, vicino alla chiesa di San Pietro in Oliveto. Siti archeologici Come già detto, piazza del Foro di Brescia è il più rilevante complesso di resti di edifici pubblici d'epoca romana di tutta l'Italia settentrionale, con le imponenti rovine del Capitolium e l'adiacente teatro romano. Ci sono pervenuti anche numerosi resti del colonnato perimetrale dell'antica piazza romana, visibili all'aperto nella stessa piazza e nei sotterranei del vicino palazzo Martinengo Cesaresco Novarino (dove si trovano anche le rimanenze delle antiche terme romane e del primitivo insediamento abitativo, risalente alla prima età del ferro, da cui si è sviluppata l'odierna città), mentre in piazzetta Labus, ancora più a sud, emergono i resti della basilica civile, i cui elementi architettonici di età flavia sono ancora ben visibili nelle facciate delle antiche case costruite sulle rovine stesse. Aree naturali Secondo dati del 2008, la città di Brescia può vantare 26.334.910 m2 di verde pubblico e aree protette (di cui  m2 di verde attrezzato, parchi pubblici e storici), che corrispondono a 139,68 m2 di verde per abitante. Se a ciò si sommano anche le aree agricole e boscose e il verde di arredo urbano, la superficie totale sale a  m2, pari a circa l'80% della superficie comunale. Nel 2008 Brescia ha vinto il primo premio La città per il verde, assegnato in occasione della manifestazione Flormart-Miflor, svoltasi a Padova. Le principali aree verdi di Brescia sono: Parco dell'Acqua ASM Gianni Panella, situato ai piedi delle mura medioevali; Parco delle colline: con ha di superficie (di cui oltre ha sono compresi entro i confini comunali), è l'area verde più estesa di Brescia. È un parco naturale istituito per preservare il Monte Maddalena e i Ronchi, le colline che si trovano immediatamente a nord-est del centro storico; Parco Tarello: è il secondo parco più grande della città ( m2) ed uno dei più recenti. Si trova a Brescia 2, la zona moderna della città, ed è circondato dai grattacieli del centro direzionale. Progetto dello studio Global di Lisbona; Parco del castello: può essere considerato il parco più antico di Brescia ed è il terzo per superficie ( m2). Si estende lungo i versanti del Colle Cidneo, regalando suggestivi scorci sul centro storico; Parco Ducos: è uno dei parchi storici di Brescia e con i suoi 55.540 m2 di estensione costituisce un importante polmone verde per la zona est della città. Al suo interno si trova un laghetto dove vivono tartarughe e uccelli acquatici. Parco delle cave: inaugurato nell'aprile del 2018 e situato a sud-est della città, tra i quartieri di San Polo e di Buffalora, caratterizzato da bacini artificiali, recupera quelle che un tempo furono aree di escavazione e che ora sono state riconvertite in aree verdi aperte al pubblico. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Brescia è una delle città con il più alto tasso di immigrazione in Lombardia. Dalle prime ondate migratorie degli anni ottanta provenienti principalmente dai paesi africani, si è passati ad un'immigrazione più diversificata; infatti sono oltre 150 i paesi di provenienza dei cittadini stranieri residenti sul territorio cittadino. Al 31 dicembre 2022 la popolazione straniera era di 37.261 persone, pari al 18,66% della popolazione. Religione La religione cattolica legata al Vescovo della Diocesi di Brescia è largamente maggioritaria in città. Sono attivi, inoltre, i cristiani ortodossi con due chiese cittadine, i cristiani protestanti con una chiesa evangelica valdese, i musulmani con un centro culturale nella periferia sud e i Testimoni di Geova con nove Sale del Regno di lingua italiana. I patroni della città sono i Santi Faustino e Giovita, mentre Santa Maria Assunta, Sant'Angela Merici e San Siro ne sono compatroni. Lingue e dialetti Nel Bresciano la lingua lombarda, nella sua omonima varietà locale, è largamente utilizzata accanto all'italiano, in un contesto di dilalia; è più diffusa nelle aree rurali, dove per molti è ancora lingua d'uso. Con gli altri dialetti lombardi, appartiene alla famiglia gallo-italica, caratterizzata da fenomeni di transizione tra il sistema delle lingue gallo-romanze (come il francese) e quello delle lingue italo-romanze (tra cui lo stesso italiano); è derivante dal latino volgare parlato dalla popolazione gallo-romana, su cui si sono innestati prestiti longobardi e, nella storia moderna, fenomeni linguistici propri dell'italiano (per via della sempre più diffusa diglossia) e neologismi da altre lingue europee moderne, frutto delle alterne dominazioni (cui più recentemente si sono aggiunti prestiti dall'inglese, per esempio: fóbal da football). L'affinità del bresciano agli altri dialetti lombardi deriva dall'influenza politica e linguistica della città di Milano in epoca medievale; all'interno del sistema lombardo è classificato tra i dialetti orientali, per via di diversi fenomeni linguistici che lo accomunano al bergamasco, al cremasco, all'alto mantovano e, solo in parte, al cremonese (talvolta di transizione verso il veneto, per via della lunga dominazione veneziana in epoca moderna). Il primo manoscritto riconducibile al dialetto bresciano è stato trovato a Bovegno in Val Trompia, ed è risalente circa al 1300. Tradizioni e folclore A Brescia vivono diverse tradizioni popolari legate a figure di santi e a sculture e luoghi particolari della città. I Santi Faustino e Giovita difensori di Brescia I Santi Faustino e Giovita sono diventati patroni di Brescia a seguito di un evento straordinario. Secondo la tradizione, il 13 dicembre 1438, durante un feroce assedio dei milanesi capitanati da Nicolò Piccinino, i due santi (martiri bresciani al tempo dell'imperatore Adriano: II secolo) apparvero sulle mura della città, nei pressi degli spalti del Roverotto (nella zona a sud-est del castello, dove ora sorge un cippo marmoreo) e respinsero le palle delle cannonate a mani nude, aiutando così i bresciani a sconfiggere gli assalitori che, impauriti dalla vista dei santi, abbandonarono la città. Santa Lucia portatrice di doni A Brescia, come in altre città dell'Italia settentrionale, i doni natalizi sono portati da Santa Lucia la notte tra il 12 e il 13 dicembre. Tradizionalmente, i bambini scrivono una lettera alla santa, elencando i regali che vorrebbero ricevere e dichiarando di meritarseli, essendo stati bravi e obbedienti durante l'anno. Per ringraziarla è uso lasciare del cibo per lei e per il suo asinello che trasporta i doni. Il mattino seguente, al loro risveglio, i bambini troveranno i doni richiesti accompagnati o da caramelle e dolciumi di vario tipo, se si saranno comportati bene, oppure da carbone, se si saranno comportati male. Leggenda di Forca di Cane Via Cremona viene anche ricordata con l'antico nome di "Forca di Cane", per ricordare un episodio risalente al Medioevo e riguardante un indegno prete con tre suoi complici. Durante le lotte tra i valvassori e i seguaci del vescovo Arimanno, approfittando della confusione di quei tempi un prete indegno, con l'aiuto di tre accoliti desiderosi di facili guadagni, aveva fondato un movimento pseudo-religioso. Sotto questa parvenza di cristianità, si nascondeva in realtà una setta avente l'unico scopo d'irretire facili prede, a cui venivano offerte riunioni notturne, orge e baldorie. Questa organizzazione ebbe fortuna per ben cinque anni, ma un giorno duecento adepti furono arrestati e impiccati, mentre il prete e i tre accoliti vennero attanagliati e arsi vivi. La Madonna delle Brine Nella chiesa di Santa Maria del Carmine è conservata un'antica icona, portata a Brescia dalla Terra Santa nel 1437 dal Vicario generale dell'ordine dei Carmelitani Fra Cristoforo Martinoni o Martignoni, detta della Madonna delle Brine. È chiamata in questo modo perché in passato si riteneva che, esponendola per tre giorni l'anno compresi tra fine aprile e inizio maggio, i raccolti sarebbero stati protetti dalle gelate (brine) tardive e da altre intemperie. Le statue parlanti Le statue parlanti di Brescia sono una serie di statue su cui i bresciani, fino alla fine del XIX secolo, affiggevano messaggi anonimi, contenenti per lo più critiche contro i governanti. Queste statue sono: la Lodoiga: è una statua scolpita da Giovanni Battista Bonometti o Cesare Federico da Bagno o altri nella seconda metà del Cinquecento. Di origine molto controversa e storia altrettanto dibattuta, era posta originariamente davanti all'ultimo pilone sinistro della facciata del Palazzo della Loggia fino al 1877, quando fu rimossa e portata in nuova sede. Dopo varie vicissitudini e trasferimenti, nel novembre del 2011 è stata definitivamente ricollocata sotto il porticato della Loggia. Questo portico, per sua natura cardine fra l'interno e l'esterno, fra le cariche pubbliche e il popolo, rappresentò il luogo dove maggiormente si esplicavano i rapporti fra i due, e trovò la sua voce nella Lodoiga, che fu assunta come statua parlante della città, cui i bresciani erano abituati ad affiggere poesie e prose satiriche o scherzose. Accanto alla statua, poi, era posta la "pietra del bando", dove salivano i banditori o gli oratori per parlare alla folla. Non sempre era possibile commentare ad alta voce i bandi o il comportamento degli amministratori: interveniva quindi la Lodoiga attraverso biglietti e fogli incollati anonimamente sul pilone adiacente o sul muro interno. i "Macc dèle ure" ("matti delle ore" in dialetto bresciano): popolarmente chiamati Tone e Batista, sono due figure meccaniche poste in cima alla Torre dell'Orologio di piazza della Loggia, che battono la campana allo scoccar delle ore. Tradizionalmente sono sempre stati considerati come patteggianti il governo cittadino, tant'è che, verso la fine del Settecento, divennero protagonisti di una serie di pubblicazioni riguardanti "dibattiti" fra queste due statue e la Lodoiga, sempre invece dalla parte del popolo. il Mostasù dèle Cosére (letteralmente "faccione delle Cossere" in dialetto bresciano): è un antico rilievo situato nel centro storico di Brescia, murato all'angolo tra corso Goffredo Mameli e contrada delle Cossere, dalla quale trae il nome. Nel corso dei secoli, similmente alla Lodoiga, il mostasù diventa una statua parlante, raccogliendo malumori, proteste e lagnanze dei cittadini verso i governatori. La sua localizzazione, al centro del quartiere popolare e affacciato su una delle sue principali vie, contribuisce a fissare il mostasù nell'immaginario popolare. Il bue d'oro In corrispondenza dell'angolo tra Via Trieste e Via Agostino Gallo esiste una statua lignea, ricoperta da una pittura dorata, raffigurante un bue d'oro. Secondo la tradizione popolare, questa statua starebbe a indicare il luogo in cui sarebbe sepolto un bue d'oro zecchino venerato dagli antichi abitanti di Brescia, che lo avrebbero nascosto in quel punto per evitare che fosse distrutto dai barbari. La tomba del cane La tomba Bonomini, nota dai bresciani come tomba del cane, è un tempietto neogotico a pianta quadrata situato sui colli Ronchi, immediatamente a nord-est del centro storico cittadino, lungo via Panoramica, al primo tornante dopo l'imbocco da via Filippo Turati. Costruita nel 1860 su progetto di Rodolfo Vantini per ospitare le spoglie di Angelo Bonomini e del socio Giuseppe Simoni, benefattori degli Spedali Civili di Brescia, alla fine non accolse mai le due salme a causa di nuove ordinanze comunali riguardanti le norme sul seppellimento, che lo vincolavano ai cimiteri pubblici. La tradizione popolare vuole quindi che vi sia stato deposto solo un cane, da cui la denominazione abituale. Istituzioni, enti e associazioni Brescia è sede di Corte d'appello dall'epoca napoleonica ed è la sede competente per i processi spostati da Milano. Tutto il comparto giudiziario (tribunali, procura, corte d'appello) dal maggio 2009 ha traslocato nel nuovo Palazzo di Giustizia, realizzato in prossimità della stazione ferroviaria su progetto dell'architetto Gino Valle. Strutture ospedaliere Gli Spedali Civili Tra le infrastrutture più importanti in città annoveriamo gli Spedali Civili, con più di posti letto ordinari, e con quasi dipendenti, fra i quali si contano alte specializzazioni. Gli Spedali Civili si collocano al primo posto in Italia per personale impiegato e si candidano ad essere tra i più grandi ospedali italiani. Altre strutture A Brescia ci sono altre strutture ospedaliere, quali: l'istituto ospedaliero Fondazione Poliambulanza; l'Istituto clinico Città di Brescia e l'Istituto clinico Sant'Anna entrambi parte del Gruppo ospedaliero San Donato; la Casa di cura San Camillo; la Casa di cura Domus Salutis; l'IRCCS Fatebenefratelli - San Giovanni di Dio. Incidenza di tumori La mortalità per tumore a Brescia mostra tassi superiori al dato nazionale. Nel 2011, la mortalità per tumore si registrava in 9,6 morti ogni contro 9,1 in Italia. Le patologie del sistema circolatorio e cancro provocano i due terzi dei decessi totali. L'incidenza delle neoplasie a Brescia è tra le più elevate in Lombardia. Negli ultimi cinque anni, si registra una mortalità più elevata in parte della Franciacorta e della bassa pianura, così come nella fascia alta corrispondente alle valli. I tumori sono la seconda causa di morte, e le neoplasie più rilevanti sono il tumore al seno, al colon retto, al fegato, del tessuto linfatico ed ematopoietico, alle vie respiratorie: i tassi sono, in questo caso, più elevati di quelli italiani, e sono in diminuzione tra i maschi e in aumento tra le donne. Nel 2019 si registrano circa 7000-7500 nuovi casi di tumori maligni all'anno. Inquinamento Brescia è considerata una delle città più inquinate d'Europa e d'Italia, registrando un record di mortalità per particolato fine e ozono, nonché la settima città in Europa per costi sanitari dell'inquinamento dell'aria. Rifiuti Brescia è stata ribattezzata la Terra dei Fuochi del Nord, immondezzaio- e discarica d'Italia. La zona provinciale da Montichiari a Calcinato è stata soprannominata pattumiera d'Europa. Solo in questa zona converge infatti il 76% dei rifiuti lombardi. Inquinamento dell'aria Il rapporto Mal'Aria di Legambiente del 2021 registra Brescia come una tra le 60 città italiane più critiche su 96 che risultano non in linea con i limiti per la tutela della salute umana dell'OMS. Brescia, insieme a Bergamo, ha il tasso di mortalità da PM2.5 più alto in Europa, secondo uno studio pubblicato da The Lancet nel 19 gennaio 2021. Uno studio dell'Università degli Studi di Brescia, pubblicato nel gennaio 2021 sulla rivista Environmental Research, associa significativamente l'inquinamento per polveri sottili all'eccesso di mortalità per Covid-19 che ha duramente colpito, tra le altre città lombarde, Brescia. Inquinamento del suolo Il SIN Brescia - Caffaro Brescia è tristemente nota per essere, dopo Anniston negli USA, la seconda città al mondo per gravità della contaminazione da Policlorobifenili (PCB), inquinamento che interessa le acque e il suolo della periferia ovest della città, in prossimità dello stabilimento Caffaro. L'area della bonifica è stata dichiarata un sito di interesse nazionale. Il sito include 262 ettari contaminati da PCB, PCDD-PCDF, arsenico, mercurio, derivanti principalmente dalle attività dell'ormai chiuso stabilimento chimico, collocato nel comune di Brescia. Il perimetro del sito include inoltre tre discariche, due nel comune di Castegnato e una nel comune di Passirano, utilizzate precedentemente per lo smaltimento di rifiuti della Caffaro. La contaminazione di PCB, diossine e furani ha raggiunto valori nel terreno migliaia di volte superiori ai limiti di legge. La contaminazione ha interessato le matrici alimentari prodotte nelle aree contaminate, e i soggetti che si sono alimentati con tali prodotti hanno livelli di PCB notevolmente più alti dei valori di riferimento. Si stima che per la bonifica completa dell'area occorrano circa 1,5 miliardi di euro. Le condizioni del sito sono estremamente critiche: se la falda acquifera sottostante venisse contaminata, le conseguenze sarebbero disastrose. L'11 gennaio 2021 sono emersi valori di concentrazione di cromo esavalente dieci/quindici volte maggiori di quelli rilevati nella serie storica di dati ad oggi disponibili. Inquinamento dell'acqua ARPA Lombardia ha rilevato, nel corso degli anni, contaminazioni delle acque sotterranee di grave criticità, a causa di inquinanti quali cromo esavalente, nitrati, idrocarburi alifatici clorurati (tetracloroetilene, tricloroetilene, tetracloruro di carbonio, triclorometano), atrazina, desetil, arsenico, glifosato, terbutilazina, e altri. La contaminazione dagli inquinanti sopracitati vede, tra le cause, il trattamento superficiale dei metalli (nel capoluogo e in Valle Trompia). I nitrati sono utilizzati nella zona Lonato-Montichiari-Calvisano; i fitofarmaci in pianura, nel capoluogo e nelle valli (bentazone a Sellero e Gardone Valtrompia); l'inquinamento da ammonio, arsenico, ferro e manganese è localizzato nella bassa pianura. I risultati delle indagini di ARPA Lombardia individuano, come possibili attività potenzialmente inquinanti da cromo esavalente, la Concerie Italiane dell'Arsenale, Conceria Gobbi Amleto, Zincatura Botter, Balti Imed Cromatura, Ideal Standard/Ideal Clima. Inquinamento da materiali radioattivi A Brescia si contano numerose discariche di materiali e rifiuti radioattivi, tra cui scorie d'acciaieria contaminate da Cesio-137, che rischiano di contaminare a loro volta le falde acquifere sottostanti. Cultura Cucina Brescia e la sua provincia rappresentano una terra ricca di sapori dalla gastronomia particolarissima, giocata fra due poli: la cucina contadina dell'entroterra e delle valli e quella di pesce dei laghi d'lseo e Garda. I celebratissimi casoncelli bresciani, il risotto alla pitocca, le belle schidionate di quaglie e piccioni per polenta, i volatili domestici (pollo, gallina, cappone) con saporiti ripieni e la specialità del piccione farcito alla bresciana, la persicata, sono specialità della gastronomia del Medioevo e del Rinascimento tramandatisi quasi senza aggiornamenti e fatti propri, negli ultimi decenni dalla ristorazione anche agrituristica, a rappresentare gli aspetti più raffinati del gusto tradizionale, in abbinamento con i grandi vini D.O.C.G. della Franciacorta e D.O.C. di Lugana, del Garda Classico, di San Martino della Battaglia, di Cellatica, di Botticino e di Capriano del Colle. Il piatto principale è lo spiedo bresciano. L'anima popolare della cucina bresciana offre però le sue prove migliori nei piatti di polenta, tipicamente quella taragna (in Valsabbia detta Tiragna) e di riso e nei semplici cibi in cui si avverte ancora il profumo dell'aia e del camino. Dalla ormai dimenticata polenta e saracca a quella con le cotiche, da quella con il baccalà a quella con il sugo di maiale; e, ancora, polenta con gli uccellini, con i funghi, con le verdure, con il coniglio in sguazzetto. E poi il riso alla campagnola con le verdure, il risotto con gli spinaci selvatici, gli strangolapreti, i bigoli con le sardelle e la pastissada de caval di chiara origine veneta, le frittate rustiche di verdure o salumi. Per non dimenticare gli altri grandi protagonisti della gastronomia bresciana i salumi e i formaggi. Il più noto fra tutti è il Bagòss, dal gusto robusto e dall'aroma tipico con cui si designa il più diffuso prodotto della zona. Una menzione speciale va all'aperitivo bresciano per antonomasia: il pirlo. Nel 2015 Brescia e la sua provincia sono state inserite dall'IGCAT (International Institute of Gastronomy, Culture, Arts and Tourism) nel progetto gastronomico Lombardia Orientale Regione Europea della Gastronomia 2017, insieme alle città e alle province di Bergamo, Cremona e Mantova. Eventi Negli ultimi anni Brescia ha conosciuto una spinta culturale: il centro di tale opera è certamente il rinnovato museo di Santa Giulia. All'interno di tale ampio complesso, oltre ai reperti dell'età del Bronzo, alle domus dell'Ortaglia, e ad altri reperti di inestimabile valore storico ed artistico, in questi ultimi anni sono state tenute mostre e rappresentazioni quali: Il futuro dei longobardi nel 2000, che ha fatto parte di un progetto internazionale, dedicato a Carlo Magno ed alla costruzione dell'Europa, cui hanno partecipato anche le città di Paderborn, Barcellona, Spalato e York, "Vincenzo Foppa – Un protagonista del Rinascimento" nel 2002, una sorta di indagine scientifica sull'attività pittorica di Foppa uno dei protagonisti indiscussi del Rinascimento. A partire dal 2004 a Brescia si è aperto il ciclo "Brescia, lo splendore dell'arte", curato da Linea d'ombra, una società di organizzazione di eventi espositivi guidata da Marco Goldin, che è durato fino al 2008. Il ciclo si è aperto con la mostra "Monet, la Senna, le ninfee" che si svolse a cavallo tra l'anno 2004 e il 2005, contenente circa 130 dipinti di Claude Monet, divisi tra dipinti di gioventù, e quelli riguardanti la Senna, l'acqua, la natura e le ninfee, provenienti da vari musei mondiali, che ha fatto contare oltre visitatori. La mostra successiva fu dedicata a "Gauguin – Van Gogh. L'avventura del colore nuovo" tenutasi tra il 2005 e il 2006, che portarono a Brescia circa spettatori, contenente circa 150 dipinti di Paul Gauguin e Vincent van Gogh, che venne poi seguita a cavallo tra il 2005 e il 2006 da un'esposizione su "Millet", contenente sessanta capolavori dal Museum of Fine Arts di Boston del celebre pittore francese Jean-François Millet. Il biennio successivo, ovvero il 2006-2007, vengono presentate due mostre in contemporanea, la prima dedicata a "Turner e gli impressionisti", che racconta la grande storia del paesaggio moderno in Europa secondo i dipinti dell'impressionista William Turner e altri come Vincent van Gogh, Claude Monet, John Constable, Alfred Sisley, la seconda dedicata a Mondrian, che raccoglie circa 80 opere del pittore olandese. La mostra "America! Pittura dal nuovo mondo" tenutasi dal 2007 al 2008, raccoglie le opere principali della pittura statunitense del XIX secolo, comprendendo opere di artisti americani quali Thomas Cole, Albert Bierstadt e Frederic Edwin Church, mentre nel 2008-2009 l'esposizione "Van Gogh – I disegni", composta da ottantacinque opere disegnate dall'artista olandese, concluse l'avventura di Marco Goldin a Brescia. Infatti la giunta comunale di Adriano Paroli, insediatasi nell'aprile 2008, affidò le nuove politiche culturali a Giorgio Cortenova, per ventisette anni responsabile della Galleria d'arte Moderna di Verona. Altre mostre, quali "Impressionisti francesi, italiani, europei", e nel 2003 "Andy Warhol: un mito americano", sono state organizzate nel Palazzo Martinengo. Eventi di dimensioni inferiori sono la storica Mille Miglia, corsa rievocativa a tappe, che ogni anno tra aprile e maggio richiama nel territorio cittadino un grandissimo numero di appassionati da tutto il mondo, tra piloti e semplici curiosi e la fiera internazionale delle armi sportive e da caccia che si svolge presso la nuova struttura espositiva di Brescia nei primi giorni di aprile. In ambito musicali gli eventi maggiori sono il Festival Pianistico Internazionale "Arturo Benedetti Michelangeli", festival pianistico dedicato ad Arturo Benedetti Michelangeli che nel 2009 è giunto alla sua 46ª edizione, che si svolge al Teatro Grande tra i mesi di aprile e giugno, Le Dieci Giornate di Brescia, festival di musica classica che si svolge nei principali luoghi artistico-culturali cittadini a settembre, e Le Settimane Musicali Bresciane, rassegna culturale con particolare sensibilità alla musica classica dalla cadenza variabile. Il comune organizza tra i vari eventi due feste molto sentite ed apprezzate dalla cittadinanza. La prima verso inizio settembre è la Festa del gemellaggio, istituito con le città di Darmstadt (Germania) Logroño (Spagna), curato dall'Assessorato al Turismo Comune di Brescia, e la Fiera di Santa Lucia, in dicembre, formata da bancarelle di artigianato locale e italiano organizzate ad ogni ricorrenza del giorno festivo della santa che, secondo tradizione, porta doni ai bambini bresciani nella giornata del 13 dicembre. L'iniziativa, dopo quattro anni di esistenza, è stata soppressa. Dal 4 dicembre 2009 al 27 giugno 2010 il museo di Santa Giulia ha ospitato una mostra riguardante la civiltà precolombiana degli Inca che ha totalizzato oltre visitatori, piazzandosi al secondo posto tra le mostre più visitate in Italia nel corso della stagione, dopo quella dedicata al Caravaggio a Roma. Dall'11 febbraio al 12 giugno 2011, sempre presso il museo di Santa Giulia, hanno avuto luogo in contemporanea due mostre: Matisse. La seduzione di Michelangelo ed Ercole il fondatore. In occasione dell'Expo 2015, la città di Brescia ha organizzato diversi eventi culturali. Dal 24 gennaio al 14 giugno 2015 il Palazzo Martinengo ha ospitato la mostra Il cibo nell'arte. Capolavori dei grandi maestri dal Seicento a Warhol in cui sono state esposte un centinaio di opere di diversi autori, tra i quali Vincenzo Campi, Ambrogio Figino, Magritte, de Chirico e Andy Warhol. Dal 9 maggio 2015 al 17 gennaio 2016 il museo di Santa Giulia ospita una grande mostra organizzata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo dal titolo Brixia. Roma e le genti del Po, in cui sono esposti reperti archeologici provenienti da alcuni dei più importanti musei italiani. Dal 20 novembre 2015 al 15 febbraio 2016, sempre il museo di Santa Giulia organizza la mostra March Chagall. Opere russe 1907-1924, in cui sono esposte 33 opere inedite del celebre pittore russo, in "dialogo" con dipinti realizzati dal Premio Nobel Dario Fo. Brescia, insieme a Bergamo, è stata proclamata "Capitale italiana della cultura 2023". Istruzione Biblioteche Al Sistema bibliotecario urbano appartengono la storica Queriniana, fondata dal Cardinal Querini negli anni quaranta del XVIII secolo, le biblioteche decentrate e le biblioteche specialistiche del Museo delle Scienze Naturali e dell'Istituto Pasquali Agazzi. Ci sono inoltre le seguenti biblioteche: della Fondazione Luigi Micheletti; della Scuola per Operatori Sociali IAL-Cisl; della Fondazione Civiltà Bresciana; della Fondazione Calzari Trebeschi; del Centro Studi e Documentazioni della Domus Salutis. Nel luglio 2020 Brescia ha ottenuto il riconoscimento di "Città che legge" 2020-2021. Musei Museo di Santa Giulia Museo Diocesano di Brescia Museo del Risorgimento di Brescia Pinacoteca Tosio Martinengo Capitolium Museo delle Armi Luigi Marzoli Museo dell'industria e del lavoro Museo chitarristico degli strumenti musicali e della liuteria bresciana Museo della Mille Miglia Museo Nazionale della Fotografia di Brescia Museo di Fotografia Ken Damy Ma.Co.f. - Centro della Fotografia Italiana Museo civico di scienze naturali Museo dei Beatles Collezione Paolo VI a Concesio, periferia nord di Brescia Osservatorio astronomico Specola Cidnea Scuole A Brescia sono attive numerose scuole, tra scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo e di secondo grado, per poter far fronte alla grande domanda cittadina e provinciale. Si contano sul territorio cittadino cinquantotto scuole dell'infanzia, quarantanove scuole primarie, diciotto secondarie di primo grado e circa una trentina di scuole secondarie di secondo grado, tra strutture pubbliche, private e paritarie. Tra queste ultime è di notevole importanza cittadina il liceo classico Arnaldo, situato in pieno centro storico, all'interno dello storico palazzo Poncarali Oldofredi. Tra gli studenti più illustri dellArnaldo figurano Tito Speri, Camillo Golgi, Giuseppe Zanardelli, Mino Martinazzoli, Vittorio Sereni, Paolo Corsini, Emilio Del Bono, Omar Pedrini e Enrico Ghedi. Oltre a docenti quali Francesco Bonatelli, Cesare Arici, Rodolfo Vantini, Augusto Monti e Giuseppe Tonna. Un altro liceo di grande importanza è il liceo linguistico, musicale e delle scienze umane Veronica Gambara, istituto storico, situato nel centro della città. Brescia ospita anche tre licei scientifici, tra i quali si annovera il liceo scientifico Annibale Calini, istituto storico organizzatore di importanti manifestazioni culturali, come i Dies Fasti (nati nel 2001), caleidoscopico festival della cultura della durata di due giorni e il Booktrailer Film Festival (nato nel 2006), il primo concorso nazionale di booktrailer riservato agli studenti di scuole secondarie superiori, finalizzato a promuovere l'amore per la lettura. Gli altri licei scientifici sono il Nicolò Copernico e il Leonardo, questi ultimi nati entrambi da una costola del primo e situati nella periferia meridionale della città. Ulteriori istituti importanti sono l'istituto tecnico delle costruzioni, ambiente e territorio Nicolò Tartaglia, di recente accorpato con il liceo artistico statale Maffeo Olivieri, polo di studio per tutti gli studenti di Brescia e provincia per l'architettura e la decorazione pittorica, che con la nuova intestazione raccoglie e aggiorna la missione educativa del precedente istituto per geometri; l'istituto tecnico agrario Pastori, che, con i suoi ottantacinque ettari di terreni, serre e stalle, contribuisce all'attività agricola di Brescia e l'istituto tecnico industriale Benedetto Castelli, che, con i suoi 2000 studenti, è considerato l'istituto più grande sul territorio urbano, polo scolastico per tutti gli studenti cittadini e della provincia, e "vivaio" per l'industria bresciana. Università Brescia gode di una buona copertura didattica sia come numero di facoltà, che per il numero di corsi di laurea proposti e un bacino di circa 25.000 studenti universitari. La maggiore per numero di iscritti è l'Università degli Studi di Brescia che si compone di otto dipartimenti dislocati sul territorio cittadino: Economia e management; Giurisprudenza; Ingegneria civile, architettura, territorio, ambiente e matematica; Ingegneria dell'informazione; Ingegneria meccanica e industriale; Medicina molecolare e traslazionale; Scienze cliniche e sperimentali; Specialità medico-chirurgiche, scienze radiologiche e sanità pubblica. C'è anche l'Università Cattolica del Sacro Cuore, che è sede distaccata di Milano, consta di una struttura principale situata nel centro storico della città e una seconda nel quartiere di Mompiano. Accoglie sei facoltà, di cui cinque afferenti alla sede di Milano: Lettere e filosofia, Sociologia, Psicologia, Scienze della formazione, Scienze linguistiche e letterature straniere; e una afferente alla sede di Brescia: Scienze matematiche, fisiche e naturali. A Brescia vi sono due accademie di belle arti attive: la Libera Accademia di Belle Arti (LABA) e l'Accademia di belle arti Santa Giulia. Esiste altresì un conservatorio intitolato a Luca Marenzio. Inoltre vi è l'istituto tecnico superiore Machina Lonati, che propone un'offerta formativa post-secondaria parallela ai percorsi universitari. Media Cinema: la città come scenario Brescia ha una storia di cinema amatoriale e indipendente molto ricca, grazie anche alla presenza di molte aziende in grado di finanziare queste produzioni locali. La città è stata utilizzata come set per cortometraggi, mediometraggi e pubblicità. In alcuni casi il paesaggio cittadino è divenuto coprotagonista delle storie narrate, in particolare nei primi anni settanta, quando, per volontà del regista e produttore Roberto Infascelli, divenne il set di due notissimi poliziotteschi, filone che si interruppe a causa dei fatti conseguenti la strage di Piazza della Loggia nel 1974. Più frequente è il ricorso alle location offerte dalla vasta provincia Brescia, in particolare l'arco alpino e il Lago di Garda. La prima volta di Brescia al cinema è nel filmato Brescia alle due del pom. sul Corso del Teatro, proiettato in città il 31 agosto 1899 al Teatro Guillaume (rinominato in seguito Teatro Sociale) in cui si vedono persone a passeggio sul corso di fronte al Teatro Grande. Usando come ambientazione prevalente la città di Brescia sono stati girati: Brescia alle due del pom. sul Corso del Teatro: realizzato dal cineoperatore ambulante Antonio Vassallo nel 1889. Il magnifico cornuto: film commedia in bianco e nero del 1964; diretto da Antonio Pietrangeli con Ugo Tognazzi, Claudia Cardinale e Gian Maria Volonté. La polizia sta a guardare: film poliziottesco del 1972; diretto da Roberto Infascelli con Enrico Maria Salerno, Lee J. Cobb, musiche di Stelvio Cipriani. La polizia chiede aiuto: film poliziottesco del 1974; diretto da Massimo Dallamano, prodotto da Roberto Infascelli con Giovanna Ralli, Claudio Cassinelli, Mario Adorf, Franco Fabrizi, musiche di Stelvio Cipriani. Uova di garofano: film drammatico del 1991; diretto da Silvano Agosti con Lou Castel. Brescia uccide: film indipendente del 2004, ispirato ai poliziotteschi degli anni settanta e ottanta, diretto da Matteo Saradini. Quando sei nato non puoi più nasconderti: film drammatico del 2005; diretto da Marco Tullio Giordana con Alessio Boni e Matteo Gadola nei panni del piccolo Sandro. Il Gallo di Ramperto: mediometraggio del 2010; diretto da Silvia Cascio e Vittorio Bedogna, musiche di Carlo Poddighe. La città del futuro: cortometraggio del 2013; diretto da Silvia Cascio, musiche di Carlo Poddighe. Un qualunque posto fuori o dentro di te, Radio Edit: videoclip del 2018, frutto di una riedizione del brano di Gatto Panceri; diretto da Fabio Arrighini e Mauro Cartapani. Dieci: videoclip del singolo di Annalisa del 2021; diretto da Giacomo Triglia. Alcuni scorci della città di Brescia compaiono anche in: Un certo giorno (1967) di Ermanno Olmi in cui il piazzale antistante la stazione ferroviaria di Brescia è luogo di incontro di amanti. Allonsanfàn (1973) dei fratelli Taviani con Marcello Mastroianni si vedono la scalinata del Broletto e il Ridotto del Teatro Grande in festa. Quella Trabant venuta dall'Est (1991) di Peter Timm. Sentirsidire (2011) del bresciano Giuseppe Lazzari, con un incipit panoramico che ci porta a guardare dall'alto Brescia Due, altre scene sono nel Parco Ducos e in piazzetta Vescovado. Rosso Mille Miglia (2015) del regista bresciano Claudio Uberti. A_Mors (2018) del regista bresciano Mauro Cartapani. Una nuova Rosalba in città (2019): videoclip dell'omonimo brano di Arisa; diretto da Gaetano Morbioli. Il cattivo poeta (2020) di Gianluca Jodice in cui si vedono Piazza della Vittoria e alcuni vicoli del centro. Ferrari (2023) di Michael Mann. Radio Radio Bresciasette Radio Classica bresciana (RCB), che si caratterizza per la programmazione giornaliera di solo musica classica; Radio Onda d'urto Radio Vera Radio Voce. Stampa Il quotidiano cittadino più letto nel territorio della provincia di Brescia è il Giornale di Brescia, grazie ad una diffusione di copie.Nato il 27 aprile 1945, dopo la seconda guerra mondiale, è edito dall'Editoriale Bresciana S.p.A., costituita due anni dopo la fondazione del giornale, nel 1947. È stato primo organo di stampa del Comitato di Liberazione Nazionale, e secondo la descrizione fornita dalla direzione, l'obiettivo del quotidiano è quello di perseguire intenti di difesa dei valori della libertà e democrazia, favorire il progresso civile, culturale ed economico, ispirandosi a valori di tipo cristiano-cattolico. Il Giornale si è sempre mosso nell'area del liberalismo cattolico, con un orientamento politico moderato. Bresciaoggi, è il secondo quotidiano edito in città, e fa parte del Gruppo Athesis (che tra gli altri controlla i quotidiani L'Arena e Il Giornale di Vicenza), tramite la sub-holding Edizioni Brescia S.p.A.. Il quotidiano si propone come organo di informazione e di opinione indipendente e libero, con l'obiettivo primario di riportare i principali avvenimenti di Brescia e Provincia. Il giornale si è distinto sin dalla sua nascita per le ampie e originali inchieste sui temi di maggiore attualità, consolidando lo stretto legame tre la realtà economica, culturale, sociale e storica di Brescia e della sua provincia. Il Brescia è stato (dal 2006 al 2010) il terzo quotidiano, per ordine di importanza, della provincia di Brescia. È stato fondato dal Gruppo E-Polis di Cagliari. Particolarità de Il Brescia, come del resto dei quotidiani targati E Polis era la formula free pay: gran parte dei giornali stampati venivano diffusi gratis attraverso le reti distributive commerciali (esercizi commerciali e ipermercati) mentre una minima parte era in vendita in edicola. In seguito a una crisi economica le pubblicazioni di tutte le testate locali del gruppo sono state sospese nel luglio 2010. La società ha dichiarato fallimento nel gennaio 2011. Dall'ottobre 2011 il Corriere della Sera ha inaugurato il Corriere della Sera Brescia con uscite dal martedì alla domenica in tutta la provincia. Altri quotidiani da segnalare – dopo la chiusura delle edizioni bresciane dei giornali a diffusione free pay, ovvero City, InCittà, Leggo, Metro – sono quelli disponibili in versione on-line, tra cui: BresciaToday (edito da Citynews), Bsnews (fondato nel 2007), Qui Brescia (da non confondere con il cartaceo), Brescia2.it, PrimaBrescia.it, Vallesabbianews. A Brescia è edito altresì il settimanale La Voce del Popolo. Inoltre nella città hanno sede diverse case editrici, tra cui Editrice La Scuola, la Morcelliana e la Queriniana. Televisione Brescia Telenord; È Live Brescia.TV, che sostituisce Brescia Punto TV; Retebrescia (RTB International); Telemarket; Teletutto. Teletutto, Brescia Telenord, Radio Bresciasette e Radio Classica Bresciana appartengono allo stesso gruppo: lEditoriale Bresciana. Teatro I principali teatri della città sono: Teatro Stabile di Brescia Teatro Grande Teatro Chiesa di Santa Chiara Teatro Sociale Gran Teatro Morato Geografia antropica Urbanistica Recentemente è stato completato il quartiere di Sanpolino, costituito da edifici costruiti in edilizia residenziale convenzionata ed il Borgo Wührer – particolare idea di quartiere interamente vietato alle auto, dato che dispone di un parcheggio sotterraneo di due piani – destinato ad abitazioni, ad uffici e ad attività commerciali e che è stato ricavato sul terreno dell'antica fabbrica di birra Wührer. Sono in atto in città altre grandi trasformazioni urbanistiche da nord a sud. Tra esse, c'è il Comparto Milano, riqualificazione della zona industriale costruita un tempo a ridosso del centro storico, che presenterà l'apertura di nuovi musei ed alberghi. All'interno del comparto è stato realizzato il centro commerciale Freccia Rossa, inaugurato il 22 aprile 2008 e ora in ampliamento, considerato il primo vero centro commerciale sul suolo cittadino, affiancato a partire dal 2013 dal grattacielo Skyline 18. Tuttavia, il Centro commerciale Frecciarossa ha chiuso nel 2023 ed è ora in grave stato di degrado. La nascita di Borgo San Nazzaro, progetto di riqualificazione dell'antico comparto cittadino dei Magazzini Generali posto nei pressi del quartiere Don Bosco, firmato da Daniel Libeskind, che, teoricamente, avrebbe previsto la nascita di un polo abitativo all'avanguardia, avrebbe dovuto comprendere anche un grattacielo. Libeskind oltretutto era tra i progettisti della "Eb tower", la sede del gruppo Editoriale Bresciana che sarebbe dovuta sorgere in via Solferino, al posto della sede del Giornale di Brescia. Il progetto, tuttavia, è stato sospeso. Nei progetti di riqualificazione delle zone industriali è compresa anche la Torre Fuksas, una torre di quattordici piani a tre blocchi che prende il nome dal suo progettista, Massimiliano Fuksas, e che fa parte del complesso denominato 28 Duca d'Aosta. A questi progetti in via di sviluppo, o di ultimazione, si aggiungono anche le migliorie al Comparto Fiera, denominato Brixia Expo, e la realizzazione delle Tre Torri, visibili dalla tangenziale, e situate in via Labirinto. Sono in atto inoltre progetti per la riqualificazione di alcune delle cinque caserme della città, il "Progetto Carmine", che prevede l'ammodernamento dello storico quartiere popolare del centro storico, e il "Progetto Da Marte a Martina", tavoli di progettazione partecipata per la riqualificazione delle aree militari dismesse come Campo Marte e la Polveriera di Mompiano. Grattacieli di Brescia Brescia presenta nella propria area comunale edifici di elevata altezza, tra cui ricordiamo: Crystal Palace, costruito nel 1990, alto 110 m CAP Tower, costruito nel 1993, alto 82 m Skyline 18, costruito nel 2013, alto 80 m Tre Torri, costruite nel 2008, alte 75 m Futura, costruita nel 2010, alta 70 m Torre Cimabue, costruita nel 1985, alta 63 m Torre Tintoretto, costruita nel 1985, alta 63 m (demolita nel 2022) Torre Fuksas, costruita nel 2011, alta 60 m Torre Kennedy, costruita nel 2002, alta 57 m Torrione INA, costruito nel 1932, alto 57 m. Progettato da Marcello Piacentini, è il primo grattacielo costruito in Italia. Economia L'economia provinciale e cittadina si divide tra industria, commercio, artigianato, servizi, agricoltura e turismo. Come gran parte dell'economia del nord Italia, il complesso bresciano è costituito soprattutto da piccole-medie imprese, con la presenza di grandi industrie, che vanno dal settore alimentare a quello metalmeccanico. Agricoltura La viticoltura è considerata il comparto agricolo più importante del sistema agroalimentare bresciano. Il territorio comunale di Brescia rientra nella zona di produzione di diversi vini: una tipologia a denominazione di origine controllata e garantita, ovvero il Franciacorta, tre vini DOC (Botticino, Cellatica e Curtefranca) e un vino IGT (Ronchi di Brescia). Inoltre, nel centro storico della città, lungo il versante settentrionale del Colle Cidneo, si estende il vigneto urbano più grande d'Europa, chiamato Vigneto Pusterla, caratterizzato dalla coltivazione dell'Invernenga, vitigno autoctono a bacca bianca presente a Brescia fin dall'epoca romana. Nel resto della provincia sono prodotti altri sei vini DOC e quattro tipologie IGT. Un altro settore molto importante in provincia è quello dell'olivicoltura, in cui la zona del Garda gioca un ruolo importante, coinvolgendo un gran numero di imprese tra raccolta, lavorazione, conservazione e commercializzazione dei prodotti. Al momento sono state registrate, in sede europea, due DOP degli oli extravergini d'oliva, e sono: l'olio Garda e Laghi lombardi. Dato l'elevato grado di redditività del settore sono previsti rigidi regolamenti per la pratica di questa attività. Proprio a Brescia sorge uno dei più stimati istituti del nord Italia: l'Istituto tecnico agrario statale Pastori che indirizza numerosi studenti all'attività agricola con il diploma di Perito agrario. Industria La Confindustria locale, lAssociazione Industriale Bresciana (AIB), è stata la prima associazione industriale fondata in Italia il 14 aprile 1897. Secondo lo studio sulle province UE a maggiore vocazione produttiva commissionato da Fondazione Edison e Confindustria nell'anno 2016, Brescia risulta essere la prima provincia Europea per valore aggiunto dall'industria, un valore corrispondente a più di 10 miliardi di euro. A Brescia, sempre secondo questo studio, più del 30% degli occupati risulta essere concentrato nel settore industriale. Le principali attività industriali sono quelle meccaniche, specializzate nella produzione e distribuzione di macchine utensili, centralizzate intorno alla Val Trompia. Importante è anche la produzione di mezzi di trasporto, una su tutte l'OM, che ha sede sul territorio cittadino e produce i camion Iveco; vi si aggiunge, inoltre, la produzione di armi, tra cui ricordiamo la Beretta e la Tanfoglio di Gardone Val Trompia e la Perazzi di Botticino. Molto importante l'industria metallurgica, che dagli anni 1970 ha visto salire alla ribalta il cosiddetto Distretto del tondino, che comprendeva i territori della bassa Val Trompia, e più precisamente quelli di Lumezzane e Sarezzo, e che è ancora attivo con numerose aziende sparse per tutta la provincia. Famosa la Redaelli, società leader nelle funi e cavi di acciaio (funivie, sollevamento, offshore, etc.) di Gardone Val Trompia BS. Importante il distretto di Odolo in Valle Sabbia, che fino agli anni novanta produceva il 30% del tondino nazionale. Nella periferia cittadina, rispettivamente lungo la Tangenziale Sud e la Tangenziale Ovest, sorgono due acciaierie l'''Alfa Acciai e la Ori Martin. In città hanno inoltre sede diversi gruppi industriali, tra cui possiamo ricordare il Gruppo Lucchini, la Feralpi e la Camozzi Group. La produzione di posate e di rubinetti, concentrata nella zona lumezzanese, insieme al comparto tessile, calzaturiero e d'abbigliamento, concentrati nella zona di Rezzato, costituiscono settori cruciali per l'industria bresciana, così come la produzione di materiali per l'edilizia, e laterizi, che vanno ad alimentare il settore delle costruzioni – in forte espansione, date le riqualificazioni urbanistiche in atto. Degna di nota è la fabbrica di birra più antica d'Italia, la Wührer. Servizi Negli ultimi quaranta anni è aumentata l'importanza dei settori bancario, commerciale e della comunicazione. Tra le aziende cittadine più quotate vi è il gruppo A2A (frutto della fusione tra ASM Brescia, AEM Milano ed AMSA) e la Centrale del latte di Brescia, controllata dall'amministrazione cittadina. Vi sono anche le filiali di banche ed attività finanziarie. Negli ultimi anni, a seguito del processo di aggregazione bancaria, la città ha perso la sede delle sue due principali banche: Bipop-Carire, parte del gruppo Unicredit, e Banca Lombarda, quest'ultima fusasi con la bergamasca Banche Popolari Unite per formare il gruppo UBI Banca, quarto gruppo bancario d'Italia, con numerose sedi di divisione nella città (fonte dati Il Sole 24 ore, Banca d'Italia), gruppo bancario che è poi stato fuso in Intesa SanPaolo. Il gruppo bancario più grande è attualmente Banca Valsabbina. Tra i finanzieri più importanti vanno ricordati Giovanni Bazoli (presidente di Intesa SanPaolo), ed Emilio Gnutti, Romain Zaleski e Giuseppe Camadini. Settore sempre in via di sviluppo è quello della ristorazione, che a Brescia presenta 917 bar e 719 ristoranti, che garantiscono un servizio turistico di tipo eno-gastronomico di tutto rispetto. Termovalorizzatore A sud della città è in funzione il più grande inceneritore d'Europa, realizzato e gestito dalla società A2A, che ha coniato per questa macchina il nome termovalorizzatore.Vedere anche la voce Inceneritore Esso è composto da tre unità di combustione, due alimentate con rifiuti e una con le cosiddette «biomasse», un termine il cui uso è però contestato dagli ambientalisti. Grazie alla rete del teleriscaldamento è possibile produrre non solo energia elettrica ma anche recuperare energia termica in quantità rilevanti, convogliando il calore prodotto nella rete del teleriscaldamento, fino alle abitazioni dei singoli utenti. La città, infatti, è stata la prima in Italia a dotarsi, nel 1972, della rete di teleriscaldamento. Turismo Il settore turistico sta diventando sempre più importante per l'economia cittadina. Brescia negli ultimi anni ha infatti accresciuto la propria attrattività turistica, grazie alla sua recente iscrizione nella lista dei Patrimoni dell'umanità e alla vicinanza con i laghi di Garda e d'Iseo, che distano non più di 30 km. In 10 anni il numero di visitatori è aumentato del 72%, passando da nel 2005 a nel 2015. Tra le principali attrazioni di Brescia possiamo ricordare: il museo di Santa Giulia e le mostre ed iniziative da esso proposte, la zona archeologica del foro romano con il Capitolium e il castello di Brescia, oltre che la rinnovata pinacoteca Tosio Martinengo. Altri punti di interesse artistico-culturale della città sono le quattro piazze principali di Brescia – piazza Paolo VI di epoca medievale, con il duomo vecchio e il duomo nuovo, la rinascimentale piazza della Loggia, la piazza del Mercato e la razionalista piazza della Vittoria, inaugurata da Benito Mussolini e sormontata dal Torrione INA, considerato il primo grattacielo d'Europa costruito in cemento armato – collegate tra loro da portici, gallerie coperte e passaggi pedonali. Durante l'anno si svolgono diverse manifestazioni organizzate dalle varie associazioni del territorio (come, ad esempio, la Mille Miglia), che richiamano visitatori da fuori città. Infrastrutture e trasporti Strade Autostrade La città è attraversata dall'Autostrada A4, che la collega a Torino, Milano, Bergamo, Verona, Venezia e Trieste, ed è punto terminale dell'Autostrada A21, che la collega a Cremona, Piacenza e nuovamente Torino con un percorso più meridionale rispetto all'A4. Autostrada A4 Torino – Trieste – Strada europea: E55 – E64 – E70. (Caselli di Brescia Ovest, Brescia Centro e Brescia Est) Autostrada A21 Torino – Brescia – Strada europea: E70. (Caselli di Brescia Centro e Brescia Sud nonché il relativo raccordo corda molle) Autostrada A35 BreBeMi, aperta nel luglio 2014, che collega direttamente Brescia a Milano attraverso la A58 - TEEM. Da luglio 2014 a novembre 2017 la A35 (che prima prendeva avvio sulla SP19 nei pressi di Travagliato) era collegata alla tangenziale sud di Brescia tramite un raccordo gestito da Brebemi spa. Ora la A35 comincia nei pressi del "seppiolone", alla barriera di Castegnato (in uscita dalla A4), a ovest di Antezzate. Tangenziali La città di Brescia è dotata di un sistema di tangenziali: la Tangenziale Sud, o tangenziale Alcide De Gasperi è la variante della ex Strada statale 11 Padana superiore, ora gestita dalla provincia, che aggira il centro abitato a meridione; la Tangenziale Ovest è una strada comunale, classificata come urbana, che aggira l'abitato a occidente. Quest'ultima, unita ad un tratto di via Oberdan e alla Tangenziale Montelungo, permette al traffico proveniente dalla Val Trompia (ex Strada statale 345 delle Tre Valli e via Triumplina) e diretto alle autostrade A4 e A21 di evitare il passaggio all'interno dei quartieri settentrionali e occidentali della città. Il precedente raccordo verso l'autostrada A35, aperto nel luglio 2014 all'estremo ovest della tangenziale sud (ovvero quando cambia da SPBS 11 a SPBS 510), da novembre 2017 non esiste più in quanto ora la A35 comincia proprio nei pressi: dal "seppiolone" si stacca un brevissimo raccordo che porta alla vicina barriera A35. Strade statali e regionali La città è attraversata da numerose strade statali, che in base alla riforma del Codice della Strada del 1998 sono state riclassificate come regionali e affidate dalla Regione Lombardia all'amministrazione provinciale. La Strada statale 11 Padana Superiore che collega Torino e Venezia è conosciuta, nel tratto cittadino, come Tangenziale Sud di Brescia. Era punto di partenza della Strada statale 510 Sebina Orientale, che collega Brescia alla Val Camonica, più precisamente a Darfo Boario Terme, della 235 di Orzinuovi, che collega Brescia e Pavia, della 236 Goitese, asse Brescia-Mantova, della 237 del Caffaro, arteria di congiunzione tra il capoluogo lombardo e la provincia di Trento, della Strada statale 45 bis Gardesana Occidentale che collega Brescia con il Lago di Garda e con la Provincia di Trento e della 345 delle Tre Valli, terminante a Breno. Strada statale 11 Padana Superiore Strada statale 510 Sebina Orientale Strada statale 235 di Orzinuovi Strada statale 45 bis Gardesana Occidentale Strada statale 345 delle Tre Valli Ferrovie e tranvie La stazione di Brescia fu aperta al servizio pubblico il 24 aprile 1854 assieme alla ferrovia Milano-Venezia, prima linea in esercizio nella provincia. È anche capolinea delle ferrovie per Iseo ed Edolo, Bergamo, Cremona e Parma. Da dicembre 2018 è in funzione anche la linea ad alta velocità proveniente da Treviglio. Sulla ferrovia per Edolo si trovano altri due impianti: la stazione di Brescia Borgo San Giovanni, presso il quartiere di Fiumicello; la fermata della Mandolossa che serviva l'omonima frazione, dal 2008 è priva di servizio viaggiatori. Dal 6 dicembre 2022, su questa linea, è in costruzione la stazione di Brescia Violino, tra i quartieri del Villaggio Violino e Villaggio Badia. Nel quartiere di Chiesanuova si trova lo scalo merci a piccola velocità di Brescia Scalo. In passato, la città fu servita da una rete di tranvie extraurbane: Tranvia Brescia-Cellatica-Gussago Tranvia Brescia-Gardone Val Trompia Tranvia Brescia-Mantova-Ostiglia Tranvia Brescia-Ostiano Tranvia Brescia-Salò-Gargnano Tranvia Brescia-Soncino Tranvia Brescia-Vestone-Idro Aeroporti A circa dal centro della città si trova l'aeroporto di Brescia-Montichiari, dedicato a Gabriele D'Annunzio e per la maggior parte proprietà dell'ente di gestione del Valerio Catullo nel veronese. La doppia denominazione Brescia-Montichiari è dovuta proprio alla vicinanza che questa aerostazione ha con il centro della città, pur mantenendosi in territorio della provincia. A pochi chilometri dall'aeroporto di Brescia-Montichiari si trova l'aeroporto militare di Ghedi intitolato a Luigi Olivari. Mobilità urbana Metropolitana Brescia è servita da una linea di metropolitana leggera che collega i quartieri nord a quelli della zona sud-est, passando per il centro storico. La lunghezza complessiva della tratta funzionale, tra le stazioni capolinea Prealpino e Sant'Eufemia, è di 13,7 km, di cui: 6 km in galleria profonda, scavata con scudo meccanizzato (TBM), nella parte centrale del tracciato; 4,7 km in trincea coperta; 1,3 km a raso; 1,7 km in viadotto sopraelevato. Autolinee La città è dotata anche di una rete di trasporti pubblici automobilistici composta da sedici autolinee a servizio anche dei quattordici comuni dell'hinterland cittadino per un bacino d'utenza di abitanti. Nel 2019, il numero di viaggiatori annuo è stato pari a 39,5 milioni. Dal 2004, il servizio è svolto da un'ATI composta da Brescia Trasporti e da Arriva Italia che si è aggiudicata la gara indetta dall'amministrazione comunale. Brescia ebbe anche una rete tranviaria urbana, funzionante dal 1882 al 1949, e una filoviaria, operativa tra il 1936 e il 1967. La mobilità verso la provincia è garantita da due consorzi di trasporti automobilistici extraurbani: Trasporti Brescia Nord serve la zona della Val Sabbia, della Val Trompia e del Lago di Garda ed è composto da SIA Autoservizi, SAIA Trasporti, Brescia Trasporti e ATV; Trasporti Brescia Sud serve la zona della Bassa Bresciana, della Franciacorta e Iseo; è composto da SAIA Trasporti, SIA Autoservizi e APAM Esercizio Spa Inoltre, il collegamento con la zona del Lago d'Iseo e con la Val Camonica è servito dalla società Ferrovie Nord Milano Autoservizi in regime di proroga provvisoria della concessione precedente Amministrazione Dal 20 maggio 2023 Laura Castelletti è ufficialmente sindaco di Brescia avendo prestato giuramento e insediandosi dopo aver vinto le elezioni il 15 maggio 2023 con una coalizione di centro-sinistra sostenuta da diverse liste civica e dal Partito Democratico, Azione-Italia Viva e Sinistra Italiana. Circoscrizioni e Quartieri Recependo la legge 278/1976, nell'aprile del 1977 il Comune fu riorganizzato in nove circoscrizioni, mentre i quartieri vennero mantenuti come sottodivisioni con finalità puramente statistiche. I primi consigli di circoscrizione furono nominati dal Consiglio comunale e rimasero in carica fino alle amministrative del 1980, quando i nuovi furono eletti direttamente dai cittadini. Nel 2007, la Giunta Corsini decise di ridurre il numero delle circoscrizioni portandole a cinque, con le seguenti denominazioni: Nord, Centro, Est, Ovest e Sud. Con le modifiche apportate dalla legge 42/2010, il Comune di Brescia fu costretto a sopprimere le circoscrizioni. I cinque consigli circoscrizionali, eletti nel 2008, rimasero in funzione fino alla naturale scadenza del Consiglio comunale, avvenuta nel giugno 2013. Per non privare la città di una forma di governo di prossimità, nell'ottobre 2013 la Giunta Del Bono manifestò l'intenzione di voler restituire alcune funzionalità ai quartieri dotandoli di consigli, eletti dai cittadini, e di assemblee a partecipazione diretta. Nel luglio 2014 il Consiglio comunale votò a favore della proposta ed attuò alcune rettifiche di confine. In quell'occasione fu soppresso il quartiere di San Polo che venne sostituito da quattro nuovi quartieri: San Polo Case, San Polo Cimabue, San Polo Parco e Sanpolino. A fini statistici, i 33 quartieri sono stati radunati in cinque Zone che riprendono la precedente suddivisione delle cinque circoscrizioni. ognuno dei 33 quartieri della città è rappresentato da un consiglio di quartiere eletto direttamente dai cittadini che resta in carica cinque anni con funzioni consultive nell'interlocuzione con la Giunta comunale. Di seguito il prospetto dei quartieri e delle circoscrizioni di Brescia (2007-2013): Consolati Brescia' è sede dei seguenti consolati onorari: Albania Ghana Malta Moldavia Romania Gemellaggi Brescia è gemellata con: Sport Atletica Ha sede nel comune la società di atletica femminile Atletica Brescia 1950. Nel 1988 la società fu premiata con la Stella d’argento al merito sportivo del C.O.N.I., ha vinto più volte i campionati italiani in numerose categorie. In città si contano altre società di atletica leggera come il CSSR San Rocchino, la Brixia atletica 2014 e il CUS Brescia. in Città ha sede il comitato provinciale della FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera). A Brescia Sara Simeoni nel 1978 stabilì il record mondiale di salto in alto con 2 metri e un centimetro. Calcio Ha sede legale in città la società Brescia Calcio, militante nel campionato di Serie B per la stagione agonistica 2023-24. A Capriolo ha sede la società Brescia Calcio Femminile. La squadra si è laureata campione d'Italia nelle stagioni 2013-2014 e 2015-2016. Il Brescia ha ceduto il proprio titolo sportivo per la partecipazione al campionato di Serie A 2018-2019 al neonato Milan, sezione femminile dell'A.C. Milan. Ciclismo Per diverse volte Brescia è stata sede di arrivo di una tappa del Giro d'Italia, la prima nel 1930, l'ultima nel 2013. Inoltre Brescia ha ospitato nel 2013 il gran finale del Giro d'Italia.Tappe del Giro d'Italia con arrivo a Brescia: 1930 14ª tappa Asiago-Brescia, vinta da Leonida Frascarelli 1947 18ª tappa Trento Sant'Eufemia-Brescia, vinta da Adolfo Leoni 1948 18ª tappa Trento-Brescia, vinta da Elio Bertocchi 1950 7ª tappa Locarno-Brescia, vinta da Luciano Maggini 1951 14ª tappa Bologna-Brescia, vinta da Adolfo Leoni 1954 14ª tappa Torino-Brescia, vinta da Annibale Brasola 1964 2ª tappa Riva del Garda-Brescia, vinta da Michele Dancelli 1965 21ª tappa Bormio-Brescia, vinta da Franco Bitossi 1966 15ª tappa Arona-Brescia, vinta da Julio Jiménez 1968 8ª tappa San Giorgio Piacentino-Brescia, vinta da Eddy Merckx 1969 1ª tappa Garda-Brescia, vinta da Giancarlo Polidori 1991 19ª tappa Castelfranco Veneto-Brescia, vinta da Gianni Bugno 2000 15ª tappa Bormio-Brescia, vinta da Biagio Conte 2002 18ª tappa Rovereto-Brescia, vinta da Mario Cipollini 2006 15ª tappa Mergozzo-Brescia, vinta da Paolo Bettini 2010 18ª tappa Levico Terme-Brescia, vinta da André Greipel 2013 21ª tappa Riese Pio X-Brescia, vinta da Mark Cavendish Oltre al Giro d'Italia, a Brescia e provincia dal 2001 viene organizzato il Brixia Tour, una gara a tappe che si svolge ogni anno. Cricket La passione per il cricket, sport prediletto dagli inglesi, è cosa recente nel bresciano ed è dovuta all'immigrazione soprattutto di origine asiatica, pakistana e indiana. Dal 2014 è attiva la Janjua Cricket Club Brescia asd, un'associazione sportiva che conta oltre 50 iscritti ed affiliata alla FCrI Federazione Cricket Italiana e partecipa ai campionati nazionali. La prima squadra milita in serie A e nel 2018 ha vinto la Coppa Italia. Ginnastica artistica La società di Brixia Gym milita in Serie A1 da anni e detiene numerosi scudetti, di cui 8 vinti consecutivamente tra il 2003 e il 2010; è una tra le società più di spicco nel panorama della ginnastica artistica femminile, sia a livello italiano che europeo: ha annoverato tra le sue fila le azzurre olimpioniche Francesca Morotti, Monica Bergamelli, Erika Fasana, Vanessa Ferrari. Ad oggi la squadra può vantare ben 20 scudetti. Tra le ginnaste parte del team vi sono Martina Maggio, Asia D'Amato, Alice D'Amato (membri della squadra che ha rappresentato l'Italia ai giochi olimpici si Tokyo 2021), Giorgia villa (campionessa olimpica giovanile), Angela andreoli (medaglia di bronzo al corpo libero agli europei del 2022) ma anche altre tra le ginnaste più rilevanti della nazione come Veronica Mandriota e Giorgia Leone. Pallacanestro Nel 2009 Brescia è tornata ad avere una squadra cittadina con la fondazione del Basket Brescia Leonessa, dal 2020 chiamato Pallacanestro Brescia, iscritto alla Divisione Nazionale A, girone est di pallacanestro, dopo l'addio nel 1996 dello storico Basket Brescia. Nel 2011 la squadra si è laureata Campione d'Italia Dilettanti e ha conquistato la promozione nel campionato di Legadue. Nel 2016 vince il campionato di Legadue ed entra a fare parte dei 16 team della Serie A dove nel 2018 ha raggiunto, dopo un ottimo terzo posto, la semifinale scudetto perdendo contro Olimpia Milano, mentre nel 2023 ha vinto la Coppa Italia battendo in finale la Virtus Bologna. Pallanuoto La compagine cittadina di pallanuoto è la società Associazione Nuotatori Brescia, che partecipa alla Serie A1 è vincitrice di due scudetti e campione d'Italia in carica (2021), tre coppe Italia, quattro coppe LEN (2002 - 2003 - 2006 - 2016); fa capo alla medesima associazione altresì la società Brescia Waterpolo, militante nel campionato di Serie A2. Pallavolo Volley Millenium Brescia e Atlantide Pallavolo Brescia sono le due rappresentative principali che militano nel campionato di serie A2 di pallavolo, la prima femminile e la seconda maschile. Rugby Si contano due società che militano nei campionati seniores: il Brescia Rugby tuttora militante in Serie A1; il Marco Polo CUS Brescia, nato dalla fusione tra Marco Polo RFC e CUS Brescia. C'è inoltre il Rugby Club Fiumicello, società giovanile fondata nel 1984 da alcuni appassionati dell'omonimo quartiere dell'oltremella. Scherma La società Schermabrescia opera sul territorio bresciano dal 1987. Il bresciano Andrea Cassarà ha vinto l'oro nel fioretto individuale ai Mondiali 2011. Mille Miglia Punto di partenza e di arrivo della storica competizione d'auto d'epoca Mille Miglia, gara storica che si tiene normalmente nel mese di maggio su un tracciato variabile tra Brescia e Roma. Sono ammesse alla competizione le vetture prodotte prima del 1957, anno in cui, per motivi di sicurezza, fu sospeso lo svolgimento della versione originale delle Mille Miglia gara di velocità. Altri sport La città è sede della Cavallerizza Bettoni, una fra le più antiche società sportive equestri italiane. Il CUS Brescia Baseball, unica squadra di baseball su tutto il territorio bresciano. Fondata nel 1987 e affiliata in seguito al Centro Universitario Sportivo. Dal 2015 militante nel campionato di Serie A federale. I Bengals Brescia militano nella serie A del campionato di football americano e vincitori del Superbowl 2009, 2011 e 2012. Sono l'unica squadra di football americano della città; eccezion fatta per la breve parentesi dei Terminators Brescia nel 2013, ch'eppure nel loro unico anno di vita riuscirono a conquistare il Superball. Esiste anche una società di tennistavolo, l'Associazione sportiva tennistavolo Brescia che milita in serie B1 del campionato nazionale. Da alcuni anni la città ospita anche una squadra di ultimate frisbee, B.u.b.b.a. Brescia. Sono ospitati dall'associazione CUS Brescia e per l'anno 2012 militeranno nella serie B del campionato italiano open di ultimate frisbee. Due campi da golf, uno vicino al centro cittadino il Brescia golfclub ed un secondo, nato negli anni ottanta, nel complesso sportivo Mario Rigamonti. Oltre alla Mille Miglia, Brescia è coinvolta nell'automobilismo sportivo grazie alla Scuderia Italia, team che ha partecipato in Formula 1 dal 1988 al 1993, anno in cui è stata fusa alla Minardi. Impianti sportivi Lo stadio Mario Rigamonti è un impianto sportivo di Brescia, terreno di gioco interno del Brescia. La sua capienza, nel 2010, fu portata a posti, grazie all'effettuazione delle opere di adeguamento dello stadio ai requisiti previsti dalla normativa vigente per gli incontri del campionato di Serie A 2010-2011. Fu così chiamato in memoria del giocatore bresciano Mario Rigamonti, militante nel Grande Torino e morto nella tragedia di Superga del 1949. Lo stadio Aldo Invernici è un impianto sportivo sito nel quartiere San Polo, adibito al rugby. Ha una capienza di 5.000 posti a sedere. Lo stadio è intitolato ad Aldo Invernici, ex commissario tecnico della Nazionale ed ex presidente della Federazione Italiana Rugby. Il centro sportivo San Filippo è una struttura polifunzionale a Brescia, che comprende un Palazzetto dello sport, 3 campi da calcio a 11, 2 Campi da calcio a 7, 1 Campo da calcio a 6, 1 Campo da calcio a 5, 3 Campi da tennis in sintetico, 1 Campo da tennis in terra battuta, piscina coperta, piscina estiva all'aperto e altre strutture minori. Il centro inoltre ospita la sede del Brescia Calcio, del Pallacanestro Brescia, del CONI, e di 17 Federazioni Sportive. In passato ha ospitato le gare casalinghe del Basket Brescia e della Pallavolo Brescia, mentre nel ventunesimo secolo ospita quelle del Basket Brescia Leonessa, Pallamano Leonessa Brescia, e della Icaro Basket Brescia, società che partecipa alla Serie B di Pallacanestro in carrozzina. Da tempo è in progetto la realizzazione di un nuovo polo sportivo cittadino. Durante la giunta comunale guidata da Adriano Paroli viene illustrato un progetto per la creazione di una "cittadella dello sport" situato presso il Parco delle Cave a San Polo, che comprende la costruzione di un nuovo stadio di calcio e di un palazzetto polifunzionale per pallacanestro e pallavolo. Quest'idea è stata successivamente abbandonata con l'insediamento della giunta Del Bono che ha optato per la sistemazione definitiva dell'ex impianto sportivo situato presso l'Ente Industriale Bresciano, meglio conosciuto come "Eib", nel quartiere di Chiesanuova, in passato utilizzato per le partite casalinghe del Basket Brescia e della Pallacanestro Cantù tra gli anni settanta ed ottanta. La ristrutturazione del "ciambellone", così soprannominato per la sua forma rotonda, terminò nel Maggio 2018 dal nome di PalaLeonessa da 5.200 posti, capace di ospitare sia competizioni nazionali di pallacanestro e pallavolo, sia concerti musicali. Note Bibliografia Danilo Allegri e Gaetano Panazza, Il Duomo Vecchio di Brescia, a cura della Banca San Paolo di Brescia, Brescia, 1974. Francesca Morandini, Clara Stella, Alfredo Valvo, Santa Giulia. Museo della città di Brescia. L'età romana. La città. Le iscrizioni, Milano, Electa, 1998. ISBN 978-88-435-6711-9. Franco Robecchi, Munita e turrita, La Compagnia della Stampa, Roccafranca, 2004. Marina Braga e Roberta Simonetto, Entro le mura di Brescia romana, Brescia, IX Circoscrizione, 2005. Matteo G. Caroli, Giovanni B. Sgritta, M. Cristina Treu, Brescia 2015: analisi e riflessioni sull'evoluzione della città e della provincia'', Milano, Franco Angeli, 2005, ISBN 978-88-464-7202-1. Voci correlate Adorazione dei Magi Storia di Brescia Rinascimento bergamasco e bresciano Chiese di Brescia Quartieri di Brescia Repubblica bresciana Centro direzionale di Brescia Bigio Altri progetti Collegamenti esterni Webcam in tempo reale di Brescia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bernoulli%20Society
Bernoulli Society
La Bernoulli Society for Mathematical Statistics and Probability è una associazione professionale, sezione dell'Istituto Internazionale di Statistica (IIS). Venne fondata il 10 giugno 1975 a Voorburg nei Paesi Bassi. Tra i fondatori vi erano Jerzy Neyman, Henri Theil e Julian Keilson. Presidenti Dal 1979 al 1981: David R. Cox Dal 2003 al 2005: Donald Dawson Voci correlate Bernoulli Collegamenti esterni Sito ufficiale della Bernoully Society Istituti di statistica
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https://it.wikipedia.org/wiki/Basiglio
Basiglio
Basiglio (Basej in dialetto milanese, AFI: ) è un comune italiano di abitanti della città metropolitana di Milano in Lombardia. È situato nell'hinterland a sud di Milano, è lambito dall'Olona e comprende anche il complesso residenziale di Milano 3, situato nell'antica località, già comune autonomo, di Romano Paltano, oramai del tutto coincidente con tale complesso. Benché formalmente il capoluogo comunale rimanga Basiglio e Romano Paltano sia una frazione, la casa comunale è posta all'interno della stessa frazione, in piazza Leonardo da Vinci. Del resto, qui si concentra oramai la maggior parte della popolazione del comune. Origini del nome L'ipotesi più accreditata sull'origine del nome è che derivi dal latino basis (basamento di colonna). Nell'area dell'attuale Basiglio si trovava probabilmente un cippo stradale, per cui basis deve essere inteso come "basamento di cippo di segnalazione di distanze stradali". Secondo altre ipotesi, il nome deriverebbe da: basileus ("re" o "capo"), basilio ("territorio di un capo"), basei ("pietra miliare"). Storia L'origine è certamente romana, da collocare probabilmente nel III secolo d.C., quando Milano diventò sede di uno dei più importanti comandi di cavalleria dell'Impero romano. Basiglio si sviluppò lungo la "via Mediolanum-Ticinum, un'importante arteria stradale che provenendo da Quinto de' Stampi (dove si trovava il "quinto miliare", un cippo segnalatore di distanze stradali) proseguiva verso sud in direzione di Pavia. Questa strada fu utilizzata fino a quando non venne costruito il Naviglio Pavese. Il paese è citato per la prima volta in un documento del XIV secolo, in cui è riportato come "loco de Baxilio". All'epoca la consonante s veniva scritta a volte con il grafema x, ma non c'è da dubitare che la pronuncia esatta sia stata in realtà Basilio. In un documento di poco posteriore la grafia risulta corretta, con la s al posto della x. Il 26 ottobre 1524 si svolse a Basiglio, durante la quarta guerra d'Italia, una battaglia tra i francesi del maresciallo La Palice e truppe spagnole inviate da Carlo V d'Asburgo, comandate da Ferrante d'Avalos. Lo scontro avvenne nella zona dove oggi si trova la cascina Penati, e si concluse con la vittoria dei francesi. La facile vittoria ottenuta sugli uomini di Carlo V, spinse il re di Francia Francesco I a proseguire l'attacco verso sud in direzione di Pavia, che fu assediata, mossa che si rivelerà letale per i francesi, perché qui furono poi pesantemente sconfitti nella battaglia del 24 febbraio 1525. Cascina Penati era il centro più importante che aveva un suo perno nella chiesa di sant'Agata: li si celebravano battesimi, matrimoni, funerali, ecc. Nei funerali c'era una parte per gli adulti e una parte per i bambini perché a quei tempi il 25% dei bambini morivano prima di compiere 5 anni. I figli maschi erano quelli che tutti desideravano perché le femmine rappresentavano un grande problema economico per la famiglia. Cascina Vione fino al 1700 era gestita dai monaci cistercensi. Era ricca di prodotti che poi si portavano a Milano. Romano Paltano fino al 1971 era il centro abitato più piccolo con poche cascine. Nei pressi di piazza Monsignor Rossi si trovava una costruzione detta "il Castello", probabilmente non un castello vero e proprio, ma una fortificazione con torre, usata per controllare la viabilità e per segnalazioni con fuochi ad altre costruzioni simili, come quella esistente fino a tempi recenti a Rozzano vecchia. I resti di questo "castello" erano presenti fino alla fine dell'Ottocento. Il centro storico di Basiglio è unito a Milano 3 da una pista ciclabile e pedonale che fiancheggia la roggia Speziana. Lungo di essa si incontra una statua della Madonna, nota come "Madonnina di Basiglio". Negli anni 1950 dove ora c'è la pista ciclabile c'era una strada vera e propria e accadde che un pullman con numerosi pendolari che tornavano a casa dopo il lavoro uscì di strada e si rovesciò nella roggia Speziana. Fu considerato un miracolo che non ci furono vittime o feriti gravi e per ringraziamento alla Madonna i parrocchiani fecero erigere una statua ex voto sul luogo dell'incidente e adesso la si può vedere passando di li piena di collanine e fiori per ringraziare la Madonna. In maggio 2005 la statua è stata rinnovata a cura dell'associazione culturale "ViviBasiglio". Simboli Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con DPR del 7 giugno 1962. Le bande rosse e d'argento derivano molto probabilmente dallo stemma dei conti Birago di Milano (costituito da un fasciato doppiomerlato smaltato di rosso e d'argento, come risulta a pagina 59 dello Stemmario Trivulziano) che dal 1484 furono titolari del feudo di Mettone che comprendeva nella sua giurisdizione territoriale anche la terra di Basiglio. Il gonfalone è un drappo partito di bianco e di rosso. Società Evoluzione demografica La popolazione era di 290 anime nel 1751, salì a 796 abitanti nel 1771, e scese a 560 residenti nel 1805. Nel 1809 fu annessa a Basiglio la località di Romano Paltano, e nel 1811 incorporò Pieve, Fizzonasco, Pizzabrasa e Tolcinasco: tutti questi cambiamenti furono però annullati al ritorno degli austriaci nel 1815, che tuttavia tornarono sui loro passi nel 1841 per quanto riguarda il primo caso. Nel 1853 Basiglio aveva 674 abitanti. Il boom avvenne con la costruzione di Milano 3 negli anni ottanta del Novecento, decuplicando gli abitanti in pochi anni. Etnie e minoranze straniere Secondo le statistiche ISTAT al 1º gennaio 2016 la popolazione straniera residente nel comune metropolitano era di 915 persone, pari al 12% della popolazione. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Filippine 391 Corea del Sud 108 Stati Uniti d'America 41 Regno Unito 35 Spagna 26 Francia 25 Romania 25 Russia 25 Economia Basiglio è sede di grandi aziende e multinazionali come Banca Mediolanum e AstraZeneca Italia. Conserva tuttavia la sua tradizione agricola: le terre coltivate superano in superficie quelle abitate, offrendo principalmente riso, più di 8 tonnellate a ettaro ogni anno. Il Comune venne registrato nel 2009 dal quotidiano Il Sole 24 Ore (su dati del dipartimento delle Finanze sull'addizionale comunale all'Irpef) come quello con il reddito medio annuo per contribuente più alto d'Italia (51 803 euro). Il "primato" è stato confermato anche per le dichiarazioni dei redditi dal 2011 al 2022. Infrastrutture e trasporti Il comune di Basiglio è attraversato da nord-ovest a sud-est dalla strada provinciale 122 Rozzano - Pieve Emanuele. A sud il comune è lambito, inoltre, dalla strada provinciale 40 Binasco - Melegnano. Basiglio non è servito da linee metropolitane o ferroviarie. Tuttavia, all'interno del limitrofo comune di Pieve Emanuele si trova la stazione omonima, servita dalla linea 13 del servizio ferroviario suburbano di Milano. La linea di autobus n.230 collega Basiglio al comune di Milano con capolinea in Piazza Abbiategrasso M2. Amministrazione Sport Pallacanestro Nacque nel 1986 l'Associazione Sportiva Dilettantistica Milano 3 Basket. La prima squadra milita nel campionato DNC. Nel 2000 conquistò lo scudetto nazionale di categoria Cadetti. Note Voci correlate Milano 3 Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Berra%20%28Riva%20del%20Po%29
Berra (Riva del Po)
Berra (La Bèra in dialetto ferrarese) è una frazione di abitanti del comune di Riva del Po, del quale è sede comunale. Si trova nella provincia di Ferrara in Emilia-Romagna, sulle sponde del Po al confine con il Veneto. Fino al 1º gennaio 2019 ha costituito un comune autonomo e rientra nel territorio dell'Unione Terre e Fiumi. Storia Risulta difficile ricostruire la storia dell'evoluzione del paese situato su territori spesso interessati nel corso dei secoli da numerose deviazioni del Po ma grazie ad alcuni reperti trovati nella località di Cologna è documentata la presenza umana già dalla fine dell'età Romana. Durante il Medioevo Berra fu per lo più in territorio Veneto e poi con la Rotta di Ficarolo del 1152 e degli anni successivi, la morfologia del territorio venne notevolmente sconvolta determinandone la separazione dalla sponda veneta. Assieme a gran parte dell'area attorno entrò in seguito nel territorio del comune di Ferrara e fu consegnato nel 1194 da Enrico VI agli Este che gli avevano garantito (assieme ai comuni del nord) la neutralità durante la sua discesa verso il meridione d'Italia. Rientrò in seguito nel feudo dei Giocoli, signori di Copparo e Ro. Il 27 ottobre 1597, alla morte di Alfonso II d'Este che non aveva lasciato eredi diretti, papa Clemente VIII, con la devoluzione di Ferrara torna sotto il controllo diretto dello Stato Pontificio (precedentemente era feudo pontificio concesso agli Este). Dopo la parentesi napoleonica ritorna allo Stato Pontificio nel 1816, in seguito alla restaurazione operata dal Congresso di Vienna sin dal 1815. Il 27 giugno 1901 presso il ponte di Albersano, durante una manifestazione sindacale indetta dalla locale lega di resistenza i militari, al comando del tenente De Benedetti, aprirono il fuoco sulla folla. Rimasero uccisi due manifestanti ed altri venti furono feriti. Nel 1909 Berra, fino ad allora parte del comune di Copparo, divenne comune autonomo. La diocesi di Adria mantenne il controllo giuridico del paese sino ai primi anni del XIX secolo quando la giurisdizione ecclesiastica prima divenne ravennate e poi, nel 1966, entrò nell'arcidiocesi di Ferrara-Comacchio. Su proposta del Sindaco Eric Zaghini, il Consiglio comunale ha deliberato la fusione del Comune di Berra con il Comune di Ro. La proposta, sottoposta a Referendum, è stata approvata dai cittadini col 53% dei voti, da ciò la soppressione del Comune fissata per il 31 dicembre 2018 e la conseguente decadenza dell'ultimo Consiglio comunale e dell'ultimo Sindaco. Simboli Lo stemma del Comune di Berra si presentava: Le stelle nello stemma simboleggiavano le tre frazioni di cui si componeva il comune (Berra, Cologna e Serravalle), poste lungo il corso del fiume Po che all'altezza di Serravalle si biforca in Po di Venezia e Po di Goro. La fiaccola simboleggiava la libertà. Geografia fisica Fa parte del Parco regionale del Delta del Po Emilia-Romagna e del Parco interregionale Delta del Po, anche se quest'ultimo non è ancora pienamente operativo. Classificazione climatica: la località è compresa nella zona climatica E. GR-G: gradi-giorno 2346. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Santuario della "Madonna della Galvana" A circa quattro km dal centro del paese, sorge un piccolo Santuario dedicato alla Madonna della Galvana. La tradizione popolare vuole che in zona Galvana, presumibilmente intorno al 1686, dopo la rottura degli argini del fiume Po, venisse visto galleggiare sulle acque che avevano invaso la zona, un quadro raffigurante una Madonna e la Sacra Famiglia con San Giovannino. Il quadro si fermò fra i rami di una pianta di sambuco. L'immagine dipinta su carta, divenne subito oggetto di devozione. Trasportato il quadro nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Villanova Marchesana (RO) che allora deteneva la giurisdizione parrocchiale dell'intero territorio berrese, si dice che Essa ritornasse miracolosamente nel luogo del primo rinvenimento. Si incrementò così la devozione, mai affievolitasi nel tempo. Nel 1803 compare la prima documentazione sicura della presenza del capitello, seguito dalla costruzione di una celletta e successivamente circa nel 1842 di un vero e proprio oratorio. Seguono poi dei lavori di ampiamento della cappella nel 1830. Nel 1915, un incendio causato dalle numerose lampade votive, causò ingenti danni alla struttura, risparmiando però il dipinto. Negli anni l'oratorio subì svariati lavori che ne modificarono la struttura e le dimensioni. Recenti lavori di ristrutturazione a cura della comunità Berrese, di un gruppo di volontari e dell'impegno dell'arciprete Don Leonardo Bacelle, hanno modificato l'interno e l'esterno del santuario così come oggi lo vediamo. Ogni cinque anni (l'ultima volta è stato nel 2015) durante il mese di maggio, il dipinto viene ospitato dalle famiglie Berresi, durante le celebrazioni del mese Mariano, tutte le sere presso la famiglia ospitante si recita il S.Rosario al cospetto del dipinto, solennemente addobbato e si prosegue in pellegrinaggio verso la famiglia che lo accoglie per la sera successiva. Le celebrazioni si concludono con il pellegrinaggio lungo l'argine del fiume Po al Santuario della Galvana, presieduto dall'Arcivescovo, dove il quadro viene riposto. Società La frazione di Serravalle nel 1676 contava 360 abitanti. Al 31 dicembre 1817 tutto il comune contava abitanti. Nel 1846 i abitanti erano così suddivisi: Berra , Cologna , Serravalle 949. Diventato il nucleo abitato più popoloso, il paese di Serravalle raggiunse un massimo di abitanti nel 1958. Le 3 frazioni geografiche hanno approssimativamente la seguente estensione: Berra 15,74 km², Cologna 22,87 km², Serravalle 30,00 km². La frazione ha un'importante tradizione di tiro con l'arco, in particolare nell'arco compound, cui si riporta anche l'ottenimento di un bronzo per la nazionale italiana nella specialità nel 2021. Evoluzione demografica Economia Berra è produttore storico di bocce da gioco. Infrastrutture e trasporti Il paese è attraversato dal percorso ciclabile Destra Po, che si snoda per circa 120 chilometri in lunghezza tra i paesi del comune di Riva del Po. Manifestazioni Dal 2002 il paese è sede della Fiera Mondiale della Zanzara, festa tipicamente svolta in agosto. Quest'ultima è normalmente svolta subito dopo il patrono comunale, nella cosiddetta Sagra di San Rocco. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Note Bibliografia Gustavo Cristi. Storia del Comune di Ariano Polesine – Padova, 1934; ristampa Ariano nel Polesine 2008, contiene riferimenti ai Comuni del Basso Ferrarese. Giovanni Raminelli. Serravalle, profilo storico di un paese della Bassa Ferrarese – Rovigo, 1980. Giovanni Raminelli. Il Comune di Berra – Tipografia Artigiana Stampa – Ariano nel Polesine, 1990. M. Zunica. Civiltà del lavoro industriale in Polesine 1870-1940 – Associazione Culturale Minelliana – Rovigo, 1991. Aldo Tumiatti. La questione del passo nell'ex frontiera austro-pontificia di Goro-Gorino (1854-1862) - Taglio di Po, 1992. Giovanni Raminelli. Storia della reliquia della Santa Croce - Ariano nel Polesine, 1996. Giovanni P. Raminelli. Dialetto e società. Studio della parlata a Serravalle, paese della Bassa ferrarese – Serravalle, 2003. autori vari. Enciclopedia del Polesine. Il Basso Polesine: Atlante polesano del Delta del Po – Rovigo, 2007. Altri progetti Collegamenti esterni *
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bernoulli%20%28famiglia%29
Bernoulli (famiglia)
La famiglia Bernoulli aveva origini in Anversa. Da qui fuggì nel 1583 per sottrarsi alla persecuzione dei Protestanti perpetrata dai Cattolici. Dopo un periodo di rifugio a Francoforte sul Meno, la famiglia si trasferì in Svizzera e si stabilì a Basilea. Si distinse per aver annoverato, fra i suoi membri, importanti scienziati e studiosi. Componenti Il fondatore della dinastia dei Bernoulli si alleò con una delle più vecchie famiglie di Basilea e diventò un commerciante di successo. Anche Nicola il Vecchio, capostipite della tavola genealogica, fu un commerciante come lo erano stati suo nonno e il suo bisnonno; tutti avevano sposato delle figlie di commercianti e, tranne il bisnonno, avevano accumulato ingenti fortune. Il primo che si allontanò dalla tradizione si fece medico; il genio matematico, tuttavia, forse latente da qualche generazione, si manifestò a partire dai figli di Nicolaus Bernoulli. Tra i membri di questa famiglia, infatti, circa una dozzina (si veda l'albero genealogico) si affermarono nel campo della matematica e della fisica e quattro furono eletti membri stranieri dell'Académie des Sciences. Il primo a raggiungere una posizione preminente nel campo della matematica fu Jakob Bernoulli, conosciuto anche come Jacques o James. Nessuna famiglia nella storia della matematica ha prodotto tanti matematici celebri come i Bernoulli. Diversi membri della famiglia hanno contribuito alle scienze al punto che spesso nello studio di tali discipline si incontra il cognome Bernoulli. Vista la ricorrenza dei nomi all'interno della famiglia, alcuni dei personaggi vengono citati con un progressivo, come i membri di una dinastia; inoltre, tenuto conto delle origini e di altri aspetti della storia, vengono citati sia con i nomi tedeschi sia con i nomi francesi. Nicolaus Bernoulli – commerciante Jakob Bernoulli (Jacob, Jacques I) - teoria delle probabilità, statistica Nicolaus Bernoulli Nicolaus Bernoulli (Nicolaus I) - probabilità applicate a questioni legali, equazioni differenziali Johann Bernoulli (Jean I) - matematico Nicolaus Bernoulli III (Nicolaus II) - matematico Daniel Bernoulli (Daniel I) - botanico e fisico, noto nella fluidodinamica Johann Bernoulli II (Jean II) - si occupa di luce e di calore Johann Bernoulli III (Jean III) - contribuisce alla teoria della probabilità Daniel Bernoulli II (Daniel II) Jakob Bernoulli II (Jacques II) - elasticità, idrostatica, balistica Riconoscimenti Alla famiglia Bernoulli è stato dedicato un asteroide, 2034 Bernoulli. Nel 1975 fu fondata la Bernoulli Society, sezione dell'Istituto Internazionale di Statistica. Note Voci correlate Disuguaglianza di Bernoulli Equazione di Bernoulli - Daniel I Equazione differenziale di Bernoulli Ipotesi di Bernoulli Lemniscata di Bernoulli Numeri di Bernoulli - Jacques I Polinomi di Bernoulli - Jacques I Principio di Bernoulli - Daniel I Legge dei grandi numeri (Legge dei grandi numeri) - Jacques I Variabile casuale bernoulliana - Jacques I Variabile casuale binomiale - Jacques I Daniel Bernoulli (geologo) Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Beno%C3%AEt%20Mandelbrot
Benoît Mandelbrot
Biografia Nato in Polonia da una famiglia ebraica di origini lituane, ha vissuto in Francia per buona parte della sua vita. La famiglia aveva una forte tradizione accademica: sua madre era laureata in medicina e suo zio Szolem Mandelbrot era un famoso matematico specialista in analisi matematica; suo padre si occupava della vendita di abiti. Nel 1936 la famiglia lasciò la Polonia per Parigi. A Parigi fu iniziato alla matematica dai suoi due zii, che contribuirono alla sua istruzione e formazione, sia scientifica che umanistica. Nel 1939, a causa dello scoppio della guerra, si trasferì con la famiglia a Tulle, un paesino della Francia centrale, dove si diplomò nel 1942. Educato in Francia, ha sviluppato la matematica di Gaston Julia e ha dato inizio alla rappresentazione grafica di equazioni su computer. Mandelbrot è il fondatore di ciò che oggi viene chiamata geometria frattale e ha dato il proprio nome a una famiglia di frattali (detti appunto frattali di Mandelbrot) e a un particolare insieme (detto insieme di Mandelbrot). A partire dai primi anni sessanta e fino ai giorni nostri l'applicazione della geometria frattale a questioni economiche ha condotto Mandelbrot a mettere in discussione alcuni consolidati fondamenti dell'economia classica e della finanza moderna, quali l'ipotesi di razionalità dei comportamenti degli agenti economici, l'ipotesi dell'efficienza del mercato, e quella secondo cui i movimenti dei prezzi di mercato sono descrivibili come un cammino casuale (random walk) in analogia al moto browniano di una particella in un fluido. Mandelbrot scoprì il suo frattale quasi per caso nel 1979, mentre conduceva degli esperimenti per conto del Thomas J. Watson Research Center dell'IBM, dove, con l'aiuto della computer grafica, poté dimostrare che il lavoro di Julia del 1918 (che suo zio gli aveva consigliato nel 1945), poteva essere uno dei frattali più affascinanti; una delle numerose curiosità del frattale di Mandelbrot è che esso comprende, pur nella sua semplicissima formula, anche il frattale di Julia. I suoi lavori sui frattali in quanto matematico impiegato all'IBM gli hanno fruttato una "Emeritus Fellowship" ai laboratori di ricerca T. J. Watson. L'analisi frattale delle variabili economiche e finanziarie ha portato nell'ultima decade alla nascita della cosiddetta finanza frattale, nella quale secondo lo stesso Mandelbrot sono attualmente impegnati almeno un centinaio di ricercatori. Altri ricercatori sono impegnati nel più vasto campo dell'econofisica. Mandelbrot dimostrò anche che i frattali possono essere la chiave di lettura delle forme presenti in natura, dando il via a una sezione della matematica che studia la teoria del caos. Nel 1993 gli è stato conferito il prestigioso Premio Wolf per la fisica, "per aver trasformato la nostra visione della natura". Il 19 marzo 2007 ha tenuto una "Lectio Magistralis" dal titolo Il liscio, il ruvido e il meraviglioso durante il Festival della Matematica a Roma. Numerose università del mondo gli hanno conferito la laurea honoris causa; in Italia l'Università degli studi di Bari gliene ha conferita una in Medicina e Chirurgia il 13 novembre 2007 con la seguente motivazione: "La visione altamente unificante del fenomeno della vita che ci offre il professor Mandelbrot, si riflette in campo medico con un approccio unitario, prima sconosciuto, alla malattia e alla persona malata". In occasione del conferimento della laurea, il prof. Mandelbrot ha tenuto una lectio magistralis intitolata "Fractals in Anatomy and Physiology", nella quale fra l'altro affermava: Mandelbrot muore il 14 ottobre 2010, all'età di 85 anni, a causa di un cancro del pancreas. Scritti (1967): How Long Is the Coast of Britain? Statistical Self-Similarity and Fractional Dimension; Science (trad. italiana in volume tascabile, col medesimo titolo e testo a fronte, a cura di Giuseppe Gembillo, Armando Siciliano Editore, Messina 2007, pp. 38, ISBN 9788874424474) (1975): Gli oggetti frattali: forma, caso e dimensione (1982): The Fractal Geometry of Nature; W. H. Freeman & Co; ISBN 0-7167-1186-9 (1990): La geometria della natura'''; 2ª ed.; Theoria (2001, ediz. ampl. 2005): Nel mondo dei frattali; Di Renzo Editore, Roma (2004): The (Mis)Behavior of Markets: A Fractal View of Risk, Ruin, and Reward; Basic Books; ISBN 0-465-04355-0 (trad. it. Il disordine dei mercati: Una visione frattale di rischio, rovina e redditività; Einaudi 2005; ISBN 88-06-16961-0) (2014): La formula della bellezza. La mia vita di vagabondo della scienza''. Rizzoli ISBN 978-88-17-07484-1 Onorificenze Note Voci correlate Equazioni di Rabinović - Fabrikant Altri progetti Collegamenti esterni Mandelbrot's page presso l'Università Yale Intervista sul sito dell'École Polytechnique 2004 Interview su New Scientist Film di Arthur Charles Clarke su Benoît Mandelbrot: Fractals and the art of roughness; TED2010 17:09 Filmed Feb 2010, subtitles in 29 languages Decorati con la Legion d'onore Teoria del caos Professori dell'Università Yale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bjarne%20Stroustrup
Bjarne Stroustrup
Già capo del dipartimento di ricerca sulla programmazione su larga scala dei Bell Labs di AT&T e direttore della divisione tecnologica di Morgan Stanley, dal 2022 è professore di informatica all'Università Columbia. Biografia Studi Stroustrup nacque a Aarhus in Danimarca da una famiglia della classe operaia, e frequentò la scuola cittadina. Dal 1969 al 1975, frequentò l'Università di Aarhus, dove conseguì una laurea magistrale in matematica e informatica. Interessato particolarmente alla microprogrammazione e alle architetture informatiche, imparò le basi della programmazione a oggetti da colui che la inventò Kristen Nygaard, che spesso visitava Aarhus. Nel 1979 ricevette il dottorato in informatica dall'Università di Cambridge,, sotto la supervisione di David Wheeler. La sua tesi riguardava la comunicazione nei sistemi di calcolo distribuito. Carriera Nel 1979, Stroustrup ha iniziato la sua carriera come membro dello staff tecnico del Computer Science Research Center dei Bell Labs di Murray Hill, New Jersey, USA. Lì ha iniziato a lavorare sul C++ e sulle tecniche di programmazione. Stroustrup è stato a capo del centro di ricerca sulla programmazione su larga scala (Large-scale Programming) dei Bell Labs di AT&T, dalla sua creazione fino alla fine del 2002. Nel 1993 è stato nominato Fellow dei Bell Labs e nel 1996 Fellow di AT&T. Dal 2002 al 2014, Stroustrup fu il professore presidente del College of Engineering in informatica della Texas A&M University. Dal 2011, fu nominato Illustre professore (Distinguished Professor) dell'Università. Da gennaio 2014 all'aprile 2022, Stroustrup fu fellow tecnico e direttore della divisione tecnologica di Morgan Stanley a New York City e professore ospite in informatica all'Università Columbia. Dal 2022, Stroustrup è professore di informatica all'Università Columbia. C++ Stroustrup è il creatore del C++, per il quale ha scritto le definizioni iniziali e prodotto la prima implementazione; ha scelto e formulato il criterio di progettazione di tale linguaggio come responsabile per l'elaborazione delle estensioni proposte nel comitato di standardizzazione. Stroustrup ha inoltre scritto quello che molti considerano il testo standard di introduzione al linguaggio, "The C++ Programming Language" (titolo italiano: "C++ Linguaggio, libreria standard, principi di programmazione", ISBN 88-7192-078-3), giunto alla quarta edizione. Il testo è stato rivisto tre volte per adattarsi all'evoluzione del linguaggio e al lavoro del comitato di standardizzazione del C++. La versione più recente risale al 2011 ed è contenuta nel documento ISO/IEC 14882-2011. Note Altri progetti Collegamenti esterni Stroustrup, Bjarne
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https://it.wikipedia.org/wiki/Barzio
Barzio
Barzio (AFI: ; Bàrz in dialetto valsassinese) è un comune italiano di abitanti della Provincia di Lecco in Lombardia. Anticamente era anche conosciuto coi nomi di Barzo, Barso, Barsio. Geografia fisica Barzio sorge all'interno di una conca del cosiddetto Altopiano Valsassinese, che sovrasta la valle sul versante est, in posizione opposta rispetto alle Grigne, tra il colle di Balisio e le Chiuse di Introbio. Origini del nome La radice Bar- fa supporre un'origine ligure. Storia Da Barzio, in epoca romana, passava la via Spluga, strada romana che metteva in comunicazione Milano con Lindau passando dal passo dello Spluga. Durante il Medioevo, a Barzio erano in vigore i cosiddetti "Statuti civili e criminali della comunità Valsassinese". Feudo dei Della Torre, sotto il Ducato di Milano Barzio fu quindi infeudato a Facino Cane (1409) e, in seguito, al Medeghino. Nel XVI secolo contava solo poco più di trecento abitanti che vivevano in semplici case di legno con loggiati, verso la fine dell'Ottocento, con il miglioramento economico e sociale della popolazione, apparvero le prime ville e successivamente, con l'avvento del turismo di massa, numerosi condomini. Il paese è considerato capoluogo turistico della Valsassina e offre numerose opportunità agli sportivi; da qui parte infatti una funivia, attiva già dagli anni '60, che conduce agli impianti di risalita dei Piani di Bobbio e della Valtorta costituendo il comprensorio sciistico più vicino a Milano ed alla Brianza. Simboli Lo stemma e il gonfalone del Comune di Barzio sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 22 settembre 1992. Lo stemma del paese si basa su una proposta formulata dallo studioso di storia locale Pietro Pensa. Le tre stelle ad otto punte ed il leone ricordano la Valsassina e l'importanza di questo paese per tutta la Valle. Il monogramma AR è presente negli stemmi della famiglia Arrigoni e rimanda alla beata Guarisca Arrigoni, nata a Barzio nel 1382, che nel XV secolo fondò l'ospedale della Valle a Concenedo. Il manzo passante è simbolo della famiglia Manzoni, originaria della Valsassina. Il gonfalone è un drappo di bianco. Monumenti e luoghi d'interesse Chiesa di Sant'Alessandro Chiesa di Santa Maria Assunta a Concenedo Santuario della Regina dei Monti e delle Funivie ai Piani di Bobbio Oratorio di San Giovanni Battista Palazzo Manzoni – sede del municipio Società Evoluzione demografica 744 nel 1722 475 nel 1771 787 nel 1805 2033 dopo annessione di Cassina, Cremeno, Concenedo e Moggio nel 1809 717 nel 1853 786 nel 1861 758 nel 1881 nel 1901 nel 1921 nel 1931 dopo l'annessione di Concenedo Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2021 i cittadini stranieri residenti a Barzio erano 68. Cultura Biblioteche La Biblioteca comunale ha sede a Palazzo Manzoni in via Alessandro Manzoni 12. Fondo Biblioteca manzoniana: dotazione della Biblioteca comunale è dedicato interamente alla figura di Alessandro Manzoni, alle sue opere ed alla relativa critica. Museo Medardo Rosso Il Museo Medardo Rosso ha sede in via Baruffaldi 4. Eventi Nelle prime settimane di giugno dal 2015 al 2019 aveva luogo Nameless Festival (Nameless Music Festival fino al 2022), che si è successivamente spostato ad Annone di Brianza. Amministrazione Altre informazioni amministrative Il Comune fa parte della Comunità montana della Valsassina, Valvarrone, Val d'Esino e Riviera. Gemellaggi Magland, Francia Sport Nel 1979 Barzio è stata sede d'arrivo della 18ª tappa del Giro d'Italia, partita da Trento. Galleria d'immagini Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Comuni della provincia di Lecco Valsassina
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https://it.wikipedia.org/wiki/Belleville%20%28Parigi%29
Belleville (Parigi)
Belleville è il 77º quartiere amministrativo di Parigi, situato nel XX arrondissement, nella zona orientale della città. L'antico comune di Belleville si estendeva anche nella parte sud dell'odierno XIX arrondissement e, in piccola parte, nel X e nell'XI. A ridosso del quartiere si trova il cimitero di Père-Lachaise. Sugli scalini del portone situato al 72 di rue Belleville nacque Édith Piaf. Vi si svolgono le vicende narrate in molti dei romanzi di Daniel Pennac (ciclo di Malaussène), che vive nel quartiere medesimo. Da sempre quartiere operaio (negli ultimi anni imborghesito), punto di incontro di culture diverse, è stato spesso connotato come centro di vitalità, colori, multiculturalità. Altri progetti Collegamenti esterni Belleville (Parigi)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Puffinus%20puffinus
Puffinus puffinus
La berta minore atlantica (Puffinus puffinus ) è un uccello marino appartenente alla famiglia Procellariidae. Descrizione La berta minore atlantica è lunga dai trenta ai trentotto centimetri, pesa dai 370 grammi ad oltre il mezzo chilo e ha un'apertura alare che varia dai 76 agli 89 centimetri. Questo agile uccello marino possiede un piumaggio bicolore: nero nella parte superiore del corpo e bianco in quella inferiore. Il becco è sottile, uncinato e nero. Biologia Le berte si nutrono esclusivamente di pesci che cacciano durante le ore diurne in mare aperto. Di solito volano basse per individuare grandi banchi e quindi si tuffano inseguendo la preda anche per alcuni metri sott'acqua, oppure galleggiano in attesa che la preda passi nelle vicinanze. Nelle colonie rimane passiva fino al calare del sole per evitare gli attacchi di gabbiani e altri uccelli marini più grandi. I nidi sono piccole buche del terreno, ma talvolta le uova vengono deposte sotto le rocce. I genitori covano a turno l'unico uovo, curano il piccolo per più di due mesi e una settimana prima che inizi a volare lo abbandonano per migrare a sud. Distribuzione e habitat Comune in tutto l'Oceano Atlantico. È un uccello migratore: passa l'estate, fino ad autunno inoltrato, nel nord Europa o nel New England, tra Islanda, Isole Canarie e Nordafrica. D'inverno migra a sud, soprattutto in Brasile, Argentina e Cile effettuando una migrazione di 20 000 chilometri. La migrazione viene svolta a tappe, l'animale non effettua un viaggio unico dall'oceano atlantico al sud America ma effettua almeno una tappa al fine di reintegrare le energie perse durante il volo e poter terminare la migrazione con successo. Non è raro incontrarla anche in Sudafrica e nei Caraibi. Le zone di maggiore presenza sono comunque le isole gallesi e scozzesi, e le Faeroer. La berta minore atlantica predilige il mare aperto e le scogliere rocciose dove si ritrova con i suoi simili in migliaia di individui. Sistematica Puffinus puffinus è una specie monotipica, sebbene la sua classificazione sia ancora controversa. Dal 2000 le sottospecie P. p. yelkouan (berta minore mediterranea) e P. p. mauretanicus (berta delle Baleari) sono diventate specie a parte. Note Bibliografia Voci correlate Berta minore fosca (Puffinus assimilis) Berta maggiore (Calonectris diomedea) Altri progetti Collegamenti esterni Procellariidae Taxa classificati da Morten Thrane Brünnich
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https://it.wikipedia.org/wiki/Barbarossa%20%28disambigua%29
Barbarossa (disambigua)
Astronomia 1860 Barbarossa – asteroide scoperto nel 1973 Persone Aruj Barbarossa – corsaro turco-ottomano Cristiano Barbarossa – autore televisivo e regista italiano Federico I Hohenstaufen, detto Federico Barbarossa – imperatore del Sacro Romano Impero Khayr al-Dīn – condottiero turco-ottomano, detto talora il (corsaro) Barbarossa Luca Barbarossa – cantante italiano Maria Immacolata Barbarossa – politica italiana Cinema Barbarossa (Barberousse) – film del 1917 diretto da Abel Gance Barbarossa (Akahige) – film del 1965 diretto da Akira Kurosawa Barbarossa – film del 2009 diretto da Renzo Martinelli Editoria Società Editrice Barbarossa – casa editrice italiana Televisione Barbarossa (Barbe Rouge) – serie tv animata Storia Operazione Barbarossa – invasione dell'Unione Sovietica da parte della Germania nazista nella Seconda guerra mondiale
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bono%20%28cantante%29
Bono (cantante)
Biografia Infanzia Paul David Hewson nasce a Dublino il 10 maggio 1960 al Rotunda Hospital da Brendan Robert Bob Hewson, cattolico, e Iris Rankin, protestante. Da piccolo Paul era molto vivace e allegro e per questo la sua famiglia gli affibbiò il soprannome "l'Anticristo" Frequenta le scuole elementari a Inkwell, una scuola della chiesa protestante, nonostante all'epoca, in un matrimonio tra protestante e cattolico, fosse di norma allevare i propri figli secondo i principi cattolici. Anche Norman, fratello maggiore di Paul, fu cresciuto con gli stessi principi. Nel settembre del 1974 festeggia il cinquantesimo anniversario di matrimonio dei suoi nonni materni ma durante i festeggiamenti il nonno muore. Al funerale del nonno, il 6 settembre, Iris, la madre, viene colpita da un aneurisma cerebrale e muore 4 giorni dopo, il 10 settembre. Paul rimane molto scosso da questo fatto e anni dopo scriverà molte canzoni sulla madre, tra le quali I Will Follow, Tomorrow, Out of Control, Lemon, Mofo e Iris (Hold me Close). Entra a far parte di un gruppo di ragazzi ribelli del suo quartiere, i Lipton Village, il cui scopo è di evadere qualsiasi forma di legge, un atteggiamento che comunque non ha mai portato a gravi conseguenze. Nei Lipton Village era tradizione dare un soprannome a tutti i componenti: a Paul venne affibbiato il nome Bono Vox dall'amico e futuro membro dei Virgin Prunes, Fionan Hanvey, in arte Gavin Friday. Questo nomignolo trovò spunto da un negozio di apparecchi acustici di Dublino, il Bonavox. A Bono inizialmente non piaceva il suo soprannome, ma cambiò idea quando scoprì che, tradotto dal latino, voleva dire bella voce (nonostante la versione corretta sia Bona Vox, al femminile, come il negozio). Successivamente, con il debutto discografico della band alla fine degli anni settanta, il nome d'arte "Bono Vox" fu ridotto a "Bono". Bono frequenta il primo anno alla St. Patrick, dalla quale viene espulso perché sorpreso a tirare escrementi di cane alla sua professoressa di spagnolo. Viene mandato alla Mount Temple School, dove diventa popolare per la sua bella voce e per essere un abile suonatore di chitarra. Impara a suonare la chitarra grazie al fratello Norman, che gli presta il suo strumento e le intavolature delle canzoni dei Beatles. I gusti di Bono comprendono, oltre ai Beatles, Bob Marley, i Clash, Patti Smith, Marvin Gaye e i Ramones. Alla Mount Temple conosce Alison Stewart, con cui si fidanza nel 1975. Attività musicale Gli U2 Nel 1976 rispose al volantino di Larry Mullen lasciato su una bacheca della scuola, che cercava persone per formare una band. L'amico Reggie Manuel lo convinse ad andare a casa di Mullen per le prove. Si presentò come chitarrista, ma c'erano anche altri due chitarristi nel gruppo "The Hype" , Dave Evans (The Edge) e suo fratello Dick, e vista la notevole differenza tecnica tra Bono e gli altri due, Bono finì con l'essere il cantante. A seguito dell'abbandono del gruppo di Dick Evans, presero il nome di U2. Faceva già parte della band come bassista anche Adam Clayton. Progetti da solista Nel 1985 aderì al progetto Artists United Against Apartheid. In particolar modo scrisse e registrò la canzone Silver and Gold per l'album Sun City, registrato per protestare contro la politica dell'apartheid tenuta dal Sudafrica. Nel 2009 registra un video in cui ripresenta la cover della canzone War di Bob Marley. Tale brano ha la particolarità di essere interpretato da musicisti provenienti da diversi paesi del mondo. Ciascun contributo è dato dall'artista direttamente dal proprio paese sotto l'insegna del progetto Playing for Change. Il 17 marzo 2020, l'artista pubblica sul sito ufficiale degli U2 il brano musicale inedito Let Your Love Be Known, scritto per omaggiare il personale sanitario durante l'emergenza della pandemia di COVID-19. Il cantante ha dichiarato che il brano è stato ispirato dagli italiani. Collaborazioni con Zucchero La prima collaborazione con il cantante italiano Zucchero Fornaciari ha visto Bono scrivere il testo inglese di Miserere del 1992. Successivamente a questo incontro, l'amicizia tra i due cantanti è proseguita con gli anni, insieme alle collaborazioni. Nel 1998 Bono ha scritto il testo inglese del brano Blu del bluesman reggiano, e lo ha invitato all'evento benefico "Net Aid" al Wembley Stadium. I due hanno continuato a frequentarsi e a vedersi in occasioni ufficiali come i numerosi Pavarotti & Friends, per poi tornare a collaborare nel 2010 nel brano Someone Else's Tears, contenuto in Chocabeck. Nel 2015, infine, il frontman degli U2 ha invitato Zucchero alla seconda delle due tappe italiane dell'Innocence + Experience Tour. Poco dopo Bono è tornato nei panni di autore, per il testo del brano Streets of Surrender (S.O.S.), contenuto in Black Cat e dedicato alle vittime degli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi. Durante i concerti italiani allo Stadio Olimpico del The Joshua Tree Tour 2017, Bono ha voluto inserire all'interno dell'esecuzione di Beautiful Day una parte del brano Miserere per omaggiare l'amicizia decennale tra i due. Nel 2021 Bono ha partecipato alle registrazioni di Discover, per il brano Canta la vita (Let Your Love Be Known), di cui è autore originario. Attività letteraria Il cantante degli U2, oltre ad essere impegnato nella scrittura dei testi delle canzoni del proprio gruppo, ha avuto ulteriori esperienze in ambito letterario. Tra queste, ha scritto la sceneggiatura del film The Million Dollar Hotel. In più di un'occasione ha scritto articoli giornalistici volti a promuovere le campagne portate avanti: la richiesta di cancellare il debito dei paesi in via di sviluppo, la volontà di promuovere, assieme a Bill Gates, la campagna per la lotta contro l'AIDS in Africa. Il 23 marzo 2007 Bono scrive un articolo, pubblicato sul Corriere della Sera, per commemorare la nascita della Cee, avvenuta cinquanta anni prima. In tale articolo parla di come questa istituzione debba cercare di risolvere i problemi che affliggono l'Africa. Inoltre sottolinea come, donando unicamente lo 0,7% del proprio pil, l'Italia salverebbe milioni di persone in quel continente. Il 10 ottobre 2018, Bono pubblica un articolo sul quotidiano la Repubblica in cui esprime il proprio apprezzamento al progetto politico che ha portato alla nascita dell'Unione Europea. L'introduzione al libro dei salmi Nel 1999 ha scritto l'introduzione al Libro dei Salmi, uno dei nove libri della Bibbia pubblicati singolarmente nella serie dei "Libri Sacri" tascabili del Canonato di Edimburgo. In questa introduzione, l'artista spiega il suo avvicinamento alla fede ed alla bellezza che ha per lui l'Antico Testamento. Definisce, inoltre, l'autore dei salmi, il Re Davide, come una star della Bibbia, paragonandolo all'Elvis Presley del testo sacro: ciò per il suo potere e per il piacere per le donne. Sempre nell'introduzione, Bono spiega la nascita del brano 40, tratto dall'omonimo salmo, e del suo legame a questa lettura. Surrender: 40 Songs, One Story Il 1º novembre 2022, viene pubblicata la prima autobiografia dell'artista intitolata Surrender: 40 canzoni, una storia. La fede Il fatto di essere cresciuto in una famiglia in cui i propri genitori fossero di confessioni differenti, ha inciso profondamente nella crescita di Bono che ha dichiarato, in più di un'occasione, di essere di fede cattolica. Tale scelta ha avuto un'incidenza nel testo di numerose canzoni degli U2. Primo, in ordine temporale, è il brano Gloria, contenuto nell'album October, in cui Bono canta un vero e proprio inno a Dio. Ancora più palese risulta essere il testo del brano 40, tratto dall'omonimo Salmo. Numerosi riferimenti a Dio compaiono anche nell'album Pop. Impegni umanitari e politici Dal 1999 è stato via via sempre più coinvolto nella campagna per l'azzeramento del debito dei paesi del terzo mondo e per la difficile situazione dell'Africa. Nel maggio 2002 accompagnò il Segretario del Tesoro statunitense Paul O'Neill in viaggio attraverso quattro Stati africani. Nello stesso anno, Bono ha costituito un'organizzazione chiamata "DATA", (Debt, Aids, Trade in Africa), il cui obiettivo è far crescere la consapevolezza circa l'immenso debito estero dell'Africa, l'incontrollabile diffusione dell'AIDS e le leggi del mercato che strangolano di fatto, impoverendoli, gli abitanti di quegli stati. Nell'intento di accendere i riflettori sulla crisi dell'AIDS in Africa, Bono andò alla Casa Bianca per un incontro privato col Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, che aveva promesso 5 miliardi di dollari di aiuti per i paesi più poveri del mondo che rispettassero i diritti umani. Bono accompagnò il Presidente per un discorso sul prato della Casa Bianca. Bono disse: Bono ha collaborato con Dave Stewart degli Eurythmics alla realizzazione del video musicale American Prayer, a sostegno della candidatura di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti d'America. Nel 2015 ha fortemente sostenuto la campagna del sì al referendum costituzionale del 22 maggio in Irlanda, poi approvato, che chiedeva di modificare l'articolo 41 della Costituzione del 1937 con l'inserimento del comma Il matrimonio può essere contratto per legge da due persone, senza distinzione di sesso, dichiarando di voler eliminare ogni discriminazione delle persone omosessuali. Vita privata Bono è sposato con Alison Stewart dal 1982. I due si sono conosciuti nel 1975, quando entrambi frequentavano la Mount Temple School di Dublino, e da allora non si sono più separati. Insieme hanno avuto quattro figli: Jordan (nata il 10 maggio 1989), Memphis Eve (nata il 7 luglio 1991), Elijah Bob Patricius Guggi Q (nato il 18 agosto 1999) leader della rock band Inhaler e John Abraham (nato il 21 maggio 2001). La famiglia vive a Killiney, una località vicino a Dublino. Bono e Ali sono inoltre uniti dalla battaglia contro la povertà, che li ha portati a creare un marchio di abbigliamento per sostenere l'Africa: Edun. La canzone Sweetest Thing degli U2 è stata scritta da Bono per scusarsi con Ali perché aveva dimenticato il suo compleanno. Il 16 novembre 2014, Bono era in bici al Central Park a New York, quando è stato investito da un altro ciclista, che pedalava a velocità sostenuta. Nell’impatto violento il cantante ha riportato una “frattura facciale che interessa l’orbita di un occhio”, tre diverse fratture alla scapola sinistra, una a un dito e una all’omero sinistro. Quest’ultima era piuttosto preoccupante in quanto l’osso si è frantumato in sei parti e fuoriusciva dalla pelle. È stato subito trasportato al pronto soccorso del New York-Presbyterian Hospital/Weill Cornell Medicine, dove è stato sottoposto a TAC e radiografie ai raggi X, e poi operato d’urgenza: un intervento durato ben cinque ore in sala operatoria, dove gli è anche stata fissata una placca di metallo con 18 viti per sistemare l’omero. Il giorno dopo, il cantante fu sottoposto a una seconda operazione per intervenire sul dito rotto. Il chirurgo traumatologo ortopedico Dean Lorich, che lo ebbe in cura, spiegò che a Bono è stato necessario un periodo di terapia molto mirata, con un atteso recupero totale. In seguito, Bono ha pubblicato sul sito ufficiale degli U2: "Mentre scrivo, non è chiaro se riuscirò di nuovo a suonare la chitarra", come riportato anche dalla rivista Cycling Weekly. Riconoscimenti Bono è stato posizionato al 32º posto nella lista dei 100 migliori cantanti secondo Rolling Stone, e tra le sue migliori "tracce vocali" si ricordano One, Beautiful Day, With or Without You e Where the Streets Have No Name. Nel 2002 il suo nome è stato incluso nella lista dei "100 Grandi Britannici" promossa dalla BBC e votata dal pubblico (che include anche personalità irlandesi) vicino ad altri grandi del presente e del passato come Sir Winston Churchill, John Lennon, la Principessa Diana di Galles, la Regina Elisabetta II d'Inghilterra, il musicista Sir Bob Geldof, il calciatore David Beckham, Aleister Crowley e il leader punk Johnny Rotten dei Sex Pistols. Inoltre, a seguito di un sondaggio effettuato nello stesso anno dalla rivista inglese Q, questo artista risulta essere una delle persone più influenti in ambito musicale. Nel 2005 è stato nominato Person of the Year ("Persona dell'anno"), insieme a Bill e Melinda Gates, da Time Magazine. Sempre nello stesso anno, figurava nella lista dei 100 candidati a ricevere il Premio Nobel per la pace. Nel 2006, la canzone One da lui scritta e pubblicata nell'album Achtung Baby uscito nel 1991, viene dichiarata la canzone dal testo più bello della storia della musica. "One life with each other sisters, brothers...", è la frase che ha decretato il prestigioso riconoscimento. Nel medesimo anno è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame come membro degli U2. Il 29 marzo 2007 viene insignito del titolo di "Cavaliere" dalla regina Elisabetta II per il grande contributo in ambito musicale e umanitario. Tuttavia non potrà essere chiamato "Sir", titolo riservato ai soli cittadini britannici. Del titolo di "Sir" sono stati fregiati negli anni personaggi come Sean Connery, Elton John, Beatles, Simon Le Bon e Ridley Scott. Discografia Con gli U2 1980 – Boy 1981 – October 1983 – War 1984 – The Unforgettable Fire 1987 – The Joshua Tree 1988 – Rattle and Hum (studio & live) 1991 – Achtung Baby 1993 – Zooropa 1997 – Pop 2000 – All That You Can't Leave Behind 2004 – How to Dismantle an Atomic Bomb 2009 – No Line on the Horizon 2014 – Songs of Innocence 2017 – Songs of Experience Con il progetto Passengers Original Soundtracks 1 (1995) Filmografia Rattle and Hum, regia di Phil Joanou (1988) - documentario Entropy - Disordine d'amore, regia di Phil Joanou (1999) Sightings of Bono, regia di Peter Kavanagh (2000) The Million Dollar Hotel, regia di Wim Wenders (2000) Across the Universe, regia di Julie Taymor (2007) Linear, regia di Anton Corbijn (2009) - documentario Pavarotti, regia di Ron Howard (2019) - documentario Sing 2 - Sempre più forte, regia di Garth Jennings (2021) Onorificenze Riconoscimenti Rolling Stone - "100 Greatest Singers of All Time" (32º posto) Q - "100 Greatest Singers" (26º posto) Q - "100 Greatest Frontmen" (2º posto) Note Bibliografia Irvine McKenzie. Parola di Bono Vox. Aliberti editore, 2008. ISBN 978-88-7424-274-0 Bono Introduzione, in Salmi, Torino, Einaudi. 2000. ISBN 88-06-15424-9. Harry Browne, The Frontman. Bono (Nel nome del potere), Roma, Alegre, 2014, pp. 288. ISBN 9788889772959 Voci correlate U2 Alison Stewart DATA Musica irlandese Adam Clayton Larry Mullen The Edge Altri progetti Collegamenti esterni Commendatori dell'Ordine dell'Impero Britannico U2 Vincitori di MTV Europe Music Award Bono Pacifisti Decorati con la Legion d'onore Insigniti con la cittadinanza onoraria di Torino
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bolla
Bolla
Bolla – in fisica, sacca di gas o di vapore immersa in un'altra sostanza Bolla di sapone – sfera creata con acqua e sapone, usata come passatempo Bolla – documento ufficiale di un'autorità imperiale Bolla pontificia o bolla papale – comunicazione ufficiale in forma scritta emanata dalla Curia Romana con il sigillo del Papa chiamata così per via del sigillo (d'oro). Bolla – in medicina, rigonfiamento dovuto a una raccolta di liquido limpido al di sotto dello strato esterno dell'epidermide Bolla (livella) – strumento di misura usato per determinare la pendenza di una superficie rispetto ad un piano orizzontale di riferimento Bolla di accompagnamento – in economia e ragioneria, documento che accompagna un bene durante il suo trasporto Bolla speculativa – in economia, fase di mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni Bolla immobiliare – bolla speculativa che si presenta periodicamente nei mercati immobiliari Bolla di cristallo – in cristallomanzia, strumento di chiaroveggenti e medium Alpe Bolla – alpeggio delle Prealpi Luganesi Bolla S.p.A. – azienda vinicola veneta Bolla del pesco – malattia crittogamica Persone Bartolomeo Bolla (1896-1979) – politico italiano Bendegúz Bolla (1999) – calciatore ungherese Eleonora Bolla (1986) – attrice italiana Giovanni Bolla (1650-1735) – pittore italiano Pagine correlate Bolle Altri progetti
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bastiglia%20%28Italia%29
Bastiglia (Italia)
Bastiglia (Bastîa in dialetto modenese e carpigiano) è un comune di abitanti della provincia di Modena in Emilia-Romagna, situato circa 12 chilometri a nord rispetto al capoluogo, tra i fiumi Secchia e Panaro. Fa parte dell'Unione del Sorbara. Storia Sporadici rinvenimenti archeologici attestano una presenza sparsa di coloni romani nel periodo imperiale, similmente ai territori circostanti. Intorno all'anno Mille nel territorio s'insediò il casato dei conti Cesi di Modena. Una cappella dedicata a San Clemente, in posizione leggermente più elevata e quindi al sicuro dalle inondazioni, è citata in un documento di Corrado II il Salico alla chiesa di Modena del 1026. La corte che attorniava la fortificazione medioevale nei pressi della cappella si chiamò per alcuni secoli Villa de Cesi o Bastia de Cesi. Parrocchia del circondario fu la chiesa di S. Maria del Pedagno, la cui presenza è documentata già nel 1104 e che venne demolita nel 1810-12. I Visconti la occuparono per alcuni decenni nella prima metà del XIV secolo. Il luogo aumentò d'importanza nella seconda metà del secolo in seguito all'immissione del canale Naviglio nel Panaro, con l'edificazione del borgo cosiddetto di Bastia, dalla vicina fortificazione, e di Buonporto. I due borghi comprendevano depositi, mulini (nel XIX secolo a Bastia ve n'erano ben dodici) e luoghi di culto, con la cappella dedicata a san Nicola di Mira, protettore dei naviganti. Il 19 gennaio 2014 Bastiglia viene sommersa dalle acque del Secchia: le abbondanti precipitazioni provocano un repentino innalzamento del livello del fiume che alle 6 del mattino rompe l'argine destro, invade le campagne e inonda rapidamente l'intero territorio del comune. Il giorno seguente il centro storico di Bomporto, paese confinante con Bastiglia, avrà la stessa sorte. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2009 la popolazione straniera residente era di 473 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Turchia 141 3,45% Marocco 85 2,08% Tunisia 85 2,08% Amministrazione Note Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bisanzio
Bisanzio
Bisanzio (; ) è il più antico nome dell'odierna città di Istanbul, sulle rive del Bosforo, maggior centro urbano della Turchia. Il nome Bisanzio fu in particolare tenuto dalla città nel periodo greco-romano, sino alla rifondazione della città nel 330 per opera dell'imperatore romano Costantino con il nome di Nuova Roma ma poi nota come Costantinopoli. Il nome è stato utilizzato anche per indicare la città e l'Impero Romano d'Oriente dagli inizi del Medioevo sino alla caduta di Costantinopoli. Si trovava nei pressi del corno d'Oro, di fronte alla colonia greca di Calcedonia. Storia La Bisanzio greca Bisanzio venne fondata da coloni di Megara nel 659 a.C. e chiamata così in onore del loro re Byzas (o Byzantas o Megabyzes, quest'ultimo probabilmente riferito a un omonimo o a un'erronea associazione con il satrapo della regione allora sotto l'influenza persiana). La tradizione leggendaria vuole che il sito fosse scelto consultando l'Oracolo di Delfi, che consigliò di creare la nuova città facendo "l'opposto del cieco": il significato venne trovato ponendo la fondazione sulla riva opposta di Calcedonia, città greca sul Bosforo, che "ciecamente" non aveva colto l'opportunità di essere costruita sull'alto sperone su cui Byzas fondò la propria colonia. L'allusione alla cecità deriva, a quanto pare, dal fatto che i greci fondatori di Calcedonia, diciassette anni prima, non avendo notato il promontorio del Corno d'Oro, non sfruttarono appieno il punto di ancoraggio riparato e non si resero conto di quanto il sito fosse facilmente difendibile. Già in epoca antica era noto che i bizantini abitavano "in un posto che, per quanto riguarda la parte che dà sul mare, si presenta come il più adatto fra tutti quelli del mondo oggi abitato a garantire sia la sicurezza sia la prosperità". Rimasta sostanzialmente ai margini delle vicende politiche che sconvolsero l'area nel periodo del conflitto greco-persiano, abile tuttavia nello schierarsi di volta in volta al fianco di ciascuno dei contendenti, accrebbe la sua prosperità e il suo potere grazie ai commerci, in quanto avvantaggiata dalla sua posizione strategica. Giunta a sfidare vittoriosamente Filippo II di Macedonia, resistendo a un suo tentativo di assedio, si piegò senza opporre resistenza al successore e figlio di questi, Alessandro Magno, entrando nella confederazione greca all'indomani della sconfitta delle forze congiunte di tebani e ateniesi per opera del Macedone. Con il crollo dell'impero asiatico creato da Alessandro e la susseguente formazione delle Diadochie, Bisanzio, sia pur appartenendo formalmente alla Diadochia dell'Asia Minore conservò uno status di città-stato, condizione che, peraltro, aveva mantenuto anche sotto Alessandro. Passata sotto il controllo indiretto del regno di Pergamo, una delle parti in cui si era frammentato il potentato dell'Asia Minore a seguito delle feroci lotte intestine che avevano funestato l'area, venne ceduta nel testamento di Attalo III, l'ultimo re di Pergamo, alla Repubblica romana, allora giovane potenza che si era affacciata da poco nella zona mediorientale. Bisanzio romana Nel corso della prima guerra mitridatica (86 a.C.), il nuovo console Flacco si recò in Asia, per resistere a Lucio Cornelio Silla e porre fine alla guerra contro Mitridate VI del Ponto. Gaio Flavio Fimbria accompagnò Flacco in questa spedizione. I rapporti tra Flacco e Fimbria degenerarono quando il primo, in occasione di un contrasto tra Fimbria e un questore in cui era stato chiamato a fare da arbitro, decise in favore del questore: Fimbria minacciò di tornare a Roma, e Flacco lo congedò dal servizio. Mentre Flacco era in viaggio via mare per Calcedonia, Fimbria agitò le truppe presenti a Bisanzio e le convinse a ribellarsi a Flacco. Il console tornò a Bisanzio, con l'intenzione di punire il rivoltoso, ma fu costretto a fuggire dalla città e a rinchiudersi a Nicomedia. Fimbria arrivò però a stanarlo fin lì, lo fece prendere e decapitare, gettò la sua testa in mare e lasciò il corpo senza sepoltura. Qui passò Gaio Giulio Cesare Claudiano Germanico quando il patrigno, l'Imperatore Tiberio, gli affidò un nuovo comando speciale in Oriente, conferendogli limperium maius proconsolare su tutte le province orientali, al fine di risolvere il delicato problema armeno con il re dei Parti. Nel 69 durante la guerra civile di quel periodo, Tacito racconta che a Bisanzio fu raccolta una flotta da Gaio Licinio Muciano, alleato di Vespasiano, prima della sua marcia verso l'Italia contro le armate di Vitellio. La duratura pace che la città conobbe per quasi tre secoli, vitale per le sue attività commerciali, non può certo essere oscurata da un episodio di tradimento che la vide schierata con Pescennio Nigro contro Settimio Severo. La città nella quale Nigro si era rifugiato, e che fu assediata, dopo che Nigro era stato sconfitto e ucciso a Isso (nel 194), e distrutta per vendetta fra il 193 e il 195 d.C. per ordine di Settimio Severo, con l'ordine di passare i diritti di città alla vicina Perinto. Grazie all'intercessione del figlio Caracalla, Bisanzio fu ricostruita (c.a. 196 d.C.) dallo stesso Settimio Severo, divenuto Imperatore anche sull'Oriente, ottenendo nuovamente gli antichi privilegi e la sua precedente prosperità grazie all'ampliamento a 200 ettari rispetto all'estensione precedente. La Historia Augusta racconta che al tempo dell'Imperatore Gallieno (nel 262): Poco dopo lo stesso Gallieno mosse contro i soldati che avevano compiuto un tale eccidio, e ne fece grande strage, come esempio per tutti coloro che si macchiavano di un simile delitto. Qui passò l'Imperatore Aureliano recandosi a combattere, contro la regina Zenobia. Poi nel 275, in seguito a una ribellione nei suoi pressi morì. Durante la guerra civile dei primi due decenni del IV secolo, nel febbraio del 313 Licinio si recò a Mediolanum, per incontrare Costantino I, divenuto l'unico imperatore della parte occidentale dopo aver sconfitto Massenzio: i due strinsero un'alleanza, rafforzata dal matrimonio di Licinio con la sorella di Costantino, Flavia Giulia Costanza. L'alleanza tra Licinio e Costantino escludeva chiaramente il terzo imperatore, Massimino Daia, che si fece proclamare unico imperatore dalle truppe e mosse dalla Siria verso occidente con un esercito di armati, conquistando Bisanzio dopo soli 11 giorni: Poco dopo però fu sconfitto da Licino nella battaglia di Tzirallum il 30 aprile dello stesso anno, morendo poco dopo a Tarso, e lasciando di fatto solo due augusti: Costantino per l'Occidente e Licinio per l'Oriente. Ancora Bisanzio fu coinvolta nella parte finale della guerra civile tra i due contendenti. Nel 324, infatti, la pace terminò dopo sei anni, e si ebbe un primo scontro ad Adrianopoli in Mesia dove Costantino, pur in inferiorità numerica, ebbe la meglio su Licinio, che fu costretto a rifugiarsi a Bisanzio, dove parte delle sue truppe rimasero assediate fino al termine della guerra. Dopo un nuovo scontro ancora favorevole a Costantino nell'Ellesponto, Licinio, assediato a Nicomedia (difesa da soli armati), mentre cadevano Bisanzio e Calcedonia, uscì dalla città e si consegnò a Costantino, il quale lo mandò in esilio come privato cittadino a Tessalonica. Costantino fu così l'unico padrone del mondo romano. La rifondazione come Costantinopoli-Nuova Roma e l'età bizantina La centralità di Bisanzio, sia rispetto allo scacchiere danubiano sia rispetto a quello orientale, attrasse Costantino I, che l'11 maggio 330 la rifondò come Nova Roma. Presto la città assunse il nome di Costantinopoli, ossia "città di Costantino" (in greco , Costantínou pólis), dopo che un sogno profetico gli indicò il posto dove stabilire la città. Costantino allargò lo spazio contenuto all'interno della cinta muraria fino a 700 ettari, aggiungendovi numerosi edifici, templi e strutture pubbliche di grande pregio. La città, divenuta una delle capitali dell'Impero Romano e in seguito capitale dell'Impero Romano d'Oriente, perse definitivamente la denominazione "Bisanzio". È sopravvissuto invece l'aggettivo bizantino, che viene utilizzato con riferimento all'arte, alla storia, alla cultura e allo stesso Impero bizantino, che ebbe Costantinopoli per capitale, anche se l'appellativo bizantino appartiene alla storiografia moderna. Durante l'impero e fino alla conquista ottomana del 1453 gli abitanti definivano sé stessi come Romani. L'odierna Istanbul La conquista ottomana, conclusasi con il vittorioso assedio terminato il 29 maggio del 1453, trasformò la città nella nuova capitale dell'Impero ottomano e, dal 1517, essa fu sede del califfato. Il Sultano prese fra l'altro il titolo di Imperatore dei Romani. La dura sconfitta ottomana nella prima guerra mondiale pose fine, nel 1922, al vecchio impero. Quando nel 1923 fu fondata la Repubblica di Turchia, la capitale venne spostata ad Ankara, mentre una legge del 1930 stabiliva ufficialmente per la città il nome di Istanbul. Note Bibliografia Fonti primarie Ammiano Marcellino, Storie, con testo latino e traduzione inglese QUI. Appiano, guerre illiriche (QUI la versione inglese ). Augusto, Res gestae divi Augusti. Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, traduzione inglese QUI. Cesare, Commentarii de bello civili (testo latino) . Codex Justinianus, XI. Codex Theodosianus (testo latino), I-XVI . Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio, VI-VIII . Eutropio, Breviarium historiae romanae (testo latino), IX . Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC (testo latino), I . versione latina QUI. Giorgio Sincello, Selezione di cronografia. Lattanzio, De mortibus persecutorum, XLV-XLVI. Livio, Ab Urbe condita libri (testo latino) ; Periochae (testo latino) . Notitia Dignitatum (testo latino) . Panegyrici latini, VII e X Vedi qui testo latino. Plinio il Giovane, Panegirico a Traiano. Strabone, Geografia, VIII QUI la versione inglese. Svetonio, De vita Caesarum libri VIII (testo latino) . Tacito, Annales (testo latino) ; Historiae (testo latino) con la traduzione inglese QUI; De vita et moribus Iulii Agricolae (testo latino) ; Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo (testo latino) . Zonara, L'epitome delle storie, XIII. Zosimo, Storia nuova, I-II traduzione inglese del libro I, QUI. Studi George Ostrogorsky, History of the Byzantine State, New Brunswick, Rutgers University Press, 1969. ISBN 978-0813505992 Alexander P. Kazhdan, Bisanzio e la sua civiltà, traduzione di Giovanna Arcetri, Bari, Laterza, 1995. Giorgio Ravegnani, Imperatori di Bisanzio, Bologna, Il Mulino, 2008. ISBN 978-8815121745 Judith Herrin, Byzantium. The Surprising Life of a Medieval Empire, Princeton and Oxford, Princeton University Press, 2009. ISBN 9780691143699 Voci correlate Arte bizantina Impero romano Imperatori romani Impero Romano d'Oriente Imperatori bizantini Impero bizantino Altri progetti Storia di Istanbul Città antiche della Tracia Città bizantine
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https://it.wikipedia.org/wiki/Ballo
Ballo
Per ballo si intende una molteplicità di forme di danza eseguite nella maggior parte dei casi per puro divertimento e al fine di socializzare e definire i rapporti all'interno di un gruppo. Il ballo, a differenza della danza vera e propria come è comunemente intesa (danza accademica), non è quasi mai finalizzato alla rappresentazione. Nel teatro e nel cinema può essere inserito in determinate scene, come molti altri elementi di supporto. Forme di ballo Vi sono numerosi stili di ballo associati a diverse forme musicali: Afro: balli religiosi di origine africana, suddivisi in 4 gruppi religiosi Yoruba, Bantu, Abaqua e Ararà. Rumba: stesse origini delle precedenti, ma profane. Ballo da sala Ballo liscio Boogie-woogie Break dance: danza acrobatica strettamente connessa alla cultura hip hop e afro-americana. Danza popolare Danza latino-americana Danze caraibiche: Salsa, Bachata, Merengue. Danza sportiva Electric Boogaloo: stile americano conosciuto anche come electric Boogie, danza funk e hip hop con movimenti robotici, scosse e onde. Electro dance Foxtrot Hip hop: stile americano di danza moderna che si basa sulla "isolation technique" ovvero muovere parti isolate del corpo Lap dance Modern jazz Pogo Rock and roll acrobatico Tango Tip-tap Balli folcloristici Altri progetti Collegamenti esterni Danza Tradizioni popolari
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bivalvia
Bivalvia
I bivalvi (Bivalvia ), detti anche lamellibranchi o pelecipodi, sono una classe del phylum dei Mollusca, e comprende specie generalmente marine ma ne esistono anche di acqua dolce come la specie Anodonta anatina: tra i più noti ci sono le vongole e i mitili. Descrizione Presentano un guscio (conchiglia) di calcite o aragonite (due forme di carbonato di calcio), composto da due apparati distinti detti valve, generalmente simmetriche, unite da una cerniera mobile. Ciascuna valva ha un punto più elevato, detto umbone. Le valve si chiudono per azione di uno o due muscoli adduttori, formati da fasci muscolari lisci e striati in grado di chiudere le valve velocemente e permettere a queste di rimanere serrate per lungo tempo senza grande dispendio energetico. Insieme alla cerniera è presente un legamento interno che, contrariamente agli adduttori, tende ad aprire le valve. Gli adulti hanno mobilità molto limitata e presentano adattamenti alla vita sedentaria bentonica: infatti hanno un piede non adatto alla locomozione che nelle specie che vivono semisepolte nel sedimento viene usato per scavare. La morfologia del piede, la muscolatura e la pressione dell'emolinfa coadiuvano l'inserimento dell'animale nella sabbia. Alcuni bivalvi sono in grado di muoversi: per esempio i pettini (Pecten jacobaeus) aprendo e chiudendo le due valve della conchiglia producono flussi d'acqua che li fanno muovere a balzi. Sono animali filtratori, in cui il capo non è differenziato ed il sistema nervoso è notevolmente semplificato. Manca un vero e proprio cervello, ma sono presenti diversi gangli. I bivalvi posseggono chemiorecettori e meccanorecettori. Alcuni bivalvi, in particolare quelli di acque profonde, sono interamente privi di occhi; altri hanno occhi molto semplificati, in grado di percepire solo le variazioni di luce; altri infine hanno piccoli occhi anche molto complessi, ma la mancanza di un'adeguata struttura cerebrale rende improbabile che possano elaborare vere immagini. La cavità del mantello corrisponde allo spazio tra le due parti dell'animale aderenti alle valve. Essa è attraversata da un flusso d'acqua che permette la respirazione e la nutrizione. Infatti le particelle alimentari sono trattenute da particolari branchie a forma di pettine, dette ctenidi, presenti in molti gruppi di molluschi. Nei bivalvi gli ctenidi sono sempre due; l'acqua viene incanalata ad essi tramite due sifoni, uno d'ingresso e l'altro d'uscita, che in alcuni casi (come per i Thraciidae) possono essere fusi alla base. La maggior parte dei bivalvi è a sessi separati. Tassonomia Sottoclasse Protobranchia ordine Nuculida ordine Nuculoida ordine Solemyoida Sottoclasse Pteriomorphia ordine Arcida (tra cui l'arca di Noè o mussolo) ordine Limoida (tra cui sorbolo di mare) ordine Mytiloida (mitili o cozze o muscoli) ordine Ostreoida (ostriche) ordine Pectinoida (cappasante e canestrelli) ordine Pterioida Sottoclasse Palaeoheterodonta ordine Trigoinoida ordine Unionoida (cozze d'acqua dolce e vongole d'acqua dolce) Sottoclasse Heterodonta ordine Veneroida (vongole, telline, cannolicchi, fasolari, cardi/cappe tonde, tartufi di mare, tridacne) ordine Carditoida ordine Lucinoida ordine Myoida (tra cui le teredini e la panopea) ordine Chamida Sottoclasse Anomalosdesmata ordine Pholadomyoida Differenze con altri gruppi tassonomici muniti di conchiglia Molti molluschi hanno conchiglie composte di un unico pezzo: in modo evidente, per esempio, i Gasteropodi (tra cui le comuni chiocciole), gli Scafopodi, i Monoplacofori; in modo meno evidente i Cefalopodi, nei quali la conchiglia può essere molto ridotta o anche assente. Più complesso il caso dei chitoni, nei quali la conchiglia è composta da un certo numero di piastre. Tra i molluschi, però, solo nei bivalvi e nel gruppo estinto dei Rostroconchi la conchiglia è formata da due valve distinte e incernierate tra loro. I Rostroconchi, che un tempo furono considerati parte dei bivalvi, vengono oggi considerati una classe parallela, antenati forse degli Scafopodi. Al di fuori dei Molluschi, esiste un altro gruppo di animali che possiede conchiglie formate di due valve incernierate. Sono i Brachiopodi, che formano addirittura un tipo (phylum) a sé stante. Le differenze tra i brachiopodi (oggi poco comuni) e i bivalvi sono numerose.. Nei brachiopodi invece il piano di simmetria è perpendicolare al piano di unione delle valve, si riconoscono infatti due valve diverse : quella più grande detta ventrale, e quella più piccola della dorsale. Inoltre, le conchiglie dei brachiopodi contengono anche fosfato di calcio (oltre al carbonato di calcio che è comune ai due gruppi). Altre differenze riguardano la morfologia interna. Importanza economica L'importanza economica dei bivalvi è notevole nel campo dell'alimentazione umana, a cominciare da tempi antichi. I romani amavano in particolare le ostriche, che venivano anche allevate, e che sono citate persino in poesia, da Giovenale e Marziale. Oltre all'uso alimentare, alcuni bivalvi hanno (o hanno avuto) importanza economica per altri tipi di prodotti: il bisso, usato come fibra tessile e prodotto dal bivalve Pinna nobilis le perle, prodotte tipicamente dalle ostriche ma anche da altre specie di bivalvi (nonché di gasteropodi) dotati di madreperla varie conchiglie di bell'aspetto per usi ornamentali o di culto Alcune specie commerciali Canestrello Cannolicchio Cappasanta o capasanta Mitilo o cozza Fasolaro Ostrica Tellina Vongola Note Voci correlate Molluschi Conchiglia Malacologia Concologia Acquacoltura Ostricoltura Altri progetti Collegamenti esterni Conchiglie del Mediterraneo - Database illustrato completo delle conchiglie marine del Mediterraneo
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Baseball
Il baseball (; tradotto come pallabase o palla base, raramente palla a base) è uno sport di squadra in cui due squadre composte da nove giocatori si affrontano per nove inning (o riprese) in ciascuno dei quali le due squadre si alternano nella fase di attacco e di difesa. Il lanciatore (della squadra in difesa) lancia la palla verso il ricevitore, situato dietro alla casa base, dove è presente anche il battitore (della squadra in attacco), che cerca di colpirla "in battuta" con la mazza, in modo da avanzare in senso antiorario su una serie di quattro basi, poste agli angoli di un rombo chiamato diamante, e tornare infine al punto di partenza (casa base), segnando così un punto (run) per la propria squadra. La squadra in difesa, composta, oltre che dal lanciatore (in attacco), da altri giocatori posti in diversi punti del campo, cercherà di eliminare il battitore facendo giungere la palla ad una base prima del battitore stesso, oppure semplicemente afferrando al volo la palla battuta. Disciplina olimpica dal 1992, il baseball venne rimosso dai Giochi Olimpici dopo Pechino 2008; tuttavia è stato reinserito nel programma a cinque cerchi dai Giochi della XXXII Olimpiade di Tokyo, nel 2021. Storia La data della nascita del baseball è incerta, come anche in altri sport, ma in un manoscritto datato 1344 e scritto in Francia vengono riportate scene di un gioco simile al baseball, praticato da monaci francesi. Sembra tuttavia che lo sport abbia preso origine in Nord America verso la prima metà del XVIII secolo come variante del rounders, gioco molto popolare in Gran Bretagna ed in Irlanda. Un altro sport piuttosto simile nei gesti atletici al baseball, il cricket, sembra non abbia alcun legame né con il rounders né con il baseball. Numerose fonti testimoniano l'esistenza negli Stati Uniti, a partire dal 1830, di giochi con regole molto simili al baseball, anche se in forma molto più semplice rispetto alla forma attuale. Del 1839 è la costituzione della prima società organizzata, il New York City's Knickerbockers club, di cui un membro, Alexander Cartwright, si incaricò di codificare le regole del baseball, regole ancora rispettate. Sebbene la codifica delle regole di gioco sia stata nel passato attribuita ad Abner Doubleday, Cartwright è considerato ufficialmente l'inventore del moderno sport del baseball con la dichiarazione del congresso degli Stati Uniti del 3 giugno 1953. Il primo incontro di baseball è datato 19 giugno 1846: fu giocato a Hoboken (New Jersey) dai New York Knickerbockers e dai New York Nine (23-1) e durò solamente quattro inning. Altri incontri sporadici vennero praticati per decenni, vennero fondate nuove società sportive e nel 1850 venne costituita la NABBP (National Association of Base Ball Players). Il primo campionato con un'organizzazione strutturale simile a quelli moderni è del 1871 e fu organizzato dalla NABBP. Con l'aumentare del numero di squadre vennero aumentati i campionati, venne istituita la National League, ancora esistente, nel 1876 e la Negro League, campionato defunto istituito esclusivamente per far giocare i giocatori afroamericani. La Western League, istituita nel 1873, arrivò a rivaleggiare con la National League. Molti giocatori non potevano cambiare la società di appartenenza se la destinazione era una società di un'altra lega. La cosa provocò numerose dispute legali sia tra le due leghe sia tra le varie società. Si arrivò ad un compromesso solo nel 1903, anno in cui la NABBP mise in accordo le due leghe maggiori, si decise di organizzare delle partite finali da giocare tra i vincitori delle due leghe, nacquero le prime World Series. Intanto la Western League venne sorpassata dalla American League. Le due leghe, American e National, sono tuttora esistenti e formano la Major League Baseball, l'organo centrale del baseball statunitense. I primi incontri dimostrativi di baseball, al di fuori degli Stati Uniti e del Canada, ebbero luogo a partire dal 1874 in Inghilterra, in cui società di baseball di Boston e Filadelfia organizzarono eventi sportivi con locali società di cricket, sport molto diffuso allora. Vennero organizzati altri tour, nell'estate del 1888-89, di All Star game, partite dimostrative giocate dai migliori talenti statunitensi, nelle Hawaii, in Australia, Nuova Zelanda e nelle isole del Sud Pacifico. Molti altri incontri vennero organizzati in tutta Europa e Nordafrica, e successivamente vennero fondate le prime federazioni, le prime leghe e organizzati i primi campionati. Il primo campionato inglese risale al 1890, mentre in Irlanda il primo campionato venne istituito trenta anni dopo, intorno al 1922. Nello stesso anno prese il via la Honkbal Hoofdklasse, il campionato olandese. In alcune nazioni europee a causa del secondo conflitto mondiale e dell'associazione del baseball alla cultura americana, lo sport attecchì solamente a partire dagli anni cinquanta, come in Germania (Bundesliga) e in Italia (IBL). Le nazioni europee con campionati regolari di baseball sono 22. A Cuba, una delle capitali mondiali del baseball, lo sport arrivò nel 1878. Il 13 dicembre di quell'anno Esteban Bellán, un giocatore professionista statunitense del periodo, organizzò un primo incontro dimostrativo tra giocatori cubani; da allora, lo sport si diffuse notevolmente fino ad avere rilevanza internazionale. Da Cuba, lo sport si diffuse in molti paesi caraibici e latinoamericani. Tra questi, i più competitivi a livello mondiale sono Repubblica Dominicana, le Antille olandesi, Porto Rico, Colombia, Costa Rica e Venezuela. Il Giappone fu la prima nazione asiatica a sperimentare il baseball. Lo sport venne introdotto nella prima metà del 1870 da parte dello statunitense Horace Wilson; la prima società, denominata Shimbashi Athletic Club, fu formata nel 1878 per l'operato di Hiroshi Hiraoka, uno studente giapponese che aveva vissuto per un certo periodo negli Stati Uniti. Col passare degli anni e la nascita di nuove società venne organizzato il primo campionato professionistico nel 1922. Prima di allora molti incontri venivano organizzati nelle università e lo sport si diffuse di conseguenza tra i giovani. Il campionato professionistico del 1923 fallì per ragioni economiche, da allora fino alla nascita della Japanese Baseball League del 1934 i campionati si formavano e fallivano a più riprese, ma intanto i campionati universitari erano ben organizzati. La JBL durò fino al 1950, anno in cui venne istituita la Nippon Professional Baseball, campionato ancora esistente e molto competitivo, al punto che molti giocatori che si sono formati in quel campionato sono divenuti star della MLB. Dal Giappone la diffusione del baseball nelle zone limitrofe fu rapida. A Taiwan ad esempio, isola sotto l'egemonia giapponese dal 1895 al 1945, venne introdotto nella fine dell'Ottocento. Dal 1945, anno in cui l'isola entrò sotto la giurisdizione cinese, lo sport si diffuse anche in Cina. In Corea il baseball si diffuse notevolmente più tardi, solamente verso la fine del Novecento. Il gioco Il campo Il campo di baseball può essere rappresentato approssimativamente come un quarto di cerchio delimitato da due linee perpendicolari, dette linee di foul. Per la sua particolare forma, la parte racchiusa nel semicerchio di terra rossa è anche detta "diamante". Il regolamento ufficiale della FIBS (Federazione Italiana Baseball Softball) prevede che la dimensione minima del campo sia di . Per i club professionistici e per l'attività seniores in Italia sono previste le seguenti misure minime: per le linee di foul destra e sinistra e la distanza tra il punto di convergenza delle linee (casa base) e la recinzione centrale del campo. Il terreno esterno, oltre le linee di fallo, è chiamato "territorio foul". Le linee di foul proseguono idealmente in maniera infinita. Per questo motivo, giunte al limite esterno del campo, esse si interrompono e sono sostituite da due pali (di altezza variabile tra gli 8 e i 14 metri) ad indicare l'ideale proiezione delle linee. Il terreno esterno al campo, ma all'interno di questa proiezione, è considerato zona valida di battuta. Il campo di gioco è suddiviso in un settore interno, chiamato appunto diamante, ed in uno esterno. Il diamante è costituito da un quadrato di lato 27,43 m (90 piedi) ai cui vertici sono poste quattro basi. La casa base, o piatto, deve essere di gomma ed avere forma pentagonale e larghezza di 43,18 cm (17 pollici) nella parte rivolta al lanciatore. Il vertice inferiore è posto al punto di convergenza delle linee di fallo. Alla destra e alla sinistra dei lati paralleli del piatto vengono segnati con il gesso anche due rettangoli detti box del battitore. La prima, la seconda e la terza base sono sacchetti quadrati di tela o plastica bianca di 38 cm (15 pollici) di lato, fissati saldamente al terreno. In mezzo al diamante si trova il monte di lancio, un piccolo dosso circolare alla cui sommità, 25 cm rispetto al piatto di casa base, viene fissata la pedana del lanciatore costituita da una lastra rettangolare di gomma bianca di 60x15 cm. La distanza tra la punta inferiore del piatto di casa base e l'orlo frontale della pedana del lanciatore deve essere di 18,44 m (60 piedi e 6 pollici). A completare l'impianto di gioco nel territorio foul vengono poste le aree riservate ai suggeritori della squadra in attacco, ai battitori in attesa del proprio turno di battuta e le panchine delle squadre. La panchina: il dugout Le panchine nel baseball vengono chiamate dugout e si trovano nei due lati del campo; alcune sono interrate di circa un metro sotto il livello del terreno con delle reti per evitare che arrivino palle battute fuori dal campo durante il gioco, altre di categorie minori sono costruite a terra. Nel dugout si trovano tutti i giocatori della difesa (durante la fase d'attacco della propria squadra), tutte le riserve, il Manager, i coach e tutta l'attrezzatura per giocare. La panchina dei lanciatori: il bullpen I lanciatori durante la partita non sono insieme alla squadra, hanno una zona per loro, di solito in fondo al campo, chiamata bullpen, dove, insieme ai loro allenatori specifici, i pitching coach, possono prepararsi e riscaldarsi per poter poi entrare in campo in qualsiasi momento del gioco. Le regole Una partita di baseball viene giocata da due squadre di nove giocatori. Non vi sono limiti di tempo, il gioco infatti è strutturato da nove a undici riprese denominate inning, al termine delle quali, nel caso di punteggio in parità, si prosegue ad oltranza con gli "extra inning" fino a che una delle due squadre non conclude un inning in vantaggio. Ogni inning è composto a sua volta da due fasi in cui le squadre si alternano in attacco e in difesa. Nella prima fase di un inning, detta "parte alta", attacca la squadra che è fuori casa; il suo scopo è quello di riuscire a fare più punti (run) possibili, mentre la squadra di casa difende, e cerca di impedire agli avversari di segnare punti. Nella seconda fase ("parte bassa") avviene esattamente il contrario. Nel caso in cui la squadra di casa sia in vantaggio dopo che è stata giocata la parte alta del nono inning, la partita termina perché la squadra in trasferta ha esaurito le sue possibilità offensive. Analogamente, se la partita prosegue, può capitare che termini in maniera improvvisa, qualora la squadra di casa segni un punto che la porti in vantaggio in un inning supplementare: questo punto prende il nome di walk off run. Nel campionato italiano, a partire dal settimo inning, nel caso in cui la differenza di punti sia almeno di dieci punti, la partita si conclude anticipatamente per manifesta superiorità della squadra in vantaggio (in lingua inglese mercy rule). Nelle categorie giovanili solitamente l'inning nel quale si può dichiarare la superiorità è il quinto. Tale regola non è in vigore nella Major League Baseball, dove si ricordano rimonte clamorose nelle ultime riprese. I ruoli I ruoli si suddividono in base al fatto che i giocatori siano nella fase di difesa o nella fase di attacco. I ruoli difensivi La disposizione dei giocatori in difesa è progettata per coprire quanto più possibile il terreno di gioco, allo scopo di rendere più probabile l'eliminazione degli avversari. I giocatori si specializzano a giocare in determinati ruoli difensivi e raramente cambiano posizione durante la partita, sebbene le regole lo consentano. Vengono chiamati "interni" o infielders i sei giocatori limitrofi al diamante (compresi il lanciatore e il ricevitore) ed "esterni" o outfielders i tre giocatori più lontani da casa base, situati nel campo esterno. (I numeri dell'elenco successivo sono quelli usati nella classificazione per le statistiche). lanciatore, L (pitcher) ricevitore, R (catcher) prima base, 1B (first baseman) seconda base, 2B (second baseman) terza base, 3B (third baseman) interbase, IB (shortstop) esterno sinistro, ES (left fielder) esterno centro, EC (center fielder) esterno destro, ED (right fielder) I ruoli offensivi: il line up Gli stessi giocatori che giocano durante la fase di difesa vanno a battere quando la propria squadra si trova in attacco. In quasi tutti campionati, tranne le Central e National League, il lanciatore, che ha un ruolo cruciale e particolarmente usurante, può essere sostituito in battuta dal cosiddetto battitore designato. La squadra in attacco manda a turno, seguendo un ordine di battuta (line up), i propri giocatori nel box di battuta per cercare di colpire la palla tirata dal lanciatore avversario e di correre sulle tre basi del diamante per segnare i punti (run) arrivando a casa base. Il numero di giocatori offensivi che possono giocare in contemporanea varia da uno a quattro, in base a quanti giocatori occupano le basi: lo scopo del gioco è fare tutto il giro, ma non è detto che lo si riesca a fare con una sola battuta. A seconda del tipo di battuta che si fa ci si può fermare in prima base (singolo), in seconda (doppio) o in terza (triplo). Se invece si riesce a completare il giro e tornare a casa si realizza un home run. Se durante un inning ci si è fermati in una delle basi intermedie, per proseguire e cercare di raggiungere la base successiva bisognerà aspettare la battuta del successivo compagno di squadra, oppure tentare la cosiddetta "base rubata", ossia provare a raggiungere la base senza l'ausilio di una battuta valida; tale giocata si effettua però solo in particolari condizioni, quando ci sono buone possibilità di raggiungere salvi la base successiva come, ad esempio, una palla persa dal ricevitore. Scopo della squadra in difesa è impedire agli avversari di fare tutto il giro delle basi e cioè di fare punto. Di conseguenza nel procedere del gioco non tutti i giocatori del line up riescono ad andare a battere nello stesso inning dunque nella ripresa successiva il gioco riprenderà con il battitore che, nell'ordine di battuta, segue l'ultimo andato a battere nell'inning precedente. Di norma un battitore va a battere 5-6 volte a partita. Il line-up deve essere lo stesso per tutto lo svolgimento della gara, non è consentito lo scambio di posizioni. L'attacco e i punti Per aumentare il punteggio della propria squadra i giocatori d'attacco devono colpire la palla lanciata dal lanciatore e mettere a segno dei punti (run). Se la palla battuta cade in territorio valido (compreso tra le linee di foul), il battitore deve correre verso la prima base; se la giocata glielo permette, può cercare di arrivare anche alle basi successive, con l'obbligo però di toccarle in ordine nella corsa. Il battitore che arriva "salvo" su una base viene da quel momento definito corridore, gli viene accordata una battuta valida (hit) e nel box di battuta andrà un suo compagno di squadra (il successivo dell'ordine di battuta). Un'ulteriore battuta farà avanzare il corridore verso le basi successive fino a raggiungere la casa base e segnare così un punto. Su una base può fermarsi un solo corridore. Nel caso un battitore colpisca la palla e la mandi oltre la recinzione del campo, nello spazio compreso tra i prolungamenti delle linee di foul sinistra e destra, gli viene assegnato un fuoricampo (home run). In questo caso avrà diritto a fare il giro delle basi e segnare un punto (senza che la difesa possa intervenire), così come gli eventuali corridori presenti in quel momento sulle basi. Può succedere anche che, se la difesa tarda a recuperare la palla e il giocatore è molto veloce nella corsa, questi riesca a completare il giro delle basi anche se la pallina non ha superato la recinzione: anche in questo caso si parla di home run. Il battitore può battere indifferentemente nel box di battuta alla sinistra o alla destra del piatto di casa base. L'attacco può segnare punti anche in caso di battuta non valida o mai effettuata, quando: con le basi piene, il lanciatore concede al battitore la base ball (walk) o lo colpisce con il lancio (hit by pitch); con le basi piene, il lanciatore commette un fallo (balk); il lanciatore fa un lancio pazzo (wild pitch), cioè non trattenibile dal ricevitore, e un corridore riesce a correre a casa, nel caso che la palla si allontani sufficientemente dal piatto. La stessa dinamica avviene con la palla mancata, di responsabilità del ricevitore; il battitore colpisce lungo e viene eliminato al volo. Siccome dal momento in cui il difensore prende la palla i corridori possono avanzare, un corridore in terza base riesce a correre a casa prima che la palla sopraggiunga al catcher (sacrifice fly); il battitore smorza la palla (bunt) mandandola a rimbalzare fra il lanciatore e il ricevitore, e il corridore che si trova in terza, partito di solito in anticipo, riesce ad arrivare salvo a casa. Anche questo è un gioco di sacrificio perché normalmente il battitore viene eliminato. I giochi di sacrificio normalmente non si tentano nella situazione di due eliminazioni, perché il terzo out conclude l'inning e vanifica anche eventuali arrivi a casa base. caso raro, un corridore in terza base riesce a "rubare" casa base (steal home). La difesa Il ruolo principale della squadra in difesa è sicuramente quello del lanciatore. Il tiro del lanciatore dà il via all'azione di gioco. Egli deve cercare di lanciare la palla all'interno della zona di strike del battitore, cioè di quel rettangolo immaginario situato sopra il piatto di casa base e che in altezza va dalla parte bassa delle ginocchia fino al petto del battitore. Se ci riesce e il battitore non colpisce la palla, viene contato uno strike. Lo stesso accade quando: il battitore gira la mazza senza colpire la palla (swinging and miss), anche se questa era stata lanciata fuori dall'area di strike; il battitore colpisce la pallina, ma la manda nel territorio foul. Al terzo strike il battitore è eliminato. Il terzo strike non si assegna in caso di battuta in foul (a meno che non si tratti di un tentativo di bunt finito in foul, oppure la palla sia solo sfiorata dalla mazza e il ricevitore la prenda), perciò il battitore può teoricamente continuare a battere foul all'infinito, senza che questo porti alla sua eliminazione. La battuta è considerata foul anche se casca in territorio buono, ma rotola fuori dal campo prima di aver superato le basi. Al contrario verrà considerata buona (fair) se casca in territorio foul, ma rientra nel diamante. Se il lancio non passa per la zona di strike e il battitore non gira la mazza viene contato un ball. Al quarto ball il battitore ha diritto ad andare in prima base ricevendo una base ball (walk), spingendo in seconda il corridore che la sta eventualmente occupando. I modi più usuali in cui la squadra in difesa può eliminare i giocatori avversari sono i seguenti: il lanciatore realizza il terzo strike (strikeout o più semplicemente "K"); la pallina battuta viene presa al volo da un difensore, cioè prima che tocchi terra (fly out); la presa al volo può essere realizzata ovunque, anche sugli spalti. dopo una battuta in territorio valido, un difensore che ha conquistato il possesso della palla tocca una base forzata prima che il battitore o uno qualunque dei corridori la raggiungano (ground out), oppure tocca con il guantone contenente la palla o con la palla stessa il corridore (tag). La base forzata è la prima, dopo una battuta a terra, e tutte le altre che eventuali corridori sono costretti a raggiungere per il fatto che la prima deve essere liberata. L'eliminazione per toccata può anche avvenire perché il lanciatore, invece di lanciare a casa base, assiste a un interno che copre una base occupata da un corridore avversario. I corridori infatti, prima del lancio, tentano di guadagnare metri preziosi e quindi possono essere eliminati per gioco di pick off. A volte il corridore è preso fra due basi e si parla di gioco di trappola, durante il quale i difensori si scambiano ripetutamente la palla per avvicinarsi e eliminarlo. Una giocata difensiva può comportare anche due eliminazioni consecutive (doppio gioco) o, più raramente, addirittura tre (triplo gioco). Gesti atletici fondamentali di gioco Nel complesso il gioco può essere riassunto in cinque gesti atletici fondamentali (chiamati semplicemente "fondamentali"), eseguiti sia in fase difensiva che in fase offensiva. I fondamentali difensivi (presa e tiro) vengono specializzati in base al ruolo ricoperto. Il lancio è specifico per il lanciatore. La corsa sulle basi ha luogo successivamente alla battuta, o se si è arrivati in base, e la battuta presenta una variante eseguita in particolari situazioni di gioco denominata bunt. Equipaggiamento Entrambe le squadre devono indossare una divisa, ciascuna con il proprio numero, che deve essere lo stesso dell'elenco giocatori presentato all'arbitro prima della gara, e un cappellino con visiera. Tutti i giocatori della squadra in difesa devono avere ad una mano un guanto in pelle, utilizzato per prendere con comodità le palline battute, mentre solamente il ricevitore deve indossare anche la maschera protettiva, una pettorina e schinieri. Ogni battitore va a battere con la relativa mazza da baseball. Il battitore ed i corridori devono usare un caschetto. In sintesi, gli oggetti in uso sono: Divisa da baseball Mazza Guanto Caschetto da baseball Oggetti usati dal ricevitore sono: Maschera Pettorina Schinieri L'arbitro Nel baseball l'arbitro è colui che decreta l'ufficialità della partita, controlla i line up e tiene conto del punteggio. Decreta l'inizio e la fine della gara e ha la libertà di bloccare il gioco in qualsiasi momento. Ogni qualvolta vi è un'azione di gioco è tenuto a esprimere un giudizio ed è suo dovere mantenere sereno il decorso della partita. Il numero degli arbitri in una partita varia in base al livello di gioco, nelle serie minori è sufficiente la presenza di un solo arbitro, ma nelle serie maggiori come ad esempio la MLB o la IBL il numero degli arbitri può arrivare fino a sei: uno per ogni base e due per gli esterni. In gergo ogni decisione arbitrale viene denominata "chiamata". L'arbitro di casa base (detto "arbitro capo") è posto dietro il ricevitore a casa base. La sua funzione è quella di giudicare il lancio e decidere se la palla è in zona di strike o meno (in tal caso è ball). Nel caso di sviluppo di un'azione con arrivo del corridore a casa base sarà sua competenza giudicare l'arrivo del corridore e dichiararlo eliminato (out) o salvo (safe) e, in quest'ultimo caso, attribuire alla squadra in attacco un punto segnato. Gli arbitri sulle basi di norma chiamano gli out sulle basi e applicano altre regole minori (come ad esempio l'applicazione del balk). Gli arbitri situati nella zona esterna chiamano gli out fatti dagli esterni e decidono se la battuta è in territorio buono o in territorio foul in base alla posizione in cui la palla, dopo che viene battuta, rimbalza rispetto alle linee di foul. Se non sono presenti gli altri arbitri l'arbitro di casa base è tenuto ad effettuare le chiamate che di norma spettano a loro. Nella terminologia americana l'arbitro di baseball viene chiamato umpire e questo lo differenzia da tutti gli altri analoghi in altri sport accomunati dal termine "referee". Le statistiche Qualunque azione di gioco, sia offensiva che difensiva, nel baseball può essere catalogata. I classificatori, denominati anche scorer, sono persone in grado di trascrivere un'intera partita di baseball in un foglio adeguato, inserendo tutte le caratteristiche del gioco, dalle azioni di gioco, ai cambi dei giocatori, dai punti fatti ai lanci del lanciatore. In base ai gesti atletici dei giocatori è possibile confrontare le azioni di gioco, ad esempio, in base a numero di errori a parità di tentativi. Un difensore può tentare tre assistenze in prima base riuscendone solo due, se si rapporta a mille si deduce che ha una "Media Difesa" di .666. Se il dato statistico si rapporta ad un altro difensore che tenta tre assistenze in prima base riuscendone solo una, la media difesa di quest'ultimo è .333, si deduce, quindi, che a parità di tentativi il primo giocatore è più competitivo del secondo. Di ogni giocatore in questo modo si possono estrapolare una miriade di statistiche, che servono a dimostrare essenzialmente la bravura del giocatore. Il baseball nel mondo È uno sport molto popolare nel Nord America (Stati Uniti con la Major League Baseball, Messico e Canada); nel centro America tra cui Cuba, Venezuela, Repubblica Dominicana; ed in Asia orientale tra cui Giappone (Nippon Professional Baseball) e Corea. In Europa il baseball è generalmente poco diffuso, ma in Italia, dove il massimo campionato italiano è denominato Serie A1, e nei Paesi Bassi lo sport viene praticato a buoni livelli, infatti le due squadre sono state invitate dalla Major League Baseball statunitense a partecipare al World Baseball Classic, una manifestazione internazionale che coinvolge 16 nazioni, e sono le più competitive nazioni europee per numero di campionati europei vinti. Lo sport si sta particolarmente sviluppando in altre nazioni europee quali Francia, Germania (Bundesliga), Repubblica Ceca, Spagna, Austria e Svizzera. A Malta ad esempio, pur essendo un paese piuttosto piccolo, il Campionato maltese di baseball ha un certo seguito tra la popolazione. L'organo centrale del baseball mondiale è la IBAF (International BAseball Federation), fondata nel 1938 anche se con un nome differente. Nel corso della sua storia ha cambiato nome numerose volte: nel 1944 era la Federación Internacional de Béisbol Amateur (FIBA), nel 1973 si separò dalla rivale Federación Mundial de Béisbol Amateur (FEMBA), la quale si fuse con la FIBA in 1976 sotto il nome di International Baseball Association (AINBA). Nel 1984 venne cambiato l'acronimo in IBA, fino a ritornare nel 2000 all'ultima sigla usata, IBAF. Fanno parte della IBAF 117 nazioni e sono organizzate in cinque confederazioni, una per ogni continente. African Baseball & Softball Association (ABSA) - 16 membri Baseball Confederation of Oceania (BCO) - 15 membri Baseball Federation of Asia (BFA) - 20 membri Confederation of European Baseball (Francese:Confédération Européenne de Baseball) (CEB) - 40 membri Pan American Baseball Confederation (Spagnolo:Confederación Panamericana de Béisbol) (COPABE) - 26 membri Il mondiale 2009 si è disputato in Europa, le fasi finali sono state giocate in Italia, negli stadi di Nettuno, Parma, Grosseto, Milano. Campionati nazionali Major League Baseball Il campionato statunitense, la Major League Baseball è il più seguito a livello nazionale ed internazionale. È suddiviso in due leghe, l'American League e la National League ciascuna composta da tre Divisions formate ognuna da cinque squadre: partecipano quindi complessivamente al campionato MLB trenta squadre, quindici per ciascuna delle due leghe. Ogni squadra della MLB gioca in tutto 162 partite di stagione regolare, la Regular Season, e le due leghe presentano regole leggermente diverse tra loro. Quando si affrontano formazioni provenienti da due leghe differenti (i cosiddetti Interleague Matches), si utilizzano le regole proprie della lega a cui appartiene la squadra che gioca in casa. Al termine della stagione regolare vi sono i Play-off in cui, per ogni lega, si affrontano in un tabellone ad eliminazione diretta le vincitrici di ciascuna delle tre Divisions, più la vincitrice del Wild Card Playoff giocato in partita secca tra le due migliori squadre non vincitrici di Division, sul campo della squadra che delle due vanta il miglior record vittorie/sconfitte al termine della Regular Season. Accedono quindi al tabellone principale dei Playoff un totale di otto squadre (quattro per lega) che si scontrano in un primo turno al meglio delle cinque partite (Division Series - semifinali di lega) e, per chi passa il turno, in un secondo turno al meglio delle sette partite (Championships Series - finali di lega). Le vincitrici di ogni lega (American League Champions e National League Champions) si sfidano infine nelle World Series al meglio delle sette partite; la squadra che per prima raggiunge quattro vittorie vince il campionato e viene decretata Campione MLB (MLB Champions). Come per ogni lega professionistica americana anche per il campionato MLB non sono previste retrocessioni ed ogni squadra di MLB possiede svariate squadre affiliate di categorie inferiori (in ordine decrescente: AAA, AA, A), dalle quali durante tutto l'arco del campionato vengono attinti i migliori giovani prospetti o i giocatori necessari per sopperire ad eventuali infortunati. Lega giapponese La Lega professionistica giapponese rappresenta il massimo campionato giapponese di baseball. In Giappone è chiamata Puro Yakyū oppure Nippon Professional Baseball (in inglese). La sua formazione risale al 1950 dalla riorganizzazione del vecchio campionato chiamato "Japanese Baseball League" risalente al 1934. Il campionato è suddiviso in due leghe, la Central League e la Pacific League, di sei squadre ciascuna e viene giocato da aprile ad ottobre con un totale di 130-140 partite di stagione regolare. I vincitori delle due leghe si scontrano nella serie di sette partite di finale le Japan Series. Lega cubana La Lega cubana rappresenta insieme al campionato statunitense e quello giapponese uno dei più competitivi campionati di baseball al mondo. Fu fondato in seguito alle rivoluzione cubana, nel 1961, successivamente alla sparizione della Cuban League. E suddiviso in due campionati, giocati in periodi diversi, uno denominato Serie Nacional de Béisbol comprende 16 squadre suddivise in due gironi da otto, la Ovest League e la Est League, e viene giocato da novembre a marzo. Il secondo campionato viene denominato Super Series dove si scontrano le rappresentative dei migliori giocatori delle cinque regioni, dura tre mesi e in totale vengono giocate 28 partite. Altri campionati Ecco alcuni dei campionati più competitivi a livello mondiale, anche se si denotano profonde differenze di livello di gioco, soprattutto tra l'Europa, dove lo sport è ancora in fase di sviluppo, e il resto del mondo:Campionato giappocinese Campionati internazionali Tornei per Nazioni Principali competizioni internazionali di baseball: World Baseball Classic, organizzato dalla Major League Baseball Campionato mondiale di baseball organizzati dalla IBAF. Campionato europeo di baseball Coppa intercontinentale di baseball Youth Baseball League Tornei per club Asia Series Serie dei Caraibi Coppa CEB Coppa europea Il baseball in Italia Campionati in Italia Il baseball in Italia ha avuto la sua nascita sotto forma di lega organizzata a partire dalla seconda guerra mondiale, nonostante sia stato comunque praticato fin dagli inizi del XX secolo. Lo sport è sotto la giurisdizione della FIBS (Federazione Italiana Baseball Softball) il cui compito è quello di organizzare i campionati nazionali e selezionare i giocatori che partecipano, nella nazionale italiana, alle varie competizioni internazionali. I campionati nazionali sono suddivisi in quattro livelli di gioco: il più alto è la Italian Baseball League, seguito poi dalla Serie A, dalla Serie B e dalla Serie C. Le società affiliate alla FIBS sono circa 470 con circa 50.000 tesserati. Oltre al campionato regolare, tutte le categorie disputano la Coppa Italia, nella quale si scontrano squadre della stessa categoria, di conseguenza ogni stagione vi sono quattro detentori di Coppa Italia. La Serie A1 è denominata Italian Baseball League (IBL) ed è il massimo campionato italiano di baseball. Per decretare il detentore dello scudetto vengono giocati i playoff e una serie di partite tra le due finaliste, le Italian Baseball Series. La squadra IBL che si è aggiudicata il trofeo nel 2014 è stata la Fortitudo Baseball Bologna, che ha superato nella settima partita della serie finale la Rimini Baseball. Oltre all'IBL vi sono la serie A costituita da due gironi da dieci squadre ognuno, la serie B con quattro gironi, la serie C con gironi che raggruppano squadre vicine tra loro, il baseball per ciechi e il baseball amatoriale. Durante il decorso della stagione viene inoltre giocata anche la Coppa Italia tra le squadre della stessa categoria, non vi sono scontri fra categorie diverse. La Nazionale di baseball italiana rappresenta la FIBS nelle competizioni internazionali, come i Campionati europei di baseball o il Campionato mondiale di baseball. Ha conquistato il titolo di campione d'Europa per 10 volte negli anni 1954, 1975, 1977, 1979, 1983, 1989, 1991, 1997, 2010, 2012 e numerosi secondi posti. Il miglior piazzamento di sempre nei mondiali è stato il quarto posto nel 1998. In Italia e Paesi Bassi lo sport è relativamente diffuso e a buoni livelli: le due nazionali sono state invitate dalla Major League Baseball statunitense a partecipare al World Baseball Classic, il mondiale di baseball organizzato dalla MLB, come migliori formazioni europee. L'Italia inoltre è stata scelta per ospitare le fasi finali del campionato mondiale di baseball organizzato dalla IBAF nel settembre 2009 in vari paesi europei. Grazie all'aiuto della MLB è stata istituita un'accademia di baseball italiana, con sede a Tirrenia. Il baseball nei media Il baseball in televisione in Italia In Italia il campionato italiano di baseball veniva trasmesso gratuitamente dall'emittente Rai Sport 2, tramite l'anticipo del giovedì sera e tutte le partite delle finali scudetto. La Major League Baseball viene trasmessa a pagamento e con commento in lingua originale inglese, sulla pay TV Sky sul canale 213 (Fox Sports 2), con alcune partite con telecronaca anche in italiano e una rubrica settimanale che vede la partecipazione di Faso, del gruppo musicale Elio e le Storie Tese. Inoltre un circuito di 27 emittenti televisive garantisce la visione del campionato a livello locale. È inoltre possibile seguire molte partite del campionato italiano anche via internet, tramite il sito della Federazione italiana Baseball Softball. Cinema L'idolo delle folle (The Pride of the Yankees), regia di Sam Wood (Stati Uniti d'America, 1942) L'ultima sfida (The Babe Ruth story), regia di Roy Del Ruth (Stati Uniti d'America, 1948) Il ritorno del campione (The Stratton Story), regia di Sam Wood (Stati Uniti d'America, 1949) Facciamo il tifo insieme (Take Me Out to the Ball Game), regia di Busby Berkeley (Stati Uniti d'America, 1949) Angels in the Outfield, regia di Clarence Brown (Stati Uniti d'America, 1951) Prigioniero della paura (Fear Strikes Out), regia di Robert Mulligan (Stati Uniti d'America, 1957) Batte il tamburo lentamente (Bang the Drum Slowly), regia di John D. Hancock (Stati Uniti d'America, 1973) Che botte se incontri gli "Orsi" (The Bad News Bears), regia di Michael Ritchie (Stati Uniti d'America, 1976) Gli "Orsi" interrompono l'allenamento (The Bad News Bears in Breaking Training), regia di Michael Pressman (Stati Uniti d'America, 1977) Gli "Orsi" vanno in Giappone (The Bad News Bears Go to Japan), regia di John Berry (Stati Uniti d'America, 1978) Il migliore (The Natural), regia di Barry Levinson (Stati Uniti d'America, 1984) Otto uomini fuori (Eight Men Out), regia di John Sayles (Stati Uniti d'America, 1988) Bull Durham - Un gioco a tre mani (Bull Durham), regia di Ron Shelton (Stati Uniti d'America, 1988) L'uomo dei sogni (Field of dreams), regia di Phil Alden Robinson (Stati Uniti d'America, 1989) Major League - La squadra più scassata della lega (Major League), regia di David S. Ward (Stati Uniti d'America, 1989) Major League - La rivincita (Major League II), regia di David S. Ward (1994) The Babe - La leggenda (The Babe), regia di Arthur Hiller (Stati Uniti d'America, 1992) Ragazze vincenti (A League of Their Own), regia di Penny Marshall (Stati Uniti d'America, 1992) Campione per forza (Mr. Baseball), regia di Fred Schepisi (Stati Uniti d'America, 1992) Angels (Angels in the Outfield), regia di William Dear (Stati Uniti d'America, 1994) Cobb, regia di Ron Shelton (Stati Uniti d'America, 1994) Un colpo da campione (The Scout), regia di Michael Ritchie (Stati Uniti d'America, 1994) The Fan - Il mito (The fan), regia di Tony Scott (Stati Uniti d'America, 1996) Ed - Un campione per amico (Ed), regia di Bill Couturie (Stati Uniti d'America, 1996) Gioco d'amore (For Love of the Game), regia di Sam Raimi (Stati Uniti d'America, 1999) 61*, regia di Billy Crystal (Stati Uniti d'America, 2001) Hardball, regia di Brian Robbins (Stati Uniti d'America, 2001) Un sogno, una vittoria (The Rookie), regia di John Lee Hancock (Stati Uniti d'America, 2002) Mr. 3000, regia di Charles Stone III (Stati Uniti d'America, 2004) L'amore in gioco (Fever Pitch), regia di Peter e Bobby Farrelly (Stati Uniti d'America, 2005) Piccolo grande eroe (Everyone's Hero), regia di Colin Brady e Dan St. Pierre (Stati Uniti d'America, 2006) Gli scaldapanchina (The Benchwarmers), regia di Dennis Dugan (2007) Chasing 3000, regia di Gregory J. Lanesey (2008). L'arte di vincere (Moneyball), regia di Bennett Miller (2011) Di nuovo in gioco (Trouble with the Curve), regia di Robert Lorenz (2012) 42 - La vera storia di una leggenda americana (42), regia di Brian Helgeland (2013) Million Dollar Arm, regia di Craig Gillespie (2014) Fumetti Fra i fumetti americani, uno dei più celebri è di certo la striscia Peanuts, i cui protagonisti giocano abitualmente a baseball con scarsi risultati. La loro squadra è schierata abitualmente con la seguente formazione: lanciatore (e manager) Charlie Brown, ricevitore Schroeder, prima base Shermy, seconda base Linus, terza base Pig-pen, interbase Snoopy, esterno sinistro Patty (o Replica), esterno centro Frieda (o Eudora), esterno destro Lucy. Fra i manga e gli anime giapponesi, sono numerosissimi i titoli che ruotano attorno a questo sport, data la popolarità del baseball in Giappone. Letteratura Nel 2011 negli Stati Uniti è stato pubblicato il romanzo L'arte di vivere in difesa (The Art of Fielding) di Chad Harbach, edito in Italia da Rizzoli, che è stato nominato uno dei dieci libri da non perdere nel 2011 dal The New York Times. Note Voci correlate Campionato italiano di baseball Italian Baseball League Italian Baseball Series Coppa Italia Campionato italiano di baseball per ciechi Federazione Italiana Baseball Softball World Baseball Classic Major League Baseball National League American League World Series Nippon Professional Baseball Sport simili al baseball Softball Softball Maschile Fast Pitch Slow Pitch Cricket Rounders Town ball Sport con la palla Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bandiera
Bandiera
Una bandiera (il termine deriva da banda colorata, cioè striscia dipinta) è un drappo di stoffa o di altro materiale adatto, spesso sventolato da un'asta rigida, usato simbolicamente per identificazione o per segnalazioni varie: comunemente impiegata ad esempio per simboleggiare una nazione (bandiera nazionale) o più in generale un'organizzazione, il termine è usato anche per indicarne una rappresentazione grafica su altro materiale. Storia L'uso delle bandiere così come si intendono oggi risale invece al periodo delle crociate: infatti vennero dipinte croci di colore diverso su drappi di stoffa per identificare la provenienza dei crociati. Il Guinness dei primati riporta come la bandiera nazionale più antica continuamente utilizzata è quella danese. Il disegno attuale di una croce scandinava bianca su fondo rosso fu adottato nel 1625 e la sua forma quadrata nel 1748. In Danimarca è detta anche Dannebrog, panno danese, di cui si racconta che una bandiera simile a quella odierna sia caduta dal cielo il 15 giugno 1219, dopo che il re Valdemaro II aveva vinto una battaglia contro gli estoni. Il disegno della cosiddetta "croce scandinava" è poi diventato comune a tutta l'area nordica. Tra le bandiere più antiche degli stati attuali vi sono quella dell'Austria, quella dell'Albania, raffigurante un'aquila a due teste (da ciò deriva anche il nome del paese "Shqipëria" (terra delle aquile). La bandiera della Repubblica di Genova è documentata dal 1218, forse dal 1113. Fino alla rivoluzione francese, la bandiera era spesso lo stemma (le "armi") della casata regnante realizzata in forma di bandiera ("bandiera d'armi") e in nessun caso veniva sentita dalla popolazione come la propria "bandiera nazionale". Spesso i disegni erano complessi e ricercati, lontani dalla semplicità delle bandiere d'oggi. Quando, durante la Rivoluzione francese, fu issato il primo Tricolore, si trattò quindi di una novità assoluta. Molte bandiere di tutto il mondo, tra cui quella italiana, si sono ispirate al disegno francese. Un'altra innovazione si ebbe con la Rivoluzione russa. Una semplice bandiera rossa fu infatti scelta come bandiera nazionale dell'Unione Sovietica. Bandiere rosse erano già state sventolate nel corso dell'Ottocento da movimenti repubblicani, socialisti o dai primi sindacati, oppure durante le sommosse popolari. Ma stavolta si creò una vera e propria "araldica alternativa": i tradizionali disegni nazionali delle varie parti dell'Impero russo furono tutti sostituiti dalla falce e martello, spesso in aggiunta ai prodotti tipici delle varie parti dell'Unione. Con la caduta dell'Unione sovietica, tuttavia, si ritornò a disegni più tradizionali e a bandiere più variegate. Descrizione Una bandiera si suddivide di solito in quattro parti (quadranti): i due quadranti a sinistra sono detti all'asta perché è qui che appunto vi si fissa il sostegno, i due a destra al battente o ventame. Il quadrante all'asta in alto è detto anche cantone e può contenere un disegno. La bandiera può essere anche messa in verticale, anziché in orizzontale come consueto. Le bandiere verticali hanno spesso proporzioni diverse da quelle orizzontali. Una bandiera verticale dotata di un bastone per essere trasportata nel corso di parate o manifestazioni simili si chiama gonfalone. Le bandiere nazionali possono essere civili, di stato, di guerra: solo le prime possono essere usate dai privati cittadini. La marina ha spesso bandiere diverse da quelle comuni e vengono chiamate anche insegne. Anche le insegne possono essere civili, di stato o di guerra. Un particolare tipo di bandiera della marina è la bandiera di bompresso (detta anche, all'inglese, jack: cfr. bandiera del Regno Unito) che viene issato sull'albero di bompresso (l'albero obliquo di prua) in determinate occasioni (solitamente quando l'unità è alla fonda). Il drappello è una striscia di drappo utilizzata come insegna di un gruppo di soldati. In nautica sono in uso le bandiere del codice internazionale nautico, per effettuare segnalazioni. Proporzioni La proporzione (cioè il rapporto tra altezza e lunghezza) può variare tra le diverse bandiere. Le proporzioni più diffuse sono quelle di 2:3 (derivata dal tricolore francese) o di 1:2 (derivata dalla Union Jack britannica), ma possono esistere altre proporzioni. Ad esempio, la bandiera del Belgio ha l'insolita proporzione di 13:15, e quella danese di 28:37. La bandiera svizzera è invece un esempio di bandiera quadrata, ovvero con la proporzione di 1:1. Simboli vessillologici I simboli vessillologici sono simboli usati per indicare l'adeguato utilizzo delle bandiere. Tali simboli sono riconosciuti dalla Federazione internazionale associazioni vessillologiche. I simboli si compongono di una griglia composta da sei riquadri, che può essere riempita con dei pallini che indicano il particolare uso della bandiera. Alcuni esempi sono il simbolo , che indica che la bandiera può essere usata solo per le unità militari, o il simbolo , che indica che la bandiera è usata sempre a terra. Cerimoniale Bandiera di guerra La bandiera di guerra è una bandiera utilizzata dai reparti militari. È definita anche bandiera di combattimento. Normalmente è realizzata in seta o in altro materiale pregiato ed è di fattura particolarmente curata. La bandiera di guerra viene custodita dal comandante del reparto dentro un cofano portabandiera o una teca vetrata. La bandiera di guerra accompagna il reparto in tutta la sua vita operativa, sia in tempo di pace che di guerra. È il simbolo dell'onore del reparto, delle sue tradizioni, della sua storia e del ricordo dei suoi caduti. È tradizione che la bandiera vada difesa fino all'estremo sacrificio. La bandiera ha un significato simbolico: ogni soldato del reparto dovrebbe essere disposto a dare la vita per la bandiera (che rappresenta la Patria), portandola nel cuore ed onorandola. Infatti è dinnanzi alla bandiera di guerra che ogni militare presta il suo giuramento. In Italia, le bandiere di guerra dei reparti non più attivi sono custodite presso il Sacrario delle Bandiere al Vittoriano. Bandiera del capo di Stato Molti paesi hanno una bandiera speciale per il capo di Stato, generalmente chiamata stendardo. Lo stendardo è normalmente volato su edifici e mezzi di trasporto dove il capo di Stato è presente (per esempio, l'automobile reale o presidenziale). A un funerale di un capo di Stato, lo stendardo è drappeggiato sulla bara. Bandiera del Primo ministro Solo un piccolo numero di paesi ha una bandiera speciale per il capo del governo (Primo ministro), che è usata allo stesso modo della bandiera del capo di Stato. Famiglie di bandiere Le diverse bandiere esistenti possono essere raggruppate in "famiglie" ovvero gruppi di bandiere con la stessa origine. Le principali famiglie sono: Bandiere con croce Riportano una croce che generalmente si riferisce alla fede cristiana (esempi: Danimarca, Dominica, Finlandia, Georgia, Guernsey, Islanda, Norvegia, Svezia, Svizzera, Tonga, Wallis e Futuna, Malta, Repubblica di Pisa, Repubblica di Genova, Ducato di Savoia, Piemonte, Sardegna, Grecia, Repubblica Dominicana). Bandiere con croce scandinava o nordica La croce scandinava e una croce che si allunga verso il ventame. Originata nella bandiera danese, è molto popolare tra i paesi dell'area scandinava. Bandiere con croce di sant'Andrea La croce di sant'Andrea (o decusse) è una croce disposta in diagonale. Bandiere con croce greca o latina Altri due tipi di croce diffusi in vessillologia sono la croce greca e la croce latina. Bandiere con la mezzaluna Le bandiere con falce di luna riportano una o più falci di luna che si riferisce alla fede musulmana (esempio: Algeria, Azerbaigian, Brunei, Comore, Libia, Maldive, Mauritania, Cipro del Nord, Tunisia, Turkmenistan, Turchia, Uzbekistan, Pakistan, Malaysia, Singapore). Bandiere con la Union Jack Le bandiere con la Union Jack sono in uso presso le ex-colonie britanniche e alle Hawaii. Sono bandiere derivate dalla red ensign (per uso civile) e blue ensign (per uso governativo). Presentano la Union Jack nel cantone e un badge (sigillo) al battente. Quattro stati dopo l'indipendenza hanno mutato lo sfondo (da blu ad azzurro) mantenendo la Union Jack nel cantone o sostituendo il badge con un altro motivo; essi sono Australia, Nuova Zelanda, Figi e Tuvalu. La bandiera delle Hawaii è un'anomalia unica: pur presentando la Union Jack nel cantone, non è mai stata una colonia britannica. La Union Jack fu donata al re Kamehameha I delle Hawaii dall'esploratore britannico George Vancouver nel 1778 e fu usata, da allora in poi, in combinazione con le otto strisce dopo il 1816. Bandiere a stelle e strisce Le seguenti bandiere, derivate o ispirate dalla bandiera statunitense, cosiddetta "a stelle e strisce", sono state adottate da Paesi e movimenti che si ispiravano ai valori della guerra d'indipendenza americana. Le strisce orizzontali sono generalmente bianche e rosse o bianche e blu (esempi: Hawaii, Liberia, Malaysia, Caucaso settentrionale (1918-1919), Stato Libero dell'Orange (1857-1902), Uruguay, Cuba, Porto Rico, Samoa). Bandiere con costellazioni Croce del Sud Cinque paesi, tutti nell'emisfero australe, hanno bandiere con le cinque stelle principali che formano la costellazione della Croce del Sud (in latino Crux Australis) e sono Australia, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Samoa e Brasile. La quinta stella, epsilon Crucis, è assente della bandiera della Nuova Zelanda. Orsa Maggiore Sebbene meno popolare della Croce del Sud, anche l'Orsa Maggiore è rappresentata in alcune bandiere. Bandiere panslave Derivate dal tricolore russo bianco-blu-rosso. Sono in uso presso molti Stati dell'Europa orientale di popolazione slava, come Russia, Repubblica Ceca, Slovacchia, l'ormai dissolta Jugoslavia, Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria (dove il verde ha sostituito il blu); Bandiere derivate dal tricolore francese Le bandiere derivate dal tricolore francese sono adottate dai paesi che si ispiravano agli ideali della rivoluzione francese. Caratterizzati da tre bande uguali verticali (Romania, Ciad, Italia, Costa d'Avorio, Messico, Afghanistan, Andorra, Belgio, Canada, Guinea, Guatemala, Irlanda, Mali, Moldavia, Mongolia, Nigeria, Perù) o dai colori rosso, blu, bianco diversamente arrangiati (Lucca 1803-1805). Bandiere rosse Derivate dalla bandiera rossa, utilizzata fin dai tempi della comune di Parigi e poi adottata anche dall'Unione Sovietica è sempre stata il simbolo del socialismo. Queste bandiere sono caratterizzate da un campo rosso caricato con ornamenti diversi di vario colore. Esempi: l'ormai dissolta Unione Sovietica, Cina, Vietnam, Transnistria, Cambogia (1976-1989), Afghanistan (1978-1980), Congo (1969-1991), Angola. Bandiere araldiche È la famiglia di bandiere più numerosa. Generalmente costituite da due o tre bande orizzontali (Austria, Germania, Ungheria, Lussemburgo, Monaco, Polonia, Spagna, Liechtenstein, Ucraina, San Marino, Argentina, Azerbaigian, Birmania, Bolivia, Botswana, Bulgaria, Burkina Faso, Ecuador, Egitto, El Salvador, Estonia, Etiopia, Gabon, Gambia, Ghana, Haiti, Honduras, India, Indonesia, Iran, Iraq, Kenya, Laos, Lesotho, Lettonia, Libano, Lituania, Malawi, Nicaragua, Niger, Paesi Bassi, Paraguay, Russia, Sierra Leone, Singapore, Siria, Slovacchia, Slovenia, Tagikistan, Uzbekistan, Venezuela, Yemen) o bande verticali (Malta, Città del Vaticano, Algeria). Tre bande orizzontali Due bande verticali Bandiere panarabe Le bandiere con i colori panarabi si ispirano alla bandiera della rivolta araba di Hegiaz del 10 giugno 1916 che era costituita da tre bande orizzontali uguali nero, verde e bianco con un triangolo rosso all'asta. Tipica degli Stati del medio-oriente: Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Libia, Autorità Nazionale Palestinese, Sudan, Azawad, Somaliland, Siria, Emirati Arabi Uniti, Sudan del Sud e Yemen. Bandiere panafricane Ce ne sono di due tipi: il primo è ispirato alla bandiera dell'Etiopia, il secondo al tricolore dell'UNIA; Colori etiopici Colori dell'UNIA Bandiere derivate dai colori dell'Unione europea Sono di recente costituzione e si ispirano ai colori della bandiera dell'Unione europea. Bandiere derivate dalla bandiera dell'ONU Bandiere come quella della Somalia si ispirano al vessillo dell'ONU. Bandiere cuneate Bandiere che hanno due colori con un margine cuneato. Bandiere non quadrangolari La bandiera nepalese è l'unica bandiera nazionale che non ha forma quadrangolare. Bandiere con i cerchi Le seguenti bandiere sono fatte con cerchi (o sfere) in centro o a sinistra delle stesse (es. Niger, Burundi, India, Uganda, Brasile, Mongolia, Corea del Nord, Corea del Sud, Macedonia del Nord, Bhutan, Giappone, Bangladesh, Laos, Belize, Kazakistan, ecc.). Spesso il cerchio è un simbolo solare. Bandiere con un triangolo Sono bandiere che hanno un triangolo a sinistra, al centro o a destra della bandiera. Bandiere fimbriate Bandiere che presentano una sottile striscia di colore (fimbria) che separa gli elementi principali del disegno. Bandiere con animali Gli animali, reali o fantastici, sono considerati figure araldiche, pertanto appaiono più spesso negli stemmi. Tuttavia compaiono in alcuni casi anche nelle bandiere. Bandiere di entità politiche e culturali più antiche Di seguito vengono riportate le più antiche bandiere di regioni o Paesi europei. Nello stilare questa lista le bandiere prese in considerazione soddisfano quattro parametri: a) la loro origine è intesa non come emblema o stemma, ma come vessillo o drappo; b) il loro uso è continuato nel tempo da parte dei popoli e/o delle regioni che le hanno adottate; c) si riscontrano poche modifiche dalla versione originale documentata; d) il loro utilizzo da parte della pubblica amministrazione, dell'ente che le ha adottate e delle popolazioni che esse rappresentano è attuale, regolato e consentito da norme legali. Note Voci correlate Bandiera (araldica) Bandiera di guerra Bandiera bianca Bandiere di territori dipendenti Cofano portabandiera Gioco della bandiera Lista di bandiere nazionali Orifiamma Pennone Simbolo vessillologico Sbandieratore Stemmi nazionali Vessillologia Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Blocco%20metabolico
Blocco metabolico
Si ha un blocco metabolico quando viene a mancare l'attività enzimatica che catalizza una reazione metabolica. Effetti immediati di un blocco metabolico sono l'accumulo del substrato della reazione bloccata (se non smaltito da altre vie metaboliche) e la carenza dei prodotti "a valle" della reazione bloccata. Un blocco metabolico può essere dovuto sia all'assenza di un gene funzionante, sia ad avvelenamento o inibizione dell'enzima. Malattie metaboliche Metabolismo
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https://it.wikipedia.org/wiki/Benthos
Benthos
Il benthos (o bentos, ) è la categoria ecologica che comprende gli organismi acquatici, sia d'acqua dolce sia marini, che vivono in stretto contatto con il fondo o fissati ad un substrato solido. Descrizione Oltre a pressoché tutte le alghe pluricellulari, comprende animali che camminano o strisciano, animali sessili e tubicoli, ossia che vivono nel sedimento della superficie del fondale marino, entro tane scavate e solitamente comunicanti con la superficie del fondale tramite un'apertura. Gli organismi bentonici possono essere suddivisi in base alle dimensioni: macrobenthos, dimensioni > 1 mm meiobenthos, dimensioni > 0,063 mm e < 1 mm microbenthos, dimensioni < 0,063 mm Per quanto riguarda gli ecosistemi d'acqua dolce definiti lotici, ovvero i corsi d'acqua superficiali quali fiumi e torrenti, ospitano una comunità macrobentonica molto diversificata, sia in termini di gruppi tassonomici presenti, sia di posizione occupata nella rete trofica. Individui bentonici appartengono ad esempio ai Phylum Arthropoda, Annelida e Mollusca.Tra gli Arthropoda si annovera la classe degli Hexapoda, con individui appartenenti tra gli altri Ordini dei Plecoptera, Ephemeroptera, Trichoptera e Odonata.Tra gli Annelida, la classe degli Hirudinea ed Oligochaeta.Infine, tra i Mollusca la classe dei Bivalvia e dei Gastropoda. Per quanto riguarda i diversi livelli della rete trofica dei corsi d'acqua superficiali, occupano principalmente 6 diverse categorie: Frammentatori: sono detritivori che si nutrono di depositi di materiale organico grossolano, nutrendosi ad esempio delle foglie degli alberi cadute nell'acqua Collettori: si nutrono di particelle minute di sostanza organica, di diametro inferiore ai 2 mm Raccoglitori: raccolgono la sostanza organica dal sedimento Filtratori: trattengono con un apparato boccale appositamente conformato le minuscole particelle di cibo e i batteri veicolati dalla corrente Pascolatori e raschiatori: hanno appendici boccali idonee a raccogliere o raschiare le patine algali o il materiale organico attaccato al substrato. Predatori: Sono carnivori, predatori di altri invertebrati d'acqua dolce oppure parassiti di vertebrati di dimensioni superiori. Costituiscono, inoltre, la maggiore fonte di cibo per gli altri predatori acquatici, come ad esempio i pesci, creando l'interconnessione trofica tra gli organismi microscopici e i vertebrati di maggiori dimensioni. Galleria d'immagini Note Voci correlate Plancton Necton Biologia marina Altri progetti Collegamenti esterni Bioindicatori Biologia marina
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bianca%20%28film%29
Bianca (film)
Bianca è un film del 1984 diretto ed interpretato da Nanni Moretti. Nella storia si intrecciano drammi psicologici e sentimentalismo, insieme al filo poliziesco. Trama Michele Apicella, un giovane professore di matematica, si stabilisce nella sua nuova casa romana e fa conoscenza con i suoi vicini: Massimiliano e Aurora, una giovane coppia alle prese con i problemi di tutti i giorni, e Siro, un anziano signore amante delle giovani donne e della bella vita. Michele vive solo ed è pieno di manie e di fobie: igienista all'eccesso, perfezionista, osservatore quasi ossessivo della realtà e della gente che gli sta intorno, scrutatore della vita altrui che giudica persino dalle scarpe. La scuola dove va ad insegnare è la "Marilyn Monroe", surreale istituto sperimentale formato da allievi studiosissimi e dal comportamento irreprensibile, dotato di bar, pista elettrica, flipper e slot machine per i professori, dove la foto del Presidente della Repubblica è sostituita con quella di Dino Zoff e i professori tengono lezioni su Gino Paoli e hanno uno psicologo a disposizione. Nelle ore libere Michele si dedica alla sua passione, l'osservazione dei comportamenti dei propri amici, specialmente delle coppie: una sorta di ossessiva indagine di cui riporta i risultati su schede conservate in un archivio. Michele controlla la vita degli altri così come controlla il mondo intero, nel tentativo di riportarlo a quello che ritiene essere l'ordine corretto. Nel frattempo avvengono strani omicidi nei quali vengono coinvolti alcuni suoi amici e vicini di casa e il commissario incaricato delle indagini inizia a interessarsi del professore, il quale accentua i suoi comportamenti nevrotici e ossessivi. Michele inizia una relazione sentimentale con Bianca, la nuova insegnante di francese della scuola ma, come afferma lui stesso, «non è abituato alla felicità» e, per timore del disordine che potrebbe sconvolgergli la vita, decide di mettere fine alla relazione. Incassi Bianca si collocò al ventiseiesimo posto tra i film di maggiore incasso nella stagione 1983-1984. Colonna sonora Insieme a te non ci sto più, cantata da Caterina Caselli, musica di Paolo Conte e Michele Virano, testo di Vito Pallavicini. Il brano è stato utilizzato anche in un altro film diretto da Nanni Moretti, La stanza del figlio del 2001; Il cielo in una stanza composta e cantata da Gino Paoli; Dieci ragazze composta e cantata da Lucio Battisti; Scalo a Grado, composta e cantata da Franco Battiato. Riconoscimenti 1984 - David di Donatello Candidatura Migliore attrice protagonista a Laura Morante Candidatura Migliore attore protagonista a Nanni Moretti Candidatura Migliore sceneggiatura a Nanni Moretti e Sandro Petraglia 1984 - Nastro d'argento Candidatura Regista del miglior film a Nanni Moretti Note Altri progetti Collegamenti esterni Film drammatici Film diretti da Nanni Moretti Film ambientati a Roma
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bianco%2C%20rosso%20e%20Verdone
Bianco, rosso e Verdone
Bianco, rosso e Verdone è un film del 1981 diretto e interpretato da Carlo Verdone. Trama Il film è un comico road movie ambientato in Italia nei primi anni Ottanta, durante un fine settimana elettorale. I protagonisti, le cui storie si alternano durante il film, sono tre uomini in viaggio per raggiungere i rispettivi seggi elettorali, tutti interpretati da Carlo Verdone: Furio, un funzionario statale logorroico e morbosamente pignolo, Mimmo, un giovane ingenuo e goffo ma allo stesso tempo premuroso con sua nonna, e Pasquale, un emigrato del sud Italia residente a Monaco di Baviera, che in Italia trova un'accoglienza tutt'altro che calorosa. Furio Zoccano Furio Zoccano, funzionario romano residente a Torino, logorroico, sparagnino e pedante oltre ogni limite, pianifica e calcola ogni cosa nei minimi dettagli. Sua moglie Magda Ghiglioni, che ama molto, lo sopporta nel silenzio e nella disperazione, esternata più volte con l'espressione "non ce la faccio più!". Durante il tragitto, Magda incontra ricorrentemente un avvenente playboy, Raoul, interessato a lei. Più tardi, la famiglia viene coinvolta in un grottesco incidente, causato da Furio. Questi viene ricoverato in ospedale per accertamenti, mentre la moglie pernotta con i figli in un albergo, dove rincontra il dongiovanni, al quale resiste a stento. Giunti a Roma, approfittando dell'assenza del marito impegnato al seggio, Magda si congeda dai figli Anton Giulio e Anton Luca e fugge via con l'uomo. Mimmo Mimmo, goffo e ingenuo giovanotto, giunge in ritardo a Verona (da lui confusa con Vicenza) per prelevare sua nonna Teresa e condurla a Roma per votare. A dispetto dell'età e dello stato di salute, l'anziana si dimostra assai più acuta e vispa del nipote, deridendolo puntualmente, seppur senza cattiveria. Lui dal suo canto, si dimostra molto apprensivo nei suoi confronti, tra la curiosità degli astanti che assistono ai loro frequenti e vivaci screzi. Durante il viaggio incontreranno un burbero camionista romano, soprannominato er Principe, che inizialmente riscuote la simpatia dell'anziana. Giunta la sera, pernottano nello stesso albergo dove sosta la famiglia di Furio. Mimmo viene adescato da una prostituta, totalmente ignaro del suo intento, fino a quando la sua goffaggine desta l'ira della donna. Spaventato, il giovane torna a dormire tra le braccia della nonna. Al mattino Mimmo e Teresa trovano er Principe, nascosto nella loro vettura, convinto erroneamente di aver provocato l'incidente e la morte di Furio, ma al primo controllo della polizia, la dabbenaggine del giovane desta il sospetto degli agenti e il conseguente fermo del trasportatore. Giunti al seggio, Mimmo ha l'ennesimo screzio con l'anziana, che lo deride davanti a dei militari. Una volta nella cabina elettorale, ella muore per un malore, tra la disperazione di Mimmo e l'indifferenza dei membri del seggio, impegnati a dibattere sulla validità voto della donna. Pasquale Amitrano Pasquale Amitrano è un emigrante italiano che vive a Monaco di Baviera, nell'allora Germania Federale. Tifoso della Juventus, con tanto di poster di Franco Causio in camera, è sposato con una robusta donna locale che lo ama molto e si prende cura con fare quasi materno. Partito per l'Italia con un'Alfasud rossa, chiassosamente bardata, per raggiungere la sua circoscrizione elettorale di Matera, emerge un quadro di un uomo taciturno, facilone e spendaccione, nonché tremendamente goffo e ingenuo, da subire nel nostro paese furti, truffe e persino un pestaggio, fino a dover abbandonare in autostrada la propria vettura in panne. Giunto a destinazione esausto e malconcio, si sfogherà con un monologo – una sorta di grammelot in dialetto pressoché incomprensibile anche per i locali – in cui, dopo aver narrato tutta la sua grottesca disavventura, si lascia andare a un colorito giudizio sull'Italia e gli italiani. Produzione Pre-produzione Carlo Verdone era scettico sulla realizzazione del film − percepito come una normale continuazione del suo precedente lavoro, Un sacco bello − e temeva di andare incontro a un insuccesso: la riserva fu sciolta dopo una lunga riflessione nella quiete della sua residenza di campagna. Il personaggio di Pasquale fu un'invenzione di Carlo Verdone che volle compensare la logorrea di Furio Zoccano con un personaggio completamente muto, ispirandosi ai personaggi dei film di Jacques Tati, visti più volte al cineclub Filmstudio di Roma. I colori delle auto dei protagonisti come anche il titolo del film, si rifanno al tricolore italiano: l'auto di Mimmo è una Fiat 1100 D verde, quella di Furio è una Fiat 131 Panorama bianca, quella di Pasquale è una Alfa Romeo Alfasud 1.2 rossa. Il personaggio del saccente logorroico viene spesso riproposto dall'attore. Già noto al pubblico con gli sketch cabarettistici di Non stop, lo si ritrova anche in Raniero di Viaggi di nozze e Callisto di Grande, grosso e... Verdone. La maschera goffa di Mimmo, diviene la continuazione di Leo in Un sacco bello, per poi riapparire in età matura con Grande, grosso e... Verdone. Su indicazione di Sergio Leone, per la celebre inquadratura audace attraverso il vaso di pesci rossi, si ricorse ad una vera prostituta. Cast Per il personaggio di Magda si cercava un volto tipicamente torinese (occhi grandi e dolci, viso aristocratico e un po' slavato, sullo stampo dei personaggi pubblici della famiglia Agnelli) e dopo molti provini fu scelta l'attrice russa Irina Sanpiter, doppiata con un marcato accento torinese dall'attrice italiana Solvejg D'Assunta. Il produttore Sergio Leone non era d'accordo nello scritturare Elena Fabrizi per il ruolo della nonna di Mimmo a causa della sua salute precaria, temendo problemi durante le riprese, in quanto diabetica. Ulteriori provini convinsero il regista sulla scelta della donna, nonostante le riserve di Leone. Riprese Il film è stato girato prevalentemente nell'autunno del 1980 poiché Leone tardò nel dare inizio alle riprese; tra numerose difficoltà per il clima freddo, Carlo Verdone interpreta Mimmo e Pasquale in tenuta estiva. Sergio Leone incaricò il fratello di Carlo, Luca Verdone, affinché gli comunicasse segretamente un resoconto quotidiano e dettagliato delle riprese. I luoghi delle riprese includono: Passo del Brennero. Confine Austria-Italia. Inizio autostrada del Brennero Panorama di Torino visto dalla collina sovrastante, con al centro Piazza Vittorio Veneto e sulla destra la Mole Antonelliana, più alcune vie del centro della città. Autostrada A24, tratto L'Aquila-Teramo, prima del traforo del Gran Sasso, scene dei tragitti autostradali. Area di servizio Tolfa, Roma-Civitavecchia, scena delle soste di Furio e Pasquale. Area di sosta Pineto Est stessa autostrada, scena dell'iniezione a Teresa. Cimitero di Tivoli, scena del cimitero. Castello di San Giorgio a Maccarese (Fiumicino, in provincia di Roma) scena della farmacia cui si rivolge Mimmo. Bassano Romano, scena della trattoria, del barbone e del tentativo di furto di Pasquale. Galleria Torrione 2 autostrada A24 Roma-L'Aquila altezza di L'Aquila, scena dell'incidente tra Furio ed er Principe. Hotel Torre Sant'Angelo località Castagnola, Tivoli (Roma), scena dell'albergo. Palazzo Pantanella in via dei Cerchi angolo via della Bocca della Verità a Roma, seggio elettorale di Furio. Palazzo Rosa cosiddetto dei Cento Preti, lungotevere dei Vallati, all'altezza di Ponte Sisto, seggio elettorale di Mimmo e sua nonna. Nello stesso palazzo visse la famiglia del regista, dagli anni quaranta alla morte di suo padre, Mario Verdone. Piazza del Seminario a Tivoli (Roma), seggio elettorale di Pasquale. Post-produzione Sergio Leone era molto titubante e scaramantico nell'intitolare il film Bianco, Rosso e Verdone, in quanto nel 1972 era uscito un film con Sophia Loren intitolato Bianco, rosso e..., che non aveva avuto successo. Le riserve di Leone vertevano anche sul personaggio di Furio, temendo che questi potesse risultare particolarmente odioso al pubblico. Prima dell'uscita del film, organizzò una proiezione privata in casa sua cui parteciparono, oltre a Verdone, Alberto Sordi, Monica Vitti e il calciatore brasiliano Paulo Roberto Falcão, i quali gradirono molto il personaggio di Furio, soprattutto Sordi che addirittura si congratulò con Verdone, sciogliendo così ogni riserva per il produttore Leone. Curiosità La canzone che si ascolta dal mangianastri di Pasquale Amitrano è Binario di Claudio Villa (1959). Quella nella scena dell'Autogrill è Dance On di Ennio Morricone e Alessandro Centofanti composta per il film Così come sei del 1978. Stefano Natale, coinquilino dello stabile dove viveva Carlo Verdone in gioventù e ispiratore del personaggio di Mimmo, interpreta il soldato di guardia al seggio elettorale. Il goffo personaggio itinerante viene riproposto da Massimo Boldi, proprio con il nome di Carlo Verdone, nel film a episodi Fratelli d'Italia, anche egli alle prese con la porta difettosa di un bagno di un autogrill. La pellicola sancisce l’inizio del sodalizio artistico tra Verdone e Sora Lella. Lo stesso Verdone raccontò in un’intervista come avvenne il suo primo incontro con l’attrice romana, da cui fu profondamente colpito dopo averla ascoltata sulle frequenze di Radio Lazio. Per ingaggiarla, il regista dovette vincere le perplessità del produttore Sergio Leone, preoccupato dalle condizioni di salute di Sora Lella e di un eventuale blocco delle riprese del film. Durante la scena del cimitero viene fatta la celebre battuta sulla Strage degli Avasini, riguardante una tomba dell'omonima famiglia: questo fatto è la citazione di un evento reale della seconda guerra mondiale, chiamato "la strage di Avasinis". Lo sfogo di Pasquale Amitrano non era presente nella sceneggiatura originale. Fu infatti improvvisato dallo stesso Verdone poiché non riusciva a trovare la giusta intonazione per le battute scritte sul copione. L'attore spiegherà in seguito come la scena fu realizzata in una sola ripresa, sicuro che ripetendola avrebbe perso di efficacia. Distribuzione Il film è uscito nelle sale italiane il 20 febbraio 1981. Accoglienza Incassi Il film si è classificato al 36º posto tra i primi 100 film di maggior incasso della stagione cinematografica italiana 1980-1981. Critica Riconoscimenti 1981 - David di Donatello Candidatura come migliore attrice protagonista a Elena Fabrizi Candidatura come miglior attore protagonista a Carlo Verdone Candidatura come migliore colonna sonora a Ennio Morricone Candidatura come miglior montaggio a Nino Baragli 1981 - Nastro d'argento Migliore attrice esordiente a Elena Fabrizi Candidatura come migliore attrice non protagonista a Elena Fabrizi Note Altri progetti Collegamenti esterni Film commedia Film ambientati in Basilicata Film ambientati a Torino Film ambientati a Roma Film girati a Roma Road movie Film politici Film diretti da Carlo Verdone Film girati a Torino Film ambientati in Germania Film con composizioni originali di Ennio Morricone
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Blow Out
Blow Out è un film del 1981 scritto e diretto da Brian De Palma. Fra i protagonisti John Travolta, Nancy Allen e John Lithgow. Le musiche sono di Pino Donaggio. Trama Jack Terry è un ex-poliziotto di Filadelfia diventato tecnico del suono per film slasher di serie B. Sam, il produttore di Jack, esige che egli trovi rumore di vento e uno strillo di donna che suonino più realistici. Per campionare suoni per un nuovo film, Jack si reca una notte su un ponte, da dove registra accidentalmente il rumore di un'automobile che cade nel torrente poco dopo il ponte. Jack accorre sul luogo dell'incidente e, gettatosi nel torrente, riesce a salvare una ragazza intrappolata nell'auto, di nome Sally Bedina, ma non il conducente, che si scoprirà poi essere George McRyan, il governatore dello Stato e candidato alle elezioni presidenziali. All'ospedale, Jack viene preso in disparte da un investigatore che gli chiede di aiutarlo a tenere calme le acque, accompagnando Sally lontano dall'incidente e facendole mantenere il silenzio sui fatti, in quanto era la escort di McRyan, per evitare lo scalpore e il giudizio del pubblico sul defunto politico. Ascoltando a casa il nastro registrato, Jack si accorge che si sente il rumore di uno sparo precedente lo scoppio dello pneumatico dell'auto di McRyan. Capisce allora che non è stato un incidente, ma un omicidio. Jack viene a sapere, guardando un notiziario televisivo, che anche Manny Karp era sul luogo dell'incidente quella notte e ha filmato l'incidente con una cinepresa. Karp vende i fotogrammi del suo film a un tabloid locale; Jack compra il giornale, ritaglia le immagini e ne trae una sorta di filmato, sincronizzandolo poi con l'audio registrato. Scopre così un lampo, prodotto verosimilmente dallo sparo della pistola che ha fatto esplodere lo pneumatico. Sebbene inizialmente riluttante, Sally alla fine accetta di collaborare con Jack per indagare in privato sull'incidente. Quando escono per bere qualcosa, Jack racconta di avere abbandonato la carriera in polizia dopo la morte di un agente sotto copertura, di nome Freddie Corso, che tentava di incastrare un capo della polizia corrotto, ucciso quando fu scoperto per colpa di un guasto della microspia che Jack gli aveva messo addosso. All'insaputa di Jack, Sally e Karp erano in realtà associati in ricatti frequenti, con lei nella parte della seduttrice di uomini importanti, e lui che prendeva fotografie compromettenti di lei insieme alla loro vittima. I due erano stati assunti come parte di un complotto più ampio contro McRyan. Un candidato rivale aveva assunto Burke per agganciare McRyan con una prostituta, scattare foto della coppia e pubblicarle in modo che McRyan abbandonasse la candidatura. Tuttavia, Burke aveva deciso di modificare il piano, facendo scoppiare lo pneumatico dell'auto di McRyan con un colpo di pistola, provocando così l'incidente. A questo punto, Burke decide di eliminare Sally, ma si sbaglia di persona e uccide una donna molto somigliante; questo gli dà l'idea di dissimulare l'omicidio di Sally come compiuto da un maniaco omicida seriale, e uccide altre due donne dall'aspetto simile a Sally strangolandole con un filo. Per aiutare Jack, Sally ruba il filmato di Karp, che, sincronizzato con l'audio di Jack, rivela chiaramente lo sparo che ha provocato l'incidente. Tuttavia, nessuno crede alla storia di Jack e un complotto apparentemente vasto mette immediatamente a tacere ogni sua mossa. Il conduttore del talk show locale Frank Donahue contatta Jack per proporgli un'intervista in cui può rendere pubblici i suoi nastri. Tuttavia Burke viene a sapere di questo piano, intercettando la linea telefonica di Jack, poi contatta Sally fingendo di essere Donahue e le chiede di incontrarlo alla stazione ferroviaria, portando il filmato. Quando Sally racconta a Jack della chiamata di Donahue, Jack inizia a nutrire sospetti e per sicurezza copia i nastri audio, ma non ha il tempo di copiare il filmato. Seguendo da lontano Sally tramite microspia, Jack si allarma nel vedere che l'uomo che le va incontro non è Donahue. Rendendosi immediatamente conto che Sally è in pericolo, Jack tenta di avvertirla, ma Sally e Burke si allontanano ai limiti della portata della microspia e prendono un treno della metropolitana. Jack riesce a malapena a captare la destinazione del treno e si getta con la sua jeep ad attraversare la città per raggiungerli, ma è in corso una parata che celebra la Campana della Libertà e finisce la sua corsa sfondando un negozio, perdendo i sensi per un po' di tempo. Quando si riprende, Burke ha ormai preso il filmato da Sally e l'ha gettato in un fiume, trascina quindi Sally su un tetto e tenta di ucciderla. Jack riesce a raggiungerli, assale da dietro Burke, togliendogli il punteruolo di mano e usandolo per pugnalarlo a morte. Ma è troppo tardi: Burke ha già strangolato Sally. Jack si accascia stringendo il corpo senza vita di lei. La morte di Burke, unita alla scomparsa del filmato, chiude tutte le questioni in sospeso dell'assassinio di McRyan, così i cospiratori ne escono indenni. A Jack rimane la registrazione della voce di Sally durante l'incontro con Burke, e continua ad ascoltarla ossessivamente, infine l'urlo che lei ha gettato poco prima di essere uccisa viene utilizzato nella pellicola su cui lavorava. Sam è molto contento dallo strillo perfetto che Jack gli ha trovato e continua a ripeterlo entusiasta, mentre Jack si copre le orecchie, devastato. Critica All'uscita Blow Out ebbe critiche contrastanti. Alcuni critici, come Pauline Kael, definirono il film come un capolavoro. Nella sua recensione nel The New Yorker, la Kael affermò "È un grande film. Penso che De Palma abbia raggiunto i risultati ottenuti da Robert Altman con Nashville e da Francis Ford Coppola con Il padrino". Roger Ebert diede al film quattro stelle, nella sua recensione sul Chicago Sun Times, mentre Andrew Sarris al contrario disprezzò il film, ritenendolo misogino. In Italia Morando Morandini nel suo dizionario, spiega che "la bravura di De Palma va colta nelle singole sequenze, nel virtuosismo della cinepresa e della presa del suono, nell'efficacia degli effetti e nell'amaro finale". Per Tullio Kezich in Blow Out "c'è un visibile gusto dello sberleffo intellettuale (tutto l'inizio è furbescamente ingannevole, vuol convincerci che stiamo vedendo un film pornomacabro ambientato in un collegio femminile), c'è una grande fantasia visiva sostenuta dal talento dell'operatore Vilmos Zsigmond e c'è la solita disponibilità alla divagazione e al «plagiarism»". Giovanni Grazzini del Corriere della Sera paragonò la pellicola a "un arzigogolo melodrammatico, che saccheggia le cineteche, un giocattolone che ogni tanto s'inceppa. Ma proprio De Palma ci ha insegnato a non prenderlo sul serio". Col passare degli anni Blow Out diventò un film di culto, come gli altri film diretti da De Palma. Fra i maggiori ammiratori della pellicola ci sono anche Edgar Wright e Quentin Tarantino, quest'ultimo l'ha incluso nella lista dei suoi tre film preferiti, assieme a Un dollaro d'onore (1959) di Howard Hawks e a Taxi Driver (1976) di Martin Scorsese. Il regista inoltre ha utilizzato un brano della colonna sonora di Pino Donaggio, Sally and Jack, nel suo film Grindhouse - A prova di morte (2007). Curiosità Nell'edizione francese del film John Travolta è doppiato da Gérard Depardieu. Blow Out fu l'ultimo film della collaborazione fra Brian De Palma e Nancy Allen, all'epoca marito e moglie. I due avrebbero poi divorziato nel 1983. L'idea di Blow Out venne a De Palma durante la post produzione del precedente Vestito per uccidere: mentre montava il sonoro si accorse che il rumore di esterni, del vento e della pioggia era fin troppo consumato e disse al suo montatore di uscire per registrarne uno nuovo. Da questa situazione gli venne l'idea della storia, che si ispira anche a Blow Up di Michelangelo Antonioni e La Conversazione di Francis Ford Coppola. Note Collegamenti esterni Film thriller Film diretti da Brian De Palma Film ambientati a Filadelfia
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Blow-Up
Blow-Up è un film del 1966 diretto da Michelangelo Antonioni, ispirato al racconto Le bave del diavolo dell'argentino Julio Cortázar. Il film, insieme a La notte, è il più premiato di Antonioni e ha vinto la Palma d'Oro al Festival di Cannes nel 1967. Nel cast si trovano attori già famosi, come David Hemmings, o in seguito divenuti tali, come Vanessa Redgrave e Jane Birkin. Trama Thomas, uno scontroso fotografo londinese di moda, sta realizzando un libro fotografico avente come soggetti persone disagiate dei quartieri londinesi, giovani hippy o clochard che dormono in ospizio. Arriva persino a passare una notte in dormitorio, pur di avere immagini crude e drammatiche, e la mattina successiva sostiene un impegno fotografico in studio con una modella. Thomas non è però completamente soddisfatto: ha un buon lavoro e molto tempo libero, gira per Londra con una Rolls-Royce decappottabile e non ha certo problemi con le donne, ma nonostante ciò l'insoddisfazione si insinua nella sua vita. La prova si ha quando è a pranzo con l'amico Ron nel ristorante El Blason di Chelsea. All'improvviso Thomas esclama: "Non ne posso più di Londra questa settimana!". Alla richiesta di chiarimenti da parte di Ron, Thomas replica: "Perché non fa niente per me...". È proprio cercando l'ispirazione per gli ultimi scatti da inserire nel libro che, dopo aver visitato un piccolo negozio di antiquariato che vorrebbe acquistare con il socio Peter, in un parco periferico si imbatte in due amanti e scatta loro delle foto, cercando di non farsi notare e nascondendosi dietro agli alberi e ai cespugli. Ma Jane, la donna della coppia, si accorge di quanto sta accadendo e, una volta raggiunto Thomas, gli chiede insistentemente il rullino. Al suo diniego, fugge, ma nel corso della stessa giornata lei si presenta allo studio fotografico del meravigliato Thomas, dove lei cerca a ogni costo di farsi consegnare la pellicola. Con uno stratagemma Thomas le consegna un rullino diverso da quello usato nel parco e poi, intrigato dal comportamento misterioso della donna, inizia ad indagare, sviluppando e ingrandendo (il cosiddetto Blow-Up) le fotografie. Una volta portata a termine l'operazione, Thomas si accorge di come le immagini rivelino un tentativo di assassinio, benché gli scatti non siano del tutto comprensibili. Così il protagonista continua nella sua investigazione. Torna al parco dove ha scattato le foto e scopre il cadavere dell'amante della donna. Ma al suo ritorno allo studio fotografico non trova più né il negativo, né le stampe ingrandite; il materiale è stato presumibilmente rubato. In strada, mentre è alla ricerca di Ron, Thomas intravede per un breve momento Jane poi, inseguendola, finisce all'interno di un club dove si esibiscono gli Yardbirds, ma Jane è scomparsa. Thomas si reca infine da Ron, al quale chiede di andare con lui al parco, ma l'amico non è più in grado di ragionare, sotto gli effetti della marijuana che viene fumata dai partecipanti a una festa privata. Qui incontra Veruschka, la modella protagonista degli scatti fatti in studio al mattino. Lo stesso Thomas poi si unisce al festino, risvegliandosi stordito la mattina dopo. Torna al parco, questa volta con la macchina fotografica per documentare quanto ha visto la notte precedente, ma il cadavere è sparito. Nell'epilogo si vede una partita di tennis giocata da una compagnia di mimi senza palle né racchette, e un Thomas ormai persuaso di aver immaginato tutto: segue con gli occhi la traiettoria dell'invisibile pallina mentre si sente il tipico rumore della palla percossa dalle inesistenti racchette. Produzione Nell'estate del 1964 mentre sta girando Deserto rosso, Michelangelo Antonioni legge Le bave del diavolo, un racconto dello scrittore argentino Julio Cortázar pubblicato nella raccolta Le armi segrete. Nella sceneggiatura scritta insieme a Tonino Guerra, il regista ne utilizza solo gli elementi essenziali. Antonioni matura l'idea di girare il film a Londra dopo la visita sul set di Modesty Blaise - La bellissima che uccide, che Monica Vitti stava girando con Joseph Losey, anche se il racconto di Cortázar si svolgeva a Parigi. La sceneggiatura fu scritta dal regista con il poeta Tonino Guerra, mentre produttore della pellicola fu Carlo Ponti, il cui contratto con Antonioni prevedeva altri due film per la MGM, saranno infatti in seguito girati Zabriskie Point e Professione: reporter. Il parco pubblico che fa da teatro alla sequenza cruciale del film (quella del delitto casualmente fotografato dal protagonista) è il Maryon Park di Charlton (Londra). A David Hemmings viene chiesto dal regista di vestire "à la Sachs", e cioè imitando il play-boy tedesco Gunter Sachs (all'epoca marito di Brigitte Bardot): camicia azzurra sbottonata, jeans bianchi, mocassini senza calze. Le scene erotiche previste dalla sceneggiatura vennero tagliate, perché Antonioni aveva già avuto problemi con la censura nel film L'avventura, e temette che la censura italiana avrebbe bloccato il film. Blow-Up include numerose apparizioni di personaggi famosi dell'epoca. In una sequenza, verso la fine del film, suonano gli Yardbirds con Jimmy Page e con Jeff Beck, che si esibisce nell'atto di sfasciare la sua chitarra. Nella stessa scena Michael Palin del gruppo comico Monty Python è presente fra il pubblico, mentre la giornalista Janet Street-Porter balla tra le spogliarelliste. Antonioni considerò anche l'opportunità di utilizzare la band dei Tomorrow e quella dei Velvet Underground, ma vari problemi di ingaggio impedirono ai due gruppi di partecipare al film Distribuzione Distribuzione cinematografica Il film è stato distribuito negli Stati Uniti a partire dalla città di New York il 18 dicembre 1966. Nel 1967 è stato poi distribuito in Brasile (24 febbraio); a Londra, nel Regno Unito dove il 16 marzo è avvenuta la première; in Francia (24 maggio); in Germania Ovest (11 maggio); in Danimarca (17 maggio); in Giappone (3 giugno); in Argentina (7 giugno); in Finlandia (8 settembre); in Belgio (21 settembre); in Italia è approdato il 27 settembre a Milano, il 28 a Roma e il 29 novembre a Torino; in Svezia (4 ottobre); in Uruguay (23 novembre). In Portogallo è stato distribuito il 9 gennaio 1968; in Messico il 4 aprile dello stesso anno; in Ungheria il 1º maggio 1969; in Turchia nell'ottobre 1971; in Spagna il 14 aprile 1975. Il film è stato poi ridistribuito nuovamente in Australia il 5 marzo 1993; in Germania il 23 marzo 2000; nella Repubblica Ceca il 17 gennaio 2003; in Francia il 29 marzo 2006 e nuovamente l'11 maggio 2016 (versione restaurata); Il film è stato inoltre proiettato a molti festival. Il 3 maggio 1967 è stato presentato al Festival di Cannes, in Francia. Il 27 settembre 1967 è stato presentato al Sorrento Film Festival in Italia. Il 13 novembre 1999 è stato presentato al Thessaloniki International Film Festival in Grecia. In Germania è stato proiettato nel febbraio al Festival Internazionale del Cinema di Berlino del 2002. Nel settembre 2002 è stato proiettato anche alla Mostra del cinema di Venezia. Il 24 novembre 2012 è stato proiettato all'Osaka European Film Festival in Giappone. Il 13 novembre 2014 al Lisbon & Estoril Film Festival in Portogallo. Il 19 novembre 2016 al Torino Film Festival in Italia. Nel maggio 2017 la versione restaurata è stata proiettata al Festival di Cannes. Il 22 ottobre 2017 al QCinema International Film Festival nelle Filippine. Il 3 novembre 2017 al Taipei Golden Horse Film Festival di Taiwan. Il 13 novembre 2017 una versione restaurata digitalmente è stata proiettata all'AFI Fest negli Stati Uniti. Distribuzione home video In home video il film è stato distribuito in una prima edizione in DVD dalla Warner Bros. il 17 febbraio e il 12 aprile 2004. Il 28 ottobre 2014 la Warner Bros. l'ha poi nuovamente distribuito in DVD e download digitale. Il 28 marzo 2017 la Criterion ha distribuito in DVD (2 dischi) e Blu-ray la versione restaurata. Titoli alternativi Mentre Antonioni stava già pensando a come adattare il titolo in italiano, il suo collega Ennio De Concini gli suggerì di mantenere il titolo in lingua originale al ché Antonioni avrebbe risposto "Hai ragione!" e mantenne il titolo "Blow Up". Il film è stato distribuito internazionalmente con il titolo Blow-Up, o nella variante grafica Blow Up, tranne in alcuni stati che fanno eccezione. Titoli alternativi del film sono infatti: Blow-Up - Deseo en una mañana de verano (Argentina); Blow-Up - Depois Daquele Beijo (Brasile); Фотоувеличение (Bulgaria); Zvětšenina (Cecoslovacchia); Poveæanje (Croazia); Blow-Up - Erään suudelman jälkeen (Finlandia); Ekstaze '67 (Germania Ovest); (Giappone); Yetzarim (Israele); Deseo en una mañana de verano (Messico, Perù); Powiekszenie (Polonia); História de um fotógrafo (Portogallo); Împuscatura (Romania); Uvećanje (Serbia); Povečava (Slovenia); Blow-Up (Deseo de una mañana de verano) (Spagna); Blow-up - förstoringen (Svezia); Cinayeti gördüm (Turchia); Nagyítás (Ungheria); Фотоувеличение (Unione Sovietica). Restauro Nel 2017 il film è stato restaurato da un gruppo internazionale di cui hanno fatto parte la Cineteca di Bologna, l'Istituto Luce Cinecittà e Criterion, in collaborazione con la Warner Bros. e Park Circus. Il restauro è avvenuto presso i laboratori di Criterion e L'Immagine Ritrovata, sotto la supervisione di Luca Bigazzi, direttore della fotografia. In seguito è stato riprogrammato al cinema e distribuito in home video. Accoglienza Incassi A fronte di un budget di , il film, al 31 gennaio 1970, ha incassato complessivamente in tutto il mondo. Critica Il film è stato bene accolto dalla critica alla sua uscita, Segnalazioni cinematografiche scrive: A cinquant'anni dalla sua realizzazione il film è oggi considerato uno dei film seminali più importanti della cinematografia degli anni sessanta, nonché un capolavoro del cinema d'essai: Colonna sonora Il commento sonoro fu affidato al jazzista Herbie Hancock, che lo compose e lo eseguì affiancato da illustri colleghi, quali tra gli altri Freddie Hubbard e Jim Hall. Nell'album contenente la colonna sonora, pubblicato dalla MGM Records nel 1966, figurano anche gli Yardbirds, che eseguono Stroll On. Il disco, pubblicato dalla MGM Records nel 1966, ha avuto numerose edizioni internazionali e ristampe in molteplici formati, compresi LP, musicassetta, reel-to-reel e CD, fino ai nostri giorni, anche da altre etichette, compresa Sony Music. Riconoscimenti 1966 - Hollywood Foreign Press Association Nomination Best Foreign Film - English Language 1966 - New York Film Critics Circle Awards Nomination Miglior film Nomination Miglior regia a Michelangelo Antonioni 1967 - Premio Oscar Nomination Miglior regia a Michelangelo Antonioni Nomination Migliore sceneggiatura originale a Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra e Edward Bond 1967 - Golden Globe Nomination Migliore film straniero in lingua inglese 1967 - Festival di Cannes Palma d'oro a Michelangelo Antonioni 1967 - Laurel Awards Dormiente dell'anno 1967 - National Society of Film Critics Awards Miglior film Miglior regia a Michelangelo Antonioni 1968 - Premio BAFTA Nomination Miglior film britannico a Michelangelo Antonioni Nomination Migliore fotografia per un film britannico a colori a Carlo Di Palma Nomination Migliore scenografia per un film britannico a colori a Assheton Gorton 1968 - Nastro d'argento Regista del miglior film straniero a Michelangelo Antonioni 1968 - Kansas City Film Critics Circle Awards Miglior regia a Michelangelo Antonioni 1968 - French Syndicate of Cinema Critics Miglior film straniero a Michelangelo Antonioni Nel 1999 il British Film Institute l'ha inserito al 60º posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo. Influenze cinematografiche Blow Out (1981) di Brian De Palma con John Travolta, il cui titolo allude a Blow-Up, è una variazione del tema del film di Antonioni che sostituisce il suono, gli effetti sonori, alla fotografia. Anche Francis Ford Coppola affermò di essersi ispirato a Blow-Up per la sceneggiatura de La conversazione (1974). Gli anni in tasca (1976) di François Truffaut, all'inizio del quale un gruppo di bambini corre per le strade del paese, è un chiaro riferimento al gruppo di mimi che è presente in alcune scene di Blow-Up. Nel film I misteri del giardino di Compton House di Peter Greenaway si può notare un'evidente citazione della trama di Blow-Up. Il protagonista, un artista a cui è stato affidato il compito di riprodurre dodici vedute di una tenuta signorile, scoprirà, attraverso la realizzazione dei suoi disegni, un complotto omicida. Blow-Up è omaggiato anche nel film del 2014 The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro: sulla parete della camera di Peter Parker è infatti presente, come manifesto, la locandina del film di Antonioni, con la celebre scena dell'amplesso fotografico su sfondo rosso. Il protagonista della quinta stagione di Skam Italia, Elia Santini, ha una passione per Blow-Up, al punto che in una scena ricrea assieme a Viola (Lea Gavino) la celebre scena della partita a ping-pong senza racchette né palline. Note Bibliografia Voci correlate Blow-Up (Herbie Hancock) Altri progetti Collegamenti esterni Film drammatici Palma d'oro al miglior film Film diretti da Michelangelo Antonioni Film ambientati a Londra
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https://it.wikipedia.org/wiki/Borotalco%20%28film%29
Borotalco (film)
Borotalco è un film italiano del 1982 diretto, co-scritto ed interpretato da Carlo Verdone. Trama Nadia e Sergio sono due giovani venditori di enciclopedie porta a porta. Sergio, mite e impacciato, vive in un convitto assieme all'amico Marcello, conducendo una vita grama, lavorando senza successo, pressato dalla fidanzata Rossella e dal rude suocero Augusto. Nadia, bella e spigliata, fidanzata con Cristiano, condivide un appartamento con la sua amica Valeria ed è una sfegatata fan di Lucio Dalla. Dato il successo professionale di lei, Sergio la contatta telefonicamente, chiedendole di poterla affiancare e imparare quindi a portare a casa dei contratti. Nadia gli propone un appuntamento presso la casa di un tale Manuel Fantoni, sedicente architetto. Mentre lei si attarda per acquistare un biglietto per un concerto di Dalla, Sergio si intrattiene con il cliente, il quale a sua volta gli racconta della sua vita movimentata ed errabonda, ricca di episodi incredibili e di frequentazioni illustri. Tuttavia subito dopo l'uomo gli confessa ridendo che si tratta soltanto di frottole che egli ama raccontare per abitudine, noia e necessità e che forse solo qualcosa c'è di vero. Poco dopo sopraggiungono dei carabinieri per arrestare l'uomo con l'accusa di truffa e chiamandolo col suo vero nome, Cesare Cuticchia. Cuticchia/Fantoni, ostentando sicurezza, lascia le chiavi di casa a Sergio, chiedendogli di rimetterla in ordine prima di andarsene. Rimasto solo, giunge finalmente Nadia e, vedendola per la prima volta, ne resta affascinato al punto da volersi spacciare egli stesso per Fantoni, riciclandone le fandonie con inaspettato successo e millantando di essere amico anche di Lucio Dalla. Conquistato senza difficoltà il cuore di lei, Sergio si trova presto in un gioco più grande di lui, dovendo vivere una doppia vita. Rossella e suo padre, insospettiti dalle sue lunghe assenze, irrompono infine in casa di Fantoni, accompagnati da Marcello, dove Sergio stava intrattenendosi a cena con Nadia. Sergio viene malmenato da Augusto. Lei, sfumata ogni illusione, abbandona la scena in lacrime e subisce un incidente stradale. Sergio le si presenta in ospedale, chiedendole se ci può essere un futuro insieme, ricevendo per tutta risposta una botta in testa con il braccio ingessato. I due protagonisti tornano alle loro vite, sposandosi con i rispettivi partner, come da copione. Qualche tempo dopo, Sergio, nel frattempo diventato padre, viene convocato in casa di una cliente che, con grande sorpresa, scopre trattarsi di Nadia, desiderosa di rivederlo. I due dialogano serenamente, ma non sembrano condurre una vita felice. Nel momento in cui Sergio sta per congedarsi, viene raggiunto da lei sulle scale, sentendosi chiedere notizie su alcuni personaggi famosi. Sergio, capita la situazione, s'immedesima ancora per un attimo nel personaggio di Manuel Fantoni, fin quando entrambi, ancora innamorati, si scambiano un bacio appassionato. Produzione La scelta del titolo Borotalco è nata da un'osservazione fatta da Carlo Verdone a Eleonora Giorgi durante la descrizione della trama, definendo il film «leggero come una nuvola, come borotalco». Poco prima dell'uscita della pellicola, Lucio Dalla, che curava la colonna sonora, si arrabbiò fortemente con Verdone dopo aver visto alcuni manifesti del film dove il nome del cantautore bolognese era stato stampato a caratteri cubitali, diversamente da quello di Verdone che invece era scritto in minuscolo e minacciò l'attore romano di fargli causa. Tuttavia, dopo aver visto il film, rimase talmente colpito dallo splendido omaggio che Verdone gli aveva fatto che ritirò tutte le accuse e si complimentò con lui. Casualmente, poco dopo la reazione di Dalla, si verificò una situazione analoga, quando la Manetti & Roberts mandò allo stesso Verdone e al produttore Mario Cecchi Gori una diffida in cui si chiedeva loro di modificare il titolo del film, essendo borotalco un marchio registrato. Tuttavia, visto il grande successo riscontrato dal film, l'azienda non prese alcun provvedimento. Cast In un'intervista, Angelo Infanti ha dichiarato che il suo personaggio era stato scritto originariamente per Vittorio Gassman. Il nome del personaggio Sergio Benvenuti è un doppio omaggio di Verdone al regista Sergio Leone e allo sceneggiatore Leonardo Benvenuti. Il racconto del suocero nel negozio allude a un alterco avuto dallo stesso interprete Mario Brega con l'attore americano Gordon Scott, durante le riprese del film western Buffalo Bill - L'eroe del Far West. Riprese Via Domenico Lupatelli, zona di Villa Bonelli, nel quartiere Portuense, scena dell'attico di Manuel Fantoni, erroneamente indicata in altri testi quale proprietà di Moana Pozzi, presente nel film. Lo stesso appartamento è stato successivamente utilizzato nel 1984 in alcune scene del film A tu per tu di Sergio Corbucci, come residenza del faccendiere Emanuele Sansoni (Johnny Dorelli) Quartiere della Farnesina, Roma, esterni dell'appartamento di Manuel. Via di San Paolo alla Regola, Roma, scena dell'alimentari di Augusto. Via del Conservatorio, Roma, scena della sede dell'enciclopedia. Chiesa di San Gregorio al Celio, Roma, dove Sergio tenta di vendere. Rione Trastevere presso via Aurelio Saffi, Roma, interni dell'appartamento di Nadia. Galleria Colonna (oggi Galleria Alberto Sordi), in via del Corso, scena dell'incontro serale con Nadia. Biglietteria della Stazione di Roma Termini. Ostia, Roma, scena sul litorale. Teatro Tenda di piazza Mancini a Roma Ponte Giuseppe Mazzini, luogo di incontro tra Sergio e un sacerdote, per ottenere un colloquio con Fantoni detenuto. È visibile sullo sfondo il carcere di Regina Coeli. Quartiere Fonte Meravigliosa, via Elio Lampridio Cerva, alle porte dell'EUR, Roma, scena del cortile dell'abitazione di Nadia, che nella finzione è sito in via Flavio Stilicone nel quartiere Cinecittà Basilica di Santa Maria in Domnica, Roma, scena di entrambe le cerimonie nuziali. Viale Palmiro Togliatti, zona Colli Aniene, abitazione di Sergio da sposato. Quartiere Ferratella (vicino all'EUR), via Umberto Saba, qui rinominata via Elio Lampridio Cerva (via comunque esistente e abbastanza vicina alla prima nella realtà, usata per altre riprese del film), scena della residenza coniugale di Nadia. Colonna sonora La colonna sonora di questo film è affidata a Lucio Dalla, agli Stadio e, singolarmente, al loro tastierista Fabio Liberatori, il quale dichiarerà in seguito di aver scelto, insieme al regista romano, di bandire definitivamente "marcette, tristi clarinetti, sottolineature grottesche, armonie goffe e povere, melodie scadenti", all'epoca piuttosto di moda nelle produzioni comiche italiane. Tra i brani del film a firma del gruppo ci sono Chi te l'ha detto? e Grande figlio di puttana (che, proprio grazie al lungometraggio, godranno di grande popolarità: secondo le dichiarazioni di Gaetano Curreri, il finale venne addirittura modificato da Verdone in fase di riprese per allacciarsi con quest'ultimo pezzo, utilizzato appunto per i titoli di coda). Firmati da Lucio Dalla, invece, sono i brani Cara, L'ultima luna (che accompagna i titoli di testa) ed estratti strumentali di Meri Luis e Futura. Il brano che Eleonora Giorgi cerca di far recapitare a Dalla è Un fiore per Hal (testo di Lucio Dalla e musica di Fabio Liberatori, voce di Ricky Portera, allora chitarrista degli Stadio), la cui versione completa si può ascoltare nella scena finale del film che la vede invitare Carlo Verdone a casa sua mascherando la sua vera identità. Le musiche di Borotalco hanno ricevuto un David di Donatello e un Nastro d'argento. Distribuzione Accoglienza Incassi Il film si è classificato al 13º posto tra i primi 100 film di maggior incasso della stagione cinematografica italiana 1981-1982. Critica Riconoscimenti 1982 - David di Donatello Miglior film Miglior attore protagonista a Carlo Verdone Migliore attrice protagonista a Eleonora Giorgi Migliore attore non protagonista a Angelo Infanti Miglior colonna sonora a Lucio Dalla e Fabio Liberatori Candidatura alla miglior regia a Carlo Verdone Candidatura alla migliore attrice esordiente a Isa Gallinelli Candidatura alla migliore sceneggiatura a Carlo Verdone e Enrico Oldoini Candidatura alla migliore scenografia a Andrea Crisanti 1982 - Grolla d'oro Miglior attrice a Eleonora Giorgi 1982 - Montreal World Film Festival Miglior interpretazione femminile a Eleonora Giorgi 1982 - Nastro d'argento Migliore attrice protagonista a Eleonora Giorgi Migliore colonna sonora a Lucio Dalla e Fabio Liberatori Restauro Nel 2017 Addendo, creative company di Urban Vision, in collaborazione con Infinity si è occupata del restauro del film, con Cinecittà Digital Factory. Galleria d'immagini Note Altri progetti Collegamenti esterni Location del negozio di Augusto su CinemaRomaCity Film commedia Film ambientati a Roma Film girati a Roma David di Donatello per il miglior film Film diretti da Carlo Verdone
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https://it.wikipedia.org/wiki/Berillio
Berillio
Il berillio è l'elemento chimico della tavola periodica degli elementi che ha numero atomico 4 e simbolo Be. Il nome deriva dal suo principale minerale, il berillo. Il berillio è il primo degli elementi del secondo gruppo del sistema periodico, facente parte del blocco s, ed è il capostipite dei metalli alcalino terrosi. Allo stato metallico è di colore grigio acciaio, è notevolmente duro, leggero e fragile, con un punto di fusione decisamente alto (1278 °C) tra i metalli leggeri ed è anche l'elemento più elettronegativo e meno reattivo nel gruppo. Per questo si presta ad essere usato in leghe leggere (principalmente con Cu e Ni), specie in campo aeronautico e aerospaziale. La relazione diagonale con l'alluminio fa sì che questi due elementi abbiano alcune proprietà simili, anche se l'alluminio è un metallo un po' meno elettropositivo e molto meno pericoloso, che usiamo quotidianamente. Il berillio viene usato principalmente in alcuni ambiti molto specifici dove è difficilmente sostituibile, ad esempio viene impiegato come agente rafforzante in alcune leghe di rame molto particolari. Il berillio è dannoso se inalato: gli effetti dipendono dai tempi e dalla quantità di esposizione. Se i livelli di berillio nell'aria sono sufficientemente alti (più di /m³), può provocare una condizione che ricorda la polmonite, chiamata berilliosi acuta. Inoltre, risulta anche carcinogeno per l'uomo (A1-ACGIH). Caratteristiche Il berillio ha uno dei punti di fusione più alti tra i metalli leggeri. Il modulo elastico di questo metallo leggero è di circa ⅓ superiore a quello dell'acciaio (300 GPa contro i 210 GPa della lega ferrosa). Possiede una buona conducibilità termica (circa metà di quella dell'argento), è diamagnetico e resiste all'azione dell'acido nitrico concentrato. È altamente permeabile ai raggi X, e rilascia neutroni se viene colpito da particelle alfa, emesse per esempio dal radio o dal polonio (circa 30 neutroni per milione di particelle alfa). In condizioni standard il berillio non si ossida all'aria (anche se la sua capacità di scalfire il vetro è probabilmente dovuta alla formazione di un sottile strato di ossido). Applicazioni Il berillio è usato come legante nella produzione di rame-berillio (grazie alla sua capacità di assorbire grandi quantità di calore). Le leghe rame-berillio sono usate in un'ampia gamma di applicazioni per via della loro conducibilità elettrica e termica, alta resistenza e durezza, proprietà diamagnetiche, oltre che alla resistenza a corrosione e fatica. Queste applicazioni includono la produzione di: elettrodi per la saldatura a punto, molle, attrezzi che non producono scintille e contatti elettrici. Grazie alla loro rigidità, leggerezza e stabilità dimensionale in un ampio raggio di temperature, le leghe rame-berillio sono usate nell'industria aerospaziale e militare come materiali strutturali leggeri per la fabbricazione di aerei supersonici, missili, veicoli spaziali e satelliti per telecomunicazioni. Sottili fogli di berillio vengono usati negli strumenti diagnostici a raggi X per filtrare la luce visibile e permettere solo ai raggi X di venire rilevati. Nel campo della litografia a raggi X, il berillio viene usato per la riproduzione di circuiti stampati microscopici. Il berillio è inoltre utilizzato nella costruzione di giroscopi, parti di computer, molle per orologeria e strumenti dove leggerezza, rigidità e stabilità dimensionale sono richieste. L'ossido di berillio è utile in molte applicazioni che richiedono un eccellente conduttore di calore, con alta forza e durezza, un alto punto di fusione, e che agisca come isolante elettrico. Composti al berillio venivano usati nei tubi delle lampade a fluorescenza, ma questo uso fu abbandonato per via della berilliosi che colpiva gli operai addetti alla loro produzione. Il berillio, in lega con il bronzo, viene utilizzato per produrre utensili antiscintilla. In HI-FI, grazie alla sua leggerezza e rigidità, il berillio viene talora utilizzato per produrre piccole parti dei fonorivelatori come il cantilever, la minuscola asticina che sostiene il diamante della puntina con la quale vengono lette le informazioni musicali contenute in un disco fonografico in vinile. Sempre in HI-FI il berillio viene talora utilizzato per la costruzione delle membrane dei tweeter, altoparlanti specializzati nella riproduzione delle alte frequenze. Applicazioni nucleari Il berillio ha la proprietà di essere un moltiplicatore neutronico, in quanto assorbe un neutrone e ne rilascia altri due. Questa proprietà fu usata ai primordi degli sviluppi dei reattori nucleari da Fermi e dagli altri ricercatori introducendo barre di berillio nel reattore per aumentare il flusso neutronico verso il combustibile, causando gravi incidenti chimici. Appena fu possibile, le barre e gli altri assorbenti di neutroni furono realizzate in altri materiali assorbenti di neutroni, meno pericolosi: tra essi il cadmio e l'argento. Si è riusciti infatti a garantire ugualmente l'autosostentamento della reazione di fissione. Il maggior problema per l'uso del berillio nei reattori a fusione è dovuto al suo rigonfiamento (swelling) sotto irraggiamento neutronico anche a temperature relativamente modeste, che ne rende estremamente difficoltoso l'uso come struttura compatta, quindi l'utilizzo del berillio avviene generalmente come pebble bed, portando ad altri problemi legati alla valutazione del comportamento del letto in condizioni di alti flussi termici ed elevati sforzi sulle pareti del contenimento. Il berillio risulta il migliore tra tutti i metalli moderatori, perché presenta la più bassa sezione di cattura di neutroni termici in confronto a qualsiasi altro metallo, e ha buone proprietà meccaniche, chimiche e di refrattarietà. Nel campo della fusione si sfruttano le proprietà di moltiplicazione neutronica nel blanket dei futuri reattori di potenza, sono stati effettuati diversi studi di modelli di blanket che utilizzano il berillio come moltiplicatore, uno di essi è uno dei blanket proposti per DEMO. Storia Il nome berillio deriva dal greco bēryllos (βήρυλλος), berillo, a sua volta di provenienza incerta. Sino alla fine dell'Ottocento veniva chiamato glucinio (dal greco glykýs (γλυκύς), "dolce"), a causa del sapore dei suoi sali ed indicato con il simbolo Gl. Questo elemento fu scoperto da Louis Nicolas Vauquelin nel 1798 come ossido nel berillo e negli smeraldi. Friedrich Wöhler e Antoine Alexandre Bussy isolarono indipendentemente il metallo nel 1828 con la reazione di sostituzione del potassio nel cloruro di berillio. Disponibilità Il berillio si trova in 30 diversi minerali, i più importanti dei quali sono: bertrandite, berillo, crisoberillo e fenacite. Forme preziose di berillo sono l'acquamarina e lo smeraldo. Le più importanti fonti commerciali di berillio e dei suoi composti sono il berillo e la bertrandite. Attualmente, il grosso della produzione di questo elemento è ottenuta riducendo il fluoruro di berillio con il magnesio. Il berillio non fu disponibile in grosse quantità fino al 1957. BeF2 + Mg -> MgF2 + Be Isotopi Il berillio è il primo dei 21 elementi monoisotopici: il suo solo isotopo stabile è il nuclide 9Be. In ambiente terrestre il berillio è anche mononuclidico, in quanto il berillio è presente essenzialmente soltanto come 9Be, a parte suoi altri isotopi presenti solo in tracce. Isotopi radioattivi I due principali e più longevi isotopi radioattivi del berillio, presenti in tracce appena significative perché cosmogenici, generati cioè dall'impatto di raggi cosmici con nuclei di azoto e ossigeno dell'atmosfera, sono 7Be e 10Be. Il nuclide 7Be (spin 3/2-), pur avendo solo tre neutroni, cioè neutroni in difetto rispetto ai protoni, nonostante ciò è stabile come nucleo atomico isolato (7Be4+), senza elettroni intorno. Invece, in presenza di essi, diviene instabile e decade per cattura elettronica (il nucleo cattura un elettrone del guscio 1s) trasformandosi nel nuclide stabile 7Li (uno dei due isotopi naturali del litio), ed espellendo un neutrino elettronico. In seguito a tale processo si ha emissione di raggi X per la conseguente riorganizzazione elettronica che ha luogo a causa del posto vuoto lasciato nell'orbitale dall'elettrone catturato e che può portare anche all'emissione di elettroni Auger. L'emivita del 7Be è 53,22 giorni e l'energia rilasciata è Q = 0,862 MeV. Il nuclide 10Be (spin 0), con un neutrone in più rispetto all'isotopo stabile del berillio, va soggetto al decadimento β-, producendo il 10B, cioè il primo dei due isotopi stabili del boro; l'energia di decadimento è di 0,556 MeV. Il 10Be è un isotopo con emivita lunga: 1,513 milioni di anni. Poiché ossidi e idrossidi di berillio (derivanti dal 10Be cosmogenico) sono solubili in mezzo acquoso solo con pH inferiore a 5,5 (e nella maggior parte dei casi l'acqua piovana ha pH inferiore a 5), essi entrano in soluzione con la pioggia e sono da questa trasportati sulla superficie terrestre. Man mano che la precipitazione diventa più alcalina, il berillio abbandona la soluzione e si deposita sul terreno. Il berillio cosmogenico si accumula quindi sulla superficie del suolo, dove il suo tempo di dimezzamento (~1,5 milioni di anni) non gli impedisce una lunga permanenza prima di trasformarsi in quantità significative in 10B. Il 10Be presente nei suoi composti è stato usato per esaminare l'erosione del suolo, la formazione del suolo dalla regolite e la formazione di terreno lateritico, così come per lo studio delle variazioni nell'attività solare e dell'età dei ghiacciai. Altri isotopi a vita molto breve Il nuclide 8Be (spin 0), nonostante sia un nuclide con Z e N entrambi pari, è estremamente instabile, con emivita di appena 8,2×10-17 secondi: il suo nucleo si spacca in due (fissione), dando due nuclei stabilissimi di elio-4 (particelle α); l'energia di decadimento è molto piccola: Q = 0,092 MeV. Spesso questo modo di decadimento è classificato anche come decadimento alfa. Il nuclide 11Be decade β- per il 97% dei casi, dando il boro-11, l'altro isotopo stabile del boro (Q = 11,51 MeV); per il restante 3% decade (β- + α), dando 7Li (Qα = 2,84 MeV); T1/2 = 13,81 secondi. Il nuclide 6Be (spin 0) è anche più instabile: decade espellendo 2 protoni, con emivita di 1,37×10-21 secondi, dando elio-4. Il fatto che il 7Be e il 8Be siano instabili ha profonde conseguenze cosmologiche, perché significa che la fusione nucleare durante il big bang non può avere prodotto elementi più pesanti del berillio. Inoltre i livelli di energia nucleare del berillio-8 sono tali per cui il carbonio può essere prodotto all'interno delle stelle rendendo la vita possibile. Precauzioni Il berillio e i suoi sali sono sostanze tossiche e cancerogene (A1-ACGIH) riconosciute. La berilliosi cronica è una malattia polmonare granulomatosa causata dall'esposizione al berillio. La berilliosi acuta, in forma di pneumatosi chimica venne segnalata per la prima volta in Europa nel 1933 e negli Stati Uniti nel 1943. Casi di berilliosi cronica furono per primi descritti nel 1946 tra i lavoratori di fabbriche per la produzione di lampadine a fluorescenza nel Massachusetts. La berilliosi cronica ricorda la sarcoidosi in molti aspetti, e la distinzione tra le due è spesso difficile. Anche se l'uso di composti al berillio nei tubi a fluorescenza è stato cessato nel 1949, il rischio di esposizione al berillio esiste nell'industria aerospaziale e nucleare, nella raffinazione del metallo di berillio, nella fusione di leghe contenenti berillio, nella produzione di apparecchi elettronici e nel trattamento di altri materiali che lo contengono. I primi ricercatori assaggiavano il berillio e i suoi composti al fine di verificarne la presenza attraverso la caratteristica dolcezza. I moderni apparati diagnostici non necessitano più di queste procedure rischiose e non bisogna in alcun modo ingerire la sostanza. Il berillio e i suoi composti devono essere maneggiati con la massima cura e speciali precauzioni devono essere prese durante lo svolgimento di attività che possono produrre il rilascio di polvere di berillio (il tumore ai polmoni è un possibile risultato di una prolungata esposizione alla polvere di berillio). Questa sostanza può essere maneggiata in sicurezza se si seguono certe procedure. Nessun tentativo di maneggiare il berillio deve essere fatto prima di aver familiarizzato con le corrette procedure. Effetti sulla salute Il berillio è dannoso se inalato, gli effetti dipendono dai tempi e dalla quantità di esposizione. Se i livelli di berillio nell'aria sono sufficientemente alti (più di /m³), si può andare incontro a una condizione che ricorda la polmonite ed è chiamata berilliosi acuta. Alcune persone (1-15%) sviluppano una sensibilità al berillio. Questi individui possono sviluppare una reazione infiammatoria alle vie respiratorie. Questa condizione viene chiamata berilliosi cronica, e può manifestarsi molti anni dopo l'esposizione a livelli di berillio superiori alla norma (maggiori di 0,2 µg/m³). Questa malattia fa sentire deboli e stanchi, e può causare difficoltà nella respirazione. Può anche provocare anoressia, perdita di peso e portare, in casi avanzati, a problemi cardiaci. Alcune delle persone sensibili al berillio possono non manifestare sintomi. In generale la popolazione non rischia di contrarre la berilliosi acuta o cronica, in quanto i livelli di berillio normalmente nell'aria sono molto bassi (0,00003-0,0002 µg/m³). Nessun caso di effetti dovuti all'ingestione di berillio è stato segnalato sugli esseri umani, poiché lo stomaco e l'intestino ne assorbono pochissimo. Ulcere sono state riscontrate in cani sottoposti a una dieta contenente berillio. Il contatto del berillio con delle lesioni sulla pelle può provocare eruzioni o ulcerazioni. L'esposizione al berillio per lunghi periodi può incrementare i rischi di sviluppare il cancro ai polmoni. L'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha stabilito che il berillio è una sostanza cancerogena. L'agenzia americana EPA ha stimato che un'esposizione a vita a 0,04 µg/m³> di berillio può risultare in una possibilità su mille di sviluppare il cancro. Non esistono studi degli effetti dell'esposizione al berillio sulla salute dei bambini. È probabile che questi siano simili a quelli riscontrati negli adulti ma non si sa se i bambini abbiano una sensibilità differente. Non si sa inoltre se l'esposizione al berillio possa provocare difetti alla nascita o in altre fasi dello sviluppo. Gli studi condotti sugli animali non hanno portato a prove conclusive. Il berillio può essere misurato nelle urine e nel sangue. Il livello riscontrato non è indicativo di quanto recente sia stata l'esposizione. I livelli di berillio possono essere misurati anche in campioni di pelle e polmoni. Un altro esame sanguigno, esame di proliferazione dei linfociti da berillio, individua la sensibilità al berillio ed è un valore predittivo della berilliosi cronica. I livelli tipici di berillio che le industrie possono rilasciare nell'aria sono nell'ordine di 0,01 µg/m³, in media su un periodo di 30 giorni. Note Bibliografia Science 19 June 2009 Vol. 324. no. 5934, pp. 1548 – 1551 Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Metalli
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Bernard Hinault
Soprannominato "le Blaireau" ("il Tasso"), è considerato uno dei più grandi campioni della storia del ciclismo. Professionista su strada dal 1975 al 1986, si aggiudicò cinque Tour de France (1978, 1979, 1981, 1982 e 1985), tre Giri d'Italia (1980, 1982 e 1985) e due Vuelta a España (1978 e 1983). Insieme ad Alberto Contador, è l'unico ciclista nella storia ad aver vinto almeno due volte tutte e tre queste corse (i "Grandi giri" ciclistici), nonché uno dei sette ciclisti ad averle vinte almeno una volta. In carriera fece sue anche diverse gare di un giorno, tra cui un campionato del mondo professionisti (nel 1980), una Parigi-Roubaix, due Giri di Lombardia e due Liegi-Bastogne-Liegi: in totale ottenne, nei dodici anni di attività da professionista, 216 vittorie. Carriera Gli esordi e i primi anni da professionista Tra gli allievi fu campione nazionale su strada ad Arras nel 1972, diciassettenne; due anni dopo tra i dilettanti si laureò campione nazionale dell'inseguimento individuale, titolo che seppe riconfermare anche nel 1975 e nel 1976. Passò professionista, appena ventenne, nel 1975 con la Gitane-Campagnolo, squadra francese diretta dall'ex ciclista Jean Stablinski. Il 21 aprile di quello stesso anno colse la prima vittoria tra i professionisti, la classifica finale del Circuit de la Sarthe, una breve corsa a tappe nei Paesi della Loira. Il 1976 — anno in cui cominciò a vincere con più regolarità, ancora al Circuit de la Sarthe, alla Parigi-Camembert, al Tour d'Indre-et-Loire, al Tour de l'Aude, tutte corse francesi — coincise con il suo esordio ai campionati mondiali su strada, a Ostuni, prova nella quale fu sesto subito alle spalle di Eddy Merckx; coincise anche con l'ingresso nello staff tecnico della Gitane di colui che sarà il direttore sportivo di Hinault per otto stagioni, quel Cyrille Guimard che nel 1972 aveva rivaleggiato proprio con Merckx al Tour de France salvo poi ritirarsi. Nel 1977 arrivano i primi trionfi fuori dai confini nazionali, con la vittoria nell'arco di sei giorni di due classiche belghe di primaria importanza quali la Gand-Wevelgem e, soprattutto, la Liegi-Bastogne-Liegi; nella Liegi, sotto una forte pioggia, fu abile a battere in una volata a due il più esperto André Dierickx e a precedere di una decina di secondi un gruppetto capeggiato da Roger De Vlaeminck ed Eddy Merckx. Ai primi di giugno si aggiudicò un'altra corsa di grande prestigio, il Critérium du Dauphiné Libéré, superando in classifica nomi allora di grande rilievo come Bernard Thévenet, Lucien Van Impe, Joaquim Agostinho e ancora Merckx. Non selezionato per il Tour de France 1977, poi vinto da Thévenet, chiuse quindi la stagione aggiudicandosi la prima di cinque Grand Prix des Nations, storica prova a cronometro parigina. 1978-1979: le prime due vittorie al Tour L'anno 1978 fu quello della svolta, quando, vestendo la divisa della Renault-Gitane, al primo tentativo conquistò sia la Vuelta a España sia il Tour de France. Alla Vuelta si aggiudicò il cronoprologo e quattro frazioni, senza trovare grandi difficoltà, e la sua vittoria non fu mai in discussione. Prese la maglia a Ferdi Van Den Haute, che l'aveva tenuta per nove giorni, dopo la dodicesima tappa e andò a trionfare con 2'52" sul capitano della KAS José Pesarrodona, già vincitore nel 1976, e 3'47" su Jean-René Bernaudeau, suo compagno alla Renault. Non prese parte al Giro d'Italia per arrivare in forma al Tour de France, tra i favoriti. Già un po' indietro in classifica dopo la cronosquadre, che la sua Renault concluse al quarto posto, vinse la crono di Sainte-Foy-la-Grande e la leadership passò a Joseph Bruyère, secondo. All'Alpe d'Huez vinse e vestì di giallo il belga Michel Pollentier, già trionfatore al Giro 1977. Ma durante il controllo antidoping subito seguente, ecco il colpo di scena, con la squalifica del belga: era stato scoperto a usare una vescica artificiale, posta sotto la maglietta, contenente urina "pulita" da immettere nella provetta. Joop Zoetemelk passò a condurre con soli 14" su Hinault; tale distacco rimase immutato fino alla terzultima frazione, la crono di Nancy, quando il francese inflisse pesanti distacchi (3 minuti a Joaquim Agostinho e 4 a Zoetemelk) operando il decisivo sorpasso e vestendo per la prima volta una maglia gialla che due giorni dopo porterà a Parigi. Il mese seguente, ai campionati mondiali su strada del Nürburgring, fu quindi protagonista di una fuga insieme all'olandese Jan Raas e a Giuseppe Saronni, ma i tre vennero ripresi in vista dell'ultimo giro; concluse la prova al quinto posto, mentre la vittoria andò a Gerrie Knetemann, che beffò allo sprint l'altro italiano Francesco Moser. Aprì il 1979 conquistando la Freccia Vallone e classificandosi secondo, alle spalle di Dietrich Thurau, nella Liegi-Bastogne-Liegi. In maggio vinse di nuovo il Critérium du Dauphiné Libéré; in luglio si aggiudicò il Tour de France per la seconda volta consecutiva, superando come nel 1978, nell'ordine, Joop Zoetemelk e lo scalatore portoghese Joaquim Agostinho. La gara fu caratterizzata della lunga lotta tra il francese e l'olandese: il primo prese la maglia gialla sui Pirenei, al terzo giorno, nella cronometro di Superbagnères, e bissò l'indomani a Pau, ma dovette cederla proprio a Zoetemelk nella nona tappa, a Roubaix, avendo perso più di 3 minuti a causa di una foratura sul pavé (Agostinho ne perse 15). Seppe recuperare nelle cronometro seguenti, vincendole tutte e tre, e si riprese la maglia proprio dopo la prova contro il tempo di Morzine-Avoriaz. Tenne sulle Alpi, pur venendo staccato sull'Alpe d'Huez da Agostinho, e trionfò infine anche nelle ultime due tappe, quella di Nogent-sur-Marne e quella degli Champs-Élysées. In quest'ultima batté Zoetemelk in volata ristretta dopo una fuga da lontano; l'olandese venne poi penalizzato di dieci minuti per positività a un controllo medico e il distacco finale tra i due risultò essere di 13'07". In ottobre fece suo il Giro di Lombardia, con un attacco iniziato a 150 chilometri dal traguardo; unico a resistergli nella lunga fuga, ma poi colpito da crampi in vista del traguardo, fu il giovane Silvano Contini della Bianchi-Faema, mentre i principali rivali, Giuseppe Saronni e Francesco Moser fra tutti, vennero colti di sorpresa al momento dello scatto. 1980: il successo al Giro e il titolo mondiale Nel 1980 fu protagonista di un'epica vittoria alla Liegi-Bastogne-Liegi: nell'occasione, in una gelida domenica di aprile caratterizzata da una bufera di neve, giunse primo solitario al traguardo con 9'24" sul secondo, l'olandese Hennie Kuiper. In maggio si presentò per la prima volta al Giro d'Italia, e lo dominò nettamente, battendo Moser, Saronni, Battaglin e Baronchelli. Una prima svolta arrivò nella frazione con arrivo a Roccaraso, quando lui e un sorprendente Wladimiro Panizza staccarono tutti e andarono a prendersi rispettivamente tappa e maglia (Hinault saliva al secondo posto a 1'05"). Dopo alcune giornate interlocutorie con Panizza sempre in rosa, la ormai celebre frazione della scalata dello Stelvio sancì il sorpasso in classifica generale e permise al francese di ipotecare la vittoria. Importante fu la strategia della Renault-Elf diretta da Cyrille Guimard, che quel giorno mandò in fuga il luogotenente di Hinault, Jean-René Bernaudeau, con il compito — poi svolto ottimamente — di staccare gli altri fuggitivi, attendere il capitano e scortarlo fino al traguardo di Sondrio. La vittoria di tappa venne lasciata a Bernaudeau, e i due diedero al traguardo più di 4 minuti ai primi inseguitori: tra essi lo stesso "Miro" Panizza, che alla fine sarà comunque secondo a Milano. Due mesi dopo al Tour de France, pur da principale favorito e in cerca del terzo trionfo, si ritirò, nel celebre episodio della fuga notturna dall'albergo di Pau. Aveva già vinto il cronoprologo, la cronometro di Spa-Francorchamps e la tappa di Lilla, e stava vestendo la maglia gialla dopo averla presa nell'altra cronometro di Laplume. Era la vigilia delle prime montagne, nella fattispecie del tappone pirenaico, quello da Pau a Luchon con i celebri colli dell'Aubisque e del Tourmalet, e Hinault, già da alcuni giorni sofferente al ginocchio a causa di una tendinite, si presentò in serata agli organizzatori del Tour, Jacques Goddet e Félix Levitan, annunciando loro il proprio ritiro; lasciò poi l'albergo quello stessa notte e, sicuramente per sfuggire ai giornalisti, invece che a casa sua in Bretagna trovò riparo a Lourdes, da Huber Arbes, un suo gregario. Il simbolo del primato passò a Zoetemelk, che poi vincerà, per la prima e unica volta. Si disse molto, anche di una positività all'antidoping celata con la fuga, e alcuni parlarono già della fine di una parabola; per tutta risposta Hinault arrivò molto agguerrito a Sallanches, sulle Alpi della Savoia, per il campionato mondiale su strada 1980, quello che è considerato il più duro e selettivo di sempre: il circuito, da percorrere per 20 volte, prevedeva infatti una salita di ben 2,7 chilometri, la Côte de Domancy, con punte di pendenza del 14%. Curiosamente, pur addicendosi alle caratteristiche del campione francese, il tracciato era stato disegnato tre anni prima per favorire non lui, ma un ormai tramontato Bernard Thévenet, che proprio nel 1977 aveva ottenuto la seconda vittoria al Tour de France. Il mondiale si corse in una domenica soleggiata di fine agosto; la selezione, come previsto, riguardò numerosi elementi, e l'unico a tenere il passo di Hinault — si staccherà sull'ultimo passaggio della Côte — fu Gianbattista Baronchelli. All'arrivo il francese giunse solo e vittorioso, Baronchelli si classificò secondo a 1'01", terzo invece lo spagnolo Juan Fernández a 4'25". Dei 107 partiti solo 15 arriveranno: tra i ritirati anche Thévenet, Kelly, Zoetemelk, Saronni e Moser. 1981-1982: altri due Tour e il secondo Giro Nel 1981, in maglia iridata, conquistò la sua unica Parigi-Roubaix, imponendosi in una volata lunga su Monsieur Roubaix, il quattro volte vincitore Roger De Vlaeminck, e su altri quattro uomini, tra cui Francesco Moser. Era una corsa, la classica del pavé, che Hinault non amava e che considerava anacronistica e alla stregua di un ciclocross: pur tuttavia fu proprio lui in quell'edizione a riportare la Francia alla vittoria venticinque anni dopo Louis Bobet e a fermare a tre la striscia di successi consecutivi di Moser. Dopo la Roubaix vinse anche l'Amstel Gold Race e il suo terzo Critérium du Dauphiné Libéré. In luglio, vestendo l'arcobaleno come già aveva fatto Eddy Merckx, si aggiudicò quindi il suo terzo Tour de France. Gareggiò da favorito e fu protagonista di un netto dominio, diversamente da quanto accaduto nel 1978 e nel 1979. Fece suo il prologo, cedette la maglia gialla dopo la prima cronosquadre (a Gerrie Knetemann prima e a Phil Anderson poi) e la riprese cinque giorni dopo vincendo la cronometro di Pau. Non la perderà più, la maglia, anzi si aggiudicherà altre tre tappe, due delle quali contro il tempo. Secondo si classificò Lucien Van Impe, il quale, già staccato di quasi 5 minuti dopo Pau, risultò colui che perse meno terreno, dimostrandosi però troppo inferiore a Hinault nelle tappe a cronometro; concluse a 14'34", terzo Robert Alban a 17'04". Due mesi dopo, da campione in carica, il bretone si ripresentò ai mondiali su strada. Il tracciato di Praga era molto facile, su larghi viali e con salite molto leggere, e la gara si risolse, come previsto, in volata: Hinault si classificò terzo, battuto da Maertens e da Saronni. Il 1982 è l'anno della leggenda, con la vittoria di Giro d'Italia e Tour de France nello stesso anno, impresa riuscita fino ad allora a Fausto Coppi (due volte), Jacques Anquetil e a Eddy Merckx (tre volte). Al Giro fu dominatore, soffrendo solo una volta, sul Passo di Crocedomini, sotto il forcing delle tre punte della squadra di Giancarlo Ferretti, lo svedese Tommy Prim e gli italiani Silvano Contini e Gianbattista Baronchelli in forza alla Bianchi-Piaggio. Sue furono le tappe in linea di Campitello Matese e Montecampione e due cronometro, quella di Assisi e quella finale da Pinerolo a Torino vinta per 10 secondi su Moser: alla fine prevalse con 2'35" su Prim e 2'47" su Contini. Al Tour de France si impose per la quarta volta su cinque presenze, ma senza grandi battaglie, in maniera molto "pacifica" (per alcuni la corsa fu "noiosa" e la sua condotta "incolore"). Vinse il prologo di Basilea, già all'indomani perse la maglia gialla a favore di Ludo Peeters; a questi subentrò poi l'australiano Phil Anderson, che sulle pianure condusse la classifica per una decina di giorni prima di cedere la leadership proprio a Hinault nella cronometro di Valence-d'Agen, appena prima dei Pirenei. Da lì a Parigi, undici frazioni, il bretone in maglia gialla si limitò a controllare nelle tappe montuose, incrementando il proprio vantaggio solamente nelle due cronometro di Martigues e Saint-Priest; un ultimo colpo lo riservò peraltro vincendo in volata sugli Champs-Élysées, suo quarto successo in quell'edizione. A Parigi sul podio salirono quindi gli olandesi Zoetemelk, secondo per la sesta volta (un record), e Johan van der Velde, staccati rispettivamente di 6'21" e 8'59". In agosto, al campionati mondiali su strada di Goodwood, nel Regno Unito, si presentava tra i favoriti, con l'obiettivo di centrare il prestigioso tris Giro-Tour-Mondiale fino ad allora riuscito solo al "Cannibale" Eddy Merckx (riuscirà nel 1987 anche a Stephen Roche). Dopo 160 dei 275 chilometri di un percorso prevalentemente pianeggiante, a sorpresa si dovette però ritirare, cianotico in volto e boccheggiante, stremato dopo una stagione oltremodo sfiancante; la maglia iridata andrà all'italiano Giuseppe Saronni, autore di un attacco violentissimo negli ultimi 800 metri in lieve salita. 1983-1984: la seconda Vuelta e il passaggio alla La Vie Claire Nella prima metà del 1983 vinse per la seconda volta sia la Freccia Vallone sia, alla seconda partecipazione, la Vuelta a España. Quell'edizione, la 38ª, della Vuelta fu molto combattuta — a detta degli stessi organizzatori, una delle più belle e spettacolari di sempre —, e si risolse solo al terzultimo giorno, nella tappa di Avila, quando Hinault, aiutato sulle montagne da un giovane Laurent Fignon, regolò i compagni di fuga Marino Lejarreta e Vicente Belda e inflisse più di venti minuti alla maglia oro Julián Gorospe. Il francese, che già aveva vinto la cronometro di Valladolid, andò a precedere di 1'12" in classifica lo stesso Lejarreta, già vincitore nel 1982. In luglio, afflitto da una tendinite al ginocchio destro, Hinault non poté però prendere parte al Tour de France per difendere il titolo. Il ruolo di capitano della Renault passò così al ventiduenne Laurent Fignon, che, seppur esordiente, seppe subito imporsi su Ángel Arroyo e Peter Winnen e giungere in maglia gialla a Parigi al termine di una corsa molto equilibrata. Dopo essersi fatto operare al ginocchio nell'estate 1983, i dissapori con lo storico direttore sportivo Guimard — e quando comunque era chiaro che la Renault avrebbe puntato su Fignon, di sei anni più giovane, per i grandi giri — portarono il campione bretone a trasferirsi per l'anno a venire alla neonata La Vie Claire, squadra costruita intorno a lui grazie agli importanti investimenti del manager Bernard Tapie. Ritornato alle gare in quell'avvio di stagione e vittorioso in maggio alla Quattro giorni di Dunkerque, Hinault prese quindi il via al Tour de France, dopo l'assenza del 1983, con l'obiettivo di battere Fignon e di conseguire la quinta vittoria in sette anni. L'inferiorià rispetto al rivale, supportato da una squadra molto forte, risultò però evidente sia nelle prove a cronometro, dominate — eccetto il prologo — dallo stesso Fignon (che si impose a Le Mans, La Ruchère e Villefranche), che in salita, specialmente nelle frazioni dell'Alpe d'Huez e di La Plagne, in cui il distacco fra i due fu in entrambi i casi di circa 3 minuti. Di ben 10 minuti e 32 secondi fu invece il margine finale tra Fignon e Hinault, secondo classificato davanti allo statunitense Greg LeMond, anch'egli della Renault. Il bretone si rifece comunque parzialmente nel finale di stagione, vincendo Grand Prix des Nations, Trofeo Baracchi (in coppia con Moser) e, per la seconda volta, il Giro di Lombardia. 1985-1986: la doppietta Giro-Tour e il ritiro Hinault ritornò veramente grande nel 1985, ormai trentenne. Con una squadra a suo completo servizio fu in grado di fare suoi sia il Giro d'Italia che il Tour de France, andando a realizzare la seconda doppietta in carriera. La corsa italiana la vinse per la terza volta su tre partecipazioni, e anche su un percorso con poche montagne (un "Giro dei tunnel anziché delle vette" si disse) riuscì ad avere la meglio su un Francesco Moser favorito dal tracciato privo di grandi asperità. Al Tour iscrisse invece il suo nome nell'albo d'oro per la quinta storica volta, eguagliando in tal modo due celeberrimi campioni come Jacques Anquetil e Eddy Merckx, unici fino ad allora a essere riusciti nell'impresa. Da menzionare il grande sostegno che in quell'edizione gli diede in più occasioni il ventiquattrenne Greg LeMond, che proprio all'inizio della stagione, dopo aver firmato il primo contratto da un milione di dollari, aveva lasciato la stessa Renault per raggiungerlo alla La Vie Claire. Nel 1986, già sul punto di porre fine a una grande carriera, Hinault concluse il Tour de France in seconda posizione, alle spalle del compagno Greg LeMond. Come annunciato già un anno prima, per l'edizione 1986 della Grande Boucle Hinault si proponeva come gregario del giovane statunitense, con l'intenzione di lasciargli via libera nella corsa verso il titolo. Tuttavia, una volta iniziata la gara, il francese non rispettò pienamente i patti, e grazie alla vittoria nella cronometro di Nantes e all'attacco con Pedro Delgado nella prima tappa pirenaica, si portò in testa alla classifica con ben 5'25" su LeMond, ponendo una seria ipoteca sulla vittoria finale. La reazione del compagno-rivale non si fece attendere: l'indomani, nella salita verso Superbagnères, LeMond inflisse 4'45" al francese, portandosi a soli 40 secondi di distacco. Hinault mantenne il primato sui Pirenei, ma già nella prima frazione alpina, a Serre Chevalier, si staccò e dovette cedere la maglia a LeMond. I due della La Vie Claire furono comunque assoluti protagonisti il giorno dopo, quando staccarono tutti di cinque minuti e giunsero insieme, tenendosi per mano, sul traguardo dell'Alpe d'Huez (vinse Hinault): sul podio di Parigi occuperanno i primi due gradi del podio, con il francese, primo anche nella crono di Saint-Étienne, staccato di 3'10". Nel mese seguente Hinault ottenne l'ultima vittoria in carriera, la Coors Classic, gara a tappe nell'ovest degli Stati Uniti in preparazione al campionati mondiali di Colorado Springs; pur tra i favoriti, nella prova iridata, poi vinta dall'italiano Moreno Argentin, si classificò soltanto al 59º posto. Il 9 novembre, dopo la gara di ciclocross a Quessoy, diede l'addio alle corse. Palmarès Strada 1975 (Gitane-Campagnolo, una vittoria) Classifica generale Circuit de la Sarthe 1976 (Gitane-Campagnolo, dieci vittorie) Parigi-Camembert 2ª tappa, 1ª semitappa Tour d'Indre-et-Loire (Luynes, cronometro) Classifica generale Tour d'Indre-et-Loire 3ª tappa Circuit de la Sarthe (Mamers > La Ferté-Bernard, cronometro) Classifica generale Circuit de la Sarthe 1ª tappa Tour de l'Aude (Carcassonne > Bram) Classifica generale Tour de l'Aude 1ª tappa Tour du Limousin (Saint-Yrieix-la-Perche > Guéret) Classifica generale Tour du Limousin 2ª tappa Étoile des Espoirs (Ciboure > Biarritz) 1977 (Gitane-Campagnolo, otto vittorie) Gand-Wevelgem Liegi-Bastogne-Liegi 2ª tappa, 2ª semitappa Tour d'Indre-et-Loire (Chinon > Joué-lès-Tours) 1ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Orange > Saint-Étienne) 5ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Romans-sur-Isère > Grenoble) Classifica generale Critérium du Dauphiné Libéré Grand Prix des Nations (cronometro) 2ª tappa, 2ª semitappa Étoile des Espoirs (Sauveterre-de-Béarn, cronometro) 1978 (Renault-Gitane, quattordici vittorie) 3ª tappa Critérium National (Draguignan, cronometro) Classifica generale Critérium National Prologo Vuelta a España (Gijón, cronometro) 11ª tappa, 2ª semitappa Vuelta a España (Barcellona, cronometro) 12ª tappa Vuelta a España (Barcellona > La Tossa de Montbui) 14ª tappa Vuelta a España (Jaca > Logroño) 18ª tappa Vuelta a España (Bilbao > Amurrio) Classifica generale Vuelta a España Campionati francesi, Prova in linea 8ª tappa Tour de France (Saint-Émilion > Sainte-Foy-la-Grande, cronometro) 15ª tappa Tour de France (Saint-Dier-d'Auvergne > Saint-Étienne) 20ª tappa Tour de France (Metz > Nancy) Classifica generale Tour de France Grand Prix des Nations (cronometro) 1979 (Renault-Gitane, ventitré vittorie) 3ª tappa Critérium National (Draguignan, cronometro) Freccia Vallone Prologo Tour de l'Oise (Creil, cronometro) Classifica generale Tour de l'Oise Circuit de l'Indre 3ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Villeurbanne > Avignone) 5ª tappa, 2ª semitappa Critérium du Dauphiné Libéré (Bastiglia, cronometro) 6ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Grenoble > Chambéry) 7ª tappa, 2ª semitappa Critérium du Dauphiné Libéré (Annecy, cronometro) Classifica generale Critérium du Dauphiné Libéré 3ª tappa Tour de Luxembourg (Esch-sur-Alzette > Echternach) 2ª tappa Tour de France (Luchon > Superbagnères, cronometro) 3ª tappa Tour de France (Luchon > Pau) 11ª tappa Tour de France (Bruxelles, cronometro) 15ª tappa Tour de France (Évian > Morzine-Avoriaz, cronometro) 21ª tappa Tour de France (Digione, cronometro) 23ª tappa Tour de France (Auxerre > Nogent-sur-Marne) 24ª tappa Tour de France (Le Perreux-sur-Marne > Parigi (Champs-Elysées)) Classifica generale Tour de France Grand Prix des Nations (cronometro) 3ª tappa, 2ª semitappa Étoile des Espoirs (Sauveterre-de-Béarn, cronometro) 4ª tappa Étoile des Espoirs (Sauveterre-de-Béarn > Oloron-Sainte-Marie) Giro di Lombardia 1980 (Renault-Gitane, tredici vittorie) 3ª tappa Critérium National (Draguignan, cronometro) 1ª tappa, 2ª semitappa Tour du Tarn (Albi > Albi) Liegi-Bastogne-Liegi Classifica generale Tour de Romandie 14ª tappa Giro d'Italia (Foggia > Roccaraso) Classifica generale Giro d'Italia Prologo Tour de l'Aude (Narbona > Narbona, cronometro) 3ª tappa Tour de l'Aude (Castelnaudary > Carcassonne) Prologo Tour de France (Francoforte sul Meno, cronometro) 4ª tappa Tour de France (Circuito di Spa-Francorchamps, cronometro) 5ª tappa Tour de France (Liegi > Lilla) 1ª tappa Tour du Limousin (Limoges > Guéret) Campionati del mondo, Prova in linea 1981 (Renault-Elf, diciotto vittorie) 1ª tappa Tour Méditerranéen (Mentone > Fréjus) 1ª tappa Critérium International (Cavalaire-sur-Mer > Saint-Tropez) 2ª tappa Critérium International (Sainte-Maxime > Mons) 3ª tappa Critérium International (Draguignan, cronometro) Classifica generale Critérium International Parigi-Roubaix Amstel Gold Race 4ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Bourg-en-Bresse > Lione) 5ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Lione > Chambéry) 6ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Chambéry > Villard-de-Lans) 7ª tappa Critérium du Dauphiné Libéré (Valence > Avignone) Classifica generale Critérium du Dauphiné Libéré Prologo Tour de France (Nizza, cronometro) 6ª tappa Tour de France (Nay > Pau) 14ª tappa Tour de France (Mulhouse, cronometro) 18ª tappa Tour de France (Le Bourg-d'Oisans > Le Pleynet) 20ª tappa Tour de France (Saint-Priest, cronometro) Classifica generale Tour de France 1982 (Renault-Elf, ventuno vittorie) Grand Prix d'Ouverture La Marseillaise Bol d'Or des Monédières La Poly Normande 3ª tappa Tour de Corse Classifica generale Tour de Corse Prologo Tour d'Armorique (cronometro) Classifica generale Tour d'Armorique 4ª tappa, 2ª semitappa Tour de Romandie (Delémont > Delémont, cronometro) 3ª tappa Giro d'Italia (Perugia > Assisi, cronometro) 12ª tappa Giro d'Italia (Cava de' Tirreni > Campitello Matese) 18ª tappa Giro d'Italia (Piamborno > Montecampione) 22ª tappa Giro d'Italia (Pinerolo > Torino, cronometro) Classifica generale Giro d'Italia 2ª tappa Tour de Luxembourg (Dippach > Esch-sur-Alzette) Classifica generale Tour de Luxembourg Prologo Tour de France (Basilea, cronometro) 14ª tappa Tour de France (Martigues, cronometro) 19ª tappa Tour de France (Saint-Priest, cronometro) 21ª tappa Tour de France (Fontenay-sous-Bois > Parigi) Classifica generale Tour de France Grand Prix des Nations (cronometro) 1983 (Renault-Elf, sei vittorie) 3ª tappa Tour Midi-Pyrénées (Saint-Gaudens > Colomiers) Freccia Vallone Grand Prix Pino Cerami 15ª tappa, 2ª semitappa Vuelta a España (Valladolid, cronometro) 17ª tappa Vuelta a España (Salamanca > Avila) Classifica generale Vuelta a España 1984 (La Vie Claire-Terraillon, cinque vittorie) 5ª tappa Volta a la Comunitat Valenciana (Valencia > Valencia) Classifica generale Quattro Giorni di Dunkerque Prologo Tour de France (Montreuil > Noisy-le-Sec, cronometro) Grand Prix des Nations (cronometro) Giro di Lombardia 1985 (La Vie Claire-Radar, sette vittorie) 12ª tappa Giro d'Italia (Capua > Maddaloni, cronometro) Classifica generale Giro d'Italia Prologo Tour de France (Plumelec, cronometro) 8ª tappa Tour de France (Sarrebourg > Strasburgo) Classifica generale Tour de France 3ª tappa Coors Classic (Nevada City > Truckee) 11ª tappa, 1ª semitappa Coors Classic (Niwot, cronometro) 1986 (La Vie Claire-Radar, undici vittorie) Trofeo Luis Puig Classifica generale Volta a la Comunitat Valenciana 2ª tappa Tour Midi-Pyrénées (Tarbes > Pamiers) Prologo Quattro Giorni di Dunkerque (Dunkerque, cronometro) 7ª tappa Clásico RCN (Bogotà > Bogotà, cronometro) 8ª tappa Tour de France (Nantes > Nantes, cronometro) 17ª tappa Tour de France (Briançon > Alpe d'Huez) 19ª tappa Tour de France (Saint-Étienne, cronometro) 7ª tappa, 1ª semitappa Coors Classic (Vail, cronometro) 11ª tappa, 1ª semitappa Coors Classic (Niwot, cronometro) Classifica generale Coors Classic Altri successi 1978 (Renault-Gitane) Circuit de l'Aulne (Criterium) 1979 (Renault-Gitane) Circuit de l'Aulne (Criterium) Classifica a punti Tour de France Super Prestige Pernod 1980 (Renault-Gitane) Super Prestige Pernod 1981 (Renault-Elf) Circuit de l'Aulne (Criterium) Classifica combinata Tour de France Super Prestige Pernod 1982 (Renault-Elf) Prologo Giro d'Italia (Milano > Milano, cronosquadre) Classifica combinata Tour de France Super Prestige Pernod 1985 (La Vie Claire-Radar) Circuit de l'Aulne (Criterium) 1986 (La Vie Claire-Radar) Classifica scalatori Tour de France Premio della Combattività Tour de France Pista 1975 Campionati francesi, Inseguimento individuale 1976 Campionati francesi, Inseguimento individuale Ciclocross 1978 Gran Premio di Creusot Piazzamenti Grandi Giri Giro d'Italia 1980: vincitore 1982: vincitore 1985: vincitore Tour de France 1978: vincitore 1979: vincitore 1980: ritirato 1981: vincitore 1982: vincitore 1984: 2º 1985: vincitore 1986: 2º Vuelta a España 1978: vincitore 1983: vincitore Classiche monumento Milano-Sanremo 1975: 54º 1979: 7º 1981: ritirato 1983: ritirato 1984: ritirato 1986: ritirato Giro delle Fiandre 1977: ritirato 1978: 11º Parigi-Roubaix 1978: 13º 1979: 11º 1980: 4º 1981: vincitore 1982: 9º 1983: ritirato Liegi-Bastogne-Liegi 1977: vincitore 1979: 2º 1980: vincitore 1981: 18º 1982: ritirato 1983: 32º 1984: 19º 1985: 18º 1986: ritirato Giro di Lombardia 1976: 17º 1978: 3º 1979: vincitore 1982: ritirato 1984: vincitore Competizioni mondiali Campionati del mondo Ostuni 1976 - In linea: 6º San Cristóbal 1977 - In linea: 8º Nürburgring 1978 - In linea: 5º Valkenburg 1979 - In linea: 21º Sallanches 1980 - In linea: vincitore Praga 1981 - In linea: 3º Goodwood 1982 - In linea: ritirato Barcellona 1984 - In linea: ritirato Giavera del Montello 1985 - In linea: ritirato Colorado Springs 1986 - In linea: 59º Onorificenze Riconoscimenti Medaglia d'oro dell'Accademia dello Sport nel 1978 Premio Henry Deutsch de la Meurthe dell'Accademia dello Sport nel 1979 Mendrisio d'Oro del Velo Club Mendrisio nel 1979 e 1980 Caveja d'Oro del Pedale Fusignanese 2010 Inserito nella Top 25 della Cycling Hall of Fame Inserito tra le Gloire des Sport Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Campioni del mondo professionisti di ciclismo su strada Vincitori del Giro d'Italia Vincitori del Tour de France Vincitori della Vuelta a España Vincitori del Giro di Lombardia Vincitori della Parigi-Roubaix Vincitori della Liegi-Bastogne-Liegi Vincitori dell'Amstel Gold Race
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https://it.wikipedia.org/wiki/Boro
Boro
Il boro è l'elemento chimico della tavola periodica degli elementi che ha numero atomico 5 e simbolo B. È il primo elemento del gruppo 13 del sistema periodico, inaugurando così il blocco p del sistema periodico. È un metalloide trivalente e si trova abbondantemente nel borace. Ci sono due allotropi del boro: il boro amorfo, che è una polvere marrone, e il boro metallico che è nero. La forma metallica è dura (9,3 sulla scala di Mohs) ed è una cattiva conduttrice a temperatura ambiente. Il boro non si trova libero in natura. Questo elemento ha proprietà e reattività simili al silicio ed è un semiconduttore (relazione diagonale). Caratteristiche Il boro possiede tre elettroni nel suo strato esterno e nei suoi composti questi si distribuiscono in tre orbitali ibridi sp², lasciando un orbitale p vuoto. Per questa ragione i composti di boro spesso si comportano come acidi di Lewis, legandosi prontamente con sostanze ricche di elettroni. Le caratteristiche ottiche di questo elemento includono la trasmissione di luce infrarossa. A temperature normali il boro è un povero conduttore elettrico ma diventa un buon conduttore ad alte temperature. Il boro ha il più alto carico di rottura tra tutti gli elementi conosciuti. Il nitruro di boro può essere utilizzato per produrre materiali duri come il diamante. Il nitruro inoltre agisce da isolante elettrico ma conduce il calore in maniera simile a un metallo. Questo elemento ha inoltre qualità lubrificanti simili alla grafite. Il boro è anche simile al carbonio con la sua capacità di formare strutture molecolari stabili legate covalentemente. Applicazioni Il composto di boro più importante dal punto di vista economico è il tetraborato di sodio Na2B4O7·10H2O, o borace, che è usato in abbondanza nella produzione di isolanti (vetroresina) e perborato di sodio (candeggianti). Altri utilizzi del boro sono: a causa del suo colore di fiamma verde, il boro amorfo è usato nei fuochi d'artificio; l'acido borico è un importante composto usato nei prodotti tessili e in medicina (in soluzione diluita) come blando antisettico per uso esterno; composti di boro sono usati estensivamente nella sintesi organica e nella manifattura di vetri borosilicati; altri composti sono usati come conservanti del legno, e sono molto interessanti sotto questo aspetto perché poco tossici; il boro-10 è un assorbitore di neutroni utilizzato nel controllo dei reattori nucleari come i PWR, e come schermo contro la radiazione neutronica e nel rilevamento dei neutroni; i filamenti di boro sono materiali molto resistenti e leggeri, usati principalmente per strutture aerospaziali avanzate; viene utilizzato per il drogaggio di tipo p del silicio. I composti di boro vengono studiati per l'uso in un'ampia gamma di applicazioni; componente per membrane permeabili agli zuccheri, sensori di carboidrati e bioconiugati. Applicazioni mediche allo studio includono la terapia per cattura neutronica del boro e il rilascio di farmaci. Altri composti di boro sono promettenti nella cura dell'artrite. Gli idruri complessi di boro (borani) o di boro e carbonio (carborani) si ossidano facilmente e liberano una considerevole quantità di energia. Sono quindi studiati come possibile carburante per i razzi. Nell'industria nucleare, l'acido borico è molto usato come veleno neutronico per la regolazione di potenza dei reattori nucleari a fissione, questo è dovuto alla sua grande sezione d'urto per la cattura dei neutroni. Sono infine da citare i boruri metallici, ottenibili in genere per combinazione diretta del boro con un altro elemento chimico ad alte temperature. Si tratta di sostanze altamente refrattarie, con elevato punto di fusione (in genere superiore a i ) e per tale ragione trovano impiego nella costruzione di crogioli, camicie di camere di combustione, parti di turbine sottoposte a sollecitazioni termiche continue e strumenti da taglio ad alte velocità. Nella tabella successiva riportiamo i boruri più conosciuti con il rispettivo peso specifico ed il punto di fusione: Storia Composti di boro - dall'arabo Burāq (persiano Burah), lampo - sono conosciuti da migliaia di anni. Nell'antico Egitto, la mummificazione dipendeva da un materiale conosciuto come natron, che conteneva borati e altri sali comuni. Glasse di borace erano usate in Cina dal 300 d.C., e composti di boro erano usati per la fabbricazione del vetro nell'antica Roma. Nel XVII secolo a Larderello inizia l'estrazione di sali di boro sfruttando le sorgenti d'acqua calda del sottosuolo, fase industriale precedente allo sfruttamento geotermoelettrico del territorio. L'elemento venne isolato nel 1808 fino al 50% di purezza da Humphry Davy, Joseph Louis Gay-Lussac e Louis Jacques Thénard. Essi non riconobbero la sostanza come un elemento. Fu Berzelius nel 1824 che identificò il boro come elemento. Il primo boro puro fu prodotto dal chimico statunitense W. Weintraub nel 1909. Disponibilità Gli Stati Uniti e la Turchia sono i più grandi produttori di boro. Il boro non è presente in natura nella sua forma elementare ma si trova combinato nel borace, nella sassolite, nella colemanite, nella kernite, nell'ulexite e nei borati. L'acido borico si trova a volte nelle sorgenti d'acqua vulcaniche . L'ulexite è un minerale che possiede per natura le proprietà delle fibre ottiche. Il boro puro non è di facile preparazione. I primi metodi impiegati utilizzavano la riduzione dell'ossido di boro con metalli quali il magnesio o l'alluminio. Comunque il prodotto era quasi sempre contaminato. Il boro puro può essere preparato riducendo alogenati di boro volatili, con l'idrogeno ad alte temperature. Nel 1997 il boro cristallino (puro al 99%) costava circa il grammo, il boro amorfo 2 $ il grammo. NOTA: i dati per gli Stati Uniti non sono stati pubblicati. Isotopi Si conoscono almeno 14 isotopi dell'elemento boro, da A = 6, ad A = 19. In natura esso è rappresentato da due isotopi, entrambi stabili: 10B (19,8%) e 11B (80,2%). La variabilità delle loro abbondanze relative, in particolare tra i giacimenti di borati californiani (poveri in 10B) e quelli turchi (ricchi in 10B), non permette una determinazione della massa atomica del boro in forma più precisa di 10,811 u. La distribuzione isotopica del boro, che è il risultato del frazionamento dei suoi isotopi, è controllata principalmente dalle reazioni di scambio delle specie idrosolubili di boro, principalmente B(OH)3 e B(OH)4–. Gli isotopi del boro vengono frazionati anche durante la cristallizzazione dei minerali, durante i cambiamenti nella fase acquosa dei sistemi idrotermici e durante le alterazioni idrotermiche delle rocce. L'ultimo effetto (precipitazione preferenziale dello ione 10B(OH)4- nelle argille) dà luogo a soluzioni arricchite di 11B(OH)3 e questo può comportare l'arricchimento di 11B nell'acqua marina. L'isotopo 10B (spin 3+) mostra un'altissima sezione d'urto (3836 barn) per la cattura di neutroni termici (neutroni lenti, di bassa energia); la cattura del neutrone porta ad uno stato eccitato di 11B, in quale si stabilizza espellendo una particella α (4He ), lasciando così un nucleo di 7Li (stabile): 10B + n → 7Li + 4He (Q = 2,792 MeV) Grazie a questa reazione l'isotopo 10B può essere usato per quantificare il flusso di neutroni termici e la terapia antitumorale per cattura di neutroni lenti è proprio basata su di esso. L'isotopo 11B (spin 3/2-) è usato nella spettroscopia di risonanza magnetica nucleare del boro ed è preferito all'isotopo 10B: l'uso del nuclide 11B, grazie al suo minore momento di quadrupolo nucleare, permette di ottenere stettri con picchi meno allargati che con 10B, con conseguente guadagno di risoluzione, e si ha anche il vantaggio di una sensitività è maggiore. Isotopi radioattivi Prima del primo isotopo stabile del boro abbiamo nuclidi fortemente instabili, i quali coinvolgono nei loro decadimenti anche l'interazione nucleare forte. L'isotopo 8B (spin 2) decade emettendo un positrone (β+) e un neutrino a dare 8Be (estremamente instabile), che si spezza in 2 particelle α; di questo processo di decadimento si conosce l'emivita, che è di 770 millisecondi. L'isotopo 9B (spin 3/2-) è stato scoperto nel 1940 e la struttura dei suoi livelli energetici nucleari, come pure quella del correlato 9Be, ha destato molte perplessità ed interesse. Si tratta di un nuclide povero di neutroni che decade emettendo un protone per dare 8Be (estremamente instabile), che poi si spezza in due particelle α (fissione); la sua emivita è di 8,44×10-19 s. L'isotopo 8B (spin 2) decade emettendo un positrone (β+) e un neutrino dando il nuclide 8Be, che si spezza poi in 2 particelle α; l'emivita è di 770 millisecondi. L'isotopo 12B (spin 1) decade β-, per il 98,4%, a 12C, che è stabile, con rilascio di 6,00 MeV; per l'1,6%, decade (β- + α), dando ancora 8Be che poi si spezza in 2 particelle α; l'emivita è di 20,2 millisecondi. L'isotopo 13B (spin 3/2-) decade β- per il 99,72% dando 13C, stabile, con rilascio di 8,490 MeV; per lo 0,28% decade (β- + n) per dare 12C, stabile; l'emivita è di 17,33 millisecondi. L'isotopo 14B (spin 2-) decade β- per il 94% dando 14C con rilascio di 20,644 MeV, il quale poi decade β- a dare 14N, stabile; per il 6,04% decade (β- + n) per dare 13C, stabile; l'emivita è di 12,5 millisecondi. Analisi chimica Il boro si identifica quantitativamente per via spettrofotometrica utilizzando come reagente una soluzione di kinalizarina (45 mg disciolti in un litro di acido solforico al 96%) e misurandone l'assorbanza a . Precauzioni Il boro e i borati non sono tossici e quindi non richiedono precauzioni speciali per maneggiarli. Alcuni dei composti di boro e idrogeno più esotici comunque sono tossici e richiedono particolare attenzione. Il boro è tossico se ingerito, il valore limite per l'acqua potabile è fissato dal DPR numero 236 del 1988 a /l, mentre l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) consiglia un valore di 0,5 mg/l. Il boro in biologia Studi sempre più numerosi affermano oramai che il boro è un oligoelemento indispensabile per il corretto funzionamento della biochimica animale. È stato provato che il boro (come anione borato) ha un effetto positivo sull'assorbimento del calcio nell'uomo ed allo stesso tempo previene la perdita del magnesio. Ciò è utile per almeno due ragioni. Primo, farebbe del boro un oligoelemento da includere tra i fattori coinvolti nella prevenzione dell'osteoporosi. Lavorando sul riassorbimento di calcio e magnesio, è stato anche dimostrato che il boro innalza i livelli di estrogeni e di vitamina D anche nelle donne in menopausa. Il meccanismo molecolare di ciò non è stato ancora compreso, anche se qualche studio preliminare punta sul rimaneggiamento del metabolismo degli acidi ribonucleici (RNA) e sull'intervento di enzimi della classe fosfo-proteina fosfatasi. Secondo, metterebbe il boro nella posizione di supplemento alimentare indicato anche nella correzione degli squilibri elettrolitici nei pazienti cardio- o nefropatici, che fanno largo uso di diuretici e/o digitalici. Queste classi di farmaci, infatti, provocano in cronico una perdita corporea cospicua di elettroliti quali potassio, magnesio e calcio, oltre ovviamente al sodio (che viene considerato tra gli effetti anti-ipertensivi di questi farmaci). Una delle ragioni per cui i vegetariani non soffrono frequentemente di osteoporosi potrebbe ricercarsi proprio nel costante e buon introito di boro attraverso i legumi, le verdure e la frutta di cui fanno largo consumo. Studi aggiuntivi indicherebbero che il boro potrebbe avere un benefico effetto anti-infiammatorio a carico delle giunture articolari, attraverso la modulazione di certe citochine, ed essere così un valido integratore per patologie di tipo artritico. Infine, alcuni studi sembrerebbero indicare che esistano degli effetti positivi degli anioni borato, o di suoi derivati organici, su alcuni tipi di cellule tumorali umane. Il fabbisogno giornaliero di boro, secondo le raccomandazioni dell'Istituto Superiore della Salute statunitense (NIH) si attestano tra /die. Gli alimenti più ricchi di boro sono le pere, l'uva, le prugne, i datteri, le mandorle, i cavolfiori, i funghi, i fagioli ed i legumi verdi. Ricerche sulla fusione nucleare boro-protone a confinamento laser In un esperimento condotto nel 2004, un gruppo di scienziati russi è riuscito a produrre una reazione di fusione nucleare, innescata dal confinamento laser, tra protoni (atomi d'idrogeno privi dell'elettrone) e atomi di boro, alla temperatura di 109 K (kelvin), senza emissione di neutroni e particelle radioattive; l'energia richiesta dal laser supera però di molto quella prodotta dalla reazione. Note Bibliografia Exp Dermatol.;13(8): 484-490. Biol Trace Elem Res.;85(1): 23-33. J. Trace Elem. Med. Biol;22(3): 189-195. Cell Biol Toxicol.; 25(4): 309-320. Cell Adh Migr.;2(3): 153-160. Voci correlate Borani Fosfato di boro Borofene Borosferene Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Combustibili per la fusione nucleare
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Bromo
Il bromo è l'elemento chimico di numero atomico 35 e il suo simbolo è Br. Il suo nome deriva dal greco βρῶμος brōmos, che significa «fetore». Fa parte del gruppo degli alogeni. Caratteristiche Il bromo è un non metallo liquido a temperatura ambiente. Si presenta come un liquido pesante, scorrevole, di colore rosso-bruno, simile a quello del diossido di azoto, facile all'evaporazione e contraddistinto da un odore intenso e sgradevole. In quanto alogeno, la sua reattività chimica è analoga a quella del cloro o dello iodio e intermedia, in termini di attività, a questi due elementi. Si scioglie molto bene in acqua e nei solventi organici, cui conferisce un tipico colore arancione. Reagisce con molti elementi e ha un forte effetto candeggiante. Il bromo è un elemento molto reattivo e ha un comportamento fortemente ossidante in presenza di acqua, con cui disproporziona trasformandosi in ione ipobromito e ione bromuro. Reagisce facilmente per addizione o per sostituzione con numerosi composti organici quali ammine, fenoli, alcheni, idrocarburi alifatici ed aromatici, chetoni e altri. Verso i metalli è molto più reattivo se in presenza di acqua, tuttavia il bromo anidro reagisce energicamente con l'alluminio, con il mercurio, con il titanio e con tutti i metalli alcalini ed alcalino-terrosi. Estrazione La maggior parte del bromo viene estratta dall'acqua di mare in cui è presente sotto forma di bromuro. Passando del gas cloro in una soluzione di bromo a temperature superiori a si ha la reazione: 2Br^- + Cl2 -> Br2 + 2Cl- Il cloro rimane in soluzione come cloruro mentre il bromo puro gassoso viene mandato in un condensatore e immagazzinato. Applicazioni Si usa il bromo per fabbricare una grande varietà di composti utilizzati nell'industria e nell'agricoltura. Tradizionalmente il principale uso del bromo è nella produzione dell'1,2-dibromoetano utilizzato come antidetonante per la benzina super, ora non più utilizzata per ragioni di inquinamento. Il bromo è utilizzato anche per produrre fumogeni, sostanze ignifughe, composti per la depurazione delle acque, coloranti, medicinali, disinfettanti, bromuri inorganici per pellicole fotografiche (bromuro d'argento). Il bromo è utilizzato per produrre olio vegetale brominato, un emulsionante in varie bevande al sapore di limone. Storia Il bromo è stato scoperto da Antoine Balard nelle paludi salmastre di Montpellier nel 1826, ma non è stato prodotto in quantità fino al 1860. Disponibilità Il bromo è molto diffuso nelle rocce superficiali sotto forma di bromuro. A causa del dilavamento, i sali di bromo si sono accumulati nell'acqua dei mari (85 ppm) e potrebbero essere estratti a costi accettabili dalle saline e dal Mar Morto (fino a 5 000 ppm). Nel 2002 sono state prodotte circa di bromo per un valore di 2,5 miliardi di dollari: i maggiori produttori sono Stati Uniti e Israele. A causa del suo alto costo che può raggiungere anche 5 dollari al chilogrammo, il bromo viene riciclato piuttosto che gettato come rifiuto. Sintesi in laboratorio In laboratorio è possibile preparare piccole quantità di bromo ossidando un sale di bromo, come ad esempio il bromuro di potassio, con una miscela di acido cloridrico e perossido di idrogeno. In alternativa è possibile utilizzare come agente ossidante l'acido nitrico. Precauzioni Il bromo puro è fortemente irritante e, in forma concentrata, produce dolorose vesciche sulla pelle nuda, specialmente sulle mucose. Anche piccole quantità di vapori di bromo (da 10 ppm in su) possono avere effetti sulla respirazione e in quantità maggiore può danneggiare seriamente l'apparato respiratorio. Per la sua pericolosità occorre indossare occhiali di protezione ed assicurare un'adeguata ventilazione durante la manipolazione di questa sostanza. Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici
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Biochimica
La biochimica o chimica biologica è la branca della chimica che studia le reazioni chimiche complesse che danno origine alla vita: oggetto di studio sono la struttura e le trasformazioni dei componenti delle cellule, come proteine, carboidrati, lipidi, acidi nucleici e altre biomolecole. Sebbene vi sia un grande numero di diverse biomolecole, sono tutte essenzialmente composte dagli stessi costituenti di base (genericamente chiamati monomeri), posizionati in ordini diversi. Ogni classe di biomolecole ha un set di differenti subunità. La biochimica del metabolismo cellulare e del sistema endocrino è già stata ampiamente descritta. Altre aree della biochimica includono lo studio del codice genetico (DNA, RNA), la sintesi proteica, il meccanismo di trasporto della membrana cellulare e la trasduzione del segnale. Sviluppo della biochimica Originariamente si credeva che la vita non fosse soggetta alle normali leggi della chimica, contrariamente agli oggetti inanimati. Si pensava che soltanto gli esseri viventi potessero produrre le molecole della vita (da altre biomolecole preesistenti). Ma già verso la fine del Settecento si stabilirono i principi di partenza della biochimica, grazie alle ricerche di Lavoisier e di Spallanzani sulla respirazione degli organismi viventi. Nel 1828, Friedrich Wöhler pubblicò una ricerca sulla sintesi dell'urea, provando che i composti organici possono essere creati artificialmente, seguito pochi anni dopo dalle analisi e sintesi di Justus von Liebig che consentirono le prime applicazioni pratiche della nuova disciplina, tra le quali la fertilizzazione con concimi inorganici. L'alba della biochimica può essere considerata la scoperta del primo enzima, la diastasi, nel 1833, da parte di Anselme Payen. Nonostante il termine "biochimica" sembri essere stato usato per la prima volta nel 1881 (la parola chimica biologica invece risale al 1826 ed è attribuibile a Huenefeld), è generalmente accettato che la parola sia stata coniata formalmente nel 1903 da Carl Neuber, un chimico tedesco. Da allora la biochimica ha fatto grandi passi in avanti, specialmente a partire dalla metà del XX secolo, con lo sviluppo di tecniche come la cromatografia, la diffrattometria a raggi X, la spettroscopia NMR e simulazioni delle dinamiche molecolari. Queste tecniche permisero la scoperta e l'analisi dettagliata di numerose molecole e delle sequenze metaboliche delle cellule, come la glicolisi ed il Ciclo di Krebs (o ciclo dell'acido citrico). Le scoperte della biochimica vengono applicate in molte aree, dalla genetica alla biologia molecolare, dall'agricoltura alla medicina. I carboidrati La funzione dei carboidrati è duplice: strutturale e di riserva energetica. Gli zuccheri sono carboidrati, anche se ci sono carboidrati che non sono zuccheri. Sulla Terra esistono molti più carboidrati di qualsiasi altro tipo di biomolecola. Il più semplice tipo di carboidrato è un monosaccaride, che tra le altre proprietà contiene carbonio, idrogeno e ossigeno nella proporzione 1:2:1 (formula generale CnH2nOn, dove n vale almeno 3). Il glucosio, uno dei più importanti carboidrati, è un esempio di monosaccaride. Così come il fruttosio, lo zucchero che dà alla frutta il suo caratteristico sapore dolce. Due monosaccaridi possono essere uniti assieme usando la sintesi per disidratazione, nella quale un atomo di idrogeno viene rimosso dalla fine di una molecola ed un gruppo ossidrile (-OH) viene rimosso dall'altra. Il gruppo H-OH o H2O viene poi rilasciato come una molecola di acqua, da cui il nome disidratazione. La nuova molecola, consistente in due monosaccaridi, viene chiamata disaccaride ed è tenuta insieme da un legame glicosidico oppure da altri tipi di legame. Può anche verificarsi la reazione opposta, chiamata idrolisi, usando una molecola di acqua per scindere il disaccaride mediante rottura del legame glicosidico. Il disaccaride più conosciuto è il saccarosio (il comune zucchero da tavola o zucchero di canna), che è composto da una molecola di glucosio ed una di fruttosio legate assieme. Un altro importante disaccaride è il lattosio, che consiste in una molecola di glucosio ed una di galattosio. In età avanzata la produzione di lattasi (l'enzima che idrolizza il lattosio in glucosio e galattosio) tipicamente decresce, determinando una deficienza di lattasi, che conduce alla cosiddetta "intolleranza al lattosio". Quando più di due (solitamente da tre a dieci) monosaccaridi sono legati assieme, viene a formarsi un oligosaccaride (dal greco, la radice oligo- significa "poco"). Queste molecole di solito vengono usate come marcatori e segnali, ma possono avere anche altri tipi di funzioni. Più monosaccaridi legati assieme formano un polisaccaride. I monosaccaridi possono essere legati in una lunga catena lineare oppure in una catena ramificata. I tre più comuni polisaccaridi sono la cellulosa, l'amido ed il glicogeno, formati dalla ripetizione di monomeri di glucosio. La cellulosa è prodotta dai vegetali ed è un importante componente strutturale delle loro cellule. Gli esseri umani non possono produrre cellulosa, né digerirla poiché sono privi dell'enzima β-glicosidasi adibito proprio alla scissione di questa. L'amido è un polisaccaride di deposito del glucosio. Il glicogeno, invece, è un carboidrato animale; viene usato dall'uomo come deposito di energia. Il glucosio è la più importante fonte di energia per la maggior parte delle forme di vita ed un gran numero di vie cataboliche convergono su di esso. Ad esempio, i polisaccaridi vengono spezzati nei loro monomeri (la glicogeno fosforilasi rimuove i residui di glucosio dal glicogeno). I disaccaridi come il lattosio o il saccarosio vengono scissi nei due monosaccaridi che li compongono. Il glucosio è metabolizzato da un importantissimo processo, ampiamente conservato nelle specie viventi, composto di dieci tappe e chiamato glicolisi, il cui risultato finale è la rottura di una molecola di glucosio in due molecole di piruvato; questo produce anche due molecole di adenosintrifosfato (ATP), l'energia utilizzata dalle cellule, assieme a due equivalenti ridotti convertendo il NAD in NADH. Questo processo non richiede ossigeno; quando l'ossigeno non è disponibile (o le cellule non possono utilizzarlo), il NAD viene ripristinato convertendo il piruvato in lattato (accade ad esempio nell'uomo), oppure in etanolo (nel lievito). Altri monosaccaridi come il galattosio ed il fruttosio possono essere convertiti nei composti intermedi della glicolisi. Nelle cellule aerobiche con sufficiente ossigeno, come la maggior parte delle cellule umane, il piruvato può essere metabolizzato ulteriormente. Esso viene convertito irreversibilmente in acetil-CoA, dando come prodotto di scarto un atomo di carbonio sotto forma di biossido di carbonio, generando un ulteriore equivalente riducente di NADH. Le due molecole di acetil-CoA (da una molecola di glucosio) entrano poi nel ciclo di Krebs, producendo altre due molecole di ATP, sei di NADH e due molecole legate di FADH2, e rilasciando il carbonio restante come biossido di carbonio. Le molecole ridotte di NADH e FADH2 entrano poi nel sistema di trasporto elettronico, nel quale gli elettroni vengono trasferiti ad una molecola di ossigeno, producendo acqua, e gli originari NAD+ e FAD vengono rigenerati. Per questo motivo gli esseri umani inspirano ossigeno ed espirano biossido di carbonio. L'energia di trasferimento degli elettroni dagli stati di alta energia di NADH e FADH2 viene utilizzata per generare altre 28 molecole di ATP (soltanto due erano state prodotte nella glicolisi), per un totale di 32 molecole di ATP. È chiaro che usare ossigeno per ossidare completamente il glucosio, fornisce all'organismo una grande energia, ed è per questo che le forme di vita complesse comparvero sulla Terra soltanto quando nell'atmosfera si accumularono forti quantità di ossigeno. Nei vertebrati, durante la contrazione vigorosa (nel sollevamento pesi o nello sprint, ad esempio) i muscoli scheletrici non ricevono abbastanza ossigeno per sviluppare l'energia richiesta, e così viene impiegato il metabolismo anaerobico, convertendo il glucosio in lattato (acido lattico). Il fegato può rigenerare il glucosio mediante la gluconeogenesi. Questo processo non è esattamente l'opposto della glicolisi e richiede una quantità tripla di energia guadagnata con la glicolisi (vengono utilizzate sei molecole di ATP, mentre nella glicolisi ne vengono prodotte due). Il glicogeno (così come l'amido nelle piante) può essere considerato una riserva di glucosio per le necessità dell'organismo. Il glicogeno conservato nel fegato, infatti, viene utilizzato per riportare alla normalità i livelli ematici di glucosio durante il digiuno. Il glicogeno presente nei muscoli, invece, viene usato esclusivamente per i muscoli stessi, nel corso di impegnativi sforzi contrattili. Le proteine Allo stesso modo dei carboidrati, alcune proteine hanno una funzione strutturale. Ad esempio i movimenti delle proteine actina e miosina sono responsabili della contrazione dei muscoli scheletrici. Una proprietà che molte proteine possiedono è quella di legarsi a particolari molecole o classi di molecole; possono essere estremamente selettive in ciò che legano. Gli anticorpi sono un esempio di proteine che si attaccano ad un tipo specifico di molecole. Infatti l'ELISA (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay), che fa uso di anticorpi, è uno dei più sensibili test che la medicina moderna usa per identificare varie biomolecole. Probabilmente le più importanti proteine sono gli enzimi. Queste sorprendenti molecole riconoscono specifiche molecole reagenti chiamate substrati e sono in grado di catalizzare le reazioni in cui essi sono coinvolti. Abbassando l'energia di attivazione, un enzima riesce a velocizzare una reazione di un tasso di circa 1011 e oltre: una reazione che in condizioni normali impiegherebbe 3000 anni per completarsi spontaneamente, in presenza di enzimi può impiegare meno di un secondo. L'enzima non viene utilizzato nel processo ed è libero di catalizzare la stessa reazione con un nuovo set di substrati. Usando vari agenti modificatori, l'attività dell'enzima può essere regolata, permettendo il controllo della biochimica cellulare nel suo insieme. Composizione Essenzialmente le proteine sono catene di amminoacidi. Un amminoacido è costituito da un atomo di carbonio legato a quattro gruppi: Un gruppo amminico, -NH2; Un gruppo carbossilico, -COOH; (Questi gruppi in particolari condizioni fisiologiche esistono nella forma Zwitterionica come -NH3+ e -COO−) Un atomo di idrogeno disposto sopra al carbonio (C); Un gruppo -R (radicale), differente per ogni amminoacido. In funzione delle proprietà chimiche di tale gruppo, un amminoacido viene classificato come acido, basico, idrofilo (o polare) e idrofobo (o apolare). Esistono venti amminoacidi standard. Alcuni di questi hanno funzioni così come sono oppure in una forma modificata. Il glutammato, ad esempio, è un importante neurotrasmettitore. Gli amminoacidi possono essere legati assieme tramite un legame peptidico. In questa sintesi per disidratazione viene rimossa una molecola di acqua ed il legame peptidico lega l'azoto del gruppo amminico di un amminoacido con il carbonio del gruppo carbossilico dell'amminoacido contiguo. La molecola risultante viene chiamata dipeptide, mentre le corte catene di amminoacidi (di solito meno di 30) prendono il nome di peptidi o polipeptidi e le catene più lunghe sono le proteine. Ad esempio l'albumina, presente nel siero, contiene 585 residui amminoacidici. Struttura La struttura delle proteine è tradizionalmente descritta come una gerarchia a quattro livelli. La struttura primaria di una proteina semplice consiste nella sua sequenza lineare di amminoacidi (ad esempio "alanina-glicina-triptofano-serina-glutammato-asparagina-glicina-lisina-..."). La struttura secondaria consiste nella morfologia locale. Alcune combinazioni di amminoacidi tendono a ripiegarsi in una spirale chiamata α-elica (alcune sono facilmente osservabili nell'immagine schematica più in alto). La struttura terziaria è l'intera struttura tridimensionale della proteina, determinata dalla sequenza degli amminoacidi. Infatti una singola sostituzione può cambiare l'intera struttura. I foglietti β dell'emoglobina contengono 146 residui amminoacidici; la sostituzione del glutammato in posizione 6 con una valina ne cambia il comportamento, provocando l'anemia falciforme. Infine la struttura quaternaria riguarda la struttura delle proteine con più subunità peptidiche, come l'emoglobina che ne possiede 4. Non tutte le proteine hanno più di una subunità. Metabolismo delle proteine Le proteine ingerite vengono di solito scisse in singoli amminoacidi o in dipeptidi nell'intestino tenue e in seguito assorbiti. Possono poi essere ancora legati assieme a formare nuove proteine. I prodotti intermedi della glicolisi, del ciclo di Krebs e della via dei pentoso fosfati possono essere utilizzati per produrre tutti i 20 amminoacidi, e molti batteri e piante posseggono tutti gli enzimi necessari a sintetizzarli. L'uomo ed altri mammiferi invece non possono sintetizzarne la metà: isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e valina, ovvero gli amminoacidi essenziali che devono essere assunti con la dieta. I mammiferi posseggono invece gli enzimi necessari alla sintesi di alanina, asparagina, aspartato, cisteina, glutammato (o acido glutammico), glutammina, glicina, prolina, serina e tirosina. Possono produrre anche arginina ed istidina, ma non in quantità sufficienti per i giovani animali in crescita, quindi anche questi ultimi due amminoacidi vengono di solito considerati essenziali. Se da un amminoacido viene rimosso un gruppo amminico, questo lascia dietro di sé uno scheletro di carbonio chiamato α-chetoacido. Gli enzimi transaminasi possono facilmente trasferire un gruppo amminico da un amminoacido (trasformando quest'ultimo in α-chetoacido) ad un altro α-chetoacido, trasformandolo in amminoacido. Questo processo è molto importante nella biosintesi degli amminoacidi, come per molte altre trasformazioni biochimiche. Gli amminoacidi possono essere anche utilizzati per produrre energia. Tale processo porta l'amminoacido ad essere scisso in una molecola di ammoniaca ed in uno scheletro carbonioso. L'ammoniaca (NH3, esistente in forma di ione ammonio NH4+ nel sangue), ad alte concentrazioni è tossica. Per questo in tutti gli animali si è sviluppato il metodo più adatto alla sua escrezione. Gli organismi unicellulari rilasciano semplicemente l'ammoniaca nell'ambiente. Similmente, i pesci della classe Osteichthyes, o pesci ossei, possono rilasciarla nell'acqua dove è facilmente diluita. In generale i mammiferi convertono l'ammoniaca in urea tramite il ciclo dell'urea, prima della sua espulsione. I lipidi Il termine lipide comprende un gran numero di molecole ed in senso esteso comprende tutti i composti di origine biologica insolubili in acqua o apolari, incluse le cere, gli acidi grassi, i fosfolipidi derivati degli acidi grassi, gli sfingolipidi, i glicolipidi ed i terpenoidi, come retinoidi e steroidi. Alcuni lipidi sono molecole lineari alifatiche, mentre altri hanno una struttura ad anello. Possono essere flessibili oppure rigidi. La maggior parte dei lipidi ha una zona a carattere polare, pur essendo in gran parte apolare. Generalmente il corpo è apolare o idrofobico, cioè non interagisce bene con solventi polari come l'acqua. La testa è invece polare, o idrofila e tende ad associarsi ai solventi polari. Nel caso del colesterolo la parte polare è il gruppo -OH (idrossile o alcol); nel caso dei fosfolipidi i gruppi polari sono più ingombranti e più polari. Gli acidi nucleici Un acido nucleico è una molecola complessa ad alto peso molecolare, composta da catene di nucleotidi, che trasmettono le informazioni genetiche. I più noti acidi nucleici sono il DNA e l'RNA, presenti in tutte le cellule viventi e nei virus. Gli acidi nucleici, chiamati in questo modo per via della loro presenza nel nucleo delle cellule, sono anche detti biopolimeri. I monomeri di cui sono formati sono chiamati nucleotidi, ognuno dei quali ha tre componenti: Una base azotata (purinica o pirimidinica); Uno zucchero pentoso; Un gruppo fosfato Gli acidi nucleici differiscono tra loro per lo zucchero contenuto nelle loro catene. Il DNA (o acido desossiribonucleico), ad esempio, contiene desossiribosio. Anche le basi azotate differiscono nei due tipi di acidi nucleici (DNA ed RNA): adenina, citosina e guanina sono presenti in entrambi, mentre la timina presente nel DNA è sostituita nell'RNA dall'uracile. Relazioni con altre scienze biologiche a scala molecolare I ricercatori in biochimica utilizzano tecniche di ricerca originali, ma combinano sempre più queste nuove tecniche con altre prese in prestito dalla genetica, dalla biologia molecolare e dalla biofisica. Non è mai esistita una precisa linea di demarcazione tra queste discipline in termini di tecniche e contenuti, ma i membri di ognuna di esse sono stati in passato molto "territoriali". I termini biologia molecolare e biochimica sono praticamente intercambiabili. L'immagine seguente è uno schema che illustra le possibili relazioni tra queste discipline. La biochimica è lo studio delle sostanze chimiche e dei processi vitali degli organismi viventi. La genetica è lo studio dell'effetto delle differenze genetiche sugli organismi, che spesso possono essere causate dall'assenza di un normale componente (ad esempio un gene); lo studio degli organismi mutanti, mancanti di uno o più componenti funzionali, con riferimento al cosiddetto "wild-type" o al normale fenotipo. La biologia molecolare è lo studio dei sostegni molecolari del processo di replicazione, trascrizione e traduzione del materiale genetico. Il dogma centrale della biologia molecolare, secondo cui il materiale genetico è trascritto nell'RNA e poi tradotto in proteine, oltre ad essere un modello molto semplificato, può essere considerato un buon punto di partenza per la comprensione in questo campo di indagine. Questo modello, comunque, è in via di revisione, alla luce di nuovi ruoli riguardanti l'RNA. La biologia chimica punta a sviluppare nuovi strumenti basati su piccole molecole che permettono di raccogliere dettagliate informazioni sui sistemi biologici provocando loro minime perturbazioni. Infine la biologia chimica impiega sistemi biologici per creare ibridi artificiali tre biomolecole ed elementi sintetici (ad esempio capsidi virali svuotati che possono diventare vettori per terapie geniche o altri medicinali). Metodologie biochimiche Nell'ultimo ventennio ha assunto sempre maggiore importanza l'analisi chimico-fisica delle biomolecole, con particolare accento alla loro struttura al fine di correlare quest'ultima alla funzione delle molecole stesse. In particolare, tre tecniche sono utilizzate con questi fini: Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare Diffrattometria a raggi X Spettrometria di massa È sempre crescente, inoltre, l'interesse verso studi computazionali/statistici di biomolecole attraverso tre importanti metodologie computazionali: Dinamica molecolare Meccanica quantistica Bioinformatica Note Bibliografia Graeme K. Hunter. Vital Forces. The discovery of the molecular basis of life. San Diego, Academic press, 2000. ISBN 0-12-361810-X. David L. Nelson e Michael M. Cox. I principi di biochimica di Lehninger. IV edizione. Bologna, Zanichelli, 2006. ISBN 978-88-08-19774-0. Lubert Stryer. Biochimica. Bologna, Zanichelli, 1996. ISBN 88-08-09806-0. Donald Voet e Judith G. Voet. Biochimica. Bologna, Zanichelli, 1995. ISBN 88-08-10538-5. Keith Wilson e John Walker (a cura di). Metodologia biochimica. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2001. ISBN 88-7078-687-0. Voci correlate Chimica Chimica Chimica organica Chimica bioinorganica Chimica bioortogonale Chimica alimentare Biochimica clinica Biochimica applicata Citochimica Istochimica Biologia Biologia Biologia molecolare Biologia computazionale Bioinformatica Biologia cellulare Applicazioni Farmacologia Biotecnologia Ingegneria biochimica Proteomica Genetica Ingegneria genetica Genetica molecolare Psichiatria biologica Altro Biofisica Medicina Bioetica Cronologia di biologia e biochimica Altri progetti Collegamenti esterni Biochemistry, 5th ed. Testi completi di Berg, Tymoczko e Stryer, per gentile concessione del NCBI. Biochimica
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Bismuto
Il bismuto è l'elemento chimico di numero atomico 83 e il suo simbolo è Bi. È il quinto elemento del gruppo 15 (gruppo dell'azoto) del sistema periodico (6° periodo), fa parte del blocco p ed è l'elemento che nel gruppo viene dopo l'arsenico e l'antimonio. Come per questi e gli altri elementi del gruppo, le sue valenze principali sono 3 e 5 e gli stati di ossidazione, pur con varia stabilità, vanno da -3 a +5. Fino al 2003 è stato ritenuto l'ultimo elemento non radioattivo. Appare come un metallo pesante, anche se meno del piombo, fragile, di aspetto bianco-roseo, scarso conduttore elettrico e termico; il suo comportamento chimico assomiglia in vari aspetti a quello dell'arsenico e dell'antimonio. Tra i metalli è il più diamagnetico e uno dei peggiori conduttori di elettricità e calore. A differenza dell'arsenico e dell'antimonio, ma anche del piombo, il bismuto è relativamente non tossico. Composti del bismuto esenti da piombo sono usati nell'industria cosmetica e in applicazioni mediche. Caratteristiche Il bismuto è un elemento chimico dal tipico aspetto metallico: mostra la caratteristica lucentezza metallica di colore grigio-argenteo con lieve sfumatura rosata, è un conduttore di elettricità, sebbene in questo sia parecchio scadente, e inoltre è fragile (come pure Sb e As che lo precedono nel suo gruppo). Dopo l'arsenico e l'antimonio che sono considerati metalloidi, il bismuto, tenuto conto anche del suo comportamento chimico, viene per lo più considerato un elemento metallico e, più specificamente, un metallo di post-transizione, sebbene venga talvolta descritto come metalloide. Insieme al silicio, gallio e germanio è un elemento che, a pressione ambiente, diminuisce di volume (aumenta di densità) all'atto della fusione, come accade per l'acqua. In forma finemente suddivisa, per riscaldamento in aria può infiammarsi e bruciare con fiamma blu, producendo fumi gialli di ossido di bismuto (Bi2O3). Da un punto di vista fisico, a temperatura e pressione ambiente il bismuto non è un metallo, ma un semimetallo: il minimo della sua banda di conduzione è collocato più in basso in energia del massimo della sua banda di valenza (come accade nello stato metallico), sebbene di pochissimo, ma il massimo e il minimo sono situati a valori diversi del vettore d'onda. La minima ricopertura delle bande (≈ 10 meV) e lo scarto nel loro posizionamento sono i fattori che limitano la conduzione elettrica: la resistività del bismuto (ρ = 130×10-8 Ω·m) è perfino maggiore di quella dell'antimonio (40×10-8 Ω·m) e dell'arsenico (30×10-8 Ω·m), anch'essi fisicamente semimetalli, nonostante siano elementi chimicamente meno metallici rispetto ad esso; d'altro canto, lo stesso andamento qualitativo trova riscontro nella loro conducibilità termica (As > Sb > Bi). Strutture cristalline Il bismuto ha varie strutture cristalline in dipendenza delle condizioni di temperatura e pressione. In condizioni ambiente la struttura termodinamicamente stabile (α-Bi) è analoga a quella comune all'arsenico (arsenico grigio, α-As) e all'antimonio (α-Sb). La struttura è romboedrica e consiste in strati increspati, sovrapposti, di atomi bismuto. Questi sono disposti sopra e sotto il piano medio di ogni strato; in un dato strato questi atomi formano anelli esagonali in conformazione a sedia e gli esagoni sono connessi fra loro con giunzioni trans (come nella trans-decalina). Ogni atomo di bismuto in uno strato è legato a 3 primi vicini e la distanza Bi–Bi è di 307 pm, con un angolo Bi-Bi-Bi di 95,5° (109,5° idealmente nell'anello del cicloesano); inoltre, è meno fortemente legato a tre atomi Bi dello strato sottostante con distanze di 353 pm, valore che è alquanto inferiore al doppio del raggio di van der Waals di Bi (414 pm). in questa struttura il suo coefficiente dell'effetto Hall è il più alto di ogni altro elemento metallico. A pressioni di ~8 GPa e oltre la struttura stabile diviene quella cubica a corpo centrato, struttura comune in molti metalli. Strutture molecolari La molecola Bi4, che si suppone sia analoga a quelle dei congeneri superiori (P, As, Sb), è stata indagata con calcoli quantomeccanici. Sono state trovate due strutture che sono minimi locali sulla superficie di energia potenziale. La più stabile è tetraedrica regolare, esattamente analoga alla ben nota molecola P4, con simmetria molecolare Td; i legami Bi–Bi risultano lunghi 301,6 pm e gli angoli sono ovviamente di 60°. L'altra struttura, meno stabile rispetto alla prima di 162,0 kJ/mol, ha simmetria molecolare C2v e consta di due triangoli isoscele uniti per la base, come nel biciclobutano. Il legame centrale (la base del comune dei triangoli) è di 315,2 pm (> 301,6 pm), gli altri sono più corti, 296,1 pm. La dissociazione di Bi4 in due molecole Bi2 (Bi≡Bi) è calcolata essere esotermica per 270,9 kJ/mol e la dissociazione di Bi2 in due atomi richiede 232,2 kJ/mol. Cristalli artificiali Il bismuto in forma altamente pura può formare cristalli iridescenti con colori gialli, blu, rosa-porpora, verde scuro, generalmente venduti come oggetto di collezionismo. Il colore si origina dall'interferenza che si crea nel sottile strato di ossido di bismuto, che è di spessore variabile e confrontabile con la lunghezza d'onda della luce visibile. Isotopi Il bismuto, come anche il fosforo e l'arsenico che lo precedono nello stesso gruppo 15, è un elemento mononuclidico: l'unico isotopo presente in natura è 209Bi (spin 9/2-). Questo isotopo, come si è scoperto nel 2003, è radioattivo (vide infra), per cui il bismuto, a differenza di P e As, non è un elemento monoisotopico. Questo isotopo è dotato di spin nucleare e questo permette così di usare la tecnica della risonanza magnetica nucleare per i composti di bismuto. Instabilità dell'elemento Il bismuto è stato a lungo creduto l'ultimo elemento stabile (non radioattivo) della tavola periodica. La sua instabilità, sospettata teoricamente fin dal 1972, ha avuto una conferma sperimentale solo nel 2003, quando i ricercatori dell'Institut d'Astrophysique Spatiale di Orsay hanno misurato il tempo di dimezzamento per decadimento alfa dell'isotopo 209Bi, ricavando il valore di  anni, un tempo che è oltre un miliardo di volte superiore all'attuale stima dell'età dell'Universo. Pertanto, ai fini pratici il bismuto può essere di fatto considerato un elemento stabile per qualsiasi applicazione e può essere trattato come ogni altro materiale non radioattivo; benché a livelli praticamente nulli, inferiori a quelli dovuti al carbonio-14 normalmente contenuto nel corpo umano, la radioattività del bismuto è di interesse accademico in quanto prevista teoricamente prima dell'osservazione sperimentale in laboratorio. Il 209Bi decade emettendo una particella alfa (nucleo 4He) trasformandosi in 205Tl, il secondo dei due isotopi stabili del tallio; l'energia di decadimento è 3,137 MeV. Isotopi radioattivi Oltre al 209Bi, si conoscono altri 35 radionuclidi del bismuto, aventi numeri di massa compresi tra A = 184 e A = 219. Il 205Bi (spin 9/2-) decade per emissione di positrone (β+) per dare piombo-205, rilasciando 1,686 MeV, con un'emivita è di 15,3125 giorni; il Pb-205 così prodotto è radioattivo e decade per cattura elettronica (ε) a tallio-205 (T½ = 1,73×107 anni; ΔΕ = 50,5 keV), che è stabile. Il 206Bi (spin 6) decade per emissione di positrone (β+) per dare piombo-206 (stabile), rilasciando 2,735 MeV, con un'emivita è di 6,243 giorni. Il 207Bi (spin 9/2-) decade per emissione di positrone (β+) per dare piombo-207 (stabile), rilasciando 1,375 MeV, con un'emivita è di 32,978 anni. Il 208Bi (spin 5) decade per emissione di positrone (β+) per dare piombo-208 (stabile), rilasciando 1,856 MeV, con un'emivita è di 367.834 anni. Il 210Bi (spin 1-) in quasi il 100% dei casi decade per il emissione di elettrone (β-) per dare polonio-210, rilasciando 1,161 MeV; il polonio-210 così prodotto è radioattivo e decade alfa a piombo-206 (stabile), rilasciando 5,407 MeV; in piccolissima percentuale (0,000132%) il 210Bi decade alfa a tallio-206, rilasciando 5,0364 MeV; il tallio-206 così prodotto decade β- a piombo-206 (T½ = 4,202 minuti; ΔΕ = 1,532 MeV), che è stabile. L'emivita complessiva di 210Bi è di 5,012 giorni. Di questo isotopo è noto uno stato eccitato (metastabile) a 271,31 keV sopra il livello fondamentale, il 210mBi (spin 9-); decade alfa a tallio-206, con emivita di 3,04×106 anni. Il 211Bi (spin 9/2-) in quasi il 100% dei casi decade alfa per dare tallio-207, rilasciando 6,750 MeV; il tallio-207 così prodotto è radioattivo e decade β- a piombo-207 (stabile), rilasciando 1,418 MeV; in piccolissima percentuale (0,276%) il 211Bi decade β- a polonio-211, rilasciando 574,09 keV; il polonio-211 così prodotto decade alfa a piombo-207 (T½ = 515 millisecondi; ΔΕ = 7,594 MeV), che è stabile. L'emivita complessiva di 211Bi è di 2,14 minuti. Applicazioni Viene usato principalmente nel campo siderurgico e per preparare leghe a basso punto di fusione come quelle per i fusibili. L'ossicloruro di bismuto è molto usato nell'industria cosmetica mentre il subnitrato di bismuto ed il subcarbonato di bismuto trovano uso in medicina. Il subsalicilato di bismuto è usato come farmaco anti-diarroico. Tra gli altri usi si annoverano: produzione di forti magneti permanenti, in lega con il manganese; applicazione in sistemi antincendio di molte leghe di bismuto che hanno bassi punti di fusione; come additivo del ferro per renderlo malleabile; realizzazione di catalizzatori per la produzione di fibre acriliche; produzione di termocoppie; come refrigerante nel reattore nucleare al piombo, allo stato liquido in lega eutettica con il piombo; realizzazione di leghe per saldatura, anche perché queste si espandono leggermente per raffreddamento; realizzazione di smalti vetrosi usati per finissaggi iridescenti di cui il subnitrato di bismuto è un componente; come scintillatore inorganico utilizzato nella PET (germanato di bismuto); come sostituto dell'acciaio per simulazioni fluidodinamiche in campo di ricerca siderurgico Dai primi anni novanta il bismuto è oggetto di studio come sostitutivo non tossico del piombo in diversi materiali come ceramiche e smalti, specialmente per quelli destinati al contatto con i cibi. A partire dagli anni 2000 viene utilizzato in alternativa al piombo per il caricamento di munizioni da caccia. Recenti ricerche (2007) hanno utilizzato il bismuto per realizzare dei superconduttori a bassa temperatura (). Questi superconduttori mostrano proprietà molto interessanti e potrebbero essere utilizzati nelle future macchine per l'imaging a risonanza magnetica. Storia Non è possibile stabilire con certezza se la scoperta del bismuto sia stata opera di un alchimista o di una persona che lavorava con i minerali di bismuto. Sembra che attorno alla metà del XV secolo venisse utilizzata una nuova lega per produrre i caratteri di stampa nella cui formula segreta il bismuto svolgeva un ruolo fondamentale. Anche l'origine del nome non è molto chiara: deriva da una parola tedesca Wismut dal significato incerto, forse col significato di metallo bianco o forse derivato dal toponimo di una miniera. Anche su chi ne ha latinizzato il nome agli inizi del XVI secolo in bisemutum c'è incertezza: alcuni indicano G. Bauer, chiamato anche Agricola, mentre altri parlano di Paracelso. Data la sua somiglianza con lo stagno e il piombo, il bismuto nell'antichità fu confuso con questi. Fu Claude Geoffroy Junine nel 1753 a dimostrare che si trattava di un elemento a sé. Disponibilità I più importanti minerali del bismuto sono la bismutinite e la bismite. Canada, Bolivia, Giappone, Messico e Perù sono i principali produttori. Il bismuto prodotto negli Stati Uniti d'America è principalmente un sottoprodotto della lavorazione dei minerali di rame, oro, argento, stagno e soprattutto del piombo. Note Bibliografia Voci correlate Gallato di bismuto Idruro di bismuto Solfato di bismuto Nitrato di bismuto Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Metalli
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Barry Cunliffe
È stato professore di archeologia europea all'Università di Oxford dal 1972 al 2007. Nel 1963 divenne Lecturer presso l'Università di Bristol. Affascinato dai resti romani nei pressi di Bath si lanciò in un programma di scavi e pubblicazioni. La sua energia e la sua intelligenza lo fecero distinguere, e nel 1966 divenne un inusualmente giovane professore di Archeologia del dipartimento appena fondato presso l'Università di Southampton. Lì venne coinvolto negli scavi (1961-8) della villa romana di Fishbourne, solitamente chiamata Palazzo per la sua estensione. Si allontanò dal periodo romano per dedicarsi all'Età del Ferro: iniziò una lunga serie di scavi (1969-1988) a Danebury nello Hampshire. Continuò il suo lavoro a Danebury anche dopo esser trasferito a Oxford nel 1972, e attualmente è coinvolto nel Danebury Environs Project. Il suo interesse per l'Età del Ferro lo ha portato a produrre numerose pubblicazioni e a diventare un'autorità riconosciuta sulla civiltà celtica. È stato a capo del Museo di Londra. Attualmente è Emeritus Professor all'Università di Oxford. Libri The Roman Occupation, Introduction, Cumberland and Westmorland, The Buildings of England, Nikolaus Pevsner, Harmondsworth: Penguin (1967) Roman Hampshire, Introduction, Hampshire and the Isle of Wight, The Buildings of England, Nikolaus Pevsner, Harmondsworth: Penguin (1967) The Roman Occupation, Introduction, Worcestershire, The Buildings of England, Nikolaus Pevsner, Harmondsworth: Penguin (1968) Roman Kent, Introduction, North East and East Kent, The Buildings of England, Nikolaus Pevsner, Harmondsworth: Penguin (1969) Fishbourne: A Roman Palace and Its Garden (1971) The Regni (1973) in the 'Peoples of Roman Britain series Ed.Keith Brannigan, pub. Duckworth (1973) ISBN 0-7156-0699-9 Iron Age Communities in Britain (1974) ISBN 0-7100-8725-X (4th edition, Jan 2005) Excavations in Bath 1950-1975 (1979) Danebury: Anatomy of an Iron Age Hillfort (1983) Roman Bath Discovered (1984) The Celtic World (1987) Greeks, Romans and Barbarians (1988) Wessex to AD 1000 (1993) The Ancient Celts (1997) ISBN 0-14-025422-6, 2nd edition (2018). Facing the Ocean: The Atlantic and Its Peoples, 8000 BC to AD 1500 (2001, Oxford University Press) The Oxford Illustrated History of Prehistoric Europe (2001) The Extraordinary Voyage of Pytheas the Greek: The Man Who Discovered Britain (2001), Walker & Co; ISBN 0-8027-1393-9 (2002 Penguin ed. with new post-script: ISBN 0-14-200254-2) The Celts: A Very Short Introduction (2003), Oxford University Press England's Landscape: The West (English Heritage 2006) Europe Between the Oceans: 9000 BC-AD 1000 (2008) ISBN 0-300-11923-2 A Valley in La Rioja: The Najerilla Project, with Gary Lock (Oxford Univ School of Archaeology 2010) Druids: A Very Short Introduction (2010), Oxford University Press Celtic from the West. Alternative perspectives from archaeology, genetics and literature. (Oxford: Oxbow Books). 2010. Britain Begins (Oxford University Press 2012) By Steppe, Desert, and Ocean: The Birth of Eurasia (Oxford University Press 2015) On the Ocean: The Mediterranean and the Atlantic from prehistory to AD 1500 (Oxford University Press 2017) ISBN 978-0198757894 The Scythians: Nomad Warriors of the Steppe (Oxford University Press 2019) Collegamenti esterni Cavalieri dell'Ordine dell'Impero Britannico Membri della Society of Antiquaries of London
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Bastia Umbra
Bastìa Umbra (La Bastia in dialetto bastiolo) è un comune di abitanti della provincia di Perugia in Umbria, situato nella Valle Umbra, tra Perugia ed Assisi, lungo il fiume Chiascio. Geografia fisica Territorio Altitudine media: Altitudine massima: Altitudine minima: Clima Classificazione climatica: zona D, 1994 GG Il comune di Bastia Umbra è l'unico in Umbria che si estende completamente su un'area pianeggiante della parte settentrionale della Valle Umbra, posta a circa Il clima corrisponde più propriamente alle caratteristiche delle regioni centrali tirreniche italiane. Gli inverni e gli autunni tendono ad essere non troppo rigidi, non di rado ritroviamo il fenomeno della nebbia in special modo in autunno e inverno, dalla fine di novembre fino ai primi di marzo sono possibili estese brinate e gelate notturne. La zona è scarsamente nevosa grazie alla protezione della catena appenninica anche se non è insolito assistere a delle nevicate solitamente coreografiche. In corrispondenza dell'autunno e della primavera abbiamo le piogge più consistenti che accompagnano le perturbazioni atlantiche o comunque precedute da una ventilazione meridionale. Le estati tendono ad essere calde, talvolta afose e scarsamente piovose. La pioggia che precipita in questo periodo dell'anno è legata quasi sempre al fenomeno del temporale di calore. Idrografia Nel territorio di Bastia Umbra scorrono tre corsi d'acqua: il fiume Chiascio, il torrente Tescio e il fosso Cagnola. Gli ultimi due sfociano entrambi nel Chiascio. Storia Sono presenti resti di strutture e tracce archeologiche attribuite all'epoca romana. La località è attestata nell'XI secolo, quando il luogo era chiamato Insula, forse a causa delle numerose inondazioni del fiume Chiascio e alle paludi, risultato del prosciugamento dell'antico Lacus Umber, che avrebbe conferito alla piccola altura l'aspetto di un'isola o di una penisola. La notizia risale all'anno 1053 e proviene dal sermone di san Pier Damiani su san Rufino, dove gli abitanti della località sono chiamati Isolani. Il toponimo compare nei documenti d'archivio fino al XIV secolo, come Insula Romana o Romanesca. In un primo tempo, il borgo parteggiò per Assisi e nel 1319 rallentò la marcia delle truppe perugine, resistendo ai loro assalti per sette mesi. Quando alla fine si arrese, fu devastata e le sue fortificazioni furono distrutte, ma ben presto furono ricostruite e il nome di Bastia le fu dato proprio grazie alle sue imponenti opere militari, alle mura ed al castello dotato di 17 torrioni (o "bastioni"). Nel 1340 il castello di Bastia faceva ancora parte del territorio di Assisi, Nel 1380 il comune di Assisi stabilì che si ricostruissero, presso l'Isola, gualchiere e mulini e che venisse fortificato il castello. Lo stemma recava un vomere, testimonianza di un'economia basata prevalentemente sull'agricoltura. Nel 1397 divenne signore del castello di Bastia il perugino Biordo Michelotti. Nel 1419 Bastia fu presa dal capitano di ventura Braccio da Montone. Dopo essere ritornata brevemente sotto Assisi, nel 1431 si dette a Malatesta Baglioni e rimase sotto il dominio di questa famiglia fino al 1580, quando passò a Filippo Boncompagni, nipote del papa Gregorio XIII. Per concessione del pontefice, cominciò a tenersi, fin dal 1581, una fiera, che durava dal 17 al 25 settembre di ogni anno. Nel 1614 Bastia si dava un proprio statuto, staccandosi così per sempre dal comune di Assisi. Nel 1808 insieme al resto dell'Umbria, fu invasa dall'esercito di Napoleone Bonaparte; nel 1816 ritornò sotto lo Stato Pontificio, finché nel 1861 entrò a far parte del Regno d'Italia. Nel 1832 e nel 1854 gravi terremoti colpirono anche Bastia, come altri centri dell'Umbria, provocando ingenti danni alle abitazioni ed agli edifici pubblici. Nel 1926 prese il nome di Bastia Umbra, per distinguerla da altre località aventi lo stesso toponimo. Durante la seconda guerra mondiale subì bombardamenti che colpirono in particolare gli opifici, la ferrovia e i ponti sul fiume Chiascio. Dal secondo dopoguerra fino a tutti gli anni novanta del XX secolo ha conosciuto una forte crescita demografica, urbanistica ed economica, grazie alla presenza di stabilimenti industriali (settori alimentare, del tabacco, metalmeccanico, dell'arredamento ed abbigliamento) e di varie piccole-medie imprese agricole, artigianali e commerciali. Nel 1978 è stato inaugurato il centro fieristico regionale chiamato Umbriafiere, che nel 1987 è stato intitolato a Lodovico Maschiella, politico e giornalista, già sindaco di Bastia Umbra. Simboli Lo stemma e il gonfalone del comune sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 24 settembre 2010. Il gonfalone è un drappo di bianco. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Chiesa collegiata di Santa Croce La chiesa collegiata di Santa Croce, situata in piazza Mazzini, venne costruita nel 1295, unitamente ad un convento, dall'ordine dei frati minori. Il convento ospitò per qualche tempo il beato Corrado da Offida, famoso predicatore francescano, che morì a Bastia nel 1306, mentre stava annunciando l'Avvento. I frati minori lasciarono Santa Croce nel 1653 al clero regolare per la volontà pontificia di chiudere i piccoli conventi. Nel 1788 la chiesa assunse il titolo di chiesa collegiata e parrocchiale: nel 1962 la sede della parrocchia fu trasferita nella chiesa di San Michele Arcangelo. L'edificio si presenta con una facciata rivestita in pietra bicroma del Monte Subasio, tetto a capanna, rosone centrale e portale centrale con lunetta dipinta da Domenico Bruschi (Sant'Elena fra San Sebastiano e San Michele Arcangelo, 1886). La chiesa, a navata unica, conserva molte opere fra le quali il Polittico di Sant'Angelo (1499), opera di Nicolò Alunno.; Madonna con Gesù Bambino e angeli (inizio XVI secolo) di ambito umbro-toscano; Madonna con Gesù Bambino e San Luca evangelista (1510) di Tiberio d'Assisi; Miracoli di sant'Antonio abate (XVII secolo) di Cesare Sermei. A Domenico Bruschi si deve la decorazione della navata, delle cappelle laterali, del presbiterio e dell'abside, eseguita nel 1886; le vetrate (1903, 1923) sono opera della famiglia perugina Moretti-Caselli. Il campanile, che si innalza alla destra della chiesa, è stato eretto tra il 1835 e il 1839 su progetto dell'architetto Domenico Antonelli; tale campanile non è molto elevato in quanto la sua altezza originale è stata in seguito ridotta di un terzo per via dei danni che riportò a causa del terremoto che colpì Bastia nel 1854. Conserva 5 campane a slancio, fuse dalla fonderia Sini di Acquapendente (VT) alcuni anni dopo l'edificazione della torre, ed esattamente nel 1847. La mezzana, cioè la seconda campana più grande, è stata successivamente rifusa dalla fonderia De Poli di Vittorio Veneto (TV) nel 1935; in seguito anche la campana più piccola ha subito una rifusione nel 2004, ad opera della fonderia Capanni di Castelnovo ne' Monti (RE). Nel 1987 le campane sono state tutte quante elettrificate. Sono utilizzate per gli Angelus e per il richiamo delle messe della chiesa di San Rocco e della parrocchia di San Michele Arcangelo. Dopo il sisma del 1997 la chiesa ha dovuto subire un lungo restauro finalizzato al consolidamento e al restauro della struttura, ha riaperto ufficialmente al culto nel 2012. Chiesa di San Paolo delle Abbadesse La chiesa di San Paolo delle Abbadesse si trova al di fuori del nucleo abitato, oggi annessa al cimitero comunale, costruito nel 1862. È situata presso la confluenza del torrente Tescio con il fiume Chiascio. L'edificio venne eretto tra l'XI e il XII secolo. Si presenta con un'unica navata con copertura a capanna e campanile a vela. L'abside semicircolare, esternamente decorato da semicolonne, mensole e archetti, presenta al centro una bifora sormontata da un rilievo con due colombe. Nel XII secolo apparteneva ad un monastero benedettino femminile, che nel 1212 accolse santa Chiara d'Assisi. Chiesa di San Rocco La chiesa di San Rocco è situata all'angolo di via Roma con via Veneto. Venne edificata nei primi decenni del XVI secolo, come ex voto degli abitanti al santo, dopo una pestilenza. La chiesa è simbolo dell'omonimo rione. Al suo interno sono conservati: un gonfalone processionale raffigurante la Madonna con Gesù Bambino fra San Sebastiano e San Rocco (XVI secolo) di Dono Doni; una statua di San Rocco (inizio XVI secolo) di bottega umbra; il gonfalone processionale con la Madonna della Misericordia fra Sant'Antonio abate e Sant'Antonio da Padova (XVI secolo) di Bernardino di Mariotto. Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo La chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo sorge in piazza Mazzini, sul luogo dove un tempo si trovavano due chiese dedicate rispettivamente a Sant'Antonio Abate e alla Buona Morte. Fu costruita su iniziativa dell'allora parroco, don Luigi Toppetti, e progettata dall'architetto Antonio Bindelli, consacrata ed aperta al culto il 29 settembre 1962. Vi si conservano il portale centrale in bronzo (1962) di Umbro Battaglini, due statue lignee della Madonna, di San Michele Arcangelo e il Presepe (1962) di Flavio Pancheri. Le pale degli altari laterali raffiguranti il Sacro Cuore e la Madonna del Rosario (1962) sono opera di Edgardo Abbozzo. Inoltre, nel battistero sono collocate: la Madonna addolorata (fine XIX secolo) di Vincenzo Rosignoli e Gesù Cristo crocifisso (inizio XVI secolo). Chiesa di San Marco Evangelista La chiesa di San Marco Evangelista si trova in via Guido Tozzoli, tra i quartieri di XXV Aprile e Santa Lucia; è stata fortemente voluta dall'omonima parrocchia, che per anni ha avuto la sua sede in una piccola sala di un complesso commerciale; la costruzione della chiesa, dalle forme architettoniche moderne, è iniziata nella seconda metà degli anni 2010 e la sua inaugurazione e consacrazione era inizialmente prevista per la Pasqua del 2020 ma a causa della pandemia del COVID-19 ed al conseguente lockdown i lavori di rifinitura sono stati rimandati all'autunno, la chiesa è stata dunque consacrata ed aperta al culto il 25 dicembre del 2020, mentre l'inaugurazione civile ufficiale è avvenuta il 25 aprile del 2021 (giorno della festa del santo a cui la chiesa è intitolata). Monumenti Auditorium di Sant'Angelo L'ex chiesa di Sant'Angelo, situata in piazza Umberto I, si trova dentro il castello ed era la più antica chiesa della città. L'edificio, ricostruito agli inizi del XV secolo, è caratterizzato da una navata unica con copertura a capanna impostata su tre archi a sesto acuto. La facciata era scandita da due ingressi e da un oculo di cui ancora si leggono le tracce; nella muratura è inserito un frammento di lapide funeraria romana. I Baglioni, fra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, arricchirono l'interno con numerose opere, commissionate a pittori di scuola umbra (Niccolò Alunno, Tiberio d'Assisi, Orazio Merlini). Dal 1788, in seguito alla spostamento della sede priorale nella chiesa di Santa Croce, diventata la nuova sede parrocchiale, perse gradualmente importanza. Sconsacrato, e trasferite nel 1899 le opere in Santa Croce, venne utilizzato come deposito. All'inizio del XX secolo fu adibito a sala cinematografica e teatrale della parrocchia. Nel 1955 venne venduto da questa a privati che lo trasformarono in magazzino. Dopo aver subito gravi danni a seguito del sisma del 1997, il comune ha acquisito la proprietà dell'edificio per poterlo ristrutturare ed adibire ad auditorium cittadino. I lavori di ristrutturazione sono partiti nell'ottobre del 2012 e sono terminati l'8 gennaio 2014 per quanto riguarda la parte esterna ed a novembre 2017 sono terminati quelli all'interno; l'inaugurazione dell'auditorium ha avuto quindi luogo il 2 dicembre 2017. Rocca baglionesca La Rocca baglionesca, situata fra piazza Umberto I e via della Rocca, è un edificio fortificato caratterizzato dall'andamento speronato del basamento (quasi privo di aperture), da possenti bastioni poligonali sporgenti verso l'esterno e da torri angolari. Nel 1431 divenne sede della famiglia Baglioni che la ricostruirono e consolidarono. Dal XVI secolo, sotto il potere dello Stato della Chiesa, perse la sua funzione militare e venne abbandonata, solo all'inizio del Seicento fu adibita a monastero benedettino femminile. All'interno della Rocca si trova la chiesa di Sant'Anna, realizzata nel XVIII secolo grazie al contributo economico della contessa perugina Artemisia Baldeschi, e caratterizzata da un'unica navata. Al suo interno sono conservate due tele una con la Madonna con Gesù Bambino fra i Santi Anna, Francesco e Chiara di Francesco Provvidoni (XVIII secolo) e l'altra con San Benedetto di Francesco Appiani (XVIII secolo). Porta Sant'Angelo La porta Sant'Angelo, risalente al XIII secolo, è rivolta verso ovest ed è quella meglio conservata tra le cinque porte dell'antico borgo. Al di sopra della volta d'ingresso si trovano due fenditure laterali, che servivano per alloggiare i meccanismi di manovra del ponte levatoio, sostituito successivamente da un piccolo ponte in muratura. Il fossato antistante era alimentato dal fiume Chiascio. Nei primi decenni del Novecento il fossato venne interrato e il ponte demolito per lasciare spazio alla carreggiata stradale. I merli in laterizio che coronano la terminazione della porta sono stati ricostruiti nell'intervento di restauro del 1931. Altri monumenti Ponte sul Chiascio Il ponte sul Chiascio venne realizzato alla confluenza del torrente Tescio nel fiume Chiascio tra il 1546 e il 1548, su progetto dell'architetto Galeazzo Alessi, per incarico del papa Paolo III. I sostegni delle tre arcate sono decorati da due grandi oculi contenenti rispettivamente le insegne del pontefice committente e di papa Gregorio XIII, che lo fece consolidare fra il 1579 e il 1581. Il monumento a Colomba Antonietti, situato in piazza Cavour, venne eretto di fronte alla sede municipale in ricordo dell'eroina risorgimentale, nata a Bastia Umbra nel 1826 e morta nel 1849 presso la porta San Pancrazio a Roma combattendo in difesa della Repubblica Romana. Il monumento attuale venne costruito nel 1964, in sostituzione di un altro, opera di Vincenzo Rosignoli, eretto nel 1910 in piazza Mazzini, di cui riutilizza in parte l'impianto decorativo. Il conservone torre dell'acquedotto, costruito nel 1963, e sito all'incrocio tra Viale Umbria, Via San Costanzo, Via Vietnam e Via San Michele Arcangelo. A partire dal 2008 tale edificio la sera viene illuminato con i colori dei rioni cittadini. Nel mese successivo alla fine del Palio de San Michele (ultima decade di settembre) è rischiarato dal colore del rione vincitore dell'edizione appena conclusa. Il Centro Gruppi Famiglia, costituito da tre volumi in cemento armato, di pianta rettangolare, fu progettato alla fine degli anni settanta dall'architetto Renzo Piano. Due delle strutture presentano una chiusura vetrata sui lati corti, che può essere oscurata da pannelli scorrevoli in legno. Gli edifici, ad oggi dismessi e fatiscenti, erano impiegati per finalità sociali. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Al 31 dicembre 2022 la popolazione straniera era di 1.972 persone, pari al 9,21% dei residenti. Lingue e dialetti Il dialetto bastiolo appartiene al sottogruppo dei dialetti para-mediani, così come accade in tutta l'Umbria nord-occidentale. Perugia dista poco più di 15km, pertanto è notevole l'influenza del dialetto perugino, con il quale le differenze sono fonetiche più che lessicali o grammaticali. Nonostante ciò tanto basta per non considerare il bastiolo una varietà del perugino (mancano i tratti caratteristici come /æ/ in sillaba interna, t e d retroflesse). Questa divergenza è dovuta all'ulteriore vicinanza con Assisi (7km), che invece parla un dialetto di transizione con quelli mediani. Tradizioni e folclore In onore del patrono di Bastia Umbra (san Michele Arcangelo festeggiato il 29 settembre), dal 19 al 29 settembre, ha luogo, dal 1962, il palio de San Michele sfida tra i quattro rioni della città con tre prove che si svolgono tutte in Piazza Giuseppe Mazzini, la principale piazza cittadina: I rioni cittadini che partecipano al palio sono: il rione Moncioveta, a sud, simboleggiato dalla fonte Moncioveta e dal colore rosso; il rione Portella, a nord, identificato dalla più piccola delle porte cittadine, detta "Portella", dal ponte sul Chiascio e dal colore blu; il rione San Rocco, a est, simboleggiato dalla facciata della chiesa di San Rocco e dal colore verde; il rione Sant'Angelo, a ovest, rappresentato dal prospetto della porta Sant'Angelo e dal colore giallo. Nella domenica di Pasqua, la processione della Rinchinata propone il rito tradizionale dell'incontro tra Gesù Cristo risorto con la Madonna. Due processioni, condotte dalla Confraternita della Buona Morte e Cristo Redentore, partono dalla chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo e dalla chiesa collegiata di Santa Croce, trasportando l'una la statua di Gesù Cristo risorto, l'altra quella della Madonna addolorata. Quando i simulacri giungono a poca distanza l'uno dall'altro si salutano con un inchino: dalla simultaneità del movimento, si traggono auspici per l'anno in corso e per il raccolto. Cultura Eventi Agriumbria (fine marzo-inizio aprile): si tiene al centro fieristico regionale Umbriafiere ed è una fiera agricola e zootecnica di livello nazionale, dove vengono esposti animali (sia quelli da stalla che quelli da cortile), macchinari per i lavori agricoli di nuova produzione e tutti i vari prodotti che concernono il mondo dell'agricoltura e dell'allevamento. Ha raggiunto visitatori nel 2016. Mostra mercato internazionale d'Antiquariato di Assisi (aprile): si tiene a Umbriafiere ed è una mostra per collezionisti, storici dell'arte. Caccia Village (maggio): si tiene a Umbriafiere, con oltre 300 espositori, è una fiera dedicata a caccia, pesca e tiro a volo. Nel 2014 la manifestazione ha raggiunto visitatori. Amministrazione Sede municipale: piazza Cavour, 19 - 06083 Bastia Umbra (PG) Gemellaggi Sport Calcio La principale squadra di calcio della città è lA.C. Bastia 1924 Calcio che milita in Promozione (2023-2024). A partire dal 2001, nei primi giorni di gennaio viene organizzato il Torneo Internazionale di Calcio Città di Bastia – Fratelli Medici riservato alle squadre della categoria giovanissimi. Le altre squadre di calcio della città sono lA.S.D. Ospedalicchio che milita nel girone A umbro di Prima Categoria e la Pol. Costano che milita nella seconda categoria. Si aggiunge l'A.S.D. Athletic Club Bastia fondata nel 2012, che nella stagione 2019/20 è approdata in Promozione. Pallavolo La Sir Safety Bastia era la squadra di pallavolo maschile, che arrivò fino alla serie A1; dalla stagione 2010-2011 la squadra si è trasferita a Perugia, così da poter disputare le proprie partite casalinghe al Pala Evangelisti, ed ha assunto la denominazione di Sir Safety Umbria Volley Perugia. A Bastia Umbra ha avuto sede anche una squadra di pallavolo femminile, lEdilizia Passeri Bastia che ha militato dal 2009 al 2016 nel campionato nazionale di serie B1. Attualmente la formazione femminile dell'Ass. Dil. Bastia Volley partecipa al campionato regionale di serie C. Podismo Nel mese di dicembre si tiene lInvernalissima, una mezza maratona di : l'edizione 2013 ha contato iscritti. Il 25 aprile viene organizzata una gara di podismo chiamata Cross Country, riservata ai ragazzi fino ai 18 anni. Altri sport A Bastia Umbra è praticata l'atletica leggera (società AS Athlon), la pallamano (società Asalb), il pattinaggio artistico (A.S.D. S'Egidio), il nuoto, il cui Centro Sportivo ha una sezione agonistica, il ciclismo (U.C. Bastia) la ginnastica ritmica (A.S.D Gymnica Bastia) e la danza moderna ed il lyrical jazz (Artedanza). Inoltre, sono presenti due associazioni di pesca sportiva, pluridecorate a livello regionale e nazionale: Pesca Club Bastia e APS Bastia, la cui sezione "Bass Division Spinning Club" è stata anche campione mondiale a coppie nel 2006 in Portogallo. Note Voci correlate Provincia di Perugia Altri progetti Collegamenti esterni
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Baci rubati
Baci rubati (Baisers volés) è un film del 1968 diretto da François Truffaut. Girato a Parigi dal 5 febbraio al 28 marzo 1968 e proiettato per la prima volta in pubblico il 6 settembre 1968. Costituisce il terzo capitolo della saga dedicata al personaggio di Antoine Doinel, interpretato da Jean-Pierre Léaud. Trama Il giovane Antoine Doinel, riformato dal servizio militare per instabilità di carattere, ritorna dalla sua fidanzata, Christine Darbon. Lavora come portiere di notte in un albergo, ma viene licenziato perché aiuta involontariamente un detective a cogliere in flagrante un'adultera. Viene assunto dallo stesso detective ed è incaricato di sorvegliare le commesse del negozio di scarpe del signor Tabard, ma s'innamora perdutamente della moglie dello stesso Tabard, con la quale avrà un incontro amoroso. Viene nuovamente licenziato dall'agenzia investigativa e diventa tecnico riparatore di televisori. Un giorno Christine, che non lo ha mai dimenticato, rompe il suo apparecchio televisivo e chiama Antoine per ripararlo. Antoine, ormai maturo, fa l'amore con lei e le chiede di sposarlo. I due fidanzatini siedono tranquilli su una panchina, quando un uomo misterioso, che da tempo pedinava Christine, si fa avanti e rivela alla ragazza il proprio amore, assoluto e «definitivo», dicendosi certo che ella saprà abbandonare il mondo del provvisorio per unirsi a lui. E se ne va. Riconoscimenti Grand Prix du Cinéma Francais Premio Louis-Delluc 1968 Prix Méliès Prix Femina Belge Prix des Auteurs Prize of the British Film Institute Prize of the Hollywood Foreign Association Prize of the Academy Motion Picture Arts and Sciences National Board of Review Awards 1969: nella lista dei migliori film stranieri Bibliografia Appunti di lavoro, abbozzo di sceneggiatura e sceneggiatura definitiva sono pubblicate in François Truffaut, Le avventure di Antoine Doinel, Marsilio, 1992 (trad. it. di Les aventures d'Antoine Doinel, Mercure de France, 1970) Paola Malanga, Tutto il cinema di Truffaut, Baldini & Castoldi, Milano 1996, pp. 311–320 Anne Gillain (a cura di), Tutte le interviste di François Truffaut sul cinema, Gremese Editore, Roma 1990 (prima edizione francese 1988), pp. 123–131 Alberto Barbera - Umberto Mosca, François Truffaut, Il Castoro, Milano, pp. 73–80 Collegamenti esterni Film commedia Film diretti da François Truffaut Film della Nouvelle Vague Film ambientati a Parigi
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Bimetallismo
Il bimetallismo è un sistema monetario nel quale il piede monetario può essere espresso sulla base di una determinata quantità sia di oro sia di argento: il rapporto tra le due quantità è fissato per legge. Instabilità del bimetallismo Questo sistema monetario è molto instabile: infatti, a causa delle fluttuazioni del valore commerciale dei metalli, quello con valore superiore al valore della valuta tende ad essere utilizzato come metallo, sparendo dalla circolazione come denaro (legge di Gresham, banalmente espressa dal famoso detto: la moneta cattiva caccia quella buona). A causa di questa instabilità, tutti i paesi che nell'Ottocento adottarono il bimetallismo, passarono alla fine del secolo al sistema aureo. La causa scatenante di questa instabilità fu la fine della guerra franco-prussiana nel 1871: il risarcimento di guerra pagato in oro dalla Francia alla Germania portò ad un'eccedenza di argento, in quanto la Germania passando al sistema aureo mise sul mercato l'argento. La grande quantità d'argento immessa sul mercato fu tale che la conseguente svalutazione fu irrecuperabile. Il 12 febbraio 1873 il presidente Grant firma il "Coinage Act" che decreta la fine del bimetallismo negli Stati Uniti, seguito dal cancelliere tedesco Otto von Bismarck il 9 luglio che a partire dal 1876 valida solo i marchi d'oro, gli altri paesi europei seguono a ruota, gli Stati asiatici che avevano un sistema monetario fondato sull'argento subiscono un forte contraccolpo con una forte svalutazione che innescherà la Grande depressione (1873-1895). Quando in un sistema caratterizzato dal bimetallismo si verifica una speculazione dovuta all'alterazione del rapporto tra il valore dei due metalli, lo Stato sospende la libertà di fusione e coniazione. Se ciò produce l'effetto di rimettere in circolazione sia le monete d'oro che quelle d'argento, può accadere che la moneta forte (valore intrinseco superiore al valore nominale) resti tale mentre quella debole registri un valore intrinseco ancora più contenuto rispetto a quello nominale. Questo fenomeno viene denominato sistema del "Bimetallismo zoppo". Bibliografia Enrico Cernuschi Le bimetallisme à 15½ nécessaire pour le continent, pour les Etats-Unis, pour l'Angleterre, 1881 (ediz. inglese: Bimetallism at 15½...,London 1881); The Monetary conference…, London 1881 Enrico Cernuschi Le grand procès de l'Union latine, Paris 1884 Voci correlate Piede monetario Legge di Gresham Sistema aureo Oro Argento Grande depressione (1873-1895) Altri progetti Collegamenti esterni Economia monetaria Storia economica Numismatica
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Bernardo Bertolucci
Considerato tra i maggiori cineasti del cinema internazionale, ha diretto film di notevole successo come Ultimo tango a Parigi, Novecento e L'ultimo imperatore, che gli valse l'Oscar al miglior regista e alla migliore sceneggiatura non originale. È l'unico italiano ad aver vinto un Oscar per la regia, considerando che Frank Capra, anch'egli assegnatario del riconoscimento, era italiano ma naturalizzato statunitense. Nel 2007 gli fu conferito il Leone d'oro alla carriera alla 64ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e nel 2011 la Palma d'oro onoraria al 64º festival di Cannes. Biografia Primogenito del poeta Attilio Bertolucci e di Ninetta Giovanardi, era cugino del produttore Giovanni e fratello di Giuseppe, anch'egli regista. Inizialmente sembrò seguire la strada paterna, interessandosi di poesia e iscrivendosi al corso di laurea in Lettere presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ma ben presto abbandonò gli studi per il cinema facendo da assistente a Pier Paolo Pasolini, suo vicino di casa, ai primi passi come sceneggiatore nel mondo della settima arte. Con una camera a passo ridotto Bertolucci girò due cortometraggi amatoriali nel biennio 1956-1957, La teleferica e La morte del maiale, entrambi andati perduti. Proprio grazie a Pasolini e all'interessamento del produttore Cino Del Duca, Bertolucci lavora come assistente nel primo film diretto dal poeta friulano, Accattone (1961). Su quel set incontra l'attrice Adriana Asti, che sarà poi sua compagna per diversi anni. L'anno seguente, con Tonino Cervi come produttore, realizza il suo primo lungometraggio, La commare secca, su soggetto e sceneggiatura di Pier Paolo Pasolini. Ma Bertolucci si stacca ben presto dal mondo e dalla poetica pasoliniani per inseguire un'idea personale di cinema basata sostanzialmente sull'individualità di persone che si trovano di fronte a bruschi cambiamenti del loro mondo e di quello circostante, a livello esistenziale e politico, senza che essi possano o vogliano cercare una risposta concisa. Prima della rivoluzione Tale tematica sarà presente praticamente in tutte le opere di Bertolucci, a partire dal secondo film, Prima della rivoluzione (1964), dove è esemplificata molto chiaramente nella storia di un giovane della borghesia agricola medio-alta di Parma (Francesco Barilli), il quale, incapace di reagire al suicidio del suo amico più caro e incerto su una direzione da prendere, si getta a capofitto in una relazione con una matura e piacente zia (Adriana Asti) giunta da Milano. Entrambi, però, si rendono conto che quella storia non può durare – lei è anche in cura da uno psicologo – e alla partenza della donna, al giovane non resta che sposare la sua precedente fidanzata, che lui non ama, facente parte dell'alta borghesia, matrimonio ben visto dalla sua famiglia. Anche nei film che seguono, Bertolucci continua il suo personale discorso intorno all'ambiguità esistenziale e politica, soprattutto in Partner (1968), interpretato da Pierre Clémenti, in Strategia del ragno e con Il conformista (1970) con Jean-Louis Trintignant, opere presentate in diversi festival ma dallo scarso successo di pubblico. Lo scandalo di Ultimo tango a Parigi e la fama mondiale La notorietà per Bertolucci arriva nel 1972, con un film "scandaloso" che ha di fatto segnato un'epoca: Ultimo tango a Parigi, con Marlon Brando e Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud e Massimo Girotti, dove il sesso è visto come unica risposta possibile, ma non definitiva, al conformismo del mondo circostante; i protagonisti di questo film, come quelli che seguiranno, sono esseri alla deriva, quasi sbandati, la cui unica via d'uscita è la trasgressione. Fino al 1997 fu il leader di incassi, ed il più controverso caso giudiziario di sempre nel cinema italiano. Dopo la sua prima proiezione a New York, la pellicola subì notevoli traversie censorie in Italia (che comunque non impedirono al film di piazzarsi secondo nella classifica degli incassi della stagione cinematografica 1972-1973); ben presto sequestrata, la pellicola venne ritirata dalla Cassazione il 29 gennaio 1976, e il regista fu condannato per offesa al comune senso del pudore, colpa per la quale venne privato dei diritti civili per cinque anni, fra cui il diritto di voto. Dopo svariati processi d'appello, la pellicola venne dissequestrata nel 1987. Le copie rimaste dopo il macero vennero depositate alla Cineteca Nazionale di Roma e quelle integrali, conservate in cineteche estere, sono servite come base per editare il film in DVD. L'attrice Maria Schneider, anni dopo, in un'intervista concessa a Roger Ebert e un'altra al Daily Mail dichiarò di essere stata "quasi violentata" e di aver subito un forte choc emotivo a causa dell'umiliazione alla quale la sottopose Bertolucci durante il set. Nonostante ciò, a 46 anni dalla sua realizzazione, il film è tornato nelle sale cinematografiche nel maggio 2018 nella versione in lingua originale restaurata in 4K a cura della Cineteca Nazionale e della Cineteca di Bologna, con la supervisione di Vittorio Storaro per l'immagine e di Federico Savina per il suono. La prima mondiale ha avuto luogo a Bari nel corso del Bari International Film Festival (Bif&st) alla presenza del regista. Bertolucci incrementa la sua notorietà con Novecento (1976), epico affresco delle lotte contadine emiliane dai primi anni del secolo alla seconda guerra mondiale lungo più di cinque ore e che si avvale di un prestigioso cast (dagli internazionali Robert De Niro, Gérard Depardieu, Donald Sutherland, Sterling Hayden, Burt Lancaster e Dominique Sanda ai nostrani Alida Valli, Laura Betti, Romolo Valli e Francesca Bertini), cui seguono i più intimisti La luna (1979), in cui affronta lo scabroso tema della droga e dell'incesto, e La tragedia di un uomo ridicolo (1981), con Ugo Tognazzi e Anouk Aimée protagonisti. Gli Oscar con L'ultimo imperatore e gli ultimi film Negli anni ottanta Bertolucci gira soprattutto all'estero altre pellicole di straordinaria potenza visiva. Ultimo tango a Parigi segna il distacco dal Cinema Novo e dalla Nouvelle Vague militante, per aprire al genere kolossal melanconico ma comunque impegnato di Novecento e de L'ultimo imperatore, successo internazionale che si aggiudica ben nove premi Oscar, tra cui quelli per il miglior film e la migliore regia, e che lo porta ad essere l'unico italiano a vincere il premio di categoria insieme a Frank Capra. Nel 1990 gira in Marocco il film Il tè nel deserto (1990), tratto da un romanzo di Paul Bowles, mentre nel 1993 è la volta del Piccolo Buddha con Keanu Reeves, ambientato in Nepal e negli Stati Uniti. In seguito il regista torna a girare in Italia riprendendo le sue predilette tematiche intimiste con risultati alterni di critica e pubblico, a partire da Io ballo da sola (1996), per proseguire con L'assedio (1998) e The Dreamers - I sognatori (2003), che ripercorre una vicenda di passioni politiche e rivoluzioni sessuali di una coppia di fratelli, nella Parigi del 1968. Nel 2007 riceve il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia, mentre nel 2011 riceve la Palma d'oro alla carriera al Festival di Cannes. Il suo ultimo film è Io e te (2012), trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti. Inizialmente Bertolucci era intenzionato a girarlo in 3D, ma ha rinunciato all'idea dopo aver riscontrato che questo tipo di proiezioni sono considerate appannaggio di pellicole commerciali e riservate ad un pubblico giovanile. Sceneggiatore, produttore e attore Per il cinema Bertolucci scrisse anche numerose sceneggiature per i film suoi e per quelli diretti da altri, tre dei quali da lui prodotti. Recitò inoltre in Golem - Lo spirito dell'esilio, diretto nel 1992 da Amos Gitai. La sua ultima apparizione è stata nel docufilm “Alida” di Mimmo Verdesca, dedicato alla vita di Alida Valli. Vita privata Dopo il divorzio da Adriana Asti, sposò nel 1967 Maria Paola Maino, da cui divorziò nel 1972 per sposare nel 1978 Clare Peploe, sceneggiatrice e regista, autrice insieme al fratello Mark di Professione: reporter di Michelangelo Antonioni. Bernardo Bertolucci era ateo: lo affermò in un'intervista pubblicata nel volume di Barbara Palombelli Registi d'Italia (Rizzoli, Milano, 2006) durante la quale, alla domanda "Bertolucci è credente?", il regista rispose, ridendo: «No, sono ateo, grazie a Dio. Come diceva Buñuel». Malato di tumore, muore a Roma il 26 novembre 2018, all'età di 77 anni. Le sue ceneri riposano accanto a quelle del fratello Giuseppe nel paesino di Casarola. Filmografia Regista Cinema La commare secca (1962) Prima della rivoluzione (1964) Partner (1968) Agonia, episodio di Amore e rabbia (1969) Il conformista (1970) Ultimo tango a Parigi (1972) Novecento (1976) La luna (1979) La tragedia di un uomo ridicolo (1981) L'ultimo imperatore (The Last Emperor) (1987) Il tè nel deserto (The Sheltering Sky) (1990) Piccolo Buddha (Little Buddha) (1993) Io ballo da sola (Stealing Beauty) (1996) L'assedio (1998) The Dreamers - I sognatori (The Dreamers) (2003) Io e te (2012) Documentari La salute è malata (1971) Televisione Strategia del ragno (1970) - film TV Aiuto regista Accattone, regia di Pier Paolo Pasolini (1961) Produttore Sconcerto Rock, regia di Luciano Manuzzi (1982) Io con te non ci sto più, regia di Gianni Amico (1982) Il trionfo dell'amore (The Triumph of Love), regia di Clare Peploe (2001) Attore Golem, Lo spirito dell'esilio (Golem, l'esprit de l'exil), regia di Amos Gitai (1992) Come inguaiammo il cinema italiano - La vera storia di Franco e Ciccio, regia di Daniele Ciprì e Franco Maresco (2004) Alida, regia di Mimmo Verdesca (2020) Testi In cerca del mistero, Milano, Longanesi, 1962, 83 p. Giancarlo Alviani (a cura di), Un'aspirina e un caffè con Bernardo Bertolucci, Mimemis, 2014, 127 p., EAN: 9788857526065 I miei primi 25 aprile. Perché oggi non vado a scuola? di Bernardo Bertolucci, Renato Romagnoli (Italiano), Ibes Pioli (Rina) - Editore: L'Io e il Mondo di TJ (aprile 2016) EAN: 9788898964123 Il mistero del cinema, Milano, La Nave di Teseo, 2021, 96 p. EAN: 9788834606728 Riconoscimenti Premi cinematografici Premio Oscar 1972: nomination alla migliore sceneggiatura non originale per Il conformista 1974: nomination alla miglior regia per Ultimo tango a Parigi 1988: Oscar alla miglior regia per L’ultimo imperatore 1988: Oscar alla migliore sceneggiatura non originale per L’ultimo imperatore BAFTA 1989: BAFTA al miglior film per L’ultimo imperatore 1989: nomination alla miglior regia per L’ultimo imperatore Golden Globe 1974: nomination alla miglior regia per Ultimo tango a Parigi 1988: Golden Globe alla miglior regia per L’ultimo imperatore 1988: Golden Globe alla miglior sceneggiatura per L’ultimo imperatore 1991: nomination alla miglior regia per Il tè nel deserto Festival di Cannes 1981: in competizione per la Palma d'oro con La tragedia di un uomo ridicolo 1996: in competizione per la Palma d'oro con Io ballo da sola 2011: Palma d'oro onoraria Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia 1968: in competizione per il Leone d'oro con Partner 2007: Leone d'oro alla carriera Festival internazionale del cinema di Berlino 1969: in competizione per l'Orso d'oro con Amore e rabbia 1970: Premio Speciale della Stampa per Il conformista 1970: Raccomandazione INTERFILM per Il conformista David di Donatello 1971: David di Donatello al miglior film per Il conformista 1988: David di Donatello al miglior film per L’ultimo imperatore 1988: David di Donatello alla miglior regia per L’ultimo imperatore 1988: David di Donatello alla miglior sceneggiatura per L’ultimo imperatore 1996: nomination a miglior film per Io ballo da sola 1996: nomination a miglior regia per Io ballo da sola 1999: nomination a miglior film per L'assedio 1999: nomination a miglior regia per L'assedio 2013: nomination a miglior film per Io e te 2013: nomination a miglior regia per Io e te 2013: nomination a miglior sceneggiatura per Io e te Nastro d'argento 1973: Nastro d'argento al regista del miglior film per Ultimo tango a Parigi 1988: Nastro d'argento al regista del miglior film per L’ultimo imperatore 1997: candidatura a regista del miglior film per Io ballo da sola 2000: candidatura alla migliore sceneggiatura per L'assedio 2004: candidatura a regista del miglior film per The Dreamers - I sognatori 2013: Nastro d'argento dell'anno per Io e te Festival di Locarno 1997: Pardo d'onore European Film Award 1988: Premio speciale della Giuria per L’ultimo imperatore 2004: nomination al People Choice Award per The Dreamers – I sognatori 2012: Premio alla carriera Premio César 1988: César al miglior film straniero per L’ultimo imperatore Ciak d'oro 1988: Ciak d'oro al miglior film per L'ultimo imperatore 1988: Ciak d'oro alla miglior regia per L'ultimo imperatore 1991: Ciak d'oro alla miglior regia per Il tè nel deserto 1996: Ciak d'oro alla miglior regia per Io ballo da sola Altri riconoscimenti: 1988: Directors Guild of America Award al miglior regista cinematografico 1997: Premio per la speciale sensibilità visiva nella regia al Camerimage 1997: Premio per la collaborazione regista – direttore della fotografia (Vittorio Storaro) al Camerimage 1998: Riconoscimento per la libertà di espressione dal National Board of Review 2018: Fellini Platinum Award for Artistic Excellence al Bari International Film Festival Premi letterari 1962: Premio Viareggio opera prima per In cerca del mistero Onorificenze Note Bibliografia Paolo Di Paolo; Aa.Vv.; Bianco e Nero vol. 593 Monografico su Bernardo Bertolucci; Centro Sperimentale di Cinematografia, Edizioni Sabinae, 2019; ISBN 978-88-986-2391-4 Stefano Socci, Bernardo Bertolucci, Il Castoro Cinema n. 174, Editrice Il Castoro, 2003, ISBN 9788880334651 Giancarlo Alviani, Un'aspirina e un caffè con Bernardo Bertolucci. Regista e attori si raccontano, Mimesis Edizioni, 2015, ISBN 978-88-575-2606-5 Voci correlate Pier Paolo Pasolini Celebrità della Hollywood Walk of Fame Altri progetti Collegamenti esterni Leone d'oro alla carriera David di Donatello per il miglior regista David di Donatello per la migliore sceneggiatura Nastri d'argento al regista del miglior film Golden Globe per il miglior regista Golden Globe per la migliore sceneggiatura Ciak d'oro per il miglior regista Globo d'oro alla carriera Figli d'arte Grandi Ufficiali OMRI Benemeriti della cultura e dell'arte Registi cinematografici italiani Studenti della Sapienza - Università di Roma
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https://it.wikipedia.org/wiki/Berkelio
Berkelio
Il berkelio o berchelio è l'elemento chimico della tavola periodica che ha come simbolo Bk e come numero atomico 97. Un elemento metallico radioattivo nella serie degli attinidi: il berkelio fu sintetizzato per la prima volta bombardando americio con particelle alfa (ioni di elio) e fu battezzato berkelio in onore della città statunitense di Berkeley, dove fu scoperto nel 1949. Il berkelio fu il quinto elemento transuranico ad essere sintetizzato. Caratteristiche Quantità ponderabili di berkelio-249 (con un'emivita di 314 giorni) renderebbero possibile determinare alcune delle sue proprietà. Fino al 2004 non era stato ancora isolato nella sua forma elementare, ma si prevede che sia un metallo argenteo che si ossida facilmente all'aria ad alte temperature e si scioglie in acidi minerali diluiti. Allo scopo di identificare vari composti del berkelio sono state usate tecniche di diffrazione a raggi X: sono stati esaminati diossido di berkelio (BkO2), fluoruro di berkelio (BkF3), ossicloruro di berkelio (BkOCl) e triossido di berkelio (BkO3). Nel 1962 venne isolata una quantità visibile ad occhio nudo () di cloruro di berkelio. Fu la prima volta in cui venne prodotta una quantità osservabile di questo elemento. Come gli altri attinidi, il berkelio si accumula nel tessuto scheletrico. Non ha alcun uso al di fuori della ricerca di base e non gioca alcun ruolo biologico. Storia Il berkelio fu sintetizzato da Glenn Seaborg, Albert Ghiorso, Stanley G. Thompson e Kenneth Street Jr all'Università della California a Berkeley nel dicembre 1949. La squadra di ricercatori usò un ciclotrone per bombardare un bersaglio da un milligrammo di americio-241 con particelle alfa per produrre berkelio-243 (con un'emivita di 4,5 ore) e due neutroni liberi. Uno degli isotopi a più lunga vita di questo elemento, il berkelio-249 (emivita di 320 giorni), fu più tardi sintetizzato bombardando un bersaglio di 244Cm con un intenso fascio di neutroni. Isotopi Sono noti 19 radioisotopi di berkelio, di cui i più stabili sono 247Bk con emivita di 1380 anni, 248Bk con emivita di più di 9 anni e 249Bk con emivita di 320 giorni. Tutti i rimanenti isotopi sono molto radioattivi, con emivite di meno di 5 giorni, e la maggior parte di meno di 5 ore. Questo elemento ha anche 2 stati metastabili, di cui il più stabile è il 248mBk (t½ 23,7 ore). Gli isotopi di berkelio hanno peso atomico che va da 235,057 (235Bk) a 254,091 (254Bk). Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bohrio
Bohrio
Il bohrio è l'elemento chimico della tavola periodica, che ha come simbolo Bh e come numero atomico il 107. È un elemento sintetico il cui isotopo più stabile è il Bohrio-270, che ha un'emivita di . Storia Il bohrio è stato sintetizzato per la prima volta nel 1976 da un team sovietico guidato da Jurij Oganessian presso l'Istituto unito per la ricerca nucleare di Dubna, riuscendo a produrre l'isotopo 261Bh con un'emivita di . L'elemento fu ottenuto bombardando il bismuto-209 con nuclei pesanti di cromo-54. Nel 1981 un gruppo di ricerca tedesco guidato da Peter Armbruster e Gottfried Münzenberg alla Gesellschaft für Schwerionenforschung di Darmstadt fu in grado di confermare i risultati del team sovietico e di produrre il bohrio, questa volta il più stabile Bh-262. I tedeschi suggerirono il nome nielsbohrio, in onore del fisico danese Niels Bohr. I sovietici suggerirono di dare questo nome all'elemento 105 (dubnio). A causa di una controversia sulla denominazione degli elementi dal 101 al 109, la IUPAC adottò unnilseptio (Uns) come nome temporaneo dell'elemento. Nel 1994 un comitato della IUPAC raccomandò per l'elemento 107 il nome bohrio. Anche se questo nome è conforme ai nomi degli altri elementi che onorano degli individui, nei quali si considera solo il cognome, la scelta fu avversata da molti a causa della possibile confusione con il boro. Nonostante ciò, il nome bohrio è stato riconosciuto internazionalmente nel 1997; inoltre, per evitare confusione con i composti del boro, è stato deciso che i sali del bohrio in cui questo si combina come ossoanione vanno chiamati bohriati, anziché "bohrati". Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Elementi chimici Metalli
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https://it.wikipedia.org/wiki/Diagramma%20a%20scatola%20e%20baffi
Diagramma a scatola e baffi
In statistica il diagramma a scatola e baffi (o diagramma degli estremi e dei quartili o box and whiskers plot o box-plot) è una rappresentazione grafica utilizzata per descrivere la distribuzione di un campione tramite semplici indici di dispersione e di posizione. Rappresentazione Viene rappresentato (orientato orizzontalmente o verticalmente) tramite un rettangolo diviso in due parti, da cui escono due segmenti. Il rettangolo (la "scatola") è delimitato dal primo e dal terzo quartile, q1/4 e q3/4, e diviso al suo interno dalla mediana, q1/2. I segmenti (i "baffi") sono delimitati dal minimo e dal massimo dei valori. In questo modo vengono rappresentati graficamente i quattro intervalli ugualmente popolati delimitati dai quartili. Rappresentazioni alternative Esistono scelte alternative per rappresentare il box-plot; tutte concordano sui tre quartili per rappresentare il rettangolo ma differiscono per la lunghezza dei segmenti, solitamente scelti più corti per evitare valori troppo "estremi", che vengono solitamente rappresentati solo come dei punti. Comunemente i segmenti possono venire delimitati da particolari quantili, spesso della forma qα e q1-α, come q0,1 e q0,9. Altre alternative, che tuttavia possono portare a tracciare i segmenti all'interno del rettangolo, o a farli terminare oltre i valori estremi del campione, delimitano i segmenti con: la media più o meno la deviazione standard; i valori (5q1/4-3q3/4)/2 e (5q3/4-3q1/4)/2, in modo che entrambi i segmenti siano lunghi 3/2 volte la lunghezza del rettangolo. Note Bibliografia Voci correlate Diagramma a violino Mediana (statistica) Quartile Scarto interquartile Altri progetti Collegamenti esterni Rappresentazioni grafiche
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https://it.wikipedia.org/wiki/Biella
Biella
Biella (AFI: ; Bièla in piemontese, Böielu in töitschu) è un comune italiano di abitanti, capoluogo dell'omonima provincia nel Piemonte settentrionale. La città è situata ai piedi delle Alpi Biellesi, e la sua esistenza è attestata sin dall'alto Medioevo. Dominata in seguito dai vescovi di Vercelli, nel 1379 passò ai Savoia. Nel corso dell'Ottocento conobbe un grande sviluppo urbanistico e industriale, divenendo presto nota per le sue industrie tessili. Sono numerose le testimonianze storiche e artistiche del passato cittadino; tra le più importanti si ricordano il battistero, la cattedrale, il campanile di Santo Stefano e numerose ville e palazzi. Dal 2019 è Città Creativa dell'UNESCO per le arti popolari e l'artigianato. È stata designata Città alpina dell'anno 2021. Geografia fisica Biella è situata ai piedi delle Alpi biellesi, sezione delle Alpi Pennine, al centro di rilievi montuosi ricchi di sorgenti (Massiccio del Bo, monti Mucrone – con l'omonimo lago – e Camino cuore di questa sezione) che alimentano i torrenti Elvo a ovest della città, Oropa e Cervo a est. Dista da Torino, 86 da Aosta, 100 da Milano e 129 da Lugano. Distanza dalle altre province piemontesi: da Vercelli, da Novara, da Alessandria e Verbania, da Asti e da Cuneo. Clima Il clima di Biella è quello tipico delle zone prealpine. In inverno il termometro scende sovente sotto lo zero, con frequenti nevicate e gelate. La primavera e l'autunno sono le stagioni più piovose, con le maggiori concentrazioni in maggio e novembre. L'estate è calda e sovente afosa; talvolta le temperature arrivano a toccare o addirittura superare i ; frequenti in questa stagione sono anche i temporali. Storia Le origini della città I reperti preistorici attestano la presenza nel Biellese di cacciatori/raccoglitori neanderthaliani tra i e i anni or sono. Homo sapiens comparve invece nel paleolitico superiore, attorno ai anni fa, come attestano tra gli altri alcuni ritrovamenti sul Bric Burcina (oggi al confine tra i comuni di Biella e di Pollone). In questo sito è anche documentata la presenza di un insediamento protostorico risalente alle età del bronzo e del ferro. A questi reperti si possono associare le popolazioni dei Liguri e dei Celti. La miniera di Vittimuli o Victimuli si insediò lungo i territori della zona della Bessa (pianura biellese) e sfruttò i giacimenti auriferi che dopo le glaciazioni si erano disciolti nel torrente Elvo. Tale sfruttamento continuò anche in epoca romana e continua ancora, sia pure come semplice hobby. Sulla collina dove sorge l'attuale Parco della Burcina furono ritrovati nel 1959 attrezzi da lavoro e monili risalenti all'età del ferro che testimoniano le antiche origini di Biella. Bugella Un documento dell'anno 826 attesta come l'allora Bugella venne donata al conte Bosone da Ludovico il Pio (figlio di Carlo Magno), imperatore del Sacro Romano Impero, di cui Bosone era messo. È questa la prima volta che il nome della città compare in un testo ufficiale; un altro documento (anno 882) testimonia poi di un'altra cessione, questa volta da parte di Carlo il Grosso alla Chiesa di Vercelli. Il nome Bugella deriva dalla binata celto-latino di bu-cellae dove cellae significa luogo di dimora, mentre il prefisso bu è particella intensiva per indicarne la minore importanza, in questo caso rispetto a Vercelli dove il prefisso "ver" significa appunto maggiore importanza. Nel X secolo la città fu dominata da Alemanni, Longobardi e Franchi, i quali costruirono le prime mura. Di questo periodo restano soltanto il Battistero e il campanile di una chiesa dedicata a Santo Stefano (ora nome dell'attuale duomo cittadino) attorno ai quali crebbe la città. Il borgo medioevale del Piazzo Il Piazzo, borgo medioevale che costituisce la parte alta di Biella, è considerato il cuore della città e fino al XIX secolo era sede del municipio. All'interno del borgo si possono ammirare spunti architettonici tipicamente medioevali come piazza Cisterna e la duecentesca chiesa di San Giacomo. Il borgo è collegato al resto della città con numerose coste e salite medioevali, ma vi si può accedere più comodamente utilizzando la funicolare. Rivalità fra i Visconti e i Savoia Tra il XIV secolo e il XV secolo vi furono numerosi scontri tra i Visconti e i Savoia per conquistare il possesso del Biellese. Nel 1377 una rivolta cittadina capeggiata dal canonico Ardizzone Codecapra pose fine al dominio dei Vescovi di Vercelli, con la dedizione ai Savoia. A partire dal 1500 fu edificata la Basilica di San Sebastiano. Seicento e Settecento Il XVII secolo vide invece guerre contro i francesi e gli spagnoli e la città fu occupata dai primi nel 1704; nel 1706 l'eroico soldato biellese Pietro Micca salvò a prezzo della propria vita la città di Torino e di conseguenza Biella dall'invasione francese. Il 1º giugno 1772 fu eretta la diocesi di Biella. Nel 1798 Biella fu però nuovamente occupata dai francesi con l'approvazione dei liberali biellesi che speravano in un futuro prospero e privo di conflitti. Nella piazza della chiesa di Santo Stefano fu innalzato l'albero della libertà. Dopo la battaglia di Marengo, la città venne annessa alla Francia. Il Congresso di Vienna la ridiede nuovamente ai Savoia. La via della lana Nel 1849, lungo le rive del torrente Cervo, Massimo Sella acquistò un edificio presso il ponte di Chiavazza che dal 1796 ospitava la cartiera Robiolio e il cui salto d'acqua era probabilmente sfruttato da un mulino fin dal XIII secolo e vi trasferì il lanificio da Mosso, dove Pietro Sella nel 1816 aveva introdotto l'innovazione della "ruota idraulica" per azionare i telai. Verso il 1836 i lanifici che sfruttavano la forza idraulica erano già una decina nella zona di Biella: nella stessa città sorgevano i due lanifici degli Amosso e quello dei Bossù. Verso il 1840 l'antica industria dei lanaioli era scomparsa e gli artigiani erano divenuti tutti operai dei nuovi lanifici, tuttavia rimanevano ancora i telai domestici, a cui gli industriali facevano ricorso nei periodi di incremento della produzione e soprattutto durante i frequenti scioperi. Nel 1859 Biella venne liberata dall'assedio delle truppe austriache da Garibaldi; in seguito al Decreto Rattazzi diviene capoluogo dell'omonimo circondario della provincia di Novara. Entrerà a far parte della provincia di Vercelli nel 1927, per diventare infine provincia autonoma nel 1992. Con l'introduzione dei nuovi telai meccanici (il primo introdotto a Biella fu lo Smith, seguito dal Crompton, poi nel 1870 dallHartman e nel 1880 dallo Schöner) nasceva così il primo lanificio moderno, con una lavorazione della lana che continuava una tradizione risalente a più di cinquecento anni prima, se si considera che già nel 1245 erano inseriti negli statuti di Biella il Collegio dei Lanaioli e quello dei Tessitori. Il processo di industrializzazione si compie lentamente nel corso dell'Ottocento, gli operai impiegati nell'industria laniera passano da a dal 1864 al 1891, crescita che pare modesta, ma che avviene in un periodo in cui l'introduzione dei telai meccanici crea una minore esigenza di manodopera a parità di prodotto. A cavallo dei due secoli registra un boom e nel 1907 gli operai sono già . Nell'Ottocento è comune nelle fabbriche il lavoro infantile, talvolta preferito a quello degli operai adulti, perché pagati tre-quattro volte meno e più deboli nel rapporto con i proprietari. Si arrivano ad impiegare fanciulli di 7 anni e talora anche di 5 e i capireparto spesso li maltrattano o li percuotono. Le condizioni di lavoro sono proibitive: le fabbriche sono basse, umide, polverose, male illuminate, l'aria è densa di vapori di sostanze irritanti. Gli uomini lavorano dalle 12 alle 14 ore al giorno. Gli incidenti sul lavoro sono molto frequenti. Nelle fabbriche sono impiegate anche molte operaie, che possono essere vittime delle profferte dei capireparto e dei proprietari. Seconda guerra mondiale Nella seconda guerra mondiale Biella – una delle città fulcro della Resistenza in Piemonte – fu teatro, con le sue colline e le sue montagne che le fanno da corona rendendola pari ad un'inespugnabile enclave, di intense lotte partigiane. Luogo della memoria della Resistenza partigiana contro il nazifascismo è Villa Schneider, un edificio storico divenuto poi sede di un assessorato comunale e di una sala permanente della memoria allestita a ricordo degli eventi accaduti nel Biellese negli anni che vanno dal 1943 al 1945. Anni recenti Biella è stata negli anni finali della seconda guerra mondiale un centro vitale per la realizzazione dei macchinari della Piaggio, che aveva trasferito nella città piemontese, da Pontedera, i propri stabilimenti, a rischio a causa dei bombardamenti verso le truppe della Germania nazista in fuga verso il nord. È stato qui che nel 1944 venne progettato il prototipo progenitore della "Vespa", il "Paperino", da cui negli anni seguenti sarebbe derivato uno dei modelli più diffusi di motoscooter. In anni ancor più recenti, ed in campo televisivo, grazie all'opera dell'imprenditore Giuseppe Peppo Sacchi, nel 1971 nacque Telebiella, prima tv libera italiana e la prima emittente privata a rompere il monopolio della Rai (l'emittente di Sacchi fallì poi negli anni ottanta ma rinacque in seguito sotto altra proprietà). In seguito anche il mobilificio biellese Aiazzone sarà un altro importante protagonista dello sviluppo delle televisioni locali. Simboli Lo stemma del comune di Biella è stato riconosciuto con decreto del capo del governo del 7 agosto 1931. La tradizione vuole che lo stemma di Biella sia stato concesso dal vescovo di Vercelli, a seguito del contributo fornito dalla guarnigione biellese nel 1306 contro fra Dolcino, rifugiatosi nei pressi di Mosso e Trivero. La sua più antica rappresentazione risale al 1344, quando comparve sui sigilli dei documenti comunali. Come simbolo venne adottato l'orso, fino al XIV secolo animale tipico delle valli locali, soprattutto nelle zone di Oropa, Graglia e Muzzano. All'epoca, ogni volta che se ne uccideva un esemplare, la sua testa veniva donata al vescovo di Vercelli. L'albero è stato interpretato come un olmo o come una betulla ma la versione più attendibile lo descrive come un faggio, dal momento che avrebbe dovuto raffigurare la pianta maggiormente diffusa nel Biellese. Il gonfalone, concesso con regio decreto del 12 marzo 1931, è un drappo di colore rosso. Onorificenze La città di Biella è tra le città decorate al valor militare per la guerra di Liberazione insignita il 31 marzo 1980 della medaglia d'oro al valor militare per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale: Monumenti e luoghi d'interesse Architettura sacra Nella città è presente un grande luogo di culto è il Santuario mariano di Oropa, situato a una dozzina di chilometri dal capoluogo e meta di pellegrinaggi di devozione mariana. Nel centro città, invece è situato il duomo, dedicato al patrono Santo Stefano. Sempre nella città bassa si trovano importanti monumenti come il Battistero romanico (X-XI secolo) con all'interno affreschi del XIII secolo e la rinascimentale basilica di San Sebastiano (1504), ancora intatta all'interno, conserva ottime pitture di artisti piemontesi, tra i quali anche Rodolfo Morgari (Il profeta Daniele, affresco dei pennacchi della cupola, risalente al 1866). Il chiostro di San Sebastiano ospita il Museo del Territorio, in cui sono esposti reperti di una necropoli romana, ceramiche e quadri, soprattutto degli ultimi due secoli. Architettura civile Il Piazzo Di interesse turistico anche la stessa città di Biella con il suo nucleo storico del Piazzo, ricco di atmosfere medievali e di pregevoli palazzi del XV secolo e del XVI secolo: un esempio è Palazzo Cisterna situato nell’omonima piazza. Biella piano Particolare interesse rivestono sul piano dell'architettura il palazzo dell'Unione industriale, esempio di stile littorio opera di Nicola Mosso, e il moderno Palazzo Boglietti, sede di un centro culturale. Palazzo Ronco Eretto nel 1925 secondo i progetti dell'architetto Gottardo Gussoni, in stile neogotico. Parchi e natura Luoghi di rilievo turistico ambientale sono: nella Val Cervo, l'Oasi Zegna ed il centro sciistico di Bielmonte (presso Trivero), raggiunto dalla Strada statale 232 Panoramica Zegna) il Parco della Burcina, riserva naturale con flora protetta il territorio della Bessa la riserva naturale regionale detta delle Baragge, un'area verde che fa da corona alla parte a sud-est della città il Ricetto di Candelo, antico borgo medievale. Società Evoluzione demografica Etnie e minoranze straniere Al 1 gennaio 2022 gli stranieri residenti nel comune erano , pari all’8,6% della popolazione complessiva. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti: , , , , , , , , La comunità ebraica di Biella Biella è dal XVI secolo sede di una piccola ma significativa comunità ebraica. Agli inizi del Settecento, come nel resto del Piemonte, fu istituito il ghetto, nel quale si conserva la piccola sinagoga settecentesca, con i suoi arredi originali. Degno di nota è anche il cimitero ebraico di Biella, in via dei Tigli. Specialità gastronomiche La città di Biella è molto famosa per le molte eccellenze enogastronomiche tipiche piemontesi: il macagn, la mostarda, il miele locale, i formaggi come il Murtarat e il Beddu, i salumi (Salam), la carne di maiale con patate bollite, la paletta, la salsiccia di riso e altri salumi tipici regionali. Tra i dolci tipici troviamo i canestrelli, i croccanti del Ciavarin, dall'aroma di caramello, mandorle e fiori d'arancio, le miasce, a base di farina di mais, e molte altre tipiche golosità piemontesi. Pan d'Oropa Uno dei dolci tradizionali di Biella è il Pan d'Oropa. Fu inventato nel 1935 da alcune donne della zona e veniva inviato ai soldati in guerra sul fronte etiopico. Oggi il Pan d'Oropa è una specialità preparata nei principali forni della città. Polenta concia Un piatto tipico della tradizione biellese è la polenta concia che cambia significativamente da zona a zona. Viene cucinato con polenta, burro, toma e/o maccagno. Cultura La città di Biella nell'ottobre del 2019 è diventata città creativa UNESCO. Dopo esser diventata città Capitale dell'arte moderna (Cittadellarte-Fondazione Pistoletto), nel 2016 si è confermata Capitale della Lana. Istruzione Scuole Scuole elementari Collodi Fermi Fratelli Scuole Cristiane Lamarmora Cridis De Amicis Deledda Micca XXV aprile Carducci Scuole medie Marconi Salvemini San Francesco Costa Fratelli Scuole Cristiane Lamarmora Scuole secondarie di secondo grado Istituto di Istruzione Superiore “Giuseppe e Quintino Sella” Liceo Scientifico e delle Scienze Umane “Amedeo Avogadro” Istituto di Istruzione Superiore “Eugenio Bona” Istituto di Istruzione Superiore “Quintino Sella” Istituto di Istruzione Superiore “Gae Aulenti” Istituto di Istruzione Superiore del Cossatese e Valle Strona Biblioteche Biblioteca diocesana del Seminario vescovile, fondata nel 1823; Biblioteca medico scientifica dell'Ospedale degli infermi, fondata nel 1938; Biblioteca dell'Istituto di ricerche e sperimentazione laniera Oreste Rivetti, fondata nel 1969; Biblioteca della Fondazione Sella; Biblioteca dell'Archivio di Stato, fondata nel 1967 e fa parte del Polo Bibliotecario Biellese; Biblioteca della Camera del lavoro e centro di documentazione sindacale, fondata nel 1981. Università Nella città di Biella sono presenti varie sedi distaccate dell’Università del Piemonte Orientale, dell'Università di Torino e del Politecnico di Torino. Musica Ogni anno intorno a fine ottobre si svolge il Biella Festival, organizzato dall'Associazione Artistica AnniVerdi che richiama cantautori e autori da tutta Italia e non solo. La manifestazione, giunta alla ventesima edizione, sta acquistando un'importanza sempre maggiore.Da tre anni è affiancato da Biella Festival Music Video, rassegna riservata ai videoclip musicali di area indipendente. Teatro Teatro Sociale Villani: aperto all'inizio dell'Ottocento dai fratelli Villani, appartenenti a una famiglia piuttosto in vista nell'ambiente culturale biellese, la sua prima sede fu progettata dall'architetto di corte Fabrizio Sevesi trasformando un preesistente edificio situato a Biella piano. A causa della notevole affluenza di pubblico però si rese necessaria la costruzione di un teatro più ampio che fu completato nel 1875 nella sua attuale collocazione di Piazza Martiri della Libertà dall'ing. Giuseppe Bollati. Il teatro a seguito di un incendio avvenuto nella notte del 16 agosto 1892 dovette essere parzialmente ricostruito; i restauri più recenti datano al 2002 ed hanno riguardato la messa a norma dell'edificio. L'attività del Teatro Sociale Villani ha mantenuto nel tempo un elevato profilo qualitativo e si caratterizza tuttora come un'importante presenza nel panorama teatrale italiano. In campo teatrale, è storica la compagnia del Teatro Stabile di Biella, creata da Gianni Franzoi negli anni Cinquanta (molte e importanti le sue partecipazioni in RAI e nella TV Svizzera) e dal 1997 guidata da Renato Iannì, regista e autore teatrale della Scuola di Drammaturgia di Eduardo De Filippo. Con il grande maestro napoletano ha scritto Un pugno d'acqua e ha collaborato alla stesura di Lezioni di teatro. Attivo nel territorio dal 1989 è anche Patatrac Teatro, che nel 2002 diventa Associazione Arcipelago Patatrac che gestisce il Centro di Teatro Educativo diretto da Massimo Ozino e Franca Bonato. Arcipelago Patatrac cura progetti, interventi, formazioni, spettacoli e anche una scuola di teatro articolata in diversi livelli didattici e metodologici per bambini, adolescenti, adulti. In ultimo A.R.S. Teatrando (Associazione Ricerca e Spettacolo), associazione e compagnia teatrale fondate nel 1988. Televisione Biella è sempre stata in primo piano nel mondo della televisione. Nel 1972 nasceva Telebiella, la quale è stata una delle prime televisioni a rompere il monopolio della RAI. Dopo una dura reazione del governo italiano che soppresse la televisione, Telebiella intraprese una dura battaglia legale vittoriosa e poté ricominciare a trasmettere. Nel 1992 Telebiella fallì definitivamente. Nel 1993 rinacque sotto il nome di ReteBiella TV con telegiornali, partite in diretta della locale squadra di basket, nonché i telegiornali e alcune trasmissioni della programmazione della RSI LA1. Geografia antropica Biella comprende vari quartieri; i più noti sono: Centro Piazzo Riva Oremo San Paolo-Masarone-Villaggio Sportivo Vernato Villaggio Lamarmora La città include inoltre 10 frazioni: Barazzetto Chiavazza Colma Cossila San Giovanni Cossila San Grato Favaro Oropa Pavignano Vandorno Vaglio Economia L'economia di Biella e del biellese è tradizionalmente legata al settore tessile ed in particolare a quello della lana. La lavorazione della lana ha origini antiche e si è progressivamente sviluppata determinando il tessuto economico dell'area, con grandi ed importanti aziende del settore, tra le quali occorre ricordare, per l'importanza che tuttora mantengono, anche se in parte non più in mani biellesi, il gruppo Ermenegildo Zegna, il lanificio Vitale Barberis Canonico 1663, il gruppo Lanificio fratelli Cerruti, la Fila e la Filatura di Pollone S.p.A., azienda quest'ultima quotata alla Borsa di Milano, unica azienda industriale di Biella e della sua provincia, accanto alla holding finanziaria Borgosesia S.p.A. Per quanto riguarda l'artigianato, importante è la lavorazione locale del ferro battuto, finalizzata soprattutto alla produzione di mobili. Un grande esempio il mobilificio Aiazzone A Biella hanno inoltre sede aziende storiche in altri settori come ad esempio la Banca Sella, una delle principali banche private italiane, fondata nel 1886 su iniziativa di Quintino Sella. La Menabrea, una delle più antiche fabbriche di birra italiane, è stata fondata nel 1846. Di Biella era anche la Tua Ski, produttrice di sci, mentre nel 1746 veniva fondata in questa città la ditta Avandero per il trasporto dei prodotti tessili. Infrastrutture e trasporti Strade La città è servita dalla strada statale 142 Biellese, che nella zona sud prende la forma di una tangenziale, che innestata dal raccordo (strada regionale 142) collega la città da est alla tangenziale ovest (strada provinciale 400/a). Nel 2026/2027 si prevede la fine dei lavori per la Pedemontana Piemontese, con partenza da Biella (BI) e fine a Romagnano Sesia (NO). Ferrovie tranvie La Stazione di Biella San Paolo, comune alle ferrovie Biella-Novara e Biella-Santhià, è servita da treni interregionali e a lunga percorrenza, svolti da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Piemonte. Nel passato erano altresì presenti la stazione di Biella Chiavazza posta sulla linea Biella-Novara e dismessa dal servizio, e la vecchia stazione di Biella in piazza Vittorio Veneto, antico capolinea della ferrovia per Santhià e demolita nel 1958. Dal 2019 ha inizio il progetto di ammodernamento per tutta la tratta Biella-Santhia che consiste nell'elettrificare tutta la linea. I lavori sono iniziati a luglio 2020 e si stima la conclusione per fine 2021. Una vasta rete di ferrovie e tranvie secondarie che serviva il territorio, comprendeva le seguenti linee: Tranvia Biella-Oropa, attiva fra il 1911 e il 1958 Tranvia Biella-Cossato, attiva fra il 1882 e il 1915 Ferrovia Biella-Vallemosso, attiva fra il 1891 e il 1958 Ferrovia Biella-Andorno-Balma, attiva fra il 1891 e il 1958 Ferrovia Biella-Mongrando, attiva fra il 1891 e il 1951, trasformata in tranvia nel 1922 Tranvia Biella-Borriana, attiva fra il 1925 e il 1951 Tranvia Vercelli-Biella, attiva fra il 1890 e il 1933 Funicolare Nella città è presente una funicolare che collega Biella Piano con Biella Piazzo. Aeroporti L'aeroporto di Biella-Cerrione, distante circa 10 km dalla città, è utilizzato per voli nazionali o a medio raggio. Inizialmente collegava Biella con Roma, poi, la rotta fu cancellata per gli alti costi di manutenzione. Mobilità urbana In città i trasporti pubblici sono assicurati da autolinee gestite dalla società ATAP, che fino all'anno 2018 ha altresì gestito la funicolare di Biella, poi trasformata in ascensore inclinato senza operatore. Funivia Ad Oropa era attiva una funivia che collegava il santuario con il Lago del Mucrone, attualmente (2022) in fase di ristrutturazione. Amministrazione Gemellaggi Ospedali Nella città sono presenti due ospedali e una clinica privata. • Nuovo Ospedale degli Infermi, inaugurato nel 2014. A seguito di alcuni padiglioni inutilizzati, dal 2020 è anche centro di alcuni studi universitari. • Ospedale Degli Infermi, anche detto ospedale vecchio. Dismesso nel 2014 e successivamente abbandonato. • Clinica privata La Vialarda Sport Pallacanestro La squadra più importante della città è Pallacanestro Biella, formazione di basket che ha militato fino alla stagione 2012/13 in serie A1: il 24 maggio 2009, sconfiggendo Roma in gara 5 dei play-off, raggiunse per la prima volta nella storia le semifinali scudetto, perse poi contro Milano. Questo risultato ha dato la possibilità a Pallacanestro Biella di disputare la Eurocup, svoltasi tra dicembre 2009 e gennaio 2010. Nella stagione 2013/14 Pallacanestro Biella si è aggiudicata la Coppa Italia DNA Gold. La stagione successiva partecipò alľ EuroChallenge 2014-15. Calcio Il calcio cittadino è rappresentato dall'A.S. Biellese 1902 che, dopo un passato professionistico in serie C1 e C2, ha dovuto ricominciare nel 2009-10 dalle categorie regionali. Nella stagione 2008-09 conquistò infatti la promozione diretta in Lega Pro (ex C2), ma durante l'estate 2009 alcune vicissitudini societarie determinarono la mancata iscrizione al campionato e la conseguente retrocessione nella categoria dilettantistica Eccellenza. Stadio Lo stadio Lamarmora ospita, oltre alle partite domenicali della società A.S. Biellese 1902, anche gare di atletica leggera, organizzate dall'Unione Giovane Biella, una delle storiche società sportive biellesi, e dalla FIDAL, la Federazione Italiana di Atletica Leggera, comitato di Biella e Vercelli. Nello stesso stadio si allenano frequentemente anche Elena Romagnolo, Valeria Roffino, Fatna Maraoui e Nadia Ejjafini, atlete di livello internazionale: Romagnolo è triverese di nascita, Roffino è biellese, mentre Maraoui e Ejjafini sono atlete marocchine con cittadinanza italiana e da tempo residenti in città. Rugby Per quanto riguarda gli altri sport di squadra, molto importanti sono il rugby e la pallavolo. Il Biella Rugby, promosso in serie B al termine della stagione 2007/08, sta disputando onorevoli campionati in questa categoria, lavorando moltissimo con il settore giovanile nel nuovissimo campo in erba sintetica costruito in città, primo passo verso la costruzione della cittadella del rugby. Nella stagione 2012/13 il Biella Rugby ha vinto il campionato di Serie B e ha disputato i play off per l'accesso alla Serie A2, poi vinti dall'Unione Rugby Prato Sesto. Nella stagione 2017/2018 conquista per la prima volta nella sua storia la promozione in Serie A. Pallavolo Per quanto concerne la pallavolo, la società di punta è il Biella Volley: dopo dieci stagioni consecutive in B1 e un paio di promozioni fallite di un soffio la squadra nel 2010/11 milita in B2, la quarta serie nazionale. Nel settore femminile grande ascesa nell'ultimo decennio da parte della Virtus, piccola realtà del quartiere cittadino di Chiavazza, cresciuta sino a diventare grande protagonista in serie B2: problemi economici hanno ridimensionato le ambizioni della società giallorossa, autoretrocessasi nelle categorie regionale (serie D) al termine della stagione 2009/10; in seguito la società ha continuato ad operare solamente a livello giovanile, conquistando alcuni titoli interprovinciali. In città è stata attiva Pallavolo Biella, consorzio che si occupava prevalentemente di settore giovanile con oltre 100 atlete tesserate, nato dall'accordo di collaborazione tra Asd Virtus Chiavazza, Apd Villaggio Lamarmora, Apd Pietro Micca Biella e Asd Sprint Candelo; ora il tutto è attivo come SprintVirtus e veste nuove divise nerofucsia. Negli ultimi anni, infatti, Virtus Chiavazza ha intrapreso un nuovo corso e, con la denominazione SprintVirtus Biella, ha vinto il campionato di serie D 2011/12 e quindi conquistato un posto tra le prime cinque nei due successivi campionati di serie C. Nella stagione 2013/14 ha inoltre vinto la Coppa Piemonte femminile classificandosi poi anche al terzo posto nella successiva Coppa delle Alpi (competizione alla quale partecipano le società vincitrici delle coppe regionali del nord Italia). Nella stagione 2014/15 la formazione biellese è nuovamente arrivata alla finale di Coppa Piemonte, venendo quindi sconfitta dalla squadra di Oleggio; il 3 giugno 2015, al termine di un'emozionante serie di gare, la Logistica Biellese SprintVirtus ha infine conquistato una nuova promozione ai campionati nazionali, nella stagione 2015/16 disputa la Serie B2 e nella stagione 2018/19 con la denominazione Virtus Biella conquista, ai playoff, la promozione in B1. Tra le squadre SprintVirtus Biella è da segnalare la formazione denominata SprintVirtus Villaggio Lamarmora, allenata da Michael Chauviere e aggiudicatasi nelle stagioni 2012/13 e 2013/14 i Campionati Nazionali PGS, prima nella categoria Under 20 e poi in quella Libera. Infa SprintVirtus (la seconda squadra di questa società, allenata dall'argentino Carlos Luigi Di Lonardo, ex head coach della nazionale femminile argentina) si è inoltre aggiudicata il campionato di Prima Divisione 2013/14 vincendo tutte e 24 i match disputati, perdendo inoltre un solo set a fronte dei 72 vinti; nel 2014/15 ha partecipato al campionato di serie D concludendo, da neopromossa, con un onorevole quinto posto. Ciclismo Il comune di Biella ha ospitato per otto volte l'arrivo di una tappa del Giro d'Italia, la prima nel 1963, l'ultima nel 2017. In sei occasioni il traguardo è stato posto al Santuario di Oropa. Tappe del Giro d'Italia con arrivo a Biella: 1964 21ª tappa Torino-Biella, vinta da Gianni Motta. 1996 17ª tappa Losanna-Biella, vinta da Nicolai Bo Larsen. Tappe del Giro d'Italia con arrivo al Santuario di Oropa: 1963 11ª tappa Asti-Santuario di Oropa, vinta da Vito Taccone. 1993 20ª tappa Torino-Santuario di Oropa, vinta da Massimo Ghirotto. 1999 15ª tappa Racconigi-Santuario di Oropa, vinta da Marco Pantani. 2007 13ª tappa Biella-Santuario di Oropa (cronoscalata), vinta da Marzio Bruseghin. 2014 14ª tappa Agliè-Santuario di Oropa, vinta da Enrico Battaglin. 2017 14ª tappa Castellania-Santuario di Oropa, vinta da Tom Dumoulin. 2021 3ª tappa Biella-Canale, vinta da Taco van der Hoorn. Automobilismo Due storici appuntamenti del Formula Grand Prix si svolsero nelle vie del centro storico di Biella, nel 1934 e nel 1935, ospitando piloti di caratura mondiale come Achille Varzi, Tazio Nuvolari e Nino Farina. Biella e il suo territorio hanno una grande tradizione anche nel campo dell'automobilismo sportivo e hanno dato i natali a numerosi piloti che, dai primi anni del XX secolo fino ad oggi, si sono distinti a livello nazionale e internazionale, soprattutto nelle gare su strada. Fra questi: Antonio Brivio Sforza, Carlo Felice Trossi, Giovanni Bracco, i fratelli Umberto e Claudio Maglioli, Franco Perazio, Giampiero Bagna, Federico Ormezzano e Piero Liatti. Piero Liatti è anche, ad oggi, l'ultimo pilota italiano ad aver vinto una gara del Campionato Mondiale Rally, il Rally di Monte Carlo del 1997, al volante di una Subaru Impreza WRC 97 della scuderia ufficiale 555 Subaru WRT. La principale competizione automobilistica del Biellese è stata il Rally della Lana, che si è corso dal 1973 al 2001 e che, dal 1982, è stato valido per il Campionato Europeo. Negli ultimi anni i motori sono tornati ad accendersi nel biellese, grazie a due rally ronde ed alla disputa del Rally della Lana Storico (valido per il campionato italiano). Galleria d'immagini Note Bibliografia Voci correlate Aeroporto di Biella-Cerrione Aiazzone Diocesi di Biella Funicolare di Biella La Bessa Emilio Straudi Museo dell'Oro e della Bessa Palazzo La Marmora Riserva naturale orientata delle Baragge Sinagoga di Biella Telebiella Villa Schneider Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Jeans
Jeans
Il termine jeans (o blue jeans) si ritiene che derivi direttamente dalle parole in lingua francese "bleu de Gênes" ovvero "blu di Genova" in italiano. Designa propriamente i pantaloni con i caratteristici rivetti di rame o di metallo, con il bottone centrale di metallo, taglio a 5 tasche, di cui le posteriori cucite sopra la stoffa del corpo dei pantaloni, con l'etichetta (detta "salpa") inserita nella parte posteriore in alto a destra. Il tessuto jeans è originario della Repubblica di Genova. Fu reinventato nel 1871 come lo conosciamo oggi dal sarto Jacob Davis per essere brevettato con Levi Strauss il 20 maggio 1873. Le marche storiche e con le maggiori vendite sono "Levi's" dell'azienda Levi Strauss & Co., Lee e Wrangler entrambi della Vf Corporation. Etimologia del termine Il termine jean corrisponderebbe a una storpiatura derivata dall'antico termine Jeane o Jannes utilizzato per nominare la città di Genova e dalla conseguente pronuncia inglesizzata del più recente termine francese Gênes; la forma plurale jeans viene standardizzata nel XX secolo entrando nel linguaggio comune. Storia Un tempo, in tutto il mondo antico, si usava dare ai tessuti il nome del luogo di produzione, e Jeane era il nome scritto su molti carichi di fustagno che, a partire dal Cinquecento, arrivavano a Londra dalla Repubblica Marinara di Genova, allora al suo apogeo, diventando così il nome di questa tela, molto apprezzata sul mercato inglese per la sua robustezza e il suo costo. Era anche abbondantemente utilizzata a partire dal XVI secolo dalla marina genovese per equipaggiare le navi a vela e per vestire i marinai. Molte stoffe genovesi acquisite da Enrico VIII furono classificate dopo la sua morte come Jeane, con un riferimento preciso al luogo d'origine e di fabbricazione; si trattava soprattutto di vari tipi di velluto, ma anche di altri tipi di tessuto. Nell'ambiente del commercio e degli affari, l'espressione merchant of Jeane (mercante di Genova) appare in diversi documenti come una copia del contratto del 15 giugno 1580 con il quale il conte di Oxford acquistò il Great Garden da Benedetto Spinola, merchant of Jeane. Più raramente è stato utilizzato come supporto per opere pittoriche. Caratteristiche Il fatto che il taglio tipico del jeans a 5 tasche sia stato realizzato largamente ed abbia avuto successo con il tessuto denim, ha portato alla confusione dei concetti: il termine denim indica infatti il tessuto e non il taglio. Il denim ha un'armatura di saia da tre, è realizzato in filato di cotone, la trama è di colore bianco o écru e l'ordito di colore blu. Prima dell'introduzione dei coloranti chimici, il colore blu veniva ricavato dalla pianta isathis tinctoria (conosciuta volgarmente con il nome di "guado") o dalla pianta indigofera tinctoria, l'indaco. Esso, tecnicamente, è molto simile al fustagno, di cui è probabilmente una derivazione. Impatto ambientale e umanitario Un tipico paio di blue jeans utilizza 3.479 litri (919 galloni statunitensi) di acqua durante il suo ciclo di vita. Ciò include l'acqua per irrigare il raccolto di cotone, fabbricare i jeans e i numerosi lavaggi da parte del consumatore. La produzione di jeans con un "aspetto usato" può essere più dannosa per l'ambiente rispetto ai normali jeans, a seconda di come vengono lavorati i composti di scarto. La sabbiatura e il trattamento con carta vetrata rischiano di causare silicosi ai lavoratori e in Turchia più di 5.000 lavoratori tessili sono stati colpiti da questa malattia e si sa che 46 persone sono morte. Alcune aziende hanno annunciato che stanno vietando l'uso della sabbiatura. Galleria d'immagini Note Bibliografia Marzia Cataldi Gallo, Tessuti genovesi del Seicento, Tormena, 1994 ISBN 9788886017213 Marzia Cataldi Gallo, Tessuti genovesi: seta, cotone stampato e jeans, in Storia della cultura ligure, a cura di Dino Puncuh, "Atti della Società Ligure di Storia Patria", n.s., XLIV, in quattro volumi, Genova, fascicolo 2, 2004, pp. 297–334. Marzia Cataldi Gallo, Passione in blu, I teli con storie della Passione del XVI secolo a Genova, De Ferrari, 2008 ISBN 9788871729480 Voci correlate Tessuto Denim Fustagno Storia dei jeans Altri progetti Collegamenti esterni Storia del jeans Pantaloni Usi e costumi di Genova
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https://it.wikipedia.org/wiki/Biedermeier
Biedermeier
Il Biedermeier è stato un movimento artistico e ornamentale sviluppatosi nel periodo storico che intercorre tra il 1815 ed il 1848. Molto in voga tra la borghesia tedesca e austriaca, viene spesso definito di genere "romantico". Origine e caratteristiche Il termine stesso si diffuse attorno al 1850 come dispregiativo, preso in prestito da un personaggio dei poemi pubblicati sulla rivista satirica bavarese Fliegende Blätter dal medico Adolf Kussmaul e dall'avvocato Ludwig Eichrodt, e stava ad indicare il piccolo borghese apolitico e conservatore, interessato solo alla propria vita familiare. È composto da due parole, cioè l'aggettivo "semplice", "sempliciotto" (bieder, ma che significa anche "integro", "onesto") unito a uno dei cognomi tedeschi più diffusi Meier (o Maier). Questo stile nacque in contrapposizione al cosiddetto Stile Impero, nel periodo immediatamente successivo al Congresso di Vienna, di cui riprende una decisa "voglia di normalità". Soprattutto per questa ragione, il Biedermeier è stato spesso definito come lo "stile della Restaurazione". Lo scopo che sottende allo stile Biedermeier infatti è valorizzare la sobrietà e l'armonia, mutuando parte dei motivi stilistici dal periodo precedente, ma spogliandoli di tutti i decori, gli orpelli e gli eccessi che lo avevano caratterizzato. Tutto ciò è coerente con la situazione sociopolitica del momento, che cerca di dimenticare i fatti tumultuosi della Rivoluzione francese e del successivo impero napoleonico. Anche l'avvento della Rivoluzione industriale gioca un ruolo decisivo nello stile, proponendo prodotti funzionali ma dalle linee semplici, e quindi facilmente fabbricabili. Questa tendenza si ritrova nell'architettura quanto nell'arredamento, nella musica quanto nella letteratura, e produce atmosfere solenni ma sobrie, prive di decori dorati ma ricche di elementi consueti, quotidiani. Nell'arredamento il Biedermeier introduce l'uso di tappeti, tendaggi e nuovi tipi di mobile, come il servante a vetrina, l'armadietto secrétaire a ribalta, il divano imbottito, oltre alla diffusione di materiali pregiati come il mogano e il ciliegio. Le composizioni floreali sono un esempio significativo dello stile, così come le facciate severe di alcune città europee (una per tutte, Vienna) o le famose sedie in legno curvato e paglia di Vienna di Thonet. In musica e letteratura possiamo considerare esemplificative del periodo le composizioni di Hummel, Dussek, Cramer, Steibelt e Czerny; le opere letterarie di Annette von Droste-Hülshoff o di Adelbert von Chamisso, e le opere teatrali dell'austriaco Franz Grillparzer. Oggettistica Ciò che fu un tempo uno stile estetico e culturale rispettabile, anche se molto discusso perché considerato falsamente dimesso, sentimentale anziché alimentato da sentimenti, nutrito di idilli anziché di passioni, insomma, sinonimo di estetica piccolo-borghese, è tuttora usato nell'hobbistica femminile, ad esempio per confezionare bouquet, cesti, spille, borse, ecc.: insomma tutto quanto sia decorativo. In genere, si tratta di composizioni ottenute con materiale d'uso quotidiano ma abbastanza costoso: perle di bigiotteria, nastri di raso, canutiglia (fili dorati), portasemi di faggio, pignette, ecc. Inoltre, l'utilizzo di spezie come cannella, chiodi di garofano e fiori di anice dà un profumo caratteristico alla composizione. Pittura Lo stile Biedermeier ebbe seguito anche in pittura, che annovera fra i suoi seguaci anche i pittori Ferdinand Georg Waldmüller, Peter Fendi e Josef Danhauser. Galleria d'immagini Esempi di arredamento Biedermeier: Note Bibliografia Voci correlate Hobby Romanticismo tedesco Friedrich Wasmann Altri progetti Collegamenti esterni Movimenti artistici Architetture neoclassiche dell'Austria Architetture neoclassiche della Germania
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Balilla
Balilla – nomignolo del popolare patriota genovese Giovan Battista Perasso (1735-1781), da cui nacque il termine Balilla – nome di una varietà di frumento creata da Nazzareno Strampelli Balilla – sommergibile della Regia Marina varato nel 1915 Balilla – sommergibile della Regia Marina varato nel 1927 Fiat 508 Balilla – automobile prodotta negli anni trenta Opera nazionale balilla – organizzazione giovanile fascista Calcio balilla – gioco noto anche come biliardino Classe Balilla – classe di sommergibili sviluppata negli anni venti Ansaldo A.1 Balilla – aereo da caccia biplano della Regia Aeronautica CANT Z.1010 Balilla – prototipo di aereo da turismo della Cantieri Riuniti dell'Adriatico La Balilla – canzone popolare milanese, scritta da Italo Corrias e interpretata da diversi cantanti italiani tra cui Nanni Svampa, Enzo Jannacci, Mina, Giorgio Gaber, Maria Monti e I Gufi Moschetto Balilla – fucile utilizzato dai bambini italiani durante il ventennio fascista. Il Balilla – settimanale illustrato italiano Francesco Balilla Pratella – compositore e musicologo
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https://it.wikipedia.org/wiki/British%20Airways
British Airways
British Airways () è una compagnia aerea del Regno Unito con sede a Hillingdon, il borgo più occidentale di Londra vicino al suo hub principale, l'aeroporto di Londra-Heathrow. È la più grande compagnia aerea britannica per flotta, voli e numero di destinazioni internazionali e la seconda per numero di passeggeri trasportati dopo easyJet. Storia British Airways venne fondata nel 1971 dalla fusione delle due principali compagnie aeree britanniche del tempo, BOAC e British European Airways, più altre due piccole compagnie aeree regionali, Cambrian Airways e Northeast Airlines, rispettivamente basate a Cardiff ed a Newcastle upon Tyne. Il 31 marzo 1974 le quattro compagnie furono unite in British Airways, che iniziò le operazioni il giorno successivo. Dopo tredici anni di proprietà completamente statale, parte della compagnia fu privatizzata. British Airways iniziò ad espandersi nel 1987 con l'acquisto di British Caledonian, e nel 1992 con l'acquisto di Dan-Air, compagnia basata all'aeroporto di Londra-Gatwick. Nell'agosto del 1998 British Airways ordinò i suoi primi velivoli prodotti da Airbus, 59 A320 family. Nel 2007 firmò per 12 Airbus A380-800 e 24 Boeing 787 Dreamliner iniziando così il processo di rinnovo della flotta a lungo raggio che all’epoca era focalizzata sui Boeing 747-400; con 55 esemplari in servizio, British Airways è il più grande operatore mondiale di questo modello di aereo. British Airways è uno dei membri fondatori dell'alleanza globale Oneworld insieme ad American Airlines, Cathay Pacific, Qantas e l'ora fallita Canadian Airlines. L'alleanza è attualmente la più piccola delle tre esistenti, dopo Star Alliance e SkyTeam. Il gruppo proprietario di British Airways, l'International Airlines Group, è quotato alla London Stock Exchange e al FTSE 100 Index. Il 12 novembre 2009 la compagnia dimostra interesse di fondersi con la spagnola Iberia. Il 14 luglio 2010 la commissione europea e l'antitrust approvano la fusione, permettendo anche una cooperazione con American Airlines per i voli transatlantici con gli Stati Uniti. L'unione fra le compagnie venne completata il 21 gennaio 2011 con la creazione dell'International Airlines Group (IAG). Nel 2012 British Airways, tramite IAG, acquista British Midland International e annuncia la creazione di una compagnia sussidiaria basata all'aeroporto di Londra-City che opera con Airbus A318 in configurazione esclusivamente in classe business. British Airways fu la compagnia aerea ufficiale dei Giochi della XXX Olimpiade svoltisi a Londra nell'estate 2012: il 18 maggio dello stesso anno portò la fiamma olimpica dall'aeroporto Internazionale di Atene sino a Helston, in Cornovaglia; nel volo erano presenti anche Sebastian Coe, la principessa reale Anna, il ministro per le Olimpiadi britannico Hugh Robertson, il sindaco di Londra Boris Johnson e il calciatore David Beckham. Destinazioni Accordi commerciali A gennaio 2021 British Airways ha accordi di codeshare con le seguenti compagnie: Aer Lingus AirBaltic Alaska Airlines American Airlines Bangkok Airways Cathay Pacific China Eastern China Southern Finnair Iberia Japan Airlines LATAM Airlines Brasil LATAM Airlines Chile Loganair Malaysia Airlines Qantas Qatar Airways Royal Jordanian S7 Airlines TAAG Angola Airlines Vueling Alleanze Il 1º febbraio 1999 British Airways è entrata a far parte di Oneworld Flotta Flotta attuale A maggio 2023 la flotta di British Airways è così composta: Flotta storica British Airways operava in precedenza con i seguenti aeromobili: Incidenti Nella collisione aerea di Zagabria del 1976, avvenuta il 10 settembre, un Hawker Siddeley Trident 3D della British Airways, e un Douglas DC-9 della Inex Adria Aviopromet, operante il volo Inex-Adria Aviopromet 550, entrarono in collisione mentre volavano nei cieli jugoslavi di Zagabria, causando la morte di 176 persone. L'incidente fu causato da un cattivo coordinamento fra i controllori del traffico aereo jugoslavi, dovuto anche all'alto traffico (su Zagabria passavano molte aerovie, utilizzate per evitare i Paesi del blocco comunista), alla carenza di personale e alle attrezzature ormai obsolete. Il 24 giugno 1982, il volo British Airways 9, operato da un Boeing 747-200, attraversò una nube di cenere vulcanica sollevata dall'eruzione del monte Galunggung, che causò lo spegnimento di tutti e quattro i motori. Una volta usciti dalla nube, l'equipaggio riuscì a riaccendere i motori e compì un atterraggio di emergenza a Giacarta, senza vittime o feriti tra i 263 a bordo. Il 10 giugno 1990, in cabina di pilotaggio del volo British Airways 5390, operato da un BAC One-Eleven, una parte del parabrezza si staccò a causa dell'errata installazione. Il comandante venne spinto per metà all'esterno dalla depressione risultante, rimanendo però premuto dall'aria contro il muso dell'aereo. Il co-pilota riuscì a compiere un atterraggio di emergenza a Southampton senza che ci fossero vittime. Il 29 dicembre 2000, il volo British Airways 2069, operato da un Boeing 747-400, fu preso d'assalto da un uomo che tentò di dirottare l'aereo. Il 747 entrò in stallo durante la lotta. Il comandante e il suo equipaggio furono in grado di bloccare l'aggressore mentre il primo ufficiale riprese il controllo dell'aereo, portando la situazione sotto controllo. Il 17 gennaio 2008, il volo British Airways 38, operato da un Boeing 777-200ER, è precipitato a poca distanza dalla pista dell'aeroporto di destinazione, quello di Heathrow. Non ci sono state vittime tra le persone a bordo dei 152 occupanti ne sono rimasti feriti 47, di cui uno in modo grave. L'8 settembre 2015, il volo British Airways 2276, operato da un Boeing 777-200ER, subì un guasto incontrollato con successivo incendio al motore sinistro, un GE90, all'aeroporto internazionale di Las Vegas- McCarran. Il decollo fu interrotto e i passeggeri e l'equipaggio furono evacuati; in 20 rimasero feriti. L'aeromobile, che subì un danno moderato alla sezione anteriore della fusoliera a causa dell'incendio, rientrò in servizio nel marzo del 2016. Note Altri progetti Collegamenti esterni Compagnie aeree britanniche Compagnie aeree di bandiera Membri di Oneworld British Airways
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Buttigliera Alta
Buttigliera Alta (Butijera o Butijera Àuta in piemontese) è un comune italiano di abitanti della città metropolitana di Torino in Piemonte. Geografia fisica Posto a circa 25 chilometri ad ovest di Torino, sorge nella bassa valle di Susa. Il capoluogo comunale è situato sulla collina che costituisce la morena laterale destra dell'Anfiteatro morenico di Rivoli-Avigliana, mentre l'unica frazione di Ferriera si trova ai piedi del rilievo. Storia È posta nelle vicinanze di Avigliana, alla cui circoscrizione comunale un tempo apparteneva. Divenne autonoma il 25 aprile 1619 quando Giovanni Carron ricevette il feudo di Buttigliera, Uriola e Case Nicola – assieme al titolo di Conte – dal duca Carlo Emanuele I. Da questo momento in poi la storia di Buttigliera Alta è stata intimamente legata a quella della famiglia Carron fino all'ultima discendente, Clementina Carron, morta nell'aprile del 1912. Nella prima metà del 1890, Alfonso e Giuliano Vandel identificarono Buttigliera come il luogo adatto al suo nuovo stabilimento per la produzione di chiodi da scarpe, che costruirono in una zona della valle più in basso rispetto all'abitato. Questa nuova frazione abitativa di quattrocento persone, annessa nel 1891, fu chiamata Ferriera, dal nome della città di La Ferriere Sous Jougne, da cui i Vandel provenivano. Nel 1917 il gruppo FIAT ha stabilito uno dei suoi stabilimenti metallurgici in Ferriera, rilevando quello originario dei Vandel. Simboli Lo stemma del comune di Buttigliera Alta è stato concesso con regio decreto del 3 agosto 1930. Il gonfalone municipale è un drappo di azzurro concesso con regio decreto dell'8 marzo 1934. Monumenti e luoghi d'interesse Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso La chiesa appartenente a questo complesso religioso risale al 1121. Il complesso include, tra le altre cose, una macina per il grano ricevuta in dono dai monaci il 7 giugno 1188 da Umberto III di Savoia. Insieme al mulino, egli donò anche un bosco. In questo luogo già sorgeva precedentemente un ospedale. Tutti gli anni, viene qui allestito un presepe vivente. Chiesa di San Marco Evangelista È la parrocchiale del paese; venne edificata tra il 1653 e il 1673, per poi venir ampliata tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento. Società Evoluzione demografica Negli ultimi cinquant'anni, a partire dal 1971, la popolazione residente è raddoppiata. Etnie e minoranze straniere Secondo i dati Istat al 31 dicembre 2017, i cittadini stranieri residenti a Buttigliera Alta sono , così suddivisi per nazionalità, elencando per le presenze più significative: Romania, Marocco, Cultura Biblioteca A Buttigliera Alta ha sede dal 1976 la biblioteca comunale Ida Carlini, così intitolata dal 2002 per una maestra del luogo attiva nell'ambito di educazione culturale. Dal 1982 è entrata nel Sistema Bibliotecario Intercompensoriale di Pinerolo, e dal 2010 è parte dello SBAM, nel polo Nord-Ovest. Media Televisione A Buttigliera Alta è stato girato un episodio della terza stagione del reality show SOS Tata. Amministrazione Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune. Classificazione sismica: zona 3 (sismicità bassa), Ordinanza PCM 3274 del 20/03/2003 Classificazione climatica: zona E, 2975 GR/G Gemellaggi Note Voci correlate Alloformazione di Magnoletto Altri progetti Collegamenti esterni
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Berlino
Berlino (AFI: ; in tedesco: Berlin, , ) è la capitale e maggiore città della Germania. Città-land e sede del governo tedesco, è uno dei più importanti centri politici, culturali, scientifici, fieristici, economici, commerciali e mediatici del mondo, ed è anche il comune più popoloso dell'Unione europea, con abitanti. L'agglomerazione berlinese comprendente Berlino e cinquanta comuni limitrofi nel land di Brandeburgo, ha una superficie complessiva di e una popolazione di abitanti, mentre la regione metropolitana Berlino/Brandeburgo ha una superficie di e una popolazione di abitanti. In passato è stata la capitale della Marca di Brandeburgo (1417-1801), del Regno di Prussia (1701-1918), dell'Impero tedesco (1871-1918), della Repubblica di Weimar (1919-1933), della Germania nazista (1933-1945) e – limitatamente alla sua parte orientale – della Repubblica Democratica Tedesca (1949-1990). Berlino è una delle capitali del cinema europeo ed è considerata la capitale delle startup in Germania e centro internazionale emergente per fondatori di aziende innovative. Nel 1988 fu nominata città europea della cultura. Geografia Territorio Berlino è situata nella parte orientale della Germania, a dal confine polacco, nella regione geografica del Brandeburgo, ma non fa parte dell'omonimo Land, da cui è peraltro interamente circondata. La città ha una superficie molto vasta, di . L'estensione in senso nord-sud è di , in senso est-ovest di . Il centro di Berlino sorge sulle rive della Sprea (Spree in tedesco), in un'ampia valle di origine glaciale (Berliner Urstromtal) fra gli altopiani di Barnim e Teltow, orientata in senso est-ovest. Nel quartiere periferico di Treptow-Köpenick orientale si trova invece il Müggelsee. I laghi berlinesi, nei mesi estivi, sono molto frequentati dai bagnanti. All'interno del territorio cittadino vi sono alcune alture: la maggiore è il Großer Müggelberg, nel quartiere di Müggelheim, che raggiunge un'altezza di s.l.m. Il terreno è composto principalmente da materiale sabbioso, ghiaia e selci. Berlino è centro della regione metropolitana Berlino/Brandeburgo, che conta (2012) abitanti. Clima La zona di Berlino ha un clima temperato mesotermale e molto asciutto rispetto alla media. Le temperature massime giornaliere in alcuni giorni estivi – generalmente a luglio – arrivano vicino ai (picco massimo ufficiale di l'11 luglio 1959 alla stazione meteorologica di Tempelhof). Per due volte nel corso del Novecento la temperatura è scesa alla soglia dei a febbraio: l'11 febbraio 1956 la minima assoluta ufficiale di a Schönefeld, mentre precedentemente i erano stati raggiunti alla storica stazione meteorologica di Dahlem sempre il giorno 11 febbraio ma dell'anno 1929. Il vento in estate è più costante e soffia normalmente da ovest; d'inverno è più variabile e spesso proviene anche da sud, fattore che rende molto variabile il tempo anche nel corso della giornata. Si contano mediamente 30 temporali all'anno. Tabella temperature e precipitazioni: Medie mensili L'area urbana centrale presenta un microclima con fino a in più rispetto alla periferia. L'aria è relativamente poco inquinata grazie al vento, alle grandi aree verdi e all'efficienza dei trasporti pubblici, che rende scorrevole anche il traffico automobilistico. Comuni confinanti Berlino confina con 27 comuni del Brandeburgo, di cui 7 sono città, fra cui quella extracircondariale di Potsdam. Vengono qui riportati gli altri 26, suddivisi per circondario (Landkreis), partendo da nord-est e procedendo in senso orario: Barnim: Wandlitz, Panketal, Ahrensfelde. Märkisch-Oderland: Hoppegarten, Neuenhagen bei Berlin. Oder-Spree: Schöneiche bei Berlin, Woltersdorf, Erkner (città), Gosen-Neu Zittau. Dahme-Spreewald: Königs Wusterhausen (città), Zeuthen, Eichwalde, Schulzendorf, Schönefeld. Teltow-Fläming: Blankenfelde-Mahlow, Großbeeren. Potsdam-Mittelmark: Teltow (città), Kleinmachnow, Stahnsdorf. Havelland: Dallgow-Döberitz, Falkensee (città), Schönwalde-Glien. Oberhavel: Hennigsdorf (città), Hohen Neuendorf (città), Glienicke/Nordbahn, Mühlenbecker Land. Storia Berlino nacque molto probabilmente come borgo commerciale di origine slava nel XII secolo, in corrispondenza di un'isola della Sprea. Originariamente vi erano due città distinte: Berlino, a est del fiume, e Cölln, sull'isola. Nei secoli successivi, Berlino acquistò sempre più importanza sulle altre città del Brandeburgo: nel 1451 divenne residenza dei margravi di Brandeburgo, dal 1701 capitale del regno di Prussia, dal 1871 capitale dell'Impero tedesco. Nel 1920 vennero inglobati molti comuni e città circostanti, creando la "Grande Berlino". Capitale della Germania anche durante l'epoca nazionalsocialista, fu uno degli obiettivi principali dei bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale, terminata in Europa proprio con la resa incondizionata della Germania l'8 maggio del 1945. Alla fine della guerra, la città fu divisa in quattro zone d'occupazione, e quindi divisa in due parti concorrenti: i tre settori occidentali (Berlino Ovest) e il settore sovietico (Berlino Est). Mentre Berlino Est divenne capitale della Repubblica Democratica Tedesca, Berlino Ovest fu un'exclave della Repubblica Federale, e del mondo occidentale, oltre la Cortina di Ferro. L'inizio della Guerra Fredda fu il Blocco di Berlino dal 24 giugno 1948 all'11 maggio 1949, efficacemente contrastato dal cosiddetto Ponte Aereo, il più grande trasporto umanitario della storia, messo in atto principalmente dagli Stati Uniti d'America e dalla Gran Bretagna, che in seguito vennero visti – come anche la Francia – non più come "forze di occupazione", ma come "forze di protezione". Anche il successivo tentativo sovietico di annettere Berlino Ovest alla DDR – l'ultimatum di Chruščëv del 1958 – venne respinto dagli Alleati Occidentali. Il 13 agosto 1961 il governo della Germania Est – ottenuto il permesso da Mosca – innalzò il Muro di Berlino, per fermare la fuga in occidente dei propri cittadini. La solidarietà americana con i berlinesi dell'ovest era condizione essenziale della vita del cosiddetto "avamposto della libertà"; la sua espressione più nota e più incisiva sono le parole pronunziate dall'allora Presidente degli Stati Uniti d'America, John F. Kennedy, nel suo discorso tenuto il 26 giugno 1963: Ich bin ein Berliner (it.: "Io sono un berlinese"). La "caduta del Muro" nella tarda serata del 9 novembre 1989 rese possibile la Wiedervereinigung (riunificazione tedesca), con la quale Berlino è tornata a essere la capitale della Germania unita. Origine del nome La maggior parte degli studiosi concorda nel rifiutare la vecchia e popolare convinzione secondo la quale il nome Berlin risalirebbe all'orso, in tedesco Bär, animale presente nella zona all'epoca della fondazione di Berlino e stemma della città fin dal 1280. Deriva invece, con molta probabilità, dalla radice slava berl, ovvero palude, isola di fiume. Urbanistica Le strutture dell'odierna metropoli, nonché molti singoli edifici, sono risultato di oltre otto secoli di storia. La funzione di Berlino come capitale – della Marca di Brandeburgo dal 1451, del Regno di Prussia dal 1701, dell'Impero tedesco dal 1871, della Repubblica di Weimar e del regime nazista, limitatamente alla parte orientale della DDR e ora della Repubblica Federale Tedesca, dopo l'unificazione del 1990 – ha lasciato i suoi segni ben visibili. Berlino fino al 1920 Berlino, già nata dall'unione dei due comuni Berlin e Cölln, crebbe, a partire da metà del Seicento, attraverso la fondazione di nuovi sobborghi. La vecchia Berlino corrisponde alle parti centrali dell'odierno quartiere Mitte, con la centrale isola nel fiume Sprea e la corrispondente riva orientale. Sul lato orientale della porzione centrale dell'isola si trovava il cosiddetto Castello di Città, la cui storia risale fino al 1443, castello reale fin dal 1701, abbattuto dal governo comunista nel 1950. Approssimativamente nella posizione del castello la DDR costruì – dal 1973 al 1976 – il cosiddetto Palast der Republik (it.: Palazzo della Repubblica), demolito tra 2006 e il 2008. Al suo posto è stato costruito a partire dal 2013 il cosiddetto Humboldt Forum, Il nuovo edificio presenta tre delle facciate storiche del Castello di Berlino ed è destinato ad accogliere il Museo Etnologico, il Museo di Arte Asiatica, la Biblioteca Centrale e Regionale di Berlino e la Humboldt Universität. A nord della piazza si trovano il Lustgarten: una piazza verde pubblica, un tempo giardino dello stesso castello e il Duomo di Berlino – presente fin dal 1536, anche se l'aspetto è prevalentemente quello del 1905. L'intera punta settentrionale dell'isola costituisce l'Isola dei Musei, con i suoi cinque grandi edifici dedicati alle esposizioni e costruiti a partire dal 1822, oggi uno dei più importanti complessi museali del mondo, dedicato soprattutto alle collezioni archeologiche e all'arte dell'Ottocento. L'antica e caratteristica architettura della parte meridionale dell'isola, la cosiddetta Fischerinsel (it.: isola dei pescatori) è stata distrutta completamente dai bombardamenti della seconda guerra mondiale; l'unico elemento antico è il piccolo ponte Jungfernbrücke, collegamento con la terraferma a ovest dell'isola. Immediatamente a est dell'isola si trova il quartiere ricostruito Nikolaiviertel, con la Nikolaikirche (Chiesa di San Nicola), la più antica chiesa di Berlino. Non distanti si trovano il Municipio Rosso (dal caratteristico colore dei mattoni), nella forma degli anni sessanta dell'Ottocento, ma nella posizione del municipio medievale, e la Marienkirche, chiesa fondata nel XIII secolo. Dall'isola porta verso ovest e fino alla Porta di Brandeburgo il viale Unter den Linden (it.: sotto i tigli), trasformato nel 1647 da polveroso sentiero per cavalcare in viale alberato e ampliato più volte in seguito. Il viale è tagliato a metà dalla perpendicolare Friedrichstraße che collega, a sud dei Tigli, la Friedrichstadt (it.: città di Federico), fondata nel 1688, incorporata come quartiere di Berlino nel 1709 e nota per la sua piazza Gendarmenmarkt, con le chiese francese e tedesca e il Schauspielhaus (teatro di prosa: oggi sala per concerti), fronteggiato dalla statua di Friedrich Schiller, nonché, a nord del grande boulevard, la Dorotheenstadt, sorta quindici anni prima della Friedrichstadt e inglobata – come anche il sobborgo di Friedrichswerder – con lo stesso atto amministrativo del 1709. Lungo il "viale dei Tigli" si trovano la Staatsoper Unter den Linden e la Cattedrale cattolica di Sant'Edvige, entrambe costruite sotto Federico il Grande; anche la Staatsbibliothek Unter den Linden, la Guardia Nuova del 1818 e il lussuoso Hotel Adlon del 1907 (distrutto nel 1945 e riaperto nel 1997) si affacciano sullo storico viale. A nord del centro storico si trova il Scheunenviertel, in cui nel corso dei secoli trovarono rifugio i rifugiati ebrei vittime delle persecuzioni nell'Europa orientale. Qui, prima dell'avvento del nazismo, fiorì, perfettamente inserita nel contesto sociale, una comunità ebraica ricca e culturalmente attiva; vi si trova la monumentale Sinagoga nuova di Berlino, inaugurata nel 1866, devastata dai bombardamenti nel novembre 1943, abbattuta in parte dalle autorità della DDR nel 1958 e in parte ricostruita nel 1988-93 come sede del Centrum Judaicum. Dal 1995 l'edificio comprende anche una piccola sinagoga (la Synagoge Oranienburger Straße). Notevole nella zona è anche la Sophienkirche (it.: Chiesa di Santa Sofia). Nel periodo 1994 - 1996 molti edifici del quartiere sono stati restaurati e costituiscono attrattive turistiche, quali gli Hackesche Höfe, un complesso di edifici con numerosi cortili interni, costruiti nel 1908 da August Endell. Con un'importante riforma territoriale nel 1861 vennero integrati nella città di Berlino i sobborghi di Wedding, Moabit, Tempelhofer Vorstadt – corrispondente all'attuale parte meridionale di Kreuzberg con l'omonima collina nel Viktoriapark – e Schöneberger Vorstadt, corrispondente all'attuale parte orientale di Schöneberg. Fin dal 1861 fa parte di Berlino anche il Tiergarten, il grande parco centrale, già riserva di caccia dei re di Prussia, aperta al pubblico da Federico il Grande nel 1742, 210 ettari di verde al cui centro si trova la Siegessäule (Colonna della Vittoria) e adiacente il noto Zoologischer Garten Berlin, la Haus der Kulturen der Welt (Casa delle culture del mondo, centro congressi e di manifestazioni), il Schloss Bellevue (it.: Castello Belvedere), dal 1994 sede del Presidente Federale, e il Reichstag, sede del parlamento federale Bundestag. Fu fondato come primo parco comunale della città negli anni 1840 il Volkspark Friedrichshain, il cui nome venne dato nel 1920 anche al quartiere. Per adeguare le infrastrutture della città e del suo immediato circondario alla rapida crescita della popolazione nel 1862 venne adottato il cosiddetto Piano Hobrecht per progettare e ottimizzare il traffico stradale, gli acquedotti e le fognature. Groß-Berlin: la riforma del 1920 Attorno alla storica Berlino si erano sviluppati nuovi centri. Nella seconda metà dell'Ottocento si erano formati, oltre ai grandi insediamenti industriali – quartieri di casermoni d'affitto (Mietskaserne) per la crescente popolazione; in alcune zone la densità abitativa superava persone al km². La maggior parte di questi quartieri all'inizio del Novecento – per quanto ben collegate alla città – non facevano parte della municipalità berlinese. Anche altre città e villaggi nei dintorni – alcuni dei quali fondati prima della stessa Berlino – erano cresciuti, partecipando al boom economico della capitale, come Spandau, Köpenick, Wilmersdorf. Infine vennero fondati, attorno alla fine del secolo, diversi quartieri residenziali, in particolare a sud-ovest di Berlino – come Nikolassee, Wannsee sull'omonimo lago e Lichterfelde, nota anche per il grande Giardino Botanico aperto nel 1904, ma anche in altre zone attorno alla grande città, come Frohnau a nord; la maggior parte di queste nuove fondazioni erano fin dall'inizio ben collegate con la città – emblematico il caso di Nikolassee, la cui prima "villa" era la stazione ferroviaria, in seguito diventata stazione della S-Bahn (Schnellbahn, cioè ferrovia veloce) berlinese. Il movimento a favore di una riforma territoriale dell'area metropolitana dovette lottare contro vari interessi di parte, come quelli delle piccole ma ricche zone a sud di Berlino, che temevano di perdere, con la riforma, i contribuenti benestanti. I due grandi meriti di questo movimento sono condizioni essenziali della vita di Berlino. Al fine di assicurare l'approvvigionamento di acqua per la metropoli e di conservare spazi naturali per la popolazione, l'associazione a favore della Grande Berlino nel 1915 aveva acquistato oltre ettari di foreste nei dintorni della città. Con altri successivi acquisti e grazie alla legislazione sostanzialmente invariata dall'epoca, Berlino dispone di oltre di foreste sul territorio comunale, delle quali la più grande e nel contempo più centrale è il Grunewald (it.: Bosco verde, che trae il suo nome dal Jagdschloss Grunewald, castello di caccia del 1543), e di altri fuori dai confini comunali, più di ogni altra metropoli europea. L'altro – e più noto – risultato di questo movimento era la legge entrata in vigore il 1º ottobre del 1920. Il numero degli abitanti risultò raddoppiato, da 1,9 milioni a oltre 3,8 milioni; la superficie della città passò da a e corrispondeva, a parte alcune piccole modifiche, a quella odierna. Sette furono le città che contribuirono alla formazione della Grande Berlino. La maggiore era Charlottenburg, a cavallo tra Seicento e Settecento, villaggio attorno al Castello di Charlottenburg, nel 1920 ricca città con abitanti, che costituiva il Nuovo Ovest della metropoli, con l'elegante viale Kurfürstendamm, su cui ancor oggi affacciano teatri e negozi. Il contributo di Neukölln era di abitanti, prevalentemente operai. Tra la vecchia Berlino e Charlottenburg si trova Schöneberg, nel 1920 città piuttosto borghese con abitanti; il municipio della città, poi del distretto, farà, durante gli anni della divisione, la funzione di municipio di Berlino Ovest. Vi si trova il KaDeWe, fondato nel 1907, è tuttora il più grande e lussuoso grande magazzino di Berlino. Lichtenberg, città industriale a est di Berlino, consegnava nuovi berlinesi. Wilmersdorf ha mantenuto fino a oggi il suo carattere di tranquilla località; nel 1920 aveva abitanti. Il centro storico di Spandau è più antico di Berlino; sita a 13 kilometri a ovest del centro storico di Berlino ha dato abitanti e uno degli edifici più antichi della Grande Berlino, la fortezza Zitadelle Spandau. La più piccola tra le città era Köpenick con abitanti, anch'essa fondata prima di Berlino. Con Köpenick entrarono nel nuovo territorio berlinese anche le ampie zone verde nel sud-est, il grande lago Müggelsee con le sue foreste e i parchi – più centrali – Treptower Park e Plänterwald. Tra le numerose altre località integrate – alle quali Berlino deve il soprannome "Città dei cento villaggi" – risulta anche la maggior parte dei quartieri residenziali eleganti, quelli più periferici e anche quelli più vicini come Grunewald ai margini dell'omonima foresta, o Westend, dove dal 1926 si trova la Funkturm (Torre della radio), e dal 1936 lOlympiastadion (Stadio olimpico). Il 1º ottobre 1920 Berlino era la seconda città del mondo per superficie – dopo Los Angeles – e la terza per numero di abitanti, dopo Londra e New York. I vecchi e ormai stretti confini della città – come il ponte Oberbaumbrücke non esistevano più. Le distruzioni della seconda guerra mondiale Durante la seconda guerra mondiale Berlino, capitale della Germania hitleriana e centro direzionale dell'Europa nazista, divenne l'obiettivo a partire dal 1943 di una intensa campagna di bombardamenti aerei da parte degli Alleati occidentali; la città venne fortemente colpita e subì forti danni. Danni ancor più gravi invece furono provocati dalla drammatica battaglia finale contro l'Armata Rossa all'interno del centro urbano stesso di Berlino; la città, difesa da reparti fanatici di Waffen-SS e volontari stranieri filo-nazisti, venne accerchiata dalle colonne di carri armati sovietici e poi conquistata sistematicamente con combattimenti ravvicinati di superficie e nelle gallerie sotterranee. I soldati sovietici impiegarono una grande potenza di fuoco per schiacciare la resistenza dei residui reparti tedeschi e stranieri. La battaglia terminò il 2 maggio 1945 con la resa della guarnigione tedesca. Al termine della guerra risultava distrutto in un grado irrecuperabile il 20% degli edifici, il 50% nei quartieri centrali; del territorio urbano erano coperti da macerie. Non erano più abitabili 600.000 appartamenti. Le strutture industriali e commerciali risultavano utilizzabili solo in parte. Gravemente danneggiate erano anche le infrastrutture, in particolare le linee ferroviarie urbane, come ad esempio S-Bahn e U-Bahn (da Untergrundbahn, cioè "ferrovia sotterranea" o ferrovia metropolitana). Ricostruzione e sviluppo della città divisa La ricostruzione delle più importanti strutture urbane iniziò immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale; in particolare occorreva rimettere in funzione anche solo provvisoriamente le reti di approvvigionamento, almeno i ponti più importanti e il traffico pubblico. Occorreva sgombrare le macerie: questo lavoro venne fatto soprattutto da donne, le cosiddette Trümmerfrauen – "donne delle macerie" in italiano; infatti le competenze professionali degli uomini presenti – quelli non morti, non gravemente feriti e prigionieri di guerra non ancora liberati – erano indispensabili. I singoli mattoni riutilizzabili vennero separati e puliti; anche travi, tubi e altro materiale veniva riutilizzato, mentre le macerie restanti non riutilizzabili venivano portate in diverse zone, soprattutto periferiche, a formare colline, poi coperte di terra e piantumate. La maggiore di queste colline è il Teufelsberg, ai margini del Grunewald e alto s.l.m. In tutta la città, gli elementi illesi, restaurati o ricostruiti, convivono con quelli moderni. I risultanti contrasti costituiscono lo stile tipico della Berlino odierna e sono nel contempo una testimonianza indiretta delle distruzioni belliche. Il più noto – e in ogni caso uno dei pochi – edifici che ancora ai primi del XXI secolo danno una viva idea diretta delle distruzioni dovute ai bombardamenti, agli incendi e alla battaglia finale è la Gedächtniskirche (ossia "Chiesa della Memoria"), conservata allo stato di rudere per volontà della popolazione di Berlino Ovest e circondata dagli elementi architettonici moderni della chiesa nuova, inaugurata nel dicembre del 1961. La zona attorno alla Gedächtniskirche, il "Nuovo Ovest" dei primi anni del Novecento, fra i quartieri di Charlottenburg, Wilmersdorf e Schöneberg, divenne rapidamente un'importante zona commerciale di Berlino Ovest. Anche la sola Berlino Ovest, durante gli anni del Muro – 480 degli totali – era una città policentrica; altre importanti zone commerciali erano – e sono tuttora – il centro storico di Spandau e la Schloßstraße di Steglitz, dove nell'aprile del 1970 venne aperto uno dei primi centri commerciali tedeschi con oltre 50 negozi. Nacque invece in una zona periferica di Berlino Ovest, a ridosso del confine verso il settore sovietico e, dal 1961, del Muro, il Kulturforum. Il primo edificio nuovo fu la Philharmonie, costruita tra il 1960 e il 1963 su progetto di Hans Scharoun. St. Matthäuskirche Biblioteca di Stato di Berlino (Haus Potsdamer Straße) Deutsches Technikmuseum Berlin Sowjetisches Ehrenmal (Monumento ai soldati sovietici) Alt-Treptow Memoriale sovietico di Treptower Park Alexanderplatz Fernsehturm (Torre della televisione) Marx-Engels-Forum Un altro risultato evidente dello sviluppo separato della città era la presenza di istituzioni parallele, come il Zoologischer Garten Berlin e il Tierpark, la Philharmonie e il Konzerthaus, l'Università Humboldt e l'Università libera, la vecchia e la nuova Galleria nazionale, o molti musei divisi in due. Dopo le iniziali discussioni sull'eventuale chiusura, da questo sdoppiamento ne risulta una ricchezza culturale ancora maggiore. Dalla riunificazione a oggi East Side Gallery, 1990 Oberbaumbrücke, 1992 Mauerpark, 1994 Reichstag / Bundestag, 1999 Checkpoint Charlie, 2000 Museo ebraico, 2001 Potsdamer Platz, 1993-2004 Memoriale per gli ebrei assassinati d'Europa, 2005 Stazione centrale, 2006 Mercedes Benz Arena, 2008 Upper West, 2017 Futurium - Casa del futuro, 2019 Società Evoluzione demografica La popolazione di Berlino fu, fino alla guerra dei trent'anni, molto bassa. Iniziò quindi a crescere costantemente, superando i 100.000 abitanti intorno al 1740 e il milione intorno al 1880. Con l'industrializzazione la città richiamò una forte immigrazione, particolarmente dalle regioni orientali. Anche le città e i comuni circostanti crebbero d'importanza. Nel 1920 la creazione della "Grande Berlino" portò la popolazione a circa 4 milioni. Dopo le perdite della seconda guerra mondiale la popolazione, fortemente ridotta, contava circa 3 milioni di abitanti. Nel periodo della divisione della città in due blocchi Berlino Ovest ebbe un andamento demografico che oscillava tra 1,9 e 2,1 milioni di abitanti, mentre a Berlino Est il dato andava da 1,1 a 1,2 milioni. Tra il 1957 e il 1990 i giovani della Repubblica Federale di Germania hanno avuto l'opportunità di sfuggire al servizio militare se vivevano a Berlino Ovest. Successivamente alla riunificazione la popolazione si attestò sui dati attuali, con flessioni tra il 1996 e il 2001. Salute Secondo il Rapporto sullo Sviluppo Umano 2019 delle Nazioni Unite, la qualità della vita in Berlino è la seconda più alta della Germania. Linguaggio I berlinesi parlano tedesco e a volte il dialetto berlinese che comunque è abbastanza vicino al tedesco standard. L'immigrazione ha creato una considerevole minoranza turca e altre comunità più piccole tra cui italiani, serbi, greci, polacchi e croati. Esistono anche un grosso numero di tedeschi immigrati e/o fuggiti dall'ex-Unione Sovietica e dalla Romania. Molti di loro parlano la lingua della loro ex-nazione di appartenenza. Nonostante vivano a Berlino immigrati che parlano decine di lingue diverse, l´unica lingua straniera veramente diffusa è l´inglese. Religione La lunga tradizione di tolleranza religiosa in Prussia ha portato, nel corso dei secoli, all'immigrazione di diversi gruppi religiosi, perseguitati nella propria patria, anche in dimensioni rilevanti. Anche le ondate di immigrazione diversamente causate hanno portato alla presenza odierna a Berlino di tutte le importanti religioni del mondo. Nel contempo i berlinesi sono noti per essere mediamente poco affezionati alla religione, con più del 60% di atei (2017) residenti. Una prima rilevante ondata di uscite dalle due grandi chiese cristiane – nella Berlino prevalentemente protestante fin dal 1539 – è stata quella degli anni venti del Novecento, che interessava cittadini politicamente orientati a sinistra, incidendo quindi particolarmente tra gli operai dell'allora maggiore città industriale tedesca. L'abbandono delle chiese durante l'epoca nazionalsocialista – sia per convinzione che per opportunità – toccava anche Berlino. Durante gli anni della divisione, la parte est non solo ha seguito la rapida emarginazione dei praticanti cristiani a opera del regime del Partito Socialista Unificato di Germania (SED). La percentuale di membri delle due grandi chiese cristiane a Berlino corrisponde, quindi, a poco più della metà della media tedesca, pur essendo prevalentemente superiore alla media di quella riscontrata nelle regioni territoriali della ex-DDR. Dell'arcidiocesi di Berlino – con sede nella storica St-Hedwigs-Kathedrale – fa parte, oltre alla città, un ampio territorio appartenente alle due regioni federali del nord-est. La presenza musulmana è legata all'immigrazione degli ultimi decenni, prevalentemente dalla Turchia. La presenza di ebrei a Berlino è attestata sin dalla fine del XIII secolo, nonostante ripetuti episodi di restrizioni e espulsioni. Già nel Settecento la comunità ebraica berlinese era la maggiore della Germania. Nell'Ottocento e primo Novecento la crescita fu esponenziale raggiungendo nel 1925 un totale di membri, il 4,29% della popolazione della città e il 30,6% degli ebrei tedeschi.. Le persecuzioni del periodo nazista sconvolsero la vita della comunità ebraica berlinese. Alla fine solo persone riuscirono a sopravvivere a Berlino – alcuni in quanto coniugati con tedeschi non ebrei, alcuni clandestinamente, grazie anche all'aiuto prestato da molti altri berlinesi – alla Shoah, che causò suicidi e uccise ebrei berlinesi nei campi di concentramento, mentre oltre riuscirono a salvarsi rifugiandosi all'estero. Nel dopoguerra, soprattutto dopo la riunificazione tedesca, la comunità ebraica berlinese ha conosciuto un periodo di vibrante rinascita. In particolare, con le recenti immigrazioni dagli Stati dell'ex-Unione Sovietica, Berlino è oggi la comunità ebraica più numerosa della Germania e quella con il tasso di crescita maggiore. L'ultimo censimento dell'appartenenza religiosa risale al 2017. Architetture religiose Chiesa di San Michele Chiesa di San Sebastiano Amministrazione Sistema politico Berlino costituisce uno dei Land (stati federati) della Germania, ed è quindi una città-stato. Il sindaco della città (Regierender Bürgermeister, "Sindaco reggente"), la giunta comunale (Senat) e il consiglio comunale (Abgeordnetenhaus, "Camera dei deputati") fungono, quindi, al contempo sia da organi della città che del Land. Il sindaco è così anche Ministro presidente, la giunta comunale è anche Governo e il consiglio comunale è anche Parlamento. Berlino ha ricevuto dal resto della Germania, dopo la caduta del muro, cospicui finanziamenti per la ricostruzione, trovandosi nel 2015 con un debito pari a circa 65 miliardi di euro. Suddivisione amministrativa Berlino è suddivisa in 12 distretti (Bezirk), o distretti amministrativi (Verwaltungsbezirk): Ogni distretto pur eleggendo, durante le elezioni generali berlinesi, un proprio Consiglio dei delegati distrettuali (Bezirksverordnetenversammlung) e un Sindaco distrettuale (Bezirksbürgermeister), e partecipando alle decisioni comunali tramite lAssemblea dei sindaci, gode unicamente dei poteri che il Senato di Berlino decide di delegargli. Il Parlamento cittadino può inoltre modificare, istituire o abolire i distretti a proprio giudizio. L'attuale divisione in distretti è stata ottenuta nel 2001 dall'accorpamento dei 23 distretti preesistenti. Ogni distretto è composto statisticamente da più quartieri (Ortsteil), complessivamente 97. All'interno dei quartieri vi sono talvolta località dal carattere particolare, dette Ortslage – soprattutto in periferia – o Kiez – particolarmente nei tradizionali e caratteristici quartieri centrali. La suddivisione in "ambiti statistici" (Statistische Gebiete) coincide solo in parte con la suddivisione storica o tradizionale. Gemellaggi Berlino è gemellata con 18 città del mondo e collabora attivamente in diverse associazioni di città internazionali. (Patto di Amicizia, non gemellaggio) I distretti cittadini hanno numerosi gemellaggi autonomi, nazionali e internazionali, con città e con quartieri di grandi città. Simboli La bandiera di Berlino consiste in un panno a 3 bande orizzontali, 2 rosse ai lati (più piccole) e la centrale bianca. In questa vi è il simbolo dell'orso non compreso nello scudo, il quale viene riportato nelle bandiere di uso governativo. La bandiera, creata nel 1911, fu adottata nella forma attuale il 26 maggio 1954 per Berlino Ovest e poi riconvertita a simbolo unico dopo la riunificazione del 1990. Lo stemma cittadino ha la seguente descrizione araldica: In un campo d'argento, un orso rampante nero, armato e linguato di rosso. In alto, una corona d'oro decorata con otto fioroni dello stesso metallo, di cui cinque in vista. L'origine dello stemma è sconosciuta, tuttavia si suppone che esso sia stato adottato in omaggio ad Alberto I di Brandeburgo (1100-1170). Economia Fra le principali fonti economiche vi è il turismo. Altri settori principali, in rapida crescita, sono quelli dei servizi, tecnologia delle comunicazioni, mobilità, media e musica, biologia, scienze ambientali, trasporti e ingegneria medica. Tra le maggiori aziende presenti in città vi sono la Siemens (con sede nel quartiere Siemensstadt del distretto di Spandau), la Daimler, l'Allianz, la BMW, le Deutsche Bahn e la locale compagnia di trasporti pubblici, la BVG. Manifestazioni Molto nota è la Berlinale, il più importante festival del mondo rivolto al grande pubblico e nel contempo uno dei più importanti festival del cinema (al pari di Cannes e Venezia); si svolge ogni anno a febbraio. Numerose altre manifestazioni, in particolare nei settori del teatro, del cinema, della musica classica e della musica contemporanea, si svolgono a Berlino, attirando numerosi ospiti da tutto il mondo. Nel 1989 è nata a Berlino la LoveParade, ripetuta poi ogni estate fino al 2003 e poi di nuovo nel 2006. Si è svolta, nelle ultime manifestazioni, sulla Straße des 17. Juni, al centro del parco urbano del Tiergarten. Nel 1999 hanno partecipato, secondo gli organizzatori, oltre un milione di persone e complessivamente la manifestazione ha raccolto negli anni una decina di milioni di partecipanti. Berlino è una delle città fieristiche più importanti del mondo. Vi si svolge la Internationale Grüne Woche, fondata nel 1926, la più grande fiera del mondo nel settore alimentare e agricolo, con (2008) espositori provenienti da 52 Paesi, con una superficie di esposizione di metri quadrati, con visitatori e con oltre giornalisti inviati da 70 Paesi. Anche la IFA – fondata nel 1924 – è la più importante fiera del suo settore, quello dell'elettronica di consumo. Dal 1966 la città ospita la ITB, considerata una delle più grandi fiere del turismo al mondo; la InnoTrans, svolta ogni due anni, è la fiera di riferimento nel mondo della tecnica ferroviaria. Molte altre fiere, rivolte in parte al grande pubblico, in parte solo o prevalentemente agli esperti, completano l'offerta. All'aeroporto berlinese di Schönefeld si svolge la ILA – Internationale Luft- und Raumfahrtausstellung – la più antica fiera dell'aviazione del mondo, fondata nel 1909 a Frankfurt am Main, trasferita nel 1912 a Berlino e organizzata di nuovo a Berlino ogni due anni dal 1992, una delle più importanti esposizioni del settore e sia per numero di visitatori – nel 2006 oltre – sia per velivoli esposti – nel 2006 erano 340. Turismo Berlino è una meta turistica molto ambita, con notevole incremento dei pernottamenti negli anni successivi alla riunificazione della città e in particolare dall'inizio del nuovo millennio. All'interesse internazionale per Berlino contribuiscono anche le nuove e avveniristiche strutture architettoniche. Oltre al variegato numero dei punti turisticamente ricettivi, situati prevalentemente in centro (ma anche in buona parte della periferia), è da notare l'economicità della capitale rispetto a molte altre metropoli turistiche, europee e non. Oggi la città si è portata alla pari con le più grandi mete turistiche d'Europa come Londra, Parigi o Roma. Media Axel Springer Suhrkamp Verlag Springer Nature Studio Babelsberg Accademia europea del cinema X-Filme Creative Pool BMG Rights Management Accademia europea del cinema Hansa Tonstudio Infrastrutture e trasporti Berlino ha una rete di trasporti pubblici estesa e molto funzionale. Anche il traffico privato è molto scorrevole. Il sistema di trasporto pubblico si articola in diversi mezzi, fra essi complementari, tutti gestiti dalla BVG (Berliner Verkehrsbetriebe) a eccezione della S-Bahn, comunque integrata in un sistema tariffario unico. Metropolitana e S-Bahn La rete ferroviaria cittadina si articola su due reti (la metropolitana e la S-Bahn) che insieme coprono capillarmente la superficie cittadina. Successivamente alla riunificazione della città (1990) i lavori di ricucitura della rete furono completati in pochi anni. La S-Bahn è un servizio ferroviario suburbano, prevalentemente di superficie, con tracciati spesso paralleli (ma autonomi) a quelli delle ferrovie nazionali della Deutsche Bahn. La rete, composta da 15 linee (di cui due circolari, il cosiddetto Ring), fra loro sovrapposte nelle tratte centrali, copre tutta la città e i dintorni: fra le città servite vi sono Potsdam, Strausberg, Oranienburg, Bernau e Königs Wusterhausen. La compagnia che la gestisce è la S-Bahn Berlin GmbH, parte del gruppo Deutsche Bahn. La sua storia inizia nel 1882, con l'inaugurazione della Stadtbahn, per poi incrementare il suo sviluppo con l'elettrificazione, a partire dalla metà degli anni venti. La metropolitana è prevalentemente sotterranea e costituita da 9 linee: U1, U2, U3, U4, U5, U6, U7, U8 e U9 . La rete, sviluppatasi a partire dal 1902, è una delle più antiche del mondo, dopo quelle di Londra, Budapest e Glasgow. È gestita dalla compagnia cittadina BVG ed è particolarmente sviluppata nelle zone centro-occidentali della città. Sono allo studio numerosi progetti di espansione. Purtroppo il problema principale nei ritardi dell'ampliamento della rete è comunque dovuto alla situazione finanziaria del comune, e alla scelta politica di privilegiare altre forme di mobilità (tram e biciclette). Tram, autobus e traghetti La rete tranviaria berlinese conta 22 linee urbane (quasi tutte nella zona orientale) e 2 extraurbane (verso Schöneiche, Rüdersdorf e Woltersdorf). La rete occidentale venne soppressa negli anni cinquanta e sessanta; di essa è stata ricostruita una sola linea, che attraversa i quartieri di Gesundbrunnen e Wedding. Tuttavia sono allo studio ulteriori prolungamenti. Inoltre nel 2005 la rete venne completamente riorganizzata con l'istituzione delle linee MetroTram (M). Gli autobus contano un'estesissima rete, composta da linee ordinarie (Bus), MetroBus (M) ed espresse (X). Vi sono poi le linee notturne (N). I traghetti di servizio pubblico contano 10 linee, tutte periferiche, che attraversano la Sprea e altri fiumi e laghi. Sono concentrate a sud-est (Treptow-Köpenick), ma la linea più lunga si trova nella zona sud-occidentale, tra Wannsee e Kladow. Ferrovie Berlino è un importante nodo ferroviario d'Europa, uno dei punti di congiunzione fra l'est e l'ovest dei trasporti continentali. La sua rete ferroviaria, anche a causa delle vicissitudini occorsele durante il XX secolo, ha subito parecchi mutamenti, tra cui la perdita del sistema di stazioni di testa "a raggiera" (molto esteso a Londra, Mosca e Parigi). Molte sono nella città le grandi stazioni ferroviarie, così come i resti dei vecchi terminal, tra i quali lAnhalter Bahnhof. Nei primi anni novanta, mentre venivano ricostruiti i vari tracciati delle ferrovia tedesche (DB), il traffico a lunga percorrenza fu prima incentrato nella stazione di Berlino Giardino Zoologico e poi condiviso con lOstbahnhof, che fu la stazione principale fino al 28 maggio 2006. In quella data venne inaugurata la nuova stazione Berlin Hauptbahnhof (tra le più grandi d'Europa) e il Tiergartentunnel, con altre due nuove stazioni a lunga percorrenza: Gesundbrunnen e Südkreuz. La rete ferroviaria ha una struttura pressappoco a croce, incentrata sugli assi della Stadtbahn (est-ovest) e del Tiergartentunnel (nord-sud), con varie diramazioni. Tra l'ex-settore orientale e svariati comuni della cinta urbana (tra cui Potsdam) nel Brandeburgo, si trova il Berliner Außenring, un percorso ferroviario circolare, eredità dell'epoca del muro, che serviva a raccordare tutte le ferrovie locali verso Berlino Est. Numerosi sono i collegamenti internazionali da Berlino, i più distanti dei quali la collegano con la Russia, l'Ucraina e, periodicamente, il Kazakistan. Aeroporti e porti fluviali Berlino conta su: un grande aeroporto, internazionale, ossia l'Aeroporto di Berlino-Brandeburgo, aperto il 31 ottobre 2020, che è un'estensione dell'aeroporto di Schönefeld. In passato esistevano anche l'Aeroporto di Berlino-Tegel (a nord-ovest) e l'aeroporto di Schönefeld (fuori città a sud, nel comune omonimo). Tegel e Schönefeld furono costruiti in conseguenza del "blocco di Berlino" e della relativa divisione della città. tre grandi porti fluviali, situati lungo la Sprea, utilizzati per il trasporto merci e serviti anche da navi pesanti, sono tuttora in funzione. Il più grande è il Westhafen (it.: porto dell'ovest), situato a Moabit; sono attivi anche il Südhafen e lHafen Neukölln. Strade, autostrade e piste ciclabili Berlino ha una rete autostradale che si raccorda nella A10, il "raccordo anulare" cittadino. Le altre linee autostradali sono la A2 (verso Hannover, Dortmund e Oberhausen), la A9 (verso Monaco di Baviera), la A24 (verso Amburgo), la A12 (verso Francoforte sull'Oder), la A13 (verso Dresda), la A11 (verso Stettino) e le urbane A115 (parte dellAVUS), A111, A103, A113, A114, A117 e A100, il semianello centrale. Molto complessa è anche la rete di strade federali. Fra le numerose arterie vi sono anche le B 1 e B 2, che attraversano il territorio nazionale, l'una in direzione est-ovest, l'altra in direzione nord-sud. Numerosi anche i percorsi delle Strade europee, fra cui i più notevoli sono la E30 (Cork-Samara e Ufa) e la E55 (Helsingborg-Kalamata). La rete delle piste ciclabili è molto sviluppata. Esse si sviluppano tanto al centro quanto nelle zone boschive e periferiche, dato anche il diffusissimo uso della bicicletta come mezzo di locomozione, spesso sostitutivo dell'automobile. Le biciclette hanno inoltre accesso su tutti i mezzi pubblici cittadini, con una piccola maggiorazione sul biglietto o sull'abbonamento. Berlino è oggi una delle pochissime città in cui, in certe zone, sopravvive una numerazione delle vie molto particolare. I numeri civici si susseguono in maniera contigua senza differenziare i pari dai dispari: arrivata al fondo della via la numerazione prosegue sull'altro lato, e il numero più alto sarà quindi di fronte al numero 1. Questo sistema, detto "a ferro di cavallo", non viene utilizzato nel quartiere Prenzlauer Berg dove si trova il sistema classico europeo (i numeri pari da un lato e i dispari dall'altro). Istruzione La scuola elementare a Berlino dura – come nel Brandeburgo e in futuro anche ad Amburgo – sei anni, due in più rispetto a quella delle rimanenti regioni federali; in comune con una parte delle regioni occidentali Berlino offre dopo la scuola primaria la scelta tra la più modesta Hauptschule (quattro anni scolastici dopo la scuola elementare), la Realschule (anch‘essa di quattro anni, ma con contenuti più impegnativi e un esame finale) e il Gymnasium, l'unico che dà diritto ad accedere all'università. Il Gymnasium dura sette anni (in alcuni casi nove, dopo quattro anni di scuola elementare); quindi la frequenza prima dell'università è di complessivamente 13 anni come in Italia. È in atto – come nelle altre regioni – la riduzione a dodici anni; insieme con l'inizio della scuola primaria, spostato da mediamente sei anni di età a mediamente cinque e mezzo, si giungerà all'università 18 mesi prima. In alcuni licei esiste inoltre una classe accelerata, che rende possibile la maturità dopo dodici anni, in futuro dopo undici. Alle quattro università berlinesi – Università Humboldt di Berlino (HU), Università libera di Berlino (FU), Technische Universität Berlin (TU), Universität der Künste Berlin (UdK, fino al 2001: Hochschule der Künste – HdK) - studiano complessivamente oltre studenti. Nell'ambito della Exzellenzinitiative – un confronto tra le università tedesche – la FU dal 2007 è ufficialmente una delle nove università d'élite tedesche. Oltre alle università esistono sette accademie (Fachhochschule), quattro accademie dedicate a diverse arti e dodici università private con complessivamente oltre 25000 studenti. Inoltre, Berlino è casa di un'ampia comunità di studenti internazionali. L'Università privata Hertie School CODE, ospita persone provenienti da altri paesi per il 37% del totale degli iscritti. Anche la Hertie School, un'università privata di scienze politiche pubbliche, conta tra i suoi alunni e studenti persone provenienti da oltre 95 Paesi. È uno degli atenei più importanti in Germania dedicati alle scienze politiche. Ricerca Le facoltà mediche della FU e della HU dal 2003 fanno parte dell'Ospedale universitario della Charité, costituendo così la più grande facoltà europea di medicina nello storico ospedale fondato nel 1710 e luogo di ricerca medica fin dal 1810, nel quale furono attivi Rudolf Virchow, Ferdinand Sauerbruch, Hermann von Helmholtz, Robert Koch, Paul Ehrlich e Emil Adolf von Behring e che finora ha al suo attivo otto premi Nobel. Sono attive a Berlino anche le grandi società di ricerca nazionali, come la Max-Planck-Gesellschaft e complessivamente otto istituti di ricerca di diversi ministeri federali. A Berlino ha sede l'Accademia delle scienze fondata nel 1700 da Leibnitz, e il collegato osservatorio astronomico. La ricerca scientifica si svolge anche in oltre 70 istituzioni extrauniversitarie a finanziamento pubblico con complessivamente oltre dipendenti. Biblioteche e archivi La maggiore biblioteca di Berlino è la Staatsbibliothek zu Berlin, una biblioteca nazionale, il cui patrimonio è custodito in vari edifici tra cui la Haus Unter den Linden e la Haus Potsdamer Straße. Altre biblioteche della città sono la Kunstbibliothek ("Biblioteca di belle arti"), la Berliner Stadtbibliothek ("Biblioteca civica di Berlino") e la Amerika-Gedenkbibliothek ("Biblioteca commemorativa americana"). L'Archivio segreto di Stato custodisce i documenti dello stato prussiano. Cultura Dopo la caduta del muro (1989), Berlino è diventata un centro per le arti, il design, i media, la musica e la moda. Artisti e creativi si sono trasferiti in massa nella città di Berlino. L’alto numero di studenti e giovani ha aiutato. Alcuni degli artisti che sono passati per Berlino nel corso della storia sono Lucas Cranach il Giovane, Johann Gottfried Schadow, Karl Friedrich Schinkel, Moses Mendelssohn, Georg Simmel, Ernst Ludwig Kirchner, Marlene Dietrich, Leni Riefenstahl, Helmut Newton, Bertolt Brecht, Kurt Tucholsky, Thomas e Heinrich Mann, Paul Klee, Friedrich Wilhelm Murnau, Fritz Lang, Wim Wenders, Nina Hagen, Rammstein i membri del movimento Bauhaus e molti altri anche non tedeschi tra cui si possono nominare Mark Twain, Vladimir Nabokov, Christopher Isherwood, Billy Wilder, David Bowie, Iggy Pop, Depeche Mode e gli U2. A Berlino sono nati i pittori Eduard Agricola e Eduard Barth. Patrimoni dell'umanità e onorificenze I palazzi e parchi di Potsdam e Berlino sono stati dichiarati dall'UNESCO patrimonio dell'umanità nel 1990. L'isola dei musei è entrata a far parte della lista nel 1999. Nel 2008 un'altra parte di Berlino è entrata a far parte dei patrimoni dell'umanità. Si tratta di sei gruppi di edifici realizzati nei primi anni del XX secolo, che l'UNESCO ha riconosciuto di importanza internazionale assegnandogli il nome di "Residenze in stile moderno di Berlino". Nel 2006 l'UNESCO ha dichiarato Berlino Città Creativa nella categoria del design. Musei Berlino è una città che offre musei di diverso genere. Il nome "Isola dei musei" è dovuto al gran numero di musei, di importanza internazionale, che si trovano nella parte settentrionale dell'Isola della Sprea. I musei sono parte del gruppo dei Musei statali di Berlino, appartenenti alla Fondazione culturale prussiana (Stiftung Preußischer Kulturbesitz). LAltes Museum è il più antico dei musei, il Neues Museum espone tra i reperti dell'Arte Egizia anche il celebre busto di Nefertiti. NellAlte Nationalgalerie sono custodite opere d'arte del XIX secolo, mentre nel Bode-Museum, con la sua caratteristica cupola in rame, sono esposte opere romane e bizantine. Infine il Pergamon Museum famoso per ospitare l'Altare di Pergamo, la Porta di Ishtar babilonese, la porta del mercato di Mileto, le originali mura del palazzo omayyade della Mshatta, e in genere ricche collezioni di arte greca, babilonese e islamica. Il complesso del Kulturforum invece fu realizzato a partire dagli anni cinquanta del XX secolo, allo scopo di creare un centro culturale per l'allora Berlino Ovest, analogamente alla Museumsinsel per Berlino Est. Vi sorgono i musei: il Neue Nationalgalerie (1965-1968), il Musikinstrumenten-Museum (museo degli strumenti musicali, 1978-1984), il Kunstgewerbemuseum (1978-1985), il Gemäldegalerie. Berlino possiede una grande varietà di musei, molti dei quali di rilievo internazionale: il museo egizio ospitato all'interno del Neues Museum; il Bauhaus-Archiv l'archivio del Bauhaus dove sono custoditi parte degli archivi della celebre scuola; il Bröhan-Museum con le sue opere in Art Nouveau; il Brücke-Museum che comprende una ricca collezione di opere legate al movimento artistico Die Brücke (Il ponte); il Museum Berggruen collezione raccolta da Heinz Berggruen con opere di Picasso, Klee, Giacometti, ecc.; il museo della tecnica; il Museum für naturkunde, comprendente grandi raccolte di storia naturale; il Deutsches Historisches Museum sulla storia della Germania; il Jüdisches Museum nell'edificio appositamente progettato da Daniel Libeskind; il Museum für Fotografie, relativo alle opere di Helmut Newton; gli interessanti musei di Dahlem riguardanti le diverse culture del mondo (Museo Etnologico, Museo di Arte Asiatica, Museo delle culture europee). Opere di arte contemporanea sono esposte all'Hamburger Bahnhof, mentre nel Martin-Gropius-Bau si tengono esposizioni temporanee. Tra i musei più curiosi si trovano lo Stasimuseum, dedicato alle attività di spionaggio della Stasi, il ministero dei servizi segreti della DDR; il Deutsches Currywurst Museum Berlin, interamente dedicato al currywurst, tipico cibo da strada berlinese; lo Zucker-Museum (Museo dello zucchero); lo Schwulenmuseum, museo della cultura gay; e infine l'East Side Gallery, una sorta di museo all'aperto costituito da graffiti su di un tratto del muro di Berlino. Teatri di prosa A Berlino ci sono 44 teatri. Il Deutsches Theater, nel Mitte, risale al 1849–50. La Volksbühne sulla Rosa-Luxemburg-Platz fu costruita nel 1913–14, ma la compagnia esisteva già dal 1890. Il Berliner Ensemble, famoso per le rappresentazioni delle opere di Bertolt Brecht, venne fondato nel 1949. La Schaubühne fu fondata nel 1962 e si trasferì nella sede attuale sul Kurfürstendamm nel 1981. Con i suoi posti a sedere e un palcoscenico di metri quadrati il Friedrichstadt-Palast, nel Mitte, è il più grande palazzo per spettacoli d'Europa. Altri teatri berlinesi sono il Grips-Theater, il Maxim Gorki Theater, il Theater und Komödie am Kurfürstendamm e il Renaissance Theater. Teatri dell'Opera e musicali Berlino ha tre importanti teatri dell'opera: la Deutsche Oper, la Staatsoper Unter den Linden e la Komische Oper. La Staatsoper sulla Unter den Linden è stata inaugurata nel 1742 ed è la più antica delle tre. Dal 1992 è diretta da Daniel Barenboim. La Komische Oper è specializzata nel repertorio dell'operetta e si trova anch'essa sull'Unter den Linden. La Deutsche Oper è stata aperta nel 1912 a Charlottenburg. Le principali sale per musicals sono il Theater am Potsdamer Platz e il Theater des Westens (costruito nel 1895). La danza contemporanea può essere ammirata al Radialsystem V. Il Tempodrom ospita concerti e spettacoli circensi. LAdmiralspalast, nel Mitte, ha un programma di varietà. I Berliner Philharmoniker, ufficialmente Berliner Philharmonisches Orchester, da molti considerati la migliore orchestra sinfonica del mondo, hanno eletto nel 1999 Sir Simon Rattle come direttore principale; la sede dell'orchestra è la moderna Philharmonie, primo edificio nuovo del Kulturforum. La storica Konzerthaus (originariamente Schauspielhaus), al Gendarmenmarkt, invece è sede della Konzerthausorchester Berlin – fino al 2006 Berliner Sinfonie-Orchester o BSO – fondata nel 1952 come orchestra di Berlino Est. La terza grande orchestra sinfonica classica è la Deutsches Symphonie-Orchester Berlin (DSO), dal 1946 al 1956 RIAS-Symphonie-Orchester, poi fino al 1993 Radio-Symphonie-Orchester Berlin. Maggiormente specializzata nella musica del XX secolo è la Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin (RSB), fondata nel 1923. RSB, DSB, il Rundfunkchor Berlin e il RIAS Kammerchor appartengono alla holding pubblica Rundfunk Orchester und Chöre GmbH. Berlino al cinema Berlino è fin dall'inizio un importante centro della settima arte; i fratelli Skladanowsky vi presentarono le prime immagini in movimento a un pubblico pagante il 1º novembre del 1895, 58 giorni prima del debutto pubblico del cinematografo dei fratelli Lumière a Parigi. A Berlino sono legati i nomi di molti importanti registi e noti attori; a Berlino e nei dintorni immediati furono attivi la UFA e la DEFA; la città è sede di società di produzione cinematografica e televisiva e oltre 244 sale cinematografiche (2021). A Berlino sono stati girati centinaia di film, alcuni dei quali entrati di diritto nella storia del cinema tra cui: L'ultima risata (1924), Metropolis (1927), L'angelo azzurro (Der blaue Engel, 1930), Olimpia (1938), Uno, due, tre! (1961), Die Legende von Paul und Paula & Cenerentola (1973), Christiane F. - Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (1981), Il cielo sopra Berlino (1987), Good Bye, Lenin! (2003), The Bourne Supremacy (2004). Soprattutto però Berlino è oggetto del cinema; migliaia di film sono ambientati a Berlino e molti di essi descrivono carattere e storia di questa città: Ho sposato tutta la famiglia (1982), Liebling Kreuzberg (1986), Wolff, un poliziotto a Berlino (1992), Verliebt in Berlin (2005), Una strada verso il domani - Ku'damm 56 (2016), Babylon Berlin (2016), 4 Blocks (2017), Unorthodox (2020). Subcultura Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il centro della città (la ex parte occidentale di Berlino Est) ospitava molte case parzialmente distrutte durante la seconda guerra mondiale e mai più ricostruite. Queste sono diventate un terreno fertile per vari tipi di controcultura e cultura underground, nonché di molti club notturni, compreso il Berghain, uno dei più importanti club di musica techno del mondo. Berlino ha una ricca scena artistica, ma sta subendo una crescente pressione finanziaria, in quanto gli affitti sono aumentati da quando il governo tedesco è tornato ad avere Berlino come sede. Per ovvia questione dei grandi numeri che hanno preso il posto di nicchie antropologiche, oggi il conformismo e la massificazione hanno sostituito la controcultura degli anni '90: il grande afflusso di stranieri europei e il conseguente aumento della popolazione hanno creato un florido mercato per gli investitori, fatto che ha determinato la trasformazione della cultura underground locale di 20 anni. La Berlin Burlesque Week, è rinomata in tutta Europa. Nata come la Berlin Burlesque nove anni fa, la kermesse è cresciuta e oggi offre un’intera settimana di eventi per un totale di 80 artisti che si esibiranno. Cucina Il Döner Kebap è un piatto tipico berlinese, perché è stato inventato dagli immigrati turchi negli anni ´70 proprio a Berlino. La specialità di Berlino è la "Currywurst". La Schrippe è un panino, in tedesco standard "Brötchen". Un berlinese (Berliner Pfannkuchen) è un tipo di ciambella proveniente dalla Germania. Il Kaufhaus des Westens ("grande magazzino dell'ovest"), è un grande magazzino di Berlino con un assortimento sofisticato e di lusso. Il reparto delle specialità gastronomiche costruito negli anni '20 è particolarmente rinomato. Sport Berlino ha una grande storia sportiva. Gustav Scholz, Erik Zabel, Pierre Littbarski, Franziska van Almsick e altri noti sportivi vi sono nati. I nomi di pionieri dello sport come Friedrich Ludwig Jahn e Hannes Marker sono legati a quello della città così come quello dell'AVUS, fin dal 1921 nell'automobilismo. A Berlino si sono svolti importanti manifestazioni sportive come i giochi estivi della XI Olimpiade nel 1936, manifestazione sfruttata come propaganda dal regime nazionalsocialista, ma anche evento sportivo di primo ordine con atleti eccezionali come Rie Mastenbroek e Jesse Owens. L'Olympiastadion (Stadio olimpico) del 1936 è stato restaurato e modernizzato completamente prima dei mondiali di calcio del 2006. Nell'agosto 2009 ha ospitato i campionati del mondo di atletica leggera. Dal 1963 è lo stadio dell'Hertha BSC, società fondata nel 1892. È la squadra di calcio più popolare a Berlino e gioca nella Bundesliga dalla stagione 1997-1998, salvo nelle stagioni 2010-2011 e 2012-2013 nelle quali ha disputato e vinto il campionato della seconda divisione. Meno successo sia di pubblico che di palmares hanno il 1. FC Union Berlino, che dalla stagione 2019-2020 milita nella Bundesliga e gioca allo stadio Alten Forsterei, e il BFC Dynamo, entrambi importanti all'epoca della DDR. La Dinamo è stata la più titolata della DDR-Oberliga, campionato della DDR. A Berlino hanno sede anche la Tennis Borussia Berlin e un'ottantina di altre società calcistiche. Successi berlinesi si contano anche in altri sport, come nella Deutsche Eishockey Liga, massimo campionato di hockey su ghiaccio, con l'Eisbären Berlin, nel campionato tedesco maschile di pallanuoto con la Wasserfreunde Spandau 04, nella Basketball-Bundesliga con l'ALBA Berlino, la società più titolata a livello nazionale, nella 1. Bundesliga tedesca di pallavolo maschile con l'Charlottenburg Berlin e nella pallamano. Molto blasonata è anche la compagine di football americano, i Berlin Adler. Ogni anno si svolgono a Berlino la Maratona di Berlino, una delle maggiori manifestazioni di questo tipo a livello mondiale, lISTAF, una delle più importanti manifestazioni mondiali di atletica leggera, la German Open del tennis femminile (WTA) e la Coppa di Germania, il secondo più importante torneo di calcio tedesco. Numerosi impianti sportivi, stadi, piscine, piste e stadi del ghiaccio sono a disposizione dei cittadini e vengono intensamente usati. I grandi laghi e il fiume Havel sono molto frequentati da velisti e rematori. Giorni festivi Capodanno (1º gennaio), primo giorno dell'anno Giornata internazionale della donna (8 marzo) Venerdì santo Lunedì dell'Angelo Festa dei lavoratori (1º maggio) Ascensione Pentecoste Giorno dell'unità tedesca (3 ottobre) Natale (25 dicembre) Santo Stefano (26 dicembre) Note Esplicative Bibliografiche Bibliografia Voci correlate Welthauptstadt Germania 20ª Divisione fucilieri motorizzata delle guardie "Ciscarpazia-Berlino" 150ª Divisione fucilieri motorizzata "Idrica-Berlino" 9ª Brigata artiglieria delle guardie "Kielce-Berlino" 136ª Brigata fucilieri motorizzata delle guardie "Uman-Berlino" Altri progetti Collegamenti esterni Berlino: monumenti da visitare - viaggiberlino.com Berliner Mauer - memoriale centro storico e documentazione sul muro di Berlino Stati federati della Germania Grandi città della Germania Capitali di stato Città della Lega Anseatica Capitali europee della cultura
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https://it.wikipedia.org/wiki/BBC
BBC
La BBC (sigla di British Broadcasting Corporation, fondata il 18 ottobre 1922 come British Broadcasting Company Ltd.) è la società concessionaria britannica in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo nel Regno Unito ed è il più grande e autorevole editore radiotelevisivo del Regno Unito, con sede alla Broadcasting House di Westminster, Londra. È la più antica emittente nazionale del mondo. Offre un servizio regolare di trasmissioni e produce anche propri programmi e servizi di informazione. Il motto dell'azienda è "Nation Shall Speak Peace Unto Nation" ("La nazione parlerà di pace verso la nazione"). È membro dell'Istituto europeo per le norme di telecomunicazione (ETSI). Storia La fondazione come emittente radiofonica Il 18 ottobre 1922 il General Post Office (GPO) britannico e un gruppo di sei compagnie di telecomunicazioni (la Marconi Company, la Radio Communication Company, la Metropolitan-Vickers, la General Electric, la Western Electric e la British Thomson-Houston) fondano la BBC (British Broadcasting Company) per trasmettere servizi radio sperimentali. La prima trasmissione è il 14 novembre, da stazione 2LO, situata alla Marconi House a Londra. Il suo direttore generale è il suo fondatore John Reith. Nel 1923 lo Sykes Committee si rifiuta di fare pubblicità al servizio, poiché abbassa gli standard, e propone che una tassa sulle concessioni governative di 10 scellini finanzi le trasmissioni. Per evitare la competizione con i giornali, Fleet Street (la stampa nazionale britannica) persuade il governo a bandire i programmi di notizie fino alle 19:00, e la BBC può solo usare notizie dalla stampa e non riportare le proprie. A partire dal 1925 la BBC raggiunge circa l'80% dei britannici attraverso una rete di stazioni ripetitrici e regionali. Mentre le stazioni regionali all'inizio offrono molti programmi locali, a partire dal 1930 il National Programme da Londra e un Regional Programme da Londra e parecchie città regionali rimpiazzano la radio. Nel 1925 Reith persuade un'altra commissione guidata dal Conte di Crawford a proporre che una nuova entità, indipendente sia dal governo che dalle corporazioni, amministrasse le emittenze radiotelevisive. Nello sciopero generale del 1926 i giornali interrompono le pubblicazioni, così, temporaneamente, il divieto di riportare notizie, e la sua rappresentazione bilanciata dei punti di vista degli scioperanti e del governo durante la crisi nazionale impressiona milioni di ascoltatori. Per la fine del 1926 il governo accetta le proposte della Commissione Crawford e Reith fu nominato cavaliere. Il 1º gennaio 1927 la BBC, consolidata da un regio decreto di legge, e con il direttore generale Reith, diventa una società subentrante di rilievo. Per presentare il suo proposito e i suoi valori (dichiarati), la BBC adotta lo stemma con il motto "Nation shall speak peace unto Nation" (la Nazione parlerà di pace alla Nazione). Normalmente il motto è attribuito a Montague John Rendall, già preside del Winchester College e membro del primo Consiglio di Amministrazione della BBC. Si dice che il motto sia un “felice adattamento” da Michea 4,3: Le prime trasmissioni televisive sperimentali Nel 1932 iniziano i primi esperimenti di trasmissioni televisive che utilizzano un impianto elettromeccanico a 30 righe sviluppato da John Logie Baird. Regolari emissioni limitate hanno inizio nel 1934 con questo impianto e un servizio più vasto (chiamato BBC Television Service) parte da Alexandra Palace nel 1936, alternando un migliorato impianto meccanico a 240 righe e l'impianto a 405 righe della Marconi-Emi completamente elettronico. L'anno successivo la superiorità dell'impianto elettronico porta all'esclusione del modello d'impianto meccanico. La seconda guerra mondiale e l'immediato dopoguerra Dal 1º settembre 1939 le trasmissioni televisive sono sospese a causa della seconda guerra mondiale, ma riprenderanno a partire dal 7 giugno 1946. C'è una leggenda metropolitana largamente diffusa, secondo cui subito dopo la ripresa del servizio, l'annunciatrice Leslie Mitchell inizia con queste parole: “Come stavo dicendo prima che fossimo stati interrotti così bruscamente...”. Di fatto, la prima persona ad apparire alla ripresa delle trasmissioni è Jasmine Bligh che dice: “Buon pomeriggio a tutti. Come state? Vi ricordate di me, Jasmine Bligh...?” Il 12 febbraio 1950 nasce l'Unione europea di radiodiffusione e la BBC è tra le 23 organizzazioni di Broadcasting fondatrici. Nel 1955 il monopolio della BBC sulla televisione viene scalfito dalla ITV, la rete televisiva commerciale e indipendentemente gestita. Tuttavia, il monopolio della BBC sui servizi radiofonici persisterà fino agli anni settanta. Nel 1964, in conseguenza alla relazione del Comitato Pilkington del 1962, nel quale la BBC è elogiata per la qualità e la portata della sua produzione e la ITV è pesantemente criticata per non aver fornito una produzione di qualità sufficiente, la BBC decide di ottenere un suo secondo canale televisivo, BBC2, e rinomina il servizio già esistente come BBC1. BBC2 usa la più alta risoluzione di qualità di 625 righe, standardizzata in Europa. Dal 1º luglio 1967 BBC2 è il primo canale televisivo in Europa a trasmettere a colori (la stessa sorte toccherà poi anche a BBC1 e ITV). Le trasmissioni in VHF 405 righe di BBC1 (e ITV) proseguiranno per compatibilità con i vecchi ricevitori televisivi fino al 1985. La riorganizzazione A partire dal 1964, una serie di stazioni radio pirata (per prima Radio Caroline) vanno in onda e forzano il governo britannico a regolamentare i servizi radiofonici per tollerare i servizi finanziati da pubblicità su scala nazionale. In risposta, la BBC riorganizza e rinomina i suoi canali radiofonici. Il Light Programme si divide in Radio 1, che offre musica popolare e Radio 2, che propone musica più orecchiabile”, mentre il Third Programme diventa Radio 3, che offre musica classica e una programmazione culturale. Il "servizio per la casa" prende il nome Radio 4, che trasmette notizie e contenuti non musicali, come quiz, letture, drammi e commedie. Come i quattro canali nazionali, anche una serie di stazioni radio locali della BBC nascono nel 1967, inclusa Radio Londra. La pubblicità e il servizio teletext Nel 1968 si forma nell'Impresa BBC la divisione per sfruttare i marchi e i programmi BBC per prodotti commerciali spin-off. Nel 1979 diventa una società a responsabilità limitata, la BBC Enterprises Ltd. Nel 1974, la BBC lancia il primo teletext al mondo: Ceefax, creato inizialmente per fornire i sottotitoli, ma migliorato con un servizio di notizie e informazioni. Nel 1978, poco prima di Natale, il personale della BBC sciopera, bloccando così le trasmissioni di entrambi i canali e fondendo tutte le quattro stazioni radio in una. Dalla liberalizzazione del mercato televisivo e radiofonico britannico negli anni ottanta, la BBC affronta una maggiore concorrenza nel settore commerciale (e dal servizio pubblico finanziato dalla pubblicità, Channel 4), specialmente da parte della televisione satellitare, della televisione via cavo e dei servizi televisivi digitali. A fine decennio la BBC inizia un processo di disinvestimento scorporando e vendendo parte della sua organizzazione. Nel 1988 liquida la Hulton Press Library, un archivio fotografico acquistato da parte della BBC dalla rivista Picture Post nel 1957. L'archivio fu venduto a Brian Deutsch ed è ora di proprietà della Getty Images. Gli anni '90 Negli anni novanta il processo continua in autonomia con la separazione di alcune braccia operative della corporazione come società controllata dalla BBC, con lo scopo di creare entrate aggiuntive per la programmazione. Nel 1995 la BBC Enterprises viene riorganizzata e rilanciata con la BBC Worldwide Ltd. Nel 1998, studi della BBC, trasmissioni in esterno, post produzioni, design di costumi e acconciature furono scorporati nella BBC Resources ltd. La BBC Research Department ha un ruolo fondamentale nello sviluppo delle tecniche di trasmissione e di registrazione. Svolge ricerche essenziali in acustica e nel livello di misurazione del rumore. La BBC è anche responsabile dello sviluppo dello standard stereofonico Nicam. Nei decenni recenti, nascono un gran numero di canali aggiuntivi e stazioni radio: nel 1990 nasce Radio 5, una stazione radio sportiva ed educativa, che nel 1994 si trasformerà in Radio 5 Live, a seguito del successo ottenuto dalla radio nel servizio realizzato nel 1991 per seguire la guerra del golfo. La nuova stazione trasmette notizie e sport. Nel 1997 BBC News 24, un canale notiziario continuo, disponibile nei servizi televisivi digitali e l'anno successivo, BBC Choice, il terzo canale di intrattenimento generale dalla BBC. La BBC acquisisce anche The Parlamentary Channel, che diventa BBC Parliament. Nel 1999 BBC Knowledge, un canale multimediale, con servizi disponibili sul teletext digitale, lanciato da BBC Text, e su BBC Online. Il canale ha uno scopo educativo, e poi nel suo sviluppo si rinnoverà per offrire documentari. Attività La BBC è ritenuta, anche fuori dal Regno Unito, uno dei più autorevoli operatori radiotelevisivi del mondo, anche in ragione delle tradizionalmente rigorose modalità di produzione dei dati giornalistici che l'hanno resa un punto di riferimento per la categoria. L'emittente gestisce anche il sito BBC NEWS, uno dei più autorevoli siti di informazione via web in inglese e in varie altre lingue. La BBC definisce sé stessa del tutto libera da influenze politiche e commerciali; inoltre, è stata la prima emittente televisiva che, a partire dal 2007, pubblica i contenuti trasmessi sul sito con licenza Creative Commons. L'organo preposto alla tutela dell'imparzialità e della qualità dei contenuti è il "BBC Trust", composto da dodici membri. Non raccoglie pubblicità per i canali trasmessi all'interno del Regno Unito, mentre lo fa per quelli diffusi anche in altri paesi come BBC World. L'azienda possiede anche stazioni radiofoniche nazionali, che gestisce attraverso la propria divisione radiofonica BBC Radio. Stazioni radiofoniche Nazionali Disponibili solo su Internet, digitale terrestre e televisione satellitare BBC Radio 1 Dance BBC Radio 1 Relax BBC Radio 1Xtra BBC Radio 4 Extra BBC Radio 5 Sports Extra BBC Radio 6 Music BBC Asian Network BBC World Service Locali BBC Radio Scotland BBC Radio nan Gàidheal BBC Radio Shetland BBC Radio Orkney BBC Radio Wales BBC Radio Cymru BBC Radio Ulster BBC Radio Foyle BBC Radio York BBC Radio Merseyside BBC Radio Berkshire BBC Radio Bristol BBC Radio Cambridgeshire BBC Radio Cornwall BBC Coventry & Warwickshire BBC Radio Cumbria BBC Radio Derby BBC Radio Devon BBC Essex BBC Radio Gloucestershire BBC Guernsey BBC Hereford & Worcester BBC Radio Humberside BBC Radio Jersey BBC Radio Kent BBC Radio Lancashire BBC Radio Leeds BBC Radio Leicester BBC Lincolnshire BBC London 94.9 BBC Radio Manchester BBC Radio Merseyside BBC Newcastle BBC Radio Norfolk BBC Radio Northampton BBC Radio Nottingham BBC Oxford BBC Radio Sheffield BBC Radio Shropshire BBC Radio Solent BBC Somerset BBC Radio Stoke BBC Radio Suffolk BBC Surrey BBC Sussex BBC Tees BBC Three Counties Radio BBC Wiltshire BBC WM BBC Radio York Internazionali Radio Londra (1938—1981) BBC Russian (attiva in onde corte durante la crisi russo-ucraina, dal 4 marzo 2022) Canali televisivi Nazionali In alta definizione BBC One HD BBC Two HD BBC Three HD BBC Four HD BBC News HD CBBC HD CBeebies HD Locali Internazionali BBC News BBC America BBC Canada BBC Kids BBC Entertainment BBC Lifestyle BBC Knowledge UKTV BBC Arabic BBC Persian Television BBC Japan (dal 1º dicembre 2004 al 30 aprile 2006) Finanziamenti Tutte le reti televisive e le stazioni radiofoniche della BBC, tranne BBC World News, sono finanziate dal solo canone televisivo e non trasmettono pubblicità. BBC World News, un canale trasmesso in chiaro in tutto il mondo e non riservato ai soli abbonati, è finanziato dalla sola pubblicità. Spese Copertura televisiva Essendo la BBC finanziata esclusivamente dal canone televisivo, i suoi canali (ad eccezione di BBC World News, che trasmette in tutto il mondo sia gratuitamente che a pagamento, essendo finanziato dalla sola pubblicità) sono legalmente disponibili in modo gratuito soltanto nel Regno Unito e in Irlanda. Per questo motivo hanno smesso di trasmettere sui satelliti Astra a 19.2° est, che diffondevano i canali gratuitamente in tutta Europa. L'offerta televisiva della BBC viene diffusa sul digitale terrestre nel Regno Unito, e in chiaro anche in Irlanda attraverso i satelliti Astra posti a 28.2° est; viene inoltre trasmessa a pagamento via cavo in Svizzera, Paesi Bassi e Belgio. Loghi Note Voci correlate BBC News BBC Sport BBC Radio BBC History BBC News Online Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Blowin%27%20in%20the%20Wind
Blowin' in the Wind
Blowin' in the Wind è una famosa canzone di contenuto pacifista scritta da Bob Dylan nel 1962 e pubblicata la prima volta l'anno successivo nell'album The Freewheelin' Bob Dylan. Questo brano è da molti considerato il manifesto della generazione dei giovani statunitensi disillusi dalla politica portata avanti negli anni cinquanta e sessanta dal loro paese e sfociata dapprima nella guerra fredda e poi nella guerra del Vietnam. Il brano Quando scrisse questo motivo (la cui melodia fu ispirata all'autore da un canto degli schiavi afroamericani: No More Auction Block), Dylan non era ancora quel paladino della controcultura che dopo pochi anni avrebbe rimesso in discussione – con la propria attività artistica di poeta e musicista – antichi pregiudizi e paure nuove; ma già allora – giovane cantastorie proveniente da un piccolo sobborgo minerario del Minnesota – era in grado di mostrarsi cosciente e padrone – in termini di comprensione del senso delle cose – dei nuovi pericoli derivanti dall'era atomica (i temi del fall out erano peraltro già stati illustrati con amara e sofferta poeticità dai cantori della Beat Generation, in primis Jack Kerouac ed Allen Ginsberg). Tre semplici strofe sono in questo caso sufficienti al compositore-poeta per interrogarsi su tematiche sociali ed esistenziali. In particolare, al centro della sua visionaria poeticità sono il senso della condizione umana e l'incapacità dell'uomo di ripudiare in maniera definitiva e totale ogni tipo di guerra. Nel ritornello – rivolto metaforicamente a un ipotetico amico, nel quale si potrebbe identificare l'intera umanità - viene data una risposta che lascia uno spiraglio all'ottimismo: una risposta che c'è, e a portarla basterà un soffio di vento. Origini e primi responsi In origine Dylan scrisse ed eseguì una versione del brano che aveva solamente due strofe; in questa versione apparve nel corso della prima esecuzione in pubblico del pezzo, il 16 aprile 1962 al Gerde's Folk City, che venne registrata e circola presso gli appassionati. Poco tempo dopo questa performance, egli aggiunse gli altri versi alla canzone. Le liriche della canzone furono pubblicate per la prima volta nel maggio 1962, nel sesto numero della rivista Broadside, fondata da Pete Seeger e dedicata alle canzoni folk. La celebre immagine della risposta che "soffia nel vento" potrebbe essere stata ispirata a Dylan da un passaggio dell'autobiografia di Woody Guthrie Questa terra è la mia terra, dove Guthrie paragona la sua sensibilità politica ai giornali che soffiano nel vento delle strade di New York City. Dylan era certamente al corrente del lavoro di Guthrie, e leggere il suo libro fu di capitale importanza nella maturazione del suo sviluppo intellettuale e politico. Nel giugno 1962, la canzone venne pubblicata su Sing Out!, accompagnata dal commento di Dylan: Dylan registrò Blowin' in the Wind il 9 luglio 1962, per includerla nel suo secondo album The Freewheelin' Bob Dylan, pubblicato nel maggio 1963. Nelle note interne della compilation The Bootleg Series Volumes 1-3 (Rare & Unreleased) 1961-1991, John Bauldie scrive che fu Pete Seeger il primo ad accorgersi che la melodia di Blowin' in the Wind ricordava quella del vecchio spiritual nero No More Auction Block. Secondo The Folk Songs of North America di Alan Lomax, la canzone ebbe origine in Canada e veniva cantata da ex-schiavi liberati dopo l'abolizione della schiavitù in Gran Bretagna nel 1833. Nel 1978, Dylan riconobbe la fonte di ispirazione quando disse al giornalista Marc Rowland: «Blowin' in the Wind è sempre stata uno spiritual. Presi una canzone chiamata No More Auction Block – quello è uno spiritual, e Blowin' in the Wind ha lo stesso feeling». Una esecuzione di No More Auction Block da parte di Bob Dylan venne registrata al Gaslight Cafe nell'ottobre 1962, ed apparve in The Bootleg Series Volumes 1-3 (Rare & Unreleased) 1961-1991. Con il passare dei decenni, Blowin' in the Wind è stata descritta come un brano manifesto del movimento per i diritti civili degli anni sessanta. Nel documentario di Martin Scorsese No Direction Home, Mavis Staples descrisse il suo stupore quando ascoltò la canzone per la prima volta, raccontando come non potesse credere che un giovanotto bianco avesse potuto scrivere una canzone che esprimesse in maniera così potente il senso di frustrazione e le speranze delle persone di colore. Anche Sam Cooke rimase molto impressionato dalla canzone e la incluse immediatamente nel suo repertorio dal vivo. Una delle esecuzioni di Cooke del brano venne inclusa nell'album Live At the Copacabana del 1964. Successivamente egli scrisse la canzone A Change Is Gonna Come, come una sorta di risposta a Blowin' in the Wind, e la incise il 24 gennaio 1964. Blowin' in the Wind venne reinterpretata per primi dal Chad Mitchell Trio, ma la casa discografica cancellò l'uscita dell'album che conteneva la canzone perché il brano includeva la parola "death" ("morte") così il trio perse il primato in favore di Peter, Paul and Mary, che avevano lo stesso manager di Dylan, Albert Grossman. Pubblicata su singolo, la loro versione salì fino alla seconda posizione in classifica negli Stati Uniti, con vendite superiori al milione di copie, rendendo la canzone famosa a livello mondiale. Peter Yarrow ricorda che, quando disse a Dylan che il pezzo gli avrebbe fruttato $5,000 solo di diritti d'autore, egli rimase senza parole. Il critico Andy Gill ha scritto: «Blowin' in the Wind segnò un salto di qualità enorme nel songwriting di Dylan. Prima di essa, tentativi come The Ballad of Donald White e The Death of Emmett Till erano stati semplici reportage retorici. Blowin' in the Wind era differente: per la prima volta, Dylan scoprì l'effetto dello spostarsi dal particolare al generale. Mentre The Ballad of Donald White sarebbe diventata completamente vecchia e datata dopo l'esecuzione dell'omonimo criminale, una canzone vaga come Blowin' in the Wind avrebbe potuto essere applicata ad ogni istanza di libertà. Rimane il brano con il quale viene maggiormente identificato Bob Dylan, e ha salvaguardato la sua reputazione di libertario e paladino della giustizia sociale attraverso tutti i suoi cambiamenti di stile e comportamento». False accuse di plagio Dopo lo sbalorditivo successo della canzone, all'epoca circolò una diceria che voleva il brano essere stato composto da uno studente delle scuole superiori di nome Lorre Wyatt, dal quale Dylan avrebbe "rubato" Blowin' in the Wind prima di diventare famoso e ricco grazie ad essa. L'accusa venne pubblicata su Newsweek in un articolo del novembre 1963; anche se la notizia rimase senza conferme ufficiali, destò ugualmente scalpore dando adito ad altre speculazioni. Vari membri della scuola di Wyatt (Millburn High) e delle comunità di Short Hills e Millburn, New Jersey, riportarono di avergli sentito cantare la canzone un anno prima della pubblicazione del brano da parte di Dylan. Wyatt arrivò persino a raccontare al suo insegnante di aver venduto la canzone per 1,000 dollari e di aver dato il denaro in beneficenza. Alla fine il plagio venne smentito. Si scoprì che Wyatt aveva realmente suonato la canzone a scuola qualche mese prima che essa diventasse famosa, ma non prima che venisse pubblicata da Dylan su Broadside. Nel 1974 Wyatt confessò tutto al New Times, dichiarando di aver mentito per essere riconosciuto un compositore di talento ed entrare così nel gruppo folk della scuola, The Millburnaires. Lascito artistico e riferimenti in altri media Nel 1994, la canzone è stata introdotta nella Grammy Hall of Fame. Nel 2004, la rivista Rolling Stone classificò il brano alla posizione numero 14 nella lista delle "500 Greatest Songs of All Time" da loro redatta. Una frase della canzone, «How many roads must a man walk down before you call him a man?» ("Quante strade deve percorrere un uomo prima di essere chiamato uomo?"), è ipotizzata possibilmente "domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto" nel romanzo di Douglas Adams Guida galattica per gli autostoppisti, la cui risposta è ironicamente "42". Nel film del 1994 Forrest Gump, il personaggio di Jenny esegue la canzone alla chitarra in uno strip club. Inoltre, la traccia è inclusa nella colonna sonora del film nella versione dal vivo di Joan Baez del 1976, tratta dal suo album From Every Stage. Nel 1975, il testo della canzone è stato inserito in un'antologia di poesia come testo scolastico in una scuola superiore dello Sri Lanka. Il testo ha causato varie polemiche in quanto il brano di Dylan è stato inserito al posto di un sonetto di Shakespeare. Anche se non propriamente una canzone di carattere religioso, Blowin' in the Wind è stata adottata da molte associazioni religiose sia cattoliche che protestanti; parte della melodia è richiamata nel brano Se m'accogli. Nel 1997, Bob Dylan eseguì la canzone (insieme ad altre tre) davanti a Papa Giovanni Paolo II, che disse alla folla di 300,000 giovani cattolici come la risposta fosse effettivamente "in the wind" ("nel vento") – non nel vento che fa volare via le cose, ma piuttosto "nel vento dello spirito" che porta a Cristo. Nel 2007, Papa Benedetto XVI (che era tra gli spettatori all'epoca) scrisse quanto disapprovasse che rockstar come Dylan avessero potuto esibirsi durante assemblee ecclesiastiche. Cover Nel corso degli anni questa canzone ha avuto numerose rielaborazioni (cover), tanto in versione acustica quanto a ritmo rock, da parte di diversi gruppi e cantanti di ogni parte del mondo. Fatta propria dagli esponenti del movimento beatnik (i cosiddetti figli dei fiori) veniva spesso suonato – e ancora lo viene – sulle scalinate e lungo i borghi artistici delle principali metropoli del mondo. Si ricordano qui le versioni, storiche al pari di quelle incise in studio e dal vivo dallo stesso autore, del trio Peter, Paul & Mary e di Joan Baez nonché una versione in italiano tradotta da Mogol e cantata dai Kings nel 1966 nel 45 giri 1-2-3/La risposta e nell'album I Kings, nello stesso anno da Jonathan & Michelle nel 45 giri Ancora sempre e solo te/La risposta e nel 1967 nell'album Jonathan & Michelle e da Luigi Tenco in una versione pubblicata nel 1972 nell'album postumo Luigi Tenco canta Tenco, De André, Jannacci, Bob Dylan, Mogol. Dà il nome all'album Blow in the Wind dei Me First and the Gimme Gimmes, i quali l'hanno reinterpretata in chiave punk rock. Il ritornello della canzone "the answer my friend is blowin' in the wind, the answer is blowin' in the wind" è cantato da Renato Zero nelle tracce Piper Club e Piper Club (ripresa) incluse nel suo album del 1982 Via Tagliamento 1965/1970. Altri artisti che hanno reinterpretato la canzone includono: The Hollies, Chet Atkins, Odetta, Dolly Parton, The Supremes, Judy Collins, The Kingston Trio, Marianne Faithfull (1964), Jackie DeShannon, The Seekers, Sam Cooke, Etta James, Duke Ellington, Neil Young, The Doodletown Pipers, Marlene Dietrich, Bobby Darin, Bruce Springsteen, Elvis Presley, Sielun Veljet, Stan Getz, Dionne Warwick, Stevie Wonder (1966), Cliff Richard, John Fogerty, The Hooters, e Cher per l'album All I really want to do del 1965. Nel 2019 Gian Pieretti ne ha realizzato una versione in italiano nel suo album Nobel, dedicato a cover di Dylan, intitolata La risposta . Note Bibliografia Michael Gray, The Bob Dylan Encyclopedia, Continuum International, 2006, ISBN 0-8264-6933-7 Collegamenti esterni Canzoni contro la guerra Premiati con il Grammy Hall of Fame Award
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https://it.wikipedia.org/wiki/Bish%C5%8Dnen
Bishōnen
indica un canone estetico di bellezza maschile tipicamente giapponese. Il prefisso si riferisce specificamente alla bellezza femminile, a una bella donna. Il bishōnen può essere inteso in più di un modo: ragazzo magro e non molto muscoloso, con un mento affusolato e un'apparenza effeminata o androgina. Incarna l'ideale del giovane amante omosessuale; alcuni appassionati occidentali utilizzano questo termine per riferirsi a qualsiasi bel personaggio maschile, nonostante quest'uso (letteralmente parlando) sia impreciso. Viene ritratto negli anime e nei manga, specialmente in shōjo, shōnen'ai e yaoi. Il termine equivalente per indicare una ragazza molto bella è bishōjo. Storia Il Giappone ha una tradizione di dongiovanni piuttosto femminei, il gusto per il travestitismo e l'ambiguità. Benché negli anni novanta questo fenomeno sociale si potesse notare nelle strade di Shibuya, nasce dal teatro kabuki e takarazuka, dove gli onnagata sono gli attori maschi che interpretano ruoli femminili. Non cercano d'interpretare una donna, ma concepiscono e portano in scena versioni idealizzate della donna. Gli onnagata, allevati fin da piccoli a raggiungere il massimo livello di femminilità e grazia, ben presto vanno conquistando popolarità. Nel teatro takarazuka sono frequenti le ambientazioni esotiche, i costumi sgargianti, l'ambiguità, le trame romantiche e melodrammatiche. Le otokoyaku sono le attrici che interpretano personaggi maschili: nel teatro takarazuka, poiché per la prima volta possono interpretare ruoli che normalmente sono loro negati, immaginano nuove versioni della mascolinità. Queste nuove figure maschili, rispetto a quelle esistenti, sono molto più dolci e romantiche. Da allora, l'immagine di questi nuovi modelli maschili, divenuti molto più graziosi, fluiscono nei manga. Il tema del travestitismo finirà per diventare un tema diffuso dei manga per ragazze (ad esempio La principessa Zaffiro o Lady Oscar). Anche i graziosi co-protagonisti diventano molto popolari: sono persone timide, effeminate e costantemente imbarazzate. Ci sono comunque altri tipi di giovani carini: nelle ambientazioni fantasy, nei panni di samurai o guerrieri magici, si battono in duello senza nascondere debolezze e sentimenti, facendo innamorare le lettrici. Dōjinshi Nelle dōjinshi vengono spesso ritratti bishōnen, i cui sentimenti sono usualmente al centro dell'attenzione. Spesso sono protagonisti di dōjinshi yaoi: per questo, il nome di tali opere è bishōnen ai e shōnen'ai (letteralmente «amore fra bei ragazzi» e «amore fra ragazzi»). Il bishōnen androgino A poco a poco, anche i ragazzi si sentono attratti verso la sfera femminile (o maschile): intenzionati ad assomigliare all'immagine dei bei ragazzi dei manga, iniziano a truccarsi, vestirsi come bambole e depilarsi. Questo look androgino emerge verso la fine degli anni ottanta: nasce il Visual-Kei, genere in cui si enfatizza il look e l'aspetto esteriore (fattore molto importante, nello spettacolo). Una caratteristica di queste band è che sono formate da soli uomini. Inoltre, truccandosi in modo sgargiante e indossando abiti vistosi assumono un aspetto androgino. Tale stile viene adottato pure dagli idol. Essi sono portatori della purezza infantile e di una bellezza atemporale. Col passare del tempo, altri stili nascono, e si modificano velocemente i modelli dei giovani. Ma questi ragazzi carini riempiono tuttora le pagine web, facendo sognare i giovani. Note Voci correlate Attrattività fisica Bishōnen (film) Dōjinshi Kawaii Lolicon Lolita (termine) Shotacon Takarazuka Revue Twink (linguaggio gay) Yaoi Glossario di anime e manga Estetica Tematiche LGBT nei fumetti Terminologia degli anime e dei manga Androginia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Brattea
Brattea
In botanica la bràttea (o ipsofillo) è una foglia modificata che accompagna fiori o infiorescenze. Se di piccole dimensioni viene definita bratteola. Descrizione Dalla attaccatura ascellare della brattea si sviluppa un fiore o un'infiorescenza; essa può assumere varie forme e diverse dimensioni. Quindi si dice che le brattee sono foglie trasformate che proteggono il fiore e il frutto dal gelo e dai parassiti Una delle funzioni principali delle brattee è quella di protezione, ad esempio, del bocciolo fiorale. Le brattee sono generalmente di colore verde e si possono confondere con le foglie stesse; in alcuni casi possono presentare svariati colori, tanto da essere a volte confuse col fiore oppure col frutto, come capita nella pianta di nocciolo. In questo caso le brattee svolgono anche una funzione vessillare, cioè fungono da richiamo per gli animali impollinatori. Classici esempi di piante fornite di brattee con funzione vessillare sono la stella di Natale (Euphorbia pulcherrima Willd.) e la Bougainvillea. Una brattea di grandi dimensioni, spesso colorata, che racchiude un insieme di fiori (come, ad esempio nelle Palme o nel genere Arum), prende il nome di "spata". Nel genere Arum la spata è petaloidea, con funzione di attrarre gli insetti impollinatori. Un insieme di brattee più o meno compatte o fuse viene definito un "involucro"; tipico quello che si trova al di sotto delle infiorescenze di molte Asteraceae e Apiaceae. Galleria d'immagini Note Voci correlate Giardinaggio Altri progetti Collegamenti esterni Anatomia del fiore Terminologia botanica Foglia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Camillo%20Benso%2C%20conte%20di%20Cavour
Camillo Benso, conte di Cavour
Fu ministro del Regno di Sardegna dal 1850 al 1852, presidente del Consiglio dei ministri dal 1852 al 1859 e dal 1860 al 1861. Nello stesso 1861, con la proclamazione del Regno d'Italia, divenne il primo presidente del Consiglio dei ministri del nuovo Stato e morì ricoprendo tale carica. Fu protagonista del Risorgimento come sostenitore delle idee liberali, del progresso civile ed economico, della separazione tra Stato e Chiesa, dei movimenti nazionali e dell'espansionismo del Regno di Sardegna ai danni dell'Austria e degli stati italiani preunitari. In economia promosse il libero scambio, i grandi investimenti industriali (soprattutto in campo ferroviario) e la cooperazione fra pubblico e privato. In politica sostenne la promulgazione e la difesa dello Statuto albertino. Capo della cosiddetta Destra storica, siglò un accordo ("Connubio") con la Sinistra, con la quale realizzò diverse riforme. Contrastò apertamente le idee repubblicane di Giuseppe Mazzini e spesso si trovò in urto con Giuseppe Garibaldi, della cui azione temeva il potenziale rivoluzionario. In politica estera coltivò con abilità l'alleanza con la Francia, grazie alla quale, con la seconda guerra di indipendenza, ottenne l'espansione territoriale del Regno di Sardegna in Lombardia. Riuscì a gestire gli eventi politici (sommosse nel Granducato di Toscana, nei ducati di Modena e Parma e nel Regno delle Due Sicilie) che, assieme all'impresa dei Mille, portarono alla formazione del Regno d'Italia. Biografia La famiglia e la giovinezza (fino al 1843) Camillo nacque il 10 agosto 1810 nella Torino napoleonica. Suo padre, il marchese Michele Benso di Cavour, era collaboratore e amico del governatore principe Camillo Borghese (marito di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone I) che fu padrino di battesimo del piccolo Benso al quale trasmise il nome. La madre del piccolo Camillo, Adèle de Sellon (1780-1846), sorella del conte Jean-Jacques de Sellon, scrittore, filantropo, collezionista d'arte, mecenate e pacifista svizzero, apparteneva invece ad una ricca e nobile famiglia calvinista di Ginevra, che aveva raggiunto un'ottima posizione negli ambienti borghesi della città svizzera. Aristocratico, Cavour in gioventù frequentò il 5º corso della Regia Accademia Militare di Torino (conclusosi nel 1825) e nell'inverno 1826-1827, grazie ai corsi della Scuola di Applicazione del Corpo Reale del Genio, diventò ufficiale del Genio. Il giovane si dedicò ben presto, per interessi personali e per educazione familiare, alla causa del progresso europeo. Fra i suoi ispiratori fu il filosofo inglese Jeremy Bentham, alle cui dottrine si accostò per la prima volta nel 1829, nonché Jean-Jacques Rousseau. Di Bentham quell'anno lesse il Traité de législation civile et pénale, in cui il filosofo inglese sostiene la dottrina dell'utilitarismo, espressa concisamente dal principio: «Misura del giusto e dell'ingiusto è soltanto la massima felicità del maggior numero». Un'altra tesi sostenuta da Bentham, secondo cui ogni problema poteva ricondursi a fatti misurabili, fornì al realismo del giovane Cavour una base teorica utile alla sua inclinazione all'analisi matematica. Trasferito nel 1830 a Genova, l'ufficiale Camillo Benso ebbe modo di conoscere la marchesa Anna Giustiniani Schiaffino, con la quale avvierà un'importante amicizia intrattenendo con lei un lungo rapporto epistolare. All'età di ventidue anni Cavour venne nominato sindaco di Grinzane, dove la famiglia aveva dei possedimenti, e ricoprì tale carica fino al 1848. Dal dicembre 1834 iniziò a viaggiare all'estero studiando lo sviluppo economico di paesi largamente industrializzati come Francia e Gran Bretagna. In questo contesto culturale, già a ventidue anni, Cavour era influenzato dagli ideali risorgimentali e manifestava nelle sue lettere private il sogno di diventare "primo ministro del Regno d'Italia". I viaggi di formazione a Parigi e a Londra Accompagnato dall'amico Pietro De Rossi di Santarosa, Cavour nel febbraio del 1835 raggiunse Parigi, dove si fermò per quasi due mesi e mezzo: visitò istituzioni pubbliche di ogni genere e frequentò gli ambienti politici della Monarchia di Luglio. Partito dalla capitale francese, il 14 maggio 1835 arrivò a Londra dove si interessò di questioni sociali. Durante questo periodo il giovane Conte sviluppò quella propensione conservatrice che lo accompagnerà per tutta la vita, ma al tempo stesso sentì fortemente crescere l'interesse e l'entusiasmo per il progresso dell'industria, per l'economia politica e per il libero scambio. Di nuovo a Parigi, fra il 1837 e il 1840 frequentò assiduamente la Sorbona e incontrò, oltre a vari intellettuali, gli esponenti della monarchia di Luigi Filippo della quale conservava una viva ammirazione. Nel marzo 1841 fondò con degli amici la Società del Whist, club prestigioso costituito dalla più alta aristocrazia torinese. Da proprietario terriero a deputato (1843-1850) Fra il ritorno dai viaggi all'estero nel giugno del 1843 e l'ingresso al governo nell'ottobre del 1850, Cavour si dedicò ad una nutrita serie di iniziative nel campo dell'agricoltura, dell'industria, della finanza e della politica. Gli affari in agricoltura e nell'industria Importante possidente terriero, Cavour contribuì, già nel maggio 1842, alla costituzione dell'Associazione agraria che si proponeva di promuovere le migliori tecniche e politiche agrarie, per mezzo anche di una Gazzetta che fin dall'agosto 1843 pubblicava un articolo del Conte. Impegnatissimo nell'attività di gestione soprattutto della sua tenuta di Leri, Cavour nell'autunno 1843, grazie alla collaborazione di Giacinto Corio, iniziò un'attività di miglioramenti nei settori dell'allevamento del bestiame, dei concimi e delle macchine agricole. In sette anni (dal 1843 al 1850) la sua produzione di riso, frumento e latte crebbe sensibilmente, e quella di mais addirittura risultò triplicata. Ad integrare le innovazioni della produzione agricola, Camillo Benso intraprese anche delle iniziative di carattere industriale con risultati più o meno buoni. Fra le iniziative più importanti, la partecipazione alla costituzione della Società anonima dei molini anglo-americani di Collegno nel 1850, di cui il Conte divenne successivamente il maggiore azionista e che ebbe dopo l'unità d'Italia una posizione di primo piano nel Paese. Le estese relazioni d'affari a Torino, Chivasso e Genova e soprattutto l'amicizia dei banchieri De La Rüe, consentirono inoltre a Cavour di operare in un mercato più ampio rispetto a quello usuale degli agricoltori piemontesi cogliendo importanti opportunità di guadagno. Nell'anno 1847, ad esempio, realizzò introiti assai cospicui approfittando del pessimo raccolto di cereali in tutta Europa che diede luogo ad un aumento della richiesta spingendo i prezzi a livelli inconsueti. Lo sviluppo delle idee politiche Oltre ai suoi interventi sulla Gazzetta della Associazione agraria, Cavour in quegli anni si dedicò alla scrittura di alcuni saggi sui progressi dell'industrializzazione e del libero scambio in Gran Bretagna, e sugli effetti che ne sarebbero derivati sull'economia e sulla società italiana. Principalmente Cavour esaltava le ferrovie come strumento di progresso civile al quale, piuttosto che alle sommosse, era affidata la causa nazionale. Egli a tale proposito mise in rilievo l'importanza che avrebbero avuto due linee ferroviarie: una Torino-Venezia e una Torino-Ancona. Senza alcun bisogno di una rivoluzione, il progresso della civiltà cristiana e lo sviluppo dei lumi sarebbero sfociati, secondo il conte, in una crisi politica che l'Italia era chiamata a sfruttare. Camillo Benso aveva infatti fede nel progresso che era soprattutto intellettuale e morale, poiché risorsa della dignità e della capacità creativa dell'uomo. A tale convinzione si accompagnava l'altra che la libertà economica è causa di interesse generale, destinata a favorire tutte le classi sociali. Sullo sfondo di questi due principi emergeva il valore della nazionalità: . A favore dello Statuto e della guerra del 1848 Nel 1847 Cavour fece la sua comparsa ufficiale sulla scena politica come fondatore, assieme al cattolico liberale Cesare Balbo, del periodico Il Risorgimento, di cui assunse la direzione. Il giornale, costituitosi grazie ad un ammorbidimento della censura di re Carlo Alberto, si schierò più apertamente di tutti gli altri, nel gennaio del 1848, a favore di una costituzione. La presa di posizione, che era anche di Cavour, si rimarcò con la caduta in Francia (24 febbraio 1848) della cosiddetta Monarchia di luglio, con la quale crollava il riferimento politico del Conte in Europa. In questa atmosfera, il 4 marzo 1848, Carlo Alberto promulgò lo Statuto albertino. Questa "costituzione breve" deluse gran parte dell'opinione pubblica liberale, ma non Cavour che annunciò un'importante legge elettorale per la quale era stata nominata una commissione, presieduta da Cesare Balbo, e della quale anche lui faceva parte. Tale legge, poi approvata, con qualche adeguamento rimase in vigore fino alla riforma elettorale del Regno d'Italia del 1882. Con la repubblica in Francia, la rivoluzione a Vienna e Berlino, l'insurrezione a Milano e il sollevamento del patriottismo in Piemonte e Liguria, Cavour, temendo che il regime costituzionale potesse diventare vittima dei rivoluzionari se non avesse agito, si pose in testa al movimento interventista incitando il Re ad entrare in guerra contro l'Austria e ricompattare l'opinione pubblica. Il 23 marzo 1848, Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria. Dopo i successi iniziali, l'andamento del conflitto mutò e la vecchia aristocrazia militare del regno fu esposta a dure critiche. Alle prime sconfitte piemontesi Cavour chiese che si risalisse ai colpevoli che avevano tradito le prove di valore dei semplici soldati. La deprecata condotta della guerra spinse allora alla convinzione che il Piemonte non sarebbe stato al sicuro fino a quando i poteri dello Stato non fossero stati controllati da uomini di fede liberale. Deputato al Parlamento Subalpino Il 27 aprile 1848 ci furono le prime elezioni del nuovo regime costituzionale. Cavour, forte della sua attività di giornalista politico, si candidò alla Camera dei deputati e fu eletto nelle elezioni suppletive del 26 giugno. Fece il suo ingresso alla Camera (Palazzo Carignano) prendendo posto nei banchi di destra il 30 giugno 1848. Fedele agli interessi piemontesi, che egli vedeva minacciati dalle forze radicali genovesi e lombarde, Cavour fu oppositore sia dell'esecutivo di Cesare Balbo, sia di quello successivo del milanese Gabrio Casati. Tuttavia, quando, a seguito della sconfitta di Custoza, il governo Casati chiese i pieni poteri, Cavour si pronunciò in suo favore. Ciò non evitò però l'abbandono di Milano agli austriaci e l'armistizio Salasco del 9 agosto 1848. Al termine di questa prima fase della guerra, il governo di Cesare di Sostegno e il successivo di Ettore di San Martino imboccarono la strada della diplomazia. Entrambi furono appoggiati da Cavour che criticò aspramente Gioberti ancora risoluto a combattere l'Austria. Nel suo primo grande discorso parlamentare, Camillo Benso, il 20 ottobre 1848 si pronunciò infatti per il rinvio delle ostilità, confidando nella mediazione diplomatica della Gran Bretagna, gelosa della nascente potenza germanica e quindi favorevole alla causa italiana. Con l'appoggio di Cavour la linea moderata del governo San Martino passò, anche se il debole esecutivo su un argomento minore rassegnò le dimissioni il 3 dicembre 1848. Nell'impossibilità di formare una diversa compagine ministeriale, re Carlo Alberto diede l'incarico a Gioberti, il cui governo (insediatosi il 15 dicembre 1848) Cavour considerò di "pura sinistra". A discapito del Conte arrivarono anche le elezioni del 22 gennaio 1849, al cui ballottaggio fu sconfitto da Giovanni Ignazio Pansoya. Lo schieramento politico vincitore era tuttavia troppo eterogeneo per affrontare la difficile situazione del Paese, sospeso ancora fra pace e guerra, e Gioberti dovette dimettersi il 21 febbraio 1849. Cambiando radicalmente politica di fronte alla crisi rivoluzionaria di cui ravvisava ancora il pericolo, Cavour si pronunciò per una ripresa delle ostilità contro l'Austria. La sconfitta di Novara (23 marzo 1849) dovette precipitarlo nuovamente nello sconforto. Capo della maggioranza parlamentare La grave sconfitta piemontese portò, il 23 marzo 1849, all'abdicazione di Carlo Alberto a favore del figlio Vittorio Emanuele. Costui, aperto avversario della politica paterna di alleanze con la sinistra, sostituì il governo dei democratici (che chiedevano la guerra a oltranza) con un esecutivo presieduto dal generale Gabriele de Launay. Tale governo, che fu salutato con favore da Cavour e che riprese il controllo di Genova insorta contro la monarchia, fu sostituito (7 maggio 1849) dal primo governo di Massimo d'Azeglio. Di questo nuovo presidente del Consiglio Il Risorgimento fece sua la visione del Piemonte come roccaforte della libertà italiana. Le elezioni del 15 luglio 1849 portarono, tuttavia, ad una nuova, benché debole, maggioranza dei democratici. Cavour fu rieletto, ma D'Azeglio convinse Vittorio Emanuele II a sciogliere la Camera dei deputati e il 20 novembre 1849 il Re emanò il proclama di Moncalieri, con cui invitava il suo popolo ad eleggere candidati moderati che non fossero a favore di una nuova guerra. Il 9 dicembre fu rieletta l'assemblea che, finalmente, espresse un voto schiacciante a favore della pace. Fra gli eletti figurava di nuovo Cavour che, nel collegio di Torino I, ottenne 307 voti contro i 98 dell'avversario. In quel periodo Camillo Benso si mise in evidenza anche per le sue doti di abile operatore finanziario. Ebbe infatti una parte di primo piano nella fusione della Banca di Genova e della nascente Banca di Torino, che diede vita alla Banca Nazionale degli Stati Sardi. Dopo il successo elettorale del dicembre 1849 Cavour divenne una delle figure dominanti dell'ambiente politico piemontese e gli venne riconosciuta la funzione di guida della maggioranza moderata che si era costituita. Forte di questa posizione sostenne che fosse arrivato il tempo delle riforme, favorite dallo Statuto albertino che aveva creato reali prospettive di progresso. Si sarebbe potuto innanzitutto staccare il Piemonte dal fronte cattolico-reazionario che trionfava nel resto d'Italia. A tale scopo il primo passo fu la promulgazione delle cosiddette leggi Siccardi (9 aprile e 5 giugno 1850) che abolirono vari privilegi del clero nel Regno di Sardegna e con le quali si aprì una fase di scontri con la Santa Sede, con episodi gravi sia da parte di D'Azeglio sia da parte di papa Pio IX. Fra questi ultimi ci fu il rifiuto di impartire l'estrema unzione all'amico di Cavour, Pietro di Santarosa, morto il 5 agosto 1850. A seguito di questo rifiuto Cavour per reazione ottenne l'espulsione da Torino dell'Ordine dei Servi di Maria, nel quale militava il sacerdote che si era rifiutato di impartire il sacramento, influenzando probabilmente anche la decisione di arresto dell'arcivescovo di Torino Luigi Fransoni. Ministro del Regno di Sardegna (1850-1852) Con la morte dell'amico Santarosa, che ricopriva la carica di ministro dell'Agricoltura e del Commercio, Cavour, forte della parte di primo piano assunta nella battaglia anticlericale e della sua riconosciuta competenza tecnica, fu designato come naturale successore del ministro scomparso. La decisione di nominare Cavour ministro dell'Agricoltura e del Commercio fu presa dal presidente del Consiglio D'Azeglio, convinto da alcuni deputati, assieme a Vittorio Emanuele II, che fu incoraggiato in tal senso da Alfonso La Marmora. Il Conte prestò così giuramento l'11 ottobre 1850. Ministro dell'Agricoltura e del commercio Fra i primi incarichi sostenuti da Camillo Benso ci furono una circolare ai sindaci sulla graduale introduzione della libera panificazione e il rinnovo del trattato commerciale con la Francia, improntato all'insegna del libero commercio. L'accordo, che non fu particolarmente vantaggioso per il Piemonte, dovette essere sostenuto da motivazioni politiche per essere approvato, benché Cavour ribadisse che ogni riduzione doganale fosse di per sé un beneficio. Affrontata la materia dei trattati di commercio, il Conte diede anche l'avvio ai negoziati con il Belgio e la Gran Bretagna. Con entrambi i Paesi ottenne e concesse estese facilitazioni doganali. I due trattati, conclusi il 24 gennaio e il 27 febbraio 1851 rispettivamente, furono il primo atto di vero liberismo commerciale compiuto da Cavour. Questi due accordi, per i quali il Conte ottenne un largo successo parlamentare, aprirono la strada ad una riforma generale dei dazi la cui legge fu promulgata il 14 luglio 1851. Intanto nuovi trattati commerciali erano stati firmati, fra marzo e giugno, con la Grecia, le città anseatiche, l'Unione doganale tedesca, la Svizzera e i Paesi Bassi. Con 114 voti favorevoli e 23 contrari, la Camera approvò perfino un trattato analogo con l'Austria, concludendo quella prima fase della politica doganale di Cavour che realizzava per il Piemonte il passaggio dal protezionismo al libero scambio. Nello stesso periodo a Cavour fu affidato anche l'incarico di ministro della Marina e, come in situazioni analoghe, egli si distinse per le sue idee innovative entrando in contrasto con gli alti ufficiali di tendenze reazionarie che si opponevano finanche all'introduzione della navigazione a vapore. D'altro canto la truppa era molto indisciplinata e l'intenzione di Cavour sarebbe stata quella di far diventare la Marina sarda un corpo di professionisti come quella del Regno delle Due Sicilie. Ministro delle Finanze Intanto, già dal 19 aprile 1851, Cavour aveva sostituito Giovanni Nigra al Ministero delle Finanze, conservando tutti gli altri incarichi. Il Conte, durante la delicata fase del dibattito parlamentare per l'approvazione dei trattati commerciali con Gran Bretagna e Belgio, aveva annunciato di lasciare il governo se non si fosse abbandonata l'abitudine di affidare ad un deputato (in questo caso Nigra) l'incarico delle Finanze. C'erano stati per questo gravi dissensi fra D'Azeglio e Cavour che, alla fine, aveva ottenuto il ministero. D'altra parte il governo di Torino aveva disperato bisogno di liquidi, principalmente per pagare le indennità imposte dagli austriaci dopo la prima guerra di indipendenza e Cavour, per la sua abilità e i suoi contatti sembrava l'uomo giusto per gestire la delicata situazione. Il Regno di Sardegna era già fortemente indebitato con i Rothschild dalla cui dipendenza il conte voleva sottrarre il Paese e, dopo alcuni tentativi falliti con la Bank of Baring, Cavour ottenne un importante prestito dalla più piccola Bank of Hambro. Assieme a questo del prestito (3,6 milioni di sterline), Camillo Benso ottenne vari altri risultati. Riuscì a chiarire e sintetizzare la situazione effettiva del bilancio statale che, per quanto precaria, apparve migliore rispetto a quanto si pensasse; fece approvare su tutti gli enti morali laici ed ecclesiastici un'unica imposta del 4% del reddito annuo; ottenne l'imposta delle successioni; dispose per l'aumento di capitale della Banca Nazionale degli Stati Sardi aumentandone l'obbligo delle anticipazioni allo Stato e avviò la collaborazione tra finanza pubblica e iniziativa privata. A tale riguardo accolse, nell'agosto 1851, le proposte di aziende britanniche per la realizzazione delle linee ferroviarie Torino-Susa e Torino-Novara, i cui progetti divennero legge il 14 giugno e l'11 luglio 1852 rispettivamente. Concesse all'armatore Raffaele Rubattino la linea di navigazione sovvenzionata fra Genova e la Sardegna, e a gruppi genovesi l'esercizio di miniere e saline in Sardegna. Fino a promuovere grandi progetti come l'istituzione a Genova della Compagnia Transatlantica o come la fondazione della società Ansaldo, futura fabbrica di locomotive a vapore. L'alleanza con il Centrosinistra Spinto ormai dal desiderio di raggiungere la carica di capo del governo e insofferente per la politica di d'Azeglio di alleanza con la destra clericale, Cavour all'inizio del 1852 ebbe l'idea di stringere un'intesa, il cosiddetto “connubio”, con il Centrosinistra di Urbano Rattazzi. Costui, con i voti convergenti dei deputati guidati da Cavour e di quelli del Centrosinistra, ottenne, l'11 maggio 1852, la presidenza della Camera del Parlamento Subalpino. Il presidente del Consiglio D'Azeglio, contrario come Vittorio Emanuele II alla manovra politica di Cavour, diede le dimissioni, ottenendo puntualmente il reincarico dal re. Il governo che ne scaturì il 21 maggio 1852, assai debole, non comprendeva più Cavour che D'Azeglio aveva sostituito con Luigi Cibrario. Il Conte non si scoraggiò e, in preparazione della ripresa della lotta politica, partì per un viaggio in Europa. Al suo ritorno a Torino, appoggiato dagli uomini del "connubio" che rappresentavano ormai il più moderno liberalismo del Piemonte, forte di un ampio consenso, diveniva il 4 novembre 1852 per la prima volta Presidente del Consiglio dei ministri. In Gran Bretagna e Francia (1852) Prima della sua definitiva affermazione, come abbiamo visto, Cavour partì da Torino il 26 giugno 1852 per un periodo di esperienze all'estero. L'8 luglio era a Londra, dove si interessò ai più recenti progressi dell'industria prendendo contatti con uomini d'affari, agricoltori e industriali, e visitando impianti e arsenali. Rimase nella capitale britannica fino al 5 agosto e partì poi per un viaggio nel Galles; nell'Inghilterra settentrionale, di cui visitò i distretti manifatturieri, e in Scozia. A Londra e nelle loro residenze di campagna ebbe vari incontri con esponenti politici britannici. Vide il ministro degli Esteri Malmesbury, Palmerston, Clarendon, Disraeli, Cobden, Lansdowne e Gladstone. Colpito dalla grandezza imperiale della Gran Bretagna, Cavour proseguì il viaggio e passò La Manica alla volta di Parigi, dove giunse il 29 agosto 1852. Nella capitale francese Luigi Napoleone era presidente della Seconda Repubblica, alla quale darà poi fine proclamandosi (2 dicembre 1852) imperatore. L'attenzione del conte, raggiunto a Parigi dall'alleato Rattazzi, si concentrò sulla nuova classe dirigente francese, con la quale prese contatti. Entrambi si recarono dal nuovo ministro degli Esteri Drouyn de Lhuys e il 5 settembre pranzarono con il principe presidente Luigi Napoleone traendone già buone impressioni e grandi auspici per il futuro dell'Italia. Cavour ripartì per Torino giungendovi il 16 ottobre 1852, dopo un'assenza di oltre tre mesi. Il primo governo Cavour (1852-1855) Dopo pochi giorni dal ritorno di Cavour a Torino, il 22 ottobre 1852, d'Azeglio, a capo di un debole esecutivo che aveva scelto di continuare una politica anticlericale, diede le dimissioni. Vittorio Emanuele II, su suggerimento di La Marmora, chiese a Cavour di formare un nuovo governo, a condizione che il Conte negoziasse con lo Stato Pontificio le questioni rimaste aperte, prima fra tutte quella dell'introduzione in Piemonte del matrimonio civile. Cavour rispose che non avrebbe potuto cedere di fronte al Papa e indicò in Cesare Balbo il successore di D'Azeglio. Balbo non trovò l'accordo con l'esponente di destra Revel e il Re fu costretto a tornare da Cavour. Costui accettò allora di formare il nuovo governo il 2 novembre 1852, promettendo di far seguire alla legge del matrimonio civile il suo normale percorso parlamentare (senza porre cioè la fiducia) Costituito il suo primo governo due giorni dopo, Cavour si adoperò con passione a favore del matrimonio civile che però fu respinto al Senato costringendo il Conte a rinunciarvi. Intanto il movimento repubblicano che faceva capo a Giuseppe Mazzini non smetteva di preoccupare Cavour: il 6 febbraio 1853 una sommossa scoppiò contro gli austriaci a Milano e il conte, temendo l'allargarsi del fenomeno al Piemonte, fece arrestare diversi mazziniani (fra cui Francesco Crispi). Tale decisione gli attirò l'ostilità della Sinistra, specie quando gli austriaci lo ringraziarono per gli arresti. Quando però, il 13 febbraio, il governo di Vienna stabilì la confisca delle proprietà dei rifugiati lombardi in Piemonte, Cavour protestò energicamente, richiamando l'ambasciatore sardo. Le riforme della finanza e della giustizia Obiettivo principale del primo governo Cavour fu la restaurazione finanziaria del Paese. Per raggiungere il pareggio il conte prese varie iniziative: innanzi tutto fu costretto a ricorrere ai banchieri Rothschild poi, richiamandosi al sistema francese, sostituì alla dichiarazione dei redditi l'accertamento giudiziario, fece massicci interventi nel settore delle concessioni demaniali e dei servizi pubblici, e riprese la politica dello sviluppo degli istituti di credito. D'altro canto il governo effettuò grandi investimenti nel settore delle ferrovie, proprio quando, grazie alla riforma doganale, le esportazioni stavano avendo un aumento considerevole. Ci furono tuttavia notevoli resistenze ad introdurre nuove imposte fondiarie e, in generale, nuove tasse che colpissero il ceto di cui era composto il parlamento. Cavour, in effetti, non riuscì mai a realizzare le condizioni politiche che consentissero una base finanziaria adeguata alle sue iniziative. Il 19 dicembre 1853, si parlò di "quasi restaurate finanze", benché la situazione fosse più seria di quanto annunciato, anche per la crisi internazionale che precedette la guerra di Crimea. Cavour di conseguenza si accordò ancora con i Rothschild per un prestito, ma riuscì anche a collocare presso il pubblico dei risparmiatori, con un netto successo politico e finanziario, una buona parte del debito contratto. A Camillo Benso d'altronde non mancava il consenso politico. Alle elezioni dell'8 dicembre 1853 furono eletti 130 candidati dell'area governativa, 52 della Sinistra e 22 della Destra. Nonostante ciò, per replicare all'elezione di importanti politici avversari il Conte sviluppò un'offensiva politica sull'ordinamento giudiziario che la crisi economica non gli permetteva di concentrare altrove. Fu deciso, anche per recuperare parte della Sinistra, di riprendere la politica anticlericale. A tale riguardo il ministro della Giustizia Urbano Rattazzi, all'apertura della V legislatura presentò una proposta di legge sulla modifica del codice penale. Il nucleo della proposta consisteva in nuove pene previste per i sacerdoti che, abusando del loro ministero, avessero censurato le leggi e le istituzioni dello Stato. La norma fu approvata alla Camera a larga maggioranza (raccogliendo molti voti a Sinistra) e, con maggiore difficoltà, anche al Senato. Furono successivamente adottate modifiche anche al codice di procedura penale e fu ultimato il percorso per l'approvazione del codice di procedura civile. L'intervento nella guerra di Crimea Nel 1853 si sviluppò una crisi europea scaturita da una disputa religiosa fra la Francia e la Russia sul controllo dei luoghi santi nel territorio dell'Impero ottomano. L'atteggiamento russo provocò l'ostilità anche del governo inglese che sospettava che lo Zar volesse conquistare Costantinopoli e interrompere la via terrestre per l'India britannica. Il 1º novembre 1853 la Russia dichiarò guerra all'Impero ottomano, che aveva accettato la linea francese, aprendo quella che sarà chiamata la guerra di Crimea. Conseguentemente, il 28 marzo 1854 la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra alla Russia. La questione, per le opportunità politiche che potevano presentarsi, cominciò ad interessare Cavour. Egli infatti, nell'aprile 1854, rispose alle richieste dell'ambasciatore inglese James Hudson affermando che il Regno di Sardegna sarebbe intervenuto nella guerra se anche l'Austria avesse attaccato la Russia, di modo da non esporre il Piemonte all'esercito asburgico. La soddisfazione degli inglesi fu evidente, ma per tutta l'estate del 1854 l'Austria rimase neutrale. Infine, il 29 novembre 1854, il ministro degli Esteri britannico Clarendon scrisse ad Hudson chiedendogli di fare di tutto per assicurarsi un corpo di spedizione piemontese. Un incitamento superfluo, poiché Cavour era già arrivato alla conclusione che le richieste inglesi e quelle francesi, queste ultime fatte all'inizio della crisi a Vittorio Emanuele II, dovevano essere soddisfatte. Il Conte decise quindi per l'intervento sollevando le perplessità del ministro della Guerra La Marmora e del ministro degli Esteri Giuseppe Dabormida che si dimise. Assumendo anche la carica di ministro degli Esteri, Cavour, il 26 gennaio 1855, firmò l'adesione finale del Regno di Sardegna al trattato anglo-francese. Il Piemonte avrebbe fornito 15.000 uomini e le potenze alleate avrebbero garantito l'integrità del Regno di Sardegna da un eventuale attacco austriaco. Il 4 marzo 1855, Cavour dichiarò guerra alla Russia e il 25 aprile il contingente piemontese salpò da La Spezia per la Crimea dove arrivò ai primi di maggio. Il Piemonte avrebbe raccolto i benefici della spedizione con la seconda guerra di indipendenza, quattro anni dopo. La legge sui conventi: la Crisi Calabiana Con l'intento di avvicinarsi alla Sinistra e ostacolare la Destra conservatrice che andava guadagnando terreno a causa della crisi economica, il governo Cavour il 28 novembre 1854 presentò alla Camera la legge sui conventi. La norma, nell'ottica del liberalismo anticlericale, prevedeva la soppressione degli ordini religiosi non dediti all'insegnamento o all'assistenza dei malati. Durante il dibattito parlamentare vennero attaccati, anche da Cavour, soprattutto gli ordini mendicanti come nocivi alla moralità del Paese e contrari alla moderna etica del lavoro. La forte maggioranza alla Camera del Conte dovette affrontare l'opposizione del clero, del Re e soprattutto del Senato che in prima istanza bocciò la legge. Cavour allora si dimise (27 aprile 1855) aprendo una crisi politica chiamata crisi Calabiana dal nome del vescovo di Casale Luigi Nazari di Calabiana, senatore e avversario del progetto di legge. Il secondo governo Cavour (1855-1859) La legge sui conventi: l'approvazione Dopo qualche giorno dalle dimissioni, vista l'impossibilità a formare un nuovo esecutivo, il 4 maggio 1855, Cavour fu reintegrato dal Re nella carica di presidente del Consiglio. Al termine di giorni di discussioni nei quali Cavour ribadì che «la società attuale ha per base economica il lavoro», la legge fu approvata con un emendamento che lasciava i religiosi nei conventi fino all'estinzione naturale delle loro comunità. A seguito dell'approvazione della legge sui conventi, il 26 luglio 1855 papa Pio IX emanò la scomunica contro coloro che avevano proposto, approvato e ratificato il provvedimento, Cavour e Vittorio Emanuele II compresi. Il Congresso di Parigi e la politica estera successiva La guerra di Crimea, vittoriosa per gli alleati, ebbe fine nel 1856 con il Congresso di Parigi al quale partecipò anche l'Austria. Cavour non ottenne compensi territoriali per la partecipazione al conflitto, ma una seduta fu dedicata espressamente a discutere il problema italiano. In questa occasione, l'8 aprile, il ministro degli Esteri britannico Clarendon attaccò pesantemente la politica illiberale sia dello Stato Pontificio, sia del Regno delle due Sicilie, sollevando le proteste del ministro austriaco Buol. Ben più moderato, lo stesso giorno, fu il successivo intervento di Cavour, incentrato sulla denuncia della permanenza delle truppe austriache nella Romagna pontificia. Fatto sta che per la prima volta la questione italiana venne considerata a livello europeo come una situazione che richiedeva modifiche a fronte di legittime rimostranze della popolazione. Fra Gran Bretagna, Francia e Piemonte i rapporti si confermarono ottimi. Tornato a Torino, per l'esito ottenuto a Parigi, Cavour, il 29 aprile 1856, ottenne la più alta onorificenza concessa da Casa Savoia: il collare dell'Annunziata. Quello stesso congresso, tuttavia, avrebbe portato il Conte a prendere importanti decisioni, tali da dover fare una scelta: con la Francia o con la Gran Bretagna. Si aprì infatti, a seguito delle decisioni di Parigi, la questione dei due Principati danubiani. La Moldavia e la Valacchia secondo Gran Bretagna, Austria e Turchia avrebbero dovuto rimanere divise e sotto il controllo ottomano. Per Francia, Prussia e Russia, invece, si sarebbero dovute unire (nella futura Romania) e costituirsi come Stato indipendente. Quest'ultimo particolare richiamò l'attenzione di Cavour e il Regno di Sardegna, con l'ambasciatore Villamarina, si schierò per l'unificazione. La reazione della Gran Bretagna contro la posizione assunta dal Piemonte fu molto aspra. Ma Cavour aveva già deciso: fra il dinamismo della politica francese e il conservatorismo di quella britannica, il Conte aveva scelto la Francia. D'altra parte l'Austria andava sempre più isolandosi e a consolidare il fenomeno contribuì un episodio che il Conte seppe sfruttare. Il 10 febbraio 1857 il governo di Vienna accusò la stampa piemontese di fomentare la rivolta contro l'Austria e il governo Cavour di correità. Il conte respinse ogni accusa e il 22 marzo Buol richiamò il suo ambasciatore, seguito il giorno dopo da un'analoga misura del Piemonte. Accadde così che l'Austria elevò una questione di stampa a motivo della rottura delle relazioni con il piccolo Regno di Sardegna, esponendosi ai giudizi negativi di tutta la diplomazia europea, compresa quella inglese, mentre in Italia si animavano maggiormente le simpatie per il Piemonte. Il miglioramento dell'economia e il calo dei consensi A partire dal 1855 si registrò un miglioramento delle condizioni economiche del Piemonte, grazie al buon raccolto cerealicolo e alla riduzione del deficit della bilancia commerciale. Incoraggiato da questi risultati, Cavour rilanciò la politica ferroviaria dando il via, tra l'altro, nel 1857, ai lavori del traforo del Fréjus. Il 16 luglio 1857 venne dichiarata anticipatamente la chiusura della V Legislatura, in una situazione che, nonostante il miglioramento dell'economia, si presentava sfavorevole a Cavour. Si era diffuso, infatti, un malcontento generato dall'accresciuto carico fiscale, dai sacrifici fatti per la guerra di Crimea e dalla mobilitazione antigovernativa del mondo cattolico. Il risultato fu che alle elezioni del 15 novembre 1857 il centro liberale di Cavour conquistò 90 seggi (rispetto ai 130 della precedente legislatura), la destra 75 (rispetto ai 22) e la sinistra 21 (rispetto ai 52). Il successo clericale superò le più pessimistiche previsioni di area governativa. Cavour decise tuttavia di rimanere al suo posto, mentre la stampa liberale si scagliava contro la destra denunciando pressioni improprie del clero sugli elettori. Ci fu per questo una verifica parlamentare e per alcuni seggi assegnati vennero ripetute le elezioni. La tendenza si invertì: il centro liberale passò a 105 seggi e la destra a 60. Lo scossone politico provocò comunque il sacrificio di Rattazzi, in precedenza passato agli Interni. Costui, soprattutto, era inviso alla Francia per non essere riuscito ad arrestare Mazzini giudicato pericoloso per la vita di Napoleone III. Rattazzi il 13 gennaio 1858 si dimise e Cavour assunse l'interim dell'Interno. I piani contro l'Austria e l'annessione della Lombardia Suscitata l'attenzione sull'Italia con il Congresso di Parigi, per sfruttarla a fini politici si rivelò necessario l'appoggio della Francia di Napoleone III. Costui, conservatore in politica interna, era sostenitore di una politica estera di grandezza. Dopo una lunga serie di trattative, funestate dall'attentato di Felice Orsini allo stesso imperatore dei francesi, si arrivò, nel luglio 1858, agli accordi segreti di Plombières fra Cavour e Napoleone III. Tale intesa verbale prevedeva che, dopo una guerra che si auspicava vittoriosa contro l'Austria, la penisola italiana sarebbe stata divisa in quattro stati principali legati in una confederazione presieduta dal papa: il Regno dell'Alta Italia sotto la guida di Vittorio Emanuele II; il Regno dell'Italia centrale; lo Stato Pontificio limitato a Roma e al territorio circostante; e il Regno delle Due Sicilie. Firenze e Napoli, avvenimenti locali permettendo, sarebbero passate nella sfera d'influenza francese. Gli accordi di Plombières furono ratificati l'anno successivo dall'alleanza sardo-francese, secondo la quale in caso di attacco militare provocato da Vienna, la Francia sarebbe intervenuta in difesa del Regno di Sardegna con il compito di liberare dal dominio austriaco il Lombardo-Veneto e cederlo al Piemonte. In compenso la Francia avrebbe ricevuto i territori di Nizza e della Savoia, quest'ultima origine della dinastia sabauda e, come tale, cara a Vittorio Emanuele II. Dopo la firma dell'alleanza, Cavour escogitò una serie di provocazioni militari al confine con l'Austria che, allarmata, gli lanciò un ultimatum chiedendogli di smobilitare l'esercito. Il Conte rifiutò e l'Austria aprì le ostilità contro il Piemonte il 26 aprile 1859, facendo scattare le condizioni dell'alleanza sardo-francese. Era la seconda guerra di indipendenza. Ma i movimenti minacciosi dell'esercito prussiano convinsero Napoleone III, quasi con un atto unilaterale, a firmare un armistizio con l'Austria a Villafranca l'11 luglio 1859, poi ratificato dalla Pace di Zurigo, stipulata l'11 novembre. Le clausole del trattato prevedevano che a Vittorio Emanuele II sarebbe andata la sola Lombardia e che per il resto tutto sarebbe tornato come prima. Cavour, deluso e amareggiato dalle condizioni dell'armistizio, dopo accese discussioni con Napoleone III e Vittorio Emanuele, decise di dare le dimissioni da presidente del Consiglio, provocando la caduta del governo da lui guidato il 12 luglio 1859. Il terzo governo Cavour (1860-1861) Nizza e Savoia per Modena, Parma, Romagna e Toscana Già durante la guerra i governi e le forze armate dei piccoli Stati italiani dell'Italia centro-settentrionale e della Romagna pontificia abbandonarono i loro posti e dovunque si installarono autorità provvisorie filo-sabaude. Dopo la Pace di Zurigo, tuttavia, si giunse ad una fase di stallo, poiché i governi provvisori si rifiutavano di restituire il potere ai vecchi regnanti (così come previsto dal trattato di pace) e il governo di La Marmora non aveva il coraggio di proclamare le annessioni dei territori al Regno di Sardegna. Il 22 dicembre 1859 Vittorio Emanuele II si rassegnò, così, a richiamare Cavour che nel frattempo aveva ispirato la creazione del partito di Unione Liberale. Il Conte, rientrato alla presidenza del Consiglio dei Ministri il 21 gennaio 1860, si trovò in breve di fronte ad una proposta francese di soluzione della questione dei territori liberati: annessione al Piemonte dei ducati di Parma e Modena, controllo sabaudo della Romagna pontificia, regno separato in Toscana sotto la guida di un esponente di Casa Savoia e cessione di Nizza e Savoia alla Francia. In caso di rifiuto della proposta il Piemonte avrebbe dovuto affrontare da solo la situazione di fronte all'Austria, "a suo rischio e pericolo". Rispetto agli accordi dell'alleanza sardo-francese questa proposta di soluzione sostituiva per il Piemonte l'annessione del Veneto che non si era potuto liberare dall'occupazione austriaca. Stabilita, di fatto, l'annessione di Parma, Modena e Romagna, Cavour, forte dell'appoggio della Gran Bretagna, sfidò la Francia sulla Toscana, organizzando delle votazioni locali sull'alternativa fra l'unione al Piemonte e la formazione di un nuovo Stato. Il plebiscito si tenne l'11 e il 12 marzo 1860, con risultati che legittimarono l'annessione della Toscana al Regno di Sardegna. Il governo francese reagì con grande irritazione sollecitando la cessione della Savoia e di Nizza che avvenne con la firma del Trattato di Torino il 24 marzo 1860. In cambio di queste due province il Regno di Sardegna acquisì, oltre alla Lombardia, anche l'attuale Emilia-Romagna e la Toscana trasformandosi in una nazione assai più omogenea. Di fronte all'Impresa dei Mille Cavour era al corrente che la Sinistra non aveva abbandonato l'idea di una spedizione in Italia meridionale e che Garibaldi, circondato da personaggi repubblicani e rivoluzionari, era in contatto a tale scopo con Vittorio Emanuele II. Il Conte considerava rischiosa l'iniziativa alla quale si sarebbe decisamente opposto, ma il suo prestigio era stato scosso dalla cessione di Nizza e Savoia e non si sentiva abbastanza forte. Cavour riuscì, comunque, attraverso Giuseppe La Farina a seguire le fasi preparatorie dell'Impresa dei Mille, la cui partenza da Quarto fu meticolosamente sorvegliata dalle autorità piemontesi. Ad alcune voci sulle intenzioni di Garibaldi di sbarcare nello Stato Pontificio, il Conte, preoccupatissimo per la eventuale reazione della Francia, alleata del Papa, dispose il 10 maggio 1860 l'invio di una nave nelle acque della Toscana "per arrestarvi Garibaldi". Il generale invece puntò a Sud e dopo il suo sbarco a Marsala (11 maggio 1860) Cavour lo fece raggiungere e controllare (per quanto possibile) da La Farina. In campo internazionale, intanto, alcune potenze straniere, intuendo la complicità di Vittorio Emanuele II nell'impresa, protestarono con il governo di Torino che poté affrontare con una certa tranquillità la situazione data la grave crisi finanziaria dell'Austria, in cui era anche ripresa la rivoluzione ungherese. Napoleone III, d'altra parte, si attivò subito nel ruolo di mediatore e, per la pace fra garibaldini ed esercito napoletano, propose a Cavour l'autonomia della Sicilia, la promulgazione della costituzione a Napoli e a Palermo e l'alleanza fra Regno di Sardegna e Regno delle due Sicilie. Immediatamente il regime borbonico si adeguò alla proposta francese instaurando un governo liberale e proclamando la costituzione. Tale situazione mise in grave difficoltà Cavour per il quale l'alleanza era irrealizzabile. Nello stesso tempo non poteva scontentare Francia e Gran Bretagna che premevano almeno per una tregua. Il governo piemontese decise allora che il Re avrebbe inviato un messaggio a Garibaldi con il quale gli si intimava di non attraversare lo stretto di Messina. Il 22 luglio 1860 Vittorio Emanuele II inviò sì la lettera voluta da Cavour, ma la fece seguire da un messaggio personale nel quale smentiva la lettera ufficiale. Garibaldi a Napoli Il 6 agosto 1860 il conte di Cavour informò i delegati del Regno delle due Sicilie del rifiuto di Garibaldi di concedere la tregua dichiarando esauriti i mezzi di conciliazione e rinviando ad un futuro incerto i negoziati per l'alleanza. Negli stessi giorni il Conte, nel timore di far precipitare i rapporti con la Francia, sventò una spedizione militare di Mazzini che dalla Toscana doveva muovere contro lo Stato Pontificio. A seguito di questi avvenimenti, Cavour si preparò a fare tutti i suoi sforzi per impedire che il movimento per l'unità d'Italia diventasse rivoluzionario. In questa ottica cercò, nonostante il parere sfavorevole del suo ambasciatore a Napoli Villamarina, di prevenire Garibaldi nella capitale borbonica organizzando una spedizione clandestina di armi per una rivolta filopiemontese che non si poté realizzare. Garibaldi entrò trionfalmente a Napoli il 7 settembre 1860 fugando, per l'amicizia che serbava a Vittorio Emanuele II, i timori di Cavour. L'invasione piemontese di Marche e Umbria Fallito il progetto di un successo dei moderati a Napoli, il Conte per ridare a Casa Savoia una parte attiva nel movimento nazionale, decise l'invasione delle Marche e dell'Umbria pontificie. Ciò avrebbe allontanato il pericolo di un'avanzata di Garibaldi su Roma. Bisognava però preparare Napoleone III agli avvenimenti e convincerlo che l'invasione piemontese dello Stato Pontificio sarebbe stato il male minore. Per la delicata missione diplomatica il Conte scelse Farini e Cialdini. L'incontro fra costoro e l'imperatore francese avvenne a Chambéry il 28 agosto 1860, ma su ciò che in quel colloquio si disse resta molta incertezza e sul consenso francese, riportato dalla tesi italiana, è possibile che si sia determinato un equivoco. In buona sostanza Napoleone III tollerò l'invasione piemontese delle Marche e dell'Umbria cercando di rovesciare sul governo di Torino l'impopolarità di un'azione controrivoluzionaria. E appunto questo era ciò che Cavour voleva evitare. Le truppe piemontesi non si dovevano scontrare con Garibaldi in marcia su Roma, ma prevenirlo e fermarlo con un intervento giustificabile in nome della causa nazionale italiana. Anche il timore di un attacco austriaco al Piemonte, tuttavia, fece precipitare gli eventi e Cavour intimò allo Stato pontificio di licenziare i militari stranieri con un ultimatum a cui seguì l'11 settembre, prima ancora che giungesse la risposta negativa del cardinale Antonelli, la violazione dei confini dello Stato della Chiesa. La Francia ufficialmente reagì in difesa del Papa, e anche lo zar Alessandro II ritirò il suo rappresentante a Torino, ma non ci furono effetti pratici. Intanto la crisi con Garibaldi si era improvvisamente aggravata, poiché quest'ultimo aveva proclamato il 10 che avrebbe consegnato al Re i territori da lui conquistati solo dopo aver occupato Roma. L'annuncio aveva anche ottenuto il plauso di Mazzini. Ma il successo piemontese nella battaglia di Castelfidardo contro i pontifici del 18 e il conferimento al governo di un prestito di 150 milioni per le spese militari, ridiedero forza e fiducia a Cavour, mentre Garibaldi, pur vittorioso nella battaglia del Volturno, esauriva la sua spinta verso Roma. L'annessione del Sud, delle Marche e dell'Umbria A questo punto, il "prodittatore" Giorgio Pallavicino Trivulzio, venendo incontro ai desideri del Conte, indisse a Napoli il plebiscito per l'annessione immediata al Regno sabaudo, seguito da una stessa iniziativa del suo omologo Antonio Mordini a Palermo. Le votazioni si tennero il 21 ottobre 1860, sancendo l'unione del Regno delle due Sicilie a quello di Sardegna. All'inizio dello stesso mese di ottobre Cavour si era così espresso: Il 4 e il 5 novembre 1860 anche in Umbria e nelle Marche si votava e si decideva per l'unione allo Stato sabaudo. I rapporti fra Stato e Chiesa Fermati i disegni di Garibaldi su Roma, a Cavour restava ora il problema di decidere su cosa fare di ciò che rimaneva dello Stato Pontificio (approssimativamente il Lazio attuale), tenendo conto che un attacco a Roma sarebbe stato fatale per le relazioni con la Francia. Il progetto del Conte, avviato dal novembre 1860 e perseguito fino alla sua morte, fu quello di proporre al Papa la rinuncia al potere temporale in cambio della rinuncia da parte dello Stato al corrispettivo, ovvero il giurisdizionalismo. Si sarebbe perciò adottato il principio di "Libera Chiesa in libero Stato", celebre motto pronunciato nel discorso del 27 marzo 1861 sebbene già coniato in precedenza da Charles de Montalembert, ma le trattative naufragarono sulla fondamentale intransigenza di Pio IX. Il governo Cavour del Regno d'Italia (1861) Dal 27 gennaio al 3 febbraio 1861 si tennero le elezioni per il primo Parlamento italiano unitario. Oltre 300 dei 443 seggi della nuova Camera andarono alla maggioranza governativa. L'opposizione ne conquistò un centinaio, ma fra loro non comparivano rappresentanti della Destra, poiché i clericali avevano aderito all'invito di non eleggere e di non farsi eleggere in un Parlamento che aveva leso i diritti del pontefice. Il 18 febbraio venne inaugurata la nuova sessione, nella quale sedettero per la prima volta rappresentanti piemontesi, lombardi, siciliani, toscani, emiliani, romagnoli e napoletani insieme. Il 17 marzo il Parlamento proclamò il Regno d'Italia e Vittorio Emanuele II suo re. Il 22 marzo Cavour veniva confermato alla guida del governo, dopo che il Re aveva dovuto rinunciare a Ricasoli. Il Conte, che tenne per sé anche gli Esteri e la Marina, il 25 affermò in parlamento che Roma sarebbe dovuta diventare capitale d'Italia. Lo scontro con Garibaldi L'episodio più tumultuoso della vita politica di Cavour, se si esclude l'incidente con Vittorio Emanuele II dopo l'armistizio di Villafranca, fu il suo scontro con Garibaldi dell'aprile 1861. Oggetto del contendere: l'esercito di volontari garibaldini del Sud, del quale Cavour volle evitare il trasferimento al nord nel timore che venisse influenzato dai radicali. Il 16 gennaio 1861 fu quindi decretato lo scioglimento dell'Esercito meridionale. Su questa decisione, che provocò le vibrate proteste del comandante del Corpo Giuseppe Sirtori, Cavour fu irremovibile. In difesa del suo esercito, il 18 aprile 1861 Garibaldi pronunciò un memorabile discorso alla Camera, accusando «la fredda e nemica mano di questo Ministero [Cavour]» di aver voluto provocare una «guerra fratricida». Il Conte reagì con violenza, chiedendo, invano, al presidente della Camera Rattazzi di richiamare all'ordine il generale. La seduta fu sospesa e Nino Bixio tentò nei giorni successivi una riconciliazione, che non si compì mai del tutto. Gli ultimi giorni Il 29 maggio 1861 Cavour ebbe un malore, attribuito dal suo medico curante a una delle crisi malariche che lo colpivano periodicamente da quando - in gioventù - aveva contratto la malaria nelle risaie di famiglia del vercellese. In questa occasione tutte le cure praticate non ebbero effetto, tanto che il 5 giugno venne fatto chiamare un sacerdote francescano suo amico, padre Giacomo da Poirino, al secolo Luigi Marocco (1808-1885), parroco di Santa Maria degli Angeli, chiesa nella quale si sarebbero poi svolte le esequie. Costui, come gli aveva promesso già da cinque anni, lo confessò e gli somministrò l'estrema unzione, ignorando sia la scomunica, che il conte aveva subito nel 1855, sia il fatto che Cavour non aveva ritrattato le sue scelte anticlericali. Per questo motivo padre Giacomo, dopo aver riferito i fatti alle autorità religiose, fu richiamato a Roma, gli fu tolta la parrocchia e gli fu interdetto l'esercizio del ministero della confessione, al quale venne però riammesso nel 1881 da papa Leone XIII. Subito dopo il colloquio con padre Giacomo, Cavour chiese di parlare con Luigi Carlo Farini, al quale, come rivela la nipote Giuseppina, confidò a futura memoria: «Mi ha confessato ed ho ricevuto l'assoluzione, più tardi mi comunicherò. Voglio che si sappia; voglio che il buon popolo di Torino sappia che io muoio da buon cristiano. Sono tranquillo e non ho mai fatto male a nessuno». Nel 2011 è stata ritrovata una missiva di padre Giacomo a Pio IX, nella quale il frate racconta che Cavour aveva dichiarato che «intendeva di morire da vero e sincero cattolico». Per cui il confessore, «incalzato dalla gravità del male che a gran passi il portava a morte», la mattina del 5 giugno concesse il sacramento. Scrisse anche che «nel corso della sua gravissima malattia», Cavour «era ad intervalli soggetto ad alienazione di mente». Il frate chiude quindi la lettera di scuse ribadendo di «aver fatto, quanto era in sé, il suo officio». Verso le nove giunse al suo capezzale il Re. Nonostante la febbre, il Conte riconobbe Vittorio Emanuele, ma tuttavia non riuscì ad articolare un discorso molto coerente: «Oh sire! Io ho molte cose da comunicare a Vostra Maestà, molte carte da mostrarle: ma son troppo ammalato; mi sarà impossibile di recarmi a visitare la Vostra Maestà; ma io le manderò Farini domani, che le parlerà di tutto in particolare. Vostra Maestà ha ella ricevuta da Parigi la lettera che aspettava? L'Imperatore è molto buono per noi ora, sì, molto buono. E i nostri poveri Napoletani così intelligenti! Ve ne sono che hanno molto ingegno, ma ve ne sono altresì che sono molto corrotti. Questi bisogna lavarli. Sire, sì, sì, si lavi, si lavi! Niente stato d'assedio, nessun mezzo di governo assoluto. Tutti sono buoni a governare con lo stato d'assedio [...] Garibaldi è un galantuomo, io non gli voglio alcun male. Egli vuole andare a Roma e a Venezia, e anch'io: nessuno ne ha più fretta di noi. Quanto all'Istria e al Tirolo è un'altra cosa. Sarà il lavoro di un'altra generazione. Noi abbiamo fatto abbastanza noialtri: abbiamo fatto l'Italia, sì l'Italia, e la cosa va...» Secondo l'amico Michelangelo Castelli, le ultime parole del Conte furono: «L'Italia è fatta - tutto è salvo», così come le intese al capezzale Luigi Carlo Farini. Il 6 giugno 1861, a meno di tre mesi dalla proclamazione del Regno d'Italia, Cavour moriva così a Torino nel palazzo di famiglia. La sua fine suscitò immenso cordoglio, anche perché del tutto inattesa, e ai funerali vi fu straordinaria partecipazione. A Cavour succedette come presidente del Consiglio Bettino Ricasoli. In memoria di Cavour Cavour nell'agiografia postunitaria dall'anno della sua morte fu ritenuto il "Padre della Patria" da un illustre personaggio come Giuseppe Verdi, che lo definì "il vero padre della patria" e dal politico liberale, senatore del Regno, Nicomede Bianchi, che lo definì "il buono e generoso padre della patria nascente". Il Conte è stato ricordato in vari modi. Due città italiane hanno aggiunto il suo nome a quello originario: Grinzane Cavour, di cui Camillo Benso fu sindaco, e Sogliano Cavour per celebrare l'unità nazionale. Gli sono state dedicate innumerevoli vie e piazze e numerose statue. Diverse le targhe ricordo, anche al di fuori dei confini italiani, come ad esempio quella posta a San Bernardino (frazione di Mesocco, nel Cantone dei Grigioni), che ricorda il passaggio dello statista il 27 luglio 1858, dopo gli accordi di Plombières con Napoleone III. Nel 2010, in occasione del 200º anniversario della sua nascita, è stata coniata dalla zecca italiana una moneta da 2 euro commemorativa che lo raffigura. La tomba di Cavour si trova a Santena e consiste in un semplice loculo posto nella cripta sotto la cappella di famiglia nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo; l'accesso avviene tuttavia dall'esterno della chiesa (piazza Visconti Venosta, su cui si affaccia anche la facciata secondaria della Villa Cavour). Lo statista è sepolto per sua espressa volontà accanto all'amato nipote Augusto Benso di Cavour, figlio di suo fratello Gustavo e morto a 20 anni nella battaglia di Goito. La cripta è stata dichiarata monumento nazionale nel 1911. La nave da battaglia Conte di Cavour e la portaerei Cavour (C 550) sono state così chiamate in suo onore. A Cavour furono dedicate delle caramelle di liquirizia aromatizzate alla violetta: le cosiddette sénateurs. Lo storico Caffè Confetteria Al Bicerin dal 1763 ricorda Cavour come suo cliente fidato (uno dei tavolini al suo interno viene segnalato come abituale del conte). Controversie Il conflitto con Mazzini Giuseppe Mazzini, che dopo la sua attività cospirativa degli anni 1827-1830 fu esiliato dal governo piemontese a Ginevra, fu uno strenuo oppositore della guerra di Crimea, che costò un'ingente perdita di soldati. Egli rivolse un appello ai militari in partenza per il conflitto: Quando nel 1858, Napoleone III scampò all'attentato teso da Felice Orsini e Giovanni Andrea Pieri, il governo di Torino incolpò Mazzini (Cavour lo avrebbe definito «il capo di un'orda di fanatici assassini» oltreché «un nemico pericoloso quanto l'Austria»), poiché i due attentatori avevano militato nel suo Partito d'Azione. Secondo Denis Mack Smith, Cavour aveva in passato finanziato i due rivoluzionari a causa della loro rottura con Mazzini e, dopo l'attentato a Napoleone III e la conseguente condanna dei due, alla vedova di Orsini fu assicurata una pensione. Cavour al riguardo fece anche pressioni politiche sulla magistratura per far giudicare e condannare la stampa radicale. Egli, inoltre, favorì l'agenzia Stefani con fondi segreti sebbene lo Statuto vietasse privilegi e monopoli ai privati. Così l'agenzia Stefani, forte delle solide relazioni con Cavour divenne, secondo il saggista Gigi Di Fiore, un fondamentale strumento governativo per il controllo mediatico nel Regno di Sardegna. Mazzini, intanto, oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose un attacco nei confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale L'Italia del Popolo: Risorgimento Il ruolo di Cavour durante il Risorgimento ha suscitato varie dispute. Sebbene sia considerato uno dei padri della patria assieme a Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Mazzini, il Conte inizialmente non riteneva fosse possibile unire tutta l'Italia soprattutto per l'ostacolo rappresentato dallo Stato Pontificio e dunque puntava solamente ad allargare i confini del regno dei Savoia nel nord Italia (lo stesso Mazzini lo accusava di non promuovere una politica chiaramente volta all'unificazione di tutta la penisola). Nella cultura di massa Nelo Risi, Patria mia. Camillo Benso di Cavour, Rai, 1961, documentario (successivamente trasmesso da Rai Storia il 10 agosto 2010). Piero Schivazappa, Vita di Cavour, sceneggiato su sceneggiatura di Giorgio Prosperi (1967). Maricla Boggio, Cavour, l'amore e l'Opera Incompiuta, (2011, testo teatrale)] Onorificenze Cavour ottenne numerose onorificenze, anche straniere. Si riportano quelle di cui si è a conoscenza da fonti attendibili: Tavola genealogica di sintesi Note Esplicative Bibliografiche Bibliografia Uno dei riferimenti principali della bibliografia relativa a Cavour è la Bibliografia dell'età del Risorgimento in onore di A.M. Ghisalberti (Olschki, Firenze, 1971-1977, in 3 volumi più uno di indici), nel cui primo volume, alle pp. 160–164, sono riportati, a cura di Giuseppe Talamo, gli scritti del Conte e la bibliografia su di lui fino al 1969. L'opera è stata aggiornata per il periodo 1970-2001 con altri 3 volumi più uno di indici nel 2003-2005. A Cavour sono dedicate le pp. 307–310 a cura di Sergio La Salvia. Carteggio, scritti, discorsi Camillo Benso conte di Cavour (a cura della Commissione Nazionale per la pubblicazione dei carteggi del Conte di Cavour), Epistolario, 18 volumi, Olschki, Firenze, 1970-2008 (varie edizioni di alcuni volumi). Camillo Benso di Cavour, Autoritratto. Lettere, diari, scritti e discorsi, a cura di Adriano Viarengo, prefazione di Giuseppe Galasso, Classici moderni Mondadori, Milano, 2010, ISBN 978-88-17-04260-4. Biografie di riferimento reperibili Luciano Cafagna Cavour, Il Mulino, Bologna, 1999. Ristampa 2010. ISBN 978-88-15-14637-3. Giorgio Dell'Arti. Cavour. L'uomo che fece l'Italia. Marsilio, Venezia 2011 William De La Rive, Il conte di Cavour: racconti e memorie, con tre lettere inedite del conte di Cavour, prefazione di Emilio Visconti Venosta, Santena, Associazione Amici della Fondazione Cavour, 2001 (ristampa dell'edizione italiana, Torino, Bocca, 1911, de Le comte de Cavour: recits et souvenirs, Paris, J. Hetzel, 1862). Harry Hearder, Cavour. Un europeo piemontese, Laterza, Bari, 2000. Edizione originaria: Cavour, 1994. ISBN 88-420-5803-3. Denis Mack Smith, Cavour. Il grande tessitore dell'unità d'Italia, Bompiani, 1984. Ristampa 2001. ISBN 978-88-452-5020-0. Adolfo Omodeo, L'opera politica del conte di Cavour (1848-1857), Firenze, La Nuova Italia, 1941, 2 voll. Ristampa presso Riccardo Ricciardi, Milano-Napoli, 1968. Ristampa presso Ugo Mursia, Milano, 2012. ISBN 978-88-425-4886-7. Rosario Romeo, Cavour e il suo tempo (3 voll. in 4 tomi: Cavour e il suo tempo 1810-1842, ISBN 978-88-420-9876-8; Cavour e il suo tempo 1842-1854, ISBN 978-88-420-9877-5; Cavour e il suo tempo 1842-1861, ISBN 978-88-420-9878-2) Laterza, Bari, 1969-1984. Ristampa 2012. Riassunto del precedente. Ristampa 2004. Giuseppe Talamo Cavour, La Navicella, Roma, 1992. Ristampa presso Gangemi, Roma, 2010, ISBN 978-88-492-1997-5. Adriano Viarengo, Cavour, Salerno editrice, Roma, 2010. ISBN 978-88-8402-682-8. Altri testi Marziano Bernardi, Torino – Storia e arte, Torino, Editori Fratelli Pozzo, 1975 Annabella Cabiati, Cavour. Fece l'Italia, visse con ragione, amò con passione, Edizioni Anordest, Treviso, 2010 ISBN 978-88-96742-03-7. Rinaldo Caddeo, Camillo di Cavour. In: Epistolario di Carlo Cattaneo. Gaspero Barbèra Editore, Firenze 1949, pp. 220, 354, 483. Lorenzo Del Boca, Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento, Piemme, Milano, 2003 ISBN 88-384-7040-5. Gigi Di Fiore, Controstoria dell'Unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento, Rizzoli, Milano, 2007 ISBN 88-17-01846-5. Camilla Salvago Raggi, Donna di passione. Un amore giovanile di Cavour, Viennepierre, Milano, 2007. Aldo Servidio, L'imbroglio nazionale: unità e unificazione dell'Italia (1860-2000), Guida, Napoli, 2000 ISBN 88-7188-489-2. Giovanni Maria Staffieri, Il conte di Cavour nel Ticino e un discorso mai pronunciato, in Il Cantonetto, Anno LVII-LVIII, N2-3-4, Lugano, agosto 2011, Fontana Edizioni SA, Pregassona 2011, pp. 75–82. Voci correlate Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno di Sardegna Risorgimento Unità d'Italia Famiglia Benso Tavola genealogica di sintesi della famiglia Benso Canale Cavour Altri progetti Collegamenti esterni Presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia Presidenti del consiglio dei ministri del Regno di Sardegna Storia delle relazioni tra Santa Sede e Stato italiano Ministri degli affari esteri del Regno d'Italia Ministri della marina del Regno d'Italia Ministri delle finanze del Regno d'Italia Deputati della I legislatura del Regno di Sardegna Deputati della III legislatura del Regno di Sardegna Deputati della IV legislatura del Regno di Sardegna Deputati della V legislatura del Regno di Sardegna Deputati della VI legislatura del Regno di Sardegna Deputati della VII legislatura del Regno di Sardegna Deputati dell'VIII legislatura del Regno d'Italia Liberali Cavalieri dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata Militari sabaudi Cavalieri dell'Ordine civile di Savoia Governo D'Azeglio I Personalità del Risorgimento Sindaci in Italia Cavalieri di gran croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Cavalieri dell'Ordine di Sant'Alessandro Gran croce della Legion d'onore Cavalieri dell'Ordine di Carlo III Cavalieri di Gran Croce dell'Ordine del Salvatore Cavalieri dell'Ordine di Mejidiyye Cavalieri di Gran Croce dell'Ordine Reale Guelfo Personalità della laicità Monarchici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Comitato%20olimpico%20nazionale%20italiano
Comitato olimpico nazionale italiano
Il Comitato olimpico nazionale italiano o CONI è l'organismo di governo dello sport in Italia. Nacque nel 1914 come organismo privato allo scopo di organizzare la presenza olimpica degli atleti italiani, divenne successivamente l'organizzazione di raccordo di tutte le federazioni sportive nazionali, ruolo che ricopre tuttora sotto la veste giuridica di ente pubblico non economico sotto la vigilanza della presidenza del Consiglio dei ministri. Nonostante la vigilanza governativa il CONI non risponde in sede politica di questioni riguardanti l'ambito sportivo in linea con le disposizioni del Comitato Olimpico Internazionale che obbliga i comitati dei Paesi membri all'indipendenza dal potere governativo. Storia La nascita Il 16 giugno 1894 fu costituito il Comitato interministeriale dei Giochi Olimpici, poi diventato Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e nel 1907 vi fu la costituzione del primo Comitato nazionale olimpico (CNO) in Italia, riconosciuto dal CIO l'anno seguente. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano nacque nel 1914, come ente privato con lo scopo di organizzare, di volta in volta, la partecipazione di atleti italiani alle Olimpiadi. Primo presidente della storia del "Comitato Olimpico Nazionale Italiano" fu il marchese Carlo Compans de Brichanteau, deputato del Regno, che in precedenza era stato a capo dei Comitati temporanei organizzati rispettivamente per le Olimpiadi del 1908 e del 1912. Nel fascismo Nello statuto del 1921 fu approvata la proposta di far funzionare il CONI in determinate circostanze come "Federazione delle Federazioni sportive". Tale innovazione fu portata a compimento nel 1927, quando il Comitato fu riconosciuto a tutti gli effetti come l'organo a capo dell'intera attività sportiva italiana. Il fascismo puntò sullo sport per "l'elevazione fisica e morale degli italiani" e il movimento sportivo fu valorizzato e utilizzato anche per fini propagandistici. Lo stesso segretario del PNF Achille Starace fu contemporaneamente, dal 1933 al 1939, anche presidente del CONI. Il regime fascista, durante la presidenza di Raffaele Manganiello, con la legge 16/2/1942, n. 426, riconobbe il CONI come ente di diritto pubblico con personalità giuridica e con organi territoriali; da qui l'istituzione dei comitati provinciali e regionali. Tale inquadramento normativo è rimasto sostanzialmente invariato per oltre mezzo secolo. Il dopoguerra Commissario straordinario del CONI fra il 1944 ed il 1946 fu nominato Giulio Onesti scelto dal governo Bonomi e confermato dal governo Parri. Nominato per liquidare il CONI, anche con l'aiuto di Adriano Ossicini e di altri appassionati (Bruno Zauli, Mario Mazzuca, Bruno Fabjan, Mario Saini, Marcello Garroni, Luigi Chamblant, Sisto Favre e altri), Onesti riuscì ad evitarlo ed a rilanciare questo ente nell'Italia liberale e democratica. Portò gli uffici allo Stadio delle Terme di Caracalla. Nel novembre 1945, soppressi i contributi statali all'ente sportivo, ideò la gestione dei Concorsi pronostici sugli avvenimenti sportivi attraverso la SISAL, con l'introduzione del Concorso pronostici Totocalcio, passato nel 1948 alla gestione diretta del CONI. Nel 1965 Onesti ottiene dal Parlamento l'approvazione della legge per la ripartizione degli introiti del Totocalcio suddivisi al 50% fra CONI e Stato. Onesti divenne presidente del CONI il 27 luglio 1946, con una nomina voluta dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e convalidata il 10 agosto 1947 dal Consiglio Nazionale del CONI. Nel marzo 1951 Onesti trasferì la sede del CONI al palazzo H del Foro Italico. Notevole il suo contributo per l'ampliamento della già esistente Biblioteca del CONI di Roma costituita nel 1940 da Bruno Zauli. Onesti si impegnò personalmente in una campagna di raccolta di documenti e libri sportivi a partire dal 1947 portando la Biblioteca a possedere la più ampia ed esaustiva raccolta, in Italia, specializzata nello sport e nell'educazione fisica, composta da circa 35.000 volumi, tra cui un fondo antico, oltre 2.000 testate di periodici, per metà italiani e per l'altra metà stranieri, e 39 quotidiani. Durante la sua presidenza all'Italia furono assegnati dal Comitato olimpico internazionale i Giochi Olimpici Invernali di Cortina d'Ampezzo nel 1956 e i primi Giochi olimpici di Roma 1960. Nel 1966 nasce la Scuola centrale per i Maestri dello sport. Nel 1968 nascono i Giochi della Gioventù. Onesti restò presidente fino al 1978, quando fu dichiarato ineleggibile da una nuova legge e fu sostituito da Franco Carraro, in quel momento presidente della FIGC. Nel 2003 viene fondata CONI Servizi, società controllata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, che svolgeva le sue attività prevalentemente a favore del CONI. Con il decreto legislativo 23/07/1999, n. 242, cosiddetta “legge Melandri”, avente ad oggetto il riordino del CONI, poi con la legge 8/08/2002, n. 178, contenente una norma di riassetto del CONI e, poi ancora, con il decreto legislativo 8/01/2004, n. 15 (riforma "Pescante"), recante modifiche ed integrazioni del riordino attuato nel 1999, si è pervenuti all'attuale assetto istituzionale del Comitato. Nel 2015 partecipa alla costituzione dell'organismo indipendente antidoping NADO Italia. Nel 2019 CONI Servizi, ridenominata Sport e Salute, non svolge più attività prevalentemente a favore del CONI, bensì a favore dell'Autorità di Governo competente in materia di sport. Federazioni e discipline Il CONI riconosce: 47 federazioni sportive 16 discipline associate 14 enti di promozione sportiva nazionali 19 associazioni benemerite Lo sport per disabili è affidato al Comitato Italiano Paralimpico (CIP), da cui dipendono 20 Federazioni Sportive Paralimpiche. Sono affiliate al CONI 95.000 società sportive che contano 11 milioni di tesserati. Le 47 federazioni sportive nazionali riconosciute sono: Aero Club d'Italia Automobile Club d'Italia Federazione Arrampicata Sportiva Italiana Federazione Italiana Atletica Leggera Federazione Italiana Badminton Federazione Italiana Baseball Softball Federazione Italiana Bocce Federazione Italiana Danza Sportiva Federazione Italiana Discipline Armi Sportive da Caccia Federazione Italiana Giuoco Calcio Federazione Italiana Canoa Kayak Federazione Italiana Canottaggio Federazione Ciclistica Italiana Federazione Italiana Cronometristi Federazione Ginnastica d'Italia Federazione Italiana Golf Federazione Italiana Giuoco Handball Federazione Italiana Giuoco Squash Federazione Italiana Hockey Federazione Italiana Sport Rotellistici Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali Federazione Medico Sportiva Italiana Federazione Motociclistica Italiana Federazione Italiana Motonautica Federazione Italiana Nuoto Federazione Italiana Pallacanestro Federazione Italiana Pallavolo Federazione Italiana Pentathlon Moderno Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee Federazione Italiana Pesistica Federazione Pugilistica Italiana Federazione Italiana Rugby Federazione Italiana Scherma Federazione Italiana Sci Nautico e Wakeboard Federazione Italiana Sport del Ghiaccio Federazione Italiana Sport Equestri Federazione Italiana Sport Invernali Federazione Italiana Taekwondo Federazione Italiana Tennis e Padel Federazione Italiana Tennistavolo Unione Italiana Tiro a Segno Federazione Italiana Tiro a Volo Federazione Italiana Tiro con l'arco Federazione Italiana Triathlon Federazione Italiana Vela Federazione Italiana Biliardo e Bowling Centro Universitario Sportivo Italiano Organigramma Gli organi di governo del CONI sono la Giunta il Consiglio nazionale. Per il quadriennio 2021-2025 la giunta è composta da: Presidente: Giovanni Malagò Vicepresidente vicario: Silvia Salis Vicepresidente: Claudia Giordani Rappresentanti dei dirigenti: Luciano Bonfiglio (FIC), Giovanni Copioli (FMI), Marco di Paola (FISE), Norma Gimondi (FCI), Gabriele Gravina (FIGC), Luciano Rossi (FITAV) Rappresentante degli atleti: Antonella Del Core, Paolo Pizzo Rappresentante dei tecnici: Emanuela Maccarani Rappresentante Comitati Regionali: Sergio D'Antoni Rappresentante Delegati Provinciali: Claudia Giordani Rappresentante degli Enti di Promozione Sportiva: Giovanni Gallo Membri del CIO: Ivo Ferriani, Federica Pellegrini Segretario Generale: Carlo Mornati Società partecipate ConiNet S.p.A. - informatizzazione, e-learning Istituto per il credito sportivo S.p.A., tramite Sport e Salute S.p.A. Componenti italiani del CIO Il primo componente italiano del CIO fu il conte napoletano Mario Lucchesi-Palli, che partecipò al I congresso della Sorbona, venendo eletto all'assemblea, da cui, però, si dimise pochi mesi dopo. Suo successore fu un altro napoletano, il duca Riccardo Carafa d'Andria, anch'egli testimone della nascita del CIO e presente, in qualità di dirigente, alle prime olimpiadi del 1896 ad Atene. Durante più di 110 anni sono stati molti gli italiani ad essersi susseguiti all'assemblea del CIO e ad essere stati attivi partecipi dell'evoluzione del movimento sportivo internazionale. Fra questi tocca in particolare citare Paolo Thaon di Revel, il quale si batté strenuamente - e con efficacia - per far assegnare all'Italia i giochi invernali del 1956 e quelli estivi del 1960. Gli italiani che attualmente fanno parte dell'assemblea del CIO sono 3 e, precisamente, Giovanni Malagò, Ivo Ferriani e Federica Pellegrini. Sono invece Membri Onorari del CIO, Franco Carraro (membro CIO dal 1982), Mario Pescante (membro CIO dal 1994) ed Emanuela Di Centa. Loghi storici Onorificenze sportive concesse dal CONI Note Voci correlate Comitato olimpico nazionale Comitato Olimpico Internazionale Comitato Italiano Paralimpico Federazione sportiva Federazione sportiva internazionale Palazzo H Formia Sport e Salute Altri progetti Collegamenti esterni
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Columbia Britannica
La Columbia Britannica (in inglese: British Columbia, in francese: Colombie-Britannique) è la più occidentale delle province canadesi. Si affaccia sull'oceano Pacifico ed è stata la sesta provincia in ordine di tempo a unirsi alla confederazione del Canada nel 1871. Nel 2016, la popolazione ammontava a 4 648 055 persone. Il suo capoluogo è Victoria, città situata sull'isola di Vancouver, mentre la città più popolosa è Vancouver, situata nella parte sud-occidentale della terraferma (e non sull'isola omonima). Etimologia Il nome della provincia fu scelto dalla regina Vittoria, quando la colonia della British Columbia (1858–1866), cioè "la terraferma", divenne una colonia britannica nel 1858. Si riferisce al Columbia District, il nome britannico del territorio prosciugato dal fiume Columbia, nella Columbia Britannica sudorientale, che era l'omonimo del Dipartimento Columbia della Compagnia della Baia di Hudson prima del Trattato dell'Oregon. La regina Vittoria scelse la Columbia Britannica per distinguere quello che era il settore britannico del Columbia District dagli Stati Uniti ("American Columbia" o "Southern Columbia"), che divenne il Territorio dell'Oregon l'8 agosto 1848, a seguito del trattato. In definitiva, la Columbia nel nome British Columbia deriva dal nome della Columbia Rediviva, una nave americana che prestò il nome al fiume Columbia e successivamente alla regione più ampia; la Columbia nel nome Columbia Rediviva derivava dal nome Columbia per il Nuovo Mondo o parti di esso, un riferimento a Cristoforo Colombo. Storia L'area oggi nota come Columbia Britannica fu abitata fin dalla preistoria. Popolazioni paleoamericane vi arrivarono attraverso la Beringia fra e anni fa. Inizialmente nomadi cacciatori-raccoglitori, intorno a anni fa questi gruppi cominciarono una transizione graduale verso stili di vita più sedentari, dando origine a un grande numero di Prime nazioni. All'arrivo degli Europei, la British Columbia ospitava non meno di 200 diverse Prime nazioni, la cui storia è stata ricostruita solo in modo frammentario a partire da racconti orali, indagini archeologiche e resoconti dei primi esploratori. La parte nordovest della provincia ospitava popoli del gruppo Na-dene, inclusi Athabaska e Tlingit (che abitavano l'Alaska meridionale e la Colombia Britannica settentrionale). I Dene dell'artico occidentale giunsero probabilmente in una successiva ondata migratoria dall'Asia. L'entroterra era abitato dai popoli di lingua salish, come i Secwepemc, gli Okanagan e gruppi Athabaska, soprattutto Dakelh e Tsilhqot'in. I territori costieri, ricchi di cibo (salmone e crostacei) ospitavano grandi popoli fortemente distinti da quelli dell'entroterra, come gli Haida, gli Kwakwaka'wakw e i Nuu-chah-nulth. Questi popoli svilupparono complessi sistemi sociali, fortemente basati sul cedro rosso occidentale, che veniva usato per costruire case di legno, grandi canoe (usate anche per la caccia alla balena) e totem. Сolonizzazione europea Il contatto con gli Europei portò una serie di devastanti epidemie (fra cui spicca quella di vaiolo del 1862) che decimarono le popolazioni native. Quello che rimaneva delle Prime nazioni fu via via ridimensionato dalla colonizzazione europea, e le popolazioni native furono progressivamente trasferite all'interno di riserve. Dal 1818 al 1846, la parte che si trova a sud della latitudine di 54°40' e ad ovest delle Montagne Rocciose dell'attuale Columbia Britannica, faceva parte dell'Oregon Country sotto il controllo della Compagnia della Baia di Hudson ed era divisa nei dipartimenti della Columbia (a sud del fiume Columbia) e della Nuova Caledonia (a nord del fiume). Nel 1846, il Trattato dell'Oregon divise il territorio lungo il 49º parallelo Nord fino allo stretto della Georgia, l'area a nord di questo confine e tutta l'isola di Vancouver rimasero territori britannici mentre la parte a sud venne ceduta agli Stati Uniti. Nel 1858, in seguito alla corsa all'oro nel canyon di Fraser, nella parte continentale della regione venne istituita la colonia della Columbia Britannica. Nella regione di Cariboo ebbe luogo una corsa all'oro tra il 1862 e il 1865 con conseguente afflusso di minatori e nascita di insediamenti. Le autorità coloniali per il timore che la corsa all'oro potesse espandersi oltre la frontiera settentrionale della Columbia Britannica (54°40' N), crearono il Territorio di Stikine nel 1862. L'anno successivo questo territorio venne smantellato e fu in gran parte annesso assieme alle isole Haida Gwaii alla Columbia e la frontiera settentrionale raggiunse l'attuale latitudine a 60° N. Le tracce maggiori di questo periodo storico si trovano nel cosiddetto Gold Rush Trail: luoghi storici ed altri siti di interesse storico che si trovano lungo la strada da Lillooet a Barkerville e oltre. Alcune delle città lungo questo itinerario sono numerate secondo la loro distanza dall'estremità della parte navigabile del fiume Fraser a Lillooet. La più nota è la città di 100 Mile House che insieme alla zona residenziale di 108 Mile Ranch, forma un centro residenziale, turistico e commerciale notevole per questa regione. Dopo la fine delle corse all'oro la colonia rischiò la bancarotta per gli elevati costi di costruzione di strade. Le colonie dell'Isola di Vancouver e della Columbia decisero di fondersi per dividere i costi. La fusione avvenne nel 1866 e il nome della nuova colonia fu British Columbia. Molti furono i fattori che influenzarono la decisione della Columbia Britannica di unirsi al Dominion of Canada nel 1871. Il timore di un'annessione da parte degli Stati Uniti, il debito elevato generato dal rapido sviluppo della popolazione, il fabbisogno di servizi pubblici per la popolazione e la depressione economica causata dalla fine delle corse all'oro. Il motivo che influenzò la decisione definitiva fu che il governo canadese offrì di collegare la Columbia Britannica alle zone più popolose del Canada tramite la linea ferroviaria della Canadian Pacific Railway entro dieci anni e si offrì di rimborsare $ di debiti della colonia. Il 20 luglio 1871, la Columbia Britannica divenne, quindi, parte del Canada. Il completamento della ferrovia diede una spinta notevole allo sviluppo di Vancouver (capolinea della ferrovia) che divenne ben presto una delle città più grandi del paese. La regione divenne un importante centro per la pesca, l'estrazione mineraria e la produzione di legname. Nel 1907 il territorio della Columbia Britannica venne ridotto, in seguito ad una disputa sui confini dell'Alaska che assegnò parte del territorio nordoccidentale agli Stati Uniti d'America. Grazie alla sua posizione la Columbia ha sempre avuto ottimi rapporti commerciali con i paesi dell'estremo oriente. Non sono mancati gli attriti con gli immigranti asiatici. Ciò si manifestò in particolar modo durante la seconda guerra mondiale quando molti immigranti di origine giapponese furono internati nelle zone più interne della regione. Negli anni del dopoguerra, Vancouver e Victoria divennero importanti centri culturali e vi si insediarono molti artisti e poeti. Il turismo, inoltre, ha cominciato a svolgere un ruolo importante nell'economia dell'area. L'espansione dell'economia giapponese portò notevoli benefici anche all'economia della Columbia Britannica. Geografia fisica La Columbia Britannica si trova nella parte occidentale del Canada sulla costa dell'Oceano Pacifico. Confina a nord-ovest con lo Stato statunitense dell'Alaska, a nord con lo Yukon e i Territori del Nord-Ovest, a est con l'Alberta e a sud con gli stati statunitensi di Washington, Idaho, e Montana. Il confine meridionale della Columbia Britannica corre lungo il 49º parallelo e fu stabilito nel 1846 dal Trattato dell'Oregon. Da un punto di vista morfologico la provincia si caratterizza per la presenza di numerose catene montuose fortemente boscate, la maggior parte delle quali orientate su un asse nord-sud. Le Montagne Rocciose Canadesi ed i fiordi dell'Inside Passage offrono i panorami più noti della Columbia Britannica e anche un contesto interessante per l'industria del turismo. La regione di Okanagan è una delle principali regioni vinicole del Canada. Le piccole città rurali di Penticton, di Oliver e di Osoyoos sono tra le località del Canada con il clima estivo più caldo e offrono ospitalità a visitatori di tutto il mondo. Gran parte dell'isola di Vancouver è coperta da una fitta foresta pluviale temperata ed è una delle poche aree al mondo con questo ecosistema (altre sono sulla penisola Olimpica nello Stato di Washington e in Cile). Appartiene alla Columbia Britannica anche l'arcipelago delle Isole Regina Carlotta (o più correttamente Haida Gwaii), a nord dell'isola di Vancouver. Altre città della Columbia Britannica sono: Surrey, Burnaby, Richmond, e New Westminster che si trovano nell'area metropolitana di Vancouver, Nanaimo sull'isola di Vancouver, Prince George, Prince Rupert nel nord e Kelowna, Kamloops nell'interno della regione e Ahousaht nell'Isola di Flores. Politica Geografia antropica Suddivisioni amministrative La Columbia Britannica è suddivisa in 28 distretti regionali (regional districts). I distretti hanno una funzione di governo locale di tutte quelle aree non ancora incorporate in municipalità. Hanno però potere limitato e non hanno tutti seggi elettorali, per questo sono incomparabili a suddivisioni come le contee statunitensi o britanniche Società Religione Cristiani: (56%) Protestanti: (32%) Cattolici: (18%) Ortodossi: (1%) Altri Cristiani: 200,345 (5%) Sikh: (3%) Buddhisti: (2%) Musulmani: (1,2%) Indu: (1%) Ebrei: (0,8%) Atei e agnostici: (36%) Etnie e minoranze straniere Note: questa statistica rappresenta la singola risposta (ad es., "tedesco") o la multipla (ad es., "in parte cinese, in parte inglese") al censimento canadese del 2001. "Canadese" non è necessariamente associato a un gruppo etnico o razziale, ma semplicemente identificazione di canadese, senza alcuna definizione etnica. Fonte: Statistics Canada Sport Le franchigie della Columbia Britannica che partecipano al Big Four (le quattro grandi leghe sportive professionistiche americane) più la MLS sono: Vancouver Canucks, NHL Vancouver Whitecaps, MLS Football canadese Per quanto riguarda la CFL, la lega professionistica del Football canadese, le squadre della Columbia Britannica che ne fanno parte sono: British Columbia Lions (con sede a Vancouver) Freeride Mountain Bike È la patria incontrastata del Freeride Mountain bike, variante della Downhill. Note Altri progetti Collegamenti esterni Voce su Sapere.it
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https://it.wikipedia.org/wiki/Crittoanalisi
Crittoanalisi
Per crittoanalisi (dal greco kryptós, "nascosto", e analýein, "scomporre"), o crittanalisi, si intende lo studio dei metodi per ottenere il significato di informazioni cifrate senza avere accesso all'informazione segreta che è di solito richiesta per effettuare l'operazione. La crittoanalisi è la "controparte" della crittografia, vale a dire lo studio delle tecniche per occultare un messaggio, ed assieme formano la crittologia, la scienza delle scritture nascoste. Con crittanalisi ci si riferisce non solo ai metodi per violare un cifrario, ma anche ad ogni tentativo di eludere la sicurezza di algoritmi crittografici e protocolli crittografici, ad esempio usando il canale laterale. Storia Crittoanalisi classica Anche se il termine è relativamente recente (fu coniato da William Friedman nel 1920), i metodi per violare il codice crittato ed i cifrari crittografici sono molto più vecchi. La prima spiegazione scritta nota della crittanalisi risale al IX secolo ed è opera del genio arabo Abu Yusuf Yaqub ibn Ishaq al-Sabbah Al-Kindi (noto anche in Europa con il nome latinizzato di Alchindus): si tratta del Manoscritto sulla decifrazione dei messaggi crittati. Questo trattato include una descrizione di un metodo di Analisi delle frequenze (Ibrahim Al-Kadi, 1992- rif-3). L'analisi delle frequenze è un metodo base per violare molti cifrari classici. Nei linguaggi naturali certe lettere dell'alfabeto appaiono più frequentemente di altre. Ad esempio, in italiano le lettere "A" ed "E" sono quelle che appaiono più frequentemente in un qualunque messaggio in chiaro: se un messaggio è stato cifrato con un cifrario a sostituzione monoalfabetica (in cui ogni lettera è semplicemente rimpiazzata da un'altra), è lecito supporre che le lettere più frequenti che appaiono nel testo cifrato siano candidate per la "A" o la "E". In pratica, l'analisi delle frequenze si basa molto sulla conoscenza linguistica, dato che si appoggia sulla statistica, ma non appena i cifrari diventarono più complessi la matematica divenne più importante nella crittanalisi. Questo cambiamento è stato particolarmente evidente durante la seconda guerra mondiale, quando i tentativi di violare i cifrari delle Potenze dell'Asse richiesero nuovi livelli di sofisticazione matematica. Inoltre in quell'epoca fu introdotta per la prima volta l'automazione nella crittanalisi con il calcolatore polacco Bomba, con l'uso di dispositivi a schede perforate e nel Colossus, uno dei primi computer (forse il primo computer digitale elettronico programmabile). La crittoanalisi moderna L'elaborazione automatica, applicata con grande profitto alla crittanalisi durante la seconda guerra mondiale, spinse alla produzione di nuove tecniche di crittografia diversi ordini di grandezza più complesse delle precedenti. Considerata nel suo insieme, la moderna crittografia è divenuta molto più difficile da crittanalizzare con i sistemi penna-e-carta del passato, tanto da apparire in vantaggio sulla crittanalisi pura. Lo storico David Kahn afferma che "sono molti oggigiorno i crittosistemi, offerti dalle centinaia di venditori in circolazione, che non possono essere violati da nessuno dei metodi noti di crittanalisi. Infatti su quei sistemi anche un attacco con testo in chiaro scelto, in cui un messaggio in chiaro appositamente selezionato è comparato con l'equivalente testo cifrato, non permette di recuperare la chiave che sblocca altri messaggi. In un certo senso, quindi, la crittanalisi è morta. Ma questa non è la fine della storia: la crittanalisi può anche essere morta ma, per usare una mia metafora, c'è più di un modo per scuoiare un gatto". Kahn prosegue menzionando le cresciute opportunità di intercettazione, le microspie (o cimici), gli attacchi del canale laterale e la crittografia quantistica sono validi sostituti dei tradizionali significati di crittanalisi. Forse Kahn è stato troppo affrettato nel dare per morta la crittanalisi: i cifrari deboli sono tutt'altro che estinti, ed i metodi crittanalitici utilizzati dalle agenzie di intelligence rimangono tuttora per lo più ignoti. In campo accademico, molti studiosi presentano regolarmente nuovi sistemi crittografici, che spesso sono velocemente violati: il cifrario a blocchi Madryga, pubblicato nel 1984 fu trovato sensibile agli attacchi con solo testo cifrato nel 1998; il FEAL-4, proposto come sostituto del DES, fu demolito da una serie di attacchi sferrati dalla comunità accademica, molti dei quali sono completamente attuabili in pratica. Anche nell'industria molti cifrari non sono esenti da debolezze: per esempio, gli algoritmi A5/1, A5/2 e CMEA, usati nella tecnologia della telefonia mobile, possono essere violati in ore, minuti o anche in tempo reale utilizzando computer alla portata di molti. Nel 2001 fu dimostrato che il protocollo WEP, utilizzato per rendere sicure le connessioni Wi-Fi, era insicuro ed un attacco correlato alla chiave poteva permettere di recuperare quest'ultima in poche ore. Nel 2005 è stato addirittura trovato un modo per violare una connessione protetta da WEP in meno di un minuto. Le evoluzioni a partire dal XX secolo Diverse volte i successi della crittoanalisi hanno influenzato la storia: l'abilità di leggere i presunti pensieri ed i piani segreti di altre persone può essere un vantaggio che si rivela decisivo, soprattutto in tempo di guerra. Per esempio, durante la prima guerra mondiale, la violazione del Telegramma Zimmermann accelerò l'ingresso nel conflitto degli Stati Uniti d'America. Nella seconda guerra mondiale, la crittoanalisi dei cifrari tedeschi, inclusi la macchina Enigma e la cifrante di Lorenz, è a detta degli studiosi uno dei punti che hanno accorciato di alcuni mesi la fine del conflitto in Europa (vedi ULTRA). Anche gli Stati Uniti beneficiarono della crittanoalisi grazie al fatto che con essa poterono decifrare molte delle comunicazioni segrete dell'esercito giapponese, che venivano cifrate da una macchina chiamata PURPLE dagli americani (l'equivalente nipponico della tedesca Enigma). I Governi dei Paesi hanno a lungo riconosciuto gli indubbi benefici della crittoanalisi nel campo dello spionaggio, sia militare che diplomatico, ed hanno istituito organizzazioni appositamente dedite a violare i codici e i cifrari di altre Nazioni, quali ad esempio il GCHQ inglese o l'NSA statunitense, organizzazioni che sono ancora attive oggi. Nel 2004 è stata divulgata la notizia che gli Stati Uniti d'America hanno violato i cifrari iraniani (anche se resta ignoto il fatto se sia stata usata solo crittoanalisi pura o anche altre tecniche meno ortodosse). Descrizione ed utilizzo La crittoanalisi di solito esclude metodi di attacco che non siano diretti alle debolezze intrinseche al metodo da violare, come ad esempio la corruzione, la coercizione fisica, il furto, l'ingegneria sociale. Questi tipi di attacco, spesso più produttivi della crittanalisi tradizionale, sono comunque un'importante alternativa alla crittanalisi. Anche se il fine è sempre lo stesso, i metodi e le tecniche di crittanalisi sono drasticamente cambiati durante la storia della crittografia, adattandosi al continuo aumentare dell'efficienza della crittografia, iniziando dai metodi basati su carta e penna del passato, passando per le macchine crittografiche come l'Enigma della seconda guerra mondiale, per arrivare agli schemi basati sui computer del presente. Insieme sono cambiati anche i risultati della crittanalisi: non è più possibile ottenere un successo illimitato nella violazione dei codici e si stila perciò una graduatoria dei risultati conseguiti dagli attacchi. A metà degli anni settanta fu introdotta una nuova classe crittografica: la crittografia asimmetrica. I metodi per violare questa classe sono ben diversi da quelli utilizzati in passato e normalmente coinvolgono la risoluzione di problemi matematici altamente complessi, come la ben nota scomposizione in numeri primi. Caratteristiche degli attacchi Gli attacchi crittanalitici variano nella forza e nella capacità di rappresentare una minaccia per i crittosistemi del mondo reale. Una debolezza certificabile è un attacco teorico che è improbabile possa essere applicabile in una situazione reale; la maggioranza dei risultati ottenuti dalla moderna ricerca crittanalitica è di questo tipo. Essenzialmente l'importanza pratica di un attacco dipende dalle risposte alle seguenti domande: quali conoscenza e capacità sono richieste come prerequisiti? Quante informazioni segrete addizionali sono dedotte? Quanto impegno è richiesto (vale a dire, qual è la complessità computazionale)? Conoscenza primaria: scenari della crittanalisi Gli attacchi possono essere classificati in base alla tipologia delle informazioni disponibili all'attaccante sul sistema da attaccare. Come base di partenza di solito si assume che, per gli scopi dell'analisi, l'algoritmo generale sia noto: questo è il principio di Kerckhoffs, il quale afferma che il nemico conosce il sistema. Il Principio di Kerckhoffs è un assunto ragionevole, dato che la storia riporta innumerevoli casi di algoritmi segreti ritenuti sicuri, rivelatisi violabili non appena divenuti di pubblico dominio, a causa ad esempio di spionaggio, tradimento e ingegneria inversa. (Occasionalmente i cifrari sono stati ricostruiti attraverso la semplice deduzione: ad esempio, i già citati cifrario di Lorenz e codice Purple, oltre ad una varietà di schemi classici). Alcuni scenari tipici di attacco sono: solo testo cifrato: l'attaccante ha accesso solo ad una collezione di testi cifrati. Testo in chiaro noto: l'attaccante ha un insieme di testi cifrati dei quali conosce i corrispondenti testi in chiaro. Testo in chiaro scelto (Testo cifrato scelto): l'attaccante può ottenere i testi cifrati (testi in chiaro) corrispondenti ad un insieme arbitrario di testi in chiaro (testi cifrati) di sua scelta. Adattivo con testo in chiaro scelto: come per l'attacco con testo in chiaro scelto, eccetto che l'attaccante può scegliere sequenze di testo in chiaro basandosi su informazioni acquisite dall'analisi dei precedenti messaggi cifrati. Simile a questo è l'attacco adattivo con testo cifrato scelto. Attacco correlato alla chiave: analogo all'attacco con testo in chiaro scelto, eccetto che l'attaccante può ottenere testi cifrati crittati con due differenti chiavi. Le chiavi sono ignote ma la relazione fra esse è nota: ad esempio, due chiavi che differiscono solo di 1 bit. Questi tipi di attacco differiscono su quanto sia plausibile metterli in pratica. Anche se alcuni attacchi sono più probabili di altri, i crittografi affrontano spesso il problema della sicurezza con un approccio conservativo ed immaginano il peggiore dei casi quando progettano gli algoritmi, ragionando che se uno schema è sicuro anche contro le minacce irrealistiche allora dovrebbe resistere più che bene alla crittanalisi del mondo reale. Le ipotesi sono spesso più realistiche di quanto si potrebbe immaginare a prima vista. Per un attacco con testo in chiaro noto, il crittanalista potrebbe conoscere, o essere in grado di entrarne in possesso, una parte del testo in chiaro, come ad esempio una lettera cifrata che inizia con "Egregio Signore" o una sessione su terminale che inizia con "LOGIN:". Un attacco con testo in chiaro scelto è meno probabile di altri attacchi ma è spesso plausibile: ad esempio, potreste convincere qualcuno a trasmettervi un messaggio che avete dato loro, ma in forma cifrata. Gli attacchi correlati alla chiave sono per lo più teorici, anche se possono essere molto realistici in alcune situazioni: ad esempio, quando viene utilizzato un cifrario a blocchi per realizzare una funzione di hash. Classificazione dei successi in crittanalisi I risultati della crittanalisi possono variare anche in utilità. Ad esempio, il crittografo Lars Knudsen (1998) classificò vari tipi di attacco ai cifrari a blocchi in base alla quantità e qualità delle informazioni segrete che venivano scoperte: violazione totale: l'attaccante deduce la chiave segreta; deduzione globale: l'attaccante scopre un algoritmo funzionalmente equivalente per la cifratura e la decifratura, ma senza conoscere la chiave; deduzione locale: l'attaccante scopre testi in chiaro (o testi cifrati) addizionali non noti in precedenza; deduzione dell'informazione: l'attaccante ottiene alcune informazioni di Shannon sui testi in chiaro (o sui testi cifrati) non note precedentemente; algoritmo discriminante: l'attaccante può distinguere il cifrario da una permutazione casuale. Simili considerazioni si applicano agli attacchi ad altri tipi di algoritmi crittografici. Complessità Gli attacchi possono anche essere caratterizzati dalla quantità di risorse che essi richiedono. Queste possono essere nella forma di: Tempo: il numero di operazioni primitive che devono essere eseguite. Questo dato è abbastanza generico: le operazioni primitive potrebbero essere istruzioni di base del computer, come ad esempio addizioni, XOR, spostamenti di bit e così via, come interi metodi di cifratura; Memoria: la quantità di spazio di memorizzazione richiesto per eseguire l'attacco. Dati: la quantità di testi in chiaro e testi cifrati richiesti. Spesso è difficile predire con precisione queste quantità. Nella crittografia accademica si tende almeno a fornire una stima dell'ordine di grandezza della difficoltà dell'attacco. Bruce Schneier nota che anche degli attacchi che siano impraticabili dal punto di vista computazionale possono essere considerati delle violazioni: "Forzare un cifrario significa semplicemente trovare una debolezza nello stesso che può essere sfruttata con una complessità minore della forza bruta. Non importa che la forza bruta richieda 2128 cifrature: un attacco che richiedesse 2110 cifrature sarebbe considerato una violazione... in parole povere, una infrazione può essere semplicemente una debolezza certificabile: la prova che il cifrario non si comporta come previsto." (Schneier, 2000). ==Crittanalisi della crittografia asimmetrica== La crittografia asimmetrica o crittografia a chiave pubblica è un tipo di crittografia che si basa sull'utilizzo di due chiavi, una privata ed una pubblica. Questi cifrari basano la loro sicurezza su problemi matematici di difficile soluzione, per cui un ovvio punto di attacco è sviluppare metodi per risolvere questi problemi. La sicurezza della crittografia asimmetrica a due chiavi dipende da questioni matematiche che in genere non sono tenute in considerazione dalla crittografia a singola chiave, e di conseguenza collega in nuovo modo la crittanalisi alla ricerca matematica. Gli schemi asimmetrici sono progettati sulla difficoltà (congetturata) di risolvere vari problemi matematici. Se viene trovato un miglior algoritmo che può risolvere il problema, allora il sistema è indebolito. Per esempio, la sicurezza dello schema di scambio delle chiavi Diffie-Hellman dipende dalla difficoltà di calcolare un logaritmo discreto. Nel 1983 Don Coppersmith ideò un modo più veloce di trovare logaritmi discreti (in determinati gruppi), costringendo così i crittografi ad utilizzare gruppi più grandi (o tipi differenti di gruppi). La sicurezza dell'RSA dipende (in parte) dalla difficoltà della fattorizzazione di grandi numeri primi: un passo in avanti nel problema della fattorizzazione incrinerebbe la sicurezza dell'RSA. Nel 1980 si poteva fattorizzare un numero a 50 cifre al costo di 1012 operazioni elementari. Nel 1984 il progresso nell'arte della scrittura di algoritmi di fattorizzazione aveva raggiunto un punto tale che con le stesse operazioni si poteva fattorizzare un numero con 75 cifre. Inoltre l'avanzamento della tecnica permetteva di eseguire lo stesso numero di operazioni molto più velocemente. La legge di Moore predice che la velocità dei computer aumenterà costantemente: le tecniche di fattorizzazione faranno altrettanto, ma si baseranno anche sulla creatività e sull'intuizione matematiche, nessuna delle quali può essere predetta con successo. I numeri a 150 bit, utilizzati un tempo nell'RSA, sono stati fattorizzati: lo sforzo è stato superiore a quanto immaginato ma non è stato certo al di fuori della portata dei veloci e moderni computer. Difatti, all'inizio del XXI secolo, i numeri a 150 cifre non erano più considerati abbastanza lunghi per le chiavi RSA. I numeri con diverse centinaia di cifre sono ancora considerati difficili da fattorizzare, anche se i metodi probabilmente continueranno a migliorare nel tempo, richiedendo lunghezze delle chiavi capaci di reggere ai nuovi algoritmi che saranno utilizzati. Un'altra caratteristica distintiva degli schemi asimmetrici è che, a differenza dei crittosistemi simmetrici, qualsiasi crittanalisi ha l'opportunità di fare uso delle conoscenze acquisite dalla chiave pubblica. Applicazione dei computer quantici alla crittanalisi I computer quantistici, che sono ancora nelle primissime fasi di sviluppo, sarebbero utilissimi nella crittanalisi. Ad esempio, l'algoritmo di Shor potrebbe fattorizzare grandi numeri in un tempo polinomiale, vale a dire in pratica che si potrebbero violare alcune forme di crittografia a chiave pubblica. Utilizzando l'algoritmo di ricerca di Grover su un computer quantistico, la ricerca di una chiave con la forza bruta potrebbe essere eseguita con una velocità che è il quadrato di quella espressa dai normali computer. Ovviamente, ciò potrebbe essere contrastato incrementando la lunghezza della chiave. Tecniche di crittanalisi Crittanalisi classica: Analisi delle frequenze Metodo Kasiski Conteggio delle coincidenze Algoritmi simmetrici: Attacco a boomerang Attacco a forza bruta Attacco di Davies Crittanalisi differenziale Crittanalisi differenziale impossibile Crittanalisi integrale Crittanalisi lineare Attacco meet-in-the-middle Crittanalisi Mod-n Attacco correlato alla chiave Attacco a scorrimento Attacco XSL Funzioni di hash: Attacco del compleanno Modelli di attacco: Attacco con solo testo cifrato Attacco con testo in chiaro noto Attacco con testo in chiaro scelto Attacco con testo cifrato scelto Attacchi del canale laterale: Analisi della potenza Attacco a tempo Attacchi alle reti: Attacco man in the middle Attacco della ripetizione Attacchi esterni: Crittanalisi della borsa nera Metodo del tubo di gomma Crittanalisti storici Conel Hugh O'Donel Alexander Lambros D. Callimahos Alastair Denniston Agnes Meyer Driscoll Elizebeth Friedman William F. Friedman, il padre della moderna crittologia Meredith Gardner Dilly Knox Solomon Kullback Georges Painvin Marian Rejewski Frank Rowlett Luigi Sacco Abraham Sinkov Giovanni Soro, il primo crittanalista del Rinascimento John Tiltman Alan Turing Herbert Yardley Note Bibliografia Helen Fouché Gaines, "Cryptanalysis", 1939, Dover. ISBN 0-486-20097-3 Abraham Sinkov, Elementary Cryptanalysis: A Mathematical Approach, Mathematical Association of America, 1966. ISBN 0-88385-622-0 Ibrahim A. Al-Kadi,"The origins of cryptology: The Arab contributions”, Cryptologia, 16(2), aprile 1992, pp. 97–126. David Kahn, "The Codebreakers – The Story of Secret Writing", 1967. ISBN 0-684-83130-9 Lars R. Knudsen: Contemporary Block Ciphers. Lectures on Data Security 1998: 105-126 Bruce Schneier, "Self-Study Course in Block Cipher Cryptanalysis", Cryptologia, 24(1), gennaio 2000, pp. 18–34. Friedrich L. Bauer: "Decrypted Secrets". Springer 2002. ISBN 3-540-42674-4 Friedman, William F., Military Cryptanalysis, Part I, ISBN 0-89412-044-1 Friedman, William F., Military Cryptanalysis, Part II, ISBN 0-89412-064-6 Friedman, William F., Military Cryptanalysis, Part III, Simpler Varieties of Aperiodic Substitution Systems, ISBN 0-89412-196-0 Friedman, William F., Military Cryptanalysis, Part IV, Transposition and Fractionating Systems, ISBN 0-89412-198-7 Friedman, William F. e Lambros D. Callimahos, Military Cryptanalytics, Part I, Volume 1, ISBN 0-89412-073-5 Friedman, William F. e Lambros D. Callimahos, Military Cryptanalytics, Part I, Volume 2, ISBN 0-89412-074-3 Friedman, William F. e Lambros D. Callimahos, Military Cryptanalytics, Part II, Volume 1, ISBN 0-89412-075-1 Friedman, William F. e Lambros D. Callimahos, Military Cryptanalytics, Part II, Volume 2, ISBN 0-89412-076-X Voci correlate Canale laterale Crittografia Crittologia Altri progetti Collegamenti esterni Crittanalisi di base (documento in formato PDF del Dipartimento dell'Esercito americano) Metodi crittanalitici
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https://it.wikipedia.org/wiki/Crittologia
Crittologia
La crittologia (il termine deriva dal greco kryptòs (nascosto) e logos (discorso), ovvero discorso nascosto) è la disciplina che si occupa delle scritture nascoste, nel suo duplice significato: da un lato comprende infatti l'ideazione di metodi sempre più sicuri per occultare il reale significato di determinati segni (crittografia), dall'altro riguarda la decifrazione di testi occultati senza conoscerne a priori il metodo usato (crittoanalisi). Crittografia e crittoanalisi Crittografia e crittoanalisi sono le due facce della stessa medaglia, una medaglia che nel corso della storia ha dato più importanza all'una o all'altra, alternativamente. Una delle prime tracce storiche di uso di queste tecniche risale a Gaio Giulio Cesare che si narra utilizzasse un cifrario (detto Cifrario di Cesare) consistente nel sostituire ad ogni lettera la terza lettera che la segue nell'alfabeto. Ben presto per metodi così arcaici vennero scoperti metodi di soluzione generali (uno dei primi è stata l'analisi delle frequenze), segnando anche la nascita della crittanalisi. Nel corso della storia le due arti contrapposte hanno affinato sempre più le loro armi, dando spesso l'impressione che una delle due fosse destinata a prevalere sull'altra. Oggigiorno, la guerra si è spostata nella teoria dei numeri, la branca più astratta della matematica, dimostrando che perfino la scienza più astratta può avere decisivi effetti sulla vita di tutti i giorni. Gli ultimi prodotti della crittografia sembrano a tutti gli effetti inattaccabili, ma la storia insegna che è forse troppo presto per giudicare, benché gli odierni risultati siano basati su metodi sempre più precisi e controllati e non sull'intuito personale del crittologo. Glossario di termini tecnici testo in chiaro (plaintext) testo o file nella sua forma normalmente utilizzabile testo cifrato (ciphertext) o crittogramma testo o file nella sua forma cifrata cifratura (encryption) operazione che permette di passare da un testo in chiaro ad un testo cifrato codice una regola invariabile per sostituire ad un'informazione un altro oggetto non necessariamente dello stesso genere decifratura operazione che permette di passare dal testo cifrato al testo in chiaro all'utente per cui il messaggio era inteso (in possesso di chiave e cifrario) decifrazione o decrittazione operazione che permette di passare dal testo cifrato al testo in chiaro ad utente diverso da colui per il quale il messaggio era inteso chiave (key) parametro che rende variabile la cifratura, se la cifratura non è debole basta tenere segreta la chiave per ottenere l'effetto di tenere segreto l'intero testo coppia di chiavi (key pair) coppia di parametri usati dalla crittografia asimmetrica: quando una delle due chiavi viene usata per la cifratura serve l'altra per decifrare. Voci correlate Crittoanalisi Crittografia Crittonimo Cifratura a blocchi Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cifrario%20di%20Cesare
Cifrario di Cesare
In crittografia, il cifrario di Cesare è uno dei più antichi algoritmi crittografici di cui si abbia traccia storica. È un cifrario a sostituzione monoalfabetica, in cui ogni lettera del testo in chiaro è sostituita, nel testo cifrato, dalla lettera che si trova un certo numero di posizioni dopo nell'alfabeto. Questi tipi di cifrari sono detti anche cifrari a sostituzione o cifrari a scorrimento a causa del loro modo di operare: la sostituzione avviene lettera per lettera, scorrendo il testo dall'inizio alla fine. Storia Il cifrario di Cesare prende il nome da Giulio Cesare, che lo utilizzava con l'intento di proteggere i suoi messaggi criptati. Grazie allo storico Svetonio sappiamo che Cesare utilizzava in genere una chiave di 3 per il cifrario, come nel caso della corrispondenza militare inviata alle truppe comandate da Quinto Tullio Cicerone. Al tempo era sicuro perché gli avversari spesso non erano neanche in grado di leggere un testo in chiaro, men che mai uno cifrato; inoltre non esistevano metodi di crittanalisi in grado di rompere tale codice, per quanto banale. Conosciamo anche altri che usarono questo cifrario al tempo di Cesare: Augusto, suo nipote, lo utilizzava con chiave 1, ma senza ripartire da sinistra in caso di fine dell'alfabeto. Quindi, scriveva B per A, C per B ma usava AA per Z. Dalla scoperta dell'analisi delle frequenze da parte del matematico arabo Al-Kindi nell'XI secolo circa, tutti i cifrari di questo tipo sono divenuti molto semplici da rompere; nessuno è adatto per comunicazioni sicure allo stato tecnologico attuale, né lo è stato negli ultimi 1000 anni. Tuttavia, una forma di questo cifrario, chiamata ROT13, è ancora usata oggi per offuscare parti di un messaggio in modo da non renderle immediatamente comprensibili. I "pizzini" di Provenzano Un rudimentale sistema di cifratura basato sul cifrario di Cesare è stato usato anche da Bernardo Provenzano per proteggere informazioni rilevanti scritte nei suoi famosi pizzini, i piccoli foglietti di carta con i quali il boss della mafia, durante la sua latitanza, riceveva informazioni e impartiva ordini. Il sistema scelto da Provenzano era abbastanza semplice: si trattava di sostituire ad ogni lettera il numero corrispondente alla posizione nell'alfabeto sommato a 3 e di comporre così un singolo, lungo numero. Ad esempio, i numeri "512151522 191212154" nascondono il nome di "Binnu Riina": infatti, 5 = 2 (posizione della B) più 3; 12 = 9 (posizione della I) più 3; ecc... Mary Stuart Anche la regina di Scozia Mary Stuart fece uso del Cifrario di Cesare per impedire alla guardia incaricata di censurare le sue lettere, Amyas Paulet, di comprendere il messaggio contenuto in queste, con le quali partecipava al complotto Babington. Dallo scopo iniziale di uscire dalla prigionia a cui era stata condannata, il suo fine diventava un reato assai più grave, vale a dire l'omicidio della Regina inglese Elisabetta I, con il fine di sostituirla, tramite il supporto di un gruppo di cattolici il cui capo era Sir Anthony Babington. La lettera venne, però, subito decifrata da Walsingham per la semplicità del metodo usato (il cifrario di Cesare). Mary Stuart ed i suoi corrispondenti vennero incriminati di alto tradimento e, dopo il suo processo del 15 ottobre 1586 e qualche esitazione, fu decapitata l'8 febbraio 1587. Descrizione In particolare, Cesare utilizzava uno spostamento di 3 posizioni (la chiave, cioè ciò che indica di quanto spostarsi era dunque 3), secondo il seguente schema nell'alfabeto latino classico, che aveva 23 caratteri: Lo stesso si può fare con l'alfabeto italiano, che ha 21 caratteri: Oppure con l'alfabeto latino esteso, che ha 26 caratteri: Per cifrare un messaggio, basta prendere ogni lettera del testo in chiaro e sostituirla con la corrispondente lettera della riga testo cifrato. Per decifrare, viceversa. Ecco un semplice esempio italiano (coerentemente con l'uso antico di omettere gli spazi tra le parole nei papiri, nel testo questi sono omessi; questo aumenta anche la sicurezza del cifrario perché toglie un importante punto di riferimento, cioè la suddivisione in parole, a chi tentasse la decrittazione): Cifrare (e decifrare) il testo più volte non migliora la sicurezza, in quanto una rotazione di A posti seguita da una di B posti equivale ad una di A + B. Matematicamente parlando, la cifratura con le varie chiavi forma un gruppo. Matematica Considerazioni generiche Il funzionamento del codice di Cesare è possibile grazie all'aritmetica modulare: dove è il numero di lettere dell'alfabeto. In particolare per la chiave 3, nell'alfabeto inglese: Funzione inversa Partendo dalla funzione generale scritta esprimendo con la variabile dipendente : Trasportiamo al secondo membro e al primo: Moltiplichiamo entrambi i membri per : Scambiamo i nomi delle variabili, ossia poniamo come variabile dipendente e come variabile indipendente: In conclusione: dove è il numero di lettere dell'alfabeto. In particolare per la chiave 3, nell'alfabeto inglese: Cifrario affine Un'ulteriore generalizzazione è costituita dal cifrario affine: con e , perché altrimenti ci sarebbe una stessa cifratura per diverse lettere. Rompere la cifratura Con un diagramma delle frequenze delle lettere nel testo in cifra e nella lingua originale del testo, è facile individuare il valore della chiave osservandone la disposizione. Ad esempio, nella lingua italiana, le lettere più frequenti sono le vocali E, A, O ed I, con lievi differenze, seguite dalle consonanti L, N, R, S e T, mentre sono rare B, F, Q e Z e praticamente assenti le lettere straniere J, K, Y, X e W; nella lingua inglese, invece, le lettere più frequenti sono E e T, mentre le più rare sono Q e Z. Anche i computer sono in grado di eseguire simili calcoli senza difficoltà, come pure di effettuare attacchi di tipo brute force semplicemente provando tutte le chiavi di cifratura possibili finché non appare un testo leggibile. Il cifrario di Cesare è molto più debole di uno in cui la corrispondenza delle lettere sia casuale, come succede in molti giochi enigmistici. I luoghi più comuni dove si può trovare questo cifrario è in giochi per bambini oppure nell'algoritmo ROT13, che è fatto apposta per essere facile da decifrare. Codifica del cifrario in campo informatico Il suddetto cifrario può essere trascritto in tutti i linguaggi di programmazione, questo è un esempio in C++: #include <iostream> using namespace std; int main(int argc, char *argv[]) { if (argc != 2) { cerr << "Argomenti non validi\n"; return 1; } char * string = argv[1]; cout << "Frase normale: " << string << "\n"; cout << "Frase crittografata: "; for (int i=0; string[i] != '\0'; i++) { if ((string[i]>='A' && string[i]<='W') || (string[i]>='a' && string[i]<='w')) { // lettere dalla A alla W (maiuscole) e dalla a alla w (minuscole) cout << char(string[i] + 3); } else if ((string[i]>='X' && string[i]<='Z') || (string[i]>='x' && string[i]<='z')) { // tutte le altre lettere (X Y Z x y z) cout << char(string[i] - 23); } else { // tutti gli altri caratteri cout << string[i]; } } cout << "\n"; return 0; } Note Bibliografia Joan Gómez Urgellés, Matematici, spie e pirati informatici, RBA Italia, 2013, capitolo n° 2 Voci correlate Cifrario di Vigenère Altri progetti Collegamenti esterni Cifrari classici Gaio Giulio Cesare
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https://it.wikipedia.org/wiki/Crittografia%20asimmetrica
Crittografia asimmetrica
La crittografia asimmetrica, conosciuta anche come crittografia a chiave pubblica, è un tipo di crittografia nel quale ad ogni attore coinvolto nella comunicazione è associata una coppia di chiavi: La chiave pubblica, che deve essere distribuita; La chiave privata, appunto personale e segreta. Generalità La crittografia asimmetrica evita il problema classico della crittografia simmetrica connesso alla necessità di uno scambio in modo sicuro dell'unica chiave utile alla cifratura/decifratura. Il meccanismo della crittografia asimmetrica si basa invece sulle seguenti assunzioni: la chiave privata non è ricavabile dalla chiave pubblica (o almeno non è facilmente ricavabile) se con una delle due chiavi si cifra (o codifica) un messaggio, allora quest'ultimo sarà decifrato solo con l'altra. Due degli usi più noti della crittografia asimmetrica sono: La crittografia a chiave pubblica, in cui un messaggio viene cifrato con la chiave pubblica del destinatario. Se gli algoritmi sono scelti e utilizzati in modo appropriato, i messaggi non possono essere decifrati da nessuno che non possieda la chiave privata corrispondente, che si presume quindi essere il proprietario di tale chiave e quindi la persona associata alla chiave pubblica. Questo può essere utilizzato per garantire la confidenzialità di un messaggio. La firma digitale, in cui un messaggio viene firmato con la chiave privata del mittente e può essere verificato da chiunque abbia accesso alla chiave pubblica del mittente. Questa verifica dimostra che il mittente ha avuto accesso alla chiave privata e quindi è molto probabile che sia la persona associata alla chiave pubblica. Inoltre, dimostra che la firma è stata preparata per quel preciso messaggio, poiché la verifica fallirà per qualsiasi altro messaggio che si possa concepire senza utilizzare la chiave privata. In un sistema di crittografia a chiave pubblica, chiunque può cifrare un messaggio usando la chiave pubblica del destinatario, ma tale messaggio può essere decifrato solo con la chiave privata del destinatario. Per fare ciò, deve essere computazionalmente facile per un utente generare una coppia di chiavi pubblica e privata da utilizzare per cifrare e decifrare. La forza di un sistema di crittografia a chiave pubblica si basa sulla difficoltà di determinare la chiave privata corrispondente alla chiave pubblica. La sicurezza dipende quindi solo dal mantenere la chiave privata segreta, mentre la chiave pubblica può essere pubblicata senza compromettere la sicurezza. I sistemi di crittografia a chiave pubblica spesso si basano su algoritmi di crittografia basati su problemi matematici che attualmente non ammettono alcuna soluzione particolarmente efficiente, quelli che riguardano la fattorizzazione di un numero intero, il logaritmo discreto e le relazioni delle curve ellittiche. Gli algoritmi a chiave pubblica, a differenza degli algoritmi a chiave simmetrica, non richiedono un canale sicuro per lo scambio iniziale di una (o più) chiavi segrete tra le parti. A causa del peso computazionale della crittografia asimmetrica, essa di solito è usata solo per piccoli blocchi di dati, in genere il trasferimento di una chiave di cifratura simmetrica (per esempio una chiave di sessione). Questa chiave simmetrica è utilizzata per cifrare messaggi lunghi. La cifratura/decifratura simmetrica è basata su algoritmi semplici ed è molto più veloce. L'autenticazione del messaggio include hashing del messaggio per produrre un "digest" (risultato dell'output dell'algoritmo di hash), e crittografando il digest con la chiave privata per produrre una firma digitale. Da lì in poi chiunque può verificare questa firma: calcolando l'hash del messaggio; decifrando l'hash del messaggio; confrontando la firma del messaggio. L'uguaglianza tra i digests conferma che il messaggio non è stato modificato da quando è stato firmato, e che il firmatario, e nessun altro, intenzionalmente abbia eseguito l'operazione di firma, presumendo che la chiave privata del firmatario sia rimasta segreta. La sicurezza di questo tipo di procedura dipende dall'algoritmo di hash di questa data qualità che è computazionalmente impossibile modificare o trovare un messaggio sostituito che produca lo stesso digest, ma gli studi hanno dimostrato che con gli algoritmi MD5 e SHA-1, produrre un messaggio alterato o sostituito non è impossibile. L'attuale standard di hash per la crittografia è SHA-2. Lo stesso messaggio può essere usato al posto del digest. Gli algoritmi a chiave pubblica sono ingredienti fondamentali della sicurezza dei crittosistemi, applicazioni e protocolli. Essi sono alla base dei diversi standard Internet, come ad esempio Transport Layer Security (TLS), S/MIME, PGP e GPG. Alcuni algoritmi a chiave pubblica forniscono una distribuzione di chiave e segretezza (ad esempio, scambio di chiavi Diffie-Hellman), alcuni forniscono firme digitali (ad esempio Digital Signature Algorithm), altri forniscono entrambe (esempio RSA). La crittografia a chiave pubblica trova applicazione in vari campi, tra gli altri: nella disciplina di sicurezza informatica e nella sicurezza delle informazioni. La sicurezza delle informazioni si occupa di tutti gli aspetti per la protezione delle risorse informative elettroniche contro le minacce sulla sicurezza. La crittografia a chiave pubblica viene utilizzata come metodo per assicurare la riservatezza, l'autenticazione e il non ripudio delle comunicazioni e per la memorizzazione dei dati. Differenze con la crittografia tradizionale (simmetrica) Nella tradizionale crittografia simmetrica, viene utilizzata un'unica chiave sia per codificare, sia per decodificare i messaggi. Delle due informazioni (la chiave e l'algoritmo) necessarie a chi deve inviare il messaggio, la chiave è quindi identica a quella necessaria a chi deve riceverla, mentre l'algoritmo è facilmente reversibile in quello di decifrazione. Per concordare una chiave con il proprio interlocutore, c'è bisogno di mettersi preventivamente in contatto con lui incontrandolo di persona, telefonandogli, scrivendogli una lettera, mandandogli un messaggio o in qualsiasi altro modo. In qualunque caso, esiste il pericolo che la chiave venga intercettata durante il tragitto, compromettendo quindi l'intero sistema comunicativo. La crittografia a chiave pubblica permette invece a due (o più) persone di comunicare in tutta riservatezza senza usare la stessa chiave, anche se queste non si sono mai incontrate precedentemente. Storia Agli inizi della storia della crittografia, le due parti dovevano contare su una chiave che doveva essere scambiata per mezzo di un metodo sicuro, come un incontro faccia a faccia o per mezzo di un corriere di fiducia. Questa chiave, che entrambe le parti tenevano assolutamente segreta, poteva quindi essere utilizzata per lo scambio di messaggi cifrati. Questo tipo di approccio alla distribuzione delle chiavi comporta un certo numero di difficoltà significative. Nel 1874 William Stanley Jevons scriveva nel suo libro I Principi della scienza:"Può il lettore dire quali sono i due numeri moltiplicati tra loro che produrranno il numero 8616460799? Penso che sia improbabile che qualcuno ci riesca, a parte me stesso." -William Stanley Jevons In questo libro descriveva il rapporto tra le funzioni unidirezionali e la crittografia e continuava a discutere, in particolare, del problema della fattorizzazione utilizzato per creare una funzione botola. Nel luglio 1996, il matematico Solomon W. Golomb ha detto: "Jevons ha anticipato una caratteristica fondamentale dell'algoritmo RSA per la crittografia a chiave pubblica, anche se di certo non ha inventato il concetto di crittografia a chiave pubblica." (nel 1869, Jevons ha inventato un calcolatore chiamato "Logica Piano"). La scoperta riservata Nel 1970, James H. Ellis, crittografo inglese presso il Government Communications Headquarters (GCHQ), immaginò la possibilità di una "crittografia non segreta", (adesso chiamata crittografia a chiave pubblica), ma non riusciva a vedere alcun modo di implementarla. Nel 1973, il suo collega Clifford Cocks realizzò quello che è diventato noto come algoritmo di crittografia RSA, dando un metodo pratico di "cifratura non segreta", e nel 1974, un altro matematico e crittografo, che faceva parte del GCHQ, Malcolm J. Williamson, sviluppò ciò che è oggi è conosciuto come scambio di chiavi Diffie-Hellman. Il progetto fu passato anche al NSA. In un'ottica militare e con bassa potenza di calcolo disponibile, le potenzialità della crittografia a chiave pubblica non furono capite dalle due organizzazioni: Pensavo che fosse più importante per uso militare... se è possibile condividere la chiave rapidamente per via elettronica, si ha un grande vantaggio rispetto all'avversario. Solo alla fine dell'evoluzione di Berners-Lee la progettazione di un'architettura Internet aperta per il CERN, il suo adattamento e adozione per Arpanet... consentì alla crittografia a chiave pubblica di esprimere il suo massimo potenziale. Ralph Benjamin La loro scoperta non fu resa di dominio pubblico per 27 anni, fino a quando la ricerca è stata riclassificata dal governo britannico nel 1997. La scoperta resa pubblica Nel 1976 Whitfield Diffie e Martin Hellman pubblicarono un sistema di crittografia a chiave asimmetrica, influenzato dal lavoro di Ralph Merkle sulla distribuzione della chiave pubblica. Questo metodo di scambio di chiavi, che utilizza un'elevata potenza in un campo infinito, divenne noto come scambio di chiavi Diffie-Hellman. Questo era il metodo pratico pubblicato per stabilire una chiave segreta condivisa su un canale, autenticando (ma non confidenziale) le comunicazioni senza l'utilizzo di una chiave segreta precedentemente condivisa. La "tecnica a chiave pubblica accordata" di Merkle, conosciuta come algoritmo del puzzle, fu inventata nel 1974 e pubblicata nel 1978. Nel 1977 la generalizzazione del sistema di Cocks fu indipendentemente inventata da Ron Rivest, Adi Shamir, Leonard Adleman e altri del MIT. Questi ultimi autori hanno pubblicato il loro lavoro nel 1978 e l'algoritmo è venuto ad essere conosciuto con il nome RSA, dalle loro iniziali. RSA utilizza l'elevamento a potenza in modulo di due numeri primi molto grandi moltiplicati, per la cifratura e decifratura, eseguendo sia la crittografia a chiave pubblica che la firma digitale a chiave pubblica. La sua sicurezza è collegata alla estrema difficoltà di fattorizzare grandi numeri, un problema per cui non è nota una tecnica generale efficiente. Nel 1979 Michael Rabin pubblicò un crittosistema correlato che probabilmente è protetto finché la fattorizzazione della chiave pubblica resta difficile, resta un presupposto che RSA gode anche questa sicurezza. Dal 1970, un gran numero di tecniche di crittografia, firma digitale, accordo della chiave e altre sono state sviluppate nel campo della crittografia a chiave pubblica. Il sistema di crittografia ELGamal, inventato da Taher ElGamal si basa sul simile e relativo alto livello di difficoltà del problema logaritmo discreto, così come lo strettamente correlato DSA, che è stato sviluppato presso l'US National Security Agency (NSA) e pubblicato dal NIST come Standard proposto. L'introduzione della crittografia a curva ellittica da parte di Neal Koblitz e Victor Miller, indipendentemente e contemporaneamente a metà degli anni 80, ha dato nuovi algoritmi a chiave pubblica basati sul problema del logaritmo discreto. Anche se matematicamente è più complessa, le curve ellittiche forniscono chiavi più piccole e più veloci, e la sicurezza risulta essere approssimativamente equivalente. Principio di funzionamento Il principio generale della crittografia asimmetrica ha una solida base matematica che lo giustifica; tale base, riassunta e semplificata all'estremo, si fonda sull'uso di un problema complesso, ovvero un'operazione matematica semplice da eseguire, ma difficile da invertire, cioè dal cui risultato è difficile risalire agli argomenti di partenza. L'esempio classico è il problema della fattorizzazione di un numero (trovare i numeri primi che lo producono se moltiplicati tra loro: ad esempio, è facile moltiplicare 17×23 ottenendo 391, ben più difficile è per esempio fattorizzare il numero 377 nei fattori primi 13 e 29) usata nel primo e più famoso sistema crittografico a chiave pubblica: RSA. Le conoscenze di matematica pura sviluppate dall'uomo negli ultimi secoli hanno reso sempre più efficiente fattorizzare, ma nessuno è mai riuscito a far fare quel passo che porta il problema da complesso a non complesso; il problema diventa quindi intrattabile per numeri oltre una certa dimensione. Attualmente, per la crittografia RSA vengono considerati "sicuri" numeri che in base 10 hanno almeno 600 cifre, il che significa chiavi di 2048 bit e oltre. Altro esempio di problema complesso è il logaritmo discreto, usato nella nascente crittografia ellittica. La crittografia è comunque una scienza basata sulle probabilità: i problemi complessi vengono considerati complessi basandosi sul fatto che centinaia di anni di studio non hanno saputo risolverli in modo rapido (ricordiamoci che c'è sempre almeno un modo non immediato per risolvere un problema: provare a fare l'operazione diretta con tutti i numeri fino alla dimensione necessaria; questo tipo di soluzione, in genere, non è neanche contemplata, in quanto il tempo necessario aumenta vertiginosamente con la dimensione dei numeri usati), ma nessuno dei problemi usati in crittografia ha un teorema che ne dimostra la complessità (l'unico sistema crittografico dimostrato è lo One Time Pad, ma sfortunatamente è un sistema simmetrico – ovvero non a chiave pubblica – ed estremamente scomodo da usare). Utilizzo della crittografia asimmetrica Con l'istruzione HTTP Strict Transport Security il server invia i messaggi di risposta alle richieste di connessione HTTP con una intestazione che impone per un certo tempo a qualsiasi user agent (browser e qualsiasi altro tipo di client) di connettersi in maniera cifrata con HTTPS, e non col semplice HTTP. Per utilizzare questo tipo di crittografia, è necessario creare una coppia di chiavi. Quando vengono generate le due chiavi sono equivalenti (una delle due indifferentemente può essere resa pubblica). La proprietà fondamentale delle due chiavi è che un messaggio cifrato usando una delle due chiavi può essere decifrato soltanto usando l'altra chiave e viceversa. Ciò significa sostanzialmente che le due chiavi funzionano "insieme" pur non essendo possibile dall'una desumere l'altra. Quando una delle due chiavi viene resa pubblica e l'altra privata, è possibile utilizzarle insieme fondamentalmente per due scopi: Inviare un messaggio cifrato ad un destinatario. Per fare ciò il mittente cifra il messaggio con la chiave pubblica del destinatario. Per la proprietà delle due chiavi, l'unico a poter decifrare il messaggio è il destinatario, possessore della chiave privata. Verificare l'autenticità di un messaggio. In questo caso il possessore della chiave privata cifra il messaggio con la sua chiave privata. Il destinatario verifica l'autenticità del messaggio decifrando con la chiave pubblica del mittente. Si noti che in questo caso tutti i possessori della chiave pubblica del mittente potranno leggere il messaggio, verificandone l'autenticità. Affinché tutto funzioni, ovviamente, è necessario che il possessore della chiave privata custodisca gelosamente tale chiave e la faccia rimanere tale. La coppia di chiavi pubblica/privata viene generata attraverso un algoritmo (ad esempio RSA o DSA) a partire da dei numeri casuali. Gli algoritmi asimmetrici sono studiati in modo tale che la conoscenza della chiave pubblica e dell'algoritmo stesso non siano sufficienti per risalire alla chiave privata e tale meccanismo è reso possibile grazie all'uso di funzioni unidirezionali. In realtà, in molti casi, l'impossibilità di risalire alla chiave privata non è dimostrata matematicamente, ma risulta dallo stato attuale delle conoscenze in matematica e della potenza di calcolo disponibile. Per esempio, è sufficiente un piccolo computer e qualche millesimo di secondo per moltiplicare due numeri primi da 150 cifre, ma occorre il lavoro di decine di migliaia di computer per un anno per trovare i fattori primi di quel numero. Un altro problema simile è quello della funzione unidirezionale esponenziale modulo n (aritmetica modulare) e del rispettivo problema inverso del calcolo del suo logaritmo discreto. A questo punto, il gioco è fatto: ogni utilizzatore si crea la propria (o le proprie, in casi particolari) coppia di chiavi; la chiave privata viene tenuta segreta e non viene mai rivelata a nessuno (nemmeno alle persone con le quali si comunica); viceversa, la chiave pubblica viene diffusa in vari modi: può essere aggiunta automaticamente in coda a ciascun proprio messaggio nelle varie conferenze elettroniche cui si partecipa, o può essere depositata in archivi pubblici (keyserver) a disposizione di chi la desideri. È importante che la chiave pubblica sia liberamente accessibile, perché chiunque voglia comunicare con la persona che l'ha generata dovrà preventivamente munirsi di questa, con la quale cifrerà il messaggio. Negoziazione iniziale delle chiavi Lo scambio delle chiavi asimmetriche avviene in una fase iniziale di negoziazione in cui gli utenti adottano temporaneamente una chiave di sessione simmetrica di supporto alla fase di handshake ovvero di avvio di una sessione con crittografia simmetrica per negoziare la chiave di sessione, il protocollo e gli altri aspetti della connessione cifrata. La chiave di sessione è temporanea e "usa e getta": non appena è definito tutto ciò che riguarda la connessione cifrata, inizia lo scambio con crittografia a chiave asimmetrica, e la chiave di sessione non è più utilizzata: se la chiave privata di un utente viene compromessa o perde la sua segretezza, è possibile derivare la chiave di sessione e tramite questa la chiave privata scambiata dall'altro utente, e decifrare l'intera comunicazione. Per evitare questo rischio, la Forward secrecy, genera la chiave di sessione a partire da una chiave a lungo termine, diversa da quella pubblica e privata degli utenti. Firma digitale Oltre alla cifratura dei dati di una comunicazione, la crittografia asimmetrica presenta altri possibili impieghi: firma digitale per verificare l'autenticazione del mittente e l'integrità informativa del messaggio, fornire una condizione di ending e per i programmi che tentano la forzatura delle chiavi. Un utente può firmare un messaggio utilizzando la propria chiave privata; per far ciò, viene creata un'impronta (digest) del messaggio da firmare e questa, criptata con la chiave privata, rappresenta la firma ed è inviata assieme al messaggio (l'impronta, generata per mezzo di un algoritmo di Hash, è tale che varia sensibilmente al minimo variare del messaggio). Tutti i destinatari del messaggio possono verificare l'integrità del messaggio stesso e l'autenticazione dell'autore/mittente creando, a partire dal messaggio ricevuto, un'impronta (o digest, utilizzando in maniera simmetrica la stessa funzione hash utilizzata dall'autore del messaggio) e confrontandola poi con quella ricevuta assieme al messaggio e decifrata con la chiave pubblica del presunto autore: se le due impronte risultano identiche il messaggio è integro, ovvero non ha subito modifiche da parte di terzi (ad esempio attraverso attacchi del tipo man in the middle) da quando l'autore a monte l'ha firmato. Il mittente "attacca" l'hash in fondo al messaggio. Può allora scegliere se codificare (firmare) con la propria chiave privata tutto l'insieme (messaggio e hash), oppure lasciare il messaggio in chiaro e cifrare con la chiave privata solo l'hash. In entrambi i modi, chiunque decodifichi con la chiave pubblica del mittente è certo che sono autenticati il mittente e il contenuto del messaggio (volendo si può aggiungere anche una marca temporale che certifica anche il momento di invio e di ricezione). La firma digitale fornisce anche una condizione di termine per i programmi che tentano di forzare la cifratura. Tali programmi tentano di ricostruire la chiave privata del destinatario per leggere il messaggio. Il programma ha come riferimento la firma digitale del messaggio, o meglio la decifra con la chiave pubblica del mittente e utilizza l'hash. Il programma propone n chiavi private, per ognuna decifra il messaggio, ne calcola l'hash e lo confronta con quello ricavato dalla firma digitale: se coincidono, è stata trovata la chiave privata giusta ed è visibile il contenuto del messaggio originale. Problematiche di sicurezza La sicurezza di alcuni sistemi di crittografia può essere verificata sulla base della difficoltà computazionale presunta di un problema matematico, come ad esempio la fattorizzazione di un numero intero oppure il calcolo di logaritmi discreti. Si noti che "sicuro" qui ha un significato matematico preciso, e ci sono diverse definizioni di ciò che significa per uno schema di crittografia essere "sicuro". Un messaggio che un mittente cifra con la chiave pubblica del destinatario può essere decifrato solo con la chiave privata associata, che in questo caso è la chiave privata del destinatario. Ciò è utile nella pratica solo se non è stato scoperto nessun difetto nell'algoritmo utilizzato. Un'applicazione della crittografia a chiave pubblica è la firma digitale. I sistemi a firma digitale possono essere utilizzati per l'autenticazione del mittente e per il non ripudio. Il mittente calcola la firma digitale per il messaggio che deve inviare e invia la firma (contemporaneamente al messaggio) al destinatario previsto. Le politiche della firma digitale sono tali che le firme possono essere calcolate solo con la conoscenza della chiave privata corretta. Per verificare che un messaggio è stato firmato da un utente e non è stato modificato, il ricevente deve solo conoscere la corrispondente chiave pubblica. In altri casi (ad esempio RSA), un singolo algoritmo può essere utilizzato per cifrare e creare firme digitali. In altri casi (ad esempio DSA), ogni algoritmo può essere utilizzato solo per uno scopo specifico. Per ottenere l'autenticazione e la confidenzialità, il mittente deve includere il nome del destinatario del messaggio, usando la chiave privata, e quindi cifrare sia il messaggio che la firma utilizzando la chiave pubblica del destinatario. Queste caratteristiche possono essere usate per costruire molti protocolli e applicazioni crittografiche, come ad esempio: pagamenti online, protocolli non-ripudio, ecc. In realtà, il problema della sicurezza riguardante la segretezza della comunicazione non è del tutto risolto con questo tipo di crittografia, in quanto passibile di attacchi di tipo man in the middle: non si può essere certi infatti che la chiave (per esempio una chiave presente sul keyserver) appartenga davvero alla persona nominata nell'intestazione della chiave stessa, apportando così attacchi di tipo spoofing in assenza di un meccanismo di autenticazione tra le parti in causa. Una soluzione resta sempre il contatto fisico tra i due interlocutori, i quali, scambiandosi le chiavi pubbliche hanno una reciproca autenticazione. PGP, il primo sistema crittografico di massa che si avvale delle idee della crittografia asimmetrica consiglia, dopo essersi scambiati le chiavi per e-mail o altro mezzo, di telefonarsi e di leggersi i fingerprint (letteralmente "impronte digitali"), ovvero un codice (codice di hash) associabile in modo sicuro alla chiave stessa, ma da cui non si può ricavare la chiave; in questo modo, riconoscendo le rispettive voci, si certifica anche la validità della chiave ottenuta. Un altro problema da non escludere è quello dell'effettiva protezione della chiave privata: questa, infatti, risiede nel disco rigido del proprietario ed è generalmente cifrata con una password (quindi con crittografia simmetrica). Data la relativa semplicità di accesso alla chiave (basta inserire una password per "sbloccarla"), con particolari trojan/keylogger programmati ad-hoc è quindi possibile ricavare dal PC della vittima sia il file contenente la chiave privata sia la password per utilizzarla, violando a tutti gli effetti l'efficienza della crittografia asimmetrica. Esempi Esempi di tecniche a chiave pubblica ben considerati sono Diffie-Hellman DSS (Digital Signature Standard), che incorpora il Digital Signature Algorithm ElGamal Rabin Crittografia a curve ellittiche Password-authenticated key agreement Paillier cryptosystem RSA (PKCS) HFE (Equazioni a Campi Nascosti) Kyber Esempi di algoritmi non sicuri Merkle-Hellman l'algoritmo dello zaino Algoritmo del puzzle (solo istruttivo) Algoritmo Blum-Goldwasser Esempi di protocolli che usano algoritmi di chiave asimmetrica GPG (un'implementazione di OpenPGP) Internet key exchange (IKE) PGP SSH TLS (ex SSL) SILC Note Voci correlate Crittografia funzionale Crittografia simmetrica Differenza tra cifratura simmetrica e asimmetrica Distribuzione a chiave quantistica Firma digitale Key signing party OpenPGP Public key infrastructure vs Web of trust S/MIME Trusted computing Altri progetti Collegamenti esterni Cos'è la crittografia? brevi note di Paolo Caressa (2005) Crittografia
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https://it.wikipedia.org/wiki/Crivello%20di%20Eratostene
Crivello di Eratostene
Il crivello di Eratostene è un antico algoritmo per il calcolo delle tabelle di numeri primi fino a un certo numero prefissato. Questo principio deve il proprio nome al matematico Eratostene di Cirene, che ne fu l'ideatore. È ancora utilizzato come algoritmo di calcolo dei numeri primi da molti programmi per computer, per via della sua semplicità. Pur non essendo del tutto efficiente, infatti, è in compenso piuttosto semplice da tradurre in un qualsiasi linguaggio di programmazione. Algoritmo Il procedimento è il seguente: si scrivono tutti i numeri naturali a partire da fino in un elenco detto setaccio. Poi si cancellano (setacciano) tutti i multipli del primo numero del setaccio (escluso lui stesso). Si prende poi il primo numero non cancellato maggiore di e si ripete l'operazione con i numeri che seguono, proseguendo fino a che non si applica l'operazione all'ultimo numero per il quale c'è ancora almeno un suo multiplo. I numeri che restano sono i numeri primi minori o uguali a . È come se si utilizzassero dei setacci a maglie via via più larghe: il primo lascia passare solo i numeri non multipli di , il secondo solo i non multipli di , e così via. Nel caso , ad esempio, il procedimento di setacciatura si conclude con il numero perché è il massimo primo il cui quadrato non supera e si può provare che il procedimento di setacciatura per ricercare i primi fino a un certo numero cessa sempre quando si supera la radice quadrata di . Infatti ogni numero del setaccio iniziale, contenente tutti i numeri naturali non superiori a un dato , cade dal setaccio che corrisponde al più piccolo dei suoi divisori primi. Se indichiamo con il più piccolo divisore primo di si ha: Se ne deduce che , da cui è sempre minore o uguale alla radice quadrata di . Una implementazione dell'algoritmo di Eratostene in Haskell che calcola l'n-esimo numero primo: -- Una lista infinita di numeri primi prodotta -- attraverso il metodo del crivello di Eratostene. crivello :: [Int] crivello = crivello' [2..] where crivello' :: [Int] -> [Int] crivello' (p:ps) = p : crivello' [i | i <- ps, mod i p /= 0] crivello' _ = undefined -- Estrai il n-esimo numero primo. eratostene :: Int -> Int eratostene n = crivello !! n Esempio Per trovare tutti i numeri primi minori di , si può procedere come segue: Scrivere la lista di tutti i numeri interi da a : 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Cancellare dalla lista i multipli di : 2 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 Il primo numero della lista dopo il è il ; cancellare dalla lista i multipli di : 2 3 5 7 11 13 17 19 23 25 29 Il primo numero della lista dopo il è il ; cancellare dalla lista i rimanenti multipli di : 2 3 5 7 11 13 17 19 23 29 Il primo numero della lista dopo il è il : non essendoci più suoi multipli, i numeri restanti sono i numeri primi che cercavamo. Altri progetti Collegamenti esterni Algoritmi per la matematica Scienza ellenistica Numeri primi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cordofoni
Cordofoni
I cordofoni, detti anche strumenti a pizzico, sono una classe di strumenti musicali in grado di produrre un suono mediante la vibrazione prodotta da una o più corde di cui sono dotati. La vibrazione si può ottenere: percuotendo le corde (es. pianoforte); pizzicandole con le dita, l'unghia delle dita, plettri (es. chitarra) o attraverso meccanismi azionati da tastiere che inducono il pizzico sulla corda (es. clavicembalo); strofinandole con archetti (es. violino) o ruote (es. ghironda); facendole lambire dal vento (es. arpa eolica). Suddivisione Gli strumenti cordofoni si suddividono in: cordofoni semplici che si possono considerare completi col solo supporto che mantiene fisse e tese le corde, ma possono essere dotati di risuonatore (con la funzione di amplificare il suono) che viene aggiunto (ad esempio: cetre a bastone, a zattera, tubolari, a tavola, a ciotola, a cornice); cordofoni composti, in cui può essere presente una cassa armonica (risuonatore) che è tutt'uno con lo strumento. A seconda della posizione reciproca tra corde e piano del risuonatore i cordofoni compositi si distinguono in: liuti (tra questi liuti arcuati, liuti a giogo o lire e liuti a manico). A parte le lire, nei liuti la struttura esterna al risuonatore è un manico (diritto o incurvato) e le corde corrono parallele al manico e al piano del risuonatore. Nei liuti a manico, come anche in altri strumenti a corde, si possono trovare la "tastiera" che consente di determinare l'altezza della nota da eseguire, il ponte che consente di tendere le corde sullo strumento e i piroli (bischeri) o le chiavette o le meccaniche (a seconda del tipo di strumento) con cui può essere regolata la tensione delle corde, allo scopo di accordare lo strumento. arpe nelle quali il piano delle corde taglia perpendicolarmente il piano del risuonatore. arpe liuto (es. kora africana), nelle quali le corde partono con andamento parallelo al piano del risuonatore, ma sono fissate al manico in modo che si dispongano perpendicolari al piano del risuonatore. Per realizzare le corde si utilizza l'acciaio, il bronzo, il nichel, il nylon, crini di cavallo o il budello, ricavato dall'intestino di bovini o ovini; in cordofoni semplici come le arpe eoliche si usa la seta. : veniva tesa una corda fra le estremità di un'asta di legno flessibile (arco musicale: cetra a bastone flessibile), formando una struttura molto simile a quella di un arco ed è molto probabile che inizialmente venissero utilizzati gli stessi archi da caccia. Soltanto in seguito lo strumento venne dotato di un risuonatore ottenuto da materiali cavi, come noci di cocco svuotate, altra frutta dal rivestimento duro, ma anche zucche tagliate a metà o altri oggetti che si prestassero ad amplificare il suono prodotto dal pizzicamento delle corde, dalla percussione con bastoni appositi (magari muniti di sonagli) o dallo sfregamento di queste con un altro arco di dimensioni ridotte, abbozzo del moderno archetto. A corde strofinate (con archi o ruote) In questi strumenti, le corde vengono fatte vibrare venendo strofinate da un archetto di legno con crini di cavallo spalmati di pece. Gli strumenti cordofoni ad arco: Lirone Viella Violino Viola Viola da gamba Viola d'amore Viola d'amore a chiavi Viola di bordone Viola pomposa Violoncello Violoncello barocco Violone Contrabbasso Ottobasso Dilruba Sarangi Ghironda non usa un arco ma una ruota - a corde strofinate Tromba marina Ravanastron Morin khuur A corde pizzicate Negli strumenti musicali di questo tipo, la generazione del suono è prodotta dalla vibrazione di una corda, innescata pizzicandola con un plettro o con le dita dell'esecutore. Anche gli strumenti ad arco possono essere suonati pizzicando le corde. Gli strumenti cordofoni a corde pizzicate sono: Arciliuto Arpa Arpa celtica Arpa eolia (corde messe in vibrazione dal vento) Arpa liuto Baglamas Bandolina Bandolim Bandurria Balalaica Banjo Basso acustico Basso elettrico Beartrax Bouzouki Cavaco Cavaquinho Cetra Charango Chardha Chitarra Chitarra elettrica Chitarrone Cigar box guitar Clavicembalo Cuatro Dombura Dulcimer Ektara Guitarra portuguésa Guitarrón Gusli Guzheng Kacapi Kora Koto Lap steel guitar Laud Lira Liuto Mandola Mandola Celtica Mandolino Moodswinger Oud Pedal steel guitar Requinto Ronroco Sarod Salterio Saz Shamisen Sitar Steel guitar Sueng Sharki Tiorba Tiple Tres Ukulele Veena Vihuela Viola braguesa (o guitarra braguesa) Viola caipira Viola machete Violão 7 cordas Viola de cabaça Yueqin A corde percosse Possono essere percosse manualmente da particolari battenti, oppure attraverso martelletti azionati da una tastiera (come nel clavicordo, nel fortepiano o nel pianoforte). In alcuni è presente un dispositivo che solleva il martelletto dopo la percussione, per liberare la corda e lasciarla vibrare naturalmente. Negli altri strumenti, dove questo dispositivo non è applicato, è il martelletto a determinare l'altezza della nota prodotta, relativamente al punto in cui colpisce la corda. Alcuni strumenti a corde percosse sono: Cimbalom, dulcimer Clavicordo Fortepiano Pianoforte Chapman Stick Berimbao Gardon Chitarra Warr Bibliografia Erich Moritz von Hornbostel, Curt Sachs, Zeitschrift für Ethnologie, vol. 46, pp. pp. 553–90. 1914. Voci correlate Strumento musicale Aerofoni Elettrofoni Idiofoni Membranofoni Altri progetti Collegamenti esterni
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https://it.wikipedia.org/wiki/Chitarra
Chitarra
La chitarra è uno strumento musicale cordofono a pizzico, normalmente a sei corde, che può essere suonato con i polpastrelli o con un plettro, pizzicando le corde con la mano dominante, premendo contemporaneamente le corde selezionate contro i tasti con le dita della mano opposta. Storia La chitarra moderna ha origine dalla chitarra barocca che a sua volta deriva dallo strumento medievale a cinque corde chiamato quinterna. I primi liuti persiani erano montati con sole 4 corde di fili di seta. Le prime chitarre medievali avevano quattro corde come pure il liuto: la parola 'chitarra' deriva in ogni caso dalla parola greca kithára, che identificava però la cetra, che è appunto l'antenato della chitarra; la parola fu poi traslitterata nel latino cithara, da cui derivano i termini guiterne (quinterna), Gittern, citola e chitarra. Lo strumento più antico ritrovato simile a una chitarra ha 3500 anni ed è stato scoperto nella tomba egizia di Har-Mose Sen-Mut. A sua volta le radici vanno trovate nel setar persiano (Iran) e nella citara. Dalla seconda metà del XVII secolo fino alla metà del XIX secolo, con i progetti e le innovazioni apportate in Spagna da Antonio de Torres, si ha la nascita del prototipo della chitarra classica moderna. La conseguente diminuzione della sonorità, data dal fatto che si passa a sei corde semplici dalle dieci (cioè 5 corde doppie chiamate cori) o dodici corde (6 corde doppie) in uso sulla chitarra barocca, fu compensata dall'allargamento della cassa e dall'apertura completa della buca in mezzo alla tavola armonica La chitarra a sei corde sostituì la chitarra barocca perché più facile da maneggiare e suonare e con una struttura più robusta. Questo passaggio dalla chitarra barocca a quella moderna può essere paragonato alla sostituzione della viola da gamba con il violoncello Le prime chitarre a sei corde Alla fine del XVIII secolo i liutai napoletani furono i primi a produrre chitarre a sei corde: erano di dimensioni piuttosto ridotte, costruite in acero o legni da frutto. La chitarra napoletana più antica che conosciamo è del 1764 di Antonio Vinaccia, appartenente a una longeva famiglia di liutai napoletani. Lo strumento è interessante perché presenta quasi tutte le caratteristiche della chitarra moderna. Subito dopo anche in Spagna la chitarra a 6 corde cominciò ad affermarsi soprattutto a Malaga e a Siviglia. Anche in Francia, verso il 1820, fiorisce questa caratteristica grazie al liutaio Renѐ François Lacôte molto apprezzato da famosi chitarristi del suo tempo: Fernando Sor e Ferdinando Carulli. A Cremona, Carlo Bergonzi, attivo dal 1780-1820, costruisce alcune interessanti chitarre a 6 corde. L'innovazione di Antonio de Torres I primi strumenti costruiti da Antonio de Torres arrivati a noi sono del 1854 e hanno già tutte le caratteristiche della chitarra classica moderna. De Torres fu il primo a concentrare la propria attenzione sulla tavola armonica, aumentandone la superficie e disponendo il ponticello nel punto di massima larghezza. Dispose tre catene trasversali, due sopra e una sotto la buca; nella parte sotto il ponte si trovano sette raggi simmetrici disposti a ventaglio. Nel 1862 costruì una chitarra con fasce e fondo di cartone per dimostrare le sue tesi sull'importanza della tavola armonica e dall'incatenatura. Torres fissò le misure moderne del manico e della tastiera e la forma del ponte. Christian Frederik Martin e la chitarra folk Christian Frederik Martin, liutaio tedesco, dopo aver imparato l'arte della liuteria presso la bottega della grande famiglia di liutai Stauffer a Vienna, nel 1833 si trasferisce a New York da Mark Neukirchen e affitta un negozio (precisamente a Hudson Street 196) per la sua attività di rivenditore, grossista e importatore di strumenti Qui si dedica alla riparazione di vari strumenti in legno e alla creazione di sue chitarre acustiche, strutturate secondo il modello Legnani di Stauffer e con corde di budello Nel 1920 la liuteria Martin (con la nuova azienda a Nazareth, in Pennsylvania nel 1838) cominciò a costruire chitarre con corde in acciaio, grazie alla forte richiesta dei musicisti country. Questo aumento di tensione, dato dalle corde in acciaio, richiese forti adeguamenti alla struttura della cassa, adattando la speciale incatenatura della tavola ad "X" (già sviluppata verso il 1850). Questa incatenatura è ancora utilizzata nella maggior parte delle chitarre folk adesso in uso. La nascita della chitarra elettrica La storia della chitarra elettrica iniziò quando si avvertì l'esigenza di uno strumento che avesse alcune caratteristiche proprie della chitarra (specialmente per quanto attiene alle modalità di esecuzione), ma che potesse suonare insieme agli altri senza esserne sovrastato dal volume di suono. Orville Gibson era un abile liutaio specializzato in mandolini e chitarre. Sperimentò dei mandolini basandosi sulle progettazioni dei violini e dal 1890 applicò questa tecnica anche sulle chitarre, producendo strumenti a cassa arcuata e a buca ovale utilizzando corde d'acciaio al posto di quelle di budello per ottenere una maggiore potenza sonora, così che la chitarra non venisse sovrastata dagli altri strumenti nei complessi blues. Creò così l'odierna chitarra archtop. Lloyd Loar, progettista alla Gibson dal 1920 al 1924, condusse i primi esperimenti mediante l'adozione di rilevatori in prossimità delle corde. Il concetto di chitarra elettrica deve però molto alle intuizioni di Adolph Rickenbacker, che nel 1931 realizzò il primo pick-up elettromagnetico (un dispositivo elettronico in grado di trasformare le vibrazioni delle corde in impulsi di tipo elettrico) e iniziò ad applicarlo ai normali strumenti acustici, creando una chitarra lap steel chiamata frying pan guitar, in due modelli (A22 e A25). Nel 1935 la Gibson iniziò la produzione del modello ES 150, una chitarra semiacustica con cassa di risonanza, aperture a "f" sulla tavola e un unico pick-up. Il modello riscosse un grande successo. Finalmente la chitarra, grazie all'amplificazione, poteva inserirsi meglio nelle formazioni del tempo, senza essere sovrastata dal volume degli altri strumenti. Molti si cimentarono nella costruzione di chitarre elettriche, limitandosi di fatto ad amplificare il suono di strumenti acustici. Se da una parte la presenza di una cassa armonica combinata a un pick-up produceva un suono pastoso e ricco di armoniche, dall'altra presentava una serie di svantaggi, tra cui il più fastidioso era l'effetto noto come feedback acustico. La cassa dello strumento entrava in risonanza (effetto Larsen) con il suono emesso dall'amplificatore, creando echi, armonici e fischi di difficile gestione, col risultato di un suono sgradevole di difficile definizione. Nel 1941 Les Paul, chitarrista e inventore, crea nei laboratori Epiphone un prototipo, detto The Log, ideato per ovviare al problema del feedback. Esso consisteva in un manico di chitarra acustica attaccato a un blocco di legno massiccio su cui erano installate le parti elettriche, e ai cui lati erano fissati le due "ali" di una chitarra acustica a forma di otto. Les Paul propose l'idea alla Gibson che la rifiutò. Nel 1948 Leo Fender, tecnico progettista di amplificatori, dà una svolta definitiva e crea la Broadcaster, una chitarra con due pick-up single coil miscelabili e con il corpo pieno in legno massiccio che annulla completamente le risonanze indesiderate e aumenta il sustain delle corde, sviluppando il concetto di chitarra solid body. Inoltre lo strumento di Leo Fender presenta un vantaggio fondamentale: le fasi di costruzione e assemblaggio delle parti che compongono lo strumento sono molto semplificate. Questo si traduce nella possibilità di automatizzare il processo di produzione e di conseguenza produrre gli strumenti in serie, con costi notevolmente più contenuti. Il successo è enorme, tanto che la Broadcaster, divenuta poi Telecaster, viene prodotta dalla Fender ancor oggi. La struttura e le sue parti Nella chitarra ci sono due sistemi che concorrono al funzionamento dello strumento: un sistema di produzione e amplificazione del suono e un sistema del sostegno. Una buona chitarra deve avere un ottimo equilibrio fra questi due sistemi, deve essere elastica e deformarsi in modo controllato e nelle sezioni utili Paletta La paletta è la parte finale del manico e sostiene la meccanica dell'accordatura. Si unisce al manico in diversi modi: incollata con incastro a V o con giuntura obliqua invertita, oppure la paletta e il manico sono ricavate da un solo pezzo di legno (questo ultimo metodo è ormai poco utilizzato perché rende molto fragile il manico nel punto attacco con la paletta, dove le fibre sono inclinate. Manico Il manico sostiene la tastiera e termina con un tacco fissato alla cassa armonica. I legni utilizzati nel manico e nella paletta sono gli stessi: cedro di Cuba (Cederla Odorata con peso specifico 0,45 - 0,55), il mogano dell'Honduras (Swietenia macrophilla con peso specifico 0,58 - 0,75) e più raramente di acero. Capotasto Si trova nella parte estrema della tastiera e rappresenta il punto iniziale della parte vibrante della corda. Nelle chitarre più pregiate il materiale del capotasto è di avorio oppure di osso, nelle chitarre più economiche solitamente è di plastica. Tastiera La tastiera è il supporto dei tasti e solitamente è di legno duro come palissandro o ebano per sopportare lo strofinamento continuo delle dita e delle corde. Dopo che il manico è stato unito a livello della cassa, il liutaio incolla la tastiera che percorre la parte del manico e parte della tavola armonica fino alla buca. La larghezza della tastiera varia da chitarra a chitarra. Generalmente nella chitarra classica si ha una tastiera molto larga e si stringe nelle chitarra folk ed elettriche. Tasti I tasti sono composti da una lamina inserita nel legno e la parte esterna con la sezione a semicerchio. Il materiale dei tasti è l'alpacca, una lega molto resistente alla corrosione. La posizione dei tasti si può ottenere matematicamente con la "Regola del diciotto" (più precisamente 17,835). Questa formula si applica nel seguente modo: Si divide la lunghezza del diapason della chitarra per 17,835, in questo modo si trova la larghezza del primo tasto cioè, la distanza tra il capotasto e la prima lamina inserita nel manico. Per calcolare la distanza tra il primo tasto e il secondo, si divide la lunghezza rimasta (dall'osso al primo tasto) e la si divide per 17,835. Si continua così per ogni tasto, ottenendo tasti in proporzione sempre più piccoli. Qui sotto una tabella che rappresenta la tastiera e le note che possiamo trovare su ogni singola corda, come possiamo notare su ogni corda troviamo tutte le note della scala cromatica: Tastini Oltre alla dizione "tasto" (fret in inglese) è a volte utilizzata anche quella di tastino (raramente "sbarretta"). Di conseguenza è anche impiegato il termine tasto, non per indicare il tastino, ma per designare la porzione di tastiera delimitata da due tastini adiacenti. Ad esempio, in questi casi, il 2° tasto è l'area di tastiera delimitata dal 2° e 3° tastino (il 1° tastino, per convenzione, è il capotasto). L'action (azione) è la distanza tra la corda e il tastino. I tastini in commercio sono di diverse forme e altezze. Corde Nel passato le corde erano di minugia (budella di ovini) o di metallo. Nella seconda metà degli anni 40, con l'avvento delle fibre sintetiche, la minugia è stata quasi interamente sostituita da corde di nylon che permisero di aumentarne la tensione e quindi amplificare il suono della chitarra. Questa ricerca di maggior volume ha riguardato tutti gli strumenti alla fine del XVIII secolo in poi, e ha portato alla nascita della chitarra classica in Europa, della chitarra folk in America (grazie a Christian F. Martin) con le corde in acciaio, fino a dare origine alla chitarra elettrica. Nella chitarra classica si hanno le prime tre corde (mi, si, sol) in plastica e le altre tre (re, la, mi) hanno un'anima in nylon multifilamento o seta, avvolta da un filo di rame argentato. Cassa armonica La cassa armonica è la parte della chitarra che ha la funzione di sostenere e amplificare il suono delle corde. È composta dalle fasce, dal fondo e dalla tavola armonica. Fasce e fondo Le fasce e il fondo sostengono la tavola armonica e riflettono il suono. Le fasce sono composte da due asticelle di legno dallo spessore di circa 2 mm piegate a caldo per seguire la forma della tavola armonica; sono incollate al manico a un'estremità e dalla parte opposta a un blocchetto di legno. Il fondo è costituito da due assicelle di legno dallo spessore di circa 3 mm aperte a libro e incollate tra di loro. È rinforzato da 3 o 4 catene di abete trasversali. I legni utilizzati per queste parti sono generalmente duri: palissandro brasiliano o indiano, mogano, ovangkol, koa, sapele, acero ed ebano tra i più utilizzati. Tavola armonica La tavola armonica è composta da due assicelle di legno morbido dalla spessore di circa 2,5 mm aperte a libro e incollate tra di loro. Il suono della chitarra dipende soprattutto dalla qualità del legno utilizzato per la tavola: abete maschiato il più utilizzato delle chitarre da concerto e il Cedro rosso. Nella parte che sta all'interno della cassa vi sono applicate delle catene, formate da listelli di abete intagliati, che hanno la funzione di sostenere strutturalmente la sottile e fragile tavola armonica e di distribuire l'energia trasmessa dal ponte a tutta la parte inferiore della tavola stessa. L'incatenatura, cioè la disposizione delle catena, influisce in modo importante sulla qualità del suono e ogni costruttore, secondo la propria esperienza e gusto, sceglie il proprio disegno e disposizione Ponte Il ponte, o ponticello, è incollato sulla tavola armonica; la sua funzione è di trasmettere le vibrazioni delle corde alla cassa armonica. Il diapason e l'altezza delle corde sulla tastiera dipendono da dove è posizionato il ponte. Il materiale migliore per il ponte è l'ebano perché con la sua densità prolunga il suono dato dalle vibrazioni della corda. Altri legni utilizzati sono palissandro e mogano. Osso L'osso è una sbarretta, solitamente di colore bianco, e può essere di diversi materiali: avorio, osso o plastica. Incastrato nella parte anteriore del ponte, è mobile ed è tenuto fermo dalla pressione delle corde. Permette di regolare facilmente l'altezza delle corde sulla tastiera Accordatura La chitarra di tipo spagnolo o andaluso ha sei corde, ma spesso esistono delle variazioni; ad esempio in Brasile è diffuso un tipo di chitarra a sette corde. Un'altra variazione comune è la chitarra a dodici corde, che però porta la medesima accordatura replicata in ottava da corde accoppiate più sottili. L'accordatura più comune, nota come accordatura spagnola o accordatura standard, è mi-si-sol-re-la-mi, dalla corda più acuta alla più grave o, nell'uso anglosassone, E-B-G-D-A-E. Questa accordatura, in cui l'intervallo tra due corde adiacenti è di una quarta giusta (tranne che tra seconda e terza corda, che distano di una terza maggiore), si è imposta per ragioni storiche e perché forniva un buon compromesso nelle posizioni per formare accordi. Esistono anche accordature aperte, ad esempio l'accordatura sarda, in cui le corde a vuoto suonano un do maggiore, e le accordature alternative. Queste accordature vengono usate in alcuni particolari generi musicali e sono spesso prescritte dai compositori per l'esecuzione di singoli brani. Diapason Il diapason è la lunghezza totale della corda vibrante a vuoto e si misura dal lato interno del capotasto al punto in cui la prima corda (Mi cantino) entra in contatto con l'osso del ponte. Una prima divisione tra le chitarre riguarda proprio il diapason , vi sono infatti tipi di chitarre dette 1/2, 3/4, 4/4, baritono, tenore, ecc. Va, in ogni caso, tenuto presente che anche tra le chitarre di taglia normale (4/4) il diapason presenta una certa variabilità: ad esempio, nell'ambito delle chitarre classiche di attuale produzione, il diapason standard misura 650 mm, ma spesso i modelli di livello medio-alto o alto si possono ottenere, in alternativa, con diapason più lungo o più corto: 664 mm; 660, 640, 630 mm; 660 o 640; 655 mm. Nelle chitarre acustiche il diapason varia da 610 mm a 660 mm. La tensione aumenta proporzionalmente rispetto alla lunghezza dalla corda. Le chitarre possono essere suddivise innanzitutto in due grandi categorie, a seconda del modo in cui viene amplificato il suono delle corde in vibrazione: tramite la cassa armonica (chitarre acustiche); oppure tramite microfoni o pickup magnetici, che convertono le vibrazioni delle corde in segnali trasmessi a un amplificatore (chitarre elettriche). Tipi di chitarre Chitarre acustiche Le chitarre acustiche presentano un corpo vuoto chiamato cassa armonica. L'energia delle corde viene trasmessa dal ponte alla cassa. La tavola armonica vibra per simpatia con le vibrazioni delle corde e la cassa armonica ne amplifica il suono. Chitarra classica Le tre corde più sottili sono in plastica; le tre più grosse sono di nylon rivestito di metallo, o talvolta di seta rivestita di metallo. In passato, le corde erano di budello di agnello. L'amplificazione è ottenuta per risonanza dal corpo vuoto a forma di otto (la cassa armonica), mentre la tavola superiore è responsabile dello spostamento d'aria. Il cavigliere (o paletta) è leggermente inclinato all'indietro. Secondo la posizione tradizionale usata per la musica classica, questo tipo di chitarra si suona da seduti, con le dita, poggiando lo strumento sulla gamba sinistra, leggermente rialzata tramite un apposito poggiapiede. Si possono anche trovare chitarre classiche a spalla mancante per facilitare lo spostamento nelle zone più alte della tastiera, e amplificate. Le chitarre flamenco sono molto simili per costruzione; hanno una protezione di plastica trasparente sopra e sotto la buca (detta golpero) per garantire l'integrità del sottile legno della tavola armonica dai colpi con le dita caratteristici di questo stile (vedi golpe e rasgueado). Chitarra folk Le chitarre folk o chitarre acustiche hanno solitamente sei corde. A volte sono "a spalla mancante" (in inglese cutaway), cioè è presente una rientranza sul margine inferiore della cassa armonica, per consentire di raggiungere i tasti più alti. Possono essere amplificate o elettrificate, ovvero munite di un sistema per amplificarne fedelmente il suono che comprende generalmente pickup solitamente piezoelettrici o magnetici ed eventualmente microfoni, con attacco jack per collegare direttamente lo strumento a un impianto PA o a un amplificatore. La chitarra folk ha vari formati di cassa armonica: dai modelli piccoli detti "parlor" ai più grandi come la "Dreadnought". Ha un manico rinforzato con un'asta di ferro all'interno (detta truss rod) per resistere alla maggiore tensione dovuta alle corde metalliche; essa è di solito regolabile e consente così di modificare la curvatura del manico a seconda delle preferenze di chi suona. La si può trovare in tutti i generi moderni, come il folk, il blues, il rock, la fusion, nei balli tradizionali (es. country), ecc. Le corde metalliche conferiscono un suono brillante e pulito e vengono suonate con il plettro, con le dita (fingerstyle), o anche con dita e plettro contemporaneamente. Esistono versioni con spalla mancante (cutaway) per consentire un migliore accesso ai tasti delle note più alte, e versioni elettrificate per amplificare il suono direttamente senza l'ausilio di microfono esterno.Appartiene a questo tipo la chitarra battente (o chitarra italiana) La Gibson cominciò a produrre chitarre folk dagli anni trenta, con cassa grande detta "Jumbo" in concorrenza alle Martin Dreadnought. Chitarre multicorde Una delle prime chitarre a 10 corde fu pensata dal chitarrista Ferdinando Carulli assieme al liutaio francese René Lacôte nei primi dell'Ottocento. Le cinque corde più acute avevano la possibilità di essere tastate, mentre le altre cinque venivano usate come corde a vuoto per i bassi. Con l'aiuto di una macchinetta applicata sulla paletta si poteva alterare di un semitono l'accordatura di alcune corde a vuoto (precisamente do, fa e sol; decima, settima e sesta corda) avendo la possibilità di più bassi. Fra le possibili variazioni vi è il violão 7 cordas brasiliano, dove la settima corda, più grave del mi basso, si accorda si oppure do. Esistono le chitarre a otto corde utilizzate negli anni quaranta, usate in ambito jazz e, in tempi più recenti, utilizzate massicciamente da chitarristi di generi più aggressivi come hard rock e metal. Vi sono chitarre classiche a dieci, undici, dodici, quattordici o diciotto corde (corde non doppie). Chitarra a 12 corde La chitarra a dodici corde (da non confondersi con la chitarra multicorde a dodici corde singole), ha sei coppie di corde montate a due a due, con le corde di ogni coppia molto vicine. Viene usata molto nel folk (es. nel fado), nel rock and roll, nella fusion, ma anche in tutti gli altri generi moderni, poiché il suo suono è molto intenso. Le due coppie di corde più acute vengono accordate all'unisono, le restanti con un'ottava di intervallo. Si suona come una normale chitarra a sei corde, con la differenza che si premono due corde alla volta con un dito; data l'intensità del suono si presta molto bene all'accompagnamento ma un po' meno all'uso solista. Può essere di tipo folk o elettrico, esclusivamente a corde metalliche; come nei corrispondenti modelli a sei corde è provvista di truss rod, spesso doppio per sopportare la maggiore tensione delle corde. Chitarra resofonica Le chitarre a risonatore metallico, conosciute anche come National o Dobro, furono costruite negli anni venti dai fratelli Dopyera, fondatori della National Guitar Company e successivamente della Dobro Company (nel 1934 avvenne la fusione di queste due società). Queste chitarre hanno un suono molto forte dall'inconfondibile timbro tagliente e metallico. Le vibrazioni delle corde sono trasmesse dal ponte a un piatto di metallo che si comporta da risonatore e amplifica il suono. Possono essere con la cassa armonica interamente di metallo con il risonatore a cono, come le prime chitarre National, oppure come le prime chitarre Dobro con la cassa in legno e il risonatore a forma di ciotola in metallo. Chitarra elettrica La chitarra elettrica è un tipo di chitarra in cui la vibrazione delle corde viene rilevata da uno o più pick-up magnetici che la trasformano in un segnale che viene convogliato in un amplificatore acustico, che rende udibile il suono dello strumento. Il tipo delle chitarre elettriche vede quelle a corpo solido (solid body), senza cassa acustica, e le semiacustiche hollow body (corpo cavo), o semi-hollow body. Solid body Nella chitarra solid body il suono è prodotto da pickup magnetici che convertono le vibrazioni delle corde in segnali trasmessi a un amplificatore che funziona a corrente elettrica. La cassa armonica non è quindi necessaria e infatti le chitarre elettriche hanno nella maggioranza dei casi un corpo pieno e rigido; il suono acustico in questo caso è molto debole e poco percepibile. Le corde sono necessariamente metalliche e il manico è quindi rinforzato da truss rod. È usata massicciamente nel blues, nel rock and roll, nel country, nel jazz, nel jazz-rock e nel metal. Chitarre "semiacustiche" Le chitarre dette "semiacustiche" sono chitarre elettriche, amplificate quindi tramite pick-up magnetici, ma con cassa di risonanza e con due buche laterali a "f", simili a quelle degli strumenti ad arco: il suono è principalmente elettrico, ma con dinamiche che ricordano quelle di una chitarra acustica; storicamente è il primo tipo di chitarra elettrica, derivata dalle archtop acustiche degli anni venti; è il tipo di chitarra elettrica di solito preferita nel jazz e nel rhythm and blues. Chitarre acustiche elettrificate Le chitarre acustiche elettrificate sono chitarre acustiche che montano sistemi elettronici (di solito trasduttori piezoelettrici o microfoni) per riprodurre il loro suono, generato acusticamente, anche attraverso un impianto audio o un amplificatore e consentire quindi di rendere il suono chiaro e udibile anche in grandi ambienti occupati da molte persone. Chitarre elettriche "a piezo" Le chitarre elettriche "a piezo" sono chitarre elettriche che oltre ai pickup magnetici, o al posto di questi, hanno anche trasduttori piezoelettrici per riprodurre un suono che assuma certe caratteristiche tipiche della chitarra folk. Le tecniche Di solito, la mano destra pizzica le corde, in corrispondenza della buca, facendole vibrare, mentre la sinistra preme le corde sul manico. Fra i chitarristi mancini, alcuni usano uno strumento che è l'immagine speculare di un corrispondente destrorso (e quindi con le corde ribaltate rispetto a un destrorso), altri usano uno strumento destrorso ma rovesciato (e quindi senza mutare l'ordine delle corde), altri ancora usano uno strumento destrorso rovesciato ma con le corde ribaltate; ma vi è anche chi usa strumenti destrorsi al modo dei destrorsi. Esistono diversi modi o tecniche per suonare la chitarra. Un breve excursus fra le più famose e utilizzate vede le seguenti. Per una trattazione più vasta e approfondita si può consultare la categoria tecnica chitarristica. Slide Guitar Con slide guitar si intende in primo luogo un modo di suonare la chitarra, ovvero l'utilizzo di un pezzo di materiale sufficientemente pesante e liscio (ai tempi del blues delle origini, spesso un collo di bottiglia, in inglese bottleneck, o il manico di un coltello a serramanico) che viene fatto strisciare sulle corde senza premerle contro i tasti per ottenere un suono glissato. Il collo di bottiglia viene infilato su un dito della mano sinistra (anulare o mignolo) e fatto scorrere sulle corde, le dita rimaste libere suonano sui tasti nel modo usuale, anche se con minore libertà di movimento. A causa di questo fatto, spesso per questa tecnica sono preferite le accordature aperte, che evitano corde vuote accordate su note non appartenenti all'accordo di tonica e facilitano il modo di suonare, specialmente se si tratta di musica modale come fondamentalmente è il blues stesso. Un'altra tecnica consiste nell'appoggiare la chitarra in grembo (lap style), con la tavola armonica verso l'alto, e usare la mano sinistra unicamente con la tecnica slide: le dita afferrano l'oggetto liscio e pesante e non premono più sui tasti. In questo caso l'accordatura aperta è quasi obbligatoria. Sono quindi state realizzate chitarre apposite per essere suonate con questa tecnica: prive di tasti metallici e con le corde più rialzate rispetto a una normale chitarra, usate ad esempio nel blues e nel country. Un importante sviluppo di questo tipo di chitarra è la chitarra indiana, usata in India e ricavata da una chitarra occidentale suonata in lap style, ma con un diverso tipo di accordatura: le corde per la melodia (fondamentalmente non si usano accordi) sono tre o quattro (accordate su tonica-quinta-ottava o tonica-quinta-ottava-quarta), e vengono affiancate da una dozzina di sottili corde di risonanza accordate sulle note della scala usata. Ci sono poi due corde di bordone accordate sulla tonica, suonate spesso per ribadire il punto di riferimento fondamentale (la tonica stessa). Questa chitarra è usata esclusivamente per la musica modale. Fingerstyle Il fingerstyle (letteralmente "stile delle dita"), fingerpicking (lett. "pizzicare con le dita") o diteggiato è una tecnica usata per suonare, oltre alla chitarra, il basso e altri strumenti a corda. Viene eseguita usando le punte delle dita e le unghie al posto del plettro. Ciò che nello specifico lo differenzia dallo stile classico è l'uso del pollice della mano destra che suona il "basso alternato". Il pollice marca cioè ogni quarto della battuta suonando una nota bassa sulle due/tre corde più gravi, mentre le altre dita (indice, eventualmente accompagnato dal medio e anche dall'anulare) suonano le altre corde e sviluppano quindi, a seconda dell'arrangiamento, sia l'armonia sia la melodia. È caratteristico dei generi folk, country-jazz e blues. Viene anche usato da esponenti noti del rock and roll, come Mark Knopfler e Jeff Beck, sebbene resti una pratica poco diffusa sulla chitarra elettrica. In Italia un esponente noto di questo stile è Alex Britti. Flatpicking Il flatpicking è la tecnica di suonare la chitarra con l'utilizzo di una penna (o anche plettro). Questo è sicuramente il sistema più comunemente utilizzato da tutti, anche se comunque presenta una grande diversità di approcci. Esistono tanti modelli di plettro, differenti principalmente per dimensioni e durezza. Comunemente si utilizzano plettri morbidi per la chitarra folk e plettri duri per la chitarra elettrica, ma questa regola è naturalmente piena di eccezioni. Fra le eccezioni più note si cita il chitarrista dei Queen, Brian May, che ha trovato il suo suono ideale suonando con l'ausilio di una monetina da sei pence britannici. Shred shred è una nomenclatura che racchiude in sé l'utilizzo di varie tecniche che, se studiate accuratamente, privilegiano la velocità di esecuzione. Le più note di queste sono l'utilizzo del legato e della alternate picking ad alte velocità, lo sweep-picking, lo string skipping, l'economy picking e il tapping. Ciascuna di queste tecniche è molto conosciuta per il suo ampio utilizzo nella musica metal, ma sono utilizzate (in maniera meno virtuosistica) anche nella musica fusion, country e talvolta anche nel blues. I chitarristi più noti per la loro grande tecnica di shredding nella musica metal sono John Petrucci, Yngwie Malmsteen, Steve Vai, Joe Satriani, Michael Angelo Batio, Paul Gilbert, Jeff Loomis e Buckethead, Allan Holdsworth per la sua grande tecnica di legati nel fusion (talvolta ad ampie velocità e con grandi estensioni della mano sinistra) e Eddie van Halen per il suo largo impiego del tapping e per la grande influenza che ha ispirato molti chitarristi oggi icone. Altre tecniche utilizzate Bending Chicken picking Hammer-on Palm mute Pennata alternata Pizzicato Pull-off Rasgueado Sweep-picking Tapping Tambora Tocco appoggiato Tremolo Chitarra ritmica La chitarra ritmica (o chitarra di accompagnamento), specialmente nel rock, è la chitarra che si suona per accompagnare armonicamente e dare ritmo a un brano: in questo senso il suono non risalta in maniera particolare. Più in generale, la chitarra ritmica viene contrapposta alla chitarra solista, ma può indicare anche solo la funzione ricoperta da uno strumento: spesso infatti, in realtà, i due ruoli all'interno di un gruppo vengono ricoperti da una sola. Nel caso che nel gruppo ci siano invece due chitarristi, spesso uno dei due esegue solamente la sezione ritmica, mentre l'altro si concentra sia su quest'ultima sia sugli assoli. Molte band presentano una sola chitarra, quali Led Zeppelin, Nirvana, U2, Bon Jovi, Queen, Pink Floyd, Pooh, Red Hot Chili Peppers, Blink-182 solo per citarne alcuni. Presentano (o presentavano) invece nella formazione più di una chitarra gruppi come Scorpions, Aerosmith, The Beatles, AC/DC, Guns N' Roses, Slipknot, My Chemical Romance, Linkin Park, Litfiba, Avenged Sevenfold, Kiss, The Clash, Metallica o The Rolling Stones e gli Iron Maiden, che presentano addirittura tre chitarre simultanee. Il più delle volte il ritmo della chitarra differisce sia da quello della melodia sia da quello dato dalle percussioni. Chitarra solista La chitarra solista è invece la chitarra che ha la funzione di sostituire, anziché accompagnare, la voce per la durata di una strofa (il cosiddetto assolo); potendo andare oltre l'estensione vocale viene utilizzata quindi per variarne e arricchirne la melodia. È utilizzata in alcuni gruppi in aggiunta alla chitarra di accompagnamento: infatti se la chitarra d'accompagnamento dovesse interrompere un giro di accordi per iniziare un assolo, sarebbe difficile non notare un istante di stacco; tuttavia in alcuni gruppi con molta esperienza ciò non accade, ovvero il chitarrista di accompagnamento esegue anche assoli, lasciando temporaneamente la parte ritmica al basso o al pianoforte. Capita sovente (soprattutto nell'hard rock e nell'heavy metal) che i chitarristi, quando ve ne sia più di uno, non abbiano un ruolo fisso e che si alternino suonando ciascuno le proprie parti ritmiche e il proprio assolo durante l'esecuzione di un brano. In alcuni casi, entrambe le chitarre possono eseguire un assolo in contemporanea (suonando insieme le stesse note e accordi simili), lasciando al solo basso la parte ritmica. Note Note esplicative Note bibliografiche Bibliografia Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, diretto da Alberto Basso – Il Lessico, vol. I, Torino, UTET, 1983, pagg. 543-546 [voce a firma Ruggero Chiesa] The New Grove Dictionary of Musical Instruments, diretto da Stanley Sadie, London, MacMillan, 1984, vol. 2, ISBN 0-333-37878-4, pagg. 87-109 [voce redatta da Harvey Turnbull, James Tyler, Tony Bacon, Thomas F. Heck] Giampiero Tintori, Gli strumenti musicali, Torino, UTET, 1973, Tomo II, pagg. 668-677 Francisco Herrera, Mariel Weber, Vincenzo Pocci, Enciclopedia de la Guitarra. Biografías, Danzas, Historia, Organología, Técnica, 3ª ed. 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https://it.wikipedia.org/wiki/Chitarra%20classica
Chitarra classica
La chitarra classica è un tipo di chitarra utilizzato per l'esecuzione di brani di musica classica o popolare (come per esempio il flamenco o la musica latino-americana). La chitarra classica contemporanea venne a svilupparsi a partire dai progetti di alcuni liutai europei, come lo spagnolo Antonio Torres Jurado o il tedesco Hermann Hauser Sr. Morfologia della chitarra È composta da due parti principali: il manico, su cui si trova la tastiera e che termina con la paletta, altrimenti detta cavigliere, la quale ospita le meccaniche per l'accordatura; la cassa di risonanza o tavola armonica, in legno, con una buca centrale, che serve ad amplificare il suono prodotto dalle corde. La chitarra classica è solitamente realizzata con legni di diverso tipo per ogni parte del corpo. La tavola armonica è in legno di abete (picea abies), cedro o sequoia. Al suo interno, la tavola viene rinforzata con listelli di abete (cosiddetta incatenatura) secondo l'esperienza del liutaio, così che ad incatenature diverse corrispondono caratteristiche sonore diverse. La disposizione delle catene a ventaglio, già presente in alcune chitarre dei primi dell'Ottocento, fu perfezionata dal liutaio spagnolo Antonio de Torres. Le fasce e il fondo sono costruite in varie essenze, di solito legni duri e compatti, a seconda del timbro che il liutaio vuole conferire. Molto ricercate sono le essenze di palissandro (in particolare quello brasiliano), di mogano, cipresso, ebano makassar e di acero. Il manico è costruito con legni poco sensibili all'umidità e poco propensi alla deformazione, in genere cedrella spagnola o mogano. La tastiera è in ebano. Il ponte, o ponticello, al quale si legano le corde può essere in palissandro, ebano, noce o altre essenze. Il capotasto e l'ossicino sono in osso o in avorio. Le corde sono fatte principalmente di nylon, che conferisce al suono un timbro ovattato e dolce, o di materiali composti a base di carbonio o fibra di vetro con un timbro più nitido e brillante e una maggiore tenuta di suono; raramente di budello. La tastiera Tecnica chitarristica La postura La postura tipica del chitarrista classico prevede che lo strumento, poggiante sulle gambe, sia inclinato verso l'alto dalla parte della tastiera. Per fare ciò è comune l'utilizzo del poggiapiede, col quale tenere rialzata la gamba sinistra; alcuni interpreti del repertorio contemporaneo fanno talvolta uso di un sostegno che, poggiato sulla coscia sinistra, permette di mantenere l'inclinazione della chitarra pur poggiando entrambi i piedi a terra. Talvolta si utilizzano anche due pezzette, le quali, poste tra le cosce e i due punti di appoggio della chitarra, fanno sì che lo strumento non scivoli e non si sposti durante l'esecuzione del brano. La mano destra (per i destrorsi) La tecnica della chitarra classica prevede il tocco diretto delle punte delle dita sulle corde per metterle in vibrazione. Fino alla prima metà del Novecento si ebbe una viva contrapposizione fra i due “approcci” esistenti: la scuola cosiddetta “di Tárrega” sostiene l'utilizzo del solo polpastrello senza unghia, mentre la scuola più moderna prevede l'uso di unghia e polpastrello insieme (la corda viene "agganciata" nel punto di incontro fra il polpastrello e l'interno dell'unghia). L'attacco con il solo polpastrello, sostenuto ad esempio da Fernando Sor e Francesco Molino, fu ripreso poi dallo spagnolo Francisco Tárrega e da alcuni suoi allievi (fra i quali va ricordato in particolare Emilio Pujol). Questa tecnica nella seconda metà del Novecento è caduta quasi totalmente in disuso e l'insegnamento nei Conservatori prevede ormai di norma l'impiego dell'attacco unghia-corda. Sostenitori dell'uso dell'unghia furono ad esempio Mauro Giuliani e Ferdinando Carulli. Dionisio Aguado sostenne e sviluppò con convinzione questa tecnica; nel suo metodo per chitarra (1825) affermava: «Si può pulsare con o senza unghia: senza unghia occorrerà una maggiore curvatura delle falangi della mano destra. Il mio amico Sor, che suona senza, mi ha convinto a non usare mai l'unghia del dito pollice; gli sono molto grato di questo consiglio. Per ciò che mi concerne considero preferibile suonare con le unghie e i polpastrelli, perché dalla corda si ottiene un suono che non assomiglia a quello di nessun altro strumento e dà alla chitarra un carattere particolare, dolce, armonioso e melanconico che, se anche non offre la grandiosità del piano o dell'arpa, dà un senso di suono pieno di grazia e delicatezza suscettibile di modifiche e combinazioni che conferiscono allo strumento un carattere misterioso.» Le dita della mano destra impiegate per pizzicare le corde (pollice, indice, medio, anulare e mignolo) vengono indicate nelle diteggiature degli spartiti con le iniziali p, i, m, a, c (c = chiquito). In passato il mignolo era assolutamente escluso dal processo di produzione del suono; nella moderna tecnica chitarristica lo si adopera quasi esclusivamente per l’esecuzione di accordi o arpeggi che prevedono l’uso di 5 o 6 corde o come parte di un rasgueados. Alcuni chitarristi dell'Ottocento usavano talvolta impiegare questo dito come “supporto” per la mano, puntandolo contro la tavola armonica dello strumento mentre le altre quattro dita pizzicano le corde, ma anche questo uso è stato progressivamente abbandonato. L'importanza dell'anulare è stata lungamente discussa nel corso dell'Ottocento: alcuni compositori, come ad esempio Fernando Sor, tendevano ad escluderlo dalle scale e dalla conduzione di linee melodiche, e ad impiegarlo in arpeggi e accordi solo quando indispensabile; a partire da Giulio Regondi, e ancor più con Tárrega e altri chitarristi di fine Ottocento (come si può osservare dalle diteggiature delle composizioni), il suo impiego è stato ampiamente rivalutato, alla stregua di indice e medio, pur rimanendo inevitabilmente il dito “debole” della mano destra. La mano sinistra (per i destrorsi) Le dita della mano sinistra vengono utilizzate per pigiare le corde contro il manico, ciò che permette di ottenere tutte le altezze nell'estensione della corda. Sono impiegati l'indice, il medio, l'anulare e il mignolo (nelle diteggiature degli spartiti sono indicati con numeri, nell'ordine, da 1 a 4). Il ruolo del pollice è quello di equilibrare la mano premendo – senza particolare forza – contro la superficie posteriore del manico. Il suo utilizzo nel premere le corde più gravi, talvolta adottato in alcuni generi musicali popolari, è stato definitivamente abbandonato nella tecnica classica, dopo essere stato a lungo oggetto di disputa; a favore di tale impiego – sempre comunque molto sporadico – furono i grandi esponenti della scuola italiana Ferdinando Carulli, Mauro Giuliani e Matteo Carcassi, mentre vi si oppose fermamente Francesco Molino e lo sconsigliavano gli spagnoli Fernando Sor e Dionisio Aguado. Effetti e tecniche Tremolo Tocco appoggiato Tambora Rasgueado Pizzicato Repertorio e letteratura per chitarra La chitarra antica La chitarra barocca, progenitrice della chitarra classica sviluppatasi a fine Settecento e di dimensioni assai modeste, ebbe nel XVII secolo una notevole diffusione, proseguendo il prezioso filone musicale del liuto e della vihuela; questi due strumenti vissero il loro ultimo splendore durante il periodo della musica barocca, prima di cadere definitivamente in disuso (recuperati in tempi recenti esclusivamente per l'esecuzione filologica delle composizioni dell'epoca). Fu soprattutto in Spagna, in Italia e in Francia che la chitarra barocca consolidò una ricca tradizione strumentale: chitarristi come Francesco Corbetta, Gaspar Sanz e Robert de Visée rappresentarono, per validità tecnica e gusto compositivo, una significativa controparte rispetto ai grandi protagonisti del liuto (John Dowland, Sylvius Leopold Weiss) e della vihuela (Luis de Milán, Luys de Narváez, Alonso Mudarra). Già sul finire del Seicento, e per buona parte del secolo seguente, l'attenzione verso la chitarra si dissolse, e con essa si offuscarono per lungo tempo la consapevolezza tecnica e lo sviluppo di un repertorio dello strumento. Prima metà dell'Ottocento In parallelo allo sviluppo di quello strumento che - da un punto di vista organologico - chiamiamo oggi “chitarra moderna”, si ha la prima grande fioritura della cultura chitarristica nella musica Europea e la nascita di un consistente repertorio originale per la chitarra. Il periodo compreso tra gli ultimi anni del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento è ricordato come quello dei grandi “chitarristi-compositori”. Questi personaggi furono i primi a portare la chitarra, da strumento quasi esclusivamente popolare, al ruolo di strumento da concerto. La tecnica si sviluppò enormemente, e la funzione di semplice accompagnamento lasciò il posto, in alcuni autori, a vette di virtuosismo memorabili. Una prima generazione di questi grandi musicisti vede in Italia i nomi di Ferdinando Carulli, Mauro Giuliani, Francesco Molino, Matteo Carcassi, in Spagna quelli di Fernando Sor e Dionisio Aguado; un'importante menzione va fatta anche per il famosissimo violinista Niccolò Paganini, che da valente chitarrista qual era lasciò alcune pagine importanti nel repertorio, come del resto fecero anche gli austriaci Anton Diabelli e Simon Molitor. La generazione successiva si colloca intorno alla metà del XIX secolo, quando ormai l'interesse per la chitarra andava progressivamente scemando nel continente; i nomi più rappresentativi di quest'epoca sono quelli degli italiani Luigi Legnani e Giulio Regondi, dello slovacco Johann Kaspar Mertz e del francese Napoléon Coste. Da un punto di vista didattico ognuno di questi nomi - alcuni più degli altri - riveste un'importanza capitale nella storia della chitarra. I primi anni dell'Ottocento videro un proliferare di autorevoli Metodi per l'insegnamento della chitarra. In questi trattati vengono per la prima volta delineati molti principi fondamentali della tecnica musicale e strumentale, specie per quanto riguarda l'uso delle mani destra e sinistra (si veda in proposito la sezione "Tecnica chitarristica"). Fra i metodi che hanno segnato maggiormente lo sviluppo della tecnica chitarristica vanno citati il Méthode op.27 di Carulli, il Nuevo método para guitarra di Aguado, il Metodo di Giuliani in particolare per la raccolta delle 120 formule di arpeggi per la mano destra, e il Méthode pour la Guitare di Sor, che si distingue per l'approfondimento di tematiche teorico/musicali riguardanti lo strumento e il suono che esso produce. Vastissime furono anche le raccolte di studi, di vario livello e valore, pubblicati in questo periodo; fra i molti brani di routine, poco ispirati, vi si può trovare in alcuni casi anche componimenti che, pur avendo funzione preminentemente didattica, presentano pregevoli qualità musicali. Fra le raccolte più note si possono ricordare i 25 studi melodici e progressivi op.60 di Carcassi e gli Etudes op.35 di Fernando Sor, parte dei quali fu raccolta in una famosa edizione di 20 studi pubblicata da Andrés Segovia nel 1945. Molto vasto è anche il repertorio di pezzi “concertistici”, risalente a questo periodo. I principali canoni di riferimento nelle composizioni più impegnative furono da un lato i modelli pianistici del classicismo di Mozart, Beethoven, Clementi e Haydn, e dall'altro lo stile operistico e vocale cosiddetto “rossiniano”. Il primo stile rappresenta maggiormente autori del tipo di Carulli e Aguado, mentre il secondo è più rappresentativo del gusto di compositori come Giuliani e Carcassi. Alcuni esempi di caratteristiche più personali osservabili in certi compositori sono: in Mertz, l'adesione ai modelli pianistici romantici anziché classici, in particolare Liszt e Chopin; in Sor, un'attenzione inedita nei suoi contemporanei verso le possibilità polifoniche offerte dalla chitarra; in Legnani, oltre all'influenza delle forme operistiche legata alla passione per il canto, si aggiunge uno stile di ispirazione violinistica che si rifà alle prodezze virtuosistiche di Paganini, del quale egli fu amico. Nelle sonate, nei rondò e nei minuetti composti all'epoca, si riflette solitamente uno stile musicale più tradizionale, e talvolta rievocano un po' l'atmosfera dei salotti nobiliari - nei quali effettivamente avevano luogo non di rado le esibizioni chitarristiche. Nelle fantasie, nei temi con variazioni, nei pot-pourri e nei capricci viene invece data maggiore libertà all'espressione delle peculiarità strumentali della chitarra, e sono solitamente questi i brani in cui il compositore soleva dare il maggiore sfoggio (e sfogo) di virtuosismi tecnici. A titolo esemplificativo si possono citare in proposito: la Fantasia op.30 e le Variazioni su un tema di Mozart op.9 di Sor; i 36 capricci op.20 di Legnani; le Rossiniane op.119-124 di Giuliani; la Fantasia hongroise di Mertz; la Reverie nocturne op.19 di Regondi. All'interno del repertorio della chitarra classica, una risorsa specifica di questo periodo storico e artistico è quello delle musiche da camera con chitarra. Tra gli autori più rappresentativi in tale campo vi fu l'italiano Filippo Gragnani, oltre ai più noti Carulli, Molino, Giuliani e Sor. Oltre al duo di chitarre, e talvolta al trio, le formazioni più tipiche sono violino e chitarra, flauto e chitarra, pianoforte e chitarra; in Gragnani si osservano formazioni di estensioni inedite, che arrivano a comprendere anche sei interpreti (flauto, clarinetto, violino, 2 chitarre, violoncello). Citazione di rilievo va fatta anche per i quintetti per archi e chitarra di Luigi Boccherini (1743 – 1805) e per diverse composizioni di Anton Diabelli, i quali a differenza dei nomi precedenti non erano specialisti della chitarra. Sempre a quest'epoca risalgono anche le prime composizioni di concerti per chitarra e orchestra. Questo tipo di composizione, data la capacità sonora notevolmente minore delle chitarre rispetto a quelle moderne, presentava per l'epoca notevoli difficoltà di orchestrazione. Dei pochi concerti composti e pervenutici, l'unico ad aver goduto in epoca moderna di un'attenta rivalutazione musicale è stato il Concerto n. 1 op.30 di Mauro Giuliani, mentre gli altri (Carulli: Concerto op.8 in La maggiore e Concerto op.140 in Mi minore. Molino: Concerto op.56 in Mi minore) hanno ricoperto un ruolo storicamente marginale all'interno del repertorio chitarristico: l'arte del concerto per chitarra e orchestra troverà solo nel XX secolo il suo massimo compimento e i suoi interpreti più famosi. Seconda metà dell'Ottocento Il periodo che copre la seconda metà del XIX secolo vide un lento ma progressivo declino della cultura chitarristica; si affievolì quell'inedito interesse per lo strumento, che interpreti come Giuliani erano riusciti a imporre sulle scene musicali delle importanti capitali europee. La prosecuzione della tradizione strumentale sopravvisse comunque in ambiti più ristretti, ad opera di pochi ma importantissimi maestri. La figura dominante, per fama, all'interno di questo panorama fu certamente quella dello spagnolo Francisco Tárrega. La sua opera fu di importanza capitale: al di là dei discussi meriti nello sviluppo della tecnica, egli con la sua "scuola" mantenne viva una delle tradizioni chitarristiche più importanti in Europa - quella spagnola - e molti dei suoi allievi, come Emilio Pujol, Miguel Llobet e Daniel Fortea, saranno dopo di lui figure centrali del panorama chitarristico mondiale. Oltre a ciò, fu un brillantissimo concertista. Tarrega compose moltissimi brani, alcuni dei quali costituiscono oggi cardini imprescindibili nel repertorio della chitarra. Fra tutti spicca per fama Recuerdos de la Alhambra, scritto per la tecnica del tremolo e che rispecchia il forte legame del compositore con la tradizione musicale spagnola. Di tutt'altro genere sono invece le sue famose Variazioni su Il Carnevale di Venezia, che con un virtuosismo esuberante e a tratti frivolo rievocano con divertimento i passati fasti della chitarra del classicismo. Il suo contributo all'arricchimento del repertorio per chitarra si estese anche in una direzione destinata ad avere grandissima fortuna: quella delle trascrizioni per chitarra. Fra le trascrizioni più “azzeccate” vanno certamente menzionate gli adattamenti dei brani pianistici dei compositori catalani Enrique Granados e Isaac Albéniz; paradossalmente alcuni di questi brani col tempo incontreranno, nella loro versione per chitarra, una fama di molto maggiore rispetto alla versione originale. Sempre in Spagna, altre figure di rilievo – come chitarristi e compositori – del periodo furono quelle di [Paolo Perin] il quale fu quasi un mentore per Tárrega, e di José Ferrer. Nel resto d'Europa, è importante menzionare l'opera di Jacques Tessarech (1862-1929) in Francia, Luigi Mozzani (1869-1943) in Italia e Heinrich Albert (1870-1950) in Germania: nomi meno noti, ma anch'essi decisivi nella maturazione delle condizioni per quella che sarà la grande rinascita della chitarra nel XX secolo. Fra le composizioni di Mozzani predominano quelle di interesse didattico (spicca la raccolta Studi per la chitarra pubblicata a New York a partire dal 1896), ma vi si trovano anche rilevanti pezzi concertistici. Maggior esponente del Novecento fu Andrés Segovia, il quale assimilò al meglio la lezione di Francisco Tárrega. Stili musicali La chitarra classica si può suonare in modi diversi: tramite l'uso delle dita o della mano in generale (il tipico stile "classico"), oppure mediante un plettro, usato correntemente nella musica moderna o di derivazione afro-americana. Particolari effetti timbrici sono dovuti all'uso delle unghie della mano destra, al variare dell'angolo di attacco delle dita sulle corde, all'uso percussivo della mano, al pizzicato ecc. Alcuni di tali effetti, ad esempio il rasgueado, provengono dalla tecnica chitarristica usata nel flamenco. Gran parte del repertorio esistente per chitarra classica è scritto per strumento solista, per duo o, più raramente, per trio, quartetto od orchestra di chitarre. Molto ricco anche il repertorio cameristico, mentre è piuttosto raro il suo impiego in orchestra. Al contrario, la chitarra è stata impiegata come strumento solista con orchestra. Tra i vari autori che hanno scritto concerti per una o più chitarre e orchestra si ricordano: Ferdinando Carulli, Mauro Giuliani (Concerti op. 30, 36 e 70), Joaquín Rodrigo (Concierto de Aranjuez, Fantasía para un gentilhombre, Concierto Madrigal, Concierto para una Fiesta), Mario Castelnuovo-Tedesco (Concerto in re op. 99, Concerto in Do op. 160, Concerto per due chitarre e orchestra op. 201), Heitor Villa-Lobos (Fantasia-Concerto per chitarra e piccola orchestra), Manuel Maria Ponce (Concierto del Sur), Alexandre Tansman (Concertino per chitarra e orchestra), Leo Brouwer, Stephen Dodgson. Per quanto concerne i chitarristi compositori contemporanei, particolarmente attiva è la cosiddetta "scuola chitarristica romana", facente capo a Mario Gangi (Venti Studi, La Ronde Folle, Sonatina) e Carlo Carfagna (Frammento, Ritorno a Citera, Scene Gentili, Orione).Fondamentale è l'apporto del compositore chitarrista Angelo Gilardino (1942-2022), (studi di virtuosità e trascendenza, concerti per chitarra e orchestra e innumerevoli pagine chitarristiche) vincitore tra l'altro di quattro chitarre d'oro, compositore, didatta, storico della musica e ricercatore universalmente riconosciuto. La chitarra classica è molto utilizzata per suonare la bossa nova da chitarristi e autori quali (tra i più famosi) João Gilberto, Gilberto Gil, Toquinho, Caetano Veloso e molti altri. Essa è a volte utilizzata nella musica jazz; un esempio di rilievo è quello del duo Pat Metheny e Charlie Haden. Per quanto riguarda l'ambito trascrittivo, la chitarra classica vanta un ricco repertorio. Numerosi furono i chitarristi-trascrittori che, a partire dagli albori dello strumento stesso, estesero il repertorio mediante trascrizioni ed arrangiamenti. Tra i più celebri Mauro Giuliani, Fernando Sor, Francisco Tárrega, Miguel Llobet, Andrés Segovia, Agustín Barrios, Kazuhito Yamashita. Le trascrizioni chitarristiche sono considerate tra le più belle e complete, vi è una corrispondenza assoluta tra la richiesta timbrica tipica delle trascrizioni e la risposta strumentale, tra le più vaste nella rosa strumentale moderna. "La chitarra è una piccola orchestra. Ogni corda è un colore differente, una voce differente".Celebri furono le trascrizioni di Francisco Trarrega del compositore iberico Isaac Albèniz. Quando Albéniz udì la sua musica trascritta ed eseguita da Tárrega, in particolare la Serenata, e si emozionò e si commosse a tal punto che non poté trattenersi dal gridare che era così che aveva concepito la sua musica. Un altro celebre esempio furono le trascrizioni di Mauro Giuliani delle overture d'opera di Gioacchino Rossini (e quelle di Ferdinando Carulli per Fortepiano e Chitarra), trascritte per chitarra sola e duo di chitarre, eseguite tuttora in moltissimi palchi di tutto il mondo. Mauro Giuliani ebbe rapporti stretti con Rossini, il quale spesso cedeva i propri spartiti al chitarrista italiano, permettendo con ciò la nascita di stupende trascrizioni. Le trascrizioni chitarristiche sono considerate vere e proprie opere d'arte, caratterizzate da una raffinatezza unica nel loro genere. Il celebre brano Asturias, pilastro del repertorio chitarristi, è esso stesso una trascrizione dal pianoforte, come i celebri Valses Poeticos e i Valzer di Chopin. Anche la maggiorate del repertorio Bacchiano inciso ed eseguito dai chitarristi classici di tutto il mondo è frutto di minuziose trascrizioni. Non è un caso infatti che i maggiori chitarristi del loro tempo furono tutti trascrittori, Andrès Segovia incise ed esegui sui più importanti palchi di tutto il mondo le proprie trascrizioni di Johann Sebastian Bach, e molti altri. La trascrizione favori inoltre lo sviluppo di tecniche strumentali innovative come il tremolo e gli armonici, la richiesta, oltre che timbrica, armonico musicale costrinse i chitarristi-trascrittori ad un'esplorazione dello strumento nuova, che portò alla consolidazione di scordature oggi celebri come la Drop D, usata nella maggiorare del repertorio di Miguel Llobet Note Bibliografia Mario Dell'Ara, Manuale di storia della chitarra. Volume 1°: la chitarra antica, classica e romantica, Ancona, Bèrben, 1988 Gianni Nuti (con contributi di Sergio Sorrentino), Manuale di storia della chitarra. Volume 2°: la chitarra nel ventesimo secolo, Ancona, Bèrben, 2009 E. Allorto, Ruggero Chiesa, Mario Dell'Ara, Angelo Gilardino La chitarra, Torino, EDT, 1990 Carlo Carfagna, Roberto Fabbri, Michele Greci, La storia della chitarra, Milano, Carisch, 2007 Angelo Gilardino, La chitarra, Milano, Curci, 2010 Harvey Turnbull, La chitarra dal Rinascimento ai giorni nostri, Edizioni Curci, 2010. Voci correlate Chitarra Chitarra folk Chitarra elettrica Chitarra preparata Chitarrista Bossa nova Altri progetti Collegamenti esterni Chitarra
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https://it.wikipedia.org/wiki/Chitarra%20elettrica
Chitarra elettrica
La chitarra elettrica è un tipo di chitarra in cui la vibrazione delle corde viene rilevata da uno o più pick-up; il segnale viene quindi prelevato all'uscita e convogliato in un amplificatore affinché il suono sia udibile. Dal punto di vista organologico appartiene alla famiglia degli elettrofoni (cordofoni elettroacustici) <ref>{{cita articolo|nome=Margaret|cognome=Birley|titolo=Revision of the Hornbostel-Sachs Classification of Musical Instruments by the MIMO Consortium, anno=2011|}}</ref> in quanto il suono viene generato attraverso la perturbazione del campo magnetico del pick-up (una bobina di filo conduttore avvolta intorno ad uno o più magneti) da parte della corda vibrante. Tale perturbazione genera un impulso elettrico (grazie al principio dell’induzione elettromagnetica illustrato nella Legge di Lenz) che viene poi amplificato. Composizione La chitarra elettrica è formata dalle parti seguenti: La paletta, nella quale sono alloggiate le meccaniche: esse permettono alle corde di raggiungere una determinata tensione (e conseguentemente una determinata altezza) e di mantenere l'accordatura desiderata. Nelle chitarre headless la paletta è assente, e il sistema di accordatura è situato sul ponte o sul corpo dello strumento. Il manico, sul quale è montata la tastiera, i cui tasti sono generalmente posizionati secondo il temperamento equabile, che dunque permettono un intervallo minimo possibile di un semitono. Negli strumenti fretless (meno diffusi fra le chitarre), sprovvisti dei tasti in metallo, la corda entra in contatto direttamente con il materiale della tastiera. Il corpo. A seconda della presenza più o meno importante di camere tonali (e della funzionalità di esse) si parlerà di: chitarra solid body, semi-hollow e hollow-body. Il ponte, alloggiato sul corpo, che può essere fisso (come il tune-o-matic) oppure tremolo. Uno o più pick-up magnetici, alloggiati sul corpo, sotto le corde, solitamente del tipo a bobina singola (single coil) o a bobina doppia (humbucker), o di entrambi i tipi. Funzionamento In una chitarra acustica l'oscillazione delle corde induce una vibrazione della cassa acustica dello strumento. Questa risonanza amplifica la vibrazione prodotta dalle corde e la diffonde nell'ambiente circostante. In una chitarra elettrica, invece, i pick-up magnetici generano un campo magnetico in prossimità della corda. Essa viene magnetizzata e, vibrando, modifica a sua volta il campo magnetico. Queste oscillazioni del campo magnetico risultante creano una variazione di flusso attraverso le bobine che si trovano intorno al pick-up, generando quindi una corrente indotta all'interno di tali bobine. Questo segnale elettrico, che contiene le caratteristiche della vibrazione della corda in oscillazione (frequenza, ampiezza, ecc.), è troppo debole per essere udibile attraverso la riproduzione per mezzo di altoparlanti. Viene dunque inviato ad un amplificatore, e solamente dopo essere stato opportunamente amplificato viene inviato ad uno o più altoparlanti che trasformano il segnale elettrico in un segnale sonoro, udibile dall'orecchio umano. Spesso l'amplificatore e l'altoparlante sono integrati in un medesimo apparecchio, chiamato esso stesso "amplificatore" nel linguaggio comune. Sovente, prima di giungere all'amplificatore, il segnale elettrico viene processato da uno o più effetti che ne alterano le caratteristiche. La chitarra elettrica non ha pertanto bisogno di avere una cassa di risonanza. D'altra parte, le caratteristiche di costruzione del body e i materiali utilizzati donano allo strumento particolari caratteristiche timbriche, ma non sono essenziali al suo funzionamento. Tipi di chitarre La chitarra elettrica può avere un corpo solido in cui il suono è totalmente amplificato da dispositivi elettronici (pickups) e si parla quindi di chitarra solid body, oppure un corpo di tipo tradizionale presentante cassa armonica e si parla in questo caso di chitarra semiacustica. A loro volta le chitarre semiacustiche, a seconda della altezza del corpo e della tecnologia costruttiva, si definiscono come hollow body (corpo cavo), con una profondità simile alla chitarra acustica e corpo completamente cavo, o con una profondità in genere pari a circa la metà di una chitarra acustica e con un blocco di legno solido posto in senso longitudinale tra il blocco del tacco anteriore e il blocco posteriore, da qui il termine semi-hollow body. Solid body Le più diffuse chitarre elettriche, le solid body, letteralmente "corpo massiccio/pieno", non hanno una cassa di risonanza, ma un corpo di legno pieno (o, più raramente, di altri materiali quali resine sintetiche, resine acriliche, plexiglas). La forma del corpo, il legno con cui è realizzato e il tipo di pick-up usato sono determinanti ai fini della resa sonora dello strumento. Esistono tre principali tipi di solid body, che differiscono per il modo in cui il manico e il corpo vengono uniti: bolt-on neck ("manico avvitato"), cioè con manico avvitato al corpo (es: Fender Stratocaster), neck-thru body ("manico attraverso il corpo") cioè con manico che percorre l'intera lunghezza della chitarra, corpo compreso (es: Ibanez RGT), e set-in-neck (o "set-neck") ("manico attaccato"), cioè con manico incollato al corpo della chitarra (es: Gibson Les Paul). Le chitarre a manico avvitato sono caratterizzate da un suono generalmente più ricco di alte frequenze, povero di quelle medie e scarso di bassi profondi; c'è tuttavia da precisare che, vista l'altissima influenza che la scelta dei materiali, la tecnica costruttiva e la mano del liutaio possono esercitare sullo strumento finito, non sono rari i casi di strumenti che contravvengono a queste "regole". Questo sistema, oltre a essere più economico, permette di effettuare delle lavorazioni, compreso il cambio del manico, in maniera più semplice. Jimi Hendrix era noto riassemblare le Fender Stratocaster che distruggeva durante i concerti recuperando pezzi sani da diverse chitarre. Anche la famosa Blackie di Eric Clapton è il risultato di un corpo e un manico provenienti originariamente da diverse chitarre. Le chitarre con il manico passante nel corpo sono caratterizzate da un notevole sustain, da un buon bilanciamento di suoni fra alti, medi e bassi e da un perfetto allineamento tra manico e corpo. Secondo molti risultano particolarmente "comode" da suonare, in quanto normalmente si ha un accesso molto più facile ai tasti più vicini al corpo rispetto a strumenti in cui sono utilizzati gli altri due tipi di giunzione. Per motivi pratici non è possibile nelle chitarre con sistema bolt-on fissare il manico troppo esternamente al corpo dello strumento (mentre in alcune chitarre con sistema set-in, il problema viene ovviato, per esempio nella Gibson SG). Ha come lato negativo l'impossibilità di agire sull'attacco manico-corpo e di sostituire il manico, qualora fosse necessario; infatti generalmente il manico, per garantire solidità, viene costituito da diverse parti di legno incollate tra loro longitudinalmente, rispetto alla chitarra, e più raramente al suo interno vengono incollate delle barre in fibra di carbonio (proprio per l'impossibilità di cambiare il manico in caso di rottura). Le chitarre con il manico incollato al corpo hanno in linea di massima le caratteristiche positive, in termini di sustain e bilanciamento delle frequenze, simili a quelle con il manico passante ma in queste chitarre risulta possibile operare sul manico. Ovviamente, visto che il sistema è incollato, il lavoro dovrà comunque essere fatto da un liutaio. I legni principalmente utilizzati sono: per bolt-on neck, ontano e tiglio per il corpo, acero per il manico, eventuale ricopertura in palissandro per la tastiera; per il neck-thru, mogano per il corpo, frassino o acero per il manico, palissandro per la tastiera; per il set-neck generalmente si utilizza mogano sia per il corpo che per il manico e palissandro per la tastiera. Esistono tuttavia numerosissimi modelli che usano legni diversi da questi citati. Le chitarre costruite in Asia possono utilizzare legni locali, come l'agathis al posto dell'ontano e il nato al posto del mogano, che hanno rese acustiche simili. Anche il PVC è stato utilizzato per realizzare delle chitarre solid body, e più recentemente si stanno utilizzando materiali compositi con sagomature interne per replicare la timbrica dei vari legni. Hollow body Le chitarre elettriche hollow body ("corpo vuoto/cavo") o semiacustiche presentano una parte o la totalità del corpo vuota, con uno o due tradizionali fori di risonanza a forma di f posti ai lati delle corde, similmente ai fori presenti su altri strumenti a corda, come il violino. Queste chitarre sono caratterizzate da un suono particolarmente dolce e poco aggressivo (come molti modelli Gibson, Epiphone, ecc. utilizzati principalmente per il jazz), oppure molto brillante e squillante (come i modelli Gretsch, spesso usati nel rockabilly). Le hollow body sono storicamente derivate dalle archtop (vedi sotto) e differiscono da queste ultime perché la tavola armonica (e di solito anche il resto della cassa) è costruita in laminato e non in legno massello, per limitare il feedback acustico: la cassa vuota tende infatti a creare alcuni problemi a causa della risonanza delle vibrazioni, che si riflettono nei pickup, e ciò è meno evidente se la cassa è in laminato piuttosto che in massello. L'effetto di distorsione risulta in ogni caso difficile da ottenere e da controllare. Nel corso degli anni, tuttavia, sono stati realizzati modelli decisamente più "spinti" e con un suono molto più pieno i quali, attraverso alcuni espedienti tecnici (quali la particolare conformazione interna della cassa armonica), riescono a ovviare a questo problema. Semi-hollow La ricerca di un compromesso tra le sonorità calde delle semiacustiche e il migliore controllo delle risonanze indesiderate agli alti volumi delle solid body ha dato inoltre origine a un sottotipo delle semi-acustiche, le cosiddette semi-hollow. Queste chitarre adottano un corpo di minore spessore in cui, in luogo di un'unica cassa, sono presenti due (più raramente una) casse di ridotta entità ai lati, mentre la parte centrale del corpo è in legno pieno. Solitamente constano di due o tre pezzi incollati, raramente di un unico pezzo. Il legno più comunemente usato è l'ontano. Le chitarre a cassa parzialmente piena hanno trovato terreno fertile nel rock and roll e nel blues. Il primo e più famoso modello semi-hollow è la Gibson ES-335. Altre celebri chitarre di questo tipo sono la ES-355, le serie 300 e 600 della Rickenbacker, la G&L ASAT Classic semi-hollow (basata sulla Fender Telecaster) e la Gibson Blueshawk (basata sulla Nighthawk) prodotta dal 1996 al 2006. Archtop La chitarra archtop, come concepita da Orville Gibson e perfezionata per Gibson da Lloyd Loar, nasce come strumento acustico: è costruita infatti interamente in legno massello con la tecnica costruttiva propria degli strumenti ad arco e possiede una capacità di produrre suono propria e autonoma, tipica degli strumenti acustici, che veniva sfruttata nella sezione ritmica delle big band prima dell'avvento dell'amplificazione elettrica, di cui però sono oggi provviste quasi tutte le archtop. Spesso, tuttavia, l'amplificazione viene eseguita applicando uno o due pickup sospesi (in inglese floating, letteralmente "galleggianti") e i controlli di tono/volume sul battipenna senza forare la tavola armonica, mantenendo così tutta l'acustica naturale dello strumento. Questo tipo di chitarra, il cui uso oggi è prevalente nel jazz e nel blues, è tipicamente costruito a mano, essendo la cassa armonica di solito intagliata, ma esistono anche modelli in massello pressato. Storia Le origini La storia della chitarra elettrica inizia quando si avvertì l'esigenza di uno strumento che avesse alcune caratteristiche proprie della chitarra (specialmente per quanto attiene alle modalità di esecuzione), ma che potesse suonare insieme agli altri senza esserne sovrastato dal volume di suono. Con la nascita delle orchestre jazz e blues ci si rese conto del problema della limitata amplificazione delle chitarre acustiche. Diversi costruttori cercarono di ovviare al problema costruendo strumenti che consentissero un volume maggiore, con un timbro simile a quello della chitarra acustica. Il concetto di chitarra elettrica deve però molto alle intuizioni di Adolph Rickenbacker, che nel 1931 realizzò il primo pick-up elettromagnetico (un dispositivo in grado di trasformare le vibrazioni delle corde in impulsi di tipo elettrico) e iniziò ad applicarlo ai normali strumenti acustici, creando una chitarra lap steel chiamata frying pan guitar, in due modelli (A22 e A25). Nel 1935 la Gibson iniziò la produzione del modello ES 150, una chitarra semiacustica con cassa di risonanza, aperture a "f" sulla tavola e un unico pick-up. Il modello riscosse un grande successo. Finalmente la chitarra, grazie all'amplificazione, poteva inserirsi meglio nelle formazioni del tempo, senza essere sovrastata dal volume degli altri strumenti. Evoluzione Molti si cimentarono nella costruzione di chitarre elettriche, limitandosi di fatto ad amplificare il suono di strumenti acustici. Se da una parte la presenza di una cassa armonica combinata a un pick-up produceva un suono pastoso e ricco di armoniche dall'altra presentava una serie di svantaggi, tra cui il più fastidioso era l'effetto noto come feedback acustico. La cassa dello strumento entrava in risonanza (effetto Larsen) con il suono emesso dall'amplificatore, creando echi, armonici e fischi di difficile gestione, con il risultato di un suono sgradevole di difficile definizione. Nel 1941 Les Paul, chitarrista e inventore, crea nei laboratori Epiphone un prototipo, detto The Log, ideato per ovviare al problema del feedback. Esso consisteva in un manico di chitarra acustica attaccato a un blocco di legno massiccio su cui erano installate le parti elettriche, e ai cui lati erano fissate le due "ali" di una chitarra acustica a forma di otto. Les Paul propose l'idea alla Gibson, che però la rifiutò. Nel 1946 Paul Bigsby, estroso costruttore di motocicli passato a costruire chitarre, e Merle Travis, suo amico, costruiscono una chitarra molto innovativa. Anche se prodotto in modo classico, lo strumento presenta un corpo alto solo cinque centimetri, e un disegno molto originale sia del corpo stesso che della paletta. Il corpo, grazie a un'asimmetria del disegno attorno al manico, permette di raggiungere agevolmente il ventesimo tasto, mentre la paletta monta chiavette per l'accordatura disposte solo sul lato superiore. Si risolvono quasi completamente i problemi di risonanze indesiderate. Inoltre, Bigsby introdurrà un'ulteriore innovazione inventando un sistema che consente di agire sulla intonazione delle corde mediante una leva la cui corsa è contrastata da una molla, ottenendo così l'effetto vibrato. Nel 1948 Leo Fender, tecnico progettista di amplificatori, impone una svolta definitiva e crea la Broadcaster (oggi conosciuta come Telecaster), una chitarra con due pick-up single coil miscelabili e con il corpo pieno in legno massiccio che annulla completamente le risonanze indesiderate e aumenta il sustain delle corde, sviluppando il concetto di chitarra solid body. La Broadcaster, costruita inizialmente solo per presentare i propri amplificatori, attinge a molte delle innovazioni introdotte dalla chitarra di Bigsby e Travis, ma le fa sue migliorandole notevolmente. Il disegno del corpo e della paletta, anche se ispirato molto alla linea di Bigsby, è più sobrio e moderno, ma soprattutto più razionale. Inoltre lo strumento di Leo Fender presenta un vantaggio fondamentale: le fasi di costruzione e assemblaggio delle parti che compongono lo strumento sono molto semplificate. Ciò si traduce nella possibilità di automatizzare il processo di produzione e di conseguenza produrre gli strumenti in serie, con costi notevolmente più contenuti. Il successo è enorme, tanto che la Broadcaster, divenuta poi Telecaster, viene prodotta dalla Fender ancor oggi. Nel 1952 Gibson mette sul mercato la sua prima chitarra Solid body la Gibson Les Paul, per "competere" con la Telecaster Fender. Gibson, a tal fine, aveva assunto da qualche anno come collaboratore nel suo team di progettazione proprio Les Paul, l'ex dipendente Epiphone inventore del primo prototipo di chitarra elettrica a corpo solido. La nuova chitarra creata da Les Paul si avvicina di più al disegno di Bigsby-Travis, ma ha forme più fluide e meno spigolose. Caratteristica sonora saliente è l'uso di una nuova tipologia di pick-up, gli humbucker, formati da due bobine accoppiate collegate in serie, che li rendono al tempo stesso più potenti e con meno interferenze sonore dei single coil. Inoltre questi pick-up, captando una porzione più ampia di corda e rilevando un più esteso numero di armonici, producono una sonorità più calda e rotonda rispetto alla timbrica brillante e definita dei single coil, e sono anche più propensi a raggiungere la saturazione e la distorsione del suono (caratteristica che influenzerà lo sviluppo delle tipiche sonorità della musica rock). La Les Paul monta due pickup humbucker e le regolazioni di tono e volume sono affidate a due coppie di potenziometri e ad un selettore per miscelare il suono dei due pick-up. La regolazione dell'''action delle corde avviene con due ghiere poste ai lati che sollevano o abbassano tutte e sei le corde contemporaneamente. L'intonazione invece può essere regolata singolarmente corda per corda. Nel 1954 Leo Fender crea un'altra chitarra a corpo solido che diverrà nel tempo tra le più utilizzate e vendute del settore e più in generale della musica rock/blues: la Stratocaster. Solid body come la precedente Telecaster, ha però un design più innovativo e capace di restare moderno nel corso dei decenni: il corpo infatti è smussato nella parte superiore e posteriore per renderla più ergonomica del precedente modello. I pick-up, tutti single coil, sono tre e sono montati su un originale battipenna sul quale sono alloggiati, oltre al selettore per scegliere il pick-up desiderato, anche tre potenziometri: uno per regolare il volume e due di regolazione tono. Ma il fattore rivoluzionario per quel tempo è la leva del vibrato, che Fender chiama con termine improprio tremolo (si genera così una confusione terminologica che dura ancora oggi): a differenza delle altre dell'epoca poste tra l'attaccatura delle corde e il ponte questa è un tutt'uno con il ponte stesso, evitando fastidiose scordature. Anche il ponte è innovativo: ogni corda appoggia su una sua "selletta" che dispone sia della regolazione in altezza sia in lunghezza, permettendo un'intonazione perfetta e una distanza delle corde dalla tastiera (action), personalizzabile. La Stratocaster viene prodotta ininterrottamente dal 1954 ed tuttora molto apprezzata per la sua versatilità. Dagli anni '50 ad oggi, la chitarra elettrica è rimasta sostanzialmente immutata rispetto alle intuizioni di Leo Fender e Les Paul; lo sviluppo attuale verte principalmente su migliorie tecniche e costruttive di vario genere che non stravolgono la sostanza. Il bisogno di dialogare con interfacce digitali come il MIDI ha portato alla creazione di pick-up esafonici e convertitori analogico-digitali in grado di tradurre il segnale analogico in segnale digitale con accuratezza. Ottenuto un segnale in forma digitale lo si può immettere in un generatore di suoni campionati (expander) per avere a disposizione una varietà strumentale virtualmente infinita, esattamente come avviene con l'utilizzo dei campionatori con altri strumenti. Qualità La qualità di una chitarra elettrica è data da molti parametri. Innanzitutto se la chitarra è stata fatta a mano o è un prodotto in serie. Nel primo caso incide molto sulla qualità anche la capacità del liutaio che la crea. In secondo luogo la scelta dei materiali è molto importante sia per quanto riguarda il corpo, sia per quanto riguarda tastiera e manico: più il legno è pregiato e privo di nodi più la qualità dello strumento aumenta. I tre legni più diffusi nella realizzazione delle tastiere delle chitarre elettriche sono il palissandro, l'ebano e l'acero; per il corpo l'ontano e il mogano, per il manico acero e mogano. Tuttavia oggi si stanno utilizzando nuovi materiali per la produzione del corpo come il plexiglas. . Un altro fattore che incide sulla qualità dello strumento è la qualità dei componenti tecnici aggiunti, il ponte utilizzato, la presenza di un bloccacorde o di un tremolo di qualità nonché le meccaniche e le elettroniche come i pick up di qualità e la precisione delle componenti che regolano il suono e i volumi. Tra gli altri fattori che determinano la qualità ci sono anche l'equilibratura o bilanciamento (capacità dello strumento di tenere una posizione comoda una volta indossata la tracolla o fascia) e la verniciatura. Tra le più famose c'è la cosiddetta colorazione sunburst, con la fascia più esterna nera che va a sfumare in colori lignei verso il centro, in genere più costosa delle verniciature monocolore coprenti. Distorsione e altri effetti Al suono prodotto dalla chitarra elettrica vengono spesso applicati effetti che modificano il suono e lo rendono più adatto al genere musicale eseguito o al tipo di composizione. Fra essi la saturazione (overdrive), la distorsione e il fuzz, molto apprezzati nel rock e, in generale, nella pop music. Spesso ai precedenti si associa il pedale wah-wah, molto in voga negli anni settanta e ottanta. Fra gli altri effetti applicati con successo alla chitarra elettrica, si possono citare delay, riverbero, chorus, flanger, phaser, octaver, pitch shifter, tremolo che vanno inseriti quasi esclusivamente nel "Loop Effetti" dell'amplificatore (il "Loop Effetti" o la "Mandata e Ritorno" si colloca tra preamplificatore e finale di potenza); questi tipi di effetti sono sconsigliati in una mandata e ritorno di tipo "seriale", sono altrettanto consigliati se il proprio amplificatore dispone di una mandata e ritorno in "Parallelo". Anche alcuni processori dinamici come il compressore e il noise-gate vengono applicati al segnale della chitarra per modificare l'inviluppo del suono. L'utilizzo dei pedali al fine di effettuare il suono è una scelta strettamente correlata con lo stile del chitarrista in questione. Così come Jimi Hendrix usava molto nelle sue esecuzioni il wah-wah e il Dallas Arbiter Fuzz Face, David Gilmour in alcuni periodi ha fatto uso dello stesso Fuzz Face o del Big Muff modello Ram's Head, o Triangle, abbinandolo a particolari scelte nell'uso di delay dapprima a nastro come il Binson Echorec e poi digitali come l'MXR Digital Delay, il TC2290 prodotto dalla TC Electronics o il Tape Echo Simulator (T.E.S.) costruito da Pete Cornish a partire dal circuito del Boss DD2. Tecniche Nonostante la presenza di un numero di effetti dei più svariati tipi, l'abilità del chitarrista resta l'elemento più importante nell'esecuzione delle varie tecniche, divenute nel corso del tempo parte integrante dell'istruzione musicale di coloro che si avvicinano a questo strumento. Fra le tecniche più famose e comuni vi sono: il bending, il vibrato, lo slide, il palm mute, il legato, hammer on e pull off, il tapping, gli armonici naturali e artificiali e lo sweep-picking. Marchi principali Sebbene sia molto limitativo elencare i marchi principali delle chitarre, visto anche che in questi ultimi anni il mercato delle chitarre si sta arricchendo di molti nuovi nomi, piccole industrie, o anche solo singoli liutai, così come vecchi marchi si stanno riaffacciando con successo dopo anni di inattività, si presenta un breve elenco di alcuni nomi particolarmente noti. Uno dei marchi principali sul mercato è sicuramente Fender, che costruisce bassi e chitarre elettriche sin dagli anni cinquanta; dopo essere stata sull'orlo del fallimento negli anni ottanta ora produce 2000 chitarre al giorno. La Fender Musical Instrument Corporation possiede inoltre altri marchi di chitarre come Gretsch, Guild e Jackson Guitars. Le chitarre Fender, principalmente i modelli Stratocaster e Telecaster, sono utilizzate praticamente in ogni stile, dal surf anni cinquanta, al country, al blues, al classico rock anni sessanta e all'heavy metal, come, per esempio, Dave Murray, chitarrista degli Iron Maiden . Fender è ormai un simbolo della musica rock rimasto quasi inalterato anche negli anni settanta, ottanta e novanta. In questi ultimi anni molti chitarristi Indie, o in cerca di sonorità nuove, utilizzano spesso modelli di Fender ritenuti "minori" quali Jazzmaster, Jaguar e altri. Utilizzata in maniera minore nel jazz, in cui si preferiscono spesso modelli semiacustici. In particolare, il suo modello di punta, Stratocaster introdusse una serie di importanti innovazioni, tanto che alcuni la considerano la chitarra più influente mai prodotta. Molti chitarristi, infatti, come Jimi Hendrix, Eric Clapton o John Mayer hanno utilizzato o utilizzano chitarre Fender, per lo più Stratocaster. Sia di Mayer che di Clapton sono in vendita copie delle chitarre da loro usate (Stratocaster) su cui è stampata la loro firma. Concorrente diretta di Fender è Gibson, marca che produce chitarre largamente utilizzate in tutti i generi, dal jazz (in cui è da sempre leader), al blues, ai generi più duri come per esempio l'hard rock (vedi AC/DC e Slash). Caratteristica principale di queste chitarre è soprattutto l'utilizzo dei pickup humbucker e di legni particolarmente pesanti. I modelli principali "solid body" della Gibson sono la Les Paul, la SG o "diavoletto", la Flying V, la Explorer e la Firebird. Particolarmente noti sono anche alcuni modelli "hollow body" come la L-5 e la ES-175 e "semi-hollow" come la ES 335. La Gibson è nota anche per molti modelli di chitarra acustica quale le J45, la Hummingbird e altre. Come Fender, anche Gibson ha acquisito altri marchi di chitarre. La Epiphone, per esempio, è stata acquisita dalla Gibson negli anni sessanta proprio per limitare la concorrenza. In questi ultimi anni Epiphone fabbrica molti strumenti simili ai modelli Gibson ma in forma più economica. Si ricorda però che i Beatles hanno usato spesso modelli Epiphone che in quegli anni erano strumenti di notevole qualità. Modello di punta Epiphone è la Les Paul. Inoltre Epiphone continua a produrre modelli originali di chitarra di propria iniziativa, come la celebre Casino o la Epiphone Wilshire. Un'altra marca molto apprezzata è la Paul Reed Smith, (abbreviata spesso in PRS), con un sound molto versatile e adatto a numerosi generi musicali (dal blues rock, fino al metal). PRS è un marchio, in fondo, nuovo sul mercato ma è riuscito ad affermarsi e a crearsi una nicchia di mercato molto interessante. Il chitarrista messicano Carlos Santana è stato, forse, il primo grande professionista a usare chitarre PRS e a portarle di fronte al grande pubblico. Di notevole pregio sono anche la ESP Guitars, anch'essa produttrice di numerosi modelli, adatti soprattutto ai generi più "estremi" (Metallica, Slayer), il marchio giapponese Ibanez, che produce molti modelli di chitarre, di tutti i livelli, spesso utilizzate dai "virtuosi" o shredder (per esempio Steve Vai, Joe Satriani, ecc.,) ma produce anche chitarre adatte a blues come per esempio il modello George Benson. Dean Guitars produce chitarre tradizionalmente utilizzate per il genere metal (vedi Pantera, Megadeth, Gwar, Michael Angelo Batio). La Dean è nota anche per chitarre utilizzate da artisti che, seppure in ambito hard rock, hanno radici più blues (vedi ZZ Top). Note Bibliografia "Electric Guitar Construction", Tom Hirst, 2003, ISBN 1-57424-125-7 "Chitarre - Elementi di liuteria", Michel Cassiani Ingoni, Casa Musicale Eco, 2008, ISBN 978-88-6053-346-3 "Chitarre - Elettronica, effetti ed amplificatori", Michel Cassiani Ingoni, Casa Musicale Eco, 2009, ISBN 978-88-6053-356-2 T. Wheeler, The Guitar Book: A Handbook for Electric & Acoustic Guitarists. Harpercollins, 1978 ISBN 0-06-014579-X Christoph Reiß: Guitar Recording. Wizoo Publishing, Bremen 2010, ISBN 978-3-934903-75-3 P. Broadbent: Charlie Christian: Solo Flight – The Seminal Electric Guitarist, Ashley Mark Publishing Company, 1997 Isbn 1-872639-56-9 John Schneider: The Contemporary Guitar, University of California Press, Berkeley CA 1985, ISBN 0-520-04048-1 Voci correlate Pick-up (elettronica) Chitarra classica Chitarra preparata Moodswinger Shimmer (musica) Rickenbacker (chitarre) Fender Gibson Guitar Corporation Les Paul Ibanez ESP (azienda) Gretsch 6128 Hard Tail Altri progetti Collegamenti esterni
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Chimica inorganica
La chimica inorganica è quella branca della chimica che studia gli elementi, la sintesi e la caratterizzazione dei composti inorganici. Definizione Secondo la definizione storica, la chimica inorganica si occupa delle sostanze non prodotte dalla materia vivente, oggetto di studio della chimica organica, quali sono i composti derivati dal regno minerale che non possiede forza vitale, in accordo con la teoria vitalista. Caratteristica delle sostanze inorganiche era considerata anche la loro possibilità di sintesi in laboratorio. Dopo la sintesi dell'urea effettuata da Friedrich Wöhler nel 1828, utilizzando il composto inorganico cianato d'ammonio, i confini tra le due branche della chimica si sono ristretti essendo dimostrato che anche i composti organici sono in realtà sintetizzabili in laboratorio. Successivamente è stato constatato che gli organismi viventi sono anch'essi in grado di sintetizzare composti inorganici e con l'ulteriore affinarsi di conoscenze e tecniche sono addirittura fioriti campi di studio "ibridi" come quelli della chimica metallorganica e della chimica supramolecolare. Tuttavia permane una certa differenza fondata sulla diversa e caratteristica reattività della quale godono i composti organici e che si evidenzia in meccanismi di reazione del tutto peculiari. Concetti chiave Molti composti inorganici sono composti ionici, sali costituiti da cationi e anioni tenuti assieme da legame ionico. Esempi di sali sono: il cloruro di magnesio MgCl2, costituito da cationi magnesio Mg2+ e anioni cloruro Cl–, e l'ossido di sodio Na2O, costituito da cationi sodio Na+ e anioni ossido O2–. In tutti i sali la carica totale dei cationi è bilanciata da quella degli anioni, in modo che il composto solido è elettricamente neutro. La facilità di formazione di ioni monoatomici può essere valutata dal potenziale di ionizzazione (per i cationi) o dall'affinità elettronica (per gli anioni) dell'elemento corrispondente. Ossidi, carbonati, solfati e alogenuri costituiscono importanti famiglie di sali inorganici. Molti composti inorganici hanno punto di fusione elevato. Allo stato solido i sali inorganici in genere sono cattivi conduttori di elettricità. Una caratteristica abbastanza comune è la solubilità in acqua e la facilità di cristallizzazione (ad es. NaCl), ma molti sono invece insolubili (ad es. SiO2). La più semplice reazione chimica inorganica è il doppio scambio, dove mettendo assieme due sali gli ioni si scambiano senza variazioni del numero di ossidazione. Nelle reazioni di ossidoriduzione un reagente, detto ossidante, acquista elettroni e diminuisce il proprio stato di ossidazione, mentre l'altro, detto riducente, cede elettroni e aumenta il proprio stato di ossidazione. Scambi di elettroni possono avvenire anche indirettamente, ad esempio nelle pile, che sono dispositivi elettrochimici. Quando uno dei reagenti contiene atomi di idrogeno si può avere una reazione acido-base, dove vengono trasferiti protoni. In una definizione più generale, qualsiasi specie chimica capace di legarsi ad una coppia di elettroni è detta acido di Lewis; per contro, ogni specie che tende a cedere una coppia di elettroni è detta base di Lewis. Un trattamento più raffinato delle interazioni acido-base è la teoria HSAB, che tiene conto della polarizzabilità e della dimensione degli ioni. I composti inorganici si trovano in natura come minerali. Il suolo può contenere solfuro di ferro sotto forma di pirite o solfato di calcio sotto forma di gesso. I composti inorganici possono svolgere molte funzioni anche in campo biologico: come elettroliti (cloruro di sodio), come riserva di energia (ATP), come materiali strutturali (i gruppi fosfato che formano lo scheletro del DNA). Il primo composto inorganico importante prodotto artificialmente è stato il nitrato d'ammonio, un fertilizzante ottenuto con il processo Haber-Bosch. Alcuni composti inorganici si sintetizzano per utilizzarli come catalizzatori, come V2O5 e TiCl3, altri servono come reagenti in chimica organica, come LiAlH4. Chimica inorganica industriale La chimica inorganica è un ambito scientifico con molte applicazioni industriali. La quantità di acido solforico prodotto è un parametro utile per valutare l'economia di una nazione. Nel 2005 i primi 20 composti chimici inorganici prodotti in Canada, Cina, Europa, Giappone e Stati Uniti sono stati (in ordine alfabetico): acido cloridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido solforico, ammoniaca, azoto, carbonato di sodio, clorato di sodio, cloro, diossido di titanio, idrogeno, idrossido di sodio, ossigeno, nero di carbone, nitrato d'ammonio, perossido di idrogeno, silicato di sodio, solfato d'ammonio, solfato di alluminio, solfato di sodio. Un'altra applicazione pratica della chimica inorganica industriale è la produzione di fertilizzanti. Chimica inorganica descrittiva La chimica inorganica descrittiva si occupa di classificare i composti in base alle loro proprietà. La classificazione è basata in parte sulla posizione occupata nella tavola periodica dall'elemento con il più alto numero atomico presente nel composto, e in parte raggruppando i composti che presentano somiglianze strutturali. Succede spesso che un certo composto possa essere classificato in più categorie. Ad esempio, un composto organometallico può essere anche un composto di coordinazione, e può avere proprietà interessanti allo stato solido. Una serie di usuali classificazioni è riportata nel seguito. Composti di coordinazione Nei composti di coordinazione o complessi classici un metallo è legato tramite una coppia di elettroni ad un atomo di un legante come H2O, NH3, Cl– e CN–. Nella chimica di coordinazione moderna quasi tutti i composti organici e inorganici possono essere usati come leganti. Il "metallo" appartiene in genere ai gruppi 3–13, oppure ai lantanoidi o attinoidi, ma da un certo punto di vista tutti i composti chimici possono essere descritti come complessi. La stereochimica dei complessi può essere molto ricca, come già osservato da Werner nel 1914 con la separazione dei due enantiomeri di [Co{(OH)2Co(NH3)4}3]6+, che dimostrò per la prima volta che la chiralità non era proprietà esclusiva dei composti organici. Un argomento di attualità all'interno di questa specializzazione è la chimica di coordinazione supramolecolare. Esempi: [Co(EDTA)]–, [Co(NH3)6]3+, TiCl4(THF)2. Composti dei gruppi principali Queste specie contengono elementi dei gruppi 1, 2 e 13–18 della tavola periodica, escludendo l'idrogeno. Spesso si aggiungono anche gli elementi dei gruppi 3 (Sc, Y e La) e 12 (Zn, Cd e Hg) perché hanno una reattività simile. A questo gruppo si possono aggiungere specie note sin dagli albori della chimica, ad esempio lo zolfo elementare S8 e il fosforo bianco P4. Lavoisier e Priestley con i loro esperimenti sull'ossigeno, O2, non solo identificarono un importante gas diatomico, ma permisero di descrivere composti e reazioni in base a rapporti stechiometrici. All'inizio del 900 Carl Bosch e Fritz Haber resero possibile la sintesi dell'ammoniaca usando catalizzatori a base di ferro, una scoperta che ebbe un enorme impatto sulla storia dell'umanità, dimostrando l'importanza della sintesi di composti inorganici. Esempi tipici di composti dei gruppi principali sono SiO2, SnCl4 e N2O. Molti composti dei gruppi principali si possono anche considerare organometallici, dato che contengono gruppi organici, come ad esempio Si(CH3)4. Composti dei gruppi principali sono reperibili anche in natura, ad esempio i fosfati nel DNA e nelle ossa, e quindi si possono classificare come bioinorganici. Viceversa possono essere considerati "inorganici" i composti organici senza (molti) idrogeni, come ad esempio i fullereni, i nanotubi di carbonio, e gli ossidi di carbonio binari. Esempi: tetranitruro di tetrazolfo S4N4, diborano B2H6, siliconi, fullerene C60. Composti dei metalli di transizione I composti che contengono metalli dei gruppi 4–11 sono considerati composti dei metalli di transizione. I composti con metalli dei gruppi 3 e 12 sono a volte inclusi in questa categoria, ma spesso sono considerati composti dei gruppi principali. I composti dei metalli di transizione hanno una chimica di coordinazione ricca, spaziando da composti tetraedrici come TiCl4 a composti planari quadrati come i complessi di platino, e a composti ottaedrici per i complessi del cobalto. Vari metalli di transizione si trovano in composti di importanza biologica, come il ferro nell'emoglobina. Esempi: tetracloruro di titanio, ferrocianuro di potassio, cisplatino Composti organometallici I composti organometallici sono quelli dove un metallo è legato covalentemente ad uno o più atomi di carbonio di un gruppo organico. Il metallo M di queste specie può appartenere ai gruppi principali o ai metalli di transizione. In pratica è comunemente usata una definizione più ampia di composto organometallico, includendo i metallocarbonili e anche i metallo alcossidi. I composti organometallici sono di solito considerati una categoria particolare perché i leganti organici sono spesso sensibili all'idrolisi e all'ossidazione, e quindi la preparazione di composti organometallici richiede tecniche più sofisticate rispetto ai tradizionali complessi di Werner. Le nuove procedure di sintesi, e in particolare la capacità di manipolare i complessi in solventi poco coordinanti, hanno permesso di utilizzare leganti scarsamente coordinanti come gli idrocarburi, H2 e N2. La chimica organometallica ha tratto molti vantaggi dal fatto che questi leganti sono in un certo qual modo prodotti dell'industria petrolifera. Esempi: ferrocene Fe(C5H5)2, molibdeno esacarbonile Mo(CO)6, clorotris(trifenilfosfina)rodio(I) RhCl(PPh3)3 Composti cluster Composti cluster si possono trovare in tutte le classi di composti chimici. A rigore, un cluster prevede più centri metallici legati tra loro con legami covalenti, ma si considerano cluster anche quelli formati da non metalli come il boro. Esistono cluster puramente inorganici, ma anche organometallici o bioinorganici. La distinzione tra cluster molto grandi e solidi estesi è sempre più sfumata. A questo livello di dimensioni si parla di nanoscienza e nanotecnologia, e sono importanti gli studi di effetti quantici. I cluster di grandi dimensioni possono essere considerati come un insieme di atomi legati tra loro, con caratteristiche intermedie tra una molecola e un solido. Esempi: Fe3(CO)12, B10H14, [Mo6Cl14]2−, 4Fe-4S Composti bioinorganici Questi composti sono presenti in natura per definizione, ma questa categoria comprende anche specie antropogeniche come inquinanti (ad es. metilmercurio) e farmaci (ad es. cisplatino). In questo campo si incontrano molti aspetti della biochimica e molti tipi di composti, ad esempio i fosfati nel DNA, complessi metallici con leganti che spaziano da macromolecole biologiche come i peptidi a specie poco definite come gli acidi umici, all'acqua coordinata in complessi di gadolinio (usati per imaging a risonanza magnetica). Un campo d'indagine tradizionale della chimica bioinorganica riguarda i processi di trasferimento di elettroni e di energia nelle proteine che servono nella respirazione. La chimica inorganica in campo medico studia anche quali siano gli elementi essenziali costituenti delle biomolecole, con relativa applicazione a diagnosi e terapia. Esempi: emoglobina, metilmercurio, carbossipeptidasi, ferritina Composti allo stato solido Questa area della chimica inorganica si focalizza su struttura, legami e proprietà fisiche dei materiali. In pratica la chimica inorganica dello stato solido usa tecniche come la cristallografia per comprendere le proprietà che si generano dall'insieme di interazioni tra i componenti presenti nel solido. Questa area si interessa anche di metalli, leghe e derivati intermetallici. Campi di studio correlati sono la fisica della materia condensata, la mineralogia e la scienza dei materiali. Esempi: zeoliti, YBa2Cu3O7, semiconduttori Chimica inorganica teorica Un altro modo di avvicinarsi alla chimica inorganica è partire dal modello atomico di Bohr, e usare gli strumenti e i modelli della chimica teorica e della chimica computazionale per spiegare i legami in molecole semplici, per poi passare a specie più complesse. I composti inorganici contengono molti elettroni, ed è quindi arduo descriverli accuratamente con i metodi della meccanica quantistica. Per affrontare queste difficoltà sono stati inventati molti approcci semiquantitativi o semiempirici, tra i quali la teoria degli orbitali molecolari e la teoria del campo dei leganti. Oltre a queste descrizioni teoriche si usano anche metodi approssimati, come la teoria del funzionale della densità. I composti che si comportano in modo inspiegabile per le teorie, sia in senso qualitativo che quantitativo, sono molto importanti per l'avanzamento delle conoscenze. Ad esempio, CuII2(OAc)4(H2O)2 è quasi diamagnetico al di sotto della temperatura ambiente, mentre la teoria del campo cristallino predice che la molecola abbia due elettroni spaiati. Il disaccordo tra teoria (paramagnetico) e osservazione sperimentale (diamagnetico) ha portato allo sviluppo di modelli di "accoppiamento magnetico", che a loro volta hanno generato nuove tecnologie e nuovi materiali magnetici. Teorie qualitative La chimica inorganica ha tratto grandi vantaggi dalle teorie qualitative, che sono più facili da comprendere perché richiedono poche conoscenze di chimica quantistica. La teoria VSEPR è in grado di razionalizzare e predire le strutture di molti composti dei gruppi principali; ad esempio spiega perché NH3 è piramidale mentre ClF3 ha forma a T. Nei metalli di transizione la teoria del campo cristallino permette di interpretare le proprietà magnetiche di molti complessi; ad esempio [FeIII(CN)6]3− ha un solo elettrone spaiato, mentre [FeIII(H2O)6]3+ ne ha cinque. Simmetria molecolare e teoria dei gruppi Un concetto molto utile in chimica inorganica è quello di simmetria molecolare. In matematica, la teoria dei gruppi fornisce il formalismo adatto a descrivere la forma delle molecole a seconda del gruppo puntuale cui appartengono. La teoria dei gruppi permette anche di semplificare i calcoli teorici. In spettroscopia, le applicazioni più comuni della teoria dei gruppi riguardano spettri vibrazionali ed elettronici, perché conoscendo le proprietà di simmetria dello stato fondamentale e degli stati eccitati di una specie chimica si può prevedere numero e intensità delle bande di assorbimento. Una applicazione comune della teoria dei gruppi è la previsione del numero di vibrazioni C–O in complessi metallocarbonilici sostituiti. La teoria dei gruppi è anche uno strumento didattico per evidenziare somiglianze e differenze nelle proprietà di legame di specie diversissime come WF6 e Mo(CO)6, o CO2 e NO2. Termodinamica e chimica inorganica Un differente approccio quantitativo alla chimica inorganica considera l'energia scambiata durante le reazioni. Questo approccio è molto tradizionale ed empirico, ma di grande utilità. Potenziale redox, acidità e transizioni di fase sono alcuni dei concetti che si possono esprimere in termini termodinamici. Un altro concetto classico della termodinamica inorganica è il ciclo di Born-Haber, usato per determinare l'energia di processi elementari che non possono essere misurati direttamente, come l'affinità elettronica. Meccanismi in chimica inorganica Un altro aspetto della chimica inorganica è lo studio dei meccanismi di reazione, che vengono in genere discussi in base alle differenti categorie di composti. Elementi dei gruppi principali e lantanoidi Nel discutere i meccanismi di composti dei gruppi principali (soprattutto 13-18) si utilizzano in genere gli approcci della chimica organica, dato che in fin dei conti anche i composti organici fanno parte dei gruppi principali. Gli elementi più pesanti di C, N, O e F possono formare composti con più elettroni di quanti previsti dalla regola dell'ottetto, e per questo motivo possono avere meccanismi di reazione diversi da quelli dei composti organici. Elementi più leggeri del carbonio (B, Be, Li) nonché Al e Mg formano spesso strutture elettron deficienti in qualche modo simili ai carbocationi, che tendono a reagire con meccanismi associativi. La chimica dei lantanoidi rispecchia per molti aspetti quella dell'alluminio. Complessi dei metalli di transizione I meccanismi di reazione coinvolgenti metalli di transizione sono discussi in modi diversi da quelli degli elementi dei gruppi principali, perché la presenza degli orbitali d influenza notevolmente la loro reattività. Alcuni tipi di reazione osservabili nei complessi sono i seguenti. Reazioni di sostituzione dei leganti La presenza degli orbitali d è determinante nell'influenzare velocità e meccanismo delle reazioni di sostituzione e di dissociazione dei leganti. Queste reazioni possono avvenire con meccanismi associativi o dissociativi. Un aspetto generale della chimica dei metalli di transizione è la labilità cinetica degli ioni metallici, come si osserva nei tipici complessi [M(H2O)6]n+ che scambiano l'acqua coordinata con quella del solvente: [M(H2O)6]n+ + 6H2O* → [M(H2O*)6]n+ + 6H2O dove H2O* denota acqua isotopicamente arricchita, cioè H217O Le velocità di scambio dell'acqua variano di 20 ordini di grandezza nella tavola periodica; i lantanoidi sono i più veloci e i composti di Ir(III) sono i più lenti. Reazioni redox Le reazioni redox sono comuni per i metalli di transizione. Si possono suddividere in due classi: le reazioni di trasferimento di atomi, come le reazioni di addizione ossidativa/eliminazione riduttiva, e le reazioni di trasferimento di elettroni. Una reazione fondamentale è la reazione di scambio, dove i reagenti sono uguali ai prodotti. Ad esempio gli ioni permanganato e manganato reagiscono scambiandosi un elettrone: [MnO4]− + [Mn*O4]2− ⇄ [MnO4]2− + [Mn*O4]− Reazioni sui leganti I leganti coordinati reagiscono in modo diverso dai leganti liberi. Ad esempio, l'acidità dei leganti ammoniaca in [Co(NH3)6]3+ è maggiore rispetto a NH3 non coordinata. Gli alcheni legati a cationi metallici reagiscono con nucleofili, mentre gli alcheni liberi di solito non lo fanno. La catalisi è un'area importante per l'industria, e si basa sulla capacità dei metalli di modificare la reattività di leganti organici. La catalisi omogenea è condotta in soluzione, e la catalisi eterogenea si ha quando substrati gassosi o disciolti reagiscono con superfici solide. Tradizionalmente, la catalisi omogenea è considerata parte della chimica organometallica mentre la catalisi eterogenea è parte della scienza delle superfici, un settore della chimica dello stato solido, ma i principi basilari di chimica inorganica sono gli stessi. Alcuni composti dei metalli di transizione hanno la peculiarità di reagire con piccole molecole come CO, H2, O2 ed C2H4. L'importanza industriale di queste materie prime traina lo sviluppo della catalisi. Caratterizzazione dei composti inorganici I composti chimici inorganici possono contenere praticamente tutti gli elementi della tavola periodica e avere proprietà diversissime, quindi la loro caratterizzazione può richiedere i metodi di analisi più disparati. I metodi più vecchi tendevano ad esaminare proprietà generali come punto di fusione, solubilità, acidità e conducibilità elettrica in soluzione. Successivamente, l'avvento della meccanica quantistica e il perfezionamento delle apparecchiature elettroniche hanno reso disponibili nuovi strumenti per studiare le proprietà elettroniche di molecole e solidi inorganici. I dati così ottenuti hanno spesso permesso di perfezionare i modelli teorici. Ad esempio, la determinazione dello spettro di fotoelettroni del metano ha dimostrato non del tutto appropriata la descrizione della molecola in base alla teoria del legame di valenza, che prevede legami a due centri e due elettroni tra carbonio e idrogeno. Risultati come questo hanno favorito la diffusione della teoria degli orbitali molecolari, basta su orbitali totalmente delocalizzati, che permettono di descrivere più accuratamente cosa succede rimuovendo un elettrone. Tecniche comunemente utilizzate: Cristallografia a raggi X, per determinare la struttura tridimensionale delle molecole. Interferometria a doppia polarizzazione, per determinare conformazione e variazioni di conformazione nelle molecole Metodi spettroscopici di vario tipo: Spettroscopia ultravioletta/visibile (UV/Vis), storicamente importante, dato che molti composti inorganici sono fortemente colorati Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR); oltre a 1H e 13C, molti altri nuclidi sono adatti per la spettroscopia NMR (ad es. 11B, 19F, 31P e 195Pt) e forniscono informazioni sulla struttura dei composti. Anche la spettroscopia NMR di sostanze paramagnetiche può fornire informazioni strutturali. L'analisi NMR 1H è importante anche perché il nucleo dell'idrogeno è molto leggero ed è difficile da localizzare con la cristallografia a raggi X Spettroscopia infrarossa (IR), usata soprattutto per i complessi metallocarbonilici Spettroscopia ENDOR Spettroscopia Mössbauer Spettroscopia di risonanza paramagnetica elettronica (EPR), permette di osservare l'intorno di centri metallici paramagnetici Metodi elettrochimici come la ciclovoltammetria e tecniche simili forniscono informazioni sulle proprietà redox dei composti. Chimica inorganica sintetica Le specie inorganiche che si possono trovare pure in natura sono poche; tutte le altre devono essere sintetizzate in impianti e laboratori chimici. I metodi di sintesi della chimica inorganica si possono classificare grossolanamente a seconda della volatilità o della solubilità dei reagenti utilizzati. I composti inorganici solubili si preparano con metodi analoghi a quelli della sintesi organica. Composti che reagiscono con l'aria richiedono tecniche tipo linea Schlenk e glove box. Composti volatili e gas sono manipolati in linee da vuoto, costituite da tubi di vetro connessi tramite valvole, entro cui si può fare un vuoto di 0,1 Pa o meno; i composti vengono condensati usando azoto liquido, che ha punto di ebollizione 77 K, o altri liquidi criogeni. I solidi sono in genere preparati usando forni tubolari: i reagenti sono chiusi in contenitori, spesso fatti di silice fusa (SiO2 amorfo), ma a volte sono necessari materiali speciali come tubi saldati di tantalio e "navicelle" di platino. Aree Principali aree di interesse della chimica inorganica sono: Chimica degli elementi Chimica nucleare Chimica di coordinazione Metallorganica Chimica dello stato solido Elettrochimica Diffrazione dei raggi X Cristallografia Chimica bioinorganica Chimica supramolecolare Geochimica Mineralogia Astrochimica Spettroscopia molecolare Chimica teorica Metallurgia Chimica ambientale Strutturistica chimica Sintesi e tecniche speciali inorganiche Note Voci correlate Nomenclatura chimica Nomenclatura chimica inorganica Nomenclatura IUPAC dei composti organici Altri progetti Collegamenti esterni
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Campionamento statistico
In statistica il campionamento statistico (che si appoggia alla teoria dei campioni o "teoria del campionamento") sta alla base dell'inferenza statistica, la quale si divide in due grandi capitoli: la teoria della stima e la verifica d'ipotesi. In particolare, una rilevazione si dice campionaria quando è utile per fare inferenza, ossia per desumere dal campione stesso un'informazione relativa all'intera popolazione. Campione e censimento Le indagini censuarie riguardano l'intera popolazione e pur essendo più affidabili riguardo al parametro oggetto d'indagine soffrono di: Maggiori costi Tempi più lunghi Minore accuratezza e minori risorse concentrate sul controllo della qualità della rilevazione (quello che si guadagna in estensione si perde in profondità) Quindi mentre l'indagine censuaria fornisce il valore vero dei parametri di interesse (proporzioni, percentuali, medie, totali,...) quella campionaria restituisce una sua stima al quale è associato un certo grado di fiducia (ossia un'incertezza) quantificabile quando la formazione del campione risponde a determinati criteri di tipo probabilistico. Il campionamento si usa quando si vuole conoscere uno o più parametri di una popolazione, senza doverne analizzare ogni elemento: questo per motivi di costi intesi in termini monetari, di tempo, di qualità o di disagio o perché analizzare un elemento lo distrugge rendendo inutilizzabile l'informazione ottenuta. Definizione di campione Il campione (statistico) è un insieme di unità statistiche estratto da una popolazione. Tramite il campione si possono stimare, entro determinati limiti di errore, le proprietà dell'intera popolazione. Quando si parla di campione, nel linguaggio ordinario, si può intendere o la definizione rigorosa (quella riportata sopra, ossia un sottoinsieme di elementi estratto dalla popolazione) oppure, un po' imprecisamente, un singolo elemento del campione (in tal caso bisognerebbe dire "unità del campione" e non "campione"). Scelta del campione Modalità di selezione del campione sono: Scelta di comodo (campionamento per quote o convenience sampling). Scelta ragionata (campionamento ragionato o judgmental sampling). Scelta casuale (campionamento casuale o random sampling). Scelta sistematica (campionamento sistematico). Scelta probabilistica (campionamento probabilistico o probabilistic sampling). Nella pratica quotidiana dei sondaggi di opinione e delle ricerche di mercato vengono usati tutti e quattro gli approcci. La scelta di un tipo di campionamento avviene in base alle proprietà degli stimatori di alcuni parametri oppure per tener conto di problemi di costo, mobilità o altro. Concetti chiave sono: base di campionamento popolazione d'analisi e popolazione di rilevazione piano di campionamento e disegno di campionamento errore di campionamento Storia Benché già nel Settecento si sia notato il vantaggio nell'esaminare un sottinsieme della popolazione per generalizzare i risultati alla popolazione complessiva, è solo dalla fine dell'Ottocento che la discussione sulla "scientificità" del campionamento viene posta in modo esplicito alla comunità statistica. Già agli inizi del Novecento si vanno delineando le caratteristiche che un campione deve avere, ovvero che deve essere scelto in maniera casuale, e nell'arco di pochi anni compaiono i primi studi che mettono in evidenza che il campione non deve essere necessariamente un campione semplice ma può essere più complesso, per esempio stratificando. Importanti autori che hanno fatto la storia della teoria dei campioni sono stati tra gli altri: Pierre-Simon de Laplace (che fece uso dei moltiplicatori per stimare il totale di una popolazione); Adolphe Quetelet (che accetta di generalizzare alla popolazione complessiva il tasso di analfabetismo osservato tra i delinquenti, ma rifiuta di generalizzare la percentuale di maschi tra i neonati); Anders Nicolai Kiær che nel 1895 avvia la discussione di merito in seno all'Istituto Internazionale di Statistica; Ladislaus Bortkiewicz che con un suo intervento introduce seriamente la teoria della probabilità nella discussione sul campionamento; Arthur Bowley che sviluppa il campionamento casuale, la stratificazione, e formula la varianza della stima del totale nel caso del campionamento semplice e nel caso del campionamento stratificato; Aleksandr A. Čuprov, suo padre Aleksandr I. Čuprov, A. G. Kovalevskij e Jerzy Neyman che descrivono il campionamento stratificato, e, per quanto riguarda A. A. Čuprov e J. Neyman, anche scoprendo in modo indipendente l'allocazione ottima. Nel 1925, durante il congresso di Roma, l'Istituto Internazionale di Statistica accetta definitivamente come scientifico il metodo campionario, distinguendo il campionamento casuale dal campionamento ragionato. Altri autori importanti nella ricerca teorica ed applicata sul campionamento furono George Gallup e William G. Cochran. Bibliografia S. Brasini, M. Freo, F. Tassinari, G. Tassinari, Statistica aziendale e analisi di mercato, 2002, Manuali, Il Mulino, Bologna M. Barisone, R. Mannheimer, I sondaggi, 1999, Il Mulino, Bologna M. Chiaro, I sondaggi telefonici, 1996, CISU, Roma Altri progetti Collegamenti esterni Test statistici Psicometria Inferenza statistica
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Catania
Catania (AFI: , , Catania in siciliano) è un comune italiano di abitanti, capoluogo dell'omonima città metropolitana in Sicilia e centro della principale conurbazione dell'isola. Cuore di un agglomerato urbano esteso fino alle pendici sud orientali del Monte Etna, è il centro dell'area metropolitana più densamente popolata della Sicilia, e di una più ampia conurbazione nota come Sistema lineare della Sicilia orientale, su una superficie di chilometri quadrati. La città è inoltre il fulcro economico e infrastrutturale del Distretto del Sud-Est Sicilia, istituito il 26 febbraio 2014 alla presenza dell'allora presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano. Principale polo industriale, logistico e commerciale della Sicilia, è sede dell'Aeroporto di Catania-Fontanarossa "Vincenzo Bellini", quinto in Italia per traffico passeggeri e principale della Sicilia. Fondata nel 729 a.C. dai Calcidesi della vicina Naxos, la città vanta una storia millenaria caratterizzata da un susseguirsi di svariate culture i cui resti ne arricchiscono il patrimonio artistico, architettonico e culturale. Sotto la Dinastia aragonese fu capitale del Regno di Sicilia, e dal 1434 per volere del re Alfonso V è sede della più antica Università dell'isola. Nel corso della sua storia è stata più volte interessata da eruzioni vulcaniche (la più imponente, in epoca storica, è quella del 1669) e da terremoti (i più catastrofici ricordati sono stati quelli del 1169 e del 1693). Il barocco del suo centro storico è stato dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'umanità, assieme a quello di sette comuni del Val di Noto (Caltagirone, Militello in Val di Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli), nel 2002. Per l'ingenza e la conservazione del patrimonio architettonico e culturale liberty catanese, la città ha ricevuto nel 2016 il premio di Best LibertyCity ("Miglior città dell'Art Nouveau" o "città liberty dell'anno") dall'Associazione nazionale Italia Liberty. Geografia fisica Territorio Catania offre paesaggi eterogenei concentrati in un'area ristretta. Sorge sulla costa orientale dell'isola, ai piedi dell'Etna (il vulcano attivo più alto d'Europa) a circa metà strada tra le città di Messina e Siracusa, affacciandosi sul mar Ionio con il golfo che da essa prende il nome. Il territorio è prettamente pianeggiante a sud e sud-est, e montuoso a nord per la presenza dell'Etna. Esso comprende anche una consistente parte della piana di Catania (a Chiana), una tra le più estese aree coltivate della Sicilia, la cui zona più vicina al mare costituisce l'Oasi del Simeto, riserva naturale di circa 2.000 ettari, istituita nel 1984. L'Oasi del Simeto prende nome dal fiume Simeto che sfocia a sud della città, nella frazione Primosole. Il nucleo originario della città era situato su un'altura: la collina di Monte Vergine (49 m s.l.m.), nata da un'eruzione preistorica dell'Etna datata tra 15.000 e 3960 ± 60 anni dal presente, corrispondente all'odierna Piazza Dante Alighieri dove sorge il monastero di San Nicolò l'Arena (diventata sede universitaria), nei pressi della quale scorreva un corso d'acqua, l'Amenano, che sfociava vicino a Piazza del Duomo, mentre a sud vi era il terrazzo di Acquicella (15 m s.l.m.), separato dal fiume da una valle, poi colmata dalle lave dell'eruzione del 1669. L'unico altro rilievo importante è la collina di Santa Sofia (303 m s.l.m.), nel quartiere omonimo, dove sorge la Cittadella Universitaria, quasi al confine con Gravina di Catania, comune del vasto hinterland. Il verde pubblico è costituito dai parchi situati all'interno della città. Sono sei quelli di una certa grandezza e importanza: il Giardino Bellini o Villa Bellini, chiamato 'a Villa, è dedicato al musicista Vincenzo Bellini; il Giardino Pacini o Villa Pacini, soprannominato Villa 'e varagghi (cioè "degli sbadigli") dedicato al musicista Giovanni Pacini; il Parco Gioeni (situato a nord del quartiere Borgo, alla fine della via Etnea, tra i più estesi); il Parco Falcone e Borsellino (a nord del corso Italia), dedicato agli omonimi magistrati uccisi dalla mafia; e il Boschetto della Plaia (il maggiore per estensione, nella zona tra il sud della città e l'aeroporto Vincenzo Bellini, l'ex Mercato Ortofrutticolo Comunale e il quartiere della Plaia). Tra gli altri, per l'importanza storica e per la conservazione della biodiversità, va segnalato l'orto botanico di Catania nel quartiere Mercede. La città è attraversata da un fiume sotterraneo, il già citato Amenano, che anticamente sfociava dove c'è la suddetta Villa Pacini e nel ventunesimo secolo sfocia più a sud-est, dove c'è il porto. Esso si rende visibile alla Fontana dell'Amenano, fontana in marmo bianco chiamata dai catanesi l'''Acqua a 'llinzolu che sorge tra la cosiddetta "Pescheria" e la piazza del Duomo, e nei sotterranei del locale Ostello Agorà. In passato, poco fuori le mura a ovest, si poteva trovare il lago di Nicito, al fiume collegato e ormai coperto dalla colata lavica del 1669 (l'omonima via ne ricorda l'ubicazione). Ma è stato tutto il territorio circostante a mutare profondamente in seguito a calamità naturali come le varie colate laviche: la costa a nord del porto è costituita da una scogliera, sita dove è presente la Stazione Centrale, detta dellArmìsi e formata in varie epoche storiche nel 1169, 1329 e 1381, anno in cui venne coperto anche parte dell'antico Porto Ulisse nel quartiere Ognina; tale tratto di costa comprende la spiaggetta di San Giovanni li Cuti. L'area a sud del Castello Ursino, un tempo sul mare, è invece il prodotto dell'enorme colata del 1669 che, accerchiatolo, si spinse per qualche chilometro verso il golfo. La costa a sud del porto venne profondamente modificata, facendo cominciare più a sud il litorale sabbioso della Plaia, zona adibita all'attività balneare. Clima La città e la piana di Catania presentano un clima mediterraneo, pur con alcuni connotati di tipo subtropicale e continentale, ben ravvisabili dall'analisi dei dati climatici delle stazioni meteorologiche ufficiali di Fontanarossa e di Sigonella, che descrivono rispettivamente il quadro relativo alla città di Catania e all'entroterra della piana. Le precipitazioni sono comprese in media tra i 450 e i 550 mm annui, con minimo estivo molto marcato e moderato picco nella stagione autunnale. L'inverno assicura temperature generalmente piuttosto miti, ma l'escursione termica rispetto alle ore notturne è abbastanza pronunciata, specie in presenza di cielo sereno e vento debole, per effetto della presenza di un esteso territorio pianeggiante a sud, e nella parte più interna, della presenza dell'Etna. La neve è molto rara, a causa dell'ombra orografica dell'Etna che ripara la città dai freddi venti settentrionali. Nonostante ciò, occasionali fioccate si sono viste più volte nel corso degli anni nei quartieri collinari, più consistenti nell'hinterland a nord della città. Brevi nevicate si sono avute il 9 febbraio 2015, il 6 gennaio 2017 e il 5 gennaio 2019 anche se l'ultima nevicata con accumulo di particolare rilevanza risale al 16-17 dicembre 1988. Il record assoluto di freddo, -7 °C, fu raggiunto il 1º febbraio 1962. L'estate, di lunga durata, si presenta molto calda, a volte con alti tassi di umidità. Mentre lungo la fascia litoranea le temperature massime sono parzialmente contenute dalla brezza marina di levante, nella parte più interna della città e della piana si registrano valori molto elevati. Alle ore 15 del 24 luglio 2023 la temperatura ha raggiunto il picco di 47,6 gradi. Origini del nome Secondo lo storico greco Plutarco il suo nome deriva dal siculo katane (cioè grattugia, parola di origine indoeuropea), per l'associazione con le asperità del territorio lavico su cui sorge, od anche dal latino catinum (catino, bacinella) per la conformazione naturale a conca delle colline intorno alla città o come riferimento al bacino della Piana. L'etimologia resta comunque oscura: secondo altre interpretazioni, il nome deriverebbe dall'apposizione del prefisso greco katà- al nome del vulcano Etna (Aitnè, dal greco) (in modo che ne risulti "nei pressi di" o "appoggiata" all'Etna). In epoca araba il geografo Al-Muqaddasi precisa che la città di Qutāna «Si chiama anche Madīnat al-Fīl (Città dell'Elefante)» e Idrisi la riporta come Balad al-fîl, di analogo significato. Nel cinquecento la città di Catania fu soprannominata "la Sicula Atene" per via della fiorente università fondata il secolo precedente. Altri soprannomi notevoli sono quelli di “la protettrice dei Re” riferito al periodo 1282–1412 in cui la città fu capitale dell’isola o di “Milano del sud” in relazione al grande boom economico che ebbe negli anni ‘60. Storia Età antica La collina di Monte Vergine occupa una posizione strategica fra il mare, l'Etna e la maggiore pianura di Sicilia. Su di essa si sviluppò un vasto abitato preistorico, intercettato in più punti e in particolare nell'area dell'ex Monastero dei Benedettini di San Nicolò l'Arena e in quella di via Teatro Greco. Nel monastero benedettino sono stati rinvenuti reperti che coprono il periodo compreso tra il Neolitico e la fine dell'età del Rame; agli inizi dell'Eneolitico si data una tomba a fossa polisoma rinvenuta sempre all'interno del monastero. In via Teatro Greco sono state individuate due fasi preistoriche. La prima, datata al radiocarbonio alla seconda metà del VI millennio a.C., è relativa alla probabile frequentazione di uno o più ripari sotto roccia, dagli inizi del Neolitico medio fino a quello tardo. La seconda fase, datata al radiocarbonio alla fine del V millennio a.C., appartiene a un abitato con capanne degli inizi dell'Eneolitico, cui verosimilmente spetta la tomba dei Benedettini. Sebbene si conoscano rinvenimenti sporadici dell'età del Bronzo e di quella del Ferro, l'area era probabilmente disabitata quando, nel 729-728 a.C., coloni greci provenienti da Naxos, a sua volta fondata da Calcide in Eubea, guidati dall'ecista Evarco vi fondarono . La città greca conobbe la sua stagione migliore nel corso del V secolo a.C.. Nel 476 a.C. Gerone I di Siracusa ne fece la propria sede, sostituendo gli abitanti e mutandone il nome in Aitna. Di questo episodio, durato un quindicennio, cantato da Pindaro e forse al centro di una perduta tragedia di Eschilo, rimangono monete d'argento tra le più raffinate dell'antichità. Riacquisiti l'antico nome e gli originari abitanti, alla fine del secolo, durante la guerra del Peloponneso, la città parteggiò per Atene contro Siracusa. Conquistata dai siracusani nel 403 a.C., dispersi i suoi abitanti e ripopolata con mercenari campani, per la città ebbe inizio un declino che si concluse solo con la conquista romana di Manio Valerio Massimo Messalla nel 263 a.C.. Càtina (o Càtana) divenne colonia augustea nel 21 a.C.. Da quel momento la città si dotò di grandi edifici pubblici che la trasformeranno in uno dei più ragguardevoli centri dell'impero e che nei secoli successivi condizioneranno il suo sviluppo urbano. La città fu sede di una precoce comunità cristiana e dal IV secolo, se non da prima, di una cattedra vescovile. Al cristianesimo si legano le trasformazioni di alcuni edifici e il lento processo di sviluppo da città antica a città medievale. Età medievale Alla caduta dell'Impero Romano la Sicilia venne conquistata nel VI secolo dagli Ostrogoti del re Teodorico il Grande che si occupò della ricostruzione delle mura della città, utilizzando le pietre che costituivano l'anfiteatro romano. Venne in seguito conquistata dai Bizantini, e nella prima metà del IX secolo dai musulmani. Nel 1071 viene conquistata dai Normanni; Ruggero preferì creare una struttura civile ed ecclesiastica integralmente nuova, affidando ai monaci benedettini la direzione dell'evangelizzazione religiosa e della riorganizzazione civile. Catania venne infeudata al fidato monaco bretone Ansgerio. Questi venne anche nominato abate dell'Abazia benedettina di S. Agata, e vescovo di una nuova diocesi molto larga (da Mascali a Enna e Piazza Armerina). Con l'approvazione del papa Urbano II (bolla pontificia del 9 marzo 1092); la città sarà elevata solo nel 1859 a sede arcivescovile. Fu poi governata dagli Svevi, periodo in cui si eresse il Castello Ursino e si crearono le figure amministrative che perdurarono fino al 1817 circa. La città fu una delle sedi della corte di Federico II di Svevia e da qui furono emanati editti e leggi di grande importanza. Alla fine del casato Hohenstaufen furono gli Angioini a prendere possesso della città, occupandola militarmente abusando spesso della popolazione locale. Nel 1282 la Sicilia fu conquistata da Pietro III d'Aragona (la cui moglie, Costanza di Svevia, era figlia del re Manfredi). Il regno passò poi al ramo cadetto della Casa d'Aragona, che fino a Martino I fece di Catania la capitale del Regno di Sicilia ulteriore. Nel 1409, dopo l'annessione del regno alla Corona d'Aragona, la Sicilia perse l'indipendenza e passò sotto il dominio spagnolo, poi sabaudo, poi austriaco e infine dei Borbone. Età moderna Nel 1622, Emanuele Filiberto di Savoia, viceré di Sicilia, con lettera ratificata da Filippo IV, aveva assegnato al Senato catanese funzioni pari a quelli di Palermo e Messina, concedendole una certa autonomia. Le due gravissime catastrofi naturali di fine XVII secolo (l'eruzione dell'Etna del 1669 e il terremoto del Val di Noto del 1693) segnano "il transito verso la modernità". La ricostruzione post-terremoto si contraddistinse per lo stile Barocco; uno tra i pochissimi grandi monumenti che mantenne la sua forma integra e originale fu il Castello Ursino. Di contro antichi edifici furono rinnovati e riedificati con i nuovi stili settecenteschi: grandi esempi sono la cattedrale (della precedente rimasero integre solo le absidi normanne), il Palazzo degli Elefanti, il Monastero di San Nicolò l'Arena o nei vari monasteri siti in Via dei Crociferi. Il lavoro del grande architetto Giovanni Battista Vaccarini fu cruciale sia per i progetti che interessarono questi particolari monumenti ma anche per il piano urbanistico che egli stesso disegnò Età contemporanea Tra il 1816 e il 1818 acquisì lo status di Comune, lasciando quello di Urbs, in modo da essere governata da un Intendente, coadiuvato dal Segretario generale e dal Consiglio di Intendenza. Sempre nel 1818 - il 20 febbraio - si verificò un terremoto con epicentro ad Aci Catena o Aci Sant'Antonio - diversi sono i pareri sul punto esatto - a causa del quale Catania soffrì moltissimo: il Castello Ursino fu reso inabitabile e vennero danneggiati i Conventi dei Minoriti (con l'annessa Chiesa di San Michele Arcangelo), dei Francescani, dei Crociferi, di Sant'Agostino, di Sant'Agata la Vetere e dei Benedettini, gli edifici dell'Università, il Collegio Cutelli, il Seminario dei Chierici e gli Ospedali di Santa Marta e di San Marco. Ma a differenza della provincia, che ne risentì notevolmente anche dal punto di vista demografico, Catania questa volta non registrò alcuna vittima. Nel 1849, durante la riconquista borbonica della Sicilia, la città subì pesanti distruzioni e i suoi abitanti stupri, saccheggi e uccisioni fino a che il 7 aprile, dopo aspri combattimenti, fu occupata dalle truppe di Ferdinando II sotto il comando di Carlo Filangieri, principe di Satriano. Nel 1898 la città fu insignita della medaglia d'oro al valor militare per le sue azioni eroiche di quei giorni. Nel 1860 Catania entrò a fare parte del Regno d'Italia; da allora è uno dei principali comuni italiani, il secondo in Sicilia, e capoluogo della sua città metropolitana. Simboli Lo stemma della Città di Catania è costituito da uno scudo con lo sfondo azzurro, cimato dalla corona reale aragonese e, nella parte inferiore, la legenda che riporta la sigla “S.P.Q.C.”, (sulla falsariga di SPQR) che in lingua latina significa Senatus PopulusQue Catanensium, mentre tradotto in italiano: Il Senato e il Popolo Catanese. Al centro è presente un elefante posto di profilo di colore rosso porpora con le zanne rivolte a sinistra (destra araldica), sopra di esso è presente una lettera “A” maiuscola anch'essa di colore rosso, che sta per Agata, il nome della santa patrona. Onorificenze La città di Catania è ottava tra le 27 città decorate di medaglia d'oro come "benemerite del Risorgimento nazionale" per le azioni altamente patriottiche compiute dalla città nel periodo del Risorgimento. Periodo, definito dalla Casa Savoia, compreso tra i moti insurrezionali del 1848 e la fine della prima guerra mondiale nel 1918. Monumenti e luoghi d'interesse La città antica A Catania del periodo greco non rimangono molte tracce, a causa di vari fattori sia naturali (terremoti e colate laviche che hanno rovinato la città) che antropici, come le ricostruzioni che spesso hanno ricoperto le precedenti architetture. Inoltre, non sono mai state eseguite grandi campagne di scavi e studi archeologici se non in casi sporadici della sua storia moderna. Tuttavia, secondo alcuni studiosi, gli zoccoli di alcune costruzioni pubbliche e private esistenti sono da attribuire al fiorente periodo della colonizzazione greca. Gli scavi archeologici all'interno dell'ex monastero dei Benedettini nel 1978 (quando, cioè, il complesso è stato acquistato e ristrutturato dal Comune) hanno confermato un'imponente e stratificata urbanizzazione dell'area fin dall'epoca eneolitica: sono state rinvenute strutture di edifici del VI e del IV secolo a.C. appartenenti alla fase più antica della colonia calcidese. Migliore fortuna hanno avuto i monumenti di epoca romana che hanno resistito testimoniando l'importanza della città nei tempi antichi, inoltre numerosissimi reperti provengono dagli scavi occasionali della città (la gran parte di questi – tra cui mosaici, statue e persino il frammento di una colonna istoriata – sono esposti al Museo civico al Castello Ursino). Il teatro romano (del II secolo), l'Odeon (III secolo), l'Anfiteatro romano (II secolo), le Terme dell'Indirizzo (in piazza Currò), le Terme della Rotonda, le Terme Achilliane (nei pressi della cattedrale odierna in Piazza del Duomo), varie altre strutture termali (Terme di Sant'Antonio Abate nella Piazza omonima, Terme dell'Itria in Piazza Santa Maria dell'Itria, Terme dell'Acropoli in Piazza Dante Alighieri e nel cortile del Monastero dei Benedettini), i resti di un acquedotto presso via Grassi e alcuni sepolcri romani (fra cui la Tomba romana del Carmine del II secolo), il Foro romano (probabilmente dove è il Cortile San Pantaleone), una Domus romana con i mosaici tardo-repubblicana (tra gli esempi più significativi dell'attività edilizia romana in Sicilia nel corso del II secolo d.C. sita nell'Emeroteca sotterranea del Dipartimento di Scienze Umanistiche), le colonne di Piazza Giuseppe Mazzini, quella che sostiene la statua di Sant'Agata in Piazza dei Martiri, tre assi viari (due si incrociano ortogonalmente al Monastero dei Benedettini dove sono stati trovati ancora basolati, successivamente allo scoperto), una strada che conduceva in antico dal Teatro all'Anfiteatro corrispondente all'attuale via dei Crociferi, sono i maggiori resti visibili della "Catana"/"Catina" romana. Molti di questi monumenti fanno parte dal 2008 del Parco archeologico greco-romano di Catania (istituito dalla Regione Siciliana) e alcuni di essi come il Teatro romano, le Terme della Rotonda e altri monumenti minori sono stati restaurati e resi visitabili. Anche i resti dell'Anfiteatro sono visibili dal 1903-1907 (anni in cui sono durati gli scavi per riportarli alla luce) dall'ingresso di Piazza Stesicoro e dal cortiletto di vico Anfiteatro, traversa di via Alessandro Manzoni, che finisce a sua volta proprio in piazza Stesicoro. Probabilmente anche 'u liotru, il simbolo della città situato al centro di piazza del Duomo, è stato scolpito in epoca romana se non prima. È un manufatto in pietra lavica porosa, che raffigura un elefante. Il nome deriva probabilmente dalla storpiatura del nome di Eliodoro, mago semi-leggendario accusato di negromanzia e grande avversario del vescovo Leone il Taumaturgo, il quale lo fece bruciare al rogo. L'elefante è sormontato da un obelisco egittizzante di cronologia incerta con figure probabilmente legate al culto isideo. Del periodo tardo-antico rimangono i resti delle sepolture cristiane a nord e a est del centro storico, come il Mausoleo circolare di Villa Modica (sito in Viale Regina Margherita), l'''Ipogèo quadrato (sito in via Gaetano Sanfilippo, traversa di via Ipogèo, a sua volta traversa del succitato Viale Regina Margherita), e come pure numerosi frammenti, lapidi (tra cui l'epigrafe di Iulia Florentina, esposta al Museo del Louvre), o il cippo Carcaci, esposto sempre nel Museo civico al Castello Ursino. Sono invece di epoca paleocristiana le cripte di Sant'Euplio, di Santa Maria di Betlemme, della "Cappella dell'Albergo dei Poveri" (dedicata a "Santa Maria della Mecca", sita nell'Ospedale Giuseppe Garibaldi-Centro), e del Santo Spirito, nonché gli ambienti fra il cosiddetto Sacro Carcere e l'ex Cattedrale di Sant'Agata la Vetere, prima chiesa al mondo dedicata alla Santa, dal 1933 gestita da un ente morale. La città medievale Un monumento di età bizantina (VI-IX secolo) è la Cappella Bonajuto (dal nome della famiglia nobiliare che l'aveva tenuta come sacrario di famiglia nonché come cappella privata): si tratta di una "trichora" bizantina (cioè un edificio con tre absidi); prima del suo restauro se ne aveva conoscenza grazie ai disegni di Jean-Pierre Houël. Del periodo normanno (XII secolo) si conservano principalmente le strutture come le absidi della Cattedrale di Sant'Agata, tesa a farla diventare "Ecclesia Munita" ("chiesa fortificata", per via delle scorrerie dei Saraceni), che poi sarebbero state ristrutturate dopo il terremoto del Val di Noto del 1693. Vicino alla cattedrale si conservano la Vara, ovvero il Fercolo, il busto-reliquiario e la cassa-reliquiaria di Sant'Agata, realizzati nel 1376 dall'orafo e scultore senese Giovanni di Bartolo. Del periodo normanno (XII secolo) è il portale della Chiesa di Sant'Agata al Carcere che era il portale principale della cattedrale normanna. Del periodo svevo (XIII secolo) è il famoso Castello Ursino, federiciano (sede del Museo civico, formato principalmente dalle raccolte Biscari e dei benedettini, dal 1927) e coevo dell'altrettanto famoso castello di Castel del Monte ad Andria e del siracusano Castello Maniace. Del periodo Aragonese (XIII-XV secolo) si ricordano, invece, il portale della scomparsa Chiesa di San Giovanni de' Fleres, demolita alla fine del XIX secolo e di cui rimane solo l'arco, e il balcone del palazzo Platamone, donato in seguito ai religiosi che lo trasformarono nel Monastero di San Placido, che quando fu danneggiato dal suddetto terremoto fecero rimanere le testimonianze più salienti di quando questo edificio fu nobile. La città rinascimentale Del periodo tardo aragonese rimangono poche tracce, tra cui la chiesa di Santa Maria di Gesù situata nella piazza omonima e costruita nel 1498 è forse l'esempio in migliori condizioni. La chiesa fu ristrutturata nel Settecento, mentre il portale è del Cinquecento e solo la Cappella Paternò mantiene l'originale struttura gotica. Nel 1558 fu iniziata la costruzione del Monastero dei Benedettini, a cui sarebbe poi stata affiancata la Chiesa di San Nicolò l'Arena. Distrutto dalla colata lavica del 1669 e dal terremoto del 1693, nel 1703 se ne avviò la ricostruzione che tuttavia non è stata mai più portata a termine. Di detto edificio permangono le antiche cucine, il chiostro occidentale, nonché la traccia dell'antico archeggiato del corridoio di meridione. Le cosiddette Mura di Carlo V, che racchiudono il centro storico, furono erette nel XVI secolo, tra il 1550 e il 1555 su un progetto iniziale di Antonio Ferramolino. Il progetto non riuscì a essere portato a termine neanche dopo l'apporto di Tiburzio Spannocchi, il quale progettò l'ampliamento delle fortificazioni verso sud-ovest e verso nord a scapito delle vecchie mura di epoca medioevale (tra cui l'antica Torre del Vescovo del 1302). Venne eretta nel 1612, sotto il re di Spagna e di Sicilia Filippo III, la fontana dei Sette Canali. Nel 1621 sorsero la fontana di Sant'Agata e, su consiglio dell'incaricato dal luogotenente del re, ingegnere Raffaele Lucadello, quella detta «di Gammazita», di cui resta soltanto il «pozzo» nei pressi dell'attuale via San Calogero. La colata dell'eruzione del 1669 inghiottì parte del sistema difensivo a sud e a sud-ovest della città che, rimasta sguarnita da questo lato, riedificò in parte sulle lave ancora calde una cortina muraria, detta popolarmente fortino, su cui ancora si apre la porta d'accesso (Porta del Fortino Vecchio in via Sacchero, un tempo dedicata al duca di Ligne che qui vi passò nel 1672) e di cui rimangono sparute tracce. Su tali mura venne ricavata la porta Ferdinandea, ancora nel ventunesimo secolo erroneamente detta u futtinu ("il fortino"). Con il terremoto del 1693 e la seguente ricostruzione si volle dare alla città un aspetto più aperto e libero dai fortilizi (i resti furono infatti inglobati nello sviluppo della città), anche perché ormai non esisteva più il pericolo delle incursioni piratesche che secoli prima diedero l'impulso alla fortificazione del Regnum. La città barocca Catania è stata ampiamente trasformata dalle conseguenze dei terremoti che hanno imperversato su questa parte della Sicilia. Il suo territorio circostante è stato più volte coperto da colate laviche che hanno raggiunto il mare. Ma i catanesi caparbiamente l'hanno ricostruita sulle sue stesse macerie. La leggenda vuole che la città sia stata distrutta sette volte durante la sua storia, ma in realtà tali eventi disastrosi si possono sicuramente riferire a pochi ma terribili eventi. Anche le distruzioni del centro urbano a causa delle colate laviche sono frutto di una storiografia fantasiosa In epoca storica Catania venne danneggiata dai prodotti piroclastici dell'Etna nel 122 a.C.; le fonti antiche riferiscono di tetti crollati per il peso eccessivo delle ceneri e di raccolti distrutti. È testimoniata tuttavia anche dal punto di vista archeologico la presenza di colate che giunsero a colpire parte della città antica. La calamità che avrebbe poi reso Catania la perla del tardo barocco siciliano è senza dubbio il terremoto che si registrò tra le giornate del 9 e dell'11 gennaio 1693, quando tutto il Val di Noto fu distrutto da potenti scosse. Nella città etnea si contarono numerose vittime, dovute soprattutto alla scarsa larghezza delle strade principali, che non permise ai cittadini di potervisi riversare. Durante la ricostruzione l'idea di risolvere questo problema fu di Giuseppe Lanza, duca di Camastra, progettando larghe vie principali, quali le centralissime Via Etnea, Via Vittorio Emanuele II (che all'epoca si chiamava "Corso reale"), Via Plebiscito e Via Giuseppe Garibaldi (all'epoca conosciuta come via San Filippo). Tutti i monumenti antichi furono inseriti nel tessuto urbano della città ricostruita grazie a tanti artisti, anche di fama nazionale, tra cui di certo spicca l'opera dell'architetto Giovanni Battista Vaccarini, che hanno dato alla città una chiara impronta barocca. Tra gli altri che hanno aiutato la rinascita della città si ricordano Francesco Battaglia, Stefano Ittar, Alonzo di Benedetto e Girolamo Palazzotto. Monumenti barocchi Tra i principali monumenti barocchi si ricordano: la Cattedrale di Sant'Agata, in piazza del Duomo, 2; la Chiesa di Sant'Agata la Vetere, ex Cattedrale, in piazza Sant'Agata la Vetere, 5; sorge sulla prima chiesa al mondo dedicata alla santa risalente al 264 d.C.; la Chiesa della Badia di Sant'Agata, in via Vittorio Emanuele II, 184; la Chiesa di Maria Santissima dell'Elemosina, Basilica Pontificia detta 'La Collegiata', in via Etnea, 23/A; la Chiesa di Sant'Agata alla Fornace e di San Biagio, in piazza Stesicoro; la Chiesa di San Francesco d'Assisi all'Immacolata, in piazza San Francesco d'Assisi, 2; custodisce le spoglie di Eleonora d'Angiò; la Chiesa di San Benedetto, detta "Badia Grande", in via Crociferi, 15; la Chiesa di San Domenico, in piazza San Domenico; la Chiesa di San Giuliano, in via Crociferi, 36; la Chiesa di San Nicolò l'Arena, in piazza Dante Alighieri, con l'annesso Monastero dei Benedettini al n.c. 32, sede del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università di Catania; la Chiesa di San Placido, in piazza San Placido; la Santuario di Santa Maria dell'Aiuto, in via Consolato della Seta, contiene la riproduzione della Santa Casa di Loreto, realizzata nel 1741; il Palazzo degli Elefanti (sede del Municipio), il Palazzo del Seminario dei Chierici e la fontana dell'Amenano, in piazza del Duomo, 1-3; la Fontana dell'Elefante, in piazza del Duomo; il Palazzo Reburdone, in via Vittorio Emanuele II, 1-31; il Palazzo Valle, in via Vittorio Emanuele II, 122, sede della Fondazione Puglisi Cosentino; il Palazzo Bruca, in via Vittorio Emanuele II, 201; il Palazzo Fassari Pace, in via Vittorio Emanuele II, 385; il Palazzo Biscari, in via Museo Biscari, 10-16; il Palazzo Manganelli, in via Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano, 261; il Palazzo Tezzano, in piazza Stesicoro, 30; il Palazzo del Toscano, in piazza Stesicoro, 38-39; il Palazzo Gravina Cruyllas, in piazza San Francesco d'Assisi, 3; la Villa Cerami, in via Crociferi, 66, sede del Dipartimento di Giurisprudenza; la Porta Uzeda, fra via Cardinale Dusmet e piazza del Duomo; la Porta Ferdinandea, detta nel ventunesimo secolo Porta Garibaldi, costruita nel 1768 e sita fra piazza Palestro e piazza Crocifisso Majorana; il Museo d'arte contemporanea della Sicilia (MacS), all'interno della "Badia Piccola" del Monastero delle Benedettine, in via San Francesco d'Assisi, 30. La città ottocentesca Come monumenti dell'Ottocento sono da segnalare teatri e fontane: per quello che riguarda i primi, nel 1821 venne costruito il Teatro Pietro Antonio Coppola, primo teatro comunale a Catania, sito nel quartiere Civita, che fu adibito principalmente alla rappresentazione di opere liriche. Il teatro venne poi chiuso nel 1887 quando fu inaugurato il teatro Massimo Vincenzo Bellini nel 1890, seguendo lo stile dell'Opéra national de Paris, in piazza Vincenzo Bellini, nel quartiere Agnonella. Per quello che riguarda le seconde a Catania non c'è più traccia di quella che aveva al centro un obelisco e che i catanesi avevano innalzato nel 1862, in un primo tempo nell'attuale piazza Duca di Genova, per ricordare la visita compiuta in quell'anno alla città dai tre figli del primo re d'Italia Vittorio Emanuele II (Umberto, Amedeo e Oddone), poi ricollocata nella zona di piazza Mario Cutelli, sempre alla Civita. Nel biennio 1863-1865, il Comune provvide a dotare la città di fontanelle, nel quartiere Fortino, in piazza Crocifisso della Buona Morte (poi "piazza Alfredo Cappellini", dal 1907, e successivamente "piazza Giovanni Falcone"), nel Largo dei Miracoli, nel Largo delle "Chianche Mortizze", nella piazza Monserrato, in quella della Guardia, nonché nel rione della Consolazione, ormai tutte scomparse. La città novecentesca Come monumenti del Novecento a Catania sono da segnalare fontane e palazzi: tra le prime, la Fontana di Proserpina, che risale al 1904 ed è sita in piazza Stazione Centrale (in seguito diventata "piazza Papa Giovanni XXIII"), è stata costruita 'di getto' in pochi mesi, ed è la penultima scultura di Giulio Moschetti. Per quello che riguarda i secondi nel 1922 comincia la costruzione del Palazzo delle poste centrali, con un progetto risalente a quattro anni prima per opera dell'architetto Francesco Fichera, ultimato nel 1929 e inaugurato l'anno seguente. Nel 1933 è stato inaugurato il Palazzo della Borsa, costruito su progetto dell'architetto Vincenzo Patanè coadiuvato da Giovanni Aiello in uno stile tra il classico e il barocco. Nel 1937 inizia invece la costruzione del Palazzo di Giustizia, che termina solo nel 1953, e in seguito della fontana de I Malavoglia in piazza dell'Esposizione, successivamente diventata piazza Giovanni Verga. Nello stesso periodo sorge il Palazzo Generali, primo grattacielo della città, che ha 19 piani. Sotto il sindaco Domenico Magrì, agli inizi degli anni cinquanta, sorgono tre nuove fontane: la prima è la fontana delle Conchiglie, in piazza Mario Cutelli ed è stata realizzata su disegno di Domenico Cannizzaro; un'altra, al largo Giovanni Paisiello, è un'opera modernissima di Dino Caruso, in ceramica e pietra lavica; e infine viene ricollocata la fontana dei Delfini, in piazza Vincenzo Bellini, opera di Giovanni Battista Vaccarini, proveniente dal chiostro della Badia Sant'Agata. Il Piano Regolatore Generale di Luigi Piccinato diede avvio nel 1961 anche ai lavori di costruzione del complesso della Cittadella Universitaria sulla collina di Santa Sofia, previsto già da un precedente PRG degli anni trenta, che è uno dei maggiori poli di ricerca dell'Ateneo. Mercati e mercatini Uno dei posti più caratteristici della Catania popolare è il mercato del pesce della Pescheria sempre rutilante di colori, voci e odori. Un altro luogo caratteristico è il Mercato di piazza Carlo Alberto, meglio conosciuto come Fera 'o Luni, la cui radice etimologica è stata spesso messa in discussione. L'ipotesi più diffusa è che stia per "Fiera del Lunedì" perché probabilmente il mercato originariamente doveva essere attivo soltanto per tale data settimanale Nella stessa piazza tutte le domeniche si teneva un importante mercato delle pulci, trasferito nei pressi dell'entrata principale del porto della città. Un mercato di "bric-à-brac" è aperto la domenica sotto gli archi della "marina" nei pressi della Villa Pacini. Altro mercato molto frequentato è quello che si svolge il venerdì in piazza I Viceré nel quartiere settentrionale Canalicchio. Una risorsa non meno importante riguarda i mercatini rionali di Catania. Strade e piazze La via Etnea è il salotto della città. Attraversa Catania da sud a nord partendo dalla piazza del Duomo e arrivando, dopo circa , al Tondo Gioeni. Il suo andamento ha come prospettiva la sagoma incombente dell'Etna, tuttavia è leggermente spostata verso est rispetto al vulcano, pare per proteggere i resti dell'anfiteatro. Essa nasce dalla piazza del Duomo e dopo circa 100 metri raggiunge la piazza Università. Qui si affacciano il palazzo dell'Università e il palazzo San Giuliano costruiti entrambi in stile barocco nella prima metà del XVIII secolo. La piazza è illuminata da quattro candelabri bronzei realizzati dal celebre scultore Mimì Maria Lazzaro con allegorie di tre antiche leggende catanesi: Colapesce, i Fratelli Pii, Gammazita. A queste si aggiunse la storia di Uzeta, creata per l'occasione agli inizi del Novecento. Più avanti si incontra la Basilica Collegiata e quindi l'incrocio con la via Antonino di San Giuliano, ovvero i Quattro Canti della Città. Più in là sorge la Chiesa di San Michele Arcangelo ai Minoriti, quindi la piazza Stesicoro, comunemente detta Porta di Aci ("Potta Jaci" in dialetto). Qui si trovano il monumento a Vincenzo Bellini e i resti dell'anfiteatro romano situati a circa 10 metri sotto il livello stradale. La strada incontra quindi la cosiddetta Villa Bellini, che costituisce il principale polmone verde del centro storico e il cui monumentale ingresso eretto durante il ventennio si affaccia su via Umberto, grossa arteria che collega il lungomare con la suddetta Villa, e al discusso monumento a Giuseppe Garibaldi che fa da spartitraffico con la via Caronda al "Largo del Rinazzo". Seguono poi l'incrocio con il viale Regina Margherita e sul lato sinistro l'Orto botanico di Catania: poco più avanti vi è piazza Camillo Cavour, il Borgo per i catanesi, in quanto piazza principale del quartiere, dove venne spostata la fontana della dea Cerere, in marmo bianco, da piazza Università, conosciuta dagli anziani catanesi come 'a Matapallara do' Burgu ("Madre Pallade del Borgo" in italiano). L'ultimo tratto, caratterizzato da una maggiore pendenza rispetto al resto della via, presenta una serie di edifici eretti alla fine del XX secolo e taluni edifici moderni, alternati sul lato sinistro dal ponte del Conservatorio Vincenzo Bellini e dall'Ospizio dei Ciechi. La strada termina infine con il Tondo Gioeni, laddove un tempo sorgeva l'omonimo ponte abbattuto nell'agosto del 2013, anticipato dai due edifici dell'Istituto Zooprofilattico, posti ai due lati dell'arteria, che chiude in curva davanti alla facciata dell'omonimo parco. Via dei Crociferi: un raro esempio di unità architettonica, spesso definita la strada più bella della Catania settecentesca. Essa ha inizio in piazza San Francesco d'Assisi e vi si accede passando sotto l'arco di San Benedetto che collega la Badia maggiore alla Badia minore posta ai due lati della strada. La strada, contornata da chiese, monasteri e poche abitazioni civili, è un raro esempio di barocco siciliano. Nel breve spazio di circa 200 metri sono presenti ben quattro chiese. La prima è la Chiesa di San Benedetto collegata al monastero delle Benedettine dall'arco omonimo che sovrasta la via. A essa si accede a mezzo di una scalinata ed è contornata da una cancellata in ferro battuto. Proseguendo si incontra la Chiesa di San Francesco Borgia alla quale si accede tramite due scaloni. A seguire si incontra il Collegio dei Gesuiti, dal 1968 al 2009 sede dell'Istituto d'Arte, con all'interno un bel chiostro con portici su colonne e arcate. Di fronte al Collegio è ubicata la Chiesa di San Giuliano considerata uno dei più begli esempi del barocco catanese. L'edificio, attribuito all'architetto Giovanni Battista Vaccarini, ha un prospetto convesso e delle linee pulite ed eleganti. Proseguendo e oltrepassando la via Antonio di San Giuliano, si può ammirare il convento dei Crociferi e quindi la Chiesa di San Camillo de' Lellis. In fondo alla via è ubicata Villa Cerami, che è sede del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Catania. Società Evoluzione demografica Popolazione storica (migliaia) La città di Catania è densamente popolata nella sua parte settentrionale, mentre la parte sud (corrispondente con la VI municipalità) è prevalentemente zona industriale, aeroportuale e commerciale. È necessario però ricordare che alcuni popolosi quartieri periferici appartengono, amministrativamente, ai comuni contigui in qualità di frazioni: è il caso di Canalicchio (Tremestieri Etneo), di Fasano (Gravina di Catania), di Lineri (Misterbianco) e altri ancora. Dieci sono i comuni di prima corona che attraverso processi di controurbanizzazione hanno conosciuto un forte incremento di popolazione a scapito del comune di Catania, che è passato dagli oltre 400.000 residenti dell'inizio degli anni settanta (vedi grafico) ai circa 300.000 odierni, ovvero Aci Castello, Aci Catena, Gravina di Catania, Mascalucia, Pedara, Trecastagni, Misterbianco, San Giovanni la Punta, San Gregorio di Catania, San Pietro Clarenza, Sant'Agata li Battiati, Tremestieri Etneo e Valverde. Catania conta dunque circa 320.000 residenti a fronte di un agglomerato urbano estremamente omogeneo di circa 600.000 abitanti con una densità di 1885,9 abitanti per km². A delimitare la complessa conurbazione etnea, immediatamente dopo questa “prima corona” di comuni, troviamo tre grossi centri: Acireale, Paternò e Belpasso, i primi due dei quali hanno sviluppato attorno a sé dei sub-sistemi urbani, che gravitano attorno a essi, e a loro volta attorno al sistema principale il cui fulcro è Catania. L'insieme dell'agglomerato omogeneo più le tre città satellite ha una popolazione di 696.869 residenti Ventisette sono i comuni che formano l'Area metropolitana di Catania, istituita dall'articolo 19 della legge regionale 6 marzo 1986 nº9, con una popolazione di 765.623, e con 805,15 abitanti per km² è la più densamente popolata della Sicilia. I movimenti centrifughi di popolazione hanno modificato i rapporti tra il capoluogo e i comuni etnei, che sono cresciuti in maniera del tutto spontanea, senza il sostegno di adeguati strumenti urbanistici, deturpando profondamente il paesaggio e generando un territorio estremamente caotico e difficilmente gestibile e con gravi problemi di vivibilità. Lo squilibrio funzionale, la distribuzione “disordinata” della popolazione su un territorio così vasto e disomogeneo, e spesso la carenza di adeguate vie di comunicazione, provoca anche gravi problemi di vivibilità. Etnie e minoranze straniere Secondo i dati ISTAT al 31 dicembre 2019 la popolazione straniera residente era di persone pari al 4,7% della popolazione. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione straniera erano: Sri Lanka, . (18,9%) Romania, . (16,0%) Mauritius, . (7,6%) Cina, . (7,6%) Bangladesh, . (7,4%) Senegal, 803. (5,5%) Nigeria, 461. (3,2%) Marocco, 423. (2,9%) India, 351. (2,4%) Tunisia, 314. (2,2%) Religione Secondo la tradizione la presenza della prima comunità cristiana a Catania è attestata sin dal I secolo con l'invio, da parte di san Pietro in persona, del vescovo Berillo, originario di Antiochia, che eresse in città la Chiesa del Santo Spirito, e ciò fa di Catania una delle più antiche comunità cristiane della Sicilia. La confessione maggioritaria in città è quella cattolica della religione cristiana. Patrona della città è Sant'Agata martirizzata nel 251 d.C., alla quale viene ogni anno dedicata una grandiosa festa lunga tre giorni (dal 3 al 5 febbraio). Nei tre giorni la città viene impegnata nelle strutture viarie sulla festa tra un misto di devozione e di folclore. Anticamente, la ricorrenza dell'Immacolata Concezione, secoli prima della consueta processione dell'8 dicembre, per mezzo del vicario generale nella cappella dell'Immacolata della chiesa di San Francesco, don Arcaloro Scammacca, fu solennemente sostenuta dal Senato cittadino con la clausola «fin'all'ultimo fiato» (1655). Il Senato, infatti, elesse la Madonna Immacolata come Compatrona della città assieme a Sant'Euplio martirizzato nel 304 d.C. e alla Madonna del Carmelo castellana della città. Vi sono varie confessioni cristiane non cattoliche, tra cui quella valdese, la cui presenza a Catania risale alla metà del XIX secolo con l'insediamento di imprenditori del commercio stranieri di fede protestante; nel 1899 viene costruito lo storico tempio valdese di Via Naumachia. Vi sono poi dislocate nei quartieri popolari della città varie chiese Evangeliche (Battiste, Assemblee di Dio in Italia) oltre ai Testimoni di Geova. È presente anche la confessione ortodossa. Oltre la Chiesa Orotodossa Russa è presente anche La chiesa Ortodossa di Romania. A Catania ci sono 3 moschee: la prima venne edificata nel 1980 denominata Moschea di Omar (la prima costruita, in Italia e in Sicilia, dopo la dominazione araba) in via Castromarino, traversa di via Plebiscito (nel quartiere Petriera) attualmente è chiusa non svolge nessuno tipo di Culto. La seconda si trovava in via Calì nel quartiere Civita , (chiusa dopo l’apertura della nuova moschea) nei pressi del Porto di Catania, la terza moschea è la Moschea della Misericordia è la più grande del Sud Italia ed è l'unica esistente che svolge regolari attività. A Catania ci sono state due sinagoghe: una nel quartiere Giudecca (il quartiere giudaico storico) e una in via Santa Maria della Catena (toponomastica che in Sicilia indica presenza di ebrei). La comunità ebraica catanese è demandata, come quella di altre città meridionali, a quella di Napoli. Nel 2022 viene costituita la comunità Ebraica di Catania dopo 500 anni con sede nel secondo piano del Castello di Leucatia (zona Barriera) facendo funzione anche da Sinagoga. Santi e beati legati a Catania Sant'Agata Sant'Euplio San Berillo San Attalo San Severo di Catania San Serapione di Catania San Sabino di Catania San Leone II di Catania detto il Taumaturgo San Comizio Santa Veneria Beato Bernardino Scammacca Beato Giuseppe Benedetto Dusmet Tradizioni e folclore La storia di Catania è arricchita da molte leggende di cui quattro sono state rappresentate nei rispettivi lampioni di Piazza dell'Università realizzati da Mimì Maria Lazzaro e Domenico Tudisco agli inizi del Novecento: Colapesce, i Fratelli Pii, Gammazita e Uzeta. Una delle leggende di Colapesce narra che egli era un giovane (Nicola il pesce) che poteva stare sott'acqua per molto tempo; non appena Federico II ne venne a conoscenza, lo sfidò a recuperare una coppa d'oro. Colapesce lo fece e ottenne in premio la coppa. Il re, allora, gli chiese di vedere cosa c'era sotto la Sicilia. Riemerso, Colapesce informò il re del fatto che la Sicilia poggiava su tre colonne e che una di esse era consumata dal fuoco. Federico II gli chiese di portargli il fuoco ma Colapesce, tuffatosi nuovamente in mare, non riemerse mai più. Secondo la leggenda è ancora in fondo al mare e continua a reggere la colonna che stava per crollare. I fratelli Pii (Anfinomo e Anapia) cercarono di salvare gli anziani genitori portandoli sulle proprie spalle durante un'eruzione dell'Etna; mentre stavano per essere travolti il fiume di lava si divise per volere degli dei e tutti si salvarono. Gammazita era una giovane virtuosa; di lei si invaghì un soldato francese, che fu rifiutato; un giorno Gammazita, recatasi da sola a un pozzo, venne raggiunta dall'innamorato e, per non cedere alle sue richieste, si uccise gettandosi dentro la cavità. Uzeta è protagonista di una leggenda inventata agli inizi del Novecento: questo ragazzo di umili origini diventò cavaliere per la sua bravura e riuscì a sconfiggere gli Ursini, giganti saraceni che avrebbero dato il nome al Castello. Altre leggende occupano invece la memoria dei luoghi di Catania – così alla divinità fluviale Ongia si dovrebbe il nome del borgo marinaro di Ognina (secondo alcuni studiosi piuttosto dal nome del fiume che lo bagnava, il Longane, secondo altri dal celebre castello del re Italo a , Longon) – o dell'Etna, dove una tradizione attribuita a Gervasio di Tilbury (che era ospite della corte normanna) vuole che essa fosse l'ultima dimora di Re Artù, e che quest'ultimo abbia donato Excalibur al re Tancredi. Legata a questa leggenda il mito del cavallo del vescovo, attribuita piuttosto a eventi di epoca sveva. La nascita dell'Etna sarebbe a sua volta legata a un evento mitologico: la sconfitta di Tifeo da parte di Zeus che, con un grosso macigno che è la stessa Etna, lo seppellì e quando il gigante si dovesse muovere sarebbe egli la causa dei terremoti e delle eruzioni etnee. Inoltre pure molte leggende, sempre legate alle forze della natura, hanno circondato gli eventi del sisma del 1693, come la storia di don Arcaloro, e quella del vescovo Francesco Carafa. Cucina Fra i piatti tipici di Catania si trovano la pasta alla Norma, le sarde a beccafico, la parmigiana di melanzane e, fra i dolci, le crispelle di riso e le rame di Napoli. Vita notturna Una delle zone più frequentate è il centro storico, in modo particolare tra piazza Duomo, piazza Università e piazza Vincenzo Bellini (nota come piazza Teatro Massimo) dove si trova il grosso dei locali notturni. La tradizione dello spettacolo presso locali, siano essi bar o trattorie, trova origine nella prima diffusione del fenomeno in Italia, con l'apertura di locali notturni adatti anche a piccole forme di spettacolo nella città di Napoli verso la fine del XIX secolo. I letterati catanesi, che erano spesso per lavoro nella città partenopea, portarono la novità anche alla città etnea. Tuttavia dal secondo dopoguerra il fenomeno conobbe una brusca interruzione. Verso la fine degli anni sessanta e nei primi anni settanta vi fu un primo segnale di ripresa, sebbene nuovamente interrotta dal decennio seguente. Altre aree d'attrattiva – sebbene non concentrate come al centro, ma piuttosto distanti tra loro – si trovano anche presso corso Italia, lungo viale Libertà o in piazza Trento: solitamente caotiche di giorno, la notte diventano luoghi poco o per niente affollati, ma nonostante questo anch'esse non sono prive di locali aperti fino a tarda notte. I chioschi Un'importante attrazione culinaria di Catania è senza dubbio il chiosco delle bevande, dove vengono servite bibite dissetanti estive, tipiche della cultura cittadina. I chioschi delle bevande sono unici nel loro genere: un tempo c'erano i venditori ambulanti di bibite (lo zammù – cioè l'anice – innanzitutto): man mano, questa attività si è stabilizzata e da strategici luoghi ombrosi dove appostarsi per vendere rinfreschi ai catanesi soffocati dal caldo, i venditori si sono collocati in queste particolari architetture quadrate o circolari, dalle cui aperture – simili a finestre – essi distribuiscono i preparati. Il fenomeno dei chioschi ebbe inizio nel 1896 con il chiosco Costa, che si trovava in piazza Stesicoro e che poi venne spostato in piazza Spirito Santo, e il chiosco Vezzosi in piazza Duomo, che in séguito venne messo in piazza Vittorio Emanuele III; successivo di qualche anno è quello di Giammona, che si trovava in piazza Cavour. Sembra che la tradizione degli sciroppi di frutta mescolati al seltz derivi dall'utilizzo dell'acqua naturalmente effervescente del lago Naftia, nei pressi di Palagonia (la cosiddetta mofeta dei Palici, caratterizzata da forti emissioni di anidride carbonica già sfruttate per fini commerciali e il cui nome richiama chiaramente le proprietà). La bibita più celebre da gustare al chiosco è il seltz al limone e sale, oppure anche una semplice ricetta molto dissetante come il mandarino al limone, a base appunto di sciroppo di mandarino e succo di limone spremuto al momento. Cultura Istruzione Biblioteche Le biblioteche storiche di Catania sono: la biblioteca Ventimilliana, aperta al pubblico nel 1755; la biblioteca dell'Accademia Gioenia di Scienze Naturali; la biblioteca della sezione catanese della Deputazione di Storia Patria per la Sicilia; le biblioteche riunite Civica e A. Ursino Recupero (1931); la biblioteca Agatina (1572) del Seminario Arcivescovile dei Chierici; la biblioteca del Palazzo dell'Università (dal 1875 conserva il fondo del vescovo Salvatore Ventimiglia). A queste si sono aggiunte nel tempo diverse altre biblioteche, come la biblioteca centrale "Vincenzo Bellini" (1950), la Biblioteca della Città metropolitana di Catania (2004) o le numerose biblioteche scolastiche e universitarie. Fra le biblioteche decentrate di quartiere, la biblioteca intitolata a Rosario Livatino, sistemata nel 2001 all'interno del Castello della Leucatia; la "Concordia"; la "Tondo Gioeni"; la "Giuseppe Montana"; la "Pigno"; la "Monte Pò". Università L'Università degli Studi di Catania, fondata nel 1434, è la più antica della Sicilia. È una delle più grandi del Sud Italia, con 56 015 iscritti divisi in ventidue dipartimenti. Sono presenti anche i Laboratori nazionali del Sud facenti parte dell'Istituto nazionale di fisica nucleare. Inoltre, Catania è sede della Scuola Superiore, uno dei cinque centri d'eccellenza per universitari in Italia, del Conservatorio Vincenzo Bellini e anche di un'Accademia di belle arti. Musei La città siciliana ospita numerosi musei, di cui sette stabili: il Museo diocesano, quello del Castello Ursino, l'Antiquarium regionale del Teatro romano, il Museo Emilio Greco, il museo dell'Orto Botanico, il Museo di Zoologia, il Museo civico belliniano (presso la casa di Vincenzo Bellini) e la Casa Museo di Giovanni Verga. Esistono inoltre tre musei privati: il Museo Paleontologico dell'Accademia Federiciana (istituito nel 1996 da Fortunato Orazio Signorello), che accoglie fossili provenienti da ogni parte del mondo, risalenti a un arco di tempo compreso tra il Siluriano (435-395 milioni di anni fa) e il Neozoico (2-1,5 milioni di anni fa); il Museo Valenziano Santangelo, che ospita sculture in pietra lavica; il Museo Arte Contemporanea Sicilia (MACS), l'unico museo di arte contemporanea figurativa in Italia, che ospita una collezione di arte contemporanea figurativa internazionale. Al Centro fieristico le Ciminiere, area industriale dismessa completamente ristrutturata, si svolgono manifestazioni e mostre periodiche, organizzate principalmente dalla città metropolitana di Catania. All'interno del complesso sono stati creati due nuovi musei: il Museo storico dello Sbarco in Sicilia - 1943, dove è stata realizzata una minuziosa riproduzione di una piazza siciliana prima e dopo un bombardamento; contiene inoltre una vasta collezione di oggetti e uniformi, armi del tempo e ricostruzioni virtuali dello sbarco. Il Museo del cinema contiene molti cimeli e ricostruzioni di scene famose di film, con una sezione interamente dedicata a Catania come set cinematografico. Dal 2015 è attiva, seppure in via sperimentale, la Città della scienza, l'unica in Italia dopo l'incendio del 4 marzo 2013 che ha distrutto l'omonima struttura napoletana. Media La maggior parte dei media della città sono gestiti dall'imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo, uno degli uomini d'affari di maggiore rilevanza in Sicilia. Stampa Catania è sede dei quotidiani regionali La Sicilia, il secondo dell'isola, del Quotidiano di Sicilia e del settimanale di annunci economici Il Mercatino (fondato nel 1978). In passato è stata la sede della rivista I Siciliani e dei quotidiani Il Corriere di Sicilia, L'Isola, i quotidiani della sera Ultimissime e Espresso Sera, il settimanale della Diocesi di Catania Prospettive (stampato dal 1984). Fra gli altri giornali che appartengono alla memoria della città, si possono citare fra i tanti, Gazzetta di Catania, l'Unione, D'Artagnan (giornale politico di Prospero Pirotti), Myosotis (rivista di lettere e arti), Il riscatto, Unica (rivista mensile d'arte e di mondanità), L'azione, L'attività siciliana, Il giornale di Catania, Giornale del Gabinetto Letterario dell'Accademia Gioenia, Bollettino ecclesiastico dell'Archidiocesi di Catania, ai quali si aggiungeranno, fino all'avvento del regime fascista, Minerva dei Campi (quindicinale di tecnica agraria e zootecnica), Giornale dell'Isola, Il Monserrato, La Provincia di Catania, La Polemica Siciliana (direttore da Alberto Scabelloni), Il Popolo di Sicilia (fondato da Gennaro Villelli), Corriere di Catania, ma anche L'Unità (edizione Catania), Catania Rivista del Comune, L'amico della gioventù (rivista dello studente), la rivista Farfalle (Titomanlio Manzella, fondatore). Sono più recenti Rivista (del Teatro Massimo Bellini), Camene (rivista di Lettere Arte Scienza), il Grido (settimanale di cine, sport, arte, moda, attualità), La Tecnica della Scuola, Catania oggi, Catania Sera, Catania Medica, Formazione Psichiatrica, Rivista Storica Siciliana (diretta da Santi Correnti), Sotto il Vulcano, Lemonade (free press), I Vespri, Il Piccolo, Incontri (free press diretto da Aldo Motta), AFC (rivista dell'associazione Amici della Ferrovia di Catania), il magazine Paesi Etnei Oggi (dal 1994), Rivista del Calcio Catania e dal 2002 al 2008 Pianeta Catania Stadio, il periodico di informazione calcistica free-press I RossoAzzurri (dal 2006). Esistono testate di breve durata come nel caso di Stilos, Casablanca, La Zona Franca, Katane, apparse nei primi anni Duemila. Radio In città sono presenti diverse emittenti radiofoniche: alcune a carattere regionale come Radio Amore, Radio Telecolor, Radio SIS, e altre a livello locale quali Radio Video 3, Radio Catania, R.S.C., Studio 90 Italia, Radio Sgrusciu, Antenna Uno, Antenna Trinacria, Radio Onda Blu, Radio Zammù, Radio Smile, Radio Lab e Bella Radio. Televisione Catania è sede di emittenti televisive quali: Antenna Sicilia, Sicilia Channel, Telecolor, Video 3, Telejonica, Telesicilia color, Ultima TV, D1 Television, D2 Channel e Sestarete. Teatro Catania è la città a più alta densità teatrale della Sicilia. Molteplici le compagnie teatrali che vi operano, sia professionali che amatoriali. Il più importante teatro della città è il Teatro Massimo Vincenzo Bellini, costruito, seguendo lo stile dell'Opera di Parigi, dagli architetti Andrea Scala e Carlo Sada alla fine del XIX secolo e inaugurato nel 1890; è un teatro lirico di tradizione, vanta un'orchestra sinfonica e un coro stabile ed è sede di stagione operistica e concertistica. Da alcuni anni dispone della sala del Teatro Sangiorgi che viene utilizzata per concerti di musica da camera e per prove di spettacoli. Molto attivi sono inoltre il Teatro Stabile (che svolge le sue attività sia nel Teatro Verga che nel Teatro Musco) e il Teatro Metropolitan, nonché il Piccolo Teatro. Esistono poi il Teatro Ambasciatori e il Teatro Erwin Piscator. Cinema A Catania già nei primi anni del Novecento, proprio agli albori del cinema, sorsero varie case di produzione cinematografica: la "Morgana Film" da non confondersi con una omonima società romana, Etna film, Katana film, Sicula film e Jonio film. In questo periodo, in città, vennero girate alcune scene di Cabiria, considerato il più grande kolossal e il più famoso film italiano del cinema muto. La produzione cinematografica di Catania durò solo pochi anni, poi dopo la guerra essa si concentrò a Roma, sino alla crisi che colpi il settore in Italia per tutti gli anni venti. Tentativi di rilancio successivi, ma senza seguito, furono quelli di Ugo Saitta nel 1935 con il film Clima puro, e Lo voglio maschio, con Tuccio Musumeci, nel 1971. Musica La più grande gloria artistica della città di Catania è il musicista Vincenzo Bellini, nato in questa città nel 1801 e morto presso Parigi nel 1835, autore di numerose opere liriche, tra le quali capolavori come Norma, La sonnambula e I puritani. Tra i musicisti che hanno lasciato una profonda impronta si ricordano: Pietro Antonio Coppola, Giovanni Pacini, Pietro Platania e un pronipote di Bellini, Ascanio Bazan (1857-1943). Nel campo della musica colta Catania ha dato i natali anche ad altri illustri compositori del Novecento: Francesco Paolo Frontini, Giuseppe Perrotta, Alfredo Sangiorgi, Aldo Clementi, Francesco Pennisi, Roberto Carnevale, Emanuele Casale e Matteo Musumeci. Negli anni compresi fra il 1910 e il 1940 la canzone dialettale catanese d'autore ebbe un periodo d'inaspettato splendore e popolarità, nonostante le censure del regime fascista nei confronti delle lingue parlate, tant'è che esistevano spesso due versioni (italiano/siciliano) del medesimo brano. Fra gli autori di queste canzoni e canti ci furono Gaetano Emanuel Calì, Gianni Bucceri, Santo Santonocito, Salvatore Riela (1897-1981), il citato Frontini, Francesco Pastura, Giovanni Gioviale (1885-1949), Luciano Maglia (1908-1980), rappresentanti tutti della musica siciliana popolare. A partire dagli anni sessanta Roberto Pregadio diresse alcune colonne sonore di film di genere. Pippo Caruso, direttore delle orchestre Rai di Roma e Milano, del Festival di Sanremo, realizzò sigle televisive e dischi per numerosi artisti nazionali. La pianista Dora Musumeci si occupò di arrangiamenti jazz di canzoni di musica leggera per radio, teatro e cinema. Nei primi anni settanta si fecero notare Plinio Maggi, vincitore del Castrocaro '65, i Beans in gara a Sanremo '78, Gianni Bella, Marcella Bella. Successivamente sono sorti decine di nuovi gruppi musicali e cantautori (da Umberto Balsamo a Cristiano Malgioglio, a Vincenzo Spampinato). Il più importante è probabilmente Franco Battiato, celebre cantautore nato e cresciuto a Riposto, nella città metropolitana di Catania, le cui sperimentazioni musicali hanno influenzato molti altri autori. Nel genere disco i fratelli La Bionda, nati a Ramacca, dopo il passaggio al Festival di Musica d'Avanguardia e di Nuove Tendenze (1972), fondarono il gruppo dei D. D. Sound, conquistando le classifiche di mezza Europa. Successivamente sono arrivati i Denovo di Mario Venuti e Luca Madonia, Gerardina Trovato, Carmen Consoli (lanciata dalla casa di produzione di Francesco Virlinzi), gli Sugarfree, Mario Biondi, Antonella Arancio (due anni al Festival di Sanremo, nel '94 e nel '95) e molti altri. Alla scena rock degli anni ottanta e novanta appartengono gli Schizo, gli Uzeda, i Flor de Mal e i Pyrosis. I Boppin' Kids, band di rockabilly e psychobilly, parteciparono a Sanremo Rock. Lo showman Fiorello reinterpretava grandi successi della musica italiana e internazionale. Allo stesso periodo risale il Festival della nuova canzone siciliana che per certi aspetti rappresentò forse un modo per riscoprire sonorità e espressioni linguistiche in disuso, rinverdendo una tradizione che risaliva ai tempi dei cantastorie (si pensi a Ciccio Busacca, Vito Santangelo, Orazio Strano e a tanti altri). Per altro verso, tra i rappresentanti di punta più apprezzati della canzone melodica napoletana in città va menzionato almeno Gianni Celeste. Eppure, negli anni novanta, Catania si conquistò l'appellativo di "Seattle del sud", per la rilevanza internazionale della sua scena musicale (molte band internazionali scelsero in quegli anni Catania come unica data in Italia dei loro tour). Nel 1994 il progetto The Happy Island propose il primo brano house, interamente ideato da tre deejay delle discoteche della città. Importante è stato poi il contributo di artisti che hanno sfruttato il siciliano per creare un caratteristico stile comico, come i Piscarias e il cantante Brigantony. I Lautari si sono invece dedicati alla riscoperta, in chiave moderna, del repertorio tradizionale siciliano. The Acappella Swingers, catanesi anch'essi, ripropongono le sonorità del doo-wop degli anni Cinquanta. Negli anni duemila Patrizia Laquidara si aggiudicava il Premio Mia Martini della Critica e il premio Alex Baroni a Sanremo 2003. Di breve durata fu la carriera dell'esordiente Veruska. Con la nascita di talent show televisivi come X Factor, emerge Lorenzo Fragola che più tardi parteciperà alla 65ª edizione del Festival di Sanremo nella sezione "Campioni". Al cinema Paolo Buonvino firmerà le colonne sonore per film di registi come Faenza, Virzì, Verdone, Rubini, Muccino. Etta Scollo sperimenterà originali forme di commistione fra folk, jazz, pop e dialetto siciliano. Rita Botto ha ricreato melodie uniche e indimenticabili d'ambientazione mediterranea. Per la musica classica Catania è patria del pianista Francesco Nicolosi che è stato direttore artistico dell'E.A.R. Teatro Massimo Bellini fino al 2019. Il rapper L'Elfo, definito un veterano del hip hop underground catanese, ha proposto svariati singoli in collaborazione con Inoki, MadMan, Nerone, Vacca, spesso corredati da video su YouTube sullo sfondo dell'Etna e delle periferie della città. La Sea Musica (o Seamusica) è una casa discografica specializzata in città nella produzione di musica folklorica in siciliano e di musica napoletana, esportate nel resto della penisola e all'estero; attualmente produce numerosi cantanti neomelodici e videoclip per le tv locali e per il web; gli artisti più noti della SEA sono Gianni Celeste e Angelo Cavallaro. Geografia amministrativa Suddivisioni amministrative Il comune diede avvio al decentramento amministrativo per la prima volta nel 1971, quando furono istituiti 26 quartieri facenti capo ad altrettante parrocchie. Essi furono ridotti nel 1978 a 17 Circoscrizioni, che furono a loro volta riorganizzate nel 1995 in 10 Municipalità. Ognuna è contrassegnata da un numero progressivo e da un nome: I. Centro-San Cristoforo-Angeli Custodi; II. Ognina-Picanello; III. Borgo-Sanzio; IV. Barriera-Canalicchio; V. San Giovanni Galermo; VI. Trappeto-Cibali; VII. Monte Po-Nesima; VIII. San Leone-Rapisardi; IX. San Giorgio-Librino; X. San Giuseppe La Rena-Zia Lisa. L'Istituzione delle Municipalità Con delibera del consiglio comunale nel 2020 è stata disposta l'Istituzione delle Municipalità per sostituire le Circoscrizioni Pertanto a decorrere dal 2020 le Municipalità saranno organizzate in questa modalità: Prima Municipalità (Centro); 1ª Municipio Seconda Municipalità (Ognina - Picanello - Barriera - Canalicchio); 2ª Municipio Terza Municipalità (Borgo Sanzio); 3ª Municipio Quarta Municipalità (S. Giovanni Galermo -Trappeto - Cibali); 4ª Municipio Quinta Municipalità (Monte Po - Nesima - San Leone - Rapisardi); 5ª Municipio Sesta Municipalità (S. Giorgio - Librino - S. Giuseppe la Rena); 6ª Municipio Profilo urbanistico e architettonico Catania è segnata da profondi sconvolgimenti naturali (in particolare, l'eruzione dell'Etna del 1669 e il terremoto del Val di Noto del 1693), da importanti tentativi di ricostruzione e, nel XX secolo, da ambiziose iniziative tese a favorire un rilancio industriale. La città inoltre porta ancora su di sé le "cicatrici provocate da conflittualità di interessi e da urbanizzazione selvaggia". Un piano di livellamento, nel secondo Ottocento, ha eliminato i frequenti salti di quota: tale operazione ha lasciato diversi segni sugli edifici, che a volte appaiono caratterizzati, secondo Giuseppe Dato, "fuori da ogni logica compositiva", con porte e finestre che scambiano il proprio ruolo originario. Anche per la minacciosa presenza del vulcano Etna, il piano compositivo della città appare specialmente legato a una instabilità di riferimento. Si registra anche un'apparentemente fallita convergenza tra l'idea della città nella mente degli architetti (con anche applicazioni virtuosistiche) e i destinatari, i cittadini, con i loro "reali comportamenti insediativi". Il XX secolo: cronistoria urbanistica 1932 - viene bandito un concorso nazionale per l'approvazione di un Piano Regolatore Generale. 1934 - il consiglio comunale approva una fusione del primo e del secondo premio del concorso nazionale. 1935 - viene redatto un regolamento edilizio dall'ingegnere Salvatore Giuliano. 1942 - la deliberazione del PRG presentato viene restituita, non approvata, dalla Prefettura. 1951 - viene abrogato dal consiglio comunale il piano di ricostruzione per il quartiere San Berillo e approvato il piano ISTICA: il 3 luglio 1954 interviene una legge speciale della Regione Siciliana. 1954 - il Comune pubblica il PRG, ma la Regione non approva, giudicandolo incompleto e invitando a modifiche. 1956 - decade una legge che permetteva al Comune di servirsi del PRG per quanto non approvato: viene istituita una commissione di studio per l'approvazione di un nuovo regolamento edilizio che sostituisca quello del 1935, ancora vigente: la commissione non produce quanto richiesto. Il Comune, allora, affida all'ingegnere Giuliano l'incarico di modificare il regolamento da lui redatto nel 1935, per adattarlo alle mutate esigenze della città. Il nuovo regolamento edilizio viene prodotto da Giuliano, con la collaborazione dell'ingegnere Pardo (membro dell'ufficio tecnico) e dell'architetto Ficara (libero professionista), ma il Comune non lo pubblica. 1961 - una nuova amministrazione comunale incarica il professor architetto Luigi Piccinato di redigere un piano che sostituisca quello del 1954. In seguito a forte insistenza da parte dell'amministrazione comunale, Piccinato è costretto a stralciare dagli studi preparatori un programma di fabbricazione. Lo sventramento del quartiere di San Berillo San Berillo era uno storico quartiere di Catania, densamente abitato e pieno di botteghe di artigiani. Il suo sventramento fu realizzato a partire dalla seconda metà degli anni cinquanta (che coinvolse per lo più i quartieri limitrofi, più che San Berillo propriamente detto), motivato dai politici sia per potere collegare direttamente Piazza Stesicoro con la piazza Papa Giovanni XXIII sia con il fine di estirpare la criminalità e rendere la zona meno malsana, e ha determinato una ferita nel volto della città, oltre ad avere lasciato un vuoto ancora visibile nel suo tessuto urbano e a non fruttare i risultati sperati. Gli sfollati andarono ad abitare una zona che negli anni sessanta era ancora periferica o comunque non regolamentata, indicata dal comune, che corrisponde all'attuale quartiere di San Leone, chiamato anche proprio per questo San Berillo nuovo. Economia Infrastrutture e trasporti Strade Catania possiede una delle nove tangenziali presenti in Italia (prosecuzione dell'autostrada A18 Messina-Catania) che contorna la città descrivendo un arco, dal casello autostradale di Catania Nord, piegando verso ovest e dirigendosi infine verso sud per 30 km in direzione di Siracusa; la viabilità di attraversamento cittadino viene completata dalla circonvallazione che si snoda in direzione ovest-est nella parte mediana dell'agglomerato urbano. Alla tangenziale di Catania sono connesse le autostrade A18 (Catania-Messina), l'A19 (Catania-Palermo) e l'autostrada CT-SR (Catania-Siracusa) che si collega a Villasmundo con la strada statale 114 Orientale Sicula. Metropolitana Catania è l'unica città siciliana a essere dotata di una metropolitana, una delle sette presenti in Italia. La metropolitana di Catania fu inaugurata il 27 giugno 1999, è gestita dalla Ferrovia Circumetnea (FCE) e si estende per circa 8,8 km lungo la linea Nesima - Stesicoro, inclusa diramazione Galatea-Porto. Il servizio passeggeri, attualmente, riguarda solo la tratta Nesima-Stesicoro, senza la diramazione Galatea-Porto. Dispone di undici stazioni (Nesima, San Nullo, Cibali, Milo, Borgo, Giuffrida, Italia, Galatea, Porto (chiusa al pubblico), Giovanni XXIII e Stesicoro). Sono in corso i lavori per la realizzazione della tratta Nesima-Monte Po, di 1,7 km, con due stazioni (consegna primo semestre 2023) e Stesicoro-Palestro, di 2,2 km, con tre stazioni. Sono inoltre state appaltate due importanti tratte, la Palestro-Aeroporto, di 4,6 km, e la Monte Po-Misterbianco Centro, di 2,1 km. Con queste estensioni, la linea si svilupperà su 19,4 km, da Misterbianco centro all'aeroporto Fontanarossa con ventitré stazioni, a cui si aggiungerà la tratta Misterbianco-Paternò. Ferrovie e tranvie La città di Catania è dotata di numerose stazioni ferroviarie delle Ferrovie dello Stato e della Ferrovia Circumetnea. Sin dal 1867 la città è servita dalla stazione ferroviaria di Catania Centrale, che veniva raggiunta dalla ferrovia proveniente da Messina con un tracciato che seguiva la linea di costa dalla Stazione di Cannizzaro, attraverso il borgo di Ognina e il villaggio marinaro di San Giovanni li Cuti (l'intero percorso è quasi tutto in galleria tramite la Galleria di Ognina e quella poco dopo successiva di Cannizzaro). Due anni dopo (1869) venivano aperte la stazione di Catania Acquicella, in seguito all'attivazione del primo tratto della nuova "linea dello zolfo" (poi Palermo-Catania) e la stazione di Bicocca. L'antica fermata di Catania Ognina (in servizio regolare dopo la soppressione, nel 1934, della tranvia proveniente da Acireale con termine corsa nella centrale piazza del Duomo) è stata sostituita dalla nuova, omonima stazione del Passante ferroviario realizzata alcune centinaia di metri più a sud. Tale stazione fa parte del servizio metropolitano RFI di prossima attivazione (vedi paragrafo seguente). Dal 1895 la città è servita dalle stazioni della Ferrovia Circumetnea: la stazione principale è quella di Catania Borgo, che comprende il deposito locomotive e le officine sociali. Nel territorio comunale insistono anche le stazioni di Cibali e di Nesima. Dal Borgo la ferrovia proseguiva in sede semipromiscua con la traversata diagonale della città lungo il Corso delle Provincie e sul viale Jonio; lungo tale percorso erano in funzione le fermate di Corso Italia, Caito e Stazione con termine corsa nella stazione di Catania Porto. All'inizio degli anni ottanta la circolazione fu limitata a Corso Italia con corse merci o di servizio occasionali per il porto. Tale prosecuzione cessò durante i lavori della metropolitana. Tutta la traversata fu infine dismessa nel 1999 in seguito all'attivazione della sottostante metropolitana. Passante Ferroviario urbano Il 24 luglio 2017 è stato inaugurato il primo tratto del passante ferroviario urbano di Catania su cui è prevista l'istituzione di un servizio di tipo metropolitano. Il servizio comprende la sezione ferroviaria costituita dalle stazioni di Giarre-Riposto, Carruba, Guardia Mangano, Acireale Bellavista (di prossima realizzazione), Acireale, Cannizzaro, Catania Ognina, Catania Picanello, Catania Europa, Catania Centrale, Catania Acquicella, Catania Aeroporto Fontanarossa, Bicocca e Passomartino. Il servizio, eventualmente, potrà estendersi a sud sino a Lentini. Porti La città è servita da un grande porto commerciale e turistico nonché da alcuni porti più piccoli, turistici e da pesca: il Porto Ulisse a Ognina, il Porto Rossi e il Porticciolo di San Giovanni Li Cuti. Aeroporti L'Aeroporto Vincenzo Bellini di Catania è il quinto aeroporto italiano per numero di passeggeri (vedi la lista degli aeroporti più trafficati d'Italia) e il principale della Sicilia. La tratta Catania-Roma è la più trafficata a livello nazionale e la quarta in Europa. È servito da numerose compagnie aeree di linea e low-cost, con molteplici destinazioni nazionali, internazionali e intercontinentali. Telecomunicazioni La città è un importante landing point per diversi cavi sottomarini del Mediterraneo diretti verso Malta, Europa e Medio Oriente. Cavi sottomarini connessi: SEA-ME-WE 5 IMEWE MedNautilus Epic Malta-Sicily Cable System (EMSCS) Italy-Malta Mobilità urbana; autobus Il sistema dei trasporti a Catania è in crisi. Decenni di carenza progettuale non hanno permesso lo sviluppo di un sistema organico; la mancanza di progetti validi non ha permesso l'accesso ai contributi e ai finanziamenti con serie ripercussioni sulla qualità dei servizi. Un'indagine condotta da un'associazione di consumatori su un campione di 2200 utenti dei trasporti pubblici di Milano, Genova, Bologna, Roma, Napoli e Catania constatava nel 2006, fra l'altro: «il 66% dei catanesi intervistati considera insufficiente la puntualità degli autobus, mentre il 58% è insoddisfatto della copertura della rete della metropolitana.» La rete degli autobus urbani, gestita dall'Azienda Metropolitana Trasporti (in origine Azienda Municipale Trasporti), pur disponendo di numerose linee su tutto il territorio comunale e non solo, soffre una cronica inadeguatezza e inefficienza, sia a causa di ripetuti problemi economici che per la difficile convivenza con il traffico e soprattutto la sosta (spesso illecita) di mezzi privati, con pochissime corsie preferenziali protette. Con la trasformazione dell'Amt in S.p.A. è iniziato un riordino dell'intero comparto del trasporto su gomma. Una prima linea "BRT" (Bus Rapid Transit) funziona dal 2013 collegando il parcheggio scambiatore "Due obelischi" a nord della città a piazza Stesicoro in centro città, mentre un secondo parcheggio scambiatore a Nesima, adiacente alle omonime stazioni della Ferrovia Circumetnea e della Metropolitana, ha accentrato altre linee urbane su gomma anche in previsione dell'istituzione di una seconda linea BRT. Dal parcheggio scambiatore di Fontanarossa, infine, transitano le linee veloci "Librino Express" e "Alibus" (quest'ultima collega l'aeroporto con la stazione ferroviaria di Catania Centrale). Numerose sono le compagnie di bus che svolgono servizio extraurbano collegando Catania ai centri dell'hinterland, alle altre città regionali e nazionali: tra le principali, si ricordano l'Ast (Azienda Siciliana Trasporti), la Fce (Ferrovia Circumetnea), la Sais, l'Interbus e l'Etna trasporti. Catania dispone di piste ciclabili che coprono una lunghezza di circa 8 km. Sport Impianti sportivi principali Complesso sportivo Cibali: Stadio Angelo Massimino di posti con annessa pista d'atletica, ospita le partite della squadra di calcio Catania FC. Cittadella dello Sport Nesima: piscine, di cui una olimpica a otto corsie, tribuna per 500 posti, vasca tuffi completa di tribuna e vasca d'ambientamento. Qui gioca in casa la squadra pluricampione di pallanuoto femminile Orizzonte Catania. PalaNesima: 6500 posti, dove si giocarono i III Giochi mondiali Militari del 2003. Campi da calcio a 11 e a 5 dove si svolgono partite dei campionati italiani delle categorie dilettantistiche. Il complesso si trova nel quartiere di Nesima superiore in via Filippo Eredia. Complesso sportivo Villaggio Santa Maria Goretti: stadio S. M. Goretti con 7000 posti dove sono di casa la squadra di rugby dell'Amatori Catania e per quanto riguarda il football americano la Elephants Catania. Campo da calcio nel quartiere Zia Lisa, dove inoltre è presente una tensostruttura. Gli impianti si trovano in via Fontanarossa, nel quartiere Villaggio Santa Maria Goretti. Complesso polisportivo Plaia: piscina olimpica outdoor completa di tribuna con 3000 posti, vasca coperta per allenamenti, palestra atletica pesante, volley, pallacanestro. Impianti siti in viale Kennedy, nel quartiere Plaia. Complesso polisportivo Zurria: PalaZurria con duecento posti e piscina. Impianti siti in via Zurria nel quartiere Angeli Custodi. PalaCatania: palasport inaugurato nel 1997 per le Universiadi siciliane, capace di 4.400 posti utilizzato per incontri nazionali e internazionali di varie discipline sportive, quali il volley, pallacanestro, pallamano, calcio a 5, arti marziali e altre discipline. Impianto dove si sono disputate alcune partite dei mondiali di volley maschile del 2010. Viene utilizzato per ospitare i concerti di vari artisti nazionali e internazionali. Si trova in corso Indipendenza nel quartiere San Leone. Palaghiaccio: utilizzato per le discipline su ghiaccio, capace di 5000 posti. Qui si sono svolti i mondiali di scherma del 2011. L'impianto si trova in viale Kennedy, sempre nel quartiere Plaia. PalaGalermo: utilizzato per varie discipline indoor è capace di 500 posti. Qui si sono svolti i campionati mondiali PGS nel 2002. Si trova in viale Tirreno nel quartiere Trappeto. PalaNitta: utilizzato per varie discipline indoor, tra le quali il pugilato, capace di 700 posti totali. Si trova in viale Nitta, nel quartiere Librino. Società sportive Calcio Catania FC USD Atletico Catania Atletico 1994 Catania San Pio X Futsal Meta Catania Calcio a 5 Pallanuoto Orizzonte Geymonat Catania Nuoto Catania Hockey CUS Catania di Hockey su prato Catania Flames Calcio da spiaggia Catania Beach Soccer Catania SSD Beach Soccer Pallavolo Pallavolo Catania Alidea Catania La coppia di pallavoliste Manuela Malerba e Margherita Chiavaro ha vinto 1 scudetto di beach volley. Cricket Romolo Murri Catania Polisportiva Cirnechi Catania Rugby Amatori Catania Rugby I Briganti Rugby Librino CUS Catania Rugby Football Americano Elephants Catania Squash New Squash Club Catania Pallacanestro Grifone Gad Etna; CSTL-Basket, Costa Palmares Olympia Baseball Islanders Catania Baseball Manifestazioni sportive Nelle 18 edizioni del Giro d'Italia svolte a Catania dal 1930 al 2022, sette volte è stata sede di arrivo la prima nel 1930, l'ultima nel 2003, due volte è stata sede della prima tappa. Nel 1976 la corsa rosa prese il via da Catania che ospitò partenza e arrivo della prima semitappa. Tappe del Giro d'Italia a Catania: 1930 1ª tappa Messina - Catania, vinta da Michele Mara 1930 2ª tappa Catania - Palermo 1949 1ª tappa Palermo - Catania, vinta da Mario Fazio 1949 2ª tappa Catania - Messina 1965 13ª tappa Catania - Taormina 1967 7ª tappa Catania - Etna 1976 1ª tappa a Catania - Catania, vinta da Patrick Sercu 1976 1ª-2ª tappa Catania - Siracusa 1986 2ª tappa Sciacca - Catania, vinta da Jean-Paul van Poppel 1989 1ª tappa Taormina - Catania, vinta da Jean-Paul van Poppel 1989 2ª tappa Catania - Etna 1999 2ª tappa Noto - Catania, vinta da Mario Cipollini 1999 3ª tappa Catania - Messina 2003 5ª tappa Messina - Catania, vinta da Alessandro Petacchi 2008 3ª tappa Catania - Milazzo 2018 4ª tappa Catania - Caltagirone 2020 4ª tappa Catania - Villafranca Tirrena 2022 5ª tappa Catania - Messina Fra le classiche dello sport catanese la più nota a livello internazionale è il Trofeo Sant'Agata di corsa su strada, giunto alla 47ª edizione, che ha sempre richiamato un folto gruppo di partecipanti al più alto livello. Fra questi il campione olimpico di maratona all'Olimpiade di Atene 2004, Stefano Baldini. Il Trofeo internazionale "Spada d'Argento - Francesco Mannino" è dal 1968 una gara di scherma annuale, dedicata alla memoria dello schermidore Francesco Mannino e organizzata dal CUS Catania. Il Trofeo Trinacria d'Oro di ginnastica artistica, a carattere internazionale, ebbe luogo a novembre dal 1979 al 2012 per 23 edizioni. Nel 1989 si svolse la fase finale dei Campionati italiani di società di atletica leggera maschili e femminili tra il 21 e il 22 giugno. Nel 1997 Catania (congiuntamente a Palermo e Messina) è stata la sede della 19ª edizione delle Universiadi e vi si è svolta la manifestazione di chiusura. Nel 2001 ha ospitato i Campionati italiani assoluti di atletica leggera. Nel 2003 Catania è stata la sede dei III Giochi mondiali militari e degli affiliati Campionati mondiali militari di atletica leggera (41ª edizione). Nel 2006 ha ospitato il campionato europeo di hockey su prato. Nel 2010 ha ospitato alcune gare dei campionati mondiali di pallavolo. Nel 2011 ha ospitato i campionati mondiali di scherma e i campionati europei di hockey maschili. Nel 2014 ha ospitato una tappa dell'Euro Beach Soccer League e le finali del Campionato italiano di beach soccer. Nel 1924 fu organizzata la prima Cronoscalata Catania-Etna automobilistica che scriverà da lì in poi pagine importanti dell'automobilismo nazionale e regionale, diventando assieme alla Monte Erice (Trapani) e Coppa Nissena (Caltanissetta) una delle cronoscalate più belle e importanti nel panorama nazionale. Nel 2010 si è disputata l'ultima edizione che fu annullata dopo un incidente grave, fatale per alcuni spettatori, è stata ripresa nel 2021 con un nuovo tracciato. A metà tra sport e folklore si pone la San Silvestro a mare, una gara internazionale di nuoto che si svolge ogni anno il 31 dicembre presso il porticciolo storico di Ognina. Amministrazione Consolati La città ospita i consolati di Azerbaigian, Bangladesh, Belgio, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Malta, Lettonia, Paesi Bassi, Romania, Senegal, Spagna, Sri Lanka, Sudafrica, Svizzera, Ucraina. Gemellaggi Altre informazioni amministrative Il comune di Catania fa parte delle seguenti organizzazioni sovracomunali: regione agraria n.8 (Piana di Catania). Note Bibliografia Vito M. Amico e Statella, , Catanæ, ex Typographia Simonis Trento, 1741. Vito M. Amico e Statella, , Catanæ, ex Typographia Joachim Pulejo, 1741. Salvatore Boscarino e Marco Nobile, Sicilia barocca. Architettura e città 1610-1760, Roma, Officina, 1981. Vincenzo Cordaro Clarenza, , tomo primo, Catania per Salvatore Riggio, 1833. Vincenzo Cordaro Clarenza, , tomo secondo, Catania per Salvatore Riggio, 1833. Vincenzo Cordaro Clarenza, , tomo terzo, Catania per Salvatore Riggio, 1833. Vittorio Consoli (a cura di), Enciclopedia di Catania, Catania, Tringale, 1987. Michele da Piazza (Michealis Platiensis), , Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere, Panormi, 1791-92, pp. 509 e ss. [nuova ed., a c. di. A. Giuffrida, Cronaca (1336-1361), Palermo 1980]. Giuseppe Dato, La città di Catania. Forma e struttura, 1693-1833. Roma, Officina, 1983. Francesco Ferrara, , Catania, 1829. Massimo Frasca, , in F. Nicoletti (a cura di), , Regione Siciliana, Palermo 2015, pp. 163–177. Adolf Holm, Catania antica, Catania, Tirelli, 1925. Franco La Magna, La Sfinge dello Jonio. Catania nel cinema muto (1896-1930), appendice di Roberto Lanzafame, prefazione di Aldo Bernardini, nota introduttiva di Fernando Gioviale, Algra Editore, Viagrande (Catania), 2016, ISBN 978-88-9341-032-8 Fabrizio Nicoletti (a cura di), , Regione Siciliana, Palermo 2015. Fabrizio Nicoletti, , in F. Nicoletti (a cura di), , Regione Siciliana, Palermo 2015, pp. 13–98. Salvatore Nicolosi e Fortunato Orazio Signorello, Vecchie foto di Catania, Catania, Edizioni Greco, 1991. Giambattista Scidà, , supplemento telematico a i Cordai, Reg. Trib. Catania, 6/10/2006, nº 26, febbraio 2011. Fortunato Orazio Signorello, Dalla Sicilia al Piemonte, in Agata, nobile e martire, Catania, Prospettive, 1991. Voci correlate Storia di Catania Eruzioni dell'Etna Eruzione dell'Etna del 1669 Terremoto di Catania del 1169 Terremoto del Val di Noto del 1693 Municipi di Catania Cimitero monumentale di Catania Festa di santa Maria di Ognina Festa di sant'Agata Rete tranviaria di Catania Giuseppe Benedetto Dusmet Sventramento di San Berillo Ville di Catania scomparse Altri progetti Collegamenti esterni , a cura della Regione Siciliana - Dipartimento Beni Culturali. Città tardo barocche del Val di Noto
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https://it.wikipedia.org/wiki/Casa%20automobilistica
Casa automobilistica
La casa automobilistica è l'impresa dell'industria automobilistica che produce e commercializza autoveicoli. Descrizione Nel primo secolo di vita dell'automobile sono state molte le società che hanno dovuto lasciare il mercato, anche tra quelle che hanno maggiormente influenzato l'evoluzione delle 4 ruote con le loro innovazioni meccaniche ed estetiche. Negli ultimi tempi le aziende del settore hanno fatto i conti con la globalizzazione, con l'intento di essere competitive sul mercato mondiale dell'auto. Per questo molte marche storiche si sono consociate tra loro per realizzare economie di scala o sono state acquisite da gruppi più grandi. Ciò nonostante continuano a resistere sul mercato anche piccole aziende, a carattere quasi artigianale, che fanno della specializzazione la loro forza trainante. Si tratta per lo più di fabbriche di auto sportive o comunque destinate ad un bacino particolare di utenza. La maggior concentrazione dei fabbricanti attivi è negli Stati Uniti, in Europa occidentale (Germania, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Svezia) e in Estremo Oriente (Giappone e Corea del Sud). Anche le industrie russe, cinesi e indiane hanno cominciato a inserirsi nel mercato globale dell'auto, nonostante la loro produzione sia ancora molto limitata ed orientata principalmente verso l'assemblaggio di prodotti su licenza o a costruzione di modelli destinati principalmente al loro bacino di utenza interno. Le maggiori aziende automobilistiche si riconoscono in una federazione creata ad hoc, la OICA, che cura le maggiori esposizioni internazionali e pubblica i resoconti annui inerenti al settore. I maggiori gruppi industriali del settore Su una produzione mondiale, nel 2021, di veicoli leggeri, i primi dieci gruppi industriali (che possono operare con diversi marchi), risultavano essere (come riportato sul sito Focus2move): I singoli marchi Dalle statistiche diffuse dall'OICA si possono ricavare i seguenti dati in merito alla produzione dei singoli marchi, i dati di produzione sono aggiornati al 2008 (in corsivo dati parziali di vendita, leggere nota). L'appartenenza ai gruppi industriali è riferita all'anno 2012. Marchi non più attivi Negli anni sono state attive varie case automobilistiche e vari marchi la cui attività è cessata o sospesa. Essendo in taluni casi la produzione automobilistica semplicemente una delle molteplici attività di un'azienda, le date indicate si riferiscono al periodo in cui vennero prodotte automobili. Altri marchi produttivamente minori Note Voci correlate OICA Salone dell'automobile Altri progetti Liste di aziende
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cesare%20%28disambigua%29
Cesare (disambigua)
Persone Sesto Giulio Cesare (fl. III secolo a.C.) – politico romano, pretore nel 208 a.C. Sesto Giulio Cesare (fl. II secolo a.C.) – politico romano, console nel 157 a.C. Gaio Giulio Cesare – console e dittatore romano Marco Annio Vero Cesare (162 – 169) – uno dei quattordici figli dell'imperatore Marco Aurelio Altro Cesare – nome proprio di persona maschile Cesare – titolo imperiale romano, bizantino e ottomano Cesare – tipo di acconciatura maschile Cesare – personaggio ricorrente nei film della serie Il pianeta delle scimmie Altri progetti